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Leggende e simboli

DAT ROSA MEL .APIBUS.


di Marcuzio Isauro

Il simbolismo ermetico dell'ape dall'antico Egitto ad Israele, dai Merovingi ai Templari, dai
Rosacroce a Napoleone.

DALL'ANTICO EGITTO AD ISRAELE

Secondo una tradizione antica, nel tempo decaduta, le api nascono dal bue (API): "Apum ex Api, seu
bovi certa generatio" o "Ex Api qui est bos ortae sunt apes".
Anche Ovidio nelle sue Metamorfosi (XV 364-366) spiega come da corpi in decomposizione possano
generarsi questi insetti:
"Ecco scegliete una fossa, immolatevi dei tori e copriteli di terra; per un fenomeno attestato
dall'esperienza, dalle loro carni in putrefazione nascono qua e là delle api che vanno a suggere il
nettare dei fiori".
Secondo l'egittologo Alexandre Moret nei sacri Misteri di Iside esisteva il rito di "provocare la
formazione spontanea delle api nella pelle di un toro sacrificato per vederne l'emblema della
resurrezione simbolizzato dal volo del giovane sciame": questa praticamente era una prefigurazione
della resurrezione cristiana dell'anima dopo la morte.
Pure il grande poeta iniziato Virgilio ha narrato nelle sue Georgiche le modalità di questo culto antico
e le valenze simboliche dell'ape, con prosa rimasta nella storia della letteratura.
Anche etimologicamente questa tradizione può prendere corpo; infatti, le parole APES o APIS-api ed
APIS-bue sono identiche e deriverebbero dalla divinità egizia API, consacrata ad Iside. Devo rilevare
inoltre che alcuni autori come Turnair Aventin avevano associato l'API degli egiziani al vitello d'oro
adorato dagli Ebrei durante l'esodo, attestando la contaminazione degli Israeliti con questo antico culto
egiziano.
Per gli Ebrei l'ape è associata al linguaggio: il suo nome ADBURE deriva dalla radice ABR, che
significa parola, donde il rapporto stabilito tra l'ape e il verbo.
Simbolo solare di saggezza ed ordine l'ape rappresenta la regalità, il figlio del re, l'iniziato o figlio
della luce, nonché l'anima collegata al divino.
Tornando all'adorazione del vitello d'oro citato dall'Esodo, segnalo che Baigent, Leigh e Lincoln nel
loro "The Holy Blood and the Holy Grail" ipotizzano che questo fosse un rito peculiare della tribù di
Beniamino da cui discesero David e Gesù Cristo.
E' altresì interessante rilevare come uno dei quadri più belli e famosi di Nicolas Poussin sia stato
dedicato proprio a questa biblica vicenda.
Sempre secondo i sopraccitati autori la tribù Beniaminita in diaspora migrò in parte nella regione greca
dell'Arcadia, da cui ebbero origine i Sicambri e quindi i Merovingi (i Re depositari del "Sangue Reale"
di Cristo).
Anche il prodotto delle api, il miele, è stato ricordato dalla mitologia e nei testi sacri per i suoi
significati simbolici: da questa sostanza si ricavava l'ambrosia che conferiva alle divinità eterna
giovinezza ed immortalità e serviva per potersi affrancare dai limiti di una condizione comune,
rendendo quindi l'ape simbolo d'iniziazione per eccellenza.
Zeus da piccolo fu nutrito con il latte della capra Amaltea e con il miele dell'ape regina Melissa;
S.Giovanni Battista, durante le sue lunghe permanenze nel deserto, si nutriva unicamente di locuste e
miele.
Un bel quadro del Guercino mostra Sansone dai lunghi capelli mentre porge ai genitori dei favi pieni di
miele. Suggestivamente questo quadro fu commissionato dal casato dei Barberini che dettero a Roma il
papa Urbano VIII, il cui stemma presentava tre api d'oro in campo azzurro. Baigent, Leigh e Lincoln
suggeriscono che Sansone fosse un nazireo così come Giovanni Battista e Gesù Cristo e
conseguentemente come i Merovingi (i Reges Criniti).
Da qui l'usanza di non tagliarsi mai i capelli, pena la perdita dei miracolosi poteri taumaturgici.
Narra la Bibbia che Sansone trasse quel miele dalle api annidatesi nella carcassa del leone da lui ucciso
e squartato con le nude mani, nelle vigne di Tamna. In seguito egli propose ai commensali del suo
banchetto nuziale il seguente indovinello: "Dal divoratore è uscito il cibo e dal forte è uscita la
dolcezza".
Gli invitati gli estorsero la soluzione con l'aiuto della sua promessa sposa e risposero: "Che cosa è più
dolce del miele, che cosa è più forte del leone? "; Sansone indispettito sbottò loro: "Se non aveste arato
con la mia giovenca non avreste risolto il mio enigma".
Altro enigmatico quadro commissionato dal cardinale Antonio Barberini al Guercino fu i "Pastori
d'Arcadia", che influenzò i due celebri del dipinti del Poussin sullo stesso tema. In questo quadro sopra
il teschio appare simbolicamente posata un'ape mentre un topo si appresta a rodere le ossa della
mandibola del cranio.

DAI MEROVINGI AI TEMPLARI

Il 27 Maggio 1653 un colpo di piccone portò fortunosamente alla luce uno dei più bei tesori che
l'epoca altomedievale abbia prodotto. Si trattava della tomba del re Merovingio Childerico con un
corredo funerario di tutto rispetto: una spada, anelli d'oro e d'argento, fibule d'oro, una sfera di puro
cristallo, una testa di bue d'oro e più di trecento piccole api altrettanto d'oro massiccio.
L'arciduca Leopoldo Guglielmo d'Austria, governatore dei Paesi Bassi e quindi della zona del
rinvenimento del tesoro, incaricò il suo medico Jean Jacques Chiflet di descrivere il ritrovamento in
una pubblicazione che uscì nel 1655 ad Anversa sotto il titolo di "Anastasis Childerici". Molti anni
dopo gran parte di questo prezioso tesoro fu restituito alla Francia, ma sembra che Leopoldo
Guglielmo d'Asburgo (che era anche Gran Maestro dell'Ordine Teutonico) abbia tenuto per sé
ventisette api: coincidenza vuole che ventisette erano pure le "commanderies" del presunto Priorato di
Sion. E' suggestivo pensare che ad ogni "commanderie" fosse data come simbolo sacro di
riconoscimento un'ape d'oro del tesoro dei Merovingi.
Il dott. Chiflet nel suo studio prese in esame anche l'enigmatica testa di toro ritrovata assieme alle api.
La testa presentava una cavità dove probabilmente veniva versato il vino per le sacre libagioni; un sole
con i raggi disposti in senso antiorario faceva mostra di sé a mo' di rosone, tra gli occhi del simbolico
animale. Questo sole, insieme al crescente lunare disegnato dalle corna del toro, poteva rappresentare il
simulacro di un culto egiziano ad Osiride, Iside ed Api. La testa del toro veniva posta dal re
Merovingio sulla fronte del proprio cavallo, come si può evincere da alcuni crini d'animale ritrovati
impigliati nel gioiello.
Lo stesso Chiflet si è poi cimentato nell'analisi della possibile trasformazione del simbolo dell'ape nel
simbolo del "Fleur de Lys" o giglio di Francia, che da sempre ha rappresentato araldicamente il Re dei
Francesi.
Infatti, la "Leggenda del Fleur de Lys" illustra l'origine divina di questo blasone composto da tre gigli
di Francia d'oro in campo azzurro, affidato da Clotilde a suo marito, il re Merovingio Clodoveo I. Da
allora questa insegna araldica sarebbe passata ai Carolingi e quindi ai Capetingi ed ai Valois.
In Spagna, nella provincia di Madrid, il paese di Santorcaz possiede i resti di un antico castello
attribuito ai Templari, affiancati ad una chiesa ricostruita sulle rovine di un'antica cappella dell'Ordine
cavalleresco.
Una leggenda locale vuole che i Cavalieri, mentre tagliavano gli alberi per le loro opere di
edificazione, s'imbattessero nell'immagine di una Madonna avvolta da uno sciame d'api, posta entro la
cavità di un tronco: da allora la sacra icona venne chiamata "Nostra Signora delle api".
I Templari, in seguito, avviarono una proficua attività di apicoltura che portò a tutta la regione un
considerevole tasso di benessere.
I due più importanti studiosi delle tradizioni dell'Ordine del Tempio in Spagna (Juan G. Atienza e
Rafael Alarcon H.) hanno approfondito indipendentemente l'analisi di questo insediamento con le
relative leggende ed i simbolismi collegati.
Quello che sembra essere il luogo più suggestivo della chiesa di Santorcaz è una strana abside
quadrata, trasformata in cappella, il cui ingresso segreto è nascosto nella struttura a "retablo" dell'altare
maggiore.
All'interno di questa cappella sono state ricavate sulle pareti delle nicchie, probabilmente usate per
contenere delle reliquie e degli oggetti sacri: nel tempo le api sembrano aver trasformato la struttura in
un gigantesco alveare. Una delle nicchie, secondo la tradizione, era adibita alla conservazione del
reliquiario a forma di testa barbuta appartenuta a San Torquato (da cui San Torcaz), primo vescovo di
Guadiz: questo oggetto ricorda suggestivamente la presenza di un culto a Baphomet.
Sulle pareti dell'abside quadrata sono inoltre evidenziabili delle pitture che rappresentano delle api
stilizzate, interposte a stelle di David ed inserite all'interno di poligoni esagonali irregolari, che
ricordano molto le cellette degli alveari. E' suggestivo l'accostamento dell'ape con il "Magen David"
che rimanda obbligatoriamente il ricordo alle api d'oro dei Merovingi ed alla probabile origine di
questi ultimi dalla stirpe Davidica e quindi da Gesù Cristo.
Rammento inoltre che anche lo stemma di Rennes le Chateau presenta il simbolo araldico della Stella
di David.
Ma le api furono considerate molto importanti anche dal gran patrocinatore dei Templari: San
Bernardo, il cosiddetto "Doctor Mellifluus". Infatti, così egli afferma: "Le api sono un'immagine delle
anime perché sanno e possono alzarsi sulle ali della contemplazione; esse si separano, per così dire, dal
loro corpo come l'operoso insetto lascia la sua arnia per volare nel giardino delle celesti voluttà.
Là esse trovano tutti i loro fiori riuniti come nel più ricco dei tesori e ne gustano le preziose delizie:
questo giardino è il Paradiso".
San Bernardo considerava l'ape anche come valida alternativa del simbolo della colomba, quale
rappresentazione dello Spirito Santo capace di trasmettere la divina ispirazione.

DAI ROSACROCE A NAPOLEONE

Il medico ed alchimista inglese Robert Fludd, secondo i documenti del Priorato, fu Gran Maestro
dell'Ordine di Sion per un lungo periodo (dal 1595 al 1637). Fludd fu istitutore di Carlo, duca di Guisa,
che con la casa di Lorena fece il tentativo più importante per riportare sul trono di Francia un
esponente del "Sang Real": purtroppo questo sforzo, noto agli storici come il "movimento della
Fronda", fu destinato al fallimento.
Robert Fludd è stato anche uno strenuo difensore del nascente movimento dei Rosacroce, tanto che,
secondo alcuni autori, ne è stato anche un autorevole rappresentante; anzi, secondo A.E. Waite, egli fu
forse il responsabile dell'introduzione della corrente rosacrociana nella massoneria. Tra le su molte
pubblicazioni, un libro di Fludd in particolare ha attirato la mia attenzione, a causa del suo misterioso
frontespizio.
Si tratta del "Clavis philosophiae et alchimiae Fluddianae" stampato nel 1633 a Francoforte, recante
la più enigmatica delle illustrazioni simboliche sulla Rosacroce. L'immagine è rappresentata da una
rosa dischiusa con il gambo a forma di croce; due api le ronzano intorno, nel tentativo di suggerne il
nettare; in lontananza si possono notare due arnie e due ragnatele con ragni.
Mi viene qui alla mente la frase "caste bevitrici di rugiada" coniata da Victor Hugo (altro presunto
Gran Maestro del Priorato di Sion) nella sua opera "Le Api".
Al di sopra di questa raffigurazione è posto a semicerchio il motto DAT ROSA MEL.APIBUS. (Dà la
rosa il miele alle api) con la particolarità dei due puntini collocati all'inizio ed alla fine della
parola .APIBUS. che presenta pure la S più discostata dalle altre lettere: probabilmente tali errori di
stampa erano voluti, forse per lanciare criptici messaggi!
Ma che cosa intendeva dire Robert Fludd con questa frase? E' ipotizzabile che egli volesse comunicare
l'annuncio che il movimento rosacrociano avesse tutto l'interesse per "alimentare" le "Api Merovingie"
con la relativa restaurazione del legittimo potere del "Sangue Reale". Questa naturalmente è soltanto
un'ipotesi, ma può essere suffragata dal fatto che il presunto successore di Fludd, quale Gran Maestro
del Priorato di Sion, fu Johan Valentin Andreae, autore dei "Manifesti Rosacroce".
Come ho riferito in un precedente articolo, anche Napoleone sembra non essere stato estraneo alla
restaurazione della legittima discendenza Merovingia sul trono di Francia.
Naturalmente questo tentativo doveva necessariamente avere lui stesso come perno attorno al quale
tutto potesse ruotare: infatti, sposò due nobili donne nelle quali scorreva il "Sang Real".
Anche Napoleone ebbe in grande considerazione il simbolismo dell'ape: prima di tutto fece cucire le
api d'oro del tesoro di Childerico sul lungo manto usato durante l'incoronazione ad imperatore.
Nella sua villa all'isola d'Elba l'imperatore in esilio volle effigiare sui muri tre api affiancate,
ufficialmente per indicare l'operosità delle tre Marinerie Elbane.
Come riferisce il grande Jurgis Baltrasautis nel suo "La ricerca di Iside", Napoleone Bonaparte fece
disegnare il nuovo stemma di Parigi, apportandone personalmente alcune importanti modifiche.
Al posto dei tre "Fleurs de Lys" d'oro fece apporre tre equipollenti e suggestive api d'oro e fece
mettere, assisa sulla prua della nave fendente i flutti, la statua di Iside.
Tutto ciò a ricordo del primigenio tempio dedicato a questa divinità egizia, posto nelle vicinanze del
primitivo insediamento di Parigi
(Par-Isis). Anzi, in uno straordinario sincretismo iconografico, Napoleone volle ricordare forse la
venuta di Maria Maddalena-Iside in terra di Francia mediante un sacro vascello, per portare il frutto
della sua "Regale Discendenza" sotto forma delle api dorate che sarebbero poi diventate il simbolo dei
Merovingi.

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