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28-02-2022

A Giustiniano si lega la realizzazione di importanti edifici e di un risveglio delle arti. La sua impresa più celebrata
è quella di santa Sofia

ricostruita più volte e messa in


piedi nel 532, con altri interventi negli anni 50 del VI secolo in seguito ai due terremoti che avevano danneggiato
la basilica. La pianta tende quasi ad essere quadrata, con 3 navate. Nell’ambiente centrale si imposta l’enorme
cupola, e nelle imposte una serie di aperture ad arco che danno una luminosità molto ampia.

Un altro esempio è l’avorio Barberini

dalla celebre famiglia romana che ne


tenne il dominio per un breve periodo e che illustra Giustiniano a cavallo, rappresentato come vittorioso con la
vittoria alata a destra e un soldato che ne illustra la fama. Vittoria contro la popolazione barbarica. Ai piedi di
Giustiniano si trova una donna dal seno scoperto che tocca il piede dell’imperatore che mostra dei doni (giunta e
fiori). È un oggetto che stilisticamente parlando tratta di un recupero pieno di un plasticismo molto forte in cui il
cavallo quasi fuoriesce dal recinto che lo incornicia. L’opera rappresenta comunque un manifesto di quello che è
il potere imperiale. Cristo appare in una mandorla in una dimensione eterna nella quale si colloca anche il
governo dell’imperatore.
l’avorio di Arianna invece suggerisce un
mondo del tutto pagano. Oggi si trova a Parigi nel musè de Cluny e che mostra la moglie di Dionisio (tema
pagano) fiancheggiata da due satiri e da una veste che ne risalta le forme.

la basilica di san vitale vede


dialogare con le caratteristiche predominanti costantinopolitane e in una certa specie anche con la basilica di
santa sofia. La chiesa mostra una pianta ottagonale. Una forte decorazione della zona presbiteriale, ammantata
da una superfice riccamente decorata da mosaici.

Nel catino absidale si trova il celeberrimo corteo di Giustiniano.

La guerra greco-gotica, ebbe degli effetti abbastanza effimeri, poiché nel 568 i longobardi invadono l’Italia
guidati da Alboino, si avrà una erosione lenta ma costante dei territori bizantini. In particolare, con Astolfo nel
corso del VIII secolo che i longobardi conquisteranno quasi tutta l’Italia. Nel corso del VII e VIII secolo la
situazione italiana vede delle modifiche.
il regno longobardo con capitale o Pavia o
Milano. In questo periodo nella penisola italica si stabiliscono una serie di ducati, il più famoso quello del Friuli.
Alla longobarda Maior corrisponde il ducato di Spoleto e di Benevento.

si tratta di oggetti che servivano per


mantelli o vesti. La pratica di seppellire i morti con decori preziosi ha consentito nelle necropoli longobarde
l’avvenimento di numerosi esempi di questo genere. Nelle due fibule a destra si nota l’utilizzo di paste vitree
fuse all’interno di alcuni alloggi dorati. Possiamo notare come in alcuni punti siano caduti questi smalti. Si
trovano anche una serie di croci brattate

si tratta di croci realizzate a matrice. La


croce di Gisulfo, primo duca del Friuli messo a capo di questo ducato complicato da gestire poiché sempre
esposto a problemi di sicurezza esterna. A destra si nota una croce in lamina donata dove è possibile scorgere un
motivo decorativo astratto che veniva realizzato premendo la lamina su una matrice che prevedeva questo
motivo decorativo.
a destra la fibula a disco dove la
tecnica delle paste vitree fuse venivano colate in degli alvei, lasciati poi raffreddare. Nella fibula ad s, ad
esempio, ci è possibile capire come effettivamente avveniva questo processo

L’oreficeria nel periodo longobardo costituisce l’arte guida. Non vi sono solo oggetti che decorano (fibule,
impugnature di spade), ma vi sono anche degli oggetti più ufficiali, è il caso della così detta lamina di Agilulfo

colui che succede ad Autari, poiché Autari


che aveva sposato Teodolinda, figura centrale per l’avvicinamento dei longobardi al cristianesimo. Alla morte del
marito è Teodolinda a scegliersi il marito. Nel 591 Agilulfo diventa così re dei longobardi. È probabile che la
lamina rappresenti la fronte di un elmo, e rappresenta lo stesso Agilulfo che con il gesto della locutio è affiancato
da due armati. Mentre le due vittorie alate lo affiancano. Due ulteriori servitori si rivolgono al re, affiancati da
due uomini che sembrano portare ad Agilulfo una corona con una croce, e tutta la scena è inserita all’interno di
uno scenario urbano come illude la presenza delle due torri ai lati della scena. Lamina realizzato in lamina
sbalzata (martellata). È possibile notare un’allusione al palazzo di Milano, poiché Agilulfo, che inizia una politica
di avvicinamento alla popolazione romana (che era tendenzialmente cattolica), avvicinamento sancito dal
battesimo del figlio nel 603 con il rito cattolico romano.

Notiamo l’ambizione e un progressivo appropriamento di quelle che sono le tematiche del potere imperiale, e lo
vediamo dalla presenza delle due vittorie alate che imbracciano due copie

si nota la scritta “victuriam”. Ciò dimostra il


comando del re e del suo governo vittorioso, ed è naturale che si rivolgesse a quelle che sono delle iconografie
romane che avevano un’esperienza secolare di icnografie del comando. Non si hanno però i mezzi espressivi
naturalistici. Viene tutto tradotto con una dicotomia abbastanza evidente tra l’ambizione dal messaggio
iconografico e i mezzi espressivi per ottenerlo. Nel periodo di reggenza del re ci sono una serie di opere di
oreficeria di una qualità straordinaria

tra cui la legatura dell’evangelario


di Teodolinda, donatogli dal papa Gregorio magno. Notiamo la presenza di croci alzate che vengono iscritte
all’interno di questa corniciatura ornata da smalti e da paste vitree. Il copro della croce viene tempestato da
pietre preziose e l’iscrizione ricorda la stessa Teodolinda e la sua offerta alla cattedrale di Monza.

La realizzazione di questi elementi possiede delle origini quasi incerte, si è pensato fossero di origine longobarda,
mentre è più semplice pensare che si tratti in realtà di origini italiche o bizantine. Lo si può notare da un
riferimento al corteo di Giustiniano nella chiesa di san vitale.
la presenza di questo gusto per pietre
preziose non è poi così lontano.

A Monza nel tesoro del duomo si conservano due oggetti

a sinistra la così detta corona ferrea, forse


donata a Teodorico, costituita da 6 placche, con pietre preziose e motivi vegetali a sbalzi e un fitto decoro con la
tecnica delle paste vitree colate in questi vetri. Mentre la corona imperiale ha 8 placche, è possibile che questa
corona a 6 fosse stata donata dall’imperatore d’oriente a Teodorico per riconoscerne la sua autorità. A destra
invece vediamo la corona di Teodolinda appesa sulla cattedrale di Monza. Bolle di madre perla all’esterno,
mentre all’interno pietre semipreziose di forma circolare.

Vi sono anche altri oggetti preziosi, tra cui

la croce di Agilulfo che si conserva


anch’essa a Monza nel tesoro del duomo. Non si conosce ancora la sua precisa funzione, ma si tratta sempre di
una profusione di perline e di pietre preziose, quindi con un senso dell’ornato molto forte. Una croce gemmata
analoga è quella che imbracciava Massimiano nel corteo di Giustiniano.
Il momento di massimo splendore corrisponde al governo di Liutprando, quasi tutta l’Italia viene conquistata dai
longobardi. Alcuni esempi d’arte di arredi sacri …

altare del duca Ratchis. Si tratta di una


forma molto semplice, l’altare è decorato da 4 lastre che vengono fittamente incise. Notiamo un linguaggio
antinaturalistico. La composizione di questa scena (cristo che appare tra serafini e angeli, all’interno di una
mandorla) mentre in alto si nota la mano di Dio

si tratta di una raffigurazione forte e


complessa, cristo accompagnato da dei serafini che hanno delle ali e degli occhi di pavone. Si nota un desiderio
di dominio della composizione, nonostante le figure vengano tradotte con uno stile antinaturalistico. Si nota
come la scena sia tutta incorniciata da un motivo preso dall’antichità romana.

nei lati corti dell’altare notiamo invece


due scene ovvero quello della visitazione e adorazione dei magi. Si nota una stilizzazione anatomica e
soprattutto un rilievo bassissimo. La vergine Maria più alta, riconoscibile dalla croce che le segna la fronte. A
destra la raffigurazione dei magi con l’angelo che sembra quasi buttarsi all’interno della scena, il tutto è
incorniciato da un motivo a fuseruole e perline.

Così anche il retro dell’altare

possiede due croci che inquadrano la


cosi detta finestra confessoris, dove si potevano osservare le reliquie, e un’iscrizione che ricorda il committente
dell’altare (Ratchis) che prevedeva la presenza di una specie di ciborio, un tequro (come era scritto), una
struttura a baldacchino che coprisse l’altare in origine. Il gusto per l’oreficeria, molto evidente dall’utilizzo di
questi smalti doveva caratterizzare queste opere lo si vede da questo angelo

policromia forte e accesa. Si è pensato infatti che in realtà


queste opere possedessero una copertura.

Il gusto per l’intreccio floreale e di elementi naturali e vegetali caratterizza altre opere di questo periodo.

in questo caso il fonte battesimale di callisto, che nel 736


aveva spostato la sede del patriarcato da aquilelia a cividale, e celebra questo evento con la realizzazione del
fonte battesimale. Nel corso del 600, 1645, un altro patriarca lo fa restaurare con l’aggiunta di un lato.

Sui pennacchi si trovano due pavoni, un soggetto visto più volte, i pavoni infatti erano simbolo della
resurrezione. Nella parte alta invece si notano motivi della tradizione classica.
il pluteo di sigualdo, realizzato negli
anni 70 del VII secolo. Si notano i 4 simboli dei 4 evangelisti, il rilievo sembra quasi inesistente. I simboli portano
delle iscrizioni derivanti dai testi dei 4 evangelisti. Al centro si dispongono invece una serie di animali e di motivi
vegetali.

altri esempi di decori analoghi a quelli precedenti sono


quelli dell’urna di sant’Anastasia di sesto al Reghena. A destra si nota il particolare del blocco centrale.

tempietto di santa Maria in valle, edificio


inglobato in un monastero femminile che doveva in realtà rappresentare un edificio palatino. Si tratta di un
ambiente voltato a crociera, su cui si affaccia un presbiterio tripartito da volte a botte.
la parete d’ingresso la vediamo ornata
da due importanti cornici, dove si dispiega un motivo floreale a stella che divide in due la parte alta della parete.
Affiancano una finestra ad arco, la cui ghiera è ampiamente decorata. Si notano 3 figure, due tunicate. Mentre
nella parte bassa si trova una lunetta che inquadra il cristo benedicente tra angeli. La ghiera dell’arco viene
decorata da rosette e tralci vitinei. È probabile che l’opera si possa datare intorno l’VIII secolo e che possa essere
realizzato sotto il ducato di Astolfo (futuro re dei longobardi).

Si tratta di opere realizzate in stucco, materiale utilizzato anche nella costruzione del battistero degli ortodossi, o
anche a san vitale. Le figure non nascondono i corpi sottostanti, inoltre mostrano una grande espressività, si
notano infatti dei sorrisi accennati.

I fiori presenti all’interno dell’arco dovevano contenere delle boccette di vetro. La lunetta era inquadrata dai due
santi ai lati, e appunto inquadrava un cristo benedicente realizzato nel corso del’VIII secolo.

Alla metà del’VIII secolo si data anche la chiesa fondata da Desiderio e dalla moglie per la figlia, la chiesa del San
Salvatore, poi inglobata nel monastero di santa giulia.

si tratta di una chiesa che anche nel


corso del rinascimento ebbe una grande importanza. Infatti, vediamo la presenza di affreschi del 500 del
romanino. Si tratta di una chiesa a pianta basilicale, aveva nei sottarchi ornati da intrecci di vimini, motivi
vegetali e floreali, anche questi realizzati in stucco.

La navata centrale doveva essere decorata con un ciclo di affreschi. A desiderio si deve anche la realizzazione di
una delle lastre forse più celebri di questo periodo, presente all’interno dell’ambone nel quale si poteva
accedere attraverso delle scale
di qui il parapetto della scala di
accesso dalla forma trapezoidale, che seguiva appunto la forma delle scale. Si nota la figura di questo pavone
con un gusto molto raffinato nella stilizzazione di queste forme animali e vegetali di questo tralcio che lo
ingabbia.

A desiderio si deve anche la realizzazione di questa croce, tempestata di pietre preziose e di cammei

di età antica. Si tratta di una croce che è


stata manipolata nel corso dei secoli, vengono riutilizzati una serie di cammei antichi o lavorati all’antica tra cui
anche un vetro con il ritratto di una famiglia

di età romana, possibilmente


del III secolo, si tratta di un vetro dorato e dipinto.

Questo gusto per gli ornati riccamente incisi e geometrizzati torna in molte altre lastre
come in questi plutei con animali
mostruosi e pavoni affrontati e intrecci, che si trovano a Pavia nell’oratorio di san Michele alla Pusterla. Bisogna
ricordare che proprio Pavia spesso si controbatteva con Milano per diventare capitale durante il dominio
longobardo.

Benevento e Spoleto avevano un rapporto di confronto più spiccato con il mondo bizantino. Uno degli esempi
più stupefacenti della longobarda minor (Benevento) è la chiesa di santa Sofia, fondata dal duca Arechi nel 760

l’impianto prevede una pianta


centrale esagonale sul quale si imposta un ambiente cupolato, vi sono poi due gallerie voltate e una sorta di
unione tra una pianta a stella, quindi con un movimento centripeto e una pianta circolare quindi con un
movimento centrifugo. Si trova poi una serie di colonnati che dà vita a punti di vista diversissimi e contraddittori.

Absidi che dovevano essere estensivamente affrescate, di cui ci sono rimasti solo alcuni affreschi che mostrano
le storie del battista e di Cristo.
in questo caso ci troviamo difronte
l’annuncio di Zaccaria e vediamo questo angelo ammantato da una veste animata da una serie di pieghe che ne
suggeriscono il suo arrivo.

anche la scena della visitazione


mostra in questo caso mostra un piglio emotivo, l’incontro tra le due cugine, tra cui non si notano più i tratti
fisionomici ma si coglie soltanto il saluto guancia a guancia, che suggerisce una forte emotività.

Nel ducato di Spoleto, il duca Ilderico commissiona una lastra, un paliotto d’altare al maestro orso, che si firma in
questa lastra e si raffigura a fianco del duca.

motivo a fuseruole e a perline che


viene totalmente decontestualizzato. Si nota un interesse per la superficie lunata ed esuberanza di intrecci e di
motivi d’ornato.
Diverso è il linguaggio dell’architettura del ducato di Spoleto. Si trovano una serie di edifici, tra cui la chiesa di
san salvatore (VII sec?)

fa parte di una serie di edifici


realizzati in età longobarda, ma attraverso il riutilizzo di membrature e di ornati architettonici di spoglio.
All’interno si vede un recupero di elementi architettonici di spoglio e che impostano tutta la navata centrale,
scandita da colonne scalinate con un fregio all’antica.

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