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RINASCIMENTO 1400/1500
MANIERISMO 1600
BAROCCO 1700
NEOCLASSICISMO 1800
I primi decenni del 1400 sono caratterizzati dal primo Rinascimento Fiorentino, il quale rappresenta una
nuova fase: CESURA – RIVOLUZIONE. È stato un cambiamento drastico sotto il profilo figurativo e
architettonico, ma non tanto sotto il profilo sociale. Il cambiamento arriva agli inizi del 1500 (“vero inizio del
rinascimento”), si modifica il rapporto tra artista e società e tra artista e committente: l’artista si pone pari a
pari, non è più il committente che impone ma è l’artista che, grazie alla grandezza della sua mente, riesce a
imporre la sua posizione sociale rispetto al passato, così, agli inizi del ‘500 l’artista acquista una posizione
sociale di rilievo.
FRATTURA DELL’ARTE MODERNA: non cambia solo il linguaggio figurativo ma anche a livello sociale cambia il
rapporto. (anche l’organizzazione del lavoro cambia tra maestro e collaboratori).
Le formelle della porta nord sono uguali a quelle di Andrea Pisano della porta sud:
quadrilobate, cornice mistilinea, gotica, bronzo orato e doveva rappresentare il:
SACRIFICIO DI ISACCO
Artista sommo della cultura gotica e, quindi, in Modo di costruire schematico (tipico del 300).
sintonia con il Gotico Internazionale; Studio dell’antico a livello filologico e
Stile/linguaggio: sintassi armonica, eleganza, l’interesse per l’antichità romana (nel Ghiberti
raffinatezza, completezza tecnica (pezzo unico, è assente).
non pezzi fusi), perfezione formale. Nella formella c’è suddivisione dello spazio in
Nella formella c’è la fusione tra le figure, un 2 scene:
legame organico fra esse e non c’è troppa -nella prima scena c’è il sacrificio di Isacco
drammatizzazione. Abramo deve uccidere il figlio -nella seconda scena sono raffigurati i
Isacco: atto violento che però viene raffigurato in servitori, uno di loro si toglie la spina dal piede
modo raffinato, elegante (come se stesse = spinario (palazzo dei conservatori, Roma)
ballando). C’è più patos rispetto alla formella di Ghiberti,
Il Ghiberti fu scelto perché rappresentava meglio il quindi più drammaticità. Abramo sembra
contesto figurativo del tempo (la porta fu finita nel staccare la testa con troppa violenza al figlio.
1420).
BRUNELLESCHI (1377 – 1446)
-umanità affilata
-volti arcigni (arcigno: accigliato, ostile nell'espressione e
nell'atteggiamento del volto)
Il Crocifisso di Brunelleschi è una scultura lignea conservata nella cappella Gondi di Santa
Maria Novella a Firenze.
Secondo una tradizione aneddotica-romanzata, Brunelleschi avrebbe scolpito il crocifisso
per dare l’esempio a Donatello come si scolpisce un crocifisso nel legno.
Questi due artisti si trovano nel medesimo momento a Firenze a intagliare nel legno 2
crocifissi completamente diversi. Già nel 500 (Vasari) la critica aveva visto questa profonda
differenza tra i due artisti.
BRUNELLESCHI DONATELLO
CROCIFISSO IN SANTA CROCE
-Mette in croce un uomo con
un’armonia e una ricerca di forme -Tratti rozzi, realismo avventato
eleganti, quasi idealizzate. e crudo.
-Tutto molto razionale, molto mentale e -Testa molto grande e
quindi non cede mai al realismo crudo, allungata, un po'
linguaggio di grande armonia formale e sproporzionata ed è rinsaccata
di grande misura (razionalità). Anatomia nel busto perché è come se
perfetta nelle sue forme, ma manca ormai la testa cadesse con la
quella nota dolente di pathos, che morte, abbassata sul busto:
cogliamo nell’opera di Donatello, il quale naturalismo accentuato. Non
sperimenta le forme più drammatiche e c’è nulla di idealizzato.
più naturalistiche nella sua scultura
sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo
ed elaborato.
-È un crocifisso nuovo: idea della nudità
all’antica, è uguale al CROCIFISSO DI
MICHELANGELO (per la chiesa di Santo
Spirito 1492)
DONATELLO (1386 – 1466)
CROCIFISSO IN SANTA
CROCE
CROCIFISSO DELLA
FORMELLA DEL GHIBERTI
DAVID DI MICHELANGELO
SAN MATTEO DI BERNARDO CIUFFAGNI (ALLIEVO DI GHIBERTI): figura rigida, meno libera
nello spazio rispetto alle altre due di Nanni e Donatello.
SAN MARCO DI LAMBERTI (SCULTORE GOTICO): figura fragile, panneggio ondulato,
arricciato come se avesse una vita autonoma rispetto all’anatomia sottostante.
C’è una concorrenza in questi anni a Firenze tra gli artisti e, a scultori come Lamberti, questa
concorrenza non lascerà spazio per la fama e saranno costretti a lasciare Firenze e a cercare
lavoro in area Veneta, dove ancora la tradizione gotica rappresenta il linguaggio comune.
Tra loro ci sarà anche Ghiberti quando intorno al 1420 dovrà fare i conti con la nuova arte
all’antica per mantenere quella grande fama in città.
SAN GIOVANNI BATTISTA, ORSANMICHELE 1412-1416
PERIODIZZAZIONI
I due pittori cominciano a lavorare poi alla Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine,
siamo nel 1424.
Michelangelo
CAPPELLA BRANCACCI
La appella Brancacci, situata
all'interno della chiesa di Santa
Maria del Carmine di Firenze
rappresenta uno degli esempi
più elevati di pittura del
Rinascimento (1424-1428). Essa
è frutto della collaborazione di
due dei più grandi artisti
dell'epoca, Masaccio e Masolino
da Panicale, ai quali deve
aggiungersi la mano di Filippino Lippi, chiamato a
completare l'opera circa cinquant'anni dopo.
La commissione è da parte di Filippo Brancacci (oppositore
dei Medici che lo porto all’esilio). La cappella rappresenta
2 storie della genesi e delle storie di San Pietro tratte dagli
atti degli apostoli, testo evangelico.
La cappella Brancacci ha subito dei danni nel tempo, si
pensò addirittura di distruggerla nel 600 ma grazie ad una
duchessa si bloccò questa demolizione. Le pareti rimangono abbastanza intatte ma le parti
esterno sono andate distrutte, come la volta della cappella dove c’è un affresco di tardo
600. La volta era decorata con lunette da parte dei due artisti (per lavorare ad un cantiere si
partiva dall’alto e andando verso il basso).
Nell’arco di accesso della cappella abbiamo 2 storie della
genesi (Vecchio Testamento). Vediamo due mondi che si
confrontano, quello di Masaccio e Masolino. I due si erano
divisi i lavori, infatti si vedono le grandi differenze.
MASOLINO: “Peccato originale”, le due figure di Masolino
così delicate, con anatomia morbida e una leggerezza che
tiene le due figure quasi sospese. Eva tiene la mela in
mano in maniera delicatissima.
MASACCIO: “Cacciata dal Paradiso Terrestre”, i due dopo il
peccato originale vengono cacciati dall’angelo dal
Paradiso. Qui abbiamo una dimensione fisica, drammatica,
patetica. Escono da questa porta del paradiso come se
MASACCIO MASOLINO
fosse una porta della città e sono raffigurati dolenti, affranti come, ad esempio, il viso di Eva
con le cavità oculari che sono come delle ferite. I due corpi, a differenza di Masolino,
presentano un realismo, una tridimensionalità come se fossero esaminati dal vero come i
loro gesti, la mimica, gli arti. Eva si rende subito conto, dopo il peccato originale, che è nuda
e sentendo vergogna si copre. Adamo invece è in preda alla disperazione anche lui, cassa
toracica, visto chiaroscurato per dare rilievo. I due proiettano la loro ombra sul terreno che
calpestano. A differenza di Masolino (con i piedi elevati, sospesi quasi dell’aria ) qui le figure
abitano in uno spazio.
POLITTICO DI PISA
Nel 1427 si conclude il lavoro alla cappella
Brancacci e nello stesso periodo Masaccio
lavora a Pisa, dove gli viene commissionato
un grande polittico per la chiesa del
Carmine. Noi vediamo solo due pannelli
del polittico. Qui c’è solo Masaccio, non c’è
l’intervento di Masolino e di nessuno.
A sinistra abbiamo la parte centrale del
polittico, la Vergine su un trono di pietra,
monumentale dalle colonne all’antica
collocate su due registri con alla basa un
gradino, come nei sarcofaghi romani. I piccoli rosoni sul prospetto del trono ricordano quelli
che Brunelleschi inseriva nelle sue architetture. Quindi non solo è un’architettura che
riflette un vocabolario moderno ma è anche in forma tridimensionale, in prospettiva. Al
centro la Madonna, figura femminile che riempie il vano del trono, con il bambino in braccio
il quale, golosamente, mangia un grappolo d’uva. Si tratta di un evento della quotidianità
interito nella sacralità. È la grande rivoluzione di Masaccio che coglie ogni dettaglio della
vita, come il panneggio chiaroscurato che crea volume. Gli angeli sono disposti intorno al
trono e anche questo crea prospettiva. Il fondo oro ritorna, elemento simbolico della
tradizione medievale (bizantino) e sono stati i pisani a chiedere proprio che fosse fatto il
fondo oro. Sul fondo oro piatto Masaccio crea l’opera con grandi volumetrie, prospettive.
A destra: Masaccio ritrae i personaggi importanti della crocifissione. Cristo qui, morto, i
tendini e tutto il corpo ceduto, la testa cade quasi sulle costole del corpo di Cristo. Il corpo è
segnato da ombre intense, da una parte con la luce proveniente da sinistra per rendere più
volumetrico il corpo. Sotto i 3 dolenti: la vergine segnata nel volto, chiusa all’interno del
mantello corposo con pieghe ombreggiate e in basso la Maddalena sotto la croce con
capigliatura dorata, con il mantello arancio. Il gesto è drammatico: con le braccia all’indietro
e il corpo in avanti. Sulla destra il San Giovanni affranto e sembra quasi comprimere nella
stretta delle mani il dolore, quindi un dolore contenuto.
TRINITA’
Tra il 1426-1428, Masaccio realizza anche gli affreschi della Basilica di
Santa Maria Novella a Firenze.
La trinità è un affresco per cui diversi critici pensavano che Masaccio
avesse ripreso Brunelleschi per quanto l’architettura è impressionante,
come se fosse illusionistica, inganna l’occhio, solo un architetto poteva
suggerire a Masaccio, ma in realtà nessuno l’ha fatto. Masaccio ha
creato tutto senza l’aiuto di nessuno. Masaccio immagina un altare
vero nello spazio della navata con la mensa, le colonne e sotto un
sarcofago con uno scheletro e un memento mori “io sono quello che
tu sarai”. Sopra la mensa dell’altare si apre una nicchia architettonica
profonda con una copertura all’antica disposta in prospettiva e
all’interno della figura architettonica inserisce la trinità. Grande
realismo. Resa chiaroscurale del corpo di cristo. Ai lati della
crocifissione abbiamo i 2 dolenti e sotto in posizione gerarchica i due
committenti fiorentini marito e moglie visti di profilo.
SANTI GIROLAMO E GIOVANNI BATTISTA
Per concludere viene chiamato Masolino e a lui dobbiamo il pannello centrale con la
madonna assunta e i santi ai lati, il miracolo della madonna con la neve ad agosto ecc.
Nel 1428, dopo il polittico di Roma Masaccio, abbandona Firenze e poco dopo morirà di
peste. I pochi averi che aveva non si sapeva a chi darli, non c’era un erede. Si tratta di
un’eredità che viene assorbita lentamente dai pittori del suo tempo in quanto era una
pittura nuova.
AFFRESCHI BASILICA SANTA CATERINA
Masolino realizza gli affreschi della basilica di Santa
Caterina (oggi nella basilica di San Clemente a
Roma). Tra gli affreschi abbiamo il martirio di Santa
Canterina dove Masolino mastica ancora il
linguaggio della cappella Brancacci di Masaccio. Il
suo rapporto con Masaccio è molto intenso, come
le figure chiaroscurali. L’architettura, al contrario, è
più una specie di scenografia, è garbata, elastica,
delicata.
In Toscana opera una personalità che riflette meglio la situazione ibrida tra gotico e
rinascimento: Jacopo della Quercia. Scultore di origine senese nato nel 1374, la sua
formazione avvenne in clima gotico però non è chiaro dove si sia formato se a Siena, Lucca o
a Bologna dove abbiamo alcune opere sue.
FORMELLE GHIBERTI
PORTA DEL PARADISO 1425 – 1452: si tratta della porta est del
Battistero di Firenze, quella principale situata davanti al Duomo di
Santa Maria del Fiore. Rispetto alla Porta nord del battistero di
Firenze, qui sono raffigurati 10 episodi dell’Antico Testamento. Si
tratta di composizioni quadrate legate ad un tipo di concezione
narrativa che richiama spunti della tradizione antica. È un’impresa
enorme a cui Ghiberti lavora fino alla morte e verrà poi conclusa
dal figlio. Le storie sono 5 per lato e sono inquadrate da cornici
sempre all’antica. Nelle nicchie si trovano delle figure singole e
separate da delle teste che emergono dallo sfondo.
Altro confronto
POLITTICO QUARATESI
Pisanello, però, lavorò soprattutto a Verona dove realizzò degli affreschi nella chiesa di San Fermo
Maggiore 1426, di cui anche l’annunciazione ai lati del monumento di Niccolò Brenzoni (opera
funebre di tradizione gotica). La figura dell’angelo è quasi innaturale, come se si schiacciasse a terra
di fronte alla vergine.
Pisanello, studioso dell’antico, a Roma s’interessa della
statuaria antica. (si trova al Louvre, Parigi)
Ritratto su medaglia.
Dopo il concilio del 1439 (l'incontro con i due dotti neoplatonici bizantini Pletone e Bessarione al
Concilio del 1439 diede a Cosimo de Medici l'idea di creare in Firenze un fulcro per la diffusione
delle teorie di Platone in terra italiana) aumentando il prestigio culturale e politico della città.
Così, la celebrazione del concilio viene ospitata a Firenze perché Cosimo a Firenze aveva anche
ospitato la curia pontificia. Lo scopo era quello di far diventare la città il centro delle grandi
iniziative politiche.
CANTORIE
La Cantoria a destra è di Donatello (1433 –
1438) e quella a sinistra di Luca della Robbia
(1431 – 1438) e sono state realizzate nella
Basilica di Santa Maria del Fiore. Nel 1438 Papa
Eugenio IV consacra la Basilica di Santa Maria
del Fiore sotto gli occhi di Cosimo de Medici. La cattedrale viene consacrata con una nuova
decorazione quattrocentesca e, così, vengono commissionate anche le 2 cantorie di Donatello e
Luca della Robbia.
La cantoria a sinistra, di Luca della Robbia, è il riflesso di questo interesse vero l’antico che si era
instaurato durante questo periodo ed è la prima opera importante che Luca realizza.
Nella cantoria di Donatello abbiamo la danza di angioletti dietro a delle colonnette binate.
Donatello si ispira all’antico e poi lo rielabora in maniera diversa. È il genio della sperimentazione,
non ha una formula già stabilita da altri del passato (come il classico) c’è sempre la sovversione
delle regole imposte. Il fregio è decorato con delle anfore antiche separate da delle foglie di
palmetta in modo stilizzato, astratto, molto diverso dalla naturalezza del vocabolario architettonico
romano. La superficie è coperta di decorazioni che ricordano un po’ le decorazioni barbariche
(copertura di tutte le superfici mantenendo, però, quel respiro ampio che l’arte classica aveva).
Tra Luca della Robbia e Donatello abbiamo una concezione diversissima. La danza di Donatello è
trasformata in Luca in una danza equilibrata, armonica, c’è più dinamicità. Anche il panneggio
ondulato segue il ritmo del corpo sottostante, come se ci fosse un equilibrio armonioso che tutto
regola (scultura romana).
PUTTI REGGICANDELE
Sulla cantoria di Luca della Robbia erano collocate queste figure di
angioletti bronzei, che oggi si trovano al Museo Jacquemart-Andréal,
Parigi. A lungo sono stati considerati di Luca perché erano sul
cantiere suo ma in realtà si tratta 2 opere di Donatello. Questi putti
sono assai poco equilibrati, come quasi schiacciati, in una posa
equilibrata e poco armonica. Molto in carne, quasi senza collo,
schiacciati.
Donatello, infatti, realizza altre sculture simile ai due putti come questa scultura
bronzea di un angioletto sorridente con calzoncini leggeri calati che mostrano il
sesso e un cinturone ai fianchi. Si tratta di una creatura bizzarra che schiaccia un
serpente.
Nel 1440 realizza il David, commissionato da Cosimo de Medici e si trova al
Museo del Bargello a Firenze. Inizialmente si trovava su una colonna di
marmo ed era collocata in un cortile. Si tratta di una statua molto
importante per Firenze dal punto di vista perché simboleggia in qualche
modo il talento di Firenze, una città debole (quindi non potente come era
Golia) ma forte (intelligente come David). La capigliatura così lunga che
sfiora le spalle non è parte dell’antico (nella tradizione classica erano
raffigurate teste rasate) e addirittura la testa è coperta da un cappello con
foglie d’alloro. Ai piedi c’è la testa del Golia mozzata. Possiamo vedere,
appunto, come Donatello è il genio della sperimentazione, ribelle, instabile
e alla ricerca di nuove soluzioni senza modelli prestabiliti.
PULPITO
Donatello lavora anche per il Duomo di
Prato dove realizza intorno al 1428-1438 il
pulpito esterno della cattedrale. Lui
espone la reliquia venerata che Maria
avrebbe fatto calare dal cielo durante
l’assunzione nel cielo e che avrebbe
raccolto San Tommaso. Quindi il pulpito è
un vero e proprio terrazzo con varie
formelle incastonate e anche qui putti danzanti che suonano a ritmo.
Durante la realizzazione del pulpito, Donatello si unisce in una società insieme a Michelozzo di
Bartolomeo, architetto e scultore. Si dividono, così, il lavoro e i guadagni.
Qui lavorano per il monumento funebre del cardinale che era diventato
papa, o meglio antipapa, Giovanni XXIII. Prese questo nome proprio
dall’antipapa Baldassarre Cossa (al tempo del grande scisma c’era il papa
e l’antipapa). Pur essendo morto nel 1429 a Firenze questo antipapa era
appoggiato da Cosimo de Medici tanto che dopo la sua morte Cosimo
decide di fargli un monumento funebre nel Battistero di Firenze e l’affida
a Michelozzo e Donatello.
Michelozzo realizza: la base con le
3 virtù teologali (Fede, Speranza e
Carità) e il poi il sepolcro con il
cartiglio, l’epigrafe in latino e i due
putti ai lati che lo reggono.
Sopra gli angeli con il cartiglio abbiamo il defunto (l’antipapa) defunto realizzato in bronzo da
Donatello (l’unica parte che lui realizza, il resto è di Michelozzo). Si tratta di un monumento
moderno perché, anche se all’antica, abbiamo il modo di costruire gotico del 300. (le 3 virtù chiuse
in delle lesene all’antica, ad esempio, la resa del panneggio del defunto è la grande scultura
moderna di Donatello).
Michelozzo, negli stessi anni, realizza il sarcofago dell’antipapa Giovanni XXIII. Nella parte bassa
sono raffigurate le 3 figure delle cariatidi, sopra gli angeli con cartiglio.
La parte in alto che rappresenta la Madonna Assunta in mezzo agli angeli è opra di Donatello. Maria
è elevata in cielo, lo sfondo non è paesaggistico ma uno sfondo infinito. Quindi abbiamo opere in
comune di loro e altre in proprio. Donatello si cimenta nelle parti a basso rilievo così la tecnica
schiacciata poteva dare il meglio
TABERNACOLO
Per la chiesa di Sant’Egidio (oggi conservata in Santa Maria a Peretola). A
Firenze, Luca realizzò negli anni 30 questo tabernacolo marmoreo. In
basso, rappresenta due angeli in marmo che indicano uno sportellino,
sopra abbiamo un’poeta in terracotta invetriata, invenzione di Luca della
Robbia, che verrà ripresa successivamente. Era una tecnica antica, del
medioevo che era stata dimenticata. Una tecnica che venne riscoperta
nella ricerca di Brunelleschi a Firenze. Così Donatello, Brunelleschi e Luca
lavorano in terracotta, ma Luca aggiunge un elemento, ovvero viene
ornata da una pasta vitrea colorata e si creano, così, queste superfici
brillanti.
RESURREZIONE DI CRISTO
FILIPPO LIPPI
MADONNA TRIVULZIO
La Madonna Trivulzio (Madonna
dell'Umiltà con angeli e santi
carmelitani, o ancora come l’ha
chiamata il prof. Madonna della
Trinità) è una tempera su tavola a
forma di lunetta, databile al 1429-
1432 e conservata nella Pinacoteca
del Castello Sforzesco a Milano.
Rappresenta uno dei capolavori della pittura di transizione a Firenze verso il 1430. Si tratta
di un’opera giovanile di Lippi. Gli angeli e le figure intorno a Maria hanno una grande
espressività nei volti. Di Lippi abbiamo anche dei frammenti dove le figure dei
monaci sono un po’ come le figure di queste della Madonna Trivulzio (molto
masaccesche): tessuto spesso che avvolgono corpi ben avvertibili, pieghe
corpose scanalate di ombre. Le teste hanno un plasticismo ottenuto
attraverso il chiaroscuro molto rilevato e per renderle ancora più plastiche ha
accorciato queste figure di santi riducendo la loro dimensione, sembrano
quasi dei bambini. Alle spalle della vergine ci sono degli angeli che guardano
da dietro le spalle della vergine.
MADONNA DI TARQUINIA, 1437
Oggi conservata nella Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo
Barberini a Roma. Raffigura la Vergine col bambino in un
ambiente domestico, anche qui ricorda Masaccio come il modo
di rendere il panneggio intorno alle gambe di Maria, le pieghe
scendono intorno alle ginocchia per rendere più plastico il tutto,
il gradino architettonico. La lezione di Masaccio è fortissima. C’è
un’assimilazione della pittura fiamminga nordica che a Firenze
già nel corso degli anni 30 comincia a diffondersi. Come l’idea
del cartiglio che si attorciglia alla base del trono della vergine.
Cartiglio che indica data, firma, dedicazione. L’interno
domestico con aspetti di analisi dei materiali, come il trono di
marmo policromo che rende la lucentezza del materiale, il
paesaggio tipografico.
PALA BARBADORI, 1438
La Pala Barbadori (Madonna col Bambino, angeli,
san Frediano e sant'Agostino) è un'opera, tempera
su tavola, datata al 1438. È conservata al Museo
del Louvre di Parigi a seguito delle spoliazioni
napoleoniche nel Granducato di Toscana, mentre i
tre scomparti della predella vennero portate agli
Uffizi di Firenze. Lippi è un grande disegnatore, lo
vediamo anche in quest’opera, il modo di rendere
i panneggi dei mantelli, tuniche segnati da
piegoline. È una tendenza del disegno che non era presente in Masaccio, le sue erano forme
semplici con chiaroscuro. In Lippi le forme sono linee grafiche che rendono delicate le
figure, graziose. Da qui, infatti, inizia un allontanamento da Masaccio.
DETTAGLI DELL’AFFRESCO
L’ANNUNCIAZIONE
Affresco realizzata per il duomo di Spoleto con storie di Maria,
qui annunciazione. Eleganza, modi, ricerca preziosa
dell’ornamento anche nelle architetture
BEATO ANGELICO (1395-1455)
Il percorso di Lippi si conclude alla metà del 400 (muore nel 69) e uno dei suoi eredi è
BEATO ANGELICO. Legato ai domenicani del convento di San Marco a Firenze, poco più
anziano di Masaccio e quindi quando si formò era un pittore gotico.
MADONNA DELL’UVA
Di Beato abbiamo miniature iniziali, eppure nei primi anni 30 la
Madonna dell’uva col bambino mostra una piena assimilazione della
tradizione di Masaccio. La vergine si trova sul trono, forma
monumentale, corpo massiccio dentro al manto con piegoline che
rende plastico il corpo. Il trono è architettonico brunelleschiano, un
faldistorio all’antica con una specie di coperta sullo schienale che
ricade con delle pieghe ben articolate. Oro di fondo. Nelle figure di
Beato abbiamo delicatezza, garbo, un retaggio ancora gotico che in
qualche modo sembra distaccarsi dalle forme di Masaccio, però il
chiaroscuro, il modo di rende in forma stereometrica i corpi la forma
è diverso.
IMPOSIZIONE DEL NOME AL BATTISTA, 1428-1430
Si tratta di una piccola tavola che raffigura l’imposizione
del nome al Battista, oggi al museo San Marco, Firenze. La
tavola mostra il richiamo a Masaccio
(La resurrezione del figlio Teofilo).
Sono raffigurate figure dentro ad un
giardino quadrato col muro che
chiude prospettivamente lo spazio e
sopra al muro che chiude il cortile
anche angelico pone come Masaccio
vasi di terracotta con fiori.
INCORONAZIONE DELLA VERGINE, LOUVRE
1434-1435
Si tratta di uno dei primi capolavori
rinascimentali di Firenze. Angelico immagina
che l’incoronazione avvenga infima ad una
gradinata decoratissima e intorno una schiera
di santi che si dispongono in posizioni diverse
(frontali, profilo, di spalle): Beato Angelico fa
ruotare la figura umana. La quadrettatura del
pavimento dà maggior profondità dello spazio.
Rispetto alla pittura di Masaccio chiaroscurata
intensamente, qui c’è una brillantezza cromatica presente in Angelico come, ad esempio, le
vesti rosso rubino che sembrano quasi degli smalti. Unisce l’armonia dei colori vivaci che
non hanno il contrasto chiaroscurale, ma sono pervasi da una luminosità diffusa chiamata la
PITTURA DI LUCE che nel 400 diventerà la pittura dominante a Firenze. Come possiamo
vedere, questi pittori post Masaccio assimilano la lezione dell’artista, ma la orientano in
modo diverso.
PALA DI SAN MARCO, 1440 CIRCA
Ancora per la chiesa di San Marco realizzo la grande
pala di San Marco, oggi al Museo Nazione di San
Marco a Firenze. Si tratta di un dipinto che ha subito
dei danni, ma oggi è in condizioni abbastanza buone.
Pala quadrata (riprende Brunelleschi con appunto la
pala quadrata) che stava sull’altare maggiore. Cosimo
de Medici commissionò l’opera, infatti abbiamo in
primo piano Cosma e San Damiano, protettori della
famiglia. Il trono della vergine è alzato e in
prospettiva con i santi di scorcio, poi uno scorcio che
apre verso il giardino. In primo piano inserisce una sorta di piccola pala d’altare, sembra
quasi la crocifissione di Masaccio a Pisa. Qui non c’è un pavimento ma un talento orientale
con d’decorazioni geometriche per la profondità.
Qui abbiamo due delle storie della predella: storie di
Cosma e Damiano con la tavola del miracola della
gamba risanata: l’ambiente è come un’architettura
squadrata capace di rendere la profondità in modo
scientifico.
L’ULTIMA CENA
Sempre del polittico.
PALA DELLA MADONNA DELLA NEVE, 1430-1432
Sassetta realizza la Pala per il Duomo di Siena, oggi
nella Galleria degli Uffizi. Nella predella sono
raffigurate le storie della fondazione della Basilica
di Santa Maria Maggiore a Roma. Al centro la
Madonna col bambino e i santi Paolo, Pietro,
Giovanni Battista e Francesco d’Assisi. Poi sonor
affigurati gli angeli che tengono dei piatti con delle
palle di neve (miracolo nella neve ad agosto).
Anche questa pala è quadrata e ha motivi gotici per
la decorazione.
FRAMMENTI CROCE
Per la Chiesa di San Martino, Sassetta ha realizzato una
grande croce nel 1433 che, purtroppo, fu distrutta
nella prima metà moderna nel 600. Della croce
rimangono 3 frammenti: i due dolenti laterali e il
suppedaneo (tavola dipinta sotto i piedi di cristo
crocifisso) che rappresenta San Martino il povero. Qui
Sassetta in qualche modo ha citato Masaccio nella
cappella Brancacci: il famoso nudo che trema.
Ritornando a DONATELLO, nel 1443 viene espatriato per 10 anni verso Veneto, Padova,
Venezia e lì avviene un rinnovamento.
MONUMENTO EQUESTRE AL GATTAMELATA, 1445-1453
Donatello è stato convocato a Padova per realizzare il
Monumento Equestre del Gattamelata (e anche l’altare
maggiore della chiesa di sant’Antonio). Il Monumento
Equestre è un’opera rivoluzionaria perché era la prima volta
che in una piazza veniva realizzato un monumento in bronzo
secondo il modello antico (Marco Aurelio di
Roma). Nel cavallo c’è un richiamo ai cavalli
di San Marco (di Lisipo, Grecia epoca
ellenistica). Naturalismo accentuato rispetto
all’antico, come il muso del cavallo con le
vene tese che emergono, la criniera resa in
maniera naturale, il moto del cavallo reso come palpitante e c’è grande
finezza. Il volto del Gattamelata reso con brutale realismo. Sempre
confronto con Paolo Uccello.
CROCIFISSO PER ALTARE DI SANT’ANTONIO
Donatello cura anche l’Altare di Sant’Antonio a Padova, grande
altare con materiali diversi. Poi venne smantellato e ricostruito
nell’800? in maniera però diversa da com’era inizialmente. Uno
degli elementi è il crocifisso che stava sopra l’altare che
riprende quello giovanile di Donatello. C’è però un’evoluzione
dell’anatomia minuta, resa di un’anatomia vivida, tesa, nervosa
come se ogni nervo, muscolo palpitasse, avesse un dinamismo
interno. Volto reclino, patetico, dolente. Non c’è nulla di sereno,
pacifico in Cristo. Infatti, il pathos è caratteristico di Donatello.
Questa è la ricostruzione dell’altare oggi, è
un’idea degli storici di come fosse in origine:
altare stondato, con pilastri di sostegno e
all’interno dell’altare statue a tutto tondo. Tra le
statue abbiamo la Vergine con il bambino e i 2
Santi San Francesco e Sant’Antonio ai lati tutto in
bronzo. La vergine è singolare anche dal punto di
vista iconografico ricorda l’arte bizantina,
orientale, come il diadema esotico. È come se il
mondo bizantino stimolasse la fantasia di
Donatello. I santi magri, ossuti, anatomia sottile, corpi solcati da pieghe.
Tra le composizioni dell’altare di Sant’Antonio:
rilievi schiacciati. In alto abbiamo il Miracolo
dell’asina che si inginocchia e in basso il
miracolo del cuore dell’avaro. L’articolazione
dello spazio con l’architettura con grandi
arcate a tutto sesto, che incorniciano figure
agitate, mosse in modo drammatico. C’è il
sentimento di stupore, di meraviglia di quelli
che osservano il miracolo. Donatello gioca sugli
effetti della doratura, che serve a dare la luce
riflessa, la quale dà il senso di prospettiva.
Mondo animato, patetico, drammatico e
affollato di figure.
ACENSIONE, 1563-1564
Altro artista: CARLO CRIVELLI, artista veneto che lavora prevalentemente sulla costa
adriatica, verso sud (oggi costa romagnola poi marchigiana) fino ad arrivare ad Ascoli.
ANNUNCIAZIONE, 1486
APRILE, 1468-1470
Si tratta di un particolare del ciclo dei mesi dell’anno
che Francesco del Cossa insieme a Ercole de’ Roberti e
altri pittori minori realizzarono intorno al 1470. Il ciclo
è stato realizzato nel Salone dei Mesi di Palazzo
Schifanoia a Ferrara. In questo caso si tratta del mese
di aprile che viene rappresentato, come per gli altri
mesi, con allegorie, segni zodiacali, le attività che si
svolgevano in quel mese (soprattutto alla corte di
Ferrara). Qui, nel mese di aprile, ad esempio, abbiamo
richiami allegorici alla primavera. Nella parte inferiore
sono raffigurate le attività che si svolgevano presso
Borso d’Este, duca di Ferrara, con la orsa dei cavalli
celebrata in primavera a Ferrara.
UN CONCERTO
Continuando con le corti italiane: a quella di Ferrara lavora Pisanello, alla corte di Rimini
lavora Piero della Francesca, a Mantova Leon Battista Alberti per Ludovico Gonzaga in due
chiese.
MEDIAGLIA DI LEON BATTISTA ALBERTI, 1446-1450 CIRCA
GIUDITTA E OLOFERNE
Gruppo scultoreo in bronzo dove Giuditta è una figura di
eroina biblica, quasi il simbolo della libertà contro
l’oppressore e che diventa una figura utopica come il David
contro il Golia. Fu disposto in Piazza della Signoria.
FLAGELLAZIONE DI CRISTO
Oggi alla Pinacoteca Nazionale dell’Umbria. Cristo raffigurato alla
colonna con pilato e i carnefici che si accaniscono contro di lui.
Impianto architettonico della scena che riflette le riflessioni di
Francesco di Giorgio? Tempio antichizzante, un anfiteatro sulla
destra, quindi, una specie di Roma antica che fa da scenario
architettonico alla raffigurazione.
I DUE ANGELI
Sempre di Francesco di Giorgio i due angeli. Siamo anni 90 del
400 dopo il ritorno da Urbino.
INCORONAZIONE DI MARIA
Francesco di Giorgio è stato anche pittore, infatti abbiamo
l’Incoronazione della vergine della Pinacoteca di Siena.
ANNUNCIATA DI PALERMO
Facendo un confronto con quest’opera, sempre di Antonello,
anche qui notiamo il gioco di mani messe di scorcio in uno
spazio misurato.