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L'opera arrivò a San Pietroburgo nel 1772 con gli acquisti sulla piazza parigina da
parte degli inviati di Caterina II di Russia. Anteriormente si trovava nella collezione
del barone L.A. Crozat de Tierra. Alla fine dell'Ottocento la pellicola pittorica fu
trasferita su tela, per il deterioramento del supporto originario, che era l'anta di un
mobile.
Giuditta, eroina spesso assurta a simbolo delle virtù civiche, è rappresentata a figura
intera, di dimensioni leggermente inferiori al naturale, inquadrata in una tavola a
sviluppo prevalentemente verticale. Il tema della bellezza trionfante sulla tirannia è
qui risolto nel contrasto tra il volto idealizzato di Giuditta, perfettamente ovale e
levigato, di ascendenza leonardesca, e il volto tumefatto della testa decapitata di
Oloferne, sotto il piede della donna. Sensuale è l'apparizione della gamba eburnea
di Giuditta, dallo spacco della veste rosata che a sinistra si increspa in pieghette
secche e ritmate, di ascendenza nordica. A un'ispirazione fiamminga rimanda anche
il gioiello appuntato sul petto dell'eroina, sicuramente ispirato alle oreficerie coeve.
La posa deriva dalla statuaria antica, in particolare dall'Afrodite Urania di Fidia,
mentre alcuni stilemi rimandano a Perugino (l'impugnatura della spada), Lorenzo
Costa (la lunga manica) e Leonardo da Vinci (oltre alla fisionomia della protagonista,
gli effetti di sfumato, il legante atmosiferico e il campionario erbaceo in primo piano.
Oltre un muretto, infatti, si distende un ampio paesaggio, con un bosco e una città
che si perde lontana nella foschia azzurrina, così come le montagne.
L'albero che torreggia dietro Giuditta, proseguendo idealmente la sua figura in modo
da darle un maggiore risalto monumentale, è una quercia: tale espediente è comune
anche ad altre opere attribuite a Giorgione.
L'effetto in generale è estremamente calibrato e di innato lirismo, con la serena
figura di Giuditta, ora che ha raggiunto il suo obiettivo di eliminare il tiranno assiro,
immersa nella frescura del paesaggio al mattino, con un'atmosfera poetica che non è
scalfita nemmeno dalla presenza della testa mozzata del nemico, che opprimeva la
sua città Betulia.
Pala di Castelfranco
La Vergine è vestita con i colori delle tre virtù teologali: abito verde smeraldo
(Speranza), mantello rosso sangue (Carità) e velo bianco candido (Fede). Usando
tonalità di colore più calde o più fredde, egli riesce a costruire una modulata scala di
sfumature definita pittura tonale o tonalismo, è frutto di una complessa
rielaborazione della tradizione.
La tempesta
In primo piano due figure simboliche: a destra, sotto un albero, una donna
semisvestita che sta allattando un bambino (forse Eva con il piccolo Caino); a
sinistra un uomo in piedi, abbigliato secondo la moda veneziana dell'epoca, in atto di
appoggiarsi a una lunga asta (forse Adamo). Tra i personaggi non vi è
apparentemente né rapporto né dialogo. Un ruscelletto e delle rovine che emergono
fra la folta vegetazione li separano dalla città lontana (il perduto Eden), sulla quale
esplode la folgore divina (il Creatore). Secondo un'altra ipotesi, invece, la donna
sarebbe Venere e l'uomo Marte, nei costumi di una zingara e di un soldato.
I tre filosofi
Dal punto di vista tecnico le figure dei tre personaggi appaiono assolutamente prive
di disegno. Per staccarle dallo sfondo, infatti, Giorgione giustappone colori caldi
contro colori freddi. In questo modo è possibile ricreare anche il senso della
prospettiva che stabilisce una gerarchia di distanze legate alle tonalità di colore, che
vanno via via schiarendosi, fino a perdersi nella foschia dell'orizzonte. Di fronte ai tre
filosofi vi è l'imbocco di una caverna. Al centro, attraverso alcuni alberi rappresentati,
si apre la profonda visione di un paesaggio immerso nella luce aranciata dell'alba. In
mezzo al verde si può distinguere un gruppo di case con un mulino, simbolo della
presenza e del lavoro dell'uomo all'interno della natura.
Venere dormiente
Anche il villaggio deserto che si staglia sulla destra, sta a sottolineare la dolce
immobilità del pomeriggio estivo. Più lontano tra la campagna punteggiata di alberi,
si indovina la sagoma di un altro borgo, forse un castello, e in fondo, al filo
dell'orizzonte, emerge dalle nebbie grigio-azzurrognole anche un imponente
massiccio montuoso. Alla realizzazione di questo paesaggio a più piani ha
partecipato anche Tiziano, il più importante e venerato tra i pittori del Rinascimento
veneto.
TIZIANO
Pala dell’Assunta
Maria è in piedi sopra una vaporosa nube bianca, attorniata da una schiera festosa
di cherubini. Il piede destro quasi completamente sollevato e le braccia levate al
cielo sottolineano la tensione ascendente dell'intera figura. Anche il suo volto radioso
è colto nell'attimo di estasi appena precedente alla definitiva assunzione in cielo.
Tiziano dipinge il manto della Vergine in modo estremamente realistico. Alla
sommità della composizione, infine, è rappresentato il Padre Eterno nella gloria dei
cieli. Egli chiude lo svolgersi della narrazione contrapponendo la propria pacata
immobilità, al moto che anima tutti gli altri personaggi. Il Creatore, inoltre, appare
fortemente in controluce. Questo comporta due importanti effetti pittorici: innanzitutto
attenua i contorni, rendendo la scena simile a una sorta di visione soprannaturale, e,
in secondo luogo, rischiara la metà superiore del dipinto con una fonte di luce
autonoma e intensissima.
Pala Pesaro
La grandiosa tela rappresenta una Madonna in trono con il Bambino fra i Santi
Pietro, Francesco d'Assisi e Antonio da Padova. Tutti intorno, genuflessi e oranti,
sono raffigurati diversi personaggi della famiglia Pesaro. Il soggetto è dunque quello
di una Sacra conversazione, ma la novità introdotta da Tiziano sta soprattutto nella
composizione. La Madonna, infatti, non è più al centro, ma spostata sulla destra.
Anche i santi che attorniano la Vergine, disposti su piani prospettici intermedi fra i
committenti e le colonne, sono rappresentati con grande naturalismo. Pietro indossa
un lungo abito di un blu profondo, contro il quale contrasta violentemente il
panneggiatissimo mantello giallo. Tiziano riesce a dare ai volti dei personaggi
accenti di irripetibile naturalezza e ai loro abiti riflessi cangianti e panneggi scultori.
La luce è essa stessa costruita grazie a una giustapposizione di chiarire gli scuri,
quella progressivamente crescente in direzione della vergine che culmina
nell’accecante candore di un velo bianco.
Venere di Urbino
Gli unici accenni alla natura, infatti, sono dati dalle fronde di un albero che si
intravedono attraverso un apertura colonnata e da una pianta ornamentale posta in
un vaso sul davanzale. La Venere di Tiziano, inoltre, non è sola. Sullo sfondo, a
destra, sono raffigurate due fantésche, una in piedi e una inginocchiata di spalle,
nell'atto molto realistico di cercare in un cassone di legno gli abiti da portare alla
padrona. Ai piedi del letto, infine, dorme un cagnolino acciambellato, simbolo della
fedeltà coniugale. L'ambientazione complessiva della scena, all'interno delle
tranquille mura domestiche, ci conferma dunque che la fanciulla sdraiata è una
donna vera e non una dea. La maggior differenza tra i due dipinti, comunque, sta
nell'atteggiamento delle due Veneri, dietro al quale balzano in evidenza anche i
diversi temperamenti degli autori. Mentre quella di Giorgione appare quasi
inconsapevole della propria nudità, quella di Tiziano ne è, al contrario, perfettamente
cosciente e forse anche orgogliosa. Ella, infatti, fissa l'osservatore con uno sguardo
deciso e penetrante e non prova alcun disagio nel mostrarsi mollemente.
Il colore ambrato delle membra e il ricorrente biondo dorato dei capelli contrastano
sia con il pesante tendaggio verde scuro dello sfondo sia con i grandi cuscini rossi
che si intravedono sotto le lenzuola bianche. E proprio da questi forti contrasti, del
resto, che scaturisce in tutta la sua evidenza la forma del corpo, dolce e decisa al
tempo stesso, al quale la presenza del cagnolino addormentato aggiunge
un'ulteriore nota di serena intimità.
Pietà
LORENZO LOTTO
Il compianto sul Cristo morto. Al centro della dolorosa narrazione appare il massiccio
cadavere di Gesù, appoggiato sul bordo laterale del sepolcro scoperchiato. La figura
riempie la metà centrale dell’intero dipinto, mentre gli altri personaggi sono
equilibratamente disposti ai suoi fianchi. A sinistra un angelo dallo sguardo
sgomentato lo sorregge avvinghiandosi con forza al suo braccio destro. Nel
contempo Giuseppe d’Arimatea, rappresentato con un vecchio calvo da lunghi baffi
spioventi, sostiene a sua volta il Cristo sotto l’ascella sinistra e dietro la nuca.
All’estrema destra concludono la narrazione una giovane Maddalena, in atto di
baciare con tenerezza la mano sinistra del salvatore e sullo sfondo, Maria coperta da
un mantello azzurro. L’atmosfera è pervasa da una luce morbida e diffusa.la
concatenazione di gesti dei vari personaggi Determina una sorta di moto ondoso.
CORREGGIO
Il soffitto della camera della badessa si trova nel convento di San Paolo. L’opera
consisteva nella decorazione della volta della sala con un finto pergolato di legno,
ricoperto da una fitta vegetazione, nel quale si aprono 16 ovati dai quali si
affacciano, vari putti intenti a giocare. Le loro membra grassoccie e i rosei incarnati
danno un senso di gioiosa tenerezza. Alla base di ciascuno dei 16 spicchi nei quali il
pergolato è diviso sono raffigurate diverse figure allegoriche tratte dalla mitologia
classica dipinte in monocromia.
Esso consiste nella Scenografica decorazione della cupola del Duomo di Parma dei
sottostanti pennacchi nei quali Rappresenta i 4 patroni della città.
Partendo dall’idea della corona di nubi in primo piano il pittore dà vita a uno spazio
prospettico di incredibile profondità, collocando una serie concentrica di ulteriori
strati di nubi, abitati da una moltitudine sterminata di profeti, civili, beati, interisti
rubini in atto di muoversi concitatamente. I personaggi sembrano roteare nel cielo
immaginario ideato dal Correggio e anche la vergine partecipa al volo che la porterà
al centro del dorato vortice di luce. L’opera è ormai al di fuori di qualsiasi ispirazione
classica, in essa si può riconoscere il prototipo della pittura barocca.
Danae
La madonna delle spie diviso singolare il nome alle creature mostruose che
caratterizzano il piedistallo a base ottagonale su cui si regge la vergine con il
bambino.
A sinistra troviamo San Francesco vestito con un saio a destra via invece San
Giovanni giovane in atto di scrivere coperto da un mantello rosso fuoco. San
Giovanni è un chiaro rinvio all’Anassagora della scuola d’Atene di Raffaello. È
probabile si riferisca al capitolo dell’apocalisse di Giovanni. Il ponderato equilibrio
compositivo e la sapiente gradazioni di chiaroscuri che si intravedono nell’ombra del
minchione, appartengono all’ultima più grande opera del Rinascimento.
PONTORMO
DEPOSIZIONE
Gli sguardi pieni di stupore di alcuni personaggi sono rivolti in più direzioni all’esterno
del dipinto. Le vesti sembrano incollate ai corpi. Infine i colori, la grande novità del
dipinto, sono utilizzati nei toni più chiari del rosa, del giallo, del celeste, del verde e le
ombre appaiono perlopiù inesistenti. Le tinte impiegate sono così chiare e così simili
nell’intensità, che le parti in piena luce sono stento distinguibili da quelle appena in
ombra e questi da quelle totalmente in ombra.
ROSSO FIORENTINO
Deposizione
Per la deposizione del terreno di San Francesco. Pur ispirata a un omonimo dipinto
di filippino Lippi Pietro perugino se ne distacca notevolmente. La tavola attraversata
verticalmente e trasversalmente dalla croce pesante tozza, a est si appoggiano tre
scale di legno inclinate, sono questi elementi che definiscono geometricamente lo
spazio. Uno spazio limitato e compresso secondo una forma cubica che consente
l’azione della vergine, ammantata di blu e sorretta dalle pie donne, di Maddalena
inginocchiata di spalle rivestita di un abito rosso e di San Giovanni piangente. Una
luce improvvisa accendi e qua si sbianca alcuni risvolti dei panneggi. Se la parte
inferiore del dipinto e dunque pacatamente Dedicata al dolore e alla sua
rappresentazione psicologica la parte superiore è piena di concitata animazione. Tre
uomini coordinati da Nicodemo sta deponendo il Cristo. Anna mortali mobilità del
corpo di Gesù si contrappone la vociante foga degli uomini.