anche quando dice parole che danno le vertigini. Non aggiunge fatica, non cerca eroi, ma
uomini e donne veri.
(Letture: Sircide 15, 15-20; Salmo 118; 1 Corinzi 2, 6-10; Matteo 5, 17-37)
Cosa significano allora gli imperativi: amate, pregate, porgete, prestate. Sono porte
spalancate verso delle possibilit, sono la trasmissione da Dio all'uomo di una forza divina,
quella che guida il sole e la pioggia sui campi di tutti, di chi buono e di chi no, la forza
solare di chi fa come fa il Padre, che ama per primo, ama in perdita, ama senza aspettarsi
contraccambio alcuno.
(Letture: Levitico 19, 1-2. 17-18; Salmo 102; 1 Corinzi 3, 16-23; Matteo 5, 38-48)
VIII Domenica Tempo Ordinario - Anno A 27/02/2014
Dio sa meglio di noi ci di cui abbiamo bisogno
In quel tempo Ges disse ai suoi discepoli: Nessuno pu servire due padroni, perch o
odier l'uno e amer l'altro, oppure si affezioner all'uno e disprezzer l'altro. Non potete
servire Dio e la ricchezza. Perci io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello
che mangerete o berrete, n per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale
forse pi del cibo e il corpo pi del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non sminano e
non mietono, n raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete
forse pi di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, pu allungare anche di poco la
propria vita? E per il vestito, perch vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del
campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua
gloria, vestiva come uno di loro. (...)
Non preoccupatevi. Per tre volte Ges ribadisce l'invito: non abbiate quell'affanno che
toglie il respiro, per cui non esistono feste o domeniche, non c' tempo di fermarsi a parlare
con chi si ama. Non lasciatevi rubare la gioia: quella capacit di godere delle cose belle che
ogni giorno ci dona.
Perch? Perch Dio non si dimentica di te. Domani ascolteremo un passo che forse il pi
bello di Isaia: pu una madre dimenticarsi del suo figliolo? Se anche una madre si
dimenticasse, io non mi dimenticher di te.
Guardate gli uccelli del cielo, osservate i gigli del campo. Ges osserva la vita e la vita gli
parla di fiducia. Ges oggi ci pone la questione della fiducia. Dove metti la tua fiducia? La
sua proposta chiara: in Dio, prima di tutto, perch Lui non ti abbandona ed ha un
progetto per te. Non mettere la fiducia nel tuo conto in banca.
Non potete servire Dio e la ricchezza. Non la ricchezza che Ges ha di mira - infatti tra i
suoi amici aveva persone ricche e altre povere - bens ci che lui chiama, in aramaico,
mammona. Mammona non la ricchezza in s, ma quella nascosta, avara, chiusa alla
solidariet, e che produce ingiustizia (papa Francesco), che rende schiave le persone, che
assorbe il loro tempo, i pensieri, la vita.
Guardate gli uccelli (esserini liberi, quasi senza peso e senza gravit; lasciatevi attirare
come loro dal cielo, volate alto e liberi) e non preoccupatevi. Se Dio nutre queste creature
che non seminano, non mietono, quanto pi voi che invece lavorate, seminate e
raccogliete. Non un invito al fatalismo o alla passivit in attesa che la Provvidenza
risolva al posto nostro i problemi: la Provvidenza conosce solo uomini in cammino (don
Calabria).
Non preoccupatevi, il Padre sa. Tra le tante cose che uniscono le tre grandi religioni, che ci
fanno sentire vicini ai nostri fratelli ebrei e musulmani, ce n' una bellissima: la certezza
che Dio si prende cura, che Dio provvede.
Non preoccupatevi, Dio sa. Ma come faccio a dirlo a chi non trova lavoro, a chi non riesce
ad arrivare a fine mese, non vede speranza per i figli? La soluzione non fatta di parole:
Se uno senza vestiti e cibo e tu gli dici, va in pace, non preoccuparti, riscaldati e saziati,
ma non gli dai il necessario per il corpo, a che cosa ti serve la tua fede? (Giacomo 2,16).
Dio ha bisogno delle mie mani per essere Provvidenza. Io mi occupo di qualcuno, e allora
il Dio che veste i fiori si occuper di me.
Cercate prima di tutto il Regno. Vuoi essere una nota di libert nell'azzurro, come un
passero? Bello come un fiore? Cerca prima di tutto le cose di Dio, che sono solidariet,
generosit, amore, e troverai ci che fa volare, ci che fa fiorire!
(Letture: Isaia 49, 14-15; Salmo 61; 1 Corinzi 4, 1-5; Matteo 6, 24-34)
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I Domenica di Quaresima Anno A 06/03/2014
L'uomo si nutre dalla bocca di Dio
In quel tempo, Ges fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si
avvicin e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane. Ma egli
rispose: Sta scritto: Non di solo pane vivr l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio.Allora il diavolo lo port nella citt santa, lo pose sul punto pi alto del
tempio e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, gttati gi; sta scritto infatti: Ai suoi angeli
dar ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perch il tuo piede non
inciampi in una pietra. Ges gli rispose: Sta scritto anche: Non metterai alla prova il
Signore Dio tuo.
Di nuovo il diavolo lo port sopra un monte altissimo e gli mostr tutti i regni del mondo e
la loro gloria e gli disse: Tutte queste cose io ti dar se, gettandoti ai miei piedi, mi
adorerai. Allora Ges gli rispose: Vttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo,
adorerai: a lui solo renderai culto.Allora il diavolo lo lasci, ed ecco degli angeli gli si
avvicinarono e lo servivano.
Ges deve scegliere che tipo di Messia diventare, la scelta decisiva di tutta la sua vita.
La prima scelta riguarda il corpo e le cose: sazia la fame, di' che queste pietre diventino
pane. Pietre o pane, piccola alternativa che Ges spalanca. E dice: vuoi diventare pi
uomo, vivere meglio? Non inaridire la vita a ricerca di beni, di roba. Sogna, ma non ridurre
mai i tuoi sogni a cose e denaro. Non di solo pane vivr l'uomo. C' dentro di noi un di
pi, una eccedenza, una breccia, per dove entrano mondi, creature, affetti, un pezzetto di
Dio.
L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. E accende in me una fame di cielo
che noi tentiamo di colmare con larghe sorsate di terra. Invece il pane buono ma pi
buona la parola di Dio, il pane vita ma pi vita viene dalla bocca di Dio.
Dalla bocca di Dio, dalla sua parola venuta la luce, il cosmo con sua bellezza e le
creature. Dalla bocca di Dio venuto il soffio che ci fa vivi, sei venuto tu. Se l'uomo vive
di ci che viene da Dio, io vivo di te: fratello, amico, amore, di te. Parola pronunciata dalla
bocca di Dio per me.
La seconda proposta tocca la relazione con Dio. Buttati gi, provoca un miracolo! una
sfida, attraverso ci che sembra il massimo della fede e invece ne la caricatura, la
ricerca di un Dio magico a proprio servizio. Buttati, cos potremo vedere uno stuolo di
angeli in volo... Mostra un miracolo, la gente ama i miracoli, e ti verranno dietro. Il diavolo
seduttivo, si presenta come un amico che vuole aiutare Ges a fare meglio il messia.
Ges risponde: non metterai alla prova Dio. Ed la mia fede: io credo che Dio con me,
ogni giorno, mia forza e mio canto. Ma io non avanzer nella vita a forza di miracoli, bens
per il miracolo di un amore che non si arrende, di una speranza che non ammaina le sue
bandiere.
La terza posta in gioco il potere sugli altri: prostrati davanti a me e avrai il mondo ai tuoi
piedi. Il diavolo fa un mercato, al contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni. E
quanti lo hanno ascoltato, facendo mercato di se stessi, in cambio di carriera, una poltrona,
denaro facile.
Il Satana dice: vuoi cambiare il mondo con l'amore? Sei un illuso! Assicura agli uomini
pane, miracoli e un leader, e li avrai in mano. Ma Ges non cerca uomini da dominare,
vuole figli liberi e amanti. Per Ges ogni potere idolatria.
Il diavolo allora si allontana e angeli si avvicinano e lo servono. Avvicinarsi e servire, le
azioni da cui si riconoscono gli angeli. Se in questa Quaresima ognuno si avvicina ad una
persona che ha bisogno, ascoltando, accarezzando, servendo, allora vedremmo la nostra
terra assomigliare ad un nido di angeli.
(Letture: Genesi 2, 7-9; 3, 1-7; Salmo 50; Romani 5, 12-19; Matteo 4, 1-11)
II Domenica di Quaresima - Anno A 13/03/2014
Siamo tutti chiamati a ricevere un cuore di luce
In quel tempo, Ges prese con s Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in
disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brill come il sole e
le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mos ed Elia, che
conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Ges: Signore, bello per noi
essere qui! Se vuoi, far qui tre capanne, una per te, una per Mos e una per Elia. Egli
stava ancora parlando, quando una nube luminosa li copr con la sua ombra. Ed ecco una
voce dalla nube che diceva: Questi il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio
compiacimento. Ascoltatelo. All'udire ci, i discepoli caddero con la faccia a terra e
furono presi da grande timore. Ma Ges si avvicin, li tocc e disse: Alzatevi e non
temete. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Ges solo. (...)
Ges sal su di un alto monte. I monti sono come indici puntati verso il mistero e le
profondit del cosmo, raccontano che la vita un ascendere verso pi luce, pi cielo. Lass
il volto di Ges brilla come il sole, le sue vesti come la luce. Quel volto di sole anche il
nostro volto: ognuno ha dentro di s un tesoro di luce, un sole interiore (voi siete luce del
mondo), una bellezza che condividiamo con Dio.
Ci sorprende la Quaresima, un tempo che consideriamo triste, penitenziale, violaceo, con
un vangelo di luce, a ricordarci che la vita spirituale consiste nella gioiosa fatica di liberare
la luce e la bellezza sepolte in noi, e nell'aiutare gli altri a fare lo stesso. La cosa pi bella
che un amico pu dirmi : sto bene con te perch tu fai uscire, fai venire alla luce la mia
parte pi bella. Spesso addormentata in noi, come in letargo. Il Vangelo viene per questo,
viene come una primavera: porta il disgelo nei cuori, risveglia quella parte luminosa,
sorridente, generosa e gioiosa che abbiamo dentro, il nocciolo, il cuore, la nostra vera
identit.
Lo stupore di Pietro: che bello qui! Non andiamo via... ci fa capire la nostra vocazione.
Siamo chiamati tutti a trasfigurazione, a ricevere un cuore di luce. Contemplando il
Signore, veniamo trasformati in quella stessa immagine (2 Cor 3, 17-18). Contemplare,
trasforma; tu diventi ci che guardi con gli occhi del cuore. Pregare ci trasfigura in
immagine del Signore.
L'entusiasmo di Pietro ci fa inoltre capire che la fede per essere forte e viva deve
discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un che bello! gridato a pieno cuore.
Perch io credo? Perch Dio la cosa pi bella che ho incontrato. E da lui acquisisco la
bellezza del vivere. Che bello amare, abbracciare, avere amici, esplorare, creare,
seminare, perch la vita ha senso, va verso un esito buono, che comincia qui e scorre
nell'eternit. Allora la Quaresima, pi ancora che a penitenza, ci chiama a conversione: a
girarci verso la luce, cos come la natura si gira in questi giorni verso la primavera. Allora
Che cosa si vede da quel luogo, dal pozzo di Sicar? Il monte Garizim, con il tempio dei
samaritani; e attorno cinque alture su cui i coloni stranieri, che hanno ripopolato Samaria,
hanno eretto cinque templi ai loro dei. Il popolo andato dietro a cinque idoli, come la
donna a cinque uomini. Storia, simbolo, popolo, persona, tutto si intreccia per convergere
all'essenziale: lo Sposo cerca la sposa perduta.
La donna percepisce l'offerta di questa energia d'amore, ne contagiata, corre in citt,
ferma tutti per strada: c' uno che dice tutto di te! Lui conosce il tutto dell'uomo: c' in
ognuno una sorgente di bene, un lago di luce, pi forte del male, fontane di futuro.
Ges: lo ascolti e nascono fontane. In te, per gli altri.
(Letture: Esodo 17, 3-7; Salmo 94; 2 Romani 5, 1-2. 5-8; Giovanni 4, 5-15.19b-26.39a.4042)
mentalit: il peccato non l'asse attorno a cui ruotano Dio e il mondo, non la causa o
l'origine del male. Dio lotta con te contro il male, lui compassione, futuro, mano viva che
tocca il cuore e lo apre, amore che fa ripartire la vita, che preferisce la felicit dei suoi figli
alla loro obbedienza.
Il fariseo ripete: Gloria di Dio il precetto osservato! E invece no, gloria di Dio un
mendicante che si alza, un uomo che torna felice a vedere. E il suo sguardo luminoso che
passa splendendo per un istante d lode a Dio pi di tutti i sabati!
(Letture: 1 Samuele 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a; Salmo 22; Efesini 5, 8-14; Giovanni 9, 1-41)
03/04/2014
Risuscitati perch amati
V Domenica di Quaresima - Anno A
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betnia, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era
malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciug i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Ges:
Signore, ecco, colui che tu ami malato. All'udire questo, Ges disse: Questa malattia
non porter alla morte, ma per la gloria di Dio, affinch per mezzo di essa il Figlio di Dio
venga glorificato. Ges amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sent che era
malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: Andiamo
di nuovo in Giudea! (...)
Ges faccia a faccia con l'amicizia e con la morte, con l'amore e il dolore, le due forze
che reggono ogni cuore; lo vediamo coinvolto fino a fremere, piangere, commuoversi,
gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo. Di Lazzaro sappiamo solo che era fratello
di Marta e Maria e che Ges era suo amico: perch amico un nome di Dio.
Per lui l'Amico pronuncia due tra le parole pi importanti del Vangelo: Io sono la
risurrezione e la vita. Non: io sar la vita, in un domani lontano e scolorito, ma qui,
adesso, al presente: io sono. Notiamo la disposizione delle due parole: prima viene la
Risurrezione e poi la Vita.
Noi siamo gi risorti nel Signore; risorti da tutte le vite spente e immobili, risorti dal non
senso e dal disamore, che sono la malattia mortale dell'uomo. Prima viene questa
liberazione, e da qui una vita capace di superare la morte.
Risuscitati perch amati: il vero nemico della morte non la vita, ma l'amore, forte come
la morte l'amore, tenace come il regno dei morti (Cantico 8,6). Noi tutti risorgiamo
perch Qualcuno ci ama, come accade a Lazzaro riconsegnato alla vita dall'amore fino alle
lacrime di Ges. Io invidio Lazzaro, e non perch esce dalla grotta di morte, ma perch
circondato da una folla di persone che gli vogliono bene. La sua fortuna l'amicizia, la sua
santit l'assedio dell'amore.
Lazzaro, vieni fuori! e Lazzaro esce avvolto in bende come un neonato. Morir una
seconda volta, vero, ma ormai gli si spalanca davanti un'altissima speranza: Qualcuno
pi forte della morte.
Liberatelo e lasciatelo andare! Parole che ripete anche a ciascuno di noi: vieni fuori dal tuo
piccolo angolo; liberati come si liberano le vele, come si sciolgono i nodi della paura.
Liberati da ci che ti impedisce di camminare in questo giardino che sa di primavera.
E poi: lasciatelo andare: dategli una strada, orizzonti, persone da incontrare e una stella
polare per un viaggio che conduca pi in l.
Ges mette in fila i tre imperativi di ogni ripartenza: esci, liberati e vai! Quante volte sono
morto, quante volte mi sono addormentato, mi sono chiuso in me: era finito l'olio nella
lampada, era finita la voglia di amare e di vivere. In qualche grotta oscura dell'anima una
voce diceva: non mi interessa pi niente, n Dio, n amori, n altro; non vale la pena
vivere.
E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perch. Una pietra si
smossa, filtrato un raggio di sole, un grido di amico ha spezzato il silenzio, delle lacrime
hanno bagnato le mie bende. E ci accaduto per segrete, misteriose, sconvolgenti ragioni
d'amore: era Dio in me, amore pi forte della morte.
(Letture: Ezechiele 37,12-14; Salmo 129; Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45).
10/04/2014
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17/04/2014
Cristo risorto sorgente di vita nuova
Domenica di Pasqua - Anno A
Il primo giorno della settimana, Maria di Mgdala si rec al sepolcro di mattino, quando
era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e and da
Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Ges amava, e disse loro: Hanno portato
via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!. Pietro allora usc insieme
all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. (...)
APasqua, un Vangelo dove tutto si colora di urgenza e di passione. Urgenza del seme che si
apre, del masso che rotola via, e il sepolcro vuoto e risplendente nel fresco dell'alba come
un grembo che ha partorito, come il guscio di un seme aperto.
Passione che sorregge quel lungo correre di tutti nell'alba, corre Maria, corrono Pietro e
Giovanni, perch l'amore ha sempre fretta; passione come lacrime, quelle di Maddalena,
che non si rassegna all'evidenza della morte. Amare dire: tu non morirai (G. Marcel).
Il Vangelo accompagna passo passo il disvelarsi della fede, che prende avvio da un corpo
assente: dove l'avete portato? Io andr a prenderlo... io, piccola donna e immenso cuore; io,
deboli braccia e indomito amore. Poi la prima parola del Risorto, umile, commovente, che
incanta ancora: Donna, perch piangi? Il Dio del cielo si nasconde nel riflesso pi
profondo delle lacrime. E quando parla, la sua voce trema: non piangere, amica mia.
Il Risorto ricomincia gli incontri con il suo stile unico: il suo primo sguardo non si posa
mai sul peccato di una persona, il suo primo sguardo si posa sempre sulla sua sofferenza.
Inconfondibile: il Signore!
Maria vorrebbe afferrarlo e non lasciarlo andare. Ma Ges: Non mi trattenere, dice, devo
andare! Da questo giardino al cosmo intero, da queste tue lacrime a tutte le lacrime del
mondo. Non mi trattenere, sono in viaggio oltre le parole, oltre le idee, oltre le forme e i
riti, oltre le chiese. Oltre la morte. Inizia l'immensa migrazione degli uomini verso la vita.
Anche se Cristo sembra allontanato dalla casa del mondo, egli nella stanza pi intima del
mondo, negli inferi della storia, nelle profondit della materia e della persona. E coloro che
non accettano che il mondo avanzi cos, si perpetui cos, coloro che vogliono cieli nuovi e
una nuova terra, sanno che la Pasqua ormai matura come un seme di luce nella terra, come
un seme di fuoco nella storia.
Cristo non solo il Risorto, al passato, ma il Risorgente, qui e ora, e continua a rotolare
via i massi dall'imboccatura del cuore. Cristo non semplicemente risorto una volta per
tutte, non solo risorgente per l'eternit dal fondo del mio essere, egli la Risurrezione
stessa, energia che ascende, germe di vita, vita germinante, risveglio e ascesa. Pasqua la
festa dei macigni che rotolano via. E noi usciamo pronti alla primavera di rapporti nuovi.
Trascinati in alto dal Cristo risorgente in eterno da tutti gli inferi della storia, della materia,
della persona.
La sua Risurrezione non riposer finch non sia spezzata la pietra che chiude l'ultimo cuore
e le sue forze non arrivino all'ultimo ramo della creazione.
(Letture: Atti 10, 34a. 37-43; Salmo 117; Colossesi 3, 1-4; Giovanni 20, 1-9)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
01/05/2014
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(Letture: Atti 2, 14. 22-23; Salmo 15; 1 Pietro 1, 17-21; Luca 24, 13-35)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
08/05/2014
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Allora urge cambiare il riferimento di fondo della nostra fede: non il peccato dell'uomo il
movente della storia di Dio con noi, ma l'offerta di pi vita. L'asse attorno al quale ruota,
danza il Vangelo la pienezza di vita, da parte di un Dio che un verso bellissimo di
Centore canta cos: Tu sei per me ci ch' la primavera per i fiori!.
(Letture: Atti 2, 14. 36-41; Salmo 22; 1 Pietro 2, 20-25; Giovanni 10, 1-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
15/05/2014
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vertigine. La mia vita si spiega con la vita di Dio. Nella mia esistenza pi Dio equivale a
pi io. Pi Vangelo entra nella mia vita pi io sono vivo. Nel cuore, nella mente, nel corpo.
E si oppone alla pulsione di morte, alla distruttivit che nutriamo dentro di noi con le
nostre paure, madre della sterilit.
Infine interviene Filippo Mostraci il Padre, e ci basta. bello che gli Apostoli chiedano,
che vogliano capire, come noi.
Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre. Guardi Ges, guardi come vive, come ama, come
accoglie, come muore e capisci Dio, e si dilata la vita.
(Letture: Atti 6, 1-7; Salmo 32; 1 Pietro 2, 4-9; Giovanni 14, 1-12)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/05/2014
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Molti intendono la fede come tensione verso un oggetto di desiderio mai raggiunto o come
ricordo di un tempo dell'oro perduto. Ma Ges ribalta questo atteggiamento: fonda la
nostra fede su un pieno non su un vuoto; sul presente, non sul passato; sull'amore per un
vivo e non sulla nostalgia.
Noi siamo gi in Dio, come un bimbo nel grembo di sua madre. E se non pu vederla, ha
per mille segni della sua presenza, che lo avvolge, la scalda, lo nutre, lo culla.
E infine l'obiettivo di Ges: Io vivo e voi vivrete: far vivere la vocazione di Dio, la mania
di Ges, il suo lavoro quello di essere nella vita datore di vita. molto bello sapere che la
prova ultima della bont della fede sta nella sua capacit di trasmettere e custodire
umanit, vita, pienezza di vita. E poi, di farci sconfinare in Dio.
(Letture: Atti 8,5-8.14-17; Salmo 65; 1 Pietro 3,15-18; Giovanni 14,15-21)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
29/05/2014
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siamo cittadini (Fil 3,20): in quelle isole, in quelle oasi, dove la gente parla la lingua
sgrammaticata dell'amore.
Andate. Fate discepoli tutti i popoli... Con quale scopo? Un arruolamento di devoti tra le
loro fila? No, un contagio, un'epidemia d'amore sparsa sulla terra. Andate, profumate di
cielo le vite che incontrate, insegnate ad amare, immergete le persone nella vita di Dio.
E poi le ultime parole di Ges, da custodire come un tesoro: Io sono con voi, tutti i giorni,
fino alla fine del mondo. Ecco cos' l'ascensione: non un salire in cielo come si sale una
scala; non un andare lontano, come nelle nostre rappresentazioni spaziali. In un modo
meraviglioso e inspiegabile l'infinitamente oltre di Dio viene ad abitare l'infinitamente
piccolo. Ges al di sopra delle creature e in tutte le creature, come pienezza di vita. Alla
domanda sul mistero che la chiesa potr dare allora la risposta di Minucio Felice ai
pagani del suo tempo: ci che c' di grande in noi, la vita!
(Letture: Atti 1, 1-11; Salmo 46; Efesini 1, 17-23; Matteo 28, 16-20)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/06/2014
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Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato.
Ci che muove Dio non la giustizia da applicare. Non venuto dentro la logica di un
tribunale. Non il peccato dell'uomo, ma l'amore per l'uomo che spiega la vicenda di Ges.
Se lo capisci, non avrai mai pi paura di Dio, perch l'amore con la paura non ha niente a
che fare. L'amore invece ha tanto a che fare con la felicit. venuto perch il mondo sia
salvato..., salvato dal disamore, il grande peccato.
Chi crede in lui non condannato. Ma chi non crede gi stato condannato.
Ges sembra ora contraddirsi parlando di condanna, ma condannato vuol dire che non
trova la pienezza, si smarrisce, non conosce la vera gioia, rimane sterile.
Chi invece crede... Ma in che cosa crede il cristiano? Noi abbiamo creduto all'amore (1Gv
4,16). Ci fidiamo e ci affidiamo all'amore come forma di Dio, forma dell'uomo, forma del
vivere. ci che propone la festa della Trinit: Dio non in se stesso solitudine ma flusso
d'amore che riversa verit, intelligenza vita oltre s, fuori di s. Una casa aperta.
Nella Trinit c' un progetto bellissimo per noi: possibile raggiungere la nostra piena
umanit e felicit, nella comunione. La Trinit lo specchio del nostro cuore profondo, e
del senso ultimo dell'universo. Davanti alla Trinit, io mi sento piccolo ma convocato a
creare legami.
Piccolo ma abbracciato, come un bambino: abbracciato dentro un vento in cui naviga
l'intero creato e che ha nome amore.
(Letture: Esodo 34, 4-6. 8-9; 2 Corinzi 13, 11-13; Giovanni 3,16-18)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/06/2014
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disprezzare mai la terra, la materialit, perch in esse scende una vocazione divina:
assicurare la vita, il dono pi prezioso di Dio.
Se uno mangia di questo pane vivr in eterno.
Una parola scorre sotto tutte le parole di Ges nel Vangelo di oggi, e forma la nervatura del
suo discorso: la parola vita. Che hai a che fare con me o Pane di Cristo? La risposta
una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcertante, e tanto semplice: Io ti faccio vivere.
Ges nella vita datore di vita, come lo il pane. Il convincimento assoluto di Ges
quello di poter offrire qualcosa che noi prima non avevamo: un incremento, un
accrescimento, una intensificazione di vita per tutti coloro che fanno di lui il loro pane
quotidiano. Cristo diventa mio pane quando prendo la sua vita buona bella e beata, come
misura, energia, seme, lievito della mia umanit. Mangiare e bere la vita di Cristo un
evento che non si limita alle celebrazioni liturgiche, ma che si moltiplica dentro il vivere
quotidiano, si dissemina sul grande altare del pianeta, nella messa sul mondo (Th. de
Chardin). Io mangio e bevo la vita di Cristo quando cerco di assimilare il nocciolo vivo e
appassionato della sua esistenza, quando mi prendo cura con tenerezza di me stesso, degli
altri e del creato. Quando cerco di fare mio il segreto di Cristo, allora trovo il segreto della
vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. La parola
determinante: io in lui, lui in me. Questa tutta la ricchezza del mistero: Cristo in voi! (Col
1,27). La ricchezza del mistero della fede di una semplicit abbagliante: Cristo che vive
in me, io che vivo in Lui. Evento d'Incarnazione che continua: il Verbo di Dio che ha preso
carne nel grembo di Maria, continua ostinato e infaticabile a incarnarsi in noi, ci fa tutti
gravidi di Vangelo, incinti di luce.
Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola,
un'unica vocazione: diventare, nella vita, pezzo di pane buono per le persone che amo.
(Letture: Dt 8,2-3.14b-16a; Sal 147; 1 Cor 10,16-17; Gv 6,51-58)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/06/2014
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Ma Ges non semplicemente un profeta di ieri che ritorna, fosse pure il pi grande.
Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia? Prima di tutto c' un ma voi, in
opposizione a ci che dice la gente. Voi non accontentatevi di ci che sentite dire.
Pi che offrire risposte, Ges fornisce domande; non d lezioni, conduce con delicatezza a
cercare dentro. E in questo appare come un maestro dell'esistenza, ci vuole tutti pensatori e
poeti della vita; non indottrina nessuno, stimola risposte. E cos, feconda nascite.
Pietro risponde: Tu sei il Figlio del Dio vivente. Sei il figlio, vuol dire tu porti Dio qui, fra
noi. Tu fai vedere e toccare Dio, il Vivente che fa vivere. Sei il suo volto, il suo braccio, il
suo progetto, la sua bocca, il suo cuore.
Provo anch'io a rispondere: Tu sei per me crocifisso amore, l'unico che non inganna. Tu sei
disarmato amore, che non si impone, che mai entrato nei palazzi dei potenti se non da
prigioniero. Tu sei vincente amore. Pasqua la prova che la violenza non padrona della
storia e del cuore, che l'amore pi forte. Oggi o in un terzo giorno, che forse non per
domani ma che certamente verr, perch la luce sempre pi forte del buio (papa
Francesco). Tu sei indissolubile amore. Nulla mai, n vita n morte, n angeli n demoni,
nulla mai n tempo n eternit, nulla mai ci separer dall'amore (Rom 8,38). Nulla, mai:
due parole totali, assolute, perfette: mai separati. Poi i due simboli: a te dar le chiavi; tu
sei roccia. Pietro, e secondo la tradizione i suoi successori, sono roccia per la Chiesa nella
misura in cui continuano ad annunciare: Cristo il Figlio del Dio vivente. Sono roccia per
l'intera umanit se ripetono senza stancarsi che Dio amore; che Cristo vivo, vivo tesoro
per l'intera umanit.
Essere roccia, parola di Ges che si estende a ogni discepolo: sulla tua pietra viva
edificher la mia casa. A tutti detto: ci che legherai sulla terra... i legami che intreccerai,
le persone che unirai alla tua vita, le ritroverai per sempre. Ci che scioglierai sulla terra:
tutti i nodi, i grovigli, i blocchi che scioglierai, coloro ai quali tu darai libert e respiro,
avranno da Dio libert per sempre e respiro nei cieli. Tutti i credenti possono e devono
essere roccia e chiave: roccia che d appoggio e sicurezza alla vita d'altri; chiave che apre
le porte belle di Dio, le porte della vita intensa e generosa.
(Letture: Atti 12, 1-2; Salmo 33; 2 Timoteo 4,6-8.17-18; Matteo 16,13-19)
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Ti rendo lode, Padre... il Vangelo registra uno di quegli slanci improvvisi che accendevano
di esultanza e di stupore gli incontri di Ges: i piccoli lo capiscono, capiscono il segreto
del vivere. Sono i piccoli di cui pieno il Vangelo: poveri, malati, vedove, bambini, i
preferiti da Dio. Rappresentano l'uomo senza qualit che Dio accoglie nelle sue qualit.
Perch hai rivelato queste cose ai piccoli... Le cose rivelate non si possono recintare in una
dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero. Ges venuto per mostrare, per
raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio (papa Francesco), nucleo originario e
freschezza perenne del suo Vangelo.
Questa rivoluzione della tenerezza, Dio al fianco dei piccoli, la vera lingua universale,
l'unica lingua comune ad ogni persona, in ogni epoca, su tutta la terra. Un piccolo capisce
subito l'essenziale: se gli vuoi bene o no. In fondo questo il segreto semplice della vita.
Non ce n' un altro, pi profondo. I piccoli, i peccatori, gli ultimi della fila, le periferie del
mondo hanno capito che in questa rivoluzione della tenerezza sta il segreto di Dio.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi dar ristoro. Ges viene e porta il
ristoro della vita, mostra che possibile vivere meglio, per tutti. Il Vangelo il sogno di
rendere pi umana e pi bella la vita: l'umanizzazione il grande segno della spiritualit
autentica. Nominare Cristo, parlare di Vangelo, celebrare Messa deve equivalere a
confortare la vita affaticata, altrimenti sono parole e gesti che non vengono da lui. Le
prediche, gli incontri, le istituzioni, devono diventare racconti d'amore, altrimenti sono la
tomba della domanda dell'uomo e della risposta di Dio.
Imparate da me... Andare da Ges andare a scuola di vita. Ges: quest'uomo senza poteri
ma regale, libero come il vento, che nessuno ha mai potuto comprare o asservire, fonte di
libere vite.
Da me che sono mite e umile di cuore... Imparate dal mio modo di essere, senza
imposizione e senza arroganza. Imparate dal mio modo di amare, delicato e indomito. Il
maestro il cuore. Dio stesso non un concetto: il cuore dolce e forte della vita.
Il mio giogo dolce e il mio peso leggero, dolce musica, buona notizia. Il giogo, nel
linguaggio della Bibbia, indica la Legge. Ora la legge di Ges l'amore: prendete su di voi
l'amore; prendetevi cura, con tenerezza e seriet, di voi stessi, degli altri e del creato,
diffondete la combattiva tenerezza di Dio, iniziando dai piccoli, che sono le colonne
segrete della storia, le colonne nascoste del mondo. Prendersi cura di loro, come fa Dio,
prendersi cura del mondo intero.
(Letture: Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/07/2014
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e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il
cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti.
Egli parl loro di molte cose con parabole. Magia delle parabole: un linguaggio che
contiene di pi di quel che dice. Un racconto minimo, che funziona come un carburante: lo
leggi e accende idee, evoca immagini, suscita emozioni, avvia un viaggio. Ges amava i
campi di grano, le distese di spighe, di papaveri, di fiordalisi, osservava la vita e nascevano
parabole. Oggi osserva un seminatore e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio.
Il seminatore usc a seminare: la parabola non perde tempo in preamboli o analisi, racconta
un fatto o una esperienza. Il seminatore, non un; il Seminatore per eccellenza, Colui che
con il seminare si identifica, perch non fa altro che questo: dare vita, fecondare.
Seminatore: uno dei pi belli nomi di Dio. E subito l'immagine d'un tempo antico ci
riempie gli occhi della mente: un uomo con una sacca al collo che percorre un campo, con
un gesto largo della mano, sapiente e solenne.
Ma il quadro collima solo fin qui. Il seminatore della parabola diverso, eccessivo,
illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. uno che spera anche nei
sassi, un prodigo inguaribile, imprudente e fiducioso. Un sognatore che vede vita e futuro
ovunque.
Una pioggia continua di semi di Dio cade tutti i giorni sopra di noi. Semi di Vangelo
riempiono l'aria. Si staccano dalle pagine della Scrittura, dalle parole degli uomini, dalle
loro azioni, da ogni incontro. Ma per quanto il seme sia buono, se non trova acqua, luce e
protezione, la giovane vita che ne nasce morir presto. Il Seminatore getta il seme, ma il
terreno che permette di crescere. Allora io voglio farmi terra buona, terra madre, culla
accogliente per il piccolo germoglio. Come una madre, che sa quanto tenace e desideroso
di vivere sia il seme che porta in grembo, ma anche quanto fragile, vulnerabile e bisognoso
di cure, dipendente quasi in tutto da lei.
Essere madri della parola di Dio, madri di ogni parola d'amore. Accoglierle dentro s con
tenerezza, custodirle e difenderle con energia, allevarle con sapienza. Ognuno di noi una
zolla di terra, ognuno anche un seminatore che cammina nel mondo gettando semi. Ogni
parola, ogni gesto che si stacca da me, se ne va per il mondo e produrr qualcosa. Che cosa
vorrei produrre? Tristezza o germogli di sorrisi? Paura, scoraggiamento o forza di vivere?
Il cristiano uno ben consapevole che la sua vita dar frutto, ma senza pretendere di
sapere come, n dove, n quando. Ha per la sicurezza che non va perduto nessun atto
d'amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Tutto
ci circola nel mondo come una forza di vita. (E.G. 278-279).
(Letture: Isaia 55, 10-11; Salmo 64; Romani 8, 18-23; Matteo 13, 1-23)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/07/2014
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Una spiga di grano vale pi dell'intera zizzania
XVI Domenica
Tempo Ordinario - Anno A
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In quel tempo, Ges espose alla folla un'altra parabola, dicendo: Il regno dei cieli simile
a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano,
venne il suo nemico, semin della zizzania in mezzo al grano e se ne and. Quando poi lo
stelo crebbe e fece frutto, spunt anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di
casa e gli dissero:
(...) "Da dove viene la zizzania?". Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i
servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". "No, rispose, perch non succeda
che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano" (...).
Conquistare anche noi lo sguardo di Dio, che non si posa mai per prima cosa sul male o sul
peccato di una persona, ma privilegia il bene. Quel campo seminato di buon seme e
assediato dalle erbacce il nostro cuore. I servi dicono: Andiamo e sradichiamo la
zizzania. Il padrone del campo li blocca: No, rischiate di strapparmi anche il buon grano!
L'uomo violento che in noi dice: strappa subito da te tutto ci che immaturo, sbagliato,
puerile, cattivo. Invece il Signore dice: abbi pazienza, non agire con violenza, perch il tuo
spirito capace di grandi cose solo se ha grandi valori.
Quanti difetti sono riuscito a sradicare in tutti questi anni? Neppure uno. La via un'altra:
mettersi sulla strada di come agisce Dio. Per vincere la notte accende il mattino, per far
fiorire la steppa sterile semina milioni di semi, per sollevare la pasta immobile immette un
pizzico di lievito. Questa l'attivit solare, positiva, vitale da esercitare verso noi stessi:
non preoccupiamoci prima di tutto della zizzania, delle debolezze, dei difetti, nessuno
senza zizzania nel cuore; ma preoccupiamoci di coltivare una venerazione profonda per
tutte le forze che Dio ci consegna, forze di bont, di generosit, di bellezza, di libert.
Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro bellezza, in tutta la loro
potenza, e vedremo le tenebre scomparire.
Noi dobbiamo conquistare lo sguardo di Dio: una spiga di buon grano conta pi di tutta la
zizzania del campo, il bene conta pi del male; la luce sempre pi forte del buio.
Addirittura la spiga futura, il bene possibile domani pi importante del peccato di ieri. Il
male di una vita non revoca il bene compiuto, non lo annulla, invece il bene che revoca il
male. La nostra strategia coprire il male di bene, soffocarlo di bont, di generosit, di
coraggio, di canto, di luce. Ed il bene, quel pezzetto di Dio in noi, che dice la verit di
una persona. Il peccato non rivelatore, mai: nessun uomo, nessuna donna coincidono con
il loro sbaglio o con la zizzania che hanno in cuore. Tu non sei le tue debolezze, ma le tue
maturazioni. Tu non sei creato a immagine del nemico e della sua notte, ma a immagine del
Creatore e del suo giorno. Allora il nostro vero lavoro religioso portare a maturazione il
buon seme, i talenti, i germi divini che Dio immette in noi con la fiducia del buon
seminatore. E far maturare dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole,
coloro che Dio ci ha affidato. Tu pensa al buon grano, ama i tuoi germi di vita, custodisci
ogni germoglio, sii indulgente con tutte le creature, e anche con te. E tutto il tuo essere
fiorir nella luce.
(Letture: Sapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/07/2014
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Regno dei cieli, tesoro e rivoluzione di vita
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XVII Domenica
Tempo ordinario - Anno A
In quel tempo Ges disse ai suoi discepoli: Il regno dei cieli simile a un tesoro nascosto
nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e
compra quel campo.
Il regno dei cieli simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una
perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli
simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci (...).
Tesoro: parola magica, parola da innamorati, da avventure, da favole, ma anche da
Vangelo, uno dei nomi pi belli di Dio.
Il regno dei cieli simile a un tesoro. Accade per il regno ci che accade a chi trova un
tesoro o una perla: un capovolgimento, un ribaltone totale e gioioso che travolge
l'esistenza. Un tesoro non pane quotidiano, rivoluzione della vita.
Ebbene, anche in giorni disillusi e scontenti, i nostri, il Vangelo osa annunciare tesori. Osa
dire che l'esito della storia sar felice, comunque felice, nonostante tutto felice. Perch nel
mondo sono in gioco forze pi grandi di noi, che non verranno meno, alle quali possiamo
sempre attingere, dono non meritato. Il regno di Dio, ma per l'uomo.
Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va. La gioia il primo tesoro che il tesoro regala.
Che il Vangelo regala. Entrarvi come entrare in un fiume di gioia (papa Francesco),
respirare un'aria fresca e carica di pollini.
Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide riportato un testo
sorprendente: Figlio, per quanto ti possibile, trattati bene... Non privarti di un solo giorno
felice (Sir 14.11.14). l'invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente,
bello, solare, il cui obiettivo non essere finalmente obbedito o pregato da questi figli
sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici.
Come ogni padre e madre. Figlio non privarti di un giorno felice! Prima che chiedere
preghiere, Dio offre tesori. E il vangelo ne possiede la mappa.
Quell'uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per
guadagnare tutto. Niente viene buttato via, non perdono niente, lo investono. Fanno un
affare. Cos sono i cristiani: scelgono e scegliendo bene guadagnano. Non sono pi buoni
degli altri, ma pi ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libert, di cuore, di
Dio. Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d'oro fino che devo consegnare agli
altri (S. Weil).
Tesoro e perla sono i nomi che d al suo amore chi innamorato. Con la carica di affetto e
di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio, per Ges.
Il Vangelo mi incalza: Dio per te un tesoro o soltanto una fatica? perla della tua vita o
solo un dovere?
Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perch conosco il piacere di credere, il
piacere di amare Dio: una festa del cuore, della mente, dell'anima.
Non un vanto, ma una responsabilit! E dico grazie a Chi che mi ha fatto inciampare in
un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molto giorni della mia vita.
(Letture: 1 Re 3, 5.7-12; Salmo 118; Romani 8, 28-30; Matteo 13, 44-55)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/07/2014
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(Letture: Isaia 55, 1-3; Salmo 144; Romani 8, 35. 37-39; Matteo 14, 13-21)
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che non ha come scopo il bene delle persone? Che all'opposto di ci che si era verificato
la sera prima, con i pani e i pesci? E infatti un miracolo che fallisce, che non va a buon
fine, e Simone inizia ad affondare. Pietro si rivela uomo di poca fede non quando travolto
dalla paura delle onde, del vento e della notte, ma prima, quando chiede questo genere di
segni per il suo cammino di fede.
Pietro tu andrai verso il Signore, ma non camminando sul luccichio illusorio di acque
miracolose, bens sulla strada polverosa del buon samaritano; andrai verso Ges, ma
prolungando il suo modo di vivere, di accogliere, di inventare strade che conducano al
cuore dell'uomo. Pietro, emblema di tutti i credenti, imparer a camminare verso un mondo
nuovo contando non sulla forza di imprevedibili miracoli ma sulla forza prodigiosa di un
amore quotidiano che non si arrende, sulla bellezza di una fede nuda.
(Letture: 1 Re 19, 9.11-13; Salmo 84; Romani 9,1-5; Matteo 14, 22-33)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
14/08/2014
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E qui arriva la risposta geniale della madre: vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano
le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. la svolta del racconto. Questa
immagine illumina Ges. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo
fame e figli da saziare, anche quelli che pregano un altro dio.
Donna, grande la tua fede! Lei che non va al tempio, che prega un altro dio, per Ges
donna di grande fede. La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono
figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un
figlio conta pi della sua religione. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che
soffrono. Conosce Dio dal di dentro, lo sente all'unisono con il suo cuore di madre, lo sente
pulsare nel profondo delle sue piaghe. E sa che Dio felice quando vede una madre,
qualsiasi madre, abbracciata felice alla carne della sua carne, finalmente guarita.
Avvenga per te come desideri. Ges ribalta la domanda della madre, gliela restituisce: Sei
tu e il tuo desiderio che comandate. La tua fede come un grembo che partorisce il
miracolo: avvenga come tu desideri.
Matura, in questo racconto, un sogno di mondo da far nostro: la terra come un'unica grande
casa, una tavola ricca di pane, e intorno tanti figli. Una casa dove nessuno disprezzato,
nessuno ha pi fame.
(Letture: Isaia 56, 1.6-7; Salmo 66; Romani 11, 13-15.29-32; Matteo 15, 21-28)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
21/08/2014
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il mio amore, la mia vita. Voi, miei amici, che io ho scelto uno per uno, chi sono per voi?
Ci che Ges vuole sapere dai discepoli di sempre se sono innamorati, se gli hanno
aperto il cuore. Cristo vivo solo se vivo dentro di noi. Il nostro cuore pu essere culla o
tomba di Dio. Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
- Il Cristo... non un nome proprio, ma un attributo che indica l'origine e il compito di Ges
e rimanda subito oltre lui: sei la mano di Dio nella storia.
- Il Figlio di Dio... tu sei entrato in Dio pienamente e Dio entrato in te totalmente. E ora
tu fai le cose che solo Dio fa, nelle tue dita lui che accarezza il mondo.
- Del Dio vivente... Colui che fa viva la vita, il miracolo che la fa fiorire. Il Vivente
grembo gravido di vita, fontana da cui la vita sgorga inesauribile e illimitata.
Beato te, Simone... tu sei roccia, a te dar le chiavi del regno; ci che scioglierai sulla terra
sar sciolto nei cieli.... Non solo Pietro, ma chiunque professi la sua fede ottiene questo
potere. Il potere di perdonare i peccati non il potere giuridico dell'assoluzione (non
nello stile di Ges sostituire vecchi codici con nuovi regolamenti). invece il potere di
diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze pi squallide e impure e
alterate dell'uomo. Compiendo il cammino dalla nostra povert originaria verso una divina
pienezza, per essere immagine e somiglianza di Dio, figli di Dio. Interiorizzare Dio e
fare le cose di Dio: questa la salvezza.
Ges dice a ogni discepolo: terra e cielo si abbracciano in te, nessuna tua azione resta
senza eco nel cielo, il tuo istante si apre sull'eterno, l'eterno si insinua nell'istante.
Tutti possiamo essere roccia che trasmette solidit, forza e coraggio a chi ha paura. Tutti
siamo chiave che apre le porte belle di Dio, che pu socchiudere le porte della vita in
pienezza.
(Letture: Isaia 22, 19-23; Salmo 137; Romani 11, 33-36; Matteo 16, 13-20)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/08/2014
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una cosa tanto inedita e sconvolgente che Pietro la rifiuta: nella logica umana scegliere
di stare dalla parte delle vittime, dei deboli, significa esautorarsi di ogni potere. Ges allora
lo invita a entrare in questa rivoluzione, ad aprirsi al nuovo che irrompe per la prima volta
nella storia: Pietro, torna a metterti dietro di me, riprendi ad essere discepolo.
Non solo Pietro a seguire questa logica, ma tutti i discepoli. E allora Ges allarga a tutti
lo stesso invito: Se qualcuno vuole venire dietro a me... e detta le condizioni. Condizioni
da vertigine. La prima: rinneghi se stesso. Parole pericolose se capite male. Rinnegare se
stessi non vuol dire mortificarsi, buttare via i talenti. Ges non vuole dei frustrati al suo
seguito, ma gente dalla vita realizzata. Rinnega te stesso vuol dire: non sei tu il centro
dell'universo; impara a sconfinare oltre te. Non una mortificazione, ma una liberazione.
Seconda condizione: Prenda la sua croce e mi segua. Una delle frasi pi celebri, pi citate e
pi fraintese del vangelo, che abbiamo interpretato come esortazione alla rassegnazione:
soffri con pazienza, accetta, sopporta le inevitabili croci della vita. Ma Ges non dice
sopporta, dice prendi. Non Dio che manda la croce. il discepolo che la prende,
attivamente.
La croce nel Vangelo indica la follia di Dio, la sua lucida follia d'amore, amore fino a
morirne. Sostituiamo croce con amore, ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, prenda
su di s il giogo dell'amore, tutto l'amore di cui capace e mi segua. Quindi la parola
centrale del brano: Chi perder la propria vita cos, la trover. Ci hanno insegnato a mettere
l'accento sul perdere la vita. Ma se l'ascolti bene, senti che l'accento non posto sul
perdere, ma sul trovare.
Seguimi, cio vivi una esistenza che assomigli alla mia, e troverai la vita, realizzerai
pienamente la tua esistenza. L'esito finale trovare vita, Quella cosa che tutti gli uomini
cercano, in tutti gli angoli della terra, in tutti i giorni che dato loro di vivere: realizzare
pienamente se stessi. E Ges ne possiede la chiave. Perdere per trovare. la legge della
fisica dell'amore: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di
ci che abbiamo donato.
(Letture: Geremia 20, 7-9; Salmo 62; Romani 12, 1-2; Matteo 16, 21-27)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/09/2014
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In verit io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere
qualunque cosa, il Padre mio che nei cieli gliela conceder. Perch dove sono due o tre
riuniti nel mio nome, l sono io in mezzo a loro.
Solo verbi di dialogo e di incontro, oggi. Se il tuo fratello sbaglia, va' e ammoniscilo: tu fa
il primo passo, non chiuderti nel silenzio ostile, non fare l'offeso, ma tu riallaccia la
relazione.
Ma che cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell'altro? La pretesa della verit? No,
solo la parola fratello. Ci che ci abilita al dialogo la fraternit che tentiamo di vivere,
non la verit che crediamo di possedere. Il dialogo politico quello in cui si misurano le
forze, ma il dialogo evangelico quello in cui si misurano le sincerit.
Non nell'isolamento del privato, allora, non nell'illusione dei grandi numeri, tutto inizia
dalla pi piccola comunit: io-tu.
Lontano dalle istituzioni, nel cuore della vita, tutto inizia da io-tu.
Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello. Verbo stupendo: guadagnare un fratello. Il
fratello un guadagno, un tesoro per te e per il mondo. Investire in fraternit l'unica
politica economica che produce vera crescita.
Tutto quello che legherete o che scioglierete sulla terra, lo sar anche in cielo. Legare e
sciogliere. Questo potere non conferito alla gerarchia, ma per tutti i credenti: il potere
di creare comunione o separazione. Il potere di perdonare il male non il potere giuridico
dell'assoluzione, il potere di diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze
pi squallide, pi impure, pi alterate dell'uomo (Don Michele Do). Diventare presenza
trasfigurante, fare cose che Dio solo sa fare: perdonare i nemici, trasfigurare il dolore,
immedesimarsi nel prossimo, queste sono cose divine, che possono trasformare,
trasfigurare le relazioni...
Ci che avrete legato, riunito attorno a voi, le persone, gli affetti, le speranze, non andr
perduto; e ci che avrete sciolto, liberato attorno a voi, energie, vita, audacia, sorrisi, lo
ritroverete liberato per sempre, nella storia della terra e in quella del cielo, unica storia.
Ci che scioglierete: come lui che ha sciolto Lazzaro dalle bende della morte; ci che
legherete: come lui che ha legato a s uomini e donne capaci di fare le cose che Dio fa.
Ci che scioglierete avr libert per sempre, ci che legherete avr comunione per sempre.
Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, l sono io in mezzo a loro.
Non solo nella preghiera, ma anche nell'uomo e nella donna che si amano, nella complicit
festosa di due amici, in chi lotta per la giustizia, in una madre abbracciata al suo bimbo,
Dio l. Ma a cosa serve la presenza di Cristo? Che cosa genera? Cristo anima e vita di
tutto ci che esiste, presenza trasformante dell'io e del tu che diventano noi, la forza di
amare che ti convoglia nello stellato fiume (M. Luzi). Quella forza che convoglia Dio
nell'umano torrente.
(Ezechile 33, 1.7-9; Salmo 94; Romani 13, 8-10; Matteo 18, 15-20)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/09/2014
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eccedenza, che mi riempie di speranza, sta in evidenti ragioni d'amore, che non cerca mai il
proprio interesse (1Cor 13, 5), e che mi sorprender, alla sera della mia vita, come un
dolcissimo regalo.
(Letture: Isaia 55,6-9; Salmo 144; Filippesi 1,20-24.27; Matteo 20,1-16).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/09/2014
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In che cosa consiste la sua volont? Avere figli rispettosi e obbedienti? No, il suo sogno di
padre una casa abitata non da servi ossequienti, ma da figli liberi e adulti, alleati con lui
per la maturazione del mondo, per la fecondit della terra.
La morale evangelica non quella dell'obbedienza, ma quella della fecondit, dei frutti
buoni, dei grappoli gonfi: volont del Padre che voi portiate molto frutto e il vostro frutto
rimanga...
A conclusione: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti. Dura frase, rivolta a noi, che a
parole diciamo "s", che ci vantiamo credenti, ma siamo sterili di opere buone, cristiani di
facciata e non di sostanza. Ma anche consolante, perch in Dio non c' condanna, ma la
promessa di una vita buona, per gli uni e per gli altri.
Dio ha fiducia sempre, in ogni uomo, nelle prostitute e anche in noi, nonostante i nostri
errori e ritardi nel dire s. Dio crede in noi, sempre. Allora posso anch'io cominciare la mia
conversione verso un Dio che non dovere, ma amore e libert. Con lui coltiveremo
grappoli di miele e di sole per la vita del mondo.
(Letture: Ezechiele 18,25-28; Salmo 24; Filippesi 2,1-11; Matteo 21,28-32).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
02/10/2014
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Nelle vigne il tempo del raccolto. Per noi lo ogni giorno: vengono persone, cercano
pane, Vangelo, giustizia, coraggio, un raggio di luce. Che cosa trovano in noi? Vino buono
o uva acerba?
La parabola cammina per verso un orizzonte di amarezza e di violenza. In contrasto con
la bassezza dei vignaioli emerge la grandezza del mio Dio contadino (Veronelli diceva che
chiamare uno contadino il pi bel complimento che si possa fare a una persona), un
Signore che non si arrende, non mai a corto di meraviglie, non ci molla e ricomincia
dopo ogni rifiuto ad assediare il cuore con nuovi Profeti e servitori, e infine con il Figlio.
Costui l'erede, uccidiamolo e avremo noi l'eredit! La parabola trasparente: la vigna
Israele, i vignaioli avidi sono le autorit religiose, che uccideranno Ges come
bestemmiatore. Il movente lo stesso: l'interesse, potere e denaro, tenersi il raccolto e
l'eredit! la voce oscura che grida in ciascuno: sii il pi forte, il pi furbo, non badare
all'onest, e sarai tu il capo, il ricco, il primo. Questa ubriacatura per il potere e il denaro
l'origine di tutte le vendemmie di sangue della terra.
Cosa far il padrone? La risposta delle autorit secondo logica giudiziaria: una vendetta
esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia si fonda sull'eliminare
chi sbaglia. Ges non d'accordo. Lui non parla di far morire, mai; il suo scopo far
fruttificare la vigna: sar data a un popolo che produca frutti.
La storia perenne di amore e tradimenti tra Dio e l'uomo non si concluder n con un
fallimento n con una vendetta, ma con l'offerta di una nuova possibilit: dar la vigna ad
altri. Tra Dio e l'uomo le sconfitte servono solo a far meglio risaltare l'amore di Dio. Il
sogno di Dio non n il tributo finalmente pagato (non ne parla pi) n la condanna a una
pena esemplare per chi ha sbagliato, ma una vigna, un mondo che non maturi pi grappoli
rossi di sangue e amari di lacrime, che non sia una guerra perenne per il potere e il denaro,
ma che maturi una vendemmia di giustizia e di pace, la rivoluzione della tenerezza, la
triplice cura di s, degli altri e del creato.
(Letture: Isaia 5, 1-7; Salmo 79; Filippesi 4, 6-9; Matteo 21, 33-43)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
09/10/2014
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l scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: Amico, come mai sei
entrato qui senza l'abito nuziale?. Quello ammutol. Allora il re ordin ai servi: Legatelo
mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; l sar pianto e stridore di denti. Perch molti
sono chiamati, ma pochi eletti.
Il regno dei cieli simile a una festa. Eppure nella affannata citt degli uomini nessuno
sembra interessato: gli invitati non volevano venire... forse temono una festa senza cuore, il
formalismo di tutti, l'indifferenza reciproca.
Non volevano venire, forse perch presi dai loro affari, dalla liturgia del lavoro e del
guadagno, dalle cose importanti da fare; non hanno tempo, loro, per cose di poco conto: le
persone, gli incontri, la festa. Hanno troppo da fare per vivere davvero.
Ascoltando questa parabola provo una fitta al cuore: sono pochi i cristiani che sentono Dio
come un vino di gioia; sono cos pochi quelli per cui credere una festa, le celebrazioni
liturgiche che emanano gioia, festive non solo di nome.
Allora il re disse ai suoi servi: andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze. L'ordine del re favoloso: tutti quelli che troverete, cattivi e buoni,
senza badare a distinzioni, a meriti, a moralit. Invito solo all'apparenza casuale, che
mostra invece la chiara volont del re che nessuno sia escluso.
bello questo Dio che, quando rifiutato, anzich abbassare le attese, le alza: chiamate
tutti! Che non si arrende alle prime difficolt, e che non permette, non accetta che ci
arrendiamo, con Lui c' sempre un dopo.
Un Re che apre, allarga, gioca al rilancio, va pi lontano; e dai molti invitati passa a tutti
invitati: ed entrarono tutti, cattivi e buoni. Addirittura prima i cattivi... Non perch facciano
qualcosa per lui, ma perch lo lascino essere Dio! Alla fine la sala si riemp di commensali.
Lo immagino cos il Paradiso, come quella sala, pieno non di santi ma di peccatori
perdonati, di gente come noi.
Un invitato per non indossa l'abito delle nozze: amico, come mai sei entrato qui senza
l'abito nuziale? Di che cosa simbolo quell'abito, il migliore che avrebbe dovuto
possedere? Di un comportamento senza macchie? No, nella sala si mescolano brave
persone e cattivi soggetti. Indica il meglio di noi stessi: quella trama nuziale che la chiave
di volta di tutta la Bibbia, la fede come una storia d'amore. Dal momento che Dio ti mette
in vita, ti invita alle nozze con lui. Ognuno a suo modo sposo. Parola di profeti, di salmi, di
Ges: la storia della salvezza la storia di due mendicanti uno d'amore ed Dio, l'altro
d'amore ed l'uomo. Quell'invitato si sbagliato su Dio e quindi su se stesso, sulla vita, su
tutto: non ha capito che Dio viene come uno Sposo, intimo a te come un amante, esperto di
feste: che si fa festa in cielo per un peccatore pentito, per un figlio che torna, per ogni
mendicante d'amore che trova e restituisce un sorso d'amore, una sorsata di vita.
(Letture: Is 25,6-10a; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/10/2014
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A Cesare le cose, a Dio la persona con il suo cuore
XXIX Domenica
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Amerai l'uomo simile ad amerai Dio. Il prossimo simile a Dio, la rivoluzione di Ges:
il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio, terra sacra davanti alla quale togliersi i
calzari, come Mos al Roveto ardente.
Per Ges non ci pu essere un amore verso Dio che non si traduca in amore concreto verso
il prossimo.
Ma perch amare, e con tutto me stesso? Perch una scheggia di Dio, infuocata, l'amore.
Perch Dio-Amore l'energia fondamentale del cosmo, amor che muove il sole e l'altre
stelle, e amando entri nel motore caldo della vita, a fare le cose che Dio fa.
(Letture: Esodo 22,20-26; Salmo 17; 1 Tessalonicesi 1,5-10; Matteo 22,34-40).
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Chi regala sogni al cuore? Chi pi armato, pi forte e scaltro? o non invece il tessitore
segreto della pace, il non violento, chi ha gli occhi limpidi e il cuore bambino e senza
inganno?
Le Beatitudini sono il cuore del Vangelo e al cuore del vangelo c' un Dio che si prende
cura della gioia dell'uomo. Non un elenco di ordini o precetti ma la bella notizia che Dio
regala vita a chi produce amore, che se uno si fa carico della felicit di qualcuno il Padre si
fa carico della sua felicit.
Non solo, ma sono beati anche quelli che non hanno compiuto azioni speciali, i poveri, i
poveri senza aggettivi, tutti quelli che l'ingiustizia del mondo condanna alla sofferenza.
Beati voi poveri, perch vostro il Regno, gi adesso, non nell'altro mondo! Beati, perch
c' pi Dio in voi. E quindi pi speranza, ed solo la speranza che crea storia. Beati quelli
che piangono... e non vuol dire: felici quando state male! Ma: In piedi voi che piangete,
coraggio, in cammino, Dio sta dalla vostra parte e cammina con voi, forza della vostra
forza!
Beati i misericordiosi... Loro ci mostrano che i giorni sconfinano nell'eterno, loro che
troveranno per s ci che hanno regalato alla vita d'altri: troveranno misericordia, bagaglio
di terra per il viaggio di cielo, equipaggiamento per il lungo esodo verso il cuore di Dio. A
ricordarci che la nostra morte la parte della vita che d sull'altrove. Quell'altrove che
sconfina in Dio(Rilke).
(Letture: Sapienza 3,1-9; Salmo 41; Apocalisse 21,1-5.6-7; Matteo 5,1-12)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
06/11/2014
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stanno: lui vuole cambiare la fede, e con la fede cambiare il mondo. E lo fa con gesti
profetici, non con un generico buonismo.
Probabilmente gi un'ora dopo i mercanti, recuperate colombe e monete, avevano
rioccupato le loro posizioni. Tutto come prima, allora? No, il gesto di Ges arrivato fino
a noi, profezia che scuote i custodi dei templi, e anche me, dal rischio di fare mercato della
fede.
Ges caccia i mercanti, perch la fede stata monetizzata, Dio diventato oggetto di
compravendita. I furbi lo usano per guadagnarci, i pii e i devoti per ingraziarselo: io ti do
orazioni, tu in cambio mi dai grazie; io ti do sacrifici, tu mi dai salvezza.
Caccia gli animali delle offerte anticipando il capovolgimento di fondo che porter con la
croce: Dio non chiede pi sacrifici a noi, ma sacrifica se stesso per noi. Non pretende nulla,
dona tutto.
Fuori i mercanti, allora. La Chiesa diventer bella e santa non se accresce il patrimonio e i
mezzi economici, ma se compie le due azioni di Ges nel cortile del tempio: fuori i
mercanti, dentro i poveri. Se si far Chiesa con il grembiule (Tonino Bello).
Egli parlava del tempio del suo corpo. Il tempio del corpo..., tempio di Dio siamo noi, la
carne dell'uomo. Tutto il resto decorativo. Tempio santo di Dio il povero, davanti al
quale dovremmo toglierci i calzari come Mos davanti al roveto ardente perch terra
santa, dimora di Dio.
Dei nostri templi magnifici non rester pietra su pietra, ma noi resteremo, casa di Dio per
sempre. C' grazia, presenza di Dio in ogni essere. Passiamo allora dalla grazia dei muri
alla grazia dei volti, alla santit dei volti.
Se noi potessimo imparare a camminare nella vita, nelle strade delle nostre citt, dentro le
nostre case e, delicatamente, nella vita degli altri,
con venerazione per la vita dimora di Dio, togliendoci i calzari come Mos al roveto, allora
ci accorgeremmo che stiamo camminando dentro un'unica, immensa cattedrale. Che tutto il
mondo cielo, cielo di un solo Dio.
(Letture: Ezechiele 47,1-2.8-9.12; Salmo 45; 1 Cor 3,9-11.16-17; Giovanni 2,13-22)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
13/11/2014
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Avverr come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiam i suoi servi e consegn
loro i suoi beni. Dio ci consegna qualcosa e poi esce di scena. Ci consegna il mondo, con
poche istruzioni per luso, e tanta libert. Un volto di Dio che ritroviamo in molte parabole:
ha fiducia in noi, ci innalza a con-creatori, lo fa con un dono e una regola, quella di Adamo
nellEden "coltiva e custodisci " il giardino dove sei posto, vale a dire: ama e moltiplica la
vita, sacerdote di quella che la liturgia primordiale del mondo. Nessun uomo senza
giardino, perch ci che stato vero per Adamo vero da allora per ogni suo figlio.
I talenti dati ai servi, dal padrone generoso e fiducioso, oltre a rappresentare le doti
intellettuali e di cuore, la bellezza interiore, di cui nessuno privo, di cui la luce del corpo
solo un riflesso, annunciano che ogni creatura messa sulla mia strada un talento di Dio
per me, tesoro messo nel mio campo. E io sono lAdamo coltivatore e custode della sua
fioritura e felicit. Il Vangelo pieno di una teologia semplice, la teologia del seme, del
lievito, di inizi che devono fiorire. A noi tocca il lavoro paziente e intelligente di chi ha
cura dei germogli: lessenza dellamore non in ci che comune, nel costringere
laltro a diventare qualcosa, a diventare infinitamente tanto, a diventare il massimo che gli
consentono le forze. (Rilke).
Arriva il momento del rendiconto, e si accumulano sorprese. La prima: colui che consegna
dieci talenti non pi bravo di chi ne consegna solo quattro. Non c una tirannia o un
capitalismo della quantit, perch le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
Occorre solo sincerit del cuore e fedelt a se stessi, per dare alla vita il meglio di ci che
possiamo dare.
La seconda sorpresa: Dio non un padrone esigente che rivuole indietro i suoi talenti con
gli interessi. La somma rimane ai servitori, anzi raddoppiata: sei stato fedele nel poco, ti
dar autorit su molto. I servi vanno per restituire, e Dio rilancia. Questo accrescimento di
vita il Vangelo, questa spirale damore crescente lenergia di Dio incarnata in tutto ci
che vive.
Si present infine colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: ho avuto paura. La
parabola dei talenti un invito a non avere paura delle sfide della vita, perch la paura
paralizza, ci rende perdenti: quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per la paura di
finire sconfitti! Il Vangelo maestro della sapienza del vivere, della pi umana pedagogia
che si fonda su tre regole: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura. E
soprattutto da quella che la paura delle paure: la paura di Dio.
(Letture: Proverbi 31,10-13.19-20.30-31; Salmo 127; 1 Tessalonicesi 5,1-6; Matteo 25,1430).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
20/11/2014
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radunati tutti i popoli. Egli separer gli uni dagli altri. (...) Allora i giusti gli risponderanno:
"Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti
abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo
e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a
visitarti?. E il re risponder loro: In verit io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno
solo di questi miei fratelli pi piccoli, l'avete fatto a me.
Avevo fame, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere... Dal Vangelo emerge un
fatto straordinario: lo sguardo di Ges si posa sempre, in primo luogo, sul bisogno
dell'uomo, sulla sua povert e fragilit. E dopo la povert, il suo sguardo va alla ricerca del
bene che circola nelle vite: mi hai dato pane, acqua, un sorso di vita, e non gi, come ci
saremmo aspettati, alla ricerca dei peccati e degli errori dell'uomo. Ed elenca sei opere
buone che rispondono alla domanda su cui si regge tutta la Bibbia: che cosa hai fatto di tuo
fratello?
Quelli che Ges evidenzia non sono grandi gesti, ma gesti potenti, perch fanno vivere,
perch nascono da chi ha lo stesso sguardo di Dio.
Grandioso capovolgimento di prospettive: Dio non guarda il peccato commesso, ma il bene
fatto. Sulle bilance di Dio il bene pesa di pi. Bellezza della fede: la luce pi forte del
buio; una spiga di grano vale pi della zizzania del cuore.
Ed ecco il giudizio: che cosa rimane quando non rimane pi niente? Rimane l'amore, dato e
ricevuto. In questa scena potente e drammatica, che poi lo svelamento della verit ultima
del vivere, Ges stabilisce un legame cos stretto tra s e gli uomini, da arrivare fino a
identificarsi con loro: quello che avete fatto a uno dei miei fratelli, l'avete fatto a me!
Ges sta pronunciando una grandiosa dichiarazione d'amore per l'uomo: io vi amo cos
tanto, che se siete malati la mia carne che soffre, se avete fame sono io che ne patisco i
morsi, e se vi offrono aiuto sento io tutte le mie fibre gioire e rivivere.
Gli uomini e le donne sono la carne di Cristo. Finch ce ne sar uno solo ancora sofferente,
lui sar sofferente.
Nella seconda parte del racconto ci sono quelli mandati via, perch condannati. Che male
hanno commesso? Il loro peccato non aver fatto niente di bene. Non sono stati cattivi o
violenti, non hanno aggiunto male su male, non hanno odiato: semplicemente non hanno
fatto nulla per i piccoli della terra, indifferenti.
Non basta essere buoni solo interiormente e dire: io non faccio nulla di male. Perch si
uccide anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra. Non impegnarsi per
il bene comune, per chi ha fame o patisce ingiustizia, stare a guardare, gi farsi complici
del male, della corruzione, del peccato sociale, delle mafie.
Il contrario esatto dell'amore non allora l'odio, ma l'indifferenza, che riduce al nulla il
fratello: non lo vedi, non esiste, per te un morto che cammina.
Questo atteggiamento papa Francesco l'ha definito globalizzazione dell'indifferenza. Il
male pi grande aver smarrito lo sguardo, l'attenzione, il cuore di Dio fra noi.
(Letture: Ezechiele 34,11-12.15-17; Salmo 22; 1 Corinzi 15,20-26a.28; Matteo 25,31-46)
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mezzo all'anima. Perch ci che conta soltanto il fondo del cuore dell'uomo. E ci che
vero nel cuore fa saltare tutto un mondo di scuse e di pretesti, di conformismi e di
apparenze.
Viene colui che pi forte, il Regno di Dio non stato sopraffatto da altri regni:
l'economia, il mercato, il denaro. Il mondo pi vicino a Dio oggi di ieri. Lo attestano la
crescita della consapevolezza e della libert, il fiorire del femminile, il rispetto e la cura per
i disabili, l'amore per l'ambiente...
La buona notizia una storia gravida di futuro buono per il mondo, perch Dio sempre
pi vicino, vicino come un abbraccio. E profuma di vita la vita.
(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 84; 2 Pietro 3,8-14; Marco 1,1-8).
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tanto a lungo atteso, venuto un Dio luminoso e innamorato in mezzo a noi, guaritore del
freddo, ha lavato via gli angoli oscuri del cuore. Dopo di lui pi bello vivere.
Ed la positivit del Vangelo che fiorisce e invade gli occhi del cuore. E mi copre col suo
manto, dice Isaia, e far germogliare una primavera di giustizia, una primavera che
credevamo impossibile. Mi abbandono, allora, nelle sue mani, come il profeta, come cuore
ferito, ma anche come diadema; mi abbandono nelle sue mani come vaso spezzato che egli
saner, e come gioiello; come schiavo e come corona, testimone di una religione solare e
felice.
Giovanni afferma che il mondo si regge su un principio di luce e non sulla prevalenza del
male, che vale molto di pi accendere la nostra lampada nella notte che imprecare e
denunciare il buio.
Per tre volte gli domandano: Tu, chi sei? Domanda decisiva anche per me. Io non sono
l'uomo prestigioso che vorrei essere n l'insignificante che temo di essere; non sono ci che
gli altri credono di me, n santo, n solo peccatore; non sono il mio ruolo, non sono ci che
appaio.
Io sono voce. Abitata e attraversata da parole pi alte di me, strumento di qualcosa che
viene da prima di me, che sar dopo di me. Io sono voce. Solo Dio la Parola. Il mio
segreto in sorgenti d'acqua viva che non mi appartengono, che non verranno mai meno,
alle quali potr sempre attingere. Io sono voce quando sono profeta, quando trasmetto
parole lucenti e parlo del sole, gridando nel deserto di queste citt, come Giovanni, o
sussurrando al cuore ferito, come Isaia.
(Letture: Isaia 61,1-2.10-11; Luca 1; 1 Tessalonicesi 5,16-24; Giovanni 1,6-8.19-28)
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elementi chimici inerti e il seme li trasforma in una dimensione superiore: dal freddo
oscuro della terra estrae colore e profumo e sapore, per il pi piccolo fiore o per l'albero
secolare (G. Vannucci).
La nostra fede inizia da una annunciazione: un angelo afferma che l'Onnipotente si fa
bambino, fremito nel grembo di Maria, fame di latte e di carezze.
L'annunciazione il punto di estasi della storia umana, la falla attraverso la quale entra
l'acqua di un'altra sorgente, la feritoia attraverso la quale il divino si innesta, come un ramo
d'olivo, sul vecchio tronco della terra che riprende a fiorire. Quell'annuncio una fessura di
luce attraverso la quale la nostra storia prende respiro, allarga le ali, spicca il volo.
La prima parola dell'angelo a Maria "chaire" non un semplice saluto, dentro vibra quella
cosa buona e rara che tutti, in tutti i giorni, cerchiamo: la gioia "rallegrati, gioisci, sii
felice". Non chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla
gioia, come una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e
porta una promessa di felicit.
La seconda parola svela il perch della gioia: sei piena di grazia. Un termine nuovo, mai
risuonato prima nella Bibbia o nelle sinagoghe, letteralmente inaudito, che fa tremare
Maria: Dio si chinato su di te, si innamorato di te, si dato a te, e tu trabocchi di Dio. Il
tuo nome : amata per sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata.
E annuncia che Dio sceglie un grembo di donna, che entra nel nostro fiume di santi e
peccatori, in questa corrente gravida di fango e pagliuzze d'oro; che si dirama per tutte le
vene del mondo, fino agli ultimi rami della creazione. Si capisce che Maria sia senza
parole e che risponda prima con il silenzio e poi con una domanda: come possibile? La
tua prima parola, Maria, ti chiediamo di accogliere in cuore, come sia possibile ancora
concepire pur noi il suo Verb (Turoldo). La vocazione di Maria la nostra stessa
vocazione: chiamati tutti ad essere madri di Ges, a renderlo vivo, presente, importante in
queste strade, in queste case, nelle nostre relazioni.
L'angelo Gabriele ancora inviato ad ogni casa ad annunciare a ciascuno: sii felice, anche
tu sei amato per sempre, verr in te la Vita.
Io credo in un angelo che ha il seme di Dio nella voce; credo in un Bambino, sgusciato dal
grembo di una donna, che il racconto della tenerezza di Dio, immagine alta e pura del
volto dell'uomo.
(Letture: 2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16; Salmo 88; Romani 16,25-27; Luca 1,26-38).
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come scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sar sacro al Signore
e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la
legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio,
che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui...
Portarono il bambino a Gerusalemme. Il figlio dato ai genitori e da loro offerto ad un
sogno pi grande, intrecciato da subito alla sorte di Dio e della citt dell'uomo.
Come quel Figlio, i nostri figli non sono nostri, appartengono al Signore, al mondo, alla
loro vocazione, ai loro sogni. Ogni bambino un punto abissale che apre sul futuro di Dio
e sull'avvenire del mondo, una libert che sta ad una profondit misteriosa alla quale non
giungeremo mai.
Prima santit della famiglia: nella mia casa ognuno fessura e varco di un amore pi
grande della mia casa, quello di Dio. Perch la vita fiorisca in tutta la sua densit e
bellezza.
Presentano al Signore il Bambino. I due giovani genitori mostrano che in Ges, e in ogni
esistenza, c' in gioco una forza pi grande di noi, un bene grande che alimenta il nostro
amore, una verit immensa che rende possibile la nostra ricerca, una vita piena che riempie
la nostra piccola anfora, una fonte che non viene meno, fedele, sempre a disposizione,
possiamo attingervi ad ogni istante.
Nel tempio il Bimbo passa dalle braccia di Maria a quelle di Simeone, in un gesto carico di
fiducia. Simbolo grande, un gesto tenero e forte che invita a prendere fra le proprie braccia,
con fiducia, la misteriosa presenza di Dio, che si incarna, che abita, che si offre nel volto,
nei gesti, nello sguardo di ognuno dei miei cari.
Siamo tutti, come il vecchio profeta Simeone, occhi stanchi ma accesi di desiderio, piccoli
profeti nelle nostre case, capaci di ripetere, a chi vive con noi, parole che sanno di grazia:
io ti prendo fra le mie braccia, e stringendo te io stringo la presenza di Dio. Io ti accolgo
fra le mie braccia, e abbracciando te, abbraccio la divina presenza.
E la profezia di ogni famiglia prosegue: i miei occhi hanno visto la salvezza del Signore.
Parole come benedizione su ognuno che il Signore ha posto sulla mia strada: tu sei per me
salvezza che mi cammina a fianco.
Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e si fortificava e la grazia di Dio
era su di lui. Profezia e magistero della famiglia sono i pi grandi, molto pi importanti
ancora di quelli del tempio, sono quelli sempre necessari. Il volto di chi mi vuol bene il
primo sacramento (segno efficace e visibile) dell'amore di Dio.
Ogni tavola, in ogni casa, un altare: primo altare dove la vita celebra la sua festa, le sue
lacrime, le sue speranze. Ed da questo altare che deriva poi quello della Chiesa. Al
tempio Dio preferisce la casa: mi guarda, mi accarezza con gli occhi di chi vive con me.
Mio primo profeta colui che cammina al mio fianco, mia prima grazia colei che avanza
nella vita con me.
(Letture: Genesi 15,1-6; 21,1-3; Salmo 104; Ebrei 11,8.11-12.17-19; Luca 2,22-40)
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