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L'inquadratura: l'immagine

IL PIANO SEQUENZA

Il piano sequenza è una lunga inquadratura, quindi senza stacchi, che riprende una
o più scene che normalmente sarebbero raccontate con più inquadrature. Si distingue
dal long take che invece è una inquadratura della durata inusuale, ma non l'unica
all'interno di una determinata scena.

La gran parte dei film riservano le prime scene alla descrizione di ambienti e
personaggi, così il pubblico può apprezzare e comprendere meglio gli avvenimenti
successivi. Dato che il piano sequenza fa coincidere tempo reale e tempo
cinematografico, può prestarsi bene a mettere in scena l’esistenza dei personaggi e
la loro quotidianità con un forte impatto realistico. Per questo alcuni film lo
utilizzano come "introduzione", in apertura.

Il film Una giornata particolare (Italia e Canada, 1977, r. di Ettore Scola, scen.
di Ettore Scola, Maurizio Costanzo e Ruggero Maccari) è ambientato nella Roma del
fascismo, il giorno della visita di Hitler in Italia nel maggio 1938. Siamo negli
anni del consenso al regime, che aveva imposto una ideologia fortemente maschilista
ed autoritaria che era penetrata anche nel vissuto quotidiano delle persone. La
protagonista è la casalinga Antonietta, che deve mandare avanti una famiglia
numerosa. Nel piano sequenza la camera entra nell’appartamento di Antonietta
mostrando i componenti della famiglia. Il punto di vista è sempre quello della
donna, così è facilitata da parte del pubblico l’identificazione con la sua fatica.
Il muoversi della camera negli spazi angusti della casa restituisce visivamente la
mole del lavoro e le responsabilità che gravano sulle sue spalle e la condizione
sociale della famiglia.

Il piano sequenza può essere usato per riprendere una trama in cui il tempo reale
coincide con il tempo cinematografico. In questo caso la drammaturgia deve contare
su svariati personaggi e su una certa complessità dei movimenti che permettano di
superare i “tempi morti” che inevitabilmente sono presenti nella vita reale, ma che
il cinema solitamente taglia. Altrimenti il pericolo che si corre è di realizzare
una sorta di teatro filmato.

In Rope (Nodo alla gola, USA, 1948, r. di Alfred Hitchcock scen. di Arthur
Laurents, dal dramma di Patrick Hamilton) due studenti uccidono per puro piacere
“estetico” un loro collega, ne nascondo il cadavere in un baule e poi invitano per
un party vari ospiti tra i quali il loro ex professore. Hitchcock intendeva
all’epoca girare il film con un unico piano sequenza, ma i mezzi tecnici non lo
permettevano: le bobine di pellicola non potevano contenere più di 10 minuti di
girato. Il film è dunque composto da undici piani-sequenza, e gli stacchi sono
camuffati in modo da dare un’impressione di continuità. Il film è girato in teatro
di posa, in un set che simula un appartamento e pareti mobili che si spostano al
passaggio della camera montata su crab dolly. L’ambiente ristretto fa sì che i
movimenti della camera, piuttosto limitati, assomiglino a quelli di un personaggio
invisibile che si muove nella stanza, dando comunque le spalle alla quarta parete.
L’esperimento è stato piuttosto originale all’epoca, ma di fatto il piano sequenza
non riesce a far dimenticare l’origine teatrale dell’opera, limitandosi a
permettere a un ipotetico spettatore in sala di venire a curiosare sul palcoscenico
mentre gli attori recitano.

Normalmente le sequenze d’azione sono girate con un altissimo numero di


inquadrature. La ragione è duplice: la realizzazione è più semplice, e l’alto ritmo
facilita il coinvolgimento nel pubblico, anche in assenza di una solida trama o di
un’attenta coreografia. Negli ultimi anni alcuni autori hanno però scoperto le
virtù del piano sequenza per riprendere l’azione. I risultati sono piuttosto
diversi da quelli usuali: l’uso del piano sequenza permette al pubblico di stare
dentro l’azione, in maniera più realistica e vera. Il “thrill” non scatta in
automatico e in forza di effetti visivi e sonori piuttosto facili come avviene con
le consuete procedure, ma grazie alla complessità dell’ambientazione e della
coreografia (gli spostamenti degli attori sulla scena). Mentre nelle scene d’azione
tradizionali il pubblico ha una percezione molto vaga dell’ambiente, poiché è
distratto dalle inquadrature numerose ed effettistiche, in quelle girate con piano
sequenza c’è una forte integrazione azione/personaggi/ambiente.

Nella quarta puntata (Who Goes There, r. di Cary Joji Fukunaga, scen. di Nic
Pizzolatto) della prima stagione della serie True Detective (USA, 2014, created by
Nic Pizzolatto) il detective Rust Cohle si è infiltrato in una banda di
motociclisti che hanno pianificato in maniera superficiale una rapina, fingendosi
poliziotti, ai danni di spacciatori di colore. A Cohle, in contatto telefonico col
suo partner Marty Hart, non interessa che il colpo riesca ma solo portar via il
capo della banda che può rivelargli una preziosa informazione. La scelta del piano
sequenza per descrivere gli eventi permette al regista di calare lo spettatore
nell’azione mantenendo inalterato il punto di vista e gli obiettivi del
personaggio. La complessità dei suoi movimenti, ripresi in tempo reale, permette al
pubblico una chiara visione del luogo in cui si svolge la fuga.

L’ambiente viene solitamente visualizzato con una serie di inquadrature di ampia


visuale. Ciò però non è sempre possibile: ad esempio se l’ambiente è stretto e
tortuoso, un campo lungo serve solo a mostrarne una minima parte. Il piano sequenza
invece, muovendosi nell’ambiente in tempo reale, richiama gli spostamenti fisici
che una persona compie solitamente per rendersi conto del luogo in cui si trova
quando uno sguardo d’insieme non lo permette.

Il film Touch of Evil (L’infernale Quinlan, USA, 1958, r. e scen. di Orson Welles)
si apre con un lungo e famoso piano sequenza. Tutta l’ambientazione è in teatro di
posa, le superfici lisce e improbabili del fondo stradale permettono alla camera
montata su gru di seguire i personaggi in maniera fluida. La sequenza racconta di
Mike Vargas, un poliziotto messicano impegnato nella lotta contro una famiglia
mafiosa, in luna di miele con la moglie Susie mentre assiste per caso alla morte di
un ricco signore. Il piano sequenza permette a Welles, con un’abile “danza”, di
mostrare un ambiente complesso, valorizzando il passaggio dagli USA al Messico, e
di intrecciare in maniera estremamente solida il destino delle due coppie, una
delle quali perirà saltando in aria, mentre l’altra sarà impegnata nella scoperta
degli autori di questo e altri crimini.

Il piano sequenza può offrire possibilità di sperimentazione a quegli autori che


vogliono trasmettere l’idea di una forte continuità logica tra eventi che sono
distanti sul piano temporale. Il passaggio di tempo è solitamente molto
sottolineato nei film con un chiaro stacco tra una scena e l’altra. Una volta la
distanza temporale era addirittura sottolineata con passaggi di transizione
particolarmente evidenti (lunghe dissolvenze incrociate, fogli di calendario che
volano…), ma anche oggi la si segnala chiaramente al pubblico, ad esempio
terminando un motivo musicale e iniziandone un altro, oppure aprendo o chiudendo
con inquadrature ampie, ecc. L’impegno è quello di non disorientare il pubblico e
far sì che esso sappia sempre molto bene dove si trova e quando. Per alcuni autori
però queste procedure possono essere penalizzanti perché compromettono l’esigenza
di mostrare come due eventi o due personaggi siano in realtà molto legati,
nonostante il tempo passato. Per raggiungere questo scopo si possono utilizzare
vari espedienti, tra cui raccordi di montaggio particolarmente significativi.
Oppure si può usare un piano sequenza: si passa da una scena ambientata in un’epoca
a un’altra che si svolge molto tempo dopo, o prima, senza stacco.

Il film Русский ковчег (Arca russa, Russia e Germania, 2002 r. e scen. di Aleksandr
Sokurov) è costituito unicamente da un solo ininterrotto piano sequenza. E’ stato
necessario l’utilizzo di una camera digitale speciale realizzata appositamente,
poiché all’epoca non era disponibile un modello in commercio. Dopo innumerevoli
prove sono stati realizzati quattro tentativi di ripresa. Per comprendere quanto è
più complicato un piano sequenza rispetto alle normali procedure (cioè la ripresa
di tante inquadrature frammentate e poi montate) basti pensare che al film hanno
collaborato più di 4500 persone, tra le quali 22 assistenti alla regia. Il film
narra le vicende della storia russa degli ultimi secoli, guidate dal voice over di
un personaggio che non si vede ma che si identifica col punto di vista della
camera. Costui interloquisce con un visitatore (un diplomatico francese
dell’Ottocento) che percorre tutte le stanze dell’Ermitage di San Pietroburgo, una
volta residenza imperiale e oggi museo. Attraversando le varie sale e i corridoi i
due visitatori si muovono anche attraverso le epoche della storia russa
incontrandone, quasi mai senza essere visti, i protagonisti. L’utilizzo così esteso
del piano sequenza trasmette la sensazione che la storia narrata, pur dipanandosi
nei secoli, costituisce un tutto fortemente unitario, con legami interni fortemente
necessari, il che naturalmente serve bene il messaggio politico che l’autore
intende trasmettere con la sua opera.

Non è l'unico film girato con un solo piano sequenza. Ci sono anche Timecode (r. di
Mike Figgis, USA, 2000, basato su 4 piani sequenza di 93 minuti che sono montati
contemporaneamente con la tecnica dello split screen), PVC-1 (r. di Spiros
Stathoulopoulos, Colombia, 2007, con un unico piano sequenza di 85 minuti) e La
casa muta (La casa muda, r. di Gustavo Hernández, Uruguay, 2010) è un film horror
girato come un’unica inquadratura anche se in realtà è suddiviso in più piani
sequenza.

Come qualsiasi inquadratura, il piano sequenza non può essere studiato e


interpretato “da solo”. Esso acquisisce il suo pieno significato solo in relazione
al contesto narrativo ed anche alle inquadrature che lo precedono e lo seguono. In
particolare è di particolare importanza l’inquadratura che “rompe” il piano
sequenza, quella situata subito dopo. E’ un momento in cui il realismo del piano
sequenza si spezza e si torna allo scarto tra tempo reale e tempo cinematografico.
Il passaggio è sempre delicato, ed è notato seppur subliminarmente dallo
spettatore. Per questo di solito la scelta dell’inquadratura di uscita non è mai
casuale.

Gravity (id., USA, UK, 2013, r. e scen. di Alfonso Cuaròn). Mentre parte
dell’equipaggio dello Space Shuttle Explorer sta effettuando una “passeggiata”
spaziale, un'onda di detriti che si muovono ad altissima velocità distrugge la
navicella. Muoiono tutti salvo due che cercano di raggiungere la Stazione Spaziale
Internazionale, ma solo la donna riesce nell’intento. Il piano sequenza della scena
iniziale dura 17 minuti. Sopra è riprodotto solo un suo segmento. In questo piano
sequenza convivono due dei diversi effetti che questa tipologia di inquadratura
provoca nello spettatore: comunicare la lenta quotidianità e immettere con realismo
nell'azione. Il passaggio dall'uno all'altro è dato dall'aumento del numero e della
complessità dei movimenti di camera e dei soggetti ripresi.

Esercitazione sul piano sequenza in una classe di terza superiore.


In questa playlist si trovano ulteriori esempi di piano sequenza, e in questa
playlist si trovano esempi di long take.

La comunicazione audiovisiva
La narrazione cinetelevisiva
L'inquadratura: il punto di ripresa
L'inquadratura: l'immagine
Le proprietà dell'inquadratura
Le relazioni prospettiche
La composizione
La resa luministica
La messinscena
Il montaggio
Il sonoro

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