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S. Andrich Miato-L. Miato, La didattica inclusiva: organizzare l’apprendimento cooperativo metacognitivo, Edizioni
Erickson, 2003, p. 18
realizzare un efficace adattamento ambientale (Neisser e Fivush, 1994); le varie
competenze cognitive teleonomicamente sviluppate: ragionamento, la
pianificazione, la soluzione dei problemi, l’astrazione, l’elaborazione di nozioni
complesse, l’apprendimento rapido e l’apprendimento dall’esperienza (
Gottfredson, 1997)
2
“La capacità di adattamento è l’insieme degli attributi che rendono un soggetto capace di ‘funzionare’ nella società,
alcuni riconducibili a capacità intrinseche, altre a capacità sviluppate dal soggetto in regime cooperativo. La capacità di
integrazione tra le proprie capacità e le richieste poste sia dall’ambiente di vita sia dalle regole sociali sono state definite
da McGraw e Bruininks (1990) come intelligenza pratica: igiene personale, cura della casa, tutela della propria incolumità,
etc., e intelligenza sociale, ossia competenze richieste per stabilire in modo appropriato le relazioni intersoggettive:
comunicazione, controllo delle emozioni, empatia, assunzione di ruolo, condotte sessuali congrue, gestione del tempo
libero, etc. Queste due manifestazioni dell’intelligenza sono alla base della capacità adattiva e da essa dipende la
possibilità di avere una vita autonoma, lavorare, porsi degli obiettivi, costruirsi una famiglia, assumere ruoli codificati
nella società” M. Ferrara, Il comportamento adattivo, neuropsicomotricista.it
la partecipazione, interazione, ruoli sociali (riguardano il coinvolgimento e
l’impegno dell’individuo nelle vicissitudini esistenziali)
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“Un qualsiasi compito è portato avanti con un atteggiamento ‘tutto o niente’, dove il soggetto si sofferma su una
determinata cosa con zelo oppure totalmente trascurandola; inoltre è possibile evidenziare come il soggetto sia incapace
di usufruire di una stessa capacità per portare a termine compiti differenti, sottolineando la grande difficoltà a
generalizzare le acquisizioni fatte. In sintesi, la rigidità di pensiero comporta l’incapacità di modificare il proprio ordine
quando la situazione lo richiede e quindi di adattarsi all’ambiente” F. Zambrotti-P. Venuti, Caratteristiche della disabilità
intellettiva, in Disabilità intellettiva a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.,
2014, p. 75
4
Idem, op. cit., p 76
responsabilmente in carico le dinamiche deputate alla ‘tesaurizzazione’ delle
esperienze teorico-esecutive, interagendo positivamente con i suoi pari. L’approccio in
esame impone una modificazione inerente alla dialettica dei ruoli (docente/discente) e
all’organizzazione del lavoro in classe che prevede un’articolazione in work groups
differenziati (per sesso, grado di apprendimento, estrazione sociale); esso non
interferisce con l’ordinaria ‘agenda’ o programmazione rispetto alla quale può essere,
opportunamente, integrata. Il cardine dell’apprendimento cooperativo è rappresentato
dalla relazione interpersonale favorita da una sagace strategia. Studi e ricerche
effettuati in questo campo ne evidenziano uno ‘spettro effettuale’ positivo, sotto il
profilo del rendimento scolastico, della qualità relazionale, della motivazione e
dell’autostima; si riscontra un enhancement del pensiero creativo, agevolato dalla
comunicazione e dalla knowledge sharing. Secondo Johnson&Johnson (1994), i gruppi
cooperativi agiscono in forza di cinque principi:
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T. Rivetti-A. Capodieci, Che cos’è l’apprendimento cooperativo e perché può essere utilizzato in un’ottica inclusiva,
Erickson, 2017, p. 17
sostegno emotivo, di risorse (informazioni e materiali), di feedback, onde
“produrre e completare attività” in vista di specifici target. “L’interazione
promozionale implica il sostenere gli sforzi di tutti per raggiungere gli obiettivi
comuni, appoggiandosi l’uno all’altro, agendo in modo fiducioso e affidabile,
ma implica anche l’essere motivati a lottare per il reciproco vantaggio
mantenendo un livello moderato di attivazione, con ansia e stress bassi”6
c) Responsabilità individuale e di gruppo: la valutazione delle prestazioni deve
tener conto della sinergia tra il singolo allievo e il suo gruppo di riferimento:
ciascuno è direttamente, personalmente responsabile per l’adempimento della
‘quota di lavoro’ assegnata, poiché atteggiamenti negligenti si ripercuotono
negativamente sugli esiti della performance collettiva. Il seguente rappresenta
un ‘protocollo’ funzionale alla responsabilizzazione: “Mantenere la dimensione
del piccolo gruppo…; prevedere anche un esame individuale per ogni
studente…; valutare oralmente gli studenti in ordine casuale…; osservare ogni
gruppo registrando la frequenza con cui ogni membro contribuisce al lavoro del
team…; assegnare a uno degli studenti in ogni gruppo il ruolo di controllore…;
avere studenti che insegnino quello che hanno imparato a qualcun altro”7
d) Abilità sociali: la divisione della classe in ‘squadre’ dimensionalmente ridotte
consente di impiegare in modo pertinente gli skills interpersonali. Al fine di
coordinare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi comuni, i discenti devono:
conoscersi e nutrire reciproca fiducia, comunicare con esattezza scevra di
ambiguità, accattarsi e sostenersi reciprocamente, risolvere eventuali divergenze
in modo ‘diplomatico’, con intenti ‘costruttivi’
e) Valutazione individuale e di gruppo: un compito bene eseguito non si focalizza
esclusivamente sul tenore del risultato ottenuto, ma implica: a) una riflessione
(‘revisione’) sulla ‘catena’ o sequenza di eventi che traduce le decisioni in
condotte finalizzate; b) un’autovalutazione intesa a chiarire e ottimizzare la
volontà dei membri nell’investimento cooperativo. “La revisione, in particolare,
6
Idem, op. cit., p. 19
7
Idem, op. cit., pp. 19-20 passim
consente lo sviluppo continuo delle prassi che portano alla conoscenza, perché
consente l’utilizzo dei processi metacognitivi dell’imparare a imparare. Inoltre,
permette di verificare come i membri stanno lavorando insieme e come possono
accrescere l’efficacia de gruppo”8.
Per allestire, in ambito scolastico, un adeguato, soddisfacente apprendimento
cooperativo, è stato concepito un pathway che prevede dieci step: definire gli
obiettivi sociali e di apprendimento; scegliere l’attività; definire i tempi; definire
i materiali necessari; creare i gruppi e posizionarli nell’aula; creare
l’interdipendenza positiva; la consegna dei materiali; spiegare le regole ed
eventuali sanzioni o premi; incentivare e corroborare le condotte pro-sociali; la
discussione finale. Ci soffermeremo, brevemente, sui primi sei step.
a) Definire gli obiettivi sociali e di apprendimento: si tratta di un percorso
‘deontologico’ articolato per istanze assertive ed empatiche: “conoscere
meglio se stessi, riuscire a lavorare in gruppo, saper esprimere le proprie
opinioni in maniera adeguata, rispettare l’altro e le sue idee, saper ascoltare,
far sentire bene accolto un compagno nel gruppo, esprimere un rifiuto
garbatamente, saper accettare un diniego, riuscire a coinvolgere tutti i
componenti del gruppo di lavoro”9. I docenti, inoltre, devono armonizzare gli
obiettivi delle varie discipline con la programmazione generale
b) Scegliere l’attività: tale opzione è subordinata all’identificazione dei target
da ‘centrare’
c) Definire i tempi: affinché la strategia operativa approdi a buon esito è
necessario calcolarne la ‘tempistica’: “definendo a priori la durata
dell’attività”, onde non dissipare o vanificare il budget di energie richieste,
spostando continuamente il focus teleonomico
d) Definire i materiali necessari: occorre pianificare meticolosamente l’arsenale
degli strumenti e degli oggetti da impiegare, evitando sprechi
8
Idem, op. cit., p. 21
9
Progettare l’apprendimento cooperativo in un’ottica inclusiva, p. 54
e) Creare gruppi e posizionarli in aula: gli allievi vanno distribuiti in gruppi,
optando per il criterio di collocazione più idoneo. Tale scelta organizzativa
viene influenzata dal target prefissato che, in genere, è: a) l’efficienza del
work team; b) le dinamiche ‘endogene’, ossia la trama delle relazioni. Per
entrambi gli obiettivi, tuttavia, si rilevano punti di forza e fattori critici. La
disposizione dei gruppi in aula costituisce una ‘scelta manageriale’ da
valutare attentamente per contenere il rischio di contingenze caotiche e
infruttuose sul piano del rendimento. I responsabili (lead boys), senza
assumere ‘posture autoritarie’, dovranno creare network cooperativi in modo
che ognuno, come in un’azienda, rispetti le proprie ‘consegne’, agendo al
meglio delle proprie capacità
f) Interdipendenza positiva: come già spiegato, è un approccio che consente di
esaltare lo spirito di solidarietà e la sinergia tra singolo e gruppo. Conferendo
a ciascuna unità un ruolo specifico (compito, mantenimento, obiettivo), si
determina una virtuosa e proficua esecuzione del lavoro, basato sul
riconoscimento e sul rispetto delle proprie mansioni.
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“In breve si può definire l’apprendimento cooperativo come un metodo di insegnamento/apprendimento che fa leva
sulla risorsa di gruppo con l’obiettivo precipuo di migliorare l’assimilazione e le relazioni sociali. La premessa di fondo
è che il gruppo costituisce un universo in termini non soltanto di conoscenze ma anche di competenze, per cui
l’insegnamento/apprendimento è un processo non di ‘trasmissione’ unidirezionale (dagli insegnanti agli alunni) ma di
partecipazione e scambio tra tutti gli ‘attori’ coinvolti. Come sottolinea Gentile (2004), gli studenti diventano protagonisti
attivi della propria formazione, poiché coinvolti in attività che li ‘incastrano’ in un gioco di interdipendenza che non
permette di sottrarsi al lavoro comune” A. La Prova, L’apprendimento cooperativo, in Disabilità intellettiva a scuola.
Strategie efficaci per gli insegnanti, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.a., 2014, p. 177
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Progettare l’apprendimento cooperativo in un’ottica inclusiva, p. 20
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“Numerose sono le ricerche evidenzianti che: a) i collocamenti ‘segregari’ possono avere effetti negativi sullo sviluppo
sociale e sui successi scolastici o produrre un deficit; b) le prestazioni scolastiche degli allievi con disabilità intellettive
inseriti in classi normali sono uguali (in caso di disabilità intellettiva grave) o migliori (in caso di disabilità intellettiva
lieve) rispetto a quelle dei propri coetanei inseriti in classi speciali; c) questo vantaggio può essere dovuto anche al fatto
che in contesti normali gli allievi con disabilità intellettive esprimono meglio le proprie capacità (quelle che, in un certo
senso, già possiedono); d) l’inserimento in classe normale permette di accedere a gradi di istruzione superiori. Numerose
sono le ricerche e le rassegne che indicano livelli superiori di sviluppo sociale. In particolare, è emerso che gli allievi
inseriti in classi normali: a) hanno più interazioni con i compagni di classe; b) hanno più amicizie; c) hanno un miglior
concetto di sé; d) manifestano più elevati livelli di ‘comportamenti di benessere’ quando interagiscono con i compagni
normodotati; e) hanno meno condotte disadattive” R. Vianello, Scuola inclusiva vs scuola speciale, in Disabilità
intellettiva a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.a., 2014, pp. 103-104 passim
“Inizialmente il consiglio è quello di attribuire al bambino con disattenzione
compiti facili da svolgere e molto concreti (lettore, relatore…), in modo che
sia più facile per lui svolgerli anche qualora dovesse restare un po’ disattento.
Occorre considerare però che, se è presente un disturbo degli apprendimenti
in comorbilità, il ruolo di lettore o stenografo potrebbe demoralizzare il
bambino. Ai bambini oppositivi è invece bene dare, inizialmente, compiti di
responsabilità (maestro, ricercatore…); in tal modo, il senso di sfida
dell’oppositivo verrebbe meno in quanto, sentendosi fondamentale in quel
ruolo, tenderà a dare il meglio di sé […]. Inizialmente è bene dare ai bambini
disattenti ruoli come il ‘tempista’ che permettano loro di avere un controllo
sulla situazione, così da monitorare meglio anche se stessi. I bambini
oppositivi risultano, invece, efficaci in ruoli come il ‘vigile del traffico’ e
‘Mister Decibel’, dove devono imporsi sugli altri e rendere fluide le
comunicazioni con regole precise. Gli strumenti per i vari ruoli sono utili a
tutti i bambini ma si rivelano fondamentali per i bambini con comportamenti
problema, in particolare con difficoltà di attenzione. È, infatti, più facile
svolgere un ruolo se si ha uno schema ben preciso da seguire, altrimenti si
rischia di perdersi dopo poco tempo”13.
13
Op. cit., pp. 58-59