Sei sulla pagina 1di 33

&QJTUPMBSJPQBPMJOP

-FUUFSFBJ(BMBUJFBJ3PNBOJ
Seminario per gli studiosi
di Sacra Scrittura
Roma 2- gennaio 201
Questo  lavoro  è  stato  realizzato  con  l’aiuto  del  Centro  Spagnolo  di  Studi  
Ecclesiastici  annesso  alla  Chiesa  di  Santa  Maria  in  Monserrato  degli  Spagnoli  
in  Roma  nell’ambito  del  progetto  di  ricerca  relativo  al  corso  2016-­2017
Sintassi della salvezza in Rm 5,1-11
Álvaro Pereira Delgado
Università di Siviglia

to. de. o]n le,getai me.n pollakw/j


ARISTOTELE, Metafisica, 4.2 (1003a33)

Alla luce di Rm 5,1-11 e parafrasando Aristotele, potremmo dire che la sal-


vezza “si dice in molti modi”. Dopo l’ampia argomentazione di Rm 1,18–4,25,
Paolo riavvia la lettera con questo brano, utilizzando diverse metafore che evi-
denziano la potenza del Vangelo “per la salvezza di chiunque crede” (1,16). In
questo studio abbiamo l’intenzione di analizzare le metafore salvifiche che ap-
paiono in Rm 5,1-11 e le loro interrelazioni. Dopo aver inquadrato brevemente
la funzione retorica del passo nella lettera, stabiliremo alcuni presupposti meto-
dologici della nostra analisi delle metafore. Si procederà quindi a studiare cia-
scuna di esse, per mostrare infine come si relazionano nel testo. In tal modo
proporremo una sintassi della salvezza a partire da Rm 5,1-11.

1. Funzione retorica di Romani 5,1-11


Gli studiosi discutono la funzione retorica di Rm 5,1-11 nell’insieme del-
la lettera. Per alcuni, la pericope funziona come conclusione dell’argomen-
tazione precedente1. Così Penna interpreta il brano come peroratio o, me-
glio, hatimah, chiusura delle omelie sinagogali. Egli offre una ragione reto-
rica per giustificare la funzione di chiusura del passo2: Rm 5 svilupperebbe
il fondamento cristologico della dottrina della giustificazione per fede (3,21-
26), illustrata dal modello di Abramo (4,1-25). Ma, per molti altri, Rm 5,1-
———————
1Così U. WILKENS, La carta a los romanos. I: Rom 1–5 (BEB 61; Salamanca
2
1997) 225-226.35-351; J. D. G. DUNN, Romans 1–8 (WBC 38a; Dallas, TX 1988) I,
242-243; R. PENNA, Lettera ai Romani (SOrC 6; Bologna 2004, 2007) I, 72-76; etc.
Altri identificano una cesura fra Rm 5,11 e Rm 5,12, riallacciando Rm 5,1-11 col te-
sto precedente, e Rm 5,12-21 con quello successivo; ma questa proposta non prende
sufficientemente in considerazione il dia. tou/to di Rm 5,12.
2 Cfr. PENNA, Romani, I, 415-417.

281
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

11 introduce l’argomentazione successiva che culmina in Rm 8,31-39, testo


in cui numerosi motivi di 5,1-11 sono ricapitolati3.
Nonostante le differenze di accenti, quasi tutti gli studiosi notano il ruolo di
transizione di Rm 5,1-114. uesta la scelta pi sicura. La lettera ai Romani, a
differenza di 1 Corinzi ad esempio, procede da un passaggio all’altro senza grandi
incrinature fino a Rm 8,39. Si consiglia pertanto di trovare l’articolazione dei bra-
ni pi che rimarcare i loro limiti e separarli in sezioni indipendenti. Notiamo, in-
fatti, che Rm 5,1-11 riassume ed amplifica ci che stato detto in 3,21-26, ag-
giungendo nuove nozioni salvifiche (pace, riconciliazione, ecc.); e presenta, a sua
volta, dei motivi che saranno ripresi e rielaborati in 8,1-39. Un filo di continuità
collega i passi di 3,21-26, 5,1-11 e 8,18-30.31-39. uesta connessione risiede
principalmente nell’intreccio delle varie metafore salvifiche usate da Paolo5.
L’argomentazione di Romani si svolge, quindi, a ondate sempre pi ampie, sug-
gerendo così la portata universale e cosmica della salvezza per la fede in Cristo.

2. remesse metodolo ic e
Abbiamo utilizzato la categoria di “metafora” per le affermazioni paoline
sulla salvezza in Rm 5,1-11. uando usiamo questo termine non intendiamo
———————
3 Cos . SC LIER, La lettera ai Romani (CTNT Paideia 6; Brescia 1982) 238-240;
D. J. MOO, The Epistle to the Romans (Grand Rapids, MI – Cambridge 1996) 290-293;
J. A. IT M ER, Romans. A Ne Translation ith Introduction and Commentar (Ne
or 1993) 97-98; J.-N. ALETTI, La lettera ai Romani e la Giustizia di Dio (Roma
1997) 32-44. Secondo S. ROMANELLO, “La condizione e il futuro dei credenti: lo sguar-
do di Rm 5,1-11”, Nuovo Testamento. Teologie in dialogo culturale (ed. N. CIOLA – G.
PULCINELLI) (SRivBib 50; Bologna 2008) 234, il passo funziona come exordium di Rm
5–8. Alcuni motivi che si riprendono sono: lo Spirito all’interno del credente in Rm 5,5,
idea ampiamente sviluppata in Rm 8; i riferimenti alla speranza (5,2.4-5; 8,20.24.25) e
all’amore di Dio (5,5.8; 8,35.39). Riappaiono anche molte parole: avpoqnh|,skw (5,6-8.15;
8,13.24); qa,natoj (5,10; 8,2.6.38); e zwh, (5,10; 8,2.6. 10.38); sw|,zw (5,9-10; 8,24); do,xa
(5,2; 8,18.21.30); ecc. In generale, sia Rm 5,1-11 sia Rm 8,18-39 puntano verso il futuro
escatologico della salvezza finale.
4 Diverse immagini sono state utilizzate per illustrare questa funzione. Secondo P. M.
MCDONALD, “Romans 5.1-11 as a Rhetorical Bridge”, JSNT 40 (1980) 83: “Rm 5.1-11 is
a theological bridge in the sense that this pericope ta es up and develops ideas found ear-
lier and la s the foundation for hat follo s”; secondo N. ELLIOTT, The Rhetoric of Ro-
mans. Argumentative Constraint and Strateg and Paul’s Dialogue ith Judaism (JSNT.S
45; Sheffield 1990) 226: “Romans 5 is the pivot on hich the letter’s argument turns”; e
secondo PENNA, Romani, I, 415, una “piattaforma ferroviaria, che si pu far ruotare per
agganciare indifferentemente il vagone da essa sorretto a un treno o a un altro”.
5 Seguo qui le proposte della conferenza di A. GIGNAC, “Pour renouveler la lecture
de Rm 3,21-26. Po tique du discours”, Colloquium Oecumenicum Paulinum (Saint-
Paul-hors-les-murs 2016).

282
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

una figura retorica che abbellisce il discorso (tropologia). Non stiamo dicen-
do, cio , che Paolo abbia formulato in modo figurato e decorativo ci che po-
teva esprimere, pi semplicemente, in modo letterale6. Impieghiamo, piutto-
sto, la categoria “metafora” in un senso pi ampio, per designare un processo
del linguaggio e del pensiero che provoca un incremento cognitivo e che, per-
tanto, non riducibile alla corrispettiva espressione letterale. uesta imposta-
zione di fondo ci permette di capire le opportunità e le sfumature del linguag-
gio analogico utilizzato da Rm 5,1-117. Senza pretesa di sistematicità, propo-
niamo a continuazione alcuni particolari che ci saranno utili.
La metafora nasce dell’interazione fra due sfere di significato in tensio-
ne. In questo rapporto d’analogia, si distingue un polo metaforizzante (fo-
cus) e uno metaforizzato (frame)8. Ad esempio, nell’affermazione “siete
tempio di Dio” (1 Cor 3,16), il sintagma “tempio di Dio” il focus che vuol
trasferire le sfumature di sacralità e unità alla comunità dei corinzi, il frame.
Da un lato, il focus distante dal frame, per cui provoca un conflitto di si-
gnificati, un’impertinenza semantica che il lettore o auditore deve risolvere
— i corinzi sono persone, non un edificio —. uesta la sfida, creatrice di
senso, che propone la metafora. Cercheremo di identificare in ogni caso le
impertinenze semantiche delle metafore salvifiche di Rm 5,1-119. Dall’altro,
———————
6 J.M. GRANADOS ROJAS, La teología de la reconciliación en las cartas de san Pa-
blo (Estella 2016) 44-45, si rifiuta di comprendere la giustificazione e la riconcilia-
zione come metafore. Secondo lui, “la l gica del argumento paulino en los primeros
cap tulos busca... demostrar que la ustificaci n es una realidad m s concreta que una
met fora” (p. 45). Sono d’accordo con quest’affermazione, se s’impiega una defini-
zione tropologica di metafora. Tuttavia, nel nostro studio cerchiamo d’utilizzare
un’idea diversa di metafora, pi cognitiva e concettuale, forse l’unico modo —
potremmo dire — di mettere in parole l’ineffabile mistero della salvezza. La metafora
non soltanto un abbellimento del discorso, qualcosa d’inerente a come pensiamo e
comprendiamo il mondo. Abbiamo scelto questa via esegetica perch ci permetterà di
notare le impertinenze semantiche che potrebbero aver attirato l’attenzione dai primi
destinatari, i limiti delle affermazioni paoline e altri fenomeni interessanti che concor-
rono in Rm 5,1-11.
7 Ci riferiamo, fra gli altri, agli studi di P. RICOEUR, La metafora viva. Dalla retori-
ca alla poetica: per un linguaggio di rivelazione (Di fronte ed attraverso 69; Milano
1981); e di G. LAKO – M. JO NSON, Metaphors We Live By (Chicago 1980).
8 Prendo la terminologia di M. BLACK, “Metaphor”, Proceedings of the Aristote-
lian Society 55 (1954) 273-294.
9 Bisogna distinguere le impertinenze semantiche, profondamente significative,

degli elementi trascurabili della metafora. Così G. PULCINELLI, La morte di Gesù


come espiazione. La concezione paolina (Studi sulla Bibbia e il suo ambiente; Ci-
nisello Balsamo 2007) 41: “Un altro elemento da tener presente nell’analisi di que-
ste categorie soteriologiche la loro metaforicità’: pur portando con s qualcosa

283
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

il focus ed il frame hanno qualcosa di simile, il “come” che si vuol suggeri-


re: “i corinzi sono come un tempio”. Se il focus ed il frame fossero assolu-
tamente dissimili, non sarebbe possibile la produzione di senso. La somi-
glianza, dunque, l’elemento essenziale del processo metaforico. Insomma,
la metafora coniuga vicinanza e distanza in un insieme creativo produttore
di nuovi sensi.
uesta natura ambivalente della metafora fa sì che sia pi valida per
suggerire nuovi sensi che per definirli (segnare i loro limiti). Leggeremo,
quindi, le differenti espressioni individuate in Rm 5,1-11 non come defini-
zioni da spiegare, ma come enunciati — metafore, in questo senso — che
evocano il carattere poliedrico della salvezza. Per usufruire di un’immagine
pittorica, ci sembra meglio comparare il testo con una pittura cubista, dove
le diverse pennellate s’intrecciano in modo inatteso rispecchiando un insie-
me multiforme e policromo della salvezza, piuttosto che con un preciso pia-
no da architetto, dove tutte le linee sono esattamente e minuziosamente con-
nesse. uesto carattere sfuggente della metafora rispetta la natura misterica
della cosa significata — il dono divino della salvezza — e la preserva da
una pretesa apprensione o strumentalizzazione10.
Sebbene imperfetto, il concetto di “metafora” ha il vantaggio di evitare la
tendenza a sistematizzare il contenuto di Rm 5,1-11, come se le diverse no-
zioni dovessero accomunarsi in un insieme compatto, ordinato e fisso. Così
alcune categorie del testo (giustificare, riconciliare, salvare) sono state lette
nella tradizione teologica posteriore come vere definizioni soteriologiche o,
almeno, affermazioni di rango strutturante che descrivono accuratamente,
bench in modo parziale, il mistero della salvezza. Sono oramai metafore les-
sicalizzate o, seguendo Ricoeur, metafore morte. Tuttavia, i destinatari romani
dovrebbero aver ascoltato gli enunciati di Rm 5,1-11 come affermazioni nuo-

———————
del campo semantico originario (cf. il commercio, la compravendita di schiavi,
l’ambito forense, ecc.) per il loro carattere metaforico esse non vanno trasposte nel
contesto attuale cercando la corrispondenza piena di ogni loro aspetto (ad es. fa-
cendosi la domanda, nel caso del riscatto, a chi va pagato ’, ecc.), ma va indivi-
duato l’aspetto centrale della comparazione implicita nella metafora (ad es. nel ca-
so dell’espiazione al centro dell’attenzione non chi ha offeso o chi stato offeso,
ma il perdono e la remissione)”.
10 Rispetto di 1 Cor 1–2, J.-N. ALETTI, “Sagesse et m st re chez Paul. R fle ions

sur le rapprochement de deu champs le icographiques”, La sagesse biblique de


l’Ancien au Nouveau Testament (ed. J. TROUBLET) (LeDiv 160; 1995) 367, afferma:
“La geste de Paul a pour cons quence de mettre l’ vangile, en ses parado es fonda-
mentau , à distance de la reprise conceptuelle, tou ours tent e de dominer ou dig rer
la coh rence qu’elle per oit”.

284
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

ve, alquanto inconsuete, sull’inaudita esperienza della salvezza in Cristo, essa


pure, non concetto già pienamente appreso, ma realtà nascosta in processo di
assimilazione. In questo senso preferiamo la categoria “metafora”, poich
permette di rilevare la vivacità di queste espressioni, di cui bisogna riscoprire
e preservare il dinamismo semantico11.
In fine, la categoria “metafora” ci aiuta a rilevare la forza creativa di questi
termini che non soltanto esprimono la salvezza, ma che cercano di fare espe-
rienza. Poich la metafora coniuga vicinanza e deviazione, pu visitare regio-
ni inesplorate per il linguaggio ordinario. In virt di questa capacità “avventu-
riera”, essa diventa un modo ottimo di conoscere, concepire e, in certo senso,
ricreare le cose. uesta dinamicità della metafora coinvolge l’ascoltatore let-
tore che si ritrova implicato attivamente nella ricerca laboriosa del senso,
sempre sfuggente. La metafora richiede una risposta attiva e, dunque, egli
pu diventare anche fondatore di senso nella misura in cui reagisce creativa-
mente a ci che ha ascoltato o letto. Possiamo dire che Paolo in Rm 5,1-11 (e
3,21-26; 8,31-39; ecc.) adopera espressioni metaforiche che vogliono genera-
re una nuova realtà per i suoi destinatari (e, così via, per tutti e per tutto):
l’esperienza inaudita della giustificazione-pace-gloria-riconciliazione... e sal-
vezza in Cristo12.
A partire da queste considerazioni, analizzeremo le metafore salvifiche
pi rilevanti che appaiono in Rm 5,1-11. Pi concretamente, ci proponiamo
tre domande:
ual lo sfondo della metafora Cio , a partire da quali conoscenze
condivise, esperienze quotidiane e campi semantici abituali del greco
comune i primi destinatari romani potrebbero aver accolto le metafore

———————
11 G. T EISSEN, “Soteriological S mbolism in the Pauline Writings. A Structuralist
Contribution”, Social Reality and the Early Christians. Theolog , Ethics, and the
World of NT (Minneapolis, MN 1992) 159: “We can therefore call his Paul’s sote-
riolog s mbolic. It is s mbolic in a quite fundamental sense, for it resists an ind of
translation into nonmetaphorical language. Salvation is not described e cept in trans-
ferred images, nor do these images fade into concepts out of hich all metaphorical
content has been evacuated b reflection and usage”.
12 Il termine “salvezza” già di per s una metafora. Infatti, N.T. WRIG T, Paul
and the Faithfulness of God (Christian Origins and the uestion of God 4; Minneapo-
lis, MN 2013) II, 927, nota che non si dovrebbero leggere come sinonimi “giustifica-
zione” e “salvezza”. In Rm 5,1-11, la giustificazione un evento passato e la salvez-
za, futuro; l’una evoca la salvezza di un pericolo grave, e l’altra l’assoluzione in tri-
bunale. Tuttavia, poich abbiamo bisogno di un vocabolo per esprimere il frame della
metafora, preferiamo il termine “salvezza”, perch la categoria pi usuale nella teo-
logia posteriore.

285
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

Che “impertinenze semantiche” provocano le metafore Cio , che sor-


prese e innovazioni potrebbero aver prodotto nei primi ascoltatori
Che limiti ha la metafora Cosa non dice 13

3. nalisi delle meta ore salvi ic e


Giustificazione. La dottrina della giustificazione per fede stata ricevuta
dalla tradizione come una tesi teologica di primo livello, l’articulus stantis et
cadentis ecclesiae della tradizione riformata. Tuttavia, probabilmente fu ac-
colta dai suoi primi lettori pi come metafora viva che come definizione teo-
logica fissa.
Paolo inizia con una affermazione sul “noi” ecclesiale: “giustificati per fe-
de” (5,1). L’espressione ripresa in 5,9 (“giustificati nel suo sangue”). La
congiunzione consecutiva ou=n (5,1.9) e l’aoristo dei participi enfatizzano il
tempo passato dell’azione verbale e si riferiscono a ci che stato detto in
3,21-26, le cui idee sono illustrate dal modello di Abramo (4,1-25). ueste
affermazioni di 5,1.9, quindi, funzionano come ricapitolazione dell’argomen-
tazione precedente. Saranno ancora una volta invocate nella peroratio di 8,31-
39 (cfr. dikaio,w in 8,30.33).
Per la maggior parte degli studiosi, lo sfondo di dikaio,w forense14. An-
che se ci sono altre proposte che cercano di relativizzare il senso forense del
verbo15, Du Toit ha dimostrato che la connessione con altri vocaboli legali in
Rm 2,1-16; 3,21-26; e 8,31-34 confermano il valore forense di dikaio,w in
5,1.9. In quest’uso paolino, il verbo indica l’azione per cui qualcuno che subi-
sce un processo giudiziario dichiarato assolto16. uindi, come metafora fo-
———————
13
J.G. VAN DER WATT (ed.), Salvation in the New Testament. Perspectives on So-
teriolog (NT.S 121; Leiden – Boston, MA 2005) 521: “Images are not comprehen-
sive, but have a limited scope of e pression and should not be over-interpreted. No
single image can cover the soteriological event in its entiret ”.
14 Cfr. A. B. DU TOIT, “Soteriological orensic Metaphors in Romans and their Sote-
riological Significance”, Salvation in the New Testament. Soteriological orensic Meta-
phors (ed. J.G. VAN DER WATT) (NT.S 121; Leiden – Boston, MA 2005) 213-246; e J.B.
POT RO, “The Strange Case of dikaio,w in the Septuagint and Paul: The Oddit and Or-
igins of Paul’s Tal of Justification’”, ZNW 107 (2016) 59-60, fra molti altri.
15 Secondo J.P. LOUW –E. NIDA, Greek-English Lexicon of the New Testament
based on semantic domains (Ne or , N 1988) 34.46, il verbo deve essere in-
terpretato in termini relazionali (“to be put in a right relation ith God”). WRIG T,
Faithfulness of God, III, 928, preferisce la categoria de “alleanza”. L’autore cerca di
unire lo sfondo forense e quello dell’alleanza per capire il concetto paolino di giustifi-
cazione (pp. 934-935). Cfr. le critiche a Wright di J. PIPER, The Future of Justifica-
tion. A Response to N. T. Wright (Wheaton, IL 2007).
16 Così BDAG, 249.2bb: “to be acquitted b God”.

286
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

rense, le affermazioni “giustificati per fede” (5,1) e “giustificati nel suo san-
gue” (5,9) denotano l’assoluzione dei destinatari, il verdetto positivo di Dio
per cui peccatori ed empi17 (cfr. 5,6-8) sono stati favorevolmente riconosciuti
come giusti da parte di Dio18. Paolo impiega questo vocabolario giudiziario a
causa del problema con i giudaizzanti, che lo insegue negli ultimi anni del suo
ministero apostolico. Come dice Aletti, “it is the connection to the La and
from there to Judaism as a salvific regime that e plains the presence of uridi-
cal vocabular in these first chapters of Romans”19.
Il termine dikaio,w fu probabilmente sentito dai suoi primi destinatari ro-
mani — anche se Paolo l’utilizz partendo dalle sue risonanze bibliche — in
associazione con le esperienze quotidiane dei loro giudizi in tribunale. Ci in-
terroghiamo, dunque, sulle impertinenze semantiche delle dichiarazioni paoli-
ne in confronto con questo sfondo giudiziario. La metafora forense di 5,1.9
suonerebbe innovativa per almeno cinque fattori.
In primo luogo, fuorch in alcuni passi della Settanta e della letteratura in-
tertestamentaria, il verbo dikaio,w con oggetto personale stato sempre usato
nel greco comune per significare un’azione negativa nei confronti dell’impu-
tato (“punire”, “condannare”, ecc.)20. Paolo, invece, utilizza il verbo in senso
positivo: Dio esercita la sua giustizia non condannando, ma giustificando.
uest’uso dovette sorprendere i primi ascoltatori romani.
In secondo luogo, il disegno divino annunciato dall’Apostolo non rispetta
la solita procedura legale: pur essendo chiaramente colpevoli (1,18–3,20) e
destinati all’ira (5,9; cfr. 1,18; 2,5.8; 3,5; 4,15; 9,22), gli imputati sono stati
inaspettatamente assolti (3,21-26). Nonostante ci , l’imparzialità divina sta-
———————
17 Il lessico dell’”empietà” (1,18; 4,5; 5,6) potrebbe appartenere al campo semanti-
co forense come trasgressione dello ius sacrum. Cfr. DU TOIT, “Soteriological oren-
sic Metaphors”, 229-230.
18 in discussione se il verbo dikaio,w abbia un valore meramente dichiarativo (ri-
conoscere qualcuno come giusto) o anche fattitivo (rettificare la sua malvagità e farlo
giusto). Cfr. la discussione in J.-N. ALETTI, Justification by Faith in the Letters of
Saint Paul. Ke s to Interpretation (AnBib Studia 5; Roma 2015) 20-27. A mio parere,
nel verbo alberga solo un senso dichiarativo, ma in virt della connessione contestua-
le con altre metafore salvifiche, assume anche il senso fattitivo. Mi sembra anche
convincente la risposta di J.M.G. BARCLA , Paul and the Gift (Grand Rapids, MI –
Cambridge 2015) 378 n. 73: “The verb does not change in meaning from consider
righteous’ to ma e righteous’; it applies to people ho have been alread changed”.
19 ALETTI, Justification By Faith, 144.
20 Nel greco comune, “in udicial conte ts, the verb as not used of persons receiv-
ing the benefit of ustice, but onl of one ho ould be punished. It is paralleled ith
qanato,w( kola,zw( katakri,nw( katagignw,skw, etc. and is anton mous to afi,hmi(
sugnw,mhj( tugca,nw, etc.”: PROT RO, “Strange Case of dikaio,w”, 56 (48-69), con
molte citazioni da testi antichi.

287
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

ta verificata: giacch Dio doveva essere imparziale per l’ira (2,11), stato an-
che imparziale per la grazia, offrendo la giustificazione a tutti i peccatori indi-
pendentemente della Legge (3,21).
ui si rivela la terza innovazione: se era comune, sia per Giudei che per
Greci e Romani, accostare giustizia e Legge, Paolo le dissocia. Dietro la frase
iniziale, “giustificati per fede...” (5,1), si trova l’opposizione espressa in 3,21-
22: “... e non per le opere della Legge”. Dio si rivelato quindi paradossal-
mente giusto, perch ha eliminato la distinzione invalicabile tra Giudei e Gre-
ci stabilita dalla Legge21.
La quarta impertinenza semantica risulta dell’associazione tra giustifica-
zione e sangue di Cristo (“giustificati nel suo sangue”: 5,9). uesta un’idea
che Rm 5,9 ricapitola da 3,21-26: il processo legale portava logicamente alla
punizione del colpevole. ui, per , a subire le conseguenze negative del pro-
cesso legale stato il mediatore della giustificazione che “Dio ha stabilito
come strumento di espiazione... nel suo sangue, a manifestazione della sua
giustizia per la remissione dei peccati passati” (3,25). I peccati dei colpevoli
sono stati espiati dall’unico innocente22. Tale azione, tuttavia, non esprime
l’onore di un Dio assetato di riparazione, ma il suo amore sconcertante in gra-
do di trasferire sul suo figlio la punizione meritata dai peccatori.
Infine, la quinta sorpresa insita nella temporalità della giustificazione:
mentre il giudizio divino era atteso per il giorno finale dell’ira (cfr. 2,5-16),
Paolo annuncia che la giustificazione divina manifestata già nel presente
(3,21). Da qui gli aoristi. La giustificazione finale stata rivelata prolettica-
mente nella morte e risurrezione di Cristo, ricevuta dal credente nella sua
esperienza battesimale. uesto decisivo intervento divino nella storia ha già
iniziato la vittoria finale di Dio contro le forze del peccato e della morte.
———————
21 ALETTI, Justification By Faith, 119-120, ha dimostrato che la verifica della giu-
stizia di Dio stata propriamente l’intenzione argomentativa di Rm 1,18–3,20. Di
conseguenza, questa sezione ha una portata pi teologica che antropologica.
22 L interpretazione espiatoria di Rm 3,25 molto discussa. Seguo qui lo studio di
PULCINELLI, Morte di Gesù, il quale dimostra che in Rm 3,21-26 si verifica come ap-
propriata una lettura espiatoria della morte di Cristo. Tuttavia, questa morte non do-
vuta a un Dio che richiederebbe di soddisfare la sua giustizia ferita per il peccato
dell’uomo; ma si deve propriamente all’uomo. Dio chi, di sua iniziativa, ha deciso
di espiare il peccato dell’uomo, il quale ha bisogno di quest’atto salvifico per rientrare
nel rapporto di alleanza compromesso dai suoi peccati. Si noti inoltre che la metafora
dell’espiazione (i`lasth,rion: 3,25) diversa da quella della giustificazione. Paolo la
aggiunge —magari prendendo una tradizione prepaolina— per spiegare come viene
eseguita la giustificazione. uesta sintassi delle metafore ripresa in 5,9 (“giustificati
nel suo sangue”), dove già appaiono come una singola idea la giustificazione e la me-
diazione cristologica. Così MOO, Romans, 310.

288
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

Infine rileviamo alcuni limiti della metafora forense della giustificazione


in Rm 5,1-11. Ne notiamo due fra altri possibili: la giustificazione descrive la
salvezza come un’azione propriamente divina in cui non risulta abbastanza
chiaro qual il ruolo di Cristo. Per questo Paolo deve utilizzare altre immagi-
ni complementari: Cristo redime gli schiavi dal peccato (3,24); Dio ha presen-
tato il Cristo come strumento di espiazione (3,25); egli muore in favore del
nemico e lo riconcilia (5,6-11); eccetera. Inoltre, la metafora forense non
spiega le conseguenze della giustificazione, soltanto dichiara la nuova condi-
zione di giusto davanti a Dio. Perci l’Apostolo ha necessità di impiegare in
Rm 5–8 altre idee che esplorino la nuova vita in Cristo e nello Spirito. uesto
riconoscimento dei limiti del termine ci porta a concludere che Paolo ha biso-
gno di altre metafore per esprimere il mistero poliedrico della salvezza. , in-
fatti, ci che fa in Rm 5,1-11 (e in 3,21-26). Proseguiamo, quindi, con la me-
tafora successiva: la riconciliazione.
Riconciliazione. Paolo introduce in Rm 5,1-11 una nuova metafora salvifi-
ca che aveva già impiegato in 2 Cor 5,18-20: la salvezza come riconciliazio-
ne. uesta metafora appare in vari modi nel brano. Prima di tutto, si esprime
nel lessico di katallag- (verbo katalla,ssw in 5,10; e sostantivo katallagh, in
5,11)23. Il dizionario BDAG definisce il significato del verbo come “the e -
change of hostilit for a friendl relationship”24. Inoltre appartengono allo
stesso campo semantico, in positivo, l’espressione “essere in pace con Dio”
(5,1)25 e, in negativo, “essere nemici” (5,10)26.
———————
23 Cfr. gli studi di C. BRE TENBAC , Versöhnung. Eine Studie zur paulinischen
Soteriologie (WMANT 60; Neu irchen – Vlu n 1989); S. E. PORTER, Katallassō in
Ancient Greek Literature, with Reference to the Pauline Writings (Estudios de ilo-
log a Neotestamentaria 5; C rdoba 1994) 145-162; e J.T. IT GERALD, “Paul and Pa-
radigm Shifts: Reconciliation and its Lin age Group”, Paul Beyond the Judaism Hel-
lenism Divide (ed. T. ENGBERG-PEDERSEN) (Louisville, K 2001) 241-262.
24 BDAG, 521.
25 GRANADOS ROJAS, Teología de la reconciliación, 45, interpreta l’espressione
come dono messianico, citando Is 32,17 e Sal 32,17, per l’associazione con la giusti-
zia divina. Anche se questa tradizione escatologica rilevante, la priorità dovrebbe
essere data allo sfondo socio-politico della riconciliazione in virt della struttura sin-
tattica di Rm 5,1. ui Paolo non parla, in astratto, della pace come dono dei tempi
nuovi (cfr. Rm 1,2; 2,10), bensì si riferisce, in concreto, “alla pace con Dio”. La co-
struzione sintattica (eivrh,nh o una sua forma verbale pro,j accusativo) compare
parecchie volte nella LXX, sempre facendo riferimento ad accordi diplomatici: nel
trattato tra Giosu e i Gabaoniti al tempo della conquista (Gs 9,15); durante la rivolta
dei Maccabei, la trattativa concerne Antioco V e gli assediati della cittadella di Geru-
salemme (1 Mac 6,60), Gionata e Bàcchide (1 Mac 9,70), Giuda e i nomadi arabi (2
Mac 12,12); cfr. Sir 13.18. Di conseguenza, Paolo riprende una espressione propria

289
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

Bre tenbach ha osservato che lo sfondo del campo semantico della riconci-
liazione non il culto; anzi esso stato molto raramente usato per riferirsi ai
rapporti tra gli dei e gli uomini intesti del giudaismo ellenistico (cfr. 2 Mac 1,5;
5,20; 7,33; 8,29; 3 Mac 5,13). L’ambito abituale di applicazione nel greco del
tempo era, piuttosto, nei rapporti sociali tra individui (cfr. 1 Cor 7,11) e le rela-
zioni diplomatiche di patti, guerre, paci fra re, popoli e nazioni27. Era relativo di
solito alla riabilitazione delle relazioni di pace e di amicizia tra due soggetti,
personali o collettivi, normalmente ad opera di un terzo. uesto campo seman-
tico socio-politico , di conseguenza, trasferito a Rm 5,1-11 per descrivere il
nuovo rapporto tra Dio e coloro che erano in precedenza i suoi nemici (5,9).
Dopo aver identificato il suo sfondo, ci soffermiamo ora sulle impertinen-
ze semantiche della metafora della riconciliazione. Ne notiamo due. In primo
luogo: i primi ascoltatori romani dovevano essere stupiti da qual era stata la
parte che aveva preso l’iniziativa della riconciliazione. Nella logica comune
delle relazioni diplomatiche, l’aggressore doveva ristabilite i legami spezzati
con la parte lesa, la quale doveva dimostrare, a sua volta, buone disposizioni
per accettare la pace — questo secondo elemento viene mantenuto nel testo
paolino —28. Trasponendo questa logica ai rapporti con Dio, gli uomini do-
vrebbero pentirsi e fare sacrifici per diventare degni della riconciliazione di-
vina29. In Rm 5,1-11, tuttavia, Dio — la parte lesa — che prende l’iniziativa
di pace, senza richiedere la conversione degli empi30. Gli umani non fanno
nulla perch Dio si riconcili con loro, eppure Dio che decide di riconciliare a
s l’umanità per la morte di suo iglio.
———————
delle relazioni politiche tra gli esseri umani (focus) e la trasferisce metaforicamente ai
rapporti con Dio (frame): Dio ha fatto pace con quelli che una volta erano i suoi ne-
mici. Dati questi presupposti, il nuovo rapporto di pace pu anche essere interpretato
come dono messianico. Certamente la tradizione della pace messianica non si oppone
bensì connetta agevolmente con la metafora politico-diplomatica.
26 DUNN, Romans 1–8, I, 268: “The picture is clearl of a sharp hostilit bet een
God and humanit : the human condition independent of God is not simpl a state of
human ea ness, disregard for God, and responsiveness to sin; it is also a state of ac-
tual rebellion against the creaturel role of complete dependence on the creator”.
27 Cfr. BRE TENBAC , Versönhung; e, ID., “Salvation of the Reconciled (With a
Note on the Bac ground of Paul’s Metaphor of Reconciliation)”, Salvation in the New
Testament. Soteriological orensic Metaphors (ed. J. G. VAN DER WATT) (NT.S 121;
Leiden – Boston, MA 2005) 271-286.
28 Cfr. Gn 50,15-21; e Pseudo-Libanio, Stili Epistolari, 63. Citazioni in IT GE-
RALD, “Paradigm Shifts”, 249.
29 Così 2 Mac 1,5; 5,20; 7,33; 8,29; l. Giuseppe, Bell. 5.415; ecc.
30 ROMANELLO, “ uturo dei credenti”, 243: “La riconciliazione... non nasce
dall’avversione placata di Dio per noi, ma dal suo amore (v.8), che trova la strada per
chiamare a s chi era da lui alienato”.

290
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

ui c’ una seconda impertinenza semantica de la metafora: l’eventuale


compensazione della riconciliazione non costosa per la parte aggreditrice,
bensì proviene della parte aggredita31. L’agente della riconciliazione il i-
glio di Dio, che accetta la sua morte per ristabilire i rapporti con gli offensori.
Si noti che Paolo non attribuiva il titolo di “ iglio” a Ges Cristo da Rm
1,3.4.9. In Rm 5,10 lo impiega per porre l’accento sul sommo valore della sua
azione riconciliatrice. L’idea sarà ripresa in Rm 8,32: “Egli, che non ha ri-
sparmiato il proprio iglio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà
forse ogni cosa insieme a lui ”.
Infine, avvertiamo un limite della metafora della riconciliazione che la
rende incompleta e bisognosa di altre metafore per significare la salvezza in
Cristo. Il testo rileva l’attualità della riconciliazione come ristabilimento dei
rapporti con Dio in virt di un atto di gratuità eminente (“per la morte del suo
iglio”: 5,10); ma in questo rapporto già ristabilito da parte divina, la parte
umana deve trovare un modo per mantenerlo. Coloro che sono stati riconcilia-
ti devono trovare la maniera per vivere come tali. A questo proposito, Je ett
ha opportunamente collegato ci che stato detto sulla pace in Rm 5,1 e le
divisioni sorte tra i nuovi credenti romani evidenziate in Rm 14,1–15,13
(“Cerchiamo dunque ci che porta alla pace e alla edificazione vicendevole”:
14,19)32. Per questo Paolo aggiungerà le metafore sulla partecipazione alla
morte e risurrezione di Cristo mediante il battesimo (Rm 6) e sull’inabitazione
dello Spirito (Rm 8; cfr. 5,5) che palesano come la salvezza non soltanto
una realtà esterna e relazionale, ma anche interna e partecipazionale.
Gloria. Paolo aggiunge all’affermazione “noi siamo in pace con Dio” (Rm
5,1) quest’altra: “ci vantiamo (kaucw,meqa) nella speranza della gloria (do,xhj)
———————
31 Sul valore di katallagh, come “pagamento” o “compensazione” nel greco anti-
co, cfr. Is 9,5 LXX; e LSJ, 899. Secondo IT GERALD, “Paradigm Shifts”, 251:
“katallagh, as reparations pa ment’ is the settlement’ that ma es katallagh, as
reconciliation’ possible. The necessit of ma ing reparations as a standard precon-
dition in the reconciliation of arring nations, and the severit of the demands made
b the more po erful nation often prolonged the conflict”.
32 R. JEWETT, Romans. A Commentar ( ermeneia; Minneapolis, MN 2007) 348:
“The house and tenement churches in Rome are acting in so combative a manner
against one another, ho ever, that it is clear that the have not et embodied the peace
that Paul has in mind”. uest’ipotesi plausibile, ma non mi sembra l’intenzione priori-
taria di Paolo nel comporre Rm 5,1-11. Je ett ribadisce la sua esegesi preferendo il
congiuntivo di e;cein in Rm 5,1. Anche se c’ un grande dibattito sul testo (cfr. l’ultimo
articolo di L. . . MAN, “The Te tual Significance of Corrected Readings in the Eva-
luation of the E ternal Evidence: Romans 5,1 as a Test Case”, ZNW 2017 2016 70-
93), ritengo, insieme alla maggior parte degli studiosi che, in questo brano, Paolo pi
che esortare, affermi; di conseguenza, l’indicativo pi adeguato del congiuntivo.

291
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

di Dio” (5,2). Poi amplifica tale convinzione dicendo che i credenti non sol-
tanto si vantano nella speranza della gloria futura, ma anche in mezzo alle lo-
ro tribolazioni presenti, idea che sviluppa in 5,3-5 con una bella gradatio o
climax (BD 493.3) che dimostra perch questa speranza “non delude”
(kataiscu,nei: 5,5). L’idea del vanto ripresa in 5,11, a modo d’inclusione,
riferita allo stesso Dio (“ci vantiamo kaucw,menoi pure in Dio, per mezzo del
Signore nostro Gesu Cristo”: 5,11).
Lo sfondo di queste espressioni la sfera dell’onore. ama e riconosci-
mento sociale erano molto desiderati dagli abitanti del Mediterraneo antico.
L’onore era, senza dubbio, la cuspide della gerarchia dei valori nella Roma
del tempo33. Pertanto, la speranza nella “gloria di Dio” (h` do,xa tou/ qeou/:
5,2) rappresentava un ottimo modo per simboleggiare la beatitudine futura
(cfr. Rm 2,7.10; 3,23; 8,18.21; 1 Cor 15,43; ecc.). Certamente l’uso dell’im-
magine onorifica per evocare la vita eterna era una metafora già lessicalizza-
ta nel NT, proveniente dalla Settanta34; ma, in Rm 5,1-11, completata da
altri termini che appartenevano anche al campo dell’onore: kauca,omai en
positivo, kataiscu,nw en negativo35. Entrambi esprimevano la fiducia presen-
te nella salvezza escatologica.
C’ un’altra frase del testo che, a mio parere, ha rapporti con l’universo
dell’onore: “Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso
(prosagwgh,) a questa grazia (ca,rij) nella quale ci troviamo (e`sth,kamen)”
(5,2). Il termine prosagwgh, era usato nei testi antichi per significare
l’ammissione alla presenza del re oppure, in ambiente cultuale, alla presenza
———————
33 “ onour as a filter through hich the hole orld as vie ed, a deep struc-
ture of the Graeco-Roman mind, perhaps the ruling metaphor of ancient societ ”: J.
E. LENDON, Empire of Honour. The Art of Government in the Roman World (O -
ford 1997) 73. uesta monografia offre un’eccellente panoramica sull’importanza
dell’onore nella società romana. Gli studi sulla cultura dell’onore nel Mediterraneo
antico sono abbondantissimi. Cfr. B. J. MALINA – J. . NE RE , “ onor and
Shame: Pivotal Values of the Mediterranean World”, The Social World of Luke-
Acts. Models of Interpretation (ed. J. . NE RE ) (Peabod , MA 1991) 25-56; e .
MOXNES, “ onor and Shame: A Reader’s Guide”, BTB 23 (1993) 167-176, fra mol-
ti altri.
34 Così J. RE , “The Use of do,xa in Paul and John as Shaped b the Septuagint”,
The Reception of Septuagint Words in Jewish-Hellenistic and Christian Literature
(eds. E. BONS – R. BRUCKER – J. JOOSTEN) (WUNT II 367; T bingen 2014) 85-104.
Comunque, ci sono dei testi paolini dove do,xa usato per riferirsi all’onore sociale
(cfr. 1 Cor 11,15; 2 Cor 6,8).
35 Secondo A. PITTA, Lettera ai Romani (LBNT 6; Milano 2001) 223, kataiscu,nw

costituirebbe una litote, una negazione che afferma. Il positivo sarebbe kauca,omai.
Cfr. 2 Cor 7,14: “Cosicch , se in qualche cosa mi ero vantato (kekau,chmai) di voi con
lui, non ho dovuto vergognarmene (kath|scu,nqhn)”; e 10,8.

292
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

di Dio36. Designava, quindi, una sorta di onore appartenente al potere o alla


divinità, concesso soltanto a coloro che erano riconosciuti come meritevoli. I
verbi al perfetto (evsch,kamen))) e`sth,kamen)))) alludono ugualmente ad un cam-
biamento di status raggiunto dai credenti nel passato che perdura nel presente.
Ad esempio, nella Settanta il verbo i[sthmi ha frequentemente come soggetti i
sacerdoti o l’assemblea a cui si riconosce l’onore di “stare davanti a Dio”37.
Così pure il salmista si domanda: “Chi potrà stare (sth,setai) nel suo luogo
santo ” (Sal 23,3 LXX). Sebbene il focus di queste espressioni sembri piutto-
sto cultuale, il collegamento con il seguente “ci vantiamo...” (Rm 5,2b) rileva
i risvolti onorifici dell’immagine. Infine, il termine ca,rij era tipico dei “favo-
ri” reali38 e dell’iscrizioni coeve che onoravano persone degne di pubblico
elogio39. In conclusione, la frase di Rm 5,2 evoca il nuovo status — essere
stati introdotti nell’ambito della grazia divina (cfr. 6,14-15) — che avevano
ricevuto i giustificati per fede, e di cui si dovevano sentire molto onorati.
Alla luce di questo sfondo, ci interroghiamo sui motivi che potrebbero sor-
prendere i primi destinatari romani per l’utilizzo del vocabolario dell’onore
nel descrivere la salvezza. Ci soffermeremo su quattro impertinenze semanti-
che.
La prima impertinenza incentrata nel modello dell’onore come distinzio-
ne. noto che l’antica ideologia dell’onore funzionava per differenziazione.
Uno era pi onorato nella misura in cui la sua distinzione era pi rara. Il diffe-
rente valore dei regali, la diversa posizione nei banchetti, o i vari modi di sa-
luto divennero azioni simboliche molto efficaci per esprimere i diversi livelli
di onore concessi agli uni e agli altri40. Anche i Giudei possedevano una di-
———————
36 L’accesso al re Ciro (Senofonte, Cirop., 7.5.45), alla tenda del convegno (Es
29,4 LXX), all’altare del tempio (Lv 4,14 LXX), o davanti Dio stesso (1 12.20-26).
Cfr. N. K. GUPTA, “To ards a Set of Principles for Identif ing and Interpreting Met-
aphors in Paul: Romans 5:2 (prosagōg ) as a Test Case”, ResQ 51 (2009) 169-181,
che preferisce lo sfondo cultuale a quello regale.
37 Cfr. Lv 9,5; Dt 29,9; Gs 24,1; 1 Re 8,14; 2 Cr 29,11; cc 3,7; Eb 4,16; cfr.
WOLTER, Röm 5,1-11, 121-122.
38 Cfr. DUNN, Romans 1-8, I, 248.
39 Nei contesti delle relazioni romane di patronato e dell’evergetismo greco, le gra-
zie di un patrono o benefattore erano ricevute come un onore che generavano dinami-
che di reciprocità. Cfr. J. R. ARRISON, Paul’s Language of Grace in its Graeco-
Roman Context (WUNT II 172; T bingen 2003) 26-63; BARCLA , Paul and Gift, 24-
51; e Á. PEREIRA-DELGADO, “Pablo como paradigma de la gracia divina”, Isidoria-
num 36 (2009) 24-33, dove offro alcuni esempi pertinenti in questo senso.
40 LENDON, Empire of Honour, 153: “A letter, a iss, or permission for a cit to

st le itself “most brilliant” cost nothing. The emperor need onl guard against giving
out honours to the rong sort of people — lest the honours become tainted — or
granting them too idel , lest he cheapen the distinctions”.

293
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

stinzione che li faceva sentire onorevolmente unici: la Legge di Mos , segno


della loro elezione peculiare. uesto dono li distingueva dei Gentili, defini-
ti addirittura come coloro senza legge (cfr. 1 Cor 9,21), visto che le loro
leggi non avevano paragone con la Legge divina. uesta distinzione, per ,
non consisteva in un semplice sentimento nazionalistico di superiorità in
confronto con i Gentili, bensì nella fiducia che Dio avrebbe agito in loro
favore in virt del loro rapporto di alleanza. Lungo la lettera, Paolo ha già
utilizzato il lessico di kauca,omai per fare riferimento al vanto dei Giudei
riguardo al dono della loro Legge (Rm 2,17: eiv de. su. vIoudai/oj evponoma,zh|
kai. evpanapau,h| no,mw| kai. kauca/sai evn qew|/))); cfr. 2,23). uesto motivo di
vanto — legittimo nel pensiero paolino svolto in 2,12-29, se i Giudei fosse-
ro in grado di compiere la Legge41 — era la principale differenza con i Gen-
tili. Lungo Rm 1,18–3,20, l’Apostolo ha pian piano smantellato questa pre-
rogativa: sia l’esperienza che la Scrittura dimostrano che nessuno, neppure il
Giudeo, ha effettivamente compiuto la Legge. L’esclusione di questo motivo
di vanto (3,27), tuttavia, non nega la legittima aspirazione d’onore che ha il
Giudeo (e il Greco) — infatti in 5,2.11 si parla di una gloria lecita —, per
questa viene universalizzata e cristologizzata. Tutti possono appartenere al
“noi” della salvezza in Cristo. Così l’onore escatologico non consiste nella
distinzione, bensì nell’accettazione del dono divino: tutti i credenti possono
raggiungere la gloria “per mezzo del Signore nostro Ges Cristo” (5,11),
perch “non c’e distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso e il Si-
gnore di tutti” (10,12).
Paolo afferma certamente che i credenti sono degni di onore e hanno li-
bero accesso alla sfera di grazia dei rapporti con Dio, per — e qui risiede la
seconda innovazione semantica della metafora — tale accesso non viene
mediato dai loro meriti, successi o pratiche. Loro non possono devono fare
niente per acquisirlo. uesto riconoscimento donato come una grazia divi-
na immeritata, accolta solo per fede. Se gli Israeliti dovevano fare tutti i tipi
di purificazioni per accedere all’ambito divino (cfr. Es 29,4-8; Lv 21,16-24;
ecc.), l’Apostolo dice che i credenti ricevono tale accesso come grazia (cfr.
Rm 5,2)42. Dunque, il riconoscimento divino non conquistato, soltanto
accolto per fede.
Per quanto riguarda le circostanze, Paolo per primo esorta a vantarsi “nella
speranza della gloria di Dio” (5,2). uesto motivo incentrato in Dio si oppone
agli onori umani. Si ricordi la citazione di Ger 9,9 in 1 Cor 1,31: “Chi si van-

———————
41 Cfr. J. LAMBREC T, “ Wh is Boasting E cluded ’. A note on Rm 3,27 and
4,2”, EThL 61 (1985) 365-365.
42 Cfr. JEWETT, Romans, 350.

294
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

ta, si vanti nel Signore”43. In un secondo momento, l’Apostolo dice di vantarsi


persino “nelle tribolazioni” (qli/yij: Rm 5,3), vale a dire, in mezzo alle ostilità
sofferte per il vangelo (cfr. 1 Ts 1,6; 3,3-4.7; 2 Cor 1,4.8, ecc.)44 e o le tribo-
lazioni escatologiche (cfr. Dn 12,1; Mc 13,19.24; ecc.). A quel tempo, sarebbe
stato difficile sentire qualcuno dichiarare che le sofferenze erano rapportabili
all’onore45. Ancora di pi , Paolo iniziava la lista di punizioni divine nel giudi-
zio finale con qli/yij (“tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il ma-
le...”: 2,9), termine che si opponeva a do,xa, primo dono della retribuzione po-
sitiva (“... gloria invece, onore e pace per chi opera il bene”: 2,10). Ora inve-
ce, in Rm 5,2-3, i due concetti sono paradossalmente accostati: il credente pu
vantarsi non soltanto nella speranza della gloria, ma anche nelle tribolazioni
Paolo ha maturato questa idea in 2 Cor 11,16–12,13. Lì era motivata
dall’identificazione con Cristo, ci che verrà ribadito in Rm 8,17-18. Ora, in
5,3-5, preferisce una motivazione in qualche senso pi umana e sapienziale46,
sicuramente per renderla meno scioccante ai suoi ascoltatori romani: la resi-
stenza alla tribolazione produce pazienza, la pazienza genera virt e la virt
provata accresce la speranza. In ogni caso, il vanto nelle tribolazioni rimane
un elemento contro-culturale ed esprime il superamento di ogni angoscia me-
diante la fede, perch anche le situazioni negative concorrono per il bene di
chi si sa giustificato (cfr. 8,28).
La quarta impertinenza semantica della metafora dell’onore in 5,1-11 ri-
guarda la temporalità. Se in 2,5-10 la gloria era un riconoscimento divino rag-
giungibile soltanto nel futuro del giudizio finale (2,10), Paolo ora coniuga i tre
verbi al presente (“ci vantiamo”: 5,2.11; “non delude”: 5,5), per accentuare il
———————
43 JEWETT, Romans, 352: “To boast in that transcendent hope is to abandon an ef-
fort to claim superior honors for oneself or one’s group”.
44 L’articolo “nelle tribolazioni” interpretato dal JEWETT, Romans, 353, come ri-
ferito a una particolare sofferenza: l’espulsione dei leaders giudeo-cristiani da Clau-
dio nei 50 d. C.
45 Così commenta ORIGENE, Commento alla Lettera ai Romani I. Libri I-IV (ed.
. COCC INI) (Opere di Origene XIV I; Roma 2014) 4.9, p. 389: “Mentre gli altri
nelle tribolazioni si rattristano, noi, irrobustiti dalla forza della sua grazia, nelle tribo-
lazioni ci gloriamo”. acevano eccezione alcuni filosofi stoici, che si vantavano delle
loro sofferenze (cfr. Epitteto, Diatr. 2.19.24-25; 3.22.45-47; ecc., citazioni in PENNA,
Romani, I, 426, n. 391). Ma questi stessi testi mostrano che il vanto nelle tribolazioni
era assai contro-culturale.
46 S.J. GAT ERCOLE, Where Is Boasting? Earl Je ish Soteriolog and Paul’s Re-
sponse in Romans 1–5 (Grand Rapids, MI 2002) 257: “The simple reason Paul gives
here for boasting in suffering is that suffering (rightl responded to) develop Christian
character and ultimatel lead to hope”. Cfr. M. WOLTER, Rechtfertigung und zukünf-
tiges Heil. Untersuchungen zu R m 5,1-11 (B NW 43; Berlin 1978) 139-146; e RO-
MANELLO, “ uturo dei credenti”, 237-238.

295
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

fatto che la gloria futura già produce proletticamente una situazione di fiducia
e fierezza evangelica nel credente giustificato. L’idea sarà ripresa in 8,17 e
sviluppata nella sezione successiva di 8,18-30 (“le sofferenze del tempo pre-
sente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi...”): il
fedele vive nell’intervallo temporale fra il già e il non ancora.
Notiamo, infine, un limite del campo semantico dell’onore che Paolo pi
avanti evidenzierà nella lettera (Rm 9–11). Il vanto, anche se legittimo, pu
portare al disprezzo di chi non onorato, e tale disprezzo pu produrre gelosie
e divisioni. uesto il problema di fondo in 1 Cor 1,10–4,21. Analogamente
in Rm 11, Paolo riprende il vocabolario dell’onore per esortare i credenti Gen-
tili a evitare che la loro fierezza di sapersi innestati nella radice santa provochi
il loro disprezzo dei Giudei che sono stati “tagliati” per mancanza di fede:
“Non vantarti (katakaucw/) contro i rami Se ti vanti (katakauca/sai), ricordati
che non sei tu che porti la radice, ma e la radice che porta te” (11,18); “tu non
insuperbirti (u`yhla. fro,nei), ma abbi timore ” (11,20; cfr. 11,25).
Altre espressioni della salvezza. Oltre alle metafore studiate, prese dal
campo giuridico, politico e onorifico, Paolo evoca il mistero della salvezza in
Rm 5,1-11 con altre parole ed espressioni che, sebbene non siano molto svi-
luppate in senso metaforico, contribuiscono assai a evocare la nuova situazio-
ne dei credenti.
In primo luogo, ci riferiamo al termine sw|,zw in Rm 5,9 (“salvati dall’ira”)
e 5,10 (“saremo salvati mediante la sua vita”: 5,10). Il verbo era utilizzato
all’epoca per esprimere la liberazione da una situazione molto pericolosa per
la vita: un naufragio (cfr. At 27,30.31; Mt 8,25; 14,30; ecc.), una malattia gra-
ve (Mc 5,28; Mt 9,21, etc.) e così via47. Paolo usa il termine in Rm 5 come
metafora già lessicalizzata, convertita in concetto convenzionale, per fare rife-
rimento alla salvezza finale dall’ira divina (Rm 1,18; 2,5). Pi avanti riflette-
remo sul valore temporale dell’espressione.
In secondo luogo, ci soffermiamo su Rm 5,5: “Perche l’amore di Dio e sta-
to riversato (evkke,cutai) nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci e
stato dato”48. Paolo riferisce qui un motivo del perch la speranza non delude:
l’effusione dell’amore divino nel cuore dei credenti. Il verbo evkcu,nnw viene
usato in maniera analogica. Partendo dall’esperienza visuale dell’acqua, o di
qualche altro liquido, che riversata in abbondanza su una realtà49,
———————
47 Cfr. BDAG 982-983.
48 Il collegamento tra la fede (Rm 5,1), speranza (5,2.5) e amore (5,5) favorito dalla
memoria della prima catechesi cristiana su questa triade di virt (cfr. 1 Ts 1,3; 5,8; 1 Cor
13,13; Gal 5,5-6; Col 1,4-5; Eb 10,22-24; ecc.). Così PENNA, Romani, I, 428, n. 400.
49 MOO, Romans, 304, citando il Crisostomo, nota che il verbo possiede una sfu-
matura di sovrabbondanza e eccesso.

296
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

l’immagine sviluppa l’idea di un riversamento interiore e spirituale. Il colle-


gamento tra evkcu,nnw e l’effusione dello Spirito compare nel racconto di Pen-
tecoste (At 2,17-18, citando Gl 3,1-2 LXX; cfr. At 2,33; 10,45), e potrebbe
evocare l’esperienza battesimale dei credenti, giacch ambedue elementi si
ripetono in Tt 3,5-7 in questo senso: “... con un’acqua che rigenera e rinnova
nello Spirito Santo, che Dio ha effuso (exe,ceen) su di noi in abbondanza per
mezzo di Ges Cristo, salvatore nostro, affinch , giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna”50. Ma questa possibile
allusione all’esperienza battesimale compare qui elaborata metaforicamente.
L’acqua versata sul corpo del neofita, segno del dono dello Spirito Santo,
reinterpretata come un’effusione interna dell’amore di Dio (genitivo soggetti-
vo: l’amore con cui Dio ci ama; cfr. Rm 8,37) nell’intimo del cuore. Vedremo
pi avanti come quest’analogia aggiunge nuove sfumature alle metafore della
giustificazione, della riconciliazione e della glorificazione.
Ci soffermiamo, infine, su un’altra maniera di esprimere la salvezza che
appare in Rm 5,6-8: la morte di uno per l’altro. In questi versetti, Paolo vuol
spiegare51 fino a che punto sorprendente e inaudito l’amore di Dio, rifletten-
do sulla morte di Cristo, suo iglio. Sebbene lo studio della formula u`pe,r
genitivo (quattro volte in 5,6-8) supera i limiti di questa indagine52, notiamo
che qui Paolo la impiega — qualsiasi sia il suo sfondo e il suo significato pre-
ciso — confrontando la morte di Cristo con il topos classico della morte
dell’eroe per la famiglia, per l’amico, per la patria o per gli ideali53. L’imper-
———————
50 Così SC LIER, Romani, 258; e JEWETT, Romans, 356. WOLTER, Röm 1–8, I, 326,
mostra alcuni dubbi al riguardo. Un’altra possibilità sarebbe quella di interpretare
l’immagine a partire dal spargimento del sangue di Cristo. Nella tradizione sinottica il
verbo usato nei racconti dell’ultima cena (Mc 14,24). Così accenna PITTA, Romani,
224. Tuttavia, la menzione dello Spirito Santo in Rm 5,5 rende preferibile lo sfondo
battesimale.
51 Il ga,r di Rm 5,6 mostra che Rm 5,6-8 una expolitio di Rm 5,5.
52 ra tanti altri, cfr. C. BRE TENBAC , “The or Us’ Phrases in Pauline Soteriol-
og : Considering Their Bac ground and Use”, Salvation in the New Testament. Sote-
riological orensic Metaphors (ed. J. G. VAN DER WATT) (NT.S 121; Leiden – Bo-
ston, MA 2005) 172, 179 (163-185); e PULCINELLI, Morte di Gesù, 199-214.
53 Per quanto riguarda la morte per la famiglia, Euripide ci ha lasciato la storia di
Alceste che morì per salvare suo marito Admeto dal dio Apollo (cfr. il riferimento di
Platone, Banq. 179b); per quanto riguarda la morte per l’amico, cfr. Gv 15,13; Epitte-
to, Diss. 2.7.3; Seneca, Ep. 1.9.10; Luciano, Tox.6 37; ecc.; per quanto riguarda la
morte in favore del popolo, cfr. Aristotele, Et. Nic. 1169a18; o l’interpretazione che fa
Caifa della morte di Ges (Gv 11,50: “Non vi rendete conto che conveniente per voi
che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera ”); per
la patria, le tombe, il tempio o la città, cfr. Elio Aristide, Or. 46. Pi riferimenti in
PULCINELLI, Morte di Gesù, 63-68; e WOLTER, Röm 1-8, I, 331.

297
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

tinenza semantica dell’uso paolino si evince nel palesare che Cristo non
morto in favore di soggetti meritori, ma muore per gli empi (5,6) e i peccatori
(5,8). Ancora di pi , colui che dà la vita non uno qualunque, il “ iglio” di
Dio (5,10; cfr. 8,32). uesta rivelazione rompe ogni schema immaginabile.
Tale atto di gratuità somma conferma l’immensità dell’amore di Dio. La veri-
dicità della speranza quindi assicurata dalla testimonianza storica della mor-
te del iglio di Dio.
orse sarebbe possibile includere nel campo semantico della riconciliazio-
ne sia l’affermazione sull’amore di Dio (5,5) che i versetti sulla morte di Cri-
sto per gli empi (5,6-8). Infatti, Paolo ricapitola le due idee in 5,10 dicendo
che “essendo nemici” siamo stati riconciliati con Dio “per la morte del suo
iglio”. Nonostante ci , ho preferito separare questi due motivi per favorire la
chiarezza espositiva.

4. Sintassi delle meta ore


Dopo aver elencato le metafore salvifiche di Rm 5,1-11, studieremo la loro
“sintassi”: come si combinano e si completano a vicenda. Prima di affrontare
questo problema da ricordare che, come stato indicato nelle premesse me-
todologiche, lo scopo delle metafore non e delimitare, bensì scoprire nuove
possibilità di significato. La portata metaforica di Rm 5,1-11 cerca pi di am-
plificare e commuovere che di definire e puntualizzare. Pertanto, le connes-
sioni che cerchiamo assomiglieranno pi a pennellate libere e colorate della
pittura contemporanea, piuttosto che alle precise interconnessioni del disegno
tecnico. Vedremo, infatti, che le varie metafore s’incrociano e accavallano,
pur mantenendo delle imprecisioni e inesattezze. Per affrontare la questione
della sintassi delle metafore salvifiche, proponiamo sette assi di correlazioni.
Asse temporale. L’Apostolo combina nel testo riferimenti al passato, al
presente e al futuro. interessante evidenziare quale dimensione temporale
venga collegata con ogni singola metafora:
presente
passato (aoristi) futuro
(perfetto e presente)
- giustificati per fede (v.1)
giustificazione - giustificati nel suo san-
gue (v.9)
- siamo stati riconciliati - siamo in pace con Dio
(v.10) (v.1)
riconciliazione - ora che siamo riconci-
liati con Dio per mezzo
della morte del iglio
suo (v.10)

298
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

- grazie al quale ora ab-


biamo ricevuto la ri-
conciliazione (v.11)
- abbiamo l’accesso a
questa grazia nella qua-
le ci troviamo (cfr.
BD 341; v.2)
- ci vantiamo nella spe-
ranza della gloria di
gloria Dio (v.2)
- ci vantiamo anche nelle
tribolazioni (v.3)
- la speranza non delude
(v.5)
- ci vantiamo pure in Dio
(v.11)
- l’amore di Dio e stato
riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito
amore di Dio Santo che ci e stato dato
(aoristo; v.6)
- Dio dimostra il suo amo-
re verso di noi (v.8)
- Cristo morì per gli em-
morì per noi
pi per noi: v.6 v.8)
- saremo salvati dal-
l’ira (v.9)
salvezza
- saremo salvati median-
te la sua vita (v.10)

Paolo preferisce l’aoristo per la giustificazione e per la riconciliazione. Le


due metafore alludono a un evento passato accaduto “nel tempo stabilito” (kata.
kairo,n: 5,6)54: la morte di Cristo — anche in aoristo (avpe,qanen: 5,6.8) — per
noi, che nel passato eravamo deboli, empi e peccatori. Dio intervenuto nella

———————
54 La traduzione della CEI, interpreta kata. kairo,n come riferito al tempo escatolo-
gico prestabilito da Dio (cfr. Rm 3,26; 9,9; Gal 4,4; sempre con articolo) e allaccia il
sintagma alla frase seguente: “nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi”. Sebbene
questa lettura sia plausibile (così R.P. , “Reconciliation: Romans 5:1-11”, Romans
and the People of God. Essa s in honor of Gordon D. EE eds. S.K. SODERLUND –
N. T. WRIG T Grand Rapids, MI 1999 41), mi sembra pi adeguato non attribuire
troppo senso teologico all’espressione, ma ritenerla un semplice modo di dare enfasi
all’”ancora” previo, riallacciando il sintagma alla frase precedente: “quando eravamo
ancora deboli in quel tempo” (così MOO, Romans, 307).

299
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

storia, inaugurando così i tempi messianici. Ci voleva qui l’aoristo per la giu-
stificazione, dopo tutto ci che era stato detto in Rm 1,16–4,25, un’idea che
ora riconfigurata con la metafora di riconciliazione che, come vedremo, im-
plica nuove sfumature dell’evento salvifico catalogato finora come giustifica-
zione. Appare anche in aoristo il participio che accompagna lo Spirito Santo:
“per mezzo dello Spirito Santo che ci e stato dato (doqe,ntoj)” (5,5). Con que-
sto, Paolo dimostra che i nuovi tempi annunciati dai profeti, sono già arrivati,
poich uno dei loro segni era l’effusione dello Spirito di Dio55.
Invece, l’Apostolo ha preferito coniugare il verbo “salvare” in futuro
(swqhso,meqa: 5,9.10). uesti cosiddetti nuovi tempi, già iniziati, non hanno
ancora raggiunto la loro pienezza. Ancora manca qualcosa. Il credente ha tut-
tora la speranza nella gloria di Dio (5,2), che “futura”, secondo Rm 8,1856.
Così, essere stato giustificato non significa essere stato già salvato; ma, piut-
tosto, essere degno ed in via della salvezza piena57.
Infine, tra l’evento passato metaforizzato come giustificazione e riconcilia-
zione e il futuro della piena salvezza in cui si parteciperà alla gloria divina
(cfr. 8,21), c’ il vanto presente del credente, lieto sia nella speranza della glo-
ria futura che nelle tribolazioni presenti (5,2-3), saldo nella grazia in cui si
trova (5,2), convinto d’una speranza non deludente (5,5), e rassicurato
dall’amore che Dio gli dimostra (5,6.8). Paolo raduna così i tre tempi della
salvezza, accentuando il presente di una situazione onorevole, molto suggesti-
va per i suoi primi destinatari romani.
Tuttavia, la sintassi temporale non perfetta. Abbiamo già notato che le
intersezioni precise non sono proprie dell’analisi metaforica. Anche se
Paolo normalmente coerente nell’uso dei tempi verbali, a volte li cambia.
Ad esempio, sebbene il verbo sw|,zw solitamente appare al futuro (Rm
5,9.10; 9,27; 10,9.13; 11,14.26; cfr. 13,11), in 8,24 formulato in aoristo:
“Nella speranza infatti siamo stati salvati (evsw,qhmen)”. Penna interpreta
questo versetto come aoristo prolettico per sormontare la contraddizione58,
ma forse così svuota un po’ la forza di una dichiarazione che combina pa-
radossalmente il futuro della speranza e la certezza di ci che viene spera-
to. Anche il vocabolario della glorificazione, di solito in futuro (2,7.10;
5,2; 8,17.18.21), in 8,30 coniugato in aoristo: “ uelli che ha giustificato,
li ha anche glorificati (evdo,xasen)”. Ancora una volta i commentatori fanno
———————
55 Cfr. Is 34,15; 34,16; 44,3; Ez 11,19; 36,26-27; 37,4-14; Gl 2,28-32; citazioni in
DUNN, Romans 1–8, I, 253.
56 WOLTER, Röm 1–8, I, 339, mostra che la speranza nel testo collega il presente e

il futuro.
57 Così BARCLA , Paul and Gift, 377-378.
58 Cfr. PENNA, Romani, II, 187.

300
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

di questo un aoristo prolettico59. Ma proprio questa anomalia carica di for-


za l’affermazione finale del climax di 8,29-30, che celebra la fiducia
nell’attualità della pienezza futura60. Infine, il verbo dikaio,w, che di solito
appare all’aoristo per rilevare il fatto della giustificazione già accaduta
nell’evento di Cristo e ricevuta nell’oggi della fede (3,24.26.28; 4.2; ecc.),
coniugato al futuro in alcuni brani che manifestano la sua dimensione
escatologica (3,30; “unico e il Dio che giustifichera i circoncisi in virtu
della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede”; cfr. 2,13; 3,20; 5,19).
uest’ambiguità nell’impiego dei tempi non dovrebbe essere attribuita ad
una presunta incoerenza paolina. Non possiamo esigere una precisione
scolastica ad affermazioni pi metaforiche che sistematiche, pi persuasi-
ve che definitorie. Risulta pi opportuno riconoscere che Paolo sposta in
suo discorso dall’una all’altra estremità dell’asse temporale, a seconda del-
la sua intenzione persuasiva61.
Asse spaziale. Pur essendo meno chiara dell’asse temporale, Paolo usa an-
che l’asse spaziale per combinare ed integrare alcune metafore salvifiche di
Rm 5,1-11. Da un lato, in 5,1-2, si dice che la giustificazione per fede dona
non solo la pace con Dio, ma anche l’accesso alla grazia in cui vivono i cre-
denti. Si notino gli elementi spaziali: “acceso” (prosagwgh,), “trovarsi”
(i[sthmi) e le preposizioni con valore locativo “verso” (eivj) e “in” (evn), riferite
alla “grazia”. I giustificati, dunque, sono entrati in uno spazio o sfera di sal-
vezza in cui vivono62. Dall’altro, Paolo ubica nell’asse spaziale la metafora
dell’amore divino: “l’amore di Dio e stato riversato nei nostri cuori (5,5). Gli
elementi spaziali di quest’affermazione si trovano nell’aspetto dinamico del
verbo “riversare” (evkcu,nnw) e nella preposizione “in” (evn tai/j kardi,aij
h`mw/n)63, il che implica l’interiorità in cui l’amore stato riversato.
———————
59 Cfr. IT M ER, Romans, 526.
60 Commentando Rm 8,24.30, ROMANELLO, “ uturo dei credenti”, 236, afferma:
“Il futuro escatologico fondato sulle realtà di cui ora il credente beneficato, e non
aspettativa anonima di qualcosa di ignoto, bensì fiducia nel compimento di ci che
già ora appare come presente salvifico”.
61 Di conseguenza, DUNN, Romans 1–8, I, 268 afferma che “to insist that each term
( ustification reconciliation, salvation) must be sharpl distinguished from each other,
ould be pedantic, theologicall un ustified, and pastorall dangerous”.
62 Paolo utilizza spesso il verbo i[sthmi in senso locale con altri sostantivi astratti:
euvagge,lion (1 Cor 15,1); pi,stij (Rm 11,20; 1 Cor 16,13; 2 Cor 1,24); pneu/ma ( lp
2,17); ku,rioj ( lp 4,1; 1 Ts 3,8). Secondo DENT, I, 2060, l’uso paolino di i[sthmi si
avvicina al me,nw giovanneo.
63 L’Apostolo ha preferito evn a eivj per evidenziare che l’amore di Dio non solo
entrato, ma risiede nell’intimo dei giustificati.

301
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

La frase sull’amore di Dio completa la metafora della giustificazione e


quella dell’accesso alla grazia. Riguardo alla giustificazione, Rm 5,5 supera
la distinzione tra giustificante e giustificato. L’amore suggerisce la dimen-
sione di partecipazione che ospita l’esperienza di salvezza: l’amante penetra
nell’amato ed entra in comunione con lui64. ui giustificazione e partecipa-
zione sono integrate e rinforzate a vicenda. Per quello, la peroratio di Rm
8,31-39 ripete, insieme con la metafora forense, il lessico dell’amore per
confutare ogni sorta di separazione: “Chi ci separerà dell’amore di Cristo ”
(8,35); nessuna creatura “potrà mai separarci dall’amore di Dio, che in
Cristo Ges ” (8,39). Riguardo alla metafora sull’acceso alla grazia, l’affer-
mazione sul riversamento dell’amore di Dio aggiunge due significati a livel-
lo spaziale. In primo luogo, se in 5,2 era il credente chi entrava (o almeno
aveva accesso) alla sfera della grazia divina; ora, in 5,5, l’amore di Dio
che si riversa nel cuore del credente. La sintassi della salvezza, dunque,
comporta una compenetrazione vicendevole fra Dio e i credenti. In secondo
luogo, ci che detto in 5,5 rivela la priorità della salvezza divina: se il cre-
dente stato ammesso all’ambito divino, perch Dio aveva già penetrato
nelle profondità del suo cuore in virt del dono dello Spirito. L’iniziativa
assolutamente divina65.
Asse relazionale. Come si abbinano giustificazione e riconciliazione Si
riferiscono alla stessa realtà o la riconciliazione sostituisce la giustificazio-
ne66 uesta stata una delle domande pi classiche su Rm 5,1-11. La no-
stra analisi metaforica ci permette di scoprire nuove prospettive di risposta.
Abbiamo evinto che i due termini si riferiscono alla stessa realtà salvifica
(frame)67, mediante prospettive semantiche diverse (focus). Ciascuna offre

———————
64 PENNA, Romani, I, 429-430: “Il tema dell’agàpe invece sottintende una dimen-
sione partecipazionista, tendenzialmente mistica, in base alla quale l’amante e l’amato
condividono una medesima qualità, essendo del resto nella natura dell’amore l’unione
e anzi la fusione dei soggetti”.
65 T EISSEN, “Soteriological S mbolism”, 171, relaziona giustificazione e riconcil-
iazione anche con categorie spaziali: “The s mbolism of liberation and ustification is
thin ing in vertical categories: the human being is under’ sin; Christ is above’ other
po ers; the udge and the sinner are on absolutel different levels. But in the recon-
ciliation s mbolism e find images or relationship, on a horizontal level... the rela-
tionship bet een redeemer and redeemed is, for all that, the relationship bet een rec-
onciled enemies, not the relation of victor and vanquished”.
66 MARTIN, “Reconciliation”, 46: “Reconciliation is the concomitant of ustifica-

tion, bit it is a larger term”.


67 Così GRANADOS ROJAS, Teología de la reconciliación, 47: “No es e acto afir-
mar que la reconciliaci n toma el lugar de la ustificaci n; esta e presa, m s bien, la

302
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

diversi tratti dell’unico mistero salvifico. Paolo ha adoperato qua la metafo-


ra della riconciliazione perch utile per evidenziare le nuove relazioni tra
Dio e gli uomini. Se la giustificazione rivelava il cambiamento di status giu-
ridico dei credenti, la riconciliazione indica il cambiamento dei rapporti tra
Dio e i fedeli68. Dio non solo dichiara giusti i credenti, ma riabilita le sue re-
lazioni con loro, mutando da nemici ad amici che vivono in pace. La meta-
fora ellenistica di riconciliazione, dunque, ribadisce l idea veterotestamenta-
ria di alleanza tramite un vocabolario politico e diplomatico, suggestivo per
i destinatari romani.
Asse intenzionale. Un altro asse di relazione consiste nell’intenzione o desti-
nazione delle metafore: chi raggiunge la salvezza La novità del brano che la
maggior parte dei verbi sono coniugati in prima persona plurale (“siamo in pa-
ce... abbiamo l’accesso... ci troviamo... ci vantiamo...”). Poich questo “noi” in-
clusivo il soggetto di tutte le metafore, la nostra riflessione sull’asse intenzio-
nale non si concentra sulle differenze all interno di Rm 5,1-11, bensì sulla fun-
zione di questo passo nello sviluppo complessivo della lettera.
ino a Rm 4,22, Paolo dialoga in terza persona con un interlocutore (pi o
meno) fittizio. L’Apostolo ha cercato di convincerlo che Dio giustifica per fe-
de e non per le opere della Legge; e di conseguenza la giustificazione offerta
parimenti a Giudei e Gentili. Ora, in Rm 4,23-25 e 5,1-11, la prima plurale dei
verbi e dei possessivi indica un “noi” inclusivo che abbraccia, anzitutto, i cre-
denti di Roma, ma ha prospettive ancora maggiori.
A livello teologico, questo “noi” creazione divina, non paolina, grazie al-
la sua azione giustificatrice accolta per fede. Nonostante ci , a livello pragma-
tico, Paolo adopera la prima persona plurale con due obiettivi: (1) tralasciare
la divisione di Rm 1–4 tra circoncisi e incirconcisi e scommettere in favore di
una chiesa che rafforzi e ripristini i rapporti vicendevoli (cfr. Rm 14,1–15,13);
e (2) non solo unire i credenti di Roma fra di loro, ma anche stabilire un ponte
tra l’Apostolo e la comunità che egli stava per visitare69.
Infine, questo “noi” della salvezza punta a un orizzonte universale e co-
smico. Esso comprende i credenti di Roma, Paolo e il resto dei battezzati, ma
si propone anche di abbracciare l’Israele non credente (11,25) e, anzi, tutta la
creazione (8,18-39). Anche se non esplicitamente indicato in 5,1-11, ci sono
segnali indiretti che danno al lettore questa impressione. La progressione ar-
gomentativa della lettera ha abbracciato poco a poco pi destinatari (non solo

———————
misma realidad soteriol gica con categor as helen sticas, a adiendo un segundo nivel
de autoconsciencia”.
68 Così ALETTI, Justification by Faith, 37.
69 Così MCDONALD, “Romans 5.1-11”, 81-96.

303
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

quelli che commettono atti abominevoli, 1,18-32; anche quelli che li giudica-
no, 2,1-16; ecc.) per concludere che “Giudei e Greci, tutti sono sotto il domi-
nio del peccato” (3,9). Il peccato descritto qui (e in 5,12-21) come una for-
za cosmica personificata che entrata nel mondo attraverso Adamo (5,12: di’
e`no.j avnqrw,pou h` a`marti,a eivj to.n ko,smon ei,sh/lqen). Dio ha reagito a questa
situazione insormontabile per l’umanità con l’evento di Cristo, che ha giusti-
ficato e riconciliato con lui tutti i credenti. Il “noi” di Rm 5,1-11, quindi, vuo-
le comprendere tutti. In realtà, la dimensione universale che possedevano al-
cuni termini che sono apparsi lungo la lettera trasferita al loro uso in 5,1-11.
Per esempio, la stessa gloria di cui tutti sono stati privati dal peccato (3,23:
“tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”) la speranza in cui “noi
ci vantiamo” (5,1); o “l’ira di Dio (che) si rivela dal cielo contro ogni empietà
e ogni ingiustizia” e quella da cui “noi saremo salvati per mezzo di Cristo”
(5,9). In quest’asse intenzionale, il noi vuol diventare un tutti, che abbracci
non solo gli uomini ma anche il creato (cfr. 8,18-30). L’intenzione divina con-
siste nell’unione di antropologia, ecclesiologia, pneumatologia, cosmologia e
teologia: Dio “tutto in tutti” (1 Cor 15,28)70.
Asse modale. Ci riferiamo ora alle modalità dell’agire salvifico. I verbi
della giustificazione, la riconciliazione, la salvezza e l’effusione dell’a-
more di Dio sono tutti coniugati nella voce passiva, per sottolineare che
Dio e non l’uomo, ad operare la salvezza. Tali voci passive sono completa-
te dalla mediazione di Cristo (5,2.11: “per mezzo del Signore nostro Ges
Cristo”71) e dall’expolitio cristologica di 5,6-8. Così Paolo insiste da un la-
to sulla totale assenza di merito umano. La giustificazione accade quando
eravamo deboli, empi, peccatori e nemici. E dall’altro lato pone l’accento
sulla rarità e incongruenza dei modi divini, in virt del paragone umano di
5,7: “Ora, a stento qualcuno e disposto a morire per un giusto; forse qual-
cuno oserebbe morire per una persona buona”72. Come abbiamo visto, que-
sta decisione divina insolita e diversa dei soliti modi culturali coevi. Ad
esempio, Seneca diceva che se una persona era degna, l’avrebbe difesa an-
———————
70 Così JEWETT, Romans, 349; e U. SC NELLE, “Die Gegen art des eils im Lich-
te seiner u unf. R m 5,1-11 als Grundsatz- und Transferpassage”, Colloquium
Oecumenicum Paulinum (Sep 2016) 11.19.
71 Secondo GRANADOS ROJAS, Teología de la reconciliación, 46, la voce passiva

rileva “la mediaci n de la muerte de Cristo en la acci n salv fica”.


72 BARCLA , Paul and Gift, 479 n. 75: “It seems important for this discourse that
the gift is figured in human terms, as the death of Christ, even if it is also, at the same
time, this gift of God (8,32...). That a human should given his life for the orthless is
a much more stri ing contradiction of norms than that God should distribute largesse
to good and bad ali e”.

304
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

che con la vita, ma se non lo fosse stata, l’avrebbe aiutata, ma non a un ta-
le costo73. Tutte le metafore salvifiche di Rm 5,1-11 sono attraversate dal
profumo dell’insolito.
Asse cristologico. uesta riflessione ci porta a un altro asse con cui
l’Apostolo combina le metafore di Rm 5,1-11: l’asse cristologica. Notiamo che
le metafore della giustificazione e della riconciliazione sono legate alla morte
(“giustificati nel suo sangue”: 5,9; cfr. 3,25; “siamo stati riconciliati con Dio per
mezzo della morte del iglio suo”: 5,10), ebbene la salvezza paragonata alla
vita del risorto (“saremo salvati mediante la sua vita”: 5,10). ueste associazio-
ni si basano sull’asse del tempo: da quando Paolo ha ribadito che la giustifica-
zione-riconciliazione era un fatto passato, logico che sia in relazione con la
morte di Cristo, anch’essa passata (5,6-8). Invece, poich la salvezza escatolo-
gica ancora futura, viene legata alla vita del risorto, sempre attuale. Il riferi-
mento alla “vita” di Ges allude certamente alla sua risurrezione — evento, an-
che se accaduto nel passato, sempre futuro, perch si riferisce all’avvenire esca-
tologico —, ma anche alla sua vita attuale come risorto74, della quale già parte-
cipano i battezzati (cfr. 5,17.18.21; 6,4, ecc.; 2 Cor 4,10).
La “sintassi” pasquale di queste metafore in Rm 5,1-11 non d’accordo,
per , con il brano precedente (4,23-25), in cui la giustificazione stata asso-
ciata non con la morte, bensì con la risurrezione di Cristo: “Il quale e stato
consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed e stato risuscitato per la
nostra giustificazione” (4,25). Potremmo dire, con i commentatori, che i due
momenti principali del mistero pasquale (morte e risurrezione) un tutto in-
tercambiabile a livello soteriologico. Tuttavia, questa già una sistematizza-
zione teologica. Anche in questo caso, si pu concludere che le metafore pao-
line si succedono in modo vivace, senza inseguire una minuziosità che ne li-
miterebbe la forza evocativa.
Asse retorico. Identifichiamo un ultimo asse che collega le diverse metafore
salvifiche: l’amplificazione retorica. Paolo utilizza in questo brano diversi pro-
cedimenti retorici tipici del linguaggio amplificatorio75: il bello climax o grada-
tio di 5,3-5 sotto forma di sorite (tribolazione pazienza virt provata spe-
ranza)76; le correctiones di 5,3 e 5,11 (“non solo, ma”)77; i successivi a fortiori
———————
73 Seneca, Ben. 1.10.5; cfr. ilone, Spec., 3.154-155. Prendo le citazioni da BAR-
CLA , Paul and Gift, 478.
74 Così SC LIER, Romani, 268.
75 Cfr. D. ELL OLM, “Stil ritische Bemer ungen zu R m 5,1-11”, Paulus – Werk

und Wirkung. S A. Lindemann (ed. P.-G. KLUMBIES – D.S. DU TOIT) (T bingen


2013) 177-194.
76 Cfr. BD 493.3; cf. Rm 8,29-30; 10,14-15; Gc 1,15; etc.

305
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

del tipo a minori ad maius: ci vantiamo non solo nella speranza, ma anche nelle
tribolazioni (5,2-3); dare la vita non solo per i giusti, anzi, morire per i peccatori
(5,7-8); la giustificazione e la riconciliazione già riuscite puntano alla salvezza
futura (5,9-11) 78; e, infine, la congeries o l’accumulazione di termini o frasi si-
nonime, in questo caso la somma delle metafore sulla salvezza79.
uesti procedimenti retorici pervadono il testo di un tono affettivo ed en-
fatico, proprio dell’amplificatio, che contribuisce notevolmente a trasmettere
l’esperienza positiva della salvezza80. Inoltre, la formulazione in a minori ad
maius (dal minore al maggiore; qal wahomer, secondo la nomenclatura rabbi-
nica) di 5,9-11 funziona come asse retorico che unisce le nozioni di giustifica-
zione, riconciliazione, salvezza e vanto. uest’andamento retorico mette a
confronto due realtà, mostrando che alla verità della premessa minore segue
logicamente quella della maggiore. In questo caso, la premessa minore che i
credenti sono stati giustificati nel sangue di Cristo e riconciliati per la sua
morte. uesta convinzione assunta dall’ascoltatore come veritiera perch
viene affermata in 5,1 — riprendendo 3,21-26 —, ed illustrata in 5,6-8 con
l’idea della morte di Cristo per noi. Allora, la conclusione maggiore che si de-
duce la salvezza futura dall’ira divina nell’ultimo giorno81.
———————
77 uintiliano dice che l’effetto dell’amplificatio maggiore quando c’ un contra-
sto (non enim ... sed... 8.4.2), un altro elemento che si verifica nel testo (Rm 5,3.11).
78 Secondo uintiliano, Inst. 8.4.3-9; 8.4.12, l’incrementum un procedimento
proprio dell’amplificatio che procede dal basso verso l’alto (in superiora tendit:
8.4.9), ci che precisamente fa Paolo in Rm 5,9-11. Inoltre, Rm 5,6-8 pu essere in-
terpretato come comparatio e come ratiocinatio, altri due procedimenti tipici
dell’amplificatio, secondo uintiliano (8.4.9-14 e 8.4.15-26, rispettivamente). Si trat-
ta di una comparatio tra il caso ipotetico che qualcuno avrebbe sacrificato la sua vita
per un uomo giusto e il caso insolito di chi l’ha dato per un peccatore. Ed ratiocina-
tio perch riflette sulle circostanze che amplificano il caso (morire per gli empi!). Ad-
dirittura uno dei loci che uintiliano enuncia simile a quello paolino: la descrizione
dei grandi sacrifici fatti per ottenere l’oggetto desiderato, nel suo esempio, la bellezza
di Elena valsa la guerra di Troia (8.4.21-22). In Rm 5,6-8, invece, la giustificazione
degli empi fu il paradossale prezzo della morte del iglio di Dio.
79 Cfr. uintiliano, Inst. 8.4.26-27.
80 In questo senso, afferma WRIG T, Faithfulness of God, III, 886, a proposito di
Rm 5,1-11: “Their rhetorical function is to invite the hearers to gratitude, celebration
and orship”.
81 In Rm 5,9-11, Paolo non fa alcun riferimento alla responsabilità dei giustificati
riguardo alla loro salvezza futura che, come detto da IT M ER, Romans, 400, qui
sembra “garantita”. In Rm 5,1-11, Paolo vuole soltanto affermare e annunciare. Egli
evidenzierà le implicazioni etiche della nuova condizione dei giustificati a partire da
Rm 6. Tuttavia, indirettamente, l’Apostolo potrebbe correggere i romani in questo
brano, alla luce di quanto detto in Rm 14,1–15,13. Così JEWETT, Romans, 364: “The

306
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

M. Wolter ha preferito interpretare il passo come un ad maiore ad minus


(dal maggiore al minore), perch la giustificazione degli empi e la riconcilia-
zione dei nemici rappresenterebbero, secondo lui, l’evento pi difficile o
maggiore. Se Dio ha operato in questo modo nel passato, quelli già riconciliati
possono sperare con fiducia la loro salvezza futura, ci che rappresenterebbe
l’inferenza minore82. Tuttavia, la formulazione sintattica (pollw|/ ma/llon
verbo finito) favorisce la formulazione a minore ad maius83, che del resto
logica, dal momento che ci che i battezzati non hanno ancora, e quindi pi
desiderabile e difficile, la salvezza dall’ira nel giudizio finale.
Paolo aggiunge un elemento supplementare in questa correlazione: “Non
solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesu Cristo”
(5,11). Se la formulazione ad minore ad maius ha proceduto dal passato del-
la giustificazione-riconciliazione al futuro della salvezza, Paolo culmina il
crescendo — “non solo (saremo salvati) ma ci gloriamo...” — con il presen-
te d’una esistenza fiduciosa che implica il vanto attuale in Dio per mezzo
del Cristo. uest’onore presente in Dio, a cui si accede per fede, si oppone
al vanto del Giudeo (2,17: “se tu ti chiami Giudeo... metti il tuo vanto in
Dio...”) 84. Superato il vanto che divideva Gentili e Giudei (cfr. 3,27), en-
trambi ora possono gloriarsi in Dio e riconoscersi scelti in virt della fede.
In conclusione, l’asse retorico — associata a quelle temporale e cristologi-
ca — descrive un’esistenza dignitosa nel presente, già non basata sul privi-
legio della Legge, ma sulla fede nella riconciliazione passata e sulla speran-
za della salvezza futura.

5. onclusioni
In Rm 5,1-11, Paolo ha abbondato nel suo annuncio evangelico di salvez-
za, riprendendo ci che era stato detto in Rm 3,21-36, e rilanciando un’argo-
mentazione che culmina nella splendida peroratio di Rm 8,31-39. ui, in 5,1-
11, l’Apostolo ha impiegato diverse metafore tratte da vari campi semantici (il
tribunale, i rapporti sociali e diplomatici, il mondo dell’onore, ecc.) per mo-
———————
problem no lies... in Christian groups’ damning one another because of disagree-
ments over liturg and ethics and the outcome of divine rath. In this situation Paul
finds it necessar to insist that measuring up to societal standards ill be irrelevant at
the last udgment... Paul is urging the Roman Christians to be prepared to sa at the
last udgment, We are unprofitable servants’ (Lu e 17:10) and cast ourselves entirel
upon our merc ”.
82 Cos WOLTER, Röm 5,1-11, 179-180; MOO, Romans, 309-310; e PITTA, Romani,

227.
83 Cos JEWETT, Romans, 363, con molti altri.
84 Cfr. WOLTER, Röm 1–8, I, 337.

307
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

strare le variegate sfumature del mistero della salvezza. La molteplicità di me-


tafore serve a rilevare la ricchezza del concetto immaginato.
da notare che queste metafore non erano proprie del linguaggio cul-
tuale o religioso del tempo85; Paolo utilizz , piuttosto, immagini di tutti i
giorni per esprimere il suo messaggio di salvezza. Egli si rivela, in questo
senso, come un buon pensatore perch in grado di combinare in modo
molto suggestivo tradizioni che prima non erano connesse tra di loro. uel-
lo che emerge nell’uso paolino di queste metafore la sua tendenza a rile-
varne i tratti pi sorprendenti ed insoliti: essere giustificati senza merito,
essere riconciliati grazie alla decisione libera della parte lesa, vantarsi in
mezzo alle tribolazioni, morire per gli empi... ueste cosiddette imperti-
nenze semantiche sono abilmente sfruttate dall’Apostolo per sottolineare la
novità del suo vangelo.
Anche se la tradizione ermeneutica successiva ha ricevuto queste metafore
— già in via di diventare convenzionali nel linguaggio dei primi cristiani —
come nozioni soteriologiche (giustificazione, riconciliazione, glorificazione,
ecc.), pi o meno fisse, i primi destinatari romani avranno dovuto riceverle
come affermazioni vivaci della polisemia della salvezza, e avranno notato do-
vuto notare con sorpresa le loro impertinenze semantiche. Insomma, il tono
solenne e amplificatorio del brano rivela che la gioia escatologica, annunciata
come giustificazione e riconciliazione, e attesa come salvezza e gloria, sfugge
i contorni precisi delle definizioni, e favorisce il linguaggio evocativo delle
metafore per puntare al magis della beatitudine futura.

i lio ra ia

ALETTI, J.-N., “Sagesse et m st re chez Paul. R fle ions sur le rapprochement de


deu champs le icographiques”, La sagesse biblique de l’Ancien au Nouveau
Testament (ed. J. TROUBLET) (LeDiv 160; 1995) 357-384.
——, La lettera ai Romani e la Giustizia di Dio (Roma 1997).
——, Justification by Faith in the Letters of Saint Paul. Ke s to Interpretation
(AnBib Studia 5; Roma 2015).
BARCLA , J.M.G., Paul and the Gift (Grand Rapids, MI – Cambridge 2015).
BLACK, M., “Metaphor”, Proceedings of the Aristotelian Society 55 (1954) 273-294.
BRE TENBAC , C., Versöhnung. Eine Studie zur paulinischen Soteriologie (WMANT
60; Neu irchen – Vlu n 1989).
———————
85 PENNA, Romani, I, 434: “La morte di Cristo, cio , viene sostanzialmente consi-
derata come un evento profano, bench fortemente caratterizzata da una destinazione
soteriologica in favore di chi era lontano malvagio (cf. Ef 2,13)”.

308
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

BRE TENBAC , C., “Salvation of the Reconciled (With a Note on the Bac ground of
Paul’s Metaphor of Reconciliation)”, Salvation in the New Testament. Soterio-
logical orensic Metaphors (ed. J.G. VAN DER WATT) (NT.S 121; Leiden –
Boston, MA 2005) 271-286.
——, “The or Us’ Phrases in Pauline Soteriolog : Considering Their Bac ground
and Use”, Salvation in the New Testament. Soteriological orensic Metaphors
(ed. J.G. VAN DER WATT) (NT.S 121; Leiden – Boston, MA 2005) 163-185.
DU TOIT, A.B., “Soteriological orensic Metaphors in Romans and their Soteriologi-
cal Significance”, Salvation in the New Testament. Soteriological orensic
Metaphors (ed. J.G. VAN DER WATT) (NT.S 121; Leiden – Boston, MA 2005)
213-246.
DUNN, J.D.G., Romans 1–8 (WBC 38a; Dallas, TX 1988) I.
ELLIOTT, N., The Rhetoric of Romans. Argumentative Constraint and Strateg and
Paul’s Dialogue ith Judaism (JSNT.S 45; Sheffield 1990).
IT GERALD, J.T., “Paul and Paradigm Shifts: Reconciliation and its Lin age Group”,
Paul Beyond the Judaism Hellenism Divide (ed. T. ENGBERG-PEDERSEN) (Lou-
isville, K 2001) 241-325.
IT M ER, J.A., Romans. A Ne Translation ith Introduction and Commentar
(Ne or 1993).
RE , J., “The Use of do,xa in Paul and John as Shaped b the Septuagint”, The Recep-
tion of Septuagint Words in Jewish-Hellenistic and Christian Literature (ed. E.
BONS – R. BRUCKER – J. JOOSTEN) (WUNT II 367; T bingen 2014) 85-104.
GAT ERCOLE, S. J., Where Is Boasting? Earl Je ish Soteriolog and Paul’s Re-
sponse in Romans 1–5 (Grand Rapids, MI 2002).
GIGNAC, A., “Pour renouveler la lecture de Rm 3,21-26. Po tique du discours”, Col-
loquium Oecumenicum Paulinum (Saint-Paul-hors-les-murs 2016).
GRANADOS ROJAS, J. M., La teología de la reconciliación en las cartas de san Pablo
(Estella 2016).
GUPTA, N.K., “To ards a Set of Principles for Identif ing and Interpreting Metaphors
in Paul: Romans 5:2 (prosagōg ) as a Test Case”, ResQ 51 (2009) 169-181.
ARRISON, J. R., Paul’s Language of Grace in its Graeco-Roman Context (WUNT
II 172; T bingen 2003).
ELL OLM, D., “Stil ritische Bemer ungen zu R m 5,1-11”, Paulus – Werk und
Wirkung. S A. LINDEMANN (eds. P.-G. KLUMBIES – D.S. DU TOIT) (T bingen
2013) 177-194.
JEWETT, R., Romans. A Commentar ( ermeneia; Minneapolis, MN 2007).
LAKO , G. – JO NSON, M., Metaphors We Live By (Chicago 1980).
LAMBREC T, J., “ Wh is Boasting E cluded ’. A note on Rm 3,27 and 4,2”, EThL
61 (1985) 365-365.
LENDON, J. E., Empire of Honour. The Art of Government in the Roman World (O -
ford 1997).

309
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI

LOUW, J.P. – NIDA, E., Greek-English Lexicon of the New Testament based on se-
mantic domains (Ne or , N 1988) I-II.
MALINA, B.J. – NE RE , J. ., “ onor and Shame: Pivotal Values of the Mediterra-
nean World”, The Social World of Luke-Acts. Models of Interpretation (ed. J. .
NE RE ) (Peabod , MA 1991) 25-56.
MAN, L. . ., “The Te tual Significance of Corrected Readings in the Evaluation of
the E ternal Evidence: Romans 5,1 as a Test Case”, ZNW 2017 (2016) 70-93.
MARTIN, R.P., “Reconciliation: Romans 5:1-11”, Romans and the People of God. Es-
sa s in honor of Gordon D. ee (ed. S.K. SODERLUND – N.T. WRIG T) (Grand
Rapids, MI 1999) 36-48.
MCDONALD, P.M., “Romans 5.1-11 as a Rhetorical Bridge”, JSNT 40 (1980) 81-96.
MOO, D.J., The Epistle to the Romans (Grand Rapids, MI – Cambridge 1996).
MOXNES, ., “ onor and Shame: A Reader’s Guide”, BTB 23 (1993) 167-176.
ORIGENE, Commento alla Lettera ai Romani I. Libri I-IV (ed. . COCC INI) (Opere di
Origene XIV I; Roma 2014).
PENNA, R., Lettera ai Romani. I: Rm 1–5; II: Rm 6–11 (SOrC 6; Bologna 2004, 2007).
PEREIRA–DELGADO, Á., “Pablo como paradigma de la gracia divina”, Isidorianum 36
(2009) 21-53.
PIPER, J., The Future of Justification. A Response to N.T. Wright (Wheaton, IL 2007)
PITTA, A., Lettera ai Romani (LBNT 6; Milano 2001).
PORTER, S.E., Katallassō in Ancient Greek Literature, with Reference to the Pauline
Writings (Estudios de ilolog a Neotestamentaria 5; C rdoba 1994).
PROT RO, J.B., “The Strange Case of dikaio,w in the Septuagint and Paul: The Oddit
and Origins of Paul’s Tal of Justification’”, ZNW 107 (2016) 48-69.
PULCINELLI, G., La morte di Gesù come espiazione. La concezione paolina (Studi sul-
la Bibbia e il suo ambiente; Cinisello Balsamo 2007).
RICOEUR, P., La metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rive-
lazione (Di fronte ed attraverso 69; Milano 1981).
ROMANELLO, S., “La condizione e il futuro dei credenti: lo sguardo di Rm 5,1-11”,
Nuovo Testamento. Teologie in dialogo culturale (ed. N. CIOLA – G. PULCI-
NELLI) (SRivBib 50; Bologna 2008) 233-247.
SC LIER, ., La lettera ai Romani (CTNT Paideia 6; Brescia 1982).
SC NELLE, U., “Die Gegen art des eils im Lichte seiner u unf. R m 5,1-11 als
Grundsatz- und Transferpassage”, Colloquium Oecumenicum Paulinum (Sep
2016)
T EISSEN, G., “Soteriological S mbolism in the Pauline Writings. A Structuralist
Contribution”, Social Reality and the Early Christians. Theolog , Ethics, and
the World of NT (Minneapolis, MN 1992) 159-186.
VAN DER WATT, J.G. (ed.), Salvation in the New Testament. Perspectives on Soteriol-
og (NT.S 121; Leiden – Boston, MA 2005).

310
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11

WILCKENS, U., La carta a los romanos. I: Rom 1-5 (BEB 61; Salamanca 21997).
WOLTER, M., Rechtfertigung und zukünftiges Heil. Untersuchungen zu R m 5,1-11
(B NW 43; Berlin 1978).
——, Der Brief an die Römer. Teilband 1: R m 1-8 (EKK 6 1; Neu irchen – Vlu n –
Ostfildern 2014).
WRIG T, N.T., Paul and the Faithfulness of God (Christian Origins and the uestion
of God 4; Minneapolis, MN 2013) II.

311

Potrebbero piacerti anche