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LIBERANNUUS
LX
Jerusalem
Publications of the
STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM
sponsored by the Franciscan Custody
of the Holy Land:
Liber Annuus (LA) 1951-2010
Collectio Maior 51 volumes
Collectio Minor 44 volumes
Analecta 77 volumes
Museum 16 volumes
All correspondence, papers for publication in LA,
books for review, and any request for exchanges
should be addressed:
Editor of Liber Annuus
Studium Biblicum Franciscanum
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LIBER ANNUUS
Annual of the
Studium Biblicum Franciscanum
Jerusalem
Indice generale
Articoli
Vincenzo Lopasso
Il tempio, la citt santa e i sacerdoti nel libro di Geremia
17
Marco Nobile
Giobbe: la risposta di Dio (Gb 38-41)
37
Vittorio Ricci
Note su br, yar e h. La creazione di Dio nellAT e la particolarit
del Deuteroisaia
53
Tiziano Lorenzin
Il figlio di Davide. Messianismo nelle Cronache?
73
Roberto Di Paolo
Il poema delle Quattro notti e la Pasqua del Signore. Matteo 26-28 e
Targum Esodo 12,42: una corrispondenza?
83
107
137
Giancarlo Biguzzi
Circostanze e argomentazione dellEpistola agli Ebrei
155
Frdric Manns
A Jewish Reading of 1Peter 2,1-10
173
Thomas Witulski
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar
Kokhba ein Beitrag zur ideologischen Einordnung des Bar KokhbaAufstandes
189
Indice generale
235
Massimo Pazzini
Le strade della terra di Israele. Itinerario in Terra Santa di un discepolo
anonimo del Nachmanide (XIII secolo)
253
Ilaria Sabbatini
Libro di preghiere e racconto di viaggio. Il diario di Bernardino Dinali
tra liturgia e odeporica alla fine del Quattrocento
273
287
Asher Ovadiah
Conservative Approaches in the Ancient Synagogue Mosaic Pavements
in Israel: The Cases of Ein Gedi and Sepphoris/Zippori
307
Sonia Mucznik
An Exotic Menagerie in Tesserae: the Mosaic Pavement of Lod/Lydda
319
341
Gyz Vrs
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea
in Transjordan
349
Stanislao Loffreda
Nuovi acquisti di lucerne bizantine
363
393
Yoav Farhi
Note on a New Type of Samaritan Amulet
395
397
409
443
517
533
545
Articoli
10
G. Claudio Bottini
Inviato a Roma per gli studi superiori, il 28 giugno 1967 ottenne la Licenza in
Sacra Teologia presso il Pontificio Ateneo Antoniano e il 16 giugno 1970 la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. Concluse quindi lanno di preparazione e fu dichiarato candidato al dottorato.
Rientrato in Provincia, negli anni accademici dal 1971-1972 al 1977-1978 insegn introduzione, esegesi e teologia biblica nello Studio Teologico San Bernardino di Verona e nello Studio Teologico Comune dei Frati del Veneto a Padova.
Nel frattempo si iscrisse alla Facolt di Lettere e Filosofia Istituto di Storia
del Cristianesimo dellUniversit La Sapienza di Roma e il 21 marzo 1979 vi consegu il dottorato con una tesi sul Rapporto tra Chiesa e Stato nella Prima Lettera
di Clemente diretta dal prof. Manlio Simonetti. Di essa pubblic subito una parte.
Approfittando di un semestre libero dalla docenza prese contatto con lo Studium Biblicum Franciscanum e dall8 marzo 1976 al 16 febbraio 1977 fu a Gerusalemme e frequent un corso di ebraico moderno. Insistentemente invitato dallallora Direttore dello Studium, padre Bellarmino Bagatti, torn a Gerusalemme il 4
maggio 1979 e con lanno accademico 1979-1980 inizi a insegnare. Nel triennio
accademico 1981-1984 fu segretario dello Studium Biblicum Franciscanum e,
quando nel 1984 fu costituito lufficio, divenne Economo della Facolt, compito
che egli svolge ancora.
I corsi esegetici e i seminari offerti da Bissoli vertono ad anni alternati sui Vangeli di Matteo, Marco e sulla Lettera agli Ebrei. Ma periodicamente ha assicurato
anche linsegnamento di aramaico biblico e aramaico targumico e corsi introduttivi alla letteratura intertestamentaria. Ha insegnato introduzione alla Sacra Scrittura
anche nello Studium Theologicum Jerosolymitanun, Primo ciclo della Facolt e,
come docente invitato pure nello Studio Teologico Salesiano a Cremisan, nello
Studio Teologico S. Antonio di Bologna e in diversi Seminari Redemptoris Mater del Cammino neocatecumenale.
Il 22 gennaio 1993 difese con successo la tesi in Sacra Scrittura al Pontificio
Istituto Biblico con la dissertazione intitolata La corrispondenza fra tempio celeste
e terrestre, pubblicata integralmente con il titolo Il Tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza fra tempio celeste e tempio
terrestre (SBF Analecta 37), Jerusalem 1994, ristampa 2002. Chi scrive era presente allatto accademico e ricorda ancora con piacere gli elogi che la tesi ricevette dal
patrono prof. Roger Le Deaut e dagli altri membri della giuria: A. Vanhoye, R.
Neudecher e F. Lentzen-Deis.
G. Bissoli si sempre distinto per la silenziosa e generosa collaborazione alle
diverse attivit della Facolt. Oltre a insegnare senza interruzione e a ricoprire gli
uffici ricordati, egli ha diretto o condiretto non poche tesi di Licenza e di Laurea.
Dal 1984 al 1996 ha organizzato ogni anno un corso di aggiornamento biblico-teologico. Ripetutamente ha pure diretto il Corso di formazione e aggiornamento per
animatori di pellegrinaggio in Terra Santa.
11
Allattivit accademica Bissoli ha spesso unito lesercizio del ministero pastorale con la conduzione di corsi di formazione, esercizi e ritiri spirituali per non
poche comunit religiose in Israele, in Italia e in altri paesi.
Quanti lo conoscono un po da vicino sanno del suo amore per la natura che
lo hanno fatto anche un apicoltore appassionato e competente. La Flagellazione deve al suo pollice verde le numerose piante che adornano la sede accademica e il convento, suscitando lammirazione delle persone che li frequentano o
vi passano.
La sua disponibilit lo ha portato a collaborare con riflessioni personali e articoli non privi di originalit a riviste di attualit religiosa. Qui elenchiamo soltanto
le sue principali pubblicazioni e le recensioni che vertono in genere sulle discipline
da lui insegnate per quarantanni.
Articoli e libri
1. La parola e la vita, Vita Minorum 50 (1979) 257-266.
2. Rapporto tra Chiesa e Stato nella Prima Lettera di Clemente, LA 29 (1979) 145174.
3. Le Beatitudini prima dei Vangeli, in AA.VV., Le Beatitudini (Esperienza dello
Spirito 5), Vicenza 1979, 35-45.
4. LApocalisse nellopera pittorica di Iacobello Alberegno, LA 30 (1980) 251254, tavv. 15-20.
5. S. Cirillo di Gerusalemme: omelia sul paralitico della piscina probatica, LA 31
(1981) 177-190.
6. Lamella con iscrizione latina inedita, ivi, 231-234, tavv. 9-10.
7. Es 15,17-18 nellinterpretazione di Filone Alessandrino, LA 32 (1982) 147-154.
8. La Repubblica di Venezia e la Custodia di Terra Santa, in M. Piccirillo (a cura
di), La Custodia di Terra Santa e lEuropa, Roma 1983, 83-94.
9. Makn-Hetoimos. A proposito di Esodo 15,17, LA 33 (1983) 53-56.
10. La morte di Mos nel Liber Antiquitatum Biblicarum, LA 34 (1984) 273-282.
11. Tempio e falsa testimonianza in Marco, LA 35 (1985) 27-36.
12. Ges sacerdote: Avendo un sommo sacerdote grande (Eb 4,14), Parole di vita
36 (1991) 353-362.
13. Avete bisogno di pazienza perseverante (Eb 10,36), Parole di vita 37 (1992)
426-434.
14. Il Tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza
fra tempio celeste e tempio terrestre (SBF Analecta 37), Jerusalem 1994, ristampa
2002.
15. (a cura di), Gerusalemme realt sogni e speranze, Jerusalem 1996.
12
G. Claudio Bottini
16. Occhio semplice e occhio cattivo in Lc 11,34 alla luce del Targum, LA 46 (1996)
45-51.
17. Commenti recenti a Mc 1,9-13, in M. Adinolfi - P. Kaswalder (a cura di),
Entrarono a Cafarnao (SBF Analecta 44), Gerusalemme 1997, 37-40.
18. Struttura e temi di Mc 1, ivi, 49-57.
19. Apporto degli apocrifi alla comprensione di Mc 1,15a, ivi, 163-167.
20. I testi della centralizzazione del culto secondo il Targum, LA 49 (1998) 267-271.
21. Il Figlio delluomo in Marco: Problema insolubile?, in E. Franco (a cura di),
Mysterium Regni ministerium Verbi (Mc 4,11; At 6,4). Scritti in onore di mons.
Vittorio Fusco (ABI. Supplementi alla Rivista Biblica 38), Bologna 2001, 597604.
22. La Bibbia in aramaico. Verso una mutua definizione di Giudaismo e Cristianesimo,
LA 50 (2000) 167-180.
23. Dio Padre nei Sinottici, LA 52 (2002) 117-124.
24. Il vangelo di Marco a Qumran, Credere oggi 131/132 (2002) 199-204.
25. Metron misura in Mt 7,2; Lc 6,38 e Mc 4,24 alla luce della letteratura rabbinica,
LA 53 (2003) 113-122.
26. Il significato di Maria nei vangeli di Marco e Matteo, in G. Lauriola (a cura di),
Da Cristo a Maria Centro Studi Personalistici Giovanni Duns Scoto, Quaderno
n. 22, Castellana Grotte 2005, 79-84.
27. Elementi di ecclesiologia nei vangeli di Marco e di Matteo, in G. Lauriola (a
cura di), Da Cristo la Chiesa (Centro Studi Personalistici Giovanni Duns Scoto,
Quaderno n. 23), Castellana Grotte 2006, 43-51.
28. The Temple of Jerusalem in Jewish and Christian Historiography, Studium
Biblicum Annual 60 (2008) 145-151 (in cinese).
29. Ges e il tempio, Ricerche storico-bibliche 21/2 (2009) 127-137.
Recensioni
1. M. Oliva, Jacob en Betel. Visin y Voto (Gn 28,10-22). Estudio sobre la fuente E.
(Institucin San Jernimo 3), Valencia 1975, LA 29 (1979) 350-352.
2. W. Egger, Nachfolge als Weg zum Leben. Chancen neuerer exegetischer Methoden
dargelegt an Mk 10,17-31 (sterreichische Biblische Studien 1), Klosterneuburg
1979, ivi, 360-361.
3. A. Barbi, Il Cristo celeste presente nella Chiesa. Tradizione e Redazione in Atti
3,19-21 (AnBib 64), Roma 1979, ivi, 361-363.
4. M. Krmer, Das Rtsel der Parabel vom ungerechten Verwalter (Lk 16,1-13).
Auslegungs Geschichte Umfang Sinn. Eine Diskussion der Probleme und
Lsungsvorschlge der Verwalterparabel von den Vtern bis heute, Zrich 1972,
ivi, 387-388.
13
5. F.J. Moloney, The Johannine Son of Man (Biblioteca di Scienze Religiose 14),
Roma 1978, ivi, 388-389.
6. M. McNamara, I Targum e il Nuovo Testamento. Le parafrasi aramaiche della
Bibbia ebraica e il loro apporto per una migliore comprensione del Nuovo
Testamento (Studi Biblici 5), Bologna 1978, ivi, 390.
7. F. Sauer, Die Tempeltheologie des Propheten Haggai, Freiburg i.Br. 1977, LA 30
(1980) 422-423.
8. V. Fusco, Parola e regno. La sezione delle parabole (Mc 4,1-34) nella prospettiva
marciana (Aloisiana 13), Brescia 1980, ivi, 431-433.
9. M. Pesce, Dio senza mediatori. Una tradizione teologica dal Giudaismo al
Cristianesimo (Testi e ricerche di scienze religiose 16), Brescia 1979, ivi, 444-445.
10. G. Panikulam, Koinonia in the New Testament. A Dinamic Expression of Christian
Life (AnBib 85), Roma 1979 e M. del Verme, Comunione e condivisione dei beni.
Chiesa primitiva e Giudaismo esseno-qumranico a confronto, Brescia 1977, ivi,
474-475.
11. E. Haenchen, Das Johannes Evangelium. Ein Kommentar, Tbingen 1980, LA 31
(1981) 370-373.
12. M. Stern, Greek and Latin Authors on Jews and Judaism (Publications of the Israel
Academy of Sciences and Humanities), II, Jerusalem 1980, ivi, 384-385.
13. J.W. Thompson, The beginnings of christian Philosophy: the Epistle to the
Hebrews (CBQ MS 13), Washington D.C. 1982, LA 32 (1982) 566-567.
14. F. Schroeger, Gemeinde im 1. Petrusbrief. Untersuchungen zum Selbstverstndnis
einer christliche Gemeinde an der Wende vom 1. zum 2. Jahrhundert (Schriften
der Universitt Passau: Reihe Katholische Theologie 1), ivi, 572-574.
15. J.H. Elliott, A Home for the Homeless. A Sociological Exegesis of I Peter: its
Situation and Strategy, Philadelphia 1981, ivi, 574-577.
16. V. Fusco, Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Ges, Roma 1983, LA
33 (1983) 433-435.
17. F.J. Matera, The Kingship of Jesus. Composition and Theology in Mark 15 (SBL
DS 66), Chico 1982, ivi, 435-436.
18. T.H. Tobin, The Creation of Man. Philo and the History of Interpretation (CBQ
MS 14), Washington D.C. 1983, ivi, 475-476.
19. D. Guthrie, The Letter to the Hebrews. An Introduction and Commentary (The
Tyndale New Testament Commentaries), Leicester - Grand Rapids 1983, LA 34
(1984) 474-475.
20. W.R.G. Loader, Sohn und Hohepriester. Eine traditionsgeschichtliche Untersuchung
zur Christologie des Hebrerbriefes (WMANT 53), Neukirchen-Vluyn 1981, ivi,
475-477.
21. B. Colin, Miracles and the Critical Mind, Grand Rapids - Exeter 1983, ivi, 477-479.
22. G. Theissen, Miracle Stories of the Early Christian Tradition, Edinburgh 1983, ivi,
477-479.
14
G. Claudio Bottini
23. K. Seyoon, The Son of Man as the Son of God, Grand Rapids 1985, LA 35
(1985) 479-481.
24. J. Dupont, Les trois Apocalypses Synoptiques: Marc 13; Matthieu 24-25; Luc 21
(LD 121), Paris 1985, LA 36 (1986) 415-417.
25. M. Priotto, La Prima Pasqua in Sap 18,5-25. Rilettura e attualizzazione (ABI.
Supplementi alla Rivista Biblica 15), Bologna 1987, LA 37 (1987) 450-452.
26. G. Biguzzi, Io distrugger questo tempio. Il Tempio e il Giudaismo nel Vangelo
di Marco, Roma 1987, ivi, 454-457.
27. Sh. Pace Jeansonne, The Old Greek Translation of Daniel 7-12 (CBQ MS 19),
Washington D.C. 1988, LA 38 (1988) 483-485.
28. C.R. Koester, The Dwelling of God. The Tabernacle in the Old Testament,
Intertestamental Jewish Literature, and the New Testament (CBQ MS 22), LA 39
(1989) 347-349.
29. J.-P. Ruiz, Ezekiel in the Apocalypse. The Transformation of Prophetic Language
in Revelation 16,17-19,10 (European University Studies Series XXIII: Theology
376), ivi, 349-352.
30. D.J. Weaver, Matthews Missionary Discourse. A Literary Critical Analysis (JSNT
SS 38), Sheffield 1990, LA 42 (1992) 416-418.
31. P. Kuhn, Bat Qol. Die Offenbarungsstimme in der rabbinischen Literatur.
Sammlung, ebersetzung und Kommentierung der Texte (Eichsttter Materialien
Bd. 13; Abteilung Philosophie und Theologie 5), Regensburg 1989, LA 42 (1992)
428-429.
32. M. Nobile, Premesse anticotestamentarie e giudaiche di cristologia (Spicilegium
Pontificii Athenaei Antoniani 31), Roma 1993, LA 43 (1993) 561-563.
33. J.-J. Marin, The Christology of Mark. Does Marks Christology Support the
Chalcedonian Formula Truly Man and Truly God? (European University
Studies Series XXIII: Theology 417), Bern - Frankfurt a.M. - New York - Paris
1991, LA 43 (1993) 563-566.
34. C. Grappe, Dun temple lautre. Pierre et lEglise primitive de Jrusalem (Etudes
dHistoire et de Philosophie Religieuses 71), Paris 1992, LA 44 (1994) 695-697.
35. J. Carrn, Jess el Mesas manifestado. Tradicin literaria y trasfondo judo de Hech
3,19-26 (SSNT 2), Madrid 1993 e A.S. Muoz, El Mesas y la Hija de Sin. Teologa
de la Redencin en Lc 2,29-35 (SSNT 3), Madrid 1994, LA 45 (1995) 625-629.
36. C.A. Franco Martnez, Jesucristo, su persona e su obra, en la Carta a los Hebreos.
Lengua y cristologa en Heb 2,9-10; 5,1-10; 4,14 y 9,27-28 (SSNT 1), Madrid
1992, LA 46 (1996) 470-472.
37. G. Leal Salazar, El seguimiento de Jess segn la tradicin del rico. Estudio
redaccional y diacrnico de Mc 10,17-31 (Institucin San Jernimo 31), Estella
(Navarra) 1996, LA 47 (1997) 586-588.
38. M.M. Herranz, Huellas de Arameo en los Evangelios y en la Catequesis Cristiana
Primitiva (SSNT 5), Madrid 1997, LA 49 (1998) 602-604.
15
I colleghi della Facolt e alcuni amici intendono onorare il prof. Giovanni Bissoli nel suo settantesimo genetliaco dedicandogli il sessantesimo volume della rivista Liber Annuus cui egli ha sempre collaborato. Ad multos annos!
G. Claudio Bottini, ofm
Decano della Facolt di Scienze Bibliche e Archeologia
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
Vincenzo Lopasso
Il tempio, la citt santa e i sacerdoti nel libro di
Geremia
1. Premessa
Largomento di questo contributo listituto sacerdotale nel libro di Geremia
(tempio, citt santa, sacerdoti). Come stato recentemente notato1, si tratta di un
tema poco studiato; lattenzione degli studiosi anzich sui sacerdoti posta sui
profeti; e spesso il rapporto di Geremia con i sacerdoti visto soltanto come
contrapposizione.
Preferiamo esprimerci in termini di libro di Geremia e condurre lanalisi sui
testi come si presentano sotto i nostri occhi, anche se in alcuni casi possibile
raggiungere la persona del profeta, come mostra la presenza di riferimenti storici
attendibili2. Delle volte ci spingiamo pi in l, proponendo delle connessioni tra il
profeta e lepoca in cui visse, ma senza entrare nel merito di esse.
2. Origine sacerdotale di Geremia
2.1. Famiglia e luogo di nascita
Nella soprascritta del libro ci si imbatte con una questione decisiva per la nostra
trattazione. Essa riguarda linformazione di 1,1 secondo cui Geremia era figlio di
Chelkia, (uno) dei sacerdoti che (abitavano/erano) ad Anatot, nel territorio di Beniamino. Che Anatot fosse villaggio levitico confermato in altri brani. Gs 21,1718 lannovera, assieme a Gabaon, Gheba e Almon, tra le citt levitiche del territorio
della trib di Beniamino; inoltre, secondo 1Re 2,26, qui Salomone esili il sacerdote Ebiatar (vattene ad Anatot, nei tuoi campi), lultimo membro della casa di Eli
1 L.-S. Tiemeyer, The Priests and the Temple Cult in the Book of Jeremiah, in H.M. Barstad
- R.G. Kratz (ed.), Prophecy in the Book of Jeremiah (BZAW 388), Berlin - New York 2009, 233.
2 Cf. D.J. Reimer, Jeremiah before the Exile?, in J. Day (ed.), In Search of Pre-exilic Israel
(JSOT SS 406), London - New York 2004, 207-224.
18
Vincenzo Lopasso
a Silo (v. 27), il quale era stato in carica durante il regno di Davide. In base a ci non
da escludere che i sacerdoti di Anatot fossero discendenti di Ebiatar, che, quale
sacerdote, apparteneva al ramo dei sacerdoti di Silo3. Nemmeno da escludere che
la popolazione abbia subito un incremento da parte di gente del Nord, la quale,
dopo la distruzione di Samaria, si trasfer tanto nella capitale quanto nellhinterland.
Ci spiegherebbe la familiarit del giovane profeta con le tradizioni settentrionali4.
Anche se non detto esplicitamente, verosimile che Geremia abbia ben presto
lasciato Anatot. La Lxx sembra tuttavia insistere sul rapporto col paese natale chiarendo che abitava in Anatot (o]j katw,k
| ei). Tale precisazione non per confermata altrove, n risulta che il profeta abbia esercitato nel paese dorigine il ministero
profetico nemmeno per un periodo limitato5. molto probabile, invece, che egli, in
ottemperanza ai dettami della riforma di Giosia, assieme ai sacerdoti della periferia,
si sia trasferito ben presto a Gerusalemme e che qui abbia sostenuto la politica governativa6. Giunto nella citt santa, riceve la vocazione profetica forse quando non
poteva ancora esercitare il sacerdozio a causa della giovane et. Ci spiega il motivo per cui, pur appartenendo a una famiglia sacerdotale, non mai presentato come
sacerdote, ma sempre come profeta; chiamandolo, Dio gli assicura la vittoria sui
suoi avversari, tra i quali, accanto ai re e ai capi, figurano i sacerdoti (1,18-19).
2.2. Frequentazione del tempio
Nella tradizione non rimasto nulla che possa lumeggiare un eventuale ufficio
sacerdotale di Geremia7. N gli strati pi antichi del libro possono confermare o
arricchire linformazione di 1,18. Coloro che hanno messo per iscritto la tradizione
su di lui ne hanno accentuato la dimensione profetica tanto da farne il profeta sul
modello di Mos9. Tuttavia, anche se si volesse prescindere dalla soprascritta che ce
lo presenta come membro di una famiglia sacerdotale (1,1), evidente che nessun
altro profeta, come lui, ha avuto a che fare nel corso della vita cos tanto con lambiente dei sacerdoti. Ci testimoniato, come vedremo, in quei brani che ne ambientano la predicazione nel tempio o nellarea ad esso adiacente e che ci parlano
del rapporto con alcuni sacerdoti.
In una porta della casa di Yhwh (7,2; cf. 26,2: nel cortile della casa di Yhwh),
3
19
allinizio del 609 Geremia fa un memorabile discorso col quale critica lattitudine
dei contemporanei verso la casa di Dio (26,10-11). Lepisodio riportato, oltre che
nel cap. 7, nel cap. 26 dove ci si sofferma sulla reazione degli astanti e sulle conseguenze che il discorso ha per lui10. In questo caso lattacco non proviene dagli organi di sicurezza, ma da sacerdoti e profeti (26,7-9), menzionati assieme, mentre il
popolo gli si mostra benevolo (26,16), e i capi (~yrIf)' , intervenendo in veste di giudici, lo prosciolgono da ogni accusa (26,10.16). Essi imbandiscono un vero e proprio processo che ha luogo, allaperto, nellarea antistante la Porta Nuova.
Qualche anno dopo, nel 605 Geremia manda Baruc, suo segretario, amico e
confidente, a proclamare nello stesso luogo le profezie del rotolo del cap. 36, contenente gli oracoli pronunciati dallanno della chiamata fino ad allora (605). Sul
motivo per cui non si sia recato di persona nel tempio, sono state fatte diverse ipotesi, compresa quella di inidoneit rituale, ma non da escludere che gliene fosse
stato impedito laccesso a causa del discorso del 609 (7,1-15; 26,2). Baruc legge il
rotolo in un giorno di digiuno, quando molta folla si recava nel luogo sacro, nel
cortile superiore, allingresso della Porta Nuova (36,10), forse tra latrio esterno e
quello interno, un po rialzato. La porta menzionata non conosciuta con certezza.
In 36,26 veniamo a sapere che Geremia di nuovo in pericolo e che, assieme a
Baruc, deve nascondersi.
In questo stesso luogo (19,14), a distanza di tempo, probabilmente alla fine del
601 o allinizio del 60011, dopo un periodo di ritiro dalla scena pubblica, Geremia
spiega lazione simbolica della brocca con un annuncio di giudizio contro la citt.
Ora gli si solleva contro Pascur, sovrintendente capo e sacerdote (19,1420,2).
Che Geremia fosse interessato alla vita che si svolgeva nel tempio, si pu desumere dal cap. 24 concernente la visione dei due cesti di fichi avuta nel contesto di
una circostanza legata al culto. Non sappiamo esattamente in quale anno siamo, ma,
in base alla nota cronologica del v. 1, certamente siamo dopo la deportazione di
Ioiachin (597). I due canestri di fichi, uno contenenti fichi buoni e laltro fichi immangiabili per il loro stato avanzato di corruzione, erano situati di fronte al tempio
di Yhwh (24,1), probabilmente in occasione della festa delle settimane, durante la
quale le offerte, prima di essere introdotte alla presenza di Yhwh, venivano ispezionate dai sacerdoti (Dt 26,5-11).
Oltre al cap. 24, si pu citare anche 41,4-5, dove si conserva il ricordo secondo
cui i pellegrini uccisi da Ismaele, a Mispa, si recavano al tempio, ormai in rovine,
per offrire a Yhwh offerta e incenso (v. 5). Partendo dalla nota cronologica del v. 1,
che situa lassassinio di Godolia nel settimo mese (582), si pu supporre che si
10 R.P. Carroll, From Chaos to Covenant. Prophecy in the Book of Jeremiah, Crossroad - New
York, 1981, 84-106.
11 W.L. Holladay, Jeremiah 1. Chapters 1-25, Philadelphia 1986, 539.
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generare). In pratica, nei culti idolatrici, presi dalla frenesia, essi hanno confuso il
ruolo delle due principali divinit cananee: il palo di legno eretto (principio femminile) con la pietra eretta (principio maschile); rispettivamente Baal con Ashera.
Laccusa del v. 27b ricorre con le stesse parole in 32,33a. Il rimprovero conclusivo,
secondo cui le divinit venerate nel paese sono pi numerose delle citt di Giuda,
si trova in forma pi estesa anche nella prosa di 11,13.
3.2. Sacerdoti e culto sincretistico nelle epoche successive
Anche in altri brani i sacerdoti, accomunati ai profeti e ad altre categorie, sono
accusati di idolatria, ma la polemica da contestualizzare in un periodo pi recente di quello a cui rimandano i brani visti sopra.
In 8,1-3, oltre ai sacerdoti, sono condannati i profeti, i capi, i re e la popolazione stessa di Gerusalemme. Ora il giudizio a cui tutti saranno sottoposti motivato
col fatto che in passato hanno venerato le divinit astrali. Questo particolare suggerisce di datare il brano nel regno di Ioiakim, quando Giuda fu in modo ancora
pi forte che nel passato sottoposto a questi influssi18. Si noti che qui laccusa ha
un carattere generale ed rivolta a tutta la popolazione.
Allo stesso ambito appartiene 23,11, contestualizzabile in unepoca in cui si
avverte linfluenza dei falsi profeti19. Qui accanto ai sacerdoti sono menzionati
soltanto i profeti, ai quali sono indirizzati gli oracoli raccolti nella sezione di 23,940. Il v. 11 si trova nelloracolo di giudizio dei vv. 11-12 formulato, come altre
volte, sfruttando la polisemia del termine sventura/malvagit (h['r;" vv. 11.12). I
profeti e i sacerdoti sono menzionati insieme, come in 5,31; 6,13; 8,10; 14,18;
23,33-40, e sono accusati di essersi contaminati (@nx; 3,1-2). Si allude probabilmente ad alcune pratiche cultuali esercitate sotto la diretta responsabilit dei sacerdoti nel tempio (mia casa; cf. 7,30; 11,15; 32,34), dove prima della riforma
giosiana avevano diritto di cittadinanza (2Re 21,5-7; 23,4-7; ma cf. Ez 8 negli ultimi anni di Giuda).
Infine va preso in considerazione 32,32 che si riallaccia allo stesso motivo
dellidolatria di tipo astrale, ma che da ambientare, in base al contenuto delloracolo cui appartiene (vv. 26-35), nel periodo in cui la fine della citt era imminente.
Nei vv. 28-29a.31 si constata che essa, ormai sotto assedio, destinata alla distruzione; lassedio descritto in modo particolareggiato (incendio della citt e delle
case da parte dei Babilonesi, vv. 28-29a) ed motivato con la menzione dellira
che Yhwh ha provato contro di lei fin da quando fu edificata (v. 31). Tale risentimento poi spiegato alla luce del fatto che nel corso della storia essa stata scenario di culti idolatrici praticati sulle terrazze delle case (vv. 29b.30). Nel v. 32 si
18
19
Secondo J.R. Lundbom, Jeremiah 1-20 (AB), New York 1999, 502, siamo negli anni 609-605.
Cf. Holladay, Jeremiah 1, 625.
23
20 Cf. W. Thiel, Die deuteronomistische Redaktion von Jeremia 26-45, Neukirchen - Vluyn
1981, 33-34.
21 Holladay, Jeremiah 1, 200, data il brano al 601.
22 Rudolph, Jeremia, 42.
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vv. 17-21, introdotto dalla formula del messaggero, dove si ha lannuncio del giudizio formulato ironicamente con luso del termine manomissione di schiavi
(rArD>), tecnico della legge dellemancipazione degli schiavi (v. 17), ma qui usato
per indicare laffidamento alla morte eseguita dagli agenti nominati nella triade
della tribolazione (la spada, la pestilenza, la fame). Nei vv. 18-19 il giudizio ulteriormente sviluppato con immagini concrete, prese dallantico rito di stipulazione dellalleanza. Il v. 21 contestualizza la revoca dellaffrancamento degli schiavi
nel periodo in cui lesercito babilonese aveva momentaneamente abbandonato lassedio della citt per contrastare lavanzata dellesercito egiziano. Pu darsi che il
popolo sia ritornato sui propri passi dopo che il nemico si era allontanato, pensando di non aver pi bisogno dellaiuto divino.
Concludendo questo paragrafo, i sacerdoti sono chiamati in causa come responsabili del declino morale della nazione sia nel contesto della religione sia in quello
della vita sociale e politica. Geremia non teme di accusarli per il comportamento
immorale e per il falso insegnamento. Essi sono visti come rappresentanti del popolo, assieme ad altri gruppi, specificamente ai profeti, e, in quanto tali, sono presi
di mira.
4. Culto a Yhwh nel tempio e pratiche cultuali eterodosse
4.1. Lamore per il tempio
Geremia non solo pratica il tempio, come abbiamo visto sopra, ma ne considera la sacralit e sa che Yhwh non pu tollerare che venga profanato (tematica simile in Ezechiele), n che venga manipolato o strumentalizzato.
Questidea si trova in 11,15, il primo dei tre detti che formano 11,15-17. Pi
precisamente, il v. 15 quanto resta di una controversia o di un dibattito
(Diskussionworte) avvenuto nel tempio e concernente un qualcosa che vi stato
commesso: forse una cosa scandalosa24. Con la domanda iniziale Yhwh chiede al
popolo prediletto (Dt 33,12) se, considerato ci che vi avvenuto, abbia ancora
qualcosa da condividere con la casa di Dio. Che si tratti di una domanda ironica si
comprende dallaffermazione successiva con la quale smentita lillusione che la
pratica cultuale possa servire, cancellando le conseguenze di quanto accaduto, a
stornare la sventura. Siamo di fronte a un motivo ricorrente, gi in Amos e Isaia,
per i quali il culto e i sacrifici non raggiungono Dio se non sono uniti alla pratica
della giustizia. Da questo versetto risulta lattaccamento di Yhwh al tempio,
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chiamato mia casa (di Yhwh)25, e nel contempo come non possa permettere che
ne venga oltraggiata la santit.
Altri testi proseguono su questa linea, specificando ci che dispiace a Yhwh.
Che lui non gradisca gli stessi sacrifici legittimi, se essi non sono accompagnati
dalla pratica della giustizia e dallubbidienza alla sua voce, unidea tipica del dtr.
In 6,20; 7,22, brani che possiamo collocare allinizio della seconda fase del ministero di Geremia (609-597), non vengono contestati in s stessi, quanto a ruolo ed
efficacia, ma ridimensionati appunto secondo la prospettiva dtr.
La reazione di Yhwh contro la contaminazione del tempio e la coscienza che
il culto non potr cambiare la sua decisione di sterminare il popolo sono espresse
in Ger 14,11. Nel brano (vv. 10-12) il locutore Yhwh che, rispondendo al lamento precedente del profeta, rivolge al popolo, con la terza persona, una parola di
accusa (v. 10), proibisce al profeta di intercedere (v. 11) e sottolinea linevitabilit del castigo (v. 13).
4.2. Il discorso sul tempio
Sul tempio Geremia ha parole pesanti fino al punto di annunciarne la fine, paragonandolo al santuario di Silo. Il discorso sul tempio centrale su tale aspetto in
entrambe le recensioni, quella di 7,1-15 e quella del cap. 26, tra le quali sono evidenti differenze di accentuazioni26.
La prima, quella del cap. 7, appartiene alla redazione dtr del libro, mentre il
cap. 26 fa parte dei racconti biografici tradizionalmente attribuiti a Baruc, ma con
aggiunte e rielaborazioni dtr (C)27. Da 26,1 sappiamo che il profeta riceve lordine di proclamare il discorso nel tempio allinizio del regno di Ioiakim, che
corrisponde allautunno del 609. Tra le differenze, c quella concernente il contenuto del discorso. Mentre in 7,1-15 Geremia ammonisce il popolo contro il
culto illegittimo, nel cap. 26 non c nessuna menzione di ci e il riassunto
fatto mettendo laccento sullascolto della voce dei profeti. La reazione dei sacerdoti, dunque, che anche nel cap. 26 si vedono equiparato il tempio a Silo, non
determinata da quanto il profeta aveva detto sulla manipolazione del tempio
(7,9-11), giudicato negativamente ed esposto allanatema, perch luogo in cui si
godeva del frutto di azioni illecite, ma piuttosto su quanto aveva detto a proposito del destino infausto del tempio e di Gerusalemme. Per i sacerdoti, menzionati anche qui assieme ai profeti, con tali parole Geremia si rendeva colpevole
. ;i 26,11; cf. Am 7,14).
di morte (tw<m-' jP;vm
Questo dato illustrativo del comportamento dei sacerdoti, considerati assieme
25
In 12,7 mia casa si riferisce alla terra, chiamata anche con altri nomi.
Carroll, From Chaos, 85-95.
27 W. Thiel, Die deuteronomistische Redaktion von Jeremia 1-25, Neukirchen - Vluyn 1981,
105-106.
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ai profeti (sacerdoti e Profeti), i quali, in questi racconti, svolgono un ruolo negativo e rappresentano un elemento di opposizione alla tendenza voluta da Geremia che sosteneva che la salvezza di Gerusalemme poteva essere possibile solo a
determinate condizioni.
Dai brani che narrano il calvario del profeta negli ultimi anni prima della catastrofe, si desume che la leadership di Gerusalemme era divisa in correnti: se gli
scribi erano favorevoli alla politica suggerita dal profeta, i sacerdoti e i profeti la
pensavano in modo opposto, mentre quella dei capi risultava quanto mai ambigua,
se si tiene conto da una parte della descrizione negativa che ne viene fatta in alcuni testi, soprattutto dtr, e dallaltra del loro intervento assolutorio nel cap. 26. In
questo racconto, infatti, Geremia si salva grazie ai capi (~yrIf;' 26,16) e allintervento di Achikam, membro della famiglia Safan, a lui vicina (26,24). A rendersi conto
che lopposizione dei sacerdoti in questi testi, compreso il cap. 26, politica piuttosto che religiosa, concorre il fatto che essi sono menzionati con i profeti, che in
questepoca sono i falsi profeti operanti in patria per i quali ci sarebbe stato un
futuro di benessere.
Che la concezione di Geremia riguardo al tempio e al culto non sia negativa si
desume molto chiaramente dallo stesso discorso del cap. 7 e da altri testi dove essi
sono visti favorevolmente. Nel discorso sottolinea la natura particolare del tempio
in quanto luogo in cui presente Dio ed invocato il nome divino (7,11.14). In
fondo, come abbiamo detto, la polemica muove dal fatto che i contemporanei ne
facevano un baluardo di salvezza e lo consideravano un pretesto per non convertirsi, mentre per Geremia, in linea con la teologia dtm, il tempio consacrato a Dio,
sua dimora, intimamente legato al suo Nome, alla sua persona (Dt 12,11; 14,23;
16,2.6.11; 26,2). Oltre ad essere luogo deputato alla preghiera, il luogo in cui
si invera nel grado pi elevato il rapporto con Lui (vicinanza e presenza di Dio in
mezzo al popolo). In ci si mostra la considerazione altamente positiva che egli ha
di questa istituzione sacra. Occorre perci supporre che la stessa critica ai sacrifici,
cui si accennato (6,20; 7,22 e 11,15), muove dalla percezione che il popolo non
si rende pi conto della vera funzione del tempio.
Geremia non ha dunque nutrito nessun sentimento di ostilit nei riguardi
delle prescrizioni cultuali e del tempio; quando si pronunciato contro di essi,
lo ha fatto per promulgare la concezione dtr che egli ha difeso fin dal primo
periodo di ministero.
4.3 Culti eterodossi
Un discorso a parte spetta ai culti idolatrici, di provenienza straniera, attestati
in Giuda, i quali si presentano con delle caratteristiche specifiche. Il libro documenta la presenza di due forme particolari condannate violentemente dal profeta: la
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Vincenzo Lopasso
prima il sacrificio dei bambini praticato a Gerusalemme, nella Valle di Ben Innom, laltra il culto alla Regina del cielo, di carattere familiare.
Circa la pratica dei sacrifici dei bambini, essa si svolgeva in onore di Melec,
il Baal, nella valle (7,31), famosa per lidolatria (2,23). Nonostante essi fossero
condannati dalla legge israelitica, come mostra il racconto di Gen 22,1-19, sopravvissero in alcune frange del culto e in alcuni periodi furono riesumati (2Re
16,3; 21,6)28. Da Geremia considerata una pratica estranea alla fede in Yhwh
(cf. 32,35).
Lo stesso vale per il culto alla Regina del cielo, ovvero la dea Ishtar (Astarte
cananea), diffuso in Giuda, fin dai tempi di Manasse, che laveva legittimato (2Re
21,1-7). Da 7,28 sappiamo che il suo culto era di carattere familiare, coinvolgeva
lintera famiglia, tanto i genitori quanto i figli, si svolgeva sulle terrazze delle case,
e comportava la preparazione di focacce che portavano il logo della dea e lofferta
di libagioni (44,17-19).
5. Rapporto con alcuni sacerdoti
Nella sezione biografica il libro di Geremia ci conserva il ricordo di veri e propri contrasti tra il nostro profeta e singoli sacerdoti, chiamati per nome. Si tratta di
un topos presente nella tradizione dei veri profeti, come mostra lalterco tra il sacerdote Amasia e Amos (Am 7), dovuto alla differente indole dei personaggi; i
profeti, a differenza dei sacerdoti, erano consapevoli della loro non appartenenza a
qualsivoglia forma di istituzione. Nello stesso tempo, nel libro non mancano figure di sacerdoti che si mostrano benevoli nei confronti di Geremia.
5.1. Lo scontro con Pascur
In Ger 20,1-6, attribuibile a B29, allazione del sacerdote Pascur che fa malmenare e mettere alla gogna il profeta (vv. 1-4a), segue lannuncio del castigo sul
popolo e su di lui (vv. 4b-6). Il v. 2 specifica il luogo dove avviene la punizione:
presso la porta superiore di Beniamino che nella casa di Yhwh. Menzionata
anche in Ez 8,3.5, sembra che sia una porta dellatrio del tempio, che immetteva
negli edifici sacri, situata a nord. Non comunque da confondere con la porta
omonima della citt (37,13; 38,7), situata pi a nord, in direzione del territorio di
Beniamino.
Pascur definito sacerdote (20,1), mentre al nome Geremia segue lapposizione il profeta (20,1), elemento tipico con cui nei racconti biografici si eviden28
29
29
zia il vero profeta per rapporto ai falsi profeti, suoi oppositori. Uscito di prigione
(v. 3), Geremia applica al sacerdote lepiteto di terrore allintorno, per indicare
linversione delle parti: come Pascur stato causa di terrore verso Geremia, cos i
nemici lo saranno nei suoi riguardi (v. 4a). Il profeta non teme di esprimersi in
questi tempi contro il sacerdote e sovrintendente del tempio, pur sapendo che quanto diceva avrebbe avuto conseguenze negative anche su tutto ci che era in rapporto con la casa di Dio. Inoltre nel v. 6, senza temere di pronunciare parole dure
contro un sacerdote, gli preannuncia la deportazione e la morte in terra straniera,
destino crudele, soprattutto per un sacerdote (Am 7,17).
In base al contesto il contrasto tra i due nasce dal messaggio proclamato dal
profeta a seguito dellazione simbolica della brocca (19,1-2a +10+11a)30, svolta
davanti agli anziani del popolo e agli anziani dei sacerdoti. In 19,14-15 il profeta
si trova nellatrio del tempio e davanti a tutti riassume ci che aveva proferito
presso la Porta del Vasellame in ottemperanza al comando divino (19,2a): il giudizio contro Gerusalemme aveva come contenuto la sventura che sarebbe piombata
sulla citt (19,3), il mutamento nel dire riguardante il Tofet o Valle di Ben Innom
che sarebbe stato chiamato Valle della strage (19,7), la desertificazione delle citt
(19,8), infine la eventualit che ciascuno sarebbe stato costretto per fame a mangiare la carne del vicino (19,9), la profanazione della citt (19,10-13). Il riassunto
concerne la fine della citt su cui si abbatter la sventura.
Pascur, non riconoscendo Geremia come profeta, lo fa percuotere perch aveva
annunciato la distruzione della citt. Che lepisodio sia da leggersi come antagonismo tra vera e falsa profezia, ancora pi evidente se si considera, come propone
Thiel31, linserimento dtr della frase relativa del v. 6 ai quali hai profetizzato nella
falsit come riconducibile al fatto che Pascur aveva accondisceso alla predicazione di benessere, tipica dei falsi profeti (6,13).
5.2. Il comportamento di Sofonia
Il libro conserva il ricordo di un altro sacerdote, Sofonia, figlio di Maaseia,
menzionato come membro dellambasciata inviata in due diverse occasioni da
Sedecia a Geremia (21,1; 37,9: ambasciate di Sedecia, la prima ambientabile nella
prima fase dellassedio di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, la seconda
nella tarda primavera o allinizio dellestate del 597 quando lassedio era temporaneamente cessato), il quale si comporta in modo completamente differente da Pascur. Per questa ragione viene redarguito mediante lettere dalla Golah per non aver
preso provvedimenti contro Geremia che continua indisturbato a compiere il suo
ministero nellarea del tempio (29,25.26.29). A capo di questo nuovo conflitto,
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Cf. G. Wanke, Jeremia. II (25,15-52,34) (ZBK.AT 20.2), Zrich 2003, 258; 264.
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abitanti del paese, provenienti dai quattro punti cardinali, avendo accettato Gerusalemme quale loro centro religioso, parteciperanno al culto nelle forme le> hl'A[~yaibim.). Sicch
gittime (v. 26: hw")hy>tyBehd"Atyaebim.Whn"+Abl.Whx'n>miWxb;z<w
in futuro essa continuer ad avere il ruolo che gli era stato riconosciuto da Giosia con la riforma religiosa. Tutto, come si nota dallo stesso tenore del brano e
non solo nella protasi del v. 24, dipender, secondo la prospettiva specifica dtr,
dallascolto della parola profetica, che ha per oggetto losservanza del precetto
del sabbatico33.
6.2. Restaurazione cultuale
Il messaggio centrale del libro della consolazione (capp. 30-31) espresso
dalla formula cambiare la sorte (30,3)34, la quale rimanda a un capovolgimento
della situazione passata in tutti i settori della vita del popolo, quindi al superamento della catastrofe. La prospettiva nuova riguarda anche i sacerdoti e il culto. Come
per il popolo, anche per i sacerdoti si affaccia un avvenire di benessere e di prosperit, in osmosi con lambiente in cui il popolo ritornato. Il tema del ritorno costituisce il contesto e il presupposto in cui si genera la ripresa della vita e la rinascita
della nazione. Ger 31,10-14 ne parla secondo la categoria del nuovo esodo (v. 11:
hdp, lag). Nei vv. 13b-14 si presenta lintervento divino come trasformazione
della situazione precedente ($ph). Anche ai sacerdoti promessa abbondanza di
grasso (!v,D)" , cio di nutrimento e di prosperit (v. 14a; Sal 36,9; 65,12; Is 55,2),
ci che nel v. 12 era promesso a tutti i ritornati. Al riguardo, va tenuto presente che
il sostentamento dei sacerdoti era garantito dalla legge dtm (Dt 12,11-12.18-19;
14,27-29; 16,10-11.13-14; 26,10-13), la quale imponeva loro di servire Dio esclusivamente nel tempio (Dt 18,3-8).
noto che Geremia nelle promesse di salvezza non si dilunga, come invece fa
Ezechiele (40-48), sulla costituzione del nuovo Israele. Tuttavia insiste sullavvenire nella linea della continuit con il passato per quanto riguarda le istituzioni sia
civili che religiose. Da Ger 30,21 non si pu dedurre con chiarezza se si alluda a
qualche forma di governo presieduta da un sacerdote (chi colui che ha dato in
pegno la vita per avvicinarsi a me?). Sembrano condurre a questa interpretazione
luso del termine comunit (hd"[;e v. 20; Zc 3,6-10)35 e il verbo avvicinare (v.
21), allhifil e con soggetto Yhwh, impiegato per i leviti in Nm 16,5 e 16,10. Si pu
pensare a un capo che svolga un ruolo di mediazione nellambito del culto (v. 21;
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Vincenzo Lopasso
36 Alcuni autori ritengono che si tratti di un sacerdote-re; cf. A. Weiser, Geremia (capp. 25,1552,34) (AT 21), Brescia 1987, 495-496, per il quale si tratta di un sovrano al quale attribuito un
carattere sacro. Anche per Carroll, From Chaos, 207, si tratta di un sacerdote-re, la cui funzione
esprimerebbe una delle novit della restaurazione futura rispetto a un passato in cui i re si erano
alienati la condiscendenza divina per il loro comportamento malvagio. Infine, per Rudolph, Jeremia,
193, si tratta di un comandante in continuit con lordine precedente, ma idealizzato.
37 Lespressione usata sacerdoti leviti tradisce linflusso del Dtr oppure la mancata conoscenza del programma riformatore di Ez 44, secondo il quale i leviti per dignit e per ufficio sono
separati dai sacerdoti (cf. 1Cr 13,2; 15,14; 23,2; 2Cr 5,5).
38 Cf. C. Levin, Die Verheiung des neuen Bundes, Gttingen 1985, 255-256.
39 Cf. L. Stulman, Order amid Chaos. Jeremiah as Symbolic Tapestry (The Biblical Seminar
57), Sheffied 1998, 81.
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Marco Nobile
Giobbe: la risposta di Dio (Gb 38-41)
Premessa
La problematica che il libro di Giobbe suscita da sempre continua ad essere
dibattuta in modo vivace e instancabile. La cosa si spiega perch Giobbe un
classico della letteratura non solo biblica, ma anche universale, e, come tale, contiene una domanda che trascende i confini della semplice operazione letteraria.
Certo, si continua a dibattere il ventaglio di questioni di ordine filologico, testuale,
redazionale e storico, ma il dibattito attorno alla questione filosofica o teologica
che il poema fa nascere altrettanto prepotente e intenso, pi che per ogni altra
opera biblica. Difatti, in Giobbe si tratta di un problema che non solo del libro n
della sola letteratura biblica, bens anche, essendo un classico, del problema del
senso della nostra esistenza, di una realt intrecciata in una rete di fattori che ci
fanno chiedere: perch si soffre, soprattutto perch deve soffrire linnocente? Connessa intrinsecamente con tale domanda quella che in tono smarrito viene a formularsi cos: se Dio esiste, chi e che cosa fa? In particolare, chi il Dio biblico
di Giobbe? Un sovrano assoluto che agisce con arbitrio? Ma non di costui che
luomo ha bisogno, come dice Giobbe. Allora un Dio giusto che distribuisce premi
ai buoni e castighi ai malvagi? Questo affermano i tre amici di Giobbe, ma anche
quello che Giobbe stesso pensa e che lo fa ribollire dira e di angoscia di fronte a
una patente ingiustizia consumata nei suoi confronti. La questione richiede necessariamente la risposta di Dio ed su di essa che si appuntano le nostre aspettative.
Un interessante indizio del carattere prioritario della risposta divina sta nella numerosa serie di studi che a tuttoggi continuano a concentrarsi sugli ultimi capitoli
di Giobbe, cio sui due discorsi di Dio: Gb 38,1-39,30 e 40,1-42,6 (i due brevi
interventi di Giobbe in 40,3-4 e 42,1-6 vanno letti con i due discorsi in quanto
contribuiscono a illuminarli).
Anche noi con questo contributo vogliamo compiere unindagine su questi testi,
tenendo conto di due fattori. Il primo che bisogna ricordare pregiudizialmente che
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Marco Nobile
la risposta divina data da un autore umano, come sottolinea bene Alonso Schkel1;
il secondo fattore che proprio per questo la risposta divina non va indagata
allesterno di essa, in base cio alle nostre aspettative logiche o metafisiche, bens
allinterno di un testo scritto da un autore che si colloca tra il V e il IV sec. a.C. Ci
comporta che dobbiamo tenere presente anche il contesto storico-culturale entro il
quale si situa loperazione pur geniale dellautore dellopera. Il contesto quello
dellinterscambio a ondate continue tra il mondo vicino-orientale e il mondo greco.
Di tale tema ha trattato ampiamente Martin L. West2. Se lOriente ha influenzato il
pensiero e la cultura greca arcaica, avvenuto un fenomeno similare di ritorno
specialmente nel periodo ellenistico: il pensiero greco pu aver influenzato il pensiero vicino-orientale.
Nostro intento non quello di dare uninterpretazione totale e tanto meno definitiva del senso e del significato della risposta di Dio alla questione posta da Giobbe, bens quello di vedere se possibile considerare quella di Dio una risposta e se
s sulla base di quale pensiero filosofico e/o teologico.
Approccio interpretativo corrente
Il pi delle volte viene spontaneo di leggere il libro di Giobbe con le sue istanze, seguendo un filo logico che quello della cultura occidentale3. Lopera sembra
porre una questione grave e difficile, il cui oggetto dibattuto in quella branca del
pensiero filosofico che noi chiamiamo teodicea: Giobbe porrebbe in certo qual
modo il problema del male nel mondo. Questo tipo dinterpretazione non fuori
luogo, perch il tema fortemente presente nel poema; daltra parte, esso non
sconosciuto n alla letteratura biblica (si legga ad esempio il Sal 73 e Qo 4,1-3) n
alle altre culture medio-orientali delle quali ogni introduzione a un commentario
di Giobbe che si rispetti si premura di segnalare le opere affini4. Della letteratura
egiziana si cita, tra altre testimonianze, il Dialogo di un disperato con la sua anima
(ba) (circa 2190-2040 a.C.: Primo Periodo Intermedio), dove un uomo angosciato
di fronte alla sua situazione esistenziale, ne parla con il suo ba e gli rivela che per
lui meglio suicidarsi. Lopera non offre una risposta finale, almeno secondo le
1 L. Alonso Schkel, Giobbe, in L. Alonso Schkel et alii, La Bibbia, parola di Dio scritta
per noi, vol. 2, Torino 1980, 95.
2 Nel suo La filosofia greca arcaica e lOriente, Bologna 1993 (orig. inglese 1971).
3 Di questa pubblicistica fanno una rassegna L. Alonso Schkel e J.L. Sicre Diaz, Giobbe,
Roma 1985, 598-600; anche G. Ravasi, Giobbe, Roma 1984, 722-723, il quale afferma di aver registrato in relazione ai due discorsi di Dio in Giobbe pi di un centinaio di studi, compresi alcuni
giapponesi e russi.
4 J. Gray, The Book of Job in the Context of Near Eastern Literature, ZAW 82 (1970) 251-269;
Alonso Schkel, Giobbe, 19-37; Ravasi, Giobbe, 128-161; V. Morla Asensio, Libri sapienziali e
altri scritti (ISB 5), Brescia 1997 (orig. spagnolo 1994), 127-128.
39
J. Trublet, Peut-on parler de nature dans lAncien Testament?, RSR 98 (2010) 193-215.
Campbell, The Book of Job: Two Questions, One Answer, ABR 51 (2003) 15-25; E.L.
Greenstein, Truth or Theodicy? Speaking Truth to Power in the Book of Job, PSB 27 (2006) 238258.
7 D.J.A. Clines, Jobs Fifth Friend: An Ethical Critique of the Book of Job, BI 12 (2004)
233-250.
6 A.F.
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Marco Nobile
del poema di Giobbe. Il risultato delle ricerche, pur senza raggiungere questo culmine, ruota in genere attorno a questa conclusione: Giobbe deve accettare il mistero di Dio, senza poter ricevere una risposta razionale. Le varie posizioni degli
studiosi, in realt, fondate sugli autentici problemi che il libro di Giobbe pone, si
distinguono talora o per sfumature interpretative o per pregiudiziali concettuali che
non rendono veramente differenti le une rispetto alle altre n entrambe daltra
parte sono da ritenersi false8. Si tratta piuttosto dellaspetto discutibile della prospettiva, spesso esterna allimpianto culturale del testo.
Due tipi di soluzione si staccano dal comune filone e preparano indirettamente
la strada che conduce al nostro contributo. Il primo tipo quello adottato da L.
Alonso Schkel nel suo commentario a Giobbe, dove aggredisce da par suo il testo
biblico, esaminandolo dallinterno e seguendone larticolazione formale-strutturale
e i contenuti ad essa connessi9. Il secondo tipo trova il suo punto dappoggio nel
criterio dello spostamento di prospettiva che Dio opererebbe in Giobbe, cio lo
scivolamento da una prospettiva antropocentrica a una invece cosmo/teocentrica10.
Entrambi i tipi comunque ammettono decisamente che nel poema vi sia una risposta adeguata da parte di Dio e questo il nostro assunto. Anche per noi nel libro di
Giobbe viene data una risposta piena al problema che esso pone. Quando diciamo
risposta, non la intendiamo solo in senso letterario, come pure la intende Alonso
Schkel e con lui G. Ravasi, il quale sottolinea che sotto questo aspetto non vi
oggigiorno quasi pi alcun disaccordo tra gli studiosi (p. 723). A nostro parere, la
risposta il libro la d anche nellordine del contenuto, che definiremmo filosofico,
come bene ha compreso P. Ricoeur, il quale per, a questo livello, curiosamente non
la definisce una risposta da parte di Dio: In cambio del suo silenzio indirizzata a
Giobbe una parola; questa parola non una risposta al suo problema e non per
8 Citiamo tra gli studi migliori in questo contesto: A. Passaro, Domande e risposte sulla giustizia in Giobbe, RSB 14/1-2 (2002) 119-136. Passaro fa questa bella riflessione in riferimento alla
risposta divina a Giobbe: il Dio dellesodo si rivolge a Giobbe, non riproponendo le grandi
gesta salvifiche, ma invitandolo ad entrare nel mistero della creazione, come luogo del mistero di
Dio, non solo nella sua onnipotenza: la grande intuizione del libro di Giobbe. La riflessione sulla
giustizia di Dio di fronte allingiustizia viene cos sganciata da una prospettiva esclusivamente etica,
collocandosi nellorizzonte della teologia della creazione e non in una piatta visione antropocentrica (p. 135). Lo studioso ha colto nel segno, ma perch, ci si chiede, proprio la teologia della
creazione la risposta? Noi vorremmo spingere in questo senso, facendo un passo ulteriore. Si veda
anche D. Timmer, Gods Speeches, Jobs Responses, and the Problem of Coherence in the Book
of Job: Sapiential Pedagogy Revisited, CBQ 71 (2009) 286-305: lautore considera la coerenza di
un cammino pedagogico di Giobbe che lo porterebbe ad una comprensione di Dio.
9 Alonso Schkel, Giobbe, 597-673.
10 A. Passaro, citato pi sopra, pu rientrare in questo secondo tipo; si veda inoltre R. Raphael,
Things Too Wonderful: A disabled Reading of Job, PRSt 31 (2004) 399-424; J.R. OBrien, World,
Winds, and Whirlwinds: The Voice of God Meets the Vice of God, PRSt 30 (2003) 151-160; H.
Reimer, Gerechtigkeit und Schpfung. Ein Beitrag zum Verstndnis des Hiobbuches, in C. Hardmeier et alii (ed.), Freiheit und Recht, Gtersloh 2003, 414-428; L. Wilson, Job 38-39 and Biblical
Theology, RTR 62 (2003) 121-138.
41
Citato in Ravasi, Giobbe, 732-733 da P. Ricoeur, La symbolique du mal, Paris 1960, 298.
Schkel, Giobbe, 597-598; cf. Ravasi, Giobbe, 723.
13 Alonso Schkel, Giobbe, 600-610.
12 Alonso
42
Marco Nobile
della sua ignoranza e della sua impotenza, non per schiacciarlo e lasciarlo sdegnosamente senza risposta, ma per collocarlo al suo posto esatto, con la prospettiva
corretta per confrontarsi con Dio (p. 606). Rimarrebbe per, obietterebbe qualcuno, il problema della giustizia. Il cosmo descritto da Dio sembrerebbe amorale. Ma
anche qui Alonso Schkel sa dare la sua soluzione. Essa si fonda sullassioma
veterotestamentario che la giustizia divina vincolata alla sapienza. La sapienza
che Dio mostra nellaver fatto il mondo in armonia, dopo aver vinto il caos, anche
la sua giustizia (a questo proposito si ricordi Is 51,9-11, il cui schema ripropone
quello storico-salvifico che trover un suo picco in Sap 10-19). Questo sinscrive
addirittura in un piano o disegno divino (c) (Gb 38,2). un fatto comunque che
la risposta di Dio nei suoi due discorsi si avvale esclusivamente di uno stile descrittivo, tipico di uno scritto sapienziale o innico (Sal 65; 104; Sir 43), ma anche di una
difesa forense, come Giobbe aveva spesso preteso nei suoi discorsi, citando Dio in
giudizio. Cos si esprime Alonso Schkel: Per la curiosit questi capitoli (cio
38,1-41,26) hanno un sapore sapienziale, per il tono ricordano inni religiosi, per la
funzione sono parti di un dialogo forense (p. 610). In altri termini, proprio nel
dispiegamento della sua onnipotenza cosmica che Dio mostra anche la sua giustizia, la quale polivalente di fronte a quella monovalente che Giobbe pretenderebbe doversi realizzare: Oseresti tu cancellare il mio giudizio, dare a me il torto per
avere tu ragione? (haaf tfr mip tarcn lemacan tidq) (40,8). Alonso
Schkel dunque centra il nodo della questione, tenendo presente proprio la coincidenza veterotestamentaria tra sapienza e giustizia, un dato che peraltro aveva una
sua diffusione molto antica nel mondo vicino-orientale14. Ci si pu chiedere se non
sarebbe possibile approfondire laspetto della fonte di tale concezione per raggiungere una migliore comprensione del testo di Giobbe.
Un sostegno a questa domanda proviene dal secondo tipo di indirizzo risolutorio. Ormai chiaro che bisogna spostare la nostra attenzione, come dicono gli autori citati alla nota 10, da un obiettivo antropocentrico a uno cosmocentrico, nel
quale anche il primo ritrova il suo senso. Di sicuro questo spostamento dovrebbe
rispondere meglio alla concezione del mondo e della realt che lIsraele antico ha
condiviso con le societ mediorientali. Tale visione solo parzialmente testimoniata dalla letteratura biblica, la quale, come si sa, selettiva in quanto opera di alcune lites intellettuali. E tuttavia lattenzione al mondo naturale non manca nellAT,
come dimostra proprio il libro di Giobbe; solo che, a nostro parere, esso non registra semplicemente lantico pensiero orientale che un considerevole influsso ha
avuto sul pensiero greco arcaico15, bens soprattutto la sua rielaborazione originale
14 Un esempio viene dal detto citato ultimamente da S. Seminara, La scienza mesopotamica
della catalogazione: le raccolte di proverbi sumerici tra lessicografia e letteratura sapienziale, Or
78 (2009) 379-393: ng-gi-na-da a-ba in-da-s nam-ti --tu: Chi pu stare alla pari con la giustizia
(rappresentata dal dio Utu)? La vita (stessa) ne creata (1.1) (p. 391).
15 Vedi la tesi di West, La filosofia greca arcaica e lOriente; inoltre, AA.VV., lments
43
in ambito greco, come viene attestata dalla filosofia presocratica. In Giobbe quindi,
avremmo un influsso greco di ritorno, dovuto con ogni probabilit al milieu ellenistico. Unattenzione degli studiosi in tal senso ben documentata ultimamente. Di
un interscambio culturale tra i due mondi, quello orientale e quello greco hanno
trattato B. Halpern e M.B. Dick16. Per il primo, Giobbe attesterebbe un momento
storico di dialogo politico-culturale tra la societ assira e quella del pensiero presocratico; per il secondo, nella risposta che Dio d a Giobbe vi sarebbe una posizione intermedia tra la concezione assira e quella greca epicurea. Dio sarebbe colui
che domina e controlla il caos cos com da sempre. A questo punto interviene
provvidenziale quel testo di P. Ricoeur che abbiamo citato pi sopra (vedi nota 11).
Il filosofo, pur negando che quella di Dio a Giobbe si possa considerare una risposta, cita come referenti del pensiero presente nei discorsi divini Anassimandro ed
Eraclito. Di questi due filosofi presocratici vogliamo occuparci ora per vedere se il
loro pensiero possa essere supposto sullo sfondo della risposta di Dio a Giobbe e
se s in che senso e fino a qual punto.
Anassimandro, Eraclito e la risposta di Dio a Giobbe
Qualunque sia il tipo di spiegazione che gli studiosi danno della risposta di Dio
a Giobbe, dopo il percorso che il poema ha fatto loro seguire, essa sempre il
frutto di uno sforzo rilevante che vuole venire a capo di unapparente incongruenza, almeno per la nostra logica occidentale e in particolare per quella filosofia antropocentrica e individualista che da noi si sviluppata a partire da Cartesio. Chi
si dispone a leggere il poema di Giobbe, ne segue le linee che esso stesso traccia.
Il libro parla del dolore dellinnocente che non trova sufficiente spiegazione nella
razionalit di una soluzione retributiva, cos come la difendono i tre (quattro con
Elihu) amici del protagonista. Il lettore si aspetta quindi una risposta dallunico che
possa risolvere la questione: Dio stesso. E sotto questo aspetto, abbiamo visto pi
sopra, come la risposta vi sia a livello letterario. Ma non a livello logico! Cos almeno appare a noi. Da qui i molti tentativi talora imbarazzati di giustificare Dio
con vari distinguo, soprattutto tra il piano razionale e quello emotivo-confessionaorientaux dans la religion grecque ancienne, Paris 1960; R. Mondi, Greek Mythic Thought in
the Light of the Near East, in L. Edmunds (ed.), Approaches to Greek Myth, Baltimore 1990,
142-198; W. Burkert, The Orientalizing Revolution. Near Eastern Influence on Greek Culture in
the Early Archaic Age, Cambridge MA 1992; J. Duchemin, Mythes grecs et sources orientales,
Paris 1995; J. Bottero - C. Herrenschmidt - J.-P. Vernant, LOrient ancien et nous. Lcriture, la
raison, les dieux, Paris 1996; E. Cingano, Introduzione, in Esiodo, Teogonia, a cura di E. Vasta,
Milano 2004, xxii-xxv.
16 B. Halpern, Assyrian and Pre-Socratic Astronomies and the Location of the Book of Job,
in U. Hbner et alii (ed.), Klein Land fr sich allein (OBO 196), Freiburg (Schweiz) 2002, 255-264;
M.B. Dick, The Neo-Assyrian Royal Hunt and Yahwehs Answer to Job, JBL 125 (2006) 243-270.
44
Marco Nobile
le della fiducia richiesta da Dio nella sua onnipotenza misteriosa che rifiuterebbe
qualsiasi chiarificazione. Si pu ammettere comunque che la distinzione tra il piano razionale e quello mistico-esperienziale, assunta da noi contemporanei come
criterio esterno, possa trovare accettazione, qualora quello interno di cui presto
parleremo non corrisponder alle nostre aspettative moderne. La natura del linguaggio tale che anche la nostra lettura contemporanea di Giobbe pu inserirsi
nel solco tracciato per la prima volta tanti secoli fa dallautore del poema. Si tratta
del fenomeno della semiosi illimitata di cui parlano i linguisti moderni, che rende scientificamente ragione della validit del diritto allattualizzazione del testo
biblico. Ma non a questo livello che vuole svolgersi ora il nostro discorso, bens
a quello che passa allinterno di unopera letteraria scritta tra il V e il IV secolo a.C.
Ripetiamo ancora una volta in che cosa consista il problema. Dio d una risposta
razionale al problema posto da Giobbe? Nostro intento quello di rispondere s,
non estrapolando dalle categorie di pensiero che lo stesso poema adopera e che
costituiscono il contesto culturale speculativo dellepoca dellautore. In tal modo,
saremo obbligati a non confondere il fatto che la risposta possa non soddisfare la
nostra logica o la nostra filosofia, con il fatto che nel poema non venga data una
risposta razionale, anzi filosofica, al problema di Giobbe. Per poter inoltre meglio
indirizzare la nostra ermeneutica, dobbiamo ricordare che un libro biblico innanzi tutto una creazione culturale, temporalmente determinata, che non pu n deve
coprirsi con lintera gamma di valori da noi oggi condivisi nellordine della speculazione sia metafisica che etica.
E veniamo al nostro problema. Il poema di Giobbe ha una sua configurazione
letteraria originale che conferisce allopera un senso ben definito. Esso si presenta
come un anello prezioso (la favola di cornice che apre e chiude il libro) nel quale
incastonato un diamante (le serie di dialoghi tra Giobbe e gli amici e il dialogo
tra Dio e Giobbe). Tra la cornice narrativa e il corpo dialogico vi una stretta connessione di senso. Luna esplica laltro in modo popolare e immediato, con i colori della favola e con le affermazioni nette che poi andranno verificate nello svolgersi intermedio del dramma. Allorch Giobbe viene toccato per la seconda volta
dalla disgrazia e la moglie lo incita a maledire Dio e a morire, cos egli risponde:
Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene, perch non
dovremmo accettare il male? (gam et hav neqabbl mt helhm weet
hrc l neqabbl) (2,10). Quella che appare unumile confessione di fede del
credente, in realt unaffermazione molto raffinata su Dio. Come pu una fede
orientata in senso monoteistico credere che possa esistere qualcosa che sfugga a
Dio e che da lui non dipenda? Certo, laffermazione qualche problema lo suscita,
ma bisogna esaminare come lautore del poema imposti la questione. Allaffermazione di Gb 2,10 pu essere posto come pendant il gi citato Gb 40,8: haaf tfr
mip tarcn lemacan tidq. Anche qui abbiamo una dichiarazione su Dio. Il
fatto che da Dio tutto provenga (2,10) non va interpretato con il criterio di etica
45
antropocentrica se io sono giusto, allora tu sei in torto. In tal modo, Dio verrebbe
ridotto al livello delluomo, cio alla parte per il tutto. Non luomo il criterio da
cui partire, ma un altro al quale anche luomo sia soggetto. Lautore sembra sviluppare nei due discorsi di Dio a Giobbe un manifesto teologico che ruota attorno ad
un criterio simile a quello che il pensiero presocratico del VI-V sec. a.C. aveva
adoperato: il criterio di una , cio di una natura o di un cosmo che si
origina da un principio primo, un che tutto partorisce e tutto regge con
unoperazione ordinatrice. Questordine di idee in realt era una razionalizzazione
correttiva che partiva da lontano, fin dai tempi della Teogonia di Esiodo (VIII sec.
a.C.), dove il grande poeta raccontava il mito del processo di nascita del cosmo
attraverso una lotta condotta da Zeus, il padre degli di e degli uomini (un corrispettivo dellEl capo del pantheon semitico) contro i Titani17:
enqa qeoi Tith=nej u(po\ zo/f% h)ero/enti kekru/fatai boulv=si Dio\j
nefelhgere/tao, xwr% e)n eu)rwenti, pelwrhj esxata gaihj. toij ou)k
e)cito/n e)sti, qu/raj d e)pe/qhke Poseide/wn xalkeiaj, teixoj d e)pelh/
latai a)mfote/rwqen. [enqa Gu/ghj Ko/ttoj te kai O
bria/rewj mega/qumoj
naiousin, fu/lakej pistoi Dio\j aigio/xoio. enqa de\ gh=j dnoferh=j kai
tarta/rou h)ero/entoj po/ntou t a)truge/toio kai ou)ranou= a)stero/entoj
e(ceihj pa/ntwn phgai kai peirat easin (Teogonia, 729-738).
Nellantico testo poetico, che peraltro usa immagini che ricordano Gb 38,41119, si ha un avvicendarsi di figure mitologiche che nel pensiero razionale del VI
sec. a.C. impallidiranno a favore di una descrizione demitizzata dellorigine, della
struttura e del senso delluniverso.
Tra i filosofi presocratici che pi sembrano offrire un termine di confronto per
17 In realt, Esiodo pone come primo elemento di generazione il Kaos (Teogonia, 116.123-125),
un principio che suppone gi un alto grado di astrazione (cf. E. Vasta in Esiodo, Teogonia, Milano
2004, 78-79).
18 Diamo la traduzione curata da E. Vasta in Esiodo, Teogonia, 51.
19 Per glinflussi orientali, cf. ancora Cingano, Introduzione, xxii-xxv.
46
Marco Nobile
Anassimandro ha detto che principio degli esseri linfinito Da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessit; poich
essi pagano luno allaltro la pena e lespiazione dellingiustizia secondo il decreto
del tempo.
outoj a)rxh\n efh twn ontwn fu/sin tina\ tou= a)peirou, e)c hj ginesqai
tou\j ou)ranou\j kai tou\j e)n au)toij ko/smouj. tau/thn de\ a)id
ion einai
kai a)gh/rw, hn kai pa/ntaj perie/xein tou\j ko/smouj
outoj me\n oun a)rxh\n kai stoixeion eirhken twn ontwn to\ apeiron,
prwtoj tounoma kale/saj th=j a)rxh=j (Hipp., Ref. 1,6,1-2).
Costui diceva che principio degli esseri era una certa natura dellinfinito,
dalla quale provengono i cieli e i mondi dentro di essi, e che essa eterna e insenescente e abbraccia tutti i mondi Egli ha detto che principio e elemento degli
esseri linfinito, il primo ad averlo chiamato col nome del principio.
Da queste affermazioni ricaviamo, come dice il West23, che i , cio i
20 C. Kahn, Anaximander and the Origin of Greek Cosmology, New York 1960; E. Severino,
La filosofia antica, Milano 1984, 37-39; R. Laurenti, Introduzione a Talete, Anassimadro, Anassimene, Bari - Roma 62000.
21 West, La filosofia greca arcaica e lOriente, 117ss.
22 Si citer perlopi la traduzione dei passi che d il West nellopera citata, anche se si terr
presente pure quella offerta da A. Lami, I Presocratici. Testimonianze e frammenti. Da Talete a
Empedocle (Classici BUR), Milano 1991, a fronte del testo greco riprodotto da H. Diels - W. Kranz,
Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlin 61951-1952, oltre naturalmente a dare qua e l la nostra.
23 West, La filosofia greca arcaica e lOriente, 119-120.
47
48
Marco Nobile
Dio giorno e notte, inverno ed estate, guerra e pace, saziet e fame [tutti i
contrari: questo il senso], si trasforma come [fuoco], il quale, quando mescolato a spezie, prende il nome dal profumo di ciascuna.
Fr. 53 Po/lemoj pa/ntwn me\n path/r e)sti, pa/ntwn de\ basileu/j, kai
tou\j me\n qeou\j edeice tou\j de\ a)nqrwpouj, tou\j me\n dou/louj e)poihse
tou\j de\ e)leuqe/rouj.
Polemos (= guerra) padre di tutti (gli esseri), re di tutti; pertanto, rende gli
uni dei, gli altri uomini, gli uni fa schiavi, gli altri liberi.
Le parole del secondo aforisma, che sembrano identificare un principio filoso-
24 Per i testi eraclitei, Lami, I presocratici, 199-237; per il pensiero, West, La filosofia greca
arcaica e lOriente, 157-258; E. Severino, La filosofia antica, Milano 1984, 41-45; H. Flashar, La
saggezza arcaica: Talete, Eraclito, Empedocle, in S. Settis (ed.), Storia Einaudi dei Greci e dei
Romani. IV: Diversit e unit della Grecia, Torino 1996, 1238-1244 (con una essenziale bibliografia); H.G. Gadamer, Eraclito, ermeneutica e mondo antico, Roma 2004; M. Heidegger, Eraclito.
Linizio del pensiero occidentale. Logica. La dottrina eraclitea del logos, Milano 1993; un interessante e stimolante commento al pensiero heideggeriano, relativamente ad Eraclito in U. Galimberti,
Il tramonto dellOccidente nella lettura di Heidegger e Jaspers, Milano 42008, 152-156.
49
fico con la realt concreta della vita e dei costumi degli uomini, rimandano invece
a qualcosa di pi complesso e profondo, cio ad un principio fontale, con buona
pace del West che troppo decisamente lo nega25, che il , anche se si pu
ammettere senzaltro che il filosofo greco usi il termine in vario modo, anche con
il significato comune di discorso. per difficile negare che in alcuni aforismi
egli faccia riferimento a qualcosa la cui natura verbale indica piuttosto una ratio
ontologica che sta dietro a tutti gli esseri (Fr. B1, B2, B113, B115). Daltra parte,
se probabile che le letture di Eraclito fatte dai posteri, principalmente dagli stoici,
possano aver aggiunto qualcosa che nel suo pensiero ancora non cera, v tuttavia
in esso ancora qualche elemento fondamentale che pu confermare quel principio
originario chiamato . Eraclito parla infatti del fuoco () come del principio dal quale scorrono tutti gli altri elementi cosmici: lacqua, la terra e laria.
Anche in questo caso, non tutti gli aforismi sembrano indicare un semplice elemento della natura. Il fuoco appare anchesso la metafora di un principio divino, di una
volont divina che saetta attraverso il mondo (cos ipotizzerebbe il West, p. 197)
per governarlo:
Fr. 64 ginesqai le/gwn outwj: <ta\ de\ pa/nta oiakizei Kerauno/j>,
Dicendo che cos avviene, che il fulmine governa tutte le cose, vale a dire le
dirige il fulmine, cos chiamando il fuoco eterno. Dice che questo fuoco anche
dotato di senno e che causa della costituzione di tutte le cose.
La particolare natura di tale principio si rileva proprio da quella propriet divina che gli viene tributata (vedi sopra il Fr. 67)26. Del resto, la figura del fulmine
rimanda allo strumento tipico di Zeus, meglio della sua volont. Vi per ancora
un altro elemento che avvalora la concezione originale di Eraclito, la quale niente affatto mitica, bens filosofica: il concetto di :
Fr. 41 einai ga\r <en to\ sofo/n, e)pistasqai gnwmhn, o(te/h e)kube/
rnhse pa/nta dia\ pa/ntwn.
Una cosa sola ci che saggio, intendere la ragione che governa tutto per
ogni dove.
Fr. 32 <en to\ sofo\n mou=non le/gesqai ou)k e)qe/lei kai e)qe/lei Zhno\j
onoma.
Una cosa sola il saggio, che vuole e non vuole essere chiamato soltanto Zeus.
25
26
50
Marco Nobile
Fr. 102 <twi me\n qewi kala\ pa/nta kai a)gaqa\ kai dikaia, anqrwpoi
de\ a me\n adika u(peilh/fasin a de\ dikaia>.
Per il dio tutte le cose sono belle, buone e giuste, gli uomini invece hanno
preso le une per ingiuste, le altre per giuste.
Questa serie di aforismi, relativi al concetto di sapienza, come potremmo tradurre anche il neutro , evoca in qualche modo luniverso semantico e
concettuale del discorso di Dio a Giobbe. Il Dio di costui, come il dio di Eraclito,
ha uno stretto rapporto con la sapienza (si veda Gb 28, dove si hanno gli inizi del
teologumeno della sapienza personificata, vista ancora come una potenza misteriosa e impersonale, ma trascendente). Il senso del difficile Fr. 32 ben espresso dal
West con queste parole: Invece di una divinit che esige saggezza, abbiamo qui
una Saggezza che esige divinit (p. 193). In altri termini, non alla mitologia che
vuol far riferimento Eraclito, bens alla filosofia. divina quella ragione che presiede e che governa tutte le cose. Governare tutte le cose, significa comporre gli
opposti in unarmonia che rende tutto bello, buono e giusto: una verit profonda
che sfugge al senso comune delluomo. Questa con ogni probabilit largomentazione che Dio usa presentando le sue ragioni a Giobbe nei cc. 38-42. I riferimenti al cosmo e alle varie creature e il governo etico del mondo andrebbero letti forse
sullo sfondo di questa multiforme realt di natura dialettica, che Dio sa imbrigliare
come il Leviatan o Behemot (Gb 40,15-41,26). Gli uomini, alla pari di Giobbe,
vedono solo parzialmente la realt delle cose e non hanno il senso del tutto (cf. Qo
3,11: Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la
durata dei tempi, senza per che gli uomini possano trovare la ragione di ci che
Dio compie dal principio alla fine).
Riflessioni finali
Con la nostra breve disamina di testi di filosofi presocratici, abbiamo azzardato unipotesi di lavoro che, se adeguatamente verificata, potrebbe essere molto feconda per comprendere la logica della risposta di Dio a Giobbe. Il confronto dei testi biblici con quelli di Anassimandro e di Eraclito, conduce a delle
riflessioni che, pi che concludere, possono suggerire unulteriore verifica
dellipotesi.
1) Preliminarmente, da dire che il principio divino dei due filosofi greci e
il Dio di Giobbe sono di sicuro differenti, dato il diverso ambito storico-culturale
di provenienza. Posto questo criterio di distinzione, esso per applicabile anche
in senso opposto. La comprensione del Dio di Giobbe non deve partire da una
nostra pre-comprensione moderna, di cui si pi o meno consapevoli, che usa
51
52
Marco Nobile
unarmonia mediante la sua sapienza (cf. Gb 28). Cos, per lui tutte le cose sono
belle, buone e giuste (cf. il Fr. 102 di Eraclito). Luomo, invece, vede tutto questo
processo di volta in volta in modo unilaterale e parziale (vedi ancora lo stesso
aforisma eracliteo): egli non ha il tempo di Dio n la sua sostanza.
4) Curiosamente, ma mica poi tanto, questa risposta che lautore di Giobbe
fa dare a Dio diventa un invito a contemplare il mistero profondo di Dio, in tal
modo espresso da Giobbe:
Vittorio Ricci
Note su br, yar e h. La creazione di Dio
nellAT e la particolarit del Deuteroisaia
Introduzione
Dei tre verbi ar"B,' rc;y" e hf'[1' , il terzo pu contenere una valenza generica, non
esclusiva dellazione di Dio, il primo invece sembra assumerla completamente,
mentre il secondo presenta una certa situazione mediana. Saranno resi per convenienza rispettivamente con: creare, plasmare, fare (o produrre). ar"B' risulta quasi
totalmente deuteroisaiano e con un tono minore lo stesso va detto di rc;y," rispetto ai
quali hf'[' presenta un uso comunissimo e polisemico. Tale dato fa supporre un
conio, se non proprio lessicale, almeno semantico, di ar"B' da parte del DtIs per
circoscrivere una nozione teologica assoluta e monoteistica che in modo radicale
dimostrasse non solo limpotenza, ma anche la inesistenza degli altri dei perch del
tutto incapaci di ar"B' o addirittura del mero hf'[2' .
Lipotesi di una qualche assimilazione di ar"B' con il verbo hn"B,' sicuramente
anteriore, non pare testualmente plausibile sia perch lunico caso del suo utilizzo
in qualche modo protologico riguarda solo la creazione della donna in Gen 2,22,
sia per la quasi inesistenza di altre occorrenze di tal genere3. suggestiva comun1 Si avverte che, oltre alle sigle comuni, si useranno le seguenti tre: PtIs, DtIs, TtIs, per indicare rispettivamente Protoisaia, Deuteroisaia e Tritoisaia.
2 Cf. ad es. Cration, in Dictionnaire de la Bible, t. 2, Paris 1910, 1101-1105, soprattutto la
confutazione che ar"B' possa significare nella forma piel (biblicamente mai attestata) tagliare,
spezzettare; anche in Dictionnaire Encyclopdique de la Bible, Paris 1960, 372-387, ad es. lassimilazione con hn"q' e la sinonimia con hn"B' nellarabo del sud; infine Grande Lessico dellAntico
Testamento, ed. it. a cura di A. Costantini - R. Contini, Brescia 1988, 1565-1581 (da ora in poi
GLAT). K. Elliger accenna allesclusivit di ar"B' per loperare divino e distingue sei volte la sua
presenza in un contesto creazionale e dieci in un contesto storico: Deuterojesaja. I: Jesaja 40,1-45,7
(Biblischer Kommentar. Altes Testament 11/1), Neukirchen - Vluyn 1978, 88 e note 3 e 4. Il significato di tagliare sembra risalire al filosofo ed esegeta ebreo Saadia Gaon (IX sec.); cf. M. Zonta,
La creazione dal nulla nella filosofia ebraica medievale in terra dIslam, in M. Lenzi - A. Maier (ed.), Discussioni sul nulla tra Medioevo ed Et moderna (Lessico intellettuale europeo 104),
Firenze 2009, 53-62, 55-67.
3 Cf. GLAT, 1572. Il sintagma singolare di Gen 2,22 circa la creazione della donna rievoca
54
Vittorio Ricci
que lannotazione che vorrebbe ar"B' connesso con il sudarabico antico in cui esso
significa costruire, poich potrebbe essere stato il tramite di un qualche legame
linguistico (un prestito?) con lindoeuropeo bhrami (antico indiano da cui il gr.
, il lat. fero, il got. bairan) associato alla nozione di portare ma anche di generare. Le sole cinque occorrenze di hn"q,' con laccezione di creare, costituire
al posto di comprare, acquisire sono alquanto dubbie e si collocano in contesti
innologici tardivi4 in cui potrebbero piuttosto significare possedere, avere propriet su5.
Va considerato inoltre che si impiegano altri due verbi di tipo decisamente creazionale: hj'n" (stendere) con loggetto cielo (formula quasi esclusivamente
deuteroisaiana)6 e [q:r" (estendere-distendere) con loggetto terra7.
1. Analisi di ar"B'
Delle 48 occorrenze veterotestamentarie di ar"B' 21 si trovano nel libro isaiano.
Se di esse si considerano solo i casi in qal escludendo i 10 in niphal (una sola
volta in Is 48,7), le 20 isaiane compaiano quasi tutte nel DtIs, ad eccezione
dellunica protoisaiana (Is 4,5) e delle 4 tritoisaiane (Is 57,19; 65,17-18). Pertanto
il verbo si pu senzaltro definire deuteroisaiano, come conferma il dato che nei
profeti restano tre in qal (Ger 31,22; Am 4,3, Ml 2,10) e altre tre in niphal (Ez
latto di costruire un oggetto con materiale ad esso simile. Comunque non paiono del tutto funzionali i verbi in esame. Le occorrenze di hn"B' dopo quella di Gen 2,22 sono prevalentemente relative
alla costruzione di una casa con allusioni anche simboliche: 1Sam 2,35; 2Sam 7,27; 1Re 11,38;
alludono alla (ri)edificazione di Gerusalemme-Israele o quanto distrutto: Ger 31,4; 42,10; 45.4; Ez
36.36; Am 9,11, lo stesso si pu asserire rispetto alla quasi totalit dei pochi casi nei Salmi (cf. 28,5;
51,20; 69,36; 89,5; 102,17; 122,3 e 127,1). Si noti il caso particolare di Lam 3,5.
4 In Gen 14,19 si introduce #r,aw' " ~yImv
; ' hnEqo nellambito della benedizione di Abram ad opera di
Melchisedek, potrebbe sembrare una formula arcaizzante ripresa da Abram dinanzi al re di Sodoma
nel successivo v. 22; a nostro avviso, come gli altri tre testi a cui il senso creazionale del verbo
connesso (Dt 32,16; Sal 139,13; Pr 8,22), si tenderebbe a evidenziare il dominio assoluto ed esclusivo di Dio sulla totalit dellesistente.
5 Il passo di Dt 32,6 si trova in un testo liturgico non originario, il cosiddetto Cantico di Mos,
e comunque si sottolinea solo la paternit di Jahv rispetto a Israele. Sulla dipendenza diretta e cosciente tra DtIs e Dt 32 si pronunciato T.A. Keiser, The Song of Moses: a Basis for Isaiahs
Prophecy, VT 55/4 (2005) 486-500. Nel Sal 139,13 lespressione che Dio crea (o costituisce) le
viscere del salmista, si potrebbe intendere anche con possedere nel senso di una sua appartenenza totale a Dio. In Pr 8,22, al di l di qualche dubbio filologico, si potrebbe interpretare che la sapienza invece di venire costituita sia posseduta allinizio da Dio, perch appunto, come si continua, la generazione di essa avvenuta sin dalleternit.
6 Is 40,22; 42,5; 44,24; 51,13; si dovrebbe includere anche 51,16 in cui la versione della LXX
suggerisce di correggere con hj'n" quella masoretica che riporta la variante [j;n" (piantare); anche Ger
10,12 sembra deuteroisaiano come Ger 51,15 (cf. anche Zac 12,1 e Sal 18,10 nel senso di piegare,
abbassare per scendere, inoltre cf. Sal 104,2 e infine Gb 9,8).
7 Se si esclude lhapax in Sal 136,6, le uniche altre due occorrenze si trovano in Is 42,5 e 44,24.
55
21,35 e 28,13.15). Quanto agli altri libri veterotestamentari risaltano 9 casi in Gen
1,1.21.27 (tre volte); 2,3; 5,1.2 e 6,7; gli altri due casi in Nm 16,30 (problematico)
e Dt 4,32; infine Qo 12,1 e Sal 51,12; 89,13.48; in niphal Gen 2,4 e 5,2, Sal102,19;
104,30; 145,5.
Escludendo lattenzione sulle occorrenze deuteroisaiane nelle opere profetiche, ar"B' non risulta direttamente connesso alla teologia genesiaco-creazionale.
Lhapax protoisaiano (Is 4,5) con qualche incertezza filologica8 non vi si riferisce
affatto, ma concerne simboli dellesodo (nube di giorno, fiamma di notte); cronologicamente forse risale a una contaminazione deuteroisaiana o successiva al DtIs.
Nel testo tritoisaiano ugualmente la prima occorrenza (Is 57,19) non si riferisce
alla dimensione creazionale. Le altre tre occorrenze in un unico contesto (Is
65,17.18ab) possono riservare una qualche allusione protologica molto remota
con la proclamazione della creazione dei nuovi cieli e della terra nuova9 in cui
ricorre la forma del participio presente arEAB rinviante a un presente completamente rinnovato.
Lhapax in Ger 31,22 corrisponde alla formula tritoisaiana con la differenza che
il perfetto in Geremia sostituisce il participio e la tematica concerne una novit
sulla terra senza possibilit di riferirla alla nozione protologica. Am 4,13 dal tono
dossologico-liturgico contiene tutti e tre i verbi in questione; la comune forma
participiale descrive piuttosto fenomeni fisico-atmosferici attuali o post-protologici in cui si enfatizza il potere divino sul creato o sui suoi elementi. Il participio
arEAB legato al termine x;Wr con la chiara accezione di vento fisico, comunque
non con una funzione protologica come in Gen 1,2. Ml 2,10 esprime in forma interrogativa lunicit della paternit di Dio, espressione che viene rafforzata nel ricordare che Dio ha creati i suoi figli, cio gli Israeliti. I tre casi di niphal in Ez
21,35; 28,13.15 non sono connessi con il nome divino, anche se vi alludono, e i
loro contesti non si mostrano del tutto analoghi allunica occorrenza deuteroisaiana
di niphal in Is 48,7 in cui le cose nuove create sono dette immediatamente quelle
che Dio fa sentire. In Ezechiele il verbo posto esplicitamente in parallelo con
lidea del nascere. Possiamo senzaltro asserire che nei testi profetici ar"B' assume
una pregnanza semantica desueta o di preziosismo linguistico, priva della tematica
anti-idolatrica che invece risulta decisiva nel DtIs.
Risulta davvero sorprendente che nel Pentateuco la forma qal compare solo una
8 Sicuramente la versione della LXX che, al posto della traduzione di hw"hy> ar"bW' , riporta sia .
da hy"hw' > sia da ab'W, presenterebbe una descrizione pi originaria, se si potesse dimostrare la contaminazione deuteroisaiana della pericope protoisaiana.
9 Sullinterpretazione di fare e creare novit come metafora del culto sul monte di Gerusalemme
cf. U. Berges, Der neue Himmel und das neue Erde in Jesajabuch. Eine Auslegung zu Jesaja 65:17
und 66:22, in F. Postma et alii (ed.), The New Things. Eschatology in Old Testament Prophecy.
Festschrift for Henk Leene (Amsterdamse Cahiers voor Exegese van de Bijbel en zijn Tradities.
Supplement Series 3), Maastricht 2002, 9-15.
56
Vittorio Ricci
volta nei Numeri caso filologicamente discutibile10 e una sola volta in Dt 4,3211.
Pare emergere un possibile contatto tra il Deuteronomio e il DtIs molto labile e
raro12, e soprattutto la tematica creazionale nel primo quasi inesistente mentre si
enfatizza nella esposizione dellelezione che pu considerarsi comune, la base
della storia esodico-mosaica, in modo pasquale senza un vera prospettiva escatologica. Allautore deuteroisaiano preme invece la riflessione anti-idolatrica con una
rimarchevole prospettiva escatologica che addirittura si prospetterebbe qualitativamente superiore a quella esodica.
1.a Analisi specifica di ar"B' in Genesi13
La presenza del verbo nel primo racconto protologico-genesiaco sembra confermare una fase redazionale della sua composizione in cui ci si avvale di un tale
neologismo deuteroisaiano, sicuramente tardivo. Infatti, 6 delle 9 occorrenze in
qal genesiache appartengono al primo capitolo; le altre tre si trovano in due contesti: Gen 5,1.2 in cui per si richiama soltanto la creazione umana di Gen 1,26 in
questa presentazione del libro delle generazioni (tdolA. T) di Adam, cio umane in
contrapposizione a quelle cosmiche citate in Gen 2,4a. Anche nella nona e ultima
occorrenza genesiaca in Gen 6,7 si tratta della creazione umana, anche se indirettamente include quella animale (non si menzionano comunque i pesci n il resto
della creature non animali). Le uniche due occorrenze niphal concludono entram-
10 La lezione della LXX di Nm 16,30 pare pi plausibile. Lhapax veterotestamentario ha'yrIB. (probabile forma nominale di ar"B,' sconosciuta anche al testo ebraico-samaritano che riporta hyrb) suggerisce un conio lessicale alquanto artefatto, per cui il senso di un evento
prodigioso provocato da Jahv ha sostituito quello pi prosaico di tagliare, radere al suolo (come
avallerebbe la variante alternativa della LXX ); cf. lassociazione del passo citato di
Numeri e il primo capitolo genesiaco nel cosiddetto neoplatonismo ebraico del XII sec. in Zonta,
La creazione dal nulla, 59-60. Secondo quanto suggerirebbe la lezione ebraico-samaritana, si
dovrebbe trattare di hy"rB
> i (pasto, cibo - da hr"B)' che non del tutto da escludere per il contesto in
cui si parla di una apertura della terra come una voragine che ingoia.
11 Il testo sembra deuteroisaianamente influenzato (cf. Is 43,10-13; Is 44,6-8; Is 45,5-7). Lannotazione solo alla creazione umana sulla terra in modo da far precedere la menzione dellestensione temporale a quella spaziale (tra le estremit del cielo) suona come una eccezione linguistica del
Deuteronomio.
12 Il fenomeno detto pan-deuteronomistico, di revisione sui profeti posteriori cf. R.A. Kugler, The Deuteronomists and the Latter Prophets, in L.S. Schearing - S.L. McKenzie (ed.), Those Elusive Deuteronomists. The Phenomenon of Pan-Deuteronomism (JSOT SS 268), Sheffield
1999, 127-144, e A. Labahn, The Delay of Salvation within Deutero-Isaiah, JSOT 85 (1999) 71-84
sembra materialmente impossibile e sicuramente non ideologica; del resto il DtIs si spiega anche
senza il Deuteronomio.
13 Cf. a mo di esempio W. Brueggemann, Genesis (Interpretation Commentary), Atlanta GA
1982, tr. it. Genesi (Strumenti e commentari), Torino 2002; G.J. Wenham, Genesis 1-15 (WBC 1),
Waco TX 1987 importante anche per la restante bibliografia citata e A. Wnin (ed.), Studies in
the Book of Genesis. Literature, Redaction and History (BETL 155), Leuven 2001.
57
bi la descrizione della creazione: 2,4a quella cosmica completa e 5,2 solo quella
umana rievocata14.
Lattenta analisi di ar"B' in Gen 12,4a non permette di arguire un intervento di
tipo emendativo della nozione preesistente pi arcaica che si riferiva ad hf'[' per i
diversi procedimenti creazionali15; tanto vero che se si sostituissero i due verbi,
il concetto del fare divino iniziale non verrebbe compromesso, bench il conio di
ar"B' sia davvero tardivo e, come gi in qualche modo mostrato, risalente al Dti.
Infatti vi si scopre una sostanziale sinonimia tra i due verbi. Dopo Gen 1,1, il verbo
compare in 1,21 nel contesto del quinto giorno e in riferimento alla creazione delle specie degli esseri marini e dei volatili. La stessa struttura sintattica si trova nel
v. 24 riferito alla creazione degli esseri animali terrestri (bestiame e rettili) secondo
le loro specie, ma si usa in modo del tutto sinonimico a hf'[.' Se davvero si fosse
trattato di una operazione correttiva, non si ci sarebbe lasciati distrarre in una simile circostanza. Inoltre quanto alla creazione umana, lo stesso dire divino contiene
hf'[' nella forma del famoso plurale di prima persona (Gen 1,26)16, mentre lasserzione del procedimento creazionale avvenuto presenta la triplice ripetizione di ar"B'
in una sorta di concentrazione che implica la descrizione qualificante della creazione umana nel versetto seguente. Il dominare della creatura umana sul resto dei
viventi richiamato nel seguente Gen 1,28 tramite la benedizione rispetto alla sua
14 Sembra poco convincente lipotesi che anche quando si menzionano il cielo e la terra nel
primo capitolo genesiaco, si tratterebbe solo di creazione umana; cf. F.O. Regalado, The Creation
Account in Genesis 1: Our World Only or the Universe?, Journal of the Adventist Theological
Society 13/2 (2002) 108-120. Bench la creazione umana predomini in qualche modo la restante
creazione cosmica, non si pu asserire ci soprattutto per il primo capitolo della Genesi, lunico
capitolo che dettagliatamente descrive la creazione delle sue varie creature (celesti e terrene).
15 GLAT, 1574-1575.
16 Sulle diverse interpretazioni del noi divino cf. Wenham, Genesis 1-15, 27-28. Non si fatto
cenno al secondo e ultimo testo in Gen 3,22. Non pare proprio contestabile la valutazione su di essi
come di due residui frammentari originariamente politeistici, che hanno ricevuto secondariamente,
specialmente con la predicazione deuteroisaiana, una sovrapposizione esegetica monoteistica, per
cui il noi divino non alluderebbe pi agli dei, ma a Dio soltanto. Per non escluso che il plurale
politeistico, ormai intollerabile, si sia interpretato come allusione diretta a Dio e indiretta alla stessa
terra e allo stesso cielo forse con le sue schiere, come si menziona in Gen 2,1; su questo termine cf. linterpretazione di trono, piedistallo che deriverebbe da una radice egiziana con il significato di decorazione in M. Grg, Das bersetzungsproblem in Gen 2,1, BN 95 (1998) 5-11. Non
sconosciuta biblicamente la forma personificata di questi due elementi cosmici; cf. Is 1,1; 44,23;
45,8; 49,13 (senza apostrofazione); Ger 6,19 (solo terra), 22,29 (solo terra); 2,12; Sal 50,4 (senza apostrofazione). Del resto, anche la produzione delle piante tramite la terra (i frutti degli alberi
tramite gli alberi stessi), come le acque sono chiamate in causa per i pesci e gli animali marini. La
produzione dellumano implica per direttamente Dio stesso e indirettamente il resto della creazione, anche se ci causerebbe problemi esegetici con la nozione di immagine divina (solo divina?)
in cui creato luomo. Sembra insufficiente anche lidea di un relational model, come prospettato in T.E. Fretheim, Creator, Creature, and Co-Creation in Genesis 1-2, in A.J. Hulgren et alii
(ed.), All Things New. Essays in Honor of Roy A. Harrisville (Word & World. Supplement Series 1)
St. Paul MN 1992, 11-20, 19, modello che gives power over to the created for sake of a relationship
of integrity (p. 20).
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Vittorio Ricci
locuzione divina in Gen 1,26b. Bench si sia insistito in genere sulla indubitabile
centralit del dire divino creante e benedicente17, occorre precisare che per la prima
volta $rb si trova in 1,22 relativa alla creazione degli animali marini e dei volatili
con una formulazione molto simile; ancora pi sorprendentemente, $rb segue ar"B'
nel verso precedente nello stesso ordine in cui si riportano nella descrizione della
creazione umana e della sua benedizione in Gen 1,27-28, mostrando chiaramente
il collegamento strettissimo tra la benedizione con la riproduzione procreativa18
non da escludere un qualche conscio gioco di assonanza e di rievocazione etimologica tra questi due verbi. Ci spinge ad asserire che tra ar"B' e hf'[' non sussista
nessuna significativa differenza semantica ma che essi, sostanzialmente sinonimi
quando si tratta dellagente divino per il secondo, concorrono a illuminarsi a vicenda senza problematiche metafisiche, quali si sono verificate (forse gi con la
traduzione della LXX) nella tradizione teologica. Se veramente si fosse voluto
emendare un lemma verbale poco confacente, in Gen 12,4a si sarebbe dovuto
almeno procedere con leliminazione totale di hf'[' o in altro modo ma con una
certa chiara evidenza, per cos dire.
Questa alternanza, alquanto indifferenziata semanticamente, si mostra ancora
in Gen 2,2-3 in cui loggetto hk'al'm. (lavoro) viene prima congiunto, per due volte,
con hf'[' (Gen 2,2ab) e poi, per lunica volta, con ar"B' (Gen 2,3) bench, caso unico, si integri con hf'[.' Si osservi che hk'al'm. unito quasi sempre con il verbo hf'[1' 9.
Si consideri inoltre che il maggior numero di occorrenze del lemma nel Pentateuco
si trovano in Esodo, quasi tutte connesse con le festivit dIsraele in cui previsto
il divieto di compiere qualsiasi lavoro manuale o abitualmente eseguito negli altri
giorni20. E da tener presente inoltre che, escludendo Gen 2,2.3, tutte le altre occorrenze complessive del lemma non si riferiscono mai a Dio come agente21. Visto che
lindicazione dellesecuzione divina del lavoro compare solo nella pericope conclusiva del primo racconto protologico genesiaco, non si pu non dedurre che
lunico lavoro che lAT attribuisce a Dio si noti il suffisso possessivo in tutte le
tre occorrenze proprio quello svolto nella prima settimana cosmica. Limpiego
17 A.P. Ross, Creation and Blessing. A Guide to the Study and Exposition of Genesis, Grand
Rapids MI 19933, 101-116 e relativa bibliografia, in modo particolare si cita W. Brueggemann,
Genesis (Interpretation Commentary), Atlanta GA 1982, 43-60.
18 Si osservi per che la terza occorrenza di $rb in Gen 2,3 in connessione con il giorno di sabato, assume ovviamente un senso prettamente sacrale, per il sabato non creato di per s, ma
il giorno ultimo in cui le opere che Dio ha creato o fatto nelle specifiche modalit, sono ultimate;
ma si noti inoltre che anche ar"B' viene introdotto per lultima volta nel medesimo versetto e in
connessione con hf'[.'
19 Cf. Gen 39,11, la quarta e ultima occorrenza in Genesi dopo la pericope in esame; la terza
occorrenza, ma con un costrutto sintattico diverso, si trova in Gen 33,14.
20 Cf. ad es. Es 20,9.10; 31,14; 32,14; 35,1.29; Lv 23,3.7.29.30.31; Nm 28,18.25.26;
29,1.7.12.35; le uniche tre occorrenze in Dt 5,13.14; 16,8.
21 Lunica eccezione lhapax nel Sal 73,28 filologicamente problematico e non connesso con
il verbo con cui sempre unito.
59
redazionale unico di ar"B' in Gen 2,3 nella medesima locuzione ripetuta per la terza
volta, deve avere una qualche spiegazione convincente, che va ricercata innanzitutto nel chiedersi se si tratta di una integrazione o di mera variante sostitutiva.
Occorre pertanto esaminare lespressione tAf[]l; di cui con oggetto hk'al'm. si pu
ravvisare un senso pressoch finale22, ma anche gli altri possibili sensi (temporale
o causale) non sono del tutto fuori luogo, ma meno pertinenti. Ci si deve pertanto
chiedere da quale verbo retta la suddetta locuzione e qual il suo oggetto. Partendo dalloggetto, il contesto immediato spingerebbe a considerare hk'al'm,. pi
precisamente il suo pronome relativo in modo da legare tAf[]l; al verbo ar"B' della
medesima proposizione relativa. Ma questa scelta concettualmente e anche per
certi aspetti sintatticamente non pare molto comprensibile. Perch variare ora una
formula appena usata nel verso precedente e soltanto nel verbo? Si potrebbe addurre la ragione di tipo emendativo. Ma allora perch non sostituire il verbo anche
nella formulazione precedente? E inoltre perch ripetere nella forma infinitiva il
medesimo verbo? Forse si voleva intendere che il fare divino nel creare il lavoro
protologico gi descritto. Si potrebbe anche aggiungere per ragioni stilistiche, cio
per non ripetere lo stesso verbo hf'[' prima nella forma finita e poi in quella infinitiva. Queste motivazioni non solo non sembrano plausibili, ma rasentano addirittura il nonsenso23. Sussiste testualmente un secondo tipo di oggetto relazionabile
. ; ~Ay (il settimo giorno) o a quanto
con tAf[]l,; se si scarta hk'al'm;. esso y[iybiVh
fatto da Dio (non creando) in questo giorno.
Da un punto di vista di testi paralleli, bench siano davvero pochi e non del
tutto evidenti, si pu sufficientemente dedurre che il sintagma fare (un/il) giorno
non completamente sconosciuto. Il caso pi rilevante senzaltro quello che si
trova in Es 31,16 in cui si dice che gli Israeliti osservarono il sabato per fare il
h; -; ta, tAf[]l); 24. Indubbiamente non si pu non ritenere unassoluta
sabato (tB'V
sinonimia tra sabato e settimo giorno e quindi delle loro locuzioni con fare.
Sembra anche fuori dubbio che il senso debba essere festeggiare, vivere il giorno festivo, quale segno di un patto eterno tra Dio e gli Israeliti, come il contesto
22 quasi costantemente attestato il senso esplicitamente finale (Gen 11,6; 18,19; Es 31,4-5.16;
35,29.32-33; Lv 8,34; 17,9; Nm 9,4; 15,3; 16,28; 22,18.30; 24,13; 16,28; Dt 4,1.5; 6,1; 9,16;
13,12.19; 15,5; 17,10.19; 19,9.20; 20,18; 24,8.18.22; 26,16; 27,26; 28,1.13.15.58; 29,28; 30,14;
31,12; 32,46; 34,11, per limitarsi al Pentateuco), bench in alcuni casi sia sintatticamente richiesta
una tale forma.
23 In Wehnam, Genesis 1-15,36 si legge nel commento al versetto: The insertion of God created into phrase produces slightly Hebrew, but more significantly harks back to 1:1, resulting in a
fine inclusion indicating that the first section of Genesis ends here. Lebraico perfetto se si interpreta per quello che . Nemmeno si tratta di creare una figura retorica e tanto meno lindicazione di
una divisione letteraria del tutto anacronistica. Poco importa, del resto, se Its (sc. combinazione dei
verbi) very brevity evokes the silent awe that is appropriate before the grandeur of the work that has
been accomplished, poich non si tratta in realt di nessuna combinazione di questo tipo.
24 La LXX traduce letteralmente con , variando solo per motivi stilistici forse la ripetizione del termine sabato con il pronome e usando il plurale forse per armonizzazione con Es 31,13.
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unattivit diversa di Dio, come quella del riposare santificante che istituisce il
senso teologico-liturgico del primo settimo giorno in Gen 2,3. Inoltre hf'[,' a differenza di ar"B,' pu naturalmente unirsi a diversi soggetti, oltre che a Dio, come si
evidenzia chiaramente in Gen 1,11-12.
Lesigenza di una fondazione liturgico-teologica della sabaticit inerente al settimo giorno ha probabilmente indotto a rivisitare e integrare la mera offerta narrativa delle tAdl.AT cosmiche, prima di presentare conseguentemente le tAdl.AT del
genere umano appena creato in Gen 5,1-528, e a disporre il materiale preesistente
in modo da includere i capp. 2,4b4,26 tra la descrizione genealogica cosmica e
quella della specie umana (Gen 5,1-32), operazione letteraria che ha inserito probabilmente il verbo ar"B' a partire dal sintagma iniziale di Gen 1,129, per poi ripeterlo per la seconda volta in Gen 1,21 per la necessit di costituire almeno un altro
giorno per la creazione degli animali acquatici e volatili, e cos rendere possibile
riservare allultimo giorno disponibile, secondo lo schema liturgico-sacrale, la creazione delluomo con lintegrazione teologica a partire da Gen 1,26 fino alla fine30.
2,43,24. Two Generations in One Day, Romae 2007 (Dissertazione dottorale: Angelicum), 13 /
http://genesisexegesis.files.wordpress.com/2009/07/george-david-byers-thesis-genesis.pdf).
28 Il parallelismo tra i due passi genesiaci con la posticipazione delle tAdl.AT cosmologiche,
cio non considerate pi secondo quanto precedeva, ma con quanto seguiva per lintegrazione
della narrazione riportata nei capp. 2-4, dovrebbe far trapelare una nuova prospettiva nella fase
redazionale ultima che affida una duplice funzione a Gen 2,4a, di cesura con il seguente e di riepilogazione del precedente; cf. Wehnam, Genesis 1-15, 55-56. Tuttavia sembra pi semplice riferire lespressione a quanto precede, e che la formula indicativa venga posticipata a differenza
di tutte le altre umane cf. Gen 6,9; 10,1.32; 11,10; 11,27; 25,12.19; 36,1.9; 37,2; Nm 3,1;
Rt4,18; 1Cr 1,29 , inclusa la prima di Caino (Gen 4,17-23 in cui non si usa la formula o comunque il temine tAdl.AT, bench si tratti chiaramente di una genealogia) per segnalare una similitudine tra i due tipi genealogici, ma anche una diversit notevole; del resto nessuna generazione
cosmologica implica una procreazione come quelle umane derivanti da Adamo; cf. lipotesi che
riferisce le generazioni cosmologiche al solo racconto successivo, non senza inesattezze, in Byers,
Genesis 2,43,24, 14.
29 Non si pu non notare una certa arcaicit di Gen 1,2, con radici nei miti circostanti cosmogonici (sul tricolon poetico cf. O. Loretz, Gen 1,2 als Fragment aus einem amurritisch-kanaanischen Schpfungsmythos in neuer gyptozentrischer Deutung, UF 33 [2001] 387-401). Si avanzata una tesi troppo razionalistica sul vento aleggiante primordiale in Gen 1,2c, che sarebbe unarticolazione della voce creante di Dio; cf. D. Toshio Tsumura, The Breath of God (Gen 1:2c) in
Creation, Exegetica 9 (1998) 21-30 (in giapponese). Sullimpossibilit di riferire Gen 1,1 alla nozione di inizio assoluto per evidenze grammaticali ben attestate cf. R.D. Holmstedt, The Restrictive Syntax of Genesis i 1, VT 58/1 (2008) 56-67.
30 molto verosimile che Gen 1,26 fosse seguito solo da Gen 2,4a connesso a sua volta con
Gen 5,1-2 senza loccorrenza eccessiva di ar"B' (tre volte inclusa lultima in forma niphal che conclude la pericope e richiama quella di Gen 2,4a). Probabilmente nel racconto originario il fare creazionale di Dio comportava anche il denominare (ar"q)' che rimasto solo in Gen 1,5 (2 volte), 1,8
e 1,10 (2 volte), per gli altri esseri non era necessario perch gi indicato nellespressione divina
relativa, per cui il dire divino pi un chiamare a essere; in Gen 5,2 si ripete perch si vuole rievocare Gen 1,26. Probabilmente per la creazione umana originariamente non ci si riferiva nemmeno
alla distinzione sessuale, al pari di quanto si afferma degli altri animali, dato che nel discorso diret-
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tra i primi tre capitoli (Is 4043), nel cap. 45 e nel cap. 54. Nel cap. 40 al v. 26b si
accenna alla creazione degli astri, che metonimicamente rievoca lintera volta celeste, ma per poi definire al v. 28 Jahv creatore di tutti confini della terra. Questi versetti fanno parte della grande pericope dei vv. 40,12-3135 in cui si esalta
limparagonabile magnificenza divina per onniscienza, onniveggenza e onnipotenza. Da quanto esaminato finora, se ne pu arguire la prima attestazione biblica di
ar"B.' Bench in un contesto pi remoto e con una descrizione di estrema precisione
ed eleganza poetica senza omettere del tutto una vena ironica, si inserisce la tematica anti-idolatrica in Is 40,18-20. Per quanto concerne la creazione degli astri si
aggiunge lazione del chiamare (per nome), elemento che non stato notato affatto e che nel racconto genesiaco esaminato specifica il suo dire creante o facente in
cui si compie sempre un nominare bench non sempre venga esplicitato come in
Gen 1,5.8. Nel DtIs questo atto del chiamare gli astri non sembra limitato al solo
momento protologico, ma a una capacit insita nella natura divina che anche per
questo la rende unica e imparagonabile. In Is 41,20 non si accenna affatto alla
creazione, ma al fare salvifico. In Is 42,5 si associa limmagine del creare i cieli
con quella di dispiegarli. In Is 43,1 si definisce Dio come il creatore di Giacobbe
e si associa alla definizione di plasmatore di Israele. In Is 43,7 si afferma che Dio
ha creato quelli che portano il suo nome per la sua gloria. Si ripete la formula di
creatore di Israele in Is 43,15 insieme agli altri epiteti ugualmente non desueti di
Santo e di Re36.
Il contesto di Is 45,7 sconvolgente perch il verbo viene riferito alloscurit
e al male, unica volta e unico caso. In Is 54,16 si ripete con unaltra raffigurazione il medesimo concetto. Quanto a Is 45,7, che non poteva non risaltare per il suo
spessore teologico37, vale la pena rievocare un rilievo interessante concernente il
significato di totalit sotteso alla coppia di elementi diametralmente opposti (luce/
1995; trad. it., Isaia 40-66 (Strumenti - Commentari), Torino 2006, e a H.-J. Hermisson, Deuterojesaja (Biblischer Kommentar. Altes Testament), Neukirchen - Vluyn 1987-2003. Si consideri anche
il vecchio ma ancora valido A. Klostermann, Deuterojesaja. Hebrisch und Deutsch mit Anmerkungen. Mit einem Index, Mnchen 1893. Rimane quasi indimostrata la datazione preesilica per il DtIs
sulla base di quattro motivi linguistico-diacronici che non sarebbero riscontrabili nella letteratura
esilica e postesilica secondo M.F. Rooker, Dating Isaiah 40-66. What Does the Linguistic Evidence Say?, WTJ 58/2 (1996) 303-312.
35 Sembra del tutto marginale la tesi che propone un singolare parallelismo tra il DtIs e il Qoelet,
per cui si afferma che le cose future appartengano alla teologia deuteroisaiana e mai a quella del
Qoelet: E. Talastra, Second Isaiah and Qohelet. Could one get them on speaking terms?, in Postma
et alii (ed.), The New Things, 225-236. Cf. anche Elliger, Deuterojesaja, 59-82, soprattutto p. 68
sullidentificazione che il DtIs avrebbe operato tra il Signore della storia e il Signore delle potenze
celesti.
36 Sul rapporto creazione e salvezza nel DtIs cf. E. Bons, Y a-t-il une typologie de lExode
en Isae 43,16-23?, in R. Kuntzmann (ed.), Typologie biblique. De quelques figures vives (Lectio
Divina, hors srie), Paris 2002, 77-102, dove si asserisce che la salvezza si presenta non come mera
restaurazione ma come atto di creazione in risposta alla crisi post-esilica.
37 Cf. Elliger, Deuterojesaja, 499-502.
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Vittorio Ricci
be controbattere col dire che essi sono implicitamente intesi nelle nozioni di terra e cielo (elementi cosmici?). Ma allora Dio avrebbe dovuto creare prima il
caos e poi il cosmo? Ma davvero un creare quello che ha come oggetto il
caos (il non cosmo), ammesso che possa essere compiuto? Inoltre il dire creante
non mai riferito alla terra o al cielo in s stessi, cio non si asserisce mai ad es.
che Dio disse sia la terra e che ci fosse avvenuto; lo stesso vale per il cielo. La
creazione di entrambi gli elementi cosmologici descritta come il risultato di
diverse operazioni su un materiale preesistente cui non si attribuisce mai la natura di oggetto creazionale.
In Is 48,7, lunico caso di niphal, il senso escatologico circa le cose nuove che
ora sono create. Si pu senzaltro concludere che nemmeno il DtIs contiene una
specificazione particolare del verbo, per cui non si avverte unesigenza teologica
di tipo protologico come genesiacamente elaborato o rielaborato, ma si tratta di una
formula per richiamare la radicale diversit delloperare divino in genere e come
argomento inoppugnabile anti-idolatrico41.
2. Analisi di rc;y"
Delle 43 occorrenze complessive (40 in qal) tre sole si trovano nei testi non
profetici (Gen 2,7-8.19 e 1 in 2Re 19,25, questultimo pare una lezione di un testo
oracolare attribuito a Isaia), comprese lunica in niphal (Is 43,10) e lunica in
hophal (Is 54,17), e 7 ricorrono nei Salmi, di cui 6 sono in qal (Sal 33,15; 74,17;
94,9.20; 95,5; 104,26) e una in pual (Sal 139,16). Delle restanti 30 in qal contenute nei libri profetici, 21 sono isaiane con una netta prevalenza nel DtIs con le
sue 16, che diventano 18 per lhapax in niphal e quello in hophal gi menzionati.
Del PtIs si contano solo 4: Is 22,11 (non attribuito direttamente a Dio); 27,11;
28,16 (metafora del vasaio); 37,26b. Oltre allhapax tritoisaiano in 64,7, si riscontrano 4 occorrenze in Ger 10,16; 18,11; 33,2; 51,19; due si trovano in Am 4,13;
7,1; altre due in Ab 2,18 (2 volte) (attribuito allartista); una in Zc 12,1.
Sorvolando la pericope di 2Re 19,25 un testo del resto di natura profetica
perch corrotto, ed escludendo al momento i due unici contesti della seconda narrazione protologica genesiaca, si pu affermare senzombra di dubbio che il verbo
in esame appartiene esclusivamente al linguaggio e alla teologia profetici e per
41 Che la creazione risuoni nel DtIs come un primo miracolo in vista della redenzione per ravvivare la fede in risposta alla crisi postesilica cos si legge in M. Gobiewski, Bg Stwrca i
Odkupiciel u DeuteroIzajasza (Dio come creatore e redentore nel Deutero-Isaia), ColT 68 (1998)
5-11 (in polacco) molto plausibile, per va integrato con la tematica anti-idolatrica, come
stato pi direttamente affrontato in H.-J. Hermisson, Gibt es die Gtter bei Deuterojesaja?, in A.
Graupner (ed.), Verbindungslinien. Festschrift fr Werner H. Schmidt zum 65. Geburtstag, Neukirchen - Vluyn 2000, 109-123.
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giunta quasi decisamente deuteroisaiani. Tuttavia in Is 22,11b si parla di una plasmazione della piscina particolare, probabilmente riferita a Dio (la forma nel
participio presente del verbo in esame). In Is 27,11 si menziona Dio come plasmatore del popolo Israele o Samaria? (ancora forma participiale). Risalta la pericope di 29,16 per la presenza (la prima volta?) della parabola del vasaio, per
lanalogia non impone con totale chiarezza che Dio plasmi Israele, poich si impiega anche lanalogia tra prodotto e suo produttore in senso pi generale. Is 37,26
un testo di eccezionale valore poich si lega il verbo e quindi la nozione del plasmare divino a una dimensione eterna mediante luso dellavverbio ~d,q, ymeymi.
Loggetto della plasmazione precisamente il popolo eletto, alluso come la ver; W' ry> tB;) cf.
gine figlia di Sion (!AYci-tB; tl;WtB.). e la figlia di Gerusalemme (~yIlv
Is 37,22 , per cui il significato del verbo si avvicina al corrispondente sostantivo.
Lhapax tritoisaiano (Is 64,7) riprende limmagine del formare largilla.
Il profeta Geremia contiene una formula interessante ripetuta due volte in 10,16
e 51,19, una specie di doppione dello stesso inno in funzione anti-idolatrica. Ci
che risalta la definizione di Dio come plasmatore di tutto (lKoh; rceAy) con un rilievo universale. In Ger 18,11 il verbo considerevolmente connesso con un oggetto particolare, cio il male (h['r)" che richiama il chiasmo deuteroisaiano in Is
45,7 in cui per, come gi esaminato, loggetto del male e delle tenebre associato a ar"B.' Il v. 33,2 corrotto. Risulta quasi inconsistente la significazione protologico-teologica del verbo da parte di tale libro profetico per la esiguit e la non
originalit dei testi.
Am 4,13 gi esaminato un testo innografico che spicca per il fatto che contiene insieme i tre verbi, suscitando il forte sospetto di essere tardivo. In Am 7,1 si
parla della plasmazione delle cavallette. Le due occorrenze in Ab 2,18 rappresentano quasi un testo unico poich non implica affatto lagire divino, ma lo scolpire
dellartista, che richiama la descrizione di unopera plasmatrice umana in Is 29,16,
anche se in questultimo lallusione a un qualche plasmare divino in qualche
modo contemplato in senso simbolico. Molto pi rilevante lhapax di Zc 12,1 poich si pone quasi in contrasto con Gen 2,7: il testo profetico parla dello spirito
umano plasmato nel suo interno da Dio e non della polvere della terra e non accenna affatto a un soffio vitale da parte di Dio nelle narici di Adamo.
Nel libro dei Salmi il verbo riferito a Dio, i cui oggetti plasmati sono: in Sal
33,15 il cuore di tutti gli abitanti della terra (probabilmente solo degli umani); in
Sal 74,17 le due stagioni, inverno ed estate (unico caso); in Sal 94,9 locchio contro chi afferma che Dio non vede; in Sal 95,5 la terra; 104,26 il Leviatano in un
contesto in cui si descrivono le opere di Jahv nella loro completezza. Leccezione
concerne Sal 94,20 in cui il verbo non riferito a Dio ma al tribunale iniquo che
progetta (plasma, d forma a) soprusi.
Le tre occorrenze genesiache, ma sostanzialmente i due contesti, nel secondo
capitolo in cui si ricorre a rc;y," esprimono una singolarit descrittiva, quasi naturale
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nel suo uso. Il verbo quindi non significa tutta la creazione compiuta da Dio ma un
suo aspetto specifico e per una serie limitata, relativa al solo mondo animale terrestre e volatile (Gen 2,19), incluso e per primo lAdam (Gen 2,7.8), che caratterizzato dalla esclusivit di essere tratto dallrp'[' e di essere destinatario dellintervento divino specifico di riceve la vita con il soffio dellalito.
Nel DtIs le occorrenze si concentrano nei cap. 43, 44 e 45. A partire dallultima
in Is 49,5, significativa per la formula profetica della plasmazione dal seno materno (cf. anche Is 44,2.24, bench con qualche variazione stilistica), anche la penultima in Is 46,11 non presenta la tematica protologica. Si dovrebbero escludere
anche Is 44,9.10.12 in cui il contesto fino al v. 18 si articola in una invettiva satirica (forse non originaria) contro i plasmatori di idoli. In Is 44,21 e nel gi citato Is
44,24 largomento verte sulla elezione di Israele, per nella seconda parte di
questultimo Jahv si autopresenta come il produttore di tutto. In Is 45,7 in cui il
verbo si trova associato con gli altri due verbi, si mostra una loro quasi totale intercambiabilit in modo da escludere la possibilit di attribuire qualsiasi attivit di
tipo creazionale a un altro essere che non sia Jahv; le loro forme participiali danno limpressione di precise definizioni della sua pi propria identit e unicit. In Is
45,9 probabilmente bisogna scorgere la prima introduzione o elaborazione della
parabola del vasaio e dei vasi, come immagine comparativa rispettivamente con
Jahv e con gli Israeliti, includendo in tale riferimento contestuale di Is 45,11.
Tuttavia il passo pi significativo in cui compaiono tutti e tre i verbi in esame
rappresentato da Is 45,18 per diverse ragioni di tipo soprattutto linguistico. Dopo
aver espresso la creazione del cielo lautore si sofferma con una certa dovizia di
particolari sulla descrizione della plasmazione della terra che anche un operare,
e si esplicita ancora che Dio lha creata non come vastit vuota (Ha'rb" . Whto-aOl), in
cui il termine WhTo compare come un segnale in qualche modo decisivo, poich in
Genesi compare solo allinizio e unito, come in questo testo deuteroisaiano, a ar"B.'
Il termine WhTo si trova 20 volte nellAT, di cui 8 volte nel DtIs contro le tre sole nel
PtIs (Is 24,10; 29,21; 34,11) e lhapax tritoisaiano in Is 59,4. Nella raccolta profetica si trova soltanto in Ger 4,23, in cui per il testo sembra corrotto e comunque
non riguarda propriamente latto creazionale. Nel Pentateuco si trova una sola
volta in Dt 32,10 allinterno del Cantico di Mos (Dt 32,1-43)42 non connesso affatto con latto creazionale, oltre che filologicamente incerto. Le due occorrenze in
1Sam 12,21 presentano il termine in una accezione troppo generica e si riferisce ai
Baal o allallontanarsi in genere dal Signore nel contesto storico successivo allistituzione monarchica ritenuta come il grande peccato di Israele. Lespressione per
filologicamente incerta ed eccezionale in tutto il resto dei libri storici da dare
limpressione di una glossa. Lunico caso in Sal 107,40 non si riferisce affatto alla
creazione della terra e significa il deserto in genere specificato come luogo senza
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strada, come gli altri due casi in Gb 6,18 e 7,24. La terza e ultima occorrenza in Gb
26,7 potrebbe alludere allatto creazionale, ma concerne di pi la forza divina nel
conservare quanto creato, e inoltre non legato con ar"B.' Tutte e tre le occorrenze
protoisaiane e lhapax tritoisaiano summenzionato non alludono a nessuna prospettiva protologica e tanto meno con i tre verbi creazionali in questione.
Per quanto riguarda il DtIs se si esclude Is 40,17.23, che ha una connotazione
negativa di annientamento o riduzione al nulla, in Is 41,29 e 44,9 si definisce vacuit e nullit la produzione da parte degli idoli e si richiama implicitamente per
opposizione il creare o il plasmare divini. In Is 45,18 quasi come un ephapax, anche
rispetto a Is 45,19, in cui si ripete il termine ma con una accezione comune, si
esprime lunico caso non pertinente in alcun modo a una sfumatura protologica
nemmeno dal tono negativo.
Non si pu dunque non ipotizzare che la diatriba e linvettiva anti-idolatrica
assuma nel DtIs con uno spessore singolare e quasi completamente indiviso una
profondit riflessiva, per cos dire, protologico-monoteistica, in cui la potenza di
Jahv si mostra in un piano assoluto o vitale, lunica capace di far essere ci che
altrimenti rimarrebbe o sarebbe solo vuoto desertico.
3. Analisi di hf'['
Delle 2627 occorrenze di hf'[' in qal e niphal ad eccezione di un caso pual (Sal
139,15, implicitamente riferito a Dio che ne lagente) saranno esaminate quelle
con lagente divino limitatamente per a una qualche determinazione o allusione
creazionale.
Iniziando dallEsodo, compaiono 24 occorrenze in cui il verbo ha come soggetto il nome divino, la menzione della creazione si trova in Es 20,11 e in Es 31,17
come una formula motivante la istituzione festiva del sabato, per cui sono da escludere lunico caso di Lv 26,16 e gli 8 di Numeri. Delle 22 volte deuteronomiche
forse si possono considerare Dt 26,19 (le nazioni fatte da Dio) e in senso elettivo
Dt 32,6 (il Cantico di Mos). Non si differenziano da questa caratteristica di assenza del tema creazionale n le 11 occorrenze in Giosu n le 7 in Giudici. Vale
allincirca lo stesso per le 30 occorrenze in 1 e 2 Samuele. Delle 18 volte di 1 e 2
Re si pu ritagliare solo in 2Re 19,15 per la formula liturgica riferita a Jahv tu
hai fatto il cielo e la terra. Le due occorrenze in Rut (1,8.17) non accennano al
tema creazionale. Quanto ad altri scritti storici vale la pena menzionare delle cinque
occorrenze in Neemia nel contesto della grande liturgia penitenziale-espiatrice descritta in 9,6 in cui si menziona espressamente la creazione universale e completa
operata da Dio. Delle 14 volte di 1 e 2 Cronache si possono ricordare il passo innografico-salmodico di 1Cr 16,26 e quello di 2Cr 2,11.
Nella letteratura profetica il PtIs contiene 9 occorrenze di cui si pu rilevare
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solo Is 37,16 in un contesto liturgico. Nel TtIs delle cinque complessive sono degne
di nota la prima occorrenza in Is 57,16 in cui si allude alla creazione dello spirito
(x;Wr) e delle anime-aliti (tAmv'n)> e la penultima Is 66,2. Delle 30 occorrenze in
Geremia risalta 10,12 (ripetuto in Ger 51,15 con le stesse problematiche filologiche) in un contesto che per sembra non originario, contaminato proprio con il DtIs
e filologicamente incerto nel verbo in questione. Ger 27,5 contiene un esplicito
riferimento alla creazione della terra e dei suoi esseri viventi. Ritorna la formula
liturgico-eucologica Tu hai fatto il cielo e la terra in Ger 32,17. Vanno esclusi i
due testi di Lam 1,21 e 2,17. Delle 42 occorrenze di Ezechiele da rilevare lassenza assoluta del tema qui trattato. Nemmeno le tre occorrenze di Daniele
(9,14.15.19) vi accennano minimamente. Infine delle 28 occorrenze nella tradizione profetica si pu considerare solo Gen 1,9. Le 43 nei Salmi si possono inserire:
86,10 (tutte le nazioni fatte da Dio); 95,6 (la terra); 96,5 (i cieli); 100,3 (Israele);
104,19 (la luna e il sole); 104,24 (tutto); 135,6-7 (accenno atmosferico); 146,6
(cielo e terra). Delle 16 di Giobbe si possono richiamare: 9,9 (stelle); 31,15 (formazione nel seno); 32,22 (Giobbe stesso); 40,15.19 (ippopotamo). Nei Proverbi vi
sono solo due occorrenze Pr 8,26 (sapienza) e 20,12 (orecchio e occhio).
Nella Genesi delle 26 occorrenze complessive naturalmente quelle indicanti la
tematica creazionale sono soprattutto disseminate nei primi due capitoli, e cio: 1,7
(firmamento); 1,16 (sole e luna); 1,26 (uomo); 1,31 (quanto aveva fatto); 1,32ab
(lopera fatta, tutta lopera fatta); 2,4b (terra e cielo); 2,19 (aiuto simile di Adam);
3,1 (serpente); 3,21 (tuniche di pelli); 5,1 (uomo); 6,6.7 (uomo e altri animali); 7,4
(il creato); 8,21 (ogni vivente); 9,6 (uomo).
Le 15 occorrenze del DtIs si dividono in: 40,23 (annullamento dei potenti della
terra); 42,16 (opere prodigiose descritte); 43,7 (azione salvifica); 43,19 (cosa nuova); 44,23 (azione salvifica); 44,24 (produzione di tutto); 45,7ab (produzione di
quanto descritto prima in senso anche creazionale); 45,12.18 (produzione della
terra); 46,4.10.11 (realizzazione di quanto gi progettato)43; 48,11 (opera purificatrice).
La prima connotazione di hf'[' rispetto agli altri due verbi in questione senzaltro il suo uso comune e innanzitutto la sua polivalenza acquisibile in base alloggetto o al soggetto cui connesso. Rispetto a ar"B' in modo particolare, ma anche
quasi completamente rispetto a rc;y," non viene circoscritto allazione creazionale o
meno di Jahv, anche se indubbiamente questi ultimi due verbi non si possono
completamente ed esclusivamente definire creazionali. Tuttavia risulta alquanto
evidente che hf'[' tende a significare unazione divina specifica concernente un
43 Cf. per questa pericope F.J. Gaiser, Remember the Former Things of Old: A New Look at
Isaiah 46:3-13, in Hulgren et alii (ed.), All Things New, 53-64, in cui si avanza la spiegazione del
fine del ricordare tutto ci che Dio ha detto e fatto, perch appunto Israele viva.
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Il figlio di Davide. Messianismo nelle Cronache?
La tesi adottata dalla maggior parte degli studiosi di 1-2Cronache del secolo
scorso circa il messianismo nel libro delle Cronache era questa: i piani di Dio si
sono realizzati pienamente nella comunit del Cronista in una ampiezza tale da non
lasciare che poco se non alcuno spazio a una attesa escatologica. Ecco come si
esprime nella sua introduzione ai libri delle Cronache W. Rudolph: Quello che
differenzia il pensiero del Cronista dalle linee fondamentali profetiche circa la signoria di Dio la quasi completa assenza di una aspettativa escatologica. La concreta comunit giudaica realizza talmente lideale della teocrazia, che non ha bisogno di alcuna speranza escatologica1.
Non tutti gli studiosi per furono daccordo su questa linea. D.N. Freedman2,
F.M. Cross3 e J.D. Newsome4 concordano nel ritenere che il pi probabile ambiente in cui sorto il libro delle Cronache la restaurazione postesilica del tempio
sotto Zorobabele e Giosu. Il Cronista quindi partecipe delle speranze della restaurazione davidica nella persona di Zorobabele. La difficolt che si sollevata a
questa opinione sta nella datazione delle Cronache, che secondo indizi interni sembra troppo alta5.
Una seconda alternativa alla visione di W. Rudolph quella presente in uno
studio di R. Mosis6. Nella sua visione i regni di Saul, di Davide e di Salomone
sono paradigmi di tre possibili situazioni, nelle quali si trover il futuro Israele. Saul
rappresenta lapostasia e la caduta, in breve, lesilio, mentre Davide il modello
della restaurazione. Il suo regno non per in se stesso un tempo di raggiungimen1 Cf. W. Rudolph, Chronikbcher (Handbuch zum Alten Testament. Erste Reihe 21), Tbingen
1955, XXIII.
2 The Chorniclers Pupose, CBQ 23 (1961) 436-442.
3 A Reconstruction of the Judean Restoration, JBL 94 (1975) 4-18.
4 Toward a New Understanding of the Chronicler and His Purposes, JBL 94 (1975) 201-217.
5 Cf. H.G.M. Williamson, Eschatology in Chronicles, Tyndale Bulletin 28 (1977) 115-154
(qui 120-130).
6 Untersuchungen zur Theologie des chronistischen Geschichtswerkes (Freiburger theologische Studien 92), Freiburg 1973.
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nerazioni future: La discendenza uscita dalle tue viscere, 1Cr 17,11 precisa alludendo a uno dei figli di Davide, cio sicuramente a Salomone, il futuro re ideale.
Il Signore fa un patto con Davide, promettendo un regno e un trono stabile al suo
figlio. Questi costruir il tempio che sar il segno visibile che il regno e il trono gli
sono stati assicurati da Dio. Costruire il tempio latto di obbedienza delluomo,
che accetta la promessa divina del patto (1Cr 17,12). I discendenti di Davide godranno dello stato privilegiato di figli adottivi (1Cr 17,13a): una promessa un tempo rivolta a Israele (Es 4,22). Il futuro regno di Salomone sar molto diverso da
quello disastroso di Saul (1Cr 17,13b). Diversamente da 2Sam 7,14, in cui si suppone il peccato di Salomone e il conseguente giudizio divino (Se far il male, lo
castigher con verga duomo), il Cronista sposta lattenzione sullaffermazione
non ritirer da lui il mio favore: neppure il peccato umano, dallautore certamente conosciuto, pu invalidare la promessa di Dio12. vero che pi avanti riserva
anche attenzione agli elementi condizionali che comporta la promessa di una dinastia: Render saldo il mio regno per sempre, se egli perseverer nel compiere i
miei comandi e le mie norme, come fa oggi (1Cr 28,7). Tali elementi condizionali nella presentazione deuteronomistica si riferivano principalmente al fallimento
dei re posteriori; tuttavia il Cronista mantiene il riferimento alla eternit della sua
Vorlage in connessione alla promessa dinastica, un riferimento che sembra da considerarsi inappropriato se la promessa riguardasse solamente Salomone.
In questa linea sembrano da interpretarsi anche altri testi.
Ora, mio Dio, i tuoi occhi siano aperti e le tue orecchie attente alla preghiera
fatta in questo luogo13. Ora, sorgi, Signore Dio, verso il tuo luogo di riposo, tu e
larca della tua potenza. I tuoi sacerdoti, Signore Dio, si rivestano di salvezza e i
tuoi fedeli gioiscano nel bene. Signore Dio, non respingere il volto dei tuoi consacrati14; ricordati dei favori di Davide tuo servo (2Cr 6,40-42).
Il Cronista in 2Cr 6,40-42 non continua a citare la fonte, che prosegue ricordando come il popolo peccatore sia sempre quel popolo che Dio ha fatto uscire
dallEgitto e al quale egli ha parlato per mezzo di Mos (1Re 8,50b-51); pertanto
sia trattato con benignit dai suoi oppressori15. Egli probabilmente era cosciente
dei nemici in Dt 9,3 pu valere anche per i nemici di 2Sam 7,11. In questa rilettura si pu intravedere uno dei motivi teologici cari al Cronista: lintervento diretto di Dio nella soluzione vittoriosa di un conflitto. Cf. T. Lorenzin, Luso della regola ermeneutica Gezerah Shawah nel Cronista, RivBib 44 (1996) 66.
12 Cf. Knoppers, I Chronicles 10-29, 672-673.
13 Letteralmente: alla preghiera di questo luogo.
14 Il TM ha il plurale (mek), molti manoscritti hanno invece il singolare (meek).
15 Sembra che nel v. 40 il Cronista abbia compiuto unarmonizzazione testuale, collegando 1Re
8,52 con il testo della preghiera di Neemia (Ne 1,6) mediante laggiunta di le tue orecchie attente:
Siano le tue orecchie attente e i tuoi occhi aperti per ascoltare la preghiera del tuo servo. Le parole comuni tra 1Re e Neemia sono: essere, occhi aperti, tuo servo. La supposizione che il Cronista
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che ormai le condizioni della vita di coloro che si trovavano in diaspora erano
molto migliorate e forse, proprio per questo, non ritornavano in patria. Egli non
cita lantica alleanza mosaica, rivolgendosi invece al Sal 132, che parla di ci che
Davide ha fatto per larca (Sal 132,1-10) e di ci che Dio ha giurato di fare per
Davide e per Sion (Sal 132,11-18)16. Lautore ha coscienza che la sua comunit
ancora la comunit davidica17, che attraverso la preghiera fatta nel tempio di Gerusalemme entra in possesso di tutte le promesse18 fatte a Davide (cf. Am 9,11-15
e la collezione dei Salmi 101-10619). Tuttavia il suo richiamo allinvito rivolto da
Salomone a Dio e allarca ad entrare nel suo tempio e a confermare i favori promessi a Davide a conclusione della sua preghiera di dedicazione, una finestra
aperta verso il futuro. Il Cronista non sembra accontentarsi della costruzione del
tempio e di quello che la comunit attorno ad esso aveva realizzato20.
Che la promessa dinastica non sia ristretta solo a Salomone lo si pu vedere
anche nel discorso di Abia:
Abia si alz dallalto del monte Semaraim, che sulle montagne di Efraim e
grid:
Ascoltatemi, Geroboamo e tutto Israele! Avete forse dimenticato che il Signore,
abbia in mente il testo in Ne 1,6 rafforzata dal fatto che lespressione: i tuoi occhi aperti e le tue
orecchie attente in 2Cr 6,40 si trova in parallelismo chiastico con la medesima frase in Neemia: i
tuoi orecchi attenti e i tuoi occhi aperti (cf. I. Kalimi, The Reshaping of Ancient Israelite History
in Chronicles, Winona Lake IN 2005, 129-130).
16 Il Cronista cita il Sal 132,8-9 con delle variazioni; cf. T. Lorenzin, I Salmi. Nuova versione,
introduzione e commento (I Libri Biblici. Primo Testamento 20), Milano 20094, 492, nota 56, in cui
accettavo lopinione di J.-M. Auwers (Le psaume 132 parmi les graduels, RB 103 [1996] 557),
secondo il quale sarebbe il Sal 132 a dipendere dal Cronista, in quanto Salomone invita il Signore
a venire quando larca gi installata e quando lo stesso Signore ha gi manifestato la sua presenza
nella nube. Probabilmente per questa difficolt potrebbe essere risolta tenendo presente la composizione tardiva di 1-2Cronache, quando larca era ormai sparita dal tempio.
17 Il Cronista usa il termine al plurale consacrati (mek), espressione che appare solo in
Sal 105,15 e in 1Cr 16,22, dove si intendono i miei profeti, ma anche il popolo di Israele (cf. S.
Japhet, 2 Chronik [HThKAT], Freiburg etc. 2003, 93).
18 In Sal 132,10 si dice: Per amore del tuo servo Davide, non respingere il volto del tuo consacrato. Qui invece si dice: Non respingere il volto dei tuoi consacrati; ricordati dei favori di
Davide tuo servo, invertendo la frase e chiarendo che non si tratta della fedelt di Davide a Dio,
ma della promessa fatta da Dio a Davide: unallusione a Is 55,3b.
19 Questi salmi postesilici sono strettamente collegati tra loro e contengono un invito a Israele
a credere a un rinnovamento del mondo, del quale sar garante il nuovo Davide, la cui preghiera
(Sal 101-104) sembra avere unefficacia universale, che supera la tepill di Mos (Sal 90-92). Questa sua intercessione, infatti, non ha condotto alla lode universale di Dio. Davide invece porter a
termine quanto Mos ha iniziato (cf. Lorenzin, I Salmi, 412-413). Sembra che il Cronista abbia
davanti a s il salterio nella sua edizione definitiva. Citando direttamente il Sal 105,15 (mek)
ne cita anche il contesto, la collezione dei Sal 101-106, dove troviamo una tensione analoga tra il
ruolo di Mos e quello di Davide.
20 Cf. H.G.M. Williamson, 1 and 2 Chronicles (The New Century Bible Commentary), London
- Grand Rapids MI 1982, 220-221.
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Tiziano Lorenzin
Rispetto alla fonte 2Re 8,19 si notano due variazioni: invece di Giuda il
Cronista ha la casa di Davide, che il Signore non distrugger; invece della semplice espressione: a causa di Davide, suo servo si ha: a causa dellalleanza che
aveva concluso con Davide22. Non si abbatte sulla casa reale rappresentata dal
malvagio Ioram, una sentenza di distruzione completa a motivo dellalleanza conclusa con Davide in favore della sua discendenza. Vi quindi una chiara allusione
alla promessa incondizionata fatta a Davide.
Unaltra allusione a tale promessa si ha in 2Cr 23,3:
Tutta lassemblea concluse unalleanza con il re nel tempio di Dio. Ioiad disse
loro: Ecco il figlio del re. Deve regnare come ha promesso il Signore ai figli di
Davide.
21
22
Sembra che un patto fosse sigillato dai contraenti mangiando assieme del sale.
Cf. Williamson, Eschatology in Chronicles, 148.
79
peccato e risaner la sua terra. Ora i miei occhi saranno aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera fatta in questo luogo (2Cr 7,13-15).
80
Tiziano Lorenzin
ducendo nella trama del testo un termine o unespressione del testo al quale si
vuole fare riferimento. Il Cronista, allora, inserendo in codice nel discorso del
pagano Ciro le parole profetiche del pagano Balaam, vuole stabilire un parallelismo tra lantico popolo di Israele, che si prepara a entrare nella terra promessa
e il nuovo popolo di Israele, che sorger in futuro, dopo il suo fallimento, una
volta entrato nella terra. Evidentemente questa citazione in codice suppone
che il Cronista avesse davanti a s un testo di Esdra, da lui gi considerato autoritativo come quello di Numeri. Sia in Esd 1,3a sia in Nm 23,21 appare
lespressione lhyw imm: per il Cronista ci bastava per inserire davanti al
testo, di Esd 1,3a, che sta citando, il nome del Signore (yhwh) come in Nm
23,2126.
Il nostro autore, quindi, termina la sua opera prospettando una nuova entrata
nella terra promessa di una nuova comunit, guidata da un nuovo re alla luce di una
nuova stella polare: Io lo vedo, ma non ora. Io lo contemplo, ma non da vicino:
una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele (Nm 24,17).
Secondo B.G. Boschi27, la stella in parallelismo con lo scettro indica la regalit.
In Egitto e in Mesopotamia il simbolo significava e la divinit e il re divinizzato.
un testo che ha una portata messianica secondo la tradizione ebraica, conservata
nei Targumim palestinesi (Yerualmi I e Neofiti I) oltre che nei Midrashim, in particolare nel Midrash Rabbah su Numeri. Rabbi Akiba (50-135 circa d.C.) chiam
Bar Kosebah, capo della rivolta contro Roma nel 132 d.C., Bar Kokebah (= figlio
della stella), applicandogli questo versetto dei Numeri al grido di ecco il re Messia! (y. Taanit 4, 68d). Anche nella letteratura di Qumran il testo di Nm 24,17
stato pi volte citato, a conferma della portata messianica che vi si attribuiva28. Nel
Documento di Damasco (7,18-21), in particolare, la stella il Messia-sapiente che
interpreter la legge:
La stella linterprete della legge che verr a Damasco, come scritto:
Una stella si fa strada da Giacobbe e uno scettro si leva in Israele. Lo scettro il
principe di tutta lassemblea, e al suo avvento trafigger i figli di Set.
3-28, dove propongo di situare la composizione di 1-2Cronache alla fine del II secolo a.C., subito
dopo le guerre maccabaiche.
26 Egli usa qui la regola ermeneutica Gezerah Shawah (cf. P. Basta, Gezerah Shawah. Storia,
forme e metodi dellanalogia biblica [Subsidia biblica 26], Roma 2006; Lorenzin, Luso della regola ermeneutica), ma anche quella dellal tiqr (cf. T. Lorenzin, Luso di un procedimento esegetico analogo allal tiqr in 1 e 2 Cronache, RivBib 40 [1992] 67-76), regola che gli permette di
scambiare yeh in Esd 1,3a con yhwh in 2Cr 36,23.
27 Cf. Numeri, in La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali. Antico Testamento I,
Cinisello Balsamo (Milano) 1991, 459-460.
28 L. Moraldi (ed.), I Manoscritti di Qumran (Classici delle religioni. Religione ebraica), Torino 1971: Documento di Damasco 7,19-21 (p. 245); Regola della guerra 11,6-7 (p. 312); Testimonia
4Q175, 9-13 (p. 594). Cf. . Puech, Il messianismo, in J.V. Allegre (ed.), I manoscritti del Mar
Morto (Nuove vie dellesegesi), Roma 2005, 210-211.
81
Nei Salmi di Salomone (17,32-36), un testo posteriore alla presa di Gerusalemme da parte di Pompeo nel 63 a.C., si indicava come solo possibile Messia del
Signore un re figlio di Davide (17,2); e non sacerdote29. Sar un re pacifico
come Salomone:
E il re su di loro sar giusto ed ammaestrato da Dio e non ci sar nei suoi giorni
ingiustizia in mezzo a loro perch tutti saranno santi e il loro re sar lUnto del
Signore. Infatti non sperer in cavallo e cavaliere e arco n accrescer per s oro e
argento per la guerra facendo affidamento su molti []. Colpir infatti (la) terra
con la parola della sua bocca in eterno. Benedir (il) popolo del Signore con sapienza unita a letizia, e lui stesso puro da peccato cos da governare un grande
popolo, e poter confondere i potenti e cancellare i peccatori con (la ) forza della
parola (17,21-36)30.
Questo tipo di attesa del Messia come un nuovo Salomone sapiente e pacifico
presente anche nel Cronista. Non si tratta quindi solo di ricostruire il tempio31,
importante chi dovr entrare in questo tempio. Sar il figlio di Davide e lo stesso
Signore entrer con lui (cf. Ml 3,1). Finalmente si realizzer lantico progetto consegnato da Dio a Mos. Questi non pot entrare nella terra promessa: la intravide
solo da lontano. Sar Giosu che attraverser il Giordano e conquister la terra. Ma
fu una conquista solamente provvisoria. Le ultime parole della Bibbia ebraica annunciano una nuova salita, questa volta definitiva, alla terra promessa e al suo
centro Gerusalemme, dove Dio sar con il suo popolo per sempre. Il Nuovo Testamento cosciente che queste antiche promesse si sono realizzate in Ges (= Giosu) di Nazaret, quando sal dal Giordano andando a morire a Gerusalemme. La
citt e il suo tempio non lo accolsero e lo uccisero fuori delle mura. Eppure con la
sua risurrezione Ges, il nuovo Salomone (cf. Mt 12,42), realizza fino in fondo il
sogno del Cronista. lui, il suo corpo risorto, il nuovo tempio, nel quale si raduna
il nuovo Israele, la comunit cristiana. Nel nuovo tempio il nuovo Israele potr
sperimentare lefficacia permanente dellamore e della misericordia del Signore
per ogni uomo peccatore non pi in grado di salvarsi con i propri sforzi32.
Tiziano Lorenzin
Facolt Teologica del Triveneto, Padova
29 Cf. P. Sacchi (ed.), Apocrifi dellAntico Testamento (Classici delle religioni. La religione
ebraica), II, Torino 1989, 53-54.
30 Sacchi (ed.), Apocrifi dellAntico Testamento, 141-142.
31 Secondo Williamson (Eschatology in Chronicles, 149), in 1-2Cronache non si pu trovare
alcuna evidenza che giustifichi la visione che con la costruzione del tempio di Salomone la promessa fatta a Davide di una discendenza sia stata esaurita.
32 Ho sviluppato queste osservazioni in una forma pi estesa nel mio commento a 1-2Cronache:
T. Lorenzin, 1-2 Cronache. Nuova versione, introduzione e commento (I Libri Biblici. Primo Testamento 30), Milano 2011 (in stampa).
Roberto Di Paolo
Il poema delle Quattro notti e la Pasqua del Signore.
Matteo 26-28 e Targum Esodo 12,42: una corrispondenza?
Introduzione
Obiettivo del presente lavoro verificare se il racconto della Pasqua del Signore in Mt 26,128,201, e il poema delle Quattro notti salvifiche di Israele, nel
Targum di Es 12,422, presentino elementi corrispondenti, che aiutino a comprendere meglio il testo evangelico3.
Lesposizione presenter dapprima i tratti essenziali del poema delle Quattro
notti4 e del racconto della Pasqua del Signore in Matteo analizzato con gli occhi
della retorica biblica5. Si tenter poi di individuare dei punti di contatto significativi per un ulteriore sviluppo della ricerca6.
1. Poema delle Quattro notti
Dopo alcuni cenni sulla datazione del Poema, si offrir una traduzione del
1 stato utilizzato il testo curato da Nestle - Aland, Novum Testamentum Graece, Stuttgart
199327.
2 Per il testo, vedi R. Le Daut (ed.), Targum du Pentateuque. Tome II: Exode et Lvitique (SC
256), Paris 1979; con le recensioni di Neofiti I e Add. 270131.
3 I Professori R. Meynet, della Pontificia Universit Gregoriana - Roma, e F. Manns, dello
Studium Biblicum Franciscanum (Facolt di Scienze Bibliche e Archeologiche) - Jerusalem, hanno
incoraggiato e orientato questo studio. A entrambi un doveroso e filiale ringraziamento.
4 Il testo di riferimento : R. Le Daut, La Nuit pascale. Essai sur la signification de la Pque
juive partir du Targum dExode XII 42 (AnBib 22), Rome 1963; 1980.
5 R. Meynet, Jsus passe: testament, jugement, excution et rsurrection du Seigneur Jsus
dans les vangiles synoptiques (Rhtorique biblique 3), Paris - Rome 1999; trad. italiana: La Pasqua
del Signore: testamento, processo, esecuzione e risurrezione di Ges nei vangeli sinottici (Retorica
Biblica 5), Bologna 2002.
6 F. Manns, Pour que lEcriture saccomplt. Vers une rtroversion aramenne, in Id., Jerusalem, Antioche, Rome. Jalons pour une thologie de lglise de la circoncision (SBF. Analecta
73), Milano 2009, 134-147, esamina le citazioni del Primo Testamento nel racconto della passione
secondo Giovanni, individuando dei punti di contatto tra il Poema e la Passione nel Quarto Vangelo.
84
Roberto Di Paolo
Poema stesso, quindi i rimandi biblici pi significativi, poi gli elementi teologici
pi rilevanti; infine alcune conclusioni per il passaggio al NT.
1.1 Datazione
Il cosiddetto poema delle Quattro notti compare nel Targum Palestinese
(TP). Il testimone fedele di tutta la tradizione manoscritta del TP il Codex
Neofiti I7. Riguardo alla datazione del Poema, lanalisi di alcuni suoi elementi
mostra per lo meno che questi sono tradizionali e si incontrano a uno stadio molto
antico della tradizione di Israele8, anche se la redazione del Poema successiva
al NT9. Ci nonostante resta il fatto che una bella somma di probabilit patrocina
lesistenza del poema delle Quattro notti a una data che permette di utilizzarne i
temi per illustrare la teologia della Redenzione10.
1.2 Testo
Il Targum parte da Es 12,42, per illustrare le quattro notti che scandiscono la
storia della salvezza. Si propone qui una traduzione del Poema, secondo la recensione del Codex Neofiti I11.
una notte di veglia e predestinata per la liberazione nel nome di JHWH nel
momento in cui Egli fece uscire i figli di Israele, liberati, dal paese dEgitto. Ora
quattro notti sono iscritte nel libro dei Memoriali. La prima notte, quando JHWH
si manifesta sul mondo per crearlo. Il mondo era confusione e caos e la tenebra
era diffusa sulla superficie dellabisso. E la Parola di JHWH era la Luce e brillava. Ed Egli la chiam: Prima Notte. La seconda notte, quando JHWH apparve ad
Abramo12 allet di cento (anni) e a Sara, sua moglie, allet di novanta anni, per
compiere quello che dice la Scrittura13: Forse che Abramo, allet di cento anni,
potr generare e Sara, sua moglie, allet di novanta anni, partorire? E Isacco
aveva trentasette anni allorquando fu offerto sullaltare14. I cieli si abbassarono
e discesero e Isacco ne vide le perfezioni e i suoi occhi si oscurarono a causa
delle loro perfezioni. Ed Egli la chiam: Seconda Notte. La terza notte, quando
85
JHWH apparve agli egiziani, nel mezzo della notte: la sua mano15 uccideva i
primogeniti degli egiziani e la sua destra proteggeva i primogeniti dIsraele,
perch si compisse quello che dice la Scrittura: mio figlio primogenito Israele16.
Ed Egli la chiam: Terza Notte. La quarta notte, quando il mondo arriver alla
sua fine per essere dissolto17; i gioghi di ferro saranno spezzati e le generazioni
perverse saranno annientate e Mos salir di mezzo dal deserto <e il Re Messia
verr dallalto>18. Luno proceder alla testa di un gregge e laltro proceder alla
testa di un gregge e la sua Parola proceder tra i due e io e loro procederemo
insieme.19 la notte della Pasqua per il nome di JHWH, notte riservata e fissata
per la liberazione di tutto Israele, per la lunghezza delle loro generazioni20.
1.3 Rimandi biblici
I riferimenti biblici che possono essere individuati nel poema delle Quattro
notti sono molteplici21. Tra quelli pi evidenti, il primo riferimento, punto di
partenza del Poema, Es 12,42: una veglia di notte per il Signore per condurre loro fuori dalla terra di Egitto. Questa la notte, questa una veglia per il
Signore per tutti i figli di Israele per le loro generazioni.
Riguardo alla prima notte, il rimando a Gen 1,1-5: 1In principio Dio cre
il cielo e la terra. 2E la terra era invisibile e informe e tenebra sopra labisso e
uno spirito di Dio si muoveva sopra lacqua. 3E Dio disse: Sia luce. E luce fu.
4E vide Dio la luce che era buona e Dio separ in mezzo alla luce e in mezzo
alla tenebra. 5E Dio chiam la luce giorno e la tenebra notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Per la seconda notte, i testi di riferimento, legati alla storia di Abramo, sono
almeno tre: Gen15,17-18: 17Dopo che il sole era verso loccidente, ci fu una
15 Alcuni
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presenza di Mos, come accolito del Messia, denota il suo legame con la restaurazione messianica: Mos ricapitola, per cos dire, tutti i salvatori della storia
della salvezza; chiamato infatti: servitore di JHWH, profeta, intercessore, mediatore dellalleanza, dottore del suo popolo42.
da precisare infine che la presentazione dellavvento messianico nella festa
di Pasqua, coincidente con la fine dei tempi, come pure della conseguente liberazione del popolo di Dio con il castigo degli empi, corrisponde alla rappresentazione degli ultimi tempi nellinsieme della letteratura giudaica, tanto apocrifa
quanto rabbinica: il Messia arriver durante una Pasqua43.
In conclusione, si pu affermare che il Poema presenta quattro temi principali: creazione, gesta di Abramo con sacrificio di Isacco, Pasqua, escatologia, indicando quattro tappe della creazione, della nascita del popolo di Dio; o, meglio,
quattro nascite: allorigine delluniverso, alla vocazione di Abramo, alla Pasqua,
alla fine dei giorni durante la salvezza messianica44. Il targumista di Es 12,42
raggruppa gli eventi considerati pi importanti della storia del mondo e li collega
alla festa di Pasqua. La fede in JHWH fondata sulla certezza dellelezione divina di Abramo, elezione confermata dai miracoli formidabili della liberazione
dEgitto. Tale fede fonte inesauribile di speranza nella fedelt di Dio che non
pu abbandonare il suo popolo e gli procurer al tempo stabilito la salvezza e la
liberazione definitiva45.
1.5 Conclusioni per il Nuovo Testamento
Sembra opportuno presentare a questo punto alcuni elementi teologici di raccordo tra il poema delle Quattro notti e la Pasqua di Risurrezione, giacch la
Pasqua del Primo Testamento un memoriale che diviene, negli ultimi secoli che
precedono il Cristianesimo, una celebrazione volta verso lavvenire. In essa si
concretano e trovano la loro pi bella espressione tutte le speranze di Israele,
fino alla speranza della salvezza definitiva alla fine dei tempi. La celebrazione
rituale della Pasqua viene cos a trovarsi tra il fatto storico commemorato, quello dellEsodo, e la liberazione escatologica46.
In riferimento alla prima notte, la redenzione messianica interpretata come
una luce nuova che si lever in Sion, al pari della luce della creazione, menzionata cinque volte in Gen1,3-547. La tradizione giudaica concepisce infatti linaugurazione di cieli nuovi e terra nuova in rapporto con la Pasqua. C finanche
42
90
Roberto Di Paolo
unantica tendenza a legare alla data della Pasqua tutti i grandi eventi della storia:
anche i patriarchi risusciteranno a Nisan, al momento dellapparizione del Messia48.
In riferimento alla terza e alla quarta notte, dal momento che la salvezza messianica compresa a immagine della liberazione dallEgitto, tutto viene naturalmente situato a Pasqua. Lantico adagio, che fa legge nelle fonti rabbiniche pi
antiche, afferma: A Nisan furono liberati, a Nisan lo saranno ancora. Si attende dunque il Messia per la data di Pasqua. Tutto il rituale pasquale, almeno del I
secolo, riceve una interpretazione escatologica e messianica, e serve a ravvivare
ogni anno le speranze nazionali49.
Un discorso a parte merita la seconda notte50. Il sacrificio e la liberazione di
Isacco coincidono infatti con la Pasqua51 e diventano il tipo della grande Pasqua
futura e di tutte le liberazioni, causa meritoria della salvezza pasquale52; e
vengono legati fin dagli inizi a Ges che si offre53: Ges viene messo alla prova,
come Abramo (Eb11,17-19; Gc2,21-23)54; Ges il figlio amatissimo (Mc1,11;
Is42)55, come Isacco (Eb11,17)56; come Isacco, Ges offre se stesso volontariamente, anche se in questo caso il riferimento soprattutto al Quarto canto del
Servo57. Nonostante lidea della morte espiatrice di Isacco, a differenza di Ges,
sia una tappa ancora lontana e i testi giudaici antichi non presentino ancora
unidea di redenzione dellAqedah in senso cristiano, tuttavia chiaro che, grazie
ai meriti acquisiti con laccettazione volontaria di Isacco, si pu sperare dalla
benevolenza divina la salvezza dalle nazioni; finanche il perdono dei peccati. In
48 Le Daut, Pque juive et pque chrtienne, 19. LA. a p. 20 collega questo concetto a
Mt27,52, rilevando che lEvangelista, segnalando che al momento della morte di Cristo numerosi
corpi di santi trapassati sono risuscitati, forse vuole offrire una testimonianza messianica nuova.
49 Le Daut, Pque juive et pque chrtienne, 21.
50 Le Daut, La Nuit pascale, 200, precisa che, nellaggadah sviluppata attorno a Gen 22, il
tratto pi importante per lesegesi cristiana il collegamento di questo episodio allidea pasquale,
specie lidentica datazione al 15 di Nisan.
51 G.Vermes, Redemption and Genesis XXII, in Id., Scripture and Tradition in Judaism.
Haggadic Studies (StPB 4), Leiden 1961, 215, precisa che c una evidenza definita che lassociazione dellAqedah con Pasqua sia ben stabilita prima dellinizio dellera cristiana. Il legame tra i due
grandi eventi infatti un solo legame dottrinale. Lefficacia salvifica dellagnello della Pasqua
procede dai meriti del primo agnello, il figlio di Abramo, che ha offerto se stesso sopra laltare.
E.Kessler, Aqedah II. Judaism Rabbinic Judaism, in Encyclopedia of the Bible and its Reception, II, Berlin - New York 2009, 530, precisa ugualmente che c evidenza di un legame antico tra
Aqedah e Pasqua. Isacco associato con lagnello pasquale in una interpretazione di Es12,5 e i
rabbini pure suggeriscono che lAqedah una ragione della divisione del Mar Rosso.
52 Le Daut, Pque juive et pque chrtienne, 23.
53 Le Daut, La Nuit pascale, 202. Cf. A. Jaubert, Symboles et figures christologique dans le
Judasme, RevSR 47 (1973) 381.
54 Le Daut, La Nuit pascale, 203.
55 Le Daut, La Nuit pascale, 204.
56 Le Daut, La Nuit pascale, 203.
57 Le Daut, La Nuit pascale, 204.
91
Isacco sono quindi accennati tutti gli elementi che giungeranno a delineare la
figura del Servo: Isacco dona la sua vita e Dio gradisce il sacrificio; viene cos
guidato come un agnello e la sua morte stata ugualmente voluta da Dio58.
LAqedah dunque considerata come un vero sacrificio e diventa, nel I secolo,
il tipo stesso del sacrificio che il Signore gradisce e ricompensa59.
2. Mt 2628 secondo lanalisi retorica biblica
A questo punto del cammino, bene presentare linsieme del racconto della
Pasqua del Signore in Mt2628, a partire dalle quattro sequenze individuate con
i criteri di analisi della retorica biblica (ARB)60, evidenziando le linee principali
di composizione e gli elementi teologici pi rilevanti; infine alcune conclusioni
per un raccordo con il compimento della storia della salvezza.
2.1 Prima sequenza (Mt26,1-56)
Intitolata La Pasqua del Servo per la remissione dei peccati, la sequenza
comprende dieci passi organizzati in tre sottosequenze61. La prima (Mt26,1-19)
inquadra i preparativi per la Pasqua di Ges; da Lui indicati e dai discepoli realizzati, agli estremi; mentre al centro si staglia lepisodio dellunzione di Betania;
preceduto e seguito dai preparativi della morte di Ges perpetrati dai suoi nemici, in posizione intermedia62. La sottosequenza centrale (Mt26,20-35) presenta
il racconto dellUltima Cena, con il sangue versato per la remissione dei peccati,
inquadrato dallannuncio del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro63.
La terza e ultima sottosequenza (Mt26,36-56) presenta il duplice dramma che si
consuma nel Getsemani, con Ges che, solo, si abbandona alla volont del Padre,
mentre i discepoli cedono alla tentazione del sonno; con Ges che, tradito, si
58
92
Roberto Di Paolo
consegna ai suoi nemici, mentre i suoi discepoli cedono alla tentazione della
violenza e quindi della fuga64.
Linsieme della sequenza presenta una chiara opposizione, tra Ges e la donna di Betania da una parte, e Caifa, Giuda, Pietro, e coloro che essi rappresentano, dallaltra. Posta al centro della prima sottosequenza (Mt26,6-13), nella casa
di Betania, la donna senza nome dona senza misura, quasi spreca il profumo, che
avrebbe potuto essere utilizzato in modo assai pi redditizio. Similmente al centro della sequenza (Mt26,26-29) Ges offre spontaneamente il suo corpo e il suo
sangue, dellalleanza, versato per la remissione dei peccati. Nel Getsemani Ges
offre quindi se stesso al Padre nella preghiera e poi nellarresto. Tutti gli altri non
offrono nulla; al contrario, cercano di prendere; anche quando danno, solo per
guadagnare. Questo vale per Caifa, per Giuda, per i discepoli, per la folla che con
spade e bastoni si impossessa di Ges. Lopposizione tra Ges e la donna che
donano, e tutti gli altri che prendono, molto pi articolata, giacch quelli che
prendono cedono alla tentazione del denaro, della violenza, dellinganno; elementi questi che fungono da discriminante per appartenere al gruppo di Ges o
a quello dei suoi avversari. Lungo il fluire della sequenza, il gruppo di quelli che,
al pari di Ges, danno o potrebbero dare, si assottiglia sempre di pi a favore di
quelli che prendono: i discepoli stessi, non resistendo alle tentazioni fondamentali del denaro, della violenza e dellinganno, cadono e lasciano Ges solo, che,
unico con la donna, percorre una strada nuova, quella dellofferta totale di s,
fino a farsi carico della violenza e del peccato dei suoi nemici. Lopposizione non
si limita al racconto della Pasqua di Ges ma giunge fino al racconto della caduta dei progenitori (Gen3), che compare sullo sfondo del racconto di Matteo65: se
la prima donna e il primo uomo hanno ceduto alla tentazione originale, impossessandosi del frutto per diventare come Dio; Ges e la donna senza nome, circondati da peccatori che finiscono per scegliere il denaro, la violenza e linganno,
offrono senza misura, gettando le basi per una nuova creazione, fondata sul perdono dei peccati. Lalleanza offerta da Ges al centro della sequenza dunque
totalmente nuova, perch offre, in modo incondizionato, il perdono dei peccati,
che Ges stesso, unico giusto, prende su di s66.
Riguardo al compimento della Scrittura, da notare il rimando di Ges, durante lUltima Cena, alla Parola che si compie circa lo scandalo e alla fuga dei
discepoli: Tutti vi scandalizzerete in questa notte, sta scritto infatti
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Roberto Di Paolo
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per il Sal 22, citato da Ges e richiamato da diversi particolari del racconto81; per
il rimando alla piaga delle tenebre (Es 9) e alla morte dei primogeniti dEgitto
(Es 11).
2.4 Quarta sequenza (Mt 27,6228,20)
La quarta sequenza, dal titolo Il Servo si rivela come il Figlio maggiore di
una moltitudine di fratelli composta da un breve passo centrale e da quattro
passi, organizzati in due sottosequenze82. La prima (Mt 27,6228,8) contrappone
le autorit giudaiche e langelo del Signore: entrambi riferiscono le parole pronunciate da Ges circa la sua risurrezione: i primi per impedirne leventuale realizzazione, il secondo per proclamarne leffettivo compimento83. Il breve passo
centrale (Mt 28,9-10) descrive lincontro tra Ges e le donne, con linvito, per i
discepoli, definiti da Ges miei fratelli, di andare in Galilea per vederlo84.
Lultima sottosequenza (Mt 28,11-20) contrappone le due testimonianze su Ges: la prima, falsa, fondata sul denaro ricevuto dalle autorit giudaiche e divulgata dai soldati tra i giudei fino a oggi; laltra, autentica, basata sullincontro
personale con Ges e proclamata dagli apostoli in mezzo alle nazioni fino alla
fine del mondo85.
La sequenza, nel suo insieme, ha come cardine non tanto, come ci si potrebbe
aspettare, il racconto della risurrezione, quanto piuttosto lannuncio di Ges alle
donne che i discepoli sono suoi fratelli e che lo incontreranno in Galilea; l Ges
affider loro la missione di annunciare a tutte le nazioni che la volont del Padre
che tutti gli uomini diventino figli nel Figlio: riconciliati, perdonati e salvati.
Opposto a questo annuncio c lo sforzo, vano e inesorabile, dei nemici di Ges,
che continuano ad accusarlo di essere un impostore86.
Riguardo al compimento delle Scritture, pur mancando riferimenti espliciti,
c un rimando allesito della missione del Servo del Quarto canto di Isaia, a
beneficio delle moltitudini; un riferimento alla conclusione gravida di speranza
della dolorosa vicenda descritta dal Sal 22, con la menzione dellannuncio ai
fratelli e delle nazioni che riconosceranno lopera del Signore87; un rimando infine allincontro di Giuseppe con i suoi undici fratelli in Gen 45,3-988.
81
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Roberto Di Paolo
2.5 Conclusione
Questi elementi, riportati in modo sommario e sicuramente incompleto, inquadrano la Pasqua del Signore sullo sfondo della missione del Servo del Quarto canto di Isaia, che Ges compie in modo definitivo. Gi dalla prima sequenza,
Ges, tradito e minacciato di tradimento, offre se stesso per il perdono dei peccati, gettando cos le basi di una nuova creazione, nata dal dono totale e gratuito
di s. Nella seconda sequenza, Ges, legato, proclama francamente la sua identit divina e regale, facendosi carico del groviglio di menzogne che Caifa e Pilato gettano su di lui, fino ad accettare, come innocente, che il suo sangue, la sua
vita, venga mercanteggiata e ingiustamente condannata. Nella terza sequenza,
Ges, deriso e oltraggiato, continua a confidare in Dio e Dio risponde, mandando le tenebre sulla terra, mentre alcuni riconoscono in Ges il Figlio di Dio e
restano accanto a lui. La quarta sequenza presenta finalmente Ges che, vittorioso sulla morte e sul peccato di quanti lo hanno condannato, si rivela Figlio maggiore di una moltitudine di fratelli, giacch comunica la sua vittoria ai discepoli,
perch questi la portino a tutte le nazioni. Se al principio del racconto quindi
solo Ges, con la donna senza nome, getta la basi di una nuova creazione; alla
fine tutte le nazioni sono destinate a vivere, nel Figlio risorto, come figli di Dio89.
Per quanto riguarda il compimento della Scrittura, si pu dunque affermare
che, nel racconto della Pasqua del Signore, Matteo presenta Ges come il Servo
del Quarto canto di Isaia, sfigurato e trasfigurato90, che, a sua volta, ricapitola in
s i servi di Dio lungo la storia della salvezza, fino a diventare figura delle
figure91.
3. Le Quattro notti e la Pasqua del Signore in Matteo
Presentate le linee generali del poema delle Quattro notti e del racconto della
Pasqua del Signore in Matteo secondo lARB, ora il momento di verificare se
i contenuti del Poema presentino delle corrispondenze con il testo evangelico92.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe in unopera di rigore scientifico, nel
racconto della Pasqua del Signore non si ravvisa una rispondenza unica e immediata con i vari elementi del Poema, per cui ogni notte precisamente ricordata
in un punto del racconto di Matteo e solo in quel punto. Si avverte piuttosto una
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cielo, la cui veste, come la neve, riflette e potenzia la luce. Qui il rapporto con la
prima notte salvifica sinonimico; in entrambi i casi infatti Dio vince le tenebre:
allinizio creando la luce; in Matteo mandando il suo angelo di luce e rotolare la
pietra dallingresso della Tomba vuota.
In base a questi riferimenti, si pu affermare che, nel racconto della Pasqua
del Signore in Matteo, la prima notte salvifica di Israele la chiave per interpretare la crocifissione e morte di Ges: come allinizio Dio crea la luce che prevale sulle tenebre; cos alla morte del suo Figlio innocente, deriso, oltraggiato e
condannato da giudei e pagani, Dio permette che le tenebre vincano la luce, entrando cos nuovamente nel caos iniziale; quasi si tratti di unanticreazione95. La
menzione dellangelo che, splendente come un lampo, illumina la notte della
Risurrezione, sembra preludere allinizio di una nuova creazione, il cui perno
il Figlio di Dio morto e risorto96.
3.2 La seconda notte
La seconda notte salvifica, quando Dio si rivela ad Abramo, si pu ravvisare
nella prima sequenza (Mt 26,1-56) e al centro della seconda (Mt 26,5727,26),
nel racconto di Matteo.
Riguardo al rapporto con la prima sequenza, da rilevare prima di tutto, al
centro di questa (Mt 26,20-35), la duplice precisazione temporale in questa
notte (Mt 26,31.34)97, con cui Ges indica ai discepoli limportanza decisiva di
quella notte, preannunciando il loro scandalo, abbandono e tradimento. Ma quella stessa notte, poco prima, Ges, stando a mensa con i suoi discepoli, ha offerto
loro, nel pane e nel vino, il suo corpo e il suo sangue, dichiarando che il sangue
quello dellalleanza (Mt 26,28). Ora questo termine ricorre in Matteo solo a
questo punto. possibile quindi collegare questa notte, in cui Ges offre il sangue dellalleanza, alla notte di Gen 15,1-21, in cui Dio stringe alleanza con Abramo; con la differenza che, nel caso di Abramo, il sangue quello degli animali
sacrificati (Gen 15,9-10); nel caso di Ges, lui stesso che offre il suo sangue.
Riguardo allalleanza tra Dio e Abramo, bene ricordare che, in Gen 17,1-22, il
termine alleanza ricorre ben tredici volte (2; 4; 7bis; 9; 10; 11; 13bis; 14; 19bis;
prime tre stelle, proprio allinizio del primo giorno della settimana.
95J.T.Pennigton, Heaven and Earth in the Gospel of Matthew (NT.SS 126), Leiden - Boston
2007, 214, nota che si pu anche vedere una probabile allusione alle tenebre della precreazione di
Gen1,2 in Mt27,45 dove tutta la terra coperta dalla tenebra alla morte di Ges.
96Le Daut, La Nuit pascale, 257, osserva che il sacrificio pasquale di Ges diviene veramente il centro della storia del mondo, dal momento che questa notte momentanea di cui parlano i Sinottici (Mt27,45) prelude, come nelle origini, come nellEsodo, come alla fine dei tempi, alla luce
della salvezza.
97In verit la prima indicazione temporale del testo fattasi sera (Mt26,20), che introduce
il centro della sequenza.
99
21); di queste, due volte con laggettivo eterna (7; 19), in riferimento al perdurare dellalleanza con i discendenti di Abramo.
Un altro rimando alla seconda notte salvifica si pu riscontrare alla fine della
prima sequenza (Mt 26,36-56), quando Ges nel Getsemani offre se stesso al
Padre e si consegna ai peccatori. Le corrispondenze con il racconto della legatura di Isacco (Gen 22,1-18) sono molte: come Abramo ai suoi servi, cos anche
Ges dice ai suoi discepoli: Fermatevi qui (Gen 22,5; Mt 26,36)98; come Abramo procede insieme con Isacco, cos anche Ges procede da solo, per prostrarsi (Mt 26,39); come Abramo prende il coltello e poi stende la sua mano per
prendere il coltello per sgozzare suo figlio (Gen 22,6.10), cos anche uno di
quelli che sta con Ges, al momento dellarresto, stesa la mano estrae la sua
spada e colpisce uno degli avversari (Mt26,51)99; come langelo dal cielo ordina ad Abramo: Non gettare la tua mano sopra il ragazzo (Gen22,12), cos
nel Getsemani, gettano le mani su Ges e si impossessano di lui (Mt26,50).
Un ultimo riferimento alla seconda notte salvifica si potrebbe riscontrare al
centro della seconda sequenza, dove i sommi sacerdoti e i capi del popolo avendo legato Ges lo conducono da Pilato (Mt 27,2), come gi Abramo avendo
legato per i piedi Isacco lo pone sullaltare (Gen 22,9)100.
Tutte queste corrispondenze dilatano lo sguardo, non solo per scorgere nella
scena del Getsemani gli echi dellAqedah, fino a vedere Ges come nuovo Isacco101, ma soprattutto per interpretare lalleanza offerta da Ges nel suo sangue
sullo sfondo dellalleanza conclusa tra Dio e Abramo e confermata dalla legatura di Isacco102. Si avverte tuttavia non una mera ripetizione ma un passo in avanti che ha tutto il sapore del compimento della Pasqua: se Dio comanda ad Abramo di predisporre la carne degli animali come sacrificio per stipulare lalleanza,
Ges offre, nel pane e nel vino, il suo corpo e il suo sangue per lalleanza, fon-
98 A onor del vero, dopo aver gi individuato le corrispondenze terminologiche tra la scena del
Getsemani e la legatura di Isacco, chi scrive si accorto che W.D.Davies - D.C.Allison, A Critical
and Exegetical Commentary on the Gospel according to Saint Matthew (ICC III), Edinburgh 1997,
494, evidenziano alcune di queste stesse corrispondenze e altre pi ampie, fino a indicare come
reale la possibilit che Matteo voglia suggerire un parallelo tra la fede di Abramo e la fede di Ges.
Similmente L.A.Huizenga, Obedience unto Death: The Matthean Gethsemane and Arrest Sequence and the Aqedah, CBQ 71 (2009) 519-520, evidenzia le numerose corrispondenze terminologiche
e tematiche tra i due racconti.
99 Coltello e spada corrispondono in greco al medesimo termine.
100 I due verbi che esprimono la legatura, in greco sono sinonimi, non identici.
101 Huizenga, Obedience unto Death, 507-508.
102 L. Sabourin, Sacrifice, in H.Cazelles-A.Feuillet (ed.), DBS X, Paris 1985, 1516, afferma che la migliore conoscenza che abbiamo al presente dei Targum conferma che un rapporto pu
essere fatto tra i due sacrifici, di Isacco e di Ges, anche se la teologia cristiana dir piuttosto che
lAqedah ha orientato la formulazione del sacrificio di Ges, senza tuttavia avergli dato origine.
100
Roberto Di Paolo
data sulla remissione dei peccati103. Se Abramo conduce suo figlio Isacco e lo
lega sullaltare per offrirlo in olocausto, mentre Isacco stesso collabora con il
padre perch lofferta sia gradita a Dio, Ges attua lalleanza, proclamata nellofferta del corpo e del sangue, offrendo se stesso spontaneamente, consegnandosi
ai suoi nemici e lasciandosi condurre alla morte104. Se la mano di Abramo viene
fermata dallangelo del Signore e non colpisce Isacco, i nemici di Ges, al contrario, mettono le mani addosso a Ges e si impadroniscono di lui. La menzione
di Ges legato, al centro della sequenza di Matteo, indica, come un fulmine nel
mezzo della notte, il rapporto di compimento tra Isacco legato e Ges, il Figlio
unigenito, che, legato, in mano a giudei e pagani, si offre per la remissione dei
peccati. Ora Isacco si salver, mentre Ges morir per mano dei suoi nemici.
Lalleanza stipulata da Ges non dunque mera ripetizione dellalleanza stipulata da Dio con Abramo e confermata dalla legatura di Isacco, ma ne rappresenta il compimento105. I meriti della legatura di Isacco, dellobbedienza di padre e
figlio alla volont di Dio, della fedelt allalleanza da parte di Abramo, trovano
il loro compimento nella fedelt totale del Figlio alla volont del Padre, che
guadagna agli uomini una alleanza fondata sullofferta del suo sangue per il
perdono dei peccati106.
3.3 La terza notte
La terza notte della salvezza, quando il Signore uccide gli egiziani e salva i
primogeniti di Israele, compiendo cos la Parola: Israele il suo primogenito,
compare al centro della prima (Mt 26,1-56) e della terza sequenza di Matteo
(Mt27,27-61).
103 S. Lyonnet - L. Sabourin, Sin, Redemption and Sacrifice. A Biblical and Patristic Study
(AnBib 48), Rome 1970, 181, affermano, in riferimento alle parole di Ges nellultima cena circa
il proprio sacrificio, che queste possono riferirsi contemporaneamente al sacrificio pasquale, come
si capisce dal giorno e dallora scelta; al sacrificio di alleanza, esplicitamente indicato quando Ges
parla del sangue della nuova alleanza; e, con grande probabilit, al sacrificio di espiazione, che
sembra essere implicato dalle parole aggiunte da Mt 26,28: per la remissione dei peccati.
104 Huizenga, Obedience unto Death, 516, indica nellobbedienza fino alla morte la chiave
tematica che lega la figura di Isacco e quella del Ges di Matteo.
105 G.J. Steyn, Aqedah III. New Testament, in Encyclopedia of the Bible and its Reception,
II, Berlin - New York 2009, 540, afferma, al contrario, che una interpretazione particolare della
morte espiatrice di Ges contro lo sfondo dellAqedah ai tempi del NT una questione assai controversa. Una interpretazione espiatrice con Isacco come tipo della sofferenza o della risurrezione
di Cristo venne fuori solo dopo il 70 d.C. e divenne prominente nel II secolo.
106 G. Michelini, Il Sangue dellalleanza e la salvezza dei peccatori. Una nuova lettura di
Mt2627 (AnGr 306), Roma 2010, 423, interpretando lofferta del sangue di Ges durante la cena
(Mt26,26-30), precisa che il sangue di Ges rinnova ogni alleanza precedente; Matteo intenderebbe quindi affermare che il patto rinnovato e i peccati saranno rimessi, in virt dellalleanza con
Ges, come gi avvenuto in forza dellalleanza con Abramo, e in virt del perdono attraverso il suo
sangue, come quello del Kippur.
101
Riguardo al centro della prima sequenza (Mt 26,20-35), il riferimento quasi obbligato, giacch la terza notte simpone sullo sfondo della cena pasquale,
allorquando Ges, facendo memoria con i suoi discepoli della notte in cui Dio
libera Israele dalla schiavit, dona il suo corpo e il suo sangue nel pane e nel
vino: appunto la memoria della terza notte salvifica di Israele. La corrispondenza sembra immediata e lineare, se non fosse che, al posto del sangue dellagnello, Ges offre il proprio sangue, dellalleanza, per la remissione dei peccati.
Decisamente pi complesso il riferimento al centro della terza sequenza
(Mt27,38-51a), dove la terza notte compare sullo sfondo della tenebra che ricopre la terra quando Ges, schernito e deriso dai suoi connazionali, muore sulla
croce. In questo caso il rapporto di opposizione: il Figlio primogenito, innocente, viene oltraggiato e crocifisso e ucciso, mentre giudei e pagani, colpevoli,
continuano a vivere.
Questi due rimandi permettono di meglio comprendere il compimento della
terza notte nella Pasqua di Ges in modo complementare: da una parte Ges
celebra la cena pasquale, fa memoria della liberazione di Israele e in quel contesto rinnova lalleanza offrendo nel pane e nel vino il proprio corpo e il proprio
sangue; dallaltra parte Ges stesso accetta di entrare nella notte del caos, offrendo la sua vita, innocente, per i peccatori. Se quindi al momento della liberazione
dei figli di Israele dallEgitto, dopo la piaga delle tenebre, Dio, uccidendo i primogeniti degli egiziani e salvando i primogeniti del suo popolo, dichiara apertamente che Israele il suo figlio primogenito; nella Pasqua del Signore, mentre
le tenebre avvolgono la terra, il Figlio stesso di Dio, lUnigenito, che, dopo aver
donato il suo corpo e il suo sangue, offre tutta la sua vita sulla croce. Se c quindi compimento della Scrittura, questo avviene in modo totalmente nuovo: Dio
non si preoccupa di salvare un solo popolo a scapito di un altro, ma preferisce
mandare a morire suo Figlio sulla croce, al cospetto di giudei e pagani, senza
imprecare contro coloro che lo crocifiggono e lo insultano, ma confidando fino
alla fine nel Padre. Per dirla con P. Beauchamp, Ges, nella notte che fa memoria
dellEsodo, associando il rito del pane azzimo e dellagnello, un Mos che
prender il posto della manna e quello dellagnello, dal momento che limmolazione di questo agnello la sua propria morte. Questo Mos entra nel mare, pi
forte tuttavia della paura che lo afferra, entra in agonia. Ma, a differenza di Israele, Lui non uscir dal mare prima di essere andato fino al fondo dellabisso, fino
al fondo della morte. Malgrado la promessa: gli egiziani che oggi vedete non li
rivedrete mai pi, Israele vede i cadaveri sulla riva del mare. Qui al contrario, il
cadavere di questo nuovo Mos il solo che viene mostrato al mondo. Il primogenito consegnato allo Sterminatore non dellEgitto, ma rappresenta i primogeniti di Israele. Il Mos del Vangelo, che morto al posto dellagnello, il
102
Roberto Di Paolo
primogenito di Israele. Nella sua morte, Giudei e pagani si incontrano nella medesima volont omicida107.
3.4 La quarta notte
La quarta notte salvifica, quando il mondo verr dissolto, il male distrutto e
Israele salvato in modo definitivo, si intravvede nella quarta sequenza di Matteo
(Mt27,6228,20); si rintraccia nella seconda (Mt26,5727,26), nelle parole di
Ges davanti a Caifa, la notte del tradimento.
Riguardo alla quarta sequenza, si parla non tanto di notte, quanto di giorno
improvviso che vince la notte, non solo per il fulgore dellangelo che vince le
tenebre, come gi rilevato per la prima notte, ma anche e soprattutto al centro per
lincontro sconvolgente che le donne hanno con Ges risorto e quindi il messaggio, ancora pi sconvolgente, che Egli affida loro, di andare ad annunciare ai suoi
fratelli di andare in Galilea per incontrarlo (Mt28,10). Si tratta quindi di due
fatti completamente nuovi, lincontro e il messaggio, che si compiono in quella
notte, vinta dalla luce.
Riguardo alle parole di Ges davanti a Caifa, nella seconda sequenza, il riferimento alla quarta notte salvifica doveroso108, giacch Ges risponde alla domanda se lui sia il Cristo, attribuendo a s due profezie messianiche sul Figlio
delluomo, seduto alla destra di Dio, che verr sulle nubi del cielo (Mt26,64)109.
possibile leggere quindi il racconto della risurrezione di Ges sullo sfondo
della quarta notte salvifica di Israele, in termini di compimento110; se il Poema
preannuncia infatti la quarta notte che avverr alla fine dei tempi, il racconto di
Matteo dapprima introduce Ges come il Messia salvatore, che, nella notte del
tradimento, fa sue, davanti a Caifa, le parole profetiche e si dichiara Figlio di Dio;
poi presenta la quarta notte come gi avvenuta, vinta dalla luce del Figlio di Dio
107 P. Beauchamp, LUn e lAutre Testament. Tome II: Accomplir les critures (Parole de Dieu),
Paris 1990; trad. italiana: LUno e lAltro Testamento. 2: Compiere le Scritture, Milano 2001, 296297.
108 H.L. Strack - P. Billerbeck, Das Evangelium nach Matthus erlutert aus Talmud und Midrasch (Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch I), Mnchen 19613, 85, spiegando che la liberazione di Israele dallEgitto un tipo della liberazione messianica, precisa che una
tradizione antichissima si accordata sul fatto che nessuno al di fuori del Messia pu compiere la
liberazione finale.
109 Cf. Le Daut, La Nuit pascale, 267, precisa che la variante: sulla cima di una nube, nel
poema delle Quattro notti, collegherebbe la quarta notte al Messia, secondo il testo di Dn7,13, applicato al Messia. Il NT riprender questa concezione della venuta messianica applicandola alla
parusia di Ges in Mt26,64.
110 Pennigton, Heaven and Earth, 214-215, amplia il collegamento tra il racconto della Pasqua
e gli eventi fondamentali della storia della salvezza, affermando che la pericope, conclusiva e culminante, di Mt28,16-20 serve come chiave di volta per la sua corrispondenza intenzionale con
Genesi, creando quasi uninclusione: Gen1,1 e Mt28,16-20, con un punto forte di questa inclusione in Mt1,1, formando cos una inclusione che spazia dalla creazione alla fine.
103
risorto dai morti, che definisce i suoi discepoli fratelli, i quali, nella notte del
tradimento, lo hanno abbandonato e rinnegato. Si pu dunque affermare che la
notte annullata e, anche se il mondo non stato ancora dissolto, come preannunciato dal Poema, si fa strada tuttavia una nuova creazione, in cui i malvagi
possono convertirsi ed essere cos perdonati, dal momento che il Risorto si fa
vicino ad ogni creatura e i discepoli, resi fratelli del Risorto, sono inviati ad
annunciare a tutte le nazioni la conversione, per credere in Lui e diventare cos
discendenza di Abramo111, figli nel Figlio112.
Conclusione
Il cammino fin qui percorso, attraverso una presentazione, certo sommaria,
del poema delle Quattro notti e della Pasqua del Signore in Matteo secondo i
criteri dellARB, e di un possibile raccordo tra le idee contenute nei due testi,
porta a scoprire che, sullo sfondo dei punti cruciali del racconto di Matteo, compaiono i riferimenti alle quattro notti salvifiche di Israele: la prima notte, nelle
tenebre del caos al centro della terza sequenza e nella luce della nuova creazione
nella quarta; la seconda notte, nellalleanza offerta al centro della prima sequenza e nel Figlio che si consegna al termine della prima e al centro della seconda;
la terza notte, nella cena pasquale al centro della prima sequenza e nelle tenebre
al centro della terza; la quarta notte infine, nella luce che vince la notte nella
quarta sequenza, con al centro la nuova creazione, e nella dichiarazione messianica di Ges nella seconda sequenza. Si pu ritenere quindi che gli elementi fin
qui considerati siano sufficienti ad affermare che il poema delle Quattro notti
costituisca lo sfondo, o quanto meno un riferimento assai rilevante, per lorganizzazione del racconto della Pasqua in Matteo: Ges Cristo, Figlio di Dio e Re
dei Giudei, il Messia che compie, a beneficio di tutte le nazioni, la salvezza
promessa e riservata a Israele.
Il rapporto tra le quattro notti e la Pasqua del Signore dunque di compimen113
to : se il poema della Quattro notti menziona per ben due volte il compimento
111 Pennigton, Heaven and Earth, 214, individua un forte legame in Mt28,18-19, che completa la menzione di Abramo in Mt1,1: ora finalmente tutte le nazioni saranno benedette in lui.
112 da notare che, in Gen 17,1-22, quando Dio appare ad Abramo allet di novantanni, il
termine nazioni, riferito alla discendenza di Abramo, compare ben sette volte (Gen 17,4.5.6.
16bis.20bis).
113 P.-M. Beaude, LAccomplissement des Ecritures. Pour une histoire critique des systmes de
reprsentation du sens chrtien (CFi 104), Paris 1980, offre una presentazione critica dei modelli di
compimento delle Scritture. P.-M.Beaude, Judasme rabbinique et Christianisme: deux modles
daccomplissement, in P.Bovati - R.Meynet (ed.), Ouvrir les critures. Fs. Paul Beauchamp
(LeDiv 162), Paris 1995, 288, chiarisce i tre livelli di comprensione del termine compimento
individuati dai saggi di Israele, i farisei, intorno al 70 d.C.: scoprire attraverso il midrash quello che
104
Roberto Di Paolo
della Scrittura114, la Pasqua del Signore compie tutta la storia salvifica, che il
Poema riassume e compendia. Si potrebbe ripetere, a questo proposito, quanto
afferma F. Manns: se si ammette che il poema delle Quattro notti soggiace al
racconto della Passione Risurrezione del Quarto Vangelo, allora il tema del
compimento acquista un doppio senso: prima c la storia della salvezza che si
realizza in pienezza e poi c la Scrittura che conferma la messianicit di Ges115.
Nei termini del compimento, la Pasqua di Ges d un valore nuovo alla legatura
di Isacco116 che pure interpretata come morte e risurrezione e causa di liberazione di Israele da tutte le prove future, fino ad assurgere, superando le barriere
della storia, a causa della risurrezione finale117. Nei termini del compimento,
Ges lagnello della Pasqua, che compie la vera liberazione, fino a diventare
Lui stesso la nostra Pasqua118. Nei termini del compimento, la Pasqua di Ges d
inizio a una creazione nuova, che compie quella della prima notte e supera quella della quarta notte. Per dirla con P. Beauchamp, la Pasqua del Signore, in rapporto alla Pasqua di Israele, porta lirruzione di una novit paradossale: e mentre
rivela questa novit, la rivela come quella precisamente che gli antichi desideravano e che gi orientava e fortificava il loro cammino. Si pu dire che la Pasqua
il luogo privilegiato dove sorganizza il rapporto dei due Testamenti119. Nei
termini del compimento dunque, Ges non distrugge la storia salvifica rivelata a
Israele, bens la compie: se la Pasqua di Israele non soltanto la commemoraziola Scrittura vuole dire; il compimento linterpretazione orale senza la quale il testo scritto non d
il suo senso. Compiere significa agire conformemente ai midrash dei saggi. Compiere significa infine realizzare le promesse della Torah e dei Profeti. Ma la tradizione rabbinica interpreta
questo terzo livello di compimento sulla base di altri due: la fine della storia, la venuta del Regno
di Dio sicuramente il compimento di tutte le cose, ma al centro e alla base di tutte le cose c la
Torah, studiata e compiuta da Israele. Priorit dunque data, nel giudaismo rabbinico, alla comprensione della Torah e alla sua pratica.
114 Cf. Manns, Pour que lEcriture saccomplt, 144-145.
115 Manns, Pour que lEcriture saccomplt, 146.
116 J.D. Levenson, The Death and Resurrection of the Beloved Son. The Transformation of Child
Sacrifice in Judaism and Christianity, New Haven - London 1993, 200, osserva che ragionevole
sospettare che lantico ascolto dei Vangeli sinottici connettesse la predilezione di Ges con la sua
passione e crocifissione. La morte cruenta di Ges non fu una negazione dellamore di Dio, che il
Vangelo andava proclamando, ma una manifestazione di esso, evidenza che Ges era il Figlio primogenito prediletto prefigurato in Isacco. Tale punto era vitale per lauto definizione della nascente
comunit cristiana.
117 F. Manns, The Targum of Gen 22, in Id. (ed.), The Sacrifice of Isaac in the Three
Monotheistic Religions. Proceeding of a Symposium on the Interpretation of the Scriptures held in
Jerusalem, March 16-17, 1995 (SBF. Analecta 41), Jerusalem 1995, 79.
118 M. Remaud, Tale la circoncisione di Cristo. Dal sangue della Pasqua alla morte di
Cristo, in Id., Vangelo e tradizione rabbinica (Studi biblici 47), Bologna 2005, 129, precisa che
laffermazione cristiana, secondo cui Cristo la nostra Pasqua, preceduta, nella tradizione ebraica
antica, dallidentificazione di Isacco con lagnello pasquale. Certo la cristologia primitiva non sarebbe passata direttamente dallimmolazione dellagnello alla morte di Ges, se la tipologia di
Isacco non avesse preparato questa elaborazione teologica.
119 Beauchamp, LUno e lAltro Testamento, 295.
105
ne annuale del sacrificio di Isacco, ma anche un gioioso ricordo del suo primo
frutto decisivo e una preghiera a Dio per determinare la salvezza finale delluomo; e se tale ricordo richiesto non soltanto ogni anno, in Nisan, ma giorno per
giorno in un sacrificio perpetuo dellagnello, invocando il suo perdono, misericordia e amore; a partire dalla Pasqua del Signore, la celebrazione frequente del
pasto eucaristico pu essere compresa come il ricordo perpetuo dellunico sacrificio gradito, finch venga il Regno120. LEucaristia, memoriale della Pasqua del
Signore, il dono totale da parte del Figlio di quanto Egli ha ricevuto dal Padre:
il Figlio si rende uguale al Padre nella proporzione tra il suo proprio atto di dono
e il suo atto di ricevere. Lui crede, senza alcuna figura, al Padre, fonte della vita,
che vuole, nellassenza di appoggio, fargli attraversare la notte121.
Per concludere, il presente lavoro ha cercato solo di accennare a un tema che,
sulla scia della teologia del compimento, potrebbe essere sviluppato e approfondito, a partire dal fatto che, come scrive R. Le Daut, la Chiesa, vero Israele,
entrata a pari titolo nella storia della salvezza dellumanit scelta da Dio; e questa continuit appariva un tempo una meraviglia, nel modo in cui essa celebrava
la sua propria notte pasquale nelle letture dellantica veglia (Gen12; Es14
15; Ez37; Es12): le notti della preparazione nel piano di Dio sono diventate la
sola e unica notte di salvezza definitiva che compie tutte le figure: haec igitur
nox est!122
Roberto Di Paolo, OFMConv
Professore invitato Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
120
Tra gli scritti dellAT che hanno esercitato un maggiore influsso sulla tradizione cristiana un posto di primo piano spetta indubbiamente al libro di Isaia. Come
gli altri autori del NT, anche Luca ha fatto un ampio ricorso a questo testo profetico1 per interpretare, con citazioni esplicite e allusioni verbali, la vita e il ministero
di Ges, in particolare la sua passione, morte e risurrezione improntate sulla vicenda del Servo di Yhwh. In misura non meno rilevante Luca si servito di Isaia nel
libro degli Atti, con lo scopo di spiegare la missione apostolica che Ges ha affidato ai suoi testimoni scelti, tra cui spicca la figura di Paolo2.
Linteresse di Luca per il libro di Isaia trova una giustificazione nel contesto
generale del compimento delle Scritture, un tema molto caro al terzo evangelista3.
Ma la dipendenza di Luca da Isaia non si esaurisce in questo principio ermeneutico. Infatti, Luca ha sfruttato in modo originale alcuni paradigmi del libro profetico ai fini del suo progetto letterario. Egli si visto particolarmente attratto
1 Luca utilizzava certamente la versione dei Lxx; cf. M. Sigismund, Das lukanische Doppelwerk als Zeuge fr den LXX-Text des Jesaja-Buches, in H. Auslos et alii (ed.), Florilegium Lovaniense. Studies in Septuagint and Textual Criticism in Honour of Florentino Garca Martnez (BETL
224), Leuven 2008, 253-274.
2 Sullimpiego di Isaia da parte di Luca cf. W.R. Hanford, Deutero-Isaiah and Luke-Acts:
Straightforward Universalism?, ChurchQR 168 (1967) 141-152; J.A. Sanders, Luke and Isaiah,
Interp 36 (1982) 144-155; D. Seccombe, Luke and Isaiah, NTS 27 (1980-1981) 252-259; G.W.
Grogan, The Light and the Stone. A Christological Study in Luke and Isaiah, in H.H. Rowdon
(ed.), Christ the Lord. Studies in Christology Presented to Donald Guthrie, Leicester 1982, 151-167;
A.M. Leske, The Influence of Isaiah 40-66 on Christology in Matthew and Luke, in E.H. Lovering,
Jr. (ed.), Society of Biblical Literature 1994 Seminar Papers (Seminar Papers 33), Atlanta GA 1994,
897-916; D.W. Pao, Acts and Isaianic New Exodus (WUNT II/130), Tbingen 2000; B.J. Koet,
Isaiah in Luke-Acts, in S. Moyise - M.J.J. Menken (ed.), Isaiah in the New Testament (NTSI 2),
London - New York 2005, 79-100; P. Mallen, The Reading and Transformation of Isaiah in LukeActs (LNTS 367), London - New York 2008.
3 Per la discussione sullo schema lucano di promessa-compimento o prova dalla profezia, con la
relativa bibliografia, cf. D.L. Bock, Proclamation from Prophecy and Pattern. Lucan Old Testament
Christology (JSNT SS 12), Sheffield 1987, 27-37; K.D. Litwak, Echoes of Scripture in Luke-Acts.
Telling the History of Gods People Intertextually (JSNT SS 282), London - New York 2005, 9-17.
108
109
Nella strofa finale (vv. 78-79), che si presenta come una sorta di ricapitolazione
dellintero cantico7, si torna a parlare del Messia davidico (cf. v. 69). La sua venuta prolunga la visita salvifica di Dio (v. 68: il Signore, Dio dIsraele ;
v. 78b: 8) e la sua epifania paragonata a un sole che sorge dallalto
( ), per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nellombra di morte ( ) (vv.
78b-79a). Il sostantivo esprime in fondo lidea del sorgere che pu
riferirsi sia allapparire di un corpo celeste (la levata del sole o laurora e insieme
la parte dellorizzonte in cui sorge il sole: loriente) sia allo spuntare di una pianta
(del germoglio o del ramo: Ger 23,5; 33,15TM; Zac 3,8; 6,12; nel giudaismo antico il germoglio diventato il titolo del re messianico)9. Inoltre, in Sal 131,17 e
in Ez 29,21 il verbo affine collegato con il corno () che germoglier per Davide o Israele. La stessa immagine dellUnto discendente di Davide (cf. 1Sm 2,10) compare in Lc 1,69, dove il Messia chiamato corno di salvezza ( ) suscitato da Dio nella casa di Davide. Ne risulta quindi che
i due concetti e sono in qualche modo correlati10. Il contesto immediato di Lc 1,78 suggerisce comunque di interpretare come una metafora della luce. In effetti, il primo dei due ruoli di , descritti nel v. 79
mediante due proposizioni infinitive (epesegetiche del verbo ), consiste proprio nellilluminare quanti vivono nelloscurit11. Il lessico usato improntato a vari passi dellAT. Il parallelo pi vicino sotto il profilo letterario si trova in
Sal 106,10 Lxx (cf. v. 14), in cui assente per il riferimento alla luce che brilla
nelle tenebre. Pertanto, plausibile che nel passo di Luca si alluda invece al libro
di Isaia, il quale parla di frequente della luce che rifulge sul popolo avvolto dalle
7 Cf. S. Farris, The Hymns of Lukes Infancy Narratives. Their Origin, Meaning nad Significance (JSNT SS 9), Sheffield 1985, 132-133.140-141.
8 Rimane praticamente insolubile il problema testuale della variante originale di
in Lc 1,78. Laoristo , testimoniato dai codici ac, A, C, D, dalla Koin e da molti manoscritti della tradizione latina, viene reputato la lectio difficilior, ma potrebbe trattarsi di una assimilazione al v. 68. La lezione al futuro (che concorda con il tempo dei verbi nel v. 76),
presente in 4, a, B, L, W e nei manoscritti della tradizione siriaca, meglio attestata, ma potrebbe
essere influenzata dallevento futuro della nascita di Ges. Ad ogni caso, anche optando a favore
dellaoristo, preservato il riferimento a Ges, ormai concepito nel grembo di Maria (Lc 1,42).
9 Per gli esempi biblici e extra-biblici si pu consultare: A. Jacoby, , ZNW
20 (1921) 205-214; J. Gnilka, Der Hymnus des Zacharias, BZ 6 (1962) 215-238 (qui 228-232);
U. Mittmann-Richert, Magnificat und Benedictus. Die ltesten Zeugnisse der judenchristlichen
Tradition von der Geburt des Messias (WUNT II/90), Tbingen 1996, 121-126.
10 Su questi due titoli cristologici cf. M. del Carmen Oro, Benedictus de Zacarias (Luc 1,68-79)
Indicios de una cristologa arcaica?, RevBb 45 (1983) 145-177, soprattutto 158-170.
11 describes the task of the : I.H. Marshall, The Gospel of Luke. A Commentary on the Greek Text (NIGTC), Exeter 1978, 95. Il codice di Beza (D), con laggiunta di ,
ha reso ancora pi esplicito questo concetto. Da notare poi che i due ruoli di si possono
ridurre a uno solo, se la seconda infinitiva viene ritenuta lapposizione della prima: lilluminazione
consiste allora nellindicazione della via della pace.
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tenebre (Is 9,1; 42,7; 49,6-7; cf. 42,16; 59,9); inoltre, la metafora della luce resa
con il verbo (Is 58,8.10; 60,1; Mal 3,20). Sullo sfondo di queste numerose allusioni anticotestamentarie si invitati quindi a intendere di Lc
1,79a nel senso di alba, aurora o sole che sorge.
La metafora della luce, che pu indicare in generale la venuta della salvezza nei
segni del perdono dei peccati e della direzione sulla via della pace12, in Lc 1,79a
assume tuttavia tratti personali e denota la figura concreta di un re davidico13. Tale
immagine del Messia, ispirata da diversi testi biblici, come Is 9,1-6 e Nm 24,17,
diventata molto popolare nellambiente giudaico e da l passata nellambito cristiano (Ap 22,16)14. Luca condivide la stessa idea: per lui lagente messianico
della salvezza certamente Ges, erede del trono di Davide (Lc 1,32) e corno di
salvezza suscitato nella casa di Davide (Lc 1,69)15.
In qualunque maniera venga compreso il complemento di moto da luogo
16, ovvio che la visita del sole che sorge dovuta alliniziativa amorosa di Dio (v. 78), come stato daltronde annunciato allinizio del cantico. Il
testo non svela lidentit di coloro che giacciono nelle tenebre e nellombra di
morte. Comunque, dal contesto facile intuire che i beneficiari dellopera
salvifica fanno parte del popolo di Dio (vv. 68b.77a: ; cf. il pronome personale ripetuto quasi in ogni versetto del Benedictus). La salvezza
allora si concretizza per Israele come una illuminazione e questo compito necessario sar realizzato dal sole che sorge17. Daltra parte, la vaga identit dei
destinatari potrebbe costituire una prima allusione alla portata universale
dellavvento del Messia. Questa conclusione suffragata dallimmaginario isa-
12 Diese messianische Erleuchtung meint inhaltlich das vom Vorlufer angekndigte Heil,
genauer: die Sndenvergebung von V 77 Dieses aufleuchtende Licht des Messias wird dann
helfen, den Friedensweg zu finden: H. Schrmann, Das Lukasevangelium. Erster Teil: Kommentar zu Kap. 1,1-9,50 (HTKNT 3/1), Freiburg etc. 1969, 92. W. Grundmann, Das Evangelium
nach Lukas (THNT 3), Berlin 19662, 74, paragonava invece la luce (degli uomini; cf. Gv 1,4) al
campo di forza della vita che irrompe nel campo di forza della morte.
13 [T]hough Luke interprets as a light metaphor, he understands its referent as the
coming Davidic king: M.L. Strauss, The Davidic Messiah in Luke-Acts. The Promise and its Fulfillment in Lukan Christology (JSNT SS 110), Sheffield 1995, 107. Sullinterpretazione messianica di
cf. J.A. Fitzmyer, The Gospel According to Luke (I-IX). Introduction, Translation, and
Notes (AB 28), Garden City NY 1981, 387.
14 Per i riferimenti cf. Strauss, The Davidic Messiah, 105-107.
15 Der Messias ist also hier gesehen zugleich als Heilsvermittler wie als Heilbringer; er bringt
das Heil, indem er es bereitet: Schrmann, Das Lukasevangelium, I, 93.
16 La preesistenza del Messia ipotizzata da S. Gathercole, The Heavenly (Luke
1:78-9), JTS 56/2 (2005) 471-488.
17 utile notare che in At 27,20, dove si ha unaltra ricorrenza del verbo nel senso
intransitivo, i viaggiatori della nave in bala a una tempesta, non vedendo brillare n sole n stelle,
perdono ogni speranza di salvezza.
111
iano di luce-tenebre, dalla menzione dellalleanza con Abramo e dal piano salvifico radicato nellamore di Dio18.
Lc 2,8-9: la luce gloriosa a Betlemme
Lepisodio dellapparizione degli angeli ai pastori (Lc 2,8-14) fornisce una interpretazione del precedente evento della nascita di Ges (vv. 1-7). Il racconto ha
la forma di una angelofania, un genere letterario molto amato dal terzo evangelista
(Lc 1,8-22.26-38; 2,8-15; 24,1-11; At 1,10-11; 5,19-20; 10,3-7; 12,7-10). Luca riferisce che nei campi che si estendevano nei pressi di Betlemme, alcuni pastori
vegliavano la notte ( ) facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del
Signore si present a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce (
) (Lc 2,8-9). Lepifania del messaggero celeste ambientata quindi nel
corso della notte che viene rischiarata da una apparizione abbagliante di luce della
gloria del Signore. in questa maniera visibile (con una nube, una luce o un bagliore) che Dio manifestava la sua presenza in certi luoghi: il deserto del Sinai (Es
16,7.10; 19,16), la tenda (Es 40,34-38), il Tempio di Gerusalemme (1Re 8,10-11;
Ez 10; 11,22-23; 43,2.4). Questa volta invece la kebd Jhwh risplende in un semplice campo e si rivela a gente umile.
La giustapposizione di notte () e di luce che avvolge i pastori ()
rievoca la metafora isaiana di tenebre-luce. Si pensi in particolare alloracolo di Is
9,1-7, che annunciava la nascita di un bambino, erede di Davide. Questo evento,
paragonato a una luce sfolgorante, recher gioia al popolo che camminava nelle
tenebre. lo stesso contesto interpretativo del Benedictus, dove lo sguardo profetico di Zaccaria abbracciava limminente visita di un sole che sorge dallalto per
risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nellombra di morte (Lc 1,78b79a)19. Va ricordato anche che il verbo , oltre a Lc 2,9, ricorre unaltra
volta nel NT solo in At 26,13, dove Paolo racconta al re Agrippa lepisodio accaduto durante il viaggio a Damasco: verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una
18 Cf. J.B. Green, The Gospel of Luke (NICNT), Grand Rapids MI - Cambridge U.K. 1997, 119.
Secondo lui, a questa interpretazione se ne potrebbe accostare unaltra, seppure presente soltanto in
forma embrionale: la dimensione cosmica della salvezza. Accordingly, darkness and the shadow
of death represent an arena of existence ruled by cosmic forces in opposition to God a domain
into which the light of Gods redemptive presence is made to shine by the advent of Gods agent,
the Dawn.
19 Cf. M. Coleridge, The Birth of the Lukan Narrative. Narrative as Christology in Luke 1-2
(JSNT SS 88), Sheffield 1993, 138. Per altri richiami a Is 9,1-7 in Lc 1-2 cf. Green, The Gospel of
Luke, 134 nota 55. Il tema della luce, appena sfiorato nel racconto lucano della nascita di Ges,
diventer molto popolare negli apocrifi (Protovangelo di Giacomo XIX,2; Vangelo dello PseudoMatteo I,13,2; Vangelo arabo dellInfanzia III,1; Vangelo armeno dellInfanzia IX,2.4; Liber de
infantia Salvatoris, il codice Arundel 404).
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) (cf. 62,1-2). Nel passo isaiano la luce associata ai popoli pagani. Nel cantico di Simeone invece la salvezza-luce destinata in pari
tempo alle genti e al popolo di Israele27. Infatti, in Lc 2,32 la preposizione (qui
con laccusativo) pu comandare sia il primo complemento di moto a luogo figurato (luce per rivelazione alle genti) sia quello successivo (luce per gloria del
tuo popolo Israele): sono due effetti complementari di che specifica
28. La stessa doppia funzione della luce presente in At 26,23, dove
Paolo afferma che secondo le predizioni bibliche il Cristo risorto avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti ( ). In
base a questo parallelismo strutturale legittimo pertanto riferire lilluminazione
della salvezza in Lc 2,32 a entrambi i destinatari: alle genti per le quali la salvezzaluce diventa una rivelazione (Is 49,9; 52,10; cf. 56,1; Sal 97,2) e al popolo di
Israele per il quale essa si tramuta in gloria (Is 40,5a; 46,13; 60,1-2.19)29. Lordine dei destinatari (prima le genti e poi il popolo di Israele) non deve essere inteso come un annuncio del rovesciamento dei diritti alla salvezza; la profezia di Si-
27 D. Rusam, Das Alte Testament bei Lukas (BZNW 112), Berlin 2003, 80, individua in Is 40,5
una fonte (eine Vorlage) del cantico di Simeone, per la presenza del medesimo termine ,
ripreso in altri passi lucani (Lc 3,6; At 28,28). nel giusto quindi, quando scrive che Simeon sieht
in dem (V. 26) das fr alle Vlker (p. 79). Ma questa affermazione viene poi stranamente smentita dalla sua interpretazione del v. 30: Die Heiden kommen
hier also noch gar nicht in den Blick (p. 80).
28 Cos R. Dillon, Simeon as a Lucan Spokesman (Lk 2,29-35), in J.E. Aguilar Chiu et alii
(ed.), Il Verbo di Dio vivo. Studi sul Nuovo Testamento in onore del Cardinale Albert Vanhoye,
S.I. (AnBib 165), Roma 2007, 189-217 (qui 198); cf. anche R.E. Brown, The Birth of the Messiah.
A Commentary on Infancy Narratives in Matthew and Luke, Garden City NY 1979, 440; Fitzmyer,
The Gospel According to Luke (I-IX), 428; B.J. Koet, Simeons Worte (Lk 2,29-32.34c-35) und
Israels Geschick, in F. Van Segbroeck et alii (ed.), The Four Gospels 1992. Festschrift Frans
Neirynck (BETL 146), II, Leuven 1992, 1549-1569 (qui 1551-1552); W. Radl, Das Evangelium
nach Lukas, I, Freiburg 2003, 129-130. La grammatica consente anche di vedere nel v. 32a un
parallelo del v. 32b; in tal caso si avrebbe un crescendo della salvezza, prima paragonata alla luce e
poi alla gloria; cf. M.-J. Lagrange, vangile selon saint Luc (B), Paris 1926, 87; Schrmann, Das
Lukasevangelium, I, 126; H. Conzelmann, ., ThWNT IX (1973) 335 nota 269; Marshall,
The Gospel of Luke, 121; J.J. Kilgallen, Jesus, Saviour, the Glory of Your People Israel, Bib 75
(1994) 305-328 (qui 305-307); Wolter, Das Lukasevangelium, 140-141; Schmitz, Leben, 226.
Invece Grelot, Le cantique de Simon, 505 nota 54, vi scorge solo una sfumatura tra le due
interpretazioni, che non cambia la sostanza.
29 In either case, both the Gentiles and Israel are recipients of light, which is a metaphor for
the salvation in v. 30. The same equation of light and salvation occurs in central statements about
the mission in Acts 13:47; 26:18, 23: R.C. Tannehill, The Narrative Unity of Luke-Acts. A Literary
Interpretation. I: The Gospel according to Luke, Philadelphia 1986, 42 nota 61; That Luke could
have in mind the need for enlightenment for Israel is manifest from, e.g., 1:78-79; Acts 26:23:
Green, The Gospel of Luke, 148 nota 36; Es wrde dann von einer doppelten Lichtfunktion des
Heils fr die Vlker und fr die Israel gesprochen: Stegemann, Licht der Vlker, 90; cf.
Radl, Die Beziehungen, 305-306; Dillon, Simeon, 200. Contra Lagrange, vangile, 87: Rien
nindique que la lumire, accepte par les nations, doive servir ensuite au salut dIsral.
115
meone induce solo a credere che la condizione dei gentili rappresenta una questione di primaria importanza nella visione lucana del rapporto di Dio con Israele30.
Il significato dellultimo complemento non solleva difficolt: la salvezza, promessa da Dio a Israele e giunta a compimento nella persona del Messia Ges,
rende onore al popolo eletto, a condizione per che questo popolo sia capace di
riconoscere il disegno universale di Dio e si lasci illuminare dallagente messianico della salvezza (cf. Lc 2,34)31. Viceversa crea qualche problema il senso della rivelazione elargita a . Nel NT il genitivo che segue indica
di norma il contenuto della rivelazione (ad es. Rm 2,5; 16,25) oppure la sua fonte
(ad es. Gal 1,12; Ap 1,1). Qui invece ci sono dei gentili designati quali beneficiari di tale dono; per cui sarebbe naturale aspettarsi il dativo () e non il genitivo. Malgrado questo scoglio linguistico, lidea sembra chiara32. Sulla scorta
dei vari testi del Deutero-Isaia, dove appare un fenomeno simile (Is 42,6; 49,6,
51,4: ), lespressione lucana vuol dire che la salvezza-luce ha per
oggetto la rivelazione di un piano di Dio che anche ai gentili apre una via di salvezza escatologica33.
Letto nel vasto panorama dellopera lucana, il Nunc dimittis si presenta quindi
come una sorta di programma che verr realizzato nel seguito del racconto. Si
potrebbe persino dire che Simeone il portavoce della teologia di Luca e il rivelatore del suo disegno letterario centrato su Cristo, strumento di salvezza per tutti i
popoli (Lc 2,30; 3,6; At 28,28)34.
30 In effetti, nel Nunc dimittis non si tratta di un superamento del popolo di Israele da parte dei
pagani n di una supremazia di Israele sui pagani; Simeone dichiara semplicemente che la salvezza
dei gentili inclusa nella salvezza promessa a Israele. pertinente losservazione di D.L. Tiede,
Glory to thy People Israel: Luke-Acts and the Jews, in J.B. Tyson (ed.), Luke-Acts and the Jewish People. Eight Critical Perspectives, Minneapolis MN 1988, 21-34: Even on a strictly level, the
passage identifies Gods salvation as a public disclosure in view all the Gentiles but redounding to
Israels glory. The possibility that some of the Gentiles could see the light before all of Israel is
gathered has already been broached, yet without any hint of rebuke of Israel (p. 27). Simile Radl,
Die Beziehungen, 306: Das Heil fr die Heiden ist von Anfang an geplant.
31 Grelot, Le cantique de Simon, 505: En naissant dIsral, le Christ va porter au sommet
sa gloire religieuse parmi les nations, condition toutefois quIsral accueille sa lumire.
32 Come scriveva Lagrange, vangile, 87: lexpression est difficile analyser, mais lide est
claire; e in seguito commentava: Le salut apparaissant dans Isral rayonnera dabord sur lui; les
nations en ouvrant les yeux cette lumire verront en mme temps Isral dans cette gloire. Per un
un tentativo di ricostruire un sustrato semitico cf. A. Simn Muoz, Cristo, luz de los gentiles.
Puntualizaciones sobre Lc 2,32, EstBb 46 (1988) 27-44: Luz para el ser revelado de los gentiles
/ Luz para que los gentiles recibiesen revelacin.
33 Con T. Holtz , , in H. Balz - G. Schneider (ed.), Exegetisches
Wrterbuch zum Neuen Testament, I, Stuttgart etc. 1980, coll. 312-317, occorre sottolineare che in
Lc 2,32 non si riferisce allo scoprimento di qualcosa prima nascosto (un senso strettamente apocalittico di rivelazione), ma piuttosto an das Erschlieen einer in ihrem wahren Charakter verhllten Gegebenheit. Nach Lk 2,32 ist der Messias das Licht, das Heiden die Wirklichkeit (Gottes) enthllt, eine von Jes 42,6f; 49,9 her gebildete hymnische Aussage (coll. 313-314).
34 Cos Grelot, Le cantique de Simon, 506-507, ma senza dover sottoscrivere la sua ipotesi,
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38 A toute chair, quest-ce dire, sinon aux Gentiles aussi bien quaux Juifs?, si domandava
in modo retorico Jacques Dupont e spiegava in una nota: Luc iii. 6 nest encore quune simple pierre
dattente, une indication voile, dont la porte napparatra que dans la suite du rcit: J. Dupont,
Le salut des gentiles et la signification thologique du livre des Actes, NTS 6 (1959-1960) 132-155
(cit. 138 e nota 2). Simile Schrmann, Das Lukasevangelium, I, 160: darf man die Universalitt
der Heilsverheiung ( ) nicht berhren; ancora pi esplicito Meek, The Gentile Mission, 108; Mallen, The Reading, 71.
39 Cela reste inexplicable: F. Bovon, Lvangile selon saint Luc (1,1-9,50) (CNT IIIa), Genve 1991, 164; M.E., lsst sich tatschlich kein inhaltlicher Grund fr eine bewusste Streichung
des Satzes finden: Rusam, Das Alte Testament bei Lukas, 158.
40 Voir au sens semitique, cest avoir part: Bovon, Lvangile selon saint Luc, 167;
See, of course, in the sense not of mere sensory perception but of the actual experience of salvation, as in Simeons beholding the infant with his eyes: Dillon, Simeon, 200. Cf. Marshall, The
Gospel of Luke, 137; Radl, Die Beziehungen, 304.
41 Cf. D. Jones, The Background and Character of the Lukan Psalms, JTS 19 (1968) 19-50
(qui 41).
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re45. Essa consiste fondamentalmente in una attivit di evangelizzazione dei poveri (che incarnano tutti i bisognosi della salvezza)46 e di annuncio della liberazione
ai prigionieri (la gente in attesa del perdono dei peccati), e in una attivit taumaturgica (la guarigione dalla cecit e laffrancamento dal potere demoniaco). Non deve
sfuggire allattenzione laccento messo sulla guarigione di una categoria specifica
di malati. Infatti, per bocca del profeta Ges dichiara di essere stato mandato a
proclamare ai ciechi il recupero della vista ( ) (v.
18). Chi sono i di cui parla il testo? Pu trattarsi certamente dei ciechi in
senso letterale, che beneficieranno della guarigione fisica. Il dono della vista era
incluso tra le opere del Servo (cf. Is 42,7; 49,9) promesse per il tempo escatologico:
Lxx Is 29,18: gli occhi dei ciechi che sono nella tenebra e nelloscurit vedrano
( ); 35,5: allora saranno aperti gli occhi dei ciechi ( )47. Le profezie isaiane
risuonano in Lc 7,22 (//Mt 11,5), dove Ges risponde ai messaggeri del Battista il
quale voleva assicurarsi che fosse proprio lui quello che deve venire invitandoli a giudicare dalle opere da lui compiute, tra cui al primo posto figurava la
guarigione dei ciechi: i ciechi riacquistano la vista ( ).
Eppure fino a questo momento Luca non ha mai parlato di guarigioni dei ciechi (cf.
invece Mt 9,27-31)48 e per questo ha dovuto includerle alla fine di un sommario
sullattivit miracolosa di Ges: e a molti ciechi fece la grazia di vedere (
) (Lc 7,21b). Le guarigioni dei ciechi, lette nel loro
contesto, trascendono quindi il lato puramente fisico e illustrano la necessit di
guardare le opere di Ges per discernere in esse lagire dellagente messianico
della salvezza. Di conseguenza, tenuto conto del tenore figurativo della citazione
giornato in C.A. Evans - J.A. Sanders, Luke and Scripture. The Function of Sacred Tradition in
Luke-Acts, Minneapolis MN 1993, 46-69; Rusam, Das Alte Testament bei Lukas, 175-201.
45 Secondo alcuni studiosi in Is 61,1-2a viene interpretata o attualizzata la figura del Servo del
Deutero-Isaia (42,1.7.8-9); cf. W.A.M. Beuken, Servant and Herald of Good Tidings: Isaiah 61 as
an Interpretation of Isaiah 40-55, in Vermeylen (ed.), The Book of Isaiah, 411-442.
46 Cf. D. Seccombe, Possessions and the Poor in Luke-Acts (SNTU B6), Linz 1983, 95-96. I
poveri in senso olistico sarebbero in seguito spiegati o specificati con gli esempi concreti: prigionieri, ciechi, oppressi; cf. Kimball, Jesus Exposition, 104; Wolter, Das Lukasevangelium, 192.
Lindirizzo universale della missione palese in Lc 4,43, dove Ges informa i discepoli della necessit di evangelizzare il regno di Dio in altri luoghi senza indicare luditorio.
47 Nei Lxx appare 24 volte e quasi sempre in senso reale; raro il senso metaforico: Is
42,16.18.19; 43,8; Sap 2,21-22; cf. S.J. Roth, The Blind, the Lame, and the Poor. Character Types
in Luke-Acts (JSNT SS 144), Sheffield 1997, 103-106. Sul tema profetico della guarigione dei ciechi
cf. R.E. Clements, Patterns in the Prophetic Canon: Healing the Blind and the Lame, in G.M.
Tucker et alii (ed.), Canon, Theology, and Old Testament Interpretation. Essays in Honor of Brevard
S. Childs, Phildelphia PA 1988, 189-200.
48 C. Hartsock, Sight and Blindness in Luke-Acts. The Use of Physical Features in Characterization (BIS 94), Leiden - Boston 2008, 181, vede in questo un procedimento intenzionale di Luca.
By no specifically narrating the healing of a blind person to this point, this Gospel pushes us towards the metaphorical level of meaning that blindness carries.
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Luca abbia usato una versione dei Lxx diversa da quella oggi nota e pi fedele al testo masoretico;
cf. C.K. Barrett, A Critical and Exegetical Commentary on the Acts of the Apostles. I: Preliminary
Introduction and Commentary on Acts I-XIV (ICC), Edinburgh 1994, 657. La variante del codice di
Beza (D) un tentativo di migliorare lo stile del testo; cf. E. Richard, The Old Testament in Acts:
Wilcoxs Semitisms in Retrospect, CBQ 42 (1980) 330-341 (qui 339-340). Per una discussione pi
ampia si veda H. van de Sandt, The Quotations in Acts 13,32-52 as a Reflection of Lukes LXX
Interpretation, Bib 75 (1994) 26-58 (qui 50-54); G.J. Steyn, Septuaginta Quotations in the Context
of the Petrine and Pauline Speeches of the Acta Apostolorum (CBET 12), Kampen 1995, 196-201.
63 Cf. Rusam, Das Alte Testament bei Lukas, 414.
64 Pace Meek, The Gentile Mission, 24.53.
65 La congiunzione enfatica causale (v. 46) potrebbe far pensare che la missione ai gentili sia dovuta al rifiuto dei giudei. Ma il v. 47 chiarisce subito che si tratta del compimento del volere
di Dio previsto nella Scrittura. [T]heir [of the Jews] refusal of the gospel became a contributory,
though not the primary (cf. chs. 10-11), cause of the Gentile mission: Wilson, The Gentiles, 222;
The Jews were never abandoned, but their rejection of the Gospel provided the occasion for including the Gentilesthe occasion, but not the cause, for the mission to the Gentiles was already commanded in the OT (v. 47): Barrett, Commentary, I, 657. Cf. Tannehill, The Narrative Unity, II, 173;
Meek, The Gentile Mission, 45-46. Sullinclusione dei gentili nel piano salvifico di Dio si veda
Squires, The Plan of God in Luke-Acts (SNTS MS 76), Cambridge 1993, 146-153.
66 Cos Barrett, Commentary, I, 657: with the infinitive is here epesegetic (Hebrew, twyhl):
Your being a light to the Gentiles means that you will be. Similmente Tannehill, The Narrative
Unity, II, 121: In this quotation of Isa. 49:6 light is parallel with, or results in, salvation.
125
dei due missionari? In altre parole: chi la luce nella parola profetica citata da
Luca?
In fondo sono possibili due interpretazioni67. A detta di alcuni studiosi, Paolo e
Barnaba, in quanto rappresentanti del popolo ebraico (il soggetto plurale noi di
nel v. 46b e il pronome nel v. 47a), avrebbero intravvisto nel
testo profetico una definizione della missione di Israele: la luce delle genti si riferirebbe quindi alla parte fedele di Israele, a cui fu affidato lincarico di adempiere
le promesse a favore dei pagani68. Tale spiegazione si allinea al senso del testo
masoretico di Is 49,6; al Servo, immedesimato nel popolo (v. 3: mio servo tu sei,
Israele), Dio rivolge queste parole: Io ti render luce delle nazioni, perch porti
la mia salvezza fino allestremit della terra. Va notato per che lo stesso testo
parla anche della missione del Servo diretta a Israele (vv. 5-6a) e alle genti (v. 6b),
facendo quindi capire che si tratta di un individuo69. In ogni caso, cos lo intende
Luca (Lc 2,32; 3,22; 4,18-19; 22,37; At 3,13.26; 8,32-35), il quale segue daltronde la versione dei Lxx, dove il Servo indicato insieme come luce e salvezza
delle genti. Se per Isaia solo Yhwh salvatore del suo popolo (Is 43,11; 45,21) e
tutti i popoli vedranno la sua salvezza (Is 40,5; 52,10), Luca invece trasferisce
questo ruolo al Messia Ges (Lc 2,11.30)70.
Secondo unaltra interpretazione, si riferisce propriamente a
Cristo, il quale ha adempiuto la profezia del Servo e in seguito alla sua glorificazione diventato salvatore universale (At 4,12; 26,23). La dissonanza tra il
noi inerente a Paolo e Barnaba (v. 47a) e il tu del testo profetico (v. 47b) fa
capire che i due missionari non intendono applicare a se stessi il contenuto
delloracolo isaiano, bens fanno appello allautorit della Scrittura per compro67
Una buona sintesi di varie interpretazioni si trova in Meek, The Gentile Mission, 47-53.
la tesi avanzata da J. Jervell, Das gespaltene Israel und die Heidenvlker. Zur Motivierung
der Heiden mission in der Apostelgeschichte, StTh 19 (1965) 68-96 (cf. anche il suo commentario:
Die Apostelgeschichte [KEKNT 3], Gttingen 1998, 364), rielaborata da altri: Koet, Paul and
Barnabas, 106-114: The collective Israel will in this way be a light for the Gentiles (p. 114);
Stegemann, Licht der Vlker, 84-87: ist also zunchst festzuhalten, da in Act 13,47 Israel mit
dem Licht der Vlker gemeint ist Mit der metonymischen Rede vom in Act 13,47
ist also eine spezifische, heilvolle Aufgabe des Gottesvolkes Israel zugunsten der Heiden gemeint
(p. 86). Per una critica della posizione di Jervell cf. Wilson, The Gentiles, 222-223.
69 In 49.5-6, the servant seems clearly to be an individual, who is distinguished from Israel and
given a mission to Israel: Meek, The Gentile Mission, 37; la stessa conclusione vale per Is 42,6 (pp.
30-34). indubbio che la salvezza delle genti legata alle promesse fatte a Israele a cominciare
dalla benedizione di Abramo (Gen 12,1-3). Tuttavia, lidea di una missione di Israele diretta ad altri
popoli estranea alla Bibbia ebraica; cf. J. Schreiner, Berufung und Erwhlung Israels zum Heil
der Vlker, BiLe 9 (1968) 94-114; se Dio sceglie alcuni uomini per annunciare agli altri la sua
parola (come nel caso del Servo), il compito fondamentale di Israele quello di essere il popolo di
Dio: Letzten Endes hat das alttestamentliche Bundesvolk keinen anderen Auftrag an die Heiden,
als da es in Wahrheit das erwhlte Volk ist und Gottes Herrlichkeit widerspiegeln, seine Heiligkeit
bezeugen und seinen Heilswillen zum Leuchten bringen soll (p. 114).
70 Sul motivo isaiano del Servo in Luca-Atti cf. Mallen, The Reading, 10-14.118-131.
68
126
vare il loro proposito di andare dai pagani (vv. 46b-47a: noi ci rivolgiamo ai
pagani. Cos infatti ci ha ordinato il Signore)71. Il dono della salvezza (luce)
rimane una prerogativa esclusiva del Signore glorioso che la elargisce ora attraverso i suoi inviati. Infatti, gli apostoli sono testimoni del compimento delle
promesse messianiche della Scrittura, incaricati da Ges risorto di evangelizzare il mondo intero (Lc 24,47-48; At 1,8). Tale anche la vocazione di Paolo,
costituito da Cristo ministro e testimone universale (At 26,16; cf. Lc 1,2)72.
Per cui, nonostante le apparenze, non opportuno trasferire il ruolo salvifico di
Cristo, luce delle genti (Lc 2,32), di cui parla Luca nel testo profetico, a Paolo e Barnaba73. Essi sono soltanto strumenti della luce (cf. At 15,12), nella misura in cui fanno risuonare nella loro predicazione la parola di questa salvezza
(At 13,26) fino allestremit della terra74.
71 Cf. J. Dupont, Je tai tabli lumire des nations (Ac 13,14.43-52), AssS II/25 (1969) 19-24
= in Id., Nouvelles tudes sur les Actes des Aptres (LD 118), Paris 1984, 343-349 (qui 347-348);
P. Grelot, Note sur Acts, xiii,47, RB 88 (1981) 368-372. So the quoted part of the Servant Song
may in reality refer to Christ, who through Barnabas and Paul is making known to the Jews of
Pisidian Antioch this light of the Gentiles and means of salvation to the end of the earth, i.e., a
light that will shine on Gentiles and bring salvation everywhere: Fitzmyer, The Acts, 521. Cf. anche
F. Mussner, Apostelgeschichte (Die neue Echter Bibel. NT 5), Wrzburg 1984, 83.
72 Sulla missione di Paolo modellata su quella degli apostoli cf. J. Dupont, La mission de Paul
daprs Actes 26,16-23 et la mission des Aptres daprs Luc 24,44-49 et Actes 1,8, in M.D.
Hooker - S.G. Wilson (ed.), Paul and Paulinism. Essays in honour of C.K. Barrett, London 1982,
290-299 = in Id., Nouvelles tudes, 446-456; e la monografia di A.C. Clark, Parallel Lives. The
Relation of Paul to the Apostles in the Lucan Perspective (BTM), Carlisle 2001.
73 Per un riferimento ai due missionari optano diversi autori che accentuano la dimensione ecclesiologica a scapito di quella cristologica: E. Haenchen, Die Apostelgeschichte (KEKNT 3), Gttingen (1956) 19777, 398; H. Conzelmann, Die Apostelgeschichte (HNT 7), Tbingen (1963) 19722,
86: Jes 49,6 (Lxx leicht gekrzt) ist Lc 2,32 auf Jesus bezogen, hier auf die Missionare; M.F.-J.
Buss, Die Missionspredigt des Apostels Paulus im Pisidischen Antiochien. Analyse von Apg 13,1641 im Hinblick auf die literarische und thematische Einheit der Paulusrede (FzB 38), Stuttgart 1980,
138-139; G. Sthlin, Die Apostelgeschichte (NTD 5), Gttingen 1980, 187: jetzt ist dem Apostel
das Gottesknechtamt bertragen, Licht der Heiden und Heil der Welt zu sein; G. Schneider, Die
Apostelgeschichte. II. Teil: Kommentar zu Kap. 9,1-28,31 (HTKNT 5/2), Freiburg etc. 1982, 146
nota 29: bezeichnet Paulus und Barnabas als Licht(trger); R. Pesch, Die Apostelgeschichte. 2. Teilband: Apg 13-28 (EKKNT V/2), Zrich etc. 1986, 46; L.T. Johnson, The Acts of the
Apostles (Sacra Pagina 5), Collegeville MN 1992, 242: Paul is now explicitly identified as the light
of the nations.
74 Questa correlazione resa bene da Barrett, Commentary, I, 658: Paul is a light of the Gentiles only in virtue of the Christ whom he preaches; Christ is a light to the Gentiles as he is preached
to them by his servants. Unopinione simile ha espresso prima E. Jacquier, Les Actes des Aptres
(B), Paris 1926, 412: Les prdicateurs de lvangile apportent la lumire e le salut du Christ, de
sort que la parole dite du Christ peut leur tre applique. Si veda anche Meek, The Gentile Mission,
53; Mallen, The Reading, 87-88.
127
At 26,18: lapertura degli occhi per passare dalla tenebra alla luce
Il discorso di Paolo, pronunciato davanti al re Agrippa, la sua corte e i dignitari
(At 26,2-23), ospita lultimo dei tre racconti della chiamata di Paolo sulla via di
Damasco (vv. 12-18). Il ricordo di questo evento preceduto da una ricapitolazione della vita precristiana di Paolo nel giudaismo (vv. 4-11) e seguito dalla descrizione delle modalit della missione da lui svolta (vv. 19-21) e del contenuto della
sua predicazione (vv. 22-23). Solo in questo discorso Paolo riferisce che durante
lapparizione ha ricevuto direttamente da Ges un incarico (cf. invece 9,15; 22,15):
il Signore lo ha costituito ministro e testimone di ci che ha visto e vedr ancora
(v. 16) e lo ha mandato al popolo e alle genti (v. 17) per aprire i loro occhi (
). Con le due proposizioni infinitive finali precisato meglio
lo scopo dellapertura degli occhi: affinch si convertano dalle tenebre alla luce
( ) e dal potere di satana a Dio, affinch
essi ricevano la remissione dei peccati e leredit tra quelli che sono stati santificati per la fede, quella in me (At 26,18)75.
La predicazione apostolica spiana la strada allaccoglienza del Vangelo, compresa da Luca come un pervenire alla visione per la fede in Cristo. Lapertura
degli occhi, preconizzata da Isaia per i tempi messianici (Lxx Is 35,5; 42,7; 61,1),
ricorda lesperienza fatta da Simeone (Lc 2,30) e uno degli obiettivi della missione
di Ges diretta al suo popolo (Lc 4,18; 7,21b)76; ma ricorda anche la profezia isaiana che estendeva a tutti gli uomini la possibilit di vedere la salvezza (Is 40,5
= Lc 3,6). Questa promessa si adempiuta per Paolo nellapertura dei suoi occhi a
contatto con la luce di Cristo (cf. il primo racconto della vocazione di Paolo). Sulla scia di questa esperienza personale, egli viene scelto per proseguire lopera salvifica del Signore, aprendo gli occhi degli uomini allintelligenza delle Scritture
con la sua predicazione (cf. lepisodio dei discepoli di Emmaus), in modo che anche loro possano essere illuminati da Cristo e riacquistare la vista77.
75 Fitzmyer, The Acts, 760, sembra ravvisare un triplice scopo della missione di Paolo: The
purpose of the call and sending of Paul is expressed in the following three infinitives. In realt lo
scopo uno solo: lapertura degli occhi (infinito finale ), specificato con le due infinitive
finali epesegetiche (cf. M. Zerwick, Analysis philologica Novi Testamenti graeci, Romae 1953,
327). Barrett, Commentary, II, 1161-1162, ha ragione quindi nel dire che il secondo infinito
() subordinato al primo (), mentre il terzo () pu essere retto dal secondo oppure dal primo; egli opta per la prima alternativa; similmente OToole, Acts 26, 70-71, che
considera inoltre parallele le ultime due infinitive.
76 Cf. Tannehill, The Narrative Unity, I, 67; II, 323.
77 V. 18 indicates that Paul is to do for others what in fact happened to himto open their eyes
so they may turn from darkness to light, from the power of Satan to God (cf. 1 Thess. 1:9-10):
Witherington, The Acts, 745; Paul sees the light of Christ (v. 13) in order to bring that light to others (vv. 18, 23; cf. 2 Cor. 4:1-6): Peterson, The Acts, 668-669. To open their eyes means the
correct understanding of the importance of Christ and the conversion which should result from this
insight: OToole, Acts 26, 80.
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9,22; 13,33; 17,25; 24,7.26.46; At 17,3). Colpisce invece il fatto che Paolo attribuisca a Cristo lannuncio universale della luce, anchesso contemplato nel piano di
Dio84. Infatti, il soggetto del verbo , caratteristico degli Atti dove
compare 11 volte (altrove nel NT lo si ritrova 7 volte nellepistolario paolino),
sono di norma gli apostoli (Pietro e Giovanni: At 4,2; Paolo e compagni: At 13,5.38;
15,36; 16,17.21; 17,3.13.23), ad eccezione di At 3,24 (i profeti) e di At 26,23 (il
Risorto). Nel vangelo di Luca la missione terrena di Ges circoscritta a Israele e
da nessuna parte si dice che egli abbia predicato ai pagani; tantomeno dopo la risurrezione, quando il Risorto fu assunto in cielo e innalzato alla destra di Dio.
Negli Atti si ha qualche cenno alla missione del Cristo glorioso che porta la benedizione e dona la salvezza, in primo luogo a Israele (At 3,26; 5,31). Tuttavia, se
vero che il Signore risorto continua a operare nel mondo e spesso interviene direttamente nella storia (cf. At 9,4-6.15-16.34; 18,9-10; 22,8.17-21; 23,11; 26,14-18),
lattivit di annuncio non viene svolta personalmente da lui ma tramite i suoi testimoni prescelti (Lc 24,48; At 1,8), in particolare Paolo: ministro e testimone del
Cristo risorto (At 9,15; 13,47; 20,24; 22,14-15; 26,16).
Nellespressione Paolo indica il mezzo della predicazione di Cristo: egli doveva annunciare la luce con la risurrezione o sulla base
della risurrezione dai morti85. In tal caso il predicato del soggetto (sottinteso Cristo)
denota non solo colui che per primo risorto ma soprattutto chi per primo
ha proclamato la luce. Se la risurrezione dei morti oggetto della speranza salvifica di Israele, di conseguenza la luce rappresenta qui una immagine di salvezza (cf.
Lc 2,30.32a) resa tangibile dallevento della risurrezione. Il compito svolto dal
Risorto riflette in qualche modo il potere salvifico di Cristo compreso nel titolo
(At 3,15)86: egli autore (o fonte) di vita che sprigiona dalla
sua risurrezione dai morti. Possiamo quindi dire che il Cristo risorto annuncia la
luce per il fatto stesso che egli risorto dai morti, estendendo a tutti gli uomini la
speranza di Israele87.
Questo annuncio universale attribuito al Risorto trova la sua realizzazione nel84 Il Servo doveva diventare la luce delle genti (Is 42,6; 49,6), mentre qui Ges proclama la
luce. Il verbo (Lc: 12 volte; At: 33; Mc 2; Mt 9) appartiene al vocabolario lucano del disegno di Dio. In Lc-At questo termine si riferisce per lo pi a eventi di storia della salvezza, previsti e predisposti da Dio: S. Zedda, Teologia della salvezza nel Vangelo di Luca (StBi 18), Bologna
1991, 15.
85 Al dire di Barrett, Commentary, II, 1166, this is a sort of instrumental use which may also
be said to carry the local with it: il primo (a venire) dalla risurrezione dei morti.
86 Cos gi Conzelmann, Die Apostelgeschichte, 149: erklrt 3,15; vgl I Cor
15,20; D.L. Jones, The Title Author of Life (Leader) in the Acts of Apostles, in Lovering (ed.),
Society of Biblical Literature 1994 Seminar Papers, 627-636: Jesus, as the first to rise from the
dead, (26:23)a phrase crucial to the understanding of archgosis the guarantor of our own
resurrection (p. 631).
87 Since the resurrection of the dead is part of salvation, it is part of what risen Christ proclaims
to everyone: OToole, Acts 26, 116; Die Auferstehung als solche ist hier als Verkndigung ver-
131
la missione di Paolo, inviato da Ges al popolo e alle genti (At 26,17). In questo
modo il v. 23 completa la comprensione lucana di : la luce di cui Paolo ha
fatto esperienza nella sua conversione (lapertura degli occhi e luscita dalla cecit
spirituale) la stessa luce annunciata da Cristo a tutto il mondo (Lc 2,32; At 26,23)
nella testimonianza universale di Paolo, il quale media la luce salvifica (At 13,47;
26,18), proclamando il compimento delle profezie scritturistiche in Ges risorto
dai morti88.
At 28,26-27: il cuore indurito impedisce ai giudei di vedere la luce
di Cristo
Con larrivo di Paolo nella capitale dellimpero romano volge a termine il racconto lucano della diffusione universale del Vangelo, affidata dal Risorto ai suoi
testimoni (Lc 24,47; At 1,8) e in seguito conferita a Paolo quale obiettivo della sua
missione (At 9,15; 19,21; 23,11; 27,24). Come accaduto in precedenza (At 13,46;
18,6; cf. inoltre 7,51-53), anche a Roma i giudei si mostrano recalcitranti allannuncio di Paolo che testimoniava ad essi il regno di Dio e si sforzava di convincerli riguardo a Ges, in base alla legge di Mos e ai profeti (At 28,16-31)89. Dopo una
lunga conversazione andata avanti per tutto il giorno, lesito dellincontro di Paolo
con gli ebrei della diaspora romana si rivela piuttosto deludente: alcuni hanno
aderito alle cose dette, gli altri invece non volevano credere (v. 24). A questo punto, mentre i suoi connazionali si allontanavano essendo in disaccordo fra di loro,
Paolo cita una parola ispirata dallo Spirito santo al profeta Isaia, al fine di illustrare con lautorit della Scrittura la situazione che si creata: Va da questo popolo
e di: Udrete con orecchio, ma di certo non capirete; e guarderete con molta attenzione, ma di certo non vedrete ( ). Si
indurito infatti il cuore di questo popolo e hanno ascoltato malvolentieri con gli
orecchi e hanno chiuso i loro occhi, affinch non vedano con gli occhi (
) e non ascoltistanden und wird direkt mit der Missionswirksamkeit verbunden: Jervell, Die Apostelgeschichte,
596. Per un parere diverso cf. Haenchen, Die Apostelgeschichte, 657.
88 Questa esegesi largamente condivisa; cf. OToole, Acts 26, 118-119; Schneider, Die Apostelgeschichte, II, 376; Pesch, Die Apostelgeschichte, II, 279; Tannehill, The Narrative Unity, I, 297;
II, 324; Fitzmyer, The Acts, 762; Jervell, Die Apostelgeschichte, 596; Witherington, The Acts, 748;
Mallen, The Reading, 92-93; Peterson, The Acts, 672. Pace Stegemann, Licht der Vlker, 95,
secondo cui il riferimento alla speranza della risurrezione kann und soll Israel jetzt die ihm verheiene, heilvolle Aufgabe, Licht der Vlker zu sein, wahrnehmen, d.h. die in der Auferstehung
seines Retter Jesus verbrgte Hoffnung auf Auferstehung der Toten auch den Heiden verkndigen
und damit auch ihnen dieses Heil vermitteln. Ma in At 26,23 il soggetto dellannuncio della luce
(salvezza) non Israele bens il Cristo!
89 Per la presentazione generale di questa pericope mi permetto di rinviare al mio studio: Il
disegno di Dio e lannuncio del regno alla luce di At 28,17-31, LA 47 (1997) 79-96.
132
no con gli orecchi e non capiscano col cuore e non si convertano cosicch [io] li
guarisca (At 28,26-27).
Il testo di Is 6,9-10, che a giudicare dalla frequenza con cui compare nel NT
doveva essere usato spesso nella predicazione della chiesa primitiva (Mc 4,12;
8,17-18; Mt 13,14-15; Lc 8,10; Gv 12,39-40; Rm 11,8)90, citato da Luca con
lievi discrepanze rispetto alla versione dei Lxx91. Con questa citazione Paolo
critica lostinazione dei giudei romani, paragonandola allindurimento dei loro
antenati92. Alla stregua del profeta, che ha descritto linsensibilit del popolo di
Israele al suo annuncio come una chiusura metaforica dei sensi, Paolo afferma
che la sua predicazione ha urtato contro lincomprensione dei suoi uditori. Essi
hanno ascoltato le sue parole in modo superficiale (con orecchio) e perci non
hanno capito il loro contenuto; le hanno scrutate con attenzione (guarderete
guardando)93, ma non sono riusciti a penetrarne il significato nascosto. La
perdita delle facolt di vedere e di udire rettamente sta alla base dellindurimento del cuore. Finch perdura questo stato di chiusura degli occhi e delle orecchie,
si rende difficile il cambiamento del cuore da cui dipende la conversione e
quindi la guarigione. Ma questo non vuol dire che le cose non possano cambiare. Infatti, alloracolo di Is 6,9-10 fa seguito loracolo di Is 9,1 che al popolo
immerso nelle tenebre promette la vista di una grande luce. Va notato poi che in
Is 6,10 la chiusura degli occhi indicata con il verbo , raro nella Bibbia
greca. Oltre a Is 6,10 (Mt 13,15; At 28,27), esso figura ancora in Is 29,10; 33,15;
Lam 3,45. Particolarmente interessante il passo di Is 29,10, dove la serratura
degli occhi viene attribuita allazione del Signore che ha versato sul popolo uno
spirito di torpore e ha chiuso i loro occhi (
), rendendo ciechi i loro profeti e i loro capi94. Questa situazione non
tuttavia irreversibile. Infatti, loracolo promette per il futuro il recupero della
vista: in quel giorno i sordi udranno le parole del libro che finora rimane per
essi sigillato (vv. 11-12) e gli occhi dei ciechi che sono nelle tenebre e nelloscu90 Si veda C.A. Evans, To See and Not Perceive. Isaiah 6.9-10 in Early Jewish and Christian
Interpretation (JSOT SS 64), Sheffield 1989, 81-135.
91 Cf. Steyn, Septuaginta Quotations, 219-229; Rusam, Das Alte Testament bei Lukas, 435-435.
92 Secondo At 7,51, la resistenza dei giudei allo Spirito santo che agisce tramite i profeti un
fatto costante. Stefano definisce i suoi oppositori testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie,
come in Is 6,9-10.
93 Il dativo corradicale () e il participio () corrispondono
allinfinito assoluto ebraico (la paronomasia) e servono a rafforzare il senso dei verbi; si veda M.
Zerwick, Biblical Greek illustrated by Examples (SPIB 114), Roma 1963, 61.
94 Allo stesso modo si potrebbe intendere laoristo passivo , ma il tenore complessivo di Is 6,9-10 sconsiglia di vedervi un passivo divino. The voices of the verbs are probably not
significant, unless is a passive of divine action: God has hardened the hearts of his
people. But there is nothing to indicate that this is what Luke intends: Barrett, Commentary, II,
1245. Cf. Mallen, The Reading, 95-96; Hartsock, Sight and Blindness in Luke-Acts, 202, il quale
segnala inoltre il legame tra il tema della cecit in Lc 4 e At 28.
133
rit vedranno (
) (v. 18)95. evidente quindi che Paolo, come prima il profeta, non
vuole esprimere un giudizio definitivo sulla sorte del popolo ebraico: il rifiuto
di accogliere il Vangelo da parte di alcuni, in realt la maggioranza, non vuol
dire che Israele in toto abbia perso il diritto alla salvezza96. Il testo profetico non
autorizza una simile conclusione, come pure non sembra accennare a uneventuale conversione dei giudei increduli. Alcuni autori hanno ravvisato questa
possibilit nellultima proposizione della citazione isaiana, assegnando a
consecutivo il valore avversativo e scorgendo nel verbo la promessa di
un intervento escatologico di Dio a beneficio del suo popolo: ma (io) li
guarir97. Nonostante le buone intenzioni, si fa fatica ad accettare questa esegesi. Infatti, la proposizione finale , come le altre quattro
che la precedono, dipende dalla locuzione congiuntiva , mentre il verbo
, bench sia allindicativo futuro, in realt equivale al congiuntivo aoristo98, secondo luso del greco ellenistico che nelle proposizioni finali scambia
volentieri le due forme99.
La citazione profetica completata da una dichiarazione di Paolo fatta in tono
95 utile notare che in Rm 11,8 Paolo descrive lostinazione di Israele con una citazione mista
di Is 6,9-10; 29,10 e Dt 29,18. Cf. E.E. Popkes, Die letzten Worte des lukanischen Paulus: Zur
Bedeutung von Act 28,25-28 fr Paulusbild der Apostelgeschichte, in J. Frey et alii (ed.), Die
Apostelgeschichte im Kontext antiker und frhchristlicher Historiographie (BZNW 162), Berlin New York 2009, 605-625 (qui 620-622). Lindurimento di Israele, operato da Dio il quale rende
ostinato chi vuole (Rm 9,18), compreso da Paolo in funzione della salvezza delle genti e questa
missione serve a suscitare la gelosia degli ebrei e a favorire la loro conversione (Rm 11,11-15).
Secondo K. Litwak, One or Two Views of Judaism: Paul in Acts 28 and Romans 11 on Jewish
Unbelief, TynB 57/2 (2006) 229-249, la stessa idea presente nella dialettica di At 28,28. Va ribadito tuttavia che per il Paolo lucano, a differenza di Paolo delle lettere, la missione ai gentili non
dovuta propriamente allindurimento di Israele ma si fonda invece sul disegno salvifico di Dio (cf.
Lc 2,30-32; 3,6; At 13,47; 15,7.14).
96 What is important to note about the citation of the scripture here is that it did not signal a
total rejection of the Jews in Isaiahs day, nor does it do so in this context for Pauls day It does
not indicate that rejection was Gods desire, but that it was foreseen result of the preaching:
Witherington, The Acts, 802.803. Pace Conzelmann, Die Apostelgeschichte, 159; J.T. Sanders, The
Jews in Luke-Acts, London 1987, 388-389.
97 Cf. F. Bovon, Schn hat der heilige Geist durch den Propheten Jesaja zu euren Vtern
gesprochen (Act 28,25), ZNW 75 (1984) 226-232 (qui 230); B.-J. Koet, Paul in Rome (Acts
28,16-31): A Farewell to Judaism?, Bijdragen 48 (1987) 397-415 = in Id., Five Studies, 119-139
(qui 129); H. van de Sandt, Acts 28,28; no salvation for the people of Israel? An answer in the
perspective of the LXX, ETL 70 (1994) 341-358 (qui 357); Popkes, Die letzten Worte, 614-615;
e soprattutto M. Karrer, Und ich werde sie heilen. Das Verstockungsmotiv aus Jes 6,9f. in Apg
28,26f., in M. Karrer et alii (ed.), Kirche und Volk Gottes. Festschrift fr Jrgen Roloff zum 70.
Geburtstag, Neukirchen - Vluyn 2000, 255-271.
98 La variante attestata in alcuni codici: E 33 81 2464 e fu recepita dal Textus Receptus (1550); cf. anche la Vulgata (sanem).
99 Cf. Radl, Die Beziehungen, 308-309 e la nota 31 col rinvio a: Zerwick, Biblical Greek,
340-342; F. Blass - A. Debrunner, Grammatik des neutestamentlichen Griechisch, Gttingen 197614,
442,2d.
134
solenne: Vi sia dunque noto che questa salvezza di Dio stata inviata ai gentili
( ): loro di certo ascolteranno! (At 28,28). Con il dimostrativo questa (salvezza) Paolo allude probabilmente alla guarigione di Israele, menzionata alla fine delloracolo di Isaia (v. 27)100.
la terza volta che nellopera lucana compare laggettivo sostantivato
(cf. Lc 2,30; 3,6). Il riferimento ai gentili induce a pensare a un procedimento intenzionale di Luca che in questo modo ha voluto segnalare il compimento dellannuncio profetico di Is 40,5, forse ricalcando le parole del Salmista: perch sia
nota la tua salvezza fra tutte le genti (
) (Lxx Sal 66,3; cf. 97,3)101. Linvio della salvezza ai pagani rappresenta un fatto ormai adempiuto (laoristo ) e indipendente dallindurimento di Israele102. Questa affermazione posta verso la fine della missione di
Paolo richiama e contrasta con quanto detto da lui ad Antiochia di Pisidia agli
israeliti e ai timorati di Dio: a noi stata mandata la parola di questa salvezza (
) (At 13,36). Di fronte al rifiuto da
parte degli ebrei, i primi destinatari della salvezza, Paolo ha deciso allora di recare
lannuncio della salvezza ai pagani, in obbedienza alla volont del Signore (At
13,46; cf. 18,6).
Non senza un certo tono polemico103, Paolo attesta ai suoi interlocutori ebrei
che i gentili, a differenza di loro, saranno ben disposti nei confronti dellannuncio
della salvezza: . La posizione enfatica del pronome personale , seguito dalla particella avverbiale di valore rafforzativo104, mette
in rilievo la reazione positiva dei gentili. Al contrario dei giudei della diaspora romana che hanno fallito di ascoltare e di vedere, essi di certo ascolteranno (e
vedranno la salvezza di Dio), come annunciava Is 49,1.7; 52,15. Ne risulta quin100
135
di che il Paolo lucano, facendo leva sullascolto, intende illustrare il contrasto tra i
due modi di accogliere lofferta salvifica. Tuttavia, se gli ebrei vengono biasimati
per la loro incapacit di ascoltare e di vedere rettamente, nulla lascia pensare che
la missione ai gentili abbia ormai soppiantato la missione agli ebrei105. Malgrado
il loro previsto indurimento e la cecit di cui sono afflitti, questa salvezza di Dio
ancora destinata a loro, nella speranza che un giorno, illuminati da Cristo, anchessi possano vederla.
Conclusione
Non affatto casuale il frequente ricorso di Luca alla metafora isaiana della
luce che attraversa la sua opera e costituisce un importante elemento nella narrazione sulla venuta della salvezza nella persona del promesso Messia. Lepifania
di un sole dallalto (Lc 1,78b-79a), oggetto dellattesa di Israele, ha avuto luogo
a Betlemme, quando alla nascita di Ges la luce gloriosa ha cominciato a risplendere sugli uomini immersi nelloscurit della notte (Lc 2,8-9). Per questa ragione,
stringendo tra le braccia il bambino, Simeone ha potuto indicare in lui lagente
della salvezza, preparata da Dio per illuminare tutti i popoli della terra (Lc 2,3032). Con lavvento del Messia tutti gli uomini hanno perci la possibilit di vedere la salvezza di Dio (Lc 3,6), ossia avere parte alle promesse destinate a
Israele. Ma perch ci avvenga, necessario prima riacquistare la vista, accogliendo con fede il Servo di Dio venuto a guarire la cecit umana, a cominciare
da Israele (Lc 4,18).
Il ministero del Messia a favore del suo popolo si concluso con la morte, risurrezione e glorificazione di Ges. Da quel momento il Risorto estende il raggio
105 Pace J.T. Sanders, The Jewish People in Luke-Acts, in Tyson (ed.), Luke-Acts, 51-75:
Acts 28,25-28 is Lukes final judgement on the Jews, after which it would be foolish, in Lukes
opinion, to waste any further missionary effort on them (p. 75); e Jervell, Die Apostelgeschichte,
628: Die Judenmission ist beendet. I manoscritti 614 e 2147 hanno aggiunto alla fine del v. 30
, ma anche senza questa glossa palese lindirizzo universale del messaggio cristiano (); cf. J. Dupont, La conclusion des Actes et son rapport lensemble de
louvrage de Luc, in J. Kremer (ed.), Les Actes des Aptres. Tradition, rdaction, thologie (BETL
48), Gembloux - Leuven [1978], 359-404 = in Id., Nouvelles tudes, 457-511 (qui 377-380); R.L.
Brawley, Luke-Acts and the Jews. Conflict, Apology, and Convinction (SBL MS 33), Atlanta GA
1987, 76-78; Tannehill, The Narrative Unity, II, 352; D. Marguerat, The End of Acts (28.16-31)
and the Rhetoric of Silence, in S.E. Porter - T.H. Olbricht (ed.), Rhetoric and the New Testament
(JSNT SS 90), Sheffield 1993, 74-89 (qui 86-87); R.F. OToole, The Christian Mission and the
Jews at the End of Acts of the Apostles, in J.N. Aletti - J.L. Ska (ed.), Biblical Exegesis in Progress.
Old and New Testament Essays (AnBib 176), Roma 2009, 371-396. In sum, the ending of Acts has
no conclusive answers regarding a mission to Jews and Israels redemption, only unresolved questions. Israels response to the message of Jesus is yet uncertain: T.M. Troftgruben, A Conclusion
Unhindered. A Study of the Ending of Acts within its Literary Environment (WUNT II/280), Tbingen 2010, 154.
136
della sua missione al mondo intero e porta lannuncio della luce salvifica a tutti i
popoli della terra (At 26,23); e lo fa tramite la mediazione di testimoni scelti incaricati a diffondere la luce di Cristo fino allestremit della terra (At 13,47). Questo
compito viene svolto in particolare da Paolo. Dopo aver recuperato la vista (At
9,18), gli viene affidato il compito di guarire gli altri facendoli passare dalle tenebre
alla luce (At 26,18).
Lapertura degli occhi o il dono della vista si acquista in concreto con lintelligenza delle Scritture, che consente di vedere Ges come Messia promesso e fonte
della luce (Lc 24,31-32.45). Per poter vedere e ascoltare rettamente occorre tuttavia
avere un cuore aperto, come i pagani che si mostrano disponibili allaccoglienza
della salvezza (At 28,28), a differenza dei giudei che sono incapaci di vedere, perch hanno il cuore indurito (At 28,26-27). Il rifiuto di Israele, difficile da comprendere per la mente umana, era comunque previsto nel piano di Dio (Lc 2,34). Con
questa nota tragica e insieme fiduciosa si conclude il racconto lucano della storia
della salvezza, ma soltanto un inizio della storia della diffusione universale della
luce di Cristo (Lc 2,30-32), la quale brilla ora sul mondo nellattesa che un giorno
tutti gli uomini possano vederla (Lc 3,6)106.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Studium Theologicum Jerosolymitanum
106 Just where the echoes of Simeons canticle sound at the end of Luke-Acts
(v. 28; cf. Lk 2,30-31; 3,6) a fateful turn has occured in Gods
history with the Jewish people. It is not Gods final word on the Jews, but it is Lukes last word:
Dillon, Simeon, 216.
I segni di divisione del Codex Vaticanus Graecus 1209 (Codex B)1 sono
un campo ancora poco esplorato2. Oltre alle indicazioni essenziali di Canart3,
* Le figure sono poste in fondo al volume, pp. 535-541. Sono tratte da C.M. Martini (ed.),
Novum Testamentum e codice vaticano graeco 1209 (Codex B) tertia vice phototypice expressum,
Roma 1968, e pubblicate con lautorizzazione della Biblioteca Apostolica Vaticana (= BAV).
1 Del codice B sono disponibili due edizioni facsimile. Una contiene solo il Nuovo Testamento
con una introduzione firmata da P. Canart e C.M. Martini: . Codex Vaticanus
Graecus 1209 (Codex B) phototypice expressus iussu Pauli PP VI, Pontificis Maximi. H
, Roma 1965. In seguito Martini vi ha premesso una pi ampia introduzione in latino
(sar citata come Introductio) e al facsimile ha aggiunto lindicazione dei capitoli e versetti sotto le
colonne: Novum Testamentum e codice vaticano graeco 1209 (Codex B) tertia vice phototypice
expressum, Roma 1968 (questa edizione ora online: bibles.org.uk, London). Unaltra edizione
facsimile riproduce il codice completo, Antico e Nuovo Testamento: Bibliorum Sacrorum Graecorum Codex Vaticanus B, Roma 1999. Il facsimile accompagnato dal volume dei Prolegomena,
contenente le introduzioni di P. Canart, P.-M. Bogaert e S. Pisano. Tali introduzioni, aggiornate,
sono state ristampate nella prima parte del volume di P. Andrist (ed.), Le manuscrit B de la Bible
(Vaticanus graecus 1209). Introduction au fac-simil, Actes du Colloque de Genve (11 juin 2001),
Contributions supplmentaires (Histoire du texte biblique 7), Lausanne 2009 (in seguito citato come
Andrist). Il codice B non ha i numeri dei capitoli (inseriti da Stephen Langton agli inizi del Duecento) e dei versetti (aggiunti da Robert Estienne agli inizi del Cinquecento). Nel presente studio per
identificare un testo nel codice si specifica la pagina (= p.), la colonna (= col.) e la riga (= lin.).
2 P.-M. Bogaert, Le texte de lAncien Testament, in Prolegomena, 10, lo notava in generale: Les
tudes densemble manquent dans ce domaine e lo ripete circa dieci anni dopo in Idem, Le Vaticanus
graecus 1209 tmoin du texte grec de lAncien Testament, in Andrist, 51 (bench il titolo sia diverso,
questo studio riproduce quello precedente, per cui sar citato come Le texte); rimanda per questo a
H.B. Swete, An Introduction to the Old Testament in Greek, Cambridge19022, 351-356, a R. Devreesse, Introduction ltude des manuscrits grecs, Paris 1954, 138-141, e in particolare allaccurata
descrizione della numerazione marginale fatta da Enrico Fabiani e Giuseppe Cozza nel sesto volume
delledizione del codice B preparata da Carlo Vercellone e Giuseppe Cozza: Bibliorum Sacrorum
Graecus Codex Vaticanus, auspice Pio IX Pontifice Maximo, Roma 1868-1881: Tomus VI, prolegomena, commentarios et tabulas complectens, auspice Leone XIII, anno 1881, cura H. Fabiani et I.
Cozza prodiit, Appendix I, XXV-XXVIII. Anche C.-B. Amphoux, Les circostances de la copie du
Codex Vaticanus (Vat. gr. 1209), in Andrist, 174, costata la carenza di studi sulle divisioni: En labsence dtude rcente systematique (). Linterpunzione (che continua ad essere ampiamente
trascurata dagli editori di testi) raramente studiata in quanto tale (M. Maniaci, Archeologia del
manoscritto. Metodi, problemi, bibliografia recente [I libri di Viella 34], Roma 2002, 122).
3 Cf. P. Canart, Notice palographique et codicologique, in Prolegomena, 5, in Andrist, 24-25.
Liber Annuus 60 (2010) 137-154
138
139
Gli unici manoscritti che hanno una numerazione marginale greca simile a
quella del codice B sono il Codex Zacynthius Rescriptus ( 040) del VI secolo,
conservato presso la British and Foreign Bible Society di Londra (Ms. 213), e il
minuscolo 579 del XIII secolo, conservato nella Bibliothque Nationale di Parigi
(gr. 97)11.
Duplacy esamina nel codice B la lettera di Giacomo e riscontra i seguenti segni
di divisione: punti (in alto, in basso e mediani), spazi vuoti o bianchi, nella riga
riempita dalla scriptio continua, e paragraphoi, aventi la forma di una lineetta
orizzontale sotto la prima lettera di determinate righe, a volte leggermente sporgente nel margine sinistro12. Lepoca dinserimento di questi segni per lui quella
delle origini13. Nel margine sinistro vi sono inoltre delle lettere greche, sormontate
da una lineetta indicante che si tratta di numeri; sono di due tipi: una pi antica
(forse del copista del manoscritto, IV sec.) con lettere di dimensione ridotta, e una
pi recente (forse VII-VIII sec.) con lettere pi grandi; le lettere sono normalmente allaltezza della riga, di fronte alla lineetta che segna il paragrafo14; articolano il
testo in sezioni, che comprendono anche pi paragrafi. I punti non sono presenti
nei vangeli15. Nella Lettera di Giacomo quasi tutti gli spazi bianchi che si trovano
dopo un punto alto segnano unarticolazione pi importante di quando sono soli16.
Amphoux dedica uno studio al rapporto tra le divisioni antiche della lettera di
Giacomo proposte da vari manoscritti, in particolare dal codice B17, e la composizione letteraria, approfondita attraverso lanalisi del testo. Linteresse per questo
confronto emerge anche da un altro studio di Amphoux18. Questo di fatto non riguarda la composizione letteraria, ma verte solo sulle divisioni dei codici e si artithe first letter slightly in the left margin, and within the lines a space the width of approximately two
letters was left to indicate divisions (). Another system, not original to the manuscript but added
already perhaps in the fourth or fifth century, consists of numbers in the left-hand margin, dividing
the text into rather short sections (). Still another system of divisions was appended to Acts and
the Epistles, probably sometime between the seventh and the ninth century (Pisano, The Text, in
Prolegomena, 27-28, in Andrist, 77-78).
11 Similis divisio numquam in aliis codicibus apparet praeter codicem rescriptum Zacynthium
, saeculi VI, et codicem minusculum 579, saec. XIII (Martini, Introductio, XIII; cf. Pisano, The
Text, in Prolegomena, 27, in Andrist, 78); cf. Y. Burns, Chapter Numbers in Greek and Slavonic
Gospel Codices, in NTS 23 (1976), 320-333.
12 Cf. Duplacy, Les divisions, 124-125.
13 Il est vident tout dabord que les blancs sont, si lon peut dire, prima manu () il ne nous
semble gure douteux que, dans lensemble, points et paragraphoi aient fait partie, comme les blancs, de ltat original de B (Duplacy, Les divisions, 126).
14 Cf. Duplacy, Les divisions, 128-130.
15 Ce type de ponctuation, bien connu par ailleurs, parat employ partout dans le N.T. du
Vaticanus, sauf dans les vangiles (Duplacy, Les divisions, 124).
16 Un tiers environ (43 sur 139) des points hauts indiquent ainsi une articulation du texte plus
importante que l o ils sont seuls (Duplacy, Les divisions, 125).
17 Cf. Amphoux, Systmes anciens de division, 396-399.
18 Quel rapport existe-t-il entre la division du texte en lectures liturgiques et celle correspondant la composition littraire de loeuvre? (Amphoux, La division, 303).
140
cola in due parti: nella prima considera il fatto che nei testi dei vangeli (i casi
analizzati sono due: Lc 5 e 24) certe divisioni cambiano posto nei manoscritti antichi (sono presi in esame i lezionari greci, i codici Alexandrinus, Ephraemi rescriptus, Vaticanus, Bezae e Barb. lat. 637); nella seconda parte mette in luce i
principali sistemi di divisione attestati nel IV secolo. In fondo a parte quello
ipotizzato, ma non realizzato, da Basilio di Cesarea in Cappadocia, che si proponeva di raccogliere i testi per temi i sistemi sono tre, legati a tre grandi centri19:
1) a Cesarea di Palestina, le sezioni di Ammonio e i canoni di Eusebio formano un
tipo di sinossi e si riscontrano nei codici Sinaitico, Alessandrino e di Beza; 2) ad
Alessandria, le divisioni del codice B in paragrafi e sezioni che, come si visto
sopra, si ritrovano nei codici Zacynthius e 579, ma non figurano nel 75; 3) ad
Antiochia, lelenco numerato di titoli e sommari ( e ), posto
allinizio dei singoli vangeli e ripetuto allinterno sotto la divisione eusebiana.
In conclusione, i segni di divisione identificati dagli studiosi nel NT sono i seguenti: la numerazione nel margine sinistro, gli spazi bianchi o vuoti allinterno
della riga, la sporgenza nel margine sinistro della prima lettera indicante linizio di
un paragrafo, la lineetta sotto la prima lettera dellultima riga di un paragrafo o di
un capitolo, i punti (in alto, in basso o in mezzo). riconosciuto che si tratta di un
sistema di divisioni singolare, proprio del codice B20.
19 On aurait, en somme, trois systmes principaux, ns dans le monde grec au IVe sicle, caractrisant chacun lune des grandes recensions du texte: Csare, Alexandrie, Antioche (Amphoux, La division, 311).
20 Neither the Ammonian section numbers nor the Eusebian canon numbers, nor the Euthalian numbers for Acts, were used to divide the New Testament text (Pisano, The Text, in Prolegomena, 27, in Andrist, 77). Sui canoni eusebiani cf. A. Penna, Il De Consensu Evangelistarum ed
i Canoni Eusebiani, in Bib 36 (1955), 6; M.L Agati, Il libro manoscritto da Oriente a Occidente.
Per una codicologia comparata (Studia Archaeologica 166), Roma 2009, 319. Gi Fabiani e Cozza
avevano notato questo fatto che, insieme ad altri, distingue il Vaticano dal Sinaitico: Eusebii canones et Ammonii capitula quae absunt a Vaticano codice, visuntur in Sinaitico, e in generale scrivono: Habet vero Vaticanus liber suam propriam in dividendis quibusdam libris methodum (Bibliorum Sacrorum Graecus Codex Vaticanus, t. VI, p. IV.VII). Prima ancora Lorenzo Alessandro Zaccagni, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, che stava preparando unedizione del NT del
codice B, non pubblicata a causa della morte avvenuta nel 1712 (il suo manoscritto si conserva
nella BAV, Vat. gr. 2158, gi lat. 7162), aveva costatato che il codice B ha un sistema di divisione
singolare: Vaticanus vero codex () longe diversam sacrorum Novi Foederis librorum divisionem
init () liquido constat, partitiones in Vaticano codice descriptas () in nullis aliis, quod sciam,
vetustis codicibus reperiri (L.A. Zacagnius, Collectanea monumentorum veterum ecclesiae graecae ac latinae, Roma 1698, Praefatio, 56-57; cf. S. Pisano, Lhistoire du Codex Vaticanus B pendant
quatre sicles. Les notes indites du cardinal Mercati, in Andrist, 114; Idem, The Text, in Prolegomena, 30; in Andrist, 82).
141
2) Nei vangeli
Questo studio intende approfondire la presenza ed eventuali caratteristiche dei
segni di divisione nei vangeli21.
1. Gli spazi vuoti o bianchi: sono il primo elemento che risalta in un testo caratterizzato dalla scriptio continua. evidente come notano Martini, Pisano e
Duplacy che questi spazi sono della prima mano, nati con il codice stesso. Duplacy non ne precisa lestensione, ma osserva alcuni fatti, tra i quali la mancanza
di una loro misura esatta22; Martini e Pisano parlano di un spazio corrispondente
pi o meno a due lettere23. A noi sembra di poter identificare pi precisamente tre
tipi di spazi, distinti secondo le lettere che vi si possono scrivere: uno spazio doppio
(fig. 1), pari pi o meno a due lettere, normalmente in concomitanza con il numero
nel margine sinistro (ad es. p. 1345, col. 2, lin. 40: fig. 2), uno spazio singolo (fig.
3) corrispondente a una lettera (ad es. p. 1345, col. 1, lin. 4.7.15.19.32.42) e un
semispazio dove non si pu scrivere nessuna lettera (esclusa la ). Mentre gli spazi
doppio e singolo si possono rilevare facilmente, non si parla mai del semispazio.
Anche per questo spazio, non solo per quello doppio o singolo, in base alla quantit di testo da trascrivere lo scriba usa una certa flessibilit24, per cui a volte si dilata tanto che non si pu distinguere con sicurezza dallo spazio singolo, altre si
riduce a un minimo; i casi che ne provano lesistenza sono innumerevoli, ma basti
la seguente selezione di esempi tratti da Gv: p. 1349, col. 3, lin. 3 (fig. 4).8.22.26;
p. 1350, col. 1, lin. 41; p. 1351, col. 1, lin. 24.27.34.40; p. 1352, col. 3, lin. 1.13.18.33;
p. 1353, col. 3, lin. 10.26.30.33.40; p. 1354, col. 3, lin. 6.11.17.22.38; p. 1355, col.
3, lin. 11.21.27.29.31; p. 1356, col. 2, lin. 11.16.38.41; p. 1357, col. 2, lin. 10.19;
p. 1358, col. 2, lin. 3.4.27.36.42, ecc.
2. La sporgenza della prima lettera della riga nel margine sinistro25; Canart
21 Come ricordato sopra, Duplacy nota che i punti sono assenti dai vangeli: partout dans le N.T.
du Vaticanus, sauf dans les vangiles; in nota per segnala alcuni casi: pp. 1236 et 1263(= Mt), 1282
et 1296 (= Mc), 1306 et 1326 (= Lc), 1351 et 1377 (= Jn) (Duplacy, Les divisions, 124). A questi
sono da aggiungere i seguenti: in Mt a p. 1246, col. 3, lin. 10 un punto in alto; due punti a p. 1256, col.
2, lin. 17; in Lc un punto in alto a p.1305, col. 2, lin. 20 e p. 1349, col. 2, lin. 20; in Gv p. 1352, col. 3,
lin. 26; p. 1353, col. 3, lin. 16; p. 1372, col. 1, lin. 24 con due punti; p. 1380, col. 1, lin. 26.
22 Dice in generale: la scriptio continua nest interrompue que par des blancs, cest--dire des
espaces non crits, e aggiunge: en cours de ligne, le blanc nest vraiment pas net () en fin de
ligne, il est difficile de savoir si lon se trouve en face dun vritable blanc ou dune ligne accidentellement raccourcie; inoltre segnala i faux blancs, dovuti alle lettere non ripassate o sbiadite
(Duplacy, Les divisions, 124).
23 Martini, Introductio, XII: spatio fere duarum litterarum; Pisano, The Text, in Prolegomena,
27, in Andrist, 77: a space the width of approximately two letters.
24 Martini scrive fere, Pisano approximately, Duplacy pas net (cf. note precedenti; il corsivo
nostro).
25 cos descritta: in initio lineae eductione primae litterae ad marginem (Martini, Introductio, XII); in beginning the first letter slightly in the left margin (Pisano, The Text, in Prolegomena,
27, in Andrist, 77).
142
143
col. 2)32. Inoltre visibile in Gc 1,1 (p. 1426, col. 1, lin. 1) a fianco della iniziale
di ; in Fil 1,1 (p. 1499, col. 1, lin. 1) sopra la lettera iniziale di ;
in 2Gv 1,1 (p. 1442, col. 2, lin. 1: fig. 6) sopra larticolo . La spiegazione sta nel
fatto che quando, nel secolo XI o XII, allinizio di tutti i libri biblici furono introdotte le iniziali ornate33, il primo numero, cio l maiuscola, che era allaltezza
della prima riga, stato eraso e scritto minuscolo, pi in alto, dove lo leggiamo ora
(fig. 7). La seconda osservazione riguarda il numero complessivo. Abitualmente si
legge che il vangelo di Lc diviso in 152 sezioni34. In realt dopo il numero
(= 138) a p. 1344, col. 3, ci si aspetterebbe il numero (= 139), invece a p.
1345, col. 2, si trova (= 140). Unattenta osservazione del testo non nota nessuna lettera sbiadita, come invece si ha nei seguenti esempi: in Lc 3,15 per il numero (= 19), p. 1309, col. 2, lin. 30; in Lc 6,22 per il numero (= 44)35, p.
1315, col. 1, lin. 10; e in Lc 16,13 per il numero (= 107), p. 1335, col. 1, lin. 9.
Probabilmente, quindi, la mancanza del numero (= 139) a p. 1345 un errore dello scriba, che semplicemente lo ha saltato36. Un altro numero viene saltato a
p. 1321, dove si ha (= 66) mentre dovrebbe esserci (= 65). Perci il vangelo di Luca dovrebbe avere come ultimo numero (= 150) e non come si
legge a p. 1399, col. 1, lin. 1, con il risultato che di fatto ha 150 sezioni, non 152.
2. Linterconnessione dei segni di divisione
Lidentificazione dei segni ha messo in luce alcune loro funzioni: la numerazione posta nel margine sinistro indica lincipit delle sezioni; anche la sporgenza
della prima lettera nel margine sinistro segna un incipit; la lineetta o paragraphos
posta sotto la prima lettera di determinate righe indica la fine di un paragrafo; gli
spazi bianchi o vuoti sono un segno di divisione. Questo, per, non tutto; restano
rerons comme telles, avec dautant plus dassurance que le mme phnomne se retrouve ailleurs
(vg. 1499.1.1) (Duplacy, Les divisions, 128).
32 Da questo esame, che riguarda tutto il NT, escluso il libro dellApocalisse, scritto successivamente in minuscola senza la numerazione marginale (cf. T.C. Skeat, The Codex Vaticanus in the
fifteenth century, in JTS 35 [1984], 457-458
33 Cf. Canart, Notice, in Prolegomena, 5, in Andrist, 26-27.32-38.
34 Ad es. Pisano, The text, in Prolegomena, 27, in Andrist, 78: For the Gospels: Matthew 170
sections; Mark 62; Luke 152; John 80.
35 Erroneamente, tra parentesi quadre, posto al v. 21 (non 22) da R.J. Swanson, New
Testament Greek Manuscripts. Variant Readings Arranged in Horizontal Lines against Codex Vaticanus, Luke, Sheffield-Pasadena 1995, 100.
36 H. von Soden, Die Schriften des Neuen Testaments, vol. I, Berlin 1902, 432-434, nota la
mancanza del numero con due punti interrogativi (??) e riferendosi al Sinaitico ipotizza che
il suddetto numero mancante debba inserirsi in 22,54 o 22,54b. Swanson (cf. Swanson [ed.], New
Testament Greek Manuscripts... Luke, 378) ipotizza il numero , che scrive tra parentesi quadre
in 22,51.
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te lha scritta prima delle dipl, qualche volta forse subito dopo (p. 1274, col. 2, lin.
27: si dovrebbe esaminare loriginale per vedere se il segno appena percettibile
sotto la gambetta destra della N non sia un resto della dipl, che in questo caso
sarebbe prima del numero) o contemporaneamente, come sembra evidente in alcuni casi, dove lo scriba si divertito a fondere insieme i due elementi (p. 1249,
col. 3, lin. 36, fig. 9: la dipl scritta a rovescio rispetto alle altre, cio con langolo acuto non a destra >, ma a sinistra <, dentro la , di cui forma la linea orizzontale con il tratto superiore pi marcato rispetto allaltro; p. 1252, col. 3, lin. 13, fig.
10: la dipl in linea verticale, ma pi piccola delle altre, ed scritta tra le due
lettere del numero; p. 1379, col. 2, lin. 18, fig. 11: la dipl sta allestremit destra
della lettera in rosso come questa e come a p. 1236, col. 3, lin. 27; p. 1454, col.
3, lin. 18, fig. 12: la dipl pi piccola delle altre, leggermente a sinistra, collegata
alle strisce che uniscono i due tratti formanti la lettera ; p. 1455, col. 2, lin. 31: la
dipl sta forse si dovrebbe controllare loriginale allestremit sinistra del trattino che sovrasta la lettera ). Il caso indicato da Martini per sostenere la priorit
della correzione rispetto al numero (p. 1248, col. 3, lin. 12) ha dei casi analoghi,
dove laddossamento dei due elementi porta alla conclusione contraria, cio alla
priorit del numero rispetto alla dipl (p. 1237, col. 1, lin. 5, fig. 13: la dipl pi
piccola delle altre ed addossata alla sinistra del numero) o alla loro contemporaneit (p. 1378, col. 3, lin. 38, fig. 14: la dipl leggermente pi alta e il numero
leggermente pi basso del solito).
Che la numerazione sia della prima mano sembra ben probabile anche in base
ad una duplice considerazione: 1) se il codice stato scritto per uno scopo liturgico,
secondo lintenzione dellimperatore Costantino che lavrebbe ordinato per le nuove chiese di Costantinopoli (ipotesi di Skeat-Elliott, come si vedr pi avanti), sembra difficile pensare che chi ha presieduto alla sua produzione abbia previsto una
serie di segni di divisione del testo in piccole unit (paragrafi) e non secondo testi
di senso compiuto, come sono le sezioni o pericopi, adatte alluso liturgico; 2)
difficile pensare che sia stata tralasciata la numerazione marginale, dal momento che
essa andava diffondendosi proprio in quel tempo, anche se di tipo diverso44.
44 La numerazione marginale manca nei papiri 66 (Gv) e 75 (Lc e Gv), dove presente invece
la divisione in paragrafi e vari casi di sporgenza della prima lettera nel margine sinistro per indicare
una nuova sezione (cf. V. Martin R. Kasser, Papyrus Bodmer II [= 66]. vangile de Jean chap.
1-14, Cologny-Genve 1956, 18-21; Ibidem, Papyrus Bodmer XIV. vangile de Luc chap. 3-24,
Cologny-Genve 1961, 14-16; nel Sinaiticus si trovano i capitoli di Ammonio e i canoni di Eusebio;
per il fatto che questi mancano nel codice B, Fabiani e Cozza (Bibliorum Sacrorum Graecus Codex
Vaticanus, t. VI, p. VII) argomentano che lo scriba abbia copiato B tra linvenzione di quelle divisioni
e la loro diffusione: Cum igitur a Vaticano absint, iam dicere pronum est eum librum intermedia
scriptum aetate, post Eusebium scilicet et Ammonium, ante morem tamen vulgo receptum eorum
capitula apponendi; i due autori che attribuiscono alla prima mano quei numeri qui ad priorem
vetustioremque libri transcriptorem spectare videntur non fanno lipotesi, forse pi plausibile,
che non solo abbia suam propriam in dividendis quibusdam libris methodum (ibid., IV), ma anche
la voglia conservare, pur conoscendone altre.
147
Che inoltre la numerazione marginale sia del primo scriba una conclusione
che sembra richiesta dalla connessione con gli altri segni di divisione: infatti la sua
presenza stabile, mentre varia quella degli altri segni con cui si combina, e alcune combinazioni rivelano che la numerazione nata con gli altri segni, posti evidentemente dalla prima mano: la sporgenza della prima lettera, la lineetta sotto la
prima lettera dellultima riga di un paragrafo e lo spazio vuoto (in seguito pi semplicemente si parler di: numerazione, sporgenza, lineetta, spazio vuoto). Procederemo per punti:
1) Numerazione e sporgenza: ambedue segnano un incipit, ma la sporgenza non
copre tutto il vangelo di Lc45; quando si ha una lettera sporgente si ha anche un
numero in margine, ma non viceversa: ci significa che le divisioni date dalla numerazione marginale sono pi regolari e numerose di quelle indicate dalla sporgenza, 152 (o 150 secondo il nuovo calcolo) su 16. Non si vede il motivo per cui le
sporgenze sono cos saltuarie, se non perch lo scriba le considera quasi superflue,
tanto che in Gv ne fa a meno.
a. Numerazione e sporgenza, senza lineetta e spazio vuoto: ad es. in Mt p. 1236,
col. 1, lin. 19; p. 1238, col. 3, lin. 20; in Lc p. 1312, col. 3, lin. 27; p. 1314, col. 1,
lin. 24 (fig. 15); p. 1314, col. 2, lin. 7; p. 1323, col. 2, lin. 1; sporgenza e lineetta
sono correlative, per cui la sporgenza, segno dellinizio, rende superflua la lineetta
segno della fine precedente.
b. Numerazione, sporgenza e spazio vuoto, senza lineetta: p. 1306, col. 3, lin.
25; p. 1308, col. 3, lin. 30; p. 1312, col. 1, lin. 8; p. 1321, col. 3, lin. 18 (fig. 16); p.
1325, col. 2, lin. 30; p. 1336, col. 1, lin. 41; p. 1338, col. 1, lin. 41.
c. Numerazione, sporgenza e lineetta, senza spazio vuoto: p. 1314, col. 2, lin.
40 (fig. 17); p. 1331, col. 3, lin. 23; p. 1340, col. 2, lin. 9 (fig. 26).
d. Numerazione, sporgenza, lineetta e spazio vuoto (tutti i segni): p. 1322, col.
3, lin. 42 (fig. 18).
2) Numerazione, lineetta e spazio vuoto, senza la sporgenza: la combinazione
pi frequente, che segna il passaggio da una sezione allaltra. Pi rari sono i casi in
cui manca qualche elemento: a. solo la numerazione, senza altri segni; b. numerazione e spazio vuoto, senza la lineetta; c. numerazione e lineetta, senza lo spazio
vuoto. Qui vorremmo notare il seguente fenomeno: normale che la lineetta sia un
po sporgente verso il margine sinistro; alcune volte per, quando il numero marginale sta sulla stessa riga, la lineetta (con o senza lo spazio vuoto) si protende pi
del solito, fino quasi a toccare il numero, come se lo scriba volesse sottolineare la
connessione dei due segni46. Riportiamo solo alcuni casi pi chiari: p. 1309, col. 3,
45 Le lettere sporgenti, frequenti in Mt, Mc e Lc, sono assenti del tutto in Gv: non si pu quindi
fare un confronto tra Gv e i casi di sporgenza in 66. Dal confronto tra Lc e i casi di sporgenza in
75 risulta che le corrispondenze sono rare, mentre pi frequenti, ma non regolari, sono quelle con
la numerazione.
46 Una osservazione analoga viene fatta riguardo al nesso distigme + bar, cio alla lineetta
148
lin. 37; p. 1311, col. 1, lin. 4; p. 1212, col. 2, lin. 7; p. 1313, col. 3, lin. 26; p.
1317, col. 2, lin. 9; p. 1317, col. 3, lin. 29; p. 1321, col. 1, lin. 4; p. 1323, col. 3,
lin. 15 (cf. lineetta posta sotto la stessa lettera nella lin. 5 della stessa pagina e
colonna); p. 1324, col. 2, lin. 33; p. 1325, col. 2, lin. 2; p. 1329, col. 3, lin. 27;
p. 1336, col. 1, lin. 10; p. 1343, col. 3, lin. 26; p. 1372, col. 1, lin. 24; in alcuni
casi la lineetta che si protende di colore rosso (cf. sotto: 2c).
a. Numerazione solo, senza altri segni: p. 1326, col. 3, lin. 9 (la riga interrotta da un punto in basso); p. 1246, col. 3, lin. 9; p. 1368, col. 1, lin. 39 (fig. 19).
b. Numerazione e spazio vuoto, senza la lineetta: p. 1315, col. 1, lin. 42; p.
1326, col. 3, lin. 9; p. 1329, col. 2, lin. 28 (fig. 20); p. 1341, col. 3, lin. 22; p.
1349, col. 1, lin. 1. Se nel caso precedente la sola numerazione potrebbe considerarsi aggiunta in seguito e non di prima mano, in questo caso invece si ha
forse la prova pi forte che i due elementi sono stati scritti insieme. Infatti, lo
spazio vuoto allinterno della scriptio continua segna dove cade la fine del paragrafo, indicata dalla lineetta sotto la prima lettera della riga finale; se qui la
lineetta manca, la spiegazione sta nel fatto che lo scriba la ritiene superflua,
data la presenza del numero marginale. Lo spazio vuoto, normalmente in funzione della lineetta, qui in funzione della numerazione: con essa indica sia
dove cade la fine del paragrafo (e in questo caso anche la fine della sezione), sia
dove inizia la nuova sezione e il nuovo paragrafo. Ora lo spazio vuoto evidentemente nato col codice, quindi lo anche la numerazione.
c. Numerazione e lineetta, senza lo spazio vuoto: si distinguono due tipi di
casi secondo il colore della lineetta:
- Numerazione di colore rosso (originale) o nero (del ripasso medioevale) e
lineetta dello stesso colore del testo: in Lc p. 1304, col. 1, lin. 17; p. 1305, col.
2, lin. 21 (alla fine della riga vi un punto in alto); p. 1307, col. 3, lin. 19; p.
1308, col. 1, lin. 28; in Gv p. 1351, col. 3, lin. 19 (fig. 21); p. 1352, col. 1, lin.
31; p. 1353, col. 3, lin. 6; p. 1360, col. 3, lin. 35; p. 1361, col. 3, lin. 4; p. 1362,
col. 2, lin. 12; p. 1365, col. 1, lin. 38; p. 1365, col. 3, lin. 21; p. 1368, col. 2, lin.
25; p. 1370, col. 1, lin. 21; p. 1370, col. 3, lin. 24; p. 1372, col. 2, lin. 27; p.
1374, col. 2, lin. 1; p. 1377, col. 1, lin. 21.
- Numerazione e lineetta di colore rosso47: p. 1238, col. 3, lin. 27-28; p. 1245,
col. 2, lin. 37 (fig. 22); p. 1279, col. 3, lin. 14; p. 1343, col. 2, lin. 10 (fig. 23);
che si protende verso la distigme marginale: It also explains why bars just below the distigmai that
mark some of the most important textual variants extend noticeably farther into the margin and
hence closer to the adjacent distigme than typical paragraphoi, presumably to associate them with
the adjacent distigme (Payne Canart, Distigmai, in Andrist, 201).
47 Dello stesso colore, sembra ma si dovrebbe fare un controllo, come quello effettuato da
Canart sul colore delle distigmai (cf. Payne Canart, Distigmai, in Andrist, 203) la lineetta posta
sotto la prima lettera dellultima riga del vangelo di Matteo (p. 1277, col. 2, lin. 9). Tale lineetta
affianca la coronis di colore rosso, come lo sono anche altri trattini e dipl che ornano il titolo.
Sulla coronis cf. Canart, Notice, in Prolegomena, 5, in Andrist, 25 (pi ampio).
149
p. 1345, col. 3, lin. 24 (fig. 24), (casi incerti: p. 1259, col. 2, lin. 22; p. 1263, col.
2, lin. 17; p. 1342, col. 3, lin. 7-8). Questi casi relativi alla lineetta di colore
rosso costituiscono un fatto eccezionale, finora non notato. Oltre al colore rosso,
va rilevata anche una particolare vicinanza e quasi continuit tra il trattino che
sovrasta la lettera numerale e la lineetta allinizio della riga (p. 1238, col. 3, lin.
37-38; e nei due casi incerti p. 1259, col. 2, lin. 22; p. 1342, col. 3, lin. 7-8);
invece a p. 1345, col. 3, lin. 24 (fig. 24) la lineetta si trova in basso rispetto al
numero e fa da trait dunion tra il numero e la riga. Sembra che lo scriba sia
passato dal numero alla lineetta (non viceversa) con la penna ancora intinta di
colore rosso per aggiungere il segno normale che rende chiara la fine del paragrafo e della sezione: infatti, se si toglie la lineetta rossa, a p. 1238, col. 3, lin.
27-28 (e nel caso incerto p. 1342, col. 3, lin. 7-8) la divisione segnata solo
dalla numerazione; a p. 1345, col. 3, lin. 24 (fig. 24) segnata solo dalla numerazione e un semispazio; a p. 1245, col. 2, lin. 37 (fig. 22); p. 1279, col. 3, lin.
14; p. 1343, col. 2, lin. 10 (fig. 23) indicata solo dalla numerazione e da uno
spazio doppio. Lo scriba per non intervenuto in tutti i casi analoghi: infatti
non ha aggiunto la lineetta rossa in quelli registrati qui sopra (n. 2a, 2b), dove
la numerazione sola o accompagnata solo dallo spazio vuoto. In questi due
casi si ha una prova forte a favore della attribuzione della numerazione alla
prima mano. Quando lo scriba tralascia la lineetta mostra di essere consapevole
che a segnare il cambio di sezione basta la numerazione; quando la traccia in
rosso, mentre scrive il numero, sembra percepire che lo spazio vuoto poco, e
ancora meno la numerazione da sola, pur essendo per s entrambi sufficienti,
soprattutto quando il cambio di sezione evidente in base al contenuto.
3) Lineetta: la lineetta un segno di divisione fondamentale ben noto48. La
sua funzione principale di annunciare la fine di un testo, chiamato paragrafo
dal nome greco (paragraphos) del trattino posto sotto la prima lettera della
parola che sta allinizio dellultima riga. Ma la lineetta segna anche le repliche
in un dialogo (ad es. nel dialogo con Nicodemo e spesso in Gv)49. Inoltre pu
delimitare elementi di particolare importanza, come alcuni detti di Ges (ad es.
p. 1324, col. 2, lin. 6; p. 1333, col. 2, lin. 36; p. 1343, col. 2, lin. 3) o i sommari (ad es. p. 1306, col. 3, lin. 18; p. 1308, col. 2, lin. 10; p. 1308, col. 3, lin. 26;
p. 1311, col. 1, lin. 7). Infine, servono a mettere in rilievo le distigmai50. Qui
48
150
interessa notare in particolare la sua connessione con gli altri segni: con la numerazione e la sporgenza (cf. sopra) e con lo spazio vuoto (cf. sotto).
4) Gli spazi vuoti doppio, singolo e semispazio possono presentarsi in due
modi: in corrispondenza con la lineetta posta allinizio della riga, oppure da soli.
La distinzione importante, perch nel primo caso sono di complemento alla lineetta, mentre nel secondo hanno una funzione autonoma rispetto al testo.
a. Spazi vuoti e lineetta: lo spazio vuoto segna il punto dove cade la fine del
paragrafo o della sezione/pericope. Questa funzione pu essere svolta da uno
qualsiasi dei tre tipi di spazio, la cui estensione in questo caso sembra secondaria, condizionata solo dallo spazio disponibile nella riga: ad esempio spazio
doppio (in genere alla fine della sezione/pericope), spazio singolo (ad es. p.
1344, col. 1, lin. 4; p. 1347, col. 2, lin. 21) o semispazio (ad es. p. 1350, col. 1,
lin. 37; p. 1352, col. 1, lin. 38; p. 1353, col. 3, lin. 33; p. 1354, col. 1, lin. 32).
Sono necessari solo dentro la riga, tra le parole della scriptio continua, ma
sono tralasciati quando la fine di un paragrafo coincide con la fine della riga,
perch in tal caso la fine del testo, annunciata dalla lineetta iniziale della riga,
si deduce dal senso stesso della frase.
b. Spazi vuoti senza la lineetta:
- allinterno di un paragrafo: in tal caso gli spazi vuoti non sono pi in funzione di un altro segno di divisione (lineetta), ma del testo stesso, nel quale
operano delle articolazioni dove conta la triplice estensione degli spazi di
cui necessario tener conto nella ricerca del nesso e del senso delle frasi.
- Se la lineetta allinizio dellultima riga del paragrafo manca e lo spazio
vuoto indica la fine della sezione in combinazione con il numero marginale, si
ha un caso eccezionale, molto significativo: esso depone a favore della presenza della numerazione fin dallorigine del codice, contemporaneamente allo spazio vuoto (cf. casi registrati sopra in 2b).
In conclusione, la combinazione dei segni di divisione forma un sistema, che
comporta non solo una interconnessione, ma anche una gerarchia: prima viene
la numerazione che con o senza la sporgenza indica linizio di una sezione
o pericope, poi la lineetta che segna la fine di un paragrafo, infine gli spazi
vuoti, in corrispondenza della lineetta o direttamente in funzione del testo. Una
sezione o pericope contiene in genere pi paragrafi, delimitati dalla numerazione (allinizio della sezione) e dalle lineette che indicano la fine dei singoli paragrafi. Allinterno dei paragrafi gli spazi vuoti segnano una ulteriore articolazione del testo, utile per una pi precisa comprensione del suo significato.
Nel passaggio da una sezione allaltra si nota la presenza costante della numerazione:
1a. Numerazione e sporgenza, senza lineetta e spazio vuoto.
1b. Numerazione, sporgenza e spazio vuoto, senza lineetta.
1c. Numerazione, sporgenza e lineetta, senza spazio vuoto.
151
Cf. J.K. Elliott, Theodore Skeat et lorigine du Codex Vaticanus, in Andrist, 119-133.
Cf. Bogaert, Le texte, in Prolegomena, 26, in Andrist, 75-76; Idem, Le Vaticanus, Athanase
et Alexandrie, in Andrist, 135-155.
53 Cf. Amphoux, Les circonstances de la copie du Codex Vaticanus, in Andrist, 157-176.
54 Cf. P. Andrist, Le milieu de production du Vaticanus graecus 1209 et son histoire postrieure: le canon dEusbe, les listes du ive sicle des livres canoniques, les distigmai et les manuscrits
connexes, in Andrist, 227-256.
55 Cf. Elliott, Theodore Skeat, 123-124.
52
152
in quel punto vi erano lezioni differenti nei diversi manoscritti che il copista aveva
sotto gli occhi: ci fa pensare a uno scopo filologico56, non liturgico del codice57.
I segni di divisione del codice B, anche se non sono i canoni eusebiani, possono
ugualmente servire allo scopo liturgico58: Duplacy pensa che il numero delle sezioni e le lineette dei paragrafi bastano per la lettura liturgica, aiutando a trovare
lincipit e il desinit59. Pi in generale Duplacy vede tutto il sistema dei segni del
codice finalizzato a une lecture intelligente du texte60. In realt i segni di divisione formano un sistema articolato che sembra offrire pi di quanto la lettura liturgica esige: indicando la struttura di un testo, intendono favorirne linterpretazione,
svolgono una funzione ermeneutica61. Non certo se questo codice sia nato per
servire da lezionario liturgico in qualche chiesa di Costantinopoli secondo la richiesta di Costantino; in ogni caso presenta tutto il testo biblico e i segni di divisione
suppongono una sua lectio continua, senza i salti e le omissioni per motivi pastorali che caratterizzano i Lezionari62. La domanda di Amphoux, che distingue
tra letture liturgiche e loro composizione letteraria63, da una parte sembra presupporre questo ordinamento selettivo dei lezionari, dallaltra rivela la legittima esigenza di una verifica, quale sorge spontanea di fronte a tutti gli interventi com56 These distigmai therefore suggest that their scribe expected that Codex B would remain in
the scriptorium with the manuscripts whose variants locations it notes. Consequently, the distigmai
constitute significant evidence that its scribes did not create Codex Vaticanus in order to ship it away
to Constantine (Payne Canart, Distigmai, in Andrist, 213).
57 Canart, Notice, in Andrist, 42, scrive: Il semble exclu, dans le cadre de la thorie de Skeat,
que ces signes aient t ajouts dans une des glises de Constantinople destinataires de la commande: quelle aurait t leur utilit pour un usage liturgique du volume, le seul que semble envisager
Constantin?.
58 Seguendo largomentazione di Payne Canart, anche Andrist sostiene unintenzione filologica pi che liturgica del codice B, motivando: alors que les canons dEusbe ne sy trouvent pas
(Le milieu de production, in Andrist, 243).
59 Et pourtant nos chiffres marginaux du Vaticanus ne doivent pas tre une cration gratuite,
mais correspondre un besoin de rfrences prcises et commodes. Comment ds lors ne pas songer
la lecture liturgique des textes bibliques? () Avec les chiffres et les paragraphoi, ctait chose
facile (Duplacy, Les divisions, 134).
60 Bench si possa discutere se le divisioni abbiano tenuto conto della structure logique ou
littraire du texte, si deve ammettere che hanno la loro giustificazione: Dans lensemble, les paragraphes supposent donc une lecture intelligente de lptre; Comme ceux-ci, les sections sont
dues une lecture intelligente du texte (Duplacy, Les divisions, 127.130).
61 Analoga intenzione esegetica hanno i titoli e i sommari: cf. P.-M. Bogaert, Les particularits ditoriales des Bibles comme exegse implicite ou propose. Les sommaires ou capitula donatistes, in P.-M. Bogaert - J. Chopineau R. Goetschel A. Guigui L. Roberechts J.-M. van
Cangh (ed.), Lectures bibliques (PII), Bruxelles, 1983, 7-21; D. De Bruyne, Quelques documents
nouveaux pour lhistoire du texte africain des vangiles, in Revue Bndictine 27 (1910), 273-324.
433-446: Je veux parler des sommaires () introduire dans un livre sacr une nouvelle division
en chapitres, crire un rsum des principales choses de chaque chapitre et le placer en tte du livre
pour en faciliter lusage, cest videmment faire une nouvelle dition de ce livre (273.295).
62 Ordo Lectionum Missae, Roma 1969, n. 76.
63 Quel rapport existe-t-il entre la division du texte en lectures liturgiques et celle correspondant la composition littraire de loeuvre? (Amphoux, La division, 303).
153
154
inizio (vv. 1-2); ma preferisce dare risalto a una seconda funzione, meno ovvia, ma
importante: infatti la pericope seguente presenta la testimonianza di Giovanni Battista e questa presuppone la presenza di qualcuno, che attraverso tutto il vangelo ci
racconta chi il Padre.
In conclusione, una migliore conoscenza dei segni di divisione del codice B
permette di compiere un passo ulteriore: verificare attraverso lanalisi letteraria
se quella struttura testuale ben fondata. Se cos fosse, nel panorama molto vario
delle proposte strutturali si avrebbe un punto di riferimento di straordinario valore
nella ricerca di una precisa comprensione del messaggio evangelico.
Giorgio Giurisato
Theologische Schule, Benediktinerabtei Einsiedeln (CH)
Professore invitato Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
Gaetano Massimo Carlino, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
Giancarlo Biguzzi
Circostanze e argomentazione dellEpistola agli Ebrei
156
Giancarlo Biguzzi
157
tarsi dunque di ci su cui gli interlocutori non avevano bisogno di essere persuasi
da alcuno. Si potrebbero evidentemente elencare altri punti condivisi tra autore e
destinatari, come lautorit delle Scritture e i metodi di interpretazioni di esse, ma
qui utile concentrare lattenzione sulla cristologia profetica, sottolineando come
in tutta lEpistola il vocabolario della profezia sia scarsissimo. Mancano completamente i termini neotestamentari prophteia, prophteu, prophtikos, prophtis
e ricorre due volte soltanto prophtes: oltre che in 1,1 (Dio ha parlato in antico per
mezzo dei prophetai), il termine ricorre poi soltanto in 11,32, nella rassegna storica dei grandi credenti antico-testamentari: Mi mancherebbe il tempo se volessi
parlare di Gedeone (), di Davide, di Samuele e dei prophtai.
Insomma, lautore dellEpistola mette Ges al vertice della profezia ma, proprio
a motivo della discussione che deve sostenere, non ritiene produttivo insistere
sulla dimensione profetica del Cristo. Anzi, anche per tutta la tradizione profetica
dellAntico Testamento egli preferisce, come s visto, il vocabolario della lalia,
nonostante fosse sgradevole per il fine orecchio dei greci.
2. Antilegomena o punti controversi
Lesordio giunge al culmine dicendo che il Figlio asceso alla gloria del cielo:
lo fa con le parole del Salmo 109, cui ricorre qui per la prima di una lunga serie di
citazioni e argomentazioni: sedette alla destra della Maest nellalto dei cieli
(v. 3b). Da questo innalzamento alla destra di Dio per lautore deriva laffermazione dapprodo per Eb 1,1-4, secondo la quale Ges ha ereditato un nome pi grande
che quello degli angeli.
Per mezzo di questa nota di gloria lautore in parte continua a cercare terreno
dincontro con coloro cui scrive e tuttavia, sia in questo contesto sia nella grande
argomentazione dei capitoli centrali, lanabasi al cielo il punto darrivo della
precedente opera di Ges, della quale nellesordio parla la frase participiale
katharismon tn hamartin poisamenos: ed la purificazione dai peccati ci su
cui verte lampia discussione di tutta lEpistola10. In 9,13-14 lautore ricorrer
ancora alla terminologia del katharismos concedendo che il sangue animale e la
cenere di una giovenca purifichino (pros katharotta) la carne di chi impuro per
trasgressioni di inavvertenza, ma poi, argomentando a fortiori, esclama: Quanto
pi il sangue del Cristo purificher (kathariei) la nostra coscienza dalle cattive
opere per servire il Dio vivente. Allo stesso modo nella primissima esortazione,
in 2,2, lautore contrappone la parola detta dagli angeli e cio la Legge (diaggeln
10 Heininger, Sndenreinigung (Hebr 1,3), 56: Das Stzchen von der Sndenreinigung kann
() geradezu als Schlsselvers des Hebrerbriefes gelten, weil das Thema des Schreibens, eben
die Reinigung von den Snden, ausschlgt. meno condivisibile quanto scrive B. Lindars, The
Rhetorical Structure of Hebrews, NTS 35 (1989) 382: If we look at the opening of the epistle, with
its solemn and measured periodic structure, we shall not suppose that anything is wrong at all.
158
Giancarlo Biguzzi
laltheis logos), alla stria detta da Ges (strias htis archn labousa laleisthai
dia tou kyriou). Da una parte dunque la profezia su cui i destinatari convenivano,
circa la quale allautore conviene essere reticente come si visto, e dallaltra la
stria (e linsegnamento su di essa) su cui invece i suoi interlocutori non
convenivano.
Di qui conseguono anzitutto le affermazioni per le quali Ges causa di stria
eterna (aitios strias ainiou, Eb 5,9), al servizio della quale sono gli stessi angeli (1,14), e alla quale il Cristo conduce come condottiero di tutti gli esseri umani
( ton archgon ts strias, 2,10). Di qui viene in secondo luogo la grande insistenza sullo haima di Ges, sangue che egli offr al posto del sangue altrui (9,25),
e cio quello di tori e capri (9,12). Di qui viene linvito a entrare nel santuario in
forza di quel sangue (10,19), che il sangue del grande pastore (13,20), sangue
ormai pi eloquente che quello di Abele (12,24). Di qui vengono, di conseguenza,
le accorate messe in guardia dal crocifiggere di nuovo il Figlio di Dio esponendolo al dileggio (6,6), e dal ritenere impuro (koinon) il sangue di Ges, che equivale
a calpestare il Figlio di Dio.
Sembra dunque di poter dire che i destinatari dellEpistola professassero una
cristologia alta, soprattutto in chiave profetica, per cui Ges come profeta aveva
superato tutti i profeti antichi nel comunicare agli esseri umani la lalia divina:
noi diremmo la rivelazione. Il loro Ges era dunque il Rivelatore, ma non era
n il salvatore n il sacerdote che aveva purificato gli esseri umani con il suo
sangue.
II. La soteriologia nellargomentazione dellEpistola
Nellesordio, dunque, il molto miele (cristologia profetica, rafforzata dalla cristologia teologica, protologica, economica ed escatologica) deve aiutare i destinatari a inghiottire la medicina amara della soteriologia. Subito dopo lesordio, con
grande finezza, lautore ricomincia dai temi (condivisi dai destinatari) della glorificazione di Ges alla destra della maest nei cieli e del nome pi grande di quello
degli angeli. Ma il basso continuo, anzi ostinato, nellargomentazione dellintera
Epistola, sar il tema soteriologico. Per questo motivo, anche se in termini sintetici, saranno qui riprese e come parafrasate le argomentazioni soprattutto dottrinali
dellEpistola.
Nei primi due archi argomentativi (Eb 1,52,18 e 3,15,10) lautore procede
con ritmo binario, e procede invece con ritmo ternario negli ultimi due (Eb 5,11
10,18 e 10,1913,24).
159
160
Giancarlo Biguzzi
etimologia, dopo proposte alternative sia antiche sia moderne, stata ripresa nel
Novecento e resta la migliore14. Il sacerdote, dunque, deve fare da ponte tra gli
uomini e la divinit, ed significativo che nei primi due capitoli lautore di Ebrei
si attardi a chiarire chi mai possa ricongiungere lumanit a Dio, e che solamente
in 2,17 definisca Ges come sommo sacerdote, e cio solo dopo avere provato
che lui a trovarsi in quella condizione.
2. Profeta degno di fede - Sacerdote capace di compassione
Nella terza e quarta argomentazione lautore infatti mostrer come Ges sia da
un lato degno di fede e, dallaltro, misericordioso, che sono le qualit indispensabili a ogni mediatore o pontefice. Il tema della steria riaffiora subito,
prima che la illustrazione dei due aggettivi cominci: divent sommo sacerdote allo scopo di espiare i peccati del popolo (eis to hilaskesthai tas hamartias tou
laou). Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli in grado di venire in aiuto di quelli che subiscono la prova (2,18).
Davvero lautore non d tregua a chi apprezza la profezia di Ges, ma non anche
e soprattutto la sua umanit segnata dalla sofferenza salvifica.
Dopo il confronto con gli angeli lautore confronta Ges con Mos. Anche
Mos fu pistos dice lautore. Lo fu per come servitore (hs therapn) nella casa
di Dio (en ti oiki autou), mentre il Cristo fu pistos in qualit di figlio (hs huios)
sopra la sua casa (epi ton oikon autou) (3,2.5). Affermata dapprima e brevemente
la credibilit del Cristo in rapporto a Dio ( pistos per colui che lo ha costituito [apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo], 3,1), lautore
illustra poi la credibilit del Cristo nei confronti della casa di Dio, che siamo noi
(3,6b). Lo fa molto diffusamente in 3,6b4,12, attualizzando il Salmo 95 per loggi delle generazioni venute dopo quella dellesodo, che nel deserto fu ribelle. Si
tratta di unulteriore concessione allentusiasmo dei destinatari circa la cristologia
profetica, ma lautore precisa che quella parola una parola purificatrice e non
solo rivelatrice, perch discerne i sentimenti e i pensieri del cuore penetrando fino
al punto di divisione dellanima e dello spirito (4,12-13).
Oltre che degno di fede, Ges poi sacerdote capace di compatire (5,1-10).
Anche qui affermata massicciamente la cristologia soteriologica: nella menzione
dei giorni della carne di Ges (v. 7), nella teleisis (evidentemente quanto a vicinanza agli uomini) da lui conquistata attraverso lobbedienza (v. 8), e soprattutto
con la radice sanscrita dhe (= porre, fare), allo stesso modo che (arch)iereus parla un po genericamente e paganamente di chi addetto al sacro.
14 Marco Terenzio Varrone, De lingua latina, V, 83. Varrone (116-27 a.C.) nacque probabilmente a Rieti e fu discepolo del primo filologo latino, L. Elio Stilone. - Per la storia delletimologia
di pontefice cf. M. Cortellazzo - P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, vol. 4, Bologna 1992 (11985).
161
nellavere egli procurato una salvezza non passeggera, ma eterna (aitios strias
ainiou, v. 9).
3. Un sacerdozio alternativo allinefficace sacerdozio aronitico
In Eb 7 lautore riesce poi a dimostrare che, pur provenendo dalla trib nonsacerdotale di Giuda (7,14), Ges proclamato sacerdote dalle stesse Scritture.
Riesce nellimpresa, combinando Gen 14,18-21 e il Salmo 110, gli unici due testi
dellAT in cui compaiono la figura e il nome di Melchisedek. Il primo testo gli
consente di affermare che le Scritture parlano di un sacerdozio alternativo e pi
grande di quello aronitico, dal momento che Abramo, il patriarca! (ho patriarchs,
in posizione enfatica; 7,4), pag la decima a Melchisedek, definito dalla Scrittura
sacerdote del Dio altissimo. Il Salmo 110, poi, attribuisce quel sacerdozio, il
sacerdozio di Melchisedek, al kyrios di Davide, il Messia, e dunque alla persona di
Ges: Ha detto il kyrios al mio kyrios: () Tu sei sacerdote in eterno secondo la
taxis di Melchisedek (Sal 110,1.4). In secondo luogo, parlando di taxis, il Salmo
evoca non una singola persona che ha la carica sacerdotale, ma tutto un ordinamento, con un proprio sacerdozio, un tempio, una legislazione (cf. Eb 7,12), e propri
ministri, riti e sacrifici.
In Eb 7 lautore innesca poi una seconda linea argomentativa: quella dellinefficacia del sacerdozio e dei sacrifici giudaici che risalta in tutta la sua evidenza
nel confronto con ci che migliore, kreitton: a causa della sua [= dellordinamento aronitico] debolezza e inutilit si ha lintroduzione di una speranza
migliore (kreittonos elpidos), grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio (7,1819). NellEpistola il comparativo kreittn ricorre 13 volte (su 19 del NT), costantemente vi qualifica le realt cristiano-messianiche15, e anchesso parla di
soteriologia: in 6,9 ta kreittna infatti ha come sinonimo cose che portano alla
salvezza, echomena strias. Il discorso sulla stria qui proposto, non in
quanto complementare nei confronti della profezia come nellesordio, ma in
quanto superiore alla salvezza che poteva essere raggiunta nellordinamento
sacrificale giudaico.
15 Di fatto kreittn o kreitton sono il nome di Ges a confronto con quello degli angeli (Eb 1,4),
la sua mediazione che mediazione di unalleanza migliore (8,6bis), il suo sangue a confronto con
quello di Abele (12,24), e poi la speranza (7,19), lalleanza (7,22), i sacrifici (9,23), e i beni di cui
noi disponiamo (10,34; 11,40) e di cui invece non poterono godere i padri da Abele fino ai martiri
di cui parla 2Mac 6-7, essi che non poterono raggiungere una patria e una risurrezione migliori
(11,16.36). In 7,7 Melchisedek a essere pi grande di Abramo, ma anche questo in fondo parla del
sacerdozio pi grande di Ges.
162
Giancarlo Biguzzi
Le ricorrenze di [ep]hapax sono 11 in Eb, e solo sette sono quelle dei restanti scritti del NT.
163
Mediante quella volont siamo stati santificati () una volta per sempre (ephapax) (10,10).
Lautore non trovava nel Salmo 40 il termine sangue che lo aiutasse a parlare della sostituzione dei sacrifici cruenti giudaici con il sangue di Ges, e quella
felix absentia lo ha portato a scandagliare sino in fondo la natura e lessenza di ogni
sacrificio, e soprattutto del sacrificio di Ges e della sua efficacia. Ges aveva
bens offerto il suo proprio sangue e non il sangue di capri e vitelli, e tuttavia anche
il sacrificio del sangue non al riparo da ci che pu pregiudicarne la nobilt e
leroicit. Dopotutto, Paolo diceva che distribuire in cibo i propri beni e persino
dare il proprio corpo, a nulla servono se non sono ispirati dallagap (1Cor 13,3).
Commentando quel testo, R. Kieffer pu parlare di eroismo malsano e H. Schlier
pu scrivere: Luomo a volte si dona per sfuggire allamore17.
Mentre Paolo chiede che a motivare il sacrificio della propria vita sia lagap,
pena la sterilit del gesto, lautore dellEpistola afferma che lautenticit dellofferta
del proprio sangue da parte di Ges venuta dallobbedienza, lui che impar lobbedienza (tn hypakon) da ci che pat (5,8). Ancora pi che con 1Cor 13, il contatto di Eb 10,10 allora con Rm 5 dove lobbedienza di Ges ha vinto la disobbedienza di Adamo e ha riconciliato la famiglia umana con Dio: Come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, cos anche per lobbedienza (dia ts hypakos) di uno solo tutti saranno costituiti giusti (Rm 5,19)18.
Non tanto il sangue ma lobbedienza di Ges, dunque, ha risanato una volta per
tutte (ephapax) le relazioni degli uomini con Dio perch, una volta riportato
nellobbedienza a Dio, lessere umano non ha bisogno pi di purificazione, essendo santificato in permanenza (10,10). a ragione, dunque, che lautore nei capitoli precedenti aveva parlato di disobbedienza per la generazione dellesodo (apeitheia, apeithe; 4,6.11; 3,18), e di obbedienza per Ges e per quelli che a lui si
sottomettono (hypako, hypakou; 5,8.9)19.
6. Vertice dogmatico e vertice retorico
Con ci lEpistola giunta al suo vertice dogmatico, ma non terminata, perch altro il vertice dogmatico, e altro il vertice retorico. Per questo, allautore
17 R. Kieffer, Le primat de lamour (LD 85), Paris 1975, 104; H. Schlier, Sullamore, in Il
tempo della Chiesa, Bologna 41981 (Freiburg i.B. 11956), 301.
18 Sul tema cristologico e soteriologico dellobbedienza cf. C.L. Rossetti di Valdalbero, Novissimus Adam. Saggi di antropologia ed escatologia biblica, Citt del Vaticano 2010 (soprattutto i
sottotitoli del cap. I: Il peccato originale come an-archia e carenza di filialit, p. 17; e Lavvento
del Figlio e la grazia dellautocoscienza filiale, p. 24).
19 Questi temi soteriologici saranno evocati unultima volta nella dossologia di Eb 13,20-21: in
virt del sangue (haima) dellalleanza eterna, il Dio della pace ricompone ora nellarmonia (katartisai) con s i credenti, e quella perfezione consiste nel fare la sua volont (thelma), sullesempio
di Ges e mediante lui (dia Isou Christou).
164
Giancarlo Biguzzi
resta ancora la parte pi difficile, quella di portare alla giusta decisione i suoi interlocutori. Egli tenter lardua impresa nei capitoli restanti20 i quali, nella strutturazione dellEpistola proposta da A. Vanhoye, hanno invece uno statuto in parte
minore (Eb 11-12) e in parte minimo (Eb 13). Basti ricordare che il titolo dato da
Vanhoye alla sua ultima sezione : Il frutto pacifico di giustizia. Ma quel titolo
porta il lettore nella terra di nessuno proprio nel momento pi importante, quello
di concludere21: la giustizia e il suo frutto hanno infatti poco a che fare dal punto
di vista tematico con il sacerdozio e il sangue del Cristo, ma ancora meno con la
situazione dei destinatari dellEpistola, come si deve vedere ora, nella grande
esortazione di Eb 11-13.
Daltra parte questi ultimi capitoli sono preziosi, non tanto per ulteriori spunti
di soteriologia che pure non mancano, ma per alcune indicazioni che contengono
circa i destinatari e circa le scelte di tipo religioso che essi hanno in animo di fare.
7. Prima esortazione: con la pistis dei Padri
Anche lesortazione finale ritmata triadicamente ed preannunciata in 10,3539, dove ai destinatari dellEpistola detto che hanno bisogno di perseveranzahypomon (i) e di pistis-fede (ii) per potere raggiungere la epaggelia-promessa (iii).
Dice il testo: Avete bisogno di hypomon, affinch () possiate raggiungere la
epaggelia (). Noi non siamo quelli della hypostol che porta alla rovina, ma
quelli della pistis per la conquista della vita (10,36-39).
La prima delle tre esortazioni a essere svolta quella annunciata per ultima,
quella della fede. Lautore vi propone una lunga serie di exempla introdotti anaforicamente con le formule kata pistin (11,7.13), dia pistes (11,33.39), chris pistes
(11,6) e pistei (17 volte), senza contare quelle composte con il pronome. La pistis
non la fede quae creditur, ma qu creditur. quella per la quale, di fronte a
unalternativa, si sa scegliere la parte migliore, anche se comporta precariet e
martirio. In una digressione di sapore teologico e non narrativo-evocativo lautore
dice infatti che tutti gli eroi della fede non conseguirono i beni promessi, ma che
solo li videro e li salutarono da lontano (11,13), restando alla ricerca della citt per
loro preparata da Dio (11,14-16).
In questa prima esortazione finale anzitutto lautore mostra ai suoi interlocuto20 Se questo vero, allora Eb 12-13 non una finale debole e fiacca di un testo dogmatico di
grandissima levatura, ma il punto darrivo di tutta largomentazione. Cf. in G. Violi, Usciamo
dallaccampamento verso di lui. Eb 13,13 e le parenesi della Lettera, Assisi 2008, la discussione
circa lintento dottrinale o esortativo dellautore (p. 243-252), e la sua presa di posizione: le parenesi della lettera sono collocate a coronamento d[elle] esposizioni dottrinali (p. 349), e la cura
retorico-stilistica delle esortazioni () non registra cali di tensione fino alla fine del documento.
Lindars, citato da Violi, ritiene invece che dopo il cap. 12 il cammino sia solo discesa (The
Rhetorical Structure of Hebrews, 352, e nota 336).
21 Le fruit pacifique de justice; cf. Vanhoye, La structure littraire, 59, 205, 216.
165
ri che lesempio dei padri contesta radicalmente le scelte che stanno facendo, la
hypostol (10,38-39) che progettano. Il vocabolario della hypostol nasconde una
metafora nautica, perch hypostellein lazione dellammainare le vele22, oltre che
quella del desistere, del ritirarsi impauriti di fronte alla difficolt. In secondo luogo,
con lesortazione di Eb 11 lautore invita invece i suoi interlocutori a vivere protesi in avanti con la fede dei padri verso il futuro e verso le promesse divine. Le
statistiche sono eloquenti: pistis e pisteuein ricorrono 25 volte, cinque volte ricorre
il vocabolario della visione o non-visione, e sette volte il vocabolario della epaggelia (vv. 9bis.11.13.17.33.39). In terzo luogo, a sorpresa, negli ultimi due versetti
lautore dice che i protagonisti della storia biblica, da Abele ai martiri pi recenti,
non hanno raggiunto ci in cui hanno creduto e sperato, perch Dio ha concesso
perfezione e pienezza non ai grandi credenti del passato, ma alla generazione di cui
fanno parte lui e i suoi corrispondenti: Tutti costoro, nonostante la loro fede non
hanno conseguito la promessa, avendo Dio preordinato per noi il kreitton, affinch
non ottenessero la perfezione (hina m teleithsin) senza di noi (chris hmn)
(11,39-40). C. Spicq descrive lapidariamente le due situazioni scrivendo: Gli Israeliti hanno atteso. I cristiani possiedono23.
8. Seconda esortazione: con la hypomon di cui Ges archetipo
Se vero che possediamo, abbiamo per bisogno di hypomon. Infatti, come
i padri furono protesi in avanti verso il futuro e verso le promesse, allo stesso modo anche noi dobbiamo correre con hypomon la corsa che ci sta davanti. In
questa metafora sportiva lexemplum proposto quello di una sola persona, di
Ges: Corriamo () tenendo lo sguardo fisso su Ges, archegos e teleits della
fede (12,1-2). Con la prima persona plurale (kai hmeis), lautore sembra mettersi nella massa dei credenti e sembra rivolgersi dunque a tutti indistintamente. In
realt, anche questa seconda esortazione per i destinatari dellEpistola perch,
prolungando il tema della esemplare hypomon di Ges, subito lautore passa alla
seconda persona plurale e dice: Pensate attentamente (analogisasthe) a colui che
stato perseverante (hypomemenkota) sotto il peso di una grande ostilit (12,3).
Dellesempio di Ges e della sua perseveranza essi hanno bisogno per non stancarsi, e per non perdersi danimo (12,3) e resistere fino al sangue (12,4).
Altre due metafore sportive, questa volta tratte dalla Scrittura (Is 35,3; Pr 4,26),
completano limmagine della corsa del v. 1: i destinatari devono tirare su le braccia
cascanti e le ginocchia rammollite (12,12), perch per dare il meglio di s latleta
22 Gli autori greci usano con lo stesso significato anche il verbo semplice (stellein) e il composto con syn- (systellein); Omero, Iliade 1,433 (histia steilanto); Odissea 3,10 (histia steilan);
16,353 (histia stellontas); Pindaro, Istmica 2,40 (histion hypesteil[e]); Aristotele, Mechanica
851.b.10 (histion hypostellontai); Plutarco, De tuenda sanitate praecepta 128.f.1 (histion systellein).
23 Spicq, Lpitre aux Hbreux,199: Les Isralites attendaient. Les chrtiens possdent.
166
Giancarlo Biguzzi
deve coordinare arti e movimenti. E devono raddrizzare le tortuosit della loro linea
di corsa perch in sentieri traversi si farebbero del male: Raddrizzate le vostre
storte trochiai (da trech, correre) perch ci che in voi zoppica non abbia a
storpiarsi e abbiate invece a guarire (12,13).
Coloro cui indirizzata lEpistola sembrano dunque essere sotto il tiro di qualche gruppo ostile per cui, stanchi e demotivati, gi hanno preso una direzione che
per lautore apostasia.
9. Terza esortazione: muovere verso la citt futura
Sul finire dellEpistola lautore giunge come a un ingorgo e, volendo dire tutto
di nuovo, moltiplica le immagini e i riferimenti. Una cosa sola tuttavia gli preme:
che i suoi interlocutori non perdano di vista la meta della grande corsa, il raggiungimento della promessa. Lo dice bene K. Backhaus che scrive: I nomi dei luoghi
e le immagini cambiano: il riposo, il santuario, la tenda, la terra, la citt, il regno.
Ma il tema dellepaggelia non cambia ed invece come il cantus firmus dellintera composizione24.
Anzitutto lautore invita a una triplice vigilanza: che non si disperda la grazia
di Dio; che non si avveleni la comunit con un influsso negativo (12,15); e che non
si ripeta tra loro il peccato di Esa il quale, per un vile cibo (brma), svendette la
primogenitura (prtotokia) (12,16-17). Poi, per dare pi forza agli ultimi imperativi, richiama per i destinatari dapprima i capisaldi della loro identit, e poi lopera
purificatrice e santificatrice del Cristo.
Anzitutto, la grazia di Dio che essi rischiano di svendere proprio la loro identit, segnata e configurata non dalla terrificante teofania del Sinai (12,18-21), ma
dalla partecipazione allassemblea dei primogeniti (prtotokn) sul Sion, nella citt del Dio vivente. In secondo luogo, quella citt, la Gerusalemme celeste, meta
di coloro che vengono portati alla perfezione da colui il cui sangue purifica (haimati rhantismou) e parla con una parola ben pi eloquente (kreitton lalounti) che
non quella del sangue di Abele. E subito aggiunge un ulteriore, minaccioso imperativo: Guardatevi perci di non rifiutare colui che parla dai cieli (ton lalounta
[] apourann), perch gi gli Israeliti non trovarono scampo per avere rifiutato colui che promulgava decreti semplicemente sulla terra (12,25). Per definire
lidentit propria e dei destinatari lautore torna dunque ai temi della lalia e della
stria le quali, invece di escludersi, qui si sovrappongono (12,22-24).
Poi lautore scende al concreto, esortando i suoi interlocutori a non lasciarsi
24 Backhaus, Das Land der Verheiung: Die Heimat der Glaubenden im Hebrerbrief, NTS
46 (2001) 171-188 (citazione a p. 185). Sullimportanza dellepaggelia in Eb cf. anche C. Rose,
Verheiung und Erfllung: Zum Verstndnis von epaggelia im Hebrerbrief, BZ 33 (1989) 60-80;
178-191; 179-180.
167
portare fuori strada o fuori dal porto (m parapheresthe, 13,9)25 circa dottrine varie
ed estranee26 e circa cibi che non sono mai stati di giovamento. Quanto alle
dottrine estranee, lautore le ha combattute in tutta lEpistola, e quanto ai cibi
(brmasin), inevitabile pensare al brma per il quale Esa perdette la primogenitura, e non pu non trattarsi che di cibi legati al culto perch poi lautore parla di
un thysiastrion cui non possono mangiare i giudei (quelli che prestano servizio,
o adorazione, alla Tenda, 13,10).
La motivazione di quel divieto tratta (gar) da Lv 16,27 ed illustrata con significativa precisione: le carni del giovenco e del capro che venivano immolati nel
giorno del kippur, essendo cariche dei peccati di tutto il popolo, non potevano n
essere mangiate, n essere bruciate sullaltare, e invece si dovevano incenerire
fuori del campo, in luogo non puro, mentre il sangue era portato dal sommo
sacerdote nel santuario per lespiazione dei peccati (13,11). Non cos Ges, dice
lautore , perch egli ha santificato il popolo (hina hagiasi ton laon) con il suo
sangue patendo fuori dalla porta cittadina (ex ts pyls; 13,12). Ancora il sangue
di Ges e la sua stria, dunque! E ancora un imperativo il quale, poich il sangue
di Ges santifica il popolo fuori citt, invita a uscire dallaccampamento per andare verso di lui, anche se c da portare il suo obbrobrio (13,13)27. Uscire dalla Gerusalemme del kippur andando verso di lui confessare che non si ha qui una citt
stabile ed sentirsi in cammino verso la citt futura (13,14), verso la Gerusalemme
celeste (cf. 12,22), verso il regno che non crolla (12,28), dove Ges sempre vivo
per intercedere a nostro favore (cf. 7,25).
Tutto questo era stato anticipato nellesordio secondo cui, dopo avere compiuto la purificazione dei peccati, il Figlio si assiso alla destra della Maest con un
nome (in pratica: con un ruolo di mediatore tra Dio e gli uomini) pi eccellente che
non il nome degli angeli. cos che, dallinizio dellEpistola alla fine, i destinatari
sono invitati ad accogliere la stria di Ges, e non solo la sua profezia.
III. La situazione dei destinatari
Dalla complessa risposta dellautore svolta in tutta lEpistola e dalle indicazioni circa i destinatari che da essa si possono trarre, si pu ora tentare una ri25 Cf. lanalogo mpote pararumen di Eb 2,1, e J.W. Thompson, Outside the Camp: A Study
of Heb 13,9-14, CBQ 40 (1978) 55-56, che scrive: Parapheresthe suggests the image of one
without an anchor (6,19), who is carried away by the winds.
26 Poikilos pu aver valore neutro (vario), positivo (piacevole perch variopinto, cf. il portico
Pecile di Atene, dipinto da Polignoto), e negativo (complesso, oscuro, equivoco). Xenos significa
non del proprio paese e, quindi, estraneo a ci che proprio.
27 Circa limportanza di questo versetto (e del contesto) cf. Thompson, Outside the Camp
( 13,9-14 is the lens through which the rest of the book is viewed, p. 54), e soprattutto Violi,
Eb 13,13 e le parenesi della Lettera.
168
Giancarlo Biguzzi
169
sati al rapporto tra Antico e Nuovo Testamento senza che la loro provenienza
giudaica o pagana sia rilevante32. Lopinione secondo cui lEpistola destinata a
giudeo-cristiani sostenuta ancora oggi dalla maggioranza dei commentatori33, e
ci sono buone ragioni per farlo, come: la non comune conoscenza dellAT che
lEpistola presuppone; lacuto interesse al culto, ai sacrifici, al tempio e al sacerdozio, e linsistenza sul carattere imperfetto e transitorio del culto giudaico, che
difficilmente poteva interessare un cristiano proveniente dal paganesimo. A titolo
di esempio, per i destinatari sembra esserci solo il sacerdozio di Aronne e dei Leviti, mentre per lautore dimostrabile in base alle Scritture lesistenza di un sacerdozio alternativo e pi perfetto. I confronti istituiti dallautore, poi, affermano con
molta monotonia la superiorit di Ges sugli angeli come mediatore e su Mos
quanto a credibilit sulla casa di Dio, del sacerdozio secondo Melchisedek sul sacerdozio secondo Aronne, del sacrificio di Ges sui sacrifici del giudaismo, del
Sion sul Sinai e sulla sua terrificante teofania che mise nel panico lo stesso Mos.
Se dunque giusto supporre che i destinatari dellEpistola siano di provenienza
giudaica, probabilmente si deve per escludere che ora essi siano intenzionati a
tornare alle pratiche giudaiche. Per Ceslas Spicq, invece, i destinatari erano alcuni
di quei sacerdoti che secondo At 6,7 avevano aderito alla fede in Ges34. B. Lindars
non accetta lipotesi di Spicq perch lEpistola non accenna neppure una volta alla
possibilit che i lettori stessi abbiano officiato nel tempio, e tuttavia parla anche lui
di nostalgia del giudaismo, anche se chiama in causa semplici fedeli: I lettori non
sono dei ribelli, pervicaci e insolenti, ma hanno la coscienza profondamente turbata e sono fortemente tentati di ricorrere allaiuto della comunit giudaica35. A
32 Sono sostenitori di questa opinione von Soden, Dibelius, Moffatt, von Harnack, Lagrange,
Kuss, Kmmel, Vanhoye ecc. Per tutti si pu citare E. Grsser, An die Hebrer, I-III, Zrich Neukirchen-Vluyn 1990-1997, vol. I, 1990, il quale, dopo avere scritto a p. 23: Hebr gib fr die
Adressatenfrage kaum etwas her, a p. 24-25 aggiunge: Daher wird es wohl richtiger sein, in den
Adressaten Christen ohne Rcksicht auf ihre Herkunft zu sehen, die in der zweiten christlichen
Generation leben (2,3) und nicht von einer bestimmten Irrlehre, sondern von der typischen Glaubensmdigkeit ernstlich bedroht sind. Die Verfasser blickt also bei seiner Mahnung nicht auf eine
Gemeinde, deren besonderes Schicksal ihm am Herzen lge; er blickt auf das, was alle oder die
meisten Gemeinden regelmig erleben: er blickt auf die Kirche.
33 Cos fanno C. Spicq, H. Montefiore, J. Bonsirven, B. Lindars ecc.
34 C. Spicq, Lpitre aux Hbreux, vol. 1, Paris 1953, 227-228 (colpiti dallostracismo giudaico,
sono stati spogliati dei loro averi [10,34]. Costretti ad abbandonare Gerusalemme, si sono rifugiati
per esempio a Cesarea Marittima o ad Antiochia di Siria, e hanno la psicologia degli sradicati, degli emigrati, dei senza-patria [cf. Eb 11; 13,14]. Ricostruiti a questo modo gli antefatti, Spicq conclude: Ils sont tents de revenir au judaisme).
35 B. Lindars, La teologia della lettera agli Ebrei (Letture bibliche 7), Brescia 1993, 18 e 61-62;
Idem, The Rhetorical Structure of Hebrews, 388 e 390. Su tutta la discussione cf. lo status quaestionis di C. Marcheselli-Casale, Lettera agli Ebrei. Nuova versione, introduzione e commento (I libri
biblici. NT 16), Milano 2005, 29-36 (per il quale destinatari sono giudeo-cristiani che correvano il
rischio di velare la loro fede cristiana con un ritorno al giudaismo, p. 31-32).
170
Giancarlo Biguzzi
Lindars si pu contro-obiettare che lautore non accenna mai neanche alla loro
presente volont di tornare a offrire sacrifici a Gerusalemme.
In base a 12,4 si pu al contrario ipotizzare che lostilit esperimentata dai
destinatari dellEpistola nel presente venga proprio dagli antichi correligionari. La
lotta contro il peccato (hamartia) nella quale essi non hanno ancora resistito fino
al sangue e che per loro occasione di paideia da parte di Dio (12,5-11), non pu
riguardare la loro hamartia personale per la quale non si vede chi possa osteggiare
fino al sangue, n pu riguardare la difesa della cristologia soteriologica che essi
ormai non condividono pi con lautore. E allora lulteriore possibilit che essi
siano incalzati e osteggiati dalla sinagoga di provenienza a motivo della cristologia
profetica, che si chiedeva loro di abbandonare per un rientro nella fede giudaica,
abbandono che invece per lautore sarebbe stato peccato gravissimo di apostasia.
Non per nulla la famosa crux dogmatica di Eb 6,6 dice che per lapostasia
esclusa la possibilit di un secondo perdono.
Per ricostruire la loro posizione, anzitutto decisivo dunque il loro disaccordo
con lautore dellEpistola circa la dottrina soteriologica. Per loro il sangue di Ges
non affatto eloquente pi di quello di Abele e non purifica n santifica. Nulla pi
dicono loro n il sacerdozio di Ges che per lautore colma invece labisso tra Dio
e luomo, n il suo sacrificio che per lautore ha annullato una volta per tutte la
disobbedienza umana a Dio, n, infine, la presenza di Ges alla destra di Dio,
sempre vivo a intercedere per gli uomini.
Invece che i riti gerosolimitani, ci che sembra attrarre i destinatari sono cibi
(brmata) che, come il piatto di lenticchie (brma) di Esa, per lautore fanno
perdere la primogenitura (ta prtotokia, 12,16), e cio lappartenenza allassemblea (cristiana) dei primogeniti (prtotokn) i cui nomi sono scritti nei cieli (12,23).
Fra laltro, Esa qualificato con i due aggettivi pornos e beblos i quali ambedue,
significativamente non presenti nel testo biblico, parlano di idolatria e di irreligiosit. Beblos ci che profano, ci su cui tutti possono muoversi (dalla radice:
bain), mentre il luogo sacro a-baton, inaccessibile, sacro, vietato, inviolabile
(ancora dalla radice: bain). Anche pornos ha qui il valore di macchiato di idolatria, pi che di scostumato in campo sessuale, perch non fu la scostumatezza
sessuale a fargli perdere la primogenitura. Non per nulla, pur essendo ampia e
dettagliata, la critica dellEpistola alle realt giudaiche non riguarda mai e in nessun
modo la trasgressione del primo comandamento, che per un giudeo era invece il
maggiore peccato dei non-giudei. Con la figura di Esa, che per un brma svende
la primogenitura, lautore vuole dunque bollare i destinatari in quanto stanno inclinando verso pratiche religiose dellambiente ellenistico-romano, per giudei e cristiani impregnate di idolatria e di irreligiosit.
In estrema sintesi: la posizione o la tendenza religiosa di coloro cui fu indirizzata lEpistola sembra essere fatta: (i) di provenienza dal giudaismo, (ii) di componenti di fede giudaiche, e anzitutto di fede nelle Scritture, (iii) di componenti di
171
fede cristiana, e anzitutto di una cristologia alta di stampo profetico, ma contemporaneamente (iv) di freddezza nei confronti della dimensione soteriologica della
cristologia, e infine (iv) di alcune pratiche alimentari greco-romane, pi che giudaiche. Questo significa che destinatari dellEpistola erano probabilmente persone
tentate di aderire a una corrente sincretistica la cui dottrina teneva insieme elementi giudaici, elementi cristiani, ed elementi della religione ambientale.
3. Scontro tra cristologia soteriologica e profetica tra sec. I e sec. II
Dottrine sincretistiche analoghe saranno molto diffuse nel II secolo. Di esse si
ha qualche sentore gi negli scritti del Nuovo Testamento: in particolare nelle lettere giovannee che con lEpistola hanno in comune almeno quattro decisivi temi
soteriologici.
La prima e seconda lettera, come noto, anzitutto prendono ferma posizione
contro chi nega la venuta del Cristo nella carne: Molti ingannatori sono usciti nel
mondo i quali non professano la fede in Ges Cristo venuto nella carne (erchomenon en sarki, 2Gv 7; en sarki ellythota, 1Gv 4,1-3). In secondo luogo, la Prima
Lettera aggiunge con sorprendente insistenza che la venuta nella carne fu caratterizzata dal sangue: Chi che vince il mondo se non chi crede che () Ges
Cristo venuto attraverso lacqua e il sangue (dia haimatos)?: non nellacqua soltanto, ma nellacqua e nel sangue (kai ti haimati) (1Gv 5,5-6). Comunque si interpreti linsistenza sullindispensabilit dello haima per la retta fede cristologica,
quel sangue certamente il sangue redentore della croce. In terzo luogo, la Prima
Lettera ha in comune con lEpistola agli Ebrei la stessa insistenza sia sui peccati (7
ricorrenze di hamartia), sia sulla purificazione e sullespiazione (kathariz, air/
aphimi hamartias - hilasmos), di cui detto che vengono da Ges, o dal suo sangue (haima), o dal suo nome (onoma)36. In quarto luogo, questo martellante magistero delle Lettere sullincarnazione e sul valore salvifico della morte di Ges
sembra volere ridurre lo spazio che il quarto vangelo riservava alla sua missione di
rivelatore. Nelle lettere si riprende bens il titolo cristologico di Logos, ma lo si
storicizza in senso incarnazionistico con i verbi della percezione visiva, auditiva e
perfino tattile che di lui si avuta (1Gv 1,1), e con linsistenza sui tradenti di quanto fu allinizio, dai quali non si pu prescindere per avere la retta fede nel Figlio e
per avere, attraverso di lui, accesso al Padre (cf. 1Gv 1,3 e passim)37.
36 Cf. 1Gv 1,9 (hina aph hmin tas hamartias kai katharis apo pass adikias); 1Gv 2,2
i
i
(autos hilasmos estin peri tn hamartin hmn); 1Gv 3,5 (hina tas hamartias ari); 1Gv 4,10 (hilasmon peri tn hamartin hmn); 1Gv 1,7 (to haima Isou katharizei hmas apo pass hamartias); Gv 2,12 (apheontai hai hamartiai hymin dia to onoma autou).
37 Differenziano lEpistola agli Ebrei dalle Lettere giovannee sia lassenza di polemica, sia la
speranza che lautore nutre di fermare in tempo i suoi interlocutori. Nelle comunit giovannee invece
la spaccatura si gi drammaticamente consumata (1Gv 2,19; 2Gv 10-11).
172
Giancarlo Biguzzi
Lo scontro tra cristologia profetico-rivelatoria e cristologia soteriologica si accentuer ulteriormente nei decenni seguenti. Secondo Ireneo di Lione, al tempo di
Traiano (98-117 d.C.), Cerinto affermava che il Cristo (= la messianit) abit in
Ges solo transitoriamente a partire dal battesimo38, abbandonandolo gi prima
della passione39, per cui la morte di croce non avrebbe valore salvifico: [Secondo
Cerinto] alla fine il Cristo se ne and via da Ges, e Ges sopport la passione, e
risuscit, mentre il Cristo, essere spirituale, continu a essere impassibile40. Dai
maestri gnostici del II secolo Ireneo cita molto altro circa il caposaldo della loro
fede nel Rivelatore che salva trasmettendo gnsis-conoscenza, e sul risoluto rigetto del crocifisso e della morte di croce: Il Salvatore non si sarebbe incarnato n
avrebbe patito: sarebbe soltanto disceso in forma di colomba nel Ges delleconomia e, dopo avere annunciato il Padre inconoscibile, sarebbe risalito nel Pleroma;
Se qualcuno riconosce il crocifisso ancora schiavo (), chi lo rinnega invece
liberato ()41. A met del secolo II, anche Policarpo di Smirne scriveva ad esempio: Chi non confessa che Ges venuto nella carne anticristo, aggiungendo:
chi non confessa la testimonianza della croce dalla parte del diavolo42.
***
In conclusione, per il ragionevole presupposto che dottrine analoghe siano da
ambientare in tempi vicini, e, in particolare, a motivo della analoga tendenza a
contrapporre il Cristo rivelatore al Cristo redentore, non si dovrebbe sbagliare di
molto se si dice che ai tempi della stesura dellEpistola agli Ebrei (e delle Lettere
giovannee) lo gnosticismo era alle porte.
Giancarlo Biguzzi
Pontificia Universit Urbaniana, Roma
38
Frdric Manns
A Jewish Reading of 1Peter 2,1-10
Introduction
During the year dedicated to the ministerial priesthood it is important for the
Church to remember the theology of Christ the Priest and the priestly prerogatives
of the Baptised according to first letter of Peter (1Pet). Only at the end of his letter,
in chapter 5, the author speaks of the presbuteroi, the Church leaders, in a Haustafel,
a domestic code. It means that it is impossible to speak about the ministerial priesthood without reflecting first on the priesthood of Christ and the priesthood of the
Baptised, because ministerial priesthood is only a service of the priesthood of the
Baptised. The text of 1Pet, which the Protestant reformers argued for the redundancy of the ministerial priesthood, is important since a harmonization of the idea
of the ministerial priesthood and the Royal priesthood of the Baptised is possible.
First of all some introductions problems have to be tackled1. Many exegetes
remain convinced that the author of 1Pet addresses pagan converts, while the patristic tradition saw in the recipients of the letter Judeo-Christians of the Asian diaspora. To ensure pagan converts that they are the elected people and the royal
priesthood means to have recourse to the theology of substitution. Moreover, the
use of many explicit and implicit quotations of the Scripture supposes that the listeners are able to understand them and that 1Pet was sent to Jewish converts to
Christianity.
Secondly, a text must be replaced in its context. The immediate context is a
catechesis on Baptism which entails incorporation into Christ who is the Priest2.
Christian priesthood results from Baptism and derives from the priesthood of Christ
as a participation in it. Scholars have been discussing what actually constituted the
content of the Epistle of 1Pet3. Recent scholarship has paid much attention to the
1 P.J. Achtemeier, 1Peter. A Commentary on First Peter (Hermeneia), Minneapolis 1996. The
Bibliography contained is this book is exhaustive.
2 M.E. Boismard, Quatre hymnes baptismales dans la premire Eptre de Pierre, Paris 1961.
3 C. Perrot, Etudes sur la premire lettre de Pierre. Congrs de lACFEB, Paris 1979, Paris 1980.
174
Frdric Manns
175
definition of Christ the Priest he cites Ps 118: He is the living stone, rejected by
men, but in Gods sight chosen and precious.
In Jewish tradition it was not the stone which was rejected, but the son. The
Targum of Ps 118 has it. There is a play on words eben-ben known from Exodus
28,21: the high priest had twelve stones on his breast to remember the twelve sons
of Israel.
The second text quoted is Is 28,16: I am laying in Sion a stone, a corner stone
chosen and precious.
Again 1Pet supposes the Jewish interpretation known in the Targum: Behold I
am appointing in Sion a King, a strong, mighty and terrible King. I will strengthen
him and harden him. And the righteous who believe in these things will not be
shaken when distress comes.
Eben the stone becomes a melek, a king. Some passages from the Dead Sea
Scrolls9 using the images of stone and building of Is 28,16 saw in the Essene community their accomplishment. They were applied to the eschatological congregation of the last days.
Rom 9,33 quotes also the text of Is 28,16 and Hosea 1,6-9 reproduced in 1Pet,
which means that Is 28,16 and Hosea 1,6-9 belonged to a pre-petrine tradition.
In 1Pet the attention does not relate on the exact position of the stone, but to its
price and its choice by God. 1Pet insists on the personal destiny of Christ, the exaltation that God reserved to him by making him a living stone after his resurrection.
In verse 7, the author explains that the Christians have a share with the glory of the
Resurrected. The absence of shame in Is 28,16 meant a participation in the honour
of Christ. The quotations of Scripture in verses 7-8 belong to the testimonia texts
on the stone.
First the definition of Christ the Priest as the living stone is given. He is alive
after his resurrection, but he had to suffer before entering into his glory. Christ was
the rejected stone announced in Ps 118. But the main text about the sufferings of
the Messiah is Is 53. The interest for Is 53 appears clearly in 1Pet 1,11; 1,19 and
2,18. The hymn of 1Pet 2,21-25 cites explicitly Is 53,9. Verse 21 presents the passion of Christ under two aspects: its redemptive value and its exemplarity. The innocence of Christ is underlined in verses 22-23. The redemptive value of Christs
suffering is highlighted in verses 24-25.
The comparison between the faithful and sheep in 1Pet 2,25 is found also in Is
53,6. The topic of the atonement is present in this song of the Servant. This oracle
of Is 53 is an extraordinary transmutation under the influence of the prophetic
priesthoods traditions. Old Testament data pertaining to worship are present. However the Servant does not receive the title of priest. But he acts as a priestly ministry.
His priesthood is related to a new sacrifice which is the offering of his own life.
9
1QS 8,6-8.
176
Frdric Manns
Is 53,5.10.
Cher 99-100; Mos 2,82; Her 112-113.123; QuaesEx 2,52. In a few texts Philo speaks of two
temples: the world and the soul: Plant 50; Spec 1,66; Cher 100; Her 75. The correspondence between the heavenly Temple and the earthy one is underlined in Targum Gen 28,17 and Ex 15,17. T.
11
177
men12, a Miqdash adam. Paul of Tarsus, knowing this tradition, repeats to the
Christians: You are the Temple of the Spirit13.
Then, to prove that Christians are the Temple of the Spirit, 1Pt quotes a text from
the book of Exodus 19-20. The fundamental text which defines Israel as a priestly
nation is found in Ex 19. Arrived at the Sinai after his exit of Egypt Israel is declared
a kingdom of priests, a holy nation. The Hebrew text of Ex 19,6 reads: A kingdom
of priests14 (mamleket kohanim), expression which the LXX translated differently:
basileion hierateuma which can mean: a kingdom, a priesthood. 1Pet 2,9 which
takes over this quotation can be translated in two ways: You shall be a royal priesthood, or You shall be a kingdom, a priesthood. Parallelism between 1Pet 2,5 and
2Mac 2,17 invites to translate basileion a royal residence which is also a house
where the Spirit dwells. This is the reading of the Book of Revelation 1,6: You
made us a kingdom, priests for God (epoisan hmas basileian, hiereis t the)
and Revelation 5,10: You made them a kingdom, priests (epoisas autous Basileian, hiereis).
This is also the translation of the Targum Jerushalmi I Ex 19,5-6: If you obey
my word and keep my covenant, you shall be loved more than all the peoples which
are on the surface of the earth. You, you will be before me kings girded with crowns,
officiating priests and a holy people.
In the Dead Sea Scrolls Ex 19,6 is commented in a liturgical book called the
Book of Luminaries 4Q 506 fr. 131-132: You gave us the Torah through Moses
a kingdom of priests and a holy nation You circumcise our hearts (Deut 10,6 and
1QS 5,5; 1QpHab 11,13). Give strength to our hearts to put into practice Blessed
be the Lord who made us know. This fragmentary text puts Ex 19 close to the
text of Deut 10,6 which spiritualises the commandment of circumcision.
1Pet 2,9 choose the text: basileion hierateuma, presenting probably basileion as
an adjective. Hierateuma is a collective name and doesnt mean an aggregate of
individual priests, but a priestly community. Such a priesthood is shared by all
members of the community, but only in so far as they are members of the whole
body. The idea of kingship is associated with priesthood, its adaptation of Exodus
19 having been suggested by Dan 7,18.22.27. Priesthood was essentially a service
to the Kingdom.
Etnos hagion (a holy nation): the holiness of the people comes from his conseSeland, Strangers in the Light. Philonic Perspectives on Christian Identity in 1 Peter, LeidenBoston 2005.
12 1QS 8,4b-10; 1QS 9,3-6; 4QFl 1,1-13; 11QTemple 29,7-10.
13 1Cor 6,19.
14 E. Osty - J. Trinquet, La Bible, Paris 1973, 181 quote H. Cazelles: Un royaume de prtres,
cest--dire un royaume gouvern par des prtres. Les Isralites pourront sapprocher de Dieu au
sanctuaire parce que leur vie nationale dpendra des prtres, les hommes du sanctuaire, alors que
les autres peuples ont des rois.
178
Frdric Manns
cration to God. Normally the Bible uses laos hagios. A holy nation means a separated nation15 and consecrated to God.
Laos eis peripoisin (a people for Gods possession): The text quotes Ex 19,5
and translates the Hebrew am segulah. Is 43,20 which knows the expression genos
eklekton has also the expression: laon mou hon peripoisamn tas aretas mou
digeisthai.
To specify the origin of this tradition several dated texts are at our disposal. The
book of Jubilees and 2Mac know this text. Isaac would become the portion of
Most High and his nation would be among those who adore God so as to be the
inheritance of the Lord among all the nations and would become a kingship, a
priesthood and holy people, affirms the author of the book of Jubilees 16,18 which
belongs to an apocalyptic milieu close to the Essenes.
In the letter of Judas Maccabee the same assertion is included: The God who
saved all his people and returned to all the heritage (klronomian), the royalty (basileion), priesthood (hierateuma) and sanctification (hagiasmon) will have pity
of us (2Mac 2,17).
Philo of Alexandria interprets Ex 19 in his treaties De Sobrietate 66 and De
Abramo 56. In De Sobrietate the words basileion and hierateuma are linked by a
coordination clause: kai. The two substantives have a collective meaning. In De
Abramo 56 the presence of the coordination (kai) demonstrates that basileion was
taken as a substantive and not as an adjective. In both cases the subjects bearing
these titles are the descendants of Abraham. The purpose of the allusion to Ex 19
was not to develop the theory of the priesthood of Israel, whether collective or levitical. The allusion was made to provide a proof that God has fulfilled the blessing
given by Noah to Shem.
The priesthood of the people results from the choice that God made of his liberated people from Egypt and to whom He gave his Law. The people which made a
covenant with God has direct access to God like the priests.
For 1Pet this covenant formula is applied to those who are reborn through Baptism. The believer in Christ takes part in the covenant that God has made with his
people at Sinai, because he belongs to an eschatological people and is a member of
the sanctified and elected people by God.
1Pet 2,9 after having quoted Ex 19,5, a text into which Is 43,21 is integrated,
makes an addition: People who was acquired to declare the wonderful deeds of
him who called you out of darkness to his marvellous light. The antithesis light
and darkness is present in Is 8,23-9,1 and also in the Testament of Joseph 19,33,
which is close to the pietist movement.
15
179
Another important text which defines Israel as priests is found in the book of Is
61,6, a passage written after the captivity of Babylon16:
MT: You shall be called priests of the Lord, servants of our God (weatem
kohaney Yhwh tiqareou, mesharetey eloheinou);
LXX: You shall be called priests of the Lord, servants of God (humeis de
hiereis kyriou klthesesthe, leitourgoi theou).
The entire Israel shall be called priests of Yhwh. They shall manifest the goodness of God among the nations.
Finally 1Pet ends with a quotation from the prophet Hosea: Once you were no
people, now you are Gods people. Once you had not received mercy, now you
received mercy.
In Jewish tradition Hosea comments on Ex 19-20. At Sinai Israel became Gods
people and was more believed than the other nations. The Midrash Mekilta repeats
it in different ways.
Not only does 1Pet quote Scripture, but he uses also Jewish exegetical techniques. The author quotes the three parts of the Bible as the Jewish method of the
araz17 requests it: the Torah (Ex), the prophets (Is, Hosea), the writings (Ps 118).
The risen Christ on the way to Emmaus does the same kind of exegesis18.
How do the Jews exercise their priesthood? Every day they have to pray three
times19. The celebration of the Sabbath with its blessings upon bread and wine and
the blessing upon the children, the habdalah ceremony with besomim (perfumes)
are done at home. The mother lights the candles on the Sabbath table saying a special blessing. For the Passover the Father has to answer to the questions of his child
and becomes the catechist of his own family.
A people of priests
The Pharisees, a spiritual movement of lay people, criticised the monopoly of
holiness and proximity of God implemented by the conformist priesthood, the
Sadducees. Many scribes animated this movement in their concern of teaching
and updating the Torah of Moses in order to make it accessible to the people20.
These men of great faith and high moral ideal considered the Torah, as more than
the worship, as a means to approach God. They wished to democratize the access to holiness by extending to all the people the reserved rules of ritual purity to
16
180
Frdric Manns
the priests in exercise. By giving importance to the Law of Holiness and making
the people to recognise that they must be holy in their daily life (Lev 19,2), the
Pharisees raised a great hope in the masses: these people also could be close to
God. Starting from the priestly model, this relation with God rested partly on the
principle of separation between sacred and profane, as their name Pharisee21
testifies it.
The Essenes called themselves also perouim, since in 4QMMT C 1-16 fr. 7-8
they say: ananou paranou: we have separated from the majority of the people
(col. 1419). Many texts show that they separated themselves22. Flusser thinks that
the early version of the birkat ha minim was first formulated against the Essenes23
who insisted on the holiness of Israel24 and criticised the priests who did not live a
holy life.
1Pet 2,13-3,5 underlines also the law of holiness which requires the holiness of
conduct. This new way of salvation is due to the fact that the blood of Christ liberated the believers and opened the way of a new hope. While accepting the truth the
Christian sanctifies his heart to love his brothers.
Independently from the Sinai covenant the Targum Jerushalmi of Gen 2,15
gives a definition of Adam as a priest whose vocation is to keep the Torah: The
Lord God took Adam from the mountain of worship where he had been created and
caused him to dwell in the garden of Eden to work in the Law and to keep his commandments. Ez 28,13 also describes the king of Tyre as Adam in the Eden garden
vested with the stones of the high priest. In other words he defines Adam as a priest.
This old tradition finds its accomplishment in the priesthood of the laity.
Florilegium on the stone
Speaking about the priesthood of the faithful, one often forgets to put it within
the framework of the primitive kerygma utilized by the author of 1Pet. The sufferings of Christ are mentioned by using the verb pasch in 2,21.23; 3,18 and 4,1. The
term pathma is quoted three times in opposition with the future glory25. The vocabulary of resurrection is present in the form of the substantive anastasis26 and of
the verb egeir27 which has a synonym: zopoie28.
21
181
In the reflection of 1Pet 1,18-21 the sacrifice of Christ is opposed to his resurrection. Elsewhere, the juxtaposition between the rejection of Jesus on behalf of
men and his rehabilitation by God (2,4), or his death and resurrection (3,18), are
underlined. The event of Passover remains fundamental. The resurrection of Jesus
is presented in 1,3 as the revival of the hope with the action of God. In the expression living stone which qualifies Christ in 2,4 the sense of the resurrected Christ
must be maintained. The living stone is an opposition to the rejected stone.
With this symbol the relationship that has been made between the lithos and the
people becomes clearer. It is a relation characterised by either belief or unbelief,
obedience or disobedience. Those who disbelieve have rejected the stone. For such
rejecters the stone has become a stumbling stone.
A feature of this composition results from the fusion of three Old Testament
texts, namely: Is 28,16; Ps 118,22 and Is 8,1429. The soteriological aspect is emphasised here. Salvation comes trough belief in the lithos. The lithos complex has been
cited not only to make a Christological statement, but also to provide the basis of
the believing community.
Justin in his Dialogue 70,1 and 76,1 brings back the lithos theology to the prophecy of Daniel 2,34-35 where a stone cut out by no human hand strikes the feet of
the colossal statue which is a symbol of the four kingdoms of the earth. It is certain
that the word play between eben-ben, already known in the Bible, is present in this
text. The synagogal tradition gave a Messianic interpretation of the stone symbol,
as the Targum of Isaiah has it.
The Jewish tradition30 saw in the stone of the book of Daniel an image of the
Messiah. Gen 49,24, in the blessing of Jacob to his sons, gives to God the title stone
of Israel (eben). Targum Onqelos translated this text: The Mighty of Jacob who
by his word nourished fathers and sons, the descent of Israel. This translation is
based on the notaricon technique: the word eben of the Hebrew text is cut into two:
ab (father) and ben (son).
We have seen that the members of the Essene community regarded themselves
as the eschatological Temple, since the Temple of Jerusalem was in the hands of an
illegitimate priesthood. A comment on Is 54,11-12 describes the glorious Sion,
probably the Temple. The stones are Israel, the foundations refer to the foundation
of the community, the stones of angle are the twelve men and the three priests who
shine thanks to the judgement of the Urim and Tummim. The doors are the chiefs
of the tribes during the last days. In 1QH 8,8 the Master of justice is compared with
a tower and a large wall of protection.
The new Temple constituted by the community is characterized by the presence
29 The Essenes started the literary genre of the Florilegium in which they assembled the messianic texts.
30 Tanhuma Buber, Temurah 7.
182
Frdric Manns
of the Spirit. The same conscience opens in the Church other prospects. It does not
only present the eschatological nature of the Church, it makes it possible to have a
penetrating sight of its internal structure. Already prophet Ezechiel had allotted to
Gods people of the last times a special eschatological function, that of purification
and sanctification.
For 1Pet 2,4 Christ is the living stone rejected by the builders while the believers
are living stones which enter into the construction of the spiritual house where the
Spirit of God is present. The image of the living stones changes then into that of
holy priesthood which performs the service in the holy place. Is 61,6 had already
promised: You will be called priests of the Lord, one will appoint you ministers of
our God. The Christians must present spiritual offerings in this Temple through
(dia) Christ.
Again the adjective spiritual refers to the Holy Spirit, thanks to which the
Temple of the community is built. The presence of the Spirit allows the birth of a
new worship and causes a new liturgical life and a spiritual worship. It is also the
Spirit which institutes the elders of the communities to be shepherds. It is thanks to
their assistance that the Church increases. It is necessary to have share in the Spirit
to belong to the Church.
The Pesher of Is 54,11 from Qumran31 has to be remembered. Addressing itself
to Jerusalem the text affirms: I will cement your stones (eben) with the stucco and
I will build you on sapphire. The Pesher comments: I will build you on sapphire.
They will found the council of the community, the priests and the people The
congregation of its elected officials, like a sapphire stone in the middle of the
stones. In 1QpHab 9,15-10,1 the stone represents the community: Because the
stone (eben) will cry out the wall and the beam from the woodwork responds (Ha
2,9-11). The explanation concerns the priest who so that his stones be for the
oppression and the beam of its frame for the robbery. The Pesher probably alludes
to the wicked Priest who caused problems to the teacher of the community.
Zech 10,4, speaking about the shepherds, announces: Out of them shall come
the cornerstone, out of them the tent peg, out of them the battle bow, out of them
every ruler. The Targum reads: Out of him comes the King, out of him comes the
Messiah, out of him comes his strength in battle, out of him shall grow all of his
leaders as one. The Targum takes every phrase in this verse as metaphor and gives
his own interpretation of each accordingly.
For the author of 1Pet God who liberated his people from Egypt and Babylon
will also redeem and liberate the believers of Asia Minor from persecution. Laos is
an important designation for the people of Israel. Christians are Gods chosen people. The election of God involves services and depends on obedience to Gods
word. The whole exhortation is anchored on the basic choice of the new people of
31
4Q 164.
183
God. The eschatological laos tou theou is no longer genetic or historical, but purely religious. The goal of the election is obedience and the actualisation of the central
sacrificial act of Christ in the life of the believers.
1Pet is insisting on the sufferings of the community members. In the Dead Sea
Scrolls the feeling to belong to the last generation conducted the sectarians to see
in the sufferings a sign of mercy and salvation. In 1Pet 1,13 sobriety (neph) is
recommended from the eschatological point of view. The same verb to be sober
is used again in 4,17 where the end of all things is declared as near. The verb once
again appears in 5,8 with the verb to be vigilant (gregore). The resurrection of
Christ caused among the disciples an intensification of eschatological hope.
Christian life which expresses the priesthood of Gods people is presented in
1Pet with two characteristic verbs which translate this intermediate period:
agathopoie and kakopoie. The recourse to good works belongs to the theology
of the author. The conscience of living the last days is clear: the first letter of Pierre
often orchestrates the eschatological topic. In 1,5 the salvation has to appear in the
last times (en kair eschat).
The author of the letter of Peter defines twice in an original way the community as a fraternity (adelphots)32. This term is a hapax in New Testament. It is
known that in the Dead Sea Scrolls the members of the community were called
brothers and indicated their community as a yaad, a term translated into Greek
by koinnia.
Presbuteroi and neteroi
Only in chapter 5 does 1Pet speak about the priesthood of the ministers: Tend
the flock of God that is in your charge, not by constraint, but willingly, not for a
shameful gain, but eagerly, not as dominating over those in your charge, but being
the examples for your flock.
We know that the priests in the Temple were divided into 24 classes and that
each class had to minister for two weeks during the year in the Temple. The priests
had to serve also for the three main festivals. Their function was to offer sacrifices
and to explain Scripture. Hos 4,6 condemns the priests for neglecting the teaching
of Scripture: You rejected my knowledge, I shall reject you from the priesthood.
Every day the priests in charge had to grant the priestly blessing in the Temple
(Num 6,4) putting his hands in a special manner in order to form a fence. In the
Canticle of Canticles 2,9 the beloved looks at his beloved through a fence. It is God
himself who blesses his people even if the priest is a sinner. Nevertheless the priest
had to be an example for his flock.
32
184
Frdric Manns
185
cult celebrated by the community is a participation in the cult of the angels of the
heavenly sanctuary38.
The image of the Shepherd is known in 1Pet 2,25; 5,2 and in CD 13,9-10: Like
a shepherd does it with regard to the herd, he will untie all the chains of their bonds
oppressed and crushed in his community. This passage contains the verb to untie
which is an essential component in the couple bind and untie. The verb to untie,
associated with the image of the Shepherd has a pastoral and disciplinary sense to
raise and rectify.
Finally the Essenes, as the early Christians, gave a great importance to Baptism.
1QS 2,19-3,12 is a community instruction about the ablution which is a sign of
spiritual cleansing. Its condition is the establishment of the spirit in humility, rightness and fidelity. 1QS 4,20-22 shows that the Spirit of holiness shall cleanse like
water the candidates of the community who shall be new creatures and find the
glory of Adam.
The first letter of Peter ends with a Haustafel, a domestic code, for the old ones
(presbyterous) and the young people (neteroi), terms used without the article. The
author of the letter is defined as synpresbyteros. The term of presbyteros which
corresponds to the Hebrew zaqen, expresses the function of the chief of the community. The Church of Jerusalem was directed by the apostles and the old ones39.
The latter exerted the function of monitoring40. Christ remained however the shepherd and the bishop of the hearts41. However the community needed a framing
which was ensured by the ancients, the presbyteroi.
This term appears only as a collective one. An exhortation centred on the pastoral task is addressed to the elders. Due to the fact that Peter is qualified as synpresbyteros in 5,1, the ancients, the presbyteroi of the community take part in the
apostolic authority. Their ministry must be characterized by the lack of lure of gain
and by the absence of authoritys abuse. A voluntary and generous engagement will
enable them to take care with attention of the herd which is entrusted to them. The
model of the episkopos remains Jesus42.
After having spoken about the ancient and the young people, the author widens
his recommendations as he used to do in the precedent domestic codes43. He does
it by forging a composite unit on the topic of humility. The call to humility is
justified by a quotation of Prov 3,34. Humiliation under the powerful hand of God
could evoke an exodial topic. The Mishna Tamid 1,1, one of the oldest treatises of
38 4Q ShirShab; 4Q 405, 20 II; 4Q 403, 1, II. The Gospel of Mk 14,58 speaking of a Temple
not made by human hands is part of the polemics against the Temple found also in Heb 8,1-2; 9,1112; 10,19-20.
39 Acts 15,2.4.6.22.23; 16,4.
40 1Pet 5,2: episkopountes.
41 1Pet 2,25.
42 1Pet 2,25.
43 1Pet 2,13; 3,17; 3,8-12.
186
Frdric Manns
all the collection of the oral law44, distinguishes among the priests the old ones
(ziqney beth ab) and the young priests (pirey kehounah), literally the flowers of
priesthood.
The Rule of the community of Qumran presents a reformist Jewish community
in which Priests and Levites lived very close to the lay people. The priests had
nevertheless precedence in the assemblies. It is between them that the Master of
wisdom, the maskil, and the supervisor were selected, the mebaqer, whose task it
was to take care of the realization of the Community ideal for the priests, the Levites
and the lay people. The Rule of the community passes quickly over the ritual functions of the priests and the Levites at the time of the plenary assemblies and supposes a spiritualization of the idea of sacrifice.
The priests were aware of the connection between the priesthood and the concept of sacrifice. However they rejected the sacrificial worship of the Temple in the
name of the spiritual purification that God granted to his elected ones. To safeguard
their priestly dignity they reconsidered the idea of sacrifice. The true sacrifice was
the generosity of heart which meant the offering of their lives to carry out the theocratic order and to prepare the assembly of the last days. In short, priesthood was
the call of eschatological perfection. The institution of the mebaqer is parallel to
that of the episkopos mentioned into 1Pet 2,25. Many authors recognized it. On both
sides the same function of religious and disciplinary vigilance found its expression.
According to CD 13,9 the mebaqer of the community of Qumran had to bring back
all the lost ones like a shepherd did with his herd. Goppelt45 compared 1Pet 1,2 to
the Rule of the Community 3,6-8.
Like the Essene priests, the responsible of the Judeo-Christian communities had
his code connected with the Church. The code of discipline, the Haustafel of 1Pet
5, takes into account the rights and duties of the old ones to which the young people must be subjected. The moral and religious directory for the old ones and the
young people takes up the requirements imposed to the priests. The neteroi of 1Pet
5 which the commentators translate the young people can be understood only in
the light of the Essenes texts. The least advanced are still under an imperfect condition and correspond to the beginners of the Rule of the Community.
Conclusion
It is not enough to underline the similarities between the first letter of Peter and
the reformist priesthood. The eschatology of Jesus evokes by more than one aspect
44 L. Ginzberg, Tamid. The oldest treatise of the Mishnah, Journal of Jewish Lore and Philosophy (1919) 33. The treatise Tamid was not a part of Rabbi Judahs Mishnah. Its method suggests
a different editor and its linguistic peculiarities are obvious.
45 L. Goppelt, A Commentary on 1Peter, Grand Rapids 1993.
187
that of the Essenes. Similarities must not hide the differences. The coming of the
judgement is imminent in the Dead Sea Scrolls, while Jesus does not see the arrival of the Son of man as immediate. The moral teaching of Jesus is close to that
of the Essenes, but does not contain their ideological segregation from the society.
Divergences remain, in particular in connection with Baptism. With the difference in the sadoquite purifications46, the Christian Baptism prefigured by the flood
is a Baptism of repentance. It is related to the conversion of Israel of whom it is the
sign and the achievement. It is a salvific reality with cosmic dimensions, the inaugural event of the Messianic times. For this reason it can not be repeated as the
sacerdotal purifications. Lastly, Baptism is not the prerogative of an elite. Because
of its purifying dimension, it is proposed to all the sinners.
The Christian innovation consists in the assertion of the kerygma: Christ is the
stone rejected by the men who became a living stone by his resurrection. The priesthood of Gods people consists in entering this dynamics to offer spiritual sacrifices
approved by God through Jesus. Gods people became the spiritual house, the
Temple where the Spirit lives47.
Since this priesthood is possible because of the incorporation in Christ the priest,
the servant who suffered and was risen from the death, it should be manifested in
prayer as the servant prayed and interceded for others. Priesthood finds its expression in spiritual sacrifices, in accepting sufferings and persecutions, in offering its
own life to God (Rom 12,1). Since the Baptised are the Temple of God, they must
approach God in their life. They must live the fraternity doing good (agathopoie).
The ministerial priesthood is nothing else than a service of the priesthood of laity.
Jewish reading of the New Testament can open some important hermeneutical issues, but must leave space for the newness of the Christian faith.
Frdric Manns, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
46
Thomas Witulski
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen
Schriften und bei Bar Kokhba ein Beitrag zur
ideologischen Einordnung des Bar KokhbaAufstandes
190
Thomas Witulski
elbuch vorliegende Konzeption des ayXn als einer endzeitlichen Gestalt zurckgreife, was wiederum die Mglichkeit erffne, die Figur des ayXn Bar Kokhba als eigenstndige und von der qumranischen Deutung dieser Gestalt letzten Endes dann
womglich doch unabhngige Weiterentwicklung des entsprechenden ezechielischen Konzeptes zu fassen8.
22 Jahre spter kommt Schfer im Rahmen der Diskussion der augenscheinlich
verfassungsmig fixierten Verankerung der Figur des ayXn Bar Kokhba in einem
priesterlichen Umfeld9 noch einmal auf die verschiedentlich verfochtene These
einer unmittelbaren ideologischen Verbindung zwischen der qumranischen Gemeinschaft und der Bewegung um Bar Kokhba zu sprechen; fr das Verstndnis
der Verfassungsverhltnisse in der Bar Kokhba-Zeit sei die Frage nach deren womglich qumranischer Herkunft s.E. weitgehend ohne Bedeutung, da sich diese
schluendlich unmittelbar auf das Alte Testament bzw. auf die in Ez 33ff. geschilderten Vorfindlichkeiten zurckfhren lieen: There was certainly no direct link
connecting Bar Kokhba with Qumran, but to argue in favor or against such a direct
link misses the point. Bar Kokhba shared with his predecessors10 an ideology that
was not invented at Qumran but goes back to the Hebrew Bible and later continued to be an important factor in the eschatological movements trying to implement
Ezekiels restoration program11. M.a.W.: Auch im Blick auf die in der Bar Kokhba-Zeit virulenten Verfassungsverhltnisse bleibt Schfer, was die Frage nach einer
ideologischen Verbindung zwischen der qumranischen Gemeinschaft und der Bewegung um Bar Kokhba angeht, vorsichtig und unentschieden.
Im Blick auf die Frage nach den ideologischen Grundlagen des zweiten jdischen Krieges helfen solche vorsichtigen und unentschiedenen Aussagen hinsichtlich einer entsprechenden Verbindung zwischen dem Kreis um Bar Kokhba und
der qumranischen Gemeinschaft nun allerdings kaum weiter. Insbesondere dann,
wenn die Rebellion nicht nur als judische Reaktion auf rechtliche oder politische
8 Vgl. hierzu durchaus hnlich G. Stemberger, Messias/Messianische Bewegungen II, 624:
Der auf Mnzen neben dem Nasi erwhnte Priester Elazar knnte als priesterlicher Messias verstanden werden: damit fnden hier die messianischen Ewartungen von Qumran ihre Fortsetzung,
was aber bloe Vermutung bleiben mu.
9 Hier verweist Schfer auf eine These von D. Goodblatt, dem zufolge sich die Konzeption
einer diarchy, d.h. der weitgehend gleichberechtigten und gemeinsamen Regentschaft eines priesterlichen und eines politischen Fhrers hier des ayXn , in verschiedenen alttestamentlichen und
nachalttestamentlichen Schriften nachweisen und an unterschiedlichen Punkten innerhalb der Geschichte Israels aufzeigen lt (vgl. Principle, 58ff.). Eine solche Verfassungskonzeption prge nach
Goodblatt und dies ist fr den vorliegenden Zusammenhang nicht ohne Bedeutung in hnlicher
Weise sowohl die Ausfhrungen in Ez 33ff. als auch die qumranische Gemeinschaft als auch die
Aufstandsbewegung um Bar Kokhba. Zu fragen ist allerdings: (a) Lt sich die von ihm innerhalb
der Aufstandsbewegung um Bar Kokhba konstatierte Verfassung einer diarchy tatschlich als eine
solche erweisen?, und (b) Ist diese diarchy mit der qumranischen oder der ezechielischen oder
womglich mit beiden oder gar mit keiner von beiden zu parallelisieren?
10 Vgl. hierzu Bar Kokhba and the Rabbis, 19.
11 Bar Kokhba and the Rabbis, 19f.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
191
Manahmen der rmischen Staatsmacht, sondern auch als aktive judische Aktion12 interpretiert wird, wird es fr deren Verstndnis unabdingbar, den theologischideologischen Hintergrund der Aufstandsbewegung selbst so przise wie mglich
auszuleuchten; in diesem Zusammenhang ergibt sich die Notwendigkeit, auch auf
die Frage eines mglichen ideologischen Bezugs Bar Kokhbas auf die QumranGemeinde eine zureichende Antwort zu finden. Damit ist die Fragestellung der
vorliegenden Studie gesetzt: Anhand der Konzeptionen der Figur des ayXn, so wie
sie in Ez 33ff., in den qumranischen Schriften und innerhalb des Kreises um Bar
Kokhba jeweils sichtbar werden, soll deren Verhltnis zueinander prziser bestimmt werden? Zugespitzt formuliert: Lt sich die auf die Person Bar Kokhbas
bezogene ayXn-Konzeption der Jahre 132135 n.Chr. plausibler als Weiterentwicklung oder (Wieder-)Aufnahme der entsprechenden, u.U. aus Ez 33ff. entwickelten
qumranischen Vorstellungen13 oder aber womglich doch als eigenstndige,
inhaltlich von der qumranischen Interpretation weitestgehend unabhngige Deutung und Aktualisierung der ezechielischen Vorlage erklren14?
Um hier Klarheit zu gewinnen, sollen zunchst die im Ezechielbuch und in den
Qumranschriften mit der Gestalt des ayXn verknpften Konzeptionen jeweils skizziert und das der einzelnen Konzeption jeweils inhrente Profil der Figur des ayXn
herausgearbeitet werden. Daran schliet sich ein Vergleich der entsprechenden
Konzepte und Profile mit der Konzeption der Figur des ayXn, so wie sie aus den
Quellen zu Bar Kokhba und zum zweiten jdischen Krieg ableitbar ist, an; dessen
Ergebnisse vermgen die o. formulierte Fragestellung zu beantworten und darber
hinaus erste Hinweise auf die in der Forschung m.W. bis dato nur ansatzweise in
Angriff genommene ideologische Einordnung des Bar Kokhba-Aufstandes zu
geben.
12 Dies heit letzten Endes, da die Ursache fr die Rebellion weniger bei den Rmern als
vielmehr zumindest auch bei den Judern selbst gesucht wird; eine solche judische Aktion mag
durch rmische Provokationen veranlat, aber letztlich eben nicht verursacht worden sein. Zur
Unterscheidung zwischen Ursache und Anla, die in der Diskussion um die Ursachen des Bar
Kokhba-Aufstandes bis dato keine Rolle spielte, vgl. T. Witulski, Bar Kokhba (im Erscheinen).
13 Zu Ez 33ff. als ideologischer Quelle der entsprechenden qumranischen Vorstellungen vgl. J.
Zimmermann, Texte, 49: Der entscheidende Hintergrund fr die singularische Verwendung [des
ayXn-Titels] ist bei Ez zu suchen.
14 Die brigen biblischen und nachbiblischen Belege fr den ayXn-Titel knnen im Rahmen der
vorliegenden Untersuchung unbercksichtigt bleiben, da es hier zunchst nur um die Frage einer
ideologischen Abhngigkeit des Bar Kokhba-Kreises von der qumranischen Gemeinschaft geht. Im
Rahmen des Versuchs, auf diese klar abgegrenzte Frage eine Antwort zu finden, reicht die Bezugnahme auf die entsprechenden ezechielischen und qumranischen Belege des ayXn-Titels aus (vgl.
hierzu auch o.); geht es darum, den ideologischen Hintergrund des Bar Kokhba-Aufstandes insgesamt und positiv zu beschreiben, sind sicherlich auch die hier nicht bercksichtigten biblischen und
nachbiblischen ayXn-Belege hinzuzuziehen.
192
Thomas Witulski
I. Methodische Vorberlegungen
Um die unterschiedlichen ayXn-Konzeptionen miteinander vergleichen zu knnen, ist es unabdingbar, ein diesen Konzeptionen adquates definitorisches Koordinatensystem zu entwickeln, das es ermglicht, diese einander gegenberzustellen und so deren jeweils unterschiedliche Akzentuierungen deutlich erkennbar
herauszuarbeiten. Heuristisch scheint es dabei sinnvoll, zwei grundstzliche Ebenen zu differenzieren, die Person des ayXn einer- und die mit seiner Person verbundenen politischen und gesellschaftlichen Strukturen andererseits.
U.a. folgende Fragestellungen vermgen das Koordinatensystem des ayXn-Begriffes zu umreien: (a) Handelt es sich bei dem zu erwartenden ayXn um eine rein
irdisch zu fassende oder um eine himmlische Gestalt, die im Unterschied zu irdischen politischen, militrischen oder auch religisen Fhrern mit explizit gttlichen und bernatrlichen Fhigkeiten ausgestattet ist15? (b) Ist das Wirken des ayXn
eher als ein religises und in diesem Sinne sakralisiertes oder aber eher als ein
wesentlich politisches bzw. militrisches zu verstehen; spielt sich das Wirken des
ayXn im nationalen oder aber im universalen Rahmen ab? (c) Stellt der ayXn eine
individuelle Fhrungspersnlichkeit dar oder ist er in ein Kollektiv aus mehreren
Fhrungspersnlichkeiten eingebunden? (d) Fhrt der ayXn im Unterschied zu anderen Fhrungspersnlichkeiten in seiner Zeit und in seinem Wirken die Geschichte zu ihrem Ende und installiert eine end-geschichtliche Periode, eine utopian
and ahistorical future16? (e) Realisieren sich das Reich bzw. die Herrschaft des
ayXn als irdische und mit bestehenden irdischen Paradigmen fabare, demzufolge
also innerweltliche oder aber als himmlische, der irdischen Erfahrungswelt letztlich unzugngliche Gre17? (f) Handelt es sich bei dem kommenden Reich des
15 Zu dieser Unterscheidung im Blick auf die Gestalt Bar Kokhbas vgl. A. Reinhartz, Rabbinic
Perceptions, 193: One tradition suggested that only a messianic leader could have achieved such
success. The other implied that his success should be attributed primarily to his personal strength
and leadership qualities. Aus der von Reinhartz hier vorgelegten Unterscheidung folgt, da derjenige Fhrer, der seinen Erfolg nur seinen persnlichen und rein menschlichen Fhigkeiten schuldet, nicht mehr als Messias im strengen Sinne bezeichnet werden kann. M.E. hier m.R. anders P.
Schfer, Bar Kokhba and the Rabbis, 17: I do not quite understand the trend in much of the relevant
scholarship to distinguish neathly between merely a down-to-earth military leader/warrior on the
one hand and a utopian figure with divine and supernatural qualities on the other. According to this
definition it is only the latter which merits the label Messianic in the supposedly true (religious)
sense of the word, whereas the former is reserved for earthly leaders. Bei der hier vorgeschlagenen
Unterscheidung geht es um eine Binnendifferenzierung innerhalb des Messias-Begriffs, nicht um
eine Differenzierung zwischen Messias und Nicht-Messias.
16 P. Schfer, Bar Kokhba and the Rabbis, 18.
17 Diese doppelte Fragestellung versucht, der Unterscheidung zwischen innerweltlich und
innergeschichtlich Rechnung zu tragen; durchaus denkbar ist, da das Reich bzw. die Herrschaft
des ayXn einen neuen und womglich dann ad infinitum fortdauernden Abschnitt der Geschichte
einlutet, in diesem Sinne also endgeschichtlicher Natur ist, ohne da es jedoch deswegen eine
berweltliche Gre darstellen wrde.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
193
ayXn um ein Gemeinwesen, das auf dem profanum einer gemeinsamen Nationalitt
basiert und in dem das sacrum als dieses Nationalbewutsein verstrkendes Band
ergnzend hinzutritt, oder um ein solches, in dem das profanum der gemeinsamen
Nationalitt das sacrum als dessen eigentliche identittsstiftende Grundlage ergnzt? Sind primr profane oder primr sakrale Kriterien magebend fr die Zugehrigkeit bzw. Nicht-Zugehrigkeit zum Reich des ayXn? Stellt dieses Reich
eine nationale oder aber eine universale Gre dar?
Diese Fragestellungen lassen sich innerhalb einer entsprechenden doppelten
definitorischen Systematik etwa folgendermaen visualisieren:
5
individuell
kollektiv
himmlische Gestalt
end-geschichtliche Gre
national-intern
national-intern
politisch-militrisches Wirken
religis-sakrales Wirken
universal
universal
irdische Gestalt
geschichtliche Gre
kollektiv
individuell
berweltliches Phnomen
ber-geschichtliche Gre
national
profan konstituiert
national
sakral konstituiert
universal
universal
universal
irdische Gestalt
geschichtliche Gre
194
Thomas Witulski
kollektiv
individuell
(2) Die mit der Person des ayXn verbundenen politisch-gesellschaftlichen Strukturen (2) Die mit der Person des verbundenen politisch-gesellschaftlichen Strukturen
berweltliches Phnomen
ber-geschichtliche Gre
national
national
profan konstituiert
sakral konstituiert
universal
universal
geschichtliche Gre
innerweltliches Phnomen
Auf der Basis dieser definitorischen Systematik sind die drei aus Ez 33ff., den
qumranischen Schriften und den Quellen zum Bar Kokhba-Aufstand18 erhebbaren
ayXn-Konzeptionen miteinander zu vergleichen, um die eingangs gestellte Frage
nach einem Zusammenhang der in der Qumrangemeinde virulenten Konzeption
der Gestalt des ayXn mit derjenigen des Bar Kokhba-Kreises auch methodisch
reflektiert und zureichend beantworten zu knnen.
II. Das Konzept des ayXn nach Ez 33ff.19
II.1. Ez 34,131: Die schlechten Hirten und der kommende rechte Hirt
Im Rahmen einer Heilsverheiung an die in der Zerstreuung lebenden Israeliten
wendet sich der Prophet zunchst gegen die Praktiken der gegenwrtigen Fhrungseliten des Volkes Israel. Diese fhrten das ihnen zuteil gewordene Hirtenamt
18 Hier kommt sicherlich den von Bar Kokhba selbst verfaten Briefen und den unter seiner
gide geprgten Mnzen eine entscheidende Bedeutung zu; andere, etwa rabbinische oder auch
christliche Aussagen zu Bar Kokhba und seinem Selbstverstndnis stehen demgegenber von vornherein immer unter dem Verdacht, eine bestimmte Tendenz zu transportieren.
19 Zur Textabgrenzung vgl. K.-F. Pohlmann, Ez II, 448.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
195
nicht angemessen aus, was dazu gefhrt habe, da deren Herde sich zerstreut habe20
(Ez 34,110). Diesem unheilvollen Zustand will, so der Prophet im Auftrag
JHWHs, letzterer selbst ein Ende machen: JHWH will die Zerstreuten sammeln,
sie in ihre Heimat zurckfhren und dort selbst als guter Hirt und gerechter Richter
in rechter Weise weiden (Ez 34,1122). Offensichtlich ergnzend zu seiner eigenen
Hirtenttigkeit21 will JHWH den Mnnern und Frauen Israels darber hinaus einen
neuen David22 als rechten irdischen Hirten (Ez 34,23) erwecken. Ez 34,24 gibt
Auskunft ber das Verhltnis zwischen diesem und dem Hirten JHWH23: JHWH
wird als ihr Gott Herr des Volkes Israel sein, der irdisch-menschliche Hirt wird als
~kwtb ayXn unter ihnen wirken, also innerhalb des Volkes Israel das Amt des ayXn24
ausben25. Als Hirte und Herr ber Israel will JHWH einen Friedensbund mit seinem Volk schlieen und fr dessen Wohlergehen Sorge tragen (Ez 34,2531). Dabei deutet schon die Wendung larXytybym[hmhw~ta~hyhlahwhyyna ykw[dyw
Ez 34,30 an, da der Prophet hier das Volk Israel einerseits sakral als religise,
andererseits zugleich aber auch profan als politische bzw. nationale Gre in den
Blick nimmt26.
Im Hinblick auf die konzeptionelle Ausgestaltung der Figur des ayXn in Ez 34
20 Vgl. zu Ez 34,5 etwa W. Zimmerli, Ez II, 837: Als Folge dieses unverantwortlichen Verhaltens der Hirten hat die Herde sich zerstreut und ist den wilden Tieren zur Beute geworden.
21 Vgl. hierzu H.F. Fuhs, Ez II, 194: Dem ausdrcklichen Gotteswort 9f.1115 zum Trotz stellt
er einen neuen menschlichen Knig in Aussicht und rechnet mit der Wiederherstellung des davidischen Knigtums.
22 Vgl. hierzu M. Greenberg, Ez II, 468 mit Blick auf Ez 37,15ff.: Der Text hier verlangt nichts
Geringeres als einen neuen David, nicht nur den alten von den Toten auferweckten oder einen
Nachfahren desselben, sondern etwas dazwischen: einen knftigen Knig, der das moralische (und
physische) Ebenbild jenes Knigs David darstellt, wie er in sptbiblischen Schriften idealisiert
wird.
23 Vgl. hierzu W. Zimmerli, Ez II, 843: Dagegen wird sich die Frage erheben, wie dieses
kommende Herrschertum eines Menschen mit dem Herrschertum JHWHs zu verbinden sei. Der
abschlieend zusammenfassende [Vers] 24 will diese Frage beantworten.
24 Nach W. Zimmerli, Ez II, 842 sei die Vermeidung des $lm-Titels hier nicht als Polemik gegen
die Knigstitulatur zu deuten; vielmehr werde in der Verwendung des ayXn-Titels der Wille zu archaisch-feierlicher Benennung des Wrdentrgers mit einem genuin altisraelitischen Titel, die ein
abgentztes, international bliches Alltagswort vermeidet, erkennbar; anders hier D.O. Proksch,
Frst, 116f., der die Vermeidung des $lm-Titels mit dem Wegfall der politischen Funktionen des
weltlichen Fhrers im zuknftigen ezechielischen Tempelstaat erklrt, eine Annahme, die den Ausfhrungen in Ez 34,23f.; 37,24f. zumindest auf der Ebene des Endtextes nur schwerlich gerecht
wird. K.-F. Pohlmann, Ez II, 469, A. 46 macht darauf aufmerksam, da der Knigstitel ... im EzBuch mit wenigen Ausnahmen fr den babylonischen Knig, mehrfach auch fr den gyptischen
Pharao reserviert sei. Inwieweit die Verwendung des ayXn-Titels dazu beitragen konnte und sollte,
den Herrschaftsanspruch der Davididen (H.F. Fuhs, Ez II, 194) zu begrnden oder aber zu verstrken, mu hier dahingestellt bleiben.
25 Vgl. hierzu W. Zimmerli, Ez II, 844: Der ayXn hat ein Amt in Israel, ist aber nicht der Herr
Israels; in hnlicher Weise auch K.-F. Pohlmann, Ez II, 469.
26 Dies wird zumindest implizit - expliziert etwa bei W. Zimmerli, Ez II, 849: Dann aber
macht eine letzte Erweiterung ganz berschwnglich sichtbar, wie sehr Gottes Heilswille wirklich
das ganze Heil seines Volkes meint.
196
Thomas Witulski
lassen sich aus Ez 34,23f. folgende Feststellungen treffen: (a) Die Gestalt des ayXn
ist als zwar von JHWH berufener, aber gnzlich irdischer Amtstrger27 zu fassen,
der unter der Herrschaft JHWHs das Amt des Hirten in Israel und ber das Volk
Israel und damit natrlich auch ber die im weiteren Verlauf der Darlegungen
noch genannten Priester ausbt. Die Vorstellung des ayXn als des Gesalbten
JHWHs (xyXm) begegnet demgegenber in Ez 34 und darber hinaus auch im
gesamten Ezechielbuch28 nicht. (b) Mit der nheren Bestimmung des ayXn als
dywd ydb[ wird der Gedanke der Gleichartigkeit des verheienen gerechten Herrschers mit dem David der Vorzeit29 expliziert. Bei dem zuknftigen ayXn handelt
es sich aber nicht um einen David redivivus im strengen Sinne dieses Wortes;
eine solche Annahme zu vertreten, hiee, den Text zu eng auszulegen30. Zugleich
mu mit diesem Hinweis Ezechiels auch keinesfalls mit Notwendigkeit31 der Gedanke der Restitution der Davidsdynastie intendiert sein32; der Gedanke der Gleichartigkeit der Herrschaft Davids mit der Amtsfhrung des kommenden ayXn reicht
fr eine kohrente Auslegung von Ez 34,23f. vollkommen zu, zumal der Gedanke
der davidischen Abkunft des ayXn im Ezechielbuch eben nicht unmittelbar expliziert wird. Allerdings vermag der hier und auch in Ez 37,2533 vorliegende Hinweis
auf die Gestalt Davids einer spteren messianischen Interpretation der Figur des
ezechielischen ayXn34 im Sinne eines Nachkommens desselben durchaus Vorschub
zu leisten.
Nicht nur die etwa von K.-F. Pohlmann angefhrten, sondern auch smtliche andere in
diesem Zusammenhang zu nennende Belege aus dem Jeremiabuch mit Ausnahme vielleicht von Jer 30,9f. zeigen in ihrer jeweiligen Formulierung charakteristische Unterschiede zu Ez 34,23f. und weisen jeweils explizit auf den kommenden Herrscher als Nachfahren Davids hin; dies mag die folgende bersicht verdeutlichen:
27 Vgl. hierzu W. Zimmerli, Ez II, 841: Das Heilschaffen Jahwes mndet in [Ez 34,] 23f. in
die Verheiung eines guten irdischen Hirten aus.
28 Vgl. hierzu W. Khler/W. Baumgartner, Lexicon, 574 mit einer vollstndigen Liste der Belege fr den xyXm-Begriff.
29 W. Zimmerli, Ez II, 843.
30 Vgl. hierzu m.R. W. Zimmerli, Ez II, 843, der darauf hinweist, da sich ber den Gedanken
der Gleichartigkeit der Regentschaft hinausgehende weitere Spekulationen ber die Identitt des
historischen mit dem kommenden David ... verbieten drften.
31 Vgl. hierzu mit berechtigter Einschrnkung J. Zimmermann, Texte, 49f.: Von Ez 34,23f her
ist es wahrscheinlich[!], da mit dem ayXn der zuknftige Knig aus dem Haus Davids gemeint ist.
32 So allerdings etwa K.-F. Pohlmann, Ez II, 469 mit Verweis auf Jer 23,5f.; 30,8f.; hnlich hier
W. Zimmerli, Ez II, 843: Darber hinaus aber wird man auch den Hinweis auf die Treue Jahwes,
der seine anfngliche Verheiung ber Davids Haus nicht fahren lt, und J. Zimmermann, Texte,
127, der feststellt: Da bereits der ayXn in Ez 34,23f. und 37,2426 mit der Erwartung eines Davididen verbunden ist, ....
33 Vgl. hierzu u.
34 Vgl. hierzu o.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
Beleg
Jer 23,5
Jer 30,9i
Jer 33,15
Jer 33,17
Jer 33,22
197
Text
In Ez 34 und auch sonst im Ez ist vom qydc xmc Davids aber gerade nicht die
Rede; auch andere, in diese Richtung weisende Wendungen, die den kommenden ayXn als
von David abstammend auswiesen, finden sich nicht. Eine Ez 34,23 hnliche Formulierung
findet sich noch in Hos 3,5: ~klmdwdtaw~hyhlahwhy-tawXqbwlarXyynbwbXyrxa;
auch hier fehlt der explizite Hinweis auf die davidische Abkunft des (kommenden) Knigs.
Wenn es nun Ezechiel darum gegangen wre, den Aspekt der davidischen Abstammung
des kommenden ayXn zu betonen, liee sich nur schwerlich erklren, warum er dies dann,
wie etwa Jeremia, nicht auch deutlicher zum Ausdruck gebracht htte. Die Frage der Abstammung von David war fr den Propheten also augenscheinlich und dies legt die zuvor
geuerte berlegung nahe von bestenfalls untergeordneter Relevanz; fr ihn stand es im
Vordergrund des Interesses, die Gleichartigkeit der Herrschaft des zuknftigen ayXn mit
derjenigen Davids herauszuarbeiten. Zugleich erffnet und dies knnte fr zuknftige
Herrscher, die sich als ayXn gerieren, ohne jedoch davidischer Abkunft zu sein diese Interpretation den notwendigen Spielraum fr die Begrndung der eigenen Herrschaft trotz
eines nicht vorhandenen oder nicht erbringbaren Nachweises der Zugehrigkeit zum
Stamm Davids.
(c) Dem ayXn kommt vor allem anderen die Aufgabe zu, das Volk Israel zu
weiden, also sich als Exekutivorgan JHWHs um dessen innere Angelegenheiten,
konkret um dessen Wohl und Wohlfahrt zu sorgen, was bedeutet, da sein Wirken
wesentlich politisch-national zu fassen ist. Eine universale Ausweitung dieser national-internen Fokussierung der Aufgabe des ayXn ist auch durch das Gerichtswort
ber Edom Ez 35 nicht indiziert; eben nicht der ayXn soll, sondern JHWH selbst
will das Gericht gegenber jenen vollstrecken (Ez 35,3f.9.14f.).
Bemerkenswert ist in diesem Zusammenhang, da nur der ayXn, nicht aber die ~ynhwk
als verlngerter Arm JHWHs dessen Herrschaft ber das Volk Israel als dessen Exekutive
ausben sollen. Daraus ergibt sich die Frage, ob innerhalb des wenn auch nur rudimentr
erkennbaren Verfassungskonzeptes in Ez 33ff. von einer diarchy35 im strengen Sinne
berhaupt die Rede sein kann. J.D. Levenson verneint dies und fhrt aus, da der Autor
bzw. der Autorenkreis von Ez 33ff. in ihren Ausfhrungen nicht auf die Errichtung einer
diarchy of Davidid and Zadokite abheben wollten36. Sollte sich nun besttigen, da in
35
36
Vgl. hierzu o. A. 9.
Vgl. hierzu J.D. Levenson, Theology, 143; da hilft es auch kaum weiter, da er zuvor die
198
Thomas Witulski
der aus den qumranischen Schriften ableitbaren constitutio eine andere, dem Gedanken der
diarchy eher entsprechende Konstruktion verankert ist, wre ein wichtiges Argument
zugunsten der ideologischen Unabhngigkeit des Kreises um Bar Kokhba von der Gemeinschaft von Qumran gewonnen37.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
199
liche, aber letzten Endes doch eben auch endgeschichtliche Figur gefat41. Darber
hinaus lassen die Ausfhrungen des Propheten in Ez 37,1924.252842 in grerer Deutlichkeit als in Ez 34,30 erkennen, da das neue Gottesvolk sowohl durch
die gemeinsame Nationalitt als auch durch das gemeinsame religise Fundament
konstituiert ist43, wobei das neue Gottesvolk allerdings nicht als Restitution des
Zwlfstmmevolkes Israel, sondern als Wiedervereinigung der beiden IsraelTeilgren Joseph und Juda44 definiert wird.
Die endgeschichtliche Ausrichtung der gesamten Passage Ez 33ff. tritt zumindest
auf der Ebene des Endtextes insbesondere in Ez 38f., der Weissagung gegen Gog aus
Magog, klar zutage45, auch wenn die Gestalt des ayXn in diesen beiden Kapiteln gerade
nicht begegnet46. Gog aus Magog wird aus dem Norden mit einer groen Heeresmacht
ihm ber sie gesetzte Name seines Knechtes David unverrckbar sein und in alledem Gott ein fr
allemal Wohnung in seinem Volke nehmen wird.
41 Vgl. hierzu etwa P. Schfer, Bar Kokhba and the Rabbis, 17: The Nasi as portrayed in
Ezekiel and at Qumran is definitely an eschatological figure, und 18: The Messiah is part of
history and not of any utopian and ahistorical future.
42 Die Beobachtung von K.-F. Pohlmann, Ez II, 501: Die Schluverse 2528 mit dem darin
vorgestellten Israelkonzept wie auch der Betonung, da Israel mit dem Tempel seine zentrale Mitte
wiedergewinnt, heben sich deutlich von den vorausgehenden Ausfhrungen ab, korrespondieren
aber mit Auffassungen, wie sie sich in bestimmten Passagen von Ez 4048 artikulieren, gibt in
diesem Zusammenhang eine durchaus richtige Beobachtung wieder, die in die hier vorgelegte Interpretation des Endtextes einfliet.
43 Vgl. zu diesem Gedanken einer gleichsam doppelten Grundlage des neuen Gottesvolkes
etwa W. Zimmerli, Ez II, 919: Nicht eine menschliche Organisation ... wird diese Einheit [des
Volkes Israel] schaffen, sondern der von Gott in sein eines Volk gesetzte Knig wird das Zeichen
der Einheit sein. Und damit ist ganz unmittelbar das andere verbunden: Gott wird sein Volk heilen
und retten ..., da es die Gtzen und Greuel wegtut, um die es sich zuvor gesammelt und unter denen
es sich entzweit hat. Gott wird sein Volk rein machen .... Ohne die Abkehr vom alten wird Einheit
nicht wirklich werden knnen. In hnlichem Sinne durchaus H.F. Fuhs, Ez II, 211: Die Wiederherstellung des Volkes und seine Rckfhrung in JHWHs Land wird hier konkret als Inbesitznahme
der Berge Israels und als Wiedervereinigung des seit dem Tod Salomos politisch gespaltenen Volkes
verstanden, und 212: Das Heilswort [d.h. Ez 37,20ff.*] ... ist das dritte Bundeswort ... mit eigenem
theologischem Profil. Die Distanz zu den Nichtjuden ist gewachsen. ... Da JHWH die Zurckgefhrten zu einem einzigen Volk machen werde, lehnt sich an die Zeichenhandlung [Ez 37,] 15ff. an
und verweist zugleich auf [Ez] 11,19, .... Das volle Gewicht fllt hier auf die kultische Reinigung
Israels. Die Tendenz, das Verhltnis JHWHs zu seinem Volk in kultischen Vorstellungen zu fassen,
die sich in 36,1628* andeutete, ist hier beherrschend geworden.
44 K.-F. Pohlmann, Ez II, 501.
45 Vgl. hierzu etwa H.F. Fuhs, Ez II, 214: Es handelt sich [bei Ez 38f.] um eine breit angelegte, mit apokalyptischen Zgen ausgestattete Schilderung eines gewaltigen Vlkersturms gegen den
Zion, der hier an JHWHs Macht zerschellt und so die endgltige Gottesherrschaft JHWHs ber die
Vlker herauffhrt.
46 Vgl. hierzu etwa K.-F. Pohlmann, Ez II, 512: Und das endgltige Heil, wie es in Ez 4048
in einer Vision Ezechiels vorgestellt ist, nmlich die Realisierung der Planungen JHWHs zur Neuund Umorganisation seines ureigenen Bereiches ... ist dann gem der mit dieser Textfolge verbundenen Geschichtskonzeption erst fr die Zeit nach der Vernichtung der unheimlichen Feindmacht
aus dem Norden anzusetzen. Folglich war mit der Einschaltung bzw. Vorordnung von Ez 38f. vor
200
Thomas Witulski
heraufziehen gegen das Volk Israel ~ynXh tyrxab (Ez 38,8) bzw. ~ymyh tyrxab (Ez
38,16). Nicht der ayXn, sondern JHWH selbst wird dann seine Heiligkeit erweisen, diesen Angriff zurckschlagen und Gog aus Magog vernichten (Ez 38,1623); nach dieser
berwindung des letzten Feindes ist [dann] das vollkommene Heil [erst] mglich47.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
201
an die Stadt Jerusalem (45,6) und an den regierenden ayXn (45,7f.). Dieses klar umrissene Gebiet (45,756) soll in das Eigentum des jeweiligen ayXn bergehen, damit
der jeweils regierende Frst zuknftig keinerlei womglich willkrliche und unberechtigte Ansprche auf das Land des Volkes Israel erhebt; dem ayXn wird also ein
bestimmtes Areal in den Grenzen des Knigreiches Israel als von ihm zu bewirtschaftendes und seine Einknfte sicherndes Kronland zur Verfgung gestellt. Auch
in dieser Bestimmung wird die innerweltliche Dimension sowohl des neuen Reiches
Israel als auch des in ihm wirkenden kommenden ayXn deutlich erkennbar.
Im Anschlu an diese Regelung mahnt Ezechiel die larXyyayXn, von Frevel und Gewalttat abzulassen und Recht und Gerechtigkeit im Lande zu ben (45,91257). Unklar
bleibt aber, wer hier mit den larXyyayXn gemeint ist und in welchem Verhltnis diese zu
dem zuvor erwhnten ayXn stehen. Auf der Ebene des Endtextes scheint es sich bei diesen
Frsten um smtliche zuknftige58 potentielle Hirten des Volkes Israel zu handeln, die
dieses unter der Herrschaft JHWHs weiden werden59; sie sollen aufhren, die Israeliten
von ihren Husern und Hfen zu vertreiben und insbesondere innerhalb des im folgenden
nher beschriebenen Abgabenwesens dafr Sorge tragen, da rechte und zuverlssige Mae und Gewichte verwendet werden60, die im Rahmen der Eintreibung der jeweils verordneten Abgaben eine Bereicherung der Frsten verunmglichen61. Bemerkenswert ist, da
somit zumindest auf der Ebene des Endtextes en passant neben den bisher zur Bezeichnung
des Frsten verwendeten Titel ayXn die Titulatur larXy ayXn tritt62.
56
202
Thomas Witulski
larXyb ayXn63 abzufhren hat (Ez 45,1315.16)64, uert sich der Prophet ber
dessen Aufgaben im Rahmen der Kultpraxis. Der ayXn, dem offensichtlich im
Zusammenhang der Vorbereitung und wohl auch der Durchfhrung der hier angesprochenen kultischen Handlungen eine deutliche Vorrangstellung gegenber dem
brigen Volk zukommt65, soll an den Festen und Feiertagen Brand-, Speis- und
Trankopfer ausrichten (Ez 45,17a)66. Zustzlich obliegt ihm die Darbringung der
zur Entshnung des larXy-tyb notwendigen Opfergaben67; der Prophet nennt konkret Snd-, Speis-, Brand- und Mahlopfer68. Darber hinaus soll der ayXn am Tag
des Passah fr sich und fr das gesamte Volk einen Stier als Sndopfer opfern und
an den darauffolgenden sieben Tagen der Woche der ungesuerten Brote69 tglich ein Brand-, ein Snd- und ein Speisopfer darbringen (Ez 45,2124); dabei
bentigt der ayXn fr das Brandopfer tglich sieben Jungstiere und sieben Widder
ohne Fehler (Ez 45,23a), fr das Sndopfer tglich einen Ziegenbock (Ez 45,23b)
und fr das Speisopfer fr jeden Stier und jeden Widder jeweils ein Epha Mehl und
pro Epha Mehl jeweils ein Hin l (Ez 45,24)70. Schlielich wird ihm geboten, vom
15. Tag des siebten Monats an sieben Tage lang das Herbstfest71 zu feiern und
63 Auf
die Aufflligkeit dieser Titulatur weist T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 602 hin.
Da das Volk die in Ez 45,1315 aufgefhrten Abgaben an den Frsten zu entrichten hat,
stellt erst Ez 45,16 klar; vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 601.
65 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 601; vgl. hierzu auch W. Zimmerli, Ez II,
1155: Die ursprngliche Ordnung drfte die Meinung vertreten haben, da die Gaben vom Volke
direkt an das Heiligtum zu geben seien. Im heutigen Kontext wird die Forderung aufgestellt, da
bei der Lieferung dieser Gaben der Frst eingeschaltet sei, der dann dafr sorgt, da hxnm, hlw[ und
~ymlv dargebracht werden.
66 Es ist immerhin auffllig, da das Opferhandeln des Frsten in Ez 45,22.24 mit dem gleichen
Verbum beschrieben wird wie dasjenige der Priester in Ez 46,2, nmlich mit hX[. Vgl. hierzu auch
T. Rudig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 605: Whrend der Frst in [Ez 45,] V. 16f.21ff. als Hauptfigur
des Kultes wirkt [!], kommt er in V. 1820 gar nicht vor.
67 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 602: Dagegen folgen in V. 17 Aussagen, die
vom vorherigen Kontext unabhngig sind, indem sie ganz grundstzlich die Aufgaben des Frsten
definieren. Er soll bestimmte Opfer zu bestimmten Anlssen darbringen, um Shne fr das Haus
Israel zu schaffen.
68 Zur nheren Charakterisierung dieser unterschiedlichen Opferhandlungen vgl. W. Zimmerli,
Ez II, 1155ff.
69 Vgl. hierzu W. Zimmerli, Ez II, 1162, der in Ez 45,21ff. eine Verschmelzung des Passah- und
des Mazzotfestes konstatiert.
70 Vgl. hierzu auch W. Zimmerli, Ez II, 1164.
71 Zur Deutung des in Ez 45,25 nicht nher benannten Festes als Herbstfest vgl. T. Rudnig in
K.-F. Pohlmann, Ez II, 604. W. Zimmerli, Ez II, 1162 macht darauf aufmerksam, da dieses Fest in
Dtn 16,13.16 und Lev 23,34 als Httenfest (twksh gx) bezeichnet wird.
64
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
203
Opfer zu vollziehen, die denjenigen, die er whrend des Passah- und Mazzotfestes
darzubringen hat, entsprechen (Ez 45,25)72.
Unklar ist, welche Rolle dem ayXn innerhalb des am ersten und am siebten Tag des ersten
Monats zu begehenden Festes zur Entshnung des Heiligtums, das in Ez 45,1820 thematisiert wird, zukommt. Auch wenn die Person des ayXn in diesen Versen nicht explizit genannt wird73 und die Entshnungshandlung selbst von einem Priester vorgenommen werden soll74, so scheint doch der Kontext zumindest auf der Ebene des ezechielischen Endtextes zu fordern, die in Ez 45,18 in der 2. Pers. Sing. formulierte Anrede eben auf jenen
zu beziehen75.
II.6. Ez 46,115: Die Przisierung der Rolle des ayXn innerhalb des
Opferdienstes
Whrend aufgrund der Darstellung in Ez 45 der Eindruck erweckt werden
konnte, da der ayXn selbst an den entsprechenden Fest- und Feiertagen die von ihm
geforderten Opfer darbringt und die dazugehrigen Opferhandlungen von eigener
Hand vollzieht, werden in Ez 46 das Gewicht und die Bedeutung des ayXn innerhalb
des Vollzugs der kultischen Rituale zugunsten der ~ynhwk verschoben (Ez 46,2)76.
Auf der Ebene des Endtextes ist diese Neuakzentuierung weniger als eine
Einschrnkung als vielmehr als eine Przisierung der Rolle des ayXn innerhalb des
Opferdienstes zu verstehen. Der Frst soll zunchst gilt dies fr die Sabbat- und
die Neumondfeiern die von ihm bereitgehaltenen Opfergaben den Priestern
bergeben, die dann die Opfer darbringen und die Opferhandlungen vollziehen
sollen77; er selbst hat unter der Vorhalle bei den Pfosten des Tores am inneren
Vorhof im Osten stehenzubleiben, auf der Schwelle des Tores seine
Anbetungshandlung in Form einer Proskynese zu vollziehen und danach wieder
72 Keinesfalls unwichtig ist an dieser Stelle der Hinweis W. Zimmerlis, Ez II, 1163, da dieses
Fest hier in Ez 45 nicht zuletzt auch durch die Parallelisierung der Opferrituale in seiner Bedeutung
auf die Ebene des Passahfestes gehoben wird.
73 Vgl. hierzu etwa W. Zimmerli, Ez II, 1160: Das im Ritualstil gehaltene Stck [Ez 45,] 18
20a lt vom Frsten nichts erkennen.
74 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 604f.
75 H.F. Fuhs, Ez II, 252 will diese Anrede auf einen Oberpriester beziehen; woher aber soll der
Leser das wissen, da ein solcher Oberpriester zumindest im unmittelbaren Kontext nicht begegnet?
76 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 605f.: Ziel des Textes ist vielmehr, die
Rolle des Frsten im Kult radikal einzuschrnken, der im Kontext die vollkommene Vorrangstellung
innehat. Er darf nur von auen am Trpfosten/an der Schwelle stehenbleiben, whrend die Priester
sein Brand- und sein Mahlopfer darbringen; gegen [Ez] 45,17a.2125* opfert er also pltzlich nicht
mehr selber; hnlich auch O. Proksch, Frst, 117: Bei Hesekiel hat er [d.h. der Frst] fr die
Staatsopfer aufzukommen, darf aber die Opferhandlung, die den Priestern vorbehalten ist, nicht
selbst vollziehen, sondern mu nur bei ihrem Vollzuge anwesend sein.
77 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 606: Im Kult wirken nurmehr ausschlielich
die Priester.
204
Thomas Witulski
aus dem Tor hinauszutreten (Ez 46,2.878), d.h.: der ayXn darf den inneren Vorhof des
Heiligtums selbst nicht betreten. Diese Przisierung in der Beschreibung der Rolle
des ayXn innerhalb der Opferhandlungen an den Sabbat- und den Neumondfeiern
rckt diesen nicht zuletzt auch aufgrund der Einlassungen in Ez 46,3 de facto
wieder nher an die versammelte Laiengemeinde heran und lt die herausgehobene
Stellung der ~ynhwk innerhalb des Kultes und der kultischen Zeremonien deutlich
hervortreten.
Diese Tendenz zeigt sich in gleicher Weise in Ez 46,9f.; hier wird beschrieben,
durch welches uere79 Tor die versammelte Gemeinde an Feier- und Festtagen das
Heiligtum betreten und wieder verlassen soll. Ez 46,10 stellt klar, da der ayXn sich
dabei nicht von der Gemeinde lsen soll; der Frst ist hier in aller Strenge als
erster Vertreter der Gemeinde verstanden80.
In Ez 46,12 kommt der Prophet ber die bisherigen Ausfhrungen zum Opferdienst des
Frsten auf dessen Mglichkeit, ein Brand- oder Dankopfer als freiwillige Gabe darzubringen, zu sprechen (Ez 46,12). Darber hinaus ist er aufgefordert, jeden Morgen ein Brandund ein Speisopfer zur Verfgung zu stellen (Ez 46,13f.). Trotz des hebrischen hX[t, das
die 2. Pers. Sing. indiziert, sind die Ausfhrungen in Ez 46,13f. zumindest auf der Ebene
des Endtextes auf den ayXn zu beziehen eine Auslegung, die sich auch einige Abschreiber
zu eigen gemacht haben81.
Als Fazit von Ez 46,115 bleibt im Blick auf die Stellung des ayXn innerhalb
des Kultus zu konstatieren: Er gehrt, wenn er auch als deren herausragender Vertreter beschrieben wird, auf die Seite der Laiengemeinde, nicht auf die Seite der
~ynhwk. Er hat und dies ergibt sich, wenn Ez 45f. als kohrenter Text gelesen wird
die Aufgabe, die ntigen Materialien und Utensilien fr die unterschiedlichen
Opfer- und Kulthandlungen zur Verfgung zu stellen; die eigene aktive Teilnahme
an kultischen und rituellen Zeremonien ist ihm aber nicht gestattet.
II.7. Ez 46,1618: Das Kronland des ayXn
Das Kronland bleibt, so Ezechiel in diesen Versen, im Besitz des ayXn und seiner
Familie. Wenn er einem seiner Shne etwas von diesem Land weitergibt, so bleibt
dieses Land in dessen Besitz (Ez 46,16); der Verleih von Lehensgtern ist zeitlich
78 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 606: V. 8 ... wehrt dem ... Miverstndnis,
der Frst knne das Tor durch den inneren Vorhof wieder verlassen.
79 Vgl. hierzu T. Rudnig in K.-F. Pohlmann, Ez II, 606.
80 W. Zimmerli, Ez II, 1173. Anders hier Y. Yadin, Documents, 370, der den ezechielischen ayXn
als a largely sacral ruler within a temple-centered administration interpretiert.
81 Vgl. hierzu W. Zimmerli, Ez II, 1168.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
205
befristet und wird durch das Erlajahr82 wieder rckgngig gemacht83 (Ez 46,17).
Diese Regelung soll vermeiden, da sich der Frst unrechtmig am Landbesitz
seiner Untertanen vergreift84. Die Intention dieser Regelung entspricht somit dem
bereits in Ez 45,7f. Formulierten85.
II.8. Fazit: Das Konzept des ayXn nach Ez 33ff.
Die in Ez 33ff. sichtbar werdende ayXn-Konzeption beinhaltet folgende wesentlichen Aspekte: (a) Der kommende ayXn, der auch als larXy ayXn oder larXyb ayXn
tituliert wird86, wird als in gewissem Sinne eschatologische, aber letzten Endes
doch innerweltliche Gre und als irdischer Amtstrger definiert87, der unter der
Herrschaft JHWHs und als dessen Exekutivorgan das Amt des Hirten in Israel
ausbt88. (b) Im Hinblick auf seine Position in Israel und auf seine Amtsfhrung
entspricht der kommende ayXn der idealen Figur des Knigs David, ohne da er
aber explizit als Davidide bezeichnet wird89. (c) Die Amtsfhrung des kommenden
ayXn zielt auf die Wohlfahrt des Volkes Israel und wird im wesentlichen nationalpolitisch definiert90. (d) Dem ayXn und seinen Erben wird innerhalb der Grenzen
des Reiches Israel ein abgegrenztes Areal als Besitz, als Kronland zur Verfgung
gestellt. Damit soll ein etwaiger ungerechtfertigter Zugriff des Frsten auf das
Land seines Volkes unterbunden werden91. (e) Dem ayXn kommen innerhalb des
Kultus keinerlei priesterliche Funktionen zu; vielmehr steht er, allerdings als deren
herausragender Reprsentant, auf der Seite der Laiengemeinde und hat die fr die
Durchfhrung der unterschiedlichen Opferhandlungen notwendigen Materialien
und Utensilien bereitzustellen92. Umgekehrt lassen sich in Ez 33ff. aber auch keine
Belege fr eine etwaige womglich sogar leitende politisch-exekutive Funktion
der Priester beibringen. (f) Der ayXn hat sein Amt gerecht auszuben und insbesondere auch bei der Eintreibung der Opfergaben auf die Verwendung korrekter Mae
82
206
Thomas Witulski
und Gewichte zu achten93. (g) Das Reich des kommenden ayXn stellt letzten Endes
eine im profanum konstituierte Gre dar.
Aufgrund dessen lt sich die ezechielische ayXn-Konzeption in die beiden o.
entwickelten Koordinatensysteme94 folgendermaen einordnen:
Reich des ayXn
innerweltliches Phnomen
ayXn
CD VII 20
Beleg
Datierung
frhmakkabischii
1QSb V 20
hasmonischiv
um 50 v.Chr.v
herodianischvii
1QM V 1
herodianischviii
4Q 161, Frg. 5 + 6, 3
herodianischx
93
94
Titulatur
iii hd[h lwk
hd[h
vihd[h lwk
hd[h lwk
ix hd[h lwk
hd[h
ayXn
ayXn
ayXn
ayXn
ayXn
ayXn
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
4Q 285, Frg. 4, 1
4Q 285, Frg. 5, 4
4Q 285, Frg. 6, 2
4Q 285, Frg. 6, 6
hd[h
hd[h
xiilarXy lwkw hd[h
hd[h
207
ayXn
ayXn
ayXn
ayXn
Wie die bersicht zeigt, wird der Titel in den qumranischen Schriften annhernd ausschlielich in Verbindung mit dem Genitiv hd[h lwk verwendet, die
Figur des ayXn also nicht auf das Volk Israel als nationale Gre, sondern exklusiv
auf die Gemeinde als die eschatologische Restituierung des Zwlfstmmevolkes
Israel95 bezogen. Dementsprechend ist der Titel larXy ayXn oder larXyb ayXn in den
Qumranschriften, zumindest so weit sie heute vorliegen, nicht belegt, ein erstes
Indiz dafr, da innerhalb des Herrschaftsbereichs des qumranischen ayXn das nationale constituens durch ein sakrales berhht wird96, dessen Herrschaftsbereich
in diesem Sinne also ein sacrum darstellt.
III.2. CD VII 20
In CD VII 20 begegnet die Gestalt des hd[h lwk ayXn im Rahmen einer Auslegung von Num 24,17: Und der Stern, das ist der Erforscher des Gesetzes, (19) der
nach Damaskus kommt, wie geschrieben steht: Es geht ein Stern auf aus Jakob und
ein Szepter hat sich erhoben (20) aus Israel .... Das Szepter, das ist der Frst der
ganzen Gemeinde; und wenn er auftritt, wird er niederwerfen (21) alle Shne Seths
(tX ynb). Diese entrannen zur Zeit der ersten Heimsuchung (VIII 1), aber die Abtrnnigen wurden dem Schwert berliefert. Und ebenso wird das Gericht ber alle
sein, die in seinen Bund eingetreten sind, aber (2) nicht an diesen (Geboten) festhalten, da er sie heimsuchen wird zur Vernichtung durch Belial97.
Die crux interpretum dieser Passage besteht in der Frage, wer mit den tX ynb
gemeint ist, die niederzuwerfen bzw. zu zerschmettern98 die Aufgabe des
hd[hlwkayXn ist. Nach einer Diskussion der unterschiedlichen wissenschaftlichen Deutungsversuche hlt A.S. van der Woude es mit Verweis auf TPsJ und
95 Vgl. hierzu H. Stegemann, Essener, 229: Die Essener haben sich von vornherein nie anders
betrachtet denn als Reprsentanz des gesamten Zwlf-Stmme-Volkes Israel in ihrer Gegenwart;
hnlich auch J. Zimmermann, Texte, 49: Aufgrund der Bezeichnung Frst der ganzen Gemeinde
... kann man ... annehmen, da damit das restituierte Israel der Endzeit gemeint ist.
96 Vgl. hierzu, wenn auch in anderer Begrifflichkeit, S. Talmon, Waiting, 125f.: However, the
Yaad infused into the ascriptive designation People of Israel the idea of elective association. They
are the chosen remnant of biblical Israel ... to whom alone out of all Israel God had granted a new
lease on life, the right to reconstitute Israels souvereignty.
97 Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 560; bersetzung nach E. Lohse,
Texte I, 81.
98 So die bersetzung von J. Maier, Texte I, 18.
208
Thomas Witulski
99
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
209
m.E. durchaus mit einem gewissen Recht, die beiden Mitglieder einer eschatological
diarchy105 aufgelistet.
210
Thomas Witulski
tung der ewig whrenden Knigsherrschaft111 des Volkes Gottes112, das gerechte
Gericht ber die Armen und Bedrftigen im Lande113 und schlielich der untadelige Lebenswandel des Frsten. Im Anschlu daran finden sich Aussagen ber die
von Gott selbst zu vollziehende Erhebung des hd[h lwk ayXn zu ewiger Hhe114, die mit den Bildern des starken Turmes und der hohen Mauer als Garanten
des sicheren Schutzes des von Turm und Mauer bewachten Ortes115 verknpft ist
hier wird demnach auf die defensiv-militrische Funktion des hd[h lwk ayXn
als desjenigen, der das Volk Gottes schtzt und sicher wohnen lt, rekurriert116.
In Z. 24f. kommt der Verfasser dieses Textes dann auf die offensiv-militrischen
Aufgaben und Fhigkeiten des Frsten der Gemeinde zu sprechen; er soll und wird
Vlker besiegen, die Erde verwsten und und hier erhalten die Aufgaben und
Fhigkeiten des hd[h lwk ayXn einen geradezu sakralen Akzent die Gottlosen
tten. Das aufgrund der augenscheinlichen sachlichen Parallelitt der Wendungen
hk[yp]z[b [~ym[ htyk]hw hbgXn (Z. 24) und ~y][XrtymthkytpXxwrbw (Z. 24f.)
wohl nicht nur politisch, sondern vor allem auch religis-sakral konnotierte Motiv des von JHWH ermglichten Sieges ber die Vlker und deren Herrscher wird
nach einem Verweis auf Gerechtigkeit und Treue als die entscheidenden handlungsleitenden Eigenschaften des Frsten dann in Z. 2729 wieder aufgenommen
und mit weiteren Bildern weiter ausgebaut; damit wird der Aspekt der
militrische[n] Strke des Frsten ..., mit der er seine Feinde niederwirft und
vernichtet117, zum bestimmenden und prgenden Grundton in der Konzeption der
Figur des hd[h lwk ayXn, so wie sie hier in 1QSb V 20ff. vorliegt.
Eine grndlichere inhaltliche Analyse lt innerhalb dieses Textes deutliche
sachliche und inhaltliche Spannungen zutage treten: So ist etwa nicht zu erklren,
111 Vgl. hierzu 1QM XVII 6f.; hier ist von der Herrschaft Israels unter allem Fleisch (E.
Lohse, Texte I, 219) bzw. ber alles Fleisch (J. Zimmermann, Texte, 56) die Rede. Damit wird die
Knigsherrschaft des Volkes Gottes als die gesamte Schpfung umfassende definiert.
112 Anders hier J. Zimmermann, Texte, 56, der die Deutung der entsprechenden Wendung
wm[twclm als Volk Gottes aufgrund des unmittelbaren Kontextes ablehnt: Die Parallelitt zu den
folgenden Infinitiven, bei denen aus inhaltlichen Grnden nur der Frst als Subjekt in Frage kommt,
spricht eher dafr, auch schon diese Aussage auf den Frsten zu beziehen und in seinem Volk
dasjenige des Frsten zu sehen: Im Auftrag Gottes wird er die Knigsherrschaft seines Volkes aufrichten. Dem steht entgegen, da als Subjekt der Erneuerung des Bundes nur Gott selbst in Frage
kommen kann, was im Verein mit der entsprechenden biblischen und nachbiblischen Tradition die
Annahme wahrscheinlich erscheinen lt, da es sich bei dem hier angesprochenen Volk um das
Volk Gottes handeln mu; hnlich auch A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 114.
113 J. Zimmermann, Texte, 56 spricht in diesem Zusammenhang von der innenpolitische[n]
(bzw. sozialpolitische[n]) Seite der vom Frsten auszubenden Gerechtigkeit.
114 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 54 und die dort ausgewiesene Textrekonstruktion nach
J.T. Milik; hnlich auch A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 113.
115 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 57: Zwei aus dem AT stammende Bilder werden miteinander verbunden, um einen doppelt geschtzten Ort auszudrcken.
116 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 57.
117 J. Zimmermann, Texte, 57.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
211
warum dem kommenden hd[h lwk ayXn explizit die defensiv-militrische Funktion des Beschtzers des Volkes Gottes zugeschrieben wird (Z. 23), wenn er doch
zugleich als offensiv-militrisch operierender Kriegsherr smtliche Vlker besiegen und smtliche Gottlosen tten wird (Z. 24f. u..), so da es letzten Endes
niemanden mehr geben kann, vor dem er das Volk Gottes beschtzen mte. Darber hinaus mu etwa verwundern, da dem hd[h lwk ayXn als jemandem, der
alle Gottlosen tten wird (Z. 24f.), dann alle Nationen dienen sollen (Z. 28), wiewohl doch die letzten Endes gottlosen Angehrigen eben dieser Nationen von jenem selbst zuvor gettet worden sein mten118. Diese Spannungen weisen darauf
hin, da das erwartete und erhoffte Handeln des hd[h lwk ayXn innerhalb dieser
Passage von 1QSb letzten Endes weitestgehend in topischen und damit generalisierenden Formulierungen dargestellt wird; diesem Befund entspricht, da die
Ausfhrungen insgesamt zu einem nicht unbetrchtlichen Teil aus Anspielungen
an messianisch gedeutete oder zumindest deutbare alttestamentliche Texte oder
aber aus ebensolchen unmittelbar alttestamentlichen Zitaten zusammengesetzt
sind, ohne da eigene, auf den Verfasser des Textes rckfhrbare Anstze zu einer
kohrenten und konkretisierenden Applikation dieses alttestamentlichen Materials
sichtbar wrden.
Die nachfolgende bersicht vermag deutlich zu machen, wie weitgehend der Verfasser
von 1QSb V 20ff. auf vorliegendes alttestamentliches Material zurckgegriffen und dieses
in seine Darstellung des Segens des lykXm fr den hd[h lwk ayXn eingearbeitet hat:
Text aus 1QSb V 20ff.
Z. 21:
Z. 21f.:
(22) [~ynwybaqdzb
jwpXlw]
xykwhl[w]
xiii #ra ywn[[]l rwXymb
alttestamentlicher Bezugstext
Ps 145,13:
Jes 11,4a:
rwXymbxykwhw~yldqdcbjpXw
#ra-ywn[l
Form der
Bezugnahme
Stichwortassoziation
Zitat
118 Diese Interpretation von Z. 24f. legt sich, wenn auch nicht unmittelbar aus dem Text, so aber
doch aufgrund des Selbstverstndnisses der Qumrangemeinde als Volk Gottes bzw. Gesamtgemeinde Israel (vgl. zu diesen Begriffen H. Stegemann, Essener, 229) nahe; fr diejenige Gemeinschaft, die sich selbst exklusiv als Gottesvolk begreift, mssen alle auerhalb ihrer als nicht zum
Gottesvolk gehrig und somit als Gottlose gelten. Vgl. hierzu auch J. Zimmermann, Texte, 58, der
in diesem Zusammenhang von einer Spannung zwischen den Aussagen der Vernichtung und denjenigen des Untertanseins bzw. Dienens spricht; unter Verweis auf PsSal 17 vermutet Zimmermann, da hier nicht an eine universale Vernichtung, sondern nur an die Niederschlagung der
Frevler, der ~y[Xr gedacht ist.
212
Thomas Witulski
Z. 23:
Pr 18,10f.:
hmwxb [z]w[ ldgmkw bgXnw qydc #wry-wb hwhy ~X z[-ldgm StichwortassoziahbgXnhmwxkwwz[tyrqryX[ !wh (11)
tion
wtykXmb
Z. 24f.:
tymt(25)hkytpX
Jes 11,4c:
Z. 25f.:
Jes 11,5:
xwrbw
xiv [Xr
hkyntwm]rwzaqdc (26)hyhw
h[nwmaw
xv hkyclx rwzh
Z. 26:
Z. 27:
lzrbhkynrq ~Xy[w
xvi hXwxn hkytwsrpw
Z. 27f.:
jbXlhkmyqh la ayk
xvii ~ylXwml (28)
Z. 29:
hyr]ak htyyhw
xix
Zitat
Zitat
Mi 4,13:
~yXa$ytsrpwlzrb~yXa$nrq-yk
hXwxn
Mi 7,10:
Num 24,17f.:
Anspielung
Stichwortassoziation
Gen 49,9:
Stichwortassoziationxx
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
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Thomas Witulski
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
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somit um eine eschatologisch und messianisch qualifizierte Figur, die mit ihrem
Handeln dazu beitrgt, die bestehende Geschichte ihrem Ende zuzufhren136. Die
in 1QM insgesamt sichtbar werdende Differenzierung zwischen den rwa ynb auf
der einen und den $Xwx ynb auf der anderen Seite zeigt, da hier das u.a. durch das
Wirken des ayXn zu errichtende Reich des hd[h lwk ayXn als im wesentlichen
religis bzw. sakral definierte Gre zu denken ist.
III.7.137 4Q 285, Frg. 5, 4
4Q 285, Frg. 5, 4 stellt unter den qumranischen Belegen fr den Begriff des
hd[h lwk ayXn den einzigen dar, innerhalb dessen diese Figur mit dem Gedanken
der davidischen Abstammung unmittelbar verknpft wird138: (1) [ -- ]Jesaja, der
Prophet (Is 10,34): abgeschlag[en werden die Dickichte des Waldes und der
Libanon, wird durch einen Mchtigen] (2) [ -- ]fallen. (Is 11,1) Da geht hervor ein
Schling aus dem Wurzelstock Isais[ -- ] (3) [ -- ]. der Spro Davids, und sie
fhren einen Proze gegen den[ -- ] (4) [ -- ]und es lt ihn tten der Frst der
Gemeinde, der Sp[ro Davids139 (?) -- ] (5) [ -- ]. und mit Reigentnzerinnen. Und
es befiehlt [der Haupt-(?)140] Priester[ -- ] (6) [ -- ]..[..]...[ -- ]141. Diese Verknpfung
lt die Annahme wahrscheinlich erscheinen, da der hd[h lwk ayXn hier als
messianische Gestalt gedacht ist142, eine Annahme, die besttigt wird durch die
136 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 53: Wenn die Namen der zwlf Stmme auf dem Schild
auf das eschatologisch restituierte Zwlfstmmevolk verweisen, kommt der Gestalt eschatologische
Bedeutung zu, es ist davon auszugehen, da es sich um eine messianische Gestalt handelt, auch
wenn ein davidischer Charakter dieser Gestalt in 1 QM 5,1 ansonsten nicht erkennbar ist. Differenzierter hier W. Stegemann, Essener, 146, der die davidisch-messianische Deutung der Gestalt des
hd[h lwk ayXn fr die ursprngliche Fassung der Kriegsregel verneint: In der vor-essenischen
Grundschrift der Kriegsregel war der Anfhrer der ganzen Volksgemeinschaft nur der oberste
Heereskommandant ... Erst in einer spteren essenischen Fassung der Kriegsregel, 4Q 285, wird der
Anfhrer der ganzen Volksgemeinschaft darber hinaus ... als davidischer Messias dargestellt.
137 Die Belege 4Q 161, Frg. 5 + 6, 3; 4Q 285, Frg. 4, 1; 4Q 285, Frg. 6, 2 und 4Q 285, Frg. 6,
6 sind schlecht erhalten und daher wenig aussagekrftig, so da eine Analyse im Rahmen der in
dieser Studie zugrundegelegten Fragestellung wenig sinnvoll ist; vgl. hierzu die entsprechenden
Texte bei F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 314f. und dies., Scrolls II, 640643.
138 Vgl. hierzu die bersicht bei J. Zimmermann, Texte, 126; diese bersicht ist insofern unprzise, als die dort fr 4Q 161 postulierte Bezeugung der davidischen Abkunft des hd[h lwk ayXn
zwar immerhin denkbar und womglich auch wahrscheinlich, der Beleg aber keinesfalls so eindeutig und sprechend ist wie 4Q 285, Frg. 5,4, eine Tatsache, die J. Zimmermann allerdings ebenfalls
sieht.
139 J. Zimmermann, Texte, 86 hlt die in der Forschung zu 4Q 285, Frg. 5,4 bisweilen vertretene Annahme, da an dieser Stelle von einem getteten ayXn die Rede sei, fr sehr unwahrscheinlich.
140 Zu dieser Ergnzung vgl. J. Zimmermann, Texte, 85; er weist darauf hin, da in 1QM unbestimmtes !hwk immer mit Xawrh; oder [~Xh] !hwk ... steht.
141 Text nach J. Maier, Texte II, 243.
142 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 126: Die wahrscheinliche Identifizierung in 4Q 285 5,
der Gebrauch beider Bezeichnungen in 4Q 161 (wenn auch nicht im selben Zusammenhang), vor
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lung der Gemeinde (Z. 1721) zum messianischen Mahl152 beschrieben werden153:
(12)154 der Gesalbte mit ihnen. Es komme [der Priester an der Sp]itze der ganzen Gemeinde Israels155 und [all (13) seine Brder, die Shne] Aarons, die Priester, Festversammlungs[Berufene], Mnner des Namens, und sie setzen sich (14) v[or ihn hin, ein jeder] entsprechend seiner Wrde. Danach [kommt der Gesal]bte Israels und es setzen sich vor ihn hin
die Hupter (15) der Tausendschaften Israels, ... (17) ... [Und wenn sie zum Tisch] sich
gemeinschaftlich verein[en zu Brot und Neu]wein, und es ist zubereitet der Tisch (18) der
Einung [, um zu essen und um den] Neuwein zu trink[en, strecke nie]mand seine Hand aus
nach der Erstlingsgabe (19) des Brotes und [dem Neuwein] vor dem Priester156. Sonder[n
er be]nedeie das Erstlingsbrot (20) und den Neuwei[n und er strecke aus] seine Hand nach
dem Brot zuvor, und dana[ch strec]ke der Gesalbte Israels seine Hand aus (21) nach dem
Brot, [und danach benedei]e die ganze Gemeinde der Einung, ein jeder nach seiner
Wrde157. Diese beiden die Verhltnisse in der messianischen Zeit betreffenden Beschreibungen lassen die hhere Wrde und den Vorrang des Hohenpriesters (und seines
Gefolges)158 vor dem Messias (und dessen Gefolge) deutlich erkennen159. Dies gilt insbehandelt es sich offenbar das lsst sich dem Text noch entnehmen um einen Sonderfall bei der
Versammlung des Gemeindeausschusses: wie soll man sich setzen, wenn der Messias von Israel im
Rate anwesend ist?.
152 Vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 34: Dabei bezieht sich das Mahl von 1QSa 2 wahrscheinlich auf die Zukunft und beschreibt die Unterschiede des Mahles in der messianischen Zeit
gegenber dem in der Gegenwart der Gemeinde praktizierten Mahl (vgl. auch 29).
153 Eine andere Struktur sieht M.G. Abegg Jr., Messiah, 132: Lines 11 and 12a might rather,
in light of the structure of the Rule, be interpreted as an introductory statement concerning the messianic banquet.
154 Zu den unterschiedlichen Vorschlgen fr die Rekonstruktion des Textes am Ende von Z. 11
bzw. am Beginn von Z. 12 vgl. J. Zimmermann, Texte, 30f.
155 Nach J. Zimmermann, Texte, 28 ist hier entweder der Xawrh !hwkh oder aber der Xawrb!hwkh,
in jedem Falle aber der Hohepriester gemeint.
156 J. Zimmermann, Texte, 32 spricht sich dafr aus, den in Z. 11ff. erwhnten Priester mit
demjenigen von Z. 17ff. zu identifizieren: Es sei insgesamt am wahrscheinlichsten, da der Priester in 1Qsa der Hohepriester ist, bei dem es sich dann wohl um den eschatologischen Hohenpriester bzw. im Gegenber zum Gesalbten Israels um den Gesalbten Aarons handeln drfte; anders
hier A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 105f.
157 Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 102; bersetzung nach J. Maier,
Texte I, 244.
158 Ob es sich bei diesem Hohenpriester um einen realen Hohenpriester oder aber um einen
priesterlichen Messias handelt, lt sich aus dem Text kaum sicher entnehmen; vgl. hierzu J.J. Collins, Scepter, 76: It is reasonable, then to refer to the chief priest in this passage as the messiah of
Aaron, even though he is not explicitly so called in the extant text. Anders hier J. Zimmermann,
Texte, 32, der in dem in 1QSa II 11ff. erwhnten Hohenpriester den eschatologischen Hohenpriester bzw. ... den Gesalbten Aarons sieht.
159 Vgl. hierzu im Blick auf Z. 11ff. A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 104: So
steht der Messias von Israel zwar neben dem Hohenpriester bzw. Hauptpriester. Aber aus dem
Wortlaut des Textes 1Q Sa II, 1117 geht mit Deutlichkeit hervor, dass der Hauptpriester dem endzeitlichen Knig an Wichtigkeit berlegen ist und als erster kommt; im Blick auf Z. 17bff. hnlich
auch J. Zimmermann, Texte, 29: Es geht um den Beginn des Mahles bei der Anwesenheit des
Gesalbten Israels. Auch dann bleibt der priesterliche Vorrang gewahrt: Zuerst spricht der anwesende Priester die Benediktion, dann erst folgt der Gesalbte Israels, der somit in dieser Hinsicht
dem Priester untergeordnet ist.
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sondere angesichts der Z. 21b.22 angefhrten ergnzenden, den Fall der Teilhabe des Messias an einem gemeinsamen Mahl einer beliebigen Gruppe von mindestens zehn Mnnern
betreffenden Regelung160: Und nach dieser Vorschrift verfahre [man] (22) in bezug auf
jeden [Po]sten, wenn sie [sich vers]ammeln zu (mindestens) zehn Mnn[ern]161. Diese
prcision supplmentaire zeigt: Wenn auch die kleinstmgliche Gruppe innerhalb der
Sekte speist, so ist der Priester immer die hchste Autoritt. Auch dem geringsten Priester
gebhrt mehr Ehre als dem wichtigsten Laien, dem Messias von Israel162 ein klares Indiz
fr die Konstitution der qumranischen Gemeinde als einer sakralen.
Zuletzt soll im vorliegenden Zusammenhang noch auf die Ausfhrungen in 1QM XV
48a verwiesen werden, in denen es um die letzte, eschatologische Schlacht geht: (4) Der
Hauptpriester tritt hin und seine Brder, die P[riester] und die Leviten und alle Mnner der
Schlachtordnung mit ihm. Er liest ihnen zu Ohren (5) das Gebet fr den Zeitpunkt des
Krie[ges, wie es aufgezeichnet ist im Bu]che der Ordnung seiner Zeit mit allen Worten
gem ihres Lobpreisens. Und dort formiert er (6) die ganzen Schlachtreihen gem al[len
Vorschriften des Krie]ges. (Dann) geht der fr den Zeitpunkt der Rache (7) gem all seinen
Brdern bestimmte Priester hin und strkt [ihre Hnde zum Kampf] und hebt an und spricht:
Seid stark und fest und werdet wehrhafte Leute! (8) Frchtet euch nicht und seid nicht
[erschrocken] ...163. M.R. weist A.S. van der Woude darauf hin, da hier der Haupt- bzw.
Hohepriester164 als Haupt der Gemeinde, jenes sakralen Verbandes, der, wie in der Frhzeit des Volkes, auch in der Endzeit Israel konstituiert165, erscheint. Auffllig ist, da der
hd[h lwk ayXn an dieser Stelle nicht in Erscheinung tritt, sondern nur der Xarh !hwk, der
Anweisungen fr die Schlacht gibt. Dies belegt zweierlei: (a) Selbst im eschatologischen
Kampf kommt dem Xarh !hwk offensichtlich eine wichtigere Rolle zu als dem Frsten der
Gemeinde166. (b) Die eschatologische Schlacht wird als heiliger Krieg charakterisiert,
ein deutliches Indiz fr die sakrale Verfatheit der qumranischen Gemeinde167.
160 J. Zimmermann, Texte, 32 deutet Z. 21b.22 im Anschlu an E. Puech als eine prcision
supplmentaire.
161 Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 102; bersetzung nach J. Maier,
Texte I, 244.
162 A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 106.
163 Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 136; bersetzung J. Maier, Texte I, 149.
164 Auch hier mu offenbleiben, ob es sich bei diesem Hohenpriester um einen realen Hohenpriester oder um einen priesterlichen Messias handelt; vgl. hierzu o.
165 Messianische Vorstellungen, 127.
166 Vgl. hierzu A.S. van der Woude, Messianische Vorstellungen, 127: Das alles beweist unzweideutig, wie wichtig der Verfasser die Gestalt des Hohenpriesters der Endzeit empfunden hat: er
gibt die Anweisungen. Vom kniglichen Messias, d.h. vom Frsten der Gemeinde, verlautet gar
nichts.
167 Vgl. hierzu auch den weiteren Text in 1QM XV 8ff. und A.S. van der Woude, Messianische
Vorstellungen, 127f.: Die alte Tradition vom sakralen Verbande, der den heiligen Krieg fhrt, ist
hier noch vllig lebendig, .... Der Endkampf wider die Kitter ist in erster Linie ein sakraler Akt und
nicht eine rein-politische Angelegenheit. Daher kann man auch verstehen, dass eben der Hohepriester die Schlachtlinien ordnet.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
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III.8. Fazit
Die in den qumranischen Quellen nachweisbaren Belege fr den ayXn-Begriff
lassen im Blick auf die konzeptionelle Ausgestaltung dieser Figur folgendes erkennen: (a) Die Figur des ayXn begegnet durchgngig als hd[h lwk ayXn, d.h. nicht
als eine auf die national-politische Realitt der Gesamtheit der Juder Palstinas,
sondern als eine ausschlielich auf die Qumrangemeinde als eschatologischer Restituierung des Zwlfstmmevolkes Israel bezogene Gestalt. (b) Das kommende
Reich des erwarteten hd[h lwk ayXn stellt sich, wie schon die qumranische Gemeinschaft selbst, als ein sakrales dar; in ihr wird die gemeinsame nationale Basis
der Abstammung vom Volk Israel durch ein sakral-religises constituens zugespitzt und damit zugleich berhht. (c) Der hd[h lwk ayXn wird als Anfhrer des
Heeres der Shne des Lichts, die in einer eschatologischen Schlacht die Shne
der Finsternis endgltig vernichten werden, beschrieben, also als eschatologischendgeschichtliche politisch-militrisch wirkende Figur interpretiert, deren Wirksamkeit auf das gesamte Universum zielt. Dabei werden dem hd[h lwk ayXn
zumindest in Anstzen bernatrliche Fhigkeiten beigelegt. Allerdings erscheint
er aber auch in seinem militrischen Wirkungsfeld als den Priestern bzw. zumindest dem Xarh !hwk unter- bzw. nachgeordnet. (d) Nicht zuletzt auch durch den
Hinweis auf seine davidische Abkunft (dywd xmc) zeigt sich der u.U. erst in Qumran entwickelte Gedanke des messianischen Charakters des hd[h lwk ayXn.
All dies lt sich auf dem Hintergrund der o. entwickelten Koordinatensysteme
zum Messias- bzw. ayXn-Begriff168 folgendermaen visualisieren:
ayXn
Reich des ayXn
prinzipiell irdische, aber mit besonderen
innerweltliches Phnomen
bernatrlichen Fhigkeiten begabte Gestalt
in ein Kollektiv eingebunden und zumindest dem Xarh !hwk nachgeordnet (!)
Nachkomme Davids
Identifikation mit dem kommenden xyXm
universales politisch-militrisches Wirken
end-geschichtliche Gre
168
Vgl. hierzu o.
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IV. larXy
ayXn abswk !b
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darstellung Bar Kokhbas dienen kann. Immerhin lt auch das Dictum Rabbi Akibas Bar
Kokhba als einen roi Messie politique et national extirpant la prsence romaine de la terre
dIsral ... et non un rdempteur bouleversant lordre naturel en imposant de nouvelles
normes religieuses174 erkennen175.
Diese Beobachtung wird besttigt durch eine Einlassung des Justinus in apol. I
31,6; als einer der ganz wenigen zeitgenssischen Nachrichten ber den Bar
Kokhba-Aufstand176 kommt ihr gerade auch im Blick auf die Frage nach der Titulatur Bar Kokhbas und nach dessen Selbstverstndnis besondere Bedeutung zu:
r N d v E y E
P P, k , k x
Ps E r s, d P177. Justinus bezeichnet Bar Kokhba hier weitgehend neutral als den P des jdischen Aufstandes, ohne hier etwaige messianische Ansprche oder eine davidische Abstammung desselben zu reflektieren. Insbesondere angesichts des im gleichen Atemzug beschriebenen rigorosen Vorgehens Bar Kokhbas gegen die Christen und gegen das immerhin von jenen im Mund gefhrte Bekenntnis Jesu von
Nazareth als des Messias mu dieser Sachverhalt verwundern nichts wrde doch
die Darstellung des Justinus in diesem Zusammenhang glaubwrdiger erscheinen
lassen als der Hinweis darauf, da Bar Kokhba selbst als xyXm aufgetreten ist und
entsprechende Verehrung einforderte; diese Beobachtung lt sich kaum anders als
mit der Annahme erklren, da Bar Kokhba selbst, zumindest in den Augen des
Justinus, eben keinerlei explizit messianische Ambitionen an den Tag gelegt hat.
Im Blick auf die Ausfhrungen des Justinus schlgt etwa A. Reinhartz eine andere Interpretation vor. Sie schliet aus dem Sachverhalt, da jener den Namen und
eben nicht die historisch korrekte Namensform abswk !b verwendet und Bar Kokhba als
jemanden beschreibt, der die Christen um ihres Glaubens willen verfolgt178, da Justinus
Bar Kokhba als Messias und den von ihm angefhrten Aufstand als messianische Bewegung wahrgenommen habe; die Darstellung des Justinus lasse insgesamt erkennen, that
Bar Kosibas revolt had a messianic basis and indeed forced belief in Bar Kosiba as the
Messiah upon all who were under his control179, wiewohl sie selbst unmittelbar im An-
174 Auch diese Feststellung widerrt dem Verstndnis des Reiches Bar Kokhbas als einem sakral
konstituierten; vgl. hierzu u.
175 D. Jaff, Figure messianique, 115.
176 P. Schfer, Aufstand, 60.
177 Whrend des jngst entbrannten jdischen Krieges befahl nmlich Bar Kokhba ..., der
Anfhrer des Aufstandes der Juden, nur die Christen zu schwersten Strafen abzufhren, wenn sie
nicht Jesus Christus verleugneten und lsterten; Text nach M. Marcovich, Apologiae 77; bersetzung nach P. Schfer, Aufstand, 59.
178 Vgl. Rabbinic Perceptions, 189.
179 Rabbinic Perceptions, 189.
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schlu an diese Erwgungen feststellt: There is no evidence in the letters or elsewhere that
Bar Kosiba had such a [d.h. ein messianisches] self-understanding180.
Die Grnde allerdings, die Reinhartz zu der Annahme fhren, Justinus habe die Person
Bar Kokhbas als Messias und den zweiten jdischen Krieg als messianische Bewegung
wahrgenommen, knnen kaum berzeugen: (a) Inwieweit Justinus, der, wenn er auf das
Alte Testament verweist, den LXX-Text zitiert, die mit dem Namen aufgrund der entsprechenden Deutung des hebrischen Textes von Num 24,17 verbundenen
messianischen Implikationen bewut als solche wahrgenommen hat, mu noch sehr dahingestellt bleiben. Genauso gut ist denkbar, da er diesen Namen als Eigennamen des Fhrers
der Aufstndischen angesehen hat, ohne dessen eigentlichen Namen, abswk !b, berhaupt
zu kennen181. (b) Die Darstellung der Verfolgung christlicher Gruppen oder Gemeinden
durch Bar Kokhba in dessen Herrschaftsbereich lt keineswegs mit Notwendigkeit darauf
schlieen, da Justinus jenen als Messias interpretiert bzw. wahrgenommen hat. Angesichts
der Tatsache, da Justin eine gewisse Vorliebe fr das Motiv der Lsterung Jesu durch
die Juden erkennen lt182, vermag sie noch nicht einmal das Faktum der Verfolgung von
Christen durch Bar Kokhba mit Sicherheit zu belegen, wiewohl einer solchen Verfolgung
durchaus historische Plausibilitt eignet183.
Wiewohl womglich bereits in der Zeit des Aufstands selbst, aber auch in spterer Zeit mit dem Bar Kokhba-Aufstand und seinem Fhrer [sicherlich] messianische Implikationen verbunden waren184 bzw. verbunden worden sind, zeigt ein
Blick auf die von ihm selbst verantworteten uerungen, untermauert durch die
Ausfhrungen des Justinus, da Bar Kokhba selbst sich offensichtlich weder als
xyXm oder als Nachkomme Davids definiert oder propagiert hat noch seinen Herrschaftsanspruch auf diesem Wege zu legitimieren und zu begrnden suchte185.
Eine mgliche Erklrung fr den Verzicht Bar Kokhbas, seine davidische Abstammung
nachzuweisen bzw. zu propagieren, knnte sich aus der Annahme ergeben, jener habe sich
bei der Konzeption des von ihm bekleideten Amtes des larXy ayXn unmittelbar an Ez 33ff.
angelehnt; die dortigen Ausfhrungen nmlich lassen durchaus Spielraum fr die Figur
180
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eines ayXn, der zwar in Entsprechung zu David sein Amt ausfhrt, ohne allerdings selbst
seinen Stammbaum auf diesen zurckfhren zu knnen bzw. zu mssen186.
Als eine offensichtlich durchaus nicht unwichtige Figur im Rahmen der jdischen Erhebung gegen Rom187 ist neben der Person Bar Kokhbas selbst die Person
des Priesters Elazar numismatisch belegt; sein Name findet sich immerhin auf
Mnzen188 der ersten drei Kriegsjahre189, was zunchst den Schlu zult, da jener
innerhalb des den politischen und militrischen Fhrer Bar Kokhba anscheinend
umgebenden priesterlichen Zirkels190 sicherlich eine Vorrangstellung einnahm. Bemerkenswert ist allerdings, da Elazar auf den entsprechenden Mnzen der Titel
!hkh, nicht aber der Titel Xarh bzw. Xawrh !hwk191 und auch nicht der fr die Hasmonerzeit numismatisch belegte Titel ldgh !hkh192 beigelegt ist. Diese hufig
nicht ausreichend gewrdigte Beobachtung legt die Annahme nahe, da Bar Kokhba im Rahmen seines Versuches der Restituierung eines judischen Staatswesens
ideologisch gerade nicht an das Konzept einer aus einem weltlichen und einem
geistlichen Fhrer bestehenden staatlichen Doppelspitze, einer diarchy193 also,
anknpfen wollte; innerhalb solcher Konzeptionen ist der geistliche Fhrer immer
als Xarh bzw. Xawrh !hwk oder aber als ldgh !hkh tituliert worden. Da dieser
Rebellion ein dezidiert priestly background194 eignete, mag durchaus zutreffen;
die Titulatur des Priesters Elazar lt aber in gleicher Weise wie auch die Briefe
Bar Kokhbas erkennen, da diesem allein die Fhrung des von ihm beherrschten
Gemeinwesens oblag195; Hinweise auf etwaige Belehrungen, Unterweisungen oder
Beratungen von priesterlicher Seite, also fr eine diarchy im eigentlichen Sinne,
186
Vgl. hierzu o.
Y. Meshorer, Jewish Coins, 94 formuliert im Blick auf Elazar: Elazar the priest, the enigmatic personality mentioned on the coins of the Bar Cochba war, was associated with the reinstitution of the Temple service, which Bar Cochba, being a layman, was debarred from performing, and
hence he required the aid of this Elazar the priest, of whom we know nothing other than his name
mentioned on the coins.
188 Zur Funktion von Mnzen als Medium staatlicher Propaganda vgl. etwa K. Christ, Numismatik, 61f.
189 Vgl. hierzu L. Mildenberg, Coinage, 29.
190 U.a. aus den numismatischen Belegen fr den Priester Elazar zieht P. Schfer, Bar Kokhba
and the Rabbis, 20, sicherlich nicht zu Unrecht, den Schlu, that the Temple cult and the priests
must have played an important role in the ideology of the revolt.
191 Vgl. hierzu Y. Meshorer, Jewish Coins, 94.
192 Vgl. zu dieser Beobachtung auch E. Schrer/G. Vermes/F. Millar, History I, 603ff. und P.
Schfer, Aufstand, 99, der angesichts dessen im Blick auf den mglichen Status Elazars erwgt:
Eine Fhrungsgestalt neben Bar Kokhba ist er zweifellos gewesen, aber welche konkrete Funktion
er whrend des Aufstandes ausbte, lt sich den Mnzen nicht entnehmen. Seine Stellung mag die
eines Priesters neben dem weltlichen Fhrer Bar Kokhba gewesen sein.
193 Vgl. hierzu entsprechend o.
194 P. Schfer, Bar Kokhba and the Rabbis, 20.
195 Vgl. hierzu M. Jacobs, Institution, 26: Die erhaltenen Briefe Ben Kosibas und die militrischen Kommuniqus lassen erkennen, da er der Befehlshaber der Bewegung war und in ihr die
exekutive Gewalt besa.
187
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finden sich nicht196. Dies entspricht durchaus den o. bereits diskutierten Einlassungen des Justinus, der den jdischen Aufstand gegen Rom nur von einem P
gefhrt sieht, nmlich .
L. Mildenberg versucht diesen Sachverhalt mit dem Hinweis zu erklren, da a High
Priest could not, in truth, exist after the destruction of the Temple in the Bellum Judaicum197.
Dies vermag allerdings insbesondere angesichts der Tatsache, da sich auf allen in den
Jahren des Bar Kokhba-Aufstandes geprgten Tetradrachmen auch das Abbild des Jerusalemer Tempels findet198, ein Sachverhalt, der in der Forschung immer wieder zur Begrndung der Annahme eines unter den Aufstndischen begonnenen (Neu-)Baus des Jerusalemer Tempels oder der provisorischen Wiederaufnahme des Opferdienstes angefhrt
worden ist199 kaum zu berzeugen. Im vorliegenden Zusammenhang sind nmlich zwei
Mglichkeiten denkbar: Entweder: (a) Die Rebellen haben Jerusalem tatschlich erobert,
mit dem (Neu-)Bau des Tempels und der Wiederaufnahme des Opferdienstes begonnen;
dann ist im Rahmen der Logik Mildenbergs nicht zu erklren, warum der Priester Elazar
nicht den Titel Hoherpriester fhrt, es sei denn, ein ldgh !hkh Elazar pate nicht in das
ideologische Konzept Bar Kokhbas; oder: (b) Die Aufstndischen haben Jerusalem nicht
erobert, das Motiv des Tempels aus propagandistischen Zwecken aber numismatisch verarbeitet; auch dann lt sich der einfache Titel !hkh fr Elazar nur plausibilisieren, wenn
angenommen wird, da Bar Kokhba eben nur einen Priester, nicht aber einen Hohenpriester neben sich propagieren wollte. In beiden denkbaren Fllen zeigt sich: Da Elazar
nur den Titel !hkh, nicht aber den Titel Xawrh !hwk o.. fhrt, legt den Schlu nahe, da Bar
Kokhba innerhalb der ideologischen Konstituierung des von ihm beherrschten Bereiches
das traditionelle Konzept einer diarchy, einer Doppelspitze, bestehend aus einem Knig
oder Statthalter als weltlichem und einem Hohenpriester als geistlichem Fhrer200, eben
nicht wieder aufzunehmen beabsichtigte.
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des von jenem in der Zeit des Aufstandes beherrschten Teiles dieses Volkes gesehen hat. Diese Annahme untermauert eine Passage aus einem Brief Bar Kokhbas an die ydgny[ yXna, konkret an albXm und !tnwhy, offensichtlich die dortigen
Reprsentanten202 Bar Kokhbas (P. Yadin 49). In diesem Brief wirft er jenen vor:
rbdlwkl!kyxal !ygad alw larXy (4) tyb yskn !m !ytXw !ylka ![y]bXwy!ta(3)bjb203.
Y. Yadin zufolge gebraucht Bar Kokhba die biblische Wendung larXy tyb (Z. 3f.)
in primr verwaltungstechnisch-politischem Sinne, idiomatically, as a way of
designating the network of communities under Shimons command204, ohne
damit ein sakrales Verstndnis des Volkes Israel etwa als der eschatologischen
Restitution des Zwlfstmmevolkes zu implizieren. Diese Deutung der Wendung larXytyb wird besttigt durch eine Analyse ihrer zahlreichen entsprechenden alttestamentlichen Belege, die smtlich auf die durch die gemeinsame Religion definierte nationale Gre Volk Israel abheben205.
Darber hinaus sprechen die auf Mnzen und in Briefen Bar Kokhbas nachweisbaren Formulierungen, mit denen die jeweiligen einzelnen Jahre des Aufstandes datiert werden, gegen die Deutung des Reiches Bar Kokhbas als eines sakral
konstituierten; ist in ihnen jedoch ausnahmslos von der Befreiung oder aber von
der Freiheit Israels die Rede (twrx oder larXytlagl)206. Der von Bar Kokhba
gefhrte Aufstand zielte demzufolge auf die Verwirklichung der militrisch-politischen Befreiung und Freiheit des politisch-national definierten Gemeinwesens
Israel von der rmischen Fremdherrschaft207 und nicht auf die (Wieder-)Herstellung eines sakral zugespitzten und berhhten Stmmeverbandes aus der Vterzeit208; das von Bar Kokhba beherrschte und verwaltete Staatsgebilde kann dem-
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nach kaum als sakrales, sondern mu als nationale, durch nationale Religiositt
konstituierte Gre gefat werden209.
Diesem entsakralisierten und primr national-politisch gefaten Verstndnis des Herrschaftsbereiches Bar Kokhbas entspricht, da jener im Rahmen seiner Erhebung gegen
Rom durchaus auch mit Nichtjudern zusammenarbeiten konnte. Dies belegt etwa P. Yadin
52: Bei , dem Verfasser des in diesem Papyrus berlieferten Briefes (Z. 1.30) und
offensichtlichem Sympathisanten Bar Kokhbas, handelt es sich augenscheinlich um einen
Nabater210, der den Aufstndischen Stbe und Zitronen fr ein bevorstehendes Fest, offensichtlich das Laubhttenfest211, liefern soll212. Demgegenber mu aber fraglich bleiben, ob der innerhalb der qumranischen Gemeinschaft entwickelte Gedanke der Konstitution des Volkes Israel als einer sakralen Gre, deren Verwirklichung mit der Vernichtung
smtlicher Nichtjuden bzw. Gottlosen einhergeht213, Spielraum fr die Akzeptanz eines
solchen heidnischen Lieferanten liee214.
Gnzlich unvereinbar mit dem Gedanken einer im Sakralen wurzelnden Konstitution
scheint der Sachverhalt, da in seiner Armee heidnische Soldaten mitkmpfen eine Sichtweise, die B. Kanael angesichts des P. Yadin 52, Z. 5 erwhnten E entwickelt, den
er fr einen der Heiden, die in der jdischen Armee kmpften215, hlt.
In eine hnliche Richtung wie P. Yadin 52 weisen die Ausfhrungen des Cassius Dio
LXIX 13,2: T r P du
216. Selbst wenn Cassius Dio oder sein Epitomator Xiphilinos den hier
dokumentierten Sachverhalt berzeichnet dargestellt haben sollte, so belegen die Ausfhrungen dennoch eine Zusammenarbeit Bar Kokhbas mit Nichtjuden etwas, das im Rahmen des Verstndnisses des Volkes Israel als eines sacrum nur schwer denkbar erscheint.
209 Vgl. hierzu auch D. Jaff, Figure messianique, 114 mit Verweis auf I. ben Shalom: Le
combat pour recouvrer la souverainet juive sur la Jude est une conviction politique aux fortes
colorations religieuses qui a entran la Grande Rvolte juive contre Rome en 66 et a accompagn
le peuple durant des dcennies pour finalement aboutir linsurrection de Bar-Kokhba. Cest donc
dune mme idologie politique dont il sagit durant prs de 70 ans; und 123: Ainsi, sa [d.h. Bar
Kokhbas] dmarche rdemptrice est concrte, terrestre et se revt dune unique dimension politiconationale.
210 Vgl. hierzu u.
211 Vgl. hierzu H. Cotton, Bar Kokhba Revolt, 148.
212 H. Cotton, Bar Kokhba Revolt, 148 sieht durchaus Bezge zu P. Yadin 57, in dem es augenscheinlich ebenfalls um das Laubhttenfest geht; vgl. hierzu u.
213 Vgl. hierzu entsprechend o.
214 Vgl. hierzu etwa H. Stegemann, Essener, 279, der mit Blick auf die qumranische Gemeinschaft, die er auch unter die Essener subsumiert (274f.), feststellt: Auerhalb der gesamtisraelitischen Union der Essener im Heiligen Land konnte es letztlich kein Heil geben, weder fr Juden noch
fr Heiden. Diese fr die Essener charakteristische Abstoung nicht nur alles Heidnischen (!), sondern auch alles mit dem Toragehorsam Unvereinbaren innerhalb des zeitgenssischen Judentums
hat die Sonderstellung der Essener begrndet.
215 Simon Bar Kochba, 40.
216 Auch viele Angehrige fremder Vlker machten aus Gewinnsucht mit den Rebellen gemeinsame Sache; Text nach U.P. Boissevain, Cassius Dio III, 233; bersetzung nach O. Veh,
Cassius Dio V, 234.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
227
Prolegomena, 14.
Vgl. hierzu Prolegomena, 14: It is evident ... that Ben Kosba ... was vested with the control
of various lands, some of which he rented out. Zum mglichen Umfang der Bar Kokhba zugewiesenen Lndereien vgl. 15.
219 Anders hier G.S. Oegema, Anointed, 229, der ausfhrt, da die Zins- und Abgabenertrge
in einen community fund flieen.
220 Vgl. hierzu H. Cotton in Y. Yadin, Documents, 361: The writer is not a Jew but a Nabatean,
like his namesake in the Babatha archive; hnlich auch dies., Bar Kokhba Revolt, 146. Im Blick
auf die Datierung von P. Yadin 52 stellt sie fest: It seems reasonable to assume that all the letters
discovered in the Cave of Letters, although undated, belong to the very last months of the revolt, i.e.
to the period immediately before the rebels left Ein Gedi and escaped to Naal ever (148).
221 Vgl. P. Yadin 57 in Y. Yadin, Documents, 322ff.
222 Zu diesem Ortsnamen und dessen unterschiedlichen Deutungsmglichkeiten vgl. Y. Yadin,
Documents, 322f.
223 Y. Yadin, Documents, 327 erwgt, die Wendung !hty !qtw in P. Yadin 57, Z. 4 im Sinne eines
Verzehntens der Z. 3 erwhnten !ygrta zu verstehen (vgl. hierzu auch P. Schfer, Aufstand, 76),
urteilt aber dann: Although this is possible, it would be simpler to relate these instructions to all of
the components in general, because three of the four had to be tied together, and even the citron had
to be detached from its branch in a certain way.
224 Vgl. hierzu Z. 5 des Briefes Bar Kokhbas und Y. Yadin, Documents, 322.
225 Vgl. hierzu Y. Yadin, Documents, 322: Yehudah is ordered to assemble and prepare four
items that, no doubt, were required for the celebration of the Sukkoth festival.
218
228
Thomas Witulski
augenscheinlich als denjenigen aus, der innerhalb des von ihm verwalteten
Herrschaftsbereiches grundstzlich fr die Bereitstellung der fr die Feier der
jdischen Feste notwendigen, in der Thora vorgeschriebenen Materialien
verantwortlich zeichnete226 unabhngig davon, ob diese Anweisungen im Blick
auf die Feier des Sukkotfestes etwa der Hoffnung auf ein wunderhaftes gttliches
Eingreifen angesichts der aussichtslosen militrischen Lage in den letzten
Kriegsmonaten geschuldet oder ob sie womglich als Beleg fr die individuelle
Frmmigkeit Bar Kokhbas anzusehen sind227.
D. Jaff deutet diese auf die Feier des Laubhttenfestes bezogene Anweisung Bar
Kokhbas mit Verweis auf 2Makk 10,18 in einem politischen Sinn; die Feier dieses Festes
und bereits das Zusammenstellen der zu diesem Zweck notwendigen Materialien symbolisiere une victoire de guerre sur loppresseur und sei von den damaligen Judern als un
vnement messianique caractre politico-national228 wahrgenommen worden. Diese
Deutung Jaffs lt sich zumindest nicht auf die Person Bar Kokhbas beziehen, da zum
Zeitpunkt der Abfassung des entsprechenden Briefes die militrische Lage augenscheinlich
so aussichtslos gewesen ist, da von dessem militrischem Sieg ber den Bedrcker Rom
nicht mehr gesprochen werden konnte; die geplante Feier dieses Festes lt sich also kaum
unmittelbar in militrischem bzw. politischem Sinne als Siegesfeier Bar Kokhbas deuten.
Durchaus zuzustimmen ist D. Jaff allerdings, wenn er im Zusammenhang seiner Darlegungen auf den politischen Charakter und die politischen Implikationen der jdischen Feste hinweist229; dies entspricht durchaus dem o. definierten230 Begriff einer auf dem profanum einer gemeinsamen Nationalitt basierenden Religiositt 231.
IV.5. Fazit
Im Blick auf die aus den primren Quellen ableitbare konzeptionelle Ausgestal226 Vgl. zur politischen Bedeutung der fr das Sukkotfest notwendigen Utensilien D. Jaff,
Figure messianique, 116f.: On peut donc supposer, ..., que Bar-Kokhba faisait des quatre espces
de la fte de Sukkoth un usage rituel mais peut-tre aussi au vu de caractre politico-national de
ces vgtaux un usage politique in dieser Aussage schlgt deutlich das Verstndnis der von Bar
Kokhba beherrschten Gebietskrperschaft als einer nationalen, durch nationale Religiositt konstituierten Gre durch.
227 Vgl. hierzu B. Kanael, Simon Bar Kochba, 41; im Gegensatz zu Kanael hlt P. Schfer,
Aufstand, 76 diese Anweisungen durchaus m.R. zusammen mit anderen Hinweisen, [fr] ein klares
Indiz fr die rituelle Observanz und Torahfrmmigkeit Bar Kokhbas. Ein weiteres Indiz fr die
Thoraobservanz Bar Kokhbas liefert P. Yadin 50, Z. 5f.; hier fordert Bar Kokhba im Zusammenhang
mit der berstellung eines Verhafteten die Beachtung des Sabbats ein (vgl. hierzu Y. Yadin, Documents, 290). Zu diesem Beleg auch P. Schfer, Aufstand, 75. Darber hinaus lassen sich als Hintergrund der Anweisungen Bar Kokhbas auch andere, etwa soziale oder aber die kollektive Frmmigkeit innerhalb seines Herrschaftsbereichs betreffende Grnde denken.
228 Figure messianique, 116.
229 Vgl. Figure messianique, 117f. mit A. 40.
230 Vgl. hierzu bereits o.
231 Vgl. hierzu durchaus passend A. Oppenheimer, abkwk-rb, 145.
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
229
tung des ayXn-Begriffs durch Bar Kokhba und seinen Kreis lassen sich folgende
Feststellungen treffen: (a) Offensichtlich unterlie Bar Kokhba es bewut, sich als
xyXm oder als Nachkomme Davids zu profilieren; er fhrte ausschlielich den Titel
larXy l[ ayXn und verstand sich als individuell wirkender irdischer Herrscher im
Volk Israel. (b) Bar Kokhba oblag als larXy l[ ayXn die Verantwortung fr die
Bereitstellung der notwendigen Materialien zur Durchfhrung der religisen Feste
und der entsprechenden kultischen Handlungen; zur Sicherung seiner eigenen Einknfte wurde ihm Kronland berlassen. (c) Bei seinem Reich handelte es sich nicht
um ein sakrales Gebilde, sondern um eine durch das profanum der gemeinsamen
Nationalitt konstituierte Gre, an dessen Spitze der ayXn Bar Kokhba stand.
Diese Ergebnisse ergeben, eingetragen in die o. entwickelten Koordinatensysteme232, im Blick auf das Selbstverstndnis des ayXn Bar Kokhba und die Definition des von ihm regierten und reprsentierten politischen Gebildes folgendes Bild:
ayXn
V. Zusammenfassung
Ein Vergleich der drei tabellarischen bersichten zur Konzeption des ayXnBegriffes bei Ezechiel, in den Qumranschriften und in dem Kreis um Bar Kokhba
ergibt folgendes Ergebnis233: Die vor und whrend des zweiten jdischen Krieges
entwickelte und propagierte ayXn-Konzeption weist auf der einen Seite deutliche
bereinstimmungen mit der in Ez 33ff. vorliegenden234, auf der anderen Seite erhebliche Unterschiede zu der aus den Qumranschriften erhebbaren235 auf. Im einzelnen sind hier zu nennen: (a) Weder in Ez 33ff. noch innerhalb des Kreises um
232
230
Thomas Witulski
Bar Kokhba wird eine Verbindung zwischen dem Titel ayXn und der Figur des
Messias oder dem Gedanken der Abstammung von David hergestellt. In den Qumranschriften lt sich hingegen ein klarer interpretativer Zusammenhang zwischen
den Titulaturen ayXn, dywd xmc und xyXm nachweisen. (b) Wie die Priester in Ez
33ff., so trgt auch Elazar als der offensichtlich fhrende jdische Priester in der
Zeit des zweiten jdischen Krieges nur den Titel !hwk, nicht aber, wie der fhrende
Priester innerhalb der qumranischen Gemeinschaft, den Titel Xawrh !hwk bzw.
Xarh. Dem entspricht, da weder das Reich Bar Kokhbas noch dasjenige des ezechielischen ayXn im strengen Sinne als diarchy zu fassen sind. (c) Das Reich des
ayXn ist sowohl nach Ez 33ff. als auch nach den primren Quellen aus der Bar
Kokhba-Zeit als nationale Gre gefat, die durch das Momentum der nationalen
Religiositt konstituiert wird. Den qumranischen Schriften zufolge stellt das Reich
des ayXn hingegen ein sakrales dar. (d) Sowohl nach Ez 33ff. als auch nach den
Zeugnissen Bar Kokhbas erwirtschaftet der ayXn seine Einknfte mit Hilfe des ihm
zur Verfgung gestellten Kronlandes. In den Qumranschriften ist ein solcher Gedanke nicht belegt. (e) Der ezechielische ayXn zeichnet genauso wie Bar Kokhba
fr die Bereitstellung der notwendigen Materialien zur thorakonformen Durchfhrung der entsprechenden religisen Handlungen verantwortlich, ein Gedanke, der
in den qumranischen Zeugnissen ebenfalls fehlt.
Im Blick auf die zu Beginn formulierte Frage: Lt sich die auf die Person Bar
Kokhbas bezogene ayXn-Konzeption der Jahre 132135 n.Chr. plausibler als (Wieder-)Aufnahme oder Weiterentwicklung der entsprechenden, u.U. aus Ez 33ff. entwickelten qumranischen Vorstellungen oder aber womglich doch als eigenstndige, inhaltlich von der qumranischen Interpretation weitestgehend unabhngige Deutung und Aktualisierung der ezechielischen Vorlage erklren?236, folgt aus
alledem: Fr den Versuch, die auf die Person Bar Kokhbas bezogene ayXn-Konzeption der Jahre 132135 n.Chr. als (Wieder)-Aufnahme oder Weiterentwicklung
qumranischer Vorstellungen zu erklren, spricht nur wenig; erheblich plausibler ist
die Annahme, in ihr eine eigenstndige, inhaltlich von der qumranischen Interpretation weitestgehend unabhngige Deutung und Aktualisierung der ezechielischen
Vorlage zu sehen. Das aber heit, da der zweite jdische Krieg bzw. die Aufstandsbewegung um Bar Kokhba nicht in die theologische Matrix der qumranischen Gemeinschaft bzw. der Essener eingetragen werden und auf diesem Hintergrund erklrt werden knnen.
Thomas Witulski
Universitt Bielefeld, Deutschland
236
Der Titel N bei Ezechiel, in den qumranischen Schriften und bei Bar Kokhba
231
Endnotes
i W. Zimmerli, Ez II, 843 sieht die von ihm als Einschub (vgl. 842) charakterisierten Ausfhrungen in Jer 30,9f. sachlich und inhaltlich nahe bei Ez 34,23 (vgl. 842) und deutet sie in dem
Sinne, da hier ... nun ganz ausdrcklich ausgesprochen [werde], da Jahwe in der Zukunft einen
David aufstehen lassen werde.
ii Datierung nach J. Maier, Texte I, 1: Die Hauptinhalte von CD stammen allerdings wohl aus
der Vorgeschichte der Jachad-Gemeinschaft von Qumran, also aus der Zeit der hellenistischen
Reformen und der frhmakkabischen Periode, als man noch am Tempelkult zu Jerusalem teilnahm.
In Qumran wurde dann der Text teilweise an die neue Situation adaptiert; zum Zusammenhang des
in der Kairoer Geniza gefundenen Exemplars der CD mit den Fragmenten weiterer, in Qumran
gefundener Exemplare oder Exzerpte vgl. 2ff.
iii Vgl. zu diesem Beleg auch 4Q 266, Frg. 3, IV 9.
iv Datierung nach J. Maier, Texte I, 240.
v Datierung nach J. Maier, Texte II, 566.
vi Diese Ergnzung ergibt sich aus dem Kontext von 4Q 496, Frg. 10,1; hier ist von den Feldzeichen der ganzen Gemeinde (vgl. J. Maier, Texte II, 568) die Rede.
vii Datierung nach J. Maier, Texte II, 325.
viii Datierung nach J. Maier, Texte I, 125.
ix Vgl. zu diesem Beleg 1QM XIII 10; hier ist von einem von lngsther zu unserer Hilfe
befohlen[en] (J. Maier, Texte I, 145) Licht-Frsten die Rede.
x Datierung nach J. Maier, Texte II, 68.
xi Datierung nach J. Maier, Texte II, 242.
xii Der Bezug der Wendung larXy lwkw auf den ayXn-Titel mu angesichts des fragmentarischen
Zustandes des Textes unsicher bleiben; vgl. hierzu J. Zimmermann, Texte, 88; Zimmermann selbst
merkt an, da mit ganz Israel ... die vom Frsten angefhrte (ganze) Gemeinde gemeint sein
[knnte], also das eschatologisch restituierte Israel. Auffllig ist aber, da in Z. 6 des hier diskutierten Fragments dann aber wieder nur die Titulatur hd[h ayXn begegnet.
xiii Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108. Zwar ist zu beachten, da etwa
J.T. Milik in seiner Ausgabe dieses Textes Teile dieser Passage im Anschlu an Jes 11,4a rekonstruiert hat; allerdings lassen die sicher identifizierbaren Textteile aufgrund ihrer deutlichen Parallelitt
zu Jes 11,4 diese Rekonstruktion als auerordentlich naheliegend erscheinen.
xiv Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108.
xv Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108.
xvi Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108.
xvii Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108.
xviii Vgl. hierzu E. Lohse, Texte I, 283; anders hier J. Maier, Texte I, 248, A. 648, der hier eine
Anspielung auf Ez 19,11.14 vermutet.
xix Text nach F. Garca Martnez/E. Tigchelaar, Scrolls I, 108.
xx Vgl. hierzu E. Lohse, Texte I, 283.
232
Thomas Witulski
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I. Introduzione
Quanto la titanica figura di Gregorio Magno abbia segnato il suo periodo storico e lintera storia successiva, universalmente noto1. Un tratto di particolare interesse rintracciabile lungo tutti i suoi scritti, la peculiare attenzione che questo
papa attribuisce alla categoria Ordo dei predicatori e dei maestri della Parola.
Diventa eloquente, a questo proposito, la semplice rassegna di metafore vivide,
colorate, plastiche che Gregorio utilizza per indicare la valenza superlativa dei
1 Rimando agli studi di S. Acerbi, La societ ecclesiastica nellItalia del VI secolo: clericalis
ordo et scrinia apostolica, HispSac 48 (1996) 541-560 e H. Heinz, Eignung und Aufgaben kirchlichen Amtstrger. Zur Regula Pastoralis Gregors des Grossen, in Id., Fr eine dialogische Kirche.
Leitmotive und Zwischentne, Mnchen 1996, 95-122. Per un orizzonte pi ampio sulla figura di
Gregorio si possono utilmente vedere le ricerche pubblicate in Gregorio Magno e il suo tempo.
Incontro di studiosi dellantichit cristiana in collaborazione con lEcole franaise de Rome, Roma,
9-12 maggio 1990, I-II, Roma 1991; cf. anche P. Battifol, Saint Grgoire le Grand, Paris 1928; S.
Boesch Gajano, Gregorio I, Santo, in Enciclopedia dei papi, I, Roma 2000, 546-574; J.C. Cavadini, Gregory the Great. A Symposium, Notre Dame IN 1993; G. Cracco, Grgoire le Grand: un
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236
237
238
scrive: per coloro che sono chiamati al pi alto grado del governo pastorale, affinch valutino seriamente come vi sono giunti e se vi sono giunti legittimamente
considerino qual la loro vita; e se la vita buona, soppesino attentamente il loro
insegnamento e se questo corretto non dimentichino, cotidie, la loro debolezza44.
Gregorio, subito dopo, allinizio della prima parte del suo libro, indica lo studio
come elemento portante di chi assume il regimen animarum e, con esso, linsegnamento45:
Gli ignoranti non osino accostarsi al magistero. Non c arte che si possa presumere di insegnare se non dopo che la si appresa attraverso uno studio attento e
ponderato. Chi, senza alcuna preparazione assume il magistero pastorale d prova
di grande temerariet, perch il governo delle anime larte delle arti46.
e dei preti, non solo si raccomanda ma si ordina che la Regola non sia ignorata. In concilio Moguntino an. 813, post sanctum Evangelium, Epistolas Actusque Apostolorum ac Canones propositus
est hic liber, in quo scrutarentur episcopi, quibus modis statum Ecclesiae Dei, et Christianae plebis
profectum, sana doctrina et exemplis justitiae inconvulsum, largiente gratia Dei, perficere et conservare potuissent; ut in huius concilii praefationis legitur. In concilio Rhemensi II, ejusdem anni,
can. 10: Lectae sunt sententiae libri Pastoralis beatii Gregorii, ut pastores Ecclesiae intelligerent,
quomodo ipsi vivere, et qualiter sibi subjectos deberent admonere; quoniam, teste eodem beato
Gregorio, aliter admonendi sunt praelati atque aliter subditi. In Concilio Turonensi III, sub idem
tempus habito, promulgatum est, can. 3: Nulli episcopo liceat Canones, aut Librum Pastoralem a
beato Gregorio papa, si fieri potest, ignorare. In quibus se debet unusquisque quasi speculo assidue
considerare. Concilii Cabilonensis II prius canon decerint ut episcopi canones intelligant, et librum
beati Gregorii Papae cura pastorali; et secundum formam ibidem constitutam et vivant et praedicent. Denique in concilio Aquisgranensis ann. 836, cap. 1, de Vita episcoporum, idem liber commendatur can. 7,9 et 10, ac cap. 2, de doctrina episcoporum, can. 3.5,6. Ad haec accedit quod ex
Hincmaro Rhemensis archiepiscopo (In Prae. Opusc. 55 Capit.) intelligimus, in more tunc positum
fuisse ut ordinandus et consecrandus episcopus coram altari, una cum libro sacrorum Canonum
Regulam Pastoralem beati Gregorii in manu acciperet, cum hac obtestatione: ut ita servaret in vivendo, docendo et judicando, sicut ibidem descriptum est: Praefatio in Librum Regulae Pastoralis:
PL 77, 11. Per una visione panoramica e dettagliata sulla diffusione e influenza della Regola si veda
Judic, Introduction, 88-102. Vedi inoltre M. Andrieu, Le sacr piscopale daprs Hincmar de
Reims, RHE 48 (1953) 22-73 e S. McMillan, The Structure of the Ordination of the Bishop, EO
14 (1977) 37-48. Nella presente ricerca si citer ledizione critica edita dalle Sources Chrtiennes
(nn. 381-382), Grgoire le Grand, Rgle Pastorale, intr. B. Judic - d. F. Rommel - tr. C. Morel,
Paris 1992. Per la traduzione italiana ci siamo rifatti, anche se talvolta discostandocene, a quella
curata da M.T. Lovato, Gregorio Magno. La Regola Pastorale, Roma 1990.
44 Cos nella lettera dedicatoria al Reverentissimo et Sanctissimo fratri Ioanni coepiscopo:
Regola: SC 381, 124: Nam dum rerum necessitas exposcit, pensandum valde est, ad culmen quisque regiminis qualiter veniat; atque ad hoc rite perveniens, qualiter vivat; et bene vivens, qualiter
doceat; et recte docens, infirmitatem suam cotidie quanta consideratione cognoscat.
45 Sulla cura/regimen animarum si veda B. Lebre, Lesprit du gouvernement des mes daprs
Grgoire le Grand, Revue du Moyen ge Latin 14 (1929) 127-138; J. Hernando Prez, El arte de
gobernar las almas segn San Gregorio Magno, Teologa del Sacerdocio 3 (1971) 45-77; S. Boesch Gajano, Teoria e pratica pastorale nelle opere di Gregorio Magno, in Fontaine et alii (ed.),
Grgoire le Grand, 181-188.
46 Regola I,1: SC 381, 128: Ne venire imperiti ad magisterium audeant. Nulla ars doceri praesumitur, nisi intenta prius meditatione discatur. Ab imperitis ergo pastorale magisterium qua temeritate suscipitur, quando ars est artium regimen animarum. Sulla tradizione manoscritta del testo
della Regola cf. E. Dekkers, Introduction. IX. Le texte, in SC 381, 103-111.
239
Chi non studia imperitis e pretende di insegnare, definito da Gregorio temerario. Potremmo dire che la stima che si evince dalle prime battute della Regola per il ministero pastorale, che per Gregorio si identifica con il ministerium docendi, davvero superlativa. Ma lintera opera gregoriana pervasa da tale consapevolezza47. Nessuna disinvolta autocandidatura ammessa da Gregorio nel compiere lars artium della predicazione e del magistero, ma uno studio previo e profondo prius meditatione , studio che scende e tocca i livelli profondi dellessere.
Nella conclusione della lettera dedicatoria al vescovo ravennate Giovanni48, il
dire di Gregorio non meno vivido e trasparente. utile notare inoltre la posizione di questi due testi cristallini e non fraintendibili: siamo nellouverture della
Regola. evidente che il pontefice, in qualche modo, intende indicare immediatamente al lettore una preziosa chiave ermeneutica per addentrarsi nella Regola e
coglierne i piloni portanti dellintero impianto, focalizzando, proprio nellincipit,
quello che sar il fil rouge del suo magistero sulla predicazione e i predicatori.
Cos suona il testo:
[] Molti bramano insegnare ci che non hanno imparato e giudicano tanto pi
leggero il peso del magistero, quanto meno sanno valutarne la grandezza. Costoro
si sentano biasimati fin dallinizio di questo libro e poich, ignoranti e faciloni
quali sono, mirano ad occupare la rocca della dottrina, siano allontanati fin dalla
soglia del nostro discorso dalla temerariet della loro leggerezza49.
240
conto che su quella rocca non possono collocarsi perch non hanno imparato. La
temerariet della loro leggerezza, la loro faciloneria e il loro non conoscere la
dottrina, vengono assunti dallo scrivente come motivo fondante e indiscutibile per
chiudere senza tentennamento alcuno la possibilit di qualsivoglia contrattazione circa la loro immissione nel ruolo dellinsegnamento: siano allontanati fin
dalla soglia del nostro discorso.
Sempre a proposito di praecipites, Gregorio ci ha lasciato unaltra pagina di
rara bellezza e di sorprendente eloquenza, dove le immagini e le metafore si rincorrono e si accavallano, chiarificano e spalancano largomentazione; dove il discorso del papa trasuda di vera passione pastorale tanto da diventare tangibile;
dove la Scrittura e limitatio Christi fanno da vera impalcatura e zoccolo duro
dellintero costrutto testuale, con lo scopo di attrarre lattenzione e risvegliare la
coscienza di questi praecipites, s che non si impadroniscano con fretta precipitosa dellofficium praedicationis, rovinando innanzitutto se stessi oltre che gli altri:
Coloro ai quali, o unimperfezione naturale o let proibisce lufficio della predicazione e tuttavia vi sono spinti dallirruenza, bisogna ammonirli a non tagliarsi la
via di un miglioramento successivo, con larrogarsi, nella loro irruenza, il peso di
un ufficio cos grave; e a non perdere anche ci che avrebbero potuto compiere,
prima o poi ma al tempo giusto, collimpadronirsi, fuori tempo, di ci di cui non
sono capaci; e quindi di non mostrare di avere giustamente perduto questa scienza
della predicazione, perch si sono sforzati di ostentarla impropriamente. Bisogna
ammonirli a considerare che, se i piccoli degli uccelli50 vogliono volare prima di
avere tutte le penne, dal luogo che abbandonano, nella brama di salire in alto,
precipitano nel profondo. Bisogna ammonirli a considerare che, se si pone il peso
di una travatura sopra strutture recenti e non ancora consolidate, non si fabbrica
unabitazione, ma un crollo. Bisogna ammonirli a considerare che se le donne
partorissero i figli concepiti prima che fossero pienamente formati, non riempirebbero le case, ma le tombe. perci infatti che la Verit stessa, che pure avrebbe
potuto dare subito una tale forza a chi voleva, per lasciare un esempio a quelli che
sarebbero venuti in seguito, perch non avessero la presunzione di predicare quando non fossero ancora in grado di farlo, dopo aver pienamente istruito i discepoli
sulla virt della predicazione, aggiunse immediatamente: Voi per rimanete in
citt finch siate rivestiti della virt dallalto (Lc 24,29). Dunque noi restiamo in
citt se ci chiudiamo nel chiostro del nostro animo per non andare vagando coi
discorsi allesterno; e usciamo invece fuori di noi stessi per istruire anche gli altri,
solo allora quando ci siamo rivestiti pienamente della virt divina. Perci detto
per mezzo di un sapiente: Giovane, parla solo se ti proprio necessario, e se sei
interrogato due volte, allora incomincia a parlare (Sir 32,10). perci che il
medesimo nostro Redentore, pur essendo creatore e sempre, nella manifestazione
50 Per il variegato bestiario gregoriano cf. R.J. Hesbert, Le bestiaire de Grgoire, in Fontaine
et alii (ed.), Grgoire le Grand, 455-465 e G. Penco, Il simbolismo animalesco nella letteratura
monastica, StMon 6 (1964) 7-38.
241
della sua potenza, dottore degli angeli nei cieli, in terra non volle essere maestro
degli uomini prima dei trentanni; ci evidentemente per infondere nei precipitosi
la forza di un santissimo timore, in quanto anchegli stesso che non avrebbe potuto cadere, non predicava la grazia di una vita perfetta se non dopo aver compiuto
let; poich sta scritto: Quando ebbe dodici anni, il bambino Ges rimase a Gerusalemme (Lc 2,42), e poco dopo si aggiunse di lui, il quale era stato ricercato dai
genitori: Lo trovarono nel Tempio che sedeva in mezzo ai dottori, li ascoltava e li
interrogava (Lc 2,46). Dunque, bisogna considerare attentamente che, quando si
parla di Ges dodicenne che sedeva in mezzo ai dottori, si dice che viene trovato
a interrogare, non ad insegnare. Con questi esempi, evidentemente, si vuole dimostrare che nessuno, che non ne abbia la forza, deve osare insegnare, se quel bambino, con le sue domande, volle essere istruito; lui, che per la potenza della sua
divinit aveva dispensato la parola della scienza ai suoi stessi dottori51.
242
cipitatio che li porta ad arrogarsi, arrogant, lofficium praedicationis ma altrettanto vero che Gregorio pone in primo piano quale potrebbe essere il danno di tale
intempestivit, come potrebbe negativamente segnare il domani di coloro che vengono ammoniti. Impadronendosi fuor di tempo arripiunt intempestive e da
incapaci quod non valent del ministero dellinsegnamento, senza rendersene
conto si precludono la via di un miglioramento successivo. Qui riemerge quanto
a Gregorio stesse a cuore lofficium praedicationis: lintempestivit di questi praecipites potrebbe bruciare oggi chi domani, rispettando i tempi, sarebbe potuto
essere un buon annunciatore e maestro della Parola. Lintempestivit, mossa
dallirruenza, pu far perdere, per sempre, la possibilit di apprendere la scienza
della predicazione e questo, per Gregorio, uno sperpero di bene, per i singoli e
per il popolo di Dio, davvero funesto.
LAutore, poi, invita questi faciloni a prendere in considerazione alcune immagini didascaliche a tutti familiari. Gli ambiti metaforici con cui Gregorio supporta il suo dire per fustigare lintempestivit sono tre: animale, architettonico,
umano. Tre immagini nitide, che non danno possibilit di fraintendimento alcuno
e, tutte, eloquentissime nella loro logica: se luccellino che vuole volare in alto
implume, precipita in basso ima ; se una travatura posta su strutture fragili e
non consolidate, il risultato sar un crollo ruina ; se il feto partorito prima di
essersi conclusa la normale gestazione, ci sar solo morte tumulos .
Il passo successivo che Gregorio mette in atto nella sua argomentazione il
ricorso alle Scritture. Se gi nellimpiego delle tre immagini familiari, appena esposte, lo stridore tra intempestivit e capacit di attesa era palese, a fortiori, con le
prove scritturistiche, linsostenibilit della fretta in ambito magisteriale, raggiunge
lacme. Il procedimento impiegato sempre quello del minore a majus53. Quattro
testi biblici: tre lucani e uno sapienziale, Siracide. Anche per i testi scritturistici si
deve fare il discorso fatto per i tre fotogrammi sopra richiamati: testi trasparenti, di
immediata decifrabilit: come si deve uscire dalla citt solo dopo che ci si rivestiti pienamente della divina virtus, cos solo quando la divina virtus ha completamente rivestito il discepolo, questi pu uscire per insegnare agli altri (cf. Lc 24,49).
Cos come il giovane bene che parli solo dopo essere stato invitato ripetutamente si bis interrogatus , cos per coloro che vel imperfectio, vel aetas devono attendere un tempo congruo per poter insegnare (cf. Sir 32,10). Ma il detto sapienziale di Siracide riveste anche, nellargomentazione gregoriana, la funzione di
battistrada allesempio del Cristo: cos come colui che era il doctor angelorum
nei cieli ha atteso trentanni prima di farsi magister hominum in terra, a fortiori i
precipitosi devono astenersi, in forza di un santissimo timore vim saluberrimi
53 Tecnica assai comune anche nellinterpretazione rabbinica della Scrittura. Cf. M.M. Morfino,
Lapporto della tradizione giudaica alla cultura e al vissuto cristiano. Lermeneutica rabbinica e il
suo reimpiego nella letteratura neotestamentaria, in M. Contu - N. Melis - G. Pinna (ed.), Ebraismo
e rapporti con le culture del Mediterraneo nei secoli XVIII-XX, Firenze 2003, 117-138.
243
Costoro, perci non sono a servizio della Chiesa ma si servono della Chiesa con
motivazione smaccatamente mondana. Mossi dallorgoglio di essere considerati
maestri, risultano inetti per tale ministero.
Tra le molte prove scritturistiche che Gregorio adduce a conferma che lignoranza dei pastori deleteria per tutto il gregge vi il testo di Is 56,11: Perch i
pastori non hanno saputo comprendere, il testo di Ger 2,8: Pur avendo in mano
la legge non mi hanno conosciuto, e il testo di Mt 15,14: Quando un cieco guida
un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso. Vale a dire che le conseguenze che
scaturiscono dallincompetenza dei pastori le paga inevitabilmente il gregge: se
questi non sanno certo che inciampano coloro che li seguono:
54 Regola I,1: SC 381, 130: Ipsa quippe in magisterio lingua confunditur, quando aliud discitur,
et aliud docetur.
55 Regola I,1: SC 381, 130: Sed quia auctore Deo ad religionis reverentiam omne jam praesentis saeculi culmen inclinatur, sunt nonnulli qui intra sanctam Ecclesiam per speciem regiminis gloriam affectant honoris; videri doctores appetunt, transcendere ceteros concupiscunt, atque attestante
Veritate, primos in coenis recubitus, primas in conventibus cathedras quaerunt (Matth 23,6-7).
244
Quando coloro che guidano perdono la luce56 della conoscenza, coloro che seguono si curvano inevitabilmente sotto il peso dei peccati57.
Ma largomentazione tratta dalla 1Cor 14,38 che merita una particolare attenzione. la stessa Veritas che Gregorio invoca per stigmatizzare coloro che bramano onori senza oneri, pulpiti senza meditazione e cattedre senza aver studiato:
La Verit si lamenta di non essere conosciuta da costoro e dichiara di non riconoscere il primato di chi non la conosce, poich certo che coloro che non conoscono le cose del Signore, non sono da Lui conosciuti, secondo la testimonianza di
Paolo che dice Se qualcuno poi ignora, sar ignorato (1Cor 14,38)58.
Questa prova scritturistica che Gregorio adduce disarmante e insieme stringente, e tratta, in fondo, del principio di relazione o di reciproca conoscenza: la
Verit non pu riconoscere il primato che costoro arbitrariamente si attribuiscono
e bramano nella Chiesa, proprio perch tali incolti, faciloni e vanagloriosi non si
son premurati di conoscere la medesima Verit e perci certo che coloro che non
conoscono le cose del Signore, non sono da Lui conosciuti. In fondo, dice il pontefice, la stessa Verit a destituire di fondamento un primato ecclesiale vale a
dire il ministerium Verbi che non ha cercato, assimilato, obbedito e dato credito
al primato della Veritas. Un primato fasullo, costruito di vacuit perch misconoscente ea quae sunt Domini le cose di Dio. Ergo: nessun primato a chi primato
ha snobbato.
Lintera prima parte della Regola pensata da Gregorio per stilare il modo con
cui ci si pu e ci si deve accostare al magistero pastorale59. Per Gregorio, la differenza nel ministerium la fa la conoscenza: in tutta intera la Regola, ma non solo,
come si vedr, il pastore colui che ha la missio docendi, a lui affidato il servizio
dellistruzione. Va da s che per portare a buon fine tale impegno, al pastore urge
una previa, soda, acquisita preparazione.
Il confronto con il medico del corpo, esempio del resto sempre riformulato e
valido in ogni tempo, porge a Gregorio il destro per continuare a non essere per
nulla tenero contro le autocandidature al ministero, di ogni marca:
56 Il termine lux molto usato da Gregorio: unimmagine che ricorre con frequenza nei suoi
scritti e che serve al pontefice per descrivere il vero atteggiamento del credente, e a fortiori, del
Pastore nei riguardi della parola di Dio: Vero figlio della luce colui che ascolta volentieri le parole della Scrittura, sapientemente le comprende e quelle cose che raccoglie con lintelligenza le
apprende con laffetto dellamore: 1Re 5,183: CCL 144, 533.
57 Regola I,1: SC 381, 132: Quia cum lumen scientiae perdunt qui praeesunt, profecto ad
portanda peccatorum curvantur onera qui sequuntur.
58 Regola I,1: SC 381, 130-132: Et nesciri ergo se ab eis Veritas queritur, et nescire se principatum nescientium protestatur, quia profecto hi qui ea quae sunt Domini nesciunt, a Domino nesciuntur, Paulo attestante qui ait: Si quis autem ignorat, ignorabitur (I Cor 14,38).
59 Regola I,11: SC 381, 172: Quia igitur paucis ad pastoralem magisterium dignus qualiter
veniat, atque hoc indignus qualiter pertimescat ostendimus, nunc is qui ad illud digne pervenerit, in
eo qualiter vivere debeat demonstremus.
245
Si d il caso di persone che non conoscono neppure le regole della vita spirituale,
ma non temono di professarsi medici dellanima, mentre chi ignora la virt terapeutica delle medicine si vergognerebbe di passare per medico del corpo60.
La stessa metodica ripresa della terminologia e il continuo allargamento e approfondimento della stessa fino a toccare il cuore, luogo antropologico dellessere
e dellagire per eccellenza, ci pongono nella giusta comprensione del pensiero
gregoriano:
La guida delle anime, mossa dallo spirito del timore e dellamore ogni giorno
medita con diligenza i precetti della Parola sacra. [] Nel parlare con gli uomini
il cuore si disperde e constatando con certezza che, spinto dal tumulto delle occupazioni esteriori, decade dalla sua condizione, deve avere [scilicet il pastore] una
60 Regola I,1: SC 381, 128. Allargando lo sguardo il testo recita: Quis autem cogitationum
vulnera occultiora esse nesciat vulneribus viscerum? Et tamen saepe qui nequaquam spiritalia praecepta cognoverunt, cordis se medicos profiteri non metuunt: dum qui pigmentorum vim nesciunt,
videri medici carnis erubescunt.
61 Sullo studio in ambito rabbinico rimando a M.M. Morfino, Metti in pratica pi di quello
che hai studiato (Pirq Abot 6,4). Alcuni tratti esistenziali caratteristici del maestro della Parola nel
trattato Pirq Abot e nel Midrash Abot de-Rabbi Natan e in alcuni Commenti posteriori, RivBib
50/3 (2002) 257-310; Id., Rimirala, invecchia e consumatici sopra! (Pirq Abot 5,24). Il dono e
lo studio della Torah e le sue implicanze esistenziali in alcuni testi rabbinici, in T. Cabizzosu (ed.),
Studi in onore del Cardinale Francesco Mario Pompedda, Cagliari 2002, 3-26; Id., Moltiplicare
la Torah moltiplicare la vita (Pirq Abot 2,8). Maestri e Discepoli in alcuni Commenti Rabbinici,
LA (2004) 141-234; Id., Lo studente che non studia e non permette che altri studino completamente malvagio. Tipologie di studenti della Torah in alcuni scritti rabbinici, in T. Cabizzosu - L.
Armando (ed.), Juventuti docendae ac educandae. Per gli ottantanni della Facolt Teologica della
Sardegna, Cagliari 2007, 305-364.
62 Cf. Regola II,11: SC 381, 252-256.
63 Lo si evince dalla titolatura del cap. 11 della seconda parte della Regola: Quantum rector
sacrae legis meditationibus esse debeat intentus. Cf. lo studio di G. Cremascoli, La Bibbia nella
Regola Pastorale di San Gregorio Magno, VetChr 6 (1969) 47-70.
64 Nimirum necesse est ut qui ad officium praedicationis excubant, a sacrae lectionis studio
non recedant (Regola II,11).
246
cura incessante di rialzarsi attraverso la dedizione allo studio. [] Bisogna cercare maestri forti e perseveranti come legno che non imputridisce, i quali [sono]
sempre intenti allo studio dei libri sacri, annuncino lunit della Santa Chiesa. []
[per] condurre la Santa Chiesa alle rozze menti degli infedeli attraverso la predicazione65. [] Perch evidentemente necessario che coloro che vegliano allufficio della predicazione non cessino dallamoroso studio della sacra Scrittura. []
Quando un pastore viene interrogato dai sudditi riguardo a un qualche contenuto
spirituale veramente vergognoso se egli si mette a cercare la risposta proprio
quando deve risolvere una questione. [] I maestri meditino sempre nei loro cuori la Parola sacra66.
247
dio della Scrittura deve avere una sua quantit oggettiva, deve materialmente compiersi, attribuendogli tempi veri, reali, caratterizzati dalla continuit metodica.
Come studiare? Se indispensabile una quantit oggettiva, indubbia la necessit di una qualit oggettiva dello studio della Scrittura. Gregorio latinamente
lapidario: studiose, avverbio scultoreo che significa: con zelo, con diligenza, con
ardore, con amore, con passione, con affetto. Ma specifica anche, da assiduo
frequentatore della Pagina sacra68, che si tratta di un lavoro condotto formidinis et
dilectionis spiritu afflatus: mosso dallamore e dal timore, quel biblico timore che
sta a significare, usando un vocabolario colloquiale, prendere sul serio Dio e le sue
cose. Deprivato di queste connotazioni studiose, formido e dilectio lo studio
perde il suo fascino di res pulchra-vera-bona, smette di gravitare nellambito della necessit ed entra in quello della obbligatoriet funzionale. Vale a dire nella sua
tomba.
Perch studiare? Si possono intravedere nel testo del capitolo 11 della seconda
parte della Regola, almeno tre motivazioni.
La prima. Nello sporgersi continuamente ad extra, il tanto quotidiano fare del
pastore, e nellinevitabile commercio delle humana verba, il doveroso e problematico parlare, il cuore si disperde, cor defluit. Il cuore, cio, si cor-rompe, si parcellizza. Detto biblicamente diventa impuro, idolatra, sperdendosi in molteplici
appartenenze, finendo per non essere pi centro, luogo di scelte libere, responsabili, corrispondenti al proprio essere e alla propria vocazione69. Se il pastore decade dalla sua condizione per linevitabile (e necessario) logoro causato dalle
occupazioni esteriori, Gregorio gli indica che proprio la dedizione allo studio
della Scrittura che lo sottrae alla dis-trazione e riconduce ad unit il cuore smembrato. Al pastore che familiarmente e con intelletto damore frequenta la Pagina
sacra, certamente non nuocer il mischiarsi con le realt mondane. Salvato e
68 Gregorio Magno non ha una conoscenza vaga delle Scritture: le ha frequentate a lungo e,
davvero, studiose. Tutti i suoi scritti testimoniano una vera perizia sia nel Primo che nel Nuovo
Testamento. Oltre i commenti a libri biblici, le citazioni desunte da tutta la Bibbia sono una massa
davvero considerevole. Sia che parli al popolo, sia che si rivolga a monaci, sia che scriva ai vescovi
per dare indicazioni pastorali, per esortare, per rimproverare o per risolvere controversie, egli fa un
uso abbondantissimo della Scrittura che, tra laltro, padroneggia con un vocabolario assai vario. Cf.
a proposito P. Catry, Lire lcriture selon Saint Grgoire le Grand, Collectanea Cistercensia 34
(1972) 177-179; G. Cremascoli, Lesegesi biblica di Gregorio Magno, Brescia 2001; L. Giordano,
Saggi di ermeneutica gregoriana, Catania 1995; S.C. Kessler, Gregor der Grosse als Exeget. Eine
theologische Interpretation der Ezechielhomilien, Innsbruck - Wien 1995; Id., Gregor der Grosse
und seine Theorie der Exegese: die Epistula ad Leandrum, in Lesegesi dei Padri latini. Dalle
origini a Gregorio Magno. Atti del XXVIII Incontro di studiosi dellantichit cristiana, II, Roma
2000, 691-700; Id., Gregory the Great: A Figure of Tradition in Church Exegesis, in M. Saeb
(ed.), Hebrew Bible - Old Testament. The History of Its Interpretation. 1/2: The Middle Ages, Gttingen 2000, 135-147; V. Recchia, Gregorio Magno papa ed esegeta biblico, Bari 1996.
69 Rimando per questo aspetto a M.M. Morfino, Scoprire le tue parole entrare nella luce.
La Parola di Dio informa la vita del credente, Theologica & Historica 8 (1999) 16ss.
248
protetto dalla Parola non subir il seducente fascino della mondanit70. In una parola: per eruditionis studium resurgat: lo studio della Scrittura lo fa continuamente
risorgere come pastore.
La seconda. Il pastore non pu non studiare anche per un altro fatto: interrogato dalla sua gente circa le realt spirituali (spiritale aliquid), questi non pu
mettersi a ricercare e farfugliare vane risposte quando invece il momento di offrire chiarezza, prospettare credibili e fondate soluzioni. Ci classificato da Gregorio come ignominiosum valde. Non solo e non tanto per la figuraccia, anche, ma
soprattutto perch un atto magisteriale cos fallimentare risulterebbe essere il tradimento della stessa identit e missione del maestro, del dotto-per-gli-altri, pienamente a loro utile e fruttuoso servizio.
La terza. Se nello studio della Scrittura c sempre un beneficio esistenziale e
spirituale ad alto livello che ricade primariamente, cronologicamente parlando,
sullo stesso pastore, di questo beneficio ne trae grande utilit lintera Chiesa. Anzi,
muovendo la sua interpretazione allegorica da Es 25,12ss, Gregorio intravede
nellarca la figura della Chiesa e nelle stanghe con le quali trasportata la conduzione
di essa alle rozze menti degli infedeli attraverso la predicazione. Fuor di metafora:
i pastori che sono sempre intenti semper inhaerentes allo studio dei libri sacri
instructioni sacrorum voluminum e che vengono paragonati da Gregorio alle
stanghe robuste che trasportano larca, questi pastori resi immarcescibili dallo
studio diuturno dei libri sacri, sono gli unici veri e affidabili maestri, gli unici che
devono essere cercati quaerendi sunt doctores fortes perseverantesque ma
anche gli unici capaci di sostentare e assicurare lunit della Chiesa sanctae
Ecclesiae unitatem denuntient e gli unici, attraverso la loro predicazione
sostanziata dallo studio, atti a far breccia nel cuore di chi non crede rudes
infidelium mentes deducere . Gli unici pertanto, che permettono allEvangelo di
continuare la sua corsa nella storia71. dunque da questo speciale e ininterrotto
contatto con la parola di Dio e nellannuncio generoso e forte di essa, che papa
Gregorio vede e indica lo strumento privilegiato per la crescita della Chiesa72.
Dove studiare? Si tratta evidentemente di una disposizione interiore e non
primariamente di un luogo. Per Gregorio, i pastori sono chiamati a studiare la
Scrittura in suis cordibus, nel loro cuore. evidente che il cuore, zona centrale e non periferica dellessere, quando non abitato dalla Parola non pu che
partorire ed esportare, apostolicamente parlando, imparaticcio, paccottiglia e vacu70 Sulla potenza salvifica e apotropaica della Parola in ambito patristico cf. M.M. Morfino,
Leggere la Bibbia con la vita. La lettura esistenziale della Parola: un aspetto comune allermeneutica rabbinica e patristica, Magnano 1990, 91ss.
71 Per una teologia gregoriana della storia cf. C. Fauci, Il senso della vita, il destino delluomo.
La teologia della storia nelle epistole ed omelie di Gregorio Magno, Napoli 2000 e C. Ricci, Mysterium Dispensationis. Tracce di una teologia della storia in Gregorio Magno, Roma 2002.
72 Si veda B. Calati, Comunit e Scrittura nel pensiero di Gregorio Magno, Vita Monastica
80 (1965) 3-24.
249
250
251
di Gen 27, dove Isacco dona la sua beraka al figlio solo dopo aver mangiato. Certo che largomentazione interpretativa del vescovo Natale per lo meno sportiva,
se non vistosamente ad usum delphini!
E in una lettera dellagosto del 59281, Gregorio gli risponde, impiegando un
diverso registro ermeneutico che forse, Natale, non era avvezzo ad usare. Nella
missiva papale vien fuori tutto Gregorio il Grande, pastore, esegeta, uomo di governo, aduso a padroneggiare la parola in modis et formis82. Pur rivolgendosi a
Natale col titolo solenne di Vostra beatitudine, e quello affettuoso di Vostra
fraternit, il pontefice va gi duro: ricorda al destinatario che i testi genesiaci citati devono essere sottoposti a diversa interpretazione. Allegoricamente, il pasto di
Isacco simbolo di un altro nutrimento, quello divino delle Scritture, di cui Natale
farebbe bene a nutrirsi pi abbondantemente, schiodandosi cos dai tavoli imbanditi di vivande e ricevendone una ben diversa saziet:
Se, dunque, leggerai assiduamente la sacra Scrittura, se ne penetrerai i sensi interiori83, traendo esempi per le cose esteriori, verrai quasi saziato nel ventre del tuo
spirito, cos come di una cacciagione, affinch, posto davanti al figlio, che immagine del popolo, annuncerai le cose venture.
252
della fede giunge ai quattro angoli del mondo84 attraverso la predicazione della
Scrittura e il vissuto dei pastori85. Gregorio certo che attraverso questa tipologia
di pastori, assidui frequentatori della Parola e facitori di essa nel quotidiano, Dio
continua davvero a parlare e a governare la sua Chiesa86.
Unanalisi dettagliata dellepistolario, da questa prospettiva, sarebbe di eccezionale interesse87. Solo qualche fugace accenno. Gregorio invita costantemente i
pastori a parlare in modo serio e nello stesso tempo comprensibile a tutti: n sminuendo le possibilit di comprensione dei fedeli, n passando sopra le teste delluditorio. Comunque sia, certamente e sempre parlare dopo aver studiato, pregato,
vissuto la Parola che si deve spiegare88. Chi viene eletto al servizio episcopale,
deve offrire la testimonianza di una buona conoscenza della Scrittura89, ma chiunque deve essere ammesso al ministero ordinato deve avere una cultura confacente90. Anche perch la lingua del praedicator era lunico codex decifrabile da chi
non sapeva leggere91. Un ministero, quello della predicazione della Parola anche,
e per certi versi soprattutto, a beneficio di coloro che non hanno possibilit di gustarla o perch illetterati o, anche, perch pigri e negligenti nellavvicinare il testo
sacro92. In Gregorio riscontriamo lidea di una reciprocit tra le parole di esortazione del pastore e la Lectio divina a cui egli deve applicarsi quotidianamente. La
Lectio divina e lesortazione devono muoversi di pari passo, luna deve riferirsi
allaltra93. Non si pu salire n allambone n in cattedra, cio non si pu n esortare, n spiegare, n insegnare, n ammonire, n correggere, n incoraggiare, n
governare se il pastore non pu rifarsi, perch non avvenuta, alla sua divina lectio
quotidiana.
Mauro M. Morfino, sdb
Pontificia Facolt Teologica della Sardegna, Cagliari
84
Massimo Pazzini
Le strade della terra di Israele.
Itinerario in Terra Santa di un discepolo anonimo
del Nachmanide (XIII secolo)*
254
Massimo Pazzini
255
256
Massimo Pazzini
nostro maestro Yechiel da Parigi, chiamato Sir Delicieux17, il ricordo del giusto
santo sia in benedizione, e il Rav nostro maestro Yosef da Sens18 e il Rav nostro
maestro Yaaqov da Segura19, il ricordo del giusto santo sia in benedizione e il Rav
nostro maestro Yaaqov il piccolo figlio del nostro maestro Shimshon baal hatosafot, il ricordo del [giusto] santo sia in benedizione, e il mio maestro il Rav
nostro maestro Mos figlio di Rav Nahman da Gerona20, il ricordo del giusto santo
sia in benedizione, e alcuni altri grandi (personaggi) di cui non conoscevamo il
nome. L sul monte Carmelo, nella parte bassa del monte, c una grotta, e l si
trova la sinagoga del benemerito (profeta) Elia. Al di sopra, in cima al monte, c
la grotta di Eliseo. Da Haifa si va lungo il monte Carmelo circa quattro parasanghe
e di l si sale sul monte; l c [laltare di] Elia, il suo ricordo sia in benedizione,
sul monte Carmelo. Al di sotto del monte, di fronte allaltare, si trova vicino il
torrente Kison, dove Elia, il suo ricordo sia in benedizione, scann i profeti di Baal;
il fiume scende al mare grande nei pressi di Haifa, a circa mezza parasanga. Dal
luogo dellaltare fino a Izreel c circa mezza parasanga, il luogo nel quale [Yaari,
p. 84] and Acab a causa della pioggia21. Nel luogo dellaltare vi un edificio e gli
ismaeliti vi accendono lumi in onore della santit del luogo.
Da Akko a Usha e Shefaram22 ci sono circa quattro parasanghe. Da Akko a
Zippori circa sette parasanghe. L si trova la sepoltura del nostro maestro santo23.
Allentrata della grotta c una porta di marmo. Alla distanza di circa quaranta
cubiti c la sepoltura della moglie del nostro maestro santo. Da Akko a Kefar
Hananya c il cammino di un giorno. L sepolto Rav Eliezer24 (autore di) Qab
we-Naqi, figlio di Yaaqov, insieme a Rav Yaaqov suo padre, Abba Halafta, sua
moglie e i suoi figli.
Da Akko a Gerusalemme la citt santa, che sia ricostruita e resa stabile in fretta
ai giorni nostri, si sale attraverso il monte Carmelo nel senso della sua lunghezza,
(lasciando) Izreel alla sinistra della strada di circa mezza parasanga. Alla sinistra
della strada si vede anche il monte Carmelo, molto distante. Di l si va verso Me17
257
258
Massimo Pazzini
Da Gerusalemme si scende alla piscina di Siloe; le sue acque escono dal monte
del tempio, da sotto il monte, fino a che arrivano l e di l giungono ai giardini
della citt per irrigarli. L ci si bagna; si dice che quelle acque curino i malati; per
questo gli ismaeliti vi nuotano. Di l si sale al Monte degli Olivi, ma c chi va
attraverso la valle, cio la valle di Giosafat. L c un cimitero di Israele, nella
parte bassa del monte del tempio; si va nella valle fino a che si giunge di fronte
alla piattaforma che si trova sul Monte degli Olivi, il luogo nel quale scannavano
la vacca rossa, e si sale sul monte fino alla piattaforma, un monte molto alto, e
quella piattaforma rivolta in direzione della porta del tempio; di l si vede il
monte del tempio e tutte le costruzioni che vi si trovano; perci si prega in quel
luogo (situato) di fronte al tempio.
La valle di Giosafat circonda tutta la parte orientale e meridionale del monte del
tempio; nella sua parte meridionale si trova il cimitero che ho ricordato, il quale
contiene molti giusti. Di l si scende attraverso la valle e si entra, fra due monti ai
lati, al luogo che si chiama la Valle del figlio di Hinnom31. Nella valle di Giosafat,
di fronte al tempio, si trova il monumento di Assalonne32: quadrato, molto alto, con
colonne allintorno e fatto di ununica pietra, un edificio molto bello. Sempre l
nella valle di Giosafat, nella parte bassa del monte, abbastanza vicino alla fonte di
Siloe, c un edificio quadrato; si dice che era un luogo di culto33 dei greci, ma io
ho trovato nella Mishnah che ho acquistato nella terra di Israele, nel trattato Zabim34
questa versione: Se uno vide [Yaari, p. 86] in una volta una quantit uguale a tre
volte, cio che duri tanto tempo quanto ce ne vuole per andare da Gad Iavan35 a
Shiloah, cio da fare due bagni rituali e due asciugamenti ( un blenorreato definitivo). Da l si vede Demah che noi interpretiamo come maged di Grecia a Silo,
ma commettiamo un errore; infatti non altro che Siloe che si trova a Gerusalemme. Inoltre la prima parola scritta ivi con due parole, una alla fine della riga e la
A kV ) di Grecia.
seconda allinizio della riga e la vocalizzazione kemaged (dEgm
Al di sopra della sorgente di Siloe, sul monte, si trova la fortezza di Sion, e ivi
si trovano i sepolcri dei re36; l vi un edificio antico, chiamato palazzo di Davide,
31 In ebraico Mwnyhayg ge-hinnom da cui la reminiscenza neotestamentaria Geenna, nome ricordato nei vangeli sinottici e nella lettera di Giacomo (3,6).
32 In ebraico MwlCbady.
33 La sigla ebraica zo significa hrz hdwbo e indica il culto idolatrico dei non-ebrei, compresi i cristiani. Qui si tratta di una chiesa bizantina costruita, in parte, sulla piscina di Siloe ed evidenziata dagli scavi archeologici.
34 Tratta dei malati di blenorrea. Capitolo 1, mishnah 5. Il testo italiano citato da V. Castiglioni, Mishnaioth, Roma 1962, 328.
35 Castiglioni spiega in nota: Gad di Grecia, un luogo presso Gerusalemme cos chiamato perch i Siri vi eressero un idolo.
36 Il riferimento alla cosiddetta tomba di Davide, un sarcofago di epoca crociata, visibile fino
ad oggi sotto il cenacolo cristiano. Per le vicende storiche di questo luogo, e come fu sottratto ai
francescani, si veda Ovadiah da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, Rimini 1991, 63 (traduzione
italiana di G. Busi).
259
rivolto verso il (luogo del) tempio; l si accendono ceri a causa della santit del
luogo. Si dice che sia una costruzione di Davide, il luogo nel quale si trovava larca di Dio dal tempo in cui Davide la port a casa sua fino a quando fu edificato il
tempio. Vicino a quel luogo si trova la torre di Davide, un edificio di pietre molto
grandi; si riconosce che si tratta di un edificio antico e ora si trova allinterno di
Gerusalemme.
Il muro del cortile quadrato; si dice che sia di trecentosessanta cubiti per trecentosessanta cubiti, e ledificio di Salomone era di trecentosessanta cubiti per
trecentosessanta cubiti37. cos, secondo la mia povera opinione, forse perch i
sessanta cubiti in pi dipendono dal fatto che i cubiti attuali sono pi piccoli rispetto ai primi. Quella costruzione fatta di grandi pietre, alcune delle quali di trenta
spanne38. La lunghezza della pietra e la sua ampiezza di sei spanne. C chi dice
che quelle pietre appartengano alledificio di Esdra. La citt di Gerusalemme oggi
si trova a occidente e a nord del monte del tempio, non come era una volta, quando
era al sud del monte del tempio, come detto: Su di essa sembrava costruita una
citt, dal lato di mezzogiorno39; e dice (ancora): Il monte Sion sul pendio di
nord40 perch il monte a nord di Gerusalemme.
Sulla pietra di fondamento i re di Ismaele hanno costruito un edificio molto
bello41; lo hanno costituito luogo di preghiera e vi hanno costruito sopra una cupola molto bella. La costruzione si trova sul santo dei santi e sul santo. Davanti alla
costruzione, dal lato orientale c un edificio su colonne con una cupola sopra le
colonne42. Sembra che sia (il luogo del)laltare esterno che si trovava nel cortile di
Israele. Abbiamo visto gli ismaeliti radunarsi l nel loro giorno di festa, circa tremila, e circondare quel luogo come in una danza, per distinguere fra impuro e
puro, come gli israeliti circondavano laltare nel settimo giorno di festa. Davanti
37
Questo dato non biblico, ma corrisponde allincirca alle dimensioni attuali della spianata.
Nel ms. si dice trenta cubiti. Yaari pensa si tratti di un errore, quindi corregge la misura. In
realt gli scavi degli ultimi anni hanno evidenziato pietre di epoca erodiana della dimensione di
circa trenta cubiti, come quelle descritte dal Discepolo. Esse sono visibili fino ad oggi nei pressi del
muro occidentale.
39 Questo lintero versetto di Ez 40,2: In visione divina mi condusse nella terra dIsraele e mi
pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una citt, dal lato di mezzogiorno.
40 Sal 48,3. Si tratta di un versetto di difficile resa, dove compare la parola ebraica Nwpx nord
che nelle traduzioni italiane recenti non viene data. La Bibbia CEI (1971/2) traduce: Il monte Sion,
dimora divina, la citt del grande Sovrano. La nuova Bibbia CEI (2008) rende: Il monte Sion,
vera dimora divina, la capitale del grande re. Invece la Nuova Diodati rende: Bello per la sua
altezza, gioia di tutta la terra il monte Sion, dalla parte del settentrione, la citt del gran Re. La
stessa sfumatura viene colta nella versione Luzzi/riveduta: Bello si erge, gioia di tutta la terra, il
monte di Sion, dalle parti del settentrione, bella la citt del gran re.
41 La cosiddetta moschea di Omar, pi propriamente Cupola della roccia. Questo nome ricorda la roccia venerata nelle tradizioni ebraica, cristiana e islamica.
42 Si tratta evidentemente della sagrestia del vicino edificio, il tesoro dove si conservavano
gli arredi sacri e gli oggetti del culto. I recenti restauri hanno evidenziato la struttura semplice della
cupola sorretta da colonne che corrisponde alla descrizione del nostro pellegrino.
38
260
Massimo Pazzini
alla casa grande c una recinzione [Yaari, p. 87] muraria sottile e bassa, modello
del muro del recinto di Israele. Verso sud c un abbassamento (del terreno); vi si
sale come (sul) piano inclinato43 che cera [a sud]. Ci sono grotte aperte al di fuori
del muro del cortile esterno e penetrano [sotto il monte del tempio] e si entra in
esse fino a di fronte la pietra di fondamento; si tratta forse degli antri che si trovavano sotto il tempio. Ecco che mi sono meravigliato quando ho visto il Monte
degli Olivi molto alto [e non sembra] cos dalle parole dei nostri maestri, la loro
memoria sia in benedizione, che dicono44: Ti alzerai e salirai45 insegna che il
tempio [ pi alto di tutta la terra di Israele, ecc.] per costruire alla fonte di Etam46,
ecc., ma vero! Quando ero in Damasco, ho trovato che sorto un re in Ismaele
che ha reso il monte del tempio come un luogo piano; sembra che ne abbia raddrizzato le basi e (vi) abbia costruito sulla misura antica.
Vicino a Gerusalemme si trova la grotta di Simeone il giusto e dei suoi discepoli; l si trova anche unaltra grotta, del profeta Aggeo. Dallaltro lato di Gerusalemme c la grotta del leone; vi si trovano ossa di giusti che sono stati uccisi per
la santificazione del nome (di Dio) dal re di Grecia (che) disse di bruciarli il giorno
seguente; fu notte e venne [il leone] e li prese uno a uno dalla piscina inferiore che
era piena di loro e li port in quella grotta. E avvenne (che) al mattino si trov il
leone sulla porta della grotta con gli uccisi; allora cap il re e tutto il suo popolo che
erano dei santi e le loro ossa rimasero l fino a questoggi. Si trova a Gerusalemme
(anche) la grotta di Sedecia47. Allinterno di Gerusalemme c la sinagoga di Elia,
la sua memoria sia in benedizione, nella quale c un incavo nel muro, (come)
luogo per il libro della Torah. Il nome di quattro lettere48 vi graffito sulla roccia.
A circa due parasanghe da Gerusalemme verso Hebron si trova la stele49 della
sepoltura di Rachele, sulla strada, circa la distanza di un sabato da l a Betlemme.
La stele composta di undici pietre, a due a due. La larghezza della pietra (corrisponde) alla larghezza della tomba e la lunghezza di due pietre alla lunghezza
della tomba. Sono cinque file una sullaltra per un totale di dieci pietre, mentre una
pietra al di sopra delle dieci, la sua lunghezza (corrisponde) alla lunghezza del
sepolcro e la sua larghezza alla larghezza del sepolcro. La tradizione dice che le
43 La parola ebraica Cbk sgabello, piano inclinato. Si veda, ad es., 2Cr 9,18: Il trono aveva
sei gradini e uno sgabello doro connessi fra loro.
44 Talmud di Babilonia, trattato Zebachim, foglio 54b.
45 Dt 17,8: ti alzerai e salirai al luogo che il Signore tuo Dio avr scelto.
46 Oppure in En-Etam. Nel testo talmudico MfyoNyo.
47 Appena fuori della Porta di Damasco, verso est, alla base di un alto sperone roccioso sul quale
corrono le mura della citt vecchia di Gerusalemme, si apre una grande caverna che penetra per
diverse centinaia di metri nelle viscere della citt. Nel sito internet dello SBF di Gerusalemme
(sezione SBF taccuino) si trova una pagina ben documentata sullargomento, curata da E. Alliata,
contenente utili informazioni sul luogo e corredata da diverse fotografie (di R. Pierri).
48 Cio il tetragramma sacro hwhy YHWH che il nome di Dio.
49 La parola ebraica hbxm significa stele, monumento.
261
dieci trib diedero dieci pietre, mentre Giacobbe, il loro padre, diede la superiore.
Beniamino non diede (alcuna pietra) in quanto era un bambino appena nato. Giuseppe non diede o perch era ancora piccolo, di circa otto anni, oppure a causa
della tristezza, perch (Rachele) era sua madre. Vicino a l si trova Teqoa, ivi (si
trova) una grotta [Yaari, p. 88] per i giusti; e di l si va a Hebron (incontrando) sul
lato della strada Halhul. L si trova la grotta dei giusti.
In Hebron c la grotta di Macpela, le tombe dei patriarchi, e la nuova Hebron
(costruita) presso la grotta, mentre lantica Hebron si trovava in alto sul monte
dove c un sepolcro per Israele. L, da un lato, c una grotta con il sepolcro di
Iesse, mentre alcuni dicono che si tratti del sepolcro di Ioab. In Hebron c pure il
sepolcro di Abner50. A circa un terzo di parasanga da Hebron in direzione di Gerusalemme, sulla sinistra della strada, sul monte, c Allone Mamre51. L c la pietra
sulla quale sedette Abramo nostro padre quando si circoncise la carne del suo prepuzio. Gli uomini prendono dalla pietra per passarla sulla circoncisione per la sua
guarigione52. Alla destra della strada c un monte e l si trova la casa di Abramo
nostro padre che era aperta ai quattro venti del mondo; l c un albero, si dice che
sia lalbero sotto il quale mangiarono gli angeli. Pi sotto rispetto a quel luogo,
nella parte bassa del monte, c una sorgente; si dice che sia il bagno rituale53 di
Sara nostra madre. La strada nella valle (passa) fra i due monti; di essa detto
(nella Scrittura): Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron54 per realizzare ci
che dissero i nostri saggi: il testo va inteso nel suo significato letterale55. Perci
bisogna dire che Giacobbe nostro padre accompagn Giuseppe fino a quella valle
e Giuseppe gli chiese come mai si dava pena a scendere quel monte che avrebbe
dovuto salire di nuovo essendo vecchio [e allora gli spieg Giacobbe]: La compagnia , insieme, ricompensa e punizione; e perci gli spieg riguardo alla stessa halakhah della giovenca decapitata56. Perci le giovenche erano segno della
cosa57, perch si trascinavano con esse carri da bestiame; e per causa loro il carro
50 Ioab e Abner sono ricordati insieme, in particolare nelle vicende narrate nei capitoli 2-3 del
secondo libro di Samuele.
51 Le Querce di Mamre, localit ricordata pi volte in Genesi.
52 Cio per affrettarne la guarigione.
53 In ebraico hwqm miqweh. Il nostro pellegrino mostra spesso interesse per la purit legale, interesse tipico della sua epoca pi che dei personaggi biblici.
54 Gen 37,14. Si tratta di Israele che invia Giuseppe in cerca dei fratelli.
55 wfwCpydymaxwyarqmNya: nel Talmud di Babilonia, trattato Shabbat, foglio 63a.
56 In ebraico hpwro hlgo cio la giovenca che veniva decollata per espiare luccisione di chi
veniva trovato ucciso in campagna ad opera di ignoti. Cf. Dt 21.
57 Bereshit rabbah, parashah Cgyw: R. Levi in nome di R. Johanan b. Shaul. Se vi creder,
bene; se non vi creder, voi direte: Quando io mi sono allontanato da te, mi stavo occupando della
giovenca (eglh) decollata. E qui dice E vide i carri (aglt) e lo spirito di Giacobbe si ravviv.
La traduzione presa da Commento alla Genesi (Bereit Rabb). Introduzione, versione, note di A.
Ravenna (a cura di T. Federici), Torino 1978, 791. Il midrash sfrutta la somiglianza fra le parole
ebraiche che indicano vitella, giovenca (eglh) e carro (aglh).
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Massimo Pazzini
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passa davanti. Il nome [Yaari, p. 90] del villaggio Paradia65; c chi dice che sia
Nahum da Paruz.
A Meron si trova la grotta di Shammay e Hillel e dei loro discepoli, tutti insieme
trentadue. L si riuniscono israeliti e ismaeliti per la seconda Pasqua66; gli israeliti
vi pregano, vi vengono recitati i salmi e quando [vedono] che esce acqua dalla
grotta si rallegrano tutti, perch un segno che lanno sar benedetto; mentre molte volte che non vi si trovata acqua, nel momento della loro preghiera lacqua
compariva allistante. L si trova R. Shimon ben Yochay e su di lui c un monumento bello, al suo fianco R. Elazar suo figlio; si dice che in quel luogo si trovasse
laccademia di R. Shimon ben Yochay. Vi si trova (anche) R. Yose ben Qisma fra
le vigne; l c un altro giusto e si dice che si chiami R. Yehuda. L c Nahman
Hatufa e R. Yochanan il calzolaio e l si trova la sinagoga di R. Shimon ben Yochay,
un edificio magnifico, e vi si trova una pietra incavata dalla sua testa fino a sopra
vicino alla terra; si dice che vi si trovasse un altare e il sangue gocciolava e scendeva attraverso quel luogo incavato.
Da Meron a Gush Halav c circa una parasanga. A Gush Halav si trovano i
figli di Sennacherib re di Assur, Adram-Mlech e Sarzer67, suoi figli che colpirono
il loro padre e vennero nella terra di Israele e si convertirono al giudaismo. Vicino
a loro (si trovano) Shemaya e Abtalion che erano fra i figli dei loro figli. L si
trova Meir Tazon68 con sua moglie; il ricordo del giusto santo sia in benedizione.
L si trova la sinagoga di R. Shimon ben Yochay; i muri esterni e le scale sono di
ottima fattura. L si trovano due giusti: il primo un Gaon69 e il secondo di
queste generazioni. C una bella grotta e vi si trovano molte sepolture70.
Da Gush Halav a Kefar Baram ci sono circa due parasanghe e l si trova il
profeta Abdia, su di lui sia pace, e su di lui un grande albero posto sul suo monumento nel senso della lunghezza. L vicino si trova la sua scuola, un edificio magnifico. L si trova R. Menachem ben Yair e, l vicino, la regina Ester; la bocca
della grotta in alto e una grande pietra copre la sua entrata. L vicino si trova un
giusto; si dice che sia [Yaari, p. 91] Rav Nahman, ma c chi dice che sia Rav
Isacco. L, allinterno del villaggio, si trova la sinagoga di R. Shimon ben Yochay,
un edificio magnifico, con pietre grandi e rivestite (con intonaco) e colonne grandi
e lunghe; non ho visto un (altro) edificio magnifico come esso. Di l tornammo a
Gush Halav e da Gush Halav a Almah, circa due parasanghe. A lato della strada, a
65
264
Massimo Pazzini
circa mezza parasanga da Gush Halav, c R. Zimra; e l in Almah si trova R. Elazar ben Azariah sotto un grande albero. L (si trova) Yehudah ben Tema, dallaltro
lato della citt. Da Almah andammo a Dalta, a circa mezza parasanga, e sulla strada maestra una grotta piena di acqua buona da bere; la chiamano la grotta dei babilonesi e (vi sono seppelliti) molti giusti che sono stati portati da Babilonia alla
terra di Israele. Vicino ad essa unaltra grotta di Rav Huna e Rav Hamnuna in
Dalta, dentro il villaggio, e R. Yose il galileo. Di l andammo a Nevortayin. Vicino
alla valle ai piedi del monte, accanto alla strada c un giusto; c chi dice che sia
R. Yaaqov da Nevurya. Di l andammo a Chiomea e l si trova R. Yose da Yukrat.
Di l andammo a Amoqa. L c Yonatan ben Uzziel, sotto un albero grande e
bello. Non ne ho visto uno simile! Da Amoqa andammo a Piram, circa due parasanghe, l (si trova) Honi il disegnatore di circoli, mentre sua moglie vicina
nella valle. Un ismaelita ci ha mostrato un giusto del quale non conoscevamo il
nome. Di l salimmo un monte molto alto vicino al villaggio e vi salimmo dalla
parte del monte di fronte alla sorgente. L sul monte c Abba Helqia, ma c chi
dice che sia Hanan Hanachba. Di l andammo a En Zait, nella quale si trova un
giusto di cui non conoscevamo il nome; egli si trova sotto Safed71. A Safed c la
grotta di R. Yehudah figlio di R. Illay e dei suoi discepoli, ma non siamo andati l
per il fatto che non (ci) permettevano di entrare nella grotta. Di l andammo a
Akbarah. L si trovano R. Nehoray, R. Yose e R. Dostay nei giardini; le acque
scorrono fra di loro per la larghezza di due palmi. Di l andammo a Yaquq. L si
trova il profeta Abacuc e su di lui un monumento bello dentro quattro muriccioli.
Di l andammo a Tiberiade. L c una grotta, nella parte medio-bassa, di R.
Hiyya, dei suoi figli e dei suoi discepoli. Al di sopra (si trova) la grotta di R. Aqiba
e il cimitero molto grande; l ci sono i discepoli di R. Aqiba. Vicino al cimitero
[Yaari, p. 92] la grotta di R. Yochanan e dei suoi discepoli e unaltra grotta di Rav
Kahana. Nel cimitero (c) il nostro maestro Mos figlio del giudice R. Maimon,
il ricordo del giusto santo sia in benedizione, e si dice che vi sia (anche) un Gaon
che si chiama Rav Zemach. Da un altro lato della citt, sul monte, R. Meir e sotto
di lui il bagno termale di Tiberiade chiamato col nome di R. Meir.
Da Tiberiade siamo tornati via Arbel. Lungo la strada, a circa un miglio da
Tiberiade, si trova una grotta. L c Yokebed, madre di Mos nostro maestro, e
Miriam sua sorella e Sefora moglie di Mos. Vicino ad Arbel tre trib dei figli di
Giacobbe e Dina loro sorella; vicino al monumento cresce un bel mirto. Nessuno
pu prenderne un rametto, sia egli giudeo o ismaelita, senza essere punito. L vicino c un altro giusto e lacquedotto passa su di lui per cui coperto dalla terra
e dalla costruzione; le acque cadono nella fonte come in una specie di cisterna. Si
dice che sia Set, il figlio del primo uomo. L in Arbel, vicino alla fonte del villaggio, (c) Nitay di Arbel; su di lui una costruzione bella, una specie di cupola, di
71
265
pietre grandi ognuna delle quali (corrisponde) alla lunghezza della cupola. Di l
andammo a Kefar Hittim. L (si trova) Ietro, suocero di Mos, e su di lui c una
bella costruzione che gli ismaeliti hanno trasformato in oratorio (casa di preghiera). Vi abbiamo visto lapertura della grotta, perch costume degli ismaeliti fare
i loro luoghi di preghiera vicino ai giusti. Questo villaggio citato in Wayyiqra
rabbah72: R. Abba figlio di Kahana e R. Hanan73, entrambi in nome di R. Azaria
di Kefar Hittaya74, [dissero una parabola] riguardo a un re che aveva due cuochi75;
gli cucin il primo, ecc.. L vicino c una fonte le cui acque scendono fin l
dalla cima del monte in fenditure di roccia grande e non si vede il posto, mentre
la voce dellacqua si sente come se scendesse in un vaso di rame. Si dice che sia
il secchio di Miriam, ma non possibile in quanto Miriam non entr viva nella
terra di Israele.
Di l ci recammo a Araba. L c R. Hanina ben Dosa e sua moglie in ununica
grotta. Da un altro lato della citt si trova R. Ruben Istrobilita e ne ho trovato prova
nel (Talmud) gerosolimitano, nella preghiera dellaurora76: Disse R. Ami (che) R.
Yochanan non approva questo; ma non era necessario disapprovare questo per il
fatto che si prende dal (tempo) profano per (aumentare) il (tempo) sacro; e inoltre
salirono (un venerd) degli asinai dallArabia77 a Zippori/Seforis e dissero: [Yaari,
p. 93] R. Hanina ben Dosa ha gi cominciato il sabato nella sua citt. Se (R.
Yochanan) si espresso in questo modo, questo in conseguenza di ci che ha detto
R. Hanina, ecc.. Questa Araba che abbiamo ricordato, dove sono sepolti R.
Hanina ben Dosa e sua moglie; e si trova vicino a Seforis. Di l siamo andati a
Kefar Sikhnin, dove si trova R. Yehoshua da Sikhnin in un sarcofago di pietra, con
il coperchio di pietra sopra, un oggetto molto bello; due giusti (sono) presso di lui
in sarcofagi, come ne consegue, e si trovano in un (unico) edificio; al di sotto di
loro, nel campo, c un altro giusto del quale non conoscevamo il nome.
Di l andammo a Kefar Kenna78. L si trova Giona figlio di Amittai; su di lui
un edificio bello, un oratorio per gli ismaeliti. Di l andammo a Seforis, dove (si
trova) il nostro maestro santo79 con alcuni discepoli in una grotta; al di sotto di lui
c unaltra grotta nella quale si trova sua moglie. Da Seforis siamo andati a Rumi
72
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267
Gli di stranieri del paese89, significa che Dio straniero in quella terra, perch
tutti gli di, persino i principi dellalto, sono stranieri nella terra di Israele; che non
c un re su di essa eccetto Dio, sia benedetto Lui solo, e viene chiamato Dio della
terra di Israele, come scritto: Non conoscono la religione del Dio del paese90.
E cos (pure): Essi parlarono del Dio di Gerusalemme come di uno degli di degli
altri popoli della terra91. Ed scritto: Non potranno restare nella terra del
Signore92. scritto (ancora): Dividendosi poi la mia terra93. E dice: Costoro
sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese94. E per il
fatto che essa la parte scelta di tutte le terre, il Signore, sia benedetto, lha data a
Israele che la parte scelta fra tutte le nazioni. E siccome non fece regnare il Signore, sia benedetto, su Israele uno dei principi dellalto, come ha fatto con il resto
delle nazioni, detto: cose che il Signore tuo Dio ha abbandonato in sorte a
tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli. Voi invece, il Signore vi ha presi, vi ha
fatti uscire dal crogiuolo di ferro, dallEgitto, perch foste un popolo che gli appartenesse, come oggi difatti siete95. Perch tutti i popoli hanno un principe, una
stella e un pianeta come detto in Daniele: Principe del regno [Yaari, p. 95] di
Persia, [principe] del regno di Grecia96. E anche se detto l: Michele, il vostro
principe97, non altro se non un incaricato di vigilare su di loro e non a regnare su
di loro, come scritto: Voi invece, il Signore vi ha presi98. [E dice: Perch porzione del Signore] il suo popolo99. E dice: Il Signore lo guid da solo, non cera
con lui alcun dio straniero100. E nelle parole dei saggi101: Voi sarete per me102,
come dire Io non pongo e non costituisco su di voi alcuno se non io solo. E cos
dice: Non si addormenter, non prender sonno, il custode dIsraele103. E riguardo a queste cose (scrive) Devarim rabbah: Come scese il Santo, sia Egli benedetto, sul Sinai, scesero con lui gruppi di angeli: Michele e il suo gruppo, Gabriele e
il suo gruppo. Ci sono nazioni del mondo che si sono scelte Gabriele, mentre Israele si scelto il Santo, sia Egli benedetto104. Mia parte il Signore, dice la mia
89
Dt 31,16.
2Re 17,26.
91 2Cr 32,19.
92 Os 9,3.
93 Gl 4,2.
94 Ez 36,20.
95 Dt 4,19-20.
96 Cf. Dn 10,20.
97 Dn 10,21.
98 Dt 4,20.
99 Dt 32,9.
100 Dt 32,12.
101 Mekhilta, ad locum.
102 Es 19,6.
103 Sal 120(121),4.
104 Parashah Nnjtaw.
90
268
Massimo Pazzini
Lam 3,24.
Dt 6,4.
107 Talmud di Babilonia, trattato Ketubbot, 106b. Cio: Il re che fa qualcosa nel suo palazzo
non simile al re che fa qualcosa in un altro regno; oppure: Ci che il re fa nel suo palazzo non
simile a ci che fa in un altro regno.
108 Sifre, parashah bqo.
109 Talmud di Babilonia, trattato Ketubbot, ad locum.
110 Lv 25,38.
111 1Sam 26,19.
112 Gen 28,21.
113 Midrash tehillim 105.
114 Shekhinah un termine teologico che designa la Divina presenza che segue Israele ovunque, anche nellesilio.
115 Is 55,6.
116 Sal 104(105),4.
106
269
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Massimo Pazzini
Gen 22,5.
Parashah har.
139 Dt 11,31-32.
140 Dt 11,31-32.
141 Bereshit rabbah, inizio parashah yjyw.
142 Letteralmente mangiano (Nylkwa) gli anni del messia. Cf. Commento alla Genesi (Bereit
Rabb). Introduzione, versione, note di A. Ravenna (a cura di T. Federici), Torino 1978, 809.
143 Edizione Ish-Shalom, foglio 50, pagina a. Citato da Yaari, nota 119.
144 Ger 20,6.
145 Gematria lo studio delle parole ebraiche basato sul valore numerico delle lettere che le
compongono.
138
271
146
Ilaria Sabbatini
Libro di preghiere e racconto di viaggio.
Il diario di Bernardino Dinali tra liturgia e odeporica
alla fine del Quattrocento
274
Ilaria Sabbatini
275
risulta dalla relativa matricola; impossibile per stabilire con precisione di cosa
si occupasse, per la perdita di documentazione7. Sappiamo solo che Bernardino era
importatore ed esportatore di merci ed in questa veste che lo troviamo a Venezia
nel 1492 pronto a partire alla volta di Gerusalemme. Un Bernardino Dinali, che
probabilmente lo stesso del diario lucchese, compare anche come editore, insieme
col fratello Stefano, di alcuni libri pubblicati a Venezia e delle lettere di Seneca
tradotte da Sebastiano Manilio, allievo di Pomponio Leto, stampate nel 14948.
La prima testimonianza datata del Dinali successiva al pellegrinaggio risulta da
alcune pergamene del Pio Istituto Santa Corona, sorto a Milano per assistere a
domicilio gli ammalati poveri9. Si tratta di una transazione, datata 3 dicembre 1519,
tra Francesca dAdda e Bernardino Dinali relativa a un sedime sito a Milano, porta Vercellina, nella parrocchia di San Matteo alla Moneta10. Un documento del
1541 vede il mercante chiamato in causa, insieme al figlio Francesco, come erede
di Elena de Seplana, dopo che costei ha preso i voti nel monastero di Santa Chiara
di Milano11. Latto riferisce la paternit di Bernardino del fu Filippo e la sua
residenza con il figlio nella parrocchia di San Vittore e Quaranta Martiri di Porta
Nuova. Anche la documentazione dellarchivio diocesano colloca la famiglia nella
parrocchia di San Vittore, dove nel 1576 abitava tale Vincenzo Dinalli nella stessa
casa con il padre Francesco12. La ricorrenza del nome di Francesco e la pertinenza
temporale portano a ritenere che si tratti del figlio di Bernardino, il quale per non
viene citato in quanto da tempo non pi in vita. Infatti il 12 agosto 1541 il notaio
7 La categoria di mercanti facientes laborare lanam si era staccata dalla societ dei grandi
mercanti e aveva assunto un regolamento autonomo almeno dal 1330. In quellanno, infatti, ne furono approvati gli statuti, contemporaneamente a quelli del Comune e dei mercanti, ma tutto questo
corpus di regolamenti and perduto al pari di quello del 1351. Gli statuti dei mercanti di lana del
1396 giunti sino a noi sono la riproduzione quasi integrale delle due compilazioni precedenti, ma
per quanto riguarda la matricola dei mercanti non ne rimasta, a quanto sappiamo, alcuna traccia.
Cf. C. Santoro, La matricola dei mercanti di lana sottile, Milano 1940, X-XI, XV-XVI.
8 Pistole del moralissimo Seneca nuovamente fatte volgare da Sebastiano Manilio, impresse
nella inclita citt di Venetia negli anni MCCCCLXXXXIIII per Stefano e Bernardino Dinali fratelli.
9 Le pergamene sono adesso conservate presso ASMi. Listituto fondato nel 1497 da frate Stefano da Seregno dellordine dei predicatori era una confraternita intesa come tutte le istituzioni simili a dare una regola di vita ai laici cattolici. La confraternita destinava i soccorsi a coloro che pur
essendo poveri potevano essere assistiti nelle loro case. Ben presto la distribuzione delle elemosine
fu abbandonata e si prefer praticare lassistenza a domicilio, quindi di aprire una spezieria. Per
rendere stabile il sistema di beneficenza, nel 1512 si convenne che ciascun confratello facesse dono
allistituto di tanti beni stabili quanti ne fossero stati necessari a per costituire una rendita uguale
allelemosina annuale fatta per la farmacia. La confraternita ebbe il riconoscimento ducale nel 1497,
nel 1499 ottenne la facolt di acquistare e possedere stabili, infine fu approvata dallarcivescovo con
privilegio del 1 marzo 1505. Cf. P. Canetta, Storia del Pio Istituto Santa Corona di Milano, Milano
1883, 8ss; M. Valori, Larchivio del Pio Istituto Santa Corona, in G. Cagliari Poli (ed.), LArchivio
di Stato di Milano, Firenze 1992, 135-136.
10 ASMi, Pio Istituto di Santa Corona 66.3.
11 ASMi, Notarile 10181, Bevilacqua 929.
12 Archivio Storico Diocesano di Milano, Duplicati e status animarum, vol. 94.
276
Ilaria Sabbatini
277
messa atta a fornire una chiave di lettura dellopera la cui compilazione si prospetta come naturale sviluppo dellesperienza di pellegrinaggio. Senza mai paventare
il rigore di timori apocalittici, tutta la macchina narrativa si mette in moto intorno
alla dialettica malattia/peccato, salute/salvezza che si risolve nellitinerario. Lautore, clto da una grave infermit, si rivolge a Dio facendo voto di compiere il
santo viaggio dopo la guarigione:
Signore inmenso, a queste espirante menbra e da tante angustie oppresse,
la antiqua valitudine restituir voglio, ti pregho. Et io, come fidel servo e del
ricevuto benefitio memore e grato, ti prometto, doppo la riaquistata sanit,
personalmente visitare quel sacratissimo habitaculo nel quale el tuo glorioso corpo, doppo la consumatione de le scripture antiche, tre giorni riposar
facesti, e tutti gli altri ierosolimitani luoghi nelli quali la tua divinit habitar
si degn fra mortali in terra conversando20.
Linfermit lo spunto di unampia riflessione sulla fragilit della natura umana ed proprio questo incipit a imprimere al racconto una decisiva impronta di
carattere soggettivo e insieme escatologico: Perch questa vita mortale fragile e
caduca, a varii casi de fortuna, ad innumerabili accidenti et a diverse infirmit
sottoposta, non pi in essa lhuomo di ragion vestito sperar deve che-l docto navigante in mezo le procellose onde in una piccola e debil barcha confidar si
soglia21.
La prima parte del diario (cc. 1r-2r), come si detto, una premessa scritta con
lintento di tratteggiare il contesto personale e spirituale che ha generato ldea del
pellegrinaggio: Essendo io Bernardino Dinali milanese da gravissima et incurabile infermit occupato et in tuto da la speranza de ogni medicinal virt destituto e
da hora in hora aspetando che la fidel morte con la sua irremissibil falce el mio gi
indebilito filo tronchassi22.
Il viaggio del Dinali riveste una molteplicit di significati fino a sovrapporre
lidea di salute fisica a quella di salvezza spirituale. Da questo punto di vista
ladempimento del voto non soddisfa la spinta devota dellautore, il quale fa ben
pi che condividere la propria vicenda individuale. Redigendone la cronaca, lartefice vuole estendere lesperienza del pellegrinaggio a tutti coloro che ne leggeranno comprendendoli nella sua eco salvifica.
La seconda parte (cc. 2r-7r) il racconto del viaggio verso Gerusalemme e
degli adempimenti preliminari alle cerche. La narrazione inizia a partire dallo sbarco a Giaffa, il 10 agosto e conduce allingresso in Gerusalemme, quattordici giorni
to materiale ma anche ossequio del culto da esso simboleggiato. Alla fine del XIV secolo era ormai
formalizzato un certo numero di tappe, urbane ed extraurbane, che i pellegrini seguivano sotto la
guida dei francescani del convento del Monte Sion.
20 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 65.
21 Ibidem.
22 Ibidem.
278
Ilaria Sabbatini
Non un caso se queste ricorrenze sono solennizzate dal canto del Te Deum:
linno di ringraziamento che i pellegrini intonano allarrivo in Terra Santa segna
anche la nuova e pi significativa partenza verso e attraverso i luoghi della loro
venerazione24.
A le desiderate porte di Ierusalem giungemo () e qui, con incredibele
leticia dismontati e peregrini, tuti insiemi incominciamo divotamente a cantare Te Deum laudamus. Finito el suave canto, con leticia e divotione
entramo ne la sancta cit di Ierusalem (). Li frati del convento di monte
Sion deteno a ciaschun peregrino un tapeto et un guancial di cuoio, e questo
era el nostro lecto dove sino a la seguente matina stemo in riposo, la qual
fo el giorno che si celebra la festivit del glorioso apostolo Sancto Bartholomeo, cio a d xxiiij agosto, et in tal giorno andamo sul sacro monte Sion,
dove con grande attentione e summa divotione stemo al divino sacrificio
de la Sancta Messa, doppo la quale incominciamo diligentemente a visitar
li sancti luoghi del predicto monte sancto25.
23
Ivi, 66.
Il Te Deum un solenne inno di lode e di ringraziamento in onore della Trinit detto anche
Hymnus Sanctae Trinitatis o Hymnus ambrosianus, bench lattribuzione ad Ambrogio sia leggendaria. Nella liturgia romana il Te Deum entra come canto di lode, di ringraziamento e di trionfo tanto
che si diffonde luso di affidare allinno la solennizzazione di vittorie e anniversari (Enciclopedia
cattolica, XI, Firenze 1953, coll. 1862-1863; Enciclopedia della musica, Milano 1998, 890. Cf. L.
Garbini, Breve storia della musica sacra. Dal canto sinagogale a Stockhausen, Milano 2005, 198).
25 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 73-74.
24
279
La struttura narrativa del Dinali dunque non si appoggia al calendario e alle sue
ricorrenze ma alle cerche dei luoghi che di volta in volta scandiscono il percorso.
Le date del 10 e del 24 agosto costituiscono eccezione e meritano rilievo perch
entrambe rappresentano degli inizi, luna segnando lavvio del viaggio in Terrasanta, laltra il momento dellingresso in Gerusalemme.
La cronaca dei fatti poi intervallata dalle descrizioni di vedute di siti e citt,
che sono introdotte in modo quasi incidentale: Ma perch siamo circa al ragionamento del Zapho non mi pare alieno da la nostra naratione descrivere el sito di
essa cit26.
Finita la digressione il racconto riprende incalzante a dispiegare i casi del viaggio che godono di indubbia priorit nellattenzione dellautore: Ritornando adunque a la nostra naratione, messi che si furono in camino li religiosi verso Rama, el
batello ritorn a la galia, e port novele che in terra, per la pestifera contagione de
laere, i huomini morivano come cani, del che ciascun di noi prese dolore et
timore27.
La terza parte (cc. 7r-35v) raccoglie il resoconto dettagliato delle cerche, delle
orazioni presso le singole stazioni e delle relative indulgenze. Landamento del
racconto muta radicalmente: non pi registrazione di eventi, narrazione di mirabilia, rappresentazione del costume locale, questo il cuore del pellegrinaggio, la
parte devozionale programmaticamente introdotta dalle parole dellautore: E perch mi par quasi necessario a la nostra narratione, particularmente descriveremo la
forma e stato di ciaschun luogo28.
Lesposizione segue una struttura precisa: si nomina il luogo, si ricorda levento, si segnala lindulgenza e infine si riporta il testo delle preghiere completo di
inno, antifone, versetti, responsorio, orazione. Linno non sempre presente, mentre le altre parti ricorrono in maniera e in ordine regolare. La visita alla cappella di
San Tommaso nel convento del Monte Sion esemplare del modello compilativo
del Dinali.
Finita la spirituale adoratione discendemo ne la parte inferiore del claustro
del monasterio, dove una capella a la chiesa propinqua, nel qual luogho
era gi la casa ne la quale essendo li discipuli per timor de li giudei ocultamente riserati, apparve loro el Redemptore del mondo doppo la sua gloriosa resurectione. E questa fo quella apparitione che fo facta a li discipuli
essendo insiemi con loro lo incredulo Tomaso ma doppo l tochare facto
fidelissimo. Et medesimamente in questo luogho indulgentia. Dove divotamente ciaschuno fece la sua adoratione, cantandosi tuta volta el seguente
hymno, antiphona, verseti et oratione.
26
Ivi, 67.
Ibidem.
28 Ivi, 74.
27
280
Ilaria Sabbatini
Ymnus29:
Exultet celum laudibus, resultet terra gaudiis, apostolorum gloriam sacra
canunt solemnia.
Vos, secli iusti iudices et vera mundi lumina, votis precamur cordium, audite preces supplicum.
Qui celum verbo clauditis serasque eius solvitis, nos a peccatis omnibus
solvite iussu, quesumus.
Quorum precepto subditur salus et langor omnium, sanate egros moribus
nos reddentes virtutibus,
Ut, cum iudex advenerit Cristus in fine seculi, nos sempiterni gaudii, faciat
esse compotes.
Deo Patri sit gloria eiusque soli Filio cum Spiritu Paraclito et nunc et in
perpetuum. Amen.
Antiphona:
Cum esset sero die illo una sabbatorum et fores essent clause, ubi erant
discipuli congregati in unum, stetit Yesus in medio eorum et dixit: Pax
vobis. Gavisi sunt discipuli viso Domino. Alleluia.
Versiculus:
Quia vidisti me Thoma credidisti.
Responsio:
Beati qui non viderunt et crediderunt. Oremus.
Oratio:
Domine Iesu Criste, qui sero diei tue resurrectionis Sanctissime Virgini
matri tue discipulisque trepidantibus, mortalitate deposita, gloriosus et
gaudens in hoc sacro loco apparuisti, et ut te Deum verum et hominem a
mortuis resuscitatum demonstrares, coram eis comedisti ac eos multipliciter recreasti. Dilectumque apostolum tuum Thomas, post dies octo te benignum et affabilem ostendendo, tactis sanctis cicatricibus tuis, fide fundasti
et sua dubitatione firmasti, concede nobis peccatoribus ut eius exemplo,
resurectionem tuam credere et venerari et ad celestem gloriam precibus
ipsius beati apostoli pervenire mereamur. Qui vivis et cetera30.
Non si coglie loriginalit dellopera se non nel confronto con altre dallanalogo
interesse liturgico: in questo caso il Dinali lunico, insieme a Bonifacio da Ragusa31, a ricordare le preghiere della stazione e anche rispetto a questultimo riporta
non solamente lincipit ma lintero testo dellinno.
Il racconto diventa unenumerazione fittissima di tappe ed eventi della vita di
29 Il Blume riporta: In Sanctorum Apostolorum. Ad Vesperas. IX saec.; cf. C. Blume (ed.),
Thesauri hymnologici Hymnarium. Die Hymnen des Thesaurus Hymnologicus H. A. Daniels und
anderen Hymnen-Ausgaben. Erster Teil (Analecta Hymnica Medii Aevi 51), Leipzig 1908, 125-126
(rist. an. Frankfurt 1961).
30 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 78-80.
31 Cf. Bonifacio Stephano Ragusino, Liber de perenni cultu terrae sanctae et de fructuosa eius
peregrinatione, Venetiis 1875.
281
Cristo, supportata dalla testimonianza delle sacre Scritture e corredata dalle orazioni proprie. Alcuni luoghi sono rilevanti, ricchi di significati teologici ed escatologici, altri hanno portata minore ma risultano comunque funzionali alla rievocazione della vicenda umana del Redentore.
La quarta parte chiude la narrazione con un breve resoconto del ritorno (cc.
35v-36r):
A d vj del predicto mese, che fo el gioved ad hore xx, tolta licentia e dataci la benedictione da quelli padri religiosi e montati su li asini, ci aviamo
con la gratia de Dio verso Rhama (). A d x del mexe, che fo el lunid,
montati su li asini e caminando a levata dil sole, giungemo al Zaffo e
quivi ci fermamo circa cinque hore, similmente per alcune dissensione che
ci levavanno quelli mori. Ultimamente essendo tuti expediti, cum leticia et
exultatione ringratiando di tanti benefitii lo omnipotente et clementissimo
Idio, montamo su la galia dove essendo tuti radunati col favor divino spandemo le bianche velle a li prosperi venti32.
Laspetto caratteristico del diario il disteso racconto delle cerche, cui viene
dedicata la parte pi consistente del testo. Linteresse per i luoghi costantemente intrecciato alla descrizione liturgica tanto che lopera del Dinali stata
posta in relazione da Corbo con il Processionale Jerosolymitanum del XIV secolo33 trasmesso da un codice della Biblioteca Nazionale di Parigi34. La cosa
non costituisce in s uneccezione, poich non raro che i diari gerosolimitani
riportino in varia misura le pratiche devozionali osservate, piuttosto limportanza del resoconto del Dinali relativa alla registrazione in forma estesa delle
preghiere. Afferma infatti Corbo: Conosciamo il testo di altri processionali che
durante i secoli i frati erano soliti far recitare ai pellegrini, ma questo del Dinali ha una importanza particolare perch ci permette di seguire lo sviluppo della
formazione di quello che poi sar stabilito dal P. Bonifazio De Stefanis da Ragusa nella met del secolo XVI35.
A partire da questo quadro generale, pur evitando azzardate ipotesi di parentela
per i testi presi in esame, si possono cogliere suggestioni utili a definire una prima
riflessione generale. Corbo propone una progressione in cui litinerario di Mariano
da Siena36 rappresenta la fase pi arcaica, cui succede dapprima il Processionale
32
282
Ilaria Sabbatini
283
40 Cf. A. Cicchetti - R. Mordenti, La scrittura dei libri di famiglia, in A. Asor Rosa (ed.),
Letteratura italiana, vol. 3**, Torino 1982, 1117-1159.
41 Il testo fa riferimento a un dono che Alvise Morosin, un veneziano facente parte della comitiva di pellegrini, consegna al signore di Gaza, con il quale intrattiene alcune transazioni commerciali.
42 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 71.
43 Struttura architettonica a forma di tronco di piramide. Dallarabo mastabah, banco. Cf. S.
Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana (da ora GDLI), IX, Torino 1962, 903.
44 Panno fatto di pelo di cammello o di capra: cammellotto. Cf. GDLI III, 106.
45 Pelli della schiena del vaio, che si conciano per fare pellicce. Cf. Vocabolario degli Accademici della Crusca, IV, Firenze 1882, 875.
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Ilaria Sabbatini
Nella perorazione ai lettori il Dinali cos riassume i motivi della sua opera:
Siamo col divino favore pervenuti al fine de la nostra inculta et inornata
narratione, nella quale a nostra e di altrui consolatione brievemente habiam
descripto el sacrosancto peregrinagio de la sancta citt e luoghi di Ierusalem
ad essa vicini, non come molti altri hanno facto, ma puntalmente come a
noi successe essendo nel dicto peregrinagio51.
46 Sostanza colorante rossa estratta dal rizoma della pianta erbacea della robbia, usata nella
tintura dei tessuti. Cf. GDLI IX, 138; XVII, 1.
47 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 71-72.
48 J. Richard, Les rcits de voyage et de plerinages, Turnhout 1981, 66.
49 Si tratta della chiesa della Nativit.
50 Sabbatini (ed.), La jerosolomitana peregrinatione, 108-109.
51 Ivi, 138.
285
52
Ivi, 66.
288
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
289
Figura 3. Tabgha. Veduta generale della parete Nord della cappella delle Beatitudini
presso labside. Verso N. Il riquadro indica lubicazione dei graffiti. Foto S. De Luca.
Figura 4. Tabgha. Sezione longitudinale B-B Ovest-Est della cappella delle Beatitudini
e ambienti adiacenti. La superficie con i graffiti indicata dal riquadro. Disegno di O.
Hamdan C. Benelli CTS.
290
Figura 5. Tabgha. Rilievo dellintonaco con i graffiti della cappella delle Beatitudini.
Particolare. Disegno S. De Luca.
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
291
Figura 6. Tabgha. Particolare della parete Nord della cappella delle Beatitudini, con
lintonaco graffito. Verso N. Foto S. De Luca.
Figura 7. Tabgha. Dettaglio della parete Nord della cappella delle Beatitudini, con
lintonaco graffito. Verso N. Foto S. De Luca.
292
Prima riga. A partire da sinistra, si intravedono dei tratti obliqui che si incontrano e sono prolungati verso lalto oltre il vertice. Essi sono tagliati da una traversa obliqua e forse appartengono ad una lettera . Questa sembra seguita da
due aste verticali, unite in due vertici (superiore ed inferiore) da una asta obliqua
discendente verso destra e attribuibili probabilmente ad una . quindi visibile
un tratto curvilineo rivolto a destra pertinente ad una lettera di non facile interpretazione, perch sul margine di frattura.
Il testo si interrompe per il cedimento della parete rocciosa, ma ipotizzabile
che fossero presenti altri segni5. Difatti, a destra della linea di frattura, compaiono
i seguenti tratti: unasta verticale con in alto un braccio obliquo ed uno verso il
basso, forse pertinenti ad una . Poi, in legatura con questultima ma meno incisi, si riconoscono un tratto obliquo sinistro che si incontra nella met con uno
destro ascendente da interpretare come una . Un sottile segmento orizzontale si
scorge su ciascuna di queste due consonanti che sembrerebbero, dunque, abbreviazioni. Di unultima lettera percepibile che appare pi rialzata rispetto alla ipotetica linea di scrittura, visibile un tratto curvilineo inferiore di difficile lettura,
forse una ?
Seconda riga. Sulla riga sottostante, a partire da sinistra, si intravedono due
tratti verticali sormontati da uno orizzontale, pertinenti probabilmente ad una .
Di seguito visibile un tratto curvilineo rivolto a sinistra nel quale si innesta un
tratto orizzontale pronunciato, quasi a costituire il diametro di un cerchio, forse
da interpretare come una . Essa appare leggermente pi piccola e pi rialzata
rispetto alla ipotetica linea di scrittura. Non si esclude, comunque, la possibilit
che possa trattarsi anche di una lettera lunata6. Qualora fosse giusta questa seconda ipotesi, il tratto curvilineo che si intravede a destra del tratto intermedio e
che sembra innestarsi nel tratto obliquo montante seguente, potrebbe essere interpretato come pertinente ad una 7. In tal caso questa consonante si troverebbe ad
avere lasta obliqua destra coincidente con quella della vocale 8, ammettendo,
naturalmente, che il tratto obliquo sinistro che converge con quello montante e la
traversa obliqua che si innesta fra essi, siano a questultima convenienti9.
Seguono, in legatura con il tratto obliquo destro montante, quello verticale ed
il braccio superiore particolarmente pronunciato di una angolata10. Quindi, in
nesso improprio, una lettera nana, forse una lunata nana11 con la traversa me5 In alto, al di sopra della frattura si intravede un tratto curvilineo, inciso con molta sommariet,
nel quale si innesta un tratto orizzontale pronunciato, forse da interpretare pertinente alla lettera .
6 Cf. Testa 1972, p. 82 tav. XVIII.
7 Cf. Testa 1972, p. 82 tav. XVIII.
8 Cf. Testa 1972, p. 88 tav. XXI.
9 Da non escludere la possibilit che le aste della lettera possano coincidere con i tratti obliqui
della supposta lettera .
10 Cf. Testa 1972, p. 88 tav. XXI.
11 Cf. Testa 1972, p. 82 tav. XVIII.
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
293
diana obliqua rivolta verso lalto12. Sarebbe qui lecito domandarsi se quel tratto
obliquo destro montante, che compare in legatura con il braccio superiore della
e che sembra toccare anche le lettere che seguono, non sia anchesso da interpretare come pertinente ad una seconda lettera ; tuttavia si incerti sullinterpretazione visto che risulta poco visibile il tratto obliquo sinistro convergente13.
Pi distanti compaiono un tratto verticale, probabilmente pertinente alla lettera , e un tratto curvilineo allungato, inciso in maniera sommaria, forse pertinente
ad una lunata, escludendo che il tratto curvilineo sinistro, il quale sembra maldestramente incrociarsi con un altro segno curvilineo destro, sia da intendersi
come una lunata. Abbastanza visibile, in basso a destra (cf. Figure 5 e 6) si individuano due segmenti perpendicolari che si intersecano nel mezzo a formare
una croce.
Volendo, per comodit del lettore, offrire una ipotetica trascrizione del graffito,
avremmo:
+[- - -] +[- - -]
[vel ] (?) A [vel ] [vel ]
La natura del luogo cui le iscrizioni appartengono, gi meta di pellegrinaggi
devozionali come suggerisce il testo che vi si riferisce attribuito ad Egeria14, e la
presenza poco pi in l delle numerose crocette notate da B. Bagatti, non escludono la possibilit che il testo possa contenere uninvocazione liturgica cristiana,
ma il pessimo stato di conservazione dei graffiti non ci permette di proporre ipotesi convincenti.
Una proposta di lettura in questo senso, per quanto difficile da verificare,
potrebbe essere linterpretazione della riga sottostante come uninvocazione a
Dio15. Infatti, se si ritenessero le tre lettere , e pertinenti ad ununica pa12 Si esclude la possibilit possa essere interpretata come una , con traversa obliqua, perch
non sembra visibile lasta destra.
13 Se si potesse provare che i tratti superiore e mediano della lunata raggiungono il tratto
obliquo destro montante, e se il tratto inferiore fosse dovuto piuttosto ad una lacuna della superficie
intonacata, avremmo qui una seconda lettera .
14 ELS, 412, p. 281-282. Com noto, la parte perduta dellitinerario di Egeria (cf. Giannarelli 1992, pp. 74-83) si ritiene sia stata conservata da Pietro diacono di Montecassino (1137) nel Liber
de locis sanctis, V, 8-23: In Capharnaum autem ex domo apostolorum principis ecclesia facta est
Non longe autem inde cernuntur gradus lapidei, super quos Dominus stetit. Ibidem vero super mare
est campus erbosus, habens fenum satis et arbores palmarum multas et iusta eas septem fontes, qui
singuli infinitam aquam emittunt, in quo campo Dominus de quinque panibus et duobus piscibus
populum saciavit. Sane lapis, super quem dominus panem posuit, nunc est factum altarium, de quo
lapide frustra tollunt uenientes pro salute sibi et prodest omnibus. Iusta cuius ecclesie parietes via
publica transit, ubi Matheus apostolus theloneum habuit. Inde in montem qui iusta est, est specula
[o spelunca], in qua ascendens beatitudines dixit Salvator.
15 In Oriente sono attestate le iscrizioni con invocazioni, cos come vengono definite da Bellarmino Bagatti nel suo esaustivo articolo relativo alle epigrafi critiane note in Palestina e contenenti espressioni bibliche (Bagatti 1952-1953, pp. 125-135). Lautore fa una disamina delle iscrizioni rinvenute
294
rola, ad esempio allaggettivo () 16 in caso vocativo, si potrebbero interpretare le lettere che le precedono, la e la 17, come le iniziali degli appellativi
divini ()18 e ()19 e le seguenti e 20, come la contrazione del nome
fino a quel momento, nelle quali si ricorre allintervento divino e si ricorda il nome di Dio o pi spesso
della SS. Trinit, per chiedere un beneficio o un aiuto o per rendere grazie dellavvenuto dono. Cf. IGLS,
IV 1416 (Frkya, Siria): [](),(!)<>
; IV, 1440 (Deir Sambil, Siria): (crux) (!) ()()()().
. (crux); IV 1462B (El-Bra, Siria): (); IV 1508 (Hss,
Siria): (crux) , , (crux) ,K,; IV, 1579,
(Herk, Siria) rr. 3-4: / ()
(!); IV, 1580 =Prentice 1922,p.101n.1031(Herk,Siria): <>;
IV, 1608 (Sourmn, Siria): (crux) () (!) ()() <>
; IV, 1640 (Kerrtn et- Tour, Siria): (crux) <>[
(crux)]; IV, 1888 (Oumm Kalak, Siria): [ ]. /
/ () /; V, 2553a (Qasr el-Heir el-Garbi, Siria): [] [] /
/ ; Gregg Urman 1996, p. 120 n. 100 (Narn, Siria): (crux) []
()(); Bees 1941, pp. 20-21 n. 7 (Corinto, Grecia): () () /
() / () () () / / . / (crux)
,/ .()/()T.
16 Solitamente laggettivo precede e non segue il termine Spirito (cf. IGLS, IV 1416, 1440,
1462b, 1508, 1579, 1580, 1608, 1640, 1888, ecc.) o il nome del Santo presso il quale il fedele intercede (cf. Waddington Lebas 1870, p. 453 n. 1905: Hbron Territori Palestinesi; Donceel Vote
1988, p. 139: Houad, Siria; Piccirillo 1989, p. 180: Chiesa di San Giorgio, El-Mukhayyat, Giordania, p. 188: Chiesa dei Santi Martiri Lot e Procopio, El-Mukhayyat, Giordania).
17 Sempre se la lettera non sia da ritenere una .
18 Per lo scioglimento cf. OIKONOMIDES 1974, p. 91; CIG, IV 9361 (Atene, Grecia).
19 Un altro tipo di scioglimento potrebbe essere () () con riferimento allo Spirito di Dio, ma solitamente, se si trova abbreviato il termine () in epigrafia, lo sempre alle
prime due lettere: () (si veda Avi Yonah 1940, p. 94; Oikonomides 1974, p. 94; cf. IGLS,
IV 1440, 1462B, 1579; V 2532; Bees 1941, pp. 20-21 n. 7). Esiste comunque un caso, uniscrizione
musiva rinvenuta a Beth Ha-Schitta in Israele, in cui la stata sciolta come () (Ovadiah
- Ovadiah 1987, pp. 20-21 n. 18).
Altra ipotesi, ma forse poco verosimile, potrebbe essere considerare la e la come pertinenti ad ununica parola, ad esempio al termine ()() o al verbo , questultimo attestato frequentemente in epigrafia (Bagatti 1952-1953, pp. 132-133 n. 41), e noto sempre nelliscrizione
musiva di Beth Ha-Schitta, anche nella forma abbreviata alle sole due consonanti ()() (cf.
anche Littmann Magie Stuart 1921, p. 45 n. 26; Sameh, Siria). In entrambi i casi, comunque,
bisognerebbe supporre che colui che ha inciso il graffito abbia commesso un errore (nel primo caso
la sostituzione del con la , nel secondo caso della con la ). Per giunta, in epigrafia la forma
verbale segue sempre il nome di Dio o del Santo presso il quale il fedele intercede, e non
lo precede mai (cf. Waddington Lebas 1870, p. 453 n. 1905 (Hbron, Territori Palestinesi); Littmann Magie Stuart 1921, p. 45 n. 26 (Sameh, Siria) p. 54 n. 40 (Il-Umatyeh, Siria); Prentice
1922, pp. 33-34 n. 891 (It-Tba, Siria), p. 103 n. 1037 (Mart, Siria); Ovadiah - Ovadiah 1987,
p. 34 n. 30, pp. 34-35 n. 31a (Beth Shean, Israele), p. 57 n. 76 (Kh. el-Makkar, Israele); Donceel
Vote 1988, p. 139 (Houad, Siria); Gregg Urman 1996, pp. 159-160 n. 125, p. 160 n. 126
(Rafd, Israele). Unulteriore ipotesi leggerebbe () () o ()() seguito
dallimperativo del verbo () ed il nome di Cristo in caso vocativo () (); tuttavia, di norma il nome di Cristo compare insieme a quello del Padre ed il verbo segue linvocazione.
Luso del verbo pur non essendo noto nelle formule di invocazione, attestato dalle iscrizioni
bibliche. In proposito cf. BE 23, 32, 121, 152.
20 Solitamente le lettere e , spesso soprallineate, vengono sciolte come pertinenti al nome di
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
295
di Cristo (), oppure anche come le iniziali del vocativo () accompagnato dellepiteto ()21, nelle invocazioni Padre, Dio Santo, Ges o
Padre, Dio Santo, Ges Salvatore22.
Per quanto questa proposta interpretativa sia invitante e suggestiva, purtroppo
non sono noti parametri certi di confronto in epigrafia23.
Al contrario, per le ultime due lettere del primo rigo i confronti con la cifra
cristologica per () () senza, ma pi spesso con, soprallineatura,
sono innumerevoli nella resa dellinvocazione Signore Cristo24. Rimane purtroppo incerta la decifrazione delle prime due lettere +.
Circa il secondo rigo, se invece si considerano tutte le lettere facenti parte di
ununica parola, si potrebbe pensare al nome di un fedele che lasci in quei luoghi
santi un segno della propria presenza, secondo una pratica nota da molti contesti
devozionali e martiriali25. Anche qui, varie sono le possibili ipotesi di lettura, tra
le quali le pi verosimili appaiono 26 o 27.
A Roma ed in Oriente ampiamente diffuso il nome maschile 28
Ges: () (Avi Yonah 1940, p. 73; Negev 1977, p. 17 n. 31 (iscrizione rupestre di Wadi
Haggag, Egitto); Testa 1972, p. 85 tav. XX).
21 Per un altro esempio nel quale le due lettere vengono considerate come le iniziali di ()
() si veda Avi Yonah 1940, p. 73; Oikonomides 1974, p. 73; Buckler Calder Cox
1924, p. 60 n. 63 (Alisa, oggi Konia, in Turchia).
22 Linvocazione stata sciolta tutta in caso vocativo sulla scia dellaggettivo .
23 A titolo di paragone potrebbe essere ricordata liscrizione proveniente da Oumm-Rouq
(Siria): (crux) () () () []()
(Waddington Lebas 1870, p. 513 n. 2208).
24 Per la sola invocazione di Cristo in caso vocativo cf. BE 124 (Dzii, Turchia); BE 237
(Firan, Egitto); BE 239 (Wadi al Hagg, Egitto); BE 520 (Mangalia, Romania): ()
, per laggiunta anche dal verbo dopo il nome di Cristo, seguito dal nome del pellegrino, si veda BE 166 (An el Mhamudieh, Giordania): () ()
; BE 413 (localit sconosciuta, Siria): ; BE 429 (Hydir Seyler,
Turchia): () []; BE 435 (Gll dere; Turchia): () . Dalla domus
ecclesia del vicino sito di Cafarnao proviene un graffito con i nomina sacra in abbreviazione e con
soprallineatura; cf. Testa 1972, pp. 72-78.
25 Negev 1977; Testini 1980, pp. 342-345; Mazzoleni 1998, pp. 179-180.
26 Sempre se si deve leggere tra la prima e la la lettera . Meno verosimili le altre due
ipotesi (in questa seconda lettura viene aggiunta la seconda ) e
(inversione della terzultima e quartultima lettera rispetto allipotesi precedente).
27 Al posto del finale si interpreta lultima lettera come una . Meno probabili le due interpretazioni (in questa seconda lettura viene aggiunta la seconda ) e
(inversione della terzultima e quartultima lettera rispetto allipotesi precedente).
28 AE 1967, 489 (Geyre, Turchia); AE 1991, 1584 (Bosra, Siria); SEG VII, 92-93 (Port Said,
Siria); SEG VIII, 154 (Amwas, Israele); SEG VIII, 525 (El-Gza, Egitto); Littmann Magie
Stuart 1921, p. 42 n. 21 (Kasr Il Bik, Giordania p. 136 n. 237 (Umm idj Djiml, Giordania);
IGLS, II 366 = SEG I, 491 (Brd, Siria); IGLS, V 2016, 2030 (Hama, Siria); Rey Coquais 1977, p.
43 n. 71B (Necropoli di Tiro (Sor), Libano); IG, XIV 352,II 80 (Catania); Osborne Byrne 1994,
p. 366; Fraser Matthews 1997, p. 359. Ampiamente attestato anche il nome femminile Pelagia
(): icur, I 618, 2098, 2689, 2755; III 8064, 8139, 8548b, 9068; IV, 10081, 10951, 12482;
V 14395; VI 15581; VII 17956, 20139, 20340; VIII 21221; CIL, II 2659 (Astorga, Spagna); III 1894
296
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
297
Malauguratamente, dopo sedici secoli dalla sua costruzione e settanta anni dal
suo ritrovamento, la parete con i graffiti mostra evidenti sintomi di cedimento
strutturale (cf. Figura 3). Lo sgretolamento della superficie rocciosa provocato
dalle continue infiltrazioni di acqua piovana che penetrano dalla sua sommit, ed
anche dalle radici degli arbusti cresciuti al suo interno, a causa dellincuria riservata al luogo nellultimo ventennio.
Per questo, su incarico del Custode di Terra Santa padre P. Pizzaballa, abbiamo
avviato un progetto di restauro e valorizzazione delle rovine. Come prima tappa,
grazie al supporto finanziario di ATS, stato eseguito un nuovo e completo rilievo delle emergenze architettoniche del complesso (cf. Figura 8) ad opera allarch.
O. Hamdan coadiuvato dalla Dr. C. Benelli.
Laccurato rilievo serve da base progettuale per la redazione del piano di intervento consolidativo delle strutture rocciose e murarie (seconda tappa). La fase
successiva sar il restauro dei lacerti musivi con motivi decorativi di IV e VII sec.
d.C., provenienti dal pavimento della cappella e attualmente esposti a Cafarnao
(terza tappa). Infine la fruizione del monumento da parte dei visitatori sar agevolata dalla sistemazione dellarea con la creazione di un sentiero e linstallazione
di un adeguato apparato esplicativo di corredo (quarta tappa).
Nella sezione longitudinale Ovest-Est (cf. Figura 4) e maggiormente in quella
trasversale Nord-Sud (cf. Figura 9) possibile apprezzare i dislivelli orografici
cui fecero fronte i costruttori della cappella che si sviluppa, comprendendo latrio,
per m. 11,90 di lunghezza x m. 2,20 di larghezza. Essi dovettero alluopo edificare robusti pilastri e contrafforti, allo scopo di inglobare una particolare struttura
rocciosa preesistente sulle pendici meridionali, ritenuta significativa, entro il perimetro delledificio religioso.
Che sia specula o spelunca il termine originale con cui Egeria (circa 381-384
d.C.) indica nel suo Diario di viaggio la roccia salendo la quale il Signore disse
le Beatitudini32, riportando la tradizione locale, sicuro che per poter innestarvi
la cappella si rese necessario un poderoso sbancamento delle pendici rocciose del
monte omonimo33.
Tale roccia, come da prassi, doveva costituire il punto focale del santuario,
analogamente a quanto si verific per gli altri due attigui santuari di Tabgha (cf.
Figura 10): la pietra denominata Mensa Christi nella chiesa oggi detta del Primato di Pietro34, che prosegue allesterno con i gradini sopra i quali il Signore
stette35 e la pietra trasformata in altare36 nella basilica tardo-bizantina del-
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298
Figura 8. Tabgha. Rilievo generale della cappella delle Beatitudini e ambienti adiacenti.
Disegno di O. Hamdan C. Benelli CTS.
Figura 9. Tabgha. Sezione trasversale A-A Nord-Sud della cappella delle Beatitudini e ambienti adiacenti. Disegno di O. Hamdan C.
Benelli CTS.
Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
299
300
Figura 10. Veduta aerea della zona di Tabgha/Settefonti verso Nord con i santuari:
1) chiesa del Primato di Pietro; 2) basilica della Moltiplicazione dei pani e dei pesci;
3) cappella delle Beatitudini; 4) moderno santuario sul monte delle Beatitudini.
Foto: SkyView Magdala Project/S. De Luca.
la Moltiplicazione37. I gradini intagliati nel banco roccioso sulla spiaggia del Primato, erano ritenuti il luogo tradizionale presso il quale Ges risorto apparve agli
apostoli confermando San Pietro nella sua missione38; la roccia che fa da base
allaltare, donde i visitatori portano via quello che vogliono per il loro
benessere39, nella basilica trinavata con transetto del VI sec., come anche in
quella mononavata sottostante40 riferibile al IV/V sec., commemorava lepisodio
evangelico della prima Moltiplicazione dei pani e dei pesci41.
Per quanto attiene al santuario delle Beatitudini (Figure 1-11), B. Bagatti42
indic la grotta che si incunea sotto il settore orientale della cappella, come il
luogo venerato dove lantica tradizione cristiana avrebbe ubicato il celebre Discorso43, preferendo cos la lezione spelunca della tradizione manoscritta del testo
di Egeria.
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Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
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Figura 11. Tabgha. Veduta della navata della cappella delle Beatitudini. Stato attuale.
Verso Est. Foto S. De Luca.
Figura 12. Tabgha. Vista della cisterna (a destra) sotto la cappella delle Beatitudini e
piccoli ambienti intonacati, addossati alle fondazioni rocciose meridionali della
stessa. Verso Nord-Ovest. Foto S. De Luca.
302
Figura 13. Tabgha. Vista dallalto dellambiente liturgico annesso e comunicante con la
navata della cappella delle Beatitudini. Verso Sud-Est. Foto S. De Luca.
tuttavia da osservare che tale anfratto (m. 4,20 x 2,20 x 3,5)44 presenta, pressocch intatto, il rivestimento costituito da un considerevole spessore di malta
idraulica arricchita con abbondante cocciopesto, e possiede, inoltre, una ancora
ben riconoscibile canna da pozzo a sezione circolare, con la bocca impostata nel
pi orientale dei tre minuscoli vani (m. 1,40 x 1,70) addossati alle fondazioni
rocciose meridionali della cappella (cf. Figura 12). Date queste caratteristiche, la
grotta in oggetto dovette semplicemente servire da cisterna, rimanendo in pratica
di difficilissimo accesso da parte dei fedeli. Peraltro in essa o nei suoi pressi non
riconoscibile alcun particolare segno di devozione.
Noi suggeriamo che il luogo venerato sia preferibilmente da riconoscersi
nellambiente quadrangolare (m. 3,20 x 3,20) direttamente comunicante col centro della mononave e ad essa annesso (cf. Figura 13)45. Bisogna notare, infatti, che
le tante croci incise nella malta e il palinsesto di scritte graffite risultano ubicate,
rispettivamente, a sinistra e a destra della sua porta di ingresso. Tale ambiente, pur
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Su alcuni graffiti cristiani scoperti nella cappella bizantina delle Beatitudini a Tabgha
303
46 Verso il centro della parete Est, intagliata nella roccia calcarea, si apriva una nicchia della
quale, dato lo stato di degrado, non agevole riconoscerne forma e funzione originali.
47 Cf. Wilkinson 2002, p. 345-346. Il nome Heremos, noto da Girolamo (Epistola 108, 13,589) e dalla lettera del monaco Valerio del Bierzo (3, 13-14. Cf. Maraval 1982, p. 342-344; Giannarelli 1992, p. 280; Giannarelli Clerici 1999, p. 120) che fornisce qualche indicazione
sullidentit della pellegrina Egeria permettendo di identificarla come lautrice del Diario di viaggio, potrebbe contenere una allusione a testi biblici come Dt 8,16, ma anche rimandare allespressione
heremos topos dei vangeli (cf. Mc 1,35; 6,32; Lc 4,42-43), conservando cos un importante valore
topografico (cf. Mt 5,1; 28,16; Mc 6,46; Lc 6,12; Gv 6,15). Si veda anche Lfstedt - Pieroni 2007,
23; 395.
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Asher Ovadiah
Conservative Approaches in the Ancient Synagogue
Mosaic Pavements in Israel: The Cases of Ein Gedi
and Sepphoris/Zippori
308
Asher Ovadiah
zodiac, sometimes quite daringly, with naked human figures, as in the synagogue at Hammath Tiberias (Figs. 10-11). Hence, the illiberal, intolerant and
conservative approach reflected in the inscriptions in this mosaic pavement
should be attributed solely to the local religious character of the Ein Gedi
community and the mode of thought of its spiritual leaders and not to the
overall Jewish community in the Land of Israel in the early Byzantine period.
It is possible that this was a passing phenomenon confined to a single instance
and characteristic of one generation in the local settlement, whereas successive generations of spiritual leaders may have been less conservative (however, there is insufficient evidence to substantiate this).1
A similar phenomenon is reflected in the zodiac wheel of the synagogue
mosaic pavement, also dated to the fifth century CE, at Sepphoris/Zippori in
Lower Galilee.2 Here, however, the representation of the zodiac wheel is figural and not textual as in the Ein Gedi synagogue, other than the non-figural
(aniconic) representation of Helios/Sol in its inner circle, depicted as a rayed
sun-disk (Figs. 5-9). Undoubtedly, the zodiac wheel with Helios/Sol in the
centre, as Sol Invictus, riding a quadriga, is a purely pagan motif3 and its appearance in the synagogue mosaic contradicts the declaration of the sages that
there is no (planetary) luck (or fate) in Israel.4 On the other hand, there are
indications of personification of the sun in midrashic literature. Thus, for example, Numbers Rabbah (XII 4) interprets the chariot of it (was) purple in
Song of Songs (3: 10) as follows: The chariot of it purple argaman. Chariot signifies the sun, which is set on high and rides on a chariot, lighting up
the world. This accords with the text, the sun which is as a bridegroom coming out of the chamber, etc. (Psalms 19: 6-7).5 A similar indication is found
in Pirqei de Rabbi Eliezer VI: The sun is riding on a chariot and rises with a
crown as a bridegroom, and he is as a bridegroom coming out of the
canopy.6
Although Helios/Sol as a pagan god, especially as Sol Invictus, played a
significant and dominant role from a religious pagan point of view, the attitudes of the sages varied. On the other hand, mythological figures, the twelve
signs in the zodiac wheel and the personifications of the four seasons were not
regarded by the sages as cultic pagan figures. Yet, in the mosaic pavement at
Sepphoris/Zippori a clear and unequivocal reservation is expressed in the
1
309
310
Asher Ovadiah
10 Cf. Ovadiah and Ovadiah 1987: 159. The moderate, tolerant and perhaps even sympathetic
attitude of the spiritual leaders (sages) to the plastic arts, including figurative motifs, came up at a
certain stage against the opposition of zealot circles, who resorted to forceful and violent means to
eradicate the sculpture of figures. Their hostile attitude resulted in the defacing some times to the
point of destruction of all figurative representations within their reach, making identification of
the surviving carvings difficult. By way of example, this iconoclasm wrought destruction on the
figurative representations in the synagogue of Capernaum, Kefar Baram, Rama and Chorazin. The
archaeological data suggest that this iconoclastic movement may have been a local phenomenon
arising in a few Jewish settlements in Galilee, where they operated in an organized fashion. It may
be that in these settlements a new, more conservative generation of leaders took over, who were
intolerant of figurative art (see Ovadiah II, 1995: 308).
A similar phenomenon encountered in the Naaran synagogues mosaic pavement, where the
figures were defaced. This was apparently carried out deliberately in the middle of the seventh
century CE, and seems to be the work of a strict local iconoclastic movement prompted by ideological religious motives. If indeed this defacing was carried out by some radical religious sect,
objecting on halakhic grounds to figurative representations, the non-figurative ornamentation of the
synagogue in nearby Jericho attributed to the seventh century is a response to the defacing of the
Naaran figures. Some scholars reject the existence of a Jewish iconoclastic movement inspired by
halakhic prohibitions. Indeed, in spite of the tendency to ascribe the defacing of the Naaran figures
to a local Jewish iconoclastic movement, it is also possible that the figures were defaced by Muslim
zealots (see Ovadiah II, 1995: 316).
311
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Weiss and Netzer 1996: Z. Weiss and E. Netzer, Promise and Redemption A Synagogue
Mosaic from Sepphoris, Jerusalem 1996 (Hebrew and English).
312
Asher Ovadiah
Fig. 1. Ein Gedi: synagogue general view, facing north (after Barag, Porat and Netzer
1972: 53 [bottom])
Fig. 2. Ein Gedi: synagogue plan (after Barag, Porat and Netzer 1972: 52 [left])
313
Fig. 5. Sepphoris/Zippori: synagogue plan (after Weiss and Netzer 1996: 12)
314
Asher Ovadiah
315
Fig. 8. Sepphoris/Zippori: synagogue drawing of the zodiac wheel with the representation of Helios/Sol, as a rayed sun-disk, in the inner circle (after Weiss and Netzer
1996: 26)
316
Asher Ovadiah
Fig. 10. Hammath Tiberias: synagogue nave, middle panel, the zodiac wheel with
Helios Invictus in the inner circle, facing south (photo: author)
Fig. 11. Hammath Tiberias: synagogue Helios Invictus (after Ovadiah and Ovadiah
1987: Pl. LXVII[1])
317
Fig. 13. Beth Alpha: synagogue representation of Helios Invictus (detail of Fig. 12)
Sonia Mucznik
An Exotic Menagerie in Tesserae: the Mosaic
Pavement of Lod/Lydda*
320
Sonia Mucznik
farmers, landowners 5 and textile producers, 6 not only among the Jewish sages, but
also among the pagan inhabitants. Although the city was an important Jewish centre, its pagan population was significant. When the villa was built the city was already a colonia, and its name had been changed to Diospolis (though this name
never became popular). It seems that the polis or colonia was established in the
northern area of the city near the Ayalon river, where the pagan population apparently settled and built their temples; this is the location of the Roman villa.7
The main issues raised by the mosaic pavements are: What was the socio-economic and cultural background of the owner of this villa? What concepts might
have guided him in his choice of subjects? Could these concepts have an importance or significance beyond the merely decorative role of the animals depicted?
Although we may never know the precise identity of the owner of the villa at
Lod/Lydda, it seems plausible to propose that he might have been a prosperous,
cultivated and influential man,8 the governor of the city, a magistrate, or perhaps
one of the local elite. Another possibility is that the owner might have been an
important merchant who imported exotic animals to provide animals for the amphitheatres of Eretz Israel (Caesarea Maritima, Beth Shean/Scythopolis, Beth Guvrin/Eleutheropolis and Shechem/Neapolis), and also exported some through Gaza
to Constantinople, Rome or elsewhere.
The Roman Villa at Lod/Lydda and its Mosaics
The northern and the western walls of the villa can be reconstructed, according
to the excavator, but the southern wall and the southern part of the mosaic pavement
are completely destroyed. Although the north-eastern wall is still standing, neither
its date nor its position in relation to the mosaic pavement can be determined, for
it may have been built later.9 Therefore, any attempt at reconstructing this late thirdcentury or early fourth-century CE villa must remain pure speculation. However,
if one dare offer a hypothesis, it would be to suggest that these mosaics covered the
pavements of two large contiguous halls in the northern part of the villa, which
probably played a central role in the social life of the Roman villa at Lod. 10 It seems
ported world-wide, see Expositio mundi et gentiam: XXXI; Schwartz 1991: 168-170.
5 The rich landowners held most of the land of the region, see Schwartz 1991: 169.
6 Lod exported textiles and purple dye (purpura alithina, according to Expositio mundi et
gentium, 1966: XXXI) to the whole world; see also Yaron 1982: 17-24; Schwartz 1991: 166.
7 Schwartz 1991: 103, 105. Coins minted at this time depict pagan temples with several gods
and goddesses shown within them, such as Tyche, Demeter, Zeus, Serapis and Dionysos.
8 This was already proposed by Ovadiah and Mucznik 1998: 12.
9 Avissar 1996: 157.
10 The total area which the mosaics cover is: L-17, W-9m. This is the dimension of the whole
complex; thus, we may assume that the length of each hall would measure somewhat less than half
321
possible to assume that these two rooms functioned as reception areas: the southern
one as a tablinum (anteroom or library), and the northern one as a tricilinium (dining room).11 The narrow mosaic between them would have marked the passageway
from one to the other (Fig. 2).
As noted, the southern room might have been an anteroom or a library (tablinum), such as the one mentioned by the fifth-century CE writer Sidonius Apollinaris in his description of the social life of Late Antiquity Romans. The host would
receive his guests in the tablinum, whose floor was covered by a mosaic with birds
and fishes within undulating geometric forms. Here they would assemble for conversation, some discussing current events or business, others playing board games,
until a slave announced that the meal was ready and the guests would then move
into the triclinium.12 It is also possible that these halls opened onto an atrium, for
this arrangement is frequently found in other villas in Eretz Israel.13
The second large hall with the pavement covered by a polychrome mosaic
might have been the triclinium, with klinai placed on the white mosaic that surrounds it.14 The pavement of this dining room is covered by three mosaic panels:
a central large square panel, a northern panel composed of hexagons containing
various animals, birds and fishes, and a southern panel which presents a collection
of fishes of various sizes and kinds, as well as two unmanned sailboats, possibly
merchant vessels.15 The central panel consists of a large square containing an octagon in its centre, surrounded by triangles and squares. A pair of dolphins flanking
a trident is featured in each of the four corners of the square panel; four groups of
triangles feature a central triangle containing a fish and two fowl in the lateral triangles. The squares set between the triangular groups display various motifs: in
two squares, predatory animals are depicted attacking horned animals; in a third, a
rabbit is nibbling grapes; and in the fourth, two female leopards are shown leaping
symmetrically onto a large vase (Fig. 3).
The geometric composition of this central panel of the triclinium is quite rare.
To the best of my knowledge, only two other known mosaics present a parallel
geometric composition, that is, a large square with a central octagon enclosed by
of this. The size can be compared to other mosaics: the large triclinium of the Atrium House at
Antioch of the second century CE, measures 7.20x4.80m (see Campbell 1988: IV A7, 19, Fig. 14).
The mosaic of the triclinium of the House of the Calendar at Antioch measured 8x5,35m (see Campbell 1988: IV A 25, Figs. 23-24); see also Ovadiah and Mucznik 1998: 15, n. 47. The triclinium of
the House of Dionysos at Sepphoris/ Zippori measures 7x5.5m (see Meyers et al. 1992: 40).
11 The excavator suggests that the two mosaics covered the pavement of the triclinium, see
Avissar 1996: 157. See also Ovadiah and Mucznik 1998: 12, who added details, such as that the
klinai were placed on the white mosaic surrrounding the large polychrome mosaic.
12 Rossiter 1991: 200-202.
13 Hirschfeld 1987: 26-45.
14 Ovadiah and Mucznik 1998: 12.
15 See Ovadiah and Mucznik 1998: 1-3, 6-7, Figs. 2, 4.
322
Sonia Mucznik
triangles and squares. One, the mosaic in the late third-century CE Villa of Menander in Mytilene, also has an octagon in the centre, encompassed by squares,
triangles and lozenges, enclosed within a large square (Fig. 4).16 The other was
recently found in a third-century CE public building in Kefar Othnay (Legio) in
Israel (Fig. 5).17 Although both cases do resemble somewhat the one at Lod/Lydda,
the arrangement of the geometric forms is not identical, and more important, they
totally differ in the content of the central octagon.18
The animals in the central mosaic octagon in the triclinium
Interestingly, the two groups of animals in the central panel are displayed with
the spectators in mind. Those animals within the central octagon face the spectators
entering from the south. In contrast, those within the other geometric forms could
be viewed from various directions, depending on which klinai the guests reclined
(Fig. 2). This article focuses on the central panel of the mosaic pavement, and
particularly on the octagon with the wild animals (Fig. 6).
Studying these wild animals depicted within the central octagon is highly relevant to an understanding of the owners choice of subjects. Various wild animals
figure in a free three-dimensional composition: a tiger and a wild bull appear in the
foreground, while an elephant, its body covered by netting, a giraffe and a rhinoceros (double-horned or Ethiopian) are placed in the middle ground. Finally a lion
and a lioness appear in the background, seated on two rocky mounds in an antithetic presentation with a marine monster, a sort of snake (ketos) within what may
be a lake, river or sea.19 All these animals are wild and can be qualified as exotic
animals, because several are originally from distant countries. Although some
animals, such as lions, leopards and bulls, also lived in Eretz Israel, they probably
were seen infrequently.
It has already been suggested that these wild animals denote a North African
influence.20 This connection appears not only in artistic representations but also in
the relevant ancient literary sources that refer to the geographical origin of these
animals. The following examination of these animals with the help of the literary
sources, attempts to reveal the great interest Romans had in these animals and how
they perceived them.
16
323
324
Sonia Mucznik
Seneca, NQ, IVA, 3-5 (first century CE); see also, Brilliant 1994: 320.
Laroche, Savay-Guerraz et al. 1984: Fig. 33, 59.
31 Currently in the Bardo Museum, Tripoli, see Yacoub 1995: Fig. 31. See also Ovadiah and
Mucznik 1998: n. 22.
32 Gallazzi and Kramer 1998: 201-203, Abb. 3.
33 Gallazzi and Kramer 1998: 191, consider that Alexandria may have been the source of the
sketch book.
34 Pliny, NH, IX,ii, 7.
35 Strabo, 15. I. 22 (64 BCE-24 CE).
36 Pliny, NH, VIII.i-xiii, 1-35.
37 Pliny, NH, VIII.xviixxi, 41-60.
38 Pliny, NH, VIII.xxiii-xxv, 62-66.
39 Pliny, NH, VIII.xxvi, 67-68.
40 Pliny, NH, VIII.xxvii, 69.
41 Pliny, NH.VIII.xxix, 71.
42 Pliny, NH, VIII.xiv, 36-37, xxxv, 85-88.
43 Pliny, NH.VIII.xxx-xxxiii, 72-79.
44 Pliny, NH, VIII,xi, xiii, xiv, 32, 35, 36.
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Sonia Mucznik
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63
328
Sonia Mucznik
of the desire of the King to display his personal collection.74 The animals appearing
in this section of the procession were probably inhabitants of the zoo, and included elephants,75 leopards, a giraffe and one Ethiopian rhinoceros.76 Moreover,
carried by men, were trees on which wild animals of every sort were suspended,
as well as birds.77 The mosaic panel in Lod with birds perched on tree branches
seems to reflect this description.
The analogy between the Return of Dionysus from India or The Indian
Triumph and the victories of Alexander the Great in the East, may have helped to
spread these images. The theme of the Indian Triumph became popular in art78 and
literature throughout the Graeco-Roman world; its iconography was influenced by
Alexanders eastern expedition.79
It seems probable that there was a large menagerie of exotic animals at the royal
palace of Alexandria in the Hellenistic period,80 having originally come from Egypt,
India, Ethiopia and Nubia. The interest in exotic animals seems to have had a long
history that began in the East and later extended across the sea to Greece and Rome,
especially after Alexanders expedition and conquest. A taste for the exotic in art as
well as in literature is one of the main characteristics of the Hellenistic age.81
Undoubtedly, curiosity and interest in these animals must have led many Hellenistic rulers to initiate and order expeditions to the distant regions of the Far East
and Africa. Moreover, scientific interest and observations continued in the Roman
period, especially with the conquest of Africa and the expansion of the Empire
towards the East.
In the Republican period wild animals were collected not only for the pure
pleasure that they gave their owners, but also for various other aims: for triumphal
parades, games (ludi), and for entertainment and hunting (venatio) in the circus or
amphitheatre. Official Games (ludi) began to be held from the middle of the third
century BCE; Sullas ludi in honour of his victories were held in 81 BCE.82 Among
the entertainments at the ludi was the venatio, usually preceded by a parade of wild
animals. Describing the giraffe (camelopard), Pliny mentions that Julius Caesar
had shown this animal for the first time at his ludi at the Circus in Rome.83 Augus74
329
tus provided magnificent shows in the venationes he gave in Rome.84 Exotic animals were also trained and exhibited in the shows held by the emperors. Augustus
had elephants perform, Germanicus (in 12 CE) had them dine and dance, while
Galba had them walk the tight-rope.85 Impressive shows with wild beasts were part
of the venationes given by Caligula and by Claudius, a tradition continued under
the subsequent emperors,86 each of whom attempted to surpass his predecessor in
the magnificence and number of animals exhibited.
Nero (54-68 CE) kept large menageries in which wild animals, some of which
had been tamed, wandered free in the pastures and gardens surrounding his Golden House; this emperor also possessed a rich collection of birds.87 According to the
Historia Augusta, Emperor Elagabalus (218-22 CE) had a zoological collection
drawn mainly from the region of the Nile, including snakes, hippopotami, crocodiles, rhinoceroses, etc.88
Wealthy Romans who owned large estates in Italy as well as in the provinces
also kept wild animals, 89 perhaps in emulation of the Emperor, and possibly reflecting Xenophon who describes in Cyropaedia the paradeisos the hunting
grounds of Cyrus.90
The wild animals in the wall painting in the House of Ceius Secundus at Pompeii are depicted in a natural environment, chasing each other in a scene of venatio
or paradeisoi (hunting parks), such as described by Xenophon, or fighting each
other in the arena.91 Such representations seem to have allowed the middle class
owner to indulge in the elites tastes and luxuries. 92 Wall paintings of wild animals
in scenes of paradeisoi or venatio were very popular and have been found in gardens and in the peristyle of other villas in Pompeii and Herculaneum.93
Pliny disclosed that a Roman invented fishponds in the first century BCE.94 He
also stated that a Roman (Fulvius Lippinus) invented reserves (vivaria) for wild
animals, an invention quickly imitated.95 Other animals and birds are shown within the geometric forms placed around the central octagon in the mosaic discussed
here. Might it be suggested that these could represent some sort of cages in which
they would have been kept in a real menagerie?
84
330
Sonia Mucznik
An enclosure or park in which wild animals were kept could serve as a display
of magnificence, for pleasure or for profit. It should be mentioned that exotic animals must also have enhanced the prestige of the ruler and his power. They might
have provided him with sport or with the pleasure of watching the animals in it, or
they might have contributed to supplying his table.96 Beyond all these, the park and
its animals would have both gratified the owners pride and impressed others.
***
Vitruvius points out that the plan of a house reflected the owners social status.97
Covering the floors of their villas with rich mosaics was a custom favoured by highly educated, wealthy people in the Roman world. 98 Thbert claims that:The triclinium was where the master of the house showed who and what he was. 99 The owner
of the Roman villa at Lod/Lydda clearly displayed his own importance and wealth in
the vast scale of the halls, as well as the richness of their pavement decoration. 100
The exotic animals depicted within the central mosaic octagon of the triclinium
in this villa have been the focus of this article. The examination of the historical
and literary sources above has allowed positing answers, albeit partial and hypothetical, to some of the questions the mosaic raised. It now seems possible to interpret the mosaic pavement of the Roman Villa at Lod as an image of a menagerie,
a collection of exotic animals, a sort of zoo. The expense and other difficulties
of keeping a live menagerie, may have led the owner to content himself instead
with its depiction on the mosaic covering the pavement of the triclinium in his villa.101 The owner was most probably a man of culture, as well as of means, who
chose this theme because it satisfied his curiosity, interests and taste, while also
providing his dinner guests with a fascinating conversation piece. Thus, the mosaic at Lod, with its virtual menagerie of exotic animals, may be considered as
presenting in both historical and artistic contexts, an approach that seems unique
among the Roman mosaic pavements of Eretz Israel.
Sonia Mucznik
Art History Department
Tel Aviv University
96
Columella, Agriculture (first century BCE - first century CE): IX, 1; Jennison 2005: 133.
Vitruvius, De Architectura, 6.5; see also Thbert 1987: 321.
98 This is known from the Roman provinces of North Africa in St. Augustines time (see Chadwick 1986: 6).
99 Thbert 1987: 365.
100 Wallace-Hadrill 1988: 52-56.
101 This raises a vague association with Tenessee Williams The Glass Menagerie.
97
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Fig. 2: The mosaic pavements of the Villa at Lod/Lydda (Avissar 1996: Fig. 1)
335
Fig. 3: The central panel of the mosaic pavements of the Villa at Lod (NEAEHL 2008:
Pl. XVIII)
Fig. 4: The mosaic of the Villa of Menander at Mytilene (Charitonidis, Kahil and
Ginouvs 1970: Fig. 1)
336
Sonia Mucznik
Fig. 5: The mosaic at Kefar Othnay (Legio) (Tepper and Di Segni 2008: Fig. on p. 118
and cover)
Fig. 6: The central mosaic octagon in the triclinium of the Villa at Lod (NEAEHL 2008:
Pl. XVIII)
337
338
Sonia Mucznik
Fig. 9: Wall paintings in the Villa of Ceius Secundus, Pompeii (Jashemski 1979: Fig. 112)
Fig. 10: The snake-like monster or ketos in the mosaic in the Villa at Saint-Romain-enGal (Laroche, Savay-Guerraz et al. 1984: Fig. 33)
339
Fig. 11: The monster in the Perseus and Andromeda mosaic at Bulla Regia (Yacoub
1995: Fig. 31)
Fig. 12: Papyrus sketch book with monster (Gallazzi and Kramer 1998: Abb. 3)
Introduction
In the year 1897 a mosaic floor was unearthed within remains of a Byzantine
church in Madaba, Trans-Jordan. The mosaic is a pictorial map that portrays
towns, villages and sites in the Holy Land with names and some associated texts.
The map was dated to the end of the 6th century AD. Since it was exposed, it has
been subjected to numerous archaeological, religious, geographical and historical researches. We use here the classification initiated by the Franciscan Cyberspot (FC) for the map fragments and the Greek names of sites (numbered for 156)
that are depicted.
In fragment No. 9, which is described1 as an: isolated fragment of the mosaic, the towns of Ashqelon and Gaza and parts of the Negev and Sinai are included. A site named (Bethagidea) is located close to and east
of Gaza; it is assigned as number 117 on the list of sites that are mentioned in the
map2 (Fig. 1). Under this place name a figure is depicted of two relatively high
structures connected by a low structure in between. On both sides of the higher
structures, there are trapezoid structures that seem to recline on them. The description of the site by the FC3 is: A gate flanked by two towers, in each side
one trapeze. The graphical description of site seems to be
unique, and differs from other graphical depictions on the Madaba map. AviYonah4 identified this site from the Madaba map with the present-day ruins of
* We thank Dr. N. Lenski and Dr. Z. Lewy, the Geological Survey of Israel, Dr. M. Pazzini, SBF,
Jerusalem and Dr. S. Amorai-Stark, Kaye College of Education, Beer-Sheva for helpful remarks.
We also thank Prof. Y. Zafrir, Hebrew University, Jerusalem for his critical remarks. The help of Dr.
Y. Dagan and Ms. L. Barda from the GIS Department of the IAA is appreciated.
1 H. Donner, The Mosaic Map of Madaba, Kempen 1992, 74.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 M. Avi-Yonah, Gazetteer of Roman Palestine (Qedem 5), Jerusalem 1976, 36.
Liber Annuus 60 (2010) 341-348
342
Khirbet El-Jindi; the ruins coordinates are 163914/592679 (Israel new grid),
located some 2 km east of Netivot. The site is located some 17 km southeast of
Gaza and contains ruins of buildings and caves; it was named in Hebrew as Horvat (H.) Bet HaGaddi, following Avi-Yonahs identification5. In 1949 a new village was established nearby, 1.5 km west of the ruins site and named Bet HaGaddi (Fig. 2). The Hebrew name Bet HaGaddi was mentioned, only once, in the
Talmud as a place where idolatry was practiced. It is also mentioned in an updated study of the Madaba map6.
At the site (H. Bet HaGaddi) a small rescue excavation was conducted during
the year 2001, headed by S. Talis7 from the Israel Antiquity Authority (IAA).
During this excavation remains of walls that belong to the Byzantine period were
found. According to the ceramic findings, the walls were related to the end of
that period. Talis8 states: it is clear that the ruins belong to the ancient site of
Bet HaGaddi of the Byzantine and Early Islamic period. Yet, the researcher does
not specify on what basis this conclusion was reached. Most probably, the location that was suggested earlier by Avi-Yonah9 was adopted.
There are only a few historical references to the name that
can be applied to this area. Cyril from Scythopolis mentioned that the village of
Bethagidea (or Betakabeom) is located 12 miles from Gaza. Since he did not
mention directions, it is not easy to locate the site10. Di Segni11 mentioned the
names Betagabea, Betakabea, Bethacatha and Bethagaton as synonym names for
Bethagidea.
Sozomenus12, who was born in Gaza in the 5th century, mentioned in his book
Historia Ecclesiastica: For thus is the custom of the Palestinians to reward their
eminent men, like for instance Aurelius of Anthedon, Alexion of Bethagidea and
Alaphion of Asalea.
Ibidem.
See B. Bagatti, Ancient Christian Villages of Judaea and Negev (SBF. Collectio minor 42),
Jerusalem 2002, 126.
7 S. Talis, Horbat Bet Ha-Gaddi, Hadashot Arkheologiyot. Excavations and surveys in Israel
118 (2006) (in Hebrew).
8 Ibidem.
9 Avi-Yonah, Gazetteer of Roman Palestine, 36.
10 See E. Schwartz, Kyril von Skythopolis, Leipzig 1939, 78.
11 L. Di Segni, Cyril of Scythopolis. Lives of Monks of the Judean Desert, Jerusalem 2005, x-295
pp. (in Hebrew).
12 Sozomenus, Historia Ecclesiastica, III, 14:28.
6
343
344
(Bethagidea), most probably preserves the Hebrew and/or the Aramaic name both
in its sound and meaning.
The agricultural importance of the area during the Byzantine period is emphasized in the name of another nearby site - Sycomazon (no. 122 in the Madaba
map19). The name of this site in Hebrew was most probably Shuk Mazon, which
means food market.
A main argument for the location of the site Bethagidea is based on the finding
of foundations and low walls of a ruined building. The building, if reconstructed
could be seen as the structure of Bethagidea on the Madaba map. The structure can
be seen in an ortho-photo image (Fig. 3).
The remains of the building that are exposed were measured using a sensitive
GPS. Following our measurements, a general plan of the building is revealed
(Fig. 4).
The length of the structure is about 42 m and 8 m in width. It forms an elongated rectangle directed south-north. We assume that the description of Bethagidea
in the Madaba map is based on the view of a well-known site when looking from
west to east. Our description using the same orientation is as follows:
The main room in the south is 7.5 m wide and 13.5 m long (in a south-north
direction); its area is about 101 m2. Following this larger room to the north there is
a smaller room 8 m long, in an east-west direction, and 5 m long in a south-north
direction; its area is about 40 m2. In fact this is the central room of the structure.
Following this room to the north, there is a room with 8 m wide dimensions in its
southern part and about 6 m wide in its north. Its length (south-north) is 10.5 m; its
area is about 73 m2. Beyond the northern wall of this room there is a smaller room,
2 m wide and 5.5 m long, that is, about 11 m2. The northeastern corner of the structure is open to the northeast, with no clear foundations. In the southern edge of
the structure, south of the larger room, the foundations form a curved line starting
in the southwest corner of the structure and continuing eastwards past the line of
the eastern wall of the structure, leaving an entrance, 5 m wide.
In most parts of the structure only the foundations remained. These are made of
raw pebbly building stones, each of them 20 to 40 cm in size. The stones are laid
in two attached rows and cemented by lime. The width of the foundations and the
walls that were sustained up to one m high is 50 to 60 cm (Fig. 5). Most of the
building stones of the walls are well-cemented hard sandstones locally termed
Kurkar. Some of them contain rounded unsorted pebbles of chert and limestone,
1 to 10 cm in size. Another type of the building stones are raw limestone (of Eocene
age?) and large pebbles of chert and limestone 20 to 30 cm in size. These stones
were, most probably, brought from the nearby Nahal Gerar. In the central room we
found a hewn stone with a rectangular niche, most probably part of a crossbar. The
19
Ibidem.
345
346
Figure 2. Part of the Netivot 1:50,000 topographic map (Israel new grid).
A. Location of Khirbet El-Jindi that was identified with Bethagidea in previous studies, and
termed in Hebrew as Horvat Bet HaGaddi.
B. The newly proposed location of Bethagidea. Note the density of water cisterns in the
map close to this site.
347
Figure 3. Enlarged ortho-photo image taken in 2002 of the site that is suggested to be
Bethagidea. The Byzantine site, marked by an asterisk, is located along the longitudal
coordinate 158400 (Israel new grid). Other adjacent features (ruins) are modern. Grid
units are 50 meters apart.
348
Figure 4. Schematic plan of a Byzantine building at the proposed site of Bethagidea. The
field measurements were conducted using a
GPS.
Gyz Vrs
Machaerus: The Herodian Fortified Palace
Overlooking the Dead Sea in Transjordan
Introduction
Following a three-month-long thorough field survey in 2009 at the Qalat ElMishnaqa in Mukawir, known from ancient sources as the acropolis of Machaerus
(Machairos) City, a new archaeological excavation started in the fortified royal
palace on the hilltop, overlooking the Dead Sea in Jordan. The joint mission of the
Hungarian Academy of Arts and the Jordanian Department of Antiquities (Excavation Permit No. 2010/13, given to Dr. Gyz Vrs) conducted a sixty-one-daylong archaeological investigation on the site, from 1 April to 31 May 2010.
The architectural heritage of the Machaerus fortress archaeological monument represents three superimposed structures of the Hasmonean, the Herodian
and the Early Roman eras. According to Flavius Josephus, the naturally defended
fortress was erected by the Hasmonean Alexander Janneus and destroyed by Gabinius in 57 B.C. (BJ I,8,6). The second period of the architectural heritage is the
result of the building activity of King Herod the Great (BJ VII,6,2). There are six
additional fortresses from the Herodian period that are giving excellent architectural (and archaeological) parallels for the comparative analysis: Alexandreion,
Doq, Cypros, Hyrcania, Masada and Herodion, the latest is the only non-Hasmonean legacy. As a result of my comprehensive archaeo-architectural analysis
of these seven hilltop fortresses, that functioned as the eastern defence network of
the Jerusalem kingdom during this period, I can state that they are not only representing similar architectural conceptions of fortified royal palaces, but the group
of buildings were erected and designed most probably by the same constructors.
Our excavations proved this statement with archaeological and architectural evidences. After the Tetrarch Herod Antipas and King Agrippa I, Machaerus became
the dominium of the Roman Praefectus Judaeae in 44 A.D. Following the Jewish
Revolt eruption in 66, Lucilius Bassus besieged the fortress in 72 (BJ II,18,6;
VII,6), where the zealots took refuge in the acropolis of the city. This event has
remembrance monuments on the archaeological site, as the third period of its arLiber Annuus 60 (2010) 349-361
350
Gyz Vrs
chitectural heritage: beside the surrounding wall erected around the acropolis, in
the vicinity of Machaerus, there are Roman camps (campus), encircling walls
(vallum) and an unfinished attack ramp (agger). The closest analogies of these
monuments can be examined at the fortress of Masada (BJ VII,8-9) on the West
Bank of the Dead Sea, where the classical Roman siege-techniques can be properly detected. The objectives and aims of the excavations and surveys of my
Hungarian research team in collaboration with the Jordanian Department of Antiquities are the architectural and archaeological examinations of the monument
and its material heritage as well, as the preservation, conservation and consolidation of the Machaerus fortress, and its attractive future presentation to the public.
The surveys and archaeological investigations of the XXth century
It was the German explorer, Ulrich Jasper Seetzen who identified and discovered for the modern research the ancient archaeological site on 17 January 1807,
based on the detailed descriptions of Flavius Josephus. He gave a narrative report
of the ancient site, and put the Machaerus on his sketch map of the Trans Dead
Sea region. In the subsequent 150 years further descriptions and map surveys were
prepared, however nobody started archaeological excavations until 1968. Prior to
the Hungarian-Jordanian excavations, the following important surveys and archaeological investigations were conducted on the site during the XXth century.
1. 1953 (September and October), the first aerial survey and photo-documentation. The ca. 4000 frames of the Hunting Aerial Survey of Jordan taken in
this year opened a new chapter not only in the aerial archaeology of Jordan in
general, but in the scientific documentation of the Machaerus palatial fortress in
particular. These were supplied as diapositive copies through the courtesy of the
Royal Jordanian Geographic Centre in Amman for scientific research to The Remote Sensing for Archaeology in the Middle East (RSAME) Project of David
Kennedy at The University of Western Australia. Thanks for their kind support,
we were not only receiving the six existing unpublished aeroplane photographs
on the Machaerus and on its direct vicinity, but by these we have the precious
documentation of the untouched, virgin archaeological site, prior any excavations.
2. 1968 (June), the initial archaeological excavation and field survey. E.
Jerry Vardamans one-month-long mission was conducted with the institutional
background of the Southern Baptist Theological Seminary, and financed by the
American Mr. and Mrs. Cully Cobb, however his undertakings remained unpublished. I was fortunate enough to find in Jerusalem and in the USA three of his
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
351
unpublished manuscripts concerning his limited but important Machaerus excavations that summarized the scientific results. Vardaman was not only the first
excavator of the fortress, but he identified during the first archaeological field
survey the aqueducts system and the Roman military structures in its surrounding: the camps, the vallum and the unfinished agger. His most prominent but
unpublished archaeological find I discovered in Fort Worth of Texas: an excellently preserved sard seal-ring-gem attributed to King Agrippa I. Its publication
is currently under preparation together with the reconstruction of Vardamans
excavations in my forthcoming academic Machaerus monograph.
3. 1973 (March), a detailed archaeological field survey. August Strobel
(German Evangelical Institute for Archaeology of the Holy Land) published his
results in two remarkable articles in 1974, concentrating on the monumental
military remains of the Roman siege in 72 A.D. His survey could not be extended at that time to the aerial- and landscape-archaeological research of our
days, since it was still undeveloped for his generation. Strobel did not use the
information that could have been reached by the comparative architectural examinations with other fortresses besieged by the Romans in the first century (he
only mentioned Masada without details). It worth to mention that even though
he cited on of the unpublished articles of Vardaman, but his other 1969 manuscript already contained the architectural survey documentation of the Roman
military monuments of Lucilius Bassus at the Machaerus. The surveys and descriptions of Strobel are still significant, more detailed than Vardamans, some
of his observations are even excellent and while he could not conduct excavations on the archaeological site, he published its proper photo documentation five
years before the Franciscan excavations.
4. 1978-1981, four seasons of large-scale archaeological excavations and
architectural surveys. Under the directorship of Virgilio Corbo, the Franciscan
Biblical School (Studium Biblicum Franciscanum) in Jerusalem conducted a
four-season-long thorough excavation that were published in preliminary reports
in the Liber Annuus and the ADAJ. We can consider these Franciscan excavations
(before the Hungarian-Jordanian mission) as the most relevant and important
resource for the architectural and archaeological knowledge on the Machaerus.
Following their mission the first preliminary layout of the fortified palace
(acropolis) was prepared, and they identified on the eastern slope of the hill the
remains of the still unexcavated city suburb (suburbium) described by Josephus.
Between the archaeological finds, the ceramological analysis (Loffreda 1996)
and the numismatic examination (Piccirillo 1980) have been properly published.
We can determine that the excavations conducted among the walls of the
Hasmonean fortification, concentrated on the archaeological clearing and layout-
352
Gyz Vrs
surveying of the Herodian floor level. Stanislao Loffreda made a step further
ahead: he identified and made a detailed functional description on the different
rooms of the royal bath-quarter in the fortress. The scientific achievements of
Corbos Machaerus excavations are similar with his Herodion one, except that
he was never able to prepare the Final Report for the Machaerus.
5. 1992-1993, two-seasons supplementary excavations and the restoration project. Six month after the death of Virgilio Corbo in December 1991,
under the overall leadership of Michele Piccirillo, the Franciscan Biblical School
(SBF) in Jerusalem, the University of Florence and the Cooperativa Archeologica, Florence continued the excavations and made the first steps in the direction
of the monumental conservation by the reconstruction plans of Luigi Marino.
The restoration project was extended to the Byzantine ruins of Mukawir village
as well as to the construction work of the modern path leading up to the fortress.
Since the Friars and SBF professors Piccirillo and Eugenio Alliata were both
members of the Corbo-team and led the excavations of the Byzantine ruins of
Mukawir already in the 80s as well, we can consider this new SBF affiliated
project as a direct continuation of the Corbo-excavations by his former students
a generation later. The most important tasks of the excavations were the uncovering of the Peristyle Courtyards interior (with the cleaning of the Herodian Cistern in the middle) and its northern surrounding, in addition to their architectural
monumental presentation to the public. Some preliminary reports with more detailed ground plans appeared on the supplementary excavations and on the reconstruction works, but it was received by the international profession and the
Jordanian authorities with mixed reactions: as the ancient atmosphere was damaged by the huge modern pavement and the architectural character of the Peristyle Courtyards column-reconstruction was simply wrong. The courtyard was
originally not Ionic in style, the numbers of columns were 8 x 8 in Antiquity
instead of the reconstructed 8 x 10, and although the presentation imitated anastilosis, it is an unauthentic modern reconstruction. We can consider this false
restoration as a modern building-statue that (in lack of guardianship) gradually
suffered vandalism.
6. 1998 (May), helicopter survey. The Aerial Photographic Archive of Archaeology in the Middle East (APAAME) Project of David Kennedy made excellent documentation of the archaeological site prior to our project. Comparing
these aerial photos with the remote sensing documentation of the Hunting Aerial
Survey in 1953, with the ones taken in 1990 after the excavations of Corbo (but
before the Piccirillo excavations), and with the fourth one, the current Google
Earth satellite images, we can properly conduct a comprehensive and comparative aerial and landscape archaeological examination of the Machaerus today.
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
353
354
Gyz Vrs
Neither the elevation documentation nor the professional architectural descriptions of the monuments superstructure have been surveyed earlier, including the necessary architectural monumental building diagnosis and analysis. Following the comprehensive architectural examinations and building archaeological research, we were able to conclude the relations of the different architectural
periods and construction phases of the buildings and group of buildings of the
archaeological monument of Machaerus and its surroundings. Our scientific results provided fundamentally new perspectives in comparison with the previous
researches. In addition to the architectural descriptions, we could not only establish the sequence of the Hasmonean, the Herodian and the Roman periods already in the superstructure (and not just in the ground plan), but we prepared the
theoretical reconstruction of the archaeological monument in its former glory,
and identified the architectural space development of the Machaerus fortress as
well. With the help of three-dimension computer-modelling, the architectural
space development of the ancient (and unfortunately) modern constructions were
illustrated not only by the ground plans of the different succeeding periods (and
by the theoretical architectural reconstructions), but with the documentation of
their current archaeological superstructure remains as well.
The only previous professional geological survey was conducted in relation to
the Piccirillo headed SBF and University of Florence joint mission in October
2005, however those instrumental geophysical examinations, essential for the archaeological research, were not carried out by the Coli Brothers. In the meantime
we were able to use their geological results (by surveying the field geostructural,
lithostratigraphy, tectonics, geomechanics, the use of natural stone and the geological stability of the site) similarly to the previous architectural and archaeological investigations. We are standing on the shoulders of the previous generations.
For the better understanding of the archaeological site, we have also conducted instrumental examinations during our survey. These instruments were on
the one hand Ground Penetrating Radars and on the other an Eddy Current Detector, with different antennas. Among the antennas of the radar surveys, the 40 Mhz
GPR antenna, under the same conditions, can reveal soil and rock structures
down to 40 meters, while the 400 Mhz GPR antenna (launching 60 electromagnetic pulses per second) can reveal structures down to 4 meters under dry soil
conditions. The antennas of the Eddy Current Detector, operated (by Dr. Pter
Eisler) in different-strength-signals, were used primarily for the upper strata of
the archaeological layers, until one meter deep from the surface. The examinations were extended to the Herodian and the freshly discovered Hasmonean cisterns as well.
As the fruit of the geological and geophysical researches (Dr. Alain Gachet,
Radar Technologies International, France) we were able to prove the effect of the
31 BC earthquake on the Alexander Jannaeus Hasmonean walls, and discover
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
355
the anti-seismic nature of the architecture of the Herodian cistern. On the walls
of the latter, two fractures orientation have accurately determined the seismic
waves direction which are perpendicular and oriented N 70. He considered the
approximate time of this earthquake to be the one at 113/114 A.D. It is probable
that this, second earthquake caused the (archaeologically detected) result that in
the absence of water storage, there were not any resettlements or permanent human existence on the site during the later periods.
Thanks to the fact that the expression of the Herodian architecture (named
after King Herod, the great builder) in character and in features can be properly
identified, the previous Hasmonean building activities (of Alexander Jannaeus)
and the superimposed Roman (Zealots) additions on the ruins of the fortified
palace (demolished by the Nabateans: AJ XVIII,5,1), were all determinable and
specifically separated. To date the different archaeological layers of the subsequent periods in the startigraphy of the accumulated debris and the wall-foundations, alongside the pottery material and coins we discovered, we were able to
use fruitfully the ceramological analysis of Stanislao Loffreda and the numismatic inventory of Michele Piccirillo as well. For the monuments building diagnosis and for the identification of the different architectural periods and phases of the superstructure, the Herodian fortified palaces on the West Bank of the
Jordan River and the Dead Sea (mentioned in the introduction) and their scientific publications provided alignments with, and excellent comparisons for the
architectural and material heritage of the Machaerus. We concluded that the archaeological site is an ancient, ca. 150-year-long time-capsule between the foundation of Alexander Jannaeus and the 72 A.D. fall of the military group of the
zealot Eleazar.
My preliminary study on the architectural space development of the monument can be found in the forthcoming SHAJ 11.
Gyz Vrs
Project Director
Hungarian Academy of Arts
356
Gyz Vrs
Fig. 1: Aerial photograph of the Fortress of Machaerus, view from the SE, APAAME_19980517_DLK-0186.tif (David Kennedy).
357
5.
2.
1.
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
Fig. 2: The 2010 ground plan of the Fortress of Machaerus, marked with our excavation
trenches.
358
Gyz Vrs
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
359
Fig. 4: The Western Bastion Trench after excavations with modern constructions and
pilgrims in the background. After our six-meter-deep archaeological trench, the highest
wall-remain of the fortification tower became 8.75 meters high, thus giving an unexpected vertical dimension of the surviving monument. View from the South.
360
Gyz Vrs
Fig. 5: Detail of the three-dimensional architectural computer modelling of the monument remains. View from the East.
Fig. 6: Theoretical architectural reconstruction of the Herodian fortified palace: superimposed drawing on aerial photograph, based on three-dimensional computer modelling. View from the NE.
Machaerus: The Herodian Fortified Palace Overlooking the Dead Sea in Transjordan
361
Fig. 8: Theoretical architectural reconstruction of the Herodian fortified palace: superimposed drawing on aerial photograph, based on three-dimensional computer modelling. View from the SW.
Stanislao Loffreda
Nuovi acquisti di lucerne bizantine
Alle lucerne bizantine palestinesi contenenti iscrizioni in lingua greca ho dedicato nel 1989 una monografia (LS 1989) che ho poi cercato di aggiornare attraverso
studi minori (vedi abbreviazioni bibliografiche). Dedico il presente articolo ad alcuni nuovi acquisti.
1. Lucerna L2000.22
Questa lucerna una replica quasi perfetta del Lychn. 403 conservato nel museo
del nostro Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme (LS 1989, p. 83-84).
Misura cm 9.90 per 6.32 per 3.50. Liscrizione del Tipo A 2.1 da leggersi secondo
lo schema direzionale SD 1: FWS CU FENI PASIN KALH e va tradotta: La
luce di Cristo illumina tutti. Buona (sera).
C per in L2000.22 un dettaglio da sottolineare: labbreviazione CU ha un
segmento verticale nella parte superiore della lettera C. Ho pulito diligentemente la
Liber Annuus 60 (2010) 363-376
364
Stanislao Loffreda
lucerna e ho potuto accertare che il suddetto segno non accidentale e che stato
inciso nella matrice. Un buon parallelo dato da un esemplare trovato in una tomba
di Silet edh-Dhaher a met strada fra Jenin e Nablus (Sellers 1953, p. 51, n. 215; Fig.
56: 215).
Si tratta del segno di abbreviazione? Mi sembra improbabile. Nelle lucerne bizantine il segno per labbreviazione un segmento in posizione orizzontale e non
gi verticale come nel nostro caso. Ecco alcune scritte dove il genitivo CU accompagnato dal segno orizzontale dellabbreviazione: A 2.4 (LS 1989, p. 85); A 2.5
(ibidem, p. 86); A 4.1 (ibidem, p. 94; A 4.2 (ibidem, p. 94-95; A 5.7 (ibidem, p. 103).
Il trattino orizzontale a volte usato anche per il nome abbreviato di K(URIO)S al
nominativo (L 1994, p. 598: Lychn. 1031). Soltanto nella scritta A 6.4 (ibidem, p.
106-107) il segno dellabbreviazione a forma di ed usato due volte in CS
(CRISTOS). Va anche ricordato che in molti casi il segno dellabbreviazione
omesso del tutto.
Personalmente ritengo che in L2000.22 il segmento verticale sulla lettera chi non
sia un segno di abbreviazione, ma vada interpretato come una iota per indicare
liniziale del nomen sacrum di I(HSOUS). Dovremmo quindi tradurre: La luce di
Ges Cristo e non semplicemente La luce di Cristo. Nellepigrafia cristiana la
iota inserita nella lettera chi () sufficientemente attestata (Gondi 1920, p. 65, Fig.
42; Avi-Yonah 1940, p. 73), anche se meno frequente del chrismon () dove le
lettere greche chi-rho giustapposte sono labbreviazione di CR(ISTOS).
Nelle lucerne bizantine il segno riprodotto sia presso il foro per lo stoppino
(L 1993, p. 426, Fig. 50-51), sia nel fondo ad anello circolare (Stacey 2004, p. 152,
Fig. 6.4: 1; ibidem, p. 156, Fig. 6.6: 1; Hadad 2002, p. 91, n. 416; ibidem, p. 99, n.
440).
Si potrebbe obiettare che nella nostra lucerna il segno verticale a forma di iota
non oltrepassa la parte superiore della chi. Losservazione pertinente, per abbiamo paralleli anche per questa forma peculiare: si vedano ad esempio alcune catenine metalliche con vari tipi di croci e cristogrammi, trovati nelle chiese di Nahariyya,
Shavei Ziyyon, Evron, Khirbet el-Waziya (Israeli 2000, p. 105-106).
C un altro importante dettaglio nel nostro esemplare: la parola finale non
semplicemente KALH, ma KALHS che una abbreviazione di KALHS(PERA),
buona sera. Un esemplare di lucerna del Tipo L 13 con questa abbreviazione, ma
del Tipo A 5.7 e con schema direzionale DS 4 (LS 1989, p. 103) fu pubblicato nel
1978 (Rosenthal 1978, p. 119, n. 497) e a quel tempo era lunico esemplare del
genere. Nel 2006 stato pubblicato un secondo esemplare trovato in una ricca tomba di Gerusalemme (Solimany 2006, p. *89, Fig. 3:4) e nella abbreviazione finale
viene riconosciuto laugurio di buona sera. La tomba conteneva 21 lucerne complete del Tipo a palmetta, numerosi frammenti di altri tipi, e due polilychnoi a sei fori
con manico a nastro decorati con croci e palmetta (ibidem, p. 82, Fig. 16: 91, 92).
365
2. Lucerna L2005.
Questa lucerna stata acquistata dal sottoscritto il 10 agosto 2005 dai soliti antiquari della citt vecchia di Gerusalemme. Misura cm 10.70 per 7.16 per 3.32. La
preservazione buona, ad eccezione di una incrostazione nella parte inferiore che
nella valva superiore copre leggermente due lettere senza per impedirne la lettura.
Limpasto sul rosa. La cottura buona. La lucerna ora esposta nel museo dello
Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, che vanta una delle pi ricche
collezioni di lucerne istoriate bizantine. Si tratta del secondo esemplare di questo
Tipo che si conosca finora. Il primo esemplare, pubblicato da Nitowski (1986, p. 40,
n. 75), appartiene al Semitic Museum di Harvard (HSM 905.5.20) ed stato acquistato a Damasco.
Liscrizione del Tipo A 1.3 (LS 1989, p. 81) ed davvero importante perch
nella formula stereotipata La luce di Cristo illumina tutti labbreviazione CU
sostituita dalla lettera epsilon: F(W)S E FENH PASIN La luce del Salvatore
illumina tutti.
Dalle fonti letterarie si conosceva gi che la epsilon per il suo valore (numerico)
di 5 era legata con il SWTHR, Verbo incarnato (Testa 1962, p. 406; ibidem, p. 30,
166, 386, 408). Nelle lucerne abbiamo ora la conferma di questuso nei Tipi A 1.3
(LS 1989, p. 81); A 1.4 (ibidem, p. 81); D 1.4 (ibidem, p. 147); D 1.5 (ibidem, p.
147); D 1.6 (ibidem, p. 147-148); D 2.13 (ibidem, p. 152-153); D 2.16 (ibidem, p.
153); D 3.1 (ibidem, p. 154); D 3.2 (ibidem, p. 154); D 3.3 (ibidem, p. 155); D 3.4
(ibidem, p. 155); D 6.10 (ibidem, p. 164). Va anche segnalata una lucerna proveniente dalla Giordania (LS 1990, p. 361-362, Lychn. 1004).
366
Stanislao Loffreda
3. Lucerna L2008.1
367
368
Stanislao Loffreda
369
370
Stanislao Loffreda
5. L2008.3
Questo esemplare stato acquistato insieme alla lucerna precedente da un antiquario della citt vecchia di Gerusalemme. Misura cm 7.72 per 7.48 per 4.69. Il
fondo con piede ad anello circolare basso avente un diametro esterno di cm 4.68.
Ha un solo foro per il lucignolo e un manico conico. Lo stato di conservazione
eccellente. Liscrizione del Tipo C 2.5a (LS 1989, p. 126) e non crea nessuna
difficolt. Faccio soltanto notare alcune varianti rispetto al predetto Tipo C 2.5a. La
parola EULOGIA scritta con la gamma roteata orizzontalmente di 180 gradi e
con la iota a forma di gamma. Nellarticolo al genitivo singolare femminile THS il
sigma roteato di 90 gradi. Segue QEOTOK(O)U (della Madre di Dio) dove
omessa la omicron della terminazione al genitivo. Lultima frase MEQHMWN ha
una theta difettiva e una my che potrebbe confondersi con una eta. La ny finale
ripetuta due volte, forse per riempire il vuoto accanto al foro per il lucignolo. La
frase, ricorrente nelle lucerne circolari del vasaio Giovanni, va tradotta: Eulogia
della Madre di Dio con noi. Iscrizione di Giovanni.
Riguardo alla seconda scritta presso linfundibulo EPIGRAM(M)A
IWANNOU (Iscrizione di Giovanni) le varianti che si avvertono rispetto al Tipo
C 2.5a sono le seguenti: la gamma e la rho di EPIGRAM(M)A sono roteate
orizzontalmente di 180 gradi e per giunta la rho ha una strana forma ad uncino,
mentre la my scritta in una forma intermedia fra una eta e una ny. Niente di
particolare da notare per IWANNOU.
Forse bene ricordare che i Cristiani attribuiscono il titolo di QEOTOKOS
(Madre di Dio) a Maria, la madre di Ges di Nazaret. Si rimane quindi un po
sorpresi quando la frase EULOGIA THS QEOTOKOU tradotta: Eulogia of
our brother Theotokos (Rosenthal 1978, p. 142, n. 580).
371
6. L1995.1
La lucerna L1995.1 mi fu venduta da un antiquario della citt vecchia di Gerusalemme nella primavera del 1995, ma per un insieme di circostanze non mi fu
possibile pubblicarla subito.
Lesemplare intero, ad eccezione di una scheggiatura piuttosto recente nella
parte del manico a bottone. Limpasto di colore avana, con alcune impurit e la
cottura sostenuta. Misura cm 9.25 (la lunghezza originaria era di circa 9.50) per
6.14 per 3.90. La base a mandorla misura allinterno cm 4.82 per un massimo di cm
2.70 ed circoscritta da un falso piede irregolare. Lampio infundibulo circolare con
diametro interno di cm 2.32 alquanto irregolare ed ha un orlo sottile di circa 4 mm.
Un bordo pi cospicuo circoscrive linfundibulo e si sviluppa verso il becco, includendo anche il foro per lo stoppino formando un canale. Un rigo sottile e a rilievo
parte da una presa a bottone (con diametro di circa 7 mm) e si fonde poi il bordo.
Un altro rigo sottile in rilievo praticato nellarea fra linfundibulo e il foro di illuminazione e racchiude tre lettere greche. Altre lettere greche a forte rilievo sono
distribuite lungo le spalle fra linfundibulo e la carena e seguono lo schema direzio-
372
Stanislao Loffreda
373
Mi associo ad Hadad quando scrive (ibidem, p. 82): ...these lamps first appeared
in the Umayyad period and remained in use until its end, in 749 CE.
7. L1998.1
Questa lucerna di cm 10 per 7, esposta nel nostro museo dello Studium Biblicum,
fu da me acquistata nel 1998 dagli antiquari di Gerusalemme. Gli undici segni sono
distribuiti sulle spalle in senso antiorario e con la base rivolta verso la periferia del
Lychnarion. I segni sono chiari ma il senso rimarrebbe facilmente inafferrabile se
non avessimo che questo esemplare.
Sennonch, a partire dal 1989, ho gi pubblicato quattro lucerne che riproducono altrettanti tipi di scritte riferibili alla frase biblica che incontriamo nel Salmo 27,1
secondo la LXX:
Riproduco la trascrizione dei quattro tipi gi pubblicati e aggiungo questo quinto Tipo che il pi oscuro:
374
Stanislao Loffreda
per lui quel Signore era Ges: infatti la scritta preceduta da una croce e per
giunta la lettera iota, posta al centro delle spalle, accompagnata da una dieresi.
Secondo Tipo - Il secondo esemplare (L434) si scosta dal precedente soprattutto
per la quarta lettera che viene roteata di 90 gradi verso destra, s da sembrare una
epsilon e non unomega.
Va anche notata lomissione del segno di abbreviazione sopra il nomen sacrum,
lassenza della dierisi sopra la iota e finalmente labbreviazione di MOU in MO.
Terzo Tipo - Il terzo esemplare (L1032) introduce una innovazione ardita: nel
punto delle spalle a volte riservato per la presa e pi o meno in linea con il foro del
lucignolo, tre lettere della frase biblica (sigma, my, omicron) sono sostituite da una
croce affiancata da un cerchietto per lato. In questo Tipo inoltre sia la omega che la
ypsilon sono roteate di 180 gradi. La scritta si chiude con una croce di SantAndrea.
La lettera phi del tipo senza trattino interno, s da sembrare una omicron.
Quarto Tipo - Il quarto Tipo di questo gruppo (L536) si scosta da L1032 in due
dettagli: la croce a due corni sostituita da una semilunetta con borchia centrale.
Inoltre la my sostituita da un segno a forma di ny.
Questo quarto Tipo ci d la chiave per leggere il quinto Tipo che qui pubblico
per la prima volta (L1998.1). La difficolt di lettura proviene da due nuovi fattori:
per ragioni di spazio o per altri motivi che non conosciamo, il vasaio in questo caso
ha omesso alcune lettere. Inoltre ricorso a una metatesi fra il terzo segno a forma
di tau e il quarto a forma di omega
375
376
Stanislao Loffreda
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Introduction
An ancient limestone oil lamp was archaeometrically studied to verify its
authenticity. The rock was originally a soft, fine-grained chalk rich in marine
microfossils but intense recrystallization processes destroyed the calcitic microfossils and the rock has hardened and became a silicified chalk (limestone). The
stone lamp is circular, beige in color has seven nozzles and a round handle arranged in perfect octagonal symmetry (Fig. 1). It is 22 cm in diameter, 6.7 cm
in height, about 800 cm3 in volume and it weighs 1640 g. The upper part of the
lamp is carved in relief with traditional Jewish decorations (clockwise): a sevenbranched menorah (candelabrum; Fig. 2), wheat ear, a basket with figs, three
pomegranates (Figs. 1, 3) a date palm tree (Fig. 4) and grape leaf with grapes,
two olive branches and barley ear (Fig. 5). The exterior surface of the lamp is
smooth. The fact that the oil lamp is carved from a limestone (hard chalk) suggests that it is a product of the Jerusalem material culture of the local inhabitants
that was widely produced and used during the Second Temple Period (1st century CE; Magen 2002). The oil lamp was probably used in rituals that necessitated that laws of purity be followed.
The oil lamp was bought in the year 2000 on the antiquity art market of Jerusalem and lacks an archaeological provenance. It was said to be discovered
near a village, northeast of Jerusalem. It is now stored at the Israel Antiquities
*Amnon Rosenfeld, Geological Survey of Israel, 30 Malkhe Israel St., 95501 Jerusalem, Israel
Shimon Ilani, Geological Survey of Israel, 30 Malkhe Israel St., 95501 Jerusalem, Israel
Wolfgang E. Krumbein, Department of Geomicrobiology, ICBM, Carl von Ossietzky Universitaet, Oldenburg, Germany
Steve Daren, Daren Laboratories and Scientific Consultants, 13 Hamazmera St., 74047 Nes
Ziona, Israel
Howard R. Feldman, The Anna Ruth and Mark Hasten School, A Division of Touro College 227
West 60th Street, New York, NY 10023; Division of Paleontology (Invertebrates), American Museum of Natural History, New York, NY 10024
Liber Annuus 60 (2010) 377-391
378
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
379
380
palm tree with six wide, full palm branches and two small clusters of dates hanging on both sides (Figs. 1 and 4). The palm tree symbolizes the Land of Judea as
well as honey made from dates.
The Composition of the Stone
The oil lamp is made of hard chalk (limestone) from the Cretaceous Period and
composed of calcium carbonate (calcite). Geologically, all chalks to the east of Jerusalem belong to the Senonian Menuha Formation and consist of abundant marine
microorganisms (Mount Scopus Group, Flexer et al. 1990). The lower part of the
chalk sequence (Early Senonian) is a well cemented rock named Kaakule member, that is up to 10 m in thickness. This unit in the Jerusalem area contains up to
15% insoluble residue (Arkin et al. 1993), most of it in the form of secondary silica.
In the stone sample (GSI-1S) there is no evidence of microfossils such as nannolankton or foraminiferans indicating intense recrystallization. These processes involved
influx of siliceous solutions that formed a relatively homogeneous, hard type of
rock, attaining isomorphic physical properties. The uniaxial stress, measured on this
rock is up to 32 MPa (Mega-Pascal) (Arkin et al. 1993). Thus, this is a good rock
type for carving and drilling, almost free of lines of weakness or unexpected fractures that may appear during the production of the artifact. An examination of the
stone from which the lamp is made (sample GSI-1S; HU-5Sa and HU-5Sc; Table
1) indicates that the rock consists of calcium carbonate crystals, 2-40 mm in size.
The average concentration of elements by weight percentage (Table 1 by SEMEDS) of the stone is as follows: carbon 16.8% - 20.3%, oxygen 34.5-40.9%, fluorine
0.6-1.8%, sodium 0.2-1.2%, magnesium 0.2-0.4%, aluminum 1.0-2.8%, silicon 0.410.7%, potassium 0.2-0.7%, calcium 27.7-36.9 % and iron 0.3-0.8%.
The Composition of the Patina
The extraction of minerals from the stone, the sedimentation of airborne dust
particles and or the interaction with the burial environment, the micro-organisms
living on the stone surface, all these biogeochemical activity changes the morphological and mineralogical surface of the stone (including color changes). These
changes of the stone surface are generally known as patina.
The patina of the lamp is multi-layered (Fig. 8), indicating slow development
over an extended period of time and that the burial conditions changed or fluctuated with time. Some soot can be seen within each of the seven nozzles embedded
in, and covered by white patina. The traces of soot indicate that this decorated
lamp was in use and was not for aesthetic purposes only. The oil lamp might not
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
381
have been used often because calcareous material deteriorates while subjected to
intense and prolonged heat. The silica content within the carbonate of this lamp
contributes physical strength to that chalk as well as the ability to sustain heat. On
the patina tiny iridescent fragments of glass can be seen. The concentration of
elements by weight percentage (Table 1, samples HU-1P to HU-4P; GSI-2P and
GSI-4P) observed range is as follows: carbon 10.9-24.8%, oxygen 19.2-32.6%,
fluorine 1.1-7.5%, sodium 1.9-6.0%, magnesium 0.2-1.1%, aluminum 2.3-5.6%,
silicon 18.6-38.5%, sulfur 0.1-0.8%, chlorine 0.1-1.2%, potassium 0.4-1.5%, calcium 8.1-19.6% and iron 0.6-3.1%.
The white layered patina (samples GSI-2P; HU-1P and HU-4P) from the upper
part of the lamp that also covers the decorations is composed of the same material (calcite and silica) as the rock itself but is less crystallized and less compact.
Based on mineralogical analysis (XRD), the oil lamp patina contains calcite associated with quartz grains and only traces of small aggregates of fluorite, small
amounts of whewellite (calcium oxalate) and apatite (calcium phosphate). Sample
GSI-3, the brown material coating the sides of the oil lamp is composed of clay
minerals rich in calcium carbonate, with almost equal amounts of silica and calcite. This Rendzina type of soil, typically developed on chalky terrains, occurs in
or adjacent to Jerusalem and is most probably represents the environmental soil
were the oil lamp was in contact.
Examination of the elemental composition of the patina in all the samples (Table 1) reveals a rather variable concentrations. This chemical heterogeneity in the
concentrations of the elements is natural and characteristic of differential biological
activity of the micro-organisms in different locations related to many micro-environmental factors. The color and thickness of the patina on the vessels surface is
not uniform. It is brownish-yellow to dark brown and white on the vessels upper
surface whereas inside the nozzles it is white to grayish-brown. The thickness of
the patina ranges between 0.1 mm up to 1 mm. Sample UO-6 comes from one of
the grains on the ear of wheat. It shows a normal carbonate deposition with microcrystalline carbonate and oxalate-type of deposition (whewellite) (Figs. 9-10).
The interior of the lamp is coated with the same patina as found on the exterior of the lamp. The patina and the deposits on the vessels surface were developed naturally during burial. Chemical analyses found no trace of any modern
elements, adhesive or bonding substance in the patina. In addition, we found no
indication that the lamp had been significantly treated, cleaned or enhanced.
Microcolonial Fungi
Biodeterioration of stone can be caused by microorganisms, such as bacteria,
fungi and lichens, or plants such as mosses. The biodeterioration of the stone by
382
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
383
during the Roman period (Gorelick and Gwinnett 1981; Gwinnett and Gorelick
1987; Ogden 1982; Rosenfeld et al. 2003).
The patina is attached firmly on and inside the lamps walls. The soot within
the nozzles is embedded in and covered by the white patina. The patina on the
stone oil lamp is multi-layered (Fig. 8) indicating slow development over an extended period of time. Morphological analysis of the patina on the stone lamp
indicates that it is continuous and uninterrupted with some traces found on all
sides, its underside, on the ornamentation as well as on the outer rim and inside
the lamp itself, including inaccessible sites such as inside the nozzles. The patina
developed simultaneously over the entire oil lamp including the carvings. The
occurrence of MCF structures and calcium-oxalate mineralization indicates the
natural development of the patina in ground or cave environment.
There is no indication that the surface of the stone lamp was cut, scratched or
etched in recent times. No modern substances or bonding material were found in
the patina. Microscopic examination of the surface of the oil lamp and its patina
layering indicates that the stone oil lamp and the ornamentation were produced
during the same time period and that no changes were made to the lamps surface
other than limited treatment or cleaning if any.
The following chemical elements: Ca, Al, Mg, Si, K, Fe and F were found in
the stone as well as in the patina (Table 1). The enrichment of the silica, aluminum
and potassium in the patina (compared to the stone) is due to the contribution of
quartz grains and clay minerals from the environment the soil and the airborne
dust particles (Ganor et al. 2009).
The presence of similar elements both in the stone and the patina in variable
concentrations and the additional environmental materials (quartz grains clay
minerals and micro-organism extracts like oxalates), indicates that the patina is
authentic (cf. Ilani et al. 2008). The occurrence of sodium chlorine indicate contact
with water and soil, a well known phenomenon with archaeological artifacts in
this area. The occurrence of the fluorine both in the stone and in the patina originates probably from the fluorite micro-crystals found in the stone.
The oxalic acids and other traces of minerals of the micro-organism occurring
in the patina and on the stone surface provide a direct indication of the duration
of these biogeochemical lifecycles reactions on the stone. According to the identified micro-organism (MCF) and their mineral traces, we can state with certainty
that at least a period of 50-100 years, up to a period of hundreds of years was
necessary for the formation of the multiple carbonate bio-organic layered patina.
Conclusions
The lamp was produced during the Second Temple Period (1st century CE) in
Jerusalem and represents a Jewish tradition related to religious purity laws.
384
Traditional Jewish decorations are carved in the upper part of the lamp: a
seven-branched menorah, a date palm tree, a grape leaf and grapes, olive branches, wheat ear, barley ear, a basket with figs and pomegranates. The religious Jewish restrictions, the prevalence of malleable siliceous limestone in the Jerusalem
environs and the sophisticated processing techniques such as use of a lathe facilitated the manufacturing of this stone oil lamp. The patina on the stone oil lamp
was found to be multi-layered and was also identified in concealed, inaccessible
crevices such as the lamps nozzle. The multi-layered silicified calcite patina with
the MCF structures attached to the lamps surfaces are indicative of natural longterm development in a burial setting. The chemical elements of the patina were
extracted from the stone. MCF structures representative of fungal colonies that
grow very slowly were found within the patina.
The embedding of soot within the multi-layered patina of the stone oil lamp is
another strong indication of its authenticity. We can say with a high level of probability that the oil lamp, including its ornamentations, was produced many centuries ago.
Amnon Rosenfeld, Shimon Ilani, Wolfgang E. Krumbein,
Steve Daren, Howard R. Feldman
Acknowledgements
We thank Prof. Z. Safrai, Bar-Ilan University, Faculty of Jewish Studies, Ramat-Gan, Israel and Dr. Z. Lewy, Geological Survey of Israel, Jerusalem, for their
constructive remarks. Thank are due to A. Shimron, Geological Survey of Israel
for taken the HU samples. Thanks to Dr. V. Sussman for her remarks regarding
the typology of the decorations on the oil lamp.
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Fig. 1. An oblique view of the stone oil lamp with seven nozzles. The seven branched
menorah and the seven plant species are encrusted with white and brownish patina. The
diameter of the lamp is 22 cm. See the colour version of this figure on page 542.
Fig. 2. The carved menorah is the main decorative element on the oil lamp. Three half
concentric circular branches arranged on both sides of a vertical stem, are built of astragal-like beads. The menorah stands on a tripod-shaped base. There appears to be an
oil lamp with a flame at the top of each branch. The height and width of the menorah is
2.6 cm. See the colour version of this figure on page 543.
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
387
Fig. 3. The carved menorah (part), the wheat ear, the figs and the pomegranate ornamentation (part) showing the brown to white layering of the patina on and around the symbols
(decoration circular zone = 3.6 cm). See the colour version of this figure on page 543.
Fig. 4. The palm tree with six wide, full palm branches and two small clusters of dates
hanging on both sides. The palm tree represents both the honey made of the dates as
well as the Land of Judea (decoration circular zone = 3.6 cm).
388
Fig. 5. The carved barley ear, the two olive branches the grape leaf, associated with a
bunch of grapes and part of the palm tree (decoration circular zone = 3.6 cm). See the
colour version of this figure on page 544.
Fig. 6. A spirally concentric drilling marks (with calcitic patina) within a nozzle (hole
= 1 cm).
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
389
Fig. 7. The inside outlet of a nozzle into the internal reservoir of the stone oil lamp. Notice
the undulating calcitic patina deposition on the step-like drilling marks (hole = 1 cm).
Fig. 8. Four carbonate layers of the patina adjacent to the ear of wheat, the topmost of which
is continuous with the uppermost patina covering the wheat (image height = 1.5 cm).
390
Fig. 9. SEM micrograph of sample UO-6 near the wheat ear showing the sheet-like layers
of patina on which are microcolonial fungal pits, a fungal hyphae (white filaments) embedded in the patina demonstrating an undisturbed growth pattern, and a chain of pearl-like
(upper left side) biologically derived microbes (?). Note the presence of additional hyphae
that are not embedded (image length = 50 microns).
Fig. 10. SEM micrograph of sample UO-6 near the wheat ear showing the deposition of
fine grained carbonate in a cellular growth environment in one of the historical multilayers of the patina (image length = 25 microns).
15.7
8.6
8.1
8.3
15.3
19.6
11.6
27.7
36.9
34.6
14.6
17.8
2.0
1.3
2.0
3.1
1.7
2.2
0.8
0.3
0.4
1.5
0.6
0.4
0.6
0.2
n.d
0.7
0.8
0.8
1.5
0.3
0.5
0.8
1.0
n.d
0.1
0.2
0.1
1.2
0.5
0.1
0.5
0.5
Cl
n.d
n.d
1.0
0.8
0.2
0.1
0.1
1.2
0.8
18.7
24.2
10.2
0.4
10.7
12.8
18.6
23.8
14.2
38.5
3.7
24.9
Si
5.2
2.3
1.0
n.d
2.8
4.4
3.9
5.6
8.2
5.4
1.2
5.0
Al
0.2
0.3
0.4
0.2
0.3
0.3
0.6
0.7
0.2
0.3
0.1
1.1
Mg
0.2
1.2
3.5
4.7
3.1
1.6
1.9
3.6
6.0
Na
2.3
1.1
0.6
0.8
1.8
6.3
7.5
1.6
3.5
3.2
3.4
4.6
31.2
32.6
34.5
40.9
34.9
7.5
24.5
19.2
7.0
27.8
4.0
28.0
22.9
21.4
16.8
20.3
18.9
9.6
17.5
24.8
5.9
12.9
3.7
10.9
GSI-4 P
GSI-2 P
GSI-1 S
HU-5 Sc
HU-5 Sa
S.D.
HU-4 P
HU-3 P
S.D.
HU-2 P
S.D.
HU-1 P
Sample
Table 1. Distribution of elements on the patina and stone in weight percent (P = patina; S = stone; Sa = stone aggregate
coarse fraction; Sc = stone cryptocrystalline fine fraction; S.D. = standard deviation; - = not measured; n.d = not detected).
Note that the concentration of elements on the patina and the stone is similar; however, it is noteworthy that the patina contains elements derived from the rock. The samples designated with HU were analyzed by SEM-EDS in the Hebrew University, Jerusalem, and represent an average of four measurements (sample HU-3 represent 2 measurements). The GSI samples
were analyzed by SEM-EDS in the Geological Survey of Israel, and represent an average of two measurements.
1.7
Ca
Fe
A Stone Oil Lamp with Seven Nozzles from the Late Second Temple Period
391
Bruno Callegher
Cafarnao IX. Addenda: monete dalle ricognizioni
di superficie 2007-2009
1
2
Ringrazio Stefano De Luca per avermi affidato la schedatura dei reperti numismatici.
S. Loffreda, Cafarnao V. Documentazione fotografica degli scavi (1968-2003), Jerusalem
2005.
3 S. Loffreda, Cafarnao VI. Tipologie e contesti stratigrafici della ceramica (1968-2003).
Cafarnao VII. Documentazione grafica della ceramica (1968-2003). Cafarnao VIII. Documentazione fotografica degli oggetti (1968-2003), Jerusalem 2008.
4 B. Callegher, Cafarnao IX. Monete dallarea urbana di Cafarnao (1968-2003), Jerusalem
2007.
5 B. Callegher, Cafarnao IX. Addenda: monete dalle ricognizioni di superficie (2004-2007),
Liber Annuus 57 (2007), pp. 493-502.
6 Callegher, Addenda, cit., n. 4.
Liber Annuus 60 (2010) 393-394
394
Bruno Callegher
Survey 2007
AE. Flan corroso
mm 12; g. 0,65. Area 4; US 281
Survey 2008
Traiano (98-117)
AE. Quadrante. Zecca di Roma
D/ Busto laureato a d.; IMP CAES TRA [---]
R/Cinghiale a d.; [IMP CAES TRAIAN AVG GERM]
Roman Imperial Coinage, II, London 1926 (ristampa 1997), p. 294, n. 702.
mm 15; g 3,4; h 12. US 284
Survey 2009
Massimiano Erculeo (286-305)
AR. Antoniniano. Zecca di Antiochia
D/Busto radiato e paludato a d.; IMP C VAL MAXIMIANVS P F AVG
R/ Giove a d. con scettro e globo, di fronte a Ercole a s. con vittoria;
IOVI ET HERCVLI CONS CAES
Esergo; XXI/S
Roman Imperial Coinage, V.II, London 1962, p. 302, n. 674
mm 22; g 3,35; h 6. US 284
Bruno Callegher
Universit di Trieste, Italia
Yoav Farhi
Note on a New Type of Samaritan Amulet
The amulet is a round, thin piece of bronze, 19mm. in diameter. One side is
blank while the other bears an incised Samaritan inscription in four lines:
1 The main corpus of Samaritan amulets was first published by Pummer and was followed by
Reich and by Magen. See them for further bibliography [R. Pummer., Samaritan Amulets from the
Roman-Byzantine Period and Their Wearers, RB 94 (1987), pp. 251-263; R. Reich., Samaritan
Amulets from the Late Roman and Byzantine Periods, in: E. Stern and H. Eshel (eds.) The Samaritans. Jerusalem. 2002. Pp. 289-309 (Hebrew); Y. Magen., The Samaritans and the Good Samaritan.
Jerusalem. 2008. Pp. 249-256].
2 This amulet was brought to my attention by its owner, Mr. D. Yuval. According to him it was
purchased in the late 1970s in the Bethlehem-Hebron area together with some other small finds,
probably collected by the local farmers. I wish to thank him for permission to study and publish this
amulet. I would also like to thank Zeev Radoven for the photograph.
396
Yoav Farhi
hwhy hmwq nwrXy lak !ya (There is none like unto God, O Jeshurun; rise
up, O Lord).
The inscription begins with the phrase !wrXy lak !ya (Deut. 33:26) and
continues with the words hwhy hmwq (Num. 10:35). Both of these phrases are
very common on Samaritan amulets, usually as part of longer inscriptions.3
This amulet differs from the other known examples mainly in its shape. In
addition, no other amulet is known to bear only these two short inscriptions.
The amulet is pierced, probably in order to be hung and possibly as part of
an earring or head decoration.4 Since it is pierced through one of the Samaritan
letters (the letter r), one might suggest that initially it was not pierced but that
this occurred in a later period and maybe even for a secondary use. However the
hole is not necessarily secondary and could have been made to allow the amulet
to be hung.
The round shape of this amulet suggests that it could have been a bezel of a
ring.5 But the evidence of its large diameter and the absence of any evidence that
it was attached to a ring, indicates that it is more possible that in its original function it could have been placed within a round frame or used as inlay. Based on
the other known published amulets, the one presented here should be dated to the
late Roman and Byzantine periods (4th-6th centuries CE) as well.6
Yoav Farhi
Institute of Archaeology, The Hebrew University, Jerusalem
3 For examples see: Pummer (above), Nos. 1,2,4-5, 7-10,16; Reich (above), Nos. 1,2,4-5,710,12,15-16, 18-19.
4 The shape of the amulet and its size make it very similar to a coin and thus it is possible that
it was used as part of a headdress or face veil with or without any connection to its original function
as an amulet. For headdresses adorned with ancient and modern coins see: C. Meir., Crown of Coins.
Traditional Headdresses of Arab and Bedouin Women. Eretz Israel Museum, Tel-Aviv. 2002.
5 For a Samaritan ring with round bezel see: Z. Ilan., A Ring with a Samaritan Inscription Found
at Caesarea Another evidence of the large Samaritan settlement which used to be there: A.B., the
Samaritan News 503 (1985), p. 4 (Hebrew) [appears also in Reich (above), p. 299, No. 12 and
Magen (above), p. 253].
6 D. Barag., Samaritan Writing and Writings. In: Cotton H.M., Hoyland R.G., Price J.J., Wasserstein D.J., From Hellenism to Islam: Cultural and Linguistic Change in the Roman Near East.
Cambridge 2009. Pp. 317-318.
Ricerca storico-archeologica
in Giordania
XXIX - 2010
Carmelo Pappalardo
Monte Nebo Siyagha: Campagna di scavo 2009
412
Carmelo Pappalardo
A stato condotto nella cella tricora, presso il synthronon a Nord. Larea si rivelata precedentemente indagata. Si potuto cos posizionare la sezione stratigrafica realizzata da Virgilio Corbo (LA 1970, pag. 273-298). Due saggi B e C sono
stati realizzati nelle navate laterali della basilica. Nella navata Nord, dopo aver
rimosso lo zoccolo di cemento su cui poggiavano i mosaici, venuto alla luce un
pavimento pi antico, realizzato a mosaico a grosse tessere, precedentemente
noto, ma non rilevato nei suoi contorni precisi. Si anche messa in luce del tutto
la risega di fondazione del muro Nord (Foto 5). Si quindi realizzato un rilievo
aggiornato della porzione indagata. Nellarea in cui il mosaico non si conservato stato realizzato il saggio B, in parte precedentemente indagato. In questo
punto il banco roccioso della collina affiora pochi centimetri al di sotto del livello
pavimentale pi antico. La medesima situazione stata riscontrata nella navata
Sud, praticando il saggio C, in cui si anche messo in evidenza il taglio della
fondazione a sacco del muro Sud. Nel riempimento della fondazione stato rinvenuto un lacerto di mosaico a tessere bianche di media grandezza (Foto 6).
Nel corso della campagna si effettuata la schedatura e la catalogazione informatica dei pezzi conservati nellarea del conventino: i frammenti sono stati fotografati e inseriti in un database su programma Filemakerpro.
Carmelo Pappalardo, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
413
414
Carmelo Pappalardo
415
Bruno Callegher
Monte Nebo-Siygha: nota numismatica
allintervento nei Loci 802/803 (2009)
Nel corso dellintervento di sistemazione e pulizia nei pressi dellarea archeologica del Monte Nebo-Siygha, identificata con i numeri 800-8011, fu individuato un gruppo di undici piccoli nominali in rame, tutti nella medesima giacitura e livello stratigrafico, tanto da far supporre una loro unitariet di contesto.
Le monete, purtroppo, sono molto corrose e usurate, e forse questa era la loro
condizione gi in antico, al momento dello smarrimento nel terreno. Soltanto
per una, la n. 1, le immagini del conio hanno permesso lattribuzione al tipo
salus reipublicae (LRBC 1105), databile tra il 383-425 ed emesso da vari imperatori, in zecche occidentali e orientali: Valentiniano II, Teodosio I, Arcadio,
Onorio e Giovanni2. Ulteriori e pi precisi dati descrittivi non sono al momento
possibili, ma la metrologia (diametro e peso) permettono di ipotizzare che fossero AE 4, emessi nel corso del IV secolo. Furono, queste, le monete spicciole
pi largamente diffuse e di conseguenza pi attestate tra i ritrovamenti sparsi e
i ripostigli, almeno fino alla met del VI secolo, in tutte le province della Palestina3. La loro presenza, inoltre, molto ben documentata, e in quantit cospi1 Sullintervento in questo settore d conto C. Pappalardo, Siyagha-2008 Campaign Report, Liber Annuus, 58 (2008), pp. 531-535, con annesso apparato fotografico.
2 Per i casi di AE 4 tipo salus reipublicae identificabili soltanto in base alliconografia del
conio del rovescio o a sue parti, mi permetto di insistere su una cronologia ampia (383-425) anche
per larea orientale dellimpero, contrariamente alle delimitazioni e ai dubbi avanzati in G. Bijovski, recensione a Bruno Callegher, Cafarnao IX. Monete dallarea urbana di Cafarnao (19682003) [---]. Jerusalem 2007, in Israel Numismatic Research, 3 (2008), pp. 192-199, in part. p.
193. La motivazione mi sembra fondata su un semplice principio logico: non si pu escludere a
priori la presenza di un tipo monetale, noto in aree diverse e lontane, soltanto perch finora non
attestato nella bibliografia riguardante la regione in esame. Ricordo soltanto che lenorme massa
di moneta bronzea del IV-V secolo, ingrata e molto difficile da classificare, fino a non molti anni
fa nelle pubblicazioni archeologico-numismatiche delle regioni siro-palestinesi era edita in modo
molto sommario sotto la rubrica Late Roman Bronze Coinage, senza ulteriori approfondimenti.
Le nuove acquisizioni, derivanti dal puntuale studio di tutti i singoli esemplari di AE4, sono oggi
note a tutti gli specialisti e in questo ambito molto resta da chiarire, con ampie prospettive di ricerca e ricaduta nella ricostruzione della storia economica della regione.
3 H.C. Noeske, Mnzfunde aus gypten I. Die Mnzfunde des gyptischen Pilgerzentrums
Abu Mina und die Vergleichsfunde aus den Dioecesen Aegyptus und Oriens vom 4.-8. Jh. n. Chr..
417
cue, in tutto il sito archeologico del Nebo a partire dagli scavi degli anni Trenta
del Novecento, a riprova che il piccolo gruzzolo ben sinserisce nella struttura
tipologica e quantitativa dei ritrovamenti monetali di questarea4, di quella finitima del complesso di Umm al-Rasas-Mayfaah5 e pi in generale della regione.
Il ritrovamento, infine, sia pur in condizioni precarie, conferma quanto fino ad
ora noto e incrementa la documentazione disponibile per lepoca tardoantica.
Di seguito il catalogo sintetico cos organizzato: numero progressivo, nominale (nom), peso (g = grammi), diametro (millimetri), andamento dei coni (h),
descrizione del dritto (D/) e del rovescio (R/), bibliografia (LRBC = P.V. Hill,
J.P.C. Kent, R.A.G. Carson, Late Roman Bronze Coinage. A.D. 324-498, London 1965) e, infine, numero identificativo nella documentazione da scavo.
Bruno Callegher
Universit di Trieste, Italia
Prolegomena zu einer Geschichte des sptrmischen Mnzumlaufs in gypten und Syrien, II, Berlin
2000, p. 612 (Studien zu Fundmnzen der Antike, 12), ad indicem dei nomi delle localit; C. Morrisson, La montarisation en gypte et en Syrie-Palestine du IVe la fin du VIIe sicle: le tmoignage de larchologie, Antiquit Tardive 12 (2004), pp. 405-413; da ultimo, lestesa sintesi di H.
Gitler, D. Weisburd, Coin finds from villages in Palestine during the Late Roman and Byzantine
Periods (A.D. 383-686/7): a quantitative examination of monetary distributions, in Les Villages
dans lEmpire byzantin. IVe-XVe sicle, Paris 2005, pp. 539-552.
4 A.S. Kirkbride, The coins, in S.J. Saller, The Memorial of Moses on Mount Nebo. Part I.
The Text, Jerusalem 1941, pp. 278-285; E. Alliata, Catalogo delle monete dello scavo, in Christian Archaeology in the Holy land. New Discoveries. Essay in Honour of Virgilio C. Corbo, OFM,
a cura di C. Bottini, L. Di Segni, E. Alliata, Jerusalem 1990, pp. 446-448; H. Gitler, The coins,
in Mount Nebo. New Archaeological Excavations 1967-1997, a cura di M. Piccirillo ed E. Alliata, Jerusalem 1998, pp. 550-567, dove lautore edita, per coerenza territoriale, anche i dati numismatici del vicino piccolo monastero di Ain al-Kanisah e della cittadina di Kh. Al-Mukkayyat,
ubicata a sud-est.
5 H. Gitler, Le monete, in Umm al-Rasas-Mayfaah. I. Gli scavi del complesso di santo
Stefano, a cura di M. Piccirillo, E. Alliata, Jerusalem 1994, pp. 318-320.
418
Bruno Callegher
N
1
Nom
AE4
g
1.53
mm
14
h
12
D/ & R/
D/Busto diad. a d.
R/Vittoria a s. con
prigioniero a d.
bibliografia
LRBC 1105
(salus reipublicae)
N
5
AE4
1.19
16
LRBC ?
D/Busto diad. a d.
R/Corroso
AE4
1.02
12
D/Busto diad. a d.
R/Corroso
AE4
1.01
11
11
5
6
7
8
9
10
11
D/Busto diad. a d. ?
R/Corroso
AE4
AE4
AE4
AE4
AE4
AE4
AE4
1.7
1.61
1.47
1.23
1.04
1
0.64
14
13
12
14
13
19
12
?
?
?
?
?
?
?
Corroso
Corroso
Corroso
Corroso
Corroso
Corroso
Corroso
4
6
7
3
9
1
10
10
11
Francesco M. Benedettucci
The 2010 archaeological campaign
at Tell al-Mashhad/Khirbet Ayun Musa
The site of Tell al-Mashhad (or Khirbet Ayun Musa), lies in the Ayun Musa
valley, just at the foot of mount Nebo, between the perennial spring and the byzantine churches of Kayanos and of the Deacon Thomas, excavated by the Franciscan
Fathers in the 80s.
It was individuated in 1932 by the American archaeologist Nelson Glueck, the
father of Jordanian archaeology, who described Tell al-Mashhad as an important
site near the Ayun Musa spring, that he visited during his Transjordanian travels.
The collection of many potsherds and small clay figurines enabled him to date the
main phase of occupation to the Iron Age. During the same period, Glueck also
made the first rough map of the site, which nevertheless did not includes the southern sector.
In the 'Fifties, a further visit of the site was carried out by the German scholar O.
Henke, for the purpose of collecting evidence that would possibly allow the Tell
al-Mashhad site to be identified as the ancient city of Bet-Peor, mentioned in several
Old Testament passages (Nm 25,3.5; Dt 3,29; Dt 4,3.46; Dt 34,6; Josh 13,20; Psalms
106,28; Hos 9,10) and in the Onomasticon of Eusebius.
The last systematic reconnaissance at Tell al-Mashhad was carried out in 1995
within the framework of the Mount Nebo Survey, led by Prof. P. Mortensen.
The actual project was begun within the ideal framework of the archaeological
activities that have been carried on for about 70 years in Jordan by the Franciscan
Archaeological Institute in the Mount Nebo area, with a view to protecting the important archaeological evidence in the region. This intervention has become all the
more necessary after the widen the modern road that, for a number of years now,
has literally cut the archaeological area in two.
The 2010 season of the Project of Archaeological Researches in the site of Tell
al-Mashhad (Ayun Musa Madaba -) was carried out from July 28th to August 12th.
The staff was composed of a number of specialists from the Associazione OLIM
(Rome, Italy): Dr. Angelo Ghiroldi (archaeologist), Dr. Simona Bracci (archaeologist), Dr. Dario Scarpati (archaeologist), Dr. Giacomo Tabita (archaeologist), Mr.
420
Francesco M. Benedettucci
421
During a preliminary visit of the site, it was noted the presence of a very recent
robbers activity with the presence of a very deep trench (down to m. 6), excavated just in the middle of the site. This presence was a danger not only for the
archaeological evidence, but also for the safety of people involved in the excavation activities. As a consequence, it was decided to re-fill the big hole with the
same soil extracted from it, after its examination to collect a possible pottery sequence, and to concentrate our efforts on the enclosure wall.
This has been completely excavated on two sides, North and West.
In the Northern side, it was erected directly on the bedrock and emerging from
the ground to a height of at least 2.5-3.00 m. It runs in an E-W direction and is
built of large, roughly-dressed dry-laid stones. It was composed by a double line
of stones, creating, in the vicinity of the North-West corner of the building, a
smaller corner.
About 1 m. far from the wall, it was noted the presence of a smaller wall, whose
height was not exceeding 0.70 m., probably retaining a sidewalk.
Also in the Western side, the wall was erected directly on the bedrock; it
emerged for about 1.20 m., and at its foot was possible to note the presence of
collapsed stones from the upper lines.
On the Eastern side, the surrounding wall was excavated only in two sectors,
starting from the two corners, North-East and South-East. In the central sector of
the side, the presence of remains of an outer wall, similar to the one facing the
Northern side, but in a danger of a possible collapse, made impossible the continuation of the excavation.
The Southern side, facing the ancient village, was not excavated. It is possible
that the gate of the building could be discovered on this side on next season.
The objects collected during the 2010 campaign
The most of the objects from the excavated area seems to be datable to the
latest phase of Iron Age II (VIII-VI century B.C.). The best represented types are
the Ridged Neck Jars and kraters with a large mouth. From a most general point
of view, the pottery objects from Tell al-Mashhad can be considered quite typical
in the frame of the Iron Age II Palestinian production, with strict similarities with
the ceramic production from the northern Palestinian region, and, in Transjordan,
with the pottery from the ancient kingdoms of Ammon and Moab.
During this season it was also collected a number of the grinding stones. It was
possible to recognize at least four groups: a) the upper grinding stones, usually
enlonged, cigar-shaped, and often with a flat side; b) the lower grinding stones,
usually a rectangular, flat stone, whose use is associated with the one of the previous typology; c) the pestels, usually a ball-shaped, or cylindrical pebble; d) the
422
Francesco M. Benedettucci
mortars, probably the most interesting type, due to the fact that the mortars can be
very different in size and shape, from the basalt dish with a ring base, to the large
limestone mortar with a deep hole in the centre. All these objects are usually realized in limestone or basalt.
In the group of other objects found during the excavations, we should note the
presence of a small number of spindle whorls and a small fragment of a glazed
object, an unidentified part of a possible egyptian or egyptianizing amulet.
During the 2010 season, moreover, in the immediate surroundings of the site
a nice glazed potsherd dated to the Mamluk period (XIII-XIV century A.D.) was
collected. It can testify the frequentation of the region during the Middle Age.
Francesco M. Benedettucci
Associazione OLIM Rome, Italy
423
Detail of the Northern Wall of the Fortress Detail of the Northern Wall of the Fortress
after the excavation
after the excavation
424
Francesco M. Benedettucci
Margaret A. Judd
The 2010 Excavation Season
at the Chapel of Robebus
The third season of excavation of the Robebus Chapel at Mount Nebo was
conducted during June and July 2010. Excavation resumed in the south-east crypt,
which began in 2007. The excavation strategy continued as per previous seasons
with the dense bone matrix sectioned into 0.5 X 0.5m loci running east-west.
We began with the excavation of Locus 66, a partially articulated adult skeleton.
Following the removal of this individual, the final east-west meter strip remained
to excavate. We were now able to reach to the back wall of the crypt and peel off
the loci and articulated individuals in the order in which they were placed. As we
progressed, we observed that articulated individuals were more common at the
rear of the chamber than at the entrance, although deviations in articulation and
commingled continued.
Several fragmented iron crosses and buckles, similar to those found during prior
seasons were recovered. More unusual artifacts were associated with childrens
remains, for example, a copper ring and two stone beads were found among the
lower leg bones of adults commingled in Locus 84 (Fig. 1). However, on top of the
adult bones were the femur, fibula and vertebral fragments of a young child. Locus
59 represented a nearly completely articulated older male with severe spinal arthritis. Two lumbar vertebrae were completely fused (Fig. 2), while several thoracic
vertebrae were collapsed, suggestive of osteoporosis. The final individual excavated, and likely the first interment, was the articulated skeleton Locus 113 that sealed against the back wall of the chamber (Fig. 3).
Excavation of the third and final accessible crypt (WS-west crypt entrance,
south chamber) began on July 20. This chamber differed from those of the east
crypt in that only a small pile of broken and commingled bones were to the right
of the chamber entrance. Numerous complete bones were visible on the surface of
the chamber floor and an articulated adult skeleton was partially covered with
plaster debris at the rear of the chamber (Fig. 4). Following the excavation strategy
used for the previous two chambers, we laid out a 0.5m east-west strip and divided
it into 0.5m sections to cover the approximate 2m width of the chamber. A probe
426
Margaret A. Judd
was dug to the left of the threshold within the chamber and reached a level of 20cm
without contacting a stone floor. To the right of the threshold just below the surface (Locus 5), was an overturned single-spouted Byzantine oil lamp (Fig. 5) of a
type similar to those illustrated by Loffreda (2001:13).
This project was funded by a grant from the Wenner-Gren Foundation and the
University of Pittsburgh Central Development Research Fund. In addition to the
director, 2010 team members included Amber Quick, Donna Seltzer and during the
final week, John Kanter, all of the University of Pittsburgh. On-site lab facilities
and workmen assistance were kindly provided by Fr Carmelo Pappalardo and the
Franciscan Institute of Archaeology.
Margaret A. Judd
Department of Anthropology
University of Pittsburgh
Pittsburgh, PA, USA
References cited:
Loffreda S. 2001. Light and Life. Jerusalem: Franciscan Printing Press.
Fig. 1 - Copper ring is to the left (east) of the scale and the stone bead is on the scales
right. An adult hand phalanx is immediately behind the ring and a portion of a childs
vertebra is to the left of the ring.
427
Fig. 3 - A fully articulated adult male (Locus 113) was the first individual interred in
Chamber ES.
428
Margaret A. Judd
Fig. 5 - A single-spouted Byzantine oil lamp was recovered just under the surface soil
of Locus 5 to the right of the threshold.
Christos Karvounis
Eine neue griechische Inschrift aus Jordanien
(Al-Kerak)*
Fund. Es handelt sich um eine Inschrift, die in einer Zisterne in Abadah, sdlich
der Stadt Al-Kerak aufgefunden wurde. Die Zisterne ist 7 m lang und hat ein
Durchmesser von 4,5-5 m. Die inzwischen zerstrte Inschrift befand sich an einer
verputzen Wand der nordstlichen Seite, etwa 1,8 m ber dem Boden, als eine Art
Hochrelief.
Beschreibung. Die reliefartige Inschrift ist durch eine ebenfalls erhabene Linie
eingekreist. Der herausgetriebene Kreis hat 90 cm Durchmesser und ist 2 cm breit.
Die Tiefe der einzelnen Buchstaben betrgt 1,2 cm. Der Text bereitet in palographischer Hinsicht wenig Probleme. Die Buchstaben und ihre Form drften in situ
gut zu erkennen sein; auf den zur Verfgung gestellten Abbildungen und Fotos
waren aufgrund einer berbelichtung allerdings einige Striche/Linien/Formen nur
mit einiger Mhe lesbar. Erhalten ist folgender Text:
+
CTC C
5 CC
430
Christos Karvounis
bzw.
+ | () | ,| () | ,
() []| | .
Palographisches: Der erhaltene Text weist 7 Zeilen auf. Die Gre der Buchstaben wird graduell von oben nach unten kleiner. Festzustellen sind lediglich drei
orthographische bzw. graphematische Unstimmigkeiten:
1) Der Buchstabe <N>. In Z. 2 (|) erscheint er zumindest auf den
Abbildungen und den Fotos als senkrechter Strich, also in der Form eines Iota;
dabei ist mit ziemlicher Sicherheit von einer Auslassung auszugehen, da <N> sonst
trotz der im Folgenden erluterten Besonderheit stets richtig geschrieben wird.
Die Besonderheit liegt darin, dass, von der Zeile 3 abgesehen, in allen anderen
Fllen die Form des Buchstaben N im Grunde spiegelverkehrt dargestellt wird,
denn die mittlere Verbindungslinie, welche die senkrechten Strichen verbindet,
verluft nicht von oben links nach unten rechts, sondern umgekehrt, nmlich von
unten links nach oben rechts. Der Umstand, dass die Verbindungslinie in der Mitte
ansetzt, ist hingegen nicht auergewhnlich.1
2) das <I> statt <H> in der Aoristform des Verbs in Z. 5.
3) die Dittographie am Ende der Z. 5: <E> wird in Z. 6. wiederholt.
Erwhnenswert sind auch a) die ligaturfrmige Darstellung von HC in Z. 4 im
Genitiv des bestimmten Artikels <C>, die jedoch aufgrund der Gre und der
gepressten Form des Buchstaben <C> eher an eine versehentliche Auslassung und
nachtrgliche Ergnzung denken lsst; b) das <> in Z. 5 (Verb ); auf
den Abbildungen und den Fotos ist erkennbar, dass der Schreiber ursprnglich bzw.
versehentlich ein lateinisches <R> zu zeichnen begann.
Ansonsten verrt der Text Erfahrung mit der griechischen Schrift bzw. deutet
auf die im Wesentlichen getreue Abschrift eines griechischen Originals hin. Die
nomina sacra werden in allen drei Fllen konsequent durch einen waagerechten
Strich gekennzeichnet und der reiche Wechsel zwischen <> und <> ist einwandfrei gemeistert. Obwohl <A> recht kantig gezeichnet ist, ist der Schwung
der Buchstaben <>, <>, <>, <> und <> sehr gelungen, vor allem wenn
man die Schwierigkeiten bercksichtigt, die die erhabene Darstellungsweise der
Buchstaben mit sich brachte. Im Allgemeinen sind bei dem Schreiber bzw. (im
Fall einer Abschrift) in seiner Vorlage, dem Original, viele wesentliche Zge der
sptgriechischen bzw. byzantinischen Epigraphik wieder zu finden. Anhand des
Inhalts und der Buchstabenform lsst sich die Inschrift zwar nicht genau datieren;
431
433
434
435
Works Cited
Abujaber, R., 1995: Water Collection in a Dry Farming Society. Pp. 737-44 in Studies in
the History and Archaeology of Jordan V: Art and Technology throughout the Ages,
eds. K. Amr; F. Zayadine; and M. Zaghloul. Amman: Department of Antiquities.
Kennedy, D., and Bewley, R., 2004: Ancient Jordan from the Air. London, UK: The
Council for British Research in the Levant.
MacDonald, B., 2005: The Ayl to Ras an-Naqb Archaeological Survey, Southern
Jordan First Season (2005). Ricerca storico-archeologica in Giordania segment
of Liber Annuus 55: 488-89, Pls. 63-64.
MacDonald, B., 2006 The Ayl to Ras an-Naqab Archaeological Survey, Second Season
- 2006. Ricerca storico-archeologica in Giordania segment of Liber Annuus 56:
565-66, Pls. 39-40.
MacDonald, B.; Herr, L. G.; Quaintance, D. S.; Clark, G. A.; and Macdonald, M. C. A.
In Press The Ayl to Ras an-Naqab Archaeological Survey, Southern Jordan (20052007). Archaeological Reports. Boston, MA: The American Schools of Oriental
Research.
436
Photo 2: Site 154. Perimeter Wall at Jabal Ms al-Ashari (Fort) (taken by D. Scott
Quaintance).
437
Figure: The Shammakh to Ayl Archaeological Survey: Ecological Zones and Random
Squares (prepared by Gary L. Christopherson, Center for Applied Spatial Analysis,
University of Tucson, AZ).
438
0749889/3346484
0752580/3346887
0752510/3346772
0744242/3345149
0746843/3346220
007
008
009
010
011
012
013
014
015
016
017
018
019
020
021
022
023
024
025
026
027
0747861/3347445
0747681/3347491
0738373/3322237
0738655/3344867
0739017/3345249
0740649/3446412
0740832/3345656
0751686/3347974
0751539/3349110
0751977/3349155
0736915/3346810
0738557/3345597
0738458/3346001
0738450/3349134
0739585/3348572
0743635/3346958
0743858/3346865
0737319/3348089
0736804/3351228
0736900/3351202
0736830/3351282
Site Name
Khatt Shabib
Tallat Saiif
Rujum
Talat al-Hajouj
Kh. Majddal
Basta
Kh. ar-Ruways
Khashm as-Suwwana
Duweis
Function**
Tomb/Grave and Inscription
Sherd scatter/camp (?)
Inscription
Boundary line
Agricultural building (?)
Watchtower
Pastoralists camp (?)
Unknown
Agricultural building (?)
Agricultural village
Agricultural hamlet or village
Agricultural hamlet or village
Agricultural hamlet or village
Seasonal, pastoralists camp (?)
Cemetery
Inscription
Winnowing area
Farming complex
Farm building
Agricultural village
Pastoralists camp/corral (?)
Rock-cut tombs
Neolithic village
Fortress (?)
Agricultural village
Agricultural facility
Water installation
028
029
030
031
032
033
034
035
036
037
038
039
439
0737291/3349921
Ayn Ghazal
0737592/3348795
Kh. Dhba
0736930/3355721
Kh. Braq
0736870/3354721
Ayn Amoun
0736544/3354140
Kh. al-Muallaq
0736760/3354381
0736277/3353201
Kh. Dubayl
0736921/3347507
Kh. Hubays
0739274/3347753
Kh. al-Mabrak
0741388/3346479
Talt al-Hajaj
0741376/3345956
0741677/3357249
Ar-Rasf
0741664/3357285
0743217/3357202
Bir al-Bitr
0744622/3357806
0743729/3357361
0743880/3357097
0743685/3357050
0743495/3356843(W) Umm at-Tirn
046
047
048
049
050
051
052
053
054
055
056
0743680/3356859(E)
0742235/3358175
0743796/3356216
0743773/3355967
0751655/3353462
0751206/3353698
0750692/3354191
0751118/3356403
0750967/3356082
0751028/3356224
0745963/3354145
Kh. al-Mukhfeh
0745237/3354026
Agricultural village
Pastoralists camp seasonal
Pastoralists camp seasonal
Farm
Pastoralists camp seasonal
Farm or agricultural hamlet
057
058
059
060
061
062
063
064
0744460/3354299
0744181/3355175
0744837/3354670
0744156/3354001
0746168/3356840
0745244/3356619
0754824/3352162
0752742/3352512
040
041
042
043
044
045
Rujum al-Bitr
Umm al-Futas
Dar Ali ar-Rubayieh
Dar Ali Mumar
440
065
066
067
068
069
0752583/3352482
0751915/3351189
0752002/3351143
0751997/3351210
0736709/3349346
070 0737029/3349105
071 0741239/3346967
072 0739020/3355502
073
074
075
076
077
078
079
0738691/3355473
0738514/3355373
0738500/3355064
0738807/3355107
0738468/3354556
0738868/3354503
0739051/3354175
080
081
082
083
084
0739204/3353128
0739071/3353477
0739251/3353957
0739216/3354075
0738971/3353627
085 0738710/3354042
At-Tayyiba
Kh. al-Hma
Br Sreh
Maqar al-Ruhabn
086 0740334/3354338
087 0740236/3354056
088 0741134/3353452
089 0741040/3351751
090 0741135/3350659
091 0739980/3352862
092 0739848/3352862
093 0739897/3351736
Kh. al-Muharaq
094 0740584/3354339
Kh. al-Farqadiah
095 0739432/3351227
Inscriptions
Inscription
Rock art
Rock art
Remnants of a traditional
village
Agricultural village
Cistern
Well and associated (?)
building
Farming/agricultural features
Farm
Agricultural building
Watchtower
Pastoralists camp seasonal
Cistern
Traditional, extended-family
hamlet
Agricultural village
Agricultural hamlet/farm
Agricultural hamlet/farm
Water mill
Farm: cistern and associated
buildings
Defensive related to water
source
Defensive related to water
source
Hunting/camping site seasonal
Agricultural village site
seasonal
Threshing/winnowing area
Cistern and associated
structures
Agricultural facility
seasonal
Pastoralists camp seasonal
Service facility along
roadway (?)
Defensive related to water
source
Graves (?)
096
097
098
099
100
0739673/3351284
0739782/3349997
0740537/3350108
0740572/3350930
0740646/3350637
Kh. as-Samra
Kh. Talt Omar
101 0740894/3351048
102
103
104
105
106
107
108
0740613/3350860
0741134/3349153
0741793/3346853
0746065/3351491
0746817/3352080
0746987/3351101
0746952/3351002
109 0746748/3350772
110 0747708/3352520
111
0747380/3352804
112
113
114
115
116
117
118
0750630/3350995
0747958/3351824
0750630/3350995
0744827/3349436
0744867/3347856
0744972/3348411
0744091/3350088
Rujum (?)
Kh. al-Abad East
Kh. Wadi Hasiy
Kh. al-Mani
Kh. al-Abad West
Rujum Basta
Abu Danna
119 0750630/3350995
120 0742674/3350024
121
122
123
124
125
126
127
Kh. Zahreh I
Kh. Zahreh II
Ayn Zahreh
0743157/3349187
0743215/3349305
0743209/3348579
0743193/3350501
0742543/3350295
0743315/3350857
0742705/3351507
128 0742960/3351941
441
Graves (?)
Temple (?); Waystation (?)
Agricultural Town
Cisterns and/or caves
Tomb (?) and/or watchtower
(?)
Tomb (?) and/or watchtower
(?)
Road
Cemetery (?)
Cistern
Watchtower
Extended Family Farm
Cisterns
Circular enclosure seasonal
camp
Tomb/watchtower (?)
Circular enclosure seasonal
camp
Circular enclosure seasonal
camp
Caravanserai (?)
Cave dwelling
Watchtower and tombs
Three small enclosures
Watchtower
Enclosures
Fort associated with water
source (?)
Traditional Ottoman village
Village and/or watchtower
(?)
Agricultural village
Agricultural village
Spring
Way station on road (?)
Spring
Watchtower
Agricultural village
seasonal
Pastoralists and/or hunting
camp
442
129 0743087/3351920
130 0743024/3351647
131
132
133
134
0742742/3352929
0742075/3352588
0742445/3352136
0743878/3355069
Kh. al-Hateh
135 0743909/3355528
136 0737859/3351536
137 0736795/3351229
138 0742556/3358302
Kh. al-Sudyaeh
Khasham Allhud
139 0742743/3358972
140 0742760/3357913
141
142
143
144
0754518/3356428
0754144/3356197
0753941/3355793
0737821/3359526
Kh. al-Faq
145 0737966/3359297
146 0738070/3359042
147 0738451/3359435
148
149
150
151
152
153
0738090/3359572
0737794/3359248
0749526/3358247
0750424/3357802
0750391/3358215
0750204/3359198
154 0749792/3359969
Udhruh
Tahneh
Kh. ad-Dbayis
Juraydeh
Jabal Ms al-Ashar
Recensioni
e Libri ricevuti
445
447
452
455
458
462
468
474
477
479
487
492
497
501
Penna Romano, Levangelo come criterio di vita. Indicazioni paoline (Biblica), EDB,
Bologna 2009, 227 pp. (L. D. Chrupcaa).
Pizzuto Vincent A., A Cosmic Leap of Faith. An Authorial, Structural, and Theological Investigation of the Cosmic Christology in Col 1:15-20, Peeters: Leuven Paris
Dudley, Ma, 2006 (N. Ibrahim).
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Gargano Guido Innocenzo, Il sapore dei Padri della Chiesa nellesegesi biblica.
Introduzione a una lettura sapienziale della Scrittura (Parola di Dio. I Padri e le sacre
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La grande stagione della mistica Siro-orientale. Atti del 5 Incontro sullOriente Cristiano di tradizione siriaca (Milano, Biblioteca Ambrosiana, 26 maggio 2006), a cura
di E. Vergani e S. Chial, Centro Ambrosiano, Milano 2010, 165 pp. (M. Pazzini).
Boccaccini Gabriele - Ibba Giovanni (ed.), Enoch and the Mosaic Torah. The Evidence of Jubilees, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI Cambridge U.K. 2009, xxi-474 pp. (L. D. Chrupcaa).
Charlesworth James H. - Pokorn Petr et alii (ed.), Jesus Research: An International Perspective. The First Princeton-Prague Symposium on Jesus Research, Prague
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Fiema Zbigniew T., Frsn Jaakko (a cura di), Petra The Mountain of Aaron I. The
Church and the Chapel, Helsinki 2008; pp. 447, Figg. 69 colore e b/n (B. Hamarneh).
Recensioni
Prez Fernndez Miguel, Textos Fuente y Contextuales de la Narrativa Evanglica. Metodologa aplicada a una seleccin del evangelio de Marcos (Biblioteca
Midrsica, 30) Editorial Verbo Divino, Estella (Navarra) 2008, pp. 549.
Nella presentazione il prof. Prez Fernndez ci confida che per anni meditava
un progetto che le varie attivit svolte gli impedivano di realizzare. Ora, arrivato
al tempo della giubilazione, finalmente pu realizzarlo, per cui noi abbiamo tra le
mani un grosso volume che tratta di undici pericopi del vangelo di Marco come
saggio di un metodo che permette di abbinare la conoscenza della letteratura rabbinica al commento del testo. Dopo che la Pontificia Commissione Biblica ha
esortato a fare questo passo, perch ci riporta allambiente culturale e religioso da
cui sorto il cristianesimo, non si deve dubitare dellutilit dellapproccio. Qualcuno potrebbe sorridere a questi tentativi, ma bisogna porre attenzione che lesegesi non si limiti a lavorare sul testo scritto, pena di cadere in un moderno qaraismo. La difficolt di questa applicazione allesegesi, non da sottovalutare. Ben
venga chi ci introduce alla tradizione viva del giudaismo antico, sia biblico che
extrabiblico. Con la sua esperienza di anni di studio e di insegnamento, con questo
volume il Dr. Prez ce ne d un saggio per provare che vale la pena seguire questo
cammino.
Prima di tutto egli riconosce che il metodo storico critico, da racconti indipendenti fra loro ci presenta Ges in varie scene quale protagonista. Osserva che esplicitamente o implicitamente Ges presentato alla luce di storia e personaggi
dellAntico Testamento, come per esempio Elia, Eliseo, Mos, David. Alle volte lo
stesso episodio pu essere interpretato diversamente, perch sono differenti i testi
a cui si ispira come fonte. Per questo bisogna identificare di quali testi si tratta,
certi che questi testi e tutta la Scrittura arrivano a compimento in Ges. Sia ogni
singola scena sia il macrotesto hanno in Ges la chiave di lettura. Quindi propone
come primo punto del metodo di partire dallidentificazione dei testi che possono
rientrare nella spiegazione di un testo evangelico. Poi entrano in campo i testi
446
contestuali: testi giudaici, apocrifi dellAT, letteratura di Qumran, Filone, Giuseppe Flavio e il rabbinismo con la vasta letteratura di targum, midrashim, Talmud
e Tosefta. Infine possono portare un contributo anche le opere contemporanee di
origine ellenistico-romana. Qualcuno pu osservare che quasi tutte queste opere
sono tardive rispetto al NT. Replichiamo che bisogna tener conto sia della tendenza conservatrice del rabbinismo sia che questo lalveo naturale dellinterpretazione biblica. Solo dopo di questa si pu rilevare anche lapporto di letteratura non
biblica, come quella ellenistico-romana. Possiamo riscontrare convergenze e anche
divergenze con il NT, ma questo giova per valorizzarne la particolarit.
Tutti i commentari iniziano spiegando parola per parola Mc 1,1, titolo dellintero libro. Lo fa anche il nostro A. Lo schema suo comprende di ogni parola la ricorrenza nellAT, in Qumran (p.e. gli unti; i due unti: il messia di Aronne e
quello di Israele; un solo messia di duplice provenienza?; lunto di spirito, messia
sacerdotale; il messia re, gli apocrifi dellAT (1Enoc [etiopico]; il libro dei Giubilei; i Salmi di Salomone; 4Esdra e 2Baruc; i Testamenti dei Dodici Patriarchi, la
letteratura rabbinica (tradizioni dei tannaiti; tradizioni targumiche palestinesi; tradizioni del Targum dei Profeti Posteriori). Con lo stesso schema ci ragguaglia sul
titolo Figlio di Dio, per con aggiunta la letteratura ellenistico-romana. Per cui
veniamo a capire limpatto che la Chiesa primitiva incontrava nellambiente
dellimpero romano alla fine del I sec. d.C.
Quindi passa alla rilettura di Mc 1,1 nel macrotesto marciano e alla luce dei
testi-fonte e contestuali. Possiamo ripetere: tutti i commentari studiano questi termini, ma brevemente, mentre il nostro A. ha la pazienza di raccogliere tutti i testi
che ci illuminano sul tema.
I seguenti otto studi riguardano pericopi che insieme formano lintero I cap. del
vangelo di Mc, fondamentali per comprenderne il messaggio: Giovanni Battista e
Ges (1,2-8), il battesimo di Ges (1,9-11), lo Spirito spinge Ges nel deserto
(1,12-13), il programma di Ges (1,14-15), chiamata e sequela (1,16-20), nella
sinagoga di Cafarnao / la exousia di Ges (1,21-28), recupero di una donna per
la diakonia (1,29-31), Ges di fronte al Primogenito della Morte (1,40-45).
Infine due pericopi caratteristiche: la moltiplicazione dei pani e dei pesci (6,30-46)
e il fico infruttuoso (11,12-14).
I testi-fonte, mediante una lettura intratestuale, fan s che attraverso il paradigma dei profeti (Mos, Elia, Eliseo, Isaia, Geremia) ed eventi della storia della salvezza (la pasqua di liberazione dalla schiavit, la traversata del deserto, il banchetto escatologico) si offrono gli elementi per narrare le opere di Ges. Infatti lui il
nuovo paradigma per interpretare le Scritture.
Interessanti sono le applicazioni che Prez ci offre. Il deserto lo scenario necessario a comprendere loracolo di Is 40,3 applicato al Battista; la caduta di Israele nella traversata del deserto sottolinea la vittoria di Ges sulla tentazione; la
suocera di Pietro offre allA. loccasione di trattare sulla condizione della donna
Recensioni
447
Strelan Rick, Luke the Priest. The Authority of the Author of the Third Gospel,
Ashgate, Aldershot, U.K. - Burlington VT 2008, x-194 pp.
Rick Strelan, pastore luterano e Senior Lecturer di Nuovo Testamento presso
lUniversit di Queensland (Australia), si prefigge in questa monografia di disegnare un nuovo ritratto di Luca, in alternativa a quello tradizionale che lo presenta
come un siriano nativo di Antiochia, pagano convertitosi al cristianesimo, compagno e collaboratore di Paolo, e forse medico per professione: I suggest in this
book that the author, whom tradition has called Luke, might well have been a
Jewish priest (p. xi). Secondo Strelan, gli scritti di Luca riflettono il punto di vista
di un autore che ha un passato e una formazione sacerdotale. Egli non avrebbe
potuto scrivere la sua opera, se non avesse avuto lautorit richiesta al fine di reinterpretare la vicenda di Ges e della chiesa nascente alla luce delle Scritture e
delle tradizioni ebraiche. In seno al popolo di Israele, di quella autorit e capacit
necessarie erano muniti i sacerdoti, insieme con gli anziani e i leviti. Come gli altri
sacerdoti prima di lui (il Cronista, talvolta identificato con Esdra, il Maestro di
Giustizia, fondatore della comunit di Qumran, oppure Giuseppe Flavio), anche
Luca, autorevole custode e guardiano delle tradizioni evangeliche, ha effettuato
una rilettura della storia sacra con lo scopo di preservare intatto il deposito della
fede cristiana.
Strelan parte con una riflessione generale sulla questione degli autori dei vangeli (cap. 1: Who Were the Gospel Writers?, pp. 3-10). Non riuscendo a definire
con precisione la loro identit n quella dei primi destinatari degli scritti evangelici, la ricerca contemporanea preferisce centrare lattenzione sui lettori dei vangeli.
Secondo Strelan tuttavia, la conoscenza dellautore di uno scritto importante ai
448
fini dellinterpretazione del testo (p. 5: knowing something about the author, if not
his name, is not insignificant because it can shape the way I read and interpret the
text). Pertanto lopera lucana (Lc-At) non riflette il punto di vista di una comunit ma piuttosto quello di un individuo autorevole e maestro di una o pi comunit
cristiane. Come tanti autori dellepoca, anche lui ha preferito rimanere anonimo, a
motivo dei contenuti del suo scritto (p. 9: he is a link in the chain of tradition, and
as such his name is not necessary) e dellautorit ad esso riconosciuta (p. 10:
before then [the second century] the Gospel had authority on its own right, and
had no need for an authors name).
La ricerca moderna tende ad associare lautorit di un testo scritto con la persona del suo autore. Questa tendenza iniziata nel II secolo, quando i quattro vangeli furono collegati con gli scrittori investiti di autorit apostolica (cap. 2: Gospels,
Authors, and Authority, pp. 11-13). Ma a differenza degli altri vangeli che derivano la loro autorit dalle tradizioni legate con una comunit o con la dignit
apostolica degli autori sacri, lautorit di quello di Luca si basa su una persona
singola, Paolo, che avrebbe approvato il suo scritto. Ma chi o che cosa in particolare diede a Luca lautorit di stendere un racconto evangelico? Secondo Strelan,
fu la dignit di Luca, sacerdote e maestro ebreo, a fornirgli quellautorizzazione
necessaria per redigere in forma scritta le tradizioni evangeliche che egli esponeva
prima a viva voce.
Rivisitando lo stato della ricerca contemporanea su Luca (cap. 3: The Status
of Luke in Scholarship, pp. 15-19), Strelan ribadisce che lautore del terzo vangelo non va reputato un semplice editore o compilatore delle tradizioni, bens un
abile scrittore capace di rileggere, interpretare e aggiornare le cose riguardanti
Ges e gli inizi della chiesa.
In seguito Strelan si interroga sui motivi che avrebbero spinto Luca a stendere
un altro vangelo (cap. 4: Why Write Another Gospel?, pp. 21-36). Secondo lui,
Luca non era interessato tanto allattendibilit storica dei fatti accaduti, quanto
piuttosto ad offrire a Teofilo un racconto scritto: solido, sicuro e chiaro, in cui era
riflessa quellistruzione che egli aveva ricevuto in precedenza con la parola della
predicazione (p. 30: In the end, Lukes purpose is instruction). Per soddisfare
quindi a questa esigenza di indole pratica e pastorale, Luca ha disposto il materiale tradizionale in modo tale da rendere pi facile la sua memorizzazione, importante anzitutto nellambito liturgico e catechetico (p. 35: Luke wishes to supply Theophilus with a stable text in order that would be required in his communitys worship and instructional contexts).
Lattivit letteraria di Luca va compresa sullo sfondo dellesperienza ebraica
(cap. 5: Owning, Controlling, Guarding the Tradition, pp. 37-56). Nel popolo di
Israele il compito di custodire, interpretare, trasmettere in via orale la tradizione e
di fissarla poi per iscritto era riservato ai sacerdoti, leviti e anziani. Luca (e forse
anche Teofilo) doveva quindi appartenere a questa cerchia elitaria (p. 45: It is in
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this category of teaching priest/elder that I would place Luke and probably also
Theophilus). Infatti, come molti altri prima di lui (Lc 1,1), anche Luca si
sentito autorizzato a mantenere il controllo sulle tradizioni riguardanti Ges e gli
apostoli, e ne ha dato prova esponendo in una forma scritta (At 1,1: ) la solidit di quelle parole (Lc 1,4: ) con cui egli istruiva il popolo (allopinione di Strelan, il misterioso fratello di cui parla 2Cor 8,18 potrebbe
riferirsi a Luca). Curiosamente il nostro A., mentre riconosce lautorit (sacerdotale) di Luca, nega una simile autorit a Paolo per il fatto della sua parziale conoscenza delle tradizioni riguardanti Ges (p. 46: Paul did not have the status, and therefore the authority, of an elder or of the guardian of the whole Jesus tradition
He was not a teacher, a servant of the logos, involved in the .
On the other hand, Luke was).
Nel capitolo seguente (cap. 6: The Oral and the Written, pp. 57-68) Strelan
esamina la relazione tra le tradizioni orali e scritte nel mondo antico. Queste due
forme di trasmissione non sono in opposizione o in contrasto tra di loro, ma piuttosto vanno ritenute complementari. Le somiglianze tra i sinottici, poi, riflettono
principalmente il ricorso alle comuni fonti orali e non sono dovute invece alla rielaborazione di una o due fonti scritte (p. 61). Inoltre, ci tiene a ribadire Strelan, la
messa per iscritto delle tradizioni orali il cui scopo era anzitutto quello praticopastorale (p. 62: the Gospels were written to be heard or performed rather than to
be read silently; p. 65: the Gospel [of Luke] was written for performance in a
Christian community, most likely within a worship framework) ebbe inizio
prima di quanto si possa pensare (p. 67: among the first, if not the very first, generations of Christians).
Nel passo successivo Strelan rivisita le tradizioni antiche che identificano Luca
come autore del terzo vangelo (cap. 7: Luke in the Tradition, pp. 69-98). In
questo ampio status quaestionis vengono discusse le testimonianze del NT (Col
4,14; 2Tm 4,11; Fm 24; At 13,1; Rm 16,21; 2Cor 8,18-19; i brani-noi degli Atti)
e le voci patristiche, a cominciare da quella di Ireneo di Lione, che apportano notizie sullattivit di Luca (evangelista, medico, compagno di Paolo, discepolo di
Ges - uno dei settanta[due] discepoli) e sulle questioni legate alla sua persona (il
luogo di origine, lappartenenza etnica, la paternit di altri scritti, il martirio). Strelan giudica interessanti i brani-noi degli Atti una fonte principale di informazioni sullautore in cui egli scorge una rivendicazione da parte di Luca della sua
autorit di scrittore (p. 71: The use of we in the narrative is a claim for authority). Esprime invece dubbi sulla professione di medico, tradizionalmente attribuita a Luca sulla scia di Col 4,14 (p. 69: The most important reference to Luke), e
preferisce intenderla in chiave metaforica (p. 70: So Luke was one to whom Paul
and the Colossians turned when they needed a diagnosis. It might have been in
matter of halakhic understanding or in scriptural interpretation, or in the understanding of the gospel of Jesus). Comunque, qualora Luca fosse stato un nel
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vero senso della parola, questo fatto potrebbe avvalorare la sua dignit sacerdotale;
infatti, i sacerdoti vantavano conoscenze mediche e ad essi spettava in Israele il
compito di attestare la guarigione, ad es. dalla lebbra. In tale direzione sembrano
muoversi le testimonianze di alcuni Padri (Ireneo, Girolamo, Ambrogio, Agostino)
che ritraggono Luca nella veste simbolica di un bue al fine di sottolineare limpronta sacerdotale del suo vangelo.
La ricerca moderna (cap. 8: Luke among the Scholars, pp. 99-115) interessata a risolvere una serie di problematiche che concernono lautore del terzo vangelo: la paternit lucana di Lc-At, la professione medica di Luca, le sue radici etniche (giudeo o gentile?), lidentit di Teofilo, il destinatario degli scritti lucani, il
luogo di provenienza di Luca. A giudizio di Strelan, il dato tradizionale non va
assolutizzato (p. 101: the argument that the tradition is reliable and authentic is as
strong as any other). Tanto meno resiste alla critica il riferimento alla presunta
professione medica di Luca. La sua origine etnica si rivela invece di cruciale importanza per Strelan, il quale vede in lui un sacerdote israelita (p. 106: In my view,
the writer of the Third Gospel was a Jew) e ne adduce due motivi: la familiarit
di Luca con le Scritture e la sua autorit di interpretare le tradizioni. Al tempo
stesso Strelan si sforza di illuminare il rango sociale di Luca e i suoi rapporti con
Teofilo, per nulla inferiore a lui (p. 108: Luke was Theophilus superior, his teacher, and his elder He was his father and teacher in the faith).
Terminata questa lunga e variegata premessa, Strelan si sente finalmente in
grado di presentare la tesi principale della sua ricerca (cap. 9: Luke the Priest,
pp. 117-144). Dopo aver tracciato il tema dellautorit e della dignit dei sacerdoti
ebrei del Secondo Tempio, lo studioso australiano individua negli scritti lucani una
serie di indizi che potrebbero comprovare lidentit sacerdotale di Luca. A dire il
vero, i riferimenti espliciti ai sacerdoti in Lc-At sono pochi (Lc 1,5: il sacerdote
Zaccaria; 10,31-32: il sacerdote e il levita della parabola del buon Samaritano; At
6,7: una moltitudine di sacerdoti aderisce alla fede; 4,36: il levita Barnaba), come
lo stesso Strelan riconosce onestamente (p. 128: Statistically, that is very little on
which to build a case that Luke is interested in individual priests!); secondo lui
per, in questa categoria andrebbero inclusi anche altri personaggi: Giovanni Battista e Ges (p. 128: Both have priestly ancestry), Simeone e Stefano (p. 127:
possibly all belonging to priestly groups), il servo del sommo sacerdote in Lc
22,50 (p. 130: an apprentice priest). In seguito Strelan si sofferma sui diversi
dati che riflettono la simpatia di Luca nei riguardi dei sacerdoti e il suo interesse
per le questioni sacerdotali: lattivit di Ges che interpreta la Scrittura, insegna
con autorit, benedice e giudica; laccento messo su alcune tematiche importanti
per i sacerdoti (la ricchezza, la purit, la giustizia, il pentimento e il perdono, Gerusalemme, il tempio, la gioia, gli angeli, le feste); luso degli inni liturgici. So
there are many things in Lukes writing that suggests he had an interest in priestly
matter (p. 140).
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Nella parte finale del suo studio Strelan mette a fuoco il modo in cui il sacerdote Luca interpretava con autorit le Scritture ebraiche (cap. 10: Luke as Authoritative Interpreter of Scripture, pp. 145-151), le tradizioni riguardanti Ges (cap.
11: Luke as Interpreter of the Jesus Traditions, pp. 153-158) e la vicenda di Paolo (cap. 12: Luke as Interpreter of Paul, pp. 159-164). Luca non si limitato a
una mera compilazione e redazione delle tradizioni evangeliche; ha saputo anche
interpretarle e ordinarle secondo un progetto teologico-letterario e avendo in vista
un obiettivo pastorale-catechetico (p. 153: Luke authoritatively revises and rewrites the traditions he has received). Parimenti incisivo si rivela il contributo di
Luca nei confronti di Paolo, di cui ha dato un ritratto bilanciato seppure meno
conforme alla realt (p. 160: Paul needed to be constructed as less radical and
more conservative).
Il volume termina con una succinta Conclusione (pp. 165-166), la Bibliografia
e gli Indici: degli autori moderni, delle citazioni bibliche e degli argomenti.
Bisogna dar atto allA. di aver costruito con grande abilit, a parte le ripetizioni,
la sua tesi di fondo che a prima vista potrebbe apparire allettante al lettore. Sorge
nondimeno un ragionevole dubbio che questo ritratto di Luca-prete sia alquanto
sofisticato e fabbricato a tavolino: per stendere un racconto della vicenda di Ges
e della chiesa delle origini Luca doveva essere munito cos arguisce Strelan di
autorit necessaria; in Israele era sempre riconosciuta ai sacerdoti lautorit di custodire le sacre tradizioni e di interpretare le Scritture; siccome Luca mostra di
possedere queste qualit, perci anche lui doveva essere un sacerdote israelita che
aveva aderito alla fede in Cristo.
La proposta di Strelan di considerare Luca un sacerdote di razza ebraica non
affatto nuova. Altri prima di lui hanno tentato di sostenere una tesi del genere.
Strelan sembra per ignorare i contributi di G. Leonardi, Comunit destinatarie
dellopera di Luca e identit dellautore, e di M.-L. Rigato, Luca originario
giudeo, forse di stirpe levitica, seguace dei testimoni oculari (Lc 1,2-3). Una
rilettura delle fonti pi antiche con riscontri nellopera di Luca, pubblicati
nella raccolta curata da G. Leonardi - F.G.B. Trolese, San Luca evangelista testimone della fede che unisce. Atti del Congresso Internazionale, Padova, 16-21
Ottobre 2000. I: Lunit letteraria e teologica dellopera di Luca (Vangelo e
Atti degli apostoli) (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana 28), Padova 2002, 187-215; 391-422. Parimenti assente nella sua bibliografia risulta larticolo di S. Principe, Chi era Luca?, Henoch 21 (1999) 131-146. Secondo
questautore, Luca era un fariseo e dottore della Legge, dotato di carisma sacerdotale. Il modo in cui Principe cerca di far avvalorare la sua tesi trova a mio
avviso molti punti di contatto con lindagine di Strelan. Infine, avrebbe meritato perlomeno di essere citata la monografia (pubblicata solo in olandese) di
W.J. Barnard e P. van t Riet, Lukas, de Jood. Een joodse inleiding op het evangelie van Lukas en de Handelingen der apostelen, Kampen 1984, giunta ormai
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alla sua terza edizione (2009), dove viene illustrato da diverse angolature il
carattere ebraico degli scritti lucani.
Le motivazioni di Strelan a sostegno della sua proposta potrebbero essere
giudicate alla stessa maniera in cui egli ha valutato lattendibilit del ritratto
tradizionale di Luca (as strong as any other). Se, da un lato, non riesco a percepire chiaramente in Lc-At la presunta simpatia di Luca verso i sacerdoti (che
potrebbe riflettere, comunque, la sua presentazione positiva del mondo ebraico),
da un altro lato desta meraviglia il fatto che nella tradizione antica non sia rimasta alcuna traccia (a prescindere dal simbolo lucano del bue) di quello che sembra tanto evidente per Strelan. Del resto, anche lui, pur convinto che il suo
tentativo di ridare un volto a Luca non sia infondato (p. 36: I suggest that there is the reasonable possibility that Luke had authority and status as a Jewish
priest) e quindi migliore rispetto agli altri, ben consapevole del valore puramente ipotetico della sua tesi (p. 17: what I am offering is a construction, and
it is not my intention to argue that the writer was in fact a priest, because it is
simply not possible for us to know that; p. 166: We cannot, and probably
never will, know what status Luke actually had).
Al di l di questo punto controverso, la monografia di Strelan si rivela ricca
di spunti originali che potrebbero favorire un fruttuoso dibattito. Oltre al problema principale sollevato da Strelan, quello dellautorit degli autori dei vangeli, il volume contiene infatti interessanti suggerimenti che riguardano la relazione tra la tradizione orale e scritta, il genio letterario e teologico di Luca, i suoi
rapporti con Paolo e Teofilo, la destinazione liturgica e pastorale dei suoi scritti. In breve, il libro di Strelan, insieme provocatorio e stimolante, merita lattenzione degli studiosi, e non solo di quelli dellopera lucana.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Rigato Maria-Luisa, Giovanni: lenigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia (Testi e commenti), Edizioni Dehoniane, Bologna 2007, 352 pp.; 35.60 .
Per conto delleditrice Paideia di Brescia nel 1998 usc la monografia di
Martin Hengel, La questione giovannea. Non per questo Maria-Luisa Rigato ha
rinunciato a studiare la stessa materia, anzi nellIntroduzione a p. 7 ci ricorda
che gi dal 1990 si era imbarcata in questa avventura. Tutti, iniziando lo studio
su s. Giovanni, impariamo a conoscere le testimonianze antiche che offrono
pochi dati sul presbitero di Efeso e del suo apporto al NT. LAutrice, la prima
donna che ha compiuto studi regolari presso lIstituto Biblico di Roma nei primi
anni successivi al Concilio Vaticano II, non s accontentata di ripetere, ma ha
sottoposto quei dati a studio critico. Inizia con le opinioni correnti sullautore
del quarto vangelo. Conosce lopera di Hengel nelledizione tedesca del 1993
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dal titolo Die johanneische Frage. Sullidentit di Giovanni dissente, affermando che la posizione dellinsigne esegeta dal mio punto di vista fantasia pura
(p. 18). Trova un predecessore delle sue posizioni in Jean Colson, autore di
unopera apparsa nel 1969, dove poggiando sulla testimonianza del vescovo di
Efeso Policrate (sec. II) ritiene Giovanni uno hiereus di Gerusalemme, ma la
Rigato ci avverte subito che se il suo quadro [] su molti punti coincide con
quello di Jean Colson, su altri, essenziali, si discosta (p. 19).
Il cap. II tratta di unanonimia apparente. Se nellApocalisse lautore si presenta due volte, proprio vero che sia anonimo lautore del vangelo? LAutrice
pone a confronto i versi 1,6-8 e 1,15, dove ricorre il nome di Giovanni. Nel
primo caso il personaggio invita alla fede, mentre il secondo evidentemente il
Battista che testimonia colui che doveva venire, ma non parla di fede. Nella
conclusione lautore dichiara lo scopo del libro con cui mira a ottenere ladesione di fede. Da qui la Rigato deduce che il Giovanni di 1,6-8 presenta se stesso
ed allo stesso tempo narratore e autore.
A differenza dei Sinottici il quarto vangelo presenta pi viaggi di Ges a
Gerusalemme, ma prolunga pure la sua presenza in Giudea. La Rigato quindi
individua nellevangelista lintenzione di far apparire Ges non solo giudeo in
senso religioso, ma anche per i dati geografici. Questo perch levangelista
stesso di Gerusalemme. A questo punto la Rigato trova una corrispondenza
con Giuseppe Flavio, lui pure gerosolimitano, di stirpe sacerdotale e scrittore.
Nel cap. III la Rigato ammette che Giovanni evangelista non della cerchia
dei Dodici, nominati quattro volte nel libro, mentre molto pi spesso sono indicati come discepoli. Essi sono testimoni della risurrezione, ma su questo punto comprende anche se stesso, il discepolo amato. Levangelista usa tre volte
il verbo inviare nella forma di participio aoristo passivo (apestalmenos) sia
per il Battista (3,6), sia di se stesso (1,6) sia del cieco inviato alla piscina di
Siloe. Nel discorso dellultima cena al cap. 13 ricorre spesso il termine discepoli (13,5.22.23.25), ai quali si rivolge Ges come maestro e signore: un
servo non pi grande del suo signore, n un apostolo pi grande di colui che
lo ha mandato (13,14.16). Questo concetto largo di apostolo, non ristretto alla
cerchia dei Dodici, comprende anche Giovanni evangelista distinto dallomonimo figlio di Zebedeo. Pi tardi si applica anche a Paolo e ai suoi collaboratori.
Non ci soffermiamo sulla ben nota questione della citazione di Papia di Gerapoli sui presbiteri dimoranti a Efeso (cap. IV). Incuriosisce invece la testimonianza solitaria di Policrate vescovo di Efeso (cap. VI), che ci parla di Giovanni che si reclin sul petto del Signore, il quale fu sacerdote, ha portato addosso la lamina e [fu] testimone e maestro; questi si addormentato a Efeso.
La citazione viene riportata da Eusebio (HE 3.31,3). Rigato osserva: Policrate
sembra essere il primo [] a dare in un testo scritto il nome a colui che si reclin sul petto del Signore, cio Giovanni. Con Ireneo (Adv. haer. 1,10), anche
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se pi tardiva, abbiamo una conferma: Inoltre Giovanni il discepolo del Signore anche sul suo petto ladagiato, proprio lui pubblic il vangelo vivendo in
Efeso dAsia. Le due menzioni di Giovanni, autore del vangelo, ci autorizzano
a ritenere la locuzione giovannea che Ges amava, una frase che serviva
allautore quasi come firma che apponeva al suo libro. Le due caratteristiche di
essere sacerdote e di avere portato la lamina intendono parlarci di sacerdozio
levitico e siccome solo il sommo sacerdote portava nelle festivit la lamina
doro con inciso il quadrigramma sacro, Rigato ritiene che Giovanni fosse di
famiglia di sommi sacerdoti e che, pur non apparendo nella lista tramandataci
da Flavio, deve aver sostituito il sacerdote in carica in occasione di un suo impedimento (p. 111).
Tutto questo ci introduce alla Parte II, dal titolo Limmaginario del Tempio
e la cristologia. Questa parte si apre con il cap. VIII, che pone in relazione
naos-corpo di Ges (Gv 2,19-21) e la parasceve della pasqua, quando Ges fu
messo in croce (Gv 19,20). Il cap. IX riprende, sempre dallinizio del vangelo,
il detto sullagnello che toglie il peccato del mondo (1,36) e lora in cui muore
Ges, contemporanea al Tamid sacrificato nel tempio. Seguono capitoli che
presentano la rivelazione di Ges alla Samaritana, la guarigione del paralitico
alla piscina di Bezeta, il cieco nato, Maria sorella di Marta e di Lazzaro, il litostroto e la deposizione regale di Ges nella tomba. Un penultimo capitolo tratta
di Maria Maddalena. In conclusione una riflessione sulla nostalgia del tempio
perduto.
Si tratta di una raccolta di articoli che hanno interessato lAutrice dagli anni
novanta in poi e qui ripresi, perch nulla vada perduto. Se ci fossero dei dubbi, basta controllare la bibliografia selezionata, dove su dieci pagine di autori
troviamo che da p. 335 a 337 sono poste in dettaglio le pubblicazioni della Rigato. Naturalmente i richiami al tempio sono innumerevoli, e questo potrebbe
essere prova che lautore fosse un sacerdote di Gerusalemme.
Forse laspetto pi interessante di questi studi dato dalle riflessioni
sullenigmatico autore del quarto vangelo. Qualcuno potrebbe dire: Ma questo
la prima volta che lo sento!. La Rigato pronta a rispondere: Ma per questo
lho detto!. la prima donna italiana che ha avuto accesso agli studi biblici
dopo la liberalizzazione del concilio. contenta di provocarci a riflettere su
molti punti di vista che diamo per scontati. Su quanto dice sul culto e il tempio
lascio al lettore la ricerca. Solo mi preme ricordare che sono studi separati. Se
la nostalgia del tempio pu essere un indizio per lidentificazione dellautore
del vangelo, dovremmo ricordare che la cristologia del quarto vangelo va considerata unitariamente. Il detto del tempio viene posto allinizio del libro, perch
da quel momento non pi il luogo sacro il posto della rivelazione, ma Ges il
Verbo del Padre.
Giovanni Bissoli, ofm
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di Cristo [Rm 3,24]; 19. Cristianesimo e cultura greca [At 17,22-31]; 20. Corinto:
citt greca e vangelo a confronto.
Dal punto di vista formale, si nota un diverso spessore dei saggi, alcuni dei
quali sono molto brevi, di appena 3-5 pagine (1, 6, 9, 16, 18, 20), mentre quelli pi
lunghi arrivano fino a 14-22 pagine e sono arricchiti di una bibliografia essenziale
nelle note a fondo pagina (2, 8, 10-13, 15). Per quanto riguarda il contenuto,
predominante linteresse per Rm (2, 13-15, 17-18), seguito da 1-2Cor (3-4, 17, 20),
Col e Ef (7, 16), Gal (9); gli altri studi fanno risuonare in generale lepistolario
paolino. Se il commento al discorso di Paolo allAreopago narrato da Luca (At
17,22-31) pare giustificato (19), non si capisce viceversa linclusione, in un contesto paolino, di una riflessione dedicata alla Lettera agli Ebrei (6). Non imputabile invece allA. del volume il refuso tipografico che si scorge a partire da p. 76 fino
alla fine (nellintestazione a sinistra il numero dei capitoli non corrisponde a quello effettivo).
Per far apprezzare al lettore il metodo esegetico-esistenziale del prof. Penna,
diamo un rapido sguardo al contenuto di alcuni saggi.
Ricordando lesperienza della sua conversione o chiamata, Paolo scrive di
essere stato afferrato da Cristo (Fil 3,12), quasi ghermito, come una preda
inerme che non pu sfuggire allimprovviso piombare di unaquila dallalto (p.
8). Da quel momento egli si fatto servo o meglio schiavo nei confronti di Cristo, della Chiesa e delle genti presso le quali andava a predicare il vangelo.
Come lo schiavo per cos dire appiattito sul suo padrone, non vuole altro da
ci che vuole lui, cos Paolo stato al servizio di Cristo quasi confondendosi
con lui Forse che questo non pu essere un parametro anche per la Chiesa del
nostro tempo? (p. 32). Paolo infatti continua ad essere modello e misura di un
autentico apostolato cristiano, soprattutto per quanto concerne il legame tra
lesperienza personale del Signore risorto e lagire missionario. A livello soggettivo, pertanto, una profonda e vivissima fede che fa scattare la molla
dellimpegno apostolico (p. 35). Il centro di gravit del pensiero paolino il
mistero pasquale. Perci, quando si intraprende la lettura di Paolo e si desidera puntualizzare il suo pensiero, per capire ci che gli sta a cuore e cos non
avere unimmagine sfocata della sua teologia, bisogna tenere sempre presente
questo perno e ricondurre tutto ad esso (p. 58). Nellevento pasquale Dio ha
riconciliato lumanit divisa. Questa riconciliazione che sta alla radice della
Chiesa e costituisce uno dei punti chiave della teologia cristiana, espressa
bene in Ef 2,1-22. Qui per laccento cade sulla Chiesa edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti (v. 20), mentre in 1Cor 3,10 quel fondamento
Ges Cristo. Il fondamento in Efesini di tipo ecclesiologico, non cristologico, ed uno degli indizi tra i tanti per dire che lautore della lettera non
Paolo (p. 73). Anche se Paolo vede ladesione a Cristo come una forma di
schiavit, paradossalmente proprio in Cristo che ha la sua origine la vera li-
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bert cristiana. Affrancato dalla Legge, dal peccato e dalla carne, il cristiano
chiamato pertanto a sprigionare nel mondo lamore (agpe) come pura donazione per il prossimo. Si vede bene quindi che la libert ha una doppia componente: luna a livello di realt oggettiva, statica, e consiste in un modo dessere,
reale e profondo, acquisito per grazia di Dio; laltra a livello soggettivo, dinamico, e consiste in un modo di agire, che ci fa estroversi, cio ci proietta al di
fuori di noi e ci impegna per il bene degli altri (p. 91). In questa ottica si inserisce anche la predicazione cristiana (missionaria o catechetica), il cui centro
dinteresse costituisce la glorificazione di Cristo. Orbene, la nostra catechesi
non deve mai perdere di vista che noi predichiamo la glorificazione di un crocifisso: non quella di un condottiero, n di un filosofo, n di uno scienziato, n
di un politico, n di un divo o di qualcuno dei tanti idoli o bene-meriti
dellumanit, ma di uno che venuto per servire e dare la vita in riscatto per
molti (Mc 10,45) (p. 108). Vivere in pienezza quella vita scaturita dalla morte-risurrezione di Cristo e partecipata tramite lo Spirito, la vocazione primaria
e fondamentale della Chiesa e di tutti i suoi membri. Altre possibili vocazioni non possono essere che specificazioni di quella, e soprattutto si giustificano
nella misura in cui si pongono al servizio di quella (p. 125). Nelloperato missionario, esercitato a vari livelli, il cristiano chiamato a diffondere ovunque la
gioia pasquale, come quella che accompagna la danza, sapendo che Dio stesso
in Cristo crocifisso-risorto danza con lui. Dio ha danzato nelluniverso [la
creazione] Ma Dio ha danzato anche in modo del tutto originale nella risurrezione di Cristo (p. 133). La sfida, semmai, sta nellinvito a trasformare in
passo di danza anche le nostre pene e magari le nostre angosce, vedendole come
parte del ritmo della vita (p. 143).
Al termine dellultimo saggio Penna trae un insegnamento dallesempio di
Paolo, in grado di ispirare e guidare la dinamica missionaria della Chiesa di
oggi. Dallesperienza di Paolo con la Chiesa di Corinto i cristiani di tutti i
tempi possono imparare alcune cose essenziali. La prima che comunque non
ci pu essere vera evangelizzazione se non accompagnata da una inculturazione del messaggio La seconda che lannuncio cristiano ha delle sue peculiarit che non si possono tradire per eccessivo irenismo La terza che la comunit deve avere spazio per esprimere in pienezza la propria vitalit (p. 223).
La lettura del volume piacevole, e vi contribuisce anche lo stile dellA.,
sobrio e lineare, nonch la sua notevole capacit di tradurre in modo semplice
lessenza del pensiero di Paolo. Naturalmente qualche dettaglio si presta a discussione. In un paragrafo dedicato alla scoperta della tomba vuota da parte
delle donne si legge la seguente frase: La reazione di stupore e paura ci
dice che la risurrezione non era attesa e che quindi la triplice predizione della
passione da parte di Ges (Mc 8,31; 9,31; 10,34) formulata post eventum (p.
100-101). Il nesso che viene instaurato in questa densa affermazione tra la rea-
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zione delle donne e i detti sulla triplice predizione della passione non mi sembra
molto fortunato. Come pare di capire, le donne si sarebbero stupite e spaventate del fatto della risurrezione di Ges, perch non si aspettavano un evento del
genere (Ges non ne aveva mai parlato?). Si pu certamente discutere sulla
forma letteraria dei detti sinottici sulla triplice predizione della passione, ma
questo non autorizza la conclusione che Ges non abbia svelato ai discepoli il
destino cui andava incontro; infatti, la predizione della passione testimoniata
altres nella tradizione giovannea, indipendente da quella sinottica (Gv 2,4;
8,28; 12,23-24.32-33). A mio parere, se le donne reagirono con stupore e
paura allevento della risurrezione di Ges, ci indica soltanto che esse furono sopraffatte dalla morte del Maestro al punto tale da non ricordarsi le sue
parole, e forse perch anche loro, come gli altri discepoli di Ges (cf. Lc 24,21),
compresero il suo messianismo secondo quellottica popolare di gloria e di potenza, in cui non cera posto per le sofferenze e la morte del Messia, e di conseguenza neppure per la sua risurrezione dai morti.
Questa osservazione, puramente secondaria, non toglie nulla al valore del
volume, dal quale peraltro non si pu pretendere unanalisi esauriente e dettagliata su ogni punto. I saggi del prof. Penna riflettono comunque una solida
base esegetica e sono un chiaro esempio che possibile, oltre che doveroso, far
calare il messaggio biblico nellesistenza del credente, colmando cos quel vuoto che a volte sembra allontanare la teoria scientifica dalla prassi.
In sintesi, una raccolta stimolante in grado di offrire ai cultori della letteratura paolina un sussidio ricco di spunti non solo per lo studio ma anche per la
meditazione e/o riflessione personale su una problematica di grande attualit e
di vitale importanza.
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colti nel canone. Colossesi , infatti, una testimonianza della comunit primitiva e
un contributo per la sua fede.
Il secondo punto una ricerca sullorigine della Lettera ai Colossesi. Partendo
dalla dimensione pseudepigrafica, Pizzuto mette come Terminus post quem la data
del martirio di Paolo sotto limperatore Nerone (64 d. C.) e il terremoto nella valle
del Lico (60/61 d. C.). Lautore della Lettera non fa menzione del terremoto, perci
i difensori della pseudepigrafia avanzano due ipotesi. Secondo la prima ipotesi,
interpretando 2,1; 4,13.16, Colossesi sarebbe stata indirizzata ai Laodicesi (A. Lindemann). Pizzuto, invece, pensa che Colossesi non sia stata indirizzata a una comunit locale unica -Colossi era gi distrutta dal terremoto- ma a tutti i cristiani
della valle del Lico. Questa ipotesi prende le mosse dallinterpretazione di 4,13.16,
dalla dimensione universale della Chiesa e dalle caratteristiche vaghe delleresia
combattuta. Il terminus ante quem stabilito verso la fine del primo secolo perch
Ignazio di Antiochia cita Efesini, che dovrebbe essere posteriore a Colossesi.
Lultimo tema di questo capitolo tratta lautorit di Colossesi e la pertinenza del
dibattito sullautore. Colossesi non fa soltanto parte del canone, ma ha la cristologia
pi alta del NT. La questione dellorigine della Lettera importante perch corrisponde alla ricerca dellintenzione dellautore per la retta interpretazione del testo.
Stabilito il carattere pseudepigrafico della Lettera, Pizzuto passa alla seconda parte del suo libro: la struttura dellinno di Colossesi.
Nel capitolo quinto (Formal and Structural Analysis of Col 1,15-20, 97-156),
lautore inizia la sua ricerca con la discussione della problematica del genere letterario e della storia della redazione, partendo dal pioniere E. Norden (1913). La sua
conclusione che Col 1,15-20 non precede la redazione della Lettera. Lautore lha
scritto perch sia utilizzato dai fedeli nelle loro liturgie (cf. 3,16), e per combattere
le possibili eresie, affermando la fede in Cristo unico Signore delluniverso. Infine
lautore propone una struttura chiastica dellinno: A: 1,15-16; B: 17a; C: 17b; B
:18a; A: 18b-20. La struttura chiastica sottolinea il ruolo di Cristo nella creazione
e nella redenzione (A e A), mentre B e B rappresentano il riassunto di A e A,
mentre C annuncia Cristo come colui che tiene tutto in armonia, manifestando la
sua signoria universale come creatore e redentore, per cui C lasse centrale
dellinno. Nel capitolo sesto (Stylistic Features of the Hymn: the Tension Between
Structure and Content, 157-205), lautore discute le varie strutture proposte dagli
esegeti per concludere che la struttura chiastica proposta da lui rende possibile un
equilibrio tra struttura e contenuto.
Lultima parte della monografia tratta la cristologia dellinno (A Leap of Faith:
Continuity and Novelty in the Christological motifs of Col 1,15-20, 209-269),
dove lautore presenta lapporto pi interessante della sua ricerca. Dopo aver abbandonato la teoria di Ksemann sullorigine gnostica dellinno, diversi autori
hanno cercato lo sfondo biblico nella tematica sapienziale biblica. Per Pizzuto, le
fonti dellinno vanno cercate nel giudaismo del secondo Tempio: lo stile dei salmi
462
(224-226), il culto giudaico del secondo Tempio come la festa del Capo danno
(226-227), i temi dellEsodo (228), i motivi della Shekinah (228-229), la figura
mediatrice della Sapienza (230-242).
Infine, lautore presenta linflusso della scuola paolina sullinno della Lettera ai
Colossesi. Inizia con la teologia della croce e la -christology di Paolo. Il
confronto con linno, mostra non soltanto linflusso di Paolo, ma anche uno sviluppo significativo, da poter parlare di un salto cosmico nella cristologia del NT, attorno al concetto di . Lautore tratta il rapporto tra la cristologia cosmica
dellimmagine con quattro temi: lecclesiologia e la soteriologia di Colossesi; lultimo Adamo in Paolo; la creazione; la struttura chiastica dellinno, dove Pizzuto
afferma che non esiste nellinno un movimento di discesa e di ascesa come in Fil
2,9, o di divenire come in Gv 1,14 ( ), ma una caduta
dalla pi alta trascendenza del preesistente (Col 1,15) verso il pi
profondo crocifisso in Col 1,20, dove Dio si rivelato nella profondit della sofferenza umana. Proprio qui mi chiedo quale funzione avrebbe allora il versetto 1,18b dove si parla di un divenire chiaro affinch Cristo possa essere primo a tutti i livelli. In pi, non sarebbe Col 1,20 il punto pi alto dellinno
come ribadisce lo stesso autore della Lettera in 2,15 dove parla della croce come
trionfo di Cristo?
Lopera di V. A. Pizzuto ha il pregio di ricapitolare e di discutere la vasta letteratura riguardante la Lettera ai Colossesi, offrendo uno strumento prezioso per
conoscere il dibattito attuale su temi sempre aperti, come lautenticit paolina, la
struttura e la teologia dellinno.
Najib Ibrahim, ofm
Fee Gordon D., The First and Second Letters to the Thessalonians (The New
International Commentary on the New Testament), William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge U.K. 2009, xxviii-366 pp.
Il commentario qui presentato rispetta perfettamente lo scopo primario della
collana NICNT che si propone di offrire agli studiosi del Nuovo Testamento un
solido commento ai libri biblici, basato sulla moderna ricerca esegetica e fedele al
testo scritturistico (to provide earnest students of the New Testament with an exposition that is thorough and abreast of modern scholarship and at the same time
loyal to the Scriptures as the infallible Word of God). Il nuovo commentario alle
lettere ai Tessalonicesi il quale aggiorna il precedente volume di questa collana
pubblicato nel 1959 da L. Morris (la seconda edizione uscita nel 1991) porta la
firma di Gordon D. Fee, professore emerito di esegesi del NT al Regent College di
Vancouver (Canada), nonch attuale editore generale della serie, nella quale ha gi
commentato la Prima Lettera ai Corinzi (1987) e la Lettera ai Filippesi (1995).
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463
Il prof. Fee ha dato fondo alla sua ormai pi che trentennale esperienza di esegeta delle due lettere ai Tessalonicesi, esercitata in tre diversi centri accademici, per
produrre un commentario letterario-esegetico, con tutti i suoi punti di forza ma
anche con i suoi limiti. Lopera ha unimpostazione che pu dirsi classica. Allinizio si trova una breve prefazione, la lista delle abbreviazioni e un elenco bibliografico. In seguito viene esaminata per ordine la 1Tes e la 2Tes: dopo lintroduzione
si procede al commento vero e proprio (la traduzione, lanalisi e le note testuali).
Il volume completato dagli indici analitici: degli autori moderni citati, degli argomenti trattati, dei passi biblici e degli scritti antichi.
Una bibliografia ragionata che occupa 13 pagine, articolata in commentari e
studi generali, comprende perlopi titoli in inglese, tranne rare eccezioni in tedesco
e francese. Inutile dire che unattenzione pi internazionale alla recente produzione
letteraria, di solito lacunosa negli autori anglosassoni, sarebbe stata auspicabile.
Kee ne sembra consapevole e si scusa in anticipo con gli autori che ha dovuto
tralasciare (p. ix). Osserva a tale proposito che lammontare degli studi un chiaro
indice che le due lettere ai Tessalonicesi non vanno pi reputate Cenerentole del
corpus Paulinum, anche se linteresse per la 2Tes decisamente inferiore rispetto
alla 1Tes.
Le due succinte introduzioni che precedono lesposizione di ogni scritto (pp.
3-8; 237-242) risolvono nella linea tradizionale le questioni riguardanti autore,
data, circostanze e luogo di composizione. Senza discuterne le ragioni, Fee aderisce
allopinione comune degli studiosi che attribuiscono la 1Tes a Paolo. Ritiene nondimeno che non si debba scartare troppo facilmente lipotesi di una pluralit di
autori (cf. la menzione dei tre mittenti in 1,1: Paolo e Silvano e Timoteo, e il
continuo ricorso alla prima persona plurale), perlomeno nel senso dellintenzionalit. Ad ogni caso la lettera fu dettata dallapostolo delle genti, come suggeriscono
i lapsus occasionali alla prima persona singolare (2,18; 3,5; 5,27). The three of
them are simply named as co-authors, jointly speaking into the situation in Thessalonica, even though the letter itself is dictated by Paul (p. 4). Sulla base di At
17,1-9 e 1Tes 3,1-2, legittimo pensare che la 1Tes fu scritta intorno a 49-50 d.C.
durante il soggiorno di Paolo a Corinto (p. 8: The place of writing the letter was
certainly Corinth). La lettera indirizzata alla comunit cristiana di Tessalonica,
composta in maggioranza da ex pagani convertiti (cf. p. 46). Essa fu fondata da
Paolo (At 17,1-9; 1Tes 1,4-10); tuttavia, contrariamente a quanto afferma Luca (At
17,2), il suo apostolato in questa citt non si ridusse ai soli tre sabati, ma dovette
protrarsi per diverse settimane o mesi (p. 6: probably some six or more months,
but who is to know?). La 1Tes presenta due elementi distintivi che non trovano
riscontro nelle lettere posteriori di Paolo: 1) Il rendimento di grazie e il resoconto
sulla preghiera, con cui iniziano di norma le lettere, qui sono prolungati fino al cap.
3 (1,2-3[4-10].13; 3,11-13), sebbene il contenuto dei primi tre capitoli abbracci
pure altri argomenti; 2) Non facile individuare il vero scopo della lettera inviata
464
a una comunit che sa ormai le cose (1,5; 2,1bis.5.9.10.11; 3,3-4; 4,2.9; 5,1), che
non ha bisogno delle istruzioni scritte dellapostolo (4,9; 5,1) e sul cui conto
Timoteo ha portato a Paolo buone notizie (3,6). Verosimilmente i motivi furono
diversi: lansia dovuta alla partenza repentina dei missionari dalla citt (2,17),
persecuzioni di vario genere (1,6; 2,14-16; 3,2-4), problemi interni che affliggevano i membri della comunit (adombrati nel rendimento di grazie: 1,3 e riassunti in
una fila di imperativi: 5,14); oppure, per usare le parole di Paolo, allo scopo di
completare ci che manca[va] alla vostra [loro] fede (3,10): la santit e lamore
fraterno (4,3-8), il parassitismo di alcuni credenti (4,9-12), la natura e il tempo
della parusia del Signore (4,13-18).
Per quanto riguarda la 2Tes, Fee rigetta lipotesi della pseudoepigrafia (chiamata da lui: forgery) e ritiene che gli argomenti a sostegno della paternit paolina
di questo scritto siano abbastanza solidi; i lettori interessati sono rimandati ai commentari di I.H. Marshall e A.J. Malherbe per una discussione pi articolata, mentre
egli si limita a presentare un elenco di (nove) somiglianze letterarie che accomunano le due lettere ai Tessalonicesi (altri rilievi in favore dellautenticit di 2Tes
verranno fatti nelle note del commento), dettate da Paolo in un breve lasso di tempo luna dallaltra. Given, therefore, the strong evidence in favor of viewing this
letter as authentic, the question of date is related to the date suggested for the first
letterprobably a few months later and thus probably sometime circa 50 CE (p.
241). I motivi per cui Paolo scrisse la 2Tes (p. 244: Paul is the actual author
while Silas is perhaps the scribe) erano simili a quelli della lettera precedente, ma
aggravati nel tempo: la venuta del giorno del Signore (2,1-12), loziosit disgregante la comunit (3,6-13), il sostegno nella persecuzione (1,6-10).
Il corpo esegetico vero e proprio si snoda in modo lineare e tende a unire scientificit e alta divulgazione, avendo di mira anche un lettore meno preparato. Per
questa ragione si deciso ad es. di trascrivere nel testo le parole in greco (a differenza di come avviene nelle note). Ad ogni sezione offerta la traduzione, dopodich si passa a presentare la struttura e il messaggio del brano collocandolo nel
suo contesto immediato. A questa lettura complessiva fa seguito la spiegazione
puntuale del testo versetto per versetto. Lapparato scientifico relegato nelle note
a pi di pagina, dove vengono discussi per esteso i problemi di critica testuale e le
questioni di tipo grammaticale e storico. Ogni sezione termina con una breve riflessione teologico-pratica che si propone di attualizzare la pagina epistolare di
Paolo nella vita del credente.
Nel commento stata adottata quale testo di riferimento la traduzione TNIV
(Todays New International Version), preparata da un comitato internazionale di
studiosi appartenenti alla confessione protestante evangelica (2001 / 2005). Una
delle caratteristiche di questa traduzione lattenzione riservata alla terminologia
relativa ai due sessi, al fine di comunicare meglio al lettore moderno la portata del
testo biblico. Questa preoccupazione si riflette ad es. nel modo di rendere il voca-
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465
tivo fratelli (): nellantichit greca esso aveva una valenza inclusiva,
mentre oggi (a quanto sembra) non molto appropriato per significare un gruppo
misto formato di uomini e donne. Ragion per cui il presente commentario sulla scia
della TNIV traduce sempre con brothers and sisters. Nella nota 44 a p.
22 Fee rinvia alla discussione del vocativo in its first occurence in 2:1 below. In
realt esso ricorre per la prima volta in 1Tes 1,4 (p. 30: This is the first of fourteen
such vocatives in this letter, which, along with the eight in 2 Thessalonians, are by
far the highest incidence of this vocative in Pauls extant letters; cf. p. 56). Personalmente non ritengo opportuno e neppure necessario stravolgere il testo della
Scrittura con simili aggiunte esplicative per soddisfare la mutata sensibilit dei
lettori contemporanei, spesso dovuta allignoranza della cultura e del mondo biblico. Per fortuna, nel presente commentario non stata aggiunta alla definizione di
Dio Padre la qualifica di Madre, anche se Fee, parlando a p. 318 della fedelt
di Dio in riferimento a 2Tes 3,3, ha coniato una curiosa espressione: Godself,
onde evitare il pronome relativo maschile e ribadire quindi lasessualit dellessere divino. In questo quadro sorprende alquanto rilevare che nel commento a 1Tes
5,26, discutendo la prassi del bacio santo, il quale avrebbe contribuito a far demolire varie disparit sociali (tra giudei e gentili, ricchi e poveri, schiavi e liberi), Fee
abbia stranamente dimenticato di menzionare il binomio uomo-donna (!).
Anche nella divisione dei paragrafi il commento si adegua alla struttura della
TNIV. Una scelta che si rivela a volte infelice, come dimostra il caso del rendimento di grazie allinizio della 1Tes. Infatti, nella TNIV il rendimento di grazie
compreso solo nei vv. 2-3, mentre la parte narrativa dei vv. 6-10 contiene il racconto della conversione dei tessalonicesi e dei loro rapporti con Paolo. Ma questo
racconto ancora legato, sul piano grammaticale e del contenuto, al rendimento di
grazie (p. 19: is still part of the thanksgiving proper). Tuttavia, per motivi pratici,
Fee, il quale non si fida molto dellanalisi retorica, preferisce limitare il rendimento di grazie ai vv. 2-3 (p. 20: So for all practical purposes the actual content of the
thanksgiving report itself is found in these two verses). In seguito per egli non
risulta coerente con questa scelta e collega la proposizione dei vv. 6-8 al rendimento di grazie (p. 37: this clause still forms part of it). A mio avviso, complice di
questa mancanza di rigore la formula editoriale della collana, che prevede il ricorso a una traduzione corrente: essa pu rivelarsi utile agli utenti di lingua inglese,
ma desta difficolt agli altri oltre che allesegeta stesso, costretto a motivare le
proprie scelte in base alla traduzione moderna piuttosto che al testo originale. Purtroppo questa discrepanza tra la traduzione pi letterale di Fee (spesso migliore) e
quella della TNIV, che potrebbe disturbare il lettore, si fa sentire pi volte nel commento (cf. pp. 21, 31-32, 51, 59, 99, 105, 123, 172, 175, 258, 336).
Fee presta molta attenzione alla teologia trinitaria di Paolo e in particolare alla
sua visione cristologica. Secondo lui, la cristologia (p. 16: high Christology)
delle due lettere ai Tessalonicesi si fonda sullo Shema Israel di Dt 6,4 Lxx. La
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interpolazione. Per lui, questi versetti sono paolini e vanno interpretati sullo sfondo
dei fatti accaduti a Tessalonica (la persecuzione ad opera dei giudei) e dellesperienza personale di Paolo. Lappellativo giudei, privo di tono spregiativo, inteso da Paolo in senso restrittivo e si riferisce soltanto a quegli ebrei, abitanti della
Giudea, che furono storicamente responsabili della morte di Ges e dei profeti (Fee
sostiene che qui si tratterebbe dei martiri cristiani, come Stefano e Giacomo).
Thus, it is not the Jewish community as such, nor as a whole, who are singled out
here, but especially a part of the Judean sector of the community, whose leaders
violently opposed Christ and his early followers (p. 96). Di conseguenza, accusare Paolo di antisemitismo decisamente fuori luogo. So is the Jewish Paul antiSemitic, as has sometimes been suggested? Hardly. He regularly strikes his note of
passion for the Jew first (p. 102).
In 1Tes 4,4 Kee traduce la parola greca come vaso (vessel). Ritiene
tuttavia che non vi si tratti di una metafora riguardante il corpo o la moglie (come
veniva proposto fin dal II secolo), bens di un eufemismo che cela lorgano sessuale maschile (p. 146). In questo modo Paolo invita i tessalonicesi a preservare la
santit del matrimonio, nellambito del quale unicamente lecito usare il vaso,
ossia intraprendere rapporti sessuali.
Fee affronta con grande sobriet ed equilibrio i testi escatologici, come quelli
di 1Tes 4,13-18 e 2Tes 2,1-12. Essi non servono per alimentare il fervore dellattesa connessa con la parusia del Signore, n tantomeno per minacciare o incutere
timore nei credenti; lobiettivo di Paolo un altro: egli si sforza di rincuorare i
cristiani di Tessalonica, caduti nellincertezza in seguito alla persecuzione. Secondo Fee, la frase verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al
Signore in alto (1Tes 4,17) non va intesa nel senso locale (andare in cielo) ma
relazionale (essere con il Signore): Paul has almost no interest whatever in our
final eschatological geography; rather, his interest is altogether personal, having
to do with their being with the Lord (p. 181).
Trattandosi di un commentario esegetico, Kee cerca sempre di motivare le proprie scelte a partire dal testo stesso e preferisce confessare (in bene e in male) la
sua ignoranza piuttosto che lasciarsi andare a speculazioni prive di fondamento. Si
legga emblematicamente la seguente annotazione sulle cause (ignote) del fallito
tentativo di Paolo di voler ritornare a Tessalonica (1Tes 2,18): In this present situation Paul obviously saw the hand of the enemy as somehow involved in his
thwarted plans; but as to specifics, we will never know and speculation is fruitless
(p. 107). Analoga cautela si avverte nella spiegazione del fatto riferito in 1Tes 4,912: the precise nature of the problem is not at all certain (p. 157; cf. anche p. 324
a proposito di 2Tes 3,6-12: we simply do not know why some of them chose not
to work and thus to live off the largesse of others). Un altro esempio ancora offre
lesegesi del mistero delliniquit in atto e di colui che lo trattiene (2Tes 2,7),
due realt di cui non facile definire il volto. So, at the end of the day, we should
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probably leave the sentence as it is something that he [Paul] and they [the Thessalonians] both knew, and because they did know, we do not, and most likely never
will this side of eternity (p. 288).
Fatte salve queste osservazioni, il commentario di Fee si presenta come uno
strumento di sicuro rilievo esegetico, ponderato nelle conclusioni e stimolante per
la sua impostazione ermeneutico-teologica. Anche se alcune prese di posizione
potranno non essere totalmente condivise da tutti i lettori, esse offriranno comunque ricchi spunti per una rielaborazione personale. Il volume di Kee, che onora il
gi nutrito scaffale dei commentari alle due lettere ai Tessalonicesi, merita pertanto di essere raccomandato a un vasto pubblico: esso si render non solo utilissimo
alla cerchia dei ricercatori e degli studenti del NT, ma anche a tutti coloro che,
dotati di buona cultura biblica, fossero interessati alla problematica letteraria e teologica della corrispondenza epistolare di Paolo alla chiesa di Tessalonica.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Flusser David, Judaism of the Second Temple Period. Volume 2: The Jewish
Sages and Their Literature, translated by Azzan Yadin, foreword by David Bivin,
Eerdmans - The Hebrew University Magnes Press, Grand Rapids MI - Jerusalem
2009, x-380 pp.; 42 $.
Twenty-six articles published previously are collected in this volume under the
title The Jewish Sages and Their Literature. The studies focus on the Literature of
the Second Temple Period, more than upon the Sages themselves. The whole range of rabbinic literature is utilized. In addition, the author quotes also the Church
Fathers and other Jewish sources. He doesnt limit himself to the Literature of the
Sages.
The choice and order of the articles were decided on by the author and S. Ruzer
for the Hebrew edition. What is lacking in the book is a list of places and dates of
the first publication. Nor was an update of the bibliography done.
It will be enough to quote the titles of the various articles with a summary from
the article itself.
1. Daniel and the Book of Daniel (pp. 1-5). The author considers why the
Book of Daniel was the only apocalyptic work incorporated in the biblical canon.
He further addresses the fact that it is the only apocalyptic book composed before
the destruction of the Second Temple, yet it nonetheless describes events subsequent to the revelation at Sinai. On page 5 he writes: As for the tales in the first
part of the Book, they were dear to the heart of the Jews of the day because they
contain the two earliest accounts of Jewish martyrs.
2. Judaism in the Second Temple Period (pp. 6-43). Since during the second
Temple period Judaism was pluralistic it is not easy to understand it. Among its
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469
sources Josephus Flavius, Philo, the wisdom literature, the eschatological texts as
well as the rabbinic literature must be considered. On pp. 7-8 the author writes: In
sum, we find that the extant historical sources for the study of Second Temple Judaism reveal different and distinct aspects of the period. So much so that one
scholar, specializing in one set of sources, may arrive at different conclusions than
a colleague investigating another set of sources. Different paragraphs are dedicated to the study of the Belief in the Divine Providence, the oral Torah, The Peshat
and Derash methods, the Temple, Prayer and Jewish messianism. In conclusion the
author thinks that Judaism was re-mythologized during the second Temple Period.
3. Jerusalem in Second Temple Literature (pp. 44-75). The study does not
focus on the supernatural depiction of Jerusalem in the eschatological works of that
period, nor on the idea of a Heavenly Jerusalem, nor again on expressions of love
for the city. Instead the author studies a group of texts that remain relatively unknown: Ben Sira is the first witness to the view that Torah is identical to wisdom.
The Ben Sira passage is also important because it alludes to the famous midrash
according to which the Torah was first offered to all the nations. For the present
argument, however, the key issue is that Ben Sira considers the Jerusalem temple
to be the natural site of Torah, i.e., wisdom (p. 46). The Eighteen Benedictions of
the Jewish liturgy, chapter 14 of the Book of Tobit, 1 Enoch 37-71, 2 Baruch 4, are
taken into consideration. The sanctity of the Temple was extended to Jerusalem as
a whole. The turning point of the reflection was the destruction of the Temple. Both
the desperate hope of the rebels and the fear of their opponents sought justification
in the same Scriptures.
4. The Image of the Masada Martyrs in Their Own Eyes and in the Eyes of
Their Contemporaries (pp. 76-113). Why was the memory of the Masada martyrs
effaced from rabbinic Literature? To answer to this question Flusser studies the
concept of liberty in antiquity. For some thinkers liberty became an ideal unto itself,
divorced from the yoke of justice and Torah. This development yielded not political
independence, but a national calamity. The closing chord of this tragedy was the
suicide of Masada. Other Jewish suicides are known in old history. Their death was
understood as an act of atonement for their sins. This suggestion is supported by
the first part of the oration of Eleazar ben Yair in Josephus. The Zealots were in fact
considered as sinners whose deeds had caused a great deal of suffering.
5. What is Hanukkah?: The Historical Setting of the Hasmonean Temple
Dedication (pp. 113-136). The starting point of this study is remembered in the
introduction: Immediately after the Six Day War and the re-unification of Jerusalem, I re-read Judah Maccabees letter (2 Macc 1.102.18), since at that time many
felt that God again saved us from a great danger (see 2 Macc 9.11). But upon reading the research literature I found that most scholars thought the letter was not
authentic (pp. 113-114). Flussers study confirms the authenticity of Judahs letter
in 2 Macc. Judah Maccabees dedication of the Temple was a part of a broader trend
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leading to the annulment of Antiochus IVs anti Jewish decrees. Antiochus IV died
before the dedication and his son annulled the decrees of his father. Judah believed
that through the dedication of the Temple God saved his people and returned the
inheritance to all.
6. Did the Jewish People Obscure the Memory of the Maccabees in the Middle Ages? (pp. 137-161). The goal of this study is presented in the introduction:
We argue that the Mediaeval period witnessed an increased glorification of Judah
Maccabee and his brother, even beyond what is alluded to in the writings of the
sages. This occurred as a result of external influence, as well as internal development in Jewish historiography. The author studies the megillat Taanit, especially the Hasmonean Dynasty and Antiochus IV in this book and finally the Josippon
and the History of the Hasmonean Dynasty. Josippon, a product of medieval chivalry admired not only the martyrs of Antiochus, but also the Hasmonean bravery
and exemplified the shared values of the Jewish and non Jewish world.
7. Love Your Fellow Man (pp. 156-161). Jewish humanism is attested in the
last centuries of the second Temple Period, especially in the Letter of Aristeas.
There was some tension between the rabbinic statements and the Hellenistic apologetics of the author who selected from the Jewish sources the motifs whose
universalistic tendency suited his Jewish-Hellenistic apologetics. The God of Israel was also the creator of the world and of all mankind.
8. But Who Can Detect Their Errors? (Ps 19:13). On Some Biblical Readings in the Second Temple Period (pp. 162-171). The importance of the Dead
Sea Scrolls has to be valued also in the field of biblical philology: The Hebrew
words shegiah (Ps 19:13) and mishgeh (Gen 43:12), both of which mean error
today, are biblical hapax legomena and are not to be found in rabbinic literature.
It would appear that both were dormant for a very long period: shegiah to medieval times, mishgeh to modern. But the discovery of the Dead Sea Scrolls demonstrates that mishgeh awoke from its slumber at least twice, and took on a different
sense in each case (p. 162).
9. The Decalogue and the New Testament (pp. 172-192). About the midrash
collection Pitron Torah, which contains a version of the double love commandment
the author writes: Might this late midrash have been influenced by Jesus? This
is possible but, to my mind, unlikely. For one thing, the medieval midrash ties the
second half of the Decalogue to love your neighbour, a connection absent in the
sayings of Jesus but attested elsewhere in the New Testament as well as in the
Jewish source of the Didach (p. 188). The sages tried to distil he essence of the
Torah, but further studies have to be done to precise the role of the Decalogue in
Judaism.
10. Who Sanctified Our Beloved from the Womb (with S. Safrai) (pp. 191198). The article was written for a volume dedicated to S.M. Lwenstamm. The
authors study the benediction said at the circumcision. Paschal laws emphasize
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that only circumcised men could participate in the sacrifice. Like circumcision the
paschal sacrifice is explicitly apotropaic. The sages sensed the common role of
the blood in these two rituals and linked the two in their discussions. Tosephta
Berakot 6:13 gives the blessing said when a child is circumcised: Who sanctified
our beloved from the womb, and place his statute with the family and sealed his
descendants with the sign of the holy covenant and the reward for this, living God,
is that we redeem the beloved of our family from the pit. Paul, in Rom 4:9-12,
seems to use the language of the benediction.
11. He Planted It as Eternal Life in Our Midst (pp. 199-206). The author
completes here an earlier article (Sanktus and Gloria) about the blessing following the Torah reading: The original version represents a clearer and more
coherent message, which can be dated on stylistic and conceptual grounds to the
Second Temple period. Like other ancient benedictions, it expresses cardinal ideasthe true essence of Torah and its blessed effects on the human soulin highly
condensed language (p. 206).
12. Hillel the Elder and His Trust in God (with S. Safrai) (pp. 207-209). The
authors conclude that Hillels unique and strikingly personal voice was progressively weakened in rabbinic literature, a view corroborated by other of his sayings.
13. Hillels Moderation (pp. 210-215). The introduction points out the problem in this way: Many see a moderate outlook as based on a willingness to
concede, as softness. Its opponents characterize moderation as defeatism and
weakness that may lead to catastrophe, and suggest that it is antithetical to core
Jewish values. Let me state at the outset that what follows is not a personal view,
since I too admit to certain problems regarding the personal accountability of the
moderate. My goal is to examine Hillel the Elder as a moderate, and in so doing
perhaps uncover a proper response to some of the above difficulties.
14. Philo of Alexandria (pp. 216-220). Is Philos argument foreign to the
modern reader? Many Jewish scholars are accustomed to the traditional midrashic
approach of Scriptures than to Philos allegorical method. Philo contains both
philosophy and midrash and can stimulate his readers to find in his writings Jewish
and universal themes.
15. Josephus on the Pharisees and the Stoa (pp. 221-231). This article written
in honour of Bergman a philosopher reminds that the seal of philosophy like the
seal of God is truth. There is a link between philosophy and religious thought.
In his conclusion the author puts this question: Does the similarity between Ciceros division and Josephuss representation of the three Jewish sects not suggest that the latter was in fact trying to appeal to his Greek readers, and that his
testimony is not accurate? A close reading of Josephus indicates that the Greek
elements are merely ornamental and his historical testimony therefore weighty.
16. Which Is the Straight Way That a Man Should Choose for Himself? (m.
Avot 2.1) (pp. 232-247). What is the origin of the expression derekh eretz? The
472
title is appropriate for the Talmudic tractates. It elaborates an earlier tractate Derekh eretz whose content can be reconstructed since it is preserved in the Didach.
According to Flusser the original sense of derekh eretz is preserved in Tanna debei Eliyahu.
17. Martyrology in the Second Temple Period and Early Christianity (pp.
248-257). In Jewish history martyrdom is an important concept. This martyrology,
expressed in 2 Macc 7, in Essenes and rabbinic sources, influenced Christianity
in shaping the narrative of the death of Jesus. About 1 Pet 3:18 the author concludes: This is a very archaic formulation of the notion of Jesus death atoning for
the sins of others; Jesus is called the righteous, and his death at the hands of the
wicked was intended to draw the faithful toward God (p. 256).
18. Jewish Messianism Reflected in the Early Church (pp. 258-288). The
author starts affirming that Early Christian sources are of utmost importance
for the study of the variety of Jewish messianic beliefs in Second Temple times,
just as familiarity with Jewish messianism is a sine qua non for a proper understanding of the early church. Various messianic figures are reflected in Judaism
and in Early Christianity, since the roots of Christianity are planted in Judaism.
The discovery of the Dead Sea Scrolls pave the way for a richer understanding of
ancient Jewish eschatology.
19. Nadab and Abihu according to Philo and the Rabbis (pp. 289-296). The
story of the death of Nadab and Abihu raises many questions. Midrashim have
sprouted around them, especially four midrashim in the Mekhilta de-milluim, an
appendix to Sifra: The midrashim preserve a broader sense of the Hebrew
kiddush ha-shem, which came to mean martyrdom in later Amoraic literature,
but originally included devotion to God both in thought and in action. These
cause the sanctification of the name of God (p. 295).
20. Virgil the Wizard in an Ancient Jewish Narrative (pp. 297-304). Medieval Jews enjoyed a good story even one that had no religious meaning. The
author publishes here a Hebrew manuscript presenting a novella that involves
Virgil and his vengeance.
21. JanurisJanus (pp. 305-308). The study refers to a story of R. Yohanan in J. Avoda Zara 1.2, 39c) and concludes: We have here an etiological
story that seeks to explain the name Januarius as well as the Calendae Januariae,
and the origin of the black day that falls on January second. The story is
similar to the Greek legend regarding the death of Kodros, the king of Athens.
22. Anti-Jewish Blood Libels in Light of Hellenistic Worldviews (pp.
309-331). The roots of medieval blood libels go back to the Hellenistic period:
Juvenal wonders how it is that the Egyptians are prohibited (nefas) from eating
the meat of sheep and goats, but permitted to eat human flesh. In his naivet,
Juvenal identifies religious and moral prohibitions (p. 316).
23. Have you ever Seen a Lion Toiling as a Porter? (pp. 331-342). Is there
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any formative Greek influence upon the Jewish sages? Scholars cite R. Shimon
ben Eleazars saying: Have you ever seen a lion toiling as a porter? The conclusion of the author is summarised in this way: I have argued that Rabbi Shimon
ben Elazars dictum was not influenced by Greek fables, but by Greek popular
philosophy, which drew on the findings of Greek zoologists. Later, in Jewish,
Christian, and Muslim writings, these fables became vacuous clichs, at least
until the advent of modern zoology.
24. An Ancient Hebrew List of Second Temple High Priests (pp. 343-348).
Two versions of this list are known, the first one comes from the Seder ha Kabbalah by Menahem ha Meiri and the second comes from Seder Olam of Yerahmiel ben Shelomo: However, the list can also contribute to the study of the
historical consciousness of medieval Jewry. It appears that at that time there
emerged among the Jewsas among the nations of Europea strong intellectual desire to study their ancient history.
25. Who Is the Ruler of Gennesar? (pp. 349-350). GenR 98.17 is an interesting derashah inasmuch as it indicates its authors knew the meaning of the
name Gennesarthere were gardens of rulers (ganei sarim) there.
26. Anti-Jewish Sentiment in the Gospel of Matthew (pp. 351-353). The
introduction presents the problem: Already in antiquity there developed the
view that the Gospel of Matthew was composed for a Jewish audience. I too
accepted that view for many years. However, it has now become clear to me that
the last editor of the Gospel of Matthew was a sly and highly skilled forger with
an anti-Jewish bias.
Flusser gives an autobiographical record that opens a review of a translation of
Philos works: When I came to Jerusalem, in the winter of 1939, I had completed
three years of Classics at Prague University. The classical world was thenand
to a certain extent has remained to this daymy spiritual homeland. When Nazi
Germany began to threaten Czechoslovakia I began to take a practical interest in
Judaism and discovered the paramount importance of the Second Temple period
(p. 216). His formation opened his mind to a double culture.
While teaching at the Hebrew University of Jerusalem, Flusser was a creative scholar in many fields. He is known for his research on the New Testament
and early Christianity as well as for his interests in Second Temple Judaism and
rabbinic world. Scholars appreciate also his two books, Judaism and the Origins
of Christianity, Jerusalem 1988 and Jesus (1969), which was revised in 1997
and reprinted in 2007 under the title The Sage from Galilee: Rediscovering Jesus Genius. The intellectual cosmopolitism of the author may be one of the
causes why he still is so little appreciated among the New Testament scholars.
His main publications are now available in English for the benefit of Jewish and
New Testament students.
Frdric Manns, ofm
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Gargano Guido Innocenzo, Il sapore dei Padri della Chiesa nellesegesi biblica. Introduzione a una lettura sapienziale della Scrittura (Parola di Dio. I Padri e
le sacre Scritture 2), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2009, 401
pp.; 22 .
Se qualcuno desidera assaporare larte dellinterpretazione patristica della
Bibbia, questo libro, scritto da un monaco camaldolese e professore straordinario di patrologia al Pontificio Istituto Orientale di Roma, offre un buon punto di
partenza. Nella Premessa, il prof. Gargano svela fin dallinizio lobiettivo a cui
mira: Intento di questo libro fornire a quanti fossero interessati allermeneutica biblica dei Padri alcuni elementi di cultura generale relativi allinsieme
della problematica ermeneutica presente nel bacino mediterraneo nei primi secoli dellaffermazione del cristianesimo (p. 5). Non si tratta quindi di un trattato esaustivo di storia dellesegesi patristica, ma piuttosto di un saggio che si
propone di introdurre il lettore al gusto dellantica ermeneutica cristiana, facendone conoscere e apprezzare adeguatamente alcuni elementi essenziali. LA.
spera anzitutto di invogliare gli studenti una volta che si siano resi padroni
degli strumenti culturali necessari a leggere direttamente i testi dei Padri della Chiesa e scoprire le intenzioni di fondo che stanno alla base della loro ermeneutica biblica particolare, senza cedere troppo presto alla tentazione di metterli da parte, perch ormai datati e figli di una cultura troppo lontana che non
sembra aver quasi nulla da spartire con la nostra sensibilit moderna, postmoderna o semplicemente contemporanea (p. 6).
Il corpo del volume strutturato in 11 capitoli. Dopo uno sguardo fugace
alla figura dei Padri della Chiesa e alla loro rivalutazione nella ricerca contemporanea (cap. I), Gargano entra subito in medias res e nel cap. II offre un saggio
dellinterpretazione del Cantico dei Cantici nellambito ebraico (rabbinico) e
cristiano (patristico); le due tradizioni esegetiche si muovono entro lo stesso
orientamento allegorico-spirituale e, malgrado un approdo diverso (alla ragazza-Tor si sostituisce lo sposo-Verbo e al sapiente di cuore la sposa-noi),
si potrebbe ipotizzare un influsso reciproco o uninterdipendenza cosciente nella maniera di leggere la Bibbia ebraico-cristiana. Dopo questo esempio di una
costante esegetica comune, Gargano passa a delineare le tre componenti specifiche (greco-romana, ebraica, gnostica) che costituiscono a suo avviso un comune patrimonio culturale dellesegesi patristica.
Nel cap. III, dedicato al passaggio dal mito religioso alla filosofia e allermeneutica, nella cultura greca antica, lA. illustra il modo in cui il linguaggio
ermeneutico dei Padri si distanzia e si avvicina per certi aspetti alla mitologia
greca; infatti, alcuni autori greci sono ascendenti del metodo esegetico allegorico di Filone e dei Padri della Chiesa. Gargano offre a questo punto la sua
proposta di definizione del metodo allegorico, ampiamente sfruttato dai Padri:
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esegesi allegorica il tentativo di risolvere lambiguit di un determinato testo, passando dalla sua forma opinabile esterna e manifesta al contenuto di verit interno e segreto, per mezzo o di un dono di ispirazione o di unacquisita
capacit di discernimento (p. 101).
Il cap. IV focalizza lattenzione, sia pure approssimativamente, sui metodi
esegetici adoperati allinterno delle scuole giudaiche allinizio dellera cristiana: i sadducei, gli esseni, i monaci di Qumran, i farisei (Hillel, Shammai, Yohanan Ben Zakkai, Aqiba) da cui nascer il giudaismo rabbinico dei secoli posteriori alla distruzione del tempio, i terapeuti. Nonostante una grande pluralit di
approcci alla Scrittura, ognuno dei quali lascer tracce pi o meno profonde
nella tradizione dei Padri cristiani (p. 125), un postulato fondamentale rimarr
costante in tutta la tradizione giudaica e da l passer in seguito a quella cristiana: Le sacre Scritture possiedono un significato nascosto dietro, dentro, sotto
o al di l del velo della lettera, che ogni esegeta chiamato a scoprire e ad
annunziare (p. 127).
Un discorso a parte, a motivo della sua importanza per la storia dellesegesi
biblica, riguarda Filone dAlessandria (cap. V), il cui metodo allegorico ha influenzato notevolmente linterpretazione patristica della Scrittura (p. 347: la
fonte per eccellenza dellermeneutica cristiana antica vero e proprio padre
dellermeneutica biblica mediterranea). Infatti, questo grande ebreo alessandrino fu il primo, a quanto sembra, a usare il termine allegoria, nella sua
forma sia verbale che sostantivale, con riferimento allesegesi delle Scritture
ebraiche (p. 141).
Il cap. VI getta luce sul movimento gnostico e sulla sua particolare ermeneutica delle Scritture ispirate. Questa analisi motivata dal fatto che la componente gnostica si rivel non meno determinante, di quella greco-romana e di quella
ebraica e filoniana, per la formazione del metodo ermeneutico dei Padri. Pur
prendendo le dovute distanze dalle esagerazioni della gnosi eterodossa, anche
per i mistagoghi ortodossi liniziazione del sapiente ai segreti della Scrittura si
realizza in modo graduale e progressivo.
Nel cap. VII vengono ricordati alcuni principi basilari dellesegesi biblica
dei Padri cristiani. In tutti i Padri comune la convinzione della presenza nelle
Scritture di un secondo significato, oltre a quello letterale. Essi non erano interessati tanto alloggettivit del testo biblico, quanto piuttosto al senso che un
determinato testo possedeva per loggi storico, teologico o spirituale in cui
veniva letto (p. 197). In merito alla discussione sorta alla met del XX secolo
intorno al metodo esegetico dei Padri: tipologico (J. Danilou) o allegorico (H.
de Lubac), Gargano ritiene che si trattava in fondo di un malinteso dovuto in
buona parte alla confusione nellimpiego dei termini. Al di l del loro orientamento ermeneutico, per i Padri rimane fondamentale il principio cristologico,
secondo il quale il mistero nascosto in tutta la Scrittura la persona di Cristo.
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vazione tipico del pensiero difisita siro-orientale (p. 50). Tuttavia la moderazione e lequilibrio traspaiono spesso a indicare che una fede normale va vissuta in
una vita normale. La Scrittura, la Chiesa e i Padri sono i tre livelli ai quali viene
proposta e accettata la fede; e questa deve essere animata dalla perseveranza e
corroborata dalle opere in un cammino di equilibrio e di moderazione (p. 51).
La dottrina spirituale di Sahdona viene sviluppata nella seconda parte del LP ai
capitoli 4 (Sullamore perfetto per Dio e per gli altri) e 8 (Sulla preghiera). I paragrafi 3-5 del capitolo 4 sono una vera e propria lectio su 1Cor 13 ed elencano la
serie delle virt che caratterizzano lamore e la sua mancanza. Il buon monaco
paziente, sopporta le tribolazioni, non invidioso, non superbo, non si vanta, non
maligno, ecc. (p. 53). In questo modo il cuore purificato diventa dimora di Dio o
dimora della Trinit, come Sahdona ama dire: Felice luomo di amore, che fa
abitare nel suo cuore quel Dio che amore. Felice il cuore, pur umile ed angusto,
che dentro di s pone spiritualmente, come in una dimora tranquilla, colui che il
cielo e la terra non possono contenere. Felice locchio luminoso di quel cuore che,
nella sua purezza, vede in modo manifesto colui alla cui presenza i serafini si velano il volto (pp. 55-56). E ancora: Benedetto tu Signore, che pur abitando le
altezze, del cuore delluomo hai fatto la tua dimora e, cos, lo fai abitare nelle altezze con te, affinch in alto e in basso sia con te e ti lodi e tu possa abitare in lui e
rallegrarlo e rinsaldarlo (p. 57).
Il capitolo 8 della seconda parte del LP tratta della preghiera. Sahdona parte
dallesempio degli oranti biblici, anche quelli dellAT. Ma la sua insistenza rivolta alla preghiera liturgica (ufficio divino, celebrazione delle vigilie e lettura della
Sacra Scrittura), in particolare alla celebrazione eucaristica. Questa non deve essere avvertita come un peso, ma deve essere fatta con piena coscienza del mistero che
si sta celebrando. Per questo rimprovera alcuni: Nellora in cui si compiono i temibili misteri divini e Cristo viene sacrificato e lo Spirito aleggia, molti di loro
escono a girare un po e poi rientrano a loro voglia, e stanno a modo loro, e stanno
in piedi come sotto il peso di un pesante fardello (p. 65). E ancora: Nel momento della grande preghiera che il sacerdote recita secondo la loro intenzione, un
sonno profondo li fa indifferenti; in quel momento che sveglia anche i morti, loro,
i viventi, vincitori nella perfezione, sono vinti dal sonno, e girano e bevono, e cercano di uscire da quella prigionia (ivi). Buon rimedio alla preghiera forzata o
svogliata la lettura della Scrittura: Il lavoro delle letture della Scrittura ci molto utile, innanzitutto perch essa opera lilluminazione durante la preghiera E
quando ardente nello Spirito e pieno di esultanza per la sua lettura, allora le parole dellufficio e lincenso della sua preghiera sgorgano dalla fonte pura del suo
cuore puri e pieni di luce (p. 66).
Nellultimo articolo F. del Ro Snchez ci parla del cammino spirituale secondo
Dadio del Qaar, un personaggio poco conosciuto nella stessa tradizione siriaca;
probabilmente un monaco vissuto nella seconda met del VII secolo. La sua epoca
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Boccaccini Gabriele - Ibba Giovanni (ed.), Enoch and the Mosaic Torah. The
Evidence of Jubilees, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids
MI - Cambridge U.K. 2009, xxi-474 pp.
Il volume ospita i risultati del Fourth Enoch Seminar tenutosi l8-12 luglio 2007
a Camaldoli (i precedenti seminari si sono svolti a Firenze nel 2001, a Venezia nel
2003 e a Camaldoli nel 2005; sullattivit passata e presente dellEnoch Seminar
si pu consultare la pagina web: www.enochseminar.org). Il tema di fondo del
quarto incontro stato quello di indagare il rapporto tra il Libro dei Giubilei (= LG)
e i pi antichi scritti attribuiti a Enoch (1Enoch). Tra le due tradizioni letterarie
480
esiste certamente una stretta relazione. A maggior ragione desta stupore il fatto che
in Enoch manca qualsiasi riferimento alla legge di Mos, mentre il LG integra la
Torah e sembra operare una sintesi tra la tradizione enochica e quella mosaica.
Nella Prefazione (p. xiv-xxi: Preface: The Enigma of Jubilees and the Lesson
of the Enoch Seminar), Gabriele Boccaccini, uno dei curatori del volume, ripercorre le circostanze che hanno portato allorganizzazione del seminario, abbozza
largomento della discussione animata da un numero considerevole di specialisti
della letteratura del Secondo Tempio e delle origini cristiane, e presenta la lista di
tutti i partecipanti (84 studiosi provenienti da 17 paesi). I ventotto interventi inseriti nella miscellanea (a cui si aggiungono gli altri diciannove lavori pi brevi
pubblicati separatamente nella rivista Henoch 31/1 [2009]), sono suddivisi in quattro parti intitolate Jubilees and Its Literary Context (I), The Melting of Mosaic
and Enochic Traditions (II), Jubilees between Enoch and Qumran (III), Where Does Jubilees Belong? (IV).
La I Parte potrebbe essere considerata una sorta di introduzione che serve a
inquadrare il LG nel suo contesto letterario-storico.
1. James C. VanderKam (p. 3-21: The Manuscript Tradition of Jubilees)
passa in rassegna tutti i manoscritti del LG e ricostruisce la storia della trasmissione del testo in ordine cronologico: loriginale ebraico (attestato dai 14/15 frammenti ritrovati negli scritti di Qumran), una probabile traduzione in siriaco (rivelata da
alcune evidenze indirette), la traduzione in greco (confermata da citazioni e allusioni fatte dagli scrittori di lingua greca), la traduzione dal greco al latino (un manoscritto incompleto del secolo V-VI), la traduzione dal greco al geez la lingua
classica dellEtiopia (una trentina di manoscritti che datano dal secolo XIV al XX).
2. Michael Segal (p. 22-35: The Composition of Jubilees) sintetizza gli argomenti a sostegno della sua teoria sulla formazione del LG, esposti da lui in una
recente monografia (The Book of Jubilees. Rewritten Bible, Redaction, Ideology,
and Theology, Leiden 2007). Al contrario dellopinione dominante oggi fra gli
studiosi che reputano il LG una composizione omogenea, prodotta da un solo autore, egli ritiene che lopera sia frutto di diverse tradizioni, fonti e autori. Le contraddizioni e le tensioni interne permettono di concludere che il redattore finale
fece ricorso ai preesistenti racconti dei testi biblici, ai quali diede una nuova cornice cronologica e vi aggiunse dei passi di indole normativa o legale.
3. John S. Bergsma (p. 36-51: The Relationship between Jubilees and the
Early Enochic Books [Astronomical Book and Book of the Watchers]) studia la
relazione tra il LG e le due sezioni del Libro di Enoch: il Libro dellAstronomia
(1Enoch 72-82) e il Libro dei Vigilanti (1Enoch 1-36). In questa indagine si rivisita la questione della data di composizione dei tre testi (il Libro dellAstronomia fu
redatto nel III secolo a.C. e forse prima, la stesura del Libro dei Vigilanti va collocata tra la fine del IV e la fine del III secolo a.C., mentre la stesura finale del LG
avvenne verso il 160-150 a.C.), le somiglianze e le dissonanze nel loro modo di
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narrare e nella teologia, e alla fine si arriva a un giudizio generale sulla natura dei
rapporti che legano il LG con la pi antica letteratura enochica: in parte influenzato da Enoch, il LG se ne discosta in vari aspetti, fra i quali emergono la predilezione per la legge di Mos e losservanza cultuale-liturgica, temi quasi del tutto assenti nelle due sezioni di Enoch.
4. Matthias Henze (p. 52-66: Daniel and Jubilees) mette a confronto il LG
con il libro di Daniele, i quali mostrano una certa affinit: lo stesso tempo di composizione (la redazione finale di Daniele avvenne negli anni 167-164 a.C., allepoca della persecuzione di Antioco IV), il riferimento allinsurrezione dei Maccabei,
uninclinazione per lapocalittica, la presenza di entrambi gli scritti nella biblioteca
di Qumran. Al di l di queste somiglianze generali, i due testi divergono tra di loro
in altri punti, come ad es. nella struttura letteraria e nei fini teologici. Per valutarne
meglio la portata, lA. esamina quindi tre argomenti comuni: il ricorso al linguaggio apocalittico (il LG non appartiene comunque al genere apocalittico), lo scopo
dellesegesi biblica (lautore del LG tende piuttosto a risolvere le questioni di natura legale) e la propensione per i calcoli cronologici (nel LG la cronologia sabbatica diventa un principio di fondo intorno al quale viene strutturato lintero libro).
5. Allargomento della cronologia dedicato proprio il contributo di James M.
Scott (p. 67-81: The Chronologies of the Apocalypse of Weeks and the Book of
Jubilees), il quale paragona il sistema cronologico dellApocalisse delle Settimane (1Enoch 93,1-10; 91,11-18), una sottosezione della Lettera di Enoch (1Enoch
91-104), con quello adoperato dal LG. Tra i due scritti si notano sostanziali dissonanze nel modo di concepire la divisione del tempo in periodi storici. Tuttavia
lidea di uno schema cronologico, con cui il LG rilegge la storia del mondo a partire dalla creazione fino allarrivo degli israeliti alle porte di Canaan (Gen-Es),
comune. Questa somiglianza suggerisce che vi sia un nesso letterario tra i due
scritti e, in particolare, come Scott ha dimostrato nel suo precedente studio (On
Earth as in Heaven. The Restoration of Sacred Time and Sacred Space in the Book
of Jubilees, Leiden 2005), indica che la cronologia del LG, pur rielaborata, si trova
sotto un diretto influsso del testo enochico.
6. Esther Eshel (p. 82-98: The Aramaic Levi Document, The Genesis Apocryphon, and Jubilees: A Study of Shared Traditions) mette in correlazione il LG
e gli altri due apocrifi giudaici, in cui presente il medesimo sfondo di rilettura del
libro della Genesi: il Documento (chiamato anche Testamento) aramaico di Levi
(datato al III-II secolo a.C.) e lApocrifo della Genesi (la cui composizione viene
assegnata al II-I secolo a.C., ma una data anteriore non da escludere). Come si
evince dallesame di alcuni paralleli concettuali e linguistici (linvestitura sacerdotale di Levi, la divisione del mondo fatta da No e la mappa mundi, la metafora
delle due vie), lautore del LG mostra molta familiarit con le tradizioni tramandate in questi scritti, i quali potrebbero addirittura servire come fonti per le sue idee.
7. Lawrence H. Schiffman (p. 99-115: The Book of Jubilees and the Temple
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Scroll) offre una lettura comparativa del LG e del Rotolo del Tempio in modo da
far vedere i lati convergenti e il contrasto che divide questi due scritti su alcuni
argomenti: la lingua, lo stile e la teologia; il modo di rivelazione della Scrittura e
della Legge; lescatologia; il calendario; la halakhah del culto sacrificale. Nonostante le differenze, evidente comunque che questi scritti discendono da un simile ambiente di ispirazione sacerdotale-sadducea.
8. A prima vista potrebbe sembrare che la tradizione sapienziale del giudaismo
antico sia assente nel LG, il cui genere letterario e laccento messo sulle norme
legali seguono un altro indirizzo. Questa impressione viene smentita da un interessante saggio di Benjamin G. Wright III (p. 116-130: Jubilees, Sirach, and Sapiential Tradition), il quale illustra una serie di somiglianze tra il LG e il libro di Siracide. Gli autori di entrambi gli scritti, al di l delle distinzioni formali, fanno ricorso a simili strategie al fine di risolvere le questioni di comune attrattiva. Come nel
libro biblico, anche il LG invita il lettore equiparato al figlio a ricevere le istruzioni dal padre del testo. Lautorit di questo insegnamento legittimata dalla
fonte preesistente in cielo, che ha ispirato la legge scritta (la sapienza) e rimane
garante della sua fedele trasmissione. Infine, nel processo della rivelazione un
ruolo essenziale svolto dallo scriba custode della tradizione e autorevole interprete della legge/sapienza primordiale.
9. Il tema della trasmissione della rivelazione viene approfondito nel saggio di
Andrei A. Orlov (p. 131-144: The Heavenly Counterpart of Moses in the Book of
Jubilees). In questa versione riveduta di un articolo pubblicato nella rivista Biblica (88 [2007] 153-173) egli getta luce sullidentit dellangelo della presenza,
un personaggio enigmatico che nel LG detta a Mos la rivelazione celeste o dichiara addirittura di aver scritto personalmente le parole divine. Lidea dellangelo
della presenza, il quale riveste i panni di uno scriba come controparte celeste dello
scriba umano, ben documentata nei testi apocalittici e mistici del giudaismo antico. su questo sfondo concettuale che va compreso anche il ruolo dei due protagonisti del LG (langelo - Mos) in quanto mediatori autorevoli della rivelazione
divina.
10. Il confronto tra il LG e la letteratura samaritana, intrapreso da Lester L.
Grabbe (p. 145-159: Jubilees and the Samaritan Tradition), porta a esiti negativi.
Come rivela lanalisi dei vari concetti (la cronologia, il calendario, langelologia,
lescatologia, il messianismo), le due tradizioni, salvo qualche dettaglio, non sembrano avere una base comune.
Cinque studi ospitati nella II Parte vertono sul modo in cui il LG riuscito a
mettere daccordo le tradizioni che si richiamano rispettivamente a Mos e a Enoch.
11. Helge S. Kvanvig (p. 163-177: Enochic Judaism a Judaism without the
Torah and the Temple?) applica le categorie di master narrative, counterstory
e alternative story, desunti dalla terminologia narrativa di H.L. Nelson, ai tre
testi: Ne 8-10, il Libro dei Vigilanti (1Enoch 1-36) e lApocalisse delle Settimane
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la cui complessa natura non consente di giungere a una definizione univoca della
visione enochiana delle donne, nel LG si avverte la tendenza (condivisa da altri
scritti giudaici: Giuseppe e Asenet e il Testamento di Giobbe) di concedere un
ampio spazio alle figure femminili, soprattutto alle matriarche di Israele, che vengono idealizzate e il cui ruolo risulta incrementato in comparazione con le descrizioni di Gen-Es.
23. Annette Yoshiko Reed (p. 353-368: Enochic and Mosaic Traditions in Jubilees: The Evidence of Angelology and Demonology) focalizza lattenzione sulla dottrina degli angeli e dei demoni, che il LG ha elaborato in base a due tradizioni: quella enochica e quella mosaica (Pentateuco). Questi esseri celesti servono per
evocare larmonia esistente nel cosmo e nella storia sacra, dove le forze del bene
(gli angeli - il popolo fedele dIsraele) fronteggiano le forze del male (i demoni - i
popoli pagani). Una simile funzione paradigmatica svolta dal mito degli angeli
decaduti (i vigilanti di 1Enoch): nel loro agire lautore del LG avverte gli ebrei del
suo tempo dei rischi che corrono abbracciando costumi ellenistici (in particolare,
il LG si batte contro i matrimoni misti).
24. Nel LG il culto reso a Dio si riduce in pratica al sacrificio (menzionato 23
volte rispetto alle 12 occorrenze in Gen), iniziato gi nel giardino di Eden con
lofferta dellincenso fatta da Adamo. Inoltre, come osserva Erik Larson (p. 369383: Worship in Jubilees and Enoch), il LG limita il vero culto sacrificale a
Israele, in contrasto con lottica universale di Gen e di Enoch. Per lautore del LG
esistono soltanto quattro luoghi sulla terra, dove si offre il sacrificio in modo proprio e gradito a Dio: il giardino di Eden, la montagna alloriente (il monte Lubar,
dove si pose larca di No), il monte Sinai e, ovviamente, il monte Sion (4,26).
25. Martha Himmelfarb (p. 384-394: The Book of Jubilees and Early Jewish
Mysticism), dopo aver tracciato i contenuti della recente ricerca sul misticismo
giudaico del Secondo Tempio, in seguito passa a discutere la presenza di alcuni
elementi mistici nel LG. Tra questi merita attenzione unallusione al tempio celeste
quale prototipo di quello terreno e lenfasi messa sulla corrispondenza tra la corte
angelica e lintero popolo dIsraele (un popolo sacerdotale), di cui tutti i membri,
buoni e cattivi, sono abilitati per nascita a rendere culto a Dio. Lultimo aspetto
distingue chiaramente il LG dallidea settaria professata dalla comunit di Qumran
(il vero Israele sono unicamente i figli della luce).
Gli ultimi tre studi della IV Parte affrontano la questione dellappartenenza del
LG, che appare come una sorta di ponte tra la letteratura enochica e gli scritti di
Qumran.
26. David W. Suter (p. 397-410: Jubilees, the Temple, and the Aaronite Priesthood) esplora la relazione di Enoch con il tempio e il sacerdozio, contemplata
dalla prospettiva del LG, che lo presenta come sacerdote. Questo nuovo (anacronistico) ritratto di Enoch dimostra che lautore del LG fu intenzionato a revisionare il ruolo del tempio e del sistema cultuale in maniera indipendente dalla lettera-
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tura del tempo. In concreto, il LG riafferma la santit del monte Sion, which it
sees as primordially established and eschatologically predestined. However, it questions the legitimacy of its current priesthood and consequently of the current
temple occupying that site (p. 405)27. Tratteggiando la storia dei rapporti del LG
con la letteratura enochica, David R. Jackson (p. 411-425: Jubilees and Enochic
Judaism) fa notare che lautore del LG si serv del paradigma e degli esempi
usati da Enoch nel tentativo di integrarli con la narrazione della Torah (p. 424:
Jubilees represents a significant and groundbreaking stage of development in the
early history of the use and adaptation of the Enochic paradigm). Questa maniera
di mettere in correlazione a livello esegetico i testi provenienti da diverse tradizioni fu in seguito imitata dagli scritti di Qumran.
28. Eyal Regev (p. 426-440: Jubilees, Qumran, and the Essenes) ritiene che
uno studio comparativo deve non solo indicare le somiglianze ma anche le differenze tra il LG e il mondo delle idee professate dai membri della comunit di Qumran e il movimento esseno. Infatti, evidenti discrepanze non permettono, secondo
Regev, di mettere sullo stesso piano il gruppo settario di Qumran (yaad) e gli
esseni.
Alla fine del volume Veronika Bachmann e Isaac W. Oliver (p. 441-468: The
Book of Jubilees: A Bibliography, 1850-Present) stendono una bibliografia a partire dal 1850 (la prima traduzione tedesca del LG eseguita da A. Dillmann) fino al
presente; la lista delle pubblicazioni, divisa opportunamente in due parti (prima e
dopo le scoperte di Qumran), comprende: (1) edizioni del testo, traduzioni e commentari e (2) libri, monografie e articoli.
La presente miscellanea di studi costituisce unaggiornata sintesi della ricerca
attuale sul LG. Lindubbia competenza degli studiosi garazia di unalta qualit
dei contributi, di cui abbiamo cercato di delineare i contenuti a beneficio dei lettori interessati alla problematica del LG. Vorrei terminare questa rassegna con una
nota generale. Boccaccini precisa nella sua Prefazione che lintento di questa raccolta non quello di offrire a new coherent view of Jubilees sponsored by the
Enoch Seminar, but rather a lively debate among the most distinguished international specialists (p. xvii). In effetti, per citare un solo esempio relativo al genere letterario del LG, le opinioni degli studiosi non sempre concordano tra di loro:
apocalyptic ideas represent only one aspect of Jubilees thought world, and so the
composition as a whole should not be called an apocalypse (M. Henze, p. 57); the
whole of Jubilees should be seen as one unified apocalypse (J.M. Scott, p. 69).
Ma questa diversit di vedute, che si appiana e chiarisce in un dialogo scientifico
libero da pregiudizi, non va giudicata, a mio parere, un difetto. Nessuno si augurerebbe, infatti, che lEnoch Seminar si trasformasse un giorno in una sorta di famigerato Jesus Seminar.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
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Charlesworth James H. - Pokorn Petr et alii (ed.), Jesus Research: An International Perspective. The First Princeton-Prague Symposium on Jesus Research,
Prague 2005 (Princeton-Prague Symposia Series on the Historical Jesus 1), William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge U.K. 2009,
xxii-307 pp.
La nuova serie editoriale dedicata al Ges storico si propone di pubblicare i
risultati dei simposi internazionali che si terranno ogni due anni a Praga (Repubblica Ceca) e a Princeton (USA). Il primo simposio, i cui atti sono raccolti nel
volume che stiamo presentando, si svolto a Praga nel 2005, seguito dal secondo
simposio di Princeton nel 2007. Il primo simposio era consacrato principalmente
alle questioni di metodologia nella ricerca storica su Ges e alle discussioni riguardanti le sue dimensioni teologiche e ermeneutiche.
Il saggio introduttivo di J.H. Charlesworth, Introduction: Why Evaluate Twenty-Five Years of Jesus Research? (p. 1-15), una specie di status quaestionis in
cui vengono sintetizzate le tappe principali della ricerca sul Ges storico (Old
Quest: 1774-1906, the so-called Moratorium: 1906-1953, New Quest: 1953-1980,
Third Quest: dal 1985 fino ad oggi, che Charlesworth preferisce chiamarla Jesus
Research) e un nuovo orientamento di studio scaturito dal primo simposio di Praga,
finalizzato a rivalutare lo stato presente della ricerca e offrire gli spunti utili per
lindagine successiva. The purpose of the first symposium was to evaluate where
we are in the study of the historical Jesus and what makes it possible to move forward in a better re-presentation and comprehension of Jesus (p. 1).
S.E. Porter, A Dead End or a New Beginning? Examining the Criteria for
Authenticity in Light of Albert Schweitzer (p. 16-35), rivisita i criteri adoperati
nella ricerca storica per stabilire lautenticit dei loghia di Ges (in primo luogo
quello della doppia somiglianza-dissomiglianza e i suoi derivati) e la loro relazione con lopera monumentale di A. Schweitzer, The Quest of the Historical Jesus
(1910). Generalmente si ritiene che lo studioso tedesco abbia contribuito con la sua
critica di fondo al tramonto della prima o vecchia ricerca (Old Quest) sul Ges
storico. In realt, come fa vedere Porter, tale scopo, diventato un luogo comune,
non rientrava fra le sue intenzioni (p. 34: Rather than calling work to a halt, Schweitzer laid out what he thought needed to be done to redeem historical Jesus
study). Schweitzer, lungi dal voler porre un freno allindagine storica, ha cercato
piuttosto di svincolare la ricerca dallimperante soggettivismo o dai presupposti di
natura dogmatica, invocando la necessit di servirsi dei criteri oggettivi in grado di
dimostrare correttamente la plausibilit storica della tradizione evangelica. legittimo quindi indicare Schweitzer come il precursore della ricerca moderna, anche
se i criteri da lui proposti si sono evoluti con il passare del tempo e hanno subito
variazioni.
J. Schrter, Jesus of Galilee: The Role of Location in Understanding Jesus
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Ges, di solito assente nelle discussioni scientifiche, ossia Ges come un maestro
itinerante. Questa forma di esistenza, attestata da diverse fonti evangeliche, si profila come una nota distintiva di Ges storico, volutamente scelta da lui ai fini del
suo ministero. Theissen passa poi allesame i vari modelli sociologici che avrebbero potuto ispirare Ges nellintraprendere lattivit itinerante: professionale (il
carpentiere era abituato alla mobilit), biblico (gli esempi dei profeti Elia e Giona),
culturale (i predicatori del tempo propagavano le loro idee spostandosi da un posto
allaltro), mitico (la Sapienza ricerca sulla terra un luogo per stabilirvi la sua dimora). Lapostolato itinerante, che rispecchiava perfettamente i contenuti dellinsegnamento di Ges e la sua apertura universale, diventato in seguito un modello
emulato dalle figure carismatiche del cristianesimo primitivo.
M. Wolter, Jesus as a Teller of Parables: On Jesus Self-Interpretation in His
Parables (p. 123-139), tenta nel suo contributo di illuminare il contesto storico
delle parabole di Ges; lindagine volutamente ristretta a un contesto tipico,
che pu essere raggiunto con un certo margine di verosimiglianza, a differenza
delle situazioni individuali in cui furono pronunciate le parabole e che per lo pi
rimangono impossibili da ricostruire. Fra gli esempi dei contesti tipici vanno
inclusi ad es. il ministero di Ges come guaritore ed esorcista, la sua predicazione
centrata sul regno di Dio, lamicizia di Ges con i pubblicani e i peccatori. La
struttura comunicativa delle parabole forma una specie di triangolo drammatico
in cui viene coinvolto lagire di Dio, di Ges e degli ascoltatori. Per quanto concerne questultimo genere dei coagenti, se ne possono distinguere tre diverse categorie di ascoltatori: reali, storici e presupposti. Nellintenzione del narratore, gli
ascoltatori reali sono invitati a prendere parte nellazione drammatica delle parabole e lo fanno in varie maniere: identificandosi con gli ascoltatori presupposti (in
tal caso la comunicazione raggiunge il suo obiettivo), rifiutando di immedesimarsi
con gli ascoltatori presupposti, oppure identificandosi con i personaggi della storia
diversi da quelli voluti dal narratore. In seguito, facendo ricorso al metodo narrativo di Claude Bremond, Wolter prende di mira alcune parabole con i punti nodali
che possono essere individuati e accolti dagli ascoltatori in base alle loro conoscenze. Ma ci sono anche le parabole (come ad es. le parabole della crescita) che funzionano in modo diverso: esse fanno appello alla competenza culturale degli ascoltatori senza coinvolgerli nella storia narrata. Secondo Wolter, la chiave ermeneutica di queste parabole il ministero di Ges. Esse contengono quindi una cristologia
implicita, in quanto chiariscono il modo in cui lagire di Ges, confrontato dagli
ascoltatori con lattesa ebraica della venuta del regno di Dio, poteva essere compreso da loro come parte integrante dellagire escatologico di Dio.
K. Haacker, What Must I Do to Inherit Eternal Life?. Implicit Christology
in Jesus Sayings about Life and the Kingdom (p. 140-153), focalizza lattenzione
sui numerosi detti di Ges che hanno in comune il tema di ereditare il regno di Dio
o la vita eterna. Secondo Haacker, questa metafora della salvezza escatologica da
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mettere in relazione con la storia biblica del dono della terra fatto ad Abramo e ai
suoi discendenti, i quali dopo un lungo cammino nel deserto furono introdotti da
Mos nella terra di Canaan. Lallusione a questa tradizione del deserto potrebbe
significare che Ges abbia inteso il suo ruolo sulla scia di un profeta simile a Mos. Pertanto gli ascoltatori di Ges avrebbero potuto comprendere i suoi detti
sullentrata nel regno o nella vita eterna in un senso politico, ossia come il preludio
di una liberazione intramondana. Questa ambiguit, alimentata dagli episodi dei
falsi profeti che conducevano il popolo nel deserto (cf. At 21,38), si risolta in
modo definitivo con la crocifissione di Ges, il quale ha dimostrato con la morte
che il suo messaggio salvifico aveva un carattere prettamente escatologico e riguardava la vittoria universale di Dio sul male, compresa la morte.
R. Hoppe, How Did Jesus Understand His Death? The Parables in Eschatological Prospect (p. 154-169), si interroga sul rapporto tra il messaggio parabolico
di Ges sul regno di Dio e la sua comprensione della morte quale mezzo per realizzare la salvezza. Hoppe cerca di dimostrare che the starting-point for the idea
of Jesus possibly seeing his death as being necessary for salvation may be found
as early as the original message preached by Jesus himself (p. 169). Ges era
convinto fin dallinizio della prossima venuta del regno di Dio (Mc 1,15; le parabole di Mc 4). Questa certezza dellintervento escatologico di Dio manifesta indirettamente la coscienza di Ges che nella sua persona Dio avrebbe comunque
portato a compimento il piano salvifico, persino nelle esperienze negative del rifiuto e della morte violenta (Mc 14,25; Mt 22,1-10; Lc 14,16-24).
P. Pokorn, Demoniac and Drunkard: John the Baptist and Jesus According to
Q 7:33-34 (p. 170-181), si propone di mettere in luce le somiglianze e le differenze tra lagire e linsegnamento di Ges e quelli di Giovanni Battista, a partire da un
detto della fonte Q (Lc 7,33-34//Mt 11,8-9). La differenza maggiore riguarda il
loro messaggio apocalittico e la comprensione del giudizio escatologico: Instead
of stressing the catastrophe at the end of This Age, Jesus concentrated on the Kingdom of God as the Age to Come Jesus vision is apocalyptic in the basic eschatological sense: It is not built upon moral exhortation and moral effort, but upon
the coming of the Kingdom of God (pp. 179.180).
Lo studio di C. Evans, Have You Not Read? Jesus Subversive Interpretation of Scripture (p. 182-198), consacrato alluso creativo della Scrittura da
parte di Ges. Con gli esempi tratti da cinque ambiti del suo insegnamento: la rivelazione (Mt 11,25-27//Lc 10,21-22), lautorit (Mc 2,23-28), il servizio e la missione (Mc 10,45), lira di Dio (Mc 14,27; 12,1-9), le prescrizioni legali (Lc 14,26;
Mc 7,15; Lc 9,60//Mt 8,22; Lc 9,61-62), Evans fa vedere il modo in cui Ges si
servito dei passi e dei temi presenti nei libri di Daniele e di Zaccaria, come pure
nella tradizione legale, al fine di illustrare la sua missione proponendo una nuova
interpretazione (sovversiva) dei testi sacri. La dissonanza con la lettera della
Scrittura riflette indubbiamente la voce di Ges storico, dal momento che la chiesa
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gia e della fede cristiana. Questi principi di fondo, insieme con la convinzione di
dover ambientare lindagine storica su Ges allinterno del giudaismo del Secondo
Tempio, mettono la ricerca sul Ges storico al riparo di fronte al rischio delle distorsioni a cui andata spesso incontro nel passato (basti pensare alle esagerazioni
del Jesus Seminar).
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Keener Craig S., The Historical Jesus of the Gospels, William B. Eerdmans
Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge U.K. 2009, xxxviii-831 pp.
Sulla figura storica di Ges sono stati scritti in questi ultimi decenni numerosi
studi che si collocano nellambito della cosiddetta terza ricerca del Ges storico
(Third Quest). Senza nulla togliere agli altri, si possono menzionare qui imponenti volumi di J.D. Crossan, The Historical Jesus. The Life of a Mediterranean
Jewish Peasant (1991), E.P. Sanders, The Historical Figure of Jesus (1993), J.P.
Meier, A Marginal Jew. Rethinking the Historical Jesus (1994), G. Theissen - A.
Merz, Der historische Jesus. Ein Lehrbuch (1996), G. Barbaglio, Ges ebreo di
Galilea. Indagine storica (2002), J.D.G. Dunn, Christianity in the Making. I: Jesus Remembered (2003). A queste pregevoli opere che tentano di presentare la
vicenda storica di Ges di Nazaret in modo sistematico e unitario, si accosta ora
la trattazione di Keener (professore di Nuovo Testamento al Palmer Theological
Seminary of Eastern University in Pennsylvania, USA), il quale riuscito, se non
altro, a emulare lampiezza di quelle precedenti. In effetti, la mole impressionante del volume potrebbe facilmente spaventare il lettore. In realt, il lavoro in
senso stretto copre circa 400 pagine, senza contare una breve prefazione e lintroduzione. Il resto occupato dalle note (oltre 200 pp.), dalla bibliografia (109 pp.)
e da vari indici: degli autori, degli argomenti trattati, delle citazioni bibliche e
delle fonti antiche (117 pp.).
La parte centrale dellopera si articola in tre sezioni, suddivise in 22 capitoli, e
si chiude con una serie di 9 appendici. La prima sezione, intitolata Disparate
Views about Jesus (pp. 1-69), ripercorre a grandi linee le fasi principali dellindagine storica su Ges. Non si tratta tuttavia di unaltra sintesi, vasta e dettagliata,
sullevoluzione delle successive ricerche. Sarebbe una mera ripetizione dei dati
ormai noti e reperibili in tanti studi dedicati a questo argomento; basti ricordare
solo le opere di A. Schweitzer, Von Reimarus zur Wrede. Eine Geschichte der Leben-Jesu-Forschung (1906), W.P. Weaver, The Historical Jesus in the Twentieth
Century, 1900-1950 (1999), J.M. Robinson, A New Quest of the Historical Jesus
(1959), B. Witherington, III, The Jesus Quest. The Third Search for the Jew of
Nazareth (1995), G. Segalla, Sulle tracce di Ges. La Terza ricerca (2006); J.
Ruiz Garca, Jess, el Seor (2007). Ripercorrendo il passato, Keener preferisce
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limitarsi ad alcuni esempi al fine di far vedere al lettore la disparit delle opinioni
degli studiosi e di mostrare al tempo stesso che i verdetti accademici sono spesso
condizionati dalla scelta delle fonti e della metodologia, come pure subiscono un
forte influsso dei presupposti ideologici (p. 6: Jesus scholars had produced a Jesus
in their own image they had used respect for Jesus to promulgate their own
ideology).
Il cap. 1 illustra per sommi capi vari approcci adottati nel passato per inquadrare la persona e lopera storica di Ges: liberale (A. von Harnack), apocalittico (J. Weiss e A. Schweitzer), esistenziale (R. Bultmann), rivoluzionario
(S.G.F. Brandon). Altri esempi seguono nel cap. 2, dove si esamina lorientamento di quegli studiosi che hanno voluto sradicare Ges dal suo originario
ambiente giudaico (in favore di quello ellenistico-pagano) oltre che dallottica
escatologica: le risoluzioni del famigerato Jesus Seminar, al quale Keener
contesta a ragione il diritto di parlare a nome di tutti gli studiosi (p. 16: The
problem is not such professors summarizing the views of their own group
[which is their right], but the presentation of those views as a scholarly consensus. The Jesus Seminar does not have the right to speak for scholarship as a
whole), e i ritratti stravaganti di Ges in veste di un filosofo cinico (J.D. Crossan) e di un maestro di sapienza (B. Mack). Una cornice pi soddisfacente per
comprendere il ministero di Ges offre lattuale ricerca storica (la Third Quest)
che mette unenfasi sul contesto giudaico e prettamente galilaico della sua missione. Ma anche qui si pu notare un ventaglio di letture della persona di Ges,
bench non sempre incompatibili tra di loro (carismatico guaritore, profeta escatologico, saggio), come viene palesato nel cap. 3 (M. Borg, G. Vermes, E.P.
Sanders). Complice di tanta variet di opinioni la dipendenza di molti studiosi dalle tradizioni extra-canoniche su Ges, alle quali viene fatto spesso un affidamento acritico. Si dimentica troppo facilmente che, a differenza dei vangeli canonici, tutte le altre fonti sono posteriori al I secolo. Nel cap. 4 Keener,
facendo un rapido cenno alle testimonianze non-cristiane (Mara bar Serapione,
Svetonio, Tacito, Giuseppe Flavio), si sofferma su quelle cristiane e discute il
valore storico e il genere letterario degli apocrifi, dei vangeli gnostici (in particolare il Vangelo di Tommaso una raccolta di 114 detti di Ges, di cui due
terzi non hanno paralleli nei vangeli canonici che potrebbe contenere qualche
tradizione autentica) e del Vangelo segreto di Marco, che risulta un contraffatto
moderno. Il giudizio di Keener su questi documenti perentorio: Thus, apart
from some disputed sayings in Thomas, it is unlikely that any of the apocryphal
or gnostic gospels reflect any degree of authentic Jesus tradition (p. 59). Anche
lutilit della fonte Q, il vangelo perduto, relativa dal punto di vista storico,
in quanto questa raccolta dei detti di Ges, in mancanza del testo originale, si
lascia ricostruire solo a partire dai vangeli sinottici. Dopo questa panoramica si
impone quindi una conclusione che apre la strada allindagine seguente: It is,
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then, the canonical Gospels to which we must look for our most secure information about the historical Jesus (p. 69).
La seconda sezione: The Character of the Gospels (pp. 71-161), affronta in
sei capitoli la questione del genere letterario dei vangeli canonici. A detta di Keener,
essa costituisce il suo contributo particolare (p. 69: our most distinctive contribution) alla discussione sul Ges storico e la parte pi importante del suo studio (p.
xxvii: The central and most important part of this book). Allineandosi alla maggioranza degli studiosi di oggi, Keener classifica i vangeli canonici come biografie,
un genere ben noto nellantichit e sfruttato per narrare la vicenda di un personaggio storico (cap. 5). Clearly the Gospels are not mythography, novels, or pure
drama. As works focused on a single, historical character, drawning on significant
amounts of historical tradition, the Gospels are most readily recognized as ancient
biography (p. 84). Contrario allopinione comune, secondo cui gli scrittori antichi
non avrebbero avuto sufficiente spirito critico nella elaborazione delle notizie storiche, Keener cerca in seguito di smascherare la falsit di tale presupposto che si
estende pure agli autori dei vangeli. Lesempio concreto di Luca-Atti, unopera
composta secondo i canoni della storiografia antica, il cui autore afferma di aver
fatto ricerche accurate (Lc 1,3), una riprova del fatto che agli evangelisti non
erano affatto sconosciute le regole della ricerca storica (cap. 6). Ovviamente gli
scrittori antichi, e questo vale parimenti per gli evangelisti, non solo si adoperavano per conoscere a fondo i fatti della storia che volevano raccontare (cap. 7), ma al
tempo stesso erano obbligati a servirsi delle convenzionali tecniche retoriche al
fine di poter comunicare questi fatti in modo intelligibile ai loro lettori (cap. 8).
Inoltre, soprattutto per quanto concerne le biografie, gli storici antichi erano interessati a mettere in luce certi aspetti negativi o positivi dei loro personaggi storici
e a collocarli in una determinata prospettiva morale, politica o teologica. Ma questa
libert, che a volte rischia di travisare la storia vera, non imputabile solo ad essi,
dato che anche la storiografia moderna contempla e interpreta i fatti della storia da
svariati punti di vista.
Risolta la questione della competenza e dellattendibilit storica degli scrittori
antichi, nei rimanenti due capitoli di questa sezione (capp. 9-10) Keener prende in
considerazione le fonti dei vangeli canonici (scritte e orali) e i metodi escogitati per
la loro identificazione. Tra le altre cose, egli sottolinea il valore della memoria
nella cultura antica, fondamentale per la custodia e la trasmissione delle notizie di
carattere storico oltre che nel processo educativo. Many of Jesus teachings are in
the sort of readily memorizable forms in which sages often offered them to facilitate retention (p. 161). il compito specifico della critica (o della storia) delle
forme (Formgeschichte) cercare di individuare la fase pre-letteraria dei testi evangelici e di ricostruire il contesto primitivo in cui essi nacquero e furono utilizzati e
trasmessi. Per raggiungere tale scopo, gli studiosi fanno ricorso a vari criteri, di cui
i pi importanti sono: molteplice attestazione, coerenza, dissomiglianza, ambiente
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make up fishing villages as sites of a great persons ministry (p. 182); No one
would invent rural Galilee, fishermen, or tax gatherers No one had a reason to
invent the fours [Simon Peter, Andrew, James, and John] occupation as fishermen (pp. 183.184); For later followers of Jesus to invent such a title [Messiah] for him is inconceivable (p. 266); Jesus followers would hardly invent a
betrayer [Judas] (p. 309); The witness of women at the tomb is very likely historical, precisely because it was so offensive to the larger culture not the sort
of testimony one would invent (p. 331).
Qualunque sia il giudizio che si pu esprimere sul metodo storico di Keener,
non gli si potr di certo negare la coerenza nel perseguire lobiettivo primario del
suo studio che egli annuncia in questi termini: My primary goal in this book is not
so much to add another reconstruction of the historical Jesus My primary goal
is rather to investigate how much we can know from the best sources available, and
to offer examples of how these sources provide us more adequate information
about Jesus than many scholars think we have (p. xxxvii). Per Keener, insomma,
il Ges storico non si trova al di l o dietro le pagine dei vangeli canonici, ma da
ricercare proprio allinterno dei vangeli stessi che sono le migliori fonti a nostra
disposizione per conoscere il vero volto di Ges. There is much we can know
about Jesus historically, and the first-century Gospels preserved by the church
remain by far the best source of this information (p. 349)1. Dimostrare lattendibilit storica dei vangeli canonici rappresenta quindi per Keener unesigenza di
fondo. Questo approccio per certi versi conservatore non piacer forse a qualcuno,
ma ci non toglie il fatto che la sua indagine corretta sul piano metodologico e
convincente nelle conclusioni.
A Keener, reduce da un traballante viaggio intellettuale e umano (alle pp. xxxv,
383-388 egli offre al lettore un interessante stralcio autobiografico sul suo passaggio spirituale dallateismo al cristianesimo), va senzaltro riconosciuto il merito di
aver redatto un quadro aggiornato della vicenda storica di Ges narrata nei vangeli canonici. unopera che si contraddistingue non tanto per la ricostruzione della
vita e del messaggio di Ges, quanto piuttosto per il fatto di aver rivalorizzato le
fonti evangeliche che risultano essenziali per questa ricostruzione. Uno dei pregi
di Keener di non abusare del linguaggio tecnico che avrebbe potuto creare qualche difficolt al lettore poco preparato (quando costretto a servirsi di esso, egli
cerca sempre di spiegare prima la terminologia usata). Lesposizione lineare e ben
calibrata; di grande utilit si rivelano le conclusioni apposte ad ogni capitolo, che
ne sintetizzano il contenuto e si riallaciano al tema del capitolo seguente. Anche lo
1 la stessa convinzione, espressa su un piano pi generale dal famoso scienziato Albert Einstein, il quale in unintervista del 1929, alla domanda del giornalista George S. Viereck se accettava
il Ges storico, ha risposto cos: Senza dubbio! Nessuno pu leggere i Vangeli senza sentire la
presenza attuale di Ges. La sua personalit pulsa ad ogni parola. Nessun mito pu mai essere
riempito di una tale vita.
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stile, semplice e scorrevole, rende gradevole la lettura. Keener dimostra di possedere una vasta conoscenza nel campo della letteratura classica e giudaica. Un altro
lato positivo senza dubbio la bibliografia internazionale sullargomento. In genere gli studiosi di lingua inglese sono restii a citare gli studi in altre lingue; qui invece sono state incluse le pubblicazioni in varie lingue (ho trovato persino diversi
titoli in ebraico e in polacco!).
In conclusione si pu affermare che la poderosa monografia di Keener, riccamente documentata e basata su una solida erudizione esegetica e teologica, fornisce
un prezioso strumento di riflessione, approfondimento e studio per una vasta cerchia di lettori interessati al tema del Ges storico.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Loader William, The Dead Sea Scrolls on Sexuality. Attitudes towards Sexuality in Sectarian and Related Literature at Qumran (Attitudes towards Sexuality in
Judaism and Christianity in the Hellenistic Greco-Roman Era 2), William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge U.K. 2009, x-439 pp.
il secondo volume di un ampio progetto editoriale che si propone di gettare luce sugli atteggiamenti verso la sessualit nel giudaismo e nel cristianesimo
dellepoca ellenistica greco-romana. Nel precedente volume della serie: Enoch,
Levi, and Jubilees on Sexuality. Attitudes towards Sexuality in the Early Enoch
Literature, the Aramaic Levi Document, and the Book of Jubilees (2007), Loader
ha focalizzato lattenzione sui tre documenti che sono stati ritrovati, almeno in
parte, nella collezione dei rotoli del Mar Morto. La ricerca si estende ora sui
rimanenti testi della biblioteca di Qumran, ad eccezione degli scritti biblici,
come quelli di Tobia e Siracide, ai quali verr dedicato un volume a parte. La
sessualit costituisce uno dei maggiori campi dinteresse di Loader, come si pu
intuire da altri libri pubblicati da lui sul medesimo argomento: The Septuagint,
Sexuality and the New Testament. Case Studies on the Impact of the LXX in
Philo and the New Testament (2004), Sexuality and the Jesus Tradition (2005)
[si veda la mia recensione su Liber Annuus 56 (2006) 645-648], Sexuality in the
New Testament. Understanding the Key Texts (2010). La sessualit di cui Loader
intende occuparsi nei rotoli del Mar Morto compresa da lui in un ampio senso
che trascende il semplice ambito delle relazioni tra i sessi o dei rapporti sessuali: By sexuality I mean all matters pertaining to sexuality, rather than the narrower sense of sexual theory and gender formation, on the one hand, and acts of
sexual intercourse, on the other (p. 1).
Il libro suddiviso in otto capitoli, di cui i primi sette offrono unanalisi dettagliata dei testi, mentre lultimo presenta unampia sintesi sui vari argomenti emersi nel corso dellindagine. Nei primi tre capitoli vengono studiati in modo siste-
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matico i tre principali manoscritti della setta di Qumran, composti nella fase iniziale della vicenda della comunit e contenenti il materiale pi rilevante in materia di sessualit: il Rotolo del Tempio (cap. I), la lettera halakica 4QMMT chiamata anche Alcune opere della legge (cap. II) e il Documento di Damasco (cap.
III). Ogni capitolo termina con una conclusione. Il Rotolo del Tempio, il pi lungo
testo ritrovato nelle grotte di Qumran, dominato dalla preoccupazione per la
santit del Tempio ideale. Questo spiega linasprimento dei requisiti biblici di
purezza e linsistenza posta dallautore sui vari stati di impurit rituale: la nudit
(i bagni pubblici devono trovarsi a una giusta distanza dal Tempio), leiaculazione
notturna (per la quale richiesta una quarantena di tre giorni fuori della citt e la
doppia abluzione), le donne nel periodo mestruale e dopo il parto (devono stare
in isolamento e sottoporsi alla purificazione), le donne in genere (da dislocare,
insieme con i bambini e i proseliti, in un cortile pi esterno del Tempio), i rapporti sessuali (vietati non solo nellarea sacra del Tempio, ma addirittura in tutta la
citt santa). It is not impossible that the author may have envisaged holy Jerusalem with residents consisting primarily of celibates, perhaps celibate men, in a
manner that prefigures the latter demarcations of the sect (p. 21). Le parafrasi dei
testi legali del Deuteronomio fanno ben capire che i vari fenomeni legati alla
sessualit (come ad es. il divorzio, la poligamia, ladulterio, i matrimoni con le
donne straniere) erano intesi dallautore quale elemento normale della vita. Distinto il caso del re (e del sommo sacerdote), al quale vengono imposte restrizioni particolari, data la sua posizione sociale: a differenza del resto del popolo,
egli deve perseguire lideale del matrimonio monogamico con una donna israelita scelta allinterno della propria famiglia.
Se per lautore del Rotolo del Tempio i matrimoni con i pagani non creano un
grosso problema, decisamente opposta la visuale assunta dalla lettera halakica
4QMMT. Il documento, giunto a noi in forma frammentaria, mette un forte accento sui matrimoni misti, proibiti per tutti i figli e le figlie di Israele, dal momento che questi vincoli matrimoniali metterebbero a repentaglio la purezza del
popolo di Dio. Allargando lottica di Dt 23,2-4, lautore pone una chiara linea di
separazione tra il santo Israele e le persone impure, compresi i pagani, a cui
vietato lingresso nel Tempio e a Gerusalemme. There is no licit relationship
or covenant between Gentiles and Israels God. From this follows also that there can be no intermarriage (p. 90).
Fra tutti gli scritti di Qumran il Documento di Damasco dimostra uno spiccato
interesse per le donne, il matrimonio e la vita familiare. Non sorprende quindi che
a questo testo Loader abbia dedicato il pi lungo e dettagliato capitolo della sua
ricerca (quasi 100 pagine). Lo studioso australiano analizza il documento suddividendolo in due sezioni. Nella prima (The Admonition), prendendo lo spunto
dalla storia di Israele, lignoto autore del testo attacca il lassismo proclamato e
vissuto dagli oppositori della sua comunit (la designazione i principi di Giuda
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Fiema Zbigniew T. , Frsn Jaakko (a cura di), Petra The Mountain of Aaron
I. The Church and the Chapel, Helsinki 2008; pp. 447, Figg. 69 colore e b/n.
La ricerca archeologica dellUniversit di Helsinki, condotta presso il complesso monastico di Jabal Harun (Montagna di Aronne) dal 1997 al 2005/2007,
vede la luce in questo volume, primo della serie. Linteresse dellequipe finlandese nel sito e la collaborazione con il Dipartimento delle Antichit della Giordania
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santi che unisce le tre religioni monoteistiche perpetuato nel corso dei secoli e
fino al periodo pi recente.
Nel III capitolo Z.T. Fiema, The FJHP: Background, Goals and Methodology
(pp. 51-59) offre una breve esposizione della metodologia applicata nellambito
della ricerca svolta sul campo, questo comprende la raccolta della documentazione, la strategia analitico-descrittiva seguita dallinterpretazione dei dati raccolti,
elaborati infine per la pubblicazione. Il capitolo, pur breve, permette di cogliere il
carattere interdisciplinare del progetto e lestrema cura operata nellapproccio
allesame di questo complesso monumento.
Alla documentazione cartografica dedicato il IV capitolo (pp. 61-85) svolto
dagli esperti dellIstituto di Fotogrammetria e Remote Sensing dellUniversit di
Tecnologia di Helsinki dove sono presentate le tecniche pi moderne nella registrazione dei dati attraverso la fotogrammetria, creazione di modelli e scenari in
3D, foto panoramiche applicate per la ricognizione del sito (e le aree limitrofe) e
la registrazione delle fasi di scavo. Tale documentazione presenta un minuzioso
record di tutte le fasi dellindagine e appare di grande utilit per lo studio archeologico, non solo per documentare le fasi via via individuate ma anche per le ipotesi di ricostruzione e il successivo restauro, con particolare attenzione alleffetto
dellimpatto ambientale in fase di progettazione.
Nel V capitolo, Z.T. Fiema nel The FJHP Site anticipa brevemente le linee
guida dei successivi capitoli fornendo una descrizione del luogo, del suo aspetto
geomorfologico e naturalistico, con una presentazione generale dei loci individuati nel corso dello scavo.
E. Mikkola, A. Lahelma, Z.T. Fiema e R. Holmgren nel The Church and the
Chapel: Analysis and Phasing contenuto nel VI capitolo (pp. 98-176) affrontano
le problematiche prettamente archeologiche riconoscendo il susseguirsi di 14 fasi
di occupazione solo nelle due aree citate: la chiesa e la cappella. In particolare la
fase 1 rappresenta la frequentazione del sito antecedente la fase bizantina. Le
strutture scoperte risalgono allepoca Nabatea con una grande cisterna databile al
I (III secolo A.C) fino al V secolo D.C. (fase che sar meglio approfondita nel
prossimo Secondo volume). Alla fase 2-8 si pu ascrivere la fondazione del monastero con le vestigia della chiesa e della cappella adiacente. Gli autori ipotizzano la contestuale fondazione di una struttura commemorativa sulla sommit del
Monte atta ad ospitare la tomba venerata; tale edificio oggi sostituito, come
stato accennato, dal weli islamico.
Ledificio di culto, posto sulla terrazza inferiore, mostra un impianto basilicale a tre navate divise da colonne con abside iscritta dotata di due ambienti laterali,
mentre la cappella a navata unica con un battistero cruciforme nel lato ovest. Per
entrambe le strutture si ipotizza, malgrado i successivi rifacimenti, la presenza di
un pavimento ottenuto da lastre marmoree che permettono di collocare la costruzione nella seconda met del V secolo. Una prima distruzione stata rintracciata
504
Recensioni
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506
Mos sul Monte Nebo e in quello di San Simeone in Siria ecc., ulteriore conferma
questa della valenza del Monastero di Aronne in epoca bizantina.
Nel Capitolo IX si passa allo studio iconografico del brano musivo scoperto
nellatrium/nartece della Chiesa (B. Hamarneh, K. Hinkkanen, The Mosaic, pp.
246-262). Lo studio pone lattenzione alla mancata diffusione dellimpiego del
mosaico figurato nel nartece nelle chiese della Transgiordania, ritenuto di secondaria importanza e pertanto decorato con tessere bianche o motivi geometrici
decorativi. Quello del Monastero di Aronne si discosta da tale consuetudine in
quanto i motivi impiegati mostrano il ricorso ad un percorso narrativo complesso,
vi sono infatti due scene di caccia en pendant nelle due estremit del pannello,
mentre al centro un emblema, campito da un intreccio di cerchi e quadrati, affiancato da due leoni. Altre peculiarit rispetto al panorama della Giordania il
ricorso alla figurazione di un ibex capovolto, la cui testa stata risparmiata dallintervento iconofobico. Lanimale, azzannato da una tigre (a sua volta attaccata da
un cacciatore) mostra una pupilla spalancata permettendo di suggerire lipotetica
identificazione dello stato inanimato del soggetto, motivo che ha consentito la
mancata obliterazione della testa dellanimale nei successivi interventi iconofobici, contrariamente al resto delle immagini. Lanalisi di confronto con altri pavimenti datati permette di collocare lopera alla seconda met del VI secolo e pi
precisamente nellarco cronologico compreso tra il 530 e il 574/589 d.C. Da ultimo laccennata fase di iconofobia che interessa il pavimento permette di accertare la funzionalit della chiesa nellVIII secolo ed altres indica che larea esterna
al complesso cultuale poteva essere interessata da riti liturgici e pertanto considerata parte integrante del complesso monastico. In appendice vi uno studio dettagliato degli animali raffigurati nel mosaico (J. Studer, The Animals Depicted on
Jabal Harun Mosaic: Biogeography and Archeozoology, pp. 263-271). Si tratta
di una approfondita ricostruzione delle tipologie di animali impiegati nel mosaico
con studio comparato ai risultati della ricerca archeo-zoologica. La precisione e
la puntuale descrizione sono di grande interesse in particolare la restituzione della provenienza degli animali e la non facile identificazione dei volatili.
Il corpus epigrafico di Jabal Harun - Capitolo X (J. Frsn, E. Sironen, Z.T.
Fiema, Greek Inscriptions from the Church and the Chapel, pp. 272-285), rappresenta un validissimo supporto alla parallela indagine archeologica. Si tratta principalmente di testi in lingua greca e di due iscrizioni in lingua araba. La parte
preponderante rappresentata da iscrizioni su arredo liturgico marmoreo associati da croci incise come consuetudine nelle donazioni. Alcuni testi, malgrado la
frammentariet, permettono di cogliere alcune parole come il nome ]ARON, una
parte del titolo tribuno, una lastra trovata re-impiegata nel pavimento riporta
integra la citazione del Salmo 29,3. A completare il panorama sono alcuni testi
dipinti in rosso sullintonaco ed una lucerna fittile con liscrizione Luce di Cristo
illumina tutti, e due testi in arabo databili allVIII secolo.
Recensioni
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Seguono i Capitoli 11-14 dedicati allesame dei materiali rinvenuti nel corso
dellindagine archeologica: Ceramica (Y. Gerber, The Bizantine and Early Islamic
Pottery from Jabal Harun, pp. 286-329); Vetri e lampade vitree (D. Keller, J.
Lindblom, Glass Finds from the Church and the Chapel, pp. 330-368); frammenti metallici e policandila associate ai vetri (S. Pouta, List of Metal Objects Associated with Glass Lamps, pp. 369-375); Tegole e manufatti litici di vario genere
(P. Hamari, Tiles and Bricks from the Jabal Harun Monastery, pp. 376-391) ed
infine altri oggetti metallici come chiodi, uncini ed altro ( S. Pouta, M. Whiting,
The Metal Objects from Jabal Harun: A Descriptive Catalog of Objects Related
to the Church and the Chapel, pp. 392-403). Lesame tipologico dei vari manufatti appare in perfetta sintonia con il panorama dei reperti evidenziati in altre
indagini nella regione nonch con le fasi cronologiche evidenziate nello scavo.
Il Capitolo XV dedicato allanalisi del rivestimento parietale che spesso
viene tralasciato negli studi sin ora condotti nella regione. Lo studio permette di
approfondire le tecniche applicate nel monumento con una proposta crono-tipologica in riferimento agli esempi noti nella regione ed una proposta di conservazione. Lesame si conclude con lanalisi petrografica di alcuni reperti (si veda Ch.
Danielli, The Analysis of Wall Plaster at Jabal Harun, pp. 404-423).
Il volume si conclude con appunti finali sulla valenza del complesso di Jabal
Harun quale edificio monastico, identificando le strutture come chiesa-memoriale con annesso un cenobium atto a mantenere in funzione ledificio provvedendo
nel contempo alle necessit dei pellegrini. Lo sviluppo del monastero, che aveva
una parallela funzione agricola, era strettamente connesso allo sviluppo della citt
di Petra, principale fonte di supporto economico. Labbandono del Monastero appare dunque in linea con il graduale declino della Metropoli anche se permane
almeno fino al 12-13 secolo meta di gruppi di pellegrini sempre meno numerosi.
In tale ottica preziosi sono i riferimenti ai testi di epoca crociata ove si fa cenno del monastero di Aronne malgrado fosse gi abbandonato. tuttavia probabile che il ricordo del luogo del Sommo Sacerdote fosse radicato nella memoria
tanto da lasciare un evidente segno (si rimanda al Capitolo XVI Z.T. Fiema, The
concluding remarks, pp. 424-441). La presenza del glacis nella parte ovest del
complesso potrebbe indicare una fase Crociata/Ayyubide/Mamelucca che deve
essere ancora approfondita.
Del volume dedicato allindagine archeologica nel Jabal Harun si apprezza la
linearit didascalica, la chiarezza e la puntualit della restituzione della fasi di
vita e di abbandono del complesso, merito della rigorosa applicazione metodologica. La complessit del monumento ben evidenziata, gli autori non hanno mai
ceduto a facili ipotesi o azzardate interpretazioni. Il volume rappresenta decisamente un utile punto di partenza per meglio apprendere linfluenza della citt di
Petra sullo sviluppo delle aree limitrofe in epoca bizantina.
Basema Hamarneh
Libri ricevuti
Alpi Frdric, La route royale. Svre dAntioche et les glises dOrient (512-518). 1:
Texte; 2: Sources et documents (Bibliothque archologique et historique 188), IFPO,
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Franziskus, Lebensbeschreibungen, Chroniken und Zeugnisse ber ihn und seinen Orden. Im Auftrag der Provinziale der deutschsprachigen Franziskaner Kapuziner und
Minoriten (Zeugnisse des 13. und 14. Jahrhunderts zur Franziskanischen Bewegung 1),
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Beroldingen Josue von, Pilgerfahrt zu dem Heiligen Lande 1518. Selbst gestellt und von
eigener Hand geschrieben. Mit ausfhrlicher Einleitung, bersetzung und Transkription herausgegeben von Odo Lang, Thesis Verlag, Einsiedeln 2008, 210 pp., CD.
Biblia Polyglotta Synodi De Verbo Dei occasione exarata, American Bible Society; Libreria Editrice Vaticana, s. l., 2008, 3160 pp.
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Vol I: Riproduzione in facsimile del codice Vat. Lat. 3781; Vol II: Commento al facsimile del Cod. Vat. Lat. 3781 codices e Vaticanis selecti quam simillime expressi iussu
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I. Studenti
Gli studenti iscritti alla Facolt sono stati 104 cos suddivisi: 14 al III ciclo, 43
al ciclo per la Licenza, 3 al Diploma superiore di Scienze Bibliche e Archeologia,
6 al Diploma di Formazione Biblica, 14 straordinari e 24 uditori.
Tesi di Licenza
Agnoli Nicola, Speranze messianiche nel post-esilio: La prospettiva di Zaccaria 6,9-15, pp. 111 (Moderatore: P. Kaswalder).
Barahona Jess, Jess en agona en el monte de los Olivos. Ensayo exegticoteolgico sobre Lc 22,39-46, pp. 103 (Moderatore: G.C. Bottini).
Carlino Massimo, Passione e Risurrezione secondo Luca. Testo e divisioni del
Codex B, analisi letteraria, pp. 99 + 63 (Moderatore: G. Giurisato).
Guardiola Campuzano Pedro, Jess, el Enviado, Luz cegadora. Estudio
exegtico-teolgico de Jn 9,1-41, pp. 187 (Moderatore: F. Manns).
John Cyriac, An Exegetical Study on the Prophetic Symbolic Acts in Zech 11:
4-17, pp. 131 (Moderatore: A. Niccacci).
Kondys Adam, Eujaggevlion nella Lettera ai Romani, pp. 121 (Moderatore:
A.M. Buscemi).
Mladineo Nikola, La nascita di Melchisedek secondo il manoscritto di Vrbnik.
Confronto con le tradizioni della letteratura giudaica peritestamentaria, pp. 128
(Moderatore: F. Manns).
Mulluvengapurath Jobi Thomas, The Enthronement of Yahweh as the Universal King An exegetical study of Psalm 47, pp. 88 (Moderatore: A. Mello).
Pudeko Judyta, Ecco, sulle palme ti ho scolpito Is 49,16a e la sua applicazione in 2 Ba 4,2, pp. 101 (Moderatore: M. Pazzini).
Zossi Mariana, La lectura exegtica/teolgica del Salmo 121, pp. 117 (Moderatore: A. Mello).
518
Tesi di Laurea
Wgrzyniak Wojciech, Lo stolto ateo. Studio dei Salmi 14 e 53, pp. 373 (Moderatore: A. Niccacci; correlatore: G. Barbiero).
Sintesi: Lo studio aveva lobiettivo di esaminare i due salmi da diversi punti di
vista e nel modo pi ampio possibile. La logica che stata la base dello svolgimento nel lavoro la seguente: 1) il testo parla, vuole trasmettere qualcosa; 2) del testo
si parla, si vuole dire qualcosa su quello che scritto. Queste due prospettive sono
diventate la base dei due capitoli della tesi: Il testo che parla (capitolo II), Il
testo di cui si parla (capitolo III). Tuttavia prima di esaminare cosa dicono i salmi
e di cosa vi si parla, si doveva stabilire quale testo si intende quando si dice Salmo
14 e Salmo 53. Cos nato il I capitolo della tesi: Il testo esistente.
Nel I capitolo si cercato di vedere un panorama relativamente ampio dei testi
nella lingua originale ebraica e nelle traduzioni per conoscere i diversi testi chiamati Salmo 14 e Salmo 53. Il metodo di lavoro su un testo biblico presentato
nel I capitolo della tesi stato chiamato situazione testuale (status textus), per distinguerla dalla tradizionale critica testuale (critica textus).
Prima sono stati analizzati i Mss ebraici. Lo studio di quasi 500 Mss ebraici da
una parte ha rivelato che il testo stato trasmesso in modo generalmente fedele,
ma dallaltra ha evidenziato la presenza di alcune varianti. Il fatto che le varianti
pi notevoli riguardino il titolo e i passi in cui i due salmi si differenziano tra di
loro e che siano dovuti alla tendenza ad armonizzare il testo dei due salmi ha portato allipotesi che le varianti rilevanti siano piuttosto tardive.
In un secondo momento si passati allanalisi del testo ebraico presente nelle
edizioni a stampa. Lindagine di 200 edizioni ha permesso di notare che la maggioranza delle varianti tramandate nei Mss non si trova pi nelle edizioni stampate.
Praticamente negli ultimi due secoli il testo stampato dei Sal 14 e 53 rimasto
i / (ht'vyo bih)/ in Sal
identico, con una sola eccezione, riguardante la scrittura ht'vbo h
53,6.
Lesame del testo offerto dalle versioni antiche ha messo in luce che le traduzioni greche, latine, siriaca, etiopica e araba attestano una diversit di letture del
testo dei Sal 14 e 53 pi grande di quella attestata a livello della tradizione ebraica.
Alcune varianti notevoli e soprattutto la presenza della lunga aggiunta in Sal 14,3,
attestata nella maggioranza delle versioni antiche, tramandata e commentata lungo
i secoli e abbandonata soltanto negli ultimi decenni, suscitano varie domande, tra
cui quella pi pertinente: cosa il testo biblico?
Anche lo sguardo sulle traduzioni moderne ha rivelato che non si pu parlare
di un unico testo dei due salmi paralleli. Gli studi che hanno voluto ricostruire il
testo originale (unico e ideale) dei Sal 14 e 53 hanno finito praticamente nel proporre scelte non accettate n nel mondo scientifico n nelle comunit ecclesiali.
519
520
14,1 due protagonisti negativi diversi, tre possibilit di collocare il punto interro; rAdB.~yhila{ / (Dio
gativo in Sal 14,4, oppure una possibile nuova lettura di qyDIc
nella generazione giusto). Inoltre lo studio delle forme verbali ha permesso di
distinguere due assi temporali presenti nei Sal 14 e 53: lasse del passato (14,1-6;
53,1-6) e lasse del futuro (14,7; 53,7). Di conseguenza le forme verbali sono tradotte a volte diversamente dalle traduzioni comuni (ad es. confondevate il piano
del povero in Sal 14,6).
Lanalisi della composizione dei Sal 14 e 53, il passo successivo allanalisi
grammaticale, ha mostrato la difficolt di trovare una struttura chiara e condivisa
dalla maggioranza degli autori. Una conclusione ancora pi radicale stata espressa riguardo alla metrica. Ci nonostante stata proposta e motivata una divisione
tripartita di questi salmi (14,1-3.4-6.7; 53,2-4.5-6.7).
Alla fine del paragrafo dedicato alla composizione e prima dellanalisi semantica si proposto lesame delle figure retoriche. Lanalisi ha rivelato la ricchezza
retorica di questi salmi in cui si trovano molte figure stilistiche: allitterazione, assonanza, climax, ripetizione di parole, ellissi, ballast variant, asindeto, figura etimologica, coppie di parole, parole chiave, similitudine, metafora, iperbole, endiadi,
allusione, ironia, interrogazione e domanda retorica.
Lanalisi semantica che costituisce il punto centrale del lavoro, non solo ha
occupato lo spazio pi grande della tesi, ma innanzitutto ha discusso i vari problemi riguardanti il messaggio che pu essere ricavato dalla lettura dei salmi esaminati. Tra i vari dettagli che sono stati discussi e le diverse conclusioni che ne derivano stato notato che nei Sal 14 e 53 la stoltezza dellateo non consiste tanto nel
pensare Non c Dio, ma nella mancanza della ricerca di Dio il quale, quando
non c (sembra non esserci e non agire), deve essere cercato. stata evidenziata la stretta connessione tra lassenza della ricerca di Dio e la corruzione degli uomini e anche tra il rigetto di Dio e il rigetto dellaltro: gli a-tei nei Sal 14 e 53
sono presentati come anti-uomini.
I due successivi passi della ricerca sono stati dedicati allanalisi del contesto dei
salmi paralleli: letterario e storico. Lanalisi dei Sal 14 e 53 nel contesto del Libro
dei Salmi non ha permesso di avanzare lipotesi che il posto da essi occupato nel
Salterio sia particolare. Tuttavia si arrivati ad un risultato: se il testo dei Sal 14 e
53 stato rielaborato per motivi redazionali, la rielaborazione ha riguardato solo il
titolo e luso dei nomi divini ed stato soprattutto il Sal 53 ad essere rielaborato.
Si notato anche che il Sal 14 sembra essere pi integrato nel suo contesto che il
Sal 53.
La ricerca del Sitz im Leben, il possibile luogo e scenario di origine dei Sal 14
e 53, ha mostrato una variet di possibili interpretazioni. Nonostante lampiezza
del lasso temporale in cui potevano nascere i due salmi (VIII-V sec. a.C.) e malgrado limpossibilit di stabilire un unico contesto storico per lorigine di uno o di
ambedue i salmi, si proposta la crisi sociale ai tempi di Michea come il primitivo
521
Sitz im Leben del Sal 14, e linvasione degli Assiri come Sitz im Leben del Sal 53.
Se i due siano stati scritti immediatamente dopo questi avvenimenti o pi tardi,
impossibile decidere. Lunica cosa certa che entrambi i salmi hanno lo stesso
punto di partenza: la situazione del popolo ancora difficile, perci si attende la
salvezza da parte di Dio.
Inoltre il fatto che i due salmi paralleli siano stati inseriti in due diverse raccolte (I e II raccolta davidica) stato spiegato in due modi: 1) il redattore del Salterio,
conoscendo la tradizione di entrambi i salmi, voleva mettere i Sal 14 e 53 in diverse raccolte per non escludere nessuno dei due e per fare di essi un ponte tra le diverse raccolte; 2) la collocazione attuale nel Salterio dei due salmi dovuta alla
loro precedente presenza in raccolte diverse. Il Sal 14 era conosciuto meglio
nellambiente dove nata la prima raccolta davidica, mentre il Sal 53 nellambiente che ha originato il salterio eloistico. Nonostante le incertezze, si anche avanzata lopinione che il Sal 53 sia una modifica del Sal 14, non il contrario.
Alla fine del capitolo II sono state proposte alcune osservazioni riguardanti il
genere letterario dei Sal 14 e 53. In entrambi i casi si visto nel testo un tipo di
lamento che prospetta in modo sapienziale-profetico il mondo contrario a Dio.
Dopo aver analizzato nel capitolo II i diversi aspetti del testo che parla, lesame
proposto nel III capitolo mirava a scoprire dove e come si parla dei Sal 14 e 53.
Prima si studiato luso del Sal 14 in Rm 3,10-12 lunica citazione dei due
salmi nel NT e sono emerse alcune peculiarit. Luso del Sal 14 nel contesto del
discorso sulla corruzione generale dellumanit stato letto come una delle possibili interpretazioni del componimento, plausibili anche a livello del salmo stesso,
confermando la fama di Paolo come valente esegeta.
Poi sono stati analizzati vari commentari sui Sal 14 e 53 appartenenti sia
alla tradizione sinagogale sia a quella ecclesiale. Le diverse letture dei Sal 14 e
53 confermano i risultati delle operazioni esegetiche precedenti: il testo dei due
salmi lascia la porta aperta a varie interpretazioni. Lapplicazione concreta del
testo dei salmi fatta da alcuni interpreti quelli antichi e medievali in particolare mostra che i Sal 14 e 53 hanno funzionato come modello per capire il
passato, ma forse pi ancora per attualizzarlo al presente o indirizzarlo al futuro.
Lunica differenza sostanziale fra la tradizione cristiana e quella ebraica sta nel
fatto che i commentatori cristiani spesso hanno interpretato il salmo in chiave
cristologica: il Cristo che porter la salvezza attesa nei due salmi. tuttavia
significativo che alcuni autori cristiani a volte hanno visto nei giudei i nemici
descritti nei Sal 14 e 53, mentre la tradizione ebraica non nomina direttamente
i cristiani quali loro oppressori.
Wojciech Wgrzyniak
522
523
che ora legalmente registrato al catasto, come altres stata perfezionata la registrazione della parcella di Ovest per interessamento dellEconomato della CTS
che, tuttavia, rimane in pericolo di confisca per diventare un parcheggio, come
stabilito dal vigente piano regolatore. A seguito di uninterminabile trattativa e
grazie allinteressamento delling. A. Joubran venuto in visita a Magdala ed alla
collaborazione con ling. A. Hakim, siamo riusciti ad ottenere lallacciamento alla
rete elettrica, previo rifacimento di tutti gli impianti, scavo e cablaggio dei cavi
elettrici lungo lintero muro di cinta. Contestualmente sono state predisposte le
canalizzazioni per un auspicabile collegamento allacquedotto nazionale, urgente
perch la sorgente, che finora ha servito le esigenze della missione archeologica,
si completamente prosciugata, rendendo oltremodo problematica la permanenza
e lattivit di volontari e collaboratori.
I volontari dellAssociazione R. Gelmini coordinati da E. Soranzo, hanno installato due bagni prefabbricati, donati dallOspedale Italiano Fatebenefratelli di
Nazareth, che ora sono stati rivestiti da pannelli cementizi e ricoperti da una tettoia di alluminio che protegge anche i dieci banchi da lavoro per il trattamento dei
cocci (lavaggio, siglaggio, registrazione, assemblaggio, restauro, disegno, fotografia) allingresso del conventino. Nuovi serbatoi di acqua hanno sostituito quelli di
asbesto sul terrazzo. Il dr. M. Meinero ha donato una micro-pulitrice ad ultrasuoni
Tuttnauer per la pulitura dei reperti numismatici e metallici. V. Varisco della Viesse
pompe di Padova ci ha regalato una potente idrovora completa di 500 m. di manichette, rivelatesi preziosissime per lo svuotamento delle piscine durante gli scavi e
per i sondaggi in profondit. stato acquistato un nuovo metaldetector professionale Garret Ace 350. I mosaici del monastero bizantino sono stati ricoperti da
tessuto-non tessuto e sabbia in attesa del restauro conservativo per il quale, con
progetti ad hoc preparati dal Magdala Project in collaborazione con ATS, la CTS
ha gi ricevuto alcune donazioni (Provincia di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato). Lintervento sar eseguito contestualmente ai pannelli di
Cafarnao e prevede lo stacco dei tappeti e il loro fissaggio su supporti adattati di
alluminio, il restauro e le integrazioni delle parti perdute, lo scavo degli ambienti
per la verifica dei depositi stratigrafici, il ricollocamento in situ e linstallazione di
una copertura protettiva. Anche in questo caso le operazioni sono concepite come
attivit didattica rivolta ai giovani della Galilea.
La scuola darte muraria Calchra, Centro di ricerca e formulazione dei materiali per i professionisti del restauro architettonico, ci ha fornito utili indicazioni e
un preventivo di massima per il restauro delle murature e la riproduzione delle
malte originali.
I risultati degli scavi 2007-2008 patrocinati dallo SBF, sono stati presentati nel
corso di alcune conferenze in diverse Universit e Istituzioni italiane e israeliane.
Ci servito per tessere nuovi e vantaggiosi rapporti di collaborazione con alcuni
dipartimenti.
524
Siamo intervenuti al simposio Graeco-Roman Galilee (21-23/6/2009) con il paper Urban Development of the city of Magdala/Tarichaeae in the light of the new
excavations: remains, problems and perpectives, di imminente pubblicazione.
La campagna del 2008 si rivelata particolarmente feconda di scoperte e nuove
acquisizioni. Per uninformazione dettagliata rimandiamo alla sopra citata relazione pubblicata su LA (2009), 343-562. Tra laltro, cominciata lindagine della
complessa rete idrica, con acquedotto e castellum acquae, che rifornisce il peculiare impianto termale delle aree E ed F e di diversi ambienti appartenuti al medesimo complesso.
Molto vario si rivelato il deposito di vasi tardo-ellenistici/romani-antichi nella pur piccola vasca a gradini sita nei vani E2-E7. Diversi altri materiali, non solo
di vasellame ceramico, di molteplici tipologie, sono stati riportati alla luce nelle
piscine con scalinate di accesso, in particolare D3, E11 ed E22 dove, oltre ad un
centinaio di monete, sono stati repertati numerosi oggetti del I sec. d.C. legati alle
attivit che si svolgevano in questo genere di ambienti decorati da affreschi: gettoni, aghi crinali, spilloni, orecchini, anelli, spatole e specilli, manichetti per unguentari e aryballoi vitrei e ceramici. Nel contesto fangoso e saturo di acqua degli alvei,
che ha impedito lo scambio gassoso e il normale processo di decomposizione dei
materiali organici, si eccezionalmente preservata anche una quantit di travi,
pannelli e oggetti in legno, tra cui un pettine, un piatto, ciotole, scodelle e utensili
di ulivo o di acacia. I pi importanti di questi ritrovamenti, a cura delle restauratrici F. Mancini e F. Cariaggi, sono stati trasferiti al Centro di restauro del legno bagnato, Cantiere delle Navi antiche di Pisa, dove hanno subito il lungo processo di
disidratazione e consolidamento e sono pronti a rientrare, a gennaio 2011, con le
medesime operatrici che si occuperanno, come gi in passato, del restauro dei vasi,
dei vetri, dei metalli e degli ossi lavorati. Sono pervenute le relazioni finali sulle
analisi di laboratorio eseguite congiuntamente nelle Universit di Pisa e Trieste sul
contenuto del gruppo di unguentari ivi rinvenuto. Lo scavo della grande condotta
E20 e di alcuni canali secondari che corrono sotto il piano stradale, ha permesso di
accrescere le nostre conoscenze sui sistemi di rifornimento e smaltimento dellacqua corrente. In una vasca costruita contro i piloni dellacquedotto nellarea del
Monastero (M31), sono stati trovati, schiacciati dal crollo dei lastroni di copertura,
centinaia di alti boccali del periodo arabo antico, monoansati alla base, che costituivano verosimilmente lequipaggiamento di una noria.
Di pregevole interesse la scoperta di un monumentale edificio a casematte sul
versante est dellarea E. In esso sono conservati una rimarchevole muratura asmonea a bozze prominenti e una pietra da ormeggio aggettante. Un altro ormeggio di
questa stessa fase cronologica stato scoperto lungo il muro di cinta orientale del
quadriportico F, del quale sono state indagate, fino alla profondit di tre metri, le
possenti fondazioni. Appartengono invece ad una fase di poco posteriore (periodo
erodiano) ben quattro altre pietre da ormeggio con foro passante consunto, inserite
525
nella banchina intonacata che venne addossata al perimetro est del quadriportico.
Si tratta delle strutture residue di un imponente porto, lunico cos completo giunto fino a noi lungo lintera costa del Lago di Galilea. Contestuali e in funzione con
gli ormeggi, sono una rampa in massicciata degradante in direzione dellacqua e
unampia scalinata in pietra calcarea nel settore meridionale. A seguito di un periodo di abbandono il bacino portuale venne interrato da sabbie e brecce, apparentemente per cause naturali. I sedimenti meritano di essere studiati con analisi chimiche e tecniche proprie dellindagine geologica. Lo studio e lesame dei depositi
limnici, come anche dei crolli relativi agli archi delle abitazioni dellarea H, saranno perci eseguiti, nella seconda met di gennaio 2011, dal sedimentologo prof. G.
Sarti, docente di Geologia stratigrafica presso il Dipartimento di Scienze della
Terra dellUniversit di Pisa.
Nel 2009 stato esposto un grande braccio Ovest-Est del molo che, estendendosi dalledificio con murature ellenistiche, in un periodo successivo ampli verso
la spiaggia il bacino portuale, prolungando conseguentemente lo scarico della condotta E20.
Al centro della piazza abbiamo riportato in luce una nuova piscina (F20) in
muratura pseudo isodoma, munita di un parapetto stondato e di cinque bocche che
la approvvigionavano e la svuotavano costantemente dellacqua corrente. Lambiente fu riusato secoli dopo, fino al periodo arabo compreso, a giudicare dai materiali raccolti sul lastricato del fondo.
In questi ultimi mesi del 2010 sono state scoperte le due condutture in muratura, intonacate e coperte, che da Ovest e da Sud portavano acqua da e verso la piscina della piazza (F20), insinuandosi sotto le fondazioni del quadriportico F, con la
cui edificazione sono evidentemente in fase. Con un delicato scavo archeologico
stato riportato in luce lintero sistema di suspensurae del calidarium (E19) abbastanza ben conservato. Lipocausto composto da pilae di mattoni quadrati, posati ad intervalli regolari su una preparazione di scaglie di basalto sistemate orizzontalmente, che sostenevano il pavimento rialzato composto da lastre marmoree su
bipedali. Lungo le pareti si sono preservati gli alloggiamenti verticali per i tubuli,
dei quali sono stati reperiti numerosi frammenti e alcuni esemplari integri. Da una
nuova vasca intonacata, appartenuta alla fase romana antica delle terme e sita
allinterno del medesimo ambiente riscaldato, proviene un cospicuo e omogeneo
lotto di vasi della prima met del I secolo d.C. che include anfore, anforette, fiasche,
pentole, pentolini, tegami, piatti e anche numerosi frammenti di lucerne erodiane,
boccali in pietra tenera e vasetti per profumi sia in terracotta che in vetro. Vi era,
inoltre, una raffinata spatola lavorata in osso, alcune spatulae e specilli bronzei e
un manichetto sempre di bronzo, terminante con due teste di cigno stilizzate, per il
trasporto degli unguentari vitrei. Lattiguo ambiente E18, che fungeva verosimilmente da tepidarium, stato indagato mettendo in luce fasi murarie preesistenti e
altri alloggiamenti per tubuli a sezione rettangolare.
526
527
gini geofisiche con apparecchiature georadar (radar GSSI-USA Sir 3000) finalizzate alla mappatura delle aree non ancora scavate nellintera propriet.
Al principio del 2011 previsto anche larrivo dellantropologo prof. E. Carnieri (Universit di Palermo) che si occuper dei cospicui ritrovamenti ossei e
malacologici rinvenuti a partire dal 2006.
Per febbraio 2011 attendiamo allo SBF il ritorno del prof. B. Callegher dellUniversit di Trieste, che sta ultimando la redazione della monografia sui numerosi
rinvenimenti numismatici di Magdala.
Il programma di scavo 2011, augurandoci che vadano a buon fine i finanziamenti stanziati ma non ancora pervenuti, stato gi illustrato nella relazione pubblicata in LA, intitolata La citt ellenistico-romana di Magdala/Taricheae. Gli
scavi del Magdala Project 2007 e 2008: relazione preliminare e prospettive di indagine. In aggiunta a quanto scritto, occorrer completare la compilazione delle
schede e linserimento dei dati relativi a strati, unit murarie e reperti mobili
nellapposito database elettronico disegnato dalling. A. Bussolin; il rilievo delle
nuove strutture emerse dagli scavi e la loro digitalizzazione a cura dellarch. A.
Ricci; la preparazione delle piante di fase per ognuna delle epoche che dal I sec.
a.C. allVIII sec. d.C. hanno interessato il sito; il disegno dei reperti pi interessanti e dei lotti pi rilevanti, ai fini delle pubblicazioni, per i quali vorremmo avvalerci, come laltro anno, della preziosa collaborazione dei disegnatori M. Forgia (Museo Etrusco di Villa Giulia), R. Cestari (Museo di Ferrara) e E. Taccola (Universit di Pisa).
La pagina internet www.magdalaproject.org che per motivi logistici rimasta
ferma, verr aggiornata nei suoi contenuti con la pubblicazione dei diari, delle fotografie e delle relazioni di scavo. (S. De Luca, Magdala Project)
V. Biblioteca
Il personale della biblioteca, oltre al consueto lavoro, ha concluso il controllo e
la catalogazione di numerosi libri provenienti dalla biblioteca personale di M. Piccirillo. Con laiuto di P. Gregor Geiger stata iniziata la schedatura dei libri in
ebraico del Fondo Polotsky. L11 maggio 2010 la sign.na O. Cominotto, assistente
del direttore della biblioteca, ha partecipato ad un incontro di Bibliotecari presso
lEBAF.
Fra le acquisizioni di rilievo segnaliamo: Biblia, das ist die gantze Heilige
Schrifft Deutsch. [bersetzt von] Mart.[in] Luth.[er]. Begnadet mit kurfrstlicher
zu Sachsen Freiheit; Vollstndiger Nachdruck / -- Wittemberg: Hans Lufft, 1534;
Codice vaticano latino 3781: Officio della Madonna: Il Libro dOre di Jean Bourdichon. Vol. I-II (Riproduzione in facsimile, Zurigo 2008); Bifoglio pergamenaceo da un fascicolo di breviario del sec. XIV, in scrittura rotunda.
528
I lavori in vista dellampliamento strutturale della Biblioteca sono a buon punto. Il personale della biblioteca sta preparando delle proposte per organizzare al
meglio gli spostamenti dei volumi e la destinazione degli spazi.
VI. Museo
Nel corso dellanno continuato il lavoro di inventariamento del patrimonio
museale, lavoro che comprende lesecuzione di una documentazione fotografica
professionalmente eseguita e la compilazione di una scheda descrittiva da parte di
personale competente, sulla base degli schemi proposti per la catalogazione dei
musei italiani. Il database accessibile in rete da persone che rispondano positivamente agli usuali elementi di controllo. Il progetto, denominato Raccontare la
Terra Santa, sostenuto dalla Associazione Amici di Terra Santa e portato
avanti da volontari coordinati da Daniela Massara sotto la supervisione scientifica
della prof. Fulvia Ciliberto. (E. Alliata)
VII. Note di cronaca
Per la cronaca dettagliata si veda il Notiziario 2009-2010
5 ottobre 2009. Alle 9.00 nella chiesa di San Salvatore stato inaugurato
lanno accademico con la celebrazione eucaristica presieduta da Don Maurizio
Spreafico, Ispettore SDB del Medio Oriente. Ha tenuto lomelia sulle letture
bibliche del giorno (Gio 1,1-2,1.11; Lc 10,25-37) facendone una sapiente attualizzazione alla vita di studio e di formazione che si apre dinanzi a professori e
studenti con il nuovo anno accademico.
10 ottobre 2009. Gli studenti dello STJ, sotto la presidenza di N. Ibrahim,
hanno eletto loro rappresentante al Consiglio dei Docenti (I ciclo) Wagner Zimmer.
13 ottobre 2009. Sotto la presidenza del Decano, gli studenti della Facolt
(SBF e STJ) hanno eletto loro rappresentante al Consiglio di Facolt Raffaele
Petti.
17 ottobre 2009. Gli studenti dello SBF, riuniti in assemblea, hanno eletto
loro rappresentante al Consiglio dei Docenti (II e III ciclo) Yunus Demirci.
30 ottobre 2009. Lo studente Marco Antonio Gudio Reyes discute la tesi di
Licenza.
7 novembre 2009. Presso lauditorium del convento di San Salvatore si
svolta la Prolusione dellanno accademico 2009-10.
529
530
14 febbraio 2010. Visitano lo SBF e sono nostri ospiti Sune Fahlgren, direttore del Swedish Christian Study Centre e George Hintlian, direttore del Institute for Christian Heritage in the Holy Land. Il Decano li ringrazia a nome della
comunit per aver organizzato il 19 novembre 2009 un incontro per commemorare P. Michele Piccirillo (Memorial Day In Memoriam P. Michele Piccirillo).
10 marzo 2010. Il Prof. A. Rof, docente emerito di Antico Testamento
allUniversit Ebraica di Gerusalemme, presenta il suo libro Introduction to the
Literature of the Hebrew Bible.
27 marzo 2010. NellAula B. Bagatti il prof. F. Sedlmeier, professore di Antico Testamento allUniversit di Augsburg in Germania e autore di diversi contributi, riguardanti specialmente la figura e il libro del profeta Ezechiele, tiene
una conversazione sul tema Personaggio storico o finzione letteraria? Ezechiele, il profeta e il suo messaggio: riflessioni. Sedlmeier ha trascorso allo SBF
parte del semestre offrendo un seminario su: Stabilir con loro un patto di pace
(Ez 34,25; 37,26). Il messaggio di salvezza nel libro di Ezechiele.
6-9 aprile 2010. Nellaula Bagatti si svolge il 36 Corso di Aggiornamento
Biblico-Teologico Lanno sacerdotale.
16 aprile 2010. Visita lo SBF il prof. Eugen J. Pentiuc, docente di Antico
Testamento ed Ebraico presso la Holy Cross Greek Orthodox School of Theology.
22-28 aprile 2010. Escursione in Giordania guidata da Massimo Luca.
14 maggio 2010. Lo studente Massimo Carlino discute la tesi di Licenza.
14 maggio 2010. Visita lo SBF il prof. Vasile Mihoc della Facolt di Teologia
Ortodossa Andrei Saguna di Sibiu (Romania). Il prof. Mihoc zio del nostro
studente Ilie Chiscari.
15 maggio 2010. NellAula B. Bagatti, il Prof. Lorenzo Perrone, ordinario di
Letteratura Cristiana Antica presso il Dipartimento di Filologia Classica e Medioevale dellUniversit di Bologna, tiene una conversazione sul tema Origenes pro domo sua: le confessioni letterarie di Origene. intervenuto un folto
gruppo di professori e studenti.
2 giugno 2010. Presso la residenza dellAmbasciatore italiano a Tel Aviv,
stato conferito a A. Niccacci lOrdine della Stella della Solidariet Italiana con il
grado di Cavaliere della Repubblica.
4 giugno 2010. Lo studente Adam Kondys discute la tesi di Licenza.
5 giugno 2010. Lo studente Jess Barahona discute la tesi di Licenza.
6 giugno 2010. G. Geiger riceve il titolo di Doctor of Philosophy (PhD)
della Faculty of Humanities dellUniversit Ebraica di Gerusalemme nella
convocazione Board of Governors 2010. La sua tesi di laurea, condotta sotto
la guida del prof. S. Fassberg, ha per titolo: The Participle in the Hebrew of the
Dead Sea Scrolls.
8 giugno 2010. Lo studente Cyriac John discute la tesi di Licenza.
531
XXXI (1981) Dedicatio P. Wolfgang Elpidio Pax. - E. Testa, La via dellEsodo - A. Niccacci,
Giobbe 28 - A.M. Buscemi, La struttura Letteraria di Gal 2,14b-21 - A. Lancellotti, Il kai narrativo
di consecuzione alla maniera del wayyiqtol ebraico nellApocalisse - F. Manns, Les rapports Synagogue-Eglise au dbut du deuxime sicle aprs J. C. en Palestine - L. Cignelli, Lesemplarit di Dio
Figlio in San Basilio Magno - G. Bissoli, S. Cirillo di Gerusalemme: omelia sul paralitico della piscina Probatica - G.C. Bottini, Lettere di Gregorio Magno relative alla Terra Santa - A. Storme, Le voyage dA. Adornes en Terre Sainte (1470-1471). Notes de lecture sur une dition rcente de son
itinraire - B. Bagatti, Liconografia della tentazione di Adamo ed Eva - G. Bissoli, Lamella con
iscrizione latina inedita - D. Chen, Byzantine Architects at Work in Mampsis and Sobota, Palaestina
Tertia - F. Manns, Nouvelles inscriptions grecques et latines de Palestine - B. Bagatti - E. Alliata, Ritrovamento archeologico sul Sion - V. Corbo - S. Loffreda, Nuove scoperte alla fortezza di Macheronte. Rapporto preliminare alla quarta campagna di scavo: 7 settembre - 10 ottobre 1981 - F. Manns,
Marc 6,21-29 la lumire des dernires fouilles du Machronte - M. Halloun - R. Rubin, Palestinian
Syriac Inscription from En Suweint - M. Piccirillo, La cattedrale di Madaba - M. Piccirillo (a
cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania I (1980-1981).
XXXII (1982) A. Niccacci, Egitto e Bibbia sulla base della stele di Piankhi - S. Loffreda, Ancora
sul sinnr di 2 Sam 5,8 - G.C. Bottini, Pose la sua faccia tra le ginocchia I Re 18,42 e paralleli
estrabiblici - F. Manns, LEvangile de Jean, rponse chrtienne aux dcisions de Jabne. Note complmentaire - A. M. Buscemi, La funzione della Legge nel piano salvifico di Dio in Gal 3,19-25 - A.
Lancellotti, Il kai consecutivo di predizione alla maniera del wqatalt ebraico nellApocalisse - G.
Bissoli, Es 15,17-18 nellinterpretazione di Filone Alessandrino - L. Cignelli, La famiglia-modello
nella Chiesa patristica - E. Testa, Lascetica encratita e i matrimoni putativi come vittoria sul peccato
originale - B. Bagatti, Liconografia dellAnastasis o Discesa agli Inferi - D. T. Ariel, A Survey of Coin
Finds in Jerusalem (Until the End of the Byzantine Period) - I. Pea, Hospederas sirias de los siglos
IV, V, VI - S. Allegretti, Una tomba del primo periodo romano sul Monte Oliveto - E. Puech, Ossuaires
inscrits dune tombe du Mont des Oliviers - M. Piccirillo, La chiesa della Vergine a Madaba - S. Loffreda, Documentazione preliminare degli oggetti della XIV campagna di scavi a Cafarnao - V.C.
Corbo, Ripreso a Cafarnao lo scavo della citt. Relazione preliminare alla XIV campagna - A. Niccacci, Su una nuova edizione della Stele di Piankhi - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico archeologica in Giordania II (1982).
XXXIII (1983) A. Niccacci, La foi eschatologique dIsral la lumire de quelques conceptions
gyptiennes - A. Lancellotti, Il vocalismo ebraico. Aderenza alla struttura semitica di fondo e coerenza interna di un sistema - G. Bissoli, Makn - Hetoimos. A proposito di Esodo 15,17 - N. Casalini, 2
Sam 12,14: problema letterario e critica del testo - E. Beaucamp, DIsae son livre. A propos dun
ouvrage rcent - F. Manns, Le Paraclet dans lEvangile de Jean - A.M. Buscemi, Lo sviluppo strutturale e contenutistico in Gal 6,11-18 - G.C. Bottini, Confessione e intercessione in Giacomo 5,16 - L.
Cignelli, Il tema del Cristo-Pace nellesegesi patristica - E. Testa, LAngelologia dei giudeo-cristiani - B. Bagatti, Liconografia della cena del Signore col pesce - D. Pringle - P. Leach, A Byzantine
Building at Burham, near Ramallah - I. Pea, Las iglesias de Jebel Baricha (Siria) de los siglos IV, V
Liber Annuus, 60 (2010), 545-553
546
1981-2009
547
stron Mefaa in Giordania I (1986-1987) - M. B. Arndt, Lucerne arabe con decorazione a vite dallo
scavo della Probatica (1956-1967) - D. Chen, Measuring the Cave of Abraham in Hebron - I. Pea,
El templo de Muchrife en el norte de Siria - D. Milson, The Late Synagogue at Hammath-Tiberias:
a Morphological Study - V. C. Corbo, Dove era il Poimnion o Campo dei Pastori? - V. C. Corbo, La
chiesa-sinagoga dellAnnunziata a Nazaret - E. Puech, Une inscription syriaque palestinienne. Note
additionnelle - S. Loffreda, Uno studio sulle lucerne bizantine - T. Vuk, Eine Feldpacht-Urkunde aus
Umma im Museum des Studium Biblicum Franciscanum - P.-L. Gatier, Une inscription latine Madaba - J. Naveh, The Fifth Jewish Aramaic Tombstone from Zoar - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca
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XXXVIII (1988) A. Niccacci, Basic Principles of the Biblical Hebrew Verbal System in Prose - A.
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I nuovi dati archeologici e le origini di Israele - L. Vigan, Enna Dagans Letter to the enof Ebla
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Two Syriac Inscriptions - A. Strus, La crypte de lglise byzantine Beit-Jimal - B. MacDonald - K.
D. Politis, Deir Ain Abata: A Byzantine Church - Monastery Complex in the Ghor Es-Safi - M. Piccirillo, La cappella del Prete Giovanni di Khirbet el-Mukhayyat (villaggio di Nebo) - E. Alliata, La ceramica dello scavo della cappella del Prete Giovanni a Khirbet el-Mukhayyat - M. Piccirillo - A.-J.
Amr, A Chapel at Khirbet el Kursi - Amman - E. Puech, Les inscriptions christo-palestiniennes de
Khirbet el-Kursi - Amman - V.C. Corbo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nova et Vetera - T. Vuk,
Ein Granatapfel aus Elfenbein. Weitere berlegungen - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania VIII (1988).
XXXIX (1989) A. Niccacci, An Outline of the Biblical Hebrew Verbal System in Prose - W. G.
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dagente nel greco biblico (LXX e NT) - F. Manns, Lecture midrashique de Jean 11 - E. Testa, Legislazione funeraria greco-romana e memorie degli eroi e dei martiri - M. Piccirillo, Uniscrizione imperiale e alcune stele funerarie di Madaba e di Kerak - R. H. Rough, A New Look at the Corinthian
Capitals at Capernaum - A. Negev, The Cathedral of Elusa and the New Typology and Chronology of
the Byzantine Churches in the Negev - S. Margalit, On the Transformation of the Mono-apsidal
Churches with two Lateral Pastophoria into Tri-apsidal Churches - M. Ben-Pechat, The Paleo-christian Baptismal Fonts in the Holy Land: Formal and Functional Study - R. Arav, The Round Church at
Beth Shean - D. Chen, Dating Synagogues in Galilee: the Case of Arbel - D. Milson, Byzantine Architects at Work at Herodium, Palaestina Prima - G. Vaccarini, I capitelli di Main - M. Piccirillo (a cura
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Cantico e Proverbi - L. Cignelli - G. C. Bottini, La concordanza del pronome relativo nel greco biblico - A.M. Buscemi, Gal 1,1-5: struttura e linea di pensiero - T. Vuk, Religione, Nazione e Stato nel
Vicino Oriente antico e nella Bibbia - N. Casalini, Democrazia e partecipazione nella Chiesa. Modelli di comportamento della generazione apostolica - E. Testa, Lapocalittica giudeo-cristiana e il problema della salvezza - F. Manns, La polmique contre les judo-chrtiens en Pesiqta de Rab Kahana
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A Church and Water Reservoir built by Empress Eudocia - J. Patrich, The Sabaite Laura of Jeremias
in the Judean Desert - R. Arav - L. Di Segni - A. Kloner, An Eighth Century Monastery near Jerusalem
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548
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Piccirillo, Il complesso di Santo Stefano a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa in Giordania (1986-1991)
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Cave (Spelaion) in the Judean Desert - D. Milson, The Design of the Ancient Synagogues in Galilee
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Ayyubid and Saljukid Dirhams and Fulus from Rujm al-Kursi - A. Ovadiah, Aspect of Christian Archaeology in the Holy Land - J. - P. Gumbert, Medieval Franciscan Manuscripts in Jerusalem - M.
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Ges in Mc 1,21-28 e i quattro esorcismi di Apollonio riferiti da Filostrato - B. Prete, Il battesimo di
Ges secondo il racconto di Lc 3,21-22 - A. Niccacci, Dallaoristo allimperfetto o dal primo piano
allo sfondo. Un paragone tra sintassi greca e sintassi ebraica - E. Testa, Lunit della Chiesa nel
pluralismo. Saggio di teologia biblica - F. Manns, Le Targum de Qohelet Manuscrit Urbinati 1. Traduction et commentaire - M. Piccirillo, La chiesa dei Leoni a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa - E.
Alliata, Ceramica e piccoli oggetti dallo scavo della Chiesa dei Leoni a Umm al-Rasas - L. Di Segni,
The Date of the Church of the Virgin in Madaba - S. Sari, Dohaleh, a New Site in Northern Jordan.
First Season of Excavations, 1990 - O. Sion, A Monastic Precinct in Khirbet Handumah?- H. Hizmi,
A Byzantine Farmhouse at Givat Ehud, Near Modiin - D. Chen, The Design of the Ancient Synagogues
in Judaea: Eshtemoa and Horvat Susiya - T. Waliszewski, Acclamatio crucis sur une lampe romaine
tardive - S. Loffreda, Ancora sulle lucerne bizantine con iscrizioni - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca
storica-archeologica in Giordania XII-1992.
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la Circoncision lglise de la Gentilit. Sur une nouvelle voie hors de limpasse - C. Paczkowski,
Lesegesi tipologica nel dibattito antipneumatomaco di S. Basilio Magno - M. Pazzini, Registrazione
e definizione del lemma nel dizionario di Rabbi David De Pommis - M. Piccirillo, La chiesa dei
Sunna Madaba - J. Patrich, The Hermitage of St John the Hesychast in the Great Laura of Sabas - Y.
Hirschfeld, Euthymius and His Monastery in the Judean Desert - I. Hershkovitz et alii, The Human
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Siria: Wadi Marthn y Banasra - E. Testa, Una lapide romana di Assisi - S. Loffreda, Motivi decorativi nelle lucerne del tipo 17A - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania
XIII-1993 - In memoriam: Elpidius W. Pax (1912-1993).
XLIV(1994) A. Niccacci, Diluvio sintassi e metodo - A. Sisti, Lattesa del profeta fedele al tempo
dei Maccabei - L.D. Chrupcaa, Il dito di Dio (Lc 11 20) nellesegesi moderna e patristica - N. Casalini, Per un commento a Ebrei - L. Cignelli - G. C Bottini, Le diatesi del verbo nel greco biblico (II)
- F. Manns, Le Targum de Ruth - Manuscrit Urbinati 1 Traduction et commentaire - M.C. Paczkowski,
Esegesi prosopografica di S. Basilio Magno - M. Pazzini, Senso lessicale e senso contestuale. Osservazioni di esegeti ebrei medievali a Es 1-20 - L. Vigan, Mari and Ebla: of time and Rulers - M.
Adinolfi, Il lago di Tiberiade e le sue citt nella letteratura greco-romana - M. Piccirillo, La chiesa
del profeta Elia a Madaba. Nuove scoperte - A. Acconci - E. Gabrieli, Scavo del cortile Bajali a Madaba - M. Piccirillo, Le due iscrizioni della cappella della Theotokos nel Wadi Ayn al-Kanisah sul
Monte Nebo - I. Zubi et al., Note sur une mosaque scne bachique dans un palais dpoque byzantine Jrash - M. Najjar - F. Said, A New Umayyad Church at Khilda / Amman - D. Armit, What was
1981-2009
549
the Source of Herodions Water? - L. Di Segni, A New Toponym in Southern Samaria - M. Piccirillo,
Uno stampo per eulogia trovato a Gerusalemme - N. Feig, A Byzantine Bread Stamp from Tiberias - S.
Loffreda, Dieci lucerne con iscrizioni - M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania XIV-1994.
XLV (1995) E. Testa, Il concetto di alleanza nella storia primitiva (Gen 2,4-11,9) - E. Cortese, C
una redazione nomistica nellopera deuteronomistica? - A. Niccacci, Syntactic Analysis of Ruth - F.
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the Ebla Administrative Reports - E. Alliata - P. Kaswalder, La Settima Stazione della Via Crucis e le
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esegesi messianica - G. Bissoli, Occhio semplice e occhio cattivo di Lc 11,34 alla luce del Targum - L.
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The Loss of the Ark According to Josephus - M. C. Paczkowski, La lettura cristologica dellApocalisse nella Chiesa prenicena - P. Dozio, Alcune note sulla lingua ebraica in Ruggero Bacone - O. Sion,
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Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania XVI-1996.
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milieu smitique de lvangile de Marc - L. D. Chrupcaa, Ges Cristo, la salvezza e il regno di Dio.
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Eb 10,19-13,25 - G. Bissoli, I testi della centralizzazione del culto secondo il Targum - C. T. Begg,
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550
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(a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania XVIII - 1998 - In memoriam: Albert Storme
(1917 - 1997).
XLIX (1999) D. Volgger, Wer bin ich? Oder noch einmal zu Ex 3,14! - E. Cortese, Su Levitico 25,
trentanni dopo - R. Riesner, Das Lokalkolorit des Lukas-sonderguts: italisch oder palstinisch-judenchristlich? - A. Niccacci, Magnificat. Una ricerca sulle tonalit dominanti - M. Prior, The Liberation
Theology of the Lucan Jesus - L. D. Chrupcaa, La prassi orante di Ges nella catechesi lucana - G.
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Christ - S. Lewis, So That God May Be All In All: 1 Corinthians 15:12-34 - J.-N. Aletti, Colossiens:
un tournant dans la christologie notestamentaire. Problmes et propositions - P. Garuti, Due cristologie nella Lettera agli Ebrei? - F. Manns, Souffrances et joie dans la premire lettre de Pierre - E.
Puech, LEsprit saint Qumrn - D. Muoz Len, El rostro nuevo del Pentateuco en el targum. Reflejos
en el Nuevo Testamento - B. Chiesa, Riflessioni e dibattiti sulla parola di Dio. Caraismo e cristianesimo - L. Perrone, Four Gospels, Four Councils - One Lord Jesus Christ. The Patristic Developments
of Christology within the Church of Palestine - C. Dauphin, From Apollo and Asclepius to Christ.
Pilgrimage and Healing at the Temple and Episcopal Basilica of Dor - J.H. Charlesworth, Anguine
Iconography in the Studium Biblicum Franciscanum Museum and Biblical Exegesis - A. Zaqzuq - M.
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Project 2007 e 2008: relazione preliminare e prospettive di indagine.
Per informazioni circa la disponibilit delle annate indicate e di quelle precedenti, rivolgersi
allEditore o al Distributore.
Tavole a colori
Fig. 2 ( 1968 BAV); p. 1345, col. 2, lin. 40: numero, lineetta e spazio doppio.
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Fig. 8 ( 1968 BAV); p. 1244, col. 1, lin. 20: lultima dipl spostata verso destra.
Fig. 12 ( 1968 BAV); p. 1454, col. 3, lin. 18: la dipl pi piccola delle altre, leggermente
a sinistra, collegata alle strisce che uniscono i due tratti formanti la lettera .
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Fig. 21 ( 1968 BAV); p. 1351, col. 3, lin. 19: numero e lineetta, senza spazio vuoto.
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Fig. 1. An oblique view of the stone oil lamp with seven nozzles. The seven branched
menorah and the seven plant species are encrusted with white and brownish patina. The
diameter of the lamp is 22 cm.
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Fig. 2. The carved menorah is the main decorative element on the oil lamp. Three half
concentric circular branches arranged on both sides of a vertical stem, are built of astragal-like beads. The menorah stands on a tripod-shaped base. There appears to be an
oil lamp with a flame at the top of each branch. The height and width of the menorah is
2.6 cm.
Fig. 3. The carved menorah (part), the wheat ear, the figs and the pomegranate ornamentation (part) showing the brown to white layering of the patina on and around the symbols (decoration circular zone = 3.6 cm).
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Fig. 5. The carved barley ear, the two olive branches the grape leaf, associated with a bunch
of grapes and part of the palm tree (decoration circular zone = 3.6 cm).