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ENIGMA GIORGIONE

di Marcuzio Isauro

I DIPINTI DEL più ERMETICO PITTORE DEL RINASCIMENTO


NASCONDONO OCCULTI MESSAGGI CHE SI TRASMETTONO NEI
SECOLI AD OPERA DI ARTISTI INIZIATI.

Nessun pittore ha mai avuto una vita così sfuggente e poco documentata come quella di Giorgione,
conclusasi probabilmente alla giovane età di 34 anni a causa della peste.
Della sua nascita non conosciamo molto: avvenuta nel 1477 (more veneto 1478) ebbe luogo a
Castelfranco in provincia di Treviso, originata probabilmente da nobile stirpe, ma frutto di rapporto
illegittimo.
Il critico Giuliano Martin ha suggerito una parentela con i Costanzo, casato legato alla regina di Cipro
Caterina Cornaro, mandata in dorato esilio ad Asolo dalla Repubblica Veneta. Questa nobile famiglia
diede numerosi cavalieri ed anche un Gran Priore, Muzio Costanzo, all'Ordine di Malta di Venezia. A
Giorgione fu commissionata la pala del Duomo di Castelfranco per commemorare la prematura
scomparsa di Matteo Costanzo, forse suo fratellastro: l'artista volle effigiare accanto al trono
della Madonna, San Francesco ed un santo cavaliere armato recante il vessillo dell'Ordine di
Malta; è da ricordare che un Costanzo, Tommaso, governò la città di Treviso per ordine della
Serenissima. L'istruzione di Giorgione fu di primo livello: egli era rinomato oltre che per la sua
prestanza fisica, da cui il soprannome, anche per la sua cultura e per la capacità di cantare
accompagnandosi ai melodiosi suoni del liuto. L'ambiente era d'altra parte stimolante: le
accademie culturali e la piccola corte che la regina Cornaro aveva raccolto attorno a sé erano
luoghi dove ricrearsi, ma anche dove istruirsi con notevoli maestri quali un Bembo, un Aretino o
un Ruzante. La città lagunare, per la sua naturale posizione geografica e per la sua liberalità
politica è sempre stata crogiuolo di razze, incrocio d'interessi culturali eterogenei e fucina di
divulgazione editoriale per studiosi e dotti di ogni epoca. E' a Venezia che lo stampatore Aldo
Manuzio creò la più bella ed ermetica opera di tutto il Rinascimento pubblicata nel 1499 dal
titolo Hypnerotomachia Poliphili, che fortemente influenzò il Giorgione. Questo testo, scritto dal
trevigiano Francesco Colonna (ricordato forse tramite le colonne spezzate della Tempesta),
descrive un misterioso e lungo viaggio onirico ambientato tra i fiumi e le selve della campagna
trevigiana, trasformata in una sorta di Arcadia rinascimentale. Nel 1500 Leonardo Da Vinci
(presunto Gran Maestro del Priorato di Sion) venne a Venezia con Luca Pacioli, per curarne la
pubblicazione del Divina Proportione, ma anche per non meglio precisati e segreti motivi politici:
sta di fatto che il probabile contatto del Maestro con il giovane Giorgione fu foriero d'innegabili
mutamenti pittorici. Senza accogliere forzatamente le affermazioni di Serge Hutin che favoleggiano
di un Giorgione collegato ad una potente ma mal documentata società segreta veneziana: la
Voarachadumia, è comunque possibile ipotizzare un coinvolgimento del pittore con alcune Accademie
ermetiche o Arcadie, quali la Aldina a Venezia o la Marcelliana a Treviso che possono averne
influenzato la laica vena pittorica.
Sono, infatti, molti i critici d'arte, da Hartlaub a Settis, da Calvesi a Lensi Orlandi che intravedono nei
dipinti di Giorgione dei sottili motivi esoterici, se non decisamente impregnati di profonda cultura
alchemica.
DANTE E I FEDELI D'AMORE NELLA PITTURA DEL GIORGIONE.

La Tempesta, ora conservato alle gallerie dell'Accademia di Venezia, ha sfidato nei secoli le capacità e
le velleità interpretative di decine di critici e studiosi dell'opera giorgionesca. Non esiste quadro più
ermetico ed emblematico di questo dove però, a mio parere, nessun particolare è lasciato al caso. Io
parto dal presupposto che riuscendo ad individuare la località precisa raffigurata sulla tela, si dovrebbe
giungere a dare una motivazione ed eventualmente anche un nome ai due misteriosi personaggi posti in
primo piano. Per me la Tempesta
identifica un punto preciso della città di Treviso, vista in uno dei suoi scorci più suggestivi, dove ancor
oggi si può osservare il fiume Cagnan attraversare placidamente la città, per poi buttarsi come affluente
nel fiume Sile, che appena s'intravede lambire la riva posta ai piedi dei soggetti rappresentati. Più
precisamente è possibile identificare il ponte come l'attuale ponte Sant'Agata e alla sua destra è
possibile vedere, sebbene leggermente modificata, la medioevale Casa Zanon che per un periodo
storico fu la casa fortificata, dotata di prigioni, del capitano del contingente armato durante il dominio
dei Carraresi.
Come è evidente nel quadro, tuttora nella realtà è possibile individuare sulla facciata di tale edificio lo
stemma dei Da Carrara, rappresentato da un carro a quattro ruote disarticolato. In lontananza è
possibile osservare le signorili case dell'attuale zona della Pescheria, dotate di agili camini alla
veneziana e superate in altezza dall'imponente campanile della chiesa di San Francesco edificata
dall'ordine francescano. Alla sinistra del ponte la struttura, dotata di cupola vagamente orientaleggiante,
potrebbe ricordare con qualche licenza pittorica, l'ormai scomparsa chiesa di Santa Maria in Bethlem,
sorta con l'intento di ospitare i pellegrini che si recavano a Gerusalemme. Sviscerato il possibile
contesto topografico cittadino risulta più facile tentare l'arduo compito di dare un significato e
possibilmente anche un nome alle figure umane rappresentate nel quadro. Qual'è il riferimento storico o
letterario più noto ed emblematico che ricordi la città di Treviso in questo preciso contesto geografico?
Ma certamente il passo del Paradiso di Dante Alighieri dove per bocca di Cunizza viene formulata la
nota terzina (IX 49-51)
"Dove Sile e Cagnan s'accompagna
tal signoreggia e va con la testa alta
che già di lui carpir si fa la ragna".
Alla metaforica confluenza dei due fiumi trevigiani, quindi, vi è un personaggio che comanda, ma che
verrà spodestato con il sangue da una congiura di nobili cittadini. La critica dantesca all'unanimità ha
identificato "tal" come Rizzardo Da Camino: figlio del "Buon Gherardo" e fratello di Gaja Da Camino
ucciso da una congiura di Guelfi cittadini (i Bianchi) nel 1312, in seguito ad un suo voltafaccia in
favore della fazione Ghibellina (i Rossi) in qualità di alleato dell'imperatore Arrigo VII (discendente del
Sang Real merovingio).
Rizzardo è il personaggio dipinto nella Tempesta che ha deciso metaforicamente di anteporre la gamba
destra (quella giusta) con la calza rossa alla gamba sinistra rivestita di bianco, e che esegue lungo il
bastone “il segno dell’indice”, tanto caro a Leonardo e a Botticelli.
Stando allo scrittore Gian Maria Ferretto, nel suo Treviso e Bologna nella vita segreta di Dante
Alighieri, il sommo vate essendo ospite di Gherardo Da Camino fu anche iniziato nel 1305, presso la
chiesa Templare di San Giovanni, all'alto titolo di Kadosh di Fede Santa, diventando quindi
ambasciatore segreto del Priorato di Sion. Guarda caso San Giovanni del Tempio si trova tuttora a
Treviso, oltre la casa torre varcato il ponte di legno della Tempesta; anzi, coincidenza vuole che l'unica
effigie di Dante di questa città si trovi murata sulla facciata di Palazzo Rusteghello, posto di fronte alla
commenda Templare cittadina.
Giorgione era forse al corrente di tali avvenimenti storici e ci ha lasciato criptici messaggi nel suo
quadro. In quest'ultimo sarebbero anche identificabili i palazzi dei Da Camino, laddove incombono
nubi minacciose che allegoricamente stanno a rappresentare l'imminente congiura contro i Caminesi. Il
sigillo "parlante" di questa famiglia è rappresentato da un camino che viene emblematicamente
ricordato dalla selva di camini che attorniano la chiesa di San Francesco, dove realmente esisteva il
mausoleo funebre dei Da Camino voluto dal Buon Gherardo. Ma il mistero forse più impenetrabile del
dipinto è dato dalla donna seduta in posizione assai scomoda, che sta allattando il bimbo con la sua
mammella destra: la Madre Terra, la Grande Madre si è spesso detto. Ella potrebbe però raffigurare la
"Gaja Scienza" nella precisa personificazione di Gaja Da Camino che secondo Lorenzo Valli stava a
simboleggiare, assieme al padre Gherardo, la setta dei Fedeli d'Amore alla quale pure Dante Alighieri
apparteneva.
Infatti Gherardo Da Camino aveva costituito a Treviso una Corte d'Amore assai rinomata che
raccoglieva poeti e trobadori da ogni dove, ma specialmente provenienti dalla lontana Provenza e
titolari del "Gaj Saber". Gaja sarebbe anche raffigurata in un altro quadro di Giorgione, meglio noto
come Laura, la quale, circondata dall'alloro dei poeti, mostra misteriosamente ed impudicamente il
seno destro.
Se si osserva attentamente il dipinto, attualmente conservato a Vienna, non si può non notare la sciarpa
di seta gialla (spesso usata come simbolo dai trobadori) che, proveniente dalla sommità del capo (sede
della sapienza), discende insinuandosi maliziosamente attorno al seno destro, forse ad indicare la
trasmissione del "Gaj Saber" al latte che poi verrà succhiato dall'adepto ancora in fasce.
Cronologicamente la Laura (firmata 1506) precede la Tempesta (risalente al 1507 o 1508): ciò indica
un progetto pittorico voluto che è anche palesato dalle identiche sembianze delle due donne. Ma perchè
il seno destro? Perchè questo è il seno positivo, quello maschile o solare che dovrebbe veicolare la
conoscenza. E' da rilevare come anche Leonardo Da Vinci abbia raffigurato la sua unica Madonna
allattante (la cosiddetta Madonna Litta) con la mammella destra scoperta.
Tra l'altro sono riuscito a recuperare delle rare iconografie della Madonna che allatta San Bernardo (il
gran patrocinatore dei Templari), per conferirgli il dono dell'eloquenza, invariabilmente tramite il seno
destro. Anche Francesco Colonna nel suo Hypnerotomachia ha rappresentato ripetutamente Venere che
allatta con il seno destro.
La Tempesta è quindi un quadro "talismanico" (come direbbe Calvesi) che sta a significare, mediante il
suo ricco corredo di simboli, la fine di un'epoca d'oro: la fine dell'ultima Corte d'Amore d'Europa,
caduta con la famiglia dei Da Camino.
Giorgione a Treviso fu forse ospite del Cavaliere di Malta Lodovico Marcello che quivi aveva
costituito un'importante Accademia umanistico-ermetica, alla quale fecero parte, tra gli altri, lo scrittore
Augurello Augurelli (noto per le sue odi alchemiche), il pittore alchemico Lorenzo Lotto ed il famoso
astrologo Giovanni Battista Abioso (che può aver influenzato il pittore di Castelfranco nei riferimenti
astrologici delle sue opere).
L'Accademia Marcelliana aveva sede proprio nella già citata commenda di San Giovanni del Tempio
dopo il passaggio dei beni dei Templari ai Giovanniti, meglio noti in seguito come Cavalieri di Malta. I
Marcello come i Costanzo diedero due Grandi Priori all'Ordine di Malta di Venezia e sempre un
Marcello, Gerolamo, coetaneo ed amico del Giorgione, nel suo studiolo custodiva una delle più belle
opere del Maestro: la Venere Dormiente ora conservata a Dresda. Una terza opera di Giorgione si presta
alla mia disamina: si tratta del discusso Omaggio ad un poeta, ora custodito alla National Gallery di
Londra. La critica è oggi abbastanza concorde nel ritenerla opera del Maestro veneto. Il soggetto
rappresentato è alquanto enigmatico e controverso: già il John nel suo Dante Templare aveva ipotizzato
trattarsi dell'Alighieri all'età di nove anni (epoca della sua iniziazione alla Fede Santa) mentre si reca
assieme ad un intercessore (a mio parere Guido Cavalcanti) a porgere omaggio al comune maestro
Brunetto Latini. Se osserviamo attentamente, quest'ultimo, con il capo "laureato", tiene sotto la gamba
destra due libri: uno grosso ed uno piccolo (potrebbero essere l'enciclopedico Tresor e l'incompiuto
Tesoretto). La belva posta in primo piano sembrerebbe essere la lonza della lussuria (dalla pelle
maculata) dell'Inferno Dantesco; il personaggio che accompagna lo strano incontro al suono del liuto si
presterebbe bene per essere l'autoritratto idealizzato di un Giorgione molto abile nell'usare tale
strumento. Ma il particolare che più mi ha intrigato è la poco leggibile figuretta scura posta in alto
all'interno della caverna. Guardandola attentamente sembrerebbe avere le fattezze dell'immagine
stereotipata che noi abbiamo di Dante Alighieri. Il sommo poeta, quindi, pare intento a guardare in una
sorta di flash back della propria vita il momento della sua iniziazione a fregnaire dei Fedeli d'Amore.
Dante sembra osservare la scena in modo alquanto perplesso: forse un allusivo riferimento dell'aver
posto Brunetto Latini tra i sodomiti dell'Inferno.

GIORGIONE E IL MISTERO DI RENNES LE CHATEAU

Questo accostamento potrebbe forse apparire azzardato, ma, nell'ottica di quella che io amo definire
come "Connessione Veneta", della quale ho già scritto in altra sede, è possibile collegare il grande
pittore al misterioso intrigo innescato dal curato francese Bérenger Saunière sul finire del 1800. Innanzi
tutto debbo evidenziare l'innegabile influenza che La Tempesta esercitò sul Poussin nell'esecuzione dei
due quadri sul tema dei Pastori d'Arcadia, dipinti probabilmente in seguito al soggiorno veneziano del
pittore francese nel 1624. Come non notare le analogie tra la donna che allatta nella Tempesta e la
donna vestita di bianco nella prima versione dell'Arcadia: ambedue presentano il seno destro scoperto e
indicano la gamba e il ginocchio destro per mostrare la corretta esecuzione del "passo" da prendere.
Come non notare la similitudine tra l'uomo col bastone della Tempesta ed il primo pastore che persegue
con l'amico la decifrazione dell'ermetico motto ET IN ARCADIA EGO. Tutto ciò mentre Alfeo fa
correre l'acqua del fiume nelle viscere della terra ai loro piedi, come similmente scorre, dopo essere
stato a lungo sotterraneo, il fiume Sile alla base della Tempesta. Il Poussin dipinse il suo primo quadro
nel 1630 ed il secondo tra il 1638 e il 1640: indubbiamente tra le due tele c'è stata una ponderata
evoluzione del messaggio segreto da lasciare ai posteri. Mentre nel primo dipinto la donna seminuda (la
"Gaja Scienza") incoraggia e istrada verso la giusta direzione la ricerca degli adepti; nel secondo
quadro la Sapienza (paludata come una dea) si congratula con gli astanti per l'avvenuta corretta
decifrazione del messaggio. Infatti, è in tale tela che il pastore con il ginocchio e la gamba destra
piegata in avanti, indica la lettera per alludere ad un preciso riferimento (forse topografico), mentre il
pastore in piedi segnala una fessura dell'arca che sembra alludere ad un'asse verticale. L'alfabeto runico
è l'unico che ci permette di indicare con una sola lettera, in questo caso la R, una precisa parola, in
questo caso RAIDA (carro): sicuro riferimento a RHEDAE, derivante dal latino-gallico REDAE, che
indica i carri a quattro ruote.
Infatti l'antico nome di Rennes le Chateau era RHEDAE (la città dei carri); essa è rappresentata in
lontananza, sullo sfondo del secondo dipinto del Poussin. Anche Giorgione aveva forse in mente questa
località, nota da secoli presso gli iniziati, collocandola "sotto il velame" del carro a quattro ruote dello
stemma dei Da Carrara, posto al di là del ponte di legno della Tempesta. Ma il motivo iconografico che
più mi ha sbalordito nel compito di accostare il Giorgione a Rennes le Chateau è dato dall'identica
postura tenuta dalla donna che allatta e dal diavolo Asmodeo, posto all'ingresso della misteriosa chiesa
francese. Bérenger Saunière fece scolpire questa statua, insieme a tutte le altre bizzarre opere
conservate nella sua chiesa, dallo scultore massone Giscard di Tolosa, seguendo delle precise
indicazioni dottrinali.
Il diavolo sembrerebbe quasi intento, in modo assai contorto, ad abbassarsi (o ad alzarsi?) per
raggiungere la posizione seduta della donna del Giorgione. Paragonando attentamente i due personaggi
in questione si possono cogliere in loro almeno sei atteggiamenti posturali uguali: francamente troppi
per parlare di mera coincidenza. Nell'ordine si possono osservare:
1) La testa e lo sguardo ad occhi sgranati rivolti a sinistra (ma anche il lenzuolo buttato a mo' di
mantellina sulle spalle della donna nuda ricorda le ali da pipistrello di Asmodeo).
2) Il braccio con la mano destra socchiusa a toccare il bimbo (nella donna) o a ghermire forse un
bastone (nel diavolo).
3) Il petto destro scoperto presente in tutti e due i personaggi.
4) La gamba destra piegata ed alzata in ambedue i soggetti.
5) La gamba sinistra completamente flessa da entrambi.
6) Il braccio sinistro piegato con le cinque dita poste a toccare la coscia e il ginocchio destro da
parte dei due personaggi.
Ed è soprattutto quest'ultimo movimento che mi sembra il più peculiare ed indicativo di un segnale in
codice o "segno di passo".
Forse chi compie un tale gesto vuole riferire cripticamente un messaggio di valenza gnostica: la
sapienza, con la mediazione dell'esperienza dei cinque sensi, fa compiere all'adepto il giusto passo in
avanti (eseguito quindi con la gamba destra).
Un ultimo motivo che si presta ad accostare Giorgione al mistero di Rennes le Chateau è dato dal
simbolo della testa mozza (caput): per l'artista veneto vera e propria ossessione pittorica. Infatti,
numerosi sono i suoi dipinti raffiguranti episodi biblici quali: Giuditta con la testa decapitata di
Oloferne o David con la testa di Golia. Nell'autoritratto a mo' di David, Giorgione dai lunghi capelli,
tiene con la mano la testa di Golia, ma ciò che balza subito all'occhio è dato dall'incongruenza del fatto
che il capo reciso sia troppo piccolo per essere quello di un gigante. Secondo alcuni critici d'arte il
pittore usò questo accorgimento per evidenziare, immodestamente, la propria grandezza e complessione
fisica, ma questa sembra essere una spiegazione troppo sbrigativa e banale. In realtà quella testa
potrebbe essere il capo mozzato di San Giovanni Battista, protettore dei Templari e dei Cavalieri di
Malta, collocata da Giorgione nel suo quadro per sottolineare alcune implicazioni esoteriche. Il
messaggio celato nell'autoritratto potrebbe essere sibillino e sconcertante: "Io so qual'è il segreto della
stirpe davidica dei Reges Criniti...; il segreto di Sansone dei Nazirei e di Cristo...; il segreto del sangue
trasmesso dai re Merovingi...;
Io so qual'è stato il vero ruolo del Battista agli albori del Cristianesimo...".

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