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Repubblica
Caratteri generali
Al vertice dell’organizzazione costituzionale è posto il Capo dello Stato (il re nelle Monarchie parlamentari, il
Presidente della Repubblica nei sistemi repubblicani). Esso è un organo di non facile definizione che può
assumere ruoli differenti che oscillano tra i due estremi dell’essere meno organo di garanzia costituzionale
(estraneo alle scelte che riguardano l’indirizzo politico) o vero e proprio organi governante (decisore politico di
ultima istanza).
Secondo il sistema costituzionale italiana, l’espressione “Capo dello Stato” (art. 87, primo comma, Cost.) non
deve intendersi alla lettera, come se implicasse il supremo potere di comando, ma come garante della
Costituzione e rappresentante dell’unità nazionale.
Come garante della Costituzione, il Presidente della Repubblica è chiamato a svolgere due compiti:
Di controllo, contro gli abusi compiuti dagli altri organi;
Di attivazione, contro la loro inattività.
A seconda delle necessità storiche può prevalere la funzione di semplice controllore, come quando vi siano una
solida maggioranza parlamentare e un Governo stabile. Oppure, quando esistano contrasti tra le forze in
Parlamento che impediscono di creare maggioranze e Governi stabili può rendersi indispensabile un ruolo
maggiormente interventista. In questo caso, il Presidente è colui che rimette in moro gli organi costituzionali
inceppati e li richiama ai propri doveri costituzionali. Ogni Presidente della Repubblica ha offerto una sua
interpretazione del proprio ruolo, a seconda della sua personalità e delle circostanze storico-politiche in cui ha
operato.
La classificazione più chiara è quella che tiene conto della doppia figura del Capo dello Stato.
Si tratta, cioè, di distinguere i poteri del Presidente a seconda che riguardino:
La garanzia del buon funzionamento degli organi costituzionali;
La rappresentanza unitaria della nazione.
Poteri onorifici
In primo luogo, il Presidente dispone di poteri onorifici, consistenti nel:
Conferire le onorificenze della Repubblica;
Nominare i 5 senatori a vita.
Il significato comune dei due poteri sta nel pubblico riconoscimento dei meriti e delle virtù civili di cittadini
illustri.
La controfirma assume due diversi significati a seconda che si tratti di atti che riguardano le funzioni del
Governo o quelle del Presidente.
Per gli atti sostanzialmente presidenziali, la controfirma indica semplicemente che i Ministri non hanno
motivi per opporsi alla decisione presidenziale. La decisione effettiva è dunque solo del Presidente e i
Ministri svolgono un controllo.
Per gli atti sostanzialmente governativi, le parti si invertono: la decisione effettiva spetta al Governo (o
ai Ministri) e il Presidente dovrà accettare la loro proposta, tutte le volte in cui non abbia obiezioni
insormontabili (di legittimità e di merito). In questo caso, il controllo è svolto dal Presidente sulle
decisioni governative.
E’ chiaro che, per questi atti, l’iniziativa è solo del Governo e il Presidente non dovrà ostacolare l’esercizio di
poteri politici e amministrativi che non competono a lui.
Nel caso in cui il Governo –negando la controfirma- volesse impedire al Presidente di esercitare le sue funzioni,
oppure al contrario il Presidente – rifiutando la proposta ministeriale – volesse impedire al Governo di
governare, il rimedio è costituito dal conflitto di attribuzioni di fronte alla Corte costituzionale.
Si afferma, quindi, per il Capo dello Stato, una responsabilità per i soli reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione, mentre per tutte le altre ipotesi non potrà mai essere processato nemmeno quando sia cessato il suo
mandato.
Per questo riguarda l’alto tradimento è un delitto gravissimo compiuto da colui che mira a mettere in pericolo la
sicurezza della società con macchinazioni che coinvolgono, eventualmente, anche eventuali nemici dello Stato
quali terrorismi o potenze straniere in guerra con l’Italia.
L’attentato alla Costituzione, invece, è il comportamento di chi mira a mutare per vie illegali le istituzioni dello
Stato.
Questi “delitti di Stato” compromettono la stabilità della vita democratica e sono giudicati dalla Corte
costituzionale che agisce come Alta Corte di Giustizia. Essa è integrata, rispetto alla sua composizione
ordinaria, da 16 giudici estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento ogni nove anni e comprendere
cittadini con i requisiti per essere eletti senatori. Questi giudici supplementari rappresentano una specie di giuria
popolare che affianca i giudici costituzionali ordinari.
Il giudizio della Corte è promosso dal Parlamento a Camere riunite. Esso approva un atto di accusa nel quale
sono specificate le imputazioni e le giustificano senza, però, formulare, alcun giudizio di colpevolezza.
Il procedimento di fronte alla Corte è un vero e proprio processo penale con l’accusa sostenuta da commissari
scelti dalle Camere. La sentenza pronunciata è definita, non potendo essere impugnata di fronte ad alcuna
giurisdizione e la pena può raggiungere quella massima prevista dall’ordinamento oltre alla ovvia sanzione della
decadenza dalla carica rivestita.