02/01/2015
In ogni uomo il riflesso della luce della vita vera
II Domenica dopo Natale
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio,
presso Dio: tutto stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla stato fatto di ci che
esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le
tenebre non l'hanno vinta. [...] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni
uomo. Era nel mondo e il mondo stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha
riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti per lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio. [...]
I cristiani cominciano a contare gli anni, a raccontare la storia, da Natale, che il nodo
vivo del tempo, che segna un prima e un dopo. Attorno a quel giorno danzano i secoli e la
mia vita.
Giovanni comincia il vangelo convocando l'in principio del tempo e le profondit di
Dio: In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Non esiste una storia che risalga pi
indietro, che vada pi lontano, che ci faccia sconfinare pi al largo.
Tutto stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nulla senza di lui. In principio, tutto,
nulla, parole che ci mettono in rapporto con l'immensit e la totalit della vita: non solo
gli esseri umani e gli animali, nostri fratelli minori, ma il filo d'erba e la pietra, tutto
stato plasmato dalle sue mani e ne porta l'impronta viva: anche nel cuore della pietra Dio
sogna il suo sogno e di vita la pietra si riveste (Vannucci).
In Lui era la vita. Ges, venuto nella vita come datore di vita, non ha mai compiuto un
miracolo per punire o intimidire. I suoi sono sempre segni che guariscono la vita, la
accrescono, la fanno fiorire. Non venuto a portare una nuova teoria religiosa o un
migliore sistema di pensiero, ha comunicato vita, e anelito a sempre pi grande vita: sono
venuto perch abbiate vita in abbondanza (Gv 10,10). Ges pianta la sua tenda in mezzo
agli uomini, anzi nel mezzo, nel centro nel cuore di ogni uomo, di tutto l'uomo. Questa la
profondit ultima del Natale: nella mia, come nella tua carne, respira il Signore della vita.
Io passo nel mondo portando in me il cromosoma di Dio, intrecciato con l'inconsistenza
della polvere del suolo da cui Adamo plasmato.
Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo.
Ogni uomo, nessuno escluso, ha quella luce. Che illumina come un'onda immensa, come
una sorgente che non si spegne, come un sole nella notte.
E la vita era la luce degli uomini. Una cosa enorme: la vita luce, una grande parabola
luminosa che racconta Dio. Il Vangelo ci insegna a sorprendere parabole nella vita, e
riflessi di cielo perfino nelle pozzanghere della vita. Allora il Dio della religione, quello
delle teorie e delle celebrazioni, si ricongiunge con il Dio della vita, quello dei gesti, degli
affetti e degli incantamenti.
Venne fra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti l'hanno accolto ha dato potere di
diventare figli di Dio. Accogliere: parola che sa di porte che si aprono, di mani che
accettano doni, di cuori che fanno spazio alla vita.
Parola semplice come la libert, potente come la maternit. Dio non si merita, si accoglie.
Facendogli spazio in noi, come una donna fa spazio al figlio che accoglie nel suo grembo,
appena sotto il cuore.
(Letture: Sir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
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Il Maestro del desiderio insegna desideri pi alti delle cose. Tutto intorno a noi grida:
accontentati. Invece il vangelo, sempre controcorrente, ripete: Beati gli affamati, beati voi
quando vi sentite insoddisfatti: diverrete cercatori di tesori, mercanti di perle. Ges
conduce i suoi dal superfluo all'essenziale. E le cose essenziali sono cos poche, ad esse si
arriva solo attraverso la chiave del cuore.
(Letture: 1 Samuele 3,3-10.19; Salmo 39; 1 Corinzi 6,13-15.17-20; Giovanni 1,35-42).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/01/2015
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guarder l'adultera trascinata a forza davanti a lui, e in lei vedr la donna capace di amare
bene di nuovo. Il Maestro guarda anche me, nei miei inverni vede grano che germina,
generosit che non sapevo di avere, capacit che non sospettavo, lo sguardo di Ges rende
il cuore spazioso. Dio ha verso di me la fiducia di chi contempla le stelle prima ancora che
sorgano.
Seguitemi, venite dietro a me. Ges non si dilunga in motivazioni, perch il motivo lui,
che ti mette il Regno appena nato fra le mani. E lo dice con una frase inedita: Vi far
pescatori di uomini. Come se dicesse: vi far cercatori di tesori. Mio e vostro tesoro sono
gli uomini. Li tirerete fuori dall'oscurit, come pesci da sotto la superficie delle acque,
come neonati dalle acque materne, come tesoro dissepolto dal campo. Li porterete dalla
vita sommersa alla vita nel sole. Mostrerete che possibile vivere meglio, per tutti, e che il
Vangelo ne possiede la chiave.
(Letture: Giona 3,1-5.10; Salmo 24; 1 Corinzi 7,29-31; Marco 1,14-20).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
29/01/2015
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Autorevoli e vere sono soltanto le parole diventate carne e sangue, come in Ges: la sua
persona il messaggio, l'intera sua persona.
Come emerge dal seguito del brano: C'era l un uomo posseduto da uno spirito impuro. Il
primo sguardo di Ges si posa sempre sulle fragilit dell'uomo e la prima di tutte le povert
l'assenza di libert, come per un uomo posseduto, prigioniero di uno pi forte di lui.
E vediamo come Ges interviene: non fa discorsi su Dio, non cerca spiegazioni sul male,
Ges mostra Dio che si immerge nelle ferite dell'uomo; Lui stesso il Dio che si immerge,
come guarigione, nella vita ferita, e mostra che il Vangelo non un sistema di pensiero,
non una morale, ma una sconvolgente liberazione (G. Vannucci).
Lui il Dio il cui nome libert e che si oppone a tutto ci che imprigiona l'uomo. I
demoni se ne accorgono: che c' fra noi e te Ges di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? S,
Ges venuto a rovinare tutto ci che rovina l'uomo, a demolire prigioni; a portare spada e
fuoco per tagliare e bruciare tutto ci che non amore. A rovinare il regno dei desideri
sbagliati che si impossessano e divorano l'uomo: denaro, successo, potere, egoismi.
A essi, padroni del cuore, Ges dice due sole parole: taci, esci da lui.
Tace e se ne va questo mondo sbagliato. Va in rovina, come aveva sognato Isaia, vanno in
rovina le spade e diventano falci, si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della
creazione l'uomo libero e amante. Posso diventarlo anch'io, se il Vangelo diventa per me
passione e incanto. Patimento e parto. Allora scopro Cristo, mia dolce rovina (Turoldo),
che rovina in me tutto ci che non amore, che libera le mie braccia da tutte le cose vuote,
e che dilata gli orizzonti che respiro.
(Letture: Deuteronomio 18,15-20; 1 Corinzi 7,32-35; Salmo 94; Marco 1,21-28).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/02/2015
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Guarire. E vediamo come il suo agire prenda avvio dal dolore del mondo: tocca, parla,
prende per mano, guarisce. Come il primo sguardo di Ges si posi sempre sulla sofferenza
delle persone, e non sul loro peccato. E la porta della piccola Cafarnao scoppia di folla e di
dolore e poi di vitalit ritrovata.
Il miracolo , nella sua bellezza giovane, il collaudo del Regno, il laboratorio del mondo
nuovo: mostra che possibile vivere meglio, per tutti, e Ges ne possiede la chiave. Che
un altro mondo possibile e vicino. Che il regno di Dio viene con il fiorire della vita in
tutte le sue forme.
La suocera di Simone era a letto con la febbre, e subito gli parlarono di lei. bello questo
preoccuparsi degli apostoli per i problemi e le sofferenze delle persone care, e metterne a
parte Ges, come si fa con gli amici. Non solo la gratuit, quindi, ma anche tutto ci che
occupa e preoccupa il cuore dell'uomo pu e deve entrare, a pieno titolo, nel dialogo con
Dio nella preghiera.
Ges ascolta e risponde: si avvicina, si accosta, va verso il dolore, non lo evita, non ha
paura. E la prese per mano. Mano nella mano, come forza trasmessa a chi stanco, come a
dire "non sei pi sola", come un padre o una madre a dare fiducia al figlio bambino, come
un desiderio di affetto. Chi soffre chiede questo: di non essere abbandonato da chi gli vuole
bene, di non essere lasciato solo a lottare contro il male. E la fece alzare. il verbo della
risurrezione. Ges alza, eleva, fa sorgere la donna, la riaffida alla sua statura eretta, alla
fierezza del fare, alla vita piena e al servizio: per stare bene l'uomo deve dare!
Mano nella mano, uomo e Dio, l'infinito e il mio nulla, e aggrapparmi forte: per me
questa l'icona mite e possente della buona novella.
Pregare. Mentre era buio, usc in un luogo deserto e l pregava. Ges, pur assediato dalla
gente, sa inventare spazi. Di notte! Quegli spazi segreti che danno salute all'anima, a tu per
tu con Dio, a liberare le sorgenti della vita, cos spesso insabbiate.
Annunciare. I discepoli infine lo rintracciano: tutti ti cercano! E lui: Andiamocene nei
villaggi vicini, a predicare anche l. Ges non cerca il bagno di folla, non si esalta per il
successo di Cafarnao, non si deprime per i fallimenti che incontra. Lui avvia processi,
inizia percorsi, cerca altri villaggi, altre donne da rialzare, orizzonti pi larghi dove poter
compiere il suo lavoro: essere nella vita datore di vita, predicare che il Regno vicino, che
Dio vicino, con amore, e guarisce la vita.
(Letture: Giobbe 7,1-4.6-7; Salmo 146; 1 Corinzi 9,16-19.22-23; Marco 1,29-39).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/02/2015
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nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che
Mos ha prescritto, come testimonianza per loro.
Ma quello si allontan e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Ges non
poteva pi entrare pubblicamente in una citt, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e
venivano a lui da ogni parte.
Un lebbroso. Il pi malato dei malati, di malattia non soltanto fisica, un rifiuto della
societ: porter vesti strappate, velato fino al labbro superiore... impuro, se ne star solo,
abiter fuori dell'accampamento (Lv 13,46). E Ges invece si avvicina, si oppone alla
cultura dello scarto, accoglie e tocca il lebbroso, l'ultimo della fila. Tocca l'intoccabile.
Ama l'inamabile: per la legge mosaica quell'uomo era castigato da Dio per i suoi peccati,
un rifiutato dal cielo.
Il lebbroso non ha nome n volto, perch ogni uomo. A nome di ciascuno geme, dalla sua
bocca velata, una espressione bellissima: Se vuoi, puoi guarirmi. Con tutta la discrezione
di cui capace dice: Se vuoi.
E intuisco Ges felice di questa domanda grande e sommessa, che gli stringe il cuore e lo
obbliga a rivelarsi: Se vuoi. A nome di ogni figlio della terra il lebbroso chiede: che cosa
vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole
sacrifici, una pedagogia di sofferenze per provare la nostra pazienza, o vuole figli guariti?
E Ges felice di poter rivelare Dio, di poter dire una parola ultima e immensa sul cuore di
Dio risponde: Lo voglio: guarisci!. Ripetiamocelo, con emozione, con pace, con forza:
eternamente Dio altro non vuole che figli guariti.
A me dice: Lo voglio: guarisci!. A Lazzaro grida: Lo voglio: vieni fuori!. Alla figlia di
Giairo: Talit kum. Lo voglio: alzati!. la buona novella: un Dio che fa grazia, che
risana la vita, a cui importa la mia felicit prima e pi della mia fedelt.
A ogni pagina del Vangelo Ges mostra che Dio guarigione! Non conosco i modi e i
tempi, ma so che adesso lotta con me contro ogni mio male, rinnovando goccia a goccia la
vita, stella a stella la notte.
Il lebbroso guarito disobbedendo a Ges si mise a proclamare e a divulgare il fatto. Ha
ricevuto e ora dona, attraverso gesti e parole e carne di primavera, la sua esperienza felice
di Dio. L'immondo diviene fonte di stupore, il rifiutato trasformato dall'accoglienza.
Ci che scritto qui non una fiaba, funziona davvero, funziona cos. Persone piene di
Ges oggi riescono a fare le stesse cose di Ges. Pieni di Ges fanno miracoli. Sono andati
dai lebbrosi del nostro tempo: barboni, tossici, prostitute, li hanno toccati, un gesto di
affetto, un sorriso, e molti di questi, e sono migliaia e migliaia, sono letteralmente guariti
dal loro male, e sono diventati a loro volta guaritori.
Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo.
E tutti quelli che l'hanno preso sul serio e hanno toccato i lebbrosi del loro tempo, tutti
testimoniano che fare questo dona una grande felicit.
(Letture: Levitico 13,1-2.45-46; Salmo 31; 1 Corinzi 10,31-11,1; Marco 1,40-45).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/02/2015
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Dai sassi emerge la vita, crediamo nell'amore
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I Domenica di Quaresima
Anno B
In quel tempo, lo Spirito sospinse Ges nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni,
tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Ges and nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e
diceva: Il tempo compiuto e il regno di Dio vicino; convertitevi e credete nel
Vangelo.
Nel giardino di pietre che il deserto, nuovo spettrale giardino dell'Eden, Ges vince il
vecchio, spento sguardo sulle cose (le tentazioni) e ci aiuta a seminare occhi nuovi sulla
vita. Que sueno el de la vita: sobre aquel abiso petreo! Che sogno quello della vita e sopra
quale abisso di pietre (Miguel de Unamuno).
Il deserto e il regno, la sterilit e la fioritura, la morte e la vita: i versetti di Marco
dipingono nella prima pagina del suo vangelo i paesaggi del cuore dell'uomo.
Ges inizia dal deserto: dalla sete, dalla solitudine, dall'angoscia delle interminabili notti.
Sceglie di entrare da subito nel paesaggio della nostra fatica di vivere..
Ci sta quaranta giorni, un tempo lungo e simbolico. Si fa umanit lungo le piste aride delle
mie faticose traversate.
In questo luogo di morte Ges gioca la partita decisiva, questione di vita o di morte. Il
Messia tentato di tradire la sua missione per l'uomo: preferire il suo successo personale
alla mia guarigione.
Resiste, e in quei quaranta giorni la pietraia intorno a lui si popola. Dai sassi emerge la
vita. Una fioritura di creature selvatiche, sbucate da chiss dove, e presenze lucenti di
angeli a rischiarare le notti.
Da quando Ges lo ha abitato, non c' pi deserto che non sia benedetto da Dio, dove non
lampeggino frammenti scintillanti di regno.
Il regno di Dio simile a un deserto che germoglia la vita, un rimettere al mondo persone
disgregate e ferite. Un'energia trasformativa risanante cova tra le pietre di ogni nostra
tristezza, come una buona notizia: Dio vicino convertitevi e credete nel Vangelo. Credete
nell'amore.
All'inizio di Quaresima, come ai tornanti della vita, queste parole non sono una
ingiunzione, ma una promessa. Perch ci che converte il cuore dell'uomo sempre una
promessa di pi gioia, un sogno di pi vita. Che Ges racchiude dentro la primavera di una
parola nuova, la parola generatrice di tutto il suo messaggio: il regno di Dio vicino. Il
Regno di Dio il mondo nuovo come Dio lo sogna, e si fatto vicino da quando Dio
venuto ad abitare, con amore, il nostro deserto.
Ges non viene per denunciare, ma per annunciare, viene come il messaggero di una novit
straordinariamente promettente. Il suo annuncio un "s", e non un "no": possibile per
tutti vivere meglio, vivere una vita buona bella beata come la sua.
Per raggiungerla non basta lo sforzo, devi prima conoscere la bellezza di ci che sta
succedendo, la grandezza di un dono che viene da fuori di noi. E questo dono Dio stesso,
che vicino, che dentro di te, mite e possente energia, dentro il mondo come seme in
grembo di donna. E il suo scopo farti diventare il meglio di ci che puoi diventare.
(Letture: Genesi 9,8-15; Salmo 24; 1 Pietro 3,18-22; Marzo 1,12-15).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/02/2015
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gioiosa fatica, tutta la bellezza di Dio sepolta in noi. E il primo strumento per la liberazione
della luce l'ascolto della Parola.
(Letture: Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18; Salmo 115; Romani 8,31b-34; Marco 9,2-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/03/2015
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Sei casa del Padre, non fare mercato del tuo cuore
III Domenica Quaresima
Anno B
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Ges sal a Gerusalemme. Trov nel tempio gente che
vendeva buoi, pecore e colombe e, l seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di
cordicelle e scacci tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gett a terra il denaro dei
cambiamonete e ne rovesci i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via di qui
queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato! (...). Allora i Giudei presero
la parola e gli dissero: Quale segno ci mostri per fare queste cose?. Rispose loro Ges:
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo far risorgere. (...)
E io, come vorrei il mondo, cosa sogno per la nostra casa grande che la terra? Che sia
Casa del Padre, dove tutti sono fratelli, o casa del mercato (Gv2,16), dove tutti sono rivali?
questa l'alternativa davanti alla quale oggi mi mette Ges. E la sua scelta cos chiara e
convinta da farlo agire con grande forza e decisione: si prepara una frusta e attraversa
l'atrio del tempio come un torrente impetuoso, travolgendo uomini, animali, tavoli e
monete.
Mi commuove in Ges questa combattiva tenerezza: in lui convivono la dolcezza di una
donna innamorata e la determinazione, la forza, il coraggio di un eroe sul campo di
battaglia (C. Biscontin).
Un gesto infiammato, carico di profezia: Non fate della casa del Padre mio una casa di
mercato! Non fare del mercato la tua religione, non fare mercato della fede. Non adottare
con Dio la legge scadente della compravendita, la logica grezza del baratto dove tu dai
qualcosa a Dio (una Messa, un'offerta, una rinuncia...) perch lui dia qualcosa a te. Dio non
si compra e non si vende ed di tutti.
La casa del Padre, che Ges difende con forza, non solo l'edificio del tempio, ma ancor
pi l'uomo, la donna, l'intero creato, che non devono, non possono essere sottomessi alle
regole del mercato, secondo le quali il denaro vale pi della vita. Questo il rischio pi
grande: profanare l'uomo il peggior sacrilegio che si possa commettere, soprattutto se
povero, se bambino, se debole, i principi del regno. Casa di Dio siete voi, se conservate
libert e speranza (Eb 3,6). Casa, tempio, tenda grembo di Dio sono uomini e donne che
custodiscono nel mondo il fuoco della speranza e della libert, la logica del dono, l'atto
materno del dare. Tempio di Dio l'uomo: non farne mercato! Non umiliarlo sotto le leggi
dell'economia. Non fare mercato del cuore! Sacrificando i tuoi affetti sull'altare del denaro.
Non fare mercato di te stesso, vendendo la tua dignit e la tua onest per briciole di potere,
per un po' di profitto o di carriera.
Ma l'esistenza non questione di affari: , e non pu che essere, una ricerca di felicit. Che
le cose promettono e non mantengono. solo nel dare e nel ricevere amore che si pesa la
felicit della vita. I Giudei allora: quale segno ci mostri per fare cos? Ges risponde
portandoli su di un altro piano: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificher.
Non per una sfida a colpi di miracolo e di pietre, ma perch vera casa di Dio il suo corpo.
E ogni corpo d'uomo divino tempio: fragile, bellissimo e infinito. E se una vita vale poco,
niente comunque vale quanto una vita. Perch con un bacio Dio le ha trasmesso il suo
respiro eterno.
(Letture: Esodo 20,1-17; Salmo 17; 1 Corinzi 1,22-25; Giovanni 2,13-25).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/03/2015
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Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perch il mondo sia salvato. A
Dio non interessa istruire processi contro di noi, neppure per assolverci, ora o nell'ultimo
giorno. La vita degli amati non a misura di tribunale, ma a misura di fioritura e di
abbraccio.
Dio ha tanto amato, e noi come lui: quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la
forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di
Dio, spalanca una finestra sull'infinito.
Dio ha tanto amato, e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l'ha gi
salvato Lui, ma per amarlo; non per convertire le persone, lo far Lui, ma per amarle.
Se non c' amore, nessuna cattedra pu dire Dio, nessun pulpito. Non c' pi il ponte che
ricollega la terra al cielo, il motore che fa ripartire la storia, una storia con sapore di Dio.
(Letture: 2 Cronache 36,14-16.19-23; Salmo 136; Efesini 2,4-10; Giovanni 3, 14-21).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/03/2015
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sono la stessa cosa, reale e spirituale coincidono. E come il chicco di grano profezia di
pane, cos Ges afferma: anch'io sono un pane per la fame del mondo.
Se cerchiamo il centro della piccola parabola del seme, la nostra attenzione subito attratta
dal forte verbo morire: Se il chicco non muore, se invece muore... Ma l'accento logico e
grammaticale della frase cade invece su due altri verbi, sono loro quelli principali:
Rimanere solo o produrre molto frutto. Il senso della vita di Cristo, e quindi di ogni uomo,
si gioca sul frutto, sulla fecondit, sulla vita abbondante che lui venuto a portare (Gv
10,10). Non il morire che d gloria a Dio, ma la vita in pienezza.
Fiorire non un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco altro non che la parte pi
intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l'altro, ma l'uno che si trasforma
nell'altro; non perdita ma incremento. Seme e germe non sono due entit diverse, ma la
tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma pi piena ed evoluta. In una
logica pasquale.
La seconda immagine che Ges offre di s, oltre al chicco, la croce: Quando sar
innalzato da terra attirer tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, sedotto dalla bellezza
dell'amore di Cristo. La suprema bellezza del mondo quella accaduta sulla collina fuori
Gerusalemme, quando l'infinito amore si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra
che basta per morire. E poi risorgere, germe di vita immortale. Perch ci che si oppone
alla morte non la vita, l'amore.
(Letture: Geremia 31, 31-34; Salmo 50; Ebrei 5,7-9; Giovanni 12,20-33)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/03/2015
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sepolcro e osserv i teli posati l, e il sudario che era stato sul suo capo non posato l
con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entr anche l'altro discepolo, che era
giunto per primo al sepolcro, e vide e credette (...).
Una tomba, una casa, il primo sole, e la corsa di donne e uomini come una spola lucente a
tessere vita. Per prima Maria di Magdala ad uscire di casa quando ancora notte, buio
nel cielo e buio nel cuore. Non ha niente tra le mani, solo il suo amore che si ribella alla
morte di Ges: amare dire: tu non morirai! (G. Marcel). Il suo amore, che intona un
nuovo Cantico dei Cantici in quell'alba: Mi alzer...far il giro delle strade: "avete visto
l'amore dell'anima mia?" (Cantico 3,1-3). E poi il giardino, la corsa e le lacrime, il nome
pronunciato come solo chi ti ama sa fare.
Quell'uomo amato, che sapeva di cielo, che aveva spalancato per lei orizzonti infiniti, ora
chiuso in un buco nella roccia. Tutto finito. Ma allora perch si reca al sepolcro? Perch si
avvicin alla tomba, pur essendo una donna, mentre ebbero paura gli uomini? Perch lei gli
apparteneva e il suo cuore era presso di lui. Dove era lui, era anche il cuore di lei. Perci
non aveva paura (Meister Eckhart).
E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro spalancato, aperto come il
guscio di un seme, vuoto e risplendente, nel fresco dell'alba. E nel giardino primavera.
Maria di Magdala corse allora e and da Simon Pietro e dall'altro discepolo.
Anche su di loro era rotolato un masso che li stava schiacciando. Il dolore a unghiate
graffiava il cuore. Ma loro erano rimasti insieme, ecco la forza, il gruppo non si era
dissolto: qualcosa, molto di Ges perdurava tra loro come collante delle vite. Insieme
molto di pi della somma dei singoli: tu sei argine alle mie paure e riserva d'olio per la mia
lampada, io sar soffio di vento nelle tue vele e impulso per andare: uscirono allora, e
correvano insieme tutti e due...
Arrivano e vedono: manca un corpo alla contabilit della morte, manca un ucciso ai registri
della violenza: il loro bilancio in perdita.
Non qui dice un angelo alle donne. Che bella questa parola: non qui. Lui , ma non
qui. Lui , ma va cercato fuori, altrove, in giro per le strade, il vivente, un Dio da
sorprendere nella vita. dovunque, eccetto che fra le cose morte. Matura come un
germoglio di luce nella notte, come un seme di fuoco nella storia.
Vi precede in Galilea (Mt 28,7): il primo della lunga carovana, cammina davanti, ad
aprire la nostra immensa migrazione verso la vita. Davanti, a ricevere in faccia il vento,
l'ingiuria, la morte, il sole, senza arretrare di un passo mai.
E coloro che, come lui, non accettano che il mondo si perpetui cos com', coloro che
vogliono cieli nuovi e nuova terra, sanno che chi vive una vita come la sua ha in dono gi
la sua stessa vita indistruttibile. (Letture: Atti 10,34a.37-43; Salmo 117; Colossesi 3,1-4;
Giovanni 20,1-9).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
09/04/2015
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Quelle ferite di Ges sono l'alfabeto dell'amore
II Domenica di Pasqua
Divina Misericordia - Anno B
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La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Ges, stette in mezzo e disse
loro: Pace a voi!. Detto questo, mostr loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al
vedere il Signore. Ges disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me,
anche io mando voi. Detto questo, soffi e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro
a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno
perdonati. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Ddimo, non era con loro quando venne
Ges. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore!. Ma egli disse loro: Se
non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e
non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo (...).
I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei. La paura la paralisi della vita. Ci
che apre il futuro e fa ripartire la vita sono invece gli incontri. Ges lo sa bene.
I suoi sono scappati tutti, l'hanno abbandonato: che cosa di meno affidabile di quel
gruppetto allo sbando? E tuttavia Ges viene.
una comunit dove non si pu stare bene, porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria e si
respira dolore. Una comunit chiusa, ripiegata su se stessa, che non si apre, che si sta
ammalando. E tuttavia Ges viene.
E non al di sopra, non a distanza, ma viene e sta in mezzo a loro. Non nell'io, non nel tu
soltanto, lo Spirito abita nel cuore delle relazioni, come il terzo tra i due, collante delle
vite.
Viene e sta in mezzo. Lui, il maestro dei maestri, ci insegna a gestire l'imperfezione delle
vite. Il suo metodo non consiste nel riproporre l'ideale perfetto, nel sottolineare la nostra
distanza dal progetto, ma nell'avviare processi: a chi sente i morsi della paura, porta in
dono la pace; a chi non crede, offre un'altra occasione: guarda tocca metti il dito; a chi non
ha accolto il soffio del vento dello Spirito, lui spalanca orizzonti.
Il suo metodo umanissimo, che conforta la vita, sta nell'iniziare percorsi, nell'indicare il
primo passo, perch un primo passo possibile sempre, per tutti, da qualsiasi situazione.
Il gruppo degli apostoli aveva tentato di coinvolgere Tommaso: abbiamo visto il Signore.
Ma lui, che era il pi libero di tutti, lui che aveva il coraggio di entrare e uscire da quella
casa, non ci sta: io non mi accontento di parole. Se lui vivo, come fate ad essere ancora
qui rinchiusi, invece di uscire nel sole del mondo? Se lui vivo, la nostra vita cambia!
Ed ecco Ges che entra, sta in mezzo, e dice: Pace a voi. Non un augurio, non una
promessa, molto di pi, una affermazione: la pace con voi, qui, iniziata; non
merito, dono.
Poi si rivolge a Tommaso: Metti qui il tuo dito. Ges aveva educato Tommaso alla libert
interiore, a dissentire, l'aveva fatto coraggioso e grande in umanit. Per farlo ancora pi
grande, gli fa un piccolo rimprovero, ma dolcemente, come si fa con gli amici: non essere
incredulo... Rispetta i suoi tempi, e invece di imporsi, si propone: Metti, guarda, tocca.
La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite.
Perch la morte di croce non un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la
gloria di Dio, il punto pi alto dell'amore, la grande bellezza della storia. Su quel corpo
l'amore ha scritto il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, le uniche che non ingannano.
Indelebili ormai come l'amore stesso.
(Letture: Atti 4,32-35; Salmo 117; 1 Giovanni 5,1-6; Giovanni 20,19-31)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/04/2015
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santa. Santa perch fa vivere. E che l'uomo viva la prima di tutte le leggi, della legge di
Dio e delle leggi umane.
(Letture: Atti 3,13-15.17-19; Salmo 4; 1 Giovanni 2,1-5; Luca 24, 35-48).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
23/04/2015
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una energia di nascita dall'alto; offro germi di divinit, per farvi simili a me (noi saremo
simili a lui, 1 Gv 3,2 nella II Lettura).
Solo con un supplemento di vita, la sua, potremo battere coloro che amano la morte, i tanti
lupi di oggi.
Perch anche noi, discepoli che vogliono, come lui, sperare ed edificare, dare vita e
liberare, siamo chiamati ad assumere il ruolo di "pastore buono", cio forte e bello,
combattivo e tenero, del gregge che ci consegnato: la famiglia, gli amici, quanti contano
su di noi e di noi si fidano.
"Dare vita" significa contagiare di amore, libert e coraggio chi avvicini, di vitalit ed
energia chi incontri. Significa trasmettere le cose che ti fanno vivere, che fanno lieta,
generosa e forte la tua vita, bella la tua fede, contagiosi i motivi della tua gioia.
(Letture: Atti 4,8-12; Salmo 117; 1 Giovanni 3,1-2; Giovanni 19,11-18).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
30/04/2015
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La vite-Ges spinge la linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina per ogni mia
fibra. Succhio da lui vita dolcissima e forte.
Dio che mi sei intimo, che mi scorri dentro, tu mi vuoi sempre pi vivo e pi fecondo di
gesti d'amore... Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perch mai vorrebbe
desiderare la morte?
Ogni tralcio che porta frutto lo pota perch porti pi frutto. Potare la vite non significa
amputare, inviare mali o sofferenze, bens dare forza, qualsiasi contadino lo sa: la potatura
un dono per la pianta. Questo vuole per me il Dio vignaiolo: Portare frutto simbolo del
possedere la vita divina (Brown). Dio opera per l'incremento, per l'intensificazione di
tutto ci che di pi bello e promettente abita in noi.
Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione data dalla linfa che sale e si diffonde fino
all'ultima gemma. Noi portiamo un tesoro nei nostri vasi d'argilla, un tesoro divino: c' un
amore che sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me
e irrora ogni fibra. E l'ho percepito tante volte nelle stagioni del mio inverno, nei giorni del
mio scontento; l'ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che
sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire.
Se noi sapessimo quale energia c' nella creatura umana! Abbiamo dentro una vita che
viene da prima di noi e va oltre noi. Viene da Dio, radice del vivere, che ripete a ogni
piccolo tralcio: Ho bisogno di te per grappoli profumati e dolci; di te per una vendemmia di
sole e di miele.
(Letture: Atti 9,26-31; Salmo 21; 1 Giovanni 3,18-24; Giovanni 15,1-8).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/05/2015
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Come il Padre ha amato me, io ho amato voi. Di amore parliamo come di un nostro
compito. Ma noi non possiamo far sgorgare amore se non ci viene donato. Siamo letti di
fiume che Dio trasforma in sorgenti.
Rimanete nel mio amore. Nell'amore si entra e si dimora. Rimanete, non andatevene, non
fuggite dall'amore. Spesso all'amore resistiamo, ci difendiamo. Abbiamo il ricordo di tante
ferite e delusioni, ci aspettiamo tradimenti. Ma Ges ti dice: "arrenditi all'amore". Se non
lo fai, vivrai sempre affamato.
Ges: il guaritore del tuo disamore.
Il mondo sembra spesso la casa dell'odio, eppure l'amore c', reale come un luogo. la
casa in cui gi siamo, come un bimbo nel grembo della madre: non la pu vedere, ma ha
mille segni della sua presenza: Il nostro vero problema che siamo immersi in un oceano
d'amore e non ce ne rendiamo conto (G. Vannucci). L'amore , esiste, circola, ed cosa da
Dio: amore unilaterale, a prescindere, asimmetrico, incondizionato.
Questo vi ho detto perch la vostra gioia sia piena. L'amore da prendere sul serio, il
Vangelo da ascoltare con attenzione, ne va della nostra felicit, che sta in cima ai pensieri
di Dio.
Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Non semplicemente: amate. Ma fatelo in un
rapporto di comunione, un faccia a faccia, una reciprocit.
E aggiunge la parola che fa la differenza cristiana: amatevi come io vi ho amato. Amare
come Cristo, che lava i piedi ai suoi; che non giudica nessuno; che mentre lo ferisci, ti
guarda e ti ama; in cerca degli ultimi. Chiunque ami cos, qualsiasi sia il suo credo,
entrato nel flusso dell'amore di Cristo, dimora in lui che si fatto canale dell'amore del
Padre.
Come lui ognuno pu farsi vena non ostruita, canale non intasato, perch l'amore scenda e
circoli nel corpo del mondo. Se ti chiudi, in te e attorno a te qualcosa muore, come quando
si chiude una vena nel corpo.
Voi siete miei amici. Non pi servi. Amico: parola dolce, musica per il cuore dell'uomo. Un
Dio che da signore e re si fa amico, e teneramente appoggia la sua guancia a quella
dell'amato. Nell'amicizia non c' un superiore e un inferiore, ma l'incontro di due libert
che si liberano a vicenda.
Perch portiate frutto e il vostro frutto rimanga.
Quali frutti d un tralcio innestato su una pianta d'amore? Pace, guarigione, un fervore di
vita, liberazione, tenerezza, giustizia: questi nostri frutti continueranno a germogliare sulla
terra anche quando noi l'avremo lasciata.
(Letture: Atti 10,25-27.34-35.44-48; Salmo 97; 1 Giovanni 4,7-10; Giovanni 15,9-17).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
14/05/2015
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credono: nel mio nome scacceranno demni, parleranno lingue nuove, prenderanno in
mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recher loro danno; imporranno le mani
ai malati e questi guariranno.
Il Signore Ges, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e
confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Inizia la nostalgia del cielo: Cristo se ne va, ma solo dai nostri sguardi; non penetra al di l
delle nubi, ma nel profondo delle cose, nell'intimo delle creature e di Dio. Solo il
cristianesimo ha osato situare un corpo d'uomo nella profondit di Dio (R. Guardini).
L'Ascensione del Signore la celebrazione di due partenze, quella di Ges verso l'intimo e
il profondo; quella degli apostoli, prima Chiesa in uscita, verso gli angoli della terra, ad
annunciare qualcosa capace di scardinare il mondo cos come l'abbiamo conosciuto.
Andate in tutto il mondo. Che ampio orizzonte in queste parole! come sentirsi protesi
verso tutto, e allargare le braccia per abbracciare ogni cosa, e respirare in comunione con
ogni vivente, e sentire il vangelo, la bella notizia, la parola di felicit, dilagare in ogni
paesaggio del mondo come ossigeno e fresca acqua chiara, a portare vita a ogni vita che
langue.
E questi saranno i segniscacceranno i demoni imporranno le mani ai malati e questi
guariranno. Segni che non sono riservati ai predicatori del vangelo, ma che accompagnano
ogni credente: e il primo segno la vita che guarisce, la gioia che ritorna. Possiamo essere
certi che la nostra fede autentica se conforta la vita e fa fiorire sorrisi
intorno a noi. Dio ci rende dei guaritori.
E l'altro segno parlare lingue nuove: chi crede veramente, si apre all'ascolto dell'altro e
acquisisce un'intelligenza del cuore che gli permette di comunicare con tutti, con la lingua
universale che la tenerezza, la cura, il rispetto.
Partirono gli apostoli e il Signore agiva insieme con loro. La traduzione letterale suona
cos: il Signore era sinergia con loro. Che bella definizione! Vuoi sapere chi Ges? Il
vangelo di Marco offre questa perla: Il Signore energia che agisce con te. Tu e lui, unica
energia.
Cristo opera con te in ogni gesto di bont; in ogni parola fresca e viva lui che parla; in
ogni costruzione di pace lui che con te edifica il mondo.
Ogni mattina lui ci affida la terra e a sera la ritrova ricca di pane e amara di sudore.
questa la tua gioia, Signore: prolungare nelle fragili nostre mani le tue mani poderose. E
come un solo corpo noi plasmiamo la terra; noi due insieme, uomo e Dio, vegliamo sulle
cose e sul futuro.
E partirono e predicarono dappertutto. Il Signore chiama gli undici a questa navigazione
del cuore; sono un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un nucleo di donne coraggiose
e fedeli, e affida loro il mondo, li spinge a pensare in grande a guardare lontano: il mondo
vostro. E questo perch ha enorme fiducia in loro; li ha santificati e sa che riusciranno a
contagiare di nascite, di fuoco e di speranza ogni vita che incontreranno.
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Efesini 4,1-13; Marco 16,15-20).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
21/05/2015
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Lo Spirito ci fa liberi, vento nel mare di Dio
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Tutti i giorni, fino al consumarsi del tempo, dentro gli abbandoni e le solitudini, quando ti
sfiora l'ala severa della morte e quando ti pare di volare, Lui sar con te, sempre. E senza
porre mai condizioni.
(Letture: Deuteronomio 4,32-34.39-40; Salmo 32; Romani 8,14-17; Matteo 28,16-20).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/06/2015
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comunica il rosso della passione, la fedelt fino all'estremo. Vuole che nelle nostre vene
scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perch ci
incamminiamo a vivere l'esistenza umana come l'ha vissuta lui.
Corpo e sangue, donati: ogni volta che anche noi doniamo qualcosa, si squarciano i cieli.
Corpo e sangue, presi: ogni volta che ne prendo e mangio la mia piccola vita che si
squarcia, si trasforma e sconfina per grazia.
Festa della comunione: a riportare nel mondo questa verit, a riscoprire questo immenso
vocabolo stato Ges. Senso definitivo del nostro andare e lottare, del nostro piangere e
costruire, fine supremo fissato da Cristo stesso a tutta l'umanit il dono della
comunione (S. Bulgakov). Che si estende ad abbracciare tutto ci che vive quaggi sotto
il sole, i nostri fratelli minori, le piccole creature, il filo d'erba, l'insetto con il suo
misterioso servizio alla vita, in un rapporto non pi alterato dal verbo prendere o
possedere, ma illuminato dal pi generoso dei verbi: donare.
(Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9,11-15; Marco 14,12-16.22-26).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/06/2015
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misteriosa forza interna, che da Dio. Nonostante le nostre resistenze e distrazioni, nel
mondo e nel cuore il seme di Dio germoglia e si arrampica verso la luce.
La seconda parabola mostra la sproporzione tra il granello di senapa, il pi piccolo di tutti i
semi, e il grande albero che ne nascer. Senza voli retorici: il granello non salver il
mondo. Noi non salveremo il mondo. Ma, dice Ges, gli uccelli verranno e vi faranno il
nido. All'ombra del tuo albero grande accorreranno in molti, all'ombra della tua vita
verranno per riprendere fiato, trovare ristoro, fare il nido: immagine della vita che riparte e
vince. Se tu hai aiutato anche uno solo a stare un po' meglio, la tua vita si realizzata
(Papa Francesco).
La parabola del granello di senape racconta la preferenza di Dio per i mezzi poveri; dice
che il suo Regno cresce per la misteriosa forza segreta delle cose buone, per l'energia
propria della bellezza, della tenerezza, della verit, della bont.
Mentre il nemico semina morte, noi come contadini pazienti e intelligenti seminiamo buon
grano; noi come campo di Dio continuiamo ad accogliere e custodire i semi dello Spirito,
nonostante l'imperversare di tutti gli erodi dentro e fuori di noi.
Un seme deposto dal vento nelle fenditure di una muraglia capace di viverci; capace,
con la punta fragilissima del suo germoglio, di aprirsi una strada nel duro dell'asfalto. Ges
sa di aver immesso nel mondo un germe di bont divina che, con il suo assedio dolce e
implacabile, spezzer la crosta arida di tutte le epoche, per riportarvi sentori di primavera,
di vita fiorita, di mietiture.
Tutta la nostra fiducia in questo: Dio all'opera in seno alla storia e in me, in alto silenzio
e con piccole cose.
(Letture: Ezechiele 17,22-24; Salmo 91; 2 Corinzi 5,6-10; Marco 4,26-34).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
18/06/2015
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ripetono profeti e apostoli. Poche cose sono bibliche come questo grido a contestare il
silenzio di Dio, poche esperienze sono umane come questa paura di morire o di vivere
nell'abbandono.
Perch avete cos tanta paura? Dio non altrove e non dorme. gi qui, sta nelle braccia
degli uomini, forti sui remi; sta nella presa sicura del timoniere; nelle mani che svuotano
l'acqua che allaga la barca; negli occhi che scrutano la riva, nell'ansia che anticipa la luce
dell'aurora.
Dio presente, ma a modo suo; vuole salvarmi, ma lo fa chiedendomi di mettere in campo
tutte le mie capacit, tutta la forza del cuore e dell'intelligenza. Non interviene al posto
mio, ma insieme a me; non mi esenta dalla traversata, ma mi accompagna nell'oscurit.
Non mi custodisce dalla paura, ma nella paura. Cos come non ha salvato Ges dalla croce,
ma nella croce.
L'intera nostra esistenza pu essere descritta come una traversata pericolosa, un passare
all'altra riva, quella della vita adulta, responsabile, buona. Una traversata iniziare un
matrimonio; una traversata il futuro che si apre davanti al bambino; una traversata
burrascosa tentare di ricomporre lacerazioni, ritrovare persone, vincere paure, accogliere
poveri e stranieri. C' tanta paura lungo la traversata, paura anche legittima. Ma le barche
non sono state costruite per restare ormeggiate al sicuro nei porti.
Vorrei che il Signore gridasse subito all'uragano: Taci; e alle onde: Calmatevi; e alla mia
angoscia ripetesse: finita. Vorrei essere esentato dalla lotta, invece Dio risponde
chiamandomi alla perseveranza, moltiplicandomi le energie; la sua risposta tanta forza
quanta ne serve per il primo colpo di remo. E ad ogni colpo lui la rinnover.
Non ti importa che moriamo? La risposta, senza parole, raccontata dai gesti:
Mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante.
Mi importano i passeri del cielo e tu vali pi di molti passeri, mi importano i gigli del
campo e tu sei pi bello di loro.
Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel
cuore. E sono qui. A farmi argine e confine alla tua paura. Sono qui nel riflesso pi
profondo delle tue lacrime, come mano forte sulla tua, inizio d'approdo sicuro.
(Letture: Giobbe 38,1.8-11; Salmo 106; 2 Corinzi 5,14-17; Marco 4,35-41).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/06/2015
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del capo della sinagoga vennero a dire: Tua figlia morta. Perch disturbi ancora il
Maestro?. Ma Ges, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: Non temere,
soltanto abbi fede!...
Ges cammina verso una casa dove una bambina di 12 anni morta, cammina accanto al
dolore del padre. Ed ecco una donna che aveva molto sofferto, ma cos tenace che non
vuole saperne di arrendersi, si avvicina a Ges e sceglie come strumento di guarigione un
gesto commovente: un tocco della mano. L'emoroissa, la donna impura, condannata a non
essere toccata da nessuno mai una carezza, mai un abbraccio decide di toccare;
scardina la regola con il gesto pi tenero e umano: un tocco, una carezza, un dire: ci sono
anch'io! L'esclusa scavalca la legge perch crede in una forza pi grande della legge.
Ges approva il gesto trasgressivo della donna e le rivolge parole bellissime, parole per
ognuno di noi, dolce terapia del vivere: Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii
guarita dal tuo male. Le dona non solo guarigione fisica, ma anche salvezza e pace e la
tenerezza di sentirsi figlia amata, lei, l'esclusa.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga e c'era gente che piangeva e gridava forte.
Entrato, disse loro: Perch piangete? Non morta questa bambina, ma dorme.. Dorme.
Verbo entrato nella fede e nel linguaggio comune: infatti la parola cimitero deriva dal
verbo greco che designa il dormire. Cimitero la casa dei dormienti, la casa di Giairo,
dove i figli e le figlie di Dio non sono morti, ma dormono, in attesa della mano che li
rialzer.
Lo deridono, allora, con la stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella vita
dopo la morte? Sei un illuso: finito io, finito tutto. E Ges a ripetere: tu abbi fede,
lascia che la Parola della fede riprenda a mormorare in cuore, che salga alle labbra con
un'ostinazione da innamorati: Dio il Dio dei vivi e non dei morti.
Ges cacciati fuori tutti, prende con s il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli
affetti, il cerchio dell'amore che d la vita.
Poi prende per mano la piccola bambina, perch bisogna toccare la disperazione delle
persone per poterle rialzare.
Chi Ges? una mano che ti prende per mano. Bellissima immagine: la sua mano nella
mia mano, concretamente, dolcemente, si intreccia con la mia vita, il suo respiro nel mio,
le sue forze con le mie forze.
E le disse: Talit kum. Bambina alzati. Lui pu aiutarla, sostenerla, ma lei, solo lei
che pu risollevarsi: alzati. E lei si alza e si mette a camminare.
Su ciascuno di noi qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia
la nostra porzione di morte, su ciascuno il Signore fa scendere la benedizione di quelle
antiche parole: Talit kum. Giovane vita alzati, risorgi, riprendi la fede, la lotta, la scoperta,
la vita, torna a ricevere e a restituire amore.
(Letture: Sapienza 1,13-15; 2,23-24; Salmo 29; 2 Corinzi 8,7.9.13-15; Marco 5,21-43).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
02/07/2015
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Lo scandalo di un Dio che entra nella mia casa
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09/07/2015
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Ma qualcosa cambia i programmi del gruppo: sbarcando, Ges vide molta folla ed ebbe
compassione di loro. Ges preso fra due commozioni contrapposte: la stanchezza degli
amici e lo smarrimento della folla.
E si mise a insegnare loro molte cose. Ges cambia i suoi programmi, ma non quelli dei
suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro.
E ci che offre la compassione, il provare dolore per il dolore dell'altro; il moto del
cuore, che ti porta fuori da te.
Ges sa che nell'uomo non il dolore che annulla la speranza, neppure il morire, ma
l'essere senza conforto nel giorno del dolore.
Ed questo che Ges insegna ai dodici. Insegna per prima cosa "come guardare". Prima
ancora di come parlare, di che cosa fare, insegna uno sguardo che abbia commozione e
tenerezza. Poi, le parole verranno e sapranno di cielo.
(Letture: Geremia 23,1-6; Salmo 22; Efesini 2,13-18; Marco 6,30-34).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
23/07/2015
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Invece mette a disposizione quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco.
tutto!
Ed ecco che per una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa il nostro pane, si
moltiplica. Ecco che poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente. C' tanto di quel
pane sulla terra, tanto di quel cibo, che a non sprecarlo e a condividerlo basterebbe per
tutti. E invece tutti ad accumulare e nessuno a distribuire! Perch manca il lievito
evangelico. Il cristiano chiamato a fornire al mondo lievito pi che pane (de Unamuno):
ideali, motivazioni per agire, sogni grandi che convochino verso un altro mondo possibile.
Alla tavola dell'umanit il cristianesimo non assicura maggiori beni economici, ma un
lievito di generosit e di condivisione, come promessa e progetto di giustizia per i poveri.
Il Vangelo non punta a realizzare una moltiplicazione di beni materiali, ma a dare un senso
a quei beni: essi sono sacramenti di gioia e comunione.
Giovanni riassume l'agire di Ges in tre verbi: Prese il pane, rese grazie e distribu. Tre
verbi che, se li adottiamo, possono fare di ogni vita un Vangelo: accogliere, rendere grazie,
donare. Noi non siamo i padroni delle cose, le accogliamo in dono e in prestito. Se ci
consideriamo padroni assoluti siamo portati a farne ci che vogliamo, a profanare le cose.
Invece l'aria, l'acqua, la terra, il pane, tutto quello che ci circonda non nostro, sono
"fratelli e sorelle minori" da custodire.
Il Vangelo non parla di moltiplicazione, ma di distribuzione, di un pane che non finisce. E
mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano restava
in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai. Ci sono e basta. Ci
sono, quando a vincere la legge della generosit.
(Letture: 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6; Giovanni 6,1-15)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
30/07/2015
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sono morti; questo il pane che discende dal cielo, perch chi ne mangia non muoia. Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivr in eterno e il pane
che io dar la mia carne per la vita del mondo.
I giudei si misero a mormorare perch aveva detto: io sono il pane disceso dal cielo, il pane
della vita. Dio disceso dal cielo, il mondo ne gravido. dentro di te, intimo a te come
un amante, disciolto in te come un pane dentro la bocca.
Il perno della storia la discesa di Dio, discesa che continua per mille strade. Dio, il
vicino-lontano, "Colui-che-viene" in cammino verso ciascuno: se lo accogli, ti abita il
cuore, la mente, le parole, e li nutre di cielo.
C' un segreto gioioso nascosto nel mondo e Dio te lo svela: il cibo che sazia la tua fame di
vita e di felicit esiste. Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati
nel suo mistero. Cerca pane vivente per la tua fame. Pane vivente che cambia la qualit
della tua vita, le d un colore divino. Non accontentarti di altri bocconi, tu sei figlio di Dio,
figlio di Re. Preprati allo stupore e alla gioia dell'inedito: un rapporto d'amore al centro
del tuo essere e nel cuore del mondo.
Il brano del Vangelo di oggi riempito dal verbo mangiare. Un gesto cos semplice e
quotidiano, cos vitale, pieno di significati, ma il primo di tutti che mangiare o no
questione di vita o di morte.
Il Pane che discende dal cielo Dio che si pone come una questione vitale per l'uomo:
davanti a te stanno la vita e la morte. Scegli dunque la vita (Deut 30,19).
Ci che mangi ti fa vivere e tu sei chiamato a vivere di Dio. Non solo a diventare pi
buono, ma a nutrirti di un Dio che ti trasforma nell'intimo dolcemente e tenacemente. E
mentre ti trasforma in lui, ti umanizza: pi Dio in te equivale a pi io.
I Padri Orientali la chiamano "divinizzazione", "theosis"; e Dante la trascrive con il potente
verbo "indiarsi": diventare figli, della stessa sostanza del Padre.
Assimilare la vita di Ges non significa solo Eucaristia, non si riduce a un rito, ma
comporta una liturgia continua, un discendere instancabile, a ogni respiro, di Cristo in me.
Vuol dire: sognare i suoi sogni, respirare l'aria limpida e fresca del Vangelo, muoversi nel
mare d'amore che ci avvolge e ci nutre: "in Lui siamo, ci muoviamo e respiriamo" (Atti
17,28).
Chiediti: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosit, bellezza, profondit?
Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere,
paure?
Se ci nutriamo di Cristo, egli ci abita, la sua parola opera in noi (1Ts 2,13), d forma al
pensare, al sentire, all'amare.
Se accogliamo pensieri degradati, questi ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di
Vangelo e di bellezza, ci renderanno uomini e donne della bellezza e della tenerezza, le due
sole forze per cui questo mondo sar salvato.
(Letture: 1 Re 19,4-8; Salmo 33; Efesini 4,30-5,2; Giovanni 6, 41-51).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
13/08/2015
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XX Domenica
Tempo ordinario - Anno B
In quel tempo, Ges disse alla folla: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno
mangia di questo pane vivr in eterno e il pane che io dar la mia carne per la vita del
mondo. Allora i giudei si misero a discutere aspramente fra loro: Come pu costui darci
la sua carne da mangiare?. Ges disse loro: In verit, in verit io vi dico: se non
mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciter nell'ultimo
giorno. Perch la mia carne vero cibo e il mio sangue vera bevanda (...). Questo il pane
disceso dal cielo; non come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia
questo pane vivr in eterno.
Un Vangelo di soli otto versetti, nei quali Ges per otto volte ribadisce il tema di fondo:
Chi mangia la mia carne vivr in eterno. Il brano pu, ad un primo ascolto, risultare
ripetitivo e monotono, ma come una divina monotonia pacificante e vitale, nello stile
tipico di Giovanni: egli formula un contenuto forte, in termini concisi, poi nei versetti
successivi lo riprende, allargandolo a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso
nell'acqua ferma.
Al tema portante del brano, mangiare la mia carne, bere il mio sangue Ges connette,
per otto volte, lo scopo del gesto: perch viviate, semplicemente per vivere, per non
morire.
l'incalzante certezza da parte di Ges di possedere qualcosa che capovolge l'esistenza,
quella che a noi pare scivolare inesorabilmente verso la morte e che invece scorre verso
l'alto, a dilatarsi in Dio, a vivere di Dio.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. "Ha" la vita eterna, adesso,
non "avr", un giorno. La vita eterna non una specie di Tfr, Trattamento di fine rapporto,
la liquidazione finale che accumulo con il mio buon comportamento. La vita eterna gi
cominciata, una vita diversa, vera, giusta, piena di cose che meritano di non morire. Una
vita come quella di Ges, buona bella e beata. Il cui nome libert, gioia e pienezza.
Il salmo tra le letture ci sorprende, nella Liturgia di domenica, con una domanda: Vi
qualcuno che desidera la vita, che vuole gustare la vita? S, io voglio vivere! Voglio gustare
la vita. C' qualcuno che vuole lunghi giorni felici? S, io voglio lunghi giorni e che siano
felici. Li voglio per me e per i miei fratelli, anche i pi disperati; li voglio per tutti i
naufraghi della vita.
La risposta a questo potente desiderio Ges la fornisce offrendo la sua carne e sangue, che
indicano e contengono la sua vita intera, la sua vicenda umana, le sue mani di carpentiere,
la sua compassione, i capelli intrisi di nardo, il foro dei chiodi, le cose che amava e quelle
per cui tremava. Ges non fornisce regole e divieti da osservare, ma il segreto, la chiave
per far fiorire la vita in tutte le sue forme, e gustarla appieno: vivere come lui ha vissuto.
questa la sorpresa! Ges non dice: bevete la mia sapienza, mangiate la mia santit, il
sublime che in me. Ma: prendete la mia umanit, come lievito della vostra; prendete i
miei occhi, e guardate ogni cosa con la mia combattiva tenerezza; prendete le mie mani e
imparate a rialzare e accarezzare.
Allora mangiare e bere Cristo un gesto che non si esaurisce nella Messa, ma inizia con il
primo respiro del giorno, continua con il Vangelo che mi abita pensieri e parole e che mi
rende spazioso il cuore.
(Letture: Proverbi 9, 1-6; Salmo 33; Efesini 5,15-20; Giovanni 6,51-58).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
20/08/2015
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ogni parte di me. Danno vita al cuore, lo rendono spazioso, ne sciolgono la durezza. Danno
vita alla mente, che vive di verit altrimenti si ammala, e di libert o muore. Danno vita
allo spirito: mantengono vivo un pezzetto di Dio dentro di noi, nutrono la nostra parte di
cielo. Parole che danno vita anche al corpo, perch in Lui siamo, viviamo e respiriamo:
togli il tuo respiro e siamo subito polvere. Parole di vita eterna, che creano cose che
meritano di non morire, che regalano eternit a tutto ci che di pi bello portiamo nel
cuore.
(Letture: Giosu 24,1-2.15-17.18; Salmo 33; Efesini 5,21-32; Giovanni 6,60-69).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
27/08/2015
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Lui propone il ritorno al cuore, per una religione dell'interiorit. Non c' nulla fuori
dall'uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal
cuore dell'uomo...
Ges scardina ogni pregiudizio circa il puro e l'impuro, quei pregiudizi cos duri a morire.
Ogni cosa pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell'uomo e della donna. Come
scritto: Dio vide e tutto era cosa buona.
Ges benedice di nuovo le cose, compresa la sessualit umana, che noi associamo subito al
concetto di purezza e impurit, e attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilit di
rendere pure o impure le cose, di sporcarle o di illuminarle.
Il messaggio festoso di Ges, cos attuale, che il mondo buono, che le cose tutte sono
buone, che sei libero da tutto ci che apparenza. Che devi custodire invece con ogni cura
il tuo cuore perch la fonte della vita.
Via le sovrastrutture, i formalismi vuoti, tutto ci che cascame culturale, che lui chiama
tradizione di uomini. Libero e nuovo ritorni il Vangelo, liberante e rinnovatore.
Che respiro di libert con Ges! Apri il Vangelo ed come una boccata d'aria fresca dentro
l'afa pesante dei soliti, ovvii discorsi. Scorri il Vangelo e ti sfiora il tocco di una perenne
freschezza, un vento creatore che ti rigenera, perch sei arrivato, sei ritornato al cuore
felice della vita.
(Letture: Deuteronmio 4, 1-2. 6-8; Salmo 14; Giacomo 1, 17-18. 21b-22.27; Marco 7,18.14-15.21-23).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/09/2015
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l'uomo senza confini, che lui il volto alto e puro dell'uomo, e che per il cristiano ogni
terra straniera patria.
Gli portarono un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, vita a met, ma portato
da una piccola comunit di persone che gli vogliono bene da colui che Parola e
liberazione, che parla come nessuno mai, che l'uomo pi libero passato sulla terra.
E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Ges fa molto di pi di ci che gli chiesto, non
gli basta imporre le mani in un gesto ieratico, vuole mostrare la umanit e l'eccedenza, la
sovrabbondanza della risposta di Dio.
Allora Ges lo prese in disparte, lontano dalla folla. In disparte, perch ora conta solo
quell'uomo colpito dalla vita. Immagino Ges e il sordomuto occhi negli occhi, che
iniziano a comunicare cos.
E seguono dei gesti molto corporei e insieme molto delicati: Ges pose le dita sugli orecchi
del sordo. Secondo momento della comunicazione, il tocco delle dita, le mani parlano
senza parole.
Poi con la saliva tocc la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti d qualcosa di mio,
qualcosa che sta nella bocca dell'uomo insieme al respiro e alla parola, simboli dello
Spirito.
Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Ges, anzi. E i
corpi diventano luogo santo di incontro con il Signore.
Ges guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effat, cio: Apriti! In
aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua del cuore, quasi soffiando l'alito della creazione:
Apriti, come si apre una porta all'ospite, una finestra al sole.
Apriti dalle tue chiusure, libera la bellezza e le potenzialit che sono in te.
Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite.
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava
correttamente. Prima gli orecchi. Ed un simbolo eloquente. Sa parlare solo chi sa
ascoltare. Gli altri innalzano barriere quando parlano, e non incontrano nessuno.
Ges non guarisce i malati perch diventino credenti o si mettano al suo seguito, ma per
creare uomini liberi, guariti, pieni. Gloria di Dio l'uomo vivente (sant'Ireneo), l'uomo
tornato a pienezza di vita.
(Letture: Isaia 35,4-7; Salmo 145; Giacomo 2,1-5; Marco 7,31-37).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/09/2015
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La domanda che ci interroga nel profondo: voi chi dite che io sia?
XXIV Domenica
Tempo ordinario - Anno B
In quel tempo, Ges part con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesara di Filippo,
e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: La gente, chi dice che io sia?. Ed essi
gli risposero: Giovanni il Battista; altri dicono Ela e altri uno dei profeti.
Ed egli domandava loro: Ma voi, chi dite che io sia?. Pietro gli rispose: Tu sei il
Cristo. E ordin loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominci a insegnare
loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi
dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo
discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli,
voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimprover Pietro e disse: Va' dietro a me, Satana!
Perch tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini (....).
Ges interroga i suoi, quasi in un sondaggio d'opinione: La gente chi dice che io sia? E
l'opinione della gente bella e incompleta: Dicono che sei un profeta, uno dei pi grandi!
Ma Ges non semplicemente un profeta del passato che ritorna, fosse pure il pi grande
di tutti. Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia?
Non chiede una definizione astratta, ma il coinvolgimento personale di ciascuno: "ma
voi...". Come dicesse: non voglio cose per sentito dire, ma una esperienza di vita: che cosa
ti successo, quando mi hai incontrato?
E qui ognuno chiamato a dare la sua risposta. Ognuno dovrebbe chiudere tutti i libri e i
catechismi, e aprire la vita.
Ges insegnava con le domande, con esse educava alla fede, fin dalle sue prime parole: che
cosa cercate? (Gv 1,38). Le domande, parole cos umane, che aprono sentieri e non
chiudono in recinti, parole di bambini, forse le nostre prime parole, sono la bocca assetata e
affamata attraverso cui le nostre vite esprimono desideri, respirano, mangiano, baciano.
Ma voi chi dite che io sia? Ges stimolava la mente delle persone per spingerle a
camminare dentro di s e a trasformare la loro vita. Era un maestro dell'esistenza, e voleva
che i suoi fossero pensatori e poeti della vita.
Pietro risponde: Tu sei il Cristo. E qui c' il punto di svolta del racconto: ordin loro di non
parlare di lui ad alcuno. Perch ancora non hanno visto la cosa decisiva. Infatti: cominci a
insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, venire ucciso e, dopo tre
giorni, risorgere.
Volete sapere davvero qualcosa di me e di voi? Vi do un appuntamento: un uomo in croce.
Prima ancora, l'appuntamento di Cristo sar un altro: uno che si china a lavare i piedi ai
suoi.
Chi il Cristo? Il mio "lavapiedi". In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi.
Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma un messia non pu fare cos.
E Lui: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Ha ragione Paolo:
il cristianesimo scandalo e follia.
Adesso capiamo chi Ges: bacio a chi lo tradisce; non spezza nessuno, spezza se stesso;
non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue.
E poi l'appuntamento di Pasqua. Quando ci cattura tutti dentro il suo risorgere,
trascinandoci in alto.
Tu, cosa dici di me? Faccio anch'io la mia professione di fede, con le parole pi belle che
ho: tu sei stato l'affare migliore della mia vita. Sei per me quello che la primavera per i
fiori, quello che il vento per l'aquilone. Sei venuto e hai fatto risplendere la vita.
Impossibile amarti e non tentare di assomigliarti, in te mutato / come seme in fiore. (G.
Centore).
(Letture: Isaia 50, 5-9; Salmo 114; Giacomo 2,14-18; Marco 8,27-35).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/09/2015
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Quando diremo a uno, a uno almeno dei piccoli e dei disperati: ti abbraccio, ti prendo
dentro la mia vita. Allora, stringendolo a te, sentirai che stai stringendo fra le tue braccia il
tuo Signore.
(Letture: Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/09/2015
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Quelli non sono dei nostri. Tutti lo ripetono: gli apostoli di allora e i partiti di oggi, le
chiese e le nazioni davanti ai migranti. Invece Ges era l'uomo senza barriere, uomo senza
confini, il cui progetto uno solo: voi siete tutti fratelli.
Gli esseri umani sono tutti dei nostri e noi siamo di tutti, siamo gli "amici del genere
umano" (Origene).
Tante volte ci sentiamo frustrati, impotenti, il male troppo forte. Ges dice: tu porta il tuo
bicchiere d'acqua, fidati, il peggio non prevarr.
Se tutti i miliardi di persone portassero il loro bicchiere d'acqua, quale oceano d'amore si
stenderebbe a coprire il mondo. Basta un sorso d'acqua per essere di Cristo.
Ma l'annuncio di Ges si fa pi coraggioso: Ti dar cento fratelli, se mi segui (Mt 19,29) e
intendeva dire: cento cuori su cui riposare, ma anche cento labbra da dissetare.
Il Vangelo termina con parole dure: se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti
scandalizzano, tagliali. Ges ripete un aggettivo: il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede.
Non dare sempre la colpa del male agli altri, alla societ, all'infanzia, alle circostanze. Il
male si annidato dentro di te: nel tuo occhio, nella tua mano, nel tuo cuore. Cerca il tuo
mistero d'ombra e convertilo.
La soluzione non una mano tagliata, ma una mano convertita. A offrire il suo bicchiere
d'acqua.
(Letture: Numero 11,25-29; Salmo 18; Giacomo 5,1-6; Marco 9,38-43.45.47-48)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
01/10/2015
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lettera per essere fedele allo spirito, ci prende per mano e ci insegna ad usare la nostra
libert per custodire il fuoco e non per adorare la cenere! (Gustav Mahler).
C' dell'altro, pi importante e pi vitale di ogni norma, e sta dalle parti di Dio. A Ges non
interessa regolamentare la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla, con il sogno di Dio. Ci
prende per mano e ci accompagna a respirare l'aria degli inizi: in principio, prima della
durezza del cuore, non fu cos.
L'uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Dal principio Dio congiunge le vite!
Questo il suo nome: Dio-congiunge, fa incontrare le vite, le unisce, collante del mondo,
legame della casa, autore della comunione. Dio amore, e amore passione di unirsi
all'amato (san Tommaso). Il Nemico invece ha nome Diavolo, Separatore, la cui passione
dividere.
L'uomo non divida, cio agisca come Dio, si impegni a custodire la tenerezza, con gesti e
parole che creano comunione tra i due, che sanno unire le vite. Tutto parte dal cuore, non
da una norma esterna. Chi non si impegna totalmente nelle sue relazioni d'amore ha gi
commesso adulterio e separazione. Il peccato tradire il respiro degli inizi, trasgredire un
sogno, il sogno di Dio.
Portavano dei bambini a Ges... Ma i discepoli li rimproverarono. Al vedere questo, Ges
si indign. l'unica volta, nei Vangeli, che viene attribuito a Ges questo verbo duro.
L'indignazione un sentimento grave e potente, proprio dei profeti davanti all'ingiustizia o
all'idolatria: i bambini sono cosa sacra.
A chi come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono pi buoni degli adulti;
non sono soltanto teneri, ma anche egocentrici, impulsivi e istintivi, per sanno aprire
facilmente la porta del cuore a ogni incontro, non hanno maschere, sono spalancati verso il
mondo e la vita.
I bambini sono maestri nell'arte della fiducia e dello stupore. Loro s sanno vivere come i
gigli del campo e gli uccelli del cielo, si fidano della vita, credono nell'amore.
Prendendoli fra le braccia li benediceva: perch nei loro occhi il sogno di Dio brilla, non
contaminato ancora.
(Letture: Genesi 2, 18-24; Salmo 127; Ebrei 2, 9-11; Marco 10, 2-16)
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Cos non sono pi due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha
congiunto. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse
loro: Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e
se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio.
Alcuni farisei si avvicinano a Ges per metterlo alla prova. La domanda scontata: lecito
a un marito ripudiare la moglie? La risposta facile: s, lecito. Ma non questa la vera
posta in gioco. Il brano mette in scena uno dei conflitti centrali del Vangelo: il cuore della
persona o la legge? Ges afferma una cosa enorme: non tutta la legge ha origine divina,
talvolta essa il riflesso di un cuore duro (per la durezza del vostro cuore Mos diede il
permesso del ripudio...). La Bibbia non un feticcio. E per questo Ges, infedele alla
lettera per essere fedele allo spirito, ci prende per mano e ci insegna ad usare la nostra
libert per custodire il fuoco e non per adorare la cenere! (Gustav Mahler).
C' dell'altro, pi importante e pi vitale di ogni norma, e sta dalle parti di Dio. A Ges non
interessa regolamentare la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla, con il sogno di Dio. Ci
prende per mano e ci accompagna a respirare l'aria degli inizi: in principio, prima della
durezza del cuore, non fu cos.
L'uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Dal principio Dio congiunge le vite!
Questo il suo nome: Dio-congiunge, fa incontrare le vite, le unisce, collante del mondo,
legame della casa, autore della comunione. Dio amore, e amore passione di unirsi
all'amato (san Tommaso). Il Nemico invece ha nome Diavolo, Separatore, la cui passione
dividere.
L'uomo non divida, cio agisca come Dio, si impegni a custodire la tenerezza, con gesti e
parole che creano comunione tra i due, che sanno unire le vite. Tutto parte dal cuore, non
da una norma esterna. Chi non si impegna totalmente nelle sue relazioni d'amore ha gi
commesso adulterio e separazione. Il peccato tradire il respiro degli inizi, trasgredire un
sogno, il sogno di Dio.
Portavano dei bambini a Ges... Ma i discepoli li rimproverarono. Al vedere questo, Ges
si indign. l'unica volta, nei Vangeli, che viene attribuito a Ges questo verbo duro.
L'indignazione un sentimento grave e potente, proprio dei profeti davanti all'ingiustizia o
all'idolatria: i bambini sono cosa sacra.
A chi come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono pi buoni degli adulti;
non sono soltanto teneri, ma anche egocentrici, impulsivi e istintivi, per sanno aprire
facilmente la porta del cuore a ogni incontro, non hanno maschere, sono spalancati verso il
mondo e la vita.
I bambini sono maestri nell'arte della fiducia e dello stupore. Loro s sanno vivere come i
gigli del campo e gli uccelli del cielo, si fidano della vita, credono nell'amore.
Prendendoli fra le braccia li benediceva: perch nei loro occhi il sogno di Dio brilla, non
contaminato ancora.
(Letture: Genesi 2, 18-24; Salmo 127; Ebrei 2, 9-11; Marco 10, 2-16)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
08/10/2015
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La libert che il giovane ricco non ha capito
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XXVIII Domenica
Tempo Ordinario - Anno B
In quel tempo, mentre Ges andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in
ginocchio davanti a lui, gli domand: Maestro buono, che cosa devo fare per avere in
eredit la vita eterna?. Ges gli disse: Perch mi chiami buono? Nessuno buono, se
non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non
rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre. Egli allora gli
disse: Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza. Allora Ges
fiss lo sguardo su di lui, lo am e gli disse: Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che
hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! (...)
Un tale corre incontro al Signore. Corre, con un gesto bello, pieno di slancio e desiderio.
Ha grandi domande e grandi attese. Vuole sapere se vita o no la sua. E alla fine se ne
andr spento e deluso. Triste, perch ha un sogno ma non il coraggio di trasformarlo in
realt. Che cosa ha cambiato tutto? Le parole di Ges: Vendi quello che hai, dallo ai poveri,
e poi vieni. I veri beni, il vero tesoro non sono le cose ma le persone. Per arrivarci, il
percorso passa per i comandamenti, che sono i guardiani, gli angeli custodi della vita: non
uccidere, non tradire, non rubare. Ma tutto questo l'ho sempre fatto. Eppure non mi basta.
Che cosa mi manca ancora? Il ricco vive la beatitudine degli insoddisfatti, cui manca
sempre qualcosa, e per questo possono diventare cercatori di tesori. Allora Ges
guardandolo, lo am. Lo ama per quell'eppure, per quella inquietudine che apre futuro e
che ci fa creature di domanda e di ricerca.
Una cosa ti manca, va', vendi, dona.... Quell'uomo non ha un nome, un tale, di cui
sappiamo solo che molto ricco. Il denaro si mangiato il suo nome, per tutti
semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Ges: Zaccheo,
Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. E hanno un nome perch il denaro non era la loro
identit. Che cosa hanno fatto di diverso questi, che Ges amava, cui si appoggiava con i
dodici? Hanno smesso di cercare sicurezza nel denaro e l'hanno impiegato per accrescere la
vita attorno a s. questo che Ges intende: tutto ci che hai dallo ai poveri! Pi ancora
che la povert, la condivisione. Pi della sobriet, la solidariet. Il problema che Dio ci
ha dato le cose per servircene e gli uomini per amarli. E noi abbiamo amato le cose e ci
siamo serviti degli uomini...
Quello che Ges propone non tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo libero e
pieno di relazioni. Libero, e con cento legami. Come nella risposta a Pietro: Signore, noi
abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio una
vita moltiplicata. Che si riempie di volti: avrai cento fratelli e sorelle e madri e figli...
Seguire Cristo non un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per
avere tutto. Il Vangelo chiede la rinuncia, ma solo di ci che zavorra che impedisce il
volo. Messaggio attualissimo: la scoperta che il vivere semplice e sobrio spalanca
possibilit inimmaginabili. Allora capiamo che Dio gioia, libert e pienezza, che il
Regno verr con il fiorire della vita in tutte le sue forme (Vannucci). Che ogni discepolo
pu dire: con gli occhi nel sole/ a ogni alba io so/ che rinunciare per te/ uguale a fiorire
(Marcolini).
(Letture: Sapienza 7,7-11; Salmo 89; Ebrei 4,12-13; Marco 10,17-30)
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Dio. Il padrone giudica e punisce, il servo non lo far mai; non spezza la canna incrinata
ma la fascia come fosse un cuore ferito. Non finisce di spegnere lo stoppino dalla fiamma
smorta, ma lo lavora finch ne sgorghi di nuovo il fuoco. Dio non pretende che siamo gi
luminosi, opera in noi e con noi perch lo diventiamo.
Se Dio nostro servitore, chi sar nostro padrone? Il cristiano non ha nessun padrone,
eppure il servitore di ogni frammento di vita. E questo non come riserva di vilt, ma
come prodigio di coraggio, quello di Dio in noi, di Dio tutto in tutti.
(Letture: Isaia 53,10-11; Salmo 32; Ebrei 4,14-16; Marco 10,35-45).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/10/2015
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I santi sono gli uomini delle Beatitudini. Queste parole sono il cuore del Vangelo, il
racconto di come passava nel mondo l'uomo Ges, e per questo sono il volto alto e puro di
ogni uomo, le nuove ipotesi di umanit. Sono il desiderio prepotente di un tutt'altro modo
di essere uomini, il sogno di un mondo fatto di pace, di sincerit, di giustizia, di cuori
limpidi.
Al cuore del Vangelo c' per nove volte la parola beati, c' un Dio che si prende cura della
gioia dell'uomo, tracciandogli i sentieri. Come al solito, inattesi, controcorrente. E restiamo
senza fiato, di fronte alla tenerezza e allo splendore di queste parole.
Le Beatitudini riassumono la bella notizia, l'annuncio gioioso che Dio regala vita a chi
produce amore, che se uno si fa carico della felicit di qualcuno il Padre si fa carico della
sua felicit.
Quando vengono proclamate sanno ancora affascinarci, poi usciamo di chiesa e ci
accorgiamo che per abitare la terra, questo mondo aggressivo e duro, ci siamo scelti il
manifesto pi difficile, incredibile, stravolgente e contromano che l'uomo possa pensare.
La prima dice: beati voi poveri. E ci saremmo aspettati: perch ci sar un capovolgimento,
perch diventerete ricchi.
No. Il progetto di Dio pi profondo e vasto. Beati voi poveri, perch vostro il Regno,
gi adesso, non nell'altra vita! Beati, perch c' pi Dio in voi, pi libert, pi futuro.
Beati perch custodite la speranza di tutti. In questo mondo dove si fronteggiano lo spreco
e la miseria, un esercito silenzioso di uomini e donne preparano un futuro buono:
costruiscono pace, nel lavoro, in famiglia, nelle istituzioni; sono ostinati nel proporsi la
giustizia, onesti anche nelle piccole cose, non conoscono doppiezza. Gli uomini delle
Beatitudini, ignoti al mondo, quelli che non andranno sui giornali, sono invece i segreti
legislatori della storia.
La seconda la Beatitudine pi paradossale: beati quelli che sono nel pianto. In piedi, in
cammino, rialzatevi voi che mangiate un pane di lacrime, dice il salmo. Dio dalla parte di
chi piange ma non dalla parte del dolore! Un angelo misterioso annuncia a chiunque
piange: il Signore con te. Dio non ama il dolore, con te nel riflesso pi profondo delle
tue lacrime, per moltiplicare il coraggio, per fasciare il cuore ferito, nella tempesta al tuo
fianco, forza della tua forza.
La parola chiave delle Beatitudini felicit. Sant'Agostino, che redige un'opera intera sulla
vita beata, scrive: abbiamo parlato della felicit, e non conosco valore che maggiormente si
possa ritenere dono di Dio. Dio non solo amore, non solo misericordia, Dio anche
felicit. Felicit uno dei nomi di Dio.
(Letture: Apocalisse 7,2-4.9-14; Salmo 23; 1 Giovanni 3,1-3; Matteo 5, 1-12).
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In quel tempo, Ges, seduto di fronte al tesoro [nel tempio], osservava come la folla vi
gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gett
due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a s i suoi discepoli, disse loro: In
verit io vi dico: questa vedova, cos povera, ha gettato nel tesoro pi di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato
tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere.
Il Vangelo mette a confronto due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti,
e quello di una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza pi difese e la
fa maestra di vita.
Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono (passeggiano in
lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale, per l'avidit con cui
acquisiscono beni: divorano le case delle vedove, insaziabili e spietati. Tre azioni descritte
con i verbi che Ges rifiuta: apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia
devastante, inguaribile, quella del narcisismo. Sono di fatto gli inconvertibili: Narciso pi
lontano da Dio di Caino.
Ges contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e donare. Lo
fa portandoci in un luogo che quanto di pi estraneo al suo messaggio si possa
immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e l, seduto come un maestro, osserva come la
gente getta denaro nel tesoro: come non quanto. Le bilance di Dio non sono
quantitative, ma qualitative.
I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gett due monetine.
Due spiccioli, un niente, ma pieno di cuore. Ges se n' accorto, unico; chiama a s i
discepoli, li convoca, erano con la testa altrove, e offre la sua lettura spiazzante e liberante:
questa vedova ha gettato nel tesoro pi di tutti gli altri.
Ges non bada alla quantit di denaro. Anzi afferma che l'evidenza della quantit solo
illusione. Conta quanto peso di vita c' dentro, quanto cuore, quanto di lacrime, di
speranza, di fede dentro due spiccioli.
L'uomo per star bene deve dare. la legge della vita, siamo progettati cos. Questa capacit
di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in s qualcosa di divino! Tutto ci
che fatto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
Il verbo salvifico che Ges propone in contrapposizione al divorare degli scribi,
gettare, ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza ritorno.
Lo sa bene la vedova, l'emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo,
sicuro, generoso, convinto, anche se ci che ha da donare pochissimo. Ma non la
quantit che conta, conta sempre il cuore, conta l'investimento di vita. La fede della vedova
viva e la fa vivere. Non le d privilegi n le riempie la borsa, ma le allarga il cuore e le d
la gioia di sentirsi figlia di Dio, cos sicura dell'amore del Padre da donare tutto il poco che
ha.
Questa donna, che convive col vuoto e ne conosce l'angoscia, fiduciosa come gli uccelli
del cielo, come i gigli del campo. E il Vangelo torna a trasmettere il suo respiro di
liberazione.
(Letture: 1Re 17,10-16; Salmo145; Ebrei 9,24-28; Marco 12,38-44).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/11/2015
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Il Vangelo parla di stelle che cadono. Ma il profeta Daniele alza lo sguardo: i saggi
risplenderanno, i giusti saranno come stelle per sempre, il cielo dell'umanit non sar mai
vuoto e nero, uomini giusti e santi si accendono su tutta la terra, salgono nella casa delle
luci, illuminano i passi di molti. Sono uomini e donne assetati di giustizia, di pace, di
bellezza. E sono molti, sono come stelle nel cielo. E tutti insieme foglioline di primavera,
del futuro buono che viene.
(Letture: Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18; Marco 13,24-32).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/11/2015
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I servi dei re combattono per loro. Nel suo regno accade l'inverso, il re si fa servitore: non
sono venuto per essere servito, ma per servire. Non spezza nessuno, spezza se stesso; non
versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue; non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso
per i suoi servi.
Il suo regno non di questo mondo, ed per questo che pu essere in questo mondo, e
pu riprenderne le minime cose senza sciuparle, pu riprendere ci che rotto e farne un
canale (Fabrice Hadjadj).
Pilato non pu capire, prende l'affermazione di Ges: io sono re, e ne fa il titolo della
condanna, l'iscrizione derisoria da inchiodare sulla croce: questo il re dei giudei. Voleva
deriderlo e invece stato profeta: il re visibile l, sulla croce, con le braccia aperte, dove
dona tutto di s e non prende niente. Dove muore ostinatamente amando. E Dio lo far
risorgere, perch quel corpo spezzato diventi canale per noi, e niente di quell'amore vada
perduto.
Pilato poi si affaccia con Ges al balcone della piazza, al balcone dell'universo, lo presenta
all'umanit: ecco l'uomo! E intende dire: ecco
il volto alto e puro dell'uomo.
(Letture: Daniele 7,13-14; Salmo 92; Apocalisse 1,5-8; Giovanni 18,33-37).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/11/2015
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il terrore; il regno di Dio viene. Giorno per giorno, continuamente, adesso, Dio viene.
Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, in cammino su tutte le strade.
Noi pensiamo che la presenza del Signore si sia rarefatta, il Regno allontanato; che siano
altri i regni emergenti: i califfati, l'Isis, l'economia, il mercato, l'idolo del denaro, il profitto.
Invece no: il mondo intero pi vicino al Regno oggi, di dieci o vent'anni fa: risollevatevi,
alzate il capo, la vostra liberazione vicina.
Il Vangelo d'Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e
delusioni: state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano.
Ci sar sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante. Ho provato anch'io lo
scoraggiamento, molte volte, ma non gli permetto di sedersi alla mia tavola, di mangiare
nel mio piatto. Il motivo questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la
sapete voi, ed che non pu esserci disperazione finch ricordo perch sono venuto sulla
terra, di Chi sono al servizio, Chi mi ha mandato qui. E Chi sta venendo: allora vedranno il
Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria.
Questo mondo contiene Lui! Che viene, che qui, che cresce dentro; c' un Liberatore,
esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.
Alzatevi, guardate in alto e lontano, perch la vostra liberazione vicina. Uomini e donne
in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: cos vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita
verticale e dallo sguardo profondo.
Il Vangelo ci insegna a leggere la storia come grembo di futuro, a non fermarci all'oggi:
questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Da coltivare e custodire con combattiva
tenerezza. Un mondo pi buono e pi giusto, dove Dio viene, vicino e caldo come il
respiro, forte come il cuore, bello come il sogno pi bello. (Letture: Geremia 33,14-16;
Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-36).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/12/2015
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La Parola, fragile e immensa, viene come l'estasi della storia, di una storia che non basta
pi a se stessa; le inietta un'estasi, che come un uscire da s, un sollevarsi sopra le logiche
di potere, un dirottarsi dai soliti binari, lontano dalle grandi capitali, via dalle regge e dai
cortigiani, a perdersi nel deserto. il Dio che sceglie i piccoli, che abbatte i potenti, che
fa dei poveri i principi del suo regno, cui basta un uomo solo che si lasci infiammare dalla
sua Parola.
Chi conta nella storia? Erode sar ricordato solo perch ha tentato di uccidere quel
Bambino; Pilato perch l'ha condannato a morte. Nella storia conta davvero chi comincia a
pensare pensieri buoni, i pensieri di Dio.
La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto. Ma parola di Dio viene ancora, sempre
in volo in cerca di uomini e donne dove porre il suo nido, di gente semplice e vera, che
voglia diventare sillaba del Verbo (Turoldo). Perch nessuno cos piccolo o cos
peccatore, nessuno conta cos poco da non poter diventare profeta del Signore.
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
Ogni burrone sar riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e
quelle impervie, spianate.
La voce dipinge un paesaggio aspro e difficile, che ha i tratti duri e violenti della storia: le
montagne invalicabili sono quei muri che tagliano in due villaggi, case e oliveti; i burroni
scoscesi sono le trincee scavate per non offrire bersaglio e per meglio uccidere; sono
l'isolarsi per paura... anche la nostra geografia interiore, una mappa di ferite mai guarite,
di abbandoni patiti o inflitti.
Il profeta per vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti
spianati. Per il viaggio mai finito dell'uomo verso l'uomo, dell'uomo verso il suo cuore. E
soprattutto di Dio verso l'uomo.
Un'opera imponente e gioiosa, e a portarla a compimento sar Colui che l'ha iniziata.
L'esito certo, perch il profeta assicura: Ogni uomo vedr la salvezza. Ogni uomo? S,
esattamente questo: ogni uomo. Dio viene e non si fermer davanti a burroni o montagne, e
neppure davanti al mio contorto cuore. Raggiunger ogni uomo, gli porr la sua Parola nel
grembo, potenza di parto di un mondo nuovo e felice, dove tutto ci che umano trovi eco
nel cuore di Dio.
(Letture: Baruc 5,1-9; Salmo 125; Filippsi 1,4-6,8-11; Luca 3,4-6).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/12/2015
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Lo interrogavano anche alcuni soldati: E noi, che cosa dobbiamo fare?. Rispose loro:
Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe.
Poich il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se
non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: Io vi battezzo con acqua; ma
viene colui che pi forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali (...).
Esulter, si rallegrer, grider di gioia per te, come nei giorni di festa. Nelle parole del
profeta, Dio danza di gioia per l'uomo. Appare un Dio felice, il cui grido di festa attraversa
questo tempo d'avvento, e ogni tempo dell'uomo, per ripetere a me, a te, ad ogni creatura:
tu mi fai felice. Tu, festa di Dio.
La sua gioia stare con i figli dell'uomo. Il suo nome Io-sono-con-te: non temere,
dovunque tu andrai, in tutti i passi che farai, quando cadrai e ti farai male, non temere, io
sono con te; quando ti rialzerai e sorriderai di nuovo, io sar ancora con te. con te Colui
che mai abbandona, vicino come il cuore e come il respiro, bello come un sogno. Tutti i
giorni, fino al consumarsi del mondo.
Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva la voce dei
sogni; solo qui, solo per amore Dio grida. Non per minacciare, per amare di pi.
Il profeta intuisce la danza dei cieli e intona il canto dell'amore felice, dell'amore che rende
nuova la vita: "ti rinnover con il suo amore".
Il Battista invece, quasi in contrappunto, risponde alla domanda pi feriale, che sa di mani
e di fatica: "e noi che cosa dobbiamo fare?". E il profeta che non possiede nemmeno una
veste degna di questo nome, risponde: "chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l'ha".
Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: "chi
ha da mangiare ne dia a chi non ne ha". Nell'ingranaggio del mondo Giovanni getta un
verbo forte, "dare". Il primo verbo di un futuro nuovo.
In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare (non c' amore pi grande
che dare la vita per quanti si amano; Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio,
chiunque avr dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca). legge della vita: per stare
bene l'uomo deve dare.
Vengono pubblicani e soldati, pilastri del potere: "e noi che cosa faremo?" "Non prendete,
non estorcete, non accumulate". Tre parole per un programma unico: tessere il mondo della
fraternit, costruire una terra da cui salga giustizia.
Il profeta sa che Dio si incarna attraverso il rispetto e la venerazione verso tutti gli uomini,
come energia che libera dalle ombre della paura che ci invecchiano il cuore. L'amore
rinnova (Sofonia), la paura paralizza, ruba il meglio della vita.
E io, che cosa devo fare?. Non di grandi profeti abbiamo bisogno, ma di tanti piccoli
profeti, che l dove sono chiamati a vivere, giorno per giorno, siano generosi di giustizia e
di misericordia, che portino il respiro del cielo dentro le cose di ogni giorno. Allora, a
cominciare da te, si riprende a tessere il tessuto buono del mondo.
(Letture: Sofonia 3,14-18; Isaia 12; Filippesi 4,4-7; Luca 3, 10-18).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/12/2015
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IV Domenica di Avvento
Anno C
In quei giorni Maria si alz e and in fretta verso la regione montuosa, in una citt di
Giuda.
Entrata nella casa di Zaccara, salut Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di
Maria, il bambino sussult nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed
esclam a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che
cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto giunto
ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha
creduto nell'adempimento di ci che il Signore le ha detto.
Un Vangelo di gioia e di donne. Santa Maria, gravida di Dio, incinta di luce, va in fretta,
pesante di vita nuova e leggera di libert, sui monti di Giuda.
Origene di Alessandria (III sec.) afferma che l'immagine pi vivida e bella del cristiano
quella di una donna incinta, che porta in s una nuova vita. E non occorre che parli,
evidente a tutti ci che accade: viva di due vite, battono in lei due cuori. E non li puoi
separare.
Il cristiano passa nel mondo gravido di Dio, "ferens Verbum" (Origene) portando un'altra
vita dentro la sua vita, imparando a respirare con il respiro di Dio, a sentire con i
sentimenti di Cristo, come se avesse due cuori, il suo e uno dal battito pi forte, che non si
spegner pi. Ancora adesso Dio cerca madri, per incarnarsi.
Nell'incontro di Maria con Elisabetta, Dio viene mediato da persone, convocato dai loro
abbracci e dai loro affetti, come se fosse, e lo , un nostro familiare. Non c' infinito
quaggi lontano dalle relazioni umane.
In questa che l'unica scena del Vangelo dove protagoniste sono solo donne, inscritta
l'arte del dialogo.
Il primo passo: Maria, entrata nella casa, salut Elisabetta. Entrare, varcare soglie, fare
passi per andare incontro alle persone. Non restarsene al di fuori, ad aspettare che qualcosa
accada ma diventare protagonisti, avvicinarsi, bussare, ricucire gli strappi e gli
allontanamenti. E salutare tutti per via, subito, senza incertezze, per primi, facendo
viaggiare parole di pace tra le persone. Bella l'etimologia di "salutare": contiene, almeno in
germe, una promessa di salute per le relazioni, di salvezza negli incontri.
Il secondo passo: benedire. Elisabetta...esclam: Benedetta tu fra le donne. Se ogni prima
parola tra noi fosse come il saluto di chi arriva da lontano, pesante di vita, nostalgia,
speranze; e la seconda fosse come quella di Elisabetta, che porta il "primato della
benedizione". Dire a qualcuno "sei benedetto" significa portare una benedizione dal cielo,
salutare Dio in lui, vederlo all'opera, vedere il bene, la luce, il grano che germoglia, con
uno sguardo di stupore, senza rivalit, senza invidia. Se non impariamo a benedire, a dire
bene, non saremo mai felici.
Il terzo passo allarga orizzonti: allora Maria disse: l'anima mia magnifica il Signore. Il
dialogo con il cielo si apre con il "primato del ringraziamento". Per prima cosa Maria
ringrazia: grata perch amata. L'amore quando accade ha sempre il senso del miracolo:
ha sentito Dio venire come un fremito nel grembo, come un abbraccio con l'anziana, come
la danza di gioia di un bimbo di sei mesi, e canta.
A Natale, anche noi come lei, grati perch amati, perch visitati dal miracolo.
(Letture: Michea 5,1-4; Salmo 79; Ebrei 10,5-10; Luca 1,39-45).
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E questo perch? Perch nei miei familiari abita un mistero. Di pi, sono loro il mistero
primo di Dio, il sacramento, vale a dire il segno visibile ed efficace. Isaia ha detto: Tu sei
un Dio nascosto. Dove mai nascosto Dio, se non nella mia casa? La casa il luogo del
primo magistero. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, ti parla, ti fa crescere. Ti insegna l'arte di
vivere, l'arte di dare e ricevere amore.
(Letture: 1 Samuele 1,20-22.24-28; Salmo 83; 1 Giovanni 3,1-2.21-24; Luca 2,41-52).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/12/2015
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In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La vita stessa luce per gli uomini, e
chi ha passato un'ora sola a vivere amore oppure ad addossarsi il pianto di un sofferente
pi vicino al mistero di Dio di chi ha letto tutti i libri. Chi sa della vita sa di Dio.
E il Verbo si fece carne. Dio ricomincia da Betlemme. Il grande miracolo che Dio non
plasma pi l'uomo con polvere del suolo, dall'esterno, come fu in principio, ma si fa lui
stesso polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale. E se tu devi piangere,
anche lui imparer a piangere. E se tu devi morire, anche lui conoscer la morte.
Da allora c' un frammento di Logos in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uomo. C'
santit e luce in ogni vita.
E nessuno potr pi dire: qui finisce la terra, qui comincia il cielo, perch ormai terra e
cielo si sono abbracciati. E nessuno potr dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio,
perch creatore e creatura si sono abbracciati e in quel neonato, a Betlemme, uomo e Dio
sono una cosa sola.
(Letture: Siracide 24,1-4.12-16; Salmo 147; Efesini 1,3-6.15-18; Giovanni 1,1-18).
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