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venerdì 21 maggio 2021

Ermetismo

Caratteri generali dell’ermetismo

Il termine ermetismo si può dire già conosciuto nel ’36 con la pubblicazione del libro
“La poesia ermetica” di Francesco Flora; tuttavia ben più signi cativo è il saggio di
Carlo Bo “Letteratura come vita” in quanto contiene i caratteri fondamentali della
poesia ermetica. Questo non è di per sé un programma come quelli delle
avanguardie bensì chiarisce le implicazioni della poesia più recente.

L’Ermetismo fa coincidere la poesia con la realtà più intima dell’uomo e la letteratura


rappresenta la strada più completa per la conoscenza di noi stressi, in quanto, essa
si identi ca completamente con il soggetto. In questo senso cerca di raggiungere le
radici dell’essere e si pone come scopo la ricerca della “verità” vivendo nel rapporto
esclusivo dell’individuo.

Non a caso, il termine “Ermetismo” rimanda alla gura ellenistica di Ermete


Trismegisto, autore di libri magici in cui si rivelavano riti religiosi capaci di rendere
l’uomo partecipe della natura divina. 

In questo senso, l’Ermetismo diventa sinonimo di conoscenza esoterica riservata
per pochi eletti: infatti, sul piano linguistico si può notare la scelta di un linguaggio
arduo, di cile, oscuro, al limite dell’incomunicabilità. Non a caso, la poesia si
rivolge ad una ristretta cerchia di persone e lo strumento privilegiato dai poeti è
l’analogia; la parola si carica di molti signi cati talvolta anche inde niti.

GIUSEPPE UNGARETTI
Nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto dove per i primi anni della sua formazione
frequenterà l’Ercole Suisse Jacot e inizia ad occuparsi di letteratura. Nel 1912 si
recerà a Parigi dove avrà modo di approfondire la sua conoscenza in merito alla
poesia decadente e simbolista. 

Nel 1914 si arruolerà nell’esercito come volontario di fanteria e sei anni più tardi,
trasferitosi a Roma, aderirà al fascismo. Nel 1936 ricoprirà la cattedra di Letteratura
italiana all’università di San Paolo in Brasile e, successivamente, insegnerà
Letteratura italiana contemporanea all’Università di Roma. Dopo una copiosa
pubblicazione di scritti, muore a Milano nel 1970. 


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L’allegria

L’opera conta tre edizioni a cui corrispondono rispettivamente tre titoli: alla prima
edizione corrispondono il gruppo di poesie scritte nel 1916 con il titolo “Il porto
sepolto”. Questi testi vennero poi corretti e ripubblicati insieme ad altri nel 1919 con
il titolo “Allegria di naufragi”, in ne, l’ultima edizione risalente al ’31 pubblicata con il
titolo di “L’allegria”.

Scelta dei titoli

Il primo titolo, “il porto sepolto” rimanda ad una sfera ignota cioè al segreto della
poesia nascosta in un “abisso” nel quale deve immergersi il poeta.

Il secondo, “Allegria di naufragi”, costituisce un’espressione ossimorica; la prima
parte si riferisce all’esultanza di un attimo che si può provare solo dal sentimento di
morte da allontanare, mentre il secondo termine si riferisce proprio all’e etto
distruttivo della morte. La volontà di eliminare il secondo termine nel terzo titolo sta
forse nell’intenzione del poeta di porre l’attenzione sull’aspetto positivo
dell’opposizione.

Struttura e temi

L’opera è suddivisa in 5 parti:

I. Ultima che raccoglie i testi del 1914-1915

II. Il porto sepolto


Queste parti sono chiamate così
III. Naufragi
perché richiamano il titolo di tre
poesie presenti nelle rispettive parti
IV. Girovago

V. Prime perché prelude la stagione poetica


successiva

I temi sono per lo più autobiogra ci sebbene si parla di un’autobiogra a


“tras gurata”, in quanto i singoli eventi assumono un valore paradigmatico in cui
l’uomo incontra il senso profondo della sua esistenza.

decisamente più signi cative sono le liriche dell’esperienza sul fronte. Tale
esperienza gli consente di stabilire un contatto con la propria gente e di avere un
senso di identità. La guerra in ne costringe a vivere nel precario con ne fra vita e
morte.

La funzione della poesia

La poesia ha il compito di illuminare e illustrare il senso della vita attraverso alcune


esperienze; questa funzione viene sottolineata da: la sintassi delle liriche
estremamente ridotta e attraverso l’analogia ma supera la simbologia e le metafore

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della letteratura precedente e vi si contrappone a ermando che mettendo in
contatto immagini lontane tra loro supera il mondo della realtà arrivando ad un
mondo superiore e divino che gli rivela il senso delle cose.

Pertanto possiamo dire che per Ungaretti il poeta è una sorta di sacerdote della
parola che attribuisce a quest’ultima un signi cato esoterico: perciò il mistero della
vita può essere non può essere rivelato ma solo illuminato a tratti dalla parola che
assume valore di un’improvvisa illuminazione.

Aspetti formali

- adozione del verso libero

- Sintassi nominale

- Punteggiatura assente

- Parola posta al centro dell’attenzione.

IL SENTIMENTO DEL TEMPO


Mutamento di prospettiva: infatti se nell’allegria Ungaretti si so ermava sull’attimo
inteso come folgorazione quindi il tempo come un’entità discontinua, nel
Sentimento del tempo concepisce il tempo come durata come causa cioè del
mutare di tutte le cose.

Il luogo simbolico a cui rinviano le liriche di questa raccolta è Roma, la quale si


avvale di più signi cati:

- da una parte è vista come luogo di memoria (in riferimento ai monumenti antichi e
quindi al suo passato glorioso)

- dall’altra la presenza nella città di numerose opere di epoca barocca (età che
concepiva molto bene il trascorrere del tempo), fa prevalere in Ungaretti un
sentimento cupo e incombente di morte.

Non a caso, in questa raccolta prevalgono temi come il trascorrere inesorabile del
tempo e sono presenti anche numerose gure classiche. Si aggiungono anche temi
come il viaggio e la nave e soprattutto il motivo religioso: in particolare questo
nell’invocazione a dio appare come lo sforzo di liberare una tensione contraddittoria
tra piacere e peccato.

Sul piano formale vediamo il recupero delle strutture sintattiche e delle forme
metriche tradizionali.

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IL DOLORE
Pubblicata nel 1947 la raccolta Il dolore si fa portavoce dei, come dice lo stesso
titolo, dolori sia personali (ci riferiamo alle liriche dedicate al fratello e anche al glio,
entrambi morti prematuramente) sia collettivo (riferendoci naturalmente alla guerra).

Terra promessa

1950 frammenti di un ampio progetto: un melodramma avente per soggetto le


vicende di Enea e con un disegno allegorico (la ricerca di una nuova terra per
sfuggire al tempo).

Il taccuino del vecchio

Qui la terra promessa si identi ca con la morte e l’esperienza autobiogra ca


dell’autore viene messa in primo piano.

QUASIMODO
Ed è subito sera viene pubblicata per la prima volta nel 1942.

Sul piano stilistico si assiste ad un allontanamento dalla lingua parlata: infatti in


Quasimodo la parola perde ogni intento comunicativo. Questa scelta viene poi
evidenziata dall’uso frequente di analogie e la confusione dei rapporti logici
all’interno del periodo atti a aumentare gli e etti di indeterminatezza anche qui,
come con Ungaretti la parola assume valore simbolico e magico.

Nella sezione Nuove Poesie si assiste ad un radicale mutamento; il verso si allunga


e il messaggio che si cela dietro essi diventa più abbordabile. Inoltre il discorso si
trasferisce dal piano meta sico a quello storico facendo così diventare la poesia
strumento di testimonianza politica e sociale.

MONTALE
La raccolta “Ossi di seppia” venne pubblicata per la prima volta nel 1925 e si
articola in quattro parti:

I. Movimenti

II. Ossi di seppia

III. Mediterraneo

IV. Meriggi e ombre

Sono molte le in uenze che convergono all’interno di quest’opera a partire dal


pessimismo di Schopenhauer che invade l’intera raccolta, alla poesia dannunziana

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(di cui però ri uta il vitalismo panico l’intonazione aulica e sublime) per abbracciare,
invece, una poesia molto più vicina a Pascoli per la scelta di trattare oggetti “umili”.

Titolo e temi

Gli ossi di seppia sono i residui di calcare delle stesse seppie, questi alludono alla
condizione vitale impoverita cioè ridotta all’inconsistenza. Al tempo stesso allude ad
una poesia che non può più attingere allo stile aulico e sublime ma che si concentra
invece sui “detriti”: infatti montale sceglie deliberatamente una dizione spoglia e
lontana dalla lirica tradizionale.

Tra i temi più importanti troviamo quello dell’aridità e dei paesaggi inariditi da un
sole che dovrebbe essere simbolo di pienezza vitale ma che in realtà inaridisce tutte
le forme di vita e che diventa simbolo dell’inaridimento interiore. 

Questa condizione si proietta anche in un’altro oggetto la cui presenza campeggia
all’interno delle liriche ed è il muro che allegoricamente simboleggia la condizione di
prigionia dell’esistenza che l’uomo non riesce a superare.

Questa prigionia porta alla frammentazione dell’io e la perdita dell’individualità:


questa frammentazione fa sì che il soggetto si sente in disarmonia con il mondo
intero. Non vi è salvezza oppure nel ricordo che per montale perché ad ogni
tentativo di recuperarlo esso viene percepito come estraneo. 

Come unica soluzione montale propone quella dello stoico distacco che sembra
ricalcare la concezione leopardiana non solo per il pessimismo cosmico, ma anche
per la fredda accettazione della condizione umana.

Montale si presuppone di cercare un varco che lo faccia uscire da questo stato di
prigionia: un miracolo che però cela dietro di sé un illusione in quanto non si aprirà
mai e si tratta pertanto di un’esperienza del tutto negativa. Nonostante questa
consapevolezza la raccolta si chiude con un auspicio che un giorno la sua anima
possa orire nel sole che investe le riviere

La poetica

A di erenza di Ungaretti in montale la parola non assume quella valenza magica ed


estrica, tantomeno può caricarsi di signi cati positivi: pertanto Montale non usa un
linguaggio analogico ma utilizza il modello del correlativo oggettivo cioè vengono
accostati oggetti, immagini etc all’apparenza semplici ma che perdono la loro
semplicità e diventano oggetti poetici all’interno del componimento.

Sul piano stilistico il poeta utilizza spesso suoni duri o aspri e ritmi antimusicali. Fa
ricorso al verso libero ma non esclusivamente in quanto spesso le strofe sono
ordinate in quartine e utilizza la tradizionale metrica dell’endecasillabo. 


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SABA
Il canzoniere è suddiviso in tre sezioni che sono a loro volta raggruppate in tre
volumi che corrispondono allo sviluppo della giovinezza, della maturità e della
vecchiaia. 

Questa raccolta si caratterizza per l’aspetto autobiogra co che però tende a
trasferirsi sempre di più sul piano più generico della condizione universale
dell’uomo. Questa volontà si presenta con il desiderio di comporre poesia vera che
prende le distanze dalla tradizione estetizzante di quel periodo e che sia animata da
una profonda sincerità. Questo desiderio vuole indagare i segreti delle cose che
però, non signi ca svelare il senso meta sico delle cose, ma la verità a cui attinge
Saba è del tutto terrena e riguarda l’uomo nel suo agire. Per questo motivo la poesia
di Saba ha anche uno scopo terapeutico, non a caso inserisce all’interno delle sue
poesie le ragioni dell’inconscio.

Temi

Fondamentale è sicuramente la componente autobiogra ca e in particolare modo


l’infanzia che è vista come momento centrale nella formazione dell’uomo. Ve ne
sono anche altri come il tema della famiglia, dell’eros, della nevrosi e della scissione
dell’io. [piccolo berto]

Caratteristiche formali

Linguaggio quotidiano, riprende gli schemi poetici del passato utilizzando anche le
rime. L’esperienza dell’ermetismo gli rimarrà sostanzialmente estranea e anzi
ri uterà un espressione troppo di cile e analogica. Utilizza un lessico volutamente
povero e comune .

Storia e cronistoria del canzoniere

Storia e cronistoria del Canzoniere, edito nel 1948 è un esempio di autoesegesi


d’autore: scrivendo in terza persona, e spesso prendendo le difese della propria
opera contro le opinioni di critici e scrittori, Saba presenta qui il disegno unitario
sotteso alla sua raccolta poetica, concedendosi anche eccessi di vanagloria
personale e sottolineando le linee portanti della raccolta.

Mentre la Storia e cronistoria permette anche di comprendere la contrastata


“fortuna” di Saba, lontano di per sé dalla poetica ermetica dominante negli anni del
“Canzoniere” ma anche all’onda lunga degli sperimentalismi d’inizio secolo del
Futurismo, altri testi sabiani puntano in direzione diversa. Le Scorciatoie e
raccontini, editi nel 1946 ma a cui il poeta lavora sin dalla prima metà degli anni
Trenta, riuniscono una serie di testi brevi e dalla tipologia assai eterogenea: agli
aforismi e alle ri essioni d’autore sull’arte e la società contemporanea (le

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“scorciatoie” appunto, spesso di valore etico-politico) si aggiungono, con gli anni, i
“raccontini”, che ampliano il respiro narrativo, pur partendo - come molte poesie -
da dati e situazioni quotidiane e colloquiali.

Il recupero e il rientro in questo “oscuro grembo del mondo” (come si vede in testi
quali La capra e Città vecchia) dimostra allora qual è una delle fonti privilegiate
di Saba: la psicoanalisi freudiana. Oltre ad un numero cospicuo di epistolari (che
comprendono anche delle Lettere sulla psicoanalisi), importanti per tessere il
ritratto dell’autore, ultima testimonianza dell’autobiogra smo latente della sua opera
è il romanzo di formazione Ernesto, storia di un giovane diciassettenne (e della
sua iniziazione all’amore omosessuale ed eterosessuale) nella Trieste degli ultimi
anni dell’Ottocento, lasciato incompiuto nel 1953 e poi pubblicato postumo dopo la
morte dell’autore.

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