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FRANCESCANE
FONTI LITURGICHE
FRANCESCANE
a cura di
MARCO BARTOLI,]ACQUES DALARUN
J.
TIMOTHY ]OHNSON e FILIPPO SEDDA
traduzioni di
MARCO BARTOLI e FILIPPO SEDDA
m · Editrici Francescane
Fonti liturgiche francescane. Liturgia e identità minoritica nel X.Ill
secolo / a cura di Marco Bartoli, Jacques Dalarun, Timothy J. John
son e Filippo Sedda. - Padova : Efr-Editrici Francescane, 2015. -
256 p.; 21 cm.
ISBN 978-88-8135-031-5
1: Francescani - Sec. 13. - Fonti
2: Liturgia - Sec. 13. - Fonti
3: Francesco: da Assisi <santo> - Vita - Fonti
I: Bartoli, Marco - Dalarun, Jacques - Johnson, Timothy J. - Sedda,
Filippo
ISBN 978-88-8135-031-5
ALTRE ABBREVIAZIONI
FF Fontifrancescane, III ed., Padova 2011
FAF Fonti agiografiche dell'Ordinefrancescano, Padova 2014
Fontes Fontes Franciscanz� ed. E. M.ENFSTÒ e S. BRUFANI, Assisi 1995
AVVERTENZE
- I riferimenti in nota alle traduzioni delle FF o FAF sono indicati con
il numero marginale progressivo; solo in bibliografia - come indicato
- il rimando è alle pagine.
- Quando le citazioni bibliche sono letterali, le parole interessate sono
m corsivo.
- Per UfLL i riferimenti all'ufficio sono indicati con il solo numero
marginale, quelli alla leggenda sono preceduti da un asterisco.
Sezione prima
INTRODUZIONI
DAL FRANCESCO STORICO
di
]ACQUES DALARUN
traduzione di
MAR.cO BARTOLI
Gli studi francescani1 sono irrimediabilmente segnati da un
sigillo di passione. In questo, sono proprio il riflesso dell'uomo
che si sforzano di mettere a fuoco. I colpi di scena si susseguono:
d'improvviso una fonte torna alla ribalta o vi è un cambiamento
radicale di punto di vista sull'uomo, o una rivoluzione nell'in
terpretazione del suo messaggio e del suo ruolo. Si tratta di un
settore in cui le prese di posizione raramente sono tiepide e i
dibattiti raramente sono sereni.
8 P. SABATIER, Vie de S. François d'Assise, 1894, ed. definitiva 1931, p. 44. Noi
diamo i riferimenti all'opera nell'originale edizione postuma che ha il vantaggio
di compendiare le edizioni anteriori (ad esempio degli estratti di altre pubblica
zioni) permettendo perfettamente di distinguerne gli strati. Per una traduzione
italiana cfr. P. SABATIER, Vita di san Francesco di Assisi, trad. G. Zanichelli, presen
tazione L. Bedesclù (Oscar saggi), Milano 1994.
14 Sezione prima - Introduzioni
Gli storici ufficiali di San Francesco hanno fatto per la sua biogra
fia quel che Giotto ha fatto per il piccolo santuario. Nella maggior
parte dei casi, gli hanno reso cattivo servizio. Gli abbellimenti
che essi hanno aggiunto alla sua vita hanno fatto dimenticare il
san francesco della realtà, che invece era infinitamente più bello.
[...] E per questo che la ricerca della storia dietro alla leggenda è
un'opera pia9•
L'ultima sezione del volume del 1894, «Studio critico delle
fonti», è tutt'altro che un'appendice. Sul lungo periodo, ha eser
citato un'influenza determinante. L'autore tratta, l'una dopo l'al
tra, delle «opere di san Francesco», di cui egli sottolinea l'im
portanza fino ad allora trascurata, delle «principali biografie
primitive», delle «fonti diplomatiche» e delle cronache interne o
esterne all'Ordine dei frati Minori. Forse è proprio li, nella parte
dedicata alle biografie, che si cristallizza più profondamente e in
maniera più duratura il gioco dei ruoli intorno alla memoria del
fondatore: Elia è un traditore; Tommaso da Celano un debole
sotto la sua influenza; Bonaventura è un moderato, preoccupato
soprattutto di pacificare l'Ordine. La sua leggenda è «una mola
in cui l'autore infaticabile ha accumulato, un po' a caso, i co
voni dei suoi predecessori»10 . Egli «ha voluto scrivere una sorta
di biografia ufficiale o canonica; ci è riuscito troppo bene»11 : la
«leggenda di san Bonaventura», come la chiama Paul Sabatier12,
cioè la Leggenda !l'laggiore di san Francesco. Perché della minore, come
pure dell'Ufficio o della Vita di san Francesco di Giuliano da Spira
egli non fa nemmeno menzione.
E per una buona ragione. Non è dalla parte delle «litanie» che
lo storico può sperare di avvicinarsi al «San Francesco della re
altà»13. Nella sua prefazione alla nuova edizione del 1918, distin
guendo tra i suoi lettori pii e razionalisti, Paul Sabatier aggiunge:
Per gli uni, come per gli altri, ciò che più conta è di essere in gra
do di penetrare nell'intimità della coscienza di san Francesco, di
divenire testimoni simpatetici del fiorire del suo pensiero, per tro
varne le radici ed essere in grado di contemplarne lo sviluppo14.
E per farlo, due guide: Francesco stesso e «frate Leone d'Assi
si, il confidente fedele dei suoi pensieri» 15• Già nella sua prefazio-
9
lbide111, p. XXXIll.
10
Ibide,11, p. 538.
Il
[bidelll, p. 540.
12
Ibidem, p. 535.
13
Ibidelll, p. xxxm.
14
Ibidem, p. xxxvm.
15
Ibide111, p. XXXVIII.
Dal Francesco stonco al Francesco della Sto,ia 15
16
Ibidem, p.496.
17 R. MlcHETTI, Francesco d'Assisi e il paradosso della minoritas. La Vita beati
Fra11cisci di To11m1aso da Ce/a110 (Nuovi studi storici, 66), Roma 2004; THOMAS DE
CELANO, Les Vies de sai11t Fra11çois d'Assise. Vie d11 bienhe11re11x Fra11çois, Légende de
cha11r, Ugende 0111b1ien11e, Mé1J101ia/ dans le désir de /'lime, ed. J. DALARUN e D. POIREL,
Paris 2009; D. POIREL, L'éc,iture de Tho111aJ de Cela110: 1111e rhétorique de la mpt11re, in
Fra11ct'sca11 Studies, 70 (2012) 73-99; IDEM, De l'i11tégralio11 au dépo11il/mm1t: Thomas
de Celano et sa réceplion de q11elq11es thèllles d'H11g11es de Sai11t-Victor, ibidem, 341-366.
18 Elia da Cortona tra realtà e 11ito. Atti dell'Incontro di studio, Cortona, 12-13
1
luglio 2013, Spoleto 2014. I lavori di Giulia Barone, in parte riuniti in G. BARO
NE, Dafrate Elia agli Spirituali (Fonti e Ricerche, 12), Milano 1999, hanno giocato
un ruolo determinante nella nuova intelligenza del personaggio.
19
Anche di questo, ci si sta lentamente liberando. La coerenza dell'opera
di Bonaventura, teologo, ministro generale e agiografo, è stata perfettamente
compreso da C. LEONARDI, Bonaventura e Fra11cesco, in La letteratura Jra11cesca11a,
ed. C. LEONARDJ, voi. 3, Bo11avent11ra: la pe,fezione mslia11a (Scrittori greci e latini),
Milano 2012, pp. xm-c. Segnaliamo il rinnovamento degli studi bonaventuriani
in Francia, oltre i lavori di André Ménard, con E. FALQUE, Saint Bo11avent11re et
l'entrée de Die11 e11 théologie. La So111111e théologiq11e d11 Breviloquù,111 (Études de philo
sophie médiévale, 79), Paris 2000; L. SoLJGNAC, La théologie symbolique de sai11t
Bo11ave11t11re (Cahier du Collège des Bernardins, 95), Paris 2010; EADEM, La voie
de la ressembla11ce. Ili11éraire da11s la pensée de saù,t Bo11ave11t11re (De visu), Paris 2014;
più estesamente, B. FORTHOMME, Histoire de la théologieJn111ciscai11e. De saint Fra11çois
d'Assise à 11osjo11rs, Paris 2014; E. FALQUE e L. SoLJGNAC, Pemer enJra11ciscaù1, in
ÉtudesJra11ciscai11es, n. s. 7 (2014) 297-325.
20
Colpisce il fatto che, nella raccolta Lege11dae S. Fra11cisciAssisiemis saec11lis XIII
16 Sezione prima - Introduzioni
25
Ibidem, p. xxx.
26
J. DALARUN, Governare è servire. Saggio di democrazia medievale (Fonti e Ricer
che, 24), Milano 2015, pp. 131-198 (ed. orig. Paris 2012).
27
G. DuBY, A la recherche d11 Mqyen Àge, propos recueillis par M. PIERRE, in
Magazine littéraire, novembre 1996, pp. 100-101 [n.d.r. la traduzione del testo è
18 Sezione prima - Introduzioni
Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti28•
Questa è probabilmente la frase che è stata più spesso pro
nunciata nel corso dei secoli su Francesco d'Assisi 29• Io non sono
sicuro che sia la più citata negli studi francescani. I frati Mino
ri - ma anche le sorelle Clarisse e gli Eremiti di Sant'Agostino,
che avevano adottato la loro liturgia - erano soliti recitare questa
preghiera a conclusione dei primi vespri di San Francesco il 3 ot
tobre sera, poi il 4 ottobre al mattutino, alle lodi, a prima, a terza,
a sesta e anche a conclusione dei secondi vespri il 4 ottobre sera.
Nel frattempo, la formula era tornata sulle loro labbra o alle loro
orecchie come colletta della messa, celebrata tra l'ora di terza e
quella di sesta: otto volte in poco più di 24 ore. Dal 1244, quando
il dies natalis di Francesco è stato esteso per un'ottava, 1� pre
ghiera era recitata sette volte di più per altri sette giorni. E vero
che una domenica faceva parte necessariamente nell'ottava e che,
quel giorno, la preghiera era recitata soltanto ai vespri. Essa era
in ogni caso pronunciata cinquantadue volte in otto giorni, alle
quali vanno aggiunti gli otto giorni della festa della Traslazione il
25 maggio. Sessanta. Nel XIV secolo, si è arrivati fino a settantotto
ricorrenze annuali con la festa delle stigmate. Prima di arrivare a
diciassette anni di professione, un frate minore aveva superato le
mille invocazioni, duemila in poco più di 33 anni, tremila, se riu
sciva a raggiungere i 50 anni di vita religiosa: «Dio, che per i me
riti del beato Francesco accresci la tua Chiesa...». Ora, l'ufficio
medievale di san Francesco dovuto a Giuliano da Spira, è stato in
vigore nella Chiesa universale fino alla riforma tridentina del XVI
secolo e nell'Ordine dei frati Minori fino al Concilio Vaticano II.
nostra).
28 UFLL 6, 21 e 25; Messa 2.
29
In uno spirito molto vicino al nostro, la recensione delle opere più diffuse
è il principio del programma FAMA (Fama Auctorum Medii Aevi. «CEuvres
latines médiévales à succès»), diretto dall'École nationale des chartes (Pascale
Bourgain) e dall'Institut de recherche et d'histoire des textes du CNRS (Domi
nique Stutzmann e Francesco Siri). Le opere più diffuse nel Medioevo sono, da
un certo punto di vista, le meno conosciute dai medievisti: precisamente per la
loro abbondante tradizione manoscritta, sono anche quelle che più scoraggiano
i lavori di edizione. Si potrebbe avanzare questa regola generale: più un'opera
è stata realmente utilizzata nel Medioevo, più la sua edizione moderna lascia a
desiderare.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 19
. Così pre�entata,
. questa leggenda è al tempo stesso scono
scmta e familiare. Forse un frate Minore, una sorella clarissa un
terz�ario, un devoto leggeva una volta l'anno la Leggenda maggio
r� di Bonaventura,. Ma, per sovrapporre i loro passi sulle orme
di Francesco, essi percorrevano obbligatoriamente dieci volte
l'anno il sentiero precedente, che costituisce il nucleo centrale
dell'uffi
_ cio composto
_ da Giuliano da Spira: quello che i liturgisti
definiscono precisamente come l'historia del santo31• E non è mai
la Leggenda maggiore il testo che la famiglia francescana ha avuto
meglio in mente, ma la Leggenda minore che, dal 1266 con sessan
tatré lezioni, regnava sovrana sui notturni del ma�tutino del 4
ottobre � della su� ottava. Proprio come la Leggenda minore, non
la maggiore, forrusce la tela e le didascalie degli affreschi nella
Basilica superiore di Assisi32 •
N?� smetteremo di lavorare sugli autografi, sulla Vera e peifet
ta letizia o sulla Compilazione di Assis11 Essi rimangono essenziali
per conoscere e capire Francesco dall'interno33. Ma occultare il
Francesco della liturgia negli studi francescani, lasciarsi ipnotiz
zare dal Francesco storico, offuscando il Francesco della Storia
significherebbe privarci di una leva di congiunzione essenzial�
tra l'individuo e la sua influenza. Inoltre, queste due facce del
lo stesso essere non debbono in nessun modo essere messe in
31 UfLL.
.
32
0'"'.'-�UNTO, Le didascalie del ciclofra11cesca110 della Basilica s11pe1iore di Assisi,
�-
tn Le 11n111ag1m delfrancescanesimo. Atti del XXXV1 Convegno internazionale Assisi
9-11 ottobre 2008, Spoleto 2009, pp. 167-193. ' '
33
Aggiungiamo che queste fonti conobbero una diffusione indiretta: la Com
pilazione di Assisi per via dello Specchio di perfezione e la Vera e perfetta
letizia (FF
278) per via degli Atti del beato Francesco, 7 (FAF 1465-1467), e dei Fioretti, 8 (FF
1836).
22 Sezione prima - Introduzioni
34
J. DALARUN, Introduction, in François d'Assise. Écrits, Vies, Témoignages, p. 28.
35
J.- B. LEBJGUE, Introduction a JuuEN DE SPIRE, Office et Vie de saint Françoi.r,
ibidem, 705-738. Cfr. anche B. FoRTHOMME, Histoire de la théologie Jranciscaine, pp.
68- 75: La configuration lit11rgiq11e de François d'Assise.
36
T. j. JoHNSON, Introduction a BoNAVENTU_RE DE BAGNOREGIO, LJ'I Légende
mine11re de François d'Assise, in François d'Assise. Ecn"ts, Vies, Té!lloignages, pp. 2140-
2151. Sulla scelta cli piazzare la Leggenda minore prima della Leggenda maggiore, cfr.
l. OALARUN, lntroduction, p. 47.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 23
37
Sui differenti metodi editoriali, cfr. D. POIREL, L'édition des textes médiola
tit(s, in Pratiq11es philologiques en Europe. Actes de la journée d'étude organisée à
l'Ec�le des Chartes le 23 septembre 2005, ed. F. DuvAL (Études et rencontres
de l'Ecole des chartes, 21), Paris 2006, pp. 151-173.
24 Sezione prima - Introduzioni
4
'G. BAROFFIO, li canto nel messale di Barbara, in Messale di Barbara del Bmnde
b11rgo. Edizione inJacsi111ile, ed. R. BINI, Modena 2012, p. 105: «Come si verifica
in ogni fonte liturgica, la fedeltà al modello si coniuga con un'ampia libertà che
emerge in una miriade di piccole varianti melodiche».
46 lo ho consultato la totalità dei breviari minoritici della Biblioteca aposto
lica Vaticana segnalati da P. SALMON, Les 111a1111sc,its liturgiq11es de la Bibliothèq11e
Vatica11e (Studi e testi, 251, 253, 260, 267 e 270), 5 voi., Città del Vaticano 1968-
1972, e la totalità dei breviari minori delle biblioteche pubbliche di Francia se
gnalati da V. LEROQUA1S, Les bréviaires 111a1111sctits des bibliothèques p11bliq11es de Fra11ce,
5 voi., Paris 1934, quasi di un centinaio di manoscritti.
47
R. A. RAPPAPORT, Rito e religione nella costruzio11e delt11111a11ità, Padova 2004,
p. 64: «Performance of more or less invariant sequences of formai act and ut
terances not entirely encoded by performers» (ed. orig. Cambridge 1999, p. 24).
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 27
di
TIMOTHY J. JOHNSON
traduzione di
MARCO BARTOLI
Al termine di una visita di studio a Roma nel maggio del 2013,
animata da studenti dagli occhi spalancati, desiderosi di conosce
re, e caratterizzata da meravigliosi incontri con colleghi, mi ritro
vai una sera nell'abbraccio familiare del colonnato del Bernirù.
Scivolando dietro la cupola di Michelangelo, il sole creava un gio
co di luce e di tenebre sulla piazza San Pietro, che si sposava con
il suono delle campane della sera proveniente dalla basilica. Non
appena esse annunciarono la fine del giorno, accanto a me una
giovane madre cominciò a cantare sommessamente in francese
una ninna nanna al suo bambino. Erano esattamente la stessa
melodia e le stesse parole che molti anni prima avevo imparato
anche io in una scuola elementare dall'altra parte dell'Atlantico:
Frère Jacques, Frère Jacques, Dormez-vous? Dormez-vous? Son
nez les Matines! Sonnez les Matines!
Come suggerisce la canzone popolare francese, non è un
compito facile anche per chi è nella vita religiosa alzarsi al buio
per la liturgia del mattutino. Quella memoria culturale, espressa
in maniera così naturale sotto forma di canzone da una madre
in quella serata romana, suggerisce alla maggioranza di coloro
che l'ascoltano la speranza di sonno confortante, piuttosto che
di una veglia di preghiera. Secoli prima di Frère Jac ques, un altro
frate, noto al mondo come Francesco d'Assisi, aveva anche lui
familiarità con il mattutino e con il buio della notte. Anche i suoi
frati avevano la stessa familiarità.
Qualche sera dopo ho incontrato un'altra madre, Maria, la
madre di Gesù, durante la preghiera di compieta nella Cappella
del K.ing's College di Cambridge. Anche se alcuni studiosi del
luogo mi hanno consigliato posti migliori da visitare che la "tu
ristica" cappella del King's College, io sono contento di esserci
andato prima che mi fosse suggerito diversamente. Qui, nell'ab
braccio sconosciuto, ma intimo, del coro, al di là dello schermo
cinquecentesco, mi sono unito in preghiera con una miscela di
pellegrini e turisti attirati da questo rinomato servizio liturgico.
II Magnificat e il dipinto della Presentazione del Bambino Gesù ai
Magi dietro l'altare parlavano di nuovo di bambini. Avvolto dalla
musica, dalle immagini e dalla comunità riunita, mi è tornata alla
mente l'immagine di Giotto di Francesco e dei suoi frati in canto
dietro il coro di Greccio con il bambino Gesù. A quel punto
32 Sezione prima - Introduzioni
3 Cfr. E. RAVA e F. SEDDA, Sulla tracce dell'autore della Legenda ad usum chori
beati Francisci. A11alisi lessicografica e ipotesi di atl!ibuzione, in Archiv11!l1 Lati 11itas
MediiAevi, 69 (2011) 107-175.
4 Cfr. sopra J. DALARUN, Dal Francesco sto,ico al Fra11cesco della Stona, pp. 11-28.
5 L'identità minoritica forgiata dalla liturgia è principalmente, non esclusiva
mente, un'identità francescana.
6
J. DALARUN, Co1J1111ent détmire /es légendesfra11ciscai11es, pp. 215-229; F. SEDDA,
La Legenda liturgica vaticana per l'ottava di san Fra11cesco, pp. 83-126.
7 J. DALARUN, La Vie retrouvée de Fra11çois d'Assise, Paris 2015; IDEM, Thome
Cela11e11sis Vita beati pat,is nostri Francisci. Présentation et édition critique, in A11alecta
Bollandiana, 133/1 (2015) 23-86; IDEM, Tom,naso da Cela110, La Vita del beato padre
nostro Francesco, traduzione italiana a cura di F. Sedda, in Frate Francesco (in corso
di stampa), lo stesso articolo sarà edito in lingua francese in Étudesfra11ciscai11es,
(in corso di stampa) .
8 J.-B. LEBIGUE, Introd11ctio11, pp. 705-738.
34 Sezione prima - Introduzioni
9
Sull'ufficio liturgico nei prinù decenni della comunità minoritica, cfr. P.
MEssA, Un testimone de/l'evoluzione liturgica, in Revirescunt cha,tae codices documenta
textus. Miscellanea in honoremJr. Caesaris Cenci OFM, ed. A. CACCIOTII e P. SELLA,
Roma 2002, I, pp. 5-141. Alcurù documenti sulla liturgia minoritica sono dispo
nibili anche in Uturgia'wi San Francesco d'Assisi.
10
G. AGAMBEN, Opus Dei: Archeologia de/l'ufjìcio (I-forno sacer, II, 5), Torino 2012.
11
G. AGAMBEN, Altissillla povertà. Regole monastiche e forma di vita (Homo sacer,
IV, 1), Vicénza 2011.
12
Sulle origi1ù dell'ufficio del mattutino, cfr. R. TAFT, The Ut11rgy of the Hours
in East and West: The Origim of the Divine Office and its Meaningfor Today, Colle-
Il Francesco pregato 35
18
G. AGAMBEN, Altissiv,a povertà, p. 146.
19 GUGLIELMO DI MIDDL ON, Opusc11l11m s11pennissav1, Romae 1931, p. 17.
'x"
20
G. AGAMBEN,AltissimaJJovertà, p. 136.
21
AP 19 (FF 1509). Cfr. anche, Test 5 (FF 111).
22
Evocare la croce come fa Francesco, è un gesto liturgico-verbale, che
esprime l'estetica della Redenzione figurata, in certe dùese, nella architettura
cruciforme e· la rappresentazione artistica della crocifissione; cfr. G. BoNACCOR
so, L'estetica del rito: sentire Dio nell'arte, Milano 2013, pp. 185-203.
Il Francesco pregato 37
2
3 AP 20 (FF 1509).
24
P. MEssA, Un testimone dell'evol11ziot1e liturgica, 16, nota 47. Le più tardive co
stituzioni della provincia nùnoritica della Provenza mostrano che la situazione
era molto differente dopo il 1263: «Inoltre, i laici che restano senza licenza per il
mattutino, dicano le loro colpe in capitolo» («ltem, layci remanentes de maturino
sine licentia, dicant in capit:ulo culpas suas») F. DELORME, Constitutiones Provinciae
Provinciae (saec. xm-XIV}, in Archiv11m Fra11cisca1111m Historit11t11, 14 (1921) 425.
25
J. -Y. LAcosTE, Experimce and the Abso/11te, p. 7.
26
Su questo tema, cfr. E. S. CASEY, Getti1ig Back into Piace: Toivard a Re11e1ved
Understanding of Place-World, Bloonùngton 2009.
27
P. CONNERTON, Ho1JJ Moderni(} Forgets, Cambridge 2009, pp. 4-5.
28
Test 24 (FF 122).
38 Sezione prima - Introduzioni
38 Lm 2, 6. \
39 UtLL *5.
40
J.-B. LEBIGUE, Introduction, pp. 706-709.
41
P. CONNERTON, Ho1v Modemi(y Forgets, pp. 4-5.
Il Francesco pregato 41
42 P. CoNNERTON, Ho//J Societies Re111e111ber, Cambridge 2013 (I ed. 1989), pp. 21-34.
42 Sezione prima - Introduzioni
mattutino e agli altri elementi dell'ufficio divino alla fine del xnr
secolo rivela che queste azioni rituali rie?trano nei parametri d�l
la definizione di Rappaport52• Quando s1 ra �col�o1?-o a pre �are 1n
qualsiasi luogo spe �ifi70, i frati ran ?o uso di az1oru formali (pro_
strazioni, genufless1oru, process1oru, ecc.) e parole
_ 9ettur �, s�,
antifone, ecc.) che rimangono più o meno u�for� (UJJi.cto �t San
Francesco) finché non vengono modificate dai frati (capitoli pro
vinciali e generali) e la cui ori �ine. ?on è soltanto in.te.rna all'O:
dine (rito romano). Quando s1 utilizza questa �e�r_uz1on _ �, pero,
ciò che colpisce immediatamente alcuru letton e il nfenmento
di Rappaport alla "performanc�" in quello. c�e è considerato da
molti come una forma di preghiera. Tuttavia, il teologo benedet
tino Giorgio Bonaccorso, usa un linguaggio simile:
Il rito non è la rubrica, ma in un modo di dire la messa in scena
della rubrica [.. .] il rito è la scena del sacro, cioè, si è qualificato
come una peiformance religiosa 53•
La considerazione del rito come performance apre un vasto cam
po di ricerca interdisci,rlina :e, che _pe�mett� di .coi:ioscere meg �o
il "Francesco pregato e da ultenon motivaz1oru per lo studio
dell'agiografia ad uso liturgico. Gli sfor �i di Bonaccorso p�r v�
dere il rito attraverso la lente dell'estetica servono da gwda 1n
questo dialogo relativamente rece �te� ma se n:ipre più produttivo.
Egli inizia ricordandoci che la Bibbia . e 1� liturgia non .dev �no
semplicemente ess �re as�olt�te o �e�1t� 11:1 un mo�o . nd�� tivo
che ignori le loro dimens1oru mul�-lingwstiche e artistiche . Al
contrario, la fede va ben oltre ogru credenza meramente con �et�
tuale e comporta il sentire, vedere, percepire e. tocc�e. Em� )ZlOru
e sensazioni entrano in gioco insieme con la nfl.essione ragionata
e con una miriade di espressioni artistiche, che si rivelano nell'ar
chitettura, nella musica, nella poesia e in altro ancora. In una
parola, la fede è incarnata qu�n�o ab�Jtaccia tutta la persona nella
società. Quando questa realta viene ignorata, Bonaccorso a�er
te che l'esperienza religiosa rischia di diventare apati7a e asetti� a.
Di conseguenza, il rito è fondamentale perché favonsce una ne
ca dinamica estetica propria di una fed� incarnata. D'altr� parte,
l'ignoranza e persino il disprezzo del nto possono f�vor1re una
-
diffidenza verso la corporeità e il corpo come luogo di salvezza55.
52
S. J. P. VAN DIJK, Sources of the Modern Roman Uturgy.
53
G. BoNACCORSO, L'estetica del 1ito, pp. 89-90.
54
Ibidem, 7-8.
55 Su l'estetica, la liturgia e il corpo, cfr. anche T. VERDON, Il catechismo della
56 Ufl.,L *3.
57
T. VERDON, Il catechismo della carne, pp. 70-7 4.
5s VbF 84 (FF 466).
59
LM 2, 6-7 (FF 1045-104 7).
46 Sezione prima - Introdu zioni
63
«Matutinum dicimus de nocte, quia de nocte natus est Christus de beata
Virgine et pannis involutus et in praesepio reclinatus et tunc Angeli cantaverunt
Gloria in excelsis etc. et tunc stella Magis apparuit in Oriente»: GUGLIELMO DI
MIDDLETON, Op11smluv1 super t11issa111, p. 17.
64 Su questa questione, cfr. V DouCET, The History of the Problem of the Au
thenticity of the Summa, in Fra11cisca11 Studies, 7 (1947) 26-41, 274-312 e I. BRADY,
The Summa Theologica of Alexander of Ha/es, in Archiv111J1 Francisca1111m Histo,i
mm, 70 (1977) 437-447 .
48 Sezione prima - Introduzioni
contano questa storia del giovane Francesco a San Damiano. Questa semplice,
ma elegante preghiera parla di Francesco che implora il soccorso di Dio. Que
sto episodio ha implicanze liturgiche; cfr. Lm 1. Sulla storia della croce di San
Damiano, cfr. S. GIEBEN, Die Tafelkreuz von S. Dal!liano in der Geschichte. Mit einem
ikonographischen Anhang, ÌJ.1 Col/ectanea Franciscana, 71 (2001) 47-63.
87 CA 65 (FF 1593).
88
Test 24 (FF 122).
89 Trat 3 (FF 823).
90 R. C. TREXLER, The stigmatized body of Francis of Assisi: conceived, processed,
disappeared, in Fro,mnigkeit im Mittelalter. Politisch-soz1ale Kontexte, visuel/e Praxis, kiir
perliche Ausdrucksformm, ed. K. ScHREINER, Miinchen 2002, pp. 463-497.
91 Trat 159 (FF 980).
92 Ibidem: «super locum remansit» (Fon/es, p. 736).
52 Sezione prima - Introdu zioni
9
lMem 106 (FF 693).
94
Lm 6, 3-4.
95
Mem 224 (FF 820).
% Sui tempi e l'agiografia, cfr. A. N. TERRIN, Il rito cof!le
scansione del_te11,po:
Per 1111a teolia del rito come 'indugio simbolico', in Uturgia delle ore: tev,po e nto, ed.
F. BROVELLI e S. M.AGGIANI, Roma 2010, pp. 15-44 e J. LE GoFF, Il lefllpo sacro
dell'uomo: La "Legenda aurea" di Iacopo da Varazze, trad. P. Galloni, Bari 2012 (ed.
orig. Paris 2011).
Il Francescopregato 53
97
J. DALARUN, La Vie relrouvée de François d'Assise, pp. 12-14.
98 T. J. JoHNSON, Prolegomena lo the Study of Bo11ave11t11re's Legenda Minor, in Frate
Francesco, 76 (2010) 225-239.
54 Sezione prima - Introdu zioni
110
J. MooRMAN, The History ef the Franciscan Order, Oxford 1966, pp. 118-
119. Cfr. anche E. PASZTOR, La chiesa deifrati Minori tra ideale di Sa11 Francesco ed
esigenze del/a c11ra del/e a11illle, in Lo spazio de/1'11mi/tà, p. 65 e G. VILLETTI, L'edilizia
me11dica11te in Ita!t'a, ibidem, p. 227.
111 M. SALVATORI, Le prime sedifra11cesca11i, pp. 82-84. Cfr. anche L. D1 FONZO,
G. 0DOARDI e A. POMPEI, I Frati Minori Co11ve11t11ali, Roma 1978, pp. 40-41.
112 W.
ScHENKLUHN, Architektur der Bettelordm. Die Ba11kunst der D0111inika11er
1111d Fra11ziska11er in E11ropa, Darmstadt 2000, pp. 81-83 e 239-240. Su vari aspetti
di questa questione, includendo l'attività pastorale dei mendicanti nelle loro
chiese, cfr. I. FRANK, Bettelordenskirche11 als 11111/tif11nktionale KJfltriiu111e. Ein Beitrag
zur Bettelorde11skirche11jorsch1111g, in Wissenschaft u11d Weisheit, 59/1 (1996) 93-112.
La divisione della chiesa e, in aggiunta, l'enfasi sul coro è evidente anche nel
la regolamentazione architettonica e artistica contenuta nelle Costituzioni di
Narbona. Solo l'abside della chiesa deve avere una volta e nessuna vetrata deve
essere installata, eccetto nelle finestre principali del coro; cfr. BoNAVENTURE,
Wtitings Concerning the Francisca11 Order, ed. D. MONTI, St. Bonaventure (NY)
1994, p. 86, n. 17-18.
m Sulla questione dell'architettura minoritica e la divisione tra i frati e i laici,
58 Sezione prima - Introduzioni
118 Ufl..
L *14. Questo miracolo è rappresentato già nella tavola di Pescia,
dipinto da Bonaventura Berlingheri a partire dal 1235; cfr. E. DuFFY, Finding
Saint Francis: Ear/y l!llages, Ear/y Lives, in Medieval Theology and the Natural Boqy,
ed. P. BILLER e A. J. MINNJS, Suffolk 1997, p. 207. Su questo stesso miracolo
nella tavola Bardi, dipinta successivamente e conservata nella chiesa minoritica
di Santa Croce di Firenze, cfr. C. FRUGONI, Fra11cesco tm 'altra stona, Genova 1988,
pp. 31-32.
119 K. K
ROGER, Un santo da g11ardare: /'im111agine di san Fra11cesco nelle tavole del
Duecento, in Francesco d'Assisi e il pn,110 secolo di sto,ia francescana, ed. A. BARTO
Ll LANGELI e E. PRINZIVALLI, Torino 1997, pp. 152-153. Cfr. anche D. BLUME,
-Wand!llalerei afs Ordenspropoga11da, p. 107.
120
K . KROGER, Un santo da g11ardare, pp. 145 e 158.
121
Ibidev,, 152-157.
60 Sezione prima - Introdu zioni
122
D. BLUME, WandtJ1alerei als Ordenspropoganda, pp. 10-13.
123
Ibide111, 20-21 e 107; K. KROGER, Un santo da guardare, pp. 157-161.
124
D. BLUME, Wand!llalerei als Ordenspropoganda, p. 9.
m L'evoluzione dell'identità minoritica, specialmente rispetto all'espressione
architettonica, suscita disapprovazione e resistenza intorno al 1240 da parte
di alcuni frati abituati ai più antichi posti romanici dell'Umbria frequentati da
Francesco: cfr. CA 106 (FF 1654).
126
Sulla composizione e la datazione dell'opera di Giuliano, cfr. J.-B. LEB
IGUE, Introduction, pp. 705-738. Ri guardo all'esistenza al di fuori dell'Ordine dei
frati Minori, di leggende liturgiche ispirate agli scritti di Giuliano da Spira, cfr. T.
DESBONNETS, La diffi1sion du et1/te de saint François en France d'après /es bréviaires ma
n11scrits étrangers à l'Ordre, in Archiv11m Fra11cùca1111tJ1 Histo1ic11v1, 75 (1982) 169-17 4 .
La leggenda scoperta da Théophile Dcsbonnets - presente i n questo volume
come la Leggenda lii11rgica di Chiilons-en-Champagne dalla Vita di san Francesco - in
triga da numerose prospettive, a partire dal fatto che non contiene riferimenti
alla canonizzazione, alla sepoltura provvisoria di Francesco a San Giorgio o
alla traslazione del suo corpo alla Basilica inferiore di Assisi. L'ultima lettura si
riferisce, in effetti, alle stigmate.
Il Francesco pregato 61
EPILOGO
Ora, non più abbracciato dal colonnato del Bernini al cre
puscolo, o seduto nel coro della cappella del King's College a
Cambridge, mi ritrovo, invece, a casa, nella città coloniale di St.
Augustine in Florida. Verso la fine del XVI secolo i francescani
cominciarono a celebrare le loro vigilie su questa riva del «Gran
de Oceano» di Cristoforo Colombo, mentre il sole ancora era
alto sopra gli altipiani e le montagne della Spagna dall'altra spon
da dell'Atlantico. Infatti, il cronista francescano Francisco Pareja,
racconta che i nativi della Florida erano eccellenti nella preghiera
liturgica grazie agli sforzi dei suoi confratelli dentro ed intorno a
St. Augustine 128• Collocata molto più vicino ai tropici che l'Italia
o l'Inghilterra, St. Augustine è immersa in una luce più intensa e
duratura. Le notti sono di un'oscurità setosa perforata dalle stelle
e dalle luci della strada, e spesso, se le finestre sono socchiuse,
si sentono i suoni di innumerevoli creature che restano sveglie.
Qui ci avviciniamo al termine della prima fase del lavoro della
nostra collaborazione transatlantica. Molto resta ancora da im
parare nella sezione successiva dedicata alla storia di queste fonti
liturgiche, curata dal mio collega Marco Bartoli, così come dalle
note introduttive di Jacques Dalarun e dai testi, che Filippo Sed
da ha curato e che, fedelmente tradotti in italiano, compongono
il cuore di questo volume.
Nel corso di questa prima sezione abbiamo privilegiato i lavori
127 F.
DoLCIAMJ, Francesco d'Assisi, pp. 25-26 e T. J. JOHNSON, Ù>st i11 Sacred
Space, pp. 121-123. Lo studio di Théophile Desbonnets sulla tradizione mano
scritta dei breviari di Francia mostra la diversità del materiale agiografico usato
per la festa di San Francesco, anche dopo l'introduzione della Legge11da 1J1i11ore;
cfr. T. DESBONNETS, La diff11sio11 du Ctilte de sai11t François, pp . 153-215.
128
«Declaraci6n de P. Fr. Francisco PAREJA. San Agustin, 14 septiembre de
1602», in P. Fr. JER6NIMO DE 0RÉ, RelacùJn historica de la Florida esc,ita en e/
siglo XVII, ed. A. Lé>PEZ, Madrid 1933, «II Apéndices», p. 26. Frate Francisco
Pareja inviò il suo rapporto a frate Blas de Montés, che si descrisse da solo per
una profonda dedizione alla preghiera liturgica; P. fr. PEDRO DE SALAZAR, Cronica
e histo,ia de lafimdaciony progreso de la provinca de Casti/la, de la Orden del bie11ave11t11rado
padre san Francisco, Madrid 1612, p. 127: «Lui fu sì dedito alla preghiera che non
lasciava il coro né di notte né di giorno. Sempre occupato a questo esercizio, lui
andò nella terra di El Dorado con il desiderio di soffrire il martirio da parte di
questo popolo barbaro, ma Dio, nei suoi segreti disegni, decise diversamente».
62 Sezione prima - Introdu zioni
,29 Lm 1, 1.
Il Francesco pre gato 63
no T. J. JoHNSON, The 5011/ i11 Ascent: Bo11a11ent11re 011 Poverg, Prqyer, a11d U11iot1
with God, St. Bonaventure (NY) 2012, pp. 99-101.
rn Il riferimento scritturistico è a Gc 1, 17, uno dei più frequenti passi biblici
citati nelle opere di Bonaventura. Sull'uso teologico del tema della luce in Bo
naventura con riferimento alla reductio, cfr. 011 the Reductio11 of the Arts to Theology,
ed. Z. HAYES, in Works of Saint Bonavent11re, voi. 1, St. Bonaventure 1996.
132 Le virtù sono enfatizzate in Lm 3, 1-9; 6, 9 e 7, 9. La dimensione cristolo
gica delle virtù appare nel primo Bonaventura parigino: BONAVENTURA, Co111111en
ta1ia i11 q11atuor libros Sententiam1JJ, III Sent., d. 34, p. 1, a. 1, q. 1, conci., col. 737a.
Il modello numerico della loro apparizione nella Leggenda 111inore sottolinea la
dinamica della reductio del testo liturgico e dell'architettura.
133 La tematica della luce e dell'oscurità nell'ufficio divino monastico è trat
tato da M. CASSIDY-WELCH, Monastic Spaces and their Mea11ings: Thirteenth Century
English Cistercian Monasteries, Turnhout 2001, pp. 96-100. Sul mattutino nel me
dioevo, cfr. J. HARPER, The FomJS and Orders of Western Ut11rgy fro111 the Tenth to
the Eighteenth Cent11ry: A Histo,ical I11 trod11ctio11 a11d Guidefar St11dents a11d M11sicians,
Oxford 1991, p. 86-97. Per l'ottava di san Francesco, cfr. F DoLClAMJ, Fra11 cesco
d'Assisi, pp. 39-44.
1 34 Lm 5, 9. Sull'apparente paradosso della luce e dell'oscurità nella teologia
della preghiera in Bonaventura, cfr. T. J. JoHNSON, The Soul i11 Ascent, pp. 167-168.
64 Sezione prima - lntrod11zioni
3
1 5 Lm 7, 1.
136 Lm 6, 2.
137
BONAVENTURA, Co/lationes in Hexaemero11, III, n. 31, in Doctoris seraplùci S.
BONAVENTURAE Opera omnia, voi. 5, Quaracclù (FI) 1891, col. 348b.
Il Francesco pre gato 65
138
CA 120 (FF 1674).
139 G. AGAMBEN, L'altissi111a povertà, pp. 110-111. Sulla preghiera come ne
cessità comparabile nella stessa nùsura al cibo, cfr. il testo di Eudes Rigaud nel
manoscritto di Bruxelles, Bibliothèque royale Albert l", 1542, f. 205r.
FRANCESCO «FORMA j\{[NORUM»
I TESTI LITURGICI FRANCESCANI
NELLA STORIA DEIL'ORDINE
DEI FRATI jy[[NORI
cli
MARCO BARTOLI
PREMESSA: L'UFFICIO LITURGICO
L'ufficio liturgico è sempre stato il compito specifico dei chie
rici. Da quando, con la riforma dell'Xl secolo, anche il clero se
colare aveva cominciato a vivere secondo uno stile monastico, la
recita delle ore canoniche era diventata una prerogativa fonda
mentale di tutti i chierici1 .
Nella tripartizione della società medievale in oratores, bellatores,
/aboratores, formalizzata, tra gli altri, da Adalberone di Laon, non
vi è dubbio che il compito principale del primo di questi tre ordi
ni, quello degli oratores, fosse quello di pregare2 • La preghiera era
concepita come la principale attività dei monaci, per i quali vale
va l'affermazione solenne della Regula Benedicti «Nihil operi Dei
praeponatur»3, nulla sia anteposto all'opera di Dio, cioè all'ufficio
divino. La preghiera monastica scandiva la vita e gli orari del mo
nastero. Il salmo 118 dice: «Sette volte al giorno ti lodo per la tua
giusta legge»4• I monaci avevano creato gli strumenti necessari
per tale preghiera: i salteri, i santorali, i lezionari ... cioè i libri
liturgici. Il canto dei monaci era diventato sempre più raffinato
e in alcuni monasteri diventava motivo di fama e di reputazione
di santità.
Nel Xlii secolo, il secolo di Francesco d'Assisi, l'ufficio litur
gico non era più soltanto il compito dei monaci perché anche i
preti diocesani, il clero secolare e i canonici se ne erano impos
sessati. Anche loro venivano a fare parte dell' ordo degli oratores.
Anche loro, come i monaci, erano gli specialisti della preghiera,
così come restavano gli specialisti della cultura scritta. Insieme,
preti, monaci e canonici costituivano l'insieme dei c/e1ici (i chie
rici), secondo una nuova divisione sociale, non più tripartita, ma
bipartita, proposta dal Decretum di Graziano: «duo sunt genera
christianorum, clerici et laici»5•
6
'Benedictus' in latino, significa 'benedetto' prima di divenire il nome pro
prio 'Benedetto'.
7 F. HEINZER, Der b
mmgene Heilige. Aspekte des litmgisch propagierten Franzjs
k11s-Bildes, in Wissenschaft tmd Weisheit, 74 (2011) 234-251.
72 Sezione prima - Introduzioni
9
E. CASELLA, Le festività mariane nei messali francescani. Dalla Lex orandi ai
contenuti teologico-liturgico-mariani, Roma 2011, p. 41.
10
Si tratta della sezione Legendae quaedan, fJ/inores S. Francisci Assisiemis in Vi
tis jr. Thomae Celanensis fimdatae del volume Legendae S. Francisci Assisiemis, pp.
529-554, nella quale sono raccolte le seguenti fonti: Legenda S. Francisci lit11rgica
brevian'i t11it1oritici Vaticani; Legenda lit11rgica antiqua Ordù1is Fratrum Praedicatoru!JI;
Legenda lit11rgica antiq11a Ordù1is Praedicatorum brevior e pn·ore excerpta; Legenda li
turgica brevissi111a e precedenti extracta; Legenda choralis Carnotensis-, BARTHOLOMAEUS
TruDENTINUS, Epilog11s in S. Francisc1111r, Legenda choralis U111bra.
74 Sezione prima - Introduzioni
Medieval Franciscans, 6), ed. M. CusATO e G. GELTNER, Leiden 2009, pp. 9-39,
riedito in IDEM, Ear!J Franciscan Move111ent (1205-1239). History, So11rces and Her111e-
11eutics (Saggi, 14), Spoleto 2009, pp. 283-315.
14
3Comp 25 (FF 1427).
15 Sul valore da dare a queste espressioni del Testa111e11to, sono sempre illu
minanti le parole di Attilio Bartoli Langeli: «Laico "illetterato" egli (Francesco)
sapeva scrivere, e soprattutto scrisse molto e molto fece scrivere. In questa
volontà di scrivere si rivela un atteggiamento culturale peculiarissimo, di grande
intensità e ricchezza. [ ...) Egli voleva scrivere, far scrivere, conservare, trasmet
tere, lasciare intatte le "parole divine", intese nell'accezione più materiale, con
creta»: A. BARTOLI LANGELI, Ancora sugli autografi difi-ate Francesco, in Verba Dot11ini
tJJei. Gli OpusCH/a di Francesco d'Assisi a 25 anni dalla edizione di Kajetan Esser, oft11, ed.
A. CACCIOTTI, Roma 2003, pp. 90-91.
16 Test 22 (FF 118).
17 Test 35 (FF 125).
76 Sezione prima - Introduzioni
2
° Cfr. Hyvmal 1982 Companion, ed. R. F. GwVER, voi. I, New York 1990, p. 327.
21
«Imparò l'Ufficio della Passione, fatto da Francesco, l'amante della croce, e lo
recitò con altrettanto affetto»: TmiMASO DA CELANO, Vita di santa Chiara ver gine,
30 (FF 3216).
22
RB 3, 2 (FF 82).
78 Sezione prima - Introduzioni
viene acclamato alla fine come padre, cui si chiede di ridestare dal
sonno della morte tutto il genere umano31.
Gregorio da solo non avrebbe potuto comporre tutto il nuovo
ufficio. Lo aiutarono anzitutto alcuni eminentissimi cardinali in
particolare per gli inni: Raniero Capocci, a cui si deve Plaude turba
paupercula3 2 e Tommaso da Capua, a cui si debbono altri inni,
cominciando con In celesti collegio, che sembra proprio scritto in
occasione della canonizzazione33. Il contributo alla realizzazione
dell'Ufficio di San Francesco da parte di questo importante cardin a
le, che era stato arcivescovo di Napoli e che proveniva dal Regnum
di Federico II, rimanendo a lungo legato a famiglie di provata
fede imperiale, non va sottovalutato34•
Soprattutto il papa cercò la collaborazione dei migliori specia
listi in materia liturgica e, tra i chierici dell'Ordine dei frati Minori,
a Parigi trovò Giuliano (che in seguito verrà identificato come 'da
Spira' e come magister cantus dello studium generale dell'Ordine) 35 :
tra tutti, il migliore. Giuliano è il vero autore dell'Ufficio liturgico di
san Francesco. E vero infatti che, come si è detto, molti degli inni
sono di Gregorio IX e di Tommaso da Capua e Raniero Capocci,
ma Giuliano ha saputo fondere il tutto in un insieme coeren
te ed armonico. Lui stesso, con ogni probabilità, ha composto
la musica. Perché quello di san Francesco, fu, sin dall'inizio, un
ufficio ritmico, cioè cantato. Non era così per tutti i nuovi santi
che venivano elevati all'onore degli altari. Scegliendo di affidare
a Giuliano il compito di scrivere un ufficio ritmico, Gregorio IX
ha voluto per Francesco il migliore prodotto liturgico possibile.
Giuliano, il frate musico e poeta, rispose pienamente alla fi
ducia che il papa gli aveva accordato: in tutte le sue antifone egli
sottolinea lo stretto legame che univa il nuovo santo al pontefice
che lo aveva canonizzato. Basta guardare alle antifone dei primi
vespri, che sono un po' il prologo dell'intero ufficio, ed in parti-
36
Test 6 (FF 112).
37
Lettera aifedeli,
33 (FF 193).
38
Non è inutile sottolineare come la prassi di Francesco descritta nel Testa
mento, corrispondesse perfettamente alla dottrina ufficiale della Chiesa romana
uscita dalla crisi della Pataria milanese, in base alla quale la validità del sacra
mento non dipende dalla dignità della persona del celebrante. Su questi temi
vedi A. VAUCHEZ, Les écrits de Saint François: une réponse à la co11testatio11 hérétique?, in
Verba Domini mei, pp. 427-437.
82 Sezione prima - Introduzioni
39
5equenza Letabundus.
40 F. HEINZER, Der besungene Heilige, p. 245.
41
Sul significato del mattutino cfr. sopra l'introduzione di Timothy J. John-
son in particolare pp. 32-33 e 62-63.
42 Contro la tradizionale attribuzione a Tommaso da Celano vedi. ora E.
Francesco <gonna Minomm» 83
RAvA - F. SEDDA, Sulle tracce de/l'autore della Legenda ad usum chori, pp. 107-175.
43 In seguito nello stesso codice di Chicago vennero annotate altre divisioni,
così da permettere l'uso della Leggenda dopo l'introduzione dell'ottava. Si veda
ProlegoT11ena a Legenda Liturgica Chicagensis, in Franciscus liturgicus, pp. 97-109.
44
J. DALARUN, La Vie retro11vée de François d'Assise, pp. 12-14, suggerisce che la
84 Sezione prima - Introduzioni
leggenda liturgica fu abbreviata a partire dalla Vita dei beato padre nostro Francesco,
essa stessa una versione abbreviata e aggiornata da Tommaso da Celano in
persona dalla sua Vita del beato Francesco.
45
Gli stessi concetti espressi nel Testamento erano stati manifestati anche
nella Lettera a tutto l'Ordine, 44 (FF 229): «Quei frati, poi, che non vorranno os
servare queste cose, non li ritengo cattolici, né miei frati; non li voglio neppure
vedere né parlare con loro, finché non abbiano fatto penitenza».
46
Cfr. DoMINICUS DE GuBERNATIS A SosPITELLO, Orbis Seraphims. Historia de
tJib11s ordinibus a S eraphico Pahiacha S. Francesco instit11tis, deq11e eom111 Progressib11s,
III, Roma, Nicolò Angelo Tinassi, 1684, p. 8.
Francesco eforma Minomm» 85
47
Cfr. M. BARTOLI, La svolta del 1239: dafrate Elia a Giovanni da Part11a, in Ve
stigia Francisci. Studi di storia del frrmcescanesi1110, Roma 201O, pp. 43-66; ma anche
Elia da Co11011a Ira realtà e 1J1ito.
48 GRA11EN DE PARIS, Histoire de lafondation et de l'évolution de l'Ordre desfi-ères 111i
ne11rs a11 XIII' siècle, nuova ed. MAru.ANo n'ALATRJ e S. GIEBEN, Roma 1982, p. 150.
49
D. Fwon, The Order's Masters Fra11cisca11 Instit11tions from 1226 to 1280, in
Dalla sequela Chn'sti di Francesco d'Assisi all'apologia della povettà. Atti del XVII I
Convegno internazionale, Assisi, 18-20 ottobre 1990, Spoleto 1992, p. 54.
50 A cominciare da Crescenzo da lesi, nel capitolo generale di Genova del
per l'onorabilità pubblica e l'unità di tutto l'Ordine, frate Aimone, mio prede
cessore di buona memoria, ha efficacemente lavorato alla correzione dell'ordi
nario, del missale e del graduale; e questo è stato confermato in terra dall'au
torità del signor papa Gregorio IX in maniera che, anche se accade che l'ufficio
della Curia sia cambiato in qualche occasione, non fosse mai modificato in
avvenire quello che è stato detto sopra; di conseguenza, a tutti voi presenti,
io ho deciso d'imporre che voi faceste fare integralmente e uniformemente
osservare dai frati che vi sono sottomessi l'ufficio come è corretto e notato nel
detto ordinario, messale e graduale, ecc. Dato a Roma, nel capitolo generale,
l'anno del Signore 1244»: THÉOPHILE DESBONNET, Un rituelfranciscain de 1458.
Dole, Bibliothèque Municipale, 49, in Archiv11tt1 Franci.rcanmn Histo1itt1m, 65 (1972)
411. Si conosce poi una lettera circolare di Giovan1ù da Parma, sullo stesso
argomento: «lo ho saputo in modo certo che molti frati pretendono talvolta
di cambiare nel testo, ma soprattutto di modificare nel canto l'ufficio divino
che noi dobbiamo celebrare, nei termini della nostra Regola, secondo l'ordo
della santa Chiesa romana, non realizzando che essi mettono evidentemente
una macchia sulla loro gloria quando essi abbandonano i loro usi aggiornati
dai Padri santi e venerabilmente approvati, e che inserendosi inopportunamen
te dall'esterno degli elementi dubbi ai loro usi provati, essi sono chiaramente
convinti di mendicare vergognosamente dei prestiti estranei; in conseguenza,
ecco perché io ho deciso di sottoporlo al discernimento dei presenti che al di
fuori di quello che si sa contiene il solo ordinario del messale, del graduale e
del breviario che è stato corretto con una pia applicazione da frate Aimone, il
mio predecessore di santa memoria, che è stato approvato dalla Sede apostolica
e confermato in seguito dal capitolo generale, voi non permettetevi in alcuna
maniera di non cantare assolutamente niente o leggere nel coro, nel canto o nel
testo, sotto il pretesto di qualche festa o devozione, per gli inni, i responsori,
le antifone, le prose, le lezio1ù o qualsiasi altra cosa, o ancora di iscrivere delle
novità nei libri dell'Ordine prima che esse siano state ricevute nel capitolo ge
nerale, a sola eccezione tuttavia delle antifone della beata Vergine - ad esempio
Regina del cielo, Madre n11trice del Redentore, Salve, regina di 111ise,icordia, Salve, regina dei
cieli - che sono cantati dopo compieta nei diversi tempi e dell'ufficio del beato
Antonio per meglio ordinarli»: ibidem, 411-414.
51
F. SEDDA, La Legenda liturgica Vaticana per l'ottava, p. 88. La rubrica re
lativa all'introduzione dell'ottava si trova anche in S. J. P. VAN D1JK, So11rces oj
the Modern Ro111an Lit11rgy, voi. 2, p. 166 e in questo volume è tradotta a p. 153.
Francesco efo1ma Minorum,, 87
52
F. SEDDA, La Legenda liturgica Vaticana per l'ottava, pp. 94-95.
88 Sezione prima - Introduzioni
nota 230, aveva già segnalato l'esistenza di questa rubrica nel codice di Assisi,
aggiungendo che «a similar rubric is found in Codex Assisiensis Bibliothecae
Communalis 335, 68v (14th)». Ma faceva notare che «The following codices
(14th) in the same collection do not have this rubric, 330, 334, 345, and
418». La sua conclusione, riguardo a queste rubriche, è che <<A study of the
Legenda 111inor must certainly take into account these rubrics, but their presence
does not offer a definitive proof of the chronology of Bonaventure's own
hagiographical work. They do indicate that some brothers believed the "prayed
Francis" of the Legenda minor was far more suitable for the two moments of
communal reelection in the choir and refectory».
55
T. J. JOHNSON, I11trod11ctio11, pp. 2141-2151; IDEM, <rltev, ordinet11r?ie legenda bea
ti Francisci», pp. 225-239; IDEM, The Legenda minor, in A Cov,pa11io11 lo Bo11ave11-
t11re, ed. J. M. HAMMOND, W. HELLMANN e J. GOFF, Leiden 2013, pp. 435-451.
56
Interessante, a questo proposito, il modo con cui Bonaventura rielabora
l'incontro tra Francesco e Innocenzo 111. Lasciando cadere tanti particolari delle
fonti precedenti, la Leggenda minore si concentra sul sogno del Laterano: non è
Francesco che deve chiedere al papa il riconoscimento della propria ortodossia,
ma è il papa che deve comprendere che Francesco è stato mandato da Dio per
tenere salda la Chiesa.
90 Sezione prima - Introduzioni
cifisso, apparso a Francesco, gli rivela che «lui, l'amico cli Cristo,
stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile cli Cristo
Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma me
diante l'incendio dello spirito»57 • Nella terza lettura si ribadisce:
«quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno le lavavano �e
piaghe cli Francesco], potevano costatare senza alcun dubbio che
il servitore cli Cristo portava impressa visibilmente l'immagine
rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così come nelle
mani e nei piecli.»58 . E nella nona lettura si riassume il senso cli
tutta la conformazione cli Francesco a Cristo crocifisso:
Per questa ragione, come tutta la sua vita, dalla conversione in
poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della Croce, cosi, alla
fine, alla vista del Serafino sublime e dell'umile Crocifisso, egli
fu tutto trasformato nell'immagine di colui che gli era apparso,
mediante la forza di un fuoco deiformante59.
L'intera leggenda è concepita come un unico, intenso, dialogo
tra Francesco e Gesù, in cui l'amico (Francesco) è reso sempre
più conforme all'amato (Gesù). Questo percorso però non è a
senso unico perché non è solo o tanto grazie ai suoi sforzi che
Francesco giunge a conformarsi in Gesù, ma soprattutto gra
zie all'amore cli quest'ultimo, che lo conquista e lo trasforma.
In questa prospettiva Bonaventura lascia cadere altri personaggi,
che compaiono nelle agiografie precedenti e anche nella Leggenda
maggiore. Si pensi soprattutto a due assenze notevoli: i poveri (in
particolare i lebbrosi) e Chiara d'Assisi. I lebbrosi sono presenti
nella Leggenda minore, ma solo come oggetto della compassione
cli Francesco:
Da allora, amante di tutta l'umiltà, si dedicò ad onorare i lebbrosi,
per imparare, prima di insegnarlo, il disprezzo di sé e del mon
do, mentre si assoggettava alle persone miserabili e ripudiate, col
giogo del servizio. E in verità, prima egli era abituato ad avere in
orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini, ma quan
do l'effusione della grazia divenne in lui più copiosa egli si diede
come schiavo ad ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava
i piedi e fasciava le piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la
purulenza. Perfino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava
a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua bocca nellapolve
re, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà l'arro
ganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di
57
Lm 6, 2.
58 Lm 6, 3.
59
Lm 6, 9.
Francesco efom1a Minomm» 91
60 Lm1,8.
61
Cfr. P. MARANESI, Pacere mise,icordiam. La conversione di Fmncesco d'Assisi:· co11-
fro11to criticofra il testamento e le biogmfie, Assisi 2007.
62
LM 12, 2 (FF 1205). Cfr. M. BARTOLI, La santità di Chiara d'Auisi. Una
lettura sto,ica dellefonti, Assisi 2012, pp. 101-104.
92 Sezione prima - Introduzioni
63
BONAVENTURA, Breviloquium, IV, 1, 3, in Doctoris seraphici S. BoNAVEN
TURAE Opera omnia, voi. 5, col. 241 b. Cfr. F. CIAMPANELLI, <rH0111inm1 reducere ad
De11m». Lz funzione mediatrice del Verbo incarnato nella teologia di San Bonaventura,
Roma 2010, p. 567.
64 C. LEONARDI, Bonaventura e Francesco, p. XXXII.
65
In questo senso si possono forse in parte superare le conclusioni G. G.
MERLO, Storia difrate Francesco e dell'Ordine dei Mino,i, in Francesco d'Assisi e il primo
secolo di storiafrancescana, ed. A. BARTOLI LANGELI e E. PRINZIVALLI, Torino 1997,
p. 29, che vedeva nel Francesco di Bonaventura «un san Francesco elevato sino
ad essere l' 'altro Cristo', il santo irraggiungibile, da 'venerare, non imitare',
ovvero il santo inimitabile». L'autore riprendeva quanto già sostenuto da C.
FRUGONI, Francesco e l'invenzione delle sti,nmate. Una stona per tavole e it11111agini fino a
Bonaventura e Giotto, Torino 1993, pp. 27-28.
Francesco <forma Minorttm)> 93
66
Queste conclusioni sono in particolare consonanza con quanto afferma
to da J. DALARUN, Lz Malaventura difrate Francesco. Per 1111 uso sto,ico delle leggende
francescane, Milano 1996, p. 175: «Di Francesco, perché votato a una continua
mitizzazione, bisogna riscoprire altrettanto continuamente la "malavventura".
Ma si deve anche tenere presente che egli non è soltanto nella sua "malavven
tura". E, per la ricerca storica di Francesco, per la ricerca del Francesco storico,
non importa che questo Francesco "malavventuroso", più rozzo, più vivo, più
saporito, ci sia anche infinitamente più simpatico».
67
Lm 3, 7.
68
Lm 3, 8.
69
Cfr. J.-M. CHARRON, Da Narciso a Gestì: la ,icerca dell'identità in Francesco d'As
sisi, Padova 1995 (ed. orig. Montréal 1992).
70
J. DALARUN, Francesco, 1111 passaggio. Do1111a e do1111e negli sc,itti e nelle leggende di
Francesco d'Assisi, Roma 1994, p. 34; IDEM, Governare è servire; IDEM, Il Cantico di
frate Sole. Francesco d'Assisi riconciliato, introduzione di A. Bartoli Langeli, Milano
2015 (ed. orig. Paris 2014).
94 Sezione prima - Introdu zioni
71
Cfr. A. FORNI e P. VIAN, Bernardino da Siena e Bonaventura da Bagnoregio: due
santi fra11cesca11i fra Giovanni da Capestrano e Sisto IV, in Giovanni da Capestrano e la
riforma della Chiesa, ed. A. CAcc1orr1 e M. MELLI, Milano 2008, pp. 95-140.
Sezione seconda
MONUMENTI
DELLA LITURGIA
FRANCESCANA
1
traduzione dell'ufficio di
MARCO BARTOLI E FILIPPO SEDDA
AI VESPRI.
[1] ANTIFONE SUI SALMI.
Francesco, uomo cattolico e tutto apostolico,
insegnò a conservare la fede della Chiesa romana
e ammonì di riverire più di tutti i presbiteri.
SALMO. Il Signore disse (Sai 109)2.
ANTIFONA.
Iniziò sotto Innocenzo,
un glorioso cammino compì sotto Onorio;
dal loro successore Gregorio fu esaltato nel modo più grande,
dopo che fu reso famoso da miracoli.
SALMO. Io confesso (Sal 110).
ANTIFONA.
Costui il santo aveva eletto come padre,
quando pres�edeva ad una chiesa minore;
a costui, con spirito profetico, aveva predetto l'onore apostolico.
SALMO. Beato (Sal 111).
ANTIFONA.
Francesco del Vangelo
non trasgredì neppure una virgola, neppure uno iotc?;
per lui nessun peso fu più leggero o pi� soave
del giogi di Cristo lungo tutta la sua vita.
SALMO. Lodate (Sai 112).
ANTIFONA.
Comanda alle creature
lui che ad un cenno si era sottomesso tutto al Creatore;
tutto ciò che di bello trova
nelle cose, lo volge a gloria di colui che le ha fatte.
SALMO. Lodate il Signore, genti tutte (Sal 116).
1 Non si sono indicate le rubriche, ossia le porzioni di testo che nei mano
scritti sono vergate in rosso e hanno carattere esplicativo, per cui si rimanda
al volume da cui i testi sono tratti: Francim1s liturgicm. Ediliofo11tium lati110111m.
2
I salmi saranno indicati con l'incipit della traduzione italiana della Bibbia
CEI e tra parentesi dal numero corrispondente.
3 Mt 5, 18.
4 Mt 11, 30.
100 Sezione seconda - Monumenti litu,gici dell'Ordine dei Mino,i
[2] CAPITOLO.
Ma sia da me lungi il gloriarmi; se non nella Croce del Signore nostro Gesù
Crùto, per amor del quale il mondo è per me crocifisso, ed io sono crocifisso
al mondo5 .
[3] lNNa 6.
Una discendenza apparve dal cielo7 ,
realizzando nuovi prodigi:
svelò il cielo ai ciechi,
passò a piedi asciutti il mare,
ncco,
dopo aver spogliato gli Egiziani,
ma povero restò di nome e di fatto,
divenuto fecondo per i nùseri.
5
Gal 6, 14.
6
In margine nel ms. di Chicago, d'una mano più recente: «li signor papa
Gregorio ha composto questo inno».
7
L'incipit dell'inno Pro/es de celo prodiit è ripresa dall'inno per la festa di Santa
Barbara; Gregorio 1x, nell'utilizzarlo, ha voluto probabilmente creare un'asso
nanza con un verso dell'ultima strofa Pater Francisce, visita per indicare che la
prole (= la discendenza) donata da Dio, diventando santa, è divenuta padre del
più anziano pontefice. Si è scelto di tradurre «discendenza» per restituire questa
allusione di contenuto. Cfr. B. CoRNET, Le Proles de coelo prodiit de Grégoire rx
m l'ho1111e11r de s. François, in Ét11desfra11ciscai11es, n. s. 2 (1951) 427-462.
8
Es 3, 22 e 12, 36.
9
Mt 17, 1.
10 Mt 17, 4.
11 Gv 1, 17 e 45.
Ufficio di Giuhano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 101
O padre Francesco,
visita la casa, la porta e il sepolcro 12
e resuscita dal sonno di morte
i nùseri figli di Eva. Amen.
[6] [ORAZIONE.]
Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per [Gesù Cristo Nostro Signore.
R. Amen.]
12 Simboli della triplice resurrezione operata da Cristo in vita, cioè della figlia
di Giairo in casa; del figlio di una vedova presso la porta della città di Naim e di
Lazzaro, che già da quattro giorni si trovava nella tomba.
13 2Re 2, 11.
14
Mt 17, 2.
15 2Re 2, 9 e 15. Secondo la versione della Vulgata Eliseo chiese ad Elia il
suo duplice spirito profetico, ossia la capacità di predire il futuro e di operare
miracoli.
102 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori
[AL MATTUTINO]
(7] lNVITATOR10.
Le opere da lui create diano lode 16 a Cristo Re,
le cui ferite in san Francesco si rinnovano.
SALMO. Venite (Sal 94).
[9] ANTIFONA.
Quest'uomo educato nelle vanità in maniera indecente,
più dei suoi educatori si comportò in maniera insolente24•
SALMO. Beato (Sal 1).
[ANTIFONA.]
Per grazia della destra dell'Eccelso, mirabilmente mutatrl-5,
dà ai caduti la speranza del perdono, lui con Cristo già beato.
SALMO. Perché (Sal 2).
24
Il ms. di Chicago negli ultimi due versi porta «dai doni divini fu preceduto
in maniera clemente», ma questa modifica, introdotta da Bonaventura nel 1260,
è stata certamente sovrascritta da un'altra mano sulla formulazione anteriore
che noi restituia.mo. L'inchiostro è infatti più chiaro, le lettere più rotonde e
presentano l'uso di abbreviazioni che la mano originale non usa a motivo della
notazione.
25Sal76,it.
104 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/l'Ordine dei Mino,i
ANTIFONA.
Lo rendono più mite ma non del tutto, dapprima le malattie,
poi, prese le armi del cielo,
cambia completamente i suoi modi di vivere.
SALMO. Signore, quanti (Sai 3).
PRIMA LETIURA 27 •
Il beato Francesco, nato nella città di Assisi, dagli anni della
sua infanzia fu educato in modo insolente. Divenuto mercante,
fino a quasi venticinque anni di età, dissipò il suo tempo viven
do vanamente. Quando infatti si adoperò di lasciare i grovigli di
questo mondo in una spedizione di nessun valore, il Signore lo
colpì con il flagello dell'infermità e così per il mutamento della destra
dell'Eccelsa28 subito è convertito in un altro uoma29 . E per acquistare
il regno dei cielr0 si diede con ogni risoluzione al disprezzo del
mondo e delle sue ricchezze. Vendette tutto ciò che possedeva3 1 e
offrì ad un povero presbitero quel denaro guadagnato; avendo
questi paura di riceverlo per timore dei genitori, senza esitazio
ne Francesco lo gettò davanti a lui e lo vilipese come polvere.
Quindi fu legato dal padre carnale, rinchiuso, percosso, incatena
to, ma disprezzò la salute del corpo per il nome del Salvatore32•
Fu rifiutato dai suoi concittadini, fu assalito con fango e sassi,
ma fissando l'animo in Dio, si rese sordo a tutte queste cose.
Un giorno, quando sentì nel Vangelo ciò che disse il Signore ai
26 Sir 6, 32.
27
Nel manoscritto di Chicago, questa menzione è presentata all'interno
dell'ufficio al f. 212va, mentre le nove letture agiografiche figurano ai ff. 215ra-
215vb. Noi le integriamo al posto dove esse sarebbero lette durante l'ufficio.
Solo il manoscritto di Assisi dà questo prologo: «Mi hai pregato, frate Benedet
to, di sunteggiare dalla Leggenda del beatissimo padre nostro Francesco alcuni
passi e di ordinarli in una serie di nove lezioni, perché queste devono essere in
serite nei breviari, cosicché a motivo della loro brevità tutti possano averle. Ho
fatto quello che ho potuto, e poiché tu sei uomo di desideri, devotamente, an
che se meno degnamente, ho soddisfatto con il tuo beneplacito. Chiedo come
ricompensa di questo breve lavoro il frutto durevole della santa orazione».
28 Sai 76, 11.
29 1Sam 10, 6.
30
Mt 13, 44-46.
31 Mt 19, 21.
32
Nel ms. di Chicago, le frasi che seguono, fino a «una fune», non sono
presentati nello stesso ordine che nei manoscritti di Assisi e Siena.
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 105
[SECONDA LETIURA.]
Nel mentre il Signore apre la sua mano34 per riempire gli altri
di questa benedizione. Gli dà dei compagni e dei seguaci, che il
felice padre plasma a dei pii costumi; insegna a seguire la perfe
zione evangelica, a far proprio il titolo della somma povertà e a
procedere nella via della santa semplicità. A tutti propone la pa
rola della penitenza e seppure con parola semplice, ma con cuore
magnifico, annuncia la parola di Dia35 • Prima di ogni suo sermone
premette la pace e la grazia del saluto precede tutti nella parola di
pace. Perciò molti, che odiavano la pace36 insieme alla salvezza, con
l'aiuto del Signore37 , abbracciano la pace con tutto il cuore, divenuti
loro stessi figli della pace38 ed emuli della salvezza eterna. Molti,
perciò, nobili ed non nobili, chierici e laici aderiscono alle sue
orme e disprezzando lo sfarzo del mondo, sottomettono il collo al
giogo di Dio39• Un sentimento di pietà arde sinceramente nel santo
di Dio e in modo sempre più attento rivolge lo zelo di progre
dire sempre in meglio, desidera apprendere il miglioramento di
33
Mt 13, 44.
34
Pr 31, 20.
35 Le 5, 1.
36 Sai 119, 7.
37
Mc 16, 20.
38
Le 10, 6.
39
Sir 51, 34; Ger 28, 8 e 12.
106 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/l'Ordine dei Minori
[TERZA LETTURA.]
Perciò con più fiducia uscì nel mondo per l'opera del Vange!a42,
senza far ricorso ad alcuna adulazione di parole, rifiutò le lusin
ghe dei sermoni e uomini dottissimi sono stupefatti per la prudenza
delle sue risposte43. A due a due44, secondo il Vangelo, unisce i suoi
frati e li invia in tutto il monda45 . Li chiama "minori", affinché de
corino la professione del proprio nome soprattutto con la virtù
dell'umiltà. Insegna loro a mortificare i vizi, a reprimere ciò che
eccita la carne, a rendere i sensi esteriori insensibili a tutto ciò che
strepita. Infatti, anche lui, ogni volta che, come è solito, è spinto
dal solletico della carne, altrettante si immerge in una fossa piena
di ghiaccio. Anche gli altri imitano questo esempio di mortifica
zione. Con cauto esame scruta le azioni dei frati, non lasciando
niente di impunito, li rende sommamente obbedienti. Deciso
all'estrema astinenza, muta i sapori di ciò che gli viene servito,
gustando molto di raro il vino, beve anche l'acqua in modo insuf
ficiente; la nuda terra è il suo letto, spesso dorme da seduto piut
tosto che disteso. Per essere reputato abietto e vile, più volte fece
mostra di semplicità, fuggendo in ogni modo l'ammirazione, per
non incorrere nella vanità. Onorava in modo particolare i sacer
doti e venerava i dottori della divina legge con mirabile affetto.
40 Sai 72, 17.
41 Mt 19, 11.
42
Sai 103, 23; 2Tm 4, 5.
43
Le 2, 47.
44
Mc 6, 7.
45
Mc 16, 15.
Ufficio di Giuliano e leggenda hturgica dal 111s. di Chicago 107
[12] ANTIFONA.
�ondotto in casa lo percuote, furente più di tutti il padre,
msultando, lo lega e incarcera48; ma furtiva lo libera la madre.
SALMO.Quando t'invoco (Sal 4).
ANTIFONA.
Ormai libero, alla furia del padre sfrenato non cede,
proclamando di volere per Cristo patire ogni male49 •
SALMO. Porgi l'orecchio (Sal 5).
ANTIFONA.
Condotto dal. Presule del luogo, riconsegna i suoi beni al padre;
e, denudatosi, come esule nel mondo si design a.
SALMO. O Signore, nostro Dio (Sal 8).
[QUARTA LETTURA.]
Divenuto degno di un dono di grazia più ampio, fu irrorato più
a?bondantemente di una rugiada di Spirito santo. Infatti, in forma
di sole, trasportato su una quadriga, in mezzo alle tenebre della not
. � frati,.scioglie le coscienze, apre i segreti dei cuori, conosce
te visita
le azio � degli assenti e predi�e i meriti futuri. Raggiungendo la
vetta pm alta della perfezione, il santo, pieno di una semplicità colom-
46 Rm 12, 19.
47
Sai 37, 14.
48 At 12, 6.
49 At 5, 41.
5 0 Sai 36 30.
108 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori
[QUINTA LETIURA.]
È magnificato57 dagli uomini, cresce quotidianamente verso di
lui, per volontà di Dio, la fede e la devozione del popolo. Ogni
uomo accorre per vederlo, taglia un pezzo del suo vestito per
51
Mt 10, 16.
52 Gdc 14,18.
53
Fil1,23.
54
1Mac 2, 26 e 58.
55
Sai 46,3; Mt 27, 4.
56
Ez34,8e12.
57
Le 4, 15.
Ufficio di Giuh'ano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 109
[SESTA LETTURA.]
Infatti, due anni prima che il servo e amico di Dio France
sco renda lo spirito al cielo, vide in una visione di Dio sopra di
lui un Serafino crocifisso, che impresse in lui così chiaramente i
segni della sua crocifissione, che sembrava crocifisso anche lui.
Le mani e i piedi e il costato furono sigillati con il marchio della
croce: in lui riecheggiano le operose stigmate di Cristo. Per quan
to può, cerca di nasconderle dagli occhi degli uomini, affinché
nella grazia a lui concessa non capiti di subire un danna63. Nello
58 At 2,47.
59 Mt 21, 8.
60
Gv 2, 9.
61
Le 6,18; 8, 2.
62
At 1, 1; 1Pt 4, 1.
63
Rm 12, 3; 2Cor 7, 9.
110 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/1'0,dine dei Minori
[15] ANTIFONA.
Alle parole di nuova grazia sollecito lega il suo cuore,
e una parola di penitenza semplicemente espone.
SALMO. Signore, chi (Sal 14).
64
Il verbo è all'imperfetto nel manoscritto di Siena.
65
Gn 48, 14-15.
66
Sai 141, 2-8.
67
At 7, 60.
68 Ap 14, 14.
69 Mc 3, 14.
10 Mt 10, 10.
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 111
ANTIFONA.
Pace, salvezza annuncia con lajo1za dello Spùito,
e alla vera pace associa i lontani dalla salvezza71 •
SALMO. Signore, ti re (Sal 20).
ANTIFONA.
Affinché sui nuovi figli si riversino i meriti del Santo,
insegna loro con nuovi moniti, la via della semplicità72.
SALMO. Del Signore è la terra (Sal 23).
[SETIIMA LETIURA.)74
Dunque, nel giorno in cui fu sepolto, sparse fulmini di segni.
Infatti, riportò ad uno stato conveniente una fanciulla curva e
assai contorta. Poi dovunque, ma soprattutto a coloro che ve
nivano alla sua memoria75 e a coloro che erano afflitti da gravi
malattie, offre la grazia della salute. Molti contratti riporta al loro
stato normale: alcuni di questi portavano le gambe ritorte fino
alle natiche, alcuni raggomitolati stavano distesi con le ginocchia
attaccate al petto e con le gambe spezzate. Alcuni giacendo in let
tini, non si muovevano se non trasportati da altri, altri invero con
le mani contratte e il resto delle membra inaridite, erano privati di
ogni conforto.A molti cechi restittù la vista, tra questi la diede ad
uno che non l'aveva mai avuta; invece ad un altro, poiché aveva
gli occhi riversi ali'esterno, appesi sopra la mascella per mezzo
di una sottile vena, li rimise al loro posto. Fece anche sentire i sordi e
parlare i mutz76, tra questi ad uno diede la lingua, che se l'aveva pri
ma, per la sua eccessiva brevità a stento o mai poté essere vista.
Mondò due lebbrosi'7, di cui uno era anche paralitico, ma fu guarito
di entrambi i morbi. Da molti ossessi cacciò i demoni; per la
potenza di Cristo guarì idropici, paralitici e sofferenti di diverse
71
Is 52, 7.
72 Pr 10, 29; 11, 5.
73 Sal 36, 31.
74 Il ms. di Chicago fa precedere la pericope di Mt 11, 25: «In quel tempo
Gesù rispose dicendo: "Ti benedico, o Signore, Padre del cielo e della terra, perché hai nascoste
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai tivelate ai piccoll' ecc.»
75
Con 'memoria' si intende il luogo della sepoltura, "la sua Chiesa" come
esplicita il ms. di Chicago.
76
Mc 7, 37.
77
Le 7, 22.
112 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minon·
[OTTAVA LETTURA.]
In verità, nella città di Capua resuscitò da morte un fanciullo
che, giocando con dei ragazzi, cadde nel fiume e il cui cadavere
a lungo il fango del fiume nascose a modo di un sepolcro. Nel
la città di Sessa, crollando una casa, improvvisamente uccise un
giovane che all'invocazione del santissimo padre Francesco non
solo rivisse, ma anche apparve illeso. In Sicilia un altro giovane
riportò gloriosamente in vita da una morte simile. In Germania
invero resuscitò un altro morto. E altri sette, che già si avvicina
vano alla fine della vita, trasse fuori dalle stesse fauci della morte.
In un istante guarì tanto mirabilmente alcuni da un deforme peso
ai genitali - tutti i loro intestini subivano un prolasso verso le
parti basse - che attoniti, ritenevano di essere illusi da un sogno
piuttosto che sperimentare un vero rimedio tanto veloce della
propria guarigione. Misericordiosamente liberò una donna, che
seffriva da ventitré anni dijlusso di sangue82; invero rese sana un'al
tra, indebolita per sette anni dalla sofferenza dello stesso morbo.
Un chierico, che aveva bevuto un veleno mortale83 , per sua invocazio
ne lo vomitò. Liberatore piissimo di molti prigionieri, «aprì le
carceri, sciolse le catene»84, permise di andar via liberi. Così i n
ogni parte del mondo, compiendo operosi miracoli, libera molti
da diverse sciagure per la potenza di colui che sempre amò, che
predilesse con tutto lo spirito85, che sempre portò nel cuore.
78
Dt 23, 24.
79
La versione più diffusa dell'ufficio ha terens («battendo»), mentre il ms. di
Chicago dà terrens («mettendo in fuga»).
80
Mt 3, 12.
81
Gv 6, 50.
82
Mt 9, 10.
8
3 Mc 16, 18.
84
Liturgia del Venerdì Santo, orazione XI.
85
Mt 22, 37; Le 10, 27.
Ufficio di Giuliano e l.eggenda liturgica dal ms. di Chicago 113
(NONA LETTURA.]
Nell'anno dell'incarnazione del Signore 1226, il quarto giorno
delle none di ottobre una domenica89, compiuti venti anni in cui
[Francesco] aveva pe;fettamente a?er�to a Cristo, sciolto d� lacci
della vita mortale, felicemente migro a Cristo. Mentre � 1splen
deva per la nuova luce dei miracoli, il sommo pontefice, il felice
papa Gregorio, con la Chiesa intera lo ascrive nel catalogo dei
santi e ordina di celebrare solennemente la sua festa nel giorno _
della sua morte.Amplia su lui molti benefici: ordina_ di costruir�
una chiesa in suo onore, ne paga la spesa; pone la prima pietra _ di
fondazione, esenta la chiesa da ogni giurisdizione i_nferiore. Invia
una croce d'oro ornata con pietre preziose, in cw sta cu� todit�
il legno della croce del Signore. Manda anc�e ornamentl e vas�
pertinenti al servizio dell'altare e a�che altri solenru paramentl
non meno preziosi. Glorifica anche il suo luogo con rndulgenze _
e numerose remissioni di penitenza, grazie ali� quali la fede e la
devozione del popolo cresce di più di giorno 11:1 giorno _ a lode e_
gloria di Dio Onnipotente90, che vive e regna ed è glorificato nez_ secolz_ dez
secoli. Amen91 .
86
Mt 15, 32.
87
Mt 7, 14.
88
Per patria si intende la 'patria celeste'.
89
La domenica 4 ottobre 1226.
90
Ap 16, 14.
91
Rm 1, 25; 16, 27; Ap 4, 9; 11, 15.
92
Le 12, 32.
114 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Mino1i
93 La versione più diffusa dell'ufficio da penitHs («del tutto»), mentre il ms. cli
Chicago, espungendo penitm, dà celitus («del cielo»).
94
Mt 5, 26.
95 Mc 6, 7; Le 10, 1.
96 1Ts 5, 14.
97
Sai 54, 23. Ma anche Sai 54, 18: «Riponi la tua fiducia nel Signore ed egli
avrà cura cli te»; cfr. VbF 29-30 (FF 368).
9
s Mt 6, 34.
99 Mc 6, 8.
100 Le 19, 13.
Ufficio di Giuliano e leggenda litt,rgica dal ms. di Chicago 115
ALLE LODI
(18] ANTIFONA.
San Francesco, dopo tante orazioni,
fu istruito su cosa dovesse fare.
Non vivere solo per sé ma,
condotto dallo zelo di Dio, vuole ad altri giovare.
SALMO. Il Signore ha regnato (Sal 92).
ANTIFONA.
Da li1°1 , predicando si aggira1°2,
e lui che non istruito da uomo, diviene ai dotti oggetto di stupore:
pronuncia parole di virtù e una nuova milizia segue il nuovo condottiero.
SALMO.Acclamate (Sal 99).
ANTIFONA.
Tre Ordini egli ordina:
e chiama il primo dei Frati minori,
e delle Povere Dame si forma il mediano,
ma dei Penitenti il terzo comprende l'uno e l'altro sesso.
SALMO. O Dio, tu sei il mio Dio (Sai 62 e 66).
ANTIFONA.
Edotto dalla grazia ispiratrice, edotto dall'esperienza
su cosa attiene alla perfezione, tutto ciò insegna ai frati1°3 ,
sia coi fatti, sia con frequenti, dolcissimi sermoni.
SALMO. Benedite (Dn 3, 57-88 con Sai 56 ).
ANTIFONA.
Lodando esortò a lodare: la lode sempre gli fu abituale,
la lode, dico, del Salvatore;
invita gli uccelli, le bestie e le altre creature alla lode del Creatore.
SALMO. Lodate il Signore dai cieli (Sal 148).
101
La versione più diffusa dell'ufficio dà hic («costui»), mentre il ms. di Chi
cago dà hinc («da lì»).
102
Mt 9, 35.
103
Gv 14, 26.
116 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori
CAPITOLO.
Sia da me lungi il gl01iarmi, [se non nella Croce del Signore nostro Gesù
Cristo, per amor del quale il mondo è per me crocifisso, ed io sono crocifisso
al mondo104•
R. Rendiamo grazie a Dio.]
1
� ") �. I, ,f, .\
104
Gal 6, 14. '· ,-
105
In margine nel ms. di Chicago, di una mano più recente : «Il signor Rai-
nero, maestro e cardinale diacono, compose questo inno».
106
Gb 1, 1. 8; 2, 3.
107
2Cor 4, 7.
108
La versione più corrente dell'inno dà contectus («coperto»), mentre il ms. di
Chicago dà co11ptempt11s («disprezzabile»).
tO? Àl margine nel ms. di Chicago, una mano più recente aggiunge: «scon-
figge, cioè cura».
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 117
A TERZA
[21b] CAPITOLO. Sia da me lungi il gl01iarmi, [se non nella Croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per amor del quale il mondo è per me crocifisso,
ed io sono crocifisso al mondo] 113•
110
Gb 29, 16.
111
MtS, 3.
112
Ap 5, 12-13.
113
Gal 6, 14.
114
Sir 6, 32.
115
Sal 36, 30.
118 Sezione seconda · Mon11111e11ti liturgici dell'Ordine dei Mino1i
A SESTA
[22] CAPITOLO. Su tutti coloro che seguiranno questa norma, sia pace e
misericordia, come s11 tutto 11sraele di Dio116 .
ANONA
[23] CAPITOLO. D'ora innanzi nessuno mi procutifastidi: difatti io porto
le stigmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signare nostro Gesù Ctisto
sia con il vostro spirito, fratelli.Amen.1 19
AI [SECONDI] VESPRl
ANTIFONA. San Francesco, e le altre. 122
SALMO. Il Signore ha detto (Sal 109), e gli altri.
116
Gal 6, 16.
117
Sai 36, 30.
118
Sai 36, 31.
119
Gal 6, 18.
120 Sai 36, 31.
121
Sap 10, 10.
122
Si tratta delle antifone delle lodi, mentre si usano i salmi dei primi vespri.
m Gal 6, 14.
124
Nel ms. di Chicago tutto l'inno è aggiunto dalla stessa mano a fondo
pagina. In margine, da una mano più recente: «Il signor Tommaso, maestro e
cardinale prete, compose quest'inno».
U
Jftcio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 119
125
«Christe, redemptor omnium» è ripreso sia dall'inno per Tutti i Santi (U.
CHEVALIER, Repertoritm1 f?y1m1ologic11111, n. 2959), sia da quello di Natale (ibidem,
n. 2960).
126
L'inno Exultet cae/1m1 lat1dibt1s appartiene al comune degli apostoli (ibidem,
n. 5832).
127
L'inno /Eterna Christi nHmera appartiene sia al comune degli apostoli (ibi
dem, n. 598) che a quello dei martiri (ibidem, n. 598).
128
L'inno Suv11nae, Det1s, cle111entiae è cantato nel mattutino del sabato (ibidem,
n. 19636).
129
Sal 113, 1.
130
L'inno Vexi/Ja Regis prodeunt è cantato durante il tempo della Passione e
per le feste dell'Invenzione e dell'Esaltazione della santa croce (U. CHEVALIER,
Repe1to1ù11n f?ymnologim1n, n. 21481).
131
L'inno la111 /11cis orto sidere è cantato tutti i giorni a Prin1a (ibidem, n. 9270).
120 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori
evitando, rivelando
«a noi le gioie beate» 132 •
132
L'inno Beata 11obis gaudia è cantato a Pentecoste (ibide1JJ, n. 2339).
1 33 Es 3, 1.
134
L'inno Ad coena/JJ Agni providi è utilizzato durante il tempo pasquale (U.
CHEVALIER, Reperto1it11J1 f(ymnologim!JI, n. 110).
135
Bar 2, 11; 2Cor 12, 12.
136 Mt 4, 24; Mc 1, 34.
137
Il ms. di Chicago dà incedentem («avanzando»), che noi correggiamo con
i11tendente111 («intendendo»), seguendo la versione più diffusa dell'ufficio.
Ufficio di Giuh'ano e leggenda liturgica dal ,m. di Chicago 121
ANTIFONA140•
Piangi, turba poverella,
grida al padre dei poveri:
questo lugubre sospiro,
padre Francesco, accogli,
e mostra a Cristo le stigmate
del lato, dei piedi e delle mani,
affinché conceda a noi orfani
di sì gran padre un vicario.
ANTIFONA141,
Salve, santo padre, luce della patria, esempio dei Minori142 ,
specchio di virtù, via di rettitudine, regola dei costumi:
dall'esilio della carne guidaci ai regni dei cieli 143•
MESSA E SEQUENZE DI
SAN FRANCESCO
traduzione di
FILIPPO SEDDA
Per celebrare degnamente il loro santo fondatore nel gior
no della festa, i frati Minori avevano anche bisogno di una
messa propria. La più antica conosciuta per San Francesco è
la messa Dilectus Deo (secondo l'incipit del suo introito).
Nella riforma lit11rgica d'Aimone de Faversham nel 1244 sono
preferite le messe Gaudeamus per il 4 ottobre e la stessa con
l'introito Os iusti per l'ottava, sapendo che questo introito era
anche quello di un 'altra messa propria. Queste tre messe antiche
hanno in comune la colletta, l'epistola, la secreta e la postco
munione - senza dubbio le parti più anticamente composte,
forse al tempo della canonizZf1zione del 1228 - mentre variano
dall'una all'altra l'introito, il graduale, l'alleluia, il vangelo,
il versetto all'offertorio e alla comunione. Il testo qui tradotto
è stato editato in latino a partire dal manoscritto VI.G.38
della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli,
un messale destinato all'Ordine deifrati Minori, probabilmente
copiato tra il 1244 e il 1257.
Nella natività del beatissimo padre nostro Francesco
dell'Ordine dei frati Minori e in tutte le sue feste.
INTROITO
[1] Diletto a Dio e agli uomini, la cui memoria è una benedizione', ecco
che migra verso i regni celesti poiché, provato nella virtù, è trovato
fedeli nelle sue parole; perciò la sua eredità persevera in eterno3•
SAI.Mo.Nella stiafede e mansuetudine Dio l'ha fatto santo e lo ha eletto
fra tutti i viventt'1 .
COLLETTA
(2) Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua
Chiesa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a
sua imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre
della partecipazione ai doni celesti. Per [il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità con
lo Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.]
1
Sir 45, 1.
2
Sir 44, 21.
3
Sai 36, 18.
4
Sir 45, 4.
5
Gal 6, 14-18.
126 Sezione seconda - Monumenti h'turgici dell'Ordine dei Minori
GRADUALE
[4] Cristo ha purificato i suoi peccati e l'ha esaltato per la stia potenza.
Gli ha dato i/ testamento della vita e la sede di gloria negh6 eccelsi.
V. Nella moltitudine degli eletti avrà /a /ode
e, tra i benedetti, sarà benedetto1 in perpetuo.
ALLELUIA
[5] V. Luce vera che illumina ogni uoma8, Cristo Dio, infondi nei
nostri cuori la luce della tua verità per le preghiere di san Fran
cesco; rallegrati madre nostra Gerusa/emme9, fondata sugli zajftn10 e
coronata di rose.
OFFERTORIO
[7] O mio servo, ecco che ti ho costituito come capo tra i popolz; come
guida e precettore tra le nazionz12• Il mio spirito che è in te, e /e mie parole
che ho posto ne/ tuo cuore, non si ritirino dalla tua bocca e dalla bocca della
tua discendenza, dice il Signore, d'ora in poi e per /'eternità13 . Alleluia.
SECRETA
[8] Santifica i doni a te consacrati, Signore, e per l'intercessione
del beato Francesco purificaci da ogni macchia di colpa. Per ...
6
Sir 47, 11; 47, 13 (Vg).
7
Sir 24, 4.
8 Gv 1, 9.
9
Gal 4, 26-27.
10 Is 54, 11.
11
Mt 11, 25-30.
12
Is 55, 4.
13 Is 59, 21.
Messa Dilectus Deo e sequenze 127
COMUNIONE
[9] Il Signore è divenuto la mia farza14 e, nella sua abbondante mi
sericordia, ha avuto pietà 15 di me, perciò, voi che amate i/ Signor-e1 6 ,
magnificate/o, poiché è buono, poiché eterna è /a sua misericordicP. Alleluia,
alleluia, alleluia.
POSTCOMUNIONE
[1 O] Preghiamo, Signore, che la grazia celeste accresca la tua
Chiesa, che tu hai voluto illuminare dei gloriosi meriti e dell'e
sempio del beato Francesco. Per ...
14
Is 49, 5.
15
Is 54, 8.
16
Sai 96, 10.
17
Sal 105, 1.
La sequenza, un pezzo particolarmente apprezzato nell'Or
dine dei frati Minori, è un canto strofico che prol�nga l'alle
luia della messa. Tra le più antiche sequenze dedicate a san
Francesco, ne abbiamo scelte due, prescn'tte nello stesso tempo
dal capitolo di Strasburgo nel 1282: la Letabundus, atte
stata a partire dal 1254 e attribuita al cardinale Tomm�so
da Capua dall'erudito Luca lP_addi�g, e la �aput d�acorus,
attribuita a Gregorio IX tra glz altn da Salzmbene dz Adam.
La prima era cantata sulla melodia della sequenza di Natale
Letabundus exsultet fidelis chorus. Il testo qui tradotto è
stato edito a partire dal manoscritto 389 della Stiftsbibliothek
di St. Gallen, un antifonario benedettino del terzo quarto del
xm secolo al quale la sequenZflfrancescana è stata ulteriormen
te aggiunta. La seconda, con un forte tenore escatolog/co, era.
cantata con almeno due melodie, riportate nel manoscntto 2 dz
Fondo musicale di Cappella della Biblioteca comunale d'Assisi,
un graduale copiato verso il 1295 a pmtire dal quale il testo qui
tradotto è stato edito.
Messa Dilectus Deo e sequenze 129
ALLELUIA.
O patriarca dei poveri, Francesco, per le tue preghiere aumen
ta il numero dei tuoi nella carità di Cristo, loro che, incrociando
le mani, da cieco come Giacobbe morente, tu hai benedetto 18 •
SEQUENZA
Pieno di gioia 19 ,
il clero celebra Francesco,
Alleluia!
18 Gn 48, 1 415.
-
19 Attribuita al cardinale Tommaso da Capua, la sequenza s'ispira aUa prosa
di Natale Letabund11s ex11/tetfidelù choms.
20 Il ms. di St. Gallen ha latuit al posto di patuit (è visibile).
130 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori
Mostrano le ferite,
le novità che dona
Colui che ha generato
la puerpera. Alleluia.
21
Sap 1 O, 21. .
. .
22
Il ms. cli St. Gallen ha binis al posto d1 v111/tts (a mola).
23 li ms. cli St. Gallen ha cedit al posto cli J11git (fugge).
24
Is 35, 6.
Messa Dilectus Deo e sequenze 131
LEGGENDE LlTURGICHE
DELL'ORDINE DEI
FRATI MINORI
3
TOMMASO DA CELANO
traduzione di
FILIPPO SEDDA
TI manoscritto conosciuto con il nome di <rBreviario di santa
Chiara;> è in realtà un breviario-messale (in quanto mischia
efftci e messe) di molto poco successivo al 122�, che fu in uso _
nella comunità femminile di Chiara presso zl monastero dz
San Damiano d'Assisi e dove è ancorn oggi conservato. Ai Jf.
277va-278va, nove lezioni sono state aggiunte per la festa di
san Francesco, dalla stessa mano del resto del volume, senza il
testo dell'tifflcio. Le lezioni sono estratte dalla Vita del beato
Francesco di Tommaso da Celano(§ 1-4 e 109-114), 1ichie
sta da Greg01io IX e da lui confermata il 25 febbraio 1229.
Mentre le prime tre letture insistono sulla giovinezza dissoluta
di Francesco e contengono l'inizio della sua conversione, le sei
ultime sono centrate sulla morte, con la desm·zione del suo corpo
stigmatizzato.
Nella festa di san Francesco
PRIMA LETI'URA.
Vi era un 11omo 1 nella città di Assisi, che è sita nella valle spo
letana, di nome Francesco. Fin dai primi anni della sua infanzia,
fu allevato dai genitori secondo la vanità del mondo e imitando a
lungo la loro misera vita, lui stesso divenne ancor più vano e in
solente. Infatti, questa pessima consuetudine si è diffusa dapper
tutto tra coloro che si dicono cristiani, così questa dottrina per
niciosa, come una legge pubblica, ovunque si fortifica e prescrive
di dedicarsi ad educare i propri figli fin dalla culla con eccessiva
tolleranza e dissolutezza. Per primo quando iniziano a parlare o
a balbettare, con gesti e parole si insegnano a fanciulli appena
nati cose vergognose e deprecabili. E quando sopraggiunge il
tempo dello svezzamento, sono spinti non solo a dire, ma a�che
a fare cose piene di dissolutezza e lascivia. Nessuno osa, sp10to
dal timore della sua età, a comportarsi onestamente, perché per
questo sarebbe sottomesso a dura disciplina. Ben a ragione, per
tanto, afferma un poeta pagano: «Poiché siamo cresciuti tra le
esperienze dei genitori, perciò tutti i mali ci accompagnano dalla
fanciullezza»2• E si tratta di una testimonianza vera: quanto più
i desideri dei parenti sono dannosi ai figli, tanto più essi li se
guono volentieri! Ma anche quando raggiungendo un'età un_p�'
più matura, spinti da loro stessi, sbandano verso opere pegg1on.
Infatti, da una radice guasta cresce un alberrJ difettoso e ciò che
una volta è degenerato, a stento si può ricondurre ad una rego
la equa. Quando, invero, varcano la soglia dell'adolesc �n�a, eh�
cosa pensi che diventino? Allora fluttuando senza dubbio 10 ogru
genere di dissoluzione, in quanto è loro permesso fare quello che
piace, si abbandonano con ogni zelo a dedicarsi alle scelleratezze.
SECONDA LETTURA.
Facendosi così per servitù volontaria schiavi del peccato4, espon
gono, in effetti, tutte le loro membra come armi di iniquità5 e non
manifestando in se stessi, nella vita e nei costumi, nulla della reli
gione cristiana, si curano solo del nome di essere cristiani6 • Spes-
1 Gb 1,1.
2
Cfr. SENECA, ad ù1ci/ù1v1, lib. Vl, ep. 8, ed. O. HENSE, in L A,maei Senecae ad
ù1cili11m epist11/art1111111ora/i11m q11ae mpers1111t, Leipzig 1914, p. 17.
3 Rm 11, 16; Mt 7, 17.
4 Rm 6, 19-20; Gv 8, 34.
5 Rm 6, 13.
6 Il testo latino porta 'christianitas' che preferisco tradurre non con il sem-
138 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Mino1i
TERZA LETIURA.
Ecco dunque quando quest'uomo ancora ardeva nel pecca-
plice aggettivo 'cristiani' ma con 'essere cristiani' per esprimere meglio il senso
di appartenenza e la concretezza del suffisso sostantivante '-itas'.
7
Cfr. SANr'AGOSTINo, Le OJ11jessio111; Il, 3, 7, ed. M. SKUfEU..A e M. PE.u.EGRINo,
(Opere cli sant'Agostino, 1), Roma 1969, pp. 42-44.
8 Gal 1, 14.
9
2Mac 4, 1.
10
2Mac 4, 2; Gal 1, 14.
11
La VbF (PF 322) ha 11itebat11r (si sforzava) al posto cli videbatur (sembrava).
12
Le 15, 12-13.
n Le 12, 42.
14
Sai 21, 3.
15
1Mac 2, 31; Ger 11, 10 e 13, 10.
16
Ger 50, 8; 51, 6; SANT'AGOSTINO, Le Co11Jessio11i, II, 3, 8, p. 44.
17
Sai 32, 13.
18 Is 48, 9.
19
Ez 1, 3.
20
Sai 76, 11.
Leggenda del brevian'o di santa Chiara 139
QUARTA LETIURA.
Erano ormai trascorsi vent'anni dalla sua conversione, come
gli era stato reso noto per volontà divina. Infatti, poiché il bea
to Francesco e frate Elia in quel tempo dimoravano a Foligno,
una notte, quando si addormentò, si presentò a frate Elia un
sacerdote bianco-vestito, grande e avanzato in età e di aspetto
venerando, che gli disse: «Alzati, fratello, e di' a frate Francesco
che, essendosi compiuti diciott'anni da quando, rinunciando al
mondo, restò fedele a Cristo e, restandogli in questa vita solo
due anni ormai, entrerà nella via di ogni carne27 , poiché il Signore lo
chiamerd-8 a sé». Così accadde che quanto la pc,rola del Signore ave
va annunciato lungamente prima, si compr9 nel tempo stabilito.
Dunque, quando riposava da pochi giorni in quel luogo da lui
21
VbF (FF 322) porta explenda («soddisfare») al posto cli exm,pla11da («illu-
strare»).
22
A p 20, 2.
23 Os 2, 6.
24
Le 12, 17.
25
Gn 3, 6.
26
VbF (FF 323) ha propterea («dunque») al posto di prelerea («inoltre»).
27 Gs 23, 14.
28 Gn 3, 9.
QUINTA LETTURA.
Uno dei frati che assistevano e che il Santo amava di assai
grande amore, molto sollecito verso tutti i frati, qu_ar:ido o�se �va
va questo e conoscendo che la fine del santo era vicina, gli disse:
«Benigno padre, ohimè ormai i figli rimangono senza padre3 3 e
sono privi della vera luce34 dei �oro] occhi! Ricordati, �u�que, degl t
otfan? che lasci e, perdonando tutte le loro colpe, sia ai pre� e?u
sia agli assenti, a tutti dona il conforto della tua santa �enediz1 _o
ne». E il Santo gli disse: «Ecco, io sono chiamato36 da D10, o figlio.
Ai miei frati sia presenti che assenti perdono tutte le offese e
i peccati e li assolvo, come posso; tu, annunciando questo, be
nedicili tutti da parte mia». Poi comandò di portargli il codice
dei Vangeli e chiese gli fosse letto il brano del Vangelo secondo
Giovanni, dal quel punto che inizia: Sei giorni prima della Pasqua,
sapendo Gesù ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre37•
Questo stesso Vangelo si era proposto di leggergli il ministro,
ancora prima che glielo ordinasse; questo passo si presentò alla
prima apertura del libro, sebbene fosse una Bibbia. i �tera e_ �om
pleta, da cui quel Vangelo doveva essere letto. Or� o perc10 che
gli si mettesse indosso il cilicio e venisse cosparso di cenere dato
che presto sarebbe diventato terra e cenere38.
SESTA LETTURA.
E mentre molti frati convenut?9 , di cui egli era padre e guida40, sta
vano ivi raccolti con riverenza e attendevano tutti il beato <dransi-
30
Eb 9,9.
31
Sal 106, 22.
32
Sai 141, 2-8.
33
Lam 5, 3.
34
lGv 2, 8.
35
Gv 14, 18.
36
lSam 3, 4, 8-10; Is 49,1.
37
Gv 13, 1. Per errore le prime due parole derivano da Gv 12, 1.
38
Sir 10, 9; 17, 31.
39
Dt 31,11.
40 At 14, 11.
Leggenda del breviano di santa Chiara 141
SETTIMA LETTURA.
O padre santissimo, veramente misericordioso, che eri beni
gnamente pronto ad avere pietà e a perdonare i tuoi figli pecca-
OTTAVA LETTURA.
In verità, in Francesco risuscitava70 la forma della croce e della
passione de/l'Agnello immacolato71 che lavò i crimini del mondo72: sem-
55
Cfr. l'orazione che segue la litanie dei santi: «Dio, che sempre sei pronto
alla misericordia e a perdonare».
56
Tob 8, 17; Gn 27, 27.
57 Rm
9, 5.
58
At 21, 30.
59
lvli 5, 7-8.
60
Le 2, 13.
61
Dn 3, 57.
62
Dn 3, 26; Sai 40, 14; 71, 17, ecc.
63
Mt 8, 34 ; SULPlCE SÉVÈRE, Lettre 3, 13, in Vie de saint Martin, p. 342.
64
Mt 3, 5.
65
At 2, 11; Sir 17, 11.
66
Is 2, 10.
67
Lam 5, 15.
68
Fil 4, 19.
69
Est 13, 17.
70
VbF (FF 516) ha resultabat («riecheggiava») al posto di resHscitabat («risu
scitava»).
71 1Pt 1, 19.
NONA LETTURA.
I suoi frati e figli accorrevano e piangendo baciavano le mani
e i pie� del . padre pi<_:> che . li aveva lasciati, ed anche quel lato
destro, m cm la sua piaga ricordava quella celebre di Colui che
da quel luogo, effondendo sangue e acqua79, aveva riconciliato il mon
da80 con il Padre. Ognuno del popolo stimava che gli fosse of
ferto un grandissimo privilegio se riusciva non tanto a baciare
ma anche solo a vedere le sacre stigmate di Gesù Cristo che san
Francesco portava nel suo corpo81 • Chi, infatti, vedendole avrebbe
pi �n.to piuttosto che gioit ?? E se piangesse, non lo farebbe per
letizia piuttost<_:> che per tristezza? _Q?al petto di .ferro non sareb
be mosso al pianto, quale cuore dt pzetra82 non si sarebbe sciolto
73 Le 23, 53.
74
Gv 19, 34.
7 5 At 6, 15; SuLPJCE SÉVÈRE, Lettre 3, 17, p. 342.
7 6 Es 33, 10.
TOMMASO DA CELANO
E UN ABBREVIATORE
LEGGENDA LITURGICA
VATICANA PER L'OTTAVA
traduzione di
FILIPPO SEDDA
La riforma della liturgia de/l'Ordine dei frati Minori operai � dal
ministro generale Aimone da Faversham nel 1244 prevedeva dz pro
lungare la festa del 4 ottobre di sa� France� co per: un'o�ava. Per
provvedere ai notturni dei sette gior�z dur �n�e z qua/z om:az. era c�m
memorata l'historia del Santo (prima dt npetere le lezzom del dies
natalis a/l'ottavo giorno), si doveva disporre di sessantatré lezionz:
1/ manoscritto Reg. lat. 1738 della Biblioteca Apostolica Vaticana,
un brevian·o minoritico, offre una soluzione originale nel suo efftcio
di san Francesco: per le prime sei lezioni utilizza degli estratti della
Vita del nostro beato padre Francesco (l'abbreviazione della
Vita del beato Francesco composta dallo stesso Tommaso da Ce
lano). Poi lo scriba, che fin qui probabi/mente s'ispira ad un breviari�
antecedente, si trova a corto di materiale e introduce a questo punto zl
commento di Gregor·io Magno sul Vangelo dell'invio dei discepoli in
missione. Infine, in due blocchi successivi previsti per «l'ottava;> e «la
settimana», senza più indicare la separazjone delle lezi� �i) riassume
direttamente la Vita del beato Francesco fino alla vzszone del car
ro di fuoco, senza dubbio non avendo a sua disposizione il resi� de!la
Vita del nostro beato padre Francesco. Tutte queste lezioni (e
non l'efftcio che le contiene) sono stati resi q�asi itnpo� s�bi/i da leggere
per rasura di alcune lettere, per cotiformarst a( la �ecmone d� / � 266
che prevedeva la soppressione delle leggende /zturgzche antenon alla
Leggenda minore di Bonaventura.
PRIMA LETIURA.
L'uomo di Dio Francesco, oriundo della città di Assisi, che è
sita nella valle Spoletana, dalla sua giovinezza fu allevato in modo
insolente secondo la vanità del mondo. Egli, avendo seguito da
insolente i primi rudimenti dei suoi genitori, fin quasi al suo ven
ticinquesimo anno sciupò il suo tempo, vivendo vanamente al
punto che, tra coloro che seguivano le misere lusinghe del_ mon
do, era considerato il più vano e insol_ente. Infat �, bench _é il buo?
Dio lo avesse custodito per sua grazia da quegli enornu peccati,
per cui gli uomini corrompono in modo particolare la propria
origine e degenerano dall'onore della propria �atura, progreden _do
nel male così tanto su tutti i suoi coetanei nelle varutà e nelle facezie,
pretendeva l'ammirazione in tutti i suoi gesti. Inf atti, e�a molto
ricco, ma non avaro, anzi prodigo, non accumulatore d1 denaro,
ma il più vano dispensatore. Per il fatto che egli si dedic �va all �
mercatura e viaggiava per varie regioni, portando cataste di panru
da vendere, molti conoscevano la compiacenza della sua umani
tà, per la quale il medesimo uomo godeva di amicizia nel genere
umano.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi]2.
SECONDA LETIURA.
Ma per il fatto che procedeva con un'indole così avversa, la
sua conversione a Dio fu di esempio ai posteri: si posò su di lui la
mano del Signore3 e la destra de//'A/tissimo4, affliggendo il suo corpo
con continue malattie e allettando l'animo con l'unzione dello
Spirito santo. Subito fu convertito in un altro uomo e non poteva
rallegrarsi di quelle cose a cui era a�ituato; infatti, _tutto ciò _eh
<;
prima lo aveva dilettato, in seguito gli procurava noia. Ma po1che
i casi favorevoli tirano su e i flagelli buttano giù, quando riacqui
stò un po' delle forze del corpo, bramando ancor di più i favori
del mondo, stabilì di unirsi ad un nobile di Assisi che preparava
una spedizione militare diretta in Puglia.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].
1 Gal 1, 14.
2 Il pronome 'Tu' o la lettera 'T' nei manoscritti indica la formula rituale
ripetuta alla fine di ciascuna lettura: «Anche tu, Signore, abbi pietà di noi», che
noi restituiamo.
3 Ez 1, 3.
4 Sai 76, 11.
148 Sezione terza - Le ggende litu rgiche dell'Ordine dei Mi1101i
T
[TERZA] LE IURA.
Quando si dedicò con ogni determinazione ad andare con lui,
una notte vide in una visione una casa piena di armi cavallere
sche, che era solita essere occupata solo di cose da vendere. Men
tre ammirava tutte queste cose, una voce gli è giunta nel sonno
dicendo che quelle armi sarebbero state sue e dei suoi cavalieri.
Ma quando si alza, inizia a intiepidirsi rispetto al suo proposito
anche per il suo inspirato mutamento, non sapendo, silenzioso
si meravigliava tra sé e sé. Già si dedica perciò a dirigere la sua
volontà verso quella divina e sottraendosi un poco dal tumulto
del mondo e dalla mercatura, si affanna di custodire Gesù Cristo
nell'uomo interiore.
[QUARTA] LETTURA.
Desiderava che nessuno sapesse ciò e chiedeva consiglio solo
a Dio nel suo santo proposito. Ad un certo suo amico parlava
con discorso enigmatico di aver trovato un tesoro, il quale chia
mava spesso con lui nei luoghi più segreti, ma entrava solo in una
cripta nella quale pregava il Padre in segreto5• E così colmato della
gioia divina, non potendo contenere l'ardore dello Spirito, rifiuta
di andare in Puglia e rivela che avrebbe compiuto grandi cose
nella propria patria. Ed interrogato se volesse prendere moglie,
promette che lui a breve avrebbe preso la più sapiente, bella,
amabile, che si fosse mai vista.
Anche tu, Signore, abbi pietà di noi.
QUINTA LETIURA.
Ma un giorno, mentre pregava, gli fu rivelato dal Signore che
cosa lui dovesse fare, ormai non contenendosi per la letizia, dopo
aver preso con se i panni preziosi per venderli, giunse in tutta
fretta alla città chiamata Foligno. Qui dopo che secondo l'abitu
dine vendette tutto ciò che portava, diversamente dall'abitudine
l'abile mercante lascia il cavallo, su cui allora sedeva, dopo averne
ricevuto il prezzo. Convertito interamente alle opere di Dio in
modo rapido e straordinario, sentendosi gravato da quel denaro
anche a portarlo per un ora e reputando come sabbie/' ogni suo
profitto, diede quel denaro ad un povero sacerdote, che stava in
una chiesa vicino Assisi, ad uso dei poveri.
5
Mt 6, 6.
6 Sap 7, 9.
Leggenda litur gica vaticanaper l'ottava 149
SESTA LETTURA.
Poiché il sacerdote non volle ricevere quel denaro, libero7 dal
timore e stupito dalla mirabile conversione delle cose, da vero
dispregiatore del denaro, gettandolo in una finestra, lo disprezzò
come rolvere. Perciò il padre udendo queste cose empie,jù assai
turbato dall'inatteso fatto e, venendo nel luogo dove il servo di
Dio dimorava, lo cercò ma non lo trovò. Infatti, si nascose in
una fossa per circa un mese, nella quale gli veniva dato aiuto solo
di nascosto. Ma un giorno quando entrava nella città di Assisi
vestito con panni vili, suo padre non serbandogli alcun ritegno,
mettendogli le mani addosso, lo trascinò vergognosame·nte nella
propria casa. E così inaccessibile a qualsiasi senso di pietà, per
più giorni lo rinchiuse in un luogo tenebroso, aggiungendo per
cosse alle parole, catene alle percosse.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].
SETIIMA LETIURA.
Dal Vangelo secondo Luca.
In quel tempo il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò
a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi ecc. 9
0TIAVA LETIURA.
Il Signore manda i discepoli a due a due per predicare, affin
ché questo senza parole ci indichi che colui che davanti all'altro
non ha carità, non deve in alcun modo prendere l'ufficio della
predicazione. Opportunamente si dice anche che li mandò davanti
7 Il testo del breviario vaticano porta solut11s (sciolto, libero) mentre la sua
fonte la Vita del beatopadre nostro Francesco in questo passo ha sol/icit11s («turbato»)
che dal contesto sembrerebbe più appropriato.
8 Sai 6, 4.
9 Le 10, 1-9.
150 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
a lui in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Il Signore segue i suoi
predicatori, poiché la predicazione precede e in quel momento il
Signore viene nella dimora della nostra mente, le parole di esorta
zione la percorrono e attraverso ciò la verità affiora nella mente.
NONA LETTURA.
Da una parte, infatti, Isaia dice ai medesimi predicatori: Prepa
rate la via del Signore, rendete dritti i sentieri del nostro Dio10• Dall'altra
il salmista dice loro: Preparate la strada a colui che ascende sopra il tra
monto11 . Infatti, il Signore ascende sopra il tramonto, poiché nella
passione è morto, quindi risorgendo ha manifestato la sua gloria
maggiore; cioè ascende sul tramonto, poiché risorgendo ha cal
pestato la morte che sopportò. A lui dunque che ascende sopra
il tramonto prepariamo la strada quando noi predichiamo la sua
gloria alle vostre menti, lui quando viene le illumini attraverso
l'efficacia del suo amore. Anche tu, Signore, abbi pietà di noi>> 12.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].
13
Sai 47, 3; Mt 27, 4.
14 Le 15, 16.
15 Mc 14, 35; SuLPICE SÉVÈRE, Vie de saint Martin, 18, 3 (Sources chrétiennes,
133, p. 292).
16 Mt 27, 3.
17 Sai 13, 1; At 5, 4.
152 Sezione terza - Leggende litur giche de/l'Ordine dei Minori
18
Le 10, 4.
19 Mt 10, 9-10.
20
Le 10, 4.
21
Mc 6, 8; Le 9, 3.
22
Mc 10, 10; Le 9, 3.
23
Mc 6, 8; Le 9, 3.
24
Mt 10, 10; Le 10, 4.
25
Mt 10, 10; Le 9, 3.
26 Le 9, 2.
27
Mc 6, 12.
28
Es 3, 5; At 7, 33.
29
2Ts 3, 16; Is 26, 12; Gv 14, 27.
30
Sal 119, 7.
31
At 9, 31.
32
Gn 1, 28; 48, 16.
33 Gn 26, 22 ; Sai 18, 5.
34
Is 11, 2; Ap 19, 10.
Leggenda liturgica vaticana per l'ottava 153
(RUBRICA]
Per le feste che cadono durante l'ottava del beato Francesco
non si fa niente, ma sono celebrate dopo l'ottava. Durante l'ot
tava si legge ogni giorno nove letture tratta dalla sua leggenda e
si cantano otto responsori. Tutto questo si fa come per la festa
tranne che durante l'ottava si dice l'antifona San Francesco al Be
nedictus e l'antifona Salve, santo padre o Piangi; o folla al Magnificat.
Nella domenica che cade durante l'ottava o il giorno dell'ottava
si faccia la commemorazione ai secondi vespri al mattutino e
nell'ultima lettura39 •
35 2Re 2, 11.
36
2Re 2, 14.
37
1Cor 11, 20.
38 Le 22, 23.
39 Cfr. S. VAN DIJK, S011rces oJ the Modem Roman Lit11rgy, II, p. 166.
5
BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
LEGGENDA MINORE
traduzione di
MARCO BARTOLI e FILIPPO SEDDA
Quando Bonaventura da Bagnoregio divenne ministro gene
rale dei frati Minori nel 1257, l'Ordine non disponeva ancora
di una leggenda liturgica ufficiale per i notturni dell'ufficio del
suo santo patrono. La Leggenda minore è stata composta
dal ministro generale probabilmente a Parigi tra il 1262 e il
1263, approvata dal capitolo generale di Pisa del 1263 e impo-.
sta a tutto l'Ordine come unica leggenda liturgica dal capitolo dt
Parigi nel 1266. È chiaramente affermato nei_ manose1itti che
essa de,iva dalla Leggenda maggiore, ma, vuto che essa n�n
ne è l'esatto 1iassunto, non si può escludere che queste due Vite
destinate ad un uso differente siano state redatte simultanea
mente. Con le sue sessantatré letture (tre lezioni per ciascuno dei
tre notturni dei sette giorni successivi), la Leggenda minore
cop1iva tutta l'ottava della festa di San Francesco. Presente in
tutti i conventi, copiata in tutti i breviari dell'Ordine, essa si
impresse nella memo,ia dei frati M(noti e offre,_ pe� · esempio,
lo schema narrativo che sottende glt affreschi di Giotto nella
Basilica superiore d'Assisi. Essa doveva essere copiata nel per
fetto rispetto della lettera e della puntuazione. Il manoscritto sul
quale si appoggia l'edizione latina da cui si è p_re�a la nostra
traduzione italiana è il manoscritto_ 347 della B� �ltoteca com�
nale di Assisi, probabilmente realtzzato a Partgi nel decennio
del 1260 e destinato a servire da modello per le copie successive
della leggenda liturgica.
[NOTA PER I COPISTI]
Questa Vita minore del beato Francesco è per ciò tratta daJJa
maggiore, affinché si abbia nei breviari portatili e anche corali. E
si legga di essa nel coro secondo le lezioni per come sono distinte
in essa nelle festività del beato Francesco e per l'ottava del suo
dies natalis. In modo più conveniente può leggersi di essa anche a
mensa, negli stessi giorni delle festività del beato Francesco. La
vita maggiore invero deve aversi a ragione nei singoli luoghi, per
l'edificazione dei frati.
I copisti sono obbligati a mantenere la punteggiatura e le let
tere dell'esemplare e secondo questo esemplare siano corretti i
loro errori dalla diligenza dei frati.
[CAPITOLO I]
LA SUA CONVERSIONE
PRIMA LETTURA.
La grazia di Dio, nostro Salvatore, è apparsa1 in questi ultimi tempi2,
nel suo servo Francesco; il Padre delle mimicordir? e delle luci gli
venne incontro con tale abbondante benedizione di dolcezza5, che, come
appare luminosamente dal corso della sua vita, e non soltanto
dalle tenebre del mondo lo attrasse alla luc!, ma lo rese anche celebre
per le perfette prerogative e i meriti delle virtù; lo indicò, inoltre,
come segno particolarmente insigne per mezzo degli splenden
ti misteri della croce che mostrò in lui. Costui, traendo appun
to origine dalle parti della valle di Spoleto, nella città di Assisi,
dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre; poi, Francesco, dal
padre: e certo tenne il vocabolo della denominazione paterna,
ma non lasciò il significato del nome materno 7• Infatti, benché
durante l'età giovanile fosse allevato nelle vanità, in mezzo ai vani
figli degli uominl3, e, dopo qualche nozione di lettere, fosse desti
nato alla lucrosa attività della mercatura, tuttavia, per l'assistenza
1 Tt 2, 11.
2 Eb 1, 2; At 2, 17.
3 2Cor 1, 3.
4
Gc 1, 17.
5 Sai 20, 4.
6 Sal 106, 14; Col 1, 12-13.
7 GIROLAMO, Uber de 110111i11ib11s hebraicis, in Patrolo gia lati11a, voi. 23, col. 841.
8 Sai 61, 10.
158 Sezione terza - Leggende h'turgiche dell'Ordine dei Minori
SECONDA LETfURA.
Infatti, per volontà divina nel cuore del giovane Francesco vi
era insieme con una ispirata dolcezza di mansuetucline, una certa
generosa compassione verso i poveri, che, crescendo con lui fin dall'in
fanzia 10, aveva ricolmato il suo cuore di tanta bontà che, ormai
ascoltatore non sordo del Vangelo11, si proponeva di dare a chiun-
que chiedesse12, specialmente se chiedeva per amore di Dio. Dal
momento che, nel fiore stesso della giovinezza, si strinse al Si
gnore con la ferma solenne promessa di non dire mai di no, se ne
aveva la possibilità, a quanti gli chiedevano qualcosa per amore
del Signore, visto che non desistette di osservare così nobile pro
messa fino alla morte, pervenne ad accrescere più copiosamen
te l'amore verso Dio e la grazia. Invero, benché continuamente
vivesse nel suo cuore questa fiammella dell'amor di Dio, ancora
adolescente, intricato nelle preoccupazioni terrene, ignorava l'ar
cano della chiamata celeste; finché scese su di lui la mano del Signore 13
e fu castigato esteriormente dalla gravità di una lunga malattia e
fu illuminato interiormente dall'unzione dello Spirito santo.
TERZA LETIURA.
Quando, in seguito, ebbe riacquistate, comunque, le forze del
corpo e mutato in meglio lo spirito, incontrò inaspettatamente un
cavaliere, nobile di stirpe, ma povero di sostanze; avendo ricor
dato Cristo, re generoso e povero, si sentì spinto verso quell'uo
mo da una pietà così grande che depose i suoi vestiti eleganti,
che si era appena procurato e subito, spogliando se stesso, lo
rivestì. La notte successiva, mentre si era abbandonato al sonno,
Colui per amore del quale aveva soccorso il cavaliere bisognoso,
gli mostrò con una degna rivelazione un palazzo bello e grandio
so con armi cavalleresche segnate con il segno della croce e gli
promise sotto certa affermazione che tutto quanto aveva visto
sarebbe stato suo e dei suoi cavalieri, se avesse assunto costan
temente il vessillo della Croce di Cristo. Da allora, sottraendosi
9
Sir 31, 8.
10 Gb 31, 18.
11
SULPJCE SÉVÈRE, Vie de sai11t Martin, 2, 8, p. 256.
12
Le 6, 30.
13 Ezl,3.
Leggenda minore di Bonaventwa 159
QUARTA LETIURA.
Difatti, uno di quei giorni, mentre pregava, così, sequestrato
[dal mondo], gli apparve Cristo Gesù, come uno confitto sulla
croce e gli fece sentire tanto efficacemente quella parola del Van
gelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e
mi segua'5, che all'interno del suo spirito lo infiammava con l'in
cendio dell'amore e lo riempiva con /'assenzio 16 della compassione.
Infa�ti, _considerando la visione premessa, la sua animafu liquefat
ta1 7, il ricordo della passione di Cristo si impresse nell'intimo del
�u_o cuore fin nelle midolla, tanto che, dentro di sé, vedeva quasi
111111terrottamente, con gli occhi dello spirito, le piaghe del Signo
re crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento a trattenere le lacrime
e i sospiri. E siccome, a confronto dell'amore di Cristo, ormai
gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e stimandoli come
un nulla18, s�ntiva di avere scoperto il tesoro nascosto19 e il prezioso
splendore di una perla2° , attratto dal desiderio di questi, decideva
di staccarsi da tutte le cose sue e, mercanteggiando alla maniera
di Dio, di scambiare il negozio mondano in quello evangelico.
QUINTA LETIURA.
lJ_n� volta, pe �ciò, uscì
_ nella campagna a meditare2 ; mentre passa
1
SESTA LETTURA.
Poco dopo, come poté, distribuendo tutto quanto. per am� re
di Cristo, offrì del denaro ad un sacerdote poverello di detta chie
sa, per la riparazione della medesi�a e per biso� o ?ei poveri e
supplichevolmente gli chiese che gli permettes. se di di�orare con
lui per qualche tempo. Se il sacerdote accondiscese nguar?o a�a
sua dimora, poiché invece ricusava il denaro . p er pa1;1ra dei.geru
tori di lui, egli, ormai vero disprezzatore dei denan, scagliando
su una finestra il fardello del metallo, lo disprezzò come polvere
abbietta. Sentendo, poi, che, a causa di questo, suo padre era
infuriato contro di lui, per lasciar spazio all'ira2 5, si nascose . p er
alcuni giorni in un.a fossa se� r�ta, digiunar:i �o, p7e.gando e _ pian
gendo e alla fine, ncolmato di singolare letizia spmtuale e nveshto
di virtù dall'alta26, uscì fuori fiduciosamente ed entrò con fermezza
in città. Quando i ragazzi lo vedevano squallido. in f� ccia e mu�
tata nello spirito e per questo, ritenendolo uscito di senno, gli
scagliavano contro il fango delle p iazze, .come face_v� no contro
un pazzo, e lo insultavano con schiamazzi clam � ro� i: � servo del
Signore, per nulla piegato o turbato da alcuna ingtuna, passava
come sordo in mezzo a tutti.
SETTIMA LETTURA.
Suo padre, poi, infuriato e fre�ente più � tutti, quasi �os��
dimentico della pietà naturale, trascinato il figlio a casa, comme10
a tormentarlo con percosse e catene, al fine di riuscire, mentre
ne spezzava il corpo con le molestie, a piegarne l'animo verso le
23 Bonaventura qui non usa più il termine vox (voce), ma verbt1111 (parola),
o il prologo gio
per alludere appunto alla voce della rivelazione divina second
vanneo.
24 At 20, 28.
25 Rm 12, 19.
26
Le 24, 49.
Leggenda minore di Bonaventura 161
OTTAVA LETTURA.
Da allora il disprezzatore del mondo, sciolto dai vincoli delle
bramosie terrene, mentre, abbandonata la città, sicuro e libero
andava cantando in mezzo ai boschi lodi al Signore, in lingua
francese, imb.attutosi nei briganti, l'araldo del gran Re non ebbe
paura e non mterruppe la lode, dal momento che era un vian
dante se � udo e. spogli? d'ogni cosa e godeva nella tribolazioné27
alla maruera degli apostoli. Da allora, amante di tutta l'umiltà si
d�dicò ad o?o:are i lebbrosi, per imparare, prima di insegnar!�, il
di �prez �� di se .e del mon?o, mentre si assoggettava alle persone
m1serabili e abiette col giogo del servizio. E in verità, benché
prima egli fosse abituato ad averli in orrore più che ogni altro
genere di _uomini, di�fu �asi in lui più copiosamente la grazia, si
assog�etto ad ?Sseqmarli con cuore tanto umile che lavava i piedi
e fasciava le piaghe e curava la putredine ed il pus ripuliva. Per
fino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava a baciare le
p �aghe ulcerose: poneva, così, la sua bocca nella polver?-8 , saziandosi
dt obbrobrr9, per assoggettare con piena potestà l'arroganza della
carne alla legg,e dello spitita3° e, soggiogato il nemico di casa, possede
re paciftcamente31 il dominio di sé.
NONA LETruRA.
Fondato, dunque, nell'umiltà di Cristo e divenuto ricco di po-
27
2Cor 7, 4.
28 Lam 3, 29.
29
Lam 3, 30.
30 Rm 8, 2.
li Le 11, 21.
162 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori
Il]
[CAPITOLO
FONDAZIONE DELL'ORDINE.
EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE
PRIMA LETTURA.
Perciò, ormai compiuto il restauro delle tre chiese, mentre
dimorava assiduamente in quella dedicata alla Vergine, favorito
dai meriti di Colei che profferse il prezzo della nostra salvez
za, meritò di scoprire la via della perfezione, mediante lo spirito
della verità evangelica in lui divinamente infuso. Infatti, quando
un giorno, durante la sole?�tà dell� messa, si _le�ge:7a quel _ bra
no del Vangelo, nel quale i discepoli vengo�o 1nv1au a _predic� r�
e viene prescritta ad essi la norma della vita evangelica - c10e
110n possiedano oro o argento, non portino in via denaro nella borsa né
bisaccia, non abbiano due tuniche né sandali né bastone32 - subito, all'u
dire tali parole, lo investì e rivestì lo Spirito di C_ris_to con una tale
J01zci 33 che lo trasformò nella predetta forma di _ vivere, non � olo
rispetto alla conoscenza e all'affetto, ma anche rispetto alla vita e
all'abito. Immediatamente, infatti, depose le calzature, gettò via
il bastone, ripudiò bisaccia e denaro e, contento di una sola to-
32 Mt 10, 9.
33
At 10, 38.
Leggenda minore di Bonaventura 163
SECONDA LETTURA.
Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spi
rito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi e1J1t1!atore34
della verità; cominciò anche ad indurre alcuni alla giustizia per
fetta; cominciò, infine, ad invitare tutti gli altri a penitenza. I suoi
discorsi non erano vani o degni di riso; erano pieni dellajotza dello
Spùito Santa35; penetravano nel profondo del cuore36 al punto che susci
tavano unfotte stupore37 negli ascoltatori e piegavano con virtuosa
efficacia gli spiriti degli ostinaci. Siccome il suo proposito, subli
me e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice
veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni uomini
incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e,
dopo aver lasciato tutta38, unirsi strettamente a lui nell'abito e nella
vita: l'umile uomo giudicò che si chiamassero «frati minori».
TERZA LETTURA.
Veramente, per la chiamata di Dio, il numero dei frati era ormai
salito a sei, mentre il loro pio padre e pastore, trovato un luogo so
litario, in 111olta a111arezxa di cuore39 piangeva sulla vita di adolescente,
trascorsa non senza colpa e mentre chiedeva perdono e la grazia,
per sé e per la prole che in Ctisto avevagenerato40 , poiché sopraggiun
se in lui una singolare eccessiva letizia, fu garantito della remissio
ne plenaria di tutte le colpe, fino all'ultimo spiccio/041 • Rapito, perciò,
al di fuori di sé e totalmente assorbito in una luce vivificante, in
modo eccellente vide le cose che sarebbero accadute riguardanti
lui e i suoi frati; come egli stesso, in seguito, rivelò familiarmente
a conforto del piccolo gt'Cgge42 , quando preannunciò che in futuro
per la clemenza di Dio doveva accadere la perfezione e dilatazio
ne dell'Ordine. Trascorsi pochi giorni, unendosi a lui alcuni alu-i,
34
Gal 1, 14.
35
Rm 15, 13.
36
Eb 4, 12.
37
Gn 27, 33.
38 Le 5, 11 e 28.
39
Is 38, 15.
40
1Cor 4, 15.
41
Mt 5, 26.
42
Le 12, 32.
164 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minoti
QUARTA LETTURA.
Mentre egli, dunque, con i compagni si affrettava a presen
tarsi, secondo il proposito, al cospetto del Sommo Pontefìce, il
signor Innocenzo III, lo prevenne, nella degnazione della clemen
za, Cristoforza e sapienza di Dio43, nell'ammonire il suo Vicario per
mezzo di una visione a prestare ascolto con dolcezza e ad accon
sentire con benevolenza al poverello che supplicava. Difatti il
Pontefice romano vide in sogno che la Basilica Lateranense stava
ormai prossima alla rovina e un uomo poverello, piccolo e spre
gevole, la sorreggeva, mettendovi sotto le proprie spalle, perché
non cadesse. Mentre, pertanto, il sapiente antistite, contemplava
nel servo di Dio alla purezza dell'animo semplice, il disprezzo del
mondo, l'amore della povertà, la costanza nel perfetto proposi
to, lo zelo per le anime, l'infocato fervore di una santa volontà,
esclamò: «Veramente questi è colui che con l'opera e la dottrina
sorreggerà la Chiesa di Cristo». Perciò, concependo da allora una
speciale devozione verso di lui e inchinandosi in tutto alla sua
petizione, approvò la Regola, conferì il mandato di predicare la
penitenza, concesse tutte le cose domandate e liberamente pro
mise che più ne avrebbe concesso in seguito.
QUINTA LETTURA.
Da allora, confìdando sulla grazia che viene dall'alto e sull'au
torità del Pontefìce, Francesco affrontò con molta fìducia il cam
mino verso la valle spoletana, per realizzare coi fatti e insegnare
con la parola la verità della perfezione evangelica, che aveva con
cepita nella mente e promessa in voto con la professione. Mos
sa, inoltre, con i compagni una tale questione se dovevano vivere
in mezzo alla gente o appartarsi in luoghi solitari, dopo aver in
dagato con l'insistenza della preghiera quale fosse il volere divino
su questo, illuminato dall'oracolo di una rivelazione celeste, com
prese che egli era stato inviato da Dio a tale scopo: guadagnare
a Cristo le anime, che il diavolo si sforza di rapire. Stabilendo,
perciò, che bisognava scegliere di vivere per tutti, piuttosto che
43 1Cor 1,24.
Leggenda minore di Bonaventura 165
SESTA LETTURA.
Quando una volta, com'era suo costume, era intento a vegliare
in preghiera, fìsicamente lontano dai figli, verso la mezzanotte,
mentre alcuni dei frati dormivano, alcuni pregavano, un carro
di fuoco di mirabile splendore, sopra il quale era posto anche
un globo, in forma di sole, di aspetto luminosissimo entrando
dalla porticina della dimora dei medesimi frati, per tre volte si
volse in qua e in là per l'abitazione. A quella vista meravigliosa
e preclara, quelli che vegliavano rimasero stupefatti; quelli che
dormivano furono insieme destati e atterriti: non meno avver
tirono la chiarezza del cuore di quella del corpo, giacché, per
virtù di quella luce mirabile, la coscienza degli uni e degli altri fu
messa a nudo. Tutti, infatti, compresero concordemente, mentre
tutti vedevano a vicenda nel cuore dei singoli, che dal Signore
era stato mostrato loro il santo padre Francesco trasfìgurato in
quella immagine, come colui che venendo nello spirito e nella potenza
di Elia48, fosse divenuto principe della milizia spirituale, come carro
di Israele e suo autiga49 • Ritornato, appunto, l'uomo santo dai frati,
incominciò a confortarli sulla base della visione mostrata loro dal
cielo, cominciò a scrutare i segreti delle loro coscienze e a predire
anche il futuro, e di risplendere con miracoli fìno al punto da
rischiarare palesemente come il duplice spirito50 di Elia riposasse su
di lur 1 in tanta pienezza, che incamminarsi dietro la sua dottrina
e la sua vita era per tutti la cosa più sicura.
44
Mt 9, 35.
45
Le 9, 60.
46
1Cor 2, 13.
47
Mc 16, 20.
48Lc1,17.
49
2Re 2, 12.
50
2Re 2, 9.
51
Is 11, 2.
166 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
SETTIMA LETTURA.
Un religioso, di nome Morico, che a quel tempo apparteneva
all'Ordine dei Crociferi, che era malato in un ospedale vicino ad
Assisi, colpito da una infermità così grave e così prolungata da
farlo credere ormai prossimo a morte, divenuto un supplicante
per mezzo di un nunzio, chiedeva insistentemente all'uomo di
Dio se voleva intercedere presso Dio in suo favore. L'uomo pio
gli accondiscese benevolmente e, dopo aver pregato, prese delle
briciole di pane, e mescolandole con l'olio della lampada che ar
deva davanti all'altare della Vergine, per mano dei frati, fece por
tare all'infermo come una specie di elettuario, dicendo: «Questa
medicina, portatela al nostro fratello Morico: per mezzo di essa
la forza di Cristo non soltanto gli ridonerà piena salute, ma lo
farà diventare anche un robusto combattente tra le nostre file, e
ci resterà per sempre». Appena l'uomo infermo ebbe assaggiato
quell'antidoto, fabbricato per istigazione dello Spirito Santo, al
zandosi sano, ottenne da Dio tanta vigoria di corpo e di spirito
che di li a poco entrato nella Religione dell'uomo santo, per lun
go tempo portò sulle carni la lorica e, contento solo di cibi crudi,
non beveva un sorso di vino e non mangiava niente di cotto.
OTTAVA LETTURA.
Sempre in quel tempo, un sacerdote della città di Assisi, di
nome Silvestro, uomo di vita onorata e di semplicità colombina52,
vide in sogno tutta quella contrada essere circondata da un dra
gone immenso: a causa della sua schifosissi�a e � rribile figura
era imminente - come sembrava - la prossuna distruzione su
diverse parti del mondo. Osservava, dopo questa, una croce d'o
ro e splendente che usciva fuori dalla bocca di Francesco, la cui
sommità toccava i ciel·i'3 e le braccia, protese lateralmente, sembra
vano estendersi fino ai confini del mondo: la sua apparizione ful
gentissima metteva definitivamente in fuga quel drago schifoso
e orrendo. Quando gli fu mostrato ciò per la terza volta, l'uomo
pio e devoto a Dio comprese eh� Fran_cesco era destinat� dal
Signore a questo, che, brandendo il ve�sillo d�lla c�oce gl?nosa '.
infrangesse la potenza del dragone maligno e illurrunasse 1 fe?eli
con le splendenti luci della verità sia della vita sia della dottrina.
Quando narrò la visione per ordine all'uomo di Dio e ai frati'.
non molto tempo dopo lasciando il mondo, aderì alle orme di
Cristo, sull'esempio del beato padre, con tale perseveranza che,
52 Mt 10, 16.
53 Gn 28, 12.
Leggenda minore di Bonavent11ra 167
NONA LETTURA
Un frate di nome Pacifico, quando ancora, vivendo da seco
lare, incontrò il servo del Signore, che predicava in un monaste
ro vicino al castro di San Severino, scesa la mano del Signore sopra
di lui'4 , vide Francesco segnato in forma di croce come da due
splendidissime spade trasversali, di cui una delle spade si sten
deva dalla testa fino ai piedi e una si estendeva trasversalmente
da una mano all'altra per il petto. Egli non conosceva l'uomo di
p�rsona, m � rico ?oscendolo subito, dopo che gli fu mostrato per
miracolo, s1 stupi fortemente, compunto ed atterrito dalla forza
delle sue parole, venne come trafitto dalla spada dello spirito che
usciva dalla sua bocca e, disprezzate definitivamente le pompe
secolari, si unì al beato padre mediante la professione. Costui
progredendo poi in ogni santità propria della religione, prima
di divenire ministro in Francia, difatti fu il primo ad esercitare
l'ufficio di ministro in quel paese, meritò di vedere sulla fronte
di Francesco un grande Tau, che spiccava per la varietà dei colori
e rendeva meravigliosamente bella e adorna la sua faccia. Poiché
l'uomo di Dio venerava questo segno con affetto, lo raccoman
dava spesso nel parlare, lo metteva agli inizi delle sue azioni e lo
scriveva di propria mano in quei bigliettini che inviava per carità,
quasi che tutto il suo impegno fosse, come il detto profetico, di
segnare il Tau sullafi·onte degli uomini che gemono e piangono55 , convertiti
sinceramente a Cristo.
III]
[CAPITOLO
LA PREROGATIVA DELLE VIRTÙ
PRIMA LETTURA.
L'insigne seguace di Gesù Crocifisso, l'uomo di Dio France
sco, fin dagli inizi della sua conversione crocifiggeva la carne e i suoi
vizi'6 con il rigore della disciplina e frenava i moti dei sensi con
la legge della moderazione in maniera tanto severa che a stento
prendeva il sostentamento indispensabile alla natura. Infatti, nel
tempo in cui era sano, a fatica e di raro si permetteva vivande
54 Ez 1,3.
55 Ez 9, 4.
56 Gal 5, 24.
168 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
SECONDA LETTURA.
Rigoroso nella disciplina, vigilava assai attentamente sulla sua
custodia58 e aveva cura speciale nel custodire quel tesoro inest i
mabile, cioè la castità, che noi portiamo nel ft'Clgile vaso d'argilla59:
e anche il corpo egli si studiava di possedere nell'onore della. santitèf0,
mediante l'integerrima purezza dell'uno e l'altro uomo. Per que
sto agli inizi della sua61 conversione, nel tempo del gelo invernale,
forte e fervente nello spirito, si immergeva spesso in una fossa
colma di ghiaccio o di neve, sia per rendersi perfettamente sog
getto il nemico di casa, sia per preservare dall'incendio della con
cupiscenza la veste candida della purezza. Anche per pratiche di
questo genere incominciò a brillare nei suoi sensi di tanta grazia
di pudore, che pareva aver conseguito ormai il pieno dominio
della carne e stabilito con i suoi occhi il patta62 non solo di rifuggire
da ogni sguardo sensuale, ma di astenersi totalmente da qualsiasi
sguardo curioso o di vanità.
TERZA LETTURA.
Eppure, anche se, conquistato la purità del cuore e del corpo,
si stava in certo modo avvicinando alla cima della santificazione,
non cessava di purificare continuamente con là pioggia delle la
crime gli occhi dello spirito bramando la purezza delle chiarità
;
7
Qo 2, 3.
58 Is 21, 8.
59
2Cor 4, 7.
60
1Ts 4, 4.
61
L'aggettivo possessivo sue (sua) è omesso nel ms. Assisi, 347.
62
Gb 31, 1.
Leggenda minore di Bonaventura 169
QUARTA LETTURA.
L'umiltà, custode e ornamento di tutte le virtù, si era giuridica
mente impadronita dell'uomo di Dio al punto che, benché in lui
risplendesse il privilegio di molte virtù, sembrava tuttavia che O'u
miltà] avesse conseguito un dominio particolare su di lui, minima66
tra tutti i minori. E certo secondo la sua stessa reputazione, per
cui si dichiarava il più grande peccatore, non era proprio niente
se non un piccolo e sordido vaso di argi/la67 : in realtà, invece, era un
vaso eletto di santitèf8 , fulgido di molteplici virtù e adorno di gra
zia, consacrato alla santità. Inoltre si studiava con grande cura di
essere spregevole agli occhi propri ed altrui; di ripulire i difetti in
lui nascosti con una confessione pubblica e di celare nel segreto
del cuore i doni del Datore supremo: affinché non fosse in al
cun modo accessibile alla gloria quanto poteva essere occasione di
rovina. Piuttosto, per compiere ogni giustizja69 dell'umiltà perfetta, si
impegnò a rimanere soggetto non solo ai superiori, ma anche agli
inferiori, a tal punto che era solito promettere obbedienza anche
al compagno di viaggio, per quanto semplice, per non comandare
autoritariamente, alla maniera di un prelato, ma, alla maniera di un
ministro e di un servo, obbedire per umiltà anche ai sudditi.
63
2Cor 5, 13.
64
Sai 91, 5.
65
Dt 14, 29.
66
Ef 3, 8.
67
Ger 22, 28; lPt 3, 7.
68
At 9, 15.
69
Mt 3, 15.
170 Sezione terza - Leggende liturgiche deif'Ordine dei Minori
QUINTA LETTURA.
Il perfetto seguace di Cristo si studiò pure di prendersi in spo
sa, con amore eterno70 , l'eccelsa povertà71 , compagna della santa umiltà,
poiché per essa non soltanto lasciò il padre e la madre72, ma distribuì
ai poveri tutto quanto poté avere. Nessuno fu tanto avido di oro
quanto costui della povertà; nessuno, più sollecito a custodire un
tesoro, quanto costui di custodire la perla73 del Vangelo; difatti,
dai tempi della Religione fino alla morte ricco di tonaca, corda e
mutande, lo si vide gloriarsi nella sola penuria e godere dell'indi
genza. Se gli capitava d'incontrare qualcuno che, all'abito esterio
re, sembrava più povero di lui, immediatamente rimproverando
se stesso, si incitava ad essergli simile, come se gareggiando per
un'emula povertà, temesse di essere vinto in quello spirito da una
certa nobiltà. In realtà, poiché aveva preferito questa [povertà]
a tutte le cose caduche, in quanto pegno dell'eredità eterna, rite
nendo un niente le fallaci ricchezze, come un feudo concesso per
un momento, amava la povertà a preferenza delle grandi ricchez
ze e in essa desiderava superare tutti gli altri, lui che da essa aveva
imparato a ritenersi inferiore a tutti.
SESTA LETTURA.
Perciò l'uomo di Dio attraverso l'amore dell'altissima povertà74
crebbe in tante ricchezze della santa semplicità che, pur non
avendo assolutamente nulla di proprio tra le cose del mondo,
sembrava essere il possessore di tutti i beni, possedendo tuttavia
l'Autore stesso di questo mondo. Infatti, mentre con l'acume de
gli occhi della colomba, cioè con la penetrazione di uno spirito
semplice e con lo sguardo puro della riflessione, egli riportava
tutte le cose al sommo Artefice e in tutte riconosceva, amava e
lodava lo stesso Fattore, per celeste elargizione della clemenza
avveniva che possedeva tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose.
Anche in considerazione della prima origine di tutte le cose, chia
mava tutte le creature, per quanto modeste, col nome di fratello o
di sorella, in quanto provenivano con lui un unico Principio, ab
bracciava più visceralmente e con maggiore dolcezza quelle che
per somiglianza naturale rappresentano la pia �ansuetudine �
Cristo e la raffigurano per il significato della Scnttura. A causa di
70 Ger 31, 3.
71
2Cor 8, 2.
7
2 Gn 2, 24.
73 Mt 13, 46.
74
2Cor 8, 2.
Leggenda minore di Bonaventura 171
SETTil'v[A LETTURA.
Dalla fonte della misericordia sgorgava verso il servo del Si
gnore anche una dolce compassione, con tale abbondanza e pie
nezza che sembrava avere un grembo materno per sollevare le
miserie delle persone miserevoli, poiché anche la clemenza che
gli era connaturale, era raddoppiata dalla pietà di Cristo, infusa
dall'alto. E così il suo animo si struggeva per i malati e i poveri
e a quelli cui non poteva offrire la mano, offriva il suo affetto:
per il fatto che, qualunque forma di penuria o di privazione scor
gesse in qualcuno, con la dolcezza del cuore pietoso la riferiva a
Cristo. In tutti quanti i poveri vedeva il volto di Cristo e, perciò,
se gli veniva dato qualcosa di necessario per vivere, quando li
incontrava non soltanto generosamente l'offriva a loro, ma giu
dicava pure che a loro si doveva restituire. Non escludeva asso
lutamente nessuna cosa né mantelli né tonache né libri e perfino i
paramenti dell'altare; appena lo poteva ogni cosa donava ai biso
gnosi, desiderando anche di spendere tutto se stessa76, per realizzare
appieno il dovere della pietà perfetta.
OTTAVA LETfURA.
Lo zelo per la salvezza dei fratelli, che si sprigionava dal fuoco
della carità, trapassò come spada ajftlata77 e ftammeggiante78 le intime
fibre di Francesco, a tal punto che quest'uomo appariva tutto
geloso, acceso da un ardore di emulazione79, tormentato dalle pene
della compassione. Quando percepiva che le anime redente dal
sangue prezioso di Cristo Gesù venivano insozzate dalla lordura
del peccato, si sentiva trapassato da un pungolo straordinario di
dolore, le compiangeva con tale tenerezza di misericordia che
come una madre ogni giorno le partoriva in Cristo. Da qui per
lui la lotta nella preghiera, il suo impegno nella predicazione, l'ec
cesso nel dare l'esempio, per il fatto che non si riteneva amico di
75
Gb 2, 3.
76 2Cor 12, 15.
77
Ap 1, 16.
78 Gn 3, 24; Le 2, 35.
79 Es 34, 14.
172 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Mino,i
NONA LETIURA.
Chiunque può capire in maniera chiarissima il fervore della
carità perfetta, da cui l'amico dello Sposo si sentiva trasportato
in Dio, per il fatto che bramava ardentemente di offrire se stesso
con la fiamma del martirio come ostia vivd32 al Signore. Tre volte,
per ciò, intraprese il cammino verso i paesi degli infedeli, ma due
volte ne fu impedito da disposizione divina, finalmente la terza
volta, dopo aver provato molti oltraggi, catene, percosse e fatiche
innumerevoli, con la guida di Dio venne condotto al cospetto del
sultano di Babilonia. Con una manifestazione così efficace di spirito e
di virtiP evangelizzò Gesi/34, che lo stesso sultano ne fu ammirato e,
diventato mansueto per divina disposizione, lo ascoltò con be
nevolenza. In realtà, egli notò in lui fervore di spirito, costanza
d'animo, disprezzo della vita presente ed efficacia nel parlare di
Dio che concepì verso di lui tanta devozione stimandolo degno
di molto onore, gli offrì doni preziosi e lo invitò insistentemente
a prolungare il soggiorno presso di lui. Ma quel vero disprezza
tore di sé e del mondo rifiutò come fango tutte le cose offerte
e, costatando che non poteva conseguire quanto si era proposto,
dopo aver fatto senza finzione tutto ciò che poteva fare per ot
tenerlo, tornò tra i paesi cristiani come una rivelazione gli aveva
suggerito. E così avvenne che l'amico di Cristo cercasse con tutte
le forze la morte per lui e tuttavia non poté assolutamente trovar
la, in modo che non gli mancò il merito del martirio desiderato e
venne preservato per essere insignito in seguito con un privilegio
singolare.
80
Sal 16, 4.
81 Is 53, 12.
82 Rm
12, 1.
83
1Cor 2, 4.
84
At 5, 42.
Leggenda minore di Bonaventura 173
IV]
[CAPITOLO
DEDIZIONE ALLA PREGHIERA
E SPIRITO DI PROFEZIA
PRIMA LETIURA.
Il servo � Cristo, sente ndosi
. nel corpo in esilio dal Signore85,
mentre esteriormente era divenuto totalmente insensibile ai desi
deri dell � terra per �mor di Cristo, per non rimanere privo della
c� :msolazione del J?�etto, pregando senza interruzione86 , si sforzava
di mantenere lo spmto alla presenza di Dio. Infatti, camminando
e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, con la forza
della spirito restava così intento nella orazione da sembrare che
avesse dedicato ad essa ogni cosa che era in lui: non solo il cuore
e il corpo, ma anche l'azione e il tempo. Molte volte era sospeso
da tale eccesso di devozione che, rapito al di sopra di se stesso, e
oltrepassando i limiti della sensibilità umana, ignorava totalmen
te quanto avveniva esteriormente intorno a lui.
SECONDA LETIURA.
E tuttavia per accoglier più quietamente le elargizioni delle
consolazioni spirituali, si recava in luoghi solitari e in chiese ab
bandonate, per p�egar:'i di no �te; quantunque anche là provasse
le or�ende battaglie dei demoru, che venivano a conflitto con lui,
quasi corp? a corpo, e si sforzavano di stornarlo dall'impegno
della pr�ghie�a. 1'.fa l'�omo � Dio, dopo averli messi in fuga con
la forza. 1nf�t1c �bile di _pr�ghie�e. ferventi, restando solitario e pa
cato, �iempiva i bo �chi di gemltl, cospargeva quei luoghi di lacri
me, si percuoteva il petto e, quasi dall'intimità di un più segreto
santuario, allora rispondeva al giudice, allora supplicava il Padre,
a�ora s�herzava con lo Sposo, allora dialogava con l'amico. Là fu
visto, di notte, mentre pregava, con le mani e le braccia stese in
forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato
da un � nuvoletta f�lgente: così la meravigliosa luminosità e il sol
levarsi del corpo diventavano testimonianza dell'illuminazione e
dell'elevazione avvenuta dentro il suo spirito.
TERZA LETIURA.
Come è comprovato da indizi sicuri, durante questo tipo di
85
2Cor 5, 6.
116
lTs 5, 17.
174 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Min01i
QUARTA LETTURA.
Mentre, infatti, una volta quell'uomo santo Antonio, allora
predicatore egregio ed ora, invece, illustre confessore di Cristo,
predicava ai frati in un capitolo provinciale presso Arles, eruttan
do parole melliflue riguardo al titolo della croce: Gesù Nazareno,
re dei Gi11dez91, l'uomo di Dio Francesco, che allora si trovava in
luoghi lontani, apparve alla porta del capitolo, elevato in aria.
Quello benedicendo i frati con le mani stese in forma di cro
ce, li ricolmò di consolazione spirituale in tali molteplici modi
che all'interno di sé constava una così certa testimonianza dello
spirito che quella apparizione meravigliosa era dotata di virtù ce
leste. D'altronde, siccome il fatto non rimase nascosto al beato
padre, palesemente da ciò stesso risulta chiaro quanto il suo spi
rito fosse aperto alla luce della sapienza eterna, quella che è più mobile
di ogni moto e per la sua purezZfl penetra e riempie ogni cosa, si trasfonde
nelle anime sante eforma gli amici di Dio e i prefett92•
QUINTA LETIURA.
Una volta mentre i frati entravano, come al solito, in capitolo
87
Sai 50, 8.
88
Gb 28, 11.
89
Is 11, 2.
90 Al posto di prospicerel (discerneva) il ms. Assisi, 347 ha perspiceret (penetrava).
91 Gv 19, 19.
92
Sap 7, 24-27.
Leggenda minore di Bonaventura 175
SESTA LETTURA.
Quando restava sul monte della Verna, rinchiuso nella cella,
uno dei compagni provava gran desiderio di avere un qualche
scritto con le parole del Signore, annotato brevemente di propria
mano. Credeva, infatti, che con questo mezzo avrebbe potuto
eliminare o almeno, di certo, sopportare con minor pena la gra
ve tentazione non della carne, ma dello spirito da cui era vessa
to. Languiva per tale desiderio ed era interiormente angustiato,
perché, umile qual era, riservato e semplice, si lasciava vincere
dalla vergogna e non osava confidare la cosa al reverendo padre.
Ma se non lo disse a lui l'uomo, glielo rivelò lo Spirito. Fran
cesco, infatti, ordinò a quel frate di portargli inchiostro e carta
e, scrivendo le Lodi del Signore con una benedizione per lui di
propria mano, come il desiderio del frate, gli offrì benignamente
quanto aveva scritto e tutta quella tentazione scomparve defini
tivamente. Quello stesso bigliettino, poi, fu tenuto in serbo e, in
seguito, apportò a moltissimi la guarigione, così, da questo risulta
chiaramente a tutti quale merito abbia avuto davanti a Dio chi lo
ha scritto ed ha lasciato in un fogliettino scritto tanta efficacia di
virtù.
SETTIMA LETTURA.
In un'altra circostanza, una nobildonna a Dio devota, recan-
93 Dt 5, 5.
94 Mt 26, 39.
176 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
OrrAVA LETIURA.
Nel tempo in cui il servitore del Signore giaceva malato a Rieti,
fu colpito da grave infermità un prebendario di nome Gedeone,
vizioso e mondano, e steso su un lettuccio, quando lo portarono
da lui, lo pregava insieme con gli astanti di essere segn ato da lui
con il segno della croce. Ed egli a lui: «Siccome un tempo sei
vissuto secondo i desideri della carne, senza temere i giudizi di
Dio, io ti segnerò con il segno della croce non per te, ma per le
devote preghiere di coloro che intercedono, cosicché fin d'ora io
ti faccio sapere con certezza che soffrirai pene più gravi se, una
volta guarito, ritornerai al vomito97». Perciò, facendo su di lui il
segno della croce dalla testa fino ai piedi, scricchiolarono le ossa
della sua schiena, tutti sentendo come quando si rompe legna
secca con le mani, e subito colui che giaceva contratto si alzò
sano e, prorompendo in lodi a Dio, disse: <<lo sono guarito». Ma,
trascorso un po' di tempo, quando, dimenticatosi di Dio, abban
donò di nuovo il corpo all'impudicizia98 e una sera cenava, ospite
di un canonico ed era rimasto la notte a dormire con lui, il tetto
95
At 10, 44.
96 Nm 28, 4. 8; Sai 140, 2.
97
Pr 26, 11.
98
Ef 4, 19.
Leggenda minore di Bonaventura 177
NONA LETIURA.
Nel tempo in cui, dopo il suo ritorno dai paesi d'oltremare, si
recò a Celano per predicare, un cavaliere con umiltà e devozione
e con grande insistenza lo invitò a pranzo e quasi lo costrinse
contro voglia. Ma prima che prendessero cibo, mentre l'uomo
devoto stava, secondo la sua abitudine, offrendo con mente preci
e lodi a Dio, vide in spirito che per quell'uomo ormai era immi
nente il giudizio della morte e, rapito in spirito, rimaneva con
gli occhi levati al cielo. Terminata finalmente l'orazione, prese in
disparte l'ospite benigno e gli predisse che la morte era vicina, lo
ammonì a confessarsi e lo stimolò al bene per quanto poté. L'uo
mo acconsentì subito alle parole del santo uomo e manifestò al
compagno di lui in confessione tutti quanti i peccati, mise ordine la
sua casa100 , si affidò alla misericordia divina e si preparò meglio che
poté ad accogliere la morte. Pertanto, mentre gli altri prendeva
no la refezione del corpo, il cavaliere, che appariva sano e forte,
esalò improvvisamente lo spirito, secondo la parola dell'uomo di
Dio. Certo, portato via da una morte repentina, ma premunito,
per il suo spirito profetico, con le armi della penitenza, sfuggì
alla dannazione eterna ed entrò nei tabernacoli eternz101 , secondo la
promessa del Vangelo102 •
V][CAPITOLO
PRIMA LETIURA.
Certamente, nel suo servo Francesco, era presente lo Spinto del
99
Ap 19, 10.
100
Is 38, 1.
101 Le
16, 9.
102 Mt
25, 3 4 -40.
178 Sezione terza - ùggende liturgiche dell'Ordine dei Mi1101i
Signore che lo aveva unta 1°3 e lo stesso Cn'sto, potenZfl e sapienza di Dio104,
per la cui potenza e grazia non soltanto gli venivano manifestate le
cose incerte ed occulte105, ma anche gli obbedivano gli elementi di que
sto mondo. Infatti, un tempo, quando era consigliato dai medici ed
esortato con insistenza dai frati ad accettare di lasciarsi curare la ma
lattia degli occhi mediante la cauterizzazione, l'uomo di Dio accon
sentì umilmente, perché non solo ciò sarebbe stato una medicina
contro l'infermità del corpo, ma anche la materia avrebbe esercitato
la virtù. Poiché la sensibilità della sua carne, alla vista dello strumento
di ferro ormai incandescente, era rimasta scossa da un naturale or
rore, il santo uomo prese a parlare al fuoco come a un fratello e gli
comandò, in nome e in virtù del Creatore, di moderare il suo calore
e di bruciare soavemente, in modo di riuscire a sopportarlo. Affon
dato il ferro crepitante nella tenera carne ed estesa la cauterizzazione
dall'orecchio fino al sopracciglio, l'uomopieno di spiri/0 106, esultando in
Dio, disse ai frati: «Lodate l'Altissimo, perché, dico la verità, il calore
del fuoco non mi ha dato molestia e il dolore della carne non mi ha
procurato afflizione».
SECONDA LETIURA.
Mentre il servo di Dio era travagliato da una malattia gravissi
ma, presso l'eremo di sant'Urbano, sentendo la debolezza della
natura, chiese un bicchiere di vino. Gli fu risposto che vino non
ce n'era proprio, da potergliene dare, allora comandò di portar
gli dell'acqua e, quando gli fu portata, la benedisse, tracciando il
segno della croce. Subito diventa un ottimo vino quella ch'era
stata acqua pura e ciò che la povertà del luogo deserto non po
teva dare, lo impetrò la purezza del santo uomo. Al gustar di
quel vino, subito si ristabilì con estrema facilità per manifestare
chiaramente che dal generoso Datore gli aera stata concessa la
bevanda desiderata, non perché piacevole al gusto, ma perché
efficace per la salute.
TERZA LETIURA.
Un'altra volta l'uomo di Dio volendosi trasferire in un certo
eremo, dove avrebbe potuto dedicarsi più liberamente alla con
templazione, poiché era debole, veniva condotto da un uom?
povero sul suo asinello. Era d'estate e quell'uomo, scortando il
103 Le 4, 18.
104
1Cor 1, 24.
105 Sai 50, 8.
106 Gn 41, 38.
Leggenda minore di Bonave11t11ra 179
QUARTA LETTURA.
In un tempo in cui il servo del Signore stava predicando in
riva al mare, a Gaeta, volendo sottrarsi al plauso della folla che
per devozione si riversava su di lui, salì da solo su una barca, che
si trovava presso il lido. Ma quella, come fosse pilotata da una
forza intrinseca che la mise in movimento, senza alcun rematore
si allontanò da terra, sotto lo sguardo ammirato di tutti i presenti.
Addentratasi per un po' nel mare aperto, restò poi immobile in
mezzo alle onde, per tutto il tempo che all'uomo di Dio piacque
di predicare alle turbe in attesa sul lido. Ascoltato il discorso,
visto il miracolo e ricevuta la benedizione, la moltitudine, dietro
preghiera dello stesso, si stava allontanando e allora, non per altra
spinta che per quella di un comando celeste, la barca venne a riva,
come se la creatura,per servire al suo Fattore109, si assoggettasse senza
ribellione e obbedisse senza indugio a colui che era un adoratore
perfetto del Creatore.
QUINTA LETTURA.
Una volta in cui si trovava nell'eremo di Greccio, gli abitanti
del luogo erano oppressi da molti mali: ogni anno una tempesta
di grandine devastava i raccolti e le vigne e una moltitudine di
lupi rapaci divorava non soltanto gli animali, ma anche gli uomi
ni. Il servo del Signore onnipotente, che provava una benevola
compassione per quegli uomini così fortemente afflitti, durante
una predica promise loro pubblicamente, facendosene perso-
SESTA LETTURA.
Un'altra volta l'uomo di Dio, mentre si aggirava per la valle
spoletana a scopo cli predicazione, giunse vicino a Bevagna in
un luogo dove si era data convegno una grandissima quantità di
uccelli di vario genere. Avendoli osservati con occhio pietoso,
investito dallo Spirito del Signore111 , corse veloce verso quel luogo e
dopo averli salutati con entusiasmo, impose loro il silenzio, per
ché potessero ascoltare con attenzione la parola di Dio. Mentre
egli parlava agli uccelli dei molti benefici donati da Dio creatore
e delle lodi che essi dovevano tributargli, quelli, dimenandosi in
mirabil modo, si misero ad allungare il collo, a stendere le ali, ad
aprire il becco e a fissarlo con attenzione, come se si sforzassero
cli sentire la forza ammirabile di suoi discorsi. Era davvero giu
sto che l'uomo pieno di Dio112 si sentisse spinto da un sentimento
pietoso di umanità verso tali creature prive di ragione, per il fatto
che esse, a loro volta, in un modo meraviglioso si sentivano così
attratte verso di lui che stavano attente quando le istruiva, obbe
divano quando le comandava e si rifugiavano con sicurezza da
lui, che le accoglieva e senza difficoltà rimanevano con lui, che le
teneva con sé113•
SETTIMA LETfURA.
Nel tempo in cui egli, per conseguire la palma del martirio,
aveva cercato di andare nei paesi d'oltremare, senza per altro riu
scirci, perché impedito dalle tempeste del mare, Colui che gover
na tutte le cose lo assisté con un'adatta provvidenza per strappar
lo con molti altri dai pericoli della morte e mostrare verso di lui
Mt 3, 8.
110
111
Gdc 14, 6.
112
Gn 41, 38.
113 A questa altezza un'altra mano nel ms. Assisi, 347 aggiunge nel margine
«quis est?», senza capire che la persona che si prende cura degli animali è ap
punto Francesco.
Leggenda minore di Bonaventura 181
OTTAVA LETTURA.
Un'altra volta, mentre quest'uomo di Dio era in viaggio con
un frate compagno, a scopo di predicazione, fra la Lombardia e
la Marca Trevigiana, fu sorpreso dalle tenebrose oscurità della
notte nei pressi di Padova. Siccome la strada era esposta a molti e
�ra:VÌ pericoli, a causa del fiume, delle paludi e delle tenebre, per
ms1stenza del compagno perché in una necessità così grande im
plorasse l'aiuto di Dio, l'uomo di Dio rispose con molta fiducia:
«Dio è potente se piace alla sua dolcezza, scacciata l'oscurità delle
tenebre, ci illuminerà con il beneficio della sua luce». Meraviglia
davvero! Aveva appena finito di parlare ed ecco per virtù celeste
una grande luce incominciò a risplendere attorno a loro, tanto
che, mentre altrove persisteva l'oscurità della notte, essi vede
vano distintamente non soltanto la strada, ma anche molte cose
tutt'intorno, dall'altra parte del fiume.
NONA LETTURA.
Era davvero giusto che, in mezzo alle tenebre dense della not
te, lo precedesse il fulgore della chiarità celeste, affinché, da ciò
stesso si manifesti che non possono essere avviluppati dal buio
della morte116 quanti seguono con diritto sentiero la luce della vita117•
Infatti, guidati nel corpo dallo splendore meraviglioso di tale luce
114
Sai 106, 24.
115
Gv 1, 6.
116
Gb 10, 21.
117
Gv 8, 2.
182 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori
[CAPITOLO VI]
LE SACRE STIMMATE
PRIMA LETIURA.
Il servo e ministro veramente fedele di Cristo, Francesco, due
anni prima di rendere lo spirito al ci�lo, in iisp_arte su un a(to mon�
te118 che è chiamato La Verna, per mcormnciare un digiuno _ di
qua�anta giorni ad onore dell'arc �ngelo Michele'. inondato dalla
dolcezza celeste della contemplaz10ne con magg10r abbondanza
del solito e acceso da una più ardente fiamma di celesti desideri,
incominciò a sentire con maggior profusione i doni dell� divin�
elargizioni. Mentre, dunque, è condotto in alto verso Dio d�gli
ardori serafici dei desideri e preso da una tenerezza compassio
nevole venne trasformato in colui, che di degnò, per grande cari
tà119, di essere crocifisso. Un mattino, all'appressarsi della festa
dell'Esaltazione della santa Croce,
. mentre pregava sul fianco del
monte, vide come la figura dz un serafino, che avev� se�· �a,no. ta ?t?
luminose quanto infuocate, discende� e dalla sublirm;a ?ei _c� eli,
che, con rapidissimo volo, giungendo m un punto nell ana :7icmo
all'uomo di Dio, apparve non soltanto alato, ma anche croc1fiss�.
Avendo, infatti, le mani e i piedi stesi e confitti sulla cro�e e le a�,
invece, disposte, da una parte e dall'�ltra, in modo cosi meravi
glioso, che due le teneva alzate sopra il capo, due le ste_ndeva per
volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo.
118 Mt 17, 1.
119
Ef 2, 4.
120
Is 6, 2.
Leggenda minore di Bonaventura 183
SECONDA LETIURA.
Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì riversarsi nel suo spirito
gaudio misto con il dolore, allora da una parte concepiva. una
straordinaria letizia all'apparizione di Cristo in un aspetto pieno
di grazia per lui in forma così meravigliosa e familiare, dall'altra la
visione della cruda affissione alla croce trapassava la sua anima con
la spada121 di un dolore compassionevole. Ammaestrato interior
mente da colui che gli appariva anche esteriormente, comprese,
infatti che benché l'infermità della passione non si addice in
alcuna' maniera
' alla natura immortale e spirito serafico, tuttavia,
tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per questo scopo, che
lui, l'amico di Cristo conoscesse anticipatamente, che _ stava per
essere tutto trasformato nell'esplicita immagine di Cnsto Gesù
crocifisso non mediante il martirio della carne, ma mediante
l'incendia' dello spirito. La visione, scomparendo, dunque, dopo
un colloquio arcano e familiare, infiammò il suo spirito interior
mente di ardore serafico ma impresse esteriormente la carne con
un'effigie perfettamente conforme del Crocifisso, co11:1e se �Ila
precedente virtù di liquefare del fuoco avesse fatto seguita un'im
pressione di un sigillo.
TERZA LETfURA.
Subito, nelle sue mani e nei piedi incominciarono ad apparire i
segni dei chiodi; le loro capocchie si vedevano nella parte interna
delle mani e nella parte superiore dei piedi e le punte emergevano
dalla parte opposta. E le capocchie dei chiodi, nelle mani e 1:ei
piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, pie
gate all'indietro e ribattute, che uscivano dalla ca �ne stes �a, spor
gendo sopra il resto della carne. La stessa nbat�tura d_ei chiodi,
sotto i piedi, era così prominente e sporgeva all'mfuon che non
solo non permetteva di appoggiare liberamente la pianta del pie
de al suolo, ma anche si poteva facilmente far passare un dito di
una mano dentro l'incurvatura arcuata delle punte stesse, come
ho sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con
i propri occhi. Anche il fianco destro era come trafitto da una
lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso emet
teva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le
mutande, che quando i frati compagni, le lavavano, per un certo
tempo, potevano costatate senza alcun dubbio che il servitore di
Cristo portava impressa visibilmente la similitudine al Crocifisso
anche nel costato, così come nelle mani e nei piedi.
121
Le 2, 35.
184 Sezione terza - Leg,g,ende litmgiche dell'Ordine dei Minori
QUARTA LETTURA.
Vedeva, l'uomo pieno di Dio122, che le stimmate impresse così
palesemente nella carne non potevano restare nascoste ai com
pagni familiari; temeva, non di meno, di mettere in pubblico il
sacramento123 del Signore ed era combattuto da un grande dubbio:
se dire quanto aveva visto oppure tacere. Spinto, infine, dallo sti
molo della coscienza, riferì ad alcuni tra i frati a lui più intimi, con
molto timore, lo svolgimento della visione raccontata; e aggiunse
che colui che gli era apparso gli aveva detto alcune cose che egli
non avrebbe mai svelato a nessun uomo, finché era in vita. In
fatti, sopo che il vero amore di Cristo trasformò l'Amante nella sua
stessa immagine124, si compì il numero dei quaranta giorni, che egli
aveva stabilito di trascorrere su quel monte di solitudine, all'arri
vo della solennità dell'arcangelo Michele, l'uomo angelico, Fran
cesco, scese dal monte, portando con sé l'effigie del Crocifisso,
non raffigurata su tavole di pietra125 o di legno dalla mano di un
artefice, ma scritta nelle membra della carne dal dito del Dio vivo126•
QUINTA LETTURA.
Inoltre, sebbene l'uomo santo e umile si sforzasse con ogni
diligenza di nascondere quei sacri sigilli, piacque, tuttavia, al Si
gnore, a propria gloria, di mostrare per mezzo di essi alcune evi
denti meraviglie, affinché la potenza occulta di essi si rivelasse
palesemente per chiari segni ed egli risplendesse come astro ful
gentissimo fra le dense tenebre del secolo oscuro. Infatti, nel ter
ritorio intorno al predetto monte della Verna, prima che il Santo
vi avesse soggiornato, di solito alzandosi una nube fosca dalla
montagna stessa, una violenta tempesta di grandine distruggeva
i raccolti. Ma dopo quella beata apparizione, non senza ammi
razione e gioia degli abitanti, la consueta grandine scomparve,
affinché l'aspetto stesso del cielo, divenuto sereno in maniera
inusitata, mostrasse l'eccellenza di quella visione celeste e la virtù
delle stigmate, che li erano state impresse.
SESTA LETTURA.
Sempre in quel periodo, infierì nella provincia di Rieti una pe
ste molto grave, che cominciò a colpire con tale violenza ovini
122
Gn 41, 38.
123
Tb 12, 7.
124
2Cor 3, 18.
125
Es 31, 18.
126
Es 8, 19; 31, 18; 2Cor 3, 3.
Leg,g,enda minore di Bonaventura 185
SETTIMA LETTURA.
!�somma, da allora quelle mani acquistarono tale virtù che,
�on il l?ro cont�tto salvifi�o! !�stituivano una vigorosa salute agli
�nfe� e una vivace sensibilita alle membra ormai paralizzate e
�
1nandite e, cosa che è maggiore di tutte queste, la vita e l'integrità
a coloro mortalmente feriti. Infatti, ricorderei due tra i suoi molti
prodigi, anticipando e insieme abbreviandoli. A Lerida un uomo
di nome Giovanni, devoto a san Francesco, una sera 'fu massa
crato con ferite così orrende da far credere che a stento sarebbe
s prav:7issuto fino. a�'indomani, apparendogli in modo meravi
�
glioso il padre santlssimo e toccandogli quelle ferite con le sacre
n:iani, all'istante lo rese interamente sano così che tutta quella re
�one proclama-ya l'am �r�bile �ignifero della Croce degnissimo
di ogru venerazione. Ch1, rnfattl, potrebbe, senza ammirazione,
vedere un uomo non sconosciuto quasi nel medesimo istante ora
str�ziato da fer�te crudelissime ora gioioso per la sua incolumità?
�lu potrebbe !ipensarci, senza elevare un azione di grazie? Chi,
mfine, con spmto fedele potrebbe giudicare un miracolo tanto
pietoso, virtuoso e luminoso, senza devozione?
OTTAVA LETTURA.
Pre�so Potenza, città della Puglia, un chierico di nome Rug
gero, siccome pensava cose vane a proposito delle sacre stimma
t � �el beato p�dre, improvvisamente si sentì colpito nella mano
s101stra, sotto il !$11anto, e se p�reva un colpo di freccia scagliata
da _un � balestra,� gu_anto era rimasto perfettamente intatto. Ma
po1che per tr_e giorru _ fu tormentato da una punta di veemente
dolore, ormai pentlto nello spirito, invocava il beato e scongiu
rava_ Francesco che lo soccorresse in nome di quelle stigmate
glonose, ottenne una salute così perfetta che ogni dolore scom-
186 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Mino1i
VII)
[CAPITOLO
IL TRANSITO DELLA MORTE
PR1MA LETIURA.
L'uomo di Dio ormai dunque confitto con Cristo sulla croce128 sia
con la carne sia con lo spirito, non solo era elevato verso Dio
dall'incendio dell'amore serafico, ma era anche trafitto129 dal fer
vido zelo delle anime, e insieme con il suo crocifisso Signore era
assetato130 della salvezza di tutti quelli che si devono salvare. E,
siccome non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui
piedi, faceva portare attorno per città e borghifartifica!t131 quel suo
127 Lc 4, 18.
126
Gal 2, 19.
129 Gv 19, 37.
no Gv 19, 28.
131 Mt
9, 35.
Leggenda minore di Bonaventura 187
corpo mezzo morto, affinché, come un altro angelo che sale dal lttogo
dove sorge il sole132, infiammasse il cuore dei servi di Dio con una
divina fiamma difuoco13 3, dirigesse anche i piedi sulla via della pace134 e
segnasse le lorofronft135 col sigillo del Dio vivo136 • Ardeva anche di un
gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per ser
vire, come da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo
servizio il corpo ormai consumato dalla fatica.
SECONDA LETIURA.
Si proponeva di fare grandi imprese, con Cristo come con
dottiero, e, mentre le membra venivano meno, forte e fervido
nello spirito, sperava con un nuovo combattimento il trionfo sul
nemic ?. C�rto perché crescesse il cumulo dei meriti per il pic
colo di Cnsto, che per quella pazienza peifetta137 porta veramente
a compimento ogni cosa, incominciò ad essere colpito grave
mente da varie malattie, che, essendo diffuse dolorose sofferenze
di passioni in ognuna delle membra ed essendo la carne ormai
consumata138 , n'maneva ormai sulle ossa soltanto la pelle139 • Pressato
dalle aspre sofferenze del corpo, quelle penose angosce non le
chiamava pene, ma sue sorelle e, nella lieta tolleranza delle stesse
innalzava al Signore grandi lodi e ringraziamenti, cosicché ai frati
che lo assistevano sembrava di guardare un altro Paolo, a causa di
quel gloriarsi gioioso ed umile nelle inftrmità140 , e di vedere un altro
Giobbe, a causa di quella vigoria e imperturbabilità d'animo.
TERZA LETIURA.
Egli, invero, aveva conosciuto molto tempo prima il momento
del suo transito e, quando il giorno della morte fu imminente
disse ai frati c�e presto doveva deporre il tabernacolo del propri�
corpo, come gli era stato mostrato da Cristo141 • Perciò, a due anni
dall'impressione delle stimmate e cioè a vent'anni dalla sua con
versione, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziun
cola, affinché, dove ad opera della Vergine Madre di Dio aveva
132 A p 7, 2.
133
Lam 2, 3.
134
Le 1, 79.
135 A p 7, 3.
136 A p
7, 2.
137 Gc 1, 4
-
136 Gb 19, 20.
Il? Lam 4, 8.
140 C
2 or 11, 30; 12, 5 9.
141
2Pt 1, 14.
188 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
QUARTA LETTURA.
Alla fine, quando incombeva ormai l'ora del suo transito, �ece
chiamare a sé tutti i frati che dimoravano nel luogo e, rassicu
randoli per la sua morte con parole consolatrici, li esortò con
affetto paterno all'amore divino. Lasciando anche loro e legando
per successione ereditaria il possecliment'? de�a povertà, e della
pace, li ammonì premurosamente a tenersi fissi alle rea �t� eterne
e a premunirsi contro i pericoli cli questo mondo e li mdusse,
con ogni efficacia cli sermone che pot�, a � eguire perfet�_amente
le orme cli Gesù crocifisso. E mentre i figli stavano tutt mtorno
al patriarca dei poveri, i _ cui oc; hi ormai erano ojfu�ca�, non per l�
vecchiaia144 ma per le lacrime, l uomo santo, quasi cieco e ormai
prossimo alla morte, incrociando le braccia, stese su cli loro le
mani in forma di croce, per il fatto che aveva sempre amato que
sto segno, e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella virtù e
nel nome del Crocifisso.
QUINTA LETTURA.
Dopo chiese che gli venisse letto il Vangelo secondo Giovanni
a partire dal versetto: Prima del giorno della Pasqua145, _p� r sentire i�
questo la voce del Diletto che bussava146, dal quale lo divideva ormai
soltanto la parete della carne. Alla fine, compiuti in lui tutti i
misteri, pregando e salmeggiando l'uomo beato si addormentò nel
Signore147 e quell'anima santissima, sciolta dalla carne, venne as-
142
Fil 3, 14; Col 3, 24.
14
l SuLPtCE SÉVÈRE, Le/tre 3, pp. 334-345.
144
Gn 48, 10.
145
Gv 13, 1.
146
Ct 5, 2.
147
At 7, 60.
Leggenda minore di Bonaventura 189
OTTAVA LETTURA.
Non cessano di crescere, per opera sua, anche gli innumerevoli
benefici di Dio nelle varie parti del mondo, come ho provato per
esperienza diretta anche io stesso che ho descritto i fatti antecedenti.
Essendo, infatti, stato fatto un voto a san Francesco da mia madre
per me che ero malato molto gravemente, quando ero ancora fan
ciullino, fui strappato dalle fauci stesse della morte e restituito sano
nel vigore della vita. Siccome ho ben vivo questo fatto nella me
moria, ora lo proclamo con confessione veritiera, affinché, tacendo
un beneficio così grande, non sia incolpato come ingrato. Accetta,
dunque, o padre beato, le azioni di grazie, per quanto esili e impari
ai tuoi meriti e ai tuoi benefici, e, quando accoglierai i desideri, scusa
le nostre colpe nel pregarti così, affinché tu liberi i tuoi fedeli devoti
anche dai mali presenti e li conduca ai beni sempiterni.
NONA LETTURA.
Dunque si chiuda il discorso con una sorta di ricapitolazione
sommaria; chiunque ha letto fino in fondo le cose precedenti, riflet
ta su questa considerazione finale: la conversione del nostro padre
Francesco avvenuta in modo ammirabile, l'efficacia nella parola divi
na, il privilegio delle virtù sublimi, lo spirito di profezia con la com
prensione delle Scritture, l'obbedienza da parte delle creature prive
di ragione, l'impressione delle sacre stigmate e il celebre transito da
questo mondo al cielo, mostrano chiaramente come sette luminose
testimonianze per tutto il mondo e garantiscono che lui, come pre
claro araldo di Cristo, che porta in se stesso il sigillo del Dio vivo149 deve
anche essere venerato come autentico nella missione e la dottrina e
ammirevole nella santità. Con sicurezza, dunque, lo seguano coloro
che escono dall'Egjtto150, poiché una volta che le acque del mare saranno
divise151 dal bastone della croce di Cristo, essipasseranno ti deserlo152 e, at
traversato zJ Giordano153 della vita mortale, per la meravigliosa potenza
della Croce stessa, entreranno nella terrapromessa dei viventt154• Là, per i
suffragi del beato padre, ci introduca Gesù, inclito Salvatore e guida,
a cui con il Padre e con lo Spirito Santo nella Trinità perfetta sia ogni
lode, onore e gloria nei secoli dei secoli. Alnen155•
Fine della Vita minore di san Francesco.
14 9 Ap 7, 2.
150 Cfr. Es 13-15; Sai 113.
15 1
Sal 135, 13.
152
Sai 67, 8.
153
Dt 27, 3.
154
Sai 141, 6; At 7, 5.
155
Rm 16, 27.
6
TOMMASO DA CELANO
traduzione di
FILIPPO SEDDA
La traslazione del corpo di san Francesco dalla chie�a di
San Giorgio alla basilica di San Francesco ebbe luogo ti 25
maggio 1230 ad Assisi. La riforma liturgica di Aimone da
Faversham nel 1244, confermando un precedente uso dei frati
Minori� prevedeva de festeggiare la traslazion� di Fran� esco in
questo giorno, con lo stesso ufficio del su� dies natalis, 11'.a
con delle lezioni specifiche per questa occaszon�. Nel m_anoscnt
to Chigi C. V 136 della Biblioteca Apostolica Vatzcana, un
breviatio conforme all'uso dei frati Minori proveniente proba
bilmente da un monastero di Clarisse, le lezioni per la hm/a
zione sono estratte dalla Vita del beatissimo pad� e nos� ro
Francesco di Tommaso da Celano. Esse coprono tn effettz la
morte e la sepoltura di Francesco nel 1226, la sua canonizza
zione nel 1228 e la traslazf on� del suo corpo ne � 1230. La
stessa porz,ione testualefu rezmpieg�ta_t� el � 1anoscntto AB/ 23.
del Collegio San Lorenzo da Brmdtst dz R_oma, � modo dt
conclusione della patte biografica del Memoriale dz Tommaso
da Celano.
(RUBRICA]
Nella Traslazione di san Francesco si faccia l'ufficio come
nella sua natività, tranne che si leggano le letture della sua tra
slazione. Ma se questa festa si celebra prima della Pentecoste,
sotto la prima antifona di ciascun notturno si dicano tre salmi e
alla fine dell'invitatorio, delle antifone, dei versetti e dei respon
sori sia brevi che gli altri si aggiunga l'Alleluia e negli inni si ag
giunga «Gloria a te, Signore, che sei risorto». Ma se si celebra
tra l'Ascensione e la Pentecoste, si dica «Gloria a te, Signore,
che ascendi». Se invece la predetta festa viene nella vigilia dell'A
scensione o della Pentecoste, si faccia memoria di san Francesco
solo nei secondi vespri. Se invece detta festa capiterà di essere
celebrata il giorno dopo dell'Ascensione, nel vespro del giorno
dell'Ascensione si faccia totalmente l'ufficio dell'Ascensione con
la commemorazione di detta festa, tranne in qualche luogo dei
frati in cui la chiesa sia costruita in nome del beato Francesco. Al
lora, infatti, in quel luogo al vespro del giorno dell'Ascensione si
dicano interamente i vespri del beato Francesco con la comme
morazione dell'Ascensione. Di sant'Urbano invero non di faccia
nulla, ma si trasferisca avanti.1
PRIMA LETTURA.
Nell'anno dell'incarnazione del Signore 1226, il 4 giorno alle
none di ottobre2, nel giorno che aveva predetto, trascorsi venti
anni da quando aderì perfettamente a Cristo, seguendo le orme3 e
la vita degli apostoli, l'uomo apostolico Francesco4, sciolto dai
vincoli della vita mortale, migrò felicemente a Cristo. E sepolto
presso la città di Assisi, cominciò a brillare ovunque con tanti
straordinari e vari miracoli che in breve tempo indusse all'ammi
razione del nuovo secolo una gran parte della terra.
SECONDA LETTURA.
Quando ormai in diverse regioni diventava famoso per la nuo
va luce dei miracoli e da ogni parte accorrevano coloro che gio
ivano di essere liberati per suo beneficio dalle proprie sciagure,
il signor papa Gregorio, quando si trovava a Perugia con tutti i
cardinali e altri prelati della Chiesa, iniziò a deliberare sulla sua
canonizzazione.
1
S. VAN DIJK, So11rces of the Modem Ro!llan Lit11rgy, voi. 2, pp. 140-141.
2 Il 4 ottobre.
3 1 Pt 2, 21.
4 UfLL 1.
194 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Mino1i
TERZA LETTURA.
Concordando, dunque, tutti espressero insieme lo stesso [giu
dizio]. Leggono e approvano i miracoli, che per mezz� del � uo
servo il Signore aveva operato ed esaltano con somm1 elogi la
vita e la condotta del beato padre. Quindi si riuniscono i principi
della temr5 per tale solennità e ogni abbondanza di prelati con
un'infinita moltitudine di popolo, nel giorno stabilito, entrano
nella città di Assisi con il beato papa.
QUARTA LETTURA.
Quando essi vengono, infatti, al luogo preparato per tale so
lenne incontro, papa Gregorio predica per la prima volta a tutto il
popo/0 6; con affetto mellifluo annuncia i doni di Dio. Per secondo
colma di lodi anche il padre Francesco con un ottimo sermone
e, annunciando la purezza della sua condotta di vita, si bagna di
lacrime.
QUINTA LETTURA.
Finito quindi il sermone, protendendo le mani al cielo7, a voce al
tissima papa Gregorio acclama e dice: «A lode e gloria del Dio
Onnipotente, del Padre e del Figlio e dello Spirito santo e della
gloriosa vergine Maria e dei beati apostoli Pietro e Paolo e per
onore della gloriosa Chiesa romana, il beatissimo padre Fran
cesco, che il Signore glorificò nei cieli, venerandolo in terra, su
consiglio dei nostri fratelli e di altri prelati abbiamo deciso di
iscriverlo nel catalogo dei santi e di celebrare solennemente la sua
festa nel giorno della sua morte».
SESTA LETTURA.
A questo annuncio iniziarono pure i cardinali con il signor
papa a cantare ad alta voce Te Dei1111 lauda111us. Si solleva, dunque,
il clamore di molti popoli e, suonando le campane e al clangore del
le trombe9, la terra risuona di voci immense. L'aria si riempie di
giubili e la terra è bagnata di lac� ime: _ Si di� tingue q�el �ior�o _ e
si colora dei raggi più splendenti: qw 1 ram1 verdeggianti [d1 oli-
SETTIMA LETTURA.
Infine, papa Gregorio discende dal soglio e bacia con le beate
labbra la tomba12 contenente il corpo consacrato a Dio. Offre
e moltiplica le preghiere13 e celebra i sacri misteri. Tutto il popolo
amplifica le lodi di Dio14 e al suo santo rivolgono doni di grazie.
Queste cose avvennero nell'anno dell'incarnazione del Signore
1228, il secondo anno del pontificato del signor papa Gregorio
IX, il diciassettesimo giorno prima delle calende di agosto 15•
OTTAVA LETTURA.
Così compiuti questi fatti, dopo due anni il corpo del santissi
mo padre dal luogo dove prima era stato sepolto fu traslato nella
clùesa fuori dalle mura della città, costruita nuova in suo onore.
Infatti, in quello stesso luogo, in occasione di tanta solennità fu
celebrato anche il capitolo generale e, da diverse parti del mondo,
convenne qui una grandissima moltitudine di frati. Inoltre, da
ogni parte confluì qui una tale abbondanza di popoli che, non
potendo la città contenerli, riempirono i campi tutt'intorno e le
vie circostanti.
NONA LETTURA.
Infatti, anche il signor papa Gregorio, non potendo essere pre
sente a sì grande solennità, impedito da altri affari della Chiesa,
destinò li con le sue lettere solenni nunzi che riferissero le cause
della sua assenza. Mandò anche alla basilica del beato Francesco
una croce d'oro ornata di pietre preziose, in cui era incastonato
il legno della croce del Signore. Lasciò anche ornamenti e vasi
destinati al servizio dell'altare e non pochi altri solenni paramen
ti preziosi. Egli, invero, con l'autorità apostolica esentò da ogni
giurisdizione inferiore la stessa chiesa, in cui aveva posto la prima
pietra di fondamento. Sia grazia a Dio. Amen.
BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
CAP. XV DELLA
LEGGENDA MAGGIORE
PER LA FESTA DELLA
TRASLAZIONE
traduzione di
FILIPPO SEODA
Per lafesta della Traslazione del corpo di Francesco celebra
to il 25 maggio, i frati Mino,i introdussero nei loro brevia1i e
nei loro libti del coro il capitolo XV della Leggenda mag
giore di Bonaventura, nello stess� tem_po. in cui in_trodussero
la Leggenda minore perfesteggzare zl dies natalis e la sua
ottava. Il capitolo XV della Leggenda maggiore riporta
in realtà il triplice hionfo di Fra 11cesco: la sua morte e la sua
sepoltura nel 1226, la sua canonizzazi�ne nel 1�28 e, infine,
la traslazione del suo co1po nel 1230. E probabtle che questo
capitolo fosse estratto dalla Leggenda maggiore �ià redatt�
(dunque dopo il 22 ap,ile 1262, data della morte dz frate Egi
dio che è segnalato come defunto nella leggenda), ma che esso
fosse così concepito dall'origine per le letture della. festa della
Traslazione: a riprova, nella p1ima frase della pmna lettura,
il <<dunq,m> sembra indicare che questo passaggio è estratto da
un testo pii:t vasto, ma l'accumulazione dei titoli di Francesco in
ape,ture è particolarmente propizio ad una celebrazione liturgi
ca. Il manoscritto sul quale si appoggia l'edizione latina da dove
detiva la nostra traduzione italiana è il manoscritto 34 7 della
Biblioteca comu11ale di Assisi; queste nove letture estratte dalla
Leggenda maggiore vi seguono direttamente le sessantatré
letture della Leggenda minore.
Nella festa della Traslazione del beato Francesco.
PRIMA LETIURA
Francesco, dunque, servo e amico dell'Altissimo, istitutore e
guida dell'Ordine dei frati Minori, professatore della povertà,
forma della penitenza, araldo della verità, specchio cLi santità e
modello cLi tutta la perfezione evangelica, prevenuto dalla grazia
celeste, con ordinata progressione, dalle cose infime raggiunse
quelle somme. Il Signore che aveva reso mirabilmente risplen
dente, in vita, quest'uomo ammirabile, ricchissimo per la povertà,
sublime per l'umiltà, vivido per la mortificazione, prudente per la
semplicità e cospicuo per ogni onestà cLi costumi, nella morte lo
rese incomparabilmente più risplendente. Infatti, essendo l'uo
mo beato migrato dal mondo, quello spirito sacro, entrando nella
casa dell'eternità1 , e cLivenuto glorioso per bere pienamente allafante
della vitd-, lasciò ben chiari nel corpo alcuni segni della glo,iafuture?,
cosicché quella carne santissima che, crocifissa insieme con i suoi vizt'1 ,
già si era trasformata in nuova creatura\ mostrava per un privilegio
singolare l'effige della passione di Cristo e, mediante la novità del
miracolo, anticipava l'immagine della resurrezione.
SECONDA LETIURA.
Si scorgevano, in quelle membra beate, i chiodi, fabbricati me
ravigliosamente dalla sua carne per virtù divina e così connaturati
con la carne stessa che, da qualunque parte si premessero, subito
si sollevavano, come dei nervi tutti uniti e duri, dalla parte oppo
sta. Fu anche osservato in modo più palese la piaga del costato,
non inflitta nel suo corpo né provocata da mano d'uomo e simile
alla ferita del costati del Salvatore: quella che nella persona stes
sa del nostro Redentore rivelò il sacramento della redenzione e
della rigenerazione. La similitudine dei chiodi era nera come il
ferro, mentre la ferita del fianco era rossa e, ridotta quasi a forma
di cerchietto per una contrazione della carne, sembrava una rosa
bellissima. Le altre parti della sua carne, che prima tanto per le
malattie che per natura tendevano al nero, splendendo di estre
mo candore, anticipavano la bellezza della sua seconda veste7.
I Qo 12,5.
2
Sai 35, 10.
3
Rm 8, 18.
4
Gal 5, 24.
s 2Cor 5, 17.
6
Gv 19, 34.
7
Sir 6, 32; Ap 7, 9.
200 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori
TERZA LETrURA.
Le sue membra, perciò, a e� le toccava risultavano , c�sì_ mo � e
flessibili che sembravano cambiate nella tenerezza dell eta mfantile
e a chiunque apparivano adorne di chiari se� d'�ocenza. _Poi_ch�,
dunque, in mezzo alla candidissima :arne sp1c�av� il � ero dei chiodi,
mentre la piaga del costato rosseggiava come il nfioru� del , fior_ della
roscl, non deve stupire se una così bella e �acolosa �an�ta suscitava
negli osservatori gioia ed arnmu:azior:e, P1�gevano 1 figli per la per
dita di tanto amabile padre, ma s1 sentivano mvadere anche da ��de
letizia allorché baciavano in lui i segni del sommo Re. La noVlta del
mirac;lo trasformava il pianto in giubilo e ra�i:'a l'�telletto �aµ'�da
gine allo stupore. Lo spettacolo davvero c�s1 msolito e cosi ms1gne
in tutti coloro che guardav �o era a � onsolidamento de�a fe�e e a?
incitamento dell'amore; a chi ne sentiva parlare, era motivo d ammi
razione e stimolo al desiderio di vedere.
QUARTA LETTURA.
Appena si sentì la notizia del transito del beato _ padre e si diffuse
la fama del miracolo, affluendo il popolo confluiva nel lll:ogo pe�
vedere ciò con gli occhi della carne, co�icché a r�of.le �cac�1� e_ogru
dubbio e accumulare la gioia all'emoz10ne. Pereto, 1_ cittadini di As
sisi, nel più gr an numero possibile, furono amm�ss1 a contemplare
con gli occhi e a baciare con le labbra q:1elle stigmate sacre. Uno
di loro, un cavaliere dotto e prudente, di nome Ger?lamo,_ uom�
particolarmente famoso e celebre, siccom� aveva �;1�1tato di questi
sacri segni ed era incredulo come Tommaso , con pm 1mpegn? e �u
dacia muoveva i chiodi e le mani del Santo, alla presenza dei frati e
degli altri cittadini, tastava _con le proprie_ mani i piedi e i l fianc�, «pe_r
recidere la piaga del dubb10» 10 dal propno cuore e d� cuore_ di �ttt,
mentre palpava e toccav:a q� ei. segni :'eraci �elle piaghe � Cnsto:
Perciò anche costui tra gli altn divenne m segwto fedele testtmone di
questa verità, che aveva riconosciuto coi:i tanta certezza e, toccando
i [libri] sacrosanti, la confermò con un giuramento.
QUINTA LETTURA.
I frati e figli, che erano s�ti chi�ati � transito d� l Padre, insie�e
con tutta la moltitudine dei popoli, dedicare?? cosi 9uell� no�e, m
cui l'almo confessore di Cristo è morto, alle divme lodi, cos1c�he no?
sembravano esequie di defunti, ma veglie di angeli. Venuto il matti-
8 Sir 50, 8.
9 Gv 20, 24-28.
10 GREGORJO MAGNO, XL ho111iliart1111 in Evangelia libri duo, II, XXIX, 1, p. 366.
Cap. XV della Le ggenda ma ggiore per la Traslazione 201
11
Il 4 ottobre 1226, che cominciava con la notte tra sabato e domenica.
12
Ap 20, 4.
13 Sai 70, 19.
1
• 1Gv 1, 1.
202 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori
15
Il 16 luglio 1228.
16 Il 25 maggio 1230.
17 Ct 1, 3.
18 Gn 5, 24.
19 2Re 2, 11.
20
Sir 46, 14.
21 Sir 50, 8.
22
Sai 4, 4.
Quarta sezione
LA LITURGIA DI SAN
FRANCESCO FUORI
DALL'ORDINE DEI
FRATI MINORI
8
UFFICIO,
LEGGENDA LITURGICA
EMESSA
DI CHÀLONS-EN-CHAMPAGNE
traduzione di
FILIPPO SEDDA
Nella bolla di canonizzazione del 19 luglio 1228 indiriz
zata ai prelati di tutte le Chiese, Gregorio IX aveva deciso che,
il 4 ottobre, l'anniversario di Francesco doveva essere «celebrato
piamente e solennemente dalla Chiesa universale)>. Esiste dun
que un'abbondante liturgia <efrancescanm> fuori dall'Ordine
dei frati Minori. È questo .ciò che testimonia in modo assai
completo il manomitto 595 (123 C. T. L) della Biblioteca
dell'Arsenal a Parigi, un breviario-messale portatile ad uso
della cattedrale di Santo Stefano di Chalons-en-Champagne co
piato verso il 1300. Per l'ufficio si spiega che tranne la colletta
che riprende quella deifi'ati Minori� di deve pr-ocedere seguendo
il comune di un confessore non pontefice. Le nove letture, al
contrario, sono prop1ie per Francesco: si h'Cltla di una versione
abbreviata della Vita cli san Francesco, redatta da Giuliano
da Spira tra il 1232 e il 1239 che ha avuto una notevole diffu
sione in Francia. Le letture tracciano il percorso del santo dalla
sua nascita alla sua stigmatizZflzione. La messa è quella di
un confessore 11011 pontefice, ma con delle patti prop1ie: introito,
colletta, epistola, vangelo, offertorio e comunione, che sovrappon
gono alternativamente la messa Os iusti e Gaudeamus dei
frati Minori.
San Francesco confessore.
AI VESPIU
ANTIFONA [Il Signore] l'amò 1 • • •
[RUBIUCA]
I salmi della festa, il capitolo, l'inno, il versetto e l'antifona per
il Magnificat come per un confessore non pontefice.
ORAZIONE
Dio, che per i meriti dell'uomo Francesco accresci la tua Chie
sa con la fecondità cli una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e cli godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per ...2
[RUBIUCA]
Per san Francesco, si facciano nove letture che sono trascritte
qui sotto. Se invero questa festa viene di domenica, ci saranno
sei letture della festa con sei responsori del comune e le tre ulti
me letture tratte dal Vangelo della domenica, con tre responsori
dell'ufficio del santo. L'invitatorio, le tre antifone per i tre not
turni, i responsori, una antifona per le lodi e le altre: si faccia
tutto, tranne l'orazione e la leggenda, come per un confessore
non pontefice.
PIUMA LETTURA.
Ci fu, sul territorio della valle di Spoleto, nella città di Assisi,
un tale di nome Francesco, mercante di mestiere, assai ricco nelle
opere transitorie, ma povero nelle opere di giustizia'. Infatti, dal pri
mo tempo della sua esistenza, educato in modo indecente nelle
vanità del mondo, divenne più insolente dei suoi stessi educatori,
finché avvenne in lui un ammirabile cambiamento per la destra
dell'Eccelso\ che prima gli inviò una malattia che lo costrinse a
pensare spesso a cose diverse dal solito. Così accadde che ini
ziava ad addolcirsi sotto i flagelli cosa che prima ignorava nella
prosperità. Quando, dunque, si era un po' ristabilito, intendendo
1 In realtà, si tratta cli un versetto e non di una antifona.
2 Aggiunta in margine della stessa mano: «Si festeggi in comune i santi mar
tiri Crispo e Gaio, santo Stefano e tutti i santi».
3
Tt 3, 5.
4 Sai 76, 11.
208 Sezione quarta - Littfr gia esterna all'Ordine dei Minori
SECONDA LETIURA.
Arrivando, dunque, alla chiesa di San Damiano che ormai mi
nacciava rovina a causa di troppa vetustà, trovandoci un povero
presbitero, volle dargli tutto il suo denaro per la riparazione di
quella chiesa. Poiché il presbitero lo rifiutava, temendo i suoi ge
nitori, Francesco lo gettò da una finestra della chiesa. Ma suo
padre, ignorando ciò che gli fosse successo, l'andava da tempo
cercando e avendolo trovato in detta chiesa, lo ricondusse a casa
e lo assoggettò, gravemente colpito, alle catene e al carcere. Pur
essendo trascorso dl tempo, non piegando il suo proposito, sua
madre mossa a pietà, rotte le catene, non potendolo trattenere,
gli permise di andare via libero. Ritornato alla predetta chiesa,
vedendo suo padre venire verso di lui furibondo, gli restituì il
denaro che aveva gettato dalla finestra, dicendogli che si era pro
posto di seguire da povero il Cristo povero e che non avrebbe
rinunciato al proposito per quali che fossero i tormenti inferti o
da infliggere. Ma il padre, dopo aver ricevuto il denaro, agì più
dolcemente con suo figlio. E portandolo dal vescovo lo fece an
nullare nelle sue mani tutte le facoltà. Lui, sentendo ciò volentieri
e annuendo, gli restituì gli stessi indumenti non ritenendo nep
pure le mutande. Il vescovo invero, coprendolo con il mantello,
ammirando la sua improvvisa mutazione, capì che da lì in avanti
doveva seguire qualcosa di grande.
TERZA LETTURA.
Quando dunque Francesco era evaso dalla tirannia del padre,
un giorno passando seminudo in un bosco e cantando a voce alta
le lodi al Signore, si imbatte in dei brigantr. E a loro che gli chiesero
chi fosse, disse: «Io sono l'araldo del gran Re6! Cosa importa a
voi?». Indignandosi, essi lo gettarono in un fosso pieno di neve
dicendogli: «Coricati, rustico araldo di Dio!». Dopo che loro an
darono via, egli arrivò con un'unica vile camicia in un cenobio di
monaci dove a mala pena fu accolto in cucina per lavare i piatti,
non trovando nessuno che compatisse la sua nudità, spinto dalla
necessità, partì da là e trovò un tale di sua conoscenza che, a
motivo della vecchia amicizia, gli diede una povera tonaca. Dopo
5 Le 10, 30.
6
Sai 47, 3; Mt 27, 4.
Leggenda littfr gica e messa di Chalons-en-Champagne 209
QUARTA LETTURA.
Dopo queste cose, ritornando alla chiesa di San Damiano
dove prima si nascondeva, compatendo la sua imminente rovina,
iniziò a ripararla e, con l'aiuto di Dio8, in poco tempo la portò a
termine. Questo è il luogo in cui iniziò la religione delle Povere
Dame e delle sante vergini che il Signore oggi ha meravigliosa
mente esteso per diverse regioni d'Italia. Nel mentre, il servo di
Dio si trasferì in un altro luogo non lontano da Assisi, dove riedi
ficò una chiesa ugualmente in rovina. Dopo ciò, trasferendosi in
un terzo luogo, che è detto Porziuncola, rifece una chiesa che era
stata costruita là in onore della beata Vergine Maria, ma a quel
tempo parimenti abbandonata e divelta. Spinto dalla devozione
che aveva in modo speciale per la beata Vergine, assiduamente
dimorava là. Un giorno, sentendo nella messa il Vangelo in cui il
Signore comanda ai suoi discepoli di non portare lungo la via bisaccia
né sacco né bastone o portare pane, né avere calzari né due tuniche9,
comprendendo il senso delle parole grazie al sacerdote, depose
i suoi vestimenti doppi e si fece una tunica assai disprezzabile e
negletta e, abbandonata la cintura, la cinse con una cordicella. E
iniziò, sotto l'impulso divino, a proporre in pubblico parole di
penitenza. Le sue parole erano piene della forza dello Spirito santo,
che penetravano le midolle dei cuori e provocavano gli uditori ad un
grande stupore10•
QUINTA LETTURA.
Allora, prendendo con se i frati - ormai crescendo il loro nu
mero - [per andare] dal signor papa Innocenzo m con i frati,
ottenne che fosse confermata la regola scritta da lui con breve di-
1
Mc 14, 45.
8 Mc 16, 20.
9 Mt 10, 9-10; Mc 6, 8-9; Le 9, 3 e 10, 4.
IO
Rm 15, 13.
210 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori
SESTA LETTURA.
Avendo dunque ottenuto dal signor pap� la licenza di predi
care per lui e per i suoi frati, mentre_ un. gior?o pas�a�a per la
valle di Spoleto, vide una grande moltitudine di uc�� lli d1 di':"ers �
specie. Allora, lasciati i compagni sulla stra?� , avvicm�ndosi agli
uccelli li salutò come se loro fossero partecipi della ragione uma
na. E �edendo che nessuno se ne andava, li esortò ad ascoltare
la parola di Dio, dicendo: «Fratelli mi� i uc�elli,. voi �ie_te molt�
tenuti a lodare il vostro Creatore, che vi ha nvestlto di piume e vi
solleva da terra grazie alle penne, vi ha attribuito le dimore nell'a
ria più pura e, pur non seminando o �etendo né � mmassa.ndo in
un granaio11, vi nutre senza preoccupazione». Questi ucce�, co?
i becchi aperti, le ali e il collo teso, guardavano con attenzione il
santo di Dio che proferiva tali cose e sembravano, a loro modo,
comprendere attentamente. Lui, � ndando e ripassand? in mezzo
a loro12, la tonaca li toccava; tuttavia, nessuno di loro si muoveva
finché, ritirandosi lui, dopo aver dato la benedizione _ con u1:1 se
gi10 di croce, ugualmente gli uccelli si ritirarono. Un giorno, mol-
11
Mt 6, 26.
12 Le 4, 30.
Leggenda liturgica e messa di Cha/ons-en-Champagne 211
SETIIMA LE1TURA.
Quando un frate portò un leprotto vivo preso al laccio, veden
dolo, Francesco disse: «Fratello leprotto, perché hai così permes
so che tu fossi preso?». Lasciato andare da un frate, corse dall'uo
mo di Dio e riposò sul suo seno15 come un animale domestico. E
ogiu volta che è deposto a terra da lui perché se ne andasse, ogni
volta ritornò di corsa da lui, finché non ordinò che fosse riporta
to nel bosco vicino. Fece una cosa simile anche con un coniglio,
che è un animale assai poco addomesticabile, quando dimorava
nell'isola del lago di Perugia. Anche un'altra volta quando attra
versava navigando il lago di Rieti, gli è offerto un grosso pesce
vivo, che si chiama «tanca», e lui, chiamandolo «fratello Pesce», lo
restituì all'acqua. Mentre persisteva in preghiera, il pesce non si
allontanò dalla barca, finché quest'uomo di Dio, finita la preghie
ra, gli diede licenza di andare. Un giorno quando l'uomo di Dio
era malato presso l'eremo di Sant'Urbano, l'acqua è meraviglio
samente cambiata in vino. Al suo assaggio, uno è così facilmente
guarito che nessuno dubitò che questo miracolo fosse divino.
0TIAVA LETTURA.
Nel territorio della città di Arezzo, una donna incinta era assai
tormentata, poiché, partorendo, non aveva la f01za di partotire16 •
Avvenne che il beato Francesco, a causa della malattia, era stato
condotto a cavallo in un eremo e che questo cavallo fosse ricon
dotto da un frate passando per quel luogo. Vedendolo, gli uomini
del luogo speravano che lui fosse il beato Francesco. Ma, dopo
aver scoperto che non era lui, iniziarono a cercare con ogni cura
un qualche oggetto toccato dalle mani dell'uomo santo. Trovan
do le redini del freno che l'uomo di Dio aveva tenuto in mano,
estrassero il freno della bocca del cavallo, le posero sulla donna
13 Tb 12, 20.
14 2Cr 36, 21.
15
Le 16, 23.
16
Is 37, 3.
212 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Min01i
NONA LETTURA.
Dunque due anni prima del suo felice transito del mondo, vide
in visione17 come un serafino in aria che aveva sei ali, con le mani stese
e i piedi congiunti, affissi ad una croce. Aveva due de�e ali erette
sopra la testa e due distese per volare. Inoltre, due copnvano tutto
il corpo18• Il santo uomo è stupito a questa vista: da una parte,
l'ammirabile bellezza di questa apparizione lo dilettava; dall'altra,
l'orribile affissione alla croce lo terrificava, ma si rallegrava anche
del fatto che si vedeva guardare da lui con tanta grazia. E non
poteva comprendere niente della visio?e, fin��é vid� in lui stess?
un miracle inaudito - come penso - 10 tutti 1 secoli precedenti.
Apparsero in effetti in lui, da quel momento, nelle mani e piedi
come le fessure dei chiodt19 e il suo costato destro era come perfo
rato da una lancia.
[RUBRICA]
In questi mattutini, si faccia la comm�mo��zione dei santi
martiri Crispo e Gaio, di santo Stefano e di tutti 1 santi.
17 Ez 1, 1; 8, 3; On 8, 2.
18
Is 6, 2; Ez 1, 5.
19
Gv 20, 25.
20
Sai 36, 30.
Leggenda h"turgica e messa di Chdlons-en-Champagne 213
COLLETTA.
Dio, che [per i meriti del beato Francesco accresci] la tua Chie
sa... come sopra ai vespri.
EPISTOLA.
[Non lasciatevi sviare] da dottrine va1ie2 1 • • •
[GRADUALE]
R. Ho trovata22 • • •
ALLELUIA23 •
V. Ho stretto [un'alleanza] 24. ..
VANGELO.
Siate pronti, con la cintura aifianchi 25 •..
OFFERTORIO.
Ho trovato 26 . • •
[RUBRICA]
Secreta e postcomunione dal comune di un confessore non
pontefice.
COMUNIONE.
Il servofedele27 • • •
[RUBRICA]
Agli ultimi vespri, antifona dei salmi della festa, capitolo, inno
e versetto come ai primi vespri. Al Magnificat, l'antifona O, quan
to sei venerabile ... La colletta come sopra.
Dopo si faccia la commemorazione di sant'Ospizio, confesso
re, e di altre commemorazioni come indicato sopra.
21
Eb 13, 9ss.
22
Sai 88, 21.
23 Aggiunta in margine della stessa mano: «Se è una domenica, sequenza: Di
una lode gioiosa».
24 Sai 88, 4.
25 Le 12, 35-40.
26
Sal 88, 21.
27 Mt 24, 45.
9
LEGGENDA LITURGICA
DI CHARTRES
traduzione di
FILIPPO SEDDA
Il manoscritto 500 (190) della Biblioteca municipale di
Chartres, un leggendario copiato nel XII secolo, proveniente dal
capitolo della cattedrale di Notre-Dame e contenente una leg
genda di san Francesco aggiunta nel Xfll secolo. Esso è stato
sfortunatamente bruciato nell'incendio provocato dal bombarda
mento del 26 maggio 1944, così come il manoscritto 516 (479)
dello stesso fondo, che conteneva una copia della stessa leggenda
e di cui non restano che deiframmenti difficilmente utilizzabili.
Il testo era stato almeno edito a partire dal primo testimone nel
1889 e poi nel 19 26-1941. Ilfatto che la leggenda sia divisa
solo in tre letture, è la prova che la festa di San Francesco non
fosse celebrata come festa doppia nella diocesi d1 Chartres. Si
tratta di un'abbreviazione 1imaneggiata della Vita del beato
Francesco di Tommaso da Celano, per la quale è stata senZfl
dubbio ugualmente utilizzata la Vita di san Francesco di
Giuliano da Spira. Il fatto che frate Elia vi sia citato può
essere indizio (non incontrovertibile) che questa versione è stata
composta prima del 1239. Essa ha dovuto, in tutti i casi, essere
compilata prima degli anni '60 del Duecento, poiché le leggende
di Bonaventura non sono state utilizzate. Le tre lezioni coprono
esattamente il percorso di Francesco dalla sua nascita alla sua
morte.
San Francesco confessore.
PR1MA LETTURA.
Il beato Francesco fu oriundo della città di Assisi nella valle
spoletana. Quando lui raggiunse l'età del discernimento, appli
candosi alle occupazioni secolari, si narra che fosse un venditore
di stoffe scarlatte. Ma, benché progredisse nei sentieri dell'inso
lenza, uomo tuttavia affabile e umano aveva deciso in cuor suo
di non rifiutare qualcosa a chiunque gli chiedeva l'elemosina in
nome di Dio. Ma questo proposito non lo distolse dalle lusinghe
del mondo, fino a che al venticinquesimo anno della sua esisten
za, colpito dalla verga di giustizia, sopportò una grave molestia
del corpo. Essendo consumato da una lunga malattia, quando
ormai respirava appena, tutte le cose iniziarono a perdere valore,
compreso se stesso. Non molto dopo, come se un improvviso
cambiamento della destra dell'Eccelso1 gli avesse dipinto negli occhi del
suo cuore: nessuno militando per Dio s'intralcia negli affari secolarl-, lui
cominciò a sottrarsi dal tumulto secolare, a cercare dei luoghi se
greti, a frequentare una cripta presso Assisi dove gli era mostrato
da Dio quello che conveniva fare.
SECONDA LETTURA.
I)unque, grazie alla manifestazioné3 fattagli, lieto novizio di Cri
sto, e decidendo ormai di deporre ogni peso del secolo, suo pa
dre carnale, presumendo e percependo ciò dalla sua assenza e
dall'interruzione del suo solito ufficio, si sforza di dissuadere il
figlio della grazia da ciò che intraprese, prima con le invettive,
poi con i colpi e infine con le catene. Ma, vedendolo incrolla
bile, lo conduce davanti al vescovo della città perché rinuncias
se completamente a tutte le facoltà. Volentieri, facendo come il
preannunciato figlio della grazia, deposti i vestiti, non tenendo
neppure le mutande, si denudò totalmente davanti a tutti. Perciò,
fuggendo nudo da lì, si trasferì di luogo in luogo a lungo conten
to di una sola camicia; dopo un po' di tempo avendo aggiunto
una tunicella, infine assunse un abito eremitico, cioè un bastone e
delle cinture con calzari, lui riparò tre chiese presso Assisi, ricor
rendo ad un grande lavoro e sollecitudine, dopo aver mendicato
la questua. In una di queste, quando un giorno, dopo la messa
solenne, egli sentiva quel vangelo - che i discepoli di Cristo non
TERZA LE'ITURA.
L'uomo del Signore era veramente di una sì grande astinenza14
che a mala pena prendeva cibi cotti o raramente, ma prendendoli
li snaturava con la cenere o l'acqua fredda. Quando stava asse
tato, prendeva acqua appena sufficiente; per letto, usava la nuda
terra, per cuscino un legno o una pietra. In questo luogo e anche
in molti altri, rifulse di così tanti e grandi miracoli che comanda
va 15 anche agli uccelli. Infatti, alle rondini che spesso garrivano
mentre sermocinava, impose il silenzio e non se ne andarono dal
sermone se non licenziate. All'eremo di Sant'Urbano l'acqua fu
cambiata in vino e, nel gustarla guariva da gravissime malattie. Al
tocco delle redini che lui, quando infermo cavalcava, aveva tenu
to in mano, una donna, che da molti giorni faticava a partorire,
fu subito liberata. Bere l'acqua dove era stata bagnata la sua corda
donò a molti la salute. I benefici delle sue preghiere vennero assai
• Le 10, 4.
5 Mt 10, 9-10.
6
Le 10, 4.
7
Mc 10, 10; Le 9, 3.
8 Mt 10, 10; Le 10, 4.
9
Mt 10, 10; Le 9, 3.
IO Le 9, 2.
11 Mc 6, 12.
12
Mt 19, 21.
13 Le 24, 47.
14 Il ms. di Chartres porta obstinationis (ostinazione) al posto di abstinentie
(astinenza).
15 Mt 8, 26.
Leggenda liturgica di Chartres 219
16 Ez 1, 1; 8, 3.
17
Is 6, 2.
18
Mc 15, 39.
19
Mc 15, 39.
20
Il 4 ottobre 1226.
21
At 7, 59.
10
UMBERTO DI ROMANS
LEGGENDA LITURGICA
EMESSA
DEI FRATI PREDICATORI
traduzione di
FILIPPO SEDDA
La liturgia dell'Ordine dei frati Predicatori fu totalmente
rivista dal 1254 al 1256 dal maestro generale Umberto di
Romans. Il manosctitto XVI L 1 della Curia generalizia dei
Predicatoti di Santa Sabina in Roma, prodotto presso il con
vento di Sai11t-Jacques di Parigi tra il 12�6 e i( 1259, con! e'.va_
il risultato completo di questa revisione npartzto secon �o z lzbn
liturgici. L'inchiesta che Filippo Se� da �a co_ndo'!? zn qu� sto
volume permette di ricostruire la lzturgza mznontzca prattca
ta dai Predicatoti: la festa di San Francesco è celebrata come
una festa doppia; a parte la colletta ripresa dalla litu� -g,ia dei
Minori, i Predicatoti utilizzano l'efftcto del comune dez confes
sori non pontefici; al contrario, essi hanno composto u� a messa
originale, in cui le sole colle'!a, !ecr�ta e postc� 1:1um�ne, sono
le medesime della messa dei Mznon, mentre I introito e Os
iusti. Le lezioni dell'ufficio sono ttgual":e�te originali: esse_sono
estratte dagli «atti abbreviati» che commczano con «Qua� t s�el
lm>, senza dubbio la leggenda che Bernardo da Bessa at: nbuzsce
a Giovanm� notaio pontzftcio. Questa fante, che non si conosce
più se non dagli estratti che ne da [!mberto_ di Roma�s, /u
scritta dopo il 1230 e riflette probabzlmente ti punto dz vzst�
di Greg01io rx: nell'abbreviazione il suo ruolo è ancora partz-.
colarmente esaltato. Nelle nove lezioni che ci sono pervenute, sz
segue il percorso di Francesco dalla sua nascita alla traslazione
del suo corpo nel 1230. Il racconto è globalmente in accordo con_
la Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano, ma sz
nota la menzione dei vermi che infestavano la tunica del santo
o la menzione del nome della chiesa di San Giorgio� 1'(J� a:17en:e
nominata dalle altre fanti. Ilfatto che la � ego/a tmnortftca sza_
<<incolta in eloquenza)> e che F1'(Jnces� o abbiap_ort�to _ nelle mam
e nei piedi «delle cicahici come le stzgmate dei . chzodz: > pot�ebbe
tradurre un'iniziativa del maestro generale dei Predzcaton.
Nella festa del beato Francesco.
Dalle sue gesta abbreviate che iniziano così: Come la stella. A'
PRIMA LETTURA.
Il beato Francesco, nato dalla patria di Tuscia, nella città di
Assisi, da genitori mediocri, dopo la lascivia dell'ardore giovanile
e le vanità degli affari del secolo, colpito dal peso di una grave
malattia, il dito di Dio si volse per produrre la sua conversione.
Un giorno, quando aveva invocato assai pienamente la miseri
cordia del Signore, gli fu mostrato ciò che doveva fare. Mutando
improvvisamente di vita, egli vendette tutto quello che aveva ac
quistato con grande fatica e li mutò in denaro. Mentre entrava in
una chiesa che minacciava rovina, spinto dalla sua necessità, offrì
il denaro che portava al sacerdote. Poiché costui rifiutò di accet
tare per paura dei genitori, lo gettò, stimando indegno possedere
nello stesso tempo virtù e denaro.
SECONDA LETTURA.
Invero, vedendo queste cose, la crudeltà del padre lo gettò
in catene e in prigione. Anche la madre intervenne, credendo
di cambiargli il suo proposito con le sue blandizie. Ma, poiché ·
l'uomo di Dio non poté essere condotto a giudizio né dai colpi
del padre, né dalla tenerezza della madre, fu liberato con l'aiuto
della pietà materna. Infine, davanti all'antistite della città, dopo
aver restituito all'avarizia del padre tutti i suoi vestiti, le stesse
mutande, si vestì di cenci; e la follia dei fanciulli lo seguivano con
il fango e le pietre, come se lui fosse pazzo. Un giorno però men
tre sentiva dalla lettura evangelica che dai discepoli di Cristo non
doveva essere p01tato né bastone, né borsa, né sandal?-, avendo gettato
i sandali e il bastone, si vestì di una funicella per cintura e di una
povera tunica di lana ruvida.
TERZA LETTURA.
Talvolta servitogli dei cibi più raffinati, per non allettare il
palato, li cambiava, raramente prendendo vino. Usava giorno e
notte come vestito e come letto la stessa tonaca, che coperta
di vermi, rendeva più sopportabile battendola di frequente con
QUARTA LETTURA.
Il felice padre Ugolino, vescovo di Ostia, lo prese sotto la sua
protezione su mandato del sommo pontefice. Salendo in�ne sul
soglio del sommo pontefice com� questo s�nto uo?1o gli av:ev�
predetto, sotto il nome di Gregorio IX, educo con pio zelo lU1 e i
frati del suo Ordine; dalla loro piantagione era stato prolungato
l'Ordine delle Povere Dame, che incoraggiò con molta sollecitu
dine. Molti iniziarono dunque a lasciare il mondo, convolando
sotto il magistero dell'almo padre. Lui donò loro una regola - in
colta in facondia di sermone, ma feconda della cura dell'operosa
azione -, esponendo la norma del vivere con la parola et con
l'esempio.
QUINTA LETTURA.
L'uomo santo,posto sopra un candelabro4, iniziò perciò a risplen
dere per l'immensità dei miracoli. Di fatto, apparve davanti ai
frati trasfigurato sotto l'apparenza del fulgore del sole. Conobbe
molti atti degli assenti, segreti degli spiriti e eventi futuri. I frati
inviati da lui stesso in diverse regioni del mondo, ad una sua pre
ghiera, senza convocazione umana, convenivano in poco temp ?
secondo il suo desiderio. Liberò un paralitico, una donna colpi
ta da cecità e un'altra posseduta da un demonio. Cambiò anche
l'acqua in vino. E molti, quando toccavano la sua cintura, erano
guariti da diverse malattie.
SESTA LETTURA.
In un campo, quando proponeva parole ?Ì esor�azione, c?n
una cortese semplicità, ad una moltitudine di uccelli, che subito
si volsero a lui con il canto e con i colli protesi, proclamavano
le lodi del Creatore secondo le loro melodie e toccavano lui, che
SETTIMA LETTURA.
Dunque, il ventesimo anno della sua conversione, poiché co
nosceva per una rivelazione del Signore la sua prossima fine, an
nunciò la sua morte imminente a due frati. Erompendo in quel
salmo La mia voce grida al SignoreS , per sua richiesta rivestito di
un cilicio e cosparso di cenere, rimise le offese ai frati presenti
e assenti. Così quell'anima santissima fu sciolta dalla carne: uno
dei frati la vide che penetrava i secreti del cielo6, essa che aveva
la misura della luna e non poca chiarezza come quella del sole. Il
suo corpo venerabile fu seppellito con un'immensa venerazione
nell'oratorio di San Giorgio presso le mura di Assisi.
OTTAVA LETTURA.
Sulle membra del defunto, invero, che contrariamente al solito
brillavano di un candore eccessivo, le tracce della croce furono
evidenti, quelle che prima servava cautamente di occultare nel
petto. Sotto la traccia salutare della croce sorgevano innumerevo
li suffragi di salvezza, tra cui ne enumero pochi, per non gravare
sull'ascolto degli uditori. Un bambino che giaceva come morto,
per il voto di sua madre, si ristabilì con una velocità straordinaria.
Un uomo tormentato da uno spirito immondo, toccato il suo
s�polcro, fu �be�a�o. U:1a donna avendo perso lo spirito, mentre
riceve da lui 1n visione il segno della croce, fu subito liberata. Un
cieco ricevette la vista al contatto della tomba.
NONA LETTURA.
7 Ap 5, 9.
Leggenda lit11rgica e messa dei Predicato1i 227
lNTROIT0 9•
La bocca dei giusto mediterà la sapienza e la sua lingua preferirà ii
giudizio: la legge di Dio è nel suo cuore.10
V Non adirarti contr-o gli empi: non invidiare chi compie iniquità. 11
Gloria. Gloria nei più alto dei cieli. 12
ORAZIONE.
Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per...
RESPONSORIO GRADUALE.
R. Signore, gli vieni incontro con benedizioni di dolcezza; gli poni sul
suo capo una corona di pietra preziosa. 13
V Vita ti ha chiesto e a lui hai concesso lunghi giorni nei secoli dei secoli. 14
ALLELUIA.
V Il giustofton'sce come giglio e ftoni'à1 5 in eterno davanti al Signore.
VANGELO.
Ness1mo accende [una lucerna]1 6...
quello per gli altari minori portatile e plenum, ossia con inserti i rimandi anche
alla epistola e al vangelo.
911 termine usato daJJa tradizione domenicana per indicare l'introito è offici11111.
10 Sai 36, 30-31.
11 Sai 36, 1.
12 Le 19, 38.
13 Sai 20, 4.
14 Sai 20, 5.
15
Os 14, 6.
16 Le 11, 33-36.
228 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordi11e dei Minori
OFFERTORIO.
Hai soddisfatto, Signore, il desiderio del suo cuore, non hai respinto il
voto delle sue labbra, hai posto nel suo capo una corona si pietra preziosa17•
SECRETA
Santifica i doni a te consacrati, Signore, e per l'intercessione
del beato Francesco purificaci da ogni macchia di colpa. Per...
COMUNIONE
Amen vi dico che voi che avete lasciato ogni cosa e mi avete seguito,
riceverete il centuplo e possederete la vita eterna. 18
POSTCOMUNIONE
Preghiamo, Signore, che la grazia celeste accresca la tua Chie
sa, che tu hai voluto illuminare dei gloriosi meriti e dell'esempio
del beato Francesco. Per ...
17
Sai 20, 3-4b.
18 Mt 19, 28-29.
11
GIACOMO DA VARAGINE
traduzione di
FILIPPO SEDDA
Non si può parlare di una liturgia benedettina_ dedi�ata a
san Francesco, perché ciascuna abbazia aveva una lzturgta par
ticolare all'interno dell'uso benedettino. A San Gallo per esem
pio, si utilizzava l'ufficio princip_almente dovuto a Gi11/ia:70 da_
Spira adattato all'uso benedettino, mentt: e a Mont�cassmo, sz
doveva utilizZflre l'ufficio del comune dez confassort non P?�
tefici. A Montecassino, il mano� critto 34 (2'. 7) dell'Archzvzo
de/l'Abbazia, contenente essenzialmente un znnarto e un_ bre
viario, copiato nel XIV secolo, ha avuto nel XV secolo dz� e� :re
aggiunte di Vite di santi tra etti quella _di Francesco, d. t�zsa
in dodici lezioni come vuole l'uso benedettmo. Queste dodzcz le
zioni sono l'inizio del capitolo dedicato a san Francesco nella
Leggenda aurea del frate predicatore Iacopo da Varazze,
ad eccezione dell'etimologia del nome del santo. La Leggenda
aurea fu essa stessa composta negli anni '60 del 'f?uecento e
il capitolo su Francesco s'ispira tanto alle opere _dz Tommas�
da Celano che di Bonaventura, ma con una predzlezzone per ti
Memoriale di Tommaso. Le dodici lezioni del manoscritto di
Montecassino seguono un corso relativamente cron� log_ ico fino_
alla conferma della Regola, poi si collegano una sene dz epzsodz
esemplari senza che sia raggiunta la morte del Santo.
Vita e morte di san Francesco confessore.
PRIMA LETIURA.
Francesco, figlio 1 e amico dell'Altissimo, nato nella città di As
sisi e divenuto mercante, fin quasi all'età di venticinque anni con
sumò il suo tempo vivendo vanamente. Il Signore lo colpì con il
flagello della malattia e lo trasformò improvvisamente in un altro
uomo, così che iniziò ormai ad essere ricco di spirito profetico.
Quando una volta, infatti, lui con molti [altri] 2 sottomessi dai
Perugini ad un crudele carcere, mentre gli altri si lamentavano,
lui solo esultava. Redarguito su ciò dai suoi compagni di carcere,
rispose: «Sappiate che io esulto perché sarò venerato come santo
dal mondo intero».
SECONDA LETIURA.
Una volta recandosi a Roma per devozione, depose le sue ve
sti, rivestendosi delle vesti di un povero, si sedette tra i poveri
davanti alla chiesa di San Pietro e con loro, come uno tra loro,
mangiò avidamente; e avrebbe fatto in modo simile più spesso se
la vergogna verso coloro che lo conoscevano non glielo avesse
impedito. L'antico nemico si sforza di rovesciare il suo proposito
e manda al suo cuore una donna della sua città, mostruosamente
gobba e lo minaccia che sarebbe diventato simile se non si rav
vedeva da quanto intrapreso. Ma, confortato dal Signore, sentì:
«Francesco, prendi le cose amare per dolci e disprezza te stesso
se tu desideri conoscermi».
TERZA LETIURA.
Incontrando dunque un lebbroso, nel tempo in cui aborriva
molto naturalmente gli uomini di tal genere, memore tuttavia
dell'oracolo divino, andandogli incontro lo baciò3 e dopo queste
cose quello subito sparì. Perciò si affretta verso le dimore dei
lebbrosi e, baciando con devozione le loro mani, dona loro del
denaro. Entra nella chiesa di San Damiano per pregare e l'imma
gine di Cristo gli parla per miracolo: «Francesco, disse, va, ripara
la mia casa che, come vedi, è tutta distrutta». Da quel momento,
dunque, la sua anima fu liquefatta e la compassione del Crocifis
so si impresse meravigliosamente nel suo cuore.
QUARTA LETTURA.
Si applica con sollecitudine a riparare la chiesa e, avendo ven
duto quello che aveva, poiché donava il denaro ad un presbite
ro e lui ricusava cli" riceverlo per paura dei parenti, Francesco,
gettandolo davanti a lui, lo disprezzò come polvere. Legato e
imprigionato dal padre per questo, gli restituì il denaro e rese pa
rimenti i suoi vestiti e così nudo volò verso il Signore e si rivestì
di un cilicio. Inoltre, il servo di Dio chiama un uomo semplice
che prende al posto di padre e a cui, quando il suo lo riempie di
maledizioni, chiede al contrario di benedirlo. Anche suo fratello
carnale, vedendo Francesco vestito di vili stracci e dedito alla
preghiera e tutto tremolante, disse a qualcuno: «Di' a Francesco
di venderti un'oncia del suo sudore». Sentendo ciò, rispose con
ardore: «In verità, io la venderò al mio Signore».
QUINTA LETTURA.
Un giorno mentre sentiva le parole che il Signore disse ai suoi
discepoli inviati a predicare, subito si alzò per osservare tutto
questo con tutta la forza. Scioglie i suoi calzari dai piedi, si ri
veste di una vile tonaca e muta la sua cintura con una fune. Al
tempo della neve, camminando lungo una selva, è preso dai bri
ganti e domandandogli chi sia, asserisce di essere l'araldo di Dio.
Prendendolo, essi lo gettano nella neve dicendo: «Giaci, rustico
araldo di Dio!». Molti nobili e non nobili, chierici e laici, avendo
disprezzato la pompa del secolo, aderirono alle sue orme; a loro
il padre santo insegna a compiere la perfezione evangelica, ad ab
bracciare la povertà e ad avanzare sulla via della santa semplicità.
SESTA LETTURA.
Scrisse inoltre una regola evangelica, per sé e per i suoi frati
avuti e che deve avere, che il signor papa Innocenzo confermò.
Iniziò da allora a spargere con più fervore i semi della Parola e a
percorrere le città e i caste/Il con ammirabile fervore. C'era un frate
che, per quanto esternamente sembrava di un'eminente santità,
ma che tuttavia era singolare per i modi: osservava il silenzio con
sì grande rigore che si confessava non a parole, ma a gesti. Poiché
tutti lo lodavano come santo, l'uomo di Dio, arrivando là, disse:
«Cessate, fratelli, non lodate così in lui le finzioni del diavolo. Si
esorti a confessarsi una o due volte a settimana e, se non lo farà,
è una tentazione diabolica e un inganno fraudolento». Avendolo i
frati esortato, pose il suo dito sulla sua bocca e, scuotendo il capo,
4
Mt9,35.
Leggenda h't11rgica dei Benedettini 233
fece segno che non si sarebbe affatto confessato. Dopo non molti
giorni, ritornò al [suo] vomitrr e finì la vita in azioni criminali.
SETTI1\11A LETTURA.
Stanco per il cammino, il servo di Dio mentre cavalcava un
asino, il suo compagno frate Leonardo di Assisi, ugualmente
stanco, iniziò tra sé a pensare e a dire: «I suoi genitori e i miei
non giocavano alla pari». Immediatamente, scendendo dall'asino,
l'uomo di Dio disse al frate: «Non è conveniente che io cavalchi e
che tu vada a piedi, perché tu fosti più nobile di me». Stupefatto,
il frate si gettò ai piedi del padre e domandò perdono.
[OTTAVA LETTURA.]
Una volta, essendo di passaggio, una donna nobile gli venne
incontro con passo lesto; mosso a pietà dalla sua stanchezza e
dal fiato spezzato, gli domandò che cosa cercasse. E lei: «Prega
per me, padre, perché mio marito m'impedisce di perseguire il
proposito salutare che ho iniziato6 : ma mi si oppose assai nel
servizio di Cristo». Lui le disse: «Va, perché presto riceverai una
consolazione per questo e tu annuncerai a tuo marito, da parte di
Dio onnipotente e mia, che ora è il tempo della salvezza, dopo
quello dell'equità». Come lei glielo annunciò, suo marito è subito
trasformato e promette di fare continenza.
NONA LETTURA.
Ad un contadino che veniva meno per la sete in un luogo
deserto,
. ottenne una fonte d'acqua per le sue preghiere. Per in
citamento dello Spirito Santo, rivelò ad un frate, che gli era par
ticolarmente familiare, questo segreto, dicendo: «Oggi c'è sulla
terra un servo di Dio grazie al quale, finché vivrà, il Signore non
lascerà che una carestia si abbatta sugli uomini». Si racconta che,
senza ombra di dubbio, fu così. Ma, una volta elevato [in cielo],
la situazione cambiò nell'esatto contrario. Infatti, dopo il suo be
ato transito, apparve al predetto frate dicendo: «Ecco che arriva
ormai la carestia che, finché ero vivo, il Signore non ha permesso
che venisse sulla terra».
5 Pr 26, 11.
6 La versione comune della Le enda aurea porta concepì (ho concepito) al
gg
posto di incepi (ho iniziato).
234 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori
DECIMA LETTURA.
Durante la festa di Pasqua, nell'eremo di Greccio, i frati ave
vano preparato la tavola con più cura del solito, con la tovaglia
e i bicchieri; avendo visto ciò, l'uomo di Dio, subito retraendo il
passo, mise sulla sua testa il capello di un povero che si trovava li
e, portando il bastone in mano, uscì fuori e aspettava alla porta.
Mentre i frati mangiavano dunque, egli grida alla porta se, per
amore di Dio, elargiscono l'elemosina ad un pellegrino povero
e malato. Chiamato, il povero entra e sedendosi da solo per ter
ra, pose il suo piatto sulla cenere. Vedendo ciò, i frati furono
riempiti di grande stupore; lui a loro: «Ora io ho visto la tavola
preparata e ornata e so che questa non è quella dei poveri che
vanno di porta in porta».
T
UNDICESIMA LET URA.
Perciò, amava la povertà in lui e negli altri, al punto che chia
mava sempre la povertà la sua signora. Se vedeva talvolta uno più
povero di lui, subito lo invidiava e temeva di essere sorpassato
da lui. Un giorno, infatti, quando aveva incontrato un poveretto,
disse al suo compagno: «La sua miseria ci reca grande vergogna
e rimprovera assai la nostra povertà. Perché, per mie ricchezze,
per mia signora, io ho eletto la povertà ed ecco che essa risplende
di più in lui».
DODICESIMA LETTURA.
Mentre un povero passava davanti a lui e l'uomo di Dio era
stato mosso da una profonda compassione, un compagno gli
disse: «E se questo fosse povero, forse non c'è in tutta la provin
cia nessuno che abbia più di lui il desiderio di essere più ricco».
L'uomo di Dio gli disse: «Togliti immediatamente la tua tonaca,
dalla al povero e, prostrato ai suoi piedi, proclamati colpevole!».
L'altro subito gli obbedì. Una volta, incontrò tre donne in tutto
simili di viso e d'abito, che lo salutarono così: «Benvenuta, signo
ra Povertà!» e subito sparirono e non le rivide più.
INDICE DEI MANOSCRITTI
Assisi,Biblioteca comunale,330: 88
Assisi,Biblioteca comunale, 334: 88
Assisi,Biblioteca comunale, 335: 88
Assisi, Biblioteca comunale,338: 17,77,98
Assisi, Biblioteca comunale, 345: 88
Assisi, Biblioteca comunale, 347: 88, 156, 198
Assisi,Biblioteca comunale, 418: 88
Assisi, Biblioteca comunale, Fondo musicale di cappella, 2: 128
Assisi, Protomonastero San Damiano, «Breviario-messale di santa
Chiara»: 6, 82,83, 135, 136
Bruxelles,Bibliothèque royale Albert l", 1542: 65
Chartres, Bibliothèque municipale, 500 (190): 216
Chartres, Bibliothèque municipale, 516 (479): 216
Chicago, Newberry Library, 24 (23817): 79, 80, 82, 97, 98, 100, 102,
103, 104, 111,112, 114-117, 120
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi C.V.136: 192,
195
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Reg. lat. 1738: 24,
87,146,239
Montecassino, Archivio dell'Abbazia, 34 (217): 230
Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III,VI.G.38: 124
Paris, Bibliothèque de l'Arsenal à Paris,595 (123 C. T. L.): 206
Roma, Collegio San Lorenzo da Brindisi de Roma, AB/23: 192
Roma, Curia generalizia dell'Ordine dei Frati predicatori,XVI L 1: 222
Saint-Gall, Stiftsbibliothek,389: 128
Siena, Biblioteca degli Intronati, F.VIII.13: 98
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-, Ufficio della Passione, in FF, pp. 195-216.
-, Regola bollata, in FF, pp. 89-98.
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242 Bibliografia
CICERONE: 40 -,Getsemani: 32
CHIARA D'Ass1s1: 12, 25, 77, 90, 91, -,Golgota: 32
136,201,237,239,244,245 -,Giardino degli Ulivi: 76
COLOMBO C.:34,61 GIEBEN S.:51,85,241
CONNERTON P.: 37, 40-43, 239 GIOBBE:71,72,81,187
COOK W. R.: 12,239 GIACOBBE, PATRIARCA:110,129
Cori: 51,52 GIACOMO,APOSTOLO: 32
CoRNET B.: 79,100, 239 GIACOMO DA V ARAGINE:11,229
CRESCENZIO DA JESI: 85 GIOTTO: 13, 14, 31, 45, 46, 92, 156,
CusATO M.: 74, 75, 239 241
DALARUNJ.: 9, 11, 12,15, 17, 22, 24, GIOVANNI, EVANGELISTA: 32, 76, 140,
25,33,53,61,78,83,92,93,238- 188
242,245 GIOVANNI, rRATE:12,75,241
DAVIO,RE: 76,140 GIOVANNI DA CAPESTRANO: 94, 240
DELMAS S.: 48,240 GIOVANNI DA LERIDA:185
DELORME F.:13,37, 240 GIOVANNI,NOTAIO PONTIFICIO:222
DIONIGI L'AREOPAGITA,PSEUDO: 41,42 GIOVANNI DA PARMA: 85,86,237
DESBONNETS T.:22, 25,60,61,88,240 GIROLAMO,SANTO: 76,157,242
D1 FoNzo L.: 57,240 GtULlANO DA SPIRA: 6, 12, 14, 16, 18,
DOMENICO, SANTO: 54 21, 22,28, 33, 40, 53, 60, 62,74,
DOMENICO DE GUBERNATJS:84,240 80,81,87, 97, 98,206,216,230,
DouCET V: 47,240 242
DUBY G.: 17,58,69,240 GRANIER T.:48,240
DUFFY E.:59,240 GRA·nEN DE PARIS: 85,241
EGIDIO,FRATE:12,36,37,75,198 GRAZIANO, CANONISTA: 69
Egitto: 119, 190 Greccio: 31, 45-47,74,179,234
Egiziani: 79,100 GREGORIO MAGNO: 71, 81, 87, 141,
El Dorado: 61 146,149,150,200,225,241
ELIA, FRATE: 14, 15, 53, 83-85, 139, GREGORIO IX: 74, 79, 80, 86, 98-100,
216,219,234,237,240 113,121,128,131,13� 193�95,
ELIA, PROFETA:101,163,165,202 201,206,222,224,225,239
ENOCH,PROFETA: 202 GRÉVIN B.: 80,241
FALQUE E.:15, 240 Gubbio:109,151
FEDERICO 11: 79,80 GUGLIELMO DI M!DDLETON: 36, 47,
Firenze: 36,59 241
-,Santa Croce: 59 Gumo, VESCOVO DI ASSISI: 83, 150,
FwoD D.: 85,240 161,189,208,217,224
Florida: 61,242 HAMMOND C.:242
FORNI A.:94, 240 HAMMOND J. M.: 89,242
Francia: 15, 26, 58,61,167,206 HARPER J.:63, 241
FRANK I.:57,241 HEJNZER F.:71,82,241
fRUGONI C.:59,92,241 HOROWSKI A.: 12,241
Gaeta: 179 Inghilterra: 61,84
GEDEONE, PREBENDARJO:176 INNOCENZO lii: 20,73,83,89,99,106,
Genova:85 114,115,164,209,218,232
Germania: 112 INNOCENZO rv:57
GEROLAMO DI ASSISI: 200 loGNA-PRAT D.: 48, 241
Gerusalemme:126 JRWJN K. W.:56,241
Indici 249
ISAIA,PROFETA:150 Narbona:57
ISAIA M. C.: 48,240 Narni: 109
Israele: 118,125,165 NAVONI M.: 48, 243
Italia: 57,61,85,108,181,209,245 NEUSNHEUSER B.:69,243
jOHNSON A.: 32 NICCOLÒ DA LIRA: 76
JoHNSON T. ).: 22-27, 29, 32, 38, 50, NICHOLS B.: 56, 243
53-56, 58, 61, 63, 73, 82, 88, 89, 0DOARDI G.: 57,240
238,241-242 ONORIO 111: 99
l<ROGER K.:59,60,242 0RÉ). DE: 61,242
LACOSTE J . Y
- : 34, 35, 37-39, 41, 50, Ostia:51,78, 224
61-63, 242 0ZILOU M.:25,241
La Verna, monte:52, 64,72,83, 175, PACirlCO,FRATE:51,52,167
182,184 PANI EIU,,flNI L.:49,243
Lavoro,Terra di: 189 PAREJA F.:61
LE GOFF J.: 52,242 Parigi: 11, 22, 47, 62, 70, 74, 80, 85,
LEBIGUE J.-B.: 22, 25, 33, 40, 60, 74, 88,156,206
241,242 -,convento dei Cordeliers: 85,156
LEFEBVRE H.: 48-50,56,59,242 -,Saint-Jacques: 222
LEONE,FRATE: 13-15,17, 42,75-77 -, Sainte-Madeleine: 62
LEONARDO DI ASSISI:233 PASZTOR E.: 57,243
LEONARDI C.:15,92,242 PAOLO, APOSTOLO: 32, 39, 125, 187,
Lerida:185 194
LEROQUAIS V.:26,243 PELLEGRINI L.:49,243
LoEWEN P. V.:46,243 Perugia:193,211
Lombardia:181 Pescia:59
LUCA,EVANGELISTA:149 P1ETR0,APOST0LO: 32,194
MARANESI P.:91,243 PIETRO DI BERNARDONE: 19, 20, 107,
MARCO,EVANGELISTA: 87 149-151, 157, 160,170,208,217,
MARIA, VERGINE: 31, 40, 47, 84, 194, 223,232
209 Pisa:59,156
Marocco:108 Pistoia:59
McCALL R . D.: 55, 243 POIREL D.:15,23,25,241,245
MÈNARD A.:15 POLO DE BEAULIEU M. A.:25,241
MERLO G. G.:92, 243 POMPEI A.:57,240
MEssA P.:35,37,42,243 Potenza:185
Metz:84 PROSPERO D'AQUITANIA:78
MICHELE,ARCANGELO: 182,184,189 Puglia:147,148,185
MICHELANGELO:31 Quaracchi:71,73
M1omrr1 R .:15,243 RANIERO CAPOCCI: 80,98
MIRAMOLINO:vedi SULTANO RAPPAPORT R. A.:26,43,44,244
Montecassino: 25,230 RAVA E.:33,83,244
MONTÉS B.,DE:61 Rieti: 176,184,211
Monte Gargano,San Michele:189 ROBSON J. M.:34
Mooiu.IAN J.:57,243 RUGGERO BACONE:42,43,244
MORICO,CROCIATO:166 RUGGERO DA POTENZA: 185
MoYES H.:39,243 Roma: 31,84,86,192,218,222,231
NAGY P.:16,238 -,San Pietro: 31,40,231
Napoli:80,124,235 -,San Giovanni in Laterano:89,164
250 Indici
SEZIONE Il:
MONUMENTI DELLA LITURGIA FRANCESCANA
1. UFFICIO E LEG GENDA LITURGICA DI SAN FRANCESCO
SECONDO IL CODICE DI CHICAGO
Ai vespri. .......................................................................................................99
Al mattutino .............. , ..................................................................................102
Pritna lettura................................................................................................. 104
Seconda lettura............................................................................................. 105
Terza lettura.................................................................................................. 106
Quarta lettura............................................................................................... 108
Quinta lettura.................... , .......................................................................... 109
Sesta lettura. .................................................................................................109
Settima lettura. ...................................... , ...................................................... 111
Ottava lettura. ..............................................................................................112
Nona lettura . ................................................................................................113
Alle lodi ......................................................................................................... 115
A terza ...........................................................................................................117
252 Indici
A sesta ...........................................................................................................118
A nona ...........................................................................................................118
Ai secondi vespri .........................................................................................118
2. MESSA E SEQUENZE DI SAN FRANCESCO
Introito ..........................................................................................................125
Colletta ..........................................................................................................125
Lettura dell'Epistola del beato Paolo apostolo ai Galati .......................125
Graduale........................................................................................................126
Alleluia...........................................................................................................126
Vangelo secondo Matteo ............................................................................126
Offertorio .....................................................................................................126
Secreta ...........................................................................................................126
Comunione ...................................................................................................127
Postcomunione ............................................................................................127
Alleluia. ..............................................................................................................129
SEQUENZA ............................................................................................................129
ANCORA UN'ALTRA SEQUENZA DEL BEATO FRANCESCO
CHE FA IL SIGNOR PAPA GREGORIO IX ..........................................................131
SEZIONE III
LEGGENDE LITURGICHE DELL'ORDINE DEI FRATI MJNORI
SEZIONE IV
LA LITURGIA DI SAN FRANCESCO FUORI DALL'ORDINE
DEI FRATI MINORI
Vangelo.........................................................................................................227
Offertorio ..................................................................................................... 228
Secreta ........................................................................................................... 228
Comunione .................................................................................................. 228
Pos tcomu n ione........................................................................................... .228
BIBLIOGRAFIA............................................................................................. 237