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Leggende e simboli

Le croci degli Ordini monastico-militari

Una breve indagine sulle tipologie più comuni presso i Templari e altri Ordini medievali

di Nicola Pezzella

Quando si parla dei Templari e di altri Ordini nati nel periodo delle Crociate si parla spesso di
simboli esclusivi, come ad esempio particolari tipi di croci adottate nei sigilli, negli stemmi o nelle
decorazioni delle chiese. Se è pur vero che in questo periodo la croce latina o greca si evolve fino ad
assumere varie forme e che queste si ritrovano in questi Ordini, non sempre guardando un
particolare tipo di croce si può automaticamente associarla ad uno preciso. Nessuna regola ha mai
stabilito che una croce biforcata, patente o altro dovesse essere adottata solo da un particolare
Ordine e solamente la consuetudine fece che si preferì una tipologia ad un’altra senza che questa ne
diventasse patrimonio esclusivo. Vediamo di distinguere alcune forme tipiche di croci adottate nel
corso dei secoli dai principali Ordini monastico-cavallereschi.

La croce latina e la croce greca

Sono le due tipologie più semplici; la croce greca ha le quattro braccia di eguale lunghezza mentre
quella latina ha le braccia orizzontali più corte di quelle verticali. Entrambi si ritrovano un po’
dappertutto nelle chiese medievali, negli stemmi e nelle insegne di ordini religiosi. Contrariamente
a quello che spesso si ritiene l’esperienza sul campo dimostra come semplici croci con le braccia
diritte furono usate dagli Ordini monastico-militari come quello dei Templari ad ornare lapidi ed
insegne, almeno per quanto riguarda il primo periodo di storia dell’Ordine. Nel corso del secolo
XIII e XIV le croci di molti ordini monastici assumono forme più elaborate come quella patente e
quella ficheè.

La croce patente

Si definisce così la croce con le braccia che si allargano dal centro verso l’esterno. Negli architravi
delle chiese romaniche, nei capitelli, lapidi, ecc. è la croce che si ritrova con maggiore frequenza. In
diverse pubblicazioni si riscontra che la croce patente viene assegnata all’Ordine dei Templari
(specie quando è di colore rosso), senza un preciso riscontro documentario né tantomeno basato su
dati statistici. Infatti, se qualche volta troviamo la croce patente presso edifici appartenuti ai
Templari questa si ritrova anche in tanti altri edifici dello stesso periodo senza che questi debbano
essere ricondotti agli stessi monaci del Tempio. Si può affermare invece che la croce patente, di
colore nero, è emblema dell’Ordine Teutonico.

La croce ficheè

Spesso la croce patente ha nell’estremità inferiore un pedicello a forma di stiletto o di pugnale e


allora si definisce croce patente ficheé. Si tratta di una croce che nel Medioevo fu usata dagli ordini
militari come appunto quello dei Templari: chi scrive ritiene che tra tutte le varie forme di croci sia
proprio quella più usata dall’Ordine del Tempio e vari esempi lo testimoniano: ad esempio si vede
ripetutamente effigiata negli affreschi, in Italia, di Tempio d’Ormelle (TV) e in varie lapidi in
chiese francesi, spagnole ed italiane

La croce biforcata o ad otto punte


Si ritrova con maggior frequenza dal XIII-XIV secolo ed è un’evoluzione della patente: le estremità
della croce si incidono e si divaricano, dando luogo alla croce biforcata.
Quando le punte sono ad angolo acuto, si ha la tipica croce detta di Malta o ad otto punte, che Dante
definì “… la rosa dei venti Amalfitana già fatta croce irsuta d’otto punte”. In effetti è la croce che fu
adottata dall’Ordine ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme (detto poi di Rodi e di Malta), ma
anche da altri ordini come quello di San Lazzaro (verde), Santo Stefano (rossa). Nell’ultimo periodo
di vita anche l’Ordine i Templari la adottò qualche volta.
Per quanto riguarda la simbologia di questa croce le otto punte hanno un chiaro significato di
resurrezione (si pensi agli edifici di pianta ottagonale, come i battisteri e gli ossari) e stanno anche
ad indicare le otto beatitudini evangeliche.

La croce a Tau

Così chiamata dalla lettera greca Tau, è un segno antichissimo e sacro citato anche dal profeta
Ezechiele (9,4) come segno di Dio e in Apocalisse (7,2). Ai bastoni dei monaci fu data la forma di
un Tau così che il Tau divenne l’emblema dell’anacoreta S. Antonio e il segno dei monaci
dell’Ordine ospitaliero di S. Antonio di Vienne

La croce birostrata, falcata, ancorata

Una variante della croce ottagona è la birostrata, dove le punte si divaricano maggiormente e si
ripiegano, formando quasi dei rostri; altre volte si arrotondano e si attorcigliano su se stesse,
formando una croce assai comune in Francia e detta recercelée o accerchiellata; talvolta le punte
divaricate divengono teste di serpenti, e allora la croce si chiama gringolée, o serpentifera. In Italia
la croce birostrata, detta anche di S. Marino, è assunta ad insegna dell’omonimo Ordine equestre
della Repubblica Sanmarinese.
Per quanto riguarda la simbologia si ritiene che le due punte divaricate simboleggino le due nature
del Cristo, quella umana e quella divina.
La croce falcata termina con una falce o una mezzaluna (crescente) con le punte volte verso
l’esterno, simboleggiando la vittoria sopra il simbolo dei Turchi o una allegoria astronomica
ricordante le quattro fasi lunari.
La croce ancorata termina invece con tre punte, quella di mezzo diritta, le due laterali ripiegate in
modo da formare appunto una specie di ancora; dovrebbe simboleggiare l’“ancora di salvezza
eterna”, simbolo molto diffuso nei primi secoli del cristianesimo. Questo tipo di croce si vede per la
prima volta effigiata nelle monete di Dagoberto.

La croce doppia o patriarcale

E così chiamata perché originariamente costituiva l’emblema dei Patriarchi delle Chiese cattoliche
di rito orientale; fu anche detta ortodossa perché adottata dal Clero ortodosso, ma anche
d’Ungheria, di Lorena, di S. Spirito.
Nacque probabilmente dall’opportunità di distinguere i Vescovi, che portano la croce semplice, dai
Patriarchi ed Arcivescovi, che aggiunsero una seconda trave orizzontale.
Le braccia superiori della croce doppia possono essere più o meno lunghe di quelle inferiori.
Sembra che questo tipi di croce fosse la prima adottata dall’Ordine del Tempio, che, per qualche
anno, la volle cucita nei bianchi mantelli sulla spalla sinistra; fu usata da altri Ordini quali l’Ordine
del Santo Sepolcro e soprattutto dall’Ordine ospitaliero di Santo Spirito; nel corso dei secoli subì
un’evoluzione analoga a quella della croce d’altri Ordini medievali: dalla forma piana passò alla
patente, che a sua volta si trasformò gradualmente nella biforcata. Qualche volta il braccio inferiore
ebbe forma birostrata tale da confondersi in una mezzaluna, cosicché qualcuno credette di
ravvisarvi la croce piantata sullo stemma dei Turchi, allegoria del trionfo del Cristianesimo

La croce gigliata e la fiordalisata

Le braccia di questa croce terminano con quattro gigli araldici, che assumono diversi modelli: giglio
fiorentino, fiordaliso francese, ecc.; una delle più usate è la croce gigliata dell’Ordine Costantiniano
di San Giorgio.
Un po’ modificata appare anche nello stemma di vari Ordini religiosi, in particolare quello dei
Domenicani e di vari Ordini di cavalleria; la croce doppia gigliata fu usata nel Medioevo anche dai
Canonici del S. Sepolcro: simbolicamente, il giglio, simbolo di purezza e innocenza, ricorderebbe il
voto pronunciato dai cavalieri e militi professi che si dedicavano alla difesa della Palestina.
In Francia è più usata la croce fiordalisata, che con alcune varianti si ritrova in Spagna e in
Portogallo, come ad esempio nell’Ordine di Alcantara. Simile è anche la croce gigliata di Avis o dei
cavalieri di S. Benedetto d’Avis nel Portogallo, risalente al XII secolo. Caratteristica è la croce
spagnola dell’Ordine di San Giacomo della Spada (che difendeva i pellegrini di Compostela), con le
due braccia laterali gigliate, il braccio superiore a forma di picca, quello inferiore a forma di
pugnale o di spada.

La croce trilobata o mauriziana

Quando ogni braccio della croce termina con tre lobi uguali si ha la croce trilobata, che secondo
una tradizione simboleggia la Trinità; di colore bianco, fu emblema dell’insegna dell’Ordine
sabaudo di San Maurizio.

La croce cosmica

La croce inserita in un cerchio viene spesso definita cosmica perché le braccia, rappresentanti i
quattro punti cardinali vanno a toccare, simbolicamente, le estremità della volta celeste. Quanto la
croce all’interno è di tipo patente è speculare al simbolo della croce celtica. Fu usato sicuramente,
nell’arte romanica, da alcuni Ordini quali ad esempio quello dei Giovanniti o Ospedalieri. Un
esempio in Italia si vede sull’architrave della chiesa di Francesco, già di S. Giovanni, a S.
Gimignano (SI), dove la croce inserita nel cerchio è anche biforcata

Dopo il Medioevo si assiste a sempre maggiori diversificazioni e ad ulteriori evoluzioni delle


tipologie della croce e i nuovi ordini cavallereschi, molti soltanto di tipo onorifico, si sbizzarrirono
per complicare ancor più la forma dell’antico simbolo cristiano. Chiudiamo questo nostro excursus
chiedendo ai lettori di segnalarci la presenza di altre croci presso luoghi di culto sicuramente
templari così da arricchire le nostre informazioni in merito, ribadendo che non è la croce a fare
“templare” un edificio se non vi sono documenti che attestino eventuali ipotesi.

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