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IMPRESSIONISMO

Nasce in Francia, nel 1874, per mano di un gruppo di artisti che si separa dai canoni della pittura
ufficiale.
Si basano sullo studio della fotografia di Nadar. Si dedicano alla vision en aire, pittura in mezzo alla
natura: si esce dagli spazi di solito adibiti all’arte.
I colori dei quadri vengono dati in maniera non mediata dalla razionalità, ma a seconda di ciò che
l’occhio vede. Se il cielo fosse stato di colore rosa, si sarebbe dipinto di rosa. Aspetto molto
soggettivo e diverso rispetto a ciò che si dipingeva in passato.
Renoir e Monet si concentrano sul ridimensionamento in modo radicale del valore del soggetto
raffigurato, scelto di norma osservando la natura o cogliendo uno squarcio di vita quotidiana.
Tuttavia, nell’opera tarda dei principali esponenti del movimento impressionista si fanno strada
tensioni e prospettive che aprono verso nuovi obiettivi:
• Monet, nelle ‘serie’ (La Cattedrale di Rouen, i Covoni e le Ninfee) anticipa esiti compositivi
che saranno propri dell’Astrattismo del Novecento;
• Renoir, nella maturità abbandona la pennellata sfrangiata per recuperare solidità di forma
e omogeneità di stesura;
• Cézanne che si libera, sulla scorta di una ricerca solitaria e autonoma, degli schemi
concettuali tradizionali per gettare le basi dell’arte moderna.

L’impressionismo dura molto poco poiché funge da trampolino di lancio per le innovazioni subito
successive, come il post-impressionismo o neoimpressionismo.

NEOIMPRESSIONISMO (circa 1884)

Ad aprire una nuova stagione contribuisce l’elaborazione del Neoimpressionismo, un approccio


che, giovandosi dei recenti studi sull’ottica, punta a razionalizzare la scomposizione cromatica
proposta dagli impressionisti. Seurat e Signac sono gli esponenti più significativi.

IMPRESSIONISMO SCIENTIFICO

Tecnica del richiamo tra colori complementari, utilizzata da Seurat. Si studia quello che viene
definito divisionismo o pointinisme, modo di porre i colori non più cercando di amalgamarli sulla
tavolozza per ottenere un nuovo colore, ma si fa in modo che per ottenere un colore si accostano
pallini di diversi colori che da lontano danno il colore che si voleva ottenere.

GEORGES SEURAT

Riprende la concezione fotografica attraverso una resa data da un modo di disegnare su


cartoncino. L’intento e la manualità sono nuovissimi, ciò che viene rappresentato è dato dallo
studio della luce, di come reagisce e batte (scompone e ricompone) la visione nell’occhio.
Riprende la pittura all’aperto, il contatto con la natura e il mondo circostante.
Donna che cuce, 1882
Chiaramente ispirata alla Merlettaia di Vermeer, la testa sferica
mostra una piena consistenza geometrica, mentre le mani
operose trasmettono energia e movimento.
Rientra tra i suoi studi in bianco e nero con una tecnica
disegnativa che sfrutta la materia granulosa del cartoncino e
l’effetto della matita Conté per accentuare il chiaroscuro.

Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, 1884-86


Seurat sintetizza l’immagine
della realtà, la semplifica in
forme compatte di rigore
geometrico.
Tutto appare razionale e
artefatto. Prevale l’aspetto
innaturale dei personaggi: si
dispongono soprattutto di
profilo e si nota una sorta di
immobilità artificiosa (risulterà
interessante ai cubisti, per la
geometrizzazione delle forme),
privi di emozioni.
I colori rimbalzano da un punto
all’altro del dipinto guidando
l’esplorazione visiva di chi osserva. Il verde scuro definisce l’ombra proiettata sul prato verde
chiaro.
Seurat ha indubbiamente voluto rappresentare una diversa umanità, lontana dalla turbolenza
sentimentale del Romanticismo come pure dalla potenza sofferta delle pitture realiste.

Bagnanti a Asnières, 1884


Presentata al Salon nel 1884. Il quadro recupera
un plasticismo e una solidità della forma che
trovano le loro origini nella pittura italiana del
primo Rinascimento. L’immagine appare
bloccata, sottratta alle coordinate spazio-
temporali.
SIMBOLISMO

Gauguin nel 1886 si trasferisce nel paesino di Pont-Aven, raccogliendo intorno a sé artisti come
Émile Bernard e Paul Sèrusier che con lui condividono una poetica essenziale, volta a cogliere
forme e linee semplici, ispirate a una visione sobria della realtà.
Alla base del processo creativo di questi artisti c’è lo sforzo di liberarsi dai pregiudizi, dai
preconcetti nei confronti degli oggetti circonstanti.

PAUL GAUGUIN

Gauguin è un artista anticonformista, alla ricerca di libertà.


Gauguin inizialmente cerca di trovare una sorta di purezza nell’ambiente rurale, contadino.
Elemento caratteristico delle sue opere: japonisme, riferimento al Giappone.
Le opere, risalenti alla metà degli anni Settanta, rivelano una linea di contorno netta e sinuosa e
ampie campiture di colore.
Nel 1886, l’artista partecipa all’ultima esposizione degli impressionisti, presentando delle tele
molto vicine alla maniera di Pisarro e che percepiscono anche le sperimentazioni di Cézanne.

La visione dopo il sermone, 1888


Sorta di manifesto del Simbolismo.
In questo paesaggio rurale si unisce la realtà
all’illusione. Le donne sono reali, al di là di
un tronco d’albero ricurvo, si materializza ciò
che hanno ascoltato in chiesa: Giacobbe che
combatte con l’angelo.
Ruolo predominante lo ha il colore: le forme
prendono vita attraverso il vigore dei toni
cromatici. In questo caso sono i bianchi, i
neri e i rossi a dominare completamente la
rappresentazione.
Il rosso assume il significato dell’energia
travolgente della fantasia fino a sostituire il
verde dei prati e l’azzurro del cielo.
Il Cristo giallo, 1889
Il dipinto è la raffigurazione di un’immagine interiore: il
paesaggio si colora di toni violenti e simbolici, gli alberi si
accendono di rosso (con un rimando al sacrificio della
Passione), mentre il corpo di Cristo è giallo.
Le figure delle donne in contemplazione sono definite da una
linea di contorno sinuosa, con tratti sottili eleganti: vengono
raffigurate con un intento quasi grafico, svuotandole di potenza
volumetrica; la leggerezza delle loro silhouette accentua
l’effetto di visione della rappresentazione.
La distesa gialla è irreale e antinaturalistica.
Degno di nota è il personaggio che scavalca simbolicamente la
recinzione; forse allude allo stesso artista, che ha il compito di
mediare il cammino verso la conoscenza interiore.
Il mulino David a Pont Aven, 1894
Compattezza nelle forme, solidità che acquista la natura (nubi,
montagne, circolarità dei tronchi degli alberi).
Cerca nella pittura ciò che la vita non gli ha dato, era stufo del suo
lavoro e della sua vita. Si distacca dai dogmi della società che
sente limitante e tradizionale.

EMILE BERNARD

Donne bretoni in una prateria, 1888


Dipinto in maniera piatta, apre il mondo del sintetismo.
I soggetti sono ben definiti dallo sfondo ma sono quasi
sovrapposti.
Inoltre, si annulla completamente il riferimento paesaggistico e la
prospettiva: si ha solo uno sfondo verde dove accadono cose.

GUSTAVE MOREAU

Gustave Moreau è il principale esponente di una sensibilità che attinge le sue radici nel
Romanticismo. Fondamentale fu il viaggio in Italia.
Crede nella visione alterata del reale, a cui possono accedere solo artisti e poeti.

L’apparizione (Salomè), 1875


Icona del Simbolismo.
L’artista sceglie il soggetto di Salomè perché esprime in modo
inequivocabile la corruzione della bellezza e della gioventù per
obiettivi di morte, vendetta e desiderio amorale.
L’attrazione/repulsione che suscitano queste visioni e il loro successo
sono legati: all’aspetto seduttivo che bellezza, lusso ed erotismo
esercitano sull’uomo e ai tratti misterici dell’ambientazione
esuberante e sofisticata.
L’associazione morte-sessualità è frequente e soddisfa i desideri
inconfessabili di un pubblico perbenista e attratto dalla
depravazione.
Moreau contrappone la spietata donna del desiderio e l’effigie del
martire, orrendamente connotata dai segni della decapitazione ma
al contempo intensamente espressiva e portatrice di un messaggio di continuità oltre la morte.
Sotto il profilo puramente tecnico-esecutivo, è un dipinto di estrema raffinatezza, frutto di studi
meticolosi e di un’attenzione per i dettagli legata all’assimilazione della tradizione passata,
soprattutto del Rembrandt maturo, da cui trae ispirazione nella pennellata sgranata contrapposta a
dettagli di stupefacente realismo, nei decori di gioielli e vesti sontuose e nell’uso di una luce
dorata, calda e soffusa, che improvvisamente accende gli ambienti avvolti nell’ombra.
ARNOLD BÖCKLIN

La produzione del pittore Arnold Böcklin è dominata da aspetti visionari e decadenti, espressi da
ambientazioni oniriche e tenebrose.

L’isola dei morti, 1880-86


Presenta chiare reminiscenze dantesche.
La grandiosità del paesaggio, un impressionante
incavo roccioso accessibile soltanto via mare, incute
timore, ma al tempo stesso offre la sensazione
rasserenante di un destino ineluttabile e finalmente
giunto, per l’anima avvolta nel sudario.
I cipressi spiccano potenti al centro dell’isola,
elementi viventi che formano un piccolo bosco
rassicurante e fecondo, delimitato dalle pareti rocciose e proteso verso il cielo velato di nubi.
Potentissimo è l’effetto simbolico dell’acqua, conduttrice di vita e di morte, elemento avvolgente
che sancisce l’abbandono della vita eterna.
Siamo di fronte alla massima espressione dello spirito romantico.

IL SIMBOLISMO ITALIANO: IL DIVISIONISMO (1891)

Il movimento più dinamico e sensibile dell’arte italiana di fine Ottocento, è il Divisionismo.


I divisionisti utilizzano una pennellata filamentosa e avvolgente, intrisa di luce e di colori solari con
forti effetti di trasparenza in grado di evocare atmosfere sovrannaturali e mistiche.

GAETANO PREVIATI

Nasce a Ferrara, ma si forma a Firenze.

Maternità, 1885
Presentato alla Triennale di Brera nel
1891, è un dipinto pienamente
rappresentativo del suo stile. Il “tratto”
dinamico esalta la luce e rende le figure
morbidissime ma dotate di un
convincente plasticismo. La distinzione
tra una figura e l’altra è resa con il
differente andamento del fluido
cromatico, senza ricorrere alla linea di contorno. Ne deriva un effetto di assoluta continuità ma
anche di distacco dalla condizione materiale della vita terrena. Visione celestiale, le figure
angeliche si adagiano attorno alla madonna con il bambino in una natura che protegge, accoglie.
La caduta degli angeli, circa 1910
Recupera un soggetto della tradizione antica,
rinascimentale, ma lo rinnova con una tecnica che punta a
moltiplicare gli effetti di luce.
GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO

Pittore formatosi presso l’Accademia di Brera di Milano, poi a Roma presso l’Accademia di San Luca
e l’Accademia di Francia.
La sua pittura recepisce le sperimentazioni del Divisionismo ma anche le trasformazioni del tessuto
politico-sociale e l’evoluzione di una nuova consapevolezza da parte della classe lavoratrice.

Il Quarto Stato, 1898-1901


Dipinto portatore di un messaggio di progresso e
di avanzamento. L’immagine pacifica, ma potente,
dei lavoratori che si incamminano verso una meta
ideale, con abiti consumati ma dignitosi, con
sguardo fiero e determinato, costituisce l’icona di
una nuova classe capace di rivendicare i propri
diritti e di pretendere le tutele che spettano ai più
deboli (le donne e i bambini rappresentati
simbolicamente dalla giovane in prima fila).
Il gruppo, guidato dalle due figure dominanti con la giacca in spalla e il cappello, avanza indomito
verso un futuro glorioso, illuminato da un sole abbagliante.
La pennellata vibrante attribuisce volume alle figure sottraendole però all’effetto di un plasticismo
muscolare che ne accentuerebbe la carica realistica.

I NABIS

Dalle premesse del gruppo di Pont-Aven discende l’esperienza dei Nabis, un gruppo di artisti
riunitisi in una sorta di confraternita. Profeti poiché l’artista è una sorta di mago che possiede una
conoscenza della realtà differente, con una maggiore consapevolezza.
Principale esponente del gruppo è Paul Sérusier, a lui si uniranno Maurice Denis e Pierre Bonnard.
Caratteristiche:
- Il rapporto con la natura, meno vincolante per l’artista;
- La libertà del concetto di ‘simbolo’, non più circoscritto a un oggetto che si fa contenitore di
un significato nascosto;
- Il richiamo esotico del giapponismo;
- Riferimenti all’arte ‘primitiva’ (intesa come rurale).
Gauguin non entrerà a far parte dei nabis in quanto partirà per la Polinesia.

MAURICE DENIS

Le Muse, 1893
Caratteristiche: forme sinuose (art nouveau, liberty).
L’elemento naturale viene posto in modo decorativo, irreale.
PAUL SÉRUSIER

Semplice e schematico.

Il talismano, 1888
Opera chiamata così in quanto diventerà una sorta di manifesto per
coloro che intendono rinnovare la pittura mettendo in pratica gli
insegnamenti di Gauguin (superare la natura, non dipingerà così
com’è, non imitandola).
È un’opera che si compone di puro colore, totalmente dissociato
dallo sforzo di ricomporre la realtà e di aderire alla verosimiglianza. I
riflessi della luce e dei colori, riportati nello specchio d’acqua posto
di fronte agli alberi, hanno la stessa consistenza della cosa concreta.
Realtà e illusione si equivalgono.

La Foresta sacra o Incantesimo, 1981


È un’opera che riprende i caratteri formali sobri, quasi arcaici, del
gruppo di Pont-Aven; torna l’alterazione dei colori naturali, torna
l’atmosfera di favola popolare, il distacco ostentato dalla realtà e dal
tempo moderno.
Ambientazione nei boschi, in cui natura e individuo si incontrano.

PIERRE BONNARD

Artista sofisticato; studia i tessuti dando un senso di texture nelle sue opere.
È interessato alla moda e all’elemento decorativo. Dipinge sempre soggetti all’interno della natura.

La partita di croquet o Crepuscolo, 1892


Donne dall’eleganza aristocratica caratterizzate da abiti
sofisticati.
Si predilige la bidimensionalità. Si giunge alla fantasia e
alla leggerezza.
LA SCUOLA DEL MEZZOGIORNO

Van Gogh, tenta di costituire una nuova confraternita artistica, con sede ad Arles, in Provenza.
Si rivolge a Gauguin, a Bernard, a Charles Laval senza riuscire a condurli sul posto ma ottenendo da
loro il dono simbolico di un autoritratto.
Il percorso esistenziale e artistico che conduce Van Gogh all’incontro con Gauguin e al desiderio di
fondare una scuola del Mezzogiorno è caratterizzato da un’evoluzione stilistica difficoltosa e da
conflitti interiori che avranno un peso rilevantissimo nella produzione dell’artista.
Quando Gauguin giunse finalmente ad Arles, la convivenza nella Casa Gialla, la pittura in comune, i
dibattiti sul futuro dell’arte portarono gli artisti a tensioni anche violente. Fino all’auto-recisione
dell’orecchio da parte di Van Gogh. nel 1889 Gauguin lascia Arles in uno stato di assoluto
sconcerto.

PAUL GAUGUIN

Les misérables, 1888


Di chiarissima ispirazione orientale, dove compare sulla destra
l’effigie di Bernard, mentre il titolo Les misérables rappresenta
un riferimento alla condizione isolata, incompresa dell’artista.
Il dipinto è dal carattere astratto e di allontanamento dalle
condizioni reali della società e del mondo.

Gauguin supera la natura stessa, finisce con il negarne la fisicità; le sue creazioni arrivano ad essere
pure visioni che ci lasciano immergere nella memoria, nel sogno e nella fantasia.
Gauguin riesce a trascendere la dipendenza dalla dimensione reale e concreta.

Donne nel giardino dell’ospedale, 1888


Gauguin insiste sul tratto visionario della sua concezione artistica;
opera per grandi zone cromatiche piatte, prive di profondità, punta
sul rapporto tra oggetto e immaginazione, altera la natura per
suggerire la presenza di una dimensione interiore molto più
intensa e vigorosa. Il cancello rosso blocca lo spazio, chiude
l’accesso fisico e ci impedisce di entrare nel riquadro abitato dalle
lugubri figure ammantate di nero; al tempo stesso, il suo colore
vivace si accende come una fiamma.
Autoritratto con aureola e serpente, 1889
Costituisce un distacco chiarissimo dal dato reale.
La manipolazione del corpo, la sua scomposizione, l’uso di ampie campiture
di colore, anticipano esiti della ricerca figurativa del Novecento.
Sono presenti evidenti allusioni erotiche.
Nel 1891, Gauguin parte nuovamente. Gli ultimi anni della sua vita oscillano tra la Francia e le terre
esotiche.
I dipinti di questi anni sono carichi di erotismo, sensualità. Le nudità delle donne dominano le
composizioni, definite con linee di contorno decise e vengono considerate simboli di vitalità e di
purezza formale.

Come, sei gelosa?, 1892


Gauguin sfida il perbenismo dell’uomo borghese del
suo tempo, lo spoglia e lo riduce a uno stato quasi
animalesco che parla il linguaggio della
sopravvivenza, della sessualità, della semplice e
immediata gratificazione dei sensi.

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, 1897


Ricerca di ‘classicismo’ nella
sua accezione più pura e
assoluta.
Dipinto sviluppato in
orizzontale con le figure
disposte liberamente e
prospettiche, componendo
un’armonia di forme e di
richiami cromatici.
Il dipinto mostra le varie fasi della vita (nascita, maturità, decadimento del corpo, vecchiaia), con
un’apertura alla spiritualità e alla vita ultraterrena. Infatti, in secondo piano, notiamo personaggi
intenti alla meditazione e alla preghiera.
Animali si muovono indisturbati nel paesaggio amplificando il senso di libertà.
Essenziale è il misurato controllo del colore, ricercando un’armonia universale.

Cavalieri sulla spiaggia, 1902


Qui ritroviamo echi della disinvolta spensieratezza pittorica
giovanile, una leggerezza di tratto e un gusto grafico che
anticipano l’eleganza del primo Picasso.
VINCENT VAN GOGH

Anticipatore delle avanguardie.


Approccio alla vita sofferente, disturbi della personalità, muore suicida.
Si avvicina al mondo in modo più sensibile, senso della religione molto forte.
Vive a stretto contatto con la vita umile dei minatori e questo lascerà un segno profondo nella sua
sensibilità.
Visione della natura matrigna, è madre ma può anche distruggere.
Nei quadri di Vincent è chiarissimo che la forza dominatrice è nella natura stessa; l’uomo vi si
oppone, ne rimane attratto o respinto, ma non riesce a superare il legame indissolubile che lo
vincola alla sua forza.
I suoi dipinti sembrano in qualche modo in bilico tra visione interiore, tormenti dell’anima che
fuoriescono e si riversano nella dimensione reale, e autonomia della natura, capace di travolgere e
di schiacciare, di illuminare e distruggere.

I mangiatori di patate, 1885


Forte componente realista. Colori estremamente
terrosi. Forte chiaroscuro.
L’ambiente è angusto, semplicissimo ed essenziale.
L’atmosfera claustrofobica evoca un’ambientazione
dimessa e di cupa rassegnazione. La sola fonte di
luce è la lampada a olio che irradia un alone caldo e
fumoso. Le fisionomie appaiono caricaturali, con
tratti sgraziati.

Al 1886 risale il trasferimento di van Gogh a Parigi, un punto di svolta fondamentale sotto il profilo
stilistico: le sperimentazioni sul colore e le suggestioni esotiche dell’arte giapponese offrono spazi
di lavoro fecondi per il pittore; tuttavia, l’ambiente caotico della metropoli non si adatta al suo
temperamento.
Assimila anche lo stile punteggiato dagli impressionisti ma lo rinvigorisce di un tratto dinamico,
quasi virgolettato.

L’autoritratto con il cappello, 1887


La tela è un’esplosione di colore. Pennellate grossolane, spesse,
dense e vigorose che il pittore dirige con andamento controllato,
mentre un movimento centrifugo accentua la luminosità del
volto.
Il seminatore al tramonto, 1888
Un dipinto intenso, cupo e al tempo stesso
saturo di energia. La composizione riprende
temi cari a Gauguin: così il tronco d’albero
obliquo che taglia la tela, alla maniera
giapponese e allo stesso modo della Visione
dopo il sermone.
Il grande cerchio giallo del sole è un vortice
che risucchia lo spirito vitale; gli si
contrappone la sagoma scura del
seminatore.
Nel Seminatore al tramonto tutto appare
diverso dalla realtà: il cielo è verde, le nuvole
rosa, il campo azzurro e verde.
In Van Gogh permane un uso vitale della
pennellata che suggerisce movimento e tensione.

La Casa Gialla ad Arles, 1888


Forte divisione tra il colore del cielo e quello della casa e della
strada.
Presenza umana.

I Dodici girasoli in un vaso, 1888-89


Riflessione sulla natura. Forte matericità, caratteristica del 900. Spesso si
estendeva il colore con le mani.
Van Gogh lavora la materia cromatica in rilievo con una tecnica particolare,
quasi una creatura (scomposizione, rottura della superficie pittorica che
può essere dovuta a problemi conservativi, in genere causati da un
processo di essiccamento e si presenta con tante piccole crepe, utile per
ottenere un effetto materico).

Nel 1889 Van Gogh, ormai considerato un folle pericoloso, entra di propria volontà in ospedale.

Le piante di iris, 1889


La natura viene interpretata e le conferisce una propria vita
interiore. Il taglio basso del dipinto esclude ogni apertura ad altri
soggetti: gli unici protagonisti sono i fiori.
Siamo già in una piena fase di Postimpressionismo: Van Gogh
coglie dalla natura spunti che inonda poi delle proprie emozioni,
rappresentando un paesaggio frutto di elaborazione interiore.
La notte stellata, 1889
La composizione è dominata da una visione celeste
impressionante e fiabesca, con masse stellari dinamiche e
luminescenti che compongono movimenti sinuosi, secondo
curve e linee che si oppongono al paesaggio sottostante.
Il dipinto è dominato dalle spirali di luce che si muovono
nel cielo notturno, quasi una sorta di rappresentazione
mistica dell’energia universale.
La pennellata modella le forme del cielo creando flussi di
energia vitale espressa attraverso le luci abbaglianti delle
stelle e della luna.
Fortissima è la carica simbolica del cipresso in primo piano con un profilo fiammeggiante perché
mette in comunicazione la dimensione terrena degli uomini con la sfera celeste.

Il campo di grando con i corvi neri, 1890


Manifesto finale dell’artista. Sono
presenti strade che portano ad una
dimensione diversa da quella reale.
I corvi e il cielo che diviene più scuro
sono un chiaro riferimento al dolore
finale, al suo gesto estremo.
L’opera ribalta il rapporto tra uomo e
natura. Lo sguardo è interamente rivolto
verso lo stato d’animo dell’artista: il
sentiero appena tracciato e delineato da strisce di erba verde si inserisce simbolicamente nel
campo di grano e vi si perde, si annulla; il pennello ha modellato le spighe con tratti violenti; un
dinamismo sovrannaturale, spaventoso, agita ogni elemento.
Realizzata qualche settimana prima del suo tentato suicidio, muore pochi giorni dopo.

PAUL CÉZANNE

Altro anticipatore del 900. Figura fondamentale per le avanguardie.


Nel 1861 si trasferisce a Parigi.
Durante i primi anni di attività, Cézanne produce una serie di opere caratterizzate dal prevalere di
figure nude, paesaggi e nature morte.

Il ratto (o L’esumazione), 1867


La natura avvolge i personaggi, creando intorno a loro
un’ambientazione arcadica.
Le figure prendono forma dal movimento dinamico
della pennellata, che mescola luce e colore, lavorando
sugli effetti chiaroscurali.
Il colore stesso costruisce la forma dei due corpi.
È un dipinto carico di tensione emotiva, cupo e
inquietante sia nell’ambientazione sia nell’aspetto
narrativo.
La linea di contorno accompagna questo andamento
centrifugo con un senso di rotondità e di pienezza.
Nonostante la frequentazione degli impressionisti, con i quali Cézanne espone nel 1874 in
occasione della mostra presso lo studio del fotografo Nadar, non equivale a un’adesione al gruppo
artistico.
Cézanne, sin dalla prima fase, è interessato alla sostanza del dato oggettivo e non alla sua
apparenza. Differenza fondamentale che lo allontanerà dal gruppo impressionista.

La casa dell’impiccato ad Auvers, 1873


Forza nelle forme, consistenza diversa nei piani e nei
volumi.
Elemento fondamentale: presenza di solidi ben distinti.
Nel dipinto, Cézanne dimostra la via alternativa che ha
scelto rispetto all’Impressionismo. Si tratta di una veduta
sulla cittadina.
Luce e colore offrono la grammatica di base per la resa di
questo effetto di ‘sostanza’: basti osservare l’itinerario
morbido ma ben tracciato con cui la luce inonda il
primissimo piano e poi si incunea nel sentiero aperto tra le
due masse di case.
Cézanne sfrutta con sapienza le chiavi strutturali della scena, che si traducono poi in cifre di
espressione: le tre finestre scure, irregolari e disallineate, sfondano leggermente il piano chiaro
della facciata della casa, lo animano e lo articolano creando modulazione nella superficie e
movimento, ma soprattutto stabilendo un dialogo con le forme circostanti.

L’artista lascia Parigi e torna ad Aix-en-Provence, la sua città natale.

Natura morta con cesto di mele, 1895


È presentE la figura della mela, da cui è attratto per la sua
sfericità.
Gioco della prospettiva, ci fa notare come gli oggetti siano in
bilico sui diversi piani del reale. Far percepire la natura e le
cose secondo i solidi geometrici. Centrali per il cubismo.

Nudo con pere, 1886-90


Assenza di prospettiva. Il vicino è dato dalla natura morta,
accostata al lontano del corpo femminile in posizione
classica.
Vuole scardinare le dimensioni dello spazio e del tempo.
Elemento centrale è il tavolo posto in verticale che sopra
presenta una natura morta.
La Donna con caffettiera, 1895
La posizione del corpo della donna e la forma del vestito,
suggeriscono parallelismo di linee e di volumi con la caffettiera,
come se la donna fosse divenuta l’oggetto stesso.
Lo sguardo cupo della donna ci porta ad interrogarci sui suoi tratti
psicologici e sui suoi pensieri.

Giocatori di carte, 1890-95


Completa schematizzazione della
forma. Si allontana dalla pittura di
impressione per suggerirci una
semplificazione estrema dei soggetti.
La disposizione di profilo dei
personaggi agevola l’impostazione
geometrica dei corpi. La trasposizione
della scena in chiave geometrica
comporta l’appiattimento di alcune
forme, una riduzione antinaturalistica
di certi dettagli (come la tovaglia che
appare eccezionalmente rigida) e un
sovvertimento delle regole
prospettiche tradizionali. Colori terrosi,
naturali.
L’uso di una linea scura emerge
prevalentemente per ridurre l’appiattimento dei toni chiari (come nella giacca del giocatore a
destra).

Il lago di Annecy, 1896


Nel Lago di Annecy, lo scenario presenta ancora
aspetti ameni: i riflessi dell’acqua, la variazione della
pennellata volta a restituire diverse percezioni di
materia e di atmosfera.
La montagna Sainte-Victoire, 1887
Il paesaggio appare ancora realistico. Riusciamo a distinguere
l’albero, la montagna e i campi.

La montagna Sainte-Victoire e lo Chateau Noir, 1904-06


Il paesaggio è trasfigurato in una visione totalmente
concettuale, che conduce verso l’astrazione. I dettagli si
annullano, le macchie di colore si sovrappongono come
tessere di un mosaico scomposto; l’unica sagoma realmente
riconoscibile è quella della montagna.

Se confrontiamo i due dipinti, riconosciamo la maturazione di questa consapevolezza geometrica


del paesaggio, che lascia progressivamente la visione della natura, con i suoi tratti di riconoscibilità
e di leggerezza, per adottare un nuovo criterio figurativo, totalmente incentrato sulla
schematizzazione della forma.

Le Grandi bagnanti, 1898- 1905


Presenze di figure femminile all’interno di un paesaggio
naturale.
Ritorno a una classicità senza tempo.
Gli alberi sono posti a capanna, come senso di protezioni per
le donne poste al di sotto.
I corpi non sono sinuosi, presentano la stessa rigidità degli
elementi naturali, sintesi geometrica del reale.
Stupisce il ruolo dominante assegnato alle braccia e alle
gambe, per lo più smisurate o comunque esaltate nelle
posture allungate.

ART NOUVEAU

Il movimento dell’Art Nouveau (fine Ottocento e inizio Novecento) è una corrente architettonica e
decorativa che punta a una qualificazione estetica degli ambienti e degli oggetti di uso quotidiano,
ispirandosi alla natura, all’Oriente e a un vago medievalismo letterario.
Il primo carattere rilevante di questo stile è la sua ambizione di formulare una concezione di arte
avvolgente e complessiva.
Ogni oggetto utile, che possa contribuire a esercitare o a connotare i ruoli e le professioni
dell’epoca, sono materia di elaborazione degli artisti art nouveau, impegnati a plasmare un
modello estetico armonioso, dinamico e del tutto innovativo.
L’Art Nouveau adotta la linea come strumento privilegiato di espressione.
ART NOUVEAU IN BELGIO

VICTOR HORTA

L’Hotel Tassel, 1893


Simbolo dell’Art Nouveau, dove assume un ruolo
predominante la forma della scala, dinamica, curvilinea e
avvolgente.
Si impone la purezza della linea, che prende corpo nei
corrimani, nelle cornici di porte e finestre, nella forma delle
maniglie e nelle rifiniture degli arredi.
L’edificio presenta una perfetta corrispondenza fra esterno e
interno, grazia al ruolo di collegamento svolto dalla linea a
“colpo di frusta”.

MODERN STYLE NEL REGNO UNITO

AUBREY BEARDSLEY

Noto per la sua opera grafica.


Si ispira all’oriente riprendendo la xilografia ed illustra l’opera Salomé di
Oscar Wilde, per il quale illustra l’opera.

MODERN STYLE IN SCOZIA

In Scozia, l’Art Nouveau si afferma specialmente nel design attraverso il cosiddetto Gruppo dei
Quattro (Mackintosh, MacNair e le sorelle Macdonald).
Nella progettazione di interni, l’opera dei Quattro anticipa gli esiti del razionalismo architettonico,
in quanto tende a sfrondare l’ornamentazione degli
elementi biomorfi di Horta e di van de Velde, lasciando
emergere la linea nella sua forma geometrica più
elementare.
Tale orientamento è molto evidente, ad esempio, nella
Biblioteca della Scuola d’Arte di Glasgow, disegnata da
Mackintosh.
Nell’opera di Mackintosh è pronunciata l’influenza
dell’arte giapponese.
ART NOUVEAU IN FRANCIA

In Francia il fenomeno dell’Art Nouveau si innesta sul terreno fecondo dell’esperienza dei Nabis, sul
simbolismo di Gauguin.
Ancora presente e visibile nella città di Parigi è il contributo di
Hector Guimard con la struttura dell’ingresso della stazione Porte
Dauphine.

LIBERTY IN ITALIA

In Italia il Liberty arriva con ritardo.

GALILEO CHINI

Grande rappresentante del movimento. Fonda una casa di produzione ceramica (l’Arte della
Ceramica).
Il repertorio delle sue decorazioni è fortemente ispirato ai temi floreali tipici dell’Art Nouveau, con
interpretazioni personali che cercano di armonizzare la forma del vaso alla decorazione, in una
sintesi raffinatissima che anticipa esiti dell’Art Déco.

Icaro, 1907
Riprende la filamentosità del simbolismo.

LIBERTY IN SPAGNA

ANTONI GAUDÌ

Il percorso creativo dell’architetto spagnolo Antoni Gaudì si sviluppa nel contesto del Modernismo
europeo, un fenomeno in cui si inserisce il Liberty.

Il Parco Guell, 1900-14


Caratterizzato da decorazioni multicolori e polimateriche, quali maioliche e vetri.
Le concrezioni policrome danno forma a cupole, balconate, torri e costruzioni di fiaba dove l’uomo
diviene protagonista.
SECESSIONE

Si sposa con l’espressione simbolista, anticipa il rinnovamento delle avanguardie e il distacco


dall’accademia. Rigenerazione dell’arte e desiderio di distaccarsi dalla tradizione.
Si dota di una rivista e di un manifesto (specifica gli intenti), proprio come le future avanguardie.

SECESSIONE DI MONACO (1892)

È la più controllata in quanto accettata dall’amministrazione accademica. Si forma attorno ad una


società che organizza mostre.

FRANZ VON STUCK

Prende ispirazione dalla pittura di Bocklin. Opere molto scure con punti di luce.

Il peccato, 1893
Caratterizzata su immagini mitologiche femminili.
Rappresenta la donna ragno che attraverso l’elemento erotico può indurre
l’uomo verso il peccato.

SECESSIONE DI VIENNA (1897)

Rottura netta con l’accademia. Gli artisti mettono in pratica una nuova visione, volontà di
rinnovamento.
La sua diffusione in Europa fu rapida e penetrante, anche grazie all’attività della rivista “Ver
Sacrum” (Primavera sacra) fondata nel 1898 da Gustav Klimt e Max Kurzweil.
La sede, su progetto di Joseph Maria Olbrich, presenta forme dichiaratamente diverse dal gusto
imperante e dallo stile tardo-barocco ancora vivo a Vienna: struttura essenziale alla quale si
sovrappongono decorazioni preziosi e raffinatissime. Sull’architrave che sormonta l’ingresso
campeggia in caratteri dorati il moto della Secessione: “Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”.

GUSTAV KLIMT

Gustav Klimt ha una formazione da orafo e da incisore, la quale si combina presto con l’attività
pittorica e costituisce la base fondamentale per l’elaborazione di uno stile che troverà
nell’eclettismo, nel polimaterismo e nella sperimentazione i suoi tratti peculiari.
Rappresentazione estremamente piatta, ripresa di elementi dell’arte egizia, micenea, bizantina,
giapponese. Disposizione delle figure che le rende piatte. Pittura caratterizzata da un estremo
decorativismo con l’utilizzo del colore oro e intarsi colorati.
Forte simbolismo nelle opere.
Il Fregio di Beethoven, 1902
Per la mostra dedicata a
Beethoven, a Klimt
spetta l’esecuzione di un
ciclo ispirato all’Inno
alla Gioia della Nona
sinfonia.
Si tratta di una lunga
fascia dipinta di
trentaquattro metri.
Klimt unisce la tradizione classica
mediterranea ai toni della cultura
medievale e alla modernità.
Il ciclo presenta due livelli simbolico-
narrativi sovrapposti:
• Il primo livello riguarda la missione del
cavaliere, armato di una corazza dorata e
ispirato dalle personificazioni dell’Orgoglio
e della Compassione. Carico delle
sofferenze degli uomini, il cavaliere affronta i pericoli e le insidie del male e della
morte, rappresentati dal mostro scimmiesco Tifeo accompagnato da Malattia, Follia,
Lussuria, Voluttà, Intemperanza, Cruccio tormentoso, per giungere, grazie al
confronto delle arti, nel regno della gioia: lì conosce l’amore congiungendosi alla
donna in un abbraccio appassionato.
• Il secondo livello narrativo si costruisce intorno al ruolo salvifico dell’arte e della bellezza e
nell’equivalenza tra esperienza estetica ed esperienza amorosa.
Sotto il profilo puramente tecnico, Klimt dipinge il fregio con colori alla caseina applicati
sull’intonaco, con inserti in madreperla e pietre dure, ma anche materiali poveri come chiodi, anelli
per tende, frammenti di specchio e bottoni. La linea di contorno è definita con il pennello o a
carboncino.

Il bacio, 1907-08
L’artista attinge alla tradizione bizantina ammirata a
Ravenna per intensificare il decorativismo già espresso in
seno alla Secessione viennese. Il dipinto è privo di
profondità e di rappresentazione spaziale e lascia al
tappetto floreale il compito di evocare un piano di
appoggio.
La trama decorativa delle vesti, articolatissima, costruisce
un tessuto composito ma armonioso, nel quale i motivi
geometrici si combinano con quelli floreali.
Il dato prevalente della composizione è assunto
dall’estrema preziosità del fondo dorato, che esalta le
figure centrali unite da un abbraccio. Il corpo massiccio,
poderoso dell’uomo si stringe intorno alla figura sottile
della donna, che chiude gli occhi in segno di rilassamento.
SECESSIONE DI BERLINO (1898)

Mette completamente in crisi gli insegnamenti accademici.

EDWARD MUNCH

Rappresentazione di sé stessi, dialogo con la natura che è specchio del proprio interiore.
Individuo, paesaggio e corpo nudo sono ciò che dipinge. Munch non è un espressionista.
Edvard Munch, amato per il suo linguaggio diretto e intenso nell’esternazione dei timori e delle
angosce più difficili da rilevare, è capace di esprimere con assoluta drammaticità e forza il senso e
la condizione della solitudine umana.
Munch sin da precocissima età è seguito da lutti devastanti che segneranno la sua personalità e la
sua produzione artistica.

La bambina malata, 1885-86


Opera che risale alla fase del suo primo viaggio compiuto a Parigi
nel 1885.
La bimba malata è distesa nel proprio letto di sofferenza, mentre
tutto intorno a lei sembra consumarsi lentamente, perdendo
consistenza reale.
La figura di donna che l’assiste, con il capo chino in segno di
rassegnazione e di insopportabile impotenza, sembra confondersi
con lo sfondo e sbiadire.
Il tema della perdita della sorella ricorre nella sua produzione.

La Malinconia, 1894
Nell’opera, il personaggio in primo piano, chiaramente un
autoritratto, assume la posa tradizionale del melanconico.
Il paesaggio che si dipana sullo sfondo è una chiara
emanazione dei pensieri dell’uomo chiuso in sé stesso.
Ancora una volta Munch dà forma alle immagini interiori
ed esprime la condizione spirituale. Appare già l’uso di
una linea ondulata e avvolgente, che spesso viene esaltata
dall’acqua con masse di colore dense.

La Disperazione, 1892
Opera nel quale un uomo senza occhi e bocca, si affaccia dalla ringhiera
di un ponte, verso un paesaggio confuso.
L’impiantito del ponte si risolve in una linea obliqua e scivolosa, sulla
quale compaiono due personaggi.
Il dipinto raffigura una situazione di dolore e isolamento.
L’urlo, 1893
È un dipinto che riversa l’orrore della solitudine, la disperazione
che è insita nella natura umana, riproponendo lo stesso ponte
presente in “Disperazione” ma con i due personaggi in
lontananza ancora più distanti. Il paesaggio si muove con moti
ondosi di colore pesante. La prospettiva delineata dal corrimano
è vertiginosa e profondissima.
L’uomo scheletrico è una sagoma informe, consumata dal
dolore che preme contro le orecchie per soffocare il grido
disperato di orrore.
La vera condizione di isolamento e di impossibilità di
comunicare la propria disperazione è testimoniata
dall’indifferenza dei due personaggi che camminano sul ponte.
I segni materici della pennellata delineano in modo evidente le
curve di colore che danno forme al paesaggio.
Nell’opera colpisce anche l’ostentata trascuratezza esecutiva: le pennellate nella porzione inferiore
appaiono indefinite; sul lato destro si colgono due pennellate di colore verde che sembrano stese a
caso e una lunga striscia rossa che chiude la tela.

Pubertà, 1894-95
Tema principale è lo sviluppo, il quale assume una connotazione
negativa permeata da un senso di morte. Al centro del dipinto è
presente una ragazzina che si copre il pube con le mani. Il viso è
spaventato e fissa lo spettatore. L’ombra che si propaga dietro di
lei rappresenta il senso di inquietudine e la paura nei confronti
del futuro.
AVANGUARDIE

Le avanguardie storiche (Espressionismo, Cubismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo), così


definite per distinguerle dai movimenti di rottura emersi dopo il Secondo conflitto mondiale
(denominati “Neoavanguardie”), danno vita all’età del Novecento. Questi fenomeni artistici
mettono in discussione i modelli del passato e ribaltano, in modo radicale, il senso e la funzione
stessa dell’arte nella società.
Spesso i movimenti di Avanguardia si dotano di ‘manifesti’, documenti d’intento volti a formalizzare
gli obiettivi della ricerca artistica – sia pittorica, letteraria, musicale ecc. – e a divulgargli presso un
pubblico ampio.
Uno degli aspetti più rilevanti e più innovativi delle Avanguardie storiche è l’apertura al pubblico
generico.

ESPRESSIONISMO

Il movimento espressionista rappresenta la prima Avanguardia storica europea.


Chiamato Espressionismo, poiché concentra l’atto creativo nell’esternare le emozioni
dell’individuo, nel rappresentare i suoi paesaggi interiori.
Premesse ineludibili nell’elaborazione del movimento espressionista vanno riconosciute nel
Postimpressionismo, nella pittura di Gauguin e di Van Gogh.

ESPRESSIONISMO FRANCESE: I FAUVES

In Francia, il movimento espressionista si manifesta nel gruppo dei Fauves (“le belve”), che ha il
suo tratto distintivo nell’esaltazione della forza cromatica caratterizzata da colori accessi.
I pittori fauves riescono a modulare un linguaggio innovativo e aperto alla sensibilità del nuovo
secolo.
Il Fauvismo è un movimento che riesce a condensare gli apporti della pittura passata di Gauguin,
Seurat e Cézanne, superando al tempo stesso gli schemi stabiliti dall’Impressionismo e dalla
tradizione precedente.

ANDRÉ DERAIN

Le bagnanti, 1907
Esempio eccellente della capacità di ridurre la forma a
una combinazione di linee e colori, incatenati al
concetto di volume e di forza.
Il richiamo a Cézanne è stringente, come pure un’eco
dei nudi femminili di Degas.
Le linee degli occhi e delle labbra si riducono a
pennellate grossolane di verde e di rosso. Le posture
appaiono rigide e impacciate.
HENRI MATISSE
Henri Matisse ha una formazione accademica, conosce i musei e li frequenta, ma esordisce presto
come “belva” del colore e dell’espressione.

Calma, lusso e voluttà, 1904


Opera che prende spunto da “Le bagnati” di Cézanne e
dalla dimensione selvaggia e primordiale di mondi
esotici ricercata da Gauguin.
A questi aspetti Matisse aggiunge energie vitali,
ottimismo, fiducia nel potere rigenerante della natura e
della gioia intrinseca della condizione umana.
La tela contiene anche un omaggio a Manet, un
richiamo alla “Colazione sull’erba” si offre con i
personaggi distesi a consumare un pasto all’aria aperta.
Il tratto pittorico, pur scomposto e vibrante, è ben
controllato ed è guidato da linee che accompagnano le
forme.

La gioia di vivere, 1906


I personaggi sono caratterizzati dal massimo rilassamento dei
corpi immersi nella natura.
La linea modella e rafforza forme, circonda spazi, dà forza ed
enfasi ai dettagli, facendo sì che l’opera trasmetta una
propria musica.
Il dipinto è un inno alla giovinezza e all’amore, all’erotismo.

La danza, 1910
Matisse dipinge i suoi nudi con una linea
essenziale, elegante e sottile; ne definisce
le forme sinuose, morbide, usando tratti
ricurvi che si intersecano tra loro.
Rispetto al Cubismo, Matisse stabilisce il
canone di una nuova classicità. Con il
concetto di ‘classico’ nell’età moderna. Può
trattarsi di:
- un’emulazione, un recupero nostalgico
di una purezza perduta;
- una ricerca di armonia e di universalità,
nel quale tutti possono riconoscersi.
“La danza” è un’elaborazione della “Gioia di vivere”.
Il gruppo di danzatori si muovono su un fondo piatto, definito da due soli riquadri cromatici
delimitati da linee curve: il verde muschio del terreno e il blu cobalto del cielo.
L’essenzialità della composizione aiuta l’osservatore a immergersi nel ritmo inarrestabile e
nell’atmosfera.
Natura morta con cappello a cilindro, 1896
Riconosciamo già i suoi elementi chiave: l’interno e il concetto
di natura morta.

Buffet e tavola, 1899


Utilizza la tecnica del puntinismo.

Interno con armonium, 1900


Si ha già la perdita di prospettiva che sarà poi principale nelle
successive opere riguardanti gli interni. Riconosciamo però gli
elementi.

Uomo nudo, 1900


Studio della figura umana. Evoluzione verso la rigidità dell’immagine
che ci conduce alla schematizzazione della forma. Il corpo è
costruito per solidi. Colori già intensi.
Il servo, 1900-03
Versione scultorea del dipinto. Ci fa intuire la relazione tra il nostro corpo e la
dimensione spaziale, come il nostro corpo si pone nella disposizione
dell’ambiente. Concetto del sottostare alle leggi della fisica. Corpo
nell’ambiente, nello spazio, tema tipico del cubismo.

Ritratto di Madame Matisse con riga verde, 1905


La riga verde che divide il volto preannuncia quello studio sul viso e
sulla maschera che verrà preso da Picasso nel “Le Demoiselles
d’Avignon”, 1907. Probabilmente riflette sulle forme dei volti nella
scultura africana.

Lusso, 1907
Inizia a lavorare sul costruire con le forme geometriche. Si affascina
all’andamento curvo, elemento persistente nelle sue opere. Corpi
morbidi e sinuosi, tipici del linguaggio simbolista.

Nudo blu, 1907


La stanza rossa, 1908
Serie di interni, di esiti nuovi. Profondo decorativismo, elementi
che si espandono dalla tovaglia fino alle pareti, diventa
costruzione dell’ambiente. Privo di prospettiva, ambiente piatto.
Tema del quadro nel quadro: finestra che sembra un quadro.
Figure in movimento.

Natura morta con melanzane, 1911-12


Offre l’immagine di un interno totalmente invaso da elementi
ornamentali. Anche gli oggetti tridimensionali si appiattiscono
(l’anfora sul tavolo, la frutta, gli ortaggi). Lo specchio sulla
sinistra, anziché creare una fuga di spazio, riflettendo
l’immagine antistante, restituisce un effetto di piattezza e offre
una versione diversa della tavola imbandita.

Atelier rosso, 1911


Tutto è decorativo. Colore rosso posto al centro dell’opera, ci fa
perdere le coordinate spaziali. Tutto sembra fluttuare nello spazio.

Atelier rosa, 1911

Ritratto di M.lleYvonne Landsberg, 1914


Costruzione per cerchi. Esperimento. Volto influenzato dalla scultura afro-
oceanica.
Lezioni di piano, 1916
Arabesco, legato all’ambito decorativo. Perdita dello spazio
prospettico, introduzione alle strutture triangolari che
costituiscono lo spazio e l’ombra sul volto del bambino.
Figure isolate completamente nello spazio, prive di ogni
collegamento con il reale.

Interno a Nizza, 1921


Ritorno all’ordine, fase di tranquillità.

Nudo rosa, 1935


Nuova fase di rinnovamento. Ripiegarsi del corpo. Quadrettatura
ricorrente, sintesi della forma.

Icaro, 1946

La tristezza del re, 1952


Colorismo sfrenato unito alla sintesi completa delle forme.
Nudo blu II, 1952
Figura estremamente plastica. La posa, con la gamba ad angolo e la
solidificazione della struttura corporea, deriva da Cezanne.
Matisse continuerà a trattarla con una tecnica (PAPIER DECOUPES), nel
momento in cui si ammala e non è in grado di reggere la tela. Colorare
fogli di carta con diversi colori e ritagliare le immagini. Diventerà il centro
delle opere del suo ultimo periodo di composizione. Diventano pura
decorazione, avvicinandosi agli esiti del design.

ESPRESSIONISMO TEDESCO

DIE BRUCKE (Gruppo di artisti)


Nasce nel 1905 a Dresda. L’Espressionismo tedesco presenta un carattere più organico e
organizzato. Come per i Fauves, prevale il senso di rottura, il desiderio di manifestare il disagio
dell’uomo di fronte alla modernità, alla solitudine dei centri urbani. Fortissima influenza del gotico
e del neogotico.
Così il movimento Die Brucke (“il ponte”) vuole aprire la strada al nuovo secolo attraverso linguaggi
diversi, anticonvenzionali.
I protagonisti del gruppo sono Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff, Erich Heckel, poi
raggiunti da Emil Nolde, Otto Muller, Max Pechstein.
I caratteri formali del movimento Die Brucke traggono ispirazione dall’esperienza del
Postimpressionismo e dalla produzione di artisti come Munch, il belga James Ensor e lo svizzero
Ferdinand Hodler. Di quest’ultimo, influenzato dall’esperienza Art Nouveau e poi dal movimento
secessionista, colpisce il vivace realismo delle immagini, concepite dal risvolto simbolista.
L’esperienza del gruppo Die Brucke si esaurisce nell’arco di pochi anni. Già nel 1913, passando da
Dresda a Berlino, si può considerare sciolto.
Uno dei temi ricorrenti nella pittura del gruppo Die Brucke è quello dell’alienazione indotta dalla
vita urbana.

FERDINAND HODLER

Le anime deluse, 1892


Un’opera utile a comprendere i
successivi sviluppi dell’Espressionismo
tedesco. Dipinto con tratti decisi e con
chiara ispirazione neo-medievalista, che
fanno emergere il tratto esistenzialista
della composizione. Prevale l’uso di una
linea di contorno spessa, densa, che
sembra stravolgere la forma,
configurando morfologie inquietanti.
Queste immagini alterate sono traduzioni visive di incubi, paure e ossessioni.
Trasmette disperazione, solitudine, isolamento. Pittura esistenzialista, ci si pone la domanda sulla
percezione di sé.
ERNST LUDWIG KIRCHKNER
Maggior rappresentante dell’Espressionismo tedesco.

Cinque donne nella strada, 1913


Il dipinto di Kirchner propone figure allungate, caratterizzate da linee
spezzate, spigolose e taglienti. La scelta di dotare i personaggi di tratti così
respingenti quasi nega il carattere della femminilità, solitamente espressa
con forme rotonde e accoglienti, che ispirano sensualità e piacere.
Le donne appaiono in una dimensione claustrofobica priva di profondità e
di un reale piano di appoggio, con colori acidi e privi di rapporto con la
realtà.

La toilette. Nudo allo specchio, 1912


L’opera offre una contrapposizione: un nudo di donna visto di spalle,
apparentemente avvenente e sensuale ma negato o messo in discussione
dall’immagine riflessa che risulta distorta anche nella disposizione obliqua
del ripiano, come a suggerire una disarmonia tra realtà e percezione.
Il volto tumefatto allo specchio rimanda alle deformazioni del viso di
Munch.
Si indossano delle maschere per poter vivere nella società odierna.

Autoritratto in divisa, 1915


Concetto principale è quello dell’anti-grazioso, dimenticando i concetti di
bellezza e armonia.
Si è arruolato come volontario per la guerra ma non è riuscito a fermarla,
fu congedato in quanto non reggeva la situazione. Si dipinge con una
mano tagliata, simbolo di fallimento. Sullo sfondo sono presenti i nudi dei
suoi dipinti.

Marcella, 1910
Omaggio alla “Pubertà” di Munch. Dipinto di una giovane ragazza,
di cui si era infatuato, che posava per diversi artisti.
A differenza di Munch dipinge la bambina non spaventata ma è
dipinta come se indossasse una maschera spigolosa dell’arte
africana.
L’unico elemento che richiama ancora alla gioventù è il fiocco tra i
capelli.
Ragazza nera che dorme, 1911
Dipinge una donna nera sdraiata.

JAMES ENSOR

Ingresso di Cristo a Bruxelles, 1888


Elemento del sociale, società che viene sempre
messa in crisi (presenza delle maschere).

EMIL NOLDE
Dipinge paesaggi o maschere macabre; quest’ultime rivelano la vera essenza della condizione
umana attraverso l’alterazione e la deformazione dei tratti fisiognomici – per esprimere il senso di
disagio e di profonda solitudine dell’individuo.
Richiamo a Munch. Colori intensi e caldi, sentimenti del sublime tipico del sentire tedesco dinanzi
alla natura minacciosa davanti alla quale l’individuo non riesce a sottrarsi.

Natura morta con maschere III, 1911


Costituisce una denuncia spietata. Forti sono il senso di alienazione, lo
smarrimento, la solitudine e l’incapacità di comunicare.
Riferimento a Ensor, alle maschere africane e a Munch.

I suoi paesaggi appaiono dominati da un’energia esplosiva ed inarrestabile.


Prevalgono soggetti marini, con onde spumeggianti che evocano l’effetto della contemplazione
della natura, concepita come una via di fuga per l’uomo.

Sole tropicale, 1914


La pennellata è densa, pastosa. L’andamento del pennello dà consistenza
alle masse, creando le forme senza alcuna struttura disegnativa; ne
deriva un effetto potentissimo, capace di animare il paesaggio.
ERICH HECKEL
Dipinge per lo più figure nude nel paesaggio.

Bambina in piedi, 1911


Tecnica xilografica. Citazione a Munch.

Giornata vitrea, 1913


Effetto di un vetro spezzato. Spigolosità del tratto. Richiama “Il
Talismano” dei Nabis.
Colori completamente falsati rispetto alla realtà.

KARL SCHIMDT-ROTTLUFF
Affermava: “il colore ha vita propria”. Uno degli artisti più presi di mira dal nazismo.

Ragazza allo specchio, 1915


Ritorno lo specchio, volto maschera spaventoso che si gira verso lo
spettatore.
Spigolosità che riflessa allo specchio sembra maggiore.

Bosco, 1921
Colori accesi che si scontrano con pennellate scure.
MAX PECHSTEIN

Plein Air, 1910


Ci rimanda all’Espressionismo francese, meno tragico.

Il cinema espressionista
Tra le opere più rilevanti è il film “Il gabinetto del dottor
Caligari” diretto da Robert Wiene nel 1919-20. La trama
del film è volutamente contradditoria, con costanti
ribaltamenti dei ruoli e degli eventi, ‘colpi di scena’
concepiti per sorprendere lo spettatore. Il protagonista
è un ipnotizzatore che induce un sonnambulo a
commettere efferati delitti. Straordinario è l’effetto
scenico delle inquadrature, con scenografie e costumi
influenzati dal linguaggio drammatico, spezzato e disarmonico della pittura di Kirchner.

ESPRESSIONISMO AUSTRIACO

Prende origine dalla Secessione ma si esprime in maniera differente, molto più vicina all’ambito
tedesco rispetto alla preziosità di Klimt.
Il gusto per la linea raffinata e, soprattutto, per una preziosità materica, si contrappone alla
violenza della pittura tedesca del tempo.
I principali esponenti dell’Espressionismo austriaco sono Egon Schiele e Oskar Kokoschka.

EGON SCHIELE
Schiele è un artista molto legato a Klimt. L’artista ha una personalità tormentata e difficile:
ossessionato dalla sessualità come intesa carnale, indugia nella rappresentazione del nudo e dei
soggetti erotici.
Le composizioni di Schiele tendono a isolare la figura che viene circoscritta da una linea sottile e
tagliente, quasi incisa sulla superficie.
Si distingue un tratto nervoso e fortemente dinamico, che conferisce vitalità alla figura.
Il pittore scarnifica i personaggi, li scheletrizza avvolgendoli in abiti abbondanti; le figure appaiono
innaturalmente ossute, in bilico tra la vita e la morte.
Il contrasto tra la fragilità della vita umana e la forza dell’amore carnale, con raffigurazioni erotiche
che sfidano l’accusa di oscenità e di pornografia, accentua la drammaticità senza speranza delle
opere di Schiele. La contrapposizione amore-morte è il tema ricorrente.
Dipinge autoritratti nudi (sintomo di autodeterminazione), ritratti nudi, città vuote.
Autoritratto nudo, 1910
Il corpo è come se fosse scavato all’interno.

Lo stesso carattere ‘fossile’ della condizione umana si ritrova nei paesaggi urbani, raffigurati con
linee sottili e taglienti.
La città è la dimensione dell’uomo moderno, ma Schiele riesce a svuotarla di ogni apparenza vitale,
avvolgendola in un silenzio funebre e privo di speranza.

Krumau, case su una strada curva (La piccola città V), 1915
Non c’è presenza umana, se non i panni stesi al
vento.

Gli amanti, 1917


OSKAR KOKOSCHKA

La sposa del vento, 1913-14


L’artista elabora composizioni di forte
intensità lirica, con un andamento
dinamico che sembra travolgere i
personaggi lasciandoli fluttuare in una
deriva incontrollabile. “La sposa del vento”
è un dipinto che trasmette un senso di
assoluto abbandono agli eventi della vita;
le pennellate vigorose modellano un
guscio protettivo che isola le due figure dal
vortice che le avvolge. Il dipinto comunica
impotenza ma anche rassicurante
accettazione dello scorrere del tempo.
L’uomo e la donna rispondono in modo differente all’ineluttabile svolgersi degli eventi: la figura
femminile giace abbandonata tra le braccia dell’amato, mentre l’uomo è in stato di veglia,
consapevole della propria condizione di sottomissione.

Pietà, 1909
Manifesto per dramma teatrale. Assassinio, speranza delle donne.
Contorni netti, colori accesi, andamento spezzato.

SECONDO ESPRESSIONISMO TEDESCO

Nasce a Monaco nel 1911 ad opera di Vassilj Kandinskij, Franz Marc, August Macke, Alexej
Jawlensky, e Paul Klee (i primi artisti sono appassionati del colore blu e dei cavalli, figure
romantiche che collegano l’uomo alla natura).
Il blu è il tramite per l’elevazione spirituale.
Manifesto: Der Blaue Reiter (Cavaliere azzurro) di Marc e Kandinskij.
Dà origine all’ASTRATTISMO ovvero a una pittura non figurativa, che abbandona ogni intento di
rappresentazione e si indirizza verso forme pure.
Il cuore della sperimentazione del Cavaliere azzurro risiede nel desiderio di tradurre in pittura i
moti dello spirito.
L’aggancio al reale, già nei primi esperimenti, è connotato da un marcato simbolismo: la scelta dei
soggetti, e soprattutto dei colori, è connessa a suggestioni, emozioni, sentimenti che la tavolozza
può indurre o evocare.
VASSILIJ KANDINSKIJ
Kandinskij è il vero teorico del gruppo. La sua pittura è permeata di spiritualismo e misticismo.
Da questo approccio mistico-religioso deriva anche il desiderio di Kandinskij di esprimere
l’interiorità e di dare voce a una “necessità interiore”.
Con il tempo, l’artista abbandona il dato reale, accompagnando la sperimentazione tecnica a un
solido lavoro di riflessione e di costruzione teorica.

Almanacco del Blaue Reiter, 1911

Studio di paesaggio a Murnau, 1909


Presenza di un triangolo blu e del bianco (colore in cui tutto può
accadere). Neoimpressionismo rivalutato, presenti macchie di colore.
Il paesaggio è reale ma inizia a perdere la sua riconoscibilità.
L’opera prelude la realizzazione di Impressione V (Parco), aiutandoci
a leggerlo figurativamente.

Impressione V (Parco), 1911


Pensa alla forma come la rappresentazione di una necessità interna.
Rappresenta un paesaggio che ancora conserva il suo aggancio con la
realtà: tra colori e di linee, riconosciamo una casa, una collina, alcuni
personaggi e forse una strada.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, Vassilij Kandinskij fa ritorno a Mosca. In questi anni
realizza un processo di semplificazione del linguaggio ‘esplosivo’ adottato con il “Primo acquerello
astratto”.

Primo acquerello astratto, 1910-12


Fascinazione per il linguaggio infantile e lo scarabocchio.
Il dipinto è caratterizzato da una piena libertà
compositiva. Le pennellate compongono alcune forme
ricorrenti, come circoli, grovigli di linee, tratti liberi e
ondulati. L’uso di toni sfumati, contrapposti a colori
accesi stesi con pennellate più dense, crea un senso di
spazialità sulla superficie del dipinto.
L’acquerello offre un universo vorticoso e avvolgente, una
sorta di caos primordiale in cui immergersi per entrare in
sé stessi.
Senza titolo (composizione di linee e colori), 1920
Nel dipinto, la purezza della linea si impone sullo spazio vuoto e
sembra controllare il ‘peso’ delle forme e dei colori disposti
sulla superficie.
Prevale un senso di controllo formale.

Composizione VI, 1913


Dipinge il diluvio.
Si configurano due zone differenti nell’opera: una più caotica
e una più calma (quella più bassa dove è presente più
bianco).

Il controllo delle arti instaurato dal totalitarismo sovietico induce l’artista a fare ritorno a Berlino.
Qui, nel contesto del Bauhaus, raggiungerà i risultati più alti della sua produzione, elaborando una
sorta di sistema della rappresentazione formulato nel fondamentale scritto “Punto, linea,
superficie”, pubblicato nel 1926.

Diversi cerchi, 1926


Utilizza forme geometriche elementari. Le forme tonde ricordano le
forme cellulari, i pianeti. Si distacca dall’oggetto e inizia a percepire il
vero volto del reale, come diceva Marc.

Accento in rosa, 1926


Si dice che è la prima opera astratta. Kandinskij crea una dimensione
astratta ma vitale, quasi un universo parallelo in cui l’uomo possa
infondere pensieri ed emozioni. Ciascun cerchio sembra muoversi e
quasi pulsare dialogando con gli altri cerchi e attivando un vero e
proprio dinamismo.
Non c’è più un collegamento con il reale.
Riferimento al quadro “Pepé” (1900-10) di Francis Picabia (cubista
orfico).
FRANZ MARC
Marc predilige le figure di animali: i corpi rotondi sono costruiti con masse dense di colore che il
pittore sfuma e lavora per intensificare il plasticismo e la forza rappresentativa.

Piccoli cavalli blu, 1911


I suoi “Piccoli cavalli blu” sono forme cariche di
energia: le criniere nere disegnano curve vigorose
che si raccordano ai glutei muscolosi. Intorno, il
colore si disperde suggerendo spazi e orizzonti da
scoprire: si succedono onde di gialli, verdi, rossi e
ciascuno di questi colori assume un proprio
significato simbolico di dolcezza e di sensualità
(giallo), di forza e di spiritualità (blu) e di violenza e
fisicità (rosso).

Destini di animali, 1913


Avvicinamento al raggismo, attraverso andamento per angoli
e diagonali spigolose. Effetto di vetro smerigliato del cubismo
orfico.
Al centro ci sono un cerbiatto e un albero che crolla e perde
sangue.
In alto a sinistra ci sono due lupi, in basso a destra dei cinghiali
rossi.

Caprioli nel bosco II, 1913-14


Vede nei cerbiatti la purezza che l’umanità sta perdendo.

Forme in lotta, 1914


Unica opera completamente astratta. Le due forze
sono animali che si scontrano. Simbolismo nei colori;
rosso e nero che si scontrano.
Influenzato dal dinamismo di Balla.
AUGUST MACKE

Donna davanti ad una vetrina illuminata, 1912


È presente una figura principale molto allungata. Preferisce la staticità al
dinamismo.
Influenza dell’espressionismo e del futurismo.

PAUL KLEE
Ha un astrattismo (non puro, in quanto rimane un ancoraggio al reale) molto diverso rispetto agli
altri, influenzato da un viaggio in Tunisia.
Nel ruolo di insegnante al Bauhaus, assunto a partire dal 1921, l’artista mantiene una sua
anatomia. La sua indole molto spiccata gli permette di avvicinarsi al Dadaismo, ai surrealisti e al
Cavaliere azzurro, passando dal realismo all’astrazione con una disinvoltura e una coerenza
indiscutibili.
In questo interesse per il segno, per il colore e per il messaggio che riescono a comunicare, l’artista
attinge molto alla tradizione dell’Estremo oriente e alla fusione praticata nelle culture giapponese
e cinese tra calligrafia e contenuto.

Motivo da Hammamet, 1914


Crea quasi un pattern attraverso la pittura per campiture cromatiche
(pittura dal 1914 al 1920, dopo cambia).

Ambasciatore d’autunno, 1922


Motivi molto più fissi e squadrati. Innamorato del mondo dei
folli e dei bambini in quanto privo di barriere.
È un’opera indefinibile, tra l’astratto e il figurativo.
È presente un albero dalla chioma gialla, si separa da tutto il
blu presente come sfondo.
Il colore arancione dell’ovale è come una chiave
interpretativa che ci guida nell’intrico regolare di segmenti
geometrici, caldi e attraenti, soprattutto nella piacevole
gradazione cromatica.
Strada principale e strade secondarie, 1929
Sorta di simulazione degli strati geologici, quasi a volere rendere grane
diverse di roccia.

Ad Parnassum, 1932
Dopo un viaggio a Ravenna, si appassiona ai mosaici italiani ed
evolve ulteriormente il suo stile.
Andamento per piccolissime tessere di mosaico. Maggiore
razionalizzazione rispetto al passato. Il monte si fa casa e
presenta una porta in primo piano.
La composizione si offre come una visione essenziale di
paesaggio, definito con poche sagome riconoscibili (montagna,
sole, porta). Permane l’assetto bidimensionale che Klee
persegue nelle sue creazioni.
La linea retta che prende avvio dalla porta costruisce un’idea di profondità che viene però
annullata dall’assoluta piattezza della composizione.

FRANCIS PICABIA

Pepé, 1900-10

FRANK KUPKA

Studio per una fuga, 1912


ROBERT DELAUNAY

Forme circolari luna n.3, 1913

CI SONO DUE VIE CHE ARRIVANO ALL’ASTRATTISMO:


- Da Gauguin (albero dell’apparizione dopo il sermone), arriva ai fauves (Matisse abbandona
il contatto reale, quadro dove la tovaglia cambia nel riflesso dello specchio) e giunge
all’astrattismo lirico di Kandinskij (cavaliere azzurro);
- Da Cezanne (elementi primari), cubismo, cubismo orfico (lavoro su luce, colore e
movimento), astrazione (con Balla) fino a Malevic e Mondrian.

L’ÉCOLE DE PARIS

Una sorta di contenitore eterogeneo di artisti d’avanguardia, che hanno animato il dibattito
culturale parigino tra il 1907-08 e il 1920 e che la critica fatica a collocare ma che possono essere
ricondotti a certe sperimentazioni delle avanguardie fauve e cubiste.

AMEDEO MODIGLIANI

L’indole di Modigliani incarna l’ansia di svolta che domina il passaggio tra i due secoli: l’artista
coniuga il carattere eccentrico e narcisista del dandy di fine Ottocento con quello dell’artista
maledetto, anticonformista a tutti i costi e innovatore.
Modigliani raccoglie stimoli delle opere provenienti dal continente africano, ma recupera al
contempo il grafismo sottile e raffinatissimo del Gotico senese.

Il Suonatore di violoncello, 1909


Il dipinto è emotivamente intenso e ricorda da vicino le composizioni di
Cézanne e i suoi ritratti. In quest’opera Modigliani ripropone l’approccio
volumetrico della figura umana, ridotta a solidi semplici, come pure la
pennellata vivace, a tratti indefinita, che nelle corde dello strumento e
dell’archetto restituisce un dinamismo funzionale alla rappresentazione.
La cassa del violoncello occupa la gran parte della scena.
Il passaggio di Modigliani alla scultura interessa gli anni dal 1909 al 1914, si nutre sia delle
fondamentali suggestioni di Brancusi sia delle riflessioni sulla pittura di Cézanne.
Sono anni difficili, vive per strada e per reperire materiali, di notte, ruba le traversine di legno dei
tram o blocchi di pietra che utilizza per le sue opere.

Testa di donna, 1912 in marmo


Di chiarissime derivazioni dall’arte africana: naso allungato, grandi
occhi orizzontali.
Il fascino di questa scultura arcana risiede nel loro aspetto, sospese tra
astrazione e naturalismo.

Gli anni conclusivi della parabola di Modigliani segnano un ritorno alla pittura.

Nudo sdraiato a braccia aperte o Nudo rosso, 1917


La composizione è totalmente dominata dal
nudo di una donna in assoluto abbandono. Il
corpo snello e provocante è delineato da un
segno nero, deciso e sottile. L’inquadratura
dall’alto accentua l’effetto erotico, evidenziando
le forme rotonde della donna. C’è un effetto di
pieno plasticismo, favorito proprio dall’uso
compatto del colore. Qui le campiture di
contorno presentano pennellate dense,
polpose, che amplificano l’energia del dipinto.
Modigliani esprime il suo ‘classicismo’ più puro, ricorrendo a un uso elegante della linea che
ricorda fortemente i nudi di Matisse, ma che dimostra anche la sua ricerca personalissima,
totalmente disgiunta dalle disgregazioni spaziali dei cubisti.
Il vuoto degli occhi scuri, privi di pupille, esprime la chiusura nei confronti del mondo esterno e la
prevalenza di un’osservazione interiore dell’umanità studiata dal pittore.

I ritratti
Nei ritratti l’artista riprende l’essenzialità e il geometrismo delle teste scolpite, ma vi introduce al
contempo un’attenzione all’individuo, alla natura profonda dell’essere.
L’artista scopre, proprio nel ritratto, la forza espressiva del disallineamento e dell’asimmetria: gli
occhi divergenti, i nasi irregolari, le spalle che si incurvano ad altezze differenti, sopracciglia
svirgolate, capigliature scomposte e colletti disarmonici.
Gli occhi sono sempre impenetrabili, solitamente privi di pupille, ma colorati di masse scure o
bianchi o ancora disarmonici (uno bianco e l’altro nero).
Lunia Czechowska, 1919 Leopold Zborowski, 1918

Jeanne Hebuterne Jeanne Hebuterne, 1919


con grande cappello, 1918

CONSTANTIN BRANCUSI
Di provenienza rumena. Scultore.
Inventore di un linguaggio biomorfico che trova la sua più profonda natura espressiva nella resa
plastica dei materiali, nella ricerca di forme organiche che si allontanano da ogni tradizione.

Il bacio, 1907-08
Brancusi compie una ricerca formale universale, al di fuori di ogni
cornice spaziale e temporale. Partendo dallo studio dell’arte primitiva,
affronta la difficoltà di semplificare il linguaggio: l’artista approda a una
sintesi della forma che supera il legame tra arte e natura.

Maiastra, 1912 in ottone


Spesso ricorre a temi della cultura popolare rumena come la Maiastra.
Brancusi tratta questo soggetto ricorrendo a una pluralità di materiali (la
pietra, il metallo, il legno) e dotando la figura di un basamento che svolge una
funzione decisiva per la percezione dell’opera integrale e per la sua lettura in
termini di ritmo.
Uccello nello spazio, 1923 in marmo
Negli anni successivi, Brancusi giunse a semplificare la forma in modo
ancor più coraggioso.
La Maiastra diviene così una forma allungata e ricurva che suggerisce il
volo.
Esiti completamente astratti.

MARCH CHAGALL
Russo di cultura ebraica.
La sua pittura è sospesa tra l’apertura alle novità delle Avanguardie e un attaccamento alle proprie
origini.
Rappresenta un mondo sognante e fiabesco che prende ispirazione dalla cultura ebraica. Esiti
surrealisti (non firmerà mai il manifesto). Sono proiezioni mentali. Colori potentemente influenzati
dai fauves.

Io e il villaggio, 1911
Il tema chiave dell’opera è la fantasia, il gioco tra visibile e invisibile.
L’uomo dal volto verde fissa negli occhi la grande mucca azzurrina
dando forma alla propria fantasia. Siamo nella proiezione di
un’immagine mentale.
L’andamento curvilineo delle forme cromatiche sembra suggerire il
senso di una fantasia che si stia sviluppando, ma l’origine della
proiezione è nel piccolo arbusto che l’uomo tiene tra le dita.

Il poeta, 1911
Impronta di tipo cubista. Inserimento di elementi simbolici (testa
rovesciata, capacità di vedere le cose in modo differente).
La testa rovesciata del personaggio non ha un significato di ricerca
spaziale, ma deriva dalla condizione spirituale del poeta, dal suo
guardare il mondo con occhi diversi, e da prospettive alternative.
CUBISMO

Il Cubismo nasce a Parigi con la sperimentazione di Picasso nel quadro “Les Demoiselles d’Avignon”
del 1907.
La pittura cubista non intende guardare alla struttura essenziale delle cose, alla forma primaria che
si nasconde sotto all’apparenza; bensì con il Cubismo non si affida la registrazione del mondo
circostante al semplice atto del vedere, bensì alla rielaborazione mentale di esso.

PABLO PICASSO
Figlio di un artista. È abituato a ragionare in termini artistici. Si avvicina alla pittura tra simbolismo
e linguaggio fauves.

Ha vissuto diverse fasi della sua vita artistica:

• PERIODO BLU (1901-04). Descrizione di solitudine, ricerca interiore, emarginazione sociale.


Pennellata densa. Sfumature di azzurro e blu.

Il Ritratto di Jaime Sebartés, 1901


La figura appare solitaria, chiusa in una dimensione
introspettiva. La linea scura che ne definisce il contorno
sembra sottolineare la separazione tra l’io e il resto dello
spazio pervaso da un azzurro carico e innaturale. La
pennellata è vivace, volutamente imperfetta, come appare
soprattutto sulla mano che sostiene il volto.

La vita, 1903
La dipinge in seguito alla morte di un suo amico per una
delusione amorosa. L’opera è influenzata dai modelli
utilizzati nell’antichità, presentando quasi l’impostazione di
una metopa classica (parte del fregio dei templi
romani/greci).
• PERIODO ROSA (1905-07). Picasso schiarisce la tavolozza, utilizzando sfumature di un rosa
terroso. Ricorrono i temi ispirati alla vita del circo: un contesto che accentua l’interesse per
il mondo degli emarginati, degli incompresi e degli esclusi.
Precisa presa di posizione a livello politico: continui messaggi e riferimenti anarchici.

Saltimbanchi, 1905
Ambientazione di tipo teatrale, figure semplificate
posizionate all’interno dello spazio.
Saltano all’occhio i personaggi disposti in un paesaggio
arido circondati da un silenzio metafisico. Le figure
compongono un gruppo senza comunicazione. È
interessante lo studio della figura di Arlecchino: il motivo
geometrico del costume anticipa riflessioni di
scomposizione formale che risulteranno preziose nella
fase cubista.

Giovane con cavallo, 1905-06


Pittura che ha a che fare con un certo tipo di classicismo.

Les Demoiselles d’Avignon, 1907


Primo esperimento cubista dell’artista.
Nell’opera Picasso rappresenta cinque prostitute
in un bordello: i nudi sono disposti in uno spazio
privo di profondità. Le figure assumono pose
scomposte e le forme sono costruite con linee
taglienti. La figura posta di profilo a sinistra è
atteggiata in una postura che ricorda la rigidità
delle statue egizie. Le due donne poste al centro
sono avvolte dalle lenzuola e alzano le braccia in
una posa provocante. Il lato destro è invece
dominato dalle inquietanti fisionomie di due
maschere tribali poste su corpi femminili. La
donna accovacciata, in primo piano, ci osserva da
un punto di vista impossibile: il suo volto è rigirato
di 180° con un effetto totalmente estraniante. L’impostazione bidimensionale anticipa il
sistema di scomposizione dei piani che costituirà la fondamentale base di ricerca della
pittura cubista. Anche la natura morta rappresentata al centro dell’opera appare ridotta a
un’estrema sintesi formale.
L’opera appare come una rielaborazione del “Bagno turco” di Ingres.
La rue des Bois, 1908
Solidificazione delle forme, ci si avvicina al cubismo.

Tre donne, 1907-08


Geometrizzazione delle forme, avvicendarsi di diverse prospettive
rispetto ad una unica. Riferimento alle bagnanti di Cezanne.

• PERIODO ANALITICO (1909-12). Schiarimento della tavolozza, utilizzo dei toni del grigio.

Ritratto di Ambroise Vollard, 1910


Scompone la figura in solidi geometrici che danno un effetto di
trasparenza come fossero vetri rifrangenti.
Picasso riduce l’immagine del personaggio a un incastro di piani.
L’andamento delle linee, prevalentemente spezzate e orientate dall’alto
verso il basso, definisce l’equilibrio della composizione, guidando
l’occhio dell’osservatore che giunge a recepire le forme originarie di
un’anatomia disintegrata.
Ci tiene comunque a far vedere il volto, sottolineandolo con un colore
più chiaro rispetto al resto dell’opera.

• PERIODO SINTETICO (1912-14). In seguito ad un viaggio in Italia rimane affascinato dall’arte


romana e quella italiana.
Successivamente alla guerra ci sarà un ritorno ad una fase precedente alle avanguardie.
L’arte si appresta a tornare indietro, al classicismo.

Ritratto di Olga in poltrona, 1917


Rapporto con una fotografia della moglie. Riprende la ritrattistica
francese.
Due donne che corrono sulla spiaggia, 1922
Ingigantimento delle figure femminili rispetto all’ambientazione
in cui si trovano. Ambiente mediterraneo.

Bagnante seduta, 1931


Scomposizione della figura non geometrica ma mentale che ridà
all’arte surrealista.
Nei dipinti di quest’epoca compaiono figure disarticolate,
composte da elementi distinti che si muovono mirabilmente nello
spazio con allusioni fortemente erotiche.
L’artista modella con pennellate morbide, molto chiaroscurate.
Importante è rilevare la sensibilità di Picasso per la rotondità della
forma, per la sua presenza volumetrica nello spazio e il fatto che
mantiene sempre la ‘figura’, corpo vivente portatore di energia
attiva, al centro della propria sperimentazione.
Guernica, 24 aprile 1937- giugno 1937
Ritorno al cubismo. Lotta alla violenza e
alla guerra.
Elementi chiave che saranno ripresi da
molti artisti del 900 in dipinti di denuncia:
- Lampadina che fa riferimento alla
ragione, al Dio che giudica ciò che accade
in quella scena;
- Toro, violenza nazista;
- L’urlo sulla destra simboleggia il popolo spagnolo;
- Fiaccola, un grido di aiuto.
Denuncia il bombardamento della piccola cittadina di Guernica, messo in atto dall’aviazione
tedesca a supporto della dittatura di Franco.
Da questo lato del dipinto due figure ci accompagnano per mostrarci l’indicibile verità: un
volto di donna si gonfia come un palloncino e protende con il braccio lunghissimo una
lucerna; a terra, una donna si trascina in una corsa sofferta, estrema, in cerca di salvezza.
Cuore dell’opera è la figura del cavallo che si erge imbizzarrito, ruota il collo e apre la bocca
gridando il proprio dolore.
Accanto al cavallo di distingue il profilo di un toro: è il simbolo della Spagna ferita, ma è
anche simbolo della civiltà, è il Minotauro ferito, imprigionato. Poco oltre, si distingue una
madre distrutta dal dolore più grande: ha il figlio ucciso tra le braccia.
Anche il guerriero giace a terra, colpito e impotente. La sua spada è spezzata, le braccia si
aprono come quelle di un Cristo inchiodato alla croce.
Unico indizio di rinascita è il fiore che sboccia dalla spada spezzata del guerriero, simbolo
della vita.
La scelta di dipingere utilizzando solo i toni del bianco, del nero e del grigio, sottolinea il
significato più profondo di cui l’opera è portatrice.
Nel 1939 “Guernica” venne portato a New York e fu soltanto con la morte del dittatore
Franco, avvenuta nel 1981, che l’opera fu accolta in patria.
CUBISMO ANALITICO

Si basa sulla scomposizione di oggetti e figure si spinge al punto da ridurne ai minimi termini
persino l’identificabilità. La fase ‘analitica’ del Cubismo prende nome dal processo di dissezione e
di restituzione della materia.
È dal connubio tra Picasso e Georges Braque che prenderà avvio, poco dopo l’elaborazione
dell’opera “Les demoiselles d’Avignon”, la sperimentazione cubista. In un primo tempo, i due pittori
seguono le predilezioni personali: Picasso si concentra prevalentemente sulla figura umana, Braque
asseconda il suo interesse per il paesaggio, rimanendo legato all’esempio di Cézanne. Negli anni
successivi l’affinità tra i due artisti si intensifica al punto da rendere quasi impossibile la distinzione
tra le creazioni dell’uno e quelle dell’altro.

GEORGES BRAQUE
Lavora a fianco di Picasso. Riprende la pittura in chiave fauves fino ad arrivare al cubismo.

Violino e brocca, 1910


Nell’opera Braque procede a una meticolosa scomposizione degli
oggetti, con la finalità di offrirne una molteplicità di punti di vista.
Del violino e della brocca – entrambi individuabili al centro della
tela – il pittore ci mostra il fronte e il retro.

Case a l’Estaque, 1908


Ripresa dell’ambientazione esterna rappresentando tutto in
modo differenti, come per esempio le case senza finestre e porte,
alberi posti in obliquo. I toni terrosi e il verde sono i colori scelti
dall’artista.
PABLO PICASSO

Ritratto di Ambroise Vollard, 1910


Scompone la figura in solidi geometrici che danno un effetto di trasparenza
come fossero vetri rifrangenti.
Picasso riduce l’immagine del personaggio a un incastro di piani. L’andamento
delle linee, prevalentemente spezzate e orientate dall’alto verso il basso,
definisce l’equilibrio della composizione, guidando l’occhio dell’osservatore che
giunge a recepire le forme originarie di un’anatomia disintegrata.
Ci tiene comunque a far vedere il volto, sottolineandolo con un colore più
chiaro rispetto al resto dell’opera.

CUBISMO SINTETICO

A partire dagli anni 1912-14, i pittori Braque e Picasso cominciano a semplificare le loro
composizioni, approdando alla cosiddetta stagione del Cubismo sintetico. Oltre alla scomposizione
prospettica e alla pluralità dei punti di vista, si uniscono nuove tecniche che danno una nuova
immagine del reale come il collage di lettere, giornali e materiali, assumendo il compito di
rappresentare simbolicamente la realtà.
È Braque a introdurre per primo frammenti di oggetti reali sulla tela.
Rispetto alla fase iniziale del Cubismo, l’immagine diviene ora più facilmente riconoscibile. Anziché
essere scomposto meticolosamente in una miriade di schegge, l’oggetto viene evocato attraverso
pochi dettagli.

GEORGES BRAQUE

Il Mandolino, 1914
È un’opera di straordinario effetto plastico: l’artista combina varie tecniche e
materiali, tra cui il cartone ondulato, per rendere la tridimensionalità dello
strumento.
L’utilizzo frequente dei ritagli di giornali stabilisce una connessione con la
modernità, incastra riferimenti concreti del vivere quotidiano.
Unione di pittura e texture dato da pezzi di materiali incollati (come carte da
parati).

Il portoghese, 1911-12
Pennellate che sembrano tasselli di colore.
Modo di dipingere del passato che viene in parte rinnovato.
PABLO PICASSO

Nature morte a la chaise cannée, 1912


Collage polimaterico di corta, tela cerata, a cui aggiungerà
sabbia e frammenti di lamiera. La forma ovale conferisce un
riferimento al tavolo di un bar.

Ritratto di Olga in poltrona, 1917


Rapporto con una fotografia della moglie. Riprende la ritrattistica francese.

Due donne che corrono sulla spiaggia, 1922


Ingigantimento delle figure femminili rispetto all’ambientazione
in cui si trovano. Ambiente mediterraneo.

Esempio di COLLAGE Italiano: Ballerina Blu, 1912 di GINO SEVERINI


Tra i futuristi è il primo a usare il collage, inserendo lustrini sul vestito
della ballerina.
FERNAND LÉGER
Dipinge seguendo forme tubiche, i cubisti non lo consideravano tale.

Nudi nella foresta, 1909-10


I soggetti sembrano manichini meccanici, vuole dare la suggestione
della macchina ma non dipingere macchine/macchinari.

CUBISMO VIVE DIVERSI MOMENTI:


• SECTION D’OR (SEZIONE AUREA)
È un raggruppamento cubista che nasce nel 1912 da una mostra in una galleria privata e
che ispirandosi al matematico Maurice Princet, si oppone alla staticità di Picasso e Braque,
reintroducendo il colore. In essa partecipano Juan Gris, Albert Gleizes e Jeand Metxinger, i
due insieme pubblicano “Du Cubisme” nel 1912.

JUAN GRIS
Gris non punta a geometrizzare la forma quanto piuttosto a ricreare gli oggetti partendo dalle
figure geometriche.
La differenza da Gris e Picasso è che Gris oltre al lavoro di collage, apre totalmente gli oggetti. Non
crea oggetti partendo da forme geometrici ma individua forme geometriche da ciò che
rappresenta.
Utilizzo di una nuova tecnica: TROMPE-L’OEIL (fingere inserto di materiale extra pittorico
dipingendolo invece con estrema accuratezza. Come, per esempio, parti di una lettera).

Natura morta con finestra aperta, 1912 Omaggio a Picasso, 1912

Fruttiera e caraffa, 1927


Il passaggio alla fase sintetica sancisce anche un ritorno all’uso del colore.
In “Fruttiera e caraffa”, l’artista recupera la sensibilità cromatica anche al
fine di restituire identità agli oggetti: il bordo rosso del tovagliolo, il verde
della frutta, il contrasto tra lo sfondo color ocra e il motivo a scacchiera su
cui spicca un ritaglio del quotidiano francese “Le Monde”. L’opera è stata
realizzata con una sovrapposizione di carta incollate che le conferiscono
una texture quasi scultorea.
• CUBISMO ORFICO O ERETICO
Fondato nel 1913, è caratterizzato da dinamismo e colore. Ne fanno parte Delaunay,
Picabia, Kupka, Duchamp, e Léger. Si parlerà per la pittura di Delaunay di “Orfismo”, in
merito alle sue “finestre”.
Oltre alla luce, inseriscono il movimento.

ROBERT DELAUNAY
Dipingerà per lo più città e la Tour Eiffel. Contrasti simultanei di colori complementari.

Tour Eiffel rossa, 1910


Case che si sovrappongono, presenza di curve. Il soggetto principale è ancora
riconoscibile.

La città, 1911
Sovrapposizione maggiore rispetto alle opere passate, la Tour Eiffel diviene
impercettibile (si nota solo grazie al colore rosso). Aggiunta di un verde
cristallino.

Le finestre simultanee, 1912


Attraverso il cubismo arriva a esiti astratti (anticipando o in simultanea con
L’astrattismo di Kandinskij).
Si perde il riferimento del reale. Con lo studio della rifrazione della luce si
giunge ad esiti totalmente astratti.

Forme circolari, sole e luna, 1912


Totale astrattismo che prende luogo dal cubismo. Fascinazione per gli
elementi della astronomia.
L’artista pur arrivando ad esiti astratti non si identificherà mai
nell’astrattismo.
SONIA TERK E DELAUNAY

Prismi elettrici, 1914

FERNAND LÉGER

Le nozze, 1911-12
Dalla costruzione per tubi giunge ad una smaterializzazione dei soggetti
rappresentati. Si inizia a ritrovare la ripetizione di elementi data dal
concetto di rappresentazione del movimento.

FRANCIS PICABIA

Udnie, 1913
Elementi a nastro che danno movimento all’opera. Introduzione del
titolo all’interno dell’opera come spunto per lo spettatore di dare
un’interpretazione e a porsi delle domande.

FRANK KUPKA

Danza alla sorgente, 1912


Movimento dato dall’utilizzo di diversi colori per le rappresentazioni
successive dello spostamento del corpo. Significato esoterico del colore
che lo avvicina all’astrattismo.
Dischi di Newton, 1911-12
Ispirazione dalla tematica astrale, ispirando Delaunay. Gli studi lo
considerano uno dei principali anticipatori dell’astrattismo.

Amorpha. Fuga a due colori, 1912


Astrattismo totale nelle forme e nei colori.

MARCEL DUCHAMP

Famoso poiché è il padre del Dadaismo ma inizia come cubista orfico.


Opere dai colori scuri e studio della fotografia che può riprendere il movimento del soggetto
attraverso scatti consecutivi.

Nudo che scende le scale del 1912


Riprende proprio lo studio del corpo umano attraverso la
fotografia di EDWEARD MUYBRIDGE.

Locomozione, 1887
FUTURISMO

È un'avanguardia storica italiana nata nel 1909, grazie al poeta e scrittore Filippo Tommaso
Marinetti che pubblica su -Le Figaro» il Manifesto del Futurismo, cui segue nel 1910 il Manifesto
della pittura futurista, firmato da Balla, Boccioni, Carrà, Russolo e Severini. Prima avanguardia che
nasce prima scritta che in senso artistico. Segue nel 1912 il Manifesto tecnico della scultura
futurista.
Le caratteristiche sono: la polemica con il passatismo, l'esaltazione dell'ambiente urbano e
dell'illuminazione elettrica, il fascino della macchina, della velocità, del dinamismo, la
scomposizione del colore e della forma operata da luce e movimento.
L’elemento energetico è al centro della discussione futurista:
• Energia meccanica di Balla che si manifesta attraverso il movimento e il meccanismo della
macchina stessa;
• Energia dinamica di Boccioni che compenetra il mondo e le persone.

FILIPPO TOMMASO MARINETTI

Guido Guidi (tavola parolibera), 1916


Marinetti associa immagini di creature o di macchine in movimento a
ritagli incollati, a parole, numeri, misure che alludono al tema della
sfida, della velocità, al superamento dei limiti.
Le idee di velocità, movimento, tecnologia e innovazione vengono
assimilate e tradotte dagli artisti futuristi con modalità e strumenti di
diversa natura. Nei primi due manifesti dedicati alla pittura,
pubblicati nel febbraio e nell’aprile del 1910, sono delineati alcuni
punti fondamentali del rinnovamento futurista: contro l’ossessione
dell’Antico e il formalismo accademico, i nuovi artisti intendono
ispirarsi “alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra, ai
transatlantici, ai voli meravigliosi che solcano il cielo”.
La sfida era delle più ambiziose, poiché mirava a rappresentare, nella
statica consistenza di un dipinto, il processo inarrestabile di un’azione in corso.

UMBERTO BOCCIONI
Calabrese di origine che si trasferisce prima a Roma e poi a Milano. Tema che ricorre sono le donne
vicino ad una finestra. L’idea era quella della compenetrazione tra luce, immagine e colore.
Il moto sarà legato all’uomo e agli animali e non alla macchina, come sarà per Balla.
Nelle opere di Boccioni, il dinamismo esiste di per sé ed è come un’onda inarrestabile che mescola
l’esistente, annullando la separazione tra le cose.

Tre donne, 1909-10


Maggiore staticità rispetto alle opere che verranno in futuro.
La città che sale, 1910-11
La composizione è denominata dall’impeto delle forze
impiegate nella costruzione di un grande complesso
industriale. L’energia è sprigionata dalla forza animale del
movimento del cavallo.
La figura dell’animale e dell’uomo determinano un moto
vorticoso che amplifica lo spazio e trasmette la
“sensazione dinamica”. Rinunciando alla linea di
contorno e adottando la pennellata filamentosa dei
divisionisti, infatti, Boccioni crea un flusso di energia e
movimento che annulla la separazione tra le cose.

Rissa in galleria, 1910


Folla in movimento in un ambiente notturno illuminato dalla luce
artificiale.
La pittura è ancora filamentosa, come quella del Divisionismo.

Lutto, 1910
Ritorno della figura femminile. Annullamento dell’io verso una
percezione dell’oggettività. Ricerca introspettiva rispetto agli
stati d’animo degli uomini.
Ai lati della scena vi sono due composizioni di fiori coloratissimi
e in alto a sinistra parte di una bara incorniciando il lutto.

Visioni simultanee, 1911


Case che si accartocciano su loro stesse, figure risucchiate dal
basso.
L'azione si svolge su piani sovrapposti, con lo scopo di
mostrare nell'opera tutto ciò che sia visibile dalla finestra cui
si affacciano le donne; gli edifici si curvano e si scompongono,
come le figure per la strada e le donne stesse.
È la prima volta che un’artista si dedica ad una riflessione accurata degli stati d’animo, riflessione
sulla memoria e il tempo. Le tre opere sottostanti formano un trittico.

Stati d’animo: gli addii (II versione), 1911


Andamento della pennellata curvilineo per la malinconia
nel momento dell’addio.

Stati d’animo: quelli che vanno, 1911


Pennellata diagonale, dipinge l’eccitazione delle persone
che partono.

Stati d’animo: quelli che restano (I versione), 1911


Pennellata statica. Corpi che si accartocciano per la
sofferenza e l’abbandono.

Materia, 1912
L’artista raffigura sua madre affacciata a un balcone. L’effetto che ne
deriva è una compenetrazione di corpi e di oggetti che annulla il confine
tra un elemento e l’altro.
La figura della donna domina la composizione nell’atteggiamento
indifferente di chi osserva un paesaggio senza curiosità; le mani
intrecciate e adagiate in grembo sottolineano questo stato passivo.
Sviluppo di una bottiglia nello spazio, 1912-13
Caratterizzata da un effetto dinamico, quasi vorticoso.
In questo caso l’artista attiva la natura morta, conferendole
un senso di moto che ne fa una sorta di ossimoro visivo (la
natura morte, che si compone di oggetti inanimati, appare
invece vitale e in movimento).

Forme uniche della continuità nello spazio, 1913

Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1914-15 (scultura polimaterica)

GIACOMO BALLA
Torinese che si trasferisce a Roma. Interessato al mondo del design: arredi, abiti e oggetti.
Nelle composizioni di Balla lo spazio non svolge alcun ruolo se non quello passivo di essere
attraversato.
La materia tende a moltiplicarsi replicando sé stessa.
Balla studia il puro meccanismo dell’azione e imposta i suoi dipinti visualizzando il fenomeno fisico
del movimento.

Giornata dell’operaio, 1904


Costruzione dell’opera attraverso una divisione, come
fossero più scatti fotografici uniti.
Introduzione dell’elemento della luce elettrica attraverso
la lampada su strada.
La pazza, 1905
Tema condiviso con Boccioni: donne vicino alle finestre.
Elemento della luce naturale che si trasformerà poi in elettrica.

Lampada ad arco, 1909


Trasformazione della pennellata divisionista in forme triangolari che
scompongono la luce. La luce della luna, posta sullo sfondo, viene
sostituita della forza della luce artificiale. Lampada simbolo del progresso,
quest’ultimo è ciò che maggiormente interessa ai futuristi.
Fu retrodatata per fare in modo che venisse considerato il primo a trattare
determinate tematiche e stili pittorici.
Con questo quadro si ha l’inizio di un profondo studio che sfocerà con
l’opera “Compenetrazioni iridescenti”.

Compenetrazioni iridescenti, 1912


Nasce come opera di decorazione e non come dipinto.
Solo in un secondo momento la critica darà una connotazione
prettamente artistica.

Ragazza che corre sul balcone, 1912


Presenza della successione del movimento del corpo, grazie allo studio
della fotografia.

Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912


Balla moltiplica le zampe e la coda del cane, nonché i piedi della
signora che lo accompagna, proprio per rendere l’effetto indefinito di
un corpo che cammina.
L’interesse per il dinamismo porterà Balla a raggiungere esiti di totale
astrazione.
Auto in corsa, 1913
Esiti completamenti astratti. Movimento che provoca
rumore, come il boato della macchina in corsa.
La moltiplicazione delle linee curve equivale alla sequenza
delle ruote che si spostano nello spazio secondo una
precisa traiettoria. Il loro andamento dinamico è
evidenziato dalla forma elicoidale che determina il
movimento stesso e dalle diagonali che sottolineano la
direzione del moto.

Velocità astratta + rumore, 1913-14


Bagliori dati dall’immaginazione del rumore.

Linee andamentali + successioni dinamiche, 1913

Pessimismo e ottimismo, 1923


L’abbandono della figuratività si attenua nella chiarezza estrema
degli strumenti espressivi. Le linee aggressive e spigolose che
avanzano minacciose da sinistra, nelle tonalità inquietanti del
grigio e del nero, si contrappongono all’andamento curvilineo e
rassicurante che domina la porzione opposta dell’opera.

GINO SEVERINI
La fase di astrattismo durerà fino agli anni Venti per poi continuare con una strada cubista.

La danseuse obsédante, 1911


Ballerina in blu, 1912
Scomposizione simultanea delle diverse fasi del movimento. Inserimento
di brillanti attraverso il collage.

Mare = ballerina, 1913-14


Raggiungimento di esiti astratti. Il movimento della danza viene
accostato alle onde del mare.

CARLO CARRA’
Forte componente anarchica. Dopo le prime opere, aderirà al Cubismo per poi tornare alla
figurazione metafisica e medievale (citando anche Giotto).

Funerali dell’anarchico Galli, 1911


Linee diagonali ad angolo. Prevalenza di nero e rosso.

Manifestazione interventista, 1914


Riprende dei volantini anarchici per creare una composizione
spiraliforme.
LUIGI RUSSOLO
Appassionato di musica. Interessato al movimento meccanico e ai suoi rumori che ritiene moderni.

La musica, 1911
Forza della musica sotto forma di una spirale. Presenti volti che la
circondano.

Dinamismo di un’automobile, 1912-13

Il Manifesto della ricostruzione futurista dell’Universo

Boccioni morì prematuramente nel 1916. Gli anni successivi alla sua scomparsa furono
caratterizzati da un forte impegno nel settore delle arti applicate e nella diffusione della poetica
futurista agli altri campi dell’espressività e della vita sociale. Da questo punto di vista, un ruolo
decisivo fu svolto soprattutto da Balla e da Fortunato Depero. Nel marzo del 1915 i due artisti
firmarono il “Manifesto della ricostruzione futurista dell’Universo”, un documento di spirito
giocoso che rivela l’influenza della Secessione nell’interesse per gli oggetti quotidiani.
Oltre a elaborare una propria teoria del “giocattolo futurista”, Balla e Depero si dedicano alla
realizzazione di abiti e tessuti, disegnano mobili, progettano scenografie per spettacoli teatrali, si
dedicano persino al campo pubblicitario.
FORTUNATO DEPERO
L’artista predilige colori intensi e una pronunciata geometrizzazione delle forme, che
contribuiscono a trasformare i suoi personaggi in burattini animati. In paesaggi totalmente sono
astratti e privi di riferimenti naturalistici poiché l’artista decide di rappresentare un mondo magico,
fiabesco.

Corteo della gran bambola, 1920


Geometrizzazione e stilizzazione delle forme con una predilezione
per la forma dei giocattoli e dei burattini (che sono al centro di molte
sue opere).

La festa della sedia, 1927


I personaggi appaiono giocattoli-umani e sono disposti su piani
colorati illuminati da una luce lunare. La natura è totalmente assente.
Come per il Cubismo, d’altronde, proprio il teatro costituì un terreno
d’incontro tra le varie anime del Futurismo: la musica, la pittura, la
danza e la poesia.

Manifesto pubblicitario del Bitter Campari


È opportuno ricordare il ruolo decisivo svolto da Fortunato Depero
nell’accompagnare – con trovate grafiche semplici ma di grande
rilevanza icastica (l’arte di rappresentare attraverso immagini) – nuovi
stili di vita, nuovi consumi che si trasformano in status symbol per
generazioni che si trovano di fronte alla responsabilità di una
modernità quasi imposta.
SECONDO FUTURISMO

Futurismo legato a ricerche di tipo aero-pittorico: ripresa del paesaggio dall’alto, come se lo
vedesse un pilota.

GERARDO DOTTORI

Primavera umbra, 1923


Dipinge una vista aerea del paesaggio sottostante.

AVANGUARDIE RUSSE: ASTRATTISMO SOVIETICO

Durante la repubblica sovietica la Russia vive un periodo di estremo fervore artistico, con una
grande influenza dal cubismo/futurismo.
Negli anni che precedono la Prima guerra mondiale e durante la Repubblica Sovietica (1917-1925)
si affermano tre correnti astratte:
- il RAGGISMO di Larionov e Goncarova, che nel 1913 si pone come sintesi di cubismo e
futurismo, dipingendo forme spaziali per mezzo dell'intersezione dei raggi rifessi dagli
oggetti;
- il SUPREMATISMO di Kazimir Malevic, che mira alla più completa semplificazione degli
elementi figurativi per giungere a una pura combinazione di elementi geometrici intesi
come l'essenza 'suprema' della visione.
- il COSTRUTTIVISMO di Tatlin ed El Lissitzky che, a partire dalla rivoluzione di ottobre del
1917 si afferma con l'intento di rendere l'arte costruttiva nei confronti del sociale,
attuando i principi del realismo socialista. La progettualità diviene una parte
fondamentale del processo creativo e viene applicata anche all'architettura e al design.

RAGGISMO

Tra i principali interpreti di questo movimento emergono Michail Larinov e Natalija Goncarova.
È un movimento che riconosce nel ‘raggio’ la forma elementare espressiva della luce e del
movimento. Sfruttando la forma del raggio, ovvero della striscia di luce/colore derivata dalla
precedente esperienza del Cubo-Futurismo, questi artisti conseguono esiti di autentica astrazione,
con composizioni costruite secondo una sintassi di luce, colori e linee, dominati da un senso di
energia e di dinamismo in potenza.
Strisce che uniscono la luce al colore. Esiti puramente astratti. Forme ed elementi non riconoscibili.
MICHAIL LARIANOV

Luci nella strada, 1912

Composizione raggista: dominio del rosso


L’opera è un concentrato di movimento, luce, forza vitale che non
ha alcun nesso con la realtà del visibile. Piena adesione
all’Astrattismo.
L’astrazione proviene dal lato del cubismo. Strisce di luce che
prendono il sopravvento occupando tutta la tela. L’uso del colore
richiama i fauves.

Donna nel boulevard, 1912


Dinamismo. Gambe che si muovono. Lettere dipinte in alto. Colorismo
legato sempre agli esiti dei fauves.
Fa pensare anche all’espressionismo, poiché il soggetto è una donna.
Perfetto equilibrio tra diverse avanguardie.

NATALIA GONCHAROVA

Verde bosco, 1911

Foresta verde e gialla, 1912


Influenza dell’orfismo. Si riesce ancora ad avere la percezione di ciò che
vediamo. Riconosciamo ancora gli alberi, il terreno. C’è una forte influenza
legata all’effetto del vetro smerigliato.
Il ciclista, 1913
Ricorda il dinamismo futurista. Si dà immagine al movimento. Si
integra il cubismo (lettere).
Elementi nuovi che ci fanno percepire una nuova visione della
realtà: la griglia che si impone (tombino), cappello, mani (sullo
sfondo).
Sintesi di queste due avanguardie con esiti inediti.

SUPREMATISMO

Fondato da Kazimir Malevic.


È un movimento che mira alla massima esaltazione dell’espressione artistica e alla sua liberazione
dal dato oggettivo e naturale. Il Suprematismo russo si evolve in quattro fasi cromatiche
fondamentali:
- nero su bianco;
- rosso su bianco;
- policromo su bianco;
- bianco su bianco.
In questo sviluppo, che progressivamente approda all’esaltazione della luce nella scelta del bianco
su bianco, il fruitore si pone di fronte all’opera d’arte come unico interprete.

KAZIMIR MALEVIC
Atteggiamento spirituale molto accentuato. Campiture di un unico colore (introduce il concetto di
monocromo).
L’arte deve esser manifestazione di una libertà assoluta. Dopo i primi esperimenti cubo-futuristi,
elaborati a contatto con Larionov e Goncarova, Malevic approda a esiti radicali di totale abbandono
del concetto stesso di rappresentazione.

Sul viale, 1911


Prime sue opere di influenza completamente fauves. Intuiamo elementi
che saranno ricorrenti: percezione antinaturalistica del corpo, porta a
deformare la figura (mani sproporzionate).

Contadina con secchi e un bambino, 1912


Esito più geometrico. Torna quel concetto di deformazione ancora più
accentuato. Come se fosse agli albori del cubismo. Schiacciamento
della figura, sembra non entrare all’interno della tela. Grandi occhi
neri, in diretto contatto con le icone bizantine.
L’arrotino, 1912-1913
Richiamo al dinamismo rivisto in chiave cubista. Ricorda le strutture
tubolari.

Un inglese a mosca, 1913-1914


Interpretazione personale che unisce il cubismo e il futurismo.
L’artista ragiona sulle forme in una maniera differente.

Quadrato nero su sfondo bianco, 1915


È una sfrontata dichiarazione di guerra a tutta l’arte del passato per
citare la sua definizione del Suprematismo – della “supremazia della
sensibilità pura nelle arti figurative”. La scelta di utilizzare forme
geometriche semplici (come il quadrato), trasformate in compatte
campiture di colore, è volta a codificare un linguaggio puro ed
egualitario, in linea con lo spirito della Rivoluzione bolscevica.
Essenzialismo estremo della forma. Vuole arrivare allo zero, alla
creazione non oggettiva.
Realismo pittorico: ragazzo con zaino, 1915
Richiamano al concetto di circolarità di Kandinsky. Fascinazione orientale.
Ambito filosofico/spirituale molto forte. Percepiamo il piano che si allarga
sempre di più, è il vuoto che precede l’esperienza dell’infinito.

Bianco su bianco
Annullamento della figurazione che sarà fondamentale per la metà del
Novecento. Relazione stretta con il costruttivismo.
COSTRUTTIVISMO

Il principale esponente del Costruttivismo è Vladimir Tatlin. Nella visione costruttivista, l’arte perde
il suo scopo puramente estetico e si offre come strumento utile alla fondazione di un nuovo
sistema.
L’uso di materiali industriali e di nuove tecniche si combina all’impiego di diversi linguaggi, siano
essi tradizionali (pittura o illustrazione) o sperimentali (cinema e fotografia).
Gli esordi di Tatlin sono segnati dal contatto con i movimenti di Avanguardia europei, reso fecondo
da un viaggio a Parigi che gli permette di conoscere l’opera di Braque e di Picasso.

VLADIMIR TATLIN

Quadri-rilievi, 1914
Costruzione poli-materica, unione sul supporto di differenti
elementi. Spesso il supporto può essere cartone, legno. Esempio
di assemblage = utilizzo di materiali extra-pittorici.

Contro rilievi d’angolo, 1915


Altro esempio di assemblage che permette all’opera di
diventare tridimensionale. L’angolo fa sì che riusciamo a
lavorare sullo spazio.
Richiede il superamento della divisione tra arte e lavorazione
industriale; richiede quindi un’arte totale.

Progetto per il Monumento alla Terza Internazionale, 1919


Sua opera più conosciuta ma mai realizzata, con esiti completamente
fallimentari.
Si voleva costruire una torre spiraliforme, con elementi rotanti, alta
400 metri.
NAUM GABO

Head of a woman, 1917-1920


Torna il concetto di pieno e vuoto.
Opera caratterizzata da fogli di carta incastrati/incollati tra loro che
finiscono per creare un volto umano.

ANTOINE PEVSNER

Torso, 1924-1926
Fogli sovrapposti, soprattutto trasparenti di diversa natura. Richiamo al cubismo.

EL LISSITUSKIJ

Colpite i bianchi con il cuneo rosso, 1919


Collegamento forte con il Bauhaus. Una delle opere più
note. Troviamo una impaginazione pubblicitaria inedita.
Inserzione delle scritte ormai in senso comunicativo.

Proun room, 1923 - ricostruzione 2010, MoMa


Ritorna il concetto di costruzione di un universo. L’opera si
allarga all’interno di un’intera stanza, non rimane fissa su una
tela. Elementi geometrici cubisti che assumono una nuova
valenza. Divisione tra moduli uniti e moduli staccati che
costruiscono la dimensione spaziale.
LASZLO MOHOLY-NAGY

Senza titolo, 1921 c. Modulatore di spazio e luce, 1930


Struttura formata da diversi
materiali che si intersecano.

NEO-PLASTICISMO OLANDESE

Nasce con la fondazione della rivista “De Stijl” nel 1917 ad opera di Piet Mondrian e Teo van
Doesburg e si riassume nel saggio “Neoplasticismo in pittura” scritto da Mondrian. L’arte non può
essere che astratta, limitandosi ai tre colori primari e all’incontro di verticali e orizzontali, che
rappresentano maschile e femminile e il cui equilibrio permette la realizzazione dell’armonia
universale.
Il movimento De Stijl trova le sue radici nello spiritualismo e nel misticismo di derivazione
romantica.
Prevalgono i paesaggi, molto atmosferici e vibranti, con un’intensa attenzione agli effetti di luce e
una pennellata densa che tende a creare forme compatte, molto plastiche.
Nella formazione di tutto il gruppo De Stijl, fu importante il contatto con il Simbolismo e con i
Fauves, il Cubismo e la lezione di Cézanne.
Alla visione ironica, beffarda e nichilista del Dadaismo, il Neoplasticismo contrappone una
tendenza alla razionalizzazione estrema.

PIET MONDRIAN
Mondrian tende a lavorare su temi ricorrenti: il mulino nel paesaggio, l’albero e il faro.
Fondamentale è l’albero che rappresenta il collegamento tra il cielo e la terra ed un tema di
riflessione compositiva cruciale per raggiungere l’astrattismo e la dimensione geometrica.

Il mulino Oostzijdse alla sera, 1907-1908


Si parte da un’astrazione geometrica
per arrivare ad una geometrizzazione
assoluta. Costruzione per ortogonali
che troveremo e troviamo fin dalle
prime opere. Rappresentazione
naturalistica.
L’albero rosso, 1909-1910

L’albero argentato, 1911


Dipinto che mostra una consapevolezza spaziale che è
fortemente debitrice nei riguardi della ricerca strutturale di
Cézanne. A questa, Mondrian aggiunge una linea energica che
anima l’albero.
I diversi andamenti dei colpi di pennello rendono mobili lo
spazio, ne restituisce la condizione animata e sensibile. Lo spazio
è una dimensione di scoperte possibili e risulta invitante per
l’occhio che osserva.
Melo in fiore, 1912
L’immaginario dell’albero muta diventando sempre più astratta.
Si arriva ad una semplificazione sempre più geometrico/cubista.
Si richiama alla trasparenza dei cristalli dell’orfismo.
Mondrian appare come una sorta di cubista molto astratto.

Evoluzione, 1911
Predominanza dell’azzurro, colore spirituale per eccellenza che
vuole indicare la strada dell’evoluzione dell’essere umano.
Intersezione non casuale, che compaia il triangolo che infatti
sarà origine di una forma romboidale, importante per le
prossime opere. Intersezione spirito/materia.

Natura morta con vaso di spezie I, 1912


Riconosciamo una composizione di natura morta con questo vaso
azzurro che attira l’attenzione al centro del quadro.
Si percepisce la profonda riflessione sull’opera di Cézanne.
In quest’opera risulta ancora distintamente lo spazio, con alcuni dettagli
della stanza, alcuni oggetti e vaghe aperture in profondità.

Natura morta con vaso di spezie II, 1912


Interpretazione completamente cubista. Crepa riconoscibile sul vaso che
allude al fatto che le linee non si debbano per forza chiudere.
Declinazione astratta della prima versione del dipinto, sparisce ogni
senso di profondità, la linea nera profila sezioni di oggetti scomposti e
spacchettati, come fette di solidi distribuite sul piano, mentre la sfera
azzurra del vaso domina l’intera composizione.
Tableau 3, composizione ovale (Alberi), 1913
Opera totalmente astratta. Si aggiunge la forma ovoidale tipica dei
cubisti.
Le linee, dall’andamento verticale, si intersecano l’una nell’altra.
È importante soffermarsi sulla densità della stesura di colore, sugli
effetti chiaroscurali, sull’intensità della linea che nella parte inferiore,
e più in generale ai margini dell’ovale, tende ad attenuarsi.
Il dipinto rivela la ricerca di un senso di equilibrio, con un’asse
centrale che fa bilanciare l’insieme e le forme base, più volte ripetute,
che sembrano generate dalla forma-tronco posta nel mezzo.

Molo e oceano, 1915


Le opere iniziano a diventare semplicemente una rappresentazione
di orizzontali e verticali che si intersecano. Ritorna al concetto di
mare e alla verticalità dell’albero, elementi per lui fondamentali.
Propensione per il cerchio che in qualche modo tutto racchiude e
rimanda al concetto di perfezione. Andamento a griglia, nato da
una riflessione sul ramo degli alberi, che si trasforma quasi in una
successione di croci.

Composizione con linee, 1917


Gli appigli della natura si perdono completamente. Non troviamo più
elementi riconoscibili, neppure nei titoli delle opere.
Linee sempre più nette, acquistano forza e spessore e tendono quasi
ad allargarsi.

Composizione con il numero di griglia 5, 1919


Si allontana sempre più dalla natura. Volontà di unire le diverse facce del
reale. Reintroduce quella tavolozza tipica dei cubisti. La circolarità diventa
questa forma romboidale. Si muove per griglie ancora regolari.

Composizione con rosso, giallo, blu, 1921


Composizione astratta dominata da linee nere che delimitano piani di
colore, creando un equilibrio che si determina attraverso la capacità
espansiva e dinamica dei toni cromatici. Prendono posto unicamente i
colori primari, assieme al bianco.
I bordi neri non arrivano fino in fondo alla tela, ma rimangono aperti.
Lascia intendere che l’andamento possa ripetersi. Di fronte alla massa
compatta del blu, fredda e razionale, l’occhio trova una rassicurante area
di sosta nel giallo e nel rosso.
Broadway boogie-woogie, 1942-1943
Inizia a lavorare per ritmicità (ascolta il jazz nei club).

THEO VAN DOESBURG


In seno al gruppo De Stijl si produrrà una scissione, quando Theo van Doesburg inserirà la
diagonale nelle sue pitture. Il ricorso alla diagonale inserisce un fattore dinamico che contraddice il
valore dell’equilibrio, lo nega e lo rompe. Si dedicherà moltissimo alla produzione architettonica.

Controcomposizione XVI, 1925


Tipo di percezione diversa rispetto a quella di Mondrian,
come se fosse completamente ribaltata. Colori usati in
maniera più forte.
Il titolo è un chiaro riferimento a Mondrian (che non accetta
questa rivisitazione e lascia De Stijl).

Controcomposizione XIII; 1925-1926


Porzioni di colore libere, si muovono. Escono da quella concezione di
costruzione e composizione. L’artista è chiaramente molto più interessato al
movimento rispetto a Mondrian.

DADAISMO (1916)

Nasce a Zurigo nel 1916 intorno al Cabaret Voltaire ad opera di


Tristan Tzara, Hans Richter e Hans Arp. Ne faranno parte i
francesi Francis Picabia e Marcel Duchamp, i tedeschi Max Ernst,
Kurt Schwitters, John Heartfield e l’americano Man Ray. Molti di
loro confluiranno nel Surrealismo.
Si caratterizza come movimento antisociale: contro il sistema
borghese, contro le Accademie, contro i meccanismi politici e
culturali che hanno prodotto la guerra; Dada chiede un ritorno
ai valori dell’umanità, della semplicità, della purezza dello
spirito.
Dada non significa nulla, come dichiara nel Manifesto del 1918 il
suo principale teorico, Tristan Tzara.
Il termine viene scelto, secondo la narrazione dei fondatori, aprendo a caso un vocabolario
Larousse, ma può anche essere considerato come una parola tratta dal linguaggio infantile.
HANS ARP
L’artista realizza dei collages lasciando cadere dei frammenti di carta colorata, che poi fissa
salvando la combinazione determinata dal caso. Sta all’osservatore cercare un percorso di lettura e
una chiave estetica. Nel 1919 fonderà il movimento Dadaista di Colonia.

Secondo la legge del caso, 1916-17 Papiers déchirés, 1934

Trousse d’un Da (Valigia di un dadaista), 1920


Si basa sul collage di pezzi di legno su un ulteriore base in legno, non
modificati dall’uomo ma corrosi dalla natura stessa.
I pezzi sono posti senza seguire un andamento preciso e senza creare una
forma prestabilita.

FRANCIS PICABIA

Voilà la femme, 1915 Il fidanzato, 1916-18 Parata amorosa, 1917

In queste opere paragona figure maschili e femminili ad ingranaggi, pistoni e parti meccaniche.
Influenzerà anche l’opera di Max Ernst.
MAX ERNST
Le macchine rappresentate in tutte le opere sono da considerare “celibi” in quanto non verranno
mai utilizzate, non produrranno mai nulla. C’è sempre l’aggiunta del concetto di sensualità e amore
legato al sesso.

La grande ruota ortocromatica che fa l’amore su misura, 1919


Utilizzo del Frottage (ricalcare un oggetto o una texture posta sotto al foglio).

Frau Wirtin an der Iahn, 1920


Sono presenti anche collage materici.

READY-MADE

Il pronto-fatto è un oggetto industriale o quotidiano, che perde la sua funzione principale per
divenire opera d’arte.
Il ready-made si può realizzare in due modi differenti:
- modifica dell’oggetto;
- combinazione dell’oggetto ad altri manufatti.

MARCEL DUCHAMP

Ruota di bicicletta, 1913


Risale al 1913, tre anni prima della fondazione di Dada, ma già presenta i
tratti della provocazione dadaista e i suoi concetti di fondo: la ruota viene
isolata e fissata a uno sgabello che, con la sua natura di oggetto statico per
eccellenza, ne nega la destinazione e la carica simbolica di dinamismo e di
libertà.
Si annullano entrambi gli usi degli oggetti che lo compongono. Sullo
sgabello non è più possibile sedersi e la bicicletta non può più funzionare.
Scolabottiglie, 1914

Grande vetro (La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche), 1915-23
Fu considerata conclusa alla rottura del vetro, rottura dettata dal caso.
La sposa (fatta di tubicini e piccoli ingranaggi) è rappresentata nella parte
superiore, lontana dagli scapoli (rappresentati da due macchine: una
slitta e un macinino) che si trovano sul fondo e che non riescono a
raggiungerla.

Fontana, 1917
L’oggetto, sottratto al suo utilizzo reale, viene capovolto e modificato
nell’uso. La scelta, come spiega lo stesso Marcel Duchamp, conduce a
un “nuovo modo di pensare” l’oggetto stesso.
L’artista si identifica come “R. MUTT” che in realtà era il nome
dell’azienda che gli aveva venduto l’orinatoio.
È stato paragonato anche alla forma di un utero e il termine “Mutt”
potrebbe anche essere un riferimento alla figura materna.
Creato per partecipare in una esposizione a New York, dove lui stesso faceva da giudice (ecco
perché non si è firmato con il suo stesso nome). Dopo aver visto che la critica non accettava questo
oggetto ha fatto un discorso per far comprendere allo spettatore il processo mentale che c’è dietro
e far comprendere l’arte come idea.
Aria di Parigi, 1919

L.H.O.O.Q., 1919
L’artista disegna baffi e pizzetto su una riproduzione della Gioconda. La
Gioconda, oggetto di devozione e simbolo di eccellenza, viene
provocatoriamente manipolata, messa in ridicolo. Duchamp non intende
violare il capolavoro in sé, ma la banalizzazione prodotta dalla sua riduzione a
oggetto di passiva ammirazione da parte del pubblico.
Il titolo misterioso, leggendo le mere lettere in lingua francese, si trasforma in
una frase volgare: “Elle a chaud au cul”, “Lei ha caldo al sedere”.
MAN RAY
Legato al mondo della fotografia, attraverso la quale realizza immagini suggestive.

Porte girevoli, 1916-17


Parte dallo studio delle forme geometriche che ottengono
colori forti e accesi.
Riferimento a strumenti musicali.

L’enigma di Isidore Ducasse, 1920


Esempio di ready-made. L’impacchettamento sottrae alla vista il corpo
dell’oggetto. Questo fa in modo che l’oggetto cambi la sua identità e
spinge lo spettatore a farsi delle domande.

Cadeau, 1921
Man Ray realizza il suo “Cadeau” (Regalo), un ferro da stiro al quale applica dei
chiodi che ne annullano l’utilizzo.
Il titolo “Regalo” ha un significato provocatorio, ironico, e punta a suscitare la
reazione dell’osservatore.

Rayogram, 1922
Utilizzo del “rayogramma”. Il procedimento è inizialmente usato da Cristian
Schad che nel 1936 lo battezza come Schadograph. Ma la tecnica si lega al
nome di man ray che la scopre casualmente nel 1922. È una fotografia per
contatto diretto in cui l’oggetto viene poggiato sulla carta emulsionata
lasciando impressa la sua forma o la sua ombra per mezzo della luce.

De quoi écrire un poème, 1923


Sono presenti una penna e diverse carte sovrapposte.
Le violon d’Ingres, 1924
Il corpo viene messo in relazione con lo strumento musicale.

Before and after - Autoritratto con mezza barba, 1943

GEORGE GROSZ

Ricordati lo zio Augusto, lo sfortunato inventore, 1919

RAUL HAUSMANN

P., 1921
HANNAH HOCH

La bella ragazza, 1919-20


Esempio di fotocollage (unisce immagini fotografie differenti che
vengono tagliate e poi rielaborate attraverso la pittura. Infine,
vengono fotografati nuovamente per ottenere opere uniche).
Immagine femminile sempre legato all’ingranaggio e alla macchina.

La sposa, 1933
Realizzata in pieno periodo coloniale. Immagine di una sposa
bambina. Inserti anche materici come il velo (carta utilizzata per
decorare le torte).
È con lei che si ricordano gli artisti dadaisti in quanto non è fuggita
da Berlino nonostante la guerra ed è riuscita a salvare opere e
documenti legati al Dadaismo.

JOHN HEARTFIELD

Adolfo il superuomo ingoia oro e suona falso, 1932


Esempio di FOTOCOLLAGE.

KURT SCHWITTERS
Tra i più interessanti interpreti del Dadaismo tedesco, anche se per certi aspetti se ne distacca in
modo provocatori.
Schwitters continua a perseguire un intento estetico e questo obiettivo è ciò che maggiormente lo
distanzia dal gruppo dei dadaisti.
Merzbild1 A (Lo psichiatra), 1919
Caratterizzato da polimaterismo.
Combinazione casuale di oggetti catturati dalla realtà come biglietto del
tram, moneta, chiodo. L’artista li raccoglie e li assembla per esaltarne
l’alto potere significante e peer mostrarne l’intrinseca forza drammatica.

Merzbau (particolare), 1920-1936


Opera più coraggiosa dell’artista, è un accumulo di oggetti realizza in una
stanza di casa sua. Utilizzo dell’assemblage.

NUOVA OGGETTIVITA’

Gruppo fondato da George Grosz e Otto Dix, elaborando un linguaggio di denuncia della classe
dirigente del tempo, articolato sull’uso del grottesco. Le composizioni satiriche dei due pittori si
affidano all’alterazione fisica, ai riferimenti volgari e alle analogie provocatorie. Le loro opere sono
violente e respingenti, prive di senso del bello e spesso propense alla caricatura.

GEORGE GROSZ

I pilastri della società, 1926


Rappresenta figure brutalmente modellate quali esempi della corruzione e
dell’ingiustizia, connotate con simboli inequivocabili di depravazione
morale. Ne sono un esempio il nazista in primo piano con la spada e la
birra in mano, mentre un cavaliere gli spunta dal cervello, oppure il
giornalista sulla sinistra che indossa un pitale sul cranio a testimoniare il
suo asservimento al potere.
OTTO DIX

Il Trittico della guerra (1929-32)


È un’opera potente e spietata. L’uso del genere del
trittico è un riferimento all’arte sacra del passato. Dix
attinge alla storia dell’arte e ai modelli della pittura
tedesca. Lo stesso indugiare su particolari macabri,
come le ferite e i corpi abbandonati e senza vita,
recupera antiche iconografie del Giudizio universale di
particolare effetto realistico.

METAFISICA

Nasce tra il 1909 e il 1911 a Parigi ad opera di Giorgio de Chirico ma si fissa idealmente al 1917 con
l’incontro di De Chirico e Carlo Carrà in un ospedale militare a Ferrara. A loro si uniranno il fratello
Alberto Savinio, Giorgio Morandi e il poeta Filippo De Pisis che inizierà a dipingere.
Il termine, che deriva dal greco, indica l’interesse per una dimensione che va oltre lo spazio
terreno, che si colloca letteralmente “al di là del sensibile”.
Si contraddistingue per la volontà di recuperare le immagini del passato e la storia, attraverso la
pratica pittorica, per leggere la natura profonda delle cose.

GIORGIO DE CHIRICO
Nasce in Grecia e vive per alcuni anni a Firenze (1911-16).
Il clima delle Avanguardie stimola il suo interesse ma non lo conquista; in quanto intravede, nelle
sperimentazioni formali degli avanguardisti, un pericoloso distacco dai temi filosofici e il rifiuto di
una continuità con la cultura del passato, culla di civiltà e saggezza.

L’enigma dell’oracolo, 1910


Riferimento all’opera Odisseo e Calipso (1883) di Arnold
Bocklin. Sono presenti alcuni dei concetti che più ama: la
tenda, i mattoni rossi legati alla città di Ferrara.

L’enigma dell’ora, 1911


Un dipinto che enuclea già con chiarezza alcuni elementi
portanti della poetica di De Chirico. Prevale il tema dell’attesa,
una condizione dello spirito, uno stato mentale e una
concezione dell’esistenza umana.
I personaggi avvoltolati nelle bende abitano spazi incantati,
dominati dal silenzio e attraversati dalle lunghe ombre di
pomeriggi autunnali, privi di tempo storico. La luce viene posta
dall’alto del tramonto per dare malinconia all’opera.
la Melancolia, 1912-14
Con “Melancolia” si apre la stagione delle “Piazze d’Italia”, nelle quali
l’artista indugia in grandi scenari monumentali, fortemente evocativi e
dal potente accento lirico, caratterizzati sempre da assoluto silenzio,
sostanziale solitudine, e pochi elementi dal forte effetto icastico come
i rimandi alla cultura classica.
Nell’opera, la grande piazza è dominata al centro da una statua, chiara
citazione dell’“Ariadne” dei Musei Vaticani. Trasmette emozioni
profonde nell’osservatore, lasciando che si interroghi sul significato
dei tempi sospesi e delle ombre che popolano le piazze deserte.

La torre rossa, 1913

Mistero e malinconia di una strada, 1914


Lunga serie di archi in collegamento al ‘400 italiano.
Si intuisce la presenza di sculture dalle ombre in lontananza.

Canto d’amore, 1914


Primo esempio di inserimenti di oggetti realistici, associati secondo
criteri apparentemente incomprensibili. In questo caso l’opera
presenta: una testa di Apollo, forse memore dell’“Apollo del
Belvedere”, un guanto e una palla verde.
Sullo sfondo compare un simbolo di progresso e di modernità, una
locomotiva a vapore con la sua nuvola di velocità.
De Chirico lascia che il silenzio ci pervada e scende dentro di noi e
che le luci calde ci ammaglino.
Ettore e Andromaca, 1917
Rappresenta una scena dell’Iliade reinterpretata in una visione del
tutto metafisica e priva di riferimenti realistici.
Dalla scena traspare la piena coscienza degli innamorati che quello
rappresenta l’ultimo abbraccio prima di una cruenta ed inesorabile
morte.

Le Muse inquietanti, 1917


In un grande spazio urbano, dove scorgiamo il castello di Ferrara e
alcuni stabilimenti industriali, si dispongono oggetti e figure
incomprensibili.
Sui corpi delle statue si inseriscono teste di manichini, che le
trasformano in creature dall’identità misteriosa. Intorno a loro sono
adagiati giocattoli, forme colorate di aspetto geometrico, e poco più
in là una statua dall’iconografia incerta.
Le creature appaiono immobili, ma in verità, vi è una vitalità
intrinseca che le anima: la si incontra nel busto muscoloso innestato
sul corpo cilindrico di colonna dorica, modellato da un morbido
gioco di chiaroscuri; e la si percepisce nella figura seduta, figura
rigida di solido marmo ma al contempo segnata dai punti di cucitura
di un manichino di stoffa. I corpi palpitano, attendono, ci osservano.
Le teste di pezza e di legno, le teste senza volto e senza occhi, sembrano fissarci in modo
inquisitorio.

UMBERTO BOCCIONI
Amava chiamarsi classicista. Diviene il portavoce della metafisica quando questa giunge al termine.

Sintesi del dinamismo umano, 1912


Le figure non hanno occhi. Se siamo nell’ambito del sogno
allora tutto può accadere.
CARLO CARRA’
Fondamentale per la poetica metafisica.
Dopo la profonda assimilazione del Divisionismo e il fondamentale confronto con Boccioni, l’artista
aveva maturato e superato l’esperienza del Futurismo, giungendo in modo autonomo all’esigenza
di una pittura più asciutta. Dopo la fase futurista, Carrà realizza dipinti caratterizzati da atmosfere
sospese e surreali.

L’antigrazioso, 1916
Un dipinto controcorrente come l’“Antigrazioso” presenta tratti di
ribellione che si oppongono ai principi di velocità e progresso del
futurismo, mostrando figure ipersolidificate, massicce e arcaizzanti.
Carrà attinge all’iconografia dell’infanzia per creare un’immagine
antiestetica.
Si rivolge al passato, rivolgendosi ad una pittura primitiva, antigraziosa,
che richiama quasi l’arte primitiva data da quest’immagine grossolana.
Richiama un cubismo volutamente brutto.

L’Idolo ermafrodito, 1917


Un manichino, posto al centro del quadro, ci sorprende e ci interroga per le
sue dimensioni gigantesche.
Corpo elegante, richiama alla statuaria in una maniera completamente
diversa.
Ambiente spoglio, corpo che non riesce ad inserirsi.
Luce molto chiara, quasi lunare, anche i colori sono chiari, quasi sbiaditi.
Considerato sobrio in quanto non si ha una sovrabbondanza di dettagli.

La camera incantata, 1917


Carrà dispone i vari oggetti all’interno di uno spazio chiuso. Le
presenze si concentrano in primissimo piano. C’è un chiaro
desiderio di elaborazione geometrica delle forme. L’uso dei
colori accesi rende la composizione ancor più surreale.
Rispetto a quella di De Chirico, la sua pennellata presenta un
minor gusto per il dettaglio, ama effetti meno ibernati.
Il dipinto risponde in pieno ai criteri estetici e poetici della
Metafisica e trova il suo principale obiettivo comunicativo
nell’associazione improbabile di oggetti privi di collegamento
reciproco.
Ritroviamo altri temi classici della Metafisica: i manichini con
e senza testa (in questo caso anche senza corpo), le forme
geometriche, la combinazione di materiali e oggetti incongrui,
il tempo (la meridiana), il soggetto dell’Antico (nella
decorazione della modanatura posta sulla sinistra).
L’ovale delle apparizioni, 1918
Ci sono le statue antiche, c’è il manichino, la figura del pesce che ritorna.
Sperimenta sulla visione del reale.
Il dipinto risponde in pieno ai criteri estetici e poetici della Metafisica con
l’associazione di oggetti privi di collegamento reciproco.

GIORGIO MORANDI

Bagnanti, 1915
Riduzione ai colori terrosi del cubismo, fascinazione che richiama
Cezanne.

Con la stagione metafisica, cui aderisce insieme a Carrà e a De Chirico, sperimenta il tema del
silenzio, dell’atmosfera sospesa e delle presenze inanimate. Tuttavia, le sue composizioni sono
prive della componente inquieta e della tensione delle opere di De Chirico.

Natura morta metafisica, 1918


Concetto di teatrino già tipico di De Chirico. Indurimento delle
forme, diventano architettoniche, rigide. Interessato
all’essenza delle cose. Si volgerà ad una ripresa ossessiva degli
oggetti quotidiani in uno spazio privo di prospettiva. Le ombre
sono trasparenti, a contrasto con il resto che è invece
rappresentato in modo pieno.
FILIPPO DE PISIS

Natura morta isterica, 1919


Inizia a dipingere dall’incontro con De Chirico e Carrà.
Troviamo un riferimento al dada, all’accostamento di oggetti senza senso.

ALBERTO SAVINIO

Fratello del più conosciuto Giorgio, Andrea De Chirico muta il proprio nome in Alberto Savinio per
garantirsi autonomia e distanza.
Tra i temi ricorrenti della sua narrativa e del suo immaginario, vi è quello dell’affiancamento di
uomo e animale: creature fantastiche assumono forme impossibili con corpi di uomo o di donna e
teste di uccelli.
Non sono mai rappresentazioni grottesche ma affascinanti e attraenti.
Inizia a dipingere nel 1927 a Parigi.

Nella foresta, 1928


Dipinge il nostro museo interiore, grandi architetture fatte di
giocattoli. Natura che sembra richiamare la pietrificazione.
Vicinanza di intenti con gli artisti surrealisti.

Apollo, 1930-1931
Un uomo che è metà animale. Relazione con artisti surrealisti che lavoreranno
sul simbolismo in questa maniera. Con la metafisica si apre un altro momento
in Italia, apre al ritorno all’ordine, ovvero il momento in cui dopo la guerra c’è
un bisogno di guardare indietro, di tornare all’origine.
RITORNO ALL’ORDINE

Di fronte alla devastazione lasciata dalla guerra, si diffonde un bisogno di forma e di rigore.
Si situa tra la fine della Prima guerra mondiale e la prima metà degli anni Venti come un ritorno
alla tradizione. La guerra ha spazzato via anche le avanguardie, a cui sopravvivono ricerche di tipo
più classico e figurativo.
In Italia fiorisce intorno alla rivista «Valori plastici» edita dall’artista e scrittore Mario Broglio dal
1919, che contesta le avanguardie e promuove un ritorno alla tradizione figurativa.
In Francia si deve a Amédée Ozenfant e Le Corbusier con lo scritto del 1918 «Après le Cubisme», a
cui seguirà nel 1920 la fondazione della rivista «Esprit Nouveau», che si ispira ad un nuovo
Purismo.

ANDRÉ DERAIN
Uno dei primi esponenti dell’Espressionismo. Nella sua pittura sono forti i caratteri di semplicità e
freschezza.

La tavola, 1921
Il tavolo, disposto con una prospettiva approssimativa
ospita una sequenza di semplici stoviglie e una candida
tovaglia. Gli oggetti emanano una presenza intensa, sono
forieri di messaggi e di sensazioni. I recipienti vuoti
sembrano quasi in attesa di essere riempiti. Derain si
ispira ai dipinti del tardo Trecento come le “Nozze di
Cana” di Duccio da Buoninsegna. Derain fa appello a una
percezione di emozioni molto vicina a quella ricercata dal
De Chirico pre-metafisico (quello delle “Piazze d’Italia”),
evocando connessioni che sta all’osservatore ricostruire.
La finestra sullo sfondo si apre su un cielo azzurrissimo, quasi irreale. La tenda aggiunge un sapore
di teatralità.
Suonatore con la cornamusa, 1911

Un’ondata di classicismo investe la pittura europea di questi anni. Anche Picasso ne viene toccato,
con esiti che lo portano a superare la scomposizione cubista.
I riferimenti sono quelli dell’Antico, rivisitato con una diversa idea di bellezza e di armonia.
PABLO PICASSO

Due donne che corrono sulla spiaggia (La corsa), 1922


Fu dipinto come bozzetto per la scenografia di un balletto di
Djagilev, “Le train bleu”.
Il bozzetto di Picasso mostra due figure massicce, sgraziate, ma
cariche di una forza esplosiva. Le tuniche scomposte lasciano
affiorare la nudità, i capelli sciolti al vento danno slancio vitale
alle figure.

RITORNO ALL’ORDINE IN ITALIA

In Italia il movimento del Ritorno all’ordine fiorisce intorno alla rivista “Valori Plastici”, diretta dallo
scrittore e artista Mario Broglio, promuovendo un ritorno programmatico alla tradizione figurativa
come valore da custodire. Fra i principali esponenti troviamo Carlo Carrà.
Con gli artisti italiani si torna al massimo livello di classicismo.

CARLO CARRA’
Maggior interprete del ritorno all’ordine, nonostante il suo passato di collage.

Le figlie di Loth, 1919


Nel dipinto “Le figlie di Loth”, nel riprodurre un paesaggio o una scena di
genere Carrà non osserva la natura o i dati oggettivi, ma li osserva
attraverso gli occhiali del Rinascimento. Riproduce così impostazioni,
tagli prospettici, iconografie e chiavi di lettura che derivano dalla
conoscenza dell’arte di Giotto, Masaccio, Piero della Francesca.

Il pino sul mare, 1921


Vegetazione svuotata, paesaggio nullo. Uso impreciso della
prospettiva. Il telo bianco è il punto focale dell’opera.
L’opera offre una veduta di paesaggio ferma e pacata. Il lenzuolo
steso al centro è un oggetto di candida semplicità, punto focale della
composizione.
Riecheggia naturalmente il silenzio sospeso della Metafisica, ma la
scelta di un contesto quotidiano e il desiderio di riportare la natura
testimoniano il bisogno di semplicità e di proporzione.
GINO SEVERINI
Lo ritroviamo anche nel futurismo, cubismo orfico e personale astrattismo.

Ritratto di Jeann, 1916


Torna alla grazia e all’equilibrio rinascimentale. Recupero della
tradizione del ‘400 italiano.

UMBERTO BOCCIONI

Mentre si dedica alle sculture polimateriche, realizza un dipinto che è l’esempio di un futuro
ritorno all’ordine.

Le due amiche, 1914


Riprende la pittura antecedente al futurismo, pittura stabile.
Ritrae due donne quasi stanche che hanno alle spalle alcune delle
sculture da lui realizzate.

GIACOMO BALLA

Parlano, 1934
Due donne che parlano in primo piano con alle spalle
delle opere da lui realizzate.
GIORGIO MORANDI

Formatosi in Accademia, Morandi medita sulla lezione di Cézanne; quindi, aderisce alla stagione
della Metafisica stabilendo un codice espressivo di assoluta essenzialità compositiva.
Morandi, come Cézanne, rappresenta quasi esclusivamente nature morte di sublime sobrietà.
La bellezza delle sue opere sta nell’armonia silenziosa che si stabilisce tra le forme, nell’utilizzo
calibrato della luce e dell’ombra, nella poesia che permea ciascun elemento.
Con il trascorrere degli anni, la pennellata muta sensibilmente; cambia il livello di definizione;
cambia la tavolozza; muta la vibrazione; si evolve la sensibilità formale di ciascuna composizione.

Natura morta, 1918


Bellezza nel modo in cui ritrae la luce. Riferimento alle
prime nature morte di Cezanne.
Morandi studia il rapporto tra gli oggetti scontrandosi
soprattutto sul tema della luce e dell’ombra. Al pittore
interessano oggetti inanimati messi in rapporto da una
scatola geometrica; Morandi gioca sui colori neutri.
Con l’opera l’osservatore esterno è spettatore ma non
interlocutore, come invece avviene nelle “Muse inquietanti”
di De Chirico.

Natura morta, 1920


Luce calda, avvolgente. Atmosfera polverosa, come se
gli oggetti fossero lì da tempo; per dare un senso di
solitudine, di abbandono.
Gioca sulle forme cilindriche, pieno e vuoto.

Natura morta con tavolo rotondo, 1920


Prevale la forma circolare. C’è una luce più luminosa.
Maggiore realismo rispetto alle nature morte del passato.
Nell’opera il ritmo appare più rumoroso, per via della quantità
e varietà degli oggetti raffigurati. In quest’opera Morandi
dispone oggetti dalle forme differenti: vaso cilindrico, bottiglia
panciuta, bottiglia riversa, fruttiera, sfera. Il tavolo rotondo fa
da base, sottolineando il tema prevalente della circolarità.
La bottiglia riversa sembra quasi una nota stonata, insieme al
parallelepipedo su cui poggia l’alzata, ma svolge in effetti una
funzione cruciale sotto il profilo circolare e stabilendo un
parametro di profondità.
La presenza della luce naturale stabilisce una dimensione realistica all’immagine che altrimenti
risulterebbe sospesa in uno spazio privo di coordinate temporali.
MURALISMO MESSICANO o REALISMO SOCIALE

Si afferma in Messico negli anni Venti; ha come protagonista Diego Rivera che, dopo la visita in
Italia, teorizza con Siqueiros e poi con Orozco la fine della pittura da cavalletto in nome di grandi
decorazioni murali di impegno politico e rivolte del popolo. Tra loro c’è anche Frida Kahlo.

DIEGO RIVERA

International Ladies’Garment Workes Union, New York, 1933


Opera di denuncia per i regimi e i poteri occidentali.

FRIDA KAHLO

Le due Frida, 1939


Non sarà mai dichiaratamente surrealista in quanto afferma di non dipingere
sogni ma la sua realtà.

JOSE’ CLEMENTE OROZCO

L’uomo, 1938-39 (Cupola dell’Hospicio Cabanas, Guadalajara)

DAVID ALFARO SIQUEIROS

Dal porfirismo alla rivoluzione, 1957-1966


SURREALISMO

Viene considerata l’ultima avanguardia storica e nasce a Parigi nel 1924 con il manifesto di Andre’
Breton e con una forte componente Dada, chiarissimi sono i valori anticonformisti e di
provocazione; tuttavia, il nuovo movimento si differenzia per l’obiettivo di raggiungere un effettivo
rinnovamento del linguaggio artistico, di cui proclama l’assoluta libertà.
Il Surrealismo si nutre in modo sostanziale delle scoperte maturate dalla psicoanalisi: il sogno,
l’inconscio vengono riconosciuti come parte della vita individuale.
Da questo approccio discende anche il coraggio di manifestare le pulsioni nascoste dell’erotismo,
dell’amore carnale, dell’istinto, della natura più intima e segreta dell’essere umano.
Chiaro è anche l’impegno politico-sociale di Breton e dei surrealisti: aderiscono apertamente al
pensiero marxista, comunicandolo alla Terza Internazionale Socialista e iscrivendosi al Partito
comunista.
I suoi rappresentanti sono gli spagnoli Joan Mirò e Salvador Dalì, il belga René Magritte, i francesi
Yves Tanguy e André Massonn, il tedesco MaxErnst, l’americano Man Ray.

MAX ERNST
È tra i primi esponenti del Surrealismo, dopo un percorso di adesione al gruppo dei dadaisti.
Il suo contributo al movimento è particolarmente ricco e si articola in sperimentazioni tecniche
inedite. Inventore di diverse tecniche per realizzare opere d’arte: frottage, grattage, dripping.
Porta avanti due tematiche: natura (foreste) e un uccello che sente come alter ego (loplop, un
uccello immaginario).

La battaglia di pesci, 1917


L’opera oscilla tra il fumettistico e la parodia. Le creature marine,
dotate di misteriosi meccanismi e di armamenti, sono chiare
citazioni degli scenari di guerra che si andavano configurando in
quegli anni.
La pennellata è sfrangiata, la chiave cromatica molto accesa,
rivelando l’influenza del Cavaliere azzurro, secondo Espressionismo
tedesco. L’ibrido tra naturale e artificiale è vicino al Dadaismo, dal
quale Ernst cattura anche il gusto della provocazione e dell’assurdo.
Histoire Naturelle, 1926
Realizzato attraverso il frottage, strofinamento della matita su di un
foglio di carta sovrapposto ad un materiale o oggetti a rilievo, tecnica
grafica che Max Ernst scopre nel 1925, ossessionato da abrasioni e
fratture del pavimento e che sollecita le sue facoltà allucinatorie.

Visione provocata dall’aspetto notturno delle porte Saint-Denis, 1927


Realizzata tramite il grattage, consiste nel raschiare dalla tela, con la
spatola, i colori ancora freschi.
Flower-Shell, 1927
Per realizzarla utilizza la decalcomania (inventata in Inghilterra
dall'incisore francese Simon François Ravenet nel 1700) che
consiste nel far aderire il colore sulla carta o sulla tela per
diffusione e pressione, coprendola con un altro foglio o tessuto.

L’orda, 1927
Esempio di natura pietrificata, è inquietante.

Loplop presenta Loplop, 1930


Esempio più grande dell’opera surrealista.
L’uccello diviene una sorta di alter ego che il pittore
chiama Loplop.
Riferimento all’oro di Klimt.

Lo specchio rubato, 1941


È una natura mostruosa quella che Ernst ci prospetta, attraente
come una fiaba di bimbi e terrificante come un brutto presagio.
Esiti elegantissimi. Realizzata in seguito al suo trasferimento
negli Stati Uniti, a causa del nazismo.
Personaggi semi-mostruosi che diventano eleganti.

The Belivered Planet, 1942


Realizzato attraverso il DRIPPING: consiste nel far oscillare sulla
tela un barattolo di vernice bucato come fosse un pendolo o
intingere un pennello nel colore per poi lasciarlo gocciolare,
oppure immergere un filo nel colore e disporlo liberamente sulla
tela.
JOAN MIRÒ
Il pittore catalano si reca a Parigi nel 1919, dove si unisce al gruppo dei surrealisti. Attraversa
diverse fasi stilistiche:

• La fase particolarista
Fase elaborata dopo una serie di sperimentazioni ispirate dalle Avanguardie.

Montroig: la fattoria, 1921-22


Mirò definisce con dettaglio di tratto una quantità di
particolari. Si sofferma sulla rappresentazione della casa e
del suo circondario, popolati di piccole creature e di oggetti
carichi di rimandi alla quotidianità.

Carnevale di Arlecchino, 1924-25

• La fase surrealista
Fase che attraversa un lungo periodo che va dal 1924 al 1933. In questa stagione, l’artista si avvale
principalmente del collage e delle combinazioni materiche, attingendo alla tradizione del
Dadaismo.

Ballerine spagnole, 1928


L’artista fissa una piuma sulla superficie neutra della tela con una
spilla. L’opera si configura come assemblaggio materico; la sua
forza comunicativa risiede nella semplicità degli oggetti e
nell’intensità della loro poesia intrinseca. L’artista lascia
all’osservatore il compito di costruire su di essere una narrazione
individuale.
• La fase astratta
La terza fase (1934-1983) recupera il calligrafismo e la narrazione, con la prevalenza di forme
biomorfiche nelle quali il colore assume un ruolo fondamentale.
Riemergono i riferimenti stilistici alle architetture plastiche di Gaudì, all’Astrattismo di Kandinskij e
al biomorfismo di Hans Arp.

La poetessa, 1940 (serie Costellazioni)


Composizione pseudo-astratte, articolata con un
vivace senso del ritmo.
La linea definisce profili che suggeriscono
un’evocazione naturale: forme vaghe di strane
creature, a volte uccelli stilizzati, affiancate a immagini
archetipiche come quelle della luna e del sole.

SALVADOR DALÌ
Autentica star del Surrealismo, per popolarità, irriverenza e capacità inventiva.
Dalì affida alla pittura il ruolo di medium nella trasposizione delle immagini interiori in
manifestazioni visibili.
L’arte di Dalì è permeata dalla volontà di provocare e scandalizzare. Le sue pitture sono dominate
da creature mostruose, deformate, plasmate come masse molli. Protagonisti delle sue allucinazioni
sono orologi liquefatti: forme disfatte, disciolte e rese inutili, disposte confusamente come oggetti
abbandonati e destinati all’oblio. Il loro annullamento funzionale e simbolico (il tempo non
misurato, sospeso) suscita nell’osservatore una sensazione di impotenza e di solitudine.
Gli scenari prediletti di Dalì presentano spianate desertiche.
La sua arte è uno sfogo della sua paranoia, dipinge come se fosse un antidoto e in tal modo
rappresenta l’inconscio, nelle sue opere troviamo tutta la teoria freudiana.
Dal 1925 si assiste ad un’assimilazione di un iperrealismo che rende le visioni irreali come se
fossero vere.

La persistenza della memoria, 1931


Questo è un paesaggio reale, gli scogli della
costa Brava, l’elemento caratterizzante sono
gli orologi che rappresentano il tempo che
non esiste perché relativo; si narra che il loro
effetto molle (a lui piaceva giocare con la
consistenza delle cose) venne in mente dopo
una cena, inteso come tempo interiore e
collegato alla memoria, che lo influenza.
Le formiche sulla parte davanti divorano il
tempo reale. L’occhio cigliato richiama al
sogno.
Le Veneri a cassetti, 1936
Un altro tema ricorrente nell’iconografia di Dalì è la manipolazione del
corpo umano: arti allungati a dismisura, orrendamente mutilati o sezionati.
La manipolazione può assumere anche il tratto della combinazione
artificio/natura, terreno di sperimentazione già percorso dal Dadaismo e
frequentato anche da altri artisti del gruppo surrealista: è il caso delle
famose Veneri a cassetti, nelle quali un’icona di bellezza (la “Venere di
Milo”) viene rivisitata e trasformata in oggetto-mobilio, contenitore di idee
pensieri, ricordi e paure. In questo esempio, la chiave interpretativa è
esattamente quella suggerita dalla psicoanalisi, per cui il corpo-contenitore
è simbolo della condizione umana.

Giraffa in fiamme, 1936-37


Nei cassetti si conservano paure, memorie, ricordi, le cose dell’inconscio
nascoste dentro ognuno di noi.
Le stecche la infilzano rendendola incapace di reggersi in piedi.
La giraffa è in fiamme in lontananza.

MERET OPPENHEIM
L’artista, svizzera, frequentò assiduamente il circolo dei surrealisti parigini, divenendone
un’esponente di rilievo.

Colazione in pelliccia, 1936


Vera e propria icona del Surrealismo. L’oggetto si presenta come
suppellettile impossibile. Il rivestimento della pelliccia sulla tazza di tè
ne annulla la funzione.
Il senso dell’opera è quello di collegare la dimensione del sogno con la
dimensione dell’esperienza reale e sensibile, fungendo da ponte tra le
due condizioni della vita umana, conscio e inconscio.

RENÉ MAGRITTE
Si avvicinò alla sensibilità del Surrealismo francese grazie soprattutto all’interesse per la Metafisica
di De Chirico. Il tratto dominante della sua pittura, caratterizzata da un sostanziale iperrealismo, è
quello delle associazioni inattese e dell’inganno tra realtà e finzione. Il pittore gioca moltissimo sul
tema dell’illusione.

La speranza veloce, 1927


Realizza la poetica del paradosso.
Lo fa utilizzando la parola scritta che nega l’evidenza del soggetto e
di ciò che è il dipinto.
L’esito è paradossale e il concetto verrà ripreso nell’arte
concettuale.
L’uso della parola, 1928-29
Magritte si sofferma ancora sul tema dell’artificio artistico e
dell’illusione, facendo ricorso allo strumento della scrittura.
“L’uso della parola” è un dipinto molto conosciuto: la frase
“Ceci n’est pas une piepe” (“Questa non è una pipa”),
accompagna la rappresentazione di una pipa.
È evidente che l’immagine si offre come assoluto paradosso.

La condizione umana I, 1933


A Magritte interessa evidenziare il modo in cui ciascuno crede di
avere una visione oggettiva del mondo mentre, in realtà, ciò che
vede è frutto esclusivamente delle convinzioni e percezioni
individuali. È questo il significato del dipinto nel quale il pittore ha
rappresentato una tela (quadro nel quadro) che sembra essere
un’esatta riproduzione della veduta che si apre al di là della finestra.
Tuttavia, il paesaggio raffigurato sulla tela potrebbe non essere la
replica fedele della realtà; noi possiamo soltanto suppore che lo sia.

Golconda, 1953
Vuole dimostrare che l’irrazionale e l’inatteso sono proprio
nella realtà.

ANDRE’ MASSON

Figura, 1927 (olio e sabbia)


YVES TANGUY

Mamma, papà è ferito, 1927


Ambientazione arcaica, il titolo e la reale rappresentazione
apparentemente non collegate lasciano libera interpretazione.

LUIS BUNUEL

Un cane andaluso, 1929


Fotogramma e cortometraggio più famoso del Surrealismo.
Scena del taglio dell’occhio è il fatto di accedere ad una visione
alternativa più profonda, aprendo lo sguardo e la mente,
realizzazione visiva dei sogni.

IL GRUPPO NOVECENTO: L’ITALIA TRA LE DUE GUERRE

Il tema del “ritorno all’ordine” assume il carattere di un vero e proprio movimento, chiamato
gruppo Novecento, grazie all’impegno della giornalista e scrittrice Margherita Sarfatti.
Il gruppo dei sette artisti di Novecento (Anselmo Bucci, Mario Sironi, Piero Marussig, Leonardo
Dudreville, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Gian Emilio Malerba) trova nella Sarfatti un punto di
riferimento determinante.
Tra le motivazioni del gruppo Novecento, torna l’anelito a recuperare la tradizione in contrasto con
gli eccessi delle Avanguardie.
La Sarfatti si ispira al principio di un’arte che sia contemporaneamente attuale, adatta a leggere il
presente postbellico, ma anche classica, nel senso di mostrare in modo evidente l’identità della
nazione italiana.
Coordinate essenziali del nuovo linguaggio sono il superamento del Futurismo e il recupero
dell’esperienza di Previati di cui apprezza il senso pieno della forma, il misticismo e il gusto per la
monumentalità.
I tratti stilistici che caratterizzano l’arte del gruppo Novecento sono: un ostentato ritorno alla
pittura figurativa, con effetti di ipernaturalismo, rese fotografiche e un nitore di dettaglio che, se in
parte attingono alla pittura ottocentesca, dall’altra mostrano tratti di tensione, una sorta di
rivelazione della ‘realtà oltre la realtà’ che interpreta la modernità.
La mostra “Novecento”, organizzata dalla Sarfatti nel 1926, ebbe un grande successo. L’arte dei
novecentisti era caratterizzata da un’accentuata nota di lirismo, una vena poetica brillante, sonora,
capace di accendere la curiosità dell’osservatore, di catturarne l’attenzione.
L’entusiasmo per questa pittura si spense perché considerata inadatta a interpretare l’arte di
regime.
MARIO SIRONI
È il pittore Mario Sironi a prendere le redini del movimento Novecento, rinvigorendone le
premesse nella chiave di una visione monumentale e grandiosa della pittura.
Il pittore attraversa, con capacità di rielaborazione, le stagioni dell’Avanguardia italiana: come
Carrà, ma in modo forse più indipendente, condivide l’avventura del Futurismo – con esiti che lo
portano anche all’Astrattismo – e poi si accosta alla Metafisica.
Nell’arte di Sironi si realizza un singolare avvicinamento tra scultura e pittura nella resa materica
delle rappresentazioni, come fossero dei rilievi mancanti.

Il camion giallo, 1918


L’opera è un dipinto che sigla in modo emblematico il passaggio di Sironi
tra Futurismo e Metafisica, evidenziando anche la sua ricerca di un
percorso coerente e additivo, quello che poi gli consentirà di approdare
agli esiti davvero rilevanti della sua maturità artistica. Il dipinto, eseguito
con una tecnica a collage e tempera, attinge alla creatività visionaria dei
futuristi, sia nella scelta del tema che nella soluzione esecutiva ma, al
contempo, congela l’immagine di modernità in una fissità vicina alla
sensibilità della Metafisica.
Riflessioni sul futurismo (presenza della macchina, ma che adesso non
ha più movimento e della tecnica del collage).

Il tram ,1920
Tavolozza dai colori terrosi, presenza di strade e mezzi di trasporto.

Paesaggio urbano con camion, 1920-23


Atmosfera sospesa, cupa. Ancora presenti mezzi immobili. Assenza di
persone.

L’architetto, 1924
Riprende i modelli rinascimentali; in particolare, “Ritratto di Luca
Pacioli” del 1495. con un allievo” attribuito a Jacopo de’ Barbari. Sironi
utilizza un assetto geometrico, di pura essenzialità. La sobrietà della
composizione risponde anche a un desiderio di chiarezza e purezza
espressiva.
Arcaismo totale nella rappresentazione dell’uomo. Grande essenzialità.
L’allieva, 1924
Sironi presenta una figura femminile in posa ispirata, con mani
e braccia disposte secondo una postura tipicamente
raffaellesca. Presente un pronunciato contrasto chiaroscurale.
Ritroviamo qui il senso di attesa e di mistero di De Chirico. Vi è
una contrapposizione simbolica e formale, voluta e marcata,
tra la parte sinistra e quella destra della composizione. La
mano ‘tagliata’ in primo piano, con le dita ripiegate
innaturalmente, trova una corrispondenza diretta con la
squadra e con i solidi geometrici disposti al lato della donna.
Se da una parte si ritrovano aspetti del classicismo del Picasso
anni Venti, dall’altra si riconoscono citazioni da Casorati (nel
dipinto intitolato “Una donna”, del 1919, si ritrova la stessa
posizione e l’ampia scollatura rotonda della vesta nera). Sironi
mette a punto un linguaggio di forte effetto plastico, in cui il
modellato degli oggetti e della figura trae giovamento dalla
morbidezza di una luce calda e soffusa.
Nel dipinto abbiamo delle associazioni contrastanti: sul lato sinistro l’anfora rimanda alla figura
femminile per le forme arrotondate; sul lato destro troviamo la squadra adagiata in primo piano,
simbolo di razionalità e delle architetture che seguono in prospettiva.

IL MURALISMO

Una svolta decisiva nell’elaborazione stilistica di Sironi si matura sul finire degli anni Venti, quando
l’artista apre la strada al Muralismo. Genere già in voga nell’Unione Sovietica e in Messico.
In Italia, trova un primo sostenitore nel pittore Gino Severini, anche lui futurista convertitosi al
Ritorno all’ordine.

MARIO SIRONI

L’Italia corporativa, 1932 – Palazzo delle Poste di Bergamo


La pittura terrosa, la tavolozza cupa che Sironi
da sempre ama frequentare, ben si adattano a
realizzare i grandi complessi decorativi, in
genere incentrati sui temi cari alla propaganda
fascista. Sotto il profilo stilistico, il tratto
caratterizzante è quello di un pronunciato
arcaismo, con figure rigidamente impostate,
scenografie primordiali, ampi panneggi
classicheggianti, vaghe reminiscenze di un’età
primordiale i cui valori restano sempre presenti.
ACHILLE FUNI

Autoritratto con brocca blu, 1920


L’opera testimonia con efficacia la creazione di un linguaggio che
recupera il filone del ritratto rinascimentale (Raffaello, Tiziano) e
raggiunge un risultato di attualità.
Guardando questo dipinto, si prova la sensazione del dèjà-vu, di
un’esperienza visiva che siamo soliti fare altrove, nei musei d’arte
antica, e che dopo le sperimentazioni delle Avanguardie ci sembra
provocatoria.
L’influenza della Metafisica sul gruppo Novecento fu determinante,
sia nel recupero del rapporto tra arte e realtà, sia nella ricerca di
atmosfere sospese.
Luce che non crea ombre che fa emergere il corpo e i dettagli del vaso e della tenda. Viene ripreso
il quotidiano con soggetti che non incutono sentimenti contrastanti.

MASSIMO CAMPIGLI
Creatore di un arcaismo lirico in cui prevalgono figure femminili disposte su fondi neutri.
Richiamo alla pittura etrusca con il modo di dipingere attraverso linee spezzate.
La pennellata è pastosa, opaca; il fondo chiaro conferisce un carattere di forte luminosità alle tele,
che presentano il fascino inatteso dell’archeologia e della modernità.

Le spose dei marinai, 1934


Figure immobili su sfondi neutri. Sospensione nel tempo. È un
mondo arcaico e primitivo.

L’opera contiene tutti i caratteri dell’opera matura di Campigli: le


due figure in primo piano, sedute a terra, definiscono il livello
iniziale di lettura dell’opera.
I due personaggi centrali, uniti dall’ampio mantello rossastro e
dall’ombrello candido, danno respiro alla scena, sollevando la linea
dell’orizzonte e guidando l’occhio dell’osservatore in profondità.
Gli altri personaggi si dispongono ancora oltre, tutti rivolti verso la striscia sottilissima del mare.
L’assenza di altri elementi paesaggistici assegna alle figure il compito di dare forma allo spazio.

REALISMO MAGICO

FELICE CASORATI

L’attesa, 1918-19
Senso di sospensione.
Meriggio, 1923
Ostentazione del valore della luce. Raffigurazioni senza un preciso
luogo o tempo, danno un senso di mistero.

CAGNACCIO DI SAN PIETRO

Dopo l’orgia, 1928


Dettagli al centro della composizione e dell’interesse
dell’osservatore. Opera antifascista rifiutata dalla biennale in
quanto viene interpretata come una critica. Non si sa nulla sul
tempo e il luogo.

ANTONIO DONGHI
Dipinge senza mai sottostare alle forze naturali, estremo controllo. Anche lui rientra tra gli artisti
del realismo magico.

La Cocottina, 1925
Estremo controllo.

SCULTURA ITALIANA DEGLI ANNI TRENTA

ARTURO MARTINI

L’opera di Arturo Martini si colloca nell’ambito dell’estetica promossa dal Gruppo Novecento.
L’aspetto caratterizzante della sua scultura è l’arcaismo: le sue figure sono modellate con un
plasticismo largo, morbido. Sono figure palpitanti, concepite senza raffinatezza di dettaglio. Il gusto
di Martini è lo stesso che alberga nelle opere del Carrà dei “Valori plastici”, con anatomie
compatte, corpi massicci dalle superfici porose.
Il bevitore, 1926
Il personaggio seduto ha una posa disinvolta, spontanea; le braccia e le
gambe sono disposte con naturalezza e agevolano l’atto del bere. Stupisce
la concezione basilare dell’anatomia, ridotta a una combinazione di
elementi cilindrici.

Il cielo – Le stelle, 1932


Martini affronta direttamente il modello fidiaco del gruppo di Afrodite
e Dione, emulando soprattutto l’effetto morbido del panneggio che
unisce le gambe, avvolge i corpi.

La sete, 1931
Opera che riprende direttamente il modello dei corpi
calcificati di Pompei, riproponendo il tema dell’acqua e
della sete che torna spesso nell’iconografia di Martini.

MARINO MARINI
Mostra grande interesse per l’arte del passato, con una predilezione per l’arcaismo.
La sua produzione matura si incentra su due temi prevalenti: il cavaliere (in cui vede tutta la storia
dell’umanità e della struttura, appartiene a una dimensione di armonia e di libertà, di connubio
con l’ordine dell’universo, di continuità tra uomo e natura) e la “pomona” (una figura femminile
dalle forme generose e rotonde, metafora di fertilità e vita).

Il cavaliere, 1950
Figura stravolta dalla fatica, dall’incapacità di controllare il
cavallo che sempre più si oppone, si ribella, sfugge a ogni presa
fino a dissolversi in un’apparenza informe.
GIACOMO MANZU’
Artista scultore profondamente impegnato nella condanna della guerra. Manzù lavora soprattutto
il bronzo.

La “Crocifissione”, 1940
Presenta un’impaginazione rigorosa, quasi geometrica: la croce separa lo
spazio in due porzioni identiche, contrapponendo la figura dell’uomo
appeso per un solo braccio alla croce e quella, sgraziata e pingue, di una
prostituta che lo osserva insensibile.

IL GRUPPO NOVECENTO – ARTE CONTRO IL REGIME

Dalla fine degli anni Trenta in Italia, La SCUOLA ROMANA O SCUOLA DI VIA CAVOUR, formata da
Mario Mafai, Scipione, Antonietta Raphael e Renato Guttuso, si contrappone a “Novecento
italiano” e al fascismo. La Scuola Romana riprende il linguaggio espressionista con ispirazione
fantastica e sensibile, per ritrarre Roma e i suoi monumenti lontana dall’intento imperialistico e
celebrativo che Mussolini le stava conferendo.
Gli artisti che si schierano contro la dittatura di Mussolini si allontanano dallo stile del gruppo
Novecento, chiaramente vicino al regime fascista, respingendo il classicismo sironiano e le algide
composizioni del Realismo magico.
L’arte della contestazione si caratterizza per un linguaggio cromaticamente vivace, una pennellata
vibrante e una forte accentuazione degli aspetti emotivi, sentimentali della pittura.
Nei dipinti drammatici di questi artisti è riconoscibile un recupero della sensibilità espressionista,
legata a un desiderio di umanità e di giustizia.
La pittura della Scuola romana è un’arte ‘contro’ che ostenta tratti stilistici grossolani, pennellate
pastose.
Il tema di Roma è uno dei prediletti del gruppo.

MARIO MAFAI

La pittura di Mario Mafai presenta caratteri di grande coerenza stilistica.


Sul finire degli anni Trenta, si dedica al tema delle
“Demolizioni”, ispirate dagli sventramenti perpetrati da
Mussolini nel cuore di Roma per ‘liberare’ le vestigia
antiche e per dare forma alla retorica imperialista.
L’artista cattura nelle sue tele le viscere delle case
abbattute, in quella fase sospesa che le trova ancora in
piedi, con le stanze squarciate come fossero donne e
uomini denudati di fronte a estranei.
L’atmosfera è malinconica, triste ma non drammatica.
Le “Demolizioni” mostrano una tavolozza accesa e vivace,
con una calda luminosità che sembra emanare dagli edifici aperti esposti al sole.
SCIPIONE
Scipione, come Mafai, ama catturare vedute della città attraversata dal fiume. Ne risulta una
visione romantica e calda. I toni accesi del rosso carminio avvolgono come fuochi i monumenti e le
strade.

Ponte Sant’Angelo, 1930

ANTONIETTA RAPHAEL

Mafai con i pennelli, 1943

RENATO GUTTUSO
Il percorso artistico dell’artista è strettamente legato all’impegno politico, una vera e propria
militanza nelle fila del Partito Comunista Italiano.
Guttuso assimila dall’Ermetismo di Montale l’interesse partecipe per gli uomini e le cose, per il loro
destino rispetto alle oscillazioni della politica e della società.

Crocifissione, 1941
L’artista stravolge la tradizionale impostazione centrale
del dipinto, creando un punto di vista laterale che
impedisce la visione diretta di Gesù. Prevalgono le due
figure dei ladroni.
I corpi nudi massicci e muscolosi, amplificando la
fisicità del dolore e il senso di sofferenza.
Nella parte inferiore, le donne si muovono disperate,
coprendosi il volto o alzando le braccia, incredule per
la situazione che hanno davanti.
In primo piano sono esposti gli strumenti utilizzati per
la crocifissione.
Il soldato in primo piano tiene i dati con cui i carnefici
si sono contesi la veste di Cristo, mentre il suo cavallo
alza il capo in una citazione diretta da “Guernica”.
Intorno prende forma un paesaggio denso, abitato da casa, soffocato da un cielo grigio-rossastro.
I colori ricordano l’Espressionismo dei Fauves. Le linee cadono come lame, tagliano lo spazio.
Il dipinto combina la vocazione realistica di Guttuso, con la sensibilità cromatica
dell’Espressionismo e la visione spaziale, volumetrica del Cubismo.
Guttuso propone una condanna chiara e violenta della guerra, per mezzo della Passione di Cristo.
Criticata per tre elementi principali:
- tema cristiano in chiave contemporanea (politicizzandolo) con i soggetti crocifissati con i
pugni chiusi (saluto comunista);
- presenza di soggetti tutti nudi e della Maddalena (prostituta);
- la testa del cavallo grigio che ricorda il Guernica di Picasso, opera di denuncia per la guerra.

Gott mit Uns, 1944


Raccolta di schizzi sulla guerra intitolata “Gott mit Uns” (“Dio è con noi”).
Sono immagini caratterizzate da un forte grafismo, con una linea di
contorno severa che quasi incide le figure, volenti contrasti chiaroscurali e
composizioni libere.

Vucciria, 1974
È un dipinto saturo di colori, oggetti e beni.
Guttuso rappresenta una nuova umanità, presente e attiva, di
cui cerca di cogliere i fenomeni culturali e di massa al di là
delle questioni ideologiche di cui si fa portatore.

ALIGI SASSU
Verrà arrestato per le sue posizioni antifasciste.

Fucilazione nelle Asturie, 1935


Ripresa di elementi di tipo espressionisti.
CORRADO CAGLI
Lascia l’Italia nel 1938 dopo l’uscita delle leggi raziali in quanto ebreo. Parteciperà allo sbarco di
Normandia.

Buchenwald, 1945
Disegna ciò che vede realmente in quanto rinchiuso in uno
dei campi di concentramento.

CARLO LEVI
Di origine ebraica. Viene rinchiuso nel 1934 in uno dei campi di concentramento in quanto
antifascista.

Donne morte (Il lager presentito), 1942


Presenza di corpi ammassati. Rappresenta stanchezza e
disperazioni per ciò che si vive nei campi.

ARTE INFORMALE

Il termine informale è stato coniato nel 1952 dal critico Michel Tapié.
Indica una serie di esperienze verificatesi negli Stati Uniti e in Europa tra la fine della Seconda
guerra mondiale e gli anni Sessanta e che comprendono: Action Painting o Espressionismo astratto,
Pittura materica, segnica o gestuale e Tachisme. Il quadro è una superficie reale che registra un
momento di vita dell’artista, il disegno che ne viene fuori è una struttura di segni formati da colore
stesso.
Modalità di creare opere (ACTION PAINTING):
- Gesto
- Segno
- Materia
- Spazio
HANS HOFMANN

Spring, 1940
Stesura dei colori direttamente dal tubetto.

JEAN FAUTRIER

Testa d’ostaggio n.1, 1943-44


Utilizza diversi tipi di materiali come cemento e cera. Fa parte di una serie di
opere che presentano volti e corpi martoriati delle vittime della guerra e
degli abusati nelle case di cura. Forte matericità.

ARSHILE GORKY

Senza titolo, 1944

JEAND DUBUFFET

Il mago dal naso sottile, 1951


Presenza di un volto pietroso e semplice.
Riferimento alla matericità delle pitture originarie, le pitture murarie delle
caverne.
JACKSON POLLOCK
Principale esponente della Scuola di New York.
Si avvicina inizialmente alla corrente del Muralismo, mostrando una particolare sensibilità per
Michelangelo e Picasso e per il Surrealismo, con il suo portato di indagine dell’inconscio.
Gli ultimi anni di vita dell’artista sono tormentati e solitari. L’abuso di alcol porta Pollock a una
condizione di continuo disagio. Nel 1956 perde la vita a causa di un incidente stradale, presso New
York.

The Moon Woman, 1942


L’opera riflette il desiderio di dar vita a forme ancestrali, figure
assolute e universali capaci di accendere la sensibilità inconscia
dell’uomo. Chiarissimo il riferimento a Picasso. Fortissima è la
determinazione coloristica dell’artista: una derivazione dalle
sperimentazioni cromatiche di Mirò risulta piuttosto evidente,
accompagnata però da una ricerca del ‘segno’, da un grafismo di
intensa espressività che si manifesta nella linea nera potente usata
per definire alcuni particolari.

ACTION PAINTING

La vera svolta stilistica nella pittura di Pollock si matura quando l’artista rivoluziona la sua modalità
creativa: la tela non viene dipinta più sul cavalletto ma a terra. Le tele vengono calpestate,
performate e dipinte grossolanamente dall’artista.
Questo processo esecutivo combina la spontaneità con l’assoluta immersione fisica e mentale
dell’artista nell’atto pittorico, accentuando il valore del segno. L’opera è un insieme di azione e di
creazione.

Blue Poles: Number 11, 1952


È una delle più celebri
composizioni di Pollock.
L’artista ci chiama a immergerci
nell’intrico filamentoso di colori
che sembrano dialogare tra loro
seguendo un ritmo articolato e
complesso ma non privo di un
possibile codice di lettura.
Utilizza la tecnica del dripping.
GESTO

GEORGES MATHIEU

Pone la tela in verticale per realizzare una sorta di danza/lotta attraverso gli strumenti da lui scelti.

Les Capétiens partout, 1954

EMILIO VEDOVA

Dopo la guerra fonda il “Fronte nuovo delle arti” ma poi si sposta nell’Informale.
Opere caratterizzate da foga creativa, il gesto esprime qualcosa di particolarmente profondo ed
emotivo.

Sopraffazione No. 1, 1960

Piurimi/Binari, 1977-78
Pannelli considerati porte che aprono ad altre dimensioni.

WILLEM DE KOONING
Utilizza smalti e catrame, nuovi materiali alternativi a quelli tradizionali.

Lo scavo, 1950
Rispetta il suo impulso creativo e non segue il suo pensiero,
è per questo che realizza con velocità le sue opere.
FRANZ KLINE

Monitor, 1956
Studio prima della realizzazione.

SEGNO

Arte Segnica. Utilizzo del segno e fascinazione per la calligrafia.

MARK TOBEY

Universal city, 1951

GIUSEPPE CAPOGROSSI
Numera progressivamente le sue opere in quanto non vuole che l’osservatore sia condizionato dal
titolo.

Incisione per Dorfles, 1962


Segni molto differenti rispetto a quelli di Tobey.
Uno dei segni che ripeterà in moltissime delle sue opere è la forma
primordiale di una forchetta.
TACHISME

Macchie di colore che si creano dall’unione di segno e gesto.

HANS HARTUNG
Sin dagli anni Trenta, lo stile dell’artista assume quella di Tachisme (“macchia”). Le macchie sono
tracce violente.
La sua pittura esprime un fascino del mistero, legato al segno illeggibile ma attraente per la sua
mera apparenza.
L’influenza della pittura di Mirò e di Kandinskij sull’artista è molto evidente e ispira le varie fasi del
pittore.
L’artista utilizza scope e rami d’albero per accentuare l’effetto filamentoso e aggrovigliato della sua
pittura.

Senza titolo, 1956

ASTRATTISMO ITALIANO ED EUROPEO

LUCIO FONTANA
La formazione iniziale di Lucio Fontana è legata all’attività del padre, un italiano emigrato in Sud
America e affermatosi lì come scultore di monumenti funebri.
Lucio viene rimandato in patria dove frequenta l’Istituto Tecnico e parallelamente il Liceo Artistico
dell’Accademia di Brera.
Nelle sue opere possiamo ritrovare le diverse tipologie di fare arte intrinseche nell’arte formale:
spazio, gesto, segno, materia. Amante della scultura ottocentesca e della ceramica.

La Scultura astratta, 1934


La “Scultura astratta” della Galleria Civile d’Arte Moderna di Torino
è prova di un interesse per l’equilibrio e la geometria. Si
comprende anche il suo approccio alla forma come relazione tra
pieno e vuoto.
I Concetti spaziali, 1949-50
Opere che lo avrebbero condotto alla piena maturità stilistica.
Buca la tela creando diversi fori che creano una relazione fisica tra
fuori e dentro, tra un lato e l’altro.

Il ciclo Tagli/Attese, a partire dal 1959

Il processo di lavorazione di queste opere è molto complesso: il primo passo è la preparazione


delle tele cospargendole di anilina e di idropittura. L’ispessimento del supporto è fondamentale per
ottenere il giusto grado di tensione dei tagli. L’artista modella i tagli con una lieve curvatura,
ottenendo un effetto plastico che conferisce al dipinto la condizione di ‘forma’ e, soprattutto, la
tridimensionalità.
Fontana adotta per queste composizioni la denominazione di “Attese”, suggerendo una dimensione
temporale in aggiunta a quella dinamica di uno spazio che può essere attraversato, ma che è anche
fonte di meditazione per l’osservatore quando vi si ponga dinnanzi. L’azione dell’artista produce la
forma con un processo esemplare che riassume il gesto e la materia.
Sono quadri che si compongono di quattro elementi fondamentali:
1) Il gesto immutabile dell’artista;
2) Lo spazio che l’opera occupa e da cui è attraversata;
3) La materia che si compone della tela e del colore che la ricopre;
4) La forma, risultante della combinazione del gesto nello spazio sulla materia.

Spirali luminose per il soffitto della IX Triennale di Milano, 1951


È stato tra i primi ad utilizzare il neon a livello artistico.
Dipinge a tutti gli effetti con la luce.
MATERIA

Natura, 1959-60
Concetto spaziale.
Scultura organica dove si ripresenta nuovamente il concetto di buco.
Terracotta dipinta di nero. Grande contenuto mistico.

ALBERTO BURRI
Nasce come medico. Prigioniero di guerra in Texas nel 1944, è qui che nasce il suo amore per l’arte.
Solo dal 1948/49 si dedicherà all’arte in esclusiva.
Riuso di materiali che aveva a disposizione come camicie usate e sacchi di juta. Sacchi bucati e
ricuciti fra loro.

Sacco SZ1, 1949


Burri utilizza un oggetto reale, portatore di una propria
storia sottraendolo al flusso della realtà. Vi è un’eco del
collage cubista e del ready-made dada, ma l’intento
poetico è del tutto differente.
Per Burri la materia diviene protagonista del processo
artistico per la sua pura essenza e apparenza: all’artista
interessa rilevarne il carattere espressivo, l’energia
vitale e assoluta di cui è portatrice. È questo il senso
dell’utilizzare materiali reali, oggetti usati e lacerati,
mutilati dalla manipolazione dell’uomo.

Sacco S3, 1953


L’opera è un grido di dolore: i brandelli di tela si
dispongono sul fondo nero trattenuti a fatica da cuciture
lente e irregolari. In questa grande composizione c’è senso
dello spazio, della luce e del colore.
L’artista si avvale di sostanze eterogenee: la colla Vinavil ed
il colore, che in questo caso segna una lunga ferita, come
uno strappo di carne martoriata.

Rosso, 1956
L’opera è concepita sui due assi espressivi fondamentali del colore
e della materia. L’ampio sfondo rosso esalta il tessuto bianco di una
camicia, tale da conferire senso spaziale e profondità alla
composizione.
Le pieghe del tessuto determinano un gioco di chiaroscuro.
Richiamo al corpo umano.
Le Combustioni, 1957
Alla fine degli anni Cinquanta, Burri ricorre ai legni, alle plastiche e
ai ferri intervenendo attraverso la fiamma ossidrica.
Le bruciature scure possono essere lette sul materiale come ferite.
Ogni opera offre un racconto di sofferenza, un trauma che ne ha
segnato per sempre la fisionomia.

Cretto G1, 1973


Opera a rilievo realizzata attraverso vinavil, gesso, colore o pigmento
di colore.
Sembra terra arida, qualcosa che ha sofferto (sempre legato alla
guerra).

Il Grande cretto di Gibellina Vecchia, 1984-89


Il suo intervento più straordinario è quello operato a Gibellina,
distrutta dal terremoto nel gennaio 1968.
Il “Grande cretto” si afferma come opera monumentale che si
impone sull’ambiente circostante, modificando il paesaggio.
Le fessure dei cretti dipinti divengono corridoi solitari, passaggi di
un gigantesco labirinto.

ANTONI TAPIES

Bianco e arancione, 1967


Superfici consumate, relative al passato.
MARK ROTHKO
L’evoluzione stilistica di Rothko ha dei tratti di assoluta eccezionalità. La svolta informale esplode
nella pittura dell’artista a partire dal 1948 e prosegue fino alla morte. Le opere iniziali dell’artista
risentono dell’influsso di alcuni grandi pittori del primo Novecento, soprattutto di Cézanne, Matisse
e dei surrealisti.
Vi è un senso di solidità e di densa energia nelle sue opere che affonda le radici in un principio di
classicità.

Beach Scene (Bagnanti), 1928

COLOR FIELD

Nella sua stagione matura, dipinge opere di grandi dimensioni costituite da stesure di colore
compatto, con poche variazioni tonali che si offrono all’osservatore come spazi di immersione.
Il totale affidamento a stesure di colore denso, che arriva a coprire integralmente la tela, giustifica
la definizione di “Color Field Painting (“pittura dei campi di colore”) assegnata a qui pittori che,
come Rothko, hanno scelto questa modalità linguistica.
L’artista afferma che la sua arte non è astratta, ma che “vive e respira”. Inoltre, afferma che la vita
di un dipinto è strettamente collegata al rapporto con l’osservatore; al tempo stesso, il pittore
ritiene che la sua pittura sia figlia dell’arte del passato (l’arte classica e il Rinascimento), ma che
avendola interiorizzata non ci sia bisogno di darne testimonianza.

Le Multiforms: N. 21, 1947


Presenta una serie di corpi cromatici – masse fortemente irregolari ed
eterogenee per consistenza, densità e apparenza – che sembrano
muoversi nello spazio come nuvole nel cielo.

Magenta nero, verde su arancio, 1949


N. 4, 1953

N. 16 (Red, Brown and Black), 1958


Le masse principali di colore, le forme rettangolari che
dominano le tele, hanno sempre dei contorni sfrangiasti, per
cui l’impressione di chi guarda è che possano effettivamente
muoversi.

The Rothko Chapel, 1964-65 (inaugurata nel 1971, Houston)

AD REINHARDT

Redpainting, 1952
Esempio di color field.
BARNETT NEWMAN
Grande propensione per la spiritualità.

Cathedra Magna, 1951

MORRIS LOUIS

Maggior esponente dell’Astrazione Post-pittorica.

Delta, 1960

POST-INFORMALE

FRANCIS BACON

Bacon si dedica inizialmente al design per avvicinarsi alla pittura soltanto nel 1929, dopo i due
fondamentali soggiorni compiuti a Berlino e a Parigi.
Le sue prime realizzazioni dimostrano l’avvicinamento e l’interesse per la ricerca surrealista.
L’esperienza personale dell’artista, omossessuale dichiarato in un momento storico pesantemente
afflitto dall’intolleranza, rappresenta un elemento fondamentale per comprenderne l’opera. La
condizione di diversità e isolamento, unita alla grave asma da cui è affetto sin da bambino, lo
conducono a una visione drammaticamente pessimistica dell’esistenza umana.
Artista influenzato dal cubismo orfico e dall’inquietudine dell’urlo di Munch, al futurismo e al
controllo di Cézanne che va a perdersi.
Bacon dedicherà l’intera sua opera alla condizione umana e allo stato di inconsolabile solitudine
cui gli uomini sono vincolati. Disegna anime tormentate.

Three Studies for Figures at the Base of a Crucifizion, 1944


Le opere compongono un trittico (suo
genere amatissimo).
Nel trittico rappresenta forme
organiche irriconoscibili, tormentate e
contorte, vittime di orribili mutilazioni o
di deviazioni genetiche.
Le bocche spalancate che urlano
ricordano il dolore di Munch, mentre lo
spazio neutro su cui le figure si stagliano suggerisce l’impossibilità di stabilire relazioni, la
limitazione della comunicazione, del gesto e del movimento.
È la vita che chiede morte e soppressione; è l’esistenza concepita come sacrificio e come
condanna.

Ritratto di Innocenzo X, 1953


Il dipinto altera la struttura originaria del ritratto del papa,
offrendo un’immagine quasi liquefatta.
Le pennellate gialle disposte come una gabbia intorno alla sedia
del pontefice definiscono un reticolo spaziale invalicabile. Il corpo
appare dissolto, consumato da una forza interiore che trova un
solo sfogo nella bocca spalancata.
I toni scuri della tavolozza vibrano sullo sfondo neutro nei rivoli
delle pennellate verticali, che scendono come una pioggia scura e
impalcabile.
L’opera dispiega il tema della manipolazione della figura umana.
Ossessionato e influenzato da un artista del 1600/700, Diego
Velazquez.

ALBERTO GIACOMETTI
Lo scultore svizzero Alberto Giacometti comincia a elaborare un linguaggio autonomo dopo una
fase cubista e un tormentato avvicinamento al gruppo dei surrealisti (da cui fu espulso nel 1935).
Noto per le sue enigmatiche statue bronzee allungate e quasi filiformi.
La superficie grezza che caratterizza le statue produce un effetto vibrante.

Uomo che si rovescia, 1950


Recupera la figura umana ma la rende instabile, esile e tormentata. La
materia viene lasciata grezza ma riflette la luce.
Disequilibrio dell’uomo contemporaneo dopo la Seconda guerra mondiale.

Uomo che cammina, 1960


NEW DADA

Si tratta di un movimento che trae ispirazione dal Dadaismo. Avviene in America alla fine degli anni
‘50, precorrendo la Pop Art degli anni ‘60 e avvalendosi della tecnica dell’assemblage, ovvero
l’impiego di materiali di recupero di vario genere.
I suoi principali esponenti sono Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Jim Dine e John Chamberlain,
riuniti nella mostra «The Art of Assemblage» al Moma di New York nel 1961.
Rispetto al Dadaismo storico si attua un processo di semplice decontestualizzazione che sottrae
l’oggetto al flusso del reale per renderlo arte, ma lo si eleva direttamente a terreno d’azione del
gesto artistico. Questo tipo di realizzazione prende il nome di COMBINE e consiste nell’acquisizione
dell’oggetto e nella sua manipolazione artistica.
Contatto diretto con la vita reale, il vissuto quotidiano delle persone legato all’industriale, alla
fabbrica.
Ha a che fare con lo sviluppo economico e i beni americani. Critica per la nascita della società dei
consumi.

ROBERT RAUSCHENBERG
Principale esponente del movimento.
L’artista lascia che la pittura invada di colore le suppellettili e gli strumenti del vivere quotidiano.

Letto, 1955
La sua opera più conosciuta. Consiste in un letto (con cuscino,
lenzuola e coperta) che viene imbrattato di pittura e, così,
modificato nel suo significato e nella sua funzione.
Nascita della combine paintings. Al letto viene aggiunta la pittura
colata.

Monogram, 1955-56
Oggetto della manipolazione è una
capra impagliata con il corpo
inglobato in un copertone di
automobile.
Rauschenberg decise di utilizzare il
copertone per modificare l’aspetto
della capra e trasformarla in
un’opera d’arte. Vuole riportare in
vita l’animale e per questo aggiunge
del colore sul muso.
Il tutto è poggiato su un piano, anch’esso composto da diversi materiali.
JASPER JOHNS
Predilige una concezione più purista del rapporto tra realtà e pittura. Colui che condurrà/aprirà la
Pop art.
Utilizzo della tecnica del “tale e quale”: dipinge gli oggetti come fossero reali per spaesare
l’osservatore e permettergli di fare attenzione a ciò che ha intorno.

Bersaglio con calchi di gesso, 1955

Tre bandiere, 1958


In quest’opera il pittore riproduce – su tre tele di diversa
dimensione – l’effetto di tre bandiere americane
sovrapposte. L’esecuzione manuale rende vibrante l’aspetto
delle strisce e delle stelle, grazie a lievissime slabbrature
che conferiscono peculiarità e irripetibilità alla
raffigurazione. La sovrapposizione delle tele produce
tridimensionalità e conferisce all’immagine un aspetto
dinamico. Intento provocatorio e ironico.

JIM DINE
Un altro artista che apre alla Pop art ma rimane legato all’informale.
Interesse per l’uso della luce, elemento principale nel lavoro (arte povera e concettuale).

Coltello rosso, 1962


Richiamo alla ballerina di Mirò (piuma e puntina), primo esempio di
uccisione della tela.

The Studio, 1963


JOHN CHAMBERLAIN

Kroll, 1961
Utilizza carrozzerie di macchine pressate, non più utilizzabili. La loro bellezza
sta nella rappresentazione del reale.

NOUVEAU RÉALISME

Fenomeno europeo parallelo al New Dada, teorizzato nel 1960 dal critico Pierre Restany in Francia,
con l’intento di recuperare la realtà nella sua autonomia espressiva, accettandola nella sua
interezza. Nasce dal dialogo tra i fermenti culturali di Milano e Parigi, attraverso le figure di Piero
Manzoni e Yves Klein.
Tra i suoi esponenti si possono includere César con le sue compressioni, Arman con le
accumulazioni, Christo con gli impacchettamenti, Rotella con i decollage.
Se il New Dada ingloba la realtà e l’assimila allo spazio dell’arte creando un tutt’uno, il Nouveau
Réalisme tenta di rivalutare il contatto tra realtà e pittura.

YVES KLEIN
Uno dei principali interpreti. Propone il brevetto di un particolare tono di blu – ottenuto
mescolando una resina industriale al pigmento – battezzato International Klein Blue (IKB). Il pittore
usa questo colore per la superficie di oggetti e le riproduzioni di opere d’arte celebri.

Monocromo blu, 1956

Antropometria, 1960
Primo esempio di body art.
Tipo di performance nella quale il pittore, dopo aver cosparso di blu il
corpo di una modella, la fa muovere per lasciare un’impronta, un marchio
indelebile del suo essere corpo.
Venere blu, 1962

NEODADAISMO

Negli anni Sessanta l’arte manifesta un esasperato anticonformismo, scegliendo forme di


provocazione che puntano a scuotere l’opinione pubblica.

PIERO MANZONI
L’obiettivo della sua ricerca riguarda il senso della produzione artistica, il rapporto tra opere d’arte
nel contesto della modernità. Gli albori della sua carriera sono legati all’informale.

Gli Achromes
Produce la serie degli “Achromes”, dipinti totalmente bianchi realizzati con gesso, colla o caolino
che sembrano essersi autogenerati e che necessitano dell’interazione con lo spettatore per
assumere un senso.

Achrome, 1957-58
I suoi monocromi sono tra i più affascinanti, realizzati con una
tecnica plissettata che richiama all’atteggiamento di
Duchamp.
Rielabora l’informale e crea l’azzeramento della pittura.

Achrome, 1961-62
Utilizza cotone bianco o il pane ricoperto da calce, gesso o
colla.
Dopo di lui la pittura riprenderà la figura.
Gli Happening
La celebrazione dell’artista viene mesa in discussione attraverso happening.

Uovo con impronta, 1960


Presso la Galleria Azimut, Manzoni organizza una performance
intitolata “Consumazione dell’arte dinamica. Divorare l’arte”. I fruitori
sono invitati ad assistere alla bollitura di alcune uova, all’apposizione
della firma da parte dell’artista tramite impronta digitale e, infine, a
mangiare l’opera d’arte stessa, cioè l’uovo sodo ‘firmato’.
Il senso della performance è simbolico e di enorme implicazione
intellettuale.

Merda d’artista, 1961


È una scatola sigillata che diviene il simbolo dissacrante del ruolo
dell’artista e della sua celebrazione mediatica e culturale. L’opera
si pone al culmine di quell’uso provocatorio del proprio corpo e
delle proprie azioni che Manzoni faceva stimolare un dibattito sul
rapporto tra arte e critica, arte e pubblico, arte e mercificazione.
Crea scandalo inizialmente. Non si comprendeva il valore di un
gesto così estremo. Sono concepite per non essere aperte, sono
numerate e pretendeva fossero vendute al prezzo dell’oro.
Grandissima critica al mercato dell’arte, al concetto stesso
dell’arte in un mondo ormai dedito al consumo eccessivo
(discorso su cui verterà la pop art).
Le Basi magiche, 1961
Le famose “Basi magiche”, sulle quali lo spettatore/fruitore sale per
trasformarsi in opera d’arte, rendono quest’ultimo scultura vivente e
presente. La funzione della base-piedistallo è quello di sostenere opere
ed è ‘magica’ perché ha il potere di eleggere un oggetto o una persona
a espressione artistica.

CESAR

Compressione, 1960
Comprime le carcasse e ne fa queste sculture.
CHRISTO

Tavolo impacchettato, 1961


Riprende l’esempio de “L’enigma di Isidore Ducasse” di Man Ray, 1920.
Inizia a celare allo sguardo prima dei piccoli oggetti, poi sempre più
grandi. Arriveranno a diventare intere costruzioni. Diventerò noto per le
sue opere monumentali di impacchettamento. Permette alla memoria
di mettersi in moto e porsi domande. L’oggetto riassume importanza
sotto un’altra veste, apparendo ai nostri occhi in una visione nuova.

ARMAN

Accumulazione, 1961
Reagisce al concetto di consumo. Poetica dello scarto e del
rifiuto. Diventa bello nel momento delle accumulazioni di
oggetti riposti in una teca di vetro, esposti anche in modo
verticale. Vedere gli oggetti attraverso una veste artistica.

Chopin’s Waterloo, 1961


Oggetti fracassati e poi ricostruiti, messi poi sotto teca e
mostrati per ciò che sono. Gesto di collera di una società che
sta perdendo il valore degli oggetti. Presa di coscienza nei
confronti del consumismo.

MIMMO ROTELLA

Fascinazione per le star del cinema di Hollywood, le riporta come qualcosa che è andato distrutto.

L’asfalto nella notte (Elvis Presley), 1962


Esempio di DECOLLAGE.
Nonostante opere in Italia ha contatti con il Nouveau Realisme.
Recupera un immaginario che è quello dei cartelloni pubblicitari. Li
strappa dal muro, li riporta sulla tela e comincia a strappare in
modo nuovo, inedito per far sì che certi concetti vengano
sottolineati. Poetica della carta lacerata.
FLUXUS

Nato nel 1962, è un movimento che identifica l’arte con la vita, secondo un fluire ininterrotto di
situazioni ed emozioni. Ispiratore del gruppo è George Maciunas, secondo cui l’arte è in ogni gesto
della vita.
Si afferma in particolare in Germania e in America, introducendo il concetto di arte come
happening, un evento che avviene in un dato tempo e luogo e che prevede il coinvolgimento e la
partecipazione emotiva del pubblico. Già alla fine degli anni ‘50 Fluxus, che si ispira al teatro
futurista, è anticipato dalle opere di Allan Kaprow, dal gruppo giapponese Gutai, da Merce
Cunningham e John Cage.
Tra i suoi maggiori esponenti troviamo Nam June Paik, Joseph Beuys e Yoko Ono.

GRUPPO GUTAI:

SABURO MURAKAMI

Passing Through, 1956


Tipo di evento che non si ripete, accade una sola volta.
Azione che viene compiuta dall’artista o dal pubblico (dietro
indicazione dell’artista), fondamentale per farlo interagire.
21 fogli di carta, l’artista ci passa attraverso.

ALLAN KAPROW

Women licking jam off a car, 1964 (Festival of Contemporary Art, New York)

CHARLOTTE MOORMAN e NAM JUNE PAIK

Human cello, 1965 (String Playerat Café au Go Go, New York)


Video arte. Nasce come mezzo per testimoniare quelle azioni che
altrimenti si sarebbero perse. Riflessione sul corpo, il suo ruolo è centrale.
YOKO ONO

Sky Piece to Jesus Christ, 1965


L’artista immobilizzò i membri di un’intera orchestra,
utilizzando delle bende chirurgiche che resero impossibile
l’esecuzione musicale.
L’opera è dedicata a John Cage (chiamato ‘Jesus’, appunto),
propone una riflessione sul contrasto tra libertà e
costrizione.

JOSEPH BEUYS
Sviluppa un grandissimo amore nei confronti della natura.

Infiltrazione omogenea, 1966


Pianoforte ricoperto da feltro. Centrale è una musica che
non può avvenire. Lo crea dopo un incidente aereo, dove
viene soccorso e avvolto nel feltro e cosparso di grasso
animale. L’avvenimento cambia radicalmente il suo
pensiero, capisce che per lui l’arte diventa un principio di
vita indiscutibile e che tutti possono attuarla. Già solo il
fatto di essere in vita è una cosa artistica.

7000 Querce, 1982 (documenta VII, Kassel)


Riempie la città di alberi. La stessa cosa la farà in Abruzzo
(Piantagione Paradise, con piante e alberi in via d’estinzione).

POP ART

Il fenomeno della Pop Art risponde al bisogno di modelli presenti nella società consumistica al
momento della sua maturazione.
L’Art Pop mantiene un atteggiamento neutrale rispetto alle implicazioni socio-economico-culturali
emerse con il benessere diffusosi negli anni Cinquanta, sia negli Stati Uniti che in Europa.
Le origini del movimento vanno individuate in Inghilterra, nella mostra "This is Tomorrow" del 1956
alla Whitechapel Art Gallery di Londra, dove Richard Hamilton espone la prima opera che può
definirsi pop.
Negli anni '60 gli americani Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Tom Wesseiman e
Rosenquist assumono un linguaggio visivo, ripetitivo e seriale, assimilato e trasmesso dai mezzi di
diffusione di massa come la pubblicità i fumetti, la tv, il cinema.
RICHARD HAMILTON

Just What is it that Makes Today’s Homes so Different, so Appealing?, 1956


Manifesto del cambiamento che sta accadendo nella società.
Opera rivelatoria, d’ispirazione per gli artisti della pop art.
Ricorso alla tecnica del collage: ritagli di giornale che mettono in
risalto il culto dell’immagine, il grande ruolo della pubblicità e le
nuove tecnologie che diventano status symbol del nuovo vivere
contemporaneo.
Oggetti che affascinano perché sono nuovi ma ci spingono a
riflettere sugli effetti che causeranno.

ANDY WARHOL
Vero protagonista della Pop Art americana. L’artista si forma nell’ambiente della pubblicità e presta
particolare attenzione al fenomeno della comunicazione di massa: cinema, stampa e televisione.
Le sue opere più conosciute sono repliche di oggetti o immagini ‘rubate’ a contesti differenti.
L’obiettivo principale dell’artista è quello di sottrarle all’anonimato, all’abitudine del quotidiano, per
isolarle e rendere note.

Minestra in scatola Campbell’s, 1962 (serigrafia su tela)


Le prime realizzazioni di Warhol riguardano beni di consumo rappresentativi: il
barattolo della zuppa Campbells’ Tomato Soup, le scatole del detersivo Brillo
divengono oggetti da riprodurre, integrare ed elevare a senso artistico.

Ancor più significativo è il lavoro compiuto da Warhol sulle immagini televisive: la riproduzione
ingigantita delle fotografie degli incidenti stradali condanna l’uso e l’abuso dell’immagine da parte
dei mezzi di comunicazione. L’abitudine alla violenza indotta nell’osservatore dalla televisione ha
infatti come conseguenza l’inevitabile innalzamento del naturale livello di sopportazione.
La moltiplicazione determina la consuetudine e quindi ridimensiona il coinvolgimento emotivo, lo
shock, l’immedesimazione nel dramma dell’altro.

Orange car crash, 1963


Opera senza chiaroscuro, dirette, con impatto incredibile.
Introduce il concetto di riproduzione seriale delle immagini.
La Pop Art acquisisce e accetta il meccanismo economico e consumistico basata sulla diffusione
seriale di immagini, modelli, colori. Assume così un pieno significato alla riproduzione delle icone
hollywoodiane, come Marilyn Monroe, nuova Venere sensuale, oggetto del desiderio ed esempio
indiscusso di femminilità.

Marylin, 1967 (portfolio di 10 serigrafie a colori)


L’artista ne riprende uno shot celebre, tratto dal film Niagara (1953), e lo
dispone scontornato, su un fondo colorato che lo trasforma e lo banalizza
come un fumetto rendendolo più accessibile.
La riproposizione seriale uccide il soggetto, lo annienta. Processo di
massificazione che equivale a depersonalizzazione.

Autoritratto, 1967 (serigrafia su polimero sintetico su due tele)


Anche lui consumato dalla società dei consumi.

ROY LICHTENSTEIN
L’artista ha l’intuizione geniale di prendere in considerazione il mondo del fumetto, genere
amatissimo e in fase di enorme sviluppo, che trasforma l’immagine e la parola scritta, in un’epoca
alle prese anche con importanti sperimentazioni letterarie e con il potere seduttivo del cinema di
Hollywood.
Lichtenstein promuove la striscia del fumetto, isolandone un frammento e monumentalizzandolo,
in dimensioni grandiose da opera d’arte.

Costoletta, 1962
Sembra una stampa, ma è tutto dipinto.

Drowing girl, 1963


L’artista dipinge parti di un fumetto rendendole molto grandi.
L’artista utilizza una sorta di puntinato che replica la resa della stampa ma
che, inevitabilmente, evoca anche le origini della pittura moderna, con gli
studi di Georges Seurat e di Paul Signac.
TOM WESSELMAN

Natura morta n.30, 1963


Rappresenta oggetti del quotidiano. Inserire elementi
veri ed elementi finti.

Vasca da bagno n.3, 1963


Si sposta sull’immagine femminile. Mette in crisi lo spettatore
perché si introducono oggetti veri.

CLAES OLDENBURG
L’artista concentra la sua sperimentazione artistica sul tema del cibo e sulla vita quotidiana della
middleclass. Oldenburg realizza riproduzioni ingigantite del junk food, il “cibo spazzatura” che si
trova nei fast food, con materiali poveri quali la cartapesta, il gesso e la plastica: l’effetto è
disgustoso e straniante, ma al contempo ironico.

The store, 1961


Cibo nuovo, industriale, che viene introdotto.

Hamburger a terra, 1962


Nuovo materiale di imbottitura che evidenzia la natura scadente
dell’oggetto, il poco valore.
MINIMAL ART

All’inizio degli anni Sessanta risale la nascita del Minimalismo, un fenomeno artistico che predilige
forme espressive elementari e fredde, prive del coinvolgimento emotivo.
Questo movimento si affida a forme e linee geometriche, materiali industriali e colori compatti.
Il Minimalismo si oppone al carattere romantico e passionale dell’arte informale e cerca purezza
estetica nella semplicità delle forme e delle cose. È questo il senso del rigoroso geometrismo
cromatico di Frank Stella, che crea ordinati intrecci di linee e fasce di colore.
I suoi rappresentanti sono gli scultori Robert Morris, Dan Flavin, Donald Judd, Carl Andre e il pittore
Frank Stella, che intendono raggiungere il massimo di espressività con il minimo uso di strumenti
esecutivi, per mezzo della riduzione alle forme prime dei solidi geometrici.
Il teorizzatore del movimento è Sol Lewitt che anticipa l'Arte Concettuale.

FRANK STELLA
Inizia dipingendo nero su nero. Le opere da lontano sembrano dei monocromi ma avvicinandosi si
notano le righe.
A partire dagli anni 60 crea opere colorate ma comunque geometriche.

In alto la bandiera, 1959


Le caratteristiche delle sculture minimaliste le ripropone nella pittura.

Isfahan, 1969
Opera coloratissima che riprende alcune
forme geometriche. Ricorda l’astrattismo
di Mondrian.
SCULTURA MINIMALISTA

L’attività degli scultori minimalisti è particolarmente efficace sotto il profilo percettivo.


La scultura minimalista usa materiali semplici e neutri, ma predilige la creazione di opere
ingombranti, imponendo allo spettatore di attraversarle o di passarci sopra.

DONALD JUDD
L’artista è forse il più puro esponente dell’“arte minimalista tridimensionale”.

Untitled, 1969
L’artista dispone forme equivalenti poste in modo seriale, che creano e negano
spazio (nell’alternanza di pieno e di vuoto), ma al tempo stesso lo riflettono e lo
moltiplicano in virtù della loro superficie riflettente.

CARL ANDRE

Crea pattern a terra calpestabili. Spesso sono in pietra naturale. Le opere possono essere inserite
sia in uno spazio chiuso che all’esterno. Sono sculture piatte che prevedono la presenza del
pubblico su di esse.

Alloy Square, 1969

43 Roaring Forty, 1987


Grandi lastre quadrate di acciaio laminato a freddo e stagionato sono disposte
per formare un'area rettangolare.
ROBERT MORRIS
Predilige strutture modulari geometriche e adotta schemi espressivi che presentano rilevanti
analogie con l’opera del compositore John Cage.

Box with the Sound of “Its Own Making”, 1961


Ambito pienamente concettuale.
Scatola che non si apre dalla quale escono i rumori della costruzione
dell’opera stessa grazie ad un amplificatore (rumore del taglio del legno
con una sega registrato precedentemente).

Schedario, 1962
Operazione estremamente concettuale, poetica.
Registra le fasi di realizzazione dell’opera.
Sono presenti delle cartelle che elencano tutti i passaggi per la creazione
dell’opera.

Installazione, 1964 (New York)


Oggetto molto ingombrante con il quale il pubblico deve interagire.

SOL LEWITT
Teorizzatore massimo del minimalismo.
L’artista crea installazioni ambientali, affidandosi principalmente alla definizione geometrica dello
spazio. LeWitt realizza delle gabbie aperte, spazi che lo spettatore può attraversare ed esplorare.

Struttura, 1971
Ragiona sul sistema di struttura modulare. Anche questa
opera è molto ingombrante e dà al pubblico la possibilità di
attraversarla.
Variations of Incomplete Open Cubes, 1974
Inizia a ragionare sulla struttura e la forma del cubo, studiando
come destrutturarlo.

In seguito allo studio dei punti, crea dei progetti, indicando i materiali, in modo tale che qualsiasi
persona possa creare l’opera. Non venderà più un’opera ma dell’istruzione di progetto per la
creazione dell’opera.

Drawing Project, Xerox Book, 1968 The Location of Points, 1973

Drawing #289, 1976


Dai progetti con i punti realizza installazioni su grandi muri dove
sono presenti molte linee intrecciate fra loro.

DAN FLAVIN
Riprende Fontana (primo a utilizzare la luce) e crea opere di neon.

The Nominal Three, 1963 (Varese, Villa Panza di Biumo)


Luce intesa come pittura di un muro. Le linee di luci sono
poste al centro di un muro e agli angoli, riprendendo i
contro rilievi di Tatlin.
POP ART ITALIANA

Gli artisti sottoelencati vengono legati alla pop art italiana ma in realtà non riprendono i tratti
distintivi della Pop Art americana, ma un Futurismo rivisitato.
Anche in Italia si diffonde una cultura artistica pop che si confronta soprattutto con i temi della
comunicazione pubblica, della televisione e della pubblicità di strada.

MARIO SCHIFANO
Mario Schifano esplode negli anni Sessanta con proposte interessantissime e colte, in parte
desunte dall’esperienza di precedenti Avanguardie, come il Futurismo (“Futurismo rivisitato”).
Nel 1964 l’artista crea una serie di opere ispirate alla fotografia che ritrae il gruppo di Marinetti,
fondatore della prima Avanguardia italiana, nella quale l’artista riconosce tratti di attualità.

No, 1960
Parte da uno sfondo monocromo, dal quale affiorano lettere.

Paesaggio anemico, 1965


Dal monocromo si passa a dipingere figure.
Notevole è l’utilizzo che fa della Polaroid, scattando immagini di ogni dettaglio,
persona o soggetto che colpiscono la sua immaginazione o curiosità.

Futurismo rivisitato a colori, 1965


Come gli artisti della Pop art, è affascinato dalla pubblicità dalla
televisione e della fotografia, non si fa riferimento alla
serializzazione industriale, ma al Futurismo. Utilizzo della tecnica
dello stencil.

Coca-cola, 1972
Da uno sfondo monocromo appare un riferimento pubblicitario (Coca
Cola) dipinto.
L’artista attinge prevalentemente ai materiali della cultura pop.
Rispetto alla Pop Art americana e all’uso del messaggio commerciale
fatto da Warhol, Schifano declina verso un’interpretazione
maggiormente pittorica. Warhol si appropria del mezzo della
pubblicità, simulando gli effetti di stampa; Schifano, invece, pur
avvalendosi di strumenti moderni e innovativi, vuole restare pittore. L’artista italiano guarda il
paesaggio urbano, ne ruba dettagli e li reinterpreta con sentimentalismo e innovazione.
FRANCO ANGELI

Ferita, 1958
Carattere informale, pare una citazione di Burri.

Stelle, 1961
Da uno sfondo monocromo, dipinge falci e martelli del partito comunista.

Natale di Roma, 1964


Lupa di Roma.

Corteo, 1968
Dipinge l’attualità: cortei e scioperi di lavoratori e universitari.

TANO FESTA
Utilizza nuove tecniche come gli smalti industriali.

Michelangelo according to Tano Festa, 1987


Semplificazione legata alla Pop Art ma recupera la memoria di
Michelangelo.
MARIO CEROLI
Abruzzese di nascita. Realizza sagome di legno, soprattutto della figura umana.

Burri, 1966
Opera in legno.

FABIO MAURI
Ossessionato per le immagini dei campi di concentramento.

Schermo, 1970

Il Muro Occidentale o del Pianto, 1993


Richiama gli accatastamenti di valige lasciate all’ingresso dei campi di
concentramento.

PINO PASCALI
L’artista predilige un approccio più creativo, che lo porta a riprodurre immagini della natura.

Ricostruzione del dinosauro, 1966


Presenza inattesa all’interno di un museo quale lo scheletro
di un dinosauro.
Mare + fulmine, 1966
Riferimenti alla natura, di cui è affascinato. Installazione non percorribile.

32mq di mare circa, 1967


Vasche piene d’acqua disposte sul pavimento dalle diverse sfumature di
blu e azzurro.

ARTE POVERA

Teorizzata dal critico Germano Celant nel 1967, l'Arte Povera emerge all'inizio degli anni Sessanta e
si riconduce alle esperienze di un gruppo di artisti che hanno sede a Torino e sono Giovanni
Anselmo, Alighiero Boetti, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Gilberto Zorio,
Giulio Paolini, Luciano Fabro, cui si aggiungono Pier Paolo Calzolari e il greco Jannis Kounellis.
Si tratta del movimento italiano della seconda metà del Novecento più conosciuto all'estero.
Utilizza elementi organici tratti dall'ambito reale, vivi o naturali, concentrando l'attenzione sulla
loro carica energetica, anticipando l'Arte Concettuale e la Land Art.
L’arte povera utilizza materiali semplici, tratti dal flusso ordinario della vita e della natura. Il
concetto di ‘povertà’ dell’arte non riguarda pertanto la tipologia dei manufatti, quanto piuttosto il
messaggio che l’artista cerca di trasmettere allo spettatore.
Due filoni arte povera:
- Elementi vivi e naturali;
- Processi tecnologici basilari,

JANNIS KOUNELLIS

Pappagallo, 1967

Senza titolo (12 cavalli vivi), 1969 (Galleria L’attico, Roma)


Realtà che diventa opera d’arte.
L’artista lega dodici cavalli vivi alle pareti come fossero dei
dipinti.
L’osservatore entra in contatto con un’opera d’arte
vivente.
MICHELANGELO PISTOLETTO
Ricerca di una connessione forte con la natura, persa a causa dell’industrializzazione.

La Venere degli stracci, 1967


Sorta di manifesto dell’Arte povera. L’artista utilizza il calco
della “Venere con mela” di Bertel Thorvaldsen.
La lettura dell’opera va verso la contrapposizione tra la
purezza e l’immutabilità dell’arte classica e la società odierna
consumistica.
Anche la Venere, essendo un calco, ha in comune con gli
stracci la riproducibilità e la non autenticità.

I visitatori, 1968 (serie dei Quadri specchianti)


Permette di entrare direttamente nell’opera d’arte.
Rappresenta una connessione profonda con il pubblico.

GILBERTO ZORIO

Stella, fumo su muro, dagli anni ‘60


Utilizzo del fuoco come elemento creativo (come Burri).
Attraverso la fiamma ossidrica rappresenta una stella (sua
forma preferita) su una parete.

MARIO MERZ
Lavora tantissimo su forme spiraliformi che richiamano le forme naturali e sul concetto di
proliferazione vegetale e umana (che si può trovare nella successione di Fibonacci).

Igloo di Marisa, 1972


Utilizza la forma dell’Igloo intenso come forma
primordiale che ha all’interno la figura umana e la vita.
Sopra troviamo i numeri della successione di Fibonacci in
neon.
GIOVANNI ANSELMO

Senza titolo (scultura che mangia), 1968


Realizzata con due blocchi di granito legati insieme con del filo di rame. Tra i
due blocchi troviamo dell’insalata. La scultura necessità un intervento
costante ovvero quello di cambiare l’insalata per evitare che il blocco più
piccolo cada. Come le persone, deve essere accudito. È una “scultura viva”.

LUCIANO FABRO

Felce, 1968
Conservazione della natura e della vita rappresentata dalla foglia di
felce.

PIER PAOLO CALZOLARI

Il mio letto così come deve essere, 1968

GIUSEPPE PENONE
Lavora costantemente con la figura dell’albero. Poiché affascinato dagli anelli che formano il tronco
e rappresentano gli anni che passano.

Ripetere il bosco, 1969-97


Partendo da un tronco grande, lo scolpisce fino ad arrivare al tronco
giovane.
Rovesciare i propri occhi, 1970
Sorta di performance ritratta in una fotografia. Sugli occhi presenta
due piccoli specchi. L’arte povera ci mostra il corpo (per mezzo del
quale entriamo in contatto con l’altro e con la natura).

LAND ART

Detta anche originariamente Earth Art ed Environment Art, si data al 1968 e si basa sull'interazione
tra artista e natura, attraverso interventi diretti sul paesaggio naturale: ampie distese di deserto,
montagne, campi di neve. Gli artisti si ribellano al mercato dell'arte, rifiutando gallerie e musei e
agendo sulla natura. Seppure legata ad una nuova sensibilità ecologica, spesso la Land Art ha
provocato conseguenze permanenti sull'ambiente, distruggendo terreni o porzioni di laghi o mari.
La Land Art sposta all'esterno la monumentalità geometrica della Minimal Art. Tra gli esponenti vi
sono Walter De Maria, Christo e la compagna Jeanne-Claude, Dennis Oppenheim, Robert
Smithson e Richard Long.

DENNIS OPPENHEIM

Annual Rings, 1968 (Maine, fiume St. John)


Cerchi realizzati sulla neve. Temporanei in quanto la
neve si scioglierà.

ROBERT SMITHSON

Spiral Jetty, 1970 (Great Salt Lake, Stati Uniti)


Compatta dei massi per creare una spirale in
acqua. Agisce con delle grandi ruspe che
hanno danneggiato l’eco sistema marino.
A causa del movimento dell’acqua l’opera è
sparita per anni per poi riapparire negli anni
2000, ormai distrutta.
WALTER DE MARIA

Lightning Field, 1971-77 – New Mexico


L’installazione consiste nell’installazione di quattrocento
pali di acciaio inossidabile, trasformando una porzione del
deserto del New Mexico, in un campo elettromagnetico
capace di attrarre fulmini che scatenano un vero e proprio
spettacolo di energia e natura.

Earth room, 1977 – Wooster Street, New York


Ha riempito tre ambienti con 50 metri cubi di terra, sorretti
con del vetro trasparente. Estremamente poetico in
quanto, nel cuore della stanza, è possibile percepire l’odore
della terra e ricollegarsi ad essa.

RICHARD LONG

Scultura in pietra, 1976 – Biennale di Venezia


Forte connessione con la Minimal art in quanto invade lo
spazio con un’opera molto grande e utilizza un materiale
primario come la pietra.

CHRISTO e JEANNE-CLAUDE
Gli artisti avvolgono interi monumenti o porzioni di spazi naturali con diversi materiali, tutti di
recupero. La pratica del wrapping, “impacchettamento”, punta ad evidenziare o a nascondere
l’ambiente che ci circonda. L’origine dell’impacchettato è il Dadaismo.
L’azione di Christo è certamente provocatoria per la sua imponenza e per l’impatto pubblico
invadente. Eppure, il carattere effimero della sua progettazione e il coinvolgimento indiretto di un
pubblico assolutamente casuale rendono le sue opere significative sotto il profilo psicologico,
affermando due principi essenziali:
- l’ingresso dell’arte in una dimensione quotidiana e allargata, quindi pienamente
democratica;
- il ruolo assunto dalla memoria collettiva nel legittimare l’azione artistica (gli interventi sono
impressionanti per lasciare una traccia indelebile nel ricordo dello spettatore).
Wrapping di un tratto di costa di Little Bay, Australia, 1968-69
Impacchettamento di 93 mila mq di costa australiana.

Impacchettamento del Reichstag, Berlino, 1971-95


Copertura del Reichstag di Berlino con l’impiego di cento mila
mq di tessuto.

Valley Curtain, Rifle (Colorado), 1970-1972


Realizzata con 400 metri di tessuto tecnico per paracaduti
mantenuto da un cavo in acciaio. Copertura di una parte di
una vallata in Colorado. Oltre ai due anni di realizzazione,
ci sono voluti anni per i permessi e la progettazione.
Ci sono stati due tentativi di montaggio. Durante il primo
tentativo è stato strappato. Nel secondo tentativo il
tessuto rimane in piedi solo 28 ore poiché distrutto da una
tempesta di sabbia.

Running Fence, Sonoma and Marina Counties (California), 1972-76


40 metri di tessuto mantenuto da un cavo in acciaio.
Considerato come una pennellata sul terreno.

Floating Piers, Lago d’Iseo (Suizano e isole Monte Isola e San Paolo),2016
Polietilene ad alta densità per la creazione di una
passerella di 3km che permetteva di camminare
sull’acqua.
Per arrivare al lavoro finale si è partiti nel 2014 con la
progettazione.
PERFORMANCE E BODY ART

Nella Body Art, che si data alla fine degli anni ‘60 e durante gli anni ’70, l’artista adotta l’impiego
del corpo, compiendo azioni o performance che hanno una valenza artistica.
Le prime ricerche si erano manifestate con Piero Manzoni, con l’utilizzo di modelle nude per
apporvi la forma del corpo su tela.
L’opera diviene effimera perché consiste in un’azione limitata nello spazio e nel tempo, di cui resta
solo una traccia fotografica o video.
Lo spettatore è chiamato in maniera sempre più diretta a partecipare alle azioni, che producono in
lui vere e proprie reazioni psico-fisiche.
Tra i suoi esponenti vi sono: Bruce Nauman, Gilbert&George, Joseph Beuys, Vito Acconci e Marina
Abramovic.

GUNTER BRUS

Autopittura, 1964
Si dipinge come fosse un quadro monocromo.

JOSEPH BEUYS
L’esperienza in un campo di prigionia durante la Seconda guerra mondiale lascia una ferita
indelebile nella sua vita. L’artista rimane colpito soprattutto dal contatto con la popolazione dei
tartari nomadi, che lo soccorrono quando il suo aereo viene abbattuto in Crimea.

Coyote: I like America and America likes me


Come nell’arte povera, c’è l’interazione con un animale vivo.
Scontro tra natura e progresso, natura e azienda.
È un‘azione che l’artista realizza recandosi in una galleria d’arte,
avvolto di feltro, qui rimane per tre giorni insieme a un coyote,
animale che ritiene legato ai nativi americani. Ogni mattina
propone all’animale una pila di copie di giornale, con l’intento
polemico di mettere a confronto la cultura della modernità, della
tecnologia e dello sviluppo economico con la spontaneità della
terra, della tradizione e del primitivismo.
Il coyote trasforma i quotidiani in giaciglio, li distruggere e li usa
come spazio per urinare.
MARINA ABRAMOVIC
Il talento artistico dell’artista, serba di origine, esplode con il trasferimento ad Amsterdam dove è
cruciale l’incontro con il futuro compagno di vita e di lavoro Ulay: i due collaboreranno insieme:
iniziano con l’evento che li vede legati per i capelli per diciassette ore consecutive; nel 1988
percorrono in direzioni opposte la muraglia cinese, progettando di incontrarsi a metà del cammino
per unirsi come marito e moglie, ma giunti al punto d’incontro – dopo novanta giorni – i due
decidono di lasciarsi per sempre.

Rest Energy, 1980


Si basa sul concetto di fiducia nella coppia.
Realizzata insieme al suo compagno e artista Ulay.

Balkan Baroque, 1997


Con la performance, premiata nel 1997 con il
Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, l’artista
tenta di lavare con una spazzola un cumulo di
ossa di animali insanguinate senza riuscirvi.
L’intento era quello di denunciare, sull’onda
devastante della Guerra dei Balcani, l’orrore dei
conflitti e, al contempo, l’impossibilità di
cancellarne le tracce e le conseguenze di morte e
putrefazione.
The Artist is Present, 2010
Retrospettiva del 2010 organizzata dal MOMA di New
York. Qui Marina siede per circa 12 ore al giorno di
fronte a una sedia vuota dove chiunque può sedersi
per stabilire con lei un dialogo muto.
L’unico momento nel quale si muove e quando si
presenta dinanzi Ulay, suo vecchio partner, al quale
tende le braccia e stringe le mani.
Inaugura un nuovo percorso del mondo delle
performance in quanto coinvolge direttamente gli spettatori.
512 ore, 2014 (Serpentyne Gallery, Londra)
Gli spettatori erano invitati a coprirsi gli occhi e a isolarsi
acusticamente e a muoversi liberi nello spazio.
BRUCE NAUMAN

Study for Holograms (Markin Faces), 1968

GLIBERT AND GEORGE

Living Sculpture, 1969


Gli artisti si dipingono di oro e si vestono da inglesi della
borghesia media. Rappresentano la vita e la loro esistenza come
esperienza artistica.

VITO ACCONCI

Trademarks, 1970
Marchio del suo morso sul suo corpo.

ARTE CONCETTUALE

L’Arte Concettuale si data alla metà degli anni ’60.


Gli artisti concettuali ci chiedono di abbandonare ogni cliché e consuetudine nei confronti della
fruizione artistica, dell’idea dell’arte e della sua presunta funzione estetica.
Le sperimentazioni degli anni Sessanta e Settanta convergono su un tema di fondo, che è quello del
conflitto fra arte e modernità, fra arte e progresso e fra arte e società industriale.
Tra i suoi maggiori esponenti vi sono Joseph Kosuth e Douglas Hueblerin in America e il gruppo
dell’Art & Language in Inghilterra.
Si tende a pensare all’Arte Concettuale come a un contenitore più ampio nel quale inserire le
espressioni della maggior parte degli artisti che operano tra gli anni ‘60 e ‘70, tra cui Land Art e
Arte Povera.
JOSEPH KOSUTH

One and Three Chairs, 1965


Opera più nota dell’arte concettuale. Si compone di tre
elementi: una vera sedia di legno, una fotografia della
sedia e la definizione di sedia tratta dal dizionario.
La realtà è data dal concetto, dall’oggetto fisico e
dall’immagine della sedia. C’è un’interrogazione su ciò
che è reale tra i tre. Studio del valore del linguaggio.
Vuole investigare la vera natura dell’arte.
Opera che punta a provocare l’osservatore, la sua
percezione e sensibilità.

Five Words in Blue Neon, 1965


L’opera si compone di puro pensiero. Cinque parole in neon blu.

Titled (Art as Idea as Idea), 1966


Eliminazione di un oggetto, ci lascia immaginare.
Prende solo la definizione dal vocabolario.

DOUGLAS HUEBLER
L’artista raccoglie informazioni e documenta il visibile già esistente, affidandosi soprattutto alla
fotografia.

Duration Piece 11, 1969


Durata nel tempo e nello spazio di un’azione.
Realizza fotografie una dietro l’altra di paesaggi,
oggetti o persone.
In questo caso documenta lo scioglimento della
neve. Affianca una descrizione razionale dove
spiega ciò che l’osservatore ha davanti.
ARTS & LANGUAGE - CORRENTE INGLESE

VICTOR BURGIN

Performative Narrative (le bureau), 1971


Presenta la fotografia di un oggetto e ci affianca la
descrizione. Permette all’osservatore di creare una storia.

TERRY ATKINSON e MICHAEL BALDWIN

Map to not Indicate, 1966

TRANSAVANGUARDIA

Teorizzata in Italia nel 1977-78 ad opera del critico Achille Bonito Oliva, riunisce 5 artisti: Enzo
Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Nicola De Maria, che reagiscono
all’estremo sperimentalismo del Novecento, con il ritorno ad una pittura figurativa e
neoespressionista, vuota di significati e con una tecnica pittorica volutamente ingenua. Ne deriva
una pittura citazionista e anacronista che si rifà all’antico e che si afferma nella Biennale di Venezia
del 1980.

FRANCESCO CLEMENTE
Fascinazione per il surrealismo e l’ambientazione metafisica.

Il sole di mezzanotte IX, 1982

Name, 1983
Un volto che nasconde nelle sue cavità altri volti.
SANDRO CHIA
Riprende il colorismo di Chagall.

In acqua strana e cupa se brilla un punto bianco se salta una pupa al volo m’affianco, 1979

La donna del lago, 1983


Rappresenta corpi gonfi e dal colorismo particolare.

ENZO CUCCHI

Colori più scuri rispetto agli altri, atmosfera opaca. Il colore non ha confini, spesso pare uscire fuori
dai bordi. Immaginario cupo e dalla poetica aggressiva e lirica.

Musica ebbra, 1982

Paesaggio barbaro, 1983


NICOLA DE MARIA

L’unione di tutte le anime nel profumo del regno dei fiori, 1984
Chiazze di colori legate da un richiamo floreale. Legato ai
disegni infantili.

La testa allegra di un angelo bello, 1986

MIMMO PALADINO
Lavora con pittura e scultura. Pittura che rimanda all’arcaico. Sono presenti simbologie ancestrali.
A livello scultoreo è fissato con l’immagine del cavallo (citazione a Marino Marini).

Senza titolo, 1982

Le colonne del Cavallo Rosso, 2009 (Orta)


CARLO MARIA MARIANI
Riprende l’arte settecentesca, gli artisti classici come Canova.

La mano ubbidisce all’intelletto, 1983


In questo dipinto l’artista raffigura due nudi neoclassici che si
dipingono a vicenda.
Il neoclassicismo si limita però ai due protagonisti, i quali sono
collocati in una scena moderna, seduti su due forme
geometriche. Interessanti sono:
- l’ironia delle due figure che, in modo speculare, si dipingono a
vicenda;
- il fatto che siano trasportati in un’altra dimensione, come in un
viaggio nel futuro.

STREET ART

Il graffitismo ha origine nell'arte murale del Novecento, dalle grandi opere politiche di Diego Rivera
in Messico al muralismo di Mario Sironi, per poi sviluppare le tendenze dell'espressionismo
astratto. Nasce dalla strada in America, a Philadelphia alla fine degli anni '60 e a New York negli
anni '70.
Intorno al 2000 si evolve nella Street Art, che utilizza poster, stencil e sticker con chiaro
intento comunicativo. Gli artisti sono accomunati dalla volontà di esistere e di non perdere la
propria individualità e di uscire dalle norme del mercato dell’arte.
I tratti specifici del linguaggio di strada sono:
- Rapidità esecutiva;
- Efficacia comunicativa, che trasmette messaggi espliciti utilizzando codici simbolici di facile
riconoscibilità;
- Cromatismo eccentrico, che rende visibile le decorazioni anche di notte o nel buio dei
sotterranei;
- Tendenza al gigantismo, che lascia esplodere le creazioni nel bel mezzo del tessuto urbano.
Gli interventi dei grandi interpreti della Street Art, sono distanti dal vandalismo, in quanto il fine
non è deturpare la città.

KEITH HARING
Tra i primi grandi interpreti dell’arte di strada.
Inizia la sua attività artistica a New York durante gli anni Ottanta.
L’artista realizza personaggi stilizzati e molto dinamici, delineati con un segno di contorno assai
deciso.
Al tempo stesso, Haring si dedica a temi sociali e idealistici: la pace, l’amore, la fratellanza, il
contrasto dei comportamenti a rischio e soprattutto le droghe.
Si lega molto anche ad Andy Warhol.
Ha portato la street art in ambito galleristico, permettendole di essere venduta.
Crack is wack!, 1986
Graffito realizzato a New York contro l’uso del crack.
Presenza di uomini e animali estremamente stilizzati.

Tuttomondo, 1989 (Pisa, Chiesa di Sant’Antonio Abbate)


Tra le sue ultime opere. È un murales di circa duecento metri quadrati sul
tema della pace.
Vi si riconoscono le figurine animate e variopinte del suo universo, reso
vibrante dai tratteggi neri e spessi che contornano i personaggi.
La stesura di colore compatto riempie completamente le sagome, che a
volte prendono forme immaginarie e fumettistiche.

JEAN-MICHEL BASQUIAT
I suoi primi interventi si manifestano come writer, con la scrittura di frasi provocatori o
difficilmente comprensibili, sui muri della metropolitana o sui palazzi di New York.
Vicinanza al linguaggio infantile.
Opere caratterizzate da un segno molto nervoso e da profondi significati.
Si lega a Warhol. Problemi di droga.

Senza titolo, 1982

Hollywood Africans, 1983


L’artista tematizza la difficile integrazione della popolazione
afroamericana. Interessante è lo stile veloce, immediato,
l’utilizzo di un disegno approssimativo ma efficace, quasi da
schizzo, prodotto sul bordo di un foglio di giornale.
Presenza di parole, accennate o cancellate così da dargli più
importanza in quanto spinge l’osservatore a leggerle.
BANKSY
Street-artist inglese dall’identità ancora non rilevata ma dal tratto stilistico molto personale e
pronunciato.
La sua apparizione risale alla fine degli anni Ottanta, quando comincia ad applicare i suoi stencil di
contenuto eticopolitico.
Sono molto note le silhouette di topi che l’artista dissemina per la città di Londra, al fine di
evidenziare la pervasività della Street Art e della controcultura di cui si fa promotrice.
Ancora più interessanti sono le incursioni dell’artista nei grandi musei del mondo, dove lascia le sue
creazioni accanto ai capolavori della storia. È quanto accaduto al Bristol Museum & Art Gallery nel
2009, dove i custodi e i responsabili impiegarono giorni prima di individuare le ‘aggiunte’
dell’artista.
Relativamente recenti sono gli interventi di Banksy in Cisgiordania, dove l’artista ha raffigurato dei
trompe-l’oeil sul muro divisorio realizzato dallo Stato di Israele, simulando dei finti squarci
paesaggistici che rompono la neutralità della recinzione per offrire immagini dell’oltreconfine.
Opere di intenso impegno politico dell’attualità.

Muro divisorio alzato in Cisgiordania, Israele, 2005

La ragazza e il soldato, Betlemme, 2007 (muro divisorio alzato da Israele)


Aggiunge spesso la figura della ragazza come simbolo di
purezza che si contrappone a figure autoritarie come
militari o politici.
Uniforma lo stencil al contesto architettonico che gli si
presenta davanti.

VIDEOARTE

Caratterizzata da una straordinaria ricchezza di strumenti e di linguaggi come pure della ricerca di
aderire all’evoluzione socioculturale del nuovo millennio.
Si sviluppa a partire dalla fine degli anni '50 e gli inizi degli anni '60, nell'ambito di Fluxus e ne sono
protagonisti Wolf Wostell, Bill Viola, Bruce Nauman e Nam Jun Paik, considerato il fondatore della
videoarte con la mostra Exposition of Music-Electronic Television del 1963.
Paik è anche il primo a usare nel 1965 la telecamera portatile a scopo artistico.
NAM JUNE PAIK
Le prime sperimentazioni si devono a lui, considerato il fondatore della Videoarte.
Le sue prime opere riguardano la combinazione di materiali e di sollecitazioni audiovisive che
inglobano la presenza del video, manipolato o modificato.

TV Garden, 1974-2000 (documenta, Kassel, 1977)

TV Buddha, 1974
In Tv-Buddha, una statua di Buddha sembra contemplare la
propria immagine nel video. L’osservatore può interpretarlo
come il riflesso di sé stessi.

Electronic Superhighway, 1995


Diversi schermi che presentano immagini e video differenti.

BRUCE NAUMAN
Realizza opere basate sul concetto di percezione. Cattura l’immagine in un punto e la ripropone in
un punto poco più lontano. Connesso alla Body art.

Corridor, 1970
DAN GRAHAM

Present Continuous, Past (s), 1974

BILL VIOLA
A una fase più matura e consapevole appartiene l’opera di Bill Viola.
L’artista domina l’espressione multimediale, riuscendo a raggiungere effetti emozionanti e poetici
che indagano tratti della psiche, della memoria, del sogno.

Passage, 1987
Nell’opera il pubblico deve attraversare uno stretto corridoio (lungo
cinque metri), simbolo dell’evoluzione del bambino verso l’età adulta,
mentre sulla gigantesca parete di fondo si proiettano le immagini di
una festa di compleanno.

Surrender, 2001
Fascinazione per le filosofie orientali.

Emergence, 2002
Riferimento alla pittura. Movimenti rallentati dove ogni gesto
assume del pathos.
ARTE DIGITALE

Si sviluppa parallelamente alla videoarte dal 1965 e rientra nella categoria più ampia dell'arte
multimediale. Spesso utilizza sensori che captano i segnali inviati dallo spettatore, basandosi sui
concetti di interattività e relazione tra opera e osservatore. Tra i suoi esponenti vi sono Fabrizio
Plessi, Mariko Mori, Studio Azzurro.

STUDIO AZZURRO

Fondato nel 1982 da Paolo Rosa, Leonardo Sangiorgi e Fabio Cirifino.


L’uso della tecnologia per Studio Azzurro non è finalizzato a sottolineare tratti negativi della
contemporaneità; piuttosto, viene sfruttata la potenzialità delle immagini artificiali per amplificare
aspetti della realtà, dell’emozione e della poesia che permeano la dimensione del vivere.

Il nuotatore, 1984
Dodici telecamere installate a pelo d’acqua riprendono il gesto
ripetitivo di un nuotatore in piscina, catturando la porzione di spazio
sulla quale sono puntate. L’esperienza del nuotatore attraversa 24
monitor.

Tavoli, 1995
Si presentano come tavoli neri.
All’arrivo del visitatore vengono proiettate figure femminile che
interagiscono con l’interlocutore.

FABRIZIO PLESSI

Installazione video Museo Pascali, Polignano a Mare, 2014


Coinvolgenti e spettacolari video sculture e videoinstallazioni
ambientali.

Il segreto del tempo, installazione Terme di Caracalla, 2019


Omaggio alla storia di Roma con una nuova opera, disposta lungo
oltre duecento metri dei sotterranei delle Terme di Caracalla.
I forni, le caldaie, i magazzini, una grande arteria sotterranea, fanno
da contrappunto all’intervento dell’artista veneziano che propone
una lettura visionaria dello spazio posto nelle viscere dell’imponente
complesso delle Terme, videoinstallazioni e integrato dalle musiche.
MARIKO MORI
Affascinato dal 3D.

Wave UFO, 1999-2003


L'opera fonde informatica, grafica e spiritualità
attraverso l'interpretazione delle onde
cerebrali. Lo spettatore diventa parte attiva
dell’opera: grazie ad un insieme di elettrodi
applicati sulla fronte dei visitatori, vengono
trasmesse le onde celebrali ad un Computer in
grado di trasformarle in immagini visive,
proiettate all’interno dell’Ufo.
IL CORPO IN PERFORMANCE
Tra stati di alterazione di coscienza e
processo creativo

Performance, genealogia e radici


pag. 25-42
IL CORPO TRA INCONTRI, SCONTRI E RITUALITÀ TRASFORMATIVE
(Dialogo tra Giuliana Casalini e Mona Lisa Tina)

Mona Lisa Tina, è artista, performer ed arte-terapeuta, per lei il corpo è luogo di processi
trasformativi psico-fisici. Esso esiste solo se in relazione con altri corpi, inoltre è mediatore di
simbologie, e archivio di memorie.
Il suo percorso artistico si basa sul far diventare l’arte mezzo per ottenere e condividere una visione
del mondo, per aiutare il prossimo ad esprimersi e a vivere al meglio.
Lo spazio invece è l’estensione del corpo.
L’artista durante le azioni prova forti emozioni, dovuto alla casualità innescata dal pubblico.
Il percorso è diviso in 3 parti:
1. Performance ed identità di genere;
2. Performance e stati di trance;
3. Genealogia e radici.

1. Performance ed Identità di Genere


Ritroviamo le seguenti performance:

IO NON HO VERGOGNA
Ha l’obiettivo di lottare contro le discriminazioni di ogni tipo.
Inizia con un discorso sul tema della vergogna, successivamente lei cammina e confida ad ogni
persona una sua vergogna, chiedendo in cambio la confessione altrui che scrive su un foglio.
Ottenute tutte le confessioni, lancia il foglio verso il porto. La vergogna passa da sentimento
negativo ad un sentimento di amore e di costruzione della propria identità attraverso l’accettazione
di se stessi.

CENTRUM NATURAE
L’azione prevede un abbraccio tra lei ed un altro performer dove i loro corpi sono nudi e coperti di
tempera nera (funzione fisica di nascondere i tratti di genere e simbolica di introspezione).
L’abbraccio ha valenza di unione con l’ottenimento di un’unica idea di essere umano.
Successivamente i due si stendono sdraiati, ed ogni partecipante pone sui loro corpi un telo
bagnato, dove vengono impressi attraverso il colore parti del loro corpo, che simbolicamente sono
tracce della loro identità che come frammenti vengono tolti dai corpi ed offerti al pubblico.
2. Performance e stati di Trance
Nella seconda fase del suo percorso il corpo assume un aspetto sacro e magico.

OBSCURATIO
“Obscuratio” significa “Eclisse” come un processo di cambiamento, ispirato all’alchimia e ai suoi
processi di trasformazione del metallo in oro. L’oggetto di trasformazione è il corpo.
Il tutto prevede la presenza di strumenti chirurgici e protesi che simboleggiano la tecnologia
moderna capace di trasformare fisicamente il corpo e la sua estetica.
I momenti della performance vanno di pari passo alle fasi alchemiche:
1. NIGREDO: il performer è concentrato su se stesso;
2. ALBEDO: il performer inizia l’azione ed entra in empatia con il pubblico;
3. RUBEDO: momento centrale dell’azione c’è pieno coinvolgimento di tutti;
4. ORO: azione è conclusa.

HUMAN
Anche qui vi sono strumenti chirurgici, e l’artista è distesa su un letto di ospedale, utilizza
strumenti, trucco e protesi varie per cambiare continuamente sembianze.
Lo scopo è quello di rendere il pubblico sensibile e consapevole che la società ci impone standard
estetici, su cui l’artista vuole polemizzare, in quanto la nostra identità è dettata unicamente da ciò
che l’istinto ci definisce.

INTO THE CORE


In questa azione il corpo diventa casa. Viene eseguita infatti all’interno di un edificio con più
stanze, dove lo spettatore entra e sente il respiro ritmico dell’artista, che si fa più forte a livello
sonoro di stanza in stanza fin quando si arriva nel centro, dove vi si incontra proprio lei.
Dopo averla vista gli spettatori se ne vanno e l’azione si conclude.
È un esempio di “estraniazione corporea” come percezione di non avere più un corpo.

3. Performance, genealogia e radici


Analizza aspetti sul concetto di famiglia, origine e vita comunitaria

L’ALBERO DELLE BUGIE


È proiettato come sfondo un video della brutalità e violenze sugli animali. L’artista, con dei
campanacci alle caviglie, cammina e canta come se fosse un grido di perdono, poi si inginocchia in
segno di pentimento.
Un assistente successivamente le laverà i piedi (la parte del corpo più vicina alla terra, che sono
associabili al concetto di “radice”, intesa come appartenenza biologica ad una stirpe).
Il perdono nei confronti degli animali rappresenta invece l’essere portavoce di appartenenza al
genere umano, visto sotto questo ambito come portatore di violenza e atrocità. Come gesto di
consolazione, infine, bacerà ogni spettatore sulle labbra, così si crea un legame istantaneo
comunitario e la consapevolezza di essere tutti parte della famiglia del genere umano.
Lo scopo della performance è la consapevolezza e la conseguente voglia di lotta comune per un
futuro giusto.

DI OGNI BUIO, DI OGNI LUCE


Questa volta il concetto di famiglia viene esposto attraverso delle polaroid dove sono ritratte
famiglie provenienti da ogni parte del mondo. Mona Lisa Tina, vestita di nero, ha un collare che le
stringe il collo, per simboleggiare il nodo alla gola innescato dal suo passato e dalle sue origini.
Infatti come sfondo abbiamo proiettata una mappa del mondo, con evidenziati i paesi che hanno a
che fare con le sue origini. Successivamente lei chiede ad ogni spettatore se “vuole far parte della
sua famiglia”, se la risposta è “si”, lo spettatore riceve da lei una delle polaroid. Questo gesto è
integrativo e la polaroid diventa un “certificato di appartenenza alla famiglia comunitaria”.
L’ obiettivo è di far capire che senza i legami di sangue, ci si può sentire appartenenti ad una
famiglia, in primis alla famiglia-umanità.

(NON) POSSO FARE A MENO DI TE


È un progetto che fa capire quanto sia importante essere capaci di non fare a meno di se stessi, nel
momento in cui si entra in relazione con l’altro. Prende come riferimento gli elementi naturali della
ceramica: acqua, aria, terra.
L’azione prevede di indossare una rete lunga tanto quanto la stanza (laboratorio del ceramista),
fissata con un collare. Sullo sfondo la mappa dei luoghi di appartenenza di lei.

AL POSTO MIO
Riprende giorno per giorno la stessa visuale della strada dalla sua finestra durante i giorni di
lockdown, affiancandoli a testi riflessivi. Genera così un video che evoca la speranza.

PRIMARIO
Associa i colori primari ai bisogni essenziali, usando l’ambiente esterno e lo spazio architettonico;
tramite la fotografia per immortalare il suo corpo vestito per ogni ambiente con un colore diverso,
integrandosi con lo spazio circostante.

pag. 69-75
L’AZIONE PERFORMATIVA CONTEMPORANEA E LA LETTURA DEL CORPO
FRA PUBBLICO E PRIVATO

Il corpo funge da strumento comunicativo perché è portatore di significato, mentre la performance


è un’azione che si carica di significato. Ma il corpo può essere anche strumento di indagine
sull’umanità; infatti, anche il performer ottiene qualcosa dallo spettatore e dallo spazio.

Marinella Senatore riferisce che non si parla di azione definita nel corpo dell’artista, ma l’azione si
rispecchia nell’intera società.

Alberto Ceresoli e Carmela Cosco, riferiscono che il corpo è un mezzo per percepire ciò che ci
circonda, e quando ciò avviene in termini artistici si parla di performance.
Performance e Stati di Trance
pag. 154-161
CORPOREO ED EXTRACORPOREO
(L’attraversamento della coscienza nell’arte performativa di Kyrahm)

Kyrahm usa il corpo come medium attraverso atti rituali da un lato, e tramite coinvolgimento
emotivo del pubblico dall’altro, soffermandosi sugli aspetti della vita.

LIFE CYCLE (2009)


Usa corpi di neonati e di persone anziane affiancate per una riflessione sulla vita e sul
cambiamento del tempo.

CRISALIDE (2009)
Viene isolata e avvolta per 27 ore in un bozzolo, sorvegliata dalla madre per i bisogni primari.
L’azione rimanda al concetto di nascita e amore genitoriale.

SACRIFICE (2009)
Recupera il tema religioso della vita di S. Sebastiano colpito dalle frecce, cercando di
immedesimarsi nella sua condizione, offrendo al pubblico il dolore subito da aghi conficcati e poi
tolti dalle sue sopracciglia, con conseguente gocciolamento di sangue.
Questo dolore rappresenta il male della violenza umana.

IL GIOLIELLIERE (2009)
Usa delle spille con perle inserite lungo la schiena per pungersi. Le perle, in quanto gioielli,
simboleggiano il lusso della società patriarcale. Le spille appuntite tolte, simboleggiano la
liberazione da quel dolore che la società patriarcale impone alle donne attraverso l’imposizione
degli standard di bellezza.

THALASSA (2012)
Consiste nell’esecuzione del percorso in ginocchio della Scala Santa, ma al contrario.
Questo ribaltamento causa la profanazione di qualcosa di sacro, rendendola artefice di un’azione
d’impatto sociale.

Successivamente vediamo opere che descrivono la liberazione del corpo:

DENTRO-FUORI (2014)
In questa performance studia il concetto di liberazione e prigione corporea/psichica.
Si chiude dentro una cella di isolamento di una prigione, dopo alcuni giorni prova paura e terrore,
che condivide trasmettendo un messaggio di denuncia degli abusi di potere delle forze dell’ordine
nei confronti dei carcerati.

(A)MARE CONCHIGLIE (2015)


Invita anziani migranti italiani e africani per condividere le loro storie durante un pasto.
Il titolo A(mare) Conchiglie si traduce come “conchiglie di mare” ed è un gioco di parole,
suggerendo che le storie condivise sono come conchiglie di mare: amano e sono amate.
ECCE (H)OMO, GUERRIERI (2016)
Ricrea sculture umane dove l’artista assume il ruolo di Maria e la figura di Gesù viene sostituita da
persone affette da malattie sia corporee che mentali.
Il pubblico vedendo la scena si riconosce in essa rivivendo le proprie agonie; vedendo lo stato di
sofferenza, c’è nuova rivalutazione della vita.

LUCIFERO (2017)
Sperimenta la sofferenza fisica attraverso un cammino ininterrotto fino a non riuscire più a rialzarsi.
Lo sforzo immane provato da lei, fa riconsiderare la bellezza della salute e della vita.

HYSTERIA (2018)
Utilizza il corpo di un’altra performer, sotto la sua guida facendole ascoltare un suono di 10.000 Hz.
Questo fischio doloroso era sintomo di una malattia percettivo-psichica di cui Kyrham stessa era
affetta, la cosiddetta Isteria.
L’obiettivo è far provare ad una persona sana, cosa vuol dire essere affetto da una malattia
neuronale.

DAVIDE E GOLIA (2019)


Anche in questo caso il ruolo dell’artista è quello di guida di un’altra persona, questa volta un
lottatore della camorra che ne subì in passato le persecuzioni.
La performance prevede l’erezione di un molito nero (simbolo dell’isolamento), per poi farglielo
distruggere a mani nude. Il processo di distruzione equivale alla lotta e al percorso di sofferenza
che l’uomo ha subito, rivivendo quei momenti. Al termine della distruzione, egli viene illuminato
da una forte luce, simbolo della verità e della denuncia.

pag. 175-182
FARSI OGGETTO D’ARTE, DAL CORPO MEDIUM AL CORPO LIQUIDO:
UNA CONVERSAZIONE CON ULAY

Ulay inizia il suo percorso artistico basandosi sul concetto di “maschera” per giocare con l’identità,
successivamente, analizza il tema della trasformazione e del mutamento attraverso l’uso di
tatuaggi e piercing.
Entrerà nel mondo dell’arte performativa solo dopo l’incontro con la Abramovic, le performance
che faranno insieme riguardano sempre temi relazionali di coppia e saranno ad alto rischio:
• RELATION IN TIME (1976)
• RELATION IN SPACE (1977)
• BREATHING IN/ BREATHING OUT (1977)
• IMPONDERABILIA (1977)
• INCISION (1978)
• AAA-AAA (1978)

Nel 2011, Ulay scopre di avere un cancro e ringrazia le esperienze provate nelle performance per
avergli dato un grande potere fisico capace di resistere mentalmente; userà la malattia stessa come
mezzo per fare arte: lancerà un film chiamato “Project Cancer” dove ripercorre la sua nuova vita
convivendo con il cancro.
Il mezzo della parola in questo caso sostituisce l’azione del corpo. Dopo, dalla parola passerà ad
usare l’elemento naturale dell’acqua, che simboleggia per lui un bene essenziale di tutti, ma nel
suo concetto di fluido anche l’idea di fluido corporeo e fluido della chemio ricordando la
convivenza con la malattia e quindi la trasformazione del corpo. Il progetto su quest’ultimo tema
dell’acqua si chiama “Whose Water is?” e prevede diverse istallazioni interattive dove l’acqua
tramite gocce, evaporazioni e vibrazioni, genera nuovi linguaggi.

LA BAROCCHIZZAZIONE DELLA CARNE

Le arti performative danno molta considerazione all’estetica del corpo. L’uomo fa di se opera d’arte
mettendo in scena situazioni reali ma in modi inusuali.
Kyrahm e Kaiser con “Human Installation” esprimono questi concetti attraverso l’esposizione del
corpo, mentre Manuela Marioli con “Invisible” li esprime attraverso il concetto contrario di
invisibilità.
Ogni relazione che si instaura tra artista e pubblico è sempre un processo di immedesimazione
causando un rito di passaggio da coscienza individuale a coscienza collettiva.

La Body Art è un mezzo per generare relazioni e coinvolgimenti, usando il mezzo dello sconvolgere.
L’arte performativa evolve l’uomo secondo Nietzche:
1. Fase del Cammello, l’uomo si sente responsabile del mondo
2. Fase del Leone, l’uomo si scrolla del dovere
3. Fase del Fanciullo, accettazione della propria realtà tra cui anche quella della sofferenza.

pag. 199-215
LINGUAGGI PERFORMATIVI:
DALLO SCIAMANESIMO AL SABBA, DALL’ISTERIA ALLA PERFORMANCE
ART E RITORNO

L’ Estasi e la Trance sono modalità con cui usare il corpo in modo ritualistico. Durante questi stati,
la persona avverte come una “morte temporanea” e perde la concezione di spazio e tempo.
Nell’antichità esse vengono vissute per entrare in contatto con entità soprannaturali,
successivamente le ritroviamo a fine ‘800, grazie a Freud lo scopo era quello di curare l’Isteria (un
disordine neurologico, che porta la persona ad accusare di stati di perdita della conoscenza, paralisi
ed attacchi epilettici).
Nel 1862 Charcot presentò al pubblico donne durante le loro crisi, ed imponendo loro lo stato di
trance attraverso vari tipi di tecniche. Kyrahm invece nella performance “Hysteria” vuole al
contrario mettere in risalto il concetto di dolore, provocandolo come forma di sensibilizzazione.
Performance e Identità di Genere
pag. 229-243
LA MASCHERA COME SUPERAMENTO DEI GENERI

Sin dall’antichità la maschera è stata considerata come forma per nascondere la vera identità e
appropriarsi di una diversa.
Nelle tribù veniva usata durante i rituali per depersonalizzarsi e potersi così connettere con le
entità spirituali. Nella Grecia con il teatro prende il ruolo di assumere identità altrui, e nella Roma
antica viene descritta come “personaggio”.
Durante il Cristianesimo le maschere assumono rilevanza addirittura satanica, in quanto usate per
travestirsi ed esaltare figure demoniache e verranno vietate e condannate. Solo con la Commedia
dell’Arte riacquisiranno degli stereotipi positivi, in quanto, la maschera diventa arte come
imitazione delle azioni umane.
Dopo con Freud la maschera rappresenta il nascondere o manifestare l’inconscio, l’ironizzare sugli
aspetti negativi della società, e da qui i più grandi artisti del ‘900 la tratteranno (ad esempio, De
Chirico la userà tramite i manichini come rappresentazione del nuovo uomo contemporaneo,
Magritte per raggiungere il surreale, Picasso per tornare alle origini imitando anche tribù africane).
Con Jung scopriamo la necessità dell’uomo di dover indossare “maschere” diverse come modi di
apparire in base ai vari contesti per farsi accettare dalla società di quel contesto.
Così si entra nella Body Art dove per maschera si considera l’intero travestimento o modificazione
del corpo. Il performer con gesti raggiunge la trasformazione libera senza manifestare la vera
appartenenza all’identità veritiera.

Artisti che hanno fatto della maschera uno strumento fondamentale:

Massimo Festi:

L’UOMO CONTRO
La maschera rappresenta un volto universale, durante la performance lui parla di guerra e paure
umane, poi si toglie la maschera ed assumendo il ruolo dell’uomo, sia vittima sia carnefice dei
discorsi precedenti evidenziando l’imperfezione di esso.

CIRCUS OF LOVE
Usa la maschera per appropriarsi di nuove identità.
Analizza l’ambito delle attrazioni, piene di stereotipi che in realtà illudono solamente e portano ad
un azzeramento della passione. Valorizza anche qui l’imperfezione dell’uomo.

NINNA NANNA
Studia l’identità approcciata al mondo dell’infanzia.

Mary Beth Edelson:


Trasforma l’identità dell’essere donna, considerata dalla società come accessorio.
Lo fa introducendo il nudo in scenari tipici della cultura umana
Carolee Sineeman:

EYE BODY, 36 TRANSFORMATIVE ACTIONS


Con un collage di fotosequenze della sua azione dove si copre di materiali organici, sciocca lo
spettatore abituato a vede il nudo femminile in ambiti diversi e sempre uguali nella storia dell’arte.

Rebecca Horn:
Usa come maschera protesi da applicare al corpo con l’intendo di supportare le sue performance
con la limitazione dei movimenti.

FINGER GLOWES
Guanti con le estremità delle dita allungate in modo da ottenere un effetto facendole apparire
lunghissime.

COCKFATHER MASK - COCKATOO MASK


Crea maschere capaci, da un lato di nascondere il proprio volto, dall’altro permettono ad un’altra
persona di inserirvisi.

Luigi Presicce:
Fa uso di maschere grottesche come mezzo di misticismo.

Oliver de Sagazan:
Dal Congo, realizza e sviluppa opere con tecniche multiple ed ibride (unisce pittura, scultura, ecc).

TRANSFIGURATION (2001)
Crea e distrugge ripetutamente sul suo volto maschere di argilla, modellandole continuamente
insieme al colore in nuove forme.

pag. 257-266
ARTE-RA-ABILITA’ DI... GENERE (Corpi Creativi)

Il corpo è qualcosa da abitare per conoscere il mondo che ci circonda.

L’identità è quell’insieme di caratteristiche di una persona capaci di rappresentare la propria storia,


rendendola unica. Può essere oggettiva se la intendiamo da punto di vista fisico, culturale e
psicologica, ma anche soggettiva se la si vede dal proprio punto di vista.

L’identità di Genere è diversa dall’orientamento sessuale, il genere è determinato da fattori


biologici e personali che ci permettono di riconoscerci in un sesso.

L’identità nell’arte con la nascita della performance, è mettere in scena il proprio corpo che vuol
dire giocare ad identificarsi un po’ in ciò che si vuole, perché fondamentalmente per l’arte non ha
importanza il genere.
pag. 277-310
AGENCY FEMMINISTA: DUE ESEMPI NELLE RICERCHE DI VALIE EXPORT E
DELLE GUERRILLA GIRLS

La performance si distingue da altre forme d’arte perché il corpo diventa mezzo immediato per
comunicare, però è necessaria la partecipazione del pubblico volontario e non, considerando
anche il fattore dell’imprevisto.
Nasce come una forma di lotta contro il mercato dell’arte in quanto si tratta di opere intangibili,
che non si possono ne prendere e ne vendere, che hanno un valore anche politico perché ogni
messaggio se trasmesso al sociale è un atto politico.
Una delle prime forme di lotta femminista è avvenuta nel 1972 quando Paula Harper fondò il
WomanHouse, uno studio artistico ottenuto da una casa, dove 25 donne lavoravano ai loro
progetti: ogni stanza diventò uno studio o uno spazio espositivo a fini artistici, tutto unicamente
per donne. Nel frattempo in Europa, vi era Valie Export, un artista che lanciò il “Women’s Art”, un
manifesto dove critica il maschilismo, il quale usava il sesso femminile solo come immagine di ciò
che lui stesso voleva socialmente, senza valorizzare tutto quello che la donna può essere capace di
fare.

AKTIONHOSE: GENITALPANIK (1968)


Nella performance, cammina con i pantaloni abbassati davanti al pubblico, ed in braccio un fucile
rappresentativo del fallo maschile. L’esposizione dei suoi genitali invece rappresenta la
dimostrazione pubblica dell’evidente non presenza di quel fallo nella donna.
Usa così la provocazione intesa come mezzo di massimo impatto e di massima efficacia per la
comunicazione del messaggio.

Poi le Gorilla Girls usano grafica e pubblicità concentrandosi più sull’arte murale: la performance
diventa l’azione dell’affissione dei loro manifesti come messaggi d’impatto che criticano il mercato
dell’arte che valorizza per lo più gli uomini, e troppo poco le artiste donne.
PER UN’ ESTETICA DELLA MUTILAZIONE (Il corpo sublime di Orlan tra
blasfemia e palingenesi)

Orlan unisce l’arte con la collettività tramite la cosiddetta “Art Charnel” (arte della carne) lavora in
pittura, scultura e fotografia, ma anche con la video-arte e con il digitale.
Esegue statue viventi dove lei si presenta riproponendo temi sacri con voluto intento profano, le
pose riprendono la scena religiosa e allo stesso tempo ironizzano su di essa.
Il tutto ha come fine la ricerca dell’autenticità dell’essere umano tramite una deformazione
dell’esperienza che porta all’assurdo.
Poi vi sono la serie delle Self-Hybridation, foto modificate in digitale del suo viso sovrapposto e
miscelato con volti africani o primitivi. Il fine qui è la provocazione ed il ricreare un contagio tra
passato e moderno, donando incertezza e instabilità, perché per lei sono infinite le possibilità
dell’estetica e della bellezza.

OMNIPRECENCE (1993)
Le operazioni chirurgiche sono performance, il concetto di modifica fisica rappresenta
l’affermazione del suo essere, compresa la sofferenza che le stesse operazioni comportano.
Arriva così ad un concetto di possibile smaterializzazione del corpo. Gli scarti delle operazioni,
vengono tenute come reliquie, esposte come opere per richiamare l’esaltazione dello scarto.

LE MONTAU D’ARLEONIN (dal 2007)


Mette in coltura le sue cellule epiteliali insieme a quelle di altre persone del mondo, per creare un
mosaico mondiale che rappresenta l’insieme culturale in grado di eliminare il concetto di diversità
tra etnie, e valorizzare quello di umanità.

MESU-RAGES
Usa sé stessa come mezzo di misurazione dell’area cittadina.
Se si prende la propria vita come modulo, si è capace di percepire il confine come limite, che
permette di riconoscere se stessi.

APPUNTI ESAME STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA FLAVIO EMANUELE FEZZA

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