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Figure

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Nota disambigua - Se stai cercando il plurale di "figura", vedi Figura.

Figure (titolo originale Figures) è un'opera in tre volumi di Gérard Genette, pubblicata tra il 1966 e
il 1972, considerata testo fondante della narratologia. Tratta lo studio delle strutture narrative.

Indice
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• 1 Voce
1.1 Tipo di narrazione
o
1.2 Persona
o
1.3 Livelli narrativi
o
1.4 Funzioni extranarrative
o
• 2 Modo
o 2.1 Prospettiva
o 2.2 Distanza
• 3 Tempo
o 3.1 Ordine
o 3.2 Durata

o 3.3 Frequenza

Voce [modifica]
Quattro sono le figure della voce narrante definite e descritte da Genette: il tipo di narrazione, la
persona, I livelli narrativi e le funzioni extranarrative del narratore.

Tipo di narrazione [modifica]

Il rapporto tra tempo della storia (il momento in cui si suppone che avvengano I fatti) e tempo della
narrazione (il momento in cui vengono raccontati) può essere di quattro tipi. La narrazione può
infatti essere:

1. ulteriore, quando narra qualcosa che è già successo; in questo caso il tempo della narrazione
è posteriore al tempo della storia;
2. anteriore, come nel caso di profezie o predizioni; il tempo della narrazione è anteriore a
quello della storia;
3. simultanea, come in una radiocronaca; il tempo della narrazione è simultaneo al tempo della
storia;
4. intercalata, come nel caso di un diario; il tempo della narrazione è intercalato a quello della
storia.
Persona [modifica]

Quanto alla persona del narratore secondo Genette l'unica distinzione essenziale è che il narratore
prenda parte o no come personaggio ai fatti narrati. Di conseguenza il narratore può essere
eterodiegetico o omodiegetico. Il narratore eterodiegetico (quello tradizionalmente definito
narratore in terza persona) è esterno alla storia narrata. Il narratore omodiegetico (quello
tradizionalmente detto narratore in prima persona) è invece parte della storia, testimone degli
avvenimenti. Nel caso in cui sia protagonista è detto autodiegetico.

Livelli narrativi [modifica]

Il personaggio di una storia può diventare narratore raccontando un'altra storia, all'interno di questa
un altro personaggio ne può narrare a sua volta un'altra. Alla storia di primo livello, o racconto
primo, si aggiunge così una storia di secondo livello e poi una di terzo. Il concatenamento tra la
storia di primo livello e la storia di secondo livello è detto metadiegesi, tra il secondo e il terzo
metametadiegesi, e così via. Il rapporto tra I vari livelli può essere esplicativo, una spiegazione di
un qualsiasi incidente del racconto primo, o tematico, il racconto di secondo livello suggerisce
un'analogia o un'opposizione con quello primo. Altrimenti può trattarsi di una narrazione distrattiva
o ostruttiva, volta a distrarre un personaggio o ad ostacolarlo. A volte il narratore del racconto di
primo livello non cede la parola al personaggio, ma ne presenta quel che deve intendersi come
racconto di quest’ultimo con parole proprie: in questo caso si parla di metadiegesi ridotta o
pseudodiegesi.

Funzioni extranarrative [modifica]

Si intendono per funzioni extranarrative quelle esercitate dal narratore in tutti quei segmenti del
testo nei quali la storia resta ferma al punto in cui è arrivata. Esse sono quattro: la funzione di regia,
la funzione comunicativa (conativa o fatica), la funzione testimoniale e la funzione ideologica o
interpretativa.

Si parla di funzione di regia per quei segmenti di testo in cui il narratore spiega come sta
organizzando il racconto, è un metadiscorso.

La funzione comunicativa ha il fine di attirare l'attenzione del lettore. Può essere conativa, nel caso
in cui il lettore venga spinto a fare qualcosa, o fatica, quando non si introducono concetti nuovi ma
si verifica il contatto con parole riempitive.

La funzione testimoniale è quella usata dal narratore quando vuole che la sua posizione riguardo a
ciò che sta accadendo sia chiara. Egli descrive il suo stato d'animo di fronte all'accaduto. Inoltre
vuole che le sue informazioni possano essere considerate attendibili, e quindi ne riporta la fonte
perché quello che sta dicendo possa godere di maggiore credibilità.

A queste tre funzioni il narratore può ricorrere oppure no, ma la quarta funzione compare
inevitabilmente in qualsiasi testo. La funzione ideologica o interpretativa è il modo con cui il
narratore orienta l'atteggiamento che vuole il lettore abbia riguardo alla storia narrata. È un giudizio
che il lettore è invitato a condividere e può presentarsi sotto forma di commento esplicito ai fatti
narrati oppure, e forse più spesso, attraverso la disseminazione di segni coerenti nell’intero testo.

Modo [modifica]
Il modo riguarda i gradi dell'informazione narrativa. Si può vedere qualcosa da una diversa
prospettiva (punto di vista) e da una maggiore o minore distanza. La distanza è necessariamente
presente nel rapporto con un oggetto, la prospettiva invece è facoltativa. Per prospettiva Genette
intende un punto di vista restrittivo, ovvero focalizzato su un certo personaggio.

Prospettiva [modifica]

Per prospettiva Genette intende un punto di vista restrittivo, ovvero focalizzato su un certo
personaggio. La focalizzazione è di grado zero, cioè a dire non sussiste, quando il narratore
(eterodiegetico), “onnisciente”, non si pone alcuna limitazione durante la narrazione. Sa più di
qualsiasi personaggio, ne conosce anche i più reconditi pensieri. È interna quando presenta il
racconto dalla prospettiva di un dato personaggio, cioè a dire il narratore restringe la messa a fuoco
identificandola con le capacità di percezione del personaggio. Il narratore si autolimita raccontando
solo ciò che il personaggio sta percependo. Tale tipo di focalizzazione può essere fissa,
mantenendosi sempre sullo stesso personaggio, variabile, ovvero è attivata solo in alcune parti del
racconto, o multipla, nel caso in cui si vogliano dare versioni divergenti dell'accaduto secondo la
prospettiva di vari personaggi. Se il narratore è autodiegetico la focalizzazione è di necessità
interna.

La focalizzazione esterna prevede che il narratore si confini in una posizione spettatoriale, narrando
solo quello che cade sotto I suoi sensi. In questo caso il narratore sa meno di quanto non sappiano i
personaggi.

Distanza [modifica]

Si possono raccontare eventi o parole (pronunciate o pensate). Il racconto di eventi non può
raggiungere la mimesi perfetta, le azioni non saranno mai esattamente come quelle che sono o si
immaginano avvenute nella realtà. La mimesi perfetta di un evento è possibile a teatro e non è
concessa alla letteratura. A seconda di come impiega i cosiddetti “connotatori di mimesi” per creare
l’“effetto di realtà”, lo scrittore può raggiungere un più o meno alto grado di illusione di mimesi.

Il racconto di parole si esplica nel discorso riferito, trasposto e narrativizzato. Quello riferito
rappresenta la mimesi perfetta, poiché il narratore cede la parola al personaggio, lo cita verbatim. In
quello trasposto, che sia in stile indiretto subordinato o indiretto libero, non è sicuro se le parole
siano del narratore o quelle realmente pronunciate dal personaggio. La distanza aumenta. Il discorso
narrativizzato riduce il discorso di parole allo stesso di livello di qualsiasi altra azione descritta. La
distanza aumenta ancora.

Tempo [modifica]
Il tempo riguarda la relazione temporale tra storia e racconto: sono da considerare l'ordine, la durata
e la frequenza.

Ordine [modifica]

Gli eventi reali della storia si susseguono in ordine cronologico, ma la loro disposizione nel
racconto può avere un ordine diverso. Possono esserci anacronie, ovvero dislocazioni rispetto
all'ordine cronologico. Si tratta di analessi o prolessi, l'analessi è l'evocazione di un fatto anteriore al
momento della storia in cui ci si trova. La prolessi è invece l'anticipazione di un fatto futuro.
Le analessi sono più frequenti.

Ogni anacronia ha una sua portata e una sua ampiezza. La portata aumenta quanto più l'evento
narrato anacronicamente è lontano dal punto in cui esso s’innesta al racconto primo. L’ampiezza
riguarda la durata di storia che copre.

Un’anacronia può essere esterna, interna o mista a seconda che la sua portata si situi al di fuori del
racconto primo, all'interno di esso, o la sua portata si collochi prima del racconto primo e la sua
ampiezza oltrepassi il momento dell'inizio del racconto primo.

Un'anacronia ha due funzioni, completiva e ripetitiva. L'analessi completiva ha valore esplicativo.


L'analessi ripetitiva viene utilizzata per presentare un confronto fra due situazioni analoghe o per
riportare all'attenzione del lettore un'informazione che era già stata data ma che ora assume un
significato diverso alla luce di nuovi avvenimenti. La prolessi completiva è un'anticipazione, un
preannuncio che crea aspettativa nel lettore. La prolessi ripetitiva è un'esca, seguirà un segmento
che riproporrà lo stesso argomento, così sarà chiaro al lettore perché quella data informazione era
stata fornita precedentemente.

Durata [modifica]

La durata della storia è la sua estensione temporale, la si può dedurre da date o riferimenti storici.
Marchese definisce la durata del racconto come il rapporto ipotetico fra la lunghezza della
comunicazione testuale e la lunghezza “reale” della storia. La isocronia tra le due potrebbe essere
ottenibile solo sfruttando una forma dialogata. Il racconto ha una sua velocità, data dal rapporto tra
la durata della storia e la lunghezza del testo. Il ritmo del testo è dato dall'insieme delle variazioni di
velocità.

I movimenti narrativi sono, convenzionalmente, quattro e rappresentano i possibili rapporti tra


tempo della storia e tempo del racconto:

1. la pausa è il momento in cui l'azione non procede. Il tempo del racconto è infinitamente
maggiore del tempo della storia;
2. la scena è l'isocronia tra il tempo del racconto e il tempo della storia. Ciò che viene
raccontato ha un'estensione temporale che è presumibilmente la stessa dell’evento narrato:
prevalentemente, ma non esclusivamente, la scena si identifica con il dialogo o la
conversazione tra personaggi.
3. il sommario è un racconto compendioso degli eventi. Il tempo del racconto è minore del
tempo della storia;
4. l'ellissi è l'eliminazione degli eventi intermedi tra un'azione e l'altra. Il tempo del racconto è
infinitamente minore del tempo della storia.

Frequenza [modifica]

La frequenza è il rapporto tra il numero di volte in cui un evento accade e il numero di volte in cui
questo stesso evento viene raccontato, ovvero tra il racconto singolativo e il racconto iterativo. Il
racconto singolativo riguarda un'azione ben precisa accaduta in una determinata occasione, il
racconto iterativo invece riguarda un'azione abituale, magari tipica del personaggio o quotidiana.
Per questo generalmente il racconto singolativo tende ad essere una scena, mentre l'iterativo un
sommario.

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