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02-03-2022

La renovatio carolingia

Nell’arte longobarda predominava principalmente il gusto per l’oreficeria, il


gusto per oggetti tra cui una serie di fibule (la fibula a disco) che ci
riconducono ad una tecnica specifica, ovvero quello della fusione delle parti
vitree, colate all’interno di alveoli dorati ma allo stesso tempo trasparenti e
che quindi esaltano l’oro.

Altro esempio importante è quello della legatura dell’evangelario di


Teodolinda. Si tratta di una sorta di copertina che riporta i testi evangelici in cui
si trovano una serie di cammei all’antica.

L’esasperata stilizzazione e la semplificazione ad un


rilievo bassissimo trovano posto nel cristo in maestà
nell’altare del duca di Ratchis. Questo tipo di
repertorio formale, di un linguaggio che disinnesca
l’approccio naturalistico proprio dell’arte antica,
cerca di sposarsi con contenuti per nulla semplici e
con un lessico di tradizione classica, quindi con una
dicotomia abbastanza sorprendente che è evidente
tra mezzi formali e contenuti.

La penetrazione dei longobardi segna di fatto la divisione in due del territorio: da una parte la longobardia maior
(la zona del centro-settentrione), mentre nella parte meridionale vi è la presenza di due ducati più o meno
indipendenti ovvero il ducato di Spoleto e il ducato di Benevento. Il secondo ducato maggiormente indirizzato
verso il gusto dell’oriente. Il ducato di Spoleto invece esibisce un lessico classicista (ad imitare le prestigia
romane).

Uno dei protagonisti della storia della chiesa è il filone dell’ordine benedettino. Tra la fine del VI e l’inizio del VII
secolo San Colombano realizza una serie di monasteri tra l’Irlanda e l’Inghilterra e anche in Francia. Ad esempio,
in Italia troviamo il plauso di Teodolinda stesso e di
Agilulfo. Il cuore del monasterismo irlandese lo si
trova negli scriptoria (centri che all’interno del
monastero lineavano una serie di codici).

In questa serie di codici miniati evangelari troviamo


l’evangelario di Durrow che si conserva oggi nel
trinity college di Dublino. Realizzato intorno al 680,
vediamo come per la prima volta si perde il rapporto
con delle forme naturalistiche, si nota un gusto per l’ornato puro. Questi evangelari insulari, realizzati nei
monasteri irlandesi, hanno la caratteristica di una iniziale decorata miniata, inoltre ogni vangelo ha il simbolo
dell’evangelista stesso. Ogni evangelario prevede anche una carpet page, una pagina in cui la decorazione è a
tappeto.

Uno degli esempi più raffinati è quello degli evangeli di Lindisfarne (Northumbria)
lineati dal vescovo Eadfrith. Si conservano alla british library a Londra e in questo
caso l’evangelista è rappresentato in forme stilizzate mentre sta scrivendo il
vangelo e sopra aggalla il suo simbolo, ovvero il leone alato di Marco. Anche in
questo caso ogni evangelo ha una carpet page.

Anche all’interno degli incipit troviamo la


raffigurazione di lettere iniziali che sembrano
quasi degli automi meccanici pronti ad
animarsi. In questo caso troviamo l’incipit rangelo di marco. La I diventa
anche parte della N (initium). Troviamo una raffigurazione di serpentelli
animati da intrecci che costituiscono l’incipit del vangelo di Matteo.

Altro esempio importante è quello del libro di Kells (800


ca.) conservato a Dublino nel trinity college. Vediamo
un’iniziale ancor più complessa in questo incipit del
vangelo di Giovanni, e poi anche questo evangelario
prevedeva la presenza dell’evangelista e della carpet
page, ma anche di alcune scene miniate a piena pagina,
sia delle scene di vita di Cristo, ma anche di un cristo in
trono tra angeli.

Roma rimane un centro importante, riconquistata da Bisanzio nella guerra greco-gotica, vive un periodo di
intenso rapporto con l’autorità bizantina. Nel VII e VIII secolo il papato avvia una serie di alleanze variabili, per
cercare di ottenere una realtà territoriale più ampia. In questo gioco di alleanze Roma rimane con un vuoto
politico. Vi sono una serie di testimonianze di questo periodo, in cui gli edifici pagani vengono cristianizzati.
Si trova una serie nutrita di affreschi, di testimonianze
di periodo differente, in particolar modo incentrate
nelle pareti intorno all’abside.

In questa parte si trova la “parete palinsesto” ovvero


una sovrapposizione di intonaci, di strati databili tra il VI
e VIII secolo. Nel corso dei secoli i vari strati del
palinsesto si sono deteriorati così da lasciare ai nostri
giorno questa serie di affreschi.

La situazione meglio conservata è quella della cappella


di Teodoto (metà del VIII sec) e che si trova nella
lettera D della pianta. Testimonia di un rapporto
ancora forte con la pittura bizantina, anche con delle
scelte iconografiche rivolte al mondo orientale.

Il papa da vita ad un’alleanza notevole nel corso del


VIII secolo, in particolar modo, quando Astolfo (re
longobardo, conquista l’esarcato) il pontefice si
rivolge ai franchi, chiedendo di intervenire in Italia. In
cambio Pipino il breve ottiene di essere unto,
incoronato come re dei franchi dal pontefice.

Alla morte di pipino il breve gli succede Carlo Magno, il


quale verrà poi chiamato in Italia nel 764 e sconfiggerà
definitivamente Desiderio e i longobardi, ampliando così il
territorio dei franchi. Carlo magno diverrà poi imperatore
del sacro romano impero a partire dal 800.

La possibilità di unire un territorio molto vasto impone


l’esigenza di funzionari di alte capacità, ad esempio di poter
scrivere e leggere una lingua conosciuta all’interno del
territorio. Per far si che questo avvenga si esige una politica
culturale di forte impatto. L’autorità imperiale impone
anche una ideologia e una politica culturale del proprio
potere, che può essere identificata in questo sonto che
Carlo Magno conia. Da una parte il profilo
dell’imperatore con il titolo rispettivo e dall’altra
facciata una chiesa, un tempio cristiano con l’incisione
di tempio religio.

Esempi di architettura carolingia: porta trionfale dell’abbazia di Lorsch, fine


VIII secolo, dedicata ai santi Pietro, Nazzaro e paolo. È nel 765 che giungono
da Roma le reliquie di Nazzaro e quindi ciò comporta un aumento del
prestigio dell’abbazia. L’edificio risulta isolato,
in asse con la chiesa, ma in realtà l’abbazia
doveva trovarsi all’interno del recinto
abbaziale. Abbazia che nel 772 ottenne uno
statuto speciale, una dipendenza diretta alla corona franca. Nel 775, alla presenza
di Carlo Magno, ci fu la convocazione del nuovo complesso abbaziale. Struttura a 3 fornici del piano inferiore,
mentre nel piano superiore il corpo di fabbrica è affiancato da due torrette scalari. I tre fornici, i 3 grandi arconi
impostano dei pilastri quadrangolari su cui sono addossate delle semicolonne corinzie su cui poggia una cornice
a marcopiano da dove ripartono le scalanate con capitelli ionici impanate e le pareti giocano con pietre rosse
alternate a quelle bianche con forme geometriche di vario tipo. Vi è poi un lessico fortemente classicheggiante,
ancor più evidente nelle paraste scalanate con i capitelli ionici.

All’interno si trova un ambiente voltato con una policromia


abbastanza rifarcita, che simula una loggia con delle
colonne ioniche che dialogano con quelle presenti
all’esterno e che poggiano su una zoccolatura di finti marmi
policromi. Non si conosce bene la funzione di questo
ambiente, ma è probabile che era un ambiente riservato ad
incontri per personalità importanti di visita all’abbazia.

L’arco di Costantino sarà un modello di riferimento


costante per Carlo Magno.

Ancor più ambizioso e complesso è il complesso palaziale realizzato da


Carlo ad Aquisgrana. Fino alla fine degli anni 80 del IX secolo la corte di
carlo è una corte itinerante. A partire dal 789 iniziano i lavori per questo
complesso palaziale. Ci sono una serie di scavi che consentono di avere
un’idea parziale di questo complesso, che possedeva ambienti differenti
tra cui terme, scuderie, appartamenti privati e gallerie che conducevano
alla cappella palatina. Nella cappella palatina si troverà poi il trono.

Il complesso nasce all’interno di una scuola palatina, difatti Carlo chiama


una serie di letterati, di storici per poter favorire gli studi della letteratura classica, per poter coltivare la lingua
latina e creare funzionari di alto rango, ma soprattutto a formare una politica culturale per l’impero. In questo
complesso il rapporto con l’antico è esplicito, percepibile dalla presenza di alcune sculture come il monumento
equestre prelevato da Ravenna, realizzato a suo tempo da Teodorico ma che dialogava con il Marco Aurelio di
Roma.

Altro richiamo esplicito all’antichità era nell’utilizzo di marmi e materiali pregiati fatti venire direttamente da
Roma o da Ravenna.

L’aula del trono ad abside pronunciata e con finestrata a doppio ordine ricordava la basilica di Costantino a
Treviri.

la costruzione della cappella palatina riguarda due ordini,


quello superiore in alto a destra nell’immagine e quello
superiore in basso a destra. Si tratta di una struttura in
parte modificata che ha un perimetrale di 16 lati, poi con
una serie di volte a crociera, raccordato in un corpo
centrale di fabbrica, cupulato a spicchi di pianta
ottagonale. Aspetto importante è quello dell’avancorpo
posto in asse rispetto al presbiterio ( che normalmente
viene posto ad oriente). Ad occidente si trova il cosiddetto
westwerk che troverà ad occidente una diffusione enorme
nell’architettura europea. Si tratta di un protomos che verrà ulteriormente sviluppato con una torre svettante
centrale e una serie di corpi semicilindrici, queste specie di torrette addossate, anche in questo caso questi corpi
nascondono le scale per raggiungere la tribuna, dove potevano essere state realizzate delle cerimonie alla
presenza dell’imperatore, il quale poteva anche affacciarsi sul quadriportico e ricevere un omaggio da parte del
popolo.

cappella che fu costruita e terminata nel 798, ma poi consacrata


nel 804 da Napoleone III. Notiamo un corpo centrale ottagonale
scandito da enormi piloni su cui si imposta un ampio tamburo
(la base di una cupola) e la cupola a spicchi. Il corpo centrale
ottagonale è circondato da un deambulatorio voltato a crociera
e con delle volte a crociera e altre coperture triangolari di risulta
che collegano il perimetro ottagonale del corpo centrale al
perimetrale esterno a 16 lati. Il deambulatorio è sovrastato da
una galleria sul quale in asse con il presbiterio era collocato il
trono di Carlo.

Come modello di riferimento in questo caso ci si rivolge alla


chiesa di san vitale a Ravenna. C’è un senso di solidità, nonostante lo slancio maggiore ad Aquisgrana dovuto alla
cupola a spicchi, maggiore in parte favorita da una maggiore staticità delle membrature architettoniche; invece,
a san vitale erano animate dalla calotta dell’esedra che in qualche modo garantiva maggiore vivacità e
movimento della pianta. Notiamo un dettaglio in cui si nota il trono che veniva segnalato da due ulteriori
colonne. Il rapporto con l’architettura tardoantica era suggerito dalla profusione di marmi pregiatissimi,
all’interno originariamente vi erano dei mosaici con Cristo tra apostoli che nel corso del 800 sono stati
completamente modificati.

L’imperatore seduto sul suo trono poteva vedere davanti a sé la loggetta e vedere sopra e in asse sull’altare,
sopra la cupola la presenza di Cristo benedicente, era dunque lui la figura intermediaria tra il Cristo e i fedeli.
Elementi che ricordano un’eredità tardo antica ma anche una profusione di lavori in bronzo su cui poggiano i
capitelli sfogliati.

Ancora più esplicito il rapporto con l’antico per la presenza


di due oggetti variamente databile, la orsa in bronzo che in
quale modo dialogava con la lupa capitolina, mentre a
destra la pigna del bel vedere in bronzo, altro simbolo della
Roma imperiale, questi due elementi erano posti nel
quadriportico antistante la cappella.

Posto nel quale si trovano anche altre opere tra cui una
scultura equestre di Carlo Magno

Una scultura equestre come questa ha come


prototipo il marco Aurelio, che oggi si trova in piazza
del campidoglio.

Altro esempio di un’architettura pensata è quella di una pianta di


un’abbazia, l’abbazia di San Gallo. Pianta monumentale che viene
datata intorno 820, morto Carlo fu realizzato per l’abbate Cosberto. È una pianta che per molto tempo gli studi
hanno pensato potesse essere di un monastero ideale, quindi non destinato alla realizzazione.

Anni dopo viene aggiunto un avancorpo spartito


in due ordini, con due alte snelle torri che
permettevano l’accesso alla tribuna, la tribuna
era unita ad un altare destinato a delle liturgie
specifiche che prevedessero la presenza del
sovrano o la devozione delle reliquie.
Originariamente le torri non erano così svettanti,
sono state nel corso del XIII secolo slanciate
ulteriormente. Nella parte del piano terra ci sono
due corridoi laterali che permettono l’accesso
alla chiesa vera e propria, mentre al centro ci
sono 9 volte a crociera che si impostano su 4 colonne e su pilastri per le travi. Sopra questo ambiente poggia la
tribuna. La parte bassa con una serie di volte a crociere fungeva da base per la tribuna recinta da una serie di
archi.

Nell’ambizione di un impero così vasto come quello carolingio il culto del latino doveva essere particolarmente
accentuato. La miniatura in questo periodo è sicuramente l’arte guida. È chiaro che le abbazie con gli scriptoria
garantirono una produzione accentuata delle miniature che dimostrano delle tendenze stilistiche differenti,
ricollegate a due tendenze, una “la scuola di corte” che si caratterizza per un forte ricordo dei modelli ravennati,
con un’influenza più forte nei confronti della miniatura insulare (il gusto per l’intreccio astratto); l’altra tendenza
invece ha un approccio più naturalistico, dinamico e con un pittoricismo più denso. La presenza di due filoni così
differenti nella miniatura fa sì che convergano dei codici di provenienza varia, sia per geografia che per
cronologia. Per cui è possibile che un copista che copi il codice commissionato oggi, debba copiare un codice
realizzato in un unico esemplare più antico. Vi è la possibilità di avere un linguaggio figurativo nei confronti della
pittura o della scrittura.

Uno degli esempi più antichi della scuola di corte o della


scuola di Ada (riuniti perché appartenenti allo stesso filone) è
il vangelo di Godescalco, realizzato su pergamena purpurea si
rifà a dei modelli che erano già presenti in epoca giustinianea.
Vi è la prima pagina di godescalco con 6 miniature in piena
pagina, 4 evangelisti, il cristo benedicente e la fontana cosi
detta “della vita”, e poi il decoro dell’incipit dei vangeli.
Caratteristiche che possiamo notare sono: una rigida
frontalità, un gusto per la decorazione ad intreccio astratto,
una certa stilizzazione, una fissità che ricorda esempi
ravennati e bizantini, uno scarso interesse per un’ambientazione naturalistica. Il vangelo viene realizzato per
Carlo Magno, sappiamo che nel testo ci sono riferimenti di un viaggio di Carlo Magno a Roma, quindi dovrebbe
essere stato realizzato intorno il 781, e si conserva nella biblioteca nazionale di Parigi.

Altro esempio è, sempre di commissione carolingia, il


Giovanni evangelista, lo si vede a piena pagina con il suo
simbolo. Notiamo una scarsa attenzione dei dettagli spaziali.

La fontana della vita invece fa da sfondo a questa struttura


esagonale. Si nota un maggior naturalismo presente nella
fontana della vita piuttosto che nel vangelo di godescalco.
Un altro esempio di questo filone e che vede questo
naturalismo accentuarsi è il vangelo di Lorsch.
Notiamo due piene pagine in cui in una sottospecie
di arcata alloggia l’evangelista su un trono, ma
senza una vera attenzione per lo spazio. Anche in
questo vangelo viene riportata una miniatura
purpurea, lo si nota nel cristo benedicente

Notiamo delle incorniciature nella quale si


muovono elementi geometrici astratti è una
notevole frontalità.

L’incipit del vangelo dei vangeli di Lorsch


inoltre richiama all’incipit dei vangeli di
lindsfarne.

Questi evangelari erano ricoperti da


“coperte” create completamente in avorio,
simbolo della preziosità di queste opere.

Nei vangeli dell’incoronazione troviamo il san Matteo e il san


Giovanni, realizzati su miniatura purpurea, realizzate
probabilmente da maestranze orientali che avevano maggior
familiarità con esempi più antichi (tardo-ellenistici), si nota
un gusto con un pittoricismo delineato, le figure mostrano
un chiaro scuro e un interesse maggiore per
un’ambientazione naturalistica. Notiamo comunque una
differenza tra il cristo in trono nei vangeli di Lorsch che si
dimostra nella sua frontalità, mentre invece il san giovanni evangelista dimostra una sorta di dinamicità con i
giochi di chiaro-scuro.

Nei vangeli di Ebbone troviamo invece il san Matteo


e san marco dove il dinamismo viene portato
all’esasperazione, le pieghe delle vesti sono come
attraversate da un’elettricità. Caratteristica presente
in piena epoca futurista nella città che sale di
umberto Boccioni.

Il salterio di Urecht (820-830), con tratti minutissimi


vengono rappresentati gli episodi dei salmi di cui
viene tramandato il testo nel salterio. Tutto si muove
per direttrici, sembra essere tutto abbozzato e ciò è
il prodotto di miniatori che avevano familiarità con
antichissimi esempi ellenistici.

Gli ultimi esiti della miniatura carolingia si trova a Tours nella


prima bibbia di Carlo il Calvo (840-877). Si mostra qui il sovrano a
cui viene donata una bibbia. Si mostrano anche episodi della
genesi della creazione di Adamo ed Eva.

La seconda bibbia di Carlo il Calvo si mostrano una profusione di


dettagli decorativi e il sovrapporsi di più episodi nella stessa
pagina.

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