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che cosa una sceneggiatura Una sceneggiatura una descrizione pi o meno precisa di eventi, personaggi, dialoghi collegati fra

ra loro in qualche maniera. La sceneggiatura il risultato di un processo di elaborazione del racconto cinematografico che passa attraverso diversi stadi, dallidea di partenza alla sceneggiatura propriamente detta. Il primo il soggetto, che la prima manifestazione concreta di unidea. E solitamente di poche righe e pu gi avere unesistenza legale. Nel caso degli adattamenti il soggetto pu essere molto pi lungo, anche un centinaio di pagine. Nel primo caso bisogner lavorare per ampliare, nel secondo per selezionare e abbreviare. Il secondo stadio il trattamento, in cui gli spunti narrativi vengono approfonditi, si delineano con maggior precisione lambientazione, le situazioni e altri aspetti funzionali alla realizzazione del film. Segue, in genere, la scaletta; qui il trattamento sezionato, scandito, suddiviso in scene che vengono numerate. La scaletta segna il passaggio dalla forma letteraria alla vera costruzione del film. Linterazione tra scaletta e trattamento danno vita alla sceneggiatura in cui ogni aspetto (scene, ambienti, personaggi, eventi, dialoghi) indicato con maggior cura. Un ulteriore fase di elaborazione il decoupage tecnico, vengono suddivise le scene in singole inquadrature o piani (a loro volta numerate) e se ne indica il contenuto, il p.d.v. della cinepresa, la presenza di eventuali movimenti di macchina ecc. Se al testo scritto si accompagnano delle immagini che prefigurano le inquadrature del film abbiamo un story board. Esiste anche la sceneggiatura desunta dalla copia definitiva del film, in questo caso la sceneggiatura uno strumento per lo studio del film e non pi per la sua realizzazione. Ovviamente il processo illustrato solo teorico e ogni sceneggiatore ha un suo modo di creare una sceneggiatura e di arrangiare il processo descritto. Alcuni sono a favore di una cosdetta sceneggiatura di ferro(Pudovkin) che non lascia spazio allimprovvisazione, altri ad una sceneggiatura dispositivo, aperta alla casualit delle riprese, alle idee che possono venire nel corso della lavorazione del film. La sceneggiatura in quanto oggetto effimero, destinato a diventare altro, struttura che vuol essere altra struttura (Carriere, Pasolini) non va valutato sulla base del suo presunto valore intrinseco ma in relazione al film da realizzare a partire da essa. Anche per questo una sceneggiatura non deve solo saper raccontare, ma saper raccontare in funzione delle immagini e dei suoni. (afferma Pirro di scrivere usando la penna e la cinepresa, per rendere la letterariet cinematografabile). -narrazione e rappresentazione In ogni narrazione possiamo identificare un narratore, ovvero unistanza astratta che ci d delle informazioni su dei personaggi, delle situazioni e delle azioni che si succedono in un certo ordine, attraverso luso di certe parole che delineano un determinato p.d.v. Se per raccontare la stessa vicenda si congeda il narratore e si da spazio allincontro dei personaggi nella scena, che la fanno rivivere per gli spettatori senza il filtro dellistanza narrante, allora siamo di fronte a una rappresentazione (o imitazione o mostrazione). Il cinema tra narrazione e rappresentazione sembrerebbe porsi sul piano della rappresentazione (come il teatro), in realt la cinepresa ha alle sue spalle unistanza narrante che ci mostra la realt rappresentata in modo da ottenere determinati fini espressivi. Non sono quindi solo gli attori a fare senso. Immagini e suoni possono essere manipolati allo stesso scopo. Attraverso una serie di dispositivi il film testimonia la presenza di unistanza che organizza e struttura in un certo modo la storia e i suoi materiali facendo s che alla semplice rappresentazione si sovrapponga la narrazione. Listanza narrante pu farsi pi concreta attraverso una voce narrante (narratore extradiegetico) che pu anche appartenere a uno dei personaggi della vicenda (narratore intradiegetico) -lo spazio del racconto Il racconto cinematografico, essendo fatto di immagini, trova nello spazio uno dei suoi elementi costitutivi insieme al tempo e alla causalit. Quando parliamo dello spazio del racconto cinematografico possiamo intenderlo sia come spazio della storia sia come spazio del racconto. Il primo lo spazio diegetico rappresentato da un film, i suoi luoghi e ambienti, il secondo quello spazio che viene a formarsi sullo schermo attraverso il mondo in cui il discorso articola lo spazio della storia. Un qualsiasi ambiente che decidiamo pu essere il nostro spazio della storia. Questo stesso ambiente nel momento in cui viene mostrato su uno schermo, viene mostrato in una certa maniera e non in unaltra e questa certa rappresentazione dello spazio della storia diviene spazio del racconto. Vi sono diversi tipi di rapporti spaziali che possono instaurarsi nel passaggio da uninquadratura allaltra, la relazione didentit (nella prima immagine vedo qualcosa che contenuto nella seconda o viceversa) e tre relazioni dalterit spaziale: relazione di contiguit, i due spazi mostrati sono adiacenti e legati da un rapporto di comunicazione visiva immediata. In questo caso gli spazi sono congiunti; relazione di prossimit (fra due spazi non adiacenti possibile una comunicazione visiva o sonora non amplificata) e relazione di distanza (fra due spazi privi di possibilit di comunicazione visiva o sonora diretta). In questo caso gli spazi sono disgiunti. Lo spettatore ha davanti agli occhi lo spazio del racconto attraverso il quale elabora lo spazio della storia (spazio diegetico). La rappresentazione di uno spazio tende sempre a dar vita a significati che nascono dalle pratiche inferenziali dello spettatore, le quali fanno principalmente riferimento non tanto a uno spazio reale ma a uno spazio immaginario costruito attraverso degli stereotipi. Lo spazio pu assumere funzioni narrative. Quando si rapporta a uno o pi personaggi di un racconto, pu delinearne i caratteri, oppure essere alla base di una matrice narrativa, attraverso relazioni di giunzione e disgiunzione (soggetto disgiunto dallo spazio e poi congiunto ad esso; soggetto congiunto e poi disgiunto; soggetto disgiunto poi congiunto e infine di nuovo disgiunto; soggetto congiunto poi disgiunto e infine di nuovo congiunto).

-il tempo del racconto Il tempo uno degli elementi essenziali di ogni narrativa, insieme a causalit e tempo. Come ovvio gli eventi di un racconto accadono attraverso certe articolazioni temporali. Il tempo del film il presente, cio il cinema ci mostra qualcosa mentre sta accadendo. Possiamo distinguere tempo della storia (tempo diegetico) e tempo del discorso (tempo del racconto o tempo filmico). Nel tempo diegetico ogni evento ha un posto nella cronologia della storia, una durata e un numero di volte che si verifica. Nel discorso listanza narrante pu non seguire la temporalit diegetica. Il tempo filmico pu distaccarsi dal tempo diegetico nellordine, la durata e la frequenza degli eventi. Ordine: si pu alterare ci che i formalisti russi hanno chiamato la fabula (ovvero lordine cronologico degli eventi) attraverso analessi, evocazione a posteriori di un evento passato, e prolessi, il racconto in anticipo di un evento futuro. Se legate alla presenza di immagini si pu parlare di flashback e flashforward. Le analessi possono essere esterne (lepisodio evocato inizia e finisce prima dellinizio del racconto), interne (lepisodio evocato inizia e finisce durante il tempo della storia), miste (lepisodio inizia prima dellinizio del racconto e finisce dopo esso. Analessi e prolessi rispondono a funzioni espressive diverse (generalmente: colmare i vuoti la prima, creare suspance e enigmi nello spettatore la seconda). Nel racconto filmico suono e immagine possono avere due temporalit diegetiche diverse. Durata: Esiste una durata della storia e una del racconto. Nel caso di un film la durata del racconto la durata del film. La durata della storia la possiamo intuire vedendo il film e supponendo una durata allinsieme degli eventi rappresentati. La maggior parte dei film narrativi selezionano e quindi hanno un tempo del racconto inferiore al tempo della storia (esempio eccezione: Mezzogiorno di fuoco, Fred Zinnerman, 52). Il rapporto fra le due durate pu modificarsi nel corso del film. Esistono cinque diversi rapporti temporali: Pausa (TR=n, TS=0; fermofotogramma, campo vuoto, rappresentazione di un paesaggio), estensione (TR>TS; slow motion, inserti extradiegetici, ripetizione di un evento che nella diegesi si verifica solo una volta, una forma particolare di ci loverlapping editing), scena (TR=TS), sommario (TR<TS; sequenze create attraverso ellissi pi (sequenza a episodi) o meno (sequenza ordinaria) marcate; ricorso a immagini stereotipate; a livello dellintero film si pu parlare di sommario), ellisse (TR=0, TS=n; il cinema larte dellellisse). Limpressione di durata dipende per anche dai contenuti di una scena, una sequenza o unimmagine. Frequenza: il rapporto che si stabilisce fra il numero di volte che un evento raccontato e il numero di volte che presumibilmente si verificato nella storia. Si pu raccontare una volta quanto avvenuto una volta, n volte quanto avvenuto n volte, n volte quanto avvenuto una volta sola, una volta quanto avvenuto n volte. Nei primi due casi si parla di racconto singolativo o della sua variante plurale, nel terzo di racconto ripetitivo e nel quarto di racconto iterativo. vedere e sapere Tra le strategie messe in atto dallistanza narrante per creare un racconto sono molto importanti focalizzazione e ocularizzazione. Con il primo termine si intendono il modo in cui sono regolati i rapporti di sapere fra istanza narrante, personaggio, spettatore (esempio Hitchcock); con il secondo termine si intende la relazione che si instaura tra ci che la macchina da presa (o listanza narrante) mostra e ci che si presume il personaggio veda. Focalizzazione: -racconto non focalizzato o a focalizzazione zero (focalizzazione spettatoriale; Hitchcock): narrazione onnisciente, il narratore dice di pi di quello che sanno i personaggi (narratore>personaggio); -racconto a focalizzazione interna: il narratore assume il punto di vista di un personaggio dicendo solo quello che il personaggio sa (narratore=personaggio); -racconto a focalizzazione esterna: il narratore dice meno di quanto il personaggio sa (narratore<personaggio). Ocularizzazione: -ocularizzazione zero: cio che si vede mostrato direttamente, senza la mediazione di un personaggio; si hanno poi i casi di ocularizzazione interna (comunemente detti soggettiva). -Ocularizzazione interna primaria: ci che si vede reca in s le tracce di qualcuno che guarda (deformazioni ottiche); -ocularizzazione interna secondaria: locularizzazione interna creata dal discorso filmico, viene mostrato prima il personaggio che guarda, poi loggetto guardato; Locularizzazione zero pu dar vita a unenunciazione mascherata, quando lo spettatore dimentica la presenza della macchina da presa, o a unenunciazione marcata, quando lautonomia dellistanza narrante nella scelta dellinquadratura pi evidente. Focalizzazione e ocularizzazione possono variare nellambito di uno stesso racconto, inoltre bisogna considerare che il narratore non si rapporta necessariamente a un personaggio ma pu rapportarsi a pi di uno. Dunque rispetto a un personaggio potremmo trovarci di fronte a una focalizzazione interna e rispetto a un altro a una focalizzazione esterna, per esempio. Le tre figure dellocularizzazione e quelle della focalizzazione non coincidono necessariamente.(esempio) linquadratura: profilmico e filmico. Un film costituito da immagini in movimento chiamate inquadrature. Linquadratura lunit base del discorso filmico e pu essere definita come una rappresentazione in continuit di un certo spazio per un certo tempo. Spazialmente linquadratura costituita dalla porzione di realt rappresentata da un certo punto di visto e delimitata da una cornice ideale costituita dai quattro bordi dellinquadratura stessa, temporalmente dalla durata compresa fra il suo inizio, che segue la fine dellinquadratura precedente, e la sua fine, che precede linizio dellinquadratura seguente. A

volte al termine inquadratura sostituito da piano, ma con la parola piano si dovrebbe intendere la porzione di spazio inquadrata. Carattere essenziale dellimmagine filmica la sua bidimensionalit, e leffetto tridimensionale che lo spettatore avverte ottenuto grazie a diverse tecniche (angolazione, movimento, profondit di campo, ecc.). Ogni inquadratura sempre il risultato di scelte relative a due livelli. Il primo quello del profilmico, ovvero di tutto ci che sta davanti alla macchina da presa, che li appositamente per essere filmato e fa concretamente parte della storia narrata (ambienti, personaggi, oggetti). E la messa in scena il lavoro dietro il profilmico, lorganizzazione di tutti i materiali di ogni inquadratura. La messa in scena coinvolge quei codici che il cinema condivide con il teatro: scenografia e personaggi, luci e colori. Il secondo livello che determina le caratteristiche di uninquadratura quello filmico, che concerne i modi in cui vengono rappresentati gli elementi profilmici. Sono i codici pi propriamente cinematografici come langolazione e la distanza, la dialettica di campo e fuori campo, quella dei piani oggettivi e piani soggettivi, luso o meno di movimenti di cinepresa ecc. Inquadrare non semplicemente riprodurre, ma scegliere, mettere in evidenza, creare un modo di vedere. -il profilmico e la messa in scena: l'ambiente e la figura Lo spazio ambientale di uninquadratura o dellintero film pu essere naturale, quando si usa uno spazio gi esistente, parzialmente modificato o interamente ricostruito. Nella seconda e terza possibilit si pu parlare di scenografia. La scenografia la modificazione o creazione di un ambiente in funzione della ripresa cinematografica. Lambiente spesso legato alle figure (umane) che vi fanno parte, attraverso un procedimento ereditato dalla letteratura per cui un ambiente pu essere in sintonia o in contrasto con un personaggio(es. luogo angoscioso correlata a personaggio spaventato ecc.). Lambiente quindi pu essere parte attiva partecipando al processo di costruzione di un senso. Si ricostruisce un ambiente perch non esiste pi (film storici) o non mai esistito (film fantascientifici, fantasy, ecc.), oppure perch costa di meno realizzare un film in studio, oppure per controllare al meglio la messa insegna e rendere lambiente pi significativo, pi cinematografabile del corrispondente reale. E possibile concepire un ambiente in tre modi: 1)realista: lambiente non ha altra implicazione che la sua stessa materialit, non significa che quello che . 2)impressionista: lambiente scelto, modificato o ricostruito a partire dalla dominante psicologica dellazione, il paesaggio di uno stato danimo. 3)espressionista: qui lambiente pu essere o meno funzionale alla dominante psicologica dellazione ma questo ambiente esplicitamente artificiale.(Lang) -il profilmico e la messa in scena: la luce e il colore Illuminare uno spazio o un personaggio non solamente permettere che sia realizzabile una sua chiara rappresentazione cinematografica, ma soprattutto organizzarlo, dargli una struttura e creare dei percorsi di lettura per lo spettatore. Attraverso luci e ombra, chiari e scuri, luso del colore lo spazio cinematografico diventa parte integrante e costitutiva della narrazione. Si pu distinguere la luce intradiegetica, fonti di luce che fanno parte della storia raccontata (lampade, candele, ecc.), e luce extradiegetica, fonti di luce prodotti da apparecchiature e che servono per la realizzazione del film e non esistono nella diegesi. A volte giustificare la luce extradiegetica il compito della luce diegetica. Le caratteristiche fondamentali della luce sono: qualit, direzione, sorgente e colore. Riguardo alla qualit si pu parlare di illuminazione contrastata (netti contrasti tra zone in luce e zone in ombra), diffusa (rappresentazione pi omogenea dello spazio, dinamica (fonti di luce in movimento alterano nel corso della ripresa i rapporti tra zone in ombra e zone in luce). Direzione: luce frontale, laterale, controluce, luce dal basso, luce dallalto. E importante capire per che lilluminazione di uno spazio profilmico non in genere assicurato da una sola sorgente di luce ma da almeno due: la key light e la fill light. La prima determina lilluminazione dominante e struttura le ombre principali, la seconda riempe limmagine eliminando imperfezioni create dalla key light. Esistono poi possibilit differenti, per esempio aggiungendo la back light, che evidenzia la figura principale. Ovviamente a seconda dei fini espressivi dellautore tutte queste caratteristiche possono variare, la luce pu agevolare lo spettatore nella comprensione di quello che accade sullo schermo oppure ostacolarlo, variare per accompagnare le variazioni della condizione del protagonista oppure rimanere a queste indifferente (come nel cinema moderno). Il colore: si pu parlare di colore anche a proposito del cinema in bianco e nero, che sfruttava a fini espressivi il gioco dei bianchi, dei neri e delle tonalit di grigio. Nei primi anni il colore vero e proprio non era molto realistico a causa del tipo di pellicola usata e questo ne mortificava in partenza un uso espressivo, come accadr in seguito. (Deserto Rosso di Antonioni, 1964 ) La presenza di un numero minore o superiore di colori diminuisce o aumenta il tempo di lettura, crea, proprio come la luce, contrasti o omologazioni che danno un senso alla realt rappresentata. Non bisogna cadere in errore e considerare il presunto significato semantico (cio simbolico) dei colori. La funzione significante del colore nel cinema viene costruita per ogni film: si tratta di costruire associazioni arbitrarie fra un colore e un determinato personaggio o motivo, in modo tale che le apparizioni successive di quel colore rinviino allelemento associato in precedenza. -il filmico: la scala dei piani e il volto umano Il cinema delle origini costruiva lo spazio filmico in modo simile a quanto viene fatto dal teatro. Cera ununica inquadratura (niente montaggio), cinepresa fissa (niente movimenti di macchina), i personaggi occupavano fra met e due terzi della verticale dellinquadratura, la cinepresa era quasi sempre in posizione frontale ad altezza di sguardo, i personaggi erano al centro dellimmagine. Il vero cinema nasce quando si inizia a variare distanza e angolo di ripresa nel corso di una stessa scena. Quando si parla di scala dei piani ci si riferisce alla possibilit di ogni inquadratura di

rappresentare un elemento filmico da una maggiore o minore distanza (in realt unimpressione di distanza: dipende sia dalla posizione della cinepresa sia dalla lunghezza focale dellobiettivo). La scala dei piani parte da inquadrature pi ampie e distanziate per arrivare a piani pi ristretti e ravvicinati (campo lunghissimo, lungo, medio, figura intera, piano americano, mezza figura, primo piano, primissimo piano, particolare, dettaglio, campo totale). Allinizio della storia del cinema il primi piani non erano considerati realistici, o comunque erano presi per anomali. Successivamente autori com Ejzenstejn e Griffith sottolineano limportanza limportanza di primo piano e dettaglio per indagare la realt emotiva dei personaggi. In questo senso si parlato del primo piano come immagine-affezione e lo si suddiviso in due categorie: il volto riflessivo che pensa a qualche cosa e si fissa su un oggetto; il volto intensivo che prova o risente qualcosa ed desiderio. -il filmico: angolazione, altezza, punto di vista della telecamera A partire da un ipotetico piano base dove la macchina da presa posta frontalmente rispetto allasse verticale e orizzontale del soggetto ripreso e si trova alla sua stessa altezza, possibile derivare una serie infinit di posizioni muovendosi lungo gli assi orizzontali, verticali e in profondit. Ogni variazione rispetto al piano base esplicita il lavoro (e lesistenza) dellistanza narrante. Esistono quindi piani dal basso, dallalto, da sinistra, da destra. Linclinazione pu essere obliqua e la base dellimmagine non essere parallela allorizzonte della realt inquadrata. In relazione a un personaggio pi essere pi in alto o pi in basso, alla sua destra o alla sua sinistra. Talvolta angoli di ripresa particolari danno vita a vere marche stilistiche (esempio: immagini decentrate in Antonioni). A seconda delle scelte di un autore il gioco delle angolazioni, dellaltezza e in generale della posizione della macchina da presa possono avere efficaci funzioni espressive. -il filmico: la cornice e i due spazi Linquadratura definibile in base a un doppio criterio spaziale: lo spazio in campo e quello fuori campo Prendendo una qualsiasi delle immagini che forma uninquadratura possiamo definire come campo quello che ci viene mostrato e come fuori campo ci che non ci viene formato ma che fa parte dellambiente di cui linquadratura non che un prelievo. Il fuori campo composto dagli elementi profilmici non inclusi nel campo ma che hanno una relazione spaziale precisa con esso. Campo e fuori campo sono spesso in un rapporto di reversibilit. Il fuori campo suddivisibile in diverse aree: una a destra dellinquadratura, una a sinistra, in alto, in basso, una oltre la scenografia e unultima dietro la macchina da presa. Esistono diversi modi per rendere consapevole lo spettatore del fuori campo: entrate e uscite di campo, lo sguardo del personaggio ( importante, crea una dialettica tra il poter vedere e sapere del personaggio e il non poter vedere e sapere dello spettatore), il suono off (cio un suono la cui fonte non in campo), luso di inquadrature che mostrano solo parte di un personaggio o di un oggetto. Il fuori campo va distinto in fuori campo attivo, quando quello che non vediamo e non sentiamo stimola la formazione di domande concrete su di esso, e fuori campo passivo, quando un ci che fuori campo non stimola particolare interesse. Oltre al fuori campo esterno esiste il fuori campo interno, quando ci che non viene mostrato in campo ma coperto da un elemento profilmico. Unulteriore importante distinzione quella tra fuori campo concreto, quando larea fuori campo stata vista in precedenza dallo spettatore, e fuori campo immaginario, che non stato possibile vedere e potrebbe non essere possibile vedere in seguito. Esiste anche un fuori campo della sequenza, da non confondere con quello dellinquadratura. -il filmico: soggettiva e sguardo Le inquadrature che rappresentano direttamente lo sguardo, il punto di vista di un personaggio si chiamano soggettive. La struttura base su cui si costituisce una soggettiva il seguente: 1)punto; 2)sguardo; 3)transizione; 4)posizione della macchina da presa da cui si guarda; 5)oggetto; 6) consapevolezza della presenza del personaggio. Non sempre per le soggettive partono da delle oggettive come sembrerebbe dallo schema. Esistono soggettive dette stilistiche che recano in s il marchio della soggettivit della visione. Altre espressioni legate alla soggettiva sono: semisoggettiva, pur rappresentando lo sguardo di un personaggio non ne rappresenta fino in fondo la posizione, e falsa soggettiva, inquadrature che simulano la soggettivit stilistica e che poi si rivelano essere oggettive (magari perch entra in campo il personaggio il cui sguardo si pensava coincidesse con linquadratura). Le soggettive svolgono un ruolo di primo piano nei processi di identificazione dello spettatore (ma il discorso in merito non si pu ridurre alle soggettive). E possibile in un ottica prettamente cinematografica distinguere fra identificazione primaria, quella dello spettatore con locchio della macchina da presa, e identificazione secondaria, quella dello spettatore con i personaggi. (esempio Psyco) -Movimenti di macchina I movimenti di macchina sono uno degli elementi peculiari del linguaggio cinematografico. Uninquadratura pu essere definita anche dal suo essere statica o dinamica, indipendentemente dal profilmico. (rapporti profilmico-filmico) Un inquadratura dinamica quando si articola in pi quadri mutando, nel corso della sua durata, i rapporti di distanza, altezza e regolazione della macchina da presa con i principali soggetti rappresentati. I movimenti di macchina sono ci che determina la dinamicit del filmico. Come surrogato del nostro sguardo e della nostra attenzione ci invitano a muoverci nello spazio. Sul piano tecnico possibile parlare di: panoramica (la cinepresa fissata su un cavalletto ruota sul proprio asse in senso orizzontale o verticale; quindi verso destra, sinistra, lalto, il basso, pi raramente oblique e 360); carrellata (la cinepresa sistemata su un carrello che corre su binari o su un veicolo a pneumatici, la camera car;

pu essere in avanti, in dietro, a destra, a sinistra, obliquo o circolare. La carrellata aerea una ripresa fatta con lausilio di un velivolo. Se rapportato a un movimento di un personaggio si parla di carrello laterale, quando segue parallelamente il personaggio e lo riprende di profilo, carrello a precedere, quando precede il personaggio e lo inquadra frontalmente, carrello a seguire quando lo segue e lo inquadra di spalle); travelling (movimenti di macchina pi complessi che uniscono a panoramiche e carrelli la possibilit di far scendere e salire la cinepresa attraverso gru e dolly (il dolly un veicolo a ruote su cui presente un braccio mobile a cui fissata la macchina da presa). Un altro macchinario per le riprese dinamiche la steadicam, unintelaiatura dotata di un sistema di ammortizzatori su cui fissata una telecamera e che indossata direttamente dalloperatore. Esiste anche il louma, una specie di gru in dove per loperatore non pi vicino alla macchina da presa ma segue da terra le riprese su un video); macchina a mano(la cinepresa e tenuta in mano o in spalla dalloperatore che si muove. Una carrellata che in realt non un movimento di macchina la carrellata ottica (attraverso la lunghezza focale dellobiettivo viene variata linquadratura). I movimenti di macchina possono essere subordinati, quando seguono la traiettoria di un personaggio o di un oggetto in movimento copiandone le caratteristiche cinetiche, o liberi, quando prescindono totalmente dai movimenti profilmici. Un esempio di movimento subordinato la correzione di campo, piccoli movimenti di macchina che servono per inquadrare al meglio un personaggio che si spostato leggermente (per esempio alzandosi in piedi). I movimenti di macchina possono avere una funzione estensiva (dal particolare al generale), selettiva (dal generale al particolare), connettiva (messa in relazione di uno o pi elementi profilmici).

-che cosa il montaggio Il montaggio , tecnicamente, loperazione che consiste nellunire la fine di uninquadratura con linizio della successiva. Leffetto montaggio quindi il passaggio da uninquadratura A a uninquadratura B. Il montaggio un mettere in relazione due o pi elementi fra loro, sia questo sul piano diegetico, sia su quello discorsivo, sia sul piano diegetico-discorsivo. I primi autori (griffith) a scoprire luso del montaggio si resero conto che la macchina da presa poteva avere una parte attiva nella narrazione, e il montaggio si pu dire che nasca quando si pensato di modificare la posizione della cinepresa nel corso di una stessa scena per ottenere determinati fini espressivi. La giustificazione in sede teorica del montaggio che esso riproduce i nostri processi di attenzione con cui la nostra mente si concentra su uno o su un altro aspetto della realt. Il passaggio da uninquadratura allaltro pu avvenire attraverso lo stacco, il passaggio diretto e immediato da un piano a quello successivo, la dissolvenza dapertura, limmagine appare progressivamente a partire dal nero, la dissolvenza in chiusura, limmagine scompare progressivamente sino a diventare nera, la dissolvenza incrociata, limmagine che scompare e quella che compare si sovrappongono per alcuni attimi sullo schermo. Ogni tipo di passaggio con il tempo a acquisito una suo funzione di punteggiatura (dissolvenze in chiusura rappresentano una pausa, ecc.) Tipi di passaggi caduti in disuso: iris, un foro circolare si apre o si chiude intorno a una parte dellimmagine, tendina, la nuova immagine si sostituisce alla prima facendola scorrere via. Un tipo di figura che si colloca sul piano della storia e non del discorso il piano dambientazione: inquadratura prettamente descrittiva che avvia una scena col compito di introdurne in caratteri ambientali, di consentire cio allo spettatore di conoscere o riconoscere il luogo in cui sta per svolgersi una sequenza. Esistono diverse forme e funzioni ideologiche del montaggio (narrativo, connotativo, formale, discontinuo, proibito). Le varie forme e funzioni ideologiche del montaggio non si escludono a vicenda (tranne per montaggio classico e discontinuo che sono antitetici). Il montaggio: spazio e tempo Il linguaggio cinematografico in grado di articolare spazio e tempo della diegesi in uno spazio e tempo del discorso filmico in grado di evidenziare i fatti essenziali allo sviluppo e alle finalit del racconto e dellopera. Per quanto riguarda lo spazio il montaggio ha la funzione di articolare lo spazio diegetico in diverse unit, privilegiando quelle che secondo la logica del film sono pi importanti. Sul piano temporale il montaggio seleziona i momenti della storia ritenuti pi importanti ed elimina gli altri attraverso delle ellissi. Si possono individuare due possibilit di dar vita alla rappresentazione filmica di uno spazio diegetico: 1)A un piano dinsieme dellambiente in questione seguono delle inquadrature che lo frammentano (tipico del cinema classico). 2)Lo spazio dinsieme costruito attraverso una serie di inquadrature parziali che ce ne mostrano sempre e solo una parte e mai la totalit. Il montaggio delle parti compone lintero. Il tempo: innanzitutto il montaggio lo strumento che decide la durata di ogni piano. Il criterio generale che un campo lungo ha bisogno di un tempo di lettura maggiore, dato che ha maggior informazioni, di un primo piano. Tuttavia questo pu variare in base alle necessit drammatiche. Il rapporto tra tempo e montaggio si estende allinsieme delle articolazioni di un film, perch il montaggio anche lo strumento che permette si determinare i rapporti tra storia e discorso di ordine, durata e frequenza. Il montaggio pu creare un intreccio diverso dalla fabula. Il montaggio pu rispettare lipotetica durata reale di un episodio narrativo (siamo di fronte a una scena) oppure non farlo (siamo di fronte a una sequenza). In questo caso il tempo del discorso pi breve del tempo della storia perch la sequenza contiene delle ellissi. Il montaggio ellittico cos un montaggio di contrazione temporale, che invita lo spettatore a costruire con la mente ci che non viene mostrato. Esistono diversi modi per indicare unellisse: la dissolvenza (in disuso), stacchi e espedienti di messa in scena, il campo vuoto, linserto (cut-away). Esistono poi le sequenze a episodi o di montaggio: successione di un certo numero di scene che sono separate nella maggior parte dei casi da effetti ottici e che si succedono in ordine cronologico. Ognuna di queste brevi scene parte di un insieme pi ampio che si svolge in una certa direzione narrativa. La contrazione temporale non lunica possibilit di manipolazione della durata di un evento. E possibile anche lestensione (slow motion, fermo fotogramma, overlapping editing) . Il montaggio pu mostrare gli eventi un numero di volte maggiore o uguale alle volte in cui un evento accade, ovvero lavorare sulla frequenza. Anche questa una forma di estensione. Il montaggio alternato unaltra figura importante per capire come il montaggio narrativizza lo spazio e il tempo. Alterna inquadrature di due o pi eventi che si svolgono in luoghi diversi ma, di solito, simultaneamente e che sono destinati a convergere in uno stesso spazio. E generalmente espressione di un narratore onniscente e i due episodi hanno un qualche legame diegetico. Ovviamente esistono eccezioni. Il montaggio pu anche costruire delle sequenze che fungano da descrizione. Il cinema rispetto ad altre forme artistiche descrive poco perch si basa su una relazione analogica tra limmagine e i suoi referenti. Per questo motivo dice che il cinema descrive raramente perch in realt descrive sempre. il montaggio narrativo Lobiettivo principale del montaggio classico era quello di quanto pi possibile mascherare agli occhi dello

spettatore, che non doveva accorgersi della sua presenza (montaggio invisibile). Nel dcoupage classico la suddivisione delle inquadrature ha il solo scopo di analizzare levento secondo la logica drammatica della scena. Un decoupage classico deve sempre rispettare la verosimiglianza dello spazio (la posizione di un personaggio sempre determinata anche quando un primo piano esclude lambiente) e le intenzioni e gli effetti del decoupage sono esclusivamente drammatici e psicologici. Tutto deve rispondere alle logiche della motivazione, della chiarezza e della drammatizzazione. Lo spettatore deve essere situato nel miglior punto possibile per capire quello che succede nel film. Il fine principe del montaggio classico la continuit, contrastare la forza potenzialmente disgregatrice del montaggio in s. Un ruolo essenziale in merito svolto dal raccordo: di sguardo (personaggio che guarda qualcosa, questo qualcosa), sul movimento (gesto iniziato nella prima inquadratura e finito nella seconda), sullasse (due momenti di unazione sono mostrati da due inquadrature sullo stesso asse, variando la distanza dal soggetto agente), sonoro (un qualsiasi suono si sovrappone a due inquadrature). Altro aspetto chiave del decoupage classico lo spazio a 180 (non possibile attraversare un certo limite spaziale, i 180 appunto, altrimenti si crea confusione nello spettatore), questo determina altri raccordi chiave: di posizione (due personaggi ripresi uno a destra e uno a sinistra mantengono le posizioni nellinquadratura successiva), di direzione (un personaggio che esce di campo a destra di uninquadratura dovr rientrare a sinistra nella successiva), di direzione di sguardi (due personaggi che dialogano, quando sono inquadrati singolarmente deve sembrare che guardino laltro personaggio). Il montaggio classico anche detto montaggio analitico perch guida la visione dello spettatore creando delle gerarchie tra gli elementi mostrati. il montaggio connotativo In questo tipo di montaggio il fine principale la costruzione del significato. (importanza di Ejzenstejn e delleffetto Kulesov: il montaggio delle attrazioni prevede il libero montaggio di azioni (che abbiano un effetto sensoriale e psicologico sullo spettatore) scelte arbitrariamente e autonome ma dotate di un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico finale). Alla base di ci c il conflitto, la collisione tra due inquadrature o allinterno di una stessa inquadratura (esempio di alcuni conflitti: delle direzioni grafiche, cio delle linee; dei volumi; delle masse, cio dei volumi sottoposti a diversa intensit luminosa; degli spazi, ecc.). E quindi evidente come per il regista russo il montaggio non riguardi solo il rapporto tra i piani, ma anche la composizione interna dellinquadratura, ed estenda tutto il concetto anche sul piano audio (il suono non semplicemente registrato secondo i rapporti esistenti in natura con le immagini, ma istituito dallautore secondo le sue necessit espressive). Ogni cosa non deve solo rappresentare il reale ma partecipare al processo che fornisce ad esso un senso. -il montaggio formale In questo tipo di montaggio si privilegia la funzione estetica su quella narrativa e semantica. La funzione estetica del montaggio tende a porre in primo piano degli effetti di tipo formale, attraverso laccostamento di immagini che instaurano fra loro un rapporto di volumi, superfici, linee, punti, al di l della concreta natura degli elementi rappresentati. Vi sono componenti ritmico-temporali e componenti grafico-spaziali. Tra questultime possibile individuare lanalogia e il contrasto. Queste qualit puramente grafiche possono essere ovviamente oggetto di interpretazioni semantiche, tuttavia pi le forme di montaggio grafico motivano lintera forma del film, pi queste prevarranno sulle esigenze narrative e il film acquisir un valore prettamente formale. Per poter parlare di ritmo necessario che le inquadrature siano brevi, altrimenti la regolarit o irregolarit della cadenza ritmica non pu essere percepita (saremmo di fronte a un ritmo disteso). Ci detto, le tre forme ritmiche dominanti sono: il ritmo regolare, fondato sulla successione di brevi inquadrature della stessa durata; il ritmo accelerato, dove i piani che si succedono sono via via luno pi breve dellaltro; il ritmo irregolare, in cui le inquadrature presentano durate molto diverse fra loro. Le qualit ritmiche di una successione di inquadrature dipende anche dalla natura stessa dei piani. -il montaggio discontinuo Nel montaggio discontinuo le regole del montaggio classico vengono volontariamente violate. Questo sottolinea la volont dellautore di ricordare allo spettatore che quella che sta vedendo non la realt, e non ha nulla a che fare con essa, oppure per generare confusione e quindi inquietudine. Esistono diversi modi per ottenere questo risultato: la violazione del sistema a 180, i due tipi di jump cut o falso raccordo (due inquadrature consecutive differenziate sul piano dellangolazione di meno di 30, in questo modo si ha la sensazione che limmagine salti, oppure inquadrature mostrano un personaggio in luoghi e tempi diversi, cio lo spettatore posto di fronte a un immotivato e improvviso passaggio da un luogo a un altro o da un tempo a un altro), il ricorso a inserti non diegetici, i flashback e i flashforward (violando lordine cronologico), la ripetizione nel discorso di un evento avvenuto solo una volta nella storia, la sovrapposizione temporale o overlapping editing (linquadratura non inizia dove finisce la precedente, ma un po prima). profondit di campo e piano sequenza Il critico e teorico del cinema Bazin diede vita a una concezione del montaggio che in effetti la sua negazione. Lidea di Bazin che il decoupage classico e il montaggio ejzenstejniano siano accomunati dallessere coercitivi nei confronti dello spettatore. Il primo evidenzia gli aspetti pi che ritiene pi importanti e li impone allo spettatore, il secondo costruisce il senso di ci che rappresenta. Lo spettatore deve solo registrare il messaggio. Secondo Bazin il cinema deve

avere come obiettivo la rappresentazione del reale, inoltre nella realt nessun evento ha un senso determinato a priori, e quindi questo deve essere riproposto dal cinema. Il montaggio secondo Bazin si oppone a tutto ci e quindi deve essere in qualche modo proibito e sostituito da altre due modalit espressive: la profondit di campo e il piano sequenza. In realt oggi possibile affermare che lidea di Bazin, rendere libero lo spettatore dai vincoli imposti da un testo filmico, non realizzabile. Anche senza il montaggio i movimenti di macchina, la posizione degli elementi profilmici, la loro illuminazione, il rapporto stabilito tra luno e laltro, ecc. ricreano i processi di selezione (e di imitazione dellattenzione) che erano prima affidati al montaggio. Dal p.d.v. tecnico, unimmagine in profondit di campo unimmagine in cui tutti gli elementi rappresentati, sia quelli in primo piano che quelli di sfondo, sono perfettamente a fuoco (con il montaggio era apparsa la sfocatura dellimmagine, come sua conseguenza logica). Il piano sequenza un piano che da solo svolge le funzioni di una sequenza o scena. Rappresenta un episodio narrativamente compiuto, cio dotato di una relativa autonomia dal contesto complessivo del film. Gli americani parlano di long take (lunga ripresa): possiamo intendere con tale espressione inquadrature che pur non esaurendo necessariamente un episodio narrativo con la loro durata evidenziano la voglia di evitare il montaggio. Sono quindi due tecniche leggermente diverse (piano sequenza e long take). Il piano sequenza pu essere anche breve, purch esaurisca lepisodio narrativo, il long take una ripresa molto lunga che pu anche non esaurire un episodio narrativo. Dato che teoricamente ogni spettatore crea liberamente il proprio decoupage allinterno dellinquadratura, cio rivolge la sua attenzione su un aspetto o su un altro del piano senza vincoli, si parla anche di montaggio interno. -le funzioni del suono La colonna sonora di un film formata dalle tre materie despressione su cui si articola il suono. Per capire il suono al cinema bisogna considerarlo in relazione al suo rapporto con limmagine. Le percezioni visive e sonore si influenzano a vicenda. Il suono quindi un valore aggiunto, un valore espressivo e informativo di cui un suono arricchisce la semplice immagine. Nel dcoupage classico il suono ha, generalmente, limportante funzione di unire ci che frammentato dal montaggio. Pu invece accadere che a un brusco cambiamento visivo corrisponda un brusco cambiamento audio, oppure, e accade soprattutto nel cinema davanguardia, che un esplicito gioco di conflitti sonori sottolinei il carattere di artificialit proprio di ogni costruzione filmica. Come per le immagini anche per i suoni esistono processi di selezione e combinazione (esiste cio un montaggio sonoro) E chiaro che non possibile riprodurre in un film linfinita gamma di suoni presente potenzialmente in ogni situazione. In questo senso il volume di ogni suono ha unimportanza particolare (missaggio) lo pone in un piano diverso da un altro (primo piano sonoro) anche se differenze di questo genere non sono semplici da analizzare. Montaggio visivo e sonoro danno in effetti vita a un unico montaggio audio-visivo. Il montaggio audiovideo non si d solo nella forma della successione ma anche in quella della simultaneit. -suono e spazio -suono e tempo -il punto d'ascolto -parole e voci -musiche -rumori

I SCENEGGIATURA E RACCONTO 1.1 Che cosa una sceneggiatura 1.2 Che cosa un racconto 1.3 Il racconto cinematografico 1.3.1 Narrazione e rappresentazione 1.3.2 Lo spazio del racconto 1.3.3 Il tempo del racconto 1.3.4 Sapere e vedere II LINQUADRATURA 2.1 Il profilmico 2.1.1 Lambiente e la figura 2.1.2 La luce e il colore 2.2 Il filmico 2.2.1 La scala dei piani e il volto umano 2.2.2 Angolazione e dintorni 2.2.3 La cornice e i suoi spazi 2.2.4 Soggettiva e sguardo 2.2.5 I movimenti di macchina III IL MONTAGGIO 3.1 Che cosa il montaggio 3.2 Spazio e tempo 3.3 Forme, funzioni e ideologie del montaggio 3.3.1 Il montaggio narrativo e il dcoupage classico 3.3.2 Il montaggio connotativo 3.3.3 Il montaggio formale 3.3.4 Il montaggio discontinuo 3.4 Il montaggio proibito: profondit di campo e piano sequenza IV IL SUONO, LIMMAGINE 4.1 Le funzioni del suono 4.1.1 Suono e spazio 4.1.2 Suono e tempo 4.2 Suono e racconto: il punto dascolto 4.3 Parole e voci 4.4 Musiche 4.5 Rumori V LANALISI DEL FILM 5.1 Le caratteristiche 5.2 Gli strumenti e i criteri 5.3 Tre esempi di analisi 5.3.1 Levidenza e il codice 5.3.2 Retorica del testo speculare Narrazione e significazione

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