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Storia dell’arte
Tardo gotico
Bisogna in primis precisare come questo non è un movimento artistico; in quest’ultimo gli
artisti si riuniscono e sono consapevoli di ciò che fanno, in questo caso no.
È uno stile che troviamo in molti luoghi dell’Europa ed è conosciuto anche come Stile dolce
o gotico cortese:
Gotico cortese fa riferimento all'ambiente sociale in cui si sviluppa e ha più successo:
infatti, mentre la borghesia (ancora agli albori) inizia la sua ascesa, l'aristocrazia si afferma
attraverso un’impeccabile perfezione formale
Caratteristiche:
• ispirazione della letteratura di corte (romanzi e poemi cavallereschi)
• Toni fiabeschi
• Annullamento profondità spaziale, sinuosità della linea ->da qui stile dolce
• Resa minuziosa delle figure e dei particolari (abiti, piante, fiori, etc) infatti si parla di un
naturalismo spinto fino a esasperazioni grottesche
• Autonomia panneggio
• sviluppo delle arti minori (gioielli, tessuti, arazzi, miniature etc)
• Circolazione ogg. di misura ridotta e degli stessi artisti che viaggiavano sia per desiderio
che per esigenza
• Erano fondamentali anche le corti -> tra le + importanti troviamo quella papale e quelle
francesi
• Linguaggio prezioso e raffinato~› che si traduce come evasione dalla realtà in quanto ci
troviamo in un periodo instabile su tutti i fronti; dissesto economico, perdita di potere da
parte delle maggiori autorità (papato e impero), cavalleria e feudalità non ricoprivano più
un ruolo attivo, rivolte contadine, ascesa borghesia, diffondersi di un senso religioso più
intimo e personale con Dio.
Tutto ciò si rispecchia nella produzione figurativa, ma non annulla l'evidente frattura tra la
vita reale e quella raffigurata.
L'arte perciò non è puro riflesso di una situazione, piuttosto è "compensazione"
fantastica, evocazione di un mondo perfetto, ideato secondo i modelli dell'aristocrazia ma
accettato anche dalle altre componenti sociali; oppure tentativo di esorcizzare i timori più
radicati, come quello della morte.
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Michelino Da Besozzo
(1388-1445) - personaggio chiave per l'intera Italia settentrionale - apprese a interpretare in
modo più libero e fantasioso, più internazionale, l'eredità della generazione precedente.
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Gentile Da Fabriano
incarna, non solo nella sua pittura, ma anche nel suo operare , la tipica figura dell'artista
"internazionale" che preferisce alla bottega le più svariate occasioni di lavoro presso corti e
città prestigiose. La morbidezza luminosa con cui Gentile intenerisce il colore stimola infatti il
definitivo distacco dalla campitura di marca bizantina.
GENTILE DA FABRIANO (1370-1427)
POLITTICO DI VALLE ROMITA 1410
Questo è un polittico composto da 5 elementi: la parte centrale (più grande) e le altre quattro
di pari dimensioni ai lati. Si tratta di un'opera sia pittorica che scultorea. Il titolo dell'opera è
legato alla sua finalità, cioè il luogo in cui sarebbe stato ubicato. Nella parte centrale vi è
rappresentata l'incoronazione della Vergine da parte di Cristo, entrambe le figure fluttuano in
uno spazio indefinito e color oro. Si tratta di una composizione astratta. Le altre 4 parti,
sebbene siano separate da elementi strutturali (colonne) comunicano continuamente tra
loro. Esse si dividono in due piani:
● SUPERIORE: 4 scene legate ai santi raffigurati a figura intera
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● INFERIORE: San Nicola, San Francesco d’Assisi, San Girolamo e la Maddalena che
giacciono su un prato ricco di fiori che ricorre nella parte inferiore di tutto il polittico
Del tutto nuova è la capacità del pittore di lavorare le superfici, soprattutto gli abiti, dove riesce a
trasmettere il senso della diversa consistenza materica, grazie a una stesura a tratti soffici della
pittura.
Queste figure sono poste in un giardino, appoggiate con passo leggero, ma saldo, su un prato fiorito
dove sono dipinte svariate specie botaniche con la massima precisione. Nella Maddalena è
estremamente raffinato il gesto indolente con cui regge l'ampolla degli unguenti, suo attributo
tradizionale, indolentemente appoggiata sulla punta delle dita (l'ampolla è incisa nell'oro, non dipinta,
come un oggetto della più raffinata oreficeria coeva).
Non si ha documentazione scritta dell'origine del dipinto, per cui sono state avanzate varie ipotesi.
Una delle più suggestive indica come committente il Signore di Fabriano Chiavello Chiavelli che fece
restaurare nel 1406 il convento in previsione di farvi ospitare la sua sepoltura, affidandolo ai frati
zoccolanti. Il tema dell'incoronazione della Vergine, caro all'osservanza francescana, potrebbe allora
essere stato scelto per decorare la chiesa rifondata. La datazione coinciderebbe con il periodo in cui
Gentile lasciò le Marche per trasferirsi a Brescia. La presenza di elementi ispirati dal gotico
internazionale di Michelino da Besozzo (come la resa minuziosa dei dettagli naturalistici) ha fatto poi
pensare un incontro dei due artisti.
Il polittico venne smembrato probabilmente già nel XVIII secolo. La cornice neogotica risale al 1925.
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Un polittico è una pala d'altare composta da più elementi e che solitamente ha la parte centrale più
grande. Inoltre, quando termina con uno spiovente la punta è chiamata cuspide.
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Si tratta di una sorta di manifesto dell’arte tardogotica. E' un trittico (anche se la scena
rappresentata è unica) dato che vi sono gli elementi architettonici superiori che
suggeriscono una divisione in 3 parti.
In tutta l'opera, il personaggio che risalta di più è l’uomo con il turbante, posto verso il
centro della pala, nonché Paolo Strozzi, committente dell'opera. Compaiono animali esotici,
vi è una cura minuziosa del dettaglio e l'opera è pervasa da toni romanzeschi che si
discostano dai racconti delle sacre scritture. Sullo sfondo è stato inserito un elemento
architettonico che contribuisce all'arricchimento di dettagli.
La parte interessante di quest'opera è la predella, ovvero il fregio in basso che ha una
funzione narrativa e più sperimentale, perché racconta cosa succede prima e dopo la scena
principale. Nella predella troviamo tre sezioni distinte, in cui l'artista ebbe modo di dare più
spazio alla sua creatività.
SCENA 1:scena natività che ha in sé una resa molto paesaggistica
SCENA 2: fuga in Egitto, in cui vi è una collocazione spaziale precisa e le due donne a
sinistra ritornano nella scena principale.
SCENA 3: presentazione al tempio. Si ignorano le regole della prospettiva e l’architettura è
una citazione a Brunelleschi.
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Annunciazione
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particolare cultura di quei centri orientata a coniugare eleganze e ideali cavallereschi con i
primi fermenti umanistici e antiquari. Non è un caso che una cospicua serie di disegni
dall'antico si debba proprio a Pisanello, contagiato dall'interesse antiquario che già dai
tempi di Petrarca caratterizzava le corti settentrionali.
Sant’Eustachio (in origine un cavaliere romano di nome Placito) era un cavaliere che si
convertì al Cristianesimo dopo l'apparizione del crocifisso tra le corna di un cervo durante
una battuta di caccia.
La scena è pervasa da un'atmosfera fiabesca: infatti il tema sacro è solo un pretesto, la
resa dei dettagli di flora e fauna è ricca di preziosismi. La storia è raccontata in un’ottica
fiabesca e cortese: sant'Eustachio, benché fosse vissuto al tempo dell'imperatore Traiano,
è descritto come un elegante cavaliere medievale riccamente abbigliato (le vesti
contengono decorazioni in oro) in sella al suo destriero, mentre caccia in una natura
rigogliosa, in un bosco popolato da numerosi animali (cervi, lepri, orsi, uccelli), preceduto
dai suoi levrieri. Ci sono alcune incongruenze relative al posizionamento di alcuni animali:
essi infatti non hanno valenze simboliche, come nella pittura gotica o in quella
rinascimentale, ma la loro presenza serve più che altro a comporre un campionario. Essi
sono dipinti a partire dai dettagli, i più analitici possibili, per poi venire accostati agli altri
nella composizione dell'immagine: l'effetto che ne scaturisce nell'osservatore è quello di
una superficie vibrante, di difficile percezione nell'insieme, che invita continuamente a
indagare ogni singolo dettaglio. I vestiti risalgono alla moda contemporanea (forse dovuto
da un desiderio di avvicinare le vicende alla sua epoca). Questa rappresentazione sembra
quasi derivare dai codici miniati che venivano prodotti nella Francia del tempo e a cui
Pisanello può essersi ispirato, e tanta è la vicinanza alla produzione francese, che in
passato l'opera fu attribuita anche a Jean Fouquet. Non sappiamo per chi sia stata
prodotta l’opera, non abbiamo notizie documentarie, né sappiamo perché il cartiglio alla
base del dipinto sia stato lasciato bianco.
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CONGEDO DI SAN GIORGIO DALLA PRINCIPESSA 1433-35
L’opera gli venne commissionata dalla famiglia dei Pellegrini per la propria cappella della
Chiesa di Santa Anastasia a Verona, dove si trova ancora oggi (nella parete esterna, sopra
l’arco di ingresso).
L’affresco, che faceva parte di un ciclo più ampio, purtroppo perduto, è rimasto lungamente
esposto alle infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto della chiesa, e per questo motivo si è
in parte rovinato (soprattutto nella parte sinistra).
In occasione di un restauro del secolo scorso è stato staccato dal muro, riportato su tela e
ricollocato nella sua posizione originaria. Purtroppo, durante questa operazione sono
cadute tutte le decorazioni metalliche e le dorature.
Il soggetto dell’affresco rimanda a un’antica leggenda medievale, raccolta da Jacopo da
Varazze nella sua Leggenda Aurea del XIII secolo: in un grande lago della Libia viveva un
drago capace di uccidere con il fiato chiunque gli si avvicinasse; per placarne la furia, gli
abitanti della vicina città di Trebisonda dovevano dargli periodicamente in pasto un ragazzo
o una ragazza estratti a sorte. Giorgio, valoroso cavaliere, giunse da quelle parti proprio
mentre la principessa, destinata a essere immolata, attendeva che si compisse il suo
destino: affrontò il drago e lo uccise.
Pisanello organizzò la scena intorno all’arco a tutto sesto. Nella parte destra, scelse di
rappresentare il momento in cui Giorgio si congeda dalla principessa prima di combattere il
drago (che, tra le varie iconografie, simboleggia Satana), qui possiamo notare un particolare
interessante: quello del cavallo “sdoppiato” cioè i due cavalli rappresentati in modo
complementare: infatti quello su cui monta S. Giorgio è raffigurato da dietro mentre quello
vicino di fronte. Un altro dettaglio importante è quello della città sullo sfondo che in realtà è
del tutto immaginaria.
La scena raffigura il momento in S. Giorgio sta montando a cavallo per combattere contro il
drago. A sinistra, nella parte oramai scialbata (cioè sbiadita) si trovava il mostro, circondato
da teschi e cadaveri, in attesa della sua regale vittima: non a caso nella stessa parte
dell’affresco troviamo i corpi di due uomini impiccati come presagio dell’avvenire. Il santo, è
ritratto con un piede sulla staffa, mentre a principessa, in piedi davanti a lui, assiste
silenziosa alla scena; è vestita sontuosamente con un abito ornato di pelliccia e porta i
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capelli in un’elaborata acconciatura, altissima e tenuta da larghe fasce. Quando Pisanello
realizzò quest’opera, il Rinascimento italiano già vantava più di trent’anni di storia, che,
tuttavia, il pittore tardogotico sembrò quasi del tutto ignorare. L’artista rappresentò con la
stessa cura e nitidezza i sassolini in primo piano e i pinnacoli delle architetture sul fondo.
L’affresco resta privo di sintesi e manca di una vera unità spaziale.
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ADORAZIONE DEI MAGI
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elementi (es. castello sulla rocca) non rispettano le regole di dimensione e sono inseriti in
maniera intuitiva. Egli scelse probabilmente di aderire alla grande tradizione gotica delle
immagini votive solo perché la reputava più adatta ad esprimere con efficacia il significato
religioso della grande pagina evangelica.
TRITTICO DELL’ANNUNCIAZIONE
1410 – 1415
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SIMONE MARTINI
ANNUNCIAZIONE 1333,
L’arcangelo Gabriele:
si rivolge alla Madonna con gentilezza e reverenza pronunciando il messaggio divino: il testo infatti
compare sul fondo dorato, partendo dalla bocca del messaggero verso l’orecchio della Vergine.
Inginocchiato a destra e rappresentato di profilo, indossa una veste chiara bordata con un ampio
nastro dorato; ha appena toccato terra, come evidenzia la predominanza di linee verticali generate
dalle ali ancora spiegate e dal lembo del mantello ancora svolazzante.
Con la mano sinistra regge un rametto reciso in direzione della Vergine mentre con la mano destra
indica verso l’alto. La sua figura è contrapposta alla rigida geometria del trono su cui è seduta la
Vergine. Grazie all'incredibile espressività della linea, l'angelo mantiene la sua forma nonostante
l'immaterialità del suo corpo, quasi trasparente, sovrapponendo l'oro delle sue vesti con l'oro dello
sfondo, creando straordinari effetti di rifrazione.
La Vergine:
sembra intimidita dall’arrivo dell’angelo e si ritrae coprendosi con il mantello, in un gesto intimo e
umano. La figura della Vergine è, al contrario dell’angelo, del tutto terrena e ciò viene sottolineato
dalla chiarezza e semplicità delle vesti, marcatamente scure. Da notare i raffinati merletti dorati della
veste di Maria, che contribuiscono a dare un tocco di regalità alla sua figura, altrimenti
eccessivamente cupa davanti allo splendore angelico.
Al centro della pala d’altare in alto, in corrispondenza dell’archetto maggiore, si trova inoltre lo Spirito
Santo circondato da una corona di cherubini.
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Il pavimento, decorato e dipinto, crea uno spazio credibile e molto realistico con le diagonali che
convergono verso il vaso centrale. La pala è incorniciata, in alto, da una struttura in legno dorato che
crea una cornice di archi a sesto acuto. Nel suo insieme sembra imitare l’interno di una cattedrale con
le navate minori laterali e la navata centrale maggiore. All’interno dello spazio centrale, che si viene a
formare tra le due colonnine che separano i pannelli laterali, si trovano l’angelo annunciante.
Dal punto di vista formale, il dipinto risulta essere diviso in tre piani:
1. il fondo dorato che suggerisce un'indeterminatezza dello spazio
2. il piano intermedio del vaso di gigli e dello Spirito Santo in alto
3. il primo piano dei due personaggi della rappresentazione, diviso dagli altri non tanto dalla tonalità
cromatica, quanto dall'estrema nettezza dei contorni.
Importante sottolineare come l'artista voglia suggerire una precisa spazialità della scena, scostandosi
dagli schemi dell'adimensionalità bizantina e inserendo dettagli prospettici come il pavimento
marmoreo, i panneggi, i volti, il vaso di gigli, le olive, il trono in tralice e il libro, caratterizzati da un
grande realismo.
BEATO ANGELICO
Ci troviamo in un momento di trapasso tra il Tardogotico e l'Umanesimo. Beato Angelico è una figura
di "cerniera" in quanto mette in relazione i due stili. Era un frate, si chiamava fra' Giovanni di Fiesole,
ma il suo nome d'arte racchiude la sua propensione e bravura nel realizzare figure, appunto,
angeliche.
ANNUNCIAZIONE DI CORTONA
(1434-1436 circa), Museo Diocesano,Arezzo
L’angelo annunciante e la Vergine annunciata stanno sotto un portico corinzio che oltre richiamare
l'ospedale degli Innocenti di Brunelleschi, è decorato, nell’arco, con un tondo recante la figura del
profeta Isaia: l’angelo, con la sua veste rosa intessuta d’oro, è appena arrivato e coglie la Madonna
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col libro ancora aperto, appoggiato sulle ginocchia. Dietro, s’apre un ambiente dove s’intravede una
tenda rossa, e le volte del portico son punteggiate di stelle: richiami all’abbigliamento della Vergine.
Lei, con la chioma bionda raccolta sotto il velo, seduta su di un luminosissimo scranno coperto con un
drappo in broccato dorato, decorato a cerchi divisi in otto spicchi, incrocia le mani sul seno in segno di
devoto rispetto nei riguardi del messaggero divino.
È rappresentata con un atteggiamento molto più dialogante e “aperto” rispetto alla madonna di
Lorenzo Monaco in quanto accetta a tutti gli effetti l’incarico che le sta venendo affidato; così,
comincia a ricamare con l’arcangelo il dialogo del Vangelo di Luca, reso dal frate pittore con lettere
d’oro ch’escono dalle loro bocche.
Le novità rinascimentali son da cogliere specialmente nel porticato di marmo (che sostituisce il fondo
oro), scorciato in prospettiva obliqua, fino a guidare l’occhio dell’osservatore verso le figure di Adamo
ed Eva nell’angolo in alto a sinistra, durante la cacciata dal Paradiso terrestre: è l’evento che sancisce
l’allontanamento dell’uomo da Dio, il peccato originale che il figlio di Maria andrà a redimere; in
quest'opera si incontrano Antico e Nuovo Testamento. Le figure allungate dell’arcangelo Gabriele e
della Vergine s’allontanano da quelle che s’osservavano nell’Annunciazione del Prado e in quella di
San Giovanni Valdarno, dai volumi più solidi: quelle di Cortona sono più esili, e palesano un
avvicinamento ai modi ghibertiani, aprendo una nuova fase nell’arte dell’Angelico.
Per quanto Beato Angelico presenta elementi nuovi come appunto l’assenza del fondo oro e quindi la
profondità spaziale, è ancora molto legato agli elementi tipici del tardogotico come l’inserimento degli
elementi floreali, l’uso dell’oro e la minuziosa realizzazione dei particolari.
Nella predella invece sono raffigurati gli eventi precedenti e successivi all'annunciazione:
● NASCITA DELLA VERGINE
● SPOSALIZIO DELLA VERGINE
● VISITAZIONE
● ADORAZIONE DEI MAGI
● PRESENTAZIONE AL TEMPIO
● ASSUNZIONE DELLA VERGINE
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ANNUNCIAZIONE DEL PRADO (1435, Madrid)
L’Annunciazione è una pala d’altare che fu dipinta da Beato Angelico intorno alla metà degli anni
trenta del Quattrocento per il monastero di Santo Domenico a Fiesole, vicino a Firenze.
Il pannello centrale mostra l'Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria sotto un portico.
Lo sfondo è spoglio: infatti si intravede tra l’architettura una panca di legno che è simbolo di pietosa in
senso stretto.
Da sinistra scende un raggio di luce divina che sostituisce le parole che escono materialmente dalla
bocca e che rappresenta metaforicamente l’energia divina; questo attraverso la colomba dello Spirito
Santo, illumina la Vergine, che si piega accettando remissivamente il suo incarico. Maria è seduta su
un seggio coperto da un ricco drappo che funge anche da tappeto, ed ha sulle ginocchia un libro
aperto, simbolo delle Scritture che si avverano.
A sinistra, è raffigurata la scena della cacciata dal Paradiso di Adamo ed Eva che qui, a differenza
dell’Annunciazione di Cortona è molto più visibile e presente. La loro presenza sottolinea il ciclo della
dannazione (e salvezza) dell’umanità. Adamo ed Eva sono collocati in una giardino fiorito che allude
alla verginità di Maria, popolato da una moltitudine di piante dipinte con grande cura dei dettagli. Tra
le specie legate a valori simbolici si riconoscono la palma, che ricorda il futuro martirio di Cristo, e le
rose rosse, che richiamano il sangue della Passione di Cristo.
La predella ha scene della vita della Vergine: la nascita di Maria, le sue nozze con San Giuseppe
(condensate in un'unica scena in cui è presentata la facciata di una chiesa che ricorda quella di Santa
Maria Novella), la visita di Maria a sua cugina Santa Elisabetta, la nascita di Gesù Bambino, la
Presentazione di Gesù al tempio e la Dormizione della Vergine con Cristo che riceve la sua anima.
Nell'ultima scena, per la prima volta nella storia, Beato Angelico si ritrae nell'opera, rivolto di spalle
rispetto all'osservatore.
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Umanesimo-Rinascimento
- Primi anni ‘400- secondo ventennio ‘500
- Nuovo modo di pensare (già noto in ambito letterario)
- Si distingue dalle precedenti “rinascenze” per due motivi
- Recupero testi classici come esempi non modelli
- Consapevolezza di una frattura tra antichità e mondo moderno
- Centralità dell'uomo come individuo capace di autodeterminarsi e, non solo, capace di
dominare la natura che lo circonda (homo faber fortunae suae)
- Naturalismo: corpi plastici a discapito dell’estetica ornamentale del gotico internazionale
- Recupero eredità classica sia nelle arti che nell’architettura
- Pari importanza al processo creativo che a quello esecutivo: infatti vi sono nuovi modi di
rappresentazione anche in ambito religioso
- L'artista adesso è considerato un artista a tutto tondo, un progettista. È visto poco e un
intellettuale che si muove tra discipline diverse
- Da questo momento in poi i disegni e i modelli preparatori hanno molta importanza
- Si inizia a teorizzare la prospettiva geometrica che si basa su principi matematici
A. Realismo vs B. naturalismo
A. Realtà così com’è
B. Ricalca un’idea verosimile quasi idealizzata
● Firenze era una repubblica indipendente e ricca grazie al commercio della lana (come le Fiandre),
alle banche, alla presenza di aristocratici e borghesi che investivano nelle opere pubbliche come
strumento di affermazione sociale e politica.
● Vi erano molte botteghe che prendevano molte commissioni pubbliche e private. Con le botteghe
l’artista aveva sotto di lui un certo numero di maestranze; questo era un luogo di formazione e
spesso diventavano vere e proprie “catene di montaggio” per via delle numerose opere
commissionate.
La data, 1401, che segna l’inizio dell’arte moderna è naturalmente una data simbolica: è l’anno in cui
viene indetto il concorso per la seconda porta Nord del battistero.
La prima porta a sud venne realizzata da Andrea Pisano tra il 1329 e il 1336 e si articola in una
struttura formata da 28 formelle sulla vita di S. Giovanni Battista in forma quadrilobata. Per mantenere
una certa coerenza tra le porte, si chiede agli artisti di fare un saggio su una di queste formelle, il cui
tema centrale è il sacrificio di Isacco. Le uniche formelle pervenuteci dal concorso sono quelle di
Ghiberti e Brunelleschi che si contesero la vittoria (i due, nel loro operare rappresentavano il dualismo
che si stava avvertendo all’epoca; accogliere lo stile internazionale o recuperare le radici classiche);
alla fine vinse Ghiberti.
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Ghiberti:
Brunelleschi:
Tra il 1401 e il 1424, Ghiberti si mette all'opera e realizza 28 formelle sulla vita e passione di Cristo,
mantenendo la struttura quadrilobata. Si respira ancora l'atmosfera tardogotica nelle prime formelle,
ma ad un certo punto lui aggiorna il suo linguaggio:
● Scena lavaggio delle mani di Pilato: struttura ben calcolata
● Scena flagellazione: Cristo è al centro, il fulcro della scena; affianco a lui i movimenti dei
flagellatori si fondono con la cornice, mentre i corpi delle guardie sembrano scomparire
dietro quelli dei flagellatori.
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Brunelleschi
CROCIFISSO DI BRUNELLESCHI
1410-15
Questo del Brunelleschi è un Cristo composto ed elegante
nella sua sofferenza, dal corpo proporzionato, dove la ricerca
di perfezioni anatomiche si sovrappone alla ricerca del pathos
e del coinvolgimento. Il fatto che il corpo abbia una torsione
verso sinistra sembra quasi dare l’idea di spazio, dimostrando
quanto la scultura sia un’arte tridimensionale, la cui plasticità
riesce ad influenzare anche lo spazio circostante; questo
particolare però non è lasciato al caso, anzi, Brunelleschi
pensò a più punti di vista.
B. traduce la divinità e perfezione morale di cristo in
perfezione di forme non intaccate dal dolore, in equilibrio di
proporzioni: le braccia allargate corrispondono esattamente
all’altezza della figura.
Queste due sculture però incarnano due diverse concezioni
dell’uomo: Donatello decide infatti di rappresentare l’uomo
partendo dalla sua vita terrena, quindi dai dolori e dai
sentimenti, mentre Brunelleschi, partendo dal presupposto che
l’uomo è al centro del mondo e quindi elevato rispetto alle altre
creature, ne nobilita la figura scegliendo di rappresentare un
crocifisso che malgrado la pena umiliante è elegante e
proporzionato.
…E CROCIFISSO DI DONATELLO
(1406-08)
Donatello invece, si oppone alle squisitezze ellenistiche di B. e
sceglie quindi di drammatizzare l’elemento umano: il suo
Cristo è colto nel momento dell’agonia, con i lineamenti
contratti, la bocca dischiusa, gli occhi semiaperti. Il corpo
greve e sgraziato enfatizza l’umanità del soggetto.
Entrambi gli artisti furono avanguardisti, ma in maniera
diversa:
DONATELLO: inserisce il corpo di Cristo in uno schema
prospettico tale che la testa viene affossata tra le spalle
(poiché il crocifisso doveva essere osservato dal basso). Il
corpo scolpito da Donatello sembra molto più sofferente, vista
anche la forte trazione esercitata dal busto. In questo senso, il
Cristo di Donatello è meno elegante (simile ad un “contadino”
-cit. Vasari), ma quasi più “realistico”.
BRUNELLESCHI: precisione matematica delle proporzioni e
posa elegante (nonostante la sofferenza)
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CUPOLA DI SANTA MARIA NOVELLA
1420-36
Il problema della sua costruzione affannava da tempo gli operai del Duomo. Non era infatti impresa
semplice costruire e individuare dove appoggiare le enormi centine di legno che avrebbero dovuto
sostenerla fino alla sua chiusura definitiva con la chiave di volta, né si era certi che una struttura di
sostegno in legno avrebbe potuto sostenere il peso della volta o addirittura collassare su sé stesso.
Nel 1418 l'Opera del Duomo bandì un concorso pubblico per la costruzione della cupola. In seguito al
concorso, che pure ufficialmente non ebbe vincitori, Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti furono
nominati capomaestri. Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la costruzione della cupola.
L'innovazione mirabile del Brunelleschi fu quella di voltare la Cupola senza uso di armature di
sostegno. La cupola infatti è costituita da due cupole distinte: una interna, spessa oltre due metri, con
angolo maggiore dell’altra e costituita da grandi archi tenuti insieme da costole e realizzata in mattoni
disposti a “spina di pesce”; e una esterna di copertura, rivestita in tegole di cotto e segnata da otto
costoloni di marmo bianco.
A partire da un tamburo ottagonale la Cupola si erge su otto spicchi, le vele, organizzati su due
calotte separate da uno spazio vuoto; sulla sua efficacia si è discusso a lungo. Sinteticamente, oggi,
possiamo affermare che una cupola è tanto più stabile quanto più è saldo il suo tamburo e la sua
base d'imposta: dunque un sistema di cerchiatura efficace è utile alla stabilità. Questo anello, infatti,
serve per “stringere” la costruzione alla base, in modo da contrastare le pericolose forze dirette verso
l'esterno.
Per risolvere il problema Brunelleschi decise di alzare la cupola senza ramature creando una doppia
calotta autoportante irrigidite da uno scheletro di costoloni e nervature orizzontali.
L’oculo della cupola è sormontato dalla grande lanterna: una torre in marmo bianco alta 21 metri, che
fu realizzata dopo la morte del Brunelleschi (1446) ma seguendo il suo progetto. Sulla sommità si
trova la palla di rame dorato con croce apicale, opera d'Andrea del Verrocchio, che la mise in opera
nel 1471.
Cento anni dopo – tra il 1572 ed il 1579 – la volta interna della cupola fu dipinta da Giorgio Vasari e
Federico Zuccari con un grande Giudizio Universale, in parte ispirato ai mosaici del Battistero: il più
grande dipinto murale del mondo.
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Firenze, realizzato nel 1411. Nonostante l'apparente diversità, esistono alcuni elementi in comune tra
la Loggia di Lastra a Signa e quella brunelleschiana negli archi e nei particolari delle volte, che
dimostrano la conoscenza diretta di Brunelleschi.
Ma ciò che è più sorprendente è l'originalità e la libertà creativa con cui Brunelleschi fonde elementi
appartenenti a stili diversi per giungere a risultati del tutto nuovi. Gli archi a tutto sesto della loggia
brunelleschiana hanno il profilo (parte interna) piatto e non a sezione triangolare come nella gran
parte degli esempi gotici. Ciò dipende dal fatto che si tratta di archivolti, cioè trabeazioni dell'antichità
piegate a semicerchio in forma di archi. L'idea sembra ispirata dal tipo di arcate presenti nel Battistero
di Firenze.
Le campate definiscono spazi perfettamente cubici, perché riportano le stesse misure in altezza,
larghezza e profondità. Tale misura corrisponde inoltre al fusto delle colonne, e definisce anche il
passo dell'intercolunnio, secondo un principio di coerenza e proporzione perfette. Anche le colonne
stesse, le mensole e i capitelli corinzi sono classiche, ma tra i capitelli e le imposte degli archi sono
inseriti dei pulvini. La loro funzione è quella di elevare le imposte degli archi, ammortizzare le spinte e
dare più slancio alle strutture. I pulvini, elementi tipici dell'architettura bizantina più che di quella
romana, sono stati ripresi in alcune chiese romaniche toscane, come nella Chiesa dei Santi Apostoli
di Firenze. In quest'ultimo caso, si tratta di una costruzione risalente al X secolo, ma ai tempi di
Brunelleschi si pensava fosse una chiesa paleocristiana de IV o V secolo.
Altro elemento originale è la trabeazione, che non deriva da esempi classici ma dal Battistero
Fiorentino, modello molto importante per Brunelleschi. Da questo, nonostante le evidenti differenze,
derivano anche le eleganti finestre a edicola, dotate di timpano triangolare.
BASILICA DI SAN LORENZO (FIRENZE, 1419)
TARDOGOTICO UMANESIMO
Archi a tutto sesto che rimarcano la distanza tra L’uomo è espressione din Dio in terra e quindi il
dio e l’uomo soffitto si abbassa
Sfondo oro per rimarcare la collocazione mistica Lo spazio si circoscrive, in modo tale che
e diversa da Dio l'uomo possa dominarlo con lo sguardo
La chiesa di San Lorenzo è la più antica di Firenze. La chiesa è stata consacrata nel 393 da
S.Ambrogio e dedicata al martire Lorenzo; dell'originale costruzione poco è arrivato fino ai
nostri giorni; fu costruita per 2 volte, una nel 1059 (in stile romanico) e la seconda (grazie
anche all'apporto della famiglia dei Medici che volle farne un tempio personale) secondo il
progetto di Brunelleschi (dal 1418 al 1421) e, dopo la sua morte, ultimata da Antonio
Manetti nel 1461.
L'ultima ristrutturazione, quella che oggi possiamo ammirare, è considerata una delle
migliori costruzioni del rinascimento. La facciata rimane non finita nonostante esistesse un
progetto di Michelangelo che però non venne mai realizzato.
L'interno della chiesa di San Lorenzo è diviso in 3 navate ed ogni navata è composta da
arcate: tutto questo, grazie anche ai candidi colori, crea un'atmosfera suggestiva.
La sacrestia vecchia è opera del Brunelleschi ed è decorata con affreschi di Donatello. Nella
cupola della stessa sacrestia è presente un affresco che raffigura un piccolo planetario nel
quale sono raffigurati con precisione unica i corpi celesti che componevano il cielo di
Firenze nell'estate del 1442. Nella sacrestia nuova sono presenti le tombe di Lorenzo il
Magnifico e di Giuliano posizionate e costruite secondo un progetto di Michelangelo. Di
notevole interesse anche la cappella Medicea; da qui è facilmente raggiungibile la biblioteca
Medicea Laurenziana che conserva una prestigiosa raccolta di manoscritti.
Nel 1418 Brunelleschi stese un piano per la ricostruzione della chiesa agostiniana di S.
Lorenzo, che era la chiesa parrocchiale dei Medici; di conseguenza la sua storia è sempre
stata molto legata alle sorti della potente famiglia. Quando i lavori erano già a buon punto,
una serie di rovesci finanziari costrinse all’esilio Cosimo de’ Medici, e ciò comportò
l’improvvisa chiusura del cantiere, che non riaprì fino al 1442, quattro anni prima della morte
di Brunelleschi. Di conseguenza l’esterno della chiesa non fu portato a termine e rimase
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d’impronta nettamente romanica.
Ora la facciata riflette la semplicità dell’interno brunelleschiano. Questo presenta una netta
preferenza per il muro pieno, sebbene abbia finestre sulle facciate laterali e una serie di alti
pilastri corinzi che sorreggono archi a tutto tondo; viene applicato il modello delle prime
basiliche della cristianità, con te navate e il tetto piatto, segno di semplice austerità.
Brunelleschi introduce all’interno di questo sistema un modulo matematico, che ben si
confaceva al suo spirito razionalista e minimalista: usa la campata quadrata per costituire
uno spazio armonico e ripetitivo che domina sia la navata, che consta di quattro moduli,
che il transetto. Lo spazio è scandito dalle cappelle laterali e da una sapiente distribuzione
della luce. Accanto al tema basilicale che domina la chiesa, Brunelleschi recupera in questo
complesso architettonico anche un'altra forma della tradizione, cioè la pianta centrale, che
viene applicata nella Sacrestia Vecchia. Formata dal coordinamento di due puri elementi
geometrici, è un vano cubico (in cui si apre una piccola cappella pure a pianta quadrata)
sormontato da una cupola emisferica a vele, raccordata alle pareti da pennacchi. Ogni
parete è definita da quattro colonne corinzie su cui poggia una trabeazione che corre lungo
le pareti.
L’essenziale decorazione è rigorosamente a due toni: i muri sono dipinti in bianco, mentre la
grigia pietra serena sottolinea le principale linee di forza. Per concludere, nel complesso di
S. Lorenzo Brunelleschi proponeva il suo nuovo tipo di chiesa, accentuatamente
classicheggiante, irrorata dalla luce per una netta evidenza architettonica (e non
misticamente penombrata come in precedenza), assolutamente regolare e simmetrica. E’
una chiesa in cui si avverte una componente razionale e laica, una scansione misurata, che
predominano sul precedente senso corale, religioso, collettivistico.
CHIESA SANTO SPIRITO (FI)
La chiesa di Santo Spirito a Firenze è stata iniziata nel 1444 dal Brunelleschi e continuata (e
terminata, nel 1487) da Gaiole e Salvi d'Andrea che seguirono solo in parte gli originali progetti del
maestro Brunelleschi. L'alto campanile è invece opera di Baccio d'Agnolo (1502).
Nel 1564 L'Ammannati cominciò il grosso ciostro ed il complesso della chiesa venne più volte
modificato seguendo lo stile iniziale. La facciata tuttavia non venne mai terminata e tutt'oggi si
presenta come una grossolana parete intonacata. L'interno della chiesa di Santo Spirito di Firenze è
caratterizzato da 3 grandi navate e lo stile è uno degli esempi più alti dell'architettura rinascimentale.
All'interno della chiesa di Santo Spirito è possibile ammirare molte opere d'arte come affreschi, dipinti
e sculture: tra i vari artisti Orcagna, Giuliano da San Gallo, Sansovino.
L'interno della chiesa è formato da un'incrocio dei bracci del transetto sotto la cupola (pianta a croce
latina) definita da modulo metrico che stabilisce ampiezza della navata maggiore e di quelle laterali.
Queste si prolungano intorno al transetto e al coro e forma un deambulatorio continuo che ha il
perimetro esterno mosso da 40 cappellette di larghezza uguale alle campate delle navate.La chiesa
di Santo Spirito è una versione perfezionata e ampliata della chiesa di San Lorenzo in cui le idee
direttrici dell’ispirazione brunelleschiana, ossia armonia, modularità ed essenzialità, trovano lo loro più
completa enunciazione, almeno in fase di progetto; come già detto, infatti, Brunelleschi morì molto
prima che l’edificio fosse compiuto, tanto che questo fu più volte modificato prima del termine dei
lavori, nel 1482. Brunelleschi diviene qui più preciso e plastico. La navata centrale misura in
larghezza esattamente il doppio di una navata laterale e in altezza viene a porsi sullo stesso piano
delle laterali medesime. Tutte le misure planimetriche si deducono da una sola: il lato della campata
minore; l'articolazione degli spazi è affidata a colonne tutte uguali: domina quindi il più stretto rigore
geometrico e modulare. Nicchie semicircolari rimpiazzano le cappelle quadrate di S. Lorenzo, dando
l’impressione che il muro portante sia scavato. Attraverso questa continua serie di concavità viene
negata la possibilità di valutare lo spessore del muro esterno, in modo che la materia non si imponga
come consistenza materiale (spessore ecc.) ma come mezzo per scandire spazi. Inoltre, secondo il
progetto originale, le nicchie dovevano essere visibili all’esterno, annullando la tradizionale dicotomia
dentro-fuori degli spazi architettonici. La sua caratteristica facciata mistilinea fa da sfondo all’omonima
vivace e pittoresca piazza. L’armonioso, lineare interno è opera del Brunelleschi, che qui raggiunse gli
estremi esiti del suo percorso artistico. Custodisce importanti opere di Michelangelo (il Crocifisso
ligneo), Filippino Lippi e Sansovino.
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Donatello
David (1408-09)
Questa è molto probabilmente una delle prime opere attribuibile al
periodo giovanile di Donatello e il soggetto che rappresenta è Il David.
Quest’ultimo era un soggetto molto in voga all’epoca in quanto gli venisse
attribuito un significato politico di indole indomita e libertaria della
Repubblica di Firenze che, non a caso, commissionò l’opera.
David è rappresentato vittorioso in una posa ancheggiante rivestito di un
morbido panneggio squisitamente gotico, mentre, la testa dell’eroe
mostra fattezze ideali ispirate al modello classico. Donatello unifica questi
due codici, ponendo come elemento di unità il naturalismo con cui il
panneggio si separa mostrando il nudo della gamba e le pieghe che si
formano sulla mano che si appoggia su un fianco del giovane, dando
l’impressione di un gesto colto dal vivo.
L'espressione è vacua, ma la posa e l'atteggiamento sembrano esprimere
la fierezza consapevole della propria elezione divina del personaggio. Lo
spostamento del peso sulla gamba destra, con il busto in torsione verso il
lato opposto, denota la volontà di creare un maggiore effetto dinamico,
ma risente ancora di qualche incertezza. Questo schema venne poi
portato a perfezione formale nel San Giorgio.
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David- marmo David- Bronzo
- Posa squisitamente gotica - Rappresentato come un efebo con i capelli
- Guarda l’osservatore con volto impassibile e lunghi sciolti, posa molto dolce ma allo stesso
sguardo vacuo tempo superba
- Avvolto da un ampio panneggio sempre di - Volto posizionato verso il basso
gusto gotico - Nudo eccetto per il copricapo i calzari
- Testa di Golia a terra ma sguardo impassibile, - Presenta sia elementi biblici come spada,
vacuo testa di Golia ai piedi etc che calzari e
cappello di Hermes, dio del commercio
nonché attività della famiglia dei committenti
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Annuncio a Zaccaria - Jacopo della Quercia (1429-30)
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Il profeta Abacuc/ Zuccone 1423-35
Secondo quanto riportato da Vasari, la figura riprodotta ha le
sembianze di Giovanni di Barduccio Chierichini, un ricco
mercante dell’epoca nonché nemico dei Medici. Il soggetto della
statua non è identificato con certezza assoluta, complice un
possibile scambio di posizione con il Geremia in epoca
imprecisata. I nomi delle due statue si sono però ormai
indissolubilmente legati ad esse nel corso dei secoli, rendendo la
questione secondaria. Inoltre l'iconografia di Abacuc è quella di
un vecchio, mentre il Geremia appare di mezza età.Il profeta
Abacuc è così poco idealizzato, con tratti somatici irregolari e
capelli tagliati quasi a zero, che i fiorentini gli attribuirono il nome
di "Zuccone". La torsione del corpo magro, sottolineata dalle
pieghe del vestito, il braccio nudo in leggera tensione fermato a
raccoglierlo e il senso del movimento bloccato mostrano uno
sviluppo della scena; i tratti stravolti del viso, le sopracciglia
sollevate, la bocca tesa e semiaperta a mostrare i denti come se
parlasse rendono l’opera ancora più realistica e viva. Si tratta di
un’altra opera di grande penetrazione psicologica: Donatello
imprime nel volto del profeta un verismo assoluto, tuttavia, per
quanto l’artista si sia ispirato alla ritrattistica romana non è un
viso classico, idealizzato, ma quello di un uomo realistico, con la
barba incolta, la fronte e il labbro inferiore sporgenti, gli occhi
stanchi ma vigili. I panneggi tormentati, con profonde tasche di
ombra, create dalle pieghe spezzate, enfatizzano la drammaticità
di questa figura.
Il profeta Geremia 1425
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Cantoria- Luca della Robbia 1431-38 Firenze
Le cantorie erano balconate poste vicino gli
altari maggiori destinati ad ospitare il coro.
Furono realizzate tra il 1431 e il 1438 a
Firenze, poste in origine sopra le porte della
Sagrestia delle Messe e di quella dei
Canonici. Furono rimosse nel XVII secolo
poiché nessuna delle due rientrava nel gusto
del tempo. L'architettura dell'insieme segue la
nitida logica rinascimentale avviata dal
Brunelleschi.
La rappresentazione è statica e ispirata al
salmo 150 che comprende esclusivamente
canti, non a caso l’artista sceglie di
rappresentare soggetti che suonano e
cantano. Per quanto concerne lo spazio in cui
sono inseriti i soggetti, vi sono delle forti
cesure che donano ad ogni scena
un’autonomia propria.
Illustra il salmo 150 e sulle cornici ne incide Illustra lo stesso salmo ma in maniera più
anche alcuni versi che incitano a lodare il dinamica. Pone i danzatori (putti e angioletti) in
Signore. La struttura rimanda all’arte classica: si una loggia aperta, facendo compiere dei
tratta di 10 formelle che rappresentano cantori, movimenti che ricordano le danze dionisiache
musici e danzatori, separate da semipilastri della Villa dei Misteri a Ercolano. Lo sfondo e le
corinzi, che danno così l’impressione di colonnine sono rivestite di mosaici vitrei e il
osservare una scenografia scolpita. I mensoloni motivo del classico è ripreso e interpretato in
che reggono la balconata sono rivestiti da foglie maniera geniale e sperimentale nel fregio in alto
di acanto. Le figure sono poste su linee composto da piccole anfore in successione.
ortogonali, il che le rende in un certo senso più L’amore per Dio è espresso mediante uno stile
statiche. dinamico, favorendo le linee diagonali, il che dà
vita a immagini gioiose.
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Monumento equestre a Gattamelata (1446-53)
Piazza del Santo, Padova
Racconta alcuni episodi di vita del Santo, divisi in 4 parti. Donatello realizza il pannello del Miracolo
del cuore dell’avaro. La storia racconta che mentre Sant’Antonio stava assistendo alle esequie di un
uomo ricco che era morto, ebbe una visione in cui l’uomo che stava seppellendo non aveva il cuore.
Dopo si scoprì che il cuore era in una cassapanca dove erano conservati i beni materiali dell’uomo.
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La struttura è circolare: il santo indica il corpo dell’avaro che viene aperto in modo tale da controllare
la presenza o assenza del cuore; le persone intorno che si muovono agitate; il gruppo di persone a
sinistra che fruga tra gli oggetti del defunto e recupera il cuore perduto. Il miracolo fa riferimento al
fatto che Sant’Antonio riesce a fermare un processo sacro in quanto aveva impedito che un uomo
entrasse nella casa di Dio senza cuore. Dal punto di vista della raffigurazione, Donatello riprende la
tecnica dello stiacciato (trovato nella statua di S. Giorgio) e ambienta la scena in un’architettura
classica (da notare la volta a botte che sovrasta il portone centrale e che rimanda all’architettura di
Brunelleschi e alla pittura di Masaccio).
MADDALENA PENITENTE 1455
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MASACCIO
Masaccio è un artista che poniamo tra Giotto e Michelangelo. Nacque a Castel San
Giovanni in Altura nel 1401 e morì nel 1428 a Roma. Il suo nome di battesimo era Tommaso
di ser Giovanni di Monte Cassai.
TRITTICO DI SAN GIOVENALE, 1422, MUSEO MASACCIO (CASCIA DI REGGELLO)
Si tratta di una delle prime opere attribuite a Masaccio, perciò qui si mostra ancora
profondamente ancorato al gotico. La figura centrale è la Madonna con il bambino,
affiancata da due angeli. Il fondo è oro, riprendendo una caratteristica del Tardogotico. Il
color oro era considerato un modo per il committente di ostentare la sua ricchezza. Vi è
ancora una certa imprecisione nella rappresentazione degli oggetti in prospettiva, come il
trono, che viene raffigurato come capovolto verso di noi. Anche il volto della Madonna non
è particolarmente definito. A sinistra i santi sono San Bartolomeo e San Biagio, mentre a
destra troviamo San Giovenale e San Girolamo.
MASOLINO DA PANICALE- CRISTO IN PIETA’ (1424)
Affresco staccato, Empoli, Museo della Collegiata di Sant’Andrea. Masolino è ancora legato
ad una rappresentazione un po’ più arcaica. Ad esso si ispirò Bill Viola, un artista
contemporeaneo, per un’opera.
SANT’ANNA METTERZA- MASOLINO E MASACCIO
Sant’Anna : Masolino
Madonna con il bambino e angelo sulla destra: Masaccio
Metterza: messa in terza posizione.
Sant’Anna, che doveva essere la protagonista del quadro, diviene un personaggio
secondario del quadro, vista la tecnica con cui Masaccio ha reso la Vergine col Bambino.
La mano della santa doveva scorciare sul bambino, ma ne risulta una figura bidimensionale.
La Madonna di Masolino (quella della MADONNA CON BAMBINO, 1423 per fare un
confronto tra le due Madonne) è ancora ancorata alla linea morbida e sinuosa del
Tardogotico, non c’è vera plasticità. La stretta della Vergine sul Bambino sembra andare
quasi a vuoto, mentre la Madonna di Masaccio ha un volto più definito, una fisicità molto
più forte (come si può notare dalle ginocchia che spuntano dalle vesti e dalla presa salda
sul Bambino). Inoltre, le figure della Sant’Anna Metterza sono disposte in uno schema
piramidale.
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ammantata nel blu della spiritualità, in modo da non dare coinvolgimento emotivo (visto il
dolore insostenibile). San Giovanni ha il volto deformato in un dolore contenuto, ammantato
in un rosso che rimanda alla passione. Un’altra assoluta novità è la figura della Maddalena,
che posizionata in questo modo (con le braccia in alto) vuole dare l’illusione della profondità
e della spazialità. Il suo mantello è rosso, che in questo caso simboleggia il peccato. Un
altro elemento interessante è l’albero della vita che spunta dalla croce.
TRINITA’-MASACCIO, 1426-28, SANTA MARIA NOVELLA, FIRENZE
Affresco
Questo affresco raffigura la Trinità: vi è Dio che sovrasta la figura di Cristo crocifisso e tra di
loro vi è la colomba dello Spirito Santo;la Madonna e Giovanni sono al confine
dell’architettura sovrastata dalla volte a botte; i due committenti sono posti al di fuori della
costruzione e sotto di essi vi è un altare con una bara su cui poggia lo scheletro che
rappresenta tutta l’umanità. Ognuno degli elementi architettonici (tra cui i quadrati pieni di
rosoni) sono posti su linee calibrate al millimetro. L’architettura è formata da paraste
scanalate con capitelli corinzi che sorreggono una trabeazione che si conclude in una
cornice; colonne lisce basiche, con capitelli semionici che sorreggono un arco a tutto sesto;
clipei a destra e a sinistra; volta a botte cassettonata, scorciata in maniera precisissima.
Masaccio inserisce la Trinità (metafisico, divino) in una costruzione architettonica (che è
opera dell’uomo), il che è una novità assoluta per noi. Le figure sono poste in schemi
piramidali che si sovrappongono ed è presente un chiasmo cromatico tra rosso (passione) e
blu (spiritualità). Tra gli elementi di novità in quest’opera è il gesto che fa la Vergine, che si
gira verso lo spettatore, chiamandolo direttamente in causa, e indicando Cristo. In questo
gesto c’è un altro elemento interessante, ovvero la volontà di creare una connessione tra
chi è dentro e chi è fuori la rappresentazione. Ai lati dell’ambiente in cui si trovano i
personaggi sacri, immediatamente fuori si trovano i committenti raffigurati in ginocchio in
preghiera. Tuttavia, le dimensioni delle figure sacre e dei committenti sono uguali, per
rispettare la proporzione. Al di sotto della rappresentazione, troviamo una bara su cui
poggia uno scheletro e sopra una scritta latina “MEMENTO MORI” (ricordati che devi
morire), proprio all’altezza dello spettatore, per segnare anche la posizione che l’uomo
occupa rispetto a Dio.
AFFRESCHI DELLA CAPPELLA BRANCACCI- MASOLINO E MASACCIO
CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMINE, FI
La commissione viene da un membro della famiglia Brancacci in onore del capostipite della
famiglia, Pietro Brancacci. Proprio sul nome del capostipite si costruisce tutto il ciclo
narrativo, perché il tema principale è la salvezza dell’uomo, che è strettamente legato a San
Pietro (che diventa un modo per omaggiare Pietro Brancacci). A San Pietro è stato affidato
il compito di fondare la Chiesa, perciò è una figura importante per fare da tramite tra Dio e
l’uomo. I lavori vennero commissionati intorno al 1424, e i lavori non sono continuativi,
perché ad un certo punto Masolino deve lasciare Firenze, nel 1428 Masaccio muore e
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Filippo Lippi lo andrà a sostituire.
TENTAZIONE DI ADAMO ED EVA- CACCIATA DAL PARADISO- MASACCIO
MASOLINO
La rappresentazione avviene ancora in un Masaccio si concentra su un momento in
luogo sacro. I corpi di Adamo ed Eva cui i due progenitori diventano creature
sembrano quindi fluttuare, l’atmosfera è terrestri a tutti gli effetti. Perciò la
molto più elegante. La linea è sinuosa e si rappresentazione è collocata sulla terra, il
presta molta attenzione al fogliame tutto è molto più drammatico: Eva che si
dell’albero (tutti elementi tardogotici). copre le parti intime mentre il volto si
deforma in un urlo disperato; Adamo si
copre il volto; l’angelo che brandisce la
spada sembra quasi speculare al serpente
di Masolino. Questa opera è stata
censurata ad un certo punto della storia,
ma poi nel 1984 un lavoro di restauro ha
restituito i colori e le forme originarie.
31
l’annunciazione molto più precisa: il susseguirsi di arcate che seguono il punto di fuga,
l’occupazione spaziale delle figure. Attenzione nei dettagli del prato, tipica del tardogotico
(1) ANNUNCIAZIONE DI CORTONA, 1434/36 ca. Tempera su tavola Museo Diocesano (AR)
(2) ANNUNCIAZIONE DEL PRADO,
1435
Tempera su tavola Museo del Prado, Madrid
I progenitori nella prima opera sono piccoli sullo sfondo, mentre in quella del Prado sono
più grandi e vicini alla scena - vengono inseriti nella scena dell’annunciazione poiché
simboleggia la conseguenza al peccato originale (peccato = Gesù corregge errori umani)
IMPOSIZIONE DEL NOME DEL BATTISTA, 1435 ca.
Beato Angelico
Tempera su tavola - Museo di San Marco (FI)
Torna l’elemento del prato molto dettagliato, in contrasto con la novità della costruzione
spaziale e solidità delle figure più vicina ad uno stile che si allontana dal tardogotico.
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spalle intravediamo episodi che si rifanno alla sua vita:
nascita della Vergine, incontro con Elisabetta... L’opera
sostituisce la predella, unendo più scene in un’unica
tela grazie alle diverse zone in prospettiva, composta da diversi piani. Le figure sono
perfettamente in prospettiva anche rispetto allo spazio. Il soffitto a quadrati [ricorda soffitto
a cassettoni delle chiese brunelleschiane] fa pendant con il pavimento, le quali linee e
costruzioni geometriche seguono una linea prospettica precisa.
MADONNA CON BAMBINO,1460 ca. - Filippo Lippi
Olio su tavola - collezione privata
Il Bambino poggia saldamente i piedi su di una balaustra, alle sue spalle lo regge la Vergine
che si trova all’interno di una nicchia in prospettiva, con effetto di profondità.
MADONNA CON BAMBINO E DUE ANGELI, 1460 ca. - Filippo Lip.
Considerata un’opera
anticipatrice di alcuni elementi presenti
appunto nella composizione. La donna ritratta è Lucrezia Buti, donna amata dal pittore, alla
quale vengono
donate sembianze ed elementi di riconoscibilità legati alla figura della Vergine. Sul
paesaggio si apre uno scorcio nuovo: si passa dal fondo oro, all’elemento architettonico
fino alla rappresentazione di paesaggi naturalistici [pittura fiamminga - Da Vinci con
rappresentazione montagne]. Sia il paesaggio alle spalle della vergine, che la sua
acconciatura ricca e decorata da eleganti veli, sono elementi della pittura fiamminga.
33
Il tono è ancora molto tardogotico, nonostante la metà del Rinascimento, per la scena in
chiave molto fiabesca, l’eleganza della composizione, la non caratterizzazione del volto
della principessa, la composizione spaziale non molto articolata o precisa.
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5. Colonne dx
Il tutto è organizzato in maniera simmetrica,
con il portico che si apre dando su un cortile
con una porta sullo sfondo. Le figure sono
posizionate in maniera asimmetrica: la
Vergine si trova dietro le colonne di destra,
mentre l’angelo si trova nello spazio a
sinistra della porta - contrasto interessante con vuoto centrale.
CITTÀ IDEALE, 1480/90 - ?
Tempera su tavola - Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
L’autore dell’opera non è stato effettivamente riconosciuto, ma si pensa appartenga a Leon
Battista Alberti per la chiesa rappresentata in fondo a destra, che sembra essere la facciata
di santa Maria Novella. La città ideale diventa una sorta di manifesto all’uso corretto della
prospettiva, che in quest’opera raggiunge il massimo della sintesi con l’organizzazione
spaziale, applicato al concetto della città che diventa un luogo nel quale poter fare
esperienza di un’organizzazione dello spazio dell’uomo che rispecchi la razionalità
dell’uomo nell’organizzazione stessa. La città nel suo essere ideale è deserta, con
esclusione uomo [città metafisiche Di Chirico, ‘900]. Rielaborazione di forme che
appartengono all’architettura classica (colonne, tempio). La struttura “circolare” che occupa
il centro della composizione diventa cuore del punto di fugga, da cui partono tutte le
diagonali che si proiettano agli altri elementi della composizione.
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I lavori iniziano nel 1453, in onore della famiglia Malatesta. Tornano elementi della chiesa di
Santa Maria Novella: portale classico, timpano sulla porta d’ingresso e sotto versione di
“tetto” della chiesa. Interessante come questa architettura che richiama il classico, ma è
comunque moderna, si ripeterà in
opere di altri artisti come Piero della Francesca.
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PITTURA FIAMMINGA
• Fiandre, zona Belgio-Olanda, similitudini con Italia centrale nel XV sec. per prosperità
legato a commercio e attività finanziaria = garanzia possibilità di committenza artistica che
investa del danaro in grandi opere pubbliche ed opere d’arte
• Diversa sensibilità religiosa: privata, rapporto più intimo con Dio - qui si svilupperà poi
protestantesimo, mette in discussione caratteristiche chiesa cattolica proponendo
alternative di pensiero e organizzazione dell’apparato ecclesiastico - senso più mistico della
religione, meno aggregazione come nel cattolicesimo - luce diffusa nei quadri
• Realtà resa con minuzia di particolari, conseguenza dell’arte miniatoria (illustrazione dei
volumi) - presenza di velature con contrasti di colore e luce, traslucide
• Moltiplicazione punti di fuga e fonti luminose
• Importanza del paesaggio, senza concezione antropocentrica, ma con un’unione tra
uomo e paesaggio attraverso l’uso della luce
• I fiamminghi si specializzarono sull’utilizzo dell’olio, che contribuisce a creare questo
senso di lucidità e luminosità diffusa. Fino ad allora veniva prediletto l’uso della tempera.
• Il ritratto assume nuove caratteristiche - in particolare introducono il ritratto a tre quarti
con mezzo busto, che permette un’introspezione psicologica del personaggio molto più
accennata, poiché permette di vedere occhi, postura, labbra e il volto nella sua
completezza (quello di profilo tendeva a nascondere questo aspetto, rendendo la
rappresentazione più ufficiosa e seria)
MADONNA DEL CANCELLIERE ROLIN, 1434/35 - Jan Van Eyck Olio su Tavola - Louvre,
Parigi
Jan Van Eyck fu uno dei più importanti esponenti
della pittura fiamminga, che occupa la prima metà
del ‘400 e che viene spesso messo in relazione con
Masaccio per le sue somiglianze e differenze.
L’uomo ritratto era un importante consigliere del
Duca di Borgogna. La scena è un misto tra
conversazione sacra e contemporanea poiché,
rispetto ad altre sacre conversazioni in cui vediamo
la Madonna in trono circondata da santi, la Vergine
viene rappresentata sotto spoglie più umili, al pu to
che di fronte a lei troviamo un uomo
contemporaneo di van Eyck. I due sembrano quindi
condividere non solo lo spazio, ma anche il tempo.
Sul pavimento vediamo un motivo geometrico molto
dettagliato e complesso. Gli abiti dei personaggi
sono pregiati, assieme ai dettagli architettonici della
sala in cui è ambientata la scena. Tra gli archi
vediamo un fregio decorato con delle storie della genesi. Dietro la Vergine, un angelo è
intento a poggiarle la corona, anch’essa molto dettagliata, sulla sua testa. Nessun dettaglio
è lasciato al caso. Sullo sfondo abbiamo un’apertura sul paesaggio, diviso dall’ambiente
interno con archi e colonne. Le due persone nello sfondo sono probabilmente l’artista
stesso ed il suo assistente, che vengono rappresentati in questa maniera sproporzionata ed
in miniatura. Van Eyck si ritrarrà spesso nelle sue opere.
MADONNA DEL CANONICO VAN DER PAELE, 1436 - Jan Van Eyck
Olio su Tavola - Museo Groeninge, Bruges
Sacra conversazione ispirata dalla presenza di un personaggio contemporaneo dell’artista:
Van Der Paele, posizionato sulla
36
destra. Il personaggio è dettagliatamente
caratterizzato, tanto di sembrare una fotografia.
Dettagli nel pavimento e tappeto, vesti dei
personaggi. Sulla sinistra del quadro ritroviamo
San Donaziano con la tunica blu, mentre sulla
destra c’è San Giorgio, raffigurato con la
classica armatura. Anche in questo caso
abbiamo delle “opere nelle opere” nei capitelli
delle colonne e nelle sculture sul trono della
Vergine, che rimandano alla storia di Caino e
Abele. Uno dei mercati più floridi delle Fiandre
era quello dei tessuti, prodotti a Bruges -
proprio per questo ritroviamo spesso tessuti di
abiti, tappeti etc molto dettagliati nelle opere.
POLITTICO DELL’AGNELLO MISTICO, 1426/32 - Jan Van Eyck Olio su tavola - Cattedrale
di San Bavone, Gand
Una delle opere più importanti dell’artista, di grandissime dimensioni, il polittico è a
“sportello” (1.chiuso - 2.aperto)
L’opera era stata iniziata dal fratello Hubert e continuata poi appunto da Jan. In alcuni
passaggi infatti, non vi è certezza di chi ha realizzato cosa.
1. Nella sequenza in basso troviamo ai committenti,
rappresentati in preghiera [modello trinità Masaccio] ed i santi al centro, rappresentati come
statue (= grisaille: particolare tecnica pittorica che vuole dare impressione scultura - la
parola deriva da gris, ovvero grigio, per la pittura realizzata a monocromo)
2. La centralità del pannello è dato dalla scena in basso, ovvero adorazione dell’agnello
mistico, che occupa
una posizione assolutamente centrale. Il
paesaggio è molto dettagliato e, nonostante le
scene fossero divise dalla pennellatura, il paesaggio viene costruito con un’unità pittorica.
Stessa cosa per il trono in alto. Sempre nel concetto interno di salvezza e redenzione
troviamo Adamo ed Eva, posti esternamente come per collegare interno ed esterno del
polittico (come prima e dopo peccato). Da un punto di vista stilistico possiamo notare che i
progenitori
1.
2.
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del ritratto stesso. Su questa firma ci sono state varie interpretazioni su quale sia stata
l’occasione per la commissione del dipinto, ad esempio un matrimonio o il rinnovo delle
promesse di matrimonio, a cui effettivamente il pittore avrebbe in un certo senso preso
parte come testimone (si spiegherebbe anche la presenza del cane). L’opera è molto
emblematica poiché si nota quest’attenzione al dettaglio che vuole raccontare proprio una
storia all’interno dello stesso dipinto.
Masaccio
1424-25
[Cappella Brancacci - Cacciata dal paradiso terrestre]
Definisce la figura con la plasticità dei corpi
DEPOSIZIONE, 1450 ca. - Rogier van der Weyden Tavola - Mauritshuis, l’Aja (Paesi Bassi)
Ritroviamo sicuramente delle
caratteristiche che abbiamo già
incontrato nella pittura fiamminga, come la ricca veste decorata del vescovo che partecipa,
personaggi attuali che prendono parte a scene avvenute nell’antico testamento... A
differenza di van Eyck, la composizione di Van Der Weiden è meno schematica: basti notare
il corpo di Cristo che crea una morbida curva, assecondata all’atteggiamento poi degli altri
personaggi. Si torna all’idea della sinuosità della linea tardogotica.
RITRATTO DI DONNA, 1460 ca.
Rogier van der Weyden
Olio su tavola - National Gallery, Londra Sguardo assente, capigliatura raccolta in alto e
adornata da velo, mani abbellite da anelli.
PORTRAIT OF A YOUNG GIRL, dopo 1460 Petrus Christus
State Museums, Berlino
Lo sguardo della ragazza sembra guardare potenzialmente verso il pittore.
TRITTICO DI SAN GIOVANNI BATTISTA, 1454 - Rogier van der Weyden
Olio su tavola - Gemäldgalerie, Berlino
Il trittico racconta della vita di giovanni battista. Le scene sono incorniciate da questa
struttura ad arco tardogotica, più diffusa nell’Europa centro-settentrionale.
1. Nascita
2. Battesimo: avviene in un paesaggio di stile nordico, i corpi dei personaggi sono
spigolosi e tagliati dalla luce
3. Decapitazione
Van der Weyden compone la scena in prospettiva in maniera molto precisa, che si può
notare in maggior modo nell’ultima scena raffigurante la morte del Santo: in fondo
scorgiamo infatti la scena precedente alla decapitazione, nel banchetto di Erode, che porta
poi appunto alla scena raffigurata in primo piano
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I tessuti sono molto dettagliati. La composizione è sicuramente più centralizzata, ma
possiamo scorgere un’apertura ai lati del trono della Vergine. Nel paesaggio è possibile
riconoscere elementi e scene di vita quotidiana, che rientrano nella scena sacra, fondendosi
con essa.
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Piero della Francesca
(Borgo San Sepolcro AR, 1425/16 - 1492)
Tra gli artisti italiani, è uno di quelli che subirono di più l’impronta fiamminga (più di tutti
Antonello da Messina). La sua vita occupa tutto il XV secolo. Con egli, la prospettiva di
natura matematico-geometrica [introdotta da Brunelleschi e riportata dai suoi
contemporanei] che si basava su regole di natura scientifica, viene portata ai massimi livelli.
Coniugherà quella che è la plasticità dei corpi di Masaccio, la prospettiva matematico-
geometrica e l’influenza della pittura fiamminga (attenzione al rapporto tra uomo e ambiente
circostante, utilizzo della luce, rappresentazione dei paesaggi) nei suoi quadri. Pubblica il
“DE PROSPECTIVA PINGENDI”, dove enfatizza uno studio della sua prospettiva più teorica,
dando una spiegazione di ciò che realizza nei suoi quadri. [“DE PICTURA” Leon Battista
Alberti - 30 anni prima]. Alla fine degli anni 50 del ‘400 si reca a Roma ed incontra Antonello
da Messina, che lo introdurrà all’arte fiamminga.
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Francesca ha utilizzato infatti lo stesso cartone preparatorio
capovolto per la realizzazione di entrambi gli angeli. A loro volta, i colori degli angeli sono
perfettamente speculati (ali, tunica, calzari)
FLAGELLAZIONE, 1450/60 - Piero della Francesca
Tempera su tavola - Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
Un’opera con tante diverse interpretazioni, poiché avvolge un velo di mistero attorno a sé,
in particolare con le tre figure sulla destra, che hanno un ruolo in primo piano, anche
maggiore della scena della flagellazione di Cristo (in fondo sulla sinistra), che dovrebbe
avere maggior rilievo. Le interpretazioni vanno dalla sfera religiosa a quella politica.
1. NATURA STORICO-POLITICA: l’uomo con la tunica rossa è visto come il Signore di
Urbino, ovvero Antonio di Montefeltro. Egli sarebbe accompagnato dai suoi due ministri,
che lo avevano portato a scatenare una rivolta popolare, nella quale sarebbe poi stato
ucciso = i due ministri ricalcano la stessa posizione dei flagellatori di Cristo, martire come il
Signore di Urbino.
2. NATURA TEOLOGICA: la figura centrale potrebbe essere un angelo, al centro tra la
chiesa latina (uomo a sinistra) e quella ortodossa (uomo a destra) - tre religioni: ebraismo,
paganesimo, cristianesimo.
Rimane il fatto che la composizione è impaginata con una grandissima precisione
geometrico-matematica, basata anche sull’equilibrio tra spazi chiusi (dove avviene la
flagelalzione) a quelli aperti. La colonna esterna, divide perfettamente le due scene. Esse
sono divise sia in orizzontale (profondità) che verticale (esterno, interno). Il tutto è appunto
amplificato dalla geometria di soffitto e pavimenti, che cambiano da esterno a interno,
andando a scandire precisamente i due spazi.
• SPAZIO CHIUSO: soffitto a cassettoni, pavimento con motivi geometrici, elementi
dell’architettura classica (come colonne e capitelli)
• SPAZIO APERTO: pavimento con
quadrati rossi, paesaggio di Urbino (città molto importante all’epoca sia dal punto di vista
politico che geografico, punto di passaggio per scambi commerciali, trovandosi in centro
Italia)
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L’affresco fa riferimento all’episodio in cui Costantino sogna che se si fosse convertito al
cristianesimo, sarebbe stato vincitore nella battaglia contro Massenzio. Vediamo poi in alto
l’angelo con la croce che guiderà Costantino alla vittoria. La composizione ricorda la
madonna della misericordia per la struttura della tenda (triangolo+quadrato) sorretta da una
colonna interna. Il notturno diventa occasione per Piero della Francesca per sperimentare
con luci
completamente diverse dalle solite scene.
3. BATTAGLIA DI PONTE MILVIO
Scena successiva al Sogno di Costantino.
Colantonio
(1420 ca. - Napoli dopo 1460)
È stato un pittore alla corte napoletana di Renato D’Angiò, allievo di un pittore fiammingo,
Barthélemy d’Eyck (anch’egli nella corte di dei D’Angiò)*. Sarà il maestro di Antonello da
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Messina, che continuerà il collegamento tra pittura del sud Italia e quella delle Fiandre.
Colantonio si trova a cavallo tra la dominazione Angioina e gli Aragonesi. Questo si può
verificare appunto nelle due qui di seguito, commissionate per la pala d’altare della chiesa
di San Lorenzo Maggiore. Angiò legati all’arte fiamminga, mentre Aragona a spagnola. *La
pittura fiamminga arriva in Italia perché, nella maggior parte dei casi, gli artisti o i quadri
stessi si spostano in Italia. In altri casi, sono gli artisti italiani a spostarsi nelle Fiandre,
proprio come farà Antonello da Messina.
SAN GEROLAMO NEL SUO STUDIO, 1445 ca. - Colantonio Olio su tavola - Museo
Nazionale di Capodimonte (NA) L’iconografia di San Gerolamo è legata all’episodio in cui il
santo, nel deserto, estrae una spina dalla zampa di un leone, guadagnandosi così la sua
fiducia. In questo caso, la scena è ambientata nel suo studio. Egli era infatti un erudito e gli
si deve la trascrizione di molti passaggi della bibbia. La forte influenza fiamminga è
presente nei molteplici dettagli presenti nel quadro come il libro aperto con la scrittura, il
calamaio,
i libri sui mobili, i foglietti di carta trascritti sparsi per lo studio.
SAN FRANCESCO CONSEGNA LA REGOLA, 1445 ca. - Colantonio Tecnica mista su tavola
- Museo di Capodimonte (NA)
Questa seconda pala era concepire per essere in relazione con la prima, di San Gerolamo.
Raffigura San Francesco che distribuisce la Regola ai monaci e alle clarisse. Qui più che la
pavimentazione ad azulejos (tipicamente catalana), non abbiamo tanti altri dettagli che ci
riportano dell’arte fiamminga.
Antonello da Messina
(Messina, 1430 - Messina, 1479)
È stato una artista che è stato capace di coniugare la luce fiamminga con la sintesi
prospettica tipicamente italiana. Egli infatti rappresenta proprio l’incontro tra i due
rinascimenti, fiammingo ed italiano. La sua formazione si sviluppa in Sicilia e, dopo una
prima parentesi di formazione, si sposterà a Napoli presso la bottega di Colantonio. Nel
corso della sua vita viaggia per ben 2 volte nelle Fiandre, imparando così a cogliere i
dettagli di luci e paesaggi che realizzavano i colleghi fiamminghi, permettendogli di entrare
in relazione e d’incamerare ancor meglio tutto il contesto artistico. La sua conoscenza
dunque, a differenza di Colantonio, non è stata mediata.
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finestra anteriore che incornicia la scena) che permettono
questa diffusione di luce in tutta l’opera. L’espediente della
finta cornice, attribuisce ancora di più questo effetto
illusionistico di profondità, anche grazie al gradino. C’è un
passaggio dal piano della realtà a quello della
rappresentazione pittorica. San Gerolamo è intento
studiare; il leone, pur non essendo in primo piano, è
presente vicino le arcate sula destra, dietro lo studio.
Antonello da Messina vuole quindi ricordare questo
episodio, ma senza darne troppo rilievo. Lo studio è ricco di
elementi di dettaglio e sugli scaffali possiamo intravedere dei libri aperti, oltre ai molteplici
manoscritti chiusi e gli altri oggetti. L’opera è disseminata di simboli che alludono alla
chiesa e alla vita di cristo, come il pavone: richiama la presenza di Dio poiché la coda
aperta riporta un motivo ad “occhi” che rappresentano l’onniscienza di Dio. Altri elementi
sono l’uccello di fianco al pavone, una pernice, che allude alla verità di cristo.
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vista iconografico il quadro è assolutamente innovativo: l’autore
infatti riporta la Vergine a far trapelare un’introspezione più umana.
Nella scena l’annunciazione è già avvenuta, l’angelo è andato via e
Maria si chiude il velo con una mano, come a racchiudersi in sé
stessa dopo la notizia data dall’angelo. L’altra invece assume un
gesto che sembra voler fermare l’angelo dall’andar via o salutarlo.
Il gesto quindi, pur essendo semplice, racchiude più di un significato. In questa
annunciazione non abbiamo più Dio che entra nella scena tramite i fasci di luce. L’unica
luce presente è quella delicata che illumina il volto di Maria e potrebbe essere percepita
come luce della dipartita dell’angelo, appunto perché più delicata di quella che
potenzialmente sarebbe dovuta apparire all’arrivo. È una scena intima, che vede Maria
donna e non più divinità.
RITRATTO DI GIOVANNA TORNABUONI, 1488 Domenico Ghirlandaio Tempera su tavola
Thyssen, Madrid
RITRATTO DI GIOVANE IN ROSSO
1480/90
Domenico Ghirlandaio
RITRATTO DI RAGAZZA, 1490 ca. Domenico Ghirlandaio
CRISTO ALLA COLONNA, 1475/79 - Antonello a Messina
Olio su tavola - Museo del Louvre, Parigi
Nella rappresentazione, Antonello da Messina privilegia questo aspetto di grande umanità
nel raffigurare Cristo alla colonna. Anziché rappresentarlo a figura intera [come nella
Flagellazione di Piero della Francesca], fa un “taglio” alla colonna, della quale s’intravede
soltanto un pezzo, rendendola un elemento di sfondo. L’attenzione cade proprio sullo
sguardo di Cristo, rappresentato in sofferenza con gli occhi rivolti verso l’alto. La
rappresentazione è molto più legata all'aspetto umano che a quello religioso.
Vediamo come lo stesso artista, Domenico Ghirlandaio, utilizza diversi stili di ritratto, senza
attenersi ad un unico stile.
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s’interrompono per mancanza di fondi. Ristabiliti i fondi e morti gli artisti che si trovavano
prima, il ciclo passò nelle mani di Mantegna. La cappella era dedicata ai santi Giacomo e
Cristoforo ed il tema rapprende appunto le Storie dedicate ai due santi. Il ciclo si divide in
tre registri [Cappella Brancacci di Masolino e Masaccio solo 2]. Per unificare i racconti e
renderli una storia unica basata sul susseguirsi di affreschi, Mantegna realizza delle cornici
architettoniche finte (trompe l’eye) ed un tripudio di elementi classici e citazioni di altri artisti
che avevano toccato il mondo antico (come Donatello).
FOTO (2)
1. MARTIRIO DI SAN GIACOMO
Rappresenta il momento in cui sta per essere decapitato
2. MIRACOLO DI SAN
GIACOMO
Nell’episodio si racconta che, mentre San Giacomo sta andando al martirio, si ferma per
compiere un miracolo: la guarigione di uno storpio. L’episodio di per sé, viene ambientato in
quella che sembrerebbe una scenografia tardo imperiale, con un enorme arco di trionfo
molto profondo, perfettamente in prospettiva, che ci ricorda nella botte così scorciata un
elemento già visto:
-Volta a botte scorciata nello stiacciato del “Miracolo dell’Avaro” di Donatello
-Figura in basso con scudo e armatura, che ricorda il San Giorgio di Donatello
(1)
AFFRESCO (2)
3. MARTIRIO E TRASPORTO DI SAN CRISTOFORO
Il santo ricevette un “doppio” martirio: trafitto da molteplici frecce (come San Sebastiano) e
poi decapitato. La rappresentazione del martirio può essere vista nella copia a colori più
vividi, senza autore, ma che ci aiuta a comprendere com’era realmente l’affresco prima
della Seconda Guerra Mondiale. Sulla sinistra lo vediamo alla colonna durante la prima fase
del martirio mentre sulla destra lo vediamo a terra dopo la decapitazione. Entrambi i quadri
sono ricchi di dettagli, in maggior modo ad esempio l’edificio sullo sfondo, risultato degli
studi di Mantegna nella bottega dello Squarcione, in cui si avvicina a questo gusto antico
che si esplicava tramite questi festoni decorati. Tra la copia e l’affresco notiamo una
differenza nei dettagli del palazzo stesso.
AFFRESCO (3) MARTIRIO E TRASPORTO DI SAN CRISTOFORO (3) COPIA antica
dell’affresco di Mantegna
Museo Jacquemart-André, Parigi
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sviluppato già nella cappella Ovetari per dare una
sequenza alle scene, in questo caso è vera in legno oro ed
è stata probabilmente realizzata sullo stesso disegno di
Mantegna, diventando quindi parte strutturale ed
integrante dell’opera. I tre riquadri principali risultano
continuativi grazie alla colonna della cornice oro e la
ghirlanda posta nella parte superiore delle tre sezioni.
Grisaille di elementi scultorei sullo sfondo delle tavole, in cui sono rappresentati putti e
medaglioni sulle colonne; il tutto richiama l’arte antica. Nelle due tavole esterne ritroviamo
due gruppi di santi [es. a destra San Lorenzo (graticola)]
Nella predella sottostante sono rappresentate tre scene che si rifanno alla vita di Cristo:
Orazione nell’orto [Mantegna e Bellini] - Crocifissione - Resurrezione
Durante le soppressioni napoleoniche, la pala di San Zeno venne requisita (dopo conquista
di territorio) e fu mandata a Parigi. Questo è il motivo per cui diverse opere italiane si
trovano in Francia [NON È IL CASO DELLA GIOCONDA]. In seguito al congresso di Vienna,
in cui molte opere d’arte sono state rivendicate e restituite ai paesi d’appartenenza, la pala
è tornata in Italia, ma la predella effettivamente è rimasta in Francia. Quindi, quella che si
vede oggi nella pala, è in realtà una copia dell’originale di Mantegna; si è voluta mantenere
l’originalità della pala
PREDELLA DELLA PALA DI SAN ZENO, 1457/49 - Andrea Mantegna Musée de Beaux-Arts,
Tours (FR)
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cardinale, che aveva quindi avuto accesso ad una
delle sfere più alte della gerarchia ecclesiastica.
Mantegna esalta i Gonzaga (on elementi decorativi
quali festoni, decorazioni con stile tendente
all’antico. Cerca sempre di creare una continuità tra
ciò che viene rappresentato nel quadro e gli
elementi architettonici esterni (colonne, archi).
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comunque una nuova iconografia per quanto riguarda la pietà, in cui vediamo il cristo
risorto, sorretto dai due angeli. È papabile il pathos dei personaggi. Il sarcofago su cui è
poggiato Cristo ricorda la passione per l’antico dell’artista ed un viaggio romano, avvenuto
negli anni ’90 del ‘400, che gli permetterà di studiare ed osservare ancor meglio le opere
degli antichi romani.
MADONNA DELLA VITTORIA, 1496 - Andrea Mantegna Tempera su tela - Museo del
Louvre, Parigi
Torna l’elemento dei festoni di piante e frutta tutt’attorno allo sfondo della composizione.
L’impostazione centrale dei personaggi ricorda la Pala di Brera di Piero della Francesca,
con il committente inginocchiato (Federico da Montefeltro in della Francesca) - a differenza
dell’opera di Piero della Francesca, anziché l’uovo di struzzo, Mantegna pone il corallo,
simbolo collegato a Cristo. Ai piedi della Vergine vi è il committente, Francesco Gonzaga. Il
basamento su cui poggia il trono della vergine vede ritratte delle scene della genesi, in
particolare in primo piano vediamo l’episodio del peccato capitale.
PARNASO, 1497 - Andrea Mantegna
Tempera su tela - Museo del Louvre, Parigi Francesco Gonzaga sposa Isabella d’Este,
donna colta e famosa mecenate per gli artisti. Anche Mantegna si mette al servizio della
nobile e realizza per lei il Parnaso, per decorare lo studiolo della donna. Lo studiolo che
Isabella si fece costruire, non solo per studiare, ma anche per collezionare pezzi di valore =
primo esempio di museo.
Ricostruzione virtuale dello studiolo
La tela ha
soggetto
allegorico, quindi
non più religioso,
che allude alla sintesi delle arti: il Parnaso infatti è proprio il luogo delle muse, dove
s’incontrano tutte le arti. È interessante quindi il passaggio dai temi sacri e religiosi a temi
più in linea con quella che doveva essere una funzione più intima e privata.
Giovanni Bellini
(Venezia, 1433 ca. - Venezia, 1516)
L’artista era imparentato con Mantegna, che sposò sua sorella. Nasce in una famiglia di
artisti. Il padre, Jacopo, era un artista del tardogotico veneziano e, conservava questo
approccio tardogotico con degli influssi orientali che spesso ritroviamo negli artisti
veneziani proprio per la multietnicità del porto. Anche il fratello, Gentile fu artista.
Jacopo Bellini (Venezia, 1936 - 1974) MADONNA COL BAMBINO BENEDICENTE E
CHERUBINI, 1455 Tempera su tavola Gallerie dell’Accademia (VE)
Antonio Vivarini (Murano 1428 ca. - Venezia 1476/84) MADONNA CON BAMBINO,
1441 ca. Gallerie dell’Accademia (VE)
Assieme a Jacopo Gentile, uno dei maggiori esponenti del tardogotico veneziano
Gentile da Bellini (Venezia 1429 - 1507) RITRATTO DEL DOGE GIOVANNI MACENIGO, 1478
Tempera su tavola Museo Correr, VE
Più simile alla sensibilità trardogotica del padre - ritratto di profilo
PROCESSIONE IN PIAZZA SAN MARCO, 1496 - Gentile Bellini Tempera su tela - Gallerie
dell’Accademia (VE) L’ambientazione ha un ruolo abbastanza
importante, che sovrasta quasi la figura umana in
alcuni casi. La cattedrale emerge in tutta la sua bellezza assieme ai palazzi in stile
veneziano della piazza. SI percepisce un’apertura di campo che anche Giovanni Bellini
persguirà anche in relazione al paesaggio
MIRACOLO DELLA CROCE CADUTA NEL GIORNO DI SAN LORENZO, 1500 - Gentile
Bellini
Tempera su tela - Gallerie dell’accademia (VE)
Nell’episodio del miracolo, la croce cadde in acqua
per la foga della folla e si mise a galleggiare senza possibilità di essere recuperata. Il
guardiano della scuola grande di Giovanni Evangelista, recuperò però la chiesa. Il quadro è
stato appunto commissionato dalla Scuola Grande di Giovanni Evangelista. Con Gentile
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vediamo le prime rappresentazioni di vedutismo veneziano. L’episodio è appunto quello del
miracolo, nel quale però il paesaggio assume grande valore e importanza.
IMAGO PIETATIS, 1455/60 - Giovanni Bellini Tempera su tavola - Museo Poldi Pezzoli (MI)
Anche qui abbiamo una rappresentazione della pietà che ricorda quella di Mantegna [Cristo
con due angeli]. Lo stile ricorda quello bizantino, in cui Gesù sembra un’icona
bidimensionale distaccata dallo sfondo. Giovanni Bellini esplora il soggetto in più contesti,
fino ad arrivare ad un’ulteriore opera:
PIETÀ, 1455/60 - Giovanni Bellini
Tempera su tavola - Pinacoteca di Brera (MI)
Si passa da una pietà molto malinconica, ma comunque poco realistica, ad una in cui
Cristo sembra più un’umano che una fredda icona bizantina. La sovrapposizione di volti e di
sguardi tra Gesù e la Vergine suggerisce una svolta stilistica ed emotiva tra le tre opere.
SAN FRANCESCO IN ESTASI, 1480 - Giovanni Bellini
Olio su tavola - Frick Collection, NY
[“Stimmate di San Francesco”, Gentile da Fabriano: in primo piano, tutto il resto
sproporzionato] il Santo compone semplicemente uno degli elementi del creato. Ciò serve a
rimarcare una delle caratteristiche della pittura veneta:
non vi è la percezione toscana dell’uomo al centro delle
cose che diventa entità regolatrice di ciò che accade
attorno a lui, ma l’uomo è semplicemente una parte di ciò
che vi è intorno - attinenza con la pittura fiamminga, in cui
vi è unità uomo e natura - attenzione dei dettagli. La
concezione divina è immanente (dio interno al mondo,
unito ad esso) più che trascendente (dio esterno dal
mondo, che lo governa) come accade nel tardogotico.
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PRESENTAZIONE AL TEMPIO, 1460 - Giovanni Bellini - Tempera su tavola - Fondazione
Querini Stampalia (VE) Autoritratto con Mantegna al suo fianco, sulla destra - Successiva a
quella di Mantegna - Nessuno dei personaggi sacri hanno l’aureola - Tra le donne sulla
sinistra c’è anche Nicolosia Bellini, sorella di Giovanni e moglie di Mantegna con altra
familiare Bellini probabilmente - Scena aperta, con ripiano che non sporge come quello di
Mantegna
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ALLEGORIA SACRA, 1490/1500 - Giovanni Bellini
Olio su tavola - Uffizi (FI)
Si tratta di un dipinto misterioso, perché si è voluto mettere in relazione con un poemetto
francese che parla del processo di purificazione dell’anima. Le figure a destra
(personificazioni di gioventù e vecchiaia) sembrano essere le
protagoniste del dipinto, mentre gli elementi del paesaggio sembrano alludere al Purgatorio
e al Paradiso.
PIETA’ MARTINENGO, 1505 - Giovanni Bellini Olio su tavola - Gallerie dell’Accademia (VE)
Questa pietà è successiva a quella di Michelangelo, di cui possiamo riconoscere l’impronta
lasciata nella iconografia. Il dipinto, in basso sulle rocce, reca la scritta “JOANNES
BELLINUS”. Una delle prime firme nella storia dell’arte.
MADONNA DEL PRATO, 1505 - Giovanni Bellini Olio su tavola trasportato su tela - National
Gallery, Londra
Il paesaggio dietro alle due figure, ordinato e vivo nei suoi elementi narrativi, assume
(soprattutto nella coloristica) una valenza lirica e, allo stesso tempo, di “verità”,
evidenziando l’interesse prevalente del Giambellino, che non si limita alla raffigurazione dei
due importanti personaggi in
primo piano.
MADONNA CON BAMBINO BENEDICENTE, 1510 - Giovanni Bellini Olio su tavola -
Pinacoteca di Brera (MI)
Gli effetti cromatici relativi alla dilatazione spaziale
e, quindi, alla variabilità coloristica atmosferica,
sono armoniosamente sentiti dall’osservatore, che tuttavia stenta a trovare una stretta
relazione con lo schema compositivo, ancora intriso di elementi a carattere profondamente
umanistico. Il tendaggio collocato tra le due figure in primo piano ed il paesaggio, indica la
divisione tra il mondo sacro e quello circostante.
L’OFFICINA DI FERRARA: fondata da Cosmè Tura, al quale si unirono Francesco del Cossa
ed Ercole de Roberti. Questi artisti erano accomunati da un linguaggio molto eccentrico e
grottesco, sviluppatosi a Ferrara, alla corte di Leonello d’Este.
SAN GIROLAMO NEL DESERTO, 1470
Ercole de Roberti
rappresenta il santo [Colantonio e Antonello da Messina già rappresentato] in un’insolita
iconografia. Il leone viene ripreso in piccole dimensioni, sotto lo sgabello su cui siede il
santo.
PIETÀ, 1482
Ercole de Roberti
Innaturalezza del corpo di Cristo. Trasmette disagio, sottolineato dalla scena della
crocifissione che sembra continuare a vivere sullo sfondo come se fosse un brutto sogno.
1
2
MARZO(1) & APRILE (2), 1468/70,
Francesco del Cossa - Affresco
Sala dei Mesi, Palazzo Schifanoia (FE)
Questa è la rappresentazione allegorica del mese di marzo, seguita poi da quella di aprile,
in cui si assiste al trionfo di Venere che arriva su un carro trainato da cigni. A destra, su una
roccia, troviamo il tema delle tre grazie, che verrà poi ripreso da altri artisti come Botticelli e
Canova.
LA MUSA ERATO (PRIMAVERA), 1460
Cosmè Tura - Tempera all’uovo e olio su tavola National Gallery, Londra
La tavola della musa conferma come Tura fosse fra i pochi pittori italiani in possesso della
tecnica di pittura fiamminga a olio.In passato nella figura si è riconosciuta la dea Venere.
Gli elementi marini quali i draghi-delfini, la conchiglia, le gemme di perle e di corallo
hanno giustificato l’attribuzione. Inoltre, la presenza sullo sfondo di un fabbro e di un
cavaliere ha fatto pensare fossero identificabili con Marte e Vulcano, rispettivamente marito
e amante della dea. Il ramo di ciliegio che regge in mano ha fatto sì che la musa fosse
51
interpretata come personificazione della Primavera. Questo ruolo probabilmente le è stato
attribuito nel Settecento quando era al Sant’Uffizio di Ferrara.
LA PIETÀ, 1460
Cosmè Tura - Tempera su tavola - Museo Correr (VE) Viene rappresentata una situazione di
antinaturalismo che contraddice i canoni dell’arte classica.
SAN DOMENICO, 1478 Cosmè Tura - Tempera o oro su tavola - Uffizi (FI)
Il santo non viene idealizzato: le mani sono scarne e esteticamente poco gradevoli, ma
vicine ad una rappresentazione realistica.
MADONNA CON BAMBINO E SANTI, 1474 Francesco del Cossa
Tempera su tela
Pinacoteca Nazionale di Bologna
Qui il colore diventa uno strumento espressivo, in quanto si riesce a rendere l’atmosfera
mediante l’uso di certe tonalità. Nonostante i corpi siano sproporzionati, vi è una ricerca del
naturalismo espressivo dei volti. Sopra l’architettura alle spalle del trio in primo piano, viene
rappresentata l’Annunciazione, che non ha un ruolo centrale come in altri quadri.
Sandro Botticelli
Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (Firenze, 1445 - Firenze, 1510) Artista emblema del
rinascimento italiano, Botticelli non era il suo vero nome ma era il soprannome che gli aveva
attribuito il fratello per la sua formazione presso la bottega di Filippo Lippi. Nei suoi quadri
si nota anche l'influenza di Del Pollaio, la cui caratteristica era l'uso di una linea dinamica,
che donava grande importanza al contorno della figura, che serviva per delineare e allo
stesso tempo dava morbidezza alle forme. La linea in Botticelli è idealizzata: non è soltanto
inteso come idealizzazione dell'immagine femminile, ma come bellezza idealizzata. Primo
Botticelli: famiglia De’ Medici, tono di
grazia e spensieratezza - Secondo Botticelli: toni più cupi
RAGAZZA DI PROFILO, 1470/72 - Antonio del Pollaio
Tecnica mista su tavola - Museo Poldi Pezzoli (MI)
Fu discepolo di Domenico Veneziano. Non è chiaro chi sia la donna effigiata nel ritratto
milanese, ma in ogni caso l'opera è uno dei simboli dell'eleganza fiorentina nel XV secolo. Il
profilo della fanciulla è delineato
da una forte linea di contorno; influenza fiamminga per l’acconciatura complessa, i preziosi
dettagli nella veste e le perle della collana ed intrecciate nell’acconciatura
APOLLO E DAFNE, 1470/80 ca. - Piero del Pollaio Olio su tavola - National Gallery, Londra
[Tema ripreso nella Metamorfosi di Dionisio, statua del Bernini] La linea caratteristica si
ritrova nei corpi che non sono solitamente rappresentati, ma determinati dal movimento
morbido della linea.
FORTEZZA, 1470 - Sandro Botticelli Tempera grassa su tavola - Uffizi (FI)
La figura umana ha un peso che sovrasta l'architettura, infatti la donna sembra quasi
esplodere dal trono. Botticelli non è un artista della prospettiva: accenna ad una profondità,
ma si allontana completamente dalle concezioni prospettiche che abbiamo visto in Piero
della Francesca.
SCOPERTA DEL CADAVERE DI OLOFERNE, 1472 ca. Sandro Botticelli - Tempera su tavola
- Uffizi (FI)
Il dittico narra di Giuditta, eroina biblica che per proteggere la propria città di Betulia
minacciata dal generale assiro Oloferne, finse di voler collaborare con egli, facendolo poi
innamorare. La sera lo fece ubriacare e lo decapitò mentre dormiva. La prima scena
èambientata nella tenda di Oloferne e mostra i suoi dignitari che scoprono con orrore il
corpo decapitato nel suo letto; la seconda “RITORNO DI GIUDITTA A BETULIA” mostra
Giuditta che incede con passo sicuro verso la sua città, seguita dall'ancella che tiene in un
cesto coperto da un lenzuolo la testa mozzata del nemico.
*DITTICO: quadri, anche autonomi, ma fra loro complementari
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Beato Angelico introduce la visione frontale che riprende
Botticelli in quest'opera [visione frontale ripresa anche da
Leonardo]. La scena è una celebrazione della famiglia
De’ Medici: tutt’attorno ai personaggi vediamo alcuni dei
rappresentati della famiglia, ma in particolare nelle figure
dei Magi riconosciamo quelli che probabilmente sono Cosimo e Lorenzo de’ Medici. La
figura all'estrema destra con la tunica aranciata, pare essere un autoritratto di Botticelli
stesso, che guarda dritto negli occhi dello spettatore [Trinità, Masaccio: Vergine che chiama
in causa osservatore indicando la Trinità], a differenza degli altri personaggi, intenti a
guardare la scena. [Rovine sullo sfondo introdotte da Domenico Veneziano e Beato
Angelico nell’ANNUNCIAZIONE DEL PRADO]
LA PRIMAVERA, 1480 ca. - Sandro Botticelli Olio su tavola - Uffizi (FI)
Si tratta del capolavoro dell'artista, nonché di una delle opere più famose del Rinascimento
italiano. Il suo straordinario fascino è legato anche all'aura di mistero che circonda
l'opera, il cui significato più profondo non è
ancora stato completamente svelato. Il
dipinto fu commissionato da Lorenzo di
Pierfrancesco de’ Medici, cugino più giovane
di Lorenzo de’ Medici (Lorenzo il Magnifico).
La sua collocazione originaria era nel
Palazzo di via Larga, ma fu poi spostata nella
Villa di Castello, dove Vasari riferisce di
averla vista nel 1550, accanto alla Nascita di
Venere. La scena si svolge in un ombroso boschetto d’aranci (giardino delle Esperidi, luogo
della mitologia greca), tra i cui tronchi s’intravede un cielo azzurrino. Il suolo è composto da
un verde prato, disseminato da un'infinita varietà di fiori. Sono presenti nove personaggi, in
una composizione bilanciata ritmicamente e fondamentalmente simmetrica attorno al perno
centrale della donna col drappo rosso e verde sulla veste setosa. L’opera va letta da destra
verso sinistra, probabilmente perché il quadro imponeva una visione preferenziale proprio
da destra.
Zefiro, vento di nord ovest e di primavera che piega gli alberi, rapisce col suo soffio la ninfa
Clori e la mette incinta; da questo atto ella rinasce trasformata in Flora, personificazione
della primavera rappresentata come una donna dallo splendido abito fiorito. A questa
trasformazione allude anche il filo di fiori che inizia ad uscire dalla bocca di Clori durante il
suo rapimento. Al centro campeggia Venere, inquadrata da una cornice simmetrica di
arbusti. Sopra di lei vola il figlio Cupido, mentre a sinistra si trovano le sue tre tradizionali
compagne vestite di veli leggerissimi, le Grazie, occupate in un'armoniosa danza in cui
muovono ritmicamente le braccia e intrecciano le dita. Chiude il gruppo a sinistra Mercurio,
coi tipici calzari alati, che scaccia le nubi.
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Classico formato tondo rappresentante Madonna con Bambino circondata da angeli. Gigli
sullo sfondo, simbolo di purezza.
2. MADONNA DEL MAGNIFICAT, 1483 - Sandro Botticelli
Tempera su tavola - Uffizi (FI)
Visione a lente, Madonna in trono incoronata da due angeli mentre scrive su un libro le
parole del Vangelo di Luca: "Magnificat anima mea Dominum" (L'anima mia magnifica il
Signore), il verso iniziale del cantico con cui Maria, durante la sua visita a sant'Elisabetta,
ringrazia il Signore per essere stata scelta come veicolo dell'Incarnazione divina.
3. MADONNA DEL MELOGRANO, 1487 - Sandro Botticelli
Tempera su tavola - Uffizi (FI)
Altro esempio di Madonna in trono, affine alla Madonna del Magnificat per le analogie
stilistiche tra le due opere, come la fisionomia di angeli, Madonna e Bambino.
Filippino Lippi
(Prato, 1457 - Firenze, 1504)
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Figlio di Filippo Lippi, allievo di Botticelli. Vi è un “passaggio di testimone” tra i tre. Si
recherà con Botticelli a Roma nel 1581 e metterà mano al terminare la Cappella Brancacci
[Masolino e Masaccio, 1424/28].
MADONNA IN ADORAZIONE DEL BAMBINO, 1480/85 Filippino Lippi - Tempera su tavola -
Museo degli Uffizi (FI) Sensibilità nella rappresentazione del volto
femminile e dell'ambientazione paesaggistica
APPARIZIONE DELLA VERGINE, 1482/86
Filippino Lippi - Olio su tavola - Badia Fiorentina (FI)
Ritrae San Gerolamo nello studio [Antonello da Messina, Van Eyck]. L'elemento roccioso
che compare dietro la figura del santo è stato già identificato in Mantegna, con toni molto
più spigolosi, mentre le rocce di Bellini risultano più morbide
CAPPELLA CARAFA, 1488/93 - Filippino Lippi
Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, Roma
Revival classicista rispetto a Botticelli, che negli stessi anni cercava uno stile quasi anti
classico
DISPUTA DI SAN TOMMASO:
Richiamo al classico nello sfondo con colonne, conchiglia profondità
Adorazione dei Magi, 1496 - Filippino Lippi
Tempera grassa su tavola in quercia - Uffizi (FI)
Non rappresenta più i medici come aveva fatto Botticelli. Nella sua opera ritroviamo
elementi che ha probabilmente mirato a Roma. La capanna cadente dona dinamicità al
quadro e le figure sembrano compensarne il disequilibrio. Filippino torna sulle stesse storie
che abbiamo visto interpretare a Botticelli, con donne romane che si sacrificano per dolore
e salvezza del popolo
STORIE DI VIRGINIA, 1478/80 - Filippino Lippi Tempera su tavola - Museo del Louvre,
Parigi
Struttura architettonica di fondo acquista
area maggiore per sovrapposizione livelli in prospettiva. Nella storia Virginia stava per
essere venduta per diventare schiava, ma padre e il marito la uccidono per preservarne
l’onore. Ciò innesca la rivolta dei Romani.
Domenico Ghirlandaio
(Firenze, 1448-1494)
Artista di punta della famiglia Tornabuoni. Fu il maestro di Michelangelo, che studiò nella
sua bottega. Formatosi inizialmente come orafo nella bottega del padre.
ULTIMA CENA, 1480 - Domenico Ghirlandaio Affresco - Museo Nazionale di San Marco (FI)
Riprende il posizionamento personaggio di Andrea del Castagno, in cui gli apostoli si
trovano da un lato del tavolo con Gesù e Giuda dall’altro lato. Alle loro spalle la struttura
architettonica è chiusa e s’intravedono uccelli neri in cielo, che simboleggiano presagio di
morte. Il pavone sulla destra simboleggia onniscienza Dio (coda aperta, simile occhi)
APPARIZIONE DELL’ANGELO A SAN ZACCARIA, 1485/90 - Domenico Ghirlandaio Affresco
- Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella (FI)
Primo affresco a partire da destra sulla fascia bassa della
parete di destra. L’episodio, tratto dalla Bibbia, si svolge in
un’elegante architettura rinascimentale di una chiesa, inserita in un ambiente esterno, nella
cui abside si trova Zaccaria intento a spargere incenso (figura sulla destra) mentre gli
appare l’arcangelo Gabriele che annuncia l’arrivo di un figlio.
NATIVITÀ DELLA VERGINE, 1486/90 - Ghirlandaio Affresco - Cappella Tornabuoni, S.Maria
Novella Riferimento a cantoria di Donatello (tema danza) nei puttini rappresentati in alto. La
scena ritrae il momento della nascita di Maria. La donna con abito damascato che apre il
corteo è Ludovica Tornabuoni.
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enfasi con le madri cercano di difendere e salvare i loro figli, mentre le guardie cercano i
neonati. Sul suolo appaiono corpi insanguinati e mutilati. Nonostante la scena tragica, si
erge sullo sfondo un arco di trionfo che sembra quasi andare a ristabilire una sorta di ordine
in una scena di grande disordine.
LA VISITAZIONE, 1485/90 - Ghirlandaio
Affresco - Cappella Tornabuoni, S.Maria Novella Torna a partecipare alla scena Ludovica
Tornabuoni con vestito damascato rosso sulla destra ad aprire il corteo. Sullo sfondo
s’intravede Firenze e alle sue spalle è raffigurato un paesaggio di montagne. Ci si avvicina a
quella che sarà la sensibilità di Leonardo nelle rappresentazioni naturalistiche.
LA VISITAZIONE, 1491 - Domenico Ghirlandaio
Tempera su tavola - Louvre, Parigi
Nella scena, la Madonna riceve una visita da Santa Elisabetta.
Le due donne si abbracciano per congratularsi entrambe delle gravidanze miracolose per
opera dello Spirito Santo: Maria
vergine ed Elisabetta anziana = madre di San Giovanni Battista. Elisabetta rende omaggio
alla giovane Maria inginocchiandosi, e questa ricambia il gesto facendo per piegarsi
umilmente. Le due donne ai lati sono, come recitano le iscrizioni dorate sull'arco,
Maria di Giacobbe (sinistra) e Maria Salomè (destra), la cui
presenza rimanda ai giorni della Crocifissione e della
resurrezione di Gesù, preannunciandone il sacrificio per la redenzione umana. La città sullo
sfondo pare una rielaborazione di Roma per l’arco di trionfo ed il Pantheon.
RITRATTO DI GIOVANNA TORNABUONI, 1488 - Ghirlandaio Tempera su tavola - Museo
Thyssen, Madrid
Ritratto di profilo, come le altre donne Tornabuoni presenti nel ciclo di affreschi della
Cappella omonima. Nonostante la rappresentazione di profilo, Ghirandaio aggiunge alcuni
elementi che danno una caratterizzazione al personaggio come la collana ed il libro.
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COMUNIONE DEGLI APOSTOLI, 1512 - Luca Signorelli Olio su tavola - Museo Diocesano,
Cortona
Sullo sfondo di un portico classicheggiante [ripreso dalle pale di Perugino] Cristo è al centro
degli apostoli, che gli stanno disposti tutt'intorno in una composizione piramidale che guida
lo sguardo dello spettatore proprio verso la figura di Cristo. Egli tiene in mano un piatto con
le ostie che sta dando agli apostoli. Spicca in primo piano la
figura di Giuda, che
si volta verso lo
spettatore e,
abbassando lo
sguardo, mette nella borsa la moneta che ha ricevuto per tradire Cristo. Forse dotata di
predella.
COMPIANTO SUL CRISTO MORTO
TRA ANGELI E SANTI, 1516 ca. - Luca Signorelli Tempera su tavola - Museo Diocesano,
Cortona Si va verso una resa più innaturale e meno classica
Perugino
Pietro di Cristoforo (Città delle Pieve PG, 1488 ca. - Fontignano PG, 1523)
Maestro Raffaello. La sua caratteristica è la grande attenzione nella resa del paesaggio, che
tra l’altro è tipicamente umbro, e luce diffusa. Introduce la spartizione del quadro netta tra il
“sotto” (terreno) ed il “sopra” (celeste).
ADORAZIONE DEI MAGI, 1470/73 ca. - Perugino
Tempera su tavola - Galleria Nazionale dell’Umbria (PG) Torniamo all'impostazione laterale e
non frontale come Botticelli e Filippino Lippi. La novità anche in questo contesto è data
dalla grande attenzione nei confronti del paesaggio, tipicamente umbro. Luminosità diffusa.
PIETÀ, 1472 ca. - Perugino
Tempera su tavola
Galleria Nazionale dell’Umbria (PG)
Innaturale, ma segue una composizione strutturale e geometrica: la Vergine occupa il centro
della composizione, al centro degli archi e forma quasi una T con Cristo sulle sue gambe.
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Cappella sistina
Vecchio testamento
Ritroviamo elementi anche di altri artisti, dati appunto dal momento di unione (arco di
trionfo = ghirlandaio) - l’opera tende a raffigurare l’autorità di Dio, Gesù e il Papa
Tentazioni di cristo - Botticelli
Cappella sistina
Nuovo testamento
Cristo rappresentato da tutti gli artisti nella cappella con tunica rosa e mantello blu - tutte le
tentazioni compensate in un unica scena
Vocazione dei primi apostoli - ghirlandaio Nuovo testamento
Cappella sistina
Ghirlandaio riporta gli uomini della vita politica di Firenze, rappresentandoli sulla destra -
composizione che richiama pagamento del giudizio di masaccio
Ultima cena - cosmo Roselli
Nuovo testamento
Cappella sistina
Riprende la composizione dei personaggi di andrea del castagno, struttura architettonica
aperta da ghirlandaio e all’esterno ritroviamo gli episodi immediatamente successivi
all’ultima cena (orazione dell’orto, cattura di Gesù e crocifissione)
Testamento e morte di mose - Bartolomeo della gatta e luca signorelli
Mosè con mantello verde - varie scene insieme tra cui Mosè che riceve testamento e che
può così guidare popolo verso terra di cristo
Partenza di moseè per l’Egitto- perugino
Mose rappresentato giovane, vestiti sempre stesso colore per poter seguire la scena nei
vari affreschi - sembra Gesù
Battesimo di cristo - perugino
Ritroviamo dei personaggi storici dell’epoca
La consegna delle chiavi - perugino
Momento fondante in cui cristo opera passaggio potere spirituale, affidando le chiavi a
Pietro - tra le persone ritroviamo anche perugino che si è ritratto tra la folla - ricorda
sposalizio vergine di perugino x composizione personaggi
Storia di lucrezia - Botticelli
Sempre arco di trionfo, post cappella sistina
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