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• CAP.

1 - / STATO /

L’istituzione degli Stati nazionali, consolidatasi nell’800, ha dato luogo al sorgere di molteplici
ordinamenti statali ognuno dei quali si è affermato sovrano e autosufficiente.
Oggi, dunque, ogni Stato pretende di avere un ordinamento discendente da proprie fonti normative
tale da offrire una risposta a tutte le esigenze della propria comunità.

Stato  definito come la massima forma organizzata del potere politico nelle società
contemporanee.

L’origine dello Stato moderno si trova nel processo di istituzionalizzazione del potere: momento in
cui risulta operata una spersonalizzazione del potere che passa dal singolo governante (sovrano
assoluto) a un’entità organizzativa impersonale incaricata di garantirne la continuità al di là del
succedersi dei singoli soggetti destinati ad esercitare il potere.
Il complesso delle istituzioni che si identificano col concetto di Stato si è consolidato in seguito al
processo di limitazione del potere assoluto e alla conseguente razionalizzazione del potere che è
culminata nelle riv. inglese 1689, nord americana 1776 e francese 1789.
Proprio a partire da tali cambiamenti e accadimenti storici si fissarono così: il concetto di
costituzione, di potere ripartito tra più organi, di statuto delle libertà civili e politiche dell’individuo.

[ Duplice significato della parola Stato ]:


 I° significato  Stato = determinato popolo che risiede in un determinato territorio e che ha
una sua organizzazione centralizzata stabile.

 II° significato  Stato = organizzazione o apparato centralizzato; l’apparato di comando.

Quindi:

Stato-comunità sottolinea i 3 elementi costitutivi dello Stato:

1. Popolo: vale a dire una comunità di individui (elemento personale)

2. Territorio: luogo in cui è stanziato il popolo (elemento territoriale)

3. Ordinamento giuridico: complesso di regole (elemento organizzativo)

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1. POPOLO

Il popolo rappresenta il complesso degli individui che hanno vissuto, vivono e vivranno sul
territorio dello Stato.
Il concetto di popolo non coincide con quello di:

 Nazione  si distingue il concetto francese di nazione-demos da quella tedesca di nazione-


etnos:
• Nazione-demos: nazione è comunanza di valori che unisce e
prescinde da diversità locali o etniche, livellando le divergenze.
• Nazione-etnos: nazione è comunanza etnica e razziale, con la
tendenza ad escludere ed emarginare le minoranze appartenenti a
culture diverse da quella prevalente.

Non facilmente distinguibile dal concetto di Nazione è quello di Patria  entità comune cui fa
riferimento il cittadino per indicare l’appartenenza alla comunità nazionale con cui si identifica.
Tale entità s’identifica, coincide con il territorio, con le istituzioni statali, con i valori
costituzionali.
Art. 2 cost. Spagna: “patria è bene comune e indivisibile di tutti i suoi cittadini”.
Art. 52 cost. Ita.: “patria oggetto del dovere di difesa del cittadino”. (in questo caso il concetto
serve ad indicare una sintesi di beni da proteggere).
Prossimo a tale concetto è il riconoscimento della bandiera nazionale come simbolo della comune
appartenenza dei cittadini alla stessa comunità (art. 12 cost. ita.; art. 4 cost. spagna).

 Etnia  comunità caratterizzata da comunanza di storia, lingua, cultura e quindi prossima al


concetto di nazione.

 Razza  comunità caratterizzata da particolari dati biologici.

Il c.d. problema razziale è sempre esistito. Es.: la carta costituzionale americana (carta di
Filadelphia 1787) all’art. 1 sez. 2 3°c. distingueva: Free persons;
Indians;
Other persons (cioè gli schiavi).
L’abolizione della schiavitù è poi stata statuita nel 1865 con il XIII Emendamento.

 Classe sociale  comunità legata da comuni concezioni dei rapporti economici e sociali.

Si riconoscono 2 tipologie di vincoli giuridici individuo-Stato:

1. Vincolo di sudditanza  vale a dire la sottoposizione dell’individuo alla potestà d’imperio


dello Stato.
2. Vincolo di cittadinanza  cioè l’appartenenza giuridica dell’individuo ad un determinato
Stato.
I prevalenti criteri di acquisto della cittadinanza sono: lo ius sanguinis (in base al rapporto di
filiazione) e lo ius soli (semplice nascita sul territorio nazionale).
Art. 11 cost. spagna
Art. 44 cost. svizzera
Art. 22 cost. ita.
Art. 16 cost. Germania

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2. TERRITORIO

Il territorio è l’elemento spaziale, ed è fondamentale affinché possa parlarsi di Stato  è lo spazio


geografico (terraferma e mare territoriale) su cui il popolo è stanziato e nell’ambito del quale lo
Stato esercita la propria sovranità e indipendenza.

3. ORDINAMENTO GIURIDICO

L’ordinamento giuridico rappresenta l’elemento organizzativo fondamentale dello Stato  è il


complesso delle norme giuridiche che regolano il funzionamento e la vita di uno Stato e dei suoi
cittadini.
Di solito, l’ord. si articola in una struttura composta da più fonti giuridiche diverse, aventi valore ed
efficacia differenti.
Alla base di tale struttura sta la legge fondamentale dello Stato: la costituzione  la quale sancisce i
principi organizzativi alla,base dello Stato e i principali diritti e doveri dei cittadini.

• / SOVRANITà E INDIPENDENZA /
Riferendoci al territorio si è sottolineato che questo è spazio geografico entro cui lo Stato, in quanto
tale e per essere considerato tale, esercita sovranità e indipendenza.

[ SOVRANITà ]
La sovranità è qualità giuridica tipica dello Stato.
Sovranità  (“superanus”: colui che sta al di sopra) lo Stato gode della considerazione di chi sta
più in altro di tutti, avendo un potere di comando superiore ad ogni altro soggetto entro un
territorio determinato in virtù del fatto che possiede il monopolio della forza armata.
L’art. 1 cost. ita. proclama che « la sovranità appartiene al popolo », ma si affretta anche a
precisare che la esercita « nelle forme e nei limiti della cost. ». Il popolo non dispone di armi, della
forza armata coercitiva, e rispetto allo Stato non è sovrano.
Nell’età moderna la sovranità acquisisce una precisa valenza politico-giuridica: essa diviene la
razionalizzazione giuridica del potere.

Si deve a Jean Bodin la prima compiuta definizione del concetto di sovranità  “per sovranità si
intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato”.
Per Bodin la sovranità è assoluta; perpetua; indivisibile; inalienabile; imprescrittibile.

John Locke parlava di “supremo potere” affidato al Parlamento  da un lato limitato dalla
costituzione e dall’altro controllato dal popolo, di cui il Parlamento è mandatario.

Duplice aspetto della sovranità:

 Positivo  la sovranità afferma l’esclusiva potestà dello Stato e la sua supremazia.

 Negativo  la sovranità esclude ogni altra potestà differente dallo Stato stesso, affermando
in tal modo l’indipendenza dello Stato.

Tradizionalmente si riconoscono 3 tipi essenziali di attività sovrane:

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1. Legislativa (produzione).
2. Esecutiva (esecuzione-applicazione).
3. Giurisdizionale (rispetto).

Negli ordinamenti definiti a “separazione di poteri”:

 Secondo un criterio soggettivo queste attività sovrane sono abbinate ad organi statali
incaricati di svolgerle (organi legislativi, esecutivi, giurisdizionali).
 Secondo un criterio formale le attività sono qualificate in base al tipo di procedimento e ai
relativi atti terminali dello stesso che vengono tipicamente previsti per il loro svolgimento (il
proc. legislativo e le leggi, il proc. giurisdizionale e le sentenze).

La classica tripartizione può essere integrata osservando ulteriori e importanti attività:

1. Attività costituente.
2. Attività di revisione costituzionale.
3. Attività di indirizzo politico  costituisce l’impulso per l’attuazione della costituzione e il
conseguimento delle finalità essenziali dello Stato, operando i necessari coordinamenti tra
organi costituzionali, utilizzando a volte forme, procedimenti e atti tipici dell’attività
legislativa e esecutiva, ed essendo dotata di una sua propria particolare efficacia.
La funzione di indirizzo politico (art. 95 cost. ita.) consiste nella determinazione delle linee
fondamentali di sviluppo dell’ordinamento e della politica interna ed estera dello Stato,
traducendosi in una molteplicità di atti formali: leggi del Parl., reg., atti aventi forza di
legge, trattati internazionali.

[ INDIPENDENZA ]
È un fatto di assoluta certezza che il mondo è ripartito tra molti Stati, i quali debbono considerarsi
reciprocamente pari ordinati, perché solo così viene fatta salva la sovranità di ciascuno.
Se infatti uno Stato potesse comandare su un altro e usare la forza su di esso, questo secondo non
sarebbe più sovrano ma subordinato al primo.
La sovranità degli Stati per essere tale entro i propri confini deve manifestarsi come indipendenza
nei rapporti reciproci: indipendenza come assenza di subordinazione, come pariordinazione.

Sovranità e indipendenza sono le due facce inseparabili di una medesima qualità  il monopolio
statale della forza: questo monopolio si esprime verso l’interno come possibilità di comando
superiore ad ogni altro soggetto (sovranità); e verso l’esterno si manifesta come impossibilità di
usare la violenza all’interno di altri Stati e contemporaneamente come esclusione della forza di ogni
altro Stato nei propri confronti (indipendenza).

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• / SOVRANITà E SISTEMA DELLE FONTI NORMATIVE /
Uno dei profili essenziali della sovranità consiste nella capacità di produzione di norme
giuridiche diretta a reggere e disciplinare lo Stato.
La produzione di norme giuridiche, a cominciare da quelle che formano la cost., è dunque un dato
comune a tutti gli ord. cost., dai più semplici ai più complessi: e ciò indipendentemente dalle
caratteristiche della forma di Stato e di Governo prescelta, che fortemente incide sul sistema delle
fonti normative in concreto adottato.

<< È fonte del diritto ogni elemento, fatto o atto, a prescindere dalla sua forma, che prescriva una
regola obbligatoria per i membri di una data società >>.
Da tale definizione si evince che le fonti di produzione normativa sono tradizionalmente distinte in:

 Atti normativi (fonti-atto)  manifestazioni di volontà dirette a produrre norme (es.: legge).

 Fatti normativi (fonti fatto)  comportamenti sociali da cui l’ord. ricava norme (es.:
consuetudini).

Dal punto di vista pratico, la conoscibilità (e quindi il livello di “certezza”) dei 2 gruppi di fonti è
disciplinata da criteri sensibilmente diversi:

 La fonte-atto è regolata da norme che ne assicurano preventivamente la formazione e la


conoscibilità da parte dei soggetti che dovranno osservarla.
Es.: le cost. contengono norme relative al procedimento di formazione della legge e al valore
giuridico che dovrà riconoscersi alle disp. normative adottate tramite tale fonte.

 La fonte-fatto viene invece desunta tramite la verifica da parte dell’interprete di quale sia il
modello precettivo di comportamento da seguirsi.

Tendenzialmente la maggior parte degli ord. contemporanei hanno optato per un sistema
formalizzato di disciplina delle fonti normative, prevedendo quindi esplicitamente quali sono i modi
di produzione del diritto.
Ma accanto a tali ord. ne esistono altri che non prevedono o prevedono parzialmente il sistema delle
fonti.
Di qui la differenza tra  a. Fonti “Legali”.
b. Fonti “Extra ordinem”.

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Strettamente collegato al tema delle fonti normative è quello dei rapporti tra fonti, in quanto
nell’ambito di ogni ordinamento è riscontrabile una pluralità di fonti di produzione del diritto. La
pluralità impone di cercare e realizzare un ordine tra le fonti. Questo ordine si individua in un
principio “scalare”: le fonti stanno tra loro in un rapporto di sovraordinazione/subordinazione, in
base al quale la fonte superiore condiziona quelle inferiori e queste ultime non possono influire
sulla prima.
L’esempio più evidente si ha nell’ambito delle fonti-atto: la cost. condiziona le rimanenti fonti
dell’ord., ad es. la legge del parlamento, la quale dovrà adeguarsi alla prima senza poter incidere
sulla medesima.

Nella pratica si può ritenere che in tutti gli ordinamenti sia possibile individuare almeno 3 gradi di
fonti:

1. norme costituzionali.

2. norme legislative (parlamentari).

3. norme regolamentari (governative).

Tuttavia la graduazione su 3 livelli non è sempre la regola. Infatti si ritiene che:

 negli ord. a cost. flessibile  non si abbia differenza di grado tra norme cost. e legislative
ordinarie (sono infatti riportabili entrambe ad una unica fonte: la legislazione del Parl.).
 negli ord. a cost. rigida  può esistere una fonte di grado intermedio tra cost. e legge
ordinaria, es.: le leggi organiche dell’ord. francese e spagnolo.

Al fine di evitare che norme di diverso valore possano disciplinare casi uguali, sono stati elaborati i
Criteri risolutivi delle Antinomie (: contrasto tra norme):

1. Criterio cronologico  “lex posterior derogat priori”. Opera: ex nunc; Effetti: erga omnes.
La prevalenza della norma nuova sulla vecchia si esprime attraverso
l’abrogazione, la quale produce l’effetto di far cessare l’efficacia
della n.g. precedente e che può essere di 3 tipi:
a. Espressa: per dichiarazione esplicita del legislatore.
b. Tacita: perché la nuova legge regola l’intera materia già
regolata dalla legge anteriore.
c. Implicita: per incompatibilità tra le nuove disp. e le precedenti.

2. Criterio gerarchico  “lex superior derogat inferiori”. Opera: ex tunc; Effetti: erga omnes.
La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si esprime
attraverso l’annullamento, che incide sulla validità e non
sull’efficacia come l’abrogazione, istituto del criterio cronologico.

3. Criterio specialità  “lex specialis derogat generali”. Opera: ex nunc; Effetti: inter
partes/erga omnes.
La prevalenza della norma speciale su quella generale si esprime
attraverso la deroga; entrambi rimangono efficaci.
Derogare: disporre su un singolo punto/questione in modo idiverso
da una n.g., ma senza per questo violare i principi.

4. Criterio della competenza

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N.B.: le antinomie intercorrono tra le norme e non tra le disposizioni, sussistono cioè tra i risultati
delle operazioni interpretative e non tra gli enunciati normativi.

Riserva di legge  è lo strumento con cui la cost. regola il concorso delle fonti nella disciplina di
una determinata materia.
Essa, perciò, è una regola circa l’esercizio della funzione legislativa.
È dunque evidente che la riserva di legge acquista un significato preciso
soltanto dove vi sia una cost. rigida: perché solo in questo caso i limiti posti
dalla cost. alla funzione legislativa possono imporsi al legislatore e, se violati,
causare l’illegittimità della legge prodotta.
Insomma, è attraverso la riserva di legge che si produce, nei sistemi a cost.
rigida, quella maggior complessità e differenziazione dell’ord. g..

Principio di legalità  esso affonda le sue radici nello Stato di diritto ( lo Stato che si limita a
garantire la libertà e l’uguaglianza formale dei cittadini, sottoponendo a
precise regole g. l’attività dei pubblici poteri). (Stato sociale  è lo Stato
che inoltre si assume il compito di rimuovere le disuguaglianze sociali).
Il principio di legalità prescrive che l’esercizio di qualsiasi potere pubblico
si fonda su una previa norma attributiva della competenza: la sua ratio è di
assicurare un uso regolato, non arbitrario, controllabile del potere.
Considerando quest’ultima ratio, si può evincere che il principio di legalità
è associabile alla ratio del principio della divisione dei poteri.

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• / DIVERSA NATURA DELLE FONTI NORMATIVE /
Nell’attuale momento storico le fonti di produzione del diritto sono essenzialmente conosciute e
analizzate in quanto fonti scritte di natura “politica”: si tratta di fonti volute dai titolari della
sovranità che variamente le configurano in relazione alle diverse soluzioni istituzionali legate alle
diverse forme di Stato.

[ COSTITUZIONE ]
Esistono Stati con una cost. scritta, così come vi sono Stati privi di una cost. scritta, privi cioè di un
documento unitario distinto da tutte le altre leggi: ad es. la Gran Bretagna.
Questo non vuol dire che la G.B. abbia una cost. puramente consuetudinaria e non abbia leggi cost.
scritte. Viceversa la G.B. ha molte leggi cost. scritte, ma resta vero che:

a) tali leggi non si distinguono per la forma e l’efficacia dalle altre leggi.
b) tali leggi non costituiscono un unico testo.
c) tali leggi non esauriscono la materia che è loro oggetto di disciplina perché parte di tale
materia è effettivamente fondata sulla consuetudine, e cioè su norme non scritte.

Comunque sia è indubbio che la cost. esiste, anche se non esiste uno specifico testo solenne così
chiamato e separato da tutte le altre leggi.
Per cui tutti gli ord., per il solo fatto di esistere, possiedono una cost..
È altresì vero che ogni cost. dello Stato è scritta. La cost. nasce come consapevole oggetto (e poi
risultato) di lotta e dunque proprio per questo nasce scritta. Non è possibile proporsi un obiettivo in
modo consapevole, studiarlo, organizzarlo senza poi dargli veste solenne, ufficiale, certa,
permanente e incontestabile: in una parola senza fissarlo per iscritto.
Dalla rivoluzione americana e francese nasce la cost. come testo ufficiale, solenne, scritto: ogni
cost. frutto del costituzionalismo moderno è scritta.
Per risalire alle origini del costituzionalismo moderno è necessario muovere dall’art. 16
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini 1789: “ogni società in cui la garanzia dei diritti
non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione”.
Questo articolo lega cost. e garanzia dei diritti di libertà e di proprietà.
L’esigenza (borghese) di garanzie dei diritti di libertà e di proprietà nasce e si afferma quando da un
lato si afferma lo Stato come apparato monopolizzatore della forza che deve garantire libertà e
proprietà dei cittadini (e cioè la concorrenza puramente eco. tra di essi), e dall’altro in un processo
unico si afferma la separatezza della società rispetto allo Stato e quindi sorge la necessità di
garantire la libertà e proprietà dei cittadini nei confronti dello Stato, che potrebbe abusare della
forza e stabilire un regime arbitrario.
Battersi perché ci fossero dei principi guida scritti in un testo solenne voleva dire battersi per la
certezza, la conoscibilità, il rispetto.

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[ FONTI CONSUETUDINARIE ]
I cui presupposti e caratteristiche sono:

1. la ripetizione costante e conforme nel tempo di una determinata condotta (elemento


materiale).
2. l’opinio iuris ac necessitatis: cioè il convincimento psicologico che tale comportamento sia
giuridicamente obbligatorio (elemento soggettivo).

Esempio di consuetudine: l’uso di nominare ad integrazione dell’art. 92 cost. i ministri senza


portafoglio, il vice presidente del C.d.M. (successivamente tali consuetudini sono state disciplinate
dalla l. n. 400/88, “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della presidenza del Consiglio
dei Ministri).
È una fonte che ha sempre avuto un significativo rilievo, nonostante che in molti ord. si sia
progressivamente affermata la preferenza per la fonte scritta attribuibile ad una precisa volontà delle
istituzioni statali (fonte “politica”) considerandosi la consuetudine sinonimo di ord. tradizionalista e
conservatore.
Diritti attualmente definiti giurisprudenziali, come la Common law, hanno all’origine
l’interpretazione e applicazione giudiziaria di consuetudini.

[ FONTI NECESSITATE ]

Sono la conseguenza dell’esigenza di salvaguardia dell’esistenza di ogni ordinamento.


Derivano dalla constatazione che in particolari circostanze di pericolo (interno o internazionale) il
sistema delle fonti di produzione del diritto previsto formalmente da una cost. può non essere
idoneo a legittimare decisioni necessarie per la difesa dell’ord.
E ciò anche quando le cost. prevedono espressamente procedure semplificate per consentire agli
organi cost. di affrontare le emergenze. Ad esempio:
 la cost. Ita. prevede le attribuzioni dal Parl. al Governo dei “poteri necessari” per affrontare
una crisi internazionale (art. 78).
 la cost. Fra. prevede l’assunzione di poteri d’eccezione da parte del P.d.R. qualora sia
messo in crisi il funzionamento degli organi cost. (art. 16).
Ma in questi casi sono le stesse costituzioni a prevedere e autorizzare procedure e organi destinati
ad affrontare le emergenze tramite l’adozione di misure derogatorie della cost. che viene
temporaneamente sospesa.
Le fonti necessità, invece, rilevano nelle ipotesi in cui le cost. non prevedono deroghe o in cui le
precauzioni volute dai costituenti non siano sufficienti a fronteggiare il pericolo.
In questi casi ove gli organi cost. adottino misure di intervento prive di base giuridica nella cost.
queste ultime si giustificano a causa della stessa esigenza di conservazione dell’ord., comunemente
definita necessità. Questa viene quindi qualificata come necessità-fonte.
La dottrina della necessità come fonte del diritto si giustifica in particolare nel quadro di
ordinamenti garantisti che tendono ad offrire una esauriente disciplina dei modi di produzione del
diritto nei propri testi cost., privilegiando quindi un principio di certezza e conoscibilità preventiva
di quali siano gli organi e le procedure di formazione dei precetti giuridici; in questi ord.
l’individuazione della necessità-fonte ha pertanto valore di “chiusura” del sistema delle fonti, con
una portata chiaramente residuale rispetto all’assetto “naturale” delle medesime che è quello
formalizzato.
(residuale finchè non accadono fatti che impongono che tali fonti subentrino a creare n.g. per i casi
speciali).

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[ FONTI DIVINE ]
La fonte divina del diritto è caratterizzata da una volontà sovrannaturale che formerebbe i precetti
normativi attribuendo alla loro violazione sanzioni ultraterrene.
Per sua natura, tale fonte comporta la presenza di sogg. incaricati di interpretare tale diritto, ma
anche di adattarlo alle evoluzioni che si producono nella società.
Il diritto divino è il diritto di comunità religiose sovraordinato rispetto a quello della società politica
oppure caratterizzato da un vero e proprio rapporto di immedesimazione, in modo che il diritto
risulti come una delle varie componenti della religione.
Es.: esempio di immedesimazione è, per il diritto mussulmano, la Sharia che è formata dal Corano e
concepita come settore della religione che contiene le prescrizioni dirette alla fedele osservanza dei
credenti.
In altri casi l’ord. statale distingue l’org. politica da quella religiosa, ma assoggetta l’azione statale
ai principi religiosi (ord. “confessionale”).
3 tipi di rapporto diritto-religione:

1. religione sovraordinata.
2. immedesimazione.
3. distinzione (ord. confessionale).

[ FONTI CONVENZIONALI ]

Consiste in modi di produzione connessi alla volontà dei soggetti che saranno destinatari della
normativa prodotta.
Questa normativa è quindi espressione della autonomia dei sogg. che contemporaneamente
concorrono a crearla e ne sono i destinatari.
Ed in questa prospettiva la fonte convenzionale si contrappone al diritto definito “politico”, che
deriva da fonti istituzionali in cui la posizione dei sogg. che dovranno osservare la norma è quella di
ottemperare a quanto deciso dalla fonte a loro “esterna”. (eteronomia).
Tra le fonti convenzionali vengono fatti rientrare:

1. I contratti collettivi di lavoro  testi normativi formati su base negoziale e aventi efficacia
per tutti gli appartenenti a determinate categorie.

2. Nel d. cost. assumono rilievo le convenzioni costituzionali  formate dai titolari degli
organi cost. per dare attuazione alle proprie competenze cost.
Le convenzioni cost., o “conventions”, sono accordi comportamentali; regole non legislative
disciplinanti l’applicazione di regole legislative.
Ad es.: numerose convenzioni cost. regolano la cost. ed il funzionamento degli organi
supremi dello Stato, nonché i rapporti con gli stessi.

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[ FONTI GIURISPRUDENZIALI ]
Il diritto prodotto dalla giurisprudenza assume diversi profili.
I giudici possono:

A. Produrre diritto per disciplinare le proprie funzioni nell’ambito di un principio di


autonomia riconosciuta dalle cost. (es.: nel caso dell’adozione di norme di organizzazione e
procedura da parte di un tribunale cost.).
B. Annullare precedenti atti normativi in quanto contrari a cost.
C. Determinare, con le loro pronunce, dei “precedenti” condizionanti l’ulteriore esercizio della
funzione giurisdizionale.

L’ipotesi della esplicita produzione di norme in base ad una abilitazione cost. che attribuisca loro
autonomia non pone problemi.
Più complesse sono invece le ipotesi di annullamento di norme e di formazione di precedenti.
L’annullamento di norme adottate da organi istituzionalmente abilitati a produrre diritto (i
parlamentari e i governi) si giustifica con l’esigenza di assicurare, tramite procedure contenziose
svolte di fronte ad un giudice imparziale, il rispetto della cost., ma pone il problema di affidare ad
un organo che non è diretta espressione della sovranità popolare il compito di eliminare norme
adottate da organi che sono invece espressione diretta (o mediata) di tale sovranità.
Un tribunale cost. è in tale prospettiva una sorta di legislatore “negativo”, in quanto offre una
interpretazione di completamento della cost. inevitabile al fine di giungere alla propria pronuncia
che invalida una norma parlamentare.
La formazione del diritto tramite l’osservanza di “precedenti” pronunce di giudici è un dato comune
a molti ord.: ad esempio il precedente giurisprudenziale (*) degli ord. di Common law.

[ FONTI DOTTRINARIE ]
Il diritto dottrinario è formato sulla base delle analisi ed elaborazioni razionali svolte dagli studiosi
del diritto.
Il diritto giurisprudenziale deriva, invece, dalle pronunce discendenti dai procedimenti razionali
svolti dai giudici con riferimento a casi sottoposti alla loro attenzione.

(*)
il diritto prodotto dall’attività dei giudici tramite precedenti ha assunto particolare significato
nell’ord. inglese e in altri ord. influenzati dai suoi principi: ord. definiti di Common law  con tale
termine viene indicato un sistema giuridico fondato prevalentemente sullo sviluppo
giurisprudenziale e contrapposto a quello fondato sul diritto scritto scaturente da fonti “politiche”,
di ispirazione romano-germanica, definito di Civil law.

1. In Inghilterra, fin dai primi secoli del secondo millennio, le Corti reali formarono un sistema
giudiziario centralizzato che sviluppò un insieme di regole giuridiche applicabili sia ai
rapporti di diritto privato che pubblico. (Common law).

2. L’attività dei giudici era inizialmente basata sulla interpretazione delle consuetudini vigenti.
Alle regole di Common law, applicate dalle Corti, si aggiunsero regole interpretative
destinate a disciplinare nuovi istituti. Tali regole, contenute in decisioni degli organi reali
emesse secondo coscienza, formarono l’Equity ed erano applicate da un’ulteriore
giurisdizione.
Di qui la dicotomia tradizionale tra diritti e rimedi giudiziari di Common law e di Equità.

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Quindi: 1) Common law  regole interpretative di consuetudini vigenti, formulate dai giudici.

Equity  regole interpretative destinate a disciplinare nuovi istituti.

2) Common law  applicata dalle Corti.

Equity  applicata dagli Organi reali.

3) Equity  regole emesse secondo coscienza.

3. Accanto al diritto giurisprudenziale, sviluppato in base alla Common law e all’Equity, esiste
poi il diritto scritto sviluppato in testi legislativi del Parlamento (Statutes).

Complessivamente il sistema inglese di Common law ed Equity comporta un diritto


giurisprudenziale caratterizzato dalla importanza del precedente giudiziario, con l’assenza di una
codificazione organica quale quella intesa dagli ord. definiti di Civil law.
Il diritto scritto contenuto in leggi del Parlmaneto (Statute law) è considerato integrativo rispetto al
diritto giurisprudenziale ed ha assunto sempre maggiore importanza.
Quindi complessivamente le fonti dell’ord. inglese sono:

Particolare significato assume il precedente giudiziario che è connesso al valore di principio


generale attribuito dall’ord. alla regola dello “stare decisis”  regola che riguarda propriamente la
sola ratio decidendi della sentenza che costituisce precedente (e non i c.d. obiter dicta: cioè le
argomentazioni accessorie rispetto al nucleo della decisione), data dal principio di diritto enunciato.
Nell’ord. inglese non tutti i precedenti hanno valore vincolante per il giudice chiamato a decidere
casi analoghi, ma unicamente quelli imputabili ai giudici che occupano una posizione di vertice
dell’org. giudiziaria  nell’ordine: 1. House of Lords.
2. Court of Apeals.
3. High Court.
I precedenti di giudici diversi non hanno valore vincolante ma soltanto “persuasivo” e quindi
possono essere disattesi.
Più complesso è il problema della portata dei precedenti per i giudici di vertice che li hanno
adottati: sono state stabilite regole relative alla vincolatività e sono stati previsti casi di derogabilità.

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Caratteristica dell’ord. inglese è l’assenza di una cost. scritta  pertanto i principi dell’ord. cost.
vanno rintracciati sia nella Common law che negli Statutes parlamentari: questi principi
costituiscono quelli che la dottrina ha definito Laws of the constitution.

Accanto a questi esistono le Conventions of the constitution  è un insieme di norme non scritte
che secondo la dottrina e la giurisprudenza inglese sono non-legal rules, in quanto la loro violazione
non è reclamabile di fronte ai giudici.
(Tuttavia va rilevato che tali regole non giuridiche ma semplicemente politiche di comportamento,
secondo una valutazione diversa da quella condizionata dalla tradizione inglese, possono essere
individuate e considerate, in alcuni casi, come vere consuetudini cost. e quindi in tale prospettiva
rientrerebbero tra le fonti “legali”).
Tra i principi cost. desumibili dall’ord. inglese vi è quello della Supremacy of Parliament 
secondo cui la legge parlamentare può modificare qualsiasi normazione preesistente (l’assenza di
costituzione scritta e di “rigidità” della cost. non consente di individuare leggi parlamentari di
revisione formalmente diverse da quelle ordinarie).
Ove si applicasse con coerenza questo principio si potrebbe ritenere che la legge del Parlamento
(Statute) dovrebbe essere la fonte primaria nell’ord. inglese e quindi avere una forza superiore alla
Common law  ma in realtà:

1. il Parl. si considera limitato dai principi della Common law che la legge deve rispettare.
2. spetta pur sempre ai giudici offrire l’interpretazione determinante delle normative stabilite
dal Parl.

L’ord. g. degli Usa, al pari di quello dell’Irlanda, rientra nella tradizione di Common law, ma
presenta la caratteristica di essere dotato di una cost. scritta di cui si riconosce la supremazia nel
sistema delle fonti.
Così, mentre l’ord. inglese è fondato sul principio della Supremacy of Parliament, l’ord. degli Usa è
fondato sulla cost. federale o sulla Judicial Supremacy: ossia sulla supremazia della cost. quale
interpretata dalla Corte Suprema.
Subordinata alla cost. è la legislazione federale ( consistente in Federal acts o Statutes) e quella
degli Stati membri ( State Statutes).
La legislazione, per quanto sempre più estesa, è pur tuttavia considerata come una fonte integrativa
della fonte giurisprudenziale anch’essa destinata ad essere oggetto dell’analisi dei giudici.
Anche negli Usa, a livello federale e statale, assume un rilievo significativo il principio dello stare
decisis: ma il precedente non viene considerato vincolante.

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• / SOVRANITà E RAPPRESENTANZA POLITICA /
Lo strumento di collegamento tra il popolo e l’esercizio della sovranità è la rappresentanza politica
(soprattutto nello Stato di derivazione liberale).
L’elemento fondamentale è costituito dal dovere degli eletti di curare e difendere gli interessi della
collettività (rappresentanza = rapporto esistente tra il corpo elettorale e gli organi elettivi)  la
rappresentanza diventa così il modo essenziale per esercitare la sovranità popolare.
Una regola fondamentale della rappresentanza moderna è costituita dal divieto di mandato
imperativo  vale a dire che il rappresentante politico non deve sentirsi giuridicamente vincolato
ad alcun impegno verso il proprio collegio elettorale.
Nella cost. Ita. il divieto di mandato imperativo è sancito dall’art. 67.
La rappresentanza politica presuppone un mandato politico senza alcuna natura privatistica perché
qui non si parla di rappresentanza necessaria o volontaria, come nel privato, ma ci interessiamo di
una situazione in cui il popolo per propria volontà demanda l’esercizio di un certo potere a
determinati soggetti da esso scelti.

L’originale autonomia dei rappresentanti eletti nelle assemblee parlamentari viene limitata in
diversi modi:

 Attraverso gli istituti di democrazia indiretta:

1. il Voto.

2. la Mediazione dei partiti politici.

 Attraverso gli istituti di democrazia diretta:

1. l’Azione popolare.

2. il Diritto di petizione popolare.

3. il Diritto di iniziativa legislativa popolare.

4. la Revoca degli eletti (recall).

5. il Referendum.

Rousseau definiva la rappresentanza come espropriazione della volontà del popolo.

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• / VOTO /
Il diritto di voto è esercitato dal corpo elettorale: l’insieme dei cittadini che godono dell’elettorato
attivo.
(elettorato attivo  diritto di partecipare alle elezioni come votanti in quanto in possesso dei
requisiti per farlo; elettorato passivo  diritto di essere candidati nelle competizioni elettorali).
Il diritto di voto è il diritto di costituire, proprio mediante il voto, i collegi politicamente
rappresentativi dello Stao-ordinamento.
Il voto è lo strumento che permette agli uffici di acquisire l’elemento personale indispensabile per
la loro azione.
Inoltre è atto cost. per eccellenza per 2 ragioni:

1. Strumento certo e insostituibile della rappresentanza politica.


Principio, questo, qualificante lo Stato moderno ed emerso dalle ceneri dell’assolutismo
grazie al costituzionalismo moderno.

2. Offre al corpo elettorale l’unico mezzo per esercitare, svolgere una funzione deliberativa.

Quando parliamo di specificità-funzionale del voto si intende la funzione cui il voto è preordinato, il
risultato che è destinato a produrre.
2 effetti  1) finalizzato alla formazione di organi.
2) finalizzato alla formazione di atti.

Quindi le 2 fondamentali specificità del voto sono:

1) funzionalità prepositiva (elettorale).


2) funzionalità deliberativa.

L’esercizio del diritto di voto, subordinato all’iscrizione nelle liste elettorali, in base alle previsioni
dei diversi ordinamenti può essere distinto in:

 Obbligatorio o libero  il voto è obbligatorio in Australia, Belgio, Francia.

In Italia l’art. 48 cost. qualifica il voto come:


 Personale
 Uguale
 Libero (discorso sul c.d. dovere civico ex art. 48).
 Segreto
Tale espressione rappresenta una delle più oscure formule di compromesso raggiunte in sede
costituente. L’assoluta libertà dell’elettore di votare o non votare, di recarsi alle urne e
depositarvi una scheda bianca non può essere messa in dubbio. Con d.lgs. n. 534/1993 venne
abrogata la sanzione prevista dal T.U. 1957 consistente nell’iscrizione in un elenco esposto
per 30 giorni nell’albo comunale e la menzione “non ha votato” nel certificato di buona
condotta e comminata a chi non aveva esercitato il diritto di voto senza fornire al sindaco
giustificazioni plausibili.
L’unico significato che può, dunque, essere ancora attribuito all’espressione “dovere civico”
è quello di << indirizzo del costituente orientato ad auspicare una generalizzata
partecipazione al procedimento elettorale da parte dei cittadini liberamente esercitabile e
quindi non coartabile >>.

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 Ristretto o a suffragio universale  ai primordi dello Stato liberale il voto era ristretto, in
quanto limitato ad una determinata fascia di cittadini che possedessero precisi requisiti di
censo, razza e cultura.
Nelle contemporanee democrazie sono ammessi al voto tutti i cittadini senza alcuna
discriminazione di razza, religione, sesso, cultura e condizioni economiche.

 Diretto o indiretto  il voto diretto comporta la possibilità per gli elettori di scegliere
senza intermediari i propri rappresentanti ed è tendenzialmente la regola.
Il voto indiretto comporta invece due o più gradi di elezione (come ad es. nelle elezioni
senatoriali francesi: i cui senatori vengono eletti in ogni dipartimento da un collegio
elettorale composto da deputati, consiglieri generali e delegati dei consigli municipali).

 Uguale o disuguale  il voto è uguale se ha un identico peso per ciascun elettore.


Il voto disuguale, o multiplo, è previsto quando si consente ad alcuni elettori di votare in più
circoscrizioni.
Mentre il voto plurimo si ha quando al voto di alcune categorie di elettori si attribuisce il
valore equivalente a più voti.

[ I sistemi elettorali ]
Per sistemi elettorali si intende il complesso di regole e di procedure che determinano le
modalità con cui gli elettori esprimono il loro voto e che dettano le modalità con cui voti
vengono tradotti in seggi.
É possibile distinguere la formula elettorale dal sistema elettorale: la formula elettorale fa
riferimento al meccanismo di traduzione di voti in seggi.
La distinzione fondamentale è tra:
 Maggioritario
 Proporzionale

Maggioritario: con la formula maggioritaria si attribuiscono i seggi a coloro che hanno


raggiunto la maggioranza dei voti.
Si è criticato che il maggioritario: privilegi le singole persone a scapito dei partiti; sia
soggetto a clientelismo; sia antidemocratico privilegiando troppo il partito o la coalizione
vincente. le formule maggioritarie sono riconducibili a due tipi:
1. formula a maggioranza assoluta ( 50+1) ( il correttivo è il ballottaggio ).
2. Formula a maggioranza relativa ( vince chi ha ottenuto la maggioranza dei voti ).

Proporzionale: l'attribuzione dei seggi viene fatta in proporzione ai voti ottenuti.


La determinazione del quoziente elettorale, il modo come rapportare quoziente elettorale e
cifra elettorale di lista, la distribuzione dei resti costituiscono l'operazione di distribuzione dei
seggi  tale operazione può avvenire attraverso alcune varianti:

 formula d'Hondt o della media più alta: utilizzate in Belgio, Austria, Germania,
Olanda, Svizzera, consiste nel dividere i voti ottenuti da ciascun partito per 1,2,3,4
fino al numero dei seggi assegnati al collegio. I seggi in palio vengono attribuiti ai
quozienti più alti.

 formula Sainte-Lagiie: costituisce una variante della formula precedente nella quale
divisori sono però diversi (1,4; 3; 5; 7 ecc.).

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 formula Hare o voto singolo trasferibile: è utilizzata in Irlanda e in Australia. Gli
elettori devono indicare in ordine decrescente di preferenza i candidati della propria
circoscrizione, segnando accanto al numero 1, 2, 3 eccetera. I candidati che
raggiungono il quoziente con le prime preferenze sono eletti.

 formula del quoziente: il quoziente è ottenuto dalla divisione del totale dei voti validi
per il numero dei seggi, i voti conseguiti da un partito vengono divisi per il
quoziente, dando il numero dei seggi ai quali ciascun partito ha diritto.

(“Legge truffa”  un sistema elettorale applicato nelle elezioni del 1953 e poi abrogato secondo
cui la lista che avesse ottenuto il 50,1% dei voti avrebbe ottenuto un premio in seggi a danno delle
altre liste).

[ Sistemi elettorali e sistemi di partito e forme di governo ]


Un aspetto interessante dello studio dei sistemi elettorali è che essi hanno sul sistemi dei partiti e
sulla .forma di governo.

In merito al rapporto sistemi elettorali / sistemi di partito sono state formulate le c.d. leggi di
Duverger, le quali affermano che:
 La rappresentanza proporzionale tende ad un sistema di partiti multipli, rigidi e indipendenti.
 Lo scrutinio maggioritario ad un solo turno porta al dualismo dei partiti e quindi al
bipartitismo.
 Lo scrutinio maggioritario a due turni non porta, invece, ad un sistema di bipartitico, ma
piuttosto un sistema bipolare, nel quale due gruppi di partiti alleati si scontrano per
conquistare la maggioranza parlamentare e la guida del governo.

In merito rapporto sistemi elettorali / forme di governo è preferibile distinguere, piuttosto che tra
sistemi maggioritari e proporzionali, tra sistemi elettorali selettivi e sistemi elettorali non selettivi:
vale a dire sistemi che consentono, oppure no, la formazione di maggioranze nette e la creazione
di governi stabili.
 Nelle forme di governo presidenziali (Stati Uniti), il sistema maggioritario usato per eleggere
sia Presidente, sia i membri del Congresso favorisce certamente il permanere di una struttura
di bipartitica.
 Nelle forme di governo semi presidenziali (Francia), il sistema maggioritario conduce
certamente a una stabilità del sistema. Unico inconveniente può essere rappresentato dalla
possibilità di non coincidenza tra maggioranza presidenziale e maggioranza parlamentare,
che determinerebbe il fenomeno della coabitazione.
 Nelle forme di governo parlamentari (maggioritario in Gran Bretagna; proporzionale in
Spagna).

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• / PARTITI POLITICI /
È uno degli istituti di democrazia indiretta.
Partito  “microfono” di cui si serve il popolo per articolare i suoi pronunciamenti.

Il partito ha capacità di unire e fondere i 2 aspetti della rappresentanza:

 da un lato, assicura il collegamento stabile con gli elettori, realizzando una partecipazione
politica permanente del popolo.
Si supera così la tradizionale critica dei sistemi rappresentativi basata sull’argomento,
sostenuto da Rousseau, secondo cui in questi sistemi il popolo è sovrano quando vota ma poi
ritorna ad essere schiavo.

 dall’altro lato, i partiti possono trascendere gli interessi particolari degli individui
rappresentati, recuperando l’altro aspetto della rappresentanza: l’autonomia del
rappresentante rispetto al rappresentato.

In questa ottica i reali soggetti della rappresentanza politica diventano i partiti e diventa giocoforza
il principio del divieto mandato imperativo.
Le sintesi politiche operate dai partiti devono essere rispettate all’interno delle aule parlamentari e
ciò può essere assicurato solamente da una rigida disciplina, per cui i parlamentari votano seguendo
le indicazioni dei partiti.
In Gran Bretagna esistono addirittura alcuni parlamentari che hanno il compito di controllare che gli
altri membri del medesimo partito che siedono in Parlamento ubbidiscano le direttive del partito, e
l’intensità con cui adempiono questo compito è tale che si sono guadagnati l’appellativo di “fruste”
(whips).
Ciò che caratterizza gli attuali partiti, differenziandoli dagli antichi fenomeni analoghi, è il fatto che
gli attuali partiti:

 Sono sempre di massa, cioè tendono sempre a coinvolgere grandi masse popolari, se non
altro per ottenere il voto.
 Hanno un minimo di struttura permanente stabile di tipo professionale.
 Selezionano da se stessi i propri dirigenti.

Al contrario quei fenomeni sociali che in passato svolgevano funzioni comparabili ai partiti, spesso
si costituivano come consorterie e clientele intorno ad alcuni personaggi che godevano di prestigio e
autorità per la propria collocazione sociale.

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Duplice significato dei partiti politici:

1. in senso lato  partiti = organizzazioni stabili e strutturate miranti alla conquista e


all’esercizio del potere politico.

2. in termini più analitici  partiti = organizzazioni che assolvono a 4 funzioni tipiche:

a) La definizione degli obiettivi (ideologie e strategie).


b) L’articolazione e aggregazione degli interessi in
domande/richieste politiche.
c) La mobilitazione e la socializzazione dei cittadini,
specie con riferimento alle elezioni.
d) Il reclutamento delle elité e la formazione dei governi.

Avvalendosi delle tipologie elaborate dalla sociologia e dalla politologia, gli storici hanno delineato
l’evoluzione dei partiti politici secondo una sequenza alquanto articolata e catalogata:

 I° categoria  Partito dei notabili: tale struttura, a carattere informale e individuale, è per lo
più espressione dell’egemonia dei proprietari terrieri e borghesi e della
organicità pressoché completa tra società civile e società politica, che
caratterizza la prima metà dell’800.
 II° categoria  Partito macchina o d’opinione: a base tendenzialmente di massa, diretti da
“imprenditori politici” capaci di controllare apparati di consenso più
complessi e tipici del secondo ‘800 negli Usa e in Gran Bretagna.
 III° categoria  Partiti di classe e partiti confessionali: di fine ‘800, espressione di gruppi
separati della società in lotta per il riconoscimento dei diritti politici e
sociali, il cui prototipo è rappresentato dal partito social democratico
tedesco.
 IV° categoria  Partiti di massa: dell’900, con forte connotazione ideologica, struttura
burocratica e gerarchizzata, disciplina degli attivisti e controllo dei
deputati.
Con tale forma i partiti assurgono definitivamente a protagonisti della
mobilitazione politica.

• / AZIONE POPOLARE /
Il cittadino si sostituisce nella rappresentanza legale di un ente per l’esercizio di un diritto o di un
interesse dell’ente stesso o per agire nei confronti dell’Autorità, al fine di far correggere una
situazione di illegittimità posta in essere da quest’ultima.
Si concretizza il principio della partecipazione attiva dei cittadini, delle loro strutture associative,
degli enti autonomi, alla formazione delle decisioni di indirizzo, intendendosi dare un organico
coordinamento a tutti i possibili strumento di intervento nella attività politica, ivi compresi quelli
diretti ad acquisire una costante e completa informazione sull’attività degli organi degli enti politici.

• / PETIZIONE POPOLARE /
I cittadini portano a conoscenza dell’assemblea legislativa situazioni o esigenze particolari, affinché
quest’ultima provveda mediante l’emanazione di una legge.
L’esercizio del diritto di petizione è diretto a sollecitare organi cost. a prendere misure.

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• / INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE /
Il popolo si fa “legislatore” direttamente proponendo al Parlamento un determinato progetto di
legge.
Esempio:
 l’art. 72 cost. Ita. richiede che il progetto di legge, redatto per articoli, sia sottoscritto da
almeno 50.000 elettori.
 Negli Usa l’iniziativa popolare è prevista sia in materia legislativa, sia in materia
costituzionale.
 Nella confederazione elvetica è prevista solo in materia cost..

• / REVOCA DEGLI ELETTI (RECALL) /


Comporta la competenza popolare a togliere, prima del suo naturale termine, il mandato politico
conferito tramite le elezioni, in deroga al principio generale tipico della rappresentanza per cui gli
elettori esauriscono il loro ruolo nel momento del voto.
La revoca aveva carattere individuale in alcuni Cantoni svizzeri in cui sono “richiamabili” tutti i
componenti dell’organo elettivo ( la cost. del Cantone del Ticino 1997 art. 44).
In queste ipotesi viene stabilita una quota minima dei componenti il corpo elettorale per l’iniziativa
di revoca e quindi diverse forme di maggioranza per approvare la revoca.

• / REFERENDUM /
Diritto del corpo elettorale a pronunciarsi su una misura normativa.
Perciò si distingue dal plebiscito che, invece, riguarda la pronuncia popolare implicante scelte
politiche quali la forma di governo, l’annessione territoriale, la fiducia a un leader politico, ecc. (es.:
scelta tra monarchia o repubblica in Italia nel 1946).
Il referendum si distingue in:

 Propositivo  quando la pronuncia popolare riguarda l’introduzione di una nuova


normativa.

 Consultivo  quando sostanzialmente il popolo è chiamato ad esprimere un mero parere.

 Sospensivo  quando la pronuncia popolare è in grado di interrompere un iter normativo


già in atto.

 Confermativo  quando è finalizzato a confermare un atto normativo già in vigore.

 Abrogativo  quando è finalizzato all’abrogazione di un atto normativo vigente.

Il referendum può essere previsto come obbligatorio o facoltativo; può riguardare sia la normativa
ordinaria che quella cost. e quella di revisione.

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• CAP. 2 - / COSTITUZIONE /
Attualmente si guarda la cost. come l’atto normativo che disciplina i rapporti tra i pubblici poteri e
tra quest’ultimi e i cittadini ed enuncia, contemporaneamente, i principi e di diritti fondamentali
degli individui che l’assetto sociale e politico dello Stato intende garantire.
La nozione giuridica della cost. contiene in se un duplice significato:

 Indirizzo restrittivo  la cost. consiste in quelle norme che regolano la creazione delle n.g.
generali e in particolare la creazione delle leggi formali.
Cost. = norma fondamentale e fondante l’ord. in quanto condiziona
le norme sulla produzione di altre norme.

 Indirizzo estensivo  la cost. coincide con la struttura organizzativa di un gruppo sociale e


quindi, nel caso dello Stato, anche con l’organizzazione della sua
comunità.
Cost. = ordinamento dello Stato.

Al di là delle definizioni, è ai singoli ord. cost. positivi che occorre fare rinvio per conoscere quale
sia il contenuto di una cost..
Contenuto che va determinato tenendo conto sia della parte formalizzata in un testo solenne (
cost. formale) che di quella che è compresa in testi scritti diversi dalla cost. formale oppure in
consuetudini cost., e che discende da convenzioni cost. o da modifiche tacite della cost. ( cost.
reale o vivente o sostanziale e simili).

Accennando alla potenziale contrapposizione cost. formale / cost. sostanziale ci si avvicina al tema
della concezione garantista della cost. formalizzata in un solenne documento scritto.
Infatti, mentre non si può contestare che ogni ord. politico abbia una sua cost. sostanziale, si deve
riconoscere che soltanto in una determinata situazione storica si è affermata un’ideologia (il
“costituzionalismo”) che ha visto nella formalizzazione della cost. l’essenza stessa dell’ord. sociale
e politico, disciplinando la forma di governo in modo che agli individui fossero riconosciuti e
garantiti, nei confronti del potere politico, i diritti di libertà e in modo che la stessa organizzazione
del potere fosse ripartita secondo un modulo che assicurasse le libertà fondamentali (c.d.
separazione di poteri).
Valore emblematico assume in tal senso il noto art. 16 Dichiarazione dei diritti francese del 1789,
secondo cui “ogni società nella quale non sia assicurata la garanzia dei diritti, né determinata la
separazione dei poteri, non ha costituzione”  in tal modo si veniva a identificare il concetto stesso
di cost. con una cost. formalizzata che avesse uno specifico contenuto garantista rispondente alla
ideologia liberale.
Il concetto di cost. che si affermava allora tendeva ad essere assoluto, in quanto eventuali ord. che si
dessero cost. con ispirazione e contenuti diversi erano considerati “non costituzionali”.

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Queste cost. liberali, improntate ad una concezione garantista ed espressione del costituzionalismo
moderno, avevano alcuni caratteri in comune:

 La consacrazione in un documento scritto.

 Il fondamento nella sovranità popolare  è il popolo sovrano che, attraverso propri


rappresentanti eletti nelle assemblee costituenti, esprime il consenso ad una specifica forma
di governo.
La cost. non è più concepita come un atto unilaterale del monarca, né come una mera
stratificazione di leggi e consuetudini o come un insieme di norme tramandate dalla
tradizione, ma assume il significato di atto precettivo che dà origine ad un ordine giuridico-
politico nuovo.

 La previsione di un’ampia tutela dei diritti.

 La sovraordinazione della cost. rispetto alle altre leggi  il riconoscimento della superiorità
giuridica della cost. rese necessaria la previsione di meccanismi di controllo della
costituzionalità delle leggi.

Negli Stati Uniti il controllo di cost. si impose in via giurisprudenziale quando, nella
sentenza per il caso Marbury vs. Madison (1803), la Corte Suprema teorizzò il c.d. “doppio
livello” di legalità, stabilendo la superiorità della cost. rispetto ad ogni altra legge ordinaria.

 Il riferimento alla teoria della separazione dei poteri.

Il costituzionalismo è l’insieme di principi e teorie a cui si ispira la forma di governo cost., ossia
fondata su un complesso di norme stabili, scritte e consacrate in una cost.
Il costituzionalismo moderno sorse da 2 filoni fondamentali e diversi:

 Costituzione – contratto  costituzionalismo nord-americano: la cost. ha ad oggetto


l’organizzazione della società stessa, oltre che del potere politico.
Non esiste altro legame sociale se non quello che viene costruito dal contratto sociale.
La cost. come creatrice della condizione sociale.

 Costituzione – atto  costituzionalismo francese: la cost. ha ad oggetto il slo potere


politico.
Il legame sociale è antecedente la cost., la quale si limita solo a organizzare gli organi
politici visto che è la stessa nazione a creare la cost.
La cost. come garante della condizione sociale esistente per natura e esistente anteriormente
ad essa.

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[ CONCEZIONE GARANTISTA ]

La cost. è una scelta ordinata e coerente dei principi fondamentali basati sulla ragione che offrono
una giusta collocazione al ruolo dell’individuo e a quello del potere organizzato che viene alla
stessa subordinato.
La stessa forma scritta assicura una garanzia di razionalità e di certezza che non possederebbero, al
contrario, le costituzioni consuetudinarie tradizionali.
La concezione garantista pone l’accento sul carattere normativo e razionale della cost.:

 Il carattere normativo è dato dal fatto che le norme cost., ponendosi al vertice dell’ord.
giuridico dello Stato, non solo condizionano la produzione delle leggi e orientano l’attività
dei pubblici poteri, ma fungono da parametro per valutare la legittimità dei comportamenti
di quest’ultimi.
L’accentuazione del carattere normativo della cost. porta a sostenere la completa
spersonalizzazione della sovranità statale, che dai governanti passa dapprima nel concetto
astratto di nazione e quindi alla stessa cost.

 Il carattere razionale è dato dal fatto che la cost. viene considerata un insieme organico di
principi ragionevoli e scritti che vincolano gli stessi organi di potere e che riconoscono e
garantiscono una giusta collocazione all’individuo e ai suoi diritti.

Così, ad esempio, la Dichiarazione di indipendenza (1776), da cui prese l'avvio l'esperienza


costituzionale degli USA, affermava solennemente: «,Voi riteniamo che le seguenti verità
siano di per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono
dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che fra questi sono la vita, la
libertà e la ricerca della ,felicitar. Che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati
fra gli uomini i governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati».

Allo stesso modo, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789), frutto della
rivoluzione francese, espressamente sanciva: « (art.1) Gli uomini nascono e rimangono liberi
ed uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'utilità
comune; (art. 2) Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti
naturali e imprescrittibili dell'uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà e la
resistenza all'oppressione; (art. 4) La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce
ad altri; tosi, l'esercizio dei diritti naturali di ogni uomo non ha altri limiti se non quelli che
assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti; (art 5) La
legge non ha diritto di vietare che le azioni nocive alla società.

Sempre nel periodo della riv. francese si afferma il concetto di potere costituente come distinto dai
poteri costituiti  il primo, totale espressione della sovranità, è libero da condizionamenti; i
secondi (esecutivo, legislativo, giudiziario) sono variamente condizionati dalla iniziale decisione
costituente.
Lo stesso potere di revisione cost. finisce per rientrare nell’ambito del potere costituito in quanto
deve rispettare i fondamenti essenziali della cost. o, addirittura, viene disciplinato dalla stessa cost.
(c.d. potere costituente costituito).

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[ CONCEZIONE TRADIZIONALISTA ]

È una tipica concezione dell’ancien régime che concepiva la cost. come “eredità nazionale”, cioè
come cost. tradizionalmente accettata in un paese.
Tale concezione si contrappone alla concezione liberale della cost. come atto di volontà corredata di
contenuti che avevano un profondo significato innovativo in quanto includenti nuovi valori
superiori di riferimento in quanto includenti nuovi valori superiori di riferimento (l’uguaglianza e i
diritti dell’uomo).
La concezione tradizionalista negava alla cost. la natura di atto proveniente dalla volontà umana
(del costituente), considerandola un insieme di regole e usi sull’org. sociale, tramandate dalla
tradizione ed ereditate da un paese.
La cost. non è riconducibile ad un atto di volontà del costituente, negando la sua natura artificiale.
La cost. era quindi considerata come derivante dalla divinità, in quanto ciò che è fondamentale ed
essenziale nella vita di una nazione non potrebbe ricondursi ad un testo scritto, per sua natura
fragile e destinato al superamento.
La concezione tradizionalista considerava quindi la cost. come un complesso di regole tramandate o
derivate, non prodotte specificamente e contingentemente da una puntuale volontà umana.

[ CONCEZIONE POSITIVISTA ]

La concezione della costituzione come atto di volontà rimane anche nella fase del consolidarsi dello
Stato liberale quando si perde il collegamento con la dottrina della rivoluzione francese, che vedeva
nel potere costituente della Nazione il fondamento dell’atto cost., mentre il fulcro della disciplina
dello Stato si individua nello Stato stesso che si considera come qualcosa di già costituito e di
continuativamente vivente (che decide ed accetta di autolimitarsi con i vincoli formalizzati nella
carta costituzionale).
È una concezione tipica del pieno ‘800, quando lo Stato liberale giunge a completa maturazione.
Per la dottrina liberale, lo Stato è un’entità preesistente e autosufficiente, capace di assicurare la
certezza e la stabilità del diritto.
La cost., pertanto, è un atto normativo espressamente voluto dal legislatore (il costituente) per
organizzare e disciplinare in maniera vincolante la vita dei consociati.
Essa non crea lo Stato, anzi è quest’ultimo che accetta di autolimitarsi e permette che determinati
vincoli ai suoi poteri siano formalizzati in una carta cost.
Ciò che rileva per il giurista liberale è esclusivamente la cost. positiva, ossia quella effettivamente
vigente e consacrata in un documento solenne.

[ CONCEZIONE DECISIONISTA ]

La dottrina di Schmitt distingue tra: concetto sostanziale di cost. intesa quale “decisione politica
fond. del titolare del potere costituente” e formalizzazione della cost. in un testo.

 Cost. sostanziale  è esterna e prioritaria rispetto alla cost. formale ed è la “suprema


decisione” sulla forma del potere espressa dal titolare del potere.
È la decisione politica fond. adottata dal titolare del potere costituente.
Presupposto della cost. è dunque la decisione del sogg. più forte: che si è imposto a livello
politico su tutti gli altri pretendenti ed è in grado di assicurare l’unità statale e di fare libere
scelte senza ricorrere al meccanismo della rappresentanza popolare.

 Cost. formale  è il documento in cui viene consacrata la cost. sostanziale ed è mera


conseguenza della “decisione” cost. presupposta.

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(la concezione decisionista fu utilizzata da una parte della dottrina tedesca per legittimare gli
eccezionali poteri di Hitler, dopo che il nazismo conquistò ampi consensi).

Nella concezione decisionista il presupposto dell’ord. positivo è l’unità politica.


Nella diversa concezione normativista il presupposto è individuato in una norma base.

[ CONCEZIONE NORMATIVISTA ]

Fu sostenuta da Kelsen che identificava il diritto con la norma e lo Stato con l’ord. giuridico.
L’ord. g. veniva costruito come una gerarchia per gradi, discendenti dal vertice alla base, in cui le
norme superiori condizionavano le norme inferiori.
Il grado più elevato del sistema normativo era occupato dalla cost., la cui giuridicità era spiegata
attraverso un postulato d’ordine logico giuridico: ritenere cioè vigente, al di là della cost. positiva,
una norma originaria o fondamentale, una Grundnorm.
Secondo la concezione N.  la cost. dipende da una norma che non è “posta”, ma è “razionalmente
presupposta” e oltre la quale è impossibile risalire.
Si individua una norma fond. che costituisce un dovere a riconoscere come impegnativo per tutti un
certo diritto sulla base della convinzione spontanea o forzata ma sempre oggettivamente
verificabile, o comunque effettivamente seguita in una comunità politica, che la cost. sia norma
vincolante.
Dalla convinzione della vincolatività della norma discende la validità della cost. per tutti i sogg. di
un ord.
È questa la costituzione in senso logico-giuridico su cui si fonda la cost. positiva  in questa si
differenziano:

 Le norme positive che regolano la produzione di n.g. generali (cost. materiale).


 Le altre norme aventi ad oggetto contenuti svariati e che hanno quindi unicamente forma
costituzionale (cost. formale).

La concezione di Schmitt e quella di Kelsen, pur distanti, erano accomunate dall’esigenza di


individuare il fondamento della validità della costituzione-atto  l’uno individua il presupposto
giustificante nella decisione del soggetto politico, l’altro nella norma.
Chi giustifica la cost. sulla base della decisione del soggetto che è in grado di escludere altri
concorrenti politici, in quanto impone l’unità politica, apre la strada all’affermazione di qualsiasi
regime politico compresi quelli basati sulla volontà di una persona o di un movimento politico.
Chi invece fa riferimento alla norma giuridica, pone a base della costituzione una scelta «neutra»
che può riempirsi di contenuti diversi, fissando regole procedurali del gioco politico che offrono la
possibilità a diverse parti politiche di competere ed imporsi in base alla regola di maggioranza.
In pratica la decisione schmittiana forma una cost. imputabile alla parte politica che si è imposta e
quindi è una cost. chiusa senza opzioni alternative, mentre la norma kelseniana pone una cost.
aperta che tollera contenuti differenziati.

• Decisionismo  forma di Stato autocratica.


• Normativismo  forma di Stato democratica.

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[ CONCEZIONE MATERIALE ]
Tale concezione venne sostenuta da Mortati nei primi anni dell’900 e individua, accanto alla cost. in
senso formale ( insieme d n.g. scritte), la cost. in senso materiale composta sia dai valori e fini
che conferiscono unità e stabilità all’ord. g., sia dalle forze sociali e politiche che quei valori e fini
esprimono e promuovono, eventualmente anche contro il dettato della cost. formale.
Tale dottrina pone un accento determinante sul ruolo svolto dalle forze politiche nella fissazione dei
principi organizzativi e funzionali essenziali per la vita di un ord.
Costituzione materiale  è ordine politico concreto e contemporaneamente è il gruppo politico che
lo ha costituito attraverso l’egemonia esercitata (cioè attraverso la concreta conformazione
dell’org. sociale secondo gli interessi, principi, valori di cui esso è portatore).
La cost. consiste nella forza normativa della volontà politica vincente.

Per cost. formale si intende il documento nel quale sono contenuti i principi e gli istituti
fondamentali dell’organizzazione statale. Le cost. scritte si dicono anche formali per rimarcare il
fatto che sono racchiuse in una particolare forma giuridica, che viene loro conferita da un
procedimento di formazione diverso da quello adottato per l’emanazione degli altri atti normativi.
Per cost. materiale si identifica l’ord. fondamentale dello Stato nei suoi principi e nelle sue
strutture, non solo quale risulta dalle norme scritte ma quale si pone nell’effettiva realtà.

Cost. formale  intesa come complesso di norme.

Cost. materiale  intesa come effettivo assetto istituzionale dell’ord.; l’insieme delle decisioni
prese dalle forze politiche, sociali e sindacali, dalla giurisprudenza, dagli organi costituzionali.

L’unicità del partito, la monoliticità/compattezza del gruppo dominante, non è per niente un
requisito accidentale nella originaria concezione di Mortati. Al contrario, è un elemento essenziale
perché è costitutivo della stessa concezione della giuridicità che egli utilizza: quella imperativista
il diritto è sempre il comando di un sovrano, solo che ora il sovrano viene individuato in un partito,
in un’org. che fa da ossatura all’intero corpo sociale.
Inizialmente Mortati identificò la cost. materiale con il partito politico (più precisamente col partito
nazionale fascista). Poi dal secondo dopoguerra la cost. materiale venne identificata con i principi
fond. (principio democratico, lavorista, pluralista e personalista) sanciti dalla cost. repubblicana.
L’ord. si pone come giuridico in quanto collegato non con un semplice ordine formale di poteri,
bensì con un’org. di forza sociale capace di conferire ad esso “l’effettività”, uno dei caratteri della
giuridicità.
La cost. si identifica con l’unità raggiunta attraverso la vittoria di una parte degli interessi sociali e
la sconfitta degli altri. In definitiva è la cost. della forza politica dominante:

• Il partito politico è il sogg. della cost.


• La sua idea politica ne è il contenuto.

Una prima definizione di cost. materiale fu elaborata già nell’800 da Lassalle, il quale, riferendosi
alla cost. tedesca, contrappose alla cost. formale (o legale, scritta, di carta) una cost. reale  che
risultava dalla forma dei rapporti realmente intercorrenti tra le diverse classi sociali (governanti,
esercito, banchieri, ecc.).

Per Schmitt, cost. materiale = complesso dei principi ideologico-politici fondamentali, preesistenti
alla cost. e costituenti il suo fulcro.

26
[ CONCEZIONE ETICA ]

Partendo dalla considerazione che lo Stato ed il suo ord. g. necessariamente si legittimano sulla base
di determinati valori etici (: tutela dell’uguaglianza e della libertà degli individui e, in generale,
valorizzazione dei diritti della persona umana), tale dottrina ritiene che questi valori non possano
essere ignorati dallo Stato, ma debbano essere presupposti dalla cost. che, condivisi dalla comunità
internazionale, per la loro forza vincolante divengono norme di diritto positivo (c.d.
positivizzazione dei valori etici).
Essi fanno parte di quel nucleo della decisione costituente che non può essere modificato
assolutamente dal procedimento di revisione.
Alla concezione etica sono ispirate la cost. italiana (1948), la cost. tedesca (Legge fond. di Bonn
1949) e la cost. spagnola (1979).
In considerazione della forza e immodificabilità attribuite dalla cost. a tali principi all’interno
dell’ord. g., alcuni autori configurano a tal proposito una vera e propria morale costituzionale  la
quale tenderebbe a conciliare le esigenze incentrate sui principi etici sentiti dalla società e quelle
incentrate sugli stessi “adattati” alle esigenze delle istituzioni.
(la morale istituzionale è una morale ideale “relativizzata” rispetto alle esigenze delle istituzioni
politiche).

Tale concezione emerge dal fatto che le dottrine esposte prima sono state sottoposte a critica in
quanto tralascerebbero di considerare l’importanza da riconoscere alla persona e ai valori etici alla
stessa collegabili.

• La dottrina decisionista  sarebbe la sublimazione della forza nel conflitto politico che si
esprime nella decisione del vincitore che impone la propria concezione dell’ord. g. e sociale.
• La dottrina normativista  si limiterebbe a dare rilievo a quella norma fondamentale che è
in grado di giustificare un insieme di regole procedurali che costituiscono la cornice entro
cui si sviluppa qualsiasi ord.
• La dottrina della cost. materiale  offre un rilievo determinante alla semplice risultanza del
gioco delle forze politiche.

L’insoddisfazione per questi orientamenti dottrinali è stata accentuata dal fatto che nel periodo tra i
2 conflitti mondiali si sono affermati e imposti ord. statali che hanno disconosciuto e violato le
esigenze elementari della persona e che sembrano aver pienamente confermato l’idea della mera
identificazione tra forza statale e diritto, da un lato, e della riduzione del diritto a semplice involucro
formale-procedurale della forza, dall’altro.

27
• / FORMAZIONE DELLA COST. /
I casi più evidenti sono quelli:

 di formazione della cost. nel momento in cui si afferma un nuovo Stato.


 di formazione della cost. a causa di cambiamenti nella forma di Stato in seguito ad una
rivoluzione o alla decisione di procedere ad una radicale ristrutturazione dell’org. statale.

Il soggetto che decide è il potere costituente  il quale non è giuridicamente vincolato da


precedenti regole giuridiche, ma non si esclude che esistano vincoli di natura politica.

 PROC. ESTERNI  le ipotesi di procedimenti di formazione della cost. “esterni” all’ord.


cui la stessa cost. è destinata si hanno quando uno Stato ha perso la sua piena sovranità in
seguito ad una sconfitta bellica e nell’ipotesi di territori coloniali che acquistano
indipendenza.
In queste ipotesi il procedimento di formazione di una nuova costituzione origina in atti di
sovranità (decisione costituente) imputabili a uno Stato diverso da quello che verrà
disciplinato dalla nuova cost.  questi atti tuttavia si trasformano nelle reali cost. degli Stati
interessati nel momento in cui risulterà che i medesimi sono in grado di autodeterminarsi
avendo raggiunto un’effettiva indipendenza.

 PROC. INTERNI  in questa ipotesi ci si trova sempre nel quadro di un unico ord. di
riferimento. I procedimenti di formazione delle cost. differiscono a seconda della:

 Titolarità del potere costituente.


 Modalità seguite nell’adottare la decisione costituente.
 Concezione dello Stato che prevale in un dato momento storico.

Tali condizionamenti (↑) indicano che il potere costituente può incontrare dei limiti oggettivi
connessi con l’esigenza di rispettare:

 Principi trascendenti di diritto naturale (es.: diritti dell’uomo).


 Principi immanenti alla concezione stessa dello Stato che si vuole adottare:
o si affermerà il principio di sovranità statale se si vuole dar corpo alla cost.
di un ente non subordinato ad altri.
o si sceglierà la prevalenza della sovranità dello Stato centrale rispetto agli
Stati membri se si vuole dar corpo ad una cost. federale.
 Vincoli giuridici eteronomi derivanti dall’ord. internazionali (es.: le cost. devono
spesso recepire le conseguenze di eventi bellici).

28
B] Procedimenti internazionali guidati:

 Procedimenti diretti ad adottare nuove cost. che vengono svolti tramite il ricorso ad accordi
tra Stati o tramite l’attività di organizzazioni internazionali.
Per queste cost. si può far ricorso al concetto di potere costituente “assistito” o “guidato”.

C] Procedimenti monarchici e democratici:

Per lungo tempo la distinzione che si operava era quella tra proc. monarchici ( la concessione e il
patto) e proc. democratici ( tramite un’assemblea costituente).

 Proc. monarchici  In quelli che venivano definiti procedimenti monarchici, e che oggi presentano
interesse prevalentemente storico, il titolare del potere costituente era inizialmente soltanto il
re, passandosi in seguito ad uno sdoppiamento della titolarità fra re e assemblea
rappresentativa. La «concessione» giuridicamente unilaterale ma politicamente sempre
conseguenza di pressioni esterne e di negoziazioni, presuppone la rinuncia o la limitazione da
parte di un sovrano assoluto del suo potere, consentendo di fissare nel testo costituzionale
garanzie a favore di ceti o classi emergenti. Il «patto» comporta una negoziazione bilaterale fra
sovrano e popolo (tramite un'assemblea), e quindi il riconoscimento anche a tale soggetto di
una partecipazione al potere costituente, affermando accanto al principio monarchico quello
della sovranità popolare.
 Proc. democratici  Si definivano democratici quei procedimenti che presupponevano il
passaggio dqlla sovranita al popolo che poteva manifestarla in sede costituente in modo
indiretto, tramite assemblee elettive, o direttamente tramite referendum.
La convenzione o assemblea costituente è un'assemblea eletta con lo scopo specifico di
formare una costituzione.
Il ricorso a consultazioni referendarie può riguardare sia scelte preventive alla determinazione
puntuale del testo cost., sia l'approvazione dello stesso testo.

Referendum precostituente
A tale ipotesi si possono rapportare le consultazioni popolari relative alla opzione istituzionale
(monarchia o repubblica); quelle attinenti all,a separazione di un territorio dallo stato di
appartenenza, quale il referendum sulla separazione della Norvegia dalla Svezia nel 1905; quelle,
analoghe alle precedenti, dirette allo smembramento di uno stato federale
preesistente; quelle relative alla approvazione di una proposta diretta a consentire le elezioni di una
assemblea costituente, come avvenuto in Francia nel 1945, o a indire una riforma costituzionale
affidandola al parlamento trasformato in organo costituente, come avvenuto in Spagna nel 1976.

Referendum costituente
A tali ipotesi si collegano le consultazioni referendarie connesse alla approvazione di un testo di
costituzione considerato definitivo, predisposto e deliberato da un'assemblea rappresentativa
incaricata di predisporre il testo o dal governo.

Il procedimento costituente è articolato in 3 fasi:

1. Fase della iniziativa  organi di un precedente ord., o organi istituiti ex novo, assumono
l’iniziativa informale o formale di promuovere la formazione della cost.

29
2. Fase preparatoria  si pongono le basi costituenti, promovendo la costituzione di una
assemblea o l’indicazione di un referendum; si predispongono progetti; vigono regimi cost.
transitori (operano Governi “di fatto” o transitori).

3. Fase deliberativa del testo cost.  si discutono i progetti, si svolge il dibattito e si procede
alla decisione di adozione del testo: o tramite votazione in assemblea o tramite
consultazione popolare.

• / IL POTERE COSTITUENTE /
La costituzione è un atto decisionale originario e libero nel fine, ossia non disciplinato da
norme giuridiche precedenti, che dispone ex novo il sorgere dell’ordinamento statale e della
relativa società, caratterizzandoli nei loro elementi essenziali.
Il soggetto (o organo) cui è conferito il potere di decidere sulla Costituzione da dare ad uno Stato è
qualificato come potere costituente. Più precisamente, poiché è nella Costituzione che si è
individuata la norma primaria e fondamentale dell'ordinamento, il potere costituente può essere
definito il potere che «pone» la Costituzione (disciplinando determinati poteri e funzioni) e che
contemporaneamente ad essa è indissolubilmente legato.

L'espressione «potere costituente» venne utilizzata per la prima volta durante la Rivoluzione francese,
quando fu fortemente avvertita l'esigenza di porre fine all'assolutismo monarchico, instaurando un ordine politico e
sociale nuovo. In quel periodo il potere costituente si espresse nell'Assemblea costituente, organo straordinario e
temporaneo, destinato ad esaurirsi con l'entrata in vigore della nuova Costituzione.

Mentre nei regimi democratici il potere costituente è esercitato dal popolo che, attraverso
referendum o plebisciti, legittima apposite assemblee politiche, nei regimi dittatoriali si esplica in
modo autoritario da parte delle forze politiche dominanti. In entrambi i casi è l'espressione della
volontà (di uno o più soggetti), dotata di forza vincolante tale da divenire obbligante per tutti gli altri
soggetti e da instaurare rapporti di comando e di subordinazione.
Per l'età contemporanea (caratterizzata da Costituzioni prevalentemente consacrate in documenti
solenni) è difficile stabilire con precisione il momento in cui dall’esercizio del potere costituente trae
origine un determinato assetto costituzionale. Ad ogni modo, mentre in alcuni casi la decisione
costituzionale è concomitante all'affermazione di un nuovo Stato nell'ambito della comunità
internazionale (si pensi alla Slovenia e alla Croazia, sorte in seguito allo smembramento di uno Stato
federale, la ex Jugoslavia), in altri casi il potere costituente è successivo ad un avvenimento
rivoluzionario produttivo di radicali cambiamenti nella forma di Stato.

Fino a quando il potere costituente non è stato legittimato democraticamente, filosofi, giuristi e
politologi si sono ampiamente interrogati sull'origine e sui limiti della Costituzione e del relativo potere costituente,
soprattutto in considerazione dell'avallo fornito dagli organi istituzionali a regole e
comportamenti talvolta contraddittori o addirittura manifestamente contrastanti con i testi costituzionali scritti.
In Gran Bretagna, ad esempio, in cui è mancata una vera e propria Costituzione scritta, le forme di Stato e di
governo sono state sovente legittimate attraverso il richiamo alle consuetudini costituzionali, ossia a
comportamenti adottati e ritenuti vincolanti dagli organi istituzionali, che finivano con
l'assumere la stessa efficacia e la medesima forza delle norme costituzionali. A questa base consuetudinaria,
tuttavia, si sono aggiunti nel tempo taluni testi scritti, ai quali è stata riconosciuta natura costituzionale (Magna
Charta, 1215; Petition of Rights, 1629; Bill of Rights, 1629; Act of Settlement, 1700).
La prassi incise notevolmente anche sulle Costituzioni (flessibili) dell'Europa settecentesca e
ottocentesca. Ad esempio, benché lo Statuto albertino avesse delineato una forma di governo in cui al sovrano
spettava il potere di nominare un Governo ed in cui quest'ultimo fosse sottratto al rapporto di
fiducia col Parlamento, fu in sostanza modificato a causa dell'emergere di una prassi costituzionale diversa, che
rese il Governo politicamente responsabile nei confronti del Parlamento.

30
In età contemporanea, invece, sono prevalenti le Costituzioni scritte, mentre alle consuetudini è
riconosciuto un valore meramente integrativo dei testi scritti.

Si discute in dottrina, inoltre, sulla natura del potere costituente. Secondo alcuni (H. KELSEN, S.
ROMANO) tutte le attività finalizzate all'instaurazione di un nuovo ordinamento (e, quindi,
rivoluzionarie) non hanno natura giuridica, a meno che non si concludano con successo, riuscendo a
instaurare effettivamente un ordine diverso dal precedente: in tal caso vengono legittimate, ma solo a
posteriori.

Di diversa opinione è MORTATI, secondo cui ciò che qualifica giuridicamente il potere costituente è
il convincimento della collettività: il fatto assurge a diritto, quando i consociati lo accettano. Di
conseguenza, il convincimento circa la necessità di osservare un determinato comportamento diviene
la fonte del potere costituente.
Altro fondamentale aspetto riguarda l'identificazione del soggetto titolare del potere
costituente. Secondo alcuni, esso è la popolazione (o popolo), intesa come unità vivente unificata da
una comune volontà e in grado di assicurare la vita dello Stato. Molti, a partire da SIEYÈS, hanno,
invece, fatto riferimento al concetto di Nazione, intesa come specifica qualificazione del popolo
che è alla base dello Stato. Infine, le cd. teorie «istituzionalistiche» elaborate in Francia, Italia e
Germania hanno posto l'accento sull'elemento «organizzazione», ossia sul complesso dei mezzi e
dei fini che una società predispone per assicurarsi la sopravvivenza.
La teoria italiana della Costituzione materiale (MORTATI) ritiene che la Costituzione non possa
essere spiegata, se non mettendo in relazione il contenuto delle sue norme con i principi su cui si
fonda la società regolata dalla Costituzione stessa. Nella suddetta teoria, il potere costituente è
diretta espressione dei rapporti di forza politici. Il titolare del potere non viene identificato
astrattamente con il popolo o con la Nazione, ma con l'organizzazione politica costituitasi in
base ai rapporti di forza esistenti, con l'insieme dei gruppi politici che, in equilibrio tra loro, sono
dominanti rispetto al resto della società.
Il potere costituente si distingue dai poteri costituiti. Questi ultimi non sono liberi ma condizionati
dai vincoli stabiliti nella Costituzione. Tradizionalmente essi sono individuati nel potere
legislativo, esecutivo, giudiziario e di revisione. In particolare, mentre il potere costituente fissa
ab initio i principi (e i poteri) caratterizzanti la Costituzione ed espressamente voluti dall'organo
costituente, il potere di revisione consiste nella facoltà di intervenire e modificare legittimamente (e
a posteriori) il dettato costituzionale.
«L'attività costituente è attività normativa per eccellenza che presuppone la inesistenza di
precedenti vincoli giuridici al suo svolgimento e che una volta manifestata condiziona l'attività
normativa ulteriore [...].
La revisione, in altri ordinamenti (ad es. degli USA) definita «emendamento», è una modificazione
del testo costituzionale che è consentita per un miglior adeguamento ad esigenze sopravvenute dopo la
conclusione della fase costituente e che deve sempre essere compatibile con i principi ispiratori della Costituzione,
che deve sempre rimanere riconoscibile nei suoi istituti essenziali, mantenendo la sua identità
originaria.[...].
Che il potere di revisione sia un potere «costituito» e, quindi, venga condizionato dal prioritario
potere costituente non è del tutto pacifico, ove si accetti l'impostazione a suo tempo sostenuta dal
Rousseau, per cui un popolo non può essere obbligato verso se stesso e quindi può in ogni tempo
cambiare quello che aveva originariamente stabilito. L'interpretazione del potere di revisione come
subordinato a quello costituente sembra tuttavia corretta ove si possa veramente individuare il primo come diretto alla
modifica e non al cambiamento radicale della Costituzione.» (DE VERGOTTINI).

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• / I CONTENUTI DELLA COST. /
I testi cost. scritti sono condizionati da quelle che sono le “finalità” che caratterizzano le diverse
forme di Stato, le quali ultime variamente influenzano la scelta delle “materie” da disciplinare in
sede costituzionale.

 FINALITà

Il contenuto delle cost. è strettamente condizionato dalle finalità che ogni cost. si pone.
Le finalità generalizzate sono:

1. la fissazione dei criteri di organizzazione del potere in modo da dare stabilità alle forze
politiche che controllano lo Stato.

Va rilevato che tutti i costituenti si preoccupano di offrire legittimità, cioè fondamento


giuridico, al potere dei titolari dei vari organi statali.
È dai procedimenti attraverso cui si offre una giustificazione del potere (legittimazione) che
deriva la possibilità, giuridicamente tutelata, di imporre a tutto l’ord. la loro autorità.
Infine, il potere viene ripartito secondo diversi criteri stabilendo regole di competenza
attraverso cui i vari organi esercitano le diverse funzioni pubbliche.

2. la precisazione degli obiettivi cui l’uso del potere statale viene preordinato.

Ogni costituente determina gli scopi cui deve essere finalizzato il potere dello Stato.
Tali scopi variano a seconda della forma di Stato, in quanto la concezione della cost. e del
sistema giuridico che questa disciplina è strumentale rispetto alla concezione politica che sta
alla base e che viene in questa recepita.

 MATERIA

La materia tipica, propria di ogni cost., comprenderebbe:

• L’org. essenziale dell’ord. (la disciplina degli organi cost. dotati di attribuzioni di indirizzo e
normative, ivi compresi i criteri di scelta dei loro titolari).
• Lo svolgimento della ideologia fond. scelta da un ord.
• La posizione dei sogg. governati (sia individuali che collettivi).
• Le relazioni essenziali tra organi cost., tra questi e i governati, e tra governati.

Le cost. liberali dell’800 si preoccupavano del ruolo degli organi cost. e disciplinavano quindi la
posizione del sovrano e della assemblea parlamentare unitamente ai diritti di libertà politica.
L’aumento dei compiti d’intervento pubblico, l’introduzione dei diritti sociali ed eco., a partire dalla
cost. messicana del 1917 e da quella tedesca del 1919, e la razionalizzazione della forma di
governo, hanno poi reso necessaria una più ampia disciplina cost. nei testi del I° e II° dopoguerra.
Inoltre le cost. di tipo federale, dovendo disciplinare i complessi rapporti interstatali, sono in genere
molto lunghe, quali quella dell’India del 1950 che raggiunge quasi i 400 articoli.

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Tradizionalmente la materia cost. viene trattata con prevalente riferimento alla:

• Organizzazione cost. (organi, loro competenze e loro rapporti).

• Diritti di libertà (collocazione dell’individuo rispetto al potere costituito, dichiarazione dei


diritti e loro garanzie).

Non tutta la materia che si riferisce all’org. fond. dello Stato e ai suoi principi base di
funzionamento è contenuta nel testo cost.
Per cui si possono avere delle “integrazioni” della cost.:

• Come nel caso delle leggi cost. italiane, le quali vengono avvicinate, per quanto riguarda il
valore delle loro norme, a quelle contenute nella cost.
• Altre volte si hanno leggi considerate intermedie tra la cost. e le leggi ordinarie, come le
“leggi organiche” francesi di integrazione della cost., adottate con procedura rinforzata
comportante il parere del Consiglio cost. (art. 46 cost. 1958).
• Quelle che debbono essere approvate con maggioranza qualificata in base alla cost. belga
come revisionata (testo 1994).
• Le “leggi organiche” relative ai diritti di libertà fondamentali, alla approvazione degli statuti
regionali e al regime elettorale, da approvarsi a maggioranza qualificata secondo la cost.
spagnola del 1978, art. 81.

La cost., in quanto massima fonte del diritto di un ord., ha una ovvia natura precettiva: ad essa va
quindi attribuita una efficacia immediata e diretta.
Approfondendo la questione si rileva che nell’ambito del testo cost. vi sono norme che hanno
efficacia diretta, mentre altre norme hanno efficacia indiretta necessitando per la loro attuazione di
ulteriori interventi normativi:

• Hanno efficacia diretta, e possono venire immediatamente applicate senza bisogno di


norme specificative e attuative, quelle norme cost. che per la loro natura-struttura sono di
per se stesse idonee a valere come regole  si tratta delle norme che si riferiscono alla
istituzione e alla sfera di competenza degli organi cost. e di quelle che disciplinano i diritti
fond. (art. 3 cost. tedesca; art. 53 1° c. cost. spagnola).

• Hanno efficacia indiretta quelle norme che non sono di per se stesse attuabili nei confronti
dei sogg. dell’ord.  si tratta delle norme che fissano obiettivi che gli organi cost. devono
conseguire (c.d. norme programmatiche), o che disciplinano diritti sociali ed economici che
richiedono interventi degli organi statali.
Queste norme, pur avendo efficacia indiretta, hanno comunque immediata portata vincolante
per gli organi cost.

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Tra le norme programmatiche si trovano la fissazione di obiettivi generali per gli organi
statali, esempi:

• La promozione del benessere e l’assicurazione della libertà, previsti dal preambolo


della cost. Usa.
• La promozione del comune benessere prevista dall’art. 2 cost. svizzera.

Ma si trovano anche veri e propri mandati affidati al legislatore, esempi:

• Mandato diretto a garantire attraverso la legge i diritti e le libertà delle minoranze


ideologiche e filosofiche ex art. 6 2 bis cost. belga.
• Quello diretto ad assicurare uguaglianza legale e sociale tra figli legittimi e naturali
ex art. 30 3°c. cost. italiana e art. 6 5°c. cost. tedesca.

Problemi di valutazione particolari hanno sempre posto i “preamboli” e le “dichiarazioni” premessi


al testo cost. redatto in articoli.

A. PREAMBOLI  il preambolo contiene formule di promulgazione e riferimenti ai


precedenti che hanno originato la cost. e ne offre una motivazione politica; può esprimere,
inoltre, voti, auspici, affermazioni di principio, non sempre facilmente enunciabili in norme
articolate nel testo.
Es.: il preambolo della cost. Usa 1787 assume il valore di una formale promulgazione della
cost.

B. DICHIARAZIONI  le dichiarazioni contengono una enunciazione articolata e precettiva


di alcuni principi fond. attinenti, soprattutto, alla posizione del cittadino in senso alla
società.
Il loro testo si trova formalmente separato da quello cost., in quanto, seguendo le influenze
esercitata dalle dottrine politiche dell’700, si riteneva che i diritti fond. dell’individuo
fossero da considerarsi innati e naturali e quindi andavano soltanto accertati e “dichiarati”,
non attribuiti, dal testo cost.
(concezione dell’700 = concezione giusnaturalista).

Una delle caratteristiche peculiari di gran parte delle moderne cost. è la capacità di resistere ad
eventuali modifiche o abrogazioni da parte di leggi ordinarie (c.d. rigidità cost.).
In teoria la rigidità cost. si distingue in:

• Assoluta  quando le norme in essa contenute non possono essere in nessun caso
modificate.
• Attenuata  quando le modifiche alla cost. richiedono un procedimento speciale o
aggravato, rispetto a quello previsto per le leggi ordinarie.

La possibilità di intervenire su una cost. rigida, per modificarla e adeguarla ad esigenze


sopravvenute, prende il nome di revisione (o emendamento).
La prevalente dottrina ritiene che anche quando siano consentite revisioni della cost., resti esclusa la
c.d. revisione totale, dovendosi ad ogni costo assicurare l’immodificabilità di quella che è stata
definita “super costituzione”: ossia della forma di Stato affermatasi e degli istituti fond. disciplinati
dalla cost. stessa. Es.: art. 139 cost. italiana.

34
• / DIFESA DELLA COST. E IL CONTROLLO DI COST. DEGLI ATTI /
La cost. è l’atto fond. che decide l’assetto politico e istituzionale dello Stato  è essenziale,
dunque, che a tale atto siano fornite garanzie di sopravvivenza e stabilità.
Gli strumenti (c.d. garanzie cost.) attraverso cui un ord. statale garantisce la tutela degli istituti fond.
della propria carta cost. sono molteplici:

 Prima forma di protezione della cost. è rappresentata dal diritto di resistenza  attribuito
al popolo e consistente nella facoltà riconosciuta al popolo di non osservare quei precetti
che, pur promanando da poteri costituiti, siano incostituzionali (resistenza passiva); oppure
di reagire (es.: mediante scioperi, serrate e manifestazioni pubbliche) a comandi cost.
illegittimi (resistenza attiva).
Vi è differenza tra rivoluzione e resistenza:

 La rivoluzione si propone di instaurare, attraverso una radicale rottura con il


passato, un nuovo ord.
La riv. intende togliere legittimazione al potere costituito, sostituendo
l’ordine vigente con uno nuovo, ispirato a principi contrapposti.
 La resistenza viene invocata per restaurare l’ordine cost. calpestato dal
potere costituito.
La resistenza mira a ricostituire l’effettività dei principi caratterizzatnti l’ord.
dello Stato.

 Ulteriore strumento di difesa della cost. è: la previsione di organi di tutela nei confronti di
altri organi cost. o di loro atti.
Es.: il caso della cost. di Weimar che affidava la tutela globale sugli organi di indirizzo
politico al capo dello Stato, quale “custode” della cost. stessa.

 La previsione di strumenti tecnici. Es.: rigidità; procedimenti di revisione; controlli di


conformità.

 La comminatoria di sanzioni in caso di violazione della cost.

Violazioni della cost.  queste vengono definite come delitti politici, articolandosi in reati contro la
sicurezza interna e internazionale dello Stato: tutti hanno in comune la caratteristica di essere diretti
contro le istituzioni politiche statali.
La cognizione dei reati può essere affidata ai giudici penali ordinari o ai giudici cui è attribuita in
via speciale la competenza a conoscere dei reati contro la sicurezza dell’ord., da chiunque
commessi, o solo se commessi da titolari di organi cost., come nel caso di attentato alla cost. del
Capo dello Stato affidato alla competenza della Corte cost. della vigente cost. ita.

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CONTROLLO POLITICO

Quando il controllo circa la conformità di un atto alla cost. viene affidato ad uno o più organi cost.
che esercitano la funzione di indirizzo politico (Parlamento e Governi) si parla di controllo politico
di cost.  esso viene attivato su esclusiva richiesta di un organo cost. ed ha carattere preventivo
(cioè si esercita prima della entrata in vigore dell’atto).
Tale tipo di controllo ebbe origine nella Francia della rivoluzione francese, quando la diffusione
della dottrina della “sovranità parlamentare” riconosceva al solo Parlamento (escludendo ogni altro
organo) il potere di annullare una n.g..
Poi la cost. del 1852 affidò il controllo al Senato.
Poi ancora, con la cost. del 1958 si istituì il Consiglio cost..

Il limite del controllo politico  è dato dal fatto che il rispetto della cost. è affidato allo stesso
circuito degli organi di decisione politica per cui non è difficile che il giudizio che viene da loro
dato sia influenzabile.

CONTROLLO GIURISDIZIONALE

Il controllo si definisce giurisdizionale quando  viene affidato ad organi (giudici o tribunali


specializzati) autonomi e indipendenti rispetto agli organi di indirizzo politico, e si verifica
successivamente all’entrata in vigore dell’atto normativo.
L’accettazione della forma di controllo giurisd. non è stata facile perché i tribunali cost., formati
attraverso procedimenti non elettivi e irresponsabili verso il corpo elettorale, e privi quindi di
legittimazione popolare, sono stati visti come inconciliabili con la tradizionale concezione della
sovranità popolare.
Per ammetterli si è dovuto riconoscere non solo l’astratta superiorità della cost., ma la preminenza
sul ruolo dell’organo politico elettivo-rappresentativo di quello di un organo tecnico cui la cost.
affida il compito di verificare il rispetto del principio di cost. (o legalità cost.) da parte del primo.

1] Tipico del sistema americano:


Consente a qualsiasi giudice di sollevare la questione di legittimità cost.
Qualora il giudice consideri incost. la norma stessa, la può disapplicare ma non annullarla
(salvo la successiva conferma della Corte Suprema).
In tale tipo di controllo, poiché ciascun giudice è abilitato a sollevare e risolvere la questione
di legittimità cost. nell’esercizio della suo ordinaria attività giudicante, è insito il rischio che
giudici diversi emettano sentenze contrastanti.
Tuttavia, negli ord. anglosassoni (di Common law) i giudici inferiori sono vincolati alle
pronunce dei giudici superiori (c.d. stare decisis).

2] Introdotto dalla cost. austriaca del 1920; adottato dalla cost. italiana 1948:
È affidato ad un giudice unico e specializzato.
Può essere attivato sia per iniziativa del giudice, sia su eccezione di parte (in via
incidentale). (la questione deve essere rilevante e non manifestamente infondata).
La pronuncia di incost. ha efficacia generalizzata e produce così l’annullamento della norma
impugnata.

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