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Romanticismo.

Caratteri generali e esponenti del genere.

Esponenti:
Caspar David Friedrich

John Constable

William Turner
INTRODUZIONE
Il Romanticismo è un movimento artistico dai contorni meno
definiti rispetto al Neoclassicismo. Benché si affermi in Europa
dopo che il neoclassicismo ha esaurito la sua vitalità, ossia intorno
al 1830, in realtà era nato molto prima.

Le prime tematiche che lo preannunciavano sorsero già verso la


metà del ‘700. Esse, tuttavia, rimasero in incubazione durante tutto
lo sviluppo del Neoclassicismo, per riapparire e consolidarsi solo
nei primi decenni dell’Ottocento. Il romanticismo ha poi cominciato
ad affievolirsi verso la metà del XIX secolo, anche se alcune sue
suggestioni e propaggini giungono fino alla fine del secolo.

Uno dei tratti più caratteristici del romanticismo è la rivalutazione


del lato passionale ed istintivo dell’uomo. Questa tendenza porta a
ricercare le atmosfere buie e tenebrose, il mistero, le sensazioni
forti, l’orrido ed il pauroso. L’artista romantico ha un animo
ipersensibile, sempre pronto a continui turbamenti. L’artista non si
sente più un borghese ma inizia a comportarsi sempre più in modo
anticonvenzionale. In alcuni casi sono decisamente asociali e
amorali. Sono artisti disperati e maledetti che alimentano il proprio
genio di trasgressioni ed eccessi.

L’artista vive con orgogliosa consapevolezza l’irripetibilità della


propria condizione, che gli permette di accedere ad una posizione
privilegiata non condivisa dai più. Egli crea ed in questo diviene
simile a Dio. La sua arte non è uno strumento di conoscenza
razionale e neppure necessariamente un mezzo di comunicazione,
ma l’espressione più compiuta del proprio genio.

L’artista romantico è un personaggio fondamentalmente


pessimista. Vive il proprio malessere psicologico con grande
drammaticità: il risultato di questo atteggiamento è un arte che,
non di rado, ricerca l’orrore.

L’arte romantica riscopre anche la sfera religiosa, dopo un secolo, il


Settecento, che era stato fortemente laico ed anticlericale. La
riscoperta dei valori religiosi era iniziata già nel 1802 con la
pubblicazione, da parte di Chateaubriand, de Il genio del
Cristianesimo. Negli stessi anni iniziava, soprattutto in Germania,
grazie a von Schlegel e Schelling, una concezione mistica ed
idealistica dell’arte intesa come dono divino. L’arte deve scoprire
l’anima delle cose, rivelando concetti quali il sentimento, il
religioso, l’interiore.

Questo interesse per la dimensione della interiorità e della


spiritualità umana portò, in realtà, il romanticismo a preferire
linguaggi artistici non figurativi, come la musica e la letteratura o la
poesia. Queste, infatti, sono le arti che, più di altre, incarnano lo
spirito del romanticismo.

il sublime e il pittoresco
il sublime è un motivo fondamentale del romanticismo.

Il filosofico e politico britannico di origine irlandese Edmund


Burke dichiara che: “tutto ciò che agisce in modo analogo al
terrore, è una fonte del sublime“, associando questo
sentimento di orrore dilettevole a temi tenebrosi e fantastici.

Per Kant il sublime è un’emozione estetica, un misto di


piacere e spavento che nasce dal contrasto tra ragione e
immaginazione, tra sensibile e soprasensibile.

Egli elenca gli spettacoli naturali che sono definiti sublimi


non per una caratteristica intrinseca ma perché suscitano
nell’uomo un senso di grandezza infinita.

Negli ultimi decenni del settecento alle categorie del bello e


del sublime i filosofi inglesi aggiungono quella del pittoresco,
il tramite era già in uso per distinguere il giardino italiano e
francese, caratterizzato da aiuole geometriche e ordinate, dal
giardino all’inglese con alberi secolari, tronchi nodosi,
cespugli, rocce e rovine.

Il rapporto tra uomo e natura.


Uno dei temi portanti del romanticismo è il rinnovato
sentimento verso la natura, si sviluppa soprattutto in ambito
tedesco, in questi anni si va delineando quell’idea di natura
percepita come forza dinamica, vitale, espressione cosmica
del tutto.

la natura assume un ruolo mistico e l’uomo trova nel


rapporto con essa il legame con l’entità divina.

Friedrich
incline alla concezione più intima e sentimentale del mondo
visibile, affina questa capacità di guardare oltre la finitezza
delle cose durante gli anni della sua formazione, presso
l’Accademia delle belle arti di Copenhagen, nel 1798 l’artista
si trasferisce a Dresda, dove realizza molti disegni e
acqueforti.

”La croce in montagna”, 1808. se


Nel 1808 realizza una delle sue
prime opere a carattere
paesaggistico e
simbolico-religioso, la croce in
montagna, destinata al castello di
Tetschern in Boemia, motivo per il
quale l’opera è anche nota come
l’altare di Tetschern.

la novità assoluta del dipinto è


il soggetto: l’artista rinuncia a
una iconografia sacra
tradizionale, emerge il tema religioso in un paesaggio di
montagna.

La croce, simbolo della resurrezione, si erge al di sopra di


una roccia circondata da abeti, immersa in un cielo
crepuscolare, attraversata dai raggi che rimandano al tema
sacro.

L’artista rappresenta la sua profonda fede cristiana


attraverso la natura che è la manifestazione del divino.

L’immagine coinvolge pienamente lo spettatore, immerso


nella contemplazione della natura e quindi partecipe
dell’episodio.

La cornice, ricca di elementi che rimanda alla simbologia


religiosa, è stata elaborata su disegno dallo stesso Friedrich.

“Monaco sulla
spiaggia” e
“Abbazia nel
querceto”,
1808-1810.
Entrambi i quadri sono
stati poi acquistati dal
re di Prussia Federico Guglielmo III, in quest’opera ritorna potentemente il
senso della natura come manifestazione dell’assoluto che sovrasta e rende
evidente il limite dell’uomo incapace di comprendere fino in fondo la
grandezza.

In abbazia nel Querceto è il tema della morte il filo conduttore, Friedrich esegue il
dipinto dopo aver soggiornato a Rugen, , dove ha modo di vedere i ruderi
dell'abbazia di Eldena, protagonista del dipinto, il soggetto rappresenta un funerale,
forse quello dello stesso artista che spesso amava rapportarsi alla morte e la vita
ultraterrena.

In un bosco di querce secche, che amplifica il senso di morte trasmesso dall’opera,


alcuni monaci, le cui sagome immerse nella nebbia si confondono con quelle delle
croci disseminate nel cimitero, trasportano un feretro.

Il chiarore che illumina l’orizzonte oltre ai


ruderi dell'abbazia, invita a superare la
soglia, ed andare oltre la caducità della
vita.
“Viandante sul mare di nebbia”, 1817.

su uno sperone roccioso,


nitidamente definito dal
controluce, si erge
sostenuto dal suo bastone
un uomo di cui noi non
vediamo il volto, intento ad
osservare uno sconfinato
paesaggio roccioso dai toni
grigi e azzurri, quasi privo
di vegetazione e immerso
in una fitta nebbia.

L’uomo ritratto da
Friedrich è un viandante,
senza nome, il suo punto di vista coincide quasi con quello
dell’osservatore, attratto nel dipinto ad ammirare la
grandezza della natura, mettendola a confronto con la
finitezza del suo essere. L’artista attraverso la
contemplazione estetica della natura, lascia emergere il
sentimento del sublime.

Tutti quegli aspetti che fino ad allora non stati ricondotti alla
omnicomprensiva concezione della filosofia del bello sono
rivalutati, in generale tutto ciò che contemporaneamente
attrae e atterrisce l’uomo, per l’artista queste emozioni non
sono altro che la manifestazione del divino che risuona nella
natura e parla all’uomo.
John Constable
Uno degli artisti che in ambito anglosassone ha meglio
interpretato questa poetica è stato John Constable, nato in un
villaggio rurale sul fiume Stour, nella contea di Suffolk,
Constable è incoraggiato dalla famiglia a interpretare gli studi
d’arte, una volta giunto nella capitale entra nella Royal
Academy School e nel 1802 ritorna nella sua terra natale
dichiarando di voler diventare “pittore naturale”, qui inizia a
dipingere la natura del vero, concentrandosi in particolare
sui luoghi d’infanzia che più lo avevano coinvolto
sentimentalmente.

”Flatford Mill”,
1816.
Constable
omaggio al suo
luogo natale, sulla
sinistra scorre il
fiume che si snoda
sinuoso verso il
fondo, dove, oltre
la chiusa, è collocato il mulino di FlatFord, di proprietà della
famiglia Constable.

Alcuni ragazzi sono intenti a muovere dei balconi ancorati


lungo il fiume, sulla riva destra si estendono una successione
di praterie delimitate dai filari degli alberi.

L’occhio vaga sulla tela attratto da diversi dettagli, accentuati


dall’uso della luce e del colore che diventa locale, cioè
applicato con fedeltà al dato per mezzo della luce naturale.

Al di sopra, la vastità del cielo esaltata la rappresentazione


dei fenomeni atmosferici che studia dal vero, indagando il
paesaggio delle nuvole e la mutevolezza della luce, ciò che
affascina maggiormente l’osservatore è la percezione
emotiva trasmessa e il sentimento di appartenenza al luogo
che emerge dal dipinto.

“Carro del fieno”, 1821.

Constable rappresenta ancora una volta i luoghi della sua


origine: un paesaggio rurale nella
contea di Suffolk, attraversato da
un tratto zigzagante del fiume
Stour che guida lo sguardo verso il
fondo: la luce, che filtra dagli
alberi lungo la riva, e il fumo, che
esce dal camino dall’abitazione
posta sulla sinistra, indicano all’osservatore che la scena si
sta svolgendo in un preciso e ripetibile momento della
giornata.

La presenza umana, sul carro in mezzo al fiume, trasmette


una sensazione di piena armonia tra uomo e paesaggio.

L’intensità dei verdi utilizzati da Constable è schiarita dalla


luce emanata dalle nubi, studiate dall’artista per mezzo di
numerosi acquerelli e schizzi del vero, in inglese sketches.

“La cattedrale di Salisbury”,


1825.
Nel 1822, l’arcidiacono di Salisbury,
commissiona all’artista la
rappresentazione della cattedrale, uno dei simboli del gotico
inglese.

Il dipinto è la seconda versione dell’opera, realizzata nel


1825.

raffigura la cattedrale vista dei giardini della residenza del


vescovo, ritratto nella parte sinistra della tela mentre col
bastone indica la moglie la chiesa.

In primo piano alcuni animali da pascolo si abbeverano a un


ruscello, mentre sullo sfondo si erge l’edificio religioso con le
sue caratteristiche gotiche: l’alta guglia e il transetto con le
finestre traforate.

La composizione è ben studiata: le fronde degli alberi


inquadrano la mole della cattedrale, che contrasta con la
luminosità del cielo denso di nubi e con il chiaroscuro della
vegetazione, definito dal passaggio cromatico di numerosi
verdi applicati a piccoli tocchi.
William Turner
Entra giovanissimo alla Royal Academy of Arts di Londra,
dove comincia ad esporre le sue opere affina la tecnica
dell’acquarello.

All’inizio dell’ottocento intraprende un viaggio in Francia in


Svizzera dove gli straordinari paesaggi alpini diventano fonte
di ispirazione per numerosi acquerelli e per alcune opere che
lo hanno reso celebre.

“Il ponte del diavolo San Gottardo”, 1803.


È un dipinto che evidenzia il passaggio da un’impostazione
compositiva ancora di stampo
classico a un’interpretazione
pittorica romantica.

Gli speroni di roccia


inquadrano il ponte sotto la cui
arcata si trova il punto di fuga
prospettico, a ridosso della
parete rocciosa di fondo.

La resa cromatica fa
partecipare l’osservatore nelle
vertiginosi spazialità
romantiche, l’opera segna il momento in cui Turner viene
attratto dalla poetica del sublime.
“Pioggia, vapore e velocità”, 1844.

La tela rappresenta il paesaggio di un treno a


vapore su un ponte che attraversa un fiume.

Il soggetto non è un quadro di storia, di un


episodio mitologico, né una scena religiosa,
ma la celebrazione del progresso
rappresentato dalla comitiva vapore e dalla
costruzione del Great Western Railway, la ferrovia
occidentale inaugurata in Inghilterra nel 1838.

Turner inserisce il suo soggetto in un contesto quasi privo di


ambientazione, dove l’unico elemento compositivo che guida
l’occhio dell’osservatore e la prospettiva del ponte.

A prevalere è l’effetto dell’area sfocata dalla velocità del


treno e la resa atmosferica che avvolge ogni cosa.

L’artista è riuscito a ottenere questo risultato grazie all’uso di


un colore diluito, applicato a colpi di pennello molto rapidi
che sfaldano la forma e suggeriscono la variazione
meteorologica.
“L’incendio della Camera dei Lords e dei Comuni”,
16 ottobre 1834/1835.

L’artista rappresenta l’incendio del parlamento inglese


avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 1834, a cui aveva
assistito una grande folla, tra cui il pittore stesso, che aveva
fissato l’accaduto in numerosi schizzi presi da diversi punti di
vista.

Nel dipinto il terribile incendio è inquadrato dalle sagome


delle persone che assistono all’evento, rappresentate in riva
al Tamigi e presso il ponte di Waterloo.

L’orizzonte è invaso dal colore delle fiamme riflesse


sull’acqua e piegate verso sinistra per effetto del vento.

La struttura compositiva è suggerita dalla direzione del ponte


sulla destra e dalle imbarcazioni in diagonale che guidano
l’occhio dell’osservatore sullo sfondo, mentre le forme sono
sfaldate dall’effetto del colore.

In quest’opera Tarn riesce a trasmettere


contemporaneamente il sentimento di terrore di attrazione
innescati dall’incendio, dando vita a un vero e proprio trionfo
dell’estetica del sublime.
“La valorosa
Téméraire
rimorchiata al
suo ultimo
attacco”,
1839.
il dipinto descrive la nave Téméraire, coraggiosa, Che si era
distinta per il suo valore durante la battaglia Trafalgar, nel
1805: il 21 ottobre, sotto la guida del comandante Eliab
Harvey, accorsi in difesa dell’ammiraglio Nelson, giocando un
ruolo decisivo nella vittoria contro la flotta franco-ispanica di
Napoleone.

nella tela descrive il momento in cui la nave, viene trainato


da una piccola imbarcazione a vapore per essere trasportata
a cantiere navale dove sarà smantellata.

Secondo le cronache del tempo due furono i battelli che


rimorchiavano la nave per oltre 55 miglia verso il Tamigi,
nella tela la nave si allontanava dal tramonto, seguendo una
rotta verso est, nonostante la sua meta si trova nella
direzione opposta: il pittore non aveva certo intenzione di
fornire una registrazione oggettiva dell’evento, benché si
tratti di un episodio realmente accaduto, ma di evocare un
senso di disfatta e decadenza.

A livello simbolico descrive il generale declino della flotta


britannica, rendendo omaggio al valore della vecchia
imbarcazione, simbolo di un passato glorioso.

Tecnica e colore
la ricchezza cromatica del tramonto agisce come coreografia
di una sfilata trionfale: è la fine di un’era fatta di grandi ed
eleganti forme che qui si contrappongono all’efficacia
prosaica della piccola imbarcazione a vapore.

L’opera mostra inoltre come il pittore fosse giunto per via


sperimentale a conclusioni analoghe a quelle dico a te sulle
proprietà dei colori.

Nella tela si nota l’impegno quasi esclusivo, di colori primari


nelle loro diverse sfumature e intensità.

Esposta nel 1838 l’opera ricava la seguente iscrizione: “la


bandiera che ha stilato la battaglia l’apprezza, non più la
possiede“.

la nave non mostra la bandiera dell’unione: un piccolo


drappo bianco sventola dal palo del rimorchiatore, come
un’allusione al gergo bellico della resa, uno smacco ulteriore
per il nobile vascello.

L’opera fu particolarmente amata dall’artista: non la mise


mai in vendita, conservandola nella propria galleria fino alla
morte, con l’intenzione di lasciarla in eredità lo Stato inglese.
La scuola di Barbizon.
in Francia la pittura di paesaggio è progressivamente
riabilitata nel corso della prima metà dell’ottocento, fino a
diventare il genere principale dei Salons e il più ricercato da
mercanti e amatori.

il riconoscimento accademico è sancito nel 1616


dall’istituzione del premio triennale Grand Prix de Rome per
il paesaggio storico, genere in cui la natura fungeva da
scenario idealizzato di episodi storici, mitologici o religiosi.

Per i paesaggisti storici la copia del vero e le sedute di lavoro


en plein air erano la base da cui partire per impostare le
grandi composizioni in atelier e di ricreare, attraverso i
ricordi la fantasia, scenari con alberi, ruscelli e rocce,
indipendenti la realtà ma credibili.

nel corso dell’ottocento la concezione idealizzata della natura


fu contestata da alcuni giovani artisti, i pittori di Barbie Sans,
che rivendicavano il diritto di rappresentare la natura così
come appare, senza riferimenti narrativi.

Il termine: “scuola di Barbizon“ indica l’esperienza di un


gruppo di artisti paesaggistiche, tra il 1830 e il 1870, si
stabilisce a Barbizon, un villaggio del sud-est di Parigi, con
l’intento di vivere e dipingere a diretto contatto con la natura,
lontani dall’artefatto ambiente cittadino.
Théodore Rousseau

È un osservatore fedele della natura, che


analizza con rigore e passione nei suoi
differenti aspetti.

Dopo aver esplorato il paesaggio francese


realizzando numerosi schizzi, nel 1848 si trasferisce
stabilmente a Barbizon.

Nel dipinto la primavera compaiono i termini ricorrenti della


sua produzione: lo stagno, il sentiero, i filari di alberi e la
piccola figura di contadina che pascola le mucche.

La linea dell’orizzonte è posta molto in basso, lascia ampio


spazio al cielo primaverile carico di nuvole, che l’artista
dipinge con molta cura giustapponendo grigio e azzurro in
una vasta gamma di toni stesi a piccoli tocchi che si riflettono
nello specchio d’acqua.

Lo sviluppo orizzontale della composizione, a cui si


oppongono le verticali degli alberi, e lo studio attento dei
mutevoli effetti di luce e la resa atmosferica rendono ampio d
monumentale il paesaggio.

Constant Troyon e Jules Dupré

in seguito a un viaggio in Olanda, nel


1847, Troyon si specializza nella
pittura di animali, grazie alla quale
ottiene un grandissimo successo
divenendo all’epoca l’artista più noto
del gruppo.

In mucche e vitello alla marna, ai


paesaggi e animali è attribuita la
stessa importanza.
Egli descrive le mucche con grande realismo dimostrando di
conoscere l’anatomia, movimenti e comportamenti: dà prova
di grande talento anche nello studio e la resa del cielo, dalla
luce, dalle ombre e dei riflessi delle nuvole sull’acqua, che
ricrea giustapponendo piccoli tocchi di colore puro.

Duprè condivide
con l’amico
Rousseau la
passione per i
grandi alberi, nel
dipinto Querce a
Fontainebleau
l’artista concentra
l’attenzione su
due maestose
piante, i tronchi
massicci, i rami nodosi e le foglie sono descritti con fitte
ruvide pennellate, attraverso le quali la struttura degli
antichi alberi, diventa espressione della grande potenza ed
energia della natura, il suo carattere eroico e sublime.

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