06/01/2011
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per disarmare la vendetta porge l'altra guancia, per vincere la zizzania del
campo si prende cura del buon grano. Noi siamo inviati per essere breccia di
questo amore, braccia aperte donate da Dio al mondo, piccolo segno che ogni
creatura sotto il sole amata teneramente dal nostro Dio, agnello mite e forte
che dona se stesso. (Letture: Isaia 49, 3.5-6; Salmo 39; 1 Corinzi 1, 1-3;
Giovanni 1, 29-34)
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figlio del tuono, uno che ha dentro la vibrazione e la potenza del tuono. Lo
sguardo di Ges uno sguardo creatore, una profezia. Mi guarda, e vede in me
un tesoro sepolto, nel mio inverno vede grano che matura, una generosit che
non sapevo di avere, strade nel sole. Nel suo sguardo vedo per me la luce di
orizzonti pi grandi. Venite dietro a me: vi far pescatori di uomini.
Raccoglieremo uomini per la vita. Li porteremo dalla vita sepolta alla vita nel
sole. Risponderemo alla loro fame di libert, amore, felicit. I quattro pescatori
lo seguono subito, senza sapere dove li condurr, senza neppure
domandarselo: hanno dentro ormai le strade del mondo e il cuore di Dio. Ges
camminava per la Galilea e annunciava la buona novella, camminava e
guariva la vita. La bella notizia che Dio cammina con te, senza condizioni,
per guarire ogni male, per curare le ferite che la vita ti ha inferto, e i tuoi sbagli
d'amore. Dio con te e guarisce. Dio con te, con amore: la sola cosa che
guarisce la vita. Questo il Vangelo di Ges: Dio con voi, con amore. (Letture:
Isaia 8, 23b-9, 3; Salmo 26; 1 Corinzi 1, 10-13.17; Matteo 4, 12-33)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
27/01/2011
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vita! Beati, perch c' pi Dio in voi, c' pi libert, meno attaccamento all'io e
alle cose. Beati perch custodite la speranza di tutti. In questo mondo dove si
fronteggiano nazioni ricche fino allo spreco e popoli poverissimi, un esercito
silenzioso di uomini e donne preparano un futuro buono: costruiscono pace, nel
lavoro, in famiglia, nelle istituzioni; sono ostinati nel proporsi la giustizia, onesti
anche nelle piccole cose. Gli uomini delle beatitudini, ignoti al mondo, che non
andranno sui giornali, sono loro i segreti legislatori della storia. La seconda la
beatitudine pi paradossale: Beati quelli che sono nel pianto. Felicit e lacrime
mescolate insieme, forse indissolubili. Dio dalla parte di chi piange ma non
dalla parte del dolore! Un angelo misterioso annuncia a chiunque piange: il
Signore con te. Dio non ama il dolore, con te nel riflesso pi profondo delle
tue lacrime per moltiplicare il coraggio, per fasciare il cuore ferito, nella
tempesta al tuo fianco, forza della tua forza. La parola chiave delle
beatitudini felicit. Sant'Agostino, che scrive un opera intera sulla vita beata,
scrive: abbiamo disputato sulla felicit e non conosco valore che
maggiormente si possa ritenere dono di Dio. Dio non solo amore, non solo
misericordia, Dio anche felicit. Felicit uno dei nomi di Dio. (Letture:
Sofonia 2, 3; 3, 12-13; Salmo 145; 1 Corinzi 1, 26-31; Matteo 5, 1-12a)
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parola, gesto, atto. necessario guarire il cuore per guarire la vita. Fu detto:
non ucciderai; ma io vi dico: chiunque si adira, chiunque alimenta dentro di s
rabbie e rancori, gi omicida. Ges risale alla radice prima, a ci che genera
la morte o la vita. E che san Giovanni esprimer in un'affermazione colossale:
Chi non ama suo fratello omicida (1 Gv 3, 15). Cio: chi non ama uccide.
Non amare qualcuno togliergli vita; non amare un lento morire. Ma io vi
dico: non giurate affatto; il vostro dire sia s, s; no, no. Dal divieto del
giuramento, Ges arriva al divieto della menzogna. Di' la verit sempre, e non
servir pi giurare. Cos porta a compimento, sulla linea del cuore, le
conseguenze gi implicite nella legge antica. E poi la linea della persona: Se tu
guardi una donna per desiderarla sei gi adultero... Non dice: se tu, uomo,
desideri una donna; se tu, donna, desideri un uomo. Il desiderio un servitore
indocile, ma importante. Dice: Chi guarda per desiderare, e vuol dire: se tu
guardi solo per il tuo desiderio, se guardi il suo corpo per il tuo piacere, allora
tu pecchi contro la sua persona. Tu allora sei un adultero, nel senso originario
di adulterare: tu falsifichi, tu inquini, tu impoverisci la persona. Perch riduci a
oggetto per te, a corpo usa e getta la persona, che invece abisso, oceano,
cielo, angelo, profondit, vertigine. Pecchi non tanto contro la legge, ma contro
la profondit e la dignit della persona, che icona di Dio. Perch la legge
sempre rivelazione dei comportamenti che fanno crescere l'uomo in umanit, o
che ne diminuiscono l'umanit e la grandezza, che come dire rivelazione di
ci che rende felice l'uomo. un unico salto di qualit quello che Ges
propone, la svolta fondamentale: passare dalla legge alla persona, dall'esterno
all'interno, dalla religione del fare a quella dell'essere. Il ritorno al cuore, l
dove nascono i grandi perch delle azioni. Allora il vangelo facile,
umanissimo, anche quando dice parole come queste, che danno le vertigini.
(Letture: Siracide 15,16-21; Salmo 118; 1 Corinzi; Matteo 5,17-37)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/02/2011
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Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. [...].
Ges rilancia la sua sfida per un altro modo di essere uomini: non
preoccupatevi delle cose, c' dell'altro che vale di pi. la sfida contenuta
nella preghiera nel Padre Nostro: dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ti
chiediamo solo il pane sufficiente per oggi, il pane che basta giorno per giorno,
come la manna nel deserto, non l'affanno del di pi. la sfida del monaco:
conosco monasteri che vivono cos, come uccelli e come gigli,
quotidianamente dipendenti dal cielo. Ma questa sfida anche per tutti noi,
pieni di cose e spaventati dal futuro. La vita non vale forse pi del cibo e il
corpo pi del vestito? Occuparsi meno delle cose e di pi della vita vera, che
fatta di relazioni, consapevolezza, libert, amore. Vuoi volare alto, come un
uccello, vuoi fiorire nella vita come un giglio? Allora devi deporre dei pesi.
Madre Teresa di Calcutta soleva dire: tutto ci che non serve pesa! Meno cose
e pi cuore! Non una rinuncia, ma una liberazione. Dalle cose, dalla 'roba'
diventata padrona dei pensieri. Guardate gli uccelli del cielo... Osservate i gigli
del campo... se l'uccello avesse paura perch domani pu arrivare il falco o il
cacciatore, non canterebbe pi, non sarebbe pi una nota di libert
nell'azzurro. Se il giglio temesse la tempesta che domani pu arrivare, o
ricordasse il temporale di ieri, non fiorirebbe pi. Ges osserva la vita, e la vita
gli parla di fiducia e di Dio. E a noi dice: beati i puri di cuore perch vedranno
Dio, vedranno in tutto ci che esiste un punto verginale e fiducioso che la
presenza di Dio, vi scopriranno un altare dove si celebra la comunione tra
visibile e invisibile. Allora: non affannatevi, quell'affanno che toglie il respiro,
per cui non esistono feste o domeniche, non c' tempo per chi si ama, per
contemplare un fiore, una musica, la primavera. Cercate prima di tutto il Regno
di Dio e queste cose vi saranno date in pi. Non moralista il Vangelo, non si
oppone al desiderio di cibo e vestito, dicendo: sbagliato, peccato, non
serve. Anzi, tutto questo lo avrete, ma in tutt'altra luce. Il cristianesimo non
una morale ma una sconvolgente liberazione (Vannucci). Libera dai piccoli
desideri, per desiderare di pi e meglio, per cercare ci che fa volare, ci che
fa fiorire e ti mette in armonia con tutto ci che vive. Insegna un rapporto
fiducioso e libero con se stessi, con il corpo, con il denaro, con gli altri, con le
pi piccole creature e con Dio. Cercate il regno, occupatevi della vita interiore,
delle relazioni, del cuore; cercate pace per voi e per gli altri, giustizia per voi e
per gli altri, amore per voi e per gli altri. Meno cose e pi cuore! E troverete
libert e volo. (Letture: Isaia 49,14-15; Salmo 61; 1 Corinzi 4,1-5; Matteo 6,2434)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/03/2011
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un'acqua che diventa sorgente che zampilla. L'acqua vita, energia di vita,
grazia che io ricevo quando mi metto in connessione con la Fonte inesauribile
della vita. Ges dona alla samaritana di ricongiungersi alla sua sorgente e di
diventare lei stessa sorgente. Un'immagine bellissima: un'acqua che tracima,
dilaga, che va, un torrente che ben pi di ci che serve alla sete. La sorgente
non possesso, fecondit. A partire da me ma non per me (M. Buber). La
samaritana abbandona la brocca, corre in citt, ferma tutti per strada,
testimonia, profetizza, contagia d'azzurro e intorno a lei nasce la prima
comunit di discepoli stranieri. La donna di Samaria capisce che non placher
la sua sete bevendo a saziet, ma placando la sete d'altri; che si illuminer
illuminando altri, che ricever gioia donando gioia. Diventare sorgente,
bellissimo progetto di vita per ciascuno: far sgorgare e diffondere speranza,
accoglienza, amore. A partire da me, ma non per me. (Letture: sodo 17, 3-7;
Salmo 94; Romani 5,1-2, 5-8; Giovanni 4, 5-42)
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dallo sfolgorio di luce, di giorni nuovi, di un sole mai visto, no, ma davanti e
dentro la tenebra del venerd, vedendolo sulla croce, sul patibolo, sul trono
dell'infamia, un verme nel vento, questo soldato esperto di morte dice: era
figlio di Dio. Morire cos rivelazione. Morire d'amore cosa da Dio. Il nostro
Dio differente. Perch salito sulla croce? Per essere con me e come me.
Perch io possa essere con lui e come lui. Essere in croce ci che Dio, nel suo
amore, deve all'uomo che in croce. L'amore conosce molti doveri, ma il primo
di questi doveri di essere insieme con l'amato, come una mamma quando il
figlio sta male... e vorrebbe prendere su di s il male del suo bambino,
ammalarsi lei per guarire suo figlio. Dio entra nella morte perch l va ogni suo
figlio. Per trascinarlo fuori, in alto, con s. La croce l'abisso dove Dio diviene
l'amante. qualcosa che mi stordisce: un Dio che mi ha lavato i piedi e non gli
bastato, che ha dato il suo corpo da mangiare e non gli bastato. Lo vedo
pendere nudo e disonorato, e devo distogliere lo sguardo. Poi giro ancora la
testa e riguardo la croce e vedo uno a braccia spalancate che mi grida: ti amo.
Proprio me? Sanguina e grida, o forse lo sussurra, per non essere invadente: ti
amo. C'erano l molte donne che stavano ad osservare da lontano. Piccolo
gregge sgomento e coraggioso: la chiesa nasce dalla contemplazione del volto
del Dio crocifisso (C.M.Martini), la chiesa nasce in quelle donne, che hanno
verso Ges lo stesso sguardo di amore e di dolore che Dio ha sul mondo. Le
prime pietre viventi sono donne. Per diventare chiesa, dobbiamo anche noi
sostare con queste donne accanto alle infinite croci del mondo dove Cristo
ancora oggi crocifisso nei suoi fratelli, disprezzato, umiliato, ricacciato indietro,
naufragato. Con santa Maria e le donne sentiamo nostra la passione di ogni
figlio dell'uomo: il mondo tutto una collina di croci. Restiamo accanto, a
portare conforto, speranza, pane, umanit, vita. Solo cos sentiremo a Pasqua
che rotola armoniosamente la nostra vita nella mano di Dio (H. Illesum).
(Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26, 14-27,66).
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capo " non posato l con i teli, ma avvolto in un luogo a parte (...). Ci che ci fa
credere la croce. Ma ci in cui crediamo la vittoria della croce (Pascal): la
vittoria sulla morte e sulla violenza. Cristo risorto, eternamente risorgente in
me e in ogni cosa, apre l'immensa migrazione degli uomini verso la vita.
L'esistenza non scivola ineluttabilmente come su di un piano inclinato verso la
morte, ma all'incontrario si dirige instancabilmente da morte a vita. Maria di
Magdala esce di casa quando ancora notte, buio in cielo, buio nel cuore.
Notte dell'Incarnazione, in cui il Verbo si fa carne. Notte della Risurrezione in
cui la carne indossa l'eternit. Cos respira la fede, da una notte all'altra.
Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell'immenso soffio
che unisce incessantemente l'istante e l'eterno, il visibile e l'invisibile, la nostra
povert e la ricchezza di Dio. Non ha niente tra le mani, ha soltanto la sua vita
risorta: da lei Ges aveva cacciato sette demoni, cio la totalit del male. E
una attesa ardente, come la sposa del Cantico: lungo la notte cerco l'amato del
mio cuore. Maria si ribella all'assenza di Ges: amare dire: tu non morirai!
(Gabriel Marcel). Non a caso chi si reca alla tomba in quell'alba chi ha avuto
pi forte esperienza dell'amore di Ges: le donne, Maddalena, il discepolo
amato. E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro
spalancato, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, aperto come il guscio di
un seme. E fuori primavera. Qualcosa si muove in Maria: un'ansia, un
fremito, un'urgenza che cambiano di colpo il ritmo del racconto. Corse allora"
Pu correre ora perch sta nascendo il giorno, deve correre perch il parto di
un universo nuovo, le doglie della vita. Il mondo un immenso pianto (Dio
naviga in un fiume di lacrime, scrive Turoldo) ma a Pasqua diventa un immenso
parto. Di vita, di futuro, di speranza, di nuovi orizzonti, di lacrime asciugate.
Corre da Pietro e dal discepolo amato:correvano insieme tutti e due....
Perch tutti corrono nel mattino di Pasqua? Corrono, sospinti da un cuore in
tumulto, perch l'amore ha sempre fretta, non sopporta indugi, la vita ha fretta
di rotolare via i macigni che la bloccano. Chi ama sempre in ritardo sulla
fame di abbracci. L'altro discepolo, quello che Ges amava, corse pi veloce.
Giovanni arriva per primo al sepolcro, arriva per primo a capire il significato
della risurrezione, e a credere in essa. Chi ama o amato capisce di pi,
capisce prima, capisce pi a fondo. Il discepolo amato ha intelletto d'amore
(Dante), ha l'intelligenza del cuore. Intuisce che un amore come quello di Ges
non pu essere annullato dalla morte, che tutto ci che anche noi vivremo e
faremo nell'amore non andr perduto, non sar vinto da nulla. (Atti 10, 34a.
37-43; Salmo 117; Colosssi 3, 1-4; Giovanni 20, 1-9).
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amore, fonte di nuove nascite per altri. L'Ascensione una festa difficile: come
si pu far festa per uno che se ne va? Il Signore non andato in una zona
lontana del cosmo, ma nel profondo, non oltre le nubi ma oltre le forme: se
prima era insieme con i discepoli, ora sar dentro di loro. Sar con voi tutti i
giorni, fino alla fine del tempo. Il mio cristianesimo la certezza forte e
inebriante che in tutti i giorni, in tutte le cose Cristo presente, forza di
ascensione del cosmo. Ascensione non un percorso cosmico geografico ma
la navigazione spaziale del cuore che ti conduce dalla chiusura in te all'amore
che abbraccia l'universo (Benedetto XVI). Ges lascia sulla terra il quasi niente:
un gruppetto di uomini impauriti e confusi, che dubitano ancora, sottolinea
Matteo; un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli. E a loro che dubitano
ancora, a noi, alle nostre paure e infedelt, affida il mondo. Li spinge a pensare
in grande, a guardare lontano: il mondo vostro. Ges se ne va con un atto di
enorme fiducia nell'uomo. Ha fiducia in me, pi di quanta ne abbia io stesso.
Sa che riuscir a essere lievito e forse perfino fuoco; a contagiare di Spirito e di
nascite chi mi affidato. Ascensione la festa del nostro destino " solo il
Cristianesimo ha osato collocare un corpo d'uomo nella profondit di Dio
(Romano Guardini) " che si intreccia con la nostra missione: Battezzate e
insegnate a vivere ci che ho comandato. Battezzare non significa versare
un po' d'acqua sul capo delle persone, ma immergere! Immergete ogni uomo
in Dio, fatelo entrare, che si lasci sommergere dentro la vita di Dio, in quella
linfa vitale. Insegnate a osservare. Che cosa ha comandato Cristo, se non
l'amore? Il suo comando : immergete l'uomo in Dio e insegnategli ad amare.
A lasciarsi amare, prima, e poi a donare amore. Qui tutto il Vangelo, tutto
l'uomo. Fate questo, donando speranza e amorevolezza a tutte le creature,
tutti i giorni, in tutti gli incontri. (Letture: Atti degli Apostoli 1,1-11; Salmo 46;
Efesini 1,17-23; Matteo 28,16-20)
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stesso per incontrare il Signore, per essere santo. In Ges, Dio ha riunificato
l'umanit in un popolo di fratelli. Nello Spirito fa della mia unicit e diversit
una ricchezza. La Chiesa come Corpo di Cristo comunione; la Chiesa come
Pentecoste continua invenzione, poesia creatrice, ricerca. Come due tempi di
un solo movimento. Nel Cristo siamo uno, nel soffio dello Spirito siamo unici. Il
libro degli Atti narra che gli apostoli quella mattina parevano come ubriachi:
ebbri, eccessivi, fuori misura. Bisogna essere cos per parlare di Cristo, un po'
fuori misura, un po' incoscienti, un po' presi, altrimenti non riscaldi il cuore
di nessuno. Ubriachi, ma di speranza, di fiducia, di generosit, di gioia. Mentre
erano chiuse le porte del luogo venne Ges, alit su di loro e disse: Ricevete lo
Spirito Santo. Negli Apostoli respira ora il respiro di Cristo, quel principio vitale
e luminoso che lo faceva diverso, quella intensit che faceva unico il suo modo
di amare, che spingeva Ges a fare dei poveri i principi del suo Regno, che ha
reso forte il suo volto, scrive Luca, come quello di un eroe, e tenero come
quello di un innamorato. Ci che accaduto a Gerusalemme, 50 giorni dopo la
Risurrezione, avviene sempre, avviene per ciascuno: siamo perennemente
immersi in Dio come nell'aria che respiriamo. A noi che cosa compete?
Accogliere questo straordinario respiro di Dio che riporta al cuore Cristo e le
sue parole e ci trasforma; accoglierlo, perch il mio piccolo io deve dilatarsi
nell'infinito io divino. E poi la missione: a coloro cui perdonerete i peccati
saranno perdonati, a coloro cui non perdonerete non saranno perdonati. Il
perdono dei peccati l'impegno di tutti coloro che hanno ricevuto lo Spirito,
donne e uomini, grandi e bambini. Perdonate, che vuol dire: piantate attorno a
voi oasi di riconciliazione, piccole oasi di pace in tutti i deserti della violenza;
tutto intorno a voi create strade di avvicinamenti, aprite porte, riaccendete il
calore, riannodate fiducia. Moltiplichiamo piccole oasi e queste conquisteranno
il deserto. Perdonare significa de-creare il male (Panikkar). Allora venga lo
Spirito, riporti l'innocenza e la fiducia nella vita, soffi via le ceneri delle paure,
consolidi in ciascuno di noi la certezza pi umana che abbiamo e che tutti ci
compone in unit: l'aspirazione alla pace, alla gioia, alla vita, all'amore (G.
Vannucci). (Letture: Atti degli Apostoli 2,1-11; Salmo 103; 1 Corinzi 12,3b-7.1213; Giovanni 20,19-23)
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arrivato, che entra in questa mia casa di carne. Entrato in chiesa come
mendicante ne uscir come donatore. Dopo avere sperimentato un Dio che fa
vivere e nutre, un Dio materno, che d se stesso come cibo per vivere, possa
anch'io, lungo i miei giorni, essere annoverato fra i giusti, fra coloro che fanno
vivere, che nutrono. Con piccoli gesti ma con grandi orizzonti. (Letture:
Deuteronmio 8, 2-3.14b-16a; Salmo 147, 1Corinzi 10, 16-17; Giovanni 6, 5158)
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bambini e anziani, donne e uomini, preti e religiosi, per noi che ci sentiamo
intelligenti, ma che corriamo il rischio di restare degli analfabeti del cuore.
Funzionari delle regole e analfabeti del cuore. Perch Dio non un concetto,
non una regola, non si riduce ad un sapere: Dio il cuore dolce e forte della
vita. Dice Ges: Prendete su di voi il mio giogo. Il mio giogo dolce e il mio
carico leggero. Nel linguaggio della Bibbia giogo indica la legge: Prendete
su di voi la mia legge. Prendete su di voi l'amore, un re leggero, un
tiranno amabile, che neanche per un istante ferisce il cuore, non colpisce ci
che al cuore dell'uomo, ma instancabile nel generare, partorire, curare,
confortare, dare ristoro. Non uno fra i tanti maestri, il maestro di una vita
piena, con dentro il gusto e il calore di Dio. (Letture: Zaccaria 9, 9-10; Salmo
114; Romani 8, 9.11-13; Matteo 11, 25-30).)
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fretta, fa decidere: ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice
che trover la felicit (sant'Agostino). La gioia un sintomo, il segno che
stai camminando bene, sulla strada giusta. Noi avanziamo nella vita non a
colpi di volont, ma per una passione, per scoperta di tesori (dov' il tuo
tesoro, l corre felice il tuo cuore); avanziamo per innamoramenti e per la gioia
che accendono. Vive chi avanza verso ci che ama. La vita non etica ma
estetica (H.U. Von Balthasar) nel senso che avanza non per ordini, ma per
seduzione di tesori e di perle, si muove per una passione, e la passione sgorga
da una bellezza, dall'aver intravisto la bellezza di Cristo, la vita bella, buona e
beata del Vangelo. Ma il dono deve essere accolto, alla scoperta deve
rispondere l'impegno: il contadino e il mercante vendono tutto, ma per
guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere tutto. Non perdono niente, lo
investono. Cos sono i cristiani, non pi buoni degli altri, ma pi ricchi: hanno
un tesoro di speranza, di luce, di cielo, di cuore, di Dio. Tesoro e perla Cristo
per me, averlo seguito stato l'affare migliore della mia vita. Mi sento
contadino fortunato, mercante ricco. Non un vanto, ma una responsabilit! E
dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, anzi in molti tesori,
lungo molte strade, in molti giorni della mia vita, facendola diventare come
una finestra di cielo (Antonia Pozzi), una vita intensa, vibrante,
appassionata, gioiosa, pacificata, e spero anche, almeno un po', buona e non
inutile. Tesoro e perla sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto e di gioia,
con la travolgente energia, con il futuro che aprono, si rivolgono a me, un po'
contadino e un po' mercante, e mi domandano: ma Dio per te un tesoro o
soltanto un dovere? una perla o un obbligo? tesoro, perch il Vangelo non
mortificazione, ma dilatazione di vita; il cristianesimo non sacrificio e
rinuncia, ma offerta di solarit che fa rifiorire instancabilmente la rosa del
mondo, la rosa del vivere. (Letture: 1 Re 3, 5.7-12; Salmo 118; Romani 8, 2830; Matteo 13, 44-52)
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Ges, impara da ognuno. Sogno che abita Dio e ogni cuore buono. (Letture:
Isaia 56, 1.6-7; Salmo 66; Romani 11, 13-15.29-32; Matteo 15, 21-28).
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l'intera umanit. Pietro chiave nella misura in cui apre porte e strade che ci
portino gli uni verso gli altri e insieme verso Dio. La benedizione di Ges a
Pietro (beato te, Simone!) raggiunge ogni discepolo: Felice sei tu, se la tua vita
ha trovato Cristo, la roccia. Anche tu sei pietra viva, con te edifico la mia casa;
anche tu sei chiave. Sacerdozio comune dei credenti: essere roccia che d
sicurezza, stabilit e senso anche ad altri; essere chiave che spalanca le porte
belle di Dio e la vita in pienezza. Tutti possiamo passare nel mondo come
strumenti di solidit e di apertura, garantendo: Tu crederai o non crederai,
come vuoi. Ma io terr Dio accanto a te (M. Delbrel). (Letture: Isaia 22,19-23;
Salmo 137; Romani 11,33-36; Matteo 16,13-20)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/08/2011
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di Dio, la prova che Dio ama me pi della propria vita. Per capire basta
sostituire la parola Croce con la parola amore: Se qualcuno vuole venire con
me, prenda su di s tutto l'amore di cui capace. Prendi la tua porzione di
amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di croce che ogni amore
comporta, altrimenti non ami. Tutti, io per primo, abbiamo paura del dolore. Ci
sia concessa, per, la grazia di non aver paura di amare: sarebbe paura di
vivere. E poi seguimi. Seguire Cristo non macerarsi in sacrifici ma
conquistare un'infinita passione per l'esistenza, in tutte le sue forme, in tutte le
sue creature. Fai come me, prendi su di te una vita che sia il riassunto della
mia vita dice Ges, il coraggioso che tocca i lebbrosi e sfida chi vuole
uccidere l'adultera, il tenero che si commuove per le folle senza pastore e per
due passeri, il povero che mai entrato nei palazzi dei potenti se non da
prigioniero, libero come nessuno, amore come nessuno, uomo dalla vita
buona, bella, felice. Vivi le mie stesse passioni. E troverai la vita. Dimentica
che esisti quando dici che ami (J. Twarkowski) e troverai la vita. (Letture:
Geremia 20, 7-9; Salmo 62; Romani 12, 1-2; Matteo 16, 21-27)
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Una comunit si misura dalla qualit dei rapporti umani che si sono instaurati.
Dio un vento di comunione che ci sospinge gli uni verso gli altri. Senza l'altro
l'uomo non uomo. Il Vangelo ci chiama a pensare sempre in termini di noi.
Tutto quello che legherete sulla terra... Il potere di sciogliere e legare non ha
nulla di giuridico, consiste nel mandato fondamentale di tessere nel mondo
strutture di riconciliazione: ci che avrete riunito attorno a voi, le persone, gli
affetti, le speranze, lo ritroverete unito nel cielo; e ci che avrete liberato
attorno a voi, di energie, di vita, di audacia e sorrisi, non sar pi dimenticato,
storia santa. Ci che scioglierete avr libert per sempre, ci che legherete
avr comunione per sempre. Nel Vangelo di oggi un crescendo di comunit.
Fino alla affermazione ultima: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono
in mezzo a loro. Non semplicemente nell'io, non semplicemente nel tu, il
Signore sta tra l'io e il tu, nel legame. In principio ad ogni vita, il legame, come
nella stessa Trinit. La costruzione del mondo nuovo inizia dai mattoni
elementari io-tu, dalle relazioni quotidiane. Ma c' un terzo tra i due, un terzo
tra me e te, il cui nome Amore: collante delle vite, forza di coesione degli
atomi (Turoldo), unit dei mondi. tra noi, ad una condizione: che siamo riuniti
nel suo nome. Non per interesse, non per superficialit, non per caso, ma nel
suo nome: amando ci che lui amava, preferendo coloro che lui preferiva,
sognando il suo sogno di un mondo fatto di fratelli, dove il giusto e il
peccatore, il violento e l'inerme si tengono per mano; dove Abele diventa
capace della pi grande follia, la divina follia di prendersi cura di Caino (se tuo
fratello ti ha fatto del male, tu v...), per essere liberi dal male come l'unico
libero. Come potremmo non essere liberi se fra noi la Libert stessa?
(Letture: Ezechiele 33,7-9; Salmo 94; Romani 13,8-10; Matteo 18,15-20)
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XXV Domenica Tempo ordinario Anno A In quel tempo, Ges disse ai suoi
discepoli questa parabola: Il regno dei cieli simile a un padrone di casa che
usc all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accord con
loro per un denaro al giorno e li mand nella sua vigna. (...) Quando fu sera, il
padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori e dai loro la paga,
incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del
pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi,
pensarono che avrebbero ricevuto di pi. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un
denaro (...). Il Vangelo pieno di vigne, forse perch fra tutti i campi, la vigna
il preferito di ogni contadino, quello che coltiva con pi cura e intelligenza, in
cui si reca pi volentieri. Questa parabola ci assicura che il mondo, il mondo
nuovo che deve nascere, vigna e passione di Dio; che io sono vigna e
passione di Dio, il suo campo preferito, di cui ha cura uscendo per ben cinque
volte, da un buio all'altro, a cercare operai. Il punto di svolta del racconto
risiede nel momento della paga: comincia dagli ultimi della fila e d a chi ha
lavorato un'ora sola lo stesso salario concordato con quelli dell'alba.
Finalmente un Dio che non un padrone, nemmeno il migliore dei padroni.
Non un contabile. Un Dio ragioniere non converte nessuno. un Dio buono (ti
dispiace che io sia buono?). il Dio della bont senza perch, che crea una
vertigine nei normali pensieri, che trasgredisce le regole del mercato. Un Dio
che sa ancora saziarci di sorprese. E mentre l'uomo pensa secondo misura,
Dio agisce secondo eccedenza (cardinale Carlo Maria Martini). Non segue la
logica della giustizia, ma lo fa per eccesso, per dare di pi. Vuole garantire
vite, salvare dalla fame, aggiungere futuro. Mi commuove questo Dio che
accresce vita, con quel denaro immeritato, che giunge benedetto e benefico, a
quattro quinti dei lavoratori. Gli operai che hanno lavorato fin dal mattino
protestano, sono tristi, dicono non giusto. Non riescono a capire e si
trovano lanciati in un'avventura sconosciuta: la bont: ti dispiace che io sia
buono?. vero: non giusto. Ma la bont va oltre la giustizia. La giustizia non
basta per essere uomini. Tanto meno basta per essere Dio. Neanche l'amore
giusto, altra cosa, di pi. Perch non si accende la festa davanti a questa
bont, perch non sono contenti tutti, i primi e gli ultimi? Perch la felicit
viene da uno sguardo buono e amabile sulla vita e sulle persone. Se l'operaio
dell'ultima ora lo sento come mio fratello o mio amico, allora sono felice con
lui, con i suoi bambini, per la paga eccedente. Se invece mi ritengo operaio
della prima ora e misuro le fatiche, se mi ritengo un cristiano esemplare, che
ha dato a Dio tanti sacrifici e tutta la fedelt, che ora attende ricompensa
adeguata, allora posso essere urtato dalla retribuzione uguale data a chi ha
fatto molto meno di me. Drammatico: si pu essere credenti e non essere
buoni! Nel cuore di Dio cerco un perch al suo agire. E capisco che le sue
bilance non sono quantitative, davanti a Lui non il mio diritto o la mia
giustizia che pesano, ma il mio bisogno. Allora non calcolo pi i miei meriti, ma
conto sulla sua bont. Dio non si merita, si accoglie! (Letture: Isaia 55, 6-9;
Salmo 144; Filippesi 1, 20-24.27; Matteo 20, 1-16)
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XXVI Domenica Tempo ordinario - Anno A In quel tempo, disse Ges ai principi
dei sacerdoti e agli anziani del popolo: Che ve ne pare? Un uomo aveva due
figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli
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XXVII domenica Tempo ordinario - Anno A In quel tempo, Ges disse ai capi dei
sacerdoti e agli anziani del popolo: Ascoltate un'altra parabola: c'era un
uomo, che possedeva un terreno e vi piant una vigna. La circond con una
siepe, vi scav una buca per il torchio e costru una torre. La diede in affitto a
dei contadini e se ne and lontano. Quando arriv il tempo di raccogliere i
frutti, mand i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini
presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.
Mand di nuovo altri servi, pi numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso
modo. Da ultimo mand loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto per mio
figlio!. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: Costui l'erede. Su,
uccidiamolo e avremo noi la sua eredit!. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla
vigna e lo uccisero. Quando verr dunque il padrone della vigna, che cosa far
a quei contadini?. Gli risposero: Quei malvagi, li far morire miseramente e
dar in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo
tempo. E Ges disse loro: Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i
costruttori hanno scartata diventata la pietra d'angolo; questo stato fatto
dal Signore ed una meraviglia ai nostri occhi"? Perci io vi dico: a voi sar
tolto il regno di Dio e sar dato a un popolo che ne produca i frutti. Che cosa
dovevo fare ancora alla mia vigna, che io non abbia fatto? bella questa
immagine di Isaia di un Dio appassionato, che fa per me ci che nessuno far
mai; un Dio contadino che, come fa ogni contadino, dedica alla vigna pi cuore
e pi cure che ad ogni altro campo. Dio ha per me una passione che nessuna
delusione spegne, che non mai a corto di meraviglie, che ricomincia dopo
ogni mio rifiuto ad assediare il cuore. Per prima cosa, prima di qualsiasi azione,
io voglio sostare dentro questa esperienza: sentire di essere vigna amata,
lasciarmi amare da Dio. Non sono altro che una vite piccolina, ma a me,
proprio a me Dio non vuole rinunciare. Il frutto che Dio attende come quello
della vite: se ogni albero si preoccupasse solo di se stesso, solo di riprodursi,
basterebbero pochi semi ogni molti anni, un frutto solo. E invece, ad ogni
autunno, un'abbondanza di frutti, una generosit magnifica offerta a tutti,
all'uomo, al piccolo insetto, alla terra nutrice: la generosit della natura un
modello per il cuore dell'uomo. La parabola per avanza in un clima di
amarezza e di violenza. Mi pare di intuirne l'origine nelle parole dei vignaioli,
insensate e brutali: Costui l'erede, venite, uccidiamolo e avremo noi
l'eredit! Ascoltano quella voce primordiale e brutale che dice: prendi il posto
dell'altro, eliminalo e avrai tu il suo campo, la sua casa, la sua donna, i suoi
soldi. Sii il pi forte, il pi crudele, il pi furbo e sarai tu il capo. Questa
l'origine di tutte le vendemmie di sangue della terra. Che cosa far il padrone
della vigna dopo l'uccisione del figlio? La soluzione proposta dai giudei
logica: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di
giustizia riportare le cose un passo indietro, a prima del delitto, mantenendo
intatto il ciclo immutabile del dare e dell'avere. Ges non d'accordo: il regno
di Dio sar dato a un popolo che ne produca i frutti. Il sogno di Dio non il
tributo finalmente pagato, non la pena scontata, i conti in pareggio, ma una
vigna che non maturi pi grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, bens
grappoli caldi di sole e gonfi di luce. Al di fuori della metafora, Dio sogna una
storia che non sia guerra di possessi, battaglia di potere, ma sia vendemmia di
generosit e di pace, grappoli di giustizia e di onest. E forse perfino acini di
Dio fra noi. La visione di Ges positiva: la storia perenne dell'amore di Dio e
del mio tradimento non si risolve in una sconfitta, il mio peccato non blocca il
piano di Dio. L'esito della storia sar buono, la vigna generosa di frutti, il
Padrone non sprecher i giorni dell'eternit in vendette. (Letture: Isaia 5, 1-7;
Salmo 79; Filippesi 4, 6-9: Matteo 21, 33-43)
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che nessuno sia escluso. bello questo nostro Dio che quando rifiutato,
anzich abbassare le attese le alza: chiamate tutti! Che apre, allarga, gioca al
rilancio, va pi lontano; e dai molti invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che
troverete, cattivi o buoni, fateli entrare. Notate: prima i cattivi e poi i buoni...
Noi non siamo chiamati perch siamo buoni e ce lo meritiamo, ma perch
diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da una proposta di vita
bella, buona e felice da parte di Dio. 3. L'abito nuziale che un commensale non
indossa ed gettato fuori. A capire che cosa rappresenti quell'abito ci aiuta
una parola sussurrataci il giorno del Battesimo quando, ponendo sopra di noi
una piccola veste bianca, il sacerdote ha detto: Bambino mio adesso rivestiti
di Cristo!. Il nostro abito Cristo! Passare la vita a rivestirci di Cristo, a fare
nostri i suoi gesti, le sue parole, il suo sguardo, le sue mani, i suoi sentimenti; a
preferire coloro che egli preferiva. L'abito nuziale quello della Donna
dell'Apocalisse: vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una
corona di stelle, che indossa il guardaroba di Dio, l'abito da festa del creato,
che la luce, il primo di tutti i simboli di Dio. In quella Donna ciascuno di noi,
cercatore di luce che venga a vincere le paure e le ombre che invecchiano il
cuore. La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re
che ci chiama a servirlo e invece Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio dei
sacrifici ed il Dio cui sta a cuore la gioia; uno che ci impone di fare delle cose
per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi. Lo pensiamo
lontano, separato, e invece dentro la sala della vita, la sala del mondo, come
una promessa di felicit, una scala di luce posata sul cuore e che sale verso
Dio. (Letture: Isaia 25, 6-10a; Salmo 22; Filippesi 4, 12-14. 19-20; Matteo 22, 114)
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rialzo, come al suo solito, e con due cambi di prospettiva che allargano gli
orizzonti della domanda. Con il primo cambio di prospettiva muta il verbo
pagare ( lecito pagare le tasse?) in restituire: quello che di Cesare rendetelo
a Cesare. Con il secondo cambio introduce l'orizzonte di Dio. Innanzitutto parla
di un dare e avere: voi usate questa moneta, usate cio dello stato romano che
vi garantisce strade, giustizia, sicurezza, mercati. Avete ricevuto e ora
restituite. Pagate tutti le tasse per un servizio che tocca tutti. Come non
applicare questa chiarezza semplice di Ges ai nostri giorni, in cui la crisi
economica porta con s un dibattito su manovre, tasse, evasione fiscale;
applicarla ai farisei di oggi che giustificano in mille modi, quando addirittura
non se ne vantino, l'evasione delle imposte. Restituisci, perch sei in debito.
Io sono in debito verso genitori, amici, insegnanti, medici, verso la storia di
questo paese, verso chi mi ha insegnato ad amare e a credere, mi ha
trasmesso affetto e valori, verso i poeti e gli scienziati, i cercatori di Dio, verso
milioni di lavoratori sconosciuti, verso l'intera mia societ. Un tessuto di debiti
la mia vita, io ho avuto infinitamente di pi di ci che ho dato. Restituire a
Cesare di cui mi fido poco? A Cesare che ruba? S, ma al modo di Ges, lui che
non guardava in faccia a nessuno, come riconoscono i farisei: allora, se Cesare
sbaglia, il mio tributo sar quello di correggerlo; e se ruba gli ricorder la voce
della coscienza e il dovere della giustizia. Il secondo cambio di prospettiva
inserisce la dimensione spirituale. Da Dio hai ricevuto, a Dio restituisci. Da Lui
viene il respiro, il volere e l'operare, il gioire e l'amare, i talenti, il seme di
eternit deposto in te, suo il giardino del mondo. Davanti a Lui, come davanti
all'uomo, non siamo dei pretendenti, ma dei debitori grati. Se avessimo tra le
mani quella moneta romana capiremmo qualcosa d'altro. L'iscrizione recitava:
divo Caesari, al divino Cesare appartiene. Ges scinde di netto l'unit di queste
due parole: Cesare non Dio. Altro Cesare, altro Dio. Di Dio l'uomo,
quell'uomo che Lui ha fatto di poco inferiore a un dio. A Cesare le cose, a Dio la
persona. A me dice: tu non inscrivere nel cuore altre appartenenze che non
siano a Dio. Resta libero e ribelle ad ogni tentazione di venderti o di lasciarti
possedere. Ripeti al potere: io non ti appartengo. Ad ogni potere umano Ges
dice: non appropriarti dell'uomo, non ti appartiene. L'uomo cosa di Dio.
creatura che ha Dio nel sangue. (Letture: Isaa 45, 1.4-6; Salmo 95; 1
Tessalonicesi 1, 1-5b; Matteo 22, 15-21)
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XXX Domenica Tempo ordinario - Anno A In quel tempo, i farisei, avendo udito
che Ges aveva chiuso la bocca ai sadduci, si riunirono insieme e uno di loro,
un dottore della Legge, lo interrog per metterlo alla prova: Maestro, nella
Legge, qual il grande comandamento?. Gli rispose: Amerai il Signore tuo
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
Questo il grande e primo comandamento. Il secondo poi simile a quello:
Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti
dipendono tutta la Legge e i Profeti. Qual il grande comandamento? Ges
risponde indicando qualcosa che sta al centro dell'uomo: tu amerai. Lui sa che
la creatura ha bisogno di molto amore per vivere bene. E offre il suo Vangelo
come via per la pienezza e la felicit di questa vita. Amerai Dio con tutto, con
tutto, con tutto. Per tre volte Ges ripete che l'unica misura dell'amore
amare senza misura. Ama Dio con tutto il cuore: totalit non significa
esclusivit. Ama Dio senza mezze misure, e vedrai che resta del cuore, anzi
cresce, per amare i tuoi familiari, gli amici, te stesso. Dio non geloso, non
ruba il cuore: lo moltiplica. Ama con tutta la mente. L'amore rende intelligenti,
fa capire prima, andare pi a fondo e pi lontano. Ama con tutte le forze.
L'amore rende forti, capaci di affrontare qualsiasi ostacolo e fatica. Da dove
cominciare? Dal lasciarsi amare da Lui, che entra, dilata, allarga le pareti di
questo piccolo vaso che sono io. Noi siamo degli amati che diventano amanti.
Domandano a Ges qual il comandamento grande e Lui invece di un
comandamento ne elenca due: amerai Dio, amerai il prossimo. Ges non
aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono gi scritti
nella Bibbia. Eppure dir che il suo un comando nuovo. Dove sta la novit?
Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico
comandamento. E dice: il secondo simile al primo. Amerai l'uomo simile ad
amerai Dio. Il prossimo simile a Dio. Questa la rivoluzione di Ges: il
prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il volto dell'altro da leggere
come un libro sacro, la sua parola da ascoltare come parola santa, il suo grido
da fare tuo come fosse parola di Dio. Sul tuo corpo volteggiano angeli / come
intorno a una chiesa /... e di Lui sono i tuoi occhi (Turoldo). Amerai il tuo
prossimo come ami te stesso. quasi un terzo comandamento sempre
dimenticato: ama te stesso, perch sei come un prodigio, porti l'impronta
della mano di Dio. Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno,
saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia n gratitudine.
Se per te desideri pace e perdono, questo tu offrirai all'altro. Se per te desideri
giustizia e rispetto, tu per primo li darai. Ma perch amare, amare con tutto me
stesso? Perch portare il cuore a queste vertigini? Perch dare e ricevere
amore ci su cui posa la beatitudine della vita. Perch Dio-amore l'energia
fondamentale del cosmo, e amando partecipi di questa energia: quando ami,
il Totalmente Altro che viene perch la storia sia totalmente altra da quello che
. (Letture: Esodo 22, 20-26; Salmo 17; 1 Tessalonicesi 1, 5c-10; Matteo 22, 3440)
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XXXII domenica tempo ordinario - Anno A In quel tempo, Ges si rivolse alla
folla e ai suoi discepoli dicendo: Sulla cattedra di Mos si sono seduti gli scribi
e i farisei. Praticate e osservate tutto ci che vi dicono, ma non agite secondo
le loro opere, perch essi dicono e non fanno (...) Tutte le loro opere le fanno
per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattri e allungano le frange;
si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle
sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabb dalla
gente. Ma voi non fatevi chiamare rabb, perch uno solo il vostro Maestro
e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra,
perch uno solo il Padre vostro, quello celeste (...) Chi tra voi pi grande,
sar vostro servo; chi invece si esalter, sar umiliato e chi si umilier sar
esaltato. Il Vangelo evidenzia due questioni di fondo, che chiunque desideri
una vita autentica deve affrontare. La prima: essere o apparire. La seconda:
l'amore per il potere. Praticate ci che vi dicono, ma non fate secondo le loro
opere, perch essi dicono e non fanno. La severit di Ges non va contro la
debolezza di chi vorrebbe ma non ce la fa, bens contro l'ipocrisia di chi fa
finta. Verso la nostra debolezza Ges si sempre mostrato premuroso, come il
vasaio che, se il vaso non riuscito bene, non butta via l'argilla, ma la rimette
sul tornio e la plasma di nuovo, fino a che realizza il suo progetto. Ges non
sopporta gli ipocriti. Ipocrita (termine greco che significa "attore di teatro") il
moralista che invoca leggi sempre pi dure, ma per gli altri (legano pesi
enormi sulle spalle delle persone, ma loro non li toccano con un dito); ipocrita
l'uomo di Chiesa che pi si mostra severo e duro con gli altri, pi si sente
giusto, vicino a Dio (mentre vicino solo alla propria aggressivit o invidia
verso i fratelli). Paolo oggi dice: Avrei voluto darvi la mia vita. L'ipocrita dice:
Vi ho dato la legge, sono a posto. L'ipocrita non si accontenta di essere
peccatore, vuole apparire buono. E con la sua falsa virt fa s che gli uomini
non si fidino pi neanche della virt autentica. Ges poi stigmatizza un
secondo errore che rovina la vita: l'amore del potere. Non fatevi chiamare
maestro, dottore, padre, come se foste superiori agli altri. Voi siete tutti fratelli.
E gi questo un primo grande capovolgimento: tutti fratelli, nessuno
superiore agli altri, relazione paritaria e affettuosa. Ma a Ges questo non
basta, e opera un ulteriore capovolgimento: il pi grande tra voi colui che
serve. Il pi grande chi ama di pi. Il mondo ha bisogno d'amore e non di
ricchezza per fiorire. E allora il pi grande del nostro mondo sar forse una
mamma sconosciuta, che lavora e ama nel segreto della sua casa, o nelle
foreste d'Africa, o uno di voi che legge, o colui o colei che vi vicino. Ges
rovescia la nostra idea di grandezza, ne prende la radice e la capovolge al sole
e all'aria e dice: tu sei grande quanto grande il tuo cuore. Siete grandi
quando sapete amare, quando sapete farlo con lo stile di Ges, traducendo
l'amore nella divina follia del servizio: sono venuto per servire non per essere
servito. l'assoluta novit di Ges: Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, Lui ai
piedi di tutti. Dio il grande servitore, non il padrone. Lui io servir, perch Lui
si fatto mio servitore. Servizio: nome nuovo, nome segreto della civilt.
(Letture: Malachia 1, 14-2, 2.8-10; Salmo 130; 1 Tessalonicesi 2, 7-9.13; Matteo
23, 1-12)
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XXXII domenica Tempo ordinario Anno A In quel tempo, Ges disse ai suoi
discepoli questa parabola: Il regno dei cieli sar simile a dieci vergini che
presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano
stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con s
l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli
vasi. Poich lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A
mezzanotte si alz un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro!. Allora tutte
quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle
sagge: Dateci un po' del vostro olio, perch le nostre lampade si spengono.
Le sagge risposero: No, perch non venga a mancare a noi e a voi; andate
piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano a
comprare l'olio, arriv lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui
alle nozze, e la porta fu chiusa. Pi tardi arrivarono anche le altre vergini e
incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!. Ma egli rispose: In verit io
vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perch non sapete n il giorno n
l'ora. Ecco lo sposo! Andategli incontro! In queste parole trovo l'immagine pi
bella dell'esistenza umana, rappresentata come un uscire e un andare
incontro. Uscire da spazi chiusi e, in fondo alla notte, lo splendore di un
abbraccio. Dio come un abbraccio. L'esistenza come un uscire incontro. Fin da
quando usciamo dal grembo della madre e andiamo incontro alla vita, fino al
giorno in cui usciamo dalla vita per incontrare la nostra vita, nascosta in Dio. Il
secondo elemento importante della parabola la luce: il Regno di Dio simile
a dieci ragazze armate solo di un po' di luce, di quasi niente, del coraggio
sufficiente per il primo passo. Il regno di Dio simile a dieci piccole luci, anche
se intorno notte. Simile a qualche seme nella terra, a una manciata di stelle
nel cielo, a un pizzico di lievito nella pasta. Ma sorge un problema: cinque
ragazze sono sagge, hanno portato dell'olio, saranno custodi della luce; cinque
sono stolte, hanno un vaso vuoto, una vita vuota, presto spenta. Ges non
spiega che cosa sia l'olio delle lampade. Sappiamo per che ha a che fare con
la luce e col fuoco: in fondo, saper bruciare per qualcosa o per Qualcuno.
L'alternativa centrale tra vivere accesi o vivere spenti. Dateci un po' del
vostro olio perch le nostre lampade si spengono... la risposta dura: no,
perch non venga a mancare a noi e a voi. Il senso profondo di queste parole
un richiamo alla responsabilit: un altro non pu amare al posto mio, essere
buono o onesto al posto mio, desiderare Dio per me. Se io non sono
responsabile di me stesso, chi lo sar per me? Parabola esigente e consolante.
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dieci o quattro talenti. I servi vanno per restituire, e Dio rilancia: e questo
accrescimento, questo incremento di vita, questa spirale d'amore crescente
l'energia segreta di tutto ci che vive. Noi non viviamo semplicemente per
restituire a Dio i suoi doni. Ci sono dati perch diventino a loro volta seme di
altri doni, lievito che solleva, addizione di vita per noi e per tutti coloro che ci
sono affidati. Non c' neppure una tirannia, nessun capitalismo della quantit.
Infatti chi consegna dieci talenti non pi bravo di chi che ne consegna
quattro. Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative. Non ci sono
dieci talenti ideali da raggiungere: c' da camminare con fedelt a ci che hai
ricevuto, a ci che sai fare, l dove la vita ti ha messo, fedele alla tua verit,
senza maschere e paure. La parabola dei talenti un invito a non avere paura
della vita, perch la paura paralizza, perch tutto ci che scegli di fare sotto la
spinta della paura, anzich sotto quella della speranza, impoverisce la tua
storia. La pedagogia del Vangelo offre tre grandi regole di maturit: non avere
paura, non fare paura, liberare dalla paura. Soprattutto da quella che la
paura delle paure, la paura di Dio. (Letture: Proverbi 31,10-13.19-20.30-31;
Salmo 127; 1 Tessalonicesi 5,1-6; Matteo 25,14-30).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/11/2011
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I domenica d'Avvento Anno B In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Fate
attenzione, vegliate, perch non sapete quando il momento. come un
uomo, che partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi
servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate
dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritorner, se alla sera o a
mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo
all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti:
vegliate!. Entriamo nel tempo della speranza. Avvento vuol dire letteralmente
avvicinarsi, venire vicino. Un tempo di incamminati, in cui tutto si fa pi vicino:
Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso. In cui impariamo che cosa sia davvero
urgente: abbreviare distanze, tracciare cammini d'incontro. Nel Vangelo il
padrone se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi. Atto di fiducia grande, da
parte di Dio; assunzione di una responsabilit enorme, da parte dell'uomo.
Come custodire i beni di Dio che abbiamo fra le mani? Beni di Dio che sono il
mondo e ogni vivente? Il Vangelo propone due atteggiamenti iniziali: fate
attenzione e vegliate. Tutti conosciamo che cosa comporta una vita distratta:
fare una cosa e pensare ad altro, incontrare qualcuno ed essere con la testa da
tutt'altra parte, lasciare qualcuno e non ricordare neppure il colore dei suoi
occhi, per non averlo guardato. Gesti senz'anima, parole senza cuore. Vivere
con attenzione l'altro nome dell'Avvento e di ogni vita vera. Ma attenti a che
cosa? Attenti alle persone, alle loro parole, ai loro silenzi, alle domande mute e
alla ricchezza dei loro doni. Quanta ricchezza di doni sprecata attorno a noi,
ricchezza di intelligenza, di sentimenti, di bont, che noi distratti non sappiamo
vedere. Attenti al mondo grande, al peso di lacrime di questo pianeta barbaro
e magnifico, alla sua bellezza, all'acqua, all'aria, alle piante. Attenti alle piccole
cose di ogni giorno, a ci che accade nel cuore, nel piccolo spazio che mi
affidato. Il secondo verbo: vegliate. Contro la vita sonnolenta, contro
l'ottundimento del pensare e del sentire, contro il lasciarsi andare. Vegliate
perch c' un futuro; perch non tutto qui, il nostro segreto oltre noi,
perch viene una pienezza che non ancora contenuta nei nostri giorni, se
non come piccolo seme. Vegliate perch c' una prospettiva, una direzione, un
approdo. Vegliare come un guardare avanti, uno scrutare la notte, uno spiare il
lento emergere dell'alba, perch la notte che preme intorno non l'ultima
parola, perch il presente non basta a nessuno. Vegliate su tutto ci che nasce,
sui primi passi della pace, sui germogli della luce. Attesa, attenzione, vigilanza
sono i termini tipici del vocabolario dell'Avvento e indicano che tutta la vita
dell'uomo tensione verso, uno slancio verso altro che deve venire, che il
segreto della nostra vita oltre noi. Allora sempre tempo d'Avvento, sempre
tempo di abbreviare distanze, di vivere con attenzione. Sempre tempo di
adottare strategie di risveglio della mente e del cuore, in modo da non
arrendersi al preteso primato del male e della notte, in modo da non dissipare
bellezza, e non peccare mai contro la speranza. (Letture: Isaia 63, 16-17.19;
64, 2-7; Salmo 79; 1 Corinzi 1, 3-9; Marco 13, 33-37)
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II Domenica di Avvento - Anno B Inizio del Vangelo di Ges, Cristo, Figlio di Dio
(...). Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati (...). E proclamava: Viene dopo di me
colui che pi forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei
suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzer in Spirito
Santo. Il Vangelo di questa domenica chiuso tra due parentesi che subito
dilatano il cuore. La prima: inizio del vangelo di Ges. E sembra quasi una
annotazione pratica, un semplice titolo esterno al racconto. Ma il sigillo del
senso nel termine vangelo che ha il significato di bella, lieta, gioiosa
notizia. Dio si propone come colui che conforta la vita e dice: Con me vivrai
solo inizi, inizi buoni! Perch ci che fa ricominciare a vivere, a progettare, a
stringere legami sempre una buona notizia, un presagio di gioia, uno
straccetto di speranza almeno intravista. Infatti cos che inizia la stessa
Bibbia: Dio guard e vide che era cosa buona! La bella notizia di Marco una
persona, Ges, un Dio che fiorisce sotto il nostro sole. Ma fioriscono anche altri
minimi vangeli, altre buone notizie che ogni giorno aiutano a far ripartire la
vita: la bont delle creature, le qualit di chi mi vive accanto, i sogni coltivati
insieme, le memorie da non dimenticare, la bellezza seminata nel mondo che
crea ogni comunione. A noi spetta conquistare sguardi di vangelo! E se
qualcosa di cattivo o doloroso accaduto, buona notizia diventa il perdono,
che lava via gli angoli oscuri del cuore. Infine la parentesi finale: Viene dopo di
me uno pi forte di me. Giovanni non dice: verr, un giorno. Non proclama: sta
per venire, tra poco, e sarebbe gi una cosa grande. Ma semplice, diretto,
sicuro dice: viene. Giorno per giorno, continuamente, adesso Dio viene. Anche
se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, viene, in cammino su tutte le
strade. Si fa vicino nel tempo e nello spazio. Il mondo pieno di tracce di Dio.
C' chi sa vedere i cieli riflessi in una goccia di rugiada, Giovanni vede il
cammino di Dio nella polvere delle nostre strade. E ci aiuta, ci scuote, ci apre
gli occhi, insinua in noi il sospetto che qualcosa di determinante stia
accadendo, qualcosa di vitale, e rischiamo di non vederlo: Dio che si fa vicino,
che qui, dentro le cose di tutti i giorni, alla porta della tua casa, ad ogni
risveglio. La presenza del Signore non si rarefatta in questo mondo distratto,
il Regno di Dio non stato sopraffatto da altri regni: l'economia, il mercato,
l'idolo del denaro. Io credo che il mondo pi vicino a Dio oggi di dieci o
vent'anni fa. Me lo assicura la libert che cresce da un confine all'altro della
terra, i diritti umani, il movimento epocale delle donne, il rispetto e la cura per
i disabili, l'amore per l'ambiente... La buona notizia una storia gravida di
futuro buono per noi e per il mondo, gravida di luce perch Dio sempre pi
vicino, vicino come il respiro, vicino come il cuore. Profumo di vita. (Letture:
Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 84; 2 Pietro 3,8-14; Marco 1,1-8)
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III Domenica d'Avvento Anno B Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome
era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perch tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare
testimonianza alla luce. Questa la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei
gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levti a interrogarlo: Tu, chi sei?.
(...) Rispose: Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via
del Signore, come disse il profeta Isaa (...). Venne Giovanni mandato da Dio,
venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce. Ad una cosa sola il
profeta rende testimonianza: non alla grandezza, alla maest, alla potenza di
Dio, ma alla luce. Ed subito la positivit del Vangelo che fiorisce, l'annuncio
del sole, la certezza che il rapporto con Dio crea nell'uomo e nella storia un
movimento ascensionale verso pi luminosa vita. Giovanni afferma che il
mondo si regge su un principio di luce, che vale molto di pi accendere una
lampada che maledire mille volte la notte. Che la storia una via crucis ma
anche una via lucis che prende avvio quando, nei momenti oscuri che mi
circondano, io ho il coraggio di fissare lo sguardo sulla linea mattinale della
luce che sta sorgendo, che sembra minoritaria eppure vincente, sui primi
passi della bont e della giustizia. Ad ogni credente affidato il ministero
profetico del Battista, quello di essere annunciatore non del degrado, dello
sfascio, del peccato, che pure assedia il mondo, ma testimone di speranza e di
futuro, di sole possibile, di un Dio sconosciuto e innamorato che in mezzo a
noi, guaritore delle vite. E mi copre col suo manto dice Isaia, e far
germogliare una primavera di giustizia, una primavera che credevamo
impossibile. Per tre volte domandano a Giovanni: Tu, chi sei? Il profeta risponde
alla domanda di identit con tre "no", che introducono il "s" finale: io sono
Voce. Egli trova la sua identit in rapporto a Dio: Io sono voce, la parola un
Altro. Io sono voce, trasparenza di qualcosa che viene da oltre, eco di parole
che vengono da prima di me, che saranno dopo di me. Testimone di un altro
sole. Chi sei tu? rivolta anche a noi questa domanda decisiva. E la risposta
come in Giovanni, nello sfrondare da apparenze e illusioni la nostra vita. Io non
sono l'uomo prestigioso che vorrei essere ne il fallito che temo di essere. Io
non sono ci che gli altri credono di me, n un santo, n solo peccatore. Io non
sono il mio ruolo o la mia immagine. La mia identit ultima Dio; il mio
segreto in sorgenti d'acqua viva che sono prima di me. La vita scorre
nell'uomo, come acqua nel letto di un ruscello. L'uomo non quell'acqua, ma
senza di essa non pi. Cos noi, senza Dio. E venne un uomo mandato da Dio.
Anch'io sono un uomo mandato da Dio, anch'io testimone di luce, ognuno un
profeta dove si condensa una sillaba del Verbo. Il nostro tempo tempo della
luce nel frammento opaco, di fiducia e smarrimento, dentro il quale io cerco
l'elemosina di una voce che mi dica chi sono veramente. Un giorno Ges dar
la risposta, e sar la pi bella definizione dell'uomo: Voi siete luce! Luce del
mondo. (Letture: Isaia 61,1-2.10-11; Luca 1; 1 Tessalonicesi 5,16-24; Giovanni
1,6-8.19-28).
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Natale del Signore Messa della notte In quei giorni un decreto di Cesare
Augusto ordin che si facesse il censimento di tutta la terra (...) Anche
Giuseppe, dalla Galilea, dalla citt di Nazaret, sal in Giudea alla citt di Davide
chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di
Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede
alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una
mangiatoia, perch per loro non c'era posto nell'alloggio (...) A Natale non
celebriamo un ricordo, ma una profezia. Natale non una festa sentimentale,
ma il giudizio sul mondo e il nuovo ordinamento di tutte le cose. Quella notte il
senso della storia ha imboccato un'altra direzione: Dio verso l'uomo, il grande
verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una citt verso una grotta, dal
tempio a un campo di pastori. La storia ricomincia dagli ultimi. Mentre a Roma
si decidono le sorti del mondo, mentre le legioni mantengono la pace con la
spada, in questo meccanismo perfettamente oliato cade un granello di sabbia:
nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia. La nuova
capitale del mondo Betlemme. L Maria diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia... nella greppia
degli animali, che Maria nel suo bisogno legge come una culla. La stalla e la
mangiatoia sono un "no" ai modelli mondani, un "no" alla fame di potere, un
no al "cos vanno le cose". Dio entra nel mondo dal punto pi basso perch
nessuna creatura sia pi in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio
che salva. Natale il pi grande atto di fede di Dio nell'umanit, affida il figlio
alle mani di una ragazza inesperta e generosa, ha fede in lei. Maria si prende
cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze e di sogni. Lo fa vivere con il suo
abbraccio. Allo stesso modo, nell'incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio
vivr sulla nostra terra solo se noi ci prendiamo cura di lui, come una madre,
ogni giorno. C'erano in quella regione alcuni pastori... una nuvola di ali e di
canto li avvolge. cos bello che Luca prenda nota di questa unica visita, un
gruppo di pastori, odorosi di lana e di latte... bello per tutti i poveri, gli ultimi,
gli anonimi, i dimenticati. Dio riparte da loro. Vanno e trovano un bambino. Lo
guardano: i suoi occhi sono gli occhi di Dio, la sua fame la fame di Dio, quelle
manine che si tendono verso la madre, sono le mani di Dio tese verso di loro.
Perch il Natale? Dio si fatto uomo perch l'uomo si faccia Dio. Cristo nasce
perch io nasca. La nascita di Ges vuole la mia nascita: che io nasca diverso e
nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me. Natale la riconsacrazione del
corpo. La certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, in
qualche sua parte santa, che la nostra storia in qualche sua pagina sacra. Il
creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del suolo si fa lui stesso creta
di questo nostro suolo. Il vasaio si fa argilla di una vaso fragile e bellissimo. E
nessuno pu dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perch Creatore e
creatura ormai si sono abbracciati. Ed per sempre. (Letture: Isaia 9,1-6;
Salmo 95; Tito 2,11-14; Luca 2, 1-14).
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