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Quattrocento “internazionale”
Uno dei caratteri principali del 400 fu la convivenza di linguaggi diversi, i quali si pongono
tutti come innovatori così a partire dal 1370 in Europa si andò diffondendo un linguaggio
comune esso è solitamente definito:
Adorazione dei Magi\Corteo dei Re Magi (1423)- commissionato dal banchiere Palla
Strozzi- Galleria degli Uffizi.
Stile tardo goticonarrazione del corteo
che sul piano di fondo si svolge con un
nastro fino al primo piano dove
emergono gli elementi decorativi degli
abiti, delle stoffe, della preziosità dell’oro
zecchino elementi tipici dell’arte di
corte collegati alla rappresentazione dei
Re Magi.
-preminenza colore rossosimbolo del
potere
-figure eleganti ed allungate
-Firenze in progresso sta per nascere il
Rinascimento.
MADONNA COL BAMBINO E I SANTI DI BERLINO 1395 Berlino (influssi miniatura lombarda)
Caratteristiche principali :
IL DUOMO DI MILANO
Dopo il crollo del campanile di Santa Maria Maggiore, la cattedrale che con Santa Tecla
costituiva il cuore del culto lombardo, l’arcivescovo Antonio da Saluzzo promosse nel 1386
l’avvio di una nuova cattedrale che sorgesse sul luogo della precedente. A giudicare dai
resti doveva essere un edificio in mattoni, Poco dopo nel 1387 il controllo dei lavori passò
al duca Gian Galeazzo Visconti che impose l’uso del marmo di Candoglia e delle forme
gotiche internazionali. Vennero chiamati a dirigere i lavori architetti transalpini, francesi
come tedeschi.
La fabbrica trae il suo carattere inconfondibile da questa speciale revisione delle forme
locali in chiave transalpina.
La pianta è a croce latina, con piedicroce diviso in 5 navate e transetto in 3, profondo
presbiterio circondato da un deambulatorio e abside poligonale. All’incrocio dei bracci si
alza il tradizionale tiburio. Lo slancio della cattedrale è in parte annullato dalla dilatazione
orizzontale dello spazio e dallo scarso divario in altezza delle navate. Questo assetto
permette la creazione sopra gli archi di piccole finestre che consentono l’illuminazione
diffusa e tenue. L’ossatura portante dell’edificio è costituita dai piloni e dalle mura
perimetrali. L’altra caratteristica che risulta essere un elemento distintivo è l’abbondanza
delle sculture, a cominciare dai capitelli concepiti da GIOVANNINO DE GRASSI come serie
di nicchie inquadrate da ghimberghe e divise da pilastrini cuspidati, al cui interno si
inseriscono statue di santi.
IL 400 A FIRENZE
Mentre l’Europa e l’Italia erano investite dal rinnovamento internazionale, a Firenze nasce
un nuovo movimento il : Rinascimento. Gli artisti del rinascimento non vollero copiare
l'arte classica bensì si ispirarono ad essa la imitarono. Ciò portò i primi artisti rinascimentali
ad occuparsi di prospettiva e proporzioni.
Il termine Rinascimento è un portato della storiografia ottocentesca, ma la parola rinascita
venne utilizzata già dagli umanisti e compare riferita all’ambito artistico in Vasari. Questo
periodo, che comprende i primi anni del Quattrocento e il primo ventennio del
Cinquecento, venne vissuto come un’età nuova. Esso si configura come rapida
maturazione di un nuovo modo di pensare il mondo e se stessi.
Le arti figurative
Lo stile rinascimentale si compone di tre tratti fondamentali:
1)Uso della prospettiva lineare centrica.
2)Attenzione all’uomo come individuo, nella sua componente sia fisica sia emotiva.
3)Ripudio degli elementi esornativi, sintesi ed essenzialità.
La prospettiva
Si può indicare come prospettiva ogni sistema atto a rappresentare su di un piano la
tridimensionalità dello spazio e la posizione reciproca degli oggetti in esso contenuti. A fine
Quattrocento Brunelleschi mette appunto un nuovo concetto di spazio. I risultati di queste
meditazioni furono affidati a due tavolette ora perdute, raffiguranti l’una il battistero visto
dalla porta centrale di Santa Maria del Fiore, l’altra piazza della Signoria e Palazzo Vecchio.
Il sistema prospettico era basato sul concorrere delle rette ortogonali, tra loro parallele, in
un unico punto di fuga stabilito dall’artista. La prospettiva lineare centrica è solo uno dei
possibili modi di rappresentazione spaziale poiché permette all’artista di dare un
ORDINAMENTO RAZIONALE, secondo punti da lui stesso stabiliti.
La svolta innovativa
Brunelleschi e Donatello vengono ricordati per l' esemplare interpretazione che danno al
tema tradizionale del Crocifisso ( “ in croce un contadino”). Brunelleschi traduce la divinità
e perfezione morale di Cristo in perfezione di forme non intaccate dal dolore ( le bracci
allargate equivalgono all’altezza della figura, riprende la rotazione del busto di Giotto). Il
Cristo di Donatello invece è colto nel momento dell’agonia, bocca dischiusa e occhi
semiaperti, il corpo è sgraziato.
1. 2
Energia e vitalità sono invece il segno che contraddistingue il San Giorgio di Donatello: la
figura è atteggiata con grande naturalezza e trasmette un senso di coraggio. La statua è
conservata al Museo del Bargello di Firenze.
Anche nel rilievo sulla base con San Giorgio che libera la principessa, ribadisce
quest’attenzione al dramma in termini inediti. Riprende la tecnica dello STIACCIATO,
tecnica scultorea che permette di realizzare un rilievo con variazione minime rispetto al
fondo.
BRUNELLESCHI
La cupola di Santa Maria del Fiore appare come l’opera esemplare di un’intera vita. Il tratto
distintivo del suo linguaggio è la CHIAREZZA che nasce dalla linearità geometrica degli
elementi costitutivi. La chiarezza dipende dal preciso PROPORZIONAMENTO che definisce e
collega le diverse parti e anche la distribuzione delle fonti luminose. Nelle opere di
Brunelleschi la bellezza non nasce da effetti pittoreschi o dall’ornamentazione bensì dalla
regola euritmica che li governa.
La cupola di Santa Maria del Fiore: i problemi.
Nel 418 gli Operai bandirono un concorso per il modello della cupola. Vinsero a pari merito
Ghiberti e Brunelleschi, quest’ultimo però nel 1 agosto 1420 era l’unico ad essere a capo
del cantiere. Il primo problema da affrontare era di ordine tecnico: l’enorme copertura,
l’altezza dell’edificio, i costi e le difficoltà di tale apparato si presentavano insostenibili. In
secondo luogo si trattava di trovare una nuova forma corrispondente alle nuove esigenze
estetiche, ma che la tempo stesso concludesse armonicamente l’edificio preesistente. Era
importante sottolineare il valore simbolico della cattedrale: la cupola doveva avere altezza
e proporzioni tali da imporsi sullo spazio urbano e sui dintorni ( “più magnifica e
gonfiante”). Con Brunelleschi nasce la figura dell’architetto: non si esercita più dunque
un’arte che sia meccanica bensì un’arte liberale fondata sulla geometria, la matematica e
la conoscenza storica.
La cupola: la soluzione.
Brunelleschi propose di costruire una cupola autoportante ,cioè capace di sostenersi da sé
durante la costruzione senza richiedere l'aiuto di armature provvisorie di legno, la cui
realizzazione , peraltro, sarebbe stata improponibile sia per l'altezza dell'imposta della
cupola, sia per la quantità di materiale necessario ,sia, infine per l'incapacità di una
qualunque armatura ligna di sostenere il grande peso della struttura in muratura durante
l'esecuzione. La cupola si erge su un tamburo ottagonale forato da otto grandi finestre
circolari che danno luce all'interno. Vista dall'esterno essa appare come una rossa collina
percorsa da otto bianchi nervature marmoree che convergono verso un ripiano ottagonale
in sommità. Su di esso si imposta una leggera lanterna cuspidata stretta da otto
contrafforti a volute. La grande struttura è costituita da due calotte distinte una interna e
l'altra esterna. Tra l'una e l'altra calotta esiste, quindi , un intercapedine , cioè uno spazio
che rende possibile la presenza di scale e corridoi, percorrendo i quali si giunge sino al
piano su cui si imposta la lanterna. Le 2 calotte sono collegate da 8 grandi costoloni
d'angolo, i soli che si vedono anche dall'esterno perché rivestiti di creste di marmo bianco,
e da 16 costole intermedi disposte lungo le facce delle vele. Costoloni d'angolo e costole
intermedie sono anch'essi uniti per mezzo di nove anelli in muratura. La cupola è
autoportante e nessuna struttura lignea fu usata per sostenerla durante la costruzione.
L’assetto finale di Santa Maria del Fiore.
All’interno della chiesa la cupola riunifica con la forza accentratrice del suo vano
gigantesco, gli spazi dinamici e centrifughi delle cappelle radiali e della zona interna del
capocroce. Brunelleschi elimina ogni elemento esornativo, limitandosi alla semplice calotta,
la cui definita spazialità è ora alterata dalla presenta degli affreschi degli ZUCCARI. Nel
1438 Brunelleschi inserisce nei lati del tamburo lasciati liberi dai lobi delle absidi quattro
tribune semicircolari.
SANTO SPIRITO – Brunelleschi- Firenze
L’articolazione degli spazi è più ricca e complessa in armonia con una nuova
interpretazione della classicità, di cui si vogliono riproporre non solo i metodi ma anche
l’imponenza e la monumentalità. La basilica venne condotta a termine dopo la morte di
Brunelleschi con numerose varianti rispetto al progetto originario. L'edificio è a croce
latina ma le navate laterali non si concludono in corrispondenza dell'innesto del transetto.
Si accentua il risalto plastico delle membrature mentre si riduce lo sviluppo delle superfici,
grazie all’uguale altezza di navate laterali e cappelle. La luce invade la navata centrale,
mentre le navate laterali sono immerse in una crescente penombra. Il centro attorno al
quale si raccolgono le diverse parti dell’edificio è costituito dal capocroce, dove tre bracci
di uguale ampiezza convergono verso la luminosa cupola.
OSPEDALE INNOCENTI il primo orfanotrofio d’Europa (1337- 1446)
L’edificio si affaccia sull’antistante Piazza della Santissima Annunziata, con il suo
elegantissimo portico a colonne, che costituisce la parte più rilevante dell’intero
intervento. Rialzato
su un podio di nove gradini come un tempio romano, il portico brunelleschiano,
lungo 71 metri circa, è formato da nove campate a pianta quadrata coperte da
volte a vela. Le snelle colonne dai capitelli corinzi sostengono archi a tutto sesto,
che poi in realtà sono formati da una sorta di architrave a settori incurvati. Le
lesene scanalate con il sovrastante architrave creano un ordine maggiore tangente
che inquadra e chiude la serie regolare degli archi.
I peducci, con la loro forma a cesta stilizzata, rappresentano in modo specialmente evidente
il processo di crescita del capitello corinzio, che indubbiamente Brunelleschi cercò di
imitare» (E.Battisti). Alla data del
1427, quando Brunelleschi abbandonò i lavori, la facciata si presentava così: il portico
costituito dalle dieci colonne con le nove arcate; i tre ingressi, in corrispondenza della
seconda, quinta e ottava arcata che immettono, rispettivamente, alla chiesa, al chiostro e al
dormitorio; ai lati del portico, due pareti, con altrettanti ingressi, incorniciate da due lesene
scanalate per lato. Gli elementi decorativi rotondi, inseriti negli spazi compresi fra i nove
archi centrali e la trabeazione (pennacchi) erano a superficie concava e vuoti. Le volte del
portico erano coperte da un semplice tetto, oltre il quale emergevano i corpi simmetrici
delle costruzioni retrostanti, ossia la chiesa e il dormitorio. I materiali scelti da
Brunelleschi per la costruzione del suo Portico, ossia la pietra serena per le membrature
architettoniche (un’arenaria di colore grigio-azzurrognolo) e l’intonaco bianco delle pareti,
sono a basso costo ma hanno il pregio di creare un’equilibrata ed elegante bicromia. I tondi,
che Brunelleschi aveva previsto vuoti, nel 1487 furono colmati dallo scultore Andrea della
Robbia (1435-1525) con figure di bambini in fasce, i famosissimi Putti degli Innocenti,
realizzati in terracotta invetriata.
Questa tecnica, elaborata dalla famiglia dei della Robbia,
consisteva nel verniciare con effetto vitreo le terrecotte
(letteralmente il termine vuol dire ‘verniciato a vetro’). Andrea
raffigurò i dieci putti in maniera diversa l’uno dall’altro, variandoli
nelle pose e nelle espressioni sui volti. Elemento unificante è il blu
cobalto degli sfondi, che fanno risaltare i corpicini bianco latte e le
fasce, colorate in delicate cromie violette, azzurre, rosse e
vinaccia. I quattro Putti posti nei relativi tondi alle due estremità
della facciata sono invece di imitazione, vennero realizzati dalla
Manifattura Ginori e collocati, nel 1845, in occasione del restauro
condotto dall’architetto Leopoldo Pasqui, il quale consolidò e
sostituì anche le colonne del portico, lesionate dal terremoto del
1842.
l’organismo architettonico del portico brunelleschiano presenta un modulo proporzionale che istituisce un
rapporto matematico preciso fra altezza, larghezza e profondità dell’edificio. Tutte le misure del portico dipendono
infatti da una sola, ossia l’altezza della colonna (poco meno di 6 metri), che dunque non è più solo adottata per la
sua forma ma, come nell’architettura antica, diventa unità di misura di tutto l’insieme.
La misura della corda degli archi è infatti uguale all’altezza totale di ogni colonna (dalla base al pulvino che sovrasta
il capitello) e alla distanza dalla parete di fondo. Il modulo tra colonna e colonna non è quindi calcolato partendo
dagli assi centrali delle colonne ma misurando la distanza fra le basi (intercolumnio). Ne consegue ugualmente,
tuttavia, un congegno architettonico modulare, formato da spazi cubici accostati e sormontati dalle forme curve
delle volte.
Nel 1436, Francesco della Luna riprese i lavori, interrotti da Brunelleschi. Nel 1439, soprelevò il portico di un piano,
al fine di ottenere una vasta sala coperta. Il tetto del portico venne così sostituito da una struttura chiusa, scandita
da finestre rettangolari, poste in asse con gli archi sottostanti, sormontate da timpani e visivamente sostenute da
una cornice marcapiano
SAGRESTIA VECCHIA (basilica san Lorenzo, Firenze 1421-1428)
Nel 1422 Giovanni di Bicci de’ Medici, padre di Cosimo il Vecchio, affidò a Brunelleschi la costruzione di una cappella funeraria,
addossata alla Basilica di San Lorenzo, che sarebbe stata ultimata nel 1428. L’architetto concepì un vero e proprio mausoleo
isolato, sopraelevato su un alto basamento e con un accesso esterno
La cappella, che racchiude il sarcofago marmoreo con le spoglie della coppia, è oggi detta Sagrestia Vecchia per distinguerla da
quella eretta in posizione opposta, realizzata da Michelangelo a partire dal 1520 e detta Sagrestia Nuova.
Brunelleschi creò un capolavoro di armonia e proporzione di spazi e volumi: alla base di tutta la struttura, sia in pianta sia in
alzato , ci sono il modulo proporzionale del quadrato, figura geometrica prediletta dall’architetto, e quello del cerchio inscritto
in esso. Lo spazio della cappella viene inteso da Brunelleschi come una forma perfetta ed è percepito dal visitatore in tutto il
fascino del rapporto matematico tra le sue parti. Il quadrato, il cubo, il cerchio, la sfera: è il trionfo della nuova razionalità
rinascimentale, che crea una spazialità totalmente impostata sulla geometria, semplice, nitida e chiaramente misurabile.
La cappella si presenta come un volume perfettamente cubico (ogni lato è lungo 11,66 metri), coperto da una cupola divisa in
dodici spicchi da altrettanti costoloni evidenziati dalla pietra serena, che le danno il caratteristico aspetto a ombrello, e a sesto
rialzato, cioè più alta di una copertura emisferica, in modo da correggere l’effetto ottico di schiacciamento verso il basso. Sulla
parete di fondo si affaccia la scarsella che, a pianta quadrata con cupola, riprende in piccolo la struttura dell'intera cappella.
Ogni lato del vano quadrato è diviso a metà altezza da un fregio con cherubini e serafini in terracotta invetriata rossa e blu,
impostato su lesene corinzie, che corre continuo lungo le pareti. La zona superiore termina in una grande arcata che si raccorda
con quelle contigue mediante i pennacchi di imposta della cupola.
Nella zona inferiore, le pareti su tre lati sono candide e prive di decorazioni: anche in questo caso, infatti, come già nella
facciata dello Spedale degli Innocenti, Brunelleschi ha voluto evidenziare in pietra serena sull’intonaco bianco le membrature
architettoniche, in modo da porre in risalto l’impianto strutturale dell’edificio.
Evidente è il richiamo all’antico nelle lesene, nella trabeazione, nelle porte con colonne ioniche sormontate ciascuna da un
timpano triangolare sul lato con la scarsella e nell’ingresso alla piccola abside, che richiama un arco di trionfo romano:
Brunelleschi applica qui i ricordi dei suoi viaggi a Roma, che aveva fissato in centinaia di disegni.
MASACCIO
Fondatore dell'umanesimo in pittura insieme a Brunelleschi e Donatello. La pittura di
Masaccio ha influenzato molti artisti non solo del rinascimento, tra cui Michelangelo ma
perfino artisti appartenenti ad epoche più lontane come ad esempio Giorgio de Chirico.
L’attività di Masaccio è racchiudibile in un arco brevissimo di tempo dal 1422 al 1428. Nato
nel 1401 a San Giovanni Valdarno, lo si è ritenuto l’allievo di MASOLINO. Nel 1417 si trova
a Firenze, dove aveva stretto amicizia con Brunelleschi e Donatello, e dove aveva condotto
una rilettura di Giotto, sentito affine sia per la sintesi volumetrica sia per la tempra morale
dei personaggi.
CAPPELLA BRANCACCI-cronologia e assetto originario.
La decorazione della cappella era stata fondata da Pietro Brancacci nella chiesa di Santa
Maria del Carmine a Firenze , fu commissionata a Masolino e a Masaccio nel 1424 da Felice
Brancacci. Le pitture rivestivano totalmente il vano: SULLA VOLTA erano raffigurati gli
Evangelisti, mentre a partire dai LUNETTONIle pareti erano decorate con Storie di San
Pietro disposte su tre registri. Tra il 1426 e il 1427 Masolino abbandonò l’incarico per
recarsi a lavorare in Ungheria. Tornato in Italia, egli fu chiamato dal cardinale Branda
Catiglione a Roma, dove lo raggiunse anche Masaccio. La morte di quest’ultimo e la
decadenza dei Brancacci porterà l’opera ad essere completata solo nel 1481 da Filippino
Lippi. Nel 1460 però la cappella aveva subito notevoli mutamenti: i Carmelitani vi fecero
trasportare la venerata tavola duecentesca della Madonna del Popolo, distruggendo il
riquadro col Martirio di San Pietro. Nel 1746-48 venne rialzata la volta, distruggendo così
lunette e la volta originale. Nel 1781 un incendio danneggiò pesantemente l’intero edificio.
Impianto generale
Grazie alle sinopie, è possibile supporre la presenza di Masaccio fin dall’inizio dei lavori e
una razionale pianificazione degli interventi da parte dei due pittori. Lo capiamo:
1)L’ingabbiatura architettonica che serra tutta la cappella, separando i diversi episodi. Si
tratta di paraste corinzie reggenti una cornicetta dentellata e un ideale piano oltre il quale
si aprono i paesaggi.
2)L’adozione di un’unica gamma cromatica limpida e brillante.
3)L’utilizzazione di un unico punto di vista, pensato per un ipotetico spettatore fermo al
centro della cappella.
MASOLINO E MASACCIO
Sullo stipite d'ingresso della cappella si trova la Cacciata dei Progenitori del paradiso
terrestre dipinta da Masaccio. Essi sono appena usciti dalla porta dell' Eden. Adamo si
copre il volto consapevole della sua colpa mentre Eva si copre i genitali e grida di dolore.
1424-28
BEATO ANGELICO frate domenicano con un talento per la pittura che crea immagini per
la preghiera e la meditazione. Per tutta la vita dipinge soggetti sacri. Dopo la sua morte
avvenuta a Roma è già conosciuto come l'Angelico e in seguito la chiesa lo proclama Beato.
Attorno alla sua figura sono nate diverse leggende. Si racconta che non dipingesse senza
prima aver pregato e non correggesse le sue opere poi che ogni pennellata aveva
un'origine divina. Caratteristica delle opere dell’Angelico è il cromatismo delicato è l'uso di
un illuminazione piena. Aderisce all'arte di Masaccio ma si rapporta anche a Domenico
Veneziano per l'uso della luce.
Pala di Fiesole San Domenico a Fiesole 1424-1425
Destinata originariamente all'altare maggiore della chiesa del convento, venne poi
spostata su un altare laterale dove si trova tutt'oggi. Nel 1501 Lorenzo di Credi ridipinse lo
sfondo, che era probabilmente dorato, creando una veduta più moderna, con un trono
decorato da baldacchino e finti rilievi classicheggianti e due scorci paesaggistici racchiusi da
pilastri. In quell'occasione vennero anche eliminate le tracce delle cuspidi goticheggianti.
La testa della Vergine è più sottile ed elegante, con un movimento delle linee del manto più energico, legato quindi alla tradizione
del gotico internazionale, come la Madonna col Bambino di Masolino nel Trittico Carnesecchi (1423-1425). L'opera di Beato
Angelico è comunque molto più composta e controllata di quella di Masolino.
L'impostazione del bambino con le gote gonfie tradisce un'ispirazione dal polittico Quaratesi di Gentile da Fabriano.
I santi invece, con la loro veduta frontale e la ricerca di una dignità morale individuale, mostrano invece un'influenza di Masaccio.
Nel dipinto di Beato Angelico l’incoronazione è ambientata in un Paradiso in miniatura. Al centro della scena si svolge quindi
l’incoronazione di Maria sottolineata dai raggi luminosi che simboleggiano la luce divina. Questa luce ha origine delle figure di Gesù
e Maria e si apre a ventaglio verso gli altri personaggi. Maria
indossa già il diadema quindi la scena ritrae un momento successivo mentre Gesù sta aggiungendo una pietra preziosa al simbolo
regale.
Sant’Egidio, il titolare della chiesa, è dipinto in primo piano a sinistra. Il suo viso, forse, è il ritratto dell’arcivescovo Antonino
Pierozzi. Il religioso fu priore domenicano nel convento di San Marco dove risiedeva Beato Angelico. Si vede poi il vescovo Zenobi e,
in seconda fila, san Francesco e san Domenico. Maria Maddalena è dipinta inginocchiata a destra insieme ad altre Sante. Insieme
agli angeli sono dipinti alcuni tromboncini che si riconoscono per lo strumento sollevato.
LUCEBeato Angelico progettò STILE E COLORI È presente nell’opera una solidità volumetrica che
l’illuminazione della scena tenendo conto del sembra ispirarsi al chiaroscuro di Masaccio.
pensiero di san Tommaso d’Aquino. La luce Il fondo in oro rappresenta un elemento astratto e appartiene alla
che investe i personaggi diventa così una tradizione dell’arte medievale.
emanazione divina. In tal modo i personaggi I colori di questo dipinto sono fortemente condizionati dal fondo
più illuminati al centro, dai quali si diffonde la dorato. Si evidenziano infatti i rossi, i rosa e i blu spenti dei mantelli
luce dorata, possiedono maggiormente dall’aspetto brillante e cristallino. I diversi colori sono però armonizzati
l’essenza divina. al fine di creare un corretto equilibrio nella composizione cromatica.
La realtà e la tecnica
Anche Van Eyck si pone il problema della realtà. Masaccio opera una sintesi, coglie la
struttura, l’essenza delle cose in una visione prospettica governata dalla razionalità.
Jan Van Eyck procede per analisi, partendo dai singoli innumerevoli oggetti che si
presentano ai nostri sensi. Tal metodo si potrebbe anche rapportare alla filosofia
nominalistica, la quale sostiene che la sostanza della realtà proviene a noi attraverso i
singoli oggetti percepiti.
Tutto ciò trova un preciso corrispettivo nelle differenti tecniche usate dai due pittori:
Masaccio modella potentemente con il chiaroscuro, Van Eyck avvalendosi della tecnica ad
olio, opera attraverso successive velature di colore-luce, traslucide e trasparenti.
Lo spazio
È questo l’elemento che permette di valutare in tutta la su ampiezza il divario tra la scuola
fiamminga e quella italiana. Ad esempio Angelico utilizza un solo punto di fuga, mentre
nell’opera di Van Eyck ne compaiono quattro. Nei quadri fiamminghi la luce è inoltre un
medium fluido che unifica, individuando sia l’infinitamente piccolo che l’infinitamente
grande. (libro pag. 89-93controlla i vari confronti\opere)
Coniugi Arnolfini 1434 National Gallery Londra
Italiani e Fiamminghi
In Italia l’interesse verso la nuova pittura fiamminga si era esplicato già intorno al 1440. Il
primo più immediato è quello della committenza. Il secondo è quello della riflessione
critica. Se la teorizzazione era assente nelle Fiandre, in Italia la cultura classica fornì termini
e modi per la valutazione della qualità di un‘opera.
Fiamminghi e Italiani
La soluzione non è semplice perché, mentre per gli artisti italiani non era difficile accogliere
elementi fiamminghi senza intaccare il nocciolo della visione, la nuova concezione
prospettica dello spazio non poteva essere assunta senza scompaginare fin nel profondo
l’ambiente fiammingo.
I mediatori: Ghiberti, Masolino, Michelozzo
Le conquiste rinascimentali trovarono maggiore ascolto nelle loro riflessioni meno radicali
come testimoniano le fortune di Ghiberti, Masolino e Michelozzo.
La porta del Paradiso Lorenzo Ghiberti (1378-1455): eseguita tra il 1425 e il 1450. La
straordinaria perizia tecnica del Ghiberti, si concentra sulla robusta modellazione dei
personaggi, sulla raffinatezza dell'intaglio e sulla rappresentazione di complessi paesaggi e
di architetture già prospetticamente rinascimentali. A tal fine l'artista utilizza anche una
nuova tecnica quella dello stiacciato messa a punto da Donatello. Questo artificio gli
consente di creare l'illusione di una maggior profondità prospettica.
In campo pittorico Masolino da Panicale occupa una posizione per molti versi analoga.
Artista tra i più celebri e richiesti, inoltre viaggia moltissimo. Il soggiorno di Castiglione
Olona al servizio del cardinale Branda per il quale eseguí le storie del Battista sulle pareti
del battistero e le storie della Vergine nella Collegiata, segna un momento nodale per gli
artisti settentrionali, posti di fronte ai testi che presentavano le innovazioni in base
masaccesche in un linguaggio assimilabile.
Michelozzo scultore, architetto ; È collaboratore di Lorenzo Ghiberti e successivamente
anche di Donatello con il quale forma una compagnia (una società di artisti che lavorano
assieme). Michelozzo resta fra gli architetti fiorentini della generazione successiva a quella
di Brunelleschi uno dei più difficili da classificare entro formule semplificative. La sua
attività si svolge a stretto contatto con le opere di Brunelleschi.
Nella chiesa di San Francesco al Bosco s'ispira alle aule unite trecentesche, conferendo
però al modello una più lunga scansione e organizzazione interna, alla rotonda
dell'Annunciata (1444,Firenze).
Michelozzo interviene su di una chiesa gotica a tre navateRotonda dell’Annunciata
trasformandola in una unica fiancheggiata da cappelle. L'estrema semplicità del corpo della
chiesa con lisci setti murari interrotti soltanto dagli ingressi delle cappelle e dei loro pilastri,
era esaltata dalla decorazione ridotta all'essenziale, ma di grande raffinatezza, e dal
contrasto con lo spazio monumentale e articolato della rotonda che concludeva l'edificio.
L'innesto di questo corpo di maestosità imperiale era motivato dalla sua funzione di
mausoleo del committente, il marchese di Mantova, ma nasce il primo luogo della capacità
di Michelozzo di coniugare rinnovata attenzione all'architettura antica e tradizione locale.
Siena
Ciò che caratterizza la città nei decenni centrali del 400 è un cosciente recupero e un
aggiornamento dell'eredità due/trecentesca. Ciò avviene in campo politico, dobe
l’esaltazione umanistica della città e delle sue radici romane va di pari passo con la
riattivazione degli strumenti medievali del potere municipale. Ma se l'attenzione alle
proprie radici culturali è elemento ricorrente anche negli innovatori rinascimentali, in
questo caso la presenza di manierismi tardogotici e di una fortissima inclinazione della
visione fantastica impediscono di attingere approfondita sentimentale e rigore razionale
del più autentico Rinascimento. Gli artisti senesi ebbero precoce conoscenza delle nuove
vie battute a Firenze.
Inoltre negli anni 30 almeno ricordiamo i pittori Stefano di Giovanni, detto il Sassetta
(1400-50), e Domenico di Bartolo (1428-47) si recarono a Firenze dove osservare dove
osservano attentamente il ribollente ambiente artistico.
La Madonna dell'umiltà : 1433(pinacoteca nazionale ,Siena, Domenico di Bartolo) , è un
riassunto di questa esperienza fiorentina: Masaccio è presente solo marginalmente nel
tipo della Vergine e della sua solidità fisica: il pittore dimostra maggiore apprezzamento
per gli scorci di Paolo Uccello, per gli effetti inclusivi dello stiacciato donatelliano per la
naturalezza umana di Luca della Robbia; ma soprattutto è palese il fascino esercitato dal
colore luminoso di Beato Angelico. Per esempio in una delle ultime opere del Sassetta, la
tavoletta di predella con le esequie di San Francesco, è leggibile ricordo dei funerali di San
Martino di Simone, inserito in una architettura dalle forme semplificate e classicheggianti.
L'elemento unificatore più forte è tuttavia l'armonia cromatica del blu e dei rosa,
abilmente contrappuntati dei toni grigi e tortora delle tonache.
Polittico della Madonna della neve: 1430-1432 (galleria degli uffizi Firenze. La volumetria
quasi cristallina delle figure è ottenuta attraverso una semplificazione geometrica. Le figure
di San Paolo di San Francesco nei loro gesti assoggettati a una griglia geometrica misura
non lo spazio con effetti tridimensionali ma frammentari punto di fatto la composizione è
retta da intermittenti cadenze lineari, accentuate dalla disposizione quasi speculare dei
personaggi ai lati dell'asse centrale costituito dalla vergine; i colori cangianti
impreziosiscono la visione raffinata e lirica propria dell'artista. Intorno al 1440 il rettore
dello Spedale di Siena, Giovanni di Francesco Buzzichelli, ordina la ripresa della
decorazione ad affresco della sala del Pellegrinaio, concepita non solo con finalità
edificanti, ma anche come celebrazione della grandezza del prestigio dell'istituzione. Infatti
sulle pareti si alternano episodi della storia dell'Istituto (a sinistra) e scene di vita
quotidiana (a destra) per la realizzazione di questo programma la scelta cade sui pittori più
moderni della città: il Vecchietta e Domenico di Bartolo. Il primo nella sua opera di scultura
aveva mostrato una piena assimilazione della lezione in Fiorentina nell'affresco del
Pellegrinaio e nei dipinti su tavola associa elementi anticheggiante citazioni di architetture
brunelleschiano e scorci vertiginosi con un disinteresse di fondo per un'organizzazione
razionale dello spazio. La scena quella limosina del vescovo di Domenico di Bartolo,
dominata da un'architettura prospettica ricca di elementi archeologicizzanti.
PAOLO UCCELLO (1397-1475) si formò presso la bottega del Ghiberti e restò legato
alla cultura tardogotica.
Tra le sue opere giovanili vi sono gli affreschi con le Storie della Genesi nel chiostro verde
di Santa Maria Novella, terminati entro il 1425: in effetti la fedeltà l'eleganze lineari non
esclude effetti di grandiosità monumentale ricercati attraverso un evidente geometricità
dell'impianto e del modulo compositivo delle figure. Il suo successivo soggiorno a Venezia
(1425-30), dove lavora ai mosaici per la facciata di San Marco, lontano da Firenze in un
momento cruciale e lo proietta in un mondo che accentua le sue propensioni per
l'evasione fantastica. Le opere eseguite al suo ritorno a Firenze testimoniano la sua
peculiare determinazione a usare linguaggio tardogotico per costruire un universo logico,
sempre più siglato in cifre geometriche e serrato in gabbia e prospettiche sempre nuove,
dal quale vengono esclusi l'orizzonte della natura e quello del sentimento.
La prospettiva non è dunque per Paolo mezzo per dare ordine logico e forma lo spazio, ma
acquista un valore autonomo e razionale. Si creano così scarsi tra il rigore è spaziale nello
schematismo delle figure, silhouettes campite con tinte piatte, brillanti e innaturali,
bloccare imposizioni volutamente improbabili. l'importante è ricordare i tre episodi della
battaglia di San Romano dipinti verso il 1440 per Cosimo de' Medici, o nella Caccia
notturna.
Storie della genesi
Il primo è un affresco che dipinge nel chiostro di S. Maria Novella (alcuni affreschi di questo
ciclo sono andati perduti a causa dell’esposizione esterna).
L’artista fa un operazione sconvolgente dal punto di vista del teatro della
rappresentazione. Lo spazio geometrico è organizzato e rappresenta lo scenario in cui si
ambienta una scena teatrale: il soggetto è vivo, le acque si sono ritirate, l'arca è rimasta
adagiata sul monte Ararat e Noè e i suoi figli escono dall'arca.
Il soggetto è il diluvio universale appena concluso, il soggetto poetico è il ritiro delle acque.
Il primo elemento da sottolineare è la futuribile prospettiva esasperata di questa tolda
dell'arca. La sua famosa inventio è quella utilizzare la tolda come scenario: l’arca è
incagliata e dai portelli che avevano chiuso escono i personaggi della famiglia di Noè,
mentre a terra sono rimasti i cadaveri.
Intanto Paolo Uccello ci mostra la struttura interna dell'arca attraverso un progetto
mentale. Si distingue chiaramente la figura di Noè(compare 2 volte) in preghiera e ,
all'estrema destra da un pertugio si leva in piedi e comincia a ringraziare dio per aver avuto
salva la vita mentre escono dalla nave anche i figli e la moglie che svolgono azioni diverse.
Giovanni Acuto è seduto in sella al suo cavallo che procede verso destra.
Il condottiero tiene in mano un bastone che simboleggia il comando.
Giovanni Acuto indossa un’armatura riservata alle uscite ufficiali.
L’animale inoltre è bardato con finimenti da parata, briglie e sella di
epoca rinascimentale.
La figura di Giovanni Acuto è ispirata alla statua di epoca romana che
ritrae l’imperatore Marco Aurelio a Roma. Questo monumento fu infatti
la principale fonte iconografica delle statue equestri del Rinascimento. In
seguito Donatello con il Monumento al Gattamelata e Andrea del
Verrocchio grazie all’utilizzo di tecniche appropriate stabilirono nuovi
canoni rappresentativi. Il cavallo dipinto da Paolo Uccello avanza con un
passo che in ambito sportivo si indica ambio. Questo tipo di andatura
prevede il sollevamento degli arti dello stesso lato del corpo.
Diversamente, nel trotto l’animale solleva gli zoccolo diagonalmente,
quindi alternando gli arti dei due lati del corpo.
Banchetto di Erode
La cappella Caracciolo in San Giovanni a Carbonara a Napoli.
La cappella funeraria realizzata per Sergiani Caracciolo è un edificio a pianta centrale che si
apre oltre il presbiterio della chiesa, internamente occupato nella zona absidale del
monumento funebre del re Ladislao di Durazzo. Questa particolare collocazione fa si che il
sepolcro del re funga quasi da atrio per la cappella dell'uomo che resta di fatto le sorti del
regno dopo la sua morte. Esternamente la cappella si presenta come un prisma ottagonale
dagli angoli rinforzati da contrafforti, originariamente concluso da una cupola estradossata
percorsa da 8 nervature che si raccoglievano in una lanterna. l'interno e invece cilindrico
anche se ho scompartito in otto settori da costoloni corrispondente contrafforti esterni. Il
debito verso la cottura internazionale e la tradizione locale e denunciato dalla policromia e
della decorazione sontuosa. Il pavimento è in maioliche colorate, le pareti sono
interamente rivestite di affreschi, dovuti a Leonardo da Besozzo e Perinetto da Benevento.
DOMENICO VENEZIANO
Madonna Berenson Villa I Tatti, Settignano (Firenze) 1432-1437
Sullo sfondo di un broccato rosso scuro con motivi floreali, dalla ricca
punzonatura d'oro, Maria è rappresentata a mezza figura, col Bambino che gioca
seduto su un cuscino e con le gambe appoggiate su un ipotetico parapetto che
coincide con il bordo inferiore del dipinto. Si tratta di uno dei più antichi esempi
di questo motivo in Italia, derivato dall'esempio dei Primitivi fiamminghi. I tipi
fisici della Madonna e del Bambino rimandano all'opera del pittore, così come la
luce chiara, la delicata stesura degli incarnati, l'attenzione al dettaglio, come il
velo trasparente sulla fronte della Madonna, il tono intimo e tranquillo, con un
complesso scambio di gesti e sguardi.
La ricchezza dello sfondo rimanda a opere di Gentile da Fabriano, come la
Madonna dell'Umiltà di Pisa, così come il ricco trattamento dell'oro, ora inciso,
ora pinzonato, ora applicato a rilievo come nei motivi decorativi della veste di
Maria. Le aureole sono già in prospettiva, uno stilema che venne poi ripreso da
Piero della Francesca.
Maria porge al Bambino un bocciolo o forse un piccolo pero, allusione al Peccato
originale che Cristo laverà col suo sacrificio. Questo gesto dovette ispirare anche
Leonardo, nella sua Madonna Benois. Il motivo della melagrana nello sfondo
Adorazione dei Magi 1439-1441 simboleggia la Resurrezione.
è uno dei primi tondi pervenutici in quanto opere d'arte, prive di uno
specifico uso Venne commissionato da Piero de' Medici nel 1438, anno in
cui Domenico Veneziano aveva inviato a lui una lettera da Perugia,
chiedendogli di poter lavorare a Firenze e mettendosi al suo servizio. L'opera
venne completata nel 1441. l corteo dei Magi si dispone in maniera
tradizionale, procedendo orizzontalmente verso la capanna che si trova
all'estremità destra. Il primo dei Re Magi, quello più anziano, si distende e
bacia un piede del Bambino, mentre un servitore gli tiene la corona. Gli altri
due, con la corona ancora in testa, stanno in piedi dietro di lui e guardano la
scena. Il dono del re inginocchiato è nelle mani di san Giuseppe, che si trova
dietro la Vergine assisa. Sotto la capanna si trovano il bue e l'asinello,
mentre dietro si intravedono due cammelli del corteo dei Magi, uno con un
servitore nero in groppa.
Nel corteo si trovano vari personaggi riccamente abbigliati e con cappelli e vestiti dalla foggia esotica. Tra di loro alcuni portano i
simboli dell'aristocrazia e dei passatempi per nobili, come il falcone e i cani levrieri da caccia. In primo piano si trova un
praticello dove stanno alcuni uccelli, gli stessi che si vedono in volo in alto, e una serie di specie vegetali ritratte con grande cura
al dettaglio, secondo un gusto derivato dalla cultura tardogotica. Il
paesaggio sullo sfondo si apre con una vista di una vallata affiancata da montagne a destra e colline a sinistra. Al centro si trova
una città fortificata, tra campi coltivati, prati dove pascolano le pecore e un lembo di uno specchio d'acqua dove si intravedono
alcune barchette. Lungo la strada che esce dalla città si intravede anche il dettaglio all'epoca familiare di una forca con un
impiccato. Al centro un albero bilancia verticalmente la composizione e fa da asse di simmetria, leggermente sfalsato per
incontrare il gusto della "Varietas" albertiana allora dominante. Sulla sommità del tetto della capanna si trova un pavone
appollaiato, simbolo dell'immortalità di Cristo
L'opera si ispira, per eleganza, sontuosità e tono fiabesco della rappresentazione, alle opere tardogotiche, in particolare a Gentile
da Fabriano e Pisanello, ma vi si trovano perfettamente fusi elementi nuovi del Rinascimento, come la padronanza spaziale e dei
volumi, la fisicità reale dei personaggi, l'uso unificato della luce, che coinvolge nella medesima visione sia i dettagli più minuti in
primo piano che il paesaggio più lontano. Le colline più lontane sono chiarissime per effetto della foschia, e rivelano
un'assimilazione precoce delle novità della pittura fiamminga, che in quel periodo erano già oggetto di collezionismo a Firenze.
Pala S.Lucia de’ Magnoli 1445ca Uffizi L'opera è uno degli esempi più antichi pervenutici di
tabula quadrata et sine civoriis, cioè di pala moderna
senza gli scomparti e senza il fondo oro tipico dei
polittici medievali. Nonostante ciò l'ambientazione, con
i tre archi a sesto acuto, le colonnette e le nicchie a
conchiglia, ricorda la tradizionale composizione a
scomparti, anche se si tratta solo di una suggestione.
L'edificio in cui è composta la scena è infatti trattato
secondo le conoscenze della prospettiva geometrica,
con tre punti di fuga dove convergono tutte le linee
orizzontali, comprese quelle del complesso pavimento
intarsiato di marmi. Il dipinto si configura così come un
perfetto equilibrio tra modernità e tradizione, suggerito
anche dall'uso di arcate diverse: a sesto acuto in alto ed
a tutto sesto nelle nicchie classicheggianti, tra le quali
quella centrale inquadra perfettamente la Madonna in
trono col Bambino, sebbene essi si trovino in realtà
davanti al loggiato.
La luce è un elemento fondamentale dell'opera, che si
stende tenue sulle architetture e sui personaggi,
entrando dall'alto, dal cortile scoperchiato dietro il
quale si stende un giardino, come fanno intendere i
rami di tre aranci sullo sfondo del cielo azzurro. In
particolare si tratta di una luce chiara e diffusa ma
inclinata (come dimostra l'ombra dietro la Madonna),
che ricorda fedelmente quella del mattino. La cornice
originale, andata perduta, doveva sottolineare questo
effetto "finestra".
L'impostazione chiara e geometrica dello spazio viene subito colta dallo spettatore, che percepisce come naturali i tre elementi
dell'architettura: primo piano col pavimento intarsiato, loggia e cortile poligonale con le nicchie.
L'asse centrale di tutta la composizione è la figura della Vergine in trono, che si situa come il vertice di un triangolo ideale nel quale
si dispongono i santi.
L'elemento lineare viene cancellato dalla luce chiara che proviene da destra in alto mettendo in risalto i profili dei personaggi.
Proprio questa "sintesi di luce e colore", come la chiamò Roberto Longhi, è l'elemento fondamentale che si trasmise a Piero della
Francesca, ben visibile nei suoi capolavori come le Storie della Vera Croce di Arezzo.
I colori limpidi e puri di Domenico Veneziano vengono spesso attribuiti alla sua presunta origine da Venezia, in realtà suggerita solo
dal nome. I volumi sono modellati con grazia e la tavolozza di tonalità "pastello" risente in maniera esemplare delle più fini
variazioni della luce e dello spazio
La pala era un tempo integrata da una bella predella, in basso, riportante episodi significativi relativi alla vita dei personaggi
soprastanti. Da sinistra: San Francesco riceve le stimmate, San Giovanni Battista nel deserto, l’Annunciazione, il Miracolo di
san Zanobi e il Martirio di santa Lucia. Le tavolette che componevano la predella sono oggi conservate in differenti musei.
Madonna col bambino e due angeli 1460-1465 Firenze Galleria degli Uffizi
•Gesù immobile occupa il centro della scena, a destra il Battista, a sinistra tre
angeli. a destra San Giovanni Battista battezza Gesù alla sua destraun
giovane si sta spogliando togliersi le vesti prima del battesimo era inteso
come l'atto di spogliarsi dai peccatiin realtà il giovane potrebbe anche
vestirsiin questo caso la veste candida e un'allusione alla nuova vita dopo il
battesimoquindi probabilmente Piero voleva rappresentare entrambi i
significati.
•Geometrizzazione delle forme: Piero riduce ogni forma della realtà a figure
geometriche (tronco-cilindro; chioma albero -cupola emisferica; volti-ovali).
•Figure immobili, come bloccate nell’azione.
•Il senso di profondità è dato dal corso del fiume, strada, colline in
lontananza.
•Una luminosità solare avvolge la scena.
•Atmosfera sospesa e irreale.
•Uso di colori chiari e brillanti che danno volume agli oggetti e alle figure.
•Straordinaria capacità nella rappresentazione del paesaggio.
Descrizione