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FONTI LITURGICHE

FRANCESCANE
FONTI LITURGICHE
FRANCESCANE

L'IMMAGINE DI SAN FRANCESCO


D'ASSISI NEI TESTI UTURGICI
DEL XIIl SECOLO

a cura di
MARCO BARTOLI,]ACQUES DALARUN
J.
TIMOTHY ]OHNSON e FILIPPO SEDDA

traduzioni di
MARCO BARTOLI e FILIPPO SEDDA

m · Editrici Francescane
Fonti liturgiche francescane. Liturgia e identità minoritica nel X.Ill
secolo / a cura di Marco Bartoli, Jacques Dalarun, Timothy J. John­
son e Filippo Sedda. - Padova : Efr-Editrici Francescane, 2015. -
256 p.; 21 cm.
ISBN 978-88-8135-031-5
1: Francescani - Sec. 13. - Fonti
2: Liturgia - Sec. 13. - Fonti
3: Francesco: da Assisi <santo> - Vita - Fonti
I: Bartoli, Marco - Dalarun, Jacques - Johnson, Timothy J. - Sedda,
Filippo

271.302 - Ed. 22.

Fonti liturgiche francescane

Hanno collaborato: Marco Bartoli - Jacques Dalarun - Timothy J.


J ohnson - Filippo Sedda
Per la traduzione: Marco Bartoli - Filippo Sedda
Per la parte redazionale: Filippo Sedda

ISBN 978-88-8135-031-5

© 2015 by m- Editrici Francescane


Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova
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Edizioni Messaggero - Padova
Edizioni Porziuncola - Santa Maria degli Angeli (Perugia)
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È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la


fotocopia, anche a uso interno o didattico, non autorizzata.
SIGLE E ABBREVIAZIONI
1. SACRA ScRirruRA
Ab Abacuc Le Luca
Abd Abdia Lv Levitico
Ag Aggeo 1Mac 1Maccabei
Am Amos 2Mac 2Maccabei
Ap Apocalisse Mc Marco
At Atti Mi Michea
Bar Baruc Ml Malachia
Col Colossesi Mt Matteo
1Cor 1Corinzi Na Naum
2Cor 2Corinzi Ne Neemia (Vg 2Esdra)
1Cr 1Cronache (Vg 1Parali- Nm Numeri
pomeni) Os Osea
2Cr 2Cronache (Vg 2Parali- Pr Proverbi
pomeni) 1Pt 1Pietro
Ct Cantico 2Pt 2Pietro
Dn Daniele Qo Qoelet (Vg Ecclesiaste)
Dt Deuteronomio lRe 1Re (Vg 3Re)
Eb Ebrei 2Re 2Re (Vg4Re)
Ef Efesini Rm Romani
Es Esodo Rt Rut
Esd Esdra (V g 1 Esd) Sai Salmi (numerazione se-
Est Ester condo la Vulgata = V g)
Ez Ezechiele 1Sam 1Samuele (Vg 1Re)
Fil Filippesi 2Sam 2Samuele (Vg 2Re)
Fm Filemone Sap Sapienza
Gal Galati Sir Siracide (Vg Ecclesiasti-
Gb Giobbe co)
Gc Giacomo Sof Sofonia
Gd Giuda Tb Tobia
Gdc Giudici lTm 1Timoteo
Gdt Giuditta 2Tm 2Timoteo
Gn Genesi lTs 1Tessalonicesi
Ger Geremia 2Ts 2Tessalonicesi
Gio Giona Tt Tito
Gl Gioele Zc Zaccaria
Gs Giosuè
Gv Giovanni
1Gv lGiovanni
2Gv 2Giovanni
3Gv 3Giovanni
Is Isaia
Lam Lamentazioni
6 Sigle e abbreviazioni

2. TESTI TRADOTTI NEL PRESENTE VOLUME


UfLL Ufficio e leggenda liturgica di san Francesco
Messa Messa Dilectus Deo (Diletto a Dio)
SeLet Sequenza Letab11nd11s (Pieno di gioia)
SeCap Sequenza Caput draconis (L'ultima testa del dragone)
LLBsC Leggenda liturgica del Breviario di santa Chiara
LLVO Legenda liturgica Vaticana per l'ottava
Lm Leggenda minore
LT Estratto dalla Vita del beato padre nostro Francesco per la festa
della Traslazione
LM XV Cap. XV della Leggenda maggiore per la festa della Traslazione
LLChal Leggenda liturgica e messa di Chalons-en-Champagne dalla
Vita di san Francesco di Giuliano da Spira
LLChar Leggenda liturgica di Chartres
LLP Leggenda liturgica e messa dei Predicatori
LLB Leggenda liturgica benedettina

3. SCRITTI E BIOGRAFIE DI SAN FRANCESCO


Test Testamento
RB Regola bollata
RnB Regola non bollata
3Comp Leggenda dei tre compagni
VbF Vita del beato Francesco
Mem Memoriale nel desiderio dell'anima
CA Compilazione di Assisi
AP Primordi o fondazione dell'Ordine
Trac Trattato dei miracoli di san Francesco

ALTRE ABBREVIAZIONI
FF Fontifrancescane, III ed., Padova 2011
FAF Fonti agiografiche dell'Ordinefrancescano, Padova 2014
Fontes Fontes Franciscanz� ed. E. M.ENFSTÒ e S. BRUFANI, Assisi 1995

AVVERTENZE
- I riferimenti in nota alle traduzioni delle FF o FAF sono indicati con
il numero marginale progressivo; solo in bibliografia - come indicato
- il rimando è alle pagine.
- Quando le citazioni bibliche sono letterali, le parole interessate sono
m corsivo.
- Per UfLL i riferimenti all'ufficio sono indicati con il solo numero
marginale, quelli alla leggenda sono preceduti da un asterisco.
Sezione prima

INTRODUZIONI
DAL FRANCESCO STORICO

AL FRANCESCO DELLA STORIA

di
]ACQUES DALARUN

traduzione di
MAR.cO BARTOLI
Gli studi francescani1 sono irrimediabilmente segnati da un
sigillo di passione. In questo, sono proprio il riflesso dell'uomo
che si sforzano di mettere a fuoco. I colpi di scena si susseguono:
d'improvviso una fonte torna alla ribalta o vi è un cambiamento
radicale di punto di vista sull'uomo, o una rivoluzione nell'in­
terpretazione del suo messaggio e del suo ruolo. Si tratta di un
settore in cui le prese di posizione raramente sono tiepide e i
dibattiti raramente sono sereni.

VERSO IL FRANCESCO STORICO


La prima grande rivoluzione degli studi francescani è avvenuta
con la pubblicazione degli scritti di Francesco d'Assisi da parte
del frate minore osservante irlandese Luca Wadding nel 162Y
L'autore medievale d'ora in poi avrebbe potuto essere compreso
dall'interno, cioè a partire dalle parole che lui stesso aveva scritto
o dettato - e ciò era essenziale. Se ne fece uso con parsimonia. Per
quanto rigu arda la conoscenza del suo profilo biografico, rimase
congelata. Non che siano mancate le Vite del santo nel secolo tra
la sua morte nel 1226 e la sua canonizzazione nel 1228: anzi si
erano moltiplicate enormemente. Ma la prescrizione del capitolo
generale di Parigi nel 1266, imponendo di mettere da parte tutte
le altre leggende tranne quella che aveva da poco redatto il mi­
nistro generale Bonaventura, aveva relegato le fonti più antiche
in una sorta di confidenzialità aleatoria, se non di clandestinità.
Certo, tra la fine del XIII e i primi decenni del XN secolo, avevano
cominciato a circolare alcune compilazioni, la più famosa delle
quali, tradotta in volgare toscano, non è altro che i Fiorettr. II
frate predicatore Giacomo da Voragine nella sua Legenda aurea,
uno dei testi più popolari del Medioevo, realizzato nel decennio
1260, ha incluso un capitolo dedicato a Francesco d'Assisi, riper-

1 In conformità all'abitudine presa in Fra11çois d'Asrise. Écrits, Vies, té111oig11a es,


g
ed. J. DALARUN, Paris 2010, riserviamo l'aggettivo «francescano» a quello che è
strettamente relativo a Francesco di Assisi; per quanto concerne i frati Minori,
usiamo l'aggettivo «minoritico».
2 L. WADDJNG, B. P. FrancisciAsrisiatis Op11sc11/a. N1111cpri!111m1 collecta hib11s to,nis
distincta, notis et co1t1111entan'is asceticis il/11strata, Anversa 1623.
3
Per una breve introduzione a tutte le fonti francescane citate, si rimanda
a Fo11tifra11cescane, terza edizione rivista e aggiornata, Padova 2011 (d'ora in poi
FF), ma cfr. anche Fra11çois d'Assise. Écrits, Vies, té111oig11ages, senza dimenticare J.
DALARUN, Petit dictio1111aire des so11rces fra11ciscai11es, ibide111, 3325-3390.
12 Sezione prima - lntr-oduzioni

correndo la maggior parte del suo itinerario. Al di là di biografie,


anche i sermoni4 e l'arte in tutte le sue forme, in particolare la
pittura5 , hanno ampiamente diffuso l'immagine del Poverello pres­
so la grande maggioranza e fino ai confini del cristianesimo. Ma
si trattava il più delle volte di un caleidoscopio di immagini isola­
te. In sostanza, per mezzo millennio, le fonti testuali che hanno
modellato, direttamente o indirettamente, l'immagine articolata
e complessiva di san Francesco erano quelle frequentate dagli
stessi frati Minori, soprattutto nella liturgia: l'ufficio attribuito a
Giuliano da Spira, le Leggende, maggiore e minore, di Bonaventura.
Una nuova rivoluzione degli studi francescani è venuta dalla
pubblicazione da parte del bollandista Costantino Suyskens nel
1768, di una raccolta di testi inediti, tra cui la Vita del beato France­
sco di Tommaso da Celano (chiamata Vita prima), i Ptimordi ofon­
dazione dell'Ordine - che è stato chiamato a lungo Anonimo Perugino
prima dell'attribuzione a fra Giovanni, socio di frate Egidio - e
la Leggenda dei tre compagni. In seguito sono venute, nel 1806, l'edi­
zione curata da Stefano Rinaldi della parte biografica del Memo­
riale di Tommaso da Celano (chiamato Vita seconda) e, nel 1822,
l'edizione da parte di Niccolò Papini della Leggenda ad uso del coro.
Il corpus, per qualche tempo, si fermò lì6•
La terza grande rivoluzione in origine non è stata euristica,
ma ermeneutica. Con questo vogliamo dire che non ha preso
avvio dalla pubblicazione di fonti dimenticate, ma da un profon­
do cambiamento di prospettiva sul Poverello: lo choc è arrivato nel
1894, con la pubblicazione della Vita di san Francesco d'Assisi del
pastore protestante Paul Sabatier7. E tuttavia, il dibattito è stato

4 J. DALARUN, Fra11cesco nei ser111011i: agiografia e predicazione, in La Predicazio11e dei


frati dalla 111età del '200 alla fine del '300. Atti del XXII Convegno internazionale,
Assisi, 13-15 ottobre 1994, Spoleto 1995, pp. 337-404; A. HoROWSKJ, Reperto­
,iu,11 ser1110111m1 lati11oru111 111edii aevi ad la11de111 sa11cti Fra11cisci Assisimsis (Subsidia
scientifica franciscalia, 13), Roma 2013.
5
W. R. COOK, I111ages of St Fra11cis of Assisi i11 Pai11ti11g, Sto11e a11d Glass/rom the
Earliest I111ages lo ca. 1320 i11 Ita!J. A CatalogNe (Italian medieval and Renaissance
studies, 7), Florence-Perth 1996; L'arte di Fra11cesco. Capolavori d'arte italiana e terre
d'Asia dalxm a/xv secolo, ed. A. TARTUFERI e F. D'ARELLI, Firenze - Milano 2015.
6 Per non moltiplicare i riferimenti, per le edizioni citate in questo paragrafo
e nel seguente, cfr. F. URIBE, I11trod11zio11e alle fo11ti agiografiche di sa11 Francesco e
sa11ta Chiara d'Assisi (secc. Xlll-XIV} (Saggi, 7), Assisi 2002 (ed. orig. Murcia 1999);
J. DALARUN, Cmmfonti11111 hagiographicortm1 de sancto Francisco, in Francesco e Chiara
d'Assisi. Percorsi di ricerca sullefonti (Franciscalia, 2), Padova 2014, pp. 87-100.
1
Parli Sabatier e gli str1difim1cesca11i. Atti del xxx Convegno internazionale in
occasione del centenario della fondazione della Società internazionale di studi
francescani (1902-2002), Assisi, 1O-12 ottobre 2002, Spoleto 2003.
Dal Francesco ston'c, al Francesco della Stona 13

così vivace intorno a questo libro, che ebbe subito un successo


planetario e fu messo all'indice da parte della Chiesa romana, che
i «clan» coinvolti hanno iniziato ad esplorare febbrilmente fondi
di biblioteche e archivi, alla ricerca di qualche documento inedito
che potesse rafforzare il loro parere. A partire da Paul Sabatier
stesso che nel 1898, a seguito di una folgorante intuizione della
sua Vita di san Francesco d'Assisi, ha curato l'edizione dello Specchio
di peifezione maior. Nel 1899, il bollandista François Van Ortroy
ha pubblicato il Trattato dei miracoli che completava il Af.em01iale
di Tommaso da Celano. Nel 1900, il cappuccino Edouard
d'Alençon curava un'edizione del Sacro Commercio di San Francesco
con Madonna Povertà ben al di sopra di un precedente tentativo del
1894. Nel 1901, Leonhard Lemmens ha pubblicato lo Specchio
di peifezione mino,; i Verba Francz'sci e l'Intenzione della Regola. Nel
1902, Paul Sabatier ha ripreso il testimone con la pubblicazione
degli Atti del beato Francesco e dei suoi compagni - l'antenato latino
dei Fioretti - e di estratti della Compilazione di Avignone. Nel 1914,
Andrew Little ha proposto brani del manoscritto che porta il
suo nome. Infine, nel 1922, Ferdinando Delorme ha scoperto
e curato la Leggenda di Pemgia, che oggi si preferisce chiamare
Compilazione di Assisi, e raccoglie essenzialmente i ricordi di frate
Leone, il compagno più vicino di Francesco negli ultimi anni
della sua esistenza. Raccontata così, la storia diventa una para­
bola. In meno di 30 anni, l'«effetto Sabatier» aveva prodotto ciò
che il pastore protestante si augurava sin dall'inizio: il Francesco
intimo era stato raggiunto, quanto più possibile.
Dimentichiamo per un momento la valanga di titoli e di date,
per tornare alle premesse fissate da Paul Sabatier nel 1894. Nella
sua Introduzione alla Vita di san Francesco d'Assisi, difendendo con
passione una storia soggettiva, egli riconosce che la pubblica­
zione dei documenti originali è un «progresso reale», ma subito
dopo ne denuncia l'illusione, non solo perché non si può pubbli­
care tutto, ma soprattutto perché «purtroppo, di solito sono pro­
prio i movimenti più originali ad essere i meno documentati»8 .
In seguito, rilevando il contrasto tra la chiesa di San Damiano
rappresentata negli affreschi di Giotto nella Basilica superiore di
Assisi e quella rimasta in pietra, egli commentava:

8 P. SABATIER, Vie de S. François d'Assise, 1894, ed. definitiva 1931, p. 44. Noi
diamo i riferimenti all'opera nell'originale edizione postuma che ha il vantaggio
di compendiare le edizioni anteriori (ad esempio degli estratti di altre pubblica­
zioni) permettendo perfettamente di distinguerne gli strati. Per una traduzione
italiana cfr. P. SABATIER, Vita di san Francesco di Assisi, trad. G. Zanichelli, presen­
tazione L. Bedesclù (Oscar saggi), Milano 1994.
14 Sezione prima - Introduzioni

Gli storici ufficiali di San Francesco hanno fatto per la sua biogra­
fia quel che Giotto ha fatto per il piccolo santuario. Nella maggior
parte dei casi, gli hanno reso cattivo servizio. Gli abbellimenti
che essi hanno aggiunto alla sua vita hanno fatto dimenticare il
san francesco della realtà, che invece era infinitamente più bello.
[...] E per questo che la ricerca della storia dietro alla leggenda è
un'opera pia9•
L'ultima sezione del volume del 1894, «Studio critico delle
fonti», è tutt'altro che un'appendice. Sul lungo periodo, ha eser­
citato un'influenza determinante. L'autore tratta, l'una dopo l'al­
tra, delle «opere di san Francesco», di cui egli sottolinea l'im­
portanza fino ad allora trascurata, delle «principali biografie
primitive», delle «fonti diplomatiche» e delle cronache interne o
esterne all'Ordine dei frati Minori. Forse è proprio li, nella parte
dedicata alle biografie, che si cristallizza più profondamente e in
maniera più duratura il gioco dei ruoli intorno alla memoria del
fondatore: Elia è un traditore; Tommaso da Celano un debole
sotto la sua influenza; Bonaventura è un moderato, preoccupato
soprattutto di pacificare l'Ordine. La sua leggenda è «una mola
in cui l'autore infaticabile ha accumulato, un po' a caso, i co­
voni dei suoi predecessori»10 . Egli «ha voluto scrivere una sorta
di biografia ufficiale o canonica; ci è riuscito troppo bene»11 : la
«leggenda di san Bonaventura», come la chiama Paul Sabatier12,
cioè la Leggenda !l'laggiore di san Francesco. Perché della minore, come
pure dell'Ufficio o della Vita di san Francesco di Giuliano da Spira
egli non fa nemmeno menzione.
E per una buona ragione. Non è dalla parte delle «litanie» che
lo storico può sperare di avvicinarsi al «San Francesco della re­
altà»13. Nella sua prefazione alla nuova edizione del 1918, distin­
guendo tra i suoi lettori pii e razionalisti, Paul Sabatier aggiunge:
Per gli uni, come per gli altri, ciò che più conta è di essere in gra­
do di penetrare nell'intimità della coscienza di san Francesco, di
divenire testimoni simpatetici del fiorire del suo pensiero, per tro­
varne le radici ed essere in grado di contemplarne lo sviluppo14.
E per farlo, due guide: Francesco stesso e «frate Leone d'Assi­
si, il confidente fedele dei suoi pensieri» 15• Già nella sua prefazio-
9
lbide111, p. XXXIll.
10
Ibide,11, p. 538.
Il
[bidelll, p. 540.
12
Ibidem, p. 535.
13
Ibidelll, p. xxxm.
14
Ibidem, p. xxxvm.
15
Ibide111, p. XXXVIII.
Dal Francesco stonco al Francesco della Sto,ia 15

ne all'edizione dello Specchio di pe,jezione tnaior nel 1898, convinto


che Leone fosse l'autore della fonte da lui scoperta, Paul Sabatier
confidava:
Non vi è forse nessun altro documento del Medioevo in c1ù si
senta una simile intensità di emozione. Questo testo ci fa sentire
i sospiri dell'uomo Francesco, i suoi gemiti e ci fa vedere l'uomo
fisico nello stesso momento in cui ci fa penetrare il cuore dell'uo­
mo spirituale 16 •
Per oltre un secolo, gli studi francescani hanno appena de­
viato dalla direzione magistralmente indicata da Paul Sabatier e
faticano ancora oggi a liberarsi dalla sua presa. Ci è voluto mol­
to tempo per riabilitare Tommaso da Celano17, e ancora di più
per strappare frate Elia dalla damnatio mev101iae18• Il valore della
composizione di Bonaventura è stato giustamente rivalutato, ma
l'operazione ha avuto l'effetto di far passare il ministro generale
dal ruolo di compilatore senza genio, a quello di manipolatore in
capo 19 . La sua Leggenda minore rimane nell'ombra, in compagnia
delle fonti liturgiche20. Invece, la Compilazione di Assisi, che ve-

16
Ibidem, p.496.
17 R. MlcHETTI, Francesco d'Assisi e il paradosso della minoritas. La Vita beati
Fra11cisci di To11m1aso da Ce/a110 (Nuovi studi storici, 66), Roma 2004; THOMAS DE
CELANO, Les Vies de sai11t Fra11çois d'Assise. Vie d11 bienhe11re11x Fra11çois, Légende de
cha11r, Ugende 0111b1ien11e, Mé1J101ia/ dans le désir de /'lime, ed. J. DALARUN e D. POIREL,
Paris 2009; D. POIREL, L'éc,iture de Tho111aJ de Cela110: 1111e rhétorique de la mpt11re, in
Fra11ct'sca11 Studies, 70 (2012) 73-99; IDEM, De l'i11tégralio11 au dépo11il/mm1t: Thomas
de Celano et sa réceplion de q11elq11es thèllles d'H11g11es de Sai11t-Victor, ibidem, 341-366.
18 Elia da Cortona tra realtà e 11ito. Atti dell'Incontro di studio, Cortona, 12-13
1
luglio 2013, Spoleto 2014. I lavori di Giulia Barone, in parte riuniti in G. BARO­
NE, Dafrate Elia agli Spirituali (Fonti e Ricerche, 12), Milano 1999, hanno giocato
un ruolo determinante nella nuova intelligenza del personaggio.
19
Anche di questo, ci si sta lentamente liberando. La coerenza dell'opera
di Bonaventura, teologo, ministro generale e agiografo, è stata perfettamente
compreso da C. LEONARDI, Bonaventura e Fra11cesco, in La letteratura Jra11cesca11a,
ed. C. LEONARDJ, voi. 3, Bo11avent11ra: la pe,fezione mslia11a (Scrittori greci e latini),
Milano 2012, pp. xm-c. Segnaliamo il rinnovamento degli studi bonaventuriani
in Francia, oltre i lavori di André Ménard, con E. FALQUE, Saint Bo11avent11re et
l'entrée de Die11 e11 théologie. La So111111e théologiq11e d11 Breviloquù,111 (Études de philo­
sophie médiévale, 79), Paris 2000; L. SoLJGNAC, La théologie symbolique de sai11t
Bo11ave11t11re (Cahier du Collège des Bernardins, 95), Paris 2010; EADEM, La voie
de la ressembla11ce. Ili11éraire da11s la pensée de saù,t Bo11ave11t11re (De visu), Paris 2014;
più estesamente, B. FORTHOMME, Histoire de la théologieJn111ciscai11e. De saint Fra11çois
d'Assise à 11osjo11rs, Paris 2014; E. FALQUE e L. SoLJGNAC, Pemer enJra11ciscaù1, in
ÉtudesJra11ciscai11es, n. s. 7 (2014) 297-325.
20
Colpisce il fatto che, nella raccolta Lege11dae S. Fra11cisciAssisiemis saec11lis XIII
16 Sezione prima - Introduzioni

niva a realizzare i sogni di Paul Sabatier, è certamente una delle


fonti più citate per illustrare il vero Francesco. Basti pensare un
momento al successo nella storiografia recente della formula che
gli attribuisce: «Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io
fossi un nuovo pazzo nel mondo»21 .
Segnata dal romanticismo che permea tutto il suo lavoro, ini­
ziando con il suo stile, la premessa di Paul Sabatier è che l'uo­
mo, l'uomo vero, si rivela nelle sue emozioni 22 . Egli è se stesso
quando straripa. I suoi slanci, i suoi «sospiri» e i suoi «gemiti»23 lo
rivelano a priori con più sicurezza, nella sua verità intrinseca, che
le sue attitudini pacificate o i suoi atti istituzionali. Il ruolo dello
storico non dovrebbe quindi essere quello di registrare l'atteggia­
mento ufficiale che detta a Francesco la sua ragione, ma quello
di individuare eventuali crepe, di infilarsi nelle fessure della sua
personalità, per penetrarne (il verbo torna ripetutamente) l'inti­
mità, la parte nascosta dell'essere. Guardare sempre a quel che
c'è dietro: «la storia dietro la leggendro>24, l'uomo interiore dietro
la sua facciata istituzionale e sociale. Un tale programma non
poteva che piacere ad un secolo, il Ventesimo, che ha scoperto le
zone oscure della psiche. Aggiungendovi il fremito un po' voyeu­
ristico di una violazione dell'intimo. Mescolandovi un pizzico di
ribellione adolescenziale contro le istituzioni. Senza cadere com­
pletamente nella teoria del complotto, l'impostazione di Saba­
tier giocava sull'effetto rivelazione: rivelare non solo il Francesco
nascosto, ma - ciò che è più emozionante - il Francesco che ci
hanno voluto nascondere.

et XIV conmiptae (Analecta franciscana, 10), Quaracchi (FI) 1926-1941, la mag­


gior parte delle leggende liturgiche siano accantonate, a pp. 529-554, sotto la
rubrica Legendae q11aedam minores s. Fra11cisci Assisiensis i11 VitisJr. Thon,ae Celane11sis
fundatae; più ancora che, tranne la Leggenda lit11rgica e l'Ufficio dovuto a Giuliano
da Spira, esse siano assenti dalla raccolta Fo11tes francisca11i, ed. E. MENESTò e
S. BRUFANI (resti, 2), Assisi 1995. Le traduzioni italiane degli scritti e delle leg­
gende di Francesco citate nel presente volume, quando presenti, sono prese da
Fontifra11cesca11e, III ed., Padova 2011. Le fonti pubblicate in questo volume sono
sempre indicate con FF seguito dal numero marginale.
21
CA 18 (FF 1564).
22
Paul Sabatier fa delle emozioni un motore della storia (della storia indivi­
duale di Francesco di Assisi, in tutti i casi); lui non ne fa un oggetto di storia, a
differenza dei lavori recenti in questo campo. Cfr. in ultimo luogo D. BoQUET e
P. NAGY, Sensible Mqyen Àge. Une histoire ml/urei/e des é1J1otio11s et de la vie effective dam
l'Occident médiéval, Paris 2015.
2J P. SABATIER, Vie de S. Fra11çois d'Assise, p. 496.
24
Ibidef!I, p. XXXIII.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 17

Fin dall'inizio, in una di quelle massime irritanti che costellano


il suo lavoro, lo storico aveva messo in guardia: «di solito sono
proprio i movimenti più originali ad essere i meno documenta­
ti»25. Portata alle estreme conseguenze, la formula vorrebbe dire
che il valore storico di un documento è inversamente prop9rzio­
nale alla sua diffusione. La lezione è stata ascoltata. Cosa faccia­
mo di diverso quando commentiamo il logion della Vera e peifetta
letizia che ci rivelerebbe l'impulso più profondo, l'affermazione
più estrema, l'identità della non-identità di Francesco? O quando
facciamo glosse senza numero sul biglietto autografo a frate Le­
one, come se contenesse l'essenza del messaggio francescano?26
Solo una copia della Vera e pe,fetta letizia; uno, ovviamente, il bi­
glietto autografo. Intendiamoci bene: non ho alcun dubbio sul
fatto che entrambi i documenti siano autentici. Sono pronto ad
ammettere che Francesco, il Francesco storico, lo si possa legge­
re a nudo in essi. Ma in cosa essi hanno contribuito a collocare
Francesco nella Storia e a dare alla sua immagine la forza che ne
ha fatto cambiare il corso? Leone non ha voluto inserire il bigliet­
to autografo a lui stesso destinato nella prima edizione ufficiale
degli scritti del suo maestro - il manoscritto 338 della Biblioteca
Comunale di Assisi-, ritenendo appunto che esso riguardasse la
sfera del privato, non del pubblico e che pertanto non fosse da
pubblicare. La reliquia testuale è tornata alla luce solo all'inizio
del XVII secolo. L'unica copia della Vera e peifetta letizia, un testo
riportato, è stata riscoperta nel 1927. Né l'una né l'altra di que­
ste gemme spiegherà come e perché, sin dal XVI secolo, l'icona
di Francesco abbia invaso il Nuovo Mondo. Forse la sua verità
storica si trova in questi unica. Ma la sua forza storica è da cercare
altrove; una forza che Georges Duby evocava in questi termini:
Attribuisco un ruolo fondamentale alla personalità di Francesco
d'Assisi, come rappresentante del notevole cambiamento che si
realizza tra la fine del XJI secolo e l'inizio del XJII. In alcune delle
sue azioni egli è ancora molto dipendente dalle pratiche prece­
denti della cultura cavalleresca di cui condivide i valori. Ma, allo
stesso tempo, è da lui che parte tutto quello che di cristiano resta
nella nostra civiltà contemporanea. Egli è, insieme con Gesù, co­
lui che ha avuto la maggiore influenza sull'evoluzione del cristia­
nesimo27.

25
Ibidem, p. xxx.
26
J. DALARUN, Governare è servire. Saggio di democrazia medievale (Fonti e Ricer­
che, 24), Milano 2015, pp. 131-198 (ed. orig. Paris 2012).
27
G. DuBY, A la recherche d11 Mqyen Àge, propos recueillis par M. PIERRE, in
Magazine littéraire, novembre 1996, pp. 100-101 [n.d.r. la traduzione del testo è
18 Sezione prima - Introduzioni

VERSO IL FRANCESCO DELLA STORIA

Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie­
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti28•
Questa è probabilmente la frase che è stata più spesso pro­
nunciata nel corso dei secoli su Francesco d'Assisi 29• Io non sono
sicuro che sia la più citata negli studi francescani. I frati Mino­
ri - ma anche le sorelle Clarisse e gli Eremiti di Sant'Agostino,
che avevano adottato la loro liturgia - erano soliti recitare questa
preghiera a conclusione dei primi vespri di San Francesco il 3 ot­
tobre sera, poi il 4 ottobre al mattutino, alle lodi, a prima, a terza,
a sesta e anche a conclusione dei secondi vespri il 4 ottobre sera.
Nel frattempo, la formula era tornata sulle loro labbra o alle loro
orecchie come colletta della messa, celebrata tra l'ora di terza e
quella di sesta: otto volte in poco più di 24 ore. Dal 1244, quando
il dies natalis di Francesco è stato esteso per un'ottava, 1� pre­
ghiera era recitata sette volte di più per altri sette giorni. E vero
che una domenica faceva parte necessariamente nell'ottava e che,
quel giorno, la preghiera era recitata soltanto ai vespri. Essa era
in ogni caso pronunciata cinquantadue volte in otto giorni, alle
quali vanno aggiunti gli otto giorni della festa della Traslazione il
25 maggio. Sessanta. Nel XIV secolo, si è arrivati fino a settantotto
ricorrenze annuali con la festa delle stigmate. Prima di arrivare a
diciassette anni di professione, un frate minore aveva superato le
mille invocazioni, duemila in poco più di 33 anni, tremila, se riu­
sciva a raggiungere i 50 anni di vita religiosa: «Dio, che per i me­
riti del beato Francesco accresci la tua Chiesa...». Ora, l'ufficio
medievale di san Francesco dovuto a Giuliano da Spira, è stato in
vigore nella Chiesa universale fino alla riforma tridentina del XVI
secolo e nell'Ordine dei frati Minori fino al Concilio Vaticano II.

nostra).
28 UFLL 6, 21 e 25; Messa 2.
29
In uno spirito molto vicino al nostro, la recensione delle opere più diffuse
è il principio del programma FAMA (Fama Auctorum Medii Aevi. «CEuvres
latines médiévales à succès»), diretto dall'École nationale des chartes (Pascale
Bourgain) e dall'Institut de recherche et d'histoire des textes du CNRS (Domi­
nique Stutzmann e Francesco Siri). Le opere più diffuse nel Medioevo sono, da
un certo punto di vista, le meno conosciute dai medievisti: precisamente per la
loro abbondante tradizione manoscritta, sono anche quelle che più scoraggiano
i lavori di edizione. Si potrebbe avanzare questa regola generale: più un'opera
è stata realmente utilizzata nel Medioevo, più la sua edizione moderna lascia a
desiderare.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 19

La colletta era anco�a presente, in latino, nel messale parrocchiale


della mia infanzia. E in latino che deve essere ascoltata:
Deus, qui Ecclesiam tuam beati Francisci meritis fetu nove prolis
amrlificas, tribue nobis ex eius inùtatione terrena despicere e ce­
lesttum donorum semper participatione gaudere.
Si sente l'incastro, che la traduzione moderna non riesce a
restituire: Dio, la Chiesa, Francesco, i suoi meriti, la sua prole,
noi3°. Ogni elemento citato è incluso nel precedente: tutto si
adatta, tutto è consonante, niente è stridente, niente stravagante.
Per quanto riguarda il bilanciamento finale tra "beni materiali" e
"doni celesti", c'è, come in ogni buon bilanciamento, un perfet­
to equilibrio: chi oserebbe preferire (per il tempo di una messa,
almeno) i primi ai secondi? Ma tra "disprezzo dei beni terreni" e
la pratica della povertà, c'è più di una sfumatura. Siamo lontani,
molt? lontani dallo squilibrio del «nuovo pazzo per il mondo».
Proviamo un'altra esperienza: quella di leggere la biografia che
segue e identificarla:
Quest'uomo educato nelle vanità in maniera indecente, dai doni
divini è preceduto in maniera clemente. Per grazia della destra
dell'Eccelso, mirabilmente mutato, dà ai caduti la speranza del
perdono, lui con Cristo già beato. Dapprima le malattie lo rendo­
n? più mite, ma non del tutto, poi, prese le armi del cielo, cam­
bia completamente i suoi modi di vivere. Francesco appena in
pubblico smette di negoziare, subito nel campo del Signore si
ap�arta a medi �are. Trovato l'evangelico tesoro, lo vuol comprare.
Chiedendo a D10 solo cosa fare, sentì un celeste segnale essergli
dato. Nel _fervore del divin servizio, non appena ha venduto le
sue cose, mtende per i poveri impiegare quel denaro, che con il
suo grave reso nuoce_ ad un cuore libero. Ma poiché il povero
�acerdote nfugge dal riceverlo, lo getta via qual cosa vile. Mentre
il padre lo perseguita, occultandosi lascia sfogo all'ira; con fer­
mezza poi comincia a presentarsi in pubblico e, visto con il volto
squallido, viene reputato insano. Con fango e sassi è colpito, ma
l'uomo paziente si sforza di passare oltre come sordo. Condotto in
�asa lo percuote, �rent� più di tutti il padre, insultando, lo lega e
111carcera; ma furtiva lo libera la madre. Ormai libero, alla furia del
padre �frenato non cede, proclamando di volere per Cristo pati­
re ogru male. Condotto dal presule del luogo, riconsegna i suoi

Jo L'orazione di postcomunione, comune a tutte le messe in onore di san


Francesco, gioca sullo stesso registro; cfr. Messa, Colletta (in corsivo, i termini
comuni con la colletta): «Ecclesiam t11a111, quesumus, Domine, gratia celestis ampli­
ficet, quam beati Francisci illuminare voluisti gloriosis meritis et exemplis>> («Preghi­
amo, Signore, che la grazia celeste accresca la tua Chiesa, che tu hai voluto
illuminare dei gloriosi meriti e dell'esempio del beato Francesco»).
20 Sezione prima - Introduzioni

beni al padre; e, denudatosi, come esule nel mondo si designa.


Mentre, seminudo il corpo, canta lodi in francese, zelatore della
nuova legge, ai briganti nel bosco in profezia risponde così: «Sono
l'araldo del gran Re!». Gettato nel gelo della neve, ode: «Giaci, o
rustico!», lui, futuro pastore di gregge. Trascurato nel cenobio, cerca
un amico di un tempo, che lo riveste di una semplice tonaca. Del
disprezzo degli uomini godendo, rese servizi ai lebbrosi, che pri­
ma disprezzava. In figura dei tre Ordini, previo divino_ cenn? , tr�
chiese restaurò. Ascolta nel Vangelo le parole che Cnsto dice al
suoi inviati a predicare. «Questo, dice, è quel che bramo!». Lieto, su
queste parole si sostiene, fissandole nella memoria. Non usa né
bastone né calZflri né borsa, di corda si cinge, lasciate le duplici vesti.
Alle parole di nuova grazia sollecito lega il suo cuore, e una parola
di penitenza semplicemente espone. Pace, salvezza annuncia con la
forza dello Spirito, e alla vera pace associa i lontani dalla salvezza.
Affinché sui nuovi figli si riversino i meriti del Santo, insegna loro
con nuovi moniti, la via della semplicità. Trebbiando nell'aia del di­
sprezzo la spiga della carne, Francesco, mettendo in fuga le cose
della terra, qual grano puro, scossa via la pula, entra nei gmnai del
Sommo Re. Al pane vivo unito dalla morte, vive nella vita, lasciata la
vita. Dal granaio della povertà san Francesco sazia la folla affama­
ta di Cristo, affinché non venga meno per via. Apre il cammino verso
la gloria ed amplia la via della vita. Grazie all'abb �ndanza dell �
povertà, regna ricco nella p�tria _ _ celeste, r:iet �end<?s1 al. post ? de1
re, che qui son ricchi solo d indigenza. D1 se1 frati settlmo, il pa­
dre, assorto in celeste luce, contempla i futuri eventi. Tra i Minori
minimo, qual sia del piccolo gregge l'esito, chiaramente rimira.
Che fin l'ultimo quattrino di sue colpe è rimesso gli viene rivelato
dal cielo. Gli arcani ai suoi rivelando, l'ottavo infine accoglie, e alle
diverse genti nel mandarli a due a due, d'u _miliarsi co�
. anda e _d'esser p� ­
zienti. Il gregge si prostra annuendo, il pastore li nal�a e li �ccogli�
al bacio gioiosi. «Andate! - dice - e confidate nel Signore, 1n Colw
che vi nuhirà>>. Così ai frati preclude il sentiero fallace e senza fine
della cupidigia. Così il cuore libero da preoccupazioni, non affida
il domani a moneta legata in cintura. Tornati quelli che aveva man­
dati, si compie la dozzina di frati; allora, confermando al Santo la
norma che aveva scritta, papa Innocenzo dà ordine di predicare.
Della mina Francesco vuol far commercio, perché lo muove il
calcolo del deposito datogli da far fruttare. San Francesco, dopo
tante orazioni, fu istruito su cosa dovesse fare. Non vivere solo
per sé ma, condotto dallo zelo di Dio, vuole ad altri �?vare._ Da lì:
predicando si aggira, e lui che non istruit� d� u_omo, diviene al d?t.ti
oggetto di stupore: pro� uncia parole <;li _ vir � e u�a nuova milizt�
_
segu e il nuovo condottiero. Tre Ordini egli ?rdma: � chia�a il
primo dei frati Minori, e delle Povere Dame s1 forma il mediano,
ma dei Penitenti il terzo comprende l'uno e l'altro sesso. Edotto
dalla grazia ispiratrice, edotto da�'e�peri� nza_ su _ cosa attiene ali�
perfezione, tutto ciò insegna al frati, sta coi fatti, sta con frequenti,
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 21

dolci �simi sermoni. �odando esortò a lodare: la lode sempre gli


fu abituale, la lode, dico, del Salvatore; invita gli uccelli, le bestie
e le altre creature alla lode del Creatore. O martire di desiderio,
Francesco, con quanto impegno segui, compatendo, Colui, la cui
Passione trovi nel libro che apristi. Tu, mentre contempli nell'aere
il se�afino_ _ post � � croce'. da quel momento
. nelle palme, nel lato
e nei p1 �di porti 1 imm�gin� delle fente di Cristo. Al gregge tuo
provvedi? tu, che dopo il felice transito, la carne già rigida e livida,
mostrasti all'aspetto trasfigurata in gloria. O uomo mirabile nei
se?,ni e nei prodigi, che scacci i morbi con i demoni di ogni specie; pre­
dicando, rende capace l'orecchio degli uccelli silvestri d'intendere
le sue parole. O vita lodevole, con la quale la fede fu esaltata; ma
anche defunto molti morti richiama in vita. Francesco, rendici
coeredi dei cittadini del cielo ai quali sei congiunto.

. Così pre�entata,
. questa leggenda è al tempo stesso scono­
scmta e familiare. Forse un frate Minore, una sorella clarissa un
terz�ario, un devoto leggeva una volta l'anno la Leggenda maggio­
r� di Bonaventura,. Ma, per sovrapporre i loro passi sulle orme
di Francesco, essi percorrevano obbligatoriamente dieci volte
l'anno il sentiero precedente, che costituisce il nucleo centrale
dell'uffi
_ cio composto
_ da Giuliano da Spira: quello che i liturgisti
definiscono precisamente come l'historia del santo31• E non è mai
la Leggenda maggiore il testo che la famiglia francescana ha avuto
meglio in mente, ma la Leggenda minore che, dal 1266 con sessan­
tatré lezioni, regnava sovrana sui notturni del ma�tutino del 4
ottobre � della su� ottava. Proprio come la Leggenda minore, non
la maggiore, forrusce la tela e le didascalie degli affreschi nella
Basilica superiore di Assisi32 •
N?� smetteremo di lavorare sugli autografi, sulla Vera e peifet­
ta letizia o sulla Compilazione di Assis11 Essi rimangono essenziali
per conoscere e capire Francesco dall'interno33. Ma occultare il
Francesco della liturgia negli studi francescani, lasciarsi ipnotiz­
zare dal Francesco storico, offuscando il Francesco della Storia
significherebbe privarci di una leva di congiunzione essenzial�
tra l'individuo e la sua influenza. Inoltre, queste due facce del­
lo stesso essere non debbono in nessun modo essere messe in

31 UfLL.
.
32
0'"'.'-�UNTO, Le didascalie del ciclofra11cesca110 della Basilica s11pe1iore di Assisi,
�-
tn Le 11n111ag1m delfrancescanesimo. Atti del XXXV1 Convegno internazionale Assisi
9-11 ottobre 2008, Spoleto 2009, pp. 167-193. ' '
33
Aggiungiamo che queste fonti conobbero una diffusione indiretta: la Com­
pilazione di Assisi per via dello Specchio di perfezione e la Vera e perfetta
letizia (FF
278) per via degli Atti del beato Francesco, 7 (FAF 1465-1467), e dei Fioretti, 8 (FF
1836).
22 Sezione prima - Introduzioni

opposizione: resto convinto che sia la singolarità del Francesco


storico che, in prima e in ultima istanza, spieghi l'effetto straordi­
nario del Francesco della Storia. In seguito, con i miei amici, non
abbiamo affatto l'ambizione di produrre una nuova rivoluzione
negli studi francescani, ancora di meno una semplice oscillazione
del pendolo, che ci avrebbe riportato allo stato degli studi prima
del 1768. Né rivoluzione, né restaurazione: una riconciliazione e
un superamento.

DALL'INTUIZIONE ALLE PUBBLICAZIONI


Questa impresa, a sua volta, ha una storia. Nella Introduz jone
alla raccolta delle fonti francescane primitiye in francese pubbli­
cata nel 2010 con il titolo François d'Assise. Ecrits, Vies, Témoignag es,
ho espresso il mio debito verso i miei predecessori. E aggiunge­
vo:
Théophile Desbonnets e Damien Vorreux, avendo soprattutto
teso alla ricerca del «vero Francesco)), avevano dato poco interes­
se a due tipi di fonti alle quali invece abbiamo voluto fortemente
far posto: i testi liturgici e i libri di miracoli. Così si trovano in
questo volume le prime traduzioni francesi della Leggenda corale
attribuita a Tommaso da Celano e dell'Ufficio di San Francesco com­
posto da Giuliano da Spira. Certo, questi testi non portano nulla
di nuovo sui fatti e le gesta di Francesco; ma per generazioni di
frati che hanno celebrato solennemente la festa del loro santo
fondatore dalla vigilia del 3 ottobre sera, questi testi hanno scol­
pito la sua immagine e ne hanno impresso il ricordo, con tutta la
forza che il canto e la recitazione collettiva conferivano a queste
reliquie sonore34.
Questo è stato il principio. Ma il modo in cui Jean-Baptiste
Lebigu e e Timothy J. Johnson lo hanno messo in pratica, rispet­
tivamente, per i testi di Giuliano da Spira35 e per la Leggenda minore
di Bonaventura 36, è andato al di là di ogni aspettativa. Quando,
nell'estate del 2010, ho incontrato Marco Bartoli a Parigi, mi ha
assicurato che questa messa in rilievo delle fonti liturgiche sem­
brava anche a lui l'aspetto più innovativo dell'impresa francese,

34
J. DALARUN, Introduction, in François d'Assise. Écrits, Vies, Témoignages, p. 28.
35
J.- B. LEBJGUE, Introduction a JuuEN DE SPIRE, Office et Vie de saint Françoi.r,
ibidem, 705-738. Cfr. anche B. FoRTHOMME, Histoire de la théologie Jranciscaine, pp.
68- 75: La configuration lit11rgiq11e de François d'Assise.
36
T. j. JoHNSON, Introduction a BoNAVENTU_RE DE BAGNOREGIO, LJ'I Légende
mine11re de François d'Assise, in François d'Assise. Ecn"ts, Vies, Té!lloignages, pp. 2140-
2151. Sulla scelta cli piazzare la Leggenda minore prima della Leggenda maggiore, cfr.
l. OALARUN, lntroduction, p. 47.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 23

ma mi ha detto anche il suo timore che tale innovazione potesse


annegare nel diluvio delle 3.418 pagine dei due volumi pubblicati.
Lanciò là l'idea: perché non farne il cuore di un volume dedicato
interamente alla liturgia francescana, nell'ottica così prometten­
te del "Francesco pregato", annunciato da Timothy J. Johnson?
Ne ho parlato con Tim. Ne è stato entusiasta. Abbiamo iniziato
a sognare un volume collettivo, ovviamente internazionale, che
potesse essere portato avanti congiuntamente e pubblicato in
ciascuna delle nostre tre lingu e, prevedendo introduzioni dense
e fonti tradotte.
L'approccio sostenuto da Timothy J. Johnson non era quello
� ella �enesi o d_ella gei:iealogia testuale, ma quello della performance
liturgica: non nntracciare, lungo il corso del tempo, le condizio­
� di elab �razione e di diffusione di un dato testo, ma cogliere
in un preciso momento, l'effetto prodotto dalla sua recitazione
collettiva, dalla sua esecuzione musicale, in uno spazio e in un
tempo d�te !minato, i1: cui la struttura architettonica e il gioco
delle luci diventano pienamente attori dell'azione drammatica.
Per dirlo in termini filologici, non volevamo sezionare le nostre
fonti alla mall!era � Karl Lachm a�n, ma dovevamo compren­
_
derle alla maniera di un Joseph Bedier37 . Non andare alla ricerca
di _uno stemn:a. codicum Oa ricostituzione dell'albero genealogico
dei m�noscnttl che trasmettono lo stesso testo), ma fermarci su
un uruco manoscritto, testimone della palpitante istantanea di
un'opera. Chiaramente, a monte dei volumi nelle lingue moder­
ne, s1 poneva la questione delle edizioni latine.
Per tre ragioni. I libri liturgici contengono molti testi dedicati
a san Francesco d'Assisi, connessi in particolare all'ufficio o alla
messa, che erano rimasti senza edizione; era necessario, almeno
per \lna p�rte, .farli uscire dall'ombra. Per quelli già pubblicati, le
rubnche_ li°:1rgiche _ erano state in genere trascurate, come se que­
ste didasc'.'-1ie pre �1ose fossero solo delle scorie da rimuovere per
produrre il testo 111 una purezza fittizia; bisognava ripristinare la
coerenz � dell'intero. Infi 1:e, anche quando la pubblicazione esi­
�teva e risultava complessivamente soddisfacente, essa era frutto
111 genere di un lavoro di tipo eclettico o stemmatico, attraverso la
comparazion . � di vari manoscritti
. per produrre infine un suppo­
sto testo ongmale, ma che, m realtà, non era mai stato "recitato"
da nessuna parte in quanto tale. Prendiamo il caso dell'Ufficio di

37
Sui differenti metodi editoriali, cfr. D. POIREL, L'édition des textes médiola­
tit(s, in Pratiq11es philologiques en Europe. Actes de la journée d'étude organisée à
l'Ec�le des Chartes le 23 septembre 2005, ed. F. DuvAL (Études et rencontres
de l'Ecole des chartes, 21), Paris 2006, pp. 151-173.
24 Sezione prima - Introduzioni

San Francesco. L'edizione normalmente non include le nove let­


ture agiografiche lette durante i tre notturni del mattutino. Que­
ste sono pubblicate altrove, come un altro testo, ricostituito in
una leggenda compatta in cui la traccia della divisione in nove
sequenze, di solito, viene omessa o svanisce. Ma per una comu­
nità di frati Minori, di Sorelle Povere o d'altro abito, l'ufficio del
mattutino formava un tutt'uno indivisibile. E se, alla luce della
filologia più critica, il loro manoscritto conteneva qualche va­
riante, essi però non la rifiutavano in nota a fondo pagina: essi la
cantavano con una sola voce, come tutto il resto 38 •
Filippo Sedda era, a quel tempo, alle prese con un breviario
minoritico della Biblioteca Apostolica Vaticana, in cui il testo
delle lezioni agiografiche era stato abilmente eraso dall'ufficio
di San Francesco, una sfida che ha vinto brillantemente39• Era
l'uomo che ci voleva. Il nostro gruppo di lavoro è passato da
tre a quattro, come il numero di volumi previsti. Un volume la­
tino, principalmente a cura di Filippo, avrebbe raccolto il mag­
gior numero di testi liturgici dedicati a Francesco d'Assisi nei
quarant'anni successivi alla sua morte (fino alla Leggenda minore
di Bonaventura che ha messo fine ai brancolamenti iniziali così
affascinanti). Le opere sarebbero pubblicate nella lingua origi­
nale e secondo il principio del testimone unico, scelto per la sua
antichità o la sua singolarità40• I tre volumi in inglese, italiano e
francese avrebbero offerto una significativa selezione di queste
fonti in traduzione moderna e una serie di presentazioni originali
per un pubblico più vasto: un'introduzione teologica e antropo­
logica di Timothy J. Johnson, «Il Francesco pregato», un'introdu­
zione storica e filologica di Marco Bartoli, «Francesco, forma dei
minori», preceduto da una prefazione in cui io avrei il compito
di collocare la nostra impresa in una prospettiva storiografica
e sommariamente descrivere il modo in cui potrebbero essere

38 R. L. DE ZAN, Cntica fest11afe, in Scientia fit11rgica. Ma1111afe di li/t(rgia. I: I11tro­


d11zione alfa lit11rgia, ed. A. J. CHUPUNGCO, Casale Monferrato 1998, p. 345: «La
variante liturgica non allontana la copia dall'esemplare, ma rende la copia un
testo nuovo rispetto all'esemplare. La copia, dunque, va corretta dagli errori e
non dalle varianti».
39
F. SEDDA, La Legenda liturgica Vaticana per l'ottava di san Francesco. Francisms
alter Evangelista, in Frate Francesco, 78 (2012) pp. 83-126. Su questa scoperta, cfr.
J. DALARUN, Comment détmire !es légendesfra11ciscaines? Une ingénie11se application de la
définition de 1266 dans le ma1111scrit Reg. lat. 1738 de la Biblioteca Apostolica Vaticana,
in Miscellanea Bibh'othecaeAposto/icae Vaticanae, voi. 14 (Studi e testi, 443), Città del
Vaticano 2007, pp. 215-229.
4° Francisc11s liturgims. Ediliofantium fatinort1111, ed. F. SEDDA con la collaborazio­
ne di). DALARUN, Padova 2015.
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 25

usate le nostre raccolte. Questo progetto non sarebbe stato pos­


sibile senza l'accoglienza ad esso riservata da Luciano Bertazzo,
che ha generosamente accettato di pubblicare presso le Editrici
Francescane il volume latino, più esigente,· e il presente volume
italiano. Lo ringraziamo di tutto cuore, come pure ringraziamo
Nicolas Morin, che ha accolto il volume francese41 nelle Editions
franciscaines, e il team di gestione del Franciscan lnstitut della St. Bo­
naventure University, che ha accoglierà il volume inglese tra le
sue pubblicazioni42 .
Dei trentanove testi editi per la prima volta da Filippo Sedda -
con la mia collaborazione per sei di essi - ne abbiamo conserva­
no solo quindici nei volumi in lingua moderna43 • Essi sono suddi­
visi in tre sezioni principali: «Monumenti di liturgia francescana»
con l'ufficio fornito delle sue letture agiografiche e con la messa,
arricchita con due sequenze; «Leggende dell'Ordine dei Frati mi­
nori», con tre testi per il dies natalis, quindi senza ottava e poi con
ottava, e due per la festa della Traslazione; «Liturgia di san Fran­
cesco fuori dall'Ordine dei frati Minori», non solo con le letture
agiografiche, ma, quando possibile, anche con il testo dell'ufficio
e della messa in uso nelle chiese secolari (Chalons-en-Champa­
gne e Chartres), nell'Ordine dei Predicatori e presso i Benedettini
di Montecassino. Senza dubbio questo è solo un sondaggio nel
mare dei manoscritti liturgici, ma permette di percorrere le tappe
principali della liturgia francescana nell'Ordine dei frati Minori
(quindi anche presso le suore di Chiara d'Assisi o gli Eremitani di
Sant'Agostino che seguivano lo stesso uso) dalle origini all'apo­
teosi di Bonaventura. Questo lavoro offre anche spunti quanto
meno originali sulla liturgia dedicata a san Francesco al di fuori
del suo Ordine; un campo aperto da una ricerca magistrale di
Théophile Desbonnets44, ma i cui riferimenti bibliografici si con­
tano sulle dita di una mano, con fonti che, per quanto ne so, non
erano mai state tradotte o mai integralmente tradotte nelle lingue
moderne.
41
FrallfOis dAssise a11 miroir de la lit11rgie, ed. M. BARTOLJ, J. DALARUN, T. J.
JoHNSON e F. SEDDA, traductions par J. Dalarun avec la collaboration de J.- B.
Lebigue, M. Ozilou, D. Poirel et M. A. Polo De Beaulieu, Paris 2015.
42
Identiry a11d Prqyer: A Stl{(fy of the Ear/y Fra11cisca11 Ut11rgical SoHrces, ed. M.
BARTOLI, J. DALARUN, T. J. JOHNSON and F. SEDDA, St. Bonaventure (NY) 2016
(in preparazione).
43
Su questi quindici testi, quattordici sono editi in latino da Filippo Sedda e
uno (il n. 8) da me stesso.
44 T. DESDONNETS, La diff11sio11 dH c11/te de saint François en France d'après /es b li ­
viaires ma1111scrits étrangers à l'Ordre, i n Archiv11m Jra11cisca111un histonm111, 7 5 (1982)
153-215.
26 Sezione prima - Introduzioni

Nell'Ordine o fuori dell'Ordine, si potrà apprezzare - mi augu­


ro - tutta la mobilità, l'innovazione, ma anche la testardaggine, la
resistenza e la singolarità che sono all'opera nella liturgia. Al di là
delle prescrizioni che arrivano dall'alto, vi si scopre una sorpren­
dente libertà di azione, sia da parte della comunità sia del maestro
di canto sia dello scriba, o come frutto della loro interazione 45 • La
tradizione liturgica è una tradizione viva; e nondimeno, non ab­
biamo le ultime e decisive variazioni, che l'interpretazione, musi­
cale in particolare, portava alla celebrazione. L'idea del rito come
pratica fissa e ripetitiva è una visione mentale, un pregiudizio
smentito dall'esperienza. Per avere diligentemente frequentato i
manoscritti liturgici, i breviari minoritici in particolare46, posso
attestare che anche dopo la standardizzazione della riforma nel
1244 guidata dal ministro generale Aimone di Faversham, anche
dopo l'introduzione della Leggenda minore come lettura a mattuti­
no, nel decennio 1260, le differenze da un volume a un altro non
siano mai scomparse. La stessa leggenda - e dunque, la stessa
immagine di Francesco - in tutti i conventi dell'Ordine dopo la
famosa decisione del 1266? Certo, per la stragrande maggioran­
za; sì, in sostanza. Ma quante volte la divisione delle letture, ben­
ché indicata da Bonaventura sin dall'inizio, è stata non rispettata
a causa della fantasia o della pigrizia dello scriba? E in quanti casi,
nonostante le sessantatré letture dell'ottava, la fine della storia
che non è mai raggiunta, così che il santo rimane sospeso nel bel
mezzo della sua vita? E ancora: un breviario è una norma locale,
non la pratica. Prendo in prestito dall'introduzione di Timothy
J. Johnson questa definizione del rituale data da Ray Rappaport:
una «petformance di sequenze di atti e di enunciati formali più o
meno invarianti e non interamente codificati da chi li esegue o li
pronuncia»47• Mi piace soprattutto il profumo di ossimoro della
formula "più o meno immutabili": sembrerebbe che abbiamo

4
'G. BAROFFIO, li canto nel messale di Barbara, in Messale di Barbara del Bmnde­
b11rgo. Edizione inJacsi111ile, ed. R. BINI, Modena 2012, p. 105: «Come si verifica
in ogni fonte liturgica, la fedeltà al modello si coniuga con un'ampia libertà che
emerge in una miriade di piccole varianti melodiche».
46 lo ho consultato la totalità dei breviari minoritici della Biblioteca aposto­
lica Vaticana segnalati da P. SALMON, Les 111a1111sc,its liturgiq11es de la Bibliothèq11e
Vatica11e (Studi e testi, 251, 253, 260, 267 e 270), 5 voi., Città del Vaticano 1968-
1972, e la totalità dei breviari minori delle biblioteche pubbliche di Francia se­
gnalati da V. LEROQUA1S, Les bréviaires 111a1111sctits des bibliothèques p11bliq11es de Fra11ce,
5 voi., Paris 1934, quasi di un centinaio di manoscritti.
47
R. A. RAPPAPORT, Rito e religione nella costruzio11e delt11111a11ità, Padova 2004,
p. 64: «Performance of more or less invariant sequences of formai act and ut­
terances not entirely encoded by performers» (ed. orig. Cambridge 1999, p. 24).
Dal Francesco storico al Francesco della Storia 27

consultato gli stessi manoscritti!


In questo volume italiano, Marco Bartoli ha assicurato la
traduzione di questa Premessa e dell'introduzione di Timothy J.
Johnson. Per le fonti latine, le traduzioni sono state realizzate da
Filippo Sedda (in collaborazione con Marco Bartoli per l'ufficio
liturgico e la Leggenda minore) 48; si sono tenute presenti, quando
c'erano, le precedenti traduzioni italiane dei testi, tenendo conto
però delle varianti del testo introdotte dalle nuove edizioni "bé­
dériennes" del volume in latino. Ogni fonte tradotta è preceduta
da una breve presentazione che fornisce i dati essenziali del testo,
ma anche del manoscritto da cui è estratto. Queste note, redatte
da me e tradotte da Filippo Sedda, possono essere completate
ri_correndo alle copiose introduzioni del volume François d'Assise,
Ecrits, Vies, témoigna ges per le fonti in esso contenute, e a quel­
le che Filippo Sedda ha redatto con cura per il volume latino.
Quest'ultimo volume ha sistematicamente valore di edizione di
riferimento per la traduzione che segue; vi si troverà anche la
bibliografia su ogni fonte utilizzata.
Abbiamo deciso di limitare le note all'individuazione delle ci­
tazioni bibliche e delle principali reminiscenze patristiche pre­
senti nei testi49• Non si tratta più, infatti, di considerare queste
fonti liturgiche come serbatoi di informazioni storiche, ma come
opere d'arte spirituale in senso pieno, da gustare in se stesse, sen­
za che nulla intervenga a distrarre. In sostanza, più che la nota di
riferimento biblico a fondo pagina, ciò che conta è la presenza
nel corpo del testo del corsivo, utilizzato per identificare le pa­
role della Scrittura: i frati, le suore, i chierici, i fedeli più colti che
cantavano, recitavano o sentivano questi brani liturgici vi coglie­
vano al volo un'inflessione dello stesso tipo, come il passaggio
dal carattere tondo a quello al corsivo, il segnale di una doppia
connivenza; la liturgia di Francesco apriva un abisso sulla Antica
o la Nuova Alleanza.
Alla fine del volume si troverà l'indice dei manoscritti, la bi-
48
Per l'ufficio si è tenuta presente in particolare una traduzione di Fau­
sta Casolini: Liturgia di San Francesco d'Assisi. Testi latini liturgici, introduzione di
Giacomo Cambell, 0.F.M., versione di Fausta Casolini T.O.F., Santuario della
Verna (Arezzo) 1963.
49 Noi segnaliamo tuttavia i punti più salienti sui quali il manoscritto che
abbiamo scelto come testimone privilegiato per ciascuno dei testi ritenuto di­
stanziarsi dagli altri testimoni del medesimo testo o della sua edizione corrente.
Noi abbiamo rinunciato a farlo per la Leggenda liturgica Vaticana per l'ottava e per
l'Estratto della Vita del beato nostropadre Francescoper lafesta della Traslazione, perché
le differenze con gli altri testimoni della Vita del beato 11ostro padre Francesco sono
a sua volta numerosi e di flebile portata quanto al senso.
28 Sezione prima - Introduzioni

bliografia con i titoli citati nelle introduzioni, l'indice dei nomi di


luogo e di persona citati in tutte le parti del volume e una breve
presentazione degli autori. Nell'ottica performativa che è la no­
stra, ci sarebbe piaciuto in modo particolare poter unire a questo
volume la registrazione di un'esecuzione cantata dell'ufficio di
san Francesco. La cosa si è rivelata più difficile del previsto. Noi
speriamo che questo volume possa dare almeno l'idea e il deside­
rio di realizzare questo auspicio in futuro50 •
La nostra impr�sa editoriale è durata ben cinque anni. Ha pre­
so il suo tempo. E cresciuta. Ha maturato. Ognuno di noi aveva
altri impegni, ma la candela liturgica non si è mai spenta. Spe­
riamo che i nostri quattro volumi possano contribuire a dare a
queste fonti troppo a lungo trascurate la diffusione che meritano.
Per quanto mi riguarda, so già che i nostri scambi su entrambi i
lati dell'Atlantico e delle Alpi mi mancheranno. L'opera è arrivata
alla conclusione. L'amicizia rimane, impreziosita da una compa­
gna che non ha cessato di essere una vera gioia: quella della con­
divisione, l'unica che davvero vale.

50 Sugli aspetti musicali dell'Ufficio, cfr. O. ToNETI1, L'Ufficio ritmico di san

Francesco d'Assisi difra Gi11/iano da Spira, in Rivista internazionale di vmsica sacra, 4


(1982) 370-389; T. ScANDALETTI, Una ricognizione s11/l'Ufftcio ntmico per San France­
sco, in M11sica e storia, 4 (1996) 67-101; I. H. S1E1<1ERKA, Oft911m ryt!l1iczpe SI//, Fra11-
ciszka z A!Jz11: resryt119a "'"Z'Jtz!la (Ufficio ritmico di san Francesco di Assise:
restituzione neumatica], Cracovia 2006.
IL FRANCESCO PREGATO

di

TIMOTHY J. JOHNSON

traduzione di
MARCO BARTOLI
Al termine di una visita di studio a Roma nel maggio del 2013,
animata da studenti dagli occhi spalancati, desiderosi di conosce­
re, e caratterizzata da meravigliosi incontri con colleghi, mi ritro­
vai una sera nell'abbraccio familiare del colonnato del Bernirù.
Scivolando dietro la cupola di Michelangelo, il sole creava un gio­
co di luce e di tenebre sulla piazza San Pietro, che si sposava con
il suono delle campane della sera proveniente dalla basilica. Non
appena esse annunciarono la fine del giorno, accanto a me una
giovane madre cominciò a cantare sommessamente in francese
una ninna nanna al suo bambino. Erano esattamente la stessa
melodia e le stesse parole che molti anni prima avevo imparato
anche io in una scuola elementare dall'altra parte dell'Atlantico:
Frère Jacques, Frère Jacques, Dormez-vous? Dormez-vous? Son­
nez les Matines! Sonnez les Matines!
Come suggerisce la canzone popolare francese, non è un
compito facile anche per chi è nella vita religiosa alzarsi al buio
per la liturgia del mattutino. Quella memoria culturale, espressa
in maniera così naturale sotto forma di canzone da una madre
in quella serata romana, suggerisce alla maggioranza di coloro
che l'ascoltano la speranza di sonno confortante, piuttosto che
di una veglia di preghiera. Secoli prima di Frère Jac ques, un altro
frate, noto al mondo come Francesco d'Assisi, aveva anche lui
familiarità con il mattutino e con il buio della notte. Anche i suoi
frati avevano la stessa familiarità.
Qualche sera dopo ho incontrato un'altra madre, Maria, la
madre di Gesù, durante la preghiera di compieta nella Cappella
del K.ing's College di Cambridge. Anche se alcuni studiosi del
luogo mi hanno consigliato posti migliori da visitare che la "tu­
ristica" cappella del King's College, io sono contento di esserci
andato prima che mi fosse suggerito diversamente. Qui, nell'ab­
braccio sconosciuto, ma intimo, del coro, al di là dello schermo
cinquecentesco, mi sono unito in preghiera con una miscela di
pellegrini e turisti attirati da questo rinomato servizio liturgico.
II Magnificat e il dipinto della Presentazione del Bambino Gesù ai
Magi dietro l'altare parlavano di nuovo di bambini. Avvolto dalla
musica, dalle immagini e dalla comunità riunita, mi è tornata alla
mente l'immagine di Giotto di Francesco e dei suoi frati in canto
dietro il coro di Greccio con il bambino Gesù. A quel punto
32 Sezione prima - Introduzioni

risuonava nella preghiera cli compieta, il canto del Nunc dimittis


traclì la luce filtrata attraverso le vetrate della cappella e annunciò
l'irreversibile avvicinarsi cli un'altra notte.
La notte e l'attesa vigile della luce dell'alba, è una tematica
cli cui è intessuta tutta la storia cristiana, iniziando dai racconti
evangelici cli Gesù con Pietro, Giacomo e Giovanni dal Giardino
del Getsemani fino all'arresto e alla condanna nel buio della not­
te che portano al Golgota. Il primo testo cli letteratura del Nuovo
Testamento, la prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi, ricorda ai
seguaci del Galileo crocifisso:
Ri guardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno
che ve ne scriva; infatti, sapete bene che il giorno del Signore
verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C'è pace
e sicurezza», allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le do­
glie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli,
non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi
come un ladro. Infatti, siete tutti figli della luce e figli del giorno;
noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormia­
mo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Quelli che
dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, si
ubriacano di notte. Noi invece, che apparteniamo al giorno, sia­
mo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo
come elmo la speranza della salvezza. 1
Al tempo di Francesco d'Assisi, l'ammonizione a rimanere
vigilanti in preghiera nelle tenebre era prefigurata alla sera nella
liturgia dei Vespri e incarnata dall'effettivo svegliarsi durante la
notte per il mattutino. Era spesso necessario accendere una luce
alla fine della giornata così come prima dell'arrivo del giorno suc­
cessivo. Il capitolo dei frati Minori del 1254 prevede che «inoltre,
durante i vespri e il mattutino ci sia una candela, quando i fratelli
lo vogliono e lo possono, specialmente la domenica>>2. Il mattuti­
no aveva una particolare importanza per i frati, perché attraverso
cli esso, facevano memoria cli come Francesco pregasse cli notte
e avesse anche illuminato il buio della notte - e dei loro cuori -
quando apparve su un carro cli fuoco a Rivotorto.

1 1Ts 5, 1-8. Ringrazio Agnieszka Johnson e Katherine Wrisley-Shelby per


la loro generosa assistenza editoriale nella redazione di questa introduzione.
2
«ItefV in vesperis et matutino semper habeatur una candela, quando fratres
volunt et possunt, max.ime in dominica». S. J. P. VAN DIJK, Sources of the Modem
Roman Liturgy. The Ordinals f?y HC!J!IIO of Faversha,n and Related DomtJJents (1243-
1307), Leiden 1963, I, pp. 411-416. Sulla questione del luogo e della luce nella
liturgia cristiana, cfr. S. W!NTER, Liturgie - Gottes Raum: Studie11 zu einer Theologie
aus der lex orandi, Regensburg 2013, pp. 230-236.
Il Francesco pregato 33

La celebrazione del mattutino è centrale in questo studio per­


ché è là che i frati incontrano Francesco attraverso i racconti
agiografici narrati durante la preghiera liturgica. Per più cli un se­
colo gli studiosi hanno trascurato o respinto questo "Francesco
pregato" delle leggende corali, come la Legenda ad uso del coro che
è stata per lungo tempo attribuita a Tommaso da Celano e alla
quale Giuliano da Spira potrebbe aver contribuito3 o la Leggenda
minore cli Bonaventura, alla ricerca cli un sempre sfuggente "Fran­
cesco storico"4• Certo quest'ultimo resta cli grandissima impor­
tanza, ma il primo sta ora emergendo come un oggetto di ricerca,
man mano che gli specialisti riconoscono sempre più l'intera­
zione vitale tra architettura, arte, musica, petjòrmance e rito nella
costruzione dell'identità minoritica5• La presente introduzione si
propone quindi cli analizzare alcuni di questi fattori costitutivi e
cli comprendere come essi abbiano influenzato la produzione e
la ricezione della storia cli Francesco nelle leggende corali del XIII
secolo, sia all'interno che all'esterno dell'Ordine dei frati Minori.
Recenti lavori, che hanno portato alla luce altre leggende corali
come la Legg enda liturgica Vaticane/' o la Vita del beato padre nostro
Francesco1 e hanno rinnovato l'interesse per l'Ufficio di San Francesco
cli Giuliano da Spira8 , conferiscono legittimità e urgenza a questo
studio.
In coordinazione con il mio «frère Jacques», cioè Jacques Da­
larun, con Marco Bartoli e Filippo Sedda, questo studio si propo­
ne cli "far luce" sulle leggende agiografiche cli Francesco d'Assisi
e sul culto liturgico che è stato ispirato dal Poverello cli Assisi,
prodotto dai suoi frati quando si riunivano insieme per ricor­
darlo nella preghiera, nell'oscurità del mattutino e lungo tutto il
giorno e l'ottava della sua festa. Sono profondamente felice di

3 Cfr. E. RAVA e F. SEDDA, Sulla tracce dell'autore della Legenda ad usum chori
beati Francisci. A11alisi lessicografica e ipotesi di atl!ibuzione, in Archiv11!l1 Lati 11itas
MediiAevi, 69 (2011) 107-175.
4 Cfr. sopra J. DALARUN, Dal Francesco sto,ico al Fra11cesco della Stona, pp. 11-28.
5 L'identità minoritica forgiata dalla liturgia è principalmente, non esclusiva­
mente, un'identità francescana.
6
J. DALARUN, Co1J1111ent détmire /es légendesfra11ciscai11es, pp. 215-229; F. SEDDA,
La Legenda liturgica vaticana per l'ottava di san Fra11cesco, pp. 83-126.
7 J. DALARUN, La Vie retrouvée de Fra11çois d'Assise, Paris 2015; IDEM, Thome
Cela11e11sis Vita beati pat,is nostri Francisci. Présentation et édition critique, in A11alecta
Bollandiana, 133/1 (2015) 23-86; IDEM, Tom,naso da Cela110, La Vita del beato padre
nostro Francesco, traduzione italiana a cura di F. Sedda, in Frate Francesco (in corso
di stampa), lo stesso articolo sarà edito in lingua francese in Étudesfra11ciscai11es,
(in corso di stampa) .
8 J.-B. LEBIGUE, Introd11ctio11, pp. 705-738.
34 Sezione prima - Introduzioni

aver potuto lavorare con questi colleghi meravigliosi, che fanno


di questo lavoro una vera impresa trans-atlantica. In molti modi,
Jacques in particolare, negli ultimi dieci anni mi ha incoraggiato e
mi ha invitato a sviluppare molte delle idee riprese in questo stu­
dio. Naturalmente ringrazio il Flagler College per aver sostenuto
questo progetto in vari momenti. Sono in debito con il professor
Michael J. P. Robson del St. Edmund's College per avermi offer­
to un luogo in cui sviluppare questa ricerca presso l'Università
di Cambridge come Visiting Fel/01v durante il secondo semestre
2013. Concludo dove sempre sento di dover cominciare, ringra­
ziando mia moglie Agnieszka: è stata per me la candela nel bel
mezzo dell'oscurità per molti anni.

RIFLESSIONI TEOLOGICHE: POVERTÀ, IDENTITÀ E PREGHlERA


L'interesse per la preghiera liturgica francescana9 e per il mat­
tutino come elemento cruciale di culto non è certo ristretto a
pochi medievalisti che risiedono sulle coste opposte di ciò che
Cristoforo Colombo chiamava "il Grande Mare". Un celebre
filosofo, Giorgio Agamben, ha affrontato il tema della liturgia
delle ore, o ufficio divino, all'interno della sua analisi sulla defini­
zione dell'identità umana nelle società occidentali. Sulla scia dei
suoi precedenti lavori sulla legge, il dovere e la liturgia1°, nel suo
ultimo lavoro Altissima paupertas: Regole monastiche e forma-di-vita11 ,
identifica forma vitae cli Francesco d'Assisi come l'evento culturale
originario che libera gli individui e le comunità dai limiti della
legge e dalle pulsioni implacabili di appropriazione e di possesso.
Agamben sostiene che la comprensione e la pratica dell'ufficio
divino di Francesco abbiano segnato questo passaggio senza pre­
cedenti, forgiato a partire dalla sua scelta di vivere in povertà.
Un altro interlocutore per il nostro studio è il teologo Jean-Yves
Lacoste, che identifica la veglia di preghiera notturna, che è l'es­
senza del mattutino, come chiave interpretativa dell'esperienza
religiosa 12. Il suo lavoro Expétience et absolu. Questions disputées sur

9
Sull'ufficio liturgico nei prinù decenni della comunità minoritica, cfr. P.
MEssA, Un testimone de/l'evoluzione liturgica, in Revirescunt cha,tae codices documenta
textus. Miscellanea in honoremJr. Caesaris Cenci OFM, ed. A. CACCIOTII e P. SELLA,
Roma 2002, I, pp. 5-141. Alcurù documenti sulla liturgia minoritica sono dispo­
nibili anche in Uturgia'wi San Francesco d'Assisi.
10
G. AGAMBEN, Opus Dei: Archeologia de/l'ufjìcio (I-forno sacer, II, 5), Torino 2012.
11
G. AGAMBEN, Altissillla povertà. Regole monastiche e forma di vita (Homo sacer,
IV, 1), Vicénza 2011.
12
Sulle origi1ù dell'ufficio del mattutino, cfr. R. TAFT, The Ut11rgy of the Hours
in East and West: The Origim of the Divine Office and its Meaningfor Today, Colle-
Il Francesco pregato 35

l' �umanité de l' �omme, postula una fenomenologia liturgica con­


vmcente che rivela un legame intrinseco tra identità e povertà di
p�eg�era13 . Anche se nessuno di questi autori contemporanei è
di fac�e acces �o, non è nemmeno facile rimanere svegli tutta la
notte 1n preghiera, come attesta la letteratura monastica.
La tesi .di Agamben è tanto audace quanto paradossale: la for­
ma vitae di Francesco d'Assisi segna il compimento storico delle
forme di vita occidentali precedenti in un'identità che non ri­
vendica alcuna identità14 • L'altissima povertà, per i frati, è una
rinuncia ai privilegi e alla responsabilità di possesso, che li collo­
ca - almeno all'inizio del movimento - ai margini della società e
al di fuori delle categorie canoniche stabilite. Questa nuova vita
rompe nettamente con la vita monastica. Agamben sostiene con
s ?ttiglie �za che le ��mu ��à religiose pre �eden� avevano perf e­
z10nato il loro serv1z10 divrno - o opus Dez - realizzando una ine­
stricabile fusione di pratica liturgica e regula vitae. Questi religiosi
avevano avuto tanto successo nei secoli precedenti a Francesco
che tutta la vita del monaco era diventata l'incarnazione della
�turgia e del diritto: ogni azione durante l'intera giornata, non
importa quanto semplice o casuale, veniva realizzata con la gloria
e la gravità proprie del culto divino. Questa radicale intensifica­
�ione e �s�imilaz�one � preghiera e dovere si era imposta come
ideale, siam teoria che m pratica, per la gerarchia della Chiesa15 ,
Si è tentati di interpretare Francesco all'interno del paradigma
mo nasti
. .co perché egli mostrò un affetto molto profondo per
la liturgia delle ore 16 e allo stesso modo compose un Ufficio del­
la Passione'7, che ha un timbro molto personale. L'argomento di
Agamben, tuttavia, spinge a ulteriori indagini sulla forma vitae e la
preghiera dei frati Minori, prima che la memoria del Poverello di
Assisi rientrasse nei ranghi delle comunità monastiche venisse
utilizzata come esempio per la loro devozione liturgica �d eretta
a modello di tale pratica. Agamben definisce Francesco e i suoi
frati come "disgiunzione" incarnata del paradigma prevalente:
Il francescanesimo rappresenta il momento in cui la tensione tra
forma vitae e officiu,n si scioglie, non perché la vita sia assorbita nella

geville 1986, pp. 130-155.


n J.-Y LAcosTE, Espe,ienza e assoluto: s11/1'11manità dell'uomo, trad. di A. Patané,
Assisi 2004 (ed. orig. Paris 1994).
14
G. AGAMBEN, Altissima povertà, p. 148.
15
Ibidem, 127 e 145.
16
CA 119 (FF 1673); Mem 96 (FF 683); LM 10, 6 (FF 1184).
17
FRANCESCO DI Ass1s1, Ufficio della Passione (FF 279-303). Sulla devozione di
Francesco, cfr. P. MEssA, Un testimone dell'evoluzione liturgica, pp. 23-24.
36 Sezione prima - Introduzioni

liturgia, ma, al contrario, perché vita e ufficio raggiungono la loro


massima disgiunzione. Non ci può essere in Francesco alcuna
rivendicazione del meritum vitae contro l' ordo, come nei movimenti
religiosi a lui contemporanei, né, come nel monachesimo delle
origini, una trasformazione della vita in liturgia e preghiera inces­
sante, perché la vita dei frati minori non è definita dall'efftcium ma
unicamente dalla povertà18•
I frati non rivendicano alcuna legittimità derivante dalla loro
santità o dal loro status canonico. Questa disgiunzione tra vita e
dovere o officium monastico non rompe né rimette in discussio­
ne la relazione ecclesiale tra liturgia e diritto, dal momento che
Francesco modella il suo ufficio su quello della Chiesa cattolica
romana. L'ufficio divino non è la piena realizzazione della forma
vitae dei chierici, ma uno dei modi con i quali essi rendono lode
a Dio, pur restando - almeno secondo un seguace di Francesco
del XIII secolo, il frate minore Guglielmo di Middleton - ancorati
nella debolezza umana 19. Insieme ai suoi primi compagni Fran­
cesco è andato oltre la concezione comune dell'ojficium perché il
diritto non contiene né definisce la lode. I frati arrivano a una
nuova concezione della preghiera come elemento esistenziale
dellaforma vitae, come un'espressione della povertà20•
Un meraviglioso racconto della prima fraternità, che appare
per la prima volta nel quinto cap itolo del De inceptione Ord[nis,
rivela il nesso tra povertà e preghiera nel contesto del mattutino.
Il capitolo si apre ricordando come � frati fac�vano una in� oca­
zione ogni volta che si imbattevano rn una chiesa durante 1 loro
viaggi: «Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, qui e in tutte 1�
chiese del mondo, perché per mezzo della tua santa croce hai
redento il mondo»21 • Questo gesto li rassicurava di aver trovato
un locum Domini, un luogo del Signore22• Mentre erano per stra­
da i frati hanno cercato rifugio notturno in questi luoghi sacri
o �ei portici delle case. Mentre erano a Firenze, du� frati, fors�
Bernardo e Egidio, convinsero una matrona a farli sta �e fuor�
nel portico della sua casa, nonostante le proteste del man� o. Ess�
non erano rimasti fino all'alba, perché «durante la notte 1 due s1

18
G. AGAMBEN, Altissiv,a povertà, p. 146.
19 GUGLIELMO DI MIDDL ON, Opusc11l11m s11pennissav1, Romae 1931, p. 17.
'x"
20
G. AGAMBEN,AltissimaJJovertà, p. 136.
21
AP 19 (FF 1509). Cfr. anche, Test 5 (FF 111).
22
Evocare la croce come fa Francesco, è un gesto liturgico-verbale, che
esprime l'estetica della Redenzione figurata, in certe dùese, nella architettura
cruciforme e· la rappresentazione artistica della crocifissione; cfr. G. BoNACCOR­
so, L'estetica del rito: sentire Dio nell'arte, Milano 2013, pp. 185-203.
Il Francesco pregato 37

levarono per il mattutino, dirigendosi alla chiesa più vicina>A


Come ha notato Pietro Messa, non solo i frati non erano obbli­
gati ad andare all'officio, ma il loro comportamento rivelava un
livello di devozione superiore a quello di molti chierici, i quali,
per la costernazione della chiesa istituzionale, non si preoccu­
pavano di partecipare al servizio mattutino24 • Questo episodio
dimostra che la fraternità, nelle persone di Bernardo e Egidio,
considerava la preghiera come parte integrante della propria vita.
Il collegamento con la povertà è confermato nella sezione se­
guente del capitolo perché la donna che ha concesso loro ospi­
talità rimase convinta della loro sincerità, quando li vide pregare
più tardi quella mattina, e un ricco mercante durante quella stessa
liturgia fu mosso a compassione per i poveri dalla loro rinuncia
radicale alla proprietà
Questo intreccio paradossale di povertà, identità e preghiera,
si ritrova anche nel volume di Lacoste Experience and the Absolute.
Egli introduce due nuovi elementi, l'importanza del luogo e la
veglia notturna, che illuminano ulteriormente l'attitudine fran­
cescana verso l'ufficio divino2 5. La domanda sull'identità si lega
a una corrispondente domanda sul luogo, dato che essere fuori
luogo corrisponde ad essere anatema nella concezione cristia ­
na del corpo e dello spirito. Entrambe le tradizioni classiche e
medievali in Occidente sostengono che l'identità è legata non a
spazi astratti, ma a luoghi specifici26 e, come vedremo più avanti,
alla memoria27 • Il luogo in cui Francesco e i suoi frati scelsero di
pregare, per tornare ad Agamben, deriva dalla loro forma vitae. Il
Testamento di Francesco precisa:
Si guardino i frati di non accettare assolutamente chiese, povere
abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non siano
come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella
Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini28 •

2
3 AP 20 (FF 1509).
24
P. MEssA, Un testimone dell'evol11ziot1e liturgica, 16, nota 47. Le più tardive co­
stituzioni della provincia nùnoritica della Provenza mostrano che la situazione
era molto differente dopo il 1263: «Inoltre, i laici che restano senza licenza per il
mattutino, dicano le loro colpe in capitolo» («ltem, layci remanentes de maturino
sine licentia, dicant in capit:ulo culpas suas») F. DELORME, Constitutiones Provinciae
Provinciae (saec. xm-XIV}, in Archiv11m Fra11cisca1111m Historit11t11, 14 (1921) 425.
25
J. -Y. LAcosTE, Experimce and the Abso/11te, p. 7.
26
Su questo tema, cfr. E. S. CASEY, Getti1ig Back into Piace: Toivard a Re11e1ved
Understanding of Place-World, Bloonùngton 2009.
27
P. CONNERTON, Ho1JJ Moderni(} Forgets, Cambridge 2009, pp. 4-5.
28
Test 24 (FF 122).
38 Sezione prima - Introduzioni

.Lacoste sottolinea la precarietà di questo modo di vivere nel­


le pagine conclusive del suo lavoro, dove ricorda l'episodio del­
la Vera e perfetta letizia e definisce Francesco umiliato come un
uomo che «ovviamente, non possiede la realtà definitiva del suo
essere»29 , ma è un esempio di come vivere secondo il desiderio,
non secondo il dovere. In un modo che ricorda Agamben, Laco­
ste vede la natura escatologica di questa pazienza nella povertà,
nel senso che la rivelazione dell'identità si trova solo attendendo
l'alba della Pasqua e, come termine ultimo, il ritorno di Cristo30.
Il culto liturgico e soprattutto tutte le veglie notturne come il
mattutino, secondo Lacoste, sfumano ciò che Agamben chiama
la natura esistenziale della forma vitae e quindi fornisce ulterio­
ri indicazioni circa la prospettiva francescana sulla povertà e la
preghiera. Lacoste vede la preghiera come l'opposto del lavoro:
è una cosa inutile in termini economici contemporanei ed è fuo­
ri da una «logica di produzione»31. Né il lavoro (negotittm) né il
tempo libero (otittm), la scelta di vegliare tutta la notte, dopo aver
soddisfatto gli obblighi quotidiani, è in definitiva motivata dal
desiderio di essere, non dal dovere di fare. I precetti di ciò che è
necessario cedono il passo alla dinamica della grazia in un luogo
e in un tempo collocati tra le esigenze di ieri e quelle di doma­
ni32. Questa affermazione è coerente con le riflessioni dei teologi
francescani della metà del XIII secolo: «La preghiera non compor­
ta un obbligo, come l'obbedienza»33 . Mentre i frati Predicatori
insegnavano che Cristo aveva comandato ai suoi discepoli di pre­
gare, dando così un comandamento che doveva essere obbedito,
i teologi Minori rispondevano che la vita di Cristo aveva donato
un esempio di preghiera: un'azione ispirata dal desiderio e asso­
lutamente gratuita perché radicata nella fede, nella speranza e
nell'amore 34• Questo richiamo alle virtù teologali è degno di nota,
lo stesso slancio per il divino di Francesco nella Preghiera davanti al
Crocifisso rivela la sua povertà, la sua esperienza delle tenebre, ma
anche la centralità della fede, della speranza e dell'amore - o piut­
tosto il sentimento della loro mancanza - nel momento centrale
29
J.-Y. LACOSTE, Expe,ience and the Absolute, p. 193.
° Cfr. J.-Y. LAcosTE, Expe,ience and the Absolute, p. 193; G. AGAMBEN, Altissi-
3

ma povertà, pp. 142-143.


31
J.-Y. LAcosTE, Expe,ience and the Absolute, p. 78.
32
Ibide111, 78-79.
33
«Oratio non importat debitum, ,cut obedientiam». ALEXANDER HALENSIS,
Deoratiot1e,mem. 1,a. 2, resp., in IDEM, Ut1iversce theologice summa: in q11at11or partes ab
1psomet a11thore distrib11te, Coloniae Agrippinae 1662, p. 677.
34
T. J. JoHNSON, The Suwna Alexa11d,i Voi. IV and the Development of the Fran­
ciscan Theology of Prqye,; in Miscellaneafra11cescana, 93 (1993) 531-534.
Il Francesco pregato 39

della sua conversione35. Come è stato osservato in precedenza a


proposito dell'ammonizione di Paolo nella prima lettera ai Tes­
salonicesi (5, 8), queste virtù spettano in particolare a coloro che
si mantengono vigili in attesa: «Noi invece, che siamo del giorno,
dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della
carità e avendo come elmo la speranza della salvezza».
Francesco era amico delle tenebre. Le fonti raccontano ché
cercava, da solo o con un compagno, l'intimità di grotte nascoste
e cripte intorno e dentro Assisi36• Come si vedrà più avanti, simili
esperienze in luoghi oscuri e nascosti hanno giocato un ruolo
importante nella realizzazione dei testi agiografici e delle leggen­
de liturgiche in particolare. Per ora notiamo che il tramonto del
sole spesso segnava per Francesco e i suoi confratelli l'inizio di
lotte spirituali e di pesanti ansietà. I suoi agiografi e i compagni
riferiscono che quasi non dormiva e, pregando per tutta la notte,
lottava contro i demoni in aree desolate e confortava i suoi fratel­
li. Anche durante le ore diurne le fonti raccontano che Francesco
ricercava grotte e cripte, luoghi nascosti e tenebrosi. Forse eco
della trepidazione medievale davanti alle vaste foreste e ai mari
profondi, l'impenetrabilità delle tenebre suscitava premonizioni
di pericolo che invece campi e colline avrebbero respinto. Sia
come sia, Lacoste ci ricorda che veglie notturne sono, teologi­
camente parlando, un momento di inquietudine 37. Lo slancio
dell'essere, che rivela ed esprime la libertà, lotta per liberarsi di
un'identità costituita dal dovere, eppure, questo desiderio di vive­
re in povertà richiede pazienza e si realizza in definitiva soltanto
nell'eschaton.
La storia della Vera e perfetta letizia è la chiave dell'interpre­
tazione di Lacoste, perché Francesco rimane paziente quando
cala la notte, restando al di fuori della Porziuncola, mentre suoi
fratelli lo disprezzano e lo maltrattano - lui, il fondatore del­
la loro comunità - nel luogo stesso da lui ritenuto più sacro.
Questa immagine di un uomo povero, maltrattato, nella neve,
nelle tenebre gelate, che è sopraffatto dalla gioia della salvezza, è
emblematica di coloro le cui notù sono interrotte, ma giungono
in tal modo a conoscere la pace. La figura spezzata e umiliata

35 FRANCESCO o'AssISI, Preghiera davanti al Crocifisso (FF 276).


36
VbF 6 e 1O (FF 329 e 336); VsF 4 e 7 (Fontes, pp. 1028-1029, 1031-1032);
3Comp 12 (FF 1409). Sulle caverne e le grotte, sui rituali sacri rituali e l'architet­
tura, cfr. G. BONACCORSO, L'estetica del ,ito, pp. 115-117. Su guesti luoglù naturali
di «oscurità sacra» cfr. Sacred Darkness: A G/obal Perspective on the Ritual Use of
Caves, ed. H. MoYES, Boulder 2013.
37
J . -Y. LACOSTE, Expefiencc a11d the Absolute, pp. 82-86.
40 Sezione prima - Introduzioni

di Francesco probabilmente non doveva essere molto attraente


per molti frati che in seguito sono venuti nell'Ordine. Anche se
questi frati restavano pazientemente nel buio del mattutino per
celebrare il santo, il ricordo di Francesco stesso avrebbe potuto
stupirli, come suggerisce la Leggenda minore di Bonaventura:
Verso la mezzanotte, mentre alcuni dei frati dormivano, alcuni
pregavano, un carro di fuoco di mirabile splendore, sopra il quale
era posto anche un globo, in forma di sole, di aspetto lumino­
sissimo entrando dalla porticina della dimora dei medesimi frati,
per tre volte si volse in qua e in là per l'abitazione. A quella vista
meravigliosa e preclara, quelli che vegliavano rimasero stupefatti;
quelli che dormivano furono insieme destati e atterriti: non meno
avvertirono la chiarezza del cuore di quella del corpo, giacché, per
virtù di quella luce mirabile, la coscienza degli uni e degli altri fu
messa a nudo. Tutti, infatti, compresero concordemente, mentre
tutti vedevano a vicenda nel cuore dei singoli, che dal Signore era
stato mostrato loro il santo padre Francesco trasfigurato in quella
immagine38 .
D'altra parte i frati potevano benissimo aspettarsi questo mo­
mento nella preghiera, poiché l'antifona al Magnificat dei primi
vespri dell'Ufficio di San Francesco di Giuliano da Spira riprende
questo racconto in forma di poesia39• In effetti, la conoscenza e
la devozione di Giuliano verso Francesco trovarono espressione
nella memoria notturna del Poverello. 4° Così possiamo immagina­
re i frati che, con le loro candele accese alla fine della giornata,
ricordavano l'apparizione di Francesco e univano le loro voci al
Magnificat, canto di lode di Maria, la madre povera. Qualche ora
più tardi essi tornavano nel buio e, a lume di candela, entravano
insieme nella memoria del loro fondatore trasfigurato.

RJFLESSIONI ANIBOPOLOGICHE: MEMORIA, Rrro, PERFORMANCES


L'esperienza vissuta a Rivotorto, come quelle in piazza San
Pietro e al King's College, raccontate all'inizio di questo studio,
rimane memorabile perché legata ad un locus, un luogo specifico.
Nel suo volume intitolato Come la modernità dimentica, l'antropo­
logo sociale Paul Connerton rileva che la memoria in passato era
intrecciata con la topografia41• Egli cita l'assioma di Cicerone:
Le persone che desiderano formare questa facoltà della memoria

38 Lm 2, 6. \
39 UtLL *5.
40
J.-B. LEBIGUE, Introduction, pp. 706-709.
41
P. CONNERTON, Ho1v Modemi(y Forgets, pp. 4-5.
Il Francesco pregato 41

devono scegliere luoghi e formare immagini mentali delle cose


che desiderano ricordare e memorizzare queste immagini nei luo­
ghi, quindi l'ordine dei luoghi conserverà l'ordine delle cose.
Connerton delinea questa arte della memoria sia come un «si-
stema stabile dei luoghi», sia come un'azione incarnata in quei
luoghi. Il focolare di una casa, per esempio, diviene un «luogo di
trasformazioni» a causa delle pratiche corporee di coloro che vi
si radunano e generano ricordi. In una monografia precedente,
giustamente intitolata Come le società ricordano, Connerton parlava
� varie forme di memoria: personale, cognitiva e socio - abituale.
E quest'ultima categoria la più utile, perché riguarda azioni per­
formative come i riti42 ; il movimento e la memoria camminano
per così dire mano nella mano. In quanto dimora dei frati, che
vivevano secondo la loroforma vitae, Rivotorto divenne un «luogo
di trasformazione». Per raccontare la storia della misteriosa ap­
parizione di Francesco ai frati nella liturgia del mattutino, come
Bonaventura intendeva fare con Leggenda minore, era necessario
evocare la memoria di Rivotorto, non come un evento lontano
in un passato mitico, ma come una possibilità attuale per quelli
che stavano nel luogo specifico del coro. Ascoltare la storia nel
buio non era sufficiente perché la memoria deve prendere cor­
po; pertanto, pratiche rituali - performative, come la liturgia delle
ore, erano essenziali, come scopriremo presto.
Prima di andare avanti, però, è necessaria una pausa per ri­
badire la concezione francescana in materia di luogo, identità e
trasformazioni incarnate. Secondo Bonaventura, una collocazio­
ne spaziale distingue in modo univoco ogni creatura e, seguendo
la Fisica di Aristotele, un luogo particolare, contiene, conserva,
misura e definisce i confini di un individuo. Anche in questo caso
è chiaro che l'identità si fonda su luoghi specifici, come nella
lettura di Agamben della forma vitae e nel racconto di Lacoste
sulla veglia notturna. Nel Commento alle Sentenze Bonaventura nota
un'altra caratteristica del focus, che è cruciale per la nostra prossi­
ma riflessione su riti epeiformance. In discussione è l'affermazione
di Agostino nel suo Trattato sulla Trinità, secondo la quale la men­
te lascia il mondo quando contempla l'eternità e l'insegnamento
dello Pseudo-Dionigi nel suo Trattato sui Nomi Divini in cui l'ani­
ma è descritta come tratta da Dio fuori dal mondo nell'eternità.
Alcuni hanno sostenuto che questi maestri di teologia stavano
proponendo un percorso di trasformazione che trascurerebbe la
centralità della collocazione materiale nel processo contemplati-

42 P. CoNNERTON, Ho//J Societies Re111e111ber, Cambridge 2013 (I ed. 1989), pp. 21-34.
42 Sezione prima - Introduzioni

vo, ma Bonaventura sostiene che questa lettura non sia vera né


per il corpus (corpo) né per l'anima (anima), data la natura del focus:
Va detto che focus ha per natura il significato di contenere e di dare
riposo. Pertanto, lo stare in questo mondo è duplice: sia in quanto
alla verità e al contenimento sia in quanto al riposo. Agostino non
parla nel primo modo dicendo che l'anima e il corpo lasciano
questo mondo quando la mente accoglie Dio, ma intende questo
rispetto al secondo modo, perché l'affetto dell'anima non riposa
nelle realtà temporali, che sono transeunti, ma nelle realtà eterne.
Dionigi intende allo stesso modo. E in secondo luogo bisogna
capire che quando l'amato attrae, non lo fa facendo cambiare po­
sizione, ma conformando l'altro a sé, dal momento che l'amante
si trasforma nell'amato, e chi conosce viene conformato a chi
viene conosciuto43.
Bonaventura parla di una trasformazione che si realizza in un
luogo; una connessione di riti in cui, come dice Connerton, cor­
pi specifici e luoghi terrestri si intersecano 44• Anche se la forma
vitae di Francesco e dei suoi primi compagni non descrive l'offt­
cium, fonti agiografiche come il De inceptione Ordinis confermano
che essi hanno prontamente abbracciato il rituale. Un esempio
lampante della loro accettazione, come sottolinea Messa, è l'in­
credibile precisione di frate Leone nell'aggiornamento del calen­
dario del Breviario di san Francesco, a seguito dei cambiamenti
prescritti dall'evoluzione legislativa liturgica dei Minori45• Per i
medievisti che hanno familiarità con il mondo dei frati, il loro
atteggiamento verso il rituale non è quasi mai considerato stra­
ordinario e talvolta, purtroppo, in alcuni studi è anche dato per
scontato. Essi trascurano un altro frate del xm secolo, Ruggero
Bacone, il quale, sebbene fosse inflessibile circa la necessità di
predicatori qualificati, afferma che il rito incarnato in sé è più
efficace della predicazione nel trasmettere le credenze:

43 «Dicendum, quod locus habet naturam continentis et quietantis. Esse


ergo in hoc mundo est dupliciter: aut quantum ad veritatem et continentiam,
aut quantum ad quietem. Augustinus autem loquitur non primo modo, quod
anima et corpus vere egrediantur hunc mundum, dum mente capit Deum, sed
intelligit quantum ad qutetem, quia affectus animae non requiescit in temporal­
ibus, quibus superfertur, sed in aeternis, et quantum ad hoc intelligit Dionysius.
Et secunda ratio intelligitur, quod amatum trahit, non localiter mutando, sed
sibi conformando, quia amans transfQQTiatur in amatum, et cognoscens con­
formatur cognito»: BONAVENTURA, Covm,entaria i11 q11afHor libros Sententiart1f!1, I
Sent., di. 15, p. 2, dubia 5, in Doctoris seraphici S. BoNAVENTURAE Opera omnia,
voi. 1, Quaracchi 1882, coli. 275a-b.
44 P. CONNERTON, How Modemity Forgets, p. 17.
45
P. MESSA, Un testimone dell'evol11zio11e litlfrgica, p. 116.
Il Francesco pre gato 43

E quindi è chiaro che la predicazione non si basa sullo studio te­


ologico ma sulla dottrina della Chiesa come è conosciuta, e sulla
conoscenza dei vizi e delle virtù, della pena e della gloria, e di altre
questioni salutari di questo genere, la cui conoscenza è scritta nei
cuori attraverso l'esperienza del rito ecclesiastico46 •
La ricerca contemporanea in antropologia si è fortemente
incentrata su questo tema polivalente, all'interno di un campo
disciplinare conosciuto come "studi rituali"47• Seguendo l'argo­
mentazione di Connerton in Come la modernità dimentica, forse
questo interesse è motivato almeno in parte dalla paura di perde­
re la memoria o per lo meno da un apprezzamento per quello che
l'antropologo Roy Rappaport definisce «l'atto sociale di base»48 •
Quando si tratta di gesti, che sono parte integrante dell'attività
rituale in generale e dei rituali liturgici in particolare, Agamben è
deliziosamente inequivocabile circa lo stato attuale delle cose: «In
un'epoca che ha perduto i suoi gesti vi è, al contrario, un'osses­
sione a loro riguardo»49 •
Ossessione o no, un esame delle dinamiche rituali è indi­
spensabile per i nostri scopi in quanto le leggende liturgiche di
Francesco d'Assisi, che - questa è la nostra ipotesi di studio -
offrono un'immagine trascurata eppure unica del santo, sono
meglio comprese nel loro contesto rituale privilegiato, vale a dire
la liturgia. Cos'è dunque il rito? Non sorprende il fatto che ogni
studioso abbia una risposta sfumata a questa domanda, ma alcuni
sono di maggiore aiuto di altri per il nostro obiettivo. Secondo
Ray Rappaport in Rito e religione nella costn,zione de/1111,nanità, il rito
consiste in una <<jJetformance di sequenze più o meno invarianti di
atti formali e di espressioni non del tutto codificate dagli esecu­
tori»50 . Sebbene la classificazione di Rappaport non includa sol­
tanto i riti religiosi, essa può costituire comunque una base per
comprendere la loro natura formale51• Un esame anche superfi­
ciale della legislazione in materia liturgica dei Minori riguardo al
46 «Et ideo manifestum est quod predicatio non dependet a studio theo­
logiae, sed a doctrina ecclesiae quae cuilibet nota est, et a notitia vitiorum et
virtutum, poenae et gloriae, et hujusmodi salutiferorum, quorum notit:ia scripta
est in cordibus ex usu ecclesiastici ritus». RUGERUS BACON, Co1J1pmdù1m studii
phi/osophiae, in IDEM, Op11s terti11m, Op11s 111ù111s, Compmdù1111 philosophiae, ed. J. S.
BREWER, London 1859, p. 428.
47
Tra i numerosi autori, cfr. C. BELL, F.it11alTheOI)\ Rit11a/ Practice, Oxford 2009.
48 R. A. RAPPAPORT, Rito e religione nella costmzio11e de//'11ma11ità.
49
G. AGAMBEN, Mezzi senza fine: Note ml/a la politica (femi, 62), Torino 1996,
citato in G. BoNACCORSO, L'estetica del rito, p. 17 4.
50 R. A. RAPPAPORT, Rito e religione nella costmzio11e dell'm11a11ità, p. 64.
51 Ibidem, 65-67.
44 Sezione prima - Introdu zioni

mattutino e agli altri elementi dell'ufficio divino alla fine del xnr
secolo rivela che queste azioni rituali rie?trano nei parametri d�l­
la definizione di Rappaport52• Quando s1 ra �col�o1?-o a pre �are 1n
qualsiasi luogo spe �ifi70, i frati ran ?o uso di az1oru formali (pro­_
strazioni, genufless1oru, process1oru, ecc.) e parole
_ 9ettur �, s�,
antifone, ecc.) che rimangono più o meno u�for� (UJJi.cto �t San
Francesco) finché non vengono modificate dai frati (capitoli pro­
vinciali e generali) e la cui ori �ine. ?on è soltanto in.te.rna all'O: ­
dine (rito romano). Quando s1 utilizza questa �e�r_uz1on _ �, pero,
ciò che colpisce immediatamente alcuru letton e il nfenmento
di Rappaport alla "performanc�" in quello. c�e è considerato da
molti come una forma di preghiera. Tuttavia, il teologo benedet­
tino Giorgio Bonaccorso, usa un linguaggio simile:
Il rito non è la rubrica, ma in un modo di dire la messa in scena
della rubrica [.. .] il rito è la scena del sacro, cioè, si è qualificato
come una peiformance religiosa 53•
La considerazione del rito come performance apre un vasto cam­
po di ricerca interdisci,rlina :e, che _pe�mett� di .coi:ioscere meg �o
il "Francesco pregato e da ultenon motivaz1oru per lo studio
dell'agiografia ad uso liturgico. Gli sfor �i di Bonaccorso p�r v�­
dere il rito attraverso la lente dell'estetica servono da gwda 1n
questo dialogo relativamente rece �te� ma se n:ipre più produttivo.
Egli inizia ricordandoci che la Bibbia . e 1� liturgia non .dev �no
semplicemente ess �re as�olt�te o �e�1t� 11:1 un mo�o . nd�� tivo
che ignori le loro dimens1oru mul�-lingwstiche e artistiche . Al
contrario, la fede va ben oltre ogru credenza meramente con �et�
tuale e comporta il sentire, vedere, percepire e. tocc�e. Em� )ZlOru
e sensazioni entrano in gioco insieme con la nfl.essione ragionata
e con una miriade di espressioni artistiche, che si rivelano nell'ar­
chitettura, nella musica, nella poesia e in altro ancora. In una
parola, la fede è incarnata qu�n�o ab�Jtaccia tutta la persona nella
società. Quando questa realta viene ignorata, Bonaccorso a�er­
te che l'esperienza religiosa rischia di diventare apati7a e asetti� a.
Di conseguenza, il rito è fondamentale perché favonsce una ne­
ca dinamica estetica propria di una fed� incarnata. D'altr� parte,
l'ignoranza e persino il disprezzo del nto possono f�vor1re una

-
diffidenza verso la corporeità e il corpo come luogo di salvezza55.

52
S. J. P. VAN DIJK, Sources of the Modern Roman Uturgy.
53
G. BoNACCORSO, L'estetica del 1ito, pp. 89-90.
54
Ibidem, 7-8.
55 Su l'estetica, la liturgia e il corpo, cfr. anche T. VERDON, Il catechismo della

carne. Co,poreità e arte cristiana, Siena 2009, pp. 16-19.


Il Francesco pre gato 45

Francesco d'Assisi, con la decisione di togliersi i vestiti e resta­


re nudo davanti ai suoi concittadini, ha collocato un corpo reale
sul palco di una performance. Altri corpi, �iano essi . di _ lebbrosi o
nobili, di chierici o agricoltori, sono stati abbracc1at1 da questo
uomo nella cui propria carne sarebbe stato alla_ fine trasformata
nel Cristo crocifisso. La Le ggenda ad uso del coro nvela che France­
sco è stato spogliato e abbandonato più volte al di fuori di Assisi,
ma la sua nudità lo ha portato a servire gli altri i cui corpi erano
altrettanto martoriati:
Una volta in inverno (Francesco] fu preso prigioniero da alcun.i
briganti che lo gettarono nudo nella neve. Poi andò ad un mona­
stero, ma fu disprezzato anche lì, e fu lasciato ancora una volta
nudo e affamato. Quindi, iniziando a umiliarsi sempre di più, si
recò infine tra i lebbrosi e si prese cura con ogni diligenza di co­
loro, che aveva in precedenza disprezzato di cuore: curò le loro
piaghe, lavò le loro ferite sanguinanti e abbracciò in essi ciò che
tutti gli altri detestavano56 •
Come sottolinea lo storico dell'arte e teologo Timothy Ver­
don, Francesco e i suoi seguaci, insieme ai loro ammiratori e
amici, nelle azioni al tempo stesso letterali e simboliche di �ran­
cesco hanno riscoperto la naturalezza del corpo umano, il che
ha scatenato uno straordinario slancio estetico che si è riflesso
in arte, architettura, poesia e musica57• Un esempio lampante di
questa dinamica creativa è l'affresco che rappresenta Fra �c�sco a
Greccio nella Basilica superiore di San Francesco ad Ass1s1. Ver­
don osserva acutamente che questa rappresentazione, attribuita
a Giotto e alla sua scuola, è in non piccola misura storicamen­
te imprecisa. Guardando l'affresco dall'interno di una chiesa,
lo spettatore vede la storia raccontata come_ se fosse avvenuta
all'interno di una struttura ecclesiale caratterizzata da una grande
croce, una pala d'altare, un pulpito, un coro e una gioiosa congre­
gazione di animali, frati e laici. Citando la Vita del beato Francesco
di Tommaso da Celano58 e la Leggenda ma ggiore di Bonaventura 59 ,
Verdon sottolinea la disgiunzione evidente tra i racconti agio­
grafici e l'affresco, in quanto entrambi i biografi descrivono l'e­
vento come svolto all'aperto nelle vicinanze di Greccio. Ciò che
rimane costante nei testi e nell'immagine è l'incredibile gamma
di emozioni espresse nel corso di tale liturgia notturna. Raffigu­
rando Francesco e i primi frati mentre celebrano la natività in un

56 Ufl.,L *3.
57
T. VERDON, Il catechismo della carne, pp. 70-7 4.
5s VbF 84 (FF 466).
59
LM 2, 6-7 (FF 1045-104 7).
46 Sezione prima - Introdu zioni

contesto liturgico elaborato, l'affresco può indicare uno sforzo


istituzionale per legittimare la costruzione della costosa basili­
ca di fronte all'opposizione che essa suscitava. Tuttavia Verdon
ipotizza che l'affresco possa anche significare '

il trasferimento della pu ntata carismatica in un contesto istitu­


z_ionale con un altare e il pulpito, come se i partecipanti e l'ar­
tlsta aveva voluto tradurre in linguaggio convenzionale "la ma­
gia" dell'esperienza originale, [...) tutta l'emozione dell'esperienza
francescana originale viene trasferita dal suo contesto storico
dalla foresta d'inverno animato da luci e canti' al presbiterio' aÌ
sacerdote, all'altare e al pulpito. 60
Quello che era successo nei boschi vicino a Greccio non do-
veva restare a Greccio. Il buio di un inverno illuminato da luci
p�nteggiato dalla lode e ricordato con gioia sono i tratti distintivi
di un culto nato all'aperto, trasferito in seguito con creatività ar­
tistica nel presbiterio, cioè, come ricorda Verdon, nel luogo delle
�appelle medievali e delle chiese, in cui si trova l'altare e in genere
il coro e dove i frati si riunivano per la liturgia. Come la storia di
Grecc �o �ustra e l' �ffresc ? di Giotto conferma, l'esperienza di
Greccio e un paradigma di perfomance liturgica. Lì Francesco era
unito insieme a tutta la creazione nella lode di Dio durante un
servizio di culto di cui egli stesso era il coreografo. È stata una
sua scelta quella di creare una scena all'aperto per celebrare il
Natale, con la mangiatoia, il fieno e gli animali. Le sue azioni ed
i meravigliosi eventi che seguirono, confermano la definizione
di Bonaccorso di rito come scena del sacro, e quindi una perfor­
mance re �giosa. La performance di Francesco nella notte all'aperto
a Greccio, secondo Tommaso da Celano, culminò nel canto del
Vangelo come invito sonoro ad altri a ricevere i doni divini of­
ferti dal povero Cristo bambino61 • La voce di Francesco era "pie­
na'.', "potente", "piacevole" e "chiara". Il suo corpo si muoveva
a ntmo con la sua voce. Ma l'omelia che seguiva il canto venne
ricordata non per ciò che Francesco ha detto, ma per ciò che ha
fatto. Infatti, si leccava le labbra e gustava la parola 'Gesù' e, in
un� visione, �n dev �to vide Francesco avvicinarsi alla mangiatoia
e nsvegliare il bambmo che dormiva62•
Il racconto di Tommaso si conclude notando che il luogo della
mangiatoia venne santificato e in onore di san Francesco in quel
luogo fu eretto un altare e dedicata una chieSft': In seguito, non

T. VERDON, Il catechist110 della carne, pp. 72-73.


60

VbF 86 (FF 470).


61
62
SuUa teoria musicale e la pratica nella liturgia francescana, cfr. P. V
LOEWEN, M11sic in Ear!J Fra11cisca11 Tho11ght, Leiden 2013.
Il Francesco pregato 47

sarebbe stato difficile ricordare questa memoria di Greccio, ogni


volta e ovunque i fratelli si fossero ritrovati nei loro luoghi di
preghiera, proprio per la natura stessa della celebrazione del mat­
tutino. Come ha scritto il loro confratello e teologo Guglielmo
di Middleton:
Noi recitiamo mattutino di notte, perché Cristo è nato dalla Ver­
gine Maria durante la notte, avvolto in fasce e deposto in una
mangiatoia, mentre gli angeli cantavano: 'Gloria in excelsis ecc.' e
una stella apparve ai Magi in Oriente63•

RIFLESSI LETIERARJ: LUOGO, GENERE E ISTITUZIONE


I primi teologi francescani, riuniti intorno ad Alessandro di
Hales a Parigi alla metà del XIII secolo, hanno confermato la pro­
spettiva di Tommaso da Celano identificando chiese e cappelle
come luoghi propri della celebrazione (=performance) liturgica.
Una testimonianza raramente citata, ma fondamentale per com­
prendere la loro concezione della preghiera, si trova nella Summa
di Alessandro di Hales. Mentre il contributo di Alessandro alla
tradizione teologica minoritica è formidabile e indiscutibile, dob­
biamo notare che il passaggio che rende la S11mma fondamentale
per il nostro studio - cioè la quaestio sulla preghiera, che si trova
nel quarto volume - è probabilmente un lavoro collettivo dei
suoi compagni frati Minori teologi. Papa Alessandro rv li incaricò
di completare la Summa dopo la morte di Alessandro nel 1245 64.
Per questo motivo si preferisce parlare di Summa Minorum. Indi­
pendentemente dal titolo, la sezione sulla preghiera ci permette
di apprezzare l'interdipendenza tra il genere letterario della agio­
grafia, con le sue raffigurazioni di perfomances liturgico-emoziona­
li, e la riflessione teologica in materia di luogo e di culto. Certo,
come i racconti su Francesco rivelano e i teologi nello stesso
periodo storico confermano, non c'è luogo dove Dio non possa
essere lodato o invocato, tuttavia entrambe le fonti concordano
sul fatto che il luogo più opportuno sia una cappella o una chie-

63
«Matutinum dicimus de nocte, quia de nocte natus est Christus de beata
Virgine et pannis involutus et in praesepio reclinatus et tunc Angeli cantaverunt
Gloria in excelsis etc. et tunc stella Magis apparuit in Oriente»: GUGLIELMO DI
MIDDLETON, Op11smluv1 super t11issa111, p. 17.
64 Su questa questione, cfr. V DouCET, The History of the Problem of the Au­
thenticity of the Summa, in Fra11cisca11 Studies, 7 (1947) 26-41, 274-312 e I. BRADY,
The Summa Theologica of Alexander of Ha/es, in Archiv111J1 Francisca1111m Histo,i­
mm, 70 (1977) 437-447 .
48 Sezione prima - Introduzioni

sa65. La quaestio sulla preghiera espone diversi argomenti a favore


della chiesa e indica questa struttura come focus sacer, un luogo sa­
cro66. Cominciando con la Bibbia, vi è la visione tradizionale che
risale alle Scritture ebraiche67 , secondo la quale i templi sono case
di preghiera, e Gesù 68 conferma questo punto di vista nel Nuovo
Testamento. Inoltre, le preghiere per l'espiazione ricevono più
spesso risposta in una chiesa dove viene offerto il sacrificio e le
schiere angeliche sono attratte specialmente nei luoghi dove il
corpo di Cristo è riverito e onorato.
Vi è, tuttavia, un altro motivo fondamentale per cui la chiesa
è il luogo più adatto per la preghiera e riguarda il ruolo di un
focus sacer nel promuovere un ambiente adatto per le peifomances
liturgiche. L'autore o gli autori francescani della quaestio sulla pre­
ghiera distinguono la preghiera privata dalla preghiera pubblica;
la prima può essere fatta in silenzio ed è spesso interiorizzata in
isolamento, la seconda invece, come nel caso dei salmi durante il
mattutino, deve essere fatta ad alta voce in presenza di altri69. L'oj­
ftcium non è la prima preoccupazione dei frati, ma certo lo sono
le rubriche rituali e la necessità esistenziale di pregare insieme70 •
Dal momento che la comunità della Chiesa istituì la liturgia delle
ore, il posto giusto per celebrare questi momenti nel tempo è lo
spazio fisico di una chiesa71 • La materialità di un luogo ecclesia­
le è la matrice di carne e spirito, il mezzo attraverso il quale le
cose visibili ed udibili della liturgia promuovono la devozione e la
consolazione dei fedeli e anche alleviano la loro noia. Il filosofo
sociale Henri Lefebvre ci ricorda che l'ossessione per la parola

65 Su questa questione, cfr. più estesamente D. loGNA-PRAT, La Maison Dieu.


Une histoire monumentale de l'Église 011 Mqyen Àge (v. 800-v. 1200), Paris 2006.
66 ALEXANDER HALENSIS, De oratione, mem. 1, art. 2, resp. p. 721.
67 Is 56, 7.
68 Mt 21, 13.
69 ALEXANDER HALENSIS, De oratione, mem. 1, art. 2, resp., p. 720. La pre­
ghiera solitaria , intesa come atto devozionale, può anche essere il con­
testo dove degli individui incontrano il "Francesco pregato" delle leg­
gende corali; cfr. S. DELMAS, 'F.R-A.NC.J.S.C.U.S' L'hagiographie de saint
François vuepar Nico/as de L:)lre, in M.-C. IsAlA e T. GRANIER (éd.), Normes et
hagiographie dans l'Occident latin (v-xvt siècles). Actes du colloque international de
Lyon, 4-6 octobre 2010 (Hagiologia, 9), Turnhout 2014, pp. 235-247.
70
L'enfasi sull'efficiu111 come un dovere legislativo è interco�esso con mo­
nachesimo e sacerdozio. Come osserva Marco Navoni, l'antica prospettiva ec­
clesiale accentua la necessità di pregare insieme, non il dovere di completare
un compito: cfr M. NAVONI, La liturgia delle ore: Storia e spiritualità, Milano 2003,
pp. 29-33.
71 ALEXANDER HALENSIS, De oratione, mem. 1, art. 2, resp., p. 721.
Il Francesco pregato 49

scritta come unica chiave di intelligibilità è fuorviante e trascu­


ra che le dinamiche spaziali precedono le costruzioni letterarie:
«Sottovalutare, ignorare e diminuire quantità di spazio per sovra­
stimare i testi, la materia scritta e i sistemi di scrittura insieme al
leggibile e al visibile, al punto da assegnare a questi il monopolio
della intelligibilità»72 • Nel nostro caso, una simile "amnesia" dello
spazio nell'esame delle leggende liturgiche rischia di promuovere
un'ermeneutica disincarnata, che è l'antitesi di ciò che il nostro
studio mira a promuovere. Quindi è nostro dovere ricordare che
il luogo genera la preghiera, che, secondo la Summa Minorttm, è
«...l'inizio, la promozione e la consumazione di ogni bene»73 • La
manifestazione fisica del bene, che si manifesta in un particolare
contesto architettonico, musicale e nelle forme pittoriche legate
alla veglia del mattutino e alle altre celebrazioni della liturgia delle
ore, è legata a luoghi specifici.
Anche se Francesco pregava liberamente nella natura selvag­
gia in Umbria e altrove, lui e i suoi frati erano ugualmente in
familiarità con l'architettura romanica, le cui tombe, cripte, san­
tuari, chiese e programmi pittorici commemoravano i defunti74 .
La disadorna facciata della cattedrale di San Rufino in Assisi,
dedicata al vescovo martire, domina la piazza dove Francesco
potrebbe aver predicato 75. Piccoli e spesso trascurati luoghi di
preghiera dell'Umbria come San Damiano76 e Santa Maria degli
Angeli77 erano caratterizzati dall'arte e dall'architettura romani­
ca che spesso includeva narrazioni bibliche austere78 . Una volta
all'interno di queste chiese - e spesso sotto il livello del suolo - i
frati erano immersi in un mondo di immagini sacre raffiguranti

72 H. LEFEBVRE, Laprod11ction de l'espace, Paris, 1974, p. 75.


73 ALEXANDER HALENSIS, De oratione, mem. 1,art. 2, resp., p. 705.
74
H. LEFEBVRE, Laprodr1clion de l'espace, pp. 56, 267-268, 284, 293-295 e 425.
75
F. SANTUCCI, La Cattedrale e il Francescanesi!Jlo, in La Cattedrale di San Rufino
in Assisi, ed. IDEM, Cinisello Balsamo 1999, pp. 88-91.
76
Sull'origine romana di San Damiano, cfr. M. BIGARONI, San Da111iano,Assisi.
La chiesa pn111a di San Francesco, Assisi 1983; Indagini archeologiche nella chiesa di San
Da1J1iano in Assisi, ed. L. PANI ERMINI (Medioevo francescano, 1), Assisi 2005.
77
Su Santa Maria degli Angeli e altre chiese della primitiva fraternità mino­
ritica, cfr. M. SAL VATORI, Le p1i111e sedi francescani, in Lo spazio de!l'111J1iltà. Atti del
convegno di studi sull'edilizia dell'Ordine dei Minori, Fara Sabina 1984, pp. 77-
106; in particolare Appendice pp. 89-105; L. PEUEGRJNI, I luoghi difrate Francesco.
Memona agiografica e realtà storica, Milano 2010.
78
H. BELTING, The NeJ1J Role of Narrative in Public Painting of the Trecento: His­
toria and Allegory, in Pictonal Narrative in Antiquiry and the Middle Ages, ed. H.
KEssLER and M. SIMPSON (Studies in the History of Art, 16), Washington D.C.
1985,p.151.
50 Sezione prima - Introduzioni

martiri e nella vita comunitaria raccontata negli Atti degli Apo­


stoli79. La forma vitae di Francesco, almeno da quanto emerge da
Agamben nelle sue riflessioni sulla povertà e l'identità, è scaturita
dall'interno di luoghi che possedevano determinate qualità archi­
tettoniche e artistiche.
San Damiano, la chiesa più antica e forse l'unica chiesa rico­
struita da Francesco80, potrebbe essere il risultato di una com­
binazione di una cripta inferiore con un altare-piattaforma
superiore secondo uno stile popolare in tutto il XIII secolo in
Umbria 81 . Ora possiamo capire meglio come il desiderio spiritua­
le di Francesco di passare la notte in veglia si coniugasse con la
sua pratica di cercare grotte naturali, cripte e chiese. Secondo Le­
febvre, le cripte parlano il linguaggio criptico della croce82; questi
luoghi nascosti evocano un'oltretomba di terrificante oscurità e
il futuro escatologico in un modo che ricorda la fenomenologia
di Lacoste della veglia notturna. Qui i santi sepolti attendono
in veglia la giustizia divina come i martiri uccisi sotto l'altare di
cui parla l'Apocalisse83. L'altare della chiesa sorge sul sacrificio
dei santi, la cui cripta ne assicura la sacralità della chiesa 84 , e su
di esso Francesco incontrò l'Altissima povertà nell'incarnazione
di Dio nel pane e nel vino eucaristici8 . Non sorprende il fatto
che grotte e cripte presentino luoghi che offrivano sia santuario
sia riparo dato che Francesco ha resistito alla persecuzione in
compagnia dei martiri e ha ricevuto sostentamento attraverso la
gratuità della misericordia divina. Infatti, la Leggenda dei tre Com­
pagni racconta che Francesco pregò davanti alla croce dipinta, il
Christus triumphans, del disegno italo -bizantino originariamente
conservato all'interno delle mura di San Damiano. In quel luogo,
ai piedi della croce, il giovane assisano ha dato voce alle sue lotte
e ha ricevuto conferma della sua vocazione dalla voce del Croci­
fisso86 . Francesco ha conservato in tutta la sua vita un profondo

79 H. ToUBERT, Un'arte orientata: rifor1J1a gregonana e ico11ografta, trad. L. Speciale,


NWano 2001, pp. 11-18 ( ed. orig. Paris 1990).
80 T. J. JoHNSON, Lost i11 Sacred Space: Textual Hermmeutics, Liturgica/ Worship,
and Celano's Legenda ad usum chori, in Fra11cisca11 Studies, 59 (2001) 116-117.
81 M. BIGARONI, San Damiano. Assisi, pp. 63-64.
82 H. LEFEBVRE, La productio11 de l'espace, p. 425.
83 Ap 6, 9-11.
84
A. ANGENENDT, Heilige und Reliq11ien: Die Geschichte ihres K.11/tes vom friihen
Ch1istentt1111 bis Z!'' Gegen/J/art, Miinchen 1997, pp. 16 7-182, in particolare pp.
172-173.
85 A111mo11izio11i 1 (FF 141-145).
86
3Comp, 13-24 (FF 1410-1426). Certi manoscritti della Leggenda dei tre
compagni contengono la Preghiera davanti al crocifisso (FF 276) quando rac-
Il Francesco pregato 51

affetto per luoghi come la povera chiesa di San Damiano e per


le espressioni materiali e simboliche della croce. La Compilazione
di Assisi racconta che la visione di frate Pacifico, secondo cui
Francesco avrebbe preso il trono di Lucifero, avvenne quando
Francesco si trovava in preghiera presso l'altare di San Pietro in
Bovara, mentre Pacifico aspettava fuori dal coro e pregava da­
vanti a un crocifisso. Quando Pacifico uscì dall'estasi, si prostrò
davanti al Poverello in forma di croce87. Si capisce dunque per­
ché Francesco abbia esortato i suoi seguaci nel suo Testamento ad
accontentarsi di chiese povere88 e abbia ripetutamente rinnovato
o, per usare il vocabolario di questo studio, abbia reso "perfor­
mativa" la croce, lasciando il simbolo del biblico Tau sulle pareti
dei luoghi in cui abitava, sulle lettere che ha composto89 e forse
sulla sua stessa carne90 • Dopo la sua morte andò ancora oltre.
Tommaso da Celano nel Trattato dei Miracoli racconta di un uomo
del villaggio di Cori nella diocesi di Ostia, che, contorcendosi in
agonia, chiamò nella notte il defunto Francesco come se fosse
presente nel buio:
«Aiutami san Francesco, nel ricordo del favore e della devozione
che ho mostrato per te! Giacché ti ho trasportato sul mio asino,
ho baciato i tuoi piedi e le tue sante mani, ti sono sempre stato de­
voto, sempre benevolo; ed ecco, che io ora muoio per il tormento
insostenibile di questo male!». Commosso da tali implorazioni,
subito il Santo, memore dei favori ricevuti, apparve con un frate
all'uomo che non poteva dormire. Disse che era venuto perché
da lui chiamato a portare rimedio per la guarigione. Toccò la parte
sofferente con un bastoncino, che recava su di sé il segno del Tau.
Subito si ruppe l'ascesso e, recuperata la salute, fino ad oggi è
rimasta impressa in quella parte il segno del Tau.91
Il racconto di Tommaso specifica che il Ta11 «rimase impresso
in quella parte»92, ma per essere più precisi la fonte dice che «ri-

contano questa storia del giovane Francesco a San Damiano. Questa semplice,
ma elegante preghiera parla di Francesco che implora il soccorso di Dio. Que­
sto episodio ha implicanze liturgiche; cfr. Lm 1. Sulla storia della croce di San
Damiano, cfr. S. GIEBEN, Die Tafelkreuz von S. Dal!liano in der Geschichte. Mit einem
ikonographischen Anhang, ÌJ.1 Col/ectanea Franciscana, 71 (2001) 47-63.
87 CA 65 (FF 1593).
88
Test 24 (FF 122).
89 Trat 3 (FF 823).
90 R. C. TREXLER, The stigmatized body of Francis of Assisi: conceived, processed,
disappeared, in Fro,mnigkeit im Mittelalter. Politisch-soz1ale Kontexte, visuel/e Praxis, kiir­
perliche Ausdrucksformm, ed. K. ScHREINER, Miinchen 2002, pp. 463-497.
91 Trat 159 (FF 980).
92 Ibidem: «super locum remansit» (Fon/es, p. 736).
52 Sezione prima - Introdu zioni

mase in quel luogo». Il corpo, sia , e� so ubicat� in �na strut�ra


ecclesiale o in mezzo alla natura, e il luogo prunario della rive­
lazione e della trasformazione divine annunciate dal Crocifisso.
La croce sorse dalla carne di Francesco, come sperimentò frate
Pacifico in una visione in un monastero 93 e i confratelli più intimi
di Francesco scoprirono dopo il serafico incontro al monte della
Verna94. Poiché il numero dei suoi seguaci si moltiplicava e il cor­
po di Francesco era sepolto sotto l'altare della romanica Basilica
inferiore di Assisi, i suoi seguaci fecero eco al grido dell'uomo di
Cori e chiesero la grazia della sua presenza continua:
Ricordati, o Padre, di tutti i tuoi figli. Tu, o santissimo, conosci
perfettamente come, angustiati da gravi peri� oli, solo �a 101:tano
seguono le tue orme. Da' loro forza per resistere, punficali per­
ché risplendano, rendili fecondi perché portino frutto.95
Mentre pregavano di essere ricordati, i frati face� ano m� mori�
di Francesco anche attraverso la peiformance del rito dell Ufftcto
di San Francesco a lui dedicato dopo la sua canonizzazione. Se la
memoria del santo deve plasmare l'identità dei suoi seguaci nella
carne e nello spirito, è verosimilmente evocata in modo più effi­
cace quando essi sono riuniti nella preghiera, ognuno circondat.o
da altri che condividono la stessa forma vitae. Ma quale memoria
o memorie, storia o storie di Francesco devono essere "prega­
te", per così dire, in particolare nell'oscu� ità . della "tlit!glia .del mat­
tutino? Per dare una risposta è necessario riconoscere . il genere
specific.o delle l�gge� de li�r&iche, c�e n�? s.on? se°:1�licemente
versioru abbreviate di testi p1u lunghi e piu s1gruficat1v1, ma delle
leggende originali in se stesse, che permettono a is�tuzi?� come
l'Ordine dei frati Minori di costruire una comune 1dent1ta.
Per quanto riguarda il genere, le leggende liturgiche sono testi
spaziali - teologici originali, eh�, quindi, devono esser� ricono­
sciuti come una categoria specifica della letteratura agiografica,
principalmente perché concepiti, composti e. ri�almente cel� ­
brati in un luogo e in un tempo sacro determmat196• Esse 11:1eri­
tano attenzione come costruzioni letterarie di un santo a pieno
titolo e non semplicemente come riflessi derivati, secondari di

9
lMem 106 (FF 693).
94
Lm 6, 3-4.
95
Mem 224 (FF 820).
% Sui tempi e l'agiografia, cfr. A. N. TERRIN, Il rito cof!le
scansione del_te11,po:
Per 1111a teolia del rito come 'indugio simbolico', in Uturgia delle ore: tev,po e nto, ed.
F. BROVELLI e S. M.AGGIANI, Roma 2010, pp. 15-44 e J. LE GoFF, Il lefllpo sacro
dell'uomo: La "Legenda aurea" di Iacopo da Varazze, trad. P. Galloni, Bari 2012 (ed.
orig. Paris 2011).
Il Francescopregato 53

un'identità agiografica già prestabilita. La tendenza a emargina­


re i testi liturgici di Francesco e di altri santi quando si parla di
costruzione dell'identità dei Minori trascura la complessità della
vita religiosa medievale e può portare a perpetuare pregiudizi di
lunga data, ma privi di fondamento.
Ad esempio, il nostro collega Filippo Sedda solo recentemen­
te ha suggerito che Giuliano da Spira potrebbe aver contribuito
all'elaborazione della Leggenda ad uso del coro, che dunque non sa­
rebbe una semplice versione ridotta della Vita del beato Francesco
di Tommaso da Celano, come gli studiosi prima di lui hanno
ritenuto per decenni, se non secoli. Più recentemente ancora,Ja­
cques Dalarun ha avanzato l'ipotesi che la medesima Leggenda ad
uso del coro abbia avuto per fonte non la Vita del beato Francesco, ma
la Vita del beatopadre nostro Francesco, una versione della preceden­
te abbreviata e rimaneggiata, richiesta a Tommaso da Celano da
parte del ministro generale frate Elia, ma che ancora troppo lun­
ga, non avrebbe realmente soddisfatto all'uso liturgico97 • In altre
parole, si comincia ad avere coscienza che questo movimento di
abbreviazioni nidificate aveva per motore un imperativo liturgico
che non aveva niente di secondario. Si può citare anche un altro
caso, che mostra l'importanza della liturgia nella costruzione isti­
tuzionale della identità nella vita religiosa medievale, quello della
Leggenda minore di Bonaventura, che presenta un'immagine del
santo per l'ufficio del mattutino che apparve prima o in conco­
mitanza con la Leggenda maggiore98 •
Mentre la loro inclusione nei breviari portatili dei frati inco­
raggiava il loro utilizzo all'interno di una vasta gamma di attività
rituali, il nostro studio sostiene che il contesto primario di questi
racconti è liturgico e che le loro pe,jormances durante il mattutino
favorissero uno scambio dialogico con il divino, fondato sul pa­
radosso del mistero pasquale e mediato dal santo di cui ricorre­
va la festa. Le leggende liturgiche sono testimonianze uniche di
una particolare immagine comune di un santo come Francesco
d'Assisi, la cui vita di virtù e le opere miracolose sono raccontate
all'interno delle dinamiche di preghiera e dell'identità cultuale
culturale dominante dei credenti. Dato il loro status essenziale
legato al culto, le leggende liturgiche di Francesco assumono un
livello di iconicità non condivisa da documenti non liturgici. De­
stinate ad una contemplazione partecipativa piuttosto che alla
promulgazione del suo culto in tutta la Chiesa universale, le leg-

97
J. DALARUN, La Vie relrouvée de François d'Assise, pp. 12-14.
98 T. J. JoHNSON, Prolegomena lo the Study of Bo11ave11t11re's Legenda Minor, in Frate
Francesco, 76 (2010) 225-239.
54 Sezione prima - Introdu zioni

gende liturgiche cli Francesco d'Assisi sono simili a finestre opa­


che che si aprono verso l'interno cli un cortile in cui ci si riunisce
per raccontare la storia cli famiglia o, nel caso dei frati, le loro
storie. Mentre la narrazione delle storie è accessibile a tutti colo­
ro che guardino attraverso l'apertura e ascoltino con attenzione,
il significato è accessibile solo all'interno cli una specifica comu­
nità cli credenti99• Quando i membri della comunità - o almeno
i suoi membri più influenti - non intendevano promuovere più
una certa immagine "pregata" del loro padre o della loro madre,
potevano far confezionare una nuova immagine e la precedente
leggenda liturgica veniva soppiantata o addirittura soppressa da
un'altra leggenda che rifletteva la rivista identità culturale - teolo­
gica della comunità. Questa dinamica dovrebbe essere alla base
dello studio dell'agiografia liturgica dell'Ordine dei frati Minori .
La prova cli questo processo istituzionale cli costruzione dell'i­
dentità attraverso le leggende liturgiche si trova tra i frati Minori
come presso la loro controparte mendicante, i frati Predicatori,
negli anni Cinquanta del XIII secolo 100. Umberto cli Romans si è
impegnato a scrivere una nuova vita liturgica cli san Domenico
su richiesta del capitolo dei Predicatori del 1254 e allo stesso
modo il capitolo generale dei frati Minori del 1257 ha chiesto una
nuova leggenda cli san Francesco. Entrambe le richieste riflet­
tono un cambiamento nella percezione dei rispettivi fondatori
da parte degli Ordini ed esprimono il bisogno �m'immagine
"pregata" dei loro fondatori in armonia con la loro identità co­
munitaria negli anni Cinquanta del XJII secolo. Tra il 1230 e il
1260, la composizione della Leggenda ad uso del coro o l'utilizza­
zione cli altre leggende come la Leggenda liturgica Vaticana mostra
una certa plasticità cli identità, dato che autori diversi all'interno
e all'esterno dell'Ordine dei frati Minori, hanno costruito diver­
se e persino contrastanti versioni del "Francesco pregato". La
Leggenda ad uso del coro mette in evidenza la dimensione tauma­
turgica del santo canonizzato, mettendo l'accento sulla tomba
nella basilica-mausoleo che porta il suo nome ad Assisi. Questa
99
Sui livelli di significato antropologici e teologici che si trovano nell'agio­
grafia medievale, cfr. S. BARNAY, Les i111ages bibliq11es d11 langage hagiographiq11e. fu/ire
l'histoire de la sainteté: l'exemple de saint Benoft, in Expé,iences religieuses et che111i11s de
pe,jection dans l'Occident 111édiéva/, éd. D. RIGAUX, D. Russo, C. V!NCENT, Paris 2012,
pp. 23-31.
100
Sullo sviluppo del coro come punto focale per la costruzione dell'identità
minoritica tra i decenni '40 e '60 del Duecento, cfr. T. J. JoHNSON, La preghiera
corale come luogo dijo,mazione e definizione dell'identità religiosa: l'esempio dell'Ordo Mi­
nomm, trad. D. SIN!, in fuligiosità e civiltà. Identità delle forme religiose (secoli x-xw),
Milano 2011, pp. 243-255.
Il Francesco pregato 55

enfasi risulta evidente in un confronto con la Leggenda minore cli


Bonaventura, dove i miracoli in generale e la città cli Assisi in
particolare, vengono inglobati nel santo stigmatizzato che è egli
stesso il miracolo centrale 101 della storia. Non sorprende il fatto
che la Leggenda liturgica Vaticana per l'ottava rifletta la posizione pa­
storale emergente tra i Minori attorno al 1240 con la costruzione
cli un "Francesco pregato" il cui ministero ruota intorno alla pre­
dicazione102. Questo processo cli costruzione dell'identità attra­
verso l'agiografia liturgica si è fermato a livello istituzionale con
l'introduzione della Leggenda minore e la soppressione cli tutte le
altre leggende liturgiche da parte del capitolo generale del 1266.
Anche se la Leggenda minore si è affermata come l'espressione isti­
tuzionale definitiva del "Francesco pregato" numerose altre leg­
gende sopravvissero e circolarono sia all'interno che all'esterno
della comunità dei frati Minori.
Lo sporadico confliggere delle leggende liturgiche può essere
un riflesso delle vicende storiche dell'agiografia francescana del
XIII secolo, non cli meno è privo di contenuto teologico, data
l'origine e la natura performativa del genere. Un approccio acca­
demico tradizionale di tipo storico-critico a testi come la Legenda
ad uso del coro, la Leggenda liturgica Vaticana, la Leggenda minore e le
altre leggende contenute in questo volume può chiarire il loro
contesto sociale e politico, ma rischia di trascurarne l'aspetto
performativo, ignorando o minimizzando l'intrinseca logica spi­
rituale propria dell'agiografia dall'antichità sino all'inizio dell'età
moderna 103 • Infatti, l'indagine agiografica implica un corrispon­
dente ricorso alla teologia come nesso tra le preoccupazioni
spirituali, liturgiche e pastorali che suscitano questa letteratura
specifica all'interno della comunità ecclesiale 1° 4• In nessun campo
questa "svolta teologica" è più utile che nello studio delle leg­
gende liturgiche, dato che l'imperativo fondamentale per coloro
che sono riuniti nel culto è: «Fate questo in memoria di me»105 e,
come si è detto in precedenza, ogni tentativo metodologico per
separare un testo liturgico dall'evento performativo ad esso as-
101 T. J. Jo HNSON, Meraviglie di pietre e spazi: la dimemione teologica delle 11arrazio-
11i s11i miracoli in To!llf!laso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio, trad. A. VETTORI,
in Paradoxien der Legitimation. Ergeb11isse ei11er de11tsch-italienischjranziisische11 Villa
Vigoni-Ko11farenz zur Macht ùn Mittelalter, ed. A. KEHNEL e c. ANDENNA
(Micrologus' Library, 35), Firenze 2010, pp. 479-495.
102 F.
SEDDA, La Legenda liturgica vaticana per l'ottava, pp. 83-126.
103 A.
ANGENENDT, Geschichte der fuligio1itiit in, Mittelalter, Miinchen 2000, pp.
233-234.
104 F. URJBE, Introduzione alle agiografie, pp. 48-49.
105 R. D. McCALL, Do This: Ut11rgy as Pe,far111a11ce, Notre Dame 2007.
56 Sezione prima - Introduzioni

sociato è quanto meno problematico 106. La celebrazione di feste


come l'ottava di San Francesco ne è un chiaro esempio, poiché le
letture proprie della leggenda liturgica vengono lette all'interno
della struttura dialogica di ascolto e di risposta, creando così un
contesto complesso di significati, tipico di tutte le liturgie mona­
stiche 107. Molti seguaci di Francesco, come altri religiosi, hanno
riconosciuto che l'interazione di testi liturgici ha avuto un ruo­
lo fondamentale nella costruzione dell'identità della comunità,
come appare evidente dalla loro predilezione per varie leggende
liturgiche dagli anni Trenta agli anni Sessanta del XIII secolo e
dalla decisione di modificare l'ufficio di san Francesco. La lotta
per l'identità dell'Ordine si acutizza tra gli stalli del coro delle
chiese dei frati Minori, dove l'invito «Fate questo in memoria di
me» crea un "Francesco pregato" paradigmatico: la /ex orandi e la
/ex credendi sono indissolubilmente legate alla /ex vivendi della co­
munità108. Il potere del rito suscita la delicata questione di quale
"memoria" debba essere ritualmente celebrata (= petformed) in
coro, poiché l'immagine celebrata (= petformed) è anche l'imma­
gine da imitare.
Come l'immagine del "Francesco pregato" si è evoluta nel­
la costruzione istituzionale dell'identità, così si sono evolute le
strutture dedicate alla preghiera. Ancora una volta le originali in­
tuizioni di Henri Lefebvre sono utili. Egli rileva che l'aumento
delle cattedrali gotiche nel XIII secolo ha sopp�ntato le preceden­
ti strutture religiose romaniche con un conseguente spostamento
del centro di rilevanza spaziale dal buio delle cripte nascoste e
sotterranee verso i borghi medievali che si innalzano dal terre­
no109. Questa "de-criptazione" gotica del luogo, evidente nella
Basilica di San Francesco ed emulata in altre chiese dei Minori,
è diventata una caratteristica della traiettoria urbana dell'Ordine.

106 J . A. Z1MMERMAN, uturgy and Her111eneutics, Collegeville 1999, pp. 18-20 e


B. N1CHOLS, ut11rgical Hermeneutics: Inte,preting uturgical Rites in Pe,for111ance, New
York 1996, p. 9.
107 L
a variazione delle antifone e della trama narrativa nella celebrazione li­
turgica del Poverello per i frati Minori esprime un cambiamento interpretativo e
produce una ricostruzione dell'identità e del santo e dei suoi seguaci. Su questa
dinamica liturgica in seno ad una comunità monastica, cfr. S. BoYNTON, Shaping
a Monastic Identity. uturgy and History at the !!Jlpen'a/Abbry ef Faifa, 1000-1125,
Ithaca 2006, p. 208. Il carattere dialogico della liturgia è studiato in K. W lRw1N,
Co11text and Text: Method in uturgical Theology, Collegeville 1994, pp. 86-90.
108 Ibidem, 311-346; in particolare 335-338 con riferimento alla tradizione
minoritica. Cfr. anche M. BLASTIC, Prqyer in the Writings ef Fra11cis ef Assisi and the
Ear!J Brothers, in Fra11cisca11s at Prqyer, ed. T. J. JoHNSON, Leiden 2007, pp. 3-29.
109 H. LEFEBVRE, La production de l'espace, pp. 295-296 e 299-301.
Il Francesco pregato 57

Presto le città di tutta Europa hanno assunto un aspetto decisa­


mente mendicante. Mentre si diffondevano le diverse leggende
liturgiche, i frati abbandonavano decisamente le piccole povere
chiese collocate al di fuori delle città, amate da Francesco. In
cambio essi ricevevano chiese, spesso costruite ex novo, nei centri
urbani in pieno sviluppo. Per il solo periodo che va dal 1244 al
1247, sono attestati più di un centinaio di documenti pontifici
riguardanti il trasferimento di residenze e chiese minoritiche110 •
Numerose concessioni papali sulla proprietà delle chiese, l'uso di
vasi liturgici e dei libri, l'amministrazione dei sacramenti, l'eserci­
zio della predicazione e la raccolta delle decime culminarono nel­
la lettera Cum tan quam veri di Innocenzo IV del 1250, con la quale
si istituivano le chiese conventuali dedicate al ministero urbano,
con tutti i diritti ecclesiali ad esse pertinenti 111.
L'inserimento minoritico nelle chiese urbane accentuò la divi­
sione, sia letterale che simbolica, tra i frati laici e i chierici, sem­
pre più numerosi, come appare evidente nei cori gotici in cui i
frati celebravano l'ufficio divino. Lo storico dell'arte Wolfgang
Schenkluhn osserva che i frati Minori nelle loro chiese urbane
hanno optato per cori chiusi, separati dal resto della chiesa e dai
laici, da uno schermo o da una parete112 • Mentre appaiono in
queste chiese miriadi di varianti architettoniche, l'onnipresente
creazione sistematica di due aree distinte traduce l'impegno dei
Minori di produrre un luogo specifico destinato alla preghiera.
Questo impegno dei frati corrisponde alla condizione di una ge­
rarchia ecclesiale emergente113 , ma le nostre precedenti riflessioni

110
J. MooRMAN, The History ef the Franciscan Order, Oxford 1966, pp. 118-
119. Cfr. anche E. PASZTOR, La chiesa deifrati Minori tra ideale di Sa11 Francesco ed
esigenze del/a c11ra del/e a11illle, in Lo spazio de/1'11mi/tà, p. 65 e G. VILLETTI, L'edilizia
me11dica11te in Ita!t'a, ibidem, p. 227.
111 M. SALVATORI, Le prime sedifra11cesca11i, pp. 82-84. Cfr. anche L. D1 FONZO,
G. 0DOARDI e A. POMPEI, I Frati Minori Co11ve11t11ali, Roma 1978, pp. 40-41.
112 W.
ScHENKLUHN, Architektur der Bettelordm. Die Ba11kunst der D0111inika11er
1111d Fra11ziska11er in E11ropa, Darmstadt 2000, pp. 81-83 e 239-240. Su vari aspetti
di questa questione, includendo l'attività pastorale dei mendicanti nelle loro
chiese, cfr. I. FRANK, Bettelordenskirche11 als 11111/tif11nktionale KJfltriiu111e. Ein Beitrag
zur Bettelorde11skirche11jorsch1111g, in Wissenschaft u11d Weisheit, 59/1 (1996) 93-112.
La divisione della chiesa e, in aggiunta, l'enfasi sul coro è evidente anche nel­
la regolamentazione architettonica e artistica contenuta nelle Costituzioni di
Narbona. Solo l'abside della chiesa deve avere una volta e nessuna vetrata deve
essere installata, eccetto nelle finestre principali del coro; cfr. BoNAVENTURE,
Wtitings Concerning the Francisca11 Order, ed. D. MONTI, St. Bonaventure (NY)
1994, p. 86, n. 17-18.
m Sulla questione dell'architettura minoritica e la divisione tra i frati e i laici,
58 Sezione prima - Introduzioni

sulla predilezione francescana per la solitudine suggeriscono che


questo impegno possa esser stato generato anche dal tentativo
di preservare la memoria incarnata degli eremi isolati della cam­
pagna e delle veglie notturne paradigmatiche del loro fondato­
re. Infatti, storici dell'arte come Matthias Untermann e Leonie
Silberer hanno fatto notare che la separazione tra i frati e laici
della provincia tedesca della Sassonia era così forte che ricorda
separazioni simili che erano state realizzate tra gli ordini eremitici
come i certosini 11 4. Indipendentemente dal motivo, il passaggio
deliberato ai loca inseriti nelle città medievali può essere letto in
parallelo con il diffuso sostegno istituzionale per la realizzazione
di raffigurazioni pittoriche in cui Francesco era presentato come
modello � santità pe� i frati raccolti in preghiera. L'area separata
del coro di queste chiese urbane, dedicata alle celebrazioni litur­
giche e affrescata con scene della vita miracolosa di Francesco
ha permesso alla comunità dei Minori di definire l'immagine del
�ant_ � � e la pro pria identità- p�r se �tessi prima di tutto e poi per
i laici 1 . Il termm � homo faber viene m mente a questo proposito
come
_ un appellat1�0 adatto ai frati che, sia fisicamente che spi­
ntualmente, costruivano la loro immagine nel contesto urbano.
Dopo la canonizzazione nel 1228 i frati hanno celebrato la
festa di San Francesco, iscritta nel calendario della Curia romana
ma i particolari di tale memoria sono a volte difficili da deter�
minare. Ciononostante, le celebrazioni liturgie�, l'architettura,
le immagini su pareti e su pannelli insieme con la lettura delle
leggende liturgiche in evoluzione ci offrono una visione convin­
ce?�e del povero di Assisi durante la preghiera liturgica in coro 116•
Iruzialmente la Leggenda ad uso del coro sottolinea l'immagine del
sa �to come taumaturgo117• Questa prospettiva è collegata alla
chiesa-sepolcro romanica della Basilica inferiore e alla venerazio­
ne delle spoglie del santo. L'enfasi sulla tomba nella cripta e sui

cfr. L. S1LBERER, Einschiffige Franziskanerkirchen der 111itte/a/terlichen Orde11sprovi11z


Saxonia: Unters11ch1mgen Zf' Ftmktion 1111 d Bauform bis 1300, in Wissenschaft und Weis­
heit, 74/2 (2011) 231.
114
M. UNTERMANN e L. S1LBERER, Die Kirchenbauten der Franziskanerprovinz
Saxonia bis 1400, in Ku11st: Von den Anfiingen bis zur Gegemvart, ed. R PIEPER, Pa­
derborn 2012, p. 93.
115
Sull'interesse dei frati Minori per le immagini dipinte e la preghiera nella
corrente gotica di Francia, cfr. G. DuBY, Le tenips des cathédrales. L'art et fa société,
980-1420, Paris 1976, p. 174.
116 D
. BLUME, Wandmalerei afs Ordenspropoganda: Bildprogra1111J1e im Chorbereich
Franziskanischer Konvente Italiens bis zum Mitte des 14. Jahrh11nde,ts, Worms 1983,
pp. 100-101.
117 T J. J
. OHNSON, Lost i11 Sacred Space, pp. 125-131.
Il Francesco pregato 59

miracoli, indicativa del punto di vista romanico, come definito


in precedenza da Lefebvre, si coglie bene in un racconto di ciò
che è accaduto presso la chiesa di San Giorgio, dove Francesco è
stato inizialmente sepolto nel 1226:
Proprio il giorno in cui fu sepolto, (Francesco] diffuse segni ab­
baglianti. Infatti, restituì la sua altezza normale ad una giovane ra­
gazza il cui corpo era piegato e contorto. Successivamente ridiede
la grazia della salute a chi era afflitto da grave malattia, ovunque,
ma soprattutto a coloro che si recavano al suo santuario.118
Il tema del miracolo della Leggenda ad uso del coro si ritrova nella
prima fase del programma iconografico promosso dalla comuni­
tà dei frati Minori nei loro luoghi di preghiera. Le più antiche ta­
vole dedicate a san Francesco, come quelle di San Minato (1228),
di Pescia (1235) e di Pisa (1240) presentano guarigioni tauma­
turgiche consonanti con la potenza di intercessione efficace del
santo appena proclamato 119• Realizzate subito dopo la canoniz­
zazione nel 1228 e destinate ad essere utilizzate in coro durante
l'ottava della festa di San Francesco, le tavole di questo program­
ma iconografico concepito come mezzo liturgico sembrano es­
sere esclusive dei frati Minori e limitate al solo XIII secolo120. La
seconda fase di dipinti su tavola, Firenze e Pistoia (1250-1255),
segna un abbandono dei precedenti racconti miracolosi, frequen­
temente postumi, a vantaggio di racconti biografici. Due storie,
già presenti nelle raffi gurazioni su tavola del Poverello, emergono
anche negli affreschi nei cori minoritici: la predica agli uccelli e le
stimmate 121• In entrambe le immagini Francesco diventa emble­
matico degli ideali dei Minori della predicazione del Vangelo in
tutta la creazione e dell'unione con Cristo compassionevole. Un
esempio, databile intorno al 1250, si trova nel coro di San Fermo

118 Ufl..
L *14. Questo miracolo è rappresentato già nella tavola di Pescia,
dipinto da Bonaventura Berlingheri a partire dal 1235; cfr. E. DuFFY, Finding
Saint Francis: Ear/y l!llages, Ear/y Lives, in Medieval Theology and the Natural Boqy,
ed. P. BILLER e A. J. MINNJS, Suffolk 1997, p. 207. Su questo stesso miracolo
nella tavola Bardi, dipinta successivamente e conservata nella chiesa minoritica
di Santa Croce di Firenze, cfr. C. FRUGONI, Fra11cesco tm 'altra stona, Genova 1988,
pp. 31-32.
119 K. K
ROGER, Un santo da g11ardare: /'im111agine di san Fra11cesco nelle tavole del
Duecento, in Francesco d'Assisi e il pn,110 secolo di sto,ia francescana, ed. A. BARTO­
Ll LANGELI e E. PRINZIVALLI, Torino 1997, pp. 152-153. Cfr. anche D. BLUME,
-Wand!llalerei afs Ordenspropoga11da, p. 107.
120
K . KROGER, Un santo da g11ardare, pp. 145 e 158.
121
Ibidev,, 152-157.
60 Sezione prima - Introdu zioni

Maggiore a Verona122• La prima leggenda liturgica conservata,


espressamente composta per l'ottava di San Francesco, la Leggen­
da liturgica Vaticana, datata alla metà degli anni Quaranta del XIII
secolo, presenta un "Francesco pregato" chiamato a predicare il
Vangelo. La costruzione di grandi chiese e la popolarità della predi­
cazione francescana nei centri urbani d'Europa ha assicurato la pro­
pagazione di queste immagini affrescate nei cori e quindi la scom­
parsa dei piccoli dipinti su tavola, spesso considerati antiquati123•
La trasformazione visiva da taumaturgo ad esempio di san­
tità religiosa tra 1240-1260 emerse durante quel periodo di co­
struzione massiccia che lo storico dell'arte Dieter Blume chiama
"Bauboom" o "boom edilizio" 124• In particolare nello spazio del
coro di numerose chiese urbane, l'architettura minoritica si è svi­
luppata sempre più sotto l'influenza del gotico.
Mentre i programmi architettonici e artistici si modellavano su
un'identità in divenire, almeno a livello istituzionale, la Leggenda
corale apparentemente è rimasta la principale "storia" letta per
la festa di San Francesco. Le espressioni artistiche innovative,
espressione di una emergente consapevolezza di sé, incontraro­
no resistenza da parte di alcuni membri nella fraternità 125, mentre
allo stesso tempo esprimevano il bisogno di una nuova leggenda
liturgica che potesse essere ascoltata da altri. Questo non è sor­
prendente dal momento che la Leggenda corale presupponeva e
articolava un'immagine marcatamente dissimile dal "Francesco
pregato" che sempre più dominava in un crescente numero di
cori gotici minoritici 126• L'Ufficio ritmico di San Francesco di Giuliano

122
D. BLUME, WandtJ1alerei als Ordenspropoganda, pp. 10-13.
123
Ibide111, 20-21 e 107; K. KROGER, Un santo da guardare, pp. 157-161.
124
D. BLUME, Wand!llalerei als Ordenspropoganda, p. 9.
m L'evoluzione dell'identità minoritica, specialmente rispetto all'espressione
architettonica, suscita disapprovazione e resistenza intorno al 1240 da parte
di alcuni frati abituati ai più antichi posti romanici dell'Umbria frequentati da
Francesco: cfr. CA 106 (FF 1654).
126
Sulla composizione e la datazione dell'opera di Giuliano, cfr. J.-B. LEB­
IGUE, Introduction, pp. 705-738. Ri guardo all'esistenza al di fuori dell'Ordine dei
frati Minori, di leggende liturgiche ispirate agli scritti di Giuliano da Spira, cfr. T.
DESBONNETS, La diffi1sion du et1/te de saint François en France d'après /es bréviaires ma­
n11scrits étrangers à l'Ordre, in Archiv11m Fra11cùca1111tJ1 Histo1ic11v1, 75 (1982) 169-17 4 .
La leggenda scoperta da Théophile Dcsbonnets - presente i n questo volume
come la Leggenda lii11rgica di Chiilons-en-Champagne dalla Vita di san Francesco - in­
triga da numerose prospettive, a partire dal fatto che non contiene riferimenti
alla canonizzazione, alla sepoltura provvisoria di Francesco a San Giorgio o
alla traslazione del suo corpo alla Basilica inferiore di Assisi. L'ultima lettura si
riferisce, in effetti, alle stigmate.
Il Francesco pregato 61

da Spira, composto verso il 1230, è rimasto in uso ben al di là del


XIII secolo, anche se la sua leggenda liturgica è caduta in disgra­
zia istituzionale prima della comparsa della leggenda istituzionale
definitiva, la Leggenda minore di san Francesco di Bonaventura 127•

EPILOGO
Ora, non più abbracciato dal colonnato del Bernini al cre­
puscolo, o seduto nel coro della cappella del King's College a
Cambridge, mi ritrovo, invece, a casa, nella città coloniale di St.
Augustine in Florida. Verso la fine del XVI secolo i francescani
cominciarono a celebrare le loro vigilie su questa riva del «Gran­
de Oceano» di Cristoforo Colombo, mentre il sole ancora era
alto sopra gli altipiani e le montagne della Spagna dall'altra spon­
da dell'Atlantico. Infatti, il cronista francescano Francisco Pareja,
racconta che i nativi della Florida erano eccellenti nella preghiera
liturgica grazie agli sforzi dei suoi confratelli dentro ed intorno a
St. Augustine 128• Collocata molto più vicino ai tropici che l'Italia
o l'Inghilterra, St. Augustine è immersa in una luce più intensa e
duratura. Le notti sono di un'oscurità setosa perforata dalle stelle
e dalle luci della strada, e spesso, se le finestre sono socchiuse,
si sentono i suoni di innumerevoli creature che restano sveglie.
Qui ci avviciniamo al termine della prima fase del lavoro della
nostra collaborazione transatlantica. Molto resta ancora da im­
parare nella sezione successiva dedicata alla storia di queste fonti
liturgiche, curata dal mio collega Marco Bartoli, così come dalle
note introduttive di Jacques Dalarun e dai testi, che Filippo Sed­
da ha curato e che, fedelmente tradotti in italiano, compongono
il cuore di questo volume.
Nel corso di questa prima sezione abbiamo privilegiato i lavori
127 F.
DoLCIAMJ, Francesco d'Assisi, pp. 25-26 e T. J. JOHNSON, Ù>st i11 Sacred
Space, pp. 121-123. Lo studio di Théophile Desbonnets sulla tradizione mano­
scritta dei breviari di Francia mostra la diversità del materiale agiografico usato
per la festa di San Francesco, anche dopo l'introduzione della Legge11da 1J1i11ore;
cfr. T. DESBONNETS, La diff11sio11 du Ctilte de sai11t François, pp . 153-215.
128
«Declaraci6n de P. Fr. Francisco PAREJA. San Agustin, 14 septiembre de
1602», in P. Fr. JER6NIMO DE 0RÉ, RelacùJn historica de la Florida esc,ita en e/
siglo XVII, ed. A. Lé>PEZ, Madrid 1933, «II Apéndices», p. 26. Frate Francisco
Pareja inviò il suo rapporto a frate Blas de Montés, che si descrisse da solo per
una profonda dedizione alla preghiera liturgica; P. fr. PEDRO DE SALAZAR, Cronica
e histo,ia de lafimdaciony progreso de la provinca de Casti/la, de la Orden del bie11ave11t11rado
padre san Francisco, Madrid 1612, p. 127: «Lui fu sì dedito alla preghiera che non
lasciava il coro né di notte né di giorno. Sempre occupato a questo esercizio, lui
andò nella terra di El Dorado con il desiderio di soffrire il martirio da parte di
questo popolo barbaro, ma Dio, nei suoi segreti disegni, decise diversamente».
62 Sezione prima - Introdu zioni

di Giorgio Agamben e Jean-Yves Lacoste come chiavi per la no­


stra interpretazione, senza dimenticare di ricorrere al sostegno di
eminenti studiosi in campi diversi come l'antropologia sociale e
la storia dell'arte. Questi riferimenti inducono una riflessione sul
ruolo paradossale delle leggende liturgiche nella spiritualità dei
frati Minori, e in particolare il significato della Leggenda minore di
san Francesco, che non è altro, a mio av viso, che la reductio lette­
rario - spaziale della fenomenologia di Lacoste della veglia not­
turna. Per chi non conosce il termine latino reductio non significa
riduzionismo o diminuzione, anzi, si riferisce ad un ritorno alla
fonte o all'inizio. Bonaventura parla spesso della reductio di tutta
la creazione a Dio. Come nessun'altra leggenda liturgica presen­
tata in questo volume, il testo di Bonaventura cerca di integrare
l'esperienza iniziale di Francesco e dei suoi seguaci in termini di
veglia notturna e di riformulare laforma vitae cara ad Agamben - i
lettori possono giudicare se con successo o meno - nei termini
delle realtà istituzionali dominanti alla metà del XIII secolo. An­
che una lettura superficiale delle prime linee della Leggenda minore
conferma che il ministro generale dei Minori modella la narrazio­
ne di Francesco con l'opposizione di tenebre e di luce, di attesa
e di trasfigurazione. La Leggenda minore può benissimo riflettere
proprio la celebrazione del mattutino fatta da Bonaventura stes­
so durante l'ottava della festa di San Francesco nella chiesa di
Sainte-Madeleine, la chiesa-convento di Parigi, dove i frati, come
Giuliano da Spira, potrebbero aver celebrato l'ufficio, e riflettere
la sua esperienza liturgica in numerose chiese Minori durante i
suoi viaggi come mini.stro generale. Partendo dalla riflessione di
Lacoste riguardo all'importanza della dinamica escatologica e al
movimento dalle tenebre alla luce nel corso della veglia notturna,
possiamo rileggere le prime linee della Leggenda minore e apprez­
zare l'acume letterario - teologico di Bonaventura e il carattere
originale di questo testo liturgico:
La grazia di Dio, nostro Salvatore, è apparsa in questi ultimi tem­
pi, nel suo servo Francesco; il Padre delle misericordie e delle luci
gli venne incontro con tale abbondante benedizione di dolcezza,
che, come appare luminosamente dal corso della sua vita, e non
soltanto dalle tenebre del mondo lo attrasse alla luce, ma lo rese
anche celebre per le perfette prerogative e i meriti delle virtù; lo
indicò, inoltre, come segno particolarmente insigne per mezzo
degli splendenti misteri della croce che mostrò in lui. 129
L'accento messo sulla luce e sulla dinamica visiva della perce-

,29 Lm 1, 1.
Il Francesco pre gato 63

zione, è assente nel prologo della Leggenda maggiore, la leggenda


magistrale di Bonaventura destinata a un pubblico ben più ampio
dei cori dei suoi frati Minori. Queste linee iniziali della Leggenda
minore di san Francesco danno motivi sufficienti per vedere quan­
to questa leggenda agiografico - liturgica sia finemente lavorata,
molto più di una versione abbreviata della Leggenda maggiore. La
predilezione di Bonaventura per la luce come metafora preferita
della grazia, soprattutto nel contesto della preghiera, è evidente
in tutti i suoi scritti 130• La luce della grazia illumina, trasforma,
rinfresca e ravviva mentre scende dal Padre delle luci e conduce
verso l'alto alla sorgente fontale coloro che pregano 131• La luce,
intesa come grazia, conforma e ordina a Cristo quelli che prega­
no attraverso le virtù in modo preminente nella Leggenda minore132 •
La tematica della luce si può riferire in particolare al mattutino
per l'ottava di San Francesco poiché, come abbiamo già esami­
nato partendo dalle riflessioni di Lacoste, questa ora dell'ufficio
divino inizia nel buio della notte, ma attende la luce promessa
dell'alba 133• Bonaventura inizia, dunque, la Leggenda minore con
un'immagine teologica altamente suggestiva, secondo un percor­
so discendente - ascendente, ordinato secondo le linee dell'ar­
chitettura di un coro gotico, sottolineando sia il contrasto tra il
buio e la luce del coro sia infine la reductio di tutto in Dio. Il buio
e la luce appaiono più intensamente e inaspettatamente insieme
nel quinto capitolo, all'interno di un racconto di viaggio 134; essi

no T. J. JoHNSON, The 5011/ i11 Ascent: Bo11a11ent11re 011 Poverg, Prqyer, a11d U11iot1
with God, St. Bonaventure (NY) 2012, pp. 99-101.
rn Il riferimento scritturistico è a Gc 1, 17, uno dei più frequenti passi biblici
citati nelle opere di Bonaventura. Sull'uso teologico del tema della luce in Bo­
naventura con riferimento alla reductio, cfr. 011 the Reductio11 of the Arts to Theology,
ed. Z. HAYES, in Works of Saint Bonavent11re, voi. 1, St. Bonaventure 1996.
132 Le virtù sono enfatizzate in Lm 3, 1-9; 6, 9 e 7, 9. La dimensione cristolo­
gica delle virtù appare nel primo Bonaventura parigino: BONAVENTURA, Co111111en­
ta1ia i11 q11atuor libros Sententiam1JJ, III Sent., d. 34, p. 1, a. 1, q. 1, conci., col. 737a.
Il modello numerico della loro apparizione nella Leggenda 111inore sottolinea la
dinamica della reductio del testo liturgico e dell'architettura.
133 La tematica della luce e dell'oscurità nell'ufficio divino monastico è trat­
tato da M. CASSIDY-WELCH, Monastic Spaces and their Mea11ings: Thirteenth Century
English Cistercian Monasteries, Turnhout 2001, pp. 96-100. Sul mattutino nel me­
dioevo, cfr. J. HARPER, The FomJS and Orders of Western Ut11rgy fro111 the Tenth to
the Eighteenth Cent11ry: A Histo,ical I11 trod11ctio11 a11d Guidefar St11dents a11d M11sicians,
Oxford 1991, p. 86-97. Per l'ottava di san Francesco, cfr. F DoLClAMJ, Fra11 cesco
d'Assisi, pp. 39-44.
1 34 Lm 5, 9. Sull'apparente paradosso della luce e dell'oscurità nella teologia
della preghiera in Bonaventura, cfr. T. J. JoHNSON, The Soul i11 Ascent, pp. 167-168.
64 Sezione prima - lntrod11zioni

servono a stabilire un legame teologico convincente, che non


si trovava nella Leggenda maggiore, con il sesto capitolo sulle stig­
mate, dove Francesco, presentato come l'apocalittico angelo del
sesto sigillo 135, viene elevato in Dio e trasformato dalla compas­
sione in immagine del Crocifisso 1 36 •
Il settimo capitolo della Leggenda minore descrive il modo in cui
Francesco accolse le stigm ate, proseguendo il tema della reductio
con la discesa dal Monte della Verna per evangelizzare di nuovo
con il massimo grado di carità. Questa discesa dalla montagna al
servizio è allo stesso tempo una salita, dato che l'amore divino e
umano sono inestricabilmente fusi nella carne stigmatizzata del
Poverello. Proprio come il fuoco dell'amore innalza continuamen­
te Francesco, lui anela ad essere riportato alle sue umili origini.
I temi della predicazione e della compassione, che fanno parte
del primo canone artistico in numerosi cori di chiese minoriti­
che, vengono proclamati in questo settimo capitolo, il settimo
giorno dell'ottava di San Francesco. Questo settimo giorno non
è l'ultimo giorno, dato che il ciclo del mattutino include un ot­
tavo giorno, quando si ripetono le letture della Leggenda del pri­
mo giorno. Questo giorno, secondo le Collazioni sui sei giorni di
Bonaventura, riporta anima e corpo agli inizi, trasformati, però,
dal passaggio 137. Mentre la desiderata alba si avvicina, la Leggenda
minore nell'ultimo giorno della ottava rimette i frati nel buio dal
quale il Poverello è emerso, con la promessa duratura della luce
divina che scende dall'alto.
È questa reductio della veglia notturna in compagnia di Francesco,
che ci riporta al senso radicale della.forma vitae di cui parlava Agam­
ben. Se, come abbiamo dimostrato, le agiografie liturgiche france­
scane servono a costruire l'identità, esse contengono anche al loro
interno una memoria pericolosa: quella di un uomo che ha scoperto
la gioia perfetta, lasciando che la sua identità sia portata via nel btùo
e attraverso il giorno seguente. Le storie di Francesco sono difficili
da controllare per qualsiasi istituzione, e queste leggende liturgiche
possono tanto costruire come decostruire l'identità. Per Fr ancesco
d'Assisi, la preghiera è soprattutto l'incarnazione di una dipenden­
za vissuta nella fede, nella speranza e nell'amore e non un dovere
quotidiano dettato dalla legge. La Compilazione di Assisi ricorda come
Francesco, guidato dalla devozione, celebrava (= pe,formed) l'ufficio
divino mentre stava sul ciglio della strada nei pressi di Assisi sotto la

3
1 5 Lm 7, 1.
136 Lm 6, 2.
137
BONAVENTURA, Co/lationes in Hexaemero11, III, n. 31, in Doctoris seraplùci S.
BONAVENTURAE Opera omnia, voi. 5, Quaracclù (FI) 1891, col. 348b.
Il Francesco pre gato 65

pioggia 138. Il racconto prosegue unendo le giuste esigenze dell'anima


e del corpo, ma non menziona privilegi o diritti. L'identificazione di
Agamben della.forma vitae come una vita al di fuori del diritto, perché
i frutti della terra, che riguardano il corpo in comunità, sono godu­
ti senza diritto di proprietà139, è anche la realtà paradigmatica della
preghiera. Il "Francesco pregato" non ha "diritti" o "beni", ma solo
la sfida di sperare, l'impegno di cercare, la disponibilità di ricevere e
il desiderio di servire. Le storie di questo Francesco raccontate nel
buio sono una memoria pericolosa anche per coloro che sono svegli.
Frère Jacques, Frère Jacques, Dormez-vous? Dormez-vous? Son­
nez les Matines! Sonnez les Matines!

138
CA 120 (FF 1674).
139 G. AGAMBEN, L'altissi111a povertà, pp. 110-111. Sulla preghiera come ne­
cessità comparabile nella stessa nùsura al cibo, cfr. il testo di Eudes Rigaud nel
manoscritto di Bruxelles, Bibliothèque royale Albert l", 1542, f. 205r.
FRANCESCO «FORMA j\{[NORUM»
I TESTI LITURGICI FRANCESCANI
NELLA STORIA DEIL'ORDINE
DEI FRATI jy[[NORI

cli
MARCO BARTOLI
PREMESSA: L'UFFICIO LITURGICO
L'ufficio liturgico è sempre stato il compito specifico dei chie­
rici. Da quando, con la riforma dell'Xl secolo, anche il clero se­
colare aveva cominciato a vivere secondo uno stile monastico, la
recita delle ore canoniche era diventata una prerogativa fonda­
mentale di tutti i chierici1 .
Nella tripartizione della società medievale in oratores, bellatores,
/aboratores, formalizzata, tra gli altri, da Adalberone di Laon, non
vi è dubbio che il compito principale del primo di questi tre ordi­
ni, quello degli oratores, fosse quello di pregare2 • La preghiera era
concepita come la principale attività dei monaci, per i quali vale­
va l'affermazione solenne della Regula Benedicti «Nihil operi Dei
praeponatur»3, nulla sia anteposto all'opera di Dio, cioè all'ufficio
divino. La preghiera monastica scandiva la vita e gli orari del mo­
nastero. Il salmo 118 dice: «Sette volte al giorno ti lodo per la tua
giusta legge»4• I monaci avevano creato gli strumenti necessari
per tale preghiera: i salteri, i santorali, i lezionari ... cioè i libri
liturgici. Il canto dei monaci era diventato sempre più raffinato
e in alcuni monasteri diventava motivo di fama e di reputazione
di santità.
Nel Xlii secolo, il secolo di Francesco d'Assisi, l'ufficio litur­
gico non era più soltanto il compito dei monaci perché anche i
preti diocesani, il clero secolare e i canonici se ne erano impos­
sessati. Anche loro venivano a fare parte dell' ordo degli oratores.
Anche loro, come i monaci, erano gli specialisti della preghiera,
così come restavano gli specialisti della cultura scritta. Insieme,
preti, monaci e canonici costituivano l'insieme dei c/e1ici (i chie­
rici), secondo una nuova divisione sociale, non più tripartita, ma
bipartita, proposta dal Decretum di Graziano: «duo sunt genera
christianorum, clerici et laici»5•

1 Cfr. B. NEUSNHEUSER, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali, Roma


1999, p. 112.
2 Il testo di riferimento su questi temi, anche se è stato oggetto di molteplici
revisioni, resta quello di G. DUBY, Les trois ordres ou J'i111agi11aire du féodalisme, Paris
1978, trad. it. Lo specchio deife11dalesi1J10, Roma-Bari 1980.
3 BENEDETIO DA NORCIA, Regola 43, 3, in La Regola di San Benedetto e le Regole
dei Padri, ed. S. PR1coco, Roma 2003, p. 213.
4
Sai 118, 164.
5
GRATIANI Decretum, pars. Il, Ca. 12, q. 1, c. 7, in Codex iuris ca11011ici, ed.
E. FRIEDBERG, Leipzig 1897 (riedito Graz 1958), p. 678: «Due sono i generi dei
70 Sezione prima - Introdu zioni

I clùerici, gli specialisti della parola e della preglùera, aveva­


no una loro lingua: il latino della teologia e della preglùera. Nel
XJII secolo il latino era ben lungi dall'essere una lingua morta,
al contrario la lingua dei chierici era una straordinaria koinè che
permetteva agli intellettuali di tutta l'Europa cristiana- quale che
fosse la loro lingua materna- di fare cultura e di pregare tutti allo
stesso modo. A Parigi la grande stagione della teologia scolastica
non sarebbe mai stata possibile senza l'us? di questa lingua raffi­
nata e precisa, che è il latino dei chierici. E questo il momento di
maggiore produzione di neologismi latini, segno inequivocabile
della vitalità della lingua.
L'ufficio liturgico non è facile da seguire. Anzitutto perché è
in latino, cioè in una lingua che la grande maggioranza delle per­
sone del XIII secolo non usa più nella vita quotidiana. Ma l'ufficio
liturgico non è facile da seguire anche perché è scritto in forma
poetica e i testi poetici sono per loro natura più difficili di quelli
in prosa. L'ufficio liturgico, infine, non è facile per una ragione
di genere letterario: si tratta di un testo allusivo. Ogni verset­
to degli inni, delle antifone, dei responsori, è una citazione, un
rinvio, un'allusione ad un altro testo. Questo carattere allusivo è
costitutivo della forma letteraria dei testi liturgici. È un carattere
che si riscontra sin dai Salmi biblici, che si riclùamano l'uno con
l'altro e fanno allusione ad avvenimenti (l'esodo, la deportazione
in Babilonia, le feste al tempio ...) che tutti i lettori si suppone
conoscano già. La liturgia cristiana nasce e si sviluppa a partire
da quella giudaica - in particolare quella sinagogale - e l'ufficio
liturgico in fondo non è che una lettura di salmi intervallata da
preglùere e versetti di introduzione (le antifone), che spesso ser­
vono a darne l'interpretazione cristiana.
L'ufficio liturgico di un nuovo santo ereditava e amplificava
questo sistema di allusioni. Se si trattava ad esempio di un santo
«confessore» - cioè né martire né vescovo - si prendeva il «co­
mune dei confessori>>, cioè lo schema della preghiera preparato
da secoli per celebrare i santi di questo tipo e, lasciando inalterati
i salmi� si aggiungevano le antifone e gli inni, fino a costruire un
«propno».
In un certo senso si può dire che il nuovo santo, che nella
maggior parte dei casi era stato anche lui un clùerico, era invitato
a sedersi in coro in mezzo agli altri chierici che recitavano i salmi.

cristiani. L'uno, sottomesso al divino ufficio e dedicato alla contemplazione e


all'orazione, conviene cessi da ogni strepito delle cose temporali, poiché sono
chierici e devoti a Dio». Sulla divisione della Chnstianitas in due, si veda A.
VAUCHEZ, J laici nel medioevo, Milano 1989 (ed. orig. Paris 1987).
Francesco <:forma Minorunv> 71

Egli stesso, probabilmente, li aveva recitati ogni giorno nel corso


della sua vita. Eppure il giorno della sua festa il santo non è solo
seduto in mezzo ai confratelli, ma è posto in alto davanti a loro,
sopra l'altare, cioè nel luogo più sacro verso cui convergono gli
occlù di tutti.
Per questo la lingua in cui è scritto l'ufficio è una lingua diffi­
cile: perché deve cantare un mistero. Il mistero di un Dio che si
è interessato alle vicende degli uomini di cui parlano i salmi, che
ha portato all'apice questo suo interesse nella vicenda terrena
di Gesù di Nazareth, di cui parlano gli inni e possibilmente una
parte delle letture, e che, infine, ha continuato a mostrare il suo
interesse per gli uomini attraverso l'uomo o la donna di cui si sta
celebrando la festa, come spiegano le antifone, gli inni del «pro­
prio» e le letture agiografiche.
Il «proprio» di un santo presenta un duplice ordine di allu­
sioni: da un lato ai testi agiografici in prosa sulla sua vita, che si
leggevano in altre occasioni, in quanto un'antifona, per sua natu­
ra, deve essere breve e quindi accenna soltanto a vicende che chi
prega probabilmente già conosce; d'altro lato ai testi liturgici di
altri santi, in modo da lasciarne intuire il mistero.
Per comprendere questo sistema di allusioni si può fare l'e­
sempio dell'inapit della prima antifona dei primi vespri dell'Uf
ftcio di San Francesco, il famosissimo Franciscus vir catholicus et lo­
tus apostolicus... In un interessante saggio Felix Heinzer ha fatto
notare come questo verso contenga un'allusione all'inapit della
Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano, che recita «Vi era
un uomo nella città di Assisi che è sita nella valle di Spoleto,
di nome Francesco», che a sua volta era un'allusione al prologo
della Vita di san Benedetto, contenuta nel secondo libro dei Dialogi
di Gregorio Magno: «Ci fu un uomo venerabile, Benedetto, di
vita e di nome»6• Tutti questi testi, infine, hanno certamente una
radice biblica, che Heinzer individua nel salmo 1: «Beato l'uomo
che non segue il consiglio degli empi>/. I Padri di Quaracchi,
nella loro edizione dell'ufficio, avevano però identificato un'altra
fonte biblica, che forse rappresenta l'allusione più convincente:
l'incipit del libro di Giobbe: «Vi era nella terra di Uz un uomo di
nome Giobbe». Basta questo semplice esempio per capire come
un clùerico ben preparato non avesse difficoltà a vedere in con­
troluce, nel momento in cui si apprestava a celebrare la festa di

6
'Benedictus' in latino, significa 'benedetto' prima di divenire il nome pro­
prio 'Benedetto'.
7 F. HEINZER, Der b
mmgene Heilige. Aspekte des litmgisch propagierten Franzjs­
k11s-Bildes, in Wissenschaft tmd Weisheit, 74 (2011) 234-251.
72 Sezione prima - Introduzioni

San Francesco d'Assisi, anche Benedetto da Norcia e, dietro a


loro, anche Giobbe.
I chierici, che imparavano in gran parte l'ufficio a memoria,
coglievano al volo le allusioni bibliche, liturgiche e agiografiche
contenute in un'antifona o in un responsorio. Ecco perché l'uffi­
cio era compito dei chierici. Esso era affare di specialisti in grado
di comprendere il latino, ma anche di decifrare le preziose allu­
sioni contenute nei testi.
Eppure la liturgia piaceva a tutti, anche ai laici, cioè ai
non-chierici, ai non specialisti. La ragione per cui piaceva risiede­
va anzitutto nel fatto che essa era spesso cantata. Il canto espri-­
meva anch'esso il mistero. I fedeli laici certo non erano in grado
di decifrare tutte le allusioni contenute nel testo, ma potevano
ugualmente assaporare il mistero celato e rivelato al tempo stesso
dalla melodia. Tutti sapevano alcune parole di questo mistero:
Alleluia, Amen, F;yn'e... Tutti conoscevano la tecnica della voca­
lizzazione con la quale i monaci prima e i chierici poi cantavano
l'impronunciabile mistero di Dio. Difficile sottostimare l'impor­
tanza della musica in questo contesto. Per fare solo un esempio,
per la festa delle Stigmate - istituita ufficialmente da papa Bene­
detto Xl nel 1304 e quindi fuori dall'arco cronologico del presen­
te volume - nell'inno Crucis Christi mons Alvérnae la musica è la
stessa di Crux ftdelis, l'inno del Venerdì Santo. In questo modo si
legava musicalmente la Passione di Francesco alla Crocifissione
di nostro Signore. Era un modo di esprimere in musica l'idea di
«Franciscus alter Christus»8• Tutti, anche coloro che non com­
prendevano il latino, avrebbero colto l'accostamento.

L'UFFICIO LITURGICO FRANCESCANO


I testi liturgici francescani sono da tempo oggetto di studio
da parte degli specialisti di storia della liturgia. Basti pensare agli
studi pionieristici del p. Stephen J. P. van Dijk, il quale ha mostra­
to come non sia possibile ricostruire l'evoluzione della liturgia
cattolica nel XIII secolo prescindendo dai codici di origine mi­
noritica. Nel momento in cui i pontefici volevano diffondere il
Breviarium, cioè l'ufficio ridotto, in uso presso la Curia romana in
tutte le chiese della cristianità, i frati Minori, con la loro scelta di
adottare proprio quel Breviario per la loro preghiera, sono diven-
8
È noto il fatto che, nei testi agiografici francescani, l'immagine di France­
sco «alter Christus» appaia per la prima volta solo negli Atti del beato Francesco, 6
(FAF 1462), una compilazione di qualche anno successiva all'istituzione della
festa delle Stigmate nel 1304. Anche in questo caso l'innovazione liturgica ha
preceduto l'evoluzione agiografica.
Francesco eforma Minomm» 73

taci di fatto uno degli strumenti privilegiati della diffusione della


liturgia romana e della relativa omologazione liturgica dell'Occi­
dente. Non è per caso che i più antichi codici che trasmettono
l'ufficio liturgico secondo la riforma di Innocenzo III siano quasi
tutti di provenienza francescana. Come è stato fatto osservare:
Le esigenze dei frati, spesso in viaggio, erano in qualche modo
simili a quelle della Curia romana. Era importante poter avere,
in unico libro, tutti i testi che occorrevano per la celebrazione. Ci
fu, perciò, accanto alla ragione profonda di un forte legame con
la sede apostolica, questa ulteriore motivazione che potremmo
dire 'logistica'.9
Questi stessi codici sono stati studiati, soprattutto nel corso
del XIX e xx secolo, anche dagli storici del francescanesimo, che
andarono cercando nelle leggende agiografiche proprie dell'uffi­
cio di san Francesco conferme o smentite di quanto si trovava
nelle leggende agiografiche più importanti, che �onoscono chia­
ramente una tradizione manoscritta autonoma. E così, ad esem­
pio, che gli Editori di Quaracchi definivano le leggende liturgiche
francescane come Legendae minores10 •
Quel che ancora forse mancava era uno studio unitario di que­
sti testi, che mettesse insieme i contenuti liturgici con quelli agio­
grafici. Nei breviari, infatti, le leggende ad usum chori si trovano
inserite in un ufficio che è stato ideato e costruito appositamente
per celebrare la festa del santo. Un criterio filologico elementare
e al tempo stesso fondamentale impone di leggere il testo con il
contesto e di non isolare un contenuto dall'altro. Lo scopo prin­
cipale di questa edizione è quello di restituire ai codici la possibi­
lità di trasmettere il messaggio per il quale erano stati concepiti.
Timothy J. Johnson ha messo in evidenza come l'idea prin­
cipale dei maestri francescani (condivisa per altro da tutti i fra­
ti) fosse quella che «l'amante si trasforma nell'amato». Non c'è
nessun dubbio sul fatto che i frati concepissero l'ufficio, e in
particolare l'ufficio per la festa del santo da cui aveva avuto origi­
ne l'Ordine, come uno specchio in cui ciascuno si potesse spec-

9
E. CASELLA, Le festività mariane nei messali francescani. Dalla Lex orandi ai
contenuti teologico-liturgico-mariani, Roma 2011, p. 41.
10
Si tratta della sezione Legendae quaedan, fJ/inores S. Francisci Assisiemis in Vi­
tis jr. Thomae Celanensis fimdatae del volume Legendae S. Francisci Assisiemis, pp.
529-554, nella quale sono raccolte le seguenti fonti: Legenda S. Francisci lit11rgica
brevian'i t11it1oritici Vaticani; Legenda lit11rgica antiqua Ordù1is Fratrum Praedicatoru!JI;
Legenda lit11rgica antiq11a Ordù1is Praedicatorum brevior e pn·ore excerpta; Legenda li­
turgica brevissi111a e precedenti extracta; Legenda choralis Carnotensis-, BARTHOLOMAEUS
TruDENTINUS, Epilog11s in S. Francisc1111r, Legenda choralis U111bra.
74 Sezione prima - Introduzioni

chiare per conformarsi q�anto meglio possibile all'immagine che


in esso trovava riflessa. E l'idea di Francesco «forma fratrum/
forma Minorum». Proprio per questo motivo può avere qual­
che interesse la domanda: quale Francesco venne via via indicato
come «forma» per la vita dei frati Minori del XJII secolo?
Si possono identificare quattro fasi della storia della liturgia
francescana nel XJII secolo: la prima, che va assunta come punto
di partenza, anche se, come è ovvio, non rientra nel progetto sul
"Francesco pregato" è durante la vita di Francesco stesso; la se­
conda fase della costruzione della liturgia francescana comincia
subito dopo la canonizzazione nel 1228; una terza fase si può
identificare con la riforma di Aimone di Faversham del 1244'1;
mentre la quarta ed ultima fase di sviluppo dei testi liturgici fran­
cescani qui presi in esame è quella della riforma di Bonaventura,
nel decennio del 1260.
Si deve fare un accenno anche ai luoghi principali in cui l'uf­
ficio venne elaborato e rielaborato: la Curia Romana, Assisi e, in
maniera preponderante, Parigi. L'importanza di questi luoghi la
si evince anche se si esaminano i protagonisti della costruzione
liturgica francescana, a cominciare dal papa Gregorio ix (insieme
con alcuni cardinali) e da Giuliano da Spira 12 per poi passare ad
Aimone di Faversham e finire con Bonaventura. Tutti costoro
erano dei chierici. Molti erano anche frati Minori, ma frati che
erano vissuti ed avevano studiato a Parigi. Non vi è dubbio: la
costruzione del "Francesco pregato" fu decisa dall'alto, ad opera
dei pontefici sostenuti dalla loro Curia e ad opera dei migliori
chierici esperti in liturgia dell'Ordine dei frati Minori.

LA PREGHIERA LITURGICA DI FRANCESCO D'ASSISI


Francesco, almeno all'inizio della sua esperienza di "."ita peni­
tente, non era un chierico 13• Le fonti agiografiche sottolineano la

11 Cfr. S. J. P. VAN D1JK, Il carattere della correzione lit11rgica di fra Ai1J1011e da


Faversha!JI, O.FM. (1243-1244), in Ephemerides Liturgicae, 59 (1945) 177-223; 60
(1946) 309-367.
12 Continuiamo ad utilizzare il nome "Giuliano da Spira", che è quello con
cui è conosciuto da tutti gli specialisti, anche se, come ha fatto notare Jean-Bap­
tiste Lebigue, l'appellativo 'da Spira' non compare se non nel xv secolo: cfr.J.-B.
LEBIGUE, Introduction, p. 708.
13 In se ito Francesco fu ordinato diacono, almeno secondo il racconto �i
gu
Tommaso da Celano che, nell'episodio di Greccio, narra che Francesco canto_ il
Vangelo, in abiti diaconali: VbF 86 (FF 470). Cfr. M. CusATO, Francis of Assisi;
Deacon? An Exa111inatio11 of the Claims of the Earliest Francisca11 Sources, 1229-1235,
in Defenders and Critics of Franciscan Lift. Essqys in Honor of John V. Fleming (fhe
Francesco <:forma Minorum)) 75

necessità che egli aveva di farsi tradurre e spi�gare il Vangelo da


un chierico, dopo averlo ascoltato in latino. E questo il caso, ad
esempio, di un celebre passo della Leggenda dei tre compagni:
Un giorno, mentre ascoltava la messa, udì le istruzioni date da
Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per stra­
da non dovevano portare né oro né argento né pane né bastone
né calzature né veste di ricambio. Comprese meglio queste con­
segne dopo, facendosi spiegare il brano dal sacerdote. Allora, rag­
giante di gioia, esclamò: «E proprio quello che bramo realizzare
con tutte le mie forze!»14.
Lui stesso nel Testamento ricordando i primi tempi, definisce
se stesso e i primi compagni «illetterat i (idiote) e sudditi a tutti>>15 .
Eppure questo penitente che non conosceva bene il latino eccle­
siastico volle pregare come un chierico. Nello stesso Testamento,
infatti, ricorda: «E dicevamo l'ufficio, i chierici come gli altri chie­
rici; i laici dicevano i Pater noster »16 • In realtà la soluzione trova­
ta era tanto semplice quanto originale: Francesco, che non ave­
va una cultura teologica clericale, soprattutto negli ultimi anni,
quando anche la malattia agli occhi gli impediva la lettura, aveva
a sua disposizione un prete, frate Leone, che leggeva per lui e
con lui l'ufficio. Si tratta di un rovesciamento di ruoli sociali, dato
che normalmente era più usuale l'inverso e cioè che un "sempli­
ce" fosse al servizio di un chierico. L'importanza di questa scelta
venne da Francesco richiamata anche nel Testamento: «E sebbene
sia semplice ed infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico
che mi reciti l'ufficio, così come è detto nella Regola»17 • D'altra
parte questa soluzione originale non restò del tutto isolata nella
prima generazione francescana, se si considera, ad esempio, il
caso del laico frate Egidio, cui il chierico frate Giovanni, faceva

Medieval Franciscans, 6), ed. M. CusATO e G. GELTNER, Leiden 2009, pp. 9-39,
riedito in IDEM, Ear!J Franciscan Move111ent (1205-1239). History, So11rces and Her111e-
11eutics (Saggi, 14), Spoleto 2009, pp. 283-315.
14
3Comp 25 (FF 1427).
15 Sul valore da dare a queste espressioni del Testa111e11to, sono sempre illu­
minanti le parole di Attilio Bartoli Langeli: «Laico "illetterato" egli (Francesco)
sapeva scrivere, e soprattutto scrisse molto e molto fece scrivere. In questa
volontà di scrivere si rivela un atteggiamento culturale peculiarissimo, di grande
intensità e ricchezza. [ ...) Egli voleva scrivere, far scrivere, conservare, trasmet­
tere, lasciare intatte le "parole divine", intese nell'accezione più materiale, con­
creta»: A. BARTOLI LANGELI, Ancora sugli autografi difi-ate Francesco, in Verba Dot11ini
tJJei. Gli OpusCH/a di Francesco d'Assisi a 25 anni dalla edizione di Kajetan Esser, oft11, ed.
A. CACCIOTTI, Roma 2003, pp. 90-91.
16 Test 22 (FF 118).
17 Test 35 (FF 125).
76 Sezione prima - Introduzioni

da segretario, un po' come frate Leone aveva fatto per Francesco.


Francesco recitava l'ufficio liturgico tutti i giorni esattamente
come un chierico, ma non si accontentava. Alle ore canoniche
volle aggiungere un testo da lui stesso composto, il cosiddetto
Ufficio della Passione18• Si tratta di una serie di salmi, divisi secondo
le ore canoniche, da recitarsi in aggiunta a quelle. Ogni nuovo
salmo in realtà non è altro che un collage di versetti di salmi bi­
blici, con l'inserzione di pochissimi interventi testuali da parte di
Francesco. La più importante di queste inserzioni è l'espressione
«mio Padre santo», che non si trova mai nei Salmi e che France­
sco utilizza invece ad ogni ora, traendola dal cap. 17 del vangelo
di Giovanni (l'unico luogo di tutta la Bibbia in cui questa espres­
sione compare). Il riferimento è dunque alla preghiera di Gesù
nell'orto degli Ulivi. L'orante, colui che pronuncia le pa�ole dei
salmi assemblati da Francesco, è dunque Gesù stesso. E come
se Francesco abbia voluto immaginare la preghiera - e quindi i
sentimenti - di Gesù nel corso dell'ultima giornata della sua vita
terrena, cominciando dall'agonia nell'orto degli Ulivi (compie­
ta) e passando attraverso l'arresto, il processo, la crocifissione,
la morte ...
Un'altra inserzione testuale propria di Francesco si trova
nell'ultimo versetto del salmo del vespro (nella versione recita­
ta da Pasqua fino all'Ascensione), laddove, alle parole del salmo
95 «dite tra i popoli che il Signore ha regnato», aggiunge «dal
legno». Questa espressione «a ligno», era un'aggiunta al testo del
salmo comune al tempo di Francesco 19, non di meno è di grande

18 Questo è il titolo tradizionalmente dato a questo componimento fran­


cescano a cominciare da Luca Wadding: B. PATRJS FRANCISCI Ass1s1A·ns Opu­
scula... per fratem LucAM WADDING, Antwerpiae 1623, p. 380. Si veda ora
l'edizione FRANCESCO o'Ass1sr, Scritti, edizione critica a cura di C. PAOLAZZI,
Grottaferrata 2009, pp. 66-107.
19 Niccolò da Lira commentando il salmo 95 nelle sue Postille scrive: «Agostino
e Cassiodoro, qui aggiungono: "Perché il Signore ha regnato dal legno". Ma que­
sta aggiunta non si trova nel testo ebraico né in quello greco, né nella traduzione
di Girolamo, per parlare delle sue traduzioni che ho visto; e quindi credo che
sia stata tratta dalla traduzione di Teodozione o di Simmaco, o di qualcun altro,
dato che molti hanno fatto diverse traduzioni. E poiché il Cristo ha meritato
l'esaltazione del Regno grazie alla sua passione in croce, secondo quel che dice il
II capitolo della lettera ai Filippesi, per questo motivo qualcuno dei traduttori ha
aggiunto ciò ("dal legno'1, cioè della Croce. Come si dice nell'inno ecclesiastico:
"Si è compiuto ciò che il fedele Davide diceva: Dio ha regnato sulle nazioni dal
legno". È chiaro che questo inno segue l'opinione di Agostino che dice che Davi­
de fece questo Salmo e tutti gli altri»: cfr. Bibliomm SacrorHm ctl!IJ Glossa Ordinaria...
et Postilla Nicol.ai L:Jrani... , tomus III, Venetiis 1603, p. 1183.
Francesco <:forma Minorum» 77

interesse. È probabile che Francesco abbia preso l'espressione


dall'antico inno Vexilla regis prodeunt,fitlget crucis misterium, che la
tradizior:ie attribuiva a Venanzio Fortunato20 . In ogni caso si vede
bene qw come da una parte per Francesco il cammino della cro­
ce si �o?cluda con la . vittoria del Risorto, dall'altra però come
per lui sia vero anche il contrario, e cioè che il regno di Cristo, il
regno di Dio sul mondo, si afferma soltanto attraverso la croce.
Questa straordinaria preghiera di Francesco era conosciuta
nella prima generazione minoritica: oltre a frate Leone, che con
tutta probabilità la scrisse sotto dettatura di Francesco e poi l'an­
notò con alcune preziose indicazioni circa il modo in cui Fran­
cesco la utilizzava per la sua preghiera personale, anche di Chiara
d'Assisi si sa con certezza, grazie alla leggenda ufficiale scritta
dopo la sua morte, che «imparò l'ufficio della Croce, come l'ave­
va composto san Francesco, l'amante della croce, e fu solita re­
citarlo con pari amore»21 • Non a caso l'Ufficio della Passione venne
trascritto nell'importante codice 338 della Biblioteca del Sacro
Convento, lo stesso codice in cui si conservavano i primi, fonda­
mentali testi dell'esperienza francescana.
In realtà però la diffusione dell'Ufficio della Passione di France­
sco restò molto limitata: oggi, a parte quello di Assisi, i codici s u ­
perstiti si possono contare sul palmo di una mano. Forse France­
sco stesso aveva pensato ad una fruizione per così dire «privata»
- cioè riservata a pochissimi intimi - del suo ufficio, mentre per
l'insieme dell'Ordine lui stesso aveva fatto un'altra scelta: quella
di uniformarsi totalmente agli usi della Curia romana. Come dice
nella Regola bollata: «I chierici recitino il divino ufficio secondo il
rito della �anta ��esa romana �cc �tto il salterio, e perciò potran­
no avere 1 brevian»22 • Questo nfenmento agli usi della Curia ro­
mana, che non si trovava nella Regola non bollata di due anni prima
viene ribadito con forza inusuale per Francesco, nel Testamento:
E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire così ai loro guardiani
e recitare l'ufficio secondo la Regola. E se si trovassero dei frati che
no f.l recitano l'ufficio secondo la Regola o volessero comunque
vanarlo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovunque sono, siano
tenuti per o? _be��nza, appena trov �to uno di essi, a consegnarlo
al custode pm vicino al luogo dove l avranno trovato.E il custode
sia tenuto fermamente per obbedienza, a custodirlo severamente

2
° Cfr. Hyvmal 1982 Companion, ed. R. F. GwVER, voi. I, New York 1990, p. 327.
21
«Imparò l'Ufficio della Passione, fatto da Francesco, l'amante della croce, e lo
recitò con altrettanto affetto»: TmiMASO DA CELANO, Vita di santa Chiara ver gine,
30 (FF 3216).
22
RB 3, 2 (FF 82).
78 Sezione prima - Introduzioni

come un uomo in prigione, giorno e notte, così che non_ possa


essergli tolto di mano, finché personalmente lo conseg111 nelle
mani del suo mirùstro. E il ministro sia tenuto fermamente per
obbedienza a farlo scortare per mezzo di frati che lo custodi�cano
giorno e notte come un prigioniero, finché non lo conse� o al
cardinale di Ostia che è signore, protettore e correttore di tutta
la fraterrùtà.23

L'ufficio secondo gli usi della Curia romana è considerat� da


Francesco criterio di cattolicità ed è prescritto con la massuna
preoccupazione24 . . .
Lo studio dei testi liturgici francescani è dunque di grande in­
teresse per cogliere gli sviluppi delle intuizioni del santo att?r!10
ad un tema considerato, sin dall'inizio, particolarmente sensibile.
Per cogliere la storia dell'evoluzione di 9uesti te�ti è P?ssib��
proporre una triplice scansione cronologica. Studiando 1 codici
che trasmettono questi testi, infatti, Jacques Dalarun, sulla base
J.
dei precedenti studi di Stephen P. van Dijk, ha ide?tificato ri:e
fasi cronologiche per quel che riguarda la loro data�1one: la pri­
ma, quella di breviari redatti secondo l'Ordo della Chiesa romana,
cui viene aggiunto l'ufficio relativo a Francesco d�po la _su� ca­
nonizzazione25; la seconda fase è rappresentata dai breviari .c.he
prevedono la celebrazione dell'ottava, �econdo �uanto stabilito
dalla riforma liturgica promossa da Aimone. di Fave �sham� 1�
terza fase è invece quella definitiva, perché s1 tratta di breviari
nei quali si integra la Leggenda minore di Bonaventura26.. Questa
scansione cronologica dei documenti corrisponde effettivamen­
te ad alcuni avvenimenti la cui importanza è difficilmente sot­
tovalutatile: la canonizzazione di Francesco, la riforma liturgica
di Aimone e l'intervento agiografico e liturgico di Bonaventura.
Attorno a questi tre avvenimenti rileggeremo le fonti liturgiche
che vengono qui raccolte.

23 Test 36-39 (FF 126).


24 In questo contesto Francesco mostra di mettere in pr tica, se non di

conoscere direttamente, l'antico adagio della Chiesa: Lex orandr, /ex credendr, che
risale al V secolo (la prima attestazione si trova in Prospero di Aquitania).
25
Un importante passo avanti nella conoscenza di questi libri liturgiò è stato
fatto in A. E. WELCH, Franciscan Liturgy and Identities. The Codex Sancii Paschalrs
and NetJ1Jorks oJ Mam1script Prod11ctio11 in Umbria, 1280-1350, Ph.D:, Melbourne
_
College of Divinity 2011. Si ringrazia l'autrice d'aver messo a dispos1z1one il
suo lavoro prima dell'edizione definitiva.
26 Cfr. J. DALARUN, Oltre la questionefim1cescana: '.a le enda nascosta dz. san France­
� _
sco (La Leggenda 11111bra di Tom!llaso da Celano) (Fonu e Ricerche, 21), Milano 2009
(ed. orig. Paris 2007), pp. 104-108.
Francesco <forma Minorum)> 79

FRANCISCUS VIR CATHOLICUS (1228)


L'importanza della scelta liturgica di Fran�esco. si vide imme­
diatamente dopo la sua morte. Con la canoruzzaz1one, avvenuta
in tempi rapidi, per opera e volontà di papa Gregorio IX, .che
in precedenza, come cardinal Ugo, aveva protetto e conoscm�o
personalmente Francesco, la chiesa intera e i? particolare la Cuna
romana, cui Francesco aveva legato la preghiera sua e del suo Or­
dine, si fece promotrice del nuovo culto di cui Francesco stesso
diventava oggetto.
La canonizzazione segna il passaggio dal Francesco che prega
al "Francesco pregato". Il vero protagonista della cerimonia !u
il papa Gregorio, che intendeva certo_ rendere dovuto ?ma�gto
a colui che lui presenta come suo armco27, ma anche nbadire e
rafforzare il suo potere di romano pontefice in un momento par­
ticolarmente delicato dello scontro con l'imperatore Federico II.
Lo stesso papa Gregorio si rese protagonista del contemporaneo
lavoro di elaborazione dei testi liturgici che si rendevano necessa­
ri per la celebrazione della festa del nuovo santo28 • Il primo degli
inni attribuiti a Gregorio è il famoso Pro/es de celo prodti'l2·9, che
andrà tradotto: «una discendenza apparve dal cielo», sul modello
del versetto evangelico «angelus descendit de caelo» di Mt 28,
2. Si tratta dell'incipit di un inno a santa Barbara del XII secolo30.
Il contenuto però è del tutto originale: Francesco, nelle parole
del papa, è stato inviato dal cielo per aprire gli occhi dei ciechi e
condurre gli uomini fuori dalla schiavitù, arri �chito d�lle prede
strappate agli egiziani, ma povero di nome e di fatto, gmng�ndo
ad essere una benedizione per i miseri (Jactus felix pro miserts). Il
nuovo santo, salutato all'inizio come discendenza inviata da cielo,
27 Gregorio 1x utilizza ampiamente i testi agiografici e liturgici per accredi­
tare l'idea della sua amicizia con Francesco dopo il periodo in cui lui stesso era
cardinale. Sulla realtà del rapporto tra i due uomini, si vedano le osservazioni
di M. P. ALBERZONI, Santa povertà e beata sevplicità. Francesco d'Assisi e la Chiesa
1·oma11a, Milano 2015, in particolare pp. 145-168, «Francesco e il cardinale Ugo
d'Ostia: il mito di un'amiciziro>.
28 «Questo messere papa Gregorio compose ad onore del beato Francesco
l'inno Pro/es de coelo prodiit, il responsorio De pa11pe11atis horreo, l'antifona Cap11t
draconis 11/1111111111, e un'altra antifona sulla passione di Cristo Flete fide/es a11i111ae,>:
SALJMBENE DE ADAM, Cronica, ed. G. ScALIA, Bari 1966, n. 1821, trad. it. B. Rossi,
Bologna 1987, p. 530.
29
Cfr. B. CoRNET, Le "Pro/es de Coe/o prodiit" de Grégoire TX en l'honne11r de 5.
Fra11çois, in Ét11desfranciscaines, n. s., 2 (1951) 427-462.
30
U. CHEVALIER, Repe,101i11v1 f?y11mologic11m. Catalog11e des chants, f?yvmes, proses,
séq11ences, 11·opes en 11sage dans l'Église latine dep11is /es origines j11sq11'à 110s jo11rs, voi. 2,
Bruxelles 1920, p. 355, n. 15572.
80 Sezione prima - Introduzioni

viene acclamato alla fine come padre, cui si chiede di ridestare dal
sonno della morte tutto il genere umano31.
Gregorio da solo non avrebbe potuto comporre tutto il nuovo
ufficio. Lo aiutarono anzitutto alcuni eminentissimi cardinali in
particolare per gli inni: Raniero Capocci, a cui si deve Plaude turba
paupercula3 2 e Tommaso da Capua, a cui si debbono altri inni,
cominciando con In celesti collegio, che sembra proprio scritto in
occasione della canonizzazione33. Il contributo alla realizzazione
dell'Ufficio di San Francesco da parte di questo importante cardin a ­
le, che era stato arcivescovo di Napoli e che proveniva dal Regnum
di Federico II, rimanendo a lungo legato a famiglie di provata
fede imperiale, non va sottovalutato34•
Soprattutto il papa cercò la collaborazione dei migliori specia­
listi in materia liturgica e, tra i chierici dell'Ordine dei frati Minori,
a Parigi trovò Giuliano (che in seguito verrà identificato come 'da
Spira' e come magister cantus dello studium generale dell'Ordine) 35 :
tra tutti, il migliore. Giuliano è il vero autore dell'Ufficio liturgico di
san Francesco. E vero infatti che, come si è detto, molti degli inni
sono di Gregorio IX e di Tommaso da Capua e Raniero Capocci,
ma Giuliano ha saputo fondere il tutto in un insieme coeren­
te ed armonico. Lui stesso, con ogni probabilità, ha composto
la musica. Perché quello di san Francesco, fu, sin dall'inizio, un
ufficio ritmico, cioè cantato. Non era così per tutti i nuovi santi
che venivano elevati all'onore degli altari. Scegliendo di affidare
a Giuliano il compito di scrivere un ufficio ritmico, Gregorio IX
ha voluto per Francesco il migliore prodotto liturgico possibile.
Giuliano, il frate musico e poeta, rispose pienamente alla fi­
ducia che il papa gli aveva accordato: in tutte le sue antifone egli
sottolinea lo stretto legame che univa il nuovo santo al pontefice
che lo aveva canonizzato. Basta guardare alle antifone dei primi
vespri, che sono un po' il prologo dell'intero ufficio, ed in parti-

31 L'attribuzione a Gregorio 1x da parte di Salimbene (vedi nota 28) risale al


1284, anno di redazione della Cronica, ma è confermata da una glossa del codi­
ce di Chicago, che può essere datata almeno a 40 anni prima. Di esso Filippo
Sedda dà per la prima volta l'edizione critica in Franciscus lit11rgicus. Ediliojo11ti11111
lati11orun1, pp. 67-81; 111-123.
32 Alla testimonianza di Arnaud de Sarrant per questa attribuzione si aggiun ­

ga ormai quella del manoscritto di Chicago.


33
Alla testimonianza di Salimbene per questa attribuzione si aggiunga ormai
quella del manoscritto di Chicago.
34
Cfr. H. M. ScHALLER, Studien Zfll' Briefsa1mn/1111g des Kardinals Tho,nas von Ca­
pua, in Deutsches Archiv fìir E,jorsch1111g des Mittelalters, 21 (1965) 376, 378, 384; B.
GRÉVIN, To111maso da Capua, in Fede1icia11a, Roma 2005, sub voce.
35
Cfr. supra, p. 72, nota n. 12.
Francesco eforma Minorum)) 81

colare alla famosa prima antifona:


« Francesco, uomo cattolico e tutto apostolico,
insegnò a conservare la fede della Chiesa romana
e ammorù di riverire più di tutti i presbiteri».
Qui Giuliano allude in modo discreto, come si è detto, all'inci­
pit della Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano, ma anche
alla Vita di san Benedetto di Gregorio Magno e al libro di Giobbe,
solo che accosta alla parola 'vir', che richiama i testi citati, le pa­
role 'catholicus' e 'apostolicus', che erano associate in genere al
sovrano pontefice. Non vi è dubbio che si voglia sottolineare la
piena obbedienza del nuovo santo alla Chiesa romana ed in par­
ticolare ai suoi presbiteri. Vi è forse qui un'allusione alle parole di
Francesco nel suo Testamento:
Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti
che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a moti­
vo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio
ricorrere proprio a loro36 .
Lo stesso Francesco era tornato molte volte su queste idee, si
pensi ad esempio alla Lettera a tutti ifedeli:
Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e venerare e
usare reverenza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono
peccatori, ma per l'ufficio e l'amministrazione del santissimo cor­
po e sangue di Cristo, che sacrificano sull'altare e ricevono e am­
ministrano agli altri37 •
Francesco però, ogni volta che aveva parlato della reverenza
da avere verso i sacerdoti, aveva sempre aggiunto che tale reve­
renza era dovuta a prescindere dal loro peccato, ricordando così
implicitamente anche le difficoltà che gli stessi chierici avevano
creato a lui stesso e alla sua fraternità38 • Giuliano, che era lui stes­
so chierico, non sentì il bisogno di ricordare queste difficoltà: a
lui, al papa e alla grande maggioranza di un Ordine che si avvia
rapidamente a divenire tutto clericale, andava bene l'esclusivo ri­
cordo dell'obbedienza di Francesco alla Chiesa romana.

36
Test 6 (FF 112).
37
Lettera aifedeli,
33 (FF 193).
38
Non è inutile sottolineare come la prassi di Francesco descritta nel Testa­
mento, corrispondesse perfettamente alla dottrina ufficiale della Chiesa romana
uscita dalla crisi della Pataria milanese, in base alla quale la validità del sacra­
mento non dipende dalla dignità della persona del celebrante. Su questi temi
vedi A. VAUCHEZ, Les écrits de Saint François: une réponse à la co11testatio11 hérétique?, in
Verba Domini mei, pp. 427-437.
82 Sezione prima - Introduzioni

Accanto all'ufficio, al momento della canonizzazione, si do­


vette pensare anche ad una messa per la festa del santo. In. ge­
nerale la struttura liturgica dell'Eucarestia lascia poco spazio a
possibili variazioni. Le sequenze che vennero composte per ce­
lebrare Francesco d'Assisi sono interessanti in ogni caso perché
alcune di esse furono composte dagli stessi autori dell'ufficio e
quindi permettono di cogliere la par,ticolare <�ettura» dell� vit�
del santo che intendevano proporre. E questo il caso, tra gli altri,
della sequenza Letabundus39 (Pieno di gioia) del cardinale Tommaso
da Capua, che, come ha dimostrato Felix Heinzer, è tutta costru­
ita a partire dalla sequenza di Natale Laetabundus exultet ftdelf s. cho�
rus (Pieno di gioia esulti il coro fedele), con alcune trasposizioru
molto significative: laddove nell'originale, parlando della cecità
del popolo che non accoglie il suo S�vatore, si a� ude _ a� popolo
ebraico, nella sequenza francescana si parla degli eretici e poco
oltre laddove nell'originale si dice gens misera, pensando sempre
agli Èbrei, nella sequenza francescana si allude � splicita �ente ai
Saraceni40• V i è dunque una piena consonanza ideologie� tra le
sequenze della messa e i brani dell'ufficio, come pure tra il.papa;
il dotto cardinale e il frate poeta: Francesco, dono del cielo, e
venuto a ristabilire la fede della Chiesa romana davanti ad eretici
e musulmani.
La struttura dell'ufficio prevede per il proprio di un santo,
nella notte che precede la festa, un momento di particolare in­
tensità: nel corso del mattutino, la preghiera celebrata nel cuore
della notte41 , erano previste nove letture - dodici nella tradizione
benedettina - che potevano essere tratte da testi dei Padri della
Chiesa o dalla historia, cioè dalla vita agiografica del nuovo santo.
Praticamente tutti i più antichi codici che trasmettono l'Uffi �o
liturgico di san Francesco conserva.no inalterato lo stess? ufficio,
mentre presentano (prima del trionfo della Leggenda minore) una
grande varietà di testi agiografici da utilizzare per le letture del
mattutino.
A titolo di esempio di questa iniziale varietà sono stati �celti e
vengono qui presentati due t� sti, un.o trasmesso ?a un . codice ora
a Chicago e l'altro da un codice assisano. Nel pruno s1 trova una
versione della cosiddetta Leggenda ad uso del coro erroneamente
attribuita per molto tempo a Tommaso da Celano42• Nel secondo

39
5equenza Letabundus.
40 F. HEINZER, Der besungene Heilige, p. 245.
41
Sul significato del mattutino cfr. sopra l'introduzione di Timothy J. John-
son in particolare pp. 32-33 e 62-63.
42 Contro la tradizionale attribuzione a Tommaso da Celano vedi. ora E.
Francesco <gonna Minomm» 83

invece, che è il cosiddetto breviario di Santa Chiara e si trova a


San Damiano, si conserva una compilazione tratta dalla Vita del
beato Francesco.
La Leggenda ad uso del coro ha una struttura cronologica . Le nove
letture d �lla .divisione iniziale43 sono ben delineate: la prima, par­
te dalla giovinezza del Santo fino alla scelta di seguire il Vangelo
ad !itteram e di andare a servire i lebbrosi; la seconda, narra l'arri­
vo dei primifi'atres, la redazione di una Regola evangelica e la sua
approvazione da parte di Innocenzo m; la terza, l'invio in missio­
ne dei frati e la qualità della loro vita; la quarta, la predicazione di
�ranc �sco: da quella �gli uccelli ?no a quella al Sultano; la quinta,
e dedicata alla devozione che si era creata verso Francesco e ai
primi miracoli in vita; la sesta, narra le stigmate, la morte e la se­
poltura del Santo; la settima e l'ottava sono dedicate ai miracoli
post mortem e la nona alla canonizzazione.
. �a 1:-,eggenda !iturg!ca del. brevian·o di santa Chiat'a invece appare
divisa m due blocchi: le prune tre letture parlano della giovinezza
del santo e dell'inizio del suo cambiamento di vita, concludendo­
si, alla terza lettura, con il disgusto verso la natura che la malattia
aveva indotto nel giovane Francesco. Quel che colpisce è che il
racconto della conversione non contempla né l'ascolto del Van­
gelo né la rinuncia davanti al vescovo, che pure si trovavano nella
Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano, sua fonte diretta. Il
secondo blocco . inizia invece con la quarta lettura, tratta dal cap.
109 della Vita del beato Francesco, nel quale si narra della visione di
frate Elia che annunciava la morte entro due anni di Francesco.
La leggenda quindi è ormai decisamente orientata verso la morte
del Santo, anche se tace del tutto gli avvenimenti de La Verna,
per passare subito, con la quinta lettura, alla benedizione dei frati
da parte di Francesco morente, e, con la sesta e la settima lettura
ai funerali e alle esequie. Le stigmate, di cui non si era detto null�
in precedenza, diventano invece le protagoniste della ottava e
nona lettura, dedicate appunto alla scoperta dei segni miracolosi
sul corpo di Francesco ormai morto.
I due esempi forniti consentono di vedere la molteplicità delle
soluzioni trovate nei primi anni dopo la canonizzazione di Fran­
cesco. Il punto di partenza per tutti sembra essere, in maniera
diretta o indiretta44 , la leggenda in prosa di Tommaso da Celano,

RAvA - F. SEDDA, Sulle tracce de/l'autore della Legenda ad usum chori, pp. 107-175.
43 In seguito nello stesso codice di Chicago vennero annotate altre divisioni,
così da permettere l'uso della Leggenda dopo l'introduzione dell'ottava. Si veda
ProlegoT11ena a Legenda Liturgica Chicagensis, in Franciscus liturgicus, pp. 97-109.
44
J. DALARUN, La Vie retro11vée de François d'Assise, pp. 12-14, suggerisce che la
84 Sezione prima - Introduzioni

che veniva liberamente ripresa e compendiata a seconda delle di­


verse esigenze locali e poi modificata in base alle nuove esigenze
liturgiche.

fRANCISCUS ALTER EVANGELISTA


La preoccupazione per la recita del breviario secondo le nor­
me in uso nella Chiesa romana, che, come si è visto, era già di
Francesco45, restò una delle preoccupazioni fondamentali della
dirigenza dell'Ordine per tutto il suo primo secolo di vita. Anco­
ra nel 1254, il capitolo generale di Metz stabiliva che
Oltre gli statuti che combattevano contro i pullulanti rilassamenti,
ce ne furono altri due. Il primo di non variare assolutamente nulla
nella messa o nei riti dell'ufficio divino della Santa Romana Chie­
sa; il secondo contro la superstizione mal ispirata di qualcuno,
che preferiva le proprie devozioni a quelle legittime. Perciò il ge­
nerale proibì gravemente di leggere in coro o di cantare qualcosa
che non sia contenuto nell'Ordinario della Santa Madre Chiesa
(che osserviamo secondo la Reg11/a) o che non sia approvato dal
capitolo generale, eccettuati alcune antifone della Beata Maria da
cantarsi dopo compieta. 46
Vi erano dunque dei frati che introducevano varianti alla pre­
ghiera liturgica ed altri che aggiungevano devozioni particolari e,
per questa ragione, il ministro generale vietava nella forma più
forte (graviter) che in coro si leggesse o si cantasse qualcosa di
diverso dall'Ordinario della santa Madre Chiesa.
L'intervento più importante da parte della dirigenza dell'Ordi­
ne in materia liturgica fu comunque quello realizzato da Aimone
da Faversham tra il 1242 e il 1243. Tale intervento era stato pre­
parato dagli avvenimenti del 1239 quando, al capitolo generale
di Roma, era stato deposto il ministro generale frate Elia ed era
stato scelto al suo posto frate Alberto da Pisa, fino ad allora pro­
vinciale di Inghilterra. Le vicende legate alla deposizione di frate
Elia hanno dato vita ad un lungo dibattito storiografico, ma è

leggenda liturgica fu abbreviata a partire dalla Vita dei beato padre nostro Francesco,
essa stessa una versione abbreviata e aggiornata da Tommaso da Celano in
persona dalla sua Vita del beato Francesco.
45
Gli stessi concetti espressi nel Testamento erano stati manifestati anche
nella Lettera a tutto l'Ordine, 44 (FF 229): «Quei frati, poi, che non vorranno os­
servare queste cose, non li ritengo cattolici, né miei frati; non li voglio neppure
vedere né parlare con loro, finché non abbiano fatto penitenza».
46
Cfr. DoMINICUS DE GuBERNATIS A SosPITELLO, Orbis Seraphims. Historia de
tJib11s ordinibus a S eraphico Pahiacha S. Francesco instit11tis, deq11e eom111 Progressib11s,
III, Roma, Nicolò Angelo Tinassi, 1684, p. 8.
Francesco eforma Minomm» 85

certo che il capitolo di Roma segnò il definitivo approdo alla di­


rigenza dell'Ordine dei chierici ed in particolare dei chierici che si
erano formati nello studium di Parigi47 • Su Aimone è ancora valido
il giudizio di Gratien de Paris:
Aimone di Faversham, il primo ministro generale nato fuori d'I­
talia, è una figura che il tempo ha reso pallida, fino quasi a can­
cellarla. Viceversa più si studia il cammino dell'evoluzione fran­
cescana e più ci si convince che frate Aimone di Faversham gli
diede, anche prim� di avere tra le mani le redini dell'Ordine, un
impulso decisivo. E lui in ogni caso ad aver messo mano a quella
organizzazione che san Bonaventura si troverà bell'e fatta e non
penserà certo di cambiare, e invece verrà a lui attribuita. 48
Aimone era stato il vero regista della deposizione di frate Elia
e quando, dopo pochi mesi di governo, morì frate Alberto, lo so­
stituì alla guida dell'Ordine. Con lui i chierici che avevano studia­
to a Parigi assumevano un ruolo di direzione e di guida dell'Or­
dine. David Flood ha spiegato in questi termini il cambiamento
avvenuto nel 1239:
Alla luce della loro cultura, questo gruppo di frati colti procedette
ad una serie di ridefinizioni. Essi considerarono Francesco come
il legislatore di un Ordine, i ministri come prelati, la regola come
un corpo legislativo, la povertà come una relazione di non-pro­
prietà con i mezzi per vivere, il lavoro come equivalente allo stu­
dio e alla predicazione. Benché fino al 1239 essi fossero vissuti
come onesti francescani all'ombra di altri onesti francescani, essi
adesso definirono cosa fosse un onesto francescano, ed essi ave­
vano, naturalmente, la loro particolare concezione dell'onestà.49
Fu Aimone, con l'aiuto di altri chierici esperti in liturgia, a pro­
muovere la revisione dell'Ordo missae, dell'Ordo breviarii, dell'Ordo
ad benedicendum mensa,n e dell'Ordo missalis. Tutti i ministri generali
che gli son ? succeduti hanno pubblicamente riconosciuto l'ap­
porto da Aimone dato alla stabilizzazione della liturgia dei frati
Minori50.

47
Cfr. M. BARTOLI, La svolta del 1239: dafrate Elia a Giovanni da Part11a, in Ve­
stigia Francisci. Studi di storia del frrmcescanesi1110, Roma 201O, pp. 43-66; ma anche
Elia da Co11011a Ira realtà e 1J1ito.
48 GRA11EN DE PARIS, Histoire de lafondation et de l'évolution de l'Ordre desfi-ères 111i­

ne11rs a11 XIII' siècle, nuova ed. MAru.ANo n'ALATRJ e S. GIEBEN, Roma 1982, p. 150.
49
D. Fwon, The Order's Masters Fra11cisca11 Instit11tions from 1226 to 1280, in
Dalla sequela Chn'sti di Francesco d'Assisi all'apologia della povettà. Atti del XVII I
Convegno internazionale, Assisi, 18-20 ottobre 1990, Spoleto 1992, p. 54.
50 A cominciare da Crescenzo da lesi, nel capitolo generale di Genova del

1244: «Frate Crescenzio, ministro generale, al ministro di Spagna, etc. Inoltre,


86 Sezione prima - Introduzioni

La novità più consistente apportata da Aimone nella liturgia di


San Francesco è l'introduzione dell'ottava per il dies natalis. Come
ha spiegato Filippo Sedda:
L'ufficio di san Francesco sin dall'inizio fu doppio, ossia iniziava
ai primi vespri della festa e si concludeva con i secondi vespri.
Con l'introduzione dell'ottava la solennità si estese fino all'ottavo
giorno dopo la festa. Tale passaggio è da collocarsi al più tardi nel
1244 con la promulgazione della riforma dell'Ordo del breviario
di Aimone di Faveresham»51 •

per l'onorabilità pubblica e l'unità di tutto l'Ordine, frate Aimone, mio prede­
cessore di buona memoria, ha efficacemente lavorato alla correzione dell'ordi­
nario, del missale e del graduale; e questo è stato confermato in terra dall'au­
torità del signor papa Gregorio IX in maniera che, anche se accade che l'ufficio
della Curia sia cambiato in qualche occasione, non fosse mai modificato in
avvenire quello che è stato detto sopra; di conseguenza, a tutti voi presenti,
io ho deciso d'imporre che voi faceste fare integralmente e uniformemente
osservare dai frati che vi sono sottomessi l'ufficio come è corretto e notato nel
detto ordinario, messale e graduale, ecc. Dato a Roma, nel capitolo generale,
l'anno del Signore 1244»: THÉOPHILE DESBONNET, Un rituelfranciscain de 1458.
Dole, Bibliothèque Municipale, 49, in Archiv11tt1 Franci.rcanmn Histo1itt1m, 65 (1972)
411. Si conosce poi una lettera circolare di Giovan1ù da Parma, sullo stesso
argomento: «lo ho saputo in modo certo che molti frati pretendono talvolta
di cambiare nel testo, ma soprattutto di modificare nel canto l'ufficio divino
che noi dobbiamo celebrare, nei termini della nostra Regola, secondo l'ordo
della santa Chiesa romana, non realizzando che essi mettono evidentemente
una macchia sulla loro gloria quando essi abbandonano i loro usi aggiornati
dai Padri santi e venerabilmente approvati, e che inserendosi inopportunamen­
te dall'esterno degli elementi dubbi ai loro usi provati, essi sono chiaramente
convinti di mendicare vergognosamente dei prestiti estranei; in conseguenza,
ecco perché io ho deciso di sottoporlo al discernimento dei presenti che al di
fuori di quello che si sa contiene il solo ordinario del messale, del graduale e
del breviario che è stato corretto con una pia applicazione da frate Aimone, il
mio predecessore di santa memoria, che è stato approvato dalla Sede apostolica
e confermato in seguito dal capitolo generale, voi non permettetevi in alcuna
maniera di non cantare assolutamente niente o leggere nel coro, nel canto o nel
testo, sotto il pretesto di qualche festa o devozione, per gli inni, i responsori,
le antifone, le prose, le lezio1ù o qualsiasi altra cosa, o ancora di iscrivere delle
novità nei libri dell'Ordine prima che esse siano state ricevute nel capitolo ge­
nerale, a sola eccezione tuttavia delle antifone della beata Vergine - ad esempio
Regina del cielo, Madre n11trice del Redentore, Salve, regina di 111ise,icordia, Salve, regina dei
cieli - che sono cantati dopo compieta nei diversi tempi e dell'ufficio del beato
Antonio per meglio ordinarli»: ibidem, 411-414.
51
F. SEDDA, La Legenda liturgica Vaticana per l'ottava, p. 88. La rubrica re­
lativa all'introduzione dell'ottava si trova anche in S. J. P. VAN D1JK, So11rces oj
the Modern Ro111an Lit11rgy, voi. 2, p. 166 e in questo volume è tradotta a p. 153.
Francesco efo1ma Minorum,, 87

Con la stessa riforma si introduceva un'altra importante festa


dedicat a al Sant '? di Assisi, quella della Traslazione (il 25 maggio).
. .
La riforma d1 Aimone assumeva definitivamente l'ufficio rit­
mico di Giuliano da Spira come struttura della preghiera per la
festa del santo, ma non dava alcuna indicazione per quel che ri­
guarda la leggenda da leggersi nel corso del Mattutino. Nell'Orio di
Aimone l'indicazione della leggenda da leggersi durante l'ufficio
era lasciata in bianco e perciò in alcuni codici, riconducibili agli
a?ni immediatamente successivi alla riforma di Aimone, lo spa­
zio per la leggenda liturgica fu ugualmente lasciato in bianco, in
altri invece si trovano diverse soluzioni.
Quella che si propone in questa raccolta è la Leggenda liturgica
Vaticanaper l'ottava, contenuta nel codice Città del Vaticano, BAV,
Reg. lat. 1738, nel quale essa costituisce le sei letture dei primi
due notturni. La particolarità di questo breviario è che, nel ter­
zo notturno, invece delle letture tratte da una vita del santo si è
inserita la lettura di un'omelia di Gregorio Magno. Si tratta della
l �ttura che la liturgia della Chiesa romana utilizzava per la festa
di San Marco evangelista. Su questa scelta Filippo Sedda ha fatto
un'interessante ipotesi:
La scelta di questo passo non mi pare casuale, anche perché l'au­
tore [cioè lo scriba del codice vaticano n.d.c.] aveva a disposizione
almeno altre tre /ectiones della Legenda liturgica Vaticana, che invece
decise di tralasciare. Si noti che il contenuto di queste tre letture
escluse, enfatizzava il ruolo istituzionale di Francesco in quanto
fondatore dei tre ordini, 'la triplice milizia' dei frati, delle sorelle
povere e dei terziari; al suo posto l'autore [cioè lo scriba] della
�genda litu :gica f.:aticana per l'ott �va sceglie un passo usato per
gli evangelisti. S1 potrebbe qumdi affermare che l'immagine di
Francesco come 'alter Apostolus', che emerge dalla prima vita di
Tommaso da Celano, viene in qualche modo sostituita da quello
di 'alter Evangelista'. Invero, già in Tommaso compare il termine
«novus Evangelista», all'inizio del secondo opuscolo della Vita
beati Franciset� dove riprende la metafora - già contenuta nella Mira
circa nos - di Francesco che diffonde il vangelo come un fiume, i
cui rivoli giungono in tutto il mondo52 .
Si troverebbe qui una conferma dell'immagine di Francesco
più cara ai chierici che erano per venuti alla dirigenza dell'Ordine
alla metà del xm secolo: quella di un Francesco predicatore, an­
nunciatore del Vangelo in ogni luogo.

52
F. SEDDA, La Legenda liturgica Vaticana per l'ottava, pp. 94-95.
88 Sezione prima - Introduzioni

fRANCISCUS TOTUS IN CHRISTI lESU CRUCIFIXI EXPRESSAM


SIMILITUDINEM TRANSFORMATUS
In ogni caso si capisce bene la ragione per la quale il capitolo
generale del 1257 sentì la necessità di chiedere che venisse re­
datta una nuova leggenda liturgica per tutto l'Ordine 53• Fino a
quel momento, infatti, vi erano una varietà di leggende utilizzate
nella liturgia francescana. Il problema si poneva tanto più dopo
la riforma di Aimone, che aveva introdotto l'ottava e quindi ri­
chiedeva l'uso di 9 letture per ciascuno dei 7 giorni che seguivano
la festa. Chi poteva redigere la nuova leggenda liturgica meglio
del nuovo ministro generale, eletto nello stesso çapitolo del 1257,
frate Bonaventura da Bagnoregio, fino ad allora illustre maestro
in teologia presso lo studium di Parigi?
La Leggenda minore si presenta come un insieme di sette ca­
pitoli, ognuno dei quali è composto di nove letture (=lectiones).
L'autore parte dalla conversione (cap. 1), passando subito all'isti­
tuzione della nuova famiglia religiosa e l'efficacia della predica­
zione di Francesco (cap. 2); a questo punto l'ordine cronologico
degli avvenimenti si interrompe e la leggenda assume piuttosto
l'aspetto di uno speculum dato che si mettono in evidenza le virtù
del santo (cap. 3), poi la sua preghiera e lo spirito di profezia
(cap. 4) e l'obbedienza che gli mostrarono tutte le creature (cap.
5), per poi tornare al racconto biografico con le stigmate (cap. 6)
e il transito (cap.7).
Timothy J. Johnson ha avanzato l'ipotesi che la Leggenda minore
sia stata il primo lavoro agiografico redatto da Bonaventura 54 e
53
L'ipotesi che il capitolo del 1257 avesse richiesto anzitutto una leggenda li­
turgica, mentre quello del 1260 avrebbe richiesto a Bonaventura di scrivere una
nuova leggenda agiografica, è stata avanzata per primo da T. DESBONNETS, Peti/
dictio1111aire des sources franciscaines, in T. DESBONNETS - D. VoRREux, Saint François
d'Assise. Documents, éc,its et premières biographies, Parigi 1968 (2° ed. 1981), p. 1377;
tale ipotesi, ripresa da T. J. JoHNSON, <<Item ordinetur de lege11da beati Francisci». A
Prolegomena to the st11tfy of Bo11ave11t11re} Legenda minor, in Frate Francesco, 76 (2010)
225-239; essa è stata però ulteriormente messa in discussione in F. AcCROCCA,
LA straordi11mia fecondità della sterile: la Legenda minor di Bo11avent11ra, in Un santo di
carta. Lefonti biografiche di San Francesco d'Assisi, Milano 2013, p. 417.
54
Contro la datazione della Leggenda minore prima della Leggenda maggiore
si deve dire che già nel )Oli secolo si riteneva il contrario, dato che nel codice
347 della Biblioteca comunale di Assisi ora presso il Sacro Convento, al foglio
2r vi è una notazione secondo la quale la Leggenda mi11ore è stata estratta dalla
maggiore, perché fosse utilizzata nei breviari portatili, ma anche nei corali: cfr.
F. AccROCCA, Sa11 Bo11avent11ra, Legenda mi11or (sec. XIV. Assisi, Fondo antico cov11111ale
presso la Biblioteca del Sacro Convento, ms. 347, in Francesco. Tracce, parole, ù11magi11i,
Roma 2014, p. 60. T. J. JoHNSON, <<Item ordinetur de legenda beati Francisci», p. 230,
Francesco <:forma Minomvv> 89

ha spiegato in maniera convincente che, per coglierne il valore


intrinseco, sia necessario compararla non tanto con la Leggenda
maggiore quanto con le leggende liturgiche ad essa precedenti55•
Da questo confronto emergono alcune scelte fondamentali da
parte di Bonaventura: da un lato evita deliberatamente di sottoli­
neare - come invece avveniva nelle leggende liturgiche preceden­
ti - il legame tra Francesco e i pontefici romani, e dall'altro non
parla della canonizzazione o dei miracoli avvenuti sulla tomba
del santo. Per quel che riguarda il primo aspetto si deve forse
cogliere un cambiamento di prospettiva: mentre nelle leggende
precedenti si sentiva la necessità di un qualche "accreditamento"
pontificio del nuovo santo, Bonaventura non sembra sentirne
più il bisogno: per lui è la cristiformità di Francesco che ne legit­
tima a sufficienza il culto. Si potrebbe forse andare ancora oltre:
mentre nelle prime leggende bisognava spiegare che Francesco
non era un eretico, ma un fedele e ortodosso figlio della Chiesa
romana, per Bonaventura Francesco è l'uomo pienamente evan­
gelico e quindi è semmai la Chiesa romana a doversi conformare
a lui se vuole veramente restare evangelica56 • Questa interpre­
tazione spiega anche la ragione dell'omissione dei miracoli: per
Bonaventura non era necessario raccontare molti miracoli di
Francesco perché il vero, grande miracolo, era la sua stessa vita e
in particolare il miracolo delle stigmate. In questo senso il vertice
della leggenda è rappresentato dal cap. 6, quello dedicato alle
stigmate. Nella seconda lettura di questo capitolo il Serafino ero-

nota 230, aveva già segnalato l'esistenza di questa rubrica nel codice di Assisi,
aggiungendo che «a similar rubric is found in Codex Assisiensis Bibliothecae
Communalis 335, 68v (14th)». Ma faceva notare che «The following codices
(14th) in the same collection do not have this rubric, 330, 334, 345, and
418». La sua conclusione, riguardo a queste rubriche, è che <<A study of the
Legenda 111inor must certainly take into account these rubrics, but their presence
does not offer a definitive proof of the chronology of Bonaventure's own
hagiographical work. They do indicate that some brothers believed the "prayed
Francis" of the Legenda minor was far more suitable for the two moments of
communal reelection in the choir and refectory».
55
T. J. JOHNSON, I11trod11ctio11, pp. 2141-2151; IDEM, <rltev, ordinet11r?ie legenda bea­
ti Francisci», pp. 225-239; IDEM, The Legenda minor, in A Cov,pa11io11 lo Bo11ave11-
t11re, ed. J. M. HAMMOND, W. HELLMANN e J. GOFF, Leiden 2013, pp. 435-451.
56
Interessante, a questo proposito, il modo con cui Bonaventura rielabora
l'incontro tra Francesco e Innocenzo 111. Lasciando cadere tanti particolari delle
fonti precedenti, la Leggenda minore si concentra sul sogno del Laterano: non è
Francesco che deve chiedere al papa il riconoscimento della propria ortodossia,
ma è il papa che deve comprendere che Francesco è stato mandato da Dio per
tenere salda la Chiesa.
90 Sezione prima - Introduzioni

cifisso, apparso a Francesco, gli rivela che «lui, l'amico cli Cristo,
stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile cli Cristo
Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma me­
diante l'incendio dello spirito»57 • Nella terza lettura si ribadisce:
«quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno le lavavano �e
piaghe cli Francesco], potevano costatare senza alcun dubbio che
il servitore cli Cristo portava impressa visibilmente l'immagine
rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così come nelle
mani e nei piecli.»58 . E nella nona lettura si riassume il senso cli
tutta la conformazione cli Francesco a Cristo crocifisso:
Per questa ragione, come tutta la sua vita, dalla conversione in
poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della Croce, cosi, alla
fine, alla vista del Serafino sublime e dell'umile Crocifisso, egli
fu tutto trasformato nell'immagine di colui che gli era apparso,
mediante la forza di un fuoco deiformante59.
L'intera leggenda è concepita come un unico, intenso, dialogo
tra Francesco e Gesù, in cui l'amico (Francesco) è reso sempre
più conforme all'amato (Gesù). Questo percorso però non è a
senso unico perché non è solo o tanto grazie ai suoi sforzi che
Francesco giunge a conformarsi in Gesù, ma soprattutto gra­
zie all'amore cli quest'ultimo, che lo conquista e lo trasforma.
In questa prospettiva Bonaventura lascia cadere altri personaggi,
che compaiono nelle agiografie precedenti e anche nella Leggenda
maggiore. Si pensi soprattutto a due assenze notevoli: i poveri (in
particolare i lebbrosi) e Chiara d'Assisi. I lebbrosi sono presenti
nella Leggenda minore, ma solo come oggetto della compassione
cli Francesco:
Da allora, amante di tutta l'umiltà, si dedicò ad onorare i lebbrosi,
per imparare, prima di insegnarlo, il disprezzo di sé e del mon­
do, mentre si assoggettava alle persone miserabili e ripudiate, col
giogo del servizio. E in verità, prima egli era abituato ad avere in
orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini, ma quan­
do l'effusione della grazia divenne in lui più copiosa egli si diede
come schiavo ad ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava
i piedi e fasciava le piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la
purulenza. Perfino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava
a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua bocca nellapolve­
re, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà l'arro­
ganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di

57
Lm 6, 2.
58 Lm 6, 3.
59
Lm 6, 9.
Francesco efom1a Minomm» 91

casa, ottenere in pacifico possesso il dominio di sé 60 •


Si può dire che nella leggenda liturgica cli Bonaventura si por­
ti a compimento quel processo che era iniziato subito dopo la
morte cli Francesco e che aveva portato i frati a passare dal Jacere
misericordiam del Testamento al comptemnere semetipsum. Mentre nelle
parole di Francesco il punto focale era la condizione dei lebbrosi
verso i quali eglifece un atto cli misericordia, nelle parole della Leg­
genda minore è il comptemptus suf i . Per comprendere questa diver­
sa lettura degli avvenimenti si può forse fare un parallelo con il
modo con cui Bonaventura parla del papa: anche per il pontefice
egli vuole sottolineare che non fu maestro per Francesco, perché
il suo unico maestro fu direttamente il Cristo. Allo stesso modo
i poveri non sono presentati come maestri cli vita, perché l'unico
maestro cli Francesco è il Cristo stesso.
Un ragionamento analogo si può fare riguardo a Chiara d'As­
sisi. Il suo ruolo tradizionale nelle agiografie francescane era
legato soprattutto a due momenti: il primo, immediatamente
successivo al racconto del restauro cli San Damiano, per raccon­
tare che li Francesco aveva promosso la nascita cli una comunità
femminile; il secondo dopo la morte, per dire che Chiara aveva
avuto il singolare privilegio cli vedere e baciare le stigmate sul
corpo morto del santo. La Leggenda minore lascia cadere questi due
racconti, malgrado il fatto che, nel frattempo, Chiara fosse stata
santificata e quindi rappresentasse un'ulteriore gloria per l'Ordi­
ne. Ma soprattutto la Leggenda minore non riporta un episodio che
invece compare per la prima volta nella Leggenda maggiore-. quello
in cui Francesco, dovendo scegliere tra una vita contemplativa
negli eremi e una apostolica nel mondo, avrebbe chiesto consi­
glio a Silvestro e, appunto, a Chiara62 • La ragione cli questa omis­
sione è forse vicina a quanto si è detto riguardo ai pontefici e ai
lebbrosi: nella Leggenda minore Bonaventura non vuole presentare
altri maestri cli Francesco se non lo stesso Gesù.
Nell'intenso dialogo tra il Santo e il suo Signore non vi è spa­
zio per altri protagonisti, che avrebbero distratto l'ascoltatore/
orante dal percorso disegnato nella leggenda liturgica. Perché la
Leggenda minore si presenta come un itinerarium mentis ad Demn, un
percorso, dietro le orme cli Francesco, per giungere alla confor­
mità con Gesù. La vita cli Francesco viene presentata come la

60 Lm1,8.
61
Cfr. P. MARANESI, Pacere mise,icordiam. La conversione di Fmncesco d'Assisi:· co11-
fro11to criticofra il testamento e le biogmfie, Assisi 2007.
62
LM 12, 2 (FF 1205). Cfr. M. BARTOLI, La santità di Chiara d'Auisi. Una
lettura sto,ica dellefonti, Assisi 2012, pp. 101-104.
92 Sezione prima - Introduzioni

perfetta realizzazione cli quanto Bonaventura dirà, ad esempio,


nel Breviloquium:
Dato che l'uomo carnale, animale e sensuale non conosce, non
ama e n�:m segue se non cose che sono a lui proporzionate e simi­
li, perciò, per strappare gli uomini da questo stato, il Verbo si èfatto
carne, per poter essere conosciuto, amato e imitato dall'uomo che
era carne, e così l'uomo, conoscendo, amando e imitando Dio, sia
guarito dalla malattia del peccato. 63
Si realizza così quanto ha acutamente osservato Claudio Leonarcli:
Certamente Bonaventura ha potuto scrivere l'Itinerarium solo
dopo aver riflettuto sull'esperienza mistica di Francesco e l'exces­
sus mentis rappresentato dalle stimmate. Francesco infatti è il
modello del viaggio che Bonaventura propone ad ogni uomo, il
viaggio verso la santità. La Legenda ha lo stesso impianto teorico
dell'lti11erarium, ma essendo un testo agiografico essa intende di­
mostrare che la teoria può avverarsi, anzi che si è già storicamente
realizzata in Francesco. 64
Francesco è colui che, più cli ogni altro, ha conosciuto, amato
ed imitato Gesù e per questo è diventato sempre più simile a lui.
La sua strada però non è solo da venerare o ammirare: dietro a
lui i suoi frati potranno imparare a conoscere, seguire e amare il
loro Signore 65 .
Un'ultima domanda si impone. Davanti a questa magnifica co­
struzione teologico-spirituale è necessario chiedersi: quanto resta
cli Francesco d'Assisi? Gli storici hanno più volte lamentato il fatto
che la teologia cli Bonaventura ha offuscato la storia. D'altra parte
l'intento cli Bonaventura non era quello cli scrivere un testo cli sto­
ria, ma proprio quello cli dare una lettura teologica delle vicende
umane del santo cli Assisi. In questo senso si può dire che Bona­
ventura abbia capito Francesco più cli quanto normalmente si sia

63
BONAVENTURA, Breviloquium, IV, 1, 3, in Doctoris seraphici S. BoNAVEN­
TURAE Opera omnia, voi. 5, col. 241 b. Cfr. F. CIAMPANELLI, <rH0111inm1 reducere ad
De11m». Lz funzione mediatrice del Verbo incarnato nella teologia di San Bonaventura,
Roma 2010, p. 567.
64 C. LEONARDI, Bonaventura e Francesco, p. XXXII.
65
In questo senso si possono forse in parte superare le conclusioni G. G.
MERLO, Storia difrate Francesco e dell'Ordine dei Mino,i, in Francesco d'Assisi e il primo
secolo di storiafrancescana, ed. A. BARTOLI LANGELI e E. PRINZIVALLI, Torino 1997,
p. 29, che vedeva nel Francesco di Bonaventura «un san Francesco elevato sino
ad essere l' 'altro Cristo', il santo irraggiungibile, da 'venerare, non imitare',
ovvero il santo inimitabile». L'autore riprendeva quanto già sostenuto da C.
FRUGONI, Francesco e l'invenzione delle sti,nmate. Una stona per tavole e it11111agini fino a
Bonaventura e Giotto, Torino 1993, pp. 27-28.
Francesco <forma Minorttm)> 93

pronti a riconoscere66 . Si pensi ad esempio alla chiara percezione


che Bonaventura ha del lato «materno» della psicologia del santo:
La Fonte della Misericordia aveva riversato nel servo del Signore an­
che una dolce compassione, con tale abbondanza e pienezza che egli,
nel sollevare le miserie delle persone miserevoli, pareva portare in sé
un cuore di madre.67
Quando vedeva che le anime redente dal sangue prezioso di
Cristo venivano insozzate dalla bruttura del peccato, si sentiva
trapassato da un dolore straordinario e trafiggente; le compian­
geva con una commiserazione così tenera che ogni giorno le par­
toriva in Cristo, come una madre.68
Molti studiosi contemporanei sono rimasti colpiti da questo
lato «femminile» di Francesco, facilmente riscontrabile nei suoi
scrit � e ne �e J?rimissime fonti agiografiche.69 Alcune importanti
cons1deraz10ru sono state proposte, ad esempio, sul versetto del
cantico delle creature dedicato a «sora nostra matre terra, la quale
ne sostenta e ne governa». Jacques Dalarun vi ha letto una im­
portante chiave di lettura dell'atteggiamento di Francesco verso
tutto l'universo:
�e� esprimere_- inconsapevolmente, intuitivamente? Comunque
mtllnamente, intensamente - la sua concezione di un governo
che vuole né do _minante né prepotente, ma governo di servizio,
�rancesc� sceglie, piuttosto che la paternità, la figura materna,
rttenuta più tenera. La terra ci governa: è ancilla ed è domina ... La
terra madre è simile al minister che dirige servendo e serve diri­
gendo; come è, dall'inizio dei tempi, la sorte delle madri, ancil/ae e
dominae indistintamente7°.

66
Queste conclusioni sono in particolare consonanza con quanto afferma­
to da J. DALARUN, Lz Malaventura difrate Francesco. Per 1111 uso sto,ico delle leggende
francescane, Milano 1996, p. 175: «Di Francesco, perché votato a una continua
mitizzazione, bisogna riscoprire altrettanto continuamente la "malavventura".
Ma si deve anche tenere presente che egli non è soltanto nella sua "malavven­
tura". E, per la ricerca storica di Francesco, per la ricerca del Francesco storico,
non importa che questo Francesco "malavventuroso", più rozzo, più vivo, più
saporito, ci sia anche infinitamente più simpatico».
67
Lm 3, 7.
68
Lm 3, 8.
69
Cfr. J.-M. CHARRON, Da Narciso a Gestì: la ,icerca dell'identità in Francesco d'As­
sisi, Padova 1995 (ed. orig. Montréal 1992).
70
J. DALARUN, Francesco, 1111 passaggio. Do1111a e do1111e negli sc,itti e nelle leggende di
Francesco d'Assisi, Roma 1994, p. 34; IDEM, Governare è servire; IDEM, Il Cantico di
frate Sole. Francesco d'Assisi riconciliato, introduzione di A. Bartoli Langeli, Milano
2015 (ed. orig. Paris 2014).
94 Sezione prima - Introdu zioni

Ma, soprattutto, la comprensione di Francesco da parte di Bo­


naventura appare proprio al centro della sua lettura teologica,
nella scelta di fare del rapporto tra il Santo e il Crocifisso il cuore
della sua esperienza intima. Si torna in tal modo al «Francesco in
preghiera» e a quell'Ufficio della Passione da lui composto. Come si
diceva, nell'ultimo versetto del salmo del vespro, che conclude
idealmente i salmi del giorno di Pasqua, Francesco, alle parole del
salmo 95 «dite tra i popoli che il Signore ha regnato», aggiunge
«dal legno», cioè dalla croce.
Bonaventura, nella Leggenda minore, sembra dar voce a questo
intimo convincimento francescano: Dio regna, ma dalla croce
e chi lo segue può con lui regnare, sul mondo e sulla storia, ma
solo se accetta di percorrere fino in fondo il cammino della croce
e della debolezza.
Dopo Bonaventura la struttura dell'ufficio liturgico francesca­
no - comprendente tutte le letture per l'ottava - resterà sostan­
zialmente invariata per secoli. Per quale ragione? Certo l'autore­
volezza di Bonaventura stesso ha giocato un ruolo importante e
la sua canonizzazione, avvenuta però solo nel xv secolo e solo
dopo la canonizzazione di Bernardino da Siena, deve averla raf­
forzata71 . Eppure dire che la Leggenda minore non venne più mes­
sa in discussione per l'autorevolezza dell'autore rischia di essere
tautologico, dato che si può tranquillamente affermare anche il
contrario e cioè che l'autorevolezza agiografica di Bonaventura
venne accresciuta dall'autorevolezza che tutti riconobbero alla
Leggenda minore. In realtà se nessuna delle numerose riforme della
storia dell'Ordine dei frati Minori pensò di produrre una nuova
leggenda liturgica è perché l'immagine di Francesco che Bona­
ventura aveva saputo confezionare era quella che i frati Minori di
ogni generazione e di ogni tendenza hanno ritenuto essere la più
vicina al loro ideale di vita.
Il contenuto di questo volume, che ha visto l'evoluzione del
'Francesco liturgico', dapprima proposto come vir catholicus, per
poi passare come alter evangelista e terminare come vir Christi con­
formatus, ripercorre l'iter dell'immagine di un santo, che è stato
forma, cioè modello, per migliaia di frati Minori nel corso dei
secoli. Un'immagine, quella di Franciscus forma Minorum, che in
qualche modo ha influenzato e condizionato l'intera storia del
cristianesimo.

71
Cfr. A. FORNI e P. VIAN, Bernardino da Siena e Bonaventura da Bagnoregio: due
santi fra11cesca11i fra Giovanni da Capestrano e Sisto IV, in Giovanni da Capestrano e la
riforma della Chiesa, ed. A. CAcc1orr1 e M. MELLI, Milano 2008, pp. 95-140.
Sezione seconda

MONUMENTI
DELLA LITURGIA
FRANCESCANA
1

GIULIANO DA SPIRA e altri

UFFICIO E LEGGENDA LlTIJRGICA


DI SAN FRANCESCO
SECONDO IL CODICE DI CHICAGO

traduzione dell'ufficio di
MARCO BARTOLI E FILIPPO SEDDA

traduzione della leggenda di


FILIPPO SEDDA
Con la bolla di canonizzazione del 19 luglio 12 28, Gre­
gorio IX iscriveva Francesco di Assisi nel catalogo dei santi e
stabiliva che doveva essere celebrato <<solennemente)> il 4 ottobre
- di conseguenza, con un ufficio che iniziava ai primi vespri a
partire dalla sera del 3 ottobre. Il suo �jfìcio />: oP_ ri_o fil re �atto
a più mani e in più tappe. Certi pezzi, deglz mm zn partzcola­
re, furono composti da Grego1io IX e i cardinali Tommaso da
Capua e Raniero Capocci. Il resto dell'ufficio fu opera del/ate
Minore Giuliano, detto da Spira, che compose anche la muszca.
Questa redazione stratificata ha potuto stendersi dal 1228 al
decennio del 1230. Anche una leggenda fu specificamente re­
datta per 1iempire le nove letture dei tre notturni del mattutino.
Essa è l'abbreviatura della Vita del nostro beato padre
Francesco, essa stessa una versione abbreviata prodotta tra il
1232 e il 1239 al più tardi da Tommaso da Celano a partire
dalla sua Vita del beato Francesco. Senza dubbio questa
ter:z,a versione, liturgica, non è dovuta a Tommaso da Cela­
no, come si è da lungo tempo creduto. Quando l'abbreviatore
si allontana dal suo modello, il lessico sembra avvicinarsi a
quello di Giuliano. In rapporto ad altri testimoni antichi della
Leggenda del coro come i manosc,itti di Assisi, Biblioteca co-
1mmale, 338, o Siena, Biblioteca degli Intronati, F VIII.13, il
manosc,itto di Chicago, Ne1vberry Ubrary, 24 (23817)- un
breviario minoritico umbro sicuramente copiato dopo il 1232
eforse p1ima del 1235 (che avrebbe valore di terminus ante
quem per l'ufficio, la leggenda liturgica e il suo '!'ode/lo, I�
Vita del nostro beato padre Francesco)- ha zl vantaggio
di effrire in una volta l'ufficio e la leggenda, anche se questa n� n
è inselita nei tre notturni, vta copiata in blocco dopo l'ufftczo.
Introducendo le letture agiografiche nei punti dove esse erano
realmente lette, restituiamo la globalità della celebrazione come
i frati Mino,i l'hanno praticata durante una dozzina d'anni,
privta che la riforma liturgica di Aimon� da F _aversham pr�­
muovesse, a partire dal 1244, la celebrazione dz una ottava zn
onore di san Francesco, ma in generale p1ima del!introduzione
della Leggenda minore di Bonaventura,_ p�rché nei margini :
del manosm'tto di Chicago si hanno segm dt adattamento dt
quelle medesime letture appunto per l'inserimento dell'ottava.
Nella vigilia di san Francesco. 1

AI VESPRI.
[1] ANTIFONE SUI SALMI.
Francesco, uomo cattolico e tutto apostolico,
insegnò a conservare la fede della Chiesa romana
e ammonì di riverire più di tutti i presbiteri.
SALMO. Il Signore disse (Sai 109)2.
ANTIFONA.
Iniziò sotto Innocenzo,
un glorioso cammino compì sotto Onorio;
dal loro successore Gregorio fu esaltato nel modo più grande,
dopo che fu reso famoso da miracoli.
SALMO. Io confesso (Sal 110).
ANTIFONA.
Costui il santo aveva eletto come padre,
quando pres�edeva ad una chiesa minore;
a costui, con spirito profetico, aveva predetto l'onore apostolico.
SALMO. Beato (Sal 111).
ANTIFONA.
Francesco del Vangelo
non trasgredì neppure una virgola, neppure uno iotc?;
per lui nessun peso fu più leggero o pi� soave
del giogi di Cristo lungo tutta la sua vita.
SALMO. Lodate (Sai 112).
ANTIFONA.
Comanda alle creature
lui che ad un cenno si era sottomesso tutto al Creatore;
tutto ciò che di bello trova
nelle cose, lo volge a gloria di colui che le ha fatte.
SALMO. Lodate il Signore, genti tutte (Sal 116).

1 Non si sono indicate le rubriche, ossia le porzioni di testo che nei mano­
scritti sono vergate in rosso e hanno carattere esplicativo, per cui si rimanda
al volume da cui i testi sono tratti: Francim1s liturgicm. Ediliofo11tium lati110111m.
2
I salmi saranno indicati con l'incipit della traduzione italiana della Bibbia
CEI e tra parentesi dal numero corrispondente.
3 Mt 5, 18.
4 Mt 11, 30.
100 Sezione seconda - Monumenti litu,gici dell'Ordine dei Mino,i

[2] CAPITOLO.
Ma sia da me lungi il gloriarmi; se non nella Croce del Signore nostro Gesù
Crùto, per amor del quale il mondo è per me crocifisso, ed io sono crocifisso
al mondo5 .

[3] lNNa 6.
Una discendenza apparve dal cielo7 ,
realizzando nuovi prodigi:
svelò il cielo ai ciechi,
passò a piedi asciutti il mare,

ncco,
dopo aver spogliato gli Egiziani,
ma povero restò di nome e di fatto,
divenuto fecondo per i nùseri.

Assunto con gli apostoli


sul monte9 della nuova luce,
nei campi della povertà,
Francesco disse a Cristo:

«Fa' tre tende»'0 ,


seguendo il desiderio di Simone,
del quale non tralasciò né il potere,
né il presagio del nome.

Offrendo un grato ossequio


alla legge, al profeta e alla grazia' 1,
celebra l'ufficio della Trinità
con festa solenne.

5
Gal 6, 14.
6
In margine nel ms. di Chicago, d'una mano più recente: «li signor papa
Gregorio ha composto questo inno».
7
L'incipit dell'inno Pro/es de celo prodiit è ripresa dall'inno per la festa di Santa
Barbara; Gregorio 1x, nell'utilizzarlo, ha voluto probabilmente creare un'asso­
nanza con un verso dell'ultima strofa Pater Francisce, visita per indicare che la
prole (= la discendenza) donata da Dio, diventando santa, è divenuta padre del
più anziano pontefice. Si è scelto di tradurre «discendenza» per restituire questa
allusione di contenuto. Cfr. B. CoRNET, Le Proles de coelo prodiit de Grégoire rx
m l'ho1111e11r de s. François, in Ét11desfra11ciscai11es, n. s. 2 (1951) 427-462.
8
Es 3, 22 e 12, 36.
9
Mt 17, 1.
10 Mt 17, 4.
11 Gv 1, 17 e 45.
Ufficio di Giuhano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 101

Allora lui, ospite,


con le virtù restaura tre ospizi,
mentre consacra a Cristo
un tempio di spiriti beati.

O padre Francesco,
visita la casa, la porta e il sepolcro 12
e resuscita dal sonno di morte
i nùseri figli di Eva. Amen.

[4] V. Prega per noi, beato Francesco.


R. Affinché siamo resi [degni delle promesse di Cristo].

[5] ANTIFONA AL À1AGNJFICAT.


O stupore e gaudio, o _uomo giudice delle coscienze,
tu di nostra nùlizia carro e guida13.
Alla presenza dei frati, trasfigurato in sembianza di sole14,
te portò una quadriga di fuoco.
In te irraggiandosi in segni, in te annunziando futuri eventi,
riposò il duplice spirito dei profeti 15 •
Assisti i tuoi posteri, padre Francesco, i nùseri;
poiché aumentano i gemiti delle tue pecore.
CANTICO. Magnificat (Le 1, 46-55).

[6] [ORAZIONE.]
Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie­
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per [Gesù Cristo Nostro Signore.
R. Amen.]

12 Simboli della triplice resurrezione operata da Cristo in vita, cioè della figlia
di Giairo in casa; del figlio di una vedova presso la porta della città di Naim e di
Lazzaro, che già da quattro giorni si trovava nella tomba.
13 2Re 2, 11.
14
Mt 17, 2.
15 2Re 2, 9 e 15. Secondo la versione della Vulgata Eliseo chiese ad Elia il
suo duplice spirito profetico, ossia la capacità di predire il futuro e di operare
miracoli.
102 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori

[AL MATTUTINO]
(7] lNVITATOR10.
Le opere da lui create diano lode 16 a Cristo Re,
le cui ferite in san Francesco si rinnovano.
SALMO. Venite (Sal 94).

(8] lNN0 17•


Nel celeste collegio,
un nuovo collega si onora;
nel rosaio dei santi,
novello fiore spunta.

Francesco fiorente di grazia,


divenuto modello degli umili,
lieto entra in possesso della gloria,
partecipe della sorte degli eletti.

Miete dal seme sparso 18


di abbondante messe un covone19,
ingannando sotto il terreno involucro
il nemico della nostra salvezza.

L'arroganza della carne


egli assoggettò alla legge dello spiritrl-0:
vinse il mondrl-1 e il vizio
e, vinto se stesso, fu acclamato vincitore.

La mano precorre la lingua


e spianò la via all'annuncio22
ed i secoli abbracciano
la dottrina esposta con l'esempio.

Nel campo della fovertà


piantando la vigna2 dei Minori,

16 Sai 144, 10.


17 In margine al ms. di Chicago, aggiunto da una mano più recente: «Il signor
Tommaso, maestro e cardinale diacono, compose questo inno».
18 Gv 4, 35-36.
19
Sai 125, 6.
20 Rm 8, 13; 7, 16 e 22-23.
21
Gv 16, 33.
22
Mt 3, 3.
23 Is 5, 1-2.
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal v,s. di Chicago 103

mostrò col magistero


della vita la linea del vivere.

Alle eterne ricchezze


allettò la folla dei poveri,
che alle delizie del cielo
chiamò con la lingua delle opere.

Per vita splendette e per dottrina


risplende ora per miracoli;
così guidò, come pure giovò,
via e luce ai popoli.

Nel palazzo del Sommo Re,


o dottore, colloca i discepoli;
con il privilegio della salvezza
fortifica i servi di Cristo.

Dalle tenebre della miseria


seguaci della stella che precede
dirigiamoci al Padre della grazia,
al fine eredi di gloria. Amen

NEL PRIMO NOTTURNO.

[9] ANTIFONA.
Quest'uomo educato nelle vanità in maniera indecente,
più dei suoi educatori si comportò in maniera insolente24•
SALMO. Beato (Sal 1).

[ANTIFONA.]
Per grazia della destra dell'Eccelso, mirabilmente mutatrl-5,
dà ai caduti la speranza del perdono, lui con Cristo già beato.
SALMO. Perché (Sal 2).

24
Il ms. di Chicago negli ultimi due versi porta «dai doni divini fu preceduto
in maniera clemente», ma questa modifica, introdotta da Bonaventura nel 1260,
è stata certamente sovrascritta da un'altra mano sulla formulazione anteriore
che noi restituia.mo. L'inchiostro è infatti più chiaro, le lettere più rotonde e
presentano l'uso di abbreviazioni che la mano originale non usa a motivo della
notazione.
25Sal76,it.
104 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/l'Ordine dei Mino,i

ANTIFONA.
Lo rendono più mite ma non del tutto, dapprima le malattie,
poi, prese le armi del cielo,
cambia completamente i suoi modi di vivere.
SALMO. Signore, quanti (Sai 3).

[10) V Il Signore l'amò [e l'adornò.


R. Lo rivestì della stola di glona2 6.]

PRIMA LETIURA 27 •
Il beato Francesco, nato nella città di Assisi, dagli anni della
sua infanzia fu educato in modo insolente. Divenuto mercante,
fino a quasi venticinque anni di età, dissipò il suo tempo viven­
do vanamente. Quando infatti si adoperò di lasciare i grovigli di
questo mondo in una spedizione di nessun valore, il Signore lo
colpì con il flagello dell'infermità e così per il mutamento della destra
dell'Eccelsa28 subito è convertito in un altro uoma29 . E per acquistare
il regno dei cielr0 si diede con ogni risoluzione al disprezzo del
mondo e delle sue ricchezze. Vendette tutto ciò che possedeva3 1 e
offrì ad un povero presbitero quel denaro guadagnato; avendo
questi paura di riceverlo per timore dei genitori, senza esitazio­
ne Francesco lo gettò davanti a lui e lo vilipese come polvere.
Quindi fu legato dal padre carnale, rinchiuso, percosso, incatena­
to, ma disprezzò la salute del corpo per il nome del Salvatore32•
Fu rifiutato dai suoi concittadini, fu assalito con fango e sassi,
ma fissando l'animo in Dio, si rese sordo a tutte queste cose.
Un giorno, quando sentì nel Vangelo ciò che disse il Signore ai
26 Sir 6, 32.
27
Nel manoscritto di Chicago, questa menzione è presentata all'interno
dell'ufficio al f. 212va, mentre le nove letture agiografiche figurano ai ff. 215ra-
215vb. Noi le integriamo al posto dove esse sarebbero lette durante l'ufficio.
Solo il manoscritto di Assisi dà questo prologo: «Mi hai pregato, frate Benedet­
to, di sunteggiare dalla Leggenda del beatissimo padre nostro Francesco alcuni
passi e di ordinarli in una serie di nove lezioni, perché queste devono essere in­
serite nei breviari, cosicché a motivo della loro brevità tutti possano averle. Ho
fatto quello che ho potuto, e poiché tu sei uomo di desideri, devotamente, an­
che se meno degnamente, ho soddisfatto con il tuo beneplacito. Chiedo come
ricompensa di questo breve lavoro il frutto durevole della santa orazione».
28 Sai 76, 11.
29 1Sam 10, 6.
30
Mt 13, 44-46.
31 Mt 19, 21.
32
Nel ms. di Chicago, le frasi che seguono, fino a «una fune», non sono
presentati nello stesso ordine che nei manoscritti di Assisi e Siena.
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 105

suoi discepoli inviati a predicare, subito si alzò per osservare ogni


cosa con tutta la forza. Sciolse i calzari dai piedi, vestì un'unica
tunica, ma vile, e mutò la cintura con una fune. Curò invero di
compiere alla lettera tutto il resto con somma diligenza per quan­
to visse. Lasciò la patria, morto al mondo, cammina intrepido.
Nel tempo della neve è preso da dei briganti e da loro fu gettato
nudo nella neve. Si si volge verso un cenobio, ma ivi disprezzato,
si ritira libero e se ne va nudo. Intanto disprezzando sempre più
se stesso, si trasferisce dai lebbrosi e cura con ogni diligenza co­
loro che prima disprezzava grandemente; terge le piaghe, lava il
pus, abbraccia in loro ciò che infastidisce gli altri.

[111] [R.] Francesco appena in pubblico smette di negoziare,


subito nel campo del Signore si apparta a meditare.
- Trovato l'evangelico tesoro33, lo vuol comprare.
V Chiedendo a Dio solo cosa fare,
sentì un celeste segnale essergli dato.
- Trovato ...

[SECONDA LETIURA.]
Nel mentre il Signore apre la sua mano34 per riempire gli altri
di questa benedizione. Gli dà dei compagni e dei seguaci, che il
felice padre plasma a dei pii costumi; insegna a seguire la perfe­
zione evangelica, a far proprio il titolo della somma povertà e a
procedere nella via della santa semplicità. A tutti propone la pa­
rola della penitenza e seppure con parola semplice, ma con cuore
magnifico, annuncia la parola di Dia35 • Prima di ogni suo sermone
premette la pace e la grazia del saluto precede tutti nella parola di
pace. Perciò molti, che odiavano la pace36 insieme alla salvezza, con
l'aiuto del Signore37 , abbracciano la pace con tutto il cuore, divenuti
loro stessi figli della pace38 ed emuli della salvezza eterna. Molti,
perciò, nobili ed non nobili, chierici e laici aderiscono alle sue
orme e disprezzando lo sfarzo del mondo, sottomettono il collo al
giogo di Dio39• Un sentimento di pietà arde sinceramente nel santo
di Dio e in modo sempre più attento rivolge lo zelo di progre­
dire sempre in meglio, desidera apprendere il miglioramento di
33
Mt 13, 44.
34
Pr 31, 20.
35 Le 5, 1.
36 Sai 119, 7.
37
Mc 16, 20.
38
Le 10, 6.
39
Sir 51, 34; Ger 28, 8 e 12.
106 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/l'Ordine dei Minori

sé e dei suoi. Prega con insistenza, si lascia ispirare da una sacra


compunzione, si assopisce il senso della carne, viene introdotto
nel santuario di Dio40, in modo eccellente osserva il futuro aumento
del suo gregge. Rende grazie a Dio, rivela ai figli ciò che vide e
cose maggiori di queste. Scrive dunque una regola evangelica per
sé e per i suoi presenti e futuri, che il sign or papa Innocenzo, per
grazia di Dio, confermò.

[11 n] R. Nel fervore del divin servizio,


non appena ha venduto le sue cose,
intende per i pove1i impiegare quel denaro41 ,
- che con il suo grave peso nuoce ad un cuore libero.
V. Ma poiché il povero sacerdote rifugge dal riceverlo,
lo getta via qual cosa vile.
- che con il suo grave ...

[TERZA LETTURA.]
Perciò con più fiducia uscì nel mondo per l'opera del Vange!a42,
senza far ricorso ad alcuna adulazione di parole, rifiutò le lusin­
ghe dei sermoni e uomini dottissimi sono stupefatti per la prudenza
delle sue risposte43. A due a due44, secondo il Vangelo, unisce i suoi
frati e li invia in tutto il monda45 . Li chiama "minori", affinché de­
corino la professione del proprio nome soprattutto con la virtù
dell'umiltà. Insegna loro a mortificare i vizi, a reprimere ciò che
eccita la carne, a rendere i sensi esteriori insensibili a tutto ciò che
strepita. Infatti, anche lui, ogni volta che, come è solito, è spinto
dal solletico della carne, altrettante si immerge in una fossa piena
di ghiaccio. Anche gli altri imitano questo esempio di mortifica­
zione. Con cauto esame scruta le azioni dei frati, non lasciando
niente di impunito, li rende sommamente obbedienti. Deciso
all'estrema astinenza, muta i sapori di ciò che gli viene servito,
gustando molto di raro il vino, beve anche l'acqua in modo insuf­
ficiente; la nuda terra è il suo letto, spesso dorme da seduto piut­
tosto che disteso. Per essere reputato abietto e vile, più volte fece
mostra di semplicità, fuggendo in ogni modo l'ammirazione, per
non incorrere nella vanità. Onorava in modo particolare i sacer­
doti e venerava i dottori della divina legge con mirabile affetto.
40 Sai 72, 17.
41 Mt 19, 11.
42
Sai 103, 23; 2Tm 4, 5.
43
Le 2, 47.
44
Mc 6, 7.
45
Mc 16, 15.
Ufficio di Giuliano e leggenda hturgica dal 111s. di Chicago 107

[11 m] R. Mentre il padre lo perseguita,


occultandosi lascia sfogo all'ira46 ;
con �ermezza .poi comincia a presentarsi in pubblico
- e visto con il volto squallido, viene reputato insano.
V. Con fango e sassi è colpito,
ma l'uomo paziente si sforza di passare oltre come sordo47 •
- e visto con il volto squallido ...
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
- e visto con il volto squallido ...

NEL SECONDO NOTTURNO.

[12] ANTIFONA.
�ondotto in casa lo percuote, furente più di tutti il padre,
msultando, lo lega e incarcera48; ma furtiva lo libera la madre.
SALMO.Quando t'invoco (Sal 4).

ANTIFONA.
Ormai libero, alla furia del padre sfrenato non cede,
proclamando di volere per Cristo patire ogni male49 •
SALMO. Porgi l'orecchio (Sal 5).

ANTIFONA.
Condotto dal. Presule del luogo, riconsegna i suoi beni al padre;
e, denudatosi, come esule nel mondo si design a.
SALMO. O Signore, nostro Dio (Sal 8).

[13] V. La bocca del giusto medita la sapienza.


R. E la sua lingua esprime la giustizia5°.

[QUARTA LETTURA.]
Divenuto degno di un dono di grazia più ampio, fu irrorato più
a?bondantemente di una rugiada di Spirito santo. Infatti, in forma
di sole, trasportato su una quadriga, in mezzo alle tenebre della not­
. � frati,.scioglie le coscienze, apre i segreti dei cuori, conosce
te visita
le azio � degli assenti e predi�e i meriti futuri. Raggiungendo la
vetta pm alta della perfezione, il santo, pieno di una semplicità colom-

46 Rm 12, 19.
47
Sai 37, 14.
48 At 12, 6.
49 At 5, 41.
5 0 Sai 36 30.
108 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori

bina5 1 , esorta tutte le creature all'amore per il Creatore. Predica agli


uccelli, da loro è ascoltato, si fanno toccare da lui e non si allon­
tanano se non licenziate. Garriscono le rondini e non lo lasciano
parlare al popolo; intima il silenzio e subito si acquietano. Le bestie
selvatiche molestate dagli altri, da lui si rifugiano. Sperimentano in
lui amore di pietà e trovano presso lui sollievo nella tribolazione.
Di quale amore brucia per la salvezza degli uomini, colui che in tal
modo compatisce le bestie? Infatti, libera di frequente gli agnellini
e le pecore da morte, in ragione della loro natura più semplice;
raccoglie i vermicelli dalla via, affinché non siano schiacciati dalle
orme dei passanti. Era riempito di mirabile e ineffabile gaudio per
l'amore del Creatore, quando ammirava il sole, la luna e le stelle.
Veramente la terra e il cielo, il fuoco e l'aria con sincerissima pu­
rezza esortava all'amore di Dio. Il nome del Signore nella sua bocca è
più dolce del mielr?2, nel nominarlo è portato in uno stato al di sopra
della comprensione degli uomini. Rigetta perciò il mondo, con la
grazia del martirio desidera essere sciolto per essere con Cristo53 • Prende
la via verso il Marocco, per predicare al Miramolino il Vangelo di
Cristo; ma richiamato in Italia per volontà divina, nel tredicesimo
anno della sua conversione prosegue verso la regione della Siria, si
affretta dal Sultano, è pestato di colpi, è percosso, predica Cristo e
tuttavia è rimandato dagli infedeli ai fedeli.

[14 iv] R. Mentre, seminudo il corpo,


canta lodi in francese, zelatore della nuova legge54,
- ai briganti nel bosco in profezia risponde così:
«Sono l'araldo delgran Re55 !»
V. Gettato nel gelo della neve, ode: «Giaci, o rustico!»,
lui, futuro pastore digregge56•
-Ai briganti del bosco ...

[QUINTA LETIURA.]
È magnificato57 dagli uomini, cresce quotidianamente verso di
lui, per volontà di Dio, la fede e la devozione del popolo. Ogni
uomo accorre per vederlo, taglia un pezzo del suo vestito per

51
Mt 10, 16.
52 Gdc 14,18.
53
Fil1,23.
54
1Mac 2, 26 e 58.
55
Sai 46,3; Mt 27, 4.
56
Ez34,8e12.
57
Le 4, 15.
Ufficio di Giuh'ano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 109

amore di devozione. Molti converte a Dio, aumenta ogni giorno58


l'immenso numero di frati. Gli rrocedono incontro e lo ricevono
solennemente con rami di alberr, suonando le campane. L'eretica
pravità è confusa ed è innalzata la fede cattolica. Sulla purezza del
cuore fonda la sua sicurezza nel pronunciare un sermone; esorta
con questa costanza d'animo che siano molti o pochi. Gli offrono
pani da benedire, che, conservati per lungo tempo, guariscono gli
infermi che gli assaggiano. Brillando per la luce dei miracoli: con­
verte l'acqua in vina6°; ad uno zoppo a Tuscania restituisce il passo;
cura un paralitico a Narni; nello stesso luogo rende la luce a una
donna cieca, respingendo le sue vecchie tenebre; a Gubbio gua­
risce una donna contratta; restituisce incolume un altro percosso
dal demonio; fa ritornare in sé e in salute alcune altre donne ves­
sate da uno spirito maligna61 ; per mezzo del suo cordone sono curate
varie malattie; moltiplica i viveri in una nave; conduce i naufraghi
al porto. Con somma devozione cerca di praticare tutto ciò che
Cristo fece nella carne62 e così attento alle singole azioni risulta che
nessuna di queste sfugge dalla sua memoria.

[14 v] R. Trascurato nel cenobio, cerca un amico di un tempo,


che lo riveste di una semplice tonaca.
- Del disprezzo degli uomini godendo,
rese servizi ai lebbrosi, che prima disprezzava.
V. In figura dei tre Ordini,
previo divino cenno, tre chiese restaurò.
-Del disprezzo degli uomini ...

[SESTA LETTURA.]
Infatti, due anni prima che il servo e amico di Dio France­
sco renda lo spirito al cielo, vide in una visione di Dio sopra di
lui un Serafino crocifisso, che impresse in lui così chiaramente i
segni della sua crocifissione, che sembrava crocifisso anche lui.
Le mani e i piedi e il costato furono sigillati con il marchio della
croce: in lui riecheggiano le operose stigmate di Cristo. Per quan­
to può, cerca di nasconderle dagli occhi degli uomini, affinché
nella grazia a lui concessa non capiti di subire un danna63. Nello

58 At 2,47.
59 Mt 21, 8.
60
Gv 2, 9.
61
Le 6,18; 8, 2.
62
At 1, 1; 1Pt 4, 1.
63
Rm 12, 3; 2Cor 7, 9.
110 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/1'0,dine dei Minori

stesso tempo il suo corpo è angustiato64 da un'infermità più ve­


emente del solito e quando si avvicina il giorno estremo, quasi
privato della luce e dell'uso degli occhi esteriori, come un tempo
il patriarca Giacobbe, incrociate le mani benedisse i ftgl/>5• Già è immi­
nente il giorno della morte, ordina che i frati per il suo transito
cantino lietamente le lodi al Signore. Lui stesso invero prorompe
al canto del salmo dicendo: «Con la mia voce ho gridato al Signore, con
la mia voce ho supplicato il Signore»66. Così anche prosegue il resto
del salmo. Si legge il Vangelo, indossa il cilicio, dicendo addio ai
suoi figli. Così quell'anima santissima si sciolse dalla carne ed è
assorbita nell'abisso della luce, il corpo si addormentò nel SignorrP.
La sua anima è vista da qualcuno ascendere in cielo, trasportata
da una nuvoleMa candida68, splendente come una stella. A frotte i
popoli accorrono da ogni luogo, la città di Assisi gioisce e ogni
regione si affretta. Piangono i figli a motivo della gioia del cuore
e baciano nel padre i segni del sommo Re. Si tumula in pace
il santissimo corpo e con inni e molte lodi terminano le sante
esequie.

(14 Vl] R. Ascolta nel Vangelo le parole che Cristo


dice ai suoi inviati a p,·edicarl'9: «Questo, dice, è quel che bramo!».
- Lieto, su queste parole si sostiene, fissandole nella memoria.
V Non usa né bastone né calzari né borsa70,
di corda si cinge, lasciate le duplici vesti.
- Lieto...
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
-Lieto ...

NEL TERZO NOTTURNO.

[15] ANTIFONA.
Alle parole di nuova grazia sollecito lega il suo cuore,
e una parola di penitenza semplicemente espone.
SALMO. Signore, chi (Sal 14).

64
Il verbo è all'imperfetto nel manoscritto di Siena.
65
Gn 48, 14-15.
66
Sai 141, 2-8.
67
At 7, 60.
68 Ap 14, 14.
69 Mc 3, 14.
10 Mt 10, 10.
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 111

ANTIFONA.
Pace, salvezza annuncia con lajo1za dello Spùito,
e alla vera pace associa i lontani dalla salvezza71 •
SALMO. Signore, ti re (Sal 20).

ANTIFONA.
Affinché sui nuovi figli si riversino i meriti del Santo,
insegna loro con nuovi moniti, la via della semplicità72.
SALMO. Del Signore è la terra (Sal 23).

(16] V La legge del suo Dio [nel suo ctfore].


R. E i suoi passi non vacilleranno73 •

[SETIIMA LETIURA.)74
Dunque, nel giorno in cui fu sepolto, sparse fulmini di segni.
Infatti, riportò ad uno stato conveniente una fanciulla curva e
assai contorta. Poi dovunque, ma soprattutto a coloro che ve­
nivano alla sua memoria75 e a coloro che erano afflitti da gravi
malattie, offre la grazia della salute. Molti contratti riporta al loro
stato normale: alcuni di questi portavano le gambe ritorte fino
alle natiche, alcuni raggomitolati stavano distesi con le ginocchia
attaccate al petto e con le gambe spezzate. Alcuni giacendo in let­
tini, non si muovevano se non trasportati da altri, altri invero con
le mani contratte e il resto delle membra inaridite, erano privati di
ogni conforto.A molti cechi restittù la vista, tra questi la diede ad
uno che non l'aveva mai avuta; invece ad un altro, poiché aveva
gli occhi riversi ali'esterno, appesi sopra la mascella per mezzo
di una sottile vena, li rimise al loro posto. Fece anche sentire i sordi e
parlare i mutz76, tra questi ad uno diede la lingua, che se l'aveva pri­
ma, per la sua eccessiva brevità a stento o mai poté essere vista.
Mondò due lebbrosi'7, di cui uno era anche paralitico, ma fu guarito
di entrambi i morbi. Da molti ossessi cacciò i demoni; per la
potenza di Cristo guarì idropici, paralitici e sofferenti di diverse
71
Is 52, 7.
72 Pr 10, 29; 11, 5.
73 Sal 36, 31.
74 Il ms. di Chicago fa precedere la pericope di Mt 11, 25: «In quel tempo
Gesù rispose dicendo: "Ti benedico, o Signore, Padre del cielo e della terra, perché hai nascoste
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai tivelate ai piccoll' ecc.»
75
Con 'memoria' si intende il luogo della sepoltura, "la sua Chiesa" come
esplicita il ms. di Chicago.
76
Mc 7, 37.
77
Le 7, 22.
112 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minon·

affezioni, di cui si ignora il numero.

[17 vn] R. Trebbiando nell'aia del disprezzo la spiga della carne78,


Francesco, mettendo in fuga79 le cose della terra,
-qual grano puro, scossa via lapula,
entra nei grana/3° del Sommo Re.
V Al pane vivo unito dalla morte,
vive nella vita, lasciata la vita81 •
- qual grano ...

[OTTAVA LETTURA.]
In verità, nella città di Capua resuscitò da morte un fanciullo
che, giocando con dei ragazzi, cadde nel fiume e il cui cadavere
a lungo il fango del fiume nascose a modo di un sepolcro. Nel­
la città di Sessa, crollando una casa, improvvisamente uccise un
giovane che all'invocazione del santissimo padre Francesco non
solo rivisse, ma anche apparve illeso. In Sicilia un altro giovane
riportò gloriosamente in vita da una morte simile. In Germania
invero resuscitò un altro morto. E altri sette, che già si avvicina­
vano alla fine della vita, trasse fuori dalle stesse fauci della morte.
In un istante guarì tanto mirabilmente alcuni da un deforme peso
ai genitali - tutti i loro intestini subivano un prolasso verso le
parti basse - che attoniti, ritenevano di essere illusi da un sogno
piuttosto che sperimentare un vero rimedio tanto veloce della
propria guarigione. Misericordiosamente liberò una donna, che
seffriva da ventitré anni dijlusso di sangue82; invero rese sana un'al­
tra, indebolita per sette anni dalla sofferenza dello stesso morbo.
Un chierico, che aveva bevuto un veleno mortale83 , per sua invocazio­
ne lo vomitò. Liberatore piissimo di molti prigionieri, «aprì le
carceri, sciolse le catene»84, permise di andar via liberi. Così i n
ogni parte del mondo, compiendo operosi miracoli, libera molti
da diverse sciagure per la potenza di colui che sempre amò, che
predilesse con tutto lo spirito85, che sempre portò nel cuore.

78
Dt 23, 24.
79
La versione più diffusa dell'ufficio ha terens («battendo»), mentre il ms. di
Chicago dà terrens («mettendo in fuga»).
80
Mt 3, 12.
81
Gv 6, 50.
82
Mt 9, 10.
8
3 Mc 16, 18.
84
Liturgia del Venerdì Santo, orazione XI.
85
Mt 22, 37; Le 10, 27.
Ufficio di Giuliano e l.eggenda liturgica dal ms. di Chicago 113

[17 vm] R. Dal granaio della povertà


san Francesco sazia la folla affamata di. Cristo,
.
affinché non venga meno per via86 • . . . .
-Apre il cammino verso la gloria ed amplia la vza della vzta87
V Grazie all'abbondanza . della povertà,
regna ricco ne11a patria_ ce1este88, . . . ,. .
mettendosi al posto dei re, che qw son ricchi solo d rndigenza.
-Apre il cammino ...
Gloria la Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
-Apre il cammino ...

(NONA LETTURA.]
Nell'anno dell'incarnazione del Signore 1226, il quarto giorno
delle none di ottobre una domenica89, compiuti venti anni in cui
[Francesco] aveva pe;fettamente a?er�to a Cristo, sciolto d� lacci
della vita mortale, felicemente migro a Cristo. Mentre � 1splen­
deva per la nuova luce dei miracoli, il sommo pontefice, il felice
papa Gregorio, con la Chiesa intera lo ascrive nel catalogo dei
santi e ordina di celebrare solennemente la sua festa nel giorno _
della sua morte.Amplia su lui molti benefici: ordina_ di costruir�
una chiesa in suo onore, ne paga la spesa; pone la prima pietra _ di
fondazione, esenta la chiesa da ogni giurisdizione i_nferiore. Invia
una croce d'oro ornata con pietre preziose, in cw sta cu� todit�
il legno della croce del Signore. Manda anc�e ornamentl e vas�
pertinenti al servizio dell'altare e a�che altri solenru paramentl
non meno preziosi. Glorifica anche il suo luogo con rndulgenze _
e numerose remissioni di penitenza, grazie ali� quali la fede e la
devozione del popolo cresce di più di giorno 11:1 giorno _ a lode e_
gloria di Dio Onnipotente90, che vive e regna ed è glorificato nez_ secolz_ dez
secoli. Amen91 .

[17 rx] R. Di sei frati settimo il pad�e, a�so�t? in celeste luce,


contempla i futuri eventi tra 1 Minori ffillliffio,
- qual sia del piccolo gregge l'esito92, chiaramente rimira.

86
Mt 15, 32.
87
Mt 7, 14.
88
Per patria si intende la 'patria celeste'.
89
La domenica 4 ottobre 1226.
90
Ap 16, 14.
91
Rm 1, 25; 16, 27; Ap 4, 9; 11, 15.
92
Le 12, 32.
114 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Mino1i

V. Che fin l'ultimo quattrino di sue colpe è rimesso 93


gli viene rivelato dal cielo94 .
- qual sia del piccolo ...
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
- qual sia del piccolo ...

[17 x] R. Gli arcani ai suoi rivelando, l'ottavo infine accoglie,


e alle diverse genti nel mandarli a due a due95,
- d'umiliarsi comanda e d'esser pazientt96 .
V. Il gregge si prostra annuendo,
il pastore li rialza e li accoglie al bacio gioiosi.
- d'umiliarsi comanda ...
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
- d'umiliarsi comanda ...

(17 XJ] R. «Andate! - dice - e confidate nel Signore,


in Colui che vi nutrirà91».
- Così ai frati preclude il sentiero fallace
e senza fine della cupidigia.
V. Così il cuore libero da preoccupazioni,
non affida il domam98 a moneta legata in cintura99•
- Così ai frati preclude ...
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
- Così ai frati preclude ...

[17 x.11] R. Tornati quelli che aveva mandati,


si compie la dozzina di frati;
allora, confermando al Santo la norma che aveva scritta,
- papa Innocenzo dà ordine di predicare.
V Della mina Francesco vuol far commercio100,
perché lo muove il calcolo del deposito datogli da far fruttare.
- papa Innocenzo ...

93 La versione più diffusa dell'ufficio da penitHs («del tutto»), mentre il ms. cli
Chicago, espungendo penitm, dà celitus («del cielo»).
94
Mt 5, 26.
95 Mc 6, 7; Le 10, 1.
96 1Ts 5, 14.
97
Sai 54, 23. Ma anche Sai 54, 18: «Riponi la tua fiducia nel Signore ed egli
avrà cura cli te»; cfr. VbF 29-30 (FF 368).
9
s Mt 6, 34.
99 Mc 6, 8.
100 Le 19, 13.
Ufficio di Giuliano e leggenda litt,rgica dal ms. di Chicago 115

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.


- papa Innocenzo ...

ALLE LODI
(18] ANTIFONA.
San Francesco, dopo tante orazioni,
fu istruito su cosa dovesse fare.
Non vivere solo per sé ma,
condotto dallo zelo di Dio, vuole ad altri giovare.
SALMO. Il Signore ha regnato (Sal 92).

ANTIFONA.
Da li1°1 , predicando si aggira1°2,
e lui che non istruito da uomo, diviene ai dotti oggetto di stupore:
pronuncia parole di virtù e una nuova milizia segue il nuovo condottiero.
SALMO.Acclamate (Sal 99).

ANTIFONA.
Tre Ordini egli ordina:
e chiama il primo dei Frati minori,
e delle Povere Dame si forma il mediano,
ma dei Penitenti il terzo comprende l'uno e l'altro sesso.
SALMO. O Dio, tu sei il mio Dio (Sai 62 e 66).

ANTIFONA.
Edotto dalla grazia ispiratrice, edotto dall'esperienza
su cosa attiene alla perfezione, tutto ciò insegna ai frati1°3 ,
sia coi fatti, sia con frequenti, dolcissimi sermoni.
SALMO. Benedite (Dn 3, 57-88 con Sai 56 ).

ANTIFONA.
Lodando esortò a lodare: la lode sempre gli fu abituale,
la lode, dico, del Salvatore;
invita gli uccelli, le bestie e le altre creature alla lode del Creatore.
SALMO. Lodate il Signore dai cieli (Sal 148).

101
La versione più diffusa dell'ufficio dà hic («costui»), mentre il ms. di Chi­
cago dà hinc («da lì»).
102
Mt 9, 35.
103
Gv 14, 26.
116 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori

CAPITOLO.
Sia da me lungi il gl01iarmi, [se non nella Croce del Signore nostro Gesù
Cristo, per amor del quale il mondo è per me crocifisso, ed io sono crocifisso
al mondo104•
R. Rendiamo grazie a Dio.]

[19] lNN0 105•


O turba poverella,
ricca di padre povero;
giubila e leva i calici
attinti al sacro petto.

Semplice, retto106, umile,


di pace cultore amabile,
lume che in vaso d'argilla107,
arde, risplende in [vaso] fragile.

Disprezzato 108 per vile aspetto,


ardente per santo soffio,
vince il freddo e le fiamme
quando di Cristo riceve le stigmate.

Carne e mondo calpestando,


mettendo in fuga i nemici maligni,
l'aurea corona meritò di vincere,
così come insegnò.

Povero e nudo lascia il mondo,


ma ricco entra nel cielo,
sparge doni di virtù,
agli infermi cura 109 le ferite.

1
� ") �. I, ,f, .\

104
Gal 6, 14. '· ,-
105
In margine nel ms. di Chicago, di una mano più recente : «Il signor Rai-
nero, maestro e cardinale diacono, compose questo inno».
106
Gb 1, 1. 8; 2, 3.
107
2Cor 4, 7.
108
La versione più corrente dell'inno dà contectus («coperto»), mentre il ms. di
Chicago dà co11ptempt11s («disprezzabile»).
tO? Àl margine nel ms. di Chicago, una mano più recente aggiunge: «scon-
figge, cioè cura».
Ufficio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 117

Padre dei veri poven110,


facci poveri di spirito111•
Rendici coeredi dei santi
strappandoci alla rovina.

Al Padre, al Fi�lio, allo Spirito Paraclito,


sia onore e gloria 12 e potenza;
per il merito di questo Santo
possiamo godere della vita eterna. Amen.

[20] [V. Prega per noi, beato Francesco.


R. Affinché siamo resi degni delle promesse di Cristo.]

[21] ANTIFONA AL BENEDICTUS.


O martire di desiderio, Francesco, con quanto impegno segui,
compatendo, Colui, la cui Passione trovi nel libro che apristi.
Tu, mentre contempli nell'aere il serafino posto in croce,
da quel momento nelle palme, nel lato e nei piedi
porti l'immagine delle ferite di Cristo.
Al gregge tuo provvedi, tu, che dopo il felice transito,
la carne già rigida e livida,
mostrasti all'aspetto trasfigu rata in gloria.
[CANTICO. Benedictus (Le 1, 68-79)]

[ORAZIONE.] O Dio, che per i meriti del beato Francesco...

A TERZA
[21b] CAPITOLO. Sia da me lungi il gl01iarmi, [se non nella Croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per amor del quale il mondo è per me crocifisso,
ed io sono crocifisso al mondo] 113•

[21a] R. Il Signore l'amò [e l'adornò.


- Lo rivestì della stola di gloria]114•
V La bocca del giusto [medita la sapien�a.
- E la sua lingua proclama la giusti zia] 1 5 •

110
Gb 29, 16.
111
MtS, 3.
112
Ap 5, 12-13.
113
Gal 6, 14.
114
Sir 6, 32.
115
Sal 36, 30.
118 Sezione seconda · Mon11111e11ti liturgici dell'Ordine dei Mino1i

A SESTA
[22] CAPITOLO. Su tutti coloro che seguiranno questa norma, sia pace e
misericordia, come s11 tutto 11sraele di Dio116 .

[22a] R. La bocca del giusto [medita la sapienza.


- E la sua lingua proclama la giustizia ] 1 17.
V La legge del suo Dio [è nel suo cuore.
- E i suoi passi non vacilleranno]118.

ANONA
[23] CAPITOLO. D'ora innanzi nessuno mi procutifastidi: difatti io porto
le stigmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signare nostro Gesù Ctisto
sia con il vostro spirito, fratelli.Amen.1 19

[23a] R. La legge del suo Dio [è nel suo cuore.


- E i suoi passi non vacilleranno] 1 20•
V Il Signore ha condotto [il giusto per i t·etti sentieri.
- E gli ha mostrato il Regno di Dio]12 1•

AI [SECONDI] VESPRl
ANTIFONA. San Francesco, e le altre. 122
SALMO. Il Signore ha detto (Sal 109), e gli altri.

[CAPITOLO. Sia da me lungi ...123.]

[24] (INN0 124.]


Splendore dei costumi, guida dei Minori,
Francesco conquista il premio:

116
Gal 6, 16.
117
Sai 36, 30.
118
Sai 36, 31.
119
Gal 6, 18.
120 Sai 36, 31.
121
Sap 10, 10.
122
Si tratta delle antifone delle lodi, mentre si usano i salmi dei primi vespri.
m Gal 6, 14.
124
Nel ms. di Chicago tutto l'inno è aggiunto dalla stessa mano a fondo
pagina. In margine, da una mano più recente: «Il signor Tommaso, maestro e
cardinale prete, compose quest'inno».
U
Jftcio di Giuliano e leggenda liturgica dal ms. di Chicago 119

in te che sei la Vite, è dato alla vita,


«o Cristo, redentore di tutti»125 •

Gioisca il frate: regna il padre,


concittadino ai cittadini del cielo;
cessi il lamento, canti il collegio,
«esulti il cielo di lodi»126•

Tolto alla terra, è donato al cielo:


lo attestano segni evidenti;
dunque vive, perché entrò in fossesso
«degli eterni doni di Cristo»12

Adempiti i voti terreni,


riporta doni di gloria,
e tu lo decori e tu l'onori,
«Dio di somma clemenza»128•

Costui seguano, a lui si stringano


quelli che escono dall'Egitto129 ;
con lui come guida, in chiara luce,
«avanzano i vessilli del Re »130 •

È insignito come guida degna


dal regale sigillo nella mano e nel fianco;
la luce diurna s'avvicina, la notte recede,
«già è sorto l'astro del giorno »131 •

È guida fidata, stella lucente:


conduce, riluce, le vie torte

125
«Christe, redemptor omnium» è ripreso sia dall'inno per Tutti i Santi (U.
CHEVALIER, Repertoritm1 f?y1m1ologic11111, n. 2959), sia da quello di Natale (ibidem,
n. 2960).
126
L'inno Exultet cae/1m1 lat1dibt1s appartiene al comune degli apostoli (ibidem,
n. 5832).
127
L'inno /Eterna Christi nHmera appartiene sia al comune degli apostoli (ibi­
dem, n. 598) che a quello dei martiri (ibidem, n. 598).
128
L'inno Suv11nae, Det1s, cle111entiae è cantato nel mattutino del sabato (ibidem,
n. 19636).
129
Sal 113, 1.
130
L'inno Vexi/Ja Regis prodeunt è cantato durante il tempo della Passione e
per le feste dell'Invenzione e dell'Esaltazione della santa croce (U. CHEVALIER,
Repe1to1ù11n f?ymnologim1n, n. 21481).
131
L'inno la111 /11cis orto sidere è cantato tutti i giorni a Prin1a (ibidem, n. 9270).
120 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori

evitando, rivelando
«a noi le gioie beate» 132 •

Tu, o guida, conduci il gregge 133 al Re,


tu che vinci l'astuto nemico;
conduci ed introduci anche noi
«alla cena del provvido Agnello» 134• Amen.

(24a] [V. Prega per noi, beato Francesco.


R. Affinché siamo resi degni delle promesse di Cristo.]

[25] ANTIFONA DEL MAGNIFICAT.


O uomo mirabile nei segni e neiprodigz135,
che scacci i morbi con i demoni di ogni specie 136;
predicando, rende capace l'orecchio degli uccelli silvestri
d'intendere 137 le sue parole.
O vita lodevole, con la quale la fede fu esaltata;
seppur defunto, anche molti morti richiama in vita.
Francesco, rendici coeredi dei cittadini del cielo
ai quali sei congiunto.
CANTICO. Magnificat (Le 1, 46-55).

[ORAZIONE. Dio, che per i meriti del beato Francesco ...]

132
L'inno Beata 11obis gaudia è cantato a Pentecoste (ibide1JJ, n. 2339).
1 33 Es 3, 1.
134
L'inno Ad coena/JJ Agni providi è utilizzato durante il tempo pasquale (U.
CHEVALIER, Reperto1it11J1 f(ymnologim!JI, n. 110).
135
Bar 2, 11; 2Cor 12, 12.
136 Mt 4, 24; Mc 1, 34.
137
Il ms. di Chicago dà incedentem («avanzando»), che noi correggiamo con
i11tendente111 («intendendo»), seguendo la versione più diffusa dell'ufficio.
Ufficio di Giuh'ano e leggenda liturgica dal ,m. di Chicago 121

(26] ANTIFONA 138•


Santo Francesco, affrettati,
vieni, padre, il passo accelera
verso il popolo, ch'è oppresso
e schiacciato sotto il peso
con paglia, fango e mattoni;
e, sepolto l'Egiziano sotto la sabbia139 ,
liberaci, sconfitta la colpa della carne.

ANTIFONA140•
Piangi, turba poverella,
grida al padre dei poveri:
questo lugubre sospiro,
padre Francesco, accogli,
e mostra a Cristo le stigmate
del lato, dei piedi e delle mani,
affinché conceda a noi orfani
di sì gran padre un vicario.

ANTIFONA141,
Salve, santo padre, luce della patria, esempio dei Minori142 ,
specchio di virtù, via di rettitudine, regola dei costumi:
dall'esilio della carne guidaci ai regni dei cieli 143•

138 Attribuita a Gregorio IX da Bartolomeo da Pisa.


139
Es 1, 14; 2, 12; 5, 7.
140
Attribuita a Gregorio IX dal crorùsta anonimo del ms. Città del Vaticano,
BAV, Vat. lat. 4354 (ultimo quarto del XIV secolo) e da Bartolomeo da Pisa.
141 Attribuita a Tommaso da Capua da Bartolomeo da Pisa.
142
Il testo latino usafar/JJa Minom!JI, cfr. l'introduzione di M. Bartoli.
10 Nella versione più diffusa dell'ufficio si trova anche questa antifona as­
sente nel ms. di Chicago: «Chiaror di cieli risplendette/ Un nuovo astro sfa­
villò/ Consacrato rifulse Francesco,/cui apparve il Serafino, / Segnandolo di
ferita / Nelle palme, nelle piante, nel lato, / Perché lo stampo della croce vuole
/ Portare in cuore, sul volto, nell'opera».
2

MESSA E SEQUENZE DI
SAN FRANCESCO

traduzione di
FILIPPO SEDDA
Per celebrare degnamente il loro santo fondatore nel gior­
no della festa, i frati Minori avevano anche bisogno di una
messa propria. La più antica conosciuta per San Francesco è
la messa Dilectus Deo (secondo l'incipit del suo introito).
Nella riforma lit11rgica d'Aimone de Faversham nel 1244 sono
preferite le messe Gaudeamus per il 4 ottobre e la stessa con
l'introito Os iusti per l'ottava, sapendo che questo introito era
anche quello di un 'altra messa propria. Queste tre messe antiche
hanno in comune la colletta, l'epistola, la secreta e la postco­
munione - senza dubbio le parti più anticamente composte,
forse al tempo della canonizZf1zione del 1228 - mentre variano
dall'una all'altra l'introito, il graduale, l'alleluia, il vangelo,
il versetto all'offertorio e alla comunione. Il testo qui tradotto
è stato editato in latino a partire dal manoscritto VI.G.38
della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli,
un messale destinato all'Ordine deifrati Minori, probabilmente
copiato tra il 1244 e il 1257.
Nella natività del beatissimo padre nostro Francesco
dell'Ordine dei frati Minori e in tutte le sue feste.

INTROITO
[1] Diletto a Dio e agli uomini, la cui memoria è una benedizione', ecco
che migra verso i regni celesti poiché, provato nella virtù, è trovato
fedeli nelle sue parole; perciò la sua eredità persevera in eterno3•
SAI.Mo.Nella stiafede e mansuetudine Dio l'ha fatto santo e lo ha eletto
fra tutti i viventt'1 .

COLLETTA
(2) Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua
Chiesa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a
sua imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre
della partecipazione ai doni celesti. Per [il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità con
lo Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.]

LETTURA DELL'EPISTOLA DEL BEATO PAOLO APOSTOLO AI


GALATI
[3] Fratelli, q11anto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del
Signore nostro Gesù Ctisto, per mezzo della quale il mondo per me è stato
crocifisso, come io per il mondo. In Cristo Gesù, infatti, non è la circoncisione
che conta qualcosa, né il prepuzio, ma l'essere nuova crealtm1. E s11 quanti
seguiranno questa regola sia pace e mise,icordia, e su tutto l'Israele di Dio.
D'ora innanzi nessuno mi sia molesto: difatti io porto le stigmate di Gesù
nel mio co,po. La grazia del Signore nostro GestÌ Cristo sia con il vostro
spùito,Jratelli. Amen5.

1
Sir 45, 1.
2
Sir 44, 21.
3
Sai 36, 18.
4
Sir 45, 4.
5
Gal 6, 14-18.
126 Sezione seconda - Monumenti h'turgici dell'Ordine dei Minori

GRADUALE
[4] Cristo ha purificato i suoi peccati e l'ha esaltato per la stia potenza.
Gli ha dato i/ testamento della vita e la sede di gloria negh6 eccelsi.
V. Nella moltitudine degli eletti avrà /a /ode
e, tra i benedetti, sarà benedetto1 in perpetuo.

ALLELUIA
[5] V. Luce vera che illumina ogni uoma8, Cristo Dio, infondi nei
nostri cuori la luce della tua verità per le preghiere di san Fran­
cesco; rallegrati madre nostra Gerusa/emme9, fondata sugli zajftn10 e
coronata di rose.

[VANGELO] SECONDO MATTEO


[6] In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Signore, Padre del cielo e
della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e /e
hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto davanti a te. Tutto
mi è stato dato da/ Padre mio. E nesstmo conosce il Figlio se non i/ Padre,
e nessuno conosce il Padre se non i/ Figlio e colui al quale i/ Figlio /o voglia
rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete i/ mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile
di cuore, e troverete ristoro per /e vostre anime. Il mio giogo infatti è soave e
il mio catico leggero» 11 .

OFFERTORIO
[7] O mio servo, ecco che ti ho costituito come capo tra i popolz; come
guida e precettore tra le nazionz12• Il mio spirito che è in te, e /e mie parole
che ho posto ne/ tuo cuore, non si ritirino dalla tua bocca e dalla bocca della
tua discendenza, dice il Signore, d'ora in poi e per /'eternità13 . Alleluia.

SECRETA
[8] Santifica i doni a te consacrati, Signore, e per l'intercessione
del beato Francesco purificaci da ogni macchia di colpa. Per ...

6
Sir 47, 11; 47, 13 (Vg).
7
Sir 24, 4.
8 Gv 1, 9.
9
Gal 4, 26-27.
10 Is 54, 11.
11
Mt 11, 25-30.
12
Is 55, 4.
13 Is 59, 21.
Messa Dilectus Deo e sequenze 127

COMUNIONE
[9] Il Signore è divenuto la mia farza14 e, nella sua abbondante mi­
sericordia, ha avuto pietà 15 di me, perciò, voi che amate i/ Signor-e1 6 ,
magnificate/o, poiché è buono, poiché eterna è /a sua misericordicP. Alleluia,
alleluia, alleluia.

POSTCOMUNIONE
[1 O] Preghiamo, Signore, che la grazia celeste accresca la tua
Chiesa, che tu hai voluto illuminare dei gloriosi meriti e dell'e­
sempio del beato Francesco. Per ...

14
Is 49, 5.
15
Is 54, 8.
16
Sai 96, 10.
17
Sal 105, 1.
La sequenza, un pezzo particolarmente apprezzato nell'Or­
dine dei frati Minori, è un canto strofico che prol�nga l'alle­
luia della messa. Tra le più antiche sequenze dedicate a san
Francesco, ne abbiamo scelte due, prescn'tte nello stesso tempo
dal capitolo di Strasburgo nel 1282: la Letabundus, atte­
stata a partire dal 1254 e attribuita al cardinale Tomm�so
da Capua dall'erudito Luca lP_addi�g, e la �aput d�acorus,
attribuita a Gregorio IX tra glz altn da Salzmbene dz Adam.
La prima era cantata sulla melodia della sequenza di Natale
Letabundus exsultet fidelis chorus. Il testo qui tradotto è
stato edito a partire dal manoscritto 389 della Stiftsbibliothek
di St. Gallen, un antifonario benedettino del terzo quarto del
xm secolo al quale la sequenZflfrancescana è stata ulteriormen­
te aggiunta. La seconda, con un forte tenore escatolog/co, era.
cantata con almeno due melodie, riportate nel manoscntto 2 dz
Fondo musicale di Cappella della Biblioteca comunale d'Assisi,
un graduale copiato verso il 1295 a pmtire dal quale il testo qui
tradotto è stato edito.
Messa Dilectus Deo e sequenze 129

ALLELUIA.
O patriarca dei poveri, Francesco, per le tue preghiere aumen­
ta il numero dei tuoi nella carità di Cristo, loro che, incrociando
le mani, da cieco come Giacobbe morente, tu hai benedetto 18 •

SEQUENZA
Pieno di gioia 19 ,
il clero celebra Francesco,
Alleluia!

Lui che ha confitto


il vero amore dei nuovi chiodi,
cosa mirabile!

Lo spirito è celato20 nella carne,


in un nuovo modo ha brillato
il Sole dalla stella.

L'uomo, che così e rifiorito,


gli uccelli ammonisce con la voce
sempre chiara.

Come Cristo ha insegnato


tenne alla povertà
in forma similare.

Costui la prole, che ha generato,


non volle possedesse
questi beni corrotti.

Ormai in cielo giubila,


di nuovi segni risplende
nella nostra valle.

Son rinnovati gli occhi,


la lingua del piccolo crebbe,
consumata la carne.

18 Gn 48, 1 415.
-
19 Attribuita al cardinale Tommaso da Capua, la sequenza s'ispira aUa prosa
di Natale Letabund11s ex11/tetfidelù choms.
20 Il ms. di St. Gallen ha latuit al posto di patuit (è visibile).
130 Sezione seconda - Monumenti liturgici dell'Ordine dei Minori

La bocca dei mut!: 1 si scioglie,


la vita è resa due volte 22,
l'eresia si convince
essere cieca.

La lebbra cede23, saltano


gli zoppi2-4, fuggono lefebbri,
molti regni sentono
queste cose predette.

La prosperità del sultano


ha disprezzato e l'asprezza,
ma non lo insultò
la rrùsera gente.

Mostrano le ferite,
le novità che dona
Colui che ha generato
la puerpera. Alleluia.

21
Sap 1 O, 21. .
. .
22
Il ms. cli St. Gallen ha binis al posto d1 v111/tts (a mola).
23 li ms. cli St. Gallen ha cedit al posto cli J11git (fugge).
24
Is 35, 6.
Messa Dilectus Deo e sequenze 131

ANCORA UN'ALTRA SEQUENZA DEL BEATO FRANCESCO CHE FA


IL SIGNOR PAPA GREGORIO IX

L'ultima testa del dragone,


portando la spada vendicatrice,
contro il popolo di Dio
suscita la settima guerra2 5•

Contro il cielo si erge


e si sforza d'attirare
la più grande parte delle stelle
tra il numero dei dannati26 •

Ma dal fianco di Cristo


un nuovo legato è inviato,
nel cui sacro corpo
si scorge il vessillo della croce.

Protetto dallo scudo della fede,


armato dell'elmo della speranza, usa
la spada della Parola, l'uomo
è cinto della cintura di castità27

Francesco, inclito principe,


porta addosso il segno regale
e celebra un concilio
per tutte le regioni del mondo
contro gli scismi del dragone.

Ordina un triplice esercito


di soldati pronti a combattere
per fugare l'esercito
e le tre truppe di demoni
che il dragone sempre forti6ca28 •

Su ordine del re, si affretta


verso le gioie eterne
perché gli stipendi dei soldati
san Francesco esiga.
25
Ap 12, 3.
26 Ap 12, 4.
27
1Ts 5, 8; Ef 6, 16-17.
28 Ap 16, 13-14.
132 Sezione seconda - Monumenti liturgici de/l'Ordine dei Minori

Facci, Padre piissimo,


eredi della grazia del Padre,
perché del padre possano i figli
essere consorti di gloria.
Amen.
Sezione terza

LEGGENDE LlTURGICHE
DELL'ORDINE DEI
FRATI MINORI
3

TOMMASO DA CELANO

LEGGENDA DEL BREVIARIO


DI SANTA CHIARA

traduzione di
FILIPPO SEDDA
TI manoscritto conosciuto con il nome di <rBreviario di santa
Chiara;> è in realtà un breviario-messale (in quanto mischia
efftci e messe) di molto poco successivo al 122�, che fu in uso _
nella comunità femminile di Chiara presso zl monastero dz
San Damiano d'Assisi e dove è ancorn oggi conservato. Ai Jf.
277va-278va, nove lezioni sono state aggiunte per la festa di
san Francesco, dalla stessa mano del resto del volume, senza il
testo dell'tifflcio. Le lezioni sono estratte dalla Vita del beato
Francesco di Tommaso da Celano(§ 1-4 e 109-114), 1ichie­
sta da Greg01io IX e da lui confermata il 25 febbraio 1229.
Mentre le prime tre letture insistono sulla giovinezza dissoluta
di Francesco e contengono l'inizio della sua conversione, le sei
ultime sono centrate sulla morte, con la desm·zione del suo corpo
stigmatizzato.
Nella festa di san Francesco

PRIMA LETI'URA.
Vi era un 11omo 1 nella città di Assisi, che è sita nella valle spo­
letana, di nome Francesco. Fin dai primi anni della sua infanzia,
fu allevato dai genitori secondo la vanità del mondo e imitando a
lungo la loro misera vita, lui stesso divenne ancor più vano e in­
solente. Infatti, questa pessima consuetudine si è diffusa dapper­
tutto tra coloro che si dicono cristiani, così questa dottrina per­
niciosa, come una legge pubblica, ovunque si fortifica e prescrive
di dedicarsi ad educare i propri figli fin dalla culla con eccessiva
tolleranza e dissolutezza. Per primo quando iniziano a parlare o
a balbettare, con gesti e parole si insegnano a fanciulli appena
nati cose vergognose e deprecabili. E quando sopraggiunge il
tempo dello svezzamento, sono spinti non solo a dire, ma a�che
a fare cose piene di dissolutezza e lascivia. Nessuno osa, sp10to
dal timore della sua età, a comportarsi onestamente, perché per
questo sarebbe sottomesso a dura disciplina. Ben a ragione, per­
tanto, afferma un poeta pagano: «Poiché siamo cresciuti tra le
esperienze dei genitori, perciò tutti i mali ci accompagnano dalla
fanciullezza»2• E si tratta di una testimonianza vera: quanto più
i desideri dei parenti sono dannosi ai figli, tanto più essi li se­
guono volentieri! Ma anche quando raggiungendo un'età un_p�'
più matura, spinti da loro stessi, sbandano verso opere pegg1on.
Infatti, da una radice guasta cresce un alberrJ difettoso e ciò che
una volta è degenerato, a stento si può ricondurre ad una rego­
la equa. Quando, invero, varcano la soglia dell'adolesc �n�a, eh�
cosa pensi che diventino? Allora fluttuando senza dubbio 10 ogru
genere di dissoluzione, in quanto è loro permesso fare quello che
piace, si abbandonano con ogni zelo a dedicarsi alle scelleratezze.

SECONDA LETTURA.
Facendosi così per servitù volontaria schiavi del peccato4, espon­
gono, in effetti, tutte le loro membra come armi di iniquità5 e non
manifestando in se stessi, nella vita e nei costumi, nulla della reli­
gione cristiana, si curano solo del nome di essere cristiani6 • Spes-
1 Gb 1,1.
2
Cfr. SENECA, ad ù1ci/ù1v1, lib. Vl, ep. 8, ed. O. HENSE, in L A,maei Senecae ad
ù1cili11m epist11/art1111111ora/i11m q11ae mpers1111t, Leipzig 1914, p. 17.
3 Rm 11, 16; Mt 7, 17.
4 Rm 6, 19-20; Gv 8, 34.
5 Rm 6, 13.
6 Il testo latino porta 'christianitas' che preferisco tradurre non con il sem-
138 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Mino1i

so i miseri millantano di fare peggio di quello che hanno fatto,


per sembrare più spregevoli di coloro che sono più innocenti 7.
Questi sono i miseri rudimenti a cui quest'uomo, che oggi vene­
riamo - in quanto veramente è santo! - era spinto dall'infanzia
e fin quasi al suo venticinquesimo anno sciupò miseramente il
suo tempo. Anzi, progredendo fortemente in queste vanità sopra
rutti i suoi coetanei, era più abbondantemente promotore di mah9 e
emulatore 10 di stoltezze. Era di ammirazione per rutti, sembrava"
di precedere gli altri nello sfarzo della vana gloria: nei giochi,
nelle raffinatezze, nelle parole scurrili e sciocche, nei canti, nelle
vesti sfarzose e fluenti. Poiché era molto ricco ma non avaro,
anzi prodigo; non accumulatore di denaro, ma dissipatore di so­
stanze12; mercante avveduto, ma il più vano dispensatore13• Inoltre,
era un uomo dal modo umano, abile e affabile, sebbene a suo
svant�!f /o'4. Pertanto, per questi motivi molti si schieravano appunto
con lut1 , fautori di iniquità e cattivi istigatori. Così, circondato da
una frotta di facinorosi, avanzava altero e generoso, facendo un
cammino in mezzo alle �iazze di Babilonia16, fino a quando Dio dal
cielo rivolge il suo sgi,ardo' verso di lui, per il suo nome allontana da lui
la sua ira e mette nella sua bocca la sua lode,perché non pe,isse18 del rutto.
La mano del Signore sifece,dunque, su di lut19 e la destra dell'Altissimo
lo trasjormò2°, perché, per suo mezzo si desse ai peccatori la fiducia
di rivivere nella grazia e fosse per rutti un esempio di conversione
a Dio.

TERZA LETIURA.
Ecco dunque quando quest'uomo ancora ardeva nel pecca-

plice aggettivo 'cristiani' ma con 'essere cristiani' per esprimere meglio il senso
di appartenenza e la concretezza del suffisso sostantivante '-itas'.
7
Cfr. SANr'AGOSTINo, Le OJ11jessio111; Il, 3, 7, ed. M. SKUfEU..A e M. PE.u.EGRINo,
(Opere cli sant'Agostino, 1), Roma 1969, pp. 42-44.
8 Gal 1, 14.
9
2Mac 4, 1.
10
2Mac 4, 2; Gal 1, 14.
11
La VbF (PF 322) ha 11itebat11r (si sforzava) al posto cli videbatur (sembrava).
12
Le 15, 12-13.
n Le 12, 42.
14
Sai 21, 3.
15
1Mac 2, 31; Ger 11, 10 e 13, 10.
16
Ger 50, 8; 51, 6; SANT'AGOSTINO, Le Co11Jessio11i, II, 3, 8, p. 44.
17
Sai 32, 13.
18 Is 48, 9.
19
Ez 1, 3.
20
Sai 76, 11.
Leggenda del brevian'o di santa Chiara 139

to con passione giovanile e la scivolosa età lo trascinava senza


moderazione ad illustrare21 le tendenze giovanili e, non potendo
controllarsi, era rapito dal veleno dell'antico serpentrl2, la vendetta
o piuttosto l'unzione divina è all'improvviso su di lui e comincia
a richiamare la sua coscienza erronea infliggendo angustia nell'a­
nimo e infermità nel corpo, secondo il detto profetico: Ecco io
assedierò la tua via di spine e la circonderò con un mtml-3. Colpito così a
lungo da una malattia, come è necessario alla caparbietà degli uo­
mini che non si corregge se non con i castighi, cominciò tra sé a
pensare24 diversamente dal solito. Già ripresosi un po' e appoggia­
to ad un bastone, per recuperare le forze iniziando a passeggiare
qua e là per la casa, un giorno uscì fuori e iniziò ad ammirare con
più attenzione la campagna circostante. Ma la bellezza dei campi,
l'amenità dei vigneti e rutto ciò che è bella25 non poté in alcun modo
dilettarlo. Inoltre26 , era meravigliato di questo repentino muta­
mento e riteneva assai stolti gli amatori delle cose dette sopra: da
quel giorno perciò cominciò a svilire se stesso e a disprezzare ciò
che prima aveva ammirato ed amato.

QUARTA LETIURA.
Erano ormai trascorsi vent'anni dalla sua conversione, come
gli era stato reso noto per volontà divina. Infatti, poiché il bea­
to Francesco e frate Elia in quel tempo dimoravano a Foligno,
una notte, quando si addormentò, si presentò a frate Elia un
sacerdote bianco-vestito, grande e avanzato in età e di aspetto
venerando, che gli disse: «Alzati, fratello, e di' a frate Francesco
che, essendosi compiuti diciott'anni da quando, rinunciando al
mondo, restò fedele a Cristo e, restandogli in questa vita solo
due anni ormai, entrerà nella via di ogni carne27 , poiché il Signore lo
chiamerd-8 a sé». Così accadde che quanto la pc,rola del Signore ave­
va annunciato lungamente prima, si compr9 nel tempo stabilito.
Dunque, quando riposava da pochi giorni in quel luogo da lui

21
VbF (FF 322) porta explenda («soddisfare») al posto cli exm,pla11da («illu-
strare»).
22
A p 20, 2.
23 Os 2, 6.
24
Le 12, 17.
25
Gn 3, 6.
26
VbF (FF 323) ha propterea («dunque») al posto di prelerea («inoltre»).
27 Gs 23, 14.

28 Gn 3, 9.

9 2Cr 36, 21.


2
140 Sezione terza - Leggende h"turgiche dell'Ordine dei Mino,i

tanto desiderato, e conoscendo che il tempo della morte era'0 ormai


imminente, chiamò a sé due suoi frati e figli prediletti, ordinando
loro che a piena voce cantassero le lodi al Signore nell'esultanza' 1
dello spirito per l'approssimarsi della morte, anzi della vera vita.
Egli poi, come poté eruppe in quel salmo di David: Con la mia voce
al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore32.

QUINTA LETTURA.
Uno dei frati che assistevano e che il Santo amava di assai
grande amore, molto sollecito verso tutti i frati, qu_ar:ido o�se �va­
va questo e conoscendo che la fine del santo era vicina, gli disse:
«Benigno padre, ohimè ormai i figli rimangono senza padre3 3 e
sono privi della vera luce34 dei �oro] occhi! Ricordati, �u�que, degl t
otfan? che lasci e, perdonando tutte le loro colpe, sia ai pre� e?u
sia agli assenti, a tutti dona il conforto della tua santa �enediz1 _o­
ne». E il Santo gli disse: «Ecco, io sono chiamato36 da D10, o figlio.
Ai miei frati sia presenti che assenti perdono tutte le offese e
i peccati e li assolvo, come posso; tu, annunciando questo, be­
nedicili tutti da parte mia». Poi comandò di portargli il codice
dei Vangeli e chiese gli fosse letto il brano del Vangelo secondo
Giovanni, dal quel punto che inizia: Sei giorni prima della Pasqua,
sapendo Gesù ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre37•
Questo stesso Vangelo si era proposto di leggergli il ministro,
ancora prima che glielo ordinasse; questo passo si presentò alla
prima apertura del libro, sebbene fosse una Bibbia. i �tera e_ �om­
pleta, da cui quel Vangelo doveva essere letto. Or� o perc10 che
gli si mettesse indosso il cilicio e venisse cosparso di cenere dato
che presto sarebbe diventato terra e cenere38.

SESTA LETTURA.
E mentre molti frati convenut?9 , di cui egli era padre e guida40, sta­
vano ivi raccolti con riverenza e attendevano tutti il beato <dransi-

30
Eb 9,9.
31
Sal 106, 22.
32
Sai 141, 2-8.
33
Lam 5, 3.
34
lGv 2, 8.
35
Gv 14, 18.
36
lSam 3, 4, 8-10; Is 49,1.
37
Gv 13, 1. Per errore le prime due parole derivano da Gv 12, 1.
38
Sir 10, 9; 17, 31.
39
Dt 31,11.
40 At 14, 11.
Leggenda del breviano di santa Chiara 141

t(J» e la benedetta consumazione41 , quell'anima santissima si sciolse


dalla carne, assorbita nell'abisso della chiarezza, il corpo s'addor­
mentò nel Signore42 . Poi, uno dei suoi frati e discepoli, non poco
celebre per fama, del quale ora ritengo di tacere il nome perché
mentre vive nella carne43 non vuole gloriarsi di un sì grande privile­
gio, vide l'anima del santissimo padre44 salire direttamente al cielo45
al di sopra di molte acque46 . Era, infatti, come una stella47, che aveva
in qualche maniera l'estensione della luna, ma in qualche modo
conservava lo splendere del Sole48 , trasportata da una candida nuvo­
letta49 . Sia lecito, dunque, esclamare su questo così: «O quanto
glorioso è questo Santo, di cui un discepolo contemplò l'anima
ascendere in cielo! Bella come la luna, eletta come il sole5°, mentre ascendeva
in mezzo ad una nube candida risplendeva assai gloriosamente. O
vera lucerna del mondo, che rifulgr1 più splendidamente del sole
nella Chiesa di Cristo52 , ecco già ci hai sottratto i raggi della tua
luce53 e, ritirandoti in quella luminosa patria, hai scambiato la
compagnia di noi miseri mortali con quella degli ange/fA e dei santi!
O fecondità gloriosa di insigne annuncio, non lasciare la cura
dei [tuoi] figli, sebbene sia ormai lasciato dalla carne del tutto
simile a loro. Tu sai veramente, veramente sai in quali pericoli li
hai lasciati, la tua sola benevola presenza in ogni momento loro
confortava misericordiosamente nelle loro innumerevoli fatiche
e nelle frequenti prove.

SETTIMA LETTURA.
O padre santissimo, veramente misericordioso, che eri beni­
gnamente pronto ad avere pietà e a perdonare i tuoi figli pecca-

41 Sir 33, 24.


42
At 7, 59.
43
Gal 2, 20.
44 GRÉGOIRE LE GRAND, Dialogues, 11, 37 (Vie de saint Benofl), ed. A. DE VoGOÉ
(Sources chrétiennes, n. 260), voi. 2, Paris 1979,p. 244; SuLPICE SÉVÈRE,ùttre 2,
4, in Vie de saint Martin, ed. J. FONTAINE (Sources chrétiennes, n. 133), voi. 1,
Paris 1967,p. 326.
45
Gs 8, 20.
46 , Sai 28, 3.
47
Sir 50, 6.
48 1Cor 15, 41.
49
Ap 14, 14; 1Re 18, 44.
5° Ct 6, 9.
51
Mt 5, 15-16; Gv 5, 35.
52
Rm 16, 16; Ef 5, 23.
53
Vedi la sequenza di Pentecoste: «raggio della tua luce».
54
Eb 12, 22.
142 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Min01i

tori55! Ti benediciamo56, dunque, padre amoroso, a te che benedisse


l'Altissimo, il juale è sempre Dio benedetto su tutte le cose57. Pertanto si
fece un concorso5 di molti popolt59, che lodavano Dio e dicevana6°: «Lodato
e benedetto sii tu61 , Signore nostro Dia62, che a noi indegni hai affidato
tale prezioso deposito. Lode e gloria sia a Te, Trinità ineffabile!».
A frotte accorse tutta la citta'3 d'Assisi e tutta la regione64 si affretta
per vedere i prodigi di Dia65, che il Dio della maesta'6 gloriosamente
manifestò nel santo suo servo. Ciascuno cantava un cantico di
letizia, come il gaudio del cuore67 gli suggeriva, e tutti benedice­
vano l'onnipotenza del Salvatore riguardo al desidetio adempiuta68•
Tuttavia i figli si dolevano d'essere stati privati di un tale padre e
mostravano il pio affetto del cuore con lacrime e sospiri. Ma un
gaudio inaudito temperava la mestizia e la novità del miracolo
mutava le loro menti in uno straordinario stupore. Il lutto è cam­
biato69 in cantico e il pianto in giubilo. Infatti, mai avevano udito
né letto nelle Scritture quello che ora era mostrato con gli occhi
e quello che potrebbe persuaderli a stento se non fosse provato
da una testimonianza così evidente.

OTTAVA LETTURA.
In verità, in Francesco risuscitava70 la forma della croce e della
passione de/l'Agnello immacolato71 che lavò i crimini del mondo72: sem-

55
Cfr. l'orazione che segue la litanie dei santi: «Dio, che sempre sei pronto
alla misericordia e a perdonare».
56
Tob 8, 17; Gn 27, 27.
57 Rm
9, 5.
58
At 21, 30.
59
lvli 5, 7-8.
60
Le 2, 13.
61
Dn 3, 57.
62
Dn 3, 26; Sai 40, 14; 71, 17, ecc.
63
Mt 8, 34 ; SULPlCE SÉVÈRE, Lettre 3, 13, in Vie de saint Martin, p. 342.
64
Mt 3, 5.
65
At 2, 11; Sir 17, 11.
66
Is 2, 10.
67
Lam 5, 15.
68
Fil 4, 19.
69
Est 13, 17.
70
VbF (FF 516) ha resultabat («riecheggiava») al posto di resHscitabat («risu­
scitava»).
71 1Pt 1, 19.

7 2 Ap 1, 5; Gv 1, 29; e anche l'antifona al Benedictus della festa dell'Epifania:

«Cristo ha lavato i suoi crimini».


Leggenda del brevian'o di santa Chiara 143

brava .co �e �pp�na. deposto73 dalla croce, avendo le mani e i piedi


trafitt.t dai chiodi e il lato destro come ferito da una lancia74 . Vede­
v� no appunto la sua .carne, che prima era bruna, risplendere ora
di un candore eccessivo e dalla sua bellezza annunciare il premio
della beata resurrezione. Ammiravano, infine, il suo volto come
il volto di un angelo75, quasi fosse vivo e non morto, e le altre sue
membra divenute morbide e flessibili come quelle di un bimbo.
Non s<)110
, . c �)Otratti i suoi nervi, come suole accadere per i morti,
non e rndun �a la pelle, non sono divenute rigide le membra, ma
[potevano] girarsi qua e là come si disponevano! Mentre davanti
a tutti coloro che guardavana76 risplendeva per sì meravigliosa bellez­
za e la sua carne sijaceva semp�e pz � sp(endent�77, e:·a �eravi�lioso
scorgere al centro delle sue manze piedi, non 1 fon det chiodi 8, ma
i chiodi medesimi formati dalla sua carne che manteneva la ne­
rezz� �el fer�� e il la �o destro imporporato dal sangue. E quei
segru di maruno non incutevano orrore allo spirito di coloro che
vedevano, bensì conferivano molto decoro e grazia, come tessere
nere in un pavimento candido.

NONA LETTURA.
I suoi frati e figli accorrevano e piangendo baciavano le mani
e i pie� del . padre pi<_:> che . li aveva lasciati, ed anche quel lato
destro, m cm la sua piaga ricordava quella celebre di Colui che
da quel luogo, effondendo sangue e acqua79, aveva riconciliato il mon­
da80 con il Padre. Ognuno del popolo stimava che gli fosse of­
ferto un grandissimo privilegio se riusciva non tanto a baciare
ma anche solo a vedere le sacre stigmate di Gesù Cristo che san
Francesco portava nel suo corpo81 • Chi, infatti, vedendole avrebbe
pi �n.to piuttosto che gioit ?? E se piangesse, non lo farebbe per
letizia piuttost<_:> che per tristezza? _Q?al petto di .ferro non sareb­
be mosso al pianto, quale cuore dt pzetra82 non si sarebbe sciolto

73 Le 23, 53.
74
Gv 19, 34.
7 5 At 6, 15; SuLPJCE SÉVÈRE, Lettre 3, 17, p. 342.

7 6 Es 33, 10.

77 Mc 9, 2; SULPJCE SÉVÈRE, Lettre 3, 17, p. 342. VbF (FF 516) ha ca11d1dior

(«più bianco») al posto di .rplendidior («più splendente»).


78
Gv 20, 25.
79
Gv 19, 34.
80 Rm 5, 1O; 2Cor 5, 19-20. Possibile allusione alla sequenza della messa di
Pasqua 2, 2-4: «Cristo innocente ha riconciliato al Padre i peccatori».
81
Gal 6, 17.
82 Ez 11, 19; BEJU'o/ARD DE CLAIRVAUX, Sem,o, Dominica ùifra octava!JJ Ass1111 tionis,
,p
15, ed. H. LECLERCQ e H.-M. ROCHAJS (S. Bernardi opera, 5), Roma 1968, p. 274.
144 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori

alla compunzione, non si sarebbe acceso all'amore divino, non si


sarebbe armato della divina volontà83 ? Chi è tanto ottuso o tanto
insensibile da non comprendere in maniera lampante che quel
Santo, come era insignito sulla terra di così singolare dono, così
sarebbe ma gnificato in cie/084 da ineffabile gloria? O dono davvero
singolare e indizio di predilezione privilegiata, che il cavaliere sia
onorato con quelle stesse armi di gloria che per l'eccellentissima
dignità si addicono al solo re!

83 VbF (FF 518) ha bonat11 («buona») al posto di divinati/ («divina»).


84 Is 33, 5.
4

TOMMASO DA CELANO
E UN ABBREVIATORE

LEGGENDA LITURGICA
VATICANA PER L'OTTAVA

traduzione di
FILIPPO SEDDA
La riforma della liturgia de/l'Ordine dei frati Minori operai � dal
ministro generale Aimone da Faversham nel 1244 prevedeva dz pro­
lungare la festa del 4 ottobre di sa� France� co per: un'o�ava. Per
provvedere ai notturni dei sette gior�z dur �n�e z qua/z om:az. era c�m­
memorata l'historia del Santo (prima dt npetere le lezzom del dies
natalis a/l'ottavo giorno), si doveva disporre di sessantatré lezionz:
1/ manoscritto Reg. lat. 1738 della Biblioteca Apostolica Vaticana,
un brevian·o minoritico, offre una soluzione originale nel suo efftcio
di san Francesco: per le prime sei lezioni utilizza degli estratti della
Vita del nostro beato padre Francesco (l'abbreviazione della
Vita del beato Francesco composta dallo stesso Tommaso da Ce­
lano). Poi lo scriba, che fin qui probabi/mente s'ispira ad un breviari�
antecedente, si trova a corto di materiale e introduce a questo punto zl
commento di Gregor·io Magno sul Vangelo dell'invio dei discepoli in
missione. Infine, in due blocchi successivi previsti per «l'ottava;> e «la
settimana», senza più indicare la separazjone delle lezi� �i) riassume
direttamente la Vita del beato Francesco fino alla vzszone del car­
ro di fuoco, senza dubbio non avendo a sua disposizione il resi� de!la
Vita del nostro beato padre Francesco. Tutte queste lezioni (e
non l'efftcio che le contiene) sono stati resi q�asi itnpo� s�bi/i da leggere
per rasura di alcune lettere, per cotiformarst a( la �ecmone d� / � 266
che prevedeva la soppressione delle leggende /zturgzche antenon alla
Leggenda minore di Bonaventura.
PRIMA LETIURA.
L'uomo di Dio Francesco, oriundo della città di Assisi, che è
sita nella valle Spoletana, dalla sua giovinezza fu allevato in modo
insolente secondo la vanità del mondo. Egli, avendo seguito da
insolente i primi rudimenti dei suoi genitori, fin quasi al suo ven­
ticinquesimo anno sciupò il suo tempo, vivendo vanamente al
punto che, tra coloro che seguivano le misere lusinghe del_ mon­
do, era considerato il più vano e insol_ente. Infat �, bench _é il buo?
Dio lo avesse custodito per sua grazia da quegli enornu peccati,
per cui gli uomini corrompono in modo particolare la propria
origine e degenerano dall'onore della propria �atura, progreden _do
nel male così tanto su tutti i suoi coetanei nelle varutà e nelle facezie,
pretendeva l'ammirazione in tutti i suoi gesti. Inf atti, e�a molto
ricco, ma non avaro, anzi prodigo, non accumulatore d1 denaro,
ma il più vano dispensatore. Per il fatto che egli si dedic �va all �
mercatura e viaggiava per varie regioni, portando cataste di panru
da vendere, molti conoscevano la compiacenza della sua umani­
tà, per la quale il medesimo uomo godeva di amicizia nel genere
umano.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi]2.

SECONDA LETIURA.
Ma per il fatto che procedeva con un'indole così avversa, la
sua conversione a Dio fu di esempio ai posteri: si posò su di lui la
mano del Signore3 e la destra de//'A/tissimo4, affliggendo il suo corpo
con continue malattie e allettando l'animo con l'unzione dello
Spirito santo. Subito fu convertito in un altro uomo e non poteva
rallegrarsi di quelle cose a cui era a�ituato; infatti, _tutto ciò _eh
<;
prima lo aveva dilettato, in seguito gli procurava noia. Ma po1che
i casi favorevoli tirano su e i flagelli buttano giù, quando riacqui­
stò un po' delle forze del corpo, bramando ancor di più i favori
del mondo, stabilì di unirsi ad un nobile di Assisi che preparava
una spedizione militare diretta in Puglia.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].

1 Gal 1, 14.
2 Il pronome 'Tu' o la lettera 'T' nei manoscritti indica la formula rituale
ripetuta alla fine di ciascuna lettura: «Anche tu, Signore, abbi pietà di noi», che
noi restituiamo.
3 Ez 1, 3.
4 Sai 76, 11.
148 Sezione terza - Le ggende litu rgiche dell'Ordine dei Mi1101i

T
[TERZA] LE IURA.
Quando si dedicò con ogni determinazione ad andare con lui,
una notte vide in una visione una casa piena di armi cavallere­
sche, che era solita essere occupata solo di cose da vendere. Men­
tre ammirava tutte queste cose, una voce gli è giunta nel sonno
dicendo che quelle armi sarebbero state sue e dei suoi cavalieri.
Ma quando si alza, inizia a intiepidirsi rispetto al suo proposito
anche per il suo inspirato mutamento, non sapendo, silenzioso
si meravigliava tra sé e sé. Già si dedica perciò a dirigere la sua
volontà verso quella divina e sottraendosi un poco dal tumulto
del mondo e dalla mercatura, si affanna di custodire Gesù Cristo
nell'uomo interiore.

[QUARTA] LETTURA.
Desiderava che nessuno sapesse ciò e chiedeva consiglio solo
a Dio nel suo santo proposito. Ad un certo suo amico parlava
con discorso enigmatico di aver trovato un tesoro, il quale chia­
mava spesso con lui nei luoghi più segreti, ma entrava solo in una
cripta nella quale pregava il Padre in segreto5• E così colmato della
gioia divina, non potendo contenere l'ardore dello Spirito, rifiuta
di andare in Puglia e rivela che avrebbe compiuto grandi cose
nella propria patria. Ed interrogato se volesse prendere moglie,
promette che lui a breve avrebbe preso la più sapiente, bella,
amabile, che si fosse mai vista.
Anche tu, Signore, abbi pietà di noi.

QUINTA LETIURA.
Ma un giorno, mentre pregava, gli fu rivelato dal Signore che
cosa lui dovesse fare, ormai non contenendosi per la letizia, dopo
aver preso con se i panni preziosi per venderli, giunse in tutta
fretta alla città chiamata Foligno. Qui dopo che secondo l'abitu­
dine vendette tutto ciò che portava, diversamente dall'abitudine
l'abile mercante lascia il cavallo, su cui allora sedeva, dopo averne
ricevuto il prezzo. Convertito interamente alle opere di Dio in
modo rapido e straordinario, sentendosi gravato da quel denaro
anche a portarlo per un ora e reputando come sabbie/' ogni suo
profitto, diede quel denaro ad un povero sacerdote, che stava in
una chiesa vicino Assisi, ad uso dei poveri.

5
Mt 6, 6.
6 Sap 7, 9.
Leggenda litur gica vaticanaper l'ottava 149

SESTA LETTURA.
Poiché il sacerdote non volle ricevere quel denaro, libero7 dal
timore e stupito dalla mirabile conversione delle cose, da vero
dispregiatore del denaro, gettandolo in una finestra, lo disprezzò
come rolvere. Perciò il padre udendo queste cose empie,jù assai
turbato dall'inatteso fatto e, venendo nel luogo dove il servo di
Dio dimorava, lo cercò ma non lo trovò. Infatti, si nascose in
una fossa per circa un mese, nella quale gli veniva dato aiuto solo
di nascosto. Ma un giorno quando entrava nella città di Assisi
vestito con panni vili, suo padre non serbandogli alcun ritegno,
mettendogli le mani addosso, lo trascinò vergognosame·nte nella
propria casa. E così inaccessibile a qualsiasi senso di pietà, per
più giorni lo rinchiuse in un luogo tenebroso, aggiungendo per­
cosse alle parole, catene alle percosse.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].

SETIIMA LETIURA.
Dal Vangelo secondo Luca.
In quel tempo il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò
a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi ecc. 9

Omelia di san Gregorio.


«Il Signore e Redentore nostro, o fratelli canss1tn1, ci am­
monisce talvolta con discorsi altre volte con le opere. In realtà
gli stessi fatti sono i suoi precetti, perché quando fa qualcosa in
silenzio, palesa ciò che dobbiamo fare. Ecco infatti il Signore
invia nella predicazione due discepoli, poiché due sono i precetti
della carità, cioè l'amore di Dio e del prossimo, e la carità non
può darsi se non almeno tra due persone. Nessuno, infatti, dice
in modo appropriato di avere carità per se stesso, ma amore: af­
finché la carità possa essere tale egli deve tendere verso un altro.

0TIAVA LETIURA.
Il Signore manda i discepoli a due a due per predicare, affin­
ché questo senza parole ci indichi che colui che davanti all'altro
non ha carità, non deve in alcun modo prendere l'ufficio della
predicazione. Opportunamente si dice anche che li mandò davanti

7 Il testo del breviario vaticano porta solut11s (sciolto, libero) mentre la sua
fonte la Vita del beatopadre nostro Francesco in questo passo ha sol/icit11s («turbato»)
che dal contesto sembrerebbe più appropriato.
8 Sai 6, 4.
9 Le 10, 1-9.
150 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

a lui in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Il Signore segue i suoi
predicatori, poiché la predicazione precede e in quel momento il
Signore viene nella dimora della nostra mente, le parole di esorta­
zione la percorrono e attraverso ciò la verità affiora nella mente.

NONA LETTURA.
Da una parte, infatti, Isaia dice ai medesimi predicatori: Prepa­
rate la via del Signore, rendete dritti i sentieri del nostro Dio10• Dall'altra
il salmista dice loro: Preparate la strada a colui che ascende sopra il tra­
monto11 . Infatti, il Signore ascende sopra il tramonto, poiché nella
passione è morto, quindi risorgendo ha manifestato la sua gloria
maggiore; cioè ascende sul tramonto, poiché risorgendo ha cal­
pestato la morte che sopportò. A lui dunque che ascende sopra
il tramonto prepariamo la strada quando noi predichiamo la sua
gloria alle vostre menti, lui quando viene le illumini attraverso
l'efficacia del suo amore. Anche tu, Signore, abbi pietà di noi>> 12.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].

LETTURE PER L'OTTAVA


Quando la fama di tanto clamore contro il figlio alla fine giun­
se al padre, subito levandosi come un lupo assale la pecora e
afferratolo lo porta a casa prima con le parole poi con le percosse
e le catene. Per una causa familiare urgente il padre partì di casa,
lasciando il figlio in carcere; la madre, dopo molte seppur inutili
lusinghe scioltogli i legami, gli permise che andasse via libero.
Ritornando subito nel luogo dove prima dimorava, il padre rien­
tra a casa e dopo aver rimproverato la moglie, affrontandolo si
propose almeno di allontanarlo fuori dalla contrada; Francesco,
presentandosi liberamente a lui, conferma gioiosamente che per
il nome di Cristo avrebbe sopportato qualsiasi male. Il padre,
quindi, vedendo che non poteva dissuaderlo, toltogli il denaro, lo
conduce davanti al vescovo della città, affinché restituendo ogni
cosa, rinunciasse per sempre a tutte le sue sostanze e facoltà.
Quando il servo di Dio fu condotto davanti al vescovo, depo­
sti tutti i vestiti, neanche tenendosi le mutande, rimane comple­
tamente nudo davanti a tutti. E dallo stesso vescovo è accolto
in modo clemente, proteggendolo tra le braccia. Ormai, infatti,
vestendo abiti cenciosi, colui che un tempo usava abiti scarlatti,
10 Is 40, 3.
11
Sai 67, 5.
12
GREGORIO MAGNO, XL homiliarum in Evangelia libri duo, I, XVlI,
1-2, ed. H. A.
HURTER, trad. it. G. Cremascoli (Opere di Gregorio Magno, 2), Roma 1994, pp.
198-200, per le tre letture dell'ultimo notturno, compreso Le 10, 1-9.
Leggenda litu rgica vaticanaper l'ottava 151

� cantando �e lo� a Dio per _ le fo �este, all'improvviso lo assa­


lir': :mo alc � ru ladri; a questi che gli domandarono brutalmente
c� fosse rispose senza timore: «Sono l'araldo del gran Re13 ! che
v� 1mpo �ta?». E 9uelli lo percossero e lo gettarono in un fosso
pieno d1 neve, dicendo: «Stai li sdraiato, zotico araldo di Dio».
Ma lui guardandosi qua e là e scossa la neve di dosso, uscì dal
fosso e tutto pieno di gaudio, riprese a cantare a gran voce le lodi
al Creatore di tutte le cose. Finalmente arrivando ad un mona­
sterC? � monaci, dove rimase più giorni vestito solo con un vile
camiciotto, come uno sguattero in cucina, era disposto a nutrirsz1 4
anche con del brodo. Dunque essendoci un freddo eccessivo,
passa dal predetto cenobio alla città di Gubbio, dove fu rivestito
con una tonachella da un suo vecchio amico. Poi, in modo umile
trasferendos ! pr�sso i lebbrosi, a lungo e con diligenza si dedicò
a _ loro per Dio sia lavando loro ogni parte putrefatta delle piaghe
sia pulendo tranqu �amente il sangue corrotto. Inoltre, quando
stava �ncora nella Vlta secolare, un giorno incontrò un lebbroso,
che pr1ma soleva det estar _ e_ _ p i � di ogni altra cosa e, divenuto più
forte con se stesso, s1 avv1c1no e lo baciò15• D'altronde quando era
an�ora nel mondo una volta aveva biasimato più duramente del
s�lito �n povero che gli chiede _va l'elemos �a, subito spinto a pe­
nitenza , propos � fe �mamente in cuor suo17 di non negare mai più
a nessuno che gli chiedeva l'elemosina in nome di Dio. Perciò il
servo di Dio f� liberato _ dalla mano del padre carnale, come detto
s?pr�. �ora il ser _vo_ di Dio in modo più zelante per il Signore
riparo ch1ese qua_s1 distrutte. Quando aveva riparato completa­
mente queste era il terzo ar:ino de �a sua conversione. Egli in que­
sto te �po portando un abito simile a quello eremitico, cinto con
una cintura e portando un bastone in mano' camminava a piedi
calza�

ANCORA DURANTE LA SETTIMANA.


Accadde _poi che nell'ultima chiesa già menzionata, una volta
ascol�an�o il Vangelo sulla vita di amore, comprese qualcosa del
suo sigrufìcato. Una volta terminata la celebrazione della messa
solenne, poic �é gli fu i::teramente esposto dal sacerdote quello
che aveva chiesto su c10, rivolgendo l'attenzione al fatto che i

13
Sai 47, 3; Mt 27, 4.
14 Le 15, 16.
15 Mc 14, 35; SuLPICE SÉVÈRE, Vie de saint Martin, 18, 3 (Sources chrétiennes,
133, p. 292).
16 Mt 27, 3.
17 Sai 13, 1; At 5, 4.
152 Sezione terza - Leggende litur giche de/l'Ordine dei Minori

discepoli di Cristo non devono possedere oro o argento o denaro, né


portare18 bisaccia19, borsci2°, pan?- 1 , bastoml 2 per vici23 , né avere calzarr4
e due tunich?- 5, ma soltanto predicare il regno di Did26 e la peniten:zyl-7.
Subito scioglie i calzçri dai piedfl- 8, depone il bastone dalle mani e
contento di una sola tunica, che riproduce l'immagine della cro­
ce, assai vile e ruvida, mutò la fune al posto della cintura. Da
allora con grande fervore di spirito ed esultanza d'animo iniziò
a predicare la penitenza, edificando i suoi uditori con discorso
semplice, ma cuore nobile. In ogni sua predicazione, prima di
proporre la parola di Dio, invocava la pace dicendo: «Il Signore ci
dia la pac?-9». In questo modo molti che odiavano la pace3°, abbrac­
ciarono la pace con tutto il cuore, al punto che si associavano
al servo di Dio nella vita e poi anche nell'abito. Dunque il bea­
to padre Francesco ogni giorno è 1icolmo della consolazione e della
grazia dello Spirito santo31 , insegnando con ogni diligenza ai nuovi
figli a camminare senza deviazioni sulla via della vera povertà e
semplicità. Un giorno, mentre pregava ardentemente il Signore,
ottenne la certezza [della remissione] di tutti i peccati. E rapito
al di sopra di sé e assorto completamente in quella luce, quando
dilatava il fondo dell'animo, contemplò chiaramente le cose che
dovevano accadere. E così ritornato in sé pieno di gioia disse
ai frati: «Carissimi, confortatevi, e non vi renda tristi il fatto che
sembriamo pochi, poiché come mi è stato mostrato dal Signore
nella verità, Dio vi farà crescere in una grandissima moltitudine32 e
vi dilaterà fino ai confini del monda33>>. Ciò che il santo predisse è
evidente per quanta verità brilla: ecco in che modo lo s-pùito di pro­
fezia nposa34 in san Francesco. Dunque, nel tempo in cui il padre

18
Le 10, 4.
19 Mt 10, 9-10.
20
Le 10, 4.
21
Mc 6, 8; Le 9, 3.
22
Mc 10, 10; Le 9, 3.
23
Mc 6, 8; Le 9, 3.
24
Mt 10, 10; Le 10, 4.
25
Mt 10, 10; Le 9, 3.
26 Le 9, 2.
27
Mc 6, 12.
28
Es 3, 5; At 7, 33.
29
2Ts 3, 16; Is 26, 12; Gv 14, 27.
30
Sal 119, 7.
31
At 9, 31.
32
Gn 1, 28; 48, 16.
33 Gn 26, 22 ; Sai 18, 5.
34
Is 11, 2; Ap 19, 10.
Leggenda liturgica vaticana per l'ottava 153

benigno insegnò a pregare ai figli semplici che glielo chiedevano,


una notte si assentò da loro con il corpo. Ed ecco quasi a mezza
notte, mentre alcuni fratelli dormivano e altri invero pregavano
devotamente, entrare attraverso la porticina della casa un carro di
fuoca35 luminosissimo, che girò due o tre volte di qua e di là36 per la
dimora. Sopra di esso poggiava un enorme globo, che, avendo
l'aspetto del sole, fece rischiarare la notte. Stupiti dunque i singoli
e radunati insieme37 chiedendosi l'un l'altro cosafosse ciò38 , compresero
infine trattarsi dell'anima del santo padre, raggiante di così gran­
de fulgore, che si era meritato di ottenere la benedizione di un
così grande dono per i figli che amava ardentemente.
Anche tu, [Signore, abbi pietà di noi].

(RUBRICA]
Per le feste che cadono durante l'ottava del beato Francesco
non si fa niente, ma sono celebrate dopo l'ottava. Durante l'ot­
tava si legge ogni giorno nove letture tratta dalla sua leggenda e
si cantano otto responsori. Tutto questo si fa come per la festa
tranne che durante l'ottava si dice l'antifona San Francesco al Be­
nedictus e l'antifona Salve, santo padre o Piangi; o folla al Magnificat.
Nella domenica che cade durante l'ottava o il giorno dell'ottava
si faccia la commemorazione ai secondi vespri al mattutino e
nell'ultima lettura39 •

35 2Re 2, 11.
36
2Re 2, 14.
37
1Cor 11, 20.
38 Le 22, 23.
39 Cfr. S. VAN DIJK, S011rces oJ the Modem Roman Lit11rgy, II, p. 166.
5

BONAVENTURA DA BAGNOREGIO

LEGGENDA MINORE

DEL BEATO FRANCESCO

traduzione di
MARCO BARTOLI e FILIPPO SEDDA
Quando Bonaventura da Bagnoregio divenne ministro gene­
rale dei frati Minori nel 1257, l'Ordine non disponeva ancora
di una leggenda liturgica ufficiale per i notturni dell'ufficio del
suo santo patrono. La Leggenda minore è stata composta
dal ministro generale probabilmente a Parigi tra il 1262 e il
1263, approvata dal capitolo generale di Pisa del 1263 e impo-.
sta a tutto l'Ordine come unica leggenda liturgica dal capitolo dt
Parigi nel 1266. È chiaramente affermato nei_ manose1itti che
essa de,iva dalla Leggenda maggiore, ma, vuto che essa n�n
ne è l'esatto 1iassunto, non si può escludere che queste due Vite
destinate ad un uso differente siano state redatte simultanea­
mente. Con le sue sessantatré letture (tre lezioni per ciascuno dei
tre notturni dei sette giorni successivi), la Leggenda minore
cop1iva tutta l'ottava della festa di San Francesco. Presente in
tutti i conventi, copiata in tutti i breviari dell'Ordine, essa si
impresse nella memo,ia dei frati M(noti e offre,_ pe� · esempio,
lo schema narrativo che sottende glt affreschi di Giotto nella
Basilica superiore d'Assisi. Essa doveva essere copiata nel per­
fetto rispetto della lettera e della puntuazione. Il manoscritto sul
quale si appoggia l'edizione latina da cui si è p_re�a la nostra
traduzione italiana è il manoscritto_ 347 della B� �ltoteca com� ­
nale di Assisi, probabilmente realtzzato a Partgi nel decennio
del 1260 e destinato a servire da modello per le copie successive
della leggenda liturgica.
[NOTA PER I COPISTI]
Questa Vita minore del beato Francesco è per ciò tratta daJJa
maggiore, affinché si abbia nei breviari portatili e anche corali. E
si legga di essa nel coro secondo le lezioni per come sono distinte
in essa nelle festività del beato Francesco e per l'ottava del suo
dies natalis. In modo più conveniente può leggersi di essa anche a
mensa, negli stessi giorni delle festività del beato Francesco. La
vita maggiore invero deve aversi a ragione nei singoli luoghi, per
l'edificazione dei frati.
I copisti sono obbligati a mantenere la punteggiatura e le let­
tere dell'esemplare e secondo questo esemplare siano corretti i
loro errori dalla diligenza dei frati.

Incomincia la Vita minore del beato Francesco

[CAPITOLO I]
LA SUA CONVERSIONE
PRIMA LETTURA.
La grazia di Dio, nostro Salvatore, è apparsa1 in questi ultimi tempi2,
nel suo servo Francesco; il Padre delle mimicordir? e delle luci gli
venne incontro con tale abbondante benedizione di dolcezza5, che, come
appare luminosamente dal corso della sua vita, e non soltanto
dalle tenebre del mondo lo attrasse alla luc!, ma lo rese anche celebre
per le perfette prerogative e i meriti delle virtù; lo indicò, inoltre,
come segno particolarmente insigne per mezzo degli splenden­
ti misteri della croce che mostrò in lui. Costui, traendo appun­
to origine dalle parti della valle di Spoleto, nella città di Assisi,
dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre; poi, Francesco, dal
padre: e certo tenne il vocabolo della denominazione paterna,
ma non lasciò il significato del nome materno 7• Infatti, benché
durante l'età giovanile fosse allevato nelle vanità, in mezzo ai vani
figli degli uominl3, e, dopo qualche nozione di lettere, fosse desti­
nato alla lucrosa attività della mercatura, tuttavia, per l'assistenza
1 Tt 2, 11.
2 Eb 1, 2; At 2, 17.
3 2Cor 1, 3.
4
Gc 1, 17.
5 Sai 20, 4.
6 Sal 106, 14; Col 1, 12-13.
7 GIROLAMO, Uber de 110111i11ib11s hebraicis, in Patrolo gia lati11a, voi. 23, col. 841.
8 Sai 61, 10.
158 Sezione terza - Leggende h'turgiche dell'Ordine dei Minori

e la protezione clivina, non seguì gli istinti sfrenati della carne in


mezzo ai lascivi giovani né in mezzo ai cupidi mercanti, ripose la
sua speranza nel danaro e nei tesort9.

SECONDA LETfURA.
Infatti, per volontà divina nel cuore del giovane Francesco vi
era insieme con una ispirata dolcezza di mansuetucline, una certa
generosa compassione verso i poveri, che, crescendo con lui fin dall'in­
fanzia 10, aveva ricolmato il suo cuore di tanta bontà che, ormai
ascoltatore non sordo del Vangelo11, si proponeva di dare a chiun-
que chiedesse12, specialmente se chiedeva per amore di Dio. Dal
momento che, nel fiore stesso della giovinezza, si strinse al Si­
gnore con la ferma solenne promessa di non dire mai di no, se ne
aveva la possibilità, a quanti gli chiedevano qualcosa per amore
del Signore, visto che non desistette di osservare così nobile pro­
messa fino alla morte, pervenne ad accrescere più copiosamen­
te l'amore verso Dio e la grazia. Invero, benché continuamente
vivesse nel suo cuore questa fiammella dell'amor di Dio, ancora
adolescente, intricato nelle preoccupazioni terrene, ignorava l'ar­
cano della chiamata celeste; finché scese su di lui la mano del Signore 13
e fu castigato esteriormente dalla gravità di una lunga malattia e
fu illuminato interiormente dall'unzione dello Spirito santo.

TERZA LETIURA.
Quando, in seguito, ebbe riacquistate, comunque, le forze del
corpo e mutato in meglio lo spirito, incontrò inaspettatamente un
cavaliere, nobile di stirpe, ma povero di sostanze; avendo ricor­
dato Cristo, re generoso e povero, si sentì spinto verso quell'uo­
mo da una pietà così grande che depose i suoi vestiti eleganti,
che si era appena procurato e subito, spogliando se stesso, lo
rivestì. La notte successiva, mentre si era abbandonato al sonno,
Colui per amore del quale aveva soccorso il cavaliere bisognoso,
gli mostrò con una degna rivelazione un palazzo bello e grandio­
so con armi cavalleresche segnate con il segno della croce e gli
promise sotto certa affermazione che tutto quanto aveva visto
sarebbe stato suo e dei suoi cavalieri, se avesse assunto costan­
temente il vessillo della Croce di Cristo. Da allora, sottraendosi

9
Sir 31, 8.
10 Gb 31, 18.
11
SULPJCE SÉVÈRE, Vie de sai11t Martin, 2, 8, p. 256.
12
Le 6, 30.
13 Ezl,3.
Leggenda minore di Bonaventwa 159

al tumulto del negozio pubblico, cercava luoghi solitari, amici al


pianto; là, abbandonandosi incessantemente a gemiti inesp,imibilz1 4,
dopo lunga insistenza di preghiere, con cui chiedeva al Signore
di indicargli la via della perfezione, meritò di essere esaudito se­
condo il suo voto.

QUARTA LETIURA.
Difatti, uno di quei giorni, mentre pregava, così, sequestrato
[dal mondo], gli apparve Cristo Gesù, come uno confitto sulla
croce e gli fece sentire tanto efficacemente quella parola del Van­
gelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e
mi segua'5, che all'interno del suo spirito lo infiammava con l'in­
cendio dell'amore e lo riempiva con /'assenzio 16 della compassione.
Infa�ti, _considerando la visione premessa, la sua animafu liquefat­
ta1 7, il ricordo della passione di Cristo si impresse nell'intimo del
�u_o cuore fin nelle midolla, tanto che, dentro di sé, vedeva quasi
111111terrottamente, con gli occhi dello spirito, le piaghe del Signo­
re crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento a trattenere le lacrime
e i sospiri. E siccome, a confronto dell'amore di Cristo, ormai
gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e stimandoli come
un nulla18, s�ntiva di avere scoperto il tesoro nascosto19 e il prezioso
splendore di una perla2° , attratto dal desiderio di questi, decideva
di staccarsi da tutte le cose sue e, mercanteggiando alla maniera
di Dio, di scambiare il negozio mondano in quello evangelico.

QUINTA LETIURA.
lJ_n� volta, pe �ciò, uscì
_ nella campagna a meditare2 ; mentre passa­
1

va v1cmo alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina per


l'eccessiva vetustà e, sospinto dallo Spirito, entrò a pregare. Pro­
stratosi davanti all'immagine del Crocifisso, durante la preghie­
ra fu ricolmato da non poca dolcezza di consolazione22• E mentre,
con gli occhi pieni di lacrime, fissava lo sguardo nella croce del
Signo !e, udì con _le <?recchie del corpo una voce che si disper­
deva 111 modo rrurabile dalla croce e che per tre volte gli disse:
14
Rm 8, 26.
15
Mt 16, 24.
16 Lam 3, 15.
17 Ct 5, 6.
18 Ct 8, 7.
19 Mt 13, 44.
20
Mt 13, 46.
21
Gn 24,63.
22
At9,31.
160 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

«Francesco, va, ripara la mia casa, che, come vedi, va tutta. in


rovina». Alla stupefacente esortazione di qu_ella voce 1:1u:_a�ile,
l'uomo di Dio dapprima rimase atterrito; poi, colmo di gioia e
di ammirazione, prontamente si alzò, e si impegn ò totalmente . a
compiere il comando di riparare l'edificio della chi.esa matenale,
benché l'intenzione principale della Parola23 era diretta a quella
che Cristo acquistò con lo scambio prezioso del suo sangué24, come
lo Spirito Santo gli insegnò ed egli stesso in seguito rivelò ai suoi
intimi.

SESTA LETTURA.
Poco dopo, come poté, distribuendo tutto quanto. per am� re
di Cristo, offrì del denaro ad un sacerdote poverello di detta chie­
sa, per la riparazione della medesi�a e per biso� o ?ei poveri e
supplichevolmente gli chiese che gli permettes. se di di�orare con
lui per qualche tempo. Se il sacerdote accondiscese nguar?o a�a
sua dimora, poiché invece ricusava il denaro . p er pa1;1ra dei.geru­
tori di lui, egli, ormai vero disprezzatore dei denan, scagliando
su una finestra il fardello del metallo, lo disprezzò come polvere
abbietta. Sentendo, poi, che, a causa di questo, suo padre era
infuriato contro di lui, per lasciar spazio all'ira2 5, si nascose . p er
alcuni giorni in un.a fossa se� r�ta, digiunar:i �o, p7e.gando e _ pian­
gendo e alla fine, ncolmato di singolare letizia spmtuale e nveshto
di virtù dall'alta26, uscì fuori fiduciosamente ed entrò con fermezza
in città. Quando i ragazzi lo vedevano squallido. in f� ccia e mu�
tata nello spirito e per questo, ritenendolo uscito di senno, gli
scagliavano contro il fango delle p iazze, .come face_v� no contro
un pazzo, e lo insultavano con schiamazzi clam � ro� i: � servo del
Signore, per nulla piegato o turbato da alcuna ingtuna, passava
come sordo in mezzo a tutti.

SETTIMA LETTURA.
Suo padre, poi, infuriato e fre�ente più � tutti, quasi �os��
dimentico della pietà naturale, trascinato il figlio a casa, comme10
a tormentarlo con percosse e catene, al fine di riuscire, mentre
ne spezzava il corpo con le molestie, a piegarne l'animo verso le

23 Bonaventura qui non usa più il termine vox (voce), ma verbt1111 (parola),
o il prologo gio­
per alludere appunto alla voce della rivelazione divina second
vanneo.
24 At 20, 28.
25 Rm 12, 19.
26
Le 24, 49.
Leggenda minore di Bonaventura 161

attra.ttive del mondo. Alla fine, conoscendo per esperienza certa,


c�e il s�rvo del . Sign '?re era prontissimo a sopportare qualsiasi
difficolta per Cnsto, siccome vedeva molto chiaramente che non
avrebbe potuto farlo desistere, incominciò ad insistere con vee­
menza su di lui perché si recasse insieme con lui dal vescovo della
città e nelle sue mani rinunziasse al diritto di eredità su tutte le so­
s�anze P.ater ?� · Il servo del Signore offrendosi spontaneamente
di eseguire cio, non appena giunse alla presenza del presule, non
soffrì indu �, n<;>n temporeggiò su nulla, non pretese parole e non
ne rese: anzi, piuttosto, depose tutti quanti i vestiti, al punto che
g�ttò via an �he le mutande e, come ebbro di spirito, non temette
di denudarsi totalmente davanti agli astanti, per amore di Colui
che nudo per noi pendette sulla Croce.

OTTAVA LETTURA.
Da allora il disprezzatore del mondo, sciolto dai vincoli delle
bramosie terrene, mentre, abbandonata la città, sicuro e libero
andava cantando in mezzo ai boschi lodi al Signore, in lingua
francese, imb.attutosi nei briganti, l'araldo del gran Re non ebbe
paura e non mterruppe la lode, dal momento che era un vian­
dante se � udo e. spogli? d'ogni cosa e godeva nella tribolazioné27
alla maruera degli apostoli. Da allora, amante di tutta l'umiltà si
d�dicò ad o?o:are i lebbrosi, per imparare, prima di insegnar!�, il
di �prez �� di se .e del mon?o, mentre si assoggettava alle persone
m1serabili e abiette col giogo del servizio. E in verità, benché
prima egli fosse abituato ad averli in orrore più che ogni altro
genere di _uomini, di�fu �asi in lui più copiosamente la grazia, si
assog�etto ad ?Sseqmarli con cuore tanto umile che lavava i piedi
e fasciava le piaghe e curava la putredine ed il pus ripuliva. Per­
fino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava a baciare le
p �aghe ulcerose: poneva, così, la sua bocca nella polver?-8 , saziandosi
dt obbrobrr9, per assoggettare con piena potestà l'arroganza della
carne alla legg,e dello spitita3° e, soggiogato il nemico di casa, possede­
re paciftcamente31 il dominio di sé.

NONA LETruRA.
Fondato, dunque, nell'umiltà di Cristo e divenuto ricco di po-

27
2Cor 7, 4.
28 Lam 3, 29.
29
Lam 3, 30.
30 Rm 8, 2.
li Le 11, 21.
162 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori

vertà, benché non possedesse proprio nulla, tuttavia, secondo il


comando datogli dalla croce, iniziò a dedicarsi alla riparaz�one
della chiesa con tale slancio che sottoponeva al peso delle pietre
il corpo fiaccato dai digiuni e non aborriva di chiedere l'aiuto
dell'elemosina anche a coloro presso i quali aveva avuto l'abitu­
dine di abbondare [da ricco). Inoltre, aiutato dalla devozione dei
fedeli, che già incominciano a riconoscere nell'uomo di Dio una
virtù straordinaria, riparò non soltanto San Damiano, ma anche
le chiese, cadenti e in rovina del Principe degli apostoli e della
Vergine gloriosa, cosicché egli preannunciava misteriosamente
nell'azione esterna e sensibile, quanto il Signore disponeva di re­
alizzare spiritualmente per mezzo di lui. Infatti, a somiglianza di
quei tre edifici riparati sotto la guida di quest'uomo santo, doveva
essere rinnovata in maniera triforme la Chiesa di Cristo, secondo
la forma, la Regola e la dottrina da lui date; così anche la voce ve­
nuta a lui dalla croce, che aveva replicato per tre volte il comman­
do di riparare la casa di Dio, era stato un segno preannunciatore
e ora costatiamo che si è realizzato nei tre Ordini da lui istituiti.

Il]
[CAPITOLO
FONDAZIONE DELL'ORDINE.
EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE

PRIMA LETTURA.
Perciò, ormai compiuto il restauro delle tre chiese, mentre
dimorava assiduamente in quella dedicata alla Vergine, favorito
dai meriti di Colei che profferse il prezzo della nostra salvez­
za, meritò di scoprire la via della perfezione, mediante lo spirito
della verità evangelica in lui divinamente infuso. Infatti, quando
un giorno, durante la sole?�tà dell� messa, si _le�ge:7a quel _ bra­
no del Vangelo, nel quale i discepoli vengo�o 1nv1au a _predic� r�
e viene prescritta ad essi la norma della vita evangelica - c10e
110n possiedano oro o argento, non portino in via denaro nella borsa né
bisaccia, non abbiano due tuniche né sandali né bastone32 - subito, all'u­
dire tali parole, lo investì e rivestì lo Spirito di C_ris_to con una tale
J01zci 33 che lo trasformò nella predetta forma di _ vivere, non � olo
rispetto alla conoscenza e all'affetto, ma anche rispetto alla vita e
all'abito. Immediatamente, infatti, depose le calzature, gettò via
il bastone, ripudiò bisaccia e denaro e, contento di una sola to-

32 Mt 10, 9.
33
At 10, 38.
Leggenda minore di Bonaventura 163

nachetta, lasciata la cintura per cingolo prese una fune, mettendo


tutto lo slancio del cuore per come realizzare le cose sentite e
rendere se stesso in tutto conforme alla regola della rettitudine
apostolica.

SECONDA LETTURA.
Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spi­
rito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi e1J1t1!atore34
della verità; cominciò anche ad indurre alcuni alla giustizia per­
fetta; cominciò, infine, ad invitare tutti gli altri a penitenza. I suoi
discorsi non erano vani o degni di riso; erano pieni dellajotza dello
Spùito Santa35; penetravano nel profondo del cuore36 al punto che susci­
tavano unfotte stupore37 negli ascoltatori e piegavano con virtuosa
efficacia gli spiriti degli ostinaci. Siccome il suo proposito, subli­
me e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice
veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni uomini
incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e,
dopo aver lasciato tutta38, unirsi strettamente a lui nell'abito e nella
vita: l'umile uomo giudicò che si chiamassero «frati minori».

TERZA LETTURA.
Veramente, per la chiamata di Dio, il numero dei frati era ormai
salito a sei, mentre il loro pio padre e pastore, trovato un luogo so­
litario, in 111olta a111arezxa di cuore39 piangeva sulla vita di adolescente,
trascorsa non senza colpa e mentre chiedeva perdono e la grazia,
per sé e per la prole che in Ctisto avevagenerato40 , poiché sopraggiun­
se in lui una singolare eccessiva letizia, fu garantito della remissio­
ne plenaria di tutte le colpe, fino all'ultimo spiccio/041 • Rapito, perciò,
al di fuori di sé e totalmente assorbito in una luce vivificante, in
modo eccellente vide le cose che sarebbero accadute riguardanti
lui e i suoi frati; come egli stesso, in seguito, rivelò familiarmente
a conforto del piccolo gt'Cgge42 , quando preannunciò che in futuro
per la clemenza di Dio doveva accadere la perfezione e dilatazio­
ne dell'Ordine. Trascorsi pochi giorni, unendosi a lui alcuni alu-i,
34
Gal 1, 14.
35
Rm 15, 13.
36
Eb 4, 12.
37
Gn 27, 33.
38 Le 5, 11 e 28.
39
Is 38, 15.
40
1Cor 4, 15.
41
Mt 5, 26.
42
Le 12, 32.
164 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minoti

quando raggiunsero il numero di dodici, il servitore del Signore


stabili di recarsi alla presenza della Sede Apostolica con quell'a­
dunata di uomini semplici, per chiedere con umiltà e insistenza
alla stessa santissima Sede di confermare con autorità plenaria la
norma di vita che il Signore antecedentemente gli aveva mostrata
e che egli aveva anche scritta con breve parola.

QUARTA LETTURA.
Mentre egli, dunque, con i compagni si affrettava a presen­
tarsi, secondo il proposito, al cospetto del Sommo Pontefìce, il
signor Innocenzo III, lo prevenne, nella degnazione della clemen­
za, Cristoforza e sapienza di Dio43, nell'ammonire il suo Vicario per
mezzo di una visione a prestare ascolto con dolcezza e ad accon­
sentire con benevolenza al poverello che supplicava. Difatti il
Pontefice romano vide in sogno che la Basilica Lateranense stava
ormai prossima alla rovina e un uomo poverello, piccolo e spre­
gevole, la sorreggeva, mettendovi sotto le proprie spalle, perché
non cadesse. Mentre, pertanto, il sapiente antistite, contemplava
nel servo di Dio alla purezza dell'animo semplice, il disprezzo del
mondo, l'amore della povertà, la costanza nel perfetto proposi­
to, lo zelo per le anime, l'infocato fervore di una santa volontà,
esclamò: «Veramente questi è colui che con l'opera e la dottrina
sorreggerà la Chiesa di Cristo». Perciò, concependo da allora una
speciale devozione verso di lui e inchinandosi in tutto alla sua
petizione, approvò la Regola, conferì il mandato di predicare la
penitenza, concesse tutte le cose domandate e liberamente pro­
mise che più ne avrebbe concesso in seguito.

QUINTA LETTURA.
Da allora, confìdando sulla grazia che viene dall'alto e sull'au­
torità del Pontefìce, Francesco affrontò con molta fìducia il cam­
mino verso la valle spoletana, per realizzare coi fatti e insegnare
con la parola la verità della perfezione evangelica, che aveva con­
cepita nella mente e promessa in voto con la professione. Mos­
sa, inoltre, con i compagni una tale questione se dovevano vivere
in mezzo alla gente o appartarsi in luoghi solitari, dopo aver in­
dagato con l'insistenza della preghiera quale fosse il volere divino
su questo, illuminato dall'oracolo di una rivelazione celeste, com­
prese che egli era stato inviato da Dio a tale scopo: guadagnare
a Cristo le anime, che il diavolo si sforza di rapire. Stabilendo,
perciò, che bisognava scegliere di vivere per tutti, piuttosto che

43 1Cor 1,24.
Leggenda minore di Bonaventura 165

per sé solo, si raccolse con i frati in un tugurio abbandonato


vicino ad Assisi, per viverci con i fratelli secondo la norma della
santa povertà in ogni rigore della Religione, e predicare ai popoli
la parola di Dio, secondo il tempo e il luogo. Divenuto, dunque,
araldo del Vangelo, si aggirava per città e borghi fortificatl4, annuncian­
do il regno di Dio45 non con il linguaggio dotto della sapienza umana, ma
nella forza dello Spirito46 , poiché il Signore dirigeva quel parlatore
con rivelazioni anticipatrici e confermava la sua parola con i segni che
la accompagnavano47 •

SESTA LETTURA.
Quando una volta, com'era suo costume, era intento a vegliare
in preghiera, fìsicamente lontano dai figli, verso la mezzanotte,
mentre alcuni dei frati dormivano, alcuni pregavano, un carro
di fuoco di mirabile splendore, sopra il quale era posto anche
un globo, in forma di sole, di aspetto luminosissimo entrando
dalla porticina della dimora dei medesimi frati, per tre volte si
volse in qua e in là per l'abitazione. A quella vista meravigliosa
e preclara, quelli che vegliavano rimasero stupefatti; quelli che
dormivano furono insieme destati e atterriti: non meno avver­
tirono la chiarezza del cuore di quella del corpo, giacché, per
virtù di quella luce mirabile, la coscienza degli uni e degli altri fu
messa a nudo. Tutti, infatti, compresero concordemente, mentre
tutti vedevano a vicenda nel cuore dei singoli, che dal Signore
era stato mostrato loro il santo padre Francesco trasfìgurato in
quella immagine, come colui che venendo nello spirito e nella potenza
di Elia48, fosse divenuto principe della milizia spirituale, come carro
di Israele e suo autiga49 • Ritornato, appunto, l'uomo santo dai frati,
incominciò a confortarli sulla base della visione mostrata loro dal
cielo, cominciò a scrutare i segreti delle loro coscienze e a predire
anche il futuro, e di risplendere con miracoli fìno al punto da
rischiarare palesemente come il duplice spirito50 di Elia riposasse su
di lur 1 in tanta pienezza, che incamminarsi dietro la sua dottrina
e la sua vita era per tutti la cosa più sicura.

44
Mt 9, 35.
45
Le 9, 60.
46
1Cor 2, 13.
47
Mc 16, 20.
48Lc1,17.
49
2Re 2, 12.
50
2Re 2, 9.
51
Is 11, 2.
166 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

SETTIMA LETTURA.
Un religioso, di nome Morico, che a quel tempo apparteneva
all'Ordine dei Crociferi, che era malato in un ospedale vicino ad
Assisi, colpito da una infermità così grave e così prolungata da
farlo credere ormai prossimo a morte, divenuto un supplicante
per mezzo di un nunzio, chiedeva insistentemente all'uomo di
Dio se voleva intercedere presso Dio in suo favore. L'uomo pio
gli accondiscese benevolmente e, dopo aver pregato, prese delle
briciole di pane, e mescolandole con l'olio della lampada che ar­
deva davanti all'altare della Vergine, per mano dei frati, fece por­
tare all'infermo come una specie di elettuario, dicendo: «Questa
medicina, portatela al nostro fratello Morico: per mezzo di essa
la forza di Cristo non soltanto gli ridonerà piena salute, ma lo
farà diventare anche un robusto combattente tra le nostre file, e
ci resterà per sempre». Appena l'uomo infermo ebbe assaggiato
quell'antidoto, fabbricato per istigazione dello Spirito Santo, al­
zandosi sano, ottenne da Dio tanta vigoria di corpo e di spirito
che di li a poco entrato nella Religione dell'uomo santo, per lun­
go tempo portò sulle carni la lorica e, contento solo di cibi crudi,
non beveva un sorso di vino e non mangiava niente di cotto.

OTTAVA LETTURA.
Sempre in quel tempo, un sacerdote della città di Assisi, di
nome Silvestro, uomo di vita onorata e di semplicità colombina52,
vide in sogno tutta quella contrada essere circondata da un dra­
gone immenso: a causa della sua schifosissi�a e � rribile figura
era imminente - come sembrava - la prossuna distruzione su
diverse parti del mondo. Osservava, dopo questa, una croce d'o­
ro e splendente che usciva fuori dalla bocca di Francesco, la cui
sommità toccava i ciel·i'3 e le braccia, protese lateralmente, sembra­
vano estendersi fino ai confini del mondo: la sua apparizione ful­
gentissima metteva definitivamente in fuga quel drago schifoso
e orrendo. Quando gli fu mostrato ciò per la terza volta, l'uomo
pio e devoto a Dio comprese eh� Fran_cesco era destinat� dal
Signore a questo, che, brandendo il ve�sillo d�lla c�oce gl?nosa '.
infrangesse la potenza del dragone maligno e illurrunasse 1 fe?eli
con le splendenti luci della verità sia della vita sia della dottrina.
Quando narrò la visione per ordine all'uomo di Dio e ai frati'.
non molto tempo dopo lasciando il mondo, aderì alle orme di
Cristo, sull'esempio del beato padre, con tale perseveranza che,

52 Mt 10, 16.
53 Gn 28, 12.
Leggenda minore di Bonavent11ra 167

mediante la sua vita nell'Ordine, rese autentica quella visione che


aveva avuta nel secolo.

NONA LETTURA
Un frate di nome Pacifico, quando ancora, vivendo da seco­
lare, incontrò il servo del Signore, che predicava in un monaste­
ro vicino al castro di San Severino, scesa la mano del Signore sopra
di lui'4 , vide Francesco segnato in forma di croce come da due
splendidissime spade trasversali, di cui una delle spade si sten­
deva dalla testa fino ai piedi e una si estendeva trasversalmente
da una mano all'altra per il petto. Egli non conosceva l'uomo di
p�rsona, m � rico ?oscendolo subito, dopo che gli fu mostrato per
miracolo, s1 stupi fortemente, compunto ed atterrito dalla forza
delle sue parole, venne come trafitto dalla spada dello spirito che
usciva dalla sua bocca e, disprezzate definitivamente le pompe
secolari, si unì al beato padre mediante la professione. Costui
progredendo poi in ogni santità propria della religione, prima
di divenire ministro in Francia, difatti fu il primo ad esercitare
l'ufficio di ministro in quel paese, meritò di vedere sulla fronte
di Francesco un grande Tau, che spiccava per la varietà dei colori
e rendeva meravigliosamente bella e adorna la sua faccia. Poiché
l'uomo di Dio venerava questo segno con affetto, lo raccoman­
dava spesso nel parlare, lo metteva agli inizi delle sue azioni e lo
scriveva di propria mano in quei bigliettini che inviava per carità,
quasi che tutto il suo impegno fosse, come il detto profetico, di
segnare il Tau sullafi·onte degli uomini che gemono e piangono55 , convertiti
sinceramente a Cristo.

III]
[CAPITOLO
LA PREROGATIVA DELLE VIRTÙ

PRIMA LETTURA.
L'insigne seguace di Gesù Crocifisso, l'uomo di Dio France­
sco, fin dagli inizi della sua conversione crocifiggeva la carne e i suoi
vizi'6 con il rigore della disciplina e frenava i moti dei sensi con
la legge della moderazione in maniera tanto severa che a stento
prendeva il sostentamento indispensabile alla natura. Infatti, nel
tempo in cui era sano, a fatica e di raro si permetteva vivande

54 Ez 1,3.
55 Ez 9, 4.
56 Gal 5, 24.
168 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

cotte e, quando se le permetteva, qualche volta le rendeva amare


col mescolarvi della cenere oppure, per lo più, le rendeva insipi­
de col versarci liquor d'acqua. Usò severa parsimonia nel bere e
tenne lontano la stta carne dal vino, per poter applicare lo spirito alla luce
della sapienza57 ; possiamo chiaramente dedurlo da questo partico­
lare: quando era tormentato dall'arsura della sete, a stento osava
bere a sufficienza perfino l'acqua fresca. Assai spesso era la nuda
terra il letto per il corpicciolo stanco; guanciale era una pietra o
un legno e coperta era un vestito semplice, grinzoso ed ispido,
giacché per esperienza sicura aveva imparato che i nemici maligni
vengono messi in fuga dalle vesti dure e ruvide, mentre da quelle
delicate e molli vengono animati più fortemente ad indurre in
tentazione.

SECONDA LETTURA.
Rigoroso nella disciplina, vigilava assai attentamente sulla sua
custodia58 e aveva cura speciale nel custodire quel tesoro inest i ­
mabile, cioè la castità, che noi portiamo nel ft'Clgile vaso d'argilla59:
e anche il corpo egli si studiava di possedere nell'onore della. santitèf0,
mediante l'integerrima purezza dell'uno e l'altro uomo. Per que­
sto agli inizi della sua61 conversione, nel tempo del gelo invernale,
forte e fervente nello spirito, si immergeva spesso in una fossa
colma di ghiaccio o di neve, sia per rendersi perfettamente sog­
getto il nemico di casa, sia per preservare dall'incendio della con­
cupiscenza la veste candida della purezza. Anche per pratiche di
questo genere incominciò a brillare nei suoi sensi di tanta grazia
di pudore, che pareva aver conseguito ormai il pieno dominio
della carne e stabilito con i suoi occhi il patta62 non solo di rifuggire
da ogni sguardo sensuale, ma di astenersi totalmente da qualsiasi
sguardo curioso o di vanità.

TERZA LETTURA.
Eppure, anche se, conquistato la purità del cuore e del corpo,
si stava in certo modo avvicinando alla cima della santificazione,
non cessava di purificare continuamente con là pioggia delle la­
crime gli occhi dello spirito bramando la purezza delle chiarità

;
7
Qo 2, 3.
58 Is 21, 8.
59
2Cor 4, 7.
60
1Ts 4, 4.
61
L'aggettivo possessivo sue (sua) è omesso nel ms. Assisi, 347.
62
Gb 31, 1.
Leggenda minore di Bonaventura 169

celesti e non preoccupandosi della perdita degli occhi del cor­


po. Infatti, poiché a causa del continuo piangere era incorso in
una gravissima malattia degli occhi, quando il medico cercava
di persuaderlo ad astenersi dalle lacrime, se voleva sfuggire alla
cecità della vista corporale, non accondiscese in alcun modo, af­
fermando che preferiva perdere la luce della vista corporale che
frenare le lacrime, con le quali l'occhio interiore è mondato, per
riuscire a vedere Dio, reprimendo così la devozione dello spirito.
L'uomo a Dio devoto, pur in mezzo a quel fluire di lacrime, era
sereno di una certa giocondità celeste, sia nello spirito sia nel
volto: poiché per il nitore della coscienza santa era inondato di
tanta unzione di letizia che anche il suo spirito et'Cl di continuo rapito
in Dia63 e sempre esultava64 per l'opera delle sue manz65 •

QUARTA LETTURA.
L'umiltà, custode e ornamento di tutte le virtù, si era giuridica­
mente impadronita dell'uomo di Dio al punto che, benché in lui
risplendesse il privilegio di molte virtù, sembrava tuttavia che O'u­
miltà] avesse conseguito un dominio particolare su di lui, minima66
tra tutti i minori. E certo secondo la sua stessa reputazione, per
cui si dichiarava il più grande peccatore, non era proprio niente
se non un piccolo e sordido vaso di argi/la67 : in realtà, invece, era un
vaso eletto di santitèf8 , fulgido di molteplici virtù e adorno di gra­
zia, consacrato alla santità. Inoltre si studiava con grande cura di
essere spregevole agli occhi propri ed altrui; di ripulire i difetti in
lui nascosti con una confessione pubblica e di celare nel segreto
del cuore i doni del Datore supremo: affinché non fosse in al­
cun modo accessibile alla gloria quanto poteva essere occasione di
rovina. Piuttosto, per compiere ogni giustizja69 dell'umiltà perfetta, si
impegnò a rimanere soggetto non solo ai superiori, ma anche agli
inferiori, a tal punto che era solito promettere obbedienza anche
al compagno di viaggio, per quanto semplice, per non comandare
autoritariamente, alla maniera di un prelato, ma, alla maniera di un
ministro e di un servo, obbedire per umiltà anche ai sudditi.

63
2Cor 5, 13.
64
Sai 91, 5.
65
Dt 14, 29.
66
Ef 3, 8.
67
Ger 22, 28; lPt 3, 7.
68
At 9, 15.
69
Mt 3, 15.
170 Sezione terza - Leggende liturgiche deif'Ordine dei Minori

QUINTA LETTURA.
Il perfetto seguace di Cristo si studiò pure di prendersi in spo­
sa, con amore eterno70 , l'eccelsa povertà71 , compagna della santa umiltà,
poiché per essa non soltanto lasciò il padre e la madre72, ma distribuì
ai poveri tutto quanto poté avere. Nessuno fu tanto avido di oro
quanto costui della povertà; nessuno, più sollecito a custodire un
tesoro, quanto costui di custodire la perla73 del Vangelo; difatti,
dai tempi della Religione fino alla morte ricco di tonaca, corda e
mutande, lo si vide gloriarsi nella sola penuria e godere dell'indi­
genza. Se gli capitava d'incontrare qualcuno che, all'abito esterio­
re, sembrava più povero di lui, immediatamente rimproverando
se stesso, si incitava ad essergli simile, come se gareggiando per
un'emula povertà, temesse di essere vinto in quello spirito da una
certa nobiltà. In realtà, poiché aveva preferito questa [povertà]
a tutte le cose caduche, in quanto pegno dell'eredità eterna, rite­
nendo un niente le fallaci ricchezze, come un feudo concesso per
un momento, amava la povertà a preferenza delle grandi ricchez­
ze e in essa desiderava superare tutti gli altri, lui che da essa aveva
imparato a ritenersi inferiore a tutti.

SESTA LETTURA.
Perciò l'uomo di Dio attraverso l'amore dell'altissima povertà74
crebbe in tante ricchezze della santa semplicità che, pur non
avendo assolutamente nulla di proprio tra le cose del mondo,
sembrava essere il possessore di tutti i beni, possedendo tuttavia
l'Autore stesso di questo mondo. Infatti, mentre con l'acume de­
gli occhi della colomba, cioè con la penetrazione di uno spirito
semplice e con lo sguardo puro della riflessione, egli riportava
tutte le cose al sommo Artefice e in tutte riconosceva, amava e
lodava lo stesso Fattore, per celeste elargizione della clemenza
avveniva che possedeva tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose.
Anche in considerazione della prima origine di tutte le cose, chia­
mava tutte le creature, per quanto modeste, col nome di fratello o
di sorella, in quanto provenivano con lui un unico Principio, ab­
bracciava più visceralmente e con maggiore dolcezza quelle che
per somiglianza naturale rappresentano la pia �ansuetudine �
Cristo e la raffigurano per il significato della Scnttura. A causa di

70 Ger 31, 3.
71
2Cor 8, 2.
7
2 Gn 2, 24.
73 Mt 13, 46.
74
2Cor 8, 2.
Leggenda minore di Bonaventura 171

questo, avveniva, per l'influsso della virtù soprannaturale, che la


natura degli animali era mossa verso di lui in certo modo pietoso,
ma anche gli esseri insensibili obbedivano al suo cenno, come se
quello stesso santo uomo, in quanto semplice e retto, fosse già stato
ristabilito nello stato di innocenza75 •

SETTil'v[A LETTURA.
Dalla fonte della misericordia sgorgava verso il servo del Si­
gnore anche una dolce compassione, con tale abbondanza e pie­
nezza che sembrava avere un grembo materno per sollevare le
miserie delle persone miserevoli, poiché anche la clemenza che
gli era connaturale, era raddoppiata dalla pietà di Cristo, infusa
dall'alto. E così il suo animo si struggeva per i malati e i poveri
e a quelli cui non poteva offrire la mano, offriva il suo affetto:
per il fatto che, qualunque forma di penuria o di privazione scor­
gesse in qualcuno, con la dolcezza del cuore pietoso la riferiva a
Cristo. In tutti quanti i poveri vedeva il volto di Cristo e, perciò,
se gli veniva dato qualcosa di necessario per vivere, quando li
incontrava non soltanto generosamente l'offriva a loro, ma giu­
dicava pure che a loro si doveva restituire. Non escludeva asso­
lutamente nessuna cosa né mantelli né tonache né libri e perfino i
paramenti dell'altare; appena lo poteva ogni cosa donava ai biso­
gnosi, desiderando anche di spendere tutto se stessa76, per realizzare
appieno il dovere della pietà perfetta.

OTTAVA LETfURA.
Lo zelo per la salvezza dei fratelli, che si sprigionava dal fuoco
della carità, trapassò come spada ajftlata77 e ftammeggiante78 le intime
fibre di Francesco, a tal punto che quest'uomo appariva tutto
geloso, acceso da un ardore di emulazione79, tormentato dalle pene
della compassione. Quando percepiva che le anime redente dal
sangue prezioso di Cristo Gesù venivano insozzate dalla lordura
del peccato, si sentiva trapassato da un pungolo straordinario di
dolore, le compiangeva con tale tenerezza di misericordia che
come una madre ogni giorno le partoriva in Cristo. Da qui per
lui la lotta nella preghiera, il suo impegno nella predicazione, l'ec­
cesso nel dare l'esempio, per il fatto che non si riteneva amico di

75
Gb 2, 3.
76 2Cor 12, 15.
77
Ap 1, 16.
78 Gn 3, 24; Le 2, 35.
79 Es 34, 14.
172 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Mino,i

Cristo, se non si prendeva cura delle anime che ha redento. Per


questa ragione, benché l'innocente sua carne, che già si assog­
gettava spontaneamente allo spirito, non avesse alcun bisogno
di flagello, tuttavia, per dare l'esempio, moltiplicava le pene e le
fatiche, custodendo a causa degli altri i duri cammin/3°, per seguire
perfettamente le orme di Colui che, per la salvezza degli altri,
consegnò la sua vita alla morte8 1 •

NONA LETIURA.
Chiunque può capire in maniera chiarissima il fervore della
carità perfetta, da cui l'amico dello Sposo si sentiva trasportato
in Dio, per il fatto che bramava ardentemente di offrire se stesso
con la fiamma del martirio come ostia vivd32 al Signore. Tre volte,
per ciò, intraprese il cammino verso i paesi degli infedeli, ma due
volte ne fu impedito da disposizione divina, finalmente la terza
volta, dopo aver provato molti oltraggi, catene, percosse e fatiche
innumerevoli, con la guida di Dio venne condotto al cospetto del
sultano di Babilonia. Con una manifestazione così efficace di spirito e
di virtiP evangelizzò Gesi/34, che lo stesso sultano ne fu ammirato e,
diventato mansueto per divina disposizione, lo ascoltò con be­
nevolenza. In realtà, egli notò in lui fervore di spirito, costanza
d'animo, disprezzo della vita presente ed efficacia nel parlare di
Dio che concepì verso di lui tanta devozione stimandolo degno
di molto onore, gli offrì doni preziosi e lo invitò insistentemente
a prolungare il soggiorno presso di lui. Ma quel vero disprezza­
tore di sé e del mondo rifiutò come fango tutte le cose offerte
e, costatando che non poteva conseguire quanto si era proposto,
dopo aver fatto senza finzione tutto ciò che poteva fare per ot­
tenerlo, tornò tra i paesi cristiani come una rivelazione gli aveva
suggerito. E così avvenne che l'amico di Cristo cercasse con tutte
le forze la morte per lui e tuttavia non poté assolutamente trovar­
la, in modo che non gli mancò il merito del martirio desiderato e
venne preservato per essere insignito in seguito con un privilegio
singolare.

80
Sal 16, 4.
81 Is 53, 12.
82 Rm
12, 1.
83
1Cor 2, 4.
84
At 5, 42.
Leggenda minore di Bonaventura 173

IV]
[CAPITOLO
DEDIZIONE ALLA PREGHIERA
E SPIRITO DI PROFEZIA

PRIMA LETIURA.
Il servo � Cristo, sente ndosi
. nel corpo in esilio dal Signore85,
mentre esteriormente era divenuto totalmente insensibile ai desi­
deri dell � terra per �mor di Cristo, per non rimanere privo della
c� :msolazione del J?�etto, pregando senza interruzione86 , si sforzava
di mantenere lo spmto alla presenza di Dio. Infatti, camminando
e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, con la forza
della spirito restava così intento nella orazione da sembrare che
avesse dedicato ad essa ogni cosa che era in lui: non solo il cuore
e il corpo, ma anche l'azione e il tempo. Molte volte era sospeso
da tale eccesso di devozione che, rapito al di sopra di se stesso, e
oltrepassando i limiti della sensibilità umana, ignorava totalmen­
te quanto avveniva esteriormente intorno a lui.

SECONDA LETIURA.
E tuttavia per accoglier più quietamente le elargizioni delle
consolazioni spirituali, si recava in luoghi solitari e in chiese ab­
bandonate, per p�egar:'i di no �te; quantunque anche là provasse
le or�ende battaglie dei demoru, che venivano a conflitto con lui,
quasi corp? a corpo, e si sforzavano di stornarlo dall'impegno
della pr�ghie�a. 1'.fa l'�omo � Dio, dopo averli messi in fuga con
la forza. 1nf�t1c �bile di _pr�ghie�e. ferventi, restando solitario e pa­
cato, �iempiva i bo �chi di gemltl, cospargeva quei luoghi di lacri­
me, si percuoteva il petto e, quasi dall'intimità di un più segreto
santuario, allora rispondeva al giudice, allora supplicava il Padre,
a�ora s�herzava con lo Sposo, allora dialogava con l'amico. Là fu
visto, di notte, mentre pregava, con le mani e le braccia stese in
forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato
da un � nuvoletta f�lgente: così la meravigliosa luminosità e il sol­
levarsi del corpo diventavano testimonianza dell'illuminazione e
dell'elevazione avvenuta dentro il suo spirito.

TERZA LETIURA.
Come è comprovato da indizi sicuri, durante questo tipo di

85
2Cor 5, 6.
116
lTs 5, 17.
174 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Min01i

elevazioni per virtù soprannaturale gli venivano rivelate le cose


incerte ed occ11lte della sapienza divinr/'7, anche se egli non le divulgava
all'esterno, se non nella misura in cui urgeva lo zelo della salvezza
fraterna e dettava l'impulso della rivelazione celeste. La dedizio­
ne instancabile alla preghiera, insieme con l'esercizio ininterrotto
delle virtù, aveva fatto pervenire l'uomo di Dio a così grande
chiarezza di spirito che, pur non avendo acquisito la competenza
nelle Sacre Scritture mediante lo studio e l'erudizione umana,
tuttavia, irradiato dai fulgori della luce eterna, scrutava limpida­
mente le profanditè/'8 delle Scritture con acume di comprensione.
Si posò s11 di lui anche lo spùito89 multiforme dei profeti con tale
pienezza e varietà di grazie che, per la potenza mirifica di quel­
lo spirito, l'uomo di Dio si faceva vedere presente agli assenti
ed aveva notizia sicura dei lontani. Penetrava90 pure i segreti dei
cuori, come pure preannunciava gli eventi del futuro, come prova
l'evidenza di molteplici esempi tra cui ne riporteremo alcuni.

QUARTA LETTURA.
Mentre, infatti, una volta quell'uomo santo Antonio, allora
predicatore egregio ed ora, invece, illustre confessore di Cristo,
predicava ai frati in un capitolo provinciale presso Arles, eruttan­
do parole melliflue riguardo al titolo della croce: Gesù Nazareno,
re dei Gi11dez91, l'uomo di Dio Francesco, che allora si trovava in
luoghi lontani, apparve alla porta del capitolo, elevato in aria.
Quello benedicendo i frati con le mani stese in forma di cro­
ce, li ricolmò di consolazione spirituale in tali molteplici modi
che all'interno di sé constava una così certa testimonianza dello
spirito che quella apparizione meravigliosa era dotata di virtù ce­
leste. D'altronde, siccome il fatto non rimase nascosto al beato
padre, palesemente da ciò stesso risulta chiaro quanto il suo spi­
rito fosse aperto alla luce della sapienza eterna, quella che è più mobile
di ogni moto e per la sua purezZfl penetra e riempie ogni cosa, si trasfonde
nelle anime sante eforma gli amici di Dio e i prefett92•

QUINTA LETIURA.
Una volta mentre i frati entravano, come al solito, in capitolo

87
Sai 50, 8.
88
Gb 28, 11.
89
Is 11, 2.
90 Al posto di prospicerel (discerneva) il ms. Assisi, 347 ha perspiceret (penetrava).
91 Gv 19, 19.
92
Sap 7, 24-27.
Leggenda minore di Bonaventura 175

a Santa Maria della Porziuncola, uno di loro, protetto dal man­


telletta di qualcuno che lo difendeva, non voleva assoggettarsi
alla disciplina, vedendo ciò in spirito l'uomo santo, che allora
pregava appartato in cella, ed era intermediario tra i frati e Dio93 ,
fece chiamare a sé uno di loro e gli disse: «O fratello, ho visto
sulla schiena di quel frate disobbediente un diavolo, che gli strin­
geva il collo, soggiogato da un simile cavaliere, egli seguiva le sue
redini e i suoi incitamenti e disprezzava il freno dell'obbedienza.
Va, dunque, e dì al frate che senza indugio pieghi il collo sotto
la santa obbedienza, così suggerisce di fare anche Colui per le
cui insistenti preghiere quel demonio si è allontanato sconfitto».
Ammonito dal intermediario, avendo concepito uno spirito di
compunzione e percepito la luce della verità, il frate si prostrò con
la faccia a terra94 davanti al vicario dell'uomo santo, si riconobbe
colpevole, chiese perdono, accolse e sopportò la disciplina e d'al­
lora in poi obbedì umilmente in ogni cosa.

SESTA LETTURA.
Quando restava sul monte della Verna, rinchiuso nella cella,
uno dei compagni provava gran desiderio di avere un qualche
scritto con le parole del Signore, annotato brevemente di propria
mano. Credeva, infatti, che con questo mezzo avrebbe potuto
eliminare o almeno, di certo, sopportare con minor pena la gra­
ve tentazione non della carne, ma dello spirito da cui era vessa­
to. Languiva per tale desiderio ed era interiormente angustiato,
perché, umile qual era, riservato e semplice, si lasciava vincere
dalla vergogna e non osava confidare la cosa al reverendo padre.
Ma se non lo disse a lui l'uomo, glielo rivelò lo Spirito. Fran­
cesco, infatti, ordinò a quel frate di portargli inchiostro e carta
e, scrivendo le Lodi del Signore con una benedizione per lui di
propria mano, come il desiderio del frate, gli offrì benignamente
quanto aveva scritto e tutta quella tentazione scomparve defini­
tivamente. Quello stesso bigliettino, poi, fu tenuto in serbo e, in
seguito, apportò a moltissimi la guarigione, così, da questo risulta
chiaramente a tutti quale merito abbia avuto davanti a Dio chi lo
ha scritto ed ha lasciato in un fogliettino scritto tanta efficacia di
virtù.

SETTIMA LETTURA.
In un'altra circostanza, una nobildonna a Dio devota, recan-

93 Dt 5, 5.
94 Mt 26, 39.
176 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

dosi fiduciosamente dall'uomo santo, lo supplicava con tutte le


forze di voler intercedere presso il Signore per suo marito assai
crudele con lei e che la osteggiava nel servizio di Cristo, che miti­
gasse il duro cuore di lui con una larga infusione della sua grazia.
Udito questo, l'uomo santo e pietoso, con santi discorsi la con­
fermò nel bene, l'assicurò che sarebbe venuta presto la consola­
zione che lei desiderata e, finalmente, le comandò di far sapere
al marito, da parte di Dio e sua, che «ora era tempo di clemenza,
poi di giustizia». Credette la donna al sermone, che il servo del
Signore le aveva detto e, ricevuta la benedizione, ritornando in
fretta a casa, incontrato suo marito, gli narrò il colloquio avuto,
aspettando senza dubitare che si realizzasse la promessa sperata.
Non appena quelle parole risonarono alle orecchie di quell'uo­
mo, cadde sopra di lui lo spùito95 di grazia e intenerendogli il cuore
a tal punto che, da allora in poi, lasciò che la devota coniuge
servisse liberamente Dio e si offrì di servire il Signore insieme
con lei. Dietro persuasione della santa moglie, conducendo per
molti anni vita da celibi, nello stesso giorno, la donna al mattino
e l'uomo a vespro tornarono al Signore, lei come sacrificio mattu­
tino, lui come sacrificio vespertino96 .

OrrAVA LETIURA.
Nel tempo in cui il servitore del Signore giaceva malato a Rieti,
fu colpito da grave infermità un prebendario di nome Gedeone,
vizioso e mondano, e steso su un lettuccio, quando lo portarono
da lui, lo pregava insieme con gli astanti di essere segn ato da lui
con il segno della croce. Ed egli a lui: «Siccome un tempo sei
vissuto secondo i desideri della carne, senza temere i giudizi di
Dio, io ti segnerò con il segno della croce non per te, ma per le
devote preghiere di coloro che intercedono, cosicché fin d'ora io
ti faccio sapere con certezza che soffrirai pene più gravi se, una
volta guarito, ritornerai al vomito97». Perciò, facendo su di lui il
segno della croce dalla testa fino ai piedi, scricchiolarono le ossa
della sua schiena, tutti sentendo come quando si rompe legna
secca con le mani, e subito colui che giaceva contratto si alzò
sano e, prorompendo in lodi a Dio, disse: <<lo sono guarito». Ma,
trascorso un po' di tempo, quando, dimenticatosi di Dio, abban­
donò di nuovo il corpo all'impudicizia98 e una sera cenava, ospite
di un canonico ed era rimasto la notte a dormire con lui, il tetto
95
At 10, 44.
96 Nm 28, 4. 8; Sai 140, 2.
97
Pr 26, 11.
98
Ef 4, 19.
Leggenda minore di Bonaventura 177

della casa improvvisamente precipitò su tutti loro ed uccise lui


solo, mentre tutti gli altri sfuggirono alla morte. E così avvenne
che, simultaneamente, in quell'unico avvenimento si manifestò
chiaramente quanto sia severo contro gli ingrati lo zelo della giu­
stizia divina e quanto fosse veritiero e sicuro nel predire eventi
dubbi lo spirito di profezia99 , che ricolmava Francesco.

NONA LETIURA.
Nel tempo in cui, dopo il suo ritorno dai paesi d'oltremare, si
recò a Celano per predicare, un cavaliere con umiltà e devozione
e con grande insistenza lo invitò a pranzo e quasi lo costrinse
contro voglia. Ma prima che prendessero cibo, mentre l'uomo
devoto stava, secondo la sua abitudine, offrendo con mente preci
e lodi a Dio, vide in spirito che per quell'uomo ormai era immi­
nente il giudizio della morte e, rapito in spirito, rimaneva con
gli occhi levati al cielo. Terminata finalmente l'orazione, prese in
disparte l'ospite benigno e gli predisse che la morte era vicina, lo
ammonì a confessarsi e lo stimolò al bene per quanto poté. L'uo­
mo acconsentì subito alle parole del santo uomo e manifestò al
compagno di lui in confessione tutti quanti i peccati, mise ordine la
sua casa100 , si affidò alla misericordia divina e si preparò meglio che
poté ad accogliere la morte. Pertanto, mentre gli altri prendeva­
no la refezione del corpo, il cavaliere, che appariva sano e forte,
esalò improvvisamente lo spirito, secondo la parola dell'uomo di
Dio. Certo, portato via da una morte repentina, ma premunito,
per il suo spirito profetico, con le armi della penitenza, sfuggì
alla dannazione eterna ed entrò nei tabernacoli eternz101 , secondo la
promessa del Vangelo102 •

V][CAPITOLO

OBBEDIENZA DELLE CREATURE


E ACCONDISCENDENZA DI DIO

PRIMA LETIURA.
Certamente, nel suo servo Francesco, era presente lo Spinto del

99
Ap 19, 10.
100
Is 38, 1.
101 Le
16, 9.
102 Mt
25, 3 4 -40.
178 Sezione terza - ùggende liturgiche dell'Ordine dei Mi1101i

Signore che lo aveva unta 1°3 e lo stesso Cn'sto, potenZfl e sapienza di Dio104,
per la cui potenza e grazia non soltanto gli venivano manifestate le
cose incerte ed occulte105, ma anche gli obbedivano gli elementi di que­
sto mondo. Infatti, un tempo, quando era consigliato dai medici ed
esortato con insistenza dai frati ad accettare di lasciarsi curare la ma­
lattia degli occhi mediante la cauterizzazione, l'uomo di Dio accon­
sentì umilmente, perché non solo ciò sarebbe stato una medicina
contro l'infermità del corpo, ma anche la materia avrebbe esercitato
la virtù. Poiché la sensibilità della sua carne, alla vista dello strumento
di ferro ormai incandescente, era rimasta scossa da un naturale or­
rore, il santo uomo prese a parlare al fuoco come a un fratello e gli
comandò, in nome e in virtù del Creatore, di moderare il suo calore
e di bruciare soavemente, in modo di riuscire a sopportarlo. Affon­
dato il ferro crepitante nella tenera carne ed estesa la cauterizzazione
dall'orecchio fino al sopracciglio, l'uomopieno di spiri/0 106, esultando in
Dio, disse ai frati: «Lodate l'Altissimo, perché, dico la verità, il calore
del fuoco non mi ha dato molestia e il dolore della carne non mi ha
procurato afflizione».

SECONDA LETIURA.
Mentre il servo di Dio era travagliato da una malattia gravissi­
ma, presso l'eremo di sant'Urbano, sentendo la debolezza della
natura, chiese un bicchiere di vino. Gli fu risposto che vino non
ce n'era proprio, da potergliene dare, allora comandò di portar­
gli dell'acqua e, quando gli fu portata, la benedisse, tracciando il
segno della croce. Subito diventa un ottimo vino quella ch'era
stata acqua pura e ciò che la povertà del luogo deserto non po­
teva dare, lo impetrò la purezza del santo uomo. Al gustar di
quel vino, subito si ristabilì con estrema facilità per manifestare
chiaramente che dal generoso Datore gli aera stata concessa la
bevanda desiderata, non perché piacevole al gusto, ma perché
efficace per la salute.

TERZA LETIURA.
Un'altra volta l'uomo di Dio volendosi trasferire in un certo
eremo, dove avrebbe potuto dedicarsi più liberamente alla con­
templazione, poiché era debole, veniva condotto da un uom?
povero sul suo asinello. Era d'estate e quell'uomo, scortando il

103 Le 4, 18.
104
1Cor 1, 24.
105 Sai 50, 8.
106 Gn 41, 38.
Leggenda minore di Bonave11t11ra 179

servitore di Dio su per le montagne, affaticato dal camminare e


dalla strada assai difficoltosa, molto dura e molto lunga, senten­
dosi venir meno per la gran sete, cominciò improvvisamente a
gridare con veemenza e a dire che, se non beveva un po', avrebbe
esalato subito l'ultimo respiro. Senza indugio l'uomo di Dio saltò
giù dall'asino e, inginocchiatosi per terra, alzò le mani al cielo e
non smise di pregare finché comprese di essere stato ascoltato.
Terminata, finalmente, l'orazione, disse all'uomo: «Va' in fretta
vicino alla roccia e là troverai l'acqua viva, che in questo momen­
to Cristo misericordiosamente ha fatto scaturire dalla pietra, per
essere bevuta». L'uomo assetato corse al luogo indicato e bevve
l'acquafatta scaturire dallapietra107, per la virtù di quell'orante, e attinse
la bevanda che Dio gli aveva somministrato dal sasso du,issimo108.

QUARTA LETTURA.
In un tempo in cui il servo del Signore stava predicando in
riva al mare, a Gaeta, volendo sottrarsi al plauso della folla che
per devozione si riversava su di lui, salì da solo su una barca, che
si trovava presso il lido. Ma quella, come fosse pilotata da una
forza intrinseca che la mise in movimento, senza alcun rematore
si allontanò da terra, sotto lo sguardo ammirato di tutti i presenti.
Addentratasi per un po' nel mare aperto, restò poi immobile in
mezzo alle onde, per tutto il tempo che all'uomo di Dio piacque
di predicare alle turbe in attesa sul lido. Ascoltato il discorso,
visto il miracolo e ricevuta la benedizione, la moltitudine, dietro
preghiera dello stesso, si stava allontanando e allora, non per altra
spinta che per quella di un comando celeste, la barca venne a riva,
come se la creatura,per servire al suo Fattore109, si assoggettasse senza
ribellione e obbedisse senza indugio a colui che era un adoratore
perfetto del Creatore.

QUINTA LETTURA.
Una volta in cui si trovava nell'eremo di Greccio, gli abitanti
del luogo erano oppressi da molti mali: ogni anno una tempesta
di grandine devastava i raccolti e le vigne e una moltitudine di
lupi rapaci divorava non soltanto gli animali, ma anche gli uomi­
ni. Il servo del Signore onnipotente, che provava una benevola
compassione per quegli uomini così fortemente afflitti, durante
una predica promise loro pubblicamente, facendosene perso-

107 Sai 77, 16.


108 Dt 32, 13.
109
Sap 16, 24.
180 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minon·

nalmente garante, che tutta quella calamità sarebbe scomparsa,


se essi si fossero confessati e avessero voluto fare degni frutti di
penitenza110• Poiché quelli secondo la sua esortazione fecero pe­
nitenza, da quel momento cessarono le stragi, si dispersero i pe­
ricoli, né lupi o grandine recarono più danno; anzi, cosa ancor
più notevole, se qualche volta la grandine cadeva sui seminati dei
confinanti, quando si appressava ai terreni di costoro finiva lì o si
dirigeva da un'altra parte.

SESTA LETTURA.
Un'altra volta l'uomo di Dio, mentre si aggirava per la valle
spoletana a scopo cli predicazione, giunse vicino a Bevagna in
un luogo dove si era data convegno una grandissima quantità di
uccelli di vario genere. Avendoli osservati con occhio pietoso,
investito dallo Spirito del Signore111 , corse veloce verso quel luogo e
dopo averli salutati con entusiasmo, impose loro il silenzio, per­
ché potessero ascoltare con attenzione la parola di Dio. Mentre
egli parlava agli uccelli dei molti benefici donati da Dio creatore
e delle lodi che essi dovevano tributargli, quelli, dimenandosi in
mirabil modo, si misero ad allungare il collo, a stendere le ali, ad
aprire il becco e a fissarlo con attenzione, come se si sforzassero
cli sentire la forza ammirabile di suoi discorsi. Era davvero giu­
sto che l'uomo pieno di Dio112 si sentisse spinto da un sentimento
pietoso di umanità verso tali creature prive di ragione, per il fatto
che esse, a loro volta, in un modo meraviglioso si sentivano così
attratte verso di lui che stavano attente quando le istruiva, obbe­
divano quando le comandava e si rifugiavano con sicurezza da
lui, che le accoglieva e senza difficoltà rimanevano con lui, che le
teneva con sé113•

SETTIMA LETfURA.
Nel tempo in cui egli, per conseguire la palma del martirio,
aveva cercato di andare nei paesi d'oltremare, senza per altro riu­
scirci, perché impedito dalle tempeste del mare, Colui che gover­
na tutte le cose lo assisté con un'adatta provvidenza per strappar­
lo con molti altri dai pericoli della morte e mostrare verso di lui

Mt 3, 8.
110

111
Gdc 14, 6.
112
Gn 41, 38.
113 A questa altezza un'altra mano nel ms. Assisi, 347 aggiunge nel margine
«quis est?», senza capire che la persona che si prende cura degli animali è ap­
punto Francesco.
Leggenda minore di Bonaventura 181

le meravigliose opere nel profondo del mare114• Infatti, volendo ritornare


dalla Sclavonia in Italia, salendo su una nave, senza alcun mez­
zo per pagare, proprio mentre egli saliva si presentò un uomo
mandato da Dio11 in aiuto del poverello di Cristo: costui non solo
portò con sé le provviste necessarie, ma fece venire dalla nave
una persona timorata di Dio e gliele consegnò, perché a tempo
opportuno le servisse a coloro che non avevano proprio nien­
te. Se non che, per la violenza dei venti, i marinai non riuscivano
a sbarcare in nessun posto e, perciò, tutte le loro provviste cli
cibo si esaurirono: rimase soltanto una piccola porzione dell'ele­
mosina donata dal cielo all'uomo beato. Quella porzione, per le
sue preghiere e i suoi meriti e per l'intervento della virtù celeste,
crebbe talmente che soddisfece appieno alle necessità di tutti,
durante i molti giorni di continua burrasca, finché giunsero al
porto desiderato, cioè ad Ancona.

OTTAVA LETTURA.
Un'altra volta, mentre quest'uomo di Dio era in viaggio con
un frate compagno, a scopo di predicazione, fra la Lombardia e
la Marca Trevigiana, fu sorpreso dalle tenebrose oscurità della
notte nei pressi di Padova. Siccome la strada era esposta a molti e
�ra:VÌ pericoli, a causa del fiume, delle paludi e delle tenebre, per
ms1stenza del compagno perché in una necessità così grande im­
plorasse l'aiuto di Dio, l'uomo di Dio rispose con molta fiducia:
«Dio è potente se piace alla sua dolcezza, scacciata l'oscurità delle
tenebre, ci illuminerà con il beneficio della sua luce». Meraviglia
davvero! Aveva appena finito di parlare ed ecco per virtù celeste
una grande luce incominciò a risplendere attorno a loro, tanto
che, mentre altrove persisteva l'oscurità della notte, essi vede­
vano distintamente non soltanto la strada, ma anche molte cose
tutt'intorno, dall'altra parte del fiume.

NONA LETTURA.
Era davvero giusto che, in mezzo alle tenebre dense della not­
te, lo precedesse il fulgore della chiarità celeste, affinché, da ciò
stesso si manifesti che non possono essere avviluppati dal buio
della morte116 quanti seguono con diritto sentiero la luce della vita117•
Infatti, guidati nel corpo dallo splendore meraviglioso di tale luce

114
Sai 106, 24.
115
Gv 1, 6.
116
Gb 10, 21.
117
Gv 8, 2.
182 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori

e confortati nello spirito, per un lungo tratto di strada cantando


e lodando Dio, giunsero fino ad un ospizio. O uomo veramen­
te luminosissimo e ammirabile! davanti al quale il fuoco mode­
ra l'ardore, l'acqua cambia sapore, la pietra offre �ma b�vand �
abbondante, gli esseri inat:ima? si �� ttono a s_ervire, gli � ssen
crudeli diventano mansueu e gli esseri irrazionali con zelo si vol­
gono verso di lui; perfino il Signore di tutte le cose obbe �sc� al
suo desiderio, per sua benignità, quando anche prepara il c1 �0
con liberalità, offre la sua guida per la chiarezza della sua luce, m
modo che così a lui, in quanto uomo d'esimia santità, tutte le cre­
ature servano e lo stesso Creatore di tutti si fa accondiscendente.

[CAPITOLO VI]
LE SACRE STIMMATE

PRIMA LETIURA.
Il servo e ministro veramente fedele di Cristo, Francesco, due
anni prima di rendere lo spirito al ci�lo, in iisp_arte su un a(to mon�
te118 che è chiamato La Verna, per mcormnciare un digiuno _ di
qua�anta giorni ad onore dell'arc �ngelo Michele'. inondato dalla
dolcezza celeste della contemplaz10ne con magg10r abbondanza
del solito e acceso da una più ardente fiamma di celesti desideri,
incominciò a sentire con maggior profusione i doni dell� divin�
elargizioni. Mentre, dunque, è condotto in alto verso Dio d�gli
ardori serafici dei desideri e preso da una tenerezza compassio­
nevole venne trasformato in colui, che di degnò, per grande cari­
tà119, di essere crocifisso. Un mattino, all'appressarsi della festa
dell'Esaltazione della santa Croce,
. mentre pregava sul fianco del
monte, vide come la figura dz un serafino, che avev� se�· �a,no. ta ?t?
luminose quanto infuocate, discende� e dalla sublirm;a ?ei _c� eli,
che, con rapidissimo volo, giungendo m un punto nell ana :7icmo
all'uomo di Dio, apparve non soltanto alato, ma anche croc1fiss�.
Avendo, infatti, le mani e i piedi stesi e confitti sulla cro�e e le a�,
invece, disposte, da una parte e dall'�ltra, in modo cosi meravi­
glioso, che due le teneva alzate sopra il capo, due le ste_ndeva per
volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo.

118 Mt 17, 1.
119
Ef 2, 4.
120
Is 6, 2.
Leggenda minore di Bonaventura 183

SECONDA LETIURA.
Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì riversarsi nel suo spirito
gaudio misto con il dolore, allora da una parte concepiva. una
straordinaria letizia all'apparizione di Cristo in un aspetto pieno
di grazia per lui in forma così meravigliosa e familiare, dall'altra la
visione della cruda affissione alla croce trapassava la sua anima con
la spada121 di un dolore compassionevole. Ammaestrato interior­
mente da colui che gli appariva anche esteriormente, comprese,
infatti che benché l'infermità della passione non si addice in
alcuna' maniera
' alla natura immortale e spirito serafico, tuttavia,
tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per questo scopo, che
lui, l'amico di Cristo conoscesse anticipatamente, che _ stava per
essere tutto trasformato nell'esplicita immagine di Cnsto Gesù
crocifisso non mediante il martirio della carne, ma mediante
l'incendia' dello spirito. La visione, scomparendo, dunque, dopo
un colloquio arcano e familiare, infiammò il suo spirito interior­
mente di ardore serafico ma impresse esteriormente la carne con
un'effigie perfettamente conforme del Crocifisso, co11:1e se �Ila
precedente virtù di liquefare del fuoco avesse fatto seguita un'im­
pressione di un sigillo.

TERZA LETfURA.
Subito, nelle sue mani e nei piedi incominciarono ad apparire i
segni dei chiodi; le loro capocchie si vedevano nella parte interna
delle mani e nella parte superiore dei piedi e le punte emergevano
dalla parte opposta. E le capocchie dei chiodi, nelle mani e 1:ei
piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, pie­
gate all'indietro e ribattute, che uscivano dalla ca �ne stes �a, spor­
gendo sopra il resto della carne. La stessa nbat�tura d_ei chiodi,
sotto i piedi, era così prominente e sporgeva all'mfuon che non
solo non permetteva di appoggiare liberamente la pianta del pie­
de al suolo, ma anche si poteva facilmente far passare un dito di
una mano dentro l'incurvatura arcuata delle punte stesse, come
ho sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con
i propri occhi. Anche il fianco destro era come trafitto da una
lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso emet­
teva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le
mutande, che quando i frati compagni, le lavavano, per un certo
tempo, potevano costatate senza alcun dubbio che il servitore di
Cristo portava impressa visibilmente la similitudine al Crocifisso
anche nel costato, così come nelle mani e nei piedi.

121
Le 2, 35.
184 Sezione terza - Leg,g,ende litmgiche dell'Ordine dei Minori

QUARTA LETTURA.
Vedeva, l'uomo pieno di Dio122, che le stimmate impresse così
palesemente nella carne non potevano restare nascoste ai com­
pagni familiari; temeva, non di meno, di mettere in pubblico il
sacramento123 del Signore ed era combattuto da un grande dubbio:
se dire quanto aveva visto oppure tacere. Spinto, infine, dallo sti­
molo della coscienza, riferì ad alcuni tra i frati a lui più intimi, con
molto timore, lo svolgimento della visione raccontata; e aggiunse
che colui che gli era apparso gli aveva detto alcune cose che egli
non avrebbe mai svelato a nessun uomo, finché era in vita. In­
fatti, sopo che il vero amore di Cristo trasformò l'Amante nella sua
stessa immagine124, si compì il numero dei quaranta giorni, che egli
aveva stabilito di trascorrere su quel monte di solitudine, all'arri­
vo della solennità dell'arcangelo Michele, l'uomo angelico, Fran­
cesco, scese dal monte, portando con sé l'effigie del Crocifisso,
non raffigurata su tavole di pietra125 o di legno dalla mano di un
artefice, ma scritta nelle membra della carne dal dito del Dio vivo126•

QUINTA LETTURA.
Inoltre, sebbene l'uomo santo e umile si sforzasse con ogni
diligenza di nascondere quei sacri sigilli, piacque, tuttavia, al Si­
gnore, a propria gloria, di mostrare per mezzo di essi alcune evi­
denti meraviglie, affinché la potenza occulta di essi si rivelasse
palesemente per chiari segni ed egli risplendesse come astro ful­
gentissimo fra le dense tenebre del secolo oscuro. Infatti, nel ter­
ritorio intorno al predetto monte della Verna, prima che il Santo
vi avesse soggiornato, di solito alzandosi una nube fosca dalla
montagna stessa, una violenta tempesta di grandine distruggeva
i raccolti. Ma dopo quella beata apparizione, non senza ammi­
razione e gioia degli abitanti, la consueta grandine scomparve,
affinché l'aspetto stesso del cielo, divenuto sereno in maniera
inusitata, mostrasse l'eccellenza di quella visione celeste e la virtù
delle stigmate, che li erano state impresse.

SESTA LETTURA.
Sempre in quel periodo, infierì nella provincia di Rieti una pe­
ste molto grave, che cominciò a colpire con tale violenza ovini

122
Gn 41, 38.
123
Tb 12, 7.
124
2Cor 3, 18.
125
Es 31, 18.
126
Es 8, 19; 31, 18; 2Cor 3, 3.
Leg,g,enda minore di Bonaventura 185

e bovini, che sembravano quasi tutti languire irrimediabilmen­


te per il morbo. Però un uomo che temeva Dio, una notte, fu
esortato per mezzo di una visione a recarsi in fretta nel romi­
torio dei frati, dove allora dimorava il beato Padre e a chiedere
ai compagni l'acqua di lottura delle sue mani e dei suoi piedi e
spargerla sugli animali colpiti, e così tutta quella peste sarebbe
cess�ta. Qua?do, quell'uomo eseguì tutto questo con premura
e D�o ,confen ali acqua, che aveva toccato le sacre piaghe, tan­
ta v1t�, che, q�ando era aspersa anche in piccola quantità sui
gre�gi � al�t1, debell� va _totalmente quella piaga di pestilenza,

e gli arumalj, ncuperato il vigore primitivo, correvano al pascolo,
come se pnma non avessero provato proprio nessun male.

SETTIMA LETTURA.
!�somma, da allora quelle mani acquistarono tale virtù che,
�on il l?ro cont�tto salvifi�o! !�stituivano una vigorosa salute agli
�nfe� e una vivace sensibilita alle membra ormai paralizzate e

1nandite e, cosa che è maggiore di tutte queste, la vita e l'integrità
a coloro mortalmente feriti. Infatti, ricorderei due tra i suoi molti
prodigi, anticipando e insieme abbreviandoli. A Lerida un uomo
di nome Giovanni, devoto a san Francesco, una sera 'fu massa­
crato con ferite così orrende da far credere che a stento sarebbe
s prav:7issuto fino. a�'indomani, apparendogli in modo meravi­

glioso il padre santlssimo e toccandogli quelle ferite con le sacre
n:iani, all'istante lo rese interamente sano così che tutta quella re­
�one proclama-ya l'am �r�bile �ignifero della Croce degnissimo
di ogru venerazione. Ch1, rnfattl, potrebbe, senza ammirazione,
vedere un uomo non sconosciuto quasi nel medesimo istante ora
str�ziato da fer�te crudelissime ora gioioso per la sua incolumità?
�lu potrebbe !ipensarci, senza elevare un azione di grazie? Chi,
mfine, con spmto fedele potrebbe giudicare un miracolo tanto
pietoso, virtuoso e luminoso, senza devozione?

OTTAVA LETTURA.
Pre�so Potenza, città della Puglia, un chierico di nome Rug­
gero, siccome pensava cose vane a proposito delle sacre stimma­
t � �el beato p�dre, improvvisamente si sentì colpito nella mano
s101stra, sotto il !$11anto, e se p�reva un colpo di freccia scagliata
da _un � balestra,� gu_anto era rimasto perfettamente intatto. Ma
po1che per tr_e giorru _ fu tormentato da una punta di veemente
dolore, ormai pentlto nello spirito, invocava il beato e scongiu­
rava_ Francesco che lo soccorresse in nome di quelle stigmate
glonose, ottenne una salute così perfetta che ogni dolore scom-
186 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Mino1i

parve e non rimase assolutamente segno alcuno del colpo subito.


Da questo appare luminosamente che quei sacri segni furono
impressi dalla potenza e sono dotati della virtù di Colui che può
procurare le piaghe, apportare il rimedio, colpire gli ostinati e
risanare i contri!t127•
I
NONA LET URA.
Davvero quest'uomo beato apparì degnamente insignito di
questo privilegio singolare, giacché tutta la sua predilezione, sia
pubblica sia privata, era rivolta verso la croce del Signore. Infatti,
anche quella meravigliosa dolcezza di mansuetudine ed austeri­
tà del vivere, quella umiltà profonda, pronta obbedienza, esimia
povertà, illibata castità, amara contrizione, profluvio di lacrime,
pietà viscerale, ardore di emulazione, desiderio di martirio, ecces­
so di carità, insomma, il multiforme privilegio di virtù cristifor­
mi, che altro mostrano in lui, se non un'assimilazione a Cristo e,
per così dire, un predisporsi alle sue sacre stigmate? Per questa
ragione dalla sua conversione adornato per tutto il corso della
sua vita dai misteri luminosi della Croce, alla fine, al cospetto
del sublime Serafino e dell'umile Crocifisso, fu tutto trasforma­
to nell'immagine della forma vista, mediante la forza deiforme
e infuocata; in tal modo hanno testimoniato coloro che hanno
veduto, hanno toccato con mano, hanno baciato e, toccando [i
libri] sacrosanti, giurando che così era stato e così avevano visto,
ci hanno confermato in una più abbondante certezza.

VII)
[CAPITOLO
IL TRANSITO DELLA MORTE

PR1MA LETIURA.
L'uomo di Dio ormai dunque confitto con Cristo sulla croce128 sia
con la carne sia con lo spirito, non solo era elevato verso Dio
dall'incendio dell'amore serafico, ma era anche trafitto129 dal fer­
vido zelo delle anime, e insieme con il suo crocifisso Signore era
assetato130 della salvezza di tutti quelli che si devono salvare. E,
siccome non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui
piedi, faceva portare attorno per città e borghifartifica!t131 quel suo

127 Lc 4, 18.
126
Gal 2, 19.
129 Gv 19, 37.
no Gv 19, 28.
131 Mt
9, 35.
Leggenda minore di Bonaventura 187

corpo mezzo morto, affinché, come un altro angelo che sale dal lttogo
dove sorge il sole132, infiammasse il cuore dei servi di Dio con una
divina fiamma difuoco13 3, dirigesse anche i piedi sulla via della pace134 e
segnasse le lorofronft135 col sigillo del Dio vivo136 • Ardeva anche di un
gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per ser­
vire, come da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo
servizio il corpo ormai consumato dalla fatica.
SECONDA LETIURA.
Si proponeva di fare grandi imprese, con Cristo come con­
dottiero, e, mentre le membra venivano meno, forte e fervido
nello spirito, sperava con un nuovo combattimento il trionfo sul
nemic ?. C�rto perché crescesse il cumulo dei meriti per il pic­
colo di Cnsto, che per quella pazienza peifetta137 porta veramente
a compimento ogni cosa, incominciò ad essere colpito grave­
mente da varie malattie, che, essendo diffuse dolorose sofferenze
di passioni in ognuna delle membra ed essendo la carne ormai
consumata138 , n'maneva ormai sulle ossa soltanto la pelle139 • Pressato
dalle aspre sofferenze del corpo, quelle penose angosce non le
chiamava pene, ma sue sorelle e, nella lieta tolleranza delle stesse
innalzava al Signore grandi lodi e ringraziamenti, cosicché ai frati
che lo assistevano sembrava di guardare un altro Paolo, a causa di
quel gloriarsi gioioso ed umile nelle inftrmità140 , e di vedere un altro
Giobbe, a causa di quella vigoria e imperturbabilità d'animo.
TERZA LETIURA.
Egli, invero, aveva conosciuto molto tempo prima il momento
del suo transito e, quando il giorno della morte fu imminente
disse ai frati c�e presto doveva deporre il tabernacolo del propri�
corpo, come gli era stato mostrato da Cristo141 • Perciò, a due anni
dall'impressione delle stimmate e cioè a vent'anni dalla sua con­
versione, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziun­
cola, affinché, dove ad opera della Vergine Madre di Dio aveva

132 A p 7, 2.
133
Lam 2, 3.
134
Le 1, 79.
135 A p 7, 3.
136 A p
7, 2.
137 Gc 1, 4
-
136 Gb 19, 20.
Il? Lam 4, 8.
140 C
2 or 11, 30; 12, 5 9.
141
2Pt 1, 14.
188 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

concepito lo spirito cli perfezione e cli grazia, là pa?. ato il debito


alla morte pervenisse al premio della 1icompensa eterna 42• Condotto
allora al luogo predetto, per mostrare con l'esempio della verità
che nulla egli aveva in comune col mondo, durante quella malat­
tia tanto grave che mise fine a ogni debolezza, si stese tutto nudo
sulla nuda terra, poiché in quell'ora estrema, in cui poteva ancora
sdegnarsi con il nemico, nudo lottasse � on lui nudo 143 • Giace1?-d?
così nudo nella terra e nella polvere, 1 atleta, con la mano siru­
stra ricoprì la ferita del fianco destro, perché non si vedesse, e
secondo il suo solito levata al cielo la faccia serena, tutto teso a
quella gloria, incominciò a magnificare l'Altissimo, per_ il fatto
che, sciolto da ogni cosa, ormai libero passasse verso Lw.

QUARTA LETTURA.
Alla fine, quando incombeva ormai l'ora del suo transito, �ece
chiamare a sé tutti i frati che dimoravano nel luogo e, rassicu­
randoli per la sua morte con parole consolatrici, li esortò con
affetto paterno all'amore divino. Lasciando anche loro e legando
per successione ereditaria il possecliment'? de�a povertà, e della
pace, li ammonì premurosamente a tenersi fissi alle rea �t� eterne
e a premunirsi contro i pericoli cli questo mondo e li mdusse,
con ogni efficacia cli sermone che pot�, a � eguire perfet�_amente
le orme cli Gesù crocifisso. E mentre i figli stavano tutt mtorno
al patriarca dei poveri, i _ cui oc; hi ormai erano ojfu�ca�, non per l�
vecchiaia144 ma per le lacrime, l uomo santo, quasi cieco e ormai
prossimo alla morte, incrociando le braccia, stese su cli loro le
mani in forma di croce, per il fatto che aveva sempre amato que­
sto segno, e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella virtù e
nel nome del Crocifisso.

QUINTA LETTURA.
Dopo chiese che gli venisse letto il Vangelo secondo Giovanni
a partire dal versetto: Prima del giorno della Pasqua145, _p� r sentire i�
questo la voce del Diletto che bussava146, dal quale lo divideva ormai
soltanto la parete della carne. Alla fine, compiuti in lui tutti i
misteri, pregando e salmeggiando l'uomo beato si addormentò nel
Signore147 e quell'anima santissima, sciolta dalla carne, venne as-

142
Fil 3, 14; Col 3, 24.
14
l SuLPtCE SÉVÈRE, Le/tre 3, pp. 334-345.
144
Gn 48, 10.
145
Gv 13, 1.
146
Ct 5, 2.
147
At 7, 60.
Leggenda minore di Bonaventura 189

sorbita nell'abisso della chiarità eterna. In quello stesso momen­


to uno dei suoi frati e discepoli, uomo veramente famoso per la
santità, contemplò quell'anima beata sotto la forma cli una stella
fulgentissima, sollevata da una nuvoletta candida al cli sopra di mol­
te acque148 salire direttamente in cielo, dato che essa brillando per
il candore della coscienza e rifulgendo del privilegio dei meriti,
veniva portata in alto dalla sovrabbondanza della grazia e dalla
deiformità delle virtù tanto efficacemente che non si poteva nep­
pure un poco ritardare la visione della luce celeste e della gloria.
SESTA LETTURA.
Anche l'allora ministro dei frati nella Terra cli Lavoro, cli nome
Agostino, uomo particolarmente caro a Dio, trovandosi in punto
cli morte, pur avendo perso ormai da tempo la parola, improv­
visamente esclamò, in modo che tutti i presenti lo sentirono e
disse: <<Aspettami, Padre, aspetta! Ecco, sto già venendo con te!».
Siccome i frati si stupivano e chiedevano a chi stava parlando
in quel modo, affermò cli vedere il beato Francesco che stava
andando in cielo e subito, detto questo, anche lui felicemente
spirò. Nello stesso tempo, il vescovo d'Assisi si era recato al san­
tuario cli San Michele sul monte Gargano, a cui apparendo il be­
ato Francesco, tutto lieto nel momento del suo transito, gli disse
_ che lasciava il mondo e passava gioiosamente in cielo. Alzatosi al
mattino, il vescovo raccontò ai compagni quanto aveva visto e,
ritornando ad Assisi poiché indagò sollecitamente, riscontrò con
certezza che il beato Padre migrò da questa vita nel momento in
cui glielo aveva notificato per visione.
SETTIMA LETTURA.
L'immensità della bontà celeste mostrò in modo degno con
molti prodigi cli miracoli, anche dopo anche dopo la sua morte,
quanto quest'uomo preclaro fosse cli eccelsa santità. Infatti, per
invocazione e i meriti cli lui, l'onnipotente virtù cli Dio restituì la
vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la parola ai muti, il passo agli zoppi,
la sensibilità e il moto ai paralitici. Inoltre, ridonò la piena salute
ai paralizzati, rattrappiti e ai fratturati, sottrasse potentemente dal
carcere i prigionieri, accordò ai nauf raghi il porto della salvezza,
concesse facilità cli partorire alle gestanti in pericolo e cacciò i de­
moni dal corpo degli ossessi. In fine restituì a mondezza salutare
chi era afflitto da perdite cli sangue e da lebbra, ad integrità per­
fetta chi era stato ferito mortalmente e, cosa maggiore cli tutte,
richiamò i morti alla vita.
148
Sai 28, 3.
190 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'O,dine dei Minori

OTTAVA LETTURA.
Non cessano di crescere, per opera sua, anche gli innumerevoli
benefici di Dio nelle varie parti del mondo, come ho provato per
esperienza diretta anche io stesso che ho descritto i fatti antecedenti.
Essendo, infatti, stato fatto un voto a san Francesco da mia madre
per me che ero malato molto gravemente, quando ero ancora fan­
ciullino, fui strappato dalle fauci stesse della morte e restituito sano
nel vigore della vita. Siccome ho ben vivo questo fatto nella me­
moria, ora lo proclamo con confessione veritiera, affinché, tacendo
un beneficio così grande, non sia incolpato come ingrato. Accetta,
dunque, o padre beato, le azioni di grazie, per quanto esili e impari
ai tuoi meriti e ai tuoi benefici, e, quando accoglierai i desideri, scusa
le nostre colpe nel pregarti così, affinché tu liberi i tuoi fedeli devoti
anche dai mali presenti e li conduca ai beni sempiterni.
NONA LETTURA.
Dunque si chiuda il discorso con una sorta di ricapitolazione
sommaria; chiunque ha letto fino in fondo le cose precedenti, riflet­
ta su questa considerazione finale: la conversione del nostro padre
Francesco avvenuta in modo ammirabile, l'efficacia nella parola divi­
na, il privilegio delle virtù sublimi, lo spirito di profezia con la com­
prensione delle Scritture, l'obbedienza da parte delle creature prive
di ragione, l'impressione delle sacre stigmate e il celebre transito da
questo mondo al cielo, mostrano chiaramente come sette luminose
testimonianze per tutto il mondo e garantiscono che lui, come pre­
claro araldo di Cristo, che porta in se stesso il sigillo del Dio vivo149 deve
anche essere venerato come autentico nella missione e la dottrina e
ammirevole nella santità. Con sicurezza, dunque, lo seguano coloro
che escono dall'Egjtto150, poiché una volta che le acque del mare saranno
divise151 dal bastone della croce di Cristo, essipasseranno ti deserlo152 e, at­
traversato zJ Giordano153 della vita mortale, per la meravigliosa potenza
della Croce stessa, entreranno nella terrapromessa dei viventt154• Là, per i
suffragi del beato padre, ci introduca Gesù, inclito Salvatore e guida,
a cui con il Padre e con lo Spirito Santo nella Trinità perfetta sia ogni
lode, onore e gloria nei secoli dei secoli. Alnen155•
Fine della Vita minore di san Francesco.
14 9 Ap 7, 2.
150 Cfr. Es 13-15; Sai 113.
15 1
Sal 135, 13.
152
Sai 67, 8.
153
Dt 27, 3.
154
Sai 141, 6; At 7, 5.
155
Rm 16, 27.
6

TOMMASO DA CELANO

ESTRATTO DALLA VITA DEL


NOSTRO BEATISSIMO PADRE
NOSTRO FRANCESCO PER LA
FESTA DELLA TRASLAZIONE

traduzione di
FILIPPO SEDDA
La traslazione del corpo di san Francesco dalla chie�a di
San Giorgio alla basilica di San Francesco ebbe luogo ti 25
maggio 1230 ad Assisi. La riforma liturgica di Aimone da
Faversham nel 1244, confermando un precedente uso dei frati
Minori� prevedeva de festeggiare la traslazion� di Fran� esco in
questo giorno, con lo stesso ufficio del su� dies natalis, 11'.a
con delle lezioni specifiche per questa occaszon�. Nel m_anoscnt­
to Chigi C. V 136 della Biblioteca Apostolica Vatzcana, un
breviatio conforme all'uso dei frati Minori proveniente proba­
bilmente da un monastero di Clarisse, le lezioni per la hm/a­
zione sono estratte dalla Vita del beatissimo pad� e nos� ro
Francesco di Tommaso da Celano. Esse coprono tn effettz la
morte e la sepoltura di Francesco nel 1226, la sua canonizza­
zione nel 1228 e la traslazf on� del suo corpo ne � 1230. La
stessa porz,ione testualefu rezmpieg�ta_t� el � 1anoscntto AB/ 23.
del Collegio San Lorenzo da Brmdtst dz R_oma, � modo dt
conclusione della patte biografica del Memoriale dz Tommaso
da Celano.
(RUBRICA]
Nella Traslazione di san Francesco si faccia l'ufficio come
nella sua natività, tranne che si leggano le letture della sua tra­
slazione. Ma se questa festa si celebra prima della Pentecoste,
sotto la prima antifona di ciascun notturno si dicano tre salmi e
alla fine dell'invitatorio, delle antifone, dei versetti e dei respon­
sori sia brevi che gli altri si aggiunga l'Alleluia e negli inni si ag­
giunga «Gloria a te, Signore, che sei risorto». Ma se si celebra
tra l'Ascensione e la Pentecoste, si dica «Gloria a te, Signore,
che ascendi». Se invece la predetta festa viene nella vigilia dell'A­
scensione o della Pentecoste, si faccia memoria di san Francesco
solo nei secondi vespri. Se invece detta festa capiterà di essere
celebrata il giorno dopo dell'Ascensione, nel vespro del giorno
dell'Ascensione si faccia totalmente l'ufficio dell'Ascensione con
la commemorazione di detta festa, tranne in qualche luogo dei
frati in cui la chiesa sia costruita in nome del beato Francesco. Al­
lora, infatti, in quel luogo al vespro del giorno dell'Ascensione si
dicano interamente i vespri del beato Francesco con la comme­
morazione dell'Ascensione. Di sant'Urbano invero non di faccia
nulla, ma si trasferisca avanti.1

PRIMA LETTURA.
Nell'anno dell'incarnazione del Signore 1226, il 4 giorno alle
none di ottobre2, nel giorno che aveva predetto, trascorsi venti
anni da quando aderì perfettamente a Cristo, seguendo le orme3 e
la vita degli apostoli, l'uomo apostolico Francesco4, sciolto dai
vincoli della vita mortale, migrò felicemente a Cristo. E sepolto
presso la città di Assisi, cominciò a brillare ovunque con tanti
straordinari e vari miracoli che in breve tempo indusse all'ammi­
razione del nuovo secolo una gran parte della terra.

SECONDA LETTURA.
Quando ormai in diverse regioni diventava famoso per la nuo­
va luce dei miracoli e da ogni parte accorrevano coloro che gio­
ivano di essere liberati per suo beneficio dalle proprie sciagure,
il signor papa Gregorio, quando si trovava a Perugia con tutti i
cardinali e altri prelati della Chiesa, iniziò a deliberare sulla sua
canonizzazione.

1
S. VAN DIJK, So11rces of the Modem Ro!llan Lit11rgy, voi. 2, pp. 140-141.
2 Il 4 ottobre.
3 1 Pt 2, 21.
4 UfLL 1.
194 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Mino1i

TERZA LETTURA.
Concordando, dunque, tutti espressero insieme lo stesso [giu­
dizio]. Leggono e approvano i miracoli, che per mezz� del � uo
servo il Signore aveva operato ed esaltano con somm1 elogi la
vita e la condotta del beato padre. Quindi si riuniscono i principi
della temr5 per tale solennità e ogni abbondanza di prelati con
un'infinita moltitudine di popolo, nel giorno stabilito, entrano
nella città di Assisi con il beato papa.

QUARTA LETTURA.
Quando essi vengono, infatti, al luogo preparato per tale so­
lenne incontro, papa Gregorio predica per la prima volta a tutto il
popo/0 6; con affetto mellifluo annuncia i doni di Dio. Per secondo
colma di lodi anche il padre Francesco con un ottimo sermone
e, annunciando la purezza della sua condotta di vita, si bagna di
lacrime.

QUINTA LETTURA.
Finito quindi il sermone, protendendo le mani al cielo7, a voce al­
tissima papa Gregorio acclama e dice: «A lode e gloria del Dio
Onnipotente, del Padre e del Figlio e dello Spirito santo e della
gloriosa vergine Maria e dei beati apostoli Pietro e Paolo e per
onore della gloriosa Chiesa romana, il beatissimo padre Fran­
cesco, che il Signore glorificò nei cieli, venerandolo in terra, su
consiglio dei nostri fratelli e di altri prelati abbiamo deciso di
iscriverlo nel catalogo dei santi e di celebrare solennemente la sua
festa nel giorno della sua morte».

SESTA LETTURA.
A questo annuncio iniziarono pure i cardinali con il signor
papa a cantare ad alta voce Te Dei1111 lauda111us. Si solleva, dunque,
il clamore di molti popoli e, suonando le campane e al clangore del­
le trombe9, la terra risuona di voci immense. L'aria si riempie di
giubili e la terra è bagnata di lac� ime: _ Si di� tingue q�el �ior�o _ e
si colora dei raggi più splendenti: qw 1 ram1 verdeggianti [d1 oli-

5 Sai 148, 11.


6 Eb 9, 19.
7
2Mac 3, 20; 14, 34.
8 Is 17, 12.
9
Gs 6, 20.
Estratto dalla Vita del beato padre Francescoper la Traslazione 195

ve] 10 e le chiome fresche di altri albert1 1 , qui un allestimento festivo


brillando più chiaramente, adorna tutti e la benedizione di pace
letifica gli animi dei convenuti.

SETTIMA LETTURA.
Infine, papa Gregorio discende dal soglio e bacia con le beate
labbra la tomba12 contenente il corpo consacrato a Dio. Offre
e moltiplica le preghiere13 e celebra i sacri misteri. Tutto il popolo
amplifica le lodi di Dio14 e al suo santo rivolgono doni di grazie.
Queste cose avvennero nell'anno dell'incarnazione del Signore
1228, il secondo anno del pontificato del signor papa Gregorio
IX, il diciassettesimo giorno prima delle calende di agosto 15•

OTTAVA LETTURA.
Così compiuti questi fatti, dopo due anni il corpo del santissi­
mo padre dal luogo dove prima era stato sepolto fu traslato nella
clùesa fuori dalle mura della città, costruita nuova in suo onore.
Infatti, in quello stesso luogo, in occasione di tanta solennità fu
celebrato anche il capitolo generale e, da diverse parti del mondo,
convenne qui una grandissima moltitudine di frati. Inoltre, da
ogni parte confluì qui una tale abbondanza di popoli che, non
potendo la città contenerli, riempirono i campi tutt'intorno e le
vie circostanti.

NONA LETTURA.
Infatti, anche il signor papa Gregorio, non potendo essere pre­
sente a sì grande solennità, impedito da altri affari della Chiesa,
destinò li con le sue lettere solenni nunzi che riferissero le cause
della sua assenza. Mandò anche alla basilica del beato Francesco
una croce d'oro ornata di pietre preziose, in cui era incastonato
il legno della croce del Signore. Lasciò anche ornamenti e vasi
destinati al servizio dell'altare e non pochi altri solenni paramen­
ti preziosi. Egli, invero, con l'autorità apostolica esentò da ogni
giurisdizione inferiore la stessa chiesa, in cui aveva posto la prima
pietra di fondamento. Sia grazia a Dio. Amen.

10 Il manoscritto Chigi C.V.136 omette olivamm(di olive).


11
Mt21,8.
12 Il manoscritto Chigi C.V.136 porta /111-bam («folla») al posto di t11111bam
(«tomba»).
13 Gb 40, 22; 1Sam 1, 12.
14 Le 18, 43.
15 Il 16 luglio.
7

BONAVENTURA DA BAGNOREGIO

CAP. XV DELLA
LEGGENDA MAGGIORE
PER LA FESTA DELLA
TRASLAZIONE

traduzione di
FILIPPO SEODA
Per lafesta della Traslazione del corpo di Francesco celebra­
to il 25 maggio, i frati Mino,i introdussero nei loro brevia1i e
nei loro libti del coro il capitolo XV della Leggenda mag­
giore di Bonaventura, nello stess� tem_po. in cui in_trodussero
la Leggenda minore perfesteggzare zl dies natalis e la sua
ottava. Il capitolo XV della Leggenda maggiore riporta
in realtà il triplice hionfo di Fra 11cesco: la sua morte e la sua
sepoltura nel 1226, la sua canonizzazi�ne nel 1�28 e, infine,
la traslazione del suo co1po nel 1230. E probabtle che questo
capitolo fosse estratto dalla Leggenda maggiore �ià redatt�
(dunque dopo il 22 ap,ile 1262, data della morte dz frate Egi­
dio che è segnalato come defunto nella leggenda), ma che esso
fosse così concepito dall'origine per le letture della. festa della
Traslazione: a riprova, nella p1ima frase della pmna lettura,
il <<dunq,m> sembra indicare che questo passaggio è estratto da
un testo pii:t vasto, ma l'accumulazione dei titoli di Francesco in
ape,ture è particolarmente propizio ad una celebrazione liturgi­
ca. Il manoscritto sul quale si appoggia l'edizione latina da dove
detiva la nostra traduzione italiana è il manoscritto 34 7 della
Biblioteca comu11ale di Assisi; queste nove letture estratte dalla
Leggenda maggiore vi seguono direttamente le sessantatré
letture della Leggenda minore.
Nella festa della Traslazione del beato Francesco.

PRIMA LETIURA
Francesco, dunque, servo e amico dell'Altissimo, istitutore e
guida dell'Ordine dei frati Minori, professatore della povertà,
forma della penitenza, araldo della verità, specchio cLi santità e
modello cLi tutta la perfezione evangelica, prevenuto dalla grazia
celeste, con ordinata progressione, dalle cose infime raggiunse
quelle somme. Il Signore che aveva reso mirabilmente risplen­
dente, in vita, quest'uomo ammirabile, ricchissimo per la povertà,
sublime per l'umiltà, vivido per la mortificazione, prudente per la
semplicità e cospicuo per ogni onestà cLi costumi, nella morte lo
rese incomparabilmente più risplendente. Infatti, essendo l'uo­
mo beato migrato dal mondo, quello spirito sacro, entrando nella
casa dell'eternità1 , e cLivenuto glorioso per bere pienamente allafante
della vitd-, lasciò ben chiari nel corpo alcuni segni della glo,iafuture?,
cosicché quella carne santissima che, crocifissa insieme con i suoi vizt'1 ,
già si era trasformata in nuova creatura\ mostrava per un privilegio
singolare l'effige della passione di Cristo e, mediante la novità del
miracolo, anticipava l'immagine della resurrezione.

SECONDA LETIURA.
Si scorgevano, in quelle membra beate, i chiodi, fabbricati me­
ravigliosamente dalla sua carne per virtù divina e così connaturati
con la carne stessa che, da qualunque parte si premessero, subito
si sollevavano, come dei nervi tutti uniti e duri, dalla parte oppo­
sta. Fu anche osservato in modo più palese la piaga del costato,
non inflitta nel suo corpo né provocata da mano d'uomo e simile
alla ferita del costati del Salvatore: quella che nella persona stes­
sa del nostro Redentore rivelò il sacramento della redenzione e
della rigenerazione. La similitudine dei chiodi era nera come il
ferro, mentre la ferita del fianco era rossa e, ridotta quasi a forma
di cerchietto per una contrazione della carne, sembrava una rosa
bellissima. Le altre parti della sua carne, che prima tanto per le
malattie che per natura tendevano al nero, splendendo di estre­
mo candore, anticipavano la bellezza della sua seconda veste7.

I Qo 12,5.
2
Sai 35, 10.
3
Rm 8, 18.
4
Gal 5, 24.
s 2Cor 5, 17.
6
Gv 19, 34.
7
Sir 6, 32; Ap 7, 9.
200 Sezione terza - Leggende liturgiche dell'Ordine dei Minori

TERZA LETrURA.
Le sue membra, perciò, a e� le toccava risultavano , c�sì_ mo � e
flessibili che sembravano cambiate nella tenerezza dell eta mfantile
e a chiunque apparivano adorne di chiari se� d'�ocenza. _Poi_ch�,
dunque, in mezzo alla candidissima :arne sp1c�av� il � ero dei chiodi,
mentre la piaga del costato rosseggiava come il nfioru� del , fior_ della
roscl, non deve stupire se una così bella e �acolosa �an�ta suscitava
negli osservatori gioia ed arnmu:azior:e, P1�gevano 1 figli per la per­
dita di tanto amabile padre, ma s1 sentivano mvadere anche da ��de
letizia allorché baciavano in lui i segni del sommo Re. La noVlta del
mirac;lo trasformava il pianto in giubilo e ra�i:'a l'�telletto �aµ'�da­
gine allo stupore. Lo spettacolo davvero c�s1 msolito e cosi ms1gne
in tutti coloro che guardav �o era a � onsolidamento de�a fe�e e a?
incitamento dell'amore; a chi ne sentiva parlare, era motivo d ammi­
razione e stimolo al desiderio di vedere.

QUARTA LETTURA.
Appena si sentì la notizia del transito del beato _ padre e si diffuse
la fama del miracolo, affluendo il popolo confluiva nel lll:ogo pe�
vedere ciò con gli occhi della carne, co�icché a r�of.le �cac�1� e_ogru
dubbio e accumulare la gioia all'emoz10ne. Pereto, 1_ cittadini di As­
sisi, nel più gr an numero possibile, furono amm�ss1 a contemplare
con gli occhi e a baciare con le labbra q:1elle stigmate sacre. Uno
di loro, un cavaliere dotto e prudente, di nome Ger?lamo,_ uom�
particolarmente famoso e celebre, siccom� aveva �;1�1tato di questi
sacri segni ed era incredulo come Tommaso , con pm 1mpegn? e �u­
dacia muoveva i chiodi e le mani del Santo, alla presenza dei frati e
degli altri cittadini, tastava _con le proprie_ mani i piedi e i l fianc�, «pe_r
recidere la piaga del dubb10» 10 dal propno cuore e d� cuore_ di �ttt,
mentre palpava e toccav:a q� ei. segni :'eraci �elle piaghe � Cnsto:
Perciò anche costui tra gli altn divenne m segwto fedele testtmone di
questa verità, che aveva riconosciuto coi:i tanta certezza e, toccando
i [libri] sacrosanti, la confermò con un giuramento.
QUINTA LETTURA.
I frati e figli, che erano s�ti chi�ati � transito d� l Padre, insie�e
con tutta la moltitudine dei popoli, dedicare?? cosi 9uell� no�e, m
cui l'almo confessore di Cristo è morto, alle divme lodi, cos1c�he no?
sembravano esequie di defunti, ma veglie di angeli. Venuto il matti-

8 Sir 50, 8.
9 Gv 20, 24-28.
10 GREGORJO MAGNO, XL ho111iliart1111 in Evangelia libri duo, II, XXIX, 1, p. 366.
Cap. XV della Le ggenda ma ggiore per la Traslazione 201

no, le folle che er ano convenute, avendo preso rami d'albero e gr an


numero di fiaccole di cera, tra inni e cantici scortarono il sacro cotpo
nella città di Assisi. Pass ando anche dalla chiesa di San Damiano, ove
quella nobile vergine Chiara, ora gloriosa in cielo, allora dimorava re ­
clusa con le vergini, fermando un poco là il sacro cotpo, lo porsero
a quelle sacre vergini per vederlo insignito delle perle celesti e baciar­
lo. Finalmente giunsero con grande giubilo nella città e seppellirono
nella chiesa di San Giorgio con ogni riverenza quel prezioso tesoro,
che portav ano, In quel luogo da fanciullo apprese le lettere e là, in
seguito, predicò per la prima volta; là, da ultimo, trovò il primo luogo
del suo riposo.
SESTA LETTURA.
Il venerabile padre passò dal naufragio di questo mondo nell'an­
no dell'incarnazione del Signore 1226, il quarto giorno alle none di
ottobre, la sera di un sabato 11 , fu sepolto la domenica. L'uomo beato,
sotto lo sguardo super brillante del volto divino, subito incominciò a
risplendere per grandi e numerosi miracoli, che la sublimità della sua
santità, che, quando viveva nella carne, si era manifestata al mondo
con esempi di giustizia perfetta a correzione dei costumi, ora che egli
ormai regnava con Cristo1 , veniva confermata dal cielo con i miracoli a
pieno consolidamento della fede. Poiché in diverse parti del mondo i
suoi gloriosi miracoli e i generosi benefici impetrati da lui infi amma­
vano moltissimi alla devozione verso Cristo e incitavano alla venera­
zione per il suo Santo, acclamandolo con la voce delle parole e dei
fatti, legrandi opere, che Dio operava13 per mezzo del suo servo Francesco,
pervennero all'orecchio del sommo pontefice, il signor Gregorio IX.
SE'ITIMA LETTURA.
A buona ragione il medesimo pastore della Chiesa, assicurato con
piena fede non solo dai miracoli uditi dopo la morte, ma anche da
quelli sperimentati in vita visti con i suoipropn· occhi e toccati con le sueproprie
mant14, riconobbe la santità di Francesco e per questo non ebbe il mi­
nimo dubbio che egli fosse glorificato nei cieli dal Signore; per agire
concordemente a Cristo, di cui era Vicario, dispose con pio rispetto
di renderlo celebre in terra, come assai degno di ogni venerazione.
Per rendere pienamente certo il mondo intero sulla glorificazione
dell'uomo santissimo, fece esaminare i miracoli conosciuti, scritti e
approvati da testimoni idonei a quelli tra i cardinali che sembravano

11
Il 4 ottobre 1226, che cominciava con la notte tra sabato e domenica.
12
Ap 20, 4.
13 Sai 70, 19.
1
• 1Gv 1, 1.
202 Sezione terza - Leggende liturgiche de/l'Ordine dei Minori

meno favorevoli all'affare. E solo quando i miracoli furono discussi


accuratamente e approvati secondo il consenso unanime di tutti i suoi
fratelli cardinali e di tutti i prelati, che allora erano presenti nella Curia,
decretò che dovesse canonizzarsi. Andando, dunque, personalmente
nella città di Assisi nell'anno 1228 dell'incarnazione del Signore, il
diciassettesimo giorno alle calende di agosto1 5, in giorno di domenica,
con solennità grandissime, che sarebbe lungo narrare, iscrisse il beato
padre nel catalogo dei Santi.
OTTAVA LETTURA.
Nell'anno del Signore 1230, convenendo i frati a celebrare il capi­
tolo generale di Assisi, quel corpo consacrato al Signore fu traslato
nella basilica costruita in suo onore, l'ottavo giorno alle calende di
giugno 16• Mentre veniva trasportato quel sacro tesoro, sigillato dalla
bolla del Re altissimo, Colui del quale esso portava l'effige si degnò
di operare moltissimi miracoli, per attirare l'affetto dei fedeli col suo
prefumo salutare a correre11 dietro Cristo. Era veramente cosa degna che
quelle ossa beate, di colui che in vita piacendo a Dio ed essendo ama­
to da lui, aveva preso in paradiso come Enoch 18, mediante la grazia
della contemplazione e aveva rapito in cielo su un carro difuoco19 come
Elia, mediante l'ardore della carità, emanassero profumi dal suo luo­
go con una meravigliosa germinazjonl-0, ora che germogliava tra quei
fiorl1 celesti dell'eterna piantagione.
NONA LETTURA.
In seguito, come quest'uomo beato rifulse in vita per i segni am­
mirabili di virtù, così anche dal giorno del suo transito fino ad oggi
brilla in varie parti del mondo per i luminosissimi prodigi dei mira­
coli, poiché la divina onnipotenza lo rende glorioso. Infatti, per i suoi
meriti, ciechi e sordi, muti e zoppi, idropici e paralitici, indemoniati e
lebbrosi, naufraghi e prigionieri ricevono rimedi e sovviene ad ogni
infermità, necessità e pericolo. Ma anche con molti morti mirabil­
mente risuscitati da lui, manifesta ai fedeli,glonftcando il suo Santt12, la
magnificenza della virtù dell'Altissimo, a cui sia onore e gloria per gli
infiniti secoli dei secoli. Amen.

15
Il 16 luglio 1228.
16 Il 25 maggio 1230.
17 Ct 1, 3.
18 Gn 5, 24.
19 2Re 2, 11.
20
Sir 46, 14.
21 Sir 50, 8.
22
Sai 4, 4.
Quarta sezione

LA LITURGIA DI SAN
FRANCESCO FUORI
DALL'ORDINE DEI
FRATI MINORI
8

UFFICIO,
LEGGENDA LITURGICA
EMESSA
DI CHÀLONS-EN-CHAMPAGNE

traduzione di
FILIPPO SEDDA
Nella bolla di canonizzazione del 19 luglio 1228 indiriz­
zata ai prelati di tutte le Chiese, Gregorio IX aveva deciso che,
il 4 ottobre, l'anniversario di Francesco doveva essere «celebrato
piamente e solennemente dalla Chiesa universale)>. Esiste dun­
que un'abbondante liturgia <efrancescanm> fuori dall'Ordine
dei frati Minori. È questo .ciò che testimonia in modo assai
completo il manomitto 595 (123 C. T. L) della Biblioteca
dell'Arsenal a Parigi, un breviario-messale portatile ad uso
della cattedrale di Santo Stefano di Chalons-en-Champagne co­
piato verso il 1300. Per l'ufficio si spiega che tranne la colletta
che riprende quella deifi'ati Minori� di deve pr-ocedere seguendo
il comune di un confessore non pontefice. Le nove letture, al
contrario, sono prop1ie per Francesco: si h'Cltla di una versione
abbreviata della Vita cli san Francesco, redatta da Giuliano
da Spira tra il 1232 e il 1239 che ha avuto una notevole diffu­
sione in Francia. Le letture tracciano il percorso del santo dalla
sua nascita alla sua stigmatizZflzione. La messa è quella di
un confessore 11011 pontefice, ma con delle patti prop1ie: introito,
colletta, epistola, vangelo, offertorio e comunione, che sovrappon­
gono alternativamente la messa Os iusti e Gaudeamus dei
frati Minori.
San Francesco confessore.

AI VESPIU
ANTIFONA [Il Signore] l'amò 1 • • •

[RUBIUCA]
I salmi della festa, il capitolo, l'inno, il versetto e l'antifona per
il Magnificat come per un confessore non pontefice.

ORAZIONE
Dio, che per i meriti dell'uomo Francesco accresci la tua Chie­
sa con la fecondità cli una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e cli godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per ...2

[RUBIUCA]
Per san Francesco, si facciano nove letture che sono trascritte
qui sotto. Se invero questa festa viene di domenica, ci saranno
sei letture della festa con sei responsori del comune e le tre ulti­
me letture tratte dal Vangelo della domenica, con tre responsori
dell'ufficio del santo. L'invitatorio, le tre antifone per i tre not­
turni, i responsori, una antifona per le lodi e le altre: si faccia
tutto, tranne l'orazione e la leggenda, come per un confessore
non pontefice.

PIUMA LETTURA.
Ci fu, sul territorio della valle di Spoleto, nella città di Assisi,
un tale di nome Francesco, mercante di mestiere, assai ricco nelle
opere transitorie, ma povero nelle opere di giustizia'. Infatti, dal pri­
mo tempo della sua esistenza, educato in modo indecente nelle
vanità del mondo, divenne più insolente dei suoi stessi educatori,
finché avvenne in lui un ammirabile cambiamento per la destra
dell'Eccelso\ che prima gli inviò una malattia che lo costrinse a
pensare spesso a cose diverse dal solito. Così accadde che ini­
ziava ad addolcirsi sotto i flagelli cosa che prima ignorava nella
prosperità. Quando, dunque, si era un po' ristabilito, intendendo
1 In realtà, si tratta cli un versetto e non di una antifona.
2 Aggiunta in margine della stessa mano: «Si festeggi in comune i santi mar­
tiri Crispo e Gaio, santo Stefano e tutti i santi».
3
Tt 3, 5.
4 Sai 76, 11.
208 Sezione quarta - Littfr gia esterna all'Ordine dei Minori

ritirarsi dagli affari pubblici, avendo preso dei panni da vendere,


si diresse alla città vicina e vi vendette tutto quello che aveva,
anche il cavallo che cavalcava e rientrò a piedi con molto denaro.

SECONDA LETIURA.
Arrivando, dunque, alla chiesa di San Damiano che ormai mi­
nacciava rovina a causa di troppa vetustà, trovandoci un povero
presbitero, volle dargli tutto il suo denaro per la riparazione di
quella chiesa. Poiché il presbitero lo rifiutava, temendo i suoi ge­
nitori, Francesco lo gettò da una finestra della chiesa. Ma suo
padre, ignorando ciò che gli fosse successo, l'andava da tempo
cercando e avendolo trovato in detta chiesa, lo ricondusse a casa
e lo assoggettò, gravemente colpito, alle catene e al carcere. Pur
essendo trascorso dl tempo, non piegando il suo proposito, sua
madre mossa a pietà, rotte le catene, non potendolo trattenere,
gli permise di andare via libero. Ritornato alla predetta chiesa,
vedendo suo padre venire verso di lui furibondo, gli restituì il
denaro che aveva gettato dalla finestra, dicendogli che si era pro­
posto di seguire da povero il Cristo povero e che non avrebbe
rinunciato al proposito per quali che fossero i tormenti inferti o
da infliggere. Ma il padre, dopo aver ricevuto il denaro, agì più
dolcemente con suo figlio. E portandolo dal vescovo lo fece an­
nullare nelle sue mani tutte le facoltà. Lui, sentendo ciò volentieri
e annuendo, gli restituì gli stessi indumenti non ritenendo nep­
pure le mutande. Il vescovo invero, coprendolo con il mantello,
ammirando la sua improvvisa mutazione, capì che da lì in avanti
doveva seguire qualcosa di grande.

TERZA LETTURA.
Quando dunque Francesco era evaso dalla tirannia del padre,
un giorno passando seminudo in un bosco e cantando a voce alta
le lodi al Signore, si imbatte in dei brigantr. E a loro che gli chiesero
chi fosse, disse: «Io sono l'araldo del gran Re6! Cosa importa a
voi?». Indignandosi, essi lo gettarono in un fosso pieno di neve
dicendogli: «Coricati, rustico araldo di Dio!». Dopo che loro an­
darono via, egli arrivò con un'unica vile camicia in un cenobio di
monaci dove a mala pena fu accolto in cucina per lavare i piatti,
non trovando nessuno che compatisse la sua nudità, spinto dalla
necessità, partì da là e trovò un tale di sua conoscenza che, a
motivo della vecchia amicizia, gli diede una povera tonaca. Dopo

5 Le 10, 30.
6
Sai 47, 3; Mt 27, 4.
Leggenda littfr gica e messa di Chalons-en-Champagne 209

questo, l'uomo di Dio, che disprezzava essere disprezzato dagli


uomini, se trasferì dai lebbrosi che serviva con tanta devozione
da lavare le loro ulcere e detergere umilmente il loro pus. Prima
tuttavia aveva disprezzato i lebbrosi al punto che, vedendo da
lontano non solo loro ma anche le loro case, si turava le nari­
ci come a motivo di un fetore intollerabile. Tuttavia, dopo che
la grazia del Signore lo ebbe visitato, quando ancora era posto
nell'abito secolare, incontrò un assai orribile lebbroso e, facendo
forza al suo spirito, si avvicinò e lo baciò7 •

QUARTA LETTURA.
Dopo queste cose, ritornando alla chiesa di San Damiano
dove prima si nascondeva, compatendo la sua imminente rovina,
iniziò a ripararla e, con l'aiuto di Dio8, in poco tempo la portò a
termine. Questo è il luogo in cui iniziò la religione delle Povere
Dame e delle sante vergini che il Signore oggi ha meravigliosa­
mente esteso per diverse regioni d'Italia. Nel mentre, il servo di
Dio si trasferì in un altro luogo non lontano da Assisi, dove riedi­
ficò una chiesa ugualmente in rovina. Dopo ciò, trasferendosi in
un terzo luogo, che è detto Porziuncola, rifece una chiesa che era
stata costruita là in onore della beata Vergine Maria, ma a quel
tempo parimenti abbandonata e divelta. Spinto dalla devozione
che aveva in modo speciale per la beata Vergine, assiduamente
dimorava là. Un giorno, sentendo nella messa il Vangelo in cui il
Signore comanda ai suoi discepoli di non portare lungo la via bisaccia
né sacco né bastone o portare pane, né avere calzari né due tuniche9,
comprendendo il senso delle parole grazie al sacerdote, depose
i suoi vestimenti doppi e si fece una tunica assai disprezzabile e
negletta e, abbandonata la cintura, la cinse con una cordicella. E
iniziò, sotto l'impulso divino, a proporre in pubblico parole di
penitenza. Le sue parole erano piene della forza dello Spirito santo,
che penetravano le midolle dei cuori e provocavano gli uditori ad un
grande stupore10•

QUINTA LETTURA.
Allora, prendendo con se i frati - ormai crescendo il loro nu­
mero - [per andare] dal signor papa Innocenzo m con i frati,
ottenne che fosse confermata la regola scritta da lui con breve di-

1
Mc 14, 45.
8 Mc 16, 20.
9 Mt 10, 9-10; Mc 6, 8-9; Le 9, 3 e 10, 4.
IO
Rm 15, 13.
210 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori

scorso. Ritornando con la benedizione apostolica, ordina tre Or­


dini nelle tre chiese che aveva edificato; il primo dei quali chiamò
«Ordine dei frati Minori» che tra tutti ebbe in modo eccellente
una professione e un abito. Il secondo è il su1dett ? Or?ine delle
Povere Dame e vergini; il terzo, l'Ordine dei Perutentl, che ab­
bracciava in modo salutare tanto il sesso maschile che femminile.
Lui esercitò, infatti, un sì grande rigore della giustizia su se stesso
che, quando una tentazione della c�rne s'�nsir:i ua ".'a in l�i in inver­
no, lui si immergeva in un luogo pieno di �hiac �io o. di neve fin­
ché la tentazione si ritirava, provoc[ndo gli altn frati a fare cose
simili loro che lo vedevano tenere sé sotto una sì grande rigore.
Ma u� giorno, venne in quel luogo uno con un asino, che, perché
entrasse più volentieri, disse all'asino: «Entra, perché beneficere­
mo ancora di questo luogo». L'uomo di Dio, sentendo _ questo _e
comprendendo che lui credesse che _loro foss �ro �dunatl p�r edi:
ficare case e ingrandire il luogo, lasciando subito il luogo, ritorno
al luogo che si chiama Porziuncola. Non deve essere omesso eh�
la grazia divina lo riempì di sp�rito prof �t1co al punto che_ a n:ol�
svelava i segreti dei loro cuon e che lw co r:iosceva 1� azioru dei
,
frati assenti. A molti, che sembravano buoru, annuncio le cadute
future e di altri, che si ritenevano cattivi, predisse i futuri doni di
grazie.

SESTA LETTURA.
Avendo dunque ottenuto dal signor pap� la licenza di predi­
care per lui e per i suoi frati, mentre_ un. gior?o pas�a�a per la
valle di Spoleto, vide una grande moltitudine di uc�� lli d1 di':"ers �
specie. Allora, lasciati i compagni sulla stra?� , avvicm�ndosi agli
uccelli li salutò come se loro fossero partecipi della ragione uma­
na. E �edendo che nessuno se ne andava, li esortò ad ascoltare
la parola di Dio, dicendo: «Fratelli mi� i uc�elli,. voi �ie_te molt�
tenuti a lodare il vostro Creatore, che vi ha nvestlto di piume e vi
solleva da terra grazie alle penne, vi ha attribuito le dimore nell'a­
ria più pura e, pur non seminando o �etendo né � mmassa.ndo in
un granaio11, vi nutre senza preoccupazione». Questi ucce�, co?
i becchi aperti, le ali e il collo teso, guardavano con attenzione il
santo di Dio che proferiva tali cose e sembravano, a loro modo,
comprendere attentamente. Lui, � ndando e ripassand? in mezzo
a loro12, la tonaca li toccava; tuttavia, nessuno di loro si muoveva
finché, ritirandosi lui, dopo aver dato la benedizione _ con u1:1 se­
gi10 di croce, ugualmente gli uccelli si ritirarono. Un giorno, mol-
11
Mt 6, 26.
12 Le 4, 30.
Leggenda liturgica e messa di Cha/ons-en-Champagne 211

tre, quando lui volle proporre la parola di Dio al popolo riunito,


non poteva essere sentito a causa dello strepito delle rondinelle
che nidificavano là. A loro che garrivano co,sì disse: «Sorelle mie
rondinelle, voi avete parlato fino ad ora. E tempo che13 parli io.
Fino a che la parola di Dio non sia compittta14 , cessate completa­
mente [di parlare]!». E loro tacquero all'istante e non si mossero
dal posto finché l'uomo di Dio ebbe terminato il suo sermone.

SETIIMA LE1TURA.
Quando un frate portò un leprotto vivo preso al laccio, veden­
dolo, Francesco disse: «Fratello leprotto, perché hai così permes­
so che tu fossi preso?». Lasciato andare da un frate, corse dall'uo­
mo di Dio e riposò sul suo seno15 come un animale domestico. E
ogiu volta che è deposto a terra da lui perché se ne andasse, ogni
volta ritornò di corsa da lui, finché non ordinò che fosse riporta­
to nel bosco vicino. Fece una cosa simile anche con un coniglio,
che è un animale assai poco addomesticabile, quando dimorava
nell'isola del lago di Perugia. Anche un'altra volta quando attra­
versava navigando il lago di Rieti, gli è offerto un grosso pesce
vivo, che si chiama «tanca», e lui, chiamandolo «fratello Pesce», lo
restituì all'acqua. Mentre persisteva in preghiera, il pesce non si
allontanò dalla barca, finché quest'uomo di Dio, finita la preghie­
ra, gli diede licenza di andare. Un giorno quando l'uomo di Dio
era malato presso l'eremo di Sant'Urbano, l'acqua è meraviglio­
samente cambiata in vino. Al suo assaggio, uno è così facilmente
guarito che nessuno dubitò che questo miracolo fosse divino.

0TIAVA LETTURA.
Nel territorio della città di Arezzo, una donna incinta era assai
tormentata, poiché, partorendo, non aveva la f01za di partotire16 •
Avvenne che il beato Francesco, a causa della malattia, era stato
condotto a cavallo in un eremo e che questo cavallo fosse ricon­
dotto da un frate passando per quel luogo. Vedendolo, gli uomini
del luogo speravano che lui fosse il beato Francesco. Ma, dopo
aver scoperto che non era lui, iniziarono a cercare con ogni cura
un qualche oggetto toccato dalle mani dell'uomo santo. Trovan­
do le redini del freno che l'uomo di Dio aveva tenuto in mano,
estrassero il freno della bocca del cavallo, le posero sulla donna

13 Tb 12, 20.
14 2Cr 36, 21.
15
Le 16, 23.
16
Is 37, 3.
212 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Min01i

e, subito partorendo, non si sentì più in pericolo. Un uomo reli­


gioso, inoltre, conservava presso di se con devozione una corda,
di cui il beato Francesco si era talvolta cinto. Lo stesso uomo
religioso, circondando il collo dei malati o intingendo nell'acqua
una parte della corda e dandola da bere ai malati, confidando
nei meriti del beato Francesco piuttosto che dei suoi, era solito
restituire la salute di prima. Molti portavano anche dei pani da
benedire allo stesso Francesco, gustando i quali molti erano gua­
riti. Frequentemente fu lasciato anche seminudo, perché molti
tagliavano la sua tunica in piccoli pezzi e gli conservavano con
devozione contro diversi pericoli. Ancora vivente rifulse con tan­
ti miracoli che, come è testimoniato da uomini degni di vera fede,
fu glorioso risuscitatore di undici morti.

NONA LETTURA.
Dunque due anni prima del suo felice transito del mondo, vide
in visione17 come un serafino in aria che aveva sei ali, con le mani stese
e i piedi congiunti, affissi ad una croce. Aveva due de�e ali erette
sopra la testa e due distese per volare. Inoltre, due copnvano tutto
il corpo18• Il santo uomo è stupito a questa vista: da una parte,
l'ammirabile bellezza di questa apparizione lo dilettava; dall'altra,
l'orribile affissione alla croce lo terrificava, ma si rallegrava anche
del fatto che si vedeva guardare da lui con tanta grazia. E non
poteva comprendere niente della visio?e, fin��é vid� in lui stess?
un miracle inaudito - come penso - 10 tutti 1 secoli precedenti.
Apparsero in effetti in lui, da quel momento, nelle mani e piedi
come le fessure dei chiodt19 e il suo costato destro era come perfo­
rato da una lancia.

[RUBRICA]
In questi mattutini, si faccia la comm�mo��zione dei santi
martiri Crispo e Gaio, di santo Stefano e di tutti 1 santi.

INTROITO DELLA MESSA.


La bocca del giusto mediterà [la saggezza] 20 • • .

17 Ez 1, 1; 8, 3; On 8, 2.
18
Is 6, 2; Ez 1, 5.
19
Gv 20, 25.
20
Sai 36, 30.
Leggenda h"turgica e messa di Chdlons-en-Champagne 213

COLLETTA.
Dio, che [per i meriti del beato Francesco accresci] la tua Chie­
sa... come sopra ai vespri.

EPISTOLA.
[Non lasciatevi sviare] da dottrine va1ie2 1 • • •

[GRADUALE]
R. Ho trovata22 • • •

ALLELUIA23 •
V. Ho stretto [un'alleanza] 24. ..

VANGELO.
Siate pronti, con la cintura aifianchi 25 •..

OFFERTORIO.
Ho trovato 26 . • •

[RUBRICA]
Secreta e postcomunione dal comune di un confessore non
pontefice.

COMUNIONE.
Il servofedele27 • • •

[RUBRICA]
Agli ultimi vespri, antifona dei salmi della festa, capitolo, inno
e versetto come ai primi vespri. Al Magnificat, l'antifona O, quan­
to sei venerabile ... La colletta come sopra.
Dopo si faccia la commemorazione di sant'Ospizio, confesso­
re, e di altre commemorazioni come indicato sopra.

21
Eb 13, 9ss.
22
Sai 88, 21.
23 Aggiunta in margine della stessa mano: «Se è una domenica, sequenza: Di
una lode gioiosa».
24 Sai 88, 4.
25 Le 12, 35-40.
26
Sal 88, 21.
27 Mt 24, 45.
9

LEGGENDA LITURGICA
DI CHARTRES

traduzione di
FILIPPO SEDDA
Il manoscritto 500 (190) della Biblioteca municipale di
Chartres, un leggendario copiato nel XII secolo, proveniente dal
capitolo della cattedrale di Notre-Dame e contenente una leg­
genda di san Francesco aggiunta nel Xfll secolo. Esso è stato
sfortunatamente bruciato nell'incendio provocato dal bombarda­
mento del 26 maggio 1944, così come il manoscritto 516 (479)
dello stesso fondo, che conteneva una copia della stessa leggenda
e di cui non restano che deiframmenti difficilmente utilizzabili.
Il testo era stato almeno edito a partire dal primo testimone nel
1889 e poi nel 19 26-1941. Ilfatto che la leggenda sia divisa
solo in tre letture, è la prova che la festa di San Francesco non
fosse celebrata come festa doppia nella diocesi d1 Chartres. Si
tratta di un'abbreviazione 1imaneggiata della Vita del beato
Francesco di Tommaso da Celano, per la quale è stata senZfl
dubbio ugualmente utilizzata la Vita di san Francesco di
Giuliano da Spira. Il fatto che frate Elia vi sia citato può
essere indizio (non incontrovertibile) che questa versione è stata
composta prima del 1239. Essa ha dovuto, in tutti i casi, essere
compilata prima degli anni '60 del Duecento, poiché le leggende
di Bonaventura non sono state utilizzate. Le tre lezioni coprono
esattamente il percorso di Francesco dalla sua nascita alla sua
morte.
San Francesco confessore.

PR1MA LETTURA.
Il beato Francesco fu oriundo della città di Assisi nella valle
spoletana. Quando lui raggiunse l'età del discernimento, appli­
candosi alle occupazioni secolari, si narra che fosse un venditore
di stoffe scarlatte. Ma, benché progredisse nei sentieri dell'inso­
lenza, uomo tuttavia affabile e umano aveva deciso in cuor suo
di non rifiutare qualcosa a chiunque gli chiedeva l'elemosina in
nome di Dio. Ma questo proposito non lo distolse dalle lusinghe
del mondo, fino a che al venticinquesimo anno della sua esisten­
za, colpito dalla verga di giustizia, sopportò una grave molestia
del corpo. Essendo consumato da una lunga malattia, quando
ormai respirava appena, tutte le cose iniziarono a perdere valore,
compreso se stesso. Non molto dopo, come se un improvviso
cambiamento della destra dell'Eccelso1 gli avesse dipinto negli occhi del
suo cuore: nessuno militando per Dio s'intralcia negli affari secolarl-, lui
cominciò a sottrarsi dal tumulto secolare, a cercare dei luoghi se­
greti, a frequentare una cripta presso Assisi dove gli era mostrato
da Dio quello che conveniva fare.

SECONDA LETTURA.
I)unque, grazie alla manifestazioné3 fattagli, lieto novizio di Cri­
sto, e decidendo ormai di deporre ogni peso del secolo, suo pa­
dre carnale, presumendo e percependo ciò dalla sua assenza e
dall'interruzione del suo solito ufficio, si sforza di dissuadere il
figlio della grazia da ciò che intraprese, prima con le invettive,
poi con i colpi e infine con le catene. Ma, vedendolo incrolla­
bile, lo conduce davanti al vescovo della città perché rinuncias­
se completamente a tutte le facoltà. Volentieri, facendo come il
preannunciato figlio della grazia, deposti i vestiti, non tenendo
neppure le mutande, si denudò totalmente davanti a tutti. Perciò,
fuggendo nudo da lì, si trasferì di luogo in luogo a lungo conten­
to di una sola camicia; dopo un po' di tempo avendo aggiunto
una tunicella, infine assunse un abito eremitico, cioè un bastone e
delle cinture con calzari, lui riparò tre chiese presso Assisi, ricor­
rendo ad un grande lavoro e sollecitudine, dopo aver mendicato
la questua. In una di queste, quando un giorno, dopo la messa
solenne, egli sentiva quel vangelo - che i discepoli di Cristo non

1 Sai 76, 11.


2
2Tim 2, 4.
3 1Cor 2, 4.
218 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori

dovevano possedere denaro, non portare4 bisaccia' né sacca6 né bastone1,


non avere calza,/> né due tuniche9, ma predicare il regno di Dio 10 e la
penitenza 11 -, subito deposti i calzari e il bastone, mutata la cintura
con una fune, avendo preso una tunica mostrante un certo segno
di similitudine alla forma della croce, iniziò ad essere un esecu­
tore alla lettera del Vangelo. Nel frattempo, crescendo la fama su
di lui, sette uomini aderirono al suo ammaestramento, dopo aver
dato ai poveri tutto quello che avevano12• Riunendoli con altri quat�r?
che si erano aggiunti successivamente, il beato Francesco, lw il
dodicesimo, si diresse a Roma, domandando che la regola del
santo Vangelo che aveva scritto fosse confermata dal signor papa
Innocenzo m. Il signor papa offrì l'assenso a questa domanda e,
dopo averli benedetti i frati con lui, disse: «Andate e predicate a
tutti la penitenza 13». Rallegrandosi, dunque, ricevuta la benedizio­
ne apostolica, essi ritornarono alla valle spoletana.

TERZA LE'ITURA.
L'uomo del Signore era veramente di una sì grande astinenza14
che a mala pena prendeva cibi cotti o raramente, ma prendendoli
li snaturava con la cenere o l'acqua fredda. Quando stava asse­
tato, prendeva acqua appena sufficiente; per letto, usava la nuda
terra, per cuscino un legno o una pietra. In questo luogo e anche
in molti altri, rifulse di così tanti e grandi miracoli che comanda­
va 15 anche agli uccelli. Infatti, alle rondini che spesso garrivano
mentre sermocinava, impose il silenzio e non se ne andarono dal
sermone se non licenziate. All'eremo di Sant'Urbano l'acqua fu
cambiata in vino e, nel gustarla guariva da gravissime malattie. Al
tocco delle redini che lui, quando infermo cavalcava, aveva tenu­
to in mano, una donna, che da molti giorni faticava a partorire,
fu subito liberata. Bere l'acqua dove era stata bagnata la sua corda
donò a molti la salute. I benefici delle sue preghiere vennero assai

• Le 10, 4.
5 Mt 10, 9-10.
6
Le 10, 4.
7
Mc 10, 10; Le 9, 3.
8 Mt 10, 10; Le 10, 4.
9
Mt 10, 10; Le 9, 3.
IO Le 9, 2.
11 Mc 6, 12.
12
Mt 19, 21.
13 Le 24, 47.
14 Il ms. di Chartres porta obstinationis (ostinazione) al posto di abstinentie
(astinenza).
15 Mt 8, 26.
Leggenda liturgica di Chartres 219

frequentemente in aiuto a paralitici, indemoniati e altri infermi.


Due anni prima di rendere lo spirito, vide in una visione di Dio16 un
uomo che aveva sei ali come un serafino, che stava sopra, le mani stese e
i piedi congiunti, fissati ad una croce. Due ali si elevavano sopra la
testa, dt1e erano si estendevano per volare, dt1e infine velavano tutto il cor­
po11. Mentre si domandava con molto stupore che cosa volesse da
lui questa novità di visione, cominciarono ad apparire in mezzo
alle mani e ai piedi i segni dei chiodi: le teste dei chiodi appari­
v�n � nella parte interiore delle mani e nella parte superiore dei
piedi, mentre le loro punte si trovavano sul lato opposto 18• Questi
segni erano, infatti, rotondi all'interno delle mani e sotto i piedi,
e oblunghi sul lato opposto19 • Anche il costato destro era come tra­
fitto da una lancia, essendo coperto di una cicatrice che spesso
emetteva sangue al punto che molte volte la sua tonaca con le sue
mutande era cosparsa di sacro sangue. Perciò, sapendo che era
s�at? i �signito delle stigmate di Cristo, il venerabile padre non si
�ss1po n�l suo cuore un vano appetito di gloria, ma, con ogni
c1rcospez1one e diligenza, iniziò ad essere più sollecito all'osser­
vanza e �ll'aumento _ dell'umiltà. Non molto dopo, poiché diver­
se malattie lo spmgevano verso la morte, sentendo avvicinarsi il
ter�ne d �lla su � vocazione, che aveva conosciuto poco prima
per nvelaz1one di un frate di nome Elia; avendo chiamato i suoi
frati e av�ndoli esortati all'osservanza della religione, al seguire
la poverta, alla sopportazione delle persecuzioni, giacendo nella
�enere e c '?n un cilicio, l'anno dell'incarnazione del Sign ore 1226,
il quarto giorno alle none di ottobre20, uscito dall'ergastolo della
carne, si addormentò nel Signore2 1 •

16 Ez 1, 1; 8, 3.
17
Is 6, 2.
18
Mc 15, 39.
19
Mc 15, 39.
20
Il 4 ottobre 1226.
21
At 7, 59.
10

UMBERTO DI ROMANS

LEGGENDA LITURGICA
EMESSA
DEI FRATI PREDICATORI

traduzione di
FILIPPO SEDDA
La liturgia dell'Ordine dei frati Predicatori fu totalmente
rivista dal 1254 al 1256 dal maestro generale Umberto di
Romans. Il manosctitto XVI L 1 della Curia generalizia dei
Predicatoti di Santa Sabina in Roma, prodotto presso il con­
vento di Sai11t-Jacques di Parigi tra il 12�6 e i( 1259, con! e'.va_
il risultato completo di questa revisione npartzto secon �o z lzbn
liturgici. L'inchiesta che Filippo Se� da �a co_ndo'!? zn qu� sto
volume permette di ricostruire la lzturgza mznontzca prattca­
ta dai Predicatoti: la festa di San Francesco è celebrata come
una festa doppia; a parte la colletta ripresa dalla litu� -g,ia dei
Minori, i Predicatoti utilizzano l'efftcto del comune dez confes­
sori non pontefici; al contrario, essi hanno composto u� a messa
originale, in cui le sole colle'!a, !ecr�ta e postc� 1:1um�ne, sono
le medesime della messa dei Mznon, mentre I introito e Os
iusti. Le lezioni dell'ufficio sono ttgual":e�te originali: esse_sono
estratte dagli «atti abbreviati» che commczano con «Qua� t s�el­
lm>, senza dubbio la leggenda che Bernardo da Bessa at: nbuzsce
a Giovanm� notaio pontzftcio. Questa fante, che non si conosce
più se non dagli estratti che ne da [!mberto_ di Roma�s, /u
scritta dopo il 1230 e riflette probabzlmente ti punto dz vzst�
di Greg01io rx: nell'abbreviazione il suo ruolo è ancora partz-.
colarmente esaltato. Nelle nove lezioni che ci sono pervenute, sz
segue il percorso di Francesco dalla sua nascita alla traslazione
del suo corpo nel 1230. Il racconto è globalmente in accordo con_
la Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano, ma sz
nota la menzione dei vermi che infestavano la tunica del santo
o la menzione del nome della chiesa di San Giorgio� 1'(J� a:17en:e
nominata dalle altre fanti. Ilfatto che la � ego/a tmnortftca sza_
<<incolta in eloquenza)> e che F1'(Jnces� o abbiap_ort�to _ nelle mam
e nei piedi «delle cicahici come le stzgmate dei . chzodz: > pot�ebbe
tradurre un'iniziativa del maestro generale dei Predzcaton.
Nella festa del beato Francesco.

Dalle sue gesta abbreviate che iniziano così: Come la stella. A'

PRIMA LETTURA.
Il beato Francesco, nato dalla patria di Tuscia, nella città di
Assisi, da genitori mediocri, dopo la lascivia dell'ardore giovanile
e le vanità degli affari del secolo, colpito dal peso di una grave
malattia, il dito di Dio si volse per produrre la sua conversione.
Un giorno, quando aveva invocato assai pienamente la miseri­
cordia del Signore, gli fu mostrato ciò che doveva fare. Mutando
improvvisamente di vita, egli vendette tutto quello che aveva ac­
quistato con grande fatica e li mutò in denaro. Mentre entrava in
una chiesa che minacciava rovina, spinto dalla sua necessità, offrì
il denaro che portava al sacerdote. Poiché costui rifiutò di accet­
tare per paura dei genitori, lo gettò, stimando indegno possedere
nello stesso tempo virtù e denaro.

SECONDA LETTURA.
Invero, vedendo queste cose, la crudeltà del padre lo gettò
in catene e in prigione. Anche la madre intervenne, credendo
di cambiargli il suo proposito con le sue blandizie. Ma, poiché ·
l'uomo di Dio non poté essere condotto a giudizio né dai colpi
del padre, né dalla tenerezza della madre, fu liberato con l'aiuto
della pietà materna. Infine, davanti all'antistite della città, dopo
aver restituito all'avarizia del padre tutti i suoi vestiti, le stesse
mutande, si vestì di cenci; e la follia dei fanciulli lo seguivano con
il fango e le pietre, come se lui fosse pazzo. Un giorno però men­
tre sentiva dalla lettura evangelica che dai discepoli di Cristo non
doveva essere p01tato né bastone, né borsa, né sandal?-, avendo gettato
i sandali e il bastone, si vestì di una funicella per cintura e di una
povera tunica di lana ruvida.

TERZA LETTURA.
Talvolta servitogli dei cibi più raffinati, per non allettare il
palato, li cambiava, raramente prendendo vino. Usava giorno e
notte come vestito e come letto la stessa tonaca, che coperta
di vermi, rendeva più sopportabile battendola di frequente con

1 Con questo segno, Umberto di Romans indica la maniera in cui ha trattato


la sua fonte; qui per excerptatio, cioè esrraendone dei passaggi senza riscriverli.
2
Mt 10, 9-10.
224 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Mi1101i

un bastone. Grande era in lui l'applicazione alla preghiera, santa


la meditazione, pia la compassione per i miseri, ammirabile la
castità, venerabile l'umiltà e l'autorità del sermone al punto che
sottometteva il collo degli orgogliosi al giogo della discipline?. Se una scin­
tilla di eccitamento ormai estinto si riaccendeva, si immergeva
nudo in un ammasso di neve o di acqua. Anche con i lebbrosi,
che era solito fuggire, aveva una relazione di familiare ossequio.
Con dolci parole invitava anche gli esseri animati e i corpi celesti
alla lode di Cristo.

QUARTA LETTURA.
Il felice padre Ugolino, vescovo di Ostia, lo prese sotto la sua
protezione su mandato del sommo pontefice. Salendo in�ne sul
soglio del sommo pontefice com� questo s�nto uo?1o gli av:ev�
predetto, sotto il nome di Gregorio IX, educo con pio zelo lU1 e i
frati del suo Ordine; dalla loro piantagione era stato prolungato
l'Ordine delle Povere Dame, che incoraggiò con molta sollecitu­
dine. Molti iniziarono dunque a lasciare il mondo, convolando
sotto il magistero dell'almo padre. Lui donò loro una regola - in­
colta in facondia di sermone, ma feconda della cura dell'operosa
azione -, esponendo la norma del vivere con la parola et con
l'esempio.

QUINTA LETTURA.
L'uomo santo,posto sopra un candelabro4, iniziò perciò a risplen­
dere per l'immensità dei miracoli. Di fatto, apparve davanti ai
frati trasfigurato sotto l'apparenza del fulgore del sole. Conobbe
molti atti degli assenti, segreti degli spiriti e eventi futuri. I frati
inviati da lui stesso in diverse regioni del mondo, ad una sua pre­
ghiera, senza convocazione umana, convenivano in poco temp ?
secondo il suo desiderio. Liberò un paralitico, una donna colpi­
ta da cecità e un'altra posseduta da un demonio. Cambiò anche
l'acqua in vino. E molti, quando toccavano la sua cintura, erano
guariti da diverse malattie.

SESTA LETTURA.
In un campo, quando proponeva parole ?Ì esor�azione, c?n
una cortese semplicità, ad una moltitudine di uccelli, che subito
si volsero a lui con il canto e con i colli protesi, proclamavano
le lodi del Creatore secondo le loro melodie e toccavano lui, che

3 Sir 51, 26.


4
Mt 5, 15; Mc 4, 21; Le 8, 16.
Leggenda h"turgica e messa dei Predicatori 225

p�ssa:-7a in _mezzo a loro, con i loro becchi come per imprimer­


gli dei baci. Quando lui predicava, impose il silenzio anche alle
rondini, che garrivano: esse subito continuarono finché la predi­
cazione non era finita. In un eremo gli apparve anche un certo
uomo sotto l'apparenza di un serafino come affisso al patibolo
della croce, che impresse alle sue mani e ai suoi piedi delle cica­
trici come le stigmate dei chiodi. Infatti, nel suo costato destro,
come perforato da una lancia, appariva la cicatrice di una ferita
rimarginata.

SETTIMA LETTURA.
Dunque, il ventesimo anno della sua conversione, poiché co­
nosceva per una rivelazione del Signore la sua prossima fine, an­
nunciò la sua morte imminente a due frati. Erompendo in quel
salmo La mia voce grida al SignoreS , per sua richiesta rivestito di
un cilicio e cosparso di cenere, rimise le offese ai frati presenti
e assenti. Così quell'anima santissima fu sciolta dalla carne: uno
dei frati la vide che penetrava i secreti del cielo6, essa che aveva
la misura della luna e non poca chiarezza come quella del sole. Il
suo corpo venerabile fu seppellito con un'immensa venerazione
nell'oratorio di San Giorgio presso le mura di Assisi.

OTTAVA LETTURA.
Sulle membra del defunto, invero, che contrariamente al solito
brillavano di un candore eccessivo, le tracce della croce furono
evidenti, quelle che prima servava cautamente di occultare nel
petto. Sotto la traccia salutare della croce sorgevano innumerevo­
li suffragi di salvezza, tra cui ne enumero pochi, per non gravare
sull'ascolto degli uditori. Un bambino che giaceva come morto,
per il voto di sua madre, si ristabilì con una velocità straordinaria.
Un uomo tormentato da uno spirito immondo, toccato il suo
s�polcro, fu �be�a�o. U:1a donna avendo perso lo spirito, mentre
riceve da lui 1n visione il segno della croce, fu subito liberata. Un
cieco ricevette la vista al contatto della tomba.
NONA LETTURA.

. Essendo stati, dunque, attestati questi prodigi di segni e altri


rnnumerevoli dalla deposizione dei testimoni, il papa Gregorio
recandosi ad Assisi, dove si era riunita una moltitudine da tutte le

5 Sai 141, 2-8.


6 GREGORJO MAGNO, Dialog11es,
II, 34 (Vita di san Benedetto), p. 234.
226 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Min01i

nazionl7, dopo il ? ea� o elogio


. del santo uomo, di cui e�a istitu­
tore e istruttore, iscrisse il beato Francesco con venerazione. nel
catalogo dei santi. Curò di fa� costruire in s� o noI?e una chiesa
di straordinaria grandezza, lui che. pose la pnma pi�tr� nella sua
fondazione; lì, non molto dopo, il. suo corro sa� uss�o fu se­
polto con una ammirabile venerazione. Egli mon nell anno del
Signore 1226.

7 Ap 5, 9.
Leggenda lit11rgica e messa dei Predicato1i 227

MESSA DEL MESSALE PORTATILE 8

San Francesco confessore.

lNTROIT0 9•
La bocca dei giusto mediterà la sapienza e la sua lingua preferirà ii
giudizio: la legge di Dio è nel suo cuore.10
V Non adirarti contr-o gli empi: non invidiare chi compie iniquità. 11
Gloria. Gloria nei più alto dei cieli. 12

ORAZIONE.
Dio, che per i meriti del beato Francesco accresci la tua Chie­
sa con la fecondità di una nuova discendenza, accordaci, a sua
imitazione, di disprezzare i beni terreni e di godere sempre della
partecipazione ai doni celesti. Per...

RESPONSORIO GRADUALE.
R. Signore, gli vieni incontro con benedizioni di dolcezza; gli poni sul
suo capo una corona di pietra preziosa. 13
V Vita ti ha chiesto e a lui hai concesso lunghi giorni nei secoli dei secoli. 14

ALLELUIA.
V Il giustofton'sce come giglio e ftoni'à1 5 in eterno davanti al Signore.

VANGELO.
Ness1mo accende [una lucerna]1 6...

guono iJ messale conventuale e


8 Nel "prototipo" di Santa Sabina si distin

quello per gli altari minori portatile e plenum, ossia con inserti i rimandi anche
alla epistola e al vangelo.
911 termine usato daJJa tradizione domenicana per indicare l'introito è offici11111.
10 Sai 36, 30-31.
11 Sai 36, 1.
12 Le 19, 38.
13 Sai 20, 4.
14 Sai 20, 5.
15
Os 14, 6.
16 Le 11, 33-36.
228 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordi11e dei Minori

OFFERTORIO.
Hai soddisfatto, Signore, il desiderio del suo cuore, non hai respinto il
voto delle sue labbra, hai posto nel suo capo una corona si pietra preziosa17•

SECRETA
Santifica i doni a te consacrati, Signore, e per l'intercessione
del beato Francesco purificaci da ogni macchia di colpa. Per...

COMUNIONE
Amen vi dico che voi che avete lasciato ogni cosa e mi avete seguito,
riceverete il centuplo e possederete la vita eterna. 18

POSTCOMUNIONE
Preghiamo, Signore, che la grazia celeste accresca la tua Chie­
sa, che tu hai voluto illuminare dei gloriosi meriti e dell'esempio
del beato Francesco. Per ...

17
Sai 20, 3-4b.
18 Mt 19, 28-29.
11

GIACOMO DA VARAGINE

LEGGENDA AUREA IN USO


PRESSO I BENEDETTINI

traduzione di
FILIPPO SEDDA
Non si può parlare di una liturgia benedettina_ dedi�ata a
san Francesco, perché ciascuna abbazia aveva una lzturgta par­
ticolare all'interno dell'uso benedettino. A San Gallo per esem­
pio, si utilizzava l'ufficio princip_almente dovuto a Gi11/ia:70 da_
Spira adattato all'uso benedettino, mentt: e a Mont�cassmo, sz
doveva utilizZflre l'ufficio del comune dez confassort non P?�­
tefici. A Montecassino, il mano� critto 34 (2'. 7) dell'Archzvzo
de/l'Abbazia, contenente essenzialmente un znnarto e un_ bre­
viario, copiato nel XIV secolo, ha avuto nel XV secolo dz� e� :re
aggiunte di Vite di santi tra etti quella _di Francesco, d. t�zsa
in dodici lezioni come vuole l'uso benedettmo. Queste dodzcz le­
zioni sono l'inizio del capitolo dedicato a san Francesco nella
Leggenda aurea del frate predicatore Iacopo da Varazze,
ad eccezione dell'etimologia del nome del santo. La Leggenda
aurea fu essa stessa composta negli anni '60 del 'f?uecento e
il capitolo su Francesco s'ispira tanto alle opere _dz Tommas�
da Celano che di Bonaventura, ma con una predzlezzone per ti
Memoriale di Tommaso. Le dodici lezioni del manoscritto di
Montecassino seguono un corso relativamente cron� log_ ico fino_
alla conferma della Regola, poi si collegano una sene dz epzsodz
esemplari senza che sia raggiunta la morte del Santo.
Vita e morte di san Francesco confessore.

PRIMA LETIURA.
Francesco, figlio 1 e amico dell'Altissimo, nato nella città di As­
sisi e divenuto mercante, fin quasi all'età di venticinque anni con­
sumò il suo tempo vivendo vanamente. Il Signore lo colpì con il
flagello della malattia e lo trasformò improvvisamente in un altro
uomo, così che iniziò ormai ad essere ricco di spirito profetico.
Quando una volta, infatti, lui con molti [altri] 2 sottomessi dai
Perugini ad un crudele carcere, mentre gli altri si lamentavano,
lui solo esultava. Redarguito su ciò dai suoi compagni di carcere,
rispose: «Sappiate che io esulto perché sarò venerato come santo
dal mondo intero».

SECONDA LETIURA.
Una volta recandosi a Roma per devozione, depose le sue ve­
sti, rivestendosi delle vesti di un povero, si sedette tra i poveri
davanti alla chiesa di San Pietro e con loro, come uno tra loro,
mangiò avidamente; e avrebbe fatto in modo simile più spesso se
la vergogna verso coloro che lo conoscevano non glielo avesse
impedito. L'antico nemico si sforza di rovesciare il suo proposito
e manda al suo cuore una donna della sua città, mostruosamente
gobba e lo minaccia che sarebbe diventato simile se non si rav­
vedeva da quanto intrapreso. Ma, confortato dal Signore, sentì:
«Francesco, prendi le cose amare per dolci e disprezza te stesso
se tu desideri conoscermi».

TERZA LETIURA.
Incontrando dunque un lebbroso, nel tempo in cui aborriva
molto naturalmente gli uomini di tal genere, memore tuttavia
dell'oracolo divino, andandogli incontro lo baciò3 e dopo queste
cose quello subito sparì. Perciò si affretta verso le dimore dei
lebbrosi e, baciando con devozione le loro mani, dona loro del
denaro. Entra nella chiesa di San Damiano per pregare e l'imma­
gine di Cristo gli parla per miracolo: «Francesco, disse, va, ripara
la mia casa che, come vedi, è tutta distrutta». Da quel momento,
dunque, la sua anima fu liquefatta e la compassione del Crocifis­
so si impresse meravigliosamente nel suo cuore.

1 La versione comune deUa Leggenda aurea ha serv11s (servitore) al posto di


fili11s (figlio).
2 La versione comune della Le enda aurea aggiun e capt11s (catturato).
gg g
3 Gn 29, 13.
232 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori.

QUARTA LETTURA.
Si applica con sollecitudine a riparare la chiesa e, avendo ven­
duto quello che aveva, poiché donava il denaro ad un presbite­
ro e lui ricusava cli" riceverlo per paura dei parenti, Francesco,
gettandolo davanti a lui, lo disprezzò come polvere. Legato e
imprigionato dal padre per questo, gli restituì il denaro e rese pa­
rimenti i suoi vestiti e così nudo volò verso il Signore e si rivestì
di un cilicio. Inoltre, il servo di Dio chiama un uomo semplice
che prende al posto di padre e a cui, quando il suo lo riempie di
maledizioni, chiede al contrario di benedirlo. Anche suo fratello
carnale, vedendo Francesco vestito di vili stracci e dedito alla
preghiera e tutto tremolante, disse a qualcuno: «Di' a Francesco
di venderti un'oncia del suo sudore». Sentendo ciò, rispose con
ardore: «In verità, io la venderò al mio Signore».

QUINTA LETTURA.
Un giorno mentre sentiva le parole che il Signore disse ai suoi
discepoli inviati a predicare, subito si alzò per osservare tutto
questo con tutta la forza. Scioglie i suoi calzari dai piedi, si ri­
veste di una vile tonaca e muta la sua cintura con una fune. Al
tempo della neve, camminando lungo una selva, è preso dai bri­
ganti e domandandogli chi sia, asserisce di essere l'araldo di Dio.
Prendendolo, essi lo gettano nella neve dicendo: «Giaci, rustico
araldo di Dio!». Molti nobili e non nobili, chierici e laici, avendo
disprezzato la pompa del secolo, aderirono alle sue orme; a loro
il padre santo insegna a compiere la perfezione evangelica, ad ab­
bracciare la povertà e ad avanzare sulla via della santa semplicità.

SESTA LETTURA.
Scrisse inoltre una regola evangelica, per sé e per i suoi frati
avuti e che deve avere, che il signor papa Innocenzo confermò.
Iniziò da allora a spargere con più fervore i semi della Parola e a
percorrere le città e i caste/Il con ammirabile fervore. C'era un frate
che, per quanto esternamente sembrava di un'eminente santità,
ma che tuttavia era singolare per i modi: osservava il silenzio con
sì grande rigore che si confessava non a parole, ma a gesti. Poiché
tutti lo lodavano come santo, l'uomo di Dio, arrivando là, disse:
«Cessate, fratelli, non lodate così in lui le finzioni del diavolo. Si
esorti a confessarsi una o due volte a settimana e, se non lo farà,
è una tentazione diabolica e un inganno fraudolento». Avendolo i
frati esortato, pose il suo dito sulla sua bocca e, scuotendo il capo,

4
Mt9,35.
Leggenda h't11rgica dei Benedettini 233

fece segno che non si sarebbe affatto confessato. Dopo non molti
giorni, ritornò al [suo] vomitrr e finì la vita in azioni criminali.

SETTI1\11A LETTURA.
Stanco per il cammino, il servo di Dio mentre cavalcava un
asino, il suo compagno frate Leonardo di Assisi, ugualmente
stanco, iniziò tra sé a pensare e a dire: «I suoi genitori e i miei
non giocavano alla pari». Immediatamente, scendendo dall'asino,
l'uomo di Dio disse al frate: «Non è conveniente che io cavalchi e
che tu vada a piedi, perché tu fosti più nobile di me». Stupefatto,
il frate si gettò ai piedi del padre e domandò perdono.

[OTTAVA LETTURA.]
Una volta, essendo di passaggio, una donna nobile gli venne
incontro con passo lesto; mosso a pietà dalla sua stanchezza e
dal fiato spezzato, gli domandò che cosa cercasse. E lei: «Prega
per me, padre, perché mio marito m'impedisce di perseguire il
proposito salutare che ho iniziato6 : ma mi si oppose assai nel
servizio di Cristo». Lui le disse: «Va, perché presto riceverai una
consolazione per questo e tu annuncerai a tuo marito, da parte di
Dio onnipotente e mia, che ora è il tempo della salvezza, dopo
quello dell'equità». Come lei glielo annunciò, suo marito è subito
trasformato e promette di fare continenza.

NONA LETTURA.
Ad un contadino che veniva meno per la sete in un luogo
deserto,
. ottenne una fonte d'acqua per le sue preghiere. Per in­
citamento dello Spirito Santo, rivelò ad un frate, che gli era par­
ticolarmente familiare, questo segreto, dicendo: «Oggi c'è sulla
terra un servo di Dio grazie al quale, finché vivrà, il Signore non
lascerà che una carestia si abbatta sugli uomini». Si racconta che,
senza ombra di dubbio, fu così. Ma, una volta elevato [in cielo],
la situazione cambiò nell'esatto contrario. Infatti, dopo il suo be­
ato transito, apparve al predetto frate dicendo: «Ecco che arriva
ormai la carestia che, finché ero vivo, il Signore non ha permesso
che venisse sulla terra».

5 Pr 26, 11.
6 La versione comune della Le enda aurea porta concepì (ho concepito) al
gg
posto di incepi (ho iniziato).
234 Sezione quarta - Liturgia esterna all'Ordine dei Minori

DECIMA LETTURA.
Durante la festa di Pasqua, nell'eremo di Greccio, i frati ave­
vano preparato la tavola con più cura del solito, con la tovaglia
e i bicchieri; avendo visto ciò, l'uomo di Dio, subito retraendo il
passo, mise sulla sua testa il capello di un povero che si trovava li
e, portando il bastone in mano, uscì fuori e aspettava alla porta.
Mentre i frati mangiavano dunque, egli grida alla porta se, per
amore di Dio, elargiscono l'elemosina ad un pellegrino povero
e malato. Chiamato, il povero entra e sedendosi da solo per ter­
ra, pose il suo piatto sulla cenere. Vedendo ciò, i frati furono
riempiti di grande stupore; lui a loro: «Ora io ho visto la tavola
preparata e ornata e so che questa non è quella dei poveri che
vanno di porta in porta».
T
UNDICESIMA LET URA.
Perciò, amava la povertà in lui e negli altri, al punto che chia­
mava sempre la povertà la sua signora. Se vedeva talvolta uno più
povero di lui, subito lo invidiava e temeva di essere sorpassato
da lui. Un giorno, infatti, quando aveva incontrato un poveretto,
disse al suo compagno: «La sua miseria ci reca grande vergogna
e rimprovera assai la nostra povertà. Perché, per mie ricchezze,
per mia signora, io ho eletto la povertà ed ecco che essa risplende
di più in lui».

DODICESIMA LETTURA.
Mentre un povero passava davanti a lui e l'uomo di Dio era
stato mosso da una profonda compassione, un compagno gli
disse: «E se questo fosse povero, forse non c'è in tutta la provin­
cia nessuno che abbia più di lui il desiderio di essere più ricco».
L'uomo di Dio gli disse: «Togliti immediatamente la tua tonaca,
dalla al povero e, prostrato ai suoi piedi, proclamati colpevole!».
L'altro subito gli obbedì. Una volta, incontrò tre donne in tutto
simili di viso e d'abito, che lo salutarono così: «Benvenuta, signo­
ra Povertà!» e subito sparirono e non le rivide più.
INDICE DEI MANOSCRITTI

Assisi,Biblioteca comunale,330: 88
Assisi,Biblioteca comunale, 334: 88
Assisi,Biblioteca comunale, 335: 88
Assisi, Biblioteca comunale,338: 17,77,98
Assisi, Biblioteca comunale, 345: 88
Assisi, Biblioteca comunale, 347: 88, 156, 198
Assisi,Biblioteca comunale, 418: 88
Assisi, Biblioteca comunale, Fondo musicale di cappella, 2: 128
Assisi, Protomonastero San Damiano, «Breviario-messale di santa
Chiara»: 6, 82,83, 135, 136
Bruxelles,Bibliothèque royale Albert l", 1542: 65
Chartres, Bibliothèque municipale, 500 (190): 216
Chartres, Bibliothèque municipale, 516 (479): 216
Chicago, Newberry Library, 24 (23817): 79, 80, 82, 97, 98, 100, 102,
103, 104, 111,112, 114-117, 120
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi C.V.136: 192,
195
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Reg. lat. 1738: 24,
87,146,239
Montecassino, Archivio dell'Abbazia, 34 (217): 230
Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III,VI.G.38: 124
Paris, Bibliothèque de l'Arsenal à Paris,595 (123 C. T. L.): 206
Roma, Collegio San Lorenzo da Brindisi de Roma, AB/23: 192
Roma, Curia generalizia dell'Ordine dei Frati predicatori,XVI L 1: 222
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INDICI DEI NOMI DI
LUOGO E DI PERSONA
ACCROCCA F.: 88, 237 61, 67, 85, 91, 97, 121,155,237,
AoALBERONE DI LAON:69 241,242
AGAMBEN G.: 50, 61, 62, 64, 65,237 BELL C.:43,237
ALBERTO DA PISA: 84, 85 BELTING H.: 49,237
ALBERZONI M. P.:79,237 BENEDETTO Xl: 72
ALESSANDRO IV: 47 BENEDETTO, PRATE:104
ALESSANDRO DI HALES:47,237,238 BENEDETTO DA NORCIA: 69,71,72,81,
Ancona: 181 225,238
ANGENENDT A.:50,55,237 BERNARDO DA BESSA:222
ANTONIO DI PADOVA:86, 174 BERNARDO DA CLAIRVAUX:143,238
Arezzo: 211 BERNARDO DI QurNTAVALLE: 36, 37
Arles:174 BERNARDINO DA SIENA:94,240
ARNAUD DE SARRANT:80 BERNINI G. L.: 31,61
Assisi: Bevagna:180
-,Rivotorto: 32, 40,41 BIGARONI M.: 49,50,238
-,Sacro Convento: 77, 88,235,237 BLASTIC M.:56,238
-, San Damiano: 13, 49-51, 83, 91, BLUME D.: 58-60, 238
136,159,162,201,208,209,231, BoNAccoRso G.: 36, 39, 43, 44, 46,
235,238,241,243 238
-, San Francesco: 13,21,45, 52, 56, BONAVENTURA DA BAGNOREGIO: 11,
58,60,156,192 12, 14, 15, 21, 22, 24-26, 33, 40-
-, San Giorgio:59,60,192,201,222, 42, 45, 53, 55, 59, 61-64, 74, 78,
225 85, 88-94, 98, 103, 146, 155, 156,
-,SanRufino:49,244 160,197,198,216,230,237,238,
-, Santa Maria degli Angeli: vedi 240-243
Santa Maria della Porziuncola. BONAVENTURA BERLINGHERI:59
-,Santa Maria della Porziuncola: 39, BOQUET D.: 16,238
49,175,187,209,210 Bovara,San Pietro: 51
AGOSTINO o'IPPONA: 41, 42, 76, 138, BOYNTON S.: 56,238
237 BRADY I.:47,238
AGOSTINO,MINISTRO:188 Cambridge,King's College: 31,40,61
AIMONE DA FAVERSHAM:26,74,78,84- -,St. Edmund's College: 34
88,98,124,146,192,245 Capua:112
Atlantico: 28,31, 61 CASEL LA E.:73,238
Babilonia:70,138,172 CASEY E. S.:37,238
BARBARA,SANTA:79,100 CASSIDY-WELCH M.: 63,238
Bardi,tavola:59 CASSIODORO:76
BARNAY S.: 54,237 Celano: 177
BAROPPIO G.:26,237 Chalons-en-Champagne,Santo Stefa-
BARONE G.:15,237 no:206
BARTOLI i.ANGELI A.: 59, 75, 92, 93, CHARRON J.-M.: 93, 238
237,239,242,243 CHEVALIER U.:79, 119, 120,238
BARTOLI M.: 9, 22, 24, 25, 27, 29,33, CIAMPANELLI F.: 92, 238
248 Indici

CICERONE: 40 -,Getsemani: 32
CHIARA D'Ass1s1: 12, 25, 77, 90, 91, -,Golgota: 32
136,201,237,239,244,245 -,Giardino degli Ulivi: 76
COLOMBO C.:34,61 GIEBEN S.:51,85,241
CONNERTON P.: 37, 40-43, 239 GIOBBE:71,72,81,187
COOK W. R.: 12,239 GIACOBBE, PATRIARCA:110,129
Cori: 51,52 GIACOMO,APOSTOLO: 32
CoRNET B.: 79,100, 239 GIACOMO DA V ARAGINE:11,229
CRESCENZIO DA JESI: 85 GIOTTO: 13, 14, 31, 45, 46, 92, 156,
CusATO M.: 74, 75, 239 241
DALARUNJ.: 9, 11, 12,15, 17, 22, 24, GIOVANNI, EVANGELISTA: 32, 76, 140,
25,33,53,61,78,83,92,93,238- 188
242,245 GIOVANNI, rRATE:12,75,241
DAVIO,RE: 76,140 GIOVANNI DA CAPESTRANO: 94, 240
DELMAS S.: 48,240 GIOVANNI DA LERIDA:185
DELORME F.:13,37, 240 GIOVANNI,NOTAIO PONTIFICIO:222
DIONIGI L'AREOPAGITA,PSEUDO: 41,42 GIOVANNI DA PARMA: 85,86,237
DESBONNETS T.:22, 25,60,61,88,240 GIROLAMO,SANTO: 76,157,242
D1 FoNzo L.: 57,240 GtULlANO DA SPIRA: 6, 12, 14, 16, 18,
DOMENICO, SANTO: 54 21, 22,28, 33, 40, 53, 60, 62,74,
DOMENICO DE GUBERNATJS:84,240 80,81,87, 97, 98,206,216,230,
DouCET V: 47,240 242
DUBY G.: 17,58,69,240 GRANIER T.:48,240
DUFFY E.:59,240 GRA·nEN DE PARIS: 85,241
EGIDIO,FRATE:12,36,37,75,198 GRAZIANO, CANONISTA: 69
Egitto: 119, 190 Greccio: 31, 45-47,74,179,234
Egiziani: 79,100 GREGORIO MAGNO: 71, 81, 87, 141,
El Dorado: 61 146,149,150,200,225,241
ELIA, FRATE: 14, 15, 53, 83-85, 139, GREGORIO IX: 74, 79, 80, 86, 98-100,
216,219,234,237,240 113,121,128,131,13� 193�95,
ELIA, PROFETA:101,163,165,202 201,206,222,224,225,239
ENOCH,PROFETA: 202 GRÉVIN B.: 80,241
FALQUE E.:15, 240 Gubbio:109,151
FEDERICO 11: 79,80 GUGLIELMO DI M!DDLETON: 36, 47,
Firenze: 36,59 241
-,Santa Croce: 59 Gumo, VESCOVO DI ASSISI: 83, 150,
FwoD D.: 85,240 161,189,208,217,224
Florida: 61,242 HAMMOND C.:242
FORNI A.:94, 240 HAMMOND J. M.: 89,242
Francia: 15, 26, 58,61,167,206 HARPER J.:63, 241
FRANK I.:57,241 HEJNZER F.:71,82,241
fRUGONI C.:59,92,241 HOROWSKI A.: 12,241
Gaeta: 179 Inghilterra: 61,84
GEDEONE, PREBENDARJO:176 INNOCENZO lii: 20,73,83,89,99,106,
Genova:85 114,115,164,209,218,232
Germania: 112 INNOCENZO rv:57
GEROLAMO DI ASSISI: 200 loGNA-PRAT D.: 48, 241
Gerusalemme:126 JRWJN K. W.:56,241
Indici 249

ISAIA,PROFETA:150 Narbona:57
ISAIA M. C.: 48,240 Narni: 109
Israele: 118,125,165 NAVONI M.: 48, 243
Italia: 57,61,85,108,181,209,245 NEUSNHEUSER B.:69,243
jOHNSON A.: 32 NICCOLÒ DA LIRA: 76
JoHNSON T. ).: 22-27, 29, 32, 38, 50, NICHOLS B.: 56, 243
53-56, 58, 61, 63, 73, 82, 88, 89, 0DOARDI G.: 57,240
238,241-242 ONORIO 111: 99
l<ROGER K.:59,60,242 0RÉ). DE: 61,242
LACOSTE J . Y
- : 34, 35, 37-39, 41, 50, Ostia:51,78, 224
61-63, 242 0ZILOU M.:25,241
La Verna, monte:52, 64,72,83, 175, PACirlCO,FRATE:51,52,167
182,184 PANI EIU,,flNI L.:49,243
Lavoro,Terra di: 189 PAREJA F.:61
LE GOFF J.: 52,242 Parigi: 11, 22, 47, 62, 70, 74, 80, 85,
LEBIGUE J.-B.: 22, 25, 33, 40, 60, 74, 88,156,206
241,242 -,convento dei Cordeliers: 85,156
LEFEBVRE H.: 48-50,56,59,242 -,Saint-Jacques: 222
LEONE,FRATE: 13-15,17, 42,75-77 -, Sainte-Madeleine: 62
LEONARDO DI ASSISI:233 PASZTOR E.: 57,243
LEONARDI C.:15,92,242 PAOLO, APOSTOLO: 32, 39, 125, 187,
Lerida:185 194
LEROQUAIS V.:26,243 PELLEGRINI L.:49,243
LoEWEN P. V.:46,243 Perugia:193,211
Lombardia:181 Pescia:59
LUCA,EVANGELISTA:149 P1ETR0,APOST0LO: 32,194
MARANESI P.:91,243 PIETRO DI BERNARDONE: 19, 20, 107,
MARCO,EVANGELISTA: 87 149-151, 157, 160,170,208,217,
MARIA, VERGINE: 31, 40, 47, 84, 194, 223,232
209 Pisa:59,156
Marocco:108 Pistoia:59
McCALL R . D.: 55, 243 POIREL D.:15,23,25,241,245
MÈNARD A.:15 POLO DE BEAULIEU M. A.:25,241
MERLO G. G.:92, 243 POMPEI A.:57,240
MEssA P.:35,37,42,243 Potenza:185
Metz:84 PROSPERO D'AQUITANIA:78
MICHELE,ARCANGELO: 182,184,189 Puglia:147,148,185
MICHELANGELO:31 Quaracchi:71,73
M1omrr1 R .:15,243 RANIERO CAPOCCI: 80,98
MIRAMOLINO:vedi SULTANO RAPPAPORT R. A.:26,43,44,244
Montecassino: 25,230 RAVA E.:33,83,244
MONTÉS B.,DE:61 Rieti: 176,184,211
Monte Gargano,San Michele:189 ROBSON J. M.:34
Mooiu.IAN J.:57,243 RUGGERO BACONE:42,43,244
MORICO,CROCIATO:166 RUGGERO DA POTENZA: 185
MoYES H.:39,243 Roma: 31,84,86,192,218,222,231
NAGY P.:16,238 -,San Pietro: 31,40,231
Napoli:80,124,235 -,San Giovanni in Laterano:89,164
250 Indici

SABATIER P.: 12-16,243,244 Uz: 71


St. Gallen: 128 UGOLINO,CARDINALE: vedi GREGORIO IX.
Sant'Urbano: 211,218 UMBERTO DI ROMANS:54,221-223
SALAZAR P. DE: 61,243 Umbria: 49, 50,60, 78,245
SAJ..IMBENE DI AOAM: 79,80,128,244 UNTERMANN M.: 58,245
SALMON P.: 26,244 URBANO,SANTO:193
SALVATORI M.: 49,57,244 URJBE F.: 12, 55, 245
San Severino: 167 VAN DIJK, s. J. P.: 32, 44, 72, 74, 78,
SANTUCCI F.: 49,244 86,153,193,245
SCHALLER H. M.:80,244 V AUCHEZ A.: 70,81,245
SnJENKLUHN \Y./.:57, 244 VENANZIO FORTUNATO:77
Sclavonia: 181 Verona,San Fermo Maggiore: 59
SEDDA F.: 24,25,27,33,53,55,61, 80, VIAN P.:94,240
83,86,87,97,123,135,145,155, VILLETTI G.: 57,245
191,197,205,215,221,222,229, VORREUX D.: 22,88,240
239-242,244 WADDING L.: 11,76,128,245
SENECA: 137,244 WELCH A. E.: 78,245
Sessa: 112 WINTER S.:32,245
Sicilia:112 WRJSLEY SHELBY K.: 32
S!LBERER L.:58,244 ZIMMERMAN J. A.:56, 245
SouGNAC L.: 15 240,244
Spagna:61,85
Spira:74,80
Spoleto: 71, 157,207,210
St. Augustine: 61
-,Flagler College:34
Strasburgo: 128
SULPICIO SEVERO: 141-143, 151, 158,
188,244
SULTANO:83,108,130,172
SILVESTRO, PRESBITERO: 91,166
SIMMACO: 76
TAFT R.: 34,244
TERRIN A. N.: 52,244
TEODOZIONE:76
TOMMASO,APOSTOLO: 200
TOMMASO DA CAPUA: 80, 82, 98, 102,
118, 121,128,129,241
TOMMASO DA CELANO: 12-15, 22, 33,
45-47, 51, 53, 55, 71, 74, 77, 78,
81-84, 87,98, 135, 136,145, 146,
191, 192,216,222,230,239,242-
244
TouBERT H.: 50, 245
Treviso,Marca di: 181
TREXLER R. C.:51,245
Tuscania: 109
Tuscia: 223
SOMMARIO
SIGLE E ABBREVIAZIONI
1. Sacra Scrittura ................................................................................................5
2. Testi tradotti nel presente volume ..............................................................6
3. Altre abbreviazioni ......................................................................................6
SEZIONE I: INTRODUZIONI
DAL FRANCESCO STORICO
AL FRANCESCO DELLA STORIA Q. Dalarun)
Verso il Francesco storico ..........................................................................11
Verso il Francesco della Storia......................... ,......................................... 18
Dall'intuizione alle pubblicazioni .............................................................. 22
IL FRANCESCO P REGATO (f. J. Johnson)
Riflessioni teologiche: povertà,identità e preghiera ............................... 34
Riflessioni antropologiche:Memoria,Rito,Pe,for111a11ce .........................40
Riflessi letterari: luogo,genere e istituzione ............................................47
Epilogo..........................................................................................................61
FRANCESCO «FORMA MINORUM». I TESTI LITURGICI
FRANCESCANI NELLA STORIA DELL'ORDINE
DEI FRATI MINORI (M. Bartoli)
Premessa: l'ufficio liturgico ........................................................................ 69
L'ufficio liturgico francescano ................................................................... 72
La preghiera liturgica di Francesco d'Assisi ............................................ 74
Franciscus vir cathol.icus (1228) ................................................................ 79
Franciscus alter evangelista ........................................................................ 84
Franciscus totus in Christi Iesu crucifixi expressam
sim.ilitudinem transformatus ................................................................87

SEZIONE Il:
MONUMENTI DELLA LITURGIA FRANCESCANA
1. UFFICIO E LEG GENDA LITURGICA DI SAN FRANCESCO
SECONDO IL CODICE DI CHICAGO
Ai vespri. .......................................................................................................99
Al mattutino .............. , ..................................................................................102
Pritna lettura................................................................................................. 104
Seconda lettura............................................................................................. 105
Terza lettura.................................................................................................. 106
Quarta lettura............................................................................................... 108
Quinta lettura.................... , .......................................................................... 109
Sesta lettura. .................................................................................................109
Settima lettura. ...................................... , ...................................................... 111
Ottava lettura. ..............................................................................................112
Nona lettura . ................................................................................................113
Alle lodi ......................................................................................................... 115
A terza ...........................................................................................................117
252 Indici

A sesta ...........................................................................................................118
A nona ...........................................................................................................118
Ai secondi vespri .........................................................................................118
2. MESSA E SEQUENZE DI SAN FRANCESCO
Introito ..........................................................................................................125
Colletta ..........................................................................................................125
Lettura dell'Epistola del beato Paolo apostolo ai Galati .......................125
Graduale........................................................................................................126
Alleluia...........................................................................................................126
Vangelo secondo Matteo ............................................................................126
Offertorio .....................................................................................................126
Secreta ...........................................................................................................126
Comunione ...................................................................................................127
Postcomunione ............................................................................................127

Alleluia. ..............................................................................................................129
SEQUENZA ............................................................................................................129
ANCORA UN'ALTRA SEQUENZA DEL BEATO FRANCESCO
CHE FA IL SIGNOR PAPA GREGORIO IX ..........................................................131

SEZIONE III
LEGGENDE LITURGICHE DELL'ORDINE DEI FRATI MJNORI

3. LEGGENDA DEL BREVIARIO DI SANTA CHIARA


Prima lettura.................................................................................................13 7
Seconda lettura .............................................................................................137
Terza lettura..................................................................................................138
Quarta lettura ...............................................................................................139
Quinta lettura...............................................................................................140
Sesta lettura . .................................................................................................140
Settin1a lettura. .............................................................................................141
Ottava lettura. .............................................................................................142
Nona lettura.................................................................................................143
4. LEGGENDA LITURGICA VATICANA PERL'OT T AVA
Prima lettura . ..............................................................................................147
Seconda lettura ............................................................................................147
(Terza] lettura . ............................................................................................147
[Quarta) lettura. .........................................................................................148
Quinta lettura. ............................................................................................148
Sesta lettura . ..................................................... , .........................................148
Settima lettura . ...........................................................................................149
Ottava lettura . ............................................................................................149
Nona lettura. ..............................................................................................150
Letture per l'ottava .....................................................................................150
Ancora durante la settimana . ...................................................................151
Indici 253

5. LEGGENDA MINORE DEL BEATO FR ANCESCO


NOTA PER I COPISTI ............................................................................................157

CAPITOLO I LA SUA CONVERSIONE


Prima lettura................................................................................................157
Seconda lettura . ..........................................................................................158
Terza lettura .................................................................................................158
Quarta lettura..............................................................................................159
Quinta lettura.............................................................................................. 159
Sesta lettura ..................................................................................................160
Settima lettura.............................................................................................160
Ottava lettura . .............................................................................................161
Nona lettura .................................................................................................161
CAPITOLO II FONDAZIONE DELL0RDINE. EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE
Prima lettura................................................................................................162
Seconda lettura............................................................................................163
Terza lettura . ...............................................................................................163
Quarta lettura ..............................................................................................164
Quinta lettura............, .................................................................................164
Sesta lettura..................................................................................................165
Settima lettura........................ , ....................................................................166
Ottava lettura ..............................................................................................166
Nona lettura ................................................................................................167
CAPITOLO III LA PREROGATIVA DELLE VIRTÙ
Prima lettura................................................................................................167
Seconda lettura ............................................................................................168
Terza lettura.................................................................................................168
Quarta lettura. ...........................................................................................169
Quinta lettura ..............................................................................................170
Sesta lettura..................................................................................................170
Settima lettura.............................................................................................171
Ottava lettura . .............................................................................................171
Nona lettura . ..............................................................................................172
CAPITOLO IV DEDIZIONE ALLA PREGHIERA E SPIRITO DI PROFEZIA
Prhna lettura................................................................................................173
Seconda lettura ............................................................................................173
Terza lettura .................................................................................................173
Quarta lettura . ............................................................................................174
Quinta lettura..............................................................................................174
Sesta lettura. ...............................................................................................175
Settima lettura. ...........................................................................................175
Ottava lettura. ............................................................................................176
Nona lettura . ..............................................................................................177
CAPITOLO V OBBEDIENZA DELLE CREATURE E ACCONDISCENDENZA DI DIO
Prima lettura ................................................................................................177
Seconda lettura............................................................................................178
Terza lettura .................................................................................................178
Quarta lettura .............................................................................................. 179
254 Indici

Quinta lettura..............................................., ..............................................179


Sesta lettura ..................................................................................................180
Settima lettura .............................................................................................180
Ottava lettura. .............................................................................................181
Nona lettura.................................................................................................181
CAPITOLO VI LE SACRE STIGMATE
Prima lettura .......................................................... ,.....................................182
Seconda lettura...................................................... ,.....................................183
Terza lettura .................................................................................................183
Quarta lettura.....................................................................................,........184
Quinta lettura..............................................................................................184
Sesta lettura..................................................................................................184
Settima lettura ......................................................................., .....................185
Ottava lettura. .............................................................................................185
Nona lettura.................................................................................................186
CAPITOLO VII IL TRANSITO DELLA MORTE
Prima lettura ................................................................................................186
Seconda lettura............................................................................................187
Terza lettura .................................................................................................187
Quarta lettura..............................................................................................188
Quinta lettura..............................................................................................188
Sesta lettura...........................................,......................................................189
Settima lettura .............................................................................................189
Ottava lettura. ..................................... , .......................................................190
Nona lettura.................................................................................................190
6. ESTRATTO DALLA VITA DEL BEATISSIMO PADRE NOSTRO
FRANCESCO PER LA FESTA DELLA TRASLAZIONE
Prima lettura ................................................................................................193
Seconda lettura ............................................................................................193
Terza lettura .................................................................................................194
Quarta lettura ............................................... ,..............................................194
Quinta lettura ..............................................................................................194
Sesta lettura..................................................................................................194
Settima lettura .............................................................................................195
Ottava lettura . .............................................................................................195
Nona lettura .................................................................................................195
7. CAP. XV DELLA LEGGENDA MAGGIORE
PER LA FESTA DELLA TRASLAZIONE
Prima lettura ................................................................................................199
Seconda lettura............................................................................................ 199
Terza lettura.................................................................................................200
Quarta lettura ..............................................................................................200
Quinta lettura ..............................................................................................200
Sesta lettura..................................................................................................201
Settima lettura.............................................................................................201
Ottava lettura. .............................................................................................202
Nona lettura .....................................................................................,...........202
Indici 255

SEZIONE IV
LA LITURGIA DI SAN FRANCESCO FUORI DALL'ORDINE
DEI FRATI MINORI

8. UFFICIO, LEGGENDA LITURGICA E MESSA DI CI-IÀLONS-EN­


CHAMPAGNE
Ai vespri .......................................................................................................207
Orazione .......................................................................................................207
Prima lettura................................................................................................207
Seconda lettura............................................................................................208
Terza lettura .................................................................................................208
Quarta lettura ..............................................................................................209
Quinta lettura ..............................................................................................209
Sesta lettura..................................................................................................210
Settima lettura .............................................................................................211
Ottava lettura . ........................................................... , .................................211
Nona lettura .................................................................................................212
Introito della messa . ..................................................................................212
Colletta . .........................,.......................,.....................................................213
Epistola . .......................................................................................................213
Graduale .......................................................................................................213
Alleluia . .......................................................................................................213
Vangelo . .......................................................................................................213
Offertorio . ...................................................................................................213
Comunione. ................................................................................................213
9. LEG GENDA LITURGICA DI CHARTRES
Prima Lettura . .............................................................................................217
Seconda lettura..................................................................., ........................217
Terza lettura .................................................................................................218
10. LEG GENDA LIT URGICA E MESSA
DEI FRAT I PREDICATORI
Prima lettura ................................................................................................223
Seconda lettura............................................................................................223
Terza lettura .................................................................................................223
Quarta lettura ..............................................................................................224
Quinta lettura ..............................................................................................224
Sesta lettura..................................................................................................224
Settima lettura .............................................................................................225
Ottava lettura . .............................................................................................225
Nona Lettura...............................................................................................225
MESSA DEL MESSALE PORTATILE ................................................., ...... , .........227
Introito ..........................................................................................................227
Colletta . ........................................................................................................227
Responsorio graduale. ..............................................................................227
Alleluia..........................................................................................................227
256 Indici

Vangelo.........................................................................................................227
Offertorio ..................................................................................................... 228
Secreta ........................................................................................................... 228
Comunione .................................................................................................. 228
Pos tcomu n ione........................................................................................... .228

11. LEGGENDA AUREA IN USO PRESSO I BENEDETTINI


Prima lettura................................................................................................ 231
Seconda lettura........................................................................................... .231
Terza lettura................................................................................................. 231
Quarta lettura..............................................................................................232
Quinta lettura ..............................................................................................232
Sesta lettura.................................................................................................. 232
Settima lettura............................................................................................. 233
Ottava lettura. ............................................................................................. 233
Nona lettura ................................................................................................. 233
Decima lettura ............................................................................................. 234
Undicesima lettura. .................................................................................... 234
Dodicesima lettura..................................................................................... 234

INDICE DEI MANOSCRITTI .................................................................. 235

BIBLIOGRAFIA............................................................................................. 237

INDICI DEI NOMI DI LUOGO E DI PERSONA ..............................247

Finito di stampare nel mese di dicembre 2015


Mediagraf S.p.A. - Noventa Padovana, Padova

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