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GIORGIONE

DA CASTELFRANCO
(1477/1478-1510)

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Alle origini della maniera veneta
Giorgio o Zorzi/Zorzo da Castelfranco, detto Giorgione, è il
fondatore della Maniera moderna veneta.
Nato a Castelfranco Veneto, nell’entroterra trevigiano, si trasferisce presto a
Venezia e si forma nella bottega di Giovanni Bellini; in seguito, apre una sua
bottega, che diventa punto di riferimento artistico e culturale della città.
Muore di peste, poco più che trentenne, nel 1510.

La sua fama è legata a:


• la produzione di opere per una selezionata committenza patrizia, con cui condivide
gusti raffinati e ideali umanistici
• la predilezione per soggetti mitologici o fantastici, spesso ispirati a un mondo di
simboli e allegorie talora di difficile decifrazione
• la messa a punto della pittura tonale, frutto della rielaborazione della tradizione
veneta del colore e di quella fiorentina del disegno

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Pala di Castelfranco
La Pala di Castelfranco, dipinta intorno
al 1504-1505, è commissionata dal
condottiero Tuzio Costanzo per la
cappella di famiglia nel Duomo di
Castelfranco Veneto.

La visione artistica di Giorgione vi


appare già pienamente espressa.

L’artista trasforma il tradizionale


soggetto della Sacra conversazione
ponendo la scena all’aperto, contro un
ampio e dolcissimo paesaggio.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Pala di Castelfranco
Il Bambino chiude le palpebre La Vergine ha i colori delle virtù
per proteggersi dalla forte luce teologali: verde-Speranza, Le linee della pavimentazione
del sole che inonda la scena. rosso-Carità, bianco-Fede. rivelano che il punto di fuga è
alto e posto simbolicamente nel
grembo della Vergine.

La prospettiva però non è quella


geometrico-matematica, ma è
una prospettiva dipinta, cioè
costruita solo con il colore.

Accostando tonalità di colore più


calde e più fredde, Giorgione
ottiene sfumature modulate che
danno il senso della profondità.

L’alto trono marmoreo e il I santi Nicasio e Francesco e la È la pittura tonale veneta.


parapetto rosso sono semplici Vergine appaiono assorti ciascuno
volumi geometrici. nella propria meditazione.
Il paesaggio
Nella pala il paesaggio, che occupa la metà superiore della tavola,
non è più sfondo accessorio, ma è parte integrante del dipinto.
Nel Paesaggio con fiume, forse uno
Nello sfondo i monti si studio preparatorio per un dipinto,
intravedono nella riferito a Giorgione, luci e ombre
nebbia azzurrina della hanno un immediato senso pittorico.
lontananza con i profili
evanescenti nello
spessore dell’atmosfera.

Nel piano intermedio


gli alberi e la campagna
sono resi con zone
giustapposte di colore
ricche di luce.
La tempesta
Dipinta intorno al 1502-1503, forse per Gabriele Vendramin collezionista e
mecenate veneziano, La tempesta è considerata il capolavoro di Giorgione.

Il dipinto raffigura un La tempesta si


paesaggio agreste con annuncia all’orizzonte
un piccolo borgo con un fulmine che
fortificato sullo sfondo. squarcia le nuvole.

Delle rovine e un In primo piano vi sono


ruscelletto separano i due figure simboliche:
personaggi dalla città una donna che allatta
lontana. e un uomo in piedi.

L’uomo in piedi, Tra i due personaggi,


appoggiato a una lunga intenti nei propri
asta, è abbigliato alla pensieri, non sembra
moda veneziana. esservi rapporto.
La tempesta
Soggetti come questo, paesaggi con figure dal valore allegorico e colte
citazioni classiche, erano molto richiesti dalla committenza veneziana.

Il dipinto di Giorgione presenta una tale ricchezza di riferimenti


simbolici da aver stimolato più di trenta interpretazioni, tra le quali:

Adamo ed Eva dopo la Cacciata dal Paradiso: la donna è Eva che allatta Caino,
l’uomo Adamo e la città il perduto Eden su cui esplode la folgore di Dio.

Venere e Marte: la donna è Venere e l’uomo è Marte, che indossano i costumi


di una zingara e di un soldato, mentre il fulmine rappresenta Giove.

Il ritrovamento di Mosè: la donna è la figlia del faraone che salvò Mosè dalle
acque, mentre la città sullo sfondo è l’antica Gerusalemme.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


La tempesta
La tempesta offre uno degli esempi più completi, famosi ed
emozionanti della visione naturalistica di Giorgione.

Al di là di ogni possibile interpretazione,


il soggetto più evidente resta il colore:

• Giorgione crea l’illusione di uno spazio


infinito, in cui l’occhio si perde come
quando si guarda un panorama lontano.
• Figure e paesaggio risultano amalgamati
armoniosamente.
• La modulazione delle tonalità, unita
all’assenza delle linee di contorno,
rendono lo spessore e la qualità
dell’atmosfera.
La Venere dormiente
La Venere dormiente, di poco anteriore al 1510, raffigura l’altro tema
caro a Giorgione, quello del nudo femminile in un paesaggio.
La Venere dormiente
Venere, dea dell’amore, è colta in un momento di dolce abbandono
su soffici lenzuola accomodate in mezzo a un prato.

• Nella dea, dal corpo perfetto posto sulla diagonale del dipinto, Giorgione ha voluto
ritrarre una donna serenamente inconsapevole della propria innocente nudità.
• Alla bellezza umana corrisponde quella del paesaggio a più piani di profondità,
immerso nella stessa luce dorata che modella il corpo femminile.
• Il prato verde, il cespuglio ravvicinato, il borgo deserto a destra e le montagne
azzurrine in lontananza rendono la dolce immobilità di un pomeriggio estivo.

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