Anno accademico 2009-2010 Lezione 1 10 febbraio 2010
IL METODO NARRATIVO don Matteo Crimella
1. Un po di storia Lanalisi narrativa nata negli anni 60 del secolo scorso nellambito della critica letteraria profana. Solo alla fine del decennio iniziata lapplicazione alla Bibbia. Il primo articolo stato scritto in ebraico da Meir Sternberg nel 1968 (sulla rivista Hasifrut 1 [1968] 262-291) e fu tradotto dallo stesso in inglese allinterno del suo pi ampio studio del 1985 (The Poetics of Biblical Narrative). Nel 1981 Robert Alter pubblicava il suo importante contributo The Art of Biblical Narrative, considerato il manifesto della narratologia biblica. Da studioso di letteratura inglese e francese, Alter poneva domande nuove ai testi dellAntico Testamento: come il narratore compone le scene? Qual la funzione del dialogo nel racconto? A che cosa servono le ripetizioni? Che cosa comunica e che cosa nasconde il narratore al lettore? Qualche anno pi tardi il biblista Rhoads invitava Michie (professore di letteratura americana) a leggere il Vangelo di Marco con la stessa metodologia che egli applicava ai romanzi. Il risultato un commento al pi antico Vangelo davvero originale. Rhoads ha pure coniato lappellativo Narrative Criticism che entrato di fatto nella terminologia esegetica per definire la scienza della narratologia. Gli autori citati e molti altri al loro seguito si rifanno agli studi teorici di Seymour Chatman (1978), Wayne Booth (1961), Paul Ricoeur (1983-1985), Grard Genette (1972), Boris Uspensky (1973), Wolfgag Iser (1972). Tre sono i Paesi che hanno dato un significativo contributo a questa metodologia: Israele (la c.d. scuola di Tel Aviv certamente benemerita), la Francia (o meglio il mondo francofono) e gli Stati Uniti. Non bisogna poi dimentica la lezione russa (gi negli anni 20), fondamentale per porre le basi teoretiche allo sviluppo della narratologia. Inutile nascondere che la narratologia un vero e proprio work in progress. Moltissimi sono i contributi critici che approfondiscono luno o laltro aspetto, offrendo importanti elementi anche al biblista. A proposito dellapplicazione alla Bibbia esistono oggi buoni manuali sintetici. Ne segnaliamo quattro, accessibili ed utili. Ma proprio perch la discussione largamente aperta questi manuali offrono alcuni elementi, sempre disponibili allintegrazione. In ordine storico citiamo il testo di Powell (What Is Narrative Criticism?, 1990) e quello di Ska (Our Fathers Have Told Us. Introduction to the Analysis of Hebrew Narratives, 1990), quello di Marguerat Bourquin (Pour lire les rcits bibliques. Initiation lanalyse narrative, 1998; 2009 4 ), infine quello di Resseguie (Narrative Criticism of the New Testament. An Introduction, 2005). 2
2. Tre metodi Qual il nocciolo duro dellanalisi narrativa? Per ben caratterizzarla necessario prendere brevemente in considerazione tre modelli: lanalisi storico- critica, lanalisi strutturale o semiotica e lanalisi narrativa. Lanalisi storico-critica si occupa dellavvenimento storico riportato dal testo e delle condizioni nelle quali il testo stato scritto. Con una parola possiamo dire che il suo interesse dietro il testo. Indagando un testo per mezzo dei criteri di storicit cerca di scoprire che cosa davvero accaduto, come una tradizione pervenuto allevangelista, in che modo lha elaborata e cos via. Lintento quello di ricostruire la realt alla quale rimanda il racconto e insieme lintenzione dellautore che lha redatto. Lanalisi semiotica invece si interessa del funzionamento del testo, secondo il c.d. postulato di immanenza: nulla fuori dal testo, nulla se non il testo e tutto il testo. Nessuna informazione pu essere ricavata al di fuori dal testo ma si tratta di interrogarsi a proposito delle operazioni di un testo: chi il mandante, qual il soggetto operatore, chi manipola chi, etc. Celebre il c.d. quadrato semiotico per mezzo del quale si evidenziano alcune opposizioni fondamentali. Lanalisi narrativa si pone sullasse della comunicazione. La domanda : come il narratore comunica il proprio messaggio al lettore? Per mezzo di quale strategia lautore organizza il deciframento del senso da parte del suo lettore? In altre parole: la prima analisi concentrata sullautore, su quali tradizioni abbia raccolto e come le abbia trasmesse e interpretate; la seconda metodologia si interessa al testo e ai suoi meccanismi; lanalisi narrativa polarizzata sul lettore e il modo in cui il testo lo fa cooperare alla decifrazione del senso.
3. Storia raccontata e costruzione del racconto Introduciamo unaltra distinzione. Riprendendo e sviluppando unintuizione di Rabinowitz, si distinguono due differenti aspetti del lettore implicito: ludienza autoriale e ludienza narrativa. Ludienza autoriale ludienza (cio il lettore) per cui il narratore progetta lopera. Da una parte lautore presuppone una serie di credenze, conoscenze e familiarit con convenzioni letterarie, dallaltra introduce una serie di commenti che suppliscono alcune carenze del lettore. Le spiegazioni delle regole giudaiche a proposito della tavola (Mc 7,3-4), piuttosto che la traduzione in greco dei termini aramaici assolvono a questo preciso compito. Tale udienza limmagine che lautore si fa del suo lettore, delle sue competenze e dei suoi limiti, mettendo in campo una serie di strumenti per supplire alle sue mancanze. Ludienza narrativa, invece, rappresenta leffetto che il narratore vuole avere sul lettore, il lettore che il narratore ambisce a costruire. Il compito dellanalisi narrativa soprattutto lo studio delle strategie messe in campo dal narratore per persuadere il lettore, coinvolgerlo e renderlo 3
progressivamente competente, ovverosia capace di fare sua la prospettiva teologica presentata dal narratore. Detto questo necessario stabilire che cosa sia un racconto. Senza una simile definizione non potremmo infatti compiere nessuna analisi. Un primo requisito sono i fatti, cio degli accadimenti con un soggetto. Ma da soli i fatti non bastano perch vi sia un racconto. Se io dico che un uomo venuto a Gerusalemme non siamo ancora in presenza di un racconto. Ma se dico: un uomo venuto a Gerusalemme per compiere un pellegrinaggio allora abbiamo un racconto. cio necessario che fra due fatti vi sia una relazione di causalit, un nesso di consequenzialit. Ma v un terzo elemento: il tempo. Tutto ci che si racconta accade nel tempo, prende tempo, si svolge nel tempo. E ci che si svolge nel tempo pu essere raccontato nel tempo. Se la differenza fra descrizione e racconto la causalit, la differenza fra racconto e discorso la temporalit. Possiamo infine aggiungere la presenza di un personaggio mosso da unintenzionalit e che muove verso uno scopo ben preciso. Precisiamo allora qual la distinzione fondamentale su cui si fonda lanalisi narrativa. Essa nata dalla differenza fra la cosa del racconto, cio la storia raccontata (histoire raconte) e il modo di raccontare la storia o costruzione del racconto (mise en rcit). Da una parte v dunque il contenuto informativo (la storia raccontata) e dallaltra il racconto preciso, cio la forma particolare che le data dallatto del raccontare, ovverosia dalla narrazione (costruzione del racconto). Lanalisi narrativa si interessa a come una storia raccontata, a quali mezzi sono utilizzati per toccare il destinatario e cos guidarlo nella comprensione di quanto narrato. A questo proposito sono necessarie alcune note esplicative. La prima riguarda proprio la storia raccontata. Tale nozione si colloca solo a livello letterario e non a livello storico. Utilizzando la terminologia inglese, possiamo distinguere la story e la history. La storia raccontata che noi possiamo ricostruire non va confusa coi fatti bruti, cio con gli avvenimenti come sono accaduti. La ricostruzione storica esula totalmente dallanalisi narrativa e necessita di altri strumenti e di differenti categorie. Una seconda nota. Per esprimere questa fondamentale differenza fra storia raccontata e costruzione del racconto le diverse scuole hanno utilizzato differenti nomenclature che vale la pena raccordare. I formalisti russi usano fabula e intreccio, Genette histoire (o digse) e rcit, Chatman fra story e discourse, Marchese storia e racconto, Marguerat histoire raconte e mise en rcit. Formalisti russi Fabula Intreccio Genette Histoire (o digse) Rcit Chatman Story Discourse Marchese Storia Racconto Marguerat Histoire raconte Mise en rcit Torniamo brevemente su questa differenza. Intreccio (o intrigo) la storia secondo il filo della narrazione, cos come viene snodandosi nella sua successione di eventi dallinizio alla fine di un testo. Fabula invece la 4
medesima storia, ripercorsa per non secondo lordine testuale della narrazione bens secondo il suo riordinamento logico-cronologico. Spesso lintreccio non rispetta per nulla la successione logico-cronologica degli avvenimenti; ne verrebbe una narrazione piatta, pesante e per nulla coinvolgente. La ricostruzione della fabula compito del lettore che rielabora mentalmente lintreccio ricostruendo lo schema logico-cronologico. Unultima nota. Lanalisi narrativa unanalisi tipicamente sincronica. Punto di partenza il testo cos com. E tuttavia il biblista sa bene che il suo lavoro deve passare per le forche caudine dellindagine filologica, della conoscenza storica, della cultura, delle istituzioni dIsraele o delle prime comunit cristiane. Molti di questi risultati provengono dallindagine storico- critica (presa nel suo senso generale di ricerca filologica, storica, etc.); tali acquisizioni restano essenziali per la ricerca, pena il fondamentalismo che impone pregiudizi acritici al testo. bene ricordare quanto scriveva Gisel: Se a equivale allenunciato storico o biblico; x equivale allenunciato che noi dobbiamo oggi istituire; b equivale alla situazione socio-culturale in cui il testo biblico inserito; y equivale alla situazione storico-culturale nella quale noi dobbiamo ridire il senso del vangelo; il compito ermeneutico si dispiega, formalmente, cos: a : b = x : y. Sottolineo che sono le relazioni fra a e b e fra x e y che debbono essere messe in corrispondenza e in parallelismo e che solo la comparazione di questi rapporti permetter di decidere se i discorsi proposti oggi sono fedeli o no allevangelo 1 .
1 P. GISEL, Vrit et histoire. La thologie dans la modernit: Ernst Ksemann (Thologie historique 41), Beauchesne Labor et Fides, Paris Genve 1977, 273-274.