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III-IV sec. La crisi del naturalismo nell’arte tardoantica e paleocristiana
Nel III sec. l’impero romano ha diversi problemi dovuti all’ampiezza ed ai problemi finanziari causati dalle
spese d’approvvigionamento dei territori, dell’esercito e dell’amministrazione pubblica. Per tutte queste
fragilità l’impero romano subisce diverse sconfitte. Nel 270 d.C. diventa imperatore Aureliano ma le
incertezze e difficoltà continuano fino a raggiungere l’apice negli anni 80 del III sec., quando a diventare
imperatore è Diocleziano. Il nuovo sovrano è un militare che da vita a numerose riforme nell’ambito
dell’amministrazione pubblica, del lavoro e degli organi statali, a tal proposito istituisce l’ordine tetrarchico
dividendo l’impero in quattro parti: una sotto il suo comando e assume il titolo di Augusto (d’Oriente), una
sotto il comando di Massimiano (Augusto d’Occidente), una governata da Costanzo Cloro e l’ultima da
Galerio. Questo ordine prevede che dopo 20 anni gli Augusti (imperatori) abdichino in favore dei due
Cesari (in questo caso Costanzo Cloro e Galerio) che a loro volta devono nominare altri due Cesari che
possano sostituirli. Roma progressivamente comincia a perdere il suo primato perché nel 287 d.C.
l’Augusto di Occidente sposta la capitale da Roma a Milano. Nel 305 d.C. Diocleziano si ritira nel palazzo
di Spalato e insieme a Massimiano abdicano ma il sistema tetrarchico subisce un intoppo per la morte
ravvicinata dei due nuovi Augusti nel 306 d.C. e 307 d.C., a questo punto scoppia una scontro fra i figli di
augusti e cesari, Massenzio, figlio di Massimiano, si autoproclama imperatore, e governerà fino al 312 d.C.
quando Costantino, figlio di Costanzo Cloro, lo sconfiggerà durante la battaglia di ponte Milvio. Nel 313
d.C. il vittorioso Costantino tramite l’Editto di Milano, concede la libertà di culto ai cristiani. Nel 324 d.C.
Costantino diventa l’unico imperatore dell’impero romano e sceglie Bisanzio (Costantinopoli) come
capitale dove rimarrà fino alla sua morte nel 338 d.C. Tra il 379 e il 395 d.C. Teodosio I è imperatore, nel
380 d.C. emana l’editto di Tessalonica per cui il cristianesimo diventa religione di stato, tra il 388 e il 391
d.C. risiederà a Milano ed alla sua morte l’impero viene diviso tra i due figli: Onorio in Occidente e
Arcadio in Oriente. Opere del III-IV sec.
L’arte ufficiale tardo-antica (approvata dall’impero) prevede un taglio netto che fa emergere figure e
panneggi tozze e stilizzate, simmetria assoluta, frontalità, tutto risolto su un piano senza uno studio attento
della spazialità, organizzazione gerarchica, scarsa attenzione alle peculiarità, all’individuo ed ai suoi tratti
fisiognomici a favore della monumentalità, spesso le figure ritratte sono imperatori, di conseguenza sono
figure molto grandi con caratteristiche fisiche che ne dimostrano la possanza e la grandezza morale (ad
esempio gli occhi incavati) e che hanno ovviamente valore simbolico e spesso politico, sempre più spesso
l’artista darà un senso di sacralità quando realizza opere raffiguranti gli imperatori che trasmetteranno
devozione e rispetto. Grazie a Costantino abbiamo anche numerosi edifici pubblici come le basiliche
caratterizzate da un’impressionante monumentalità e molti edifici di culto cristiano in quanto con il 313
d.C. i cristiani che finora hanno potuto esercitare la loro religione solo in case private o zone cimiteriali di
nascosto sentono la necessità di luoghi di culto che aumenteranno esponenzialmente dopo il 380 d.C.,
proprio per questo si sviluppano due tipi di architetture che via via subiranno modifiche ed adattamenti: la
prima è di tipo basilicale, cioè un corpo longitudinale a una o più navate divise da colonnati ad arco o
trabeati, facciata a capanna con spioventi con davanti un nartece/atrio che può essere ingrandito da un
quadriportico ospitante i catecumeni (aspettano il battesimo), soffitti a travatura a vista, in asse con
l’ingresso si sviluppano transetto (corpo trasversale che incrociandosi con la navata forma un grande arco
trionfale), presbiterio e abside. Per questo tipo di architettura i cristiani si rivolgono ovviamente ai
costruttori di basiliche romane per questo tra le due ci sono poche differenze, fatta eccezione per la
creazione dell’altare che è recintato da una pergola. La seconda architettura cristiana prevede una pianta
anulare o poligonale (dette piante centrali), questa tipologia in occidente riguarda soprattutto i martira
quindi costruzioni intorno ai luoghi che ospitano i corpi dei martiri assumendo quindi valore cimiteriale o i

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battisteri dove i catecumeni ricevendo il battesimo entrano a far parte della comunità cristiana.
()I Tetrarchi, fine III secolo. Venezia, piazza San Marco, dall’ippodromo di Costantinopoli giunti a
Venezia in seguito ai saccheggi veneziani della quarta crociata nel 1204: vediamo l’abbraccio di Augusti e
Cesari. Nel 1204 durante la IV crociata viene trafugato e portato a Venezia dove viene murato nel fianco
destro della basilica di San Marco. L’opera è realizzata in porfido (marmo introdotto da Costantino) e
rappresenta la linea di stile artistica ufficiale tardo-antica. Le figure compiono un gesto identico ed hanno
delle spade, simbolo dell’essere a difesa dell’impero.
()Arco di Costantino, Roma, 315: la vittoria della battaglia di Ponte Milvio e la sconfitta di Massenzio da
parte di Costantino vengono celebrate dalla costruzione di un arco vicino al Colosseo che sarà l’ultimo
grande arco celebrativo dell’antichità. Costantino commissiona una serie di rilievi, alcune parti sono prese
direttamente da altre opere>
-le otto statue di Daci prigionieri nell’attico di epoca traianea e i due pannelli sui lati minori dell'attico con
scene di battaglia
-gli otto tondi dedicati alla caccia al cinghiale, all’orso e al leone di epoca adrianea
-rilievi centrali dell’attico di epoca aureliana che mettono a fuoco le imprese dell’imperatore Marco
Aurelio che sconfigge i popoli Quadi e Marcomanni del 175
-Di epoca costantiniana invece abbiamo tutta una serie di rilievi che celebrano le sue imprese>
-tondi dei lati corti, il tondo a est raffigura il Sole-Apollo sulla quadriga che emerge dal mare e ad ovest la
Luna-Diana che si immerge con la biga nel mare. Il recupero di rilievi da opere fatte sotto altri imperi è una
scelta precisa, perché si tratta di optimi imperatori, quindi Costantino riutilizzando parti di opere di un
passato florido e ricco e aggiungendo le sue imprese fra la luna e il sole inserisce se stesso in continuità con
gli altri imperatori, all’interno in una visione cosmica dove l’impero è perenne, l’arco di Costantino ha un
messaggio politico forte e chiaro
-Partenza da Milano: la scena si trova sotto il tondo raffigurante la luna
-L’assedio di Verona: Costantino si trova fra due membri dell’esercito nel mentre la Vittoria alata lo
incorona. Vediamo una serie di soldati che si scontrano e le mura assediate della città
-Battaglia sul Ponte Milvio: all’estrema sinistra vediamo il ponte Milvio e una personificazione del fiume
Tevere, nel centro vediamo lo scontro fra esercito costantiniano ed esercito di Massenzio. A destra i
suonatori di tromba richiamano l’esercito vincitore
-Ingresso a Roma: la scena si trova sotto il tondo raffigurante il sole. Vediamo Costantino su un carro e il
suo esercito vittorioso che si snoda davanti a lui
-L’‘Oratio’ di Costantino: Costantino realizza un discorso, davanti ai senatori togati, su un podio tra le
statue di Adriano e Marco Aurelio. La plebe invece ascolta e sente il discorso. La scena si svolge in uno
scenario urbano, molto abbozzato date le caratteristiche dell’arte dell’epoca, dotato di colonne addossate,
paraste… Se confrontiamo questa scena con La caccia al cinghiale e l’oratio di epoca adrianea notiamo
molte differenze, queste due scene più antiche sono dotate di una maggiore attenzione naturalistica,
vediamo un groviglio di corpi, figure in varie posizioni e dettagli di natura che nei rilievi di epoca
costantiniana appaiono solo nelle zone di caccia con qualche arbusto e animale
-La ‘Liberalitas’ di Costantino: raffigura la scena avvenuta il 1° gennaio del 313 d.C. quando Costantino
omaggia con denaro e vari doni il popolo romano, infatti vediamo i funzionari che distribuiscono vari
oggetti alla plebe. E’ evidente l’organizzazione gerarchica, Costantino (di cui è andata perduta la testa) è
seduto e nonostante questo è la figura più grande e monumentale, i suoi funzionari sono più piccoli
dell’imperatore ma più alti di altre figure meno importanti e così via, in ogni caso tutti i personaggi sono
frontali.
Se confrontiamo questo rilievo con la Liberalitas di epoca aureliana notiamo delle differenze, la seconda
infatti vede un’attenzione naturalistica, dei panneggi fittamente

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elaborati, alcune figure frontali ma altre di schiena e in altre posizioni diversificate ()Basilica di Massenzio,
inizio IV secolo, Roma: è una basilica di dimensioni monumentali di cui ci resta solo la navata destra. La
basilica è un edificio pubblico dove ci si occupa di questioni relative all’amministrazione della giustizia,
alla rappresentanza…Secondo il progetto di Massenzio doveva avere un atrio /nartece che permette
l’accesso all’interno tramite il lato corto, 3 navate di cui la centrale più grande e voltata a crociera mentre le
due più piccole voltate a botte. Costantino deciderà di aprire un nartece più ampio sul lato lungo portando
l’abside nella navata destra, essa ha una pianta semicilindrica, è decorata con cassettoni ottagonali, con una
finestra che permette l'ingresso della luce e ospita una scultura di Costantino nei panni di Giove Capitolino
di cui volto, gambe e braccia sono in pietra, mentre il resto in materiali meno costosi e più facilmente
lavorabili, quest’opera è un chiaro esempio di ritrattistica tardo-antica dati gli occhi incavati e la
monumentalità. ()San Giovanni in Laterano, 313 circa, Roma: è una basilica a pianta longitudinale che
arriva a noi dopo i rifacimenti del 1700 e 1800. E’ dotata di cinque navate di cui la centrale e più grande è
divisa dalle altre da colonnati trabeati mentre le laterali sono divise da colonnati con archi, transetto e
cleristorio, cioè la zona tra colonnato e tetto che ospita grandi finestre che permettono l’entrata della luce.
Davanti l’arco trionfale viene realizzato il fastigium cioè uno schermo con colonne d’oro e parti figurate in
argento sbalzato che ha il compito di dividere il presbiterio dai fedeli. Nel tempo si svilupperanno altri tipi
di schermo fra cui tramezzo e iconostasi.
()San Pietro, 313-333, Roma: a Costantino si deve anche la costruzione della prima basilica nel luogo dove
è stato martirizzato san Pietro che poi verrà rifatta tra fine 1400 e 1500. Il primo nucleo della basilica di
San Pietro che viene consacrata nel 338 d.C. è possibile ricostruirlo tramite emergenze archeologiche e
fonti come raffigurazioni e affreschi che ci mostrano la sua somiglianza con San Giovanni in Laterano:
facciata a spioventi con un doppio ordine di grandi finestre ad arco, cinque navate di cui la centrale e più
grande è divisa dalle laterali tramite colonnati trabeati ed illuminata grazie alle ampie finestre che si
sviluppano sulle pareti, mentre le più piccole da colonnati con archi, il transetto e il quadriportico
all’esterno. L’interno è dotato di una pergola che recinta l’altare (sotto al quale è sepolto San Pietro) e di un
catino absidale che ha come decorazione un mosaico di Cristo fra San Pietro e San Paolo
-L’artista fiammingo Jean Fouquet realizza l’opera Leone III incorona Carlo Magno nella basilica di San
Pietro (Grandes Chroniques de France. Parigi, Biblioteca Nazionale) ambientando nella basilica
costantiniana di San Pietro l’incoronazione di Carlo Magno durante la notte di Natale mostrandoci come la
chiesa doveva ancora apparire a metà del 1400.
-L’artista della scuola di Raffaello Giulio Romano e Giovan Francesco Penni e aiuti realizzano la
Donazione di Roma (Roma. Musei Vaticani, stanze vaticane) che raffigura nella vecchia basilica la scena
in cui Costantino avrebbe donato Roma e i territori del Lazio al papato (ovviamente è un avvenimento
storico falso).
()Basilica di Treviri, Germania: Treviri durante il III e IV secolo è una delle capitali dell’impero e
Costantino vi commissiona una basilica (non cristiana), in particolare si tratta di un aula del trono dove
l’imperatore si mostra durante le cerimonie pubbliche. La basilica ha una sola navata con due ordini di
finestre ad arco, che permettono l’entrata della luce, che continuano nell’abside. All’esterno vediamo
grandi paraste che inquadrano le finestre, il tutto è realizzato in laterizio.
()Mausoleo di Costanza, 350 circa. Roma: Costantino fa costruire il mausoleo per sua figlia Costanza a
pianta centrale. Si accede all’interno tramite un nartece ed è presente una galleria anulare decorata a
mosaico e voltata a botte, questo ambiente circolare è separato da quello centrale coperto da una cupola
tramite colonne che sostengono un architrave su cui si impostano degli archi. La galleria anulare è decorata
con motivi geometrici e scene di vendemmia che sono in dialogo con le parti figurate del sarcofago

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dell’ambiente centrale. Esso infatti ospita il sarcofago di Costanza in porfido che sempre di più connoterà il
potere imperiale. Il sarcofago è a quattro falde, dotate di un festone sorretto da una serie di figure ed una
serie di eroti e putti che vendemmiano tra tralci di vite e acanto. Il sarcofago è realizzato secondo lo stile
dell’arte ufficiale: corpi tozzi, taglio netto e stilizzato, naturalismo quasi assente, spazialità non studiata per
cui tutto è risolto su un piano. L’aspetto peculiare di questo periodo risiede nel fatto che per quanto si tratti
di un luogo cristiano le decorazioni riguardano temi pagani perché il cristianesimo è accettato da poco e
quindi manca di un apparato iconografico.
()Sarcofago di Elena, madre di Costantino, 320 circa. Roma, Musei vaticani: Elena è la madre di
Costantino ed il suo sarcofago in porfido precede quello della figlia. E’ dotato di quattro falde e decorato
tramite figure (forse vittorie) che sorreggono i grandi festoni.
Rispetto al sarcofago di Costanza notiamo un più sottile e sapiente senso del rilievo e dello spazio che
emerge dai cavalieri romani che bastonano i barbari sconfiggendoli. Inoltre il dato naturalistico è più
evidente, abbiamo la divisione in due piani per cui i cavalieri sono dietro rispetto ai barbari, i panneggi
evidenziano le anatomie e i corpi sono meno stilizzati. Questo fa emergere che accanto all’arte ufficiale
esiste anche un filone naturalistico e classicista che predilige forme meno stilizzate e tozze.
()Sarcofago “dogmatico”, 320-330 circa. Roma, Museo Pio Cristiano: rappresenta le richieste di molti
cristiani riguardanti la costruzione di sarcofagi con messaggi e scene presi dalla Bibbia. Ovviamente a
quelle altezze cronologiche non esiste un apparato iconografico specifico e fissato perché ancora non si
sono tenuti i dibattiti teologici, per questo motivo gli artisti sono più liberi.
Al centro del sarcofago, nel clipeo, c’è la coppia di defunti, in due ordini trovano posto scene dell’antico e
nuovo testamento e si sottolineano non solo l’aspetto umano ma anche quello divino, soprattutto nella
figura di Cristo (che è stata fortemente contestata dal vescovo Ario facente parte di un’eresia condannata
nel concilio di Nicea del 325 d.C.) perché c’è un’allusione profonda alla Trinità, cioè al fatto che Cristo è
con il padre stessa sostanza da sempre. Lo si capisce perché nella scena di sinistra del registro superiore,
Dio fa nascere Eva tra due figure (3 figure: Trinità) e nella scena di destra del registro superiore Cristo,
senza barba quindi all’occidentale, è nel mezzo ad Adamo ed Eva.
Stilisticamente le figure mostrano una predilezione per una organizzazione attenta e simmetrica pur tuttavia
animata in varie scene in cui il dettaglio naturalistico fa da padrone, comunque l’opera dialoga anche con
l’arte ufficiale romana data la pienezza e poderosità della figure.
()Sarcofago del Buon Pastore, metà IV secolo. Roma, Musei Vaticani: come il Sarcofago dogmatico è un
esempio di come gli artisti all’epoca nel realizzare opere cristiane avessero più libertà e di come simboli o
figure pagane assumessero significati cristiani. Infatti al centro abbiamo un pastore crioforo, ossia la figura
di un pastore con un bastone e un ovino sulle spalle, che nella tradizione cristiana diventa allusione al
Cristo che nel passo del Vangelo di Giovanni dice: “Io sono il buon pastore”. Dietro al buon pastore c’è un
groviglio di putti, geni e vittorie alate pronti e vendemmiare che ci ricordano il sarcofago di Costanza.
()Sarcofago di Giunio Basso, 359. Roma, Grotte Vaticane: Giunio Basso era il prefetto Urbis di Roma,
quindi una figura centrale. Nel 359 muore e nel suo sarcofago, all’interno di nicchie spartite da arcate,
frontoni e trabeazione continua che poggiano su colonne tortili o abitate, trovano posto scene dell’antico e
del nuovo testamento. Al centro troviamo Paolo, Pietro e Cristo che schiaccia una figura simbolo del male,
quindi trionfa sulla terra. Se confrontiamo questi rilievi con quelli dell’Arco di Costantino vediamo come il
sarcofago di Giunio Basso abbia una sensibilità diversa, sicuramente vediamo una pienezza plastica e
poderosità assoluta, ma le figure si articolano con maggior agio nello spazio e il dettaglio naturalistico è
evidente, ad esempio nella scena del Sacrificio di Isacco sembrano emergere dal fondo delle palme. Nei lati
corti vediamo l’immancabile repertorio pagano

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composto da geni, vittorie alate e putti. Questo sarcofago rappresenta un filone classicista che trova il suo
punto di forza nelle elite romane del IV sec. e che si differenzia dal più semplice linguaggio ufficiale
()Basilica di Giunio Basso sull’Esquilino: la basilica di Giunio Basso sull’Esquilino utilizzata per feste
private la conosciamo grazie ai disegni dell’architetto Giuliano Sangallo del XV sec… Le pareti della
basilica erano rivestite da opus sectile, cioè l’intarsio di marmi pregiati, in particolare una zoccolatura di
marmi geometrici sopra la quale correvano archetti prensili e grandi finestre ad arco tra le quali vi erano
cortine figurate.
Le cortine Ila e le Ninfe, fregio egizio, scena di circo e tigri (con i due animali che con veemenza
azzannano i due tori) presentano una grande attenzione per i dettagli naturalistici che dialogano con il
passato ellenistico.
()Basilica di San Lorenzo, Milano, 380 circa: dopo che Roma perde la sua centralità politica altre città
come Milano, in parte grazie a Teodosio, vede la realizzazione di alcune grandi imprese per lo più andate
perdute.
La basilica ha una pianta centrale, un quadriportico dotato di colonne, una serie di poderosi pilastri su cui si
imposta la cupola, e grandi finestre all’altezza del tamburo (parte dove poggia la cupola). La basilica è
animata da quattro esedre sviluppate su due ordini e chiamate conche, tanto che la pianta si può chiamare
tetraconca. Intorno al corpo centrale c’è una galleria anulare a due piani praticabili, su un lato si sviluppa
un ottagono che ospita la cappella di Sant’Aquilino che ha come progetto originale quello di essere
mausoleo imperiale, nelle absidi che animano la cappella vengono conservati mosaici di inizio V sec., tra
cui Cristo docente tra gli Apostoli è il meglio conservato. L’opera rappresenta Cristo imberbe
all’occidentale la cui sapienza è rappresentata dai rotoli della legge posti davanti, inoltre Cristo apre un
ulteriore rotolo che ha il compito di comunicare che le scritture si compiono grazie a lui stesso, tutti i
personaggi sono togati e sembrano senatori. Non da ultimo, il mosaico presenta notazioni naturalistiche e
di paesaggio ()Base dell’Obelisco di Teodosio, 379-395, fine IV secolo. Istanbul, Ippodromo: a Teodosio
si deve anche la realizzazione della base dell’obelisco che inizialmente viene fatto erigere nella parte
centrale dell’ippodromo di Istanbul. L’obelisco è del 1550 a.C. realizzato in Egitto e già spostato vicino a
Luxor (Alessandria d’Egitto) dall’imperatore Costanzo II. Per volontà di Teodosio e grazie al prefetto
Urbis Precolo da Luxor viene spostato al centro dell’ippodromo. Il basamento è diviso in due ordini, la
parte inferiore rappresenta le imprese architettoniche ed edilizie che riguardano l’obelisco, dal suo
spostamento da Luxor a Costantinopoli e una corsa di cavalli, nella parte superiore vediamo alcune scene
importanti, la prima scena rappresenta l’imperatore Teodosio con l’Augusto d’occidente Valentiniano II, i
due figli (Onorio e Arcadio) e la corte che assistono ad una corsa. La seconda scena vede Teodosio che si
alza nell’atto di premiare il vincitore della corsa che si sta realizzando in basso con una corona. Questa è la
quinta essenza dell’arte ufficiale, infatti racchiude tutti quegli aspetti iniziati con l’Arco di Costantino: la
rigida frontalità, la stilizzazione per cui la plebe è priva di peculiarità individuali, simmetria assoluta e
l’imperatore come perno che occupa una posizione centrale.
()Missorium [piatto] di Teodosio I, argento sbalzato, 387-388. Madrid, Academia de la Historia: è un piatto
celebrativo realizzato per il decennale del regno di Teodosio in argento sbalzato. Ha un diametro di circa
80 cm e raffigura Teodosio che dona il piatto ad un suo funzionario che si trova alla sua destra,
l’imperatore è anche fiancheggiato da Valentiniano II e dal figlio Arcadio suo successore. A livello
stilistico la frontalità è evidente, Teodosio sembra estraneo al regno degli umani, è in una posa frontale e
rigida, la veste impreziosita mostra la sua potenza e si trova davanti ad una esedra, questo perché già dal III
sec.
Diocleziano si presentava nelle cerimonie pubbliche davanti al peristilio, di spalle al suo palazzo di
Spalato, quindi c’è una citazione ad un illustre imperatore del passato.
L’attenzione ai dettagli preziosi e ricchi è evidente, Teodosio e Valentiniano sono raffigurati con una
clamide che scivola sui loro corpi, le teste con i volti dagli occhi sgranati sono

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cinte da diademi che a partire da Costantino sono l’emblema del potere imperale insieme alla fibula, quindi
le tre perle che tengono chiusa la clamide, le scarpe imperiali dette campagi e la seduta ornata e preziosa.
Un elemento interessante è il nimbo (aureola) che diventerà una caratteristica fondamentale nell’arte
cristiana e che in questi casi è un elemento che fa risaltare maggiormente la luce. Nella parte bassa del
Missorium vediamo una donna seminuda cinta da una clamide che abbraccia una cornucopia da cui
fuoriescono dei frutti simbolo dell’abbondanza, questa figura è l’allegoria della terra, invece i putti che
lanciano verso l’imperatore frutta e fiori sono simbolo dell’abbondanza dell’impero di Teodosio. Il
Missorium rappresenta quel filone classicista che si affianca all’arte ufficiale e che trova la sua forza nelle
elite.
()Dittico dei Simmachi e dei Nicomachi, fine IV secolo. Parigi, Musée du Moyen Age e Londra, Victoria
and Albert Museum: sono due tavolette in avorio che celebrano il matrimonio di due persone appartenenti a
due famiglie romane importanti. Si tratta di famiglie pagane perché ci sono raffigurazioni di scene di
sacrificio. L’attenzione al dettaglio naturalistico fa capire l’appartenenza al filone classicistico.
La tendenza di questo filone ad esaltare il dettaglio naturalistico e l’ambiente a discapito dell’assoluta
stilizzazione la vediamo anche nell’opera Dittico del console Manlio Boezio
(487) Brescia, Museo della città che se messa a confronto con Dittico consolare di Stilicone con la moglie
Serena e il figlio Eucherio, 400, Avorio. Monza, Tesoro del Duomo in cui si celebra la nomina di Stilicone
a console che viene raffigurato insieme a Serena, figlia adottiva di Teodosio
()Ritratto di Arcadio, 387-390, Istanbul, Museo archelogico: gli aspetti di rigidità frontale, occhi incavati,
stilizzazione… tipici dell’epoca di Costantino e volti a connotare le figure degli imperatori divinizzandoli e
mostrando la loro grandezza morale attraversano tutto il IV sec. tanto che Arcadio figlio di Teodosio viene
rappresentato secondo questi schemi.

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V -VI sec. Le nuove capitali dell’impero e le invasioni barbariche V-VI secolo
Nel 395 alla morte di Teodosio l’impero viene diviso, Onorio governa l’occidente e Arcadio l’oriente. Nel
401 Milano, ormai capitale, viene saccheggiata dai Visigoti di Alarico. Onorio decide quindi di spostare la
capitale dell’impero d’occidente nel 402 a Ravenna che ha tutto intorno un territorio paludoso, quindi la
nuova capitale è difficile da attaccare ma facile da difendere. La scelta si rivela fondamentale perché i
Visigoti continuano la loro avanzata lungo la penisola italiana e nel 410 d.C. saccheggiano Roma.
Nonostante Roma non sia più la capitale e i vari imperatori scelgano altre città come residenza, essa
mantiene il fascino di capitale e di nucleo fondamentale perdendo solo la centralità politica. Alla morte di
Onorio nel 423 prende le redini della parte occidentale sua sorella e quindi figlia di Teodosio Galla
Placidia, che rimarrà al potere fino alla morte nel 450, a lei succederà il figlio Valentiniano III. Arrivati a
questo punto tutto l'impero romano d'occidente è sempre più in balia delle migrazioni di popoli barbari che
non vengono adeguatamente contenute. Nel 452 Attila, re degli Unni, penetra nella Pianura Padana per poi
arrivare a Roma e fermarsi probabilmente perché spaventato dal Papa Leone Magno che gli va incontro,
comunque durante il tragitto porta distruzione. Nel 455 i barbari saccheggiano Roma e si susseguono una
serie di imperatori incapaci e deboli che non riescono ad opporsi alle popolazioni nomadi. Nel 476
Odoacre. Re degli Eruli, giunge in Italia e depone Romolo Augustolo (augusto d'Occidente) e invia le
insegne dell'impero a Costantinopoli, riconoscendo così l'autorità della parte orientale dell'impero non
dichiarandosi imperatore ma prendendo potere nella penisola italiana. Nonostante questa apparente
apertura al dialogo con l'oriente, Odoacre nel corso degli anni accampa sempre più pretese, tanto che
l'imperatore d'oriente Zenone spinge Teodorico nel 488, re degli Ostrogoti, che per dieci anni è stato
ostaggio a Costantinopoli, a entrare nella penisola italiana per cacciare Odoacre, il quale si ritira a Ravenna
per tentare di resistere, ma invano perché nel 493 Teodorico si insedia definitivamente a Ravenna. Si da
vita durante questo periodo ai barbari nuovi arrivati che avranno posto nell'esercito soprattutto e la vecchia
amministrazione romana.
Opere del V-VI sec.
Teodorico, nonostante le origini barbare, è una figura colta che conosce greco e latino ed è aperto al mondo
romano. Ravenna, data la presenza di Teodorico, diventa il centro artistico dell’impero romano
d’occidente. Grazie al re barbaro nascono iniziative per ristrutturare i grandi edifici della Roma antica
andati in rovina, si parla infatti di Ravenna ostrogota ed età teodoriciana.
A livello architettonico fanno da padrone: cupola coperta dal tiburio, esterni in laterizio semplici decorati
con arcate cieche e finestre che permettono l'entrata della luce, interni riccamente decorati, abside
poligonale all'esterno ma circolare all'interno e il pulvino (elemento a forma di piramide tronca rovesciata
che poggia sulle colonne e sostiene gli archi). L'attenzione al naturalismo, alla dinamicità di corpi e
panneggi, ai dettagli ed allo spazio sono presenti nel V sec. ma lasciano il posto all'astrazione, alla poca
attenzione allo spazio e alla staticità nel VI sec.
Ravenna essendo il centro politico vede una fioritura a livello artistico diventando anche il centro artistico
dell'impero romano, tuttavia Roma non perde di importanza in quanto continua ad essere la sede del
papato. Il pontefice è una figura potente anche a livello economico, quindi ordina diverse committenze
artistiche
()Moneta con Galla Placidia: Galla Placidia è raffigurata con la fibula con tre perle e il diadema (simbolo
imperiale sin da Costantino), tutti simboli imperiali.
()Mausoleo di Galla Placidia, esterno, secondo quarto del V secolo. Ravenna: il mausoleo ospita il corpo di
Galla Placidia, è un edificio dotato di una pianta a croce latina e decorato

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all’esterno tramite mattoni (laterizio), arcate cieche e un tiburio (tetto a spioventi) all’incrocio delle braccia
della croce che nasconde la cupola. L’esterno che è molto semplice lascia spazio ad un interno prezioso e
riccamente decorato dai marmi gialli della zoccolatura, dalle decine di colori usati per gli ornamenti e dalla
luce che entrando crea giochi raffinatissimi.
La cupola è innestata su pareti lunettate. La lunetta difronte all'ingresso ospita il mosaico “San Lorenzo
incede verso il martirio, testimoniando la sua fede” (425-440) che racconta del diacono Lorenzo che viene
bruciato sulla graticola. San Lorenzo è baldanzoso davanti alla morte e rappresenta la vera fede in quanto
tiene la croce e un testo sacro. Il senso naturalistico fa da padrone, vediamo infatti le fiamme del fuoco
mosse dal vento che restituiscono varie sfumature, dal giallo, all'arancio, al rosso mattone e l'effetto del
fumo, gli svolazzi delle vesti di San Lorenzo, sul pavimento ci sono parti più scure e altre più chiare
proprio per suggerire l'ombra. Nella lunetta sopra l'ingresso vediamo il mosaico “Il buon pastore” (425-
440) in cui Cristo è raffigurato come un pastore (vangelo di Giovanni) circondato dalle pecore e imberbe
all'occidentale, nella mano sinistra ha la croce ed ha una veste preziosa dorata che allude alle vesti
imperiali. Anche qua il dato naturalistico è evidente, vediamo infatti la roccia su cui è seduto Cristo, varie
arbusti e piante. Nelle lunette dei lati corti troviamo il mosaico “Cervi che anelano la fonte d'acqua”
caratterizzato da due cervi che si abbeverano tra tralci acantacei. Oltre al dettaglio dei grovigli vegetali
vediamo l'attenzione per il manto degli animali che è più scuro sul dorso. I cervi sono figure allegoriche
che illustrano il salmo 41: “Come il cervo anela l'acqua, così la mia anima anela te”. Nel tamburo, quindi
nella parte centrale della cupola, le lunette ospitano alcune coppie di apostoli, di rilievo è il mosaico “Gli
apostoli Paolo e Pietro”, i due apostoli idealmente sostengono la cupola e vediamo che Pietro (a destra) è
raffigurato con le chiavi in mano e i tradizionali barba e capelli bianchi e Paolo (a sinistra), dato che ha
scritto le lettere, tiene in mano un cartiglio. Essi sono sotto un padiglione ornato con una serie di perle e
guardano verso l'alto dove, in un cielo stellato, appare la croce gemmata, simbolo della venuta di Cristo
durante il Giudizio universale. Vediamo anche il tetramorfo, ossia 4 uomini dell'apocalisse in forma di
animale che già nel IV sec. diventano il simbolo degli evangelisti (leone, angelo, toro e aquila). Sia la croce
gemmata che il tetramorfo appaiono nel mosaico “Croce gemmata nel firmamento e il tetramorfo”. La
cupola quindi ha un significato escatologico, ossia della fine dei tempi e di salvezza del popolo cristiano. A
livello decorativo il mausoleo è molto ricco, vediamo animali (colombi e cervi che si abbeverano),
elementi vegetali, motivi geometrici, frutta, girali acantacei, finte sculture, motivi a cristalli di neve
(figurazioni floreali stilizzate che invadono le due volte dell'asse centrale), colori sgargianti come blu
scuro, arancio, giallo, verde e azzurro che caratterizza i fondi di tutti i mosaici. Nella realizzazione dei
mosaici è evidente quindi un'attenzione per il dato naturalistico con un repertorio che attinge anche alla
tradizione classica, ad esempio il particolare dei colombi del mosaico Gli apostoli Paolo e Pietro dialoga
con il precedente romano “Colombe che bevono in un grande vaso”, il Cristo con vesti ricche degne di un
imperatore del mosaico “Il buon pastore” dialoga con il mondo pagano dell'opera “Orfeo e le belve”.
Quindi in questo caso c'è l'appropriazione di un repertorio tradizionale di cui si è cambiato il significato.
()Battistero degli Ortodossi, fine IV sec., Ravenna: come il mausoleo di Galla Placidia questo edificio a
pianta ottagonale ha una decorazione esterna molto semplice caratterizzata da archi ciechi, mattoni
(laterizio), la cupola coperta dal tiburio e sopra il tamburo grandi finestre che permettono l'entrata della
luce. Inoltre vediamo l'aggiunta di 4 absidi disposte perpendicolarmente. L'interno è molto ricco e a parte il
fonte battesimale (data la grandezza il battesimo si effettuava per immersione) la decorazione è spartita su
due ordini, nel primo (basso) vediamo grandi archi addossati alla parete decorati nei pennacchi da mosaici
e all'interno da vari marmi tra cui il porfido. Nel secondo ordine (alto) vediamo grandi archi che
inquadrano tre archi più piccoli, il centrale inquadra un'ampia

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finestra creando un ambiente molto luminoso. Ai lati delle finestre ci sono profeti e santi all'interno di
nicchie realizzati in stucco (mistura di gesso, acqua e colla). La volta ha il “Battesimo di Cristo e Apostoli”
(458), in particolare nell'occhio centrale vediamo Cristo, San Giovanni Battista e la raffigurazione del
fiume Giordano (il personaggio coperto dalle acque), intorno all'occhio sono disposti i 12 apostoli spartiti
da un elemento vegetale (affrontati l'uno all'altro Paolo e Pietro) che hanno le mani coperte in segno di
rispetto e una corona (simbolo di eternità) tra le mani che qualifica i santi in questo periodo (insieme alla
palma simbolo del martirio).
Alla base della cupola vengono realizzate una serie di esedre (strutture architettoniche divise in tre parti)
con dei troni decorati vuoti con al centro la croce, si tratta dei mosaici con l'Etimasia, ossia la
raffigurazione dl trono in attesa che Cristo giudice ritorni. Nei primi anni del Medioevo si diffonderanno
gli altari con i Vangeli aperti.
In tutta l'opera abbiamo l'attenzione al naturalismo, i personaggi infatti hanno gli sguardi vivi e i loro
panneggi sembrano seguire i movimenti del corpo, in particolare nel “Battesimo di Cristo e Apostoli” il
naturalismo è evidenziato dalle cortine che si trovano sulle teste degli apostoli.
()Battistero degli Ariani, 500, Ravenna: è un edificio della Ravenna ostrogota dedicata al culti della
dottrina di Ario a cui gli ostrogoti sono fedeli. Gli ariani non credono alla Trinità e per questo necessitano
di chiese per il proprio culto. Nonostante sia destinato a fedeli diversi ha delle assonanze con il Battistero
degli ortodossi, ha una pianta ottagonale, le absidi disposte perpendicolarmente, esterno semplice e cupola
nascosta dal tiburio. Una somiglianza incredibile la troviamo nella volta dove è realizzato un mosaico
dedicato al Battesimo di Cristo, nell'occhio vediamo Gesù, il Battista e la personificazione del Giordano
data dalla figura nelle acque, vediamo anche i 12 apostoli intorno all'occhio di cui Paolo e Pietro ai lati del
trono vuoto su cui è posta la croce gemmata (Etimasia). La vicinanza a livello iconografico tra il Battistero
degli Ariani e il Battistero degli Ortodossi non impedisce di notare delle profonde differenze, il primo ha
una geometria piatta, priva della terza dimensione e una tendenza alla stilizzazione come si vede nei drappi
e nei volti privi di differenziazione e dalle gote rosse irreali, si tende a prediligere il significato spirituale
dato, ad esempio, dall'uso del fondo oro, il secondo invece è più ambizioso dato l'uso delle esedre che
danno spazialità e le figure con evidenti differenze e i movimenti dei panneggi che seguono i corpi, il
naturalismo è anche accentuato anche dall'uso del fondo azzurro che crea un effettivo paesaggio reale.
()Basilica di Sant'Apollinare nuovo, Ravenna, inizio IV sec.: è la cappella del palazzo di Teodorico
dedicata a Cristo. E' un edificio a tre navate, la centrale il doppio delle altre, un nartece (atrio) e due
elementi tipici dell'arte ravennate, l'abside poligonale all'esterno ma circolare all'interno e all'interno il
pulvino che possiamo notare osservando i colonnati che spartiscono le navate. Su essi infatti si impostano
archi a tutto sesto che poggiano su un elemento a piramide tronca, il pulvino appunto che è sorretto dal
capitello in cui si nota una certa stilizzazione e in particolare dei puntini fatti con uno strumento
considerabile come antenato del trapano, che consentirà dei trafori straordinari anche nell'arte successiva.
La navata centrale è divisa in vari ordini, in alto vediamo alcune storie di Cristo intervallate da padiglioni
che inquadrano figure di profeti e santi, nella parte bassa vediamo il palazzo di Teodorico fiancheggiato da
santi martiri a destra e sante vergini a sinistra. Tra le storie della parte alta abbiamo, Cristo che separa le
pecore dai capretti, Ultima Cena, Cattura di Cristo, Chiamata di Pietro, La samaritana al pozzo e Cristo in
trono, in tutte possiamo notare una forte vivacità e movimento accompagnate da molti colori, azzurro,
giallo, viola, oro dello sfondo e preziosità come Cristo che è realizzato all'orientale non solo per via della
barba e capelli lunghi ma anche per la veste sontuosa. C'è una forte tendenza all'astrazione vediamo infatti
che i corpi sono tutti possenti e simili, Cristo ad esempio compie lo stesso gesto dei 4 angeli, tuttavia c'è
qualche dettaglio come pesci, pozzo, fiori, pur non essendoci un'ambientazione vera e propria... All'inizio
della

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navata vediamo i mosaici “Il palazzo di Teodorico e il porto di Classe” che mostrano vedute del palazzo di
Teodorico e il porto dove Augusto aveva deciso di spostare la flotta imperiale (Classe è in prossimità di
Ravenna). Questi mosaici presentano una serie di arcate con dei tendaggi che coprono lo spazio scuro,
tuttavia guardando per bene sulle colonne si vedono delle mani e dei piedi. Questo perché quando alla fine
degli anni 20 del VI sec. sotto il comando dell'imperatore d'oriente Giustianiano, tutta l'Italia verrà
ristrappata ai barbari, si cercherà di cancellare un passato scomodo e barbaro, avverrà quindi una sorta di
damnatio memoriae che porterà all'eliminazione di alcune figure, tramite raschiamento, di Sant'Apollinare
in Classe che altro non sono che membri della corte teodoriciana. E' un intervento consueto quello di
intervenire su opere che hanno un valore politico. La stessa sorte tocca al mosaico “Corteo delle vergini e
Corteo dei martiri” a cui sono state rimosse alcune figure che facevano riferimento alle dottrine ariane.
Possiamo fare un confronto tra Sant'Apollinare in Classe e il Battistero degli Ortodossi, la differenza
maggiore fra i due risiede nel fatto che nella prima la stilizzazione e l'astrazione sono evidenti e quasi
assoluti, non vediamo alcun tentativo di creare movimento o ombre, il tutto è rigido e dotato di contorno
netto, al contrario nel secondo le raffigurazioni sono più morbide e dotate di movimento. Lo stesso
confronto possiamo farlo con il Mausoleo di Galla Placidia, ad esempio nei particolari con i colombi che si
abbeverano, se nel mausoleo i colombi gettano ombre, sono in posizioni più articolate e l'acqua sembra in
movimento, in Sant'Apollinare in Classe il tutto è più rigido e i colombi poggiano in modo non credibile
sulle superfici.
()Mausoleo di Teodorico, inizio VI sec, Ravenna: è un uniqum in quanto non è fatto di mattoni come la
maggior parte delle opere dell'epoca teodoriciana ma è un edificio in blocchi di pietra dotato di archi ciechi
possenti, è formato da due ordini, il superiore anulare e l'inferiore decagonale. L'edificio è chiuso sulla
sommità da una cupola composta da un unico blocco in granito.
L'ordine superiore è costituito dal tipico fregio decorativo a tenaglia e le finestre permettono l'entrata della
luce all'interno. All'interno, sotto una grande croce gemmata, c'è un'urna in porfido. Ovviamente il
mausoleo aveva il compito di ospitare le spoglie di Teodorico.
()Basilica di Santa Maria Maggiore, fondata da papa Liberio tra 352-366 e rimaneggiata da papa Sisto III
tra 422-432, Roma: Sisto III ordina il rimaneggiamento negli anni in cui viene costruito il mausoleo di
Galla Placidia all'incirca. E' una basilica a tre navate, la centrale è divisa dalle laterali tramite un colonnato
sormontato da una trabeazione continua, grandi finestre permettono l'entrata della luce e l'ampia abside
decorata con mosaici con storie di Cristo è anticipata da un arco trionfale. Le navate sono caratterizzate da
storie dell'antico testamento, in particolare la destra vede raffigurati Abramo, Isacco e Giacobbe e la navata
sinistra vede raffigurati Mosè e Giosuè , più precisamente occupano lo spazio sotto le grandi finestre e sono
disposti su due ordini. Questi riquadri attualmente sono 27, ma in origine erano 42.
Mosaici della navata destra>
_Il signore appare ad Abramo in forma di 3 angeli: la figurazione è ambientata all'interno di uno spazio
reale, vediamo una tavola , il fondo con vegetazione, in lontananza un cielo con nubi al tramonto quindi di
color arancio e giallo, personaggi che gettano le ombre e una narrazione vivace. I dettagli sono quindi
molto curati, unica particolarità è la ripetizione degli stessi personaggi in quanto è una tendenza tardo-
antica
_Incontro tra Abramo e Melchisedec: ambientazione e paesaggio curati nei dettagli, ombre presenti,
particolari dei cavalli e dei cavalieri come elmi, lance e armature, colori brillanti e vibranti, attenzione al
movimento in quanto i cavalli sembrano al trotto e proiezione delle ombre
Mosaici della navata sinistra>
_Storie della vita di Giosuè: paesaggio curato e dettagliato, personaggi che gettano

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ombre, dettagli dei personaggi, ambientazione reale e inserimento di architetture
Questo piglio naturalistico dialoga con opere precedenti ma anche anche con la miniatura “Virgilio
Vaticano” (Biblioteca apostolica Vaticana, V sec.) che racchiude il ciclo dell'Eneide. Il testo viene
commentato da illustrazioni dipinte su pergamena. Il dialogo fra queste due opere lo troviamo nella
descrizione d'ambiente reale e verosimile, nella narrazione vivace, nei gesti credibili e concreti,
nell'ambientazione caratterizzata da fauna, flora e architetture.
-Fuga da Troia (Virgilio Vaticano)
-I Penati appaiono in sogno ad Enea ; Enea, Acate e la Sibilla davanti al tempio di Apollo in miniatura
(Virgilio Vaticano) --- Isacco benedice Giacobbe (navata destra della basilica Santa Maria Maggiore)>
queste tre opere condividono lo stesso gesto dei protagonisti che risulta concreto e credibile
-Passaggio del Mar Rosso (Virgilio Vaticano) --- I greci escono dal cavallo di legno (navata destra della
basilica Santa Maria Maggiore)> queste due opere condividono il groviglio dei corpi dei personaggi
Nell'arco trionfale della basilica troviamo invece le storie di Cristo che invadono i pennacchi, alla base
troviamo la rappresentazione delle Gerusalemme e Betlemme celesti e in chiave d'arco troviamo il
tetramorfo, quindi i quattro evangelisti in forma di animale tra Pietro e Paolo e al centro un occhio con il
trono vuoto e la croce gemmata (Etimasia).
Guardando il ciclo delle storie di Cristo ci rendiamo conto che gli episodi non seguono un andamento
narrativo ma sono posti per analogia, inoltre l'iscrizione ci ricorda che gli affreschi sono stati voluti da Sisto
III. Ci troviamo davanti ad uno dei più antichi cicli cristologici che contiene degli uniqum che non
verranno mai replicati, guardando i particolari infatti notiamo degli scenari variopinti e ricchi ma anche
personaggi particolari come nell'Annunciazione i magi dotati di berretti frigi (stile orientale), la Vergine
Maria che non è una fanciulla nella propria casa ma una vera e propria matrona/imperatrice
(sovrapposizione fra iconografia sacra e imperiale) e Gesù bambino che riceve i doni non nella mangiatoia
ma seduto e benedicente.
()Santa Sabina, 422-432, Roma: è una chiesa dotata di tre navate in cui notiamo l'uso di vari marmi tra cui
il marmo bianco, il serpentino verde e il porfido rosso (già visti nel Battistero degli ortodossi).
Caratteristica dell'architettura medio-orientale che ritroviamo anche a Roma talvolta è l'arco sorretto
direttamente dal capitello, è una differenza sostanziale con Ravenna dove troviamo l'arco importato sul
pulvino.
A Santa Sabina si sono conservate le imposte lignee, ciò è particolare perché opere del genere di solito
vanno distrutte data la delicatezza del materiale di cui sono fatte. A livello iconografico riportano storie
dell'Antico e Nuovo testamento e ciò che salta all'occhio di due maestranze molto diverse stilisticamente.
Una è legata al filone naturalistico (dialogo con la basilica di Santa Maggiore e il Battistero degli
Ortodossi) per cui vediamo grovigli di corpi che si articolano on modo credibili in uno spazio reale a cui
viene dedicata attenzione anche dal punto di vista della flora e dell'architettura, l'altra invece può essere
considerata la continuazione dell'arte ufficiale imperiale per cui abbiamo figure statiche e stilizzate in pose
frontali e rigide.

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VI sec.
Il VI sec. a Ravenna è caratterizzato dall'arte ostrogota, alla morte di Teodorico nel 526 è imperatore
d'oriente Giustiniano e proprio questa parte d'impero vivrà un periodo florido. Giustiniano da vita ad una
serie di riforme ed iniziative importanti come la riforma agraria a favore delle piccole comunità di
contadini, la riforma amministrativa che cerca di limitare gli abusi degli amministratori, una pacificazione
con i confini e l'emanazione del corpus iuris civilis (528-535), una serie di testi riguardanti la
giurisprudenza e in particolare si tratta sia di un cambiamento delle leggi antiche che un'aggiunta da parte
dell'imperatore stesso, è un testo fondamentale in quanto verrà utilizzato durante tutto il Medioevo e la
prima parte dell'età moderna. A partire dagli anni 30 del VI sec. comincia la riconquista di tutti i territori
del bacino del Mediterraneo, con una guerra che dura un ventennio si ricostituisce l'integrità originaria
dell'impero romano originario, in particolare tra 535 e 553 si consuma la guerra greco-gotica, tra l'esercito
giustinianeo e i goti che avevano in mano l'Italia.
L'imperatore riesce a riconquistare l'Italia che tuttavia è un territorio stremato data la guerra. Giustiniano da
vita ad una serie di imprese a Costantinopoli che vivrà quindi momenti di splendore.
Opere del VI sec.
Alla guerra mossa da Giustiniano per cacciare i barbari scampano solo poche città, fra cui Roma e Ravenna
che continua a mantenere la sua centralità politica e culturale. A livello stilistico la tendenza all'astrazione e
stilizzazione è sempre più evidente e sta raggiungendo l'apice.
()San Vitale, 532-547, Ravenna: la costruzione della basilica ha inizio negli anni 20 del VI sec. con il
vescovo Ecclesio, viene poi continuata dai suoi successori e consacrata dall'arcivescovo Massimiano nel
547 (mantiene la carica dal 536 al 547).
L'esterno è caratterizzato dagli elementi dell'architettura ravennate: la copertura in laterizio, la cupola
coperta dal tiburio e le grandi finestre che permettono l'entrata della luce ma al posto delle arcate cieche
troviamo delle lesene in forte aggetto ad inquadrare le finestre che sono tre per lato. Una particolarità di
questa basilica sono le due entrate: una in asse col presbiterio e l'altra divergente.
Il nartece non è realizzato appoggiandosi sul lato ma è tangente, per cui nello spazio tra esso e le pareti
esterne della chiesa vengono ricavate le torri dove si inseriscono le scale (torri scalari) che permettono
l'accesso al secondo piano.
La pianta è piuttosto complessa, si tratta di una basilica ottagonale di cui l'ambiente centrale è dotato di una
grande cupola coperta dal tiburio e decorata in epoche successive in stile barocco, essa si imposta su grandi
arcate che poggiano su pilastri monumentali che sono ingentiliti da esedre con un doppio ordine di archetti,
tutte tranne l'esedra centrale dove vengono realizzati presbiterio ed abside, essa è esternamente poligonale e
internamente circolare. Le esedre sono divise in due ordini, quello superiore che ospita il matroneo (forse
dedicato alle donne) accessibile tramite le torri scalari e quello inferiore che ospita l'ambulacro (una
galleria praticabile), il quale segue la pianta ottagonale e si interrompe solo all'altezza del presbiterio.
A livello decorativo abbiamo una profusione di marmi policromi: grigi, verdi, gialli, bianchi e rossi, il
porfido è infatti ancora il marmo che rappresenta il potere imperiale tanto che l'imperatore viene detto
porfirogenito in quanto nasce in una stanza rivestita proprio di questo marmo. Ma possiamo anche notare
pulvini, uso dello stucco in vestiboli e sottarchi (rivalutato da Raffaello) e soprattutto vediamo che la
decorazione plastica (scultorea) perde il gusto per il rilievo in favore di astrazione e stilizzazione, notiamo
ad esempio una grande lavorazione del marmo in cui vengono realizzati graffiti, trafori e incisioni tanto che
acquista un valore pittorico, il tutto è reso ancora maggiormente suggestivo dalla luce che investendo
queste parti crea giochi particolari.
Nella zona del presbiterio, in particolare nel sottarco, ci sono una serie di clipei con santi e

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in chiave d'arco troviamo Cristo benedicente, il presbiterio vero e proprio è sormontato da una volta a
crociera completamente mosaicata, le cui vele centrali sono a fondo dorato mentre le laterali sono verdi e in
esse vediamo un prezioso intreccio vegetale con vari animali, la decorazione parte da quattro pavoni con
ruota aperta posti alla base della volta a crociera. Al centro della volta quattro grandi angeli tengono Cristo
raffigurato come agnus dei (agnello di Dio che toglie i peccati del mondo) all'interno di un clipeo.
La decorazione si sposta verso il basso dove nel registro superiore ci sono gli evangelisti con i rispettivi
simboli animali e con i vangeli in mano su cui sono scritti i loro nomi, essi si trovano nella vegetazione e
sono circondati da fonti d'acqua, animali e arbusti vari.
Nel registro inferiore vediamo nei pennacchi da un lato i profeti Geremia e Mosè che sta ricevendo le
tavole della legge e sotto il popolo ebraico mentre nei pennacchi dall'altro lato i profeti Isaia e Mosè, il
quale sta procedendo in direzione del roveto ardente quando Dio gli dice di levarsi i calzari in quanto si
trovava in un luogo sacro. Scendendo nella lunetta di sinistra troviamo il mosaico che ospita le scene:
“Ospitalità di Abramo” (sinistra) e “Sacrificio di Isacco” (destra), nella prima Abramo sta dando ospitalità
a tre pellegrini offrendo loro cibo e riposo, nella seconda invece Abramo sta alzando la spada per offrire a
Dio il suo primogenito ma dalle nuvole si intravede la mano di Dio che è pronto a fermarlo. Nella lunetta di
destra ci sono le scene: ”Il sacrificio di Abele” e “Il sacrificio di Melchisedec” in cui a sinistra dell'altare
vediamo Abele vestito da pastore accanto ad una capanna che sta offrendo a Dio un agnello, mentre a
destra dell'altare troviamo Melchisedec vestito con abiti sacerdotali accanto ad una chiesa che sta offrendo
a Dio pane e vino. I tre sacrifici alludono e prefigurano il sacrificio di Cristo sulla croce.
Possiamo fare un confronto tra le scene della basilica di Santa Maria Maggiore e le scene di San Vitale, nel
primo caso l'ambientazione è reale, la vegetazione, i protagonisti e le loro vesti sono animate, i personaggi
calcano il terreno in modo credibile e c'è un maggior studio della spazialità data la posizione più coerente
degli oggetti, nella seconda basilica invece la tendenza all'astrazione e stilizzazione è più evidente, i
personaggi e le vesti sono rigidi e la vegetazione è immobile.
Nel catino absidale troviamo Cristo giudice sopra un globo arrivato per giudicare le anime, a sinistra San
Vitale, titolare della chiesa, sta ricevendo dalle mani di Cristo una corona, a destra troviamo il vescovo
Ecclesio che ha avviato la costruzione della basilica, il quale sta tenendo nelle mani, coperte per rispetto, il
modellino della chiesa come dono. Questa è una delle prime attestazione del motivo iconografico per cui il
committente dona l'edificio che fa costruire e avrà una diffusione enorme durante tutto il Medioevo. Il
catino absidale ha il fondo oro che accentua la visione del mondo celeste, non c'è spazio per l'umanità.
Rimanendo nella zona absidale (sotto il catino), troviamo due cortei celeberrimi, a sinistra il “Corteo di
Giustiniano” e a destra il “Corteo di Teodora”. Entrambi si svolgono su uno sfondo oro, la stessa
ambientazione del Cristo giudice sotto intende la tendenza ad associare imperatore a Cristo e viceversa.
Nel “Corteo di Giustiniano” vediamo l'imperatore al centro con la fibula dalle tre perle e il diadema e un
piatto doro in mano, a sinistra le sue guardie e tre dignitari con la clamide, a destra vediamo l'arcivescovo
Massimiano (riconoscibile dato il nome sul mosaico) che è in carica nel momento in cui vengono realizzati
i mosaici, con indosso i paramenti liturgici e una grande croce gemmata in mano, affianco vediamo un
presbitero che porta un evangeliario (vangelo coperto con una coperta doro tempestata da pietre preziose).
Il “Corteo di Teodora” vede nel centro Teodora, moglie di Giustiniano, davanti ad un padiglione la quale
ha una coppa in mano e un vestiario sontuosissimo di cui osserviamo il camaleuco, un copricapo molto
grande ornato da pietre preziose ed è seguita da una serie di dame e due dignitari con la clamide, uno di
essi sta aprendo una porta.
La presenza della fontana ci qualifica lo spazio come il quadriportico di una chiesa, questi due cortei quindi
descrivono un momento della liturgia bizantina, ossia il primo ingresso quando i fedeli entrano al seguito
dei prelati e dei due imperatori che infatti nel mosaico

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sembrano portare in dono un piatto e una coppa. Questo è il tema dell'oblatio augusti ossia del dono che gli
augusti (imperatori) facevano alle cattedrali in particolari occasioni, questo tema è reso ancora più esplicito
dalla veste di Teodora che ha trapunte il corteo dei tre re magi. Per cui, come i re magi provenienti
dall'oriente recano in dono a Gesù oro, incenso e mirra, così Teodora e Giustiniano omaggiano la basilica
di san Vitale. Si tratta chiaramente di una esibizione del potere, Giustiniano e la moglie sono riccamente
vestiti e seguiti da tutta una serie di figure ai loro ordini. Non notiamo in questi due mosaici delle notazioni
paesaggistiche, il tutto si svolge su fondo doro e gira tutto intorno agli elementi preziosi ed ai vari
personaggi, tuttavia possiamo trovare i dettagli nella realizzazione dei volti, guardando l'arcivescovo
Massimiano infatti notiamo sopracciglia folte, calvizie, naso aquilino e barba incolta. In generale
comunque ci troviamo davanti ad una tendenza stilistica di astrazione e stilizzazione.
()Sant'Apollinare in Classe, 532-536, Ravenna: nel 549, sempre sotto l'arcivescovado di Massimiano,
l'impero di Giustiniano e con lo stesso finanziatore di San Vitale Giuliano Argentario, viene consacrata
Sant'Apollinare in Classe che si trova poco fuori Ravenna presso il porto di Classe, che fin dai tempi di
Augusto era deputato ad accogliere la flotta. La chiesa in origine aveva un quadriportico di cui ora è
rimasto solo il nartece ed ha tutte le caratteristiche dell'arte ravennate: laterizio, tetto a spiovente e grandi
finestre che permettono l'entrata della luce. La chiesa ha anche un campanile cilindrico del IX sec. (tipico
dell'arte adriatica) che aumenta il numero di aperture man mano che sale al fine di alleggerire. All'interno
vediamo la scansione in tre navate, di cui la centrale il doppio più grande rispetto alle altre, tramite colonne
in marmo grigio con pulvini decorati con foglie. La decorazione si concentra sull'arco trionfale e nel catino
absidale (zona abside), in particolare vediamo il tetramorfo e Cristo benedicente nella fascia alta, nella
fascia bassa Santa Apollinare in atto di preghiera che ha da entrambi i lati sei pecore che escono dalla
Gerusalemme celeste e sei dalla Betlemme celeste quindi un'allusione ai dodici apostoli e in generale a
tutta la comunità Cristiana e nel catino absidale vero e proprio, all'interno di un prato ricco di vegetazione e
rocce, seppur astratto e stilizzato, ci sono tre pecore che raffigurano la trasfigurazione, dunque la scena in
cui Pietro, Giacomo e Giovanni accompagnano Cristo sul monte Tabor dove improvvisamente appaiono
Mosè ed Elia e Cristo si trasfigura, Dio, qua raffigurato come una mano, tramite una luce dall'alto dice:
“Questo è il figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Cristo quindi mostra il suo lato divino
agli apostoli. L'astrazione e la stilizzazione delle figure di quest'opera è evidente, Sant'Apollinare è una
sagoma bidimensionale, l'ambientazione è piatta e irreale. In particolare l'astrazione è quasi assoluta perché
si è preferito usare dei simboli piuttosto che i personaggi stessi, Gesù è una croce che ha al centro nel globo
un suo ritratto e gli apostoli sono pecore proprio perché Cristo è il buon pastore.
Sotto il carino absidale, ma nel VII sec., vengono aggiunte due scene musive che raffigurano Costantino IV
con i fratelli che consegna il privilegio all'arcivescovo Reparato, cioè l'esenzione dei tributi per la diocesi di
Ravenna, mentre nella parete davanti abbiamo il sacrificio di Abele, Melchisedec e Abramo in un unica
scena, in altre parole è una “ripetizione” di ciò che era avvenuto a San Vitale.
Se confrontiamo le figure di San Vitale con quelle di Santa Apollinare in Classe notiamo che in
quest'ultima chiesa astrazione e stilizzazione siano assolute, non esistono dettagli realistici, le figure sono
rigide e l'ambientazione è piatta.
()Cattedra vescovile di Massimiano, Museo Arcivescovile, Ravennna, 546-554: si deve a Massimiano ed è
la cattedra utilizzata per le celebrazioni liturgiche anche se questo uso è stato messo in discussione, c'è la
possibilità che essa sia semplicemente simbolica. Si tratta di un'opera in placche d'avorio su una struttura di
legno, sappiamo che è stata voluta da Massimiano perché nel complicato monogramma al centro leggiamo
le lettere del suo nome ed EP che sta per episcopus, è un gioco di allusioni molto elaborato. Alcune
formelle sono andate perdute, comunque raffigurano nello schienale le storie di Cristo e

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sui braccioli le storie di Giuseppe l'ebreo. Guardando i dettagli notiamo la vivacità narrativa, i gesti enfatici
e la finezza della lavorazione. Tutte le scene sono inquadrate da una fascia decorativa di girali di vite
abitati da animali, quali pappagalli, anatre, lepri, leoni... La fascia centrale ha i quattro evangelisti e al
centro Giovanni Battista con un disco che presenta un agnello, in quanto egli riconosce Cristo come
agnello di Dio, è una figura di congiunzione tra Antico e Nuovo testamento.
Il rilievo è molto evidente ed accentuato e viene perso in alcune opere che prediligono traforo, graffito e
incisione come nel caso dell'ambone commissionato dal vescovo Agnello (556-559), successore di
Massimiano per la chiesa di Sant'Apollinare in Classe.
L'iscrizione ci ricorda che il vescovo Agnello ha voluto quest'opera. La tendenza all'incisione si vede anche
in un ambone di Sant'Apollinare nuovo e in un sarcofago con pavoni affrontati e il crisma con l'alfa e
l'omega simbolo di Cristo. Il rilievo è quasi annullato, le figure sono infatti incise nella pietra e non
emergono dall'incorniciatura. ()Basilica di Santa Sofia, Istanbul: a Giustiniano si deve la ricostruzione della
Basilica di Santa Sofia che ha avuto vicissitudini travagliate perché la prima costruzione fu voluta da
Costantino (350), poi venne ricostruita da Teodosio II (405) e infine tra 532 e 537 (anno consacrazione)
venne rimaneggiata da Isidoro da Mileto e Antemio di Tralle per volontà di Giustiniano. Negli anni 50 del
VI sec. una serie di terremoti mettono a dura la prova la struttura e nel 558 la crolla volta. Giustiniano da
l'ordine al nipote di Isidoro da Mileto di ricostruire la cupola che viene modificata leggermente, si mantiene
inalterata la struttura ma si aumenta l'altezza usando materiali più leggeri.
Nel 1453, quando l'impero romano d'oriente crolla, sotto il dominio dei turchi ottomani la chiesa diviene
una moschea, tanto che possiamo ancora vedere dei minareti suggestivi, ossia le torri sottili dalle quali il
muezzin chiama alla preghiera il popolo islamico. Per lungo tempo la chiesa è stata musealizzata fino a che
nel 2020 Erdogan ha ripristinato il culto riconvertendola in moschea.
La basilica ha una pianta quasi perfettamente quadrata e si tratta di una sintesi tra una pianta centrale e le 3
navate tipiche della basiliche, si tratta di una sorta di ibrido che viene animata da un'abside poligonale
all'esterno e semicircolare all'interno (tipico di Ravenna). Alla basilica si può accedere tramite un porticato
e la luce all'interno entra grazie alle finestre che si trovano alla base della grande cupola che poggia su due
semi cupole e su enormi pilastri a loro volta contraffortati. Le due semicupole poggiano su esedre laterali
che ingentiliscono lo spazio centrale ed avendo anch'esse delle finestre creano un effetto ulteriore di
alleggerimento, come per San Vitale c'è un ambulacro anulare, che corre lungo i lati della chiesa, a due
piani di cui quello alto, quindi il matroneo, è praticabile.
Lo scrittore e storico Procopio di Cesarea scrive sul regno giustinianeo, uno dei suoi libri si intitola Sugli
Edifici e in esso parla di Santa Sofia tramite una similitudine affermando che l'enorme cupola è simile alla
ruota di un pavone (simbolo di regalità), in particolare paragona gli occhi della coda dell'animale alle
centinaia di finestre della basilica. Lo scrittore sottolinea una cosa importante, lo spettatore nella basilica
riesce a percepire la solidità e l'unità ma allo stesso tempo man a mano che incede e cambia collocazione
ha sempre punti di vista diversi, quindi non è possibile avere sempre la stessa visione (ciò capita con
strutture, piante e illuminazioni particolari).
A livello decorativo possiamo notare che, come per San Vitale, i capitelli sono traforati ciò fa in modo che
la luce crei effetti particolari e la struttura sia alleggerita
()Avorio Barberini, prima metà del VI sec.. Museo del Louvre, Parigi: è un pezzo di arte sontuaria apparso
nella raccolta della famiglia cardinalizia Barberini. Il soggetto è stato identificato in Giustiniano a cavallo,
si tratta probabilmente della copertina di un libro.
Il cavallo emerge dal piano ed è caratterizzato da finimenti preziosissimi, l'imperatore tira le redini con
forza ed è vestito con la lorica (veste militare), la clamide che svolazza e una corona.
Inizialmente l'opera era tempestata di pietre preziose, ora ne sono rimaste poche.

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A destra di Giustiniano vediamo una vittoria che sta per porgergli l'alloro, dietro al bastone vediamo un
personaggio con il cappello frigio che rappresenta i popoli barbari sconfitti dall'imperatore, a sinistra
vediamo un soldato vestito con vesti militari che sta consegnando a Giustiniano una statua allusiva della
fama, in basso una vittoria si rivolge verso Giustiniano tra alcune figure animali che alludono alle varie
province (Africa-leone) che omaggiano l'imperatore, il cui calzare è toccato da una figura discinta che
trattiene con la veste frutta e fiori, si tratta di Terra che porta i suoi omaggi. In alto c'è Cristo con due
angeli disposti a chiasmo all'interno di un clipeo dove vediamo sole, luna e stelle, si tratta di una
dimensione atemporale per cui Cristo racchiude in se il tempo. Questo piccolo avorio sintetizza due visioni
che coesistono (messaggio politico forte), da una parte la tradizione dell'imperatore militare vittorioso che
viene omaggiato dalla vittoria, dai popoli e dalla terra, dall'altra la volontà di Cristo benedicente che ha
vinto sulla morte ed è il grande vincitore del tempo. Dunque il regno di Giustiniano si inserisce all'interno
di un tempo divino, l'impero diventa eterno di conseguenza.
La figura che simboleggia la Terra l'abbiamo già vista nel Missorium.
L'opera è caratterizzata da una forte finezza e naturalismo, vediamo la cura messa nel realizzare la
muscolatura di Giustiniano e del cavallo, le varie parti dei copri sono ben studiate (guarda: narici, occhi,
bocca, pieghe della pelle e della criniera, gli abiti). ()Avorio Arianna, prima metà del VI sec., Museo del
Louvre, Parigi: l'opera è una chiaro riferimento all'antichità pagana, non solo a livello iconografico in
quanto raffigura Arianna moglie di Teseo e amante di Dionisio tra due satiri, ma anche a livello stilistico in
quanto vediamo una profonda sensualità data dalle pienezza delle carni di Arianna e dal che scende
adattandosi al corpo, quasi a volerlo esibire. Il tutto è reso evidente dal chiaro scuro. Chiaramente a
differenza dell'Avorio Barberini non c'è nessun intento sacrale. Nel volto di Arianna però osserviamo la
tendenza all'astrazione, vediamo la capigliatura spartita rigidamente e gli occhi realizzati solo tramite un
foro.
()Codici purpurei, VI sec.: si devono all'epoca giustiniana, le città in cui possono essere stati realizzati sono
Antiochia, Alessandria d'Egitto o Costantinopoli, il loro colore è dovuto al fatto che la pergamena viene
immersa nel colore rosso e poi le iscrizioni sono realizzate in argento oppure oro, si tratta dunque di
prodotti di lusso per le elite, in particolare sono 3:
-Genesi di Vienna (frammento di un codice che raffigura il libro della Genesi), in origine aveva 90 fogli
con 400 illustrazioni che occupavano la parte bassa delle pagine, salta all'occhio immediatamente la
vivacità e l'enfasi delle scene, in particolare vediamo Noè che fa un sacrificio per la fine del diluvio
universale e una moltitudine di animali fra leoni, aironi, cavalli... che escono dall'arca, vediamo anche dei
gesti chiari e enfatici come nella scena in cui la moglie di Putifarre cerca di sedurre Giuseppe che si ritira.
-Rossano Calabro: questo codice contiene scene dei vangeli di Marco e Matteo, le scene sono raffigurate
nella parte alta della pagine, le iscrizioni che spiegano sono invece nella parte bassa.
Le scene raffigurate nei codici purpurei riprendono un ciclo monumentale realizzato per qualche chiesa
importante, ciò si deduce dal fatto che le figure dei registi alti dei codici sembrano lunettate, come se si
dovessero adattare ad una struttura architettonica. ()Codice Anicia Giuliana, VI sec., Vienna, Biblioteca
nazionale: il codice è realizzato per Anicia Giuliana, membro importante della corte di Costantinopoli, in
quanto, moglie del militare e console Aurobindo e figlia di Flavio Anicio (imperatore d'occidente per pochi
mesi negli anni 70 del V sec.). Questo codice illustra il De Materia Medica, cioè un testo scritto da
Dioscoride Pedano (di cui abbiamo nel codice stesso un ritratto di fantasia) che tratta le proprietà mediche
delle piante.
Anicia Giuliana è raffigurata tra la magnanimità e la saggezza e ai suoi piedi è prostata la gratitudine. In
un'altra illustrazione vediamo una figura nuda con relativa iscrizione che ricorda Anicia Giuliana come
colei che ha costruito edifici, infatti a lei si deve la costruzione della basilica di San Polieucto a
Costantinopoli che è andata distrutta. Il codice è

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caratterizzato da grande finezza e piglio naturalistico, date anche le centinaia di raffigurazioni relative al
mondo animale e vegetale.

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VI-VII sec. I longobardi in Italia
La riconquista giustinianea dell'Italia fu una vittoria di breve durata perché nel 568, a quattro anni dalla
morte di Giustiniano l'Italia viene invasa dai longobardi guidati da Alboino.
I longobardi sono un popolo germanico proveniente dall'Ungheria che migra completamente, dopo i
guerrieri quindi giungono in Italia anche donne, bambini...
I longobardi si organizzano in clan familiari, alcuni di essi si aggregano formando le fare, obbediscono ad
una serie di duchi che eleggono il re. Per grande parte del regno longobardo sarà Pavia la capitale (625-
774.)
Inizialmente si insediano in Friuli creando il ducato del Friuli man a mano conquistano sempre più territori.
Tra il 591 e il 616 Agilulfo è il re dei longobardi, il suo regno coincide all'incirca con il pontificato di
Gregorio Magno, il quale instaura un buon rapporto con il re Agilulfo e la moglie Teodolinda. I due
regnanti longobardi dopo aver fondato la cattedrale di Monza donano al tesoro della cattedrale stessa una
serie di oreficerie, papa Gregorio Magno dona a Teodolinda una legatura per Evangeliario in quanto vede
in lei la regina longobarda cattolica che può portare dalla parte di Roma la popolazione barbare, ciò
effettivamente avviene perché il figlio Adoaldo viene battezzato secondo il rito romano.
Altro re longobardo importante fra 712 e 744 è Liutprando, il quale da vita alla rinascenza Liutprandea, ma
solo Astolfo (regna dal 749 al 756) riuscirà ad entrare a Ravenna e conquistarla.
I bizantini quindi perdono quasi tutti i territori, mantengono solo i territori del papato, Sardegna, Sicilia e
parti di Calabria e Puglia, invece il cosiddetto esarcato formato da una fascia dell'Italia adriatica e il
corridoio bizantino (passa per Perugia) rimane conteso fra longobardi e impero bizantino. I territori
conquistati dai longobardi vengono divisi in ducati, i principali sono il Ducato di Spoleto e il Ducato di
Benevento. Al tempo l'Italia viene divisa in due parti, Longobardia maior (parte settentrionale dell'Italia) e
la Longobardia minor (parte centro-meridionale di Italia).
Opere del VI-VII sec.
L'arte longobarda vede come protagonista l'oreficeria, è un popolo infatti che migrando porta con se gli
oggetti, per questo non troviamo molte opere monumentali. Arrivati in Italia ovviamente mantengono le
loro tradizioni, ad esempio: non costruiscono centri urbani ma centri incastellati e seppelliscono i defunti
con oggetti preziosi e armi, di conseguenza costruiscono vere e proprie necropoli che hanno sepolture
diverse in base al rango e al sesso del defunto, le necropoli più celebri sono quelle di Castel Trosino e
Nocera Umbra nel ducato di Spoleto.
Gli oggetti sono realizzati in lamina dorata o bronzo dorato sbalzato per creare il rilievo oppure pressate su
una matrice per sviluppare il decoro sul davanti, con il passare del tempo vengono applicate pietre preziose
e smalti cloisonné che consistono nel versare all'interno di alveoli dorati della paste vitree ancora fuse che
quando si solidificheranno e raffredderanno daranno l'effetto di pietra preziosa colorata e trasparente, di
conseguenza la luce colpendo questi smalti crea giochi particolari. Gli oggetti sono ornati in modo
stilizzato, astratto e antinaturale che si combinano formando figure semplici di animali o mostruose.
Ad un certo punto si sviluppa un'ibridazione, in particolare cominciano ad essere prodotte opere che hanno
stilisticamente le caratteristiche dell'arte longobarda ma a livello iconografico riprendono l'arte classica-
romana.
()Fibula ad arco. Roma, Museo dell'Alto medioevo, inizio VII sec. da Nocera Umbra ()Fibula ad arco in
argento parzialmente dorato e paste vitree, Museo archeologico, Cividale del Friuli, fine VI sec.-inizio VII
sec.
()Croce cosiddetta di Gisulfo, inizio VII sec., Cividale del Friuli, museo archeologico: Gisulfo è il duca del
Friuli durante la prima calata dei longobardi, si dice cosiddetta perché probabilmente viene realizzata più
tardi. E' una croce in lamina dorata decorata da teste di

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Cristo ripetute ma pausate da lapislazzuli alternati a forme geometriche.
()Croce in lamina dorata, inizi del VII sec., Cividale del Friuli, museo archeologico: se ne trovano
moltissime in quanto si usava cucirle nei sudari che mettevano ai defunti. ()Fibula a disco, VII sec., Parma,
museo nazionale d'antichità: è una fibula più ambiziosa rispetto agli oggetti di oreficeria visti
precedentemente. In essa vediamo un decoro raffinato in cui cerchi concentrici sono decorati
dall'inserimento di pietre preziose e smalti cloisonné (sono rimasti gli alveoli dorati ma la pietra è caduta)
che a contatto con la luce creano effetti suggestivi
()Fibula ad S, VII sec., Cividale del Friuli, museo archeologico: è decorata con oro, argento e smalti
cloisonné (sono rimasti gli alveoli).
()Fibula a forma di aquila, inizio VI sec., Norimberga, Germanisches Nationalmuseum, da tesoro di
Domagnano della Repubblica di San Marino: decori con pietre e smalti cloisonné (sono rimasti gli alveoli):
fibula
Queste tre fibule non sono di produzione longobarda, si è infatti scoperto che la produzione di fibule e
oggetti di oreficeria più ambiziosi e sontuosi sono stati realizzati da maestranze bizantine o italiche che si
rifanno a modelli ostrogoti assecondando il gusto dei barbari nuovi arrivati.
()Lamina di Agilulfo, museo del Bargello, Firenze: si tratta della parte anteriore di un elmo, sappiamo che è
di Agilulfo grazie ad una piccola iscrizione, Agilulfo è al centro con le dita della mano destra alzate, in
quanto sta parlando ma con la sinistra tiene la spada perché è un guerriero. E' in mezzo a due guardie che
hanno ai lati due vittorie alate (tema tipicamente romano-classico) che tengono un cartiglio con su scritto
victuria e non victoria (testimonianza dell'ibridazione) e una cornucopia simbolo di abbondanza (già
incontrata nel Missorium). Più esternamente ci sono due coppie di personaggi che omaggiano il sovrano
con una corona e una croce, essi si trovano fra due torri allusive ad un palazzo o ad una città. Se a livello
stilistico l'opera riprende l'arte longobarda date astrazione, stilizzazione e ambientazione irreale, a livello
iconografico vediamo elementi dell'arte romana, quali vittorie alata, cornucopia, i temi della sottomissione
e dell'omaggio della popolazione vinta (tema che si sviluppa da Costantino in poi).
()Legatura dell'Evangeliario di Teodolinda, donato da papa Gregorio Magno, VI-VII sec Monza, museo del
Duomo: è un dono da parte del papa Gregorio Magno per la regina Teodolinda. L'incorniciatura è
sontuosissima, vediamo l'uso dell'oro, delle pietre preziose e degli alveoli che un tempo ospitavano gli
smalti. Il centro è dominato da due croci svasate che sono tempestate da pietre preziose dai più svariati
colori. Il fondo è tripartito e decorato da delle L rovesciate con alveoli e cammei antichi riutilizzati (ci
troviamo davanti alla produzione più sontuosa italica). Se facciamo un confronto con il mosaico “Corteo di
Giustiniano”, uno dei prelati dell'imperatore ha in mano un evangeliario sontuoso con pietre preziose
simile a quello di Teodolinda.
()Corona ferrea, VI-VII sec., Monza, Tesoro del Duomo: la tradizione indica che sia stata voluta da
Teodolinda, in realtà gli studi precisano che sia un'insegna imperiale precedente ai longobardi inviata da
Anastasio a Teodorico, poi arrivata ai re longobardi che l'hanno donata al tesoro della cattedrale di Monza.
La corona è decorata con smalti su sfondo verde e varie pietre di cui la centrale cabochon (tagliata in forma
circolare) e motivi floreali sbalzati per renderli più evidenti. Il nome è dovuto al fatto che la corona è
formata da 6 placche unite da uno strato di ferro che fa motivo continuo legandole.
()Corona di Teodolinda, inizio VII sec., Monza, Tesoro del Duomo: l'opera è dotata di una grande
simmetria ed è una delle tre corone votive (tra l'altro l'unica rimasta) che pendevano sull'altare della
cattedrale di Monza. Vediamo 5 file di pietre, le due esterne sono di madreperla, le mediane e la centrale
hanno pietre di colore azzurro più o meno scuro e la corona è giocata su varie forme geometriche che
alternano cerchi e rombi. ()Croce di Agilulfo, Monza, Tesoro del Duomo: fa parte degli oggetti di
oreficeria donati da Teodolinda e Agilulfo al tesoro della cattedrale di Monza. Si tratta di una croce svasata
con

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grandi gemme all'interno di alveoli dorati e con perle che corrono lungo i bordi. I pendenti avevano il
compito di esaltare gli scintillii della luce. Anche qua possiamo notare che la croce assomiglia alla croce
che Massimiano tiene in mano nel mosaico “Corteo di Giustiniano”.
La Longobardia maior e la “rinascenza liutprandea” tra Cividale, Brescia e Pavia Nel periodo in cui
Liutprando (712-744) è re dei longobardi si assiste alla cosiddetta
rinascenza liutprandea, infatti all'arte longobarda che mantiene la produzione di oreficeria si aggiunge la
produzione di alcune opere monumentali, in particolare un ruolo di rilevo viene dato agli arredi liturgici
che assumono una funzione dello spazio ecclesiale. A livello stilistico si combinano le forme dell'arte
ravennate con il gusto longobardo per astrazione, antinaturalismo e intreccio astratto.
Le opere si concentrano tra Cividale del Friuli (centro del ducato del Friuli), Brescia e la capitale Pavia.
()Altare del duca Ratchis, 734-744, Cividale, Museo cristiano, dalla chiesa di San Giovanni Battista: viene
realizzato negli anni del governo del duca Ratchis, un'iscrizione lo ricorda come un abile guerriero e uomo
pio. Originariamente doveva essere sotto una sorta di copertura che è andata perduta. L'altare è un
parallelepipedo massiccio rivestito da quattro lastre figurate, nella parte anteriore vediamo la “Maiestas
domini” (maestà di Cristo), caratterizzata da Cristo benedicente al centro in una mandorla portata da
quattro angeli, in cui compare la mano destra di Dio in alto che lo benedice. C'è un linguaggio
antinaturalistico evidente, lo spazio è irreale, non c'è una resa veritiera dei corpi e dei panneggi, non ci sono
elementi di flora o fauna e il rilievo è bassissimo soprattutto se guardiamo i lati corti dell'altare dove è
rappresentata la “Visitazione”, il momento in cui la Vergine (realizzata con una croce in fronte) va a
trovare la cugina Elisabetta incinta di Giovanni Battista. Le stesse sensazioni sono evocate dall'Adorazione
dei magi”. Sul retro vediamo due croci caratterizzate da elementi geometrici, decorazioni floreali e vari
intrecci. A livello decorativo vediamo i tipici intrecci dell'arte longobarda che incorniciano tutte le
raffigurazioni.
Nonostante gli evidenti riferimenti all'arte longobarda, questa opera pone molta attenzione all'equilibrio e
alla simmetria dati dalla distribuzione dei personaggi e delle decorazioni, ciò succedeva anche per le opere
di oreficeria longobarda (esempio: pietre preziose divise per file e colori). Questa idea di ordine e
simmetria è ripresa dall'arte classica-romana come i temi, gli angeli in volo e alcuni motivi decorativi quali,
fuseruole e perline.
La particolarità di quest'opera è che un tempo era ricca di colori, sono state trovate infatti tracce di
policromie durante i restauri e si è potuto ricostruire come l'altare di Ratchis fosse caratterizzato da verde,
rossi e viola molto intensi. Ciò è in linea con il gusto delle oreficerie
()Fonte battesimale di Callisto, 740, Cividale, Museo cristiano, dalla chiesa di San Giovanni Battista: come
l'altare del duca Ratchis si trovava nella chiesa di San Giovanni Battista di Cividale. Il patriarca di
Aquileia, Callisto, sposta la sede del patriarcato da Aquileia a Cividale nel 736 e commissiona un fonte
battesimale che ha subito successivamente dei restauri voluti dal patriarca di Venezia. L'opera ha una
pianta ottagonale che è impreziosita da una serie di archi impostati su colonne, le ghiere degli archi sono
decorate da motivi vegetali astratti e stilizzati accompagnati dai motivi classici delle fuseruole, delle
perline degli ovoli e dei dentelli (anche questi stilizzati). Ai lati degli archi troviamo una serie di intrecci
astratti e al centro, di eredità ravennate, due pavoni si affrontano cercando di raggiungere degli elementi
vegetali. Nel fonte battesimale di Callisto viene riutilizzato successivamente il paliotto/pluteo
probabilmente realizzato per il battistero di Cividale del Friuli da Sigualdo (successore di Callisto) che
viene ricordato nell'iscrizione centrale. A livello decorativo vediamo 4 clipei abitati dai simboli degli
evangelisti che imbracciano dei cartigli con le parole del poeta latino Sedulio riferite proprio agli
evangelisti, al centro c'è una croce su cui si muove un intreccio affiancato da

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motivi vegetali e floreali. Il rilievo è piatto come si vede dalle figure mostruose e dai colombi che tentano
di beccare i grappoli d'uva che sono elementi cristologici per eccellenza, in quanto il vino è il sangue di
Cristo. E' evidente la stilizzazione, l'astrazione e lo spazio irreale.
()Urna di Sant'Anastasia, VIII, Sesto al Reghena (Friuli), abbazia: come il fonte battesimale di Callisto
l'opera presenta stilizzazione, antinaturalismo, decorazione a intreccio e una croce decorata anch'essa a
intreccio e affiancata ad elementi vegetali e floreali.
()Tempietto di Santa Maria in Valle, metà dell'VIII sec., Cividale: è un uniqum, si tratta di un piccolo
edificio reale che viene realizzato all'interno della gastalderia, ossia il luogo dove risiedeva il
rappresentante del re (gastaldo). Quest'opera aveva funzione di cappella palatina e molto probabilmente fu
commissionata da Astolfo. Il tempietto è voltato a crociera, è dotato di un presbiterio più basso con tre
volte a botte impostate su colonnine. Le decorazioni plastiche sono in stucco, un tempo colorato, che si
sono conservate bene nella controfacciata inquadrata da due ampie cornici marcapiano che ospitano sei
santi, tre per lato, distribuiti ai fianchi di una monofora, la cui ghiera è riccamente ornata da un motivo a
intreccio, nella parte bassa vediamo una lunetta, che segna il portale d'accesso, affrescata con Cristo
benedicente tra due angeli e ornata nella ghiera con grappoli (a pieno rilievo), pampini e una serie di fiori,
invece sui pennacchi abbiamo una serie di affreschi rovinati con il tempo. Approfondendo la parte
decorativa possiamo affermare che oltre al gusto policromatico, il tempietto ha anche un gusto
polimaterico, in quanto i fiori in origine avevano nella corolla delle boccette di vetro che permettevano dei
grandi giochi i luce.
Un affresco che si è conservato abbastanza è quello di un “Santo” che dialoga con la cultura bizantina in
quanto privo di astrazione e stilizzazione, vediamo addirittura dei colpi di bianco che indicano un tentativo
di dare luce.
Rispetto all'altare di Ratchis quest'opera, nonostante la posa rigida e frontale delle figure, è dotata di più
naturalismo, le figure infatti emergono dal fondo, hanno delle vesti i cui drappi simulano pieghe, decori e
pietre preziose, le parti anatomiche sono più approfondite, i nasi infatti sono appuntiti e gli occhi sgranati,
quindi c'è un tentativo di comunicare espressività. L'opera è stata realizzata da una maestranza orientale
(Costantinopoli magari) scappata dall'impero d'oriente quando negli anni 30 dell'VIII sec. c'è una aspra
contesa tra l'imperatore e alcuni monasteri che prende il nome di iconoclastia, in particolare, l'imperatore si
scaglia contro il culto delle immagini sacre tipiche dei monasteri che stanno acquistando sempre più potere.
L'impero quindi cerca di togliere potere ai monasteri affermando che il fedele non deve idolatrare delle
icone ma rivolgere la sua devozione alla divinità.
()San Salvatore, 753, Brescia: la chiesa venne fondata nel 753 per volere del duca Desiderio e della moglie
Ansa in onore della figlia che diventerà badessa del monastero stesso.
Quest'opera viene molto rimaneggiata nel corso del tempo, vediamo infatti degli affreschi del 1500. Di
epoca longobarda sono i colonnati (riusano colonne antiche), capitelli (riusano alcuni capitelli antichi e
altri bizantini) e di epoca di Desiderio vediamo i decori dei sott'archi con motivi ad intreccio e floreali in
stucco e fortemente astratti e stilizzati, (San Vitale: precedente in stucco illustre su territorio italiano), la
croce gemmata (probabilmente più tarda) e il parapetto di forma triangolare di una scala con un pavone,
questa immagine ci fa capire che sebbene si mantengano stilizzazione, astrazione, giochi degli intrecci e
raffigurazioni piatte, c'è comunque un'attenzione all'eleganza dell'ornato e un tentativo di piglio
naturalistico dato ad esempio il piumaggio del pavone. I plutei/parapetti con animali all'interno ricorrono
spesso in questo periodo, ad esempio nel “Pluteo con animali mostruosi, pavoni affrontati e intrecci, detti
di Teodote, VIII sec., Pavia, Museo Civico, dall'oratorio di San Michele alla Pusterla” in cui vediamo due
animali mostruosi e due

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pavoni affrontati, i tipici intrecci e i vari elementi vegetali e floreali, rispetto al parapetto di San Salvatore
la qualità è più bassa e c'è un'evidentissima astrazione e stilizzazione. ()Cripta della chiesa di Sant'Eusebio,
metò del VII sec., Pavia: la cripta è stata in parte modificata nei secoli successivi ma al periodo longobardo
si devono i capitelli con evidente gusto per la geometrizzazione, la stilizzazione e l'astrazione.
La Longobardia minor: i ducati di Benevento e Spoleto
()Chiesa di Santa Sofia, 760, Benevento: è stata fondata nel 760 dal duca Arechi II, che ha aspettative
regali ed elevate infatti quando i territori dell'Italia settentrionale verranno presi dai franchi il ducato di
Benevento si nominerà principato. Nel 1698 a causa di un terremoto la chiesa ha subito dei danni di
conseguenza negli anni è stata modificata. E' un edificio inglobato in un monastero femminile che fin dalla
scelta del nome, Santa Sofia, fa capire due aspetti interessanti: il duca di Arechi dialoga con i modelli
imperiali (ricorda Santa Sofia nella Costantinopoli imperiale) e il ducato di Benevento ha rapporti
stringenti con il mondo bizantino perché per gran parte del VII-VIII sec. i bizantini mantengono Sicilia,
parte della Calabria e parte della Puglia.
L'architettura vede un corpo centrale esagonale con archi impostati su un colonnato sormontato da una
cupola (rifatta dopo il terremoto), il nucleo centrale è circondato da una base decagonale anch'essa scandita
da colonne. Questo gioco di piante permette una serie articolata di coperture sottolineata dagli intradossi
degli archi che danno sia un senso centripeto che centrifugo, di conseguenza si ha sia un richiamo verso il
centro che verso altri mille punti di vista diversi.
All'interno nell'abside ci sono dei resti di un ciclo più vasto dedicato alla vita del Battista, si tratta di
uniqum caratterizzati da una forte gestualità ed espressività e da volti dettagliati (nasi adunchi, menti
pronunciati) che sono testimonianze raffinate (non ha eguali), in particolare troviamo:
“Annuncio a Zaccaria”: la gestualità è evidente, vediamo l'angelo che benedice con la mano destra e dice a
Zaccaria che il figlio dovrà chiamarsi Giovanni, i movimento del corpo sono seguiti dalle vesti.
“Visitazione”: ci sono alcuni elementi che cercano di creare uno spazio reale, ma ciò che è fondamentale è
che il tutto si risolve in un gesto, ossia l'abbraccio di Maria che è andata a trovare sua cugina Elisabetta
()Paliotto d'altare, Maestro Orso, 738-742, Terni, San Pietro in Valle: l'opera, forse un paliotto d'altare, è
stata commissionata dal duca di Spoleto Ilderico. L'autore si firma (Ursus magester fecit) e si raffigura
anche. Quest'opera non è raffinata o realizzata finemente, non c'è alcuna ricerca di simmetria, equilibrio o
raffinatezza. C'è un'iscrizione che ricorda il duca Ilderico nella parte alta e dato che non entrava, viene fatta
continuare a sinistra.
()San Salvatore, VII sec.?, Spoleto: quest'opera mostra un ancoraggio con il mondo tardo- antico, che è
talmente forte da dare problemi con la datazione, si è dimostrato comunque che risale al periodo
longobardo. Ovviamente c'è il riutilizzo di materiale antico, ad esempio all'interno vediamo una
trabeazione con le colonne scanalate.
()Tempietto del Clitunnio, V-VI?/VII-VIII?, Pissignano: come la chiesa di San Salvatore è un uniqum in
quanto non si è certi della datazione, parrebbe essere un'opera di tradizione longobarda, ma non è sicuro in
quanto si avvicina anche ad alcuni edifici spagnoli della dominazione visigota. Anche l'utilizzo non è certo,
probabilmente era una cappella funeraria.
L'edificio si sviluppa su un podio praticabile e vi si accede tramite una scala laterale. I rilievi mostrano la
stilizzazione e astrazione vista altrove nelle opere longobarde, ciò ha fatto propendere gli studiosi a
classificarlo di epoca fra VII-VIII sec.
()Miniatura insulare VII-VIII sec., Inghilterra, Irlanda e Scozia: il nome di queste miniature si deve al fatto
che sono realizzate per l'appunto su isole. I primi capolavori estranei alla cultura mediterranea e dotati di
una qualità incredibile sono proprio le miniature insulari.

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Data la fondazione di molti monasteri e la figura di San Colombano che all'inizio del VII sec. scenderà in
Francia, poi in Italia arrivando a fondare il monastero di Bobbio che prenderà il suo nome, Inghilterra e
Irlanda riabbracciano il cattolicesimo. Nei monasteri fondati da San Colombano lo studio delle scritture
sacre è centrale, per cui gli scriptoria (luoghi dove vengono realizzati e conservati i manoscritti)
raggiungono livelli elevati con una scrittura specifica e raffinata con massima stilizzazione, con intrecci e
decori geometrici. Fra le miniature insulari più significative e di miglior qualità abbiamo>
-“Evangeliario di Durrow” (680) di cui non si conosce l'esatto luogo di provenienza ma che oggi è
conservato al Trinity college a Dublino. E' il più antico evangeliario tra quelli insulari ed ha una struttura
specifica a livello decorativo, i vangeli vedono le prime lettere ornate da lavorati fantasiosi e intrecciati. Ad
esempio, l'incipit del vangelo di Marco vede decorate “initium evangelium Iesu Christi”. Ogni vangelo è
introdotto dal simbolo dell'evangelista all'interno di una raffinata incorniciatura con intrecci e decori
geometrici complessi che si intersecano. Il simbolo dell'evangelista era inoltre affiancato dalla “carpet
page” quindi una decorazione a tappeto
-“Vangelo di Lindinsfarne (698-721, Londra British Library)”: è realizzato a Lidinsfarne, un'isola legata
alla Northumbria tramite una strada sopraelevata. Quest'opera è miniata dal vescovo di Lidinsfarne
Eadfrith e si tratta di una serie di vangeli che iniziano con la figura di un evangelista e il suo simbolo con
scritte in greco e latino, affiancato dalla carpet page cruciforme decorata da intrecci e forme geometriche,
riusciamo anche a intravedere pappagalli e pavoni che si uniscono al groviglio decorativo. Vediamo anche
qui l'incipit del vangelo di Marco che vede le iniziali decorate a intreccio e con molta fantasia e dettagli a
groviglio.
-“Libro di Kells (800, Dublino, Trinity College)”, forse è stato realizzato da monaci provenienti da Iona
che all'epoca è un centro fondamentale della Scozia, nell'806 viene saccheggiata dai vichinghi quindi i
monaci dello scriptorium del monastero di Iona sono costretti a fuggire e si rifugiano a Kells dove
realizzano questo libro. E' un codice più complesso degli altri, non ci sono solo iniziali miniate, carpet
page e simboli egli evangelisti ma anche scene figurate come “Cristo in trono tra angeli”, il tutto
chiaramente è caratterizzato da motivi geometrici e ad intreccio e la stilizzazione regna sovrana.
Intermezzo romano (la pittura a Roma fra VI e VIII sec.)
Roma una volta che i bizantini riconquistano l'Italia sotto Giustiniano si mantiene sotto Costantinopoli ma
a partire dal VII sec. comincerà una politica di alleanze e dialoghi con i vari regni europei. Tra VI e VIII
sec. il rapporto con il mondo orientale è molto stretto e in particolare durante l'iconoclastia (VIII sec.) i
monaci che devono scappare dall'impero d'oriente giungono in Italia, soprattutto a Roma.
()Santa Maria Antiqua, Roma: viene realizzata nel foro perché a partire dal VI-VII sec. molti edifici antichi
vengono riadattati per il nuovo culto. Il pantheon verrà dedicato ai martiri ad esempio.
In questa chiesa ci sono una serie di lacerti che permettono di seguire la pittura romana tra VI e VII sec.
-Solome i figli ed Eleazaro (fine VI sec.)> tratta di un episodio dei Maccabei ed è tra i più antichi ed è
caratterizzato dal naturalismo, infatti rispetto all'arte longobarda stilizzata è tutto un altro mondo. Tra VI e
VII sec. a Roma infatti c'è un mondo più naturalistico, vediamo degli spazi più concreti e gesti reali e chiari
-Parete palinsesto> ci sono alcune pareti caratterizzate da affreschi uno sopra l'altro, ciò spiega come si è
preceduto lungo i secoli, infatti una volta che un'immagine diventava obsoleta si copriva con un'altra e così
via. Per via dell'usura e degli studi si sono scoperti ben 6 strati di intonaco databili tra VI e VIII sec.
-Cappella di Teodoto> risale più o meno alla metà del VIII sec. (contemporanea all'altare di Ratchis) nella
decorazione con la crocifissione di Cristo vediamo che sebbene le figure siano rigide e le figure abbiano
delle proporzioni sbagliate in quanto Cristo è il più grande, i

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dolenti sono di minor grandezza e i due soldati (feriscono il costato di Cristo) sono i più piccoli, c'è
comunque il naturalismo, infatti l'artista pone attenzione alle luci e alle ombre e scalda gli incarnati con il
colore rosa. Tutte queste caratteristiche fanno capire che l'autore fa parte della tradizione bizantina.

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VIII-IX sec. La renovatio carolingia
Tra fine VIII sec. e IX sec. i franchi sono una stirpe fondamentale sul territorio europeo. Fra i motivi che
portano i franchi a primeggiare c’è sicuramente il Papa il quale, impaurito dai longobardi che vogliono
conquistare tutta la penisola italiana e non ricevendo aiuti dall’impero romano d’oriente che è sempre più
indebolito, inizia a dialogare con questo popolo di origine germanica ma cattolico. L’intervento dei franchi
è richiesto soprattutto quando i longobardi sconfiggendo i bizantini cominciano a conquistare tutti i territori
italiani. Nel momento in cui i franchi scendono l’esarcato tolto ai longobardi non verrà ridato all’impero
romano ma al papato.
I franchi intervengono perché avendo dalla loro il pontefice possono dare maggiore autorevolezza e
legittimità al loro potere. Quando nel 751 verrà incoronato Pipino il Breve verrà unto dal Papa, di
conseguenza il suo potere acquisisce forza e autorevolezza. Nel 768 Pipino il Breve muore e gli succede il
figlio Carlo che continuerà la sua battaglia contro i longobardi sconfiggendo nel 774 il re longobardo
Desiderio. Nell’800 la legittimazione del potere del re dei franchi raggiunge un’importante vetta in quanto
Carlo viene incoronato la notte di Natale imperatore, di quello che verrà poi chiamato Sacro Romano
impero dagli storici, presso San Pietro. Carlo riesce a riconquistare molti territori riuscendo quasi a
ricostruire l’impero romano d’occidente. Nel 814 Carlo Magno muore e gli succede il figlio Ludovico il
Pio, il grande impero che si era creato venne diviso nel 843 tramite il Trattato di Verdun in tre regioni
affidate a Lotario, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, quest'ultimo muore nel 877 e gli succede il
figlio Ludovico il Balbo.
Opere del VIII-IX sec.
La creazione di un impero nuovo significa anche la creazione di una politica culturale imperiale, i franchi
infatti tentano di riformare il clero e di costruire molti monasteri e abbazie che avranno un ruolo centrale
per la storia dell’arte perché saranno luoghi che ospiteranno gli scriptoria e le biblioteche. Negli scriptoria
gli amanuensi copiano i testi antichi provenienti da tutta Europa per tramandarli.
Durante l’epoca carolingia si cerca di affermare e legittimare il potere tramite la classicità, Carlo viene
visto come un nuovo Costantino e come l’imperatore cristiano.
()Moneta di epoca carolingia: il progetto carolingio è chiaro. Carlo Magno è raffigurato di profilo e con la
corona d’alloro simbolo di vittoria, accanto ha due iscrizioni che sono imp per imperatore e aug per
augusto. L’altra faccia della moneta ha una simbologia chiara che fa capire come all’epoca il potere
imperiale si basi sulla religione cristiana.
()Porta trionfale dell’abbazia di Lorsch, fine VIII secolo: è una porta trionfale che permetteva l’accesso al
recinto abbaziale della grande abbazia di Lorsch fondata precedentemente (anche se oggi la vediamo
isolata). L’abbazia viene poi ricostruita tra 772 e 774 e viene consacrata alla presenza di Carlo magno.
La porta è caratterizzata da tre grandi archi, i quali permettono il passaggio, che si impostano su pilastri su
cui si appoggiano anche delle semi colonne con capitelli compositi che rimandano al mondo classico. La
porta è anche decorata da una cornice marcapiano stilizzata di gusto meno antichizzante. Nella parte alta
sulla cornice poggiano dei pilastri decorativi scanalati su cui poggiano dei capitelli ionici (ancora gusto
classico), il tutto è caratterizzato dalla policromia bianco-rossa delle decorazioni geometriche, in
particolare nella parte alta vediamo esagoni rossi contornati da triangoli bianchi e nella parte inferiore
l'alternanza di losanghe e quadrati. All'interno (estremamente restaurato) c'è un'aula voltata che mantiene
parti di una decorazione pittorica con una finta loggetta che in parte dialoga con l'esterno data la
decorazione geometrica e bicroma. Non si conosce l'esatta funzione dell'ambiente, pare fosse un ruolo di
rappresentanza per i regnanti franchi quando andavano in visita all'abbazia. Quest'opera secondo gli studi è
debitrice dei grandi archi romani di trionfo, primo fra tutti l'arco di Costantino primo imperatore cristiano,
una figura fondamentale per il piano politico di Carlo Magno.
()Palazzo imperiale di Carlo Magno, Aquisgrana: la corte carolingia era itinerante data la

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necessità di controllare un vasto territorio, per cui ogni città che vedeva l'arrivo del re diventava capitale.
Carlo Magno cambia spesso città, alla fine dell'VIII sec. crea la capitale ad Aquisgrana in Germania nel
tentativo di ricreare una nuova Roma o Ravenna. Per la città prevede un grande palazzo con una cappella
palatina. Tutto è stato molto alterato per questo rimane solo la cappella palatina. Il palazzo imperiale
diventa anche il luogo della cosiddetta Schola palatina, ossia un gruppo di intellettuali che elaborano la
politica culturale del sovrano tramite lo studio del latino e dei testi antichi che vengono miniati per essere
tramandati ai posteri. Il complesso risentiva della tradizione palazziale imperiale quindi vediamo all'interno
di un torrione la parte privata abitativa dell'imperatore che poggia su una grande aula del trono (ricorda la
Basilica di Treviri voluta da Costantino), una serie di gallerie e di ambienti annessi tra cui terme e scuderie
e un loggiato a due piani che da accesso alla cappella palatina.
Da Ravenna Carlo Magno fa portare una seria di decori, marmi e oggetti che sono un richiamo evidente
alla classicità e nei cortili del palazzo fa porre una scultura equestre di Teodorico.
La cappella palatina è stata in parte modificata in quanto attorno le è stata costruita l'attuale cattedrale di
Aquisgrana, è un edificio caratterizzato da un elemento tipico dell'architettura carolingia che nel Nord
Europa avrà esempi plurimi, ossia il Westwerk, cioè un corpo di fabbrica realizzato, come dice il nome, a
occidente, quindi nella facciata e emerge da essa. E' un corpo a più piani, serrato ai lati dalle torri scalari
dove vengono conservate delle reliquie e i troni imperiali, per cui è il luogo sopraelevato da cui
l'imperatore segue le celebrazioni liturgiche. La cappella palatina ha una pianta ottagonale ed è
caratterizzata da un ambulacro voltato a crociera separato tramite degli archi sorretti da pilastri dalla parte
centrale coperta da una cupola ad otto spicchi con tamburo finestrato che poggia su otto grandi arconi
impostati su grandi pilastri che sono caratterizzati da due ordini, l'inferiore dotato di tre archetti sorretti da
colonne e il superiore dotato di colonne che toccano direttamente il sott'arco, in questa zona c'è il trono di
Carlo Magno, si tratta di un matroneo voltato a botte che affaccia proprio sull'ambiente centrale
I mosaici che ornano il tutto non sono originali ma sono stati rifatti nel 1800. La cappella è decorata da una
serie di marmi, oreficerie e pietre preziose provenienti da Ravenna ed è stata pensata come mausoleo per
Carlo Magno, oltre a ciò vediamo delle transenne in bronzo in un blocco unico (all'epoca in disuso come
materiale, quindi probabilmente le transenne vennero realizzate da maestri che si occupavano delle
campane) decorate da un motivo all'antica, in particolare vediamo paraste scanalate ed elementi geometrici.
Altre decorazioni importanti sono le imposte bronzee della porta dei lupi, si tratta di una porta aniconica in
quanto non ci sono figure umane o figure narrative, questo tipo di porta avrà fortuna anche nei secoli
successivi in territorio germanico. Nel 804 la cappella viene consacrata da Papa Leone III il quale 4 anni
prima aveva incoronato in San Pietro Carlo Magno. L'autore della cappella è Ottone di Mezze ed è evidente
come abbia ripreso la chiesa di San Vitale che era stata consacrata sotto Giustiniano nel 547, essa è un
modello illustre e autorevole e il fatto che la cappella palatina la riprenda segna una grande continuità con
l'impero romano.
()Statuetta equestre di Carlo Magno, Louvre, Parigi: non siamo sicuri che sia Carlo Magno, potrebbe essere
Carlo il Calvo, in ogni caso, in questo clima di rievocazione dell'antico questa statuetta prende come
modello il Marco Aurelio (nel Medioevo si pensava fosse Costantino, quindi il primo imperatore cristiano).
()Pianta dell'abbazia di San Gallo 820, Biblioteca di San Gallo: è la pianta di un'abbazia che per molto
tempo si è pensato fosse “ideale”, una sorta di modello, ma in realtà è un progetto ambizioso per rifondare
la basilica svizzera di San Gallo. E' di straordinaria importanza perché permette di vedere l'articolazione di
uno spazio straordinario, vediamo infatti una serie di altari dedicati a vari santi, di cui l'altare centrale è
dedicato a San Gallo..., una serie di cori per i monaci, il maggiore vicino agli altari e il minore vicino

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all'ingresso. Questa pianta da l'idea di quanto fossero importanti i monasteri all'epoca. ()Abbazia di Corvey,
873-885: è fondamentale in quanto mantiene l'unico esempio conservato integralmente di Westwerk di età
carolingia.
La miniatura Carolingia
La miniatura è centrale durante l'epoca carolingia e viene esercitata nei monasteri e nelle abbazie. I
miniatori si fanno influenzare dai modelli che copiano in quanto i testi su cui lavorano provengono da
luoghi diversi e appartengono ad epoche diverse, per questo la miniatura carolingia vede un alternarsi di
stili che sono stati sintetizzati in due grandi filoni: filone della scuola di corte e tendenza neoellenistica.
Il primo filone segue l'interesse di Carlo Magno ed ha un largo sviluppo ad Aquisgrana, infatti guarda agli
esempi illustri dell'arte ravennate e romana esaltandone gli aspetti meno realistici e meno vivi, quindi non
prestando attenzione agli interessi spaziali. Il tutto combinato con un forte gusto decorativo astratto
derivato dalla miniatura insulare.
Il più antico manoscritto della scuola di corte è il Vangelo di Godescalco (783, Parigi, Biblioteca
Nazionale) probabilmente commissionato da Carlo Magno stesso, per il battesimo del figlio maggiore
Ludovico il Pio, fra le rappresentazioni vediamo “Cristo benedicente” e “Fontana della Vita” che allude al
battesimo. Il tutto è decorato da una serie di iniziali ornate. Altro esempio di questo filone è il vangelo di
Saint Medard di Soissons commissionato ancora una volta da Carlo Magno e poi donato dal figlio
Ludovico il Pio all'abbazia di Medard a Soissons (790, Parigi, Biblioteca nazionale), anche qua troviamo la
rappresentazione “Fontana della vita” e un'altra interessante è “Giovanni Evangelista”, in questa opera, ma
in generale in quelle successive, c'è più attenzione al dato naturalistico e alla spazialità. Possiamo fare un
confronto tra la rappresentazione “Fontana della vita” del vangelo di Godescalco e del vangelo di Medard,
se la prima non ha nessun tipo di ambientazione o senso di spazialità e profondità dato che gli animali (di
tradizione ravennate) sono disposti tutti sullo stesso piano, la seconda ha uno studio più attento del dato
naturalistico, vediamo animali più o meno grandi, disposti in varie posizioni e con sfumature del pelo o del
piumaggio, oltre alla fontana vediamo la realizzazione del paesaggio e i colori utilizzati creano più
sfumature. Il capolavoro della scuola di corte è senza dubbio il Vangelo di Lorsch (778-820, Roma,
Biblioteca Vaticana), rappresenta perfettamente la tendenza a recuperare modelli aulici romani e ravennate
e combinarli con un gusto astratto e geometrico per il decoro. La pergamena del codice è preparato con un
colore purpureo, questo ci riporta immediatamente ai codici purpurei del VI sec. (età giustinianea). Tra le
rappresentazioni abbiamo “San Giovanni” e “Cristo in trono” ossia Cristo pantocratore che benedice in una
posa molto rigida e frontale, il disegno ci riporta ai mosaici bizantini ravennati. Nell'incipit del vangelo di
Matteo vediamo che le iniziali ci riportano alle decorazioni delle miniature insulari dati gli intrecci e i
grovigli. Sicuramente un filo conduttore tra tutti gli evangelari della scuola di corte è la realizzazione a
piena pagina degli evangelisti.
Questi evangelari hanno delle copertine eburnee (in avorio quindi molto preziose), del vangelo di Lorsch si
sono conservate, di conseguenza possiamo avere un quadro più completo dell'opera e riflettere sul fatto che
questi vangeli sono realizzati da una comunità, da una parte abbiamo i miniatori che si occupano delle
illustrazioni, dall'altra abbiamo gli incisori che occupandosi delle copertine in avorio vengono influenzati
stilisticamente dai miniatori.
Il secondo filone ha uno stile più dinamico ed espressivo di matrice orientale, la narrazione è vivace e
spigliata, la pennellata è pastosa, il colore è pieno, i personaggi sono avvolti in vesti e sembrano quasi dei
filosofi antichi e c'è una resa più attenta del paesaggio. Tale filone avrà fortuna da dopo la morte di Carlo
Magno, quindi con il suo successore e figlio Ludovico il Pio e in particolare nello scriptorium di Reims in
Francia.
Comunque le opere hanno circa la stessa datazione di quelle della scuola di corte, vediamo sempre la carta
porpora lavorata con inchiostro oro ed argento e i ritratti degli

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evangelisti a piena pagina. Questo filone è iniziato dai Vangeli dell'incoronazione (800, Vienna,
NationalBibliothek Schatzkamme) e se confrontiamo questa opera con i Vangeli di Lorsch notiamo subito
che se nella prima il colore è lavorato per ricreare sfumature luci e ombre, il volto dell'evangelista è
espressivo, il paesaggio è più curato e la posa è più morbida, nella seconda il colore è pieno, il paesaggio è
astratto e la posa è frontale.
Un'altra opera interessante della tendenza neoellenistica è il Vangelo di Ebbone (820, Eparnay, Biblioteca
municipale) che viene realizzato presso lo scriptorium di Reims per l'arcivescovo Ebbone in carica dall'816
all'835. Il vangelo contiene una serie di evangelisti a piena pagina caratterizzati da un'espressività
impressionante, infatti tramite una serie di tocchi di pennello velocissimi e brevissimi si suggeriscono il
movimento delle vesti, i versanti delle colline, le architetture... Il dinamismo chiaramente fa da padrone.
Allo scriptorium di Reims appartiene anche il Salterio di Utrecht (820-830, Utrecht, Bibliothek
Rijksuniversiteit) un libro contenente illustrazioni di salmi. E' stato realizzato anch'esso per Ebbone ed è un
uniqum non solo per la narrazione dinamica, vivace e sciolta tipica di questo filone ma anche perché non
c'è traccia di colore ma solo di inchiostro. Essendo monocromo il Salterio di Utrecht vede l'evidenziarsi del
movimento dei corpi, delle luci e delle ombre. Questa secondo scuola ha un impatto decisivo sulla
produzione di copertine eburnee per miniature soprattutto nell'epoca di Carlo il Calvo, quasi alla fine
dell'epoca carolingia. Tra gli esempi ricordiamo “Legatura del salterio di Carlo il Calvo” (840-877, Zurigo,
Landesmuseum) e possiamo notare movimenti dinamici, vivaci e spigliati ed episodi descritti con una
narrazione vivace. Confrontando queste copertine con le illustrazioni del Salterio di Utrecht notiamo molte
somiglianze a livello di dinamismo e vivacità.
La tendenza neoellenistica arriva all'apice con una serie di opere realizzate per Carlo il Calvo a Tours,
frutto di questo scriptorium è la Prima Bibbia di Carlo il Calvo (840-877, Parigi, Biblioteca nazionale) e fra
le scene più importanti troviamo “Scena di dedica da parte dell'abate di San Martino a Tours, il Conte
Vivien”, in cui vediamo la donazione da parte dell'abate laico di San Martino, il conte Vivien, al sovrano,
in particolare nella scena il conte Vivien sta indicando al sovrano la Bibbia che gli stanno portando e
“Storie della genesi”. Altro esempi è la Seconda Bibbia di Carlo il Calvo che verrà donata dal sovrano a
San Paolo fuori le Mura. E' evidente la narrazione vivace e dinamica che riprende i vangeli di Ebbone della
generazione precedente.
Affreschi dell'epoca carolingia
All'epoca carolingia si devono alcune pitture su muro che mostrano un'evidente vivacità e dinamicità,
rispetto alle miniature sono comunque meno raffinate. Queste opere si conservano lungo l'arco alpino tra
Svizzera e Val Venosta, all'epoca infatti l'appennino non era un semplice ostacolo ma un punto di scambio
e dialogo fra diverse culture.
()Chiesa di San Giovanni, 830, Cantone dei Grigioni, Müstair: contiene una serie di storie dell'antico e
nuovo testamento quasi totalmente rovinate. Nelle scene c'è un tentativo di rendere una forte espressività
come ad esempio in “Guarigione dell'Emorroissa”.
()Chiesa di San Benedetto, Malles (Bolzano): l'autore di questi affreschi è più abile rispetto a quello di
Müstair, un dettaglio interessante è il committente che mostra al Cristo benedicente fra due angeli il
modello dell'edificio.
()Chiesa di San Procolo, VIII-IX sec., Naturno (Bolzano): vediamo una forte tendenza alla semplificazione
ed all'eliminazione del dato spaziale. La figura umana non è affatto studiata come vediamo nella scena
della fuga di San Procolo da Verona tramite una sorta di altalena e con l'aiuto di alcuni compagni. Di
livello più elevato sono le cornici con elementi geometrici e con colori vibranti che inquadrano le scene.
()Santa Maria Foris Portas, VI-X sec., Castelseprio (Varese): questa chiese nell'abside contiene un ciclo di
affreschi con le storie della Vergine e dell'infanzia di Cristo. Questi sono gli affreschi qualitativamente più
alte di tutta l'età Alto-medievale in Europa, è singolare che si trovino in un luogo così isolato. Dato che non
possono essere paragonati

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con altre opere ci sono stati problemi con la datazione, ciò unito al fatto che altre opere simili potrebbero
non essere arrivate a noi.
C'è un naturalismo veramente esibito che vedremo solo nei secoli successivi, una forte espressività, la
ricerca della spazialità dettata anche dalle ambientazioni architettoniche, la natura è rigogliosa e ben
dettagliata, i colori sono chiari e tenui è ovvia quindi la provenienza orientale dell'autore. In più occasioni
si attinge ai cosiddetti vangeli apocrifi, quindi non ai quattro canonici considerati dalla Chiesa, un esempio:
tra le nutrici che assistono Maria durante il parto ce n'è una che dubita della verginità ed è realizzata ai
piedi del letto dove è sdraiata la Vergine mentre si sorregge una mano che le è stata paralizzata.
Forse questi affreschi sono del VI sec. e potrebbero avere come produzione vicina quella della chiesa
romana di Santa Maria Antiqua.
Oreficeria Carolingia
()Altare d'oro di Vuolvinio, 824-859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano: l'altare è stato realizzato per
commissione del vescovo Angilberto messo alla guida della diocesi di Milano da Carlo il Calvo ed è
totalmente rivestito sui 4 lati (sia lati corti che lati maggiori) da lastre d'oro. La fronte oltre ad essere dorata
è dotata di smalti cloisonné, cammei e pietre preziose incastonate. Essa è divisa in tre parti, nella parte
centrale vediamo una croce svasata con al centro Cristo giudice e sulle braccia i quattro evangelisti e ai lati
gruppi di tre apostoli (per un totale di dodici).
Nelle parti laterali invece troviamo le Storie di Cristo, tra le scene più importanti troviamo l'Annunciazione
e l'adorazione dei pastori.
Nella parte posteriore troviamo invece le storie di Sant'Ambrogio, quindi del santo titolare della basilica.
Nella zona centrale vediamo due ante decorate con quattro oculi (due su ognuno) che ospitano San Michele
Arcangelo e San Gabriele in alto, in basso a destra Sant'Ambrogio che incorona Vuolvinio, quindi l'autore
di questa impresa orafa, il quale si dichiara Vuolvinio Magister Phaber, quindi maestro orafo, si tratta di
una sorta di incoronazione delle sue abilità e in basso a sinistra sempre Sant'Ambrogio che benedice il
vescovo e committente Angilberto, il quale presenta il modello dell'altare da lui stesso commissionato.
Queste due ante chiaramente possono essere aperte e permettono di inquadrare la finestra che da la
possibilità di guardare la sepoltura di Sant'Ambrogio, molto spesso le grandi basiliche hanno sotto l'altare il
corpo del santo titolare in quanto è il luogo dove si celebra il culto.
Queste lastre venivano battute sul dietro per ottenere la forma e poi rifinite tramite degli stiletti, la luce che
batte sull'oro e sulle varie preziosità crea dei giochi di luce incantevoli. Ormai l'oreficeria è monumentale,
non si tratta più solo di un'arte guida per le popolazioni barbare ma anche della sua apertura alla narrazione.
L'opera di per se è straordinaria in quanto si conserva in ottime condizioni e si trova nel suo luogo
originale.
La critica ha individuato più mani nella realizzazione delle varie formelle, confrontando infatti le formelle
delle Storie di Cristo (come quella dei magi che omaggiano Gesù) con le formelle delle Storie di Ambrogio
vediamo che le prime hanno una narrazione più vivace fatta di gesti molto evidenti, mentre le seconde (fra
cui la scena dello spirito santo che convince Sant'Ambrogio a tornare verso Milano) sono più solenni,
emergono in modo più chiaro i personaggi dal fondo argentato grazie alla doratura che interessa solo
alcune parti e i gesti sono più pausati.

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X sec. La rinascita dell'anno Mille
Dopo la morte di Carlo Magno l'unita dell'impero cede sia per pressioni esterne che per gli scontri fra il
potere centrale e la nobiltà locale. Le difficoltà e la crisi vengono superate quando Ottone I viene eletto nel
962 imperatore, a lui seguirà il figlio Ottone II che nel 972 contrae matrimonio con la principessa bizantina
Teofano. Quindi si crea un rapporto sempre più spesso tra la corte dei franchi e Bisanzio. Dal 983 al 1002
l'imperatore sarà Ottone III, al quale succederà Enrico II eletto imperatore nel 1014. Alla morte di Enrico II
la corona imperiale passa Corrado II il Salico della casa di Franconia
Opere del VIII-IX sec
In questo periodo si ha in architettura lo sviluppo delle premesse dell'arte carolingia che sembrano far
presagire l'avvento dell'arte romanica.
()Chiesa di San Ciriaco 960, (Gernrode in Sassonia): la chiesa viene realizzata per volontà del feudatario
Gerone, fedele e Ottone I, che aveva ottenuto le reliquie di San Ciriaco dal pontefice. La chiesa è dotata del
westwerk meglio conservato dell'età ottoniana, ci sono poi una grande abside con due absidi più piccole
che si aprono sul transetto, tre navate di cui la centrale è più grande delle laterali ed è separata da esse
tramite archi impostati in modo alternato su pilastri e colonne. Nelle chiese a impianto basilicale
solitamente la navata centrale è dotata di unitarietà, qua c'è una prima variazione. Nella parte alta la
partizione è ulteriormente sviluppata con pilastri che inquadrano una serie di archetti impostati su colonne.
Una grande novità è il presbiterio rialzato con sotto la cripta, dopo il 1000 sarà un luogo di vitale
importanza.
()Chiesa di San Michele, 933-1022, (Hildesheim): è una chiesa benedettina commissionata dall'arcivescovo
Bernoardo. Durante la II Guerra Mondiale è stata quasi totalmente distrutta, per questo è stata ricostruita in
forme analoghe a quelle originali. Troviamo due absidi contrapposte, un avancorpo nella parte occidentale
che risulta ingentilito dall'ambulacro, due transetti speculari, di cui uno immette nella chiesa tramite le
navate e l'altro la chiude accogliendo tre absidi. Nell'intersezione tra i transetti e il corpo centrale si ergono
due grandi torri che sono fiancheggiate da quattro grandi torri scalari che permettono di raggiungere i piani
superiori.
All'interno vediamo che l'altezza del vano centrale è molto sviluppata, la navata centrale è divisa dalle
laterali tramite un'alternanza di due colonne e un pilastro su cui si impostano degli archi, sui lati corti dei
transetti si sviluppano i cori degli angeli in cui ci sono tre ordini di arcate con una proporzionalità evidente
per cui la parte inferiore ha meno arcate ma più grandi e via via che si sale le arcate aumentano di numero e
diminuiscono di ampiezza. La scelta cromatica non fa altro che sottolineare la poderosità (aspetto tipico
dell'architettura più tarda).
Per Hildesheim sono state realizzate anche delle porte bronzee (rappresentano un momento tecnologico
molto importante), decorate con le Storie della Genesi e Storie della vita di Cristo, qua c'è l'idea per cui
Cristo porta a compimento l'antico testamento, egli è il nuovo Adamo che riscatta la colpa dell'uomo
(peccato originale) morendo sulla croce. Le imposte ospitano 16 formelle dove vediamo una grande
raffinatezza esecutiva, chiaramente il precedente è la “Porta dei lupi” di Aquisgrana (nonostante fosse
aniconica). Il rilievo è accentuato tanto da gettare ombra, vediamo infatti che formando figure umane è più
alto e formando vegetazione e rocce è più ridotto, le figure si staccano dal fondo con forza e i gesti sono
enfatizzati>
La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre= l'angelo con forza ed enfasi brandisce la spada
Il peccato originale= sono forti i gesti dei progenitori che si coprono con le foglie di fico e Dio che compie
con il dito un gesto accusatorio
E' molto interessante anche lo studio raffinato dello spazio, le vesti sembrano seguire i movimenti dei
corpi, le aureole seguono i movimenti delle teste e i corpi non sono rigidi e frontali, vediamo personaggi di
profilo, altri di ¾ e altri ancora in posizioni che

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suggeriscono il movimento.
Un altro elemento interessante è la colonna bronzea, si tratta di un appoggio per il cero pasquale e in
particolare è una colonna coclide, quindi il rilevo gira intorno alla colonna formando una spirale
(riferimento alla colonna traiana). Nonostante sia parte della chiesa di San Michele ha rilievi molto diversi
da quelli della porta del bronzo, non vediamo infatti notazioni ambientali, tanto che le figure si stagliano
sulla superficie liscia, anche a livello spaziale non c'è uno studio raffinato, nella scena “Nozze di Cana” il
tavolo sembra galleggiare sulle ginocchia dei commensali. Comunque i gesti enfatici persistono, sempre
nella scena “Nozze di Cana” vediamo Cristo che sta per compiere un miracolo.
()Chiesa di San Giorgio, fine IX sec.-inizio X sec., Oberzell (Isola di Reichenau): dall'abbazia di
Reichenau, centro di un importante scriptorium dipendono tutta una serie di edifici tra cui la chiesa di San
Giorgio. Essa ha un interno molto semplice scandito da tre navate, di cui quella centrale più larga delle
laterali, in fondo vediamo un arco trionfale che immette nell'abside voltata a crociera. L'aspetto più
importante è che nella navate centrale si conserva un ciclo di affreschi (molto rovinato) databile alla fine
del X sec. e voluto dall'abate Witigowo. La parete di sinistra accoglie le Storie di Cristo divise in tre
registri, il più basso (i pennacchi) accoglie dei clipei con figure di abati, il mediano è marcato da greche e
meandri molto accesi cromaticamente e accoglie dei riquadri con le storie di Cristo e il più alto vede dodici
apostoli (sei per lato) che si alternano con le finestre ad arco. Un aspetto che si coglie immediatamente è la
ripetizione degli schemi, Cristo infatti è quasi sempre a sinistra, gli apostoli si trovano dietro Cristo, le
scene si svolgono all'interno di ambientazioni architettoniche e nel resto dello spazio si dipana l'evento
miracoloso. La predilezione di queste scene è per Cristo taumaturgo, quindi nelle sue capacità di guaritore,
questa è una caratteristica tipica dei cicli orientali-bizantini. Questo schema ripetuto l'abbiamo già
incontrato a Ravenna in Sant'Apollinare Nuovo. Fra gli affreschi più interessanti della chiesa di San
Giorgio troviamo>
-Cristo placa la tempesta
-La guarigione dell'idropico
-Esorcismo degli indemoniati di Gerasa: con minuzia viene rappresentato Cristo che scaccia i demoni da un
uomo per mandarli nei corpi di alcuni maiali che cercano di gettarsi in acqua, la maestranza dell'affresco ha
tentato di creare l'effetto del riflesso degli animali (i demoni sono rappresentati come se stessero
cavalcando).
Tutti gli affreschi sono accomunati da colori vibranti e vivi, la cornice di greche e meandri, gesti enfatici,
gusto per il dettaglio e naturalismo e seguono un andamento che parte dal fondo della chiesa, attraversa
tutta la parete sinistra, arriva all'altare, prosegue lungo la parete destra e termina alla fine della chiesa.
La ripetizione delle decorazioni e delle composizioni unifica le scene, quindi vediamo che il paesaggio, il
cielo e gli specchi d'acqua sono gli stessi in tutte le scene.
Miniatura di età ottoniana
Tra epoca carolingia ed epoca ottoniana la miniatura raggiunge delle vette molto alte, tra IX sec. e XI sec. è
proprio un'arte guida.
()Registrum Gregorii, 983: è appartenente allo scriptorium di Reichenau e conserva le trascrizioni dei
dialoghi di Gregorio Magno che l'arcivescovo Egberto di Treviri ha voluto far ornare da un maestro
probabilmente di origine italiana. Egli da questa impresa prende il nome di Maestro del Registrum Gregorii
(spesso quando non conosciamo l'identità anagrafica di un artista ma riconosciamo la sua mano dopo il
confronto di una serie di opere che gli vengono attribuite usiamo un nome di comodo). Le immagini sono
caratterizzate da colori tenui come il verde acqua, il rosa, l'azzurro, le pagine sono inquadrate da fuseruole
e perline e il lessico dell'artista nelle architetture è sicuramente classicista. Il codice è composto da
miniature preziose come>
-Ottone II in trono, Musee Conde, Chantilly: l'imperatore Ottone II è rappresentato in trono in posizione
frontale mentre viene omaggiato dalle province rappresentate dalla quattro

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donne con globi e corone che si trovano ai suoi lati
-San Gregorio ispirato dalla colomba, 983, Staadtsbibliothek, Treviri: è una composizione meno solenne e
più complessa spazialmente, vediamo Gregorio Magno nel suo scriptorium all'interno di un palazzo
classicheggiante e raffinato date le colonne e il drappo legato (motivo naturalistico che ritornerà). Egli è
intento a dettare i suoi dialoghi allo scriba che si trova dietro la tenda, quest'ultimo sta anche cercando di
capire che cosa sta sussurrando la colomba alle orecchie di Gregorio Magno.
()Codex Egberti, ante 993 (morte di Egberto), Staadtsbibliothek, Trevir: è appartenente allo scriptorium di
Reichenau e il maestro del Registrum Gregorii realizza alcune miniature per questo codice, in particolare di
165 con 60 mniature, 7 sono a lui attribuibili per motivi stilistici. L'arcivescovo Egberto è nuovamente il
committente (per questo lo datiamo ante 993).
Fra le miniature interessanti troviamo:
Egberto tra i monaci Kerald ed Heribert: Egberto è rappresentato con una forma quadrata dorata e non con
un nimbo, è uno stratagemma per far capire che il soggetto è ancora in vita.
-Annunciazione (maestro del Registrum Gregorii): vediamo una serie di notazioni realistiche come la città
di Nazaret che si snoda in una serie di edifici, i gesti concreti come le mani della Vergine che indicano
sorpresa per l'arrivo dell'Angelo, vari riferimenti ambientali come il cielo che sfuma da azzurro e violetto (a
suggerire la sera) e una spazialità più studiata, l'angelo infatti posa i piedi sul terreno in modo abbastanza
credibile
-Miracolo sul lago Tiberiade (maestro del Registrum Gregorii): vediamo l'utilizzo delle lumeggiature
bianche sulle sponde del lago per suggerire la luce, inoltre vediamo una grande abilità nel colore, le onde
infatti lasciano emergere la barca ma il colore rosso è attenuato come se davvero si trovasse sott'acqua.
L'episodio si riferisce all'apparizione di Cristo che cammina sulle acque davanti agli apostoli e Pietro
volendolo imitare cade in acqua in quanto spaventato, ma Cristo lo aiuta.
-Strage degli innocenti (maestro del Registrum Gregorii)
-Natività e Annuncio dei pastori (maestro del Registrum Gregorii)
Data l'attenzione al dettaglio naturalistico, il virare dei colori verso il violetto, la generale preferenza per i
colori pastello, le notazioni architettoniche e la narrazione varia e i tituli (che indicano le scene raffigurate)
le miniature del maestro del Registrum Gregorii dialogano con il Virgilio Vaticano (quest'ultimo comunque
è più composto).
Altri artisti hanno chiaramente realizzato le miniature del Codex Egberti dando vita a:
-Noli me tangere
-Apparizione di Cristo agli apostoli
-Incredulità di San Tommaso
()Vangelo di Ottone III, fine X sec. Bayerische Staatsbibliothek. Monaco: è un'opera che appartiene allo
scriptorium di Reichenau e celebra Ottone III cui impero inizia nel 996. Tra le miniature più interessanti
troviamo>
-Ottone III circondato dai grandi dell'impero, riceve l'omaggio delle province: vediamo l'omaggio delle
province nei confronti dell'imperatore, questo è il tema imperiale per eccellenza di conseguenza ricorre
spesso. Possiamo confrontare questa miniatura con la miniatura Ottone II in trono (Registrum Gregorii), la
prima scena si sviluppa su due riquadri diversi, in uno c'è Ottone III in trono e nell'altro le province, i colori
sono più vivi e accesi e lo spazio è meno studiato, vediamo infatti un intreccio di piedi inverosimile dato
che ad esempio, le figure ai lati dell'imperatore sono su piani diversi e non dovrebbero incrociarsi e Ottone
III stesso sul trono occupa lo spazio in modo poco credibile. La seconda miniatura invece occupa solo un
riquadro, ha colori tenui e lo spazio è più credibile, ad esempio, le province ai lati di Ottone II occupano
posti diversi e sono disposti a diverse profondità.
-L'evangelista Luca: l'evangelista è posto sotto un arco di festoni vegetali, all'interno di una

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mandorla e porta in trionfo Cristo ed il Tetramorfo (infatti vediamo il toro alato che rappresenta Luca).
Questa miniatura è realizzata da uno sfondo oro per cui siamo in una dimensione atemporale e senza
spazio. Possiamo fare un confronto tra questa miniatura e il San Giovanni del Vangelo di Lorsch, nella
prima si predilige un luogo simbolico e allegorico privo di notazioni naturalistiche e realistiche (nonostante
qualche elemento vegetali e gli animali che si abbeverano), nella seconda miniatura invece vediamo la
tradizione dell'evangelista sul trono che scrive circondato da alcuni elementi come il calamaio e il vangelo
e un tendaggio che si apre sul paesaggio.
-Orazione nell'orto: ritorna il tema dell'ambientazione priva del dato naturalistico e realistico per cui non
vediamo neanche i fenomeni atmosferici. In quanto tutto è dominato dalla foglia oro. Le figure fanno gesti
enfatici e sono percorse da vesti che gli accentuano. Sicuramente la narrazione è molto esaltata e vivace
-Cattura di Cristo
-Lavanda dei piedi
-Ingresso a Gerusalemme
Sicuramente le miniature di questo evangeliario sono caratterizzate dall'astrazione, non tanto delle forme
quando dell'ambientazione
()Pericopi di Enrico II il Santo, 1010 Staatsbibliothek, Monaco: rappresenta gli esiti finali dello scriptorium
di Reichenau. Enrico II è il successore di Ottone III e le pericopi sono dei testi scelti, spesso dai vangeli. La
coperta delle pericopi di Enrico II è molto preziosa e caratterizzata da oro, pietre preziose e smalti
cloisonné bizantini all'esterno, all'interno vediamo il riutilizzo di un avorio carolingio di Reims. In questa
sintesi che vede tradizione bizantina e carolingia si può vedere un aspetto peculiare dell'arte ottoniana,
infatti vediamo l'apertura al mondo bizantino e il rinnovo del mondo carolingio. La tendenza a
un'astrazione non tanto delle forme ma dell'ambientazione, già vista nell'evangeliario di Ottone III, qua è
estremamente evidente, c'è un'esasperazione degli aspetti bidimensionali effettivamente. Tra le miniature
più interessanti troviamo>
-Cristo incorona Enrico II e la moglie Cunegonda: ritorna il tema dell'imperatore omaggiato dalle province
nel registro inferiore, mentre il registro superiore vede Cristo che incorona Enrico II e la moglie
Cunegonda presentati da Pietro e Paolo. C'è una forte disinvoltura nel passare da un registro all'altro, di
conseguenza nel dividere la miniatura in due
-Annuncio ai pastori: è evidente l'attenzione per la preziosità, vediamo infatti un fondo oro che sostituisce
l'ambientazione. I gesti sono enfatizzati, le vesti dei personaggi gli sottolineano e la narrazione risulta
molto vivace
-Pie donne al sepolcro: ritorna la preziosità dello sfondo oro e nonostante un'architettura ben curata la
notazione d'ambiente è nuovamente assente
Possiamo quindi fare un confronto fra queste miniature e le scene del Registrum Gregorii, nelle prime
osserviamo l'assenza di elementi di ambientazione e di architettura in favore dello sfondo oro, nelle
seconde sebbene qualche posa rigida e frontale l'attenzione al dettaglio naturalistico è piuttosto evidente
()Apocalisse di Bamberga,1020, Staatsbibliothek, Bamberga: il grafismo, la bidimensionalità e l'assenza di
ambientazione verosimile sono portati all'apice. Il nome della miniatura deriva dal fatto che l'opera è stata
creata nello scriptorium di Reichenau per Enrico II e poi è stata donata alla cattedrale di Bamberga. Nelle
scene ritorna la divisione della miniatura in due parti e il passaggio da una scena all'altra, lo sfondo oro, i
gesti enfatici e la narrazione vivace. E' molto interessante il tema che affronta quest'opera, l'apocalisse, ad
inizio dell'XI sec. infatti c'era il timore per la fine del mondo.
Avori del X sec.
Durante il X sec. assistiamo a un nuovo splendore, dopo anni di iconoclastia, rappresentato dall'età
macedone, caratterizzata dal dialogo tra mondo ottoniano e mondo bizantino anche per motivi dinastici in
quanto nel 972 abbiamo il matrimonio tra Teofano e Ottone II, Viene proprio realizzato il loro contratto
matrimoniale nello stesso anno, si tratta

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di una miniatura preparata con la porpora e decorata con scritte oro e grandi dischi su sfondo blu che
ospitano animali a piena pagina.
Durante questa epoca vengono realizzati diversi avori interessanti>
()Mosè riceve le tavole della legge e Incredulità di San Tommaso, fine X sec., Berlino,
Bode-museum
()Ingresso di Cristo a Gerusalemme, X sec., Berlino, Bode-museum ()Cristo benedice Ottone II e Teofano,
Musee de Cluny, Parigi
Questi avori possono essere confrontati con le miniature dell'Evangeliario di Ottone III e vediamo un
marcato segno grafico, gesti enfatizzati e una vivace narrazione
()Coperta con la Dormitio virginis in avorio del Vangelo di Ottone III, fine X sec. Bayerische museum,
Monaco: questa coperta eburnea è circondata da una cornice d'oro tempestata da pietre preziose
Oreficeria ottoniana
()Antependium di Basilea, ante 1024, Museo Cluny, Parigi: è anche detto paliotto, ossia un oggetto che va
posto dinanzi all'altare per fini decorativi. E' datata in ante 1024 in quanto è stato voluto da Enrico II morto
proprio quell'anno.
E' detto di Basilea perché è giunto proprio nella cattedrale di Basilea, non ci sono notizie sul luogo per cui
è stato realizzato ma sappiamo che è stato fatto per un insediamento benedettino perché nella fronte
vediamo Cristo benedicente e stante al centro sotto un'arcata (Cristo è di maggiori dimensioni data la sua
importanza) più ampia e sotto archetti più piccoli tre angeli e San Benedetto (a sinistra di Cristo). Cristo ha
un nimbo tempestato di pietre preziose, si parla di nimbo crucigero in quanto il compasso dell'aureola ha
all'interno una croce che inquadra il volto di Cristo. Egli è elevato su una montagnola (simile a quella
nell'Annuncio ai pastori delle Pericopi) ed ai suoi piedi troviamo i sovrani. Ovviamente sono evidente
l'astrazione e la stilizzazione che già erano presenti nelle Pericopi e nell'Apocalisse di Bamberga, qua si
aggiunge tuttavia un gusto per le figure allungate e dai panneggi mossi e sinuosi, il tutto realizzato tramite
un rilievo gentile e sottile che ricalca quello delle porte bronzee di Hildesheim. Queste caratteristiche sono
di chiaro stampo bizantino.
C'è una grande profusione di decori in quest'opera, l'oro domina su tutto, vediamo una serie di girali
acantacee su lesene e trabeazione, animai affrontati lungo tutta la cornice e motivi vegetali sbalzati sui
pennacchi.
()Pulpito, 1014, cappella palatina, Aquisgrana: è il luogo da dove si legge il Vangelo ed è stato
commissionato da Enrico II per la cappella palatina del palazzo di Aquisgrana. Si tratta di un'opera
sontuosa costituita da una lamina oro su legno, nella parte anteriore da riquadrature in aggetto decorate con
pietre preziose e al centro vasi antichi incastonati, lateralmente da raffigurazioni in oro sbalzato degli
evangelisti e sui lati più corti da avori bizantini. Quest'opera è in grado di combinare l'antico (avori
bizantini) e l'arte del tempo (evangelisti in oro)
()Pala d'oro, primo quarto dell'XI sec., cappella palatina, Aquisgrana: si tratta di un paliotto/antependium di
cui sono originali le forme in oro ma non la cornice in legno. Le formelle accolgono “Cristo in mandorla
tra i simboli degli evangelisti” e ”Storie della Passione”. Le figure si stagliano potenti e vigorose sullo
sfondo oro e compiono gesti enfatici. Al centro chiaramente troviamo Cristo benedicente in mandorla
realizzato staccato dal fondo, oltre ad essere circondato dai simboli degli evangelisti vediamo la Vergine
Maria che cerca di mediare nel giudizio e San Michele Arcangelo, che deve pesare le anime il giorno del
Giudizio. Si tratta evidentemente della raffigurazione del giudizio universale.
Chiaramente l'oreficeria non è una prerogativa tedesca, in ambito italiano troviamo infatti esempi che
seguono la tradizione di Vuolvinio.
()Croce del vescovo Leone, Cattedrale di Sant'Eusebio, Vercelli: si tratta di un crocifisso in argento
sbalzato decorato da pietre preziose dalle dimensioni colossali, attualmente il

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giorno di Pasqua viene scoperto durante la celebrazione.
E' un'opera commissionata dal vescovo Leone che fu vescovo di Vercelli dal 988 e si trova al centro della
navata.
Il crocifisso è caratterizzato da un gioco di cromie, in particolare vediamo l'argento della croce e del corpo
del Cristo, l'oro dei capelli, del perizoma e delle corona e i vari colori delle pietre preziose. Tutto il fondo
della croce è riccamente ornato con punzonature, motivi geometrici e incisioni, sugli estremi delle braccia
sono descritte alcune scene interessanti>
-nella parte superiore vediamo l'Ascensione di Cristo (tagliata per motivi conservativi) e due compassi che
rappresentano il giorno e la notte
-nella parti laterali troviamo San Giovanni e Maria, in questo modo si fa riferimento al passo del Vangelo
secondo Giovanni in cui ai piedi della croce c'erano l'apostolo più giovane (Giovanni appunto) e Maria
-nella parte inferiore c'è la rappresentazione dell'Anastasis (episodio del vangelo apocrifo di Nicodemo),
ossia la discesa di Cristo nel Limbo
In quest'opera Cristo è trionfante sulla morte, infatti ha gli occhi sgranati che simboleggiano l'essere in vita,
è stante, non ha segni di sofferenza ed ha una corona regale, si tratta dell'iconografia del Christus
triumphans ed è una prefigurazione della Resurrezione che sottolinea l'aspetto salvifico del sacrificio di
Cristo.
Sicuramente quest'opera è giocata sullo sguardo intenso di Cristo, gli occhi sono realizzati tramite paste
vitree e smalti cloisonné, in particolare le sclere sono composte da una pasta bianca, le iridi da un rosso
vivo e le pupille da un azzurro intenso.
()Crocefisso in lamina metallica, Museo dell'opera del Duomo, Milano: è un crocifisso realizzato per la
chiesa di San Dionigi, rispetto alla croce del Vescovo Leone è dalle dimensioni più contenute ed è voluta
dal vescovo Ariberto da Intimiano, che fu vescovo della diocesi milanese a partire dal 1018. I rapporti
cromatici rispetto alla croce del Vescovo Leone sono invertiti, per cui è il corpo del Cristo dorato, invece le
braccia delle croci e il perizoma in bronzo (eccezione fatta per lembi ed annodatura).
Sotto il suppedaneo troviamo il vescovo Ariberto nimbato che offre il modellino della chiesa. Non siamo
davanti all'iconografia del Christus triumphans, Cristo infatti ha le mani e i piedi che perdono sangue
dorato, si tratta dell'allusione al segno dei chiodi e di conseguenza alle sofferenze fisiche
Comunque parlando di assonanza con la croce del vescovo Leone vediamo che le braccia del crocifisso
hanno lateralmente Maria e San Giovanni e nella parte superiore due compassi che simboleggiano il giorno
e la notte.
()Coperta dell'Evangeliario per la cattedrale di Milano, 1034-1036, Museo dell'opera del Duomo, Milano: è
un'opera commissionata dal vescovo Ariberto ed è molto decorata tramite pietre preziose, cesellature,
perlinature e placche smaltate con scene e tituli.
Nella parte più esterna vediamo dei clipei con i simboli degli evangelisti, procedendo verso l'interno
troviamo la Vergine e San Giovanni Evangelista che si trovano ai lati di Cristo sulla croce che occupa la
parte centrale. Qua Cristo è luce del mondo (lux mundi). Sulla base di smalto verde troviamo le scritte
rivolta alla Vergine “Madre ecco tuo figlio” e a San Giovanni evangelista “Apostolo, ecco tua madre”, esse
fanno riferimento al passo del vangelo di Giovanni che affronta il tema dell'affidamento della comunità
Cristiana alla Vergine.
()Basilica di San Vincenzo, 1007, complesso monumentale di Galliano, Cantù: prima di diventare vescovo
di Milano Ariberto commissiona gli affreschi per la basilica di San Vincenzo. Lungo le pareti e nel catino
absidale è possibile vedere una mano di un autore ottoniano con gusto bizantino, in particolare vediamo i
seguenti affreschi>
-Maiestas domini: Cristo in maestà è in una mandorla e posto tra due arcangeli
-Geremia e Ezechiele: i due profeti sono rispettivamente il primo a destra e il secondo a sinistra genuflessi

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-Storie di San Vincenzo: si trovano nella parte più bassa tra le finestre e sono tre
Negli affreschi trova anche posto Ariberto che offre il modellino della chiesa, in quanto per motivi legati
alla sua famiglia è stato il diacono di San Vincenzo. Tutte le figure di questi affreschi hanno la carne dai
toni bronzei, dei panneggi in movimento e un tono acceso e “metallico”, questo significa che l'autore ha
utilizzato delle pennellate bianche per far esaltare le fisionomie e dare un senso di forte energia.
A livello decorativo le storie di San Vincenzo sono inquadrate da una greca composta da un senso del
colore molto acceso e da figure geometriche che danno un senso di profondità.
()Battistero di Novara: in questo battistero è presente un ciclo sull'apocalisse di grande interesse che
condivide con il ciclo di affreschi della Basilica di San Vincenzo le forti lumeggiature, i panneggi in
movimenti e le carni bronzee dei personaggi, tuttavia qua vediamo una pennellata meno energica, maggiore
scioltezza e un aspetto meno metallico delle figure. Tutto ciò si può notare guardando ad esempio la scena
“Scioglimento di un sigillo e avvelenamento delle acqua”.
()Chiesa Sant'Orso, Aosta e Cattedrale di Aosta: entrambe contengono due cicli voluti da Anselmo che
ricopre la carica di vescovo da 994 a 1026, rispettivamente la prima conserva le Storie degli apostoli (ad
esempio: Tempesta sul lago di Genezaret) e la seconda Storie del Nuovo e Antico testamento. I cicli si
sono conservati nei sottotetti perché nel corso del tempo queste architetture hanno subito dei rifacimenti, in
particolare si è abbassato il soffitto con una serie di volte realizzate nel 1600-1700. Nello spazio che
intercorre tra la falda del tetto e la volta (chiamato appunto sottotetto) si sono conservati gli affreschi. Nella
chiesa di Sant'Orso le Storie degli apostoli si susseguono sotto le greche (con decorazioni animali e
geometriche), rispetto alla basilica di San Vincenzo e al Battistero di Novara c'è una minore raffinatezza, i
personaggi infatti sono meno energici.

Produzione milanese di età ottoniana


Milano in età ottoniana ha un rapporto privilegiato con gli imperatori e grazie ad alcuni vescovi inizia una
produzione importante di opere d'arte.
()Situla per l'incoronazione di Ottone II, 979: la situla è un oggetto che conserva l'acqua benedetta. In
questo caso si tratta della situla in avorio commissionata dall'arcivescovo milanese Gotofredo per
l'incoronazione di Ottone II. Sotto archetti a pieno centro impostati su delicati capitelli ci sono la Vergine
con il bambino, due angeli e i quattro evangelisti.
Nella parte bassa vediamo dei giochi geometrici che abbiamo già incontrato in opere monumentali. La
situla quindi è decorata a 360 gradi.
()Ciborio, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano: il ciborio è un tabernacolo rialzato che inquadra l'altare
caratterizzato da quattro lati frontonati e quattro colonne che sorreggono la struttura, in questo caso si tratta
dell'altare di Vuolvinio. Vediamo una profusione di decori policromi che incorniciano le facce dell'altare.
Il ciborio è decorato in stucco e nella parte posteriore (rivolto ai religiosi) vediamo Sant'Ambrogio tra i
protomartiri Gervaso e Protasio che accolgono dei religiosi benedettini, ossia i committenti dell'impresa.
Nella parte anteriore (rivolto verso il fedele) vediamo Cristo che consegna le chiavi e la legge agli apostoli
Pietro e Paolo. Le figure sono monumentali ed emergono dal ciborio con forte aggetto.

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X sec. Il romanico in Europa e in Italia
Il termine “romanico” è stato coniato nel 1800 e si cercò un parallelismo con le lingue romanze, infatti
come esse erano nate da un unico ceppo, quale il latino, l'arte romanica rappresenta il fulcro dal quale si
sviluppano diverse declinazioni artistiche. Il romanico copre un periodo che oscilla tra XI sec. e fine del
XII/inizio del XIII sec.
Questa situazione è ben sintetizzata da un'espressione di Rodolfo il Glabro: “Terra rivestita di un manto di
candide chiese”, infatti soprattutto nel corso del XII sec. c'è un forte risveglio dell'attività artistica,
architettonica in particolare.
Opere del X sec.
In questo periodo, in parte già preannunciata dall'arte ottoniana, la navata viene interrotta/scandita nel suo
sviluppo da moduli chiamati campate. La campata è caratterizzata da un arco posto longitudinalmente
(senso della lunghezza) e un arco posto trasversalmente (senso della larghezza). I pilastri su cui poggiano
sia l'arco trasversale che l'arco longitudinale acquistano forme imponenti e diversificate: quadrato,
cruciforme, composito e a fascio. La copertura a volta acquista un assoluto ruolo di rilievo ed ha il compito
di scandire ulteriormente la campata.
In questo periodo si ha la rinascita dell'architettura accompagnata dalla scultura che orna i capitelli e il
portale che è composto da: trumeau (tipico francese) che spartisce in due ingressi il portale monumentale,
architrave e stipiti che accolgono le sculture, lunetta che ospita scene figurate, archivolto e intradosso e
infine la ghiera che è la parte esterna più alta dell'arco.
Fondamentali sono sicuramente le vie di pellegrinaggio, spiccano Roma e Santiago di Compostela, lungo le
quali abbiamo chiese e grandi abbazie che accolgono i pellegrini. In un clima generale di risveglio
demografico, economico, spirituale e culturale si sviluppano emergenze significative, un esempio sono
sicuramente le regioni francesi.
-Francia Borgogna
()Abbazia di Cluny, Francia: è un'abbazia benedettina riformata, quindi segue la regola benedettina alla
quale vennero affiancate delle Costitutiones. Essa viene fondata per volontà di Guglielmo il Pio e dell'abate
Bernone tra 909 e 910 e acquisisce grande importanza grazie al ruolo illustre dei suoi abati e alla cultura
che nel complesso monastico veniva prodotta. L'abbazia viene rimaneggiata tra 949 e 981 e grazie agli
scavi archeologici è stato possibile ricostruire idealmente la pianta, in quanto oggi l'abbazia non esiste più,
se non per qualche frammento, a causa della distruzione avvenuta durante la rivoluzione francese.
L'abbazia è caratterizzata da un sistema basilicale ha un nartece monumentale che prende il nome di galilea
e che permette l'accesso alla basilica. All'interno vediamo tre navate, un ampio transetto trasversale e un
coro chiuso da tre absidi. Nel corso del tempo Cluny acquisisce un'importanza sempre maggiore in quanto
ha una diretta dipendenza dal papato e non è soggetta al comando dei vescovi. Chiaramente ha un legame
profondo con tutti i monasteri che dipendono da essa, tanto che i loro abati sono chiamati priori e sono
tenuti a recarsi una volta all'anno a Cluny per discutere di questioni amministrative legate ad abbazia e
monasteri.
Data la sua crescente importanza l'abbazia di Cluny subisce tra 1088 e 1130 un'ulteriore trasformazione
diventando monumentale, in quanto ha una galilea molto grande serrata da torri che permette l'accesso
all'interno, dove abbiamo 5 navate di cui la centrale di oltre 180 metri, un doppio transetto trasversale e un
deambulatorio (gira intorno al coro) che permette l'apertura delle cappelle radiali. A livello decorativo
vediamo le navate caratterizzate da grandi volte a botte e le pareti pareti organizzate su tre registri, ossia
eleganti pilastri sormontati da capitelli che sorreggono archi nel primo ordine, una serie di aperture nella
parte mediana (triforio) e finestre nel terzo ordine.
Dal deambulatorio dell'abbazia provengono otto capitelli caratterizzati da un programma

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iconografico complesso che vede La creazione di Adamo ed Eva e Il peccato originale (Genesi) ed una
serie di simboli in cui si inizia a vedere il nuovo rapporto tra architettura e scultura. Tra i capitelli salvati
vediamo un capitello corinzio che ricalca esattamente le forme classiche nonostante sia del 1115 e un altro
capitello invece fa trasparire un forte simbolismo tramite un sistema quaternario in quanto rappresenta le
quattro note del canto fermo, le arti liberali, le virtù teologali, figure femminili in acqua e nude che
alludono alle acque del paradiso... tutti questi simboli alludono alla storia della salvezza ed alcuni di essi
non sono stati ancora decifrati.
Nel realizzare le decorazioni notiamo che c'è una grande perizia tecnica nella resa del rilievo, le figure
infatti sembrano avanzare, le vesti sono animate da pieghe, i corpi sono ben studiati e la vegetazione è resa
nel dettaglio.
Chiaramente l'abbazia di Cluny rappresenta un forte modello per i maestri successivi. ()Chiesa di Saint-
Lazare (San Lazzaro), Autun, 1120.1146: l'esterno della chiesa ci è giunto in parte modificato, in ogni caso
ha tre navate di cui le laterali con copertura a crociera e la centrale con copertura a botte (come a Cluny).
L'interno è caratterizzato da pareti divise in tre ordini di cui il primo caratterizzato da pilastri poderosi, il
mediano ospita il triforio e l'ultimo accoglie delle finestre. In questa chiesa vediamo un forte lessico
classicista che recupera e richiama le architetture del periodo di dominazione romana della città, infatti le
parati scanalate della chiesa riprendono i pilastri posti su un piano elevato della porta di Saint André del I
sec. Il grande portale della chiesa è riccamente decorato, infatti nella lunetta vediamo il Giudizio finale
(1130) con Cristo in Mandorla con quattro angeli e la divisione fra eletti e dannati, tutte le anime escono
dalla terra e si recano da San Michele e dal demonio che hanno delle bilance, questo allude al compito di
pesare le anime, l'architrave ospita invece la Resurrezione dei morti in cui gli angeli indirizzano le persone
dove verrà scelto il loro destino, i capitelli sono decorati da vari temi biblici come Tentazione di Eva, Fuga
in Egitto e Sogno dei Magi e da molti motivi floreali, il trumeau ospita invece il patrono della chiesa San
Lazzaro che incede e ai suoi lati le sorelle Marta e Maria Maddalena.
L'autore del portale è Gislebertus che appone la sua firma tra la lunetta e l'architrave, sicuramente l'opera
vede un senso della narrazione forte e drammatico con figure stilizzate, allungate, eleganti e talvolta
sensuali come nel caso di Eva nella tentazione di Eva, la quale è stesa e coperta solo da una foglia di fico,
tutte le figure inoltre compiono gesti forti ed espressivi che sono accolti da panneggi rigidi e plastici, i
dettagli sono attentamente studiati come nel caso della coperta dei magi in Sogno dei magi e i finimenti
dell'asino in Fuga in Egitto, il gusto del dettaglio sicuramente lo vediamo anche nella cura dell'ambiente
caratterizzato da elementi vegetali lineari e stilizzati.
()Basilica di Saint Madeleine, 1140, Vezelay: la chiesa subisce delle modifiche durante il XIII sec., è molto
importante in quanto non solo dipende direttamente dall'abbazia di Cluny ma anche perché è una delle
quattro direttrici che portano a Santiago de Compostela. La chiesa è caratterizzata da forme monumentali e
poderose, non è divisa come le chiese precedenti in tre ordini, è giocata tutta in grandi colonne, pilastri,
archi e volte a crociera e il nartece ha una funzione vitale in quanto accoglie i pellegrini, a livello
decorativo ha tre portali, quello di destra ha l'Ascensione di Cristo, quello di sinistra l'Infanzia di Cristo e il
centrale e più grande contiene nella lunetta a raffigurazione della Missione degli apostoli, ossia la
pentecoste, quando Cristo infonde gli apostoli con lo spirito santo raffigurato come una serie di raggi che
escono dalle mani e procedono verso i lati dove ci sono gli apostoli. L'architrave ospita le genti, ossia i
popoli delle terra, in particolare le popolazioni esotiche sono sull'archivolto che è ulteriormente decorato
tramite segni zodiacali e attività scandite in base ai mesi e alle stagioni.
A livello decorativo vediamo un ulteriore sviluppo di ciò che è successo per le precedenti chiese, infatti
vediamo cerchi, spirali, ed elementi vegetali, una forte stilizzazione e linearità si tratta di un gusto
decorativo che sicuramente ricalca i capitelli di Cluny.

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Nella chiesa di Saint-Madeleine ci sono innumerevoli capitelli caratterizzati da una narrazione forte e
dinamica che vede scene dall'antico e nuovo testamento, alla vita dei santi, a soggetti cosmologici, alle
allegorie di vizi e virtù, ai soggetti mitologici... Il dinamismo è evidente in alcune scene:
-Tentazione di Eva: il dinamismo è evidente sia nel demonio che nella figura di Eva stessa che viene
insinuata dal serpente
-L'adorazione del vitello d'oro: la scena fa riferimento al popolo ebraico che non vedendo scendere Mosè
con le tavole della legge dal monte Tabor costruisce un vitello d'oro per adorarlo. Chiaramente si tratta di
una sorta di idolo demoniaco che qua è rappresentato da un demonio sul dorso dell'animale che fa
trasparire vivacità e movimento
-David e Golia: la vivacità e il movimento sono dati dal piccolo e gracile David che armato di fionda e
spadone riesce a sconfiggere il poderoso Golia
Aquitania
()Chiesa di Saint-Sernin, Tolosa: è una chiesa fondamentale in quanto meta di pellegrinaggio ed è stata
costruita dove c'erano le spoglie di San Saturnino, un vescovo del III sec.. La chiesa è monumentale, ha tra
navate, di cui la centrale coperta a botte, grandi pilastri, un deambulatorio, un transetto, cinque absidi e una
grande torre centrale realizzata successivamente.
All'interno vediamo un altare consacrato nel 1096 e realizzato da Bernardus Gelduinus che si firma, esso è
decorato da clipei con San Giovanni Battista, Cristo, Vergine ed apostoli sul bordo e da una profusione di
ornati vegetali.
A Gelduinus si devono anche una serie di rilievi che sono murati nella zona del deambulatorio ma di cui
non sappiamo la provenienza>
-Cristo in Maestà: notiamo subito l'uso di forme piene e frontali, un rilievo basso ma figure che comunque
sembrano emergere dal fondo e dotate di panneggi dinamici. Se facciamo un confronto con Giudizio finale
nella chiesa di Sainte Lazare di Gislebertus notiamo che Gelduinus ha un gusto minore per l'astrazione e le
figure allungate, inoltre i panneggi sono più sciolti e morbidi, Gislebertus invece realizza figure stilizzate e
allungate dotate di un panneggio più rigido.
Alla bottega di Gelduinus dobbiamo anche la porta di Miegeville (ante 1118) che pullula di rilievi, decori,
mensole, in particolare nel capitello troviamo delle figure leonine... Nella lunetta troviamo l'Ascensione di
Cristo e l'architrave ospita gli apostoli che sembrano guardare l'Ascensione. Tutti i personaggi sono dotati
di una forte tridimensionalità, una sapiente simmetria, pienezza e turgidità delle carni e panneggi sciolti.
Moissac
()Chiesa di San Pietro, VIII sec.- anni 40 XI sec.: la chiesa subisce una ricostruzione nel 1110 e viene
annessa all'abbazia di Cluny, la novità è un chiostro monumentale ed elegante caratterizzato dall'alternarsi
di colonne singole a colonnine binate. Questo modulo è ripetuto su tutti e quattro i lati che sono scanditi
agli angoli e al centro da pilastri su cui a figura intera sotto edicole trovano posto gli apostoli (ricordano le
figure di Gelduinus). Le colonne binate reggono dei monumentali capitelli sontuosamente decorati con
storie della Genesi, storie dell'infanzia di Cristo, miracoli di San Benedetto, il tutto in rilievo e affiancato da
elementi vegetali. Il portale della chiesa è caratterizzato da una ricchezza decorativa lapidea che si articola
in Cristo in maestà nella lunetta attorniato dai 24 vegliardi dell'apocalisse, Cristo è in posa rigida, frontale e
centrale, invece le altre figure mostrano il gusto dell'artista per le variazioni minime delle pose del corpo.
Gli stipiti ospitano Pietro, Paolo, Geremia ed Elia che risultano allungate e mostrano l'interesse per le varie
pose. Le decorazioni consistono in elementi vegetali e animali come le fiere intrecciate del trumeau.
Possiamo fare un confronto tra Isaia della chiesa di San Pietro e Isaia dell'abbazia mariana di Sainte-Marie
(Souillac), queste figure sembrano gemelle ma nel secondo caso il profeta sembra animato e vitale
nonostante costruito nella pietra.

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-Germania
In Germania ovviamente l'arte dell'anno mille ha un rapporto privilegiato con la tradizione ottoniana
incarnata ad esempio dalla chiesa di San Michele ad Hildesheim.
Spira
()Cattedrale dei santi Maria e Stefano: la cattedrale è stata costruita tra il 1030 e il 1061 ed ha fondazione
imperiale dato che è stata voluta da Corrado II, in seguito, nel 1080, viene ricostruita per volere di Enrico
IV. La cattedrale “Spira I” era caratterizzata da una mole notevole e spicca sicuramente la volumetria. A
livello decorativo vediamo tutta una serie di archi ciechi, con capitelli a piramide smussata tipici dell'età
ottoniana, i quali scandiscono la navata, aveva inoltre un presbiterio rialzato e una cripta. Ciò che mancava
era una progressione chiara della campata in quanto aveva una copertura a travatura a vista
Nella cattedrale “Spira II” invece si mantengono sicuramente gli archi che scandiscono la navate ma su essi
si innalzano archi traversi che producono la campata.
All'esterno vediamo una serie di elementi che diventeranno parte fondamentale del lessico architettonico
dell'Italia settentrionale>
-galleria continua di archetti sia nella parte alta che bassa della cattedrale
-archi ciechi che ornano l'abside
-archetti pensili che decorano la sommità degli alzati
-Italia
()Chiesa di Santa Maria Maggiore, 1025-1040, Lomello (Pavia): in questa chiesa vediamo lo sviluppo delle
campate tipico dell'arte romanica. La chiesa è poi caratterizzata dalla copertura a crociera nelle navate
laterali, un soffitto a travatura a vista nella navata centrale e degli archetti. Il presbiterio più basso rispetto
al piano della navata centrale. ()Chiesa di Sant'Abbondio, 1095, Como: si tratta di una chiesa più
complessa, oltre alla monumentalità vediamo una serie di archetti pensili che ornano gli spioventi, la
divisione tramite una cornice marcapiano della parte centrale della facciata e imponenti pilastri che
profilano la divisione interna.
All'interno infatti vediamo cinque navate (preannunciate dai pilastri esterni), presbiterio molto sviluppato,
archetti pensili che decorano, poderose colonne su cui si impostano gli archi sorretti da capitelli piramidali
smussati che dialogano con la precedente arte ottoniana. In questa chiesa non c'è una distinzione in
campate ma comunque è un'architettura interessante in quanto all'esterno presenta elementi tipici dell'arte
romanica, invece all'interno vediamo l'attaccamento alla tradizione precedente.
()Basilica di Sant'Ambrogio, fine XI sec.- inizio XII sec., Milano: è dedicata al vescovo Ambrogio morto
nel 397 e le cui spoglie sono conservate proprio in questa basilica.
La basilica ha una mole notevole ed è caratterizzata da una facciata a capanna, da un grande quadriportico,
un atrio a doppio ordine con tre grandi arcate nella parte bassa e cinque grandi arcate nell'ordine superiore
che seguono lo spiovente del tetto e la partizione in tre navate dell'interno, per cui le tre grandi aperture
centrali marcano la navata centrale e le due più piccole aperture laterali marcano le navate laterali. La
facciata è ornata tramite la bicromia rosso-bianca data dalle strutture architettoniche in pietra e le mura in
mattoni, inoltre ritornano gli archetti pensili.
All'interno vediamo un notevole sistema di campate, infatti la navata centrale è organizzata in quattro
grandi campate ed è affiancata dalle navatelle anch'esse dotate di campate. La struttura delle campate è
organizzata in modo che la navata centrale abbia una campata e parallelamente le navate laterali ne abbiano
due. Ciò significa che nella navata centrale i grandi pilastri su cui si impostano gli archi longitudinali e
traversi che formano le campate sono alternati da pilastri lobati più piccoli su cui si impostano due arcatelle
delle navate laterali.
Nella parte superiore invece insiste un matroneo praticabile che si affaccia tramite due arcate per campata
nella navata centrale, le ghiere degli archi sono caratterizzate dalla cromia rossa del mattone che insieme al
bianco dei pilastri in pietra ripropongono la

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bicromia dell'esterno.
La navata centrale è allo stesso livello del matroneo e non più alta per cui non ha delle finestre che la
illuminano, la luce è presa esclusivamente dal tamburo della cupola e dalle grandi aperture della facciata,
ciò permette la creazione di suggestivi giochi di luci e ombre tra la navate centrale illuminata e le navate
laterali più scure.
()Duomo di Modena, 1099: questo duomo introduce al concetto dei primi comuni che, dopo l'anno mille,
hanno più libertà ed autonomia rispetto al governo e cominciano ad essere espressione della borghesia e
non solo più del clero. Le cattedrali come quella di Modena non sono più solo custodi dei corpi dei santi
protettori della città e sedi della cattedra del vescovo ma anche luoghi di valenza civica.
La cattedrale si affaccia su una piazza ed è il luogo dove per la prima volta in Italia, in maniera
monumentale architettura e scultura dialogano, inoltre traspare una concezione fortemente dinamica e
plastica dell'architettura
La facciata è spartita in due registri, è caratterizzata da una serie di trifore inquadrate in una serie di archi
ciechi ed i pilastri che la decorano preannunciano la partizione interna a tre navate. Il motivo esterno degli
archi ciechi che inquadrano i trifori ritorna anche all'interno e fa motivo continuo sui fianchi della chiesa e
sull'abside determinando un effetto di luci e ombre notevole, a questo gioco danno il loro contributo tutta
una serie di cornici, archi, aggetti e recessi che animano la struttura. Ritorna il motivo degli archi pensili
che si snodano lungo la facciata e i fianchi della cattedrale andando a connotare l'architettura romanica.
L'autore del Duomo di Modena viene celebrato da un epigrafe al centro dell'abside, si tratta di Lanfranco.
Un aspetto interessante è il codice Relatio de innovatione ecclesie sancti Geminiani (1106, archivio
capitolare) che documenta i lavori necessari alla costruzione del duomo di Modena, in esso vediamo
spiegato la necessità di un luogo per conservare le spoglie di San Geminiano, patrono della città. Fra le
miniature del codice ne spiccano due dove Lanfranco è vestito con una tonaca rossa e un mantello azzurro
e con sicurezza guida le maestranze al lavoro sia nel reperimento del materiale (prima miniatura) che
nell'organizzazione e predisposizione di esso (seconda miniatura).
Il duomo è caratterizzato da grandi campate e come in Sant'Ambrogio per ogni campata della navata
centrale ne corrispondono due nelle navate laterali, gli archi longitudinali delle campate sono impostati su
pilastri quadrilobati dotati di capitelli piramidali smussati e colonne che si alternano. Sulla navata centrale
si affaccia un matroneo dotato di trifore inquadrate da archi che riprende il motivo della facciata.
Sicuramente è il motivo che Lanfranco sceglie come centrale.
All'esterno la concezione plastica dell'architettura è assicurata anche da un sontuoso apparato decorativo
che ha il suo apice nella facciata dove vediamo quattro grandi lastre che inquadrano il grande portale dove
appare i protiro (tipico del nord Italia tra XII e XIII sec.), ossia una sorta di portico che ha la funzione di
copertura/protezione del portale. In questo caso poggia tramite colonne su due leoni (detti stilofori). Il
rosone e i portali laterali (che hanno portato all'innalzamento delle due lastre decorative più esterne) sono
un'aggiunta più tarda che non era stata prevista da Lanfranco.
Conosciamo anche l'autore dei rilievi delle lastre, si tratta di Wiligelmo che viene ricordato da un'iscrizione
esibita dai profeti Enoch ed Elia affianco al portale centrale. Ovviamente è necessario ricordare che le
lastre erano state pensate per essere tutte sullo stesso piano, di conseguenza sono legate le une alle altre. I
rilievi sono inquadrati da arcatelle e sono così organizzati>
-Lastra in alto a sinistra ha “Eterno in mandorla”, “Creazione di Adamo”, “Creazione di Eva” e “Peccato
originale”
-Lastra in basso a sinistra ha “Rimprovero di Adamo ed Eva”, “Cacciata dal paradiso terrestre” e “Adamo
ed Eva lavorano la terra”
-Lastra in basso a destra ha “Caino e Abele donano sacrifici al Signore”, “Caino uccide Abele” e “Il
signore rimprovera Caino”

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-Lastra in alto a destra ha “Lamech uccide Caino”, “L'arca di Noè” e “Noè e i figli escono dall'arca”
Tutti i rilievi sono accomunati da un senso di profonda plasticità, infatti i corpi sono pieni e volumetrici, la
narrazione è vivace e enfatica, non ci sono solo figure rigide e frontali ma anche figure che assumono le più
svariate pose come nelle scene di uccisione, i gesti di vita quotidiana sono indagati minuziosamente come
Adamo che porta alla bocca il pomo. Sicuramente c'è una forte presa sul reale che distingue Wiligelmo ad
esempio da Gelduinus e Gislebertus, ciò permette che le figure e le scene arrivino subito allo spettatore
grazie alla loro essenzialità. Accanto a tutto questo c'è sicuramente una forte attenzione al mondo antico
dovuta a>
-attenzione plastica
-lastre disposte in modo tale da ricalcare un fregio antico
-alcuni soggetti del mondo classico come il Genio alato che spegne la fiaccola (ricorda in particolare i
sarcofagi del IV sec.)
L'apparato scultoreo non si limita alle lastre, infatti tutto il portale è ornato tramite un tralcio vegetale
abitato da figure fantastiche, vari animali fra cui gli uccelli, spiritelli... che si muove sullo stipite e sulla
lunetta, tale tralcio è sorretto con grande fatica e sforzo da figure umane (chiamati telamoni) e nei lati
interni del portale invece sotto una serie di arcate troviamo alcuni profeti come Abdia e Malachia.
Il Duomo di Modena è un cantiere complesso caratterizzato da tanti elementi artistici realizzati da diversi
autori>
-La porta della Pescheria (1130) è interessante dal punto di vista iconografico in quanto nell'archivolto
vediamo una serie di cavalli e cavalieri che vanno verso un castello. Questi soggetti, come indica
l'iscrizione, appartengono alla storia di Re Artù e in generale al mondo cavalleresco che guarda alle elite
nobili modenesi. Nell'architrave invece vediamo una serie di animali fra cui volpi ed aquile che rimandano
a favole animalesche.
Quindi nel duomo di Modena si uniscono soggetti biblici, elementi del mondo antico e rimandi al mondo
cavalleresco
()Porta dello zodiaco, 1120, Sacra di San Michele (Val Susa): l'autore è Niccolò che si forma a Modena ma
che esordisce a Piacenza ma lavora anche in diverse parti, è una figura interessante in quanto spiega con
chiarezza la mobilità degli artisti.
Con Niccolò abbiamo una maturazione a livello grafico e pittorico dell'intaglio di Wiligelmo, le sue opere
si distinguono sia per la raffinatezza che per la varietà.
La porta dello zodiaco appartiene ad un monastero benedettino, durante l'XI sec. questi monasteri
cominciano a dotarsi di strutture per accogliere i pellegrini, in questo caso, ad esempio, si dava alloggio a
chi passava per la Val di Susa per raggiungere Roma o al contrario chi partiva dall'Italia per recarsi a
Santiago de Compostela.
Il nome della porta deriva dal fatto che nelle parti interne tra una serie rigogliosa e palpitante di tralci
trovano posto le costellazioni e i segni zodiacali, è una delle prime volte che questo tema viene affrontato
in Italia, in ogni caso, avrà grande diffusione.
()Portale della chiesa di San Zeno, 1138, Verona: Niccolò viene chiamato anche per il portale dell'antica
chiesa benedettina di San Zeno. Ritornano il protiro, i leoni e le decorazioni nella lunetta e nell'architrave,
inoltre grazie ai restauri traspare una ricca policromia. Nella lunetta vediamo San Zeno che benedice le
milizie cittadine (ossia fanti e cavalieri) e nell'architrave trovano posto sotto alcune arcate le storie di San
Zeno (titolare della chiesa).
Un passo in avanti di Niccolò rispetto al protiro di Ferrara sono una serie di scene incorniciate da fregi
floreali che inquadrano il portale, in particolare>
-a destra Le storie della Genesi e altre scene di Niccolò dove viene anche ricordato e celebrato, si tratta di
una serie di rilievi che mostrano raffinatezza, gusto per la varietà e capacità pittorica elevata. Tra le scene
spicca “Leggenda di Teodorico” dove Teodorico sta seguendo durante una battuta di caccia un cervo, non
accorgendosi che in realtà è il

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demonio. Si tratta di una sorta di monito che ricorda l'importanza di tenere sotto controllo gli impulsi
incentivi
-a sinistra Le storie di Cristo di Guglielmo (collaboratore di Niccolò)
Chiaramente queste due parti sono legate, si parte dalla storia della salvezza per giungere al sacrificio di
Cristo.
()Portale maggiore, 1135, Ferrara: si tratta di un grande protiro con telamoni che si poggiano su leoni
stilofori che continueranno ad avere grande fortuna tra XII e XIII sec., ma soprattutto per la prima volta,
sul modello delle grandi cattedrali francesi, la lunetta e l'architrave vengono decorati. Si tratta della
raffigurazione nella lunetta di San Giorgio a cavallo che ha già sconfitto il drago e nell'architrave, sotto
della arcate storie dell'infanzia di Cristo. Questa decisione a livello iconografico è stata dettata dal fatto che
verso il 1110 Matilde di Canossa dona alla città di Ferrara le reliquie di San Giorgio, dunque l'intera
comunità decide di abbellire la cattedrale.
I rilievi albergano anche la struttura esterna del protiro, infatti vediamo una serie di colonne che inquadrano
il portale, le quali sono finemente decorate e ornate tramite profeti. ()Adorazione del bambino nella lunetta
del portale, 1139, Duomo di Verona: si deve a Niccolò anche la realizzazione del protiro e del portale del
duomo di Verona, nella lunetta vediamo una dicotomia tra la rigida frontalità della Vergine e l'animarsi
delle scene ai suoi lati, a sinistra l'Annuncio e a destra l'omaggio dei Magi a Cristo, in entrambe le scene
vediamo vivacità e figure in varie posizioni. Nella iscrizione sopra la lunetta Cristo viene ricordato come
un leone. Nell'architrave vediamo le virtù all'interno di oculi, in particolare la carità al centro, la fede a
sinistra e la speranza a destra. Sul portale si alternano colonne riccamente decorate con una serie d figure
tra cui i profeti e personaggi della chanson geste come Orlando con la spada Durindarda. Anche in
quest'opera quindi abbiamo l'incontro tra mondo cavalleresco/cortese e biblico.
()Duomo di Parma, 1178: in rapida sequenza vengono realizzati per la città di Parma duomo e battistero.
Nel duomo vediamo la coesistenza di elementi francesi ed elementi tipici del nord Italia, per quanto
riguarda i primi troviamo la doppia torre che cinge la facciata (la torre di sinistra non è mai stata
realizzata), invece per quanto riguarda i secondi è evidente la facciata a capanna/a doppio spiovente (vista
anche in Sant'Ambrogio), un doppio ordine di trifore e gli archetti pensili. L'autore del progetto di Parma è
Benedetto Antelami che fa la sua comparsa con una lastra oggi murata nel presbiterio del duomo essa
raffigura la Deposizione dalla croce e mostra come la scultura di Niccolò si sia largamente affermata,
Cristo è al centro di una composizione simmetrica in cui c'è un'aulica compostezza e dove l'emotività per
quanto pausata e delicata è evidente, vediamo infatti le pie donne che inclinano la testa in segno di
preghiera, la Vergine che bacia la mano del Cristo... Antelami inserisce tutta una serie di gesti che
suggeriscono emotività priva di dramma. La scena è inquadrata all'interno di un ricco repertorio ornato e in
alto a sinistra e a destra appaiono clipeati il sole che illumina il gruppo delle pie donne e la luna che
illumina il gruppo dei soldati che si stanno spartendo le vesti del Cristo e un angelo che impone alla
sinagoga (simbolo della religione ebraica) di chinare la testa difronte a Cristo. In un'iscrizione nella parte
alta Benedetto Antelami si firma.
()Battistero di Parma,1196: ha una pianta esterna ottagonale, grandi portali strombati, una serie di arcate
cieche nella parte alta, man mano che una serie di loggette praticabili in forte aggetto, pilastri angolari che
marcano la struttura e una grande cupola a 16 spicchi. All'interno abbiamo una pianta a 16 lati, una serie di
nicchie nella parte dei tre portali (i laterali posti a 90° rispetto al portale principale) cui lunette e architravi
sono decorate da Antelami e la sua bottega>
-La porta nord ha l'Adorazione dei magi e il Sogno di Giuseppe
-La porta sud ha la leggenda di Barlaam
All'interno del battistero sono contenute alcune opere scultoree che probabilmente

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dovevano andare a decorare il portale del duomo di Parma e la facciata ma poi sono stati rimossi durante il
XIII sec.>
-Agosto, Settembre e Ottobre sono statue che rappresentano i mesi e sono murate nel primo ordine
all'interno. Esse mostrano una aulica compostezza e un forte naturalismo. Si tratta della sintesi tra il
classicismo antico e l'attenzione per i dettagli quotidiani e minuziosi, come la statua Ottobre che fa il vino e
la statua settembre che si occupa della vendemmia
-Salomone e la Regina di Saba rappresentano al massimo il profondo naturalismo misto alla monumentalità
classica tipici di Benedetto Antelami
()Basilica di San Marco, Venezia: la basilica ha una storia molto travagliata, infatti viene fondata nel 832
dal doge Giustiniano Partecipazio per accogliere le spoglie di San Marco, trafugate, secondo dalla
tradizione, da due mercanti veneziani nel 828 ad Alessandria d'Egitto. La basilica subisce una seconda
riedificazione dopo l'incendio del 976 per volontà del doge Pietro Orseolo, se a livello di dimensioni
cambia poco, a livello di ricchezza e decorazioni si ha un grande passo in avanti.
La basilica infine viene detta contariniana in quanto riedificata a partire dal 1063 dal doge Domenico
Contarini, poi viene consacrata nel 1094 ed esemplata sull'Apostoleion di Costantinopoli (sulla chiesa dei
Santi apostoli che durante la dominazione turca viene distrutta). La basilica ha una pianta a croce greca,
cinque cupole che nel corso del XIII sec. vengono rialzate e incalottate nel bronzo prendendo l'aspetto che
tutt'ora le qualifica, un nartece monumentale che ingloba tutto il braccio occidentale della basilica.
L'esterno della basilica contariniana doveva essere in laterizio e organizzata tramite una serie di archi,
nicchie, esedre e colonne, oggi il laterizio possiamo notarlo nella parte absidale ma la facciata è un tripudio
di marmi ed elementi del mondo classico che sono stati inseriti nel XIII sec., in particolare dopo la IV
crociata quando nel 1204 viene saccheggiata Costantinopoli e i veneziani raccolgono molta arte antica tra
marmi, colonne, sculture... come i quattro cavali della quadriga sulla parte alta della facciata che ornano il
nartece e che originariamente si trovavano nell'ippodromo di Costantinopoli e i Tetrarchi murati su un
fianco della chiesa.
L'interno è sontuosissimo e le cupole fanno in modo che ci siano delle aperture che fanno entrare la luce
creando effetti di luce e ombre suggestivi (ciò permette il dialogo con la chiesa di Santa Sofia a
Costantinopoli), la decorazione arriva fino al 1500 ed è un tripudio di oro, marmi e pietre preziose. La
navata centrale è molto ampia e affiancata da navate laterali molto più piccole, esse sono divise da una
serie di arcate che sostengono i matronei praticabili. La basilica chiaramente ha un aspetto massiccio e
poderoso che troviamo nei pilastri, nelle colonne e nelle arcate, ciò permette un grande dialogo con le
basiliche romane come la Basilica di Massenzio. Troviamo quindi una combinazione tra cultura classico-
antica e i modelli bizantini.
La basilica ha un programma sontuosissimo per quanto riguarda le cupole che risalgono al XII sec. (primo
progetto della decorazione che finirà solo nel 1500)>
-Cupola orientale detta dell'Emmanuele presenta nel centro Cristo benedicente attorniato da profeti e la
Vergine
-Cupola centrale detta dell'Ascensione presenta la Cristo che ascende circondato dalla Vergine, tre angeli e
gli apostoli
-Cupola occidentale detta della Pentecoste presenta il trono che rappresenta l'Etimasia, in particolare dal
trono si dipanano una serie di raggi che colpiscono gli apostoli
-Cupola settentrionale detta di San Giovanni presenta le storie di San Giovanni evangelista
-Cupola meridionale presenta alcuni santi
Le cupole sono inondate di oro che scintilla grazie all'incontro con la luce
Un elemento della basilica di San Marco che è degno di nota è la Pala d'oro, si tratta di un paliotto
realizzato da maestranze bizantine sotto il doge Oderlaffo Falier tra 1102 e 1118 a

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cui nel 1204 è stato aggiunto il coronamento e tra 1343 e 1345 le incorniciature e i castoni con pietre
preziose. Tra i dettagli più interessanti vediamo>
-San Marco
-Vergine tra il doge Oderlaffo Falier e l'imperatrice Irene di Costantinopoli
In questi dettagli si possono ammirare le pietre preziose e gli smalti cloisonné che sono raffinati, fini e
leggeri tanto da essere traslucidi, se ci si avvicina infatti si può vedere il fondo oro. Nel corso del 1300 la
Pala d'Oro verrà inglobata dalla Pala feriale di Paolo Veneziano

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X sec. Il romanico in Europa e in Italia II (Toscana romanica)
-Pisa
()Piazza dei Miracoli, Pisa: si tratta di un complesso straordinario che noi conosciamo con il nome dato da
Gabriele d'Annunzio. In essa troviamo quattro edifici monumentali ben conservati che danno il senso di
quelle che doveva essere la foggia del passato. La costruzione inizia nel 1063 con la cattedrale e termina
nel 1278 con il cimitero, e come ricorda un'iscrizione, la costruzione è stata possibile dopo il saccheggio
del porto di Palermo a danno degli arabi, in quanto si è ricavato il bottino necessario per dar vita al cantiere
di piazza dei Miracoli. E' necessario ricordare che il complesso di piazza dei Miracoli sintetizza una doppia
visione, da una parte abbiamo un'attenzione nei confronti della tradizione classica-romana e del passato
paleocristiano e dall'altra un naturale interesse per gli elementi orientali (specie islamici), questo a
conseguenza del fatto che Pisa è una repubblica marinara proiettata per interessi economici e commerciali
verso l'oriente.
I quattro edifici sono:
-Cattedrale di Santa Maria Assunta: viene fondata nel 1063 da Buscheto, consacrata nel 1118 e ampliata da
Rainaldo verso ovest alla metà del XII sec. La cattedrale è monumentale, si tratta di una chiesa a cinque
navate e transetti a doppia abside.
Spicca il rivestimento in marmo e pietra che crea una policromia di bianchi e grigi caratterizzante tutti gli
edifici del romanico pisano.
La cattedrale all'esterno presenta una decorazione che corre lungo tutta la superficie, infatti vediamo tre
ordini di cui il più basso ha arcate cieche che inglobano al vertice una serie di losanghe (decorazione a
rombo) alternate a finestre ad arco, nell'ordine mediano ci sono una serie di pilastri che inquadrano cerchi,
losanghe e finestre che si alternano. Le arcate più vicine alla facciata hanno una conservazione differente,
vediamo infatti uno stato del colore più acceso, questo è il segno della cesura tra la prima serie di lavori
sotto Buscheto e il prolungamento verso ovest di Rainaldo. L'intervento successivo comunque è
perfettamente in continuità con il precedente. La tomba di Buscheto è murata nella cattedrale di Pisa ed è
ricavata dal riuso di un sarcofago antico. Nel pennacchio dell'arcata cieca che inquadra il portale maggiore
vediamo il nome di Rainaldo.
La facciata della cattedrale è caratterizzata da quattro ordini di loggette cieche praticabili (utilizzate già da
Buscheto nell'abside) che snelliscono e alleggeriscono la struttura creando un gioco di luci e ombre ma
anche di pieni e vuoti. Rainaldo comunque nella facciata ripropone anche il gioco di arcate cieche di
Buscheto. Le arcate cieche della facciata sono decorate tramite leoni, colonne lavorate e traforate, cornici
con scene di caccia ed elementi vegetali e vari intarsi marmorei che replicano elementi geometrici.
All'interno vediamo un'evidente continuità con la tradizione delle basiliche paleocristiane che non ha le
campate, la navata centrale è caratterizzata da una serie di colonne monolitiche provenienti dall'isola d'Elba
e dalla Sardegna, su cui si impostano i poderosi ed eleganti capitelli che sostengono archi a tutto sesto.
Sugli archi corre una trabeazione che sostiene un matroneo che si affaccia sulla navate centrale tramite
pilastri che sostengono archi inquadrati delle bifore. E' interessante anche sottolineare l'alternanza tra la
copertura a travatura lignea della navata centrale e le volte a crociera delle navate laterali, lo slancio della
navata centrale risulta così accentuato.
La policromia di marmi che riveste la cattedrale è inconsueta in Italia, è prassi infatti utilizzare il laterizio a
queste altezze cronologiche, infatti i modelli vanno ricercati in oriente, la stessa forma ellittica della cupola
è molto rara. Questa sorta di cultura internazionale di Pisa è affermata anche da alcuni innesti come il grifo
in bronzo, si tratta di una manifattura islamica che era stata posta al vertice dell'abside.
Nel 1179 viene vengono realizzati i battenti in bronzo del portale centrale da Bonanno Pisano, i battenti
sono andati perduti in un incendio della fine del 1500, allo stesso autore (anche se non c'è la sua firma) si
devono anche i battenti della porta del transetto

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meridionale chiamata Porta di San Ranieri (1170-1180), l'importanza della porta deriva dal fatto che da sul
centro cittadino. La porta di San Ranieri raffigura all'interno di formelle inquadrate da una serie di rosette e
cordigli (chiara ascendenza classica) dei Profeti nella parte bassa e Storia di Cristo lungo tutti i battenti che
vanno lette da sinistra a destra a dal basso all'alto. Bonanno Pisano fonde i battenti e poi fonde ad uno ad
uno i singoli elementi decorativi montandoli sulla porta e rilavorandoli a freddo con delle lime. Lo stile
dell'autore evidenzia un'attenzione nei confronti dei precedenti tedeschi di porte bronzee (Hildesheim),
infatti con poche figure e pochi elementi lo scultore riesce a dare il senso dell'ambientazione e della scena,
come le palme piegate dal vento, Maria sull'asino, l'annuncio ai pastori della nascita di Cristo, i magi che
incedono, i profeti affrontati (descritti da tituli)...
-Battistero: la costruzione viene iniziata nel 1153 e finita solo nel 1300, si tratta di un edificio a pianta
circolare dotato di uno slancio verticale notevole e con una grande cupola conica inglobata da una cupola
sferica. Il dialogo con la cattedrale è esplicito, vediamo una serie di ordini decorati non solo dalla
policromia di bianchi e grigi ma da archi ciechi e da loggette nel più alto. L'interno presenta una pianta
circolare, un ambulacro voltato a crociera che da sull'esterno, il registro più basso dell'ambiente interno si
caratterizza per una sequenza di pilastri cruciformi che inquadrano due colonne monolitiche su cui si
impostano una serie di archi, al centro c'è un fonte battesimale ottagonale realizzato nel 1245 da Guido
Bigarelli, infondo un pulpito di Nicola Pisano e un matroneo che si affaccia sull'ambiente centrale grazie ad
una serie di archi impostati su pilastri. Il battistero nella volontà ella committenza doveva assolutamente
prendere come modello il Santo Sepolcro di Gerusalemme, questo spiega la cupola conica.
-Torre campanaria: la costruzione inizia con Bonanno Pisano nel 1173 fino al 1178 si arriva al terzo
registro, in seguito a causa di problemi strutturali dovuti alle condizioni non buone del terreno i lavori si
interrompono per ricominciare negli anni 70 del 1200 sotto Giovanni di Simone arrivando così ad
aggiungere altri due registri e infine tra gli anni 60 e 70 del 1300 dati i lavori di Tommaso Andrea Pisano la
torre campanaria è conclusa. Chiaramente i vari interventi hanno cercato di correggere la pendenza per
quanto possibile, infatti la torre non è un cilindro perfetto.
Comunque anche questo edificio dialoga con la cattedrale, troviamo nel primo ordine le arcate cieche che
inquadrano le losanghe incassate e nei sei ordini superiori ci sono tutta una serie di loggette.
-Camposanto (più tardo): ospita tombe illustre e sarcofagi antichi
()Pulpito di Guglielmo, 1159-1162, in origine nel duomo di Pisa, dopo la sostituzione con il pergamo di
Giovanni Pisano nel 1311 viene trasferito nel duomo di Cagliari: il pulpito è una struttura alta sulla navata
da dove i celebranti leggono le Sacre Scritture. Questo pulpito oltre al trasferimento subisce uno
smembramento in due parti che lo porta ad essere murato ai lati del portale della cattedrale di Cagliari. Di
conseguenza abbiamo una parte dedicata alla lettura delle Epistole (parte del Nuovo testamento), tanto che
al centro vediamo San Paolo e Timoteo (effettivamente il primo dedica una lettera al secondo), invece sullo
sfondo organizzati su due registri vediamo una serie di episodi (sembrano un fregio che dialoga con
l'antichità) relativi alla vita di Cristo che sono inquadrati da un'incorniciatura con elementi vegetali in alto e
una serie di fuseruole e perline in basso.
L'altra parte del pulpito invece è dedicata alla lettura del Vangelo, tanto che l'elemento centrale sono i
simboli del tetramorfo, in particolare l'aquila di Giovanni funziona da leggio. Guglielmo ha l'abilità di
trattare volumi e masse e di prestare una grande attenzione allo sfondo, dati ad esempio gli inserti in
mastice (quelli di colore nero) che animano il rilievo.
Il rilievo è in aggetto e si stacca dallo sfondo, c'è un gusto sofisticato per la narrazione e il richiamo del
mondo antico.
Un elemento che “stona” è il cherubino in basso che infatti appartiene al 1600 (epoca Controriformista)
quando il pulpito venne smembrato.

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-Pistoia
()Frammenti di pulpito di Guglielmo, cattedrale di San Zeno, Pistoia: si sono conservati parti delle scene
dell'Ultima cena dove Giuda si mette sotto al tavolo e San Giovanni reclina la testa sul petto di Cristo, della
Cattura di Cristo dove tra lance e soldati Giuda sta per baciare Cristo e della Visitazione. Qua ritornano le
decorazioni floreali e l'uso del mastice. Le figure hanno i volti sapientemente differenziati, le vesti sono
articolate in pieghe, il senso della narrazione è vivace e le figure si staccano dal fondo.
()Chiesa di Sant'Andrea, Pistoia: nel 1165 viene stipulato un contratto che è conservato oggi nell'archivio
dell'opera del duomo di Pisa tra l'opera stessa e gli scultori Riccio (di cui non sappiamo nulla) e Guglielmo
per una serie di rilievi. Tra i testimoni di questo documento abbiamo lo scultore Enrico. A Guglielmo viene
concessa la possibilità di avere tre aiutanti, per quanto non si abbiano notizie di essi, questo documento
testimonia la molteplicità di mani che hanno lavorato nel cantiere di Pisa, dove molti artisti hanno proprio
dato avvio alla loro carriera, tra essi abbiamo Gruamonte e Adeodato. Questi due fratelli hanno realizzato il
portale della chiesa di Sant'Andrea. Sono evidenti i debiti con l'architettura pisana, infatti vediamo le arcate
cieche, le losanghe incassate e la policromia che qua tuttavia è più forte e accesa. L'architrave che a livello
iconografico presenta il Viaggio e l'Adorazione dei magi viene firmato e datato 1166 nella parte bassa da
Gruamonte e Adeodato. Invece i capitelli su cui poggia l'architrave presenta Annuncio dell'angelo a
Zaccaria (l'angelo annuncia che la moglie, sebbene anziana, avrebbe concepito il figlio Giovanni Battista) e
Annuncio dell'Angelo alla Vergine. I due capitelli sono realizzati e firmati (il destro) da Enrico (testimone
del contratto del 1165). Questo testimonia che Gruamonte, Adeodato ed Enrico hanno conosciuto
Guglielmo e preso spunto dalla sua arte, vediamo infatti l'animazione degli sfondi tramite elementi vegetali
e le figure che si stagliano dallo sfondo. Rispetto a Guglielmo troviamo una narrazione più enfatica ma una
realizzazione meno aulica delle figure.
()San Giovanni Fuorcivitas, Pistoia: Gruamonte da solo firma il portale di questa chiesa di cui realizza
portale e decorazione dei primi due ordini della chiesa (l'ultimo verrà fatto nel 1300). La decorazione di
questa chiesa è particolare perché non si concentra sulla facciata ma sul fianco perché esso si affacciava
sulla strada fuori la parte antica di Pistoia. Siamo ancora nel lessico architettonico pisano, date le arcate
cieche, le losanghe incassate e la bicromia (qua sempre più aggressiva).
Sull'architrave viene raffigurata sotto un tralcio vegetale l'Ultima cena, dove Giuda è dall'altro lato del
tavolo rispetto a Cristo e agli altri apostoli, la tavola è riccamente imbandita. Se confrontiamo la scena
dell'Ultima cena di Gruamonte con quella di Guglielmo notiamo che le scene del primo sono più
espressive, il rilievo è più piatto, la scena è organizzata frontalmente, infatti Cristo è al centro e affiancato
dai vari apostoli e un effetto di pittoricismo vibrante date le varie decorazioni (anche in Guglielmo gli
sfondi in certi casi sono decorati ma in Gruamonte sono calcati maggiormente).
()San Bartolomeo in Pantano, 1167, Pistoia: sempre alla bottega di Gruamonte si deve il portale di questa
chiesa ove ricorrono le losanghe incassate, la bicromia e le arcate cieche. In questo caso l'architrave è
incassato e figurato con l'incredulità di San Tommaso dove ritornano l'espressività, l'enfasi (in Guglielmo
non la troviamo in quanto è più legato all'impostazione classica) e il pittoricismo vibrante. Nella scena
vediamo anche i tituli che riportano i nomi degli apostoli dove Mattia già sostituisce Giuda, questa scelta
ricalca un cambiamento che si ha nei vangeli, tuttavia in essi accade più tardi rispetto all'Incredulità di San
Tommaso.
()Decorazioni nell'architrave della porta di San Ranieri: un altro artista formatosi a Pisa e che ha lavorato
con Guglielmo è Biduino. A lui si attribuisce la realizzazione di un fregio che prevede un'architrave di età
adrianea di girali acantacee che Biduino allunga rispetto ai confini della porta, sotto ad essa vediamo una
serie di formelle vegetali e di animali. Il fregio di per se è antico, questo allungamento lo rende addirittura
classicheggiante.

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-Cascina
()San Cassiano a Settimo, Cascina: a Biduino si deve anche nel 1180 gli architravi dei portali di questa
chiesa, cui nome deriva dal fatto che si trova al settimo chilometro da Pisa. La parte alta è crollata ma nella
parte bassa ritroviamo le arche cieche, le losanghe e gli oculi incassati. Biduino realizza un rilievo sontuoso
che prevede diverse scene tra cui lo stesso San Cassiano, la resurrezione di Lazzaro che è intento ad uscire
ancora bendato dal sarcofago, Biduino mette la propria firma proprio su esso alludendo alla sua abilità che
supera la morte e si proietta verso l'eternità, l'ingresso di Cristo a Gerusalemme caratterizzato dalla fiumana
di apostoli. I portali laterali sono occupati da animali quali grifi, orsi, leoni ma anche scene di caccia. Si
tratta di allegorie sul senso della lotta tra il bene e il male. Nonostante la presenza di animali fantastici il
senso del naturalismo è evidente.
-Lucca
()Chiesa di San Salvatore: a Biduino si deve anche gli architravi di questa chiesa databile tra 1154 e 1173.
Tra i suoi rilievi vediamo la Nascita di San Nicola inquadrata da una serie di architetture con torri e cupole.
Il santo emerge da un bacile di acqua dove Biduino si firma.
-Firenze
()Battistero di San Giovanni, Firenze: insieme alla chiesa di San Miniato sono opere che hanno un legame
con le architetture di Pisa, troviamo infatti la bicromia che qua come a Pistoia è aggressiva, le arcate cieche
e le losanghe incassate.
L'opera è dotato di grande classicismo tanto che è stata al centro di numerosi dibattiti, ad esempio, lo
scrittore Giovanni Villani ha lasciato pensare che potesse essere un edificio dedicato a Marte poi
riconvertito in battistero, tuttavia gli studi hanno dimostrato che è una architettura degli inizi del 1100.
Nel 1128 il fonte battesimale viene spostato dalla chiesa di Santa Reparata (viene poi sostituita dalla
cattedrale di Santa Maria del Fiore) di conseguenza l'edificio doveva essere in massima parte finito, nel
1150 al battistero viene aggiunta la lanterna e nel 1202 si costruisce la scarsella a occidente, ossia un
piccolo vano quadrangolare che rappresenta una sorta di estroflessione.
L'edificio è a pianta ottagonale e per ogni lato è organizzato su due registri, il più basso ha delle colonne
centrali e due pilastri laterali e il registro più alto vede alcune arcate cieche inquadrare delle finestre che
sono rettangolari e con frontone oppure a da arco. Il tutto è giocato sulla bicromia bianco-verde che ospita
delle forme e figure geometriche rigorose ed eleganti che rendono questo edificio più razionale
dell'architettura pisana. Il lessico è chiaramente estratto dall'antico, vediamo infatti capitelli fogliati
impostati su capitelli (primo ordine), frontoni raffinati (secondo ordine) e le paraste scanalate nell'attico.
Ci sono, a scandire l'ingresso, due colonne monolitiche (chiaro riferimento all'antico: porfido). L'ambiente
interno è sontuosamente ornato anche sul pavimento, che prima ospitava il fonte battesimale ottagonale,
inserti marmorei e motivi geometrici che replicano le stoffe orientaleggianti, in particolare arabe, che i
mercanti fiorentini importavano tra XI e XII sec. dal Medio oriente e dall'Algarve (regione portoghese detta
il garbo a Firenze, da cui deriva garbare). I mercanti della seta facevano parte della corporazione chiamata
l'arte di Calimala che ha una grande potenza tanto da gestire e presiedere la costruzione del battistero di
San Giovanni.
Altro elemento estremamente sontuoso ed elegante è la cupola che internamente è decorata da tutta una
serie di scene su fondo oro come il Cristo in maestà.
Il battistero di Firenze è una sorta di riproposizione del Pantheon di Roma data ad esempio l'idea della
tripartizione della parete, la divisione in due ordini e i decori in marmo, questa vicinanza possiamo vederla
mettendo a confronto l'interno del battistero di Firenze con uno schizzo di Raffello dell'interno del
Pantheon
()Palio di San Giovanni, Giovanni Toscani, Museo del Bargello, Firenze: si tratta di un cassone dipinto un
oggetto che contiene quindi il corredo delle spose, la bicromia bianco-

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verde identifica la città di Firenze, tanto che in questa opera raffigurante un torneo a cavallo l'artista
dipinge il battistero.
()Chiesa di San Miniato, Firenze: la bicromia bianco-verde che qualifica il romanico fiorentino qualifica
anche questa chiesa realizzata su un colle che guarda Firenze sopra il piazzale Michelangelo. La facciata è
organizzata su due ordini di cui il più basso è occupato da 5 arcate cieche decorate con decori geometrici
bianchi-verdi e il più alto invece dal lessico schiettamente classicheggiante occupato da quattro paraste
scanalate che inquadrano una serie di decori geometrici, un mosaico e una finestra timpanata (come le
finestre del battistero). Il tetto è a spiovente e sotto ad esso vediamo tutta una serie di decorazioni con la
cromia bianco-verde come ad esempio il basilisco riportato nei Bestiari medievali. Anche qua, come nel
battistero, ritorna l'idea di equilibrio e razionalità che unite alla copertura a travatura lignea (e la
conseguente assenza delle volte) e ispirazione del mondo classico. La pianta ha tre navate divise da
colonne su cui si impostano archi a pieno centro/a tutto sesto (le cui ghiere decorate con inserti di marmo
ricordano le chiese paleocristiane come Santa Sabina) è molto rigorosa e decorata sulle pareti da inserti di
pietra bianco-verde, la chiesa ricorda le basiliche paleocristiane, ma a ricordare che siamo nel XII sec. è la
scansione in tre campate della navata centrale e la cripta che permette al presbiterio di essere sopraelevato.
Anche se non al pari del battistero il pavimento della chiesa di San Miniato è riccamente decorato da una
serie di inserti policromi, come ad esempio la rota con segni zodiacali (già nel battistero) all'ingresso
caratterizzata da archetti che inquadrano appunto i segni zodiacali, gli inserti di marmo sembrano quasi
traforati.

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X sec. Il romanico in Europa e in Italia III (Roma e il meridione normanno)
-Roma
La città vede una splendore rinnovato tra la fine dell'XI sec. e il XII sec. grazie ad una serie di papi che
vogliono la realizzazione e il rinnovamento di alcune chiese.
()Chiesa di San Clemente, 1099-1128, Roma: ha un impianto a tre navate che vengono scandite da una
serie di archi impostati su eleganti colonne scanalate e a fusto liscio che si alternano. All'interno vediamo
un coro recintato di marmo con inserti di marmi policromi (scola cantorum) dove vengono letti i testi sacri
e accolti i presbiteri. La conca absidale è totalmente rivestita da mosaici sontuosi in cui vediamo Cristo
benedicente, dal quale si dipanano tralci acantacei dove frutta, figure, animali e i due dolenti (evangelista
Giovanni a destra e la Vergine a sinistra) prendono posto, tra i segni dell'Apocalisse e nella parte esterna
santi, profeti e apostoli tra cui Pietro e Paolo. Nella parte bassa vediamo l'Agnus dei, quindi l'agnello con
nimbo e circondato da altri 12 agnelli che escono dalla Gerusalemme celeste e dalla Betlemme celeste, un
chiaro riferimento a Cristo e agli apostoli (in generale della chiesa/comunità). L'agnus dei è in asse con la
croce, sulle cui braccia sono rappresentate 12 colombe e con la rappresentazione di due cervi che si
abbeverano. Questo tema ricorre spesso, come a Galla Placidia.
I vari inserti ed elementi vegetali sono realizzati con grande piglio naturalistico.
()Chiesa di Santa Maria in Trastevere, Roma: è una chiesa antica che viene rimaneggiata tra gli anni 30 4
40 del XII sec. per volontà del Papa Innocenzo II. Le tre navate sono spartite da dei colonnati con capitelli
ionici sui quali si imposta una trabeazione continua. Per questa chiesa vengono riutilizzati materiali antichi
come le colonne (dette infatti di spoglio) delle terme di Caracalla. Il mosaico della calotta absidale vede
Cristo e la Vergine realizzati con manti d'oro, pietre preziose e decori ricchi seduti su un trono detto a
“lira”. I due sono attorniati da alcuni pontefici, la loro identificazione è facile dati i tituli sotto i loro piedi,
ad esempio a destra accanto a Cristo abbiamo San Pietro, nella parte bassa ritorna il tema dell'Agnus dei.
Interessante è sicuramente l'iconografia che ci presenta la Vergine affiancata da Cristo che teneramente le
posa la mano sulla spalla che tengono una serie di cartigli che fanno riferimento al Cantico dei cantici
(testo in cui si parla del matrimonio). In esso la Vergine è descritta come sposa di Cristo, di conseguenza
questa iconografia, detta Sponsa Christi, Maria si identifica con la chiesa in quanto non è solo madre ma
anche sposa di Cristo. Alla fine del 1200 il mosaico vedrà l'aggiunta delle Storie della Vergine da parte di
Pietro Cavallini.
-Puglia
La Puglia vive la dominazione normanna, si tratta di un popolo di origine nord-europea che si stabilizza e
progressivamente conquista i territori longobardi e sconfigge i bizantini.
Nel 1059 Roberto il Guiscardo da vita ad un patto con il pontefice Niccolo II dichiarandosi suo vassallo
ottenendo in cambio il titolo di duca di Calabria, Puglia e Sicilia, tutti territori bizantini. Chiaramente anche
l'arte risente dell'influenza normanna.
()Basilica di San Nicola, fine XI sec., Bari: nel 1087 62 marinai baresi trafugano il corpo di San Nicola da
Mira in Turchia e portano le spoglie a Bari. L'Abate Elia di Canosa che poi diventerà vescovo di Bari da
l'avvio quindi alla costruzione della basilica. La struttura mostra la compresenza di elementi molteplici, dal
mondo nord-europeo c'è l'idea di chiudere la facciata tramite due torri e il transetto ampio invece dall'area
padana derivano gli archetti pensili che corrono lungo gli spioventi del tetto.
Il fianco della chiesa è caratterizzato da una serie di pilastri che sorreggono un terrazzamento caratterizzato
da quattro serie da sei di archetti. All'interno vediamo tre navate divise da una serie di archi che si
impostano su colonne binate e nella parte prossima all'ingresso ci sono tre archi traversi che formano tre
campate. La navata centrale prevede una copertura lignea, invece le navate laterali sono voltate a crociera.
Il matroneo è caratterizzato da una serie di trifore che permettono l'affaccio sulla navata

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centrale, questa caratteristica ricorda il duomo di Modena. All'abate Elia si deve anche la cattedra del
Vescovo Elia che è sontuosamente ornata nei braccioli e nel lato davanti da una serie di animali, losanghe,
motivi geometrici e animali e rilievo piatto, mentre un'iscrizione corre lungo i lati corti e il dietro
ricordando il ruolo fondamentale dell'abate Elia nella realizzazione della cattedrale di San Nicola. Nella
parte bassa ci sono due telamoni che con sforzo notevole ed evidente fatica sostengono la seduta, un'altra
figura con bastone che gli aiuta nella loro impresa e nella parte posteriore due leonesse azzannano due
uomini. Il tutto è realizzato con un piglio naturalistico notevole, basta dare uno sguardo alle vesti per
capirlo. Questa cattedra non è un uniqum, abbiamo un precedente nella cattedrale di Canosa e si tratta della
cattedra scolpita da Romualdo per il vescovo Ursone (predecessore di Elia), in essa vediamo una più rigida
e definita struttura con due aquile nella parte centrale e due elefanti a sostegno. Qua manca il piglio
naturalistico, nel sostegno della cattedra del vescovo Elia lo sforzo è evidente date le pose e le smorfie di
dolore, nella cattedra del vescovo Ursone invece tutto è più rigido e meno realistico.
()Cattedrale di Santa Maria Assunta, 1093, Troia (Foggia): Troia è un centro strategico bizantino creato per
controllare eventuali immissioni da parte dei longobardi del ducato di Benevento, in realtà poi cadrà in
mano ai normanni. La cattedrale della città viene fondata dal vescovo Girardo, la facciata si caratterizza su
due ordini, quello inferiore vede una serie di arcate cieche che inquadrano oculi e losanghe alternati (questo
motivo continua anche sui fianchi), si tratta di un lessico che richiama ovviamente il complesso di Piazza
dei Miracoli, qua abbiamo comunque una reinterpretazione meno rigida, in particolare sul fianco nei
pennacchi vediamo figure geometriche tra mezzelune, ottagoni, quadrati e inserti policromi che si alternano
e mantengono la colorazione chiara.
Nella cattedrale si conservano due porte bronzee realizzate da Oderisio da Benevento, quella nella facciata
è caratterizzata da diverse formelle inquadrate da un'incorniciatura in forte aggetto che prevede fiori ai
vertici delle varie formelle e chiodi al centro dei lati delle formelle. Al centro di ogni formella vediamo
teste leonine che azzannano degli anelli utili per aprire e chiudere l'imposta. Al centro della porta,
all'interno di due riquadri, vediamo dei draghi alati con la coda squamata che addentano dei batacchi (per
battere la porta). Nella parte bassa ci sono una serie di vescovi in un rilievo bassissimo, essi dovevano
essere realizzati tramite la tecnica della geminatura, quindi i rilievi dovevano essere riempiti con argento.
La porta del fianco della cattedrale invece ha nella parte alta una serie di vescovi del passato, una serie di
formelle con figure che addentano gli anelli e otto formelle dedicate ad un'iscrizione che ricorda come nel
1127 alla morte del duca normanno Guglielmo improvvisamente la città insorge sperando nella libertà e
nell'autonomia, a capo della rivolta c'è il vescovo Guglielmo.
Le teste con gli anelli in bocca hanno un precedente nella cappella palatina e nella chiesa di San Michele a
Hildesheim.
-Sicilia
In Sicilia i normanni arrivano tramite Ruggero d'Altavilla che approda nel 1061 a Messina e sconfiggerà gli
arabi fino alla capitolazione di Noto del 1091 arrivando a conquistare tutta l'isola. Il Mezzogiorno italiano,
sia la Sicilia che la parte continentale si unificherà nel 1131 quando Ruggero II verrà incoronato re di
Sicilia a Palermo. Chiaramente anche l'arte risente dell'influenza normanna, che in Sicilia ha già “respirato”
la tradizione araba. Di conseguenza vedremo emergenze artistiche che sono una sintesi tra arte bizantina,
arte araba, arte normanna e arte occidentale.
()Palazzo dei normanni, Palermo: la struttura ha un forte moto ascensionale che vede una serie di archi
ciechi le cui ghiere costituiscono l'unico elemento decorativo esterno. Nella cosiddetta torre dei pisani sono
ricavati gli appartamenti di Ruggero II.
L'austerità esterna lascia posto all'interno ad una profusione di marmi, mosaici, decorazioni sontuose,
sfondi oro, animali affrontati, elementi vegetali, animali fantastici...

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Il repertorio decorativo è ampio e comprende anche elementi del mondo arabo.
La raffinatezza decorativa investe anche gli oggetti ad esempio il manto di Ruggero II usato per la sua
incoronazione (ora conservato a Vienna nel Kunsthistorisches museum) che è caratterizzato da un manto
porpora da cui emergono due leoni che azzannano due dromedari realizzati in oro. Le figure sono
oltremodo sottolineate da perle e contornate da una cornice di pietre preziose. Nel 1143 il palazzo si dota di
una cappella palatina, essa ha tre navate (arte occidentale) scandite da archi molto alti (arte araba) impostati
su colonne lisce e scanalate che si alternano, una cupola nella zona del presbiterio (di gusto bizantino), un
pavimento cosmatesco caratterizzato da intarsi marmorei di vario tipo (arte occidentale in particolare
romana). I mosaici chiaramente fanno da protagonisti>
-nella navate centrale vediamo storie del vecchio testamento
-nella navata laterale sinistra vediamo le storie di Pietro
-nella navata laterale destra troviamo le storie di Paolo
Effettivamente la cappella palatina è dedicata proprio ai santi Pietro e Paolo che sono raffigurati nelle
absidi laterali.
Nella parete che ospita l'entrata (controfacciata) della cappella vediamo una struttura molto geometrica tra
due clipei contenenti leoni, realizzata tramite inserti marmorei che segna la zona del trono di Ruggero II
posto con le spalle al muro e sotto Cristo in maestà tra Pietro e Paolo su sfondo oro.
Nella zona dell'altare, in particolare nella cupola vediamo il Cristo pantocratore (Cristo che benedice)
attorniato da schiere angeliche che a loro volta sono circondate da profeti a mezzo busto che si trovano alla
base della cupola. Ancora più esternamente troviamo altri quattro profeti tra loro posti perpendicolarmente
e a figura intera. Nelle scuffie (angoli) infine vediamo degli archi che accolgono gli evangelisti seduti
mentre scrivono.
Cristo pantocratore si trova anche nella calotta absidale.
Nella navata destra vengono raffigurati una serie di mosaici sulla vita di Cristo da parte di maestranze
bizantine data la sapiente abilità disegnativa. I mosaici sono caratterizzati da iscrizioni in latino o in greco o
in entrambe che denotano la multiculturalità di questo palazzo che raggiunge il suo apice nel soffitto della
navata centrale realizzato da maestranze arabe e detto a muqarnas (a stalattiti). Nelle stalattiti oltre ad una
serie di decori geometrici e astratti vediamo delle scene che descrivono i piaceri del sovrano, quindi la
caccia, la musica, il bere vino... Ciò è inusuale in quanto ci troviamo all'interno di una cappella palatina, si
è infatti pensato che potesse avere la funzione anche di sala del trono.
E' molto significativo che nella cappella palatina di un sovrano cristiano che ha legami stretti con il
pontefice ci sia un intervento così forte del mondo arabo.
()Duomo di Cefalù: si deve l'inizio a Ruggero II. La facciata è caratterizzata da due torri che la serrano, la
zona absidale è molto slanciata e sia in facciata che sulla parte alta dei fianchi della chiesa ci sono degli
archetti a sesto acuto che si intrecciano a formare archi più piccoli.
L'interno è più semplice rispetto a quello della cappella palatina del palazzo dei normanni e i mosaici si
concentrano soltanto nel presbiterio. Anche in questo caso vediamo nella calotta absidale Cristo
pantocratore, invece in basso troviamo la Vergine tra gli angeli e una serie di santi. Si tratta anche in questo
caso di maestranze bizantine che hanno una cultura figurativa aulica, con un'abilità di disegno eccelsa e
nella realizzazione dei particolari vediamo molta attenzione. A riprova del multiculturalismo vediamo
ancora una volta le scritte sia in greco che in latino del libro tenuto da Cristo.
()Cattedrale di Santa Maria Nuova, Monreale: la cattedrale è stata iniziata da Guglielmo I e poi conclusa da
Guglielmo II. La facciata è simile al duomo di Cefalù dati gli archi a sesto acuto che si intrecciano
formandone di più piccoli e la semplicità. Invece nella parte absidale troviamo un fitto groviglio di archi e
figure tondeggianti che sono di schietto sapore arabo.

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All'interno troviamo tre navate spartite da un colonnato raffinato e mosaici preziosi, la navata centrale
conserva le storie dell'antico e del nuovo testamento, nel transetto trovano posto le storie di Cristo e nel
catino absidale possiamo osservare nuovamente il Cristo pantocratore. Questa iconografia ripetuta è tipica
bizantina e nelle varie chiese nonostante qualche dettaglio è molto simile.
Nella controfacciata trovano posto tre registri su cui si dipanano su fondo oro le storie della Genesi.
Guglielmo II si fa raffigurare vestito sontuosamente all'orientale in un mosaico posto all'inizio della zona
presbiteriale, da una parte lo vediamo che si fa incoronare da Cristo e dall'altra offre il modellino della
chiesa alla Vergine. Anche per questa cattedrale è stato realizzato un portale bronzeo da parte di Bonanno
Pisano.
L'aspetto arabeggiante in Sicilia trova il suo massimo esponente in tre diverse strutture>
-San Cataldo, 1161, Palermo: i tre cupolini testimoniano la connessione con il modo arabo
-La Zisa e La Cuba, Palermo: sono due importanti edifici realizzati già da Ruggero II e terminati da
Guglielmo, si tratta di delizie, ossia luoghi posti nelle riserve di caccia dove la corte poteva andare a
rifocillarsi durante le ore calde. Il grande dislivello dall'entrata degli edifici al suolo è dovuto al fatto che in
passato c'era un fossato d'acqua che evidenziava l'aspetto della piacevolezza estiva. In particolare la Zisa ha
nell'atrio una decorazione a muqarnas e una fontana sormontata da decorazioni che riportano palme
stilizzate. In comune i due edifici hanno gli archi ciechi a sesto acuto che ricordano fortemente il gusto
arabo.

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L'arte gotica
L'arte gotica veniva definita dai contemporanei opus francigenum ossia l'opera avviata in Francia,
specificatamente nel Ile-De-France tra XII e XIII sec.. Per alcuni decenni è parallela al romanico, tuttavia
avrà un'esistenza più lunga e si diffonderà in tutta Europa acquisendo tratti specifici in base al luogo.
Giorgio Vasari nella sua opera Vite (edizioni: 1550 e 1568) parla dell'arte dei goti, da qua deriva il nome.
Il termine arte gotica avrà un'accezione negativa ma con il 1700 e in particolare il periodo romantico verrà
guardata con rinnovata considerazione in quanto identificata con l'arte dei nascenti stati nazionali. In
ambito romantico la cattedrale gotica è il luogo del mistero e dell'irrazionale e viene celebrata.
L'architettura gotica è molto importante ed ha una serie di caratteristiche, al contrario di quella romanica
caratterizzata da strutture murarie su cui si scarica il peso delle grandi volte, si preferisce la
smaterializzazione delle strutture murarie in favore della vetrata colorata che impone la costruzione di archi
rampanti, contrafforti esterni e volte costolonate che sostengono il peso. Altri aspetti tipici sono gli archi
acuti che hanno il compito di slanciare l'architettura, il triforio e grandi finestre nella parte alta delle navate.
Per capire al meglio la differenza tra architettura gotica e architettura romanica possiamo confrontare lo
schema della cattedrale di Amiens con quello della basilica di Santa Maria Maddalena a Vezelay, se la
basilica è romanica e caratterizzata da strutture murarie poderose che accolgono il peso, la cattedrale è
gotica che non vede grandi superfici murarie ma le grandi finestre che alleggeriscono tutto in quanto sono i
contrafforti esterni ad accogliere il peso delle strutture interne.
()Abbazia di Saint Denis, Parigi: contiene le spoglie di San Dionigi. L'abbazia ha una grande importanza
grazie all'abate Suger al quale si deve l'ingrandimento dell'abbazia verso occidente (facciata con i tre
portali) e soprattutto nel 1144 la realizzazione del grande coro caratterizzato da un doppio deambulatorio
che passa intorno e una serie di cappelle radiali decorate da coppie di finestre con archi ogivali, le vetrate
sono molto elaborate e tramite la tecnica della grisaille trovano posto, accanto a elementi vegetali e
geometrici, figurazioni sacre come l'Annunciazione nella quale l'Abate Suger è ai piedi di Maria nella
cappella della Vergine. La peculiarità dell'arte gotica è il fatto che le cappelle radiali e il deambulatorio
sono collegate solo da archi e colonne, mancando totalmente le pareti, tutto il coro è inondato di luce. Essa
entra nell'abbazia grazie alle finestre del doppio deambulatorio e del doppio ordine di finestre nella parte
alta.
Si afferma quindi un aspetto caratteristico della arte gotica, ossia la smaterializzazione della parete in
favore delle grandi vetrate policrome che consentono un rapporto stretto con la luce che cambia in base
all'ora del giorno e della sera.
Della “poetica luminosa” che si afferma a Saint Denis era perfettamente consapevole Suger, il quale, nel
testo “De consacratione” spiega in modo molto lucido come le aggiunte del 1144 rendano l'entrata della
luce protagonista, essa ovviamente è espressione della luce divina. Le vetrate policrome sono realizzate
tramite una polvere vitrea macinata che viene stesa sulla superficie che poi viene cotta, poi i singoli pezzi
di colore diverso vengono uniti da piombature, si tratta di una tecnica molto complessa che implica varie
maestranze.
Ovviamente a causa della rivoluzione francese i simboli della monarchia (Saint Denis compresa dato il suo
ruolo) vengono presi di mira per questo motivo l'abbazia è stata rimaneggiata molto in seguito.
()Aquila di Suger, Parigi, Museo del Louvre: Suger ama le opere sontuose dato che nella sua concezione
estetica oro, argento e pietre preziose permettono di intuire la grandezza divina, ecco perché chiede la
realizzazione di questo vaso egizio montato su una base a forma di aquila dorata le cui ali fungono da
maniglie. Suger spiega nei suoi scritti la poetica luminosa ed è influenzato dal neo-platonico Pseudo
Dionigi, infatti afferma che l'oro, le pietre preziose e l'argento sono lo strumento per l'inizio della
riflessione che connette con Dio in quanto sono espressione del divino.

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()Cattedrale di Chartres: dopo il 1194, a causa di un incendio, subisce una ricostruzione. All'esterno sono
ben visibili gli archi rampanti appoggiati ai grandi contrafforti ed è evidente come diventino anche
elementi decorativi. All'interno è evidente lo slancio verso l'alto, le pareti sono divise in tre ordini (tipico
dell'architettura francese anche precedente), le grandi finestre della navata centrale sono sicuramente il
simbolo per eccellenza dell'arte gotica e il coro (parte finale) è circoscritto entro un doppio deambulatorio
con cappelle radiali, in altre parole l'abbazia di Saint Denis è già diventata un modello. Chiaramente la luce
fa da padrona.
Un elemento centrale della cattedrale di Chartres che è preesistente alla ricostruzione in quanto
sopravvissuti all'incendio sono i tre portali della facciata detti “Portali del re”, essi hanno un programma
decorativo molto vasto, com'è consuetudine per l'arte francese lunette, architravi e archivolti ospitano vari
elementi decorativi, La novità risiede negli sguanci che accolgono una serie di re e regine di Israele
all'interno di colonne, si ha l'affermazione delle statue colonne, esse erano già state utilizzate da Niccolò
oppure a Moissac, ma in questo caso vediamo un programma decorativo ricchissimo a livello di quantità, si
tratta infatti di 19 statue colonna che vogliono indicare la progressione della Storia della salvezza che parte
da Israele e giunge fino ai nostri giorni.
Con la ricostruzione la cattedrale viene dotata di ingressi ai transetti dotati anch'essi di tre portali e una
profusione di decori tra cui le statue-colonne, il transetto settentrionale vede il programma decorativo
dedicato al Giudizio mentre il transetto meridionale alla Vergine.
All'interno della cattedrale vediamo la presenza della smaterializzazione delle strutture murarie e delle
vetrate policrome, in particolare vediamo un rosone e sotto cinque finestre di cui la centrale ospita
Sant'Anna con Maria neonata in braccio e le altre quattro alcune figure dell'antico testamento. Grazie a
queste finestre all'interno abbiamo un suggestivo gioco di luci che varia in base all'ora del giorno e della
notte.
()Cattedrale di Reims, 1211-1275: già in epoca carolingia Reims aveva un'importanza essenziale in quanto
sede di uno scriptorium, in epoca gotica vediamo la costruzione di un'importante cattedrale. Essa vede la
concentrazione dell'apparato decorativo-scultoreo nella facciata e in particolare negli sguanci dei tre portali
e nella parte alta detta “galleria dei re” (aspetto tipico di alcune cattedrali gotiche), in particolare vediamo
una serie di statue-colonna che raffigurano re oppure scene sacre come la scena della Visitazione.
Possiamo fare un confronto tra le statue-colonna della cattedrale di Reims e della cattedrale di Chartres, se
nella prima vediamo le figure che calcano il suolo in modo credibile, assumono delle pose diversificate,
sono sottolineate da panneggi morbidi che ad esempio simulano le ginocchia piegate, hanno delle
espressioni e delle emozioni, infatti Maria ed Elisabetta sembrano guardarsi e dalle notazioni d'età per cui
ci accorgiamo che Elisabetta è in la con l'età date le rughe, nella seconda i corpi sono più rigidi e frontali.
Un aspetto caratteristico del gotico è proprio la riconquista degli aspetti di naturalismo e realismo che con
il passare del tempo si erano andati a perdere ma che con l'arte gotica raggiungono dei picchi non
indifferenti. E' immediato il confronto con l'arte antica dati i panneggi che fasciano, l'attenzione per i
corpi...
Tuttavia gli scultori di Reims non sono scultori classici tout court in quanto nelle loro opere vediamo una
raffigurazione inedita dei sentimenti che è rappresentata in maniera perfetta da un angelo nella scena
dell'Annunciazione nel portale maggiore che fiancheggia la Visitazione, vediamo infatti un volto sorridente
che esprime un momento di gioia dato che sta comunicando alla Vergine che darà alla luce Cristo.
()Sainte Chapelle, 1241-1248, Parigi: è una cappella palatina in cui le caratteristiche dell'arte gotica
arrivano al loro culmine. E' commissionata a Pierre de Montreuil da Luigi IX al fine di conservare la
corona di spine che acquistò per una cifra enorme dall'imperatore Baldovino II di Bisanzio, per questo
motivo fu poi canonizzato. Nella cappella vediamo l'evidente smaterializzazione delle strutture murarie in
favore delle vetrate policrome che ospitano scene della Passione di Cristo e pilastri slanciati che
sostengono le grandi volte a crociera.

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La reliquia ha una fondamentale importanza dato che c'è il desiderio di elevare la corona francese a corona
della cristianità dell'eccellenza in quanto depositaria della corona di Cristo. Il re francese da questo
momento in poi assume quasi i connotati taumaturghi e quasi divini.
()Chiesa di Notre-Dame: anche questa chiesa incarna il gotico, vediamo gli archi rampanti, la forte
verticalità, i contrafforti esterni, la smaterializzazione delle strutture murarie e le enormi vetrate colorate.
()Abbazia di Fontenay, 1139: affianco alla tendenza policroma, alla verticalità e alle forme slanciate vista
fin'ora c'è un gotico più rigoroso e austero promosso dalle abbazie appartenenti agli ordini cistercensi.
L'ordine cistercense è un ramo riformato nel 1098 dell'ordine benedettino che all'inizi del XII sec. ha in
Bernardo da Chiaravalle la figura di spicco, il quale anche per le scelte a livello architettonico delle abbazie
cistercensi compie delle scelte importanti.
Le varie abbazie cistercensi chiaramente seguono un modello che è ben rappresentato dall'abbazia di
Fontenay. All'interno permane la verticalità, vediamo una copertura a crociera della navata centrale, una
serie di pilastri a fascio su cui si impostano i grandi archi ogivali, tuttavia vediamo un ambiente spoglio,
rigoroso e razionale in quanto Bernardo da Chiaravalle si scaglia in maniera netta contro le cosiddette
“ridicole mostruosità” ossia tutte quelle decorazioni scultoree, vetrate e in generale gli elementi di
sontuosità che adornano le chiese e che vengono considerati elementi di distrazione da combattere. A
livello decorativo chiaramente vediamo la completa assenza di decori plastici.
()Abbazia di Fossanova, 1187-1206, Latina: grazie all'ordine cistercense il gotico arriva anche in Italia.
All'interno ci sono una serie di pilastri a fascio su cui si impostano i grandi archi ogivali, le volte a crociera
della navata centrale e un elemento tipico delle architetture cistercensi italiane è la semi colonna pensile
appoggiata sul pilastro che si trova a mezza altezza.
A livello decorativo chiaramente vediamo la completa assenza di decori plastici. ()Chiesa abbaziale di San
Galgano, 1218-1288, Chiusdino: anche questa chiesa dialoga con l'architettura cistercense, vediamo una
serie di pilastri a fascio su cui si impostano degli archi ogivali, ricorre anche la semi colonna pensile che
poggia sui vari pilastri. ()Chiesa San Francesco, 1228-1253, Assisi: l'architettura cistercense avrà una
grande fortuna nei vari ordini mendicanti, in particolare nell'ordine francescano. La chiesa di San
Francesco ad Assisi è doppia, troviamo una chiesa minoriale nella parte bassa dove nell'altare maggiore
sono conservate le spoglie di San Francesco e una basilica papale nella parte superiore che ospita la
cattedra pontificia.

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L'arte federiciana e l'avvio di Nicola Pisano
L'architettura circestense ha un ruolo fondamentale durante il regno dell'imperatore Federico II che ha una
grande capacità nell'organizzare e governare il suo regno che è vasto data anche l'eredità normanna da parte
di madre.
Federico II è un uomo di immensa cultura capace di parlare numerose lingue e interessato a vari ambiti tra
cui l'arte, per questo motivo l'Italia meridionale, in particolare la Puglia, con il suo regno vivrà un periodo
di splendore.
()Augustale dell'imperatore Federico II, 1231, Londra, British Museum: Federico II fa stampare questa
presso la zecca di Messina. Come di consueto (Carlo Magno ad esempio) vediamo l'imperatore di profilo,
con l'alloro in testa e con vari simboli imperiali come la fibula che chiude la clamide. La differenza tuttavia
risiede nel fatto che se nel retro della moneta di Carlo Magno vediamo un tempio, due croci e l'iscrizione
che fa riferimento alla religione cristiana di conseguenza nonostante il recupero dell'antichità romana al
centro troviamo il volere di Cristo come legittimazione del potere imperiale, nel retro della moneta di
Federico II troviamo l'aquila, ossia il simbolo dell'impero romano che suggella una linea politica specifica
caratterizzata dall'autonomia rispetto al potere della chiesa.
Questo esplicito recupero dell'antichità romana unita alla “laicità” dell'impero federiciano creerà delle
tensioni con i pontefici tanto che Federico II verrà scomunicato due volte. ()Porta di Capua, 1234-1239: la
volontà di recuperare l'antichità romana è evidente in questa opera di cui rimangono soprattutto dei disegni
tra cui quello dello scultore senese Francesco di Giorgio Martini che ci permette di ricostruire la porta di
Capua.
I lavori sono stati eseguiti da Niccolò da Cicala e dal monaco cistercense Dominus Bisantius, infatti i
legami con l'architettura cistercense sono molto evidenti, la porta di Capua era costituita da due bastioni
cilindrici che poggiavano su una base poligonale e avevano tra essi una porta monumentale con una serie di
sculture che abitavano le nicchie della parte alta, il basamento dei bastioni e le arcate della parte superiore.
Grazie ai disegni possiamo vedere il programma decorativo della porta>
-al centro nella parte alta troviamo Federico II seduto tra figure allegoriche
-in chiave d'arco al centro di un oculo troviamo la Giustizia imperiale
-ai lati della Giustizia imperiale troviamo due busti di giuristi famosi
-nella parte bassa sul basamento poligonale dei bastioni trovano posto una serie di figure appartenenti
all'antichità. La porta quindi raffigura il diritto imperiale che deve accompagnare chi entra nel regno di
Federico II.
All'interno del Museo provinciale di Capua sono conservati i pochi resti delle statue della porta, fra cui>
-Federico II (dalla posizione delle braccia capiamo che l'imperatore era nell'atto della locutio, quindi stava
parlando)
-Busto di Pier delle Vigne (è un importante giurista del regno federiciano che rappresenta i busti romani
antichi data la barba, la clamide chiusa e la forte espressività)
-Busto di Taddeo da Sessa (è un importante giurista del regno federiciano che rappresenta i busti romani
antichi data la barba, la clamide chiusa e la forte espressività)
-Testa di Zeus (il tributo all'antico è molto esplicito in questa opera che origine si trovava sul basamento
poligonale dei bastioni)
()Arco trionfale di Alfonso d'Aragona (conosciuto come Castel Nuovo e Maschio angioino), terzo quarto
del XV sec., Napoli: è evidente la derivazione dalla Porta di Capua e dell'influenza dell'arte romana antica,
vediamo infatti una serie di statue sotto le arcate nella parte superiore, colonne con capitelli e arcate.
()Ritratto di imperatore, supposto di Federico II, Museo civico di Barletta: il busto è tradizionalmente
identificato con Federico II, probabilmente rappresenta un imperatore ideale. C'è un evidente richiamo al
mondo antico data la clamide, la definizione attenta delle caratteristiche fisiognomiche come le rughe sugli
occhi e i segni sulle guance e l'espressività che risulta purtroppo rovinata dal tempo.

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()Castello Maniace, 1232-1239, Siracusa: viene realizzato da Riccardo da Lentini e subirà una parziale
distruzione nel 1704. Il gusto per l'antico si evidenzia anche nel reimpiego delle vestigia da parte di
Federico II, nel caso di questo castello infatti vediamo la compresenza di elementi anticheggianti e un
lessico architettonico gotico-cistercense dato il gioco di archi acuti e volte costolonate (per la prima volta si
ha l'applicazione dell'architettura cistercense ad un edificio profano). Guardando l'ingresso possiamo notare
due mensole su cui Federico II fece collocare due arieti bronzei che inquadrano la parte alta del portale che
è schiettamente gotico dato l'arco acuto.
()Tazza farnese, II-I sec., Museo archeologico nazionale di Napoli: il gusto per l'antico si afferma
nuovamente, ma questa volta, nell'attività di collezionista di Federico II. Quest'opera prende il nome dalla
famiglia Farnese ed è realizzata in sardonica, ossia uno speciale tipo di agata che crea giochi di luce
suggestivi. In alcuni registri imperiali di Federico II nel novembre del 1239 viene ricordato l'acquisto della
tazza farnese da due mercanti provenzali. Il gusto per la sardonica porta ad una produzione di oggetti in
epoca federiciana di evidente gusto antico>
-Sardonica federiciana a tre strati con due busti di giovane e fanciulla (Kunsthistorisches Museum di
Vienna)
-Sardonica federiciana con donna col falcone (Museo del Bargello di Firenze)
-Sardonica federiciana con falcone (Biblioteque nationale de France di Parigi) ()Castel del Monte, 1240-
1246, Andria: non si tratta di un luogo adibito alla difesa ma piuttosto di una residenza usata probabilmente
per offrire ristoro alla corte federiciana
dopo la caccia. Si tratta di un edificio molto rigoroso e razionale, la pianta è ottagonale, al centro si apre un
cortile ottagonale e ad ogni angolo si sviluppano otto torri anch'esse ottagonali. All'interno ogni lato
prevede la presenza di una stanza, di conseguenza ritorna il numero otto. La figura dell'ottagono ricorda
importanti architetture di gusto imperiale come San Vitale e la cappella palatina di Aquisgrana.
Il cortile interno ottagonale è molto semplice e decorato solo tramite arcate cieche a sesto acuto (sapore
cistercense) che inquadrano tre portali.
Il portale di ingresso è in breccia corallina che risalta rispetto alla pietra usata per il resto dell'edificio ed è
caratterizzato dalla compresenza tra gusto classicheggiante (pilastri scanalati, cornice marcapiano, un
timpano inquadrato da un attico su cui si apre una finestra che da luce all'interno alla sala del trono, due
leoni sopra i capitelli e l'opus reticolatum ossia la disposizione delle pietre in diagonale) e gusto gotico
cistercense (volte costolonate). All'interno il gusto rigoroso è mantenuto, tuttavia nelle otto torri ci sono
alcuni decori lapidei>
-nella torre 7 i costoloni della volta sono impostati su mensole sorrette da telamoni, essi sono poderosi e
massicci e indossano la cuffia tipica della moda del 1200.
-nella torre 3 detta del falconiere c'è una volta tripartita e sorretta da teste antropomorfe (fra cui un fauno)
che mostrano una forte attenzione per il naturalismo (ripresa del gotico) soprattutto nei capelli animati e
negli occhi espressivi. In questo caso un confronto che viene fatto spesso è con il capolavoro di naturalismo
gotico San Giorgio a cavallo (ante 1237, cattedrale di Bamberga) che si è pensato potesse essere Federico
II.
Le decorazioni sebbene più estese nelle torri sono sempre molto contenute.

LA MINIATURA FEDERICIANA
()De arte venandi cum avibus: si tratta di una sorta di manuale riguardante la passione di Federico II per la
caccia con il falcone. Ne conosciamo due esemplari
-De arte venandi cum avibus, 1260, Biblioteca Vaticana, Roma: viene fatto realizzare da Manfredi (figlio
di Federico II) sul modello dell'originale perduto. E' caratterizzato da soli due volumi ma è totalmente
illustrato
-De arte venandi cum avibus, Biblioteca universitaria di Bologna: questo esemplare è caratterizzato da 6
volumi
In ogni caso si tratta di un manuale molto ricco che non si limita a descrivere la caccia con

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il falcone in quanto è definibile come trattato di ornitologia. Il testo si trova al centro su due colonne e
viene circondato da una serie di raffigurazioni di animali, i falconi a caccia, i falconieri stessi... Vediamo
una narrazione molto minuziosa e attenta alla realtà e al naturalismo, vediamo infatti un falconiere che fa il
bagno, i falconi che cacciano o vengono trattati dai falconieri....
L'arte federiciana dunque è in grado di operare una sintesi riuscita tra il recupero dell'antico e le forme
naturalistiche del gotico.
()I bagni di Pozzuoli, 1197, Biblioteca Angelica di Roma: si tratta di un trattato sui bagni termali di
Pozzuoli, in particolare è un poema didattico composto da 35 epigrammi latini e dedicato all'imperatore
Enrico VI. L'opera è stata commissionata da Manfredi a Pietro de Eboli. Anche in questo caso emerge il
gusto per il naturalismo data l'attenzione per i corpi umani, anche se con meno raffinatezza.
()Liber de locis stellarum, 1036, Biblioteque de l'Arsenal di Parigi: si tratta della traduzione in latino
dell'opera dell'astronomo arabo Umar Al-sufi che prendeva spunto dall'Almagesto di Tolomeo. Il Liber
locis stellarum contiene la descrizione, costellazione per costellazione, delle stelle in termini di posizione,
intensità, forma e cosa compongono (ad esempio la costellazione dell'Ariete, costellazione del Dragone e
costellazione di Andromeda). Questo codice traduce un testo che era già illustrato, essendo il testo
originale arabo, l'artista federiciano è influenzato nelle illustrazioni dal mondo orientaleggiante e
arabeggiante, un esempio è la figura femminile che ha capelli legati all'orientale e occhi a mandorla.

LA SCULTURA E (NICOLA PISANO)


La capacità di congiungere gusto gotico e recupero dell'antico si vede anche nella statuaria di epoca
federiciana.
Se confrontiamo il Fauno di Castel del Monte con l''opera l'imperatore Enrico II (1230, cattedrale di
Bamberga) notiamo l'attenzione per il naturalismo data dall'espressività del volto, dai capelli dettagliati
anche se liberi nel Fauno e ribelli nell'imperatore, la barba ben curata Questo confronto serve a capire
che sia lo scultore tedesco che quello italiano
avevano la stessa sensibilità e che all'epoca il gusto per il naturalismo era ben radicato. ()Capitello della
cattedrale di Troia, 1229, Metropolitan museum of art, New York: è evidente l'attenzione al naturalismo
tipica dell'epoca. Il capitello è caratterizzato da una folta vegetazione da cui emergono facce maschili
fortemente caratterizzate>
-testa con il turbante dal volto emaciato e segnato dalle righe sulla fronte e dalle guance scavate
-testa con caratteri moreschi quindi labbra carnose, naso pronunciato e capelli ricci Su questi esempi e in
particolare sul recupero dell'antico e la tendenza al naturalismo
dell'arte gotica su cui si forma Nicola Pisano (nonostante lui si firmi come “Pisano” alcuni documenti del
1265 ricordano che avesse origini pugliesi e per questo si presume che il meridione federiciano sia stato il
suo luogo di formazione).
()Testa di Moro e Testa Barbata, 1250-1260, duomo di Siena: le prime opere di Nicola Pisano che ci sono
giunte sono una serie di teste realizzate come mensole per la cornice del tiburio (struttura su cui si imposta
la cupola) della cattedrale di Siena. La testa di Moro presenta la bocca carnosa e il naso pronunciato che
riprendono il capitello della cattedrale di Troia e la testa barbata mostra l'attenzione per l'espressività e i
dettagli della barba della Testa di Zeus della Porta di Capua. Nicola Pisano ha un'assoluta capacità di
modellare e trasformare il marmo in maniera incredibile arrivando a realizzare dettagli finissimi, insieme al
figlio Giovanni Pisano saranno i modelli ai quali Giotto attingerà. ()Deposizione, ante 1260, Lucca,
Cattedrale di San Martino: nonostante l'opera sia in parte rovinata riusciamo a cogliere la capacità da parte
di Nicola Pisano di studiare i vari piani sui quali stagliare le figure e di convogliare la forte componente
emotiva dei vari personaggi come Cristo che, ormai morto, viene deposto dalla croce ed è abbandonato in
una posa innaturale, Nicodemo che lo afferra dalla vita e la Vergine che sorregge il braccio del figlio.
Queste figure sono chiaramente caratterizzate dal naturalismo date l'espressività e i loro volumi ben
studiati.

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Nicola Pisano e la sua eredità: Arnolfo di Cambio e Giovanni Pisano
-Nicola Pisano
Nicola Pisano dunque ha origini pugliesi e la sua formazione si basa proprio sull'arte federiciana
caratterizzata dal recupero dell'antico (passato glorioso romano) e da un n naturalismo spiccato (tipico
dell'arte gotica). Il suo esordio è dato dalle teste che realizza per il tiburio del duomo di Siena. Il linguaggio
di Nicola è nuovo ed è caratterizzato dalla riscoperta dei volumi e dei sentimenti.
()Pulpito, 1260, Battistero di Pisa: a Pisa Nicola ha la possibilità di studiare le vestigia dell'antico e in
particolare i sarcofagi romani che a partire dall'XI sec. i pisani usano per seppellire i propri membri più
illustri. Quest'opera serve ovviamente per la liturgia della parola come testimonia l'aquila nella parte alta
che ha la funzione di accogliere il Vangelo. Vediamo una struttura caratterizzata da una pianta esagonale
che è impostata su colonne. E' un'opera complessa e adornata da varie decorazioni>
-Parapetto 1 con Annunciazione, Natività e Annuncio ai pastori.
-Parapetto 2 con Adorazione dei magi
-Parapetto 3 con presentazione di Gesù al tempio
-Parapetto 4 con Crocifissione
-Parapetto 5 con Giudizio universale
Queste scene della vita di Cristo sono scandite da tre colonnine per ogni lato.
-Pilastrini con Virtù cardinali, San Giovanni Battista e Michele Arcangelo
-Pennacchi con evangelisti e profeti
-Base con leoni e prede che caratterizzano le colonne (alternanza tra colonna senza leone e colonna con
leone) e telamoni che sorreggono la colonna centrale
Le varie scene sono caratterizzate da una grande capacità di distinzione dei vari piani che permettono di
inserire nella stessa scena più episodi e da notazioni naturalistiche sottili.
In una scena troviamo ad esempio Annunciazione data da Maria sdraiata (sembra una matrona romana) e
dall'angelo, Natività data da Gesù da un lato e Gesù a fare il bagnetto dall'altro (addirittura c'è un tentativo
di creare l'acqua che esce dall'anfora) e Annuncio ai pastori dato sia dalle pecore in basso a destra che dai
pastori in alto a destra.
Ovviamente tutte le scene di questa opera sono caratterizzate dalla pienezze dei volumi, dai dettagli come
le pieghe degli abiti, lo scenario e i gesti e dal recupero dell'antico (nelle figure poderose ad esempio lo
vediamo).
Se osserviamo il Sarcofago romano (Camposanto, Pisa) e il Sarcofago di Fedra e Ippolito, (II sec. d.C.,
Camposanto, Pisa) notiamo l'evidente derivazione delle figure di Nicola Pisano dall'antichità romana, nelle
posizioni e torsioni delle figure, nei corpi muscolosi, nella forte espressività, nei panneggi e nei dettagli
come la simulazione delle ginocchia che si intravedono dalle vesti e le rughe che caratterizzano i
personaggi più anziani. In particolare il secondo sarcofago è importante perché fu realizzato nel 1076 per
ospitare il corpo della contessa Beatrice, madre di Matilde di Canossa.
Altra citazione dall'antico è il putto del Giudizio universale, si tratta di un demonio che è la traduzione in
termini tragici e drammatici del Putto che indossa una maschera del I sec. d.C.
Interessante è la Crocifissione dove lo svenimento della Vergine (di gusto bizantino) è l'apice
dell'espressività e dell'emotività dove vediamo un rinnovamento a livello iconografico in quanto nella parte
alta a sinistra vediamo un angelo che fa entrare la Chiesa mentre in alto a destra vediamo un altro angelo
che scaccia la sinagoga, si tratta di figure allegoriche che celebrano la vittoria della chiesa di Cristo (già
visto nel duomo di Parma nella deposizione di Benedetto Antelami, ma Nicola Pisano inserisce i due angeli
nella scena come se fossero due personaggi quindi la naturalezza è maggiore). Possiamo comparare questa
scena con l'opera Crocifissione (San Francisco, Stanford Universities Libraries) di Maestro di San
Francesco, da ciò possiamo notare che in entrambe le opere c'è un'indagine fine del panneggi e dei gesti
(svenimento di Maria) e copri sia volumetrici che piani, questo dimostra che all’epoca la scultura riusciva a
raggiungere esiti molto sofisticati a livello di naturalismo.

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Possiamo fare un confronto tra il pulpito di Guido Begarelli (1250, San Bartolomeo in Pantano) e il pulpito
di Nicola Pisano, sottolineando il fatto che il secondo ha una verticalità più elevata e una figurazione più
puntuale e meno rigida.
()Pulpito, 1265-1268, Duomo di Siena: Nicola realizza anche il pulpito del duomo di Siena insieme ad
Arnolfo di Cambio e il figlio Giovanni Pisano. Si tratta di un pulpito più complesso in quanto ha una
struttura ottagonale e un'organizzazione diversa della parte alta, le scene narrative infatti non sono più
chiuse da tre colonnine ma da figure che emergono. Tutto questo segna l'evoluzione di stile di Nicola
Pisano verso forme meno rigide e severe e più dinamiche e sciolte.
Anche questo pulpito ha numerose decorazioni > Parapetti
-Madonna annunciata
-Visitazione, Natività di Cristo, Annuncio ai pastori
-San Paolo tra i discepoli Tito e Timoteo
-Adorazione dei magi
-Madonna col bambino
-Presentazione di Gesù al tempio
-Due angeli
-Strage degli innocenti
-Cristo mistico
-Crocefissione
-Simboli dei quattro evangelisti
-Giudizio universale
-Cristo giudice
-Giudizio universale
-Angelo annunciante

Si tratta di scene della vita di Cristo accanto a scene bibliche che già di per se si prestano a figurazioni più
dinamiche come la Strage degli innocenti
=Pilastri e pennacchi
-Sibille e profeti
=Basamento
-Leoni e leonesse stilofore con prede (sempre alternanza tra colonne con leoni e colonne senza)
-Figure femminili che personificano le sette arti liberali e la filosofia alla base della colonna centrale

Osservando le varie scene notiamo l'enorme capacità di Nicola Pisano nella lavorazione del marmo per cui
troviamo figure e volumi pieni, pose svariate, espressioni forti e gesti enfatici.
Possiamo confrontare le scene dei due pulpiti, considerando ad esempio la Natività notiamo sicuramente le
assonanze (Vergine al centro come una matrona, il bagnetto di Gesù, le pecore e i pastori nella parte
destra...), tuttavia nel pulpito senese osserviamo un naturalismo pungente, le figure sono molto più
verosimili e concrete, sembra quasi che la maschera di antichità sia caduta in favore del realismo. Il pulpito
senese ha anche una dinamicità e ritmo maggiori (nella scena del Giudizio universale l'angelo spinge via la
sinagoga, nel pulpito pisano l'episodio era meno forte, alcuni uomini si toccano la barba perché sconvolti
dalla morte di Cristo, la Vergine è svenuta e San Giovanni si porta un lembo della tunica agli occhi per
asciugasi le lacrime), una narrazione più vivace e un'attenzione ai dettagli ancora più fine (nella scena della
Visitazione oltre alle rughe di Elisabetta notiamo anche una forte attenzione negli abiti, vediamo infatti il
velo, la cuffia, gli ornamenti sugli scolli...).
Un'altra caratteristica del pulpito senese è il rilievo in forte aggetto che permette di ammirare
maggiormente la capacità di Nicola Pisano di distinguere i vari piani
()Arca di San Domenico, 1264-1267, San Domenico, Bologna: è un'opera realizzata da Nicola Pisano e
dalla sua bottega, si tratta del sepolcro che ospita il corpo di Domenico di Guzman (l'ordine domenicano e
l'ordine francescano fondati da San Francesco hanno un impatto enorme sulla città). L'arca è stata molto
rimaneggiata negli anni successivi in particolare da Niccolo dell'arca, Michelangelo e Alfonso Lombardi.

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La parte centrale comunque è stata realizzata da Nicola Pisano e il progetto originale prevedeva un'arca
sostenuta da colonne cariatidi che poi sono state smontate e vendute, una di esse oggi si trova nel Museo
del Bargello a Firenze. L'arca raffigura vari episodi, centrali sono sicuramente quelli relativi alla vita e ai
miracoli di San Domenico che muore proprio a Bologna>
-San Domenico risana Napoleone Orsini caduto da cavallo
-Prova del fuoco che brucia i libri degli albigesi in cui le sacre scritture vengono buttate nel fuoco da San
Domenico ma non bruciano in quanto rimangono sospese mentre i libri degli albigesi (eretici) vengono
distrutti
-Pietro e Paolo ai lati corti che consegnano la missione dell'ordine
-Miracolo dei pani portati dagli angeli in cui vediamo San Domenico e i suoi confratelli che ricevono del
cibo. San Domenico infatti poco prima si era messo a pregare e degli angeli erano arrivati in suo aiuto in
quanto non aveva di che mangiare
-Adesione di Reginaldo d'Orleans all'ordine domenicano
-Innocenzo III approva la regola domenicana
Si tratta di figurazioni ricche di personaggi nelle più svariate pose che compiono gesti enfatici il tutto in
forte aggetto, il fondo invece ha una serie di tessere d'oro che creano un effetto cromatico particolare.

ARNOLFO DI CAMBIO TRA ROMA PERUGIA E FIRENZE


Arnolfo di Cambio è uno dei collaboratori di Nicola Pisano ed avrà una carriera illustre che si dipana tra
Lazio, Umbria e Toscana.
()Carlo I d'Angiò, 1277, Musei capitolini, Roma: Arnolfo di cambio giunge a Roma verso il 1277 e Carlo
d'Angiò, allora senatore, ma futuro re del meridione italiano gli commissiona questa scultura che
originariamente si trovava in una nicchia della chiesa di Santa Maria all'Aracoeli. E' un'opera fondamentale
in quanto si tratta di un ritratto realistico realizzato per tramandare l'immagine di un regnante, per la prima
volta si ha il recupero del ritratto per cui c'è una profonda attenzione alla fisionomia dato che tutti devono
riconoscere in questa scultura Carlo I d'Angiò. Il ritratto ufficiale avrà molta fortuna da qua in poi a
differenza del passato in cui si rappresentava il ruolo dell'imperatore più che l'uomo stesso (basti ricordare
Costantino). Carlo I d'Angiò è raffigurato seduto con uno scettro in mano, la veste leonina caratterizzata da
un tripudio di colori e i capelli dorati (ormai le decorazioni si sono consumate).
()Fontana in “pede fori” 1277-1281, Galleria Nazionale dell'Umbria, Perugia: si tratta di una fontana
pubblica dall'enorme valore civico, all'epoca infatti a Perugia era già stata fatta costruire la fontana
Maggiore, il motivo della costruzione di due fontane a poca distanza di tempo consisteva nel celebrare
l'enorme sforzo che veniva fatto per far arrivare a Perugia, una città arroccata, l'acqua. Della fontana in
“pede fori” sono rimasti pochi lacerti riguardanti figure di assetati, infermi e storpi, Arnolfo di Cambio
infatti aveva immaginato alcune figure che si vanno ad abbeverare. Le figure che vediamo sono dei
riferimenti chiari all'arte antica romana, l'inferma di Arnolfo di Cambio assomiglia molto ad una figura del
Sarcofago di Marte e Rea Silvia. Ci sono anche alcune figure angolari che riguardano alcuni Giuristi ma
non è chiaro il perché siano state realizzata per la fontana. Gli aspetti peculiari di Arnolfo di Cambio sono
sicuramente la pienezza plastica e dei volumi (ripresa da Nicola Pisano) e l'amore per le tensioni di
superficie per cui vediamo le figure e i relativi panneggi che appaiono taglienti e dinamici.
()Monumento funerario del cardinale Guillame de Braye, San Domenico, Orvieto: in questi anni si diffonde
a macchia d'olio la realizzazione dei monumenti funerari in quanto molte famiglie illustri commissionano
cappelle nelle quali verranno deposte le loro spoglie.
Guillame de Braye è un cardinale francese che muore nel 1282 a Orvieto e il suo corpo viene messo
proprio in un monumento funerario. Quest'opera è poggiata al muro, è caratterizzata da un arco trilobo e
due pilastri che lo contornano, a livello decorativo vediamo alcune tessere cosmatesche (tipiche dell'arte
romana, Arnolfo di Cambio infatti è stato a Roma). Il monumento prevede anche un podio che sorregge il
cataletto con raffigurato il corpo del cardinale che viene mostrato agli spettatori da due accoliti che
spostano le tende (iconografia che avrà molta fortuna), il cardinale è raffigurato un'ulteriore volta nella
parte alta mentre viene presentato da San Marco alla Vergine (la statua della Vergine non è altro che una
scultura antica rielaborata a cui è stato applicato Cristo da bambino da Arnolfo di Cambio che mostra
quindi un'enorme capacità di lavorare il marmo).

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Il monumento tra l'altro mostra un'attenzione dei dettagli molto importante, il volto del cardinale è molto
particolareggiato e le tende mostrano dei fori che simulano delle stoffe e sembrano davvero spostate dai
due accoliti che sono raffigurati con la veste che segue il movimento del corpo e una posa molto dinamica.
Arnolfo di Cambio realizza anche due cibori:
-Ciborio, 1284, San Paolo fuori le mura, Roma: l'opera riporta il nome socius Petrus, si tratta
probabilmente dell'artista Pietro d'Oderisio che ha collaborato con Arnolfo di Cambio per questo ciborio.
-Ciborio, 1293, Cecilia in Trastevere, Roma
Si tratta di due opere molto simili nella scelta ad esempio degli archi trilobi, dei profeti nei pennacchi e dai
pilastrini messi di taglio e non frontali. Tuttavia ci sono delle differenze, vediamo infatti che il primo
ciborio ha uno spiccato gusto gotico-francese data la forte verticalità e le guglie, il secondo invece perde la
verticalità in favore di una maggiore larghezza. Questo è dovuto al fatto che Arnolfo di Cambio matura, si
stacca dal gotico e acquisisce uno stile più solenne che caratterizzerà i suoi lavori da ora in poi.
()Sepolcro di Bonifacio VIII, 1296, Grotte Vaticane, Roma: Bonifacio VIII è un pontefice di rilievo che
viene eletto dopo il gran rifiuto di Celestino V. Arnolfo di Cambio ha l'incarico di realizzare il cosiddetto
sacello ossia la tomba per Bonifacio VIII in San Pietro.
La tomba è collocata sopra l'altare dove già erano presenti le spoglie di Bonifacio IV.
Nel 1400 San Pietro subisce diversi lavori che la cambieranno molto, comunque ci sono rimasti una serie di
schizzi a cura di Giacomo Grimaldi che tramandano alcune opere che erano in procinto di essere
smantellate, di conseguenza abbiamo un'idea, seppur parziale, di come doveva essere questo sacello,
vediamo infatti una tettoia decorata tramite guglie e cuspidi che danno un senso forte di verticalità, un
mosaico eseguito da Iacopo Torriti in cui San Pietro e San Paolo presentano Bonifacio VIII inginocchiato
alla Vergine con il bambino entro un clipeo, di ciò si sono conservati due frammenti riguardanti Cristo
bambino (Museo Puskin, Russia) e la Vergine (Brooklyn museum of arts, New York) e infine procedendo
verso il basso vediamo Bonifacio VIII posto sul sepolcro.
()Disegno della facciata del Duomo di Firenze prima della demolizione del 1587 (copia del pittore
Bernardino Poccetti), Alessandro Nani, Archivio dell'opera del Duomo, Firenze: questo disegno mostra lo
stato della facciata di Santa Maria del Fiore prima della sua demolizione, di forte interesse sono le tre
lunette (del portale centrale, del portale sinistro e del portale destro) che accolgono delle statue realizzate
proprio da Arnolfo di Cambio e ora ricoverate nel Museo dell'opera del Duomo>
-Natività di Cristo: occupava la lunetta del portale di sinistra ed è arrivata a noi solo la Vergine sdraiata. Il
fatto che le lunette presentino storie della Vergine deriva dal fatto che Santa Maria del Fiore è dedicata
proprio a Maria
-Vergine col bambino tra Santa Reparata e San Zanobi: occupava la lunetta del portale centrale. Santa
Reparata è la santa alla quale era dedicata la precedente cattedrale, di questa scultura è importante ricordare
che è stata rimaneggiata nel 1500 quindi rimane solo in parte la mano di Arnolfo
-Dormitio virginis: occupava la lunetta del portale destro. La scena mostra la Vergine che si addormenta e
poi sale in cielo (Maria infatti non muore)
-Bonifacio VIII e due accoliti: non sappiamo dove fosse posta questa scultura, probabilmente in un luogo
più alto rispetto alle lunette.
Ovviamente le sculture sono caratterizzate dall'attenzione per la tensione delle superfici, dall'essere
dinamiche e dal mostrare emotività ed espressività (basta guardare la scena della Dormitio virginis in cui la
Vergine ha un'espressione ben studiata)

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GIOVANNI PISANO
()Fontana Maggiore, 1278, Piazza IV Novembre, Perugia: Giovanni Pisano collabora con il padre già nel
Pulpito di Siena ma non appone la sua firma a differenza di quanto succede per questa fontana. Si tratta di
una fontana dall'enorme valore civico ed è la prima fontana pubblica di cui si hanno notizie, negli anni
successivi avrà molta fortuna.
L'opera ha una struttura caratterizzata da una tazza apicale nella quale cade l'acqua versata da tre figure
bronzee fuse da un certo Rubeus, poi viene riversata nella tazza di media grandezza decorata con la pietra
rosa di Assisi e da 12 sculture in forte aggetto che occupano ogni lato, infine tramite teste bronzee di
animali l'acqua arriva nella tazza più grande caratterizzata da 24 lati che ospitano figurazioni scandite
ognuna da una colonnina e ogni due da pilastrini.
La fontana ha un'importante impresa illustrativa caratterizzata da storie dell'Antico e del Nuovo testamento,
da Perugia omaggiata dalle campagne, dalle virtù, dalle arti liberali, dal mitico fondatore di Perugia
Euliste... in particolare la parte bassa accoglie figurazioni dei segni zodiacali, dei mesi e delle relative
attività>
-Ottobre è rappresentato tramite un uomo che si occupa della botti per il vino
-Novembre è rappresentato da un uomo che si occupa dell'aratro e un altro che semina
-Dicembre è rappresentato da un uomo che prepara un maiale
()Facciata del duomo di Siena, 1285-1297: Giovanni Pisano interviene a Siena come operaio (direttore) del
duomo di Siena, questa carica era stata già rivestita dal padre Nicola. A Giovanni Pisano si deve gran parte
della facciata che pensa come una grande parete vivente abitata da sculture e rilievi complessi che pone
soprattutto nei punti centrali come i portali, i pilastri e le cuspidi, in particolare su quella centrale svetta la
Vergine alla quale è dedicato il duomo di Siena (Santa Maria Assunta). Le sculture sono caratterizzate da
espressioni varie e ben dettagliate, da sguardi che si incontrano e sembrano mostrare una sorta di dialogo
fra sculture che guardano infine tutte alla Vergine sulla cuspide centrale da un naturalismo spiccato (come
ad esempio gli animali tra buoi, leoni e cavalli che sono realizzati in varie posizioni tra seduti,
scalpitanti...). Tutte le sculture sono ricoverate presso il Museo dell'opera del Duomo, tra essere troviamo:
-Mosè
-Sibilla
-Simeone
-Platone
Da queste statue notiamo che lo stile di Giovanni Pisano è diverso da quello del padre, vediamo infatti
sempre un grande plasticismo ma una dinamicità, un senso della narrazione più forte e affermato,
un'attenzione per i dettaglio e la realtà smisurato e un senso per i sentimenti più marcato, Giovanni infatti
conosce con maggior perizia gli esempi della scultura gotica d'oltralpe. Ciò lo si capisce molto bene
osservando due opere:
-Madonna con il bambino: la Vergine non è realizzata frontale e rigida ma in una posa particolare che
sembra suggerire il suo adeguamento a Cristo bambino che si sta muovendo.
-Crocifisso: si avverte la pesantezza del corpo di Cristo che tende ad andare verso il basso e a non essere
ben saldo alla croce. Anche il volto aumenta il senso di naturalismo in quanto è sofferente.
()Pulpito, 1298-1301, Sant'Andrea, Pistoia: l'opera riporta un'iscrizione in cui si percepisce quanto
Giovanni Pisano fosse consapevole di essere un grande scultore, effettivamente rispetto ai pulpiti del padre
questo è più complesso a livello di figurazione. La struttura è esagonale ed è impostata su archi trilobi
sorretti da colonne. Le illustrazioni sono così organizzate>
=Parapetti
-Annunciazione, Natività di Cristo, Annuncio ai pastori
-Sogno e Adorazione dei magi
-Strage degli innocenti
-Crocifissione
-Giudizio universale
-Sant'Andrea, Santo Stefano, gruppi di angeli e apostoli, tetramorfo e Cristo mistico che occupano le
colonnine poste a dividere le figurazioni
=Capitelli e pennacchi
-Profeti
-San Pietro
-San Paolo

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-Sibille sui pilastrini sopra i capitelli
=Basamento
=Leoni e telamoni a decoro delle colonne (alternanza tra colonna con telamone/leone e colonna spoglia)
=Grifo e aquila a decoro della colonna centrale
All'apice troviamo un'aquila (si tratta di una copia, l'originale è al Metropolitan Museum di New York) che
ha la funzione di leggio per la liturgia della parola.
Le illustrazioni sono caratterizzate da emozioni e gesti enfatici, da un forte senso della narrazione, da una
grande capacità realistica nel realizzare i dettagli.
I personaggi sono legati da gesti e sguardi e ciò è accentuato da una capacità grandiosa di organizzare i
piani. Tra i particolari più belli abbiamo le madri che abbracciano i figli uccisi e le donne terrorizzate dai
corpi contorti della Strage degli Innocenti, la Vergine che sviene nella Crocifissione abbandonandosi
totalmente e sempre la Vergine che si ritrae spaventata nella Natività di Cristo.

()Pulpito, 1301-1310, Pisa, Cattedrale: Giovanni Pisano è chiamato a realizzare un pulpito anche per la
cattedrale di Pisa in sostituzione del già esistente pulpito di Guglielmo che viene poi spostato nella
cattedrale di Cagliari. Non si tratta più di una struttura a pianta poligonale ma centrale, nel parapetto
troviamo delle iscrizioni che ribadiscono quanto Giovanni Pisano sia un grande artista, alla base invece
altre iscrizioni testimoniano che Giovanni Pisano abbia avuto dei problemi con l'operaio (direttore) dei
lavori della cattedrale di Pisa, infatti afferma che chi lo critica non è degno.
Il pulpito pisano riporta delle innovazioni, se lo confrontiamo con quello pistoiese infatti notiamo che ci
sono nuovi episodi, non ci sono più gli archi trilobi in favore di mensole figurate, il basamento ha una
decorazione più complessa e le singole lastre del parapetto non sono diritte ma circolari. Le illustrazioni
sono così organizzate>
=Parapetti
-Annunciazione, Visitazione e Nascita del Battista
-Natività di Cristo
-Sogno, viaggio e Adorazione dei magi
-Presentazione al tempio, i Magi davanti a Erode e Fuga in Egitto
-Strage degli Innocenti
-Cattura e Passione di Cristo
-Crocifissione
-Giudizio universale
-Profeti,apostoli, Cristo giudice nelle colonnine che spartiscono le illustrazioni
=Mensole
-Profeti, apostoli ed evangelisti
=Capitelli
-Sibille sui pilastrini dei capitelli
=Basamento
-Colonne con leoni stilofori
-Colonne spoglie
-Figure cariatidi, in particolare San Michele Arcangelo, Ercole, Cristo sostenuto dai quattro evangelisti,
Personificazione della chiesa sostenuta dalle virtù cardinali (temperanza, giustizia, fortezza e prudenza)
realizzata come una donna che allatta due gemelli
Sono sculture a tutto tondo che fanno emergere l'enorme attenzione naturalistica di Giovanni Pisano che
ben conosce l'arte gotica, le figure sono nelle più svariate pose, i panneggi seguono i corpi, ci sono sguardi
pieni di espressività e gesti enfatici. Allo stesso tempo Giovanni Pisano conosce l'arte antica di Roma,
possiamo notarlo infatti dalla statua della Temperanza realizzata come una donna nuda che cerca di coprirsi
seno e pube, essa non è altro che la traduzione in termini cristiani della Venus pudica
-Personificazione delle arti liberali e della filosofia che sostengono le virtù teologali ossia fede, speranza e
carità

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Anche in questo pulpito troviamo una forte narrazione vivace, la dinamicità fa da padrona, la scansione in
piani è molto sofisticata è c'è un indagine molto attenta dei personaggi in quanto sono nelle più svariate
pose come la Vergine svenuta nella Crocifissione, i cavalli rappresentati non solo frontalmente a
sottolineare la loro andatura, le vesti e i finimenti dei magi e gli sguardi variegati come le madri nella
Strage degli Innocenti che fanno smorfie di dolore per la morte dei figli.
()Madonna con bambino e angeli reggicero, cappella degli Scrovegni, Padova: Nicola Pisano lavora anche
anche a Padova e quest'opera mostra un'altra volta la sua grande capacità nel riportare i dettagli realistici, la
Vergine infatti non è frontale ma rivolta verso Cristo bambino ed è in una posa particolare che suggerisce
l'adeguamento del suo corpo ai movimenti del figlio
()Madonna con il bambino, 1312, Duomo di Prato: l'opera mostra la grande capacità di Nicola Pisano nel
riportare i dettagli realistici, la Vergine infatti non è frontale ma rivolta verso Cristo bambino ed è in una
posa particolare che suggerisce l'adeguamento del suo corpo ai movimenti del figlio, in particolare Gesù è
rappresentato come un bambino qualsiasi che in braccio alla madre gioca e si diverte.
()Elevatio animae di Margherita da Brabante,1313-1314, Museo di Sant'Agostino, Genova: Nicola Pisano
arriva a lavorare anche a Genova. L'opera viene realizzata per la moglie dell'imperatore Arrigo VII che
muore in giovane età. Nicola Pisano concepisce un'innovazione strepitosa, ossia il corpo della donna viene
sollevato da due angeli che lo portano in cielo. E' rimasto poco di quest'opera, fra cui la Statua della
Giustizia.
Nicola Pisano aveva previsto una parte apicale caratterizzata da Margherita da Brabante elevata in cielo dai
due angeli, una parte intermedia che non era altro che il sarcofago e infine una parte più bassa occupata
dalle virtù (solo la Giustizia è rimasta).

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La pittura del Duecento, tra Toscana, Umbria e Lazio
Nel XII sec. l'impatto della cultura latina sulla penisola italiana è molto forte e si intensifica nel corso del
1200 dato che molti artisti di origine orientale lasciano Costantinopoli che nel 1204 in occasione della IV
crociata viene invasa dai veneziani i quali saccheggiano la città. Gli artisti in fuga si recano in città come
Venezia e Pisa che hanno canali privilegiati con il Mediterraneo. La cultura bizantina all'epoca è definita
tardo-comnena che deriva dalla dinastia dei Comneni. E' un'arte caratterizzata da un forte linearismo, un
grafismo squisito e da lumeggiature sottili
()Stauroteca, fine del XII sec., Cosenza, Museo diocesano: esempio di arte bizantina ()Vergine col bambino
e Crocifissione, miniature di Sacramentario, Biblioteca Nacional, Madrid: esempio di arte bizantina
realizzata da un artista siciliano
Questi sono gli esempi ai quali i pittori duecenteschi del centro Italia guardano.

TOSCANA
()Croce dipinta, Santa Maria degli angeli, Museo della Porziuncola (Assisi): Giunta Pisano realizza una
croce dipinta su fondo oro e decorata con alcune punzonature e la firma nella parte bassa. A livello
iconografico vediamo un Christus patiens, quindi un Cristo sofferente che soffre i segni della passione e ai
suoi lati i due dolenti classici quindi la Vergine e San Giovanni che mostrano la loro commozione e
sofferenza, la prima ad esempio si asciuga le lacrime. I corpi e le vesti sono animate da lumeggiature che
tradiscono la conoscenza di Giunta Pisano dell'arte tardo-comnena, inoltre osservando i volti vediamo le
sottolineature di bocca, occhi, collo...
()Croce dipinta, Museo di San Matteo, Pisa: è detta croce di san Ranierino in quanto proveniente dalla
chiesa di San Ranierino. Vediamo che rispetto alla croce di Assisi i tabelloni laterali diventano più decorati,
il corpo di Cristo si adagia in una S più pronunciata che sottolinea la pesantezza e i dolenti ai lati hanno
delle espressioni più forti, gli occhi infatti sono sgranati e ritorna la sottolineatura del volto. Non abbiamo
date certe per quanto riguarda le opere di Giunta Pisano quindi non sappiamo datare il cambio di stile ma
comunque sappiamo che è avvenuto in quanto l'artista conosce alcune opere di artisti occidentali (veneziani
in particolare) che lavorano nei territori crociati come San Giovanni d'Acri (Israele) dove si forma uno
scriptorium.
()Messale, 1250, Biblioteca capitolare di Perugia: è il prodotto dello scriptorium nato a San Giovanni
d'Acri dove i miniatori lavorano ibridando modelli iconografici bizantini con un senso del colore ed alcuni
elementi decorativi occidentali. Questo tipo di linguaggio può essere definito internazionale e viene
definito Commonwealth mediterraneo. Il Messale giunge in Umbria probabilmente tramite i francescani
che nel 1200 si trovavano in territorio crociato. Possiamo fare un confronto tra i dolenti di questa opera e i
dolenti della croce di san Ranierino, notiamo subito che hanno gli stessi occhi sgranati e le stesse posizioni,
l'espressività e l'emotività sono quindi al centro
()Croce dipinta, Bologna, San Domenico: è la terza croce realizzata da Giunta Pisano. L'opera è molto
sontuosa e preziosa dati i vari decori, il fondo oro e le crisografie sulle vesti, ritorna l'espressività del volto
di Cristo che trasmette tanta sofferenza, il suo corpo è pesante e forma una S e sembra invadere le
decorazioni, infine le sottolineature sono molto marcate. Osservando le tre croci è evidente un
avanzamento stilistico dovuto proprio alla conoscenza del Commonwealth mediterraneo e una profusione
di decorazioni. ()San Francesco e storie della sua vita, Museo nazionale di San Matteo, Pisa: è un opera di
Giunta Pisano che consiste in una tavola cuspidata con San Francesco al centro e scene della sua vita tutte
intorno. Questa tipologia di opera (diffusa soprattutto nel 1200) è detta tavola agiografica o vita icon in
quanto prevedono un santo al centro e scene della sua vita tutte intorno. Il preziosismo di Giunta Pisano lo
si vede non solo nell'aureola fatta tramite punzonature ma anche nelle lumeggiature delle vesti. Se
osserviamo le varie scene vediamo i primi tentativi di umanizzare il racconto sacro, l'astante ad esempio
alla vista del demonio (figura nera) dal quale la donna è liberata si porta le mani al viso in

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segno di paura e stupore ma anche di creare degli ambienti verosimili nonostante lo sfondo oro crei un
ambiente atemporale e privo di notazioni relative al luogo, nella scena in cui San Francesco guarisce la
donna con la pistola al seno ad esempio vediamo una cupola, delle torri... che formano un paesaggio
urbano
Le tavole agiografiche hanno molta fortuna nel 1200>
-Incisione seicentesca di una tavola agiografica andata perduta, 1228, chiesa di San Miniato al Tedesco:
San Francesco muore nel 1226 e viene santificato nel 1228, questo vuol dire che l'opera è realizzata l'anno
della sua santificazione. La pittura è al passo con i tempi, raffigura la contemporaneità
-San Francesco e sei storie della sua vita, 1235, San Francesco, Pescia (Pistoia): è un'opera di Bonaventura
Berlinghieri, anche in questo caso l'opera è molto vicina alla contemporaneità
-San Francesco e storie della sua vita, Santa Croce, Firenze: è realizzata da Coppo di Marcovaldo ed è la
più complessa tra le tre. È detta San Francesco Bardi in quanto si trova nella cappella Bardi.
Coppo di Marcovaldo è un altro grande protagonista della pittura Toscana che si forma sugli esempi di
Giunta Pisano
()Madonna del Bordone, 1261, Santa Maria dei Servi, Siena: è l'unica opera che abbiamo di Coppo da
Marcovaldo firmata e datata. L'artista la realizza per riscattarsi in quanto era un artista fiorentino che
durante la battaglia di Monteaperti del 1260 era stato fatto prigioniero dai senesi. Dalle radiografie
dell'opera possiamo vedere che un pittore duccesco (dell'inizio del 1300) ha ridipinto alcune zone per
adeguare l'opera al gusto del tempo. Oltre a mostrare questo cambiamento vediamo chiaramente l'originale
caratterizzato dalle sottolineature di naso, bocca e collo ma anche un grande decorativismo che colpisce il
cuscino della seduta e del pavimento e le vesti animate di pieghe. Ripetto a Giunta Pisano, Coppo di
Marcovaldo pone maggiore attenzione alla resa plastica delle figure.
()Croce dipinta, Museo Civico, San Gimignano: in quest'opera troviamo di nuovo l'iconografia del Christus
patiens affiancato dai dolenti (stavolta in forma ridotta) e una particolarità è data dalle tabelle laterali che
non sono solo decorate ma riportano storie della Passione di Cristo, non si tratta di un'innovazione ma di un
ritorno al secolo precedente. Quindi se da una parte c'è un ritorno al passato, dall'altra la drammaticità, il
forte grafismo e i giochi di luce delle lumeggiature sono elementi moderni ripresi da Giunta Pisano.
L'attenzione alla resa plastica invece è il tocco personale di Coppo da Marcovaldo ()Madonna col bambino,
Museo dell'opera del duomo, Orvieto: è un'opera molto simile alla Madonna del Bordone soprattutto a
livello decorativo, ritornano infatti le crisografie, lo sfondo oro e le vesti animate in mille pieghe
sottolineate da preziose lumeggiature. ()Giudizio universale, Battistero di San Giovanni, Firenze: fa parte
della serie di mosaici del battistero di Firenze. Coppo di Marcovaldo realizza il Giudizio universale,
notiamo un forte senso del grottesco dovuto al demone che mangia i dannati e gli reca sofferenza. ()Croce
dipinta, 1265, San Domenico, Arezzo: Giunta Pisano oltre ad essere un modello per Coppo di Marcovaldo
è il punto di partenza per Cimabue.
L'artista è il padre della pittura moderna e il maestro di Giotto. Questa croce segna l'esordio di Cimabue e
attraverso l'esempio di Giunta Pisano guarda all'arte bizantina cercando tuttavia di umanizzare in modo
ancora più sofisticato e preciso le figure e la resa del volume (resa plastica). Anche Cimabue presta molta
attenzione alle decorazioni, vediamo infatti il perizoma di Cristo di color rosso vivo e ricco di lumeggiature
e i tabelloni laterali caratterizzati da motivi geometrici su fondo oro. Le due figure dei dolenti sono molto
plastiche, ritornano le marcature su naso, bocca, collo... e le loro vesti sono animate da pieghe, è evidente
la loro espressività e la loro emotività, sono infatti distrutti per la morte di Cristo. Possiamo fare un
confronto con la Croce bolognese di Giunta Pisano affermando che le croci hanno una struttura simile
caratterizzata dai tabelloni laterali

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decorati che ospitano i dolenti, in entrambe le opere Cristo con il corpo forma una S ed il suo corpo è ben
studiato nella muscolatura, nel rivelare le coste e nella tripartizione del ventre. Tuttavia in Cimabue c'è
un'atmosfera più livida ed esasperata, le luci e le ombre sono più marcate, il corpo di Cristo è più pesante e
il senso plastico è maggiore. Quindi Cimabue è sicuramente in continuità con Giunta Pisano ma la sua
pittura è più virtuosa, in quanto con il tempo porrà sempre più attenzione all'umanizzazione e allo studio
del corpo. ()Croce dipinta, 1280, Santa Croce, Firenze: la croce è stata rovinata ampiamente nel 1966 a
causa dell'alluvione fiorentina. Il virtuosismo della pittura di Cimabue è qua molto evidente, Cristo forma
con il corpo una S ma la sua muscolatura è molto precisa e verosimile, Cimabue abbandona ad esempio
l'astrazione bizantina del ventre tripartito, il volto di Cristo trasmette sofferenza alla quale i dolenti ci
invitano a partecipare e il perizoma è quasi impalpabile e dall'aspetto “metallico”, questo tradisce
nuovamente un attento studio del corpo umano che infatti possiamo seguire sotto questo velo finissimo.
E' una croce sicuramente più virtuosa in cui gli aspetti di astrazione bizantina spariscono in favore di
pennellate finissime che permettono uno studio anatomico preciso, di giochi di luce e ombre e di sguardi
burberi e duri che sono un la firma di Cimabue.
()Maestà, 1280, Musee de Louvre, Parigi: l'opera viene fatta più o meno alla stessa altezza cronologica
della croce di Santa Croce. Si tratta di una Maestà, quindi la raffigurazione della Vergine con il bambino in
trono attorniata da angeli. Maria è avvolta da una veste alla bizantina azzurra e i suoi capelli sono raccolti
in una cuffia, in braccio tiene Gesù bambino ed è seduta su un trono che è attorniato da angeli. C'è un
tentativo blando di rendere la spazialità, il trono infatti viene scorciato sul lato anche se poi risulta
comunque frontale e gli angeli sono su piani diversi in profondità in quanto il nimbo di ognuno copre ciò
che ha dietro, tuttavia non è un tentativo che riesce in pieno in quanto il trono sembra quasi frontale e gli
angeli quasi uno sopra l'altro dato che riescono a mettere le mani sul trono più o meno nello stesso punto.
Dopo una riflessione su corpi e sentimenti Cimabue inizia una riflessione sulla spazialità. A livello
stilistico ritornano gli sguardi duri e burberi tipici di Cimabue, le pennellate fini, le vesti “metalliche” che
mostrano il corpo umano e il gioco di luci e ombre. Il tutto è decorato finemente, i nimbi ad esempio sono
un tripudio di punzonature.
()Madonna col bambino, 1285-1290, Museo della collegiata, Castelfiorentino: quest'opera mostra
sicuramente gli aspetti dell'arte di Cimabue come le vesti metalliche ma ci sono degli aspetti di innovazione
come i volti meno grafici e marcati ma più morbidi, c'è quindi un passaggio dal grafismo elegante bizantino
al tentativo di far emergere la realtà del corpo e la sua vitalità. In quest'opera alcuni studiosi hanno
riconosciuto l'attività congiunta di Cimabue e Giotto.
()Maestà, 1290-1300, Galleria degli Uffizi, Firenze: si tratta di una Maestà di Cimabue più complessa. E'
un'opera più matura in quanto c'è una concezione dello spazio più sofisticata, la Vergine con Cristo in
braccio infatti sono su un trono frontale e gli angeli laterali sono ben disposti su piani diversi perché non
solo i nimbi coprono ciò che hanno dietro ma con le mani toccano la seduta in punti diversi creando una
situazione più verosimile, Ovviamente l'opera presenta i caratteri tipici di Cimabue, quindi le vesti
metalliche che non nascondono i corpi, gli sguardi duri e burberi e le marcature dei volti. Una particolarità
è il tentativo di Cimabue di far scendere le vesti anche a coprire parte del volto del personaggio che rendere
la scena più credibile, se in quest'opera questo tentativo è almeno accennato, nelle altre le vesti formano
una sorta di mezzaluna che contorna la testa dei personaggi tipica dell'arte bizantina, sarà infatti Giotto a
riuscire a staccarsi da questa mezzaluna portando le vesti a coprire effettivamente parte dei volti.

UMBRIA
San Francesco muore nel 1226 e nel 1228 viene santificato, quindi gli viene dedicata ad Assisi la chiesa di
San Francesco. Chiaramente molti artisti lavorarono a questa chiesa e molti altri lavorano in generale in
Umbria.

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()Croce dipinta, Santa Maria degli angeli, Museo della Porziuncola (Assisi)
()Croce dipinta di Frate Elia: Giunta Pisano viene chiamato nel 1236 dal frate francescano Elia per
realizzare una grande croce da mettere sulla trave sospesa infondo alla navata della basilica superiore di
San Francesco di Assisi. La croce ad un certo punto crollò e andò persa ma gli eruditi del 1600 ci hanno
dato una descrizione dell'opera riportando le iscrizioni. Esse ricordavano che la croce era stata voluta da
frate Elia ed era stata realizzata da Giunta Pisano, sappiamo quindi che l'artista non lavora solo in Toscana
ma anche in Umbria. La croce perduta è stata ricordata da Giovanni Battista Cavalcaselle che ha voluto
creare un riallestimento della basilica superiore di Assisi ricreando la presenza della croce di Giunta Pisano
()San Francesco riceve la stimmate e Compianto del Cristo morto, 1260, Basilica inferiore di san
Francesco, Assisi: si tratta del più antico ciclo decorativo della basilica inferiore di Assisi che è ispirato
dall'importanza che San Francesco già ha a quelle altezze cronologiche e in particolare dalla
corrispondenza tra San Francesco e Cristo.
Sulle pareti della navata centrale, prima che venissero aperte delle cappelle che hanno parzialmente
distrutto questo ciclo, il cosiddetto Maestro di San Francesco realizza a sinistra delle Storie di San
Francesco e a destra delle Storia di Cristo, queste pareti quindi hanno proprio la funzione di esaltare la
similitudine tra Cristo e San Francesco. In particolare lo notiamo dal fatto che nelle scene sia San
Francesco che Cristo hanno i segni evidenti della stimmate.
Se osserviamo le scene notiamo sicuramente un richiamo a Giunta Pisano ma anche alle maestranze non
italiane attive proprio ad Assisi. Lo stesso artista realizza anche le splendide vetrate. Questa doppia visione
fa in modo che Maestro di San Francesco realizzi carnati imperlati, usi tinte fredde e suggerisca un grande
trasporto emotivo. ()Croce dipinta, 1272, Galleria Nazionale, Perugia: in questa opera vediamo il richiamo
a Giunta Pisano dato il corpo ad S abbandonato del Cristo e lo stesso modo di realizzare una muscolatura
astratta presa direttamente dai bizantini, tuttavia ci sono le caratteristiche tipiche di Maestro di San
Francesco, quindi i carnati imperlati e i colori tenui. La similitudine tra Cristo e San Francesco è evidente
in quanto entrambi (San Francesco si trova ai piedi di Cristo in versione molto piccola) hanno i segni della
stigmate ()Ricostruzione del dossale a doppia faccia per la chiesa di San Francesco al Prato di Perugia: si
tratta di un'opera a doppia faccia di cui ci è rimasta solo una parte che è stata ulteriormente frammentata fra
vari musei del mondo. Il dossale prevede scene della Vita di Cristo e degli apostoli con San Francesco.
Oltre alle caratteristiche tipiche del pittore Maestro di San Francesco notiamo una connessione con i pittori
occidentali che lavoravano al tempo su modelli bizantini in ambito crociato, l'angelo in alto infatti nelle
vesti ma soprattutto nell'emotività ricorda l'angelo di una Crocifissione di un pittore crociato.
()Croce dipinta, Museo del Tesoro, Assisi: Maestro delle croci francescane è allievo di Maestro di San
Francesco e realizza una serie di opere che sicuramente guarda anche a Giunta Pisano. Questo artista ha
una capacità di colore molto raffinata, vediamo infatti un gioco di azzurri e blu diversi che si diversificano
tra loro per leggere sfumature
()Croce dipinta, Wallraf-Richartz Museum, Colonia: Maestro delle croci francescane di nuovo mostra la
sua capacità grandiosa di trattare diverse sfumature dello stesso colore. ()Croce dipinta, Pinacoteca
comunale, Faenza: Maestro delle croci francescane lavora anche delle Marche dove realizza una croce i cui
tabelloni sono decorati tramite madreperle e vetri preziosissimi che colpiti dalla luce creano giochi di luce
sontuosi ()Croce dipinta con Santa Caterina, Pinacoteca nazionale, Bologna: Iacopo di Paolo realizza Santa
Caterina per questa croce di Maestro delle croci francescane. Ritorna San Francesco (come ricorda
l'iscrizione) ai piedi di Cristo con i segni della stigmate. La similitudine tra Cristo e San Francesco quindi è
un tema ricorrente.
()Accertamento delle stimmate, Basilica superiore di san Francesco, Assisi: questa opera di Giotto permette
di farci capire la collocazione di tutte queste croci. Esse erano poste in luoghi eminenti, di solito sopra una
trave o attaccate al muro, detto tramezzo, disposto in senso trasversale alla navate che divide la parte
destinata ai fedeli da quella destinata ai religiosi. Queste parti erano divise nettamente tanto che a volte
l'altare era precluso alla vista, nel corso del XVI sec. questi aspetti della liturgia si modificarono e i
tramezzi furono abbattuti.

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LAZIO
()Cripta di San Magno, 1231 (vecchio altare che conserva le reliquie di San Magno viene smantellato per
costruirne uno nuovo)-1255 (consacrazione del nuovo altare), cattedrale di Anagni: la cattedrale di Anagni
è un posto di grande rilevanza dove è posta una cripta decorata con un ciclo di affreschi dedicati ai più
svariati soggetti da arti, a virtù a Vecchio testamento...
Soprattutto sono rappresentate le storie di San Magno le cui spoglie sono conservate nell'altare della cripta.
Gli affreschi sono realizzati da tre maestri che essendo anonimi sono chiamati Maestro delle Traslazioni,
Secondo Maestro di Anagni e Terzo Maestro di Anagni. Fra le scene più impressionati abbiamo>
-Agnello circondato dal tetramorfo e dai ventiquattro vegliardi
-Storie di San Magno
-Cristo giudice
-Storie dell'Apocalisse
Queste illustrazioni sono a cura del Maestro delle Traslazioni
-Martirio di San Giovanni sulla via latina
-Miracolo di San Magno
Queste illustrazioni sono a cura del Secondo Maestro di Anagni. Il suo stile è caratterizzato da un grande
gusto per l'ornamentazione e per la narrazione spigliata
-Miracolo di Italo
-La donna annegata nel pozzo resuscita
-Cristo benedicente
-Storie di Saul

Queste illustrazioni sono a cura del Terzo Maestro di Anagni che presta molta attenzione agli ornamenti ma
sono meno esasperati di quelli del collega Secondo Maestro di Anagni. ()Monastero dei Santi quattro
coronati, Roma: è un complesso che viene decorato dal Secondo Maestro di Anagni e Terzo Maestro di
Anagni. In particolare la cappella di San Silvestro è a cura del Secondo Maestro di Anagni che realizza le
storie di San Silvestro papa e Costantino, tutte le scene alludono alla superiorità del potere spirituale su
quello temporale, di conseguenze della chiesa sull'impero, perché in quegli anni c'è una forte tensione tra
Papa Innocenzo III e l'imperatore Federico II, di conseguenza questi affreschi hanno un forte valore
politico. Tra le scene vediamo>
-San Pietro e San Paolo appaiono a Costantino: vediamo Costantino malato a letto, San Paolo e San Pietro
gli appaiono e gli dicono di recarsi sul monte Soratte a trovare papa Silvestro che lo guarirà.
-Donazione di Costantino: in segno di ringraziamento Costantino dona alcuni territori A livello stilistico
vediamo una narrazione molto vivace e spigliata.
Nello stesso complesso il Terzo maestro di Anagni realizza una serie di affreschi nella cosiddetta Aula
gotica con funzione di tribunale o amministrazione della giustizia.
A livello iconografico la situazione è molto complessa, vediamo mesi e relativi mestieri (gennaio ad
esempio è rappresentato con tre facce per simboleggiare lo sguardo all'anno passato e lo sguardo all'anno
futuro), virtù che calpestano i vizi nella parte bassa e le arti liberali nella parte alta. Il tutto è contornato da
motivi vegetali e animali.
Ci sono comunque degli elementi dell'antico e del classico, gli animali che cacciano ad esempio rimandano
alla Roma antica che potrebbe essere rappresentata dalla Basilica di Giunio Basso.

()Santa Sanctorum, 1277-1280, Roma: si tratta di un complesso di mosaici e affreschi molto aulici

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Centralità di Assisi, da Cimabue a Giotto
Giotto, come ci dice Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentarii, è allievo di Cimabue ed è da lui che nasce la
“leggenda” per cui Cimabue nota Giotto che sta disegnando su una pietra una o e chiede al padre di poterlo
portare con
se in bottega.

()Crocifisso, 1290, santa Maria Novella, Firenze: è un'opera di Giotto, se la confrontiamo con il Crocifisso
di Cimabue notiamo che entrambe presentano il perizoma “metallico” e i decori preziosi soprattutto nei
tabelloni. Tuttavia Giotto ha una capacità di studiare il corpo umano incredibile, Cristo infatti non forma
più una S ma il suo corpo sembra davvero andare verso il basso con tutta la sua pesantezza in modo
davvero realistico per un corpo morto. Giotto segna una svolta epocale che viene percepita da molti>
-Cennino Cennini è in un certo senso allievo di Giotto in quanto ha studiato con uno dei suoi allievi è ne è
molto fiero. Di Giotto afferma che è stato in grado di lasciare l'arte bizantina (greco) per l'arte ella sua
epoca, quindi è un artista moderno
-Dante Alighieri afferma che Cimabue è stato un grande artista ma Giotto lo ha sicuramente superato
-Lorenzo Ghiberti afferma che Giotto abbandona l'arte bizantina abbracciando l'arte nuova, inoltre ritiene
che è stato capace di portare a nuovo splendore l'arte della pittura ()Madonna Ognissanti, 1303-1305,
Uffizi, Firenze anche dal confronto di quest'opera con la Maestà di Cimabue notiamo che Giotto è un
innovatore, vediamo infatti un senso plastico ben studiato, una prospettiva più curata per cui i vari santi
sono posti su piani diversi e non c'è più quell'effetto di impilare i personaggi gli uni sugli altri.

BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI


Assisi è un vero e proprio cantiere internazionale dove lavorano i più svariati artisti e dove nasce la pittura
moderna.
=Maestro Oltremontano (forse inglese)

()Figurazioni nella parte alta del transetto destro, Basilica superiore di san Francesco: l'artista lascia il
lavoro incompleto
=Cimabue

()Storie dell'Apocalisse, della Vergine e degli Apostoli, 1277-1280/1288-1292, Basilica superiore di San
Francesco, Assisi: Cimabue interviene con una serie di affreschi nel transetto della basilica superiore (a
sinistra vediamo le storie dell'Apocalisse, a destra le storie degli Apostoli e nell'abside le storie della
Vergine). Cimabue utilizza la tecnica dell'affresco per cui viene applicata la calce che ingloba il colore,
tuttavia non conoscendo bene la tecnica non aveva previsto che il bianco della calce avrebbe virato in nero
scurendo e rovinando la sua opera. Il suo intervento si svolge dopo quello del Maestro oltremontano, quindi
Cimabue interviene realizzando tutto il resto della decorazione completandola. Tutte le scene sono
inquadrate da incorniciature scorciate che simulano finte mensole (perché dipinte e non scolpite) con la
parte apicale a cassettoni secondo un decoro tipico dell'arte romana dell'epoca, Cimabue ne fa un uno molto
rigoroso in quanto simula una finta architettura sotto cui avviene una episodio. Cimabue si mostra attento
alla spazialità come nella scena Cristo e la Vergine in trono in cui vediamo una seduta ben frontale e tutti
gli affreschi sono caratterizzati dall'essere gremiti di persone (importanza alla coralità) come
nell'Assunzione della Vergine dove tra l'altro c'è una particolarità a livello iconografico Maria infatti è
Sponsa Christi, quindi si identifica con la chiesa in quanto non è solo madre ma anche sposa di Cristo. In
entrambi i transetti (destra e sinistra dell'abside) vediamo due Crocifissione dove la coralità crea effetti
dinamici impressionanti, in particolare abbiamo da una parte della croce i Giudei, uno dei quali tira la veste
di Cristo e dall'altra le donne con Giovanni che stringe la mano alla Vergine, mentre la Maddalena tende la
braccia verso il Cristo, ovviamente il senso della drammaticità è forte. Cristo è sempre nella posizione ad S,
tuttavia c'è un dato fortemente naturalistico dato dal perizoma che sembra in movimento, ciò è in linea sia
col il giudeo

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che lo tira che con gli angeli che vorticano incontro a Cristo aumentando il senso di dramma. Quindi le
emozioni sono sicuramente ben indagate.

()Volta degli Evangelisti, Basilica superiore di San Francesco, Assisi: la volta in parte è crollata nel
terremoto del 1997. Cimabue realizza insieme a San Marco una veduta dell'Italia, ciò testimonia in maniera
chiara un'attenzione naturalistica in quanto vediamo celebri edifici della Roma antica tutt'ora conosciuti,
come il Pantheon riconoscibile come l'edificio dalla cupola con l'oculo, il palazzo del senato che si
riconosce dati gli stemmi sulle mura della famiglia Orsini...
=Iacopo Torriti
A Cimabue si sostituisce il pittore romano Iacopo Torriti

()Volta della Deesis (terza campata), Basilica superiore di San Francesco, Assisi: vediamo la presenza di
Cristo tra la Vergine e il Battista e san Francesco. Entrambi mostrano la stimmate. C'è quindi il continuo
richiamo alla similitudine tra loro. Tutta la parete è molto preziosa in quanto rivestita da oro.

()Storie della genesi (quarta campata), Basilica superiore di San Francesco, Assisi: su due registri si
dipanano le storie della genesi
=Giotto

()Storie di Isacco (seconda campata), Basilica superiore di San Francesco, Assisi: Giotto in esse si sviluppa
un'idea di spazio inedita, infatti il letto è ben scorciato, le volumetrie dei corpi sono perfette, la narrazione
costituita da gesti ed espressioni è realistica e dinamica e l'ambientazione è ben dettagliata dati i tendaggi, il
palo nella parte superiore composto da anelli che reggono le tende...
Osservando i dettali notiamo le vesti metalliche tipiche del 1200, lumeggiature sofisticate, pennellate
minute e raffinate, corpi ben studiati anatomicamente e una gradazione cromatica molto innovativa (non ci
sono colori netti ma sfumati).
C'è stato un lungo dibattito riguardante questi affreschi tanto che ad un certo punto si è arrivati a dire che
l'autore fosse un certo Maestro d'Isacco ma alla fine si è arrivati a identificare Giotto come vero autore. Un
confronti interessante è sicuramente tra Isacco e il volto di Cristo del Crocifisso di Santa Maria Novella in
cui vediamo gli stessi naso, bocca e occhi, le lumeggiature preziose e la gradazione di colori.

()Storie di San Francesco (registro inferiore), Basilica superiore di San Francesco, Assisi: Giotto pensa ad
una soluzione nuovissima che segna una rivoluzione epocale per la storia della pittura. Infatti realizza una
finta loggia che inquadra tre scene per ogni campata spartite da sontuose e ricche colonne tortili su cui si
imposta un soffitto scorciato a cassettoni che a loro volto sostengono delle mensole in scorcio (il punto di
vista è al centro della campata). C'è un'incredibile sensibilità spaziale per cui l'illustrazione centrale è
frontale mentre le laterali sono leggermente scorciate. Ciò determina una svolta per cui la pittura non è
costretta all'interno di una superficie bidimensionale e abbiamo il dialogo tra la reale architettura e
l'architettura realizzata in pittura. I livelli di illusione e spazialità raggiungono vette molto alte, tanto che
Giotto corregge volutamente un problema ottico legato ad un pilastrino pensile che invade lo spazio della
pittura e di conseguenza ha pensato al punto di vista dello spettatore aggiustando questo inconveniente.

()Storie di Cristo e di San Francesco (controfacciata), Basilica superiore di San Francesco, Assisi: la
controfacciata è caratterizzata sia da un decoro pittorico a cassettoni che da un'incorniciatura reale e non
pittorica decorata a fiorellini. Giotto crea un gioco illusorio molto particolare in quanto fa scendere il
decoro a cassettoni e nello spazio ricavato tra esso e la cornice non pittorica realizza una serie di uccelli che
in modo naturalistico sembrano riposare su un cornicione, pulirsi il piumaggio e spiccare il volo. Questa
capacità combinatoria tra finta architettura e architettura vera e propria si sposa con la realizzazione di
scene dove il corpo, i sentimenti, gli aggetti, i gesti e la narrazione hanno una riscoperta inedita. Ad
esempio nella Vergine col bambino, che si trova in un oculo sopra il portale, Cristo sembra muoversi e
animarsi come un qualsiasi bambino, mentre il

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velo di Maria non forma la mezzaluna bizantina ma scende sul suo volto in modo verosimile.
Le scene più interessanti del ciclo di affreschi su San Francesco di Giotto sono>
-Omaggio dell'uomo semplice dove vediamo un uomo che stende un panno al passaggio di Francesco per le
vie d'Assisi. La scena è ambientata davanti ad un edificio eminente, ossia il tempio romano di Minerva. C'è
quindi una forte attenzione per la realtà, per cui chi cammina per Assisi e poi vedi gli affreschi di Giotto
riconosce i luoghi. Non mancano i dettagli minuziosi di Giotto come panni stesi e lasciati ad asciugarsi e
gli sguardi perplessi dei quattro uomini (due a destra e due a sinistra) che non riescono a capire come mai
sta avvenendo questo omaggio
-Rinuncia ai beni dove vediamo Francesco che si spoglia di tutto ciò che la sua famiglia gli ha dato davanti
all'incredulità del padre (uomo vestito di giallo). Ritornano i gesti credibili giotteschi come l'uomo che
deve tenere il braccio del padre di Francesco in quanto sembra voglia scagliarsi contro il figlio e i vari
personaggi che si guardano tra loro con un senso di smarrimento. Oltre all'attenzione per gesti e sentimenti
vediamo la cura per l'anatomia per cui i muscoli sono ben studiati, lo vediamo bene in Francesco che è solo
in parte coperto grazie al vescovo di Assisi. Anche il paesaggio è ben curato date le varie architetture, tra
l'altro Giotto spartisce bene i due gruppi di persone non solo per creare equilibrio ma per distinguere
simbolicamente la chiesa (a destra) di cui Francesco fa parte dato che lascia i suoi beni ai povere e i laici a
sinistra. I vari livelli di lettura segnano sicuramente la grandezza di Giotto.
-Sogno di Innocenzo III in cui il papa sogna San Francesco che sorregge la basilica di San Giovanni in
Laterano (seconda più importante dopo San Pietro) mentre sta crollando.
Questo è un monito al pontefice di accogliere e riconoscere il nuovo ordine dei francescani, tra l'altro,
Francesco guarda verso l'alto, ossia verso Dio. Oltre al portico e al campanile che sono tipici delle
architetture romane, la trabeazione è decorata con un motivo cosmatesco (più moderno e di moda a Roma)
e una delle colonne marmoree ha arrotolata intorno a se una tendina (espediente per vedere il papa che
dorme), quindi Giotto inserisce riferimenti verosimili e coerenti
-Dono del mantello in cui vediamo Francesco che dona ad un povero il proprio mantello. Esso è molto
sontuoso e ne vediamo sia la parte interna (gialla) che quella esterna (blu) dato un gioco molto verosimile
per cui il passaggio del mantello da una mano all'altra e il fatto che Francesco se lo stia ancora sfilando
(vedi mano destra) lo fa muovere e piegare.
-Verifica delle stimmate in cui vediamo il funerale di San Francesco dove c'è una serie di dettagli realistici
molto importanti come la grande croce
In tutte le scene si mantiene la pennellata delicata e minuta (ancora di tradizione cimabuesca).
-Omaggio delle clarisse in cui l'ordine delle clarisse omaggia il corpo morto di Francesco con una forte
attenzione ai sentimenti di commozione
-Presepe di Greccio in cui la particolarità è la veduta sulla parte dell'altare interdetta ai fedeli e solo
accessibile ai religiosi, c'è infatti un ciborio, un pulpito e un crocifisso su un tramezzo. Di alcuni elementi
vediamo solo il retro proprio perché sono rivolti al fedele che si trova dall'altro lato, si tratta di una
sottigliezza interessante. Il naturalismi è molto evidente come ad esempio nell'asino che torce il collo per
vedere Cristo nella mangiatoia.
-Morte del cavaliere di Celano in ritorna l'attenzione agli sguardi ai sentimenti. Una donna infatti sostiene il
corpo del cavaliere, l'altra si porta le mani al viso in segno di disperazione mentre un uomo si gira verso
San Francesco con uno sguardo di supplica per chiedergli di intervenire. Vediamo l'attenzione alla
spazialità data non solo dall'architettura ma soprattutto dal tavolo con sopra del cibo che è ben scorciato
-Miracolo della sorgente in cui Giotto si dedica a dettagli proprio della natura. La scarpata è ripida e aspra,
il manto dell'asino è variegato e non di un unico colore...
-Apparizione a Gregorio IX in cui vediamo gesti naturalistici come Gregorio IX che ascoltando la predica
di Francesco sorregge il suo volto con una mano per stare più comodo e un altro cardinale invece si
addormenta ponendo il braccio a sostegno della testa. Ritorna l'attenzione di Giotto per i particolari reali
come il tendaggio fissato il alto tramite fili e chiodi
-Predica ad Onorio III

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()Cappella La Maddalena e il vescovo Tebaldo Pontano, 1308, basilica inferiore di San Francesco (cappella
della Maddalena), Assisi: il vescovo assisiate Tebaldo Potano commissiona a Giotto gli affreschi nella
basilica inferiore di San Francesco, in particolare della cappella della Maddalena dove Giotto sviluppa
ulteriormente sviluppa gli aspetti già visti nella cappella degli Scrovegni a Padova, quindi figure
monumentali e meno metalliche, incarnati caldi, morbidi che abbandonano il grafismo, pennellate fuse e
pastose, gesti perentori, atmosfere più gravi e colori più tenui. Tra le scene più interessanti ricordiamo>
-La Maddalena e il vescovo Tebaldo Pontano
-La Resurrezione di Lazzaro
-La Maddalena che riceve la veste da Zosimo
()Transetto destro Giotto, 1315, Basilica inferiore di San Francesco, Assisi: Giotto dipinge alcune storie
dell'infanzia di Cristo che raggiungono l'apice della pittura fatta di pennellate pastose, colori ricchi, scatole
spaziali incredibili, sentimenti studiati e notazioni realistiche dalle quali partiranno vari artisti. Le scene più
interessanti sono>
-Presentazione al Tempio
-Strage degli Innocenti in cui c'è un'atmosfera tragica data dal groviglio dei copri dei bambini e dalle madri
che piangono e sono straziate dal dolore con i loro figli in braccio
-Adorazione dei magi che possiamo confrontare con la scena della basilica superiore Omaggio delle
Clarisse in cui vediamo sicuramente il gioco di sguardi e l'attenzione ai dettagli delle vesti ma vediamo
diverse pennellate, da una parte pastosa e calda e dall'altra leggere a delicata
-Gesù tra i dottori in cui vediamo Cristo al centro contornato dai dottori della Sinagoga. La scena avviene
in un'ampia aula scandita da archi e colonne e al fondo alcune bifore contornate da motivi cosmateschi
-Crocifissione
()Croce dipinta, tempio malatestiano, Rimini: Giotto lavora in molte zone d'Italia come a Rimini dove
realizza un ciclo di affreschi che sono andati perduti in quanto la chiesa dove erano viene ricostruita su
nuove forme. Ci è rimasta una croce che rispetto a quella di santa Maria Novella è ancora più realistico,
infatti vediamo il corpo non proteso in avanti ma verso il basso in quanto pesante.
()Cappella degli Scrovegni, 1303-1305, Padova: l'opera è voluta dal banchiere padovano Enrico Scrovegni
che chiama Giotto per realizzare il ciclo di affreschi.
Giotto organizza gli affreschi su tre registri realizzando Storie Vergine, Storie dell'infanzia di Cristo e
Storie della Passione. Tra i particolari vediamo>
-Enrico Scrovegni dona il modellino della cappella alla Vergine in cui ritorna il tema del committente che
dona il modello che in questo caso è veramente molto attinente alla cappella reale
-Giudizio universale (controfacciata)
-Annuncio a Sant'Anna
-Natività della Vergine
-Incontro alla porta aurea dove Anna e Gioacchino si baciano trasudando la volontà di Giotto di esprimere
sentimenti ed emozioni. E' detto il primo bacio della pittura italiana
-Cacciata di Gioacchino dal tempio
-Presentazione della Vergine al tempio
-Resurrezione di Lazzaro
-Bacio di Giuda
-Nozze di Cana
-Compianto dove spiccano personaggi dalle vesti cangianti che Giotto realizza studiando la moda del
tempo. Inoltre vediamo degli angeli che in volo restituiscono due aspetti importanti, da una parte il vero
dolore dati gli sguardi affranti e dall'altra il movimento e il ritmo dato che sono nelle più svariate posizioni
e sembrano lasciare scie colorate Rispetto ad Assisi troviamo la costruzione di scatole spaziali più
verosimili con ambienti abitabili perfettamente e dettagliate con pulpiti, volte, colonne, ma le scene sono
meno corali e hanno ambientazioni meno ricche e complesse.

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In ogni caso vediamo scene in cui la gestualità è molto vivace ma allo stesso tempo perentoria, i sentimenti
sono ulteriormente protagonisti (vedi il bacio tra Gioacchino e Anna e gli angeli del Compianto) e
l'atmosfera più tragica e grave. Le figure sono meno metalliche e più monumentali e dai panneggi più
pesanti e l'artista predilige tinte più fredde Giotto va verso la monumentalizzazione della pittura che è
assicurata anche dal cambio di pennellata che non è più fine e delicata di stampo duecentesco ma più
pastosa e fusa che non lascia più intravedere il grafismo dei personaggi che risultano più morbidi e dagli
incarnati caldi (vedi confronto tra bacio di Giuda e Predica di Onorio III della basilica di Assisi) ma
mantengono comunque la verosimiglianza quindi le rughe e i segni della pelle. Si mantengono e sviluppano
ulteriormente i profili perduti, quindi figure di profilo, totalmente girate, in pose che non permettono la
vista totale e si tratta di virtuosismi e dettagli squisiti.
A livello decorativo Giotto realizza una zoccolatura dipinta che da il senso del finto marmo creando un
effetto di illusione molto forte, come avviene anche nei Coretti che simulano delle cantorie (dove i cantori
cantano durante le celebrazioni), il tutto è completato da una serie di illustrazione di bassorilievi in
monocromo che simulano la scultura la Giustizia e l'Ingiustizia.
()Basilica di Santa Croce, Firenze: Giotto a Firenze lavora anche nella basilica di Santa Croce dove delle
quattro cappelle di cui si è occupato ne sono rimaste due, la cappella Bardi e la cappella Peruzzi. Se
guardiamo la Prova del fuoco della cappella Bardi notiamo le caratteristiche tipiche della pittura di Giotto,
quindi spazialità ben indagate, gesti enfatici ma perentori, ambientazione credibile e pennellate pastose.
()Madonna col bambino e santi (polittico di Badia), Galleria degli Uffizi, Firenze: Giotto ha un grande
ruolo nello sviluppo del polittico che è un dipinto su tavola a più scomparti posto sull'altare come
decorazione. Le soluzioni più antiche erano gli antependium, con Giotto ma anche con Duccio si
sviluppano i primi polittici più sofisticati che avranno grande fortuna. Il polittico di Badia è uno dei primi
esempi di polittico, a livello iconografico vediamo la Madonna con Gesù Cristo affiancata da alcuni santi. I
personaggi sono tutti a mezzobusto e sembrano albergare sotto gli archi
()Dormitio virginis, Gemaldegalerie, Berlino: l'opera di Giotto ha come tema l'Assunzione della Vergine, la
costruzione dello spazio è molto interessante, vediamo figure dal profilo perduto come l'apostolo
inginocchiato vicino a Maria.
()Polittico Stefaneschi, Pinacoteca vaticana, Roma: si tratta del politico che adornava l'altare maggiore di
San Pietro a Roma. L'opera è stata commissionata a Giotto dal cardinale Stefaneschi che vediamo su un
lato del polittico mentre offre il modellino del polittico a San Pietro. Rispetto al polittico di Badia vediamo
una maggiore complessità, tanto che l'opera ha due facce diverse, una delle quali vede nello scomparto
centrale occupato dalla Maestà, quello sinistro dal Martirio di San Paolo (crocifisso a testa in giù) e il
Martirio di san Paolo (decollazione). La predella invece accoglie la Vergine col bambino tra angeli e
apostoli.
Come capita spesso per i polittici le incorniciature sono moderne e non originali che dovevano essere ben
più sontuose e ornate.
()Polittico di santa Reparata, Firenze, santa Maria del Fiore: è un altro polittico di Giotto a doppia faccia
che era destinato all'altare maggiore del duomo di Firenze. Su un lato rivediamo la Vergine col bambino al
centro ed ai lati angeli e apostoli. In questo caso i

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personaggi sono realizzati a mezzo busto.
L'altra faccia vede al centro l'Annunciazione e ai lati alcuni santi come San Giovanni Battista e la
Maddalena, qua i personaggi sono realizzati a figura intera e le illustrazioni sono arricchite da notazioni di
paesaggio.
()Polittico di Bologna, Bologna, Pinacoteca nazionale: Giotto arriva a lavorare anche a Napoli ed è proprio
durante il periodo napoletano che lavora a questo polittico. In questo polittico vediamo personaggi a figura
intera (vergine col bambino al centro attorniata da angeli e santi) e una costruzione spaziale molto più
sofisticata, se guardiamo il trono ad esempio notiamo che è pensato frontalmente, ha i braccioli ben
scorciati e la veste che vi ricade sopra e si piega è molto verosimile. Quest'opera ci fa capire come
dovevano essere le cornici originali dei polittici, infatti vediamo delle decorazioni vegetali molto preziosi.

DUCCIO DI BUONINSEGNA
()Madonna Rucellai, 1285, Firenze, Uffizi: Duccio è nativo di Siena ma ha il suo esordio a Firenze con
questa opera. E' una grande Maestà realizzata per la chiesa domenicana di Santa Maria Novella. Il
confronto che viene subito in mente è con la Maestà cimabuesca, oltre alla composizione simile
caratterizzata dalla Vergine in trono col bambino e attorniata da sei angeli (3 per lato), notiamo che c'è un
tentativo di scorciare il trono in entrambe le opere, gli angeli nel caso della Maestà di Cimabue sono posti,
seppur con errori e incongruenze, seguendo una certa spazialità e diversi piani, invece nel caso della
Maestà di Duccio essi sono tutti sullo stesso piano e non poggiano su alcuna superficie (non c'è un'indagine
spaziale in Duccio) e c'è una aspetto di decoro e preziosità che in Duccio raggiunge dei vertici molto alti,
basta guardare la veste della Vergine dai bordi dorati.
Sicuramente Duccio guarda a Cimabue, basti vedere i volti dei personaggi (come nel caso della Vergine)
ma la sua pennellata è più fusa, pastosa e morbida e le pieghe in cui la veste della Vergine si anima fino
alla parte bassa del trono.
Se confrontiamo la Madonna Rucellai con la Madonna Ognissanti con Giotto tra l'altro l'assenza di
indagine spaziale è esasperata, Duccio con il tempo guarderà a Giotto.
Duccio è considerato un pittore-orafo dati i suoi dettagli preziosi e fini come le bifore del trono che
lasciano intravedere sia il cuscino che esce che il grande drappo steso dagli angeli sopra il trono per evitare
che la Vergine si sieda sul legno, le lumeggiature, incisioni e punzonature sull'oro e la capacità di lavorare i
colori in modo tale da suggerire varie sfumature e il tepore degli incarnati. Quindi Giotto guarda a Cimabue
ma ha anche uno stile decorativo che ricorda l'arte gotica.
()Cristo in trono tra i due angeli, 1285, Firenze, Santa Maria Novella: si tratta di un affresco realizzato da
Duccio. L'opera ad un certo punto è stata considerata obsoleta e quindi ha subito delle martellinature per
poter garantire una stesura migliore dell'intonaco su cui ridipingere altro. Lo sguardo di Duccio a Cimabue
lo si capisce confrontando quest'opera con una piccola Maestà cimabuesca (National Gallery, Londra), gli
angeli ad esempio sono identici.
()Madonna di Crevole, 1280-1285, Museo dell'opera del duomo, Siena: in maniera ancora più chiara
quest'opera mostra che Duccio guardi a Cimabue. Se la confrontiamo infatti con la Madonna col bambino
di Giotto e Cimabue notiamo le stesse pose, le decorazioni dorate delle vesti e la stessa atmosfera grave.
Tuttavia Duccio non realizza vesti metalliche ma morbide e i gesti dei suoi personaggi sono meno forti e
più dolci (Gesù che accarezza sua madre ad esempio, in Cimabue invece Gesù sembra più scattoso). Inoltre
Duccio ha una sensibilità decorativa molto aulica, vediamo ad esempio le aureole realizzate tramite
incisioni sull'oro.
()Crocifisso Odescalchi, 1280-1285, Collezione Salini, Asciano: Duccio realizza un Christus triumphans,
quindi un Cristo trionfante sulla morte. Se lo confrontiamo con il crocifisso di Giotto di Santa Maria
Novella notiamo molte differenze, infatti Giotto ci mostra una situazione drammatica e cupa, Duccio
invece realizza un'atmosfera di trionfo sulla morte acuita dal gioco di luci e dal corpo di Cristo che non è
abbandonato e pesante.

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()Madonna dei francescani, 1285,1286, Pinacoteca nazionale: Duccio realizza quest'opera che testimonia
gli aspetti preziosi del suo stile, vediamo infatti l'uso dell'oro, il cuscino rosso su cui la Vergine si siede, la
veste di Maria contornata d'oro, le pennellate pastose e morbide e i colori ricercati che creano mille
sfumature. Una particolarità riguarda la Vergine che secondo un motivo di origine siriana (raro
nell'occidente) sta coprendo con il suo manto, che muove con la mano, i tre francescani che si rivolgono a
lei in richiesta di protezione, in una scena di profondo realismo.
()Vetrata con storie della Vergine, 1287-1288, Siena, Museo dell'opera del Duomo: a Duccio viene
attribuita una vetrata in cui al centro vediamo l'Assunzione, nella parte alta l'Incoronazione della Vergine e
nella parte bassa vediamo la Dormitio virginis. Queste scene dedicate alla Vergine Maria sono affiancate ai
lati da santi protettori di Siena e agli angoli da una serie di evangelisti. Quest'opera era posto nella
cattedrale di Siena che è proprio dedicata alla Vergine. Quest'opera suggerisce che Duccio col passare del
tempo comincia ad avere interessi spaziali più sofisticati e significativi suggeriti probabilmente da un
contatto sempre più stretto non più con Cimabue ma con Giotto, nella scena dell'Incoronazione ad esempio
vediamo un trono scorciato e gli angeli per quanto ancora in posizioni contraddittorie non fluttuano più nel
vuoto e non sono più tutti sullo stesso piano
()Madonna col bambino e angeli, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia: ()Madonna Stoclet, New York,
Metropolitan museum
()Madonna col bambino e i santi Domenico e Aurea, Londra, National Gallery

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