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Capitolo 4: Il parlamento

Sezione 1: struttura, formazione, organizzazione, autonomia

Il nostro Parlamento presenta un’articolazione strutturale in due Camere: la Camera dei deputati
ed il Senato della Repubblica (art. 55 Cost.*). In esso vige il principio fondamentale della parità
funzionale fra le 2 Camere che delinea un Parlamento ispirato al modello del bicameralismo
perfetto. La funzione legislativa è imputata ad entrambe le Camere, che la esercitano
collettivamente (art. 70 Cost.*); la relazione fiduciaria è nelle mani sia della Camera che del Senato
che, ai sensi dell’art. 94 Cost.* , debbono conferire la fiducia al Governo. Analizziamo le
caratteristiche del Parlamento:
 Ridotta composizione del Senato (315 membri), in luogo dei 630 della Camera;
 Presenza di una limitata componente elettiva del Senato, costituita dai senatori di diritto, a
vita e dai cinque senatori a vita, nominati dal capo dello Stato fra i cittadini che abbiano
illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario;
 Differente individuazione dei requisiti di elettorato attivo e passivo.

Mentre per la Camera dei deputati si richiede la maggiore età per rivestire la qualifica di elettore
(elettorato attivo) e di venticinque per essere eletto (elettorato passivo), per il Senato sono
necessari, rispettivamente, il compimento del venticinquesimo e del quarantesimo anno di età.

Il diritto di voto, o diritto di elettorato attivo, è regolato dall’art. 48 Cost.*, ed essa sostiene che
‘’sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, il voto è
personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico”. I requisiti di esercizio di
questo diritto sono due: la cittadinanza e la maggiore età. Questi sono chiamati requisiti positivi, la
presenza di situazioni ostative viene qualificata con requisiti negativi. Questi ultimi sono stabiliti
dall’art. 48 Cost.*, e sono rappresentati dall’incapacità civile, di cui fanno parte i minori, gli
interdetti e gli inabilitati, o da una sentenza penale irrevocabile o temporanea. Viene esclusa
l’intermediazione di un soggetto diverso, tranne nei casi in cui l’intervento del terzo sia
assolutamente necessario per materialmente esprimere il voto (ciechi o altre patologie
impeditive), ed è il c.d. voto assistito. L’eguaglianza è invece la qualità che mira ad escludere la
possibilità che il voto espresso da alcuni possa avere un peso specifico quantitativamente
maggiore rispetto a quello degli altri o che taluni possano esprimere più di un voto. Quanto alla
libertà e segretezza del voto, esse sono due condizioni necessariamente complementari ed
implicate l’una nell’altra: la prima può essere letta nei termini di una garanzia di assenza di
coazioni, la seconda nutre l’esigenza di un’espressione libera da condizionamenti che possono
derivare all’elettore proprio dalla riconoscibilità del voto.

Il diritto ad essere votato, invece, è chiamato diritto di elettorato passivo. L’art. 51 Cost.* si
esprime in merito e promuove con provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Per
essere eletti parlamentari, l’art 56. Cost.* fissa a 25 anni l’età minima alle Camere, e a 40 anni l’età
minima per il Senato. In chiave elettiva vanno assolutamente distinti i termini di ineleggibilità, con
la quale si intende quella condizione soggettiva di impedimenti all’elezione che incide sulla
capacità elettorale e causa l’invalidità dell’elezione stessa attraverso un comportamento non
corretto nella competizione elettorale, e l’incompatibilità, che rappresenta invece quella
situazione in cui versa l’eletto in ragione del fatto di esercitare funzioni o ricoprire cariche che non
risultano cumulabili con il mandato parlamentare, in quest’ultimo caso si chiede semplicemente di
abbandonare la carica reputata inammissibile. È il testo unico delle leggi per l’elezione alla Camera
dei deputati a prevedere una serie di cause di ineleggibilità, la legge individua situazione di
impedimento nel fatto che ci si trovi in determinati rapporti di natura economica con lo Stato
(concessionari di pubblici servizi, titolari di società sovvenzionate dallo Stato) o si abbia rapporti di
impiego con Governi esteri (diplomatici, consoli). Onde evitare l’ineleggibilità le suddette
condizioni debbono cessare dall’esercizio delle funzioni almeno 180 giorni prima della scadenza
della legislatura. Per le cause di incompatibilità, invece, è la stessa Costituzione che ne individua
alcune, come ad esempio l’impossibilità di contemporanea appartenenza ad ambo le Camere (art.
65 Cost.*), della non cumulabilità della carica di parlamentare con quella di Presidente della
Repubblica (art. 84 Cost.*), di giudice costituzionale (art. 135 Cost.*), di membro del CSM (art. 104
Cost.*), di componente del consiglio regionale e di membro della Giunta regionale (art. 122
Cost.*). Sia per i deputati che per i senatori valgono le stesse identiche cause di incompatibilità e
di ineleggibilità.

La formula elettorale è il meccanismo mediante cui si perviene alla distribuzione dei seggi fra i
partecipanti alla competizione elettorale in base ai voti validamente espressi dagli elettori, si suole
individuare due grandi “famiglie”: quella dei sistemi maggioritari e quella dei sistemi proporzionali.
La formula maggioritaria si caratterizza per l’attribuzione del seggio in palio in una determinata
circoscrizione elettorale al candidato che abbia ottenuto la maggioranza dei voti. Una rilevante
distinzione è fra i sistemi majority, abbastanza rari, e plurality, i quali si differenziano per il fatto di
assegnare il seggio al candidato che abbia conseguito la maggioranza semplice (50% + 1 dei
votanti) o quella relativa (un numero di voti superiore a quello ottenuto dagli altri candidati o
liste). Nei sistemi a maggioranza assoluta possono essere introdotti meccanismi come il voto
alternato, in forza del quale ogni elettore è chiamato a esprimere il voto per ciascuno dei candidati
presentatisi nella circoscrizione, indicando l’ordine di preferenza, o il sistema del voto doppio,
attraverso il quale il mancato raggiungimento della soglia di maggioranza richiesta da parte dei
candidati venga colmata da un secondo passaggio elettorale che vede il lizza coloro che abbiano
ottenuto il maggior numero di voti (c.d. voto di ballottaggio). Lo svantaggio che i sistemi elettorali
maggioritari recano è quello di una rappresentazione infedele degli indirizzi e delle scelte politiche
dell’elettorato, i voti non destinati ai candidati che nella circoscrizione vincono il seggio non hanno
peso. Il voto è concepito “eguale solo in partenza” e non anche “a destinazione”, come invece
accade nei sistemi proporzionali.
I sistemi elettorali proporzionali sono caratterizzati dall’assegnazione dei seggi alle forze politiche
partecipanti alla competizione elettorale in proporzione al numero di voti conseguiti da ciascuna,
mediante la determinazione della cifra elettorale circoscrizionale che è pari al numero dei voti
validamente espressi nella circoscrizione divisa per il numero dei seggi da assegnare nella stessa
circoscrizione, il risultato da il quoziente elettorale circoscrizionale che stabilisce il numero di voti
che ciascuna lista deve conseguire per ottenere il seggio.

Per individuare quali candidati di ogni lista andranno a sedere in Parlamento, cioè quali saranno
effettivamente eletti, si possono seguire diverse strade:
 Tener conto delle preferenze che ciascun elettore avrà indicato nella scheda elettorale;
 Tenere conto dell’ordine dei candidati della lista, laddove non sia data all’elettore la
possibilità di esprimere delle preferenze (c.d. lista bloccata) e ritenere eletti
progressivamente i candidati posti in posizione più elevata nella lista.

I sistemi proporzionali garantiscono all’organo parlamentare un alto grado di rappresentatività, a


fronte di ciò, specie in situazioni di forte frammentazione politica si determina una notevole
difficoltà a formare maggioranze coese e ad assicurare la necessaria stabilità al Governo. È assai
raro che per le elezioni del Parlamento l’intero territorio nazionale si costituisca in un collegio
unico, molto più di frequente si ha la ripartizione in una pluralità di collegi. La differenza tra i
collegi risiede nell’essere uninominali e plurinominali. Si parla di collegi uninominali quando gli
elettori sono chiamati a scegliere un solo rappresentante fra i vari candidati in lizza, si parla di
collegio plurinominale quando gli elettori sono chiamati a scegliere in quella
circoscrizione due o più rappresentanti.

Nel sistema elettorale per l’elezione della Camera e del Senato in Italia sono previsti correttivi
come la previsione di clausole di sbarramento, che consentono di partecipare alla ripartizione dei
seggi soltanto le forze politiche che abbiano raggiunto un quorum minimo di suffragi, e
l’introduzione del premio di maggioranza, mediante il quale si attribuisce alla forza che abbia
superato un certo quorum di voti di vedersi attribuito un numero di seggi ulteriore in modo da
ottenere la maggioranza dei seggi in Parlamento.

L’attuale sistema elettorale viene introdotto dalla Legge 21 dicembre 2005 n. 270 (la c.d. Legge
Calderoli, definita porcellum a seguito delle numerose modifiche a cui è stata sottoposta), la quale
ha modificato radicalmente il sistema elettorale. Le principali novità introdotte riguardano la
formula elettorale. Il meccanismo di assegnazione dei seggi per la Camera dei deputati: salvo che
per i 12 seggi della circoscrizione Estero, per i quali vige l’assegnazione proporzionale, e per il
seggio della circoscrizione Valle D’Aosta, sistema maggioritario, per i restanti 617 seggi vige un
sistema di assegnazione proporzionale dei voti a ciascuna lista o coalizione, con eventuale premio
di maggioranza alla forza politica che abbia conseguito il miglior risultato su scala nazionale.
Qualora nessuna delle liste o coalizioni in lizza raggiunga la soglia dei 340 seggi (53,9%), la
maggioranza dei voti su scala nazionale viene attribuito un “premio” pari al numero dei seggi
necessari a quella lista o coalizione per raggiungere quota 340, di modo che essa raggiunga la
maggioranza assoluta dei seggi alla Camera. Per attingere al premio è sufficiente avere ottenuto
un maggior numero di voti rispetto alle altre liste concorrenti.

Il sistema è reso più complesso dalla presenza di diverse soglie di sbarramento, il cui superamento
è condizione per partecipare al riparto dei seggi. In particolare, l’accesso alla ripartizione è
subordinato, per le liste indipendenti al conseguimento di almeno il 4% dei voti su scala nazionale.
Per ciò che concerne le coalizioni la richiesta è duplice: è necessario sia il raggiungimento del 10%
dei voti su scala nazionale, che il conseguimento del 2% su scala nazionale di una lista presente
all’interno della coalizione stessa. Passando al sistema elettorale per il Senato, esso è eletto a base
regionale (art. 57 Cost.*). Il meccanismo per l’attribuzione dei seggi deve operare a livello
regionale, salvo i 6 seggi della circoscrizione Estero, quello di Val D’Aosta e i 7 del Trentino-Alto
Adige. L’assegnazione dei seggi avviene su base proporzionale a liste di candidati concorrenti,
qualora ci sia una lista o coalizione con il 55% dei voti espressi nella Regione. Qualora non accada,
alla lista o coalizione che abbia conseguito più voti verrà attribuito un premio di maggioranza pari
al numero di voti necessari a far raggiungere la predetta soglia del 55%, il restante 45 verrà
assegnato proporzionalmente alle altre liste o coalizioni.

In ordine alle soglie di sbarramento, il Testo unico stabilisce che accedono al riparto dei seggi
soltanto:
 Liste indipendenti che abbiano raggiunto almeno l’8% dei voti espressi nella Regione
 Le coalizioni di liste che abbiano conseguito perlomeno il 20% dei voti validamente espressi
nella Regione, che comprendano una lista interna che abbia conseguito sul piano regionale
non meno del 3% dei voti validi.
Diversamente da quanto previsto per la Camera dei deputati, il premio di maggioranza non
garantisce l’acquisizione della maggioranza a livello nazionale, ma si limita a garantire
l’ottenimento della maggioranza dei seggi imputati a ciascuna regione, con la possibilità che i
premi regionali si bilancino fra loro, non consentendo così la formazione di una sicura maggioranza
in Senato. In tema di presentazione delle liste si prevede che i singoli partiti o movimenti politici
possano dichiarare il collegamento con una coalizione o di rimanere indipendenti. Possono
indicare il nominativo della persona da loro indicata come unico capo della coalizione. La legge
prevede, altresì, che la presentazione delle liste sia subordinata alla sottoscrizione di un numero
variabile di elettori in base alla popolazione residente nella circoscrizione. Questo a meno che non
si tratti:
 di partiti o gruppi politici costituitisi in ambo le Camere nelle legislature precedenti;
 di partiti o gruppi politici collegati ad una coalizione nella quale siano presenti; almeno due
partiti che soddisfino la condizione precedente;
 di partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano ottenuto
almeno un seggio nelle ultime elezioni in ciascuna Camera

Le liste di candidati sono predeterminate dai singoli partiti (c.d. liste bloccate) senza alcuna
possibilità dell’elettore di esprimere una preferenza. Prima con la legge n 513/1993 e poi con la
legge n.28/2000 la materia della comunicazione politica e della regolamentazione delle campagne
elettorali ha visto finalmente adottata una propria disciplina organica.

La legge del 1993 rimane in vigore per la parte relativa alla disciplina delle spese elettorali, la legge
impone al candidato di nominare un proprio mandatario elettorale cui spetta il compito di
raccogliere i fondi per la campagna elettorale rispettando il tetto di spesa, che la legge impone
anche se soggetto a variazioni. Il rendiconto delle spese sostenute va sottoposto al Collegio
regionale di garanzia elettorale cui spetta il potere di controllo e sanzionatore, che va
dall’irrogazione di sanzioni pecuniarie, sino alla decadenza dalla carica. Per quel che concerne i
partiti e i movimenti politici, il consuntivo delle spese elettorali va inviato ai Presidenti delle
Camere e ad un apposito collegio istituito presso la Corte dei Conti. Disciplina in tema di campagne
elettorale è senza dubbio costituita dall’accesso ai mezzi di comunicazione di massa, al cui
principio cardine risiede la parità di trattamento e di chances fra le varie forze politiche (par
condicio). Una distinzione centrale nella legge è fra comunicazione politica intesa come confronto
fra posizioni politiche realizzata attraverso programmi (dibattiti), e messaggi politici autogestiti,
consistenti in una motivata esposizione di un programma e di un’opinione politica, di durata
compresa fra uno e tre minuti per le emittenti televisive e da trenta a novanta secondi per le
emittenti radiofoniche.

Alla commissione parlamentare bicamerale per l’indirizzo generale e la vigilanza sui servizi
televisivi e all’autorità per le garanzie sulle comunicazioni spettano poteri regolatori di non
secondario rilievo, a carattere sanzionatorio in caso di accertamento
di violazioni.

Riguardo all’organizzazione delle Camere, secondo il disposto dell’art. 67 Cost.* è compito di


ciascuna Camera eleggere fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza, secondo
l’art. 64 Cost.* la capacità di autoregolarsi spetta individualmente ad ognuna delle Camere che è
chiamata ad adottare un proprio regolamento a maggioranza assoluta dei propri componenti. Per
l’elezione del Presidente c’è differenza tra ciò che è stabilito in Camera e in Senato. Nella prima
l’elezione ha luogo a scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi dei propri componenti, in caso
non si raggiunga tale quorum nella prima votazione è sufficiente la maggioranza dei due terzi dei
votanti, per passare poi al terzo scrutinio alla maggioranza dei votanti. Al Senato invece il
regolamento prevede che venga eletto Presidente il candidato che abbia ottenuto la maggioranza
assoluta dei voti dei componenti del Senato, in seconda votazione, sempre in caso di esito
negativo, si ripeterà la votazione, dalla terza sarà sufficiente la maggioranza dei presenti, fino ad
una quarta votazione di ballottaggio tra i candidati più votati, nella quale sarà richiesta la semplice
maggioranza. Quest’esigenza di un quorum inizialmente alto risponde alla necessità di un
consenso sul quale ergere la figura dell’istituzione che il Presidente andrà a presiedere. Il
presidente del Senato inoltre ha la funzione di supplente del Capo dello Stato ai sensi dell’art. 86
Cost.*.

Ambo i Presidenti debbono essere sentiti dal Capo dello Stato prima di procedere allo
scioglimento delle Camere, i Presidenti di Camera e Senato vengono consultati dal Presidente della
Repubblica per la risoluzione delle crisi di Governo. I compiti del Presidente di Assemblea
parlamentare sono individuati tramite:
 rappresentanza e di esternazione della volontà dell’organo che presiede;
 direzione dei lavori parlamentari e di salvaguardia del loro buon andamento;
 presidio del rispetto delle norme regolamentari;
 vigilanza e di garanzia del buon andamento dell’amministrazione interna.

Il presidente è coadiuvato nello svolgimento delle sue funzioni da un Ufficio di Presidenza


composto da: 4 vicepresidenti,3 questori, otto segretari.

Ruolo centrale nell’organizzazione e nel funzionamento di ciascuna Camera assumono i Gruppi


parlamentari. La loro esistenza risponde alle esigenze di efficienza e di buon funzionamento
dell’attività delle Camere, oltre che di semplificazione del processo decisionale parlamentare, le
quali potrebbero essere messe a rischio qualora quest’ultimo dipendesse fondamentalmente dalla
volontà di ogni singolo parlamentare.

I regolamenti delle Camere prevedono l’appartenenza necessaria del parlamentare ad un gruppo.


Ai fini della costituzione del gruppo è richiesto un minimo di consistenza numerica, che alla
Camera è fissato a 20 deputati e, al Senato a 10 senatori. Il Presidente può, tuttavia, autorizzare la
costituzione di un gruppo anche in deroga ai minimi indicati. Qualora un parlamentare non effettui
alcuna scelta all’appartenenza ad un gruppo parlamentare, egli viene collocato in un apposito
gruppo definito “misto”, in cui confluiscono tutti i parlamentari di quelle formazioni politiche che
non riescono a raggiungere la consistenza numerica richiesta.

Per ogni parlamentare vige il principio del divieto di mandato imperativo, ovvero l’eletto è libero
di agire e pensare come vuole in ambito politico, senza vincoli di partito o derivanti dai voti
conquistati.

I Gruppi sono chiamati a designare i membri delle commissioni parlamentari; mentre è ai rispettivi
Presidenti che spetta la determinazione del programma e del calendario dei lavori della Camera. È,
infatti, alla Conferenza dei Presidenti di gruppo che compete ordinariamente l’approvazione di
questi ultimi atti. Ai Presidenti di gruppo spetta anche di partecipare alle consultazioni del Capo
dello Stato per la risoluzione delle crisi di Governo.
Accanto ai gruppi vanno annoverate le Commissioni parlamentari. Esse vanno distinte in
commissioni permanenti e commissioni speciali. Le prime sono in carica per l’intera legislatura e
danno vita ad un complesso costituito da organi collegiali, ciascuno con specifica competenza per
materia, le seconde sono costituite ad hoc per l’esame di questioni particolari. Anche per le
commissioni permanenti vale il principio dell’appartenenza necessaria, con l’esclusione dei soli
parlamentari membri del Governo, i quali vengono sostituiti da un collega di gruppo. Le funzioni
attribuite alle Commissioni sono afferenti al procedimento legislativo, e altre fanno riferimento ad
una potestà autonoma di indirizzo e controllo, attraverso le quali si fa valere la responsabilità
politica del Governo. A queste vanno aggiunte anche le funzioni di tipo consultivo e conoscitivo
per la specifica materia trattata dalla Commissioni. Le Commissioni possono presentarsi non solo
nella forma monocamerale, bensì pure in quella bicamerale, ovvero organi costituiti
congiuntamente da Camera e Senato, per le quali vige lo stesso il principio della composizione
proporzionale alla consistenza dei gruppi parlamentari. Tale fenomeno sogna il superamento, in
qualche modo, della rigida contrapposizione tra le 2 Camere.
In ultimo vanno considerate le Giunte. Si tratta di organi collegiali di carattere permanente, i cui
membri sono nominati direttamente dal Presidente di ciascuna Camera. Alla Camera se ne
contano attualmente tre: la Giunta per il regolamento, la Giunta per le elezioni e la Giunta per le
autorizzazioni a procedere; al Senato il numero scende a due, Giunta per il regolamento e Giunta
delle elezioni e delle immunità parlamentari.
Alla Giunta per il regolamento, la cui presidenza spetta in ambo le Camere al presidente
d’Assemblea, è affidato il compito di elaborare e proporre all’Aula le modifiche da apportare al
regolamento.
La Giunta delle elezioni, che al Senato si occupa anche delle immunità, ha la funzione di riferire
all’Assemblea sulla regolarità delle operazioni elettorali e sui titoli di ammissione di ogni
parlamentare eletto. Essa elegge nel proprio seno un Presidente. Alla Giunta per le autorizzazioni a
procedere spetta istruire le richieste di autorizzazione. Il termine è di 30 giorni dalla trasmissione
della richiesta alla Giunta. Organo di recente istituzione presso la Camera dei deputati è il
Comitato per la legislazione, composto da dieci deputati divisi in parti eguali fra appartenenti alla
maggioranza e all’opposizione, di nomina del Presidente della Camera. Al Comitato compete una
funzione di consulenza in tema di qualità della legislazione, circa la omogeneità, semplicità,
chiarezza e proprietà della formulazione del testo dei progetti di legge inviati dalle Commissioni, il
Comitato può avanzare richiesta di soppressione delle disposizioni che risultino in contrasto con le
esigenze di omogeneità, specificità e limitazione contenutistica previste dalla legislazione vigente.

Per lo svolgimento delle proprie funzioni ciascuna Camera si avvale di un apparato burocratico. Al
suo vertice v’è il Segretario generale, nominato dall’Ufficio di Presidenza, vero e proprio snodo fra
l’amministrazione e la componente politica delle Camere.

L’autonomia organizzativa delle Camere discende dal presupposto dalla potestà di “darsi norma”.
Per le Camere le proprie fonti (elettiva) di disciplina in atti di auto- normazione si denominano
tradizionalmente regolamenti parlamentari. L’articolo 64 Cost.* attribuisce a ciascuna Camera il
compito di dotarsi di un proprio regolamento, da approvarsi a maggioranza assoluta dei propri
componenti, cui il successivo art. 72 Cost.* fa riferimento per la disciplina delle forme e dei modi
di esercizio della funzione legislativa. Oltre all’insindacabilità del regolamento è esclusa qualsiasi
forma di controllo esterno al Parlamento sugli atti e i procedimenti relativi all’esercizio delle
funzioni delle Camere, scelta nutrita dall’esigenza di salvaguardare l’azione parlamentare dalle
possibili ingerenze del Sovrano e del potere giudiziario, mirate a condizionarne l’azione.
L’autonomia contabile e finanziaria è caratteristica necessaria del Parlamento, sono le Camere
stesse che attraverso l’approvazione del bilancio e del conto consuntivo, definiscono
autonomamente la scorta di risorse finanziarie di cui hanno bisogno. Nella medesima forma si
pongono altre garanzie, come quella relativa alla c.d. immunità della sede che prevede il divieto di
introdursi nelle aule parlamentari, come nelle sedi decentrate di organi e uffici, non solo da parte
di estranei, bensì pure della forza pubblica, se non per ordine del Presidente e dopo che sia stata
tolta o spesa la seduta. Altra garanzia è quella della giurisdizione domestica consistente nella
potestà assegnata a ciascuna Camera di decidere sulle controversie relative allo stato giuridico ed
economico dei propri dipendenti.

Il riconoscimento alle camere di giudicare i titoli di ammissione e di incompatibilità (art.66 Cost.)


consiste nell’accertamento della regolarità delle elezioni, del possesso dei requisiti di eleggibilità
del parlamentare e di assenza di cause di incompatibilità, originaria o derivata. L’accertamento di
una causa di ineleggibilità determina l’annullamento dell’elezione, la sussistenza di una causa di
incompatibilità genera semplicemente l’obbligo di scelta fra la carica di parlamentare e quella
incompatibile, da compiersi entro 30 giorni dall’accertamento da parte della Camera di
appartenenza. Per le elezioni in ordine alle quali emergano profili di possibile irregolarità, la Giunta
procede ad un’indagine più approfondita che può portare all’apertura di una fase ulteriore: la
contestazione dell’elezione. In tal caso spetta all’Assemblea l’ultima parola, è essa che decide
sull’annullamento o meno delle elezioni. In caso di annullamento dell’elezione, la decisione
parlamentare non ha effetto retroattivo, ma solo per il futuro, quindi non si pregiudica la
legittimità del lavoro svolto dal deputato fino a quel momento, né si impone la restituzione delle
indennità percepite fino a quel momento. Per cui il parlamentare finché non viene dichiarato
decaduto gode a pieno titolo di tutte le prerogative connesse al proprio ufficio (funzionario di
fatto). Ulteriori autonomie degli organi istituzionali di Camera e Senato attribuiti e riferiti allo
status del singolo, ma che non hanno come scopo l’utilità personale bensì l’indipendenza
dell’organo e della funzione parlamentare, sono le prerogative e l’indennità. È il caso, soprattutto,
delle immunità, sancite dall’art. 68 Cost, consistenti nella irresponsabilità dei membri delle
Camere per le opinioni espresse, i voti dati nell’esercizio delle loro funzione (insindacabilità), e
nella c.d. inviolabilità nessun parlamentare può essere sottoposto ad intercettazione delle
comunicazioni o sequestro della corrispondenza, senza autorizzazione della Camera alla quale
appartiene. Nel primo caso l’immunità è di tipo assoluto, in quanto esclude che il deputato o
senatore possa rispondere dei comportamenti coperti da immunità anche alla cessazione della
carica, invece l’inviolabilità offre al parlamentare una tutela che è temporalmente circoscritta alla
durata del mandato parlamentare. La insindacabilità esclude ogni forma di responsabilità giuridica
dei parlamentari e deve ritenersi limitato alle fattispecie indicate e non può pertanto estendersi a
comportamenti materiali, anche se tenuti nelle aule parlamentari (lesioni ecc..). L’inviolabilità ha
eliminato di fatto l’autorizzazione a sottoporre il parlamentare a procedimento penale (c.d.
autorizzazione a procedere), l’ambito del potere autorizzatorio delle Camere è riferito a specifiche
ipotesi, ovvero se sia colto nell’atto di commentare un delitto per il quale è previsto l’arresto
obbligatorio in flagranza. L’autorizzazione è altresì richiesta per sottoporre i membri del
Parlamento ad intercettazioni e a sequestro di corrispondenza. La ratio di questa forma di
immunità è di proteggere il parlamentare da interventi dell’autorità giudiziaria che abbiano
intento intimidatorio o persecutorio. Particolari problemi sono posti dalla legge n. 140/2003,
riguardante le c.d. intercettazioni indirette, cioè non l’utenza del parlamentare ma conversazioni
aventi riguardo a comunicazioni cui il parlamentare abbia preso parte, il giudice, se le riterrà
irrilevanti ai fini del proprio giudizio, deve procedere a distruggere i relativi verbali o le
registrazioni. Nel caso opposto, egli deve richiedere l’autorizzazione alla Camera di appartenenza
del parlamentare e, in caso di diniego, procedere alla distruzione della relativa documentazione.

Va infine fatto cenno alla legge n. 124/2008 detta legge Alfano con la quale si è introdotto nel
nostro ordinamento un regime di temporanea immunità per le quattro più alte cariche dello Stato:
Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle due Camere
del Parlamento. Si è tratta, più precisamente, della sospensione dei processi penali per l’intera
durata della carica, viene esclusa quindi la possibilità di continuare a godere della sospensione nel
caso di passaggio ad un’altra delle cariche in parola. Tale disciplina è stata, tuttavia, dichiarata
costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 262/2009.

L’art 69 Cost.* stabilisce che i deputati e i senatori ricevono un’indennità stabilita dalla legge, che
consiste in una voce fissa mensile e una diaria rimborso per le spese di soggiorno a Roma,
indennità che può subire delle decurtazioni, in relazione alle assenze accertate del parlamentare
nelle sedute cui è chiamato a partecipare. Ad esse si aggiungono una serie di benefit che vanno
dalla gratuità per la circolazione sui treni della rete nazionale, al rimborso dei biglietti di aereo, la
possibilità di avere un assistente parlamentare.

Riguardo al ‘’Parlamento in seduta comune’’, esso costituisce un organo collegiale permanente


distinto dalle due Camere, è stato anzi sostenuto che le due Camere ed il Parlamento in seduta
comune andrebbero intesi quali organi distinti di un solo organo. L’art 55 Cost.* stabilisce che il
Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla
Costituzione. L’art. 63 Cost.* aggiunge che in caso di Parlamento in seduta comune il Presidente e
l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati. Al Presidente della Camera dei
deputati spetta il potere di convocazione del Parlamento in seduta comune, che si riunisce nella
sede della Camera a Palazzo Montecitorio. Le funzione attribuite dalla Costituzione al Parlamento
in seduta comune possono distinguersi in: elettorali, di accertamento e accusatorie.
In merito alle prime due va ricordato che ad esso spetta di eleggere il Presidente della Repubblica
ed il collegio è integrato da tre delegati per ogni Regione (eccetto Val d’Aosta che ne ha solo uno)
designati dai corrispettivi Consigli regionali. A questa si aggiunge la competenza ad eleggere un
terzo dei membri del Consiglio superiore della Magistratura (CSM), cinque giudici della Corte
Costituzionale.
Una funzione di stampo certatorio è ascritta dall’art. 91 Cost.* laddove prevede che il Presidente
della Repubblica, prima di assumere le funzioni presta giuramento di fedeltà alla repubblica e di
osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
Resta, infine, la decisione circa la messa in stato d’accusa del Presidente della repubblica per i reati
di alto tradimento e attentato alla Costituzione (art.90 Cost.*).
Sezione 2: le funzioni

Le camere durano in carica cinque anni, può essere abbreviata in caso di scioglimento anticipato
ad opera del Capo dello Stato (art.88 Cost.*). Il termine normalmente utilizzato per designare il
periodo di durata in carica delle Camere è legislatura. Il principio di continuità costituisce uno dei
principi cardine che caratterizzano la condizione dell’organo parlamento, la Costituzione statuisce
che sin tanto che non siano riunite le Camere neoelette, sono prorogati i poteri delle precedenti
(art.61 Cost.*). Il problema della definizione di prorogatio sorge per stabilire quando il potere delle
Camere precedenti soccomba al potere delle nuove, la sovrapposizione di due Parlamenti e di due
serie di parlamentari è soltanto apparente, poiché solo un Parlamento e una serie di parlamentari
sarebbe in grado di esercitare le proprie funzioni fino alla vigilia della convocazione della prima
seduta delle nuove camere. L’altro problema è dato dalla delimitazione dei poteri prorogati
esercitabili dalle camere ormai scadute, che viene circoscritta alla sola adozione degli atti di
ordinaria amministrazione, quelli di straordinaria amministrazione sono adottabili solo in presenza
di circostanze di urgenza e di necessità da renderli indifferibili. La ratio della limitazione in regime
di prorogatio è rappresentata dalla necessità di salvaguardare la sfera decisionale dei futuri
codeterminatori dell’indirizzo politico da condizionamenti discendenti da un indirizzo politico
ormai morente.
Prorogatio non va assolutamente confuso con proroga delle Camere. Quest’ultimo infatti risponde
alla diversa esigenza che le Camere stesse prolunghino il proprio mandato oltre il limite temporale
massimo costituito dal quinquennio (“La durata di ciascuna Camera non può esser prorogata se
non per legge e soltanto in caso di guerra’’). Quindi la prorogatio è tesa ad assicurare continuità
funzione nel passaggio fra vecchie e nuove Camere; mentre la proroga è volta proprio ad
escludere quel passaggio.

Come ogni altro organo collegiale anche Camera e Senato richiedono di essere convocati per
esercitare le rispettive funzioni. Nel nostro ordinamento il potere di convocare le Camere è
attribuito al Presidente di ciascuna Camera, si è soliti distinguere tre tipi differenti di
convocazione:
 La convocazione ordinaria che è quella più comune, può essere disposta dal Presidente alla
fine della seduta, attraverso la comunicazione dell’ordine del giorno della seduta
successiva, quest’ultima contiene l’elenco degli argomenti da trattare in ciascuna seduta;
 Ai sensi dell’art. 62 Cost.* le Camere sono convocate di diritto il primo giorno non festivo di
febbraio e di ottobre, questa non richiede neanche un’apposita convocazione da parte del
Presidente d’Assemblea;
 Per quanto concerne la convocazione in via straordinaria, l’art. 62 Cost.* stabilisce che essa
possa avvenire per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un
terzo dei suoi componenti, e deve trattarsi di motivi legati a questioni improvvise e di
particolare rilevanza. Quando si riunisce in via straordinaria una Camera è convocata di
diritto anche l’altra.

L’art. 64 Cost.* prescrive che le deliberazioni di ciascuna Camera non sono valide se non è
presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti.
Il primo requisito attiene il c.d. quorum strutturale che individua il numero di senatori o deputati
sufficiente a radicare la valida costituzione della seduta.
Il secondo invece sostanzia il quorum funzionale che individua il numero di senatori o deputati in
grado di dar luogo alla maggioranza sufficiente a far ritenere approvata una deliberazione delle
camere. Quindi si assiste alla contrapposizione, nella prima della maggioranza semplice del 50% +
1 dei membri appartenenti alla Camera, contrapposto alla maggioranza qualificata del 50% + 1 dei
componenti di ciascuna Camera o anche di una maggioranza superiore come quella dei due terzi.
L’esigenza del numero legale è sempre presunta all’inizio di ogni seduta, è la condizione di validità
delle deliberazioni. Alla camera il regolamento non considera gli astenuti fra i presenti, debbono
qualificarsi come presenti soltanto coloro che esprimono voto favorevole o contrario; mentre al
Senato vige la regola opposta e la partecipazione al voto può essere espressa anche dalla
manifestazione di mera astensione.

Sempre dall’art. 64 Cost. si trae il principio della generale pubblicità dell’attività parlamentare, per
il Parlamento vige la regola della trasparenza e conoscibilità dell’esercizio della sua funzione, essa
richiede di essere conosciuta non soltanto nelle scelte cui mette capo, ma anche nel suo formarsi;
luogo non solo della decisione ma anche e soprattutto della discussione, quindi attraverso dei
resoconti vengono riportati gli interventi che hanno animato il dibattito: il verbale, gli atti e le
deliberazioni adottati. Particolare forma di pubblicità dell’attività delle Camere è data dalla
possibilità di effettuare la ripresa di trasmissione televisiva delle sedute che rivestono maggiore
rilevanza politica, previa autorizzazione da parte del Presidente d’Assemblea. Per quanto riguarda,
infine, le modalità di voto, la Costituzione appare pressoché silente, quindi la relativa disciplina è
totalmente rimessa ai regolamenti parlamentari. Si suole distinguere fra votazioni formali e
votazioni informali. Le prime sono caratterizzate dal fatto di consentire la verifica automatica del
numero legale che può avvenire per appello nominale o con procedimento elettronico. Ma la
differenza più importante sorge tra le votazioni a voto segreto e a voto palese. Il ricorso al voto
segreto è, dai regolamenti parlamentari, reso obbligatorio nel caso di elezioni e di votazioni sulle
persone. Nelle ipotesi di approvazione di leggi che incidono sui diritti di libertà, sui diritti di
famiglia e sui diritti della persona come pure proposte di modifica del regolamento, il voto segreto
può essere richiesto da un prescritto quorum di membri della Camera (30 deputati) e del Senato
(20 senatori). Ambo i regolamenti statuiscono il divieto di voto segreto per l’approvazione di leggi
finanziarie, di bilancio; per le leggi c.d. collegate alla manovra di bilancio e per qualsiasi
deliberazione che abbia conseguenze di ordine finanziario.
Fenomeno gravemente distorsivo che si è verificato più volte in questi anni, in occasione di
votazioni parlamentari, è la prassi abusiva dei parlamentari pianisti, e si verifica qualora i
parlamentari nel corso di una votazione con procedimento elettronico, votino non soltanto per sé,
ma anche per i colleghi assenti vicini di posto, i quali abbiano ad essi preventivamente lasciato la
propria scheda magnetica personale. L’art. 70 Cost. conferma in maniera evidente il carattere
bicamerale perfetto del nostro sistema parlamentare. Le Camere sono titolari di funzioni di
indirizzo e controllo nei confronti del Governo, svolgono un intervento di orientamento e direzione
dell’azione del Governo, nonché un accertamento e verifica del suo operato. L’attività di indirizzo e
controllo parlamentare sull’azione dell’esecutivo discende dall’esistenza del rapporto di fiducia,
che lega il Governo alle Camere in un regime di necessaria sintonia. Le Camere svolgono
congiuntamente una funzione di controllo sul Governo, magari apportandovi le modifiche
necessarie, proposte di legge di iniziativa governativa.

Riguardo alle leggi, le tali meramente formali indicano quel tipo di situazione in cui alla forma
legge non corrisponde una sostanza normativa. Casi emblematici sono costituiti dalla legge di
Autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali (art.80 Cost.*) e dalle leggi di bilancio (art. 81
Cost.*) che si presentano come leggi di iniziativa riservata al Governo. Secondo l’art. 80 Cost.*, le
Camere sono chiamate, con legge, ad autorizzare la ratifica dei trattati internazionali che sono di
natura politica, o modificazione di leggi.
Snodo cruciale dei rapporti fra Parlamento e Governo è l’annuale approvazione del bilancio dello
Stato, che costituisce uno dei luoghi tipici in cui può esercitarsi il potere di indirizzo e controllo
delle Camere sulla politica dell’Esecutivo. Il bilancio dello stato è un atto contabile destinato a
rappresentare annualmente il quadro delle entrate e delle uscite che lo Stato prevede di incassare
e spendere nel corso dell’anno finanziario: si tratta, quindi, di un bilancio di previsione. I ridotti
margini di manovra e il conseguente eccesso di rigidità, portarono alla fine degli anni ’70 ad una
profonda revisione della normativa sul bilancio dello Stato al fine di introdurvi elementi di
maggiore flessibilità, principale novità della riforma fu la legge finanziaria che si configurava come
strumento per procedere alle necessarie variazioni della legislazione di entrata e di spesa aventi
riflesso sul bilancio. Ad essa spettava il compito di fissare il livello massimo di ricorso
all’indebitamento pubblico ovvero di determinare gli importi dei cc.dd. fondi speciali. Ulteriori
vincoli sono derivati dall’appartenenza del nostro paese all’Unione europea e, in particolare,
all’Unione monetaria. Il trattato CE prevede che i bilanci statale siano sottoposti, due volte l’anno,
ad una procedura di esame, volta ad evitare una situazione di disavanzo economico eccessivo, che
si presenta ogni qualvolta:
 il deficit di bilancio superi il 3% del PIL;
 il deficit pubblico superi la soglia del 60% del PIL.
Qualora si verifichi una di queste condizioni, la Commissione europea è chiamata ad informarne il
Consiglio europeo, che attraverso raccomandazioni e intimidazioni ad adottare le misure
necessarie al rientro del disavanzo tenterà di ristabilire l’equilibrio finanziario, in caso di
perdurante inadempienza ci possono anche essere sanzioni pecuniarie e non. A questo si aggiunga
che nel Consiglio europeo di Amsterdam del 1997, i singoli Stati hanno sottoscritto il c.d. Patto di
stabilità che li impegna a rispettare l’obiettivo di un saldo di bilancio a medio termine, prossimo al
pareggio o positivo e ad adottare le misure correttive di bilancio che ritengono necessarie.

Con specifico riguardo al nostro ambito nazionale, il ciclo della programmazione finanziaria prende
avvio con il Documento di Economia e finanza (DEF), il quale espone il quadro della
programmazione economico-finanziaria su base almeno triennali e contiene il Programma di
stabilità e il Programma nazionale di riforma i quali vanno presentati alle istituzioni comunitarie
entro il 30 aprile, con specifico riferimento rispettivamente agli obiettivi di riduzione del debito
pubblico e alle indicazioni dal diritto UE necessarie a verificare lo stato di avanzamento elle
riforme avviate. La legge di stabilità e la legge di bilancio compongono, dunque, la manovra
triennale di finanza pubblica.

La legge di stabilità dispone annualmente il quadro di riferimento finanziario al fine di adeguarne


gli effetti finanziari agli obiettivi, allo scopo di evitare la degenerazione finanziaria stessa. La Nota
di aggiornamento al DEF consente di aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica e di
adeguare e correggere gli obiettivi programmatici con una revisione obiettivi ad esempio.

Sul versante parlamentare continua a prevedersi un’apposita sessione di bilancio che ha come
obiettivo fondamentale, assicurare certezza dei tempi di approvazione delle leggi in questione,
attraverso una rigida scansione, sia alla camera che al Senato, dei tempi a disposizione.
L’approvazione del bilancio deve avvenire entro l’anno da parte delle Camere al Governo (art.81
Cost.*), laddove ciò non avvenga è previsto il ricorso al c.d. esercizio provvisorio, il quale non può
essere concesso se non per legge e per tempi di massima durata di quattro mesi. Sempre dallo
stesso articolo 81 emerge l’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio. Più in dettaglio lo Stato
è tenuto ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. L’art 117 Cost .*
attribuisce alle Camere la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento
all’equilibrio tra entrate e spese nonché alla qualità e all’efficacia della spesa delle pubbliche
amministrazioni. Dette modifiche costituzionali troveranno applicazione a decorrere dall’esercizio
finanziario relative all’anno 2014. Di incerta collocazione è la deliberazione dello stato di guerra,
attraverso il quale le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri
necessari (art. 78 Cost*). Lo stato di guerra stravolge gli assetti dell’ordinamento e non è
necessario nei casi di conflitto. Gli istituti che esibiscono una speciale vocazione a porsi quali
strumenti di esercizio di una funzione di controllo e di indirizzo nei riguardi dell’attività di Governo
sono: interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni, ordini del giorno, inchieste e indagini
conoscitive.

 L’interrogazione consiste in una “domanda semplice”, cioè chiara, diretta, rivolta per
iscritto ad un ministro o al Presidente del Consiglio ad opera di uno o più parlamentari, per
avere notizie circa la conoscenza del Governo di un determinato fatto. La risposta
all’interrogazione può essere scritta od orale ma può anche mancare, ed in quest’ultimo
caso il Governo dovrà darne specifica motivazione. Alla risposta segue un replica
dell’interrogante che dovrà dichiararsi soddisfatto o meno. Attualmente, i regolamenti di
Camera e Senato prevedono una particolare forma di interrogazione a risposta rapida con
ripresa televisiva diretta (Question time);
 L’interpellanza si differenzia dall’interrogazione essenzialmente per la sua rilevanza
politica, si sostanzia in una domanda scritta posta al Governo riguardo i motivi e gli
intendimenti della sua condotta in questioni che riguardano la sua politica. Sintomo della
maggiore importanza dell’interpellanza rispetto all’interrogazione è il fatto che
l’interpellante non soddisfatto possa presentare una mozione sul medesimo argomento e,
quindi, ottenere una discussione e un voto da parte dell’Assemblea;
 La mozione è un atto scritto la cui presentabilità è condizionata dalla sottoscrizione di un
quorum minimo di 10 deputati o 8 senatori, ed è destinata a suscitare una discussione e un
voto d’Assemblea forzando il dialogo tra parlamentari e Governo. La mozione, pertanto, è
atto di impulso di un dibattito destinato a concludersi con una presa di posizione da parte
dell’organo parlamentare;
 La risoluzione è un tipico strumento di indirizzo diretto a manifestare orientamenti e a
definire indirizzi, rivolto ad esplicitare il pensiero e gli indirizzi che ne derivano in ordine
all’argomento in discussione;
 L’ordine del giorno è un atto scritto che designa l’elenco delle questioni sottoposte
all’esame di un organo collegiale parlamentare ed è anche lo strumento idoneo a rivelare
la volontà di quel medesimo organo;
 L’inchiesta parlamentare è uno strumento di controllo nei riguardi dell’attività
dell’Esecutivo. Si suole distinguere fra inchieste politiche, mirate ad un accertamento
funzionale e a far valere la responsabilità politica del Governo, e inchieste legislative,
ordinate allo scopo di reperire informazioni e dati necessari all’adozione di appositi
provvedimenti legislativi.
L’art.82 Cost. offre dell’inchiesta parlamentare una configurazione limitata ad individuare l’ambito
di intervento parlamentare in una materia di pubblico interesse. L’altro limite è che all’inchiesta
ciascuna Camera può attendere non direttamente, bensì attraverso l’istituzione di un’apposita
Commissione parlamentare, costituita da propri membri in modo da rispecchiare la proporzione
fra i vari gruppi. L’ordinaria forma di Commissione è a carattere bicamerale, composta in egual
numero da deputati e senatori, di regola istituite sulla base di una previa legge.
Assai più complessa è la definizione dei poteri della Commissione d’inchiesta e dei rapporti con
l’autorità giudiziaria. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi
poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Viene così stabilito un principio di
parallelismo fra i poteri dell’autorità giudiziaria e potestà parlamentare d’inchiesta. La
Commissione parlamentare di inchiesta può legittimamente opporre il diniego all’invio all’autorità
giudiziaria della documentazione relativa agli accertamenti svolti o disposti direttamente da essa,
oltre che alle discussioni che hanno avuto luogo nelle sedute, facendo leva sul c.d. segreto
funzionale, diretta espressione dell’autonomia costituzionale.
 Le indagini conoscitive sono le indagini che ciascuna Commissione parlamentare può
disporre nelle materie di propria competenza al fine di acquisire notizie, informazioni e
documenti utili all’attività della Camera di rispettiva appartenenza.
 Ricorso al parere parlamentare che avviene su atti di competenza del Governo e prevede
l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentare. Anche in tali casi si
può parlare di esercizio del potere parlamentare di controllo sul Governo.

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