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GIORGIONE

Giuditta con la testa di Oloferne


L'opera ha una datazione incerta che oscilla tra la fine del XV secolo e il 1505, ma è
uno dei capisaldi della prima fase giovanile di Giorgione, una cioè delle poche opere
del maestro veneto su cui la critica concordi nell'attribuzione.

L'opera arrivò a San Pietroburgo nel 1772 con gli acquisti sulla piazza parigina da
parte degli inviati di Caterina II di Russia. Anteriormente si trovava nella collezione
del barone L.A. Crozat de Tierra. Alla fine dell'Ottocento la pellicola pittorica fu
trasferita su tela, per il deterioramento del supporto originario, che era l'anta di un
mobile.

Giuditta, eroina spesso assurta a simbolo delle virtù civiche, è rappresentata a figura
intera, di dimensioni leggermente inferiori al naturale, inquadrata in una tavola a
sviluppo prevalentemente verticale. Il tema della bellezza trionfante sulla tirannia è
qui risolto nel contrasto tra il volto idealizzato di Giuditta, perfettamente ovale e
levigato, di ascendenza leonardesca, e il volto tumefatto della testa decapitata di
Oloferne, sotto il piede della donna. Sensuale è l'apparizione della gamba eburnea
di Giuditta, dallo spacco della veste rosata che a sinistra si increspa in pieghette
secche e ritmate, di ascendenza nordica. A un'ispirazione fiamminga rimanda anche
il gioiello appuntato sul petto dell'eroina, sicuramente ispirato alle oreficerie coeve.
La posa deriva dalla statuaria antica, in particolare dall'Afrodite Urania di Fidia,
mentre alcuni stilemi rimandano a Perugino (l'impugnatura della spada), Lorenzo
Costa (la lunga manica) e Leonardo da Vinci (oltre alla fisionomia della protagonista,
gli effetti di sfumato, il legante atmosiferico e il campionario erbaceo in primo piano.
Oltre un muretto, infatti, si distende un ampio paesaggio, con un bosco e una città
che si perde lontana nella foschia azzurrina, così come le montagne.
L'albero che torreggia dietro Giuditta, proseguendo idealmente la sua figura in modo
da darle un maggiore risalto monumentale, è una quercia: tale espediente è comune
anche ad altre opere attribuite a Giorgione.
L'effetto in generale è estremamente calibrato e di innato lirismo, con la serena
figura di Giuditta, ora che ha raggiunto il suo obiettivo di eliminare il tiranno assiro,
immersa nella frescura del paesaggio al mattino, con un'atmosfera poetica che non è
scalfita nemmeno dalla presenza della testa mozzata del nemico, che opprimeva la
sua città Betulia.

Pala di Castelfranco

Nella Pala di Castelfranco rappresenta la Madonna in trono fra i Santi Nicasio e


Francesco. La tavola presenta un' interpretazione assolutamente nuova di un tema
ricorrente quale quello di una Sacra conversazione con la Vergine in trono fra santi.
La scena non è ambientata in un interno, ma sullo sfondo aperto di un ampio e
dolcissimo paesaggio agreste. Lo squadrato trono marmoreo con le sottostanti, alte
predelle non hanno alcuna caratterizzazione di tipo architettonico, ma sembrano
piuttosto dei puri volumi geometrici. Gli alberi e la campagna che si stende
all'orizzonte, con due soldati a riposo, simbolo di pace e di concordia, i monti che si
intravedono nella nebbia azzurrina della lontananza, la torre diroccata che si erge
sulla collina di sinistra non sono più considerati uno sfondo accessorio, ma fanno
parte integrante del dipinto.

La Vergine è vestita con i colori delle tre virtù teologali: abito verde smeraldo
(Speranza), mantello rosso sangue (Carità) e velo bianco candido (Fede). Usando
tonalità di colore più calde o più fredde, egli riesce a costruire una modulata scala di
sfumature definita pittura tonale o tonalismo, è frutto di una complessa
rielaborazione della tradizione.

Il Bambino è rappresentato con grande realismo, nel momento in cui socchiude le


palpebre.

La tempesta

Si tratta di una tempera e olio su tela. Il dipinto, di medie dimensioni, rappresenta un


paesaggio agreste con sullo sfondo, oltre un ponticello Di legno, un piccolo borgo
fortificato in procinto di essere investito da un temporale che si annuncia all’orizzonte
con un fulmine che squarcia i bassi nuvoloni grigi e azzurri del cielo accendendo per
un istante di luce le mura della città.

In primo piano due figure simboliche: a destra, sotto un albero, una donna
semisvestita che sta allattando un bambino (forse Eva con il piccolo Caino); a
sinistra un uomo in piedi, abbigliato secondo la moda veneziana dell'epoca, in atto di
appoggiarsi a una lunga asta (forse Adamo). Tra i personaggi non vi è
apparentemente né rapporto né dialogo. Un ruscelletto e delle rovine che emergono
fra la folta vegetazione li separano dalla città lontana (il perduto Eden), sulla quale
esplode la folgore divina (il Creatore). Secondo un'altra ipotesi, invece, la donna
sarebbe Venere e l'uomo Marte, nei costumi di una zingara e di un soldato.

Il fulmine, in questo caso, rappresenterebbe Giove. Il soggetto più evidente e


certamente affascinante della Tempesta è senza dubbio il colore. Giorgione riesce a
creare l'illusione di uno spazio prospetticamente infinito. In Giorgione figure e
paesaggio appaiono tra loro armoniosamente amalgamati.

I tre filosofi

I tre filosofi è un olio su tela databile attorno al 1504. I misteriosi personaggi


rappresentati potrebbero essere Pitagora e i suoi maestri Ferècide di Siro e Talete di
Mileto (il più anziano), ma anche i Re Magi. Secondo altre interpretazioni, però,
rappresenterebbero un'allegoria delle tre età della vita: la giovinezza la maturità e la
vecchiaia.

Dal punto di vista tecnico le figure dei tre personaggi appaiono assolutamente prive
di disegno. Per staccarle dallo sfondo, infatti, Giorgione giustappone colori caldi
contro colori freddi. In questo modo è possibile ricreare anche il senso della
prospettiva che stabilisce una gerarchia di distanze legate alle tonalità di colore, che
vanno via via schiarendosi, fino a perdersi nella foschia dell'orizzonte. Di fronte ai tre
filosofi vi è l'imbocco di una caverna. Al centro, attraverso alcuni alberi rappresentati,
si apre la profonda visione di un paesaggio immerso nella luce aranciata dell'alba. In
mezzo al verde si può distinguere un gruppo di case con un mulino, simbolo della
presenza e del lavoro dell'uomo all'interno della natura.

Un cielo chiaro conferisce al paesaggio una luminosità fresca intensa.

Venere dormiente

La grande tela rappresenta la dea dell'amore colta in un momento di dolce


abbandono, morbidamente adagiata su soffici coltri accomodate in mezzo a un
prato. Nell'innocenza del volto, ruotato frontalmente, e nella languida rilassatezza
delle membra, Giorgione non ha voluto ritrarre una dea, ma, più semplicemente, una
donna. E il suo fascino, umanissimo, sta soprattutto nella serena inconsapevolezza
della propria innocente nudità. Alla bellezza umana corrisponde quella della natura e
del paesaggio nei quali la dea è immersa. Il prato fiorito e il cespuglio dietro a
Venere sembrano volerle rendere più tranquillo il riposo.

Anche il villaggio deserto che si staglia sulla destra, sta a sottolineare la dolce
immobilità del pomeriggio estivo. Più lontano tra la campagna punteggiata di alberi,
si indovina la sagoma di un altro borgo, forse un castello, e in fondo, al filo
dell'orizzonte, emerge dalle nebbie grigio-azzurrognole anche un imponente
massiccio montuoso. Alla realizzazione di questo paesaggio a più piani ha
partecipato anche Tiziano, il più importante e venerato tra i pittori del Rinascimento
veneto.

TIZIANO

Pala dell’Assunta

Il dipinto, olio su una tavola di enormi dimensioni, rappresenta l'assunzione in cielo di


Maria. La narrazione si articola su tre regIstri sovrapposti, in un continuo crescendo
che dal mondo terreno, ci conduce idealmente alla perfezione e alle glorie divine. In
basso, infatti, sono rappresentati gli Apostoli, il cui concitato gesticolare rende con
estremo realismo il senso di meraviglia. Le loro braccia robuste sono protese verso il
cielo, in mezzo al quale si alza la Vergine. Il rosso delle vesti di Maria e di due
Apostoli dà luogo a un evidente triangolo che conferisce stabilità alla composizione.

Maria è in piedi sopra una vaporosa nube bianca, attorniata da una schiera festosa
di cherubini. Il piede destro quasi completamente sollevato e le braccia levate al
cielo sottolineano la tensione ascendente dell'intera figura. Anche il suo volto radioso
è colto nell'attimo di estasi appena precedente alla definitiva assunzione in cielo.
Tiziano dipinge il manto della Vergine in modo estremamente realistico. Alla
sommità della composizione, infine, è rappresentato il Padre Eterno nella gloria dei
cieli. Egli chiude lo svolgersi della narrazione contrapponendo la propria pacata
immobilità, al moto che anima tutti gli altri personaggi. Il Creatore, inoltre, appare
fortemente in controluce. Questo comporta due importanti effetti pittorici: innanzitutto
attenua i contorni, rendendo la scena simile a una sorta di visione soprannaturale, e,
in secondo luogo, rischiara la metà superiore del dipinto con una fonte di luce
autonoma e intensissima.

Pala Pesaro

La grandiosa tela rappresenta una Madonna in trono con il Bambino fra i Santi
Pietro, Francesco d'Assisi e Antonio da Padova. Tutti intorno, genuflessi e oranti,
sono raffigurati diversi personaggi della famiglia Pesaro. Il soggetto è dunque quello
di una Sacra conversazione, ma la novità introdotta da Tiziano sta soprattutto nella
composizione. La Madonna, infatti, non è più al centro, ma spostata sulla destra.

Tiziano, infatti, immagina la scena in uno spazio complesso e profondo, compreso


tra il primo piano dei committenti inginocchiati e il luminoso cielo solcato da nubi
biancastre del lontano orizzonte. Ogni figura ha la propria collocazione ed è utilizzata
per definire i vari piani prospettici. Singolare la presenza della nuvola bigia in alto,
sulla quale due angioletti si affaccendano per erigere una croce. Le colonne stesse
suggeriscono, del resto, uno spazio molto più ampio. Questo appare evidente
soprattutto nel gruppo dei committenti (a destra), in parte tagliato dal bordo della
pala, quasi per ribadire come il dipinto non rappresenti che un frammento di una
realtà che è sempre estremamente più vasta e complessa di quella rappresentabile.

Anche i santi che attorniano la Vergine, disposti su piani prospettici intermedi fra i
committenti e le colonne, sono rappresentati con grande naturalismo. Pietro indossa
un lungo abito di un blu profondo, contro il quale contrasta violentemente il
panneggiatissimo mantello giallo. Tiziano riesce a dare ai volti dei personaggi
accenti di irripetibile naturalezza e ai loro abiti riflessi cangianti e panneggi scultori.
La luce è essa stessa costruita grazie a una giustapposizione di chiarire gli scuri,
quella progressivamente crescente in direzione della vergine che culmina
nell’accecante candore di un velo bianco.

Venere di Urbino

Nella Venere di Urbino, realizzata nel 1538 su commissione di Guidobaldo II della


Rovere rappresenta una giovane donna nuda semidistesa su un letto in primo piano.
Innanzitutto l'ambientazione non è all’aperto, ma all'interno di una ricca casa patrizia.

Gli unici accenni alla natura, infatti, sono dati dalle fronde di un albero che si
intravedono attraverso un apertura colonnata e da una pianta ornamentale posta in
un vaso sul davanzale. La Venere di Tiziano, inoltre, non è sola. Sullo sfondo, a
destra, sono raffigurate due fantésche, una in piedi e una inginocchiata di spalle,
nell'atto molto realistico di cercare in un cassone di legno gli abiti da portare alla
padrona. Ai piedi del letto, infine, dorme un cagnolino acciambellato, simbolo della
fedeltà coniugale. L'ambientazione complessiva della scena, all'interno delle
tranquille mura domestiche, ci conferma dunque che la fanciulla sdraiata è una
donna vera e non una dea. La maggior differenza tra i due dipinti, comunque, sta
nell'atteggiamento delle due Veneri, dietro al quale balzano in evidenza anche i
diversi temperamenti degli autori. Mentre quella di Giorgione appare quasi
inconsapevole della propria nudità, quella di Tiziano ne è, al contrario, perfettamente
cosciente e forse anche orgogliosa. Ella, infatti, fissa l'osservatore con uno sguardo
deciso e penetrante e non prova alcun disagio nel mostrarsi mollemente.

Il colore ambrato delle membra e il ricorrente biondo dorato dei capelli contrastano
sia con il pesante tendaggio verde scuro dello sfondo sia con i grandi cuscini rossi
che si intravedono sotto le lenzuola bianche. E proprio da questi forti contrasti, del
resto, che scaturisce in tutta la sua evidenza la forma del corpo, dolce e decisa al
tempo stesso, al quale la presenza del cagnolino addormentato aggiunge
un'ulteriore nota di serena intimità.

Pietà

L'ultimo dipinto noto di Tiziano è la Pietà delle Gallerie dell’Accademia a Venezia.

Sullo sfondo di un nicchione incorniciato da un massiccio portale di gusto manierista,


posto fra le statue di Mosè (a sinistra) e della Sibilla Ellespóntica, Tiziano ambienta
una scena di altissima drammaricità. A sinistra, in piedi, una Maddalena disperata
urla con rabbia il proprio dolore. Al suo slancio, che sembra quasi proiettarla fuori dal
dipinto, si contrappone la composta pacatezza di Maria che, seduta presso il
nicchione, osserva con amorevole fissità il volto reclinato del figlio morto. A destra, vi
è invece Nicodemo in atto di sorreggere il Cristo sotto l'ascella sinistra. I colori del
dipinto appaiono cupi e impastati, in alcuni punti applicati addirittura con le dita, la
luce livida conferisce ai personaggi una connotazione dolorosamente spettrale, le
pennellate sono rapide e imprecise e l'atmosfera generale è quella del tetro
incombere di un'immane tragedia.

LORENZO LOTTO

Polittico di San Domenico

L’attuale ricostruzione è costituita da sei pannelli all’interno di una cornice


rinascimentale. Tra le varie tavole quella significativa è quella della cimasa,

Il compianto sul Cristo morto. Al centro della dolorosa narrazione appare il massiccio
cadavere di Gesù, appoggiato sul bordo laterale del sepolcro scoperchiato. La figura
riempie la metà centrale dell’intero dipinto, mentre gli altri personaggi sono
equilibratamente disposti ai suoi fianchi. A sinistra un angelo dallo sguardo
sgomentato lo sorregge avvinghiandosi con forza al suo braccio destro. Nel
contempo Giuseppe d’Arimatea, rappresentato con un vecchio calvo da lunghi baffi
spioventi, sostiene a sua volta il Cristo sotto l’ascella sinistra e dietro la nuca.
All’estrema destra concludono la narrazione una giovane Maddalena, in atto di
baciare con tenerezza la mano sinistra del salvatore e sullo sfondo, Maria coperta da
un mantello azzurro. L’atmosfera è pervasa da una luce morbida e diffusa.la
concatenazione di gesti dei vari personaggi Determina una sorta di moto ondoso.

CORREGGIO

Camera della Badessa

Il soffitto della camera della badessa si trova nel convento di San Paolo. L’opera
consisteva nella decorazione della volta della sala con un finto pergolato di legno,
ricoperto da una fitta vegetazione, nel quale si aprono 16 ovati dai quali si
affacciano, vari putti intenti a giocare. Le loro membra grassoccie e i rosei incarnati
danno un senso di gioiosa tenerezza. Alla base di ciascuno dei 16 spicchi nei quali il
pergolato è diviso sono raffigurate diverse figure allegoriche tratte dalla mitologia
classica dipinte in monocromia.

Cupola di San Giovanni Evangelista

Egli vi affresca la visione di San Giovanni Evangelista. Al bordo inferiore della


cupola, affacciati su una densa corona di nubi, sono disposti gli apostoli, in
atteggiamento solenne, intenti a dialogare tra loro. Dietro di essi le nuvole vanno
gradualmente rarefacendosi sia per consistenza sia per colore, fino A dissolversi al
centro in uno squarcio di luce sfolgorante coronato da una moltitudine di cherubini
festanti. Su questo luminosissimo sfondo si staglia la maestosa figura di Cristo e di
scendere verso l’ormai vecchissimo San Giovanni. Giovanni emerge a mezzobusto
dal limite di imposta della cupola con le mani aperte verso il cielo e lo sguardo rapito
dalla divina visione. In tal modo ai fedeli appare di fronte la visione del salvatore,
mentre ai religiosi che siedono negli stalli del coro appare in primo piano Giovanni.
La sensazione che se ne ha più scenografica. La sapiente gradualità dei colori e la
diversità del chiaroscuro contribuiscono efficacemente ad accrescere il senso di
ariosa profondità al fresco.

La profondità spaziale che ne deriva è assolutamente slegata da quella


architettonica della cupola. L’effetto di luminoso sfondamento intorno alla figura di
Cristo, ci induce a ritenere che l’altezza della costruzione sia maggiore di quella
effettiva.

Cupola del Duomo di Parma

Esso consiste nella Scenografica decorazione della cupola del Duomo di Parma dei
sottostanti pennacchi nei quali Rappresenta i 4 patroni della città.

Partendo dall’idea della corona di nubi in primo piano il pittore dà vita a uno spazio
prospettico di incredibile profondità, collocando una serie concentrica di ulteriori
strati di nubi, abitati da una moltitudine sterminata di profeti, civili, beati, interisti
rubini in atto di muoversi concitatamente. I personaggi sembrano roteare nel cielo
immaginario ideato dal Correggio e anche la vergine partecipa al volo che la porterà
al centro del dorato vortice di luce. L’opera è ormai al di fuori di qualsiasi ispirazione
classica, in essa si può riconoscere il prototipo della pittura barocca.

Danae

Fu commissionata a Correggio dal signore di Mantova. Il tema(Gli amori di Giove) Ri


si riallaccia alla prima produzione dell’artista. In Danae L’artista affronta in modo
lieve e quasi giocoso un tema tratto dalle metamorfosi di Ovidio. La bella figlia del re
di argo è colta nel momento in cui cupido le sta delicatamente scostando il lenzuolo
al fine di rendere possibile Giove di unirti a lei. La giovane si offre con grazia
sorridente a una nube di pulviscolo dorato che le scene in grembo dalla soprastante
nuvoletta. In basso a destra due Amorini giocano con le frecce di cupido, Battendone
le punte su una pietra per verificare se siano d’oro o meno. Il braccio destro della
fanciulla e quello di cupido si allineano orizzontalmente, mentre i corpi dei
personaggi presentano la stessa inclinazione. L’ambientazione, all’interno di una
semplice stanza, è caratterizzata dalla presenza di un angolo di finestra a sinistra
dalla quale si vede solo la cima di una vicina torre. Il luminoso candore della fanciulla
si contrappone con forza all’ombra dello sfondo e questo contrasto rafforza la
sensazione di intimità.

ADREA DEL SARTO

Sposalizio di Santa Caterina

E la scena è ambientata all’esterno e tutte le figure sono collocate su una breve


scalinata che termina con un muretto sul quale Stanno due angioletti, in piedi che
scostano di un baldacchino collocato al di sopra della vergine con il bambino. La
gioia che traspare dal dipinto è dovuta all’evento, Il matrimonio mistico tra Gesù e la
Santa Caterina d’Alessandria a sinistra. Il bambino sta per infilare l’anello nell’indice
della Santa inginocchia davanti a lui. Il patto d’amore è suggellato dalla vergine che
porta la sua mano destra lateralmente e quasi sopra quella degli sposi. E su questi
gesti che si concentrino sguardo dell’osservatore. Anche la vergine sorride mentre
Santa Margherita d’Antiochia impose a posto quella di Caterina partecipa con
trasporto all’evento. Il piccolo Gesù guarda davanti asse e ride. Più in basso sta a
San Giovannino foto seduto su una pelle di cammello mentre stringe a se un
agnellino che gli si è accovacciato di fianco. Il piccolo sorride mentre guarda un
drago alato che minaccia l’agnello. L’agnello è simbolo di Gesù, e per terra c’è una
striscia di carta bianca con la scritta ECCE AGNUS. Anche nel dipinto di Andrea c’è
una croce poggiata sul primo gradino della scalinata fatta con pezzi di canna
spezzati e legati con uno spago. Andrea costruisce la tavola geometricamente
secondo uno schema a triangoli intrecciati. Il primo triangolo unisce San Giovannino
i due angioletti reggi cortina, il secondo unisce invece le tue Sante alla vergine e il
bambino.lo schema tiene fuori il drago, simbolo del male.
Madonna delle arpie

La madonna delle spie diviso singolare il nome alle creature mostruose che
caratterizzano il piedistallo a base ottagonale su cui si regge la vergine con il
bambino.

A sinistra troviamo San Francesco vestito con un saio a destra via invece San
Giovanni giovane in atto di scrivere coperto da un mantello rosso fuoco. San
Giovanni è un chiaro rinvio all’Anassagora della scuola d’Atene di Raffaello. È
probabile si riferisca al capitolo dell’apocalisse di Giovanni. Il ponderato equilibrio
compositivo e la sapiente gradazioni di chiaroscuri che si intravedono nell’ombra del
minchione, appartengono all’ultima più grande opera del Rinascimento.

PONTORMO

DEPOSIZIONE

La deposizione per la cappella capponi nella chiesa fiorentina di Santa felicita. La


scena a un’ambientazione assolutamente innaturale i personaggi sono disposti
secondo una tragica composizione teatrale.ogni corpo è esile snodato allungato e le
teste sono rimpicciolite.l’equilibrio compositivo è assicurato dalla nuvola in alto a
sinistra simmetrica rispetto al personaggio di destra vestito di verde. L’equilibrio
statico è dato da un vaporosa drappo verde su cui il giovane in primo piano sembra
poggiare le ginocchia. I gesti sospesi si concentrano verso il groviglio di mani
intrecciate vero centro della composizione, attorno a cui le figure si dispongono
secondo un circolo sottolineato dal corpo abbandonato del salvatore.

Gli sguardi pieni di stupore di alcuni personaggi sono rivolti in più direzioni all’esterno
del dipinto. Le vesti sembrano incollate ai corpi. Infine i colori, la grande novità del
dipinto, sono utilizzati nei toni più chiari del rosa, del giallo, del celeste, del verde e le
ombre appaiono perlopiù inesistenti. Le tinte impiegate sono così chiare e così simili
nell’intensità, che le parti in piena luce sono stento distinguibili da quelle appena in
ombra e questi da quelle totalmente in ombra.

ROSSO FIORENTINO

Deposizione

Per la deposizione del terreno di San Francesco. Pur ispirata a un omonimo dipinto
di filippino Lippi Pietro perugino se ne distacca notevolmente. La tavola attraversata
verticalmente e trasversalmente dalla croce pesante tozza, a est si appoggiano tre
scale di legno inclinate, sono questi elementi che definiscono geometricamente lo
spazio. Uno spazio limitato e compresso secondo una forma cubica che consente
l’azione della vergine, ammantata di blu e sorretta dalle pie donne, di Maddalena
inginocchiata di spalle rivestita di un abito rosso e di San Giovanni piangente. Una
luce improvvisa accendi e qua si sbianca alcuni risvolti dei panneggi. Se la parte
inferiore del dipinto e dunque pacatamente Dedicata al dolore e alla sua
rappresentazione psicologica la parte superiore è piena di concitata animazione. Tre
uomini coordinati da Nicodemo sta deponendo il Cristo. Anna mortali mobilità del
corpo di Gesù si contrappone la vociante foga degli uomini.

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