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05/01/2012
Immersi in Dio, amati per sempre
Battesimo del Signore Anno B
In quel tempo, Giovanni proclamava: Viene dopo di me colui che pi forte di me: io
non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con
acqua, ma egli vi battezzer in Spirito Santo. Ed ecco, in quei giorni, Ges venne da
Nzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall'acqua,
vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una
voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.
Il racconto del Giordano ci riporta alla genesi, quando la Bibbia prende avvio con una
immagine d'acqua: in principio... lo spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gen 1,2) come un
grande uccello in cova su di un mare gonfio di vita inespressa. L'origine del creato scritta
sull'acqua. Allo stesso modo anche la vita di ognuno di noi ha inizio nelle acque di un
grembo materno. Essere immersi di nuovo nell'acqua come esserlo nell'origine, il
battesimo parla di nascita, come fa la voce dal cielo che scende su Ges: tu sei mio Figlio.
Voce che anche per me; voce in cui brucia il cuore ardente del cristianesimo: io sono
figlio; il mio nome : amato per sempre. Io ho una sorgente nel cielo, che si prende cura di
me come nessun altro al mondo. E nasco della specie di Dio, perch Dio genera figli
secondo la propria specie. In te ho posto il mio compiacimento. Una parola inusuale, la cui
radice porta una dichiarazione d'amore gioioso verso ciascuno: mio compiacimento
significa: tu mi piaci!
Una definizione della grazia di Dio: prima che tu faccia qualsiasi cosa, come sei, per quello
sei, tu mi dai gioia. Prima che io risponda, prima che io sia buono o no, senz'altro motivo
che la gratuit di Dio, perch la grazia grazia e non calcolo o merito o guadagno, la Voce
ripete ad ognuno: io ti amo. Ges vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere come una
colomba. Noto la bellezza del particolare: il cielo si squarci, si lacer, si strapp. Come
un segno di speranza si stende sull'umanit questo cielo aperto, aperto per sempre, e non
chiuso come una cappa minacciosa e pesante. Aperto come si aprono le braccia all'amico,
all'amato, al povero: c' comunicazione tra terra e cielo.
Da questo cielo aperto e non pi muto viene come colomba lo Spirito, cio la vita stessa di
Dio. Si posa su di te, ti avvolge, entra dentro, a poco a poco ti modella, ti trasforma
pensieri, affetti, speranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore.
Battesimo significa etimologicamente: immersione. Il battezzato uno immerso in Dio.
Adesso, in questo momento immerso; in ogni momento, in ogni giorno immerso in Dio,
come nel mio ambiente vitale, dentro una sorgente che non viene meno, dentro un grembo
che nutre, fa crescere, riscalda e protegge. E fa nascere. Io nella sua vita e Lui nella mia
vita. Come donna gravida di una vita nuova, io vivo due vite, la mia e quella di Dio. Sono
uno e due al tempo stesso. Ormai indissolubile da me Dio, io non pi separato da Lui.
Nel Battesimo il movimento del Natale che si ripete: Dio scende ancora, entra in me,
nasce in me perch io nasca in Dio; perch nasca nuovo e diverso, con in me il respiro del
cielo.
(Letture: Isaia 55,1-11; Salmo: Isaia 12,2-6; 1 Giovanni 5,1-9; Marco 1,7-11).
12/01/2012
Trovare la chiave del cuore
II Domenica Tempo ordinario Anno B
In quel tempo, Giovanni (...) disse: Ecco lagnello di Dio!. E i suoi due discepoli,
sentendolo parlare cos, seguirono Ges. Ges allora si volt e, osservando che essi lo
seguivano, disse loro: Che cosa cercate?. Gli risposero: Rabbi - che, tradotto, significa
maestro -, dove dimori?. Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove
egli dimorava e quel giorno rimasero con lui (...). Uno dei due che avevano udito le parole
di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea (...). Egli incontr per primo suo fratello
Simone e gli disse: Abbiamo trovato il Messia - che si traduce Cristo - e lo condusse da
Ges. Fissando lo sguardo su di lui, Ges disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai
chiamato Cefa, che significa Pietro.
Un Vangelo che profuma di libert, di spazi e cuori aperti: Giovanni indica un altro cui
guardare, e si ritrae; due discepoli lasciano il vecchio maestro e si mettono in cammino per
sentieri sconosciuti dietro a un giovane rabbi di cui ignorano tutto, eccetto una immagine,
una metafora folgorante: ecco, lagnello di Dio! Ecco lanimale dei sacrifici, lultimo nato
del gregge che viene immolato presso gli altari, ecco lultimo ucciso perch nessuno sia
pi ucciso. Ma nelle parole di Giovanni sta anche la novit assoluta, il capovolgimento
totale del nostro rapporto con Dio. In tutte le religioni il sacrificio consiste nelloffrire
qualcosa (un animale, del denaro, una rinuncia...) al dio per ottenere in cambio il suo
favore. Con Ges questo contratto religioso svuotato: Dio non chiede pi sacrifici, ora
Lui che viene e si fa agnello, vale a dire sacrifica se stesso; Ges non prende nulla, dona
tutto.
Ges si volt e disse loro: che cosa cercate? Sono le sue prime parole nel Vangelo di
Giovanni. Le prime parole del Risorto saranno del tutto simili: Donna, chi cerchi?
Cosa cercate? Chi cerchi? Due domande, un unico verbo, dove troviamo la definizione
stessa delluomo: luomo un essere di ricerca, con un punto di domanda piantato nel
cuore, cercatore mai arreso. La Parola di Dio ci educa alla fede attraverso le domande del
cuore. Prima di correre a cercare risposte vivi bene le tue domande (Rilke). La prima
cosa che Ges chiede non di aderire ad una dottrina, di osservare i comandamenti o di
pregare, ma di rientrare in se stessi, di conoscere il desiderio profondo: che cosa desideri di
pi dalla vita?
Scrive san Giovanni Crisostomo: trova la chiave del cuore. Questa chiave, lo vedrai, apre
anche la porta del Regno. Ges, maestro del desiderio, fa capire che a noi manca
qualcosa, che la ricerca nasce da una povert, da una assenza che arde dentro: che cosa ti
manca? Salute, denaro, speranza, tempo per vivere, amore, senso alla vita, le opportunit
per dare il meglio di me? Ti manca la pace dentro? Rivolge quella domanda a noi, ricchi di
cose, per insegnarci desideri pi alti delle cose, e a non accontentarci di solo pane, di solo
benessere. Tutto intorno a noi grida: accontentati! Invece il Vangelo ripete la beatitudine
dimenticata: Beati gli insoddisfatti perch saranno cercatori di tesori. Beati voi che avete
fame e sete, perch diventerete mercanti della perla preziosa.
Maestro, dove dimori? La richiesta di una casa, di un luogo dove sentirsi tranquilli, al
sicuro. La risposta di Ges ad ogni discepolo sempre: vieni e vedrai. Vedrai che il mio
cuore a casa solo accanto al tuo.
(Letture: 1 Samuele 3,3b-10.19; Salmo 39; 1 Corinzi 6, 13c-15, 17-20; Giovanni 1,35-42)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/01/2012
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forme; se come lui porto aria di libert, una briciola di liberazione da ci che ci reprime
dentro, da ci che soffoca la nostra umanit, da tutte le maschere e le paure.
Un verso bellissimo di Padre Turoldo dice: Cristo, mia dolce rovina, gioia e tormento
insieme tu sei. Impossibile amarti impunemente. Dolce rovina, Cristo, che rovini in me
tutto ci che non amore, impossibile amarti senza pagarne il prezzo in moneta di vita!
Impossibile amarti e non cambiare vita e non gettare dalle braccia il vuoto e non accrescere
gli orizzonti che respiriamo. (Letture: Deuteronmio 18, 15-20; Salmo 94; 1Corinzi 7, 3235; Marco 1, 21-28)
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vivo delle mie sorgenti. E la prima di esse Dio. Ges assediato dal dolore, in un
crescendo turbinoso (la sera la porta di Cafarnao scoppia di folla e di dolore e poi di vita
ritrovata) sa inventare spazi. Ci insegna a inventare quegli spazi segreti che danno salute
all'anima, spazi di preghiera, dove niente sia pi importante di Dio, dove dirgli: Sto davanti
a te; per un tempo che so breve non voglio mettere niente prima di te; niente per questi
pochi minuti viene prima di te.
Ed la nostra dichiarazione d'amore. Infine il terzo momento: Maestro, che fai qui? Tutti ti
cercano! E lui: Andiamocene altrove. Si sottrae, non cerca il bagno di folla. Cerca altri
villaggi dove essere datore di vita, cerca le frontiere del male per farle arretrare, cerca altri
uomini per farli star bene. Andiamo altrove a sollevare altre vite, a stringere altre mani.
Perch di questo Lui ha bisogno, di stringere forte la mia mano, non di ricevere onori.
Uomo e Dio, l'Infinito e il mio nulla cos: mano nella mano. E aggrapparmi forte: questa
l'icona mite e possente della buona novella.
(Letture: Giobbe 7, 1-4. 6-7; Salmo 146; 1 Corinzi 9, 16-19. 22-23; Marco 1, 29-39)
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a dire una parola ultima e immensa sul cuore di Dio: Lo voglio: guarisci!.
Ripetiamocelo, con emozione, con pace, con forza. Lo voglio. Eternamente Dio vuole figli
guariti. A me dice: Lo voglio: guarisci!. A Lazzaro grida: Lo voglio: vieni fuori!. Alla
figlia di Giairo sussurra: Talit kum. Lo voglio: alzati!. la buona novella: invece di un
Dio che condanna, il Dio che fa grazia, che guarisce la vita. Io sono certo della volont di
Dio. Lo mostra Ges, a ogni pagina. Dio guarigione! Non conosco i modi. So che non
sar moltiplicando i miracoli. Non conosco i tempi, ma so che lotta con me contro ogni
mio male, rinnovando goccia a goccia la vita, stella a stella la notte. Il lebbroso guarito
disobbedendo a Ges si mise a proclamare e a divulgare il fatto. Ha ricevuto e ora diventa
donatore: dona attraverso gesti e parole la sua l'esperienza felice di Dio. L'immondo, il
castigato, diviene fonte di stupore e di Vangelo.
Ci che scritto qui non una fiaba, funziona davvero, funziona cos. Persone piene di
Ges oggi riescono a fare le stesse cose di Ges. Pieni di Ges fanno miracoli. Sono andati
dai lebbrosi del nostro tempo: barboni, tossici, prostitute, li hanno toccati, un gesto di
affetto, un sorriso, e molti di questi, e sono migliaia e migliaia, sono letteralmente guariti
dal loro male, e sono diventati a loro volta guaritori.
Prendere il Vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo. E tutti quelli che
l'hanno preso sul serio, e hanno toccato i lebbrosi del loro tempo, tutti testimoniano, da san
Francesco in avanti, che fare questo dona una grande felicit.
(Letture: Levtico 13, 1-2. 45-46; Salmo 31; 1 Corinzi 10, 31-11-1; Marco 1, 40-45).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/02/2012
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se ne and, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: Non abbiamo mai visto
nulla di simile!.
Il paralitico di Cafrnao. Lo invidio. Perch ha grandi amici: forti, fantasiosi, tenaci,
creativi. Sono il suo magnifico ascensore, strappano l'ammirazione del Maestro: Ges vista
la loro fede... la loro, quella dei quattro portatori, non del paralitico. Ges vede e ammira
una fede che si fa carico, con intelligenza operosa, del dolore e della speranza di un altro. I
quattro barellieri ci insegnano a essere come loro, con questo peso di umanit sul cuore e
sulle mani. Una fede che non prende su di s i problemi d'altri non vera fede. Non si
cristiani solo per se stessi; siamo chiamati a portare uomini e speranze.
A credere anche se altri non credono; a essere leali anche se altri non lo sono, a sognare
anche per chi non sa pi farlo. Sei perdonato. Immagino la sorpresa, forse la delusione
del paralitico. Sente parole che non si aspettava. Lui, come tutti i malati, domanda la
guarigione, un corpo che non lo tradisca pi. Invece: figlio, ti sono perdonati i peccati.
Perdonare nel Vangelo un verbo di moto: si usa per la nave che salpa, la carovana che si
rimette in marcia, l'uccello che spicca il volo, la freccia liberata nell'aria. Il perdono di
Cristo non un colpo di spugna sul passato, molto di pi: un colpo di remo, un colpo di
vento nelle vele, per il mare futuro; un colpo di verticalit, se si pu dire cos, per ogni
uomo immobile nella sua barella. Il peccato invece blocca la vita, come per Adamo che
dopo il frutto proibito si rintana dietro un cespuglio, paralizzato dalla paura. Finita
l'andatura eretta, finiti i sentieri nel sole! Il peccato come una paralisi nelle relazioni, una
contrazione, un irrigidimento, una riduzione del vivere. Sei perdonato. Senza merito, senza
espiazione, senza condizioni. Una doppia bestemmia, secondo i farisei. Essi dicono: Dio
solo pu perdonare.
E poi: Dio non perdona a questo modo, non cos, non senza condizioni, non senza espiare
la colpa! E Ges interviene: Cosa pi facile? Dire: i tuoi peccati ti sono perdonati, o:
alzati e cammina? Ges per l'unica volta nel Vangelo dice apertamente il perch del suo
miracolo: lega insieme perdono e guarigione, unisce corporale e spirituale, mostra che
l'uomo biblico un'anima-corpo, un corpo-anima, un tutt'uno, senza separazioni. E rivela
che Dio salva senza porre condizione alcuna, per la pura gioia di vedere un figlio
camminare libero nel sole, perch la grazia grazia e non merito o calcolo. Tutti si
meravigliarono e lodavano Dio. Attingere alla meraviglia, sapersi incantare per questa
divina forza ascensionale che ci risana dal male che contrae e inaridisce la vita, forza che la
rende verticale e la incammina verso casa. Per sentieri nel sole.
(Letture: Isaia 43, 18-19. 21-22. 24b-25; Salmo 40; 2 Corinzi 1, 18-22; Marco 2, 1-12)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
23/02/2012
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Il regno di Dio vicino, fidiamoci
I domenica di Quaresima Anno B
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In quel tempo, lo Spirito sospinse Ges nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni,
tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che
Giovanni fu arrestato, Ges and nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva:
Il tempo compiuto e il regno di Dio vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.
Il Vangelo di Marco non riporta, a differenza di Luca e Matteo, il contenuto delle tentazioni
di Ges, ma ci ricorda l'essenziale: essere tentato vuol dire dover scegliere. La tentazione
sempre una scelta tra due amori. E vinci quando scegli l'amore pi grande. Scegliere
vivere. Noi moriamo, scrive padre Turoldo, perch adoriamo cose da nulla, perch
scegliamo amori da nulla. Scegliere il bene pi grande. ci che fa Ges che, nei quaranta
giorni di prova nel deserto, sceglie, adotta, fa sua la parola generatrice di tutto il suo
messaggio: il Regno di Dio. E oppone alla seduzione di un mondo secondo Satana, la
seduzione vincente del mondo come Dio lo sogna. Il male presente, il male ci che fa
male all'uomo. Vuoi vincere il male dentro e fuori di te? Ges stesso indica la via. Prima di
lui e dopo di lui, molti sono venuti come profeti e hanno cominciato con il denunciare il
male, con il lamentare la caduta dei valori, accusare la cattiveria dei tempi. Come se questa
fosse la via per far trionfare il bene. Ges sceglie un'altra via: piuttosto che denunciare, egli
annuncia. Non viene come un riformatore religioso, o come un contestatore moralistico,
ma prima di tutto come un messaggero di una novit straordinariamente promettente. Il suo
annuncio un s, e non un no. Vuoi vincere il male? Non basta il tuo sforzo, devi
prima conoscere la bellezza di ci che sta succedendo, la grandezza di un dono che viene
da altrove. E questo dono il Regno di Dio: che vicino, che qui, che dentro di te, mite
e possente energia, come seme in grembo di donna. Ges vince la tentazione scegliendo, e
sceglie la bellezza e la forza di un evento, gi accaduto e che sempre accade, il farsi vicino
del Regno: Dio ha guardato, ha visto la sofferenza, ha detto basta, viene, qui, e lotta
con te e il cuore e il mondo cambiano. Dio viene e guarisce la vita. Ti d il suo respiro, il
suo sorriso, la sua vita. A tutti e senza misura. E non ti lascia pi se tu non lo lasci. Viene
perch il mondo sia totalmente diverso, un mondo altro dove si pu vivere bene, dove si
pu trovare la pienezza della vita, la felicit. Non possiamo iniziare la Quaresima con il
volto accigliato, ma con un sorriso, quel sorriso che intuisco in Ges mentre d avvio alla
sua missione con un gioioso annuncio: il regno di Dio vicino, credeteci, fidatevi di questa
cosa buona che nata. La buona notizia che Ges annuncia l'amore. Credi nel Vangelo
equivale a dire: fidati dell'amore, dai fiducia all'amore in tutte le sue forme, come forma
della terra, come forma del vivere, come forma di Dio. Ricomincia da qui. E sar il Regno.
(Letture: Genesi 9, 8-15; Salmo 24; 1 Pietro 3, 18-22; Marco 1, 12-15)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
01/03/2012
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Ges: Rabb, bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mos e
una per Elia. Non sapeva infatti che cosa dire, perch erano spaventati. Venne una nube
che li copr con la sua ombra e dalla nube usc una voce: Questi il Figlio mio, l'amato:
ascoltatelo!. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro pi nessuno, se non
Ges solo, con loro [...]
Ges porta i tre discepoli sopra un monte alto. La montagna la terra dove si posa il primo
raggio di sole e indugia l'ultimo, la terra che si innalza nella luce, la pi vicina al cielo,
quella che Dio sceglie per parlare e rivelarsi. Infatti lass appaiono Mos ed Elia, gli unici
che hanno veduto Dio. E si trasfigur davanti a loro. Il Vangelo non evidenzia nessun
particolare della trasfigurazione, se non quello delle vesti diventate splendenti. Ma se cos
luminosa la materia degli abiti che coprono il corpo, quale non sar lo splendore del
corpo? E se cos il corpo, cosa sar del cuore? come quando il cuore in festa e la festa
si comunica al volto, e di festa sono anche i vestiti. Pietro ne sedotto, prende la parola:
che bello essere qui! Facciamo tre capanne. L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione
stupita: che bello! ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve
discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un che bello! gridato a pieno cuore.
Ci che seduce Pietro non l'onnipotenza di Dio, non lo splendore del miracolo, il fascino
dell'infinito, ma la bellezza del volto di Ges. Quel volto il luogo dove detto il cuore, il
suo cuore di luce; dove l'uomo si sente finalmente a casa: qui bello stare! Altrove siamo
sempre lontani, in viaggio. Il nostro cuore a casa solo accanto al tuo. Il Vangelo della
Trasfigurazione mette energia, dona ali alla nostra speranza: il male e il buio non
vinceranno, non questo il destino dell'uomo. Alimenta un pregiudizio sulla bont
dell'uomo, un pregiudizio positivo: Adamo ha, o meglio, una luce custodita in un guscio
di creta. La sua vocazione liberare la luce. Avere fede scoprire, insieme con Pietro, la
bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai
miei abbracci, al mio lavoro. Tutta la vita prende senso e si illumina. Ma questo Vangelo ci
porta una notizia ancora pi bella: la trasfigurazione non un evento che riguarda Ges
solo, al quale noi assistiamo da spettatori. un evento che ci riguarda tutti, al quale
possiamo e dobbiamo partecipare. Il volto di Ges sul monte il volto ultimo dell'uomo,
il presente del futuro.
come sbirciare per un attimo dentro il Regno, vederlo come una forza possente che
preme sulla nostra vita, per trasformarci, per aprire finestre di cielo. Il Vangelo di domenica
scorsa chiedeva: convertiti. La conversione come il movimento del girasole, questo
girarsi verso la luce. Il Vangelo di questa domenica offre il risultato: mi giro e trovo il sole,
sono irradiato, mi illumino, mi imbevo e godo della luce, il simbolo primo di Dio.
(Letture: Genesi 22, 1-2.9a.10-13.15-18; Salmo 115; Romani 8, 31b-24; Marco 9, 2-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
01/03/2012
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Finestre di cielo aperte sul Regno
II Domenica di Quaresima Anno B
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In quel tempo, Ges prese con s Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto
monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero
splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle cos bianche. E
apparve loro Elia con Mos e conversavano con Ges. Prendendo la parola, Pietro disse a
Ges: Rabb, bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mos e
una per Elia. Non sapeva infatti che cosa dire, perch erano spaventati. Venne una nube
che li copr con la sua ombra e dalla nube usc una voce: Questi il Figlio mio, l'amato:
ascoltatelo!. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro pi nessuno, se non
Ges solo, con loro [...]
Ges porta i tre discepoli sopra un monte alto. La montagna la terra dove si posa il primo
raggio di sole e indugia l'ultimo, la terra che si innalza nella luce, la pi vicina al cielo,
quella che Dio sceglie per parlare e rivelarsi. Infatti lass appaiono Mos ed Elia, gli unici
che hanno veduto Dio. E si trasfigur davanti a loro. Il Vangelo non evidenzia nessun
particolare della trasfigurazione, se non quello delle vesti diventate splendenti. Ma se cos
luminosa la materia degli abiti che coprono il corpo, quale non sar lo splendore del
corpo? E se cos il corpo, cosa sar del cuore? come quando il cuore in festa e la festa
si comunica al volto, e di festa sono anche i vestiti. Pietro ne sedotto, prende la parola:
che bello essere qui! Facciamo tre capanne. L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione
stupita: che bello! ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve
discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un che bello! gridato a pieno cuore.
Ci che seduce Pietro non l'onnipotenza di Dio, non lo splendore del miracolo, il fascino
dell'infinito, ma la bellezza del volto di Ges. Quel volto il luogo dove detto il cuore, il
suo cuore di luce; dove l'uomo si sente finalmente a casa: qui bello stare! Altrove siamo
sempre lontani, in viaggio. Il nostro cuore a casa solo accanto al tuo. Il Vangelo della
Trasfigurazione mette energia, dona ali alla nostra speranza: il male e il buio non
vinceranno, non questo il destino dell'uomo. Alimenta un pregiudizio sulla bont
dell'uomo, un pregiudizio positivo: Adamo ha, o meglio, una luce custodita in un guscio
di creta. La sua vocazione liberare la luce. Avere fede scoprire, insieme con Pietro, la
bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai
miei abbracci, al mio lavoro. Tutta la vita prende senso e si illumina. Ma questo Vangelo ci
porta una notizia ancora pi bella: la trasfigurazione non un evento che riguarda Ges
solo, al quale noi assistiamo da spettatori. un evento che ci riguarda tutti, al quale
possiamo e dobbiamo partecipare. Il volto di Ges sul monte il volto ultimo dell'uomo,
il presente del futuro.
come sbirciare per un attimo dentro il Regno, vederlo come una forza possente che
preme sulla nostra vita, per trasformarci, per aprire finestre di cielo. Il Vangelo di domenica
scorsa chiedeva: convertiti. La conversione come il movimento del girasole, questo
girarsi verso la luce. Il Vangelo di questa domenica offre il risultato: mi giro e trovo il sole,
sono irradiato, mi illumino, mi imbevo e godo della luce, il simbolo primo di Dio.
(Letture: Genesi 22, 1-2.9a.10-13.15-18; Salmo 115; Romani 8, 31b-24; Marco 9, 2-10)
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Dio ha tanto amato, e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l'ha gi
salvato Lui, ma per amarlo; ci impegniamo non per convertire le persone, ma per amarle.
Se non per sempre, almeno per oggi; se non tanto, almeno un po' E fare cos perch cos fa
Dio. (Letture: 2 Cronache 36, 14-16. 19-23; Salmo 136; Efesni 2, 4-10; Giovanni 3, 1421)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/03/2012
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Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie
ogni dubbio, lo svelamento supremo di Dio. La croce l'abisso dove Dio diviene
l'amante. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
L'ha capito per primo un estraneo, un soldato esperto di morte. un pagano ad esprimere il
primo atto di fede cristiano: costui era figlio di Dio. Che cosa ha visto in quella morte?
Non un miracolo, non la risurrezione. Ha visto il capovolgimento del mondo, dove la
vittoria era sempre del pi forte, del pi armato, del pi spietato. Ha visto il supremo
potere di Dio, che un disarmato amore; che quello di dare la vita anche a chi ti d la
morte; che servire non asservire; che vincere la violenza prendendola su di s. Ha visto
che questo mondo porta un altro mondo nel grembo.
E noi qui disorientati, dapprima, ma poi stupiti, perch, come le donne, come il centurione,
come i santi, sentiamo che nella Croce c' attrazione, c' seduzione e bellezza. La suprema
bellezza della storia quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di
Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d'amore. La nostra fede poggia sulla
cosa pi bella del mondo: un atto d'amore perfetto.
La croce l'immagine pi pura, pi alta, pi bella che Dio ha dato di se stesso. Da allora,
per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce (K. Rahner).
(Letture: Isaia 50, 4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Marco 14, 1-15, 47, forma breve: Marco
15, 1-39).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/04/2012
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sabato. Un evento concluso? No. Se noi tutti insieme formiamo il corpo di Cristo, allora
contemporanea a me la croce, e contemporanea a me anche la Risurrezione. Chi vive in
lui, chi in lui compreso, preso da lui nel suo risorgere.
Cristo il Risorgente, adesso. Sorge in questo momento dal fondo del mio essere, dal
fondo di ogni uomo, dal fondo della storia, continua a risorgere, a immettere con la mano
viva del creatore germi di speranza e di fiducia, di coraggio e libert. Cristo Ges risorge
oggi, energia che ascende, vita che germina, masso che rotola via dall'imboccatura del
cuore. E mi indica la strada della pasqua, che vuol dire passaggio ininterrotto dall'odio
all'amore, dalla paura alla libert, dall'effimero all'eterno. Pasqua la festa dei macigni
rotolanti via, adesso, dalla bocca dell'anima. E ne usciamo pronti alla primavera di vita
nuova, trascinati in alto dal Cristo Risorgente in eterno.
Cristo non semplicemente il Risorto, non solo il Risorgente, egli la Risurrezione
stessa. L'ha detto a Marta: io sono la Risurrezione e la vita (Gv 11,25). In quest'ordine
preciso: prima la risurrezione e poi la vita. Ci saremmo aspettati il contrario. Invece no:
prima viene la risurrezione, da tutte le nostre tombe, dal nostro respiro insufficiente, dalla
vita chiusa e bloccata, dal cuore spento, dal gelo delle relazioni. Prima la risurrezione di
noi, n caldi n freddi, n buoni n cattivi; di noi, i morti vivi (Ch. Peguy) e poi la vita
piena nel sole, e poi la vita meriter finalmente il nome di vita.
La sua Risurrezione non riposer finch non sia spezzata la tomba dell'ultima anima, e le
sue forze non arrivino all'ultimo ramo della creazione. E il mondo intero sar carne risorta
per la tua carne, crocefisso Amore (B. Forte).
(Letture: Atti 10, 34a. 37-43; Salmo 117; Colosssi 3, 1-4; Giovanni 20, 1-9)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/04/2012
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Otto giorni dopo venne Ges, a porte chiuse. C' aria di paura in quella casa, paura dei
Giudei, ma soprattutto paura di se stessi, di come lo avevano abbandonato, tradito,
rinnegato cos in fretta. Mi conforta pensare che, se anche trova chiuso, non se ne va'. Otto
giorni dopo ancora l: l'abbandonato ritorna da quelli che sanno solo abbandonare.
Viene e sta in mezzo a loro. Non chiede di essere celebrato, adorato. Non viene per
ricevere, ma per dare. il suo stile inconfondibile. Sono due le cose che porta: la pace e lo
Spirito.
Pace a voi. Non un semplice augurio o una promessa futura, ma una affermazione: la pace
a voi, vi appartiene, gi dentro di voi, un sogno iniziato e che non si fermer pi. Io vi
porto questo shalom che pienezza di vita. Non una vita pi facile, bens pi piena e
appassionata, ferita e vibrante, ferita e luminosa, piagata e guaritrice. La pace adesso.
Soffi e disse loro: ricevete lo Spirito Santo. Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite,
scende il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, che scuote le porte chiuse:
ecco io vi mando!
Scende lo Spirito di Ges, il suo segreto, il suo mistero, ci che lo fa vivere, il suo respiro
stesso: vivrete di ci di cui vivo io. Lo ha sperimentato Paolo: non son pi io che vivo,
Cristo che vive in me. Lo ha comunicato a tutti: Voi siete gi stati risuscitati con Cristo
(Col 3,1). Gi risorti adesso, per una eternit che gi mette le sue prime gemme. In quel
soffio Ges trasmette la sua forza: con lo Spirito di Dio voi farete le cose di Dio. E la
prima delle cose da Dio il perdono.
Tommaso, metti qua il tuo dito nel foro dei chiodi, stendi la mano, tocca! Le ferite del
Risorto, feritoie d'amore: nel corpo del crocifisso l'amore ha scritto il suo racconto con
l'alfabeto delle ferite, indelebili ormai come lo l'amore.
Ges che non si scandalizza dei miei dubbi, ma mi tende le sue mani. A Tommaso basta
questo gesto. Non scritto che abbia toccato. Perch Colui che ti tende la mano, che non ti
giudica ma ti incoraggia, Ges. Non ti puoi sbagliare!
(Letture: Atti 4,32-35; Salmo 117; 1 Giovanni 5,1-6; Giovanni 20,19-31.)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/04/2012
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Non sono un fantasma! Mi colpisce il lamento di Ges, una tristezza nelle sue parole, ma
ancor pi il suo desiderio di essere toccato, stretto, abbracciato come un amico che torna:
Toccatemi. E pronuncia, per sciogliere le paure e i dubbi, i verbi pi semplici e pi
familiari: Guardate, toccate, mangiamo! Non a visioni d'angeli, non a una teofania gloriosa,
gli apostoli si arrendono ad una porzione di pesce arrostito, al pi familiare dei segni, al pi
umano dei bisogni. Ges vuole entrare nella vita concreta dei suoi, esserne riconosciuto
come parte vitale. Perch anche il Vangelo non sia un fantasma, un fumoso ragionare, un
rito settimanale, ma roccia su cui costruire, sorgente alla quale bere. La bella notizia: Ges
non un fantasma, ha carne e sangue come noi. Questo piccolo segno del pesce, gli
apostoli lo daranno come prova: noi abbiamo mangiato con lui dopo la sua risurrezione (At
10,41). Perch mangiare il segno della vita; mangiare insieme il segno pi eloquente di
una comunione ritrovata, che lega insieme e custodisce e accresce le vite, figlio delle
nostre paure o delle nostre speranze.
Il Risorto non avanza richieste, non detta ordini. La sua prima offerta stare in mezzo ai
suoi, riannodare la comunione di vita. Viene e condivide pane, sguardi, amicizia, parola.
Non chiede, regala. Non chiede di digiunare per lui, ma di mangiare con lui. Vuole
partecipare alla mia vita e che io condivida la sua. Ma in un sentimento di serenit, di
distensione.
Infatti la sua prima parola : pace a voi! Pace, che il riassunto dei doni di Dio. la
serenit dello spirito che ci permette di capirci, di fare luce nei nostri rapporti, di vedere il
sole pi che le ombre, di distinguere tra un fantasma e il Signore. Solo il cuore in pace
capisce. Infatti, il Vangelo annota: Apr loro la mente per comprendere le Scritture. Perch
finora avevano capito solo ci che faceva comodo, solo ci che li confermava nelle loro
idee. C' bisogno di pace per cogliere il senso delle cose. Quando sentiamo il cuore in
tumulto bene fermarci, fare silenzio, non parlare.
Mi consola la fatica dei discepoli a credere, il loro oscillare tra paura e gioia. la garanzia
che la risurrezione di Ges non una loro invenzione, ma un evento che li ha spiazzati. Lo
conoscevano bene, il Maestro, dopo tre anni di strade, di olivi, di pesci, di villaggi, di occhi
negli occhi, eppure non lo riconoscono. Ges lo stesso ed diverso, il medesimo ed
trasformato, quello di prima ed altro. Perch la Risurrezione non semplicemente
ritornare alla vita di prima: andare avanti, trasformazione, il tocco di Dio che entra
nella carne e la trasfigura.
(Letture: Atti degli apostoli 3, 13-15. 17-19; Salmo 4; 1 Giovanni 2, 1-5; Luca 24,35-48)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/04/2012
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quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo
pastore. Per questo il Padre mi ama: perch io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.
(...).
Sottese all'espressione di Ges: il mercenario vede venire il lupo e fugge perch non gli
importa delle pecore intuisco parole che amo e che sorreggono la mia fede. Suonano
pressappoco cos: al mercenario no, ma a me, pastore vero, le pecore importano. Tutte.
Ed come se a ciascuno di noi ripetesse: tu sei importante per me.
Questa la mia fede: io gli importo. A Dio l'uomo importa, al punto che egli considera
ogni uomo pi importante di se stesso. per questo che d la vita: la sua vita per la mia
vita. Ricordo il grido degli apostoli in una notte di tempesta Signore, non ti importa che
moriamo? e il Signore risponde placando le onde, sgridando il vento: S, mi importa di
voi, mi importa la vostra vita. E lo ripete a ciascuno: mi importano i passeri del cielo ma
voi valete pi di molti passeri; mi importano anche i gigli del campo ma tu sei molto di pi
di tutti i gigli dei campi.
Io sono il Pastore buono il titolo pi disarmato e disarmante che Ges abbia dato a se
stesso. Eppure questa immagine non ha nulla di debole o remissivo: il pastore forte che si
erge contro i lupi, che ha il coraggio di non fuggire; il pastore bello nel suo impeto
generoso; il pastore vero che ha a cuore cose importanti. Il gesto specifico del pastore
buono, il gesto pi bello che lo rende letteralmente il "pastore bello", , per cinque volte:
Io offro la vita. Qui affiora il filo d'oro che lega insieme tutta intera l'opera di Dio: il
lavoro di Dio da sempre e per sempre offrire vita.
Con queste parole Ges non intende per prima cosa la sua morte in Croce, perch se il
Pastore muore le pecore sono abbandonate e il lupo rapisce, uccide, vince. Dare la vita,
inteso nel senso della vite che d linfa ai tralci; del grembo di donna che d vita al
bambino; dell'acqua che d vita alla steppa arida. Offro la vita significa: Vi do il mio modo
di amare e di lottare. Solo con un supplemento di vita, la sua, potremo battere coloro che
amano la morte, i lupi di oggi. Anche noi, discepoli che vogliono come lui sperare e
costruire, dare vita e liberare, siamo chiamati ad assumere il ruolo di "pastore buono", cio
forte, bello, vero, di un pur minimo gregge che ci consegnato: la famiglia, gli amici,
coloro che si affidano a noi. Nel vivere quotidiano, "dare la vita" significa per prima cosa
dare del nostro tempo, la cosa pi rara e preziosa che abbiamo, essere tutto per l'altro, in
ascolto attento, non distratti, occhi negli occhi. Questo dirgli: tu mi importi.
Tu sei il solo pastore che per i cieli ci fa camminare, Tu il Pastore bello. E tu sai che
quando diciamo a qualcuno tu sei bello come dirgli io ti amo.
(Letture: Atti degli apostoli 4, 8-12; Salmo 117; 1 Giovanni 3,1-2; Giovanni 10,11-18)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/05/2012
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Amore, coraggio, libert, frutti di Dio
V Domenica di Pasqua
Anno B
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In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Io sono la vite vera e il Padre mio
l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta
frutto, lo pota perch porti pi frutto. Voi siete gi puri, a causa della parola che vi ho
annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non pu portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, cos neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i
tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perch senza di me non potete far
nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo
gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quello che volete e vi sar fatto. (...)
Nel brano tutto ruota attorno ad una immagine concreta e ad un verbo: la vite e dei tralci, il
verbo rimanere. Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita,
unica radice, una sola linfa. Lui in me e io in lui come figlio nella madre, madre nel figlio.
Dio in me, non come un padrone, ma come linfa vitale. Dio in me, come radice che
invia energia verso tutti i rami. Dio in me per prendersi cura pi a fondo di me. In Cristo
il vignaiolo si fatto vite, il seminatore si fatto seme, il vasaio si fatto argilla, il
Creatore si fatto creatura. Non solo Dio con noi, ma Dio in noi. Se ci guardiamo attorno,
conosciamo tutti delle persone che sembrano mettere gemme, le vedi germogliare e fiorire.
E capisci che sono inserite in qualcosa di vivo!
Rimanete in me. Una sola condizione; non condizionamento, ma base della mia esistenza:
nutrirmi della linfa della mia vite. Non sono parole astratte, sono le parole che usa anche
l'amore umano. Rimanere insieme, nonostante tutte le distanze e i lunghi inverni,
nonostante tutte le forze che ci trascinano via. Il primo passo fare memoria che gi sei in
lui, che lui gi in te. Non devi inventare niente, non devi costruire qualcosa. Solo
mantenere quello che gi dato, prenderne coscienza: c' una energia che scorre in te,
proviene da Dio, non viene mai meno, vi puoi sempre attingere, devi solo aprire strade,
aprire canali a quella linfa.
All'inizio della primavera sui tralci potati affiora una goccia di linfa che luccica sulla punta
del ramo. Mio padre mi portava nella vigna dietro casa e mi diceva: la vite che va in
amore! Quella goccia di linfa mi parla di me e di Dio, dice che c' un amore che sale dalla
radice del mondo e mi attraversa; una vita che viene da Dio e va in amore, in frutti
d'amore. Dice a me, piccolo tralcio: Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di
miele.
Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perch porti pi frutto. Il dono della potatura... Potare
non significa amputare, significa dare vita, qualsiasi contadino lo sa. Rinunciare al
superfluo equivale a fiorire. Perch gloria di Dio non la sofferenza ma il molto frutto.
come se Ges dicesse: non ho bisogno di sacrifici ma di grappoli buoni; non di penitenze,
ma che tu fiorisca. Nessuna vite sofferente porta buon frutto. Prima di tutto devo essere
sano e gioioso io. Cos Dio mi vuole.
Il nome nuovo della morale evangelica frutto buono, con dentro il sapore di Dio. Che
ha il gusto di tre cose sulla terra: amore coraggio e libert. Non c' amore senza libert,
libert non c' senza coraggio. E amore libert e coraggio sono la linfa e i frutti di Dio in
noi.
(Letture: Atti degli apostoli 9, 26-31; Salmo 21; 1 Giovanni 3, 18-24; Giovanni 15,1-8)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/05/2012
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compiuto in santa Maria: incarnare il Verbo, dare vita alla Parola. Lo fa ad esempio quando
leggo il Vangelo: per anni mi accade che le parole scivolino via, come cose che so da
sempre, senza presa sul cuore. Poi un giorno succede che una di queste parole
all'improvviso si accende, mi pare di sentirla per la prima volta, la pagina del Vangelo
palpita, come una lettera indirizzata a me, scritta per me, contemporanea ai miei sogni, alle
mie pene, ai miei dubbi. lo Spirito che mi ri-corda (letteralmente: mi riporta al cuore) le
parole di Ges. Al cuore, non alla mente. Le fa germe vitale, non elaborato mentale: e ti
tocca quel Dio sensibile al cuore sognato da Pascal.
(Letture: Atti 2, 1-11; Salmo 103; Galati 5, 16-25; Giovanni 15,26-27; 16,12-15)
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Trinit. A immagine di un Padre che la fonte della vita, a immagine di un Figlio che mi
innamora ancora, di uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini.
La natura ultima dell'uomo di essere legame d'amore. Io sono uomo quanto pi sono
simile all'amore.
Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli... Il termine battezzare nella sua radice significa
immergere. Immergete, dice Ges, ogni creatura dentro l'oceano dell'amore di Dio,
rendetela consapevole che in esso siamo, ci muoviamo, respiriamo.
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Non dimentichiamo mai questa
frase, non lasciamola dissolversi, impolverarsi. Sono con voi, senza condizioni, dentro le
vostre solitudini, dentro gli abbandoni e le cadute, dentro la morte. Nei giorni in cui credi e
in quelli in cui dubiti; quando ti sfiora la morte, quando ti pare di volare. Nulla, mai, ti
separer dall'amore.
(Letture: Deuteronomio 4, 32-34. 39-40; Salmo 32; Romani 8, 14-17; Matteo 28,16-20)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/05/2012
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principio a sua immagine e somiglianza. In questa frase, decisiva per ogni antropologia
cristiana, mi rivelato che Adamo non creato semplicemente ad immagine di Dio,
Creatore o Verbo o Spirito, ma pi esattamente, e pi profondamente, a somiglianza della
Trinit. A immagine di un Padre che la fonte della vita, a immagine di un Figlio che mi
innamora ancora, di uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini.
La natura ultima dell'uomo di essere legame d'amore. Io sono uomo quanto pi sono
simile all'amore.
Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli... Il termine battezzare nella sua radice significa
immergere. Immergete, dice Ges, ogni creatura dentro l'oceano dell'amore di Dio,
rendetela consapevole che in esso siamo, ci muoviamo, respiriamo.
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Non dimentichiamo mai questa
frase, non lasciamola dissolversi, impolverarsi. Sono con voi, senza condizioni, dentro le
vostre solitudini, dentro gli abbandoni e le cadute, dentro la morte. Nei giorni in cui credi e
in quelli in cui dubiti; quando ti sfiora la morte, quando ti pare di volare. Nulla, mai, ti
separer dall'amore.
(Letture: Deuteronomio 4, 32-34. 39-40; Salmo 32; Romani 8, 14-17; Matteo 28,16-20)
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Il suo progetto molto pi grande, pi alto, pi potente: portare cielo nella terra, Dio
nell'uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto pi del perdono dei peccati venuto
a dare: venuto a dare se stesso.
Come uno sposo che si d alla sposa. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore
di quell'amore che ci necessario per nascere; ma Dio anche madre, che nutre di s, del
suo corpo i suoi figli. Ed anche sposo, amore libero che cerca corrispondenza, che ci
rende suoi partners, simili a lui.
Dice Ges nel vangelo: i miei discepoli non digiunano finch lo sposo con loro. E
l'incontro con lui come per gli amanti del Cantico: dono e giubilo, intensit e tenerezza,
fecondit e fedelt.
Nel suo corpo Ges ci da tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva,
ci che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.
Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, anche
voi braccia aperte inviate alla terra.
Perch il corpo di Cristo non sta solo nell'Eucaristia, Dio si vestito d'umanit, al punto
che l'umanit intera la carne di Dio: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a
me. Il Corpo di Cristo sull'altare dell'Eucaristia, il corpo di Cristo sull'altare del fratello,
dei poveri, piccoli, forestieri, ammalati, anziani, disabili, le persone sole, quelle colpite dal
terremoto di questi giorni.
Che possiamo tutti diventare ci che riceviamo: Corpo di Cristo. E sar l'inizio di un umile
e magnifico viaggio verso lo Sposo si fatto sposo dell'ultimo fratello.
(Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9, 11-15; Marco 14,12-16.22-26)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
14/06/2012
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nostro compito portarle a maturazione. Siamo un pugno di terra in cui Dio ha deposto i
suoi germi vitali. Nessuno ne privo, nessuno vuoto, perch la mano di Dio continua a
creare.
La prima parabola sottolinea un miracolo di cui non ci stupiamo pi: alla sera vedi un
bocciolo, il giorno dopo si aperto un fiore. Senza alcun intervento esterno. Ecco: Che tu
dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Com' pacificante questo!
Le cose di Dio fioriscono per una misteriosa forza interna, per la straordinaria energia
segreta che hanno le cose buone, vere e belle. In tutte le persone, nel mondo e nel cuore,
nonostante i nostri dubbi, Dio matura. E nessuno pu sapere di quanta esposizione al sole,
al sole della vita, abbia bisogno il buon grano di Dio per maturare: nelle persone, nei figli,
nei giovani, in coloro che mi appaiono distratti, che a volte giudico vuoti o senza germogli.
La seconda parabola mostra la sproporzione tra il granello di senape, il pi piccolo di tutti i
semi, e il grande albero che ne nascer. Senza voli retorici: il granello non salver il
mondo. Noi non salveremo il mondo. Ma, assicura Ges, un altro il nostro compito: gli
uccelli verranno e vi faranno il nido. All'ombra del tuo albero, dei fratelli troveranno riposo
e conforto. Guardi un piccolo seme accolto nel cavo della mano, lo diresti un grumo di
materia inerte. Ma nella sua realt nascosta quel granello un piccolo vulcano di vita,
pronto a esplodere, se appena il sole e l'acqua e la terra...
Il seme ci convoca ad avere occhi profondi e a compiere i gesti propri di Dio. Mentre il
nemico semina morte, noi come contadini pazienti e intelligenti, contadini del Regno dei
cieli, seminiamo buon grano: semi di pace, giustizia, coraggio, fiducia. Lo facciamo
scommettendo sulla forza della prima luce dell'alba, che appare minoritaria eppure
vincente. Qui tutta la nostra fiducia: Dio stesso all'opera in seno alla terra, in alto
silenzio e con piccole cose.
(Letture: Ezechiele 17,22-24; Salmo 91; 2 Corinzi 5,6-10; Marco 4,26-34)
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parola di Dio. Non nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori
sentono che il piccolo appartiene ad una storia pi grande, che i figli non sono nostri:
appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il genitore solo l'arco che
scocca la freccia, per farla volare lontano. Il passaggio tra i due testamenti un tempo di
silenzio: la parola, tolta al tempio e al sacerdozio, si sta intessendo nel ventre di due madri.
Dio traccia la sua storia sul calendario della vita, e non nel confine stretto delle istituzioni.
Un rivoluzionario rovesciamento delle parti, il sacerdote tace ed la donna a prendere la
parola: si chiamer Giovanni, che in ebraico significa: dono di Dio. Elisabetta ha capito
che la vita, l'amore che sente fremere dentro di s, sono un pezzetto di Dio. Che l'identit
del suo bambino di essere dono. E questa anche l'identit profonda di noi tutti: il nome
di ogni bambino dono perfetto.
Stava la parola murata dentro, fino a quando la donna fu madre e la casa, casa di profeti.
Zaccaria era rimasto muto perch non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso
l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha pi niente
da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credenti, noi preti, smarriamo il
riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignificanti, non mandiamo
pi nessun messaggio a nessuno. Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma
l'azione di Dio. Qualcosa di grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non
arrestano il fiume di Dio.
Zaccaria incide il nome del figlio: Dono-di-Dio, e subito riprende a fiorire la parola e
benediceva Dio. Benedire subito, dire-bene come il Creatore all'origine (crescete e
moltiplicatevi): la benedizione una energia di vita, una forza di crescita e di nascita che
scende dall'alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d'amore che
si estingue solo ridonando vita.
Che sar mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al
mistero di ogni culla. Cosa sar, oltre ad essere dono che viene dall'alto? Cosa porter al
mondo? Un dono unico e irriducibile: lo spazio della sua gioia; e la profezia di una parola
unica che Dio ha pronunciato e che non ripeter mai pi (Vannucci). Sar voce, proprio
come il Battista, la Parola sar un Altro.
(Letture: Isaa 49, 1-6; Salmo 138; Atti 13, 22-26; Luca 1, 57-66.80)
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quelli che erano con lui ed entr dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le
disse: Talit kum, che significa: Fanciulla, io ti dico: lzati!. E subito la fanciulla si
alz e camminava; aveva infatti dodici anni. (...)
Ges cammina verso la casa dove una bambina morta. Cammina ed Giairo, il padre, a
dettare il ritmo; Ges gli cammina vicino, offre un cuore perch possa appoggiarvi il suo
dolore: Non temere, soltanto continua ad aver fede. Ma come possibile non temere
quando la morte entrata in casa mia, e si portata via il mio sole? Secondo Ges il
contrario della paura non il coraggio, da scovare a fatica nel fondo dell'animo, ma la fede:
Tu continua ad aver fede. Anche se dubiti, anche se la tua fede non ha nulla di eroico,
lascia che la sua Parola riprenda a mormorare in cuore, che il suo Nome salga alle labbra
con un'ostinazione da innamorati.
Aver fede: che cosa significa? La fede un atto umanissimo, vitale, che tende alla vita e si
oppone all'abbandono e alla morte. aderire: come un bambino aderisce al petto della
madre, cos io aderisco al Signore, ho fiducia nella madre mia, un bambino appena
svezzato il mio cuore. Giunsero alla casa e vide trambusto e gente che piangeva. Entrato,
disse loro: Perch piangete? Non morta questa bambina, ma dorme. Dorme, come tutti
i nostri che ci hanno preceduto e che sono in attesa del risveglio. Dormono, come una
parentesi tra questo sole e il sole di domani, e per Dio l'ultimo risveglio sulla vita.
Lo deridono, allora, con quella stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella
vita dopo la morte? Ti inganni, ti sbagli, sei un illuso, non c' niente dopo la morte. Ma la
fede biblica che Dio Dio dei vivi e non dei morti, che le creature del mondo sono
portatrici di salvezza e in esse non c' veleno di morte. Dio non ha creato la morte (Sap
1,13-14). Ges cacciati fuori tutti, prende con s il padre e la madre, ricompone il cerchio
vitale degli affetti, il cerchio dell'amore che fa vivere. Poi prende per mano la bambina.
Non era lecito per la legge toccare un morto, ma Ges profuma di libert. E ci insegna che
bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare. La prende per mano. Chi
Ges ? Una mano che ti prende per mano. La sua mano nella mia mano.
E le disse: Talit kum. Bambina alzati. Lui pu aiutarla, sostenerla, ma lei, solo lei
che pu risollevarsi: alzati. E lei si alza e si mette a camminare. A ciascuno di noi,
qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la porzione di
morte, il Signore ripete: Talit kum. In ognuno di noi c' una vita che giovane sempre:
allora, risorgi, riprendi la fede, la lotta, il sogno.
Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni uomo, su ogni donna ripete la benedizione di quelle
antiche parole: Talit kum, giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risplendi. Tu porti
salvezza.
(Letture: Sapienza 1, 13-15; 2, 23-24; Salmo 29; 2 Corinzi 8, 7.9.13-15; Marco 5, 21-43)
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In quel tempo, Ges venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato,
si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano [...]:
Non costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di
Simone [...]?. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Ges disse loro: Un profeta non
disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. E l non poteva
compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guar.
A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All'inizio parole e
prodigi di Ges stupiscono, immettono un di pi dentro la normalit della vita. Poi
l'ordinario instaura di nuovo la sua dittatura.
Che un profeta sia un uomo straordinario, carismatico, ce lo aspettiamo. Ma che la profezia
sia nel quotidiano, in uno che non ha cultura e titoli, le mani segnate dalla fatica, nel
profeta della porta accanto, questo ci pare impossibile. A Nazaret pensano: Il figlio di Dio
non pu venire in questo modo, con mani da carpentiere, con i problemi di tutti, non c'
nulla di sublime, nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non Dio. Ma lo Spirito
scende proprio nel quotidiano, fa delle case un tempio, entra dove la vita celebra la sua
mite e solenne liturgia. Noi cerchiamo Dio, il pastore di costellazioni, nell'infinito dei cieli,
quando invece inginocchiato a terra con le mani nel catino per lavarci i piedi.
Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scandalizza? Scandalizza l'umanit, la
prossimit. Eppure proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro
l'ordinariet della vita. Ges cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano
forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora,
sa riconoscere il legno al profumo e al tatto.
Una intuizione luminosa di Heidewick di Anversa: Ho capito che questa la compiuta
fierezza dell'amore: non si pu amare la divinit di Cristo senza amare prima la sua
umanit. Riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanit nel Vangelo, cercare tutte le
molecole di umanit di Ges: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne,
con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino. Il suo modo di
avere paura, il suo modo di avere coraggio e come piangeva e come gridava, e la sua carne
bambina e poi la sua carne piagata, e poi il suo amore per il profumo di nardo a Betania, la
casa degli amici.
Amare l'umanit di Ges, perch il Vangelo rivela proprio questo: che il divino rivelato
dall'umano, che Dio ha il volto di un uomo.
Ges al rifiuto dei compaesani mostra il suo candore, il suo bellissimo cuore fanciullo:
Non vi pot operare nessun prodigio scrive Marco, ma subito si corregge: Solo impose
le mani a pochi malati e li guar. Il Dio rifiutato si fa ancora guarigione, anche di pochi,
anche di uno solo. L'amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo.
L'amore non stanco: solo stupito. Il nostro Dio non nutre rancori o stanchezze, ma la
gioia impenitente di inviare sempre e solo segnali di vita attorno a s.
(Letture: Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/07/2012
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A due a due per annunciare la luce
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XV Domenica
Tempo ordinario-Anno B
In quel tempo, Ges chiam a s i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere
sugli spiriti impuri. E ordin loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone:
n pane, n sacca, n denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due
tuniche. E diceva loro: Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finch non sarete partiti
di l. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete
la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro. Ed essi, partiti, proclamarono
che la gente si convertisse, scacciavano molti demni, ungevano con olio molti infermi e li
guarivano.
Partono i discepoli a due a due. E non ad uno ad uno. Perch, se solo, l'uomo portato a
dubitare perfino di se stesso. La prima predicazione senza parole, gi in questo
accompagnarsi, l'uno al passo dell'altro. Partono forti di una parola e di un amico: ordin
loro di non prendere nient'altro che un bastone. Solo un bastone a sorreggere il passo e un
amico a sorreggere il cuore. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza, un amico per
appoggiarvi la solitudine.
E proclamarono che la gente si convertisse, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Il loro messaggio conversione: giratevi verso la luce, perch la luce gi qui. Le loro
mani sui malati annunciano: Dio gi qui, vicino a te con amore, e guarisce la vita, girati
verso di lui. Quello dei dodici un viaggio dentro l'uomo pi autentico, liberato da tutto il
superfluo: non portate n pane n sacca n denaro, perch la nostra vita non dipende dai
nostri beni, voi vivrete di fiducia: fiducia in Dio, che non far mancare nulla, e fiducia
negli uomini, che apriranno le loro case. Bagaglio leggero impone il viaggio e cuore
fiducioso. Domani non so se qualcuno aprir la porta ma confido nel tesoro d'amore
disseminato per strade e citt, mani e sorrisi che aprono case e ristorano cuori... (M.
Marcolini).
I dodici, senza parole, con il loro stile di vita, contestano il mondo dell'accumulo,
dell'apparire, del denaro. Proclamano: ci sono due mondi noi siamo dell'altro (Cristina
Campo). In questo mondo altro, la forza non risiede nei grandi mezzi materiali, ma nel
fuoco interiore, nel suo contagio misterioso e lucente. La povert dei discepoli fa risaltare
la potenza creativa dell'amore. Invece le cose, il denaro, i mezzi, lungo i secoli hanno
spento la creativit della Chiesa. L'annunciatore deve essere infinitamente piccolo, solo
cos l'annuncio sar infinitamente grande. Sono partiti a due a due, con niente. Ma i dodici
avevano un fuoco. Il fuoco si propaga col fuoco.
Entrati in una casa l rimanete. Ecco il punto di approdo: la casa, il luogo dove la vita nasce
ed pi vera, abbracciata dal cerchio degli affetti che fanno vivere.
E il Vangelo deve essere significativo l, nella casa, deve parlare e guarire nei giorni delle
lacrime e in quelli della festa, quando il figlio se ne va, quando l'anziano perde il senno o la
salute... Se in qualche luogo non vi ascoltassero, andatevene, al rifiuto i discepoli non
oppongono risentimenti solo un po' di polvere scossa dai sandali. E non deprimetevi per
una sconfitta, non abbattetevi per un rifiuto: c' un'altra casa poco pi avanti, un altro
villaggio, un altro cuore. All'angolo di ogni strada germoglia l'infinito.
(Letture: Amos 7,12-15; Salmo 84; Efesini 1,13-14; Marco 6,7-13).
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Impariamo ad accogliere e a benedire: gli uomini, il pane, Dio, la bellezza, la vita, e poi a
condividere: accoglienza, benedizione, condivisione saranno dentro di noi sorgenti di
Vangelo. E di felicit.
(Letture: 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6; Giovanni 6,1-15)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
02/08/2012
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sono un pane che contiene tutto ci che serve a mantenere la vita: amore, senso, libert,
coraggio, pace, bellezza.
Chi crede in me... Credere come mangiare un pane, lo assaporo in bocca, lo faccio
scendere nell'intimo, lo assimilo e si dirama per tutto l'essere, Ges in me si trasforma in
cuore, calore, energia, pensieri, sentimenti, canto.
Il cristianesimo non un corpo dottrinale, cui aggiungere sempre qualche nuova
definizione dogmatica o etica, ma una vita divina da assimilare, una calda corrente d'amore
da far entrare. Perch giunga a maturazione l'uomo celeste che in noi, affinch sboccino
amore e libert, nel tempo e nell'eterno.
(Letture: Esodo 16, 2-4. 12-15; Salmo 77; Efesini 4, 17. 20-24; Giovanni 6, 24-35)
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vita piccola. Molto pi del perdono dei peccati venuto a portare: venuto a dare se
stesso.
Mangiare la carne e il sangue di Cristo, non si riduce per al rito della Messa. Il corpo di
Cristo non sta solo sull'altare, del suo Spirito piena la terra, Dio si vestito d'umanit, al
punto che l'umanit intera la carne di Dio. Infatti: quello che avete fatto a uno di questi
l'avete fatto a me. Mangiare il pane di Dio nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare
quell'aria pulita, mangiare quel pane buono, continuamente. Domandiamoci allora: noi di
che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando
generosit, bellezza, profondit? O stiamo nutrendoci di superficialit, miopie, egoismi,
intolleranze, insensatezze? Se accogliamo in noi pensieri degradati questi ci riducono come
loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bont e di bellezza essi ci fanno uomini e donne
della bellezza.
Se ci nutriamo di Vangelo, il Vangelo d forma al nostro pensare, al sentire, all'amare. E
diventiamo ci che ci abita.
Io non sono ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilit (Turoldo). Non
baster questa vita forse, ma lui ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto
che lo diverr: una cosa sola con lui.
(Letture: 1 Re 19, 4-8; Salmo 33/34; Efesini 4, 30 - 5, 2; Giovanni 6, 41-51).
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gi cominciata: una vita diversa, profonda, giusta, che ha in s la vita stessa di Ges,
buona, bella e beata.
Ma la vita eterna interessa? Domanda il salmo responsoriale: C' qualcuno che desidera la
vita? C' qualcuno che vuole lunghi giorni felici, per gustarla? (Salmo 33,13). S, io voglio
per me e per i miei una vita che sia vera e piena. Voglio lunghi giorni e che siano felici. Li
voglio per me e per i miei. Siamo cercatori di vita, affamati di vita, non rassegnati, non
disertori: allora troveremo risposte. Le troveremo nella vita di Ges, nella sua carne e nel
suo sangue, che non sono tanto il materiale fisiologico che componeva il suo corpo, ma
includono la sua vita tutta intera, la sua vicenda umana, il suo respiro divino, le sue mani di
carpentiere con il profumo del legno, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi abbracci, la casa
che si riempie del profumo di nardo e di amicizia. Su, fino alla carne inchiodata, fino al
sangue versato. Fino al dono di s, di tutto se stesso. Mangiare e bere Cristo significa
essere in comunione con il suo segreto vitale: l'amore. Cristo possiede il segreto della vita
che non muore. E vuole trasmetterlo.
Chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui. molto bello questo dimorare
insieme. Gli uomini quando amano dicono: vieni a vivere nella mia casa, la mia casa la
tua casa. Dio lo dice a noi. E noi lo diciamo a Dio perch il nostro cuore a casa solo
accanto al suo.
Al momento della professione il monaco armeno antico, invece che con i tre classici voti,
si consacrava a Dio con queste parole: voglio essere uno con Te! Una sola cosa con te. Che
il fine della vita. Uno con te! E lascio che il mio cuore assorba te, lascio che tu assorba
il mio cuore, e che di due diventiamo finalmente una cosa sola. Il fine della storia: Dio si
fatto uomo per questo, perch l'uomo si faccia come Dio. Ges Cristo entra in noi per
produrre un cambiamento profondo, per una cristificazione: un pezzo di Dio in me perch
io diventi un pezzo di Dio nel mondo.
(Letture: Proverbi 9, 1-6; Salmo 33/34; Efesini 5, 15-20; Giovanni 6, 51-58)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
23/08/2012
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Giovanni mette in scena il resoconto di una crisi drammatica. Dopo il lungo discorso sul
pane dal cielo e sulla sua carne come cibo, Ges vede profilarsi l'ombra del fallimento:
molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano pi con lui.
E lo motivano chiaramente: questa parola dura. Chi pu ascoltarla? Dura era stata anche
per il giovane ricco: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri. Dure le parole sulla
montagna: ama i tuoi nemici, se uno ti colpisce porgi l'altra guancia.
Ma ci che Ges propone adesso non una nuova morale pi o meno ardua, ma una
visione ancora pi rivoluzionaria, una fede ancor pi dura da comprendere e da accettare:
io sono il pane di Dio; io trasmetto la vita di Dio; la mia carne d la vita al mondo.
Nessuno aveva mai detto io con questa pretesa, questa autorit. E poi nessuno aveva mai
parlato di Dio cos: un Dio che non versa sangue, versa il suo sangue; un Dio che va a
morire d'amore, che si fa piccolo come un pezzo di pane, si fa cibo per l'uomo.
Finita la religione delle pratiche esterne, dei riti, degli obblighi, questa la religione del
corpo a corpo con Dio, fino a diventare una cosa sola con lui. Ed ecco la svolta del
racconto: forse volete andarvene anche voi? C' un velo di tristezza in Ges, consapevole
della crisi in atto. Ma c' anche fierezza e sfida, e soprattutto un appello alla libert di
ciascuno: siete liberi, andate o restate, ma scegliete seguendo quello che sentite dentro!
Sono chiamato anch'io a scegliere di nuovo, andare o restare. E mi viene in aiuto la
stupenda risposta di Pietro: Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.
Tu solo. Dio solo. Un inizio bellissimo. Non ho altro di meglio. Ed esclude un mondo
intero. Tu solo. Nessun altro c' su cui poggiare la vita. Tu solo hai parole: Dio parla, il
cielo non vuoto e muto, e la sua parola efficace e tagliente, spalanca la pietra del
sepolcro, vince il gelo, apre strade e nuvole e incontri, apre carezze e incendi.
Tu solo hai parole di vita. Parole che danno vita, la danno ad ogni parte di me. Danno vita
al cuore, allargano e purificano il cuore, ne sciolgono la durezza.
Danno vita alla mente perch la mente vive di libert altrimenti patisce; vive di verit
altrimenti si ammala. Vita allo spirito, a questa parte divina deposta in noi, mantengono
vivo un pezzetto di Dio in me, una porzione di cielo. Parole che danno vita anche al corpo
perch in Lui siamo, viviamo e respiriamo: togli il tuo respiro e siamo subito polvere.
Parole di vita eterna, che fanno viva per sempre la vita, che portano in dono l'eternit a
tutto ci che di pi bello abbiamo nel cuore.
(Letture: Giosu 24, 1-2. 15-17. 18b; Salmo 33; Efesini 5, 21-31; Giovanni 6, 60-69)
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che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a
renderlo impuro. E diceva: Dal di dentro infatti, cio dal cuore degli uomini, escono i
propositi di male: impurit, furti, omicidi, adultri, avidit, malvagit, inganno,
dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza...
Ges si mostra durissimo contro il rischio di una religione esteriore. Veniva da villaggi e
campagne dove il suo andare era come un bagno dentro il dolore. Dovunque arrivava, gli
portavano i malati, mendicanti ciechi lo chiamavano, donne di Tiro e Sidone cercavano di
toccargli almeno la frangia del mantello, almeno che la sua ombra passasse come una
carezza sulla loro umanit dolente. E ora gli chiedono di tradizioni, di mani lavate o no, di
abluzioni di stoviglie, di formalismi vuoti! Ed ecco che Ges inaugura la religione del
cuore, la linea dell'interiorit. Non c' nulla fuori dall'uomo che entrando in lui possa
renderlo impuro. Sono le cose che escono dal cuore dell'uomo a renderlo impuro. Ges
scardina ogni pregiudizio circa il puro e l'impuro, quei pregiudizi cos duri a morire.
Rivendica la purezza di ogni realt vivente. Il cielo, la terra, ogni specie di cibo, il corpo
dell'uomo e della donna sono puri, come scritto Dio vide e tutto era cosa buona. E
attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilit di rendere pure o impure le cose, di
sporcarle o di illuminarle. Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore lontano
da me. Il grande pericolo vivere una religione di pratiche esteriori, emozionarsi per i
grandi numeri, i milioni di pellegrini..., amare la liturgia per la musica, i fiori, l'incenso,
recitare formule con le labbra, ma avere il cuore lontano da Dio e dai poveri. Dio non
presente dove assente il cuore. Ma il ritorno al cuore non basta. Ci guardiamo dentro e vi
troviamo di tutto, anche cose delle quali ci vergogniamo: dal cuore vengono le intenzioni
cattive, prostituzioni, omicidi, adulteri, malvagit... un elenco impressionante di dodici
cose cattive, che rendono impura la vita. C' bisogno di purificare la sorgente, di
evangelizzare le nostre zone di durezza e di egoismo, guardandoci con lo sguardo di Ges:
il suo sguardo di perdono sulla donna adultera, su Maria Maddalena, su Pietro pentito,
sguardo che trasforma, che ci fa abbandonare il peccato passato e ci apre a un futuro
buono. Non sono le pratiche esteriori che purificano, pi facile lavare le mani che lavare
le intenzioni. Occorre lo sguardo di Ges. Allora cadono le sovrastrutture, le esteriorit, le
disquisizioni vuote, tutto ci che cascame culturale, tradizione di uomini. Che aria di
libert con Ges! Apri il Vangelo ed come una boccata d'aria fresca dentro l'afa dei soliti
discorsi. Scorri il Vangelo e passa l'ombra di una perenne freschezza, un vento creatore che
ti rigenera, che apre cammini, perch con Cristo sei tornato al cuore felice della vita.
(Letture: Deuteronomio 4, 1-2.6-8; Salmo 14; Giacomo 1, 17-18. 21b-22.27; Marco 7,18.14-15.21-23)
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il sordomuto che in noi: donaci, Signore un cuore che ascolta. Perch solo con il cuore
che si ascolta, e nasceranno parole profumate di vita e di cielo.
(Letture: Isaia 35, 4-7; Salmo 145; Giacomo 2, 1-5; Marco 31-37 )
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
13/09/2012
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nessuno, spezza se stesso. Prima ancora, gioved, l'appuntamento sar un altro: uno che
posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi il Dio? Il
mio lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come dice
Paolo, il cristianesimo scandalo e follia. E poi un terzo appuntamento a Pasqua, quando
ci prende dentro, ci cattura tutti dentro il suo risorgere e ci trascina in alto con s.
Chi sono io per te? Attorno a questa domanda si gioca la fede di ciascuno. Come Pietro
ogni discepolo chiamato personalmente ad amare questa domanda, come acqua sorgiva.
Io l'ho molto amata, le ho dato molte risposte, sempre incompiute. Oggi, Signore, ti
confesso felice che Tu sei per me quello che la primavera per i fiori, quello che il vento
per l'aquilone. E col tuo fiato m'apri spazi al volo (G. Centore).
(Letture: Isaia 50, 5-9a: Salmo 114; Giacomo 2, 14-18; Marco 8, 27-35)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
20/09/2012
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Poi Ges fa un passo ancora oltre, si identifica con i piccoli: chi accoglie uno di questi
bambini accoglie me. Lui nei piccoli, negli ultimi, in coloro che sono in fondo alla fila;
lui sa bene che il mondo non sar salvato dagli editti dei re o dalle decisioni dei potenti,
non sar mai il faraone a mandare liberi i suoi schiavi. Il mondo sar salvo quando il
servizio sar il nome nuovo della civilt (chi vuol essere il primo si faccia il servo di tutti)
e nessuno sar escluso. Quando al centro di ogni progetto, della chiesa e della societ, della
famiglia e della comunit, saranno posti i piccoli, i poveri, i deboli. Quando tu,
abbracciando loro, capirai ti abbracciare Dio.
Potessimo dire, come Ges, ai nostri piccoli, a quelli che ci sono affidati: ti metto al centro
della mia vita e ti abbraccio. Allora il sogno di Ges dalla periferia del mondo arriver a
conquistare il centro della citt dell'uomo.
(Letture: Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53, Giacomo 3,16-4,3, Marco 9,30-37)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
27/09/2012
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Il Vangelo termina con parole dure: Se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti
scandalizzano, tagliali. un linguaggio figurato, incisivo, adottato per dire la seriet con
cui si deve pensare al senso della vita.
Perch la sofferenza per una vita sbagliata, per una vita fallita senza paragoni con ogni
altra sofferenza. Ges ripete un aggettivo: Il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede. Non dare
sempre la colpa del male agli altri, alla societ alla tua infanzia, alle situazioni esterne. Il
male si annidato dentro di te: nel tuo occhio, nella tua mano, nel tuo cuore. Cerca il
tuo mistero d'ombra e cambialo, convertilo.
La soluzione non in una mano tagliata. La soluzione una mano convertita. Come si
converte la mano? Offrendo un bicchiere d'acqua. Chiunque vi dar un bicchiere d'acqua
non perder la sua ricompensa.
consolante. Ges semplifica la vita, la fa semplice. Un sorso d'acqua per essere di Cristo.
Tante volte ci sentiamo frustrati, impotenti, il male troppo diffuso, la corruzione troppo
forte. Ges dice: tu porta il tuo bicchiere d'acqua; fidati, il peggio non prevarr.
Ges, uomo senza frontiere, ci ripropone il sogno di un mondo di uomini le cui mani sanno
solo donare, i cui piedi percorrono i sentieri degli amici, un mondo dove fioriscono occhi
pi luminosi del giorno, dove tutti sono dei nostri, tutti amici del genere umano, e per
questo tutti amici di Dio.
(Letture: Numeri 11,25-29; Salmo 18; Giacomo 5,1-6; Marco 9,38-43.45.47-48).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/10/2012
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oltre le strettoie di una vita immaginata come esecuzione di ordini. A lui non interessa
regolamentare la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. Ci prende per mano e ci
accompagna a respirare l'aria degli inizi, a condividere il sogno sorgivo, iniziale di Dio: in
principio, prima della durezza del cuore, non fu cos.
L'uomo lascer il padre e la madre, si unir a sua moglie e i due diventeranno una carne
sola. L'uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Dal principio Dio congiunge le
vite! Questo il suo nome: Dio-congiunge, Egli profezia di comunione. Fa incontrare
le vite, le unisce, collante del mondo, cemento della casa. Il Nemico invece ha come nome
il Separatore, colui che divide. L'uomo non divida... cio agisca come Dio, si impegni a
cercare ci che unisce e non ci che divide, a inventare gesti e parole che abbiano la
gioiosa forza di congiungere le vite e di mantenere vivo l'amore; lavori su di s per non
cadere nella durezza di cuore, la sclerocarda, la peggior nemica del sogno di Dio sulle
sue creature.
Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; e se lei, ripudiato il
marito, ne sposa un altro, commette adulterio. Il ripudio e l'adulterio, lo sappiamo da tutto
il Vangelo, non sono un atto formale o giuridico, cominciano nel cuore. Chi vive con
durezza di cuore, con cuore fariseo, sta ripudiando l'amore. Chi non alimenta un amore
dolce e umile, sta ripudiando il sogno di Dio, gi un separato e un adultero. Chi non si
impegna a fondo per le sue relazioni, chi non d loro tempo e cuore, intelligenza e fedelt,
le ha ripudiate, hai gi commesso adulterio nel cuore. Sta tradendo il respiro degli inizi. Il
vero peccato non trasgredire una norma, ma trasgredire un sogno, il sogno di Dio. Ges
getta le basi per la libert del cristiano: norma di comportamento non mai una legge
esterna all'uomo, ma solo l'amore che dentro riaccende il volto, il sorriso, il sogno di Dio.
(Letture: Genesi 2,18-24; Salmo 127; Ebrei 2,9-11; Marco 10,2-16)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/10/2012
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Un tale corre incontro al Signore. Corre: un gesto vivo che esprime entusiasmo e desiderio.
Si getta ai piedi di Ges, con slancio, con fiducia; parla e pone domande grandi; fin da
ragazzo ha sempre osservato la legge: davvero una bella persona. E in pi fa
un'esperienza da brivido, sente su di s lo sguardo di Ges, sguardo come d'innamorato,
riferisce Marco: Ges fiss lo sguardo su di lui e lo am.
Quel giovane corre un grande rischio, interroga Ges per sapere la verit su se stesso. E
non in grado di sopportarla. Vuol sapere se vita o no la sua, chi davvero. Infatti
notiamo che non ha un nome, un tale di cui non sappiamo nulla se non che molto
ricco. Il denaro diventato la sua carta d'identit, il suo nome e cognome. Per tutti, fino ad
oggi, semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi si sono incontrati con
Ges, e hanno tutti un nome, perch hanno scoperto il loro pi autentico essere non in ci
che possiedono, ma come rapporto con gli altri.
questo che intende Ges, quando sorprende il giovane con la sua proposta: il tuo denaro
dallo ai poveri! Tutto ci che hai, tutto ci che sei deve diventare strumento di comunione.
Quello che Ges propone pi ancora che la povert la condivisione. Pi che la rinuncia,
la libert. Con i poveri, contro la povert.
Ci che il Maestro d'umanit sogna non tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo
libero e in comunione. Il tuo denaro ai poveri, e tu con me. Capovolgere la vita: prima le
persone e dopo le cose. Le bilance della felicit infatti che cosa pesano sui loro piatti?
L'oro, lo spread, l'indice della Borsa? No, pesano le relazioni, il dare e il ricevere amore.
Ges ha un progetto di umanit, vuole estendere a livello di massa le relazioni buone della
famiglia. Lo vediamo dal seguito del racconto. Pietro allora prese a dirgli: Signore, ecco
noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai cento fratelli
e sorelle e madri e figli. La vita si riempie di volti e di legami buoni, come si riempita di
volti la casa di Zaccheo, il ricco che ha detto: ecco met dei miei beni li d ai poveri.
Seguire Cristo non un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione di vita: lasciare tutto
ma per avere tutto. Seguire il Vangelo non rinuncia, ma incarnare un'altra logica del
vivere, per un cuore moltiplicato, per cieli nuovi e terra nuova. Allora capiamo che il
Regno di Dio verr con il fiorire della vita in tutte le sue forme (Giovanni Vannucci).
Che ogni discepolo vero pu pregare cos: con gli occhi nel sole / a ogni alba io so / che
rinunciare per te / uguale a fiorire (Marina Marcolini).
(Letture: Sapienza 7, 7-11; Salmo 89; Ebrei 4, 12-13; Marco 10, 17-30).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
18/10/2012
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rispose: Rabbun, che io veda di nuovo!. E Ges gli disse: Va', la tua fede ti ha
salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, uno che ha fatto naufragio, seduto lungo la strada
come chi si fermato e si arreso. E improvvisamente passa Ges, uno che non permette
all'uomo di arrendersi, ed ecco che tutto sembra mettersi di nuovo in moto. Bartimeo
comincia a gridare: Ges abbi piet di me! Perch il peggio che ci possa capitare di
innamorarci della nostra cecit.
La folla fa muro e lo sgrida, perch i poveri disturbano, sempre: ci fanno un po' paura,
sono l dove noi non vorremmo mai essere, sono il lato doloroso della vita, ci che
temiamo di pi.
Ma proprio sulla povert dell'uomo ci su cui si posa sempre il primo sguardo di Ges,
non sulla moralit di una persona, ma sul suo dolore: Coraggio, alzati, ti chiama.
E subito, tutto sembra eccessivo, esagerato: il cieco non parla, grida; non si toglie il
mantello, "lo getta"; non si alza in piedi, "ma balza in piedi". La fede questo: un eccesso,
un di pi illogico e bello, una dinamica nuova in tutto ci che fai. La fede qualcosa che
moltiplica la vita, secondo le parole di Ges: Sono venuto perch abbiate la vita, quella
piena. Credere fa bene, la fede produce una vita buona, il rapporto con Cristo l'avvio
della guarigione di tutta l'esistenza.
Il cieco comincia a guarire gi nell'accoglienza e nella compassione di Ges. Ha bisogno,
come tutti, che per prima cosa qualcuno lo ascolti: ascolti le sue ferite, la sua speranza, la
sua fame, il suono vero delle sue parole, uno che gli voglia bene!
Guarisce nella voce che lo accarezza. Guarisce come uomo, prima che come cieco, l'ultimo
comincia a riscoprirsi uno come gli altri perch chiamato con amore.
Balza in piedi e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza vedere, verso quella voce
che lo chiama, orientandosi solo sulla parola di Cristo, che ancora vibra nell'aria. Come lui,
ogni cristiano si orienta nella vita senza vedere, solo sull'eco della parola di Dio ascoltata
con fiducia l dove risuona: nel vangelo, nella coscienza, negli eventi della storia, nel
gemito e nel giubilo del creato.
Che bella questa espressione amorevole di Ges: Cosa vuoi che io ti faccia?. Se un
giorno io sentissi, con un brivido, queste stesse parole rivolte a me, che cosa chiederei al
Signore? Una domanda che come una sfida, una prova per vedere che cosa portiamo nel
cuore.
Ges insegna instancabilmente qualcosa che viene prima di ogni miracolo, insegna la
compassione, che rimane l'unica forza capace di far compiere miracoli ancora oggi, di
riempire di speranza il dolore del mondo. Noi saremo come Cristo non se faremo miracoli,
ma se sapremo far sorgere nel mondo il tempo della divina compassione.
(Geremia
31,7-9; Salmo 125; Ebrei 5,1-6; Marco 10, 46-52).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
01/11/2012
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Ges rispose: Il primo : "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio l'unico Signore; amerai
il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima [...]". Il aecondo questo:
"Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c' altro comandamento pi grande di
questi.
Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Che cosa c' al centro della fede? Ci che pi di ogni cosa dona felicit all'uomo: amare.
Non obbedire a regole n celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.
Ges non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo
comandamento sono gi nel Libro. Eppure il suo un comando nuovo. La novit sta nel
fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. L'averli
separati l'origine dei nostri mali.
La risposta di Ges inizia con la formula: shem Israel, ascolta popolo mio. Fa tenerezza
un Dio che chiede: Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perch io ti amo. Amami!
Invocazione, desiderio di Dio.
Cuore del comandamento, sua radice un'invocazione accorata, non una ingiunzione.
Dio prega di essere amato. Amare tenere con tenerezza e passione Dio e l'uomo dentro
di s: se uno ama, l'altro come se dimorasse dentro di lui (A. Casati). Amare desiderio
di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri,
inonda il mondo...
Amare avere un fuoco nel cuore.Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso.
Se amo Dio, amo ci che lui : vita, compassione, perdono, bellezza. Amer ogni briciola
di cosa bella che scoprir vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante,
un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amer ci che Lui pi ama: l'uomo, di cui
orgoglioso.
Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Ges sa che
fare questo gi la guarigione dell'uomo. Perch chi ama cos ritrova l'unit di se stesso, la
sua pienezza felice: Questi sono i comandi del Signore vostro Dio... Ascolta, o Israele, e
bada di metterli in pratica; perch tu sia felice" (Dt 6,1-3). Non c' altra risposta al
desiderio profondo di felicit dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa
soltanto: amare.
Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso,
insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libert e giustizia cos le amerai anche per
tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignit, e vuoi che
fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo. Ama questa
polifonia della vita, e farai risplendere l'immagine di Lui che dentro di te. Perch l'amore
trasforma, ognuno diventa ci che ama. Se Lo amerai, sarai simile a Lui, cio creatore di
vita, perch Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e
genera (M. Eckhart).
Amerai, perch l'amore genera vita sul mondo.
(Letture: Deuteronomio 6,2-6; Salmo 17; Ebrei 7,23-28; Marco 12,28b-34)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
08/11/2012
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calcolo, dalla audacia nel dare. Allora, in questa felice follia, il Vangelo tornerebbe a
trasmettere il suo senso di gioia, il suo respiro di liberazione.
(Letture: 1 Re 17, 10-16; Salmo 145; Ebrei 9, 24-28; Marco 12, 38-44).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
15/11/2012
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Il profeta Daniele allarga la visione: Uomini giusti e santi salgono nella casa delle luci,
dove risplenderanno come stelle, vicino a me, lontano da me, da mille luoghi salgono
nella casa della luce: sono coloro che inducono me e tutto il mondo a essere pi giusto, pi
libero e santo.
Sono come stelle, sono molti. Guardiamo a loro, per non sprecare i giusti del nostro
mondo, per non dissipare il tesoro di bont del nostro tempo, quel tesoro che germina
anche, come fogliolina di primavera, in ciascuna delle nostre case.
(Letture: Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18; Marco 13,24-32)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/11/2012
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Un re che non spezza nessuno, spezza se stesso, non versa il sangue di nessuno, versa il
suo sangue, non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi. Pilato non pu capire,
si limita all'affermazione di Ges: io sono re, e ne fa il titolo della condanna, l'iscrizione
derisoria da inchiodare sulla croce: questo il re dei giudei. Che io ho sconfitto. Ed stato
involontario profeta: perch il re visibile proprio l, sulla croce, con le braccia aperte,
dove l'altro conta pi della tua vita, dove si dona tutto e non si prende niente. Dove si
muore ostinatamente amando. Questo il modo regale di abitare la terra, prendendosene
cura.
Pilato poco dopo questo dialogo esce fuori con Ges e lo presenta alla folla: ecco l'uomo.
Affacciato al balcone della piazza, al balcone dell'universo lo presenta all'umanit: ecco
l'uomo! l'uomo pi vero, il pi autentico degli uomini. Il re. Libero come nessuno, amore
come nessuno, vero come nessuno. La regalit di Cristo non potere ma pienezza
d'umano, accrescimento di vita, intensificazione d'umanit: il Regno di Dio verr con il
fiorire della vita in tutte le sue forme (G. Vannucci).
(Letture: Daniele 7, 13-14; Salmo 92; Apocalisse 1, 5-8; Giovanni 18, 33-37)
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Anche la crisi economica e finanziaria ci sta dicendo che dobbiamo cambiare strada e
favorire un altro modello di economia, non fondato sulla logica della crescita infinita, che
insostenibile, ma su rispetto della natura, sobriet e solidariet.
Il Vangelo d'Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e
delusioni: state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano.
Ci sar sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante, scoraggiati. Ho provato
anch'io lo scoraggiamento, molte volte, ma non gli tengo il posto, non gli permetto di
mangiare nel mio piatto, non gli permetto di sedere sul trono del mio cuore. Il motivo
questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed che non pu
esserci disperazione finch ricordo perch sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio,
chi mi ha mandato qui. E chi sta venendo: allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con
grande potenza e gloria.
Questo mondo contiene Lui! Che Viene, che qui, che pi grande di noi; c' un
Liberatore, esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.
Alzatevi, guardate in alto e lontano, perch la vostra liberazione vicina. Uomini e donne
in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: cos vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita
verticale.
Il Vangelo ci insegna a leggere il presente e la storia come grembo di futuro, a non fermarci
all'oggi, ma a guardare avanti: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Un mondo
pi buono e pi giusto, dove Dio viene, vicino come il respiro, vicino come il cuore, vicino
come la vita.
(Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-35).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
06/12/2012
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Chi conta nella storia? Erode sar ricordato solo perch ha tentato di uccidere quel
Bambino; Pilato perch l'ha condannato a morte. Nella storia conta davvero chi comincia a
pensare pensieri buoni, i pensieri di Dio. La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto.
Ma parola di Dio viene ancora, sempre in volo in cerca di uomini e donne dove porre il
suo nido, di gente semplice e vera, che voglia diventare sillaba del Verbo (Turoldo).
Perch nessuno cos piccolo o cos peccatore, nessuno conta cos poco da non poter
diventare profeta del Signore.
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
Ogni burrone sar riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e
quelle impervie, spianate.
La voce dipinge un paesaggio aspro e difficile, che ha i tratti duri e violenti della storia: le
montagne invalicabili sono quei muri che tagliano in due villaggi, case e oliveti; i burroni
scoscesi sono le trincee scavate per non offrire bersaglio e per meglio uccidere; sono
l'isolarsi per paura... anche la nostra geografia interiore, una mappa di ferite mai guarite,
di abbandoni patiti o inflitti.
Il profeta per vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti
spianati. Per il viaggio mai finito dell'uomo verso l'uomo, dell'uomo verso il suo cuore. E
soprattutto di Dio verso l'uomo.
Un'opera imponente e gioiosa, e a portarla a compimento sar Colui che l'ha iniziata.
L'esito certo, perch il profeta assicura Ogni uomo vedr la salvezza. Ogni uomo? S,
esattamente questo: ogni uomo. Dio viene e non si fermer davanti a burroni o montagne, e
neppure davanti al mio contorto cuore. Raggiunger ogni uomo, gli porr la sua Parola nel
grembo, potenza di parto di un mondo nuovo e felice, dove tutto ci che umano trovi eco
nel cuore di Dio.
(Letture: Baruc 5, 1-9; Salmo 125; Filippesi 1, 4-6.8-11; Luca 3, 1-6)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
13/12/2012
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che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto
giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che
ha creduto nell'adempimento di ci che il Signore le ha detto.
Nell'ultimo tratto di strada verso Natale ci fa da guida santa Maria, una ragazza gravida di
Dio, incinta di luce.
Maria si mise in viaggio in fretta. L'amore ha sempre fretta. sempre in ritardo sulla fame
di abbracci. Va leggera, portata dal futuro che in lei, e insieme pesante di vita nuova.
Quel peso che mette le ali e fa nascere il canto. Una giovane donna aperta, che emana
libert e giovinezza.
Entrata nella casa di Zaccaria, salut Elisabetta. E l'anziana, anche lei colma di una vita
impensabile, riempita di Spirito, perch Maria porta Dio con s e contagia d'assoluto
chiunque incontra: benedetta tu fra le donne, che sono tutte benedette.
E dove Dio giunge, c' un sussulto del cuore, come per il piccolo Giovanni; dove Dio
giunge scende una benedizione, che una forza di vita che dilaga dall'alto, che produce
crescita d'umano e moltiplicazione di vita, in tutte le sue forme. Come in Genesi: Dio li
benedisse dicendo crescete e moltiplicatevi.
Due donne sono i primi profeti del nuovo testamento, e le immagino a braccia aperte,/
inizio di un cerchio / che un amore pi vasto / compir (M. Guidacci).
Allora Maria canta: magnifica l'anima mia il Signore. Che mi piace tradurre cos: cerco nel
cuore le pi belle parole per il mio Dio. Le pi belle che so, le migliori che ho. L'anima
danza per il mio amato.
E poi coinvolge poveri e ricchi, potenti e umili, sazi e affamati di vita, nel pi grande
canto rivoluzionario d'avvento (Bonhoeffer).
Mi stupisce che in Maria, nella prima dei credenti, la visita di Dio abbia l'effetto di una
musica, di una lieta energia. Mentre noi istintivamente sentiamo la prossimit di Dio come
un dito puntato, come un esame da superare, Maria sente Dio venire come un tuffo al
cuore, come un passo di danza a due, una stanchezza finita per sempre, un vento che fa
fremere la vela della vita.
M'incanta che la presenza di Dio produca poi l'effetto di una forza di vita e di giustizia
dirompente, che scardina la storia, che investe il mondo dei ricchi e lo capovolge (le loro
mani sono vuote, stringono aria); investe la storia dei potenti e li rende uguali a tutti gli
altri, senza troni, ritornati in s, finalmente.
Questo il Vangelo che, raccontando la visita di Maria ad Elisabetta, racconta anche che
tutte le nostre visite, fatte o accolte, hanno il passo di Dio. Ognuno portatore di Dio, perch
Dio cerca madri per incarnarsi ancora.
Il Natale certezza e memoria che c' della santit in ogni carne, che ogni corpo una
finestra di cielo, che l'uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del suo
cuore batte un altro cuore, e non si spegner pi.
(Letture: Michea 5, 1-4a; Salmo 79; Ebrei 10, 5-10; Luca 1, 39- 45).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
27/12/2012
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La famiglia, prima scuola di santit
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