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-FUUFSFBJ(BMBUJFBJ3PNBOJ
Seminario per gli studiosi
di Sacra Scrittura
Roma
2- gennaio 201
Questo lavoro è stato realizzato con l’aiuto del Centro Spagnolo di Studi
Ecclesiastici annesso alla Chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli
in Roma nell’ambito del progetto di ricerca relativo al corso 2016-2017
Sintassi della salvezza in Rm 5,1-11
Álvaro Pereira Delgado
Università di Siviglia
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EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
2. remesse metodolo ic e
Abbiamo utilizzato la categoria di “metafora” per le affermazioni paoline
sulla salvezza in Rm 5,1-11. uando usiamo questo termine non intendiamo
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3 Cos . SC LIER, La lettera ai Romani (CTNT Paideia 6; Brescia 1982) 238-240;
D. J. MOO, The Epistle to the Romans (Grand Rapids, MI – Cambridge 1996) 290-293;
J. A. IT M ER, Romans. A Ne Translation ith Introduction and Commentar (Ne
or 1993) 97-98; J.-N. ALETTI, La lettera ai Romani e la Giustizia di Dio (Roma
1997) 32-44. Secondo S. ROMANELLO, “La condizione e il futuro dei credenti: lo sguar-
do di Rm 5,1-11”, Nuovo Testamento. Teologie in dialogo culturale (ed. N. CIOLA – G.
PULCINELLI) (SRivBib 50; Bologna 2008) 234, il passo funziona come exordium di Rm
5–8. Alcuni motivi che si riprendono sono: lo Spirito all’interno del credente in Rm 5,5,
idea ampiamente sviluppata in Rm 8; i riferimenti alla speranza (5,2.4-5; 8,20.24.25) e
all’amore di Dio (5,5.8; 8,35.39). Riappaiono anche molte parole: avpoqnh|,skw (5,6-8.15;
8,13.24); qa,natoj (5,10; 8,2.6.38); e zwh, (5,10; 8,2.6. 10.38); sw|,zw (5,9-10; 8,24); do,xa
(5,2; 8,18.21.30); ecc. In generale, sia Rm 5,1-11 sia Rm 8,18-39 puntano verso il futuro
escatologico della salvezza finale.
4 Diverse immagini sono state utilizzate per illustrare questa funzione. Secondo P. M.
MCDONALD, “Romans 5.1-11 as a Rhetorical Bridge”, JSNT 40 (1980) 83: “Rm 5.1-11 is
a theological bridge in the sense that this pericope ta es up and develops ideas found ear-
lier and la s the foundation for hat follo s”; secondo N. ELLIOTT, The Rhetoric of Ro-
mans. Argumentative Constraint and Strateg and Paul’s Dialogue ith Judaism (JSNT.S
45; Sheffield 1990) 226: “Romans 5 is the pivot on hich the letter’s argument turns”; e
secondo PENNA, Romani, I, 415, una “piattaforma ferroviaria, che si pu far ruotare per
agganciare indifferentemente il vagone da essa sorretto a un treno o a un altro”.
5 Seguo qui le proposte della conferenza di A. GIGNAC, “Pour renouveler la lecture
de Rm 3,21-26. Po tique du discours”, Colloquium Oecumenicum Paulinum (Saint-
Paul-hors-les-murs 2016).
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una figura retorica che abbellisce il discorso (tropologia). Non stiamo dicen-
do, cio , che Paolo abbia formulato in modo figurato e decorativo ci che po-
teva esprimere, pi semplicemente, in modo letterale6. Impieghiamo, piutto-
sto, la categoria “metafora” in un senso pi ampio, per designare un processo
del linguaggio e del pensiero che provoca un incremento cognitivo e che, per-
tanto, non riducibile alla corrispettiva espressione letterale. uesta imposta-
zione di fondo ci permette di capire le opportunità e le sfumature del linguag-
gio analogico utilizzato da Rm 5,1-117. Senza pretesa di sistematicità, propo-
niamo a continuazione alcuni particolari che ci saranno utili.
La metafora nasce dell’interazione fra due sfere di significato in tensio-
ne. In questo rapporto d’analogia, si distingue un polo metaforizzante (fo-
cus) e uno metaforizzato (frame)8. Ad esempio, nell’affermazione “siete
tempio di Dio” (1 Cor 3,16), il sintagma “tempio di Dio” il focus che vuol
trasferire le sfumature di sacralità e unità alla comunità dei corinzi, il frame.
Da un lato, il focus distante dal frame, per cui provoca un conflitto di si-
gnificati, un’impertinenza semantica che il lettore o auditore deve risolvere
— i corinzi sono persone, non un edificio —. uesta la sfida, creatrice di
senso, che propone la metafora. Cercheremo di identificare in ogni caso le
impertinenze semantiche delle metafore salvifiche di Rm 5,1-119. Dall’altro,
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6 J.M. GRANADOS ROJAS, La teología de la reconciliación en las cartas de san Pa-
blo (Estella 2016) 44-45, si rifiuta di comprendere la giustificazione e la riconcilia-
zione come metafore. Secondo lui, “la l gica del argumento paulino en los primeros
cap tulos busca... demostrar que la ustificaci n es una realidad m s concreta que una
met fora” (p. 45). Sono d’accordo con quest’affermazione, se s’impiega una defini-
zione tropologica di metafora. Tuttavia, nel nostro studio cerchiamo d’utilizzare
un’idea diversa di metafora, pi cognitiva e concettuale, forse l’unico modo —
potremmo dire — di mettere in parole l’ineffabile mistero della salvezza. La metafora
non soltanto un abbellimento del discorso, qualcosa d’inerente a come pensiamo e
comprendiamo il mondo. Abbiamo scelto questa via esegetica perch ci permetterà di
notare le impertinenze semantiche che potrebbero aver attirato l’attenzione dai primi
destinatari, i limiti delle affermazioni paoline e altri fenomeni interessanti che concor-
rono in Rm 5,1-11.
7 Ci riferiamo, fra gli altri, agli studi di P. RICOEUR, La metafora viva. Dalla retori-
ca alla poetica: per un linguaggio di rivelazione (Di fronte ed attraverso 69; Milano
1981); e di G. LAKO – M. JO NSON, Metaphors We Live By (Chicago 1980).
8 Prendo la terminologia di M. BLACK, “Metaphor”, Proceedings of the Aristote-
lian Society 55 (1954) 273-294.
9 Bisogna distinguere le impertinenze semantiche, profondamente significative,
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del campo semantico originario (cf. il commercio, la compravendita di schiavi,
l’ambito forense, ecc.) per il loro carattere metaforico esse non vanno trasposte nel
contesto attuale cercando la corrispondenza piena di ogni loro aspetto (ad es. fa-
cendosi la domanda, nel caso del riscatto, a chi va pagato ’, ecc.), ma va indivi-
duato l’aspetto centrale della comparazione implicita nella metafora (ad es. nel ca-
so dell’espiazione al centro dell’attenzione non chi ha offeso o chi stato offeso,
ma il perdono e la remissione)”.
10 Rispetto di 1 Cor 1–2, J.-N. ALETTI, “Sagesse et m st re chez Paul. R fle ions
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11 G. T EISSEN, “Soteriological S mbolism in the Pauline Writings. A Structuralist
Contribution”, Social Reality and the Early Christians. Theolog , Ethics, and the
World of NT (Minneapolis, MN 1992) 159: “We can therefore call his Paul’s sote-
riolog s mbolic. It is s mbolic in a quite fundamental sense, for it resists an ind of
translation into nonmetaphorical language. Salvation is not described e cept in trans-
ferred images, nor do these images fade into concepts out of hich all metaphorical
content has been evacuated b reflection and usage”.
12 Il termine “salvezza” già di per s una metafora. Infatti, N.T. WRIG T, Paul
and the Faithfulness of God (Christian Origins and the uestion of God 4; Minneapo-
lis, MN 2013) II, 927, nota che non si dovrebbero leggere come sinonimi “giustifica-
zione” e “salvezza”. In Rm 5,1-11, la giustificazione un evento passato e la salvez-
za, futuro; l’una evoca la salvezza di un pericolo grave, e l’altra l’assoluzione in tri-
bunale. Tuttavia, poich abbiamo bisogno di un vocabolo per esprimere il frame della
metafora, preferiamo il termine “salvezza”, perch la categoria pi usuale nella teo-
logia posteriore.
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rense, le affermazioni “giustificati per fede” (5,1) e “giustificati nel suo san-
gue” (5,9) denotano l’assoluzione dei destinatari, il verdetto positivo di Dio
per cui peccatori ed empi17 (cfr. 5,6-8) sono stati favorevolmente riconosciuti
come giusti da parte di Dio18. Paolo impiega questo vocabolario giudiziario a
causa del problema con i giudaizzanti, che lo insegue negli ultimi anni del suo
ministero apostolico. Come dice Aletti, “it is the connection to the La and
from there to Judaism as a salvific regime that e plains the presence of uridi-
cal vocabular in these first chapters of Romans”19.
Il termine dikaio,w fu probabilmente sentito dai suoi primi destinatari ro-
mani — anche se Paolo l’utilizz partendo dalle sue risonanze bibliche — in
associazione con le esperienze quotidiane dei loro giudizi in tribunale. Ci in-
terroghiamo, dunque, sulle impertinenze semantiche delle dichiarazioni paoli-
ne in confronto con questo sfondo giudiziario. La metafora forense di 5,1.9
suonerebbe innovativa per almeno cinque fattori.
In primo luogo, fuorch in alcuni passi della Settanta e della letteratura in-
tertestamentaria, il verbo dikaio,w con oggetto personale stato sempre usato
nel greco comune per significare un’azione negativa nei confronti dell’impu-
tato (“punire”, “condannare”, ecc.)20. Paolo, invece, utilizza il verbo in senso
positivo: Dio esercita la sua giustizia non condannando, ma giustificando.
uest’uso dovette sorprendere i primi ascoltatori romani.
In secondo luogo, il disegno divino annunciato dall’Apostolo non rispetta
la solita procedura legale: pur essendo chiaramente colpevoli (1,18–3,20) e
destinati all’ira (5,9; cfr. 1,18; 2,5.8; 3,5; 4,15; 9,22), gli imputati sono stati
inaspettatamente assolti (3,21-26). Nonostante ci , l’imparzialità divina sta-
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17 Il lessico dell’”empietà” (1,18; 4,5; 5,6) potrebbe appartenere al campo semanti-
co forense come trasgressione dello ius sacrum. Cfr. DU TOIT, “Soteriological oren-
sic Metaphors”, 229-230.
18 in discussione se il verbo dikaio,w abbia un valore meramente dichiarativo (ri-
conoscere qualcuno come giusto) o anche fattitivo (rettificare la sua malvagità e farlo
giusto). Cfr. la discussione in J.-N. ALETTI, Justification by Faith in the Letters of
Saint Paul. Ke s to Interpretation (AnBib Studia 5; Roma 2015) 20-27. A mio parere,
nel verbo alberga solo un senso dichiarativo, ma in virt della connessione contestua-
le con altre metafore salvifiche, assume anche il senso fattitivo. Mi sembra anche
convincente la risposta di J.M.G. BARCLA , Paul and the Gift (Grand Rapids, MI –
Cambridge 2015) 378 n. 73: “The verb does not change in meaning from consider
righteous’ to ma e righteous’; it applies to people ho have been alread changed”.
19 ALETTI, Justification By Faith, 144.
20 Nel greco comune, “in udicial conte ts, the verb as not used of persons receiv-
ing the benefit of ustice, but onl of one ho ould be punished. It is paralleled ith
qanato,w( kola,zw( katakri,nw( katagignw,skw, etc. and is anton mous to afi,hmi(
sugnw,mhj( tugca,nw, etc.”: PROT RO, “Strange Case of dikaio,w”, 56 (48-69), con
molte citazioni da testi antichi.
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ta verificata: giacch Dio doveva essere imparziale per l’ira (2,11), stato an-
che imparziale per la grazia, offrendo la giustificazione a tutti i peccatori indi-
pendentemente della Legge (3,21).
ui si rivela la terza innovazione: se era comune, sia per Giudei che per
Greci e Romani, accostare giustizia e Legge, Paolo le dissocia. Dietro la frase
iniziale, “giustificati per fede...” (5,1), si trova l’opposizione espressa in 3,21-
22: “... e non per le opere della Legge”. Dio si rivelato quindi paradossal-
mente giusto, perch ha eliminato la distinzione invalicabile tra Giudei e Gre-
ci stabilita dalla Legge21.
La quarta impertinenza semantica risulta dell’associazione tra giustifica-
zione e sangue di Cristo (“giustificati nel suo sangue”: 5,9). uesta un’idea
che Rm 5,9 ricapitola da 3,21-26: il processo legale portava logicamente alla
punizione del colpevole. ui, per , a subire le conseguenze negative del pro-
cesso legale stato il mediatore della giustificazione che “Dio ha stabilito
come strumento di espiazione... nel suo sangue, a manifestazione della sua
giustizia per la remissione dei peccati passati” (3,25). I peccati dei colpevoli
sono stati espiati dall’unico innocente22. Tale azione, tuttavia, non esprime
l’onore di un Dio assetato di riparazione, ma il suo amore sconcertante in gra-
do di trasferire sul suo figlio la punizione meritata dai peccatori.
Infine, la quinta sorpresa insita nella temporalità della giustificazione:
mentre il giudizio divino era atteso per il giorno finale dell’ira (cfr. 2,5-16),
Paolo annuncia che la giustificazione divina manifestata già nel presente
(3,21). Da qui gli aoristi. La giustificazione finale stata rivelata prolettica-
mente nella morte e risurrezione di Cristo, ricevuta dal credente nella sua
esperienza battesimale. uesto decisivo intervento divino nella storia ha già
iniziato la vittoria finale di Dio contro le forze del peccato e della morte.
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21 ALETTI, Justification By Faith, 119-120, ha dimostrato che la verifica della giu-
stizia di Dio stata propriamente l’intenzione argomentativa di Rm 1,18–3,20. Di
conseguenza, questa sezione ha una portata pi teologica che antropologica.
22 L interpretazione espiatoria di Rm 3,25 molto discussa. Seguo qui lo studio di
PULCINELLI, Morte di Gesù, il quale dimostra che in Rm 3,21-26 si verifica come ap-
propriata una lettura espiatoria della morte di Cristo. Tuttavia, questa morte non do-
vuta a un Dio che richiederebbe di soddisfare la sua giustizia ferita per il peccato
dell’uomo; ma si deve propriamente all’uomo. Dio chi, di sua iniziativa, ha deciso
di espiare il peccato dell’uomo, il quale ha bisogno di quest’atto salvifico per rientrare
nel rapporto di alleanza compromesso dai suoi peccati. Si noti inoltre che la metafora
dell’espiazione (i`lasth,rion: 3,25) diversa da quella della giustificazione. Paolo la
aggiunge —magari prendendo una tradizione prepaolina— per spiegare come viene
eseguita la giustificazione. uesta sintassi delle metafore ripresa in 5,9 (“giustificati
nel suo sangue”), dove già appaiono come una singola idea la giustificazione e la me-
diazione cristologica. Così MOO, Romans, 310.
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Bre tenbach ha osservato che lo sfondo del campo semantico della riconci-
liazione non il culto; anzi esso stato molto raramente usato per riferirsi ai
rapporti tra gli dei e gli uomini intesti del giudaismo ellenistico (cfr. 2 Mac 1,5;
5,20; 7,33; 8,29; 3 Mac 5,13). L’ambito abituale di applicazione nel greco del
tempo era, piuttosto, nei rapporti sociali tra individui (cfr. 1 Cor 7,11) e le rela-
zioni diplomatiche di patti, guerre, paci fra re, popoli e nazioni27. Era relativo di
solito alla riabilitazione delle relazioni di pace e di amicizia tra due soggetti,
personali o collettivi, normalmente ad opera di un terzo. uesto campo seman-
tico socio-politico , di conseguenza, trasferito a Rm 5,1-11 per descrivere il
nuovo rapporto tra Dio e coloro che erano in precedenza i suoi nemici (5,9).
Dopo aver identificato il suo sfondo, ci soffermiamo ora sulle impertinen-
ze semantiche della metafora della riconciliazione. Ne notiamo due. In primo
luogo: i primi ascoltatori romani dovevano essere stupiti da qual era stata la
parte che aveva preso l’iniziativa della riconciliazione. Nella logica comune
delle relazioni diplomatiche, l’aggressore doveva ristabilite i legami spezzati
con la parte lesa, la quale doveva dimostrare, a sua volta, buone disposizioni
per accettare la pace — questo secondo elemento viene mantenuto nel testo
paolino —28. Trasponendo questa logica ai rapporti con Dio, gli uomini do-
vrebbero pentirsi e fare sacrifici per diventare degni della riconciliazione di-
vina29. In Rm 5,1-11, tuttavia, Dio — la parte lesa — che prende l’iniziativa
di pace, senza richiedere la conversione degli empi30. Gli umani non fanno
nulla perch Dio si riconcili con loro, eppure Dio che decide di riconciliare a
s l’umanità per la morte di suo iglio.
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delle relazioni politiche tra gli esseri umani (focus) e la trasferisce metaforicamente ai
rapporti con Dio (frame): Dio ha fatto pace con quelli che una volta erano i suoi ne-
mici. Dati questi presupposti, il nuovo rapporto di pace pu anche essere interpretato
come dono messianico. Certamente la tradizione della pace messianica non si oppone
bensì connetta agevolmente con la metafora politico-diplomatica.
26 DUNN, Romans 1–8, I, 268: “The picture is clearl of a sharp hostilit bet een
God and humanit : the human condition independent of God is not simpl a state of
human ea ness, disregard for God, and responsiveness to sin; it is also a state of ac-
tual rebellion against the creaturel role of complete dependence on the creator”.
27 Cfr. BRE TENBAC , Versönhung; e, ID., “Salvation of the Reconciled (With a
Note on the Bac ground of Paul’s Metaphor of Reconciliation)”, Salvation in the New
Testament. Soteriological orensic Metaphors (ed. J. G. VAN DER WATT) (NT.S 121;
Leiden – Boston, MA 2005) 271-286.
28 Cfr. Gn 50,15-21; e Pseudo-Libanio, Stili Epistolari, 63. Citazioni in IT GE-
RALD, “Paradigm Shifts”, 249.
29 Così 2 Mac 1,5; 5,20; 7,33; 8,29; l. Giuseppe, Bell. 5.415; ecc.
30 ROMANELLO, “ uturo dei credenti”, 243: “La riconciliazione... non nasce
dall’avversione placata di Dio per noi, ma dal suo amore (v.8), che trova la strada per
chiamare a s chi era da lui alienato”.
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di Dio” (5,2). Poi amplifica tale convinzione dicendo che i credenti non sol-
tanto si vantano nella speranza della gloria futura, ma anche in mezzo alle lo-
ro tribolazioni presenti, idea che sviluppa in 5,3-5 con una bella gradatio o
climax (BD 493.3) che dimostra perch questa speranza “non delude”
(kataiscu,nei: 5,5). L’idea del vanto ripresa in 5,11, a modo d’inclusione,
riferita allo stesso Dio (“ci vantiamo kaucw,menoi pure in Dio, per mezzo del
Signore nostro Gesu Cristo”: 5,11).
Lo sfondo di queste espressioni la sfera dell’onore. ama e riconosci-
mento sociale erano molto desiderati dagli abitanti del Mediterraneo antico.
L’onore era, senza dubbio, la cuspide della gerarchia dei valori nella Roma
del tempo33. Pertanto, la speranza nella “gloria di Dio” (h` do,xa tou/ qeou/:
5,2) rappresentava un ottimo modo per simboleggiare la beatitudine futura
(cfr. Rm 2,7.10; 3,23; 8,18.21; 1 Cor 15,43; ecc.). Certamente l’uso dell’im-
magine onorifica per evocare la vita eterna era una metafora già lessicalizza-
ta nel NT, proveniente dalla Settanta34; ma, in Rm 5,1-11, completata da
altri termini che appartenevano anche al campo dell’onore: kauca,omai en
positivo, kataiscu,nw en negativo35. Entrambi esprimevano la fiducia presen-
te nella salvezza escatologica.
C’ un’altra frase del testo che, a mio parere, ha rapporti con l’universo
dell’onore: “Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso
(prosagwgh,) a questa grazia (ca,rij) nella quale ci troviamo (e`sth,kamen)”
(5,2). Il termine prosagwgh, era usato nei testi antichi per significare
l’ammissione alla presenza del re oppure, in ambiente cultuale, alla presenza
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33 “ onour as a filter through hich the hole orld as vie ed, a deep struc-
ture of the Graeco-Roman mind, perhaps the ruling metaphor of ancient societ ”: J.
E. LENDON, Empire of Honour. The Art of Government in the Roman World (O -
ford 1997) 73. uesta monografia offre un’eccellente panoramica sull’importanza
dell’onore nella società romana. Gli studi sulla cultura dell’onore nel Mediterraneo
antico sono abbondantissimi. Cfr. B. J. MALINA – J. . NE RE , “ onor and
Shame: Pivotal Values of the Mediterranean World”, The Social World of Luke-
Acts. Models of Interpretation (ed. J. . NE RE ) (Peabod , MA 1991) 25-56; e .
MOXNES, “ onor and Shame: A Reader’s Guide”, BTB 23 (1993) 167-176, fra mol-
ti altri.
34 Così J. RE , “The Use of do,xa in Paul and John as Shaped b the Septuagint”,
The Reception of Septuagint Words in Jewish-Hellenistic and Christian Literature
(eds. E. BONS – R. BRUCKER – J. JOOSTEN) (WUNT II 367; T bingen 2014) 85-104.
Comunque, ci sono dei testi paolini dove do,xa usato per riferirsi all’onore sociale
(cfr. 1 Cor 11,15; 2 Cor 6,8).
35 Secondo A. PITTA, Lettera ai Romani (LBNT 6; Milano 2001) 223, kataiscu,nw
costituirebbe una litote, una negazione che afferma. Il positivo sarebbe kauca,omai.
Cfr. 2 Cor 7,14: “Cosicch , se in qualche cosa mi ero vantato (kekau,chmai) di voi con
lui, non ho dovuto vergognarmene (kath|scu,nqhn)”; e 10,8.
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st le itself “most brilliant” cost nothing. The emperor need onl guard against giving
out honours to the rong sort of people — lest the honours become tainted — or
granting them too idel , lest he cheapen the distinctions”.
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41 Cfr. J. LAMBREC T, “ Wh is Boasting E cluded ’. A note on Rm 3,27 and
4,2”, EThL 61 (1985) 365-365.
42 Cfr. JEWETT, Romans, 350.
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fatto che la gloria futura già produce proletticamente una situazione di fiducia
e fierezza evangelica nel credente giustificato. L’idea sarà ripresa in 8,17 e
sviluppata nella sezione successiva di 8,18-30 (“le sofferenze del tempo pre-
sente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi...”): il
fedele vive nell’intervallo temporale fra il già e il non ancora.
Notiamo, infine, un limite del campo semantico dell’onore che Paolo pi
avanti evidenzierà nella lettera (Rm 9–11). Il vanto, anche se legittimo, pu
portare al disprezzo di chi non onorato, e tale disprezzo pu produrre gelosie
e divisioni. uesto il problema di fondo in 1 Cor 1,10–4,21. Analogamente
in Rm 11, Paolo riprende il vocabolario dell’onore per esortare i credenti Gen-
tili a evitare che la loro fierezza di sapersi innestati nella radice santa provochi
il loro disprezzo dei Giudei che sono stati “tagliati” per mancanza di fede:
“Non vantarti (katakaucw/) contro i rami Se ti vanti (katakauca/sai), ricordati
che non sei tu che porti la radice, ma e la radice che porta te” (11,18); “tu non
insuperbirti (u`yhla. fro,nei), ma abbi timore ” (11,20; cfr. 11,25).
Altre espressioni della salvezza. Oltre alle metafore studiate, prese dal
campo giuridico, politico e onorifico, Paolo evoca il mistero della salvezza in
Rm 5,1-11 con altre parole ed espressioni che, sebbene non siano molto svi-
luppate in senso metaforico, contribuiscono assai a evocare la nuova situazio-
ne dei credenti.
In primo luogo, ci riferiamo al termine sw|,zw in Rm 5,9 (“salvati dall’ira”)
e 5,10 (“saremo salvati mediante la sua vita”: 5,10). Il verbo era utilizzato
all’epoca per esprimere la liberazione da una situazione molto pericolosa per
la vita: un naufragio (cfr. At 27,30.31; Mt 8,25; 14,30; ecc.), una malattia gra-
ve (Mc 5,28; Mt 9,21, etc.) e così via47. Paolo usa il termine in Rm 5 come
metafora già lessicalizzata, convertita in concetto convenzionale, per fare rife-
rimento alla salvezza finale dall’ira divina (Rm 1,18; 2,5). Pi avanti riflette-
remo sul valore temporale dell’espressione.
In secondo luogo, ci soffermiamo su Rm 5,5: “Perche l’amore di Dio e sta-
to riversato (evkke,cutai) nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci e
stato dato”48. Paolo riferisce qui un motivo del perch la speranza non delude:
l’effusione dell’amore divino nel cuore dei credenti. Il verbo evkcu,nnw viene
usato in maniera analogica. Partendo dall’esperienza visuale dell’acqua, o di
qualche altro liquido, che riversata in abbondanza su una realtà49,
———————
47 Cfr. BDAG 982-983.
48 Il collegamento tra la fede (Rm 5,1), speranza (5,2.5) e amore (5,5) favorito dalla
memoria della prima catechesi cristiana su questa triade di virt (cfr. 1 Ts 1,3; 5,8; 1 Cor
13,13; Gal 5,5-6; Col 1,4-5; Eb 10,22-24; ecc.). Così PENNA, Romani, I, 428, n. 400.
49 MOO, Romans, 304, citando il Crisostomo, nota che il verbo possiede una sfu-
matura di sovrabbondanza e eccesso.
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tinenza semantica dell’uso paolino si evince nel palesare che Cristo non
morto in favore di soggetti meritori, ma muore per gli empi (5,6) e i peccatori
(5,8). Ancora di pi , colui che dà la vita non uno qualunque, il “ iglio” di
Dio (5,10; cfr. 8,32). uesta rivelazione rompe ogni schema immaginabile.
Tale atto di gratuità somma conferma l’immensità dell’amore di Dio. La veri-
dicità della speranza quindi assicurata dalla testimonianza storica della mor-
te del iglio di Dio.
orse sarebbe possibile includere nel campo semantico della riconciliazio-
ne sia l’affermazione sull’amore di Dio (5,5) che i versetti sulla morte di Cri-
sto per gli empi (5,6-8). Infatti, Paolo ricapitola le due idee in 5,10 dicendo
che “essendo nemici” siamo stati riconciliati con Dio “per la morte del suo
iglio”. Nonostante ci , ho preferito separare questi due motivi per favorire la
chiarezza espositiva.
298
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11
———————
54 La traduzione della CEI, interpreta kata. kairo,n come riferito al tempo escatolo-
gico prestabilito da Dio (cfr. Rm 3,26; 9,9; Gal 4,4; sempre con articolo) e allaccia il
sintagma alla frase seguente: “nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi”. Sebbene
questa lettura sia plausibile (così R.P. , “Reconciliation: Romans 5:1-11”, Romans
and the People of God. Essa s in honor of Gordon D. EE eds. S.K. SODERLUND –
N. T. WRIG T Grand Rapids, MI 1999 41), mi sembra pi adeguato non attribuire
troppo senso teologico all’espressione, ma ritenerla un semplice modo di dare enfasi
all’”ancora” previo, riallacciando il sintagma alla frase precedente: “quando eravamo
ancora deboli in quel tempo” (così MOO, Romans, 307).
299
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
storia, inaugurando così i tempi messianici. Ci voleva qui l’aoristo per la giu-
stificazione, dopo tutto ci che era stato detto in Rm 1,16–4,25, un’idea che
ora riconfigurata con la metafora di riconciliazione che, come vedremo, im-
plica nuove sfumature dell’evento salvifico catalogato finora come giustifica-
zione. Appare anche in aoristo il participio che accompagna lo Spirito Santo:
“per mezzo dello Spirito Santo che ci e stato dato (doqe,ntoj)” (5,5). Con que-
sto, Paolo dimostra che i nuovi tempi annunciati dai profeti, sono già arrivati,
poich uno dei loro segni era l’effusione dello Spirito di Dio55.
Invece, l’Apostolo ha preferito coniugare il verbo “salvare” in futuro
(swqhso,meqa: 5,9.10). uesti cosiddetti nuovi tempi, già iniziati, non hanno
ancora raggiunto la loro pienezza. Ancora manca qualcosa. Il credente ha tut-
tora la speranza nella gloria di Dio (5,2), che “futura”, secondo Rm 8,1856.
Così, essere stato giustificato non significa essere stato già salvato; ma, piut-
tosto, essere degno ed in via della salvezza piena57.
Infine, tra l’evento passato metaforizzato come giustificazione e riconcilia-
zione e il futuro della piena salvezza in cui si parteciperà alla gloria divina
(cfr. 8,21), c’ il vanto presente del credente, lieto sia nella speranza della glo-
ria futura che nelle tribolazioni presenti (5,2-3), saldo nella grazia in cui si
trova (5,2), convinto d’una speranza non deludente (5,5), e rassicurato
dall’amore che Dio gli dimostra (5,6.8). Paolo raduna così i tre tempi della
salvezza, accentuando il presente di una situazione onorevole, molto suggesti-
va per i suoi primi destinatari romani.
Tuttavia, la sintassi temporale non perfetta. Abbiamo già notato che le
intersezioni precise non sono proprie dell’analisi metaforica. Anche se
Paolo normalmente coerente nell’uso dei tempi verbali, a volte li cambia.
Ad esempio, sebbene il verbo sw|,zw solitamente appare al futuro (Rm
5,9.10; 9,27; 10,9.13; 11,14.26; cfr. 13,11), in 8,24 formulato in aoristo:
“Nella speranza infatti siamo stati salvati (evsw,qhmen)”. Penna interpreta
questo versetto come aoristo prolettico per sormontare la contraddizione58,
ma forse così svuota un po’ la forza di una dichiarazione che combina pa-
radossalmente il futuro della speranza e la certezza di ci che viene spera-
to. Anche il vocabolario della glorificazione, di solito in futuro (2,7.10;
5,2; 8,17.18.21), in 8,30 coniugato in aoristo: “ uelli che ha giustificato,
li ha anche glorificati (evdo,xasen)”. Ancora una volta i commentatori fanno
———————
55 Cfr. Is 34,15; 34,16; 44,3; Ez 11,19; 36,26-27; 37,4-14; Gl 2,28-32; citazioni in
DUNN, Romans 1–8, I, 253.
56 WOLTER, Röm 1–8, I, 339, mostra che la speranza nel testo collega il presente e
il futuro.
57 Così BARCLA , Paul and Gift, 377-378.
58 Cfr. PENNA, Romani, II, 187.
300
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11
301
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
———————
64 PENNA, Romani, I, 429-430: “Il tema dell’agàpe invece sottintende una dimen-
sione partecipazionista, tendenzialmente mistica, in base alla quale l’amante e l’amato
condividono una medesima qualità, essendo del resto nella natura dell’amore l’unione
e anzi la fusione dei soggetti”.
65 T EISSEN, “Soteriological S mbolism”, 171, relaziona giustificazione e riconcil-
iazione anche con categorie spaziali: “The s mbolism of liberation and ustification is
thin ing in vertical categories: the human being is under’ sin; Christ is above’ other
po ers; the udge and the sinner are on absolutel different levels. But in the recon-
ciliation s mbolism e find images or relationship, on a horizontal level... the rela-
tionship bet een redeemer and redeemed is, for all that, the relationship bet een rec-
onciled enemies, not the relation of victor and vanquished”.
66 MARTIN, “Reconciliation”, 46: “Reconciliation is the concomitant of ustifica-
302
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11
———————
misma realidad soteriol gica con categor as helen sticas, a adiendo un segundo nivel
de autoconsciencia”.
68 Così ALETTI, Justification by Faith, 37.
69 Così MCDONALD, “Romans 5.1-11”, 81-96.
303
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
quelli che commettono atti abominevoli, 1,18-32; anche quelli che li giudica-
no, 2,1-16; ecc.) per concludere che “Giudei e Greci, tutti sono sotto il domi-
nio del peccato” (3,9). Il peccato descritto qui (e in 5,12-21) come una for-
za cosmica personificata che entrata nel mondo attraverso Adamo (5,12: di’
e`no.j avnqrw,pou h` a`marti,a eivj to.n ko,smon ei,sh/lqen). Dio ha reagito a questa
situazione insormontabile per l’umanità con l’evento di Cristo, che ha giusti-
ficato e riconciliato con lui tutti i credenti. Il “noi” di Rm 5,1-11, quindi, vuo-
le comprendere tutti. In realtà, la dimensione universale che possedevano al-
cuni termini che sono apparsi lungo la lettera trasferita al loro uso in 5,1-11.
Per esempio, la stessa gloria di cui tutti sono stati privati dal peccato (3,23:
“tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”) la speranza in cui “noi
ci vantiamo” (5,1); o “l’ira di Dio (che) si rivela dal cielo contro ogni empietà
e ogni ingiustizia” e quella da cui “noi saremo salvati per mezzo di Cristo”
(5,9). In quest’asse intenzionale, il noi vuol diventare un tutti, che abbracci
non solo gli uomini ma anche il creato (cfr. 8,18-30). L’intenzione divina con-
siste nell’unione di antropologia, ecclesiologia, pneumatologia, cosmologia e
teologia: Dio “tutto in tutti” (1 Cor 15,28)70.
Asse modale. Ci riferiamo ora alle modalità dell’agire salvifico. I verbi
della giustificazione, la riconciliazione, la salvezza e l’effusione dell’a-
more di Dio sono tutti coniugati nella voce passiva, per sottolineare che
Dio e non l’uomo, ad operare la salvezza. Tali voci passive sono completa-
te dalla mediazione di Cristo (5,2.11: “per mezzo del Signore nostro Ges
Cristo”71) e dall’expolitio cristologica di 5,6-8. Così Paolo insiste da un la-
to sulla totale assenza di merito umano. La giustificazione accade quando
eravamo deboli, empi, peccatori e nemici. E dall’altro lato pone l’accento
sulla rarità e incongruenza dei modi divini, in virt del paragone umano di
5,7: “Ora, a stento qualcuno e disposto a morire per un giusto; forse qual-
cuno oserebbe morire per una persona buona”72. Come abbiamo visto, que-
sta decisione divina insolita e diversa dei soliti modi culturali coevi. Ad
esempio, Seneca diceva che se una persona era degna, l’avrebbe difesa an-
———————
70 Così JEWETT, Romans, 349; e U. SC NELLE, “Die Gegen art des eils im Lich-
te seiner u unf. R m 5,1-11 als Grundsatz- und Transferpassage”, Colloquium
Oecumenicum Paulinum (Sep 2016) 11.19.
71 Secondo GRANADOS ROJAS, Teología de la reconciliación, 46, la voce passiva
304
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11
che con la vita, ma se non lo fosse stata, l’avrebbe aiutata, ma non a un ta-
le costo73. Tutte le metafore salvifiche di Rm 5,1-11 sono attraversate dal
profumo dell’insolito.
Asse cristologico. uesta riflessione ci porta a un altro asse con cui
l’Apostolo combina le metafore di Rm 5,1-11: l’asse cristologica. Notiamo che
le metafore della giustificazione e della riconciliazione sono legate alla morte
(“giustificati nel suo sangue”: 5,9; cfr. 3,25; “siamo stati riconciliati con Dio per
mezzo della morte del iglio suo”: 5,10), ebbene la salvezza paragonata alla
vita del risorto (“saremo salvati mediante la sua vita”: 5,10). ueste associazio-
ni si basano sull’asse del tempo: da quando Paolo ha ribadito che la giustifica-
zione-riconciliazione era un fatto passato, logico che sia in relazione con la
morte di Cristo, anch’essa passata (5,6-8). Invece, poich la salvezza escatolo-
gica ancora futura, viene legata alla vita del risorto, sempre attuale. Il riferi-
mento alla “vita” di Ges allude certamente alla sua risurrezione — evento, an-
che se accaduto nel passato, sempre futuro, perch si riferisce all’avvenire esca-
tologico —, ma anche alla sua vita attuale come risorto74, della quale già parte-
cipano i battezzati (cfr. 5,17.18.21; 6,4, ecc.; 2 Cor 4,10).
La “sintassi” pasquale di queste metafore in Rm 5,1-11 non d’accordo,
per , con il brano precedente (4,23-25), in cui la giustificazione stata asso-
ciata non con la morte, bensì con la risurrezione di Cristo: “Il quale e stato
consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed e stato risuscitato per la
nostra giustificazione” (4,25). Potremmo dire, con i commentatori, che i due
momenti principali del mistero pasquale (morte e risurrezione) un tutto in-
tercambiabile a livello soteriologico. Tuttavia, questa già una sistematizza-
zione teologica. Anche in questo caso, si pu concludere che le metafore pao-
line si succedono in modo vivace, senza inseguire una minuziosità che ne li-
miterebbe la forza evocativa.
Asse retorico. Identifichiamo un ultimo asse che collega le diverse metafore
salvifiche: l’amplificazione retorica. Paolo utilizza in questo brano diversi pro-
cedimenti retorici tipici del linguaggio amplificatorio75: il bello climax o grada-
tio di 5,3-5 sotto forma di sorite (tribolazione pazienza virt provata spe-
ranza)76; le correctiones di 5,3 e 5,11 (“non solo, ma”)77; i successivi a fortiori
———————
73 Seneca, Ben. 1.10.5; cfr. ilone, Spec., 3.154-155. Prendo le citazioni da BAR-
CLA , Paul and Gift, 478.
74 Così SC LIER, Romani, 268.
75 Cfr. D. ELL OLM, “Stil ritische Bemer ungen zu R m 5,1-11”, Paulus – Werk
305
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
del tipo a minori ad maius: ci vantiamo non solo nella speranza, ma anche nelle
tribolazioni (5,2-3); dare la vita non solo per i giusti, anzi, morire per i peccatori
(5,7-8); la giustificazione e la riconciliazione già riuscite puntano alla salvezza
futura (5,9-11) 78; e, infine, la congeries o l’accumulazione di termini o frasi si-
nonime, in questo caso la somma delle metafore sulla salvezza79.
uesti procedimenti retorici pervadono il testo di un tono affettivo ed en-
fatico, proprio dell’amplificatio, che contribuisce notevolmente a trasmettere
l’esperienza positiva della salvezza80. Inoltre, la formulazione in a minori ad
maius (dal minore al maggiore; qal wahomer, secondo la nomenclatura rabbi-
nica) di 5,9-11 funziona come asse retorico che unisce le nozioni di giustifica-
zione, riconciliazione, salvezza e vanto. uest’andamento retorico mette a
confronto due realtà, mostrando che alla verità della premessa minore segue
logicamente quella della maggiore. In questo caso, la premessa minore che i
credenti sono stati giustificati nel sangue di Cristo e riconciliati per la sua
morte. uesta convinzione assunta dall’ascoltatore come veritiera perch
viene affermata in 5,1 — riprendendo 3,21-26 —, ed illustrata in 5,6-8 con
l’idea della morte di Cristo per noi. Allora, la conclusione maggiore che si de-
duce la salvezza futura dall’ira divina nell’ultimo giorno81.
———————
77 uintiliano dice che l’effetto dell’amplificatio maggiore quando c’ un contra-
sto (non enim ... sed... 8.4.2), un altro elemento che si verifica nel testo (Rm 5,3.11).
78 Secondo uintiliano, Inst. 8.4.3-9; 8.4.12, l’incrementum un procedimento
proprio dell’amplificatio che procede dal basso verso l’alto (in superiora tendit:
8.4.9), ci che precisamente fa Paolo in Rm 5,9-11. Inoltre, Rm 5,6-8 pu essere in-
terpretato come comparatio e come ratiocinatio, altri due procedimenti tipici
dell’amplificatio, secondo uintiliano (8.4.9-14 e 8.4.15-26, rispettivamente). Si trat-
ta di una comparatio tra il caso ipotetico che qualcuno avrebbe sacrificato la sua vita
per un uomo giusto e il caso insolito di chi l’ha dato per un peccatore. Ed ratiocina-
tio perch riflette sulle circostanze che amplificano il caso (morire per gli empi!). Ad-
dirittura uno dei loci che uintiliano enuncia simile a quello paolino: la descrizione
dei grandi sacrifici fatti per ottenere l’oggetto desiderato, nel suo esempio, la bellezza
di Elena valsa la guerra di Troia (8.4.21-22). In Rm 5,6-8, invece, la giustificazione
degli empi fu il paradossale prezzo della morte del iglio di Dio.
79 Cfr. uintiliano, Inst. 8.4.26-27.
80 In questo senso, afferma WRIG T, Faithfulness of God, III, 886, a proposito di
Rm 5,1-11: “Their rhetorical function is to invite the hearers to gratitude, celebration
and orship”.
81 In Rm 5,9-11, Paolo non fa alcun riferimento alla responsabilità dei giustificati
riguardo alla loro salvezza futura che, come detto da IT M ER, Romans, 400, qui
sembra “garantita”. In Rm 5,1-11, Paolo vuole soltanto affermare e annunciare. Egli
evidenzierà le implicazioni etiche della nuova condizione dei giustificati a partire da
Rm 6. Tuttavia, indirettamente, l’Apostolo potrebbe correggere i romani in questo
brano, alla luce di quanto detto in Rm 14,1–15,13. Così JEWETT, Romans, 364: “The
306
PEREIRA DELGADO: SINTASSI DELLA SALVE A IN RM 5,1-11
5. onclusioni
In Rm 5,1-11, Paolo ha abbondato nel suo annuncio evangelico di salvez-
za, riprendendo ci che era stato detto in Rm 3,21-36, e rilanciando un’argo-
mentazione che culmina nella splendida peroratio di Rm 8,31-39. ui, in 5,1-
11, l’Apostolo ha impiegato diverse metafore tratte da vari campi semantici (il
tribunale, i rapporti sociali e diplomatici, il mondo dell’onore, ecc.) per mo-
———————
problem no lies... in Christian groups’ damning one another because of disagree-
ments over liturg and ethics and the outcome of divine rath. In this situation Paul
finds it necessar to insist that measuring up to societal standards ill be irrelevant at
the last udgment... Paul is urging the Roman Christians to be prepared to sa at the
last udgment, We are unprofitable servants’ (Lu e 17:10) and cast ourselves entirel
upon our merc ”.
82 Cos WOLTER, Röm 5,1-11, 179-180; MOO, Romans, 309-310; e PITTA, Romani,
227.
83 Cos JEWETT, Romans, 363, con molti altri.
84 Cfr. WOLTER, Röm 1–8, I, 337.
307
EPISTOLARIO PAOLINO: LETTERE AI GALATI E AI ROMANI
i lio ra ia
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