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PROSPER GRECH

RIVISTA BIBLICA
Organo dell'Associazione Biblica Italiana (A.B.I.)
Pubblicazione trimestrale

Comitato direttivo:
Rinaldo Fabris, Presidente dell'A.B.l. - Direttore: Rinaldo Fabris

Vice-direttore: Ermenegildo Manicardi

Comitato di redazione:
Innocenzo Cardellini, Bruna Costacurta, Giuseppe Ghiberti, Claudio Gianotto,
Giorgio Jossa, Cesare Marcheselli-Casale, Benito Marconcini, Corrado Marucci,
IL MESSAGGIO BIBLICO
Romano Penna, Gian Luigi Prato

Segretario di redazione: Roberto Mela


E LA SUA
Direttore responsabile: Alfio Filippi

Supplementi alla Rivista Biblica


INTERPRETAZIONE
13. Carena O., Il resto di Israele
14. Spreafico A., Esodo: memoria e promessa
15. Priotto M., La prima Pasqua in Sap 18,5-25
16. Valentini A., Il Magnificat Saggi di ermeneutica, teologia ed esegesi
17. Vanni U., L'Apocalisse. Ermeneutica, esegesi, teologia
18. Marcheselli-Casale C., Risorgeremo, ma come?
19. Tosco L., Pietro e Paolo ministri del giudizio di Dio
20. Boschi B.G., Le origini di Israele nella Bibbia fra storia e teologia
21. Bosetti E., Il pastore
22. Dalbesio A., Quello che abbiamo udito e veduto
23. Carbone S.P., La misericordia universale di Dio in Rom 11,30-32
24. Cilia L., La morte di Gesù e l'unità degli uomini (Gv 11,47-53; 12,32)
25. Cent'anni di esegesi I: L'Antico Testamento, a cura di IL. Vesco
26. Cent'anni di esegesi II: Il Nuovo Testamento, a cura di J. Murphy-O'Connor
27. D' Alario V., Il libro del Qohelet
28. Tarocchi S., Il Dio longanime
29. Grasso S., Gesù e i suoi fratelli
30. Deiana G., Il giorno dell'espiazione
31. Biguzzi G., I settenari nella struttura dell'Apocalisse
32. Sembrano L., La regalità di Dio
33. La Parola di Dio cresceva (At 12,24), a cura di R. Fabris
34.11 deposito della fede. Tin1oteo e Tito, a cura di G. De Virgilio
35. Romanella S., Una legge buona ma impotente
36. lnitium Sapientiae, a cura di R. Fabris
37. Biguzzi G., Velo e silenzio. Paolo e la donna in lCor 11,2-16 e 14,33b-36
38. Mysterium Regni ministerium Verbi, a cura di E. Franco
39. Bulgarelli V., L'immagine della rugiada nel libro di Osea
40. Marino M·., Custodire la Parola
41. Vironda M., Gesù nel Vangelo di Marco
42. Betori G., Affidati alla Parola
43. Cortese E., La preghiera del Re
44. Grech P., Il messaggio biblico e la sua interpretazione
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
Prefazione

Sono molto grato al!' Associazione Biblica Italiana che ha accettato di pub-
blicare questa scelta di articoli miei apparsi dopo la pubblicazione, nel 1986, del
volume Ermeneutica e teologia biblica. Anche la presente raccolta tratta di er-
meneutica storica, di teologia biblica ed esegesi; essa contiene temi richiestimi
in occasione di congressi e conferenze, conseguentemente apparsi in miscella-
nee, riviste ed enciclopedie di non facile reperibilità, Alcuni sono articoli di sin-
tesi, utili per una rapida revisione, altri più impegnativi possono interessare sia
a colleghi docenti sia ai loro studenti, oltre a laici che vogliono approfondire la
propria cognizione teologica. In una collezione del genere sono inevitabili le ri-
petizioni, e l'angolatura dei contributi è spesso dettata dall'occasione in cui una
certa conferenza viene letta, oppure dalla natura del volume cui l'articolo è de-
stinato, Non ho voluto cambiare niente dell'originale, ma ho aggiunto una nota
che chiarisce il Sìtz im Leben di ciascuno degli articoli perché si capisca meglio
lo scopo del contributo. Ho anche lasciato i cc. 8 e 18 in inglese, convinto che gli
studiosi di Sacra Scrittura lo comprendono bene. Ringrazio i vari- editori per il
permesso di ripubblicare questi articoli; e mentre chiedo venia se, come "extra-
comunitario", non sempre faccio onore alla lingua di Dante, spero che il volu-
me sarà utile ai teologi e ai biblisti italiani.

© 2005 Centro editoriale dehoniano


via Nosadella, 6 - 40123 Bologna
EDB (marchio depositato)

ISBN 88-10-30233-8

Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2005


Parte prima

Saggi di ermeneutica
Capitolo primo

Ermeneutica biblica:
breve prospetto storico*

1. INTRODUZIONE

La parola «ermeneutica» nel contesto di un dizionario di teologia fonda-


mentale comprende un ambito più ampio di quello che avrebbe nel contesto di
teologia biblica. In quest'ultima il termine può significare semplicemente il me-
todo di fare esegesi, cioè di arrivare all'intenzione originale di uno scrittore bi-
blico, ovvero estrarre dal testo biblico pensieri utili per la vita cristiana. Dall'il-
luminismo in poi l'ermeneutica comprende pure la relazione tra ragione e fede
nell'interpretazione della Bibbia, la relazione tra storia e teologia e quella tra un
possibile «mito» scritturistico e il preintendimento filosofico contemporaneo. Di
fatto entrano nell'ambito dell'ermeneutica le varie teologie odierne derivate dal
contatto del testo sacro con le differenti scuole filosofiche e ideologiche .con-
temporanee. Tutto questo viene pure compreso dall'ermeneutica in un contesto
di teologia fondamentale, ma poiché dopo la Riforma l'ermeneutica da metodo
interpretativo è diventata una disciplina a se stante che tocca, secondo le opi-
nioni dei vari autori, problemi come l'arte della comprensione, il valore e l'in-
terpretazione della tradizione umanistica, la conoscenza come ermeneutica del-
l'essere, la storicità della verità, il ruolo del soggetto nell'interpretazione, le va-
rie funzioni del linguaggio e la relazione tra le filosofie e le ideologie, si com-
prende bene che l'ermeneutica si fa carico di problemi gnoseologici, ontologici,
storici e linguistici che iuvadono l'intero campo della teologia fondamentale. Da
essi dipendono decisioni radicali circa l'immutabilità della verità, la possibilità
di conoscerla, il valore dei dogmi della Chiesa, la demitizzazione e la possibilità
di intendersi tra culture diverse. In questa selva oscura il colnpito di dare un fon-
damento razionale alla comprensione della rivelazione si fa sempre più diffici-
le, anche perché l'ermeneutica stessa, pur avendo come scopo quello di chiarire

,., R. LATOURELLE - R. FISICHELLA (edd.), Dizionario di teologia fonda1nentale, Cittadella,


Assisi 1990, 382-392. L'articolo è una versione abbreviata ma aggiornata della voce {<Ermeneutica>>,
in P. ROSSANO - G. RAVASI - A. GJRLANDA (edd.), Nuovo dizionario di teologia biblica, Edizioni
Paoline, Milano 1988, 464-489.
Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 11
10 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
attribuire l'AT in tutto o in parte al Demiurgo, ovvero al «Dio giusto». L'esege-
chiarezza una via d'uscita. In questo articolo seguiremo un'esposizione sto.rica si gnostica partiva dal presupposto dei diversi sistemi, attribuiti agli apostoli, che
del problema, indicando infine le questioni esegetiche, filosofiche e teologiche li trasmisero a loro con una tradizione segreta, e nel contesto di questi sistemi
che toccano la teologia fondamentale, erano interpretate frasi singole, sia del!' AT sia del NT, spesso distaccate dal con-
testo e manipolate per dare un senso gnostico.
2, STORIA DELL'ERMENEUTICA BIBLICA La Chiesa Grande non trova meno difficoltà nell'ermeneutica veterote-
stamentaria. Già La lettera di Barnaba inizia una spiegazione allegorica mentre
A parte l'ermeneutica demitizzante e allegorica ch_e facevano gli _ellenisti Giustino, facendo l'apologia del cristianesimo contro i pagani e contro gli ebrei,
dei racconti omerici, la reinterpretazione come è confluita nella-tradizione ~r1- rilegge cristologicamente i testi profetici in un modo che convincerebbe un cri-
stiana ha i suoi inizi già nel!' Antico Testamento. Il testo ebraico della nostra Bib- stiano credente ma lascerebbe molti dubbi nella mente di nn rabbino che non
bia è stato fissato dai rabbini nel primo secolo della nostra era; fmo ad allora era accetta il presupposto cristiano. Questa dicotomia nella spiegazione del!' AT ha
abbastanza flnido, e gli stessi scribi potevano glossarlo con _espressioni_ di chian- sempre diviso l'esegesi cristiana da quella ebraica, particolarmente se si suppo-
mento o di portata teologica. Ma ancora prima, nello st_ad10 dr collez10ne e re- ne, come fa Giustino e dopo di lui tutti i padri preniceni, che il Logos non ave-
dazione di testi tradizionali, trovian10 una re1nterpretaz1one continua che ada_t- va soltanto creato il mondo ma era anche l'autore dell'AT e illuminava i filoso-
ta provvedimenti nomistici alle circostanze _contei:i-poranee e rilegge le pr~fez1e fi greci.
alla luce degli ultimi avvenimenti della stona salvifica con metodo haggadrco. A È Ireneo che, avendo a che fare con gli gnostici, stabilisce nna volta per
questo si aggiunge l'interpretazione semantologica d~ sogrn e v1s10rn. Il s1gmf1ca- sempre certe regole di ermeneutica cristiana che sussistono fino ad oggi. A dif-
to di tutto ciò è che, per gli ebrei, la Torah e 1 profeti parlano sempre alla gene- ferenza degli gnostici, i passi oscuri della Scrittura devono essere spiegati da
razione che li legge. Raccontano sì della storia,.m~ no? per puro inter~sse stori- quelli più chiari (Adv. Haer. II,10), ogni frase deve essere capita nel suo conte-
cistico bensì storia attualizzante con un messaggio a1 contemporanei. Il senso sto immediato (Adv. Haer. I,8,l; I,9,4), ma anche nel contesto cli tutta la Bibbia,
storico dell'autore ha valore soltanto in quanto parla ancora nel presente. AT e NT, che ha un solo Dio come antore. Ciò non basta, la Bibbia deve essere
La letteratura intertestamentaria, in gran parte apocalittica, è anche di na- letta nel contesto della regula [i.dei (A dv. Haer. 1,10,1) che ci viene trasmessa
tura ermeneutica. Voleva essere un'interpretazione dei loro tempi nella luce non in modo esoterico ma pubblicamente dai vescovi delle diverse Chiese (Adv.
della tradizione biblica con la quale si ricollegava per mezzo di riferimenti, cita- Haer. IV,26, 1-4). Queste regole per trovare il vero senso della Scrittura furono
zioni implicite o rielaborazione midrashica. Al tempo di Gesù, poi, s1 trovano elaborate da Ireneo nel contesto della controversia antignostica. Ma quando si
delle vere senale esegetiche che vanno dal rnidrash dei targurmm fmo allittera- spiega l'AT al popolo credente per nutrirlo spiritualmente, quale spiegazione si
lismo dei rabbini della tendenza farisaica che vogliono giustificare la loro tradi- deve fare della storia e delle leggi degli ebrei? Il problema viene risolto da Ori-
zione interpretativa orale con mezzi ermeneutici letterali~t~ci; dall'esegesi setta- gene per mezzo dell'esegesi allegorica, già praticata da Filone e dagli ellenisti.
ria di Qumran all'allegorismo di Filone e degli alessandnm. Ciò non significa che Origene non si curi del senso storico e letterale: la Hexa-
L'esegesi giudaica del pri1no secolo no~ è rimasta .se~za rifless~ n~l Nuov? plii curata da lui con spese ingenti lo dimostra ampiamente. Ma la storia, a li-
Testamento. Nella rilettura dell'AT la tecmca letterana e molto s1m1le, ma il vello di semplice racconto, è buona per i simpliciores, il «Corpo» nella Chiesa; i
contenuto è completamente diverso, benché in linea con la reinterp~eta~ione proficienti, l' «anima» nella comunità, cercano un senso morale, mentre gli spiri-
tradizionale che troviamo nella stessa Bibbia, quella, cioè, di rileggere 1 testi co~ tuali hanno bisogno dell'allegoria, ovvero il senso teologico. Si deve stare atten-
il preintendimento offerto dagli ultimi avvenimenti della storia della salvezza. E ti alla terminologia di Origene, che egli espone nel De principiis IV, perché «sen-
ovvio che per Gesù l'avvenimento precipuo è l'arrivo del regn_o di_ D10, per_gh so spirituale)-> non sempre si oppone a «Senso letterale» ma spesso a «senso ma-
scrittori neotestamentari la venuta, la morte e la risurrezione d1 Cristo, cu1:1111n~ teriale» che più volte corrisponde al nostro senso redazionale.
dell'opera salvifica di Dio. L'avvenimento Cristo, d_i _conseguenza, illumma_ 11 Contro l'allegoria si ribellarono gli antiocheni, Diodoro di Tarso, Teodoro
senso del testo biblico da cui però riceve 11 suo s1gn1ficato. Il NT, qmnd1,_ offre di Mopsuestia e Giovanni Crisostomo, anche se essi stessi ne facevano uso nel-
certi tipi di ermeneutica che diventeranno paradigmatici per l'esegesi patnsl!ca: le loro prediche. Ma essi insistettero sul senso letterale, cioè il senso delPautore,
spiegazione letterale, midrashica, midrash pesher, allegona e t1pologra, partico- da cercare attraverso le circostanze storiche della composizione del libro. Però
larmente in passi come Rm 9-11, Gal 4, 1Cor 10 ed Eb. con questo tipo di esegesi subito scoprirono che alcuni testi profetici, comune-
Quello però che ha messo in crisi l'ermeneutica d.el secondo secolo, era la mente interpretati come messianici, non parlavano veramente del messia in mo-
tesi paolina che negava ogni valore salvifico alla Torah m quanto_ tale. Questa fn do diretto. Quindi proponevano la teoria della theoria, o visione. Con ciò sup-
la causa del rifiuto di Paolo da parte dei giudeo-cnstram eb10rnll, che erano an: ponevano che un profeta parlasse di un avvenimento futuro prossimo che sa-
corali alla Legge. D'altra parte diede l'occasione agli gnostici e a Marcrone dr
12 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 13

rebbe diventato tipo per un altro avvenimento da compiersi in un futuro inde- te la pietà e venerazione del lettore, era pari a quello della lettura di opere clas-
terminato: così Diodoro nella sua prefazione ai salmi, particolarmente al Sai siche. Segue che da quel momento l'ermeneutica comincia a diventare, da me-
118, e Teodoro su Gal 4,22-31. I commentari di Crisostomo sembrano aridi in todo per interpretare la sacra Scrittura, una disciplina a sé stante avendo come
confronto alla ricchezza teologica di un Origene. L'anello tra antiocheni e ales- oggetto opere letterarie o artistiche. Uno dei padri di questa nuova disciplina è
sandrini viene fornito dai Padri cappadoci, i quali, facendo teologia biblica, par- Mattia Flacio Illirico (1520-1575), teologo luterano che, per sottolineare l'auto-.
lavano di skop6s e akolouthia che comprendevano sia lo scopo dell'autore sia sufficienza della Scrittura, propone il «circolo ermeneutico», con cui spiegare il
l'accompagnamento salvifico dell'opera di Dio. tutto attraverso le parti e le parti attraverso il tutto.
Ma è Agostino, che nei libri II e III del De doctrina christiana codifica dei Nel periodo dell'illuminismo, però, anche il razionalismo entra nella teo-
principi ermeneutici di critica testuale, letteraria e teologica, che hanno domi- logia, particolarmente per opera di B. Spinoza. Il soprannaturale viene spesso
nato tutto il medioevo latino. Il rètore ipponense, distinguendo tra rese signa, e ridotto nei limiti del razionale, quindi l'ermeneutica «Sacra» diventa un dipar-
questi tra propria e impropria, dà le regole per discernere la metafora dall'alle- timento di quella filosofica o letteraria con J.H. Ernesti. Ma lo scrittore che po-
goria, mentre sottolinea il senso letterale che è il vero senso inteso dallo Spirito ne il problema e offre soluzioni che sono ancora vive è senza dubbio F.D.E.
Santo, benché l' AT abbia pure un senso spirituale se letto con occhi cristiani. Il Schleiermacher (1768-1834), il quale, oltre che nello spirito protestante e illu-
contesto è sia prossimo, sia scritturistico, sia della regula [idei. Quindi ammette ministico, vive anche in pieno romanticismo tedesco. Quest'autore è general-
un certo sensus plenior che egli, particolarmente nei commenti dei salmi, espri- mente conosciuto per la sua teoria dell'intuizione geniale che unisce lettore e
me con l'aiuto delle sette regole ermeneutiche di Ticonio. Il medioevo codifica scrittore e risolve il problema della distanza temporale che separa l'uno dal-
l'esegesi agostiniana nei quattro sensi classici: letterale, allegorico, morale e ana- l'altro. Questo, però, è solo un aspetto secondario di Schleiermacher. La sua fi-
gogico: «Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas losofia ermeneutica è molto più ampia. In primo luogo, l'ermeneutica è l'arte
anagogia». della comprensione, non della spiegazione, oggetto della retorica. Non si limita
Se vogliamo adesso riassumere la teoria ermeneutica della tradizione, fi- a opere scritte dell'antichità, ma ad ogni specie di discorso, anche orale. L'atto
nora esaminata, possiamo dire che abbiamo un testo biblico che ha in sé più del parlare (o dello scrivere) è un fatto linguistico che si deve considerare sia
possibilità di spiegazione di ciò che l'autore storico abbia inteso. L'intenzione sul piano storico dello sviluppo della lingua sia su quello dello sviluppo di co-
dell'autore sarà sempre il primo senso, ma la comunità che lo legge, sia essa la lui che parla. Lo stile è l'anima del tutto. C'è quindi un aspetto strutturale e uno
sinagoga o la Chiesa, ne estrae altri significati, edotta dallo svolgimento della fenomenologico. L'analisi filologica serve a decifrare l'aspetto linguistico men-
storia, di modo che il testo parli continuamente a ogni generazione successiva. tre l'aspetto psicologico si coglie con tutti quei mezzi storici e letterari che con-
Testo e comunità, quindi, sono inseparabili in quanto la comunità diventa il tribuiscono alla psicologia individuale dell'autore e fanno nascere l'intuizione
contesto di lettura insieme al momento storico. Le 1nodalità di esprimere, o di geniale. Comprendere un autore tuttavia non significa oggettivizzarlo e svisce-
esplicare, questa continua comprensione sono influenzate dall'ambiente cultu- rare il significato conscio dei suoi asserti. Siccome il parlare o lo scrivere è un
rale in cui si legge, che necessita qualche volta di una traduzione, o, meglio, di «atto» che quasi prescinde dall'io, il cerchio della comprensione non si chiude
una traslazione da un linguaggio culturale all'altro, oltre che da un passato a mai perché la genialità dell'interprete trova nel testo delle verità non intese
un presente. Trattandosi di un testo ispirato, è lo Spirito operante dentro la co- dall'autore che, nell'atto della comprensione, diventano un nuovo avvenimen-
munità che realizza le possibilità del testo in rapporto con la regula fidei vis- to storico e così via in qualsiasi altra circostanza di lettura. La soggettività del-
suta. l'interprete viene compresa nel circolo ermeneutico. La trasparenza del testo
non è un fine, ma un mezzo del nuovo avvenimento comprensivo che ridiven-
ta per conto suo oggetto di comprensione. Prima di arrivare a Dilthey, che è la
3. L'ERMENEUTICA MODERNA prossima pietra miliare nella storia dell'ermeneutica, giova dire una brevissima
parola su alcuni altri autori dell'800 tedesco. W. von Humboldt, per esempio,
Con Lutero accade una vera rivoluzione nell'ermeneutica biblica. Con i potenzia il ruolo del soggetto nella comprensione non solamente nel campo del
suoi principi di «sola Scriptura» e «Scriptura sui ipsius interpres», la Riforma linguaggio - posso comprendere solo se sento ciò che penso io, messo in pa-
stacca l'interpretazione biblica dalla Tradizione, dalla Chiesa e dal Magistero, role da un altro - ma anche nella ricerca storica, nella quale è il ricercatore
rendendola un libro che si può interpretare individualmente con l'aiuto dello che deve dare unità logica ai frammenti che risultano dai documenti, una unità
Spirito Santo. I metodi ermeneutici dei Padri non bastavano più perché la Scrit- logica analoga a quella del momento in cui vive lo storico. Per J.G. Droysen
tura, malgrado la sua quasi divll1izzazione da parte del Riformatori, viene ri- contribuisce alla coscienza e conoscenza storica il fatto che oggetto della nostra
dotta a livello di qualsiasi libro dell'antichità. Il modo di leggerla, dunque, a par- ricerca sono avvenimenti della cui eredità viviamo oggi. Però i documenti non
14 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 15

hanno soltanto un contenuto fattuale ma rivelano pure lo stato d'animo, la psi- L'ansia di creare sempre il proprio futuro può diventare terrore, particolarmen-
cologia, l'èthos di chi li ha composti, un altro mondo quindi. La loro compren- te di fronte alla morte. L'orizzonte in cui si sviluppa l'essere è il tempo, passato,
sione è possibile solo perché con questo mondo abbiamo in comune la nostra presente e futuro. Lo studio del modo in cui l'uomo abbia compreso e attualiz-
natura umana che serve, come si dirà più tardi, da preintendimento. A. Boeckh zato le sue possibilità nel passato, apre l'orizzonte alle possibilità presenti per
è concorde con l'idea storica di Droysen in quanto si riferisce alla conoscenza proiettarsi nel futuro ed «esplicarsi» o autorealizzarsi come uomo. Quindi la fi-
storica come conoscenza del già cognito perché tutto è frutto dello spirito uma- losofia è essenzialmente un'ermeneutica, l'ontologia è l'interpretazione dell'es..:
no. Comprendere un autore del passato non significa soltanto spiegarlo ma sere. Ma l'uomo non deve esplicare ciò che è esterno a lui, perché costitutiva
comprenderlo meglio di quanto egli comprese se stesso, in quanto per un'epo- dell'essere-nel-mondo del Dasein è una certa comprensione primaria esisten-
ca posteriore si rendono espliciti molti fattori d'influenza su uno scrittore, fat- ziale che agisce da preintendimento. La comprensione umana è linguistica dina-
tori ignoti a lui ma non a noi. L'interpretazione però ha a che fare con l'opera tura sua, il linguaggio ordina la comprensione, e le asserzioni autentiche dei
in assoluto; l'opera considerata in relazione al suo ambiente è frutto della cri- pensatori o poeti sono interpretative dell'esistenza. Il loro studio, dunque, è lo
tica. studio della storia dell'autocomprensione del Dasein e delle sue possibilità, se
W. Dilthey (1833-1911 ), nel quadro dello «Spirito oggettivo» hegeliano, di- queste asserzioni non sono mere chiacchiere (Gerede). Questo aspetto linguisti-
stingue tra Naturwissenschaften, scienze della natura, e Geisteswissenschaften, co viene sviluppato nel «Secondo» Heidegger. Verità è a-lètheia, uno svelarsi del-
scienze umanistiche. Queste si regolano autonomamente con il loro statuto pro- l'Essere all'uomo, che diventa, per mezzo della sua comprensione e del suo lin-
prio. Mentre per Schleiermacher la comprensione era un fatto linguistico, per guaggio, un altoparlante della voce muta dell'Essere. L'ermeneuta, dunque, non
Dilthey essa diventa una categoria vitale. L'esperienza della vita di tutti gli uo- è uno che spiega soltanto il significato delle parole, perché queste servono solo
mini, i loro sentimenti, la loro comprensione del proprio mondo sociale e cultu- per rivelare il linguaggio dell'epoca, un linguaggio forse troppo stretto per espri-
rale, si esternano per mezzo di espressioni vitali (Lebensiiusserungen), o di quel- mere la totalità della comprensione e quindi traducibile in un linguaggio odier-
le quotidiane, ovvero di quelle più alte delle arti, della letteratura, delle istitu- no più adatto alla nostra auto-comprensione.
zioni, ecc. Oggetto dell'ermeneutica sono proprio queste manifestazioni in L'insistenza sul linguaggio del secondo Heidegger conduce allo studio di
quanto esprimono l'intendimento dell'uomo a proposito del suo mondo vitale. H.G. Gadamer in Wahrheit und Methode. Ermeneutica è comprensione, ma
Nel processo storico tali espressioni vitali si cristallizzano in esteriorizzazioni questa comprensione avviene quando il lettore, vivendo nel presente e quindi
che hanno perso il contatto con la fonte dell'esperienza. L'ermeneutica, facen- erede di certi pre-giudizi che gli sono arrivati attraverso il continuo della storia
done l'oggetto del proprio studio, ha il compito di riconvertire queste manife- culturale, si confronta con il testo. L'orizzonte del testo e l'orizzonte del lettore
stazioni umanistiche in esperienza vitale dell'uomo contemporaneo. La ragione si fondono l'uno nell'altro di modo che ciò che era pre-comprensione si modifi-
umana è il continuo che le congiunge. La comprensione, quindi, con Dilthey, di- chi e diventi comprensione. Ma questa comprensione non è assoluta, è anch'es-
venta un principio esistenziale senza cessare di essere un concetto metodologi- sa un anello storico nella catena di varie comprensioni storiche del passato. Il
co delle scienze umanistiche, ma la distinzione tra comprensione e interpreta- continuo della tradizione è Wirkungsgeschichte (= storia dell'effetto) dei testi
zione diventa sempre più oscura. all'origine della nostra cultura e si manifesta nel linguaggio, nel quale i valori
Nell'ultimo decennio della sua vita Dilthey si era basato sul metodo feno- culturali si innestano. Benché il testo sia normativo, l'interpretazione è un pro-
menologico di Husserl. Su ambedue si appoggia M. Heidegger per portare l'er- cesso continuo e non si può dire che una interpretazione sia definitiva, perché
meneutica al suo culmine esistenziale. Il filosofo di Marburg vuole studiare l'es- l'atto comprensivo si rinnova di generazione in generazione per ogni interpre-
sere come tale, quello che trattiene gli esseri dal ricadere nel nulla. Ciò non può te, facendo nascere una nuova verità che diventa essa stessa oggetto di inter-
essere fatto studiando gli esseri direttamente senza cadere nello schema sog- pretazione. La catena di spiegazioni che concretizzano la comprensione è, per
getto-oggetto, ma poiché il luogo privilegiato dove l'essere si manifesta è il Da- Gadamer, la tradizione.
sein, cioè l'essere umano, è in lui che si può studiare. L'uomo, come in Dilthey,
non è un'essenza precostituita e assoluta, ma è la sua stessa possibilità e guada-
gna la sua existentia con le sue scelte. È una trascendenza finita la cui struttura 4. LA DIMENSIONE TEOLOGICA DELL'ERMENEUTICA MODERNA
contiene delle relazioni con il mondo che lo circonda (in-der-Welt-sein). Se il
Dasein si spersonalizza come un essere qualunque, cade nell'esistenza inauten- A questo punto dobbiamo uscire dal campo filosofico e andare a quello
tica, se al contrario realmente accetta di essere il luogo in cui si manifesta l'es- teologico, per ritornare al primo in seguito. È ben noto che le discussioni er-
sere e realizza tutte le sue possibilità diventa esistenza autentica, ciò che si fa meneutiche studiate finora, particolarmente l'Heidegger di Sein und Zeit, han-
lottando continuamente per non ricadere al livello di oggetto (Verfallenheit). no avuto la loro ripercussione nella teologia di R. Bultmann. La teologia fon-
16 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 17

damentale odierna non può più prescindere dal fare i conti con la problemati- Jesu, di Jeremias sulle parabole, di Gerhardsson sul modo semitico di trasmis-
ca bultmanniana che si svolge su tre piani: la messa in questione della storicità sione orale, mentre K. Berger ha recentemente rivoluzionato la Formgeschichte
dei vangeli, la rilevanza della nostra conoscenza del Gesù storico sulla nostra come metodo letterario.
fede nel Cristo del kerygma e la questione della demitizzazione del messaggio Anche l'ermeneutica demitizzante non ebbe miglior fortuna. Dopo un pri-
del NT. Con il presupposto della Formgeschichte, secondo cui la maggioranza mo successo, quando teologi provenienti da diverse scuole filosofiche produsse-
dei detti di Gesù e dei racconti del vangelo sono stati creati dalla comunità ro diverse «teologie» ermeneutiche (van Buren dal positivismo logico, Belo e
primitiva, Bultmann ha tagliato le gambe alla storicità dei vangeli. Non era una Gutiérrez dal marxismo, la «Process Theology» da Whitehead, ecc.), si è comin-
tesi nuova; fin dai tempi di Reimarus alla fine del '700 una tale convinzione si ciato a vedere che la teologia di Bultmann svuotava il cristianesimo del suo con-
stava preparando. Le conseguenze di una simile tesi sono deleterie per la teo- tenuto rivelato oltre che del suo fondamento storico, quindi la critica di gnosti-
logia fondamentale. Ma questo fatto non sconvolse Bultmann che, da buon cismo non era ingiustificata. Se, invece di «mito» parliamo di linguaggio simbo-
protestante, non ammetteva che la sua fede in Cristo fosse fondata su qualsia- lico, una via di mezzo si potrebbe trovare negli scritti di P Ricoeur. Da Dilthey
si ragione, anche storica. Quindi, anche se la vita di Gesù potesse essere cono- in avanti si era detto che l'uomo deve essere studiato attraverso le manifesta-
sciuta ora per ora, ciò secondo questo principio non avrebbe aggiunto niente zioni culturali nella sua storia. Ricoeur riprende questo motivo asserendo però
alla sua sicurezza nella fede, anche perché la fede, in Bultmann, non è questio- che molte di queste manifestazioni culturali sono codificate in segni e simboli o
ne di accettazione di verità rivelate, ma di fiducia nel futuro di Dio che ci fa miti, i quali hanno una funzione retrospettiva verso la loro origine e una faccia
uscire dalla nostra autoasserzione che è l'essenza del «peccato» (parallela al- teleologica che guarda avanti verso la maturazione dell'uomo. Questi simboli
l'esistenza inautentica di Heidegger). Le verità tradizionali del cristianesimo, devono essere decodificati con i metodi della psicanalisi e delle altre scienze
inoltre, possono servire da precomprensione perché si arrivi a una tale fede, perché possano parlare con un linguaggio intellegibile all'uomo in un certo sta-
ma non sono il suo oggetto proprio. Esse sono formulate in un linguaggio di dio di maturazione.
duemila anni fa che risente della visione mitica del mondo presso ebrei ed el- Il linguaggio biblico è spesso simbolico, pensiamo soltanto ai racconti di
lenisti e che, perché sia accettabile all'uomo di oggi, ha bisogno di essere ritra- Gen 3-11. Il mito non deve essere né ridotto alle origini istintuali di Freud né
dotto, o demitizzato, in un linguaggio più moderno. Questo linguaggio Bult- svuotato del suo contenuto intellettuale come fa Bultmann, ma integrato nella
mann lo trova nella filosofia esistenzialista di Heidegger, come aveva fatto H. riflessione teologica sulla rivelazione nel suo vero significato. Il mito concerne
Jonas per lo gnosticismo. Quindi incarnazione, risurrezione, redenzione, grazia la corteccia, non il nucleo della fede.
e sacramenti ricevono un'interpretazione antropocentrica in funzione della La Chiesa cattolica, con una serie di documenti che vanno dalla Providen-
decisione di fede che avviene nel contatto con la parola di Dio e che è simul- tissimus Deus del 1893 alla Dei Verbum del concilio Vaticano Il, ha incoraggia-
taneamente salvezza, redenzione e giudizio, un'escatologia realizzata, «pun- to lo studio della sacra Scrittura, che era diventato quasi monopolio dei prote-
tuale». stanti. Questi documenti contengono indicazioni ermeneutiche come regole per
Come Bultmann si era appoggiato al primo Heidegger del Sein und Zeit, i arrivare al vero sensus auctoris, che è quello inteso pure dallo Spirito Santo che
cultori della «Nuova Ermeneutica», particolarmente E. Fuchs e G. Ebeling, ispira la Bibbia. Essi ammettono progressivamente mezzi tecnici come lo studio
hanno continuato il discorso del secondo Heidegger e di Gadamer. Anche loro dei generi letterari, certi aspetti metodologici della Formgeschichte e la pratica
coltivano la storia delle forme come metodo, però sono meno scettici di Bult- della filologia, nella consapevolezza che qui si tratta di un libro sacro che biso-
mann di raggiungere alcuni dati sicuri su Gesù. Il ritorno al Gesù storico non è gna interpretare nel contesto della Tradizione con la guida del Magistero. Que-
soltanto possibile, ma anche necessario in quanto egli è l'iniziatore del nostro ste dichiarazioni, però, non toccano l'ermeneutica nel senso filosofico della pa-
linguaggio di fede, un linguaggio sorto dal contatto con Dio, concettualizzato in rola, lasciando una moltitudine di questioni aperte dalle quali l'esegesi, e parti-
linguaggio, ma che in ogni generazione che lo legge si scioglie e ridiventa un'e- colarmente la teologia fondamentale, non possono prescindere se devono dare
sperienza di fede che a sua volta diviene linguaggio da interpretare. Riprodurre risposte adeguate agli interrogativi di oggi. Su tali questioni torneremo in se-
in me stesso la fede di Gesù significa credere in Cristo. La conoscenza del Gesù guito.
storico è quindi indispensabile per la fede. Torniamo, però, alle discussioni ermeneutiche successive a Gadamer. Lo
La dissociazione di storia e fede in Bultmann viene criticata da tutte le par- possiamo fare soltanto accennando ad alcuni problemi che incidono sulla nostra
ti: perché rimuove lo «extra nos» della salvezza (Kasernann); perché sa di gno- materia. Era da aspettarsi che la tesi di Gadamer non rimanesse senza sfida.
sticismo e docetismo (Jeremias); poiché non rimane nessun criterio per giudica- Reagiscono contro il soggettivismo dell'interpretazione, ciascuno dal suo punto
re tra le diverse cristologie postpasquali (Robinson). Anche il suo scetticismo di vista, E. Betti, E.D. Hirsch e P. Szondi. Questi insistono che con i criteri ga-
critico è oggi molto ridimensionato con gli studi di Schiirmann sul Sitz im Leben dameriani non rimane nessuno strll;mento per verificare la verità o la falsità di
18 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 19

un'interpretazione perché il soggetto si sostituisce troppo all'autore e, venuta a versia in questo campo suscita nella teologia fondamentale, indicando sia i con-
mancare la visione hegeliana di totalità, si cade in un frammentarismo storici- tributi sia le limitazioni e i pericoli delle diverse posizioni.
stico. Il vero senso di un passo - essi sostengono - è quello inteso dall'auto- Il campo più toccato è ovviamente quello dell'esegesi biblica. Finora, sia
re, ed è un senso chiuso e completo. Ciò che quel significato oggettivo ha da di- nell'area cattolica, sia in quella protestante si è pensato che il vero senso della
re a me (Bedeutung-Bedeutsamkeit; meaning-significance) è una cosa completa- Scrittura, quello ispirato dallo Spirito, è il senso letterale, cioè quello inteso dal-
mente differente e dipende dalla mia soggettività in relazione al testo, il cui sen- l'autore. Abbiamo visto che, con il potenziamento del ruolo del soggetto inter"
so può essere approfondito con ulteriori studi che fanno capire meglio l'autore, prete, la mens auctoris corre il pericolo di svanire. D'altra parte abbiamo pure
ma non escono dalla mens auctoris. constatato che certi testi dell'AT vengono utilizzati teologicamente nel NT non
Dal punto di vista filosofico, la visione di Gadamer viene molto corretta da secondo il loro senso letterale, ma riletti dal punto di vista degli ultimi avveni-
L. Pareyson, che dà un fondamento ontologico all'interpretazione mantenendo menti della storia salvifica. I Padri, poi, traggono dal testo sensi allegorici che non
l'unità della verità e la pluralità delle sue manifestazioni, in quanto la verità del- sono frutto di pura fantasia. Da ciò possiamo concludere che il testo come tale,
l'essere si svela continuamente o sporadicamente nei grandi avvenimenti della come consegnato alla Chiesa, contiene più possibilità di significato di quella o
cultura. Abbiamo dunque in Pareyson un ontologismo personale. quelle previste dall'autore umano, e queste possibilità vengono attualizzate dal
Ultimamente anche dalla critica letteraria cli Hirsch è nata una scuola che, processo storico dell'attività salvifica di Dio nella Chiesa e nel mondo. La storia,
unendo un'analisi strutturalistica con elementi di retorica classica e moderna, dunque, è un principio ermeneutico di rivelazione interpretativa in cui lo Spirito
vuole scoprire quale impatto un testo - particolarmente testi scritturistici - che ha ispirato ìl primo autore continua a parlare con le sue parole, oltrepassan-
abbia avuto sui lettori immediati. R. Jewett e altri biblisti negli Stati Uniti ap- done la limitatezza storica originaria. D'altra parte, il legame con il senso origi-
plicano questo metodo di ricerca. nale non può essere spezzato senza andare contro la mens auctoris o il significa-
Un'ultima critica a Gadamer che mi sembra possa chiudere questa rasse- to ovvio del testo. Teorie contrapposte come quella di Gadamer e Betti, dunque,
gna storica dell'ermeneutica è quella che viene da Habermas. Questo simpatiz- possono riconciliarsi nell'esegesi se ammettiamo la continuità dello Spirito come
zante della scuola cli Francoforte, nella sua critica all'ideologia, contesta a Ga- autore e interprete, e intendendo come «soggetto» non l'individuo ma la Chiesa.
damer che la sua stima per la tradizione imprigiona la società in un tradiziona- L'insistenza gadameriana sul linguaggio come il sottofondo continuo della
lismo irreale che non prende coscienza né dei conflitti reali né di quelli psico- tradizione culturale che rende possibile la fusione di orizzonti tra il «pre-giudi-
patologici indicati dalla psicanalisi e quindi preclude la via al completamente zio» del lettore e l'orizzonte del testo è di aiuto per comprendere la connessio-
moderno ed emancipato. Gadamer risponde che una tale critica non ha capito ne tra Tradizione e Scrittura. Il linguaggio cristiano nasce dalla predicazione
bene il concetto di tradizione ermeneutica esposta in Wahrheit und Methode, in apostolica da cui nasce anche il NT. La Chiesa porta avanti questo linguaggio di-
quanto è precisamente la tradizione criticata dal punto di vista degli orizzonti pendentemente e indipendentemente dal NT. I due sono inseparabili per una
attuali che costituisce la coscienza della modernità. retta comprensione sia della Bibbia sia della Tradizione. Il linguaggio della Tra-
dizione è quello in cui siamo nati e che fornisce il pre-intendimento per capire
il NT come libro. Quando la Riforma ha voluto separare la Scrittura dalla Tra-
5. CONSEGUENZE PER LA TEOLOGIA FONDAMENTALE dizione e dalla viva voce della Chiesa, ha rimosso la Bibbia dal fiume in cui na-
vigava per fermarla sulla riva asciutta.
Avendo tracciato molto sinteticamente la storia dell'ermeneutica sia come Anche il concetto stesso di Tradizione potrebbe guadagnarci dalle specu-
metodo biblico sia come disciplina filosofica, è ora di tirare le somme per com- lazioni ermeneutiche di Dilthey e Gadamer. Tradizione non è certamente ripe-
prendere quali siano le conseguenze di tutta questa discussione per la teologia tizione materiale, ma crescita organica. I diversi dogmi della Chiesa sono inter-
fondamentale. pretazioni ermeneutiche della rivelazione apostolica nel linguaggio dell'epoca
È chiaro, da questa rassegna, che il concetto di ermeneutica non è affatto in cui sono stati formulati. L'errore sarebbe se si identificassero talmente lin-
univoco presso tutti gli autori, e oggi si tende a estendere il compito di questa guaggio e sostanza che, riformulando il dogma in un linguaggio del nostro tem-
disciplina a quello di coordinatrice interpretativa non soltanto delle scienze del- po, ne modificassimo il contenuto. Allora sarebbe non più «traduzione» ma in-
lo spirito ma anche delle ideologie e delle scienze naturali. È quindi diventata venzione. In questo stanno i limiti di Ebeling, che vede nella Tradizione la rifor-
quasi sinonimo di filosofia, condividendone pure le incertezze e i conflitti del mulazione dell'autocomprensione di fronte a Dio (fede) di Gesù, ma senza un
momento presente. Ne risente ovviamente la teologia, che ha voluto sempre te- contenuto di traditum che fa da base congiuntiva.
nere stretti rapporti con la filosofia e adesso si trova pienamente immersa nel Causa di molti fraintendimenti è l'insistenza, per es. in Dilthey, della stori-
mondo dell'ermeneutica. Enu1neriamo brevemente i problemi che la contro- cità dell'uomo e della verità. L'uomo non avrebbe una natura immutabilmente
20 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ermeneutica biblica: breve prospetto storico 21

definibile, ma la sua definizione cambia con il proprio autointendimento nella BIBLIOGRAFIA


storia. La verità non avrebbe un fondamento ontologico, ma cambia con la sto-
ria. Qui si vede l'importanza del correttivo di Pareyson che vuol richiamare al- HEIDEGGER M., Sein und Zeit, Tiibingen 1927.
l'identità di essere e verità nel processo dell'interpretazione storica. L'immuta- -, Unterwegs zur Sprache, Pfiillingen 1959.
bilità dei dogmi presuppone una verità che sia stabile, anche se è ovvio che un FucHs E., Zur Frage nach dem historischen Jesus, Tiibingen 1960.
dogma si deve interpretare in relazione alla sua origine storica e ritradurre den- -, Marburger Hermeneutik, Tiibingen 1969.
tro l'orizzonte della situazione ecclesiale odierna. ALTHAUS P., Die Theologie Martin Luthers, Giitersloh 1963.
La separazione bultrnanniana tra storia e fede è deleteria per l'ermeneuti- GRANT R.M.,A Short History ofthe Interpretation ofthe Bible, New York 1963,
ca cristiana. Già Kasemann aveva notato che Bultmann priva il cristiano dello BULTMANN R., Jesus Christus und die Mythologie, Hamburg 1964.
«extra nos» della salvezza, rendendola immanente e gnosticizzante ma, in ulti- -, Storia dei Vangeli Sinottici, Bologna 1969 (con rassegna di tutte le opere di
ma analisi, se non mi riferisco alla storia non rimane nessun criterio perché deb- Bultmann).
ba credere che Gesù è il Cristo e non Abramo o Maometto Bultmann infatti EBELING G., Wort Gottes und Tradition, Gottingen 1964.
sostiene che io non credo in Gesù perché egli è il Cristo, ~a che egli Crisi~
è -, Einfiihrung in die theologische Sprachlehre, Tiibingen 1971.
perché la mia fede lo ha reso tale. - , «Hermeneutib e «Traditiom> in RGG3 , III, 242-262; VI, 974-984.
L'ermeneutica demitizzante di Bultmann, poi, è la conseguenza di questa SCHMITl-IALS W., Die Theologie Rudolf Bultmanns, Tiibingen 1966.
separazione. Chiamando «mito» ogni ingerenza del mondo trascendentale nel- HIRSCH E.D., Validity in Interpretation, New Haven 1967 (tr. it. Bologna 1973).
la concatenazione di cause mondane (con la sola eccezione del mio atto di fede, JoRGENSEN P.H., Die Bedeutung des Subjekt-Objektverhiiltnisses fiir die Theolo-
che Bultmann sostiene sia soprannaturale), il teologo di Marburg vuol rispar- gie, Hamburg 1967.
miare all'uomo odierno un sacrificium intellectus. Ma, a parte il fatto che Bult- PALMER R.E., Hermeneutics, Evanston 1969.
mann già chiede un sacrificium intellectus quando nega alla fede un fondamen- PAREYSON L., Verità e interpretazione, Milano 1971.
to razionale o storico, un linguaggio cristiano che non corrisponde a una realtà DE LUBAC H., Esegesi medievale, voll. I-II, 1972.
trascendentale, ma solo alla nostra immanenza, ci costringe a un sacrificium spei GADAMER H.G., Verità e metodo, Milano 1972.
di uscire dal cerchio di un'esistenza racchiusa nel peccato. Un'astratta azione HENRICHS N., Bibliographie zur Hermeneutik, Diisseldorf 1972.
salvifica di Dio non ha senso se la distacchiamo dalla storia salvifica nella sua HEIJNE R., Sprache des Glaubens: Theologie van E. Fuchs, Tiibingen 1972.
cruda realtà. MANCINI I., «Ermeneutica», in NDT, Roma 1977, 370-380.
Qui entra in gioco la distinzione richiamata sopra tra Bedeutung e Bedeut- RICOEUR P., Ermeneutica filosofica ed ermeneutica biblica, Brescia 1977.
samkeit, meaning e significance, cioè il significato di una cosa in sé e il suo si- -, Essays on Biblica! lnterpretation, Philadelphia 1979.
gnificato per me. Come posso sperare che una dottrina abbia un significato per DE MARJER!E B., Introduction à l'histoire de l'exégèse, voll. I-III, Paris 1980.
me se nego la validità del significato in sé? MANNUCCI V, Bibbia come parola di Dio, Brescia 1981.
E qui pure entriamo nel vasto campo della gnoseologia in tui versa tutta S!EBEN H.J., Exegesis Patrum: Saggio bibliografico dell'esegesi biblica dei Padri,
l'ermeneutica contemporanea. Identificando ermeneutica con comprensione sic Roma 1983.
et simpliciter non usciamo dalla nostra intenzionalità fenomenologicamente per McKIM D.K., What Christians Believe about the Bible, New York 1985.
poter definire l'oggetto della nostra comprensione. SIMONETII M., Lettera e/o allegoria, Roma 1985.
La teologia fondamentale ha bisogno di una epistemologia che presuppo- GRECH P., Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986.
ne non soltanto un'ontologia ma anche una metafisica per uscire dalla intersog- - , «Ermeneutica», in NDTB, Milano 1988, 464-489.
gettività e raggiungere qualche forma di oggettivismo nel senso che questo ha MURA G., Emilio Betti. L'Ermeneutica come metodo generale delle scienze dello
nella filosofia perenne. In ultima analisi si tratta di sapere se possiamo afferma- spirito, Roma 1987.
re che Dio esiste o non esiste fuori di noi. VATTIMO G. ET ALII (edd.), Il pensiero ermeneutico, Genova 1988.
Il clima odierno di nichilismo in filosofia e di disintegrazione dei valori non MUELLER-VOLLMER K., The Hermeneutics Reader (antologia), New York 1989.
è certamente di aiuto alla teologia fondamentale, e in questo clima versa una FERRARIS M., Storia dell'ermeneutica, Milano 2 1989.
parte dell'ermeneutica contemporanea, donde l'urgente bisogno di ermeneuti
credenti, nel campo sia filosofico sia teologico, che illuminino la via all'erme-
neutica cristiana nella Babele di voci che la circondano.
Capitolo secondo

Agli inizi
della teologia cristiana*

1. OSSERVAZIONI PRELIMINARI

Agli inizi del secondo secolo, quando fu completato l'ultimo scritto del Nuo-
vo Testamento, il pensiero teologico cristiano era già maturo. Esso si era distacca-
to nettamente dalla matrice giudaica da cui era nato e aveva acquistato una dina-
mica propria e autonoma, che gli avrebbe permesso di evolversi da solo nei seco-
li seguenti. Se disponiamo in qualche ordine logico le idee contenute in questi
scritti, per la maggior parte occasionali, otteniamo una teologia del Nuovo Testa-
mento. Potremmo pure concepire una tale teologia come la descrizione dell'evo-
luzione del pensiero cristiano dal semplice annunzio (kerygma) originario della
morte e risurrezione di Cristo fino alle altezze teologiche della scuola giovannea.
Nel presente capitolo non è nostra intenzione presentare una sintesi di
teologia neotestamentaria e nemmeno una storia dello sviluppo o delle idee cri-
stiane nel primo secolo. 1 Vogliamo pertanto tentare di cogliere quei fattori che
hanno creato quella dinamica interna che è responsabile dell'autonomia della
teologia cristiana nel periodo subapostolico.
Sul piano storico, l'impulso e il momento per il decollo del pensiero cri-
stiano erano stati dati dall'ebraismo. Ci tocca quindi necessariamente incomin-
ciare con un breve studio della dinamica teologico-biblico-giudaica in cui s'in-
nestano le teologie del Nuovo Testamento. Un tale studio comprende l'esegesi,
l'argomentazione basata sull'autorità e sulla tradizione, il ragionamento teolo-
gico e l'influsso ellenistico, le motivazioni etiche, l'autodefinizione delle rispet-
tive comunità, il ruolo teologico della liturgia e del carisma, la teologia come ri-
sposta a situazioni ambientali e l'influsso sul metodo teologico dei generi lette-
rari, delle correnti e delle personalità dei teologi.

''' A. DI BERARDINO - B. STUDER ( edd.), Storia della teologia, Piemme-Augustinianum, Casa-


le Monferrato 1993, I, 25-98. Questa stork'l della teologia mira ad essere una storia del inetodo teo-
logico piuttosto che una storia dei contenuti.
1 Per il contenuto della teologia del primo secolo si vedano le varie teologie del Nuovo Te-
stan1ento. Per un tentativo di collegare lo sviluppo del pensiero cristiano con il kerygma primitivo
cf. P. GRECH, Le idee fondamentali del Nuovo Testamento, Modena 21970.
24 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 25

Per chi in qualsiasi modo crede che la Scrittura è la parola di Dio dovreb- ne, il rabbinismo di stampo farisaico prende tutto in mano e livella il giudaismo,
be essere ovvio che il metodo e la dinamica della teologia del primo secolo, pe- . sia quello palestinese, sia quello della diaspora, a una religione monolitica ce-
riodo creativo della fede cristiana, differiscono da quelli dei secoli seguenti. In mentata dall'interpretazione della Torah orale. 2
ambedue troviamo sia il carisma sia il ragionamento metodologico. Ma nel pri- Ma prima di incominciare ad analizzare le metodologie delle diverse ten-
mo incontriamo salti di qualità difficilmente analizzabili in termini di evoluzio- denze teologiche del primo secolo dobbiamo volgere lo sguardo verso un fenome-
ne razionale. Però, anche se si tratta di vere e proprie rivelazioni, queste non ac- no intrabiblico che è la molla del dinamismo teologico, particolarmente dei profeti·
cadono in vacuo ma presuppongono elementi storici e umani che possono ca- del periodo dell'esilio e di quello posteriore. Si tratta della reinterpretazione, ov-
dere sotto la nostra osservazione. vero, come preferiscono denominarla alcuni autori, della rilettura della Bibbia. 3
Lo stesso dicasi per la nozione di «teologia». Mentre un Agostino faceva Il principio fondamentale della reinterpretazione è la convinzione che «la
teologia riflettendo, con l'aiuto di nozioni filosofiche contemporanee, sul dato parola di Dio rimane in eternm> (Is 40,8). Non era mai una parola detta in una
scritturistico e tradizionale, allargando così il linguaggio teologico per ovviare ai certa circostanza e morta lì. Il testo ebraico della Bibbia, in molti punti impor-
problemi ecclesiali del suo tempo, un Paolo non deduceva semplicemente la sua tanti, mostra i segni di una reinterpretazione continua, riconoscibile da altera-
teologia dall'Antico Testamento o magari dal kerygma, perché egli stesso, come zioni di parole, glosse, ristrutturazioni di parole o di oracoli, inserzioni di nuovo
Giovanni e Pietro, creavano kerygma. II modo in cui lo esprimevano avrebbe materiale, parafrasi, variazioni su un tema, inserzioni di interi capitoli che cam-
potuto essere molto simile a quello usato dai rabbini contemporanei, tuttavia un biano l'aspetto di tutto un libro (per es. Is 24-27) o semplicemente una rilettura
medesimo linguaggio poteva indicare due realtà molto diverse. senza cambiamenti materiali ma in chiave diversa.
D'altra parte anche Paolo doveva giustificare le sue asserzioni, relazionarle Come esempio possiamo citare il brano di ls 13-14, composto originaria-
l'una con l'altra e tirarne le conseguenze. Ciò costituisce «teologia», come costi- mente come oracolo contro Assur, il quale nell'esilio viene esteso a Babilonia
tuisce «teologia» anche l'ermeneutica, non la semplice esegesi o ripetizione, che (14,24), poi a tutte le nazioni avverse (14,26), e in 13,9ss troviamo accenni apo-
Paolo esercita verso l'Antico Testamento e verso i detti medesimi di Gesù: la giu- calittici o escatologici dove si parla del «giorno di YHWH». Il targum su 14,29
stificazione non è forse un'ermeneutica del concetto insito ne «il regno di Dio»? dà un'interpretazione messianica, mentre l'oracolo viene ripreso in Mc 13,24 e
Un'ultima parola sulla metodologia del nostro lavoro concerne l'elleni- Ap 6,12 dal punto di vista neotestamentario. 4 Tutto ciò era richiesto dall'evolu-
smo. Abbiamo parlato di una matrice biblico-giudaica della teologia neotesta- zione medesima della storia salvifica di Israele. Quando non si creavano nuovi
mentaria. È ben noto quanto è stato scritto sull'influsso della cultura e delle re- oracoli si rileggevano quelli antichi in chiave contemporanea per illuminare il
ligioni ellenistiche sul Nuovo Testamento. Mentre è evidente che Paolo e Gio- presente. Questo fatto è di somma importanza per capire come un Paolo non
vanni non facevano lo stesso uso della filosofia greca che in seguito ne farà Cle- soltanto poteva, ma doveva rileggere passi dell'Antico Testamento alla luce de-
mente Alessandrino, tuttavia resta aperto il problema se questi autori abbiano gli ultimi avvenimenti salvifici della morte e risurrezione di Gesù di Nazaret.
accolto alcune idee greche direttamente oppure attraverso la mediazione del Nel periodo intertestamentario abbiamo la composizione di molte opere
giudaismo ellenistico, anche di quello palestinese. Nelle pagine seguenti non religiose non contenute nel canone, di genere letterario diverso, spesso apoca-
possiamo ignorare un tale problema, che però non potremo trattare in tutta la littico o sapienziale, composte in Palestina, in Siria o in Egitto, che riflettono le
sua ampiezza, anche perché le tendenze delle ricerche contemporanee sono in- vicende storiche del periodo asmoneo e romano. 5
clini a porre un accento molto minore sull'influsso diretto dell'ellenismo di Queste opere non contengono molta «esegesi di un testo canonico» per-
quanto non facessero gli studiosi all'inizio del secolo. ché, essendo pseudoepigrafiche, pretendono di essere composizioni di patriar-
chi o profeti antichi. Però, dal punto di vista metodologico, sono significative
2. IL PRIMO GIUDAISMO
2 Per una descrizione complessiva del giudaismo nel primo secolo della nostra era si è ormai
Anzitutto ipiziamo con la considerazione della metodologia teologica del
affermata l'opera diretta da S. SAFRAI - M. STERN, The Jewish People in the First Century, Assen e
Fruhjudentum. E ben noto che l'anno 70, in cui avvenne la caduta di Gerusa- Philadelphia, vol. I, 1974, vol. II, 1976.
lemme, operò una grande cesura nello sviluppo del giudaismo. Prima di quella 3 Per l'ampia bibliografia sulla reinterpretazione si veda M. FISHBANE, Biblica! Interpretation

data esso conteneva una pluralità di tendenze teologiche e politiche: vi trovia- in Ancient Israel, Oxford 1985, 545-558. Questo studio segna una tappa in avanti nella ricerca sulla
rilettura dell' AT.
mo l'apocalittica del periodo intertestamentario, il nomismo farisaico, il tradi- 4 Per dati più dettagliati: P GRECH, «lnterprophetic Re-interpretation and Old Testament

zionalismo sadduceo, l'apertura ellenistica, l'irrequietezza zelota e il settarismo Eschatology», in Augustinianum 9(1969), 235-265.
5 La letteratura giudaica intertestamentaria è raccolta, tradotta e commentata, con una buo-
di Qumran, elementi che convivono insieme malgrado le tensioni ideologiche e na bibliografia, nei due volumi curati da J.H. CHARLESWORTH. The Old Testatnent Pseudoepigrapha.
sociali che li caratterizzavano. Dopo il 70, con la fondazione della scuola di Jab- New York 1983; 1985; P. SACCHI (ed.), Apocrifi dell'Antico Testamento, 2 voll., Torino 1981; 1989.
26 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
Agli inizi della teologia cristiana 27

so ~lassi~o: m~t~ono a fuo~o l'attesa messianica e raffinano l'escatologia sia col-


letl!va sia mdmduale. Il lmguaggio degli autori del Nuovo Testamento non sa- sher, 10 legge i profeti versetto per versetto, interpretando ciascuna frase in riferi-
rebbe comprensibile senza riferimento alle categorie degli pseudoepigrafi; qual- mento alla storia, agli uomini e agli avvenimenti della setta medesima. Pishro (=
che volta essi vengono pure citati come Scrittura o si fa allusione a loro. 6 «il suo significato è ... », da pesher), che introduce le interpretazioni, avrebbe an-
U giuda_ismo alessandrino, già molto prima di Filone, apportò immensi pro- che un riscontro nel tout'estin di un Paolo quando dà un'interpretazione attua-
gressi teolog1c1, non tanto a causa dell'ellenizzazione del giudaismo un fenome- lizzante della Bibbia. È ben noto che il gruppo di Qumran aveva una forma di vi-
no che si verifica anche in Palestina allo stesso tempo, ma per la gi~daizzazione ta comunitaria molto simile a quella della Chiesa primitiva di Gerusalemme.
7 Invece il midrash classico dei rabbini della scuola farisaica ha numerose so-
dell'ellenismo. Ormai gli ebrei della diaspora hanno scoperto che la filosofia
greca: parl!colarmente il platonismo e lo stoicismo, è piena di valori etici positi- miglianze e tanti contrasti con il Nuovo Testamento. Noi siamo soliti considerare
vi facilmente assorb1b1h nella Torah. Si deve solo mantenere il punto fermo del tutti i libri della Bibbia come ugualmente canonici ed ispirati. Alcuni padri della
monoteismo e dell'identità e chiamata del popolo ebraico.Anzi, tutta questa sa- Chiesa dicono che i sadducei consideravano come Scrittura soltanto la Torah, 11
pienza greca avrebbe Mosè e Abramo come fonti, perché i due patriarchi ave- cioè il Pentateuco, perciò Gesù ha voluto citare solo questa parte per provare
vano preceduto Platone, che attinse da loro. Oltre i valori etici della Torah la contro di loro la risurrezione dai morti in Mt 22,32. Schtirer invece 12 sostiene che
storia di Israele e le figure della Bibbia vengono iuterpretate allegoricame~te questa notizia non viene confermata da Flavio Giuseppe, però è possibile che i
simboleggiando le virtù universali e la vita dell'anima. ' sadducei (forse anche i farisei) prestassero maggiore autorità alla Torah che non
~-uesto n:-atrimonio tra Torah e filosofia crea l'apologetica, contribuisce a ai Profeti e agli Scritti (i Sapienziali). In ogni caso è certo che i farisei, oltre alla
una VISione umver~_ale della m~ssione di Israele, con il conseguente proselitismo, Torah scritta, ammettevano pure una Torah orale, data da Mosè sul Sinai e tra-
e fa e,mergere dall mterpretaz10ne della Torah valori e idee nuovi e insospetta- smessa in forma orale) di cui essi si sentivano i depositari. L'antichissimo trattato
ti. <:=1~ non comporta alcun compromesso da parte ebraica, perché la critica al Aboth inizia con le parole: «Mosè ricevette la legge dal Sinai e la trasmise a Gio-
politeismo pagano, ai vizi dei greci e all'inferiorità religiosa dei gentili non di- suè, e Giosuè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti la trasmisero agli
mmmsc_e. Tuttavia, nello stesso tempo, gli ebrei devono difendersi per l'antro- Uomini della Grande Congregazione. Questi dicevano tre cose: Siate cauti nel
p_omorfismo contenuto nella Bibbia e per le storie spesso non edificanti che vi giudizio; educate molti discepoli; fate una siepe intorno alla Torah» (1,l)B
s1 trovano. Il modello di questa difesa era già stato offerto dall'interpretazione La legge di cui parla il detto è quella orale, che viene considerata come una
allegonca di Omero fatta dai greci stessi, che ora viene applicata alla lettura bi- siepe che circonda la Torah scritta perché sia più difficile trasgredirla. In realtà mol-
8
blica. Paolo (Rm 1) e la Lettera agli Ebrei sono eredi di questa mentalità. te halakoth pervenute ai farisei del tempo di Gesù non erano soltanto pie pratiche
Non s~no però soltanto le idee che cambiano in questa transizione dal che difendevano la Torah ma anche reinterpretazioni attualizzanti di certi precetti
mondo ebraico al mondo greco. Il fatto stesso che la Bibbia era stata tradotta in di essa, le quali erano di difficile osservanza a causa delle mutate circostanze stori-
gr~co. i11:p~ca una certa trasposizione di categorie che saranno portate avanti che.14 Tali sentenze, benché avallate da prove scritturistiche o da argomenti logici,
dai cristiani. Per esempio, la traduzione del nome di Dio rivelato sul Sinai con non guadagnavano piena autorità prima che fossero riallacciate alla catena della
ho i5n introduceva una metafisicizzazione dell'idea di Dio che andava oltre il tradizione rabbinica rappresentata da qualche grande nome del passato (cf. j. Peah
funzionalismo ebraico. 9
2,4; 17a). Il peso della tradizione e dell'autorità rabbinica era massimo.
All'estremo opposto di questa larghezza di vedute alessandrina troviamo il
~ettaris~o di Qumran. Ciò non deve causare meraviglia. Questa setta era sorta
i1! seguito alla forzata ellenizzazione e persecuzione di Antioco IV e come rea-
zio~~ allo sfarzo ~ ~Il~ ti~annia ~ei re-sacerdoti asmonei. Uomini profondamen- Hl Per la tecnica di questa esegesi si vedano: M.P. HoRGAN, Pesharim: Qumran Interpretation
te J?i~, er~no convinti di vivere nei tempi escatologici di cui avevano parlato i pro- of biblica! Texts (CBQMS 8), Washington 1979; A. DEL AGUA PÉREZ, El m.étodo midrdsico y la exé-
feti; il mistero delle parole profetiche è stato svelato al Maestro di Giustizia. La gesis del Nuevo Testan1ento, Valencia 1985, 63-82; G.J. BROOKE, Exegesis at Qumran, Sheffield 1985.
11 Cf. ORI GENE, Contra Cels. I, 49; GtROLAMO, In Mt 22,29.
tecnica di interpretare le Scritture, oggi chiamata comunemente midrash pe- 12 E. ScttùRER, The History of the Jewish people in the Age of Jesus Christ, Edinburgh 1979,

II, 408 (edizione inglese della classica opera tedesca rifatta da Vermes, rvfillar e Black) [ed. it. 3 voll.
in 4 tomi, Brescia 1985; 1987; 1997; 1998].
13 Esauriente commento a questo versetto in R. TRAvERS HERFORD, The Ethics of the Tal-

~ par~e Ia_citazio~~ da Eno.ch come <<profezia» in Gd 14 si trovano nel NT numerosissimi


6
..
mud: Sayings of the Fathers, New York 1962, 19-22.
14
altn nfenmentl agh apocnfl, elencati nell'indice scritturistico del Nestle-Aland Sul ruolo sociale del gruppo dei farisei prima e dopo la caduta del tempio si discute mol-
: V. ~CHERIKOVER, Hell.enistic <;ivifization and the Jews, New York 1974,.344-380. to, particolarmente perché non è facile individuare detti autentici che risalgano al periodo del tem-
9 Cf. I~ lemma «Allegonsc~e D1chtererkliirung», in Pauly-Wissowa, Suppl. Band 4, 16-22.
pio. Sulla loro collocazione sociale cf. A.J. SALDARINI, Pharisees, Scribes and Sadducees in Palesti-
S. JELLJCOE, The Septuagint and Modern Study, Indiana 1989, 314-337. nian Society, Wilmington 1988,277-297 [tr. it. Brescia 2003];E.P. SANDERS,Judais1n: Practice and Be-
lief 63 BCE- 66 CE, London 1992 [tr. it. Brescia 1999].
28 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 29

. P~rch~ si capisca meglio la mentalità rabbinica è necessario premettere Noi, parlando di senso letterale, intendiamo ciò che l'autore umano ha vo-
che il g1uda1smo non era mai una «dottrina» ma un modo di vivere. Perciò non luto dire ai suoi contemporanei, un senso, quindi, storico. Questa categoria di
esiste tra i rabbini una «teologia dogmatica» o «Sistematica». La sistematizza- pensiero non esiste, ovvero è molto secondaria, presso i rabbini. 19 Nel quarto se-
zio.ne del l?ro ~ensiero è ~na co~a recente. Non esistono neppure «principi mo- colo si faceva la distinzione tra peshat e derash. Il primo era il mishma', cioè il
r~h:> da cui, poi, per deduzione, s1 traggono conclusioni pratiche. La morale rab- senso udito, ovvio, proposto, preferito, ma non sempre il più sicuro. Il vero sen-
b1mca è puramente casistica e giuridica (che comprende leggi religiose, civili e so era solo quello del derash, il senso derivato in concordanza con la Torah ora-,
hturg1che ), la quale occasionalmente fa trasparire certi principi generali impli- le. Il peshat si poteva fare o implicitamente, alludendo semplicemente a un testo
citi nelle decisioni pratiche. scritturistico come cosa ovvia, o esplicitamente, citando il testo per dimostrare
Come si arrivava a queste decisioni pratiche? Attraverso il midrash.15 Que- un asserto senza fronzoli dialettici, accettando il mishn1a <. 20
~ta parola, che originariamente significa «ricerca», ha varie accezioni che hanno In quanto «profezia» la Torah e i profeti vengono «compiuti» (leqajem).
in comune tra di loro una spiegazione della Scrittura che la rende viva e attua- Questo termine ha diversi sensi: si «Compie» un testo quando lo si accetta con
le nelle circostanze in cui vivono gli ascoltatori. Ciò può avvenire attraverso l'in- impegno per osservarlo, lo si «compie» ancora meglio quando lo si osserva. Nei
treccio .di pie storielle sulle figure bibliche, per mezzo di un'esegesi che segue testi profetici però si aspetta il compimento della promessa da parte di Dion
deter.m1~ate rego.le per arrivare alla soluzione di casi giuridico-morali, per via di Le regole dialettiche di Hillel sono semplici strumenti logici per trarre dal-
oi:i~he· .s1~agogah, con ragionamenti che fanno appena cenno a passi scritturi- la Scrittura conclusioni pratiche di legislazione che fanno da sostrato alla tradi-
shc1,. e, infine, attraverso ragionamenti filologici complicati che fanno dire al te- zione. Esse sono: 1. Qal wachomer (dal più leggero al più pesante): è l'argo-
sto ciò che ha già determinato la tradizione orale. Midrash, quindi, è un metodo mento a fortiori. Esso viene già usato direttamente nella Scrittura e Rabbi
o una varietà di metodi, che dà origine a vari generi letterari. In relazione al su~ Ishmael conta dieci esempi nella Torah, che sono Gen 44,4-8; Es 6,12; Dt 31,27;
cont.enuto il midrash si divide in halaka e haggada. Queste due categorie non Nm 12,14; Ger 12,5; 2Sam 23,3; Pr 11,31; Est 9,12 ed Ez 15,5. In Ket IIIb la dot-
corr1sp?n~ono af~atto .all~ nostra «teologia dogmatica» e «morale». La prima trina farisaica sulla risurrezione viene sostenuta dall'argomento che se un chic-
raccoghe 11 materiale giur1dico-morale-liturgico, la seconda riflessioni edificanti co di grano che è sepolto nudo viene fuori vestito, a fortiori i morti che sono se-
e pie particolarmente sulle relazioni tra Dio e Israele. polti risorgono vestiti. 2. Gezara shewa (ordinazione simile): è l'analogia. Se una
Tutto questo materiale era originariamente trasmesso oralmente. Soltanto frase ricorre due volte nella Bibbia si può trarre una conclusione. Però questo
nel secondo secolo le generazioni di rab:bini chiamati tannaim hanno comincia- argomento non si deve usare alla leggera, senza il sostegno della tradizione.
to ad abbozzare la Mishnah, apparsa nel 200 per mano di Juda ha-Nasi,16 la qua- Esempio è la lapidazione decretata a certi trasgressori da Lv 20,27, dove si dice
le per gh ebrei sosl!tmsce 11 nostro Nuovo Testamento. I tannaim hanno pubbli- che chi consulta gli spiriti deve essere lapidato «e il suo sangue cadrà su di lui»,
cato anche la Tosefta, uno scritto parallelo alla Mishnah, e quattro midrashim, quindi anche certi altri trasgressori nominati in Lv 20,11 verranno lapidati per-
commentan su Es, Lv, Nm e Dt di natura halakica. 17 Però è nel periodo orale ché «il loro sangue cadrà su di loro». 3. Binjan ab mikathub echad: da un solo
che Il loro metodo esegetico si è perfezionato. Tale metodo si può riassumere passo (costruire una famiglia). È la generalizzazione di un principio trovato una
ne'.le sette regole ese.getiche attribuite a Hillel, un contemporaneo di Gesù.1s volta nella Bibbia, per es. in Dt 17,2 si dice che per una condanna ci vogliono
P1u che regole ese?et~che nel nostro senso, esse indicano un modo di ragionare due o tre testimoni, quindi ogni volta che si menzionano dei testimoni questi de-
per trarre conclus1on1 dalla Scrittura, coincidenti con le tradizioni midrashiche vono essere due o tre. 4. Binjan ab mishene kethubim: da due testi: per es., in Es
dei farisei. Prima di offrire una descrizione, conviene però anzitutto chiarire il 21,26-27 si dice che se un padrone rompe un dente o danneggia l'occhio di uno
significato di alcuni termini che potrebbero causare confusione tra categorie no- schiavo lo deve lasciare libero. Siccome questi due casi hanno in comune qual-
stre e quelle dei rabbini. cosa che non ricresce, ogni mutilazione di un membro che non ricresce viene
giudicata causa di un rilascio. 5. Kelal u-ferat u-ferat u-kelal: dall'universale al
particolare. Da questa regola R. Ishmael ne deduce sei norme. È una riflessio-
1 ne sul rapporto tra espressioni generali e particolari, cosa assai complicata.
. ) Il termine midr~sh è ~tato variamente definito. Un articolo classico è quello di R. BLOCH,
1I1 DB~, V, 1263-128?.11. hbro dt A.G. WRIGHT, The Literary Genre Midrash, New York 1967 è stato Qualche volta il generale è la somma dei particolari; altre volte è qualche cosa
recensito con co~rez.1on1 d_a R. LE DÉAUT, in Biblica 50(1969),395-413. Vedi anche H.L. STRACK- G.
STEMBERGER, Einlelfung 1n Talniud und Midrash, Miinchen 71982 222-227.
_P~r un~ chiave di lettura a questo libro cf. F. MANNS, Le~gere la Misnah, Brescia 1987 con
16
19 Vedi un esempio classico in 1Ve/c su Es 15,22 e A.C.AVRJL~ P. LENHARDT, La lettura ebrai-
buona b1bhograha. '
17 ca della Scrittura, Bose 1984, 63-71.
STRACK -STEMBERGER, Einleitung, 233-256.
18 20 DEL AGUA PÉREZ, El método midrtisico, 74-82.
. . For~e ,la migli_o~e esposiz~one delle regole di Hillel si trova in J. BoNSIRVEN, Exégèse rab- 21 AVRIL- LENHARDT, La lettura ebraica, 59-62.
b1n1que et exegese paulinienne, Pans 1938, 77-115.
30 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 31

di più della somma dei particolari; uu particolare tra due geuerali decide per il scepolo che chiedeva da dove avesse imparato queste cose, Aqiba afferma che
particolare; un generale potrebbe aver bisogno del particolare per essere defi- furono rivelate a Mosè sul Sinai, anche Mosè rimane sorpreso e loda Dio.
nito e viceversa; un'eccezione può confermare la regola; un'eccezione della me- Le trentadue regole, che non ripetiamo qui, includono quelle di Hillel, ma
desima specie della regola la alleggerisce, ma non se è di una diversa specie aggiungono un'esegesi filologica forzata che interpreta ad litteram ogni ripeti-
(esempi in Bonsirven). 6. Ke-jotse bo bemaqom acher: è l'analogia in altri passi. zione stilistica, ogni preposizione, in un senso che spesso esula completamente
E come la seconda regola di Hillel ma non così limitata. L'esempio addotto da dal contesto. Vengono impiegati anche la gematria, cioè il valore simbolico dei
Stemberger22 è da Mek L. I, 1-3, che compara l'ordine in cui sono menzionati, numeri rispondenti alle lettere dell'alfabeto, e il notarikon, cioè lo smembra-
in diversi passi della Scrittura, i nomi dei patriarchi e che attenua il principio mento delle lettere che compongono una parola, ciascuna delle quali inizia una
rabbinico secondo il quale il primo nominato è più degno dei seguenti. 7. Dabar nuova parola simbolica. Così allargata, l'esegesi poteva contenere la legge ora-
ha-lamed me-injano: è una conclusione dal contesto. A noi sembra naturale che le. È il derash portato all'estremo, che transita nella cabbala. 25
una frase si spieghi nel suo contesto naturale, ma per i rabbini una conclusione Finora abbiamo descritto il metodo teologico dei tannaim, i rabbini tra-
poteva essere raggiunta anche da due frasi messe insieme accidentalmente. Un denti, la cui dottrina orale viene raccolta nella Mishnah. Come si è detto la Mi-
esempio sarebbe Es 34,17 che proibisce la costruzione di idoli di metallo, men- shnah è un codice di diritto comprendente sei ordini. Essa assume nel giudaismo
tre il versetto seguente dice di osservare la festa del pane azzimo; da ciò si con- un'autorità pari a quella del Nuovo Testamento nel cristianesimo e viene com-
clude che il non osservare le feste è come l'idolatria perché sono menzionati in- mentata dai rabbini amoraim, i quali raccolgono altri commenti biblici e tradi-
sieme. zioni fino alla composizione dei Talmudim, il Talmud palestinese (ca. 400 d.C.)
Le sette middoth di Hillel corrispondono alle prime dodici di R. Ishmael, e quello babilonese (ca. 500 d.C.). Anche gli amoraim avevano un metodo teo-
che per il giudaismo hanno grande autorità. Ne viene aggiunta una tredicesima logico e i loro modi di ragionare. Questi erano una confluenza dei metodi dei
che dice: se due passi della Scrittura si contraddicono si deve cercare la soluzio- tannaim e di una fine dialettica, che crearono una logica minor rabbinica, usata
ne in un terzo passo. pure nelle controversie con i cristiani.
Le tredici regole di Ishmael si trovano nell'introduzione alla Mekilta e si Louis Jacobs, nel suo recente libro The Talmudic Argument,26 enumera in sin-
leggevano nel servizio sinagogale ogni mattina. Esse furono seguite dalle tren- tesi i metodi dialettici degli amoraim: l'argomento dell'autorità adesso non si
tadue middoth attribuite a R. Eliezar ben-Jose (ma posteriori a lui), discepolo estende alla sola Scrittura o ad un rabbino autorevole, ma anche alla Mishnah o a
del grande R. Aqiba. Aqiba e Ishmael appartenevano alla generazione di Bar un detto non attestato da questa, cioè una baraita, che risale a un tanna. Un tale ar-
Kochba e avevano opinioni divergenti sull'esegesi. 23 gomento si confutava, se si trattava della Scrittura, proponendo una interpretazio-
Secondo Ishmael, Dio avrebbe rivelato le nozioni a Mosè, lasciando che si ne alternativa; se si trattava della Mishnah o di un tanna, dato che un amara non
esprimesse nel suo linguaggio: «La Torah ha parlato secondo il linguaggio degli poteva contraddire un tanna, adducendo un altro tanna con un'opinione contraria.
uomini» (Sifre su Nm 15,31). La Torah orale deriva sì da Mosè ma non ha ne- Esistono anche gli argomenti dedotti dalla analogia come presso Hillel; il
cessariamente una connessione con quella scritta, e si trasmette solo per auto- dilemma; l'argomento e contrario, cioè quello le cui premesse conducevano a
rità dei tradenti. Aqiba24 vuole trovare ogni sentenza della legge orale implicita una conclusione contraria a quella dell'avversario; la distinctio; l'argomento ad
nella Scrittura. Per giungere a tali conclusioni, però, Aqiba ha dovuto allargare hominem; la confutazione per mancanza di logica nel ragionamento dell'avver-
molto il metodo di interpretazione. Si racconta in Menachot 29b che sul Sinai sario; l'argomento o la risposta basati sulle circostanze di tempo e luogo, ovve-
Mosè vide Dio che stava ricamando le lettere della Torah con delle corone e gli ro dello stato psicologico del soggetto, che contribuiscono a cambiare la sostan-
chiese che cosa stesse facendo. Egli rispose: «Verrà un uomo, al termine di mol- za del caso; la riammissione di un argomento precedentemente messo da parte
te generazioni, e il suo nome sarà Aqiba ben-Josef, il quale da ogni apice de- ma adesso ristabilito con nuovi dati; l'argomento dedotto dall'evidenza vera o
durrà per opera dell'interpretazione montagne su montagne di determinazioni apparente; la risoluzione di due testi in contraddizione, mostrando che questa è
pratiche». Dio pertanto rivela anche le parole singole della Torah per uno sco- solo apparente: se la contraddizione invece è tra due tannaim, si potrebbe con-
po determinato. Difatti, la storia continua dicendo che Mosè siede ai piedi di cludere con una quaestio disputata; si può emendare un testo sospetto per ra-
Aqiba per sentire le sue lezioni e quando, rispondendo a una domanda di un di-

25 Per un'introduzione semplificante a questo complicatissimo argomento cf. H. SÉROUYA, La

22 STRACK - STEMBERGER, Kabbale, Paris 1972. Il testo del libro principale viene introdotto e tradotto in antologia da E. MDL-
Einleitung, 30. LER, Der Sohar, Das heilige Buch der Cabbala, Wien 21984.
23 STRACK - STEMBERGER, Einleitung, 30-40. 26
24 L. IACOBS, The Talmudic Argument. A Study in Talmudic reasoning and Methodology,
L. FINKELSTEIN,Akiba, Scholar, Saint and Martyr, New York 1936, 308-312. Cambridge 1984, 203-213.
32 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 33

gioni interne; si ragiona pure in base al principio di economia letteraria, nel sen- Le parabole di Gesù si inseriscono nella tecnica di questo insegnamento.
so che gli antichi non usavano termini superflui) per cui parole apparentemente La parabola (mashal) era un mezzo di istruzione caro ai rabbini, come lo era per
ridondanti hanno un significato; si discute sulla fedeltà di trasmissione di un ar- i profeti. Essa non è altro che una metafora prolungata, una storia più o meno
gomento o sulla certezza della sua origine tannaitica; abbiamo inoltre il caso verosimile, che vuole illustrare in modo figurativo un'idea, un invito, uno stato
quando «Conclusio latius patet quam praernissa»; in ultimo, si ammette spesso d'animo, una sfida. Quàlche volta la parabola rabbinica non è altro che un'alle-
che una questione non si può dirimere. goria o tipologia dell'agire di Dio. Altre volte, particolarmente nella Scrittura, la
Le fonti tannaitiche sono prevalentemente halakiche. Il Talmud pure, ma parabola vuole coinvolgere l'ascoltatore nella dinamica del racconto perché ar-
contiene anche molta haggada. Questa si trova prevalentemente nei midrashim rivi a una decisione. È il mezzo più utile per «aprire» il senso della Scrittura al
tardivi che possono essere di due specie: o commentari su libri scritturistici ver- popolo. 30
setto per versetto, oppure omelie sul lezionario festivo. Il metodo teologico hag- In questo riassunto, necessariamente brevissimo, della metodologia rabbi-
gadico è diverso da quello che abbiamo descritto sopra. È diretto più verso il po- nica palestinese, non abbiamo toccato il contenuto teologico della letteratura
polo che non verso i dotti. Tuttavia anch'esso ha molte forme. Nel giudaismo pa- giudaica. Non siamo andati oltre il periodo talmudico e quello dei midrashim
lestinese non troviamo allegoria nel senso in cui la riscontriamo in Filone. Esi- perché esso coincide più o meno con quello patristico. Per quanto concerne in-
ste però qualche spiegazione allegorizzante di testi giuridici, una spiegazione del vece il Nuovo Testamento si sa che uno dei problemi maggiori è la datazione
Cantico dei cantici con riferimento a Dio e Israele, e testi gnomici. 27 delle dottrine rabbiniche. Qualche volta, per mezzo di una specie di Formge-
Ma la haggada più pura si svolge secondo quella che oggi noi chiamiamo schichte talmudica, si può arrivare a opinioni e dottrine di rabbini risalenti al pri-
<~teologia narrativa», per mezzo di pie storielle su personaggi biblici e rabbini fa- mo secolo, persino a prima della distruzione del tempio. Ma bisogna sempre es-
mosi, e con racconti parabolici, che vogliono illustrare la relazione teologica tra sere molto attenti a non affermare troppo presto l'antichità di certe dottrine che
Dio e Israele, la funzione dell'esodo e la grandezza del dono della Legge. 28 Que- invece hanno avuto inizio nelle discussioni cli Jabne dopo il 70. Ciò sia detto,
sti racconti non sono precisamente commenti su un passo determinato ma «teo- però, più riguardo al contenuto teologico che non riguardo al metodo, che, an-
logia biblica» popolare inserita nella tecnica omiletica. 29 che se viene mano a mano perfezionato e stilizzato, non cambia essenzialmente
Lo scopo dell'omelia è quella di «aprire» (patach) il senso di un brano del- nei primi secoli della nostra era.
la Scrittura proposto dal predicatore. Può essere di due tipi, quello jelammedenu Adesso vorremmo trattare brevemente il modo di argomentare della dia-
(ci insegni il nostro maestro), che segue a una domanda dei discepoli sul signifi- spora, da dove vieue Paolo. È risaputo che gli ebrei del bacino mediterraneo, es-
cato di un testo o di una halaka, e l'omelia sul seder (la lettura del giorno nel le- sendo di lingua greca, ed essendo in stretto contatto sociale e culturale con il
zionario presa dalla Torah). Ambedue procedono usando la tecnica della cheru- mondo ellenistico contemporaneo, hanno assorbito una forma mentis abbastan-
zah, cioè, della «collana di perle», testi scritturistici, disposti uno dopo l'altro per za diversa da quella dei loro correligionari in Palestina, pur mantenendo le dot-
costituire un argomento completo, mescolati con racconti midrashici e parabole. trine fondamentali del giudaismo e la pratica della Torah. Una forma mentis im-
Le «collane» possono essere semplici, qualora si ricorra a un solo testo plica un modo di ragionare, e questo necessariamente fa parte della struttura di-
per illuminare quello principale, o composte, se invece si adducono molti testi. namica dell'ambiente sociale e culturale. Quindi, prima di passare all'argomen-
Il predicatore non comincia dal testo del lezionario, ma da un altro o da più per to della diaspora, dobbiamo gettare uno sguardo al modo del ragionare «teolo-
concludere con quello del lezionario. In tutto questo processo egli tiene pure in gico» del mondo ellenistico.
mente anche la «seconda lettura» o haftara, presa quest'ultima al di fuori del Abbiamo messo la parola «teologico» tra virgolette perché dovrebbe es-
Pentateuco. La metodologia dell'omelia è importante per noi perché il sermo- sere evidente che il termine si applica solo iu modo analogico alla religione
ne escatologico di Gesù in Mc 13 è del tipo jelammedenu, cioè risponde alla do- ebraica e a quella dei greci e.dei romani. Però un'analogia c'è, in quanto Ome-
manda: <<Dicci quando avverranno queste cose» (13,4), mentre il discorso nel- ro e i poeti antichi venivano considerati come voce degli dèi, e le loro opere era-
la sinagoga di N azaret in Le 4 sembra essere del tipo liturgico. Anche Paolo usa no soggette a una forma di esegesi simile a quella che, più tardi, Filone farà dei
la cheruzah molto spesso per indicare l'unità della Scrittura su un determinato libri sacri.
argomento. Edwin Hatch31 nota che i tre fattori che contribuirono a fare di Omero la
Bibbia dei greci erano il mistero della scrittura, la venerazione dell'antico e l'i-

27 Il derash si avvicina molto all'allegoria quando interpreta il testo simbolicamente.


28 J. BoWKER, The Targums and rahbinic Literature, Cambridge 1969, 48s, passin1. 3o STRACK-STEMBERGER, Einleitung, 38. HAUCK, in ThWNT, V, 745-750, ed. it. 9, 530-545.
29 Cf. P GRECH- G. SEGALLA,lvletodologia per uno studio della Teologia del NT, Torino 1978, 26s. 31 E. HATCH, The influence of Greek ldeas on Christianity, New York 1957, 51s.
34 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 35

dea dell'ispirazione dei poeti. Omero era il testo classico in ogni scuola e veni- la stoica. Ma merita anche una menzione Evemero, molto citato dai Padri, per il
va commentato sia da retori sia da filosofi, non tanto s.econdo la nostra conce- quale gli dèi erano eroi dei tempi antichi, posteriormente deificati. Le storie su
zione di commentario che vuole trovare il senso storico dell'autore, quanto piut- di loro sono parzialmente vere in quanto si riferiscono alla loro vita umana.
tosto per il suo valore contemporaneo in campo morale, filosofico e fisico. Di- I filosofi scettici Pirro e Carneade invece non riuscivano a decidersi. Per lo-
fatti, già dai tempi antichi egli viene considerato come una fonte di etica. Era- ro gli argomenti a favore e in contrario si bilanciavano in modo uguale, quindi
clito e la sua scuola interpretano gli dèi omerici come rappresentanti delle for- mentre era bene che il popolino continuasse a rendere culto agli dèi, gli uomini
ze fisiche, mentre altri vedono in questo poeta una vera enciclopedia di tutto lo sapienti si dovevano astenere dal pronunciare proposizioni fattuali.
scibile. Contro queste esagerazioni protestano i «letteralisti», che non vogliono In questo ambiente di asserzioni e di dubhi gli apologeti sia ehrei che cri-
oltrepassare la lettera di Omero anche se non si fermano al suo aspetto esteti- stiani potevano permettersi il lusso di scegliere, tra i greci stessi, gli argomenti
co; per giustificare certe storie poco edificanti compongono una parte di apolo- favorevoli al culto dell'unico Dio e quelli che mettevano in ridicolo il politeismo
getica omerica. Questa tesi e questa antitesi trovano la loro sintesi nella spiega- teorico e pratico.
zione allegorica del sommo vate, in cui personaggi e azioni diventano simboli di Abbiamo dovuto passare in rassegna il modo di pensare delle scuole filo-
verità morali o filosofiche delle varie scuole. La scuola serve da precomprensio- sofiche ellenistiche in modo cursivo, perché non avevamo intenzione di descri-
ne dell'interpretazione. Con tali antecedenti il terreno per Filone era così già verne il contenuto, ma unicamente di illustrare una forma mentis del pensiero
preparato per quanto riguardava il metodo di lettura del testo ispirato. religioso dei greci, la quale avrebbe influenzato nel modo di fare teologia sia gli
Una tale esegesi inoltre contiene anche un certo processo di demitologiz- ebrei ellenisti, sia gli autori cristiani. Un altro aspetto di questa forma mentis,
zazione secondo il progresso del pensiero filosofico su Dio. 32 Mentre il popoli- che, per sé, non ha molto a che fare con la religione, è la retorica del tempo.Non
no continuava a offrire il culto solito alle diverse divinità con devozione, che noi parliamo della retorica classica ma piuttosto di quella tardiva rappresentata dal-
chiameremmo superstiziosa, il ceto intellettuale aveva mostrato dei dubhi già in la professione dei sofisti, che Paolo avrebbe potuto sentire spesso, passando per
età classica. In quella ellenistica i «Credenti» si muovevano verso un certo mo- le strade delle città della diaspora. I retori non erano filosofi nel senso di ap-
noteismo, come gli stoici e i platonici; altri invece erano o distruttivi nella loro partenenza a una scuola di pensiero, e non lo erano nemmeno come apparte-
critica o demitizzanti. È noto come gli stoici abbiano assorbito l'idea di un Dio nenza sociale, con l'indossare il manto dei sapienti. In certo qual modo lo erano
unico nella loro filosofia monista e immanentista nella forma del logos. 33 Per lo- però, poiché essi dovevano dare qualche contenuto alle loro perorazioni scola-
ro le diverse divinità non erano altro che nomi e funzioni dell'unico Dio condi- stiche, il quale poteva essere abbastanza scarso e superficiale, immaginario e ir-
viso da tutti i popoli e da tutte le nazioni. Il monoteismo si manifesta in forma reale, ovvero anche abbastanza serio secondo i mores dei tempi e dei luoghi. Pa-
dualistica nelle correnti platoniche. Si sa che per Platone la materia era una po- droneggiavano la tecnica della persuasione se non quella della convinzione.
tenza (tome on) distinta dallo spirito o mente che è Dio, il quale la forma per La frase di Paolo in lCor 2,4 ouk en peithois sophias logois (in discorsi per-
mezzo delle «idee» come un falegname lavora il suo legno. Mentre la mentalità suasivi di sapienza) potrebbe essere forse una reminiscenza di tali discorsi udi-
dualistica è anche ebraica e cristiana, l'opposizione di spirito e materia ha avu- ti; d'altra parte anche Paolo non poteva non assorbire la tecnica del ragiona-
to conseguenze deleterie nello gnosticismo. Quanto, però, il Dio degli stoici o mento, applicandola alle sue convinzioni religiose. Difatti, F. Siegert34 in un re-
dei platonici possa essere considerato come <<personale» come quello degli ebrei cente libro esamina i centocinque elementi della nuova retorica isolati da Pe-
è molto discutibile. relman e Olhrechts-Tyteca nel loro Traité de l'argomentation e li illustra con
Epicuro era distruttivo nella sua idea di religione. Voleva liberare gli uo- esempi tratti da testi dei Settanta. Ciò dimostra che gli elementi dell'argumen-
mini dalla paura degli dèi e del soprannaturale. Niente avveniva con il consiglio tatio (da non confondere con l'aspetto particolare del classico discorso che si di-
delle divinità ma soltanto con la collusione fortuita degli atomi; l'anima stessa è videva in exordium - narratio - argun1entatio - refutatio - peroratio) appartengo-
una conglomerazione di atomi che si dissolve con la morte «Come il fumo». Ci no per sé alla struttura della mente umana, 35 ma solo i greci ne hanno fatto una
sono sì degli dèi, più formosi ancora degli uomini, ma sono lontani e non hanno scienza o un'arte. Le epistole paoline non si dividono secondo la suddetta strut-
nessuna influenza sul mondo. Non possono né nuocere né aiutare. Nel secondo tura del discorso, ma contengono moltissime figure e artifici logici ed emozio-
secolo della nostra era, l'epicureismo era in minoranza rispetto alla forte scuo- nali che saranno esaminati più tardi quando tratteremo della teologia di Paolo.

32 Il processo di questa «demitizzazione» lo descrive con molta concisione E. BEVAN, in La- 34 F. SIEGERT, Argumentation bei Paulus. Gezeigt an Roni 9-11, Tiibingen 1985; C. PERELMAN
ter Greek Religion, London (s.d.), XVIII.XXI. - L. OLBRECHTS-TYTECA, Trattato de/l'argomentazione, la nuova retorica, 2 voll., Torino 1966.
33 Th WNT N, 76-89, ed. it. 6, 220-259. 35 G.A. KENNEDY, New Testament lnterpretation through Rhetorical Criticism, London 1984, 6.
36 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 37

Il giudaismo della diaspora, particolarmente quello alessandrino, assorbì corrente. Si discute ancora se la nozione di logos giovannea sia debitrice a Filo-
molto della filosofia e dello spirito ellenistico. Lo scrittore meglio conosciuto è ne. Paolo è un ellenista con idee generiche che avrebbe assorbito dall'ambiente
Filone, però di quell'ambiente abbiamo altri scritti: oltre a scritti anonimi come culturale del giudaismo ellenistico. Ma i suoi studi specifici erano fatti a Geru-
i 3 e 4 Maccabei e la Sapienza di Salomone, scrissero Demetrio, Filone il Vec- salemme e la sua educazione è rabbinica, anche se aperta a influssi stoici attra-
chio, Eupolemos,Artapanos, Ezekiele il Tragico, Pseudo-Hekaistos,Aristea, Ari- verso i suoi correligionari della diaspora. Un passo come Rm 1,18ss richiama
stobulo, e gli autori della Lettera di Aristea e degli Oracoli Sibillini. In queste molto il libro della Sapienza, ma tali considerazioni erano un luogo comune in
opere troviamo una teologia che è più vicina a quella cristiana e ab~asta~a d~­ quegli ambienti. Innegabile, invece, è l'inllusso di Filone sui Padri che possono
ferente da quella palestinese che già abbiamo esaminato. La teologia dei rabbi- essere considerati come i suoi diretti e unici eredi.
ni era predominantemente esegetica, appellandosi alla tradizione orale. N_ on
troviamo un pensiero sistematico né rit1essioni filosofiche. Quella alessandrina
invece, trovandosi in contatto con il mondo greco, dà inizio all'apologetica sia 3. IL PERIODO APOSTOLICO
per confermare nella fede gli ebrei credenti che si trovavano in difficoltà, sia per
invitare i pagani più seri a divenire proseliti. . L'approccio al metodo teologico delle comunità e degli scrittori cristiani
In tempi di persecuzione, però, l'apologetica prende un tono accusatono e dell'era apostolica richiede anzitutto una premessa indispensabile. Bisogna te-
negativo. In questa teologia YHWH diventa il Dio universale ma non vwne af- nere in mente che lungo tutto il primo secolo della nostra era non soltanto tro-
fatto sacrificata l'idea dell'elezione di Israele. Ciò che dice Lv 16 sul ger, 11 resi- vian10 un pensiero teologico fondante, che servirà da modello per la riflessione
dente in Israele, diventa tipo del proselito, come accade nelle quattro clausole teologica di tutti i secoli successivi, ma accadono anche veri e propri atti salvifi-
del convegno di Gerusalemme in At 15. . . ci e rivelazioni costitutive. Questi elementi staccano nettamente l'era apostolica
P. Dalbert presenta,36 come note caratteristiche del pensiero ellemst1co: la dai periodi posteriori della storia del cristianesimo, nei quali l'opera dello Spiri-
tendenza ad accentuare la trascendenza di Dio; la rivelazione avviene median- to costituisce soltanto una rivelazione esplicativa. Pertanto le teologie delle di-
te esseri intermedi; l'orientamento a evitare gli antropomorfismi e le teofanie; verse comunità e dei diversi autori della Chiesa primitiva non procedono sem-
la visione dualistica passa in secondo piano, mentre l'etica assume un aspetto pre con un progresso graduale, logico e ordinato, ma talora, per così dire, «per
pragmatico. Il libro della Sapienza porta avanti il discorso sulla Sapienza di Dm saltus». Una determinata comunità negli anni 50 può essere teologicamente più
come mediatrice della creazione e della rivelazione già iniziato in Proverbi, e Fi- sviluppata di un'altra di qualche decennio posteriore.
lone, da questa speculazione, trae il suo Logos, che non è affatto il logos stoico. Per quanto riguarda il nostro modo di procedere in questo saggio, vor-
Il contributo specifico di Filone al metodo teologico, oltre alla esegesi al- remmo combinare l'approccio storico con quello sistematico, cioè lo smembra-
legorica di cui abbiamo già parlato, è il completo assorbimento della filosofia mento logico dei diversi elementi che andranno a costruire la teologia neote-
greca a servizio del pensiero religioso israelitico. Considerato come filosofo, Fi- stamentaria e lo sviluppo nel tempo dei loro contenuti. Affinché, però, l'indivi-
lone appare un eclettico, ma il suo ecletticismo si deve considerare piuttosto co- duazione di questi elementi non divenga un a priori puramente soggettivo, vor-
me una scelta, dalle varie scuole, di quegli strumenti di lavoro che potevano es- remmo dedurli da un'attenta riflessione sui diversi generi letterari che troviamo
sere messi al servizio dell'idea centrale della rivelazione mosaica. Alla filosofia nel Nuovo Testamento.
ha reso il servizio di arricchirla con i dati della rivelazione ebraica, all'ebraismo Se noi consideriamo la teologia neotestamentaria come la concettualizza-
ha dato una filosofia, che, purtroppo, non ha avuto seguito dopo il livellamento zione, da parte dei primi credenti, della loro esperienza del supremo atto salvi-
farisaico avvenuto in seguito alla distruzione del tempio e la costituzione della fico di Dio in Gesù di Nazaret, possiamo capire perché, sia nel canone scritto del
scuola di Jabne. Un tale proseguimento avrebbe anche portato alla valutazione Nuovo Testamento sia nel kerygma predicato precede la narratio dell'attività,
della grazia divina nelle virtù umane, una linea di pensiero che incontriamo a delle parole e della morte e risurrezione di Gesù. I generi «vangelo» e «keryg-
Qumran ma scarsa nel pensiero rabbinico, la quale è fondamento della grande ma», benché interpretativi, sono, in prima linea, narrativi, cioè un semplice re-
controversia paolina. soconto degli «avvenimenti successi tra di noi» (Le 1,1).
In quanto all'inllusso diretto di Filone sugli scritti neotestamentari, si può La risposta positiva a questi avvenimenti, o alla loro narrazione, viene poi
affermare che è abbastanza probabile che l'autore di Eb provenga da quella concettualizzata37 secondo le categorie allora correnti, nel genere di «confessi o-

36 P. DALBERT, Die Teologie der hellenistisch-jiidischen Missionslìteratur nnter Ausschluss von 37 L'esperienza di un fatto accaduto è un avvenimento ancora preconcettuale che si concet-
Philo und Josephus, I-iamburg 1954, 130. tualizza attraverso la consapevolezza e la riflessione.
38 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 39

nidi fede», brevi formulazioni stereotipe dell'esperienza salvifica in Cristo. Ben stiano o gentile. Ma la coesistenza di tutti gli scritti in un unico canone testimo-
presto però segue lo sviluppo concettuale di queste confessioni nelle varie epi- nia la cattolicità nel senso di universalità, il pluralismo uniforme e l'unità di fe-
stole e anche nei vangeli, particolarmente in quello di Giovanni, dove il signifi- de della teologia del primo secolo.
cato dei titoli cristologici e delle azioni soteriologiche, condensate nelle confes-
sioni, viene approfondito. Inoltre, come leggiamo negli Atti degli apostoli, me-
raviglie sempre nuove vengono costantemente operate da Dio nella Chiesa che 4. LA NARRATIO
si espande: la conversione dei pagani, carismi, la Parola che viene accettata ori-
gettata. Tutto ciò crea dei problemi che richiedono nuove riflessioni teologiche, All'inizio di ogni teologia biblica c'è la narratio. Dio si rivela negli accadi-
le quali vanno oltre quelle sul kerygma primitivo e sulle confessioni. menti della storia, e non è accidentale che i primi libri del canone sia dell'Anti-
Raggiunto questo stadio i credenti cominciano a chiedersi se le loro espe- co sia del Nuovo Testamento appartengano al genere storico. È vero che questi
rienze salvifiche e le loro formulazioni di fede abbiano qualche cosa di analogo, libri sono carichi di riflessioni teologiche progredite, ma il nucleo rimane sem-
o qualche connessione logica con quelle precedenti del popolo ebraico. Ce lo di-
pre la narrazione delle meraviglie che opera Dio e la testimonianza dell'espe-
mostrano le numerose citazioni o allusioni veterotestamentarie in tutti gli scrit-
rienza di salvezza da parte dell'uomo. I racconti possono essere abbelliti da mi-
ti del Nuovo Testamento.
drash39 folclorico, anch'esso appartenente allo stesso genere, sia dentro sia fuo-
La risposta al kerygma non si esprime soltanto in confessioni di fede, ma
ri la Bibbia. Gli abbellimenti però non sono che un mezzo letterario per fare stu-
anche in una risposta di vita e in atti di culto, come possiamo vedere dalle pare-
pire sempre di più il lettore o l'ascoltatore della grandezza dell'opera di Dio.
nesi e dai testi liturgici contenuti nei vari scritti; e da qui si sviluppa la teologia
Persino nel culto la narratio trova il suo posto (Sai 26,7; 48,14; 66,16; 78,3ss;
morale e cultuale della comunità primitiva.
88,12; 145,5s).
Questa comunità, ormai distaccata dalla sinagoga, si forma una autoco-
scienza tutta specifica e comincia a ricercare termini adatti per una autodefini- Il nucleo del kerygma veterotestamentario è la narrazione dell'esodo dal-
zione. Ciò traspare dalle varie regole comunitarie, dai titoli ecclesiali e dalla teo- l'Egitto fino alla presa della terra di Canaan (Dt 26,5-11). Anche la teologia
rizzazione della propria identità, particolarmente nelle lettere di Paolo e di Gio- deuteronomistica non può prescindere dal racconto, non in quanto storia di
vanni. Ma questa autodefinizione deve essere difesa, prima di tutto contro estra- Israele, ma in quanto in essa traspare l'opera di Dio. È evidente che la narra-
nei, giudei e pagani, come indicano i generi controversiali, e poi contro gli stes- zione di J, E, D, P non è cronaca, ma una raccolta di racconti folcloristici già tra-
. si credenti. Questi, con dottrine false, deturpano l'essenza del kerygma e altera- smessi oralmente da secoli, i quali sono inquadrati in un modello di fede. Il rac-
no l'identità della Chiesa. Troviamo tali controversie sia nelle Lettere Pastorali conto folclorico sceglie gli episodi più raccontabili, mette degli accenti e acco-
sia in quelle di Giovanni e di Giuda. Particolarmente nell'epistolario paolino e moda il racconto per illustrare un a priori di credenza. 40 Accentua il miracoloso
nel Quarto Vangelo osserviamo un progresso della teologia che impiega termi- in quanto questo è l'anello tra l'accaduto e l'opera divina, ma mentre riordina e
ni e ragionamenti assorbiti dall'ambiente rabbinico o ellenistico. È l'inizio di un abbellisce non è esatto dire che inventi la storia. È, quindi, già un midrash ele-
processo che poi prosegue nei Padri. mentare, prima ancora che si trasformi in scritto. Quando, poi, da scritto si ri-
In ultimo la teologia neotestamentaria esprime la sua fede nell'ultimo at- trasforma in racconto, come nei targumim, 41 si aggiunge ancora del midrash po-
to salvifico di Dio nel futuro, la quale si concretizza nell'escatologia paolina, in polare, oppure, nelle accademie, un midrash più «Scientifico», ma sempre con lo
quella giovannea e apocalittica. scopo di fare una teologia con il mezzo letterariamente allettante di ulteriori
In questi undici processi si sviluppa la teologia dei primi cristiani. 38 Nel racconti.
centro c'è sempre il kerygma sulla vita, morte, risurrezione e persona di Gesù il Il kerygma neotestamentario presenta molte analogie. Prendo questo ter-
Cristo, Figlio di Dio. Le teologie fondate su questo annuncio possono prendere mine a significare la predicazione della Chiesa a quelli di fuori, distinta dalla di-
direzioni diverse, secondo l'identità personale e culturale di un Paolo e di un
Giovanni, di un Marco o di un Giacomo, ovvero secondo l'humus giudeo-cri-
39
Questo processo viene illustrato chiaramente da J. WEINGREEN From Bible to Mishna
Edinbu~g~ 1976.1;la _s~rebbe stato più giusto dire «from Bible to Midrash>; in quanto molto del mi~
drash b1bl_ico non e fnnto nella Mishnah nel NT.
38 Si è arrivati a questa metodologia congiungendo insieme la sequenza degli avvenimenti: 40
E nota la tesi di G. VON RAD (Theologie des Alten Testaments Miinchen 1958 I 135) che
vita di Gesù ed evento pasquale, la formazione della comunità, l'annuncio della salvezza, l'autode- vede in Dt 26,5-9 il credo storico nucleare di Israele. ' ' ' '
signazione della comunità, il suo sviluppo nella storia, il rendersi conto dell'operare di Dio nella pro- 41
Cf. bibliogr~!ia sul campo larghissimo dei targunlim in P. NICKELS, Targum and New Testa-
pria storia, le persecuzioni, le divisioni interne e le sue speranze con i generi letterari di narrazione 111.ent, Rome_ 1967 e, p1u recente, J.A. F'ITZMYER, An Introductory Bibliography far the Study of Scrip-
dei vangeli e degli Atti, l'epistolario con la sua varietà di sottogeneri e lApocalisse. ture, Rame 1981, 36-38.
40 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 41

dachè, che è l'insegnamento ai già credenti, 42 Dagli esempi più antichi di keryg- Come nell'Antico Testa1nento, il racconto evangelico insiste molto sull'e-
ma che abbiamo (1Cor15,3-8; l Ts l,9s) consta che quest'annuncio non comincia lemento miracoloso. Anche qui il miracoloso è l'anello di congiunzione tra sto-
da premesse filosofiche o teologiche, ma da una semplice narratio del fatto, cioè, ria e opera di Dio nella vita di Gesù, mentre diventa «segno», paradigma, del-
che Gesù è morto, è stato sepolto ed è risorto. Presto si aggiunge il nucleo di un l'operazione presente del Cristo risorto. 47
racconto sull'attività di Gesù prima della sua morte (At 2,22; 10,36-39). Anche l'i- La risurrezione di Gesù, essa stessa raccontata come fatto nell'episodio
della tomba vuota e delle apparizioni, è la chiave ermeneutica per la lettura teo-
nizio stesso del discorso di Pietro in occasione della Pentecoste parte da un'e-
logica del racconto su Gesù. Il lettore già crede in Cristo, e nel Cristo risorto.
sperienza fattuale. Le spiegazioni che si aggiungono al racconto: «per i nostri pec-
Questa fede serve da preintendimento nella lettura dei racconti. Difatti, il Pro-
cati» (lCor 15,3), «Dio lo risuscitò» (lTs 1,9) e le citazioni scritturistiche negli
logo di Giovanni e anche il primo versetto di Marco: «Inizio del vangelo di Ge-
Atti, costituiscono l'interpretazione teologica dei fatti, cioè convertono la narra-
sù Cristo, Figlio di Dio» è l' a priori da cui il fedele deve partire per leggere il rac-
zione in storia salvifica, ma il fondamento rimane sempre l'accaduto nella storia.
conto che segue. Per lui non ci sono sorprese perché già conosce la fine, l'ele-
Il genere letterario «evangelio», creato da Marco,43 non è altro che l'e-
mento di «suspense» è ridotto al minimo, ed egli non si meraviglia né del mira-
spansione dell'elemento narrativo dell'annuncio. La Chiesa ha dovuto mettere coloso né dell'incomprensione degli avversari di Gesù, i quali non condividono
questa narrazione per iscritto, perché con il genere «lettere» oppure con quello la sua fede.
dei «detti dei sapienti» (Q) c'era il pericolo di ridurre l'evento Cristo a una dot- Il kerygma gerosolimitano espresso lucanamente in At 2 e 3 parte dall'e-
trina, distaccandolo dalla storia e avvicinandolo al docetismo gnostico. Il Van- sperienza dello Spirito per concludere con la presenza dei tempi escatologici in-
gelo di Marco viene presentato come la narrazione della passione e morte di trodotti da Gesù di Nazaret, che è vissuto, morto e risorto nella Giudea ed è sta-
Gesù preceduta da un lungo prologo sulla sua attività negli anni precedenti la to costituito Cristo e Signore con la risurrezione dai morti (2,14-36; 3,12-26).
crocifissione. 44 La descrizione non è inesatta in quanto esso riprende le propor- Poiché l'accento principale, come nel kerygma paolino, sta sulla morte e risur-
zioni e gli accenti del kerygma. Oggi si afferma unanimemente che Marco e gli rezione, si suppone che nella narratio orale, che poi divenne vangelo, il raccon-
altri Vangeli sono opere teologiche, ciascuna con le sue peculiarità. 45 Ma anche to della Passione fosse stato il primo a essere sviluppato, 48 anche per ragioni
il Vangelo di Giovanni, il più teologico di tutti, non può prescindere dalla forma apologetiche, per indicare, cioè, l'ingiustizia della condanna e per illustrare il
di narratio per istruire la fede del lettore. Il racconto come tale pretende di es- racconto con riferimenti alla profezia. Le citazioni scritturistiche aggiunte al
sere biografico, cioè di narrare l'accaduto, non come il racconto di una parabo- racconto della Passione dimostravano che ciò che era accaduto era stato previ-
la che non ha nessuna pretesa di storicità, essendo essa solo una lunga metafo- sto da Dio e quindi aveva un significato salvifico: il pro nobis.
ra.46 Non c'è bisogno di sottolineare il fatto che il racconto biografico non è un Quando la predicazione si rivolge ai gentili il kerygma deve essere neces-
resoconto di cronaca. Tuttavia proprio nelle variazioni tra accaduto e racconto sariamente preceduto dall'enunciazione sull'unico Dio creatore del cielo e del-
troviamo l'elemento interpretativo teologico, che sceglie alcuni episodi da rac- la terra (JTs 1,9;At 14,15-17; 17,22-31) e si conclude con la funzione giudiziaria
contare per il loro significato, li narra spesso in linguaggio biblico per collegarli del Signore glorificato. In un tale contesto il kerygma diventa più «teologico»,
con l'Antico Testamento, inserisce frasi significative e ordina il materiale in mo- ma non si distacca dal narrativo nemmeno in Giovanni, dove esso assume la
do tale da formare un continuo logico. Il punto di partenza dell'evangelista è la forma di sintesi teologica (3,16-21.31-36) con l'accento messo sulla missione del
fede della sua comunità, come spiega il prologo di Luca (1,1-4); il racconto ser- Cristo da parte del Padre. Difatti questo elemento kerygmatico viene inserito
ve per avallare la già avvenuta istruzione catechetica. nella narratio evangelica. Il racconto, dunque, rimanda a fatti storici, oggetto di
ricerca storiografica. L'interpretazione, che può essere semplicemente il modo
di raccontare, è oggetto della fede nell'operazione di Dio, il cui segno è il mira-
colo, la verifica, l'esperienza della salvezza.
42 La distinzione tra kerygma e didachè è di C.H. DODD nel suo libro classico The Apostolic
Preaching and its Developments, London. 1939. La tesi di Dodd di un unico kerygma in tutto il NT
è stata molto contestata da autori che ne vogliono trovare una pluralità. Una diversa definizione in
J.I.H. McDONALD, Kerygn1a and Didache (SNTSMS 37), Cambridge 1980. Cf. pure la discussione in 47
P. GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986, 243-245. Per la discussione su storicità e valore teologico del miracolo vedi X. LÉON DUFOUR (ed.),
43 GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, 265 e la discussione recente in D. DoRMEYER, 1 rniracoli di Gesù, Brescia 1980, particolannente pp. 269-300.
48 Ritengo che la più primitiva narrazione orale della Passione aveva funzione apologetica
Evangeliun1 als literarische und theologische Gaitung, Darmstadt 1989.
44 Però sulla struttura di Mc cf. R. PESCH, Il Vangelo di Marco, Brescia 1980, I, 78-90 con bi- antigiudaica per dimostrare che l'espressione «Messia crocifisso>) non era qualcosa di contradditto-
bliografia. rio. Più tardi la narrazione entrerà nella categoria della passio i usti e diventerà un modello per il cri-
45 Su questo argomento GRECH - SEGALLA, Metodologia, 73-78. stiano sotto persecuzione. Cf. R. PESCH, «Die Ùberlieferung der Passion Jesu», in K. KERTELGE
46 Su parabola e metafora R.W. FUNK, Language, Hermeneutic and Word of God, New York (ed.), Riickfrage nach Jesus, Freiburg i.Br. 1974, 148-173; D. DoRJl..fEYER. Die Passion Jesu als
1966, 133-163. Verhdltnismodell, Miinster 1974.

Porllificio 15.tiluto Biblico - Ron1a


Verbum Donlini 1nanet in aeternum·,.J
42 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 43

5. LA TRADUZIONE IN LINGUAGGIO chomenos eis ton kosmon (Gv 6,14), ho basileus ton Ioudaion (Gv 18,33), horis-
menos hypo Theou krites zonti5n kai nekron (At 10,42; Rm 1,3), archegon kai
L'esperienza della salvezza viene necessariamente concettualizzata nelle sotera (At 5,30s), mesites (lTm 2,5). Theos, invece, viene qualificato come ho
confessioni di fede. Implicitamente, anche la narratio, in quanto interpretazione, ephanerote en sarki (1 Tm 3,16) e ho katabas (Ef 4,8). Tutti questi titoli si ritro-
è già una confessione di fede, perché viene raccontata non la cronaca, ma una vano in confessioni di fede.
esperienza di un fatto. Quest'esperienza, adesso, viene formulata in categorie in- Le omologie verbali sottolineano la morte, sepoltura e risurrezione di Cri-
terpretative dell'esperienza stessa secondo il linguaggio ricevibile dai contem- sto hyper hemon ovvero «a causa dei nostri peccati. .. per la nostra giustificazio-
poranei. ne» (Rm 4,24), nelle categorie di Isaia 53.
In concreto, l'esperienza contenuta nella narrazione evangelica del Nuovo L'unica acçlamazione confessionale ebraica heis ho theos viene completa-
Testamento era quella del contatto con la persona e con l'opera di Gesù di Na- ta con kai heis kyrios (lCor 8,6), heis mesites (1 Tm 2,5). Si capisce facilmente
zaret, della sua morte in croce, delle cristofanie pasquali, dello Spirito che si che la congiunzione di tutte queste confessioni formerà la spina dorsale della re-
esprime nei carismi e di una nascente comunità che rispondeva positivamente a gula fidei dei primi Padri e del Credo di Nicea e di Costantiuopoli. 50
questi segni. L'atto di fede nell'Antico Testamento non ha mai trasceso la nar- Le confessioni di fede non sono opera di un ragionamento umano. La lo-
ratio, magari come haggada, perché il giud_aismo è una Torah da osservare piut- gica dell'osservazione può, al di più, confessare Gesù come profeta (Gv 4,19;
tosto che un «Credo». Il cristianesimo, con la sua insistenza sulla fede, deve ben 9,17), confessione ritenuta insufficiente da Giovanni. 51 Per compiere il salto al-
presto definire che cosa è questa fede e perciò sorgono le omologie, che sono la confessione di Gesù come «Cristo», «Figlio di Dio» e titoli maggiori c'è biso-
delle cristallizzazioni concettuali, prodotte dallo Spirito, dell'esperienza cristia- gno di un'autorivelazione di Cristo, come accade nei passi citati di Gv 4 e 9, ov-
na.49 vero una rivelazione dal Padre, come nel caso della confessione di Pietro in Mt
L'oggetto di queste confessioni di fede trova il suo fondamento nella ri- 16,17, o dallo Spirito (lCor 12,3). In Mt 10,19s la confessione di fronte ai tribu-
chiesta di Gesù di credere al vangelo perché il Regno di Dio è vicino (Mc 1,14). nali viene affidata all'opera dello Spirito. Nelle assemblee liturgiche sarebbero
Ciò implica la fede nell'atto salvifico escatologico di Dio. Il che però si compie stati i profeti che avrebbero creato queste formulazioni, come dimostra sia il te-
nella persona e nell'opera di Gesù, e conseguentemente le omologie neotesta- sto di lCor 12,3 sia Ap 19,10, dove la testimonianza a Gesù viene attribuita al-
mentarie sono quasi tutte cristologiche. Quelle nominali, che hanno cioè un so- lo spirito di profezia.
stantivo come predicato, qualificano chi è Gesù, mentre quelle verbali descrivo- Da quanto si è detto si può pure dedurre che il principale Sitz im Leben
no piuttosto ciò che ha fatto e fa presentemente. Spesso queste formule sono in- delle acclamazioni e delle omologie era la liturgia. In Fil 2,5-11 abbiamo una
trodotte dalle parole homologein,pisteuein, e, negativamente, da arneomai hoti. confessione all'interno di un inno. Ma Mt 10,19s pone la confessione, iu imita-
Forse la più antica delle confessioni nominali è quella che confessa Gesù come zione di quella di Cristo stesso di fronte al sinedrio (Mc 14,61-63), nel contesto
«Cristm> (Mc 8,29; lGv 2,22; Gv 9,22). Il termine «Cristo» racchiude in sé tutte di persecuzione. Gli acta martyrum dei primi secoli ne sono pieni. Esse sono an-
le aspettative del giudaismo reinterpretate dalla predicazione di Gesù. Quindi che la risposta al kerygma e alla didachè, in cui si trovano spesso incorniciate.
segue «Kyrios» (Rm 10,9; Fil 2,11; lCor 12,3), il nome di YHWH medesimo Più tardi, quando cominciano a sorgere false dottrine nella Chiesa, certe con-
(LXX) ereditato da Gesù nella sua risurrezione (Fil 2,5.9; Eb 1,2-4). Nel mondo fessioni, particolarmente quelle che hanno «arneomai» come introduzione (lGv
ellenistico «Kyrios» aveva più risonanza di «Christos», che subito divenne il «Co- 2,22s; 4,3; 2Gv 7), sono sorte per combattere queste tendenze gnosticizzanti. Ba-
gnome» di Gesù. Particolare importanza riveste il titolo «Figlio di Dio» (Gv sandoci su lCor 12,2 e lGv 4,3, possiamo anche immaginare che nelle assem-
11,27; 20,31; lGv 4,15; Mt 16,16), che qualifica il senso di Christos, motivo della blee liturgiche falsi profeti volessero imporre le loro confessioni, ma fossero
condanna di Gesù (Mc 14,63). La più alta confessione è quella di Tommaso «ho controbattuti sia dal corpo dei profeti che «discernevano» (lCor 14,29) sia dal
kyrios mou kai ho theos mou>> (Gv 20,28). I termini «Christos» e «Kyrios» ven- sensus fidelium insito nel crisma battesimale (lGv 2,20). Nel Vangelo di Gio-
gono presto parafrasati come soter tau kosmou (Gv 4,42), ho prophetes ho er- vanni, invece, osserviamo che molti «segni» di Gesù, seguiti da un discorso con
<<ego eimi», concludono con una confessione di fede: la risposta al «segno»
(1,34.49; 4,42; 6,14; 9,35-38; 11,27; 20,28).
49 Lo studio delle confessioni di fede, iniziato da Oscar Cullmann, si è maturato con le ricer-
che di VH. NEUFELD, The Earliest Christian Confessions, Leiden 1963, che rimane l'opera fonda-
n1entale; W. KRAMER, Christos, Kyrios, Gottessohn, Zlirich 1963; J. GNILKA, .fesus Christus nach 50 J.N.D. KELLY, Early Christian Creeds, London 31972, 1-62 .
.friihen Zeugnissen des Glaubens, Mùnchen 1970; K. WENGST, Christologische Formeln und Lieder 51 La confessione di Gesù come profeta ovvero Il Profeta la troviamo in 4,19; 6,14; 7 ,40; 9,17.
des Urchristentunw, Gtitersloh 1972 e P. VJELHAUER, Geschichte der urchristlichen Literatur, Berlin ,
1975. E una confessione positiva ma non completa, che sempre prelude a una confessione più alta.
44 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 45

Che significato hanno queste confessioni nello sviluppo della teologia neo- la bocca di Pietro rispetto a quello invece che i medesimi titoli (Cristo e Figlio
testamentaria, e qual è il loro valore? Abbiamo già detto che esse costituiscono di Dio) hanno se compresi alla luce della risurrezione, che fa da principio er-
la spina dorsale della futura regula [idei battesimale, sono formulazioni di nuo- meneutico· alla persona di Gesù. Il famoso «segreto mess1aruco» In Marco, ~l
ve rivelazioni che costituiranno la fonte di ogni ulteriore riflessione teologica. quale non deve essere rivelato «fino a quando il Figlio dell'uomo non fosse n-
Esse, però, non sono delle semplici oggettivizzazioni di un'esperienza imma- suscitato dai morti» (9,9), secondo spiegazioni recenti, ha la funzione di salvare
nente, come Io è il mito classico, ma proprio il contrario. Sono formulazioni con- Gesù dall'interpretazione di un semplice theios ani!r ellenistico e spiegarlo in-
cettualizzate dell'extra nos dell'esperienza. Difatti, la loro attribuzione allo Spi- vece alla luce della theologia crucis. 53
rito «che scruta anche le profondità di Dio» (lCor 2,10-16) vuole negare la loro Sia Matteo54 sia Luca vogliono presentare Gesù come Nuovo Mosè. Mat-
origine immanentistica, anche se il loro· termine ultimo è una profonda espe- teo lo fa dividendo il suo libro in cinque parti come il Pentateuco e dando risal-
rienza di salvezza. In altre parole la promeitas non esclude la inseitas trascen- to al discorso «sulla montagna» (cf. «pianura» in Le 6,17). Così Gesù diventa il
dentale, anzi ne è il testimone. Ne consegue che le concettualizzazioni confes- nuovo legislatore. Luca 55 lo considera piuttosto come il conducente del nuovo
sionali non sono una variabile ad libitum, appiccicata alla costante di un'espe- esodo che trova il compimento in Gerusalemme: di questo parla con Mosè ed
rienza, ma appartengono al medesimo nucleo costante, di modo che ogni suc- Elia sul monte della trasfigurazione (Le 9,31). I racconti dell'infanzia in ambe-
cessiva ermeneutica non è ermeneutica di un fatto soggettivo, ma di una cate- due i vangeli sono fortemente midrashici nel senso di raccontar~ l~ tradizio~i. ri-
goria intellettuale di cui deve ritenere l'essenza. cevute in un modo tale da comunicare al lettore la fede nella figholanza divma
Abbiamo accennato a come «Cristo» e «Signore» vengono <<tradotti» erme- di Cristo illustrandola con citazioni e riferimenti veterotestamentari.
neuticamente con «Mediatore», «Parola», «Salvatore», «Capo» e «Re», mentre Inoltre Matteo trasforma la parabola del convito nuziale (22,1-14), 56 in-
«Figlio di Dio»· non viene demitizzato a pura funzionalità, ma dall'exousia si pas- serendoci fr~mmenti di altre parabole come riflessione teologica sia sul signi-
sa all'ousia per indicarne la causa. È su questa linea che i concili cristologici han- ficato dell'evento-Cristo, sia sulla caduta di Gerusalemme e anche sull'entra-
no continuato a fare l'ermeneutica dei concetti biblici, usando un linguaggio che ta dei gentili nella Chiesa. Esempi come questo possono essere moltiplicati il-
vuol descrivere qualche cosa in sé, non un'esperienza in me. Quindi, se la giustifi- limitatamente. Bastano questi come illustrazione dello sviluppo teologico del-
cazione è per mezzo della fides qua, la qualifica della comunità credente è la fides la narratio.
quae, oggetto delle confessioni, su cui si fonda l'atto di credere. Si deve pure ag- Le confessioni di fede, come già abbiamo detto, sono delle cristallizzazio-
giungere che le omologie non sono delle sintesi dottrinali della predicazione apo- ni concettuali dell'esperienza dei credenti di Cristo. Esse quindi vengono svi-
stolica, ma risposte ispirate al kerygma che a mano a mano si sviluppano nella teo- luppate con la tecnica di schemi e modelli presi in prestito dall'Antico Testa-
logia contenuta nel Nuovo Testamento. Si vuol dire con ciò che, anche se la Chie- mento, e, in grado minore, dal giudaismo contemporaneo e dall'ellemsmo.
sa non avesse avuto il Nuovo Testamento, avrebbe avuto lo stesso il suo Credo. La transizione della predicazione evangelica dal territorio palestinese a
Il prossimo passo nell'ordine logico, non necessariamente cronologico, che quello di lingua greca, e, poi, in ambienti pagani, già permette ai titoli cristolo-
compie.il processo teologico neotestamentario è lo sviluppo delle iniziali con- gici di svilupparsi in varie direzioni. Benché il titolo kyrios sia una fedele t_r,adu-
cettualizzazioni contenute sia nella semplice narratio sia nelle confessioni di fe- zione dell'aramaico mar, le connotazioni della parola greca sono molto p1u va-
de e nel kerygma. Ciò accade in diversi modi. In questo saggio dobbiamo ac- ste di quella semitica. Anche mar,57 come appare dal Targum di Giobbe, viene
contentarci di brevi accenni, che servono da modelli per ulteriori studi. usata come denominazione di Dio, sia nello stato costrutto sia in quello assolu-
Cominciamo dai vangeli sinottici. Abbiamo già visto che il racconto sinot- to. Tuttavia per l'ebreo ellenista, kyrios traduceva il nome di YHWH medesimo
tico non è un semplice resoconto di cronaca su ciò che ha fatto Gesù, ma, anche nei LXX, e connota imperatori divinizzati e le semi-divinità del mondo antico.
nel modo di narrare, segue l'analogia haggadica che interpreta l'accaduto. I mol-
teplici studi recenti sulla teologia redazionale di Marco, Matteo e Luca, però, ci
hanno resi consapevoli del fatto che gli evangelisti scrivono avendo presente il
principio ermeneutico della risurrezione, di modo che nelle loro mani la storia 53 Per la storia del «segreto messianico» e le r~cen~i disc.us~ioni c~. ~· TUCKETT (ed.), The
di Gesù diventi una «parabola» di ciò che è e ciò che fa il Cristo Risorto nelle Messianic Secret, London 1983, volume che raccoglie d1vers1 saggi d1 auton d1 fama.
54 Dalla folta bibliografia segnaliamo: J.P. MEIER, The Vision of Matthew Christ, Church and
loro comunità postpasquali. 52 I titoli contenuti nella confessione di Pietro in Mc Morality in the First Gospel, New York 1978; R.T. FRANCE, Matthew, Evangelist and Teacher, Exeter
8,29 e Mt 16,16, anche se riferiti fedelmente, non hanno lo stesso significato sul- 1989. · E
55 Per Luca si segnalano: I. l-IOWARD MARSHALL, Luke, Historian and Theolog1an, xeter
1970; A. GEORGE, Études sur l'oeuvre de Luc, Paris 1978.
56 Cf. R. FABRIS, Matreo, Roma 1982, 446-451.
57 J.A. FITZMYER, «The Contributìon of Qumran Aramaic to the Stady of the New Testa-
52 Ciò segue dal principio stabilito in Dei Verhurn, 19.
ment>i, in NTS 20(1974), 382-407.
46 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Titolo articolo 47

Quando, dunque, il titolo, preso dal Sai 110,1, viene applicato a Cristo, esso al- La medesima storia di Gesù come «narrata» nei vangeli a poco a poco si
larga l'orizzonte di intendimento per conformarlo all'esperienza carismatica distacca nettamente dalla narratio simplex per diventare cristologia. Ciò è già
che la comunità prova dell'exousia di questo Kyrios risorto. Mentre, dunque, la evidente nei sinottici. I primi due capitoli di Matteo e di Luca narrano in modo
prima invocazione maranatha aveva un senso escatologico, in ambiente elleni- midrashico l'infanzia di Gesù, facendone una cristologia narrativa. Così pure la
stico-giudaico il titolo kyrios si riferisce piuttosto alla funzione presente del Cri- «storia apocalittica» di Marco. 63 Ma la teologizzazione più esplicita compare nel
sto risorto. Più tardi questo termine si riempie del significato di piena divinità. Vangelo di Giovanni) nel quale i «segni» di Gesù in terra diventano modelli del- ~
Il titolo Christos invece non dice nulla all'orecchio greco e diventa il «cognome» l'operare del Cristo Risorto e i dialoghi di Gesù con gli ebrei e con i discepoli
di Gesù, mentre viene sviluppato l'altro titolo «Figlio di Dim>, che passa da esca- diventano quelli della Chiesa giovannea con i suoi interlocutori giudei e cre-
tologico in Rm 1,3 a includere la divinità negli scritti giovannei. 58 denti. Giovanni «si ricorda» 64 dei gesti e dei detti di Gesù alla luce degli avve-
Le confessioni di fede sulla persona e sull'opera di Cristo, particolarmen- nimenti salvifici dopo la morte del Redentore e la sua glorificazione, la discesa
te la frase «morto e risorto per noi», vengono sviluppate secondo le categorie dello Spirito e lo svolgimento della vita della comunità.
biblico-giudaiche: sviluppate, non incasellate, perché l'esperienza della salvezza Anche Paolo, benché spesso riferisca formulazioni di fede tradizionali, le
supera anche le «profezie» bibliche. Portiamo alcuni esempi. Gesù viene inter- quali già sono concettualizzazioni di esperienza cristiana, non è contento di ri-
pretato sul modello messianico del figlio di David, kata sarka, mentre è Figlio di manere su questo piano. Sviluppa questi concetti con una logica non tanto for-
Dio kata pneuma. La sua morte e risurrezione vengono modellate sull'umilia- male come quella dei retori, quanto esperienziale, seguendo la linea della mani-
zione ed esaltazione del giusto nei salmi, in Giobbe e in Geremia. 59 Ma l'e- festazione dello Spirito. Per esempio, se Cristo è morto «per noi» e se i gentili
spressione «morto per i nostri peccati» proviene dal modello del servo sofferen- non circoncisi hanno ricevuto il dono dello Spirito, segue necessariamente che
te di Is 53. Cristo è anche Sommo Sacerdote secondo lo schema levitico, così in la Legge non è neci'.ssaria per la salvezza e che la giustificazione viene appro-
Ebrei. 60 È il Nuovo Adamo in Paolo (lCor 15), in cui si ricrea una nuova uma- priata per mezzo della fede in Lui. Questa logica, come vedremo nel prossimo
nità vivificata dallo Spirito. Egli è il Dio Pastore di Israele in Giovanni, mentre paragrafo, viene poi fortificata dalla Legge medesima con un'argomentazione
nell'Apocalisse assume tutta la gloriosa maestà di Colui che regge la storia, an- rabbinica basata su precisi testi veterotestamentari. 65 La Lettera ai Galati, Rm
che se nella veste di Agnello Immolato. 4 e 9-11 ne sono i più bei esempi. In questo Paolo differisce sia dai filosofi sia da
I titoli divini attribuiti al Cristo Risorto, provenienti dall'esperienza della Filone, i quali, sviluppando i loro argomenti o con una logica rettilinea o con
sua potenza manifestata nel dono dello Spirito, conducono necessariamente al- un'allegoria moralizzante, rimangono sempre nell'ambito delle loro premesse,
l'idea della sua preesistenza, come appare chiaramente negli inni cristologici: Fil esplicitandone solo il contenuto. La logica di sviluppo paolina va oltre perché fa
2,6-11; Col 1,15-20; Gv 1,1-14 ed Eb 1,2-4. Questa preesistenza supera (in Co- uso di esperienze creative provenienti dalla dinamica divina che accompagna la
lossesi) il modello angelico, e non appartiene nemmeno all'idea midrashica dei vita dei cristiani.
sette nomi che Dio ha chiamati da tutta l'eternità, di cui quello del Messia è uno.
Sarebbe una specie di preesistenza «ideale», nella mente di Dio. 61 Il modello as-
sunto è quello della sapienza personificata mediatrice della creazione del mon- 6. LA STORIA COME LOCUS THEOLOGICUS
do, come in Pr 8,22ss e Sap 7 ,26, benché superi anche questo modello, perché il
Cristo prima della sua incarnazione non· è soltanto una personificazione ma è il In questo paragrafo vorrei sviluppare un poco quest'ultima riflessione.
Verbo, è Dio, ciò che invece non viene mai detto della sapienza. 62 Nella teologia cattolica esiste il theologoumenon che «la rivelazione si è chiusa
con la morte dell'ultimo apostolo». Questa constatazione non deve essere inte-
sa strettamente in modo cronologico. L' «Evento Cristo» non è terminato con la
58 Per lo studio dei titoli cristologici: L. SABOURIN, Les noms et !es titres de lésus, Paris 1962; morte o con la risurrezione di Gesù. Questa era solo la pietra buttata nello sta-
KRAMER, Christos, Kyrios, Gottessohn; R.H. FULLER, The Foundations of New Testament Christo-
logy, London 1965; J.D.G. DUNN, Christology in the Making, London 1980; F. HAHN, Christologische
Hocheitstitel, GOttingen 31968.
59 L. RUPPERT, Der leidende Gerechte, Wiirzburg 1972, 39-50.
60 La tesi principale della Lettera agli Ebrei è che Cristo non era sacerdote secondo l'ordine 63
L'intendimento della storiografia di Marco come «storia escatologica» nel senso di un con-
levitico, ma secondo quello di Melchisedek; le categorie, però, sono levitiche nel loro pensiero. flitto cosmico è la tesi di J.M. RoBINSON in The Probleni of History in Mark London 1957
61 I modelli di preesistenza correnti nel mondo giudaico contemporaneo erano vari, cf R.G. 64 Sul «ricordarsi» di Giovanni e il suo modo di narrare: F Muss~ER, Die jo,;,nneische
HAMMERTON-KELLY, Pre-existence Wisdom and Son of Man, Cambridge 1973. Sehweise, Freiburg i.Br.1965.
62 A. FEUILLET, Le Christ Sagesse de Dieu, Paris 1966; A.T. HANSON, The Image of the Invisible 65
Sul modo paolino di argomentare c'è ancora molta ricerca da fare, ma cf. SIEGERT, Argu-
God, London 1982, in cui l'autore corregge le tesi di Dunn già citato; J. HABERMANN, Priiexisten- mentatiC?n bei Paulus_ e molto lavoro utile è stato fatto da A.T. HANSON, particolarmente riguardo ai
zaussagen im Neuen Testament, Frankfurt 1990. paralleli tra Paolo e il targum: Studies in Paul's Technique and Theology, London 1974.
48 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 49

gno che genera le ondulazioni concentriche visibili fino a un certo diametro. È La de-escatologizzazione, però, non si restringe alla relazione tra storia
precisamente ciò che accade nella Chiesa primitiva. La teologia dei discepoli presente e parusia ma si dimostra presente anche in una certa ermeneutica del-
non si limitava a dedurre logicamente le verità implicite nella vita di Gesù. Gli le parole di Gesù da parte degli autori neotestamentari. Il tema centrale della
avvenimenti salvifici continuano e diventano a loro volta fonte di riflessione, predicazione di Gesù era stato il regno di Dio. In Paolo questo tema quasi non
perché la risurrezione non è un punto nel tempo, ma un avvenimento continuo si menziona più, però la sua teologia della giu_stificazione non è forse l'erme-
che elargisce lo Spirito e guida l'espansione della parola del vangelo nella Chie- neutica di questo concetto? Di fatti, Giovanni traduce il concetto di Regno in
sa. Ciò accade naturalmente ancora oggi, e ancora oggi possiamo parlare di ri- quello di «vita eterna», concetto molto simile alla giustificazione paolina. Tale
velazione continua, ma mentre quella odierna è una rivelazione esplicativa o ermeneutica viene scatenata dal ritardo della parusia.
chiarificatrice, nel «tempo apostolico», così intimamente legato alr «avvenimen- Similmente il titolo cristologico preferito da Gesù, «Figlio dell'uomo», pre-
to Cristo», la rivelazione era costitutiva. 66 sto scompare o cambia significato. Paolo lo interpreta in chiave di «secondo
Così, come già abbiamo rilevato, l'entrata dei gentili nella Chiesa e nelle Adamo», 71 mentre Giovanni, pur mantenendo il titolo, sta sulla via di quella in-
promesse escatologiche fatte ai Padri, con la discesa dello Spirito sugli incircon- terpretazione che più tardi ne daranno i padri della Chiesa, cioè quella di un es-
cisi, riletta alla luce di testi veterotesta1nentari, costituisce «la rivelazione del mi- sere celeste venuto in terra come uomo. 72 Quindi la storia rivela che il Figlio del-
stero nascosto nei secoli» ma ora rivelato a Paolo personalmente (Rm 16,27-29): l'uomo giudice di Mt 25 è il Figlio dell'uomo «che sta alla destra del Padre» di
che ebrei e pagani sono chiamati da Dio sul medesi1no piano e ambedue ven- Le 22,69 e At 7,56, cioè il Kyrios risorto, reggitore della storia presente.
gono giustificati per mezzo della fede. Lo stesso libro dell'Apocalisse si presenta come una lunga riflessione sui
Per quei giudeo-cristiani che non accettavano questo fatto, Luca scrive gli «segni dei tempi» manifestati nella storia durante la persecuzione di Domiziano.
Atti degli apostoli, dimostrando, attraverso gli avvenimenti stessi, contra factum Il giudizio del Figlio dell'uomo riprende il modello delle piaghe dell'Esodo e di-
non datur argumentum, la correttezza dell'agire di Paolo. La storia medesima, venta esso stesso modello per le sofferenze della Chiesa in tutti i tempi. L'anti-
dunque, diventa rivelazione perché indica i piani di Dio. 67 cristo non è più una figura dell'ultimo tempo perché «adesso ci sono molti anti-
La diversità dei carismi spirituali che Paolo osserva nelle sue Chiese, partico- cristi» (lGv 2,18; 3,7), apparsi nella storia della Chiesa come negatori della verità.
larmente in quella di Corinto (lCor 12-14; Rm 12), gli suggerisce l'idea di Cristo Dunque lo svolgimento della storia è l'ermeneutica dell'apocalittica. Biso-
Corpo. Già sulla via di Damasco era stato interpellato: «Perché mi perseguiti?» (At gna saper leggere i segni dei tempi per fare teologia e interpretare i detti dei
9,4s);68 già sapeva che il Figlio dell'uomo e il Servo sofferente erano ciò che noi profeti. Con ciò non si mette affatto in secondo piano l'ultimo giudizio di Dio.
chiamiamo «personalità collettive», l'intµizione di Cristo Corpo proviene dalla scin- «Un sol giorno è come mille anni presso il Signore» (2Pt 3,8). Quindi l'ultimo
tilla causata dall'avvicinamento di avvenimenti storici alla testimonianza biblica. giorno viene preceduto e rivelato nello svolgimento dell'eschaton presente. In
Però, il fatto storico che ha avuto maggior influsso sullo sviluppo teologico, altre parole, la storia della Chiesa è un locus theologicus.
è indubbiamente il ritardo della parusia. La de-escatologizzazione che ne prove-
niva la possiamo chiamare storicizzazione dell'eschaton, che diventa il principio
ermeneutico di tanti concetti che appartenevano all'apocalittica e ora si reinter- 7. LA REINTERPRETAZIONE DELL'ANTICO TESTAMENTO
pretano dentro gli schemi di una Chiesa che si prepara per il suo viaggio nella
storia. Ciò è molto chiaro nel vangelo, ma particolarmente negli Atti di Luca.69 Abbiamo spesso accennato all'interpretazione degli avvenimenti salvifici neo-
La parusia non viene negata, ma spinta lontano e si ~oncentra più sull'adempi- testamentari alla luce della Bibbia veterotestamentaria. Come avviene questa rilet-
mento attuale delle promesse «per gli ultimi giorni». L'escatologia presenziale di tura e per quali ragioni? Lo studio dell'interpretazione dell'Antico Testamento nel
Giovanni, indicata con la formula «Viene l'ora, ed è già ... » (4,23; 5,25), vede l'e- Nuovo è diventato una scienza a se stante ed esiste una bibliografia immensa sulla
schaton negli avvenimenti presenti senza eliminare l'ultima risurrezione.70 materia. Qui non possiamo che sintetizzare alcune riflessioni essenziali. 73

71 1Cor 15,42-50; Rm 5,12-20.


66 72
Cf. Lumen Gentium, 25; Dei Verbum, 8. F.J. MoLONEY, The .lohannine Son of Man, Ro1na 1976, 208-220.
67 73
Sull'aspetto di Atti come apologia della missione paolina cf. GRECH, Ermeneutica, 397-410. Alla bibliografia citata nella Metodologia di GRECH-SEGALLA (cf. Metodologia, nota 29),
68
La tesi dell'oiigine della teologia paolina dalla sua esperienza sulla via di Dan1asco è ben 57s, aggiungere: J. ERNST, Schriftauslegung, Paderbom 1972; A.T. HANSON, The 1Vew Testmnent In-
presentata da S. KIM, The Origin of Paul's Gospel, Tiibingen 1981. te1pretation of Scripture, London 1980; Io., The Living Utterances of God, London 1983; J.L. KuGEL
69
. La de-escatologizzazione lucana, ormai comunemente accettata, fu proposta con convin- - R.A. GREER, Early Biblica! lnterpretation, Philadelphia 1986; D.L. BocK, Proclan1ation fron1
zione da H. CONZELMANN, The Theology of Saint Luke, London 1960, 95-136. Prophecy and Pattern, Sheffield 1987; D. JUEL, Messianic Exegesis, Philadelphia 1988; E. EARLE EL-
78
P. RICCA, Die Eschatologie des vierten Evangeliums, Ziìrich 1966, 130-178. LIS, The Old Testament in Early Christianity, Tiìbingen 1991.
50 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 51

Nella prima parte di questo saggio, parlando dei metodi teologici rabbini- naba e da Giustino, con un aumento progressivo nel numero di testi colleziona-
ci, abbiamo spiegato pure il principio di reinterpretazione di testi biblici sia nel- ti.74 Le testimonianze servivano per l'apologetica antiebraica e come sottostrut-
l'Antico Testamento medesimo, sia nell'età intertestamentaria e talmudica. tura della teologia della Chiesa nascente: erano testi escatologici, ecclesiologici,
Questo processo ermeneutico prosegue presso gli autori neotestamentari, ma soteriologico-messianici. In gran parte vengono citati secondo la versione dei
con una differenza. Mentre dal punto di vista tecnico la metodologia degli scrit- LXX) ma qualche volta incontriamo dei testi che non corrispondono né con il
tori cristiani è quasi identica a quella del mondo circostante, dal punto di vista greco né con il testo masoretico, e sono targumizzazioni proprie dei cristiani. ·
contenutistico avviene una cesura profonda in quanto cambia il principio erme- La spiegazione di queste testimonianze avviene in modo rabbinico. Già
neutico. Il punto di partenza della rilettura della Bibbia è ormai l'evento Cristo Bonsirven aveva mostrato come Paolo fa uso di tutti i middot di Hillel nella sua
il quale comprende la vita, morte, risurrezione di Cristo, e gli avvenimenti «esca~ esegesi, 75 mentre Earle Ellis,76 dopo le scoperte di Qumran, continuò a dimo-
tologici» tra i credenti ripieni di Spirito Santo. I cristiani avvertono la cesura sol- strare che anche il midrash pesher viene utilizzato dall'Apostolo, sia perché egli
tanto nel modo di leggere la Bibbia, non negli avvenimenti stessi, in quanto ciò parla spesso del «mistero» rivelatogli (Rm 16,25: Col 1,26; Ef 3,1-11), sia perché
che è accaduto in Cristo e nella Chiesa non è altro che l'adempimento delle pro- attualizza le profezie con riferimenti particolari al suo tempo (lCor 10,4: «La
fezie e il proseguimento della logica degli interventi di Dio nella storia salvifica. pietra era Cristo»). Ciò lo troviamo anche in Al 2,17 con riferimento a Gioele e
La Bibbia, dunque, diventa il terreno sul quale i credenti valutano la loro espe- in 4,11 che spiega la «pietra» da Is 28 e dal Sai 118. Gesù usa il peshat, il derash,
nenza salvifica secondo il metro dei patriarchi e dei profeti, destinatari dei fa- il midrash pesher, ma mai l'allegoria. Anche gli altri scrittori, benché Paolo men-
vori divini nel passato. zioni l'allegoria esplicitamente in Gal 4, non ne fanno uso nel senso di Filone,
Agustin del Agua Pérez, nel suo prezioso libro El método midrasico y la . ma fanno piuttosto uso della tipologia, e questo persino l'autore dell'Epistola
exégesis del Nuevo Testamento (Valencia 1985), dopo aver analizzato le tecniche agli Ebrei.
esegetiche correnti nel giudaismo contemporaneo di Gesù, stabilisce delle ana- Come abbiamo detto sopra, però, malgrado la somiglianza della tecnica
logie con i metodi scritturistici degli autori neotestamentari. Egli individua tre esegetica, il principio ermeneutico degli autori neotestamentari è diverso. Essi
modelli che caratterizzano le relazioni che intercorrono tra l'annuncio cristiano rileggono la Scrittura dal punto di vista dell'evento escatologico della risurre-
e l'Antico Testamento utilizzato dalla Chiesa apostolica: 1. Il modello «promes- zione di Cristo e della nascita della Chiesa nello Spirito Santo con il principio
sa-compimento» o <<prefigurazione-realizzazione», il quale comprende quei mo- più tardi esplicitato dai Padri che «Novum Testamenturn in Vetere late!, Vetus
menti della vita, passione e glorificazione messianica di Gesù il Cristo, momen- in Novo palei>>. L'utilizzazione più brillante dell'Antico Testamento la troviamo
ti che vengono considerati dalla Chiesa primitiva come compimento di dirette nell'Apocalisse, la quale, benché non usi mai alcuna formula di citazione, è tut-
profezie messianiche, ovvero realizzazioni storico-escatologiche di antitipi cate- ta un mosaico di allusioni veterotestamentarie staccate dal loro Tiferimento ad
gorici della storia sacra. Il modello comprende le testimonianze citate nei due avvenimenti passati e applicate a ricorrenze storiche ben precise contempora-
vangeli dell'infanzia di Luca e Matteo, le testimonianze della passione, partico- nee all'autore e poi proiettate apocalitticamente come modello per tutti item-
larmente il Sal 22 e Is 53, e i testi messianici come i salmi 2 e 110, ecc. 2. Il se- pi della Chiesa.77
condo modello è quello di «inserzione-sostituzione», secondo cui la comunità Dobbiamo, in ultimo, ricordare·il principio ermeneutico che, se nella pro-
cristiana viene considerata come continuatrice o sostitutrice di Israele· il titolo fezia, il giusto, Israele e il Messia sono modelli intercambiabili, così nell'appli-
«Kyrios» passa da YH"WH a Cristo; l'avvenimento cristiano si rileg~e come cazione lo sono pure Cristo e Chiesa. 78
«nuovo esodo», «nuova alleanza» o «nuova creazione». 3. In ultimo c'è il mo- Abbiamo inserito a questo punto del presente saggio l'esegesi neotesta-
dello di «opposizione-contrapposizione». Qui vengono in mente le «antitesi>> mentaria perché abbiamo visto in essa la verifica) da parte dei primi cristiani,
del sermone della montagna (Mt 5,21-48), e la giustificazione per mezzo della
fede in Paolo. Le opposizioni non sono totali o contraddittorie perché nessuna
parte dell'Antico Testamento viene considerata come erronea. Erronea è inve- 74 J. RENDALL HARR!S - V. BURCH, Testimonies, I, Cambridge 1916, II, Cambridge 1920; C.H.
ce la comprensione giudaica contemporanea del vero spirito delle asserzioni bi- DODD, According to the scriptures, London 1952; P. GRECH, Ermeneutica dell'Antico Testamento nel
Nuovo, Roma 1989.
bliche. 75 Cf. nota 18.

I primi cristiani iniziano subito a raccogliere, per iscritto ovvero oralmen- 76 E. EARLE ELLIS, Paul's Use of the Old Testament, London 1957.
77 Il problema fu già individuato molto bene in un libro poco conosciuto, C. SMITS, Oud-Te-
te, quei testi più salienti della Bibbia che predicono o illustrano l'avvenimento stamentische citaten in het Nieuwe Testan1ent's, Hertogenbosch 1952, 299-330.
Cristo e danno origine a quel genere letterario chiamato da Rendall-Harris e da 78 Basterebbe uno sguardo alle tavole sul senso letterale di certi testi citati in chiave messia-

C.H. Dodd con il nome di Testimonia. Troviamo lo stesso fenomeno pure a nica, ecclesiologica o altro alle pp. 137-139 di S. AMSLER, L'Ancient Testament dans l'Eglise, Neu-
chfJ.tel 1960, per rendersi conto della fusione di tipi e antitipi, tra il personale e il collettivo nei due
Qumran in 4Q Fior e 4Q Test, ed è un genere proseguito dalla Lettera di Bar- Testamenti.
52 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 53

della loro esperienza salvifica sui vari modelli dell'esperienza delle medesime cevano una morale e un culto dall'esegesi minuta dei libri sacri e del midrash.
azioni di Dio presso i patriarchi e i profeti. Un'analoga verifica di esperienze ci Nell'Antico Testamento i dieci comandamenti e il culto israelitico erano la ri-
viene offerta pure nel principio di tradizione ecclesiale che presto si stabilisce sposta del popolo al dono dell'alleanza e a quello della liberazione del pop?lo
come focus theologicus nella Chiesa del primo secolo. da parte di YHWH. A mano a mano che 11 dono d1 Dio a Israele cresceva, pm SI
Inoltre abbiamo già trattato dell'importanza che assumeva la tradizione richiedeva da esso una risposta di vita. Gesù predica l'avvento del regno di Dio,
oral~
. nel
• rabbinismo
. · · . faisaico. Il midrash orale discendeva da Mosè att raverso cioè il culmine della autorivelazione di Dio all'umanità. Siccome il vino nuovo
G 10sue, g1I a~zrnm; '. profeti, gli uomini della Grande Sinagoga fino ai farisei non può essere contenuto in otri vecchi (Mt 9,17), Gesù reinterpreta tutta la
(Abot 1,1). L autonta della Torah orale, dunque, era quella di Mosè medesimo. Legge nelle antitesi del sermone della montagna (Mt 5,17-48), partendo dal
Pe~c10 non dobbiamo meravigliarci se la Chiesa primitiva ereditò questa vene- principio ermeneutico dell'amore di Dio soprattutto, del prossimo come verso
razione vers~ la ~arala orale. Nel suo_ I~bro M.emory and Manuscript, B.
9
Gerhardsson ha dimostrato come la trad1z10ne dei detti e dei fatti di Gesù era
se stessi (Mt 22,34-39) e del comportamento gratuito verso il prossimo a imita-
zione di quello di Dio verso di noi (Mt 18,21-35). Gesù non abolisce la Legge e
~tata ~ras?1essa nella comunità nello stesso- modo in cui i rabbini trasmettevano i Profeti ma adegua i loro precetti morali alla nuova situazione storico-salvifica,
I detti dei loro maestri. In questo caso, però, c'è la grande differenza che la tra- anzi escatologica, dell'avvento del Regno. 82
snuss1one postpasquale rilegge i.dati prepasquali alla luce della Pasqua. Ciò clie Il periodo apostolico è dominato dalla controversia circa l'obbligatorietà
viene tr~smesso non .e solta~to Il dato oggettivo ma l'esperienza di essere stati della circoncisione e l'osservanza della Legge. I giudeo-cristiani continuano a
con Gesu e del suo nconoscnnento come il Cristo. P.-G. Miiller sottolinea que- regolare la loro vita secondo l'Antico Te.stamento. Anzi, alcuni di loro si atten-
sto punto nel vol~me D'!r Tradttzon~P_rozess im Neuen Testament (Freiburg gono ai seicentotredici precetti dei rabbini farisei, invece i più moderati avreb-
1982). Il prolo,go d1 Luca e molto esphc1to a questo riguardo. bero avuto un'interpretazione spirituale della Legge come avviene in Matteo.
, . Ma non e soltanto l'evento Gesù che viene trasmesso con autorità. Presto Ma è la polemica paolina circa la fede e le opere che ha rivoluzionato il concet-
1 epiteto «apostoli~o» diventa un theologoumenon.80 La tradizione paolina vie- to giudaico di etica, creando l'etica prettamente cristiana. Paolo arguisce che
ne trasmessa perfmo .con pseudoepigrafi (forse 2 Tessalonicesi, Colossesi ed l'uomo, sia giudeo che greco, non si salva per mezzo delle opere della Legge,
Efes1m; molto probabilmente 1 e 2 Timoteo, Tito). Le lettere pastorali combat- cioè vivendo secondo i dettami della religione giudaica, ma per mezzo della fe-
~ono gh errondel loro tempo per mezzo del «depositum» paolino (lTm 6,14;Tt de in Gesù Cristo. La vita cristiana è la risposta a un dono gratuito di Dio in Cri-
:9, 2Tm.1,13s, 2,14; 4,2s). La Pnma lettera di Giovanni esorta: «Quanto a voi, sto e non un dono dell'uomo che riduce Dio a suo debitore. Malgrado qualche
r1ma~ga 1.n voi CI~ ch_e .avete udito fin dal principio. Se in voi rimane ciò che ave- inesatta interpretazione di Paolo in senso libertino, l'Apostolo afferma con tut-
!~ udito fm dal pnnc1p10, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre» (lGv 2,24). ta forza la necessità delle opere per la salvezza (lCor 6; Rm 6) secondo il prin-
L ortodossia SI misura. con Il dato apostolico. Ma, più tardi, anche gli gnostici si cipio «la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). Dal punto di vista
appellano ~ ~na trad1~1one apostolica, segreta però, contro cui Ireneo sottolinea pratico, molti precetti della parenesi paolina coincidono con quelli ebraici o
che la trad1z1one degli apostoli è soltanto trasmessa pubblicamente dai vescovi stoici, perché appartenenti o alla rivelazione veterotestamentaria ovvero al pa-
loro success?ri. La ~hiesa dei primi secoli, nella formazione del canone neo-
81
trimonio etico umano. Altri precetti sono prettamente cristiani perché fondati
t~stamentar10, mette Il suo sigillo dell'apostolicità, e così tradizione e Scrittura sull'insegnamento di Gesù e sull'opera redentiva di Dio in Cristo. Ma allo sco-
s1 controllano l'una con l'altra. po di questo saggio, quello cioè di illustrare la metodologia della morale biblica
paolina, interessano maggiormente le motivazioni che Paolo adduce per la sua
parenesi. 83 Esse possono coincidere con quelle bibliche o sociali, ma sono pro-
8. FEDE, CONDOTTA E CULTO prio esse che manifestano meglio il sorgere di una morale neotestamentaria. Ne
faccio una scarna enumerazione con un esempio per ciascuna categoria. Abbia-
. La risposta di fede al kerygma si deve esprimere nel comportamento cri- mo un semplice appello al buon senso (lCor 5,6); al senso di vergogna (lCor
stiano e nel culto. ~'abbondante parenesi contenuta nel Nuovo Testamento esor- 11,6); a ragioni sociali (1 Ts 4,12); a castigo o premio (1Ts 4,6); alla coscienza di
ta a questo scopo m un modo molto differente da quello dei rabbini, che dedu-

82 Per il proble1na dell'etica neotestamentaria e bibliografia vedi GRECH - SEGALLA, !Vleto-


79
B. GERHARDSSON, Nlemory nnd Manuscript Lund 1961 [93-336 dologia, 143-162 e per quella di Gesù cf. R. ScHNACKENBURG, Die sittliche Rntschaft des Neuen Te-

Cf WR F ' '- ' ·
York 1983, i13: . ARMER ~ D.M. FARKASFAIVY, The Formation of the New Testament Canon, New staments, Freiburg i.Br.1986, 31-158 [tr. it. 2 voll., Brescia 1989 e 1990].
83 GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, 362-381; 1-L CRUZ, Christological Nlotivcs and Mo-
81
IRENEO, Adv. !faeI:, III, 2-4. livated Actions in Pauline Parenesis.Frankfurt 1990.
Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 55
54

fare uua cosa gradita a Dio (lTs 4,7); appello all'autorità scritturistica (lCor matteano in quanto esso reinterpreta la legge n1osaic~, ma _tu~to l' avve~im~nt~
9,9); alla dignità presente del credente (2Cor 5,15); ci sono motivazioni storico- Cristo e ciò che ne segue per l'orientamento della vita cnsllana. Il cnteno d1
redentive (lCor 10,1-10), altre escatologiche (Rm 13,11-14) e ancora ecclesiolo- scelta tra i precetti morali mosaici, visti nella nu~v~ luce dell'~vven1mento Cri-
giche (Ef 5,21-35). sto e potenziati con nuovi modi di agire, è il princ1p10 espres.s? in Ga~ 5,14: «Tut-
Già gli ultimi quattro motivi enumerati appartengono alla sfera cristiana, ta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: am:r~1 il pros~1mo tu~ co-
ma seguono ancora dei motivi esclusivamente cristologici che enumeriamo al me te stesso». La morale giudaica diventa così morale cr1st1ana, la risposta inte-
completo: motivazioni basate sulla relazione personale del credente con Cristo o grale alla donazione integrale di Dio in Cristo. .
sulla presenza di Cristo nel credente (lCor 1,13-3,23; 5,7; 6,12-20; 7,21-24; 8,11- Ciò nonostante, la legge dell'amore non è una legge stallca fatta da _pre-
13; 10,14-22; 11,5; 2Cor 5,13-15); ci sono inoltre motivi basati sull'imitazione di cetti aggiornati e riveduti. «L'a~ore di Dio è stato rivers: to n:i n?str1 cu?~l per
Cristo e di Dio stesso (lCor 10,32-11,1; 2Cor 1,17-22; 8,9; 13,2-4; Rm 15,2-9; Fil mezzo dello Spirito Santo che c1 è stato dato» (Rm 5,5). 5 Qumd1_ camm1mamo
2,1-6; 4,8s; Ef 4,32-5, 2; 5, 21-32). Questa lista, che abbraccia tutti i sottogeneri let- nella «legge dello Spirito» (Rm 8,2), una forza dinamica e creatlva donata da
terari della parenesi dai topoi alle Haustafeln, illustra il sorgere di una morale ti- Dio in virtù della risurrezione di Cristo dai morti e scritta sui cuori n?n -~u ta-
picamente cristiana sotto l'aspetto intenzionale, benché possa coincidere con vole di pietra (Ger 31,31-34; Ez 36,26ss; 2Cor 3,3), in adempimento d1 c10 che
quella ambientale, oltrepassarla o addirittura contraddirla nel modo di agire. Ab- Geremia (ed Ezechiele) aveva predetto che sarebbe stata l'essenza della Nuo-
biamo sottolineato l'insegnamento di Paolo perché egli è l'artefice principale va Alleanza, un pensiero portato avanti da Giovanni (Gv 6,45 e lGv 2,20.27).
non soltanto dei principi generali che regoleranno la vita del cristiano giustifica- Ne consegue che la morale cristiana, una morale .ad interim, la ~uale de:e gui-
to per mezzo della fede, ma anche perché dalla sua minuta casistica traspare la dare il comportamento dei credenti. tra la risurrezione e la parusia, n,?n s1 dedu-
nuova forma mentis che distingue il cristiano sia dal rabbino che dallo stoico. ce per mezzo di un'esegesi midrash1ca, ma sgorga ~empre fresca dall 1nterpreta-
Giovanni sta all'estremo opposto di Paolo. Non ha né casistica, né precet- zione che lo Spirito presente nella Chiesa dà contmuamente del dato neotesta-
ti singoli, ma solo la legge dell'amore che permea tutto: «Se mi amate, osserve- mentario applicandolo a sempre nuove situazioni della Chiesa. ?
rete i miei precetti» (Gv 14,15). Chi è nato da Dio né pecca né può peccare (lGv Ma se la Legge è abolita quale sarà la nsposta del cnstrnno nel culto. Qua-
3,9). Questa morale troverà piena espressione nel famoso <<ama, et fac quod vis» li principi teologici regoleranno la transizione dalla liturgia gmdaica a quella cn-
agostiniano, ma aiuterà molto poco a risolvere i casi concreti della comunità. Il stiana? Benché i primi cristiani, incluso Paolo medesimo, cont1nua~sero ~ ~r~­
punto di partenza ermeneutico dell'eti_ca giovannea è che l'amore con cui Dio quentare il tempio e ad offrire sacrifici (At 3,1; 21,15-26), lo splendido ed1f1c10
amò il mondo inviando suo Figlio deve essere riflesso nel nostro amore per Lui cultuale di Gerusalemme era già stato votato alla d1struz10ne da Gesu (Mc
e fra di noi. 13,ls), motivo questo, più tardi però, dell'accusa di bestemmia di front~ al sine-
Si potrebbe domandare se nel Nuovo Testamento valgono ancora i dieci drio (Mc 14,58).86 Il logion riportato in questo passo: «lo d1struggero questo
comandamenti in quanto sono comandamenti della Legge. Certamente i cristia- tempio fatto da mani di uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da
ni non osservano il sabato e, quando a Gesù viene chiesto che cosa bisogna fa- mani d'uomo» viene citato pure da Giovanni (2,19), con la spiegaz10ne aggmn-
re per la salvezza, egli risponde che bisogna osservare i comandamenti «Non uc- tiva: «ma egli parlava del tempio del suo corpo» (v. 21). Ma Giovanni d'altron-
cidere, non commettere adulterio, non rubare, non rendere falsa testimonianza, de non ha una teologia del corpo mistico di Cristo come ha Paolo. Però, nel col-
onora tuo padre e tua madre e amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt loquio con la Samaritana, si afferma che il nuovo culto non sarà né a ~erusa­
19,18s). Non si capisce bene se l'enumerazione sia solo esemplare ovvero se i co- lemme né in Samaria ma «in spirito e verità» (Gv 4,23), cioè nella realta esca:
mandamenti menzionati lo siano in quanto esplicitazione del comandamento tologica prefigurata nel culto temporale a Gerusalemme. Difatti, il morire d1
cristiano «amerai il tuo prossimo come te stesso>>. Certamente nella tradizione Gesù, indicato come «Agnello di Dio» (Gv 1,35), nella precisa ora mcm s1 ,sa-
posteriore i cristiani hanno imparato tutti e dieci i comandamenti anche se i pri- crificavano gli agnelli pasquali nel tempio, e il posto centrale accordato_ al! A-
mi tre hanno trovato un'applicazione diluita. gnello immolato nel culto celeste deH'Apocalisse _(Ap 5) rivelano il pnnc1p;0
7
San Paolo non distingue mai tra legge cultuale e legge morale nell'Antico fondamentale che regolerà il culto cnstrnno m sost1tuz1one d1 quello lev1t1co.
Testamento. Il cristiano, però, non è «senza legge di Dio, ma soggetto alla legge
di Cristo» (lCor 9,21). 84 Questo non indica soltanto il sermone della montagna
85 Il tema della «Legge dello Spirito>) è stato molto studi~to da S: Lyonnet. Un'ottima sinte-
si in S. LYONNET, La storia della salvezza nella Lettera ai Romani, Napoh 1966, 131-166.
86 R.J. McKELVEY, The New Tempie. The Church in the New Testan1ent, Ox~or_d 1969.
84 Cf. GRECH- SE GALLA, Metodologia; V.P. FURNISH, Theology and Ethics in Paul, New York 87 G. DELLING, Gottesdienst im. NT, GOttingen 1960; C.D.F. MOULE, Worshzp tn the New Te-
1969. stanJ.ent, London 1961; E HAHN, Der urchristliche Gottesdienst, Stuttgart 1970.
56 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 57

L'argomento è sviluppato dall'Epistola agli Ebrei, che vede nel culto levi- II sommario che leggiamo in At 2,42-48 è un ideale di ciò che deve essere
tico una prefigurazione del vero tempio celeste in cui è entrato il sommo sacer- la Chiesa, cioè una koinonia 90 di coloro che perseverano nella loro ris~o~ta po-
dote risorto, c?me già aveva_ predetto Mosè (Eb 8,5). In questa epistola il corpo sitiva al kerygma, uniti nella preghiera e nella celebrazione dell'eucanstia. Lu-
di Cnsto non e il temp10. Cnsto e sacerdote (c. 7), vitllma sacnficale (9,7) e me- ca scrive quando la coscienza della Chiesa si è già consolidata: La via è s~ata
diatore presso Il_ Padre (8,6). In essa però troviamo un altro principio fonda- lunga e molti fattori hanno contribuito a percorrerla: convers1on~ del p~imo
mentale che 1nd1ca la relazione tra il culto nuovo e la vita nuova del cristiano nucleo di ebrei, il rifiuto della grande massa a credere, l'entrata dei gentili e la
quello espresso in 7,12: «Mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anch~ questione della circoncisione_, le persecuzioni da parte di Israele_ e dello Stato
un m~t~i:iento nella legge». La legge levitica non vale più se non come figura. e infine, la scomunica dei g1udeo-cr1st1ani dalla sinagoga. Mettiamo a fuoco
Ormai e in atto la nuova a1leanza predetta da Geremia, citato in esteso in 8 8- q'uesto processo storico e la concomitante riflessione teologica per poter esa-
12 s~lla legge scr_itta nei cuori. Questa è l'ermeneutica migliore sulle parole,di minare meglio la nascita dell'ecclesiologia. _ . . . ,
Ges~ alla Sa?1ar1tana sul fatto che il nuovo culto sarà in <<spirito» (scritto sui Si dice spesso con ironia che Gesù ha predicato il regno di Dw ed e ve-
cuori) e ·xver1tà», non più nella prefigurazione levitica, ma nella realtà celeste. nuta fuori la Chiesa. Si dovrebbe dire meglio che il messaggio sul Regno, se
San Paolo, invece, sviluppa il concetto del corpo di Cristo come tempio accettato da Israele, avrebbe trasformato il popolo dell'Antica Alleanza nel
nuovo. Intende con ciò la personalità collettiva del Christus totus88 che è la Chie- popolo della Nuova Alleanza simboleggiato dalla scelta dei Dodici._ Dal pun:
sa. Quando Paolo parla di Cristo Corpo in Rm 12 e 1 Cor 12 lo fa in un contesto to di vista numerico ciò è avvenuto solo in parte, ma un nucleo d1 credenti
cultuale. L'eucaristia medesima esprime lo stesso concetto: «Poiché c'è un solo provenienti di tra gli ebrei bastava per riallacciare il_ nuovo Israele alla linea
pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo» (lCor 10,17). La comunità di di storia salvifica iniziata con Abramo. I pr1m1ss1mi g1udeo-crist1an1 non s1
Corinto è l'edificio di Dio (lCor 3,9),il tempio dello Spirito Santo (v.16), il tem- sono qualificati come una nuova religione, ma come l'Israele escatologico
pio di_ D10 opposto a quello degli idoli (2Cor 6,16). Paolo conosce pure il culto erede delle promesse fatte ai Padrin Il loro specifico era la fede in _Gesù co-
eucansllco (lCor 11,23-31) e lo interpreta come annuncio della morte di Cristo me il Cristo mediante la sua risurrezione e il possesso dello Spmto Santo
nel tempo presente oltre che come memoriale della medesima. manifestatosi nella Pentecoste, mentre per gli altrl aspetti conservavano tut-
. La Pr~m~ lettera di Pietro esprime il concetto paolino in chiave di «pietre ti gli altri tratti giudaici, incluse le diversità di mentalità caratteristiche del
vive», che, insieme alla pietra che è Cristo, formano l'edificio.spirituale in cui si giudaismo del primo secolo. Speravano ancora che questo piccolo hev1to
offrono sacrifici_ spirituali. Per cui anche i fedeli sono sacerdoti (lPt 2,4-9). II cul- avrebbe fermentato l'intera massa finché gli avvenimenti non indicassero
to sacnficale spmtuale lo troviamo pure in Rm 12,ls e in Eb 13,lOs. una strada di~ersa. Il dinamismo della nuova fede venne a esprimersi più
Da_ quanto abbiamo detto dovrebbe essere chiara la logica dello sviluppo conseguentemente attraverso i credenti provenienti ?al ~iudais~o ell~nisti­
del pensiero teologico che nguarda la risposta cristiana, nella vita e nel culto al- co, dotati di categorie di pensiero più ampie e allena(! al lmguaggw dei LXX
l'opera_ redentrice del Padre in Cristo. Gli otri vecchi non sono più adatti a c~n­ con le sue molteplici connotazioni elleniche. Il martirio di Stefano (At 7) te-
tenere il vino nuovo, servono otri nuovi, ma il vino è sempre della stessa vigna. stimonia il fatto che lo sviluppo dell'autocoscienza della comunità cristiana
ellenistica oltrepassava i limiti di tolleranza ebraica entro i quali i credenti
palestinesi si erano mantenuti. 92 Le accuse rivolte al diaco?o Stefano (At
9. LA COMUNITÀ CRISTIANA, LA CHIESA 6,13) di aver parlato contro il tempio e contro Mosè fanno mtravedere c_he
lo sviluppo di questa nuova fede minacciava la più intima identità del gm-
La comunità_ chiamata da Dio per opera di Cristo, riunita dalla risposta di daismo, in quanto relativizzava quei simboli e quelle istltuzwm che lo defi-
fede, di opere e di culto nello Spirito Santo si chiama Chiesa. A una tale auto- nivano. Già si comincia a intravedere che gli otri vecchi non bastano per Il
definizione la comunità primitiva non è arrivata per mezzo di uno studio teolo- vino nuovo. Il punto centrale di discordanza, però, sembra che si~no_ state,
gico, ma per mezzo di una serie di azioni salvifiche e di fattori storici che hanno presso i giudeo-cristiani provenienti dal mondo greco, le con?otaz1on1 asso-
maturato la su~ autocoscienza, non solo nel primo secolo, ma lungo l'intero per- ciate al titolo kyrios, le quali ormai cominciano a prendere il volo verso la
corno della Chiesa. A noi, per il momento, il compito di individuare questi fat-
tori dell'era apostolica e subapostolica.8 9
90 P.C. BORI, Koinonia, Brescia 1972; T.A. MWORIA, The Conimunity Or Goods in Acts, Ro-
me 1986.
88
91Cf. 4Q168, framm.17-19, 5; lQpHab II, 1-10.
J.J. MEUZELAAR, Dei Leib des Messias,Assen 1961. 92 H. CONZELMANN, Geschichte des Urchristentums, G6ttingen 1969, 53-61; B.F. MEYER, The
89
Cf. bibliografia in GRECH - SEGALLA, li1etodologia, 139-142. Early Christians, Wilmington 1986, 53-83.
58 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 59

cristologia alta. 93 Le cose peggiorano quando questi cristiani evangelizzano proveniva· la oi


oiustificazione · Questa era la posizione di. Paolo e del
.
suo circolo.
la Samaria, con un certo successo, aggiungendo. dei samaritani al loro nume- U posizione media, in cui si ritrovano Matteo e Giacomo, rimaneva osser-
ro (At 8,4-25; Gv 4,38-42) e allontanandosi maggiormente dal gindaismo uf- v:U~e della Legge, ma permetteva.1'entrata d_ei pagani libera.mente. All'estremo
ficiale. Non ci sono documenti riguardanti questo periodo,94 possiamo solo posto era la posizione di quei g1udeo-cr1st1an1 oltra~z1sh, i qual~ non soltanto
o~servavano la Legge credendo di trovar: la salvezza 1n e_ssa, ma s1 opp~n:vano
0
supporre che mentre la comunità palestinese sotto la guida dello stimato
Giacomo viene tollerata dal giudaismo, l'ala ellenistica, per dire poco, viene alla decisione del concilio e all'operato d1 Paolo, perseguitandolo. Molli d1 que-
guardata con sospetto e perseguitata (At 8,1). . alla fine del secolo, sono conflmt1 nella setta degh eb1omt1, setta carattenz-
II prossimo passo avanti nella composizione, e conseguentemente, nell'au- ~~;a dal suo violento antipaolinismo 98 e dalla cristologia bas_sa. .
tocoscienza della Chiesa avviene quando ad Antiochia, per la prima volta, i gen- Dopo ]a decisione di Gerusalemme, 1! maggior co_ntnbuto allo sviluppo
tili entrano a fare parte della comunità (At 11,18-26). Luca nota che avviene pu- deJl'autocoscienza ecclesiale e alla riflesswne teologica e st_ato apportato dalle
re un cambio di nome: i credenti non vengono chiamati più «Nazorei» ma «cri- comunità paoline e dall'Apostolo medesimo. L'~cclesiologrn paoh~a non p;o-
stiani», cioè non più i seguaci di Gesù di Nazaret ma coloro che confessavano viene da pura speculazione. La teologia per 1~1. e la riflessione sull_ ~sp. er1enza,
.
Gesù come il Christos. Accade uno spostamento della valutazione dei credenti che proviene dalla storia e dall'opern dello_ Spmto dentro la comumta. E d,a no-
da una recente setta sospetta dentro il giudaismo a un movimento nuovo che tare prima di tutto che la parola «Chiesa» md1ca la Chiesa locale e solo pm tar-
non si definisce in base alla Torah (i provenienti dal paganesimo non la osser- di, in Efesini, significa la Chiesa sparsa per tutte le reg1om. . .
vano) ma con riferimento alla nuova fede nel Cristo. 95 L'ecclesiologia paolina non è un traHato a sé, frutto d1 una speculazwne
Poiché i nuovi credenti greci erano «timorati di Dio», i quali avevano fre- sulla nuova comunità sorta recentemente. E un corollario de~la sua cr1sto_Iog1~,
quentato la sinagoga e conoscevano le Scritture, sorge spontaneamente il pro- non nel senso di Gesù che fonda una Chiesa: Cristo è la Chiesa e la Chiesa e
blema se questi, diventando cristiani, non debbano pure diventare ebrei a tutti «Cristo». Egli è «Ìl seme» di Abramo erede delle prome~s~ coi:ie Io sono colo-
gli effetti, facendosi circoncidere e osservando la Legge. Una tale questione ave- ro che sono «in Cristo» (Gal 3,16), che si sono «rivestili d1 Cnsto» (Gal 3,27):
va npercussioni, sia pratiche sia teologiche, molto profonde. Nell'agape eucari- uomini, donne, schiavi, liberi, greci ed ebrei, una sola «persona~> co11: Cristo (Gal
stica un ebreo osservante non poteva sedere a mensa con un incirconciso, né en- 3,28). Essi sono perciò !'<<Israele di Dio» (Gal 6,16), come tesllmoma la presen-
trare nella sua casa, per non parlare di altri mille inconvenienti-" Se la Chiesa, za dello Spirito tra di loro e in loro (Gal 3,3). Questa umane avviene mediante
però, avesse risposto affermativamente alla richiesta della circoncisione, si sa- la fede in Lui (ibid. ). . . .
rebbe automaticamente qualificata come una setta giudaica circoscritta dalle Qual è, dunque, la relazione tra questo «Israele di Dio» e 11 pop.alo ebrai-
istituzioni dell'ebraismo, distinguendosi dalle altre sette solo per il fatto che cre- co? Anche questa risposta, offerta nei travagliatissimi _cap1toh 9;11 d1 Ron_iam,
deva che Gesù era il Messia, un Messia, però, intragiudaico, con scarso valore sorge nella mente di Paolo come frutto della sua espenenza dell mcreduhta dei
universale. giudei.99 La comunità dei credenti è la continuazione d1 Isr.aele, ~enza alcuna ce-
Secondo Luca, il caso viene risolto carismaticamente da Pietro (At 10), poi sura. In Rm 11,16-24 la chiamata dei gentili dentro la Chiesa viene comp,arata
concordemente nell'incontro di Gerusalemme (At 15). Paolo ne offrirà le ra- all'innesto di un ramo di ulivastro in un ulivo buono. Alcuni rami di quell uhvo
gioni teologiche nelle Lettere ai Galati e ai Romani. La soluzione conciliare, sono stati tagliati via a causa della loro incredulità, ma ~alo t~mporan~amente,
però, mentre libera la Chiesa per il suo volo universalistico, divide i giudeo-cri- finché entri la pienezza dei gentili, poi saranno reinserit1. Qumd1 la_ Chiesa non
stiani in almeno tre correnti. 97 C'erano quelli che predicavano l'entrata incon- è un albero differente da quello originario. Le radici sono le medesime: Israele:
dizionata dei gentili nella Chiesa, considerandosi anche personahnente liberi di I giudeo-cristiani sono il «resto» di Israele predetto dai profeti, mentre ~nche g~1
osservare o di non osservare le istituzioni giudaiche, dalle quali, intanto, non increduli erano stati previsti dalla profezia (11,1-10). In questo passo gh awem-
menti della storia contemporanea fanno da ermeneutica agli scritti profet1c1 e
dalla fusione dei due orizzonti nasce l'ecclesiologia paolina.
93
W. Boussi;:T era co~vinto che Kyrios fosse introdotto dal mondo pagano (Kyrios Christos,
New.~or~ 1_970, t~. tngl. dal hbr? del 1913, 121s); dopo gli studi di HAHN esso si attribuisce alla co-
mun1ta94cnsban~ g~udeo-ellenist1ca: Chri~'tologis~he Hohe'."tsstit~l, .GOttingen 31966, 95-125.
La t~s1 d1 O. CuLLMANN (Der JOhanneische Kre1s), Tubrngen 1975, 93-95, è ormai accetta- 98 E. DASSMANN, Der Stachel in1 Fleisch, Mtinster 1979, 279-285; A. LI/\lì)EMANN, Paulus ùn iil-
ta dalla maggioranza.
95 testen Christentum, TU.bingen 1979, 101-109. . . . . . . . d l-
. L. GOPPELT, Die Kirche in ihrer Geschichte. Die apostolische und nachapostolische Zeit 99 Sui cc. 9-11 di Romani, in cui l'eccles1olog1a paolina viene inquadrata nell~ sua dottnna e
GOttJ.n~en 1962, 41s. '
6 la giustificazione, cf. F. S1EGERT, Argumentat~on ~-ei Paulus, T~bi!lgen 1985;_ H. HuBNER, Gottes !eh
~
Gv 18,28; At 11,3; STRACK - BILLERBECK
.
IV' 357 . und fsrael. Zum Schriftgebrauch des Paulus 1n Ron1er 9-11, Gottingen 1984, J.-N. ALEITI, Comment
R.E. BROVv'N - J.P. ivIEIER, Ant1och and Rame, New York 1983, 50ss [tr. it. Assisi 1987]. Dieu est-il fuste?, Paris 1991, 139-208.
60 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 61

. Anche l~ riflessione. sull'unità della Chiesa nasce dai fatti. Nei primi due capi- Questo sviluppo contemporaneo in diverse correnti non è fortuito. Nella
toli ~i 1Cor 1 Apostolo nmprovera le faz10m nella comunità di Corinto. «Cristo» diaspora giudaica anche le città più lontane si mantenevano in contatto con Ge-
non e d1v1so e I credent~ non sono stati battezzati nei nomi dei battezzanti, ma di Cri- rusalemme con il contributo individuale di mezzo shekel annuale. 104 Era un se-
sto (l ,1,3): dall'ontologia della comunità nasce la deontologia del comportamento. gno di comunanza del giudaismo mondiale con Sian. Anche nella Chiesa di pro-
L occasione per un ulteriore passo nell'ecclesiologia paolina viene offerta venienza gentile si è mantenuta quest'usanza, e ciò come conseguenza del con-
dalla. prese~za, nelle comunità, di una diversità di carismi dello Spirito Santo. 100 cilio di Gerusalemme (Gal 2,10). Paolo sviluppa la teologia di questo segno di
L.a ~1vers1ta non preclude l'unità, ambedue si riconciliano nell'organicità. Quin- /winonia in 2Cor 8 e 9. Già la comunità nascente di Gerusalemme si era quali-
di, m R.m .12 e 1Cor 12, Paolo, partendo dalla metafora di una corporazione di ficata come koinOnia con la condivisione dei beni e la vendita del superfluo (At
membn di gruppi de_! medesimo mestiere nelle città dell'impero, e forse anche 2,42; 4,32-5,11), adesso la koinonia viene estesa a tutte le Chiese e Paolo la as-
dall~ concezione stoica dell'universo come organismo, chia1na la comunità ec- sume come parte della sua diakonia verso la Cbiesa madre. Il termine koinonia,
cle~1ale «C:o~p~ d~ Cristo», immagine estesa conseguentemente a tutta la Chie- però, non si restringe alla comunanza dei beni: questo è soltanto un sostrato ma-
sa in Efes1n1. S1 ~Iscute se la parola «Corpo» si riferisca al corpo del Cristo ri- teriale per una koinonia più profonda con Cristo (lCor 1,9), con lo Spirito San-
sorto ovve~o se s_1a un semplice termine di comparazione con il corpo umano.101 to (2Cor 13,13), con i patimenti di Cristo (Fil 3,10), nella fede (Fm 6), nell'euca-
Una tale d~scuss1one n?n è facile da risolvere; per noi qui basta la constatazio- ristia (lCor 10,16) e con gli apostoli (lGv 1,3). Koinonia, dunque, non è una pro-
ne dello sviluppo .dottnnale nella teologia ecclesiologica dell'Apostolo a parti- prietà della Chiesa, ne è la definizione medesima, come sarà più tardi agape in
re dalla constatazione di fatto. Mentre però, in lCorinzi e Romani la metafora Ignazio d' Antiochiarns
del corpo non distmgue tra Cristo e i fedeli, in Ef 5,21-33 e Col 2,10.19 Cristo di- Ma la continuità della Chiesa con Israele viene espressa pure con le im-
venta il ~apo, ~~ Chiesa il corpo, anzi, in Colossesi, Cristo assume il ruolo di ca- magini che l'Antico Testamento usa per descrivere il suo popolo, immagini ri-
po cosmico. Cio a.v~ebbe come causa e funzione il culto degli angeli a Colasse, prese e moltiplicate posteriormente nella letteratura rabbinica. È vero che mo-
un ctùto che relat1v1zzerebbe la posizione del Cristo risorto. delli come «corpo di Cristo», koinOnia, «in Cristo» sono nuovi, immagini come
. Nello stesso passo .di Ef 5,21-33 si passa dall'immagine del corpo/capo a quel- «popolo» (lPt 2,9), Gerusalemme (Gal 4,25; Eb 12,22; Ap 3,12) appartengono a
la di Chiesa sposa di Cnsto.102 Già in 2Cor 11,2 l'Apostolo aveva detto che voleva Israele, mentre espressioni come «fratelli e amici» ( cf. Gv l 5,13s ), «Donna» ( Ap
pre~entare la comuni~à di Corinto come vergine al suo uomo, Cristo. In Efesini, 12) sono usate dai rabbini. Non sfugge neppure la somiglianza tra i titoli che si
pero, la compenetraz10ne delle due immagini di corpo e sposa viene fondata sul dava la comunità di Qumran, iscritti sugli stendardi e sulle spade nel libro della
detto di Gen 2,24: l'uomo che lascia suo padre e sua madre e si unisce alla sua spo- Guerra, con simili espressioni usate per i cristiani e le Chiese nel Nuovo Testa-
sa. diventa una sola ~arne,. u~a sola personalità, con lei. La Chiesa è dunque una so- mento. Lo sviluppo della teologia ecclesiale, dunque, è dovuto alla continuità
la «persona» con Cr1~to sia rn q~anto capo/corpo, sia in quanto sposa/sposo. È evi- dell'autocoscienza israelitica dei giudeo-cristiani di ogni tendenza oltre cbe alla
dente che Paolo applica alla Chiesa la frequente immagine veterotestamentaria di manifestazione di Dio nella nuova comunità. 106
Israele. sposa di YHWH tanto cara anche ai rabbini.103 Anche qui, dunque, Paolo Abbiamo già visto come la persecuzione del gruppo degli ellenisti da par-
trasfensce le prer~.gative di .Israele alla Chiesa. Lo sposo, però, non è più YHWH te degli ebrei di Gerusalemme avesse suscitato nei cristiani una spinta missio-
ma Cnsto. Forse l idea paolma è contemporanea e parallela allo sviluppo dell'in- naria e un'autocoscienza più chiara. È un fatto di pura sociologia che le perse-
terpretaz10ne della parabola del banchetto .in Mt. 22,1-14. Il parallelo dell'immagi- cuzioni di una minoranza aiutino a definire meglio la sua natura. Ciò accade nel-
ne corpo/capo e la metafora g10vannea di vigna/vite/tralci in Gv 15 1-17. Ciò dimo- la comunità cristiana sia in occasione della persecuzione da parte degli ebrei sia
stra come l'.autocoscien.za della Chiesa si manifesta parallelament; in tre correnti in quella da parte dei pagani, sotto Nerone e Domiziano particolarmente. Di
quella paolma, quella gmdeo-cristiana di Matteo e quella giovamoea. ' fronte all'Impero Romano i cristiani apparivano in un primo tempo come una
setta ebraica. Godevano, dunque, dei privilegi degli ebrei, come quello di non
offrire sacrifici all'imperatore. Spesso erano gli ebrei stessi ad accusarli che «non
100
. P~r la ~iscussione recente sui carismi: G. HASENHOITL, Charisn1a. Ordnungc,,prinzi der
Kirche, Fr~t~ur? t.Br. 1969; V._ SCIPPA, La glossolalia nel NT, Napoli 1982; D.E. AUNE, Pro 1ifc in
Early Chnsttan1ty, Grand Rap1ds 1983 [tr. it. Brescia 1996]· D.A. CARSON Showing the sp,.,1Pt G y d
Rap1ds 1987. ' ' , ran 104 M. STER:"!, "The Jewish Diaspora", in The Jewish People in the First Century, Philadelphia
~~~ P. BE".J~IT, Exégèse et théologie, Paris 1960, II, 107-162. 1974, I, 117-183.
105 TGNAZIO, Roni, introd.; Trall lll, 2; XIII, 1; Rom IX, 3; Philad XI, 2; Sniyrn XII, 1.
" P. r..:rrr:-rEAR: lmages of the Church in the New Testament, Philadelphia 1960 54-57· H SCH-
LIER. ~g{· Bnef a_n. dte Epheser, Diisseldorf 1957, 252-280 [tr. it. Brescia 1965 = Bres~ia 1973J. ·
106 MONTEFJORE - LOEWE, Rabbinic Anthology; J.M. CASCIARO RAMfREZ, Qumran y e! Nue-

58-85; 93_ ffs~estt ln C.G. MONTEFIORE - H. LOEWE, A Rabbinic Anthology (Meridian Books) 1960, vo Testamento, Pamplona 1982. Nella p1ima parte del libro l'autore esamina tutti i tern1ini che la co-
munità qumranica usava per se stessa con una comparazione con il NT.
62 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 63

sono dei nostri>> e che conseguentemente cadevano sotto le leggi comuni. Sorge della nuova comunità. Proseguiamo con il medesimo argomento da un altro
così una teologia della persecuzione, chiara in scritti come 1Pietro e Apocalisse, punto di vista. La Chiesa nascente, fenomenologicamente parlando, appare
che studieremo in un'altra paragrafo, ma la Chiesa si distanzia sia dalla «Sina- come una nuova setta del giudaismo, ovvero una delle molteplici religioni sin-
goga di Satana» (Ap 2,9; 3,9) sia dai pagani, come appare chiaramente dal noto cretistiche che riempivano l'Impero Romano di quei tempi. Contemporanea-
passo «qumraneggiante» in 2Cor 6,14-18. mente alla crescita dell'autocoscienza dei nuovi credenti, la Chiesa si è tro-
Nonostante le persecuzioni, però, la linea di demarcazione tra giudei e cri- vata nella necessità di delimitare la sua identità in confronto con le altre re-e
stiani rimane abbastanza fluida fino agli anni 90. La <<Scomunica» dalla sinago- ligioni.
ga 107 avvenuta all'inizio di questi anni e formulata nella nota dodicesima bene- Prassi e teologia hanno collaborato insieme per stabilire questa identità.
dizioue - un riflesso lo abbiamo in Gv 9,22; 16,2 - ha sì l'effetto di distin- Anche le persecuzioni, sia da parte dei giudei che da parte dei pagani, non co-
guere i credenti da «il mondo>->, ma causa anche una crisi tra i giudeo-cristiani. stituivano un fattore meramente sociologico ed esistenziale ma spingevano i
Molti non se la sentono di perdere la loro identità giudaica e ritornano alla si- cristiani a fare delle considerazioni teologiche che collegavano le loro soffe-
nagoga, come possiamo vedere dalla frase «rimanete in me», frase che torna renze con quelle di Cristo. Soffermiamoci un momento su questa teologia del-
spesso in Giovanni, mentre altri, simpatizzanti con la causa cristiana, non si de- l'identità.
cidevano a fare il passo definitivo per timore dei rabbini. 108 L'esempio classico È ovvio che il problema più difficile era quello di distinguersi dal giudai-
è Nicodemo. La classe che egli rappresenta deve capire che la simpatia non ba- smo da cui la Chiesa era sorta. Il processo storico lo abbiamo già studiato, co-
sta, bisogna rinascere di nuovo nel battesimo e fare la netta separazione. L'ec- me anche la grande controversia circa la necessità della circoncisione e la Leg-
clesiologia giovannea suppone un tale Sitz im Leben. ge. Discendenza da Abramo, osservanza della Legge e circoncisione definiva-
È curioso che, a parte Mc 13 e paralleli che parlano della distruzione di Ge- no il vero ebreo. Quale differenza passava, dunque, tra questo e un giudeo-cri-
rusalemme, la guerra dell'anno 70 non ha lasciato nessuna traccia negli altri stiano che possedeva tutte queste qualità? Era soltanto il fatto di confessare
scritti del Nuovo Testamento, a differenza del trionfalismo dei Padri. La fuga a Gesù come il Messia? Pur avendo inizio da tale confessione la differenza si è
Pella, però, consolidò i cristiani della Giudea ma forse contribuì anche a spin- dimostrata più profonda con il tempo.
gere alcuni verso l'ebionismo. Già Gesù, ebreo a tutti gli effetti, comincia a prendere le distanze dalla
Il fattore che contribuì maggiormente allo sviluppo della riflessione sulla Legge nelle antitesi di Ml 5,20-48. Non la ripudia, quindi non ripudia il giu-
Chiesa, invece, era il ritardo della parusia. La de-escatologizzazione evidente in daismo, dice che è venuto per pleroun la Legge, nel senso di osservare, adem-
Luca, in Giovanni, nelle Pastorali, ma specialmente in Atti, trasforma la comu- piere le profezie e perfezionare. 110 Questo perfezionamento non avviene per
nità degli ultimi tempi in una Chiesa che si prepara per una lunga vita nella sto- mezzo di aggiunte rabbiniche, ma reinterpretando i precetti della Torah nel
ria e si inserisce nella società contemporanea. Il kyrios diventa signore della sto- contesto più ampio dell'avvento del regno di Dio. Con la sua presenza e la sua
ria, la «Vita eterna» si ha già adesso non soltanto nella risurrezione, gli apostoli predicazione la storia della salvezza sta facendo il passo in avanti definitivo e
si preparano a diffondere il messaggio in tutto il bacino del Mediterraneo, la co- conseguentemente gli antichi precetti morali richiedono una profonda rilettu-
munità si organizza gerarchicamente, cominciano gli elementi di un «diritto ca- ra. In Mc 7,19 Gesù «purifica tutti i cibi», e la sua libertà nei confronti del-
nonico» e le diverse correnti convergono verso una «catholicitas» con la sua l'osservanza sabbatica indica che le leggi rituali si devono porre pure esse nel
confluenza a Roma. Lo stesso decorso della storia, dunque, apre nuovi orizzon- nuovo contesto. Per Gesù il tempio stesso non è più un assoluto. Tutto ciò si-
ti sia alla riflessione teologica sia ai provvedimenti pratici nell'evolversi della gnifica che il giudaismo come tale, malgrado la sua continuità con il giudaismo
Chiesa. 109 tradizionale, viene reinterpretato nel nuovo contesto storico-salvifico. La me-
Su come le divisioni dottrinali interne abbiano influenzato l'autoco- desima comunità giudeo-cristiana di Matteo, che porta avanti questo discorso,
scienza della Chiesa parleremo in seguito. Nel precedente paragrafo abbiamo si qualifica di fronte al giudaismo non tanto per mezzo della circoncisione, che
studiato l'emergere dell'autocoscienza della Chiesa dallo sviluppo storico essa stessa praticava, quanto con l'osservanza della Legge reinterpretata que-
sta volta nella luce del Cristo risorto autore del sermone della montagna, il
quale la eleva a una dimensione superiore a quella di Mosè. 111
7
rn Buon commento sulla dodicesima benedizione in E.P. SANDERS (ed.),Jewish and Christian
Se~f-definition, London 1981, 138-156 (L.H. Schiffmann).
108
~ulla relazione della comuni~à giovannea con il giudaismo cf. J.L. MARTYN, llistory and
Theology tn the Fourth Gospel, Nashv1lle 1968; ID., The Gospel of.fohn in Christian History, New
York 1978; R.E. BROWN, The Conimunity of the Beloved Disciple, London 1979; D. RENSBERGER, 110A.C. AYRIL- P. LENHARDT, La lettura ebraica della Scrittura, Bose 1984, 59-62.
Johannine Faith and Liberating Conimunity, Philadelphia 1988. 111 J.A. OVERMAN, Matthew's Gospel and Formative Judaism. The Socia[ World of the
109
GOPPELT, Die Kirche, 74-102. Matthean Con1munity, Minneapolis 1990.
64 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 65

È ovvio che colui che più di tutti distanziò il cristianesimo dal giudaismo, avesse fatto uno studio delle Scritture proprio su questo punto non sarebbe mai
relativizzando la Legge e marcando le frontiere tra il giudaismo e la nuova fe- arrivato alle conclusioni suddette. Il principio ermeneutico è stato la sua folgo-
de, è Paolo. Il problema «Paolo e la Legge» 112 è uno dei più discussi dall'esege- razione sulla via di Damasco con la conseguente rivelazione del Cristo. La Scrit-
si moderna, reso più difficile dai sensi diversi che si potrebbero dare alla parola tura si legge nel contesto della nuova tappa nella storia della salvezza operata
nomos, 113 cioè: istituzioni giudaiche, profezia, legislazione in genere, Torah ora- da Dio. in Cristo. Ma siccome due quantità gemelle non possono coesistere si-
le o giudaismo complessivamente. Si discute ancora se Paolo non abbia svilup- multaneamente senza rendere inutile una di esse, si deve concludere necessa-
pato il suo insegnamento su questa materia partendo dalla Lettera ai Galati pas- riamente con una alternativa e con una successione. L'ultima opera di Dio espri-
sando per Romani e poi nella Lettera ai Filippesi. Certo, la Lettera ai Galati me la sua volontà definitiva, relativizzando la precedente. «Non annullo dunque
sembra un abbozzo della sua soluzione, spiegata più sistematicamente in quella la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto in-
ai Romani e infine compendiata stupendamente in Fil 3,7-9.11 4 vano» (Gal 2,21).
La dottrina paolina si potrebbe compendiare in questi termini: le istituzio- Questa argomentazione di Paolo, mai espressa conseguentemente ma solo
ni mosaiche non valgono più per rendere un uomo giusto davanti a Dio; ciò che frammentariamente, che tuttavia soggiace alla Lettera ai Galati e a quella ai Ro-
vale è ormai la fede in Gesù Cristo (Rm 3,21-26). La Legge non è un fattore ne- mani, è basata su un fatto esperienziale personale di Paolo e sul kerygma, quin-
gativo (Rm 7,7), proviene da Dio, ma l'essere stata mediata dagli angeli (Gal di basterebbe da sola. Ma quando si tratta di convincere gli altri, l'argomento si
3,19) indica la sua relatività e temporaneità. Offre sì una giustizia, ma una giu- riallaccia sia all'esperienza degli uditori sia alla coscienza della comunità. Difat-
stizia fondata sulle opere come se l'uomo dovesse regalare qualche cosa a Dio ti in Gal 3,2 Paolo fa appello all'esperienza carismatica della comunità in cui lo
piuttosto che ricevere da Lui (Rm 11,33-36; Fil 3,6). La sua funzione nella storia Spirito operava generosamente mentre nel c. 2 poggia il suo argomento sull'in-
salvifica era duplice: doveva rivelare la debolezza dell'uomo a causa del «pec- contro di Gerusalemme (At 15), in cui l'operare dell'Apostolo era stato appro-
cato», che in lui abita (Rm 7,7-13), e conseguentemente la necessità di un inter- vato dalle «colonne della Chiesa» (2,9). Gli argomenti valgono per coloro che
vento divino per redimerlo da tale miseria, e secondariamente serviva da «pe- hanno fede in Cristo, cioè per giudeo-cristiani e convertiti dal paganesimo, ma
dagogo» verso Cristo (Gal 3,24-25). Venuto Cristo, la funzione della Torah è ces- non persuadono gli ebrei né di allora né di oggi. Avrebbero forse la forza di un
sata perché è stata rivelata una giustizia qualitativamente, non quantitativa- invito a rileggere la Scrittura per scoprirvi possibilità diverse di interpretazione,
mente, diversa, quella per mezzo della fede (ibid.). Orbene tutto ciò non coin- di modo che argomentare come Paolo non necessariamente conduce a una con-
volge Dio in una contraddizione perché era la «Legge» medesima, in quanto traddizione all'interno della fede giudaica. Nonostante la continuità tra la fede
profezia, a predirlo (Rm 3,19.21.31). Ora la vera giustizia è stata rivelata da Dio degli ebrei e quella dei cristiani, una continuità basata sull'opera salvifica unica
con la venuta di Gesù Cristo (Rm 3,21). di Dio, la cesura tra le due comunità è netta, e questo lo hanno percepito gli
La giustizia antica viene messa nell'ombra dalla nuova luce che si rivela ebrei stessi prima ancora dei cristiani. 115
(2Cor 3,9-11), indicando nel contempo la sua transitorietà. Conseguentemente Paolo, dunque, deduce da certi fatti la non validità della Legge e quindi del
il giudaismo stesso è «antiquato», ha espletato la sua funzione di pedagogo e, se giudaismo nello stadio raggiunto presentemente dalla storia salvifica, ma non la
non si rinnova in Cristo, viene tagliato via come ramo inutile anche se, essendo deduce da una ratio theologica intrinseca. Questa operazione la compie l'auto-
Dio fedele alle sue promesse, un giorno sarà reinserito (Rm 11,16-32). La reli- re della Lettera agli Ebrei. Questi non sembra essere stato un ebreo di nascita,
gione voluta da Dio è ormai quella cristiana. perché conosce solo il giudaismo scritturistico, però aveva capito benissimo che
Questa è la dottrina paolina. Ma ciò che ci interessa in questa sede è: co- la legislazione mosaica, con tutte le sue prescrizioni circa la purezza e impurità,
me è arrivato Paolo a formulare questa tesi rivoluzionaria? È evidente che l'ar- era interamente centrata sul culto sacrificale esercitato dal sacerdozio aroniti-
gumentatio di Paolo non si fonda su ragioni filosofiche ma scritturistiche e mi- co.116
drashiche. Però è anche certo che se il rabbino Saulo, prima di conoscere Gesù, Ora «mutato il sacerdozio, avviene anche necessariamente un mutamento
della Legge» (7,13); da legge, infatti, non lia portato nulla alla perfezione»
(7,18); «Ora invece egli ha ottenuto un ministero tanto più eccellente quanto mi-
112 H. RA1SANEN, Paul and the Law, Philadelphia 1986 apre il problema (1983) affermando gliore è l'alleanza di cui è mediatore» (8,6); «dicendo però "alleanza nuova",
che Paolo si contraddice nelle sue epistole; E.P. SANDERS, Paitl, the Law and the Jewish People, Lon-
don 1983 [tr. it. Brescia 1989], ha una posizione moderata; H. HùBNER, Das Gesetz bei Paulus, GOt-
tingen 1978 [tr. it. Brescia 1995], aveva trovato una evoluzione nel pensiero paolino tra Gal e Rm
La storia delle diverse opinioni si trova in S. WESTERHOLM, lsrael's Law and the Church S Faith,
Grand Rapids 1988. 11 5
L.H. ScHIFFMAN inlewish and Christian Self-definition, London 1981, 115-156.
113 GUTBROD, in ThWNT, IV 1916-2077, ed. it. 7, 1223-1401. 116A. VANHOYE, La structure littéraire de l'Epitre aux Hébreux, Paris 1976, 130; M. RISSI, Die
114
HDBNER, Das Gesetz bei Paulus, 101-148. Theologie des Hebriierbriefs, Tilbingen 1987, 129s.
66 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 67

Dio ha dichiarato antiquata la prima, ora ciò che diventa antico e invecchia, è (Mt 5,12.44; 10,22; 23,34; Le 21,12; Gv 15,20). 117 Ma i cristiani, come Gesù stes-
prossimo a sparire» (8,13), Ecco l'ossatura del ragionamento di questo autore. so, lessero pure la loro sorte nelle Scritture; in quelle medesime Scritture che
Il perno della argumentatio, però, consiste nello stabilire che sacrificio, sacerdo- avevano predetto le sofferenze del Cristo essi vi trovavano anche se stessi. Ba-
zio e tempio sono stati rimpiazzati da qualcosa di completamente nuovo. Tutta sta ricordare alcuni testi come il Sal 2 in At 4,25s, Is 53 in lPt 2, il Sai 22 in 2Tm
la parte centrale dell'epistola non fa altro che stabilire un contrasto tra il sacer- 4,17. Paolo va oltre nella famosa «allegoria» di Agar e Sara in Gal 4,21-30 per
dozio aronitico e quello di Cristo, tra il santuario terreno e quello celeste, tra i stabilire che gli ebrei, nati solo «Secondo la carne», perseguitano coloro che so-
sacrifici di animali e quello del Figlio di Dio, non un contrasto tra hene e male, no nati «Secondo lo spirito» e che conseguentemente devono essere cacciati via
ma uno tra omhra imperfetta perché inefficace e realtà perfetta che opera la ve- insieme alla loro madre, la Gerusalemme attuale, per dare nascita alla Gerusa-
ra riconciliazione. lemme libera, madre dei credenti.
L'argomento regge quanto reggono le premesse. Tali premesse sono frut- Se per distanziarsi dal giudaismo gli autori del Nuovo Testamento hanno
to di ·una reinterpretazione della Scrittura stessa: il santuario era «Una copia e dovuto esercitare tutta la loro genialità teologica, hanno trovato un compito più
un'ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando facile per distinguersi dai pagani. Ciò era già stato un tema preferito dagli ebrei
stava per costruire la Tenda: "Guarda", disse, "di fare ogni cosa secondo il mo- stessi, particolarmente quelli della diaspora, che dovevano tracciare una linea
dello che ti è stato mostrato sul monte"» (8,5); «Ciò risulta ancor più evidente ben chiara tra la loro religione e quelle dei pagani per ovviare a delle transizio-
dal momento che, a somiglianza di Melchisedek, sorge un altro sacerdote, che ni o dei sincretismi, 118 benché, nonostante gli sforzi dei rabbini, non sempre l'o-
non è divenuto tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza perazione riuscisse in pratica. Per i cristiani, i pagani erano «gli altri che non
di una vita indefettibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacer- hanno speranza» (1 Ts 4,13) escatologica. La risurrezione avviene soltanto in
dote in eterno alla maniera di Melchisedek» (7,16.17); «Cristo, invece, venuto Cristo e loro sono fuori, immersi nei loro peccati. La descrizione che ne fa Pao-
come sommo sacerdote di beni futuri, attraversò una Tenda più grande e più lo in Rm 1,18-32 è tipica della mentalità giudaica. Ciò che Paolo rimprovera lo-
perfetta ... non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò ro, però, non è primariamente la loro immoralità quanto il non aver riconosciu-
una volta per sempre nel santuario, procurandosi così una redenzione eterna» to l'unico Dio. Lo hanno sì conosciuto perché egli si è rivelato a tutti nell'opera
(9,11.12). Questa transizione da un culto tipologico a quello reale operato dal- della creazione (cf. Sap 13), eppure essi non lo hanno ringraziato come l'unico
la morte e risurrezione di Cristo rende inveterato il giudaismo allo scopo di datore di tutto, ma lo hanno trasformato in un'opera delle loro proprie mani.
stabilire l'attualità del culto cristiano, come attestano le scritture del giudaismo Per questa ragione Dio ha permesso che cadessero nei vizi più abomine-
stesso. voli aggiungendo peccato a peccato. Ciò nonostante, il dialogo con loro non è
L'argomentazione della Lettera agli Ebrei non è dissimile da quella gio- impossibile, perché tutti gli uomini hanno in comune il senso religioso (At
vannea. Dopo la dichiarazione di Gesù: <<Distruggete questo tempio e in tre 17,22), da cui si può partire per evangelizzare Cristo. D'altra parte l'intoppo più
giorni lo farò risorgere... Ma egli parlava del tempio del suo corpo» (Gv 1,19.21), grave è la dottrina sulla risurrezione, come risulta dal medesimo discorso sul-
non ci sorprende l'altra dichiarazione fatta alla Samaritana: «Credimi, donna, è l'Areopago e da lCor 15n9
giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il La separazione tra credenti e pagani deve essere netta. Il passo di 2Cor
Padre... la salvezza viene dai giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui 6,14-18, spesso chiamato «l'inserto qunuanico>» a causa del suo esclusivismo,
i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cercata- non sorprende affatto data la precarietà dei neoconvertiti. La scelta è tra luce e
li adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e tenebre, tra Cristo e Beliar, tra giustizia e iniquità, tra Dio e gli idoli, tra il tem-
verità» (Gv 4,21-24). Qui si sintetizza tutto ciò che era stato detto da Paolo e pio di Dio e questi idoli. Ciò non impedisce i contatti sociali con i pagani, «al-
dalla Lettera agli Ebrei: che mentre la salvezza viene dai giudei, tuttavia è la trimenti dovreste uscire dal mondo» (lCor 5,10). Il cristianesimo, dunque, si di-
continuazione dell'opera in loro iniziata, la risurrezione di Cristo, che costitui- stingue dal paganesimo per mezzo della sua fede nel Dio unico e nel Kyrios Ie-
sce il vero tempio in cui deve essere adorato il Padre, non più in tipo e ombra, sus, nonché per la moralità basata sulla nuova fede.
ma nella realtà vivificata dal dono dello Spirito Santo. Il tempio di Gerusalem-
me, dunque, come quello di Garizim, con il suo culto e le sue leggi, è antiquato
e va in rovina. Coloro che ci tengono ancora e perseguitano i veri credenti non 117 M. GoGUEL, Les preniiers temps de l'Eglise, Neuchfite1 1949, 183-207.
sono più veri adoratori, ma da sinagoga di Satana» (Ap 3,9). 118 La linea di demarcazione tra giudais1no, paganesimo e cristianesimo, sociologicamente
Il tema della persecuzione della Chiesa da parte dei giudei diventa una parlando, non era chiara, in quanto troviaino continuamente degli individui che o non si vogliono
teologia. A parte certe invettive cosiddette «antisemite>>, come quella in 1Ts definire mai o transitano da una religione all'altra. ,
119 Sui punti di contatto tra il discorso di Paolo e la religione pagana cf. E. DES PLACES, La re-
2,14-16, il fatto non deve sorprendere perché era stato predetto da Gesù stesso figion grecque, Paris 1969, 327-362.
68 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 69

Una terza categoria di persone che hanno posto un problema, questa vol- già parlato, nell'introduzione a questo saggio, della posizione del giudaismo in
ta minore, alla Chiesa, erano i discepoli di Giovanni Battista rimasti in giro per relazione alla retta dottrina. Il giudaismo come tale, anche se fondato su una fe-
la diaspora, attestati da At 19,1-7. 120 Questi erano stati battezzati con il battesi- de nell'unico Dio che ha scelto Israele come suo popolo, non conosceva un'or-
mo di Giovanni e forse credevano che egli fosse il Messia. Non sembra essere todossia nel senso cristiano, bensì un'ortoprassi fondata sull'osservanza della
stato difficile convertirli. L'apologetica al riguardo prendeva due vie, quella nar- Torah. I samaritani erano considerati come «scismatici» sia per questione di pu-
rata da Luca nel passo già citato, cioè facendo notare l'assenza dello Spirito San- rezza di razza sia a causa del loro culto lontano da Gerusalemme. I minim e gli
to e i suoi carismi, e quella di indicare la relazione di Giovanni con Gesù. Gli in- apiqoros, nell'ambito giudaico, erano coloro che più si avvicinavano agli «ereti-
serti su Giovanni nel prologo del Quarto Vangelo (1,6.7.15) sembra che abbia- ci» cristiani.
no avuto questo scopo, come anche l'enfasi della testimonianza di Giovanni I cristiani erano uniti tra di loro non per provenienza razziale o per tradi-
stesso: «Egli confessò e non negò, e confessò: lo non sono il Cristo... né Elia ... né zione storica, ma per mezzo della loro fede unica nella predicazione degli apo-
il profeta» (Gv 1,19-21 ). La testimonianza negativa si trasforma sommamente in stoli, nel kerygma. È innegabile che nel Nuovo Testamento troviamo diverse
positiva quando il Battista indica Gesù con il dito proclamandolo agnello di teologie, Paolo non è Matteo, né Pietro è Giovanni. Ma come abbiamo già visto
Dio, più grande di lui stesso perché esisteva prima di lui (1,29.30). Però la nega- le diverse teologie sono fondate su un unico kerygma della morte e risurrezio-
zione del Battista di essere Elia, rivela una certa confusione nella comunità pri- ne di Cristo. Tutto ciò che minacciava di travisare questa dottrina veniva rim-
mitiva in quanto Mt 17,10-13, che espande Mc 9,12.13, sembra applicare la pro- proverato dai capi delle Chiese. Ma semplici errori di fede non sono eresie nel
fezia di Ml 3,23.24 sulla venuta di Elia, prima della restaurazione di tutto, alla senso nostro. In Tt 3,10 troviamo l'espressione hairetikon anthropon, nel senso
venuta di Giovanni prima di Gesù. 121 Forse il Quarto Vangelo non vuole sotto- di un uomo litigioso che deve essere evitato. Solo nelle lettere di Giovanni tro-
lineare la qualità di Elia = Giovanni in linea con la sua escatologia realizzata. viamo qualcosa che si avvicina all'eresia nel senso nostro. Intanto esaminiamo i
criteri che gli autori del Nuovo Testamento usavano per discernere la vera dal-
la falsa dottrina.
10. L'IDENTITÀ TEOLOGICA DELLA COMUNITÀ CRISTIANA San Paolo è costretto a correggere degli errori sia in Galazia sia a Corinto.
I galati avevano creduto ai giudeo-cristiani, secondo i quali un convertito dal
Difendere l'identità della Chiesa e della sua dottrina di fronte ai dubbi e paganesimo doveva essere circonciso e osservare la Torah. Paolo oppone a que-
alle divisioni interne che sono sorti nel tempo era molto più difficile che non la sta convinzione prima di tutto la sua autorità apostolica, tale da non essere con-
difesa e l'autodefinizione di fronte a ebrei e pagani. Per comprendere meglio, traddetta nemmeno da una presunta rivelazione angelica (Gal 1,8-9). Questa
bisogna fare alcune osservazioni: distinguere tra errore sorto da un malinteso da autorità viene confermata con l'appello al «concilio» di Gerusalemme (2,6-10).
parte di coloro che partono da premesse diverse dal kerygma, disordini di com- Segue il ricorso alle Scritture (1,16 = Sai 143,2 e c. 4). Gli argomenti più forti
portamento e infine altri personaggi che non soltanto dividono la comunità, ma però sono la reductio ad absurdum: se la giustificazione viene dalla Legge, ne se-
avanzano delle controproposte. Nel Nuovo Testamento incontriamo tutti questi guirebbe che Cristo è morto invano (2,21); inoltre la presenza dei carismi dello
elementi. La reazione apostolica a tali abusi ci svela il criterio di ortodossia o di Spirito Santo in mezzo alla comunità, la quale segna la recezione del dono esca-
ortoprassi ecclesiale, il quale è poi diventato il modello per i secoli successivi. 122 tologico (3,2-5). Se si è già arrivati in porto ciò significa che la via era stata giu-
È ben conosciuta la tesi di W. Bauer 123 che nella Chiesa primitiva l'etero- sta, e non c'è bisogno di retrocedere.
dossia precedeva l'ortodossia, quest'ultima imposta da Roma su dottrine diver- Nella comunità di Corinto troviamo il primo caso di scomunica (lCor 5,5),
genti nelle diverse Chiese. Se, però, esaminiamo questa ipotesi alla luce della di un incestuoso il cui «corpo viene consegnato a Satana» perché sia salvo nel
teologia emergente del primo secolo, arriviamo a risultati ben diversi. Abbiamo giorno del giudizio. È una pena «medicinale» per una colpa morale, non per mo-
tivi di fede. Nella medesima lettera Paolo aveva già rimproverato le divisioni di
partito nella comunità, sottolineando l'unità della Chiesa, fondata sulla morte di
120 C.H. DoDD, Historical Tradition in the Fourth Gospel, Cambridge 1965, 248-314; E. Lu- Cristo e sul battesimo nel suo nome (1,13).
PIERI,Giovanni Battista fra storia e leggenda, Brescia 1988. Ma è nel c. 15 della Prima lettera ai Corinzi che troviamo dei criteri molto
121 STRACK-BILLERBECK IV/2, 764-798.
122 GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, 225-242; R.A. KRAFT, «Tue Development of the chiari per distinguere il vero dal falso nella fede. Alcuni in quella comunità non
Concept of "Orthodoxy" in Early Christianity>>, in G.F. HAWTHORNE (ed.), Current lssues in Biblica! credevano nella risurrezione dei morti o la interpretavano spiritualmente. Non
and Patristic lnterpretation, Grand Rapids 1975, 47-59. erano necessariamente gnostici, bastava la mentalità greca per spiegare un tale
123 L'edizione inglese di W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerei ùn iiltesten Christentuni
(Tiibingen 1934), Orthodoxy and f/eresy in Earliest Christianity, London 1972, contiene nlateriale· dubbio. Paolo non li confuta cominciando da un argomento razionale sulla pos-
addizionale sulla recezione del libro originale tra gli studiosi di diverse confessioni. sibilità della risurrezione per poi passare al fatto, ma inizia dal fatto stesso enun-
70 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 71

ciato nel kerygma e confermato da testimoni. Come dicevano gli scolastici, de fessioni di fede. 126 Ma sono forse gli scritti giovannei che ci illuminano meglio sui
passe ad esse non datur transitus, ma contra factum non datur argumentum. Crì- criteri teologici per distinguere ortodossia, apostasia ed eresia, in quanto alla fi-
sto è risorto, quindi la risurrezione è possibile, e, in quanto la risurrezione di Cri- ne del secolo le tensioni all'interno del circolo di Giovanni stavano creando del-
sto è la causa della nostra risurrezione, anche noi risorgeremo. Paolo afferma le scissioni pericolose. 127 Sembra che questo circolo si fosse tenuto un po' da par-
che Cristo è risorto, secondo le Scritture, anche se non cita brani di queste Scrit- te, con un linguaggio tutto proprio che raggiungeva l'apice della cristologia alta ..
ture. Segue, come nella Lettera ai Galati, una reductio ad absurdum, cioè, se Cri- A questo punto possiamo esaminare anzitutto la testimonianza del vangelo.
sto non è risorto, la nostra fede è vana e siamo ancora soggetti ai nostri peccati. Dopo la scomunica dei giudeo-cristiani dalla sinagoga per mezzo della dodicesima
Quindi, come il dubbio dei galati svuotava l'efficacia della morte di Cristo, quel- benedizione, la comunità giovannea doveva affrontare diversi problemi spinosi. C'e-
lo dei corinzi svuota la sua risurrezione. rano dei credenti, tentati di ritornare alla sinagoga, abiurando Cristo. Ciò viene te-
Invece a Colosse e tra i destinatari della Lettera agli Ebrei sembra che ci stimoniato dalla frequente ripetizione di «rimanere in me» (15,1-8). Nicodemo, in-
fosse un culto indebito di angeli, forse in quanto consideravano Cristo come un vece, è il simbolo di quei giudei che ammiravano il cristianesimo ma non avevano il
angelo sommo. 124 L'autore della Lettera ai Colossesi, che sia Paolo o no, si ap- coraggio di fare il passo definitivo e di ricevere il battesimo. Inoltre, altri si allonta-
pella all'autorità di un inno-confessione liturgico, enunciato probabilmente da navano dall'eucaristia perché non confessavano la vera carne di Cristo, erano forse
un carismatico. L'autore della Lettera agli Ebrei ricorre invece alla testimo- dei protodoceti e quindi «non andavano più con lui» (6,60.68; cf. Ignazio, Smyrn. 7,1 ).
nianza scritturistica nel c. 1 oltre che all'iniziale confessione di fede in 1,1-4, che La confessione di Pietro, che rappresenta «i Dodici» (unica menzione dei «Dodici»
riassume l'intera materia di Col 1,15-20. Qui dunque, entra l'autorità della lex che si fa in questo vangelo), rappresenta il collegio apostolico, come Giuda diventa
orandi e della Scrittura. il prototipo degli eretici che lasciano Gesù per uscire nella «notte» (6,66-70; 13,30).
Gli Atti degli apostoli, pur essendo un racconto, sono pure, come abbiamo Nelle lettere, la situazione sembra ancora più acuta. Coloro che negavano Ge-
già detto, un'apologia dell'operato di Paolo e della missione ai gentili, non sog- sù «venuto nella carne» (lGv 2,18; 2Gv 7) non volevano avere più nulla a che fare
getti alla circoncisione. Come procede l'argomentazione di Luca? L'episodio di con la comunità madre (2Gv 10; 3Gv 9-11). L'autore ammonisce quelli che erano ri-
Cornelio nel c. 10 stabilisce il precedente di un intervento di Dio su Pietro. Si fa masti fedeli che la didachè della sua comunità non differiva affatto da «Ciò che era
appello, poi, al concilio di Gerusalemme nel c. 15, dal quale emergono sia degli all'inizio», cioè dal kerygma originario (1Gv1,1 ). Intanto essi posseggono «il crisma»
argomenti scritturistici sia la conferma della storia del successo della missione che insegna loro ciò che devono credere (lGv 2,20.29), ciò che noi chiamiamo il sen-
ai gentili, confermata dalla testimonianza dello Spirito. Ubi Spiritus ibi salus, ar- sus fidelium. 128 A ciò si aggiunge l'autorità del capo della comunità che scrive, nega-
gomenta Luca. Quindi la storia stessa della Chiesa diventa un focus theologicus ta da Diotrefe (3Gv 9-11). Il continuo riferimento alla perseveranza nell'amore sem-
in quanto condotta dallo Spirito Santo. bra riferirsi alla scissione che i dissidenti avevano operato. Qui abbiamo un esempio,
Le Lettere Pastorali invece sono una composizione della fine del primo se- dunque, di un vero scisma. I dissidenti non erano semplicemente vittime di un erro-
colo nell'ambito della tradizione paolina, le quali, tra l'altro, confutano errori da re di fede correggibile con un'ammonizione. Avevano invece formato una comunità
noi non identificabili con precisione. 125 In quanto pseudoepigrafe, esse sottoli- dissidente che sbandierava la nuova dottrina come segno della sua nuova identità
neano l'autorità dell'Apostolo come fonte della tradizione. Inoltre, i «vescovi» per distinguersi dalla comunità madre. In tal modo siamo nell'eresia propriamente
Timoteo e Tito vengono esortati a mantenere il depositum fidei, cioè la tradizio- detta.
ne viva lasciata dall'Apostolo stesso (lTm 6,20s). La Scrittura, in quanto ispira- Le sette lettere dell'Apocalisse (cc. 2 e 3) menzionano spesso i «nicolaiti»,
ta, viene indicata come fonte per correggere gli errori (2Tm 2,11). Infine co_n l'in- di cui sappiamo ben poco. 129 Vengono rimproverati con autorità profetica e non
solita formula pistos ho logos (1Tm1,15 e Tt 3,8) si fa appello al kerygma. E stra- devono essere tollerati dai capi delle comunità.
no che gli argomenti scritturistici non siano frequenti in queste epistole, ma si fa
ricorso ripetutamente alla !ex orandi: lTm 1,12-17; 2,5s; 3,16; 6,11-16; 2Tm 1,10;
2,8.11-13; Tt 2,11-14; 3,4-7. Questi testi contengono frammenti di inni e di con-
126 Vedi per es. l Tm 1,12-17; 2,5s; 3,16; 6,11-16; 2Tm 1,10; 2,8; 2,11-13; Tt 2,11-14; 3,4-7, tutti in-
dividuati come composizioni liturgiche da A.T. HANSON in The Pastora! Epistles (NCB), London
1982.
127
Per la questione degli eretici nelle lettere giovannee si veda la recente bibliografia in K.
124 GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, 230s per discussione e bibliografia. WENGST, Hllresie und Orthodoxie iln Spiegel des ersten fohannesbriefes, Giitersloh 1976; R.E.
125 Sulla spinosa questione degli avversari nelle Pastorali cf. A.T. HANSON,Studies in the Pa- BROWN, The Epistles offohn (AB), New York 1982 [tr. it. Assi.si 1986]; J. LIEU, The Second and Third
stora! Epistles, London 1968, 29-41; U.B. MOLLER, Zur frilhchristlichen Theologie-geschichte, Gi.iter- Epistles of fohn, Edinburgh 1986.
sloh 1976, 53-77; G. HOLTZ, Die Pastoralbriefe (THzNT), Berlin 1980, 22ss e passim; L.R. DoNELSON, 128 G.M. BURGE, The anointed Community, Grand Rapids 1987.
Pseudepigraphy and Ethical Argument in the Pastora! Epistles, Ttibingen 1986, 115-129; M. WoLTER, 129
C.J. HEMER, The Letters to the Seven Churches of Asia in their Locai Setting, Sheffield 1986;
Die Pastoralbriefe als Paulustradition, GOttingen 1988, 243-270. F. RINALDI, Le sette lettere dell'Apocalisse di Giovanni, Napoli 1984.
72 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 73

li posto preminente di Pietro nel Vangelo di Giovanni sembra indicare che sul fatto della circoncisione dei gentili, è un fattore di unione. Il <<Catechismo co-
questa comunità lacerata, non potendo risolvere in modo pratico i suoi proble- mune», scoperto da Carrington, 132 è la base di Efesini, lPietro e Giacomo, men-
mi dall'interno, si era rivolta alla Chiesa universale, ai Dodici, e in particolare al- tre la 2Pietro assorbe in sé sia la Lettera di Giuda sia la corrente paolina con la
la corrente petrina come vedremo appresso. 130 sua valutazione positiva dell'Apostolo, pur ammettendo che le sue dottrine ven-
Se vogliamo tirare le somme di ciò di cui si è andato discorrendo fin qui, gono interpretate male da alcuni (2Pt 3,15-16). È noto il posto preminente di
possiamo dire che l'ortodossia, meglio chiamarla la koinonia, è quella zona den- Pietro nel Vangelo di Matteo, ed esso non lo è di meno in quello di Giovanni:
tro l'ottagono formato dal kerygma, dal depositum jidei, dalla testimonianza del- sia con la confessione di Pietro in 6,68 sia con il conferimento dell'ufficio pa-
la Scrittura, dalla !ex orandi, dal sensus fidelium, dalla ragione, dai segni dello storale in 21,15-23.
Spirito nella storia e dall'autorità apostolica e conciliare. Se ne può uscire o non Secondo R.E. Brown ciò indica l'appello della comunità giovannea, lace-
camminando con la Chiesa come nel caso dei giudeo-cristiani, che non hanno rata da scissioni interne, alla «Chiesa universale» rappresentata da Pietro. La
tenuto il passo con la cristologia e con lentrata dei gentili nella Chiesa, ovvero confluenza tende verso Roma, come indica la Prin1a lettera di Clemente. E ciò
correndo troppo avanti in direzione sbagliata ( cf, pas ho proagon in 2Gv 9s). Ma darebbe ragione ad Ireneo che vede i quattro vangeli come rappresentanti del-
una dottrina sbagliata diventa veramente eresia quando subentra la volontà di le quattro correnti che significano la catholicitas della Chiesa romana: «Ad hanc
dissidio, specialmente quando una porzione della comunità si stacca, sbandie- enim ecclesiam, propter potiorem principalitatem necesse est omnes convenire
rando come segno di identità una dottrina che esula dall'ottagono di cui abbia- Ecclesias, hoc est eos qui sunt undique fidelis, in qu.a semper ab iis qui sunt un-
mo parlato. dique conservata est ea quae est ab Apostolis traditio» (Adv. Haer. lii, 2, 7). L'e,
Poco fa abbiamo menzionato la diversità delle teologie intorno al kerygma spressione ab iis qui sunt undique non ha un senso soltanto spaziale, ma anche
e la «linea petrina». Forse è utile dire qualcosa di più su questo argomento. 131 quello della diversa provenienza delle correnti. Qui viene alla luce per la prima
In Gal 2,9 Paolo racconta che all'incontro di Gerusalemme erano presen- volta il riconoscimento del «primato» di Pietro (Mt 16,18; Gv 21,15ss) ricordato
ti, oltre lui stesso, Giacomo, Cefa e Giovanni, «ritenuti le colonne». Forse, al dal vangelo ai giudeo-cristiani e da quello giovanneo.
tempo di scrivere, Paolo non si era accorto che con quel tocco d'ironia aveva
espresso una seria verità storica. I quattro personaggi stanno alla sorgente di
quattro tradizioni, che abbracciano tutto il ventaglio degli scritti del Nuovo Te- 11. MESSAGGIO E CULTURA
stamento, tenute insieme dall'unico kerygn1a, ma divergenti nella mentalità.
Giacomo è il capo della corrente giudeo-cristiana più stretta, la cui ala oltranzi- Il kerygma e la didache sono eventi linguistici. Raccontano fatti ed espe-
sta è finita nell'ebionismo, mentre le sue tesi più moderate sono rappresentate rienze cristallizzati in concetti che si devono poi tradurre in un linguaggio orale
dal Vangelo di Matteo, dalla Lettera di Giacomo e da quella di Giuda. Pietro è o scritto. L'incarnazione in un linguaggio assume un aspetto culturale non indif-
la tradizionale fonte di Mc, lPt e 2Pt, scritti che stanno tra la corrente di Giaco- ferente. Il messaggio biblico è nato in ambiente semitico, esportato poi in quel-
mo e quella di Paolo. Quest'ultimo è autore delle sue lettere e fonte della tradi- lo ellenistico. Non si tratta solamente di una questione di lingua nella quale vie-
zione nel cui ambito si muovono Luca (2Ts, Col, Ef), Tm, Tt. L'ala oltranzista di ne espresso, ma di diversi modi di esprimersi dell'una e dell'altra cultura. Se Cri-
Paolo è confluita in M8.rcione e nello gnosticismo. Questa corrente è caratteriz- sto fosse vissuto in Cina o in India, il Nuovo Testamento avrebbe avuto un
zata da una massima apertura ai gentili. Giovanni è all'origine del corpus che aspetto completamente differente pur conservando la medesima sostanza. In
porta il suo nome e la cui cristologia raggiunge il suo punto più alto, in forte con- questo paragrafo, dunque, ci domandiamo quali fattori linguistico-culturali co-
trasto con il fariseismo e il giudeo-cristianesimo stagnante, le cui esagerazioni, lorino il messaggio centrale cristiano e come questo linguaggio si sia prestato al
però, cadono nel docetismo e nello gnosticismo. La corrente petrina non ha una successivo sviluppo nel mondo dei Padri. 133
teologia propria, ma collega tutte le altre tre, e a poco a poco le assorbe, o vie- Ai nuovi credenti in Cristo, tutti provenienti dal giudaismo, non era possi-
ne da esse assorbita. bile esprimere la loro recente esperienza religiosa se non nel linguaggio tradi-
Già il fatto che Marco sia una delle fonti di Matteo e di Luca dimostra que- zionale religioso di Israele, allargato e modificato per contenere il «vino nuo-
sta confluenza. Il c. 15 degli Atti, che mette in accordo Pietro, Giacomo e Paolo vo». A poco a poco, però, anche gli otri sono stati rinnovati.

130 R.E. BROWN, The Comnntnity of the Beloved Disciple, London 1979, 155-161. 132P. CARRINGTON, The primitive Chri~-tian Catechism, Cambridge 1940.
131 P. GRECH, «Le tradizioni neotestamentarie e la "Traditio Catholica"», in La Tradizione: 133Cf. la storia del problema dell'influsso ambientale in W.G. KDMMEL, Das Neue Testament.
forrne e modi, Roma 1990, 31-37 [ora in questo volu1ne, pp. 109-114]. Geschichte der Erforschung seiner Problenie, Milnchen 2 1970, 415-520.
74 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 75

Questo linguaggio prima di tutto era quello biblico. Ma il linguaggio delle gizzazione di un concetto funzionale, mentre l'applicazione del titolo Kyrios al
istituzioni ufficiali in Gerusalemme non sempre lo rifletteva. C'era pure il lin- Cristo risorto gli dà il titolo di YHWH stesso e trascina con sé alcuni testi che
guaggio settario, sia farisaico sia esseno. Fuori della Palestina il linguaggio bi- nella Bibbia parlano di Dio ma che nel Nuovo Testamento si riferiscono a Cri-
blico era quello dei LXX, il quale aveva una propria tradizione, seguita dalla let- sto.135 Abbiamo quindi un esempio di acculturazione linguistica che proseguirà
teratura della diaspora. Nel Nuovo Testamento troviamo dei modi di dire e del- nel periodo patristico.
le frasi che riflettono quasi ognuno di questi linguaggi, tuttavia una corrispon- Oltre alla versione dei LXX, il giudaismo ellenistico aveva prodotto di-
denza di vocaboli non sempre implica una corrispondenza di concetti e di espe- verse opere, alcune bibliche, come il libro della Sapienza, altre teologiche o
rienze. A questo poi si aggiungerà il linguaggio peculiare proveniente dall'am- storiche, come le opere di Flavio Giuseppe e di Filone. In questa letteratura il
biente sociale e religioso del mondo greco. giudaismo importa nel proprio pensiero e modo di esprimersi concetti filoso-
Abbiamo già parlato dell'ermeneutica dell'Antico Testamento nel Nuovo. fici greci, modelli sociali e storiografici. Il linguaggio di Paolo nella lunga re-
Gli scrittori cristiani volevano mostrare la continuità tra promessa e compi- quisitoria contro l'idolatria dei pagani e i loro vizi ha come modello Sap 13,
mento, tra l'agire di Dio nella storia del popolo ebraico e il nuovo atto di sal- mentre è noto che la Lettera agli Ebrei usa un linguaggio molto simile a quel-
vezza in Gesù Cristo. L'uso del linguaggio è una cosa differente. Qui si tratta di lo di Filone.1 36 La scelta del termine Logos per denotare il Cristo preesistente
parole e concetti che serviranno da veicolo per nuove esperienze, le cui conno- potrebbe essere stata aiutata dallo sviluppo che questo termine aveva avuto in
tazioni, quindi, vengono allargate per contenere le concezioni teologiche dei cri- Filone, ma tuttavia esso adesso contiene un concetto e indica una realtà ben di-
stiani. Termini come <<parola», <<evangelizzare», «pace», <<Israele» e «salvezza» versa.
hanno diversi sigillficati nei due Testamenti. Ma il linguaggio non si restringe Per ritornare all'ambiente palestinese, il linguaggio biblico aveva già subi-
soltanto alle parole. Anche categorie di espressioni parlano adesso dell'avveni- to un'ermeneutica da parte dei rabbini e delle diverse correnti settarie. A parte
mento cristologico. Quando Paolo o Ebrei vogliono esprimere la loro fede nel- la traduzione dall'ebraico in aramaico, che non comportava grandi cambiamen-
la preesistenza di Cristo, essi assumono il linguaggio sapienziale di Pr 8,22ss e ti, il linguaggio in quanto strumento di ragionare con categorie diverse da quel-
Sap 7,26, applicandolo a Cristo. La nuova escatologia viene espressa nei termi- le bibliche in uso presso i maestri farisei, come abbiamo già visto, era un mon-
ni dell'antica, ma significa molto di più. D'altra parte, dove coincide, il linguag- do tutto proprio. Paolo proveniva da quel mondo anche se apparteneva alla dia-
gio religioso biblico rimane identico. spora. Ma la fusione dell'ellenismo con la tradizione ebraica era già avvenuta
Il vangelo fu predicato in lingua greca e poi messo per iscritto nella mede- molto tempo prima, come ha dimostrato Martin Hengel. 137 Molto spesso il lin-
sima lingua per il mondo ellenistico. Si sa che il greco del Nuovo Testamento è guaggio paolino è prettamente rabbinico, particolarmente il suo modo di argo-
la koinè. Ma all'interno di questa lingua gli ebrei della diaspora si erano creati mentare, e include elementi dell'haggada; pensiamo in particolare a Galati e
un dialetto proprio, evidentemente contenente molti semitismi.134 Ma il proto- Romani.138 Tuttavia degli studiosi vedono in 2Cor 6,14-7, 1 il linguaggio di Qum-
tipo del linguaggio religioso greco della diaspora è la versione dei LXX. La tra- ran.139
duzione di un'opera religiosa come la Bibbia, impregnata della fede unica di Peculiare è anche il linguaggio apocalittico assunto dai cristiani. Ricordia-
Israele, in un'altra lingua con presupposti religiosi, sociali ed etici parecchio di- moci, però, che il linguaggio è soltanto un veicolo, un mezzo, anche se non può
versi necessitò dell'adattamento di un vocabolario, che aveva una sua peculiare fare a meno di contribuire all'elaborazione del pensiero, di esperienze comple-
vita nel mondo profano e cultuale greco, a un mondo di idee completamente di- tamente nuove, che devono essere esternate per essere comunicate ai proprie-
verso. Era una traslazione di vocaboli da un mondo culturale a un altro. Basta tari stessi dei vari linguaggi.
menzionare parole come dikaiosyne, nomos, aletheia, hamartia, ecc. I predicato-
ri del vangelo, dunque, trovarono un linguaggio già pronto, ma la medesima tra-
slazione che si era già fatta dal mondo pagano a quello ebraico ora invece av-
veniva dal mondo giudeo-ellenistico a quello cristiano. Tra i vocaboli elencati
135 Cf. Rm 9,33 (1Pt 2,8) cita Es 8,14; lPt 1,25 cita Es 40,8; Mt 21,5 cita Is 62,11; Gv 19,37 cita
sopra basta menzionare l'uso di aletheia in Giovanni. Però, la traslazione non fi-
Zc 12,10; Mt 21,16 cita Sal 8,3.
nisce qui. La traduzione di YHWH in Es 3,14 con ho on comporta una ontolo- 136 Sulla relazione tra Ebrei e Filone, C. SPJCQ, Épitre aux Hébreux, Paris 1952 ha un lungo ca-
pitolo: pp. 39-91.
137 La questione è trattata ampiamente in M. HENGEL, Judentam und Hellenismus, Ttibingen
1969, tr. inglese, Judaism and Christianity, London 1974, 2 1991 [tr. it. Brescia 2001].
138 AT. HANSON, Studies in Paul's Technique and Theology, London 1974, particolarmente pp.
134
I semitismi del «dialetto» ebraico della koinè sono chiamati «arabismi» da S. JELLICOE, The 67-86.
Septuagint and Modern Study, Oxford 1968, 324ss. Maggiori informazioni su ciò in N. TURNER, A 139 J. GN1LKA, «2Cor 6,14-7,l in the Light of the Qumran Texts and the Testaments of the Twel-
Gran1.n1ar of NT Greek, V, Style, Edinburgh 1976. ve Patriarchs», in J. MURPHY-O'CONNOR (ed.), Paul and Qumran, London 1968, 48-68.
Agli inizi della teologia cristiana 77
76 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
143
All'inizio del secolo la religionsgeschichtliche Schule, proseguita da Bult- limitazioni chiare. In ambedue le religioni c'erano delle frange di semicre-
mann, aveva visto nel cristianesimo una religione eclettica, come risultato del- denti o eclettici, che non erano affatto saldi nella propria fede; ovvero, prove-
l'unione di elementi di miti, di religioni misteriche, di gnosticismo, di apocalitti- nienti da altre religioni, non si erano coinvolti completamente nella fede. Essi
°
ca e giudaismo con cui la figura di Gesù di Nazaret fu rivestita. 14 Così si fa una però avevano ricevuto alcuni elementi di predicazione incorporandoli in una
propria visione eclettica come accade con le teosofie di oggi che mescolano va-
confusione tra un linguaggio che esprime una realtà esistente, un linguaggio che
può essere tratto da diversi fonti e ritenere una certa analogia con la religione rie idee tratte dall'induismo, dal cristianesimo, dalla superstizione e magari an-
di origine, e frammenti di diverse realtà religiose, filosofiche e sociali che si coa- che dalla magia per formare una «religione» senza una forza centripeta. Un pa-
gulano insieme in un sistema amorfo. Il Logos giovanneo può avere analogie gano proveniente dai culti misterici, con una cultura superficiale tratta dai vari
con quello di Filone e il /ogos degli stoici, ma la realtà espressa è ben diversa. oratori di piazza, oppure un ebreo che si trovava ai margini della sinagoga, sen-
~erc_iò non ci dobbiamo sorprendere se nel Nuovo Testamento troviamo espres-
tendo un predicatore cristiano, avrebbero interpretato molti termini cristiani se-
s1on1 che erano termini tecnici di altre religioni: pleroma in Efesini e nello gno- condo la propria mentalità e li avrebbero incorporati nella propria ideologia.
sticismo descrive due concetti e due realtà che appartengono a due mondi men- Così si potrebbe spiegare il sorgere dello gnosticismo. Sappiamo che religioni
tali completamente diversi; 141 ha eoraken embateui5n in Col 2,18 è un termine gnostiche non esistevano prima del secondo secolo dopo Cristo (almeno non so-
usato anche nelle religioni misteriche. 142 Concludere da questi termini che il cri- no documentate), ma già esistevano nel primo secolo delle idee che possiamo
stianesimo abbia importato idee, riti o culti da queste religioni (seppure fossero chiamare «gnosi», nel senso lato della parola, con elementi di platonismo, di giu-
esistite nel primo secolo) è oltrepassare i limiti della evidenza. Anche psicologi- daismo eterodosso, di astrologia e di cosmogonia. Ascoltatori della parola con
camente.parlando, la somma avversione che avevano gli ebrei per ogni cosa pa- una tale mentalità, i quali non si erano lasciati convincere completamente dalla
gana e per ogni sincretismo con i culti dei gentili, non permetterebbe né a un nuova predicazione, avrebbero potuto facilmente creare delle religioni proprie
Paolo né a un Giovanni di fare un tale compromesso, che metterebbe in perico- e diventare i diversi «Simon Mago» della situazione. Alessandria del secondo se-
lo la purezza del kerygrna. colo ne era piena. 144
D'altra parte i cristiani non avevano scrupolo di usare la terminologia so- In ogni caso non ci si deve neppure meravigliare se anche i veri credenti
ciale per designare anche concetti centrali nel cristianesimo. Ad esempio citia- non sempre capivano il linguaggio dei predicatori cristiani nel suo vero senso
mo parousw (una visita.dell'imperatore), apolytrosis (la rnanumissio servorum), ma lo interpretavano secondo i propri schemi mentali. Se questi schemi non era-
apantests (1 g10vam nobili che escono dalla città per dare il benvenuto a un per- no solidi, i malintesi diventavano errori, i quali, se erano più o meno accettabi-
sonaggio illustre in visita) per descrivere il ritorno di Cristo, la redenzione o la li, davano origine a nuove interpretazioni teologiche o <<scuole» nell'ambito del-
risurrezione dei morti. Qualche termine dovevano usare per forza. Sceglievano la religione. Ciò poteva accadere più facilmente con l'uso di nuovi generi lette-
quelli che suscitavano nelle menti degli ascoltatori delle immagini e connota- rari, nuovi.a molti ascoltatori.
zioni adatte per illustrare la realtà che stavano predicando. I generi letterari sono parte integrante di ogni linguaggio. Gli autori del
Ciò, però, non era scevro di pericoli, e infatti molti malintesi sono sorti, che Nuovo Testamento hanno ereditato, usato e sviluppato quelli del!' Antico. Gesù
staranno alla base di dottrine eterodosse future. Quidquid recipitur ad modum stesso usava generi come quello sapienziale, profetico, apocalittico, parabolico.
recipientis recipitur, dicevano gli scolastici. Il discorso cristiano non era affatto Da parte dei primi ascoltatori non c'era bisogno di spiegazione in quanto que-
facile. Ciò che l'autore della 2Pt dice di Paolo: «in esse (le sue lettere) ci sono sti generi facevano parte del loro linguaggio ed era tanto naturale capire un det-
alcune cose difficili da comprendere, e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al to nel suo genere quanto è per noi capire un romanzo storico o un sonetto. Il let-
pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (3,16), deve essere applicato tore greco forse trovava più difficoltà, anche se utilizzava pure generi letterari
a tutta la predicazione cristiana e si traduce facilmente in una realtà sociale che che provenivano dal mondo greco, come le Haustafeln, cioè le liste di virtù e di
spiega il sorgere delle eresie. Sappiamo infatti che sia nella religione giudaica sia vizi, di artifici retorici ellenistici e di arte narrativa. Inoltre gli autori del Nuovo
in quella cristiana fedeli e infedeli non erano due compartimenti stagni con de- Testamento hanno dovuto creare dei nuovi generi per annunziare il loro mes-
saggio. Il «vangelo» 145 è uno di questi. Esso non si può includere nel genere del-

140 Sulla religionsgeschichtliche Schule antica, vedi W.G. KOMMEL, Das Neue Testan1ent. Ge- 143 Per il giudaismo, e, per analogia, per il cristianesimo, cf S. McKNIGHT, A Light an1ong the

schic_hte se~ner_E~fors~hung, Mi.inch.e'.1 21970,259-414. È pure noto l'atteggiamento di BuLTMANN che Genti/es, Minneapolis 1991, 90-101. , . .
144 Nella pritna metà del secondo secolo sono attestati, come operanti ad Alessandna, Car-
considera il cnst1anesuno con1e rehg1one eclettica: Prin1itive Chrùtianity, Edinburoh 0
1959
141 DELLING,in ThWNTVI,297-304,ed.it. 10,674-696. - .
pocrate, Basilide e Valentino.
142 J. LAHNEMANN, Der Kolosserbrief; Gtitersloh 1971, 137-143. 145 Cf. nota 43, benché oggi si stia tornando a vedere somiglianze con le biografie greche.
78 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 79

le biografie greche in quanto la narrazione non ha uno scopo a se stante ma sta La speranza nell'adempimento di una promessa fondamentale è ovvia-
a servizio del kèrygnia. La «Lettera» era usatissima nell'antichità, 146 poco nel- mente un'eredità del giudaismo sia biblico sia contemporaneo alla nascita del
l'Antico Testamento. Paolo fece ampio uso della forma della lettera giudeo-el- cristianesimo. Tutto il pensiero veterotestamentario, 150 mentre ancorava le sue
lenistica per esprimere i suoi pensieri, trasformandola in modo tale che potes- certezze negli atti salvifici di Dio nella storia del popolo, era proiettato verso il
se contenere il messaggio cristiano. Anche il genere «Atti», il quale contiene in futuro, verso un intervento determinante di Dio (con o senza un mediatore, sto-
sé molti altri generi come kerygma, controversie, miracoli, racconti e orazioni rico o trascendentale, politico o spirituale), che possiamo chiamare l'inaugura-
forensi, viene creato da Luca. 147 L'apocalittica, di cui si parlerà nella sezione zione del regno di Dio. 151 È a questa speranza, reinterpretata e ridefinita nella
seguente, era puramente e semplicemente l'eredità del mondo giudaico. Cia- sua predicazione, che si è riallacciato Gesù annunciando la prossimità del Re-
scuno di questi generi aveva la sua propria «Verità» e doveva essere interpre- gno. Non è il caso di entrare nel labirinto delle discussioni esegetiche sulla na-
tato con riferimento alla sua forma letteraria per essere capito bene. Non era tura di questa prossimità; qui ci accontentiamo di dire che l'interpretazione che
sempre facile distinguere tra rivestimento letterario e contenuto essenziale del pare più accettabile è quella che vede nel Regno quell'atto redentivo di Dio che
messaggio, e i Padri, allontanatisi dal mondo semitico, non sempre riuscivano a fu inaugurato negli avvenimenti pasquali e tende verso il suo compimento nel-
individuare lo scopo del discorso: esempio classico è il millenarismo che pren- la parousia. È proprio questa tensione la molla scattante di tutta la teologia po-
de ad litteram il genere apocalittico. Ancor oggi, anche quando lo studio di que- stpasquale.152
sti generi viene condotto con assiduità, non ci è sempre facile farne l'ermeneu- La domanda che Luca pone sulla bocca degli apostoli in At 1,6: «Signore,
tica corretta. Basta ricordare i racconti dell'infanzia di Gesù e delle cristofanie è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?» rivela che anche il cir-
postpasquali. Non ci fa meraviglia, dunque, che la recezione del vangelo nel colo più stretto intorno a Gesù' non si era ancora sganciato da vecchie conce-
mondo greco fosse tanto travagliata. Ciò non dipendeva solamente dall'inter- zioni. D'altra parte alla fine di Atti, Paolo protesta che egli è prigioniero «a cau-
pretazione dei generi letterari. li contenuto stesso della predicazione, è suffi- sa della speranza d'Israele» (28,20), la quale viene specificata in 23,6 e 24,15 co-
ciente pensare all'idea di risurrezione dei corpi, cozzava frontalmente con pre- me la speranza nella risurrezione dei morti. Ciò indica che la speranza cristiana
concetti greci e già a Corinto si tentava di addomesticare un tale annuncio in- non richiede nessuna cesura da quella di Israele, ma ne è la _puntualizzazione e
terpretandolo come metafora (lCor 15). Uno dei maggiori contributi dei Padri l'allargamento. Essa nasce con il cristianesimo medesimo come testimoniano
è stato quello della traslazione di generi semitici in generi ellenistici senza va- l'espressione arcaica maranatha e l'inserimento del tema del giudizio nel keryg-
riarne troppo il contenuto. La costante rimaneva l'esperienza del Cristo espres- ma in lTs 1,10 e At 17,31, kerygma ai gentili «che non hanno speranza» (lTs
sa nella regula /idei. 4,13; Ef 2,12). Questa speranza, dunque, non distingue i cristiani dai giudei, ma
dai pagani. Gli elementi essenziali in questo punto della predicazione primitiva
erano: il giudizio di Dio per mezzo del Cristo risuscitato, la salvezza da questo
12. L'ATTESA DEL SIGNORE giudizio secondo il modello della salvezza dal diluvio; la venuta in gloria di
Nostro Signore Gesù Cristo per prendere possesso dei suoi; la risurrezione dei
Rimane da studiare l'ultimo fattore che ha contribuito allo sviluppo della morti.
teologia neotestamentaria: la speranza nella venuta del Signore. Se consideria- Che la primitivissima comunità aspettasse come imminente la parousia è
mo per ultimo questo aspetto non è certamente perché sia l'ultimo fattore per un'opinione oggi comunemente accettata. La cristologia corrispondente, come
importanza. Molti lo porrebbero per primo, anzi, esegeti come M. Werner 148 e abbiamo già visto, appartiene al modello di risurrezione-parousia, senza specifi-
Kasemann149 direbbero che sia l'unico. È nota l'espressione di quest'ultimo che care troppo la funzione presente del Cristo. Anche se questo schema viene più
l'apocalittica è la madre di tutta la teologia cristiana. Perciò la studiamo qui per- tardi modificato, teologicamente parlando è corretto, in quanto risurrezione e
ché anche noi siamo convinti che la speranza cristiana abbia colorato tutti gli parousia costituiscono un unico atto salvifico di Dio, pur suddiviso nel tempo in
aspetti del pensiero teologico della Chiesa primitiva.

146 l50 S. ZEDDA, L'escatologia biblica, I-II, Brescia 1971; 0. CAMPONOVO, Kbnigtun1 KOnigsherr-
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Briefe, G6ttingen 1991. 151 Oltre a CAMPONOVO, KOnigtum, R. SCHNACKENBURG, Herrschaft und Reu:h Gottes, Fret-
147 Molto illuminante sul "genere" dì Atti, E. PLOMACHER, Lukas als hellenistischer Schrift- burg i.Br. 1959 (tr. it. Signoria e Regno di Dio, Bologna 1971, 1990). . .
ste!Ler, GOttingen 1972. 152 Dall'immensa bibliografia segnalo J. GRAY, The Biblica! Doctnne of lhe Re1gn of Go~,
148 M. WERNER, Die Entstehung des christlichen Dogmas, Bern 1941. Edinburgh 1979; G.R. BEASLEY-MURRAY, ./esus and the Kingdom of God, Exeter 1986 con buona bi-
149 E. KASEMANN, New Testament Questions of Today, London 1967, 137. bliografia.
80 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 81

due avvenimenti. Nella cristologia giudeo-ellenistica la funzione presente del dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzio-
Risorto viene alla ribalta. La spiegazione è offerta da due versetti dei salmi: Sai ne del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si
110: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi pie- spera, se visto, non è più speranza» (8,22-24). Qui pare giusta l'osservazione di
di» e Sai 8, che afferma che tutto è stato posto ai piedi del Figlio dell'Uomo. Nel- E. Kasemann che il corpo, in quanto è ciò che ci congiunge con la terra, parte-
la storia presente ciò non è affatto evidente perché la lotta continua: la Chiesa cipa nella redenzione cosmica ed è tale unione che completerà la nostra dikaio-
è perseguitata, esiste ancora il male e la morte ancora miete le sue vittime. Però syne.154 Paolo chiama l'attesa di cose non viste «Speranza>?, mentre la «fede» ha
è questa la funzione del Cristo risorto, quella di debellare questi nemici finché come oggetto piuttosto atti presenti o passati di Dio. La Lettera agli Ebrei, in-
tutti quanti siano stati sottomessi (lCor 15,20-28; Eb 2,5-9); ultima nemica a es- vece, nel noto capitolo 11, chiama speranza «fede», infatti tutti gli esempi citati
sere sottoposta sarà la Morte. 153 «Morte>>, in questo senso, non indica solamen- in quel capitolo riguardano il futuro che si svolgerà nella celeste Gerusalemme.
te la morte biologica; nella Bibbia «morte» ha un senso cosmico, quella potenza L'antropologia cristiana, dunque, non è statica, nel senso di descrivere ciò che
distruttrice della creazione e del regno di Dio, dominio di Satana. Perciò il pas- I'uomo, redento o irredento che sia, è; essa prende in considerazione ciò che egli
so notissimo di Rm 8,19-25, il quale descrive tutta la creazione che geme e aspi- sarà, quando il Cristo Vittorioso rinnoverà il mondo.
ra verso la redenzione finale, non è una pura metafora, ma un'esplicitazione del- È naturale che una tale visione futura condizioni pure l'ecclesiologia. La
la funzione cosmica della vittoria del Risorto e della sua lotta presente. Il Cristo Chiesa è sì una realtà presente, la continuazione del popolo di Dio seme di
K yrios non è un Re statico come i nostri monarchi, ma il generale di un eserci- Abramo, ma è anche un popolo in viaggio, in esodo verso la patria celeste (Eb
to che deve guadagnare il suo regno con le armi, un regno che consegnerà al Pa- 3,7-4,11; lCor 10,1-13; Le 9,31). L'idea di Chiesa storica si poteva consolidare
dre quando tutto sarà ristabilito con quell'ordine con il quale era uscito dalle solo quando, con il ritardo della parousia, si è cominciato a fare i conti con un'e-
mani del Creatore. sistenza prolungata nella storia. Di ciò sono testimoni gli Atti degli apostoli, in
Con la progrediente de-escatologizzazione dovuta a una attenzione più cui la de-escatologizzazione lucana si converte in narrazione storica, non sol-
sentita agli avvenimenti storici la parousia recede di prospettiva, ma non viene tanto a beneficio di Teofilo ma anche per le generazioni future. Anche l'idea del-
mai eliminata. La risurrezione dei morti viene sottolineata anche nel Vangelo di la Chiesa sposa di Cristo di Ef 5 non è priva di una tensione verso il futuro, co-
Giovanni (6,39.40.44.54) e particolarmente in 2Pt, che risponde a coloro che si me viene esplicitata più tardi nell'immagine della sposa che si prepara ad anda-
beffavano della parousia, che non viene mai (3,3-10), con l'asserzione che quel re incontro al suo Sposo in Ap 19,6-9.
giorno verrà certamente anche se nei tempi di Dio un giorno è come mille an- È proprio nell'apocalittica cristiana, e particolarmente nell'Apocalisse di
ni. Pur fissando lo sguardo sulla funzione presente del Cristo, dunque, la tensio- Giovanni, che la tensione tra presente e futuro raggiunge una specie di equili-
ne verso il futuro non rallenta mai e la speranza dell'ultima vittoria continua ad brio. Il libro profetico che chiude il Nuovo Testamento non parla primieramen-
influire sulla cristologia. Il Cristo sarà Cristo nel senso pieno della parola quan- te degli ultimi tempi del mondo. Parla invece di una Chiesa in situazioni ben de-
do avrà ottenuto il suo ultimo trionfo. Così la cristologia non guarda solamente terminate e geograficamente circoscritta. 155 Ciò che l'autore dice a questa co-
indietro al Calvario e alla Pasqua ma anche alla «restaurazione di tutte le cose» munità, però, è la chiave di interpretazione di tutti gli avvenimenti futuri nella
(At 3,21) nell'atto finale della redenzione. storia di qualsiasi Chiesa, una Chiesa che non avrà mai requie finché non avrà
Una tale cristologia non poteva non influire sull'antropologia, particolar- raggiunto la Gerusalemme celeste dopo la sconfitta di Satana e della Morte. Ciò
mente quella di Paolo. Il Cristo paolino è il Christus totus, una figura collettiva che permette alla Chiesa di respirare è proprio la sua speranza.
com'era il Figlio dell'uomo di Dn 7. I fedeli giudicheranno il mondo (lCor 6,2) In ultimo, la speranza è anche l'anima dell'etica cristiana. 156 Se si può par-
e verranno con Cristo nella parousia (1 Ts 3,13; 2Ts 1,10 se qui hagioi non sono lare di un'Interimsethik, non è nel senso di relativismo di principi ma di un com-
gli angeli). portamento nella storia che viene determinato tanto da ciò che Dio ha già fatto
Ma la giustificazione medesima che il credente riceve mediante la fede non per noi quanto da ciò che ancora farà. Abbiamo già esaminato le motivazioni
è solamellte una cosa già conclusa e passata. Essa è ancora oggetto di speranza: etiche particolarmente nella morale paolina che vanno dai Sdtze heiligen Rechts
«Noi infatti, per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che
speriamo» (Gal 5,5). Così anche nel passo già citato di Rm 8 Paolo precisa:
«Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle 154 KAsEMANN, New Testament Questions, 130-137.
155 D.S. RussELL, The Method and Message of Jewish Apocalyptic, London 1964, 73-103; M.
doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie
DELCOR, Studi sull'Apocalittica, Brescia 1987, 33-54; J.J. COLLil'TS, The Apocalyptic Imagination,
New York 1984, 17-32.
156 Sulla relazione tra etica ed escatologia nel giudaismo cf. C. M(iNCHOw,.Ethik and Escha-
tologie, Berlin 1981; per il NT G. SEGALLA, Introduzione all'etica del Nuovo Testamento, Brescia
153
M.C. DE BoER, The Defeat uf Death, Sheffield 1988, 83-91. 1989 (su Paolo.193-225).
82 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 83

a motivi chiaramente escatologici. Il criterio del giudizio di Dio alla fine della queste linee si esprimono in parenesi potrebbero corrispondere a una exhortatio
storia, basato sulla risposta ai suoi atti salvifici, differenzia l'agire cristiano dal- con una logica e struttura propria. Una comunità che si consolida guadagna
l'etica filosofica greca e in un certo senso anche da quella contemporanea giu- un'autocoscienza e si comincia ad autodefinire: è il sorgere dell'ecclesiologia. Ta-
daica, basata sulle leggi di purezza cultuale con tensione escatologica minore. le autodefinizione si consolida di fronte a incomprensioni e vessazioni dall'ester-
Da ciò che abbiamo detto risulta che lo svolgimento del pensiero teologi- no e ha bisogno di difendersi, in questo contesto la confutatio farà parte dell'ar-
co neotestamentario è un risultato della tensione tra il già, }'adesso, e il non an- gumentatio. Ma non è soltanto dall'esterno che sorgono delle difficoltà, anche·
cora. Ciò viene esplicitato nella definizione di Dio come Colui che è, che era e dall'interno stesso nascono errori e divisioni e la teologia ne deve tenere conto;
che viene (Ap 1,8). «Essere», nel pensiero biblico, significa rivelazione di po- è l'inizio della teologia antieretica. Ma il mondo circostante non è soltanto fonte
tenza. Parousia, quindi, non è solo presenza statica o locale, ma una venuta in di ostilità, dà pure un aiuto linguistico, nel senso ampio della parola, al linguag-
potenza che sconfigge il sentimento dell'assenza di Dio da un mondo il cui prin- gio teologico che si sviluppa, e avviene una reciproca osmosi, che però non di-
cipe è Satana (Gv 12,31; 14,30; 16,11), che domina con la Morte (lCor 15,54-56). viene mai sincretismo. Infine abbiamo esaminato l'influsso della speranza cri-
Ciò interpreta bene il teologoumenon della cacciata dal paradiso nel libro della stiana su un discorso che è essenzialmente teleologico.
Genesi: è l'inizio dell'assenza di Dio dagli avvenimenti del mondo secondo l'in- Non c'è bisogno di ribadire ora che il susseguirsi di queste «tappe» non è
tendimento degli uomini, ma per l'occhio credente «la fede è fondamento delle cronologico ma soltanto logico. I fattori di sviluppo si svolgono insieme, si in-
cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (Eb 11,1). La tensione fluenzano a vicenda e influiscono su un pensiero che nasce dalla storia nel con-
e il dialogo tra ragione ottenebrata e fede-speranza in questo senso creano teo- flitto, nasce da problemi pratici e dalla speranza. Non è stata intenzione nostra
logia. in questo saggio offrire una sintesi della teologia neotestamentaria, essendo l'in-
tento dell'opera di offrire non una «Storia della teologia» nel senso contenuti-
stico del termine, ma una storia dello sviluppo del metodo teologico. I dati con-
13. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE tenutistici servono solo da illustrazione. I principi individuati nel primo secolo
cristiano serviranno da matrice per il teologizzare nei secoli successivi. L'argo-
Siamo arrivati alla conclusione di questo saggio. Abbiamo percorso diverse mentazione cambierà quando la teologia si trasferirà dal foro al pulpito e dal
tappe per tentare di descrivere la dinamica interna della nascita e dello sviluppo pulpito alla cattedra, ma i connotati rimarranno i medesimi. Nel secondo seco-
del pensiero teologico nel primo secolo. Partendo dal metodo teologico del lo l'esortazione, l'apologia e la teologia antieretica prenderanno il sopravvento.
mondo giudaico contemporaneo del cristianesimo nascente con Io scopo di ave- Nei secoli seguenti invece la cristologia, l'ecclesiologia, la dottrina trinitaria o la
re sia un termine di comparazione sia un'idea del terreno in cui nacque la teolo- teologia della storia si alterneranno a contendersi il primato secondo le neces-
gia cristiana, abbiamo individuato undici fattori di sviluppo di questa teologia. sità interne della Chiesa o la richiesta dell'evolversi dei tempi. Si dimentiche-
Che essa non sia una teologia da tavolino è owio. Parte da avvenimenti storici e ranno modi di argomentare neotestamentari, che saranno riscoperti poi in se-
si sviluppa dentro un'esperienza storica. I fatti della vita, morte e risurrezione di guito. Saranno pure allargati e raffinati gli argomenti, si inventeranno modi nuo-
Gesù vengono letti come atti salvifici di Dio; bisogna, dunque, che prima si nar- vi di ragionare secondo le filosofie prevalenti, si darà più peso alla ragione, ma
rino. Chiamiamo perciò narratio questo stadio iniziale, senza voler forzare den- in complesso il modello elaborato dalla Chiesa primitiva sarà rispettato.
tro schemi retorici predeterminati un discorso di tutt'altro genere. L'esperienza Un fattore, però, si svilupperà oltre il previsto: l'atteggiamento verso il
di questi fatti viene poi concettualizzata in formule dottrinali che potrebbero mondo, inteso nel senso dell'ambiente non cristiano. Mentre continueranno le
corrispondere alla propositio del messaggio di questa nuova comunità. Le for- persecuzioni e le ostilità, l'apertura che ebbe inizio già negli Atti e nelle Lette-
mulazioni, però, hanno bisogno di essere sviluppate e sostenute con argomenti, re Pastorali dovrà allargarsi fino a considerare questo «mondo» anche come al-
ed ecco l'argumentatio. Nel frattempo questa comunità si sviluppa e comincia ad leato nella scoperta della verità, e, mentre esso rimane «territorio di missione»,
avere una storia pure lei, una storia non soggetta al caso o a fattori puramente influirà sempre di più sul linguaggio teologico. 157 Anche le divisioni interne in
umani, ma una storia guidata dallo Spirito, quindi sorge la necessità di una sosta seno al cristianesimo diventeranno foci teologici di discussione, i quali, nono-
per riflettere su che cosa sta accadendo nel suo seno. Essa si rende conto che l'e- stante la pena delle lacerazioni, arricchiranno sia il contenuto e sia la metodo-
sperienza dell'azione di Dio l'aveva avuta anche Israele prima di lei e che c'è una logia della teologia. Un semplice sguardo ai decreti del concilio Vaticano II con-
linea di continuità tra queste esperienze, e quindi nasce la riflessione sui libri sa- fermerà tutto ciò.
cri di Israele, i quali cominciano a parlare ai cristiani medesimi. L'azione di Dio
invita a una risposta, una risposta di fede e di vita, la quale crea le linee etiche da
seguire sulla scia della manifestazione della volontà divina in Cristo. In quanto 157 Basti ricordare lo Gaudium ef.spes del Vatìcano IL
84 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Agli inizi della teologia cristiana 85

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SCHÙRER E., The History of the Jewish people in the Age of.Tesus Christ, Edin- mente da specialisti di ogni denominazione. Sebbene abbia preservato il meto-
burgh 1979 [ed. it. 3 voll. in 4 tomi, Brescia 1985, 1987, 1997, 1998]. do storico-critico, nonostante le sue molteplici limitazioni, come fondamento di
SCIPPA V., La glossolalia nel NT, Napoli 1982. ogni esegesi scientifica, esso ha aperto le porte a mOlte altre interpretazioni er-
SÉROUYA H., La Kabbale, Paris 1972. meneutiche del testo delle Scritture. 1 Alcune di queste sono solo regole genera-
SrEGERT F., Argumentation bei Paulus. Gezeigt an Rom 9-11, Ttibingen 1985. li di interpretazione, oppure un'ermeneutica letteraria applicata alla Bibbia, con
SMITS C., Oud-Testamentische citaten in het Nieuwe Testament's, Hertogenbosch a volte poca o nessuna considerazione del carattere sacro del testo.
1952. Lo scopo del presente saggio è di indagare sulla possibilità di verificare la
SPICO C., Épitre aux Hébreux, Paris 1952. validità di questi metodi e approcci tramite l'esame di criteri impliciti nell'inter-
STOWERS S.T., Letter Writing in Greco-Roman Antiquity, Philadelphia 1986. pretazione intra-biblica, per poi poterli applicare alla metodologia moderna.
STRACK H.L. - STEMBERGER G., Einleitung in Talmud und Midrash, Mtinchen Questo processo richiede lo studio della reinterpretazione dell'Antico Testa-
71982. mento nell'Antico Testamento medesimo, l'interpretazione della Bibbia Ebraica
TAATZ I., Fruhjudische Briefe, Gi:ittingen 1991. nel Nuovo Testamento e la reinterpretazione di alcuni temi specifici nello stesso
TcHERlKOVER V., Hellenistic Civilization and the .Tews, New York 1974. Nuovo Testamento. Diventa subito evidente che per esplicare dovutamente un
TRAVERS HERFORD R., The Ethics of the Talmud: Sayings of the Fathers, New progetto tanto ambizioso non è sufficiente una semplice conferenza quale la pre-
York 1962. sente. Intanto, ci limitiamo a sollevare alcuni punti che serviranno a illustrare lo
TUCKETT C. (ed.), The Messianic Secret, London 1983. status quaestionis piuttosto che sottolineare delle conclusioni precise.
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WOLTER M., Die Pastoralbriefe als Paulustradition, Gi:ittingen 1988. dal Pontificio Istituto Biblico di Roma il 20 aprile 2002, è una versione aggiornata di una lezione te-
WRJGHT A.G., The Literary Genre Midrash, New York 1967. nuta a Praga in inglese per un congresso sull'ermeneutica biblica svoltosi nell'ott.-nov. 2001.
1 Per un commento su questo documento cf. J.A. FITZMYER, The Biblica! Co1nmission 's Do-
ZEDDA S., L'escatologia biblica, I-II, Brescia 1971. cwnenl "The lnterpretation ofthe Bible in the Church": Text and Comn1ental)', Roma 1995.
90 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione intra-biblìca e l'ermeneutica moderna 91

è universalmente ammesso che il testo canonico delle Scritture Ebraiche non è gislatori, profeti e scribi per aggiornare o ampliare un certo traditum. L'inse~­
semplicemente il prodotto di raccolte selettive, ma anche di continue revisioni e zione di una semplice glossa, come nel caso di Am 9,11, potrebbe essere suffi-
riscritture del testo stesso fatte per adattarle alla progressiva e più profonda co- ciente a trasformare una profezia nazionale in una profezia messianica. Ag-
noscenza della presenza di Dio in Israele e nel mondo. La pubblicazione nel giunte di questo tipo sono in grado di spostare su un piano diverso un intero
1985 del libro di Michael Fishbane, Biblica! lnterpretation in Ancient lsrael, ha corpo di leggi od oracoli. Un metodo più sviluppato consiste nella reinterpreta-
costituito una pietra miliare nella ricerca in questo campo, cosicché il manuale zione tramite parafrasi ed espansione. Un oracolo primitivo può essere ripreso
di Fishbane, assieme ai più recenti contributi di altri autori, costituirà una vali- da una mano successiva e riscritto in forma di parafrasi, oppure come variazio-
da base per le nostre considerazioni. 2 ni su un tema; viene poi inserito nella raccolta originale, come nel caso di Is 13-
Per quest'autore è fondamentale la distinzione tra traditum e traditio. 3 Il 14. Questo processo rende esplicito ciò che era implicito nel primo oracolo, ov-
primo è la fonte autorevole di un'ordinanza o dottrina ritenuta essere la parola vero potrebbe applicare la profezia a una diversa gamma di circostanze, mante-
di Dio, sia essa una norma legale o un oracolo; questo traditum viene incasto- nendo allo stesso tempo il principio come tale. Come succede spesso nella let-
nato in una sfera di tradizioni che nel tempo crescono intorno a esso, o per adat- teratura moderna, una poesia può essere ispirata consapevolmente da un'altra,
tarlo alle circostanze contemporanee o per servire come base di ulteriori inse- e si può fare esplicito riferimento a questa ispirazione, oppure la poesia può sor-
gnamenti. Traditio, al contrario, non è semplicemente una ripetizione letterale gere da un ricordo a livello subconscio, che si rivela in parole o immagini allusi-
di un testo di generazicine in generazione, ma un processo ermeneutico che ri- ve. A volte questo processo ha luogo nella reinterpretazione oracolare, con la
chiede crescita e adattamento alle vicende mutevoli della storia. differenza che il componimento successivo viene incorporato in una preceden-
La storia costituisce una chiave ermeneutica essenziale per un popolo dota- te raccolta dal redattore.
to di una fiera coscienza delle proprie origini. Specialmente in una regione tur- Una forma ancora più avanzata di reinterpretazione ha luogo quando il
bolenta come quella dell'antico Vicino Oriente, i cambiamenti politici e sociali profeta di un'epoca successiva compone una nuova sezione di una certa lun-
non potevano che produrre nuovi modi di pensare spesso in conflitto con quelli ghezza, forse sulla base di un tema originale, la traspone in un genere letterario
precedenti. Cosicché, alla necessità di conservare una struttura di identità e auto- differente, come nel caso dell'apocalisse isaiana, dopodiché la inserisce consa-
definizione nazionale, si affiancava inevitabilmente una certa flessibilità nell'in- pevolmente in un preciso punto di uno scritto precedente. Si tratta di un pro-
terpretazione dei dati di epoche precedenti. Per mantenere una continuità biso- cesso definito Mischgattungen dalla critica delle forme. Il nuovo componimento
gna appianare le contraddizioni e le diversità. Per le questioni di fede, in modo assimila così il contesto e reinterpreta il tutto. Cosicché non è affatto insolito
particolare, appellarsi alle azioni salvifiche di Dio del passato, come nel caso di Sai trovare che una composizione successiva diventi una «astrazione», o una gene-
103, costituiva l'indispensabile base della convinzione cli un popolo che l'aiuto di- ralizzazione, di particolari oracoli precedenti elevati a livelli di escatologia me-
vino non sarebbe stato negato anche nelle attuali circostanze storiche. Se ci chie- tastorica. Oppure è possibile che questo tipo di composizione abbracci un gran
diamo perché tre diversi tipi di scritti, tanto distanti nel tempo, sono stati messi in- numero di diversi profeti come nel caso di Zc 14, che interpreta e riassume un
sieme in un unico libro di Isaia, la risposta è che il Secondo e il Terzo Isaia rein- insieme di precedenti profezie.
terpretano il Primo dal punto di vista della realizzazione, o quasi completa realiz- C'è poi l'intervento del redattore finale della raccolta che la reinterpreta
zazione, della prima profezia alla fine dell'esilio, e generano nuove speranze sul- nel suo proprio stile, mettendo fianco a fianco intere sezioni, oppure compo-
la base degli insegnamenti tradizionali. Il Sitz im Leben della reinterpretazione è nendo dei passi che agiscono da ponte, per connetterle tutte e farne un insieme
il cambiamento di situazioni storico-sociali che esige nuovi atteggiamenti di fede organico. Un esempio di tale procedimento si trova in Nahum: due composizio-
e una riscrittura dei testi secondo le linee dei principi originari. 4 ni sono messe fianco a fianco in un modo tale che l'una illumini l'altra, ma il ri-
Poiché Fantico Israele non sviluppò mai un genere esegetico come fecero sultato finale consiste nel modo in cui il nuovo saggio commenta adeguatamen-
i rabbini di epoche successive, diverse tecniche letterarie furono adottate da le- te i tempi del redattore. In fin dei conti, è compito della Redaktionsgeschichte di-
stricare tali enigmi.
Oggetto della reinterpretazione non è soltanto l'oracolo. Anche le leggi de-
vono essere aggiornate per poter essere valide in una società in continua evolu-
2 D. CARSON - H.G.M. WILLIAMSON ( edd.), lt is Written: Scripture Citing Scripture. Essays in
llonour of Barnabas Lindars, Cambridge 1998; M. FISHBANE, Biblica! Interpretation in Ancient
zione. Fishbane5 adduce numerosi esempi di esegesi fatta da scribi attraverso
Israel, Oxford 1985; P. GRECH, «Interprophetic Reinterpretation and Old Testament Eschatology>:·,
in Augustinianum 9(1969), 235-265; R.G. KRATZ -T. KROGER - K. SCHMID ( edd.), Schriftauslegung
in der Schrift. Festschrift filr Odi! Hannes Steck z1t seinem 65 Geburtstag, Berlin 2000.
3 Cf. FISHBANE, Biblica[ Jnterpretation, 13-14; 87-88. s La seconda parte del suo libro, FISHBA,~, Biblica! Interpretation, 91-280, tratta ampiamente
4 GRECH, «lnterprophetic Reinterpretation», 260-265.
questo tema.
92 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione infra-biblica e l'ernieneutica moderna 93

commenti, correzioni o glosse che ritengono di poter interpretare l'intenzione Troviamo anche esempi di progressiva demitizzazione. 8 Le tradizioni miti-
originale del legislatore, applicando i suoi principi alle circostanze attuali e fa- che che Israele aveva ereditato dalle nazioni circostanti, come la storia del dilu-
cendoli apparire come nuova rivelazione (per es. «togli il velo dai miei occhi», in vio o la cosmogonia primitiva, venivano monoteizzate ed incorporate più tardi
Sal 119,18). L'intero libro del Deuteronomio è investito dell'autorità di Mosè che in una visione teologica unitaria della storia; e nell'apocalittica diventano sim-
non soltanto stabilisce le norme ma interpreta anche la storia contemporanea. boli di forze conflittuali che operano nella storia, come nei motivi dell'Esodo do·
Oggi viene largamente ritenuto che Gen 9,1-7 sia una riscrittura del racconto del- ve Dio emerge vittorioso sopra le potenze avversarie. Ciò serve per creare sia fi-
la creazione in 1,26-30 per giustificare il consumo della carne dopo il diluvio. ducia nell'intervento divino nel momento attuale, sia la speranza di una reden-
Nell'apocalitticà l'interpretazione intertestuale è intenzionale, ed è anche zione finale. Alcune espressioni antropomorfiche come l'immagine di Dio che si
più complessa. Adopera immagini mitiche e simbolismi numerici, pseudoni1ni e riposa dopo la creazione in Gen 2,3, sono esplicitamente rimosse in Is 40,28: Dio
profezie retrospettive per rivolgersi ai propri contemporanei. 6 Un chiaro esem- non ha bisogno di riposo. Come già menzionato, Noè rimpiazza Adamo nella
pio di ciò è contenuto nell'interpretazione di Dn 9,2 dei settant'anni del libro di nuova creazione dopo il diluvio. ls 45,7.8 sottolinea il fatto che Dio crea le tene-
Geremia. bre, che non sono coeterne con lui. Di nuovo, Is 40,18 e 46,5 mettono in rilievo
Infine, le versioni stesse non soltanto traducono ma continuano a inter- l'unicità del Creatore, espressa nel fatto che Dio è l'unico che crea secondo la
pretare l'originale, come fanno i LXX e i Targumim. 7 Le parafrasi di questi ul- propria immagine senza nessun aiuto di una corte celeste. È ovvio che la demi-
timi contengono elementi midrashici le cui basi si rifanno all'esegesi frammen- tizzazione non esclude il soprannaturale. Il suo scopo è di sottolineare l'unicità
taria già fatta nella traditio della Bibbia Ebraica. di Dio e la sua attività nella storia: le narrazioni mitiche presenti nell'antico
Avendo esaminato le tecniche della reinterpretazione nell'Antico Testa- Oriente, con la loro forza simbolica, sono adoperate per illustrare questa fede.
mento, si pone ora alla nostra attenzione un compito più importante, quello del- I simboli sono presenti in tutta la Bibbia e sono il fondamento dell'erme-
le regole ermeneutiche implicite che regolano questo processo. La prima è quel- neutica tipologica. 9 Le numerose metafore applicate a Israele in quanto popolo
la della tipologia, che si manifesta nel processo di allegorizzazione e spiritualiz- scelto da Dio, metafore a volte di natura contraddittoria, quali sposa e moglie
zazione di alcuni episodi, persone o luoghi. La nuova interpretazione dell'Eden infedele, primi frutti e figlio ribelle, luce delle nazioni ma che cammina nelle te-
e dei motivi dell'Esodo nel libro di Isaia ne costituisce un esempio, come lo è nebre, sono tutte sfruttate dalla retorica teologica per esortare gli ebrei a resta-
anche l'interpretazione della manna quale parola di Dio in Dt 8,3, ripresa più re fedeli all'alleanzarn
tardi in Giovanni 6. Anche il pensiero analogico è adoperato nella retorica pro- Questo tipo di retorica, però, adopera spesso ciò che viene chiamato «ri-
fetica, come viene illustrato in Ag 2, 11-14, dove le leggi della profanazione del baltamento teologico», o l'applicazione contro Israele delle stesse misure di giu-
cibo sono ribaltate contro coloro che si erano resi impuri tramite ingiustizie so- dizio che quest'ultimo aveva espresso sulle nazioni vicine o sui suoi nemici. Is
ciali di varie forme. 1 19,19-25 rovescia a favore degli egiziani il testo di Es 3,7-9 e 8,16-24: Dio sarà
Spesso alcune vecchie leggi rivestono un carattere di un Principio giuridi- onorato in Egitto. A volte il tradituni viene citato erroneamente per nasconde-
co più generico di modo che possano coprire casi analoghi. Testi di natura trion- re un'innovazione reinterpretativa, come nel caso di 2Sam 7 citato erronea-
falistica e militare sono rivestiti di un tono moralistico per interpretare il suc- mente in Sal 89. Come vedremo più tardi, il ribaltamento teologico raggiunge
cesso come risultato di una fede in Dio piuttosto che del valore marziale; esem- l'apice nell'argomentazione di Paolo contro Israele in Rm 9-11.
pi sono Gs 1,6-9 e lRe 2,2-4; oppure la ragione addotta per spiegare il fallito Che cosa succede quando una certa profezia non si realizza, oppure, in ter-
tentativo di Davide di costruire il tempio, in lCr 28,3. Scene esemplari quale «la mini tecnici, quando ha luogo una dissonanza cognitiva? 11 Una dissonanza può
matriarca d'Israele in pericolo» sembrano aver dato origine alle storie in Gen essere estesa anche a conflitti tra due ordinanze legali, come nell'esempio di
20 e 26. D'altro canto, salmi che in origine contenevano un lamento o una pre-
ghiera di un individuo tendono a essere nazionalizzati e applicati a un intero
popolo. 8 Cf. per es., B.W. ANDERSON, Creati on Versus Chaos. Man:~ flistoric Struggle for Survival Seen
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10 Molte di queste immagini saranno più tardi applicate alla Chiesa; cf. P. MINEAR, ln1ages of
1964; W. SCHMITHALS, Die Apokalyptik: Einfiihrung und Deutung, GOttingen 1975.
7 M. HARL - G. DORIVAL - 0. MUNN!CH ( edd.), La Bible grecqu.e des Septante: du judafame the Church in the New Testament, Philadelphia 1960.
11 R.P. CARROLL, When Prophecy Fai/ed. Reactions and Responses to Failure in the Ohi Te-
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94 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione ìntra-biblica e l'ermeneutica nioderna 95

Es 12,9 e Dt 16,7 dove si delibera se si deve arrostire ovvero bollire la carne, La stessa cosa può essere detta per l'interpretazione canonica. 14 Raccolte
una delibera risolta più tardi in 2Cr 35,12.13 mettendo fianco a fianco le due primitive di leggi slegate, narrazioni o sentenze vengono riprese più tardi da re-
possibilità. È bene chiarire però che il termine «dissonanza» viene applicato a dattori per produrre delle sequenze logiche, e poi interi libri, i quali, a loro vol-
una profezia la cui realizzazione è ancora pendente. Gli studiosi del Nuovo Te- ta, vengono riconosciuti come autorevoli dalla comunità. Questo stesso proces-
stamento conoscono sicuramente i problemi connessi con il ritardo della «pa- so di raccolta e raggruppamento costituisce una reinterpretazione in contesti
rousia» e le varie proposte offerte, specialmente in 2Pt 3,8. Il caso non era fuo- più ampi ed estesi. Si richiede il lavoro della critica canonica per capire la teo-
ri del comune nell'Antico Testamento. Ogniqualvolta si faceva appello a una logia dell'insieme della raccolta canonica. Mettere fianco a fianco con la lette-
predizione che si trovava in conflitto con le avverse circostanze attuali, era ine- ratura classica sapienziale libri rivoluzionari come Giobbe e Qoelet, per esem-
vitabile il ricorso a una soluzione razionale da parte dei credenti. La cinica do- pio, oppure degli scritti nazionalistici raggruppati insieme con Giona o Amos, è
manda di Gedeone in Gdc 6,11-13 e il grido: «Per quanto tempo ancora. Signo- segno di una discontinuità e di un progressivo allargamento di idee che soltan-
re ... ?.>> dei salmi erano destinati a ripresentarsi ogni volta che Israele era so- to la critica canonica può spiegare. I lettori non erano sempre coscienti di que-
praffatto da disastri. Le risposte date erano di varia natura. In alcuni casi, una sti cambiamenti, e delle contraddizioni tra ideali e realtà, o tra testi più antichi
nuova profezia rimpiazzava quella vecchia, come in Is 16,13. In altri casi, gli e composizioni più recenti, e così nacque, e ancora nasce oggi, una certa «erme-
eventi contemporanei erano letti come reinterpretazioni di oracoli passati: Ez neutica di sospetto» che richiede ulteriori soluzioni.
38,17 diventa una rilettura degli avvenimenti contemporanei come realizzazio- Tutto ciò che abbiamo detto finora sulla reinterpretazione nell'Antico Te-
ne di Is 58,14. In altri ancora, il tempo dell'adempimento era prolungato: sem- stamento stesso solleva delle domande di grande importanza per l'ermeneutica.
bra che i diversi numeri dei giorni riportati alla fine del libro di Daniele abbia- Possiamo parlare di un'intentio auctoris nell'interpretazione alla luce di tutto ciò
no lo scopo di allungare la possibilità del compimento. Infine, il ritardo era at- cbe è stato detto qui, oppure è più pertinente parlare di un'intentio textus? Di si-
tribuito o alla mancanza di fede o al fatto che Israele era ancora indegno, come curo, la reinterpretazione abbraccia tutte e due, e attua delle possibilità che era-
in Ab 2,3 e Is 10,25. Così, il credente si trovava tra il già e il non ancora. Il do- no insite nel testo anche se non previste dallo stesso autore. Forse in questo pro-
ver riconciliare una vaga profezia spesso atemporale con un piano razionale cesso può essere percepito quello che alcuni autori chiamano il sensus plenior. 15
della storia era una sfida per i carismatici, gli scribi e i gruppi di credenti delle Qui, però, non è prudente tentare di rispondere a queste domande; sicché cer-
epoche successive. 12 cheremo cli formulare una risposta più ampia alla fine di questo saggio.
È stato già osservato che a volte la reinterpretazione richiede un cambia-
mento di genere letterario. Questo è solo un caso di artificio. retorico che per-
vade l'intera Bibbia. Il principale obiettivo sia dei profeti che degli agiografi era 2. L'INTERPRETAZIONE DELL' AT NEL NT
l'istruzione e l'esortazione alla penitenza, alla speranza, e la revisione dei valo-
ri spirituali correnti. I numerosi generi letterari, che vanno dall'omelia alla poe- A questo punto vogliamo considerare i modi in cui viene interpretato, o
sia sublime, contengono tutti gli accorgimenti retorici allora in uso, quali l'iro- forse, frainteso, secondo alcuni autori, l'Antico Testamento nel Nuovo. 16 Luca
nia, la burla, il rib, il dialogo, eccB L'obiettivo era di coinvolgere l'ascoltatore o sottolinea il fatto che il Cristo risorto aveva rivelato ai suoi discepoli il senso di
lettore più come attore che come spettatore. Tutti i generi cercano di fare forza quei passi della Scrittura che parlavano di lui (Le 24,27.45f). Se, fino a quel mo-
sull'intelletto, sulle emozioni o sulle disposizioni dell'ascoltatore. Le vecchie tra- mento, gli apostoli non avevano potuto vedere nessuna corrispondenza tra la
dizioni vengono riprese, a volte decontestualizzate, riscritte per avere attinenza profezia e quel che succedeva intorno a loro, è chiaro che la correlazione non
alle circostanze attuali e proiettate nel futuro per rilevare la continuità della sto-
ria della salvezza. Ger 3,1-5, Ez 16 e 18, Is 58 costituiscono eccellenti esempi.
L'esegeta moderno non può trascurare la critica retorica necessaria per appro-
14 B.S. CHILDS, lntroduction to the Old Testmnent as Scripture, Philadelphia 1979; ID., OT
fondire la propria conoscenza della reinterpretazione. Theology in a Canonica! Context, Philadelphia 1986 [tr. it. Casale Monferrato 1999]; J.A. SANDERS,
From Sacred Story to Sacred Text, Philadelphia 1987.
15 Per la storia e il significato di questo termine specialmente nell'esegesi cattolica: R.E.
BROWN, CBQ 15(1953), 141-162; 25(1963), 262-285.
12 16 Dall'ampia bibliografia su questa materia segnaliamo: S. AMSLER, L'Ancien Testamenl dans
Nel mio articolo sopracitato chiamo «pattern prophecy» gli oracoli che non sono legati a
un Sitz im Leben definitivo ma che possono essere riferiti a qualsiasi situazione futura, particolar- [' É'glise, Neuchàtel 1960; C.H. DoDD,According to the Scriptures: The Substraturn of Christian Theo-
mente nella sfera cultuale, come nei salmi e nei profeti cultuali. logy, London 1952; A.T. HANSON, The New Testament fnterpretation of Scripture, London 1980; D.
13 Cf. R. MEYNET, L'analise rhétorique, Paris 1989 [tr. it. Brescia 1992]; A.N. WILDER, Early JUEL, lvlessianic Exegesis. Christological Interpretation of the Old Testament in Early Christianity,
Christian Rhetoric. The Language of the Gospels, Cambridge, Mass. 1971; G.A. KENNEDY, New Te- Philadelphia 1988; B. LINDARS, New Testament Apologetic, London 1961; E. NORELLI (ed.), La Bib-
stament lnterpretations through Rhetorical Criticism, Nord Carolina 1984. bia nell'antichità cristiana, Bologna 1993.
Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione infra-biblica e l'ermeneutica moderna 97
96

era ovvia. Anche oggi ci domandiamo dove nell'Antico Testamento è stato pre- del metodo storico-critico, è inevitabile concludere che molti di essi sono cita-
detto che il Messia avrebbe dovuto soffrire o che sarebbe risorto il terzo giorno, ti fuori contesto. Ciononostante, di 300 citazioni elencate nel libro di G.L. Ar-
come asserisce Paolo in lCor 15,3-4. Queste discrepanze ci obbligano a tentare cher e G.C. Chirichigno, Old Testament Quotations in the New Testament. A
d.i scoprire la chiave ermeneutica adoperata dai primi cristiani nell'interpreta- Complete Survey, io ho trovato che 135 conservano il loro significato letterale,
z10ne delle sacre Scritture. li titolo di un recente libro su questo soggetto, The specialmente quelle con un contenuto storico o legale. Quanto alle altre, Sa-
Right Doctrine /rom the Wrong Texts?, 17 pone il problema in modo chiaro ed muel Amsler21 ha osservato che le citazioni che si riferiscono a Cristo all'ori-
esatto. Nel Dialogo con Trifone, di Giustino martire, i due interlocutori spesso gine parlavano del re, addirittura di YHWH, di Davide, di un profeta, di un uo:
non si intendono più quando interpretano le Scritture, in modo particolare mo giusto o di un credente m generale, di Israele, del Servo di YHWH_ e di
quando queste ultime sono adoperate come testi per scopo apologetico. La dif- Melchisedek. I testi che parlano di Israele e dei giusti sono anche nfent1 alla
ferenza tra Giustino e Trifone sull'interpretazione biblica, che riflette preceden- Chiesa. Si dovrebbe notare, però, che non pochi di questi testi erano stati in-
ti discrepanze nei dibattiti tra ebrei e cristiani, 18 non sta tanto nelle tecniche ese- terpretati per lungo tempo messianicamente dagli stessi ebre~, come ~e~tim?­
getiche usate quanto nella chiave ermeneutica con la quale era letta la Bibbia niano la letteratura intertestamentaria, Qumran, i targumim e 1 success1v1 scrit-
ebraica. Tutti e due, infatti, adoperarono le middot di Hillel, il midrash pesher, ti rabbinici: ad esempio il Sal 2, parti di Is 53, Dt 18,15, Dn 7, ecc. Qualche al-
l'interpretazione letterale e la targumizzazione testuale, ma i cristiani erano tro testo, come il Sal 110, 22 sarebbe stato interpretato in chiave messianica nel
convinti che stavano vivendo il periodo di compimento profetico, che, cioè, nel- primo secolo, ma dato che questo salmo era un cavallo di battaglia dei cristia-
la vita di Gesù di Nazaret, nella sua morte e risurrezione, si erano compiute le ni nella controversia antigiudaica, le interpretazioni che avrebbero potuto
aspettative d'Israele. Le Scritture, dunque, dovevano essere lette in questa chia- avallare questo argomento non sono state conservate nella letteratura rabbi-
ve. Allo stesso modo in cui nell'Antico Testamento la reinterpretazione aveva nica.
luogo quando nuovi eventi richiedevano un aggiornamento di vecchie profezie I cristiani, dunque, rileggevano la Bibbia ermeneuticamente, come face-
o leggi antiquate, così nel Nuovo Testamento una selezione di testi fu inserita vano gli ebrei, con un accompagnamento midrashico. Il testo aveva parzial-
nel nuovo contesto storico-salvifico che acquistò così un nuovo significato, quel- mente perduto il suo significato originario e successivamente assunto altre sfu-
lo cioè di spiegazione, più che di predizione, degli avvenimenti attuali.19 mature durante la sua tradizione reinterpretativa. In alcuni casi, l'interpreta-
Le formule d'introduzione adoperate per le citazioni, quali «Sta scritto», zione cristologica e quella messianica coincidevano. In altri casi, se gli scrittori
<<Le Scritture dichiarano», «Isaia proclama», «Il decreto afferma», ecc. indica- cristiani vedevano in Gesù il giusto sofferente, se credevano che lui era un pro-
no sia l'autorità divina che un disegno deliberato della storia della salvezza che feta o il Logos incarnato, per ragioni che erano indipendenti dall'esegesi, si
è in procinto di essere confermata. I recenti avvenimenti non indicano una rot- sentivano autorizzati ad applicare a lui quelle categorie che l'Antico Testa-
tura ma una continuazione dei modi di agire di Dio verso Israele. mento adoperava per i profeti, i giusti sofferenti, o Dio stesso, per illustrare la
Riguardo al testo citato, 20 a volte segue quello ebraico massoretico, più persona di Gesù e la sua opera.23 Quando, però, nelle discussioni apologetiche,
spesso coincide con quello dei LXX come lo conosciamo oggi. Altre volte, non forzavano il significato dei passi per poterli adattare alla propria fede, come
corrisponde a nessuno dei due, ma è modificato e adattato al nuovo contesto troviamo in Giustino, lo facevano perché credevano che il compime:nto avesse
in un modo targumico. È necessario notare, però, che la nostra conoscenza sia superato di gran lunga la predizione, e confondevano le categorie illustrative
del testo ebraico sia di quello greco prima dell'anno 70 è molto imprecisa. con la profezia. Infatti, è sorprendente che certe profezie direttamente messia-
Dobbiamo ora considerare il punto principale del nostro saggio, e preci- niche come Is 9 e 11 sembrano essere state trascurate nel Nuovo Testamento,
samente i vari modi in cui questi passi erano interpretati dagli scrittori del forse a causa delle loro connotazioni nazionalistiche. Profezia e predizione,
Nuovo Testamento. Se giudichiamo le loro interpretazioni secondo le regole dunque, non devono essere considerate categorie identiche. Il compimento
profetico non è sempre una precisa corrispondenza tra predizione e compi-
mento, ma una pienezza di completamento che spesso sorpassa la visione non
17 C.K. BEALE, The Right Doctrine from the Wrong Texts, Grand Rapids 1994. soltanto dell'agiografo originale ma anche della stessa tradizione ermeneutica.
18
Per es., P. GRECH, «li retroscena di Rom 10,5-13 e il discorso ad Antiochia», in L.- PADOVE-
SE (ed.), Atti del V Simposio di Tarso su s. Paolo Apostolo, Roma 1998, 105-114 [ora in questo vo-
lume, p~. 363-371 ].
1
Q1:1esti testi s~no i «testimonia>> proposti da Rendall Harris e più tardi sviluppati da C.H. 21 AMSLER L'Ancient Testament, 137-139.
Dodd nel hbro sopracitato. Cf. anche P GRECH, «Tue Testimonia and Modern Henneneutics» in 22 p GREC~·I, «The Old Testament as a Christological Source in NT Theolog~», in Biblict'.l
NTS XIX(1986), 319-324. ' Theology Bulletin V(1975), 127-144; D.A. HAY, Glory at the Right Jland. Psa!n?.110 in Early Chrt-
20 Un'analisi dettagliata di ciascun testo si trova in G.L. ARCHER - G.C. CttIR!CHIGNO OLd Te- stianity, New York 1973; M. HENGEL, Studies in Early Christ~anity, Edinburgh 1995.
stament Quotations in the New Testa1nent. A Con1plete Survey, Chicago 1983. ' 23 La questione fu discussa da B. Lindars nell'opera citata nella nota 16.
98 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione intra-biblica e l'ermeneutica moderna 99

Gli inglesi dicono «Truth is stranger than fiction», ma la verità è ancora più tramite il concetto di <<grazia», un dono immeritato dato ad Abramo come pro-
strana della predizione. È in questo senso che Mt 1.23 cita Is 7,14 per spiegare messa assoluta e realizzato in Cristo. L'osservanza della Legge non aveva meri-
la nascita di Gesù da una vergine. La corrente linguistica in cui i primi cristiani tato la redenzione; aveva solo reso l'uomo cosciente della sua peccaminosità e
nacquero fornì la necessaria precomprensione (Vorverstiindnis) per un ulterio- quindi della necessità della grazia. Il riferimento ad Abramo c'era già stato nel-
re dialogo con i testi biblici. Come abbiamo già osservato, la coscienza dei pri- l'Antico Testamento stesso dopo la rottura dell'alleanza con Mosè a causa del-
mi credenti di essere il vero Israele conferiva loro un senso di continuità con le la trasgressione da parte di Israele. Ora la reinterpretazione è a un livello più
tradizioni storiche riguardo alle azioni salvifiche di Dio. alto.
A questo punto, possiamo giustamente chiederci che cosa s'intende per Paolo eleva il capovolgimento teologico in Rm 9,6-29. Gli ebrei sono fieri
«significato», il significato di un testo. Da quel che è stato già detto, non è sem- di essere i discendenti di Abramo, ma, in realtà, loro sono semplici figli .materiali
plicemente l'intenzione dell'autore scoperta attraverso il metodo storico-critico. come lo erano stati Ismaele ed Esaù. I veri figli di Abramo sono quelli che, co-
Spesso il significato è quello dello stesso testo e delle possibilità in esso conte- me Isacco, sono stati scelti per grazia da Dio, e questi sono i credenti cristiani.
nute e susseguentemente realizzate dalla storia, non necessariamente previste Di nuovo, proprio come il cuore del Faraone si era indurito per far sì che Israe-
dall'autore originario. Certamente l'avvento di Gesù di Nazaret, che inaugurò le potesse essere liberato, allo stesso modo, ora, è il cuore degli stessi ebrei che
una nuova era, portò alla luce ulteriori significati che andavano al di là dello svi- è indurito fino a quando i gentili diventino i loro coeredi delle benedizioni di
luppo ermeneutico della stessa tradizione ebraica. Abramo. Ai tempi di Isaia, YHWH si era lasciato un virgulto da cui sarebbe do-
Questa è la ragione per cui la tipologia 24 ha giocato un ruolo così impor- vuto sbocciare un nuovo Israele. Anche oggi i giudeo-cristiani sono il resto da
tante nell'interpretazione del Nuovo Testamento. Persone, eventi e luoghi del- cui il vero Israele si erge. Inoltre, Osea dice: «Quelli che non erano "il mio po-
l'Antico Testamento divennero tipi degli attori, del palcoscenico e del dramma polo" io chiamerò "il mio popolo", e quella che non fu amata io chiamerò "la
della salvezza escatologica: Adamo/Cristo, esodo/redenzione, Israele/Chiesa, mia diletta"» (2,25). Paolo voleva dire che come il popolo di Israele, nonostan-
l'agnello pasquale/la morte sulla croce e Melchisedek/sacerdozio di Cristo. te la sua violazione dell'alleanza, era stato riamato da Dio, oggi sono i gentili che
Tutto questo è diverso dall'allegoria di Filone, che interpretava le stesse figu- vengono incorporati nel Nuovo Israele! Questi rovesciamenti teologici, frutto di
re come valori etici o filosofici, nonostante l'uso che fa Paolo del termine <<al- lunghe ed esaurienti controversie sulle Scritture, hanno lo scopo di convincere
legoria» in Gal 4,24. Come abbiamo potuto già osservare, la tipologia era sta- il popolo ebraico che l'ingresso dei pagani nella Chiesa e la miscredenza di
ta già usata nell'interpretazione dell'Antico Testamento, ma in quel momento Israele sono semplici applicazioni alle presenti circostanze dei modi con cui Dio
il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento offriva sia un modello dell'at- aveva trattato il suo popolo in passato. Questa volta, però, i privilegiati non so-
tuale storia della salvezza che categorie di tipi di benedizioni nel futuro esca- no gli ebrei ma i pagani. A cambiare non è stato il modo di agire di Dio ma l'ot-
tologico. tusità degli increduli! 26
Tra l'Antico e il Nuovo Testamento, però, esisteva anche una discontinuità Il ribaltamento teologico è anche adoperato contro i cristiani stessi in lCor
e persino delle opposizioni. 25 Le sei antitesi del sermone della montagna dimo- 14,20-22 dove Isaia 28,11 viene citato per convincere quelli che sopravvalutava-
strano che il verbo pleroéi in Mt 5,17 possiede il senso di <<perfezionare», «Com- no il dono della glossolalia, perché parlare in strane lingue era segno di miscre-
pletare», oltre l'altro suo significato di «portare a compimento». L'esempio più denza piuttosto che di fede.
ovvio di discontinuità è sicuramente il rifiuto della legge mosaica come mezzo Nel Nuovo Testamento anche il genere narrativo a volte è adoperato per
di salvezza, e il temporaneo rifiuto di Dio di «Israele secondo la carne» ripor- la reinterpretazione. Stefano fu accusato di parlare contro il tempio. Il suo lun-
tato da Paolo in Galati e Romani. Paolo non vi vede nessuna contraddizione. go discorso in At 7 è un tentativo di convincere i suoi accusatori che molte teo-
Egli mette l'intero periodo della Legge, cioè quello tra Mosè e Cristo, tra pa- fanie avevano avuto luogo fuori Israele. D'altronde, la storia d'Israele era ca-
rentesi, e si appella alla promessa di Dio ad Abramo, che era un dono assoluto ratterizzata dalla ribellione che stava per ripetersi nelle attuali circostanze. Il
e incondizionato. Non è che la Legge fosse negativa, ma è insufficiente per con- lungo discorso di Paolo ad Antiochia di Pisidia sulla storia d'Israele in At 13 27 si
durre alla salvezza; il suo valore è pedagogico, come guida ai tempi del compi- proponeva di persuadere gli ascoltatori che questa storia aveva raggiunto il suo
mento (Gal 3-4). La continuità tra l'Antico e Nuovo Testamento viene stabilita culmine e compimento con la venuta di Cristo.

24 26
Cf. sopra, nota 9. Dal punto di vista di un ebreo, cf. H.-J. SCHOEPS, Paul. The Theology of the Apostle in the
25L'aspetto della contraddizione viene sviluppato bene da A. DEL AGUA PÉREZ, El método Light of Jewish Religious History, London 1961.
midr6sico y la exégesis del Nuevo Testan1ento, Valencia 1985, 255.272. 27 Cf. GRECH, «Il retroscena di Rom 10,5-13».
100 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione infra-biblica e l'ermeneutica moderna 101

Sarebbe impossibile descrivere qui la reinterpretazione dei testi dell' Anti- La prossimità della venuta del Regno è un problema ordiuario nell'esege-
co Testamento nell'Apocalisse. 28 Benché nessuna citazione esplicita si trovi in si del Nuovo Testamento. Da una primitiva aspettativa della parousia negli sta-
questo libro, un mosaico di allusioni bibliche è messo insieme con tessere rac- ti più antichi della tradizione, si passa a una moderata de-escatologizzazione in
colte da vari scritti del Primo Testamento, in modo particolare da Esodo e Zac- Luca e ad una escatologia prevalentemente realizzata in Giovanni. È evidente
caria, che insieme formano un nuovo disegno che richiama l'immagine del Pan- che lo sviluppo degli avvenimenti nell'esperienza cristiana ha dato il suo contri-
tocrator in un'abside di una chiesa bizantina composta con pietrine di antichi buto nel reinterpretare questa prossimità. Da prossimità temporale è diventata
mosaici romani. Le aspettative nazionalistiche sono spiritualizzate e l'esodo è prossimità esistenziale dell'attività redentrice di Dio che raggiuuge il suo cul-
rivissuto negli avvenimenti storici attuali in Asia Minore. mine nell'ultimo periodo della storia della salvezza come preludio della risurre-
Vogliamo fare un 'ultima osservazione prima di lasciare la reinterpretazio- zione.
ne nel Nuovo Testamento. La Seconda lettera di Pietro 29 è un capolavoro di cri- Si può dire la stessa cosa per l'espressione «Figlio dell'uomo», 32 che si tro-
tica canonica. Essa incorpora parti di uno scritto giudeo-cristiano come la Let- va solo poche volte al di fuori dei vangeli. Qualunque cosa essa volesse dire sul-
tera di Giuda e le unisce con una ben delineata approvazione delle lettere di le labbra di Gesù, è scomparsa quasi completamente negli scritti successivi, ed è
Paolo (3,15-16). Questo fa sì che le due opposte correnti principali della cristia- sopravvissuta sia nei sinottici che in Giovanni in chiave redazionale. Paolo la
nità primitiva possano convergere verso una posizione più «Cattolica», o uni- traduce in termini del nuovo Adamo o l'Uomo Celeste, mentre l'esclamazione
versale, petrina. di Pilato, «Ecco l'uomo!», in Gv 19,5, potrebbe ben essere un'amplificazione del
concetto.
Di nuovo, la ripetizione continua delle parabole di Gesù e la reinterpreta-
3. LA RILETTURA DI TEMI DEL NT NEL NT STESSO zione di esse secondo i problemi che si sviluppavano man mano dentro la Chie-
sa è un tema classico sia della critica delle forme che di quella redazionale.33 La
La relécture del Nuovo Testamento non si limita a una rilettura dell'Anti- parabola della festa di nozze in Mt 22,1-14 è un esempio tipico dello sviluppo in-
co Testamento. 30 Si rilegge anche da sé attraverso una costante reinterpretazio- terpretativo dal suo nucleo più breve nel Vangelo di Tommaso, se è autentico,
ne di temi teologici. <<Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non sie- attraverso Luca fino a Matteo, dove diventa un compendio della predicazione
te capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi gui- del vangelo fino alla caduta di Gerusalemme.
derà in tutta la verità» (Gv 16,12-13). Questo è il modo in cui l'autore del Quar- Anche i racconti dei miracoli34 costituiscono una continua reinterpretazio-
to Vangelo spiega lo sviluppo della dottrina dai detti di Gesù fino al suo tempo, ne in chiave. teologica di semplici guarigioni, esorcismi o fatti straordinari. A
ed esistono molti esempi che lo illustrano. La chiave ermeneutica di questa rein- partire dalla loro forma primitiva in Marco, dove già hanno assunto connota-
terpretazione è sicuramente l'evento di Pasqua, della Pentecoste, dell'ingresso zioni apocalittiche, attraverso Matteo - da notare la rilettura postpasquale del
dei pagani nella Chiesa, della controversia con la sinagoga e della persecuzioue miracolo di Cristo che camminava sulle acque in 14,22-23 - alla stilizzazione
da parte dello Stato. della narrazione dei miracoli in chiave giovannea: per mezzo dei detti «Ego ei-
Incominciamo con il tema fondamentale della predicazione di Gesù: il re- mi ... », queste meraviglie vengono trasformate in ~<segni» di Cristo come luce, vi-
guo di Dio. È interessante notare che mentre la parola basi/eia appare 142 vol- ta, pane del cielo, dominatore della storia e profeta. La ripetizione popolare e
te uei vangeli, principalmente nei detti di Gesù, la si può trovare solo 36 volte redazionale della narrazione cresce come una palla di neve e diventa teologia
nel resto del Nuovo Testamento. A parte il fatto che ognuno dei vangeli gli con- pura. 35
ferisce una diversa sfumatura di significato, il che indica sviluppo, non sarebbe Pure le citazioni dell'Antico Testamento che noi abbiamo considerato al-
sbagliato dire che la dottrina della giustificazione di Paoio, e il concetto di vita l'inizio di questo saggio sono ripetutamente allineate con il progresso della teo-
eterna di Giovanni, sono reinterpretazioni di questo tema riletto cristologica- logia nella Chiesa primitiva. La citazione che fa Cristo del Sai 110 in Mc 12,36,
mente.31
32 Per lo stato della questione cf. D. BURKETI, The Son of Man Debate. A History and an
28 R. BAUCKHAM, The Clin1ax of Prophecy. Studies in the Apocalypse, Edinburgh 1993. Evaluation, Ca1nbridge 1999, benché io non sia d'accordo con la soluzione che offre.
29 Cf. P GRECH, «Criteri di ortodossia ·ed eresia nel NT», in Augustinianum XXV(1984), 33 Il libro classico di Joachim Jeremias sulle parabole di Gesù è ancora insuperato per la sua
583-596. descrizione lucida dello sviluppo delle parabole.
30 Benché molti dci temi qui trattati siano stati oggetti di studio da parte degli studiosi, un esa- 34 La questione fu aperta da G. BORNKAMM - G. BARTH - H.-J HEL.D, Oberlieferung und
me particolare sulla reinterpretazione del NT nel NT medesimo manca ancora. Cf. T.W. G!LLESPIE, Auslegung ini Matthiiusevangelium, Neukirchen 1960.
The First theologians. A Study in E"arly Christian Prophecy, Grand Rapids 1994. 35 Cf. C. CEBULJ, !eh bin es. Studien zur Jdentiti:itsbildung im Johannesevangelium, Stuttgart
31 Cf. P WoLFF, Die frilhe nachOsterliche Verkiindigung des Reiches Gottes, Gtittingcn 1999. 2000.
102 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione intra-biblica e l'ermeneutica moderna 103

e l'allusione in 14,62, fanno di questo salmo la testimonianza preferita del pri- losofia di vita e della rivelazione progressiva nel popolo di Dio. Il senso che cer-
mo cristianesimo che lo adoperava per descrivere il Cristo glorificato,36 oppure cavano i lettori, dunque, non era ciò che un testo aveva detto agli ascoltatori del
per preannunciare la sua vittoria sulla 1norte o per illustrare il suo sacerdozio. passato ma ciò che dice a loro ora. Il traditum era letto nel contesto della tradi-
Barnabas Lindars nota inoltre che i testi adoperati nell'epoca primitiva per ra- tio, esso deve parlare a ogni generazione. Non si chiedeva: «Quale era il senso?»,
gioni apologetiche a volte diventano più tardi semplici esortazioni morali. Que- se non per stabilire il traditum, ma: «Quale è il senso oggi?». Possiamo anche
sti esempi sono sufficienti per dimostrare il nostro punto. chiamare questo il sensus plenior del testo antecedente, ma una pienezza di si-
gnificato prodotta da una continua maturazione religiosa, sociale e storica di un
popolo in cammino. Quando, nell'Antico Testamento, il testo diventa fisso, il
4. CONCLUSIONI ERMENEUTICHE processo ermeneutico continua con il midrash, quello rabbinico come quello
cristiano, anche se nel Nuovo Testamento stesso il testo viene trattato come an-
Ora passiamo all'ultima parte di questo saggio. Dagli esempi di reinter- cora flessibile.
pretazione analizzati sopra, possiamo formulare delle conclusioni per le teorie La reinterpretazione non avveniva soltanto nel testo dei singoli libri, ma
e i metodi dell'ermeneutica moderna? Dall'inizio, la nostra intenzione era quel- anche nella crescita della collezione di libri autorevoli che più tardi costituiran-
la di usare la rilettura intra-biblica come criterio per convalidare o criticare gli no il canone. Perciò l'approccio canonico recentemente proposto da Childs,
approcci contemporanei, di modo che l'esegesi biblica e l'ermeneutica filosofi- Sanders e altri, trova già il suo fondamento nel processo di selezione di quei li-
ca o letteraria possano riconciliarsi in un ambiente di fede. Percorriamo perciò bri da collocare nel tempio ovvero essere letti nella comunità come «parola di
i singoli temi del documento Pontificia Commissione Biblica del 1993 per vede- Dio>>. Quando certe composizioni «rivoluzionarie» come Giobbe e Qohelet
re se quanto abbiamo detto finora li convalidi, e in quale senso. vengono messe accanto alle sapienziali classiche come Proverbi e Ben Sira, ov-
Incominciamo con una lista di artifici ermeneutici adoperati nei tre tipi di vero quando Paolo viene messo accanto a Matteo e Giacomo, ciò è indice di un
reinterpretazione descritti velocemente sopra. Abbiamo enumerato, fra gli altri; certo pluralismo teologico tenuto insieme da una medesima spina dorsale di tra-
gli aggiornamenti legali, le analisi semantiche, gli slogan o motti, il livellamento ditum che vede una complementarità nello sviluppo della tradizione. Abbiamo
delle contraddizioni, le variazioni su un terna, la tipologia, la demitizzazione, i già osservato come diverse tradizioni confluiscano nel libro di Zaccaria, e pos-
cambiamenti di generi, la spiritualizzazione, la riscrittura della narrativa, il ribal- siamo anche indicare la Seconda lettera di Pietro che accoglie in sé una lode di
tamento teologico, la promessa/realizzazione, la profezia non realizzata, il teolo- Paolo e le sue lettere e uno scritto giudeo-cristiano come la Lettera di Giuda. Il
gizzare di parabole e storie di miracoli, la moralizzazione e revisione canonica. processo canonico avverte il lettore, dunque, che nessun libro deve essere letto
Prima di tutto, dovrebbe essere ovvio che la reinterpretazione è un pro- come se fosse l'unico scritto biblico ma che egli deve tenere in mente un conte-
cesso in continua evoluzione. Era un processo continuo anche negli scritti dei sto molto più ampio prima di interpretare un qualsiasi versetto che richiama la
padri della Chiesa, i quali, per mezzo di un'esegesi letterale e allegorica,37 rileg- sua attenzione.
gevano le Scritture dal punto di vista delle circostanze storiche dei loro tempi. La critica canonica viene anche adombrata nell'Antico Testamento nel
Anche i nostri tempi richiedono un'attualizzazione ermeneutica di modo che il processo di metastoricizzazione della profezia, quando l'aritmetica viene tra-
traditum, che ormai è il testo biblico come lo abbiamo adesso, diventi traditio er- sformata in formule algebriche perché possa essere applicata a diverse circo-
meneutica anche oggi. stanze e spiegare le dissonanze di profezie credute inadempiute. L'apocalittica
Come abbiamo già visto, l'esegesi intra-biblica non segue il nostro metodo è il culmine di questo processo e conseguentemente la storia sacra non può es-
odierno storico-critico. Però, senza questo metodo la nostra analisi del processo sere letta fuori del contesto della visuale più ampia di queste sezioni metastori-
di reinterpretazione dentro la Scrittura medesima sarebbe stata impossibile. So- che.
no solo l'uso dell'analisi filologica e storica, la storia delle forme e la teologia re- Se adesso passiamo ad esaminare l'analisi retorica nell'ermeneutica mo-
dazionale che ci hanno permesso di arrivare alle conclusioni sulllillenzionate. derna troviamo alcuni punti d'appoggio nella reinterpretazione intra-biblica.
Abbiamo visto che il testo biblico era in continua trasformazione per ag- Evidentemente la retorica viene usata in tutti i generi letterari biblici con lo sco-
giornarlo all'idea di Dio, alle necessità sociali e religiose della comunità, della fi- po di convincere il lettore o l'ascoltatore e farlo coinvolgere come attore piut-
tosto che come uno spettatore. Abbiamo anche accennato a Mischgattungen in
cui un genere interpreta l'altro. Si pensi alla «piccola apocalisse» in Isaia (cc.
24-27) che, inserita nel libro, dà un tono diverso all'intera composizione. Quin-
31> Oltre ai libri citati sopra nella nota 22, cf. R.T. FRANCE,.lesus and the Old Testament, Lon-
don 1971. di nell'esegesi moderna non si può prescindere da questa nuova metodica. Ma
37 Cf. M. SIMONETT!, Lettera e/o allegoria, Roma 1985. particolarmente nel Nuovo Testamento non si devono imporre schemi usati nel-
104 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione infra-biblica e l'ermeneutica nioderna 105

la retorica greca e latina ai discorsi e specialmente alle lettere. Gli autori dei li- questi scrittori neotestamentari non erano a conoscenza dei metodi moderni, es-
bri neotestamentari erano certamente a conoscenza degli accorgimenti usati dai si danno un certo fondamento a questo metodo odierno, pure se il modo in cui
retori popolari che si incontravano nelle strade di ogni città ellenistica, ma essi alcuni moderni lo praticano è sommamente ingombrante e sproporzionato ai ri-
stessi provenivano dalla sinagoga, e la retorica del giudaismo ellenistico non è sultati pratici che ne conseguono.
stata abbastanza studiata anche per mancanza di fonti. La domanda posta da L'approccio mediante il ricorso alle tradizioni interpretative giudaiche tro-
Kennedy, 38 se gli schemi retorici appartengano al mondo greco-romano ovvero va pieno appoggio nella reinterpretazione intra-biblica. 41 I metodi midrashici
se riflettano archetipi di retorica universale nella struttura stessa della mente non sono nati con i rabbini dei primi secoli. Abbiamo già osservato che i pro-
umana, non ha ancora ricevuto una risposta adeguata. cessi di reinterpretazione nell'AT stesso preludevano il midrash dei farisei e dei
L'analisi narrativa è un metodo moderno di smembrare una narrazione rabbini. Le regole di Hillel. Ishmael e Aqiba non sono che la Wirkungsgeschi-
qualsiasi per vedere come funziona. 39 La Bibbia è piena di narrazioni storiche o chte, con tante esagerazioni, della pratica secolare dentro l'AT nledesimo. An-
immaginarie ma evidentemente non le analizza mai. Qualche volta, però, una cbe il NT usa le tecniche rabbiniche nella sua interpretazione dei testi veterote-
narrazione si ripete e ne interpreta un'altra precedente, per es. Cronache e i li- stamentari anche se il principio ermeneutico da cui parte è diverso e perciò ar-
bri dei Re, i vangeli stessi, ovvero racconti di storia come troviamo in At 7 e 13. riva a conclusioni differenti.
Ma certi accorgimenti usati dai moderni, come la distinzione tra autore reale e La sociologia e l'antropologia sono scienza moderne, ma osservazioni su
autore implicito, tra lettore reale e lettore implicito vengono usati, per esempio, economia, istituzioni, costumi e folklore dei diversi popoli e delle varie società
nella pseudoepigrafia e nell'epistolario. Quando Paolo scriveva aveva evidente- storiche esistevano da sempre. 42 La reinterpretazione ermeneutica non è altro
mente le comunità indirizzate in mente, ma, dato il genere letterario contempo- che la traduzione, il trasferimento, l'applicazione a una società contemporanea
raneo dell'epistola, avrebbe tenuto in mente anche un lettorato più ampio, co- di un testo scritto per una società ormai scomparsa. L'approccio sociologico e
me difatti accadde. Ciò si applica anche alla narrativa. Gli autori reali si presen- antropologico, dunque, è utilissimo, anzi necessario, nello studio sia dell'Antico
tano poche volte con il proprio nome, e spesso non sappiamo a chi in particola- come del Nuovo Testamento. Non si deve dimenticare, però, che è un mezzo,
re queste narrazioni sono indirizzate. Il metodo, quindi, può essere molto utile non un fine, in quanto la Bibbia non è un manuale di sociologia o antropologia
se si tiene in mente che lo scopo delle narrazioni bibliche non era soltanto quel- storica.
lo di informare o divertire ma di raccontare le opere di Dio, il quale è l'attore La psicologia fu usata utilmente da Paul Ricoeur nella sua analisi dei pri-
principale e il vero autore. mi capitoli della Genesi. 43 Abbiamo parlato sopra del simbolo e degli archetipi
In quanto all'analisi semiotica, 40 il suo principio fondamentale di esamina- che sono il fondamento della tipologia e dell'allegoria. È in questo senso che la
re le strutture interrelazionali del testo come si presenta, senza nessun riferi- reinterpretazione dentro la Bibbia stessa favorisce questo nuovo approccio,
mento ad autore, circostanze, ecc. si impone quando incontriamo certi libri, co- purché riesca a evitare un immanentismo che blocchi ogni apertura al trascen-
me Giobbe, di cui non si conosce né l'autore né, con certezza, quando e in qua- dente.
le occasione siano stati composti. Abbiamo già detto sopra che il modo in cui il Degli approcci liberazionisti e femministi è stato scritto molto in questi ul-
Nuovo Testamento cita l'Antico spesso riporta un testo come si trova, senza nes- timi anni. Sono sorti anche interi commentari ai libri biblici da questo punto di
sun riferimento all'autore o alle circOstanze in cui fu scritto, e, qualche volta an- vista con tante esagerazioni. È ovvio che la storia del popolo d'Israele è una sto-
che al contesto, solo con gegraptai. Ciò indica che gli scrittori del NT considera- ria di liberazione politica oltre che religiosa, ma abbiamo visto che nel processo
vano il testo come autorevole in se stesso prescindendo dall'autore e ci confer- di reinterpretazione accade una spiritualizzazione del fatto nazionalistico, e
ma nell'opinione già espreSsa che la intentio textus è più larga della intentio auc- questo scompare interamente nel Nuovo Testamento, che di politica si interessa
toris. Un testo che raccoglie in sé tutto il sedimento portato dal fiume della tra- poco o niente.
ditio costituisce un nuovo «estuario» ed è perciò più passibile di varie interpre- In ultimo gli approcci filosofici. Esistono varie risposte alla domanda su
tazioni che non l'intenzione puntuale di un autore determinato. Allora, anche se quali elementi possano aiutare un lettore moderno a comprendere un autore di

38 G.A. KENNEDY, New Testament lnterpretations through Rhetorical Criticisn1, Nord Carolina 41
Molto istruttivo a questo riguardo è il libro di J. WEINGREEN, Fron1 Bible to Mishna, Man-
1984. chester 1976.
39 Cf. W.R. STENGER, Narrative Theology in Early Jewish Christianity, Westminster 1989; J.L. 42
Per es. N.K. GOTTWALD, The I'lebrew Bible. A Socio-fiterary Jntroduction, Philadelphia 1985
SKA, «Our Fathers Told Vs». lntroduction to the Analysis of Hebrew Narrative, Roma 1990. e gli studi di Meeks e Theissen sul Nuovo Testamento.
40 P. GRECH, «Strutturalismo ed esegesi tradizionale», in ID., E·rmeneutica e teologia biblica, 43
P. RJCOEUR, Finitude et culpabilité: I. L'hom1ne faillible; IL La sy1nbolique du mal Paris
Roma 1986, 195-207. 1960. .
106 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La reinterpretazione intra-biblica e l'ermeneutica moderna 107

duemila anni fa: Geist, allgemeine Menschennatur, l'intuizione geniale, ecc. 44 Noi linguaggio nuovo. L'idea di Ebeling, secondo cui la tradizione è un continuo
crediamo, però, che la corrente linguistica in cui nasciamo, valorizzata da Gada- processo di congelamento della lingua della fede che conduce a uno scongelar-
rner, ci crei un orizzonte di precomprensione che può chiarire molti aspetti dita- si in un linguaggio più fresco di generazione in generazione, ci può aiutare. 47 An-
le questione. Basti pensare che gli uomini dell'Antico Testamento, e i cristiani che se la tradizione non è semplicemente la trasmissione dell'atto di fede da una
del Nuovo; appartenevano alla stessa tradizione linguistica. All'ermeneutica ga- generazione all'altra, ma anche del suo contenuto, la teologia è la Wirkungsge-
dameriana, però, per completezza bisogna aggiungere quella sulla linea di svi- schichte della trasmissione linguistica.
luppo storico e sociale propugnata da Pannenberg. Ciononostante, ci ritroviamo Questo ci porta a un'ulteriore domanda, su cui già ci siamo soffermati.
ancora entro i confini dell'ermeneutica generale. La Bibbia richiede un criterio L'ermeneutica reinterpretativa s'appella al sensus auctoris o al sensus textus?
ermeneutico più alto da parte di quelli che la leggono con gli occhi della fede e Affermare il primo nei termini dell'intuizione geniale di Schleiermacher sareb-
che perciò la considerano parola di Dio. 45 Questo richiede l'attività dello Spiri- be chiedere troppo, ma di recente sia Betti che Hirsch 48 hanno riportato la no-
to di Dio, rivelatore della verità costantemente presente attraverso le vicissitu- stra attenzione all'autore. La persistenza del sorriso del «Cheshire cat>>, sparito
dini della storia. Se possiamo parlare di storia della salvezza nei termini di Oscar il gatto, può aver luogo solo nel Paese delle Meraviglie di Alice! D'altro canto,
Cullmann, escludere l'opera dello Spirito vuol dire privare tale storia della sua abbiamo notato che il testo, specialmente il testo scritto, dice molto di più di
anima e della sua forza di guida. La reinterpretazione è il linguaggio col quale quello che lo stesso autore aveva immaginato. Contiene delle possibilità latenti
«lo Spirito di Dio parla alle chiese» (Ap 2,7). che sono continuamente realizzate dalla storia, e, nel ribaltamento teologico,
Si è dibattuto molto se scopo dell'ermeneutica sia la comprensione oppu- possono anche contraddire un traditum. La storia è una chiave ermeneutica per-
re la spiegazione. Alla luce di ciò che abbiamo dichiarato, non si può dire che ché pone dei problemi e delle domande al testo. Il testo indica una risposta che
sia l'una o l'altra, ma tutte e due. La reinterpretazione è ermeneutica, e non ci in un certo senso è analoga alla nozione di aletheia di Heidegger, quella, cioè,
può essere una rilettura senza comprensione, che necessariamente deve essere dello svelarsi dell'essere nel Dasein. La verità rinchiusa in un testo si svela al let-
profonda ed elastica allo stesso tempo. Ma, comprensione di che cosa? È la t~re ma~ mano che viene riletto. Ciò avrebbe un'analogia con la «intuizione ge-
comprensione delle possibilità inerenti all'uomo, nel senso di Dilthey, o la com- niale» d1 Schleiermacher. Quando parliamo di un traditum che viene continua-
prensione dell'uomo come possibilità, nel senso di Heidegger? La teologia di mente reinterpretato, spesso non si tratta solo di un testo deter1ninato ma di una
Bultmann, che si basa su questi due filosofi, è individualisticamente antropo- intuizione fondamentale racchiusa nel testo, la cui portata non era evidente
centrica e non lascia nessuno spazio ove collocare la storia della salvezza. Se vo- nemmeno all'autore stesso, e eh~ si sviluppa nella storia pur mantenendo l'es-
gliamo parlare del teatro della storia della salvezza, anche se il palcoscenico è senza della sua verità intuitiva. E per questa ragione che nella reinterpretazio-
terreno e gli attori sono umani, bisogna parlare di Dio come l'autore di tutto il ne un testo deve essere studiato sia diacronicamente che sincronicamene, per in-
dramma. dividuare l'intuizione che lo anima, se vuole fornire una risposta alle domande
L'obiettivo dell'ermeneutica biblica è certamente una più profonda cono- esistenziali dei lettori.
scenza di sé da parte dell'uomo, ma una più profonda conoscenza di sé alla lu- Abbiamo parlato sopra anche di demitizzazione. Questo fatto ci porta ad
ce dell'azione salvifica di Dio, che, a sua volta, mira all'amore e alla gratitudine approvare il noto metodo di Bultmann? Negli esempi di demitizzazione cui ab-
come scopo finale. Questa era la tesi di Agostino in De doctrina christiana, 46 ri- biamo fatto riferimento, è vero che miti antichi sono stati ripresi nell'Antico Te-
presa da Ricoeur nella sua teoria della <<appropriazione». La fusione degli oriz- stamento ~ inseriti nella narrativa biblica, ma sarebbe più esatto parlare di un
zonti di cui parla Gadamer non deve essere semplicemente una fusione intel- processo di monoteizzazione invece che di demitizzazione. Gli autori biblici non
lettuale lungo la linea della storia; è la fusione dell'amore che lo Spirito produt- si facevano scrupoli, come fa Bultmann, quando si trattava di oggettivare Dio e
tore delle Scritture crea nella loro continua rilettura. il soprannaturale; 49 Dio ha agito al di fuori di loro, nel cosmo e nella società, e
Secondo la nostra analisi, l'ermeneutica risulta essere anche una spiega- questo extra nos della salvezza storica deve essere mantenuto se vogliamo re-
zione. La reinterpretazione è una spiegazione che sicuramente presuppone una stare fedeli al messaggio biblico. Restringere il messaggio biblico dentro le mu-
comprensione, ma porta questa comprensione più avanti, facendole parlare un tevoli categorie delle filosofie contemporanee sfocia inevitabilmente in uno sta-

44 Il problema è formulato in modo molto chiaro da R.E. PALMER, Hernieneutics. Interpreta-


47
tive Theory in Schleiermacher, Dilthe}~ fleidegger and Gadamer, Evanson 1969. G. EBELING, The Word of God and Tradition, London 1968.
45 Ripeto qui quello che ho già detto: P. GRECH, «Tue Testìmonia and Modern Hermeneutics», 48
E. BETTI, Die Hermeneutik als allgemeine Methodik der Geisteswissenschaften, Tilbingen
in NTS XIX(1975), 127-144. 1972; E.D. HIRSCH, Validity in Interpretation, London 1967.
46 Libro I, XXXVI, 40. 49
R. BULTMANN,lesus Christus und die Mythologie, Hamburg 1964.
108 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

to di immanenza della rivelazione che annulla lo scopo stesso della Bibbia. Cio- Capitolo quarto
nonostante, il mito fornisce il simbolo che gioca un ruolo di rilievo nel Jinguag-
g10 biblico. I s1mboh non s1 nvolgono all'intelletto in un rapporto univoco, ma
essendo polivalenti, parlano all'uomo tutto intero. Possiedono il ruolo che han~ Le tradizioni neotestamentarie
no gli archetipi nella psicologia di Jung, che è più appropriata di quella di Freud e la «Traditio Catholica»*
come mezzo di approccio psicologico all'ermeneutica. Il simbolo è il fondamen-
to della reinterpretazione tipologica.
La descrizione che Derrida fa del linguaggio scritto come simbolo di ulte-
riori simboli potrebbe essere d'aiuto nel comprendere la natura della reinter-
pretazione, purché non s'imprigioni dentro un labirinto senza nessun punto di
arrivo. L'ostilità di questo autore al logocentrismo non è conciliabile con un'er-
meneutica in cui la destinazione delle parole che reinterpretano le parole è il
Verbo medesimo che interpreta il Padre.so Prima di entrare nel vivo dell'argomento, vorrei soffermarmi su alcune
La rilettura è una specie di ermeneutica a forma di reader-response. Attra- premesse:
verso essa, il lettore implicito diventa esplicito, e, a sua volta, diventa un autore 1) Innanzitutto è necessario precisare che questa relazione può essere
implicito per i futuri lettori. E così si forma la spirale dell'interpretazione conti- considerata uh esercizio di ciò che, particolarmente nel mondo anglosassone, si
nua che va dagli inizi della composizione biblica fino ai nostri giorni. chiama «critica canonica» (canon criticism). Si tratta di un nuovo approccio al-
Si capisce che uno sviluppo più adeguato di queste conclusioni ermeneuti- le Scritture, in riferimento sia all'Antico che al Nuovo Testamento, che cerca di
che richiederebbe un intero volume, piene come sono di punti controversi. Pos- indagare il motivo che ha determinato ciascuno scritto dell'intero canone, le ra-
siamo però affermare che dalla breve ricerca che abbiamo fatto risulta che le gioni storiche e teologiche per le quali si trova in esso. 1
reinterpretazioni intra-bibliche spesso giustificano, servatis servandis, la maggior 2) Per ciò che riguarda il problema della datazione dei vari scritti del Nuo-
parte dei metodi e degli approcci dell'ermeneutica moderna. Se questa confe- vo Testamento, pur consapevole delle innumerevoli discussioni intorno a questi
renza è servita a illustrare un nuovo problema che richiede la cooperazione tra temi, assumerò le conclusioni comunemente accettate, anche se talora potranno
biblisti, filosofi e letterati per la sua soluzione, essa avrà raggiunto il suo scopo. essere in contrasto con la mia personale convinzione. 2
3) Infine considereremo la pseudoepigrafia come la continuazione della
tradizione di un apostolo, tralasciando per ora il problema della dipendenza let-
teraria o la questione morale. 3
Possiamo considerare quattro periodi cronologici così suddivisi:
1) dagli anni 40 sino al 70 (anno della caduta di Gerusalemme);
2) dal 70 fino al 90;
3) dal 90 fino al 110;
4) dal 110 fino a Ireneo.
Quando Paolo, nella Lettera ai Galati (2,9), parla del cosidetto Concilio di
Gerusalemme, dice che erano presenti egli stesso, Pietro, Giacomo e Giovanni,
e li definisce «le colonne della Chiesa». Forse Paolo non visse abbastanza a lun-
go per verificare la fondatezza di questa asserzione. Questi quattro apostoli era-

* Studia Ephemeridis Augustinianiun 31(1990), 31-38. Conferenza tenuta a Roma in occasio-


ne del congresso del 7-8 maggio 1989 sulla tradizione nei padri della Chiesa.
1 Tale questione, sulla canonicità come fattore ermeneutico, fu iniziata dalla pubblicazione di
due libri di introduzione, uno all' AT, l'altro al NT, di B.S. CHILDS, An Introduction to the Old Testa-
n1.ent as Scripture, London 1979 e The New Testament as Canon, London 1984.
2 Il lettore potrebbe trovare le datazioni comunemente accettate nei relativi articoli in Nuo-

50 vo dizionario di teologia biblica, Milano 1988, oltre che nelle introduzioni classiche al NT.
Per ulteriori commenti: A.C. THISELTON, New Horizons in Hernieneutis, London 1992, 3 lJn recente studio che discute tutti i vari aspetti del problema è D.G. MEADE, Pseudonymity
103-131.
and Canon, Ti.ibingen 1986, con bibliografi.a completa.
110 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Le tradizioni neotestamentarie e la «Traditio Catholica» 111

no realmente le colonne della Chiesa, sino al punto da poterli considerare come In un suo lavoro pubblicato nel 1938, The Primitive Christian Catechism, 9
i fondatori di quattro grosse tradizioni; Carrington ha voluto ricostruire il catechismo della Chiesa primitiva e, seguendo
- Giacomo è il rappresentante del giudeo-cristianesimo «Stretto»; gli studi di Seeberg, 10 ha messo in evidenza gli elementi comuni a queste tre epi-
- Pietro è anch'egli un rappresentante del giudeo-cristianesimo, però più stole, Giacomo, 1 Pietro ed Efesini. Egli ha notato che nella parte parenetica di
aperto verso i gentili; tutte e tre le epistole alcuni temi hanno la medesima sequenza: il tema della nuo-
- Paolo è il riferimento dei gentili entrati nella Chiesa; va creazione o della rinascita; «deponentes», le virtù catecumenali; il «Subiecti
- Giovanni esprime infine una tradizione a parte. estate» cioè i codici di subordinazione; il «vigilate», la veglia cristiana; il «resistite».
La tradizione giudeo-cristiana di Giacomo, più «Stretta», aveva al suo in- In tutte e tre le epistole questi elementi si trovano nel medesimo ordine: si può
terno un'ala oltranzista, sfociata poi nell'ebionismo, mentre le ali oltranziste quindi affermare come evidente una confluenza di queste tre epistole, alla quale
delle correnti paolina e giovannea sono finite rispettivamente nello gnosticismo corrisponde, a livello delle tre correnti di Pietro, Giacomo e Paolo, un converge-
e nel docetismo. Fino all'anno 70 queste quattro correnti si sono sviluppate in re e uno svilupparsi nella stessa direzione. È inoltre ben noto che, nel medesimo
modo parallelo. Per quanto riguarda le testimonianze scritte, abbiamo le Lette- periodo, queste tre correnti vengono riunite in At 15 dal «paolino» Luca. 11
re autentiche di Paolo e il Vangelo di Marco che, per Ireneo, è l'«interpres Pe- Dopo l'anno 90 vanno collocate le persecuzioni di Domiziano, persecuzio-
tri», cioè l'autore del vangelo che proviene dalla corrente petrina. ni che, come già osservato, costituiscono un fattore di unione. Accanto a questo
Dopo l'anno 70, sino al 90, riscontriamo degli sviluppi molto importanti. 4 deve però essere preso in cOnsiderazione un fattore ancora più importante, rap-
Come sappiamo dall'analisi della questione sinottica, in Matteo e in Luca è con- presentato dalle crisi che si svilupparono all'interno delle correnti stesse e che
fluito il Vangelo di Marco. Matteo è il vangelo dei giudeo-cristiani, e il fatto che fecero sì che esse non permanessero separate, oltre un certo periodo, ma giun-
assuma in sé tutto il Vangelo di Marco significa che la tradizione petrina ha co- gessero a fondersi l'una nell'altra. Ha inizio la crisi dei giudeo-cristiani, da cui si
minciato a fluire nella tradizione giudeo-cristiana di Giacomo, mitigandola. Il origina la corrente ebionita, la crisi paolina, ben evidente nelle Lettere Pastora-
fatto stesso che Matteo sottolinei il primato di Pietro (Mt 16,18) è una ulterio- li, la crisi della Chiesa giovannea (sottolineata molto bene nei libri di R. Brown,
re indicazione di come questa corrente giudeo-cristiana cominci ad assorbire la particolarmente nei suoi commentari alle Lettere di s. Giovanni), crisi che non
corrente petrina, o ad essere da essa assorbita. Anche Luca assume buona par- poteva essere risolta all'interno della corrente stessa. 12 Quali sono le conse-
te del Vangelo di Marco, evidenziando così una confluenza tra la corrente petri- guenze di tutto questo?
na e quella paolina. In questo periodo ci sono delle persecuzioni: già prima del La corrente petrina ad un certo punto assorbe in sé le altre correnti, prese
70 abbiamo le persecuzioni di Nerone, e sono forse proprio queste il primo fat- nel vortice delle loro crisi, e funge da elemento stabilizzante. Analizziamo allo-
tore di confluenza di una corrente nell'altra. 5 ra lo sviluppo di queste crisi, iniziando dalla corrente giovannea. La comunità
Più tardi, verso gli anni 80-85, questa confluenza appare in maniera anco- giovannea aveva accolto in sé diversi elementi: dapprima l'elemento giudaico,
ra più chiara in tre scritti, Giacomo, 1 Pietro, Efesini, che, almeno per molti au- rappresentato dai discepoli di Giovanni Battista, poi quello samaritano, infine
tori, sono più o meno contemporanei. Anche se Efesini fosse paolina, nel senso quello gentile. Nelle Lettere appare evidente come questa comunità sia ormai
cioè che l'avesse scritta Paolo, l'argomentazione non verrebbe a cadere: qui co- divisa. È una questione ancora discussa se le Lettere siano o no cronologica-
munque consideriamo Efesini come post-paolina. 6 Riguardo a 1 Pietro, parec- mente anteriori al vangelo, ma, anche se il vangelo precedesse le Lettere, molte
chi autori già hanno osservato che contiene molti elementi paolini e che pro- aggiunte metterebbero ugualmente in luce lo stato della comunità. Una di que-
viene da una corrente o da una scuola paolina.7 Allo stesso modo, anche Giaco- ste aggiunte è rappresentata dalla confessione di Pietro (Gv 6), dove Giovanni
mo ha molti punti in comune con 1 Pietro. 8 commenta: «Da allora molti dei suoi discepoli si ritirarono indietro e non anda-
vano più con lui». Sappiamo benissimo che mentre Giovanni racconta la storia

4 Cf. F.F. BRUCE, Men and Movements in the Primitive Church, Exeter 1979; R.E. BROWN-J.P.
MEIER,Antioch and Rame, New York 1983 [tr. it. Assisi 1987]; R.E. BROWN, The Churches the Apo-
9
st!es left behind, London 1984. P. CARRINGTON, The Primitive Christian Catechisn1. A Study in the Epistles, Cambridge 1940.
s Una recente riformulazione della priorità di Marco, particolarmente in discussione con W.R. Vedi, ivi, la tavola a pp. 42s.
Farmer e B. Orchard che tendono a risuscitare l'ipotesi di Griesbach, in R.H. STEIN, The Synoptic 10
.f.-. SEEBERG, Der Katechisnius der Urchristenheit, Leipzig 1903.
11 E classica la tesi della «cattolicità» di Luca negli Atti, il quale propone la sintesi cattolica
Problem. An Introduction, Nottingham 1987, 45-88.
6 La più completa discussione sull'autenticità di Efesini è quella di A. van Roon, Leiden 1974 tra la tesi di Pietro e l'antitesi di Paolo. Mentre nella sua forma hegeliana la proposta del Baur non
che conclude in un pareggio di argomenti. Gli autori contemporanei, però, anche cattolici, tendono viene più accettata, cf. P. GRECH, «L'apologia di Paolo negli "Atti degli Apostoli"», in A. CERESA
a considerare la lettera come deuteropaolina. Cf. R. PENNA, La Lettera agli Efesini, Bologna 1988. CASTALDO (ed.), Il pensiero di Paolo nella storia del Cristianesimo antico, Genova 1983, 81~94.
12
7 Cf. A. LINDEMANN, Paultts in1 tiltesten Christentuni, Tilbingen 1979, 252-261. R.E. BROWN, The Epistles of fohn (TheAnchor Bible 30), New York 1982,47-115 [tr. it.As-
s Cf. R. FABRIS, Lettera di Giacomo e Prin1.a Lettera di Pietro, Bologna 1980. sisi 1986].
Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Le tradizioni neotestamentarie e la « Traditio Catholica» 113
112

di Gesù, racconta anche quella della sua Chiesa: in un certo modo ci riferisce al- carissimi, è già la seconda volta che vi scrivo» (2Pt 3,1) - vogliono chiaramen-
lora che alcuni sono usciti dalla sua comunità. «Disse allora Gesù ai Dodici: te collegare questa lettera all'autorità della Prima lettera di Pietro e quindi del-
"Forse anche voi volete andarvene?·". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi la corrente petrina. 2 Pietro accetta invece con un po' di riserva la corrente pao-
andremo? Tu hai parole di vita eterna"» (6,67-68). La menzione, l'unica nel lina, quando dice: «La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvez-
Vangelo di Giovanni, dei «Dodici», che parlano per bocca di Pietro, significa che za, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapien-
proprio la corrente petrina ha avuto questo ruolo di riportare unità e armonia za che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. e

nella Chiesa giovannea. Il testo poi continua con un riferimento a Giuda: «Ri- In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili
spose Gesù:"( ... ) Eppure uno di voi è un diavolo!". Egli parlava di Giuda, figlio le travisano, al pari delle altre Scritture, per la loro rovina» (2Pt 3,15-16). Se da
di Simone Iscariota» (6,70). Giuda è per Giovanni il prototipo dell'eretico: dun- un lato l'autore mostra una grande riserva per gli scritti di Paolo, dall'altro li ac-
que l'autore del Quarto Vangelo si appella ai Dodici e alla corrente petrina pro- cetta «al pari delle altre scritture»: 2 Pietro fa forse la prima canonizzazione del-
prio contro questi eretici, contro questi <<Giuda» che stanno sconfinando nello le Lettere di Paolo. Questa epistola vuole quindi mettere in guardia i fratelli dal
gnosticismo. L'incarico di pascere gli agnelli e le pecore, dato a Pietro in Gv momento che nella corrente paolina alcuni, ai quali fanno riferimento anche le
21,15-19, riflette la medesima tendenza. 13 Lettere Pastorali, sono usciti dalla retta via. Anche se 2 Pietro non è stata accet-
Passiamo ora alla corrente giudeo-cristiana. Nella Lettera di Giuda, poste- tata immediatamente nel canone, ma solo dopo un lungo travaglio, ha comunque
riore a quella di Giacomo, Giuda stesso si presenta come fratello di Giacomo e avuto questa funzione canonica e storica.
quindi come appartenente alla sua tradizione. In questa lettera, Giuda non fa al- Dopo questo periodo vengono gli scritti dei Padri Apostolici e gli Apocri-
tro che scagliare anatemi contro alcuni che, dall'interno della corrente stessa, di- fi. La corrente giudaica continua nel Vangelo secondo gli Ebrei, o secondo i.Na-
sturbavano la Chiesa. 14 Dello stesso periodo è forse la JClementis, che è scritta zirei; la corrente petrina nell'Apocalisse di Pietro del 135 e nel Vangelo di Pietro
da Roma: anche se non è stata redatta con autorità petrina, è comunque signifi- del 150; la corrente paolina nella 3a Lettera ai Corinti, nella Lettera ai Laodice-
cativa poiché proviene da un centro ove Pietro e Paolo già cominciavano a fon- si, negli Acta Pauli e, naturalmente, negli scritti di Marcione; la corrente giovan-
dere insieme la loro teologia e spiritualità. 15 nea oltranzista nel Commentario di Eracleone. 18
Per quanto riguarda il paolinismo è sufficiente fare riferimento alle Lette- Quando Ireneo istituisce il canone dei quattro vangeli, egli non fa che rap-
re Pastorali, anch'esse composte dopo il 90, che ci parlano chiaramente della cri- presentare le quattro correnti:
si nella quale versava la corrente paolina. 16 il Vangelo di Matteo la giudeo-cristiana;
Come si risolvono queste crisi? Per capire questa evoluzione è necessario - il Vangelo di Marco la giudeo-petrina;
parlare della funzione canonica di 2 Pietro. Questa lettera, che è molto tardiva, - il Vangelo di Luca la paolina;
essendo l'ultimo scritto del Nuovo Testamento, funge da strumento di unione e - il Vangelo di Giovanni la giovannea.
di fusione delle varie correnti. 17 Sappiamo infatti che 2 Pietro assorbe in sé qua- Ireneo pone l'accento sul fatto che non basta accettare, come fanno gli ere-
si tutta la Lettera di Giuda; è cosa certa che la Lettera di Giuda è passata quasi tici, un solo vangelo, e afferma, nell'Adversus Haeraeses, che l'ortodossia c?ns~­
interamente in 2 Pietro, tralasciando alcune -citazioni di libri apocrifi. Come ho ste nell'accettare tutti e quattro i vangeli: la tradizione cattolica, nel senso di um-
cercato di sottolineare all'inizio, non si tratta soltanto di una questione di di- versale, deve considerare tutte e quattro le correnti come un solo vangelo,. poi-
pendenza letteraria, ma di capire come una tradizione è convogliata in questa ché chi ne segue una sola, prima o poj cadrà nell'eresia. Nella famosa testimo-
corrente. In secondo luogo poi, osserviamo come 2 Pietro si riallacci a 1 Pietro, nianza di Adv. Haer. 19 3, 3,2, afferma di Pietro e della Chiesa romana: «Ad hanc
volendo così continuare la corrente petrina. Le parole dell'autore - «Questa, enim ecclesiarn, propter potiorem principalitatem, necesse est omnes convenire
Ecclesias, hoc est eos qui sunt undique fideles, in qua semper ab iis qui sunt un-
dique conservata ea quae est ab Apostolis traditio». C'è anche una lez1o~e va-
13 L'idea è stata lanciata da R.E. BROWN, The Com1nunity of the Beloved Disciple, London
riante - «ab iis qui praesunt Ecclesiae» - che sa però un po' troppo d1 cor-
1979, 88ss, 155-161 [tr. it. Assisi 1982].
14 Cf. K.H. SCHELKLE, Die Petrusbriefe. Der Judasbrief [Herder Th. Komn1. z.N.T., XIIli2], rezione, allo scopo di dare maggiore potestà ai vescovi di Roma. Invece la frase
Freiburg 1961, 230-239 [tr. it. Brescia 1981]. «ab iis qui sunt undique» può voler fare riferimento non soltanto a coloro che
h La datazione tradizionale di JC!e1n., cioè il 95 circa, viene recentemente contestata da T.J. vengono da ogni parte del mondo, ma anche a coloro che provengono da tutte
HERRON, The Dating of the First Epistle of Clenient to the Corinthians, Rame 1988, il quale sostiene
che l'epistola suppone ancora l'esistenza del tempio di Gerusalemme. I suoi argomenti non sono da
ignorare.
16 Cf. A.T. HANSON, Studies in the Pastora! Epistles, London 1968, 29-41; M. WoLrER, Die Pa- 18 Per la successione e la datazione degli scritti post-apostolici apocrifi cf. E. HENNEKE - W.
storalbriefe als Paulustradition, GOttingen 1987, 256-270. SCHNEEMELCHER, New Testament Apocrypha, II, London 1965.
17
SCHELKLE, Petrushriefe, 138s; 220-230. 19 IRENEO, Adv. Haer. III, 2, 7.
114 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

le correnti. La cattolicità quindi consisterebbe nella confluenza di tutte le cor- Capitolo quinto
renti, riunite insieme in quella petrina, rappresentata, ai tempi di Ireneo, dalla
Chiesa d1 Roma. Pietro non ha una tesi dottrinale specifica, a differenza di Gia-
como, Paolo e Giovanni, ma funge da «Catalizzatore» e stabilizzatore di tutte le Problemi
altre correnti, egli è il nodo che lega insieme tutti gli altri e quindi è sinon.imo di di interpretazione dell'Antico Testamento
cat~olicitas: :iu~sto è il Sitz im Leben in cui furono trasmessi i testi classici del nei primi secoli*
«pnmato» d1 Pietro (Mt 16,18; Gv 21 ). Le vicende della Chiesa nell'era patristi-
ca contmuano questa trad1z1one neotestamentaria.20

Tavola riassuntiva

Ev. Ptr.150 Non possiamo parlare di interpretazione dell'Antico Testamento nei padri
Eracleone
Barnaba Marcion 140 ) ~on più trad. del.la Chiesa 1 senza prima accennare ai suoi precedenti nella Bibbia stessa. In

Ps.-Clem. Ev.Hebr.
Ev.Naz.
A
Ap. Petri 135
+
Act. Pauli
Laod. 3 Cor.

vive ma
esercizi?
letterano
i
Gnostici
I
generale, oggi si pensa che sia il testo che il canone dell'Antico Testamento sia-
no il risultato di un lungo processo di re-interpretazione dinamica di tradizioni,
scritti e oracoli originali, un processo che ha accompagnato la storia sociale e re-
ligiosa della comunità ebraica. 2 Qualsiasi metodo di esegesi storico-critico che
cerchi solo di raggiungere la fase di composizione più antica, senza tracciare i
Do ceti
---r---110
gradi intermedi dell'evoluzione sia del testo che del canone 3 fino alla loro con-
figurazione finale in epoca rabbinica, è destinato a rimanere incompleto. Sia il

0l"" Giud.--(1 Clem.) - Past.


Errori
Domiziano
testo masoretico che la Bibbia dei Settanta erano dei delta formati dalla co-
stante crescita di tradizioni contenute nella corrente principale del testo. Le leg-
gi venivano aggiornate, gli oracoli profetici ri-applicati a eventi contemporanei;
si componevano nuovi libri per spiegare quelli più antichi e si inserivano glosse;
le collezioni di scritti venivano raggruppate per conformarsi agli schemi di pen-

~Au~1s
--1---90 siero prevalenti sia a livello teologico che sociale.
È così che la Bibbia di Israele raggiunse l'era cristiana, e sia Gesù sia i pri-
Crisi esterna mi fedeli la leggevano per come si presentava, ma ben consapevoli del midrash
del paolinismo
Giac. 1 Ptc. E!Lni alluvionale che l'aveva portata a quella versione; ciò spiega la varietà di inter-
Persecuzioni
I fattore di
Matteo Luca convergenza
~Studia Patavina 49(2002), 25-39. Conferenza tenuta a Sofia in inglese in occasione di un in-
Ebioniti contro con gli ortodossi organizzato dalla Societas Novi Testanienti sul tema della tradizione.
1 Sull'interpretazione biblica nei padri della Chiesa cf. M. FIEDROWICZ, Prinzipien der Schrift-
_ _ _ 70 auslegung in der Alten Kirche, Bern 1998; B. DE MARGERIE, lntroduction à l'histoire de l'exégèse, 4
Nerone voll., Paris 1980; E. NoRELLl (ed.), La Bibbia nell'antichità cristiana, 2 voll., Bologna 1993; H. GRAF
Marco REVENTLOW, Epochen der Bibelauslegung, 2 voll., Miinchen 1990; H.J. SJEBEN, Exegesis patrum. Sag-
gio bibliografìco sull'esegesi biblica dei Padri, Roma 1983; M. SIMONETI'!, Lettera e/o allegoria. Un
contributo alla storia dell'esegesi patristica, Roma 1985.
Giacomo
I
Pietro
2 Per maggiori informazioni cf. D.A. CARSON - H.G.M. WILLIAMSON (edd.), lt is Written:
Paolo Giovanni Scripture Citing Scripture. Essays in Honour of Barnabas Lindars, Cambridge 1998; M. FISHBANE,
Biblica! lnterpretation in Ancient Jsrael, Oxford 1985; P. GRECH, "Interprophetic Re-interpretation
N. B. Le linee vogliono indicare soltanto fusioni di tradizioni. and Old Testament Eschatology", in Augustinianum 9(1969), 235-265; R.G. KRATZ- T. KRùGER-K.
SCHMID (edd.) Schriftauslegung in der Schrift, Berlin 2000.
3 Cf. M.J. NfULDER - H. SYSLING (edd.), Mikra. Text, Translation, Reading and Jnterpretation
211 of the Hebrew Bible in Ancienl Judaism and early Christianity (CRINT 11,1), Assen 1988; C. THEO-
Cf. E. GILES, Documents lllustrating Papa! Authority, A.D. 96-454, London 1952. BALD (ed.), Le canon des écritures, Paris 1990.
116 Il messaggio biblico e la sua inte1pretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei primi secoli 117

prelazioni che troviamo negli autori del Nuovo Testamento. 4 Dal punto di vista mentaria i libri autorevoli, che contenevano la parola di Dio. I cristiani di lingua
tecnico, i primi metodi cristiani per spiegare il testo biblico seguivano i modelli greca, però, avevano già adottato i Settanta come loro Bibbia e usavano gli scrit-
dei contemporanei esegeti ebrei: esegesi letterale, midrash rabbinici, midrash- ti deutero-canonici. Quando il canone ebraico fu chiuso, gli scrittori cristiani ca-
pesher qumranici e allegoria. 5 Tuttavia, nonostante le somiglianze tecniche, la pirono che, avendo ricevuto la loro Bibbia dalla sinagoga, non sarebbe stato giu-
chiave ermeneutica per la comprensione dell'AT è completamente diversa. L'in- sto usare libri che gli ebrei non consideravano canonici per argomentare contro
terpretazione cristiana partiva dalla convinzione del compimento delle profezie di loro. Di conseguenza molti padri della Chiesa accettarono l' AT più breve, 8
e delle speranze messianiche nella vita, morte e risurrezione di Gesù di N azaret, pur continuando a usare gli altri libri nella loro predicazione pastorale. In realtà,
dall'effusione dello Spirito e dalla nascita della Chiesa come Nuovo Israele. Per- quando Agostino alla fine del quarto secolo compilò una lista di libri canonici
ciò un rabbino e un cristiano potevano raggiungere un accordo esegetico a li- in una disputa con i manichei incluse i deutero-canonici, e da allora sia la Chie-
vello filologico, ma il loro processo ermeneutico di interpretazione del testo sa- sa greca che quella latina hanno continuato a leggerli nelle loro liturgie.
rebbe stato assai lontano. 6 Basti menzionare l'interpretazione paolina delle nar- Neppure il testo biblico era uniforme nel primo secolo. Basti nienzionare i
razioni di Abramo in Gal 4 e Rm 4 e le sue argomentazioni dalle Scritture in Rm rotoli di Qumran e le discrepanze tra questi e la LXX. Il testo ebraico ufficiale
9-11. Questa varietà di interpretazioni ha fornito i modelli per le successive in- fu stabilito dai rabbini al volgere del secolo, e da esso deriva il nostro testo ma-
terpretazioni patristiche della Scrittura. soretico, ma i cristiani continuarono a usare la Settanta9 nonostante le nuove
Se l'autocoscienza cristiana fosse rimasta dentro la matrice nomistica del- traduzioni greche che Origene incluse per consultazione nelle sue Esaple. Giu-
l'ebraismo, le divergenze nell'interpretazione biblica si sarebbero limitate a una stino arrivò perfino ad accusare gli ebrei di aver mutilato la loro Bibbia per fa-
discussione sul significato della persona di Cristo e della sua redenzione all'in- re un dispetto ai cristiani. 10
terno del contesto più ampio dell'ebraismo. Ma con l'asserzione cristiana che la
legge di Mosè non era più sufficiente per la salvezza, si aprì una crisi che chia- Dobbiamo ora affrontare il problema del valore dell'AT nel II secolo. È ov-
mava in causa la validità stessa dell'Antico Testamento. Per questo il secondo vio che gli scritti del NT danno per scontato l' AT come narrazione storica, co-
secolo è il punto di partenza per l'interpretazione patristica. me profezia, come sapienza e come contenitore di norme morali, in realtà un
Prima di entrare nel merito della nostra discussione sarà utile parlare bre- corpus di «testimonianze» 11 sembra essere già stato in uso nel periodo stesso del
vemente dello status del canone e del testo della Bibbia ebraica alla fine del pri- NT e compare in uno stato evoluto nello Pseudo-Barnaba e in Giustino. La
mo secolo. Nel periodo apostolico gli ebrei accettavano un certo numero di li- Chiesa, tuttavia, oltre al suo compito pastorale, doveva affrontare controversie
bri, 22 o 24 secondo le diverse numerazioni, come «canonici», 7 cioè come istitu- su tre fronti: contro il paganesimo e le persecuzioni di stato, contro gli ebrei e,
zionalmente autoritari, ma nulla proibiva l'aggiunta di nuovi libri a questa lista. al suo interno, contro gli gnostici.
In verità, alcuni scritti in greco, i deutero-canonici, erano candidati alla canoniz- Nelle sue due apologie Giustino martire non esita a fare largo uso dell' AT
zazione, e più tardi infatti furono inclusi nella Settanta. Nei primi decenni del se- contro i pagani per provare che il cristianesimo era stato previsto dai profeti e
condo secolo i rabbini chiusero la loro lista biblica, limitandola a ciò che noi og- per asserire la sua antichità, e dunque nobiltà, mettendolo così in grado di pren-
gi chiamiamo il canone palestinese. Questo accadde probabilmente per via del- dere posto tra le altre scuole filosofiche.
la controversia con i cristiani che consideravano i propri Scritti come «Scrittu- È nel suo Dialogo con Trifone, tuttavia, che questo stesso apologeta spie-
ra» e anche come modo per separare nettamente dalla letteratura intertesta- ga tutta la forza delle profezie dell'AT nel suo dialogo estremamente cortese
con l'ebreo Trifone. Giustino distingue tra typoi, eventi operati dallo Spirito di-

4
La bibliografia sull'interpretazione dell'AT nel NT è molto estesa, ma cf. S. AMSLER, L'An-
cien Testament dans l'église, Neuch8.tel 1960; C.H. Dooo, According to the Scriptures: The Substruc- 8 Per esempio, Atanasio, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno, Ilario, Rufino e Gi-
ti:re of New Tes!ament Theolo~y, London 1952; J. ERNST, Schriftauslegung: Beitriige zur Jfermeneu- rolamo.
t1k des Neuen 1estaments und zm Neuen Testament, Paderborn 1981; A.T. HANSON, The New Testa- 9 Nello stesso NT la maggior parte delle citazioni e delle allusioni sono prese dalla LXX an-
n1ent lnterpretatiun of Scripture, London 1980; The Living Utterances of God, London 1983; B. LIN- che se non pochi testi seguono l'ebraico e alcuni targumizzano i loro originali.
DARS, New Testan1.ent Apologetic, London 1961. 10 Queste accuse ruotano attorno ad alcuni temi: gli ebrei non si fidano della traduzione dei
5
Ci'. D.I. BREWER, Techniques and Assu1nptions in Jewish exegesis before 70 CE, Ttibingen LXX (Dia!. 67 e 84); gli ebrei hanno cancellato alcuni brani dalla LXX perché non favorivano la lo-
1992; M. SAEB0 (ed.), 11ebrew Blble Old Testanient: The History of its Intopretation (HBOT I/1) ro causa, inoltre proibirono l'uso di questa traduzione nelle sinagoghe (Dia!. 72-73); e mutuarono il
GOttingen 1996. . . . . . ' testo dell'Ascensione di Isaia che era considerato canonico altrove (Dia!. 120). Cf. L. MISIARCYK, Il
. Questo_ appare mo_Ito chia~amente_ nel dialogo tra Giustino e Trifone, come vedremo più niidrash nel Dialogo con Trifone di Giustino 1nartire, Plock 1999.
avanti. La loro incomprensione reciproca riflette precedenti dibattiti nel periodo apostolico. 11 Le opinioni di J. Rendall Harris e C.H. Dodd sono risapute. I cristiani possedevano una col-
7
La scarsezza di questi numeri si spiega, naturalmente, col fatto.che i dodici Profeti Minori lezione di testi dell'AT, scritti o orali, per consultazione rapida. La scoperta di 4QTest e 4QFlor in
erano considerati come un unico libro, così con1e 1-2Sam,1-2 Re, ecc. ambito giudaico sembra confennare questa ipotesi.
118 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei primi secoli 119

vino, e logoi, parole ispirate, 12 La prima classe è esemplificata dal diluvio, un rimo Io attribuiva al dio giusto come opposto al Dio buono del NT, i secon-
theologoumenon che comprende la solidarietà di un mondo peccatore, il giudi- di~! demiurgo creatore del mond.o. . .
zio di Dio e la salvezza di alcune persone come inizio di una nuova umanità. Una posizione più sfumata s1 trova nella Lettera a Flora d1 Tolomeo, d1sce:
Questo preannuncia l'uomo sotto il potere del peccato, il giudizio di Dio in Cri- olo di Valentino: «Equivale a una critica razionale che elimina larghe s~z1on~
sto e il battesimo, che introduce la salvezza all'interno della Chiesa. Quanto al- ~ella Torah dall'attenzione cristiana e incoraggia l'interpretazione allegonca d1
la parte legale della Bibbia, Giustino distingue tra leggi di moralità generale,13 altri, prendendo spunto dalle parole di Gesù. Due livelli secondan, gh adatta:
come i dieci comandamenti, immutabili e universalmente validi, e le prescrizio- menti di Mosè e le aggiunte degli Anziani, devono essere d1stmt1 dalla Legge d1
ni rituali, date a causa della durezza di cuore degli ebrei, ma che prefigurano an- Dio che, secondo le parole di Gesù, si divide in tre parti: una parte che il Salva-
che future realtà della nuova religione, per esempio, Cristo nell'agnello pa- tore ha portato a compimento, una che ha abrogato e una che ha lasciato all'in-
squale. Tuttavia non sono solo i comandamenti della Legge a prefigurare le terpretazione simbolica». 17 Tuttavia la Legge di Dio non era attribuita. ~l dio al-
realtà del NT, la Legge stessa prefigura Cristo, che è il suo sostituto e compi- tissimo, né al diavolo, ma a un demiurgo, un dio giusto. Tolomeo perc10 prende
mento.14 I profeti, al contrario, a differenza dei filosofi che contano solo sull'ar- una via intermedia tra cristiani tradizionali e Marcione.
gomentazione razionale, prevedono la venuta di Cristo direttamente e aperta- Occorre aggiungere che l'interpretazione gnostica era ampiamente allego-
mente attraverso il potere dello Spirito) come dimostrano i miracoli da loro rica, spesso estraeva una frase dal suo contesto letterario e la inseriva nella c?r-
compiuti. Perciò le profezie includono un segno, composto da parole o eventi nice del sistema dell'interprete.18 Gli gnostici sostenevano che la loro dottrma
e un significato, che porta a Cristo. 15 Naturalmente è la Parola divina stessa, ii derivava dall'insegnamento degli apostoli segretamente consegnato agli spiri-
Profeta supremo, che ispira i saggi a parlare della sua futura incarnazione, com- tuali e da essi trasmesso oralmente, diversamente dall'insegnamento pubblico
pletando così il segno. Quest'ultimo theo/ogoumenon è comune alla maggior dato agli psichici, cioè i comuni cristiani.
parte dei padri pre-niceni.
Fu Ireneo ad alzare la voce contro questo tipo di esegesi e a stabilire re-
L'esegesi di Giustino è spesso esagerata. Uno studioso moderno partegge- gole ferme di interpretazione che dominarono le ermeneutiche_ ortodosse nei
rebbe per Trifone, che aderisce più strettamente al testo; ma è essenziale osser- secoli successivi. Prima di tutto egli sottolineò che c'era un solo Dio, creatore del
vare che, in questo dialogo, l'apologeta cristiano e il rabbino ebraico leggono la mondo, e autore sia dell'Antico che del Nuovo Testamento. C'è perciò un'unità
Bibbia da due diversi punti di vista ermeneutici. Il primo rilegge l'AT dal pun- dottrinale nell'intera Bibbia poiché essa parla di un solo Dio e ha Lui come au-
to di vista dell'evento-Cristo, mentre il secondo solitamente spiega le parole tore.19 Ne segue che un brano biblico deve prima di tutto essere letto all'inter-
profetiche come riferite a eventi interni alla storia dello stesso Israele. Alla fine no del suo contesto letterario, non isolato dal contesto. 20 La seconda cornice che
si può dire che la discussione finisce in parità, ma il lavoro di Giustino stabilisce delimita e definisce il significato di un brano è quella dell'intera Bibbia, Antico
un modello per i suoi successori nell'interpretazione biblica. e Nuovo Testamento, tra i quali non può esserci contraddizione. 21 Un terzo con-
Inutile dire che sia Giustino che Trifone accettavano I' AT come parola di testo è quello della regula fidei, la regola di fede professata nel battesimo e tra-
Dio. Ma questo assioma non era condiviso da altri interpreti dell'AT nel secon- smessa pubblicamente da Cristo agli apostoli e da questi alla Chiesa attraverso
~o. secolo. ~e~c~é fossero ebreo-cristiani, gli ebioniti non ritenevano ispirati tut- la successione dei vescovi in tutto il mondo. 22 Qualsiasi interpretazione in aper-
l! 1 profel!, d1stmguendo tra profezie maschili e femminili. 16 La profezia ma- ta contraddizione con essa era destinata a essere falsa. Inoltre, la lettura della
schile, la vera profezia appartenente al mondo futuro, consisteva nella succes- Bibbia dovrebbe cominciare dai testi chiari, quelli oscuri si dovrebbero leggere
sione Adamo - Abele - Isacco - Giacobbe - Mosè - Gesù - Pietro. La profezia alla luce dei precedenti,23 contrariamente a quanto facevano gli gnostici. Ireneo
femm1mle, appartenente a questo mondo e dunque fallibile, comprendeva Eva non abbonda in allegorie, ne trovava già abbastanza nell'esegesi gnostica, ma a
- Caino - Ismaele - Esaù -Aronne - Giovanni il Battista - Paolo. Non tutto l'AT, volte dà un significato allegorico o tipologico anche alle parabole di Gesù.
dunque, era amdabile. Questa distinzione potrebbe essere stata la loro parziale
nsposta a Marciane e ad alcuni gnostici che rifiutavano tutta la Bibbia ebraica.
17Testo nel Panarion 33, 3-7 di EPIFANIO DI SALAMINA. .
1s Per citare solo un esempio, cf. GIUSTINO LO GNOSTICO, Liber Baruch (II secolo), in Ir:oLI-
12 TO, Refutatio omnium haeresuni V,26,6, dove gli alberi dell'Eden erano interpretati come angeh. Ve-
GIUSTINO, Dia!. 114.
13 di anche IRENEO, Adv. 1-laer. I,8,1.
GIUSTINO, Dia/. 90.
14 GIUSTINO, Dial. 11.
19 IRENEO, Adv. Haer. II,28,3.
15 20 lvi, I,8,1.
GIUSTINO, Dia!. 14.
16 21 fo;, I,3,87; II,58,2; III,2,11; IIl,25,l.
Le Pseudoclementine sono forse la 1nigliore fonte per la nostra conoscenza di questa setta.
Cf. Ho1n. II,15; III, 23. 22 lvi, I,9,4; IV,32,1.
23 lvi, II,27.
120 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei primi secoli 121

Ai tre contesti concentrici di Ireneo - letterario, biblico e dottrinale - di negare i fatti storici. Origene era confuso da certi enigmi, per esempio la crea-
Clemente d'Alessandria ne aggiunse un quarto, quello del simbolismo, 24 sia co- zione della luce prima di quella del sole e delle stelle. Ciò che gli mancava era la
smico che morale, tramite il quale anche i greci potevano percepire Dio insieme conoscenza dei generi letterari semitici, che noi abbiamo cominciato a studiare so-
ai cristiani; nella loro fede tale simbolismo era innalzato al più alto livello di sa- lo di recente. Egli comprendeva i generi ellenistici, ma era disorientato dalle ver-
cramentalità. Clemente conosceva bene la filosofia e la letteratura greca; un ter- sioni divergenti della stessa storia, che noi oggi attribuiamo a fonti diverse del
zo delle sue citazioni proviene dai classici. Conosceva anche Filone. Sebbene Pentateuco. Nonostante tutto ciò, non si può negare che molte delle sue allegorie
non sia il maestro dell'allegoria della scuola d'Alessandria, il suo simbolismo siano pura fantasia, a meno che non le trattiamo come pie meditazioni su parole
fornisce un terreno d'incontro per un dialogo con gli intellettuali pagani ed egli e frasi, che cercano di parlare alla fede degli ascoltatori invece di parlare del testo
arricchisce la teologia con un retroterra letterario e filosofico. che hanno di fronte. Tuttavia bisogna dire una cosa su Origene: molti dei suoi suc-
cessori, anche quelli che, come Girolamo, non dicono bene di lui, continuarono a
Arriviamo ora al controverso Origene25 che, come Agostino, .è oggetto sia usare i suoi scritti e a gloriarsi del suo lavoro. Le sue omelie sull'Antico Testa-
d'amore che di odio tra gli studiosi. È lui il vero maestro dell'allegoria ad Ales- mento rimangono una fonte inesauribile di spiritualità.
sandria; ma questo titolo deve essere adeguatamente qualificato per scacciare i Non possiamo qui parlare di Atanasio, 28 ma la menzione del suo nome ci
molti pregiudizi nei suoi riguardi. Per cominciare, un uomo che spese un patrimo- porta a fare un'osservazione molto importante sull'interpretazione veterotesta-
nio per avere una copia delle Esaple, così da poterne controllare l'esatta tradu- mentaria dei Padri. Questi teologi-pastori fecero largo uso di allegoria o tipolo-
zione dall'originale ebraico, aveva certamente una grande attenzione per il signi- gia nella loro pratica pastorale, ma nelle controversie teologiche, come quella
ficato letterale del testo. Tuttavia, come molti suoi contemporanei sia rabbini che tra questo vescovo e gli ariani, dovevano aderire al significato letterale del testo
ellenisti, Ori gene era convinto che in ogni testo sotto il significato superficiale ci perché i loro avversari erano spesso buoni esegeti e non ammettevano altre in-
fossero dei sensi nascosti, perfino nel Nuovo Testamento. Il livello narrativo era terpretazioni. Questa osservazione è valida per tutto il periodo patristico.
sufficiente per i principianti, ma i più esperti dovevano ricavarne la lezione mora-
le e i perfetti, gli spirituali, dovevano addentrarsi nel significato allegorico o teo- Naturalmente gli implacabili avversari dell'allegoria erano gli Antiocheni,
logico. La teologia biblica o spirituale poteva essere acquisita solo a questo livello Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsuestia, Giovanni Crisostomo e Teodoreto di
finale. 26 Per dare una garanzia a questa tripartizione gli Alessandrini facevano ap- Ciro. Essi capivano questa parola nel contesto dell'interpretazione ellenistica
pello a testi quali Gal 4, nel quale Paolo menziona la parola «allegoria», 1Cor2,13- contemporanea dei miti, che destoricizzava i contenuti per rivestirli di un'inter-
15 dove si fa una distinzione tra psichici e spirituali, lCor 10,1-11, una vera lezio- pretazione filosofica o razionalistica, un'anticipazione della controversia susci-
ne in tipologia, ed Eb 6,1 sulla dottrina adatta ai principianti. Per Origene, tutta- tata da Bultmann. Essi accusavano gli Alessandrini di rimuovere il sostrato sto-
via, la vera fede, la chiave ermeneutica alla lettura della Bibbia, è scritta nel cuore rico della narrazione biblica per trasformarla in speculazioni fantastiche. L'ese-
del cristiano; la Bibbia semplicemente riflette e chiarifica questa convinzione. gesi, essi sostenevano, dovrebbe essere letterale,29 rispettosa delle intenzioni
Molto di ciò che questo autore chiama allegoria non era altro che tipologia, dell'autore e contestualizzata all'interno delle circostanze storiche della com-
di cui abbonderanno i suoi successivi avversari antiocheni, e in molti esempi era posizione del testo. Erano molto consapevoli, ovviamente, delle obiezioni solle-
ciò che oggi chiameremmo teologia redazionale, una sottocategoria di ciò che vate contro l'AT dagli gnostici e da Marciane, ma tenevano salda la validità del-
chiamiamo senso letterale. Dobbiamo ricordare che il significato di una parabola, la Bibbia ebraica per mezzo di ciò che chiamavano la theOria. 30 Questa theOria,
che per noi è il suo significato letterale, per Origene era allegorico. Tuttavia, ciò o visione, rispettava la storicità e il significato letterale ma li sollevava ad altez-
che più scandalizzava i suoi avversari era l'affermazione che tutti i testi avevano ze spirituali attraverso l'interpretazione tipologica. Un profeta poteva prevede-
un significato allegorico ma non tutti ne avevano uno letterale 27 perché alcune re un avvenimento nel futuro prossimo, ma tale avvenimento sarebbe stato un
narrazioni contenevano delle contraddizioni. Successivi oppositori patristici evi- tipo, o segno, di un altro compimento più importante nel futuro lontano. In so-
denziarono la sua interpre.tazione dei primi capitoli della Genesi e lo accusarono stanza essi tornavano ai metodi ermeneutici di Giustino e Ireneo.

24 Cf. CLEMENTE o' ALESSANDRIA, Stromata VI, 124,5-125,3.


25
Si rimanda il lettore a SIMONETTI, Lettera e/o allegoria, 73-98 e al recente A. MONACI CA- 28 Cf. DE MARGERIE, lntroduction, I, 137-164.
STAGl'\O (ed.), Origene. Dizionario della cultura, del pensiero e delle opere, Roma 2000. Cf. anche H. 29 La dottrina degli Antiocheni è bene illustrata da Diodoro, nella Prefazione al Commento
CROUZ:EL, Origène, Paris 1985. I testi enneneutìci di Origene furono raccolti da Basilio nella Philo- sul Salmo 118.
calia. 30 Theoria sostituisce l'allegoria di Origene. Gli Alessandrini si erano appellati all'uso di Pao-
26 0RIGENE, De Princ. IV,2,4. lo del termine in Gal 4,22.23. Teodoro di Mopsuestia commenta questo brano ampiamente soste-
7 nendo che qui il termine significa nulla più della theOria antiochena.
2 ÙRJGENE, De Princ. IV,3,4.
122 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei prin1i secoli 123

Ciononostante gli Antiocheni erano a conoscenza delle difficoltà incon- 1nento storico delle azioni di Dio non sia negato e l'allegoria pura non sia dis-
trate da Origene nella lettura dell'AT. Come soluzione, Giovanni Crisostomo sociata dal testo. Bisognerebbe anche dire che l'opposizione tra Antiocheni e
proponeva la teoria della synkatabasis, 31 la condiscendenza da parte di Dio di Alessandrini è meno radicale di quanto spesso si ritenga.
abbassarsi al livello della comprensione umana, per spiegare l'antropomorfi- Detto questo dei greci, cosa dire dei Padri latini? Ambrogio35 è imbevuto
smo, ma insisteva che non ci poteva essere contraddizione nella Scrittura, solo del pensiero di Origene. È grazie alla sua predicazione che Agostino poté dissi-
symphonia. Altre difficoltà venivano spiegate col fatto che la rivelazione si ade- pare i dubbi sull'Antico Testamento che i manichei avevano seminato nella sua
guava al livello di maturità raggiunto dalle genti nel proprio tempo. mente. La spiegazione data dal vescovo di Milano convinse l'esitante professo-
Quanto a convincere gli interpreti cristiani che il vero senso della Bibbia re di retorica che I' AT poteva essere elevato a dignità cristiana per mezzo di
era quello letterale inteso dall'autore, certamente gli Antiocheni ebbero la me- un'interpretazione spirituale, che includeva sia l'allegoria che la tipologia.
glio, ma questo non significò un abbandono dell'allegoria. Scrittori come Cirillo Abbiamo già menzionato Girolamo36 dicendo che aveva speso poche buone
d'Alessandria, anche se appartenenti a quella scuola, impararono la lezione, ma parole su Origene, di cui aveva tradotto alcuni lavori in latino, ma la sua esegesi
i suoi commentari mantennero il calore di Origene accettando la theoria pneu~ dei libri del!' Antico Testamento è spesso la più allegorica o tipologica possibile. Il
matike 32 che trasformava l' AT in un libro cristiano, da leggere a livello lettera- suo commentario all'Ecclesiaste, per esempio, ha come fonte l'Alessandrino Di-
le da quanti accettavano il Cristo Risorto come il vero Profeta. È, invece, un li- dimo il Cieco. Come Origene, Girolamo voleva tornare indietro al testo ebraico,
bro ebraico per quanti non lo leggono alla luce dello Spirito. e la sua traduzione, la Vulgata, che nel tempo rimpiazza la Vetus latina, testimonia
La stessa cosa avvenne in Cappadocia - fu Basilio a mettere insieme la la sua preoccupazione per il significato letterale del testo, sebbene costantemen-
Philocalìa dagli scritti ermeneutici33 di Origene - ma perfino tra di loro la te cerchi di battezzare questo senso letterale per mezzo di un'interpretazione al-
thei5ria antiochena fece progressi. Inoltre Gregorio di Nissa insisteva sullo sko- legorica. La sua antipatia per Origene fu alla base della rottura tra lui e Rufino,
pos e akolouthia della Scrittura;34 il primo, lo scopo dell'intera Bibbia, va visto un altro traduttore ma questa volta ammiratore dell'Alessandrino. In realtà, que-
come un'unità coerente che illustra il fine e lo scopo della nostra esistenza e sti due scrittori salvarono i libri più importanti di Origene dall'oblio.
crea una logica nel pensare e nel vivere. Coincide essenzialmente con la teolo- Dobbiamo ora rivolgere la nostra attenzione ad Agostino, i cui scritti non
gia biblica, e come tale non differisce dagli sforzi di Ori gene; ma mentre l' Ales- hanno ottenuto l'attenzione che meritano presso le Chiese orientali. Come Ori-
sandrino faceva questo tramite l'allegoria, Gregorio trae la teologia dalla inter- gene aveva esposto i suoi principi ermeneutici nel Libro IV del Peri Archi5n, co-
pretazione letterale.Akolouthia è l'accompagnamento salvifico divino della sto- sì Agostino fece nel suo De doctrina christiana. 37 Cominciò dicendo che lo sco-
ria umana, dunque più o meno ciò che noi chiamiamo storia della salvezza. Ori- po primario dello studio della Scrittura è l'amore e che la purificazione spiri-
gene non si era fidato di alcune narrazioni storiche della Bibbia e aveva fattori- tuale è necessaria per la sua comprensione. 38 Il vescovo di Ippona è uno dei più
corso all'allegoria. Gregorio trova il disegno di Dio nella storia all'interno della forti difensori del canone lungo dell' AT39 e, nonostante la sua convinzione che
narrazione in quanto tale. Egli cerca di non dissociare i fatti storici dalla spiega- per lo studio biblico sia necessaria la conoscenza sia dell'ebraico che del greco,
zione teologica e così sfugge ai pericoli dell'allegorizzazione ellenistica. Se la il suo testo è la versione latina della Settanta che lui chiama Itala. 40 La tradu-
storia e il significato teologico vanno di pari passo, la thei5ria legge il simbolismo zione greca della Bibbia è superiore al testo ebraico perché la provvidenza ha
spirituale dei fatti tangibili. L' AT perciò è la preparazione storica e teologica del fatto uso di quella versione per propagare la conoscenza del vero Dio tra i gen-
Nuovo e i due dovrebbero essere letti insieme in spiegazione reciproca. tili, preparandoli così alla venuta di Cristo;41 come per Ireneo e gli Antiocheni il
Riassumendo, nella Chiesa di lingua greca la discussione sul!' AT era co- vero senso della Scrittura è quello inteso dall'autore, e bisognerebbe fare atten-
stantemente alla ricerca di una risposta razionale al rifiuto che ne facevano gli zione al contesto letterario e al contesto biblico nel suo insieme. 42 Se restano
gnostici e Marciane. Se gli autori del NT ne avevano accettato la narrazione sto-
rica, le profezie, le preghiere e i valori morali, ci doveva essere un legame tra i
35 Cf. DE MARGERIE, lntroduction, II, 3.
due, nonostante la relativa povertà della legge antica se paragonata con la nuo-
36 DE MARGERIE, lntroduction, 4.
va. Se il passo ulteriore di leggere la Bibbia ebraica come libro cristiano fu com- 37 R.P.H. GREEN, St. Augustine: On Christian Teaching, Oxford 1995, 1997; M. SIMONETTI,
piuto tramite allegoria o thei5rìa non è molto importante fintantoché il fonda- Sant'Agostino, L'istruzione cristiana, Verona 1994; AA.Vv., De doctrina christiana: Comrnento (Lec-
tio Augustini), Roma 1995; P. GRECH, «l principi ermeneutici di Sant'Agostino. Una valutazione», in
ID., Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986, 119-134.
38 AGOSTINO, De doctr. chr. I,36,40.
31 GIOVANNI CRISOSTOMO, Homiliae in Genesin1 13,3. 39 lvi, II,8,12.
32 Cf. A. KERRJGAN, St. Cyril of Alexandria, lnterpreter of the Old Testan1ent, Roma 1952. 40 lvi, II,15,22.
33 Una raccolta più recente è U. NERI, Origene: testi ermeneutici, Bologna 1996. 41 Ivi, II,15,2; II,15,22; 111,22,32.
34 Cf. DE MARGERIE, /ntroduction, I, 241-269. 42 lvi, III,27,38-28,39.
124 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei primi secoli 125

dubbi sull'esatta separazioue delle parole, sulla puuteggiatura e sull'interpreta- il fulcro delle discussioni successive. Lui percepiva problemi all'interno del te-
zione, la regula fidei dovrebbe essere il fattore determinaute;43 in altri casi c'è li- sto a cui non riusciva a dare adeguata soluzione perché gli mancava la cono-
bertà di interpretazione purché essa sia basata su testo e contesto. Di nuovo, se scenza dei generi letterari semitici e di conseguenza si rifugiava nell'allegoria,
qualche parola o espressione può essere capita sia letteralmente che metafori- esponendo così il fianco alle obiezioni dei suoi avversari antiocheni, che lo ac-
cameute, bisogna scegliere l'interpretazione che porta alla perfezione della ca- cusavano abbastanza ingiustamente di destoricizzare. È innegabile che, se l'in-
rità e non al soddisfacimento delle proprie passioni. 44 Tuttavia, se un secondo terpretazione avesse seguito la strada di Origene, la lettura biblica sarebbe sta-
senso spirituale si presta a una interpretazione al di là di quella letterale, può es- ta ricca di spiritualità cristiana ma povera dal punto di vista dell'esegesi. Il cam-
sere accettato purché non sia il frutto di pura immaginazione, ma basato su so- biamento di rotta dato dalla reazione antiochena, perciò, era assolutamente ne-
lidi paralleli biblici. 45 Ciò è molto vicino alla theoria antiochena moderata con- cessario, sebbene mancasse di ricchezza spirituale tra i suoi primi fautori. La sin-
tro l'allegoria selvaggia. Egli ammette uu'ermeueutica allegorica o spirituale tesi delle due scuole operata da autori successivi, sia greci che latini, produsse
dell'Antico Testamento solo uei casi in cui uu'applicazione letterale sarebbe ri- un ricco raccolto di predicazione cristologica sull'Antico Testamento.
pugnante per la coscienza cristiana, come nel caso del divorzio e della poliga- Dopo queste considerazioni è lecito chiedersi se questa discussione abbia
mia.46 La formazione retorica di Agostino lo portò a una distinzione molto im- qualche valore per noi oggi. Nonostante le numerose riserve recentemente
portante: quella tra signa e res, 47 segni e contenuti. Così come il fumo può esse- espresse sul metodo storico-critico, esso certamente resta il modo fondamenta-
re il segno di un fuoco o una parola segno della cosa che indica, così le parole e le di fare ricerca nello studio del!' AT. 49 Esso implica la critica del testo e delle
gli eventi del!' AT possono essere segni del loro vero significato nel Nuovo. Gli fonti, lo studio dei generi letterari, l'indagine nei processi di reinterpretazione e
ebrei sono schiavi dei propri segni perché non ne capiscono il vero significato, di critica redazionale. In sostanza non è che l'interpretazione letterale degli an-
proprio come i pagani sono schiavi dei propri inutili segni religiosi. La fede cri- tiocheni, arricchita dal progresso scientifico e letterario acquisito durante il se-
stiana alza i primi a un significato più alto e distrugge i secondi. Agostino per- colo scorso. D'altro lato non si può negare che, se si vuole considerare la Bibbia
ciò segue fedelmente la tradizione greca anche se non ne è sempre cosciente. come libro di nutrimento spirituale, i risultati di questo metodo sono abbastan-
Come Origene, anche lui è disorientato dai primi capitoli della Genesi, ma non za aridi. Devono essere completati per mezzo di una critica canonica e retorica
nega la loro storicità. Il suo capolavoro di interpretazione dell'AT, tuttavia, è il e con una sana ermeneutica. È giusto chiedersi, tuttavia, se sia oggi possibi.le una
suo commentario ai Salmi, le Enarrationes. Egli deve questa ingegnosa spiega- lettura allegorica o tipologica dell'AT adattata ai tempi moderni, evitando voli
zione all'intuizione di un donatista suo contemporaneo, Ticonio, 48 che aveva dell'immaginazione non fondati sul testo. Recentemente Sidney Greidanus ha
scritto un commentario sull'Apocalisse usando sette regole che il vescovo di Ip- pubblicato un libro dal titolo Preaching Christ from the Old Testament. A Con-
pona corresse e adottò. Due di esse in particolare, de Christo et corpore eius e temporary Hermeutical Method50 nel quale offre alcuni interessanti suggeri-
de diabolo et corpore eius, suggerirouo ad Agostino l'intercambiabilità di Cristo meuti per una moderna predicazione cristologica dell'AT, che possiamo ripren-
capo e di Cristo corpo come i soggetti che pregano alternati nei salmi, così co- dere e ampliare. Anch'egli auspica che si inizi con una esegesi dei versetti ·in
me l'equivalenza del diavolo e dei suoi seguaci come costitutivi dell'anti-regno, questione, inserendoli non solo nel loro contesto letterale e storico ma anche
un preludio alle due città nel De civitate Dei. per mezzo della critica canonica, nel contesto dell'intera Bibbia. Un'adeguat~
definizione dello scopo del brano in esame fornirà analogie col NT e impedirà
Questo ci porta alla fine della nostra breve storia dell'iuterpretazione pa- speculazioui infondate. Greidauus propone sei modi di collegare l'Antico Te-
tristica dell' AT e ci invita a fare alcune riflessioni in materia. È evidente che l'in- stamento al Nuovo: storia salvifica, promessa-compimento, tipologia, analogia,
tera discussione è uua risposta al problema sollevato dagli atteggiamenti di Ge- temi longitudinali e contrasto. 51 Questi modi si trovano già nella lettura che il
sù e Paolo nei confronti della legge mosaica, e dal radicale rifiuto di Marcioue Nuovo Testamento fa dell'Antico, e, ovviameute, nei padri della Chiesa; ma de-
del!' Antico Testamento in quanto tale. Mentre Giustino e Ireneo misero le fon- vono essere aggiornati per renderli accettabili alla mentalità moderna. Il princi-
damenta per una vera interpretazione delle Scritture ebraiche, Origene divenne pale scopo di questo esercizio è quello di scoprire l'unicità dell'attività salvifica

49 Per una valutazione cattolica semi-ufficiale dell'ermeneutica contemporanea vedi PONTIFI-


43 AGOSTINO, De doctr. chr. III,2,2.
44 CIA c~~MISSION'E BIBL!CA,L'in!erpreta~ione della Bihbia nella Chiesa, Città del Vaticano 1993.
lvi, III,10,15.
45
Ivi, III,2,5. S. GREIDANUS, Preachtng Chnst .from the Old Testan1ent. A Contemporary Hermeneutical
46 lvi, III,9,13. Method, Grand Rapids 1999.
. 51 Per esempio F.F. BRUCE, New Testament Development o.f Old Testanient Themes, Grand Ra-
47 lvi, lll,9,13.
p1ds 1968.
4il Jvi, lll,31-37. F.C. BURKITT- S. BABCOCK, The Book ofRttles o.f Tyconius,Atlanta 1989.
126 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Problemi di interpretazione dell'Antico Testamento nei primi secoli 127

di Dio in entrambi i Testamenti tramite l'analogia tra la sua ricezione per fede do ripetitivo. C'è un progresso ermeneutico nella loro comprensione e applica-
entro un circoscritto gruppo etnico-religioso ancora in uno stadio di formazio- zione fintantoché questa interpretazione costante non tradisca il nucleo della
ne spirituale, e una Chiesa universale che considera se stessa come continuazio- dottrina originaria, ma cerchi semplicemente di esprimerlo in linguaggio con-
ne di Israele con Cristo Risorto come suo capo. Promessa-compimento, perciò, temporaneo per renderlo rilevante nei tempi moderni. 53
è il collegamento di una speranza che guarda in avanti, ma anche all'indietro, al- Per quel che riguarda l'esegesi individuale dei Padri, essa non è affatto vin-
le origini delle nostre convinzioni presenti_ Non è la semplice corrispondenza di colante né per l'Antico né per il Nuovo Testamento. Rappresenta semplice-
uno a uno, tra un singolo fatto come compimento di una promessa definita, ma mente l'opinione di quei teologi, opinioni che possono essere accettate o rifiu-
l'ampliamento di categorie riempite di speranza per accogliere realtà presenti tate. Molta della loro esegesi del!' AT è pura fantasia quanto a comprensione del
che sono il frutto dell'evento-Cristo vissuto all'interno della Chiesa. Tipologia è testo, ma ciò che essi dicono, in occasione della loro spiegazione di singoli testi
l'analogia di modelli, eventi e luoghi del!' AT elevati a rendere possibile la com- biblici, contribuisce utilmente alla teologia moderna. Di conseguenza io posso
prel!sione del ruolo di persone, eventi e contesti nel presente ordine di salvez- essere o meno d'accordo con Crisostomo come esegeta di un particolare ver-
za. E evidente che in Rm 5,12 e seguenti Paolo paragona la dannosa influenza setto o capitolo, e posso trovare la sua spiegazione teologica utile per me oggi o
di Adamo sull'umanità con l'influenza benefica di Cristo sulla nuova umanità. anche spiritualmente arricchente. La devo accettare solo se, insieme ad altre as-
La sua applicazione degli eventi del popolo ebraico nel deserto in lCor 10,1-9 serzioni sullo stesso argomento di altri scrittori ecclesiastici in diverse aree e di-
alla marcia dei cristiani attraverso la storia è un altro esempio di tipologia. Ana- versi tempi, essa diventa testimonianza della fede della Chiesa universale, il cui
logia, d'altro canto, rimpiazza l'allegoria. Indica i modi per apprendere come insegnamento autorevole io accetto, come ha chiaramente detto John Henry
Dio tratta con l'umanità attraverso i secoli: c'è certamente continuità e somi- Newman.
glianza, ma incontriamo anche salti sorprendenti, che trascendono ogni antici- Sono certo di non avervi detto nulla di nuovo in questa conferenza. Il mio
pazione. L'argomentazione scritturistica di Paolo in Rm 9-11 ne è un esempio. unico scopo era individuare alcune tematiche che possono servire come base
L'Apostolo intende provare che la chiamata divina dei gentili lasciando da par- per la nostra discussione ecumenica. Il mio invito agli ortodossi è che facciano
te gli ebrei è basata sul modo di agire divino nel passato, quando elesse gli ebrei pace con Origene e Agostino. Conosco bene la condanna dell'origenismo nel se-
e lasciò da parte altri popoli. Temi longitudinali sono quelli che hanno già una condo concilio di Costantinopoli, ma non è ancora sicuro se Origene stesso fu
lunga storia entro i processi reinterpretativi dell'Antico Testamento stesso, per condannato in persona o solo alcuni punti della sua dottrina, da cui i suoi se-
esempio il tema dell'esodo o quello del giusto che soffre, e sono di nuovo ripre- guaci avevano tratto conclusioni errate. 54 La sua esegesi tuttavia, tolti i difetti
si uel NT in riferimento a Cristo e più tardi alla Chiesa. Il modo di contrasto va menzionati sopra, è una fonte costante e fruttuosa di spiritualità. Agostino non
letto in quei casi in cui c'è opposizione tra i due Testamenti, come nel caso del- è molto ben conosciuto in Oriente, sebbene godesse dell'altissima considerazio-
le «antitesi» in Mt 5 e della negazione di Paolo che la Legge possa salvare. Tut- ne di molti Padri orientali. Poche delle sue opere sono state tradotte in greco
ti questi modelli, come abbiamo già detto, vanno trovati sia nel NTche nella let- moderno, ma secondo me egli è uno dei terreni più fertili su cui Occidente e
teratura patristica ma possono essere prolungati e riapplicati attraverso i secoli Oriente possono incontrarsi per discutere sia di dottrina che di spiritualità.
fino a oggi. La reinterpretazione è un processo continuo.
Per la Chiesa cattolica romana, la dottrina dei padri della Chiesa è vinco-
lante solo finché testimonia la fede della Chiesa universale. In un certo seuso gli
scritti di questi teologi sono considerati come documenti storici, che illustrano
cosa credeva la Chiesa in quei tempi. Perciò se loro testimoniano che le Chiese
in Africa, Alessandria, Costantinopoli, Grecia e Italia proclamavano gli stessi
dogmi di fede in quegli anni, allora quei dogmi devono essere mantenuti anche
oggi. Non è altro che l'applicazione del principio di Vincenzo di Lerino: «Anche
nella Chiesa cattolica stessa stiamo molto attenti a tenere ciò che è stato credu-
to ovunque, sempre, da tutti. Perché questo è veramente "cattolico", come la
forza e il significato del termine mostra: si comprende ogni cosa quasi in modo
universale». 52 Tuttavia, anche le definizioni dei concili non sono accolte in mo-

53 Vedi la costituzione Dei Verbuni del Concilio Vaticano II, nn. 7-10.
52
VINCENZO DI LERINO, Com1nonitorium II,4-III,8. 54
Cf. H. CROUZEL, <<Origenismo», in DPAC II, 2533-2538.
Capitolo sesto

Interpretazioni patristiche
del Nuovo Testamento*

In questo vostro ciclo di conferenze sull'interpretazione del Nuovo Testa-


mento presso i padri della Chiesa ho visto che si tratteranno dei temi abbastan-
za specifici. Il mio contributo servirà prima di tutto come introduzione generale
al ciclo, ma anche per tracciare gli inizi dell'ermeneutica del NT nell'epoca pa-
tristica ed esaminare alcuni problemi connessi che ne hanno segnato lo sviluppo.
Due premesse sono necessarie, due domande che sembrano fatue, ma da
cui non si può prescindere: Che cosa è il Nuovo Testamento? Che cosa è un
«Commentario»?
Oggi, noi pensiamo al Nuovo Testamento come un unico volume conte-
nente i vari vangeli, le lettere, gli Atti e l'Apocalisse. Nel secondo secolo, però,
esistevano nna moltitudine di vangeli, atti, lettere e apocalissi, alcuni scritti da
eretici in imitazione di quelli nostri, altri di provenienza giudeo-cristiana e altri
scritti per alimentare la devozione dei fedeli. Quelli che oggi costituiscono il no-
stro NT sono chiamati canonici, cioè libri ufficiali della Chiesa di autorità apo-
stolica e ispirati da Dio come l'Antico Testamento. Il processo di individuazione
di tali libri era lento ed è durato qualche secolo per raggiungere un consenso re-
lativo circa l'estensione del canone. D'altra parte, nella Lettera di Policarpo ai
Filippesi, scritta circa verso il 135, troviamo quasi tutti i libri del NT citati con au-
torità. Qualche anno dopo, Marciane pone esplicitamente il problema di quali li-
bri siano da ritenersi come opera di Dio. Egli rigetta l'intero Antico Testamen-
to come opera del Dio giusto creatore del mondo, non di quello buono autore
del Nuovo. Dei libri del NT accetta solo il Vangelo di Luca, riveduto da lui, e die-
ci epistole di Paolo, anche queste ritoccate. A tale restringimento del canone la
Chiesa reagì immediatamente. I cristiani sentivano istintivamente, come se l'a-
vessero sotto la pelle, che Marciane aveva rigettato dei libri che essi ritenevano
sacri, restringendo la collezione neotestamentaria solo alla tradizione paolina a
scapito cli quella petrina, matteana e giovannea. Individuato il problema, ebbe
inizio la definizione di quei libri che la Chiesa riteneva sacri al pari di quelli del-

* M. NALDINI (ed.), La Bibbia nei Padri della Chiesa. Il Nuovo Testamento (Letture patristi-
che 8), EDB, Bologna 2000, 11-22. Conferenza tenuta a Firenze per un convegno sull'interpretazio-
ne patristica del NT.
130 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Interpretazioni patristiche del Nuovo Testaniento 131

l'AT. I criteri usati dalla Chiesa in questa scelta erano quattro: prima di tutto l'a- '1a Scrittura commentata non in un commentario formale ma in un trattato teo-
postolicità, cioè un libro doveva provenire da un apostolo o dalla sua cerchia ed logico, spesso di natura apologetica, che richiedeva la spiegazione corretta di
essere stato riconosciuto dalle comunità come tale. Seguiva la lettura pubblica dì versetti usati male dagli eretici, ovvero che illustravano lo sviluppo di una de-
un libro nella liturgia; lettura pubblica, però, universale, cioè ovunque, ovvero terminata dottrina.
nelle Chiese maggiori o più numerose. Difatti, alcune opere, come la Prima let- Avendo chiarito alcune idee con queste due premesse, dobbiamo entrare
tera di Clemente o il Pastore di Erma per qualche tempo furono lette in qualche adesso nel nostro argomento. Nel primo secolo della loro esistenza i cristiani an-
Chiesa, ma, mancando l'universalità, vennero escluse più tardi. L'ultimo criterio davano avanti leggendo la «Bibbia» che consisteva di ciò che noi chiamiamo An-
era dottrinale e contenutistico. La dottrina di un libro non doveva contraddire la tico Testamento. Si leggevano sì anche dei libri del Nuovo nelle assemblee, ma la
regula /idei, cioè quella dottrina tradizionale consegnata agli iniziati nel battesi- catechesi sistematica era concentrata sui libri dell' AT. Spesso, la dottrina pretta-
mo. L'Apocalisse aveva qualche difficoltà ad entrare nel canone perché conte- mente cristiana si conosceva più dalla tradizione vivente delle parole di Gesù, da
neva il millenarismo. Così venivano scelti quei libri, che, verso la metà del se- racconti su Gesù e da tradizioni di dottrine apostoliche che non dai libri stessi.
condo secolo, cominciano a formare un solo corpus e sui quali, con qualche titu- D'altra parte, sia i libri esistenti provenienti dagli apostoli sia le tradizioni
banza qua e là, si raggiungerà un consenso al tempo di Agostino. catechetiche venivano 1nanipolati dagli eterodossi. Gli ebioniti, dei giudeocri-
Adesso passiamo alla seconda domanda della premessa. Che cosa è un stiani a oltranza che erano usciti dalla Chiesa, asserivano che la loro dottrina era
commentario? Scopo di qualsiasi commentario è quello di chiarire o approfon- stata narrata segretamente da Gesù a Pietro, che l'aveva passata a loro. Distin-
dire il pensiero contenuto in un testo. Nel mondo ellenistico contemporaneo si guevano tra profezia maschile, auteutica, e quella femminile, più debole. Men-
scrivevano dei commentari ai filosofi o alle opere classiche. Talvolta questi com- tre Gesù e Pietro appartenevano alla prima, Giovanni Battista e Paolo rappre-
mentari erano di natura filologica, chiarendo il pensiero dell'autore, ma esiste- sentavano la seconda. Paolo non era un vero apostolo e la sua «conversione» era
vano anche dei commentari che approfondivano i temi, quasi creando erme- dovuta a visioni diaboliche. Il suo vangelo predicato ai pagani - coloro, cioè,
neutica1nente un nuovo testo. Spesso questi commentari sorgevano nelle «scuo- che non avevano bisogno della circoncisione e dell'osservanza della legge di
le» da questioni disputate. Mosè per essere accetti a Dio, ma solo della fede in Cristo - era falso. La cir-
Anche nel mondo ebraico esistevano dei commenti ai libri sacri. Si cono- concisione e l'osservanza delle prescrizioni giudaiche erano necessarie. Quindi
scono alcuni commenti trovati a Qumran tra i manoscritti del Mar Morto chia- gli scritti paolini non erano accettati da loro. I giudeo-cristiani avevano altri van-
mati midrash pesher, che spiegavano ogni versetto con riferimento alle 'circo- geli, quello «secondo gli Ebrei» e forse un altro «Secondo i Nazzareni» (così era-
stanze attuali della comunità di esseni che viveva sulle rive di quel mare. Ma dal- no chiamati i cristiani dagli ebrei). Gli ebioniti rigettavano il sacrificio e cele-
l'inizio del terzo secolo dopo Cristo troviamo anche dei commentari rabbinici bravano l'eucaristia con pane salato e acqua.
chiamati midrashim che, passo per passo, commentavano i libri della Torah, cioè All'estremo opposto stavano gli gnostici, che, nel secondo secolo, avevano
il Pentateuco, e altri libri, per insegnare come venivano applicate in pratica le un'ampia letteratura apocrifa. Questi distinguevano tra il Dio supremo e il de-
leggi contenute in questi libri alle circostanze contemporanee. Un terzo metodo miurgo creatore del mondo, autore dell'Antico Testamento. Il loro sistema, o,
di commento presso gli ebrei era quello di parafrasi del testo biblico (il targum), 1neglio, i loro sistemi teosofici, erano complicatissimi, frutto di una fantasia
una parafrasi abbastanza abbondante, con inserzione di tradizioni rabbiniche. composta da dottrine platoniche, elementi giudaici, riti magici e speculazioni
Perciò, i cristiani avevano già dei modelli letterari da seguire quando co- orientali. Leggevano il Nuovo Testamento estrapolando delle frasi o dei verset-
minciarono a produrre essi stessi dei commentari. Anche quelli cristiani pote- ti dal contesto e interpretandoli nel contesto dei loro sistemi. Per esempio, i
vano essere di diverse specie. Esistevano delle collezioni di versetti biblici, le te- trent'anni di vita di Gesù rappresentavano i trenta eoni di cui era composto il
stimonianze, con qualche parola di chiarimento, che facilitavano la lettura dei pleroma, i dodici apostoli erano la dodecade tra gli eoni. Prediligevano il Van-
passi principali della Scrittura più rilevanti per i fedeli. Ma i commenti più am- gelo di Giovanni, difatti il primo commentario dell'era cristiana composto in as-
pi si facevano nelle omelie sui vari libri della Bibbia, sviscerandone sia il senso soluto è il commentario su Giovanni di Eracleone, uno gnostico. Essi separava-
letterale sia quello spirituale, come diremo più tardi. Delle volte queste omelie no Gesù e il Cristo. Il Cristo era disceso su Gesù nel suo battesimo e lo lasciò al-
venivano trascritte, raggruppate, poi pubblicate in una forma più letteraria. Al- la sua morte. I discorsi di Gesù sono tutti del Cristo ritornato in cielo, che vuo-
tri commentari venivano composti a tavolino, particolarmente quando si voleva le aprire gli occhi degli uomini «psichici» perché riconoscano la propria origine
sottolineare qualche punto teologico. Anche presso i cristiani esistevano le divina e così ritornare al pleroma di cui sono una scintilla, un frammento. L'uo-
<<scuole» ch'e disputavano sul significato di qualche passo o su un problema teo- mo non era libero, ma, o confermato nel bene di natura, come gli «spirituali»,
logico, e non di rado gli interventi erano trascritti e venivano inseriti nel testo cioè gli gnostici medesimi, o nel male, come i «materiali», i pagani. Forse solo gli
qualche volta mantenendo la forma di obiezioni e risposta. In ultimo, troviam~ «psichici», i semplici cristiani, avevano l'opzione di scelta.
132 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Interpretazioni patristiche del Nuovo Testamento 133

Il testo dei libri neotestamentari, dunque, veniva interpretato in questo con- 1 entre il perfetto vuole trovare nel testo la teologia spirituale adatta al nu-
testo, con riferimento a questa dottrina, con allegorismi abbondanti e contraria- ra_ e, mio della sua anima È questo lo scopo dell'allegoria. Si deve tenere m
tr1men · . .
mente alla dottrina della Chiesa. Non dobbiamo sorprenderci, dunque, se sant'I- te erò che Origene chiama allegona anche la metafora, per esemp10 una
m e ia P
n, ' per noi appartiene al senso letterale, e colloca ne11 a categona "di
reneo sentì il dovere di stabilire certe norme per l'interpretazione della Scrittura, che e
norme che divennero ufficiali nella Chiesa. La prima regola, che serve non sol- para bo , ' ' · d · 1
senso allegorico anche ciò che noi oggi chiamiamo «teologia re aziona e», pure
tanto per la Scrittura ma per tutte le opere letterarie, è che una frase o una pro- essa appartenente al senso letterale. . . . .
posizione si devono leggere nel loro contesto letterario, cioè di tutto il paragrafo Il commentario a Giovanni è un capolavoro dt teologia. Fu scritto per con-
o capitolo, e non estrapolare e collocare in un contesto differente. Possiamo fare futare l'interpretazione gnostica di Eracleone. Giovanni è i~ se stesso u~. van-
un esempio: un ateo potrebbe benissimo dire che la Scrittura asserisce che «Dio gelo spirituale, cioè, la narrazione non è fine a se stessa ma run~nd~ a un inter-
non esiste» se elimina la prima parte del versetto «Lo stolto dice in cuor suo» (Sal pretazione più profonda. Quindi si presta bene al commento d1 Ongene anche
14,1; 53,1). Inoltre, poiché c'è un Dio solo che è autore sia dell'Antico sia del Nuo- se il senso allegorico che gli dà l'Alessandrino non sempre comc1de con quello
vo Testamento, ogni versetto deve essere letto nel contesto di tutta intera la sacra spirituale inteso dal quarto evangelista stesso. . . .
Scrittura, che forma una sola unità. Noi moderni qualche volta ci dimentichiamo Di particolare interesse è il Commento sulla Lettern a1 Romam. S1 sa che
di questa regola quando sottolineiamo troppo la lettura di Paolo, per esempio, nel Paolo scrisse questa lettera contro quei giudeo-cristian11 quali asser1va~o la ne-
solo contesto paolino in contrasto con Matteo o Giacomo e così frammentiamo cessità della Legge per la salvezza, che Paolo sosteneva es.sere_ supenore alle
la teologia biblica. Ma nemmeno questo basta. Il protestantesimo ci ha insegnato forze umane debilitate dal peccato. Naturalmente gh gnosllc1 v1 trovavano. un
che la «sola Scriptura>> non forma una base di unità senza la tradizione della Chie- argomento a favore della loro tesi sul determinismo dell'uomo: Ebb;ne, Onge-
sa. Perciò Ireneo insiste che il terzo contesto di lettura deve essere quello della re- ne ora scrive questo commentario proprio per provare la hberta dell ~omo co~­
gula /idei. Questa regola della fede è la dottrina tradizionale della Chiesa tra- tro i valentiniani! Naturalmente deve rovesciare tutta l'argome.ntaz1one paol~­
smessa nel battesimo, e trasmessa non segretamente, come dicevano gli gnostici, na ma lo fa con un'intelligenza tale che il lettore non soltanto runane sbalordi-
ma pubblicamente, dai vescovi successori degli apostoli, nelle varie Chiese, le qua- to,' ma soprattutto ne trae un immenso profitto sp~rit~ale.. . / . .
li fanno capo alla Chiesa di Roma. In altre parole, ogni lettura della Bibbia assu- Ho voluto insistere su questi tre commentari origen1an1 perche sono i pri-
me il colore del principio ermeneutico da cui ha inizio la fede del credente. Così mi commentari cristiani al NT che conosciamo; dico che conosciamo per la sem-
gli apostoli avevano letto l'Antico Testamento, cioè con occhi cristiani, e vi han- plice ragione che ciò che ci è rimasto della let.teratura cri~tiana del secondo se-
no trovato il Vangelo; e così i cristiani devono leggère i vangeli se vogliono tro- colo è solo un frammento di quello che fu scritto. Conosciamo alme~o duecen-
varvi il vero volto di Gesù, quel volto che i discepoli avevano conosciuto perso- to titoli di libri di quel secolo che o non abbiamo affatto ovvero non c1 sono per-
nalmente e la cui immagine hanno trasmesso ai loro successori. Di sant' Ireneo venuti nella lingua originale o nella loro interezza. . . . .
non abbiamo nessun commentariO alla Scrittura, ma dentro la sua grande opera È risaputo che Origene è il maestro dell'esegesi allegonca. Que.sto tipo d1
Adversus Haereses egli spesso commenta passi del NT sia letterahnente sia alle- esegesi va molto bene nella predicazione o ne~ comment.ar1 destinati a. fa~ ma-
goricamente ma sempre nei parametri della regola della fede. turare la spiritualità dei credenti. Ma quando.si devon.o risolvere quesh?n1 teo-
Per quanto riguarda commentari cristiani primitivi sappiamo che Dionisio logiche disputate l'allegoria non basta, c'è bisogno d1 penetrare bene il senso
Alessandrino ne aveva forse scritto uno su Luca. Lo aveva fatto anche Ippolito, letterale del testo e di arrivare all'intenzione dell'autore. Nella quest10ne anana
e probabilmente anche uno su Matteo. Ma il primo grande autore che ha scrit- all'inizio del quarto secolo i Padri che dovevano confutare Ar10, ~he a~ser1va
to dei commentari sia sul!' Antico che sul Nuovo Testamento è Origene. I suoi che il Logos era stato creato da Dio, e lo, provava con arg~menll tratti daHa
tre commentari che ci restano - su Matteo, Giovanni e Paolo ai Romani - Scrittura, non potevano usare l'allegoria; cera bisog~o d1 u~ esegesi p1u .Pa~t1-
sono tutti di grandissimo valore ma sono anche molto diversi. In quanto al pri- colareggiata. Quindi non fa meraviglia se certi passi, come 11 prologo d1 G10.-
mo, è strano il fatto che sia un commentario molto allegorico. Non ci sorpren- vanni e alcuni capitoli del medesimo vangelo, come an~he gh inni cr1stol.ogic1,
derebbe una spiegazione allegorica dell'Antico Testamento per renderlo rile- per esempio Fil 2,6-20, Col 1,1-15 o Eb 1,3-4, trovarono il loro approfondimen-
vante ai cristiani, ma perché usare l'allegoria sul Nuovo Testamento quando il to in questo periodo. . , .
senso letterale è già così spirituale e intelligibile ai credenti? Ciò si spiega con Inoltre nella mano di un genio come Origene l'allegona puo anche mcan-
la convinzione esistente presso la maggior parte degli antichi che sotto la lette- tare, ma pra,ticata da gente meno dotata finisce in un allegorismo ban~le com~
ra si nasconde sempre un senso più profondo. Difatti, Origene non è mai con- pletamente distaccato dalla Scrittura. Ecco ciò che ha provocato la reaz10ne dei
tento della mera narrazione, questa potrebbe bastare per i cristiani più sempli- Padri antiocheni contro gli alessandrini. La loro posizione era motivata da due
ci, ma già uno che ha iniziato la via della perfezione cerca un insegnamento mo- argomenti, uno negativo, l'altro positivo. Il primo era il malinteso della parola
134 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Interpretazioni patristiche del Nuovo Testamento 135

«allegoria» degli alessandrini, che essi interpretarono a modo degli ellenisti con- Finora abbiamo parlato dei padri greci. I latini non hanno prodotto subito
temporanei, cioè come destoricizzazione della narrazione biblica e spiegazione dei commentari al NT. Ciò non significa che non l'abbiano commentato, perché
razionale del soprannaturale. In verità niente era stato più lontano dall'inten- u~o ~cr1tto~e come~Tertullia~o, sc~ivendo contro Prassea, commenta interi passi
zione degli alessandrini, essi avevano voluto oltrepassare la storia, non negarla, di ~iovann1 benche non abbia scritto un commentario sistematico. Cipriano pu-
trarne della teologia, non razionalizzarla. Ma gli antiocheni avevano ragione r~ c1t~ ~ co_mmenta spesso il libro della nuova alleanza nei suoi scritti. Dei gran-
quando insistevano sul fatto che scopo primario del commento biblico era quel- di latmr Girolamo fece un commentario su Matteo, dipendendo molto da Ori-
lo di trovare l'intenzione dello scrittore, e ciò si faceva esaminando le circostan- gene, e Ambrogio su Luca.
ze storiche in cui era stato composto un testo, domandandosi per quale ragione Tra le numerose opere di Agostino spicca il suo commento su Giovanni, un
un autore aveva scritto e con1e affrontava l'argomento. capolavoro di esegesi e di teologia, degno successore di Origene e di Cirillo di
I maggiori esegeti di questa scuola erano Diodoro di Tarso, Teodoro di Mo- Alessandria. Oltre cbe sviscerare il pensiero del!' Apostolo egli tiene continua-
psuestia e Giovanni Crisostomo. Per l'Antico Testamento essi sostituivano l'al- mente m mente i problemi teologici e pastorali del suo tempo.
legoria con la cosiddetta thei5ria, cioè visione. Applicata all'AT, questa asserisce V.no di questi problemi, che costringe Agostino a inabissarsi particolar-
che un profeta, quando faceva una profezia, mirava ad un adempimento a bre- mente in Paolo, era la dottrina pelagiana. Pelagio, un monaco inglese che aveva
ve scadenza, questo medesimo accadimento, però, era un tipo di un altro a più scritto un commentario su tutto l'epistolario paolino, asseriva che l'uomo es-
lunga scadenza, messianico o escatologico. Difatti, Teodoro ammetteva sola- sendo internamente intatto dal peccato originale, non aveva bisogno della ~ra­
mente quattro salmi messianici nel loro senso letterale, mentre gli alessandrini zra dr Dro per fare il bene, al di più solo di una buona esortazione. Quindi anche
leggevano l'intero AT cristologicamente. Nel NT la thei5ria preludeva alla visio- Cristo. non muore per redimerci dal peccato ma per darci un esempio di a1nore.
ne escatologica. La differenza tra allegoria e tipologia è che mentre la prima in- Agostmo approfondisce in Paolo la dottrina del peccato originale, della debo-
terpreta personaggi e avvenimenti come simboli di valori filosofici, rnorah o teo- lezza. della volontà umana, del bisogno della grazia dello Spirito Santo per ope-
logici, la tipologia considera personaggi, avvenimenti e luoghi dell'AT come ti- rare rl bene, della morte redentrice di Cristo e della necessità del battesimo e
pi che preludono personaggi, avvenimenti o istituzioni del NT. Quindi Adamo è della preghiera. Stiamo al polo opposto della problematica che sollevava Orige-
tipo di Cristo, Eva di Maria, l'esodo della redenzione, Gerusalemme della Chie- ne argomentando con gli gnostici. Però Agostino non espone queste dottrine in
sa e della celeste Gerusalemme, Babilonia dei nemici della Chiesa. Una tale ti- commentari sistematici, le troviamo sparse qua e là nelle opere antipelagiane. Di
pologia si trova già nell'interpretazione neotestamentaria dell' AT. commentari ne scrisse uno sulla Lettera ai Galati e ne iniziò uno su Romani.
Il risultato di una tale esegesi era sì più fedeltà al significato del testo, ma an- Commentò pure il discorso della montagna di Matteo. Ha anche molte note sui
che più aridità e mancanza di respiro nella teologia e spiritualità. Difatti, compa- sinottici nel libro Sul consenso degli evangelisti e nelle questioni su Matteo.
rando il commentario su Giovanni di Teodoro di Mopsuestia con quello di Ori- Abbiamo percorso molto rapidamente, a larghe pennellate, la storia dei
gene si percepisce immediatamente questa differenza. Sembra, però, che a lungo c?~.ent~ s~l N~ovo Testamento. Prima di concludere vorrei dare uno sguardo
andare gli alessandrini abbiano imparato la lezione, perché quando Cirillo di ar lrbn pnncrpalr del NT per esaminare il problema da un angolo differente.
Alessandria compone anche lui un commentario a Giovanni è più aderente alla Dei vangeli sinottici il più commentato è naturalmente Matteo. Si deve te-
lettera ma gli manca quel respiro che ereditò dalla sua tradizione alessandrina. In nere in mente che quasi l'intero Vangelo di Marco è contenuto in Matteo il
fondo, la differenza tra le due scuole non è tanto grande quanto spesso si dice, per- quale, inoltre, riporta moltissimi e importantissimi detti di Gesù, e ha an~he
ché molto di ciò che gli alessandrini chiamavano allegoria non era altro che tipo- ~olto. n~ comune con Luca. Girolamo ci parla di diversi commentari sia greci
logia mentre gli antiocheni delle volte cadevano anch'essi nell'allegoria. sia lat1n1 su Matteo che non ci sono pervenuti o di cui abbiamo soltanto fram-
La terza grande scuola dell'Oriente antico è quella dei Padri cappadoci: menti. Ma possediamo, oltre quello di Origene, uno del IV secolo di Teodoro di
Basilio, Gregorio Nisseno e Gregorio di Nazianzo non composero commentari ~raclea'. uno cl~ ~f~em il Siro che commenta il Diatesseron, cioè tutti e quattro
al NT eccettuata la spiegazione delle beatitudini e del Padre Nostro del Nisse- 1 vangeli tessuti insieme, uno parziale di Atanasio e un altro di Didimo il Cieco
no. Quest'ultimo autore, oltre che sottoscrivere la dottrina della theoria antio- novanta omelie del Crisostomo su questo vangelo e uno di Teofilo. Dei latini'
chena, esamina più a fondo lo scopo, la finalità della Scrittura. Ogni libro, e la Mario Vittorino ne scrisse uno che non ci è pervenuto, ma esistono commenta~
Bibbia tutta intera, hanno una finalità. La teologia biblica, dunque, presa per in- ridi Ilario, Eustachio, Arnobio e quello di Girolamo, oltre le opere sunnomina-
tero, ha lo scopo di mettere ordine nelle nostre idee ricevute per rivelazione o te di Agostino.
per riflessione e insegnarci a leggere i segni dell'operazione di Dio nella nostra Su Marco, come era da prevedere, ci sono pochi commentari. Esistono 10
storia umana e individuale. È questa la linea che seguono i cappadoci quando, trattah tra le opere latine del Crisostomo oggi attribuite a Girolamo, uno Pseu-
nei loro libri teologici, spiegano il NT. do-Girolamo del V secolo e un commento di Vittore di Antiochia.
136 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

Anche Luca ha pochi commentatori: Tito di Bosra (t 378), Cirillo Ales- Capitolo settimo
sandrino, Ilario e Ambrogio, che si basa su Origene.
In quanto a Giovanni, in un primo tempo questo vangelo passò un perio-
do di sospetto a causa del suo uso da parte degli gnostici, ma dopo il commen- La tradizione
to di Origene viene commentato da Asterio, un ariano, da Teodoro di Eraclia, presso i padri della Chiesa*
da Didimo il Cieco, Apollinare e Ammonio. Questi commentari non li abbiamo
se non frammentariamente. Abbiamo, però, quelli di Teodoro di Mopsuestia, di
Cirillo di Alessandria, del Crisostomo e di Agostino. Meno commentata è l'A-
pocalisse. Il commento di Ippolito è perduto, ma ne esiste uno di Mario Vittori-
no, di Ticonio, un donatista, di Primasio e Cassiodoro.
Anche Paolo era stato usato dagli gnostici, ma ha trovato anche lui dei
commentatori ottimi. È stato commentato interamente dal Crisostomo (250
omelie), da Teodoreto di Ciro, da Pelagio e dall'Ambrosiaster; parzialmente da . Pe~ «tradiz~o_n~», dal verbo latino tradere, che significa consegnare, inten-
Teodoro di Mopsuestia (Rm, 1e2 Cor, Eb ), Cirillo Alessandrino (Rm, 1 e 2 Cor, diamo, sia cattohc1 sia ortodossi, quella dottrina circa i misteri della fede conse-
Eb), Mario Vittorino (Gal, Ei Fil), Girolamo (Fil, Gal, Ef e Tt) e Agostino (Gal gnata da Gesù Cristo agli apostoli, e da questi alla Chiesa attraverso i vescovi
e Rm in parte). loro successori, che si trova per iscritto nei libri sacri del Nuovo Testamento e
Mi è sembrato utile stilare questa lista, benché incompleta, perché nei ma- nella predicazione, nella liturgia_ e nelle usanze universali della Chiesa. La pre-
nuali non si trova facilmente. Ma adesso vorremmo concludere questo discorso sente co~ferenza, d1 natura storica, vorrebbe studiare lo sviluppo del concetto
ritornando alle premesse poste all'inizio. Le occasioni che hanno prodotto tutti della cosiddetta tradizione orale presso i padri della Chiesa fino al Damasceno
questi commentari erano principalmente due: quella di confutare spiegazioni perché poss~ servire come fondamento teologico per le discussioni odierne sia
erronee da parte degli eretici e quella di avere scopi pastorali, per approfondi- tra ortodossi e cattolici sia con i protestanti. È necessario, però, premettere un
re la spiritualità dei fedeli. Li troviamo o in forma di omelie, come presso il Cri- breve esame deUe tradizioni già contenute nella Bibbia medesima, le quali sus-
sostomo, o in forma di commentari scritti, qualche volta brevi e alla.lettera, al- seguentemente s1 prolungano m quelle ecclesiali.
tre volte prolissi con molta allegoria o tipologia, e in forma di quaestiones. . ~, A?tico Testamento stesso, secondo gli studi più recenti, contiene diverse
Che valore hanno per l'esegeta di oggi? Ai nostri giorni usiamo il metodo trad1z1om. A parte quelle sui patriarchi che confluiranno nelle cosiddette fonti
storico-critico, cioè vogliamo entrare per quanto possibile nella mente dell'au- del Pentateuco, J, E, De P, molti oracoli dei profeti non sono stati consegnati per
tore, studiare le circostanze in cui scrisse, esaminare il suo vocabolario e la sua 1scr1tto d~ loro. stessi ma sono stati trasmessi dai' loro discepoli, raccolti e rein-
dottrina. I commentari antichi non sempre ci aiutano a raggiungere questo sco- terpretali contmuamente prima di raggiungere il loro stato finale nel testo bi-
po, ma molti sono di grandissima utilità anche per illuminare i nostri problemi ~lico. Qu~sto t~sto, dunqu~, insi.eme alle tradizioni in esso contenute, raggiunge
di oggi. Certamente i commentari antichi abbondano di spiritualità e di teolo- l epo~a d1 Gesu a modo d1 un fmme che, con il materiale alluvionale che porta
gia, ciò che manca spesso a quelli odierni. Delle volte ci sorprendiamo di come c?n .se, .for~a ~n .«~el~a» ?~ttr~nale, uno sfondo inestimabile per capire le con-
i Padri abbiano potuto raggiungere una teologia sana da un'esegesi un po' tra- v1nz1on1 dei pr1m1ss1m1 cr1shan1. Questa tradizione veterotestamentaria differi-
ballante. Un libro recente, che studia le citazioni dell' AT nel Nuovo, è intitola- sce_ dal midrash dei farisei, i_quali sostenevano che Mosè aveva dato una legge
to Retta dottrina da testi sbagliati (in inglese); i Padri qualche volta danno ragio- s~r1tta e u~a orale, d1 cui essi erano gh eredi. Non si può negare, però, che l'ori-
ne a questo detto. Ma ciò che ci insegnano è che come principio ermeneutico es- gme del m1drash fosse già stata accennata nelle suddette tradizioni dell'Antico
si hanno sempre tenuto in mente la regula fidei. Seguendo quella non potevano Testamento.
sbagliare, anche se la loro spiegazione storica o critica non era sempre precisa. Anche il Nuovo Testamento contiene, o menziona delle tradizioni. La
Se potessimo seguire questo modo di pensare anche noi, i nostri commentari sa- Formgeschichte dei vangeli ne è piena. I detti e le opere di Gesù vennero tra-
rebbero certamente meno scarsi e asciutti teologicamente e forse diremmo me- smes~i oralll1:ente. dalle diverse .com:inità, adattati alle circostanze pastorali, apo-
no sciocchezze di quelle che si trovano in alcuni libri esegetici. logellche e hturg1che delle Chiese m stato di formazione e poi messi per iscrit-

. *Lezione t~nuta nel ~iugno 2003 presso l'Accademia delle Scienze di Mosca in occasione di
un mcontro con gli ortodossi sul tema delle tradizioni orientali e occidentali.
138 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La tradizione presso i padri della Chiesa 139

to nei quattro vangeli. Inoltre, si sa che gli apostoli erano innanzi tutto predica- Bibbia intera, Antico e Nuovo Testamento, perché, contrariamente a ciò che di-
tori del kerygrna, solo occasionalmente composero dei libri o delle lettere, scrit- cevano gli gnostici, ambedue hanno il medesimo Dio come unico autore. Il ter-
ti che supponevano una precedente catechesi orale per il loro intendimento. Di- zo contesto di lettura è la regula fidei, 5 cioè quella somma di principi della fede
fatti, Paolo (o chi per lui) accenna alla sua predicazione precedente sull'anticri- data nell'istruzione battesimale e che si fonda sulla sacra Scrittura e sulla tradi-
sto senza svolgere ulteriormente il tema in 2Ts 2,5; e in 2,15 esorta: «Perciò, fra- zione. Non esiste nessuna tradizione segreta originata dagli apostoli, questi han-
telli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso così dalla nostra pa- no insegnato pubblicamente e la loro dottrina si trova nell'insegnamento attua-
rola e dalla nostra lettera». Per di più, se questa lettera non è dalla mano perso- le dei loro successori, i vescovi, 6 vescovi di tutte Je Chiese; e se qualcuno non
nale di Paolo, come probabilmente non sono le cosiddette Lettere Pastorali, es- può percorrere tutte queste Chiese, consulti la Chiesa di Roma, perché, essendo
se rendono testimonianza a una tradizione paolina portata avanti dalla sua essa la Chiesa principale, in essa è stata conservata la tradizione apostolica dai
«scuola». Lo stesso si potrebbe dire riguardo alle lettere di Pietro. Basti dire che, fedeli che provengono da ogni parte. 7 In questa Chiesa i successori di Pietro e
se i corinzi non avessero commesso degli abusi nella celebrazione dell'eucaristia Paolo si conoscono; essi sono Lino, Anacleto, Clemente, Evaristo, Alessandro,
e Paolo non fosse stato costretto a scriverne in proposito, noi non avremmo Sisto, Telesforo, Igino, Pio, Aniceto ed Eleuterio. Questi hanno conservato la tra-
nemmeno potuto sapere che nelle Chiese paoline si celebrasse l'eucaristia! Ciò dizione apostolica, come fece Policarpo a Smirne in Asia. 8 Quindi gli apostoli
dimostra che i libri del Nuovo Testamento sono avvolti in un fiume di paradosis avevano depositato tutta la verità come in una banca affinché chiunque la vo-
continua che li affianca e sopravvive a essi, rendendoli più intelligibili. Alla fine lesse conoscere la potesse ritirare. 9 La predicazione della Chiesa, inoltre, cioè la
del primo secolo e fino alla metà del secondo, prima ancora che i libri del Nuo- regula [idei, ha la sua giovinezza rinnovata dallo Spirito di Dio e viene deposi-
vo Testamento cominciassero a essere raccolti in un canone, questa paradosis tata in un v~so che viene esso stesso continuamente rirtgiovanito dallo Spirito
era il mezzo principale di istruzione cristiana, un fatto che viene testimoniato attraverso gli apostoli, i vescovi e i dottori. 10 La vera gnosi, dunque, comprende
ampiamente dai documenti extracanonici più antichi. la dottrina, lorganizzazione della Chiesa, la manifestazione del corpo di Cristo,
Già la Didachè, contemporanea agli scritti apostolici, esorta a tenere i pre- l'esposizione delle Scritture e la carità per tutti. 11 La testimonianza di Ireneo è
cetti del Signore come li abbiamo ricevuti, niente aggiungendo e niente sot- di somma importanza in quanto, pur essendo egli vescovo di Lione, proveniva
traendo.1 S. Policarpo2 ammonisce coloro che erano sedotti da false dottrine di dall'Asia e quindi riuniva in sé Occidente e Oriente. Ai suoi tempi il canone del-
«ritornare alla parola che ci era stata consegnata fin dall'inizio», mentre Papia, la Scrittura era ancora in formazione e ciò ci permette di concludere che, anche
secondo Eusebio,3 vuole trasmettere ai suoi lettori i detti dei presbiteri che ri- se la Chiesa non avesse avuto il Nuovo Testamento, la dottrina in esso contenu-
portano le tradizioni degli apostoli del Signore. Siamo agli inizi del secondo se- ta ci sarebbe stata resa nota dalla tradizione condensata nella regola della fede.
colo. Ciò non diminuisce ma rafforza l'autorità degli scritti apostolici, che costitui-
Abbiamo menzionato sopra la tradizione midrashica portata avanti dagli scono la voce stessa della fonte e la spina dorsale della tradizione.
ebrei al tempo di Gesù. I convertiti dal giudaismo al cristianesimo si erano por- Dalla Gallia passiamo in Africa. Anche Tertulliano vede la base della fede
tati con sé, oltre la forma mentis giudaica, anche elementi di midrash appresi nella Bibbia, ma la sua spiegazione nella tradizione. 12 Egli scrive: «Io sono l'ere-
nelle sinagoghe, trasformandoli in un midrash cristiano a servizio della dottrina de degli apostoli. Come essi hanno preparato con cura il loro testamento, l'han-
che adesso professavano, usandoli nella controversia antigiudaica. Giustino ne no consegnato a una fondazione e sigillato con un giuramento, così io ne possie-
ha molti4 e li troviamo anche negli scritti di Ireneo. Ma la sfida maggiore alla do l'eredità. Voi (eretici) essi hanno certamente sempre diseredato e rigettato
tradizione venne dalle sette gnostiche. Queste interpretavano la Scrittura in mo- come stranieri e nemici». 13 E domanda retoricamente: «Ma è possibile che tante
do allegorico, spesso togliendo una frase o una proposizione dal suo contesto
letterario per inserirla dentro l'ideologia del loro sistema, e inoltre si appellava-
no a una tradizione segreta ricevuta dagli apostoli per avallare la loro esegesi.
Contro questo modo di ragionare Ireneo stabilisce certe regole ermeneutiche . ) !~ENEC?, A~v. Haer. 1,10.'l; 1,10,2, dove Ireneo recita una versione di questa regola che, as-
sensce, e ~dentlca 1n tutte le Chiese e che nessuno può contraddire senza contraddire il Maestro e
che sono rimaste valide nella Chiesa. Egli sottolinea la necessità di interpretare che non viene nemmeno infirmata dalla capacità di spiegarla.
6
ogni frase prima di tutto nel suo contesto letterario, poi nel contesto di tutta la lRENEO,Adv. I'laer. 3,3,l.
7
lvi, 3,3,2.
8
lvi, 3,3,3; 3,3,4.
9 lvi, 3,4,l.
10
I Didachè, 4,13. lvi, 3,31,1.
2 PoucARPO, 11 lvi, 4,33,8.
Epistola ai Filippesi, 2.
12
3 EUSEBIO, H.E., 3,39. TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum 19 3
4 Cf. L. MISIARCYK, Il midrash nel Dialogo con Trifone di Giustino martire, Plock 1996. 13 lvi, 37,l. ' ' ·
140 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La tradizione presso i padri della Chiesa 141

e così grandi Chiese si sarebbero smarrite nell'unità della fede?». Ed è propri~


14
«È stato deciso», impiegata per es. circa la data della Pasqua, e <<Questo crede la
questo dottore che fonda il principio che ciò che è più antico è vero, 11 recente e Chiesa Cattolica», che richiama un'antichità apostolica. 19
spurio. 15 . . Man mano, particolarmente dopo Nicea, acquistano un posto preminente
Il discorso diventa un po' più complicato quando vemamo. ad ?r1gene, che nella tradizione anche i concili, specialmente quelli ecumenici. Contempora-
gli ortodossi non accettano volentieri dopo la condanna dell'ongemsmo al con- neamente le «regole della fede» recitate liberamente sia da Ireneo sia da Ter-,
cilio Costantinopolitano II. Questo scnttore, ongmale nel suo pensiero e d1 ve- tulliano, cedono il posto ai «Credo» con formulazione fissa: quello di Nicea e poi
dute larghe, mette molto in chiaro, nella prefazione al Peri archon, che la dot- il credo costantinopolitano. Sia l'uno che l'altro possono essere considerati co-
trina della Chiesa è fondata sull'insegnamento degli apostoli ricevuto attraver- me sintesi dell'insegnamento biblico, ma sono qualcosa di più. Fin dai tempi del
so la successione dei vescovi e, nei nn. 2-4, enuncia la regola della fede; però, Nuovo Testamento troviamo delle brevissime confessioni di fede come risposta
continua a dire, poiché nell'insegnamento dei discepoli del Signore. non t~tto è al kerygma della Chiesa primitiva. 20 Tali confessioni precedevano il Nuovo Te-
chiaro molte cose sono state lasciate per la discuss10ne dei teologi con 1 aiuto stamento e trovavano il loro Sitz im Leben particolarmente nel battesimo, in
dello Spirito. Quindi nella dottrina ecclesiale ci sono elem.entifissi. che devono forma interrogatoria o declaratoria. Appartenevano, dunque, piuttosto alla tra-
essere ritenuti da tutti e altri che devono essere ancora ch1ar1ti. C10 Tertulha~o dizione che al testo biblico come tale. Ma anche i «credo>> stessi, come lamenta
lo dice anche riferendosi a elementi di disciplina e di usanze, in quanto la grazia Agostino, possono essere interpretati male, oltre il fatto che non dicono niente
divina le accompagna e le perfeziona fino alla fine. 16 Ed è prop.rio questa grnzia su errori di fede che sorgono man mano21 e spesso devono essere accompagna-
divina che accompagna la tradizione a fare sì che quest1om d1 hbera d1scuss10ne ti dalla tradizione viva, particolarmente dalla !ex orandi.
teologica, come, per esempio, il dubbio di Ori gene se lo Spmto Santo possa es- Se anche le formule di fede possono essere interpretate male dagli eretici,
sere chiamato Figlio, acquistassero nel tempo tanta chiarezza da es~ere ritenute molto di più si può abusare della Scrittura, come abbiamo già visto nel caso de-
come ormai certe. In tempi più vicini a noi basti ric.ordare la d~ttrina. sulla Ii_n- gli gnostici rifiutati da Ireneo. Questo ci fa passare all'argomento importante ri-
macolata Concezione di Maria, da tempo oggetto di controversia tra i teol~gi._ guardante la relazione tra la traclizione e la Bibbia. Sotto l'influsso del principio
La distinzione tra essenziale e accidentale nelle questioni di fede e d1 di- sola Scriptura promulgato dai protestanti nella Riforma, molti teologi cattolici
sciplina trova un eccellente esempio nella nota question.e quartodecimana circa odierni parlano di una «Sola fonte» della fede, cioè la Scrittura, non di due fon-
la data della celebrazione della Pasqua. Quando, sotto Vittore vescovo d1 Roma, ti, Scrittura e tradizione, come facevano i manuali preconciliari. A rigore di ter-
un certo presbitero Blasto1 7 tentò di introd~rre in_ quell~ ~ittà l'usa~za di alcu~ mini, fonte delle nostre credenze è la testimonianza apostolica contenuta sia ne-·
ne Chiese asiatiche di celebrare la Pasqua il 14 ntsan, cioe nella prima luna di gli scritti del Nuovo Testamento sia nella tradizione orale. Insistere nel dire che
primavera, il papa voleva scomunicare le Chiese che pr~ticavan? qu~l cos~ume tutto ciò che crede la Chiesa oggi si trova nella Scrittura mi pare una forzatura
antichissimo. Egli fu addotto a miglior consiglio da alcum vescovi, tra 1 quah Ire- dell'argomento e non corrisponde a molte asserzioni esplicite dei Padri stessi.
neo, per lasciare libertà in una cosa non essenziale. Eus~bio ne:la su~ storia ?el- Basilio,22 per esempio, distingue tra dogmata e kerygmata ricevuti dagli aposto-
la Chiesa (5,24,1) ci trasmette la lettera di Policrate a Vittore nvenclicando 1 an- li per iscritto ovvero da tradizioni apostoliche trasmesse «nel mistero» (pensan-
tichità della tradizione quartodecimana in Asia e anche quella d1 Ireneo al me- do, forse, alla disciplina arcani). Rigettando le costumanze non scritte si fa in-
desimo papa richiamandolo a consigli più miti (5,24,11-18). Più tardi,Agostmo, giuria al kerygma stesso. Egli cita inoltre numerosi esempi di costumi liturgici di
parlando dei sacramenti, distinguerà tra o~servanze c~e s1 basano sulle Sc.r1ttu- cui non si fa nessuna menzione nella Scrittura. Sia gli apostoli sia i Padri che dal-
re ovvero sull'autorità dei concili, necessarie per la Chiesa, e certe norm~ d~ con- l'inizio avevano prescritto questi riti li avevano conservati in silenzio e nella se-
cili locali come per esempio il digiunare in certi giorni, cose non essen~1ah per- gretezza per non esporre al disprezzo gli stessi dogmi. Quindi sembra che i dog-
ché non ~ppartengono alla tradizione apostolica e quindi di natura opz10nale.
18
mi siano quelli trasmessi nel mistero, mentre il kerygma è la dottrina da procla-
Quindi prevaleva il principio di sapore agostiniano: «In neces~a:us un1tas, tn du- mare pubblicamente. Anche Epifanio 23 ripete la stessa cosa riguardo alla neces-
biis libertas in omnibus caritas». Anche l'autorità della tradizione, dunque, ha sità della tradizione, dato che non tutto è contenuto nella Scrittura.
delle restri~ioni. Difatti, s. Atanasio distingue nelle formulazioni conciliari tra

19 ATANASIO, Lettera sui concili di Rimini e di Seleucia, 5.


14 TERTULLIANO, De praescriptione haereticorun1, 28,1. °2 Cf. V.H. NEUFELD, The Earliest Christian Confessions, Leiden 1963; J.N.D. KELLY, E'arly
15 TERTULLIANO, Ed. Prazaean1, 2,1. Christian Creeds, London 1981.
21
16 ORIGENE, De virginibus velandis, l,3. AGOSTINO, De baptisn10 contra donatistas, III,14,9; De baptismo, 6,25,47.
22 BASILIO, De Spiritu Sancta 17,66.
17 Cf.EUSEBIO, H.E., V,24, 2-8.
li\ AGOSTINO, Ep. ad Januariurn, 54,1,1; 54,1,3. 23 EPIFANIO, Panarion 61,6.
142 Il niessaggio biblico e la sua inte1pretazione La tradizione presso i padri della Chiesa 143

I padri latini non sono di parere differente. Nel suo Dialogo tra luciferiani l'opportunità di condurre una controversia con gli ebrei a partire da libri che
e cristiani 24 Girolamo domanda perché si impongono le mani dopo il battesimo; questi non accettavano come canonici e sull'argomento che, poiché la Chiesa
risponde che così è scritto negli Atti degli apostoli, ma, anche se non fosse stato aveva ereditato il canone veterotestamentario dalla sinagoga, non le era per-
scritto, l'usanza della Chiesa universale ereditata dalla tradizione avrebbe la for- messo aggiungere altri libri. L'usanza della lettura pubblica e l'uso pastorale che
za di precetto. La stessa cosa scrive Agostino riguardo all'irripetibilità del bat- si faceva dei libri discussi prevalsero sull'argomento teologico e per sant' Ago-
tesimo: do credo che ciò proviene dalla tradizione degli apostoli, come molte stino non esisteva alcun problema circa l'accettazione di questi scritti in seguito,
altre pratiche che non si trovano nei loro scritti, né nei concili dei loro succes- alle decisioni di due concili tenuti in Africa nel 393 e 397 contro i manichei.
sori, ma, per la ragione che sono osservate dalla Chiesa universale ovunque, noi Riguardo al Nuovo Testamento, nonostante alcuni dubbi su certe epistole
crediamo che sono state ordinate e trasmesse dagli stessi apostoli». 25 Quando cheforono accettate .più tardi delle altre nel canone, i criteri seguiti dai Padri per
poi arriviamo a questioni di mariologia, la scarsezza di dati dogmatici trovati decidere sulla canomc1tà erano ben chiari: l'antichità e l'autorità apostolica fon-
nella Scrittura diventa maggiore. Difatti, un'omelia attribuita al Damasceno26 date sul kyriakon dei vangeli e sull' apostolikon degli altri scritti; la lettura pub-
ammette che nella Bibbia nulla si dice della morte e dell'assunzione della Ver- b~1ca nelle rnagg1or1 Chiese, ovvero in quelle più numerose; la non contraddi-
gine, ma la dottrina viene accettata a causa di un'antica e venerabile tradizione. z10ne con la regula fidei. Circa questi criteri Agostino accoglie la tradizione dei
A questo punto è lecito domandare se i Padri consideravano tutto ciò che suoi predecessori nel De doctrina christiana II,8,6; 8,12 e 8,21. Il fatto che la re-
proveniva dalla tradizione come di eguale valore dogmatico. Certe tradizioni ~ola della fede, trasmessa dalla tradizione, venisse usata come criterio per stabi-
provenivano persino dai libri apocrifi, come i nomi dei genitori di Maria, Gioac- hre la canonicità non indica la superiorità della tradizione sulla sacra Scrittura
chino e Anna. Abbiamo visto sopra che già nell'antichità, sulla questione della ma indica l'inestricabile intreccio tra lo sviluppo della tradizione biblica e quel-
data della Pasqua, si faceva una distinzione e certe discipline ecclesiastiche si la- la ecclesiale come testimoni del kerygma apostolico trasmesso da ambedue. li
sciavano libere perché non appartenenti al deposito della fede. Ma dal punto di famoso detto agostiniano: «Io stesso non crederei nel vangelo se non mi indu-
vista moderno possiamo aggiungere che se oggi anche la verità della sacra Scrit- cesse a farlo l'autorità della Chiesa cattolica:>> 28 riassume tutto.
tura stessa, come asserisce il Concilio Vaticano II,27 viene circoscritta a quelle Qu~st'ultimo detto agostiniano ci spinge a no!! dimenticare l'ispirazione
verità «che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse(ro) consegnate nelle Sacre della Scnttura. Da che cosa sappiamo che la Bibbia è ispirata se non dalla tra-
Lettere», questo criterio vale anche per la tradizione che, insieme alla Bibbia, ri- d1z1one? Una testimonianza interna alla Scrittura stessa causerebbe un circolo
flette la parola di Dio consegnataci dagli apostoli. vizioso, perché anche se prendessimo le introduzioni agli oracoli del!' Antico Te-
Per rimanere sulla questione della relazione tra Scrittura e tradizione, dob- stamento, per es. «Oracolo di YHWH», la loro forza consiste di fatto nell'accet-
biamo almeno accennare al problema del canone dell'Antico e del Nuovo Te- tazione da parte della tradizione giudaica e cristiana della verità di tali introdu-
stamento. Alcuni teologi protestanti che negano ogni valore alla tradizione si zioni. Origene sintetizza la dottrina della Chiesa in queste belle parole: « ... noi
trovano in imbarazzo riguardo alla questione del canone e vorrebbero trovare ammettiamo che in tutti i libri, scritti sotto il soffio dello Spirito Santo, l'eccelsa
un «canone dentro il canone», che, naturalmente, sarebbe costituito dalla dottri- provvidenza, tramite le loro singole lettere, elargisce alla stirpe umana la sa-
na paolina sulla giustificazione per il Nuovo Testamento, mentre rigettano i libri pienza sovrumana, giacché per così dire, ogni lettera, in quanto ciascuna ne è
deuterocanonici dell'Antico. Tra cattolici e ortodossi non credo che esistano dif- stata capace, ha accumulato pensieri salutari, orme della sapienza».29
ferenze sostanziali. Intanto, la lunga discussione tra i Padri sull'accettazione del Passiamo adesso a un'altra questione: chi sono i trasmettitori della para~
canone breve ovvero di quello lungo dell'Antico Testamento era rimasta teori- dosis? Abbiamo già visto che nel secondo secolo si insisteva sulla succeSsione
camente insoluta, dal momento che si trovavano dei grandi Padri sia dall'una sia dei vescovi quali eredi dell'autorità apostolica. Era anche chiaro l'apporto del-
dall'altra parte. In pratica, però, i deuterocanonici continuavano a essere letti la trad1z1one hturg1ca. Ma man mano si aggiungeranno altri testimoni. Già s. Fe-
nella Chiesa occidentale e in quelle orientali durante tutto il Medioevo ed è su badio di Agennum, scrivendo contro gli ariani30 nel 357, esplicita la catena del-
questo argomento che il concilio di Trento fondò la sua dichiarazione sulla ca- la tradizione dai profeti ai vangeli, agli apostoli e la testimonianza dei martiri.
nonicità di questi scritti. La titubanza dei Padri sembra fosse più fondata sul- Nella Chiesa antica questa testimonianza aveva una grande autorità a causa del-
la parola di Gesù in Mt 10,20 sullo Spirito Santo che parla nei martiri. Gregorio

24 GIROLAMO, Dialogo tra lucifCriani e cristiani, 8.


25 AGOSTINO, De baptismo 2,7 ,12; 4,24,31.
26 GIOVANNI DArvlASCENO, Seconda on1elia sull'assunzione della Vergine. L'omelia è del Da- ~:AGOSTINO, Ep. contro il Fondamento di Mani, 5,6.
masceno ma 10,18, donde viene il nostro testo, sembra essere un'aggiunta posteriore. 0RIGENE, Commentario ai Salmi 1 3.
27 Dei Verbuni 11. JO FEBADIO DI AGENNUM, Contr. aria~os, 22.
144 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La tradizione presso i padri della Chiesa 145

Nisseno sostiene che la nostra fede in Cristo come l'Unigenito, e non come In tutte queste testimonianze troviamo, dunque, come trasmettitori della
figlio adottivo, è fondata sulla tradizione trasmessa dai pateres e attraverso i tradizione i vescovi, i santi, i martiri, le usanze liturgiche, i concili, i Padri e il sen-
sancti che succedevano agli apostoli. 31 Epifanio, nel Panarion (73,34), si appella sus fidelium. È da sottolineare che l'autorità dei Padri non consiste nella loro co-
alla fede che i Padri e i vescovi del sinodo di Nicea confessarono, e Teodoreto di noscenza teologica, ma nella forza della testimonianza alla fede della Chiesa
Ciro32 scrive: «Noi custodiamo intatto l'insegnamento dogmatico degli apostoli nella loro regione, che, insieme alla medesima fede in altri regioni, costituisce
fino al tempo presente ... Coloro che ci hanno trasmesso questo insegnamento l'universalità della Chies~ cattolica le cui radici convergono in quella apostoli- ,
non sono soltanto gli apostoli e i profeti, ma anche quelli i cui scritti interpreta- ca. Si può dissentire dalla dottrina teologica di un padre della Chiesa, ma non
no i loro libri: Ignazio, Eustachio, Atanasio, Basilio, Gregorio, Giovanni e gli al- quando insieme a tutti gli altri rende testimonianza a ciò che la Chiesa crede.
tri luminari dell'ecumene, e prima di loro i santi Padri radunati a Nicea dei qua- D'altra parte è proprio l'indagine teologica dei Padri che consolida i dogmi, ri-
li custodiamo inviolata la confessione come un'eredità paterna». In ultimo, per sponde a problemi nascenti, a necessità pastorali e alle eresie. La fede, quindi,
la Chiesa di Antiochia, il Crisostomo, citato da Agostino,33 sosteneva che il bat- cresce senza mutare sostanzialmente. La tradizione non è una ripetizione mec-
tesimo rimetteva i peccati degli infanti (cioè, non soltanto quelli «attuali»), per- canica dei detti dei Padri, ma un corpo in pieno e continuo sviluppo che rispon-
ché era conscio del fatto che nel contesto della tradizione cattolica quella era la de alle esigenze dei tempi che cambiano senza tradire la sostanza della sua ere-
giusta interpretazione. dità.40 Ciò nonostante la spina dorsale della tradizione rimane, come abbiamo
Anche i Padri latini citano spesso i loro predecessori, sia orientali che oc- già accennato sopra, sempre la sacra Scrittura.
cidentali. Lo stesso Agostino si appella all'autorità di Cipriano, Ambrogio, Gre- Non possiamo concludere questa esposizione senza la classica citazione
gorio di Nissa sulla necessità della grazia; 34 di Ireneo, Cipriano, Reticio, Ilario, dal Commonitorio di Vincenzo di Lérins41 che sintetizza tutto ciò che finora ab-
Ambrosio, Gregorio, Innocenzo, Giovanni (Xost) e Basilio; mentre di loro Gi- biamo detto: «La sacra Scrittura, per la sua stessa sublimità, non viene interpre-
rolamo scrive: «Ciò che trovarono nella Chiesa essi custodirono; ciò che impa- tata da tutti nello stesso senso: uno ne spiega i detti in un modo, l'altro in un al-
rarono insegnarono; ciò che ricevettero dai padri lo trasmisero ai figli ... Questi tro; sembra quasi di poterne dedurre: tanti uomini, tante sentenze ... Ma per que-
uomini erano vescovi, dotti, seri, santi e difensori zelantissimi della verità ... Con sto, per tante tortuosità di vario errore, è necessario che la linea interpretativa
tali seminatori, irrigatori, costruttori, pastori e promotori crebbe la Chiesa dopo degli scritti profetici e apostolici sia guidata dalla norma del senso ecclesiale e
il tempo degli apostoli». 35 Nel medesimo Contra Julianum Agostino dice di cattolico. Nella stessa Chiesa cattolica dohbiamo curare con grande attenzione
Ambrogio, di Crisostomo e cli Basilio: «Questi non sono soltanto figli ma anche di attenerci a ciò che è stato creduto ovunque, sempre e da tutti: ciò infatti che
padri della Chiesa,,. 36 veramente è propriamente cattolico, per lo stesso significato e la stessa forza
Infine, Agostino adduce come testimone della regula /idei anche il sensus della parola, comprende universalmente tutto. Ma ciò avverrà solo se ci atterre-
fidelium, cioè quella più profonda intelligenza della fede che i pii fedeli acqui- mo all'universalità, all'antichità, e al consenso. Ci atteniamo all'universalità se
stano nella loro preghiera ed esperienza di vita. Egli cita spesso Fil 3,6-17. Dio, professiamo come vera solo la fede che tutta la Chiesa professa su tutto l'orbe;
per esempio, ha rivelato la regola della fede a Monica. 37 I fedeli in genere han- ci atteniamo invece all'antichità se non ci allontaniamo dalle concezioni che i
no questa regola per guidarli fino a che Dio non riveli a loro pensieri spirituali nostri santi predecessori e padri hanno chiaramente professato; e ci atteniamo
più profondi; basta che non dogmatizzino le loro opinioni e siano sempre sog- in fine al consenso se, all'interno delle dottrine antiche, seguiamo il parere di
getti all'autorità della Chiesa. 38 Agostino confessa che egli stesso non capiva tutti, o almeno di quasi tutti, i vescovi e i maestri». Il medesimo autore sottoli-
certe questioni e si dava una risposta provvisoria, dentro il quadro della regola nea che esiste un progresso. nella fede, non una cristallizzazione, senza però nes-
della fede, permettendo anche opinioni diverse, finché Dio non rivelasse solu- sun cambiamento da una cosa all'altra. Come in un individuo occorre l'avanza-
zioni migliori. 39 mento nella conoscenza, così anche nella Chiesa, ma che sia sempre della me-
desima specie, nello stesso insegnamento, nel medesimo significato come nella
crescita dei corpi. 42
31 GREGORIO DI NISSA, Contr. Eunon1i1tm, ed. Jaeger, libro III, vol. 2, 84s. Da tutto ciò che abbiamo detto finora risulta che la dichiarazione del con-
32 TEODORETO DI CIRO, Ep. ad Florenthun, 89.
33 AGOSTINO, Contra Julianun1, 1,6,21.
cilio Vaticano II sulla sacra tradizione nella Costituzione dogmatica Dei Verbum
34 AGOSTINO, De dono perseverantiae, 19,50.
35 AGOSTINO, Contr. Jul., 2,10,39; 2,10,37.
36 lvi, 1,7 ,30.
37 AGOSTINO, Conf. VIII, 12. 40 Cf. GREGORIO MAGNO, Horn. in Ezech., 2,4,12.
38 AGOSTINO, Ep. 187,8; De bapt., 5,27,38. 41 VINCENZO DI LERINO, Co1nm., 2,1.
39 AGOSTINO, De cath. rudibus, 8. 42
lvi, 13,38.
146 Il n1essaggio biblico e la sua interpretazione

n. 8 non varia minimamente dalla dottrina contenuta negli scritti dei padri del- Capitolo ottavo
la Chiesa. Dice infatti: «Ciò che fu trasmesso dagli apostoli comprende tutto ciò
che contribuisce alla condotta santa del Popolo di Dio e all'incremento della fe-
de, e così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e Tue regula fidei as Hermeneutical Principle
trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede. Yesterday and Today*
Questa tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assisten-
za dello Spi1ito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto
delle parole trasmesse sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le me-
ditano in cuor loro, sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza
delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione
episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La Chiesa cioè, nel corso
dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in es-
sa vengano a compimento le parole di Dio». Ever since Schleiermacher the purpose of hermeneutics has been com-
I nostri fratelli protestanti, come si sa, non accettano il principio della tra- prehension rather than explanation. Again, from Dilthey onwards, it has beco-
dizione. Però, in una conferenza tenuta in un simposio sull'interpretazione del- me an axiom that an objective, presuppositionless understanding of ancient
la sacra Scrittura dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, il professor texts is an irnpossibility. Any reader who approaches a text for the first time
lA Sanders di Claremont43 ha messo in chiaro che le comunità protestanti esi- does so with pre-conceived categories. Whether such precomprehension is
stono ormai da più di quattro secoli e si sono formate esse stesse una tradizio- prejudice rather !han preunderstanding can only be judged by the willingness of
ne che usano come chiave di interpretazione della Bibbia: la tradizione della the reader lo enter into dialogue with a given passage and modify his own ideas
Riforma. Sarà un grande giorno per il dialogo ecumenico quando i protestanti accordingly orto force them upon it without discussion.
spingeranno la tradizione indietro per comprendere i primi secoli come hanno It is the purpose of this paper to test these hermeneutical assumptions with
fatto le Chiese orientali e quella romana lungo tutti i secoli. reference to the patristic exegesis of scripture, considering the «Rule of Faith>->,
so often mentioned by the fathers, as the point of departure from which to in-
terpret biblica! texts. We shall ha ve lo dea!, as briefly as possible, with the deve-
lopment and the criteria of this rule from Irenaeus lo Vincent of Lérins to jud-
ge whether such a hermeneutical principle rendered scripture more com-
prehensible or whether it superimposed itself upon the Bible. Tue !asi section
will enquire about the possible biblica! foundation of such an exegetical method
and try to answer the question regarding the validity of modem hermeneutical
theory.
The first to mention kanon tes paradoseos hemon in a no! yet technical
sense is Clement of Rome, 1 but il is Irenaeus who, we can truly say, created his
whole theology around scripture and the regula [idei. His main work Adversus
haereses, as is well known, was written against the gnostics. These groups made
use of their various theosophical systems, which, they claimed, were inherited by
means of a secret tradition from some apostle or other, to interpret New Testa-
ment texts, read no! in their own literary context, but within the context of aspe-

* CONGREGAZIONE PER LA DOITRINA DELLA FEDE, L'interpretazione della Bibbia nella Chie-
sa, Città del Vaticano 2001, 208-224. Conferenza tenuta nel simposio organizzato dalla Congrega-
43 zione per la Dottrina della Fede sull'ispirazione; versione aggiornata di una lezione tenuta a Lubia-
J.A. SANDERS, "Scripture as Canon in the Church", in AA.VV., Interpretazione della Bibbia na in un convegno sull'ermeneutica biblica.
nella Chiesa, Città del Vaticano 2001, 121-125. l 1 Clem. 7 ,2; cf. 4,1.
148 Il messaggio biblico e la sua interpretazione The regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 149

cific gnostic system. 2 The question whether precomprehension is preunderstan- the maintenance of the apostolic tradition condensed in the Rule of Faith, whi-
ding or prejudice that is, whether it clarifies a text or renders it more obscure, ch is public and universal. This is the genuine preunderstanding of individuai b1-
therefore, already arises in the second Century and its solution lays the founda- blical texts because it stems from the same source. The real ground of our behef,
tion of al! subsequent exegesis. however, is scripture itself. Tradition contributes lo its righi interpretat10n.
Irenaeus counters such a method of argumentation by establishing some If we now turn to tbe Alexandrians we shall find thai Clement, who added
rules of interpretation which later became traditional in the Church. First of al!, another dimension to Irenaeus' concept of «Context», that of symbolical reason,
a passage musi noi be wrested from its own literary context and twitched to fil agrees with him as regards the error of interpreting scripture in bits and pieces
a different framework. He gives examples of such misinterpretations from some as the heretics do, and insists on ecclesiasl!cal knowledge as a key to nght m-
authors who selected passages from Homer, stitched them together without re- terpretationHl He explicitly calls this the «ecclesiastica! rule:;, which he defines
ference lo their own contexts, and claimed thai Homer had held their opinions.3 as «The concord and harmony of the law and the prophets m the covenant de-
Tue meaning of a set of words is what their immediate context requires them to livered at the coming of the Lord»u In his introduction lo Stromata he states
mean; that was the mind of the author. Moreover, when dealing with sacred how he himself received this rule from those who taught him, probably Tatian,
scripture, which has the one God as its author, the broader context of both Old Theodosion and Pantaenus, who preserved the tradition of the Lord handed
and New Testament must be taken into account so as not to attribute embarras- over to the apostles not only in written form but by word of mouth. The true
sing Old Testament passages to human invention or to the demiurge as the gno- onostic is one who interprets scripture within this tradition. 12
stics did. 4 A third rule is that ambiguous and obscure passages, on which the gno- b Origen likewise insists on the Rule of Faith. It may seem paradoxical to ap-
stics often founded their doctrines, are not to be taken as a starting point for peal to this great writer, whose works were later .banned by the second Counòl
theologizing but should be explained from parallel but clear texts. 5 This is noi of Constantinople, as a witness lo the Rule of Faith. He h1mself, however.' m h1s
enough, however. The real meaning of texts requires a further parameter, that of preface to De principiis, makes a clear distinctio~ between doctr~es wh1ch are
the Rule of Faith. 6 The compendium of Christian kerygma which Irenaeus calls accepted as certain, pertaining to the Rule of Faith, and others stili open to re-
the Rule of Faith, the forerunner of the creeds, had noi yet assumed fixed for- search and dispute. In his own time, the rule testified by such people as Irenaeus,
mulations and can be encountered often in Irenaeus' two books. 7 It synthesises was stili restricted, but after al! the disputes which preceded and followed N1-
the tradition received publicly, not secretly, from the apostles through the suc- caea the Rule of Faith was broadened, clarified and standardised. Subsequently,
cession of bishops throughout the whole Church and is verifiable by constancy Rufi~us, who translated De principiis into Latin, stated in his own preface, that
within universality. 8 This, and only this, was the true teaching of the apostles re- he would Jeave out those doctrines which were contrary lo that rule, wh1ch, he
ceived from Christ and transmitted to the Church. Hence any explanation of states was so dear to Origen hirnself. 13 In fact, when, in Frine. IV,2, this Alexan-
scripture contrary to its contents cannot be considered as genuinely Christian drian 'theologian explains the criteria of the correct interpretation of scripture
and must be rejected. Our author goes further to say thai if anyone cannot tra- and the use of allegory, he openly states: «And we shall try to make clear what
ve! the whole world lo verify this unity of doctrine it is possible to do so in the seems to us the righi way of understanding scripture, observing that rule and di-
church of Rome, which is a point of confluence for al! the faithful from every scipline which was delivered by Jesus Christ to the apostles and wh1ch they deh-
pari of the world. lrenaeus enumerates the succession of the bishops of this vered in succession to their followers who teach the heavenly Church». Any sub-
church and their witness to the apostolic doctrine, even with the aim of asserting sequent criticism of Origen's theology, therefore, does not weaken his witness to
that some of them, Clement for example, are older stili than the gnostics them- the validity of the Rule of Faith as a criterion for interpretmg the b1ble.
If we now pass on to Africa we find Tertullian who is often accused of be-
selves. 9 The bishop of Lyon, therefore, lays down these simple rules of interpre-
tation: reading within the literary context; explaining obscure passages from littling scripture in favour of the Rule of Faith. This is not the case, however. H 1s
clear ones; viewing the Bible as a whole, one God as author of both testaments; true that De praescriptione may actually be called a treal!se on th1s rule, but 1ts
purpose is to demonstrate thai the heretics, gnostics especially, play around so
much with the bible that discussion with them on merely scnptural matters be-
2 Adv. Haer. 1,9,4. comes impossible. They are able to twist any text in their favour. It is safer for the
3 lbid.
4 Jbid. III,6,1.
s lbid. Il,27,l.
6 Jbid. I,9,4. 10 Stromata, 7,16.
11 Jhid. 6,15.
7 Jhid. I,10,1; Epideixis, 3 and 6.
12 lbid. 1.1.
8 Adv. Haer., I,10,2.
9 lbid. III,2,1. 13 De principiis, Preface.
150 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ihe regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 151

true believer to begin with the Rule of Faith which is found in all apostolic chur- Apostles' Creed, accepted in the West only in the 9th Century. Tue Council of
ches and in those churches in union with them which hold the same faith, far uni- Nicaea also formulated a creed, which, according to Eusebius, was in accordan-
versality of belief and antiquity of doctrine converge in their witness to aposto- ce with the one he professed at baptism, with anti-Arian additions. After some
lic origin, and, in the last resort, to Christ's teaching. It is within this context that subsequent experimental attempts at formulating other symbols, the Council of
the scriptures should be read. 14 He defines this rule in eh. 13. It contains the es- Constantinople, in 381, drew up the final form of the Constantinopolitan Creed,
sence of faith. However, other ancient practices of a liturgica! nature not contra- in which the Cappadocian fathers played an important par!. Later, the symbol
dicted by biblica! authority can also be considered apostolic because of their an- known as Quicumque, in Latin, probably stemming from Augustinian sources in
tiquity.15 Tradition, therefore, is extended to include ritual; but this is subject to North Africa, carne into being. This is very relevant to our theme as the next wit-
change as long as it does not contradict the backbone of the Rule of Faith which ness to the Rule of Faith which we must examine for its completeness is Augu-
is again summarized in De virg vel. 1. Even Peter ancl Paul had their altercations, stine. We must dwell at greater length on Augustine because he can be called the
but they agreed on the one kerygma. 16 Tue latter asserts that many preach Chri- theologian of the Rule of Faith, which he mentions, directly or in its equivalents,
st with insincere intentions, but it is the same Christ that is preachedn like «regula pietatis, regula ecclesiastica, regula veritatis, analogia fidei», around
Tue validity of the !ex orandi as a witness to the lex credendi is later taken one hundred times, and incorporates all that had been said about it earlier, ad-
up by Basi!, who, in De Spiritu Sancta X-'CVll, enumerates diverse liturgica! ding his own contribution.
practices accepted by the Church of which there is no written biblica! record. This rule was laid down by Christ and the apostles. 19 It is the fulfilment of
These, he states, derive from the ora! and private teaching of the apostles inher- what Jesus had promised in John 16:12 about the Paraclete completing the doc-
ited through tradition by the Church. Fortunately the days of gnosticism were trines Christ could not deliver during his lifetime,20 and of Gal 1:6-9 on aposto-
then over,otherwise Basil's argument might have been two-edged, but as bapti- lic authority. 21 It was handed down by ancient christians who had explained the
smal confessions of faith obtain a special piace in this book, and they are not ex- scriptures;22 its antiquity is a pledge of truth against heretical doctrinal innova-
plicitly stated in the New Testament, we can understand very well what it is that tions.23
Basi! meant. Tradition does not consist only in the Church's teaching and prea- We said earlier that by Augustine's time the contents of the Rule of Faith
ching but also in its practices as in its way of !ife. This is the true context of the had been broadened lo include recent convictions arrived at by the universal
written word for it has the selfsame apostolic authority as its source. What Church. What doctrines, then, did the bishop of Hippo's ecclesiastica! rule com-
counted then was the kyriakon and the apostolikon. Scripture and tradition we- prise, or better, which were its sources? It is evident that the scriptures obtain
re only means of reaching this source although the inspired word interpreted the first place, 24 but as misinterpretation of the Bible can be a source of heresy
within the living Church, always considered to be the main foundation of the as well, Augustine gives preference to those biblica! texts which are clear and
Rule of Faith. certain.
In the meantime, the creeds were being formulated. 18 Tue Rule of Faith re- Tue Rule of Faith received from the Church at baptism is the creed. 25 It is
cited by Irenaeus, Clement, Tertullian and Origen, one in substance but differing a compendium of biblica! teaching. Which creed however? It would be easy to
in its formulation now loses its flexibility and crystallises into the severa! cree- answer that after 381 we have both the Nicene and the Constantinopolitan
dal formulations following the Arian controversy. As we shall see later, Augu- creeds, but these formulations were not adopted as baptismal creeds in the West
stine considers it as a compendium of biblica! theology, but it is much more !han till later. Augustine himself comments on the baptismal symbol in Serm 215 and
that. Baptism, from the first decades of the second Century, was accompanied J. N. D. Kelly reconstructs the Hippo creed as follows: «Credimus in deum patrem
by a profession of faith, which could be either interrogatory or confessionary, omnipotentem, universorum creatorem, regem saeculorum, immortalem et invi-
that is, answers to questions, or a positive confession. This was related to the Ru- sibilem; Credi1nus et in filiu1n eius Iesum Christum dominum nostrum, naturn de
le of Faith. Around 330, however, after Nicaea, the Roman Church formulated Spiritu sancta ex virgine Maria, crucifixum sub Pontio Pilato, mortuum et sepul-
a symbol, founded on a 2nd Century Greek one, which then gave rise lo the

19 Epist. 265,6.
14 20
De praescript., 12.13. 15. 19. 20. 28. 32. 37. CSEL 5. In Joh. 98,7.
15 De corona 3,4; De virginibus velandis, 2. CSEL 27.
21 Enarr. in Ps. 115,1.
16 Adv. Mare. IV. CSEL 14. 22 Enarr. in Ps. 10,8.
17 lbid. V.
23 Contr. lui. op. ùnp. I,22.
18 Cf. R.P.C. HANSON, «Confessioni e simboli di fede», in Dizionario patristico e di antichità cri- 24 Quaest. in Hept. 5,29; De consensu evang. I,1,2; Sern1. 186.
stiana, Casale Monferrato (AL) 1983, 757-765;1.N.D. KELLY, Early Christian Creeds, Harlow 1981. 25 Sern1. 59,9; Serm. 186; Serm. 215; De bapt. contra donar. III,14,19.
152 Il messaggio biblico e la sua interpretazione The regula fidei as Hermeneutical Prinàple Yesterday and Today 153

tum, (qui) tertia die resurrexit a mortuis, ascendi! ad caelos, sede! ad dexterarn ter -solutions, 36 for even the Rule of Faith itself requires some «distinguo» or
Dei Patris, inde venturus est iudicare vivos et mortuos; Credimus et in Spiritum other to be understood correctly. 37 Tue learned themseives should follow the
sanctum, remissionem peccatorum, resurrectionem carnis, vitam aeternam per Rule of Faith taught by the more humble, 38 in fact, it is not enough to remain
sanctam ecclesiam». We find cognate confessions in Carthage and Ruspe. 26 within this rule if one, like the nine healed lepers, does not render thanks to
Even creeds can be misinterpreted however. There are people, Augustine God.39 So construct above the faundation of the rule, do not destroy or subtract,
says, wbo hold the words of the creed but twist their meaning to their own er- God will add further revelations if you do not permit yourself any doubts. 40 ,
rors.27 Moreover, the creed does not contain anything about recent controver- Each one's understanding of the Rule of Faith is given according to the measu-
sies, originai sin, for example. It too, therefore, needs supporting external evi- re of one's faith. 41 In this way the rule exercises the human mind. 42
dence which the bishop of Hippo finds first of all in the liturgica! practices and From what we have said il should now be evident that the Rule of Faith,
in the lex orandi. 28 Tue ancient and universal custom of baptising infants is a wit- by Augustine's time, had assumed much broader dimensions than it had had in
ness to the inheritance of Adam's sin, and since official prayers cannot ever con- the time of Irenaeus. It comprised ali those doctrines on which the universal
tain doctrinal errar they can be relied on to interpret the true faith of Christians. Church had attained certainty, basing its development on a deeper understan-
Augustine also appeals to the universal testimony of the ancient fathers ding of scripture, on the creeds, on tradition, liturgica! practice, councils and the
and bishops, whose writings are idea! for young people learning rhetoric, to faith of the more mature ecclesial members.
read. 29 In Contra Iulianum, for example, be lists John of Constantinople and his However, we must now come to the main point of our study of Augustine:
fellow bishops, Innocent of Rorne, Ambrose of Milan, Cyprian of Carthage, Ba- how did his noti on of Rule of Faith affect his biblica! interpretation? His exe-
si! of Cappadocia, Gregory of N azianzus and Hilary of Gaul as witnesses to tra- getical method and principles are laid down in the second and third books of De
diti on and universality against Pelagianism. 30 There are, it is true, matters on doctrìna christiana, which, for obvious reasons, we cannot examine in detail. We
which these fathers as theologians disagree, but not about the essence of faith. 31 shall therefore limi! ourselves to those passages which invoke ecclesiastica! doc-
Augustine also adduces the authority of plenary councils to buttress his trine as their principle of interpretation.
convictions, attributing to them the soundest authority,32 and the frequent ap- We must make it clear from the very beginning that the Augustine who
peals of the African bishops to Rome demonstrates thai they had the highest re- preaches to his congregation at Hippo is much freer in his biblica! explanations
gard far thai see occupi ed by the successor of Peter. 33 than the writer who explains the doctrine on the Trinity or argues against Julian.
Lastly, one cannot neglect Augustine's respect far the sensus fidelium. He There is a pastora! or spiritual exegesis and a stricter, theological, explanation
makes ampie use of Phil 3:16-17: «Let those who are mature be thus minded; of scripture. Sometimes a hornily can contain reflections on a theme rather than
and if in anything you are otherwise minded, God will reveal that also to you. an explanation of a text.
Only let us hold true to what we have attained». God had «revealed» the Rule Tue strictly exegetical method can be summed up in a few rules. Tue pro-
of Faith to Monica, for example. 34 Tue simple faithful, however, have this rule to per sense of scripture is what the author intended to say, if this is clear. 43 Atten-
guide them unti! God reveals to them things spiritual, as long as they do not tion should be paid to the distinction of words, a necessary rule when manu-
dogmatise their unhealthy opinions andare willing lo be corrected by ecclesia- scripts were written without leaving a space between words. If this is ambiguous
stica! authority.35 Augustine himself confesses that he is unable to answer the a separation of words against the Rule of Faith would a priori not be corree!. If
question why God, according to Wisd 4:11, does not take away from this world the doubt remains and the alternative does noi offend the faith then the literary
those who are about to sin and lose grace. He gives a provisional answer and context should be taken into account. 44 Again, what we cali punctuation, absent
permits other opinions within the framework of the rule, unti! God reveals bet- in Augustine's manuscripts should not induce to unsound doctrine. 45 If your ma-

36 Ep. 217,4.
26 KELLY, Early Christian Creeds, 175ss.
27 37 Jn.loh. 98,7.
De bapt. contra donat. III,14,19.
28 De bapt. 6,25,47; De unico bapt. 3,4; De cura pro mort. ger. 13; De Gen. ad Utt. X,23,39. 38 De cath. nul. 8.
29 De doctr. christ. IV, 3. 39 Quaest.evang. 2,40.

°
3 Contr. fu!. I,7,30-31.
31 Ench. de flde, spe et car. 2; De pece. meritis et remiss. 3~,11; Contra Jul. Il. VI, 5,11; Ep. 54,1,1.
40 In Joh. 98,7.
41 De bono viduit. 1,2.
32 Contr. fu!. I, 7,30-31; Contra Jul. op. in1p. I,107. 42 De trin. 15,27.
33 Ep. 54,1,1. 43 Serm. 7,45.

3 4 Confess. VIII,12. 44 De doct. christ. 111,2.


35 Ep. 187,8; De bapt. 5,27,38. 45 lbid.
154 Il messaggio biblico e la sua interpretazione The regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 155

nuscript offers no difficulties, the translation is corree!, yet your reading offends To sum up our findings about the development of the concept of Rule of
doctrine, you have certainly misunderstood its rneaning. 46 Moreover, it is the Faith in the first five centuries we can say that it comes to comprehend, beside
Rule of Faith which determines whether a book is lo be considered canonica! or scripture, that tradition transmitted by bishops within the apostolic succession,
not, for the apocrypha not only contain unhistorical narratives but are often baptismal interrogations and creeds, the approved way of living and believing,
against sound doctrine. 47 If the literal sense of a biblica! passage is orthodox, the prayer of the Church, the orthodox «Fathers», antiquity, universality and
hold on to it. 48 Differences of interpretation within the limits of the ecclesiasti- consent. Such a rule was used to distinguish heretical from Catholic doctrine; for
ca! rule are all acceptable, though they be figurative explanations,49 but if an Old the spiritual interpretation of the Bible; to determine the sense of ambiguous
Testament text is interpreted in the New Testament that is its proper meaning.50 passages, the canon and inspiration of scripture; to calm down enthusiats like
A figurative exegesis should al least show some analogy with the literal reading the Montanists; to keep the development of doctrine on the right path; lo help
so as not to become fanciful. 51 As the scripture wrongly interpreted is a source make explicit some implicit biblica! truths. It was there lo safeguard scripture
of heresy, a reader can sincerely admit that he has no! understood and proffer a not to replace it.
possible explanation as long as this does not contradict the Rule of Faith. 52 Au-
gustine was baffled by such sayings as «When I was with them» in John 17:12,53 It is permissible to enquire, however, if such a theological methodology
«The Father is greater than I» in John 14:2854 and the text about Adam's sin in had any foundation in scripture itself, whether, that is, we can also find the abo-
Rom 5:12-20, 55 but he would not dare explain them against contemporary cer- ve mentioned criteria in the strictly apostolic communities of the first Century.
tain and accepted doctrine. He was more concerned about an orthodox expla- A careful examination of the New Testament evidence will show that the seed
nation than about a literally exact one because he was convinced that the for- was sown precisely within the primitive community. 58
mer was, lo say the least, not false even if it did not give the exact rendering. We cannot speak of «heresy» in the strie! sense in the apostolic Church,
Four years after Augustine's death Vincent of Lérins summed up the con- but there were certainly theological errors corrected by both Paul and John,
temporary convictions about the force of ecclesiastica! tradition in the well apart from external controversy with the Jews. Error in faith was any deviation
known words: «Here perhaps someone vvill ask: Since the can_on of scripture is from the kerygma of the founders of those churches and the corresponding con-
complete and in itself sufficient, and more than sufficient on all points, what fessions of faith which we find scattered among the New Testament writings. 59
need is there to join lo it the authority of ecclesiastica! interpretation? The an- In reprimanding the Galatians about their change of mind regarding justifica-
swer of course is that, owing to the very dcpth of holy scripture itself, all do not tion by means of the works of the Law, Paul uses first of all bis apostolic autho-
receive it in one and the same sense ... so that it seems possible to elicit from it rity and an appeal to his primitive kerygma (Gal 1:6-9). He then appeals to the
as many opinions as there are men ... In the Catholic Church itself we take great Jerusalem council (Gal 2:9) and lo the eschatological gift of the Spiri! the Gala-
care that we hold that which has been believed everywhere, always, by all. For tians had received when they first believed (Gal 3:2). Paul's arguments, of cour-
that is truly and properly "Catholic", as the very force and meaning ofthe word se, were supported by arguments from scripture, the Old Testament reread with
show, which comprehends everything almost universally. And we shall observe Christian eyes, with the precomprehension deriving from the Christ event.
this rule if we follow universality, antiquity, consent». 56 Tradition, however, is not In dealing with the Corinthians Paul has no qualms of conscience when he
stagnancy, there is room for growth, but growth within the same body, similar to excommunicates outright the man who was living with his step-mother (1 Cor
that of the human person, otherwise we must speak of change, no! growth.57 5:5). When it comes to the question of the resurrection of the dead in eh. 15,
however, he turns again to the authority of the primitive kerygma and lo a
rather obscure baptismal practice then current within that community (lCor
15:29).
46
Contra Faustum, 11,6. Colossians and Hebrews presuppose an errar consisting in regarding Ch-
47
De cons. evang. I,1,2; Ench. de fide, spe et carit. 2, Contra ep. manich. 5,6. rist as some sort of superior angel. The liturgica! hymn in Col 1:15-20 as well as
48
Ep. 193,4; De VIII Dulcitii quaest. 3.4.
49
Ep. 147,14; De Gen ad litt. 8,1; In !oh. 106,2; Enarr in Ps. 9,6; Enarr. in Ps. 74,12; 118,12,2. the advice to keep away from false philosophies (Col 2:8) are adduced lo coun-
50
51
Ep. 102,7. ter that error. Hebrews, too, begins with the fundamental confessi on of faith of
De civ. Dei 11,13.
52
In ]oh 18,1; 18,2; Serm. 265.
a hymnal nature in 1:2-4 and with a series of scriptural arguments in eh. 1.
53 In Joh. 106,2.
54 De div. quaest. LXXXIII, 9,69.
55 De nuptiis et concup. I,1,1.
5
6 Comn1onitori11n1 II,4--III,8. 58 P. GRECH, «Criteri di ortodossia ed eresia nel NT>>, in Augustinianum 25(1985), 583-596.
57
Ibid. XXIII, 54. 57-58. 59 Cf. V.H. NEUFELD, The Earliest Christian Confessions, Grand Rapids 1963.
156 Il messaggio biblico e la sua interpretazione The regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 157

Tue Pastora! Epistles provide precious materiai for our argument. Their if negative. Their main hermeneutical principle, therefore, was the re-reading of
pseudonymity is already a witness lo the weight of apostolic authority. It is also scnpture from lhe standpoint of the recent saving evenls which they had wit-
well known thai while there are few O.T. quotations there are frequent citations nessed: lhe !ife, preaching, death and resurrection of Jesus, his heavenly enthro-
from liturgica! hymns ( e.g. 1Tim 3:16) in this group of letters. «Paul» considers nement, the descent of the Spiri! and the spread of the gospel among Jews and
Timothy and Titus as his lawful successors and charges them with authority. gentiles. Biblica! texts were quoted and commented to illustrate these happen-
They are commanded to «guard the deposi! offaith» (lTim 6:20;2Tim 1:14) and ings and explain their significance. Even though some of these texts had come
warned against Hymenaeus and Alexander (2Tim 2:18) who have already de- to be interpreted messianically in contemporary Judaism, rabbinic, sectarian or
med the fa1th. Luke too writes Acts to claim the suppor! of history, guided by apocalyptic, a Christo/ogical reading was far from comprehensible by contem-
the Spiri!, in favour of Paul's praclice of admilting gentiles into the Church porary Jews who rejected Christianily, as Justin's dialogue with Trypho clearly
without circumcision. shows. In short, their interpretation of scripture had its point of origin in the
John is no less severe than Paul. Tue narrative in John 6:60-71 about the di- confessions of faith of the primitive Church.
sciples deserting Jesus because of his discourse on the bread of !ife reflects Was this a legitimate method of exegesis? If we cast a retrospective glance
John 's own circumstances in the face of initial docetism and is countered by Pe- at lhe interpretation of prophetic oracles in the Old Testament period we ob-
ter's confession in the name of <<The twelve» in v. 68. Judas is then quoted as the serve that a prophetic oracle had a long !ife of reinterpretation. It was re-writ-
prototype of those who leave the Church in vv. 70s. Il is he who «goes out into ten, glossed over, added to new oracles and made to apply to every new reli-
the mght» (13:30). In lhe Johannine epistles the writer provides us with more gious, socia! or politica! siluation in the course of Israel's history. It was a Jive
precious materia!. Tue break wilh the inilial community has already occurred. oracle not just a relic of past times. In fact, the text of the Old Testament had
Tue secessionisls deny thai Jesus has come in the flesh (lJohn 2:18; 2John 7). reached the New Testament period with a baggage of traditional interpretation
Tue wnter appeals again to the primitive preaching «What was from the begin- sometimes far removed from its originUl meaning. Oracles were re-read, the-
nmg» (JJohn 1:1 ), to the sensus fidelium illuminated by the chrism of the Spirit refore, from the point of view of the latest events in salvation history and from
(lJohn 2:20,27) and to his own authorily. the state of maturity of faith which Israel had reached in each period. It is no
So what is orthodoxy in the New Testament? Il is that area enclosed within wonder, therefore, thai the NT authors reinterpreted old texts from the point of
the boundaries of the initial preaching of the apostles with the corresponding v1ew of the la test salvific events and their own faith convictions, and the fathers
confess10ns of faith, apostolic authority and that of their successors, the «deposi!» did likewise. 60
left by the founders of the severa! churches, the /ex orandi, the signs of the Spirit,
the sensus fidelium and the appeal to the witness of the Old Testamenl reinter- One can rightly ask, however, whether we can sincerely call the fathers' te-
preled in the light of the Ch1ist event. We therefore find ali the criteria which we chnique corree! exegesis, and whelher their doctrine may be considered truly bi-
encountered in the fathers to establish the Rule of Faith against doctrinal errar. blica!. A recent book edited by C.K. Beale bears the title «The Righi Doctrine
from the Wrong Texts (Grand Rapids 1994)». It asks the same questions regar-
. Let us now turn our attenti on lo the New Testament method of interpre- ding the explanation of Old Testament texts in the New. The tille could apply to
tmg Old Testament scripture. There is a vast literature on this subject as each NT patristic exegesis. Some explanations are however necessary.
author has his own method of interpretation. Apart from a collection of «testi- First of all we are accustomed lo the historical criticai method of contem-
monies», i.e. proof-texts from the Bible which were in circulation within the porary biblica! exegesis. Tue fathers often did not bave the instruments we now
communities, these authors had in common some hermeneutical principles. It possess. Few of them knew Hebrew; some Lalins, like St. Augustine, did noi even
need not be stressed that their exegesis did not follow our historical-critical know Greek very well. They possessed no knowledge of Semitic literary genres
meth.od. Il had much in common with rabbinic midrash or with the midrash pe- and were only versed in the Greek rhetorical genres. They did not have at their
sher m Qumran. They never thought that Isaiah had three different authors be- disposal archeologica! excavations or many extra biblica! historical sources.
longing to three differenl periods or that the Torah was composed of J, E, D and Even if some, like lhe Antiochians, insisled on a !iterai rendering of the texts,
P docume~ts. Tue intentio auctoris was rather the straightforward meaning of they often remained baffled by hundreds of questions which are clear to us to-
the text as 1t stands. They were not interested primarily in what a wriler had said day. Moreover, there were initially no manuals of theology or spirituality which
to his contemporaries but in what the lext said to the Church in its immediate they could use in their pastora! practice; they had lo rely on the Bible alone to
situation, more or !es as the Qumran community did when interpreting the
scripture. Many non-messianic passages were interpreted messianically. Texts
60 P. GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986, 5-34.
referring lo Israel were applied to the Church if they were positive, to the Jews
Il messaggio biblico e la sua interpretazione The regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 159
158

range round the entire Christian experience, but their fundamental conviction concerned with the historical process of understanding. Tue presuppositions, or,
was that Christ, through his Spiri!, was actually present in their own Church and as he calls them, the horizons, which the modem reader brings with him, and
was explicating that same doctrine originally taught by him and his apostles as which must be verified when «fused» with the horizons of the text itself to crea-
he had promised. Their body of doctrine as a whole, therefore, was biblica! theo- te a new verity, derive from the effective-history (Wirkungsgeschichte) of the
logy even though based on an insufficient exegesis according to our standards, text itself. We are born within a stream of tradition derived from classica! times,
or on an allegorica! one. But are we sure that our own «aseptic» exegesis yields which we inherit naturally, and we cannot step outside this historical process to
correct results and not only a fragmentation of «Sources» with no theological pass judgement from outside our own history in vacuo. Th~~e is, therefore, an in-
soul to vivify them? terplay between the texts which are the source of our trad1tion and our own pre-
To answer this ·question \Ve must delve deeper into the meaning of mea- understanding. Thìs renders it easier for us to comprehend anc1ent hterature as
ning. When an author writes to a definite audience in definite circumstances his ]ong as we !et it speak for itself and not impose our own prejudice upon it, but
explicit intention is limited to the a particular argument. His words, however) broaden both horizons unti! they meet and fuse together. In Gadamer's own
may contain other possibilitìes of application to similar circumstances, or gene- words: «The projecting of the historical horizon, then, is only a phase in the pro-
ric principles applicable to a variety of circumstances, of which he had not thou- cess of understanding, and does not become solidified into the self-alienation of
ght in an explicit manner but which he would not reject if these further applica- a past consciousness, but is overtaken by our own present horizon ?f under-
tions were brought to his attention. A written text, therefore, has latent possibi- standing. In the process of understanding there takes piace a real fusmg of ho-
lities of meaning which are broader than the historical author's intention. These rizons, which means that as the historical horizon is projected, it is simulta-
possibilities are progressively actualised in the course of history under the in- neously removed. We described the conscious act of this fusion as the task of ef-
fluence of the Spirit according to the model of broadening concentric circles. fective-historical consciousness. Although this has been obscured by aesthetic
This, what happens in biblica! reinterpretation. Salvific-historical progress acts as historical positivism in the train of romantic hermeneutics, it is, in fact, the cen-
a hermeneutical principle, and so does the faith of the reader. We may say that trai problem of hermeneutics. It is the problem of application that exists in ali
meaning is the result of a fusion of exegesis and eisegesis and is a continuous understanding». 62
process. If St. Augustine had read this passage he would have put his signature to it
Tue well known document of the Catholic International Biblica! Commis- unconditionally.
sion published in 1993 The Interpretation of the Bible in the Church showed
great concern regarding this problem and argues in line with what we have ob- It is now time to draw some conclusions from what we have been saying.
served in patristic herrneneutics: «Exegetes necessarily bring certain presuppo- It has been sufflciently demonstrated that the fathers of the Church made use
sitions (Fr. précompréhension) to biblica! writings. In the case of the Catholic of the regula [idei as a hermeneutical principle. No interpretation, or even rea-
exegete it a question of presupposition based on the certainties of the faith: the ding, of a biblica! text can be corree! if it contradicts the Rule of Faith. This is a
Bible is a text inspired by God, entrusted to the Church for the nurturing of negative criterion. Its positive aspect is that the Rule of Faith is the broader con-
faith and the guidance of Christian !ife. These certainties of faith do not come to text, beside the literary and canonica! contexts, within which a verse of scriptu-
an exegete in an unrefined, raw, state, but only as developed in the ecclesial re acquires meaning. This doctrine of the fathers and its practice in patristic exe-
community through the process of theological reflection ... Moreover, theology's gesis had its foundation in a long tradition of reinterpretation within the bible
affirmation of the strict relationship between inspired Scripture and Tradition itself, both in the Old Testament period and in the exegesis of the apostolic
has been both confirmed and made more precise through the advance of exe- Church. Neither the NT authors nor the fathers used the historical-critical
getical study, which has led exegetes to pay increasing attention to the influen- method but many ecclesiastical writers insisted on the author's intention and on
ce upon texts of the life-setting (Sitz im Leben) out of which they were for- the !iterai meaning of the text. Even the Alexandrians, who practised an allego-
med».61 rica! explanation, did not deny the !iterai and historical meaning of scripture. It
We began this paper by saying thai ever since Schleiermacher, hermeneu- is obvious that there was, and there stil! is, a danger in the application of the Ru-
tics has become a science of comprehension rather than of explanation; and af- le of Faith to exegesis, that of imposing on the author ideas which appear only
ter Dilthey a presuppositionless reading of a text is retained impossible. These much later. In Augustine's tractates on Jesus' priestly prayer in John 17 he freely
ideas were brought to a head by Gadamer in Wahrheit und Methode. He was applies the two-nature doctrine to distinguish the praying Jesus from the divine

61 G. GADAMER, Truth and Afethod, New York 1980, 274.


II, D, 1. 62
160 Il messaggio biblico e la sua interpretazione. The regula fidei as Hermeneutical Principle Yesterday and Today 161

Christ who receives this prayer together with the Father and the Holy Spirit. vation history which stili unfolds itself in the Church's !ife. lf we take up once
This implies a theological reading of John's text rather than an exegesis of the more the metaphor of the snowball, the initial bandful thrown down the bill is
author's thought. A theological reading is certainly not illicit, in fact the the !iterai sense of a text studied scientifically. lts growth as it rolls down the slo-
Church's developing doctrine depends on such readings, but it cannot be called pe of history is the work of the Spiri! who actualises its potentialities of meaning
exegesis. On the other hand, !itera! exegesis musi keep in mind later develop- and makes it speak to every generation in its own tongue. In fact, a further pro-
ments, it cannot exclude or ignare the possibilities of this development, whether blem arises if we take into account the inter-cultural and inter-religious dialo-
il is merely a logica! development or due to further explicative revelation in the gue which the Church carries on today. As a result of this dialogue a certain set
unfolding of the ecclesial community, without incurring the danger of denying of positive values is emerging which is not directly connected with faith as such,
the identity of the growing individuai with the embryo from which il sprang. but with humanistic evaluations common to al! people of good will, such as the
For modem exegetes, therefore, it is obligatory to begin with a historical- dignity of woman, the abolition of the death penalty, the immorality of war, eco-
critical exegesis lo be able lo collocate the a text in its originai historical con- logy and human rights. These values can of course be easily absorbed into the
text, examine its sources and discover its true intention. But this is only the ter- Rule of Faith and even though frequently defended by unbelievers, they have
minus a quo. Today's biblica! scholar must follow that text in its later reinter- been inherited from Christian anthropology. In the interpretation of Scripture
pretations and its Wirkungsgeschichte up lo the present day to be able to obser- they may not have the same import as tbe Rule of Faith in its strict sense, but
ve the growth of this snowball along the path of history. For a Catbolic scbolar they will serve as a hermeneutical principle for the interpretation of sucb bibli-
the bermeneutical principle would be the Cburcb itself lo which be belongs, ca! passages which seem to contradict them, but which, reread in the broader
tbat, «in ber doctrine, in ber !ife and cult, perpetuates and transmits to all gene- context of the Son of Man as a representative of the whole of humanity, rein-
rations all tbat she is, all she believes» (DV 8). This context of tbe reader, both terpret the Old Testament witbin the context of what the Spiri! says now to the
individua! and ecclesial, is the preunderstanding of interpretation. Tills «berme- Church and to the whole of humanity. Tue regula fidei is both the result of as
neutical circle» is in no danger of becoming a vicious circle, in its literal mea- well as the guide to a corree! interpretation of scripture.
ning, because just as the Bible itself never hides the sins of either Israel or the
primitive Christian community, today's Church must be accepted with all her
virtues and defects to provide a realistic context of interpretation. Tue ultimate
aim is the growth and maturity of the ecclesial community itself and tbat of
every believer. Any exegesis whose conclusions contradict or exclude the Chur-
ch's self-understanding as expressed in her teaching, liturgy, structure and living
expressions (the Catechism of the Catholic Church may be taken as a witness of
such self-awareness) endangers the unity of the Spiri! of scriptural inspiration
and of the same Spirit who animates the growth of the community.
Tue terminus ad quem, therefore, is what the Holy Spiri!, wbo is present in
the Cburch today, is saying lo the Church. «I ha ve yet many tbings to say to you,
but you cannot bear them now. When the Spirit of truth comes, he will guide you
into all the truth; for he will not speak on his own authority, but whatever he
hears he will speak, and he will declare to you the things that are to come. He
will glorify me, for he will take what is mine and declare it to you. Ali that the
Father has is mine; therefore I said that he will take what is mine and declare it
to yom> (John 16, 12-15). Tue source of the Cburch's faitb is not tbe Bible as a
dead book but the Spiri! of tbe Risen Christ and of the Fatber who renders tbe
living scriptures alive in the Church's tbeological tradition, preaching, ritual,
daily !ife, organisation and pastora! problems. Tue historical sense of scripture,
therefore, is only a starting point. The real meaning of biblica! texts is what the
Spirit makes tbem say to the Church today. Some scholars speak of the sensus
plenior of a few Old Testament texts revealed in tbe New or in Church tradition.
Even the New Testament itself can acquire a fuller meaning in the ligbt of sai-
Capitolo nono

L'ermeneutica agostiniana:
il terzo libro del De doctrina christiana*

STRUTTURA

I. Proemio e contenuto: L'interpretazione dei segni ambigui propri e tra-


slati (1)
II. Principi per l'interpretazione dei segni propri (2-8)
A. Separare le parole
B. La pronuncia e l'intonazione
C. Criteri: 1. La regula [idei a) nella Sacra Scrittura e b) nella dot-
trina della Chiesa
2. Il contesto prossimo
D. Esempi (3-7)
E. Conclusione (8)
III. I segni traslati (9-37)
A. Non si deve interpretare alla lettera una locuzione figurata (9)
1. Segni utili (10-11) ... elevati (12)
2. Segni inutili (11) ... distrutti (12)
B. Non si interpreta figuratamente una locuzione propria
1. Si interpreta figuratamente una locuzione se non conduce a) al-
la retta fede, b) all'onestà dei costumi (14)
2. Regole sulla retta fede e onestà dei costumi (15-25)
3. Conclusione (18-31)
C. Conclusione generale (32-33)
D. Regole pratiche per interpretare le figure (34-37)
1. La regula [idei
2. I passi paralleli
3. Due sensi: letterale e spirituale
4. L'oscuro dal più chiaro
IV. Qual è il vero senso della Scrittura? (38-41)
1. L'intenzione dell'autore

*Lectio Augustini. XXVI Settimana Agostiniana. «De doctrina christiana» di Agostino d'Ip-
pona, Città Nuova - «Augustinus», Roma 1995, 81-100.
164 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terzo libro del De doctrina christiana 165

2. Qualsiasi altra interpretazione consentanea con la Scrittura e la letterale. Questi ce li darà più tardi in 27.38. Qui tratta soltanto di dubbi nella
regula /idei lettura materiale di un testo ad alta voce. Dobbiamo ricordarci del fatto che al
Forse prevista dall'autore tempo di Agostino i codici ordinari non mettevano nessuno spazio per disti~­
Certamente dallo Spirito Santo guere una parola dall'altra, la scriptio uncialis continua, non avevano paragrafi,
Snggerita dal Medesimo al lettore eccettuati codici costosi scritti colograficamente, e nemmeno avevano punteg-
Possibilità di molti sensi letterali giatura. Ttacce di punteggiatura appaiono un secolo dopo la morte del nostro
3. Analogia rationis con cautela Dottore, molto meno punti di interrogazione, apparsi nel IX secolo. 1 Quindi tut-
4. Scienza dei tropi ti leggevano ad alta voce - Agostino stesso si meraviglia quando vede Am-
V. Le regole di Ticonio per risolvere i tropi (42-55) brogio nella sua stanza leggere sottovoce - e una tale lettura richiedeva una
VI. Epilogo (56) buona preparazione perché ogni parola fosse ben distinta da quelle accanto, do-
vendosi pure dare la giusta intonazione per indicare pause che corrispondono
alle nostre virgole o punti odierni. Si doveva fare una pausa più lunga quando
] . PROEMIO E CONTENUTO: L'INTERPRETAZIONE DEI SEGNI AJvIBIGUI finiva ciò che noi oggi chiamiamo un paragrafo, indicato allora per mezzo di
PROPRI E TRASLATI chiasmi, clausole ritmate o cursus, inclusioni e simili congegni retorici. C'era poi
una speciale intonazione per le interrogazioni, le quali, in mancanza di punteg-
Il proemio (I, 1) è allo stesso tempo un invito e un programma. È indiriz- giatura, potevano sembrare proposizioni assertive. Alcuni ci giuocavano sop~a
zato a ogni uomo pio che cerca di fare la volontà di Dio ma che ha anche una per avallare le loro dottrine eterodosse. Perciò l'Ipponense reputa necessano
certa educazione persino ad emendare i codici. Agostino gli vuole insegnare cer- stabilire alcune regole di lettura per ovviare a tali difficoltà o ambiguità.
te regole di interpretazione per evitare che si imbrogli nell'uso di segni ambigui, I criteri che offre Agostino in 2.2 per la distinctio verborum e la pronuntia-
cosa che può accadere anche a uomini intelligenti o illuminati. C'è qui forse tio sono due: la regula fidei e il contesto prossimo. La prima si desume dalla sa-
un'allusione alla pretesa carismatica dei donatisti e di certi monaci. Egli è con- cra Scrittura e dalla dottrina della Chiesa. Egli aveva già presentato questa re-
vinto che una metodologia nel leggere le Scritture sia necessaria. Ciò deriva dal gola della fede nel libro I della presente opera. È interessante che, mentre la
fatto che quando Agostino scrive questo libro il mondo intellettuale pagano era Chiesa desume la sua fede dalla Scrittura, sarà la medesima dottrina della Chie-
pieno di allegorizzazioni dei miti classici, mentre nel mondo cristiano era in at- sa che servirà da criterio per la retta lettura del testo sacro. Ciò significa che non
to una controversia che partiva da Antiochia contro l'allegorismo alessandrino, ci può essere nessuna contraddizione tra Scrittura e tradizione ecclesiale. Ci ri-
un allegorismo non ben capito o interpretato dagli antiocheni, i quali aderivano cordiamo del detto agostiniano ben conosciuto: <<Si invenires aliquem, qui Evan-
in teoria a un letteralismo stretto ma in pratica allegorizzavano pure loro. D'al- gelio nondum credi!, quid faceres dicenti tibi: Non credo? Ego vero Evangelio
tra parte i manichei, eredi degli gnostici, rigettavano l'Antico Testamento e ere- non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas» (C. Ep.
tici come gli ariani interpretavano la Bibbia secondo il loro modo di ragionare. Man. 5, 6: MPL 42, 176). Era stato Ireneo, prima di Agostino, a stabilire la regu-
Non bastavano, dunque, né la pietà né la cultura da sole, ci voleva anche la di- la /idei come criterio di interpretazione (Adv. Haer. I, 10, 1). La dottrina aposto-
sciplina di uu metodo illuminato dalla fede. Data la complicazione dei «segni» lica trasmessa pubblicamente dai vescovi, non segretamente dalle sètte, doveva
descritti nel libro Il non si poteva fare a meno di certe regole per evitare sia un servire da principio ermeneutico principale per la spiegazione della Bibbia.
arido letteralismo, sia un allegorismo selvaggio, sia un'interpretazione non con- Ma era anche Ireneo a precedere Agostino nello stabilire il contesto pros-
sona alla retta fede. Queste regole serviranno non solo per uno scopo teologico simo di una frase come criterio di spiegazione in quanto gli gnostici, come al tem-
ma anche per aiutare il clero nella sua predicazione. Ecco il Sitz im Leben di po di Agostino altri settari, spesso levavano una frase dal suo contesto letterario
questo libro. È uno degli scritti più originali di Agostino, degno successore del e la inserivano nel contesto della loro dottrina distruggendone il significato.
libro IV del De principiis di Origene. Un terzo criterio che più tardi esemplificherà, è il ricorso alla lingua origi-
nale, particolarmente al greco del Nuovo Testamento o della Settanta. Già nel li-
bro II Agostino aveva sottolineato l'importanza della conoscenza di queste lingue
2. I PRINCIPI ERMENEUTICI PER I SEGNI PROPRl per risolvere casi particolari. Non era esperto come Girolamo, ma di ciò che sa-
peva faceva buon uso. In 4.8 menziona anche la consultazione di altri traduttori.
Poiché non soltanto i segni figurativi, cioè metaforici o allegorici, possono
offrire difficoltà di interpretazione, Agostino pone certi principi di soluzione che
a noi possono sembrare strani in quanto non pretendono di individuare il senso 1 Cf. B.M. METZGER, The Text of the New Testament, Oxford 21968, 26s [tr. it. Brescia 1996].
166 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terzo libro del De doctrina christiana 167

Seguono degli esempi di letture rette o dubbie usando i sopraddetti criteri. gaglio giudeo-cristiano e si appoggiavano volentieri sull'autorità della Legge di
In 2.3 offre l'esempio di Gv 1,1.2 letto dagli ariani "In principio erat Verbum, et Dio, certuni avevano probabilmente bisogno di un tale avvertimento.
Verbum erat apud Deum, et Deus erat. Verbum hoc erat iu principio apud . Qui devo premettere_ un'osservazione importante sul significato di figura e
Deum». Mettevano quindi un punto dopo «erat» invece che dopo «Verbum», ne- figurate dtctum m questo hbro. Qualche volta questi termini non indicano più di
gando così la divinità al Verbo pur stabilendone la preesistenza. Ecco l'uso della u_n~ sen;_phce :n::etafora, altre _volte corrispondono a ciò che chiamiamo «tipo»,
regula [idei. In 2.4 porta un esempio da Fil 1,22 dove da due letture possibili, del- c1oe u_n 1mmag1ne che sulla hnea temporale indica una corrispondenza tra un
le quali nessuna contro la fede, si doveva sceglierne una per ragioni di contesto. avven1m~nto, una p_ersona o un luogo ~ell'Antico Testamento con un analogo
Dove, però, non bastava né il contesto né la dottrina per risolvere il caso di una ma magg1o~e avvenrmento, persona o luogo del Nuovo. Altre volte corrisponde
lettura dubbia, come in 2Cor 7,1.2, il lettore poteva optare per l'una o per l'altra. ad «allegoria» ovvero una spiegazione filosofica, nel nostro caso, teologica, di un
In quanto all'intonazione da dare in 3.6 porta l'esempio di Rm 8,33.34 do- passo. Sarebbe la nostra teologia biblica, meglio teologia spirituale, fondata su
ve la risposta alla domanda: «Quis qui condemnat?>> può essere letta «Jesus un detto biblico. Altre volte figura ha un senso di immagine di una realtà tra-
Christus qui mortuus est»; ovvero, ironicamente, «Jesus Christus qui mortuus ~cenden~al~ .o escatologica. Sinonimi di figura sarebbero, in Agostino, umbra,
est?». Il caso si risolve dal senso di tutto il contesto: non sarà certamente Cristo 1mago,.s1m~lrtudo e mysterium ovvero sacramentum. Siamo nel mondo origenia-
a condannare, egli che era morto per noi. no, arr1cch1to d~ una t:adizione cristiana posteriore, dal simbolismo neoplatoni-
In 3.7 segue l'esempio del ricorso alla lingua originale. Se in Sai 138,15 si co e dalla retonca latma, ma la fonte principale della terminologia agostiniana
ha un dubbio se ossi debba pronunciare breve o lunga, se cioè si deve intende- rimane biblica (Bernard). 4
re bocca o osso, si dovrebbe consultare l'originale se legge stoma oppure osteon. . ~desso possia1?o continuare con il nostro libro. In questa sezione Agosti-
Lo stesso accade in Gal 5,1 per scegliere tra praedico che viene da praedicere ov- no distingue due serie di segni, utili e inutili. Utili sono i segni che si trovano nel-
vero da praedicare. la letteratura_ e .storia del popolo israelita e che sono elevabili alla recta fides e
In ultimo ( 4.8) viene l'esempio di un dubbio di intonazione e punteggiatu- alla carztas cnstrnna. Inutili sono i simboli pagani che non offrono tali possibilità.
ra per distinguere un accusativo da un vocativo, per es. 1Ts 3,7: «Propterea con- . In quanto ai segni utili, cioè la legge degli ebrei con tutte le sue istituzio-
solati sumus fratres in vobis» sarebbe accusativo, mentre «Propterea consolati m (6.10), questi_ si sono mostrati tali storicamente prima di tutto perché sono
sumus, fratres, in vobis» è vocativo. Questo si risolve sia dal contesto sia dalla serviti a far_ distmguere quel popolo dai pagani circostanti per mezzo della fe-
lingua originale. de in un unico Dio. Ancora di più perché hanno condotto un certo numero di
L'autore conclude questa sezione costatando che «Rarissime igitur et dif- ebrei a credere in Cristo e a formare una Chiesa santa. Infatti la Chiesa di Ge-
ficillime inveniri potest ambiguitas in propriis verbis, quantum ad libros divina- ru~alemme, form~ta solo da e~rei che hanno interpretato rettamente quei se-
rum Scripturarum spectat, quam non aut cìrcum stantia ipsa sermonis, qua co- gni, teneva tutto In comune, ciò che non è stato detto di nessuna Chiesa for-
gnoscitur scriptorum intentio, aut interpretum collatio aut praecedentis linguae mata da ex-pagani (6.11). Erano, quindi, segni utili non solo potenzialmente
solvat inspectio» (4.8). ma anche efficacemente nella storia per gli effetti che hanno prodotto. Schia-
vo dei segni è colui che non ne comprende il significato e rimane dove sta
(9.13). So_no gli ebr~i che non hanno creduto. Però, già quando sono stati pro-
3. PRINCIPI PER INTERPRETARE I SEGNI TRASLATI (5.9-23.33) dotti quei segm, c10e nello svolgimento della storia di Israele, i profeti e i san-
ti di allora avevano compreso il vero significato di quelle istituzioni e ]a loro
qualità di segni. Qui Agostino si avvicina alla dottrina della theoria degli an-
A. Non interpretare alla lettera una locuzione figurata tiocheni.5
Ci si potrebbe chiedere perché Agostino debba proporre una regola che
per noi è così ovvia. Ha in mente probabilmente l'interpretazione giudaica del-
4
la Scrittura dal momento che eccettua i profeti da un tale abbaglio e usa l'e- Mi servo 5[Ui di un~ tesi n~n pubblicata di R. BERNARD, presentata all'Università di Prince-
ton i:ieI l984_dal titolo: In figura. 1ern1inology Pertaining to Figurative E'.xegesis in the Works of Au-
spressione «carnaliter sapitur» con riferimento a una tale esegesi. Ma anche tra gust1ne of Htppo.
5
i cattolici africani, che, a detta di Brown2 e di Frend3 avevano alle spalle un ba- Agostino non adotta mai la dottrina della thei5ria benché nei suoi commentari vi si avvicini
abbasta~za .. Conosceva certan1e?te_ ~ <;ri~?stomo che qualche volta difende contro gli attacchi degli
avv~rsan. S1 sa _che noi: sono ch_ran 1 ltm1t1 della thei5ria né presso gli antiocheni medesiini né pres-
so I mterpretaz1one dei moderni. Per ulteriori pre~isazioni vedi M. SIMONEITI, Lettera e/o allegoria,
2 P. BROWN, Augustine of Hippo. A Biography, London 1967, 42. Roma 198.5, 1~6-?00; B: DE MARGERIE, lntroduct1on à l'histoire de l'exégèse, Paris 1980, I, 188-213
3 W.H.C. FRENO, The Rise of Christianity, London 1984, 346s. con apposita b1bhograf1a.
168 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terza libro del De doctrina christiana 169

Segni inutili, invece (7.11), sono i simboli dei pagani, come le loro statue, parire questa res, come la chiamerebbe Agostino, una verità consentanea all'in-
quella di Nettuno, per esempio, che simboleggia il mare. Se uno almeno am- terpretazione della Torah orale e alla legislazione contemporanea rabbinica.
mettesse che l'universalità dei mari sia stata creata dal vero Dio, i segni servi- Questi due sensi della Scrittura, sebbene la denominazione fosse recente, risa-
rebbero a qualche cosa, ma quando uno non arriva nemmeno a questo, anzi ado- livano ai tempi antichi, e sappiamo bene che Filone di Alessandria ne faceva
ra le statue o anche ciò che significano come dio, si giunge al fondo della schia- uso in modo allegorico. Non sappiamo se Agostino fosse a conoscenza delle re-
vitù carnale ai segni. Ciò significa che Agostino non era nemmeno contento del- gole di interpretazione rabbinica, probabilmente non direttamente anche se
la demitizzazione dei gentili corrente nell'allegorismo filosofico dei suoi tempi. non possiamo escludere questa ipotesi. Però il cristianesimo si era appropriato
Non vede nemmeno la bellezza formale di una statua come segno. di un simile modo di vedere dai tempi di Origene, soltanto che l'ambito dell'e-
Conclude questa considerazione in 8.12 con la constatazione che il cristia- segesi allegorica non era quello della legislazione rabbinica ma quello della re-
nesimo ha elevato i segni utili dell'Antico Testamento nelle Chiese giudeo-cri- gula fidei, il credo del cristianesimo contemporaneo. Gli autori profani greci e
stiane, liberandoli dalla schiavitù della Legge, mentre ha distrutto i segni inutili latini avevano la medesima convinzione nell'applicare l'ermeneutica allegorica
dei pagani. Questo aut... aut del vescovo di Ippona comporta un giudizio radi- agli scritti classici di Omero e Virgilio. 7 La possiamo chiamare demitizzazione
calmente negativo sulla religione pagana, una posizione tradizionale nella Chie- filosofica. Gli antiocheni non approvavano l'uso di un tale metodo nell'inter-
sa antica con qualche piccola eccezione. Mentre si poteva parlare di «dialogo» pretazione biblica perché avrebbe destoricizzato il racconto e lo avrebbe ridot-
nel campo culturale e filosofico in una Chiesa che voleva convertire il mondo to a mito. Ed è in questo senso che rimproveravano gli alessandrini. Difatti Ori-
intero, in quello religioso era impossibile qualsiasi compromesso. gene diceva che mentre non tutta la Scrittura aveva un senso letterale, tutta
aveva un senso allegorico. Agostino vuole muoversi sulla scia degli alessandri-
B. Non interpretare figuratamente una locuzione propria (10.14-16.24) ni ma bada bene a non cadere sotto il rimprovero degli antiocheni negando un
senso letterale e storico al testo sacro. Ciò apparirà in seguito. Quindi, in que-
Segue adesso una sezione che spiega il principio ermeneutico fondamen- st'opera, il Libro I indica l'ambito della res in cui il signum si può muovere, il
tale di Agostino che lo distingue da altri allegoristi, anche se egli poi non lo se- Libro III pone le regole del gioco del signum. L'autore non distingue, però, in
gue sempre fedelmente. Ancora non siamo arrivati alle regole esegetiche pro- questo libro tra esegesi per uno scopo professionale teologico particolarmente
prie del santo Dottore. Finora abbiamo accennato a certi spunti polemici del nella controversia, e quella per uno scopo pastorale nella predicazione; non di-
presente scritto, ma in questa sezione appare tutta la cura pastorale del vescovo stingue nemmeno tra esegesi dell'Antico Testamento e quella del Nuovo, e, nel-
di Ippona. Sono note le discussioni che si fanno circa l'intento principale del De la sua predicazione, applica l'interpretazione figurata o spirituale anche nella
doctrina christiana e circa i suoi destinatari. Qui sarei d'accordo almeno in par- spiegazione del Nuovo Testamento, dove la locutio propria ha già un senso spi-
te con Bernard nel ritenere che il libro sia pure concepito come manuale di pre- rituale. Ciò però lo fa· in gran parte nei trattati predicati su Giovanni, in cui il
dicazione per il clero africano. senso letterale si apre spontaneamente a un senso simbolico nell'intenzione
Per capire bene la preoccupazione di Agostino nel limitare l'ambito del dello stesso Giovanni.
senso figurato, sarebbe forse utile ricordarci che ai suoi tempi i rabbini ebrei di- Dopo una tale lunga premessa continuiamo a esaminare il testo agostinia-
stinguevano tra peshat e de ras h. 6 Il primo era il senso ovvio del testo, non pre- no. La questione che pone l'Ipponense è sul criterio che dobbiamo seguire per di-
cisamente il senso letterale nel modo moderno di vedere l'intentio auctoris. Es- stinguere quali parti della Scrittura dobbiamo intendere in senso proprio, ovvero
si erano però convinti che questo non era primieramente il senso della rivela- letteralmente, e quali in senso figurato, cioè con riferimento a un'altra realtà ol-
zione divina, che sotto la lettera ovvia nascondeva un altro senso più profondo, tre quella espressa nel testo. Come principio generale non espresso ma sotteso in
un senso corrispondente alla dottrina rabbinica midrashica proveniente dalla questo paragrafo è che in genere ogni frase è da interpretare in senso proprio e
legge orale o tradizione farisaica. Stabilivano allora delle regole sofisticate che non figuratamente. Ciò che segue determina le eccezioni a questa regola.
arrivavano pure alla scomposizione del testo o delle singole parole per fare ap- L'enunciazione generale che comprende l'insieme di queste eccezioni è:
«Ut quidquid in sermone divino neque ad morum honestatem neque ad fidei
veritatem proprie referri potest, figuratum esse cognoscas. Morum honestas ad
6 Il peshat non corrisponde precisamente al nostro senso letterale del metodo storico-critico
diligendum Deum et proximum, fidei veritas ad cognoscendum Deum et proxi-
ma al significato immediato e facciale del testo come giace, C così lo concepisce anche Agostino. I
rabbini, però, erano convinti che sotto un tale significato si nascondesse un senso più profondo che
si poteva scoprire con il metodo derashico. La distinzione tra i due comincia a essere fatta più o me-
no ai tempi di Agostino benché la convinzione rabbinica fosse molto più antica. Cf. per spiegazioni 7
Cf. la voce "Allegory: Greek, Latin" nell'Oxford Classica! Dictionary, Oxford 1970, 45s [tr.
ulteriori A.C. AVRIL - P. LENHARDT, La lettura ebraica della Scrittura, Base 1982. it. Cinisello Balsamo (MI) 1995].
170 ll messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terza libro del De doctrina christiana 171

mum pertineb (10.14). Questo principio è posto nei termini più generici per t _ del senso letterale. D'altra parte le azioni buone che concordano con le nostre
. I.. m
scen d er_e ogn~ r~ ativ1sm~ nella c~nsiderazione di costumi ormai sorpassati dal- consuetudini presenti si prendano come esempio dai retti e le interpretino let-
la dottrina cr1,stia~a e dai precetti ~vangelici. Agostino è cosciente che partico- teralmente o figuratamente come facevano i profeti (13.21).
larmente nell Antico Testamento s1 narrano certi fatti che ai cristiani possono 3. I costumi, dunque, variano da un tempo all'altro, da un paese all'altro,
dare scandalo . ~'altra parte il modo in cui ciascuno forma la sua coscienza mol- ma la giustizia rimane immutata. La regola generale che dovrebbe reggere tut-
te :olt~ no~ s1 r1f:risce a .principi validi semper et ubique ma ai costumi regio- ti i costumi è quella di Tb 4,15: «Non fare ad altri ciò che non vuoi essere fatto
nali dei suoi tempi. Agostmo vede due valori che trascendono ogni tempo e re- a te stesso». Su ciò si basano tutte le leggi. Ma quando un tale principio è eleva-
~10ne, e questi sono.la ventà della fede e la carità, opposti a due valori negativi, to all'altezza della carità scompaiono tutti i libertinaggi e tutti i delitti (14.22).
l .err~re e la cup1d1grn. Qumd1 tutto ciò che nella Scrittura in senso proprio non Difatti, è a quello che serve l'interpretazione figurata (15.23), per elevare, cioè,
s1 puo m~1r1zz~re a que~h.valor1 SI ~eve interpretare figuratamente. Che signifi- tali fatti e parole all'altezza della carità evangelica e renderli utili per l'uditorio
cano, pe~o, carztas e cup1dltas? «Car1tatem voco motum animi ad fruendum Deo cristiano. Se, però, ripete Agostino, questo regno della carità già appare nel sen-
propter 1psum et se atque proximo propter Deum; cupiditatem autem motum so proprio, si intenda letteralmente. È veramente interessante come il nostro
amm1 ad .fruendum se et proximo et quolibet corpore non propter Deum» dottore trascende il relativismo dei costumi locali e storici ponendo il valore as-
(10.16). C10 che nuoce a sé medesimo si chiama turpitudine (flagitium), ciò che soluto della verità, giustizia· e carità su cui si fonda ogni criterio di bontà o mal-
nu,oce,agh altn delitto (facinus). Inoltre ciò che fa bene a se stesso si chiama uti- vagità, e riesce a collegare il bene e il male con l'intenzione sia del legislatore sia
hta, c10 che f~ ben~ ~d altri beneficenza. La licenziosità è tanto peggiore del de- dell'agente per giustificare certe azioni veterotestamentarie, scavalcando così
litto quanto l ullhta e m1gl10re della beneficenza. ogni varietà di punto di vista regionale del lettore e ogni circostanza mutevole
Posta questa chiarificazione si procede a ulteriori sottodistinzioni. dell'agente storico.
4. <<Si praeceptiva locutio est aut flagitium aut facinus vetans, aut utilita-
1. Ciò che nelle Scritture, detto da Dio o dai suoi santi, è duro da accetta- tem aut beneficentiam iubens, non est figurata. Si aute1n flagitium aut facinus vi-
re .non serve ad. altro che per distruggere il regno della cupidigia. Se il senso è detur iubere aut utilitatem et beneficentiam velare, figurata est» (16.24). Unta-
chiaro allora s1 mterpreta letteralmente come nel caso di Rm 2 5-9 e Gal 5 24 le principio, si crederebbe, è utile per la spiegazione dell'Antico Testamento. Gli
Altrimenti si interpreta figuratamente come nel caso di Ger 1,10. Però Ag;sti~ esempi che offre Agostino, invece, vengono dal Nuovo Testamento, per es. <<Se
no, in questo paragrafo, e conscio del fatto che nei testi neotestamentari citati ci non mangiate la carne del Figlio dell'uomo ... » (Gv 6,54), di cui un'interpreta-
sono alcune espressioni translata, metaforiche, come <<ira Dei» e «crucifixerunt zione materiale sarebbe inconcepibile. Ma cita pure la frase paolina <<Ammuc-
carnem suam». M~ replica che. queste «non multa sunt vel ita posita, ut obtegant chierai carboni ardenti sul suo capo» (Rm 12,20), il cui significato è manifesta-
sensum et .allegonam ve! aemgma faciant» (11.17). Si potrebbe domandare se mente metaforico, ma che egli chiama figurato, un altro esempio dell'estensio-
qui alleg~r1a ed enigma siano sinonimi di senso figurato. ne del termine figura. In 17.25, però, Agostino fa una strana eccezione alla re-
. ~- F1gurata~ente si deve interpretare ogni azione compiuta sia da parte di gola enunciata sopra. Che farà un celibe per il regno dei cieli quando legge cer-
D10, srn da parte d1 gente santa che ha la sembianza di essere licenziosa (12.18). ti passi sul matrimonio? Naturalmente li interpreta figuratamente per applicar-
Pero s1 deve stare attenl! a non valutare la moralità di certi atti dalla loro ma te- li a, se stesso, ma si ricordi che certi precetti sono dati per quella classe di uomi-
na soltanto,. quanto dall'intenzione con la quale sono fatti. Per esempio il Si- ni il cui stato di salute spirituale richiede tali parole.
gnore che s1 lascrn lavare 1 p1ed1 da una donna in Gv 12,3 non ]o fa come so- 5. L'applicazione a cristiani di costumi veterotestamentari ormai sorpassa-
gliono fare ce~tI uomini, compiacendosi di una donna lasciva, né il matrimonio ti come la poligamia in senso proprio la si può fare soltanto per cupidigia (18.26-
con una prostituta da parte di Osea si deve giudicare come quello di chi va co- 28). Chi lo fa non pensa che erano più virtuosi quegli uomini che si univano a più
mu-1:1-~mente _con una tale donna. L'interpretazione figurata deve spiegare questi mogli solo per procreare figli e popolare il mondo di alcuni odierni che si uni-
fatti m relaz10ne alla carità. Similmente (12.20) non sono i cibi prelibati che co- scono alla loro moglie in modo libidinoso oltrepassando i limiti normali dell'at-
s~1tu1~c?no peccato ma l'~ng?rdigia con cui si mangiano. Ma anche la poligamia to sessuale con lo scopo di procreazione. Fin qui Agostino è chiaro. Meno chiara
d1 cm s1 racconta nella Bibbia fu concessa per popolare il mondo difatti non fu invece, è la transizione da 18.28 a 18.29 dove l'autore dice che tali uomini, cioè
rnncessa la poliandria (12.20). Quindi si conclude che quegli uo~ini Iodati da coloro che applicano in senso proprio gli esempi degli antichi, direbbero che la
J?i,o nor: lo fa~ev~no ~er_ I~bidine, in cui consisterebbe il vero peccato, ma per uti- conseguenza di ciò che si era fatto sarebbe di non onorare affatto questi patriar-
hta. ~ah pa~s1 scr1ttur1st1c1, dunque, hanno sia un senso storico sia uno figurati- chi in quanto loro medesimi, se venissero lodati, si sarebbero gonfiati di vana-
vo. S1 vede m questo passo che l'ermeneutica figurativa di Agostino bada bene gloria. Misurano, cioè, gli altri in rapporto a se stessi. Non pensano che se quei
a non cadere nella censura degli antiocheni che l'allegoria potesse fare a meno santi uomini fossero vissuti nella Nuova Dispensazione si sarebbero evirati per il
172 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terzo libro del De doctrina christiana 173

Regno dei Cieli (18.27). Guardino, costoro, gli apostoli che pur lodati dagli uo- sono caduti i grandi tanto più possiamo cadere noi. «Dio resiste ai superbi, ma
mini non si sono lasciati gonfiare di superbia (20.29)! Nemmeno lo sarebbero sta- agli umili elargisce la grazia» (Gc 4,6). L'umiltà è la disposizione principale per
ti i santi dell'Antico Testamento. L'anello di congiunzione logica tra i due para- poter capire il senso spirituale dei libri sacri (23.33). '!
grafi sarebbe che chi si lascia dominare dalla libidine è facile preda della super-
bia, ma ancora non si capisce perché gli uomini che seguono l'esempio carnale
D. Regole per la retta interpretazione delle figure (24.34-26.37)
degli antichi debbano preoccuparsi adesso per la loro umiltà! Ancora più diffici-
le è la transizione tra 20.29 e 20.30, dove Agostino asserisce che questi santi uo- Le regole che seguono non sono regole generali per fare l'esegesi ma sol-
mini dell'antichità avrebbero odiato a morte i loro figli se questi avessero ade- tanto regole pratiche per poter interpretare le figure, cioè per ricavare il senso
scato le loro mogli o concubine, invece li amavano con un amore tale che pian- spirituale di un passo dal suo senso letterale nel caso che ce ne sia bisogno.
gevano anche la morte di quei figli che non si erano comportati bene nei loro
confronti, come Davide pianse la morte di Assalonne. Anche qui si può doman- 1. I criteri esposti sopra ci abilitano a discernere se una locuzione sia da
dare cosa c'entrava l'odio o l'invidia dei figli con l'obiezione di possibile super- intendersi in senso proprio o figurato. Nel caso che il senso sia quest'ultimo, l'in-
bia. Di nuovo la logica agostiniana sarebbe che quegli uomini santi non soltanto terpretazione deve essere fatta nell'ambito della regula [idei esposta nel Libro
non si lasciavano dominare dalla libidine, ma nemmeno dalla superbia ovvero I. Il lettore esamini la pericope in tutti i modi finché non arrivi alla verità, par-
dalla gelosia o dall'odio. Davide, infatti, riconosce umilmente il suo peccato di li- ticolarmente se è corroborato da una pietà costante. Abbiamo già incontrato
bidine riguardo alla moglie di Uria, e perciò viene lodato per la sua umiltà, men- questo criterio nella prima parte dove si parlava della distinctio verborum. In-
tre Salomone viene biasimato per aver cambiato il suo amore spirituale in amo- telligenza, fede e vita morale devono camminare insieme per arrivare a una
re carnale. Da tutto ciò appare il criterio di valutazione morale di sant' Agostino. spiegazione giusta (24.34).
Egli non valuta, in questo caso, la bontà di un'azione partendo dalla moralità dei 2. L'utilità dei passi paralleli in cui incontriamo cose simili o vicine (25 .34).
cristiani illuminati dal Vangelo ma da ciò che il catechismo chiama «i vizi capita- Peccato che Agostino non abbia approfondito questa regola se non in senso fi-
li», ovvero le fonti principali che sfociano in peccati attuali: la superbia, la libidi- lologico nei paragrafi seguenti, ponendo alcuni caveat. Gli antiocheni, che al-
ne, l'ira, l'odio e la gelosia. È proprio in quest'arco di valori che pensa il grande meno in teoria non abbondavano nell'interpretazione tipologica e molto di me-
dottore per trascendere, come abbiamo detto, il relativismo dei costumi, ed è no in quella allegorica, avevano posto il principio che un'interpretazione spiri-
questo l'anello di congiunzione logica che unisce paragrafi così diversi. tuale dovesse avere una stretta analogia con il senso letterale, 8 o che fosse un
brano dell'Antico Testamento citato nel Nuovo Testamento. Agostino è più li-
C. Conclusione generale sul linguaggio proprio e figurato bero, non indica qui la direzione che deve prendere l'interpretazione finché ri-
manga dentro certi limiti e possa offrire un parallelo scritturistico come ragione
«Ergo, quamquam omnia vel paene omnia quae in Veteris Testamenti libris o scusa. Di questo passo l'interpretazione figurata correva il rischio di di.venta-
gesta continentur, non solum proprie, sed etiam figurate accipienda sint; tamen re interpretazione selvaggia, anche se ortodossa e pia. Quindi l'autore s1 sente
etiam illa quae proprie lector acceperit, si laudati sunt illi qui ea fecerunt, sed ea adesso in dovere di porre dei limiti. Porta l'esempio della parola fermentum che
tamen abhorrent a consuetudine bonorum, qui post adventurn Domini divina viene usata in sensi diversi in Mt 16,11 e Le 13,21.
praecepta custodiunt, figuram ad intelligentiam referat, factum vero ipsum ad 3. Difatti questi sensi diversi di una parola possono essere o semplice-
mores non transferat. Multa enim sunt quae illo tempore officiose facta sunt, mente diversi ovvero anche contrari (25.36). Anzi, una parola ovvero una frase
quae modo nisi libidinose fieri non possunl» (22.32). può avere più di due significati o ambiti semiotici (25.37). In parole moderne
Da ciò consta che Agostino attribuisce all'Antico Testamento un senso let- Agostino direbbe che l'uso di una concordanza per trovare il significato figura-
terale in tutti i passi, e un senso figurato o spirituale in quasi tutti, al contrario to di una parola deve essere molto cauto quando, questa parola è polivalente..
di Origene che attribuiva un senso allegorico a tutto il libro ma non all'intero 4. Si proceda dal più chiaro al più oscuro. E una regola ermeneutica ere-
Antico Testamento in senso letterale, anche se i termini corrispondenti sono al- ditata da Ireneo9 il quale, contro gli gnostici che iniziavano dai passi più oscuri
quanto diversi. Agostino ammette il caso che azioni che si scostano dai costumi per spiegare quelli chiari nel loro senso, sottolinea il processo contrario come
dei cristiani contemporanei siano state lodate dal testo sacro in quanto erano
compiute officiose, cioè per dovere, non per libidine. Tali azioni si devono inter-
pretare figuratamente ma non si devono imitare. Il cristiano che legge questi fat-
ti, però, si guardi bene dal dare un giudizio condannatorio reputando s~ stesso s Oltre al libro di Simonetti citato nella nota 5 cf. D.Z. ZAHAROPOULOS, Theodore of Nlo-
giusto e gli altri peccatori. Sarebbe il peccato dei farisei. Piuttosto impan che se psuestia on the Bih/e, New York 1989, 130-132.
9 Cf. DE MARGERIE,lnterpretation,65-70.
174 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terzo libro del De doctrina christiana 175

quello corretto. È semplicemente una regola di buon senso, ma siccome alcuni tati fuori contesto, letterariamente parlando, nel Nuovo, e ci avvicinano all'opi-
ne abusavano c'era bisogno di asserirla esplicitamente. Forse si potrebbe avvi- nione contemporanea che la Scrittura non è soltanto ispirata ma anche ispiran-
cinare queste regole agostiniane a quelle di Hillel, Ishmael e Aqiba 10 correnti te. Questo però l'aveva già detto Origene; d) La Scrittura è di una tale ricchez-
nell'uso rabbinico del tempo dell'Ipponense, cioè trarre una conclusione da un za che può avere più di un solo senso letterale (27, 28). Da ciò si vede che Ago-
passo simile, da due o da più «famiglie». Ma non c'è bisogno di andare tanto lon- stino supera di molto il metodo storico-critico moderno pur includendolo pie-
tano per trovare l'origine di una regola semplicemente di buon senso (26.37). namente. Anzi possiamo dire che Agostino prelude a un metodo ermeneutico
contemporaneo chiamato «reader-response criticism» 12 che valuta il senso di un
passo più dall'intentio lectoris che non da quella dello scrittore. Però, benché
IV. QUAL È DUNQUE TL VERO SENSO DELLA SCRITTURA? (27.38-29.41) Agostino ammetta una tale possibilità e attribuisca la varietà di opinioni allo
Spirito Santo, non ha il minimo dubbio che il vero senso, quando è chiaro, è
Dopo la discussione che segue il prologo sulla retta divisione delle parole, quello dell'autore umano. Il lettore entra soltanto quando questo primo senso
Agostino ha fatto una lunga esposizione sull'interpretazione delle locuzioni fi- non è chiaro (cf. Conf XII, 18.27; 26.36; 30.41; 31.42; 32.43).
gurate. Ma ancora non ci ha detto quale sarebbe il vero senso del sacro testo. La 3. Se persiste il dubbio, dopo essersi rivolti all'analogia scripturae e analo-
lunghezza della sezione media era dovuta alla sua difficoltà e alla sua impor- gia fidei, si può ricorrere all'argomento razionale. Però attenzione! Questo po-
tanza, non alla sua centralità nel leggere la Bibbia. Adesso, dal 27.38 al 29.41, trebbe essere pericoloso perché suscita opinioni controverse. Ma anche se sor-
espone il metodo conclusivo per fare una retta esegesi scostandosi alquanto dal- gessero tali opinioni, si risolvono con argomenti scritturistici (28.39). Era stato
l'allegorismo origeniano per avvicinarsi al letteralismo antiocheno. Si noti che Clemente Alessandrino 13 che aveva aggiunto l'analogia rationis all'analogia [idei
questa parte appartiene agli anni 426-427, dopo la controversia agostiniana con- et scripturae di Ireneo, e sappiamo quanto Agostino stesso abbia fatto uso della
tro i pelagiani che avevano pressato Agostino con un'esegesi teologica lettera- filosofia per fare l'ermeneutica teologica della Scrittura, eppure qui è tanto cau-
le, a cui egli ha dovuto rispondere con eguale cura. Sarebbe forse questa la ra- to, forse a causa dell'esperienza avuta nelle controversie teologiche. Difatti Giu-
gione delle regole seguenti. liano d'Eclano si era appellato alla ratio e alla aequitas 14 per risolvere certe obie-
zioni alla sua dottrina del peccato originale. Quando si esce dall'ambito della
1. Prima di tutto il vero senso della Scrittura è il sensus auctoris perché que- teologia biblica e del «credo», facilmente della teologia si fa una teosofia.
sto è quel senso ispirato dallo Spirito Santo, quindi il senso letterale, nel senso 4. Aiuta nello scoprire la mens auctoris la scienza dei tropi (29.40 e 41 ).
moderno della parola. Tutti i mezzi tecnici descritti nel Libro II servono a questo Già alcuni tropi sono menzionati per nome nella Scrittura stessa) per es. allego-
scopo, cioè a scoprire quello che l'autore umano abbia voluto significare scri- ria) enigma e parabola, ma ce ne sono tanti altri conosciuti dai retori di profes-
vendo ciò che ha scritto. Ciò viene ripetuto anche nelle Confessioni (12, 18.27). sione o che sono anche usati nel discorso quotidiano. Un'ermeneutica di Ago-
2. Se questo non è chiaro a prima vista allora entra in giuoco la analogia stino estenderebbe questo discorso ai nostri generi letterari: il che lo rendereb-
Scripturae, anche questa una regola ereditata da Ireneo; si dia cioè qualsiasi al- be assai moderno. Egli offre altri esempi di tropi, la metafora, la catacresi, l'iro-
tra spiegazione che può essere avallata biblicamente, perché è sulla Bibbia che nia, l'antifrasi. L'allegoria sopra menzionata (cf. Gal 4,27) non si riferisce all'al-
si fonda la regula [idei. Tale interpretazione non possiamo dire che sia arbitra- legoria origeniana ma solo all'allegoria come figura retorica.
ria per le seguenti ragioni: a) Può essere che l'autore umano medesimo abbia
previsto una tale interpretazione. È qui che Agostino si avvicina di più alla
thei5ria antiochena; b) Certamente, anche se l'autore umano non l'ha previsto, V. LE REGOLE DI T!CONIO
l'avrà previsto certamente lo Spirito Santo, e qui Agostino fonda la teoria del
sensus plenior11 di alcuni teologi cattolici moderni; e) La terza possibilità è che Per capire meglio i tropi e le locuzioni figurate nella sacra Scrittura Ago-
sia lo Spirito Santo stesso a illuminare il lettore su una tale interpretazione. La stino trova utili le sette regole di Tyconius il Donatista, scomunicato dalla sua
seconda e la terza opzione spiegherebbero tanti passi dell'Antico Testamento ci- setta ma mai diventato cattolico, che le aveva applicate al suo commentario sul-

10 Per una spiegazione di queste regole complicatissime cf. H.L. STRACK - G. STEMBERGER, 12 Per una spiegazione cf. R.J. CoGGINS - J.L. HoULDEN,A Dictionary of Biblica/ Interpreta-
Einleitung in Talniud and Midrasch, Mtinchen 7 1982, 25-40 (tr. it. Introduzione al Talmud e Midra- tion, London 1990, 578s.
sh, Roma 1995). 13 Cf. DE MARGERIE, lnterpretation, 100-102.
11 14 Un tale appello alla ragione appare passim nei ragionamenti di Giuliano nell'Opus ùnper-
La teoria del sensus plenior viene accettata e spiegata nel recente documento della Ponti-
ficia Com1nissione Biblica (Città del Vaticano 1993), II, B, 3. fectum contra Julianum di AGOSTINO.
176 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica agostiniana: il terza libro del De doctrina christiana 177

l'Apocalisse (30.42 e 43). Agostino le accetta entro certi limiti: non risolvono ni, o l'anticipo nel racconto di un avvenimento ancora da accadere. Gli esempi
tutte le difficoltà, difatti Ticonio stesso risolve certi problemi anche senza tali re- addotti sono Gen 10,10.31s; 11,2; Le 17,29-32.
gole. Non si dimentichi che l'autore è donatista, inoltre è semipelagiano. La sua 7. De diabolo et eius c01pore (37.55): è la regola inversa della prima. An-
terza regola non è propriamente una regola esegetica bensì una questione teo- che il demonio con tutti i reprobi formano un solo corpo e costituiscono la Ci-
logica in se stessa che Agostino aveva discusso per longum et latum nella con- vitas diaboli, che include alcuni che temporalmente si trovano dentro la Chiesa.
troversia antipelagiana. Altrimenti le regole servono uno scopo buono. In sinte- Anche in questo caso Agostino applica il principio dell'eccesso: quando la Scrit-
si, sono le seguenti. tura dice: «Quomodo cecidit de coelo Lucifer mane oriens», eccede la caduta
del re di Babilonia e si applica sia a Satana che ai suoi.
1. De Domino et eius corpore (31.44): un principio usato magistralmente Concludiamo questo discorso con una breve osservazione. Per capire bene
da Agostino nelle Enarrationes. Siccome Cristo e la Chiesa formano una sola l'estensione dei principi ermeneutici agostiniani bisogna studiarli nella loro ap-
personalità, certi detti biblici permettono facilmente la transizione dall'uno al- plicazione pratica nelle opere esegetiche, polemiche e pastorali per vedere il po-
l'altra, benché occorra avere idee chiare su che cosa convenga all'uno ovvero al- sto di ciascuno di essi, se sono tutti messi in pratica, o se, come Ticonio, Agosti-
l'altra. no usa altre regole nella prassi che non ha esposto in questo libro. Bisogna com-
2. De Domini corpore bipartito (32.45): Agostino preferirebbe permixto pletare le suddette regole con altre enunciate o applicate nel resto delle opere
ovvero vero et simulato a bipartito ma il principio sarebbe che, parlando della del Santo Dottore. Solo così si può avere un quadro completo dell'esegesi ago-
Chiesa, si deve ricordare che è composta da santi e peccatori, anzi reprobi. Gli stiniana, cosa che in questa trattazione non potevamo fare. Nonostante la sua in-
ipocriti, pur sembrando appartenere alla Chiesa, non le appartengono. Per Ti- sistenza sul senso letterale e l'intenzione dello scrittore, che non sempre corri-
conio, naturalmente, sono i cattolici che non le appartengono. Per Agostino, in- spondono al nostro metodo storico-critico, Agostino rimane nel cuore un ales-
vece, la Chiesa cattolica terrena non è coestensiva con la Civitas Dei, né coloro sandrino - più, però, sulla linea di Cirillo che non su quella di Origene.
che presentemente ne sono fuori con la Civitas diaboli.
3. De promissis et lege (33.46): ovvero, dice Agostino, De Spiritu et littera o
De grafia et mandato. Come abbiamo detto sopra il Dottore della Grazia non
reputa questa una regola bensì una questione teologica sulla quale egli stesso
aveva scritto tanto in controversia con i pelagiani e semipelagiani come Ticonio
stesso, il quale asseriva che la nostra fede merita da Dio il dono delle opere
buone ma la fede stessa viene da noi, non è dono di Dio.
4. De specie et genere (34.37): cioè, de parte et toto: Gerusalemme sta per
tutta la Giudea, Tiro e Sidone stanno per il loro intero territorio sia per l'uni-
versalità delle genti. Ma alla fine del paragrafo Agostino fa un'osservazione che
è molto interessante perché coincide con un principio ermeneutico antiocheno.
Ciò che nelle Scritture è detto di Salomone eccede il riferimento alla sua perso-
na, cioè non è una pura iperbole o, se lo è, il suo vero significato è Cristo ovve-
ro la sua Chiesa. Però, pur applicando la parte per il tutto in Ez 36,17-29, il tut-
to non è «ls·raele secondo la carne», perché le parole profetiche oltrepassano
questo popolo, ma Israele secondo lo Spirito che è la Chiesa (34.48); e nel para-
grafo seguente Agostino interpreta l'introduzione «nella terra dei vostri padri»
non soltanto in riferimento alla Chiesa, ma alla grazia e alla Gerusalemme ce-
leste come effetto della predestinazione.
5. De temporibus: è la regola precedente applicata temporalmente invece
che spazialmente (35.50 e 51): una mezza giornata per tutto il giorno come nei
tre giorni della risurrezione di Gesù, ovvero septies in die significa continua-
mente.
6. Recapitulatio (36.52-54): occorre quando nel modo di parlare non si se-
gue l'ordine cronologico degli avvenimenti, come nei flashback delle narrazio-
Capitolo decimo

La filologia neotestamentaria
nel secolo XX*

Che si apra un congresso sulla filologia medievale ed umanistica greca e


latina con una relazione sugli studi filologici nell'ambiente neotestamentario
non deve causare nessuna meraviglia. La cultura del mondo bizantino, come
quella dell'Occidente medievale, è ormai profondamente cristiana, e come al-
l'inizio Atene e Roma avevano prestato le loro lingue agli annunziatori del
Vangelo, adesso il linguaggio cristiano penetra e trasforma tutte le lingue del-
l'Europa.1
Cominciamo questa rassegna della filologia neotestamentaria nel XX se-
colo con la critica testuale. 2 È ben risaputo che le prime edizioni stampate del
NT, che diedero origine al textus receptus, erano basate su una tradizione ma-
noscritta bizantina. Con la scoperta e valutazione dei grandi codici unciali, in-
sieme all'evoluzione della critica testuale, dal Lachmann in avanti, il textus re-
ceptus viene sempre più svalutato. Alla fine del secolo la critica testuale del NT
riceve il suo coronamento con la pubblicazione del testo critico di Westcott e
Hort,3 seguito immediatamente dal von Soden. 4 In questo secolo il progresso
nella critica del testo del NT viene segnato da nuove scoperte di manoscritti e
da una rivalutazione di quelli già conosciuti. È indubitabile che la pubblicazio-
ne dei papiri Bodmer, Chester-Beatty e altre collezioni abbia contribuito so-

* La filologia medievale e umanistica greca e latina nel secolo XX, CNR, Roma 1993, 3-15.
Conferenza tenuta in un congresso del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
1 Per informazioni storiche sulla ricerca nel campo neotestamentario cf. W.G. KùMMEL, Das
Neue Testament: Geschichte der Erforschung seiner Probleme, Freiburg-Mtinchen 21970; ID., Das
Neue Testament im 20. Jahrhundert: Ein Forschungsbericht, Stuttgart 1970; S. NEILL - T. WRIGHT,
The Jnterpretation ofthe New Testanient 1861-1986, Oxford 21988.
2 Per l'aggiornamento costante sugli studi della critica testuale del NT si vedano i bollettini
periodici inviati dalla Hermann Kunst-Stiftung zur FOrderung der neutestamentlichen Textforschung
di Mtinster (Westf.) diretta da Kurt Aland.
3 B.F. WESTCOTI - F.J.A. HoRT, The New Testan1ent in the Origina[ Greek, I-Il, Cambridge-
London 1881 (il vol. I contiene il testo, il val. II introduzione e appendici).
4 H.F. VON SODEN, Die Schriften des Neuen Testaments in ihrer iiltesten erreichbaren Textgestalt
hergestellt auf Grund ihrer Textgeschichte. I.Teil ( Untersuchungen) Berlin 1902, II.Teil (Text n1it Ap-
para!) GOttingen 1913. Famosa è anche l'edizione del NT editio octava critica maior in due volu1ni
(Leipzig 1869-1872) di L.B.C. VON TISCHENDORF.
La filologia neotestamentaria nel secolo XX 181
180 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione
delle varie opere dei padri della Chiesarn Per ulteriori notizie sulla critica te-
stanzialmente alla nostra conoscenza del testo. 5 Alcuni di questi papiri risalgo- stuale neotestamentaria rimando al libro classico di Kurt e Barbara Aland, Der
no addirittura al secondo secolo, molti altri al terzo: p 52 , per es,, che contiene al- Text des Neuen Testaments, Stuttgart 1982 [tr. it. Genova 1987] e a quello di Bru-
cuni versetti di Gv 18, è del 125, p 46, le epistole di Paolo, del 200. Essi ci hanno ce Metzger, The Text of the New Testament, Oxford [tr. it. Brescia 1996].
permesso di risalire uno o due secoli dietro i grandi codici unciali già conosciu- Da quanto abbiamo detto sopra sul valore dei papiri peda nostra cono-
ti; ciò non significa, però, che i papiri più antichi necessariamente contengano un scenza del greco koinè sarà pure ovvio che ciò ha reso necessaria una reVISio~e
testo migliore. Sembra che la fretta con cui le Chiese del secondo e del terzo se- dei nostri vocabolari e delle nostre grammatiche della lingua neotestamentana.
colo volevano delle copie degli scritti degli apostoli non abbia sempre contri- Difatti, possediamo oggi un ottimo lessico di W. Bauer ch_e, dalla sua prima_ edi-
buito alla loro esattezza, e che i grandi codici posteriori fossero molto selettivi zione nel 1928, ha raggiunto la sesta due anni fa: Griechzsch-deutsches Worter-
nella scelta dei loro prototipi. La scoperta dei papiri, oltre che illuminarci sullo buch zu den Schriften des Neuen Testaments und der ubrigen urchristlichen Lt-
stato più antico del testo, è stata di ancor maggior valore facendoci conoscere teratur, tradotto e completato in inglese da Arndt, Gingrich e DankeL All'ap-
meglio il greco della koinè - vocabolario, grammatica e uso quotidiano della profondimento di questa lingua avevano già contribuito Moulton e Mllhgan nel
lingua in cui furono scritti i nostri documenti biblici. loro The Vocabulary of the Greek Testament Illustrated [rom the Papyn and
Inoltre, i filologi del sec. XX hanno proseguito il lavoro di raggruppa- other Non-Literary Sources (21957). L'ultima edizione del Bauer conllene anche
mento geografico e familiare dei codici e dei papiri. Si ammettono oggi mano- gli ultimi frammenti greci trovati a Qumran e_ Murabba'at. In quanto a gram-
scritti alessandrini, antiocheni, provenienti dalla recensione fatta nel 310 da matiche, due sono quelle più citate, quella di Moulton, Howard e Turner, A
Luciano di Antiochia che poi diventa il testo bizantino, i manoscritti occiden- Grammar of New Testament Greek in quattro volumi, e quella di Blass e De-
tali e, secondo alcuni, manoscritti di Cesarea. Alcune famiglie minuscole ven- brunner, Grammatik des neutestamentlichen Griechisch [tr. it. Brescia 1982],
gono pure individuate e classificate come appartenenti alla prima categoria di completata in inglese da R.W. Punk. Possiamo dire che la nos_tra conoscenza del
autorità. 6 greco neotestamentario oggi abbia raggiunto una profond1ta impensata un se-
Le edizioni critiche manuali che oggi stanno nelle mani di tutti sono il Ne- colo fa. 11
stle (26" edizione dal 1898) e la terza edizione del Greek New Testament curata Passiamo adesso alla critica letteraria, cominciando da quella delle fonti. Si sa
da K. Aland, M. Black, C. Martini, B. Metzger e A. Wikgren. 7 Il primo di questi che i primi tre vangeli, Matteo, Marco e Luca, hanno moltiss~mi versetti in com~ne,
volumi contiene plù varianti, il secondo meno, ma con testimonianza più com- ma pure molte dissomiglianze. La loro interdipendenza o dipendenza da fonll co-
pleta dei manoscritti. Il testo di ambedue è ciò che si chiama oggi il nuovo tex- muni costituisce il cosiddetto problema sinottico, già posto dai Padn anllclù, ma di-
tus receptus, che è il più sicuro a cui ha potuto arrivare la scienza contempora- scusso scientificamente a fondo nel secolo scorso. 12 Infmite teorie sono state pro-
nea. I nuovi ritrovamenti nel monastero di S. Caterina al Sinai, quando saranno poste per risolvere il problema, ma nessuna che abbia raggi_unto il grado di certez:
pubblicati, contribuiranno certamente alla critica testuale ma non credo che za. L'ipotesi che, con diverse variazioni e aggiornamenti, viene comunemente p1u
cambieranno sostanzialmente il testo.8 È ovvio che nel secolo XX un validissi- accettata oggi è quella delle due fonti, proposta originariamente da H.J. Holzmann
mo aiuto è venuto anche dalle edizioni critiche delle versioni antiche9 del NT e nel 1863, aggiornata dallo Streeter nel 1924 e susseguentemente da Vaganay, Bo1-
smard e altriB Marco sarebbe il primo vangelo composto poco pnma dell'anno 70.
Precedentemente esisteva una collezione indipendente di detti di Gesù, comune-

5
Per un elenco completo dei papiri neotestamentari cf. K. ALAND - B. ALAND, Il testo del Nuo-
vo Testamento, Genova 1987, 104-114; J.K. ELLIOTI, A Bibliography of N. T. Manuscripts. Cambridge 10 I Padri qualche volta citano a inemoria o ad_ ser:sur;z, quindi non _si possono sempre u~are
1989. come criterio di una lettura, eccetto quando le loro citazioni sono costanti o q_uand~ mettono l en-
6 Nel 1924 B.H. STREETER, The Four Gospels. A Study ofOrigins, 108, individuava la prove- fasi esegetica su una parola o una frase: AA.Vv.. Die Textilberlieferung der antlken ltteratur und der
nienza dei codici evangelici come Alessandria,Antiochia, Cesarea, Italia-Gallia e Cartagine. Suddi- Bibel, Mtinchen 2 1988. . . . .
videva poi ciascuna regione in testimonianze primarie, secondarie, di terz'ordine, suppleinentari e 11 Oltre ai dizionari sono pure importantissime le conc?rdanze del NT (oggi a_nche in d1sc111
patristiche. I coniugi Aland, invece (Il testo, 179-182) preferiscono elencare i manoscritti per secoli di computer), particolarmente quelle 1nanuali di ~chmoller, di Moulton - Geden e d1 Bruder, oltre
in cinque categorie di autorità. alle concordanze ai LXX di Hatch - Redpath e di Aland. .
7 i1 Tra i numerosissimi libri sul problema sinottico segnalo il più recente d1 R.T. STETN, The Sy-
Altre edizioni recenti sono quelle di A. Souter, H. Vogels,A. Merk e J.M. Bover.
8
Recentemente, nel monastero di S. Caterina sul Sinai è stala scoperta una camera murata noptic Problem: An Introduction, Nottingham 1987. . . . ·, . .
che conteneva dei fogli spostati di diversi manoscritti, biblici, patristici e classici che si stanno stu- J3 Recentemente W. Farmer e B. Orchard hanno tentato di ns:iscitare la ~~echi~ teona dt
diando e preparando per la pubblicazione della Chiesa Greca Ortodossa: così il Bollettino dell'Isti- Griesbach, con non molto successo secondo la mia opinione, che M_t è Il vangelo ~iu ai:ttco i:nentre
tuto Hermann del 1985. fvlc è il compendio di !v1t e Le. Non si capisce p~rò perché Mc abbia voluto sceghere i passi n1eno
9
Nel 1972 l'Istituto Hermann ha pubblicato il quinto volu1ne, Die alten Obersetzungen des interessanti di Mt e trascriverli in un greco peggiore.
f'v'T, die Kirchenvii.terzitate und Lektionare, con contributi di molti collaboratori.
182 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La .filologia neotestamentaria nel secolo XX 183

mente chiamata «Q» (per Quelle, fonte). Matteo e Luca hanno ambedue attinto sia Gal, Fil, 1Ts e Flm sono quasi universalmente attribuite alla penna di Paolo. Di-
da Marco, sia da Q, sia da altre fonti proprie chiamate Me L rispettivamente. Le va- scussione esiste sull'autenticità di 2Ts, Ef e Col con studiosi seri schierati da am-
riazioni che gli autori recenti fanno su questa ipotesi richiederebbero diverse <<edi- bedue le parti, anche se si tende più a considerare queste epistole postpaoline.
zioni» di tutti e tre i vangeli complicando la loro interdipendenza. 14 Altre questioni concernenti le paoline versano sull'integrità di ciascuna lettera,
Il Vangelo di Giovanni costituisce un problema a sé. Si discute ancora, co- se, cioè, lettere singole non siano piuttosto un composto di diversi biglietti mes-
me già da molto tempo, se il suo autore abbia conosciuto o no i primi tre van- si insieme da coloro che hanno raccolto le lettere di Paolo verso la fine del se-
geli.15 Più importante è la discussione di ipotesi proposte per spiegare la com- colo.20 Data la possibilità o probabilità che alcune lettere del corpus siano post-
posizione letteraria del Quarto Vangelo. A parte la proposta, oggi con ragione paoline, recentemente si è scritto molto sul «paolinismo», ovvero la teologia del-
messa da parte, dei fogli spostati accidentalmente e messi insieme nell'ordine la «scuola paolina», che porta avanti il messaggio dell'Apostolo dopo la sua
sbagliato - sono proprio congetture come questa che mettono in discredito la morte. 21
filologia neotestamentana - più degna di considerazione è quella di Bult- Se tanto progresso è stato fatto nel campo della critica testuale e di quella
mann,16 secondo la quale il Vangelo di Giovanni raccoglie in sé tre fonti, la fon- letteraria, la vera rivoluzione nella filologia neotestamentaria è stata portata in
te dei «segni» (Semeiaquelle) con racconti di alcuni miracoli di Gesù, la fonte dei questo secolo dalla cosiddetta Formgeschichte, 22 o storia delle forme. E nata nel
discorsi, di provenienza gnostica dall'area dei mandei, e una terza fonte con il 1920 cou la pubblicazione quasi contemporanea di tre opere di R. Bultmann, M.
racconto della passione. L'evangelista avrebbe messo insieme, cristianizzato e Dibelius e K.L. Schmidt. 23 Mentre la critica letteraria cerca le sue fonti scritte,
impresso il suo pensiero personale sul materiale di queste fonti. Poiché non co- la storia delle forme presuppone, nella formazione dei vangeli e degli altri scrit-
nosciamo nessun documento gnostico che risalga al primo secolo, l'ipotesi della ti neotestamentari, la loro precedente trasmissione orale. Le primissime comu-
fonte gnostica oggi viene molto discussa. 17 Una terza posizione sulla composi- nità, prima ancora di possedere alcun documento scritto, andavano avanti con
zione letteraria di Giovanni è quella che ipotizza edizioni susseguenti del van- la predicazione, le celebrazioni liturgiche e l'apologia. C'erano, dunque, nella
gelo.18 Congiunta con le teorie più recenti su una comunità che porta avanti un Chiesa, diverse occasioni (Sitz im Leben) che richiedevano una forma kerigma-
determinato discorso su Gesù con un linguaggio tutto proprio e che a poco a tica particolare e dei generi letterari che si legavano a un determinato Sitz im
poco mette in iscritto la propria catechesi, si avvicina più alla verità sul diveni- Leben: controversia, catechesi, annuncio agli estranei, liturgia, ecc. Tutto ciò ri-
re letterario di questo vangelo. chiedeva la collezione (e secondo Bultrnann anche la creazione) di detti di Ge-
Una parola sul «Corpus paulinum», le quattordici epistole attribuite a S. sù e di racconti sulla sua vita che si adattavano alle circostanze della vita della
Paolo. 19 Anche qui ci muoviamo nella penombra tra ipotesi e probabilità. L'E- Chiesa primitiva. Gli evangelisti sarebbero stati dunque, sempre secondo Bult-
pistola agli Ebrei già dall'antichità viene considerata non paolina. Le «Lettere mann, dei redattori, quando, scrivendo i loro vangeli, non avrebbero fatto altro
pastorali», cioè 1 e 2 Tm e Tt, oggi vengono chiamate deuteropaoline dalla mag- che mettere in iscritto queste forme orali di trasmissione. I generi letterari indi-
gioranza degli studiosi e datate verso la fine del primo secolo. Rm, 1 e 2 Cor, viduati dai creatori della Formgeschichte erano modellati su generi paralleli nel-
la letteratura ellenistica e in quella giudaica contemporanea. Da tutto ciò è ri-
14 L'introduzione di Boismard ai vangeli sinottici nella seconda edizione della Bible de léru- sultata una diminuzione della credibilità storica dei vangeli, sempre supponen-
salen1 è un ottimo esempio dell'evoluzione della teoria delle due fonti e viene considerata favore- do come faceva Bultmann che molti dei detti di Gesù e dei fatti raccontati fos-
volmente da molti esegeti. se;o stati creati ad hoc, insieme a una maggior conoscenza delle circostanze vi-
15 In nessun altro campo degli studi neotestamentari è stato fatto tanto progresso in questi ul-
timi anni quanto in quello sul Quarto Vangelo. Si possono consultare le introduzioni g~nerali. al NT
tali della Chiesa primitiva. Questo suscitò, come era da attendersi, una grande
e le introduzioni ai grandi commentari più recenti (R. Brown, R. Schnackenburg) su Giovanni. Mol- controversia tra gli esegeti,24 particolarmente quelli che ci tenevano a salva-
to utile per una visione abbastanza completa di questi studi è S.A. PANIMOLLE, L'Evangelista Gio-
vanni. Pensiero e opera letteraria del quarto Vangelo, Roma 1985, con un'ottima bibliografia.
16 R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes, GOttingen 1966 con supplemento.
17 Per una visione moderna del problema gnostico cf. G. FrLORAlv.!O, L'attesa della fine, Storia
della Gnosi, Roma-Bari 1983; E. YAMAUCHI, Pre-Christian Gnosticism. A Survey of the Proposed 20 Vedi D. TROBISCH, Die Entstehttng der Paulusbriefsam1nlung, GOttingen 1989.. . . . .
21 Gli studi sul paolinismo nell'ultimo decennio sono innumerevoli, 1na uno dei nnglion n-
Evidences, London 1973; K.. RUDOLPH, Die Gnosis, GOttingen 1977.
18 Oltre l'introduzione a Gv nel commento di R. Bro\vn, vol. 29 dell'Anchor Bih!e, cf. gli ulti-
mane A. LINDEtvIANN, Paulus ùn iiltesten Christentum, Ttibingen 1979.
22 Per la metodologia della storia delle forme: H. ZIM!vlERMANN, J.Veutestamentliche Metho-
mi studi: R.T. FoRTNA, The Fourth Gospel and its Predecessor, Edinburgh 1988; J.L. MARTYN, Hi-
story and Theology in the Fourth Gospel, Nashville 1979; TH. NEYREY, An ldeology of Revolution, denlehre, Kassel 1966 [tr. it. Torino 1971]. _
23 R. BULTMANN, Die Geschichte der synoptischen Tradition, Gòttingen )1961; M. DIBELIUS,
Philadelphia 1988. . . .
19 Gli argomenti pro e contra l'autenticità delle lettere dubbie sono esposti ?ene nei. tre. vo-
Die Fornigeschichte des Evangeliums, Tiibingen 1919; K.L. ScttMIDT, Der Rahmen der Geschichte le-
lumi di G. BARBAGLIO - R. FABRIS, Le Lettere di Paolo, Roma 1980, oltre che nelle 1ntroduz1oni ge- su, Berlin 1919. .
24 Per la storia delle reazioni a Bultmann cf. vari saggi in P. GRECH, Ermeneutica e teologia bi-
nerali al NT.
blica, Roma 1986.
184 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La filologia neotestamentaria nel secolo XX 185

guardare la storicità dei vangeli. Ma dopo la seconda guerra mondiale si è po- vangeli, pur avendo tante analogie con le antiche biografie, essendo libri di
tuto distinguere tra la Formgeschichte come metodo letterario e i presupposti di kerygma, appartenevano a un genere letterario nuovo, come anche gli Atti. Le
natura storica, e allora la metodologia della storia delle forme si impose univer- epistole paoline seguono lo schema generale delle lettere ellenistiche, ma la lo-
salmente. Nell'ultimo decennio, però, la classificazione dei generi bultmanniani ro struttura viene modificata e allargata per includere un saluto cristiano, rin-
e il loro collegamento alquanto meccanicistico con un determinato Sitz im Le- graziamenti molto lunghi, parti dottrinali e parenetiche e un saluto con benedi-
ben vennero criticati fortemente da studiosi come K. Berger, 25 i quali, oltre a zione finale, che le diversificano sia dalle lettere attestate dai papiri, di natura
scoprire altri generi letterari e modificare quelli antichi, sostengono che una de- commerciale, amministrativa, familiare, ecc. sia dalle epistole di natura lettera-
terminata situazione ecclesiale può benissimo richiedere diverse forme lettera- ria. L'Apocalisse segue un genere comune nel giudaismo degli ultimi due seco-
rie, mentre un solo genere può essere usato in diverse circostanze. Questa nuo- li precristiani, ma viene adattata alle nuove esigenze cristiane. Lo studio di que-
va Formgeschichte si sta imponendo e sta producendo frutti copiosi nella ricer- sti generi costituisce oggi un importante campo di ricerca. Ma non è soltanto
ca sui generi, di cui parleremo appresso. Si deve anche aggiungere che la Form- nell'individuazione generica dei libri o gruppi di libri che consiste questa ricer-
geschichte non si limitò alla ricerca dei vangeli soltanto, ma si estese pure all'e- ca filologica. A parte le figure retoriche che si trovano in ciascun versetto del
pistolario, agli Atti e all'Apocalisse con risultati sorprendenti. 26 NT, stanno venendo alla luce molti generi originariamente di provenienza giu-
Un'ulteriore contestazione fatta a Bultmann dai critici posteriori riguarda deo-ellenistica, rabbinica, veterotestamentaria o addirittura semplicemente el-
il suo presupposto che gli evangelisti agissero soltanto da redattori. Ulteriori ri- lenistica, ma sempre battezzati nella fonte del kerygma cristiano. Tali sono il mi-
cerche hanno appurato che questi redattori, con la scelta del loro materiale, con drash, il testamento, le Haustafeln (doveri familiari), le liste di virtù e di vizi, le
le modifiche apportate e con l'ordinamento secondo determinate categorie, era- confessioni di fede, il kerygma, il racconto miracoloso, detti sapienziali, profeti-
no dei veri autori con un punto di vista teologico ben definito, e che dunque cia- ci e apocalittici, e tanti altri, ciascuno con una propria storia, struttura e funzio-
scuno dei sinottici, benché usasse materiale tradizionale, ha la sua propria teo- ne che richiedono un'ermeneutica specifica per ogni genere. Essendo questo
logia. 27 Questo campo di investigazione, fiorito negli anni sessanta, si chiama Re- studio un allargamento della storia delle forme, la ricerca sui generi include an-
daktionsgeschichte ovvero teologia redazionale. li tutto è sempre più grande che il loro ambientamento socio-religioso.
della somma di tutte le sue parti, con un'impronta ben individuata. Lasciamo da parte, per il momento, le nostre considerazioni sui generi let-
Oggi si va oltre. I libretti che formano il Nuovo Testamento sono biblia, ma terari per fare un passo indietro nel tempo e dire qualche cosa sugli studi am-
il fatto che nei primi secoli siano stati raccolti in un solo «canone» e che oggi si bientali, che poi ci ricondurranno nel campo linguistico. All'inizio del secolo era
pubblichino in un solo volume imprime una certa unità a questa collezione di molto di moda la religionsgeschichtliche Schule, 30 scuola della storia delle reli-
scritti provenienti da tradizioni giudeo-cristiane ed ellenistico-cristiane a esclu- gioni, la quale considerava l'inizio del cristianesimo come un prodotto eclettico
sione di altri scritti che non sono mai entrati nel canone, patristici o apocrifi. An- delle religioni del bacino del Mediterraneo, ma particolarmente del mondo el-
che in questo caso il tutto è più grande della somma di tutte le sue parti e quin- lenistico. Regnava un panellenismo legato alle ricerche contemporanee sulle re-
di il canonica! criticism,28 come si chiama nei Paesi anglosassoni, cerca di trova- ligioni misteriche, sullo gnosticismo, l'ermetismo e la religione popolare greco-
re una chiave di lettura superiore anche alla Redaktionsgeschichte, di modo che romana. Con l'inizio della pubblicazione, nel 1926, dell'opera monumentale di
i singoli scritti neotestamentari si spieghino vicendevolmente con riferimento ai Strack - Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midra-
fattori storici che hanno causato la loro canonizzazione. sch, ci si è accorti che c'erano pochi passi nel Nuovo Testamento che non aves-
Ma ritorniamo ai nostri generi letterari. 29 Se un bibliotecario di Alessan- sero uno sfondo giudaico palestinese o della diaspora. Ciò ha guidato i filologi
dria nel secondo secolo, ben esperto nel sistema Dewey, avesse ricevuto il Van- a cercare il significato di termini religiosi non nel contesto greco ma in quello
gelo di Matteo o gli Atti degli apostoli, dove li avrebbe collocati? È ovvio che i ebraico. Con la scoperta poi, nel 1947, dei documenti di Qumran,31 si è visto che
anche il dualismo giovanneo aveva radici palestinesi, mentre prima si era dato
per scontato che provenisse da un ambiente platonico o gnostico. D'altra parte,
25 Cf. K. BERGER, Exegese des Neuen Testaments, Heidelberg 1977, 128-136; Io., Forn1geschi- nel 1969 M. Hengel pubblicò il suo wpus magnum», Judentum und Helleni-
chte des Neuen Testaments, Heidelberg 1984.
26
Cf. P. GRECH - G. SEGALLA, Metodologia per uno studio della teologia del NT, Torino 1977,
67-72.
27 GRECH - SEGALLA, Metodologia,,73-80.
28 B.S. CHILDS, The New Testament as Canon: An lntroduction, London 1984; J.A. SANDERS, 30 G. LùDEMANT\' - M. SCHRÒDER, Die religionsgeschichtliche Schule in GOttingen, GOttingcn
Fro1n Sacred Story to Sacred Text, Philadelphia 1987. 1981.
29 Oltre ai libri di K. Berger citati sopra, cf. P. GRECH, «l generi letterari del NT», in Erme- 31 Molti problemi sono trattati particolarmente in J.H. CHARLESWORTH, .fohn and Qumran,
neutica e teologia biblica, 242-277. London 1972.
186 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La filologia neotestamentaria nel secolo XX 187

smus,32 in cui egli dimostrò chiaramente quanto, al tempo di Gesù, la stessa Pa- stinguere e di articolare le singole unità del testo per scoprire la logi~a _dello
lestina fosse stata invasa dalla cultura ellenistica. Difatti oggi si sa che la Galilea scrittore. Alcuni esegeti come Vanhoye, nella sua opera La structure htteratre de
particolarmente era bilingue. 33 Mentre la vita religiosa seguiva schemi e cate- l'épftre aux Hébreux,35 non si erano accontentati della struttura concettua.le ge-
gorie tradizionali ebraici, il modo di vivere, specialmente nelle classi più eleva- nerale ma avevano cercato di trovare una struttura strettamente letterari~ p~~
te, era greco. 34 Quindi, un aut aut tra sfondo semitico o sfondo ellenistico per ri- mezzo' di frasi introduttorie, parole di rimando, inclusioni, termini caratteristici
solvere le connotazioni del vocabolario neotestamentario è fuori posto, oltre la e generi letterari, indizi oggettivi e testuali che star.ebbero alla base anche della
considerazione ancora più valida che questo vocabolario esprimeva esperienze struttura concettuale. Benché un tale metodo voglia trovare dei cnten oggetti-
completamente nuove e si ambientava in una comunità che si distanziava sia dal vi non è immune nemmeno esso dal giuoco di fantasia dell'esegeta. I risultati,
giudaismo sia dalle religioni pagane mentre non poteva fare a meno del loro lin- p~rò, di diverse ricerche del gene~e sono ~t~ti di prim'ordine ..
guaggio per esprimere la sua nuova fede nel Cristo. Non contenti di questo, altri esegeti si sono avventurati n~l campo dello
A questo proposito una delle maggiori pietre miliari della filologia neote- strutturalismo propriamente detto dopo un congresso tenuto a Gmevra nel 1971
stamentaria è il Theologisches Worterbuch zum NT di Kittel e Friedrich, inizia- in cui intervenne R. Barthes. I coniugi Patte 36 divulgarono il metodo negb Stati
to nel 1933 e completato nel 1978 in dieci grossi volumi [tr. it. Grande Lessico Uniti particolarmente per la parte narrativa del, NT, m.a l'analisi_ strutturalista
del Nuovo Testamento, 16 voli., Brescia 1965-1992]. La durata della sua pubbli- stretta non sembra aver trovato molta popolanta tra gh esegeti sia per la diffi-
cazione, quasi mezzo secolo, è già un tratto di storia e di evoluzione che si nota coltà di applicazione, sia per la soggettività di interpretazione sia per la scarsità
benissimo nella differenza tra il primo volume e l'ultimo. Ogni parola del voca- di risultati concreti per l'esegesi. . . . .
bolario neotestamentario viene studiata nel suo significato veterotestamentario, Però qualche cosa è rimasta. C'è tutta una scuola oggi ~ei ·p.aesi di hngua
intertestamentario sia palestinese sia ellenistico, e greco, classico ed ellenistico. inglese, particolarmente in America, che entra nella categona dei P?st-struttu-
Infine viene esaminato ogni passo dove occorre nel Nuovo Testamento con ri- ralisti. Congiungendo alcuni metodi strutturalisti con uno stud10 pm profondo
ferimento allo studio diacronico precedente. Alcune voci sono dei veri trattati, sia della retorica classica sia di quella moderna di Perelman e Olbrechts-Tyteca,
37
occupando anche un centinaio di pagine. È naturale che l'apparizione di questa essi fanno ciò che si chiama il «reader's response criticism», ciò che l'imme-
opera abbia avuto profonde ripercussioni non soltanto sulla teologia del NT ma diato lettore avrebbe capito di uno scritto contemporaneo. Ma anche_ in ques_to
anche sugli studi filologici della letteratura cristiana del primo secolo. campo i risultati e i presupposti sono molto discutibili, anche se alcuni terrniru e
Però, ogni medaglia ha il suo rovescio. La filologia non consiste nello stu- metodi più accettati rimarranno per perfezionare la ricerca strutturai.e letter~­
dio diacronico delle singole parole. Il ricorso da parte degli esegeti al dizionario ria. C'è però, come abbiamo detto, un rinnovato interesse per la retorica c~a~si­
del Kittel risentiva di un certo etimologismo frammentario che, unito a una ri- ca, suscitato soprattutto da A.N. Wilder con il suo libro del 1971 Early Christian
cerca minuta delle fonti letterarie, si dimenticava del semplice fatto che il signi- Rhetoric, e da G.A. Kennedy in New Testament Interpretation through Rheton-
ficato di una parola non si spiega soltanto in relazione alla sua etimologia ma cal Criticism del 1984. Difatti, per ritornare ai nostri generi letteran che aveva-
piuttosto al suo contesto immediato. A questo proposito J. Barr, nel 1961, pub- mo lasciato da parte, K. Berger, elencandoli nel suo libro ormai cl.a~sico Fo:m-
blicò un libro, The Semantics of Biblica! Language [tr. it. Bologna 1968], per ri- geschichte del NT, li raggruppa sotto i titoli_ antichi di genere giud!Zlale, dehbe'
dimensionare i criteri del significato semantico delle parole. Barr critica pure la rativo ed epidittico, mentre F. Siegert esam~na 11 modo d1 argomentare paohno
colorazione teologica o filosofica in modo artificiale nei contesti che di religio- secondo la nuova retorica di Perelman. 38 E naturale che nessuno degh scritti
so o filosofico non hanno niente. neotestamentari appartiene alla letteratura classica e quindi non è da supporre
Contemporaneamente fiorivano gli studi strutturalistici e ci si è immedia- che gli evangelisti e anche Paolo abbiano vo!uto seguire espressam~nte le rego-
tamente accorti che la loro applicazione al testo neotestamentario sarebbe sta- le della retorica se pur le conoscessero. Pero di retori nei fo~i ~e n. erano abb~­
ta una risposta positiva alla critica di Barr. Non si deve confondere la struttura- stanza e il loro metodo di argomentazione era facilmente assnrula~ile da .un u~i­
zione del testo con l'analisi strutturalista. Un esame strutturale di qualsiasi scrit- tore intelligente. Forse questo ritorno dei filologi neotestamentan alla f1lologrn
to del NT era da sempre uno dei primi compiti dell'esegeta che cercava di di-

2
35 A. VANHOYE, La structure littéraire de l'épftre aux f/ébreux, ~aris-Brigge 1976; U. VANNI,
La struttura letteraria dell'Apocalisse, Roma 1971; 1.-~· ALETTI, Col?ss1ens l,~5~20, ~o~na 19~1.
32 M. HENGEL, Judentun1 und Hellenismus, Tiibingen 1969 [tr. it. Brescia 2001]. 36 Per esempio, M. VAN EsBROECX, Herrnéneut1que, structurabsme et exegese, Pans 1968, D. A.
33 Cf. E.E. VARDIMAN, La grande svolta. La Giudea tra e!lenisrno e primo Cristianesimo, Mi- PATl'E Pour une exégèse structurale, Paris 1978.
lano 1987; N. TURNER, vol. IV della A Granimar of New Testament Greek di Moulton. '37 Cf. S.-R. SULEIMAN-1. CROSMAN, The Reader in the Text, Princeton 1980.
34 HENGEL, Judentun1; VARDIMAN, La grande svolta. 38 F. SIEGERT, Argun1entation bei Paulus, Tilbingen 1985.
188 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

Capitolo undicesimo
greca aiuterà a colmare la distanza che, negli ultimi decenni, a causa di certe
esagerazioni dei biblisti, si era formata tra esegeti e filologi classici.
Qui però dobbiamo fare un'ultima osservazione. Abbiamo detto all'inizio L'ermeneutica biblica nel XX secolo*
che il greco del NT è quello della koinè. Dentro questo linguaggio gli ebrei si
erano formati quasi un dialetto proprio, con semitismi e aramaismi notevoli. 39 È
di questo dialetto che risentono gli scrittori neotestamentari, con varie modalità
che vanno da un greco fortemente semitizzante di un Marco a uno più elegan-
te, ma non scevro di aramaismi, dell'Epistola agli Ebrei. Però dobbiamo tenere
presente costantemente che come modello di composizione gli scrittori e gli
amanuensi del NT non hanno mai preso Omero o Demostene ma la traduzione
della Settanta e il linguaggio liturgico della sinagoga, pur usando questo stile per
esternare la novità della loro fede nel Cristo risorto. INTRODUZIONE
Veniamo adesso alla conclusione. Dopo questa rapida visione del progres-
so filologico negli studi neotestamentari, qual è il metodo scientifico che usa un Prima di iniziare questa conferenza è necessario chiarire in quale senso
esegeta odierno quando, per esempio, vuole fare l'esegesi di un passo evangeli- usiamo qui la parola ermeneutica. Si sa che si danno diverse definizioni di que-
co?40 Comincerebbe naturalmente dalla critica testuale per appurare la miglio- sto termine sia in ambienti filosofici sia in quelli biblici. Noi la vogliamo di-
re lettura possibile. Poi passerebbe all'individuazione delle fonti, se, cioè, il pas- stinguere dall'esegesi in quanto questa denota il metodo filologico e storico-
so appartiene a «O», «M», «L» o Marco. Segue la Formgeschichte: deve vedere teologico per scoprire il significato di un testo con riferimento alla mens auc-
a che genere letterario appartiene la sua pericope e collocarla nel Sitz im Leben toris, ciò che voleva dire un determinato autore ai suoi contemporanei. Inten-
più probabile. Per mezzo dei paralleli degli altri vangeli cercherebbe poi di di- diamo con ermeneutica nel senso più largo, invece, quella disciplina che ci aiu-
stinguere il senso che il passo aveva nelle sue fonti da quello che l'evangelista ta a scoprire la rilevanza di un testo scritturistico per il lettore di oggi. L'er-
gli dà adesso nell'insieme del suo vangelo, cioè la Redaktionsgeschichte. Per ini- meneutica filosofica ci interesserà soltanto in quanto utilizzata da biblisti del
ziare la sua esegesi lo studioso passerebbe a fare la struttura concettuale e let- nostro secolo.
teraria del capitolo, usando forse anche un metodo strutturalista. Comincia poi È ovvio che il secolo ventesimo inizia con una ricca eredità dal secolo pre-
l'esame delle parole una ad una cercando di cogliere le connotazioni veterote- cedente. Ormai la filologia ha raggiunto traguardi abbastanza avanzati per po-
stamentarie, giudaiche o ellenistiche, ma tenendo conto della semantica sincro- ter fare una buona critica testuale e semantica, e la metodologia storica che ave-
nica risultante dalla collocazione della parola nelle relazioni contestuali. Viene va portato tanti frutti nel campo classico viene applicata anche alla Bibbia. Ma
poi l'esame retorico del brano come tale, in superficie, con tutte le figure retori- ciò che tocca più il campo ermeneutico è la situazione teologica, particolarmen-
che fino ad arrivare, per quanto è possibile, a ciò che avrebbe voluto dire lo scrit- te in Germania.
tore e ciò che avrebbero capito i lettori immediati. Questo esercizio filologico L'ermeneutica presuppone una precomprensione del testo. Nell'ermeneu-
l'esegeta non lo fa per uno studio puramente linguistico ma a servizio della teo- tica cristiana, fin dagli inizi, questa è sempre stata la fede contenuta nel credo o
logia biblica che ne risulta, e lo concluderebbe con delle considerazioni erme- nella regula /idei. Quando però la precomprensione proviene da una dottrina fi-
neutiche per mostrare la rilevanza del passo per la fede del credente odierno. losofica o da una teoria teologica difficilmente componibile con la fede si corre
In questo saggio noi ci siamo limitati a indicare il progresso della ricerca il pericolo di travisare il senso della Scrittura. Agli inizi del Novecento troviamo
filologica del NT, come era nostro stretto dovere in questo congresso. Non ab- nel mondo protestante, particolarmente in Germania, il tardo liberalismo razio-
biamo toccato problemi di teologia biblica e di ermeneutica o di storia. Se do- nalistico ereditato da Schleiermacher e Ritschl, la scuola della storia delle reli-
vessimo esaminare il progresso fatto in questo secolo in questi tre campi ci oc- gioni, il concetto di mito applicato ai vangeli da Strauss, la separazione tra fede
correrebbe uno sguardo panoramico molto più vasto del presente. 41 e storia proposta da Martin Kahler e gli inizi dell'escatologismo conseguente
che culminerà in J. Weiss e A. Schweitzer. Contemporaneamente W. Dilthey por-
ta avanti un'ermeneutica filosofica pure ereditata da Schleiermacher che acqui-

39 Cf. l'introduzione di TURNER, val. IV della A Grammar di Moulton.


40 GRECH - SEGALLA, Metodologia.
41 P. GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986; G. SEGALLA, Introduzione alla teo-
* Studia Patavina 41(1994), 95-107.
logia biblica del NT, val. I, Storia, voi. Il, Problemi, Milano 1980 (pro manuscripto ).
190 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica biblica nel XX secolo 191

sta la sua indipendenza dalla teologia ma che influirà su questa più tardi. Que- dell'ermeneutica di questo secolo. Mentre il liberalismo voleva introdurre il cri-
sto stato di cose perdurerà per i primi due deceuni fino alla rivoluzione opera- stianesimo nello schema di una religione umana universale, pur conservando
ta prima da Barth e dalla teologia dialettica e poi definitivamente da Bultrnann. una sua identità nella figura storica di Gesù, Barth oppone il cristianesimo a
Esaminiamo adesso ciascuno di questi fattori per ottenere un'idea del cambia- ogni religione. Dio è il «totalmente altro» che, nella croce di Cristo, pronuncia il
mento avvenuto dopo la prima guerra mondiale. suO no a ogni opera umana, che sia la storia, la religione o la Chiesa. La croce è
il giudizio di Dio sull'uomo. La risurrezione, invece, è il sì della grazia, che, pur
lasciando l'uomo e la storia nella loro condizione attuale di peccato, li assume
1. L'ERMENEUTICA NELLA TEOLOGIA nella sua giustificazione. La religione stessa come anche la Chiesa non sono al-
tro che un segno senza valore intrinseco giustificante se non a causa della fede
Il razionalismo è quell'atteggiamento filosofico che mira all'autosufficien- in Cristo che esse propongono. Quindi la relazione tra Dio e il mondo diventa
za della ragione in materia di religione e di etica. Esclude quindi in diversi gra- un 1notus descendens. In Barth troviamo un ritorno alla visione soprannaturale
di il soprannaturale e particolarmente ogni intervento autoritario di natura ec- sia della fede sia del suo conteuuto e la grazia diventa il tema centrale. Il giudi-
clesiale. È quindi ovvio che un'ermeneutica razionalistica farà a meno del mira- zio barthiano sull'uomo e la sua storia è completamente negativo. La dialettica
coloso, negandolo o spiegandolo razionahnente. della teologia si svolge tra il sì e il no dell'opera di Dio in Cristo rappresentata
Il liberalismo teologico, intimamente collegato con il razionalismo e con il nell'incarnazione. A questo movimento teologico aderirono anche Gogarten,
romanticismo, vuol inserire la religione cristiana dentro una religione universa- Brunner e Bultmann. Quest'ultimo, come vedremo, adotta tutta la visione teo-
le che si caratterizza nel «pio sentimento» dell'uomo verso il divino. Fa largo uso logica di Barth ma si scosterà da lui nella interpretazione del soprannaturale. Iu
della critica biblica storica e punta tutto sulla figura di Gesù in quanto modello questo periodo entra a far parte dell'esegesi sia dell'Antico sia del Nuovo Te-
di una tale fede ed esempio della sofferenza per questa sua fede. La sua predi- stamento la Formgeschichte, che pur'essa rovescerà la fiducia nello storicismo
cazione sulla vicinanza del regno di Dio è una visione della fratellanza di tutti della teologia liberale.
gli uomini sotto la paternità di Dio su un piano sociale. Ma la molla centrale del
pensiero liberale è il dogma della libertà dell'uomo e della sua autodetermina-
zione sia di fronte allo Stato sia di fronte alla Chiesa. La religione è un motus 2. L'ERMENEUTICA NELLA FILOSOFIA
ascendens. Tutto ciò ha portato a una ricerca dettagliata della vita di Gesù e del-
la storia biblica attraverso il crogiuolo del razionalismo per scoprire l'essenza di Finora abbiamo parlato della scena ermeneutica nel campo teologico. Ma
questo pio seutimento. contemporaneamente, partendo sempre dal medesimo Schleiermacher, esiste
Ma proprio verso l'inizio del nostro secolo il liberalismo entra in crisi per un movimento parallelo nel campo filosofico portato avauti da W. Dilthey e da
le contestazioni dall'interno. D.F. Strauss aveva proposto la teoria del mito che M. Heidegger. Dobbiamo fermarci un momeuto a studiare questo sviluppo per-
invade il racconto della vita di Gesù. Mito, per lui, significa il rivestimento sto- ché ambedue queste correnti, quella teologica e quella filosofica, convergeran-
rico, preso dall'Antico Testamento, dal mondo giudaico e da quello religioso uo nell'ermeneutica di Bultmann che costituisce il punto focale dell'ermeneuti-
contemporaneo, di un'idea religiosa. Quiudi non esce dallo schema liberale se ca di questo secolo, essendo un punto di arrivo e simultaneamente un punto di
non a causa del suo scetticismo circa il metodo storico nella ricerca. Le sue con- partenza per le diverse visioni odierne.
vinzioni vengono rafforzate dalla cosiddetta «Scuola della storia delle religioni» Tradizionalmente, ermeneutica era sinonimo di esegesi, cioè l'arte di spie-
portata avanti da Reitzenstein, Bousset e altri. Data questa incertezza sulla re- gare un testo scritturistico già capito dall'interprete. Schleiermacher sostenue
lazione tra storia biblica e fede Martin Kahler taglia la testa al toro separando che il vero problema era capire un testo composto secoli fa. Ma ciò valeva pure
ambedue, particolarmente nella cristologia, distinguendo tra il Gesù della storia per un interlocutore orale. Mezzo di comunicazione è il linguaggio. Questo si
e il Cristo della fede. Ma l'ultimo colpo di grazia alla scuola liberale viene dato sviluppa come si sviluppa anche la psicologia dello scrivente o del parlante.
dalla scuola escatologica di J. Weiss e A. Schweitzer che non vedono più in Ge- Mentre l'aspetto linguistico si coglie con l'analisi filologica, quello psicologico si
sù un modello della fede o un maestro di morale ma un profeta escatologico che comprende per mezzo dell'intuizione geniale, una scintilla che scocca tra mente
predice la venuta prossima del regno di Dio. e mente unite nello spirito universale.
Verso il 1920 appare sulla scena la «teologia dialettica» di Karl Barth, che Erede di Schleiermacher all'inizio del secolo fu Wilhelm Dilthey. Questo
rovescia l'iutero modo di vedere della teologia liberale e del razionalismo. Nel filosofo distingue tra Naturwissenschaften e Geisteswissenschaften, cioè tra
suo celebre commentario all'Epistola ai Romani, Barth ritorna alle posizioni di scienze naturali e scienze dello spirito, per queste ultime valendo le sue consi-
Lutero e offre una lettura della lettera paolina che rimane come pietra miliare derazioni ermeneutiche. Mentre per Schleiermacher la comprensione era sta-
192 li messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica biblica nel XX secolo 193

ta un fatto linguistico, per Dilthey diventa una categoria vitale. L'uomo è un es- Questo aspetto linguistico viene sviluppato nel «Secondo» Heidegger. Ve-
sere storico, la sua esperienza della vita, i suoi sentimenti, la sua comprensio- rità è a-letheia, uno svelarsi dell'Essere all'uomo, il quale diventa, per mezzo del-
ne nel suo mondo sociale e culturale si esternano per mezzo di espressioni vi- la sua comprensione e del linguaggio, un altoparlante della voce muta dell'Es-
tali (Lebensiiusserungen ): quelle quotidiaue, ovvero quelle più alte nell'arte, sere. Di conseguenza, l'ermeneuta non è uno che spiega solamente il significato
nella letteratura, nelle istituzioni, nella legislazione, ecc. Oggetto dell'erme- delle parole, che servono puramente a rivelare il linguaggio dell'epoca, un lin-
neutica sono proprio tali manifestazioni, in quanto esprimono l'autointendi- guaggio troppo stretto per esprimere la totalità della comprensione. Il suo com-
mento dell'uomo nel suo ambiente vitale. Nel processo storico molte di queste pito è quello di tradurre quel linguaggio in un linguaggio contemporaneo com-
manifestazioni si cristallizzano perdendo il contatto con la fonte esperienziale. prensibile all'uomo d'oggi.
Il processo ermeneutico ha il compito di decristallizzarle di nuovo rendendole H.-G. Gadamer, in Wahrheit und Methode, riprende il discorso sul linguag-
esperienze fresche e vitali per l'uomo contemporaneo. Il legame con il passa- gio del secondo Heidegger. «Ermeneutica» è sì comprensione, idea antica dello
to è la ragione umana. La comprensione, dunque, diventa un principio esisten- Schleiermacher, ma questa comprensione accade quando il lettore, vivendo nel
ziale senza cessare di essere un concetto metodologico delle scienze umanisti- presente e quindi erede di un bagaglio di cognizioni e giudizi che egli riceve dal
che, ma la distanza tra comprensione e interpretazione diventa sempre più continuo della sua storia culturale, si confronta con l'orizzonte del testo. Allora
grande. l'orizzonte suo e quello del testo si fondono, di modo che ciò che era pre-com-
Nell'ultimo periodo della sua vita Dilthey si era appoggiato sulla fenome- prensione o pre-giudizio da parte del lettore diventa adesso comprensione, mo-
nologia di Husserl. Ad ambedue si appella adesso Martin Heidegger per porta- dificandosi durante la lettura. Ma la comprensione non è mai assoluta. È an-
re l'ermeneutica al suo apogeo esistenziale. Il filosofo di Marburg, in Sein und ch'essa un anello storico nella catena di comprensioni varie sia nel passato sia
Zeit, intende studiare l'essere come tale, cioè quello che trattiene gli esseri dal nel presente. Il continuo della tradizione è la Wirkungsgeschichte dei testi all'o-
ricadere nel nulla. Ciò non può essere fatto studiando gli esseri direttamente, rigine della nostra cultura che si manifesta nel linguaggio, in cui si innestano i
perché si cadrebbe nello schema oggetto-soggetto, ma, poiché il luogo privile- valori culturali. Benché il testo sia normativo, Pinterpretazione è un processo !;'
giato dove l'essere si manifesta è il Dasein, cioè l'essere umano, l'uomo, è solo continuo e mai definitivo perché l'atto comprensivo si rinnova di generazione in
in lui che esso si può osservare. L'uomo, come per Dilthey, non è un'essenza pre- generazione, dando così origine a una nuova verità che diventa essa stessa og-
costituita e assoluta, egli è la sua possibilità e guadagna la sua ex-sistentia me- getto di interpreta7ione. Il fiume di spiegazioni che concretizzano la compren- I
sione costituisce la tradizione. Si noti che per Gadamer l'autore perde di im- !!
diante le sue scelte autentiche. È quindi una trascendenza finita la cui struttura
contiene delle relazioni con il mondo che lo circonda (in-der-Welt-sein). Se il portanza di fronte al testo che ora acquista la paternità del lettore.
Dasein si spersonalizza come un essere qualunque, cade nell'esistenza inauten- Gadamer viene attaccato proprio su questo punto da Hirsch e particolar-
tica· se al contrario realmente accetta di essere il luogo in cui l'essere si rnani- mente da Emilio Betti che sostengono che una comprensione che esula dalla
fest~ e' realizza tutt~ le sue possibilità, allora esiste autenticamente. Questo de- mens auctoris è necessariamente soggettiva e arbitraria.
ve essere uno sforzo continuo perché non si cada di nuovo al livello di oggetto Sulla linea linguistica di Dilthey, Heidegger e Gadamer, troviamo Paul Ri-
(Verfallenheit). L'ansia di creare coutinuamente il proprio futuro può diventare coeur che oggi va per la maggiore in campo di ermeneutica scritturistica. Egli
terrore, particolarmente di fronte alla morte. L'orizzonte in cui si sviluppa l'es- iniziò con lo studio del simbolismo, particolarmente il simbolismo del male, in
sere è il tempo, passato, presente e futuro. Lo studio dei vari modi in cui l'uomo quanto un simbolo, mitico, religioso o poetico, dice molto di più di un discorso
abbia compreso e attualizzato le sue possibilità nel passato apre l'orizzonte alle logico. Di là passa allo studio della metafora, per arrivare poi a quello del testo
possibilità presenti per proiettarsi nel futuro ed «esplicarsi» o autorealizzarsi co- scritto che acquista una certa distanziazione e autonomia dal suo autore, rive-
me uomo. Quindi la filosofia è essenzialmente ermeneutica. L'ontologia è l'in- lando un suo proprio mondo, e ha la funzione di aiutare il lettore a comprende-
terpretazione dell'essere, ma ruomo non deve esplicare ciò che a lui è esterno, re se stesso nei suoi confronti. L'ermeneutica, dunque, si colloca nello schema
perché costitutiva dell'essere-nel-mondo del Dasein è una certa comprensione generale della filosofia pur mantenendo una collocazione tutta propria. Ricoeur
primaria che agisce da preintendimento. La comprensione umana è linguistica scrive molto sul ruolo dell'ermeneutica nello studio della Scrittura. dn Ricoeur
per sua natura: il linguaggio ordina la comprensione, e sono proprio le espres- vengono dunque ad incontrarsi due ermeneutiche: l'ermeneutica della restaura-
sioni linguistiche degli uomini autentici come poeti e filosofi che sono più in- zione del senso, o ermeheutica dell'ascolto; e un'ermeneutica critica, la quale è
terpretative dell'essere. capace di ritornare di nuovo, dopo l'ascolto e dopo l'accettazione della tradi-
Il loro studio, dunque, non è altro che lo studio dell'autocomprensione del zione, e assumendo tutta la dimensione della temporalità storica, con tutte le no-
Dasein e delle sue possibilità e perciò il loro discorso si distingue dalle mere vità culturali ed esistenziali che essa comporta, ad una interpretazione di sé di
chiacchiere ( Gerede). fronte al testo. Solo in questo senso di una duplice ermeneutica, che ascolta il te-
194 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'ermeneutica biblica nel XX secolo 195

sto ma che ne fa anche un pretesto per ripercorrere storicamente il passato sto- co. Un tale linguaggio soprannaturale, dunque, se vuole essere accettato oggi bi-
rico e ritornare, così arricchita, sul soggetto, è possibile comprendere tutto il si- sogna che sia tradotto in categorie accettabili all'uomo odierno; non nel modo
gnificato dell'opera e dell'ermeneutica di Ricoeur». 1 che facevano gli antichi razionalisti come Paulus che spiegavano i miracoli na-
turalisticamente in modo puerile, ma traducendo il mito in un discorso filosofi-
co contemporaneo. Questo sfondo filosofico Bultmann lo trova nell'Heidegger
3. L'ERMENEUTICA DI R. BULTMANN di Sein und Zeit. Già il suo amico Hans Jonas aveva individuato una forte com-
ponente esistenzialista nei miti gnostici, che Bultmann trova pure nel linguaggio
Abbiamo finora percorso due filoni, quello teologico all'inizio del secolo religioso cristiano primitivo. Non è sua intenzione ridurre la teologia a filosofia,
fino alla teologia dialettica e quello filosofico fino a Ricoeur. Abbiamo fatto ciò egli vuole soltanto indicare un parallelismo tra il nucleo del pensiero cristiano e
per uno scopo particolare, in quanto questi due filoni, verso la metà del secolo, quello di Heidegger. Scopo dell'ermeneutica non è una lettura oggettivizzante
s'incontrano nell'ermeneutica di R. Bultmann che ha determinato il percorso del testo ma, seguendo Dilthey e Heidegger, un dialogo con l'autore per arriva-
della teologia cristiana, sia protestante sia cattolica, nella seconda metà del No- re a una autocomprensione esistenziale di fronte a Dio. Un tale autointendi-
vecento. mento apre delle possibilità di decisione che, in campo religioso, costituiscono
Oltre che per il suo importante contributo esegetico, Bultmann viene ri- l'atto di fede. Ciò che per Heidegger è l'uomo non autentico e l'uomo autenti-
cordato per un triplice contributo ermeneutico. Il primo è quello della storia del- co ha i suoi paralleli in teologia nell'uomo sotto il peccato e nell'uomo giustifi-
le forme applicata ai vangeli sinottici. Non dico niente qui della Formgeschichte cato. Il «peccato» fondamentale, per Bultmann è la presunzione di voler creare
come tale perché suppongo che tutti ne abbiano conoscenza. Sottolineo sola- il proprio futuro da sé invece di credere nel futuro di Dio.
mente l'estremo scetticismo bultmanniano sulla storicità dei vangeli, uno scetti- Il teologo di Marburg ritiene che non si può parlare di Dio oggettivizzan-
cismo non inseparabile dalla storia delle forme in quanto metodo esegetico. Però dolo, si può parlare solo da dentro la nostra relazione con Dio, ciò vale per la ri-
è proprio la mancanza di fiducia nella storicità del racconto evangelico che in- velazione nella parola di Dio. Implica però il fatto che se parlo di Cristo non
duce Bultmann a dare una valutazione negativa sulla rilevanza del Gesù storico posso dire che Gesù è il Cristo in sé ma che, avendo esperimentato la sua sal-
alla nostra fede in Cristo. Non che Bultmann voglia fare di necessità virtù, come vezza, egli è Cristo per me. Non posso dire che la croce ci ha salvato perché era
confessa egli stesso: cioè, avendo distrutto la storicità dei vangeli, adesso vuol la croce di Cristo, ma che diventa la croce di Cristo per me quando ho creduto.
«salvarsi in corner». La sua valutazione teologica del Gesù storico proviene da Il momento di credere è l'avvenimento salvifico (Heilsgeschehen), puntuale ed
posizioni teologiche ereditate dalla teologia dialettica e da Martin Kahler, una escatologico nel presente. Non c'è Heilsgeschichte, una storia della salvezza og-
posizione fortemente antiliberale. La nostra fede, ritiene il luteranesimo stretto, gettiva con la parousia alla fine. Parousia, incarnazione, risurrezione, ascensio-
non deve appoggiarsi né sulla ragione né sulla storia se deve rimanere fede. ne, grazia sacramentale, ecc. sono concetti mitologici: possono servire sì da pre-
Quindi anche se conoscessimo ogni momento della vita di Gesù ciò non contri- comprensione ma non come contenuto dell'atto di fede. Bultmann ammette un
buirebbe in nulla al nostro atto di fede. Precisiamo qui che parliamo difides qua, solo caso di intervento soprannaturale: l'atto del credere quando si viene in con-
perché proprio nella fides quae incontriamo il terzo contributo teologico del no- tatto con la parola. Tutto il resto è demitizzabile.
stro autore all'ermeneutica neotestamentaria: la teoria della demitizzazione.
Abbiamo detto che Bultmann accetta la spiegazione barthiana dell'Epi-
stola ai Romani con la sua ermeneutica attualizzante in senso protestante tra- 4. DOPO BULTMANN
dizionale contro le tendenze liberali. Bultmann critica Barth soltanto in quanto
questi accetta il contenuto (die Sache) soprannaturale delle asserzioni di Paolo. È ovvio che la posizione di Bultmann abbia prodotto delle forti reazioni,
Come aveva detto Strauss prima di lui, Bultmann, che in fondo continua la tra- persino tra i suoi medesimi discepoli. Alcuni, come Jeremias, lo hanno rimpro-
dizione razionalista, ritiene che il linguaggio sul soprannaturale non possa esse- verato a causa del suo scetticismo storico, altri, per aver ridotto Gesù a un Cri-
re accettato come tale dall'uomo moderno, che non vive nel mondo degli anti- sto doceta, altri, come Kasemann, perché aveva messo in pericolo l'extra nqs
chi, popolato da divinità e demoni i quali intervengono in ogni azione umana. della salvezza·, e la corrente ortodossa a causa della sua ermeneutica demitiz-
Egli pensa con le categorie di causa ed effetto, in un modo scientifico, non miti- zante.
Una scuola, però, quella detta della Nuova Ermeneutica, con E. Fuchs, G.
Ebeling e J. Robinson, si è riallacciata al secondo Heidegger e a Gadamer per ri-
1 G. MURA, Ermeneutica e verità. Storia e problemi della filosofia dell'interpretazione, Roma tornare a un neoliberalismo esistenziale, pur seguendo Bultmann in alcuni
1990. 313. aspetti della demitizzazione. Essi partono dalla nozione del linguaggio, che non
196 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
L'er1neneutica biblica nel XX secolo 197
ha uua fuuzione puramente informativa, ma è soprattutto provocatorio e vuol
condurre a una determinata decisione in una determinata «ora». Il valore di una che basate su filosofie differenti. Autori come Belo hanno fatto un'ermeneutica
parola si misura dai suoi effetti. Quindi ciò che Bultmann chiama Heilsgeschehen ma~xista ~i certi testi neotestamentari. In America Latina è sorta la teologia del-
essi lo chiamano Wortgeschehen ovvero Sprachereignis, cioè evento linguistico. la hberaz10ne e non _sono mancate letture positivistiche della Bibbia. Non pos-
Il linguaggio è l'ermeneutica di un avvenimento, esso quindi passa nella tradi- siamo percorrere qui tutte queste ermeneutiche. Vorrei soffermarmi soltanto su
zione culturale o religiosa dove si cristallizza e lì rimane finché non si fa risco- due in particolare, per poi concludere con lo stato atuale dell'ermeneutica filo-
prire di nuovo per ritornare a essere evento. L'uomo non soltanto crea il lin- sofica che ci pone dei problemi enormi.
guaggio ma viene anche creato da esso, in quanto il patrimonio linguistico che Cominciamo con lo strutturaliso. Il documento della Pontificia Commis-
egli eredita gli indica le sue possibilità di attualizzazione. Il linguaggio crea pure sione Biblica lo enumera sotto il titolo di metodo semiotico. Si sa che lo strut-
comunità, e quello cristiano crea Chiesa, un aspetto trascurato da Bultmann, per turalismo può significare una filosofia ovvero un metodo analitico per studiare
mezzo dell'intercomunicazione di come i singoli abbiano compreso il senso del- delle narrazioni folkloristiche. Difatti le analisi letterarie di Jakobson e De Saus-
l'esistenza. Leggere un testo biblico, dunque, non è interpretare, è piuttosto il te- sure precedettero le filosofie strutturalistiche di Lévi-Strauss, Lacan, Althusser
sto che interpreta il lettore in quanto lo provoca a una decisione simile all'even- e Foucault. In quanto filosofie, queste presuppongono un certo determinismo
to da cui era scaturito originariamente. Una tale decisione esistenziale spinge a soggiogano l'uomo al linguaggio ed escludono il trascendentale. Ma, come ab~
una nuova espressione linguistica e quindi al kerygma che lo mantiene in vita: biamo detto, 11 metodo analitico è ben separabile dai presupposti filosofici, co-
Applicando, adesso, tutto ciò alla questione del Gesù storico questi teolo- me la stona _delle forme m quanto metodo è separabile dai presupposti teologi-
gi seguono i liberali nell'insistere sulla necessità di conoscerlo con tutti i mezzi ci e_filosofic1 di Bultmann. Lo strutturalismo ha avuto il buon esito nell'esegesi
storici moderni della storia delle forme, malgrado ogni scetticismo bultrnannia- d1 r1~ortarc1 a una lettura sincronica del testo, pur non trascurando quella dia-
no. La ragione è che noi ci chiamiamo cristiani in quanto ci appelliamo all'e- c~ornca. P~rò l'autore, che era già stato messo da parte da Gadamer, adesso spa-
sperienza di fronte a Dio, cioè alla medesima fede che aveva Gesù. I suoi detti risce quasi compl~tarnente e rimane solo il testo che deve spiegare se stesso.
e le sue opere trasmessi nei vangeli non sono altro che il linguaggio in cui egli Anthony Th1selton ha voluto elaborare anche un approccio ermeneutico
ha espresso l'avvenimento delle sua autocomprensione di fronte a Dio. Questo fondato su Wittgenstein, non tanto sul Wittgenstein del Tractatus quanto su
linguaggio è poi passato nella tradizione in cui siamo nati noi. Un'ermeneutica quello delle Ricerche filosofiche. Thiselton sintetizza così le implicazioni erme-
di questo linguaggio, dunque, non si limiterebbe a fare l'esegesi storica del con- neul!che di qu_esto_ filosofo:_ «Abbiamo ora analizzato almeno quattro punti di
tenuto (molto è mitico), ma a penetrare dietro di esso e scoprire la fede di Ge- contatto tra gh ull!m1 scntt1 d1 W1ttgenstein e il problema ermeneutico. In pri-
sù che dovrebbe provocare un simile avvenimento nel lettore secondo le sue cir- U:? luogo eg~: s1 ~dopera per aprir~ una prospettiva che ci permetta di notare
costanze storiche, un avvenimento sia individuale sia collettivo, che conseguen- c10 che _era g1a e.s1stente e da scoprire. In secondo luogo, egli non si occupa dei
temente prorompe in un nuovo linguaggio kerigmatico moderno; questo passe- concetti generai! della _logica formale, ma dei caratteri particolari di specifiche
rebbe di nuovo dentro il patrimonio cristiano per poter ridiventare evento nel s1tuaz1on1 hngu1st1che, il che può portare a dei mutamenti concettuali. In terzo
futuro. Ecco il concetto di tradizione, non una trasmissione di un deposito di luogo, i giuochi lingnistici sono basati sulla vita e l'attività dell'uomo, le quali si
contenuti ma di avvenimenti linguistici che tengono viva la confessione che apr~~o al futuro e possono quindi essere soggette a cambiamenti temporali 0
«Gesù è il Cristo» in quanto mantengono viva la sua fede originaria. storici. In .quarto luogo, non c'è nessun a priori logico dietro l'apprendimento e
la formazione nel corso della vita umana che ci pone nelle situazioni in cui noi
u_si~mo il linguaggio. Ciò è molto vicino a qnello che riteneva Heidegger, che,
5. ERMENEUTICA E FILOSOFIA ATTUALI c1oe, il mondo del Dasei~ .è q~alcosa ~~ anteriore alle relazioni di pensiero sog-
getto-oggetto e_ a prnposiz1om conosc1llve. In effetti, sebbene la nozione di giuo-
Una volta ammesso che le er1neneutiche possono essere soggette a una fi- chi hngrnst1c1 d1 W1'.tgenstein non sia identica alla nozione di mondo di Heideg-
losofia, che sia quella hegeliana, diltheyana o esistenzialista, particolarmente ger, e chiaro che v1 e uno stretto parallelismo tra i due concetti». 2 Thiselton pro-
per rendere la lettura della sacra Scrittura intelligibile all'uomo contemporaneo, s~?ue a dare qualche esempio di proposizioni paoline che possono essere clas-
non si capisce perché l'uomo contemporaneo debba essere identificato con co- s1f1cate dentro le suddette forme, ma avrebbe potuto andare ancora più lontano
lui che accetta la soluzione esistenzialista. Il problema non è nuovo. Agostino si nell~ su_a ~n~ahs~ s~ avesse fatto una comparazione tra certi giuochi linguistici
era appellato al neoplatonismo per la sua ermeneutica teologica, S. Tommaso al- dell anllchita cnstrnna e analoghi giuochi con le medesime parole nell'uso mo-
l'aristotelismo e la Chiesa preconciliare al neoscolasticismo. Quindi non è un
fatto sorprendente che dopo Bultmann siano sorte delle ermeneutiche teologi-
2
A.C. THISELTON, The 1ìvo Horizons, Exeter 1980, 378.
L'ermeneutica biblica nel XX secolo 199
198 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
I
Pareyson sta sul lato opposto. Egli corregge molto del punto di vista di Ga-
i
demo, per es. la parola libertà nel vocabolario religioso paolino e. in quello poli- damer dando un fondamento ontologico all'interpretazione. Mentre sostiene
tico moderno, in riferimento, sempre come esempio, alla teologia della hbera- che la verità non è oggettivizzabile, dice pure che essa mantiene la sua unità pur il
zione. Un giuoco richiede un arbitro per deter1ninare se esso procede secondo nella varietà delle sue manifestazioni in quanto la verità dell'essere, il quale, in 'i
Je regole, non si potrebbe chiamare la Chiesa a esercitare questo ruolo nello Pareyson, viene sostituito dalla libertà da cui esso pende, si svela continuamen- I
svolgimento delle teologie ermeneutiche contempornnee? , , . te e sporadicamente nei grandi avvenimenti della cultura. Pareyson, dunque,
La filosofia postmoderna è molto frammentaria, e così pure e l ermeneuti- propone un ontologismo personale e teistico. Dio è la somma libertà da cui di-
ca. La «decostruzione» proposta da Derrida è una reazione al logocentrismo di pende ogni essere-libertà. Ho voluto trattare Pareyson per ultimo benché non
Heidegger, a cui oppone la scrittura come modo di conservazione socia~e. Ma. la Io sia in ordine di tempo per concludere con una nota positiva in mezzo al fram-
sua insistenza sull'intuizione a scapito della logica e l'indipendenza dei segni e mentarismo, nichilismo e pensiero debole che ci circonda e che non apre delle i i
dei concetti dalle cose la rendono troppo anti-essenzialista perché possa essere prospettive troppo brillanti per il dialogo tra filosofia e teologia.
utile alla teologia. Non soltanto si elimina l'autore ma si deve pure dec~struir_e
il testo medesimo e ogni significato viene attribuito al lettore. Questo da ongi-
ne all'«ern1 eneutica del sospetto», come nell'ermeneutica femminista, e in par- CONCLUSIONE
te nell'ermeneutica liberazionista, come anche a forme estreme del «reader-re-
sponse criticism» in circoli letterari anglosassoni. Ques~i ultimi, ap~li~an~o le lo~ Così abbiamo percorso l'itinerario dell'ermeneutica dagli inizi del secolo
ro teorie letterarie alla Bibbia, insistono sul lettore, sia quello originario a cui fino ai nostri giorni. La quasi totalità di ciò di cui abbiamo parlato è accaduta
era indirizzato lo scritto, sia quello contemporaneo come arbitri del senso di ~n fuori del campo cattolico, e molto pure fuori del campo teologico. Chi percorre
passo. Come già abbiamo detto riguardo alla critica fatta da Hirsch e da Bet!I a anche superficialmente il documento della Pontificia Commissione, però, non
Gadamer, seguendo questa strada l'ermeneutica cadrebbe in un soggettivism~ può non rendersi conto dell'influsso che queste ermeneutiche hanno avuto sul-
senza via di uscita. Messo da parte l'autore, e in certi casi pure il testo medesi- la teologia e sull'esegesi cattolica, almeno per scopo di dialogo interconfessio-
mo, non rimane altro che l'arbitrio del lettore. Ciò indica che dall'estremo che nale. Abbiamo visto come dall'intuizione della mente dell'autore di Schleier-
considera solo l'intentio auctoris come criterio di senso, trascurando una certa macher si è passati a una valutazione del testo indipendentemente dall'autore,
autonomia del testo, si va all'altro estremo che elimina pure il testo e vi sosti- fino al sospetto e alla decostruzione pure del testo stesso. Inoltre abbiamo os-
tuisce il lettore. Credo che il documento della Pontificia Commissione restitui- servato come dal razionalismo si è passati alla fede barthiana e alla demitizza-
sca l'equilibrio dando unicuique suum nel processo ern:eneutico. . zione bultmanniana; come il Gesù storico tanto valorizzato dalla teologia libe-
Ho omesso di parlare della Scuola di Francoforte, m quanto essa mteressa rale sia stato abbandonato da Bultmann per essere ristabilito dai neoliberali. In
meno l'ermeneutica biblica. Non sarebbe inutile, però, aggiungere una parola su campo filosofico abbiamo anche visto che l'ermeneutica è stata definita quale
Habermas e Pareyson. Habermas non interessa direttamene l'erm~neutica re~­ scienza della comprensione piuttosto che della spiegazione, limitata alle scienze
giosa se non negativamente. Viene menzionato qui per.ché rovesci~ certe posi- umanistiche, ma come con Habermas osserviamo invece una retromarcia in sen-
zioni che erano date per scontate nella linea ermeneutica da Schle1erma~h~r a so sociale. In ultimo abbiamo visto come dall'ambito filosofico l'ermeneutica sia
Gadamer. Per esempio, egli non limita l'ermeneutica alle scienze uman1st~che passata a quello della critica letteraria, particolarmente nei Paesi anglosassoni.
( Geisteswissenschaften come le chiama Dilthey ), ma la estende pure alle scien- Il documento della Commissione Biblica non prende nessuna posizione fi-
ze positivistiche come la sociologia, in quanto importante nella raccolta e nella losofica aprioristica. Ammette la legittimità di un'ermeneutica filosofica anche
spiegazione dei dati. Inoltre, per lui l'ermen~utica non è. sci~nza dell_a compren- nell'interpretazione biblica ma ne indica pure i limiti e i pericoli. Se il nostro do- i! '

sione ma della spiegazione, nell'ambito dell'mtercomumcaz10ne sociale. Contro cumento dovesse essere giudicato da un filosofo contemporaneo immerso nelle
Gadamer ritiene che il linguaggio abbia una funzione sociale e obietta a que- teorie moderne, certamente direbbe che l'insistenza sulla mens auctoris è anti-
st'ultimo che la sua teoria della tradizione linguistica che agisce da precom- quata, anche se, come abbiamo visto, non sono pochi coloro che la ripropongo-
prensione alla lettura di testi del passato preclude ogni novità n_el campo ~ocia­ no; e se è un decostruzionista non accetterebbe neppure la fissità, per non dire
le. Benché sembri ammettere la razionalità umana come cr1ter10 d1 ver1ta nel- la sacralità, del testo. Difatti l'ermeneutica femminista arriva a questo punto.
l'interscambio pragmatico della comunicazione che vuo_l raggiungere ~n com- L'ermeneutica proposta dal documento è quella che comincia con il senso sto-
promesso di punti di vista, la verità, ritiene Habermas, rimane prag~atica, ~on rico che l'autore ha voluto trasmettere ai suoi contemporanei, di studiare la
trascendentale nel senso degli ermeneuti precedenti. L'influenza di Marx sda Wirkungsgeschichte del testo, di guardare alle nostre situazioni storiche che pos-
sentire fortemente e perciò la sua ermeneutica aiuta poco o niente la spiegazio- sono trovare un parallelo con le situazioni originarìe, alle diverse situazioni del-
ne della Scrittura.
200 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

la Chiesa in cui il testo è stato usato pastoralmente o teologicamente, e quindi Parte seconda
di applicarlo alla situazione contemporanea. Ogni intepretazione può essere
aiutata dagli approcci provenienti dalla critica letteraria, dalla semiotica e dalle Teologia e storia
scienze .naturali, ma in ultima analisi sarà lo Spirito Santo che inizialmente
ispirò il testo che ci rivelerà il suo significato per la Chiesa odierna.

NOTA BIBLIOGRAFICA

In una rassegna ampia come questa era impossibile indicare nelle note le
fonti del nostro studio. Ci siamo limitati soltanto a due citazioni dirette. Nella
presente nota vorremmo offrire una breve rassegna di opere generali sulla no-
stra materia nelle quali si troveranno indicazioni di fonti e ulteriori bibliografie.
In N. HENRICHS, Bibliographie zur Hermeneutik, Diisseldorf 1972, si trova
una bibliografia fino a quell'anno. Per la parte sull'eredità teologica e filosofica
dal secolo XIX cf. B.M.G. REARDON, Religious Thought in the Nineteenth Cen-
tury, Cambridge 1966, che, oltre ai teologi continentali come Schleiermacher,
Strauss e Ritschl, dedica la seconda metà del volume a teologi di lingua inglese.
Sulla questione del dibattito circa il Gesù storico sarà sempre valida la classica
rassegna di A. SCHWEITZER, Von Reimarus zu Wrede del 1906 [tr. it. Brescia 1986
su 91984], tradotta in inglese nel 1910 sotto il titolo The Quest ofthe Historical
Jesus. Per il ventesimo secolo in Germania si legge con piacere H. ZAHRNT, Die
Sache mit Gott. Die protestantische Theologie im 20. Jahrhundert, Miinchen
1966, mentre come monografia su Bultmann, tra le decine che si trovano, una
delle migliori rimane W. SCHMITHALS, Die Theologie Rudolf Bultmanns, Tiibin-
gen 1966. Per la Nuova Ermeneutica e anche per alcuni saggi su Bultmann cf. P.
GRECH, Ermeneutica e teologia biblica, Roma 1986 e il contributo del medesimo
in Dizionario di teologia fonda1nentale,Assisi 1990 sotto la voce «Ermeneutica».
Per la parte filosofica, invece, cf. R.E. PALMER, Hermeneutics, Evanston 1969.
Recentemente sono apparse tre ottime rassegne della storia dell'ermeneutica:
M. FERRARlS, Storia dell'ermeneutica, Milano 1988; G. GUSDORF, Storia dell'er-
meneutica, Roma-Bari 1989 e particolarmente G. MURA, Ernieneutica e verità.
Storia e problemi della filosofia dell'interpretazione, Roma 1990. Per chi volesse
un'antologia di testi ermeneutici filosofici cf. K. MDLLER-VOLLMER, The Her-
meneutics Reader, New York 1989 e G. VATTIMO (ed.), Il pensiero ermeneutico,
Genova 1988. Ma l'opera più completa sull'ermeneutica filosofica e biblica so-
no i due volumi di A.C. THISELTON, The Two Horizons, Exeter 1980 e New Ho-
rizons in Hermeneutics, London 1992. Oltre che aggiornatissimi questi due libri
offrono anche un giudizio equilibrato sui diversi autori.
Capitolo dodicesimo

I lirniti del metodo storico


di fronte a Gesù*

Mentre noi esegeti ci rallegriamo dei risllitati ottenuti nel campo della co-
noscenza dei vangeli, uno sguardo alla storia della ricerca su Gesù dal periodo
dell'illuminismo fino alla cosiddetta «terza ricerca» 1 ci spinge a chiederci per
quale ragione il grafico delle concordanze e discordanze tra i ricercatori subisca
tanti grandi sbalzi, fino al punto che anche oggi si trovano autori che asserisco-
no che Gesù non è mai esistito. 2 Per quanto io sappia le discussioni storiche su
Socrate o Tiberio sono molto più pacifiche. In questa conferenza propongo di
individuare alcune cause di questi contrasti e chiedere se la metodologia della
ricerca su quell'uomo chiamato Gesù, che egli sia o no il Cristo e il Figlio di Dio,
presenti dei limiti superabili ovvero si trovi in un vicolo cieco. Per quanto è pos-
sibile non voglio dare giudizi di valore, di modo che siano gli stessi esegeti a mi-
surare il peso delle argomentazioni.

Il libro classico di Albert Schweitzer, che passa in rassegna e commenta gli


autori principali che avevano scritto sui vangeli da Reimarus fino a Wrede, trac-

* Conferenza, finora inedita, tenuta nel 2003 in un convegno del Comitato Storico della San-
ta Sede.
1
Diamo solo alcuni cenni bibliografici per illustrare il problema: C. BROWN, «Historical Je-
sus: Quest of», in J.B. GREEN - S. McKNIGHT- I.H.11.ARSHALL (edd.), Dictionary of Jesus and the
Gospels, Leicester 1992, 326-340 con ampia bibliografia; C.A. EvANs, Life of Jesus Research: An An-
notated Bibliography, Leìden 1989; Io., «Life of Jesus Research and the Eclipse of Mythology», in
Theological Studies 54(1993), 3-35; P. GRECH, «Jesus Christ in History and Kerygma», in New Catho-
lic Con1mentary on Holy Scripture, London 1969, 650-659; In., «From Bultmann to the New Her-
meneutic», in Biblical Theology Bulletin 1(1971), 190-213; Io., La tradizione sinottica, Appunti per
studenti dell'Ist. Biblico, Roma 1987; L. SALVATORELLI, Da Locke a Reitzenstein, L'indagine storica
delle origini cristiane, Cosenza 1988; A. SCHWEITZER, The Quest of the Historical Jesus: Third Ed.
with a New Introduction by the Author, London 1963 [tr. it. Brescia 1986]; G. THEISSEN - A. METZ,
The Historical Jesus: A Cornprehensive Guide, Minneapolis 1998 [tr. it. Brescia 1999 su or. ted.1996.
2 1999]; B. WITHERTNGTON III, The Jesus Quest· The Third Search for the Historfcal .lew of Nazareth,

Downers Grave 1995.


2
Oltre a Bruno Bauer, recensito da SCHWEITZER (The Quest, 137-160), che nel 1851 arrivò
alla conclusione che Gesù non è mai esistito, troviamo un'altra decina di autori che lo hanno segui-
to. Il più recente è G.A. WELLS, The Jesus Legend, Chicago 1996. Cf. la storia della tesi della non esi-
stenza di Gesù in R.E. VAN VooRST,lesus Outside the New Testament, Grand Rapids 2000, 8-16 [tr.
it. Cinisello Balsamo 2004].
204 Il messaggio biblico e la sua interpretazione I limiti del metodo storico di fronte a Gesù 205

eia lo sviluppo della questione sinottica,lo sfondo culturale o filosofico degli au- Con questi precedenti, nei primi decenni del '900, si apre la seconda ricer-
tori, questioni di storicità, il segreto messianico, le ~i verse .scuole ~i pensiero e il ca su Gesù. Sono noti i tre contributi maggiori di Bultmann, 5 che applica ai van-
passaggio dalla scuola liberale a quella escatolog1ca, cm a~part1ene lo stesso geli la Formgeschichte già proposta da Gunkel e da Mowinkel nell'ambito del-
Schweitzer. I frammenti del Reimarus pubblicati da Lessing- causarono un ve-
1
1' Antico Testamento: 1) Il materiale sinottico appartiene a diversi generi lette-
ro terremoto tra i biblisti di allora che erano ancora ancorati agli schemi tradi- rari e viene trasmesso dalle prime comunità ciascuno in una situazione vitale
zionali di lettura dei vangeli. Il vero Gesù, che sentiva la missione messianica di (Sitz im Leben) determinata, Una vasta proporzione dei racconti e dei detti di
instaurare il regno di Dio, si deve ricostruire secondo le idee di messia e .di re- Gesù sono formazioni della Chiesa primitiva che servivano per la catechesi, per
gno prevalenti nei suoi tempi, un regno messianico politico che avreb~e hbera- la liturgia, ovvero per la controversia, Sì deve dunque applicare la legge del dub-
to la Palestina dal giogo romano, Fallito il putsch su Gerusalemme con 11 suo pu- bio sulla loro storicità e autenticità. Segue che scrivere una «Vita di Gesù>? nel-
gno di seguaci, il rivoluzionario viene crocifisso e così sarebb~ finita. la sua sto- la situazione presente non è più possibile, difatti questo titolo è sparito dopo
ria se i suoi discepoli non avessero inventato la favola della risurrezione e con- Bultmann. 2) Ciò non intacca affatto la nostra fede nel Cristo, che non si ap-
vertito il messia politico in un Figlio dell'uomo che avrebbe instaurato un regno poggia sulla ricerca storica (Historie) ma sul suo significato per me (Geschich-
escatologico. Come spesso accade, la pubblicazione di Reimarus cominciò con il te), quindi il Gesù della storia non è identico al Cristo della fede. Mi basta il fat-
grido allo scandalo, ma le porte al razionalismo erano state spalancate ed ebbe to dell'esistenza di Gesù e la sua morte sotto Ponzio Pilato e posso fare a meno
inizio l'uscita dalla vita di Gesù dell'elemento soprannaturale, raggrnngendo 11 di tutti i dettagli della sua vita, 3) Inoltre, il linguaggio del Nuovo Testamento
suo culmine nelle razionalizzazioni del miracoloso, talvolta puerili, di Paulus. appartiene a quello mitico del mondo antico, in cui le potenze del mondo ultra-
Anche lo scetticismo storico tocca il fondo con la conclusione di Bruno Bauer terreno si intromettono continuamente nella concatenazione degli eventi natu-
che Gesù non è mai esistito. Al contrario, la scuola liberale, pur seguendo la scia rali, Un tale linguaggio non è accettabile al mondo di oggi, quindi deve essere
razionalistica, aveva tanta fiducia nella storicità dei documenti che pensava di tradotto in uno intelligibile all'uomo moderno, e questo linguaggio, secondo
poter ricostruire la psicologia del rabbino di N azaret, un moralista che fondò Bultmann, è quello esistenziale di Heidegger,
una religione universale basata sulla paternità di Dio e la fratellanza degh uo- La seconda tesi di Bultmann, che nega la necessità della conoscenza del-
mini. Una tesi opposta viene sostenuta dalla scuola dell'escatologia conseguen- la vita di Gesù per la fede, non venne accettata nemmeno dai suoi discepoli che
te: Gesù non era un moralista ma un predicatore escatologico; la morale da lui continuavano la seconda ricerca, come Kasemann e Bornkamm, 6 i quali cerca-
insegnata serviva solo come preparazione alPent~ata nel regno fu.turo, una mo- vano, nelle parole e nell'autorità di Gesù, una certa cristologia implicita, Anche
rale ad interim, dunque. David Friedrich Strauss introduce nella ricerca la cate- Fuchs ed Ebeling, autori della scuola della cosiddetta Nuova Ermeneutica 7 ba-
goria del mito, cioè un'idea religiosa rivestita di un racconto st~ricizzan~e. D~ sata sul secondo Heidegger, cercavano nelle parole di Gesù l'evidenza della sua
questa categoria entrerebbero a fare parte anche certi ele~ent1 che no~ o?g1 fede, cioè come egli sì è compreso davanti a Dio, come modello della fede del
classificheremmo come midrash. Nel frattempo si era consolidata la conv1nz10- cristiano, Il metodo della storia delle forme, però, sì era imposto, anche nel
ne che i sinottici erano più vicini agli avvenimenti che non Giovanni e venne re- mondo cattolico. La demitizzazione, invece, accolta da molti dei seguaci del
cepita come ipotesi di lavoro la teoria delle due fonti, Non fa meraviglia che tan- teologo di Marburg, causò una forte controversia persino tra i protestanti me-
te e tali opinioni creassero molti dubbi nella mente dei fedeli - il fenomeno desimi.
era allora limitato ai protestanti - e Martin Kahler 4 tranquillizza gli animi La necessità di ricuperare il Gesù storico, dentro i limiti della Formgeschi-
dubbiosi separando il Gesù della storia dal Cristo della fede e distinguendo_ tra chte, costrinse i teologi della seconda ricerca a elaborare dei criteri per indivi-
historisch e geschichtlich, e tra i risultati della ricerca stanca e la fede nel Cnsto
ricevuta dalla predicazione della Chiesa. Il ricercatore, dunque, _riveste sia Pabi-
to dello storico, perfino scettico, sia quello del credente, una sc1ss1one possibile
in ambito protestante che non vuole che la fede sia fondata su nessun argo-
mento né razionale né storico. 5 Bultmann propose la sua storia delle forme nel libro classico in Die Geschichte der synop-
tischen Tradition, GOttingen 1925 (versione ridotta in italiano: La storia dei Vangeli sinottici, Cosen-
za 1996, con introduzione di P. Greche G. Segalla).Per la relazione tra il Gesù storico e il Cristo del-
la fede l'opuscolo Das Verhiiltnis der urchristlichen Christusb.otschaft zu~ historischen.!esus,. SAH;
1950, Heft 3 e nel suo libro Gesiì, Brescia 1984 (trad. Barbaglio). Le sue idee sulla de1n1tlzzaz1one SI
3 La collezione dei fran1menti di Reimarus pubblicati da Lessing è stata ripubblicata in in-
trovano nei quattro volumi Glauben ttnd Verstehen I, Tiibingen 1933, II 1952, III 1960, IV 1965 e nel
compendio di tutta la sua teologia Jesus Christus und die Mythologie, Hamburg 1964.
glese con una buona introduzione critica da C.H. TALBERT, Reinuirus. F:-agn:ents, ~o~don 197~.
4 M. KAHLER, Der sogenannte histurische Jesus und der geschzchrhche b1bl1sche Chnstus, 6 Cf. P. GRECH, «From Bultmann to the New Herrneneutic», in Biblica[ Theology Bulletin
1(1971), 190-213.
1982, ripubblicato a Miinchen nel 1953.
P. GRECH.«La Nuova Ermeneutica:Fuchs e Ebeling»,inAttiABI XXI,Brescia 1972, 71-90.
206 Il messaggio biblico e la sua interpretazione I limiti del metodo storico di fronte a Gesù 207

duare le parole autentiche di Gesù, distinguendole dalle elaborazioni posterio- regno da lui sognato, quindi, è di natura sociale. È più un Elia che non un Isaia.
ri della comunità cristiana. Esainineremo questi criteri più avanti. 8 Schiissler Fiorenza immagina Gesù come un saggio e come Sapienza di Dio nel-
Oggi è ancora in corso la cosiddetta «Third quest», 9 ovvero la terza ricer- la chiave della teologia femminista. D'altra parte, ricercatori teologi più con-
ca su Gesù. Ebbe inizio nel 1985 dal Jesus Seminar, condotto da Crossan e servatori fanno ritorno a un Gesù con qualche coscienza messianica (Dunn,
Funk; in questo seminario si cercava di determinare le parole autentiche di Ge- Brockmuehl, Meier, Wright).
sù aggiungendo nuovi criteri a quelli dei predecessori. Ogni logion veniva sot- Data tutta questa sovrapposizione di immagini del predicatore della Gali-
toposto a un severo esame e poi votato democraticamente dai presenti. I risul- lea nella ricerca storica degli ultimi duecento anni, ci sentiamo autorizzati a do-
tati furono pubblicati in un libro a quattro colori: i detti votati più autentici in mandarci se possiamo avere ancora fiducia nella storiografia gesuana ovvero se
rosso, quelli meno autentici in rosa, quelli non autentici ma che richiamano al- non sia meglio rifugiarci nella fede e adottare un sano scetticismo sulla possibi-
tri detti del Maestro in grigio, mentre quelli in nero sono completamente boc- lità di conoscere il fondatore del cristianesimo. Per resistere a questa tentazio-
ciatirn Dei 1.500 logia attribuiti a Gesù nei vangeli solo il 20% meritò il rosso. ne dobbiamo adesso procedere ad analizzare le fonti e le radici di tutte queste
Basti dire che del Padre Nostro rimase solo la parola Abba! Caratteristica del- divergenze, almeno per poter delimitare l'ambito di una ricerca che sia, allo stes-
la metodologia della terza ricerca è la svalutazione di Marco e la promozione so tempo scientifica e credente.
di Q, del Vangelo di Tommaso, del Vangelo di Pietro e del «Libro dei segni» nel
Quarto Vangelo. Essendosi il Jesus Seminar limitato ai detti di Gesù, ne risultò, Cominciamo dai documenti che parlano di Gesù. È ovvio che vogliamo
come disse qualcuno, una testa parlante senza una storia. La terza ricerca fa an- soltanto indicare i problemi della ricerca e la varietà delle risposte offerte. Ge-
che grande uso delle scienze sociali per ricostruire Gesù nel nuovo ambiente, sù, o Cristo, viene menzionato in fonti classiche: 12 Tuallos, Plinio il Giovane, Sve-
oggetto degli studi più recenti. Risultati: 11 Gesù come filosofo predicatore cini- tonio, Tacito, Mara bar Serapion, Luciano di Samosata e Celso. In fonti giudai-
co itinerante (Downing, Mack, Crossan), con uno spirito egalitario, commensa- che: Flavio Giuseppe, il Talmud e nelle Toledoth Jeshua, e, naturalmente, nei
lità aperta, che trascura questioni prettamente giudaiche. Morte e risurrezione quattro vangeli, che affondano le loro radici in Marco, e nei documenti ipoteti-
non entrano in questo quadro e il movimento cristiano viene ignorato. Ovvero ci Q, M, L, e il «Vangelo dei segni». In ultimo abbiamo le fonti gnostiche di Nag
Gesù uomo dello spirito (Borg, Vermès, Twelftree ). Viene sottolineata l'intimità Hammadi e i libri apocrifi del Nuovo Testamento. A chi deve dare credito lo sto-
di Gesù con Dio, le sue visioni e rivelazioni, la potenza dello Spirito che lo fa rico? Agli scrittori cristiani? Tra questi si deve distinguere tra ortodossi, etero-
operare miracoli ed esorcismi, è un bGsfd galileo carismatico ma non escatolo- dossi e novellisti? Che valore hanno le fonti anticristiane? Il critico ha il dovere
gico. Si ritorna a un neoliberalismo moderato che provoca la medesima reazio- di pesare le conoscenze, i pregiudizi, le simpatie e gli scopi di ciascuno degli au-
ne di quello della prima ricerca, cioè l'idea di Gesù come profeta escatologico tori di questi documenti. Se si aggiungono le precomprensioni, gli scopi e le cre-
(Sanders, Casey). Detti e operato di Gesù non possono essere separati altri- denze del ricercatore medesimo finiamo con un'infinità di combinazioni. Ag-
menti non hanno senso, difatti si ritorna al Vangelo di Marco per dare valore al- giungi le variazioni nella «moda» di valutazione delle fonti e siamo prossimi a
la morte del Maestro con qualche aspetto redentivo e messianico. Gesù portò creare una confusione inestricabile!
avanti una teologia di restauro in quanto considerava che la fine era vicina. Un
terzo ritratto di Gesù è quello di un profeta di cambiamento sociale (Theissen, Passiamo adesso a esaminare le difficoltà reali che si presentano nello stu-
Horsley, Kaylor). Le tradizioni evangeliche precedono l'anno 50 e ci parlano dio della vita di Gesù. Per difficoltà reali intendo quelle che non dipendono da
del Figlio dell'uomo con discepoli itineranti che più tardi testimonieranno per un fattore soggettivo ma che appartengono alla natura stessa dei documenti.
lui, più simpatizzanti locali che rimangono ebrei. Gesù vuole trasformare la vi- Prima di tutto dobbiamo prendere in considerazione i quattro vangeli, che ri-
ta del villaggio galileo per mezzo di una riforma delle strutture di potere che in- mangono sempre le fonti principali della nostra inchiesta. Tutti conosciamo le
clude la famiglia. Era un oppositore del patriarcato e del sistema imperiale. Il differenze esistenti tra Giovanni e i sinottici; enumeriamone qualcuna: la dura-
ta dell'attività pubblica di Gesù, la data dell'ultima cena, lo stile completamen-
te differente dei discorsi di Gesù, l'asserzione esplicita della divinità di Cristo
8 N. PERRIN, Rediscovering the Teaching of ]esus, London 1967; G. THEISSEN -D. WINTER, Die nel Quarto Vangelo. C'era un tempo in cui si dava più credito a Giovanni che
Kriterienfrage in der Jesusforschung: Vom Differenzkriterium zum Plausibilittitskriterium, GOttingen
1997.
9 Cf. WITHERINGTON, The Jesus Queste G. SEGALLA, «La "Terza 1icerca" del Gesù storico»,
in Studia patavina 40(1993), 3-55 con ampia bibliografia.
10 R.W. PUNK- R.W. HoOVER, The Five Gospels: What did Jesus Really Say?, New York 1993. 12 Cf. il libro recente di R.E. VAN VooRST, Jesus Outside the New Testament, Grand Rapids
11 Seguo la schematizzazione di Witherington, con la bibliografia di ciascuno degli autori ci- 2000 [tr. it. Cinisello Balsamo 2004] che enumera anche le fonti dei vangeli come Q, Me L tra i do-
tati. cumenti «fuori del NTù.
208 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione I limiti del metodo storico di fronte a Gesù 209

non ai sinottici, oggi prevale la preferenza per Marco come primo vangelo. Ma locati in un Sitz im Leben, e poi valutati come documenti storici. Non c'è biso-
anche tra i sinottici stessi, nonostante le vaste concordanze, esistono delle di- gno di dire che il numero delle possibili combinazioni di opinioni che ne risulta
scordanze, causa del cosiddetto problema sinottico. A parte il divario in alcune è poco inferiore a quello degli esegeti stessi.
narrazioni, parole di Gesù che sono essenziali nella vita dei cristiani, come il Pa- Una volta vagliate le aggiunte redazionali e stabilito il ruolo della tradi-
dre Nostro, le beatitndini e le parole di consacrazione, sono discordi. zione, lo storico arriva all'ultima domanda cruciale: pur concedendo che siamo
Un'altra questione è a quale genere letterario appartengono i vangeliu arrivati allo strato più antico di tradizione orale o scritta, i fatti e i detti di Gesù
Mentre nella prima ricerca si dava per scontato che essi tracciavano la biografia vengono riportati accuratamente? Come distinguere interpretazioni della co-
di Gesù, dopo i dubbi di Bultmann sulla storicità dei fatti narrati e l'asserzione munità postpasquale dai detti autentici di Gesù o come rimuovere il colorito di-
che questi documenti non erano una biografia ma appartenevano al genere ke- verso che la fede nel Cristo dona al nudo fatto? Dopo Bultmann si sono stabili-
rigmatico, sorsero molti dubbi sulla questione. Stndi recenti come quelli di Dor- ti certi criteri per distinguere i detti autentici di Gesù, che, però, sono abbastan-
meyer, Bnrridge e Talbert, però, i quali hanno stndiato le strutture e le modalità za discutibili, anche se vengono adoperati dalla maggioranza degli esegeti e da
delle biografie classiche greche e romane, sono tornati a collocare questi docu- alcuni cattolici.
menti cristiani - pur sostenendo che erano un sottogenere letterario molto Si tratta di almeno quattro criteri. 15 Il primo è quello di antichità. Più anti-
particolare perché il loro scopo primario era didattico - nel genere biografico, ca è la fonte, più di sapore semitico, più probabilità c'è che un detto sia autenti-
cioè le narrazioni che contengono sono presentate come avvenimenti reali nel- co. Ciò suppone che i detti di Gesù siano stati trasmessi prima in aramaico e poi
la vita di Gesù. in greco, il che, fino a un certo punto, è vero. Però si deve anche considerare che
Nonostante la reazione al dubbio cartesiano di Bultmann, la Formgeschi- molti ebrei della diaspora presenti in Gerusalemme non conoscevano la lingua
chte è stata accettata anche da ricercatori più tradizionalisti. 14 I racconti su Ge- di quel paese e quindi l'annunzio su Gesù si è dovuto presentare loro in greco
sù e le sue parole sono stati filtrati da una lunga tradizione orale nelle varie co- quasi contemporaneamente a quello in aramaico, dentro i limiti di una tradu-
munità cristiane prima di raggiungere il loro stato finale scritto nei libri che og- zione.
gi possediamo. Si domanda ancora, però, se queste comunità abbiano creato Come secondo criterio i critici avanzano quello di attestazione multipla,
narrazioni e parole ex novo ovvero se si siano limitate ad adattare storie e lo- cioè un detto gesuano ha più probabilità di essere autentico se si trova in più di
gia alle loro esigenze pastorali o teologiche. In qualsiasi modo, lo storico mo- una fonte. Non basta che un logion si trovi in tutti e tre i sinottici dipendenti da
derno deve fare i conti con queste trasformazioni e decidere se il Gesù reale sia Marco. Oltre a Marco ci sono Q, M, L, Giovanni, forse il Vangelo di Tommaso e
riconoscibile o no attraverso queste lenti di trasmissione. quelli apocrifi. È ovvio che un detto come quello sul divorzio che si trova due
Ma il problema non cessa qui. Raggiunto lo stadio di messa per iscritto di volte in Matteo, proveniente da due fonti diverse (5,31s; 19,1-9), è ben saldo, ma
queste tradizioni o anche di fonti preevangeliche scritte, ciascuno degli evange- ciò non proibisce che la forma del logion come si trova in Mc sia più autentica.
listi, non essendo un puro redattore, come oggi si sostiene contro Bultmann, ha Inoltre, molte delle parabole più belle di cui nessuno mette in dubbio l'autenti-
voluto dare la propria impronta teologica alla sua collezione, e così sorgono le cità, come quella del figliolo prodigo, si trovano solo in Luca, mentre le beatitu-
teologie redazionali di ciascun vangelo. Esempi classici sono la divisione di Mt dini, il Padre Nostro e le parole eucaristiche si trovano in forme diverse.
in cinque libri, il suo sermone della montagna nei cc. 5-7, che Luca ambienta in Il criterio che fa più difficoltà, però, è il terzo, quello della dissomiglianza.
un luogo pianeggiante, e il viaggio strano di Gesù dalla Galilea in Gerusalemme Un detto ha più probabilità di essere autentico quanto è più dissimile dai detti
in Le 9-19. Si tratta di una geografia teologica. Alle lenti di trasmissione, dun- rabbinici contemporanei e da dottrine della comunità postpasquale. Dietro que-
que, si aggiunge quella della redazione, e gli esegeti devono faticare non poco sto criterio si nascondono due presupposti molto discutibili: alcuni detti di Ge-
per poter distinguere letterariamente versetti o frasi redazionali da quelli della sù non sono altro che detti rabbinici contemporanei messi nella sua bocca dalla
tradizione ricevuta. Allora deve essere chiaro che nello studio dei vangeli criti- comunità primitiva. Inoltre, Gesù non aveva una cristologia propria, quindi det-
ca letteraria e critica storica sono inscindibili. Fonti come Q, M, L, e «Vangelo ti che presuppongono una cristologia o soteriologia sono per forza tardivi. Ma
dei Segni», oltre a essere ipotetici, devono prima di tutto essere ricostruiti, col- non si sta confondendo autenticità con originalità? Non tutti i detti del Maestro
erano necessariamente originali, egli avrebbe potuto citare detti sapienziali cor-
renti. In quanto alla cristologia ci troviamo di fronte a un circolo vizioso: donde
13 Tra i libri che discutono il genere letterario dei vangeli: C.l-I. TALBERT, What is a Gospel? viene tutta la cristologia e la soteriologia della Chiesa? Viene inventata ex nihi-
The Genre of the Canonica! Gospels, London 1977; D. DoRlv!EYER, Evangeliun1 als literarische und
theologische Gattung, Darmstadt 1989; R.A. BURRIDGE, What are the Gospels? A Comparison with
Greco-Roman Biography, Cambridge 1992.
14 Vedi sopra, nota 8.
Cf. anche Dei Verbuni 19. 15
210 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
I limiti del metodo storico di fronte a Gesù 211
lo sui et subiecti? Possiamo' anzi· dobbi"amo, ere d ere eh e l'event .
stato un fattore ermeneutico determinante d d r . . o pasqua1e sia che partono con un pregiudizio anticristiano - ricordiamoci di Celso e Porfi-
cito ~e~~ cristologia, ma escludere a prio;ir~;n~~o:d::~~1t~ ~~~ ~=s~rates~li~
rio nell'antichità - i quali leggono i vangeli a scopo di polemica.
non e pm un presupposto ma un pregiudizio. s onco Non è meno pericoloso per la verità della ricerca storica, però, l'atteggia-
Il quarto e ultimo criterio è quell di . mento di coloro che spiegano i vangeli ingenuamente con uno scopo apologeti-
tre es~i ha più probabilità di essere a~ten~?ce;::z:·c~~r~~~:o c~h: :i~~s~oi ~ri~i
co o fondamentalista senza badare alle regole più elementari della critica stori-
ca.18
accettati. Il Jesus seminar aggiunge criteri d. fl h "fl .• . gta g1a
cui gli autori moderni . . I s I e e e r1 ettono p1u il modo in Un altro a priori che si incontra spesso presso gli studiosi è quello secon-
ciò che egli ha verame~~md";;t:~no come avrebbe dovuto parlare Gesù che non do il quale Gesù non poteva avere un'autocoscienza messianica e quindi ogni
asserzione che sa di messianismo ovvero di soteriologia è da attribuire alla co-
Finora abbiamo ele t d"ff • . munità primitiva. Un tale pregiudizio travia la ricerca scientifica. Pur adoperan-
dicare i lim1.t1· d Il . nca o I i.co1la provementi da fattori oggettivi per in- do dei criteri giusti per epurare i detti autentici di Gesù non possiamo preclu-
e a ricerca su Gesu C1 son lt . f . . , .
dalla soggettività del ricercatore O. . • o a n atton, pero, che dipendono dere quelli che rivelano in lui un)autocoscienza messianica. Peggio è ancora
~e~l',osservazione sia dell'interpr~taz~~~: ::.~~ss~òde::~~1 che nelP,an:bito sia quando si esclude il fondamento storico come necessario per la fede, come fa

1.vetaziodne
J:.~~t~e~;,s~:~~~~~:tg~:~:~r asetticam~nte ogget~::eus:~~ i~;~;s1~::
Bultmann, il quale, conseguentemente, si sente libero di ridurre al minimo la ve-
rità degli avvenimenti narrati nei vangeli. Qui si verifica lo scontro tra la teolo-
. ers1 1 precomprenswne Qua d .
sto lo s1 legge con tutto un bagaglio intellettuale ed .f n o s.1 1egge un te- gia fondamentale cattolica e quella protestante che vuole che la nostra fede non
abbia nessun appoggio nella filosofia, 19 che Bultmann estende anche alla storia.
o 1 es 1 o sotto esame richiede da ·
~r~:~ifne;~c~~:~
d . .
~~;~~~e:~allq:::~colo gtia dell'os::ia:~~e~~~~s~iot~~~ir~s~~~
I
La sua distinzione tra historisch e geschichtlich, proposta da Kahler, oltre a non
ec1s1one, ovvero un cambiamento tot 1 d ..1d h no1 una avere senso nella lingua tedesca che non fa distinzione tra i due termini, so-

!~ ~~sl~;g:~~t~:~i:Cr~;~~~i~~~e~: ~~?~zi~ d~:~ri~àt~~~:1~~~es~~1~%:~:::: ~~~


vrappone la fede alla storia in modo tale che questa diventa inutile.
Un esempio classico è la valutazione del titolo «Figlio dell'uomo» 20 che si
oggettiva dello scritto Se si entra . p d. : nostro st~to d ammo che non la verità trova tanto spesso nei vangeli, e sempre nella bocca di Gesù. Qualcuno che con-
pronta a essere convi~ta da una ve~tà I~t~~~a~~na1ll~est?l con una in.ente aperta) siderava il titolo come messianico ma non credeva nella coscienza messianica
to ci è di a. t .1 . ' ra I nostro pre1ntendimen- del rabbino di Nazaret negò l'autenticità di questa designazione. Altri per cui il
tanto a ogm ~~a se s1 egge con pregmdizio stiamo chiudendo le porte non sol- titolo è equivalente alla prima persona singolare «io» lo ammettono come au-
., ~: a ?? 0 m~ anche alla comprensione medesima. tentico ma solo con questa qualifica; la cristologizzazione del titolo avvenne nel
ambi~~ s:o~:i:~~~~t~r:~:~io ~~:~t~te nell'interpretazione dei vangeli. In un periodo posteriore alla morte di Gesù. Altri che distinguono tra detti del Figlio
comprensione della fede . , q . ocumenl!, mentre erano letti con la pre- dell'uomo presente in terra, sofferente o escatologico, accettano solo questa ter-
sorgere dell'ill . . , vemvano mterpretati al loro livello testuale. Ma con il za categoria, applicata ·o a una terza persona che deve venire sulle nubi del cie-
umin1smo com1nc1arono a entr r .
no difficile o anche impossibile I' arn cer I presupposl! che rendeva- lo, come fa Bultmann, oppure a Gesù stesso che apparirà in un'altra forma, eco-
che superavano l'orizzonte dell as~enso a quei raccor.iti e a quelle asserzioni sì via. Da ciò appare chiaro come i presupposti teologici possono sviare tutta la
losi.17 È il fenomeno del . a rlag1one umana o che nportavano fatti miraco- ricerca storica. Invece di cercare criteri validi per l'autenticità si comincia con
raz1ona 1smo che confond · -- h
comprensione con ciò che è contrario ai1 . e c10 c e. supera la nostra un a priori cui si attaglia poi la conclusione fattuale.
cerca» fino ai nostri giorni 1·1 so t a rlag1one stess.a. Allora dalla «primari- Parlando della terza ricerca, abbiamo detto sopra che alcuni studiosi met-
pranna ura e venne e viene d"l ·t ·d tono sul medesimo piano fonti cristiane, gnostiche e apocrife. È innegabile che
a un rivestimento letterario di q I h f , '· 1 u1 o, r1 ucendolo
ua c e enomeno naturale opp ·
dolo come «mito». Ciò accade anche tra studiosi che . ure in ~erpr~tan­ alcuni agrapha possano vantare una venerabile antichità e, in quanto coerenti
che non sono aperti alla possibirt' d. , . . . . SI professano cnstrnm ma
. I a 1 un attJv1ta d1 D10 che !rasce d · .
seh emi e le nostre categorie intellettu r A d . . . n e i nostn
a I. cca e, pero, molto d1 più tra coloro
18 Sul fondamentalismo biblico si veda la nota nel documento della PONTIFICIA COMMISSIO-
NE BrnLICf>., L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Città del Vaticano 1993.
19 E noto infatti l'atteggiamento di Karl Barth, che risale, però, attraverso il maestro di Bult-
16
pCf. P.I GRECH. , Ermeneu1·
17 . . · b"b
zca e 1eo Iog1a .
I hca, Roma 1986 97-107
mann, W. Herrmann, a Lutero stesso.
20 Per la problematica sul Figlio dell'uomo il libro più recente è D. BURKETI. The Son of Man
er e quest1on1 filosofiche e teologiche connesse , . . . . ,
LATOURELLE- R. FISICHELLA (edd) n· . . d' ~on questr problemi SI puo consultare R Debate. A History and Evaluation, Cambridge 1999, anche se non sono d'accordo con la sua con-
. , izwnano t Teologia Fondamenta/e, Assisi 1990. . clusione.
212 Il messaggio biblico e la sua interpretazione I limiti del metodo storico di fronte a Gesù 213

con altri lo?ia tradizionali, essere autentici. Anche alcuni racconti negli apocrifi to più letterale che per noi oggi. Sì poteva sintetizzare un detto o anche para-
pot~eb?e riflettere qualche antica tradizione e deve essere valutato con criteri frasarlo ma il nucleo del logion manteneva sia il suo senso sia i termini princi-
bemg,m. In q_uanto al Vangelo di, Tommaso, le discussioni sulla sua origine e an- pali originari.
!Jch1ta sonomtermrnab1h. Non e 1mpossibile che qualche detto di Gesù in esso 5. I vangeli contengono vari sottogeneri letterari, ciascuno dei quali ri-
contenuto r~salga a u~a tra_dizio~e ~resinottica, ma, se è già tanto difficile epu- chiede un'ermeneutica particolare. Il modo di interpretare i racconti dell'infan-
rare un logwn autentico. d1 Gesu npulendolo dalle aggiunte o interpretazioni zia, il racconto dei miracoli e le apparizioni del Risorto, per esempio, richiede
comun1tar1e e redaz1onah, non è meno facile ripulire il colore gnosticizzante a· uno studio più profondo del genere cui appartengono.
questo vangelo per arrivare al nucleo del detto originario. Inoltre, pur ammet'. 6. Per quanto riguarda il racconto di miracoli o di accadimenti che sanno
tendo che dal.punto di vista storico il cristianesimo primitivo era pluriforme e di soprannaturale, è errato partire con una pregiudiziale contro la possibilità dei
che parlando 1n assoluto non si può fare una distinzione tra ortodossia ed ete- fenomeni. Lo storico peserà la conoscenza e la credibilità dei testimoni che li
rodossia. ~elle diverse correnti, le interminabili controversie circa l'origine del- narrano e, se arriva alla conclusione che qualcosa di straordinario è accaduto,
lo gnost1C1smo e della sua interpretazione della tradizione apostolica richiedo- potrà darne un'interpretazione che sia confacente con il quadro generale della
no una decisione aprioristica del ricercatore per valutare l'attendibilità di certi predicazione cristiana primitiva.
logia e arrivare magari alla conclusione che lo gnosticismo risalga a Paolo 0 an- 7. La medesima cosa si deve dire sull'autocoscienza di Gesù. Partire con
che a Gesù stesso. l'a priori che egli non poteva avere alcuna coscienza messianica o salvifica è un
, Se sommiamo la combinazione di tutti questi fattori soggettivi alle diffi- pregiudizio ingiustificabile nello storico. L'autocomprensione di Gesù deve es-
c~lta dell,a r1c~rca ogg~tt1va summenzionata, un lettore che non è esegeta di me- sere studiata non soltanto attraverso i suoi detti ma anche mediante i fatti della
sliere puo arnvare mm al bandolo della matassa? Abbiamo, però, dovuto men- sua missione. Questi sono inseparabili. Non ogni interpretazione cristologica
z.1o~are tutte. queste difficoltà non per creare scetticismo ma per indicare i limi- della vita di Gesù è da attribuirsi alla comunità cristiana. Gesù stesso ha agito
ti di questa ricerca. spesso in modi che richiamano la profezia e i modelli biblici che fanno da chia-
Sono perfettamente conscio che in ciò che ho detto non c'è niente di nuo- ve ermeneutica.
vo c~e non conosca, o debba conoscere, qualsiasi studente di sacra Scrittura ma 8. Il racconto della passione è oggetto di ricerca storica, la risurrezione è
cons1~ero tutt~ ciò che ho detto come un lungo proemio per poter trarre ;lcu- oggetto della fede, ma la testimonianza dei discepoli del Risorto appartiene an-
ne te,s1. conclus1ve ~ul modo di superare questi limiti storiografici nella ricerca del ch'essa all'ambito storiografico.
Ge~u reale per evitare lo scetticismo storico da una parte e una ricezione trop- 9. Nel determinare chi era in realtà, Gesù non va collocato in categorie so-
po mgenua dall'altra. ciali o religiose moderne, ma nemmeno in quelle a lui contemporanee, perché la
somma della sua persona e della sua vita è priva di analogie e sfida ogni sforzo
1.. Poiché il genere letterario dei vangeli è quello di biografia kerigmatica, di inserimento in schemi precostituiti.
ques.11 hbn sono oggetto sia di ricerca storica sia, per il credente, di fede. II non 10. Abbiamo detto sopra che scrivere una storia oggettiva e asettica non
cr1~tiano h studierà come documenti storici soltanto dentro il loro genere lette- è possibile. Si ha sempre qualche precomprensione che agisce da chiave erme-
rario, ma lo deve fare con la massima oggettività possibile. neutica, ma lo storico sincero sottomette alla critica anche questo suo preinten-
2. Ciononostante, scrivere una biografia di Gesù nel nostro senso moder- dimento, per determinare se sia giusto o meno.
no della parola è impossibile, sia perché le fonti ci narrano soltanto di qualche 11. Nelle scienze umanistiche il desiderio esistenziale di arrivare alla ve-
anno del~a s~a v1t~, sia perché i dati sono cronologicamente e geograficamente rità attraverso un documento che si sta studiando può aiutare a una migliore
sconnessi, e, in ultrmo, perché non è sempre possibile arrivare a ciò che è vera- comprensione, ma c'è anche il pericolo che lo studioso accetti come vero solo
mente accaduto. ciò che egli desidera che lo sia. Ciò vale ancora di più in senso negativo per il ri-
3. Però, applicando con prudenza il metodo della «Storia delle forme» e la cercatore che non soltanto non ha questo desiderio ma è animato da quello con-
Redaktionsgeschichte, è possibile conoscere l'operato e i detti di Gesù attraver- trario!
so queste due «lenti» di interpretazione, la quale interpretazione rimane sempre 12. Si ricorda il famoso detto del Lessing che verità storiche casuali (con-
oggetto della fede. tingenti) non possono essere mai prove di cogenti verità di ragione. Qui però si
4. Si deve ricordare che il modo di trasmissione orale dei racconti e dei tratta non del fatto storico in sé ma del risultato della ricerca che può mutare
detti di Gesù, benché soggetto a ordinarie deviazioni di memoria e stile di rac- ogni momento, e, nel nostro caso, non si tratta nemmeno di verità di ragione ma
contare, era il modo sui generis di trasmissione di tradizioni in ambienti rabbi- di fede. Poiché Dio è libero di legarsi a degli avvenimenti della storia, i quali non
nici studiato molto attentamente da Gerhardsson. L'uso della memoria era mo!- sono casuali ma da Lui stesso operati, è lo storico che non deve essere casuale,
214 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

seguendo delle mode di pensiero che cambiano di generazione in generazione. Capitolo tredicesimo
Egli ha il dovere di indagare i fatti accaduti e di lasciare l'interpretazione al teo-
logo. Se l'ideologia o anche presupposti teologici si intromettono a oscurare i
fatti, si ha un'inversione di ruolo. Nei racconti biblici non abbiamo soltanto un La pratica del battesimo
racconto storico, ma la storia della salvezza, e questa è teologia, ma non sareb- ai tempi di Gesù*
be nemmeno vera storia se non si stabilisse, dentro i limiti dei generi letterari, la
verità degli avvenimenti.
13. Anche il non credente e il miscredente hanno il diritto e il dovere di
fare la loro ricerca storica. Ma hanno anche il dovere di imporre una critica se-
vera ai loro presupposti e ai loro metodi così come anche alla loro interpreta-
zione. nello stesso modo in cui è obbligato a farlo il credente stesso.

Per concludere, dopo queste considerazioni, si può capire che mentre ogni In questo studio vorrei presentare la pratica del battesimo ai tempi d_i Ge-
ricerca storica ha dei limiti, quella su Gesù è oltremodo complicata prima di tut- sù esaminando i vari riti che si svolgevano nella comun1ta d1 Qumran, tra 1 pro-
to dalle difficoltà create dalle fonti medesime, in secondo luogo da atteggia- seliti presso gli ebrei, tra i mandei e nelle religioni misteriche. L'orizzon_te, ab-
menti soggettivi e in ultimo dalla mescolanza di fede e di storia inerente alla ma- bastanza vasto, può essere utile per vedere gli influssi dell'uno sull'altro, m par-
teria stessa. Il semplice credente legge i vangeli come si presentano per il pro- ticolare sul battesimo cristiano. Il sostantivo «battesimo» deriva dal verbo bap-
prio profitto spirituale, senza farsi tante domande. Spesso la sua fede viene tur- teinlbaptizein, che significa «<immergere, lavare»·. Il battesimo è qu~ndi ~~a i~­
bata dalle interminabili discussioni degli studiosi, discussioni certamente neces- mersione o una abluzione. Il simbolismo dell'acqua, come segno d1 pur1f1caz10-
sarie, ma che non devono essere più di detrimento che di aiuto alla comunità cri- ne e di vita, è troppo frequente nella storia delle religioni perché la sua esisten-
stiana. za possa sorprendere nei misteri pagani; una purificazione con acqua, ovvero un
battesimo, appartiene alla struttura stessa della psiche umana ed è naturale,
quindi, che appaia poi anche nei simboli religiosi.

1. l BAGNI RITUALI NELLA COMUNITÀ Dl QUMRAN

È stata provata, archeologicamente, l'esistenza a Qumran di alcuui bagni


che si suppone potessero servire come serbatoi di acqua, ma ~iù pro.b~bil~ente
anche per i riti di purificazione. Ci si può domandare se questi bagru ntuah fos-
sero un rito di iniziazione per l'ingresso in comunità, ovvero dt pur1f1caz1one, co-
me in tutto l'ebraismo. 1 Non si può dare una risposta univoca in quanto, forse,
il loro significato potrebbe variare da periodo a periodo. Possiamo distinguere
due periodi nella storia di Qumran: 2 . .
- il primo periodo antecedente al terremoto, dal 31 fino al 4 a.C., dopo il
quale Qumran è stata abbandonata;
- il secondo periodo, dal terremoto fino alla distruzione di Qumran nel
68-70.

;;. Studia anselmiana 106(1991), 59-73. .


i Cf. una buona sintesi della discussione in M. NEWTON, The Concept of Punty at Qun1ran
and in the Letters of Paul, Cambridge 1985, 10-52:. . , .
2 Seguo la divisione di J. SCHMITT, «Le m1beu bapttste de Jean le precurseur», tn J.-E. ME-
NARD, Exégèse biblique et Judaisn1e, Strasbourg 1973, 237-253.
216 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La pratica del battesimo ai tempi di Gesù 217

Il primo periodo generalmente viene diviso ulteriormente in due epoche: meno essere purificati con l'acqua. D'altra parte chi si sottomette a queste pu- i i
i
a) l'epoca sacerdotale, in cui la comunità era costituita da coloro che ve- rificazioni partecipa poi dello spirito della comunità. Naturalmente non si sa se
',
nivano dal sacerdozio; questo Spirito possiamo scriverlo con la S maiuscola o con la s minuscola, però
b) l'epoca farisaica, nella quale ci fu l'ingresso di molti farisei che lascia- sappiamo benissimo che lo spirito, lo Spirito Santo, abita nella comunità, inteso i
rono il loro influsso nella letteratura. sempre nel senso dell'AT.
Nel secondo periodo dopo il terremoto, in cui troviamo la presenza, alme- Per l'ultimo periodo, quello zelota, abbiamo pochissimi testi, non tanto :I
no presunta, di molti zeloti, non siamo a conoscenza di riti di purificazione. Del certi, tra i quali si può annoverare 40M VII, 2-7 che accenna alla purificazione. i I
,,
primo periodo, quindi del più antico, quello del tempo di Giovanni Ircano, nel- Qual è la conclusione di questo discorso? ; !1
l'epoca sacerdotale, abbiamo gli Inni di Qumran che ci parlano del battesimo, o La tesi di Betz4 sostiene che un novizio doveva essere sottomesso a un bat-
piuttosto, dei riti di purificazione con l'acqua. tesimo di iniziazione, dopo il quale, per alcuni anni, non partecipava ad altri riti
Vediamo alcuni testi, per esempio 1QH VII, 6-9: 3 fino al momento della sua «professione», come diremmo noi oggi - questo
secondo la Regola lQS 5,13 e 15; dopo, una volta ammesso definitivamente nel-
«Ti ringrazio, o Adonai, perché mi hai sostenuto con la tua forza e il tuo spirito san- la comunità, avrebbe partecipato ai riti che avevano un significato esclusiva-
'
to hai effuso su di me affinché io non vacilli; mi hai irrobustito di fronte alle guer- mente purificatorio e non più inizia torio. i
I',!
re dell'empietà, e in tutte le loro rovine non hai permesso che io mi perdessi d'a- Newton non condivide la tesi di Betz che prevede questo battesimo come i
nimo, davanti al tuo patto, bensì hai fatto di me una ton·e solida un muro elevato·
hai stabilito su una roccia il mio edificio e fondamenta eterne p~r la mia fondazio~ rito iniziatorio alla comunità, ma sostiene l'esistenza soltanto di riti di purifica-
ne. Tutte le mie pareti sono divenute un muro collaudato che nulla potrà scuotere». zione che attraverso l'acqua e la penitenza avrebbero dato purezza sia legale
che morale; quello che più è importante è la purificazione del cuore, una purifi-
Questo testo, pur non facendo menzione dell'acqua né di un rito di purifica- cazione che prelude a una purificazione escatologica. In 1QS IV, 23-26 abbiamo
zione, parla dello spirito santo che viene effuso sui membri della comunità. Si sup- questo testo:
pone che in questo periodo ci fossero dei riti purificatori, ma non se ne è certi.
Nell'epoca farisaica, naturalmente, troviamo una moltiplicazione delle «Fino ad ora si contendono gli spiriti di verità e di ingiustizia: nel cuore dell'uomo
camminano con la saggezza e con la stoltezza. In proporzione dell'eredità di verità
abluzioni rituali. Abbiamo, per esempio, dalla Regola lQS I, 25 fino a III, 12: e di giustizia che ha avuto, l'uomo odia l'ingiustizia. E in proporzione della parte
dell'ingiustizia avuta in sorte, ad opera di essa, agisce iniquamente, e così ha in abo-
«Ma chiunque si rifiuta di entrare nel patto di Dio per camminare nell'ostinazione minio la verità. Poiché è in uguale misura che Dio li ha posti fino al tempo asse-
del su~ ~uor_e n?n passerà nella sua .fedele comunità. Giacché respinse la sua ani- gnato e alla nuova creazione. Egli conosce l'attività delle loro opere in tutti i tem-
ma le istituzioni della conoscenza dei giusti giudizi, non ebbe la costanza di rinno:- pi determinati, i tempi stabiliti per essi, e li ha dati in eredità ai figli dell'uomo af-
vare la sua ~ita, e quindi ~on s.arà a?--Doverato tra le persone rette; non apporterà il finché conoscano il bene e il male. Egli assegnò la sorte ad ogni vivente affinché vi-
suo sapere, Il suo lavoro, 1 suoi beni nel consiglio della comunità poiché in un san- va in conformità dello spirito che è in lui fino al tempo della visita».
dalo malvagio è sua macchinazione e contaminazioni sono nel suo riposo. Non sarà
giustifica~o fino a quando dissi1nula l'ostinazione del suo cuore e, tenebra, consi-
dera le vie della luce. Tra i perfetti non sarà annoverato, non sarà mondato con la Quindi suppone, come dirà s. Paolo, una lotta all'interno dell'uomo tra lo
espiazione, non sarà purificato con le acque lustrali, non sarà santificato con l'ac- spirito della verità e lo spirito della menzogna fino alla risoluzione escatologica
qua del _mare e dei fiumi, non sarà purificato con alcuna acqua di abluzione. Im- di questo conflitto. 5
mondo, immondo sarà per tutti i giorni del suo disprezzo verso i giudizi di Dio, ri- Ci sarebbe un ultimo testo in cui è presente una distinzione tra semplice
fiutando ~i ~orr~gg~rsi nella c~munità ~el suo consiglio. Giacché dallo Spirito del
vero cons1gho di Dio sono espiate le vie dell'uomo, tutte le sue iniquità, affinché
lavaggio e purificazione, sul quale non mi soffermo. È la Regola di Damasco CD
pos~a contemplare la luce della vita. Dallo spirito santo della comunità, dalla sua X, 10-13.
verztà, è purificato da tutte le sue iniquità. Dallo spirito di rettitudine e di umiltà è Questo rito della comunità di Qumran non ha molte analogie con il batte-
e_sl?iato il suo peccato. Nell'umiltà della sua anima verso tutti gli statuti di Dio è pu- simo cristiano perché non è un rito di iniziazione ma soltanto di purificazione.
nficata la sua carne, aspersa con acque lustrali e santificata con acque pure». Era un rito penitenziale che potrebbe essere messo in rapporto più con il nostro
sacramento della penitenza che non con quello del battesimo.
In questo testo vediamo che una delle condizioni, perché si possa entrare
nella comunità, è la vera conversione del cuore senza la quale non si può nem-
4 O. BETZ, «Die Proselytentaufe der Qumransekte und die Taufe im NT>>, in RQ 1(1958), 213-
234.
3 5 Cf. Rm 7-8.
Traduzione di L. MoRALDI, I manoscritti di Qumran, Torino 1971.
218 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La pratica del battesimo ai tempi di Gesù 219

2. IL BATTESIMO TRA I PROSELITI DEL GIUDAISMO battesimo poteva essere somministrato i~media~amente .. ~'esistenza d~ que~t~
discussione fa supporre che questo battesimo esistesse grn al tempo di Gesu.
Un pagano che voleva diventare ebreo doveva fare tre cose, pur potendo All'inizio del secondo secolo sorge, all'interno dell'ebraismo stesso, la contro-
affermare questo con certezza per quanto riguarda il II secolo e solo con pro- versia se un proselita poteva essere accolto con il solo battesimo senza la ~ir­
babilità per il I secolo: concisione. Un'altra discussione riguardava la necessità o meno per un gentile,
la circoncisione; che era già stato circonciso per qualsiasi motivo, di circoncid~rsi ?i nuovo. A
- il battesimo; questo proposito si diceva che doveva uscire almeno una goccia di sangue per
- l'offerta di un sacrificio. 6 simboleggiare il sangue dell'alleanza. .
La circoncisione, naturalmente, riguardava i maschi; il battesimo sia i ma- La circoncisione stava quindi a significare il sangue dell'alleanza con cui
schi che le femmine; l'offerta del sacrificio era il diritto di ogni israelita. Come Mosè aveva asperso il libro e il popolo, mentre il battesimo richiamava il pas-
avveniva questo battesimo? Nel Talmud babilonese abbiamo: 7 saggio del Mar Rosso. Anche in questo caso c'era una contr~vers1a t.ra ~ue sc~o­
le di rabbini, e troviamo - nel Talmud babilonese 9 - che il Rabbi Eheza dic~
«I Rabbi hanno insegnato: un proselita.
a un nuovo seguace che chi è stato circonciso ma non ha ~atto 11 bagi:io .ntual~ ~
Se in questo tempo uno vuole diventare un proselita gli si domanda: "Quale ragio-
ne ti spinge a veni.Te per diventare un proselita? Non sai forse che in questo tempo un vero proselita anche senza il battesimo, perché. i Pad~1.erano stati c1rc~nc1s1,
gli israeliti sono tormentati, percossi, oppressi e sradicati, e che afflizioni si riversa- ma non avevano fatto il bagno rituale, avendo la crrconc1s1one preceduto il p~s­
no su di loro?". Se egli risponde: "Lo so, e non ne sono degno", lo si accolga subi- saggio del Mar Rosso. L'alleanza era stata infatti stipulata con il popolo eb:mc~
to e gli si insegnino alcuni dei comandamenti meno severi ed alcuni dei comanda- prima che fosse liberato dalla schiavitù dell'Egitto e pruna dell'esodo, e cosi fara
menti più severi, e gli si insegni il peccato di negligenza e il comandamento relati-
vo alla spigolatura, al covone dimenticato, all'angolo del campo e alla decima del parte di essa anche il proselita in questione. . . .
povero, e gli si insegni la punizione prevista per la trasgressione dei comandamen- Seguendo un'opinione contrana il Rabbi Gwshua, sempre verso il 9.0 c~­
ti. Gli si dica: "Sappi che tu, prima di aver appreso ciò, hai mangiato del sego, ma me nel caso precedente, dichiara che chi ha fatto il bagno ntuale m_a non e sta-
non sei stato punito con la punizione dello stern1inio, che hai profanato il sabato to circonciso è un proselita perché così è accaduto alle loro Madri che hanno
ma non sei stato punito con la punizione della lapidazione. Ma ora, se mangi del se-
fatto il bagno rituale - hanno attraversato il Mar Rosso - ma non_ sono ~tate
go, la tua punizione è lo sterminio, e se profani il sabato la tua punizione è la lapi-
dazione". E come lo si è informato della punizione per la trasgressione dei coman- circoncise. Quindi nel primo caso si vuole sottolineare eh~ ~a c1rco~c1s1one e es-
damenti, così lo si informi della ricompensa che spetta a chi li osserva. Gli si dica: senziale, ma non il battesimo, mentre nel secondo che lo e il battesimo e non la
"Sappi che il mondo futuro è stato fatto per i giusti, e gli israeliti, in questo tempo, circoncisione.
non possono conseguire grande prosperità, né subire una grande punizione". Ma Il Talmud conclude, naturalmente redazionalmente:
non si cerchi di convincerlo comunque, né lo si prenda poco sul serio. Se egli ac-
cetta queste parole lo si circoncida subito. Se gli sono rimasti attaccati dei fram-
menti che rendono invalida la circoncisione, lo si circoncida una seconda volta. Una «E i saggi dicono: Se egli ha fatto il bagno. rituale n:a non_ è stato cir~onc~so, ~ se è
volta che si è ripreso dalla circoncisione gli si faccia subito il bagno rituale e due di- stato circonciso ma non ha fatto il bagno ntuale, egh non e un proselita, finche non
scepoli dei saggi stiano accanto a lui e gli insegnino alcuni dei comandamenti me- venga circonciso e non abbia fatto il bagno rituale». 10
no gravosi ed alcuni dei comandamenti più gravosi. Dopo aver compiuto il bagno
rituale ed essere uscito, egli, vedi, è un israelita sotto tutti gli aspetti». Come si svolgeva ritualmente questo battesimo?

È descritta qui la prova del candidato: prima egli deve consentire a essere Si richiedevano per prima cosa, secondo i dati, un minimo di 500 litri _di_ ac-
perseguitato con il popolo ebraico, poi ricevere un'istruzione pre-battesimale, qua, di modo che il nuovo adepto potesse entrare nell'acqua pnma_fmo m fian-
alcuni precetti meno gravosi e alcuni più gravosi; se a questo punto dà il suo pie- chi e poi fino al collo. Ci dovevano essere due o tre testn_noni che s1 p~epar.a~a.~
no consenso, viene circonciso e poi appena guarito - alcuni dicevano dopo set- no a diventare Maestri della Legge, che non erano pero ancora stati ord~na~1
te giorni - riceve il battesimo. Questo periodo di sette giorni era discusso, non rabbini. Mentre egli stava nell'acqua si recitavano sul suo capo due precetti IDI-
tutti erano d'accordo se dovevano passare veramente sette giorni ovvero se il

6 I testi classici in STRACK - BILLERBECK I, 102-111. Per la discussione G.F. MooRE, .ludaisn1, 8 Le diverse controversie tra Ja scuola di Hillel e Shammai (testi in. STRACK - ~ILLE1:IBECK I,
102s) ci fanno supporre che il battesimo dei proseliti fosse già in uso pnma della d1struz1one del
Cambridge 1962, I, 322-353.
7
b. Yebamot47 a.b. (trad. da G. KIPPENBERG-A. WEWERS [edd.J, Testi giudaici per lo studio tempio.
9 b. Yehamot 46a.
del NT, Brescia 1987, 207s). 10 lvi.
220 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La pratica del battesimo ai tempi di Gesù 221

nimi e due precetti tra i più gravosi. Poi c'era l'immersione di tutto il corpo; nel La letteratura dei mandei consiste nella Ginza, 15 nel Libro di Giovanni e
caso di donne i due rabbini stavano fuori.11 nei Libri rituali del Culto; la descrizione di questa letteratura è difficilissima per-
In base a quello che troviamo anche nei Libri Sibi!Uni, 12 questo battesimo ché è completamente oltre-mondana, non storica, per cui è quasi impossibile
richiedeva la conversione del cuore, perché altrimenti racqua da sola non ave- stabilire l'epoca di composizione.Alcuni autori, in base ad alcuni accenni, la fan-
va alcun potere. Questo battesimo era stato prefigurato da quello nel Mar Ras.- no risalire al III secolo d.C., però la maggior parte fa risalire questa letteratura e

so del popolo israelita: s. Paolo dice infatti nella Prima Lettera ai Corinzi a radici più antiche, arcaiche, per la presenza del nome di Giovanni, e il nome di
(10,lss) che tutti gli israeliti sono stati battezzati in rapporto a Mosè «eis ton Jardan, Giordano, come si chiama ogni fiume in cui avviene il battesimo. 16
Moysén» nella nuvola e nel mare. S. Paolo pensava, forse, che il battesimo dei La comunità è composta da sacerdoti e da laici; i luoghi di culto sono delle
proseliti fatto in rapporto a Mosè veniva ora sostituito dal battesimo cristiano capanne che hanno di fronte un piccolo laghetto e sono circondate da una siepe.
fatto in Cristo «eis Christon». Il laghetto deve essere di acqua viva, corrente, e deve essere situato vicino a un
Il nuovo adepto diventava così ebreo a tutti gli effetti, ma soltanto dal punto fiume ovvero vicino a un canale. Ogni fiume e ogni laghetto si chiamano «Jardan»,
di vista religioso, non sociale, perché in questo senso rimaneva un cittadino di se- che deriva da Giordano, a indicare l'acqua viva di un Giordano simbohco, capace
condo rango. Alcune tradizioni dicevano che alla fine dei tempi sarebbe venuto Elia di vivificare il fedele. Il culto consiste nei battesimi - notate il plurale - , nella
a dividere i veri israeliti da quelli che lo erano diventati in un secondo momento. messa per i morti, nelle ordinazioni sacerdotali, nei matrimoni e nelle festività.
Alcuni dicevano che mentre i primi avrebbero potuto beneficiare di tutti i meriti Il battesimo iniziale viene eseguito di domenica nell'acqua viva di un «Jar-
dei patriarchi, i proseliti avrebbero potuto contare soltanto sui propri meriti. dan». Questi fiumi vengono nutriti dal fiume di luce celeste e devono pertanto
Quindi questo battesimo non è un rito di purificazione ma di iniziazione e essere di acqua corrente per potere partecipare di questa luce superiore. Nel ri-
rende, insieme alla circ9ncisione, il proselita come un rigenerato, «sicut modo to del battesimo il battezzando deve fare per tre volte una autoimmersione con
geniti infantes». Nella Prima Lettera di Pietro si legge infatti: una veste bianca, per tre volte una immersione operata dal sacerdote, per tre
volte deve essere segnato sulla fronte e per tre volte deve bere un sorso d'ac-
«Figura questa (l'arca di Noè) del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozio- qua. Poi il neofita viene coronato con una corona di mirtillo, gli si impongono le
ne di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dìo».13
mani e lo si unge con olio; dopo che ha offerto pane e acqua, riceve qualche al-
tro segno insieme a una benedizione che il sacerdote dà mettendo la mano tra
la sua persona e quella del neofita.
3. IL BATTESIMO PRESSO I MANDEI

Che cosa significa questo battesimo per i mandei?


I mandei 14 esistono ancora oggi, attualmente sono alcune migliaia (circa
15.000), stabiliti in una comunità nel sud dell'Iraq e dell'Iran, lungo il Tigri e
Questo battesimo fa entrare nel mondo della luce; perdona le trasgressioni
l'Eufrate; costituiscono una setta gnostica che ha le sue proprie istituzioni, il suo
e rende ritualmente puro. Senza questo battesimo non è possibile l'ingresso nel
battesimo e la sua letteratura. La parola «mandeo» deriva da «manda>>, che si-
mondo della luce.
gnifica conoscenza o gnosi: si tratta di gnostici, i cui sacerdoti chiamati nasOraya
Ci sono poi delle abluzioni battesimali niinori che ciascuno può fare da so-
sono depositari di una conoscenza rivelata da inviati celesti.
lo ogni mattina e ogni volta che uno si sente in peccato, per autopurificazione.
Come religione è una religione gnostica che proviene dalla tarda antichità
Come si vede sono riti purificatori e non iniziatori di cui non si conoscono
- forse con radici precristiane - le quali potrebbero a sua volta fondarsi su
le origini; queste possono essere non cristiane ma parallele al cristianesimo. Al-
un giudaismo non ortodosso che ricorda nelle sue pratiche di battesimo nel
cuni studiosi ritengono che il battesimo cristiano abbia avuto poca influenza su
Giordano quello di Giovanni Battista.
quello mandeo, altri capovolgono il problema affermando che proprio il batte-
simo cristiano deriverebbe da quello mandeo.
La mitologia dei mandei contrappone un mondo di luce a un mondo di te-
11
STRACK - BJLLERBECK I, 106s. nebre. Un grande dio ignoto presiede al mondo della luce con numerose ema-
12
Oracula sybillina, 4, 161ss.
13
lPt 2,2; 3,21. nazioni chiamate Uthra (=ricchezza). Questo mondo delle tenebre, contrappo-
~ Il lettore italiano troverà la migliore trattazione su letteratura, dottrina e pratiche dei
4

man~ct nel volume di E. LUPIERI, Giovanni Battista fra storia e leggenda, Brescia 1988, 195-430, che
contiene pure una copiosa bibliografia. Un libro accessibile in tedesco e inglese è il secondo volu- 15 W. FoERSTER, Gnosis. A Selection ofGnostic Texts, Oxford
me di W. FOERSTER, Gnosis, Zilrich 1971, Oxford 1974, dove, oltre a un'ottima e sintetica introdu- 1974, II, 125-147.
zione, si trova una buona selezione di testi tradotti su tutti gli aspetti del mandeismo. 16 LUPIERI, Giovanni Battista, 199, non è di questa opinione.
222 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La pratica del battesimo ai tempi di Gesù 223

sto a quello della luce, sarebbe il luogo dove il mandeo, ora esiliato, cerca la sua In questi Misteri è presente il concetto di redenzione con la quale si an-
liberazione e il suo ritorno nella dimora della vita. L'otterrà accettando la verità nulla la distanza tra l'uomo e Dio, si rimettono i peccati e si permette un con-
rivelata, osservando il decalogo e praticando scrupolosamente i riti. È chiaro tatto con Dio.
quindi che ci sono molteplici influssi di correnti gnostiche. In molte di queste religioni misteriche troviamo inoltre: sistemi di gnosi e
Vediamo due testi, fra i quali vi è anche la formula battesimale che tradu- di rivelazione; drammi sacramentali che suscitano forti emozioni, producono ef-
co in italiano, dell'antologia di Foerster: fetti mistici e novità di vita; pratiche che assicurano la sopravvivenza e la comu-
nione con la divinità in questo mondo e nell'aldilà. Sono religioni personali in
«Che il Giordano fluisca liberamente e ti battezzi. Battezzi la tua anima con il bat- quanto non sono legate alla nascita in una data città o Stato, ma scelte libera-
te~imo ~i~ente eh? io, Hibil ..:, ho portato a te dal mondo della luce, dal quale tutti
gli uom1n1 perfetti e credenti vengono battezzati».11 mente con una decisione individuale per una rinascita interiore.
Infine sono religioni cosmiche che simboleggiano, attraverso varie cerimo-
Ecco ora la formula del battesimo: nie, il ritorno periodico del grano, della vegetazione, e di ogni vita, nel seno fe-
condo della Terra Madre, incarnato in Demetra, seguito da una nuova germina-
«Sei stato segnato dal segno della vita. Il nome della vita e il nome del Manda zione. Esse non presuppongono un Dio trascendente, ma un Dio panteistico e
d'Haiye sono stati pronunciati sopra di te. Sei stato battezzato con il battesimo di immanente.
Bihram Rabbà, figlio dell'Onnipotente. Che il tuo battesimo ti protegga e sia di Si ritiene che l'evoluzione di queste religioni misteriche abbia seguito
successo. Il nome della vita e il nome di Manda d'Haiye sono stati pronunciati su quattro stadi: 20
di te». 18
1) Le religioni arcaiche, esistenti prima dell'invasione dell'Acaia, le quali
erano religioni pubbliche proprie di una popolazione pastorale o agricola.
Il battezzando risponde:
2) Le religioni circoscritte agli antichi abitanti, che, dopo le invasioni del
IlP'I
!,I 1

«Manda d'Haiye sia su di me e mi protegga». XIII secolo, rappresentano ora lo strato infimo della società, nettamente sepa-
rato dai colonizzatori. i
I
3) Le religioni del terzo stadio, caratterizzate dalla formazione di associa-
4. I MISTERI zioni private che cercano di rinnovare i riti antichi.
4) Le religioni dell'età imperiale, che diventano religioni di iniziazione sa-
I Misteri sarebbero da soli il tema di un articolo a sé, essendo una del!e co- era.
se più complicate nell'ambito dello studio delle religioni, anche considerati dal
punto di vista del lo.ro rapporto con il battesimo cristiano. 19 Quali sono questi Misteri?
Sono stati molto studiati all'inizio del secolo; già nel 1930 circa abbiamo un
corpus di testi misterici, da cui possiamo trarre alcune conclusioni. Abbiamo i Misteri di Eleusi, di Iside, di Osiride, di Tammuz, di Adonide, di
Attis, che hanno tutti un qualche rito battesimale; i Misteri di Dionisio, di Orfeo
Che cos'è una religione misterica? e di Mitra.
Facendo una sintesi su ciò che conosciamo di tutti questi Misteri possiamo
La religione misterica è una religione che, attraverso rappresentazioni, mi- dire che il rito di iniziazione aveva tre tappe:
ti, allegorie, luci, tenebre, liturgie, atti simbolici e suggerimenti psicologici, cerca la preparazione all'iniziazione;
di promuovere un'esperienza mistica di contemplazione della divinità, nel cuore ~ l'iniziazione propriamente detta;
di un iniziando. - la beatitudine raggiunta dopo l'iniziazione.
In merito alla preparazione è da ricordare, innanzitutto, il voto di segre-
tezza. Conosciamo infatti pochissimo su questi Misteri, perché sembra che que-
sto voto venisse osservato molto rigorosamente. Forse solo qualche convertito
~: Cinzia di D~stra (ed. ~idzbar_ski, ~925, I, P~IT. 123s), FoERSTER, Gnosis, 277.
Qolasta 1~ (m M_andd1sche Ltturgien, ed. L1dzbarski, 1920, p. 27), FoERSTER, Gnosis, 279. al cristianesimo avrebbe rivelato qualcosa di ciò che accadeva in queste religio-
19
. Uno studio classico è R. FoLLET-K. PROMM, «Mystères», in SDB VIII, 1-225. Inoltre, una ni; altre notizie le abbiamo dai Padri: Tertulliano e Clemente Alessandrino. Poi
chia~a.e r:rofonda sintesi sulle religioni misteriche si trova in S. ANGUS, The Mystery Religions and
Chnstwnlty, London 2 1928. Il problema della relazione dell'iniziazione misterica con il battesimo
cristiano viene a lungo esaminato da G. WAGNER, Pauline Baptìsm and the Pagan Mysteries, Edin-
burgh 1967. In queste tre opere fondamentali il lettore troverà anche delle ampie bibliografie. 20 ANGUS, Tue Mystery Religions, 43s.
224 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La pratica del battesimo ai tempi di Gesù 225

vi era: la confessione dei peccati; i riti battesimali ovvero le purificazioni; i sa- In secondo luogo i termini che si usano non hanno sempre un significato
crifici; le pratiche ascetiche; i pellegrinaggi; le automortificazioni; le cerimùnie di univoco, ma esso varia da Mistero a Mistero, anche nel medesimo Mistero iter-
incoronamento e intronizzazione. mini variano in diversi tempi. Per tali motivi non si può applicare la terminolo-
L'iniziazione proprian1ente detta consisteva dapprima in un periodo di ca- gia a Rm 6.
tecumenato durante il quale l'iniziando veniva istruito. L'esperienza di rigene- Ci sono infatti molte controversie su Rm 6. Ci sono alcune tesi che sosten-
razione e di comunione con il dio consisteva in estasi e in una deificazione, ov- gono che Rm 6 dipende completamente dai riti misterici; altre che vedono solo
vero nell'inabitazione della divinità nell'iniziato. L'iniziato si identificava con il delle connessioni, insieme a delle contraddizioni, tra Misteri e battesimo cristia-
dio stesso (i baccanti o le baccanti lacerano un animale selvatico, e ne mangia- no, come se i due mondi coesistessero e s. Paolo avesse voluto adottare questi
no le carni crude, ad esempio), realizzando così un sacro matrimonio mistico. riti per reinterpretarli alla luce cli Crìsto. Un terzo gruppo di opinioni vede solo
Nello stadio della beatitudine c'è un'epifania del dio, preludendo la salvez- una dipendenza terminologica, ma non reale, tra i Misteri e la dottrina di s. Pao-
za e l'immortalità. lo, mentre Wagner, per esempio, sostiene che non c'è alcuna dipendenza. Dun-
In quanto ai testi sui riti battesimali, Tertulliano, 21 dice: <<In certi Misteri-. que all'inizio del secolo, da Reitzenstein fino ad oggi, si è fatto un vero cammi-
per esempio Isis e Mitra - i membri sono iniziati per lavacruni; nei riti di Apol- no, partendo dall'affermazione di una dipendenza totale fino all'indipendenza
lo a Eleusis i membri vengono battezzati e credono che il risultato di questo bat- assoluta da questi Misteri nel pensiero di s. Paolo. 24
tesimo sia la remissione dei peccati e la rigenerazione». È evidente che qui Ter- È inutile parlare dello gnosticismo perché è posteriore al cristianesimo,
tulliano paragona il battesimo dei misteri con quello cristiano, vedendo il primo sorge nel II secolo; non possiamo verificare il battesimo gnostico se non nella
con occhio sfavorevole. setta dei mandei di cui abbiamo già parlato. Il battesimo gnostico è dipeso qua-
Clemente Alessandrino22 scrive: «Non è senza ragione che nei Misteri, co- si completamente dal battesimo cristiano, pur avendo anche delle tradizioni che
muni tra i greci, le lustrazioni tengono un posto primario». derivano dal giudaismo non ortodosso. Ippolito,25 per esempio, dice dei naasse-
Da Apuleio invece sappiamo che dopo le preghiere per il perdono, avve- ni che per loro il lavacro non è altro che un entrare nel piacere eterno per mez-
niva il bagno di purificazione, poi le visioni di Iside e il battesimo per aspersio- zo dell'acqua viva e dell'unzione con il «profumo indicibile». Il lavacro quindi
ne. Narra quindi che l'adepto si battezza sette volte nel mare, ma lui stesso af- introduce nell'immortalità, non rimette i peccati come il battesimo cristiano.
ferma che non può dire di più di quello che ha già rivelato. Ireneo nell'Adversus Haereses 26 ci dà la formula di un battesimo gnostico: «Nel
Anche Firmicus Maternus23 che scrive contro i Misteri dice che non c'è al- nome dell'Incognito Padre del tutto, nella Verità Madre di tutti, in Colui che
tra acqua, oltre quella cristiana, con cui gli uomini rinascono e si rinnovano. scese su Gesù per l'unione, la redenzione e la comunione delle forze», mentre
Sembra però che questi riti battesimali con l'acqua appartengano soltanto nel Vangelo di Filippo, nei codici di Nag Hammadi 2,3 abbiamo «baptein» -
allo stadio preparatorio, non a quello iniziatorio. Quello che, forse, costituisce che significa colorare - perché Dio ci colora con l'acqua dell'immortalità. 27
l'essenza del rito iniziatorio è il «taurobolium»: si scavava una trincea nella ter- L'originalità del battesimo cristiano, dunque, non consisteva tanto nel rito
ra, la si copriva con tavole di legno e si sacrificava un toro; il niistes, stando sot- di iniziazione - in quanto tale, coesisteva con le origini della Chiesa, almeno
to, veniva asperso dal sangue del toro. La prerogativa di questo rito, la cui for- nel giudaismo - bensì nel suo significato sacramentale indicato nelle parole
mula si può dire fosse «renati in aeternum», era quella di conferire l'immorta- che lo accompagnavano e sviluppato dagli apostoli.
lità. Esso si trova nei Misteri di Mitra e di Cibele nel II secolo o più tardi.
Dunque, per concludere, sembra che il battesimo nei Misteri non fosse un rito
iniziatorio ma solo preparatorio, purificatorio, che portava poi all'iniziazione pro-
priamente detta, mentre il rito del «taurobolium» fosse più precisamente iniziatorio.
È necessario poi precisare che la lista data più sopra dei riti dei Misteri è
solo un'astrazione, poiché questi riti non si trovano in tutti i Misteri, ma sono so-
lo l'insieme di quelli conosciuti, raggruppati in un ordine logico, ovvero crono-
logico. I misteri si sono influenzati reciprocamente, incrociandosi nel tempo.

24 WAGNER, Paiiline Baptisn1, 7-60.


21
TERTULLIANO, De Bapt., 5. 25 IPPOLITO, Refutatio, V, 7,19.
22
CLEMENTE ALESSANDRINO, Strom.ata, 5,11. 26 IRENEO, Adv. Haer. I, 21,3.
23
FIRMICUS MATEIU\'lJS, De erroribus profanarunz religionum, 2. 27 NHC Il, 3.
Capitolo quattordicesimo

Il Simone della storia e il Pietro della fede*

Il titolo di questo articolo è evidentemente una trascrizione in chiave pe-


trina del binomio «Il Gesù della storia e il Cristo della fede». Il nome di Pietro
era diventato un mito, un theologoumenon, sia nella Chiesa apostolica sia in
quella patristica. Scopo della presente lezione è quello di tracciare lo sviluppo
del dato storico contenuto nella tradizione evangelica su Simone, dai dati al-
quanto scarni di Marco attraverso la figura paradigmatica di Pietro contenuta
nella redazione di Matteo e di Luca, fino alla completa teologizzazione dell'a-
postolo nel Vangelo di Giovanni. Inoltre, si tenterà di trovare il Sitz im Leben di
questa «Canonizzazione» nelle vicende della prima comunità cristiana. Si ricor-
di che Bultmann aveva sostenuto che la gran parte degli episodi e dei detti evan-
gelici sono una creazione della comunità primitiva per soddisfare i bisogni del-
la nuova situazione in cui si trovava. Noi diciamo che episodi e logia non ven-
gono creati ex nihilo sui et subjecti; la loro narrazione comunitaria riflette sì le
diverse situazioni ecclesiali successive, ma non crea l'avvenimento originario.
Qualche volta ci è difficile pervenire al nucleo storico, ma è proprio questo che
ci offre la possibilità di distinguere il Simone della storia dal «Pietro della fede».
Quando furono composti i vangeli Pietro aveva già subito il martirio, lavando
con il proprio sangue le debolezze ricordateci dalla tradizione. Eppure perseve-
ra anche in seguito sia il ricordo delle sue pecche sia quello della sua preminen-
za tra i Dodici. Come è avvenuto tutto ciò?
Veramente, la «Carriera» di Simone non era una delle più brillanti. Cerca di
allontanare Gesù dalla sua passione (Mc 8,32), dubita mentre cammina sulle acque
(Mt 14,31), rifiuta che gli si lavino i piedi (Gv 13,8), è pieno di millanteria sulla sua
capacità di soffrire per Cristo (Mc 14,29; Gv 13,37), capisce ben poco sul monte Ta-
bor (Mc 9,5), ferisce il servo del sommo sacerdote con la spada (Gv 18,10), rinne-
ga Gesù per ben tre volte (Mc 14,66-72), si nasconde dopo la morte del Maestro
(Gv 20,19), viene rimproverato dalla Chiesa di Gerusalemme per essersi contami-
nato entrando nella casa di un pagano (At 11,3) e, in ultimo, Paolo lo sgrida per i

* Studia Ephemeridis Augustinianum 74(2001), 9-18. Il presente articolo è una riflessione


teologica che sintetizza l'ampio contributo dell'autore nella Enciclopedia dei Papi Treccani I, Roma
2000, 1-30, in cui si trova una bibliografia completa.
228 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il Simone della storia e il Pietro della fede 229

suoi compromessi comportamentali (Gal 2,11). Ciò nonostante egli viene costan- Per rimanere nello stesso argomento passiamo alle note parole «Tu sei Pie-
temente nominato primo nella lista degli apostoli (Mt 10,2-4; Mc 3,16-19; Le 6,13- tro e su questa pietra edificherò la mia chiesa ... A te darò le chia,vi del regno dei
16; At 1,13.25-26), è lui che prende la parola quando c'è da fare un discorso a no- cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei c1eh, e c10 c.he sc1ogherai
me della comunità e la sua parola è decisiva nella presa di decisioni ecclesiali (At sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18). Quando furono profente queste pa-
1-2). Ciò non poteva accadere senza qualche parola di Cristo che lo avesse auto- role di Gesù? Nel racconto sulla confessione di Pietro a Cesarea dr Frhppo -~sse
rizzato. Vediamo se possiamo gettare un po' di luce su questo paradosso. mancano nei Vangeli di Marco e di Luca e sono riferite solo da Mat;eo. C10 fa
Già il cambio di nome imposto da Gesù, narrato all'inizio del Vangelo di pensare a molti esegeti che Gesù non le avrebbe pronunciate 1n que!l occasione
Giovanni (1,40-44), e in Matteo in occasione della consegna delle chiavi (16,18), ma in qualche altra: o durante la vita terrena del Maestro ovvero m una delle i!
dà il via al processo di interpretazione. Nella Bibbia Nomen est amen. Kefa, in apparizioni dopo la risurrezione. Una situazione postpasquale colhmerebbe me-
aramaico, è una roccia, tradotta come Petros in greco. Il fratello di Andrea esce glio con Gv 20,23 e 21,15-17 dove s1 parla dr nmettere o ntener_e 1 peccati e do-
così dalla sua vita privata e individuale per assumere un ruolo di fondamento di ve Pietro viene costituito pastore delle pecore e degh agnelh di Cnsto, ma non
qualcosa che Cristo ha l'intenzione di costruire. si esclude affatto la possibilità di una parola prepasquale. . . .
La confessione di Pietro: «Tu sei il Messia» ricordata da Marco in 8,27-30 e Abbiamo già detto che l'autorità mostrata da Pietro negh Atti degh apo-
collocata nei paraggi di Cesarea di Filippo - il collegamento logistico ne indica stoli non si spiega senza una parola autorizzante di Gesù, o durant~ la .sua vit.a
la memoria storica - già diventa il fondamento di una nuova comunità che di terrena oppure dopo Pasqua. Però le immagini trasm.esse sono varie. Pietro VI-
questa confessione farà una bandiera. Giovanni trasporta l'atto di fede di Pietro ve come «pescatore di anime» (Mc 1,17), come <<pietra e. fondam~nto». (Mt
al termine del discorso eucaristico del c. 6: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai 16,18), come «pastore del gregge» (Gv 21,16-18),_un'immagme che viene npre-
parole di vita eterna. Noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il sa nella prima lettera attribuita a lui (lPt 5,4), e m ultimo, come maggiordomo
Santo di Dio» (6,69). L?appellativo «Cristo» in Giovanni ha ormai la connotazio- cui sono state affidate le chiavi del regno (Mt 16,18). La convergenza cli tanti l!-
ne di «Figlio di Dio~>, come anche in Matteo. L'espressione «Santo di Dio» è uni- toli su un povero uomo debole che aveva rinnegato Cristo per ben tre volte e 11
ca, e il contesto in cui viene collocata, quello al termine del discorso sapienziale cambiamento del nome Simone in quello di Cefa/Pietro sottolineano la dIStm-
ed eucaristico del sesto capitolo, quando alcuni discepoli trovano le parole di Ge- zione che veniva fatta dalla comunità tra la persona del pescatore della Gahlea
sù sulla necessità di mangiare, anzi, masticare ( trogein) la sua carne per ottenere e l'ufficio riconosciutogli dalla comunità. . .
la vita eterna, troppo dure, richiama un ambiente di incipiente docetismo. Que- Dopo la confessione di Cesarea di Filippo segue in Marco l'ep1sod10 della
sto aveva causato seri problemi nelle comunità giovannee, e sembra che con que- trasfigurazione di Gesù (Mc 8,2-10). II racconto è fortemente teolog12zato e non
sto richiamo a Pietro come rappresentante dei «Dodici», l'unica volta che ven- è facile risalire al modo di svolgimento del fatto accaduto. Colpisce mfatl! la .so-
gono menzionati, il cerchio giovanneo, che non riusciva a risolvere il problema miglianza con il prologo di Giovanni: «E il Ve~bo si fece carne ,e venne ad ab1ta,-
dall'interno, si rivolga alla Chiesa universale rappresentata da Pietro. Difatti, an- re in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua glona» (Gv 1,14). D altra parte non e
che la parola di Gesù: «È Io Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla» (Gv probabile che, come dice Bultrnann, questo sia un avvenimento postpasquale re-
6,63) sarebbe la versione giovannea del detto in Matteo «Né la carne né il san- troproiettato e serva a Marco per illustr~re il v~ro ~1gn1f1cato della ~o~ess1on~
gue te l'hanno rivelato ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,17). La confes- di Pietro nel capitolo precedente. In ogm caso, 11 Simone della stona fa una f~­
sione di Gesù come il Cristo, cioè, non è il frutto della logica umana ma una ri- gura alquanto magra con la sua proposta di edificare tre tende, una per c:esu,
velazione dello Spirito nel senso in cui Paolo scrive, in lCor 12,3: «Nessuuo può una per Mosè e una per Elia. L'evangehsta stesso aggmnge che Cefa era cosi ab-
dire Gesù è Signore se non sotto l'azione dello Spirito Santo». bagliato dalla visione che non sapeva ciò eh~ .stava d1ce1:-do. Com~ v1e~e co1:11-
Ciononostante, da primo della classe Pietro viene subito degradato da mentato questo episodio dal Pietro della trad1z10ne? Troviamo la chiave m 2 Pie-
Gesù a un satana quando vuole trattenere il Maestro dalla sua passione (Mc tro. È risaputo che questa lettera è pseudoepigrafa, ma Il fatto che venga a,ttn-
8,33). Il titolo «Messia», cioè, non ha né un significato politico, né connotazio- btùta a Pietro la connette con la tradizione sia petrina sia marc1ana. ~01che ~1-
ni di trionfalismo. Solo se letto nel contesto dei canti del Servo sofferente ac- cuni stavano perdendo la loro fiducia nel ritorno di Cristo l'autore scrive: «Sta-
quista un significato pieno. Simone non aveva capito questa cosa, ma in segui- rno stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e glo-
to, paradossahnente, si vanterà spesso che avrebbe dato la sua vita per Gesù. A ria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: "Que~
parte il dato storico di questi detti, la loro trasmissione nella comunità primiti- sti è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Questa voce n01
va si inserisce sia in un ambiente di rilettura e reinterpretazione ·dell'Antico Te- l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo mont~. E
stamento sia in un contesto di persecuzione in cui la confessione di Pietro vie- così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti» (2Pt 1,16-18)_. C10 Si-
ne integrata e il suo vanto diventa ormai una possibilità reale. gnifica in altre parole: la confessione da parte di Simone di Gesù come Il Cnsto
230 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il Simone della storia e il Pietro della fede 231

viene confermata non soltanto dalle profezie dell'Antico Testamento, ma anche tro, pieno di fede, riesce a camminare sulle acque turbolente delle vicende sto-
dalla risurrezione e dalla proclamazione di Cristo come Figlio di Dio in potenza riche, ma appena gli viene meno la fede comincia ad affondare, finché Gesù non
(Rm 1,3) da parte del Padre. Il simbolo apocalittico della nube sul Tabor con- gli stende la mano con un gesto salvifico escatologico, in quanto il Cristo risor-
ferma la sua promessa del suo ritorno sulle nubi del cielo (cf. Dn 7,14). Questa è to è il Figlio di Dio in potenza. Possiamo collocare questo racconto su Pietro in
stata la predicazione tradizionale di Pietro che l'epistola composta in nome suo qualche occasione a noi nota dagli Atti ovvero dalle epistole? È pericoloso pro-
porta avanti. Ciò che Cefa diceva senza capire sul monte della trasfigurazione, vare a indovinare, ma forse la transizione della missione ai gentili e la spinosa
adesso «Pietro» lo annunzia in chiarezza alla luce degli avvenimenti pasquali. questione della necessità della circoncisione, con la titubanza di Pietro raccon-
tata in Gal 2, potrebbero offrire uno sfondo possibile per l'adattamento mat-
Veniamo ora ad alcuni episodi narrati da Matteo. Si sa che il primo evan- teano del racconto di Marco alle circostanze contemporanee.
gelista, tra la storia dell'infanzia e quella della passione e risurrezione, divide il In Mt 18,22 Pietro chiede a Gesù quante volte si deve perdonare: sette vol-
corpo del suo scritto in cinque parti, che richiamano alla mente i cinque libri del te? No, settanta volte sette, risponde Gesù. Marco non menziona Pietro e restrin-
Pentateuco, per presentare Gesù come il nuovo Mosè. Ciascuna di queste parti ge il perdono a sette volte al giorno. Ma Pietro viene esortato come rappresen-
inizia con un racconto di fatti, generalmente tratti da Marco, seguita da un di- tante di tutti i credenti a esercitare il perdono reciproco senza limitazioni, perché
scorso che ha come fonti, oltre Marco, Q e M. Il quarto «libro» di Matteo è di ciò rispecchia l'atteggiamento che Gesù stesso tramanda alla Chiesa di Pietro.
natura ecclesiale, quindi ci interessa particolarmente. Il primo episodio che ri-
guarda Pietro è alquanto strano (Mt 17,24-27). Gli esattori della tassa del tem- Ci tocca adesso passare al Vangelo di Luca, che ha poco di specifico su Pie-
pio chiedono a Pietro se il suo maestro pagava il mezzo siclo per la manuten- tro. Ma un passo è significante, Le 22,31-34: «Simone, Simone, ecco, Satana vi ha
zione del tempio, Pietro risponde di sì, ma Gesù lo previene chiedendo da chi i cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga me-
re riscuotevano le tasse, se dai figli o dagli estranei. Rispondendo Simone che i no la tua fede, e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. E Pietro gli dis-
figli erano certamente esenti, Gesù lo manda a pescare, il primo pesce che pren- se: "Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte". Gli ri-
derà avrà una moneta d'argento in bocca: Pietro paghi la tassa per se stesso e per spose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai
lui. Poiché non abbiamo nessun altro esempio di un miracolo per uso proprio, la negato di conoscermi"». Segue immediatamente il racconto dell'agonia nell'orto
narrazione deve possedere un forte colorito simbolico. Forse è meglio leggerla del Getsemani con la sottolineatura della mancanza di vigilanza dei discepoli e
nel contesto della Chiesa apostolica che non nel suo contesto evangelico. La tas- la loro conseguente fuga, una mancanza di vigilanza che provoca parole dure ri-
sa per il tempio continua finché esiste il tempio. Dopo la sua distruzione i romani volte a Pietro: «Simone dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?» (Mc
esigevano dagli ebrei una dracma per la manutenzione, niente di meno, del tem- 14,37). Da quest'ora in avanti il vigilate ut non intretis in temptationem farà parte
pio di Giove Capitolino. I giudeo-cristiani erano obbligati a pagarla? Sarebbe un del catechismo petrina, come consta dalla sua prima lettera (lPt 4,7; 5,8).
caso di coscienza nella Chiesa primitiva. Probabilmente Pietro, ricordando il co- Ma, per ritornare ai versetti lucani, essi sono molto istruttivi. Il tentativo di
mando di Gesù di dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, Satana richiama l'introduzione al libro di Giobbe, l'oggetto della tentazione so-
avrebbe decretato che, benché i cristiani, avendo la nuova figliolanza divina, fos- no tutti gli apostoli, i quali, conseguentemente, fuggono durante la cattura di
sero esenti, per non causare scandalo, dovevano conformarsi agli altri ebrei. Gesù; Pietro non fugge, lo segue al processo, ma lo rinnega tre volte come pre-
Un'altra storia strana è quella di Pietro che cammina sulle onde in Ml 14, detto. Essendo il più colpevole di tutti, il suo ravvedimento, dovuto all'interces-
22-33. Il racconto è preso da Mc 6,45-52. Gesù sta su un monte a pregare, i di- sione di Gesù per lui personalmente, servirà adesso da strumento per confer-
scepoli attraversano il lago di Galilea in una barca con il vento contrario. Alter- mare la fede dei suoi colleghi nell'apostolato. In Gv 21,15-19 si racconta il per-
mine della notte appare Gesù che cammina sulle acque. Si spaventano creden- dono di Pietro dopo la sua triplice affermazione di amore per Gesù risorto e la
dolo un fantasma, ma egli sale sulla barca, il vento cessa ed essi rimangono stu- sua costituzione come pastore del gregge di Cristo. Solo il Simone che aveva
pefatti. Già in Marco possiamo osservare un racconto teologicamente targu- toccato il fondo, ma che ora è il Pietro ravveduto e riconciliato, può rafforzare
mizzato, ma Matteo rincara la dose, aggiungendo che Pietro chiede a Gesù di la comunità nella sua fede titubante sotto le persecuzioni ed esortarla a seguire
poter andare da lui camminando sull'acqua. Mentre lo fa si spaventa per le on- Cristo fino alla morte, non con le proprie forze, però, ma attraverso l'aiuto divi-
de e grida a Gesù di salvarlo. Gesù lo prende per mano e lo rimprovera per la no implorato dal Risorto.
sua poca fede. L'episodio termina con una confessione di fede nella figliolanza
divina di Cristo. L'allegoria non è difficile da spiegare. Il Cristo che prega sul Il Quarto Vangelo, il più teologico di tutti, ha ancora molto da dirci su Pie-
monte richiama il Cristo risorto che intercede per la Chiesa, la quale, nel frat- tro. Durante la lavanda dei piedi nell'ultima cena come raccontata da Giovanni
tempo, attraversa la tempesta della storia, ma egli le viene incontro. Anche Pie- (Gv 13,7-11), Pietro si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, il quale lo rimpro-
Il Simone della storia e il Pietro della fede 233
232 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
spetta l'anzianità di Pietro; questi, però, entra e vede le bende piegate p~r ter-
vera dicendo: «Quello che io faccio, tu non lo capisci ora, ma lo capirai dopo ra. Pietro e Giovanni sono tipi di due correnti nella Chiesa: la comunita gio-
queste cose ... Se non ti lavo tu non hai parte con me ... Chi ha fatto il bagno non vannea è cosciente di essere la figlia del discepolo prediletto, il discepolo che
ha bisogno di lavarsi, ma è tutto mondo». Il fatto che Simone non capisca il ge- pose il capo sul petto di Gesù e conosce meglio il battito dd suo cuore. Ma que-
sto presente di Gesù, ma Pietro lo capirà dopo, indica la comprensione dei gesti sta comunità, come consta dalle epistole giovannee, entra 1n cr1s1 a causa d1 un .
del Signore da parte della comunità postpasquale. Solo colui che viene lavato da incipiente docetismo nel suo seno e trova impossibile risolvere il proble~a dal-
Gesù per mezzo della sua fede e del battesimo può avere parte con lui. L'apo- l'interno, come abbiamo detto parlando del c. 6 del Quarto Vangelo; si deve
stolo, anzi, il cristiano, è pulito, ma nei suoi itinerari per il mondo è inevitabile quindi rivolgere ai «Dodici», cioè alla prassi delle altre Chiese_, in particolare al-
che si sporchi i piedi, e nei racconti su Pietro negli Atti e nelle epistole possia- l'autorità, o anzianità, di quella petrina. Questa è un punto di riferimento e ha
mo già intravedere come si possono sporcare i piedi per mezzo di incompren- il compito di pascere il gregge. Il giovannismo ha il primato dell'amore, la co-
sioni discussioni e debolezze. Ciò che Simone aveva rifiutato, il Pietro della tra- munità petrina quello di guida e il compito di confermare nella fede. E G10-
dizio~e lo capirà quando scrive nella Prima Petri: «Figura, questa (cioè la sal- vanni che crede per primo nella risurrezione, ma è compito di Pietro d1 atte-
vezza dal diluvio) del battesimo che ora salva voi; esso non è rimozione della starla ufficialmente.
sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una Ancora più allegorico è il racconto della pesca miracolosa in Gv 21,1-14.
buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo» (lPt 3,21). Luca racconta qualcosa di molto simile in 5,1-11 durante l'attività di Gesù in
Ritorniamo all'orto del Getsemani. SoJo,Giovanni ricorda il fatto raccon- Galilea, ma il racconto giovanneo ha anche somiglianze con quello su Pietro .che
tato in 18,lOs in occasione della cattura del Maestro: «Allora Simon Pietro, che cammina sul mare già incontrato in Matteo. Evidentemente c'è una contamina-
aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò zione nella trasmissione tra questi racconti visti nella luce della risurrezione.
l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: "Ri- Anche in questo episodio è «il discepolo che Gesù amava» a riconoscere per
metti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha da- primo il Risorto che sta sulla riva, ma è Pietro che si butta in mare e fa cento
to?"». La versione matteana dell'episodio non menziona Pietro per nome, ma metri a nuoto per raggiungere il Maestro. Il pasto di pesce con il Risorto e la
solo «uno che era con Gesù» (Mt 26,52s) e aggiunge nel rimprovero: "··· perché convinzione della sua identità tra i discepoli richiama la cena di Emmaus che
tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io apre gli occhi dei seguaci alla presenza del Cristo risorto . Arri~ati a riv~, Pietro
non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di aiuta a scaricare la rete, piena di centocinquantatré grossi pesci, e che, cionono-
angeli?». Che la reazione violenta di Pietro sia storica lo indica il fatto del ri- stante, non si rompe. Il pescatore di anime, che fra poco sarà investito come pa-
cordo del nome del ferito e il rimprovero rivolto a Simone. Ma in quale Sitz im store, tiene insieme questa moltitudine di pesci in unità, senza disperderli con
Leben viene ricordato e trasmesso? Anche Mosè aveva tentato di liberare il suo nessuna rottura strutturale.
popolo per mezzo della violenza sull'egiziano che maltrattava un ebreo. Non è Nel medesimo episodio troviamo Pietro e Giovanni insieme dopo la risur-
in questo modo che si ottiene la liberazione. Una situazione analoga la trovia- rezione. Il primo riconosce Gesù immediatamente e lo riferisce .a Pietro, il ~ua­
mo negli ultimi anni precedenti il 70 quando, in seguito alla rivoluzione degli le prende l'iniziativa di raggiungerlo e di constatare la presa nnracolosa_di pe-
ebrei, viene distrutta Gerusalemme, e ancora molto intensamente prima della sci. Sono le due comunità portanti della Chiesa. Si deve aggmngere che il c. 21
rivoluzione di Bar Kochba del 135 quando i cristiani, che rifiutarono di pren- del Quarto Vangelo è stato aggiunto dopo la morte del fondatore della cosid-
dervi parte, vengono emarginati. La tentazione di violenza è costante nella detta comunità giovannea, quindi vede le cose sia in retrospettiva sia nella con-
Chiesa: il nemico si sottomette non per mezzo della violenza esterna ma solo temporaneità. L'interpretazione di questo racconto simbolico no~ è ol?era d~
quando i credenti bevono il calice offerto dal Padre nel nome di Cristo. Non tut- fantasia allegorizzante, è stata voluta dall'evangelista, che, come m altn bram
ti i cristiani hanno potuto bere quel calice, molti seguirono Pietro nelle sue ne- del suo vangelo, dà segni letterari chiari che il lettore deve oltrepassare il rac-
gazioni ma non nel suo ravvedimento. conto storico per raggiungere il suo vero significato.Non è per caso che i più bei
I racconti giovannei sul dopo pasqua sono pieni di memorie di Pietro. Egli commentari su Giovanni sono stati scritti da Origene e Agostino.
è il testimone principale della risurrezione. Ma in Gv 20,4-9 si racconta un epi- Nel medesimo capitolo troviamo la triplice confessione dell'amore di Pie-
sodio che ci rivela la posizione vicendevole dei due discepoli prediletti da Ge- tro (Gv 21,15-23). Simone aveva cominciato con una confessione lodevole, poi
sù in seno alla comunità cristiana. Anche questa narrazione, benché fondata su accade la triplice negazione, adesso si riabilita con la tnphce confessione di
un fatto reale, è fortemente allegorica e vuole informarci piuttosto sulla situa- amore, una cosa che Giovanni non ha bisogno di fare perché per lui l'amore ~
zione della Chiesa al tempo di Giovanni che non su fatti accaduti tempo prima. un fatto scontato. Alla triplice confessione corrisponde la triplice investitura di
Pietro e Giovanni, ricevuta la notizia del sepolcro vuoto, corrono insieme ver- Pietro come pastore degli agnelli e delle pecore da parte di Gesù, un fatto che
so il luogo di sepoltura di Gesù. Giovanni arriva per primo, ma non vi entra, ri-
234 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il Simone della storia e il Pietro della fede 235

la comunità giovannea deve constatare e rispettare. Anche un amore ferito può evangelici racchiudono un fatto storico, ma il modo di presentare quell'accadi-
mantenere l'autorità, benché non abbia la medesima forza paradigmatica di mento è midrashico, è cioè una narrazione che getta una luce teologica sul fat-
quello puro del discepolo prediletto. to che racconta a partire da un punto di vista posteriore, già convalidato nell'e-
Gesù termina la sua investitura di Pietro con la parola <<seguimi», segui voluzione della comunità che aveva accettato la leadership di Pietro. Se abbia-
adesso sia la mia attività di predicare il regno di Dio, sia la mia passione e la mia mo parlato di allegorizzazione nella trasmissione del dato di fatto, ciò non si op-
morte. Prima eri troppo sicuro di te stesso, adesso che hai esperimentato la tua pone al senso letterale dei vangeli, ma appartiene proprio al senso letterale per-
debolezza e il mio perdono, seguimi. In Pietro, però, rimane ancora molto del r!
ché è il senso inteso dagli evangelisti, che essi avevano ereditato dalla tradizio- 1,:,

vecchio Simone, il quale, preso da curiosità, indica il discepolo prediletto e chie- ne orale e da una prassi ecclesiale precedente. Non ci dobbiamo ineravigliare, li
de: «"Signore, e lui?". Gesù gli rispose: "Se voglio che egli rimanga finché io ven- dunque, che anche i padri della Chiesa abbiano continuato questa venerazione I!
ga, che importa a te? Tu seguimi". Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel dell'apostolo e l'abbiano trasferita al vescovo di Roma, portatore della tradi- '

discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe zione e dell'autorità petrina. Per concludere, la parola «Pietro» racchiude in sé
morto, ma: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?"» (Gv un concetto teologico (un theologoumenon) che indica una persona storica, un
21,20-23). Presumibilmente, quando fu composto questo capitolo Giovanni era carisma, una promessa, un simbolo e un ufficio.
già morto e Pietro era già stato giustiziato. I loro seguaci, però, santificano la lo-
ro memoria, portando avanti sia le loro comunità sia le loro tradizioni teologi-
che ed ecclesiali.

Nel libro degli Atti, Luca, che non si era prodigato tanto nelle lodi di Pie-
tro nel suo vangelo, lo pone come protagonista nella fondazione e nella reggen-
za della Chiesa di Gerusalemme. A lui spetta pertanto la decisione più ardua
che doveva prendere la Chiesa nascente, quella, cioè, della preservazione o me-
no dell'osservanza della legge mosaica per ottenere la salvezza. Un sì avrebbe
fatto della comunità cristiana un'altra setta giudaica, piuttosto che lanciarla nel
mondo portando la bandiera del Cristo risorto. I giudeo-cristiani estremisti,
quelli che più tardi si chiameranno «ebioniti», erano naturalmente contrari a un
tale passo e davano la colpa a Paolo, che l'avrebbe deciso di testa propria. Lu-
ca, attribuendo l'episodio della conversione del centurione Cornelio a Pietro, e
non passando sotto silenzio il rimprovero degli estremisti gerosolimitani, dà il li
merito a Pietro, guidato dalla visione del lenzuolo che scende dal cielo pieno di I

animali immondi da Dio ormai dichiarati mondi (At 10). Anche nel cosiddetto
concilio di Gerusalemme è di nuovo Pietro che trova la soluzione definitiva. È
vero che, anche dopo una tale decisione, Pietro ritorna a fare il Simone nell'e-
pisodio dì Antiochia raccontato da Paolo in Gal 2 perché gli manca il coraggio
di seguire fino in fondo le sue convinzioni. La Chiesa di Roma porterà avanti la
memoria di ambedue gli apostoli, Pietro e Paolo, il primo rappresentante del
giudeo-cristianesimo, l'altro dei convertiti dal paganesimo, ma ambedue uniti
nella loro testimonianza sigillata con il proprio sangue.

Concludiamo questa rassegna di racconti su Pietro sottolineando il fatto


che questo uomo, semplice, sincero ma debole, chiamato Simone, viene cano-
nizzato sia dalla tradizione della comunità primitiva sia dagli evangelisti nella
redazione dei loro vangeli. Il Simone della cronaca diventa il Pietro della fede
ecclesiale. Come abbiamo già detto, ciò non poteva avvenire senz,a una parola
fondante di Gesù, che obbligava la comunità a seguire quella strada. I racconti
Capitolo quindicesimo

Il giudeo-cristianesimo:
lo stato della questione*

È nota a tutti la difficoltà che trovano gli studiosi di definire il gindeo-cri-


stianesimo.1 S.C. Mimouni dedica tutto un capitolo a questo argomento nel suo
libro recente Le judéo-christianisme ancien: essais historiques (Paris 1998. 39-
72). Mi è parso più opportuno, dunque, tracciare lo sviluppo storico di questo fe-
nomeno nella Chiesa antica per poi tentare di concludere su alcune delle sue
particolarità alla fine della relazione. Le fonti sono quelle neotestamentarie e
patristiche;2 quelle intertestamentarie e rabbiniche ci aiutano solo fino a un cer-
to punto, ma anche la scelta delle fonti viene determinata dalla concezione
aprioristica di questa corrente cristiana.
Non c'è bisogno di dire che i primi convertiti al cristianesimo in Gerusa-
lemme, se seguiamo la narrazione degli Atti, erano tutti ebrei, da qualsiasi cor-
rente provenissero. Essi proseguivano nella loro fede, fondata sulla Bibbia
ebraica, nella prassi dell'osservanza della Torah, frequentavano il tempio e la si-
nagoga, circoncidevano i loro figli e si sentivano giudei a tutti gli effetti. Si di-
stinguevano per mezzo del loro riconoscimento di Gesù di N azaret, come il
Messia aspettato dai loro connazionali, e dalla celebrazione della frazione del
pane, accompagnata da preghiere particolari, in case private. 3 Dagli ebrei erano
visti Come un movimento messianico in seno al giudaismo.

* A. PITTA (ed.),Il giudeo-cristianesimo nel 1e11 sec. d.C. Atti del IX Convegno di Studi Neo-
testamentari (Napoli, 13-15 Settembre 2001), in Ricerche Storico Bibliche XV(2003)2, 7-19.
1 La bibliografia sul giudeo-cristianesimo è abbastanza estesa. Cf. F. MANNS, Bibliographie du
Judéo-Christianisme, Jerusalem 1978 e quella recentissima in F. BLANCHETIÈRE, Enquéte sur /es ra-
cines juives du mouvement chrétien, Paris 2001, 539-573. Qui ci limitiamo a indicare qualche opera
sullo stato della questione: S. MIMOUNJ - F. STANLEY JONES (edd.), Le Judéo-Christianisn1e dans tous
ses etats. Actes du colloque de Jérusalem 6-10 juillet 1998, Jerusalem 2001; R.E. BROWN, «Not Je\vi-
sh-Christianity and Gentile-Christianity but Types of Jewish/Gentile Christianity>>, in CBQ
45(1983), 74-79; S.C. MIMO UNI, Le judéo-christianisn1e ancien: essais historiques, Paris J 998; R. MuR-
RAY, «Defining Jevvish-Christianity», in Heythrop .lournal 15(1974), 303-310; S.K. RIEGEL, «Jewish
Christianity: Definitions and Terminology», in NTS 24(1977-1978), 410-415.
2 Le fonti intertestamentarie sono le inserzioni cristiane nei libri apocrifi dell'Antico Testa-

mento. Per le fonti patristiche A.F.J. KLUN - G.J. REININK, Patristic Evidence for Jewish-Christian
Sects, Leiden 1973.
3 At 2,42.
238 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione Il giudeo-cristianesimo: lo stato della questione 239

Riconoscere Gesù come il Messia, dentro i limiti della fede giudaica con- da Pietro sotto la guida di Dio e non da Paolo indipendentemente, come soste-
temporanea, non destava meraviglia, anche se era oggetto di controversia l'af- nevano i giudaizzanti. Ciò indica che uno degli scopi del libro degli Atti era
fermazione che egli era risorto dai morti. Di movimenti messianici ce n'erano un'apologia di Paolo e del paolinismo, che, dopo la morte dell'apostolo, era in
anche altri,4 e tutto sarebbe andato senza troppi incidenti se questi «nazarei», pericolo d1 soccombere all'antipaolinismo ancora serpeggiante.7 Ci ricordiamo
come erano chiamati, non avessero cominciato ad attribuire al Cristo risorto tutti della vecchia tesi della scuola di Tubinga: gli Atti riflettono la sintesi sorta
delle funzioni e degli attributi che oltrepassavano le categmie riconosciute. 5 Ciò tra la tesi giudeo-cristiana e l'antitesi ellenista. A parte il fondamento hegeliano
cominciava ad accadere, probabilmente, per opera dei convertiti provenienti di questa analisi storica, a mio parere c'è molto da dire a favore del libro come
dalla diaspora. Le accuse fatte a Stefano in At 6.12-14. quelle, cioè, di avere pro- apologia di Paolo. La controversia era ancora viva quando scrisse Luca e la sin-
ferito parole blasfeme contro Dio e Mosè e di aver affermato che Gesù avreb- tesi non era stata ancora raggiunta.
be abolito la Legge e il tempio, erano una versione speculare della predicazio- Nel cosiddetto concilio di Gerusalemme gli schieramenti sono ben chiari.
ne degli ellenisti. I giudei provenienti dal mondo greco avevano vedute più lar- In Gal 2,8 Paolo menziona Cefa, Giacomo, Giovanni e se stesso, «le colonne»
ghe e categorie mentali che avrebbero contribuito allo sviluppo della cristologia della Chiesa. Di questi parleremo appresso. Il compromesso raggiunto nell'in-
fino a renderla inaccettabile non solo agli ebrei, ma anche ad alcuni cristiani che contro afferma il principio della liceità dell'ammissione dei pagani nella Chiesa
vi vedevano una minaccia al monoteismo. Lo stesso vale per la loro relativizza- s_enza ".obbligo delle osservanze legali e stabilisce la vittoria della corrente pao-
zione della Legge e del culto nel tempio. Le accuse a Stefano echeggiano quel- lma sm gmdaizzanti. Le quattro clausole, non menzionate da Paolo in Gal 2,
le fatte a Gesù in Mc 14,58 (o il contrario, direbbero alcuni esegeti). Luca natu- sembrano essere state stabilite posteriormente dalla Chiesa di Gerusalemme
ralmente schematizza, forse la divisione non sarebbe stata causata interamente per le comunità circostanti (cf. At 21,25), anche se ne troviamo echi nelle sette
dagli ellenisti, ci sarebbero stati anche dei cristiani palestinesi dalla parte «pro- lettere dell'Apocalisse (2,14.20), che rimproverano il consumo degli idolotiti.
gressista», ma lo schema regge. La mentalità ellenistica al tempo di Gesù non Nonostante la decisione conciliare, però, le accuse a Paolo proseguono, come te-
era limitata alla diaspora. L'osservazione di At 8,1 che dopo la lapidazione di stimoniano sia l'autodifesa dell'apostolo nella Seconda lettera ai Corinzi sia la
Stefano scoppiò una persecuzione contro i cristiani a Gerusalemme, ma che gli crisi in Galazia causata dagli inviati dell'ala destra di Gerusalemme.s
apostoli vi rilnasero, indica che le ostilità erano mirate verso gli oltranzisti elle- _Vediamo se possiamo individuare queste accuse. Per fare questo dobbia-
nisti piuttosto che contro tutti i credenti. Le affermazioni di Stefano e dei suoi mo ncor~e~e, oltre che alle lettere summenzionate: alla letteratura pseudocle-
provocarono non solo un contraddittorio con i giudei ma anche l'inizio di una mentlna. E un problema abbastanza complicato, sia a causa delle diverse teo-
polarizzazione nel cristianesimo medesimo. Particolarmente alcuni credenti rie degli studiosi sulla critica letteraria di questi scritti sia a causa dell'identità
provenienti dal fariseismo ( cf. At 15,5), che non avevano alterato la loro forma degli ebioniti. Per adesso ci limiteremo a enumerare le accuse a Paolo che ci in-
mentis, cominciavano a schierarsi a destra delle comunità nascenti, mantenendo teressano in questo momento, più tardi esamineremo in maggior dettaglio le
la sacralità della Legge e del culto ufficiale e probabilmente dell'osservanza del- dottrine degli ebioniti.
la halakd. Il problema diventa acuto quando della Chiesa di Antiochia, in cui i . ~om~ si sa, le Pseudoclenientine sono formate da due corpi distinti, le Ome-
nazarei cominciano ad essere chia1nati «cristiani»,6 entrarono a far parte alcuni lie, scritte 1n greco, e le Recognitiones, in latino; le prime vengono datate verso
gentili, presumibilmente «timorati di Dio» che già frequentavano la sinagoga. l'inizio del quarto secolo, le seconde una cinquantina di anni dopo. La maggio-
Questi dovevano essere circoncisi e dovevano osservare le prescrizioni legali ranza degli autori è d'accordo sul fatto che questi due documenti hanno un'ipo-
ovvero potevano essere battezzati immediatamente senza questi obblighi? La tetica fonte alla base chiamata G(rundschrift), del II o III secolo. Questa, a sua
prassi apostolica di Paolo e Barnaba e il precedente posto da Pietro nella con-
versione di Cornelio nel c. 10 degli Atti favorivano la seconda soluzione. L'im-
7
portanza data da Luca all'episodio di Cornelio e all'incontro di Gerusalemme . Più ampiamente in P. GREcH, «L'apologia di Paolo negli Atti degli Apostoli» in Ermeneu-
tica e teologia biblica, Ron1a 1986, 397-410. '
del c. 15 vorrebbe sottolineare il fatto che la decisione radicale era stata presa 8
Sulla spin~sa questione dell'identità degli avversari di Paolo cf. J.G. GUNIHER, St. Paul's
Opponents and thetr Background: A Study of Apocalyptic and Jewish Sectarian Teachings, Leiden
1973.; P.W. BARNETI, «Opponents of Pauh>, in G.F. HAWTHORNE - R.P. MARTIN! - D.G. REID (edd.),
IJ_1ct1of!ary_ of Paul and his Letters, Dow.ners Grove 1993, 644-653, con buona bibliografia (tr. it. Di-
4 Cf. R.A. HoRSLEY - J.S. HANSON, Bandits, Prophets and Messiahs: Popular Movements at Z_Lon~n? d1 Paolo e delle sue lettere, ed. 1t. di R. PEr-'NA, Cinisello Balsamo 1999, 1108-1122 [«Oppo-
the Time of Jesus, San Francisco 1985 (tr. it. Banditi; profeti e niessia. Movimenti popolari al tempo s1ton d1 Paolo>>]).
Jnte~essante in q~e:sta materia è il li?ro dell'ebreo H.J. SCHOEPS, Theologie und Geschichte
9
di Gesù, Brescia 1995).
5 Per una discussione più ampia cf. P. GRECH, «Agli inizi della teologia cristiana», in Storia des ludenchnstentums, Tub1ngen 1949. Classico è anche G. STRECKER Das Judenchristentum in den
della teologia, Casale Monferrato 1993, I, 25-98. JJ.seudoclen1~n'.inen, Berlin 1958. Più recente la trattazione di A. LIND~MANN, Paulus im Altesten Ch-
6 At 11,26. nstentum, Tub1ngen 1979, 104-113, oltre le trattazioni nei manuali e dizionari di patrologia.
240 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il giudeo-cristianesimo: lo stato della questione 241

volta, comprenderebbe, oltre ad altre fonti, i Kerygmata Petrou, 10 di provenien- non sembra avere avallato la loro tesi. Intanto, se questi avversari dell'apostolo
za ebionita. Che fossero stati un documento indipendente o che appartenessero avessero prevalso, il cristianesimo sarebbe rimasto al livello di una setta mes-
a G poco importa, essi costituiscono la fonte maggiore della nostra conoscenza sianica giudaica e tutta l'eredità paolina sarebbe andata perduta. È stato quindi
di questa setta. In essa Paolo viene chiamato con il soprannome <<Simone» (cioè Luca, con la sua apologia di Paolo negli Atti, che contribuì a salvare la situazio-
l'arcieretico), nemico di Pietro. Egli distorce le parole di costui per i suoi scopi, ne e a convincere le Chiese della diaspora, ormai di maggioranza etnico-critia-
come se Pietro non osservasse la Legge (cf. Gal 2,11-14). È il predicatore dolo- na, che non correvano fuori pista.
so predetto da Gesù, di cui il vero messaggio verrà annunziato esotericamente Ritorniamo per un inomento a ciò che abbiamo detto sopra sulla presen-
dopo la caduta di Gerusalemme per rettificare l'eresia paolina. Inoltre, per te- za delle «colonne» Pietro, Giacomo, Paolo e Giovanni all'incontro di Gerusa-
nere salda la vera dottrina è necessario che nessun apostolo, profeta o maestro lemme.12 Possiamo capire meglio il significato della parola «Cattolicesimo» co-
sia accolto senza che prima abbia consultato Giacomo e da lui ricevuto lettere me viene usata da Ireneo e i suoi argomenti teologici perché il vangelo doveva
testimoniali. Un tale è proprio Paolo. Ne vediamo il riscontro in 2Cor 3,1, dove essere quadriformeB Difatti, Matteo rappresenta la corrente giudeo-cristiana
l'apostolo afferma che le sue lettere testimoniali sono i carismi dello Spirito ef- ortodossa, Marco l'equilibrismo petrina, Luca la corrente paolina e il Quarto
fusi sulla comunità. Le visioni di cui Paolo si vanta (cf. 2Cor 12; 5,16; lCor 9,13; Vangelo la scuola del discepolo prediletto. Queste correnti si completano l'una
At 9), secondo gli ebioniti possono essere opera del demonio, infatti Gesù rivelò con l'altra; metterle in opposizione o escluderne una o più, come avrebbero fat-
se stesso solamente a Pietro. Ma Paolo non aveva avuto nessuna visione, altri- to più tardi Marcione e gli ebioniti, significa peccare contro l'universalità, cioè
menti perché era andato a conferire con gli apostoli viventi per confermare la il «cattolicesimo» della Chiesa che da esse è costituita. Da queste «colonne»,
sua dottrina e perché ha osato contraddire Pietro? ( cf. Gal 1,18; 2). Più tardi, se- dunque, provengono le tradizioni di ciascuno dei quattro vangeli.
condo fonti diverse, le accuse diventano più fantasiose: 11 Paolo aveva fatto un at- Queste riflessioni canoniche hanno la loro importanza sia perché rivelano
tentato contro Giacomo buttandolo giù dalla scalinata dell'altare lasciandolo la mappa della distribuzione delle Chiese e il maggior o minor numero di giu-
quasi morto; egli era stato un pagano che si era fatto circoncidere per poter spo- deo-cristiani in esse contenuto, sia perché ci informano sulle controversie tra le
sare la figlia del gran sacerdote, secondo quanto narra Epifanio degli ebioniti, diverse correnti e i criteri di ortodossia allora vigenti. È evidente che qui non
ma poiché non gli era riuscito divenne antigiudaico per eccellenza. Inoltre, il te- possiamo entrare nei dettagli circa l'autenticità, la datazione e il luogo di pro-
ma del concilio di Gerusalemme, tenuto sette anni dopo la morte di Gesù (circa venienza dei diversi scritti neotestamentari. Dentro i limiti di certi consensi tra
il 40/41), era stato la messianità di Cristo. Alla base di queste asserzioni c'era il gli studiosi, però, possiamo dire che il giudeo-cristianesimo delle comunità cui
fatto che nella cristologia giudeo-cristiana Gesù veniva accettato come profeta- scrisse Matteo era abbastanza largo di vedute, aperto all'ammissione dei genti-
messia ma non come il Figlio di Dio che era apparso a Paolo secondo Gal 1,16. li, fortemente antigiudaico, allineato con Pietro, e legato alla Legge interpretata
Queste accuse sono documentate nel II secolo, ma i riscontri con le lette- nello spirito delle antitesi del discorso della montagna. Non ci fa meraviglia che
re paoline, da cui anche dipendono in parte, ci fanno pensare a una tradizione abbia assorbito tutto il Vangelo di Marco incorporandolo in un «manuale di di-
che risale ai tempi di Paolo e illustrano bene le calunnie contro l'apostolo che sciplina» per le comunità di provenienza ebraica della Siria. 14 Ciò nonostante vi
giravano ai suoi tempi. L'antipao1inismo naturalmente affonda le sue radici nel- troviamo anche qualche spunto di controversia contro un paolinismo esagerato
la convinzione che l'osservanza della Torah è necessaria per la salvezza, e con- o malintesi della dottrina dell'Apostolo. Questi accenni polemici sono più forti
seguentemente Paolo viene considerato come apostata dal giudaismo e un fal- nella Lettera di Giacomo, di chiara provenienza giude·o-cristiana, come appare
so apostolo. In Gal 2,12 Paolo attribuisce il diverbio di Antiochia tra lui e Pie- dalle citazioni da lEnoch e dal Testamento di Mosè. 15 Però, nonostante la sua
tro all'arrivo di alcuni «da parte di Giacomo>>. Galati fu scritta nel terzo viaggio enfasi sulle opere, il concetto di Legge che ha Giacomo è già spiritualizzato, sen-
missionario quando la questione tra Pietro, Giacomo e Paolo.era già stata risol- za tendenze halakiche. Anche le lettere di Giuda e la Seconda lettera di Pietro
ta, almeno in parte. Quindi i giudeo-cristiani che turbarono le Chiese della Ga-
lazia sarebbero appartenuti a un'ala oltranzista della Chiesa di Gerusalemme
che, negli anni settanta, dopo il ritorno da Pella, sarebbero diventati gli ebioni- 12 Cf. P. GRECH, «Le tradizioni neotestamentarie e la "Traditio Catholica''>>, in Augustinia-

ti. Giacomo, definito dallo Hahn come «der Papst der ebionitischen Fantasie», num 31(1990), 31-38 [ora in questo volume, pp.109-114].
13 IRENEO, Adv. Haer. III, IX, 8.
14 È la nota tesi di K. STENDAHL, 1he School of St. Matthew and its use of the Old Testa1nent,
Lund 2 1967, 30-39.
15 Molto è stato scritto sull'argomento. Secondo me non si possono negare cenni di contro-
10 Il testo, con introduzione e note, si trova nell'edizione degli scritti apocrifi del NT di Hen- versia sia in Mc sia in Gc, ma è più probabile che questa fosse indirizzata contro malintesi della te-
necke e Schneemelcher. si paolina e abusi della medesima che non contro l'apostolo stesso, il quale già prevedeva simili
11 Cf. P. GRECH, «Nota sull'antipaolinismo nei Padri», in RSB 1(1989)2, 93-95. fraintendimenti in Rm 6,16ss.
242 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il giudeo-cristianesimo: lo stato della questione 243

sono definitivamente di stampo apocalittico giudaico, e la Lettera agli Ebrei è Negli anni novanta la situazione precipita con l'introduzio_ne della maledi-
indirizzata a una comunità fortemente immersa non soltanto nell'Antico Testa- zione dei cristiani inclusa nella dodicesima delle diciotto bened1z1om. Ne abbia-
mento ma anche nel midrash cli tipo alessandrino. Da ciò si può concludere che mo due versioni, una babilonese, che menziona i niinim ma n~n i no$rfm, l'~ltra,
negli anni ottanta si trovano ancora delle comunità di provenienza giudaica che palestinese, che maledice ambedue: farne nella diaspora bab1lone~e 11 pencolo
però hanno accettato il compromesso di Gerusalemme, pur essendo abbastanza dei cristiani non era ancora stato avvertito. Il testo palestinese cosi recita. «P~r
guardinghe verso interpretazioni estremiste delle tesi di Paolo. 16 È un giudeo- i rinnegati non vi sia speranza, e possa Tu annientare, nei n~stri g~orni, la domi-
cristianesimo sano e ortodosso che sarà ereditato in pieno dalla Chiesa posta- nazione insolente; e i nazzareni e gli eretici possano morrre all'istante, essere
postolica come quella della Didachè, di 1 Clemente e di Barnaba. cancellati dal libro della vita e non essere annoverati tra i giusti. Benedetto Tu
Nelle Chiese postpaoline, al contrario, si comincia ad affermare la maggio- sia Jahvé, che pieghi i superbi». 22 La scomunica non aveva come ogg_etto tutti 1
ranza etnico-cristiana. Difatti) mentre nella Lettera afRomani l'apostolo dove- cristiani ma solo quelli che provenivano dal giudaismo, in quanto venivano c?n-
va ancora convincere i suoi correligionari della chiamata dei gentili, nella Let- siderati come apostati. 23 Poiché le diciotto benedizioni erano lette pubbhca-
tera agli Efesini, 17 chiunque fosse stato l'autore, l'opposizione tra il <<noi» degli mente nella sinagoga e recitate tre volte al giorno, un cristiano attirava lo sgu~r­
ebrei e il «VOÌ» dei greci rivela che i «noi» stanno in minoranza e che l'autore do riprovevole dei circostanti e, se le recitava in priva_to, non pot~va che sentrr-
vuole convincere i greci che le loro radici si trovano nell'ebraismo,ma che le due si colpevole. Ma un giudeo-cristiano non avrebbe mm pensato di abbandonare
provenienze etniche formano due muri che si incontrano in Cristo, pietra ango- il giudaismo, anzi, era convinto che la sua fede presente fosse _il completame~t~
lare. Verso la fine del I secolo, però, le Chiese a maggioranza giudeo-cristiana della sua religione; semmai, erano gli altri che rifiutavano di cre:iere_ e c~s1 SI
cominceranno a diminuire. escludevano dalla comunità messianica. Ciò nonostante, per alcuni la s~tua~1~ne
Due episodi hanno avuto un influsso decisivo sulla posizione dei prove- diventava molto pesante e ritornavano al giudaismo, esplicitamente o imphc1ta-
nienti dal giudaismo nella Chiesa: la caduta di Gerusalemme e la birkat ha-mi- mente rinnegando il cristianesimo. _ .
nim.18 Prima dell'anno 70 la comunità gerosolimitana era indiscutibihnente la Un'altra categoria, gli avversari di Paolo nella Lettera m Galatl, era for:
Chiesa madre cui anche Paolo faceva riferimento. Dopo il ritorno da Pella 19 le mata da coloro che rimanevano cristiani e rigettavano nettamente le dec1s1on1
circostanze erano molto cambiate. I farisei di Jamnia avevano preso in mano il della Sinagoga ma suscitavano il dispiacere dei nuovi c_?rreligionari perch~ insi-
potere; i reggenti della comunità di Gerusalemme erano una specie di califfato stevano sull'obbligatorietà della Torah per la salvezza. E da questa categona che
della famiglia di Gesù;20 i grandi apostoli o erano già morti o si trovavano in al- poi sono nati gli ebioniti. . .
tri luoghi; quindi Gerusalemme cominciava a cedere il posto a Roma come cen- D'altra parte c'erano degli ebrei che erano attrattrnlla .nuova fede, sia per
tro del cristianesimo, una Roma giudeo-cristiana, legata sì alla Chiesa madre di convinzione sia anche perché vedevano la sincerità e le guar1g1on1 che fa~evano
Gerusalemme, ma che attirava sempre più gentili nel suo seno. Mantenendo il i cristiani ma temevano di fare l'ultimo passo e professare la loro fede m pub-
riferimento a Gerusalem_me i giudeo-cristiani cominciano a sentirsi minorati. A blico e ri~evere il battesimo. Se questi avevano avuto tanta difficoltà prima del-
ciò contribuisce il fatto che il sinedrio di Jamnia si impone sul giudaismo della le birkat, figuriamoci dopo! 24
diaspora e non tollera più i correligionari diventati cristiani.21 Questa situazione la vediamo riflessa molto chiaramente nel Q.u~rto Va~­
gelo.'s Oggi la maggioranza degli studiosi si rende conto che Giovanm nspecchia
il Sitz im Leben della comunità giovannea negli anni novanta. Mail! passi md1ca-
16 Cf. 2Pt 3,16. no la situazione di crisi appena descritta, che implica direttamente I giudeo-cri-
stiani. Mentre ]'opposizione dei giudaizzanti a Paolo proveniva dalla contro~er­
17 Che sia di Paolo o della sua scuola.
18 L'esclusione dei giudeo-cristiani dalla Sinagoga viene considerata come dato certo dalla mag-
gior parte degli studiosi cristiani. Altri biblisti suscitano diversi problemi critici circa il testo originale sia sulla necessità della circoncisione e dell'osservanza della Torah, adesso e la
della dodicesima «benedizione», che, nel corso dei secoli, è stata modificata. Un'ampia discussione sul- cristologia alta di questa comunità che li scandalizza. Mi ero sempre chiesto che
la scomunica nel mondo rabbinico si trova in STRACK -BILLERBECK IV-I,293-333. Ma si veda l'artico-
lo di R. KrMELMAN: «Birkat Ha-Minim and the Lack of Evìdence for an Anti-Christian Prayer in Late
Antiquity»,in E.P. SANDERS (ed.),Jewish and Christian Self-Definition, London 1981, Il, 226-244.
19 Si sa che la storia della fuga a Pella è stata nlolto contestata da S.G.F. BRANDON, 171e Fall 22 Da H.G. KIPPENBERG _ G.A. WEWERS, Testi giudaici per lo studio del Nuovo Testaniento,
of Jerusalem and the Christian Church, London 1951, ma la tesi non sembra aver convinto la mag- Brescia 1987, 192. . . . Eb ·
gioranza degli studiosi. 23 KIMELMAN, «Birkat Ha-Mimim», 232. Per la s1tuaz1one nella diaspora c_f. P. GRE~H, <' • re~
20
La successione dei vescovi di Gerusalemme era, secondo fonti patristiche, Giacomo, Si- e cristiani ad Efeso. Riflessi nel Vangelo di Giovanni», in L. PADOVESE (ed.), Attt del IV s1mpos10 di
meone, Justus e Judas, dalla famiglia di Gesù. Efeso su s. Giovanni apostolo, Roma 1994, 139-146 [o~a in questo volume, pp. 311.-318J. . .
21
Cf. N.N. GLATZER, Geschichte der talniudischen Zeit, Neukirchen 2 1981; G. ALON, The Jews 24 Cf. P. GRECH, «La comunità giovannea ne1 cc. 7 e 8 del Vangelo Giovanni>>, 10 RSB
in their Land in the Talmudic Age, Harvard 1989; J. MAIER, Storia del giudaisnio nell'antichità, Bre- 3(1991)2, 59-68 [ora in questo volume, pp. 301-310]. . .
scia 1989. 25 C.G. LINGAD, The Problems of Jewish Christians in the Johann1ne Communlfy, Roma 2001.
244 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il giudeo-cristianesimo: lo stato della questione 245

senso avessero i vv. 23-25 del secondo capitolo di Giovanni: «Mentre era a Geru- dosse.
salemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, cre- Da parte ebraica, d'altronde, esistevano i cripto-cristiani tipo Nicodemo, che
~ettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tut- per paura o per poca convinzione non arrivavano a ricevere il battesimo e a pro-
ti e .non aveva bisogno ~?~ qual~uno gli desse testimonianza su un altro, egli in- fessarsi cristiani, una situazione religioso-sociale molto complicata, dunque. Nes-
fathsapeva quello che ce ,m ogm uomo». Più problematica ancora è la disputa di suna meraviglia che in una comunità del genere, guidata carismaticamente, il pro-
Gesu m Gv 8,31-37: «Gesu allora disse a quei giudei che avevano creduto in lui· blema non potesse essere risolto all'interno e ci si sarebbe rivolti all'autorità di Pie-
"Se rii:n~nete fede.li ali~ mia parola, sarete davvero i miei discepoli; conosceret~ tro e dei Dodici (cf. Gv 6,67.69), cioè alla Grande Chiesa.28 Ecco la situazione alla
la ver1ta e la verità v1 farà liberi". Gli risposero: "Noi sia1no discendenza di fine del secolo in una delle maggiori correnti della Chiesa antica. Nelle Chiese pao-
Ab~amo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventere- line la crisi giudeo-cristiana era già stata superata. La nuova minaccia, come testi-
te hb~ri?": Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico: Chiunque commette il pec- moniano le Lettere Pastorali, proveniva da tendenze che più tardi sarebbero fini-
c.at? e ~chiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il te nello gnosticismo. Gli antichi giudeo-cristiani oltranzisti invece diventeranno gli
f1glw v1 resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So ebioniti. Ed è a questa setta che adesso dobbiamo rivolgere la nostra attenzione.
che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia Le fonti per la conoscenza dell'ebionismo sono patristiche. Klijn e Reinink,
parola non trova posto in voi"». Queste parole riflettono le discussioni tra la co- in un libro ben conosciuto, 29 hanno compiuto un'analisi delle testimonianze pa-
munità_ ?i~:"'a~ea con giudei credenti, quindi, in qualche senso, cristiani che ave- tristiche sulle diverse sette giudeo-cristiane ma non sono affatto convinti della sto-
vano p1u fiducia nella loro provenienza che nella <<Verità», cioè l'annunzio del ricità fondamentale delle asserzioni di Ireneo, Tertulliano, Origene, Epifanio, Ru-
vangelo sul Figlio che libera dal peccato. Questi sarebbero fra coloro che come fino e altri. Essi sostengono che uno copia l'altro e non si sa quanta esperienza di-
leggiamo in 6,66: «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e n~n an- retta avessero avuto delle diverse sette, ma circa gli ebioniti mostrano minor scet-
davano più con lui», perché trovavano il discorso di Gesù sul pane della vita trop- ticismo. Concludono che questi cosiddetti «poveri», da ebion in ebraico e non da
po duro .. In Gv 9,22, nell'episodio del cieco nato, si narra che se qualcuno avesse Ebion nome del fondatore (Origene aggiunge che erano «poveri di mente»), 30
nconoscmto Gesù come il Cristo sarebbe stato espulso dalla sinagoga, precisa- erano fortemente antipaolini, cosa che abbiamo già detto. Essi praticavano la cir-
mente la situazione degh anni novanta. Ora, professare 26 Gesù come il Cristo nel concisione e osservavano le altre prescrizioni della Legge. Accettavano solo il
v?cabolario giovanneo, non è una semplice confessione messianica ma l'acc~tta­ Vangelo di Matteo, benché abbiamo un Vangelo secondo gli Ebrei, secondo i Na-
z10ne d~lla figliolanza di Cristo nel senso della cristologia alta del vangelo.27 Da zarei e secondo gli Ebioniti (non è certo se fossero uno, due o tre vangeli distin-
tutto. c10 possrnmo trarre alcune conclusioni. Sappiamo dalle tre lettere di Gio- ti).31 Cristologicamente erano eterodossi: negando la nascita verginale di Gesù fa-
vanni che ~a com1~nità .era in crisi e che alcuni l'avevano lasciato, anzi, si oppone- cevano una distinzione tra l'uomo Gesù e il Cristo; era il primo, non il secondo che
v_ano ~ «G1ovann1» ch1u~~ue egli fosse. Generalmente si identificano questi dis- soffrì sulla croce, un adozionismo quindi. Celebravano l'eucaristia soltanto con
s1denhcome protognosl!c1 o protodoceti. Questi ultimi erano probabilmente per- l'acqua. 32 Si può domandare se l'enfasi di Giovanni nella prima lettera (5,6) che
sone ~1 pr_oven1e~za greca che trovavano difficoltà ad accettare la realtà corpo- Gesù venne con acqua e sangue, non soltanto con l'acqua, non sia una puntata po-
rale d1 Cnsto e nfletterebbero i dissidenti del c. 6 di Giovanni. Altri, però, che lemica contro questa prassi. Oltre a queste notizie di Origene, Epifanio33 aggiun-
t~ndevano verso un~ gnosticis.mo cerintiano, erano più probabilmente di prove- ge che lo Spirito discese su Gesù nel battesimo in forma di colomba. Egli era il
menza e?rea. In ogni caso la brrkat ha-minim aveva.già recato molto danno. Inol- «profeta della verità», figlio di Dio solo a causa del suo progresso nella virtù e la
tre .molti credenti abbastanza ben disposti non arrivavano ad accettare la cristo- sua osservanza puntuale della Legge. Era uno spirito che rinasce periodicamente,
lo~rn alta della comunità, una cristologia però non affatto nuova, perché si trova aveva un corpo enorme. Gli ebioniti non accettavano nella Bibbia quei passi che
grn nella Lettera ai F1hppes1 in ambiente ellenistico. Quindi, una cristologia trop- trattano dei sacrifici, perciò celebravano con sola acqua. Di conseguenza erano
po alta o una troppo bassa mmaccrnvano la professione nel Figlio dell'uomo vegetariani e facevano frequenti lustrazioni come a Qumran (anche i qumrania-
e.spressa dal cieco nato, che era anche la posizione della cerchia giovannea. L'in-
~1stenza d~l ~esù gio:anneo sul «rimanere in me» avrebbe avuto come suo Sitz
im Leben 11 ntorno di alcuni alla sinagoga e l'adesione di altri a dottrine etero- 28 È la tesi di R.E. BROWN, The Community ofthe Beloved Disciple, London 1979, 155-161
(tr. it. La comunità del discepolo prediletto, Assisi 1982).
29 KLJJN - REININK, Patristic Evidence, 67-73.
26 3o 0RIGENE, De prin. IV,3,8.
. P. GRE~H, <(L~ confessioni di fede in Giovanni», in L. PADOVESE (ed.),Atti del VI simposio 31 Vedi l'introduzione di Hennecke e Schneemelcher ai rispettivi vangeli apocrifi.
di Efes2~ su s. Giovanni Apostolo, Roma 1~96, 29-37 [ora in questo volume, pp. 333-341]. 32 IRENEO,
S. SABUGAL, CHRISTOS: lnvest1gaci6n exegética sobre la cristologia joannea, Barcelona Adv. Haer., V,l,3.
1972. 33 EPIFANIO parla degli ebioniti nel Panarion, ed. Holl, GCS I, 333-381.
246 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il giudeo-cristianesimo: lo stato della questione 247

ni, ricordiamoci, si chiamavano «poveri». C'è qualche connessione?). convertiti. Sono sopravvissuti sia perché c'erano dei gruppi in Galilea e perché
Oltre a queste notizie dei Padri, dalle Pseudoclementine, che contengono alcuni erano reduci da Pella dopo la distruzione di Gerusalemme. Erano distin-
fonti dirette, Hans-Joachim Schoeps, che ne ha fatto uno studio dettagliato, con- ti dagli ebioniti; questi forse non erano altro che un ramo uscito da loro perché
clude che gli ebioniti negavano la preesistenza di Gesù e avevano una cristolo- non accettavano la cristologia alta della Grande Chiesa. La loro dottrina su Dio
gia soltanto adozionista; 34 consideravano il Cristo come un sommo angelo o ar- era trinitaria, benché avessero un'idea molto vaga sullo Spirito Santo. Il loro iso-
cangelo, e in ciò egli concorda con Epifanio (richiamo a llQMelch?). Mancava lamento proveniva dal fatto che man mano che la Chiesa restringeva i .suoi cri-
una cristologia del Kyrios. Gesù certamente superava Mosè, ma la legge di Mo- teri di ortodossia, l'osservanza dei riti giudaici era considerata come un male; di-
sè vale ancora in quanto Sinai e Golgota erano una sola alleanza. Non tutto ciò fatti li troviamo menzionati come eterodossi solo nelle fonti più tardive, mai nel-
che sta nel Pentateuco è attribuibile a Mosè, però, perché c'è molto di umana- le liste dei primi due secoli. Ricordiamoci che s. Tommaso reputa peccato mor-
mente interpolato, particolarmente riguardo ai sacrifici, cui essi erano contrari tale la circoncisione e l'osservanza delle leggi cerimoniali veterotestamentarie
e che sostituivano con il battesimo. Ma anche la profezia si distingue in un ramo (S.Th. 1-2 q.103,a.4). D'altra parte erano rigettati dal giudaismo sia a causa del-
maschile, vero, che va da Adamo ·Abele · Isacco · Giacobbe · Mosè . Gesù . fi. la loro professione di fede nel Figlio di Dio sia perché non accettavano la halakéi
no a Pietro, e un ramo femminile, fallibile, che comprende Eva . Caino . Ismae- imposta da Jabne e da Usha dopo il 70 e dopo il 135. Però, un certo dialogo o
le · Esaù ·Aronne · Giovanni Battista e Paolo. Difatti, l'eone presente è fem- controversia tra ambedue si può supporre e non è improbabile che alcuni fre-
minile, solo quello futuro sarà maschile. In quanto alla loro organizzazione di- quentassero ancora la sinagoga con transizioni casuali dall'uno all'altro campo.
cevano che Giacomo, al quale anche Pietro era sottomesso, era il capo di 72 pre- Non è nostra intenzione proseguire lo studio del cosiddetto giudeo-cristia-
sbiteri, dei quali, dopo sei anni di prova, alcuni erano ordinati vescovi, o <<archi- nesimo nei padri della Chiesa. Nonostante il suo ricchissimo contributo alla sto-
sinagoghi». ria della teologia antica, il libro di Daniélou La teologia del giudeo-cristianesimo
Gli ebioniti conobbero la decadenza dopo la guerra di Bar Kochba perché, ha causato un po' di confusione nella definizione di questo fenomeno religioso.
essendo rigettati dai cristiani come eterodossi, e dagli ebrei perché non aveva- È innegabile che i primi convertiti dal giudaismo al cristianesimo avevano man-
no preso parte nella rivoluzione in quanto rifiutavano di considerare Bar I(och- tenuto la loro forma mentis, come abbiamo già detto, ma avevano portato anche
ba come messia, non erano più né carne né pesce. La loro struttura interna e la delle tradizioni haggadiche che a poco a poco erano state assorbite nella teolo-
mancanza di vita carismatica, oltre alla loro scarsa cristologia, erano fattori in- gia cristiana per illustrare il mistero del Cristo e la teologia della salvezza. Tutti
terni della loro decadenza. Persistono per qualche tempo ma poi spariscono dal- questi elementi sono messi in risalto da Daniélou, ma egli tende a chiamare giu-
la scena e rimangono solo un ricordo storico. deo-cristiano tutto ciò che non è ellenistico, 37 ed è proprio questo che causa la
Non possiamo parlare qui dei cerintiani e degli elkasiti perché passerem- confusione. Non c'è dubbio che Ireneo assimila e trasmette molti elementi mi-
mo in campo gnostico, ma sembra che certi contatti tra giudeo-cristiani e gno- drashici, basta leggere la sua Epideixis, ma non per questo la sua teologia può es-
sticismo ci fossero stati. Dobbiamo dire qualche cosa però, sui nazareni, su cui sere definita giudeo-cristiana, e lo stesso si può dire di Giustino. 38
ultimamente Ray Pritz ha compiuto uno studio molto convincente. Questi era- Ciò detto, possiamo tentare adesso di rispondere alla domanda posta all'i·
no dei giudeo-cristiani ortodossi. Basta dire che Epifanio35 riferisce che asseri- nizio, cioè, come possiamo definire il giudeo-cristianesimo? Da tutto ciò che ab-
scono che Paolo era stato addirittura il loro fondatore. Spesso si confondono, biamo detto finora risulta la difficoltà della risposta. Credo che il miglior ap-
però, i «nazarei», come erano chiamati i cristiani nell'antichità, e la setta dei na- proccio sia quello di procedere dall'esterno all'interno con una serie di cerchi
zareni. Questi ulti1ni erano, per quanto possiamo concludere dalle testimonian- concentrici. Il significato più largo comprenderebbe tutti i cristiani convertiti dal
ze, ortodossi. Accettavano Paolo e la sua 1nissione ai gentili, professavano lana- giudaismo in qualsiasi periodo, il che includerebbe anche Paolo. Un cerchio più
scita verginale di Gesù e lo proclamavano Figlio di Dio. Leggevano un vangelo ristretto comprenderebbe quei cristiani che di fatto persistevano nell'osservan-
«Secondo i nazareni», di cui rimangono frammenti, che, secondo Pritz,36 potreb- za della Legge in tutto il suo rigore senza volerla imporre sugli etnico-cristiani,
be essere stato il testo ebraico seminale del nostro primo vangelo odierno. Esi- e ciò includerebbe i nazareni. In un cerchio più ristretto troviamo l'area dei giu-
ste ancora un loro commentario su Isaia. Osservavano però la legge mosaica con deo-cristiani avversari dì Paolo che sottolineavano la necessità dell'osservanza
le sue prescrizioni senza pretendere una simile osservanza da parte dei greci da parte di tutti della Torah (e forse anche della halakéi) per la salvezza. Inulti-

34
SCHOEPS, Theologie und Geschichte, 71-116. 37 Particolarmente nel primo capitolo dove discute le tradizioni giudaiche dei primi Padri.
35 EPIFANJO, Panarion, 29,6,3. 38 Cf. L. MrsIARCYK, Il midrash nel «Dialogo con Trifone» di Giustino martire, Plock 1999, te-
36 R.A. PRITZ, Nazarene Jewish Christianity, Leiden 1988, 83-94. si di laurea all' Augustinianum.
248 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

mo abbiamo i giudeo-cristiani eterodossi che rifiutano la figliolanza divina di Capitolo sedicesimo


Cristo e sfociano nell'ebionismo. Personalmente preferisco applicare il termine
giudeo-cristianesimo a quei cristiani che insistevano sull'osservanza della Torah
de facto e de iure. Non mi piace il termine «gesuani» coniato recentemente per Aspetti eucaristici
qualificare i giudeo-cristiani. Potrebbe essere applicato a una corrente del giu- nella Prima lettera ai Corinzi*
daismo odierno che accetta Gesù come profeta o come Messia, ma per le cor-
renti antiche è meglio mantenere quello tradizionale.
Dalla bibliografia citata si possono vedere il riflesso di queste possibili de-
finizioni e le diverse aree di specializzazione tra gli autori. Daniélou, come ab-
biamo detto, è il più largo di tutti. Pritz studia i nazareni, Schoeps gli ebioniti; gli
studiosi di Paolo si sforzano di individuare specularmente la dottrina dei suoi
avversari e persecutori. Lingad, in un libro recentissimo, frutto di una tesi alla
Gregoriana, cerca di individuare i giudeo-cristiani nel Vangelo di Giovanni, Dai tempi della Riforma fino al concilio Vaticano II la teologia cattolica del-
mentre Longenecker esamina la cristologia più antica nell'ambito giudaico. Lo l'eucaristia è stata in maggior parte condizionata dalla controvers~a c?n i prote-
studio più recente e completo sul giudeo-cristianesimo è quello di F. Blanche- stanti. Si sa bene che Lutero, pur ammettendo la presenza reale di Cnsto nel sa-
tière, che esamina tutte le fonti possibili, archeologia inclusa, per determinare cramento, la limitava solo al tempo della celebrazione e negava la transustanzia-
1' aspetto sociale di questo movimento. Tutti questi sono studi sul fenomeno in zione del pane nel corpo di Cristo. Calvino e Zwingli concepivano la presema sa:
genere, poi, naturalmente, vengono le monografie su soggetti particolari che cramentale come simbolica o virtuale. Tutti, poi, negavano l'aspetto_ sacnficale di
concernono questi cristiani. Di particolare difficoltà è la loro relazione con gli questo sacramento, particolarmente il suo valore c~~e s~ffragio ~er I de~ntl. N~~
gnostici all'inizio del II secolo. Il miscuglio di idee esoteriche giudaiche, cristia- sorprende, dunque, che, seguendo la scia del concilio cli Trento, i teologi cattolici
ne, mitologiche e filosofiche che troviamo nella letteratura gnostica indica un abbiano sviluppato gli aspetti che concernevano la presenza reale permane?te, la
contatto fra le frange di un giudaismo eterodosso, 39 cristiani aperti all'eclettici- qualità di sacrificio e la teologia della transustanziazione .. Ciò facendo, pero, tra-
smo e pagani interessati alle religioni esoteriche dell'Oriente. Non è impossibi- scurarono altri aspetti del sacramento dell'eucaristia che s1 trovano sia nella sac~a
le che alcuni giudeo-cristiani, rifiutati sia dagli ebrei sia dai cristiani, si siano Scrittura sia nella ricchissima dottrina dei padri della Chiesa. Il rinnovam_ento sia
aperti a queste tendenze e abbiano contribuito in parte allo sviluppo dello gno- teologico sia liturgico che precedette il Vaticano II portò frutti abbondantrnei do-
sticismo. crnnenti del concilio in cui altri aspetti di utilità pastorale, basati sulla Bibbia e sul-
la tradizione furono sottolineati. La teologia postconciliare ha sviluppato questi
«nuovi» asp~tti, ma c'è ancora molto lavoro da fare sia in campo biblico sia in quel-
lo patristico e medievale. .
In questo saggio vorrei mettere in risalto alcune sfaccettature della dottnn_a
eucaristica paolina che meritano di essere evidenziate per l'arricchimento della vi-
ta di santificazione del popolo di Dio.Alla fine tenterò di indicare alcune connes-
sioni con passi neotestamentari paralleli. . . . . .,
San Paolo parla dell'eucaristia soltanto nella Pnma sua lett:ra m connzi, e c10
accidentalmente. Se non fossero sorti degli abusi nella comumta di Connto forse
non avremmo nemmeno saputo che nelle Chiese paoline si celebrasse ~'eucaristia,
e molto meno il pensiero di Paolo su questo sacramento. C'è anche da rilevare che,
benché il suo insegnamento su questa m·ateria sia esplic~to, egli .lo .us~ soltanto co-
me argomento per correggere disordini di natura ecclesiale o d1sc1phnare.

39
* CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI, Eucaristia: santità e santificazione, Libreria Edi-
P. GRECI-I, «Lo gnosticismo: un'eresia cristiana?», in Augustinianum 35(1995), 587-596. trice Vaticana, Città del Vaticano 2000, 19-30.
250 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Aspetti eucaristici nella Prima lettera ai Corinzi 251

San, Paolo parla dell'eucaristia in due luoghi diversi nella medesima . Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse
~t~:a, C!Oe nei cc. rn e 11. Nonostante la prossimità dei due capitoli l'occas'epi- in comunione con l'altare? ... I sacrifici dei pagani sono fatti a demoni non a Dio.
n:n~::~one d1dquest~ sacramento è differente. L'apostolo scrive da E;~:
Ora io non voglio che voi entrate in comunione con i demoni; non potete bere il
calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Si-
lo more, . ove a cuu1 membn dalle comunità della città greca di Co . , gnore e alla mensa dei demoni» (1Cor 10,14-21).
b lo. avevano raggrnnto e gli avevano comunicato delle notizie alquant d' nn-
ant1 su quella Chiesa. Egli le aveva già scritto una lettera che urtro o l~lur­ L'argomento di Paolo è convincente ma richiede una spiegazione perché
~ata perduta. Nella presente epistola, la «Prima», che, perÒ, in r~altà è~~o e an- non è immediatamente ovvio alla nostra mentalità moderna. La parola chiave è
. a, ~gh risponde ad alcune domande dei cristiani abitanti i . s~con: koinonia, cioè compartecipazione. Egli porta l'esempio della compartecipazio-
istrmsce su alcuni punti di comportamento ed' d tt . h n quella c1tta e li
causare dei quesiti in una ., 1 o . rrna ~ e non potevano non
ne che avviene quando gli ebrei offrono un sacrificio nel tempio di Gerusalem-
U d" . . comun1ta nascente che viveva in circostanze diffi ·r me. Gli offerenti mangiano una parte delle carni della vittima che li rende com-
t no 1 questi. problem~, che a noi oggi sembra tanto strano, era se i credenti c1 1. partecipi della benedizione che scaturisce da quell'atto di culto, benedizione che
evano mangiare carm che erano state immolate agli idoli Tanta d li po- li mette in comunione con Dio. Adesso, ogni atto di culto idolatra non è un
:=~~:a. nei m;celli di allora proveniva dai templi, dove eran.o offerti :ac:i~i~:~~ omaggio al Dio vero ma al suo avversario, il demonio. I cristiani, invece, che
i m con inuaz1one. Parte d1 quella carne era consumata dai . hanno sostituito al sacrificio del tempio di Gerusalemme la celebrazione euca-
treduna parte _toccava ai sacerdoti. Il resto era venduto nei macellf';~~~t~ ~en­ ristica, compartecipano del «sangue di Cristo» e del «Corpo di Cristo», cioè dei
n1 .e1. c_r1s_han1 provenivano dal giudaismo, e per gli ebrei man iare. tali ca;n: cu~ frutti della redenzione che ebbe luogo con il sacrificio pasquale di Gesù sulla
pro1b1tissnno, alcuni cristiani, convertiti sia dall'ebraismo si; dal . era croce; con esso entrano in comunione mangiando il pane che è il corpo di Cri-
avevano scrupoli a consumare tali vivande. Difatti la Ch' d' Gpaganesuno, sto e bevendo il calice che è il sangue di Cristo. Uno che usufruisce di tale be-
ave 'b'. li Ch' . • 1esa i erusalemme
m va phirm ito a e iese miste da essa dipendenti di mangiare gli idolotiti co neficio non può stare con il piede in due staffe, entrando in intima unione con il
e s1 c amavano queste carni · Nel c· 8 d1' lC or, eh e semb ra essere stato e' - Cristo risorto e allo stesso tempo con il suo avversario demoniaco. Di più, la co-
posto antecedentemente al decreto della Chie d' G al om- munità che celebra l'eucaristia mangia di una sola pagnotta, un tozzo, magari,
sentenziato che i cristian· . sa I erus emme, Paolo aveva
zi b . i potevano mangiare tutto senza scrupolo. La legisla- ma significando con ciò la compagine unica della Chiesa in cui ogni uomo o
one e ra1ca non era obbligante per i credenti in Cristo donna sono membri del corpo di Cristo. Chi profana la propria persona, dunque,
Anche nel c 10 si parla d' t · . ·
:~::~ti~:l~~~~.~~~~tfreco-r~!:~a ei c:::ù:t ~~::;::~e~~~e~~~~:~~~:e~::
prendendo parte a un sacrificio pagano, profana l'intera comunità e conunette
un sacrilegio, perché la comunità è, invero, il corpo di Cristo. Difatti, nel c. 6 del-
ave . . . gi~~c?1 pubbhc1 o r1un1on1 d1 corporazioni di mestiere la medesima epistola Paolo rimprovera i battezzati che vanno con prostitute per
vano 1n1z10 con un sacnfic10 a un dio protettore. Alcuni cristiani che vi ap- mezzo del medesimo argomento: «Non sapete che i vostri corpi sono membra
Part enevano, o per vergogna 0 b· .
ti che venivano offerti do ·1 pfu~ p~r a itudme, partecipavano degli idoloti- di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una pro-
si trattav d. . po I _r1 o. ao o reagisce in modo forte perché qui non stituta? Non sia mail O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con
. a ~ ~-ang1are carne In quanto alimento ma di una . . essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo, ma chi si unisce al Si-
male ai sacnfici pagani offerti ad idoli, quindi del peccato di~~~~~~=z10ne for- gnore forma con lui un solo spirito» (lCor 6,15-17). Chi va con una donna di
Quah argomenli sono add tt' d li' ·

~{~~~~f;r~~tfe::t:i:~~~a~~t~;~;~~~è §~i!~~~:~~;:~i:r~:::t~~~e1~~=2~~!i~i~
strada profana il corpo di Cristo, sia in se stesso sia nella comunità.
Un'antichissima preghiera eucaristica che risale al primo secolo così reci-
tava: «Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la vita e per la conoscenza che ci hai
sat~cd el : i ~sero il popolo. eletto di Dio, tutti salvati per mezzo della traver~ fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli, Amen. Come
.e ar osso, partecipi della manna e appartene t' M , . .
~:z~f:t~que di tutti loro~ li punì. Così. anche per i cristia~: ~~n b~:~~ ~:s~~o:a:'.
questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola,
così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno: perché tua è
l 'immo alpt~rtpec1parpe alll eucanstrn. Bisogna astenersi sia dall'idolatria sia dal- la gloria e la potenza per mezzo di Gesù Cristo nei secoli. Amen» (Didachè
r 1 a. ero ao o va oltre: 14,9). Oltre all'unione dei cristiani in un solo pane, questa preghiera ne sottoli-
nea anche l'aspetto escatologico nel regno di Dio. Sant' Agostino è più persona-
«Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria Parlo c . .
voi stessi quello che dico· il calice del.la b
. ·
od~.e a pehrsone .intelligenti; giudicate,
erre izione c e noi be d. ·
le quando dice ai suoi fedeli: «Odi infatti: "Il corpo di Cristo'', e rispondi
f orse comunione con il sangue di Cristo? E .1 . ~e ic1amo, non e "Amen''. Sii (veramente) corpo di Cristo, perché !'"Amen" sia vero!... Riflette-
comunione con il corpo di Cristo? Po· h·~ ,! panelche noi sp~zz1amo, non è forse te che il pane non si fa con un grano solo, ma con molti. Quando riceveste l'e-
siamo un corpo solo: tutti infatt·. ict. e .c .e un so. o p~ne~ noi, pur essendo molti,
I par ec1p1arno d1 un unica pagnotta. Guardate sorcismo battesimale, veniste come macinati. Quando foste battezzati, veniste
252 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Aspetti eucaristici nella Prin1a lettera ai Corinzi 253

c?me intrisi. Quando ricev.este il fuoco dello Spirito Santo, veniste come cotti. «Questo è il mio corpo, che è per voi». Che vuol dire Gesù? Se vogliamo
Siate quello che vedete e ncevete quello che voi siete!» (Sernio 272). parafrasare la sua intenzione possiamo dire: domani io sarò consegnato nelle
mani dei giudei che mi metteranno a morte. La mia non sarà una morte acci-
Il capitolo 11, della _Prima_ lettera ai Corinzi è ancora più ricco di insegna- dentale, è una morte sacrificale per la vostra redenzione. Se volete partecipare
mento. Anc~e qu1. l ?ccas1one viene offerta da un rimprovero. I primi cristiani ce- ai benefici di questo sacrificio, come gli ebrei mangiano la carne sacrificata, an-
lebra:a?o _l eucaristia nel contesto di una cena comune, come quando Gesù l'a- che voi dovete mangiare la mia carne. Ciò farete mangiando questo pane che io
veva 1shtu1ta durante Ia cena pasquale. Un certo numero di credenti si raccoglie- vi sto dando, esso è il mio corpo, il 1nio corpo ucciso, ma anche risorto.
vano_ la se_ra del sabato presso un cristiano che aveva una casa più grande. Colui «Fate questo in memoria di me». Questa memoria, anamnesis, non è sem-
che h os~1tav~ non era, ordinariamente, abbastanza ricco per offrire una cena a plicemente una rimembranza, come noi ricordiamo i caduti all'altare della pa-
u?a_vent1na d1 ~e~sone ogni ~ettimana, quindi ~iascuno portava il suo cibo, sia per tria; essa coinvolge Dio stesso. Nel libro dell'Esodo, parlando della costruzione
se sia per c?nd1v1derlo con 1 meno abbienti. E ovvio che la puntualità lasciava dell'altare, viene detto: «Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi
molto a desi~erare, molti ~~ano sc~avi e non potevano lasciare il lavoro a piaci- olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luo-
m~nt.o, alcuni aveva.no al~~i 1mpegni. I primi arrivati erano spesso impazienti e co- go dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò» (Es 20,24).Ana-
m~nc1a:ano a mangiare c10 che avevano portato, di modo che quando arrivavano logicamente, anzi, a fortiori, sull'altare eucaristico, che rinnova il sacrificio del
gh altn n_on soltanto erano già sazi, ma qualche volta anche ubriachi, uno scan- Golgota, Dio <<Vorrà ricordare il suo nome» e si rende presente in Cristo bene-
dalo par!Icolarmente per i più poveri che rimanevano a guardare. Inoltre Paolo dicendoci con i benefici della sua redenzione.
h acc~~a di ave:e divisioni tra loro. Già nel c. 1 aveva rimproverato l'esist~nza di Le parole sul calice non sono semplicemente una ripetizione di quelle sul
«pa~t1ti apos.tohci», ma ~ltre. cause di divisione erano forse quelle di classe oppu- pane, cioè: «Questo è il mio sangue», ma: «Questo calice è la nuova alleanza nel
re d.1 proven~e~za: dal g1uda1smo o dal paganesimo, con diversi criteri di condot- mio sangue». Matteo ha una formula più complessa: «Questo è il mio sangue del-
ta nguardo 1 cibi, come consta dalla Lettera ai Romani (c. 15). Come reagisce l'alleanza, che è versato per molti per la remissione dei peccati» (25,27). Vera-
Paolo? Il suo rrmprovero è severo, ma esaminiamo gli argomenti che porta: mente, è una costruzione alquanto strana, ma ha un significato profondo. Quando
Mosè sancì l'alleanza con YHWH che creò il popolo di Dio, egli prese il sangue
«lo, infatti: ho ricevuto ~al s.ignore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Si- sacrificale e ne asperse il popolo dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Si-
g!1~ore Gesu,_ nell~ no:~e in cui ~~niv~ tradito, prese del pane e, dopo aver reso gra- gnore ha concluso con voi sulla base di queste parole» (Es 24,8). Quel sangue sa-
zi.e, lo,,spezzo e disse: Questo e 11 mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria
d1 i:_ne ,·Allo stesso modo, dopo ~ver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo crificale servì per unire in alleanza Dio e il popolo israelita. Gesù riprende queste
cahce e. la i::uov,~ allea!1za nel.mio .~angue; fate. questo, ogni volta che ne bevete, in parole ma le applica a se stesso, al sacrificio che egli stava per compiere e al san-
r:iem.0~1a di ~e . Ogn.1 volta, utlatt1, che .mangiate di questo pane e bevete di que- gue che egli stava per spargere. Come il sangue di un animale era stato lo stru-
?to calice; voi annunz1a~e ~a morte dcl Signore finché egli venga. Perciò chiunque mento per creare il popolo dell'antica alleanza, il suo proprio sangue sancirà la
in modo indegn? mangia_ il pane o beve il calice. d_el Signore, sarà reo del corpo e
del sangue del. Signore. C1.ascuno, p~rtar:to, esa_m1n1 se stesso e poi mangi di questo nuova alleanza che darà vita alla sua Chiesa. Difatti, nella versione delle parole
pane .e beva d1 qu_esto cahce; perch~ chi mangia e, beve senza riconoscere il corpo sul calice che troviamo in Luca e in Paolo, si parla della «nuova alleanza». Qui il
del ~ignare rn~ng~a e be.ve la propna condanna. E per questo che tra voi ci sono riferimento è alla promessa di Ger 31,31-34: «Ecco verranno giorni - dice il Si-
molti ammalati e 1n~ernu,_ e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo gnore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò
a~tentament~ da noi stessi_, ?-on saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal
S1gn?re, vemamo ammon1h per non essere condannati insieme a questo mondo
un'alleanza nuova ... Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israe-
Perciò, fratelli miei, qua~do vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri, e s~ le dopo quei giorni, dice il Signore: porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò
qualcuno ha fame, m~ng1 a c~sa, pere.bé non vi raduniate a vostra condanna. Quan- sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio, ed essi il mio popolo», cioè la nuova al-
to alle altre cose, le s1ste1nero alla mia venuta» (1Cor 11,23-34). leanza non consisterà in una lista di precetti esterni che non modificano il cuore
duro dell'uomo, ma una legge interna, una forza interna all'uomo che lo spinge al-
L'.3.~ostolo, dunque, comincia con la menzione delle parole di istituzione del- l'obbedienza di Dio. Il profeta Ezechiele allarga questo concetto e lo spiega me-
l'eucaristia ~he egli dice di «aver ricevuto dal Signore», non per rivelazione diretta glio: «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati, io vi purificherò da tutte le
.l'espr~ss1o~e è. una .for~ula rabbinica - ma per tradizione liturgica della sua sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno
Chiesa d1 Ant10chrn. Difatti, le parole di Gesù concordano con quelle di Luca nel spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò
suo vangelo (22,19s), mentre Matteo e Marco, con qualche differenza minore, ripe- il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osser-
ton~ la tra~1zio~e palesttn~se. Ovv~amente, non è possibile, in questa conferenza, fa- vare e mettere in pratica le mie leggi» (Ez 36,25-27). Benché sia Geremia sia Eze-
re 1esegesi dell 1ntera pericope. C1 soffermeremo su alcuni punti essenziali. chiele si riferissero in primo luogo al ritorno del popolo israelita dall'esilio, Gesù
254 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Aspetti eucaristici nella Prima lettera ai Corinzi 255

parla della nuova alleanza -inaugurata con la sua morte in croce, che avr~ come cauo agli altri. Ne abbiamo un esempio nei discepoli di Emmaus, ai quali, «nello
conseguenza la remissione dei peccati, la creazione di un nuovo popolo e Il dono spezzare il paue» (Le 24,35), si sono aperti gli occhi, hanno riconosciuto il Cristo
dello Spirito Santo che offrirà la docilità del cuore verso la volontà di Dio. Ciò che risorto, e immediatamente hanno annunziato la buona novella con successo agli
si effettua nel sacrificio di Gesù sulla croce viene realizzato anche ogni volta che altri. Intanto, sappiamo bene che i primi cristiani, per dire così, quattro gatti na-
si celebra l'eucaristia. Essa rinnova la Chiesa continuamente, dona lo Spirito San- scosti nelle catacombe, non avevano nessun'altra arma per invadere l'Impero
to, crea un cuore nuovo in coloro che la ricevono con fede e diventa la forza mo- con la loro fede se non la celebrazione del sacramento e l'annuncio della parola.
trice della nuova \Ullanità nel regno di Dio. «Finché egli venga»: ecco l'aspetto escatologico dell'eucaristia. La parabo-
«Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, la di Gesù in Mt 22,lss paragona il regno di Dio a una cena offerta da un re per
voi annunziate la morte del Signore finché egli venga». In questo versetto c1 so- le nozze di suo figlio. Gesù accenna di nuovo alla cena escatologica quando, nel
no due idee da sviluppare: l'eucaristia è un annuncio della morte di Cristo, è una suo ultimo convito con i suoi discepoli, dice: «Ho desiderato ardentemente di
cena ad interin1. mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non
In quale senso la celebrazione eucaristica è un annuncio del mistero p~­ mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio ... Da questo momento
squale? Il verbo kataggello usato da Paolo significa, sia negli Atti sia uelle epi- non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio» (Le 22,15-
stole paoline, l'annuncio del vangelo, del messaggio tipicamente cristiano al mon- 18). La cena eucaristica, dunque, è un anticipo del banchetto escatologico, quel-
do non cristiano, sia giudaico sia pagano. Oggi lo chiamiamo più familiarmente l'incontro con Gesù che rende reale il regno di Dio ad interim, nella storia, fino
kerygma. Si tratta di una predicazione della parola. Qui però Paolo parla deHa alla sua piena realizzazione nella parousia.
celebrazione di un sacramento. Non è certamente da pensare che l'apostolo si ri- Gli esegeti discutono se la cena di cui parla Luca, cioè quella pasquale, fos-
ferisca alle letture che accompagnano la celebrazione dell'eucaristia. Sarebbe un se identica a quella in cui istituì l'eucaristia. Molto probabilmente lo era. Ma, in
anacronismo. Le parole di consacrazione richiamano evidentemente la morte di qualsiasi modo, le parole sopra citate si riferiscono alla pasqua degli ebrei. Si sa
Gesù e fanno sì che gli astanti ne capiscano la connessione con il rito cultuale. Ma che questa celebrazione guardava indietro alla liberazione avvenuta nell'esodo
è qualche cosa di più. Il kerygma è necessariamente uno scandalo, lo. scandal~ dall'Egitto, e avanti a quella messianica. Anche l'eucaristia, la celebrazione della
della croce: «Mentre i giudei chiedono i miracoli e i greci cercano la sapienza, noi pasqua cristiana, guarda indietro all'evento pasquale della morte e risurrezione
predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani; ma per di Gesù - ricordiamoci che nel suo racconto della trasfigurazione Luca ci dice
coloro che sono chiamati, sia giudei che greci, predichiamo Cristo potenza d1 D10 che Gesù, Mosè ed Elia parlavano dell'esodo che avrebbe operato Gesù in Ge-
e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, rusalemme (Le 9,31)- e guarda avanti alla ceua escatologica nel regno di Dio.
e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (lCor 1,22-25). Inoltre, Essa non è soltanto il cibo che nutre il popolo di Dio nel suo pellegrinaggio nel-
Paolo ricorda ai corinzi la sua prima predicazione in mezzo a loro: «La mia pa- la storia verso la patria celeste, ma anche il focolare che mantiene unita la co-
rola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sul- munità nell'amore di Cristo. Essa rende presente la futura unione con il Signore.
la mauifestazioue dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede uon fos- L'ultimo aspetto di questo sacramento rilevato da Paolo è quello di giudi-
se fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio» (lCor 2,4s). Ciò vuol zio: «Perciò chiunque in modo indegno mangia il paue o beve il calice del Signo-
dire che l'annuncio evangelico non penetra nel cuore dell'uomo per mezzo di ar- re, sarà reo del corpo e del sangue del Signore ... chi mangia e beve senza ricono-
gomenti umani, ragionamenti o retorica, ma è una potenza, una dynamis, ~he scere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (lCor 11,27-29).
esplode nell'animo umano e vi crea la fede, una fede donata per un atto creallvo Invece di essere pane di vita, l'eucaristia diventa un tossico di morte. Qui Paolo
di Dio che illumina tutto l'uomo: «Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, n- si indirizza a coloro che venivano alla cena comune solo per gozzovigliare con le
fulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che ri- proprie vivande, dimentichi delle necessità degli altri, ma particolarmente della
fulge sul volto di Cristo» (2Cor 4,6). sacralità della celebrazione, stimando il pane eucaristico al livello di qualsiasi al-
Ho dovuto fare questa serie di citazioni per chiarire in quale senso la cele- tro cibo. In questo modo profanavano non soltanto il corpo eucaristico di Cristo
brazione dell'eucaristia sia un annuncio. Dai passi addotti sarà chiaro che nella ma anche il suo corpo mistico, la Chiesa riunita in quella comunità. Ci ricordia-
meute di Paolo la parola della predicazione contiene una potenza insita, pieua di mo che nel c. 10 l'apostolo aveva già avvertito i cristiani che gli israeliti nel de-
Spirito Santo, che la rende quasi sacramentale quando viene pronunciata con serto «tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda
plerophoria, quell'intima persuasione, cioè, che si comunica dal predica~ore al- spirituale ... ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furo-
l'ascoltatore. Ebbene, l'eucaristia, che, come abbiamo visto, insieme con il corpo no abbattuti nel deserto» (10,3-5). Quanto più, dunque, dispiace a Dio colui che
di Cristo comunica lo Spirito, apre gli occhi dei partecipanti al suo vero signifi- mangia indegnamente il corpo di Cristo, e quanta maggiore punizione merita?
cato pasquale e li riempie di quella profonda convinzione che essi poi comum- Infatti, Paolo prosegue: «È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infer-
256 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Aspetti eucaristici nella Prima lettera ai Corinzi 257

mi, e un buon numero sono morti» (11,30); ciò non vuol dire che chiunque siam- Il c. 11 ci ha rivelato ulteriori sfaccettature. Già nelle parole di istituzione
malava o moriva era stato reo di questo abuso della cena del Signore, ma che una recitate da Paolo, oltre alla presenza reale e all'aspetto sacrificale abbiamo vo-
comunità che profanava la sacralità del convito eucaristico viene punita da Dio luto rilevare quello di «memoria» nel senso biblico della parola, quella memo-
come segno del di lui dispiacere. A noi moderni ciò potrebbe sembrare molto du- ria in cui Dio, anzi Cristo, nell'atto di culto, vorrà ricordare il suo nome e ren-
ro e, forse, ingiusto, ma faremmo bene a prendere questo avvertimento sul serio dersi presente nella sua persona e nella sua opera salvifica.
e a sforzarci di leggere meglio i segni che percepiamo nella nostra Chiesa, in cui Si è sottolineata anche l'alleanza creata dal sangue di Cristo, l'alleanza che
esiston? div~sioni e.grup~i opposti come a Corinto, e in cui l'eucaristia viene pro- forma il nuovo popolo di Cristo perché sancita con il suo proprio sangue, un'al-
fanata 1n mille altri modi, perché non ci compiacciamo inutilmente della nostra leanza che incide la legge sul cuore con il dono dello Spirito e trasforma il cuo-
superiorità rispetto alla comunità di Corinto. re di pietra in cuore di carne, docile verso i precetti di Dio; un'alleanza, inoltre,
Con ciò concordano anche il Vangelo di Luca nel racconto dell'ultima ce- che crea Chiesa ogni volta che viene rinnovata nella celebrazione del sacra-
na che sottolinea il fatto che <<satana entrò in Giuda, detto Iscariota, uno del nu- mento.
mero dei dodici» (Le 22,3), che partecipò all'ultima cena così indegnamente ed Ogni celebrazione è un annuncio kerigmatico del Vangelo che apre gli oc-
ebbe la fine che tutti conosciamo. Giovanni pure, parlando del boccone offerto chi dei partecipanti al mistero del Cristo risorto, produce in loro quella intima
da Gesù a. Giuda nel contesto della cena, commenta: «E preso il boccone, egli convinzione che spinge a essere comunicata a tutto il mondo come nei discepo-
subito usc1. Ed era notte» (Gv 13,30). Giuda lascia lo splendore e il calore del- li di Emmaus, e presta alla loro parola quella potenza dello Spirito che penetra
l'intimità del gruppo dei discepoli con il Maestro per uscire nel buio e nel fred- nel cuore per creare una fede basata sulla potenza di Dio piuttosto che su ra-
do della notte del mondo dominato da Satana. È ovvio che il caso di Giuda era gionamenti umani.
molto differente da quello di cui parla Paolo, si tratta di un tradimento esplici- Che l'eucaristia sia l'incontro a mensa con il Signore che prelude alla cena
to e non di incoscienza di comportamento come a Corinto, ma l'analogia serve escatologica nel regno dei cieli è già ben risaputo. Per coloro che vi partecipano
a spiegare la severità del giudizio dell'Apostolo. con fede questa commensalità è un momento di paradiso per riequilibrare l'a-
nimo umano nelle contraddizioni e nelle difficoltà della vita che spesso minac-
Avendo letto esegeticamente i due passi in cui Paolo parla dell'eucaristia ciano la nostra fede.
dobbiamo adesso chiarire i vari aspetti, le varie sfaccettature di questo sacra~ In ultimo abbiamo messo in risalto l'aspetto di giudizio per coloro che pro-
mento che, come abbiamo detto all'inizio, sono così ricchi in questa epistola. Non fanano questo sacramento sia con quell'egoismo che umilia il povero, sia con la
c'è bisqgno di sottolineare la presenza reale di Cristo nell'eucaristia e la natura riduzione della cena del Signore a una cena volgare e materiale.
sacrificale cli questo sacramento; questo è evidente. Il concilio Vaticano II e la
teologia postconciliare hanno anche elaborato l'aspetto ecclesiale dell'eucaristia. Prima di concludere la nostra conferenza dobbiamo chiedere se tutta que-
Dal c. 10, però, sono uscite delle sfaccettature che sono spesso dimenticate dai sta ricchezza dottrinale si trova soltanto in Paolo ovvero anche altrove nel Nuo-
nostri fedeli e che sarebbe necessario sviluppare nella nostra catechesi. vo Testamento. Abbiamo già rilevato i paralleli e le differenze con i vangeli si-
.Che l'eucaristia sia l'antitipo della manna nel deserto è noto dal tempo dei nottici. Rimane da vedere se anche il Vangelo di Giovanni non contenga alme-
padn della Chiesa. Come la manna accompagna il popolo eletto dall'esodo fino no alcuni di questi aspetti paolini. Sappiamo bene che Giovanni non racconta
all'entrata nella terra promessa, segno della provvidenza di Dio che non lascia l'istituzione eucaristica nell'ultima cena, ma contiene una ricchissima catechesi
affamato il suo popolo nonostante la sua costante infedeltà e incredulità, così il eucaristica nel c. 6.
convito eucaristico nutre la Chiesa dalla sua entrata nella storia fino al termine Il capitolo inizia con il racconto della moltiplicazione dei pani, che richia-
del suo viaggio. ma il miracolo della manna nel deserto (vv. 1-15), e prosegue, come in Marco,
Abbiamo rilevato l'aspetto di koinonia, compartecipazione della comunità con la traversata del lago in tempesta. Gesù appare camminando sulle onde e
celebrante e del singolo nei benefici soteriologici che scaturiscono dal sacrificio appena sale sulla barca essa tocca terra. La tempesta della storia viene supera-
di Cristo. È questa comunione che compagina la Chiesa in un solo pane che è il ta con la presenza di Cristo e si raggiunge l'eschaton (vv. 16-21). Poi ha inizio il
corpo di Cristo, il corpo reale del Cristo risorto e il suo corpo mistico in cui le discorso di Gesù sul pane della vita, un midrash sulla storia della manna, con un
membra sono riunite con Lui, capo del corpo. rimprovero ai giudei che lo cercavano non perché avevano letto i segni che fa-
Inoltre, il c. 10 ci ha insegnato che l'idolatria è incompatibile con la parte- ceva ma per il puro pane materiale che egli dava (v. 27). Egli sì definisce il vero
cipazione dell'eucaristia. Ciò sembra evidente se parliamo di adorazione di ido- pane del cielo, vero antitipo della manna, inviato dal Padre (v. 33). Segue la mor-
li'. ma ai n.ostri tempi l'asservimento totale a falsi valori, diametralmente oppo- morazione contro Gesù parallela a quella contro Mosè nel deserto e l'asserzio-
sti a quelli del vangelo, non merita rimproveri minori. ne che crederanno in lui solo coloro che sono stati ammaestrati da Dio, una al-
258 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

lusione a Ger 31,34, che parla della nuova alleanza (v. 45). Il culmine del di- Capitolo diciassettesimo
scorso è l'asserzione: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»,
«se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (v. 51). Invece del paolino «que-
sto pane è il mio corpo che è dato per voi» Giovanni ha «questo pane è la mia Justification by Faith
carne che è sacrificata per dare la vita al mondo». Il Verbo si era fatto carne e in Origen's Commentary on Romans*
adesso la carne della debolezza umana di Cristo si fa pane, e pane sacrificale.
Mangiare la carne del Figlio dell'uomo e bere il suo sangue non soltanto confe-
risce la vita, cioè l'unione con Dio nella grazia, ma conduce alla risurrezione del
corpo del credente, un aspetto escatologico ancora più esplicito di quello in Pao-
lo (v. 54), mentre l'aspetto ecclesiale vien·e espresso in Giovanni con le parole:
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (v. 56).
Nel v. 58 si riferisce di nuovo alla manna che i padri dei giudei avevano man-
giato morendo in seguito a causa della loro incredulità; chi, invece, mangia la Origen's Commentary on Romans has not yet been translated into Engli-
carne di Cristo, vivrà in eterno. Il racconto prosegue con l'incredulità anche di sh, and there are few studies on the doctrine of justification in this commentary,
alcuni discepoli, che non camminano più con Gesù ed escono dalla Chiesa, scan- none of them in English. C. Verfaillie published a book in 1926: La doctrine de
dalizzati dalla materialità del suo corpo fatto pane: «Gesù infatti sapeva fin da la justification dans Origène d'après son commentaire de l'épitre aux Romains
principio chi erano quelli che non credevano in lui e chi era colui che lo avreb~ (Strasbourg), and in 1991 J.R. Diaz Sanchez-Cid printed his doctoral thesis for
be tradito» (v. 64), per i quali l'eucaristia sarebbe stata un giudizio di condanna. the Patristic Institute in Rome, under the title Justicia, pecado y filiaci6n: Sobre
«I Dodici», però, non lo vogliono lasciare e confessano la sua messianicità per el Comentario de Origenes a los Romanos (Toledo). A short study in English,
bocca di Pietro (v. 68). Fortificati dal pane di vita annunceranno il vangelo per therefore, is not out of piace.
tutto il mondo. Rufinus translated Origen's work into Latin in 405. Apart from a few
Da questa sintesi del c. 6 del Vangelo di Giovanni appare chiaramente che books and fragments in Greek Rufinus' translation is the only complete text on
quasi tutti gli aspetti dell'eucaristia che abbiamo trovato in Paolo e nei sinottici which we can work. Caroline Hammond Bammel published a criticai edition of
si trovano anche in questo vangelo: con parole differenti, è vero, in un contesto the first three books and promised an English translation. Rufinus reduced Ori-
diverso, ma sostanzialmente gli stessi: l'aspetto della manna tipo dell'eucaristia, gen 's originai fifteen books to ten and seems to ha ve smoothed over some
quello ecclesiale, quello escatologico, quello di koinonia, quello giudiziale e points which might have raised difficulties with the anti-Origenists of his time.
quello sacrificale e di presenza reale. Ciò vuol dire che questi «aspetti» fanno Most scholars, however, particularly Jean Scherer who compared Rufinus' La-
parte della riflessione teologica di tutta la Chiesa primitiva. tin with the extant Greek fragments, maintain that the commentary is substan-
I padri della Chiesa li portano avanti secondo le loro circostanze pastora- tially reliable. Tue translator defends hismself against the accusation of falsifi-
li. Abbiamo già citato l'ecclesiologia eucaristica della Didachè e di Agostino. cation in a postscript.
Giustino martire ci racconta il modo di celebrare l'eucaristia nel secondo seco- In his preface to the commentary, Origen himself acknowledges that this
lo, il Crisostomo insiste sulla compartecipazione con i poveri. Altri insistono sul epistle of Paul's is beset with difficulties. What prompts him to write, however,
sacerdozio di Cristo, sulla remissione dei peccati operata dal sacrificio eucaristi- is the fact thai the gnostics make use of Romans to deny the freedom of the will:
co e sulla natura mistica della cena. Vengono addotti più testi veterotestamen- « ... alia quod quaestiones in ea plurimas movet et eas praecipue quibus inniten-
tari che illustrano questo mistero e particolarmente la sua natura di ringrazia- tes haeretici astruere soleni quod uniuscujusque gestorum causa non ad propo-
mento, il vero significato di eucharistein, e in ultimo l'insistenza che l'eucaristia situm debeat sed naturae diversitatem referri, et ex paucis hujus epistulae ser-
è farmaco di immortalità e seme di risurrezione. Queste sfaccettature della dot- monibus totius scripturae sensum qui arbitrii libertatem concessam a Deo ho-
trina eucaristica biblica e patristica dovrebbero essere il nutrimento con il qua-
le i nostri catechisti devono pascere i fedeli, e una sfida ai nostri teologi perché
le sviluppino ancora e le traducano in un linguaggio adatto all'intendimento del- * Augustinianum 36(1996), 337-361. Conferenza tenuta l'anno prima al congresso patristico
di Oxford. The text of this article is that of a paper read at the Oxford Patristic conference, master-
l'uomo del terzo millennio. theme on Origen, in August 1995. The references are to PG 14. The text of the fullquotations forthe
first three books is taken from Caroline Hammond Bammel's criticai edition. Parallel texts in other
works of Origen and different interpretations can be consulted in the notes of F. CocCHINI's Italian
translation of the Commentary: Origene, Commento alla Lettera ai Ron1ani, Casale Monferrato
1985, 2 voll.
260 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
.Tustification by Faith in Origen's Commentary on Romans 261
mini docet conantur evertere». Many gnostics, in fact, affirmed that the hylics
and the pneumatics are born so, only the psychics have the freedom to move body and Adam's historical sin. Ali souls, including those of Adam and Eve befo-
towards matter or spirit. re their transgressìon, contrae! defilement through their fall into the body. This is
It is exactly this phrase in the preface which raised my curiosity to see how to be distinguished from «sim>, which com es from a decisi on of the will. 8 Originally
Origen could succeed to explain Paul's apparent denial of the mora! freedom of we were ali sons of God, but bodily birth and sin tumed us into children of wrath. 9
the will. Moreover, I was intrigued by the fact that Rufinus had been asked by While man is God's image from the very beginning, he assumes God's likeness
friends to undertake this translation during the early stages of the Pelagian con- when he begins to trust in the Creator. An idol-worshipper cannot even be said to
troversy. Where would this commentary ha ve stood during the difficult years of «exist». He only starts doing so when be unites himself to the true Godrn .
Augustine's dispute with Julianus? And, even if this question seems to be ana- Adam's transgression incurred expulsion from paradise, noi only far the flrst
chronistic, how would the Reformers have accepted Origen's exegesis? Tue pre- parents but far the whole of mankind, in so far as ali men were in Adam's loins
sent paper will concentrate on those theological points which can provide an an- when he sinnedH Sin, or rather, sinning, is inherited from Adam through both
swer to these three questions, it is theological, not historical in its approach. birth and education by those who, like him, disobey (Origen accepts the reading
«etiam in eos qui peccaverunt in similitudinem praevaricationis Adam» in Rm
5,14 ). In the case of the other reading «non peccaverunt» Origen asserts thai even
1. WHAT DOES FREEDOM MEAN? thejust of the Old Testament suffered death through inherited sin. 12 So Adam's
transgression gave death the right to reign aver the soul, which surrendered her-
Origen's idea of freedom of the will is based on his well-known tripartite self to slavery and gave up ber «bili of rights» (chirographum) with regard to im-
anthropology. It should be made clear immediately, however, that full liberty is ac- rnortality, the posse non mori, in Augustinian terminology, of her original state. 13
quired only when we behold God face to face. In our earthly state our freedom 1s «Omnes enim peccaverunt et egent gloria Dei» (Rm 3,23): from Cain and
Abel onwards even the just sinned because they had death in them, though
relative because in some measure or other we are subject to the flesh. 1 In our
some found grace before God. Hence Origen understands the eph'hi5i pantes
author's view of man the soul is placed between tbe flesh and the spirit, and is en-
hemarton of Rm 5,12 as referring to persona! transgressions, but, in so far as all
tirely free to opt far one or the other. 2 Vices accompany the flesh, virtues the_ spi-
rit 3 while conscience acts as counsellor to the soul and the Holy Spmt helps 1t by of mankind was included in Adam's loins, this Pauiine text can also have the
m~ans of his witness. 4 Before the soul reaches the age of discernment education sense of Augustine's in quo, not however, with reference to inherited sin butto
expulsion from paradise, or the fall from God's grace. 14
and teaching assist it, positively or negatively, to mature in freedom. 5 Consequen-
«Apart from the Iaw sin lies dead» (Rm 7,8). Tue Alexandrian doctor pre-
tly sinning or not sinning are fully in our own power and it is useless to blame the
fers to interpret daw» as natural law, although he admits that it can referto the
devii, fate, human nature or the stars far our misdeeds. 6 If any external impulse
Mosaic Law. Tue natural law binds a man when he comes to the age of reason,
stinmlates to evi!, or, through divine providence, to good, the freedom of the will
hence Origen interprets the whole of Ch.7 as an autobiography of Paul before
remains intact because extrinsic influences can be either accepted or rejected. 7
and after reaching the age of discernment. 15

2. THE STATE OF MAN BEFORE (WITHOUT) CHR!ST 8


V.9.1047b.
9
III,1,926A. . . d
Hl •.• et initiis hon10, cun1 propositun1 fuisset 11! ad imaginem et similitudine1n Dei fie~et, ~
Has free will been hurt at ali through origina! sin? When treating Origen's ùnaginem quide1n factus est, similitudo aute1n dilata est ad hoc utprius confid~ret in J?~um e_t 1ta fie-
doctrine we must always distinguish between the originai fall of the soni into the ret sin1ilis ei... qui vero longe est ab eo, nec participi11n1 eius sun11t, ne es~·e quu_le~ d1cllur, s1cut era-
n1us nos gentes priusquam ad agnitionen1 veritatis divinae veniremus et uleo d1cllur Deus vacare ea
quae 11011 sunt ta1nquam ea quae sunt. JV,5,978A-C. . . .· . .
11 ... sive quod in lunibis Adae fuerunt ornnes qut ex eo nascuntur, et cum tpso pauter. eiect1
l
2
l,1.840A . . b
Ponan1us esse ahquod do1niciliun1 in quo cun1 corpore et spintu velut cun1 du~ us cons1 l~­
·z· sunt: sive alio quolibet inenarrabili modo et soli Deo cognito unusquisque de paradiso trusus v1detur.
riis habitat anima, pro foribus vero hujus doniicilii adstare pietatem on1."!esque ciun ea v1rtutes; ex ali~ V,1,1029D .... (1nors) in eos pertransiit qui in lun1bis eius haberentur. V,1,1010A.
vero parte impietatem luxuriarum et hbidinu1n formas et expectare an1~1ae nutum queTn ex duobu.1 12 •.• et ibi relinquit Ada1n qui eum ve! genuit, vel docuit ~n nuJrtern, _et sequitur Ch~istun_1, qui
pro foribtts observantibus chorum ad se introduci de~·iderat quem repelli. I,18,866D-867 A. eum et docet et gignit ad vitan1. V,2,1025B. Si vero ut in nonnulhs ex_enip_lanbus ha~et~ir et1a111 ~ eos
3
I,18.867B-D. qui non peccaverunt in similitudinel)l praevaricationis Adae n1~rs ista, 1d est_quae _ln mferno an1'?1as
4
II,9,893C. detinebat, regnasse dicatur, intelligimus et sanctos quoque sub 1sta niorte, etwni SI non peccandt, at
s V,2,1024B-l025A certe moriendi lege decidisse. V, 1,1018C-101.9B.
6 VI,3,1060A-C. 13 V.3,1027 A
7 VIII,9,1192B. 14 V.1.1011D-1012B. CL V.3.1029C
1s V.1,1014A; 1016A; III.2.931B; Ill.6.938B.
262 Il messaggio biblico e la sua interpretazione lustification by Faith in Origen's Commentary on Romans 263

«Sicut enim per inoboedientiam unius hominis peccatores constituti sunt mul- interpretations which nomos can have in Romans. He distinguishes between
ti» in Rm 5,19 suggests a distinction between occasionai sinning and habitual sin- the arthruous and anarthruous use of the word. Ho nomos usually signifies the
ning. Hence, ali sinned, but many were constituted sinners because they became ha- Mosaic code, without the article it refers to natural law, but he often leaves it to
.
b.1tually so..16 Hence, those who are in the flesh cannot please God, as long as they the reader to decide. 24
live accordmg to the flesh; they may be justified in the sight of men but certainly not In generai we may say that «law» has two aspects, a positive one andane-
in God's sight. Moreover, where sin is present the observance of the law becomes gative one. Tue positive aspect, which is the law of the Spirit, includes the law of
impossible.17 On the other hand, although an unbeliever cannot enter into the God, the law of reason or natural law and the law of the Spirit of !ife, or the Go-
kingdom of God, he does receive a reward if he performs good deeds. 18 spel. Negatively, nomos is used with reference to the law in our members, of the
Tue punishment of Cain, and of Sodom and Gomorrah, demonstrates that flesh and of sin. 25 The expression «the law and the prophets» however, accen-
even before Moses received the Law sin was imputed as such, which confirms tuates the prophetic aspect of Mosaic Law. 26 A distinction is sometimes made
Origen in his view that law primarily refers to natural law; 19 but, we may ask, between the moral and the ceremonial precepts, like circumcision, the obser-
were there any righteous people before Christ? Paul quotes Psalm 14,3 in 3,12 vance of the sabbath and sacrifices. 27 Tue «Law of the spiri! of !ife» (Rm 8,2) is
as saying: «Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum». Is this possibile 1denl!cal with God's law, but law can remain «letter», and produce death, or it
however? Origen affirms that only Christ is perfectly righteous. «No one is ri- can become spiritual and be a giver of life. 28 Hence the Jews who obeserve the
ghteous in your sight» would mean, therefore, either in comparison with God letter of the Law are so only externaliy, while those who observe it spiritually
himself, and with Christ, or during this life, unti! one sees God face to face.20 are Jews internally. 29 Origen also differentiates between «non observance of
If it is written that men «did not listen» (Is 66,4) this phrase refers either to Law» and «transgression of the same. Paul himself did not always observe the
the preaching of Christ and his apostles orto the voice of reason within them.21 Law, but he never transgressed it. A transgressor is one who does not under-
There are honest pagans, however - perhaps Origen was thinking of the stand the Law spiritually, i.e., in its mora! implications. 30
Stoics, but such people should not attribute their own wisdom to themselves for
even natural mora! precepts are a gift of God. 22 And as there is natural honesty
so is there a natural faith, a natural wisdom and a natural prophecy (unti! John). 4. THE NATURE OF LAW AMONG GENTILES

Ali these possess no value in themselves but may be useful to merit supernatu-
ral faith, wisdom and prophecy if used wisely and humbly. 23 . Origen, as we have already said, lays great stress on the natural law, thus
mcluding the gentiles in God's pian of salvation. Every man will be judged by
means of the law he is under, gentiles by natural and civil laws, Jews by the Mo-
3. PRAEPARATIO EVANGELICA
saic Law and christians by the Law of Christ. 31 Tue law of nature, however, can
only enable usto know sin, while the Old Testament Law reveals justice.32 Hen-
One of the most difficult points in Origen's interpretation of Romans is his ce, even ifa gentile observes ali the precepts of natural law, with no conscience
understanding of nomos, the Law. As the Reformation controversy shows, it is of sin, he is not, for that reason, yet righteous, unti! he possesses the grace which
not clear in Paul himself, although modem exegetes tend to refer the Apostle's comes through faith. This explains the fact that Abraham is not called «the
doctrine of Law to Mosaic Law. Origen himself, however, is aware of the various father of ali» but dhe father of usali» (Rm 4,11). Nor does the observance of

24
III,7,944B; II,8,890B.
. . ~um in superio_ribus tot leges nunieraverit (dixit enim et legem Dei, et legen1 mentis, et leg(:'ln
25
16 V,5.1031; IX,41,1244B-C.
17 VI,12,1097B.
sptntus vitae), e_ co~trano quoque cum legem quae in men1bris est, et legem mortis, et legem peccati
J8 ••• iste et~i alienus a vita videatur aeterna qua non credidit Christo et intrare non possit in re-
commenioravent, ~1c .nunc ~e q_ua har~1n1 l~.ge dicet... _nc:n est parvae deliberationis eligere. Puto tan1e11
gna coelorum qu1s renatus non est ex acqua et spiritu, videtur tan1en ... bonorum operum gloriam et 9uod legem Moys1 et1am htc, s1cut et tn alus saepe d1x1nn1s, in duas partes apostolus dividat et aliud
honorem et pacem perdere penitus non possit. II,7,888C. 1n ea carnem, aliud spiritum nomina!. VI,2,1093C-1094B. '
26
19 III,2,930C-931B. III,7,943D.
27
20 III,3,934B. VIII,7,1178B.
28
21 VIII,5,1067A-B. VJ,9,1091C.
29 III,2,930C.
. 22 Sunt enim et non.nulli gentilium conipositis moribus et honeste institutis, qui tamen hoc

tp~um quod habent, non ad Deun1 referunt, nec ab ipso sibi datarn gratiam confitentur; sed aut pro-
.
30
Nan1 et Paulus _ip~e non sem.per legen1 custodit, numquam tamen praevaricator est legis ... cu-
pnae industriae adscribunt, aut super magistris et institutoribus gliantur. Nobis autem ostendit apo- stod1t ergo legem carnalls 1udaeus, perficit auteni spiritalis et qui in occulto judaeus est. II 13 901C
" II,8,891A. ' ' .
stolus omne quod bonum est, a Dea esse, et per Spiritun1 Sanctun1 dari. IX,24,1225C. 32
23 IX,3,1215-1216. III,7 ,944C-D.
264 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Justification by Faith in Origen's Commentary on Romans 265

natural law contribute anything towards the call to faith, thus excluding all boa- Paul was not alone in his low estimate of the letter of the Law; Moses him-
sting. However, if, say, two homosexuals abstain from sin a gentile who does so self anticipated him when he smashed the tables of the Law written by lhe very
for the sake of honesty deserves higher esteem than a Jew who abstains through finger of Goct. 40 Moreover, Mosaic Law cannot ever be observed ad litteram as
fear of punishment. 33 Moreover, even if lhe laws of the state are posited not for regards circumcision and sacrifices in a temple which exists no longer. 41 Hence
lhe just but for the unjust, tbeir observance will earn praise frorn God on the day the essence of the Law lies in its mora! conteni, which is never belittled by Paul.
of judgemenl, and ifa gentile acts through love be is actually under the law of Whal Paul rejects is the ceremonial law in which Jews glory. It is this aspect of
the Spirit. 34 Hence, whoever, Jew or pagan, receives wisdom, righteousness and the Law thai does not justify, otherwise «grace would not be grace» (Rm 11,6).
boliness «puts on Cbrist» who is HimselfWisdom Righteousness and Holiness.35 However, while «precepts» are demanded of man as payment of debt incurred
This does not mean that the law of nature can help us to know tbe evangelica! by Adam, «perfect heavenly things>>, such as communion and participation, are
righteousness of God, which is revealed only in the Law of Moses in figures and in no way owed to man but are conceded through grace.42
symbols, it only manifests socia! justice. 36 Consequently, when the believer progresses «frorn faith lo faith» (Rm 1,17),
his is a marked leap from tbe faith of the Old Testament righteous who «had faith
in God and in his servant Moses» and dived by means of their faith», to faith in
5. THE MOSAIC LAW Christ. 43 What Origen had said about the gentil es he now repeats of the Jews:
even the works of the Jewish Law contribute nothing towards justification if lhey
Since «those who are in the flesh cannot please God» (Rm 8,8), it is one of are not founded on faith. This excludes boasting also on the pari of the Israel, as
Origen's constant themes thai a carnai understanding of tbe Law is not pleasing to the parable about the pharisee and the publican demonstrates. 44 The prophets
God, while a spiritual understanding is, and this is the way to arrive at the vivifying did possess faith, and this is why their writings lead to faith in Christ. 45
Spiri! if the actions of an Israelite and bis way of !ife meri! to receive the Spiri! of «Do we therefore destroy the Law?» (Rm 3,31) By no means! It is whoe-
God. 37 Even «circurncision is useful if one observes the Law» (Rrn 2,25), not, howe- ver does not believe in Christ, and Christians who do not live well, who do so.
ver, a merely carnal circumcision, but the circumcision of the heart through the Spi- The transitory glory of the Law, however, fades away with the coming of the
rit; circurncision, in this instance, means abstaining from evil, whereas spiritual ob- permanent glory of Christ (2Cor 3,10), for the Law was only a pedagogue unti!
servance implies doing good. Origen says this with reference to Jewish Christians. 38 that time. Origen does not seem to tackle the problem of the salvation of spiri-
He also distinguishes between <<Observance» and «fulfilment», the fonner occurs tually observant Jews, who, in good faith, do not believe in Christ. 46
according lo the letter, the latter according the Spiri!. His hermeneutical principle
for this distinction derives from Mt 5,17 «I bave not come lo abolish the Law, but
to fulfil il». Mere observance serves to avoid punishment, wbile the meri! of faith 6. ls )USTIFICATION MERITED7
attains the hope of promise. Precepts are designed for slaves, faith far friends.39
Our author cannot insist more persistently on the fact that both Jews and
Gentiles come to salvation not through their own rigbleousness but through
33 ... quo scilicet ostendat, quod si quis habeat integra omnia quae lex edocet naturalis, ut in God's mercy. When the prophet cries: «I was found by those who sought me
nullo eun1 peccati conscientia reprehendat, non tamen ha beat fidei gratian1, non passe eun1 justifica-
ri. Fides enin1 est, quae ad justitian1 reputatur... Bene autetn de Abrahan1 non dixit Pater omniun1, sed
ait Pater omnium nostrum, id est, non qui ex lege descendimus, sed qui ex fide a lege succedinuts. 40
JV,5,977 A; IIl,9,953D; JV,4,972C ... revertaniur ad ipsum Moysen et videamus ipse quam n1agni fecerit litteram legis qui cum
34 IX,28,1228C. accepisset tabulas lapidibus inscriptas digito Dei tantun1 honoris detulit litterae legis ut proiceret de
35 IX,34, l234A. manibus suis tabulas et comminueret et quidem digito Dei scriptas nec tanien pro hoc impietatis cul-
36 Poterai enim naturae !ex arguere peccati naturan1 et notitiam eius ostendere; justitia auten1 pa notatus sit. Vides ergo quia non solus Paulus spernit litteram legis. II,14,917A.
41 1,10,854B; Vl,12,1094B.
Dei supergreditur et satis eminet hoc quodcumque niens hun1ana solis naturalihus sensihus potest ri- 42 Sciendum est opera quae Paulus repudiat, et frequenter vitupera!, non esse opera justitiae quae
mari. Neque enim sufficit ad intelligenda1n et considerandam non quamcumque hun1anam sed ipsan1
Dei justitiam et judicia quae ex ipso descendunt. III,7 ,942D. mandantur in lege, se ea quiden1 in quibus hi qui secundum carn.on lege1n custodiunt, gloriantur, id est, vel
37 ... in carne non estis, sed in spiritu, hoc est, non intelligentimn carnalen1 legis seqttimini, sed circunicisio carnis, ve! sacrificiorum ritus, ve! observantia sabbatontm et neornoeniarun1. VII1,7,1178B-
spiritalen1, per quam venistis ad S'piritum vivificantem, si tan1en actus vestri tales sinf et conversatio ut 1179A; ... ut ostenderet quia perfectiora quaeque tamquam coelestia terrenis non tani debeantur, quam com-
Spiritum Dei in vobis habere n1erean1ini. In duas ergo, ut diximus, partes dividens legem Moysi, id modantut; rerrena vero et carnalia tarnquan1 pro debito exiguntur. Debitores enin1 effecti sumus... X,14,1275
A-B. .
est, in spiritum et carnnn, quae sunt ~piritus nobis tradidit: quae vero carnis sunt carnalibus Judaeis 43
re!iquit. Vl,12,1096C. I, 13,858B.
44 III,9,953D-954A.
38 11.12.899A-900C; N.5.975D.
45 lll,7944C-945A.
39 Nec ùnnierito legis enùn observantia poenant tanturnniodo effugit; fidei vero n1eritun1 ~pem re-
46 Il.11.957C-960A.
prontissionis expectat: et praecepturn servis ponitur, fides quaeritur ab amicis. IV,3,970C; II,13,901D-902A.
Justij(cation by Faith in Origen's Commentary on Romans 267
266 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
7. «CALL», «FOREKNOWLEDGE», «ELECTION»
noi» (Rm 10,20) he is referring to the gentiles who were songht out by Christ,
the Good Shepherd, and by Wisdom, as in the case of the lost drachma. These The gnostics applied the words of Jesus: «Many are called but few are
are the stones from which sons of Abraham were raised, 47 «For all had sinned chosen» to Paul himself, who they thought was born elect. Origen, on the con-
and lacked the glory of God» (Rm 3,23). Tue sinner is not worthy of God's glory, trary, insists on the election of the Apostle post praevisa merita.53 as later theo-
nor can he receive it or give God glory. Hence God's righteousness is given gra- logians would say. Tue gentiles themselves believe lhrough th~ grace given to
tis through faith in Christ. God justifies both Jews and gentiles after having pu- the apostles, they are only called to obedience, 54 but those who are «Under lhe
rified them from their sins thus rendering them capable of giving Him glory. 48 spiri! of servitude», that is, the Jews, are certainly foreknown and called, but
Classica! examples of this principle are the justification of the good thief not yet secundum propositum. Tue wicked are not «known» at all. Foreknow-
on the cross and of the prostitute who washed Jesus' feet with her tears. Cer- ledge does not merely mean knowing beforehand, but, through knowledge,
tainly, in both instances there was no preceding merit. It is their faith that saved 1mphes God's judgement about whether a person is worthy of election or not.
them, otherwise grace would not ha ve been grace. 49 This is a good Jesson to Its nature can be understood by revcrsing the chain argument in Rm 8,26-30.
Jewish Christians who despise gentile believers because they believe that they If foreknowledge only means knowing beforehand, then those who are not
themselves had been called because of their own merits. Whoever receives glorified are so because they have not been justified, nor predestined, the-
mercy can never despise anyone else but must only render thanks, 50 far faith it- refore not foreknown. Judas was called but not justified, much less glorified.
self is a gift, and if heredity is a gift of faith it tao is not meritied.51 This is what Hence foreknowledge actually means knowing with love in the biblica! sense.
theologians term prima fides. There are three stages towards justification, howe- God knows his own because he has loved them and associated them to him-
ver, indicated in Ps 31: The first is «Whose iniquity has been pardoned», i.e. self. 55
when the sinner repents and, on that account, receives pardon; the second: If, however, «many are known but few are chosen» in1plies a cali secundum
«Whose sins are covered», when he starts doing good; the third stage is contai- propositum, this can be interpreted in two ways: either referring lo the good will
ned in the words «whose fault is not reckoned», which is reached when every of men who seek God, as in the parable of the seed falling on good ground, or
evi! is eraclicated and the believer reaches perfection. Ali this, however, subse- secundum propositum Dei, God knows their good disposition. In either case
quent to the grace of faith. 52 man's free will is not called into question and forms part of the cali. Both cali
and election are graces conferred freely, but only to those who God foreknows
will prove themselves worthy of such an election. Paul himself confesses that he
_47 III,2,928C_; <;:ertum ~st aute1n quod gentes erant quae Christum nec quaerere noverant, nec
subrnitted his own body to servitude !est he be lost.56
de eo 1nterrolfare dtd1cerant, rnvenerunt tamen queni non quaesierunt, quia ipse eos prior quaesivit. In the case of Abraham, his faith merited the promise of future heredity,
Pastor est entm bonus, et ovem quae perierat requisivit; sapientia est quae drachmam perditan1 quae- but Isaac and Jacob were chosen not far their merits «in the flesh» ( opposed to
sivit et ~uae:ens invenit. Vlll,6,1174D-1175A; I\:',2,?66C.
. 4. Ex eo auten1 quod omnes sub peccato fact1 fuerant ahen1 . . . . .
stne dub10 effectr sunt etiam a glo- pre-ex1stence of souls?) lo be justified, otherwise this would bave been passed
na f!e1 quod ean1 nec capere ullo genere poterant nec mereri. Quomodo enim peccator auderet dare on to thelf descendants as well. Their election was due to God's purpose, to the
~Ior:1am _De?,. ad q~en1 d~cit propheta: P_e~catori autem dixit Deus. tu quare enarras justitias meas? ...
1dczrco 1ust1t1a De1 per fzdem Jesu Chnstz ad onines perveniens qui credunt, sive judaei sive graeci,
purgatos eos _a prioribus sceleribus justificat et capaces facit gloria Dei; et hoc non pro meritis eorum
nec pr~ openbus facit, _se~ gr~~is glorian1 _credenti~us prae~tat. III,7 ,945B.D; IX,1,1203B.
9
. . . Per fidem entm 1ustif1catz1s est hzc latro s1ne openbus legis, quia super hoc Dominus non re-
. . 53 Nos auter:i dicim~ts quia neque Paulus fortuita aut naturali dìfferentia eiectus est sed elec-
t1on1s suae ccnL'i?s 1:i -~~m.et1pso credidit ei qui scit cuncta antequani fiant; neque peccatores qui sepa-
qutstvlt, quae pritts operatus esse!, nec expectavit quid operis cum credidisset expleret sed sola con- rantur ~ventre 1ud1cu Ln1qu1tate separantur. I,3,843A-844A.
fessione. justificatum sibi eum comitnn paradisum ingressurus assumsit. Sed et muli~r illa quae in I,7.852D-853A.
e.v~ngel10 secundum Lucam refertur. .. ex nullo legis opere sed pro sola fide ait ad eam: remittuntur . ~ 5 Sed et rr:ulta secundum hunc sensum in Scripturis de cognoscendo invenies dieta: et ideo
t1b1 peccata tua ... III,9,952C-953C; IV,3,966C. et1~n1_ in praesentt loco ~onstat apostolun1 secun~um Scripturae Sacrae consuetudinem cognoscendi
so VIII,13,1095B. posinsse sermonen1, ut tllos os_tenderet praecognltos a Deo, in quibus, sciens quales essent, an1orem
. . 51 quod si fort_e vide~tur hoc ipsum 9uod dicitur ex fide, non esse gratis, quippe si offerenda s~um Deus affectu_mque posu~s~et, sec11nd11n1 quod etiam scriptum est: cognovit Deus eos qui sunt
s1t fides pnus ab homine, et ideo a Dea grafia promerenda: audi quo1nodo in aliis etiam de hoc idem e1us... sed cugnov1sse suos d1ntur hoc est in dilectione habuisse, sibique sociasse. VII 8.1125C·
apo~·t?l~1~· docet. Etenini ubi enumera! dona Spiritus, quae dicit secundun1 mensuram /idei credentium VII.7,1111C-1112C;VIII,7,1176A;VII.8,1124B. ' . '
dari, 1~;1nter ~aete_r~ etian1 donu_mfidei a~serit_per Spiritum Sanctum tribui (ICor 12,8). IV,5,974C. 56 Nam ~i q_ui secun~um propositum bo_num, et bo_nam voluntaten1 quam. circa Dei cultum ge-
. . - _Et vide SI forte poterat 1ste orda in anima una eademque intellegi: ut quia initium est conver- runt, voc?ntur, tpsi sunt qu_i secundum propos1tum vocati dicuntur et isti sunt qui vocati justificantur.
s101:is an1m~e mala derelinquere, pro hoc iniquitat11n1 reniissionem mereatur accipere: cum autem coe- Bono enim eorum proposito deerat sola vacatio ... Quod si etsi secundum propositum ad Deun1 re-
pent.bona facere, valei singula quaeque quae praecesserant n1ala bonis recentibus obtegens, et abun- feratzu;_ ho~ est, ut sec1~nd~tm Dei proposituni, qui sciens in eis religiosam mentem, et salutis in eis ines-
dan:t1orem nunierum bono rum. introducens quam prius fecerat nialorum, tegere peccata dicatur: ubi ve- se des1denun1, vocati d1cantu1; non videbitur his quae exposuin1us etiam hoc esse contrarium.
ro 1ani ad perf~c~am venerit, ila ut omnis de ea malitiae radL'C penitus amputetur. .. ibi jam sumnia per- VII.8.1126.
fectae beat1tud1nts promittatur, cum nu!lum possit Dominus imputare peccatum. IV,1,965D-966A.
268 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Iust!fication by Faith in Origen's Commentary on Romans 269

will of him who called, hence the grace of promise was fulfilled in the elect sons for the impious the Spiri! intercedes for the «saints». When we say that Christ
of God who were adopted as such, not in carnai descendants. 57 died for ali this is understood by Origen as for ali those within the Church. 64
The outcome of this is that everyone who believes in Christ is saved th- As for the Jews, if Jesus is the fulfilment of the Law, whoever does not possess
rough grace, but the true Israel, the Christian elect, who believe with a perfect Christ through faith cannot even obtain the righteousness of the Law. 65
and pure heart, are saved through election of grace. 58 Origen obviously found
difficulty reconciling free will and predestination. His stress lies on free will, as
he is arguing against the gnostics, and, in a certain measure, binds God's free will 9. .TUSTITIA DEI
to man's foreknown merits. Tue later Augustine chooses the other alternative,
which adheres more closely to Paul's text but creates more serious theological We come now to focus more closely on the meaning ofjustification by faith.
problems. The phrase <<God's justice» can indicate his distributive justice in so far as no one,
either Jew or gentile, is excluded from salvation; it can also mean his righteou-
sness. Tue righteous are imitators of God just as the unrighteous are imitators of
8. JUSTIF!ED IN CHRIST the devi!; thirdly, it sometimes signifies his longsuffering, patience and mercy in
this world, while jnstice in the future world refers to retributive justice. 66
Ali men are sinners; Jesus Christ is the only righteous one. He was not un- This justice of God isso transcendental that it cannot be known through hu-
der the Law, he was the «fulfilment» of the Law. In fact, he was the Law itself. man reason and is above the Law. Both reason and law know social justice; God's
He is, therefore, our model of obedience just as Adam is a model of disobe- justice is only revealed by the Law of Moses and by the Prophets, in whose books
dience.s9 Christ redeemed us. «Redemption» is the price offered to ransom pri- the Holy Spiri! signified so much about it by means of figures and symbols. 67
soners of war. For this reason he offered himself to the enemy, even to the devi!
himself that we may be set free.6° We are therefore justified by means of bis
blood together with our faith, ever so much more by means of his blood than 10. MAN'S RIGHTEOUSNESS
through faith, for it is this blood that will save us from God's judgement. Hence
we are granted remission of our sins through God's longsuffering and mercy to- Justice in man can either refer to his own or to God's righteousness; the
gether with the redemption which was in Christ. 61 former receives glory in his own eyes and from other men, the latter from God
Even fora believer, however, unless one lays aside «the old man» Christ's who alone can read the heart and perceive faith. 68 We already indicatied above
death will not be reckoned as righteousness and it could be said that Christ did that though one observes ali the precepts of natural law and has no consciou-
not die for him. In a similar fashion, confessing Christ is not enough if we deny sness of sin whatsoever one is not yet righteous without the grace which comes
him with our works, so if a Christian does not walk in newness of !ife by means through faith. 69 We also described the three stages of righteousness based on Ps
of good works Christ can be said not to have risen for him. 62 31. This means that God justifies the sinner in such a way that he is no longer a
Christian righteousness therefore consists in serving Christ in the Holy sinner, an assertion to which Luther would certainly have taken exception. 70
Spiri!. Paul himself, who received the grace of the Spirit, served wisdom, justice The justice which comes from Christ, therefore, is obtained through rebirth but
and ali the other virtues which Christ is said to be. 6" Chr1st certamly does save, also through paideia. In fact Jesus sent his disciples to teach al! nationsn But ri-
but so does the Holy Spiri!. Tue difference lies in the fact that while Jesus died ghteousness can never be absolute, there is no just man in whom there is no evil

64VTI,9,1129.
65VIII,2,1163-1164.
s1 VII,14-15.1142-1143. 66 IV,5,961B-C; Ill,2,950B-C; III,8,951D-952A
58 VIIl,7,ll 77C. 67 III,7,952D.
59 III,2,932B; IIl,3,934B; IIl,6,939C; V ~,1032A; V,9,1044A. 68 Sed vide justitiarun1 differentiam, pariter et vitiorum. Il!a enim justitia Dei, id est, Christus ..
60 III,7,945B-D. Haec ergo fustitia non tantum vitam praebet, sed aeternan1 vitam. lllam vero legis justitian1 qui fece-
61 In superioribus quide1n dixerat: Iustificati igitur ~x f~de, pace_m habe.amus ad Deum et nun~ rit homo non dixit in aeternu1n vive!, sed tantummodo vivet in ea. VIII,2,1160 .... et illan1 quidem quae
dicit: Multo magis nunc justificati in sanguine ipsius, salvi e_nmus .a~ 1ra p~r 1psum_. EX: quo ostendtt ex operihus est dicit hahere quidem gloriam, sed in semetipsa sed non apud Deum, illam vero quae
quod neque fides nostra sine Christi sanguine, neque sanguts Chnsti nos s1ne fide ;11st1ficat; ex 11tro- ex fide est habere gloriam apud Deum ... IV,1,960C-D.
q11e tan1en inulto magis sanguis Christi nos quan1 fides nostra justijlcat. IV,9,lOOlA; III,8,951 D-952A. 69 IV,5,977 A.
62 JV,7,986A;VIIl,2,1162C-1163A 70 IV,l,964D.
63 X,1, 125 IB; IX,34,1234A; VIl,6,lll 9A-1121 A. 71 V,2,1025A.
270 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Justification by Faith in Origen's Commentary on Romans 271

whatsoever; similarly there is no sinner who does not have any good in him. their faith, the !alter in good works, far faith both presupposes and includes
Hence judgement will be passed according to the preponderance of good or evil good works; in fact, a Christian sinner does noi actually believe. 80
in every individuai. Only a habitual sinner can be called a «sinner», and it is the Initial faith is only partial, as was Abraham's in the beginning, but it can
habit of good which renders a just man righteous, noi an occasionai act of good- grow to merit perfect faith, and it is only this !alter thai justifies an.d is reckoned ,I
ness or an occasionai sin.72 Moreover, the salvation of believers is not automa- as righteousness, especially to the uncircumcised. Reckomng is a gift of grace; m
tic. That is why Rm 5,15s has in multis not in omnibus, so as to maintain humi- fact it is not said of the righteous thai their righteousness is reckoned as such,
lity in the righteous. 73 <<Quis prior dedit illi?», we owe our very existence to God. bui only their faith, otherwise it would not be grace. 81 .
Hence Origen interprets Paul's tirade in Rm 11,35s in the sense that we receive Therefore, «confessing Christ>> does not mean repeating formulas wr1t-
our existence from God; through him providence governs our lives, while in him ten down by other people, but walking in newness of !ife. Sin is denial of Ch-
is the perfection and end of ali things when God will be «ali in ali» (lCor 15,28). rist.82
Everything we possess, therefore, is «grace», nothing is owed to us. «Who has gi-
ven God anything?», we did not exist, now we are, through him who always was,
is and will be. 74 12. NECESSITY OF GOOD WORKS AFTER JUSTIFIC.ATION

From what has been said to this point it should be evident that Origen
11. THE MEANING OF FAITII takes for granted the necessity of good works after justification. It remains to
give bis reasons for this conviction. «Shall we therefore sin because we are no
Faith, in generai, is believing, hoping, confiding. It increases, and when it is [onger under the law?» (6,14): this verse, unlike 6,1,refers to those who have al-
united to reason (the «measure» of faith), produces knowledge and com- ready relinquished pre-baptismal sin and in whom grace is already present, as
prehension. It is God's gift, but in this present age grace is commensurate with justification implies the remission of past sins, not future ones. When one s1ns af-
faith; 75 in fact, man begins to «exist» when he places his trust on God. 76 ter having been justified one despises this very grace and is once more regarded
There is also a natural faith. Although it has no worth in itself, neverthe- as uncircumcised. s3 Paul does not derive righteousness from works but good
less, if used wisely, it can merit the grace of faith.77 It should therefore be faith works through righteousness. 84 He says of himself: «I myself with my mind ser-
«in God's sight><, as approved by God and not by man, which is no mean thing ve the law of God, but with my body the law of sin» (7,25). Origen prefers the
even if faith is as faint as was Peter's. Moreover, «Ali thai does not proceed from explanation thai in the newly converted virtue is not acquired immediately, be-
faith is sin» (Rm 14,23), thai is to say, ali thai does noi redound to the glory of cause the habit of sin sometimes dominates, though the will be orientateci
God is meaningless. So a Christian will never do anything outside his faith. Ori- towards God. Tue evildoer is noi really a believer, but who is without sin in this
gen goes so far as to cali «pirates» heretics in good faith.7 8 world? 85
Tue righteous of the Old Testament, as we have already noted, had faith,
faith in God and in his servant Moses. Tue Jews should now have faith in Christ.
Faith in Moses and in the Prophets is also necessary far Christians, however, as
80 IV,1,961C.
ali three are necessary far evangelica! justice.79 In this manner, God justifies the 81 IV,1,963A-964C. · · ·
Jews ek pisteos and the gentiles dia tes pisteos, so that the farmer may grow in 82 .•. et quae fides Dei non in solis verbis est, quae int~r~um ab ali_o _c~mposrta _vel ~cripta .dt-
scuntur, sed in affecttt mentis tali quodamn1odo qualem ha_b111t zlla q_uae _dzxlf infra se: S1 tetigero f1m-
briam vestimenti ejus, salva ero. VIIl,1,1159. Alioquin quld pr~dent sc1re me ~t cred~re qu?d les~tm
Deus suscitavit a mortuis, si in me ipso eun1 non habeam suscltatuni.? Ergo si non tn nov1tate vitae
ambulo nondum mihi Christus resurrexit a mortuis. VIIl,2,1164A. . . .
72 IX,41,1244B-C. 83 Sed fortassis haec aliquis audiens resolvatur, et be_ne agen_di r::glelfentian1 _c_apzat, st q1!1dem
73 V21023A-B ad justificandum fides sola sufficiat. Ad quem dicemus quta pos_t ;ust~f1~atlon_em st 1n1usta quls agat
74 VIÙ,13,1202A-C. sine dubio justificationis gratiam sprevit. Neqtte enim ab hoc qu1s acctp1t venzam peccator.um et 1no.-
75 ... puto jam piene in superioribus expositum quae sit fide.\' quae a no bis requiritur, et quae sit rum sibi putet peccandi !icentiam datan1; indulgentia namque non futurorum sed praetentonun cn-
quae a Deo per gratiatn datur. .. quod fìdes quiden1 quae sperat et credat, et absque ulla dubitatione niinum datur. III,9 953C; VI,1,1059B. .
confidat, in nobis est: ratio vero [idei ipsius, et scientia, et perfectus eomm quae credimus intellectum 84 fnitium n~mque justificari a Dea, fides est quae credit in justificationem. Et hae.c fides. cum
donatur a Deo. IX,3,1214. jastificata fuerit, tan1quam radix imbre suscepto haeret animae solo, et_ cum pe~ l~ge"! _Dei excoli coe_-
76 JV,5,978A-C. perit, surgttnt in ea ran1i qui fructus ope1.·~m ferar:t. ~on_ ~rgo ex openbus rad1x JUS!1t1~e: sed ~x radi-
77 IX,3,1215. ce justitiae fructus operum crescit, illa sczlzcet radice ;ust1tzae qua Deus accepto fert ;ustztzam sine ope-
78 X.4,1254D; X.5,1256A. ribus. IV,1,965A.
7 85 VI,10,1091A-B; Il.7.889B.
" III.6,945A.
272 Il messaggio biblico e la sua interpretazione lustification by Faith in Origen's Commentary on Romans 273

Virtue is the fruit of love, and love is a gift. Origen reads the phrase he to augment and to complete. It is proper to give man his full due, but the major
agapi! tou theou has been poured into our hearts in 5,5 as both an epexegetical partis attributable to God; good works are an outcome of God's gift and bene-
and an objective genitive: the love with which God loves us is God himself far volence.91 Hence, «Quid retribuam Domino?» (Ps 116,12). God cannot ever re-
God is love: Father, Son and Holy Spirit. We respond by loving back.86 ceive anything from man, so !et man not rely on his own strength, but invoke the
name of the Lord. 92 In fact, just as sin dominates over the carnai because Chri-
st is not yet in them: «It is no longer I who do evi!, but sin which dwells in me»,
13. Is GRACE NECESSARY FOR GOOD WORKS? when Psul speaks of his good deeds he declares: «Not I, but the grace of God
within me>>. 93
Origen's commentary, as we said at the very beginning, has the purpose of Tue fruits of the Spiritare love, joy, peace, patience and chastity. These ex-
demonstrating man's free will against the gnostics. Tue Greek fathers traditio- tinguish the promptings of the flesh (Gal 5,22). Moreover, «The Spirit inter-
nally stress this freedom. It cannot be said, however, that God's help is excluded. cedes for the saints» (Rm 8,26): when He sees our spiri! combatting against the
In fact we find many texts in Origen's cornrnentary that offer a prelude to Au- flesh he extends his hand lo help the nous. He makes us desire to pray and do-
gustine's doctrine of grace. nates sighs to our spirit. If such sighs are accepted genuine progress is made,
In Origen's thought it is up to usto offer obedience to righteousness orto otherwise prayer rernains unfruitful. 94
sin, so let us not blame the devi!, human nature, fate or the stars when we com- In times of persecution we overcome, not through our own strength but
mi! iniqnity. Tue spirituals, however, who have chosen not to do evi!. should of- thanks to him who loved us. We may not even perceive suffering because the lo-
fer thanks to God, for it is God who has «lhrown down the wall of en;,,ity» (Eph ve with which he loves us extinguishes pain. Even the mortifiction of the flesh
2,14) m those who still combat sin within the limits of their own strength, that is and of vices does not spring from us but is granted us as a gift through the death
the beginners, while he destroyed the wall in those who no longer sin and mor '. of Christ, as when we walk in newness of !ife we do so throught Christ's resur-
tify themselves. This is possible if we keep our eyes fixed on the cross of Christ rection.95
because the flesh is weak. Hence God's grace noi only frees us from past sin~ Origen's doctrine, therefore, is not far removed from Augustine's thought
but also protects us against future ones. 87 although he considers God's help as given more through persuasion and love, as
«The truth will make you free» (Jn 8,32), in John this means the knowled- Augustine himself also states, than as direct assistance to will-power.
ge of truth; Christ is !ife and it is he who delivers from sin. Its counterpart in Paul
is the Spirit of !ife. Whatever Christ does, the Spiri! performs; it is the Spiri! who
sanctifies, renders saintly, as He renews the faithful when he leads them from 14. THE HoLY SPJRIT, GRAcE AND CHARlSMs
their old way of !ife to the new obedience of Christ. 88
If anything is added lo the will from the outside by wicked angels to sti- Tue daw of the letter which kills» is opposed to the «Law of the Spiri! who
mulate to evi!, or through divine providence to stimulate the individua! towards gives !ife». This latter law we call «grace». It is the Spiri! who makes us under-
good, this does not harm the liberty of the will, which remains free to accept or
reject such stimuli. 89 When human effort is felt to be insufficient however we
should have recourse to prayer.90 ' '
«Nisi Dominus aedificaverit domum in vanum laborant qui aedificant 91 Nisi Dominus aedificaverit domum in vanum laboraverunt qui aedificant eam. In quo
eam» (Ps 127,1): so man must do whatever is in his power while God intervenes ostendit non quia is domum aedificat, nihil agat, et otiosus sit, et ita eam aedificet Dominus; sed ipse
quidem quanturn est in homine soflecitudinis et laboris expendat; Dei autem sit ut, obstaculis 01nni-
bus amotis, opus perveniat ad effectuni. .. pium utique et religiosum est ideo et homini quod in eo est
operis, sun1mam Deo magis quam homini deputare. VI,16,1145A .... quae fide.\' tanta est, ut justificet
86
IV,9,997A-B. etiam eun1 qui in1pius fuerit, ut ultra jam non sit impius. N,1,964C; IX,24,1225C.
92
87 !1,14,919D.
. Superakundavit ergo gratia Christi in eo ut non solum a praeteritis peccatis absolverit ho- 9
3Paulus vero spiritalis in aliis dicit, quia abundantius quam omnes illi laboravi; non autem
m1nem, verum etwm communeret a futuris. Siquidem duo quaedam regna ostendit in honiine: unum ego sed gratia Dei mecum. Ut ergo iste labores suos non sibi sed gratiae Dei, ut in ipso operahatur
quo peccatun1 in .mortem regnavit; afiud quo gratia per justitiam regnet in vitam. Grafia ergo est quae adscribit, ita et illa camalis opera non bona non sihi, sed peccato, quod in se habitat; et operatur, ad-
de regno suo, id est, de membrts nostris peccatum ejicit et expulit. V 6 1034· VI 3 1060A-C· nunierat. VI,9,1087 A-D.
N,12.1003A-B;VI,l,1056B-1057B;Vl,12,1097A-B. '' ' '• ' 94 Sed ubi viderit SÌJiritus Dei laborare spiritum nostrum in adversando carni, et adhaerendo
88
VI 3,1062A-B; VJ,9,1093A; Vl,7,1076B.
89
VIII,10,1192B.
sibi, porrigit manun1. et adiuvat infirmitatem ejus... ita ut Spiritus Sanctus ubi oppugnationibus carnis
90 perturbari nostrum spiritum viderit, et nescienten1. quid arare debeat secundum quod oportet, ipse ve-
In quo enini non sufficit humana fragilitas, auxilium Dei orationibus implorandum est. lut n1a~ister oratione1n praemittit. VII,6,1119A-1121A; VI,14,1102A-C
IX,ll,1220B.
s VII, 11.1132C; IX,40,1240B.
274 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Justification by Faith in Origen's Commentary on Romans 275

stand the spiritnal meaning of the Law. He is not anything «new» in Marcion's justify. On the other hand, in the present age as in preceding and subsequent
sense, for He is the same Spiri! who was also in the Law, as He is in the Gospel ages God's providence governs each man in such a way that his merits offer God
.
the occasion to be the eternai d1spenser o f ali g1"fts. IITT
and always was, together with the Father and the Son. It is the Spiri! who renews
the faithful leading them lo Christ.96 Paul's word that «God will give us all things together with him» (Rm 8,32)
N ow what precisely is this reality which is the Spiri! of God, the Spiri! of are interpreted by Origen either in the sense thai G_od will give us .all the virtues
Christ, Christ himself? Is it given to all and expelled by sin? This gift, for gift it of Christ and with them all creation, or thai He g1ves all to Chnst as the real
heir and to us as co-heirs. We are thus «con-formed» to the image of his Son, the
is, is acquired by means of meri!, preserved throngh innocence and grows with !I
progress in faith and grace. It is received as divine breath, as charism, as perfect «in the form of God», the beginner «in the form of slave» (Phil 2,6-11).
prophecy, through the word of God. Preachers transmit it. So whoever considers For the former «all things cooperate for the good» (Rm 8,28), for the latter ali
himself to be wise and feels his soul lo be at peace and full of love, possesses the things will lead them to the doorstep of goodnessrn2 There are therefore three
Spiri! of God. 97 Though righteousness is certainly God's gift, it remains unclear grades of the spiritual !ife, the beginners who may famt by the ways1de, those
whether the Spiri! is also its author or merited by it. Perhaps we can find a pa- who think they are perfect - let them take heed !est they fall - and the ge-
rallel in the Catholic doctrine of sanctifying grace which grows with meri!. nuinely perfect. 103
Tue word «Spirit», however, like the term «Law», has many possible mea-
nings: Spiri! of adoption, Spiri! of God, Spiri! of Christ, Holy Spiri!, as opposed
to spiri! of servitude and of idolatry; but we also find such expressions as ratio- 15. ESCHATOLOGICAL RIGHTEOUSNESS IN PATRIA
nal spiri!, evi! spiri!, materia! spiri! ( tempests ). God can make use of all these
spirits for our own good. There is only one Spiritus principalis, however (Ps Apart from the fact that full freedom will be ours only when we see_ God fa-
51,14) who dominates all others, hence our natural spirit is guided by the spiri! ce to fce, as we stated above, the present !ife is the time to acqmre ments, wh1le
of servitude or by the Spiri! of God. 98 Nevertheless, il is not always possible for the future age is thai of vivification. 104 Earthly virtues are only shadows of the
a translator of Origen to decide whether to use a capitai «S» or a small «S» when true virtues which will be ours in the future age, for «No one lS ]USI m your s1ght»
speaking about the pneuma. (Q o 7 ' 21) , i.e. ' as yetrn5
.
Al the resurrection we shall ali be like the angels of God
. 106
As to progress in spiritual !ife, one begins with the spiri! of fear unti! one with a grace proportlonate to our own mer1ts.
matures to the spiri! of adoption so as to be able to cry «Abba, Father» (Rm
8,15) in an act of love. Tue Holy Spiri! therefore renders witness to our own spi-
ri! that we are sons of God. 99 In a similar fashion our faith merits the graces and CoNcLus10N
charisms of wisdom, ahnsgiving, charity and visiting the sick. We receive these
gifts through God's liberality secundum mensuram /idei (Rm 12,3) in three In conclusion, we must now attempt to answer the questions which occ~­
ways. Tue measure of faith merits grace. Then come the charisms <<for what is sioned this paper. Did Origen understand Paul? Contemporary exegetes w1U
useful» (lCor 12,7) as the Spiri! wills. These graces are merited according to our certainly be at loggerheads with the Alexandrian writer about many pomts: h1s
internal disposition and granted in such a way as not to become harmful to our-
selves or to the community. 100
Hence the present !ife is the time to acquire merits and both righteousness
and grace grow with the performance of good deeds. Even among Jewish Christ- 101 Sicut enim in Adam omnes moriuntur, non dixit, ita et in Christo omnes v.ivi[icati sunt, aut
ians the observance of the works of the Law obtain meri! although they do not vivificantur, sed vivificabuntur ut o~tenderet quideni praesens :empus l~~?,~is et open~, in _q_uo per bo~
nan1 conversationen1 merita conqutruntut; futurum vero esse Ul quo v1vif1cabuntur hz qui u1 praesen
ti vita Christo comn1oriuntur. V,1,1006A; V,3,1028D; VIII,7,1178B-1179A; IX,l,1023B; IX,2,1212C.
rn2 VII,9,1129;VII,7,1112C.
96 103 V81042D. .
VI,l,1058C-1059A:VI.7,1076A-B.
97 104 s~d et i!lud in loco si videtur addamus quod sicut scientia q~c:e nun~ datur sanctls per spe-
VI.13.1100-lJOlB.
98 Spiritu principali confirma me de eodem dicere videtur: quenique principalen1 Spiritum culum datur et in aenigmate et prophetia et caetera dona Spiritus Sar:ctz, lt~ et ltberta~ quae nun_c sanc-
propterea arbitrar nominatum, ut ostenderetur esse quidem 111ultos 5piritus, sed in his principatuni et tis praestatur nondum plena fibertas est, sed v~lut per spe_culum e~ tn ae~Hg'_rlate, et ideo ~aneti servos
dominationem, hunc Spiritum Sanctum, qui et princiipalis appellatur, tenere ... ita et spirittts quidem esse se dicunt ad comparationen1 illius libertatzs quae facie ad facte?1 trtbiatur. 1,1,840~, V'.~'.10,66A~-
sunt, sed unus est qui vere ex ipso Deo procedi!, et caeteris omnibus vocabuli ac sanctifìcationis suae 1os Unde et in praesenti vita quod .forn1am atque. un1b.ram vzrtutum te':ere pr~ss.m:u5, tp~as ve_
gratiam dona!. VII,1,1103A-D; X,9,1166C. ro virtutes, tunc cum venerint illa quae per.fecta sunt. Et ideo 1ustus nunc maglS, ut mrht v1detur 111 un1
99 VII.3,1105B-C. bra virtutum quam in ipsis virtutibus vivit. VI,3,1062A-B; III,2,932B.
100 IX.2,1211A-B; IX,3,1213B-D; IX,3,1214. 106 lll,l,926A; IX.3,1214.
276 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

interpretation of «law» as mainly natural law, his insistance on merit, the doc- Capitolo diciottesimo
trine of pre-existence and especially his optimism about the ability of man to
choose freely beween good and evi!. One may say, however, thai, applying mo- «Quid est veritas?».
dem hermeneutical insights to Origen, this Alexandrian writer may often have
read Paul upside-down, but he certainly more often comes to the right theolo- Rivelazione e ispirazione: nuove prospettive*
gic.al conclusions because his hermeneutical principle is guided by the regula /i-
dei.
As to Origen's piace in the Pelagian controversy he is certainly not Pela-
gian in his doctrine about Adam's sin and the tota! gratuity of righteousness. He
comes dose to the Pelagians in his anthropological optimism, but, as we saw, his
insistence on the need for grace to perform good works leads him a good way
towards Augustine. 107
Quasi vent'anni fa scrissi un articolo intitolato «The Language of Scriptu-
As to the third question, while Luther would have rejected this cornmen-
tary outright, for obvious reasons, Trent might have had something to add to on re and its Interpretatiom> in Biblica! Theology Bulletin (VI[1976], 161-176), che
fu tradotto in italiano con alcune modifiche in Ermeneutica e teologia biblica
Augustinian lines. Tue post-Tridentine Jesuit school of Suarez, however, would
ha ve welcomed the doctrine of election post praevisa merita. (Boria, Roma 1986, 40-58) con il titolo «Saggio sul linguaggio della Scrittura e
la sua interpretazione». La parola «saggio» indica il genere letterario di essay
che spiega la mancanza di note in calce e lo stile propositivo che lascia aperte
alla discussione dei colleghi le riflessioni esposte. In questi ultimi dieci anni ho
riflettuto ulteriormente su questa materia e vorrei chiarire e approfondire le
proposte sull'interrelazione tra rivelazione, ispirazione e verità esposte nell'ar-
ticolo precedente, pur mantenendo il medesimo genere letterario di saggio.

Ogni letteratura ha i suoi «classici» e molte religioni hanno dei libri sacri
attribuiti a qualche rivelazione divina. I primi costituiscono un corpus, questi al-
tri un «Canone». Anche le religioni ebraica e cristiana hanno un canone conte-
nente dei libri ispirati da Dio e, conseguentemente, rivelatori di verità. Ritengo
che i problemi del canone e dell'ispirazione siano inseparabili e che la loro re-
lazione con la rivelazione dipenda molto dal concetto di verità che si presuppo-
ne. Noi cattolici abbiamo preso per scontata l'idea tomista di verità ed è inne-
gabile che è quella che corrisponde meglio alla natura della nostra teologia tra-
dizionale che teme l'immanentismo e il soggettivismo, perché vuol portare l'uo-
mo a un Dio esistente in sé. Ma ogni modello ha dei pregi e delle lacune. Qui
vorrei tentare di completare, ahneno in parte, il quadro, partendo dall'idea hei-
deggeriana di verità come svelamento dell'essere, applicarla alla teologia della
rivelazione, e inquadrare quest'ultima in un contesto più ampio, sacro e profa-
no, perché possa delinearsi meglio la sua identità. Dico che parto da un'idea hei-
deggeriana per chiarire che non ho nessuna intenzione né di spiegare né di se-
guire Heidegger o legare ciò che segue alla sua interpretazione.
È noto che il filosofo di Marburg spiega la parola aletheia come un' «a>> pri-
107 vativa seguita dalla radice leth che indica nascondimento. Aletheia significa
As to our primary question about the Sitz in1 Leben of Rufinus' translation of Origen's
Con1mentary on Ro_mans, cf. C.P. BAM_MEL, «Rufinus' Translation of Origens Commentary on Ro-
mans and t~e Pel~g1an Controversy», in EAD. Tradition and exegesis in early christian writers (Col-
lected Stud1es Senes, CSSOO), Aldershot 1995, art. n. XVIII, pp. 131-142, whose conclusion corrobo-
rates ours. * Lateranum 61.(1995), 414-424.
278 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
«Quid est veritas? >>. Rivelazione e ispirazione: nuove prospettive 279
qu_indi svelamento. L'uomo, il «Dasein», è il luogo in cui l'essere si manifesta
cm l'essere «parla», quindi il linguaggio dell'uomo diventa ermeneutica deÌI a dell'assetto sociale di un determinato popolo. I classici creano un retaggio lin-
voce dell'essere. L'uomo funge da altoparlante dell'essere. Coloro che colgon~ guistico nel quale nascono i posteri. Questo fiume linguistico ereditario servirà
~ ~rasm~ttono megho questa voce, però, sono uomini «autentici» come i ·poeti e come precomprensione per poter interpretare i classici. Gli italiani possono ca-
1 filosofi. pire Dante meglio di altri non soltanto perché è scritto nella loro lingua, ma per-
. D_iamo un esempio per illustrare meglio questa premessa. Un poeta pas- ché essi sono nati e vivono in una cultura che almeno in parte venne creata da
seggia m 1:1n bel bosco. La natura (l'essere) gli parla, gli si svela in tutta la sua Dante. Il «bello» in Dante non proviene solamente dall'espressione materiale
~ellezza. ~ una. voce silenziosa che il poe~a c~gl~e nel suo intimo come espe- ma anche perché tocca una corda, un archetipo, nell'animo italiano che lo fari-
rienza, un ~sper~enza preconcettuale e prehngu1shca. A poco a poco comincia a suonare; crea un'eco simile a quella creata dalla voce dell'essere nell'animo del
concettualizzarsi e ad e~sere espressa. Il poeta può scrivere cento poesie che poeta. Poeti posteriori non «imitano» Dante manieristicamente ma lo ricreano
partono da quella esperienza, ma nessuna di esse coglie quel «poema» interno nel loro ambiente e nei loro tempi con nuove esperienze. In altre parole, lo tra-
nella ~ua ~om?l~tezza, con cui egli aveva risposto alla voce silenziosa dell'esse- smettono ermeneuticamente.
re e d1 cm egh s1 fa araldo. Ciò che si dice di un poeta si può dire di ogni artista i
I.
~ p~nsatore ~~e ex-sis~e, emerge, dall'impersonalità degli uomini spersonalizza- Ci avviciniamo adesso al nostro argomento specifico se applichiamo que-
ti e ii:ia~tentici. un.artist.a o un pensatore sceglieranno poi un genere letterario ste premesse ai classici religiosi. Oltre che nel giudaismo e nel cristianesimo tro-
o. artistico pe.r esprrme:si, che può variare da una pittura a un film, da una poe- viamo una letteratura religiosa tra gli indù, nell'Islam, tra i buddisti e presso al-
sia a un saggio letterario, da un romanzo a un trattato filosofico. tri popoli. Seguendo il nostro modello possiamo dire che un classico religioso
Inoltre, possiamo estendere il simbolo del sunnominato bosco che si svel sorge quando un «profeta» (con «p» minuscola) incontra il «Sacro». Qui l'ana-
(voce dell'essere) a un avvenimento storico, a vicende sociali o politiche con~ logia si fa un poco più tenue in quanto il sacro non è qualche cosa di tangibile
tell1:poranee, a -i:na pe:sona c~e uno incontra, a una disgrazia personale o col- - come una foresta o un avvenimento storico ma un trascendentale che più facil-
lett1va e ad ogni esperienza esistenziale che si .incontra lungo la vita. mente può dare adito a illusioni e proiezioni del proprio inconscio, se non è con-
. ?uesta larga parafrasi che abbiamo fatto del pensiero heideggeriano ci trollato dalla ragione. Può abbracciare, dunque, tutto tra gli Upanishad e una
ser:1ra c~me m?d~llo ~izial~ r:er st~bilire conseguentemente una analogia con messa nera, tra Isaia a Maometto. Però, consideriamo per il momento il lato po-
la nvelaz1one e isp1raz1one b1bhca e il concetto di verità della Scrittura nella Dei sitivo dell'esperienza religiosa di qualsiasi popolo e vediamo come si esprime.
Verbum. L' «essere» heideggeriano che qui si svela è il trascendentale. Non vogliamo dar-
Qui, però, dobbiamo ancora chiarire un punto che sarà di grande impor- gli ancora il nome di Dio perché certe religioni orientali non hanno un concet-
tanza_ m segmto. Secondo questa idea di verità che cosa è il falso? A parte ciò to di un Dio personale. L' «homo religiosus», dunque, coglie la voce del trascen-
che _dice He1degger su questa_ matena, nm proseguiamo con l'esempio del poe- dente che si manifesta nella natura, nella storia e nelle vicende umane in una
t~ ~i cui abbiamo parlato: ~gh «dice 11 vero» se la sua esperienza era autentica, esperienza che egli concettualizza. Il passaggio dall'esperienza alla concettua-
c1oe se nas~eva .da un ver.o incontro tra il suo animo poetico e la natura, se la sua lizzazione in questo caso è più difficile perché il trascendentale è tale in quanto
concettuahzzazi?ne c::orr1spondeva alla sua esperienza e se la sua espressione trascende le categorie della mente e il linguaggio è necessariamente simbolico.
della concettual~zzazione, genere letterario incluso, poteva trasmettere al letto- Il popolo sente quei discorsi o legge quei libri e li accetta perché riflettono pic-
re, ~~men~ parz1al~~~te, quell'~sperienza, un'esperienza che il lettore poteva cole esperienze analoghe che ciascuno ha ma a cui non può dare una voce. Il li-
venflcare m altre s1m1h personali alle quali egli stesso non poteva dare voce. Fal- bro o i discorsi del profeta creano, dunque, un linguaggio religioso in quel po-
so, quind~, sarebbe tutto ciò a cui manca l'autenticità dell'incontro, cioè illusio- polo che verrà usato da scrittori susseguenti e diventa retaggio comune di quel
ne o tr~v1~ame~to: e la non corrispondenza tra esperienza, concettualizzazione popolo. Se gli scritti provengono da profeti diversi ma che hanno qualche cosa
e trasm1ss10ne m lmguaggio. Tutto ciò avrebbe indotto il lettore in errore. in comune, si crea un «Canone» analogo ai «classici» di una qualsiasi letteratu-
ra, ma un canone che si inserisce nella cultura religiosa di quel popolo e crea un
. . Passia:rio adesso a un'altra considerazione. Ogni letteratura ha i suoi «clas- linguaggio. Questo linguaggio si esprimerà per mezzo di riti, miti e riflessioni
s1~1». Questi non vengono dichiarati tali con un decreto parlamentare 0 accade- teologiche che tengono viva l'esperienza del fondatore.
mico, ma sono riconosciuti tali dal popolo, perché allargano, anzi creano la lin-
gua, perché servono da modelli a scrittori posteriori e perché rendono espliciti Inserire la rivelazione giudaica e cristiana in questo schema sembrerebbe
pensieri e sentimenti che sono nascosti nell'animo di un determinato popolo irriverente. Tale inserimento, però, avviene esclusivamente sul piano fenomeno-
«facendolo parlare». I letterati sono l'altoparlante della loro terra, della storia e logico, perché sia la religione ebraica sia quella cristiana seguono certi schemi
psicologici e sociali comuni a tutte le religioni. In che consiste, dunque, la loro
280 Il messaggio biblico e la sua interpretazione «Quid est veritas?». Rivelazione e ispirazione: nuove prospettive 281

specificità (ogni religione ha la sua specificità)? In che consiste, piuttosto, la lo- L'incarnazione, la piena presenza di Dio in Cristo, assicura i credenti del-
ro verità? Possiamo anche parlare di «verità» nelle altre religioni? Andiamo pas- l'autenticità della rivelazione e dell'adeguatezza dell'espressione. Cristo espri-
so per passo. me Dio nella sua Persona, nelle sue parole e nella sua opera. L'espressione del-
Per applicare l'analogia del modello che abbiamo assunto sostituiamo «es- la Chiesa primitiva, però, non è meno autentica. Ciò avviene perché la risposta,
sere» o «Sacro» con «Dio», «profeta» o «poeta» con Profeta, «svelamento» con l'eco del «profeta» all'automanifestazione di Dio è una «risposta guidata» nel
«rivelazione» e «voce dell'essere» con «presenza attiva di Dio». Riguardo a que- senso in cui Gesù disse a Pietro che non la carne e il sangue gli avevano rivela-
st'ultima sostituzione sappiamo che «voce dell'essere» è una metafora, .l'essere to quella risposta, ma il Padre (Mt 16,18). Quindi possiamo dare una definizio-
in quanto tale non parla, si manifesta soltanto a un animo sensibile che lo coglie ne approssimativa della rivelazione, con i risultati ottenuti finora nei suoi aspet-
e lo trasforma in linguaggio. La presenza attiva di Dio, invece, la troviamo nel ti attivo e passivo, come la manifestazione della presenza dinamica, creativa e
cosmo, nella natura, nella storia, nelle vicende umane, nella società e, partico- salvifica di Dio nel cosmo, nella storia, nell'uomo, culminante in Cristo, captata
larmente, in Gesù Cristo: in modi differenti, naturalmente. Questa presenza at- e tradotta in linguaggio umano da uomini in cui Dio ha posto il suo Spirito.
tiva di Dio viene captata dal profeta. L'esperienza che egli ne fa è l'eco, la cor- Ritorniamo ora al significato di verità della rivelazione con applicazione
risposta che viene espressa in linguaggio in seguito ad una concettualizzazione. alla verità cristiana. La parola «Verità» puo avere come opposto o «falsità» e sa-
L'a-letheia di Dio è quindi Dio che esce dal suo nascondimento per svelarsi a un rebbe il concetto greco, o «menzogna», per la linea semitica, ovvero «illusione»,
uomo che Egli ha scelto e reso capace di captare questo svelamento. La tradu- il concetto esistenziale. Vero, quindi, è ciò che realmente è, ciò che corrisponde
zione in linguaggio può assumere la forma di un discorso, di un'azione simboli- a una locuzione o una promessa ovvero ciò che è autentico. In ultima analisi la
ca o di uno scritto, che, a sua volta, assume vari generi letterari. In questo modo verità di una rivelazione dipende dall'autenticità dell'incontro tra il recipiente
l'ineffabilità di Dio diventa linguaggio umano con tutta la sua limitatezza, un della manifestazione con il Tu di Dio, dalla fedeltà della concettualizzazione di
linguaggio che si serve del simbolo e dell'analogia per essere capito da menti questa esperienza o incontro, e dall'adeguatezza sia del genere letterario scelto
che non possono uscire dal loro preintendimento umano. Il linguaggio profeti- sia dell'espressione dentro questo genere. Non c'è bisogno di sottolineare il fat-
co, però, non viene captato soltanto dall'intelletto ma anche dalla precompren- to che ogni genere letterario ha la sua verità. Se si domandasse se I promessi
sione di esperienze religiose parziali che ogni individuo e la collettività hanno sposi siano «veri» o no non si potrà rispondere con un semplice sì o no. Il Man-
sperimentato dentro il retaggio di fede che ebrei e cristiani possiedono. Gli scrit- zoni ha avuto un'intuizione centrale che avrebbe potuto esprimere con un arti-
ti profetici di queste religioni formeranno un «canone», una collezione di libri colo in un giornale, con un libro filosofico o con altri mezzi. Se ha scelto il ge-
che vengono scelti dallo spirito di discernimento della comunità come rifletten- nere del romanzo storico, la verità del libro dipende dalla trasparenza del mez-
ti autenticamente la loro fede alla quale essi avevano dato origine. zo usato perché il lettore arrivi all'intuizione originaria dell'autore e la faccia
Qui, però, dobbiamo introdurre un nuovo elemento: lo Spirito. Nel!' AT la sua oppure la rifiuti. Un genere letterario ha molti passi obbligati che non sono
presenza attiva di Dio nel mondo è attribuita allo Spirito di Dio, alla Sapienza finì a se stessi ma fanno parte di esso e conducono all'intuizione della «filoso-
o ad un angelo. Nel NT la presenza del Cristo Risorto nella Chiesa è attribuita fia» del libro. Ne consegue che lo scopo della comunicazione orale o per iscrit-
allo Spirito Santo. L'opera dello Spirito, però, non è legata né ad Israele né alla to, o con atto simbolico, di una rivelazione è quello di portare il lettore, l'ascol-
Chiesa, egli opera dove e quando vuole. Abbiamo parlato sopra della percezio- tatore o lo spettatore a condividere almeno lontanamente l'esperienza origina-
ne del Sacro da parte di un <<profeta». Ecco come la Redemptoris missio lo espri- ria dell'autore. Questa non è sempre semplice informazione, può essere emoti-
me con riferimento allo Spirito nel n. 28: dl Concilio Vaticano II ricorda l'ope- va, cioè portare a un atto di amore, mistica, con la lode di Dio come oggetto, di-
ra dello Spirito nel cuore di ogni uomo mediante i "semi del Verbo" nelle ini- dattica, che si manifesta in leggi, riti o stile di vita, o addirittura esistenziale. Per-
ziative anche religiose, negli sforzi dell'attività u1nana tesi alla verità, al bene, a ciò la Chiesa esprime la sua risposta alla rivelazione non soltanto insegnando,
Dio ... Dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire ma anche nel suo culto, nella sua vita e nella sua storia tesa verso il futuro del-
in contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero Pasquale ... La presenza e la speranza.
l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma la società e la storia, i
popoli, le culture, le religioni ... Lo Spirito, infatti, sta all'origine dei nobili ideali Finora abbiamo parlato di rivelazione sia in modo generico sia, in partico-
e delle iniziative di bene dell'umanità in cammino ... È ancora lo Spirito che lare, di quella giudeo-cristiana.Adesso passiamo all'ispirazione della sacra Scrit-
sparge i "semi del Verbo" presenti nei riti e nelle culture, e li prepara a matura- tura. La relazione tra rivelazione e ispirazione non è ancora chiara nella teolo-
re in Cristo». Da ciò si conclude che scintille di rivelazione possono essere col- gia postconciliare. Molti teologi vorrebbero vedere tutta la rivelazione nella sa-
te da tutte le religioni, miste, però, con esperienze, intuizioni e pratiche che non cra Scrittura, ma se analizziamo dei casi particolari credo che dobbiamo distin-
sono autentiche o trovano delle espressioni in un linguaggio non adeguato. guere non soltanto tra ispirazione e rivelazione, ma anche tra diversi gradi, qua-
«Quid est veritas?». Rivelazione e ispirazione: nuove prospettive 283
282 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

· · retare Cristo La rivelazione sta nel kyriakon e nel-


lità e forme di ispirazione. Intendo qui ispirazione nel suo senso specifico cri- sa sulla retta via per m 1erp . I d" .
stiano di quel carisma nella Chiesa o nella sinagoga connesso con la produzio- · Il t adizione Sia coloro che trasmettono a tra 1z10-
l' apostolikon trasmessi ne a r . ffi . 1 t
ne di un libro che sia «parola di Dio», non semplicemente che contenga la rive- 1 ente o fattivamente, sia coloro che la trasmettono u eia ~e-?- e per
~e ?ra m . . . un carisma che spesso ma non sempre co1nc1de con
lazione divina. Anche gli scritti dei Padri contengono rivelazione ma non sono iscntto sono partec1p1 di d . C • un miracolo di Gesù è segno di rivela-
considerati come ispirati, anche se non possiamo sapere ciò che intercorreva tra quello d.el~a rivelazione me es;:adi ~:~ nelle vicende umane, ma la narratio
Dio e Agostino quando questi scriveva le «Confessioni». D'altra parte, cercare zione, c~oe della p~esenz:a att lo inter reta. Ancora, Mosè era soggetto di rive-
di trovare il dogma dell'Assunzione della Vergine, che fa parte della rivelazio- evangehca lo mantiene vivo e P . · l'hanno tenuta viva e
ne, nella Scrittura, è forzare le premesse solo per mantenere un'interpretazione . l h hanno trasmesso questa rive 1azione .
laz1one, ~o oro c e E I funzione dell'ispirazione in relazione alla r1vela-
del Vaticano II che la Dei Verbum non aveva nessuna intenzione di definire.
Se c'è rivelazione che è documentata fuori dei libri sacri ci possono essere ;ra~;~~:~rx~:t~::is:ic~is~inti anche se alle volte coincidono nel medesimo
anche libri della Scrittura che contengono poco di rivelazione. I libri dei Mac- soggetto.
cabei contengono storia che poteva essere conosciuta per mezzo di ricerche. Ep-
pure chiamiamo tali libri ispirati. Vedremo in seguito in quale senso. Paolo rice- Abbiamo parlato sopra del legame dell'ispirazione con uno scritto. °i';i ~
opportuno dire una parola anche sulla. distinzion~ ~~~e~~:;~~ ~:;~:~ i::·fra~­
1
ve rivelazioni e le scrive, come fa Isaia. In un profeta o apostolo scrittore rive-
lazione e ispirazione possono coincidere. Ma di quale ispirazione hanno bisogno scritto oggettivizza e spersonalnza. Cth1 pdaorlmaapn~~ Qualche volta possiamo di-
colui o coloro che redigono rivelazioni fatte ad altri o che semplicemente inse- d. t" · on gestI srn con nspos e a · 1
riscono una glossa o mettono insiemi gli scritti e i sermoni di un profeta? Qua- ~:nc~:~:~'ss~;i~o perde ii; parte lap~t~rnità ~e~~a:~~~t~:~1 P;~~e:i::r;e{i~:u:
le modello di ispirazione possiamo attribuire al Qohelet? J, E e P partecipano la del lettore. Un «lesto» e spesso prn argo e no di musica Lo scritto
1 1
dell'ispirazione attribuita a coloro che hanno composto il Pentateuco? Possia- t?re, come esempio abbi::s~~~il~~~ s~:~t~:i ~~~~fa:: arcaiche e che avra?11~
mo comparare la sublime visione dell'autore dell'Apocalisse con l'opera di un fissa nel t~mpo, c~n eSJ? r pio moderno per tenerle vive, espress1on1
Marco che raccoglie e redige materiale preesistente? Tali domande ci fanno bisogno d1 traduzione m un mg_uagg uale hanno avuto origine. D'altra par-
pensare che è difficile trovare una nozione di ispirazione che possa coprire tut-
ti i casi suddetti. Forse possiamo trovare un denominatore comune dicendo che ~~~ rpi:~lpar~~ u~~:C,d~0 ;)~ss~~~~~~ ~~~ac;ea
11
q il linguaggio religioso che la co m~:
. , premtend1mento per una re11a
l'ispirazione è il carisma di coloro che hanno il compito di comporre o comple- nità riceve come retag~io e che se:v1ra~~~:cristallizzazione di uno scritto per
tare quegli scritti che Dio volle che accompagnassero il suo popolo nella storia terpretazione. dello scritto mede~1modà luÙ o a ciò che chiamiamo rilettura o
per mantenere una memoria viva e una retta interpretazione della rivelazione opera della smagoga o della Chiesa ~- I NT Se Giovanni insiste sul-

~~~~::p~:~~~i~~~r~~l~~~~li~~t~;~~::m~~:r~~~: ~:~i :a:~~::t:i:i~:~~i::~;;~~


fino all'ultima e definitiva manifestazione di Cristo.
Una tale descrizione dell'ispirazione ha bisogno di spiegazione. Ogni libro,
sia pure un'antologia di scritti di altri, è retto da un'idea centrale che lo unisce. delle parole di Gesù (<;'v 14,2~, c1~e~~:e1~c;e~~~Jfic;re la cristallizzazione dello
Si scelgono criteri di composizione conducenti a tale fine. Quindi il carisma del- lungata nell~ comun1ta per in erp , soltanto is irato ma anche ispirante.
l'autore ispirato compositore di un libro comprende prima di tutto un'intuizio- scritto. Un hbro sacro, dunque, non ell f mazi:ne del canone. Nel processo di
ne fondamentale, poi un giudizio valutativo o un discernimento della validità e Ciò si vede particolarmente ne a or . d I
. . . . d fattori. La comunità sceglie per opera e.-
adeguatezza dei mezzi scelti per raggiungere lo scopo prefisso. Forse il iudicium canon1zzaz1one ent~a~~ in ~oco ~e. h. meglio Inoltre, lo «Spirito» di di-
richiesto da s. Tommaso come costitutivo formale dell'ispirazione si inserisce in lo Spirito qu~gli .scr1tt11n cui ess~ s~ risp;:~~~ Spirit~ da cui quei libri avevano
:~:t~~;;~:~:ng~~~, ~efi:e~~::a, ~t~~gono il primo posto queg~;~ritti che te-
questo contesto.
Abbiamo detto che scopo dei libri sacri è quello di accompagnare il popo-
lo di Dio nella storia per mantenere una memoria viva della rivelazione. Me- stimoniano meglio !'autorità di kynakon, apostolikon e propheti d
1 magiste-
moria viva non è un semplice ricordo ma una riattualizzazione continua lungo Ma la presenza «ispirante». si trova anche nell'1nterpr~taz~~~ ~ elazione.
la storia dell'evento rivelatorio. Nel caso del NT quello di mantenere vivi l'an- ro e dei concili che definiscono il «dogma» come ermeneutica e a riv
nuncio e l'opera di Cristo lungo la storia della Chiesa. . d Ilo svelamento dell'essere in
Non meno essenziale è il compito del libro ispirato di mantenere una ret- All'inizio di questo saggio abbiamo par1a 1oT e d d1" definire la verità
ta interpretazione della rivelazione. Senza il Nuovo Testamento avremmo potu- . 1 · · ell' AT sia nel N cercan o
genere e della rive azione sia n . d , . , he abbiamo premesso
to conoscere l'esistenza di Gesù da altre fonti o solo attraverso la tradizione ec- di una rivelazione. Adesso possiamo parlare, opo ~io c
clesiale ma solo gli scritti dei primi credenti scelti ad hoc hanno messo la Chie- sull'ispirazione, della verità connessa con questo carisma.
il
'1,
Li
284 Il messaggio biblico e la sua interpretazione «Quid est veritas?». Rivelazione e ispirazione: nuove prospettive 285

. Il pronunciamento deUa Dei Verbum nel n. 11 è ben noto: «Cum ergo om- testo sacro. Lo chiamiamo oggi Wirkungsgeschichte. In questo senso l'ispirazio-
ne I~, ~uod aucto:es 1nsp1.rah seu hagiographi asserunt, retineri debeat assertum ne della Scrittura è pure responsabile del linguaggio dei Padri, della liturgia e
a Sp~r1tu. Sanct?, Inde Scr1pturae libri veritatem, quam Deus nostrae salutis cau- della comunicazione intraecclesiale.
sa L1_tter1s Sacr1s consignari voluit, firmiter, fideliter et sine errore docere profi- Inoltre, la verità dell'ispirazione si riflette nella «verità» della Chiesa in
tend1 sunt». quanto questa comunità mantiene viva la presenza di Cristo nella storia in atte-
. ~a n?vità di questa dichiarazione si trova sia nell'uso del termine positivo sa della sua ultima manifestazione escatologica. Ciò ha bisogno di spiegazione.
«~er1ta>~ piuttosto che la sottolineatura di un termine negativo, sia nella limita- Abbiamo detto che il concetto semitico di «Verità» si oppone a «menzogna» e
~1one d1 questa :erità a ciò che concerne la nostra salvezza, quindi non la verità quello esistenziale a «illusione». Ebbene, la Scrittura non è soltanto un grande
m ~ssoluto. Vediamo adesso come possiamo interpretare queste parole con ri- libro che parla del passato; tutta la Bibbia, sia l'Antico sia il Nuovo Testamento,
fen'."ento a ciò che abbiamo detto sopra della natura e funzione del carisma parla pure del futuro ed è protesa verso il futuro. Anche noi aspettiamo il Cri-
dell 1sp1raz1one. sto che ritorna per giudicare il mondo. La verità della nostra speranza si fonda
L'espressione nostrae salutis causa significa «in vista della nostra salvezza» sulla verità delle azioni di Dio nel passato e si verifica nella verità della nostra
non <<causa della nostra salvezza». Questo è chiaro. Però, è anche vero che ciÒ esperienza di fede nel presente. Se sentiamo lo Spirìto che grida nel nostro cuo-
che ~~us_a·I~ nostra salvezza è la rivelazione contenuta nei libri sacri piuttosto re «Abbà, Padre» sappiamo che siamo figli di Dio e la verità dei libri sacri si ma-
che l 1sp1raz1one come_ tale. In parole povere, non sono i vangeli che causano la nifesta anche in questo. li carisma del singolo fedele che riconosce questo segno
nos~:a ~alv~zza ~a Cristo che parla attraverso di loro. Ciò nonostante, la verità di verità è «l'unzione» di cui parla lGv 2,20.27.
dell 1~p1raz1one in quanto tale non è affatto secondaria. La verità di un libro sa- Ciò che abbiamo detto sottolinea l'importanza della storicità dei racconti
cro nguarda fondamentalmente.1'adeguatezza dello scritto 1) ad esprimere fe- biblici dentro i limiti del loro genere letterario, particolarmente quello degli av-
delmente 11 contenuto d1 nvelazwne; 2) a mantenerlo vivo nella comunità; 3) a venimenti di Cristo.
1nterpret~~lo correttamente. Qu1nd1, anche se, come abbiamo detto, nei libri dei Ma c'è altro. Non essendo la verità delle Scritture assoluta, ma relativa a ciò
Maccabei il conte~uto può essere_ frutto di ricerca umana, l'intuizione dell'agio- che ci occorre per la noStra salvezza, possiamo dire che abbiamo una verità com-
grafo era qudla d1 vedere la mamfestazione di Dio nella storia di quel periodo. pleta nel senso di sufficiente, ma non necessariamente completa in assoluto, una
Il suo hbr~ e ~<ver?>-> se, per mezzo del racconto, riesce a illustrare bene questa verità che si può sempre arricchire con frammenti di verità sparsi nel mondo e
presenza_ d1 D10, a mterpretarla adeguatamente e a darle un significato per ]e ge- nelle altre religioni che si possono cogliere per mezzo del dialogo: un dialogo che
n_eraz10m future. La fedeltà nell'interpretare può estendersi dalla semplice ag- comunica agli altri l'essenza della verità salvifica e riceve da loro ulteriori lumi
gmnta d1 una glossa a uno scntto profetico, dalla raccolta di saghe all'intera teo- per arricchire la nostra conoscenza di Cristo e della sua opera salvifica.
logia redaz10n~.e dei vangeli. Tutto viene abbracciato dal carisma dell'ispirazio- L'interpretazione della sacra Scrittura, dunque, non si limita all'esegesi.
ne che oltr_e _all mtmz10ne dona anche il discernimento nella scelta del materia- L'esegesi sia filologica sia teologica è certamente indispensabile per la com-
le e il gmdlZlo sulla sua opportunità nel contesto. prensione biblica ma non è altro che un mezza per arrivare alla fede, alla spe-
Abbiamo detto che la rivelazione si apprende con un'esperienza della pre- ranza e alla carità, come sottolinea s. Agostino nel De doctrina christiana, quei
~e~za di D_10 nel cos~o, nella storia, nelle vicende umane e nella società, e che medesimi fede e amore con cui il ricevente della rivelazione iniziale aveva per-
11 hnguagg10 che esprime questa esperienza non è fine a se stesso ma vuole pro- cepito la presenza attiva di Dio.
durre nell'ascoltatore un analogo intendimento, o un'esperienza simile nell'a-
s~~lta~ore o lettore. La verità di un libro sacro si misura anche dalla sua capa- È ovvio che scrivendo il presente saggio sono debitore a una moltitudine
cita d1_cr~are nel lettore e nella comunità come lettrice ciò che accadde ai di- di autori, sia filosofi sia teologi del postconcilio. Non credo che note dotte a pie'
scepoli ~1 _E~maus quando sentirono Gesù esporre le Scritture. Questo non di pagina aggiungerebbero tanto alla mia tesi, il cui contributo non è certo quel-
vuole d1mmmre affatto il ruolo informativo e intellettuale della rivelazione lo di dire cose nuove, ma quello di coordinare vari spunti teologici apparsi negli
perché s1 ama solo ciò che si conosce, e si conosce rettamente, non in caricatu~ ultimi decenni in un'unità organica, partendo da un concetto di verità che non
ra. D'altra parte, co1ne si è già detto, la rivelazione vuole anche creare amore vuole sostituire ma solo completare quello tradizionale.
lode, preghiera, pentimento, deci_sione _e gioia. La verità della Bibbia è propri;
la c~~acita d1 creare questi sentimenti oltre che di comunicare <<delle verità»
salvifiche .
. , .M_a la verità dell'ispirazione è anche la sua capacità di creare nella comu-
n1ta 11 linguaggio religioso che servirà come mezzo di dialogo con il medesimo
Capitolo diciannovesimo

Che significa oggi «ispirazione»?


Una visione globale*

Il documento della Commissione Biblica Internazionale del 1993 L'inter-


pretazione della Bibbia nella Chiesa, così ben accolto da ogni parte, ha trattato
questioni essenziali di ermeneutica, ma ha lasciato da parte consapevolmente
l'aggiornamento della dottrina sull'ispirazione della sacra Scrittura richiesto dal
progresso nel campo dell'interpretazione. L'anno scorso la Congregazione per
la Dottrina della Fede tenne un simposio internazionale su questioni connesse
con ispirazione, canone e interpretazione. Resta, però, molto spazio per studi ul-
teriori in materia; quindi, il presente simposio vorrebbe offrire un contributo di
risposta dovuta ai diversi interrogativi che sorgono quando la dottrina cattolica
sull'ispirazione viene riletta alla luce dei metodi contemporanei di leggere la
Bibbia.
La mia relazione riprende due miei articoli: «Saggio sul linguaggio della
Scrittura e la sua interpretazione» pubblicato in Ermeneutica e teologia biblica
(Borla, Roma 1986, 40-58) e «Quid est veritas?», in Lateranum (61[1995], 147-
158 [ora in questo volume, pp. 277-285]), e ne approfondisce alcuni temi sulla
natura e sulla distinzione tra rivelazione e ispirazione, sull'estensione dell'atti-
vità divina e la sua relazione con la ricerca critica moderna, che non erano stati
trattati con sufficiente profondità nei saggi precedenti.

Nell'articolo in Lateranum, miscellanea dedicata a p. Umberto Betti in oc-


casione del trentennio della Dei Verbum, avevo iniziato con una analogia tra il
concetto di verità come a-letheia nella filosofia di Heidegger, cioè l'essere che si
svela al Dasein, cioè all'uomo autentico che ne coglie la voce silenziosa e la tra-
sforma in linguaggio, con la rivelazione cristiana di un Dio che esce dal suona-
scondimento per rivelarsi a uomini capaci di captare la sua presenza attiva nel
cosmo, nella natura, nella società, nella storia, nelle vicende umane e particolar-
mente in Gesù Cristo. Mentre il poeta e il filosofo captano la voce dell'essere e
la trasformano in linguaggio, il «profeta», così chiameremo l'uomo che riceve

* A. lZQUIERDO (ed.), Scrittura ispirata. Atti del Simposio internazionale sull'ispirazione pro-
mosso dall'Ateneo Pontificio ((Regina Apostolorum», Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano
2002. 118-131.
288 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Che significa oggi «ispirazione»? Una visione globale 289

una rivelazione, è colui che viene reso capace di cogliere le manifestazioni degli interrogativi che non ricevono risposta, ovvero cui si risponde con delle
straordinarie di Dio e trasformarle in linguaggio, il linguaggio della fede. Egli ipotesi, ipotesi suggerite da convincimenti religiosi o da una particolare forma
corrisponde alla voce della presenza di Dio e fa da altoparlante ad altri uomini mentis. Ciò che abbiamo detto del processo educativo di un individuo vale an-
pur mantenendo le limitazioni della sua personalità. ' che per guello di un popolo, del popolo di Israele.
Una tale trasformazione in linguaggio può assumere la forma di un di- Tutto ciò viene detto non soltanto per capire il linguaggio della rivelazione
scorso o di un poema, di un'azione si1nbolica, di uno scritto che, a sua volta, si o di un libro ispirato, che rivela anche un intero retroscena di istituzioni, cultu-
serve di vari generi letterari. In questo modo l'ineffabilità di Dio diventa lin- re, costumi e interazioni sociali dell'individuo che parla (mi appello a Dilthey),
guaggio umano, con tutta la sua limitatezza, che fa uso del simbolo e dell'analo- ma anche per capire l'opera dello Spirito che raggiunge il suo culmine nell'ora-
gia per essere capito da menti che non possono uscire dalle loro strutture men- colo proferito o scritto. A mio parere, l'opera dello Spirito non si limita al pro-
tali umane. Il profeta non istruisce soltanto l'intelletto ma muove le emozioni dotto finale, ma è un insegnamento continuo per mezzo di esperienze, aiuti ari-
crea amore, provoca gratitudine, suggerisce preghiera e spinge alla conversion~ flettere su certi fatti, e l'assimilazione di reazioni di altri uomini santi alle circo-
e all'azione. Nel presente saggiò, però, prenderemo in considerazione solo l'a- stanze storiche, sociali e religiose di una comunità o di un popolo, che noi chia-
spetto della comunicazione della verità. n1iamo acco1npagnamento della grazia. In tali occasioni l'uomo ha una parziale
Abbiamo detto che la risposta del profeta allo svelamento di Dio è unari- esperienza della presenza di Dio nella storia, nel cosmo e nella vita, esperienze
sposta guidata, nel senso in cui la risposta di Pietro alla domanda di Cristo su chi che più tardi troveranno il loro posto nell'atto intuitivo di un'esperienza cuhni-
fosse il Figlio dell'uomo non era frutio della carne e del sangue, ma dell'azione nante. L'oracolo proferito può essere comparato all'assemblaggio finale delle di-
del Padre celeste (Mt 16,18). La confessione di Pietro è una traduzione in lin- verse parti di un «puzzle», parti, però, che sono già state programmate dalla gui-
guaggio umano della sua fede che, a suo tempo, era stata la sua risposta alla pre- da provvidenziale della vita del profeta da parte di Dio. Abbiamo testimonianza
senza di Dio in Gesù, presenza captata da Pietro e dai Dodici durante la loro di ciò nel conflitto interiore del profeta descritto da Geremia nel c. 20 e nelle lot-
convivenza con il rabbino di Nazaret nonostante la loro imperfezione. Anche te sia interne sia esterne dell'apostolo Paolo. Il catalizzatore di queste esperien-
Pietro viene immediatamente rimproverato da Gesù perché- non ha capito il ze parziali di Dio che spinge il profeta a dire la sua ultima parola può essere una
pieno significato della confessione appena proferita! Possiamo adesso doman- visione un'illuminazione interiore o un'audizione che ricollegano tutte le prece-
darci come il Padre celeste abbia rivelato a Pietro la giusta risposta alla doman- denti e;perienze in un solo oracolo o scritto. Questo impulso finale da parte del:
da di Gesù. Generalmente attribuiamo l'ispirazione o la rivelazione allo Spirito lo Spirito provoca sia l'atto di fede sia la testimonianza del veggente, espressi
Santo, qui è il Padre che rivela. Essendo un'operazione ad extra la rivelazione è adesso in parole umane, frutto di un'intera maturazione spirituale. Credo che ciò
opera della Santissima Trinità. Si attribuisce allo Spirito perché la ruab biblica si possa applicare anche a una maturazione che a prima vista appare negativa,
rappresenta la potenza soprannaturale di Dio che interviene nel mondo e la come per esempio l'odio di Paolo contro i cristiani prima della sua conversione.
rende immanente, pur salvando la trascendenza divina. Spesso accade che un atteggiamento negativo o un accanimento apologetico sia-
no piuttosto uno sforzo di convincere se stessi del contrario che non di convin-
La rivelazione viene spesso narrata nella Bibbia come un episodio singo- cere altri. E non è impossibile che un tale conflitto interiore fosse anche presen-
lare: la chiamata di Abramo, il roveto ardente, il monte Sinai, le visioni di Eze- te nell'animo di Paolo prima dell'episodio sulla via di Damasco. Egli avrebbe
chiele, Paolo sulla via di Damasco, ecc. Questi episodi, fatto debito abbuono al percepito elementi di verità nel messaggio cristiano che però non poteva anco-
genere letterario in cui vengono narrati, sono singolari e unici, come anche lari- ra conciliare con la sua fede tradizionale. Durante il suo lungo ritiro in Arabia,
sposta del profeta, ma sarebbe più giusto dire che sono dei punti culminanti in poi, ebbe l'occasione di rivedere i suoi pregiudizi anteriori nella luce dell'espe-
un lungo processo di «educazione>> del recettore per renderlo capace di assenti- rienza della visione del Risorto. Lo stesso si potrebbe dire di Mosè, la cui buona
re a quell'incontro particolare e di esprimere il suo assenso in un linguaggio volontà di liberare il suo popolo aveva preso una via sbagliata nell'uccisione del-
adeguato. Sappiamo che il processo di maturazione di un uomo è lungo e di- l'egiziano ma che è stata corretta nella visione del roveto ardente. In altre paro-
pende da diversi fattori: l'ambiente sociale e religioso in cui nasce, la sua edu- le, non ogni male viene per nuocere: Dio si serve di tutto per dire la sua. E qui
cazione in famiglia, lo svolgimento della storia politica della sua gente, incontri possiamo introdurre la metafora dello specchio, di cui faremo uso appresso. Gli
fortuiti con uomini che hanno avuto un influsso nella sua vita, episodi trauma- specchi metallici dell'antichità erano ruvidi, spesso rappresentavano l'immagine
tici, reazioni o ribellioni a certi stimoli, e tante altre circostanze. Da tutti questi in modo molto imperfetto, comparati con gli specchi odierni.
fattori nasce il carattere di un individuo, come anche il suo linguaggio, un lin- Non tutte le rivelazioni possono essere espresse in linguaggio, né tutte so-
guaggio non soltanto assorbito dal suo ambiente ma forgiato dalle sue espe- no date per essere trasmesse ad altri. Paolo non può né narrare l'esperienza del-
rienze personali. Nel corso della vita sorgono mille occasioni in cui si pongono l'ineffabilità di Dio che vide nel terzo cielo né questa gli era stata data per l'u-
290 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Che significa oggi «ispirazione»? Una visione globale

tilità comune (2Cor 12,1-5). E nemmeno i glossolali di Corinto potevano comu- vo della parola, cioè l'autosvelamento di Dio sia nella creazione, sia con un at-
nicare con i loro confratelli se non per mezzo di un interprete. Altre rivelazioni to di automanifestazione negli avvenimenti della storia, o nella vita umana, ov-
erano comunicate oralmente ma non per iscritto, come la predicazione sull'an- vero con una visione o locuzione a un individuo o a un popolo. In modo passi-
ticristo a Tessalonica che non ci è stata trasmessa, ma cui si fa riferimento nella vo colui che riceve la rivelazione la legge con la sua intelligenza se è rivelazio-
seconda lettera a quella comunità. Altre rivelazioni vengono scritte. Lo stesso si ne naturale, o con l'aiuto di un dono divino che lo rende capace di captare e in-
può dire dei «misteri». Alcuni, come il giorno della parousia, sono ignoti persi~ terpretare questa presenza straordinaria di Dio nelle vicende umane, se è so-
no al Figlio (Mc 13,32; Mt 24,36), altri, come la chiamata dei gentili o la conver- prannaturale, però sempre dentro i limiti del grado di maturità personale e spi-
sione finale dei giudei, sono rivelati personalmente a Paolo e comunicati nelle rituale raggiunto dall'individuo o da un popolo. Una tale rivelazione può ess_ere
lettere (Rm 11,25; 16,25). I profeti, sia dell'Antico, sia del Nuovo Testamento, ad personani o essere trasmessa a una comunità. Abbiamo detto che l'atto di ri-
predicono le incognite del futuro, ma non tutte le rivelazioni hanno un mistero cevere una rivelazione spesso non è altro che il culmine di una lunga prepar~­
come oggetto. Dio «si rivela,, anche ai pagani per mezzo della creazione (Rm zione da parte della provvidenza che rende il recettore più docile nella sua n-
1,18ss) e i dieci comandamenti hanno bisogno della rivelazione solenne soltan- sposta al messaggio, pur provvisorio, nel momento giusto.
to per ottenere la certezza dell'autorità di Dio in cose che possono essere per- La rivelazione ricevuta viene comunicata ai destinatari in modo orale o
cepite dalla coscienza umana. Non c'è bisogno di dire che il termine, applicato per iscritto. L'atto di comunicazione implica anche un'i~pirazione perché il lo~
a questi ultimi due casi, ha un senso analogico. quente o scrivente lo faccia con tutta fedeltà. Però, particolarmente nel caso di
vaticini orali, il messaggio viene trasmesso dalla cerchia del «Profeta» e m~n
Passiamo adesso alla trasmissione di questa rivelazione. Alcune rivelazio- mano interpretato e adattato alle circostanze attuali della comunità. Anche ciò
ni, come abbiamo detto, non sono state trasmesse affatto. Altre sono state co- accade sotto la guida divina, di modo che mantenga il suo vero significato e ven-
municate oralmente, come, in genere, quelle dei profeti veterotestamentari, e al- ga esteso ad abbracciare altre circostanze che si sono aggiunte nel frattempo.
tre, infine, sono state messe per iscritto dal ricevente medesimo, come nelle let- Tramandare è già fare teologia.
tere di Paolo. Gesù, la somma rivelazione di Dio, non scrisse niente, ha solo par- Arriva adesso il momento di fissare il messaggio per iscritto. Come già det-
lato, benché nella sua persona e nella sua opera si manifesti il regno di Dio. La to, questo lo può fare il ricevente originario della rivelazione nel primo mo-
trasmissione di rivelazioni, sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento, avviene mento, altrimenti, se il messaggio è stato trasmesso da terzi, un «agiografo», con
oralmente, finché non raggiunga lo stato fisso nella scrittura. Appena diventa il dono dell'ispirazione, che assicura fedeltà sia di intendimento sia di interpre-
scrittura si richiede il carisma dell'ispirazione, mentre nel periodo di trasmissio- tazione e abbiamo allora la teologia redazionale dell'autore.
ne orale si suppone un accompagnamento dello Spirito perché il messaggio non A~che se abbiamo usato la parola «ispirazione>> con riferimento all'aiuto
venga corrotto. Però il contenuto del messaggio originale e di quello scritto non divino che un uomo riceve nell'atto di comunicare un messaggio oralmente, pre-
è necessariamente identico. La tradizione cresce e interpreta, come interpreta feriamo limitarne l'applicazione in senso proprio al prodotto scritto, perciò, a
anche l'atto di mettere per iscritto. Possiamo prendere come esempio la tra- questo punto, intendiamo per ispirazione quel carisma dello Spirito dato a un
smissione delle opere e delle parole di Gesù nelle comunità primitive. C'erano uomo perché produca un testo scritto che accompagni la comunità di Isr~ele o
diversi carismatici, per esempio i <<ministri della parola» in Le 1,2 e gli «evange- della Chiesa attraverso il tempo come memoria, come testimone e come inter-
listi» in Ef 4,11, che avevano il compito di trasmetteré gli elementi del Vangelo prete della rivelazione, che dischiuda continuamente la parola di Dio al popolo
e senza dubbio di interpretarli alla luce della risurrezione e delle circostanze at- in ogni sua circostanza lungo il tempo fino alla definitiva manifestazione d1 D10
tuali delle loro Chiese. Questi carismi appartengono a una categoria tra la rive- alla fine dei tempi.
lazione e l'ispirazione. I trasmettitori dei profeti dell'Antico Testamento, i digli
dei profeti», possono essere concepiti in un modo analogo. Avrebbero avuto il Ma la storia non termina qui. La definizione che abbiamo dato si riferisce
dono di preservare gli oracoli del Maestro senza travisarli, e quello di interpre- al prodotto finale della Bibbia ricevuto dalla Chiesa. Tra la prima stesura per
tarli adattandoli alle nuove circostanze della loro società. In questo stadio iscritto di un agiografo e lo stato definitivo del testo ci sono ancora altre tappe.
avremmo i preliminari dell'ispirazione strettamente detta di coloro che li avreb- Oggi si studia molto la reinterpretazione o rilettura _della Scrittura nella_ Bibbia
bero poi messi per iscritto. Anche essi daranno una nuova interpretazione, che stessa, particolarmente nel!' Antico Testamento. Testi scnt!J legah, profetici o sa-
noi chiamiamo oggi teologia redazionale e richiede un carisma distinto. pienziali vengono periodicamente ripresi e riscritti con aggiunte di glosse, nuo-
Possiamo dunque tentare di riassumere distinguendo tra le diverse tappe vi vaticini, aggiornamenti ecc. per renderli attuali in circostanze se.mpre nuove.
che intercorrono tra una rivelazione originaria e l'ispirazione di un libro sacro Ciò accadeva mentre il testo era ancora flessibile. Quando esso arriva a un pun-
che la fissa e la interpreta. Abbiamo prima di tutto la rivelazione nel senso atti- to fermo e fisso allora interviene il midrash per attualizzarlo. Dovrei chiarire
292 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Che significa oggi «ispirazione»? Una visione globale 293

che tra rivelazione e ispirazione non c'è distinzione reale ex parte activitatis Dei, quale sia la misura di contributo che ciascun agiografo abbia prestato all'opera
ma solo nel termine di questa attività nello spazio e nel tempo, in cui esse ap- di Dio. La rivelazione, al contrario, è l'automanifestazione di Dio recepita da un
paiono come due carismi diversi. soggetto umano dotato di un dono speciale. Questa manifestazione può avere
Come si concepisce l'attività divina che intercorre tra quella del primo come oggetto delle verità totalmente sconosciute alla ragione umana, come la
agiografo e dell'ultimo che, forse secoli dopo, diede il tocco finale al testo? Dob- SS. Trinità, l'incarnazione o l'eucaristia, ma possono anche essere oggetto di ri-
biamo tenere in mente che la Chiesa considera ispirati i testi sacri così come ri- velazione verità conoscibili dall'intelligenza dell'uomo, benché con molta incer-
cevuti nel canone. Ciò significa che era ispirato solo colui che r~dasse il libro tezza, ovvero delle certezze umane che hanno bisogno di essere sottolineate dal-
completo di Isaia ma non Isaia stesso? Questo sarebbe assurdo. E più plausibi- l'autorità divina, come nel caso delle leggi naturali o del modo di vivere sapien-
le l'ipotesi che l'opera dello Spirito abbia accompagnato la trasmissione e la cre- temente. Quindi la nostra domanda iniziale si complica, in quanto si tratta di ve-
scita del testo, come aveva accompagnato la trasmissione della rivelazione, fino rificare di quanta, e di che grado, sia la rivelazione contenuta in un libro, e qua-
al raggiungimento del testo definitivo, e ciò non soltanto nel caso di aggiunte o le collaborazione sia richiesta tra uomo e Dio nella produzione di quel libro.
revisioni positive ma anche nella revisione o abrogazione di provvedimenti de- Come premessa, dobbiamo ricordarci che ci possono essere dei libri che
sueti, particolarmente in testi legali. Si potrebbe aggiungere che le mutazioni contengono rivelazione ma che, non essendo recepiti nel canone biblico, non
periodiche del testo, nell'ambito dell'accompagnamento divino, hanno la fina- possono essere considerati come ispirati. Come esempio possiamo citare Il pa-
lità di renderlo un testimone sempre più fedele alla rivelazione originaria che store di Erma, il quale è stato letto pubblicamente in qualche Chiesa dell'anti-
accompagna il processo di maturazione del popolo. Sarebbe da discutere se la chità perché stimato come profetico, ma non è mai entrato a far parte del Nuo-
parola «ispirazione» si applichi in modo univoco o analogo al primo agiografo vo Testamento.
del libro di Geremia e ai glossatori o redattori posteriori, ma io vedo l'ispira- Cominciamo, dunque, con due casi estremi più chiari. Il libro dell'Apoca-
zione, in senso più largo, non tanto come una serie di interventi susseguenti ma lisse, così chiamato perché è un libro di rivelazioni di misteri comunicate per
piuttosto globalmente, come un tutto del piano divino che si estende dalla pri- mezzo di audizioni e visioni, è scritto da un solo autore, che, conseguentemente,
ma rivelazione fino alla ricezione nel canone e oltre. Rivelazione o ispirazione è recettore delle rivelazioni e allo stesso tempo coautore nella composizione del
in senso stretto, l'azione di Dio in un momento determinato su un profeta o un libro. L'ispirazione del libro serve per assicurare il lettore che lo scritto è fedele
agiografo, sono dunque «momenti forti» dentro questo processo globale. alla rivelazione ricevuta e che la riproduce con autorità. Paolo scrive intera-
Ancora delle domande: il cosiddetto jahwista o elohista, o anche «O», nel mente le epistole ai Galati e ai Romani trasmettendo la rivelazione particolare
caso che siano documenti scritti, sono ispirati? Dallo jahwista proviene la rive- datagli precedentemente sulla chiamata dei gentili alla fede senza l'obbligo del-
lazione del peccato originale, e da Q la trasmissione delle parole di Gesù, quin- la circoncisione. È anche lui recettore sia della rivelazione sia dell'ispirazione
di anch'essi sono inglobati nel processo nel quale viene donata la parola di Dio, nell'atto di scrivere, come nel caso dell'autore del!' Apocalisse.
dalla sua prima rivelazione fino al testo biblico. In una lettura sincronica della Esaminiamo adesso due casi al polo opposto. Viene spesso citato il Secon-
Genesi o di Luca essi partecipano dell'ispirazione dell'intero libro, ma sono an- do libro dei Maccabei, che, a prima vista, non differisce molto dalla composizio-
ch'essi che hanno infuso la loro «ispirazione» ai redattori per fissare delle rive- ne della storia di Flavio Giuseppe. Chiunque avesse avuto accesso alle fonti
lazioni fondamentali. Non sarebbe dunque meglio parlare di «ispirazione pro- avrebbe potuto scriverlo. Dove entra, quindi, l'ispirazione e quale differenza
gressiva», piuttosto che analizzare ogni tappa del processo? passa tra 2 Maccabei e l'opera di Flavio Giuseppe? La Chiesa cattolica ha ac-
cettato questo libro nel suo canone perché vede in esso il prolungamento della
Ma le questioni non finiscono mai! Possiamo parlare di diversi gr~di di storia della salvezza fino ai tempi ellenistici. Ogni storico parte da un'idea pre-
ispirazione nei libri sacri, cioè che un libro sia più ispirato di un altro? E una costituita per scegliere il materiale del suo racconto e lo ordina, anche inconsa-
questione molto complicata perché, se i libri ispirati sono la testimonianza del- pevolmente, secondo un certo criterio. Anche l'autore sacro viene istruito asce-
la rivelazione, dobbiamo distinguere tra entrambi per avere le idee chiare. Inol- gliere quegli episodi dalle sue fonti e a ordinarli secondo uno schema che, in
tre, parlare di un ~<libro sacro» è troppo generico: in un libro ci sono diversi ge- questo caso, illustra la storia della salvezza: trasforma, cioè, la cronaca in storia
neri letterari ed è nella diversità di questi generi che si deve vedere se esiste una della salvezza. L'ispirazione, dunque, guida la scelta e l'ordinamento a un deter-
gradualità di rivelazione o di ispirazione.Abbiamo già elencato le tappe tra que- minato scopo. La composizione dei vangeli riflette lo stesso principio. Luca o
ste due categorie. Adesso cerchia1no di chiarirci le idee circa una possibile loro Matteo fanno uso delle fonti - Mc, Q ed altre-, scegliendo quei detti e que-
gradazione. Sappiamo che l'ispirazione implica una collaborazione tra due gli episodi, già presenti nella tradizione orale, che conducevano al loro scopo. È
coautori, quello divino e quello umano, per produrre un libro che si possa chia- ciò che noi chiamiamo la teologia redazionale; una tale teologia è ermeneutica.
mare «parola di Dio» in linguaggio umano, quindi la domanda si limiterebbe a La rivelazione è la persona di Gesù stesso e la sua opera redentrice. I vangeli le
296 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Che significa oggi «ispirazione»? Una visione globale 297

mo inconsapevole di essere ispirato, deve adesso indicare ·alla comunità credente rata all'immaturità del genere umano in un determinato stadio di maturazione
quali libri sono opera sua; quindi la formazione del canone, anche se non può es- non implica «errore», come non implica errore la rivelazione neotestamentaria
sere chiamata ispirazione nel senso sopra definito, è il prolungamento dell'azione in relazione alla rivelazione completa di Dio nella sua ultima e definitiva mani-
divina connessa con i libri sacri. Ciò avviene quando lo Spirito presente e attivo festazione.
nella comunità si riconosce in uno scritto prodotto da se stesso. Anche in questo Il processo pedagogico della rivelazione, dunque, si adatta al grado di ma-
caso, però, lo dimostra attraverso un processo storico, spesso travagliato, che coin- turità dell'umanità prima della venuta di Cristo. Qui possiamo ritornare all'im-
volge l'uomo, com'era accaduto nella nascita del libro. Poi bisogna che lo stesso magine dello specchio imperfetto menzionato in precedenza. Il recettore della
Spirito che è autore della Sacra Scrittura aiuti a interpretarla; già l'ispirazione era rivelazione la riflette secondo il grado della sua maturità umana e spirituale, e
l'interpretazione della rivelazione, adesso il processo ermeneutico, anch'esso pro- secondo la maturità del popolo cui appartiene. Non ci meravigliamo, dunque,
lungato attraverso la storia, deve captare la sostanza della rivelazione attraverso che nell'ambiente nazionalistico e «carnale», per usare un'espressione paolina,
l'interpretazione del libro sacro. E anche in questo caso, come nel caso della for- di Israele troviamo un progresso nel modo di captare la presenza e l'attività del
mazione del canone, è la presenza dello Spirito nella Chiesa che la <<ispira» a tro- Dio rivelatore e di esprimere anche le proprie speranze messianiche. Lo spec-
vare il vero senso di ciò che, attraverso il testo, egli vuole dirle in determinate cir- chio perfetto è Cristo, in cui l'umanità raggiunge la sua piena maturità, sul cui
costanze storiche. volto risplende la gloria della conoscenza della gloria divina (2Cor 4,6), che è
Per ricapitolare, l'ispirazione si deve studiare globalmente dentro un pro- l'immagine del Dio invisibile (Col 1,15) e che è irradiazione della gloria del Pa-
cesso diversificato che, nell'ambito dell'opera dello Spirito in una comunità cre- dre e impronta della sua sostanza (Eb 1,3). Però, anche l'umanità presente non
dente, si estende dalla maturazione di un agiografo fino alla composizione del ha ancora raggiunto quella maturità auspicata dello «Stato di uomo perfetto,
suo libro, accompagna il testo nella sua crescita e reinterpretazione, viene ri- nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13). Ancora oggi
flessa nella ricezione dentro il canone e prosegue nell'interpretazione della vediamo «Come in uno specchio» (1 Cor 13,12), non faccia a faccia. Ma non per
Chiesa. Ma nel senso stretto della parola ispirazione è la qualità di un testo sa- questo ci troviamo nell'errore. I libri biblici che attestano questa rivelazione nel-
cro ricevuto come tale dalla Chiesa che lo riconosce come parola di Dio. l'antica alleanza, però, non sono meno ispirati di quelli del Nuovo Testamento.
È la rivelazione che testimOnia che non aveva ancora raggiunto la sua pienezza.
Però, se ciascun libro biblico è egualmente ispirato, come si spiega che Come abbiamo appena detto, persino i carismi e le virtù dei cristiani, secondo
Paolo asserisce che la Legge non vale per la giustificazione, e che Gesù con- Paolo (lCor 13), sono ancora nello stato puerile in comparazione con lo stato
traddice certi precetti veterotestamentari nelle antitesi del sermone della mon- perfetto del futuro escatologico.
tagna? E come possiamo accettare i «salmi di maledizione» ( cf. Sai 137) come Allora possiamo capire che anche i salmi di maledizione che scandalizza-
ispirati? Questo ci riporta alla questione sulla verità della sacra Scrittura e alla no tanto i cristiani non sono mai stati cancellati dal NT, anzi, il Sai 109 viene ci-
relazione tra rivelazione e ispirazione. tato da Pietro e applicato a Giuda in At 1,20, mentre il libro dell'Apocalisse non
Né Gesù né Paolo hanno mai ripudiato il Pentateuco, anzi lo citavano con è meno severo contro i nemici. Nel caso dei salmi, però, bisogna tenere presen-
l'autorità di Mosè e di Dio stesso, ma mentre Gesù afferma che è venuto per te che quando alcuni furono accettati nelle raccolte precanoniche si erano già
perfezionare la Legge (Mt 5,17), non per abolirla, e Paolo sostiene che la Legge distaccati dal loro possibile Sìtz im Leben originario di grido di vendetta indivi-
è santa e il comandamento è sano e buono (Rm 7,13), essi riconoscono la limi- duale per essere reinterpretati in un nuovo contesto nazionale e religioso mi-
tatezza della rivelazione in essa contenuta. Implicitamente essi ricorrono alla nacciato dai nemici di Dio. E questo era un avvertimento ai lettori medesimi, ma
synkatabasis (la «condiscendenza») (cf. DV 13) di cui più tardi parlerà Giovan- anche oggi, se il cristiano li legge con riferimento a nemici del regno di Dio, si
ni Crisostomo. Gesù giustifica la concessione del divorzio nell'Antico Testa- inseriscono bene in una visione apocalittica neotestamentaria della storia. Se il
mento con la «durezza del cuore» (Mt 19,8) e Paolo parla della debolezza della cristiano odierno legge questi salmi «in modo carnale», ricade nell'Antico Te-
carne e della presenza del peccato in Rm 7. È solo la «Legge dello Spirito di vi- stamento, e abbiamo avuto parecchi esempi nella storia della Chiesa nei quali
ta» (Rm 8,2) che renderà l'uomo capace di abbracciare la rivelazione completa ciò si è verificato. È proprio questo che vogliamo dire con una visione globale
in Cristo. Difatti, anche nella nuova dispensazione medesima «l'uomo naturale nel contesto del canonica! criticism.
non può comprendere le cose dello Spirito di Dio» (lCor 2,14). Anche Giovan-
ni parla del tempo in cui «non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era sta- Per concludere, l'ispirazione è quell'aspetto della presenza rivelatrice di
to ancora glorificato» (Gv 7,37-39). Lo Spirito c'era sì in Israele come dono ai Dio in Israele e nella Chiesa che dà origine ai libri biblici che contengono la pa-
profeti per rivelare Dio, ma non ancora agli uomini per renderli capaci di ele- rola di Dio, il quale risulta come loro «autore». Essa non si limita all'influsso sul-
varsi all'altezza dell'osservanza dovuta. Una rivelazione imperfetta commensu- l'autore umano dei testi, ma si estende da questo alla loro continua reinterpre-
298 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

Parte terza
tazione, alla conservazione del testo, alla loro raccolta e ricezione canonica e
prosegue nella loro Wirkungsgeschichte nella Chiesa. «Molte cose ho ancora da
dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà Esegesi di testi
lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera perché non parlerà da
sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glori-
ficherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Gv 16,12-14). La rivelazio-
ne è completa in Gesù Cristo. Tutta la Scrittura gli rende testimonianza e lo con-
serva nella memoria della Chiesa, ma lo Spirito parla ancora dalla Bibbia. Essa
non è soltanto ispirata, ma anche ispirante in quanto offre risposte alle doman-
de che sorgono inevitabilmente nello svolgimento della storia. Il testo scritto è
più ampio dell'intenzione dell'autore e contiene in se stesso delle possibilità che
man mano vengono attualizzate nella storia della Chiesa. Ai nostri giorni si af-
facciano problemi come quelli sociali, l'ecologia, la pena di morte, il femmini-
smo, l'ecumenismo e la relazione con le altre religioni, in riferimento alla Scrit-
tura, la quale continuamente sprigiona nuovi impulsi per raffinare la coscienza
cristiana e illuminare la comunità ecclesiale in contesti sempre nuovi. Non si
tratta di nuove rivelazioni, ma di un processo pedagogico ed ermeneutico con-
tinuo, incarnato nelle vicende storiche, fino al raggiungimento della piena ma-
turità in Cristo. È questa la tradizione ecclesiale, che, essendo un prodotto del-
lo Spirito, funge da interprete della Scrittura di cui condivide l'autorità. In bre-
ve, l'ispirazione globale è quell'interazione tra Dio, autore o autori, testo, svi-
luppo storico/religioso e lettori che fa di un libro biblico una fonte viva di illu-
minazione e grazia che accompagna il popolo di Dio lungo la storia, come la
roccia dalla quale scaturiva acqua in 1Cor 10 accompagnava gli israeliti nel de-
serto, fino alla definitiva rivelazione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il «momen-
to forte», ovvero il princeps analogatum dell'ispirazione intesa nel suo senso
stretto, è l'atto con cui Dio infonde lo Spirito nel testo attraverso l'autore per
renderlo eternamente vivificante.
Capitolo ventesimo

La comunità giovannea
nei cc. 7 e 8 del Vangelo di Giovanni*

J. Louis Martyn, nei suoi due libri The Gospel of fohn in Christian History
e History and Theology in the Fourth Gospel 1 cerca, in particolare, di interpreta-
re Giovanni su due livelli: quello del Gesù storico e quello della Chiesa giovan-
nea. Vorrei aggiungerne un terzo, perché credo che Giovanni si debba leggere:
1) a livello del Gesù storico;
2) a livello del Cristo risorto - in modo specifico per quanto ci riguarda i
dialoghi di Gesù con i discepoli, che appartengono allo stesso genere letterario
del Dialogo gnostico del Redentore;'
3) a livello della Chiesa giovannea, o della storia della Chiesa giovannea. 3
Martyn ha discusso intorno ad alcuni capitoli di Giovanni, il 3 e il 9, quelli rela-
tivi al colloquio di Gesù con Nicodemo e alla guarigione del cieco nato. Qui ap·
plicherò il metodo di Martyn ai cc. 7 e 8, che sono molto importanti, sia perché
appartengono al genere «di controversia», sia perché rappresentano l'espressio-
ne più alta della cristologia giovannea. Sottoponiamo all'attenzione e alla criti-
ca del lettore un'analisi dettagliata, fatta per temi. 4

1. Lo SVILUPPO DELLA COMUNITÀ G!OVANNEA

Come delinea lo stesso Martyn5 e come ha individuato anche S.A. Pani-


molle,6 la comunità giovannea è una comunità ebraica e quindi i suoi membri,

* R. PENNA (ed.), Il giovannismo alle origini cristiane. Atti del III convegno di studi neotesta-
mentari (Prato, 14-16setten1bre1989), in RSB III(1991)2, 59-68.
1 The Gospel of fohn in Christian History: Essays far Inte1preters, New York 1978; History

and Theology in the Fourth Gospel, Nashville 21978.


2 Per esempio Il dialogo del salvatore, N.H. III, 5.
3 L'inizio di questa ricerca rimonta al libro di O. CULLMANN, Der johanneische Krezs, zum
Ur.~prung des fohannesevangeliums, Tiibingen 1975 (tr. it. Torino 1976).
4 Per gli sviluppi più recenti sulla comunità e sui dibattiti del circolo giovanneo cf. J.H. NEY-
REY,An Ideology ofRevolt, fohn's Christology in Social-Science Perspective, Philadelphia 1988 e M.
HENGEL, The f ohannine Question, London 1990 [tr. it. Brescia 1998].
5
The Gospel of fohn in Christian History, 90-120.
6 Rimando all'articolo di SA. Panimolle riportato in RSB III(1991)2,37-58.
302 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La comunità giovannea nei cc. 7 e 8 del Vangelo di Giovanni 303

alcuni dei quali forse provenienti dai circoli del Battista, sono ebrei a tutti gli ne versata intorno all'altare (la Tosefta collega questo rituale della festa con il
effetti. Essi - e tra loro forse c'erano dei «fratelli di Gesù>> - considerano passo di Ez 47 in cui si parla di acque che escono dal tempio ); 10 la luce, che illu-
Gesù come il Profeta e il Messia, pur vedendo in lui, fin dall'inizio, qualche co- mina il cortile delle donne; le tende. 11
sa di particolare, di numinoso, in un certo senso. Ma gli altri ebrei cominciano In Giovanni compaiono gli stessi simboli: anche qui si fa riferimento al-
poi a guardare con sospetto questa comunità proprio a causa della sua cristo- l'acqua (7,38) che sgorga dal credente o, secondo altre interpretazioni, da Cri-
logia, iniziano controversie midrashiche su Cristo, sulla sua figura numinosa e sto;12 alla luce, come leggiamo in 8,12: «lo sono la luce del mondo; chi segue me,
dispute sull'interpretazione del messianismo. L'atteggiamento dei rabbini di non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»; all'immagine della ten-
Jamnia inasprisce i rapporti tra cristiani ed ebrei e la tensione sfocia in una da, espressione questa della cristologia alta: la tenda è il Logos stesso che i'
rottura definitiva quando, intorno al 90/95, viene inserita, nelle 18 Benedizio- eskenOsen en hemin «mise la sua tenda in mezzo a noi» (1,14).
ni, la formula di maledizione birkat ha-minim. 7 Ma già prima di tale momento Quello però che della Festa dei tabernacoli è ancor più interessante, è il
devono essere avvenute espulsioni di cristiani dalla sinagoga, stando a quanto Lezionario, come viene ricostruito sulla base del ms. Bod 2727 da A. Guilding. 13
si legge in Gv 9,22. A ogni modo, a prescindere da tale data, certamente alcu- Esso contiene delle letture speciali: Zc 14 (v. 8: « ... acque vive sgorgheranno ... »);
ni cristiani hanno paura, si ritirano dalla comunità giovannea e ritornano alla lRe 8 (v. 27: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? ... »); come Haftara
vita sinagogale; altri invece sono decisamente espulsi dalla sinagoga. Sarà pro- viene letto Is 43,1-21. In particolare, di questo passo sono di grande interesse i
prio tale gruppo di giudeo-cristiani che chiamerà questa <<il mondo», contrap- vv. 10-12, in cui si legge: «Voi. .. siete i miei servi, che io mi sono scelto perché mi
ponendola alla comunità giovannea, che «non è di questo mondo», ma è <<dal- conosciate e crediate in me e comprendiate che io sono. Prima di me non fu for-
l'alto». mato alcun dio né dopo ce ne sarà. Io, io sono il Signore, fuori di me non v'è sal-
La cristologia alta, poi, va perfezionandosi sempre di più e Gesù è identi- vatore. Io bo predetto e ho salvato». Ora, leggendo il c. 8 di Giovanni, si può no-
ficato con il Logos, con la Sapienza, con colui che dà lo Spirito. La divinità di Ge- tare con chiarissima evidenza come le parole di Gesù al v. 24 («Se infatti non cre-
sù, quindi, è ancor meglio definita, ma più tardi si giungerà a una sua eccessiva dete che Io sono, morirete nei vostri peccati»), al v. 27 («saprete che lo sono»),
accentuazione, tanto da sconfinare nel docetismo. Così, mentre alcuni membri al v. 58 («prima che Abramo fosse, Io sono») siano strettamente connesse alla
della comunità giovannea si appellano alla Grande Chiesa, collegandosi con le stessa tematica. Non solo, ma il Targum 14 del passo appena citato di Isaia sem-
comunità petrine e paoline, altri invece finiscono nel docetismo e nello gnosti- bra che parli di Abramo, il quale aveva visto il Messia o aveva profetato di lui:
cismo, correnti di pensiero che causano divisione all'interno della comunità gio- è quindi evidente una straordinaria corrispondenza con il discorso di Gesù.
vannea.8 Valore simbolico hanno anche i vari personaggi che compaiono in Gio-
vanni: gli «scribi» e i «farisei» rappresentano l'accademia di Jamnia; Nicodemo
è il «tipo» dell'ebreo dotto, attratto dal cristianesimo, che non ha però il corag-
2. Lo SFONDO DEI CC. 7 E 8 gio di compiere l'ultimo definitivo passo, quello di farsi battezzare, diventando
così cristiano a pieno titolo) sia per motivi midrashici che per timore dei confra-
L'azione è localizzata in Gerusalemme, 9 dove Gesù si era recato muoven- telli rabbini. Troviamo, sempre in Giovanni, gli 'Am-ha-aretz, rappresentanti il
do dalla Galilea (la Galilea dopo il 70 è ancora il luogo in cui si trovavano pre- popolino basso, ben disposto verso Gesù, dal quale provengono molti credenti;
valentemente i cristiani, poiché in Giudea venivano perseguitati a causa dell'in- compaiono anche quei giudeo-cristiani convertiti dall'ebraismo che tendono a
flusso dei rabbini di Jamnia). Ma per noi è di estrema importanza lo sfondo teo- ritornare nella sinagoga dove si sentono più tranquilli; infine troviamo, forse, an-
logico piuttosto che quello geografico: ciò che infatti ci aiuta di più a capire in che i parenti di Gesù. 15
profondità questi due capitoli è la comprensione del significato della Festa dei Un altro sfondo a questi due capitoli di Giovanni è dato dalle varie con-
tabernacoli. Anche se quello che rappresenta la festa è noto, ugualmente voglio troversie con i giudeo-cristiani, parallele a quelle che si ritrovano nelle Lettere
sottolinearne il simbolismo che si esprime attraverso tre figure: l'acqua, che vie-
10 T. Sukka, III, 3.
11 STR.-BII.L. II, 774-812.
12 Per le varie opinioni cf. i commentari di Brown e Schnackenburg in loco.
7 H.L. STRACK - P. BtLLERBECK, Kommentar zum Neuen Testanient aus Taln1ud und Midra- 13 The Fourth Gospel in .lewish Worship, Oxford 1960, 96ss.
sch, Mtinchen 1961, IV, 293-333; (citato d'ora in poi, STR.-BILL); C. THOMA, A Christian Theology of 14 J.F. STENNING, The Targun1 of lsaiah, Oxford 1949, 145s.
Judaism, New York 1980, 146-151 (tr. it. Casale Monferrato 1983). 15 In At 1,14 troviamo i fratelli di Gesù insieme agli apostoli nella comunità giudeo-cristiana.
8
R. BRovm, The Community of the Beloved Disciple, London 1979, 145-164 [tr. it. Assisi 1982]. Storicamente, quindi, si saranno ricreduti, ma il rimprovero in Gv 7 nel contesto attua~e farebbe sup-
9 porre che non fossero entrati nella mentalità della cristologia alta.
Gv 7,10.14.
304 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La comunità giovannea nei cc. 7 e 8 del Vangelo di Giovanni 305

di Paolo o negli Atti, ma mentre nelle comunità paoline l'argomento principale per gli ebrei di farsi curare dai cristiani, e conosciamo un processo contro un
d1 siffatte discussioni è la circoncisione e la Legge, nella comunità giovannea il rabbino accusato di essere ricorso alle loro cure. 20
nucle? della controversia riguarda argomenti di cristologia alta. Gesù viene accusato di essere un samaritano, ma il dire a qualcuno «Tu
E presente inoltre, in questi capitoli, un clima di persecuzione che riuscia- sei un samaritano» equivaleva a dichiararlo eretico; l'accusa di iniscredenza
mo a cogliere dal"frequente ricorrere del verbo uccidere; non solo, ma per l'e- potrebbe essere rivolta anche alla comunità giovannea che aveva al suo in-
vangelista chi «odia» il fratello lo uccide, 16 per cui persecuzione, odio, uccisione terno dei samaritani. 21
sono tutti termini che esprimono in modo analogo una stessa situazione. Tutte queste accuse fatte ai cristiani portano oltre la controversia, fino
alla persecuzione.
3. Gu ARGOMENTI IN Gv 7 E 8 b. La persecuzione

a. Varie opinioni sui cristiani Abbiamo già accennato ai birkat-ha-minim con cui i cristiani vengono messi
fuori dalla sinagoga: se un cristiano avesse voluto prendere parte al culto, non avreb-
Vediamo ora di ricostruire gli argomenti della controversia attraverso be però potuto fare il lettore, pronunciare cioè la dodicesima benedizione, perché co-
un'analisi di questi due capitoli, considerando che le opinioni dei giudei sui sì avrebbe attirato su di sé la maledizione. Questa intolleranza finisce però con lo sfo-
cristiani erano identiche a quelle formatesi sul Gesù storico. Quindi ovun- ciare nella violenza: come leggiamo in 7,19 gli ebrei cercano di uccidere Gesù («Per-
que si trovi scritto «Gesù».si può leggere «cristiani», poiché l'autore del Van- ché cercate di uccidermi?») o, per lo meno, di arrestarlo (7,30.32). La persecuzione
gelo non vuole soltanto raccontare del passato, ma anche richiamare l'at- dei cristiani seguirà, più tardi, la stessa via: l'arresto e l'uccisione (cf Le 4 e At 7).
tenzione su coloro che si trovavano sulle medesime posizioni del Maestro. I rabbini si trincerano nelle loro posizioni facendo appello alle autorità
L'uditorio stesso è diviso circa il giudizio da dare su Gesù e sui cristia- (7,48: «Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?»), che per Gesù
ni: ~l~uni lo ritengono - e analogamente i suoi seguaci - buono e giusto, sono rappresentati dal sinedrio, per i cristiani dall'accademia di Jamnia.
altri invece pensano che seduca il popolo. Questo verbo «Sedurre» si trova C'è perfino il tentativo di lapidare Gesù (8,59; cf. anche 10,31.39 e Le 4,29),
non solo in Gv 7,11-13.43, ma anche in Mt 27,63; in Giustino, nel Dialogo tentativo non riuscito perché Gesù passa in mezzo a loro. Analogamente, Stefano fu
con Trifone, 17 si legge che gli ebrei chiamavano Gesù «il Seduttore»; nel lapidato: evidente parallelismo tra la vita di Gesù e quella dei suoi seguaci.
Talmud, Sanhedrin 107b, viene usato proprio questo stesso vocabolorn Esso La motivazione della persecuzione di Gesù da parte degli ebrei deve farsi ri-
era quindi un termine «tecnico» per indicare Cristo; così, similmente, i cri- salire al fatto che Gesù afferma che le loro opere sono malvagie (7,7): «Il mondo
stiani che lo seguivano erano essi stessi ritenuti seduttori. Un'altra accusa non può odiare voi, ma odia me, perché io di lui attesto che le sue opere sono catti-
fatta a Gesù è guella di avere un demonio, cioè di essere un demente ( cf. an- ve»; per lo stesso motivo anche i cristiani andranno incontro alla stessa sorte. Come
che Mc 3,21: «E fuori di sé»), cosicché l'espressione «Tu hai un demonio» è si legge in Gal 2,6 il loro comportamento attestava la malvagità delle opere altrui.
da intendersi «Tu sei un pazzo»; 19 Paolo stesso in At 26,24 viene chiamato Un problema che sorge è quello di stabilire se a perseguitare la comunità
pazzo da Pesto. giovannea fossero o no gli stessi giudeo-cristiani. In effetti nel c. 8 troviamo che
Si rimprovera poi violentemente la folla che crede in lui, mettendone Gesù rimprovera «quei giudei che avevano creduto in lui» e li accusa di volerlo
in rilievo l'ignoranza: «Ma questa gente, che non conosce la Legge, è male- uccidere: «So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi
detta!,, (7,49); i cristiani sono dunque maledetti dai rabbini così come lo era perché la mia parola non trova posto in voi. Ora invece cercate di uccidere me,
~tata il Cristo. Gli stessi miracoli sono motivo di persecuzione e di contesa, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto» (8,36.40).
in quanto «molti credettero in lui a causa dei miracoli che faceva»· miracoli R. Brown22 ritiene che l'intenzione di uccidere Gesù non proveniva dai giudeo-
però venivano fatti anche dai cristiani (cf 14,12; 15,18; 16,2): da:anno dei cristiani in quanto tali, ma dagli ebrei; però occorre considerare che, se da un la-
miracoli ancora più grandi». Troviamo infatti nella Mishna una proibizione

20 T Chull. 2.21 (STR.-BILL I, 530).


21 Gv 4,42 commentato in CULLMANN, Der johanneische Kreis, 61.
16
lGv 3,10-11.15. 22 Opinione contraria di R. BROWN in loco, ma il discorso che segue la frase <'Disse Gesù ai
17
Dialogo con Trifone, 69; cf. anche Mt 27,63. giudei che avevano creduto in lui...>) è troppo unitario per essere diviso tra due oppositori. Se ricor-
18
Sanh. 43a; 107b. diamo le persecuzioni di Paolo da parte dei giudeo-cristiani, possiamo trovare una situazione ana-
19
Vedi R. BROWN su Gv 7 ,20. loga in Giovanni e la sua comunità.
306 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La comunità giovannea nei cc. 7 e 8 del Vangelo di Giovanni 307

to Gesù invita i giudeo-cristiani alla perseveranza, dall'altro dice loro chiara- d. Le obiezioni alla cristologia alta
ment~ c~e voglio~o ucciderlo. La questione rimane così aperta, ma ritengo, co-
me migliore soluzione, che tutto vada letto alla luce di Gv 16,2, passo in cui Ge- In questi due capitoli parecchi sono i passi in cui si colgono obiezioni alla
sù predice ai suoi discepoli la persecuzione e la morte per mano di coloro che cristologia alta da parte ebraica e forse anche da parte giudeo-cristiana. Come
così facendo credono di rendere culto a Dio.
si legge in 7,27, il non riconoscere in Gesù il Cristo era dovuto anzitutto al fatto
che il Messia dovesse essere misterioso: «Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo,
c. Controversie midrashiche tra cristiani ed ebrei o giudeo-cristiani invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Questa tradizione sul Messia
nascosto possiamo ritrovarla anche in Giustino, nel Dialogo con Trifone già ci-
I cristiani, come Gesù stesso, conoscono tante cose pur non avendo fre- tato, nell'Apocalisse di Esdra (2,13) e in scritti rabbinici (Str.-Bill. III, 315). Inol-
quentato la scuola rabbinica: <<I giudei erano stupiti e dicevano: "Come mai co- tre, ai vv. 41-43, si evidenzia un'altra tradizione, quella sulla provenienza del
stui conosce le Scritture, senza aver studiato?"» (7,15). Anche di Pietro e Gio- Messia davidico, che doveva giungere da Betlemme e non dalla Galilea: «Altri
vanni si nota che sono «Senza istruzione e popolani» (At 4,13). A quest'accusa invece dicevano: "Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittu-
Gesù risponde: <<La mia dottrina non è la mia» e, sulla stessa linea, anche i cri- ra che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davi-
stiani affermano che la loro dottrina non appartiene a loro. Questa è una for- de?". E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui». Per questa stessa ragione,
mula rabbinica, in quanto nessun rabbino parlava nomine proprio, ma in base certi uomini ben disposti come Nicodemo vengono zittiti, come troviamo in
alla tradizione che aveva ricevuto e che proveniva da Mosè; però Gesù e i cri- 7,52: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta
stiani non riferiscono a Mosè, ma a Dio stesso la loro rivelazione. Pietro e Gio- dalla Galilea». D'altra parte, a proposito di questo termine, è opportuno ricor-
van~i ~el ~inedrio a~fermano: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che dare che nella comunità stessa o tra i credenti alcuni parlano di Gesù come del
a lui, g1ud1catelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e «Profeta>>: «"Questi è davvero il Profeta!". Altri dicevano: "Questi è il Cristo!"».
ascoltato» (At 4,18-20). C'è quindi una chiara corrispondenza tra le risposte di La comunità giovannea però non ritiene queste espressioni come confessione
Gesù e quella dei cristiani, risposta che possiamo sintetizzare esemplarmente piena della fede, che consiste invece nel riconoscere in Gesù il Figlio di Dio e
nel «Crede ut intellegas» di s. Agostino. D'altra parte, i cristiani ritenevano fon- quindi anche il Logos.
damentale non la conoscenza della Scrittura, quanto la sua osservanza: Gesù Una nuova accusa si trova in 8,13: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua
rimprovera gli ebrei (cf. 7,19) di non adempiere la Legge pur conoscendo Mo- testimonianza non è vera»; più oltre, in 8,41, c'è un altro rilievo: «Noi non siamo
sè. Anche Paolo, in Rm 2, afferma che non è la conoscenza della Legge a giusti- nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!»; affermazione, questa,
f1carc1, ma la sua osservanza, in cui difettano gli ebrei. che può essere sì solo un epiteto offensivo, ma potrebbe anche presupporre una
Per quanto riguarda la circoncisione, anch'essa è motivo di controversia: la tradizione, già esistente, sulla nascita verginale di Cristo. 24 Ancora, in 8,53.57, ul-
comunità giovannea la praticava, però non in riferimento a Mosè, ma ad Abra- teriori contestazioni: «Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto?
mo-" Paolo, analogamente, dice: «Infatti egli ricevette il segno della circoncisio- Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere? Non hai ancora cinquant'an-
ne quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quan- ni e hai visto Abramo?».
do non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi Questo è quanto, principalmente, si obietta a Gesù da parte dei giudei, co-
che_ credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia» (Rm 4,11 ). sì come viene riportato dall'evangelista in questi due capitoli; però, in effetti, è
Qumdi anche Paolo pone in secondo piano Mosè per risalire al padre della fede molto più probabile che si tratti di polemiche rivolte contro la Chiesa giovan-
Abramo.
nea per la sua cristologia alta, più che di obiezioni fatte a Gesù in persona.
Eco di un'altra controversia si percepisce in 7,34: alle parole di Gesù «dove
sono io, voi non potete venire» i giudei replicano «andrà forse da quelli che sono e. La risposta dei cristiani
dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?». Qui è riflessa la sorte della comunità
giov~nnea che, perseguitata in Giudea, va a cercare adesioni prima presso gli Per quanto riguarda la discussione sul luogo di origine del Messia, ci si può
ebrei della diaspora e, successivamente si rivolte alle «altre pecore», come è scrit- domandare se i cristiani della cerchia giovannea sapessero che Gesù era nato a
to in G_v 10._Le «pecore che non sono di quest'ovile» potrebbero essere appunto Betlemme. Certamente i sinottici erano già stati divulgati, e quindi doveva es-
i gentili o gh ebrei della diaspora, come si è verificato nelle comunità paoline. sere noto, negli ambienti cristiani, il paese di nascita di Gesù. Comunque, anche

23
Gv 7,22.
24 Per i testi cf. STR.~BILL I, 35-43.
308 Il messaggio biblico e la sua interpretazione La comunità giovannea nei cc. 7 e 8 del Vangelo dì Giovanni

se non f~sse stato così, la risposta di Gesù è ironica: <<Certo, voi mi conoscete e morte» (8,51); «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi
sap~~e d1 dov~ sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è mi glorifica è il Padre mio» (8,54). I cristiani infine fanno piena confessione di
vent1ero, e vm non lo conoscete» (7,28-29). Anche l'affermazione «So da dove fede richiamandosi ad Abramo, non a Mosè - lo si è accennato sopra, a propo-
vengo e dove vado» (8,J 4) ha valore di risposta alla questione. sito della circoncisione-, come si legge in 8,56: «Abramo esultò nella speranza
. A pr~posito dell'ac~usa ~he la s~a testimonianza non sia vera, Gesù repli- di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò», passo che forse richiama Gen
ca. «Sono i~ c~e d~ test~mon1anza d1 me stesso, ma anche il Padre, che mi ha 17,17, in cui è adombrata, come si legge nel Targum, l'immagine del Messia.
m_andato, Illl da testimomanza» (8,18). In quanto ai cristiani, essi invocano la te-
stimonianza del Padre, attraverso il Cristo risorto, in linea con una norma del f Le raccomandazioni alla comunità
T~lmud, secondo l~ quale solo in casi eccezionali è permesso rendere testimo-
n1~n~a a se ~tessi.~) _In G~ 14 e 15 anche lo Spirito è chiamato come testimone I giudeo-cristiani vengono invitati alla perseveranza e ad abbracciare inte-
dei d1scepoh stessi, I quah, a loro volta, testimoniano che «Egli è» in linea con gralmente la fede, poiché vi erano molti, come Nicodemo, figura emblematica
la haftara di Isaia. '
del rabbino ebreo (7,50), che esitavano ad aprirsi totalmente a Cristo (cf. anche
Le parole di Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste Gamaliele, At 5,33-40). «Se voi rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero
me, conoscereste anche il Padre mio» (8,19) ci permettono di comprendere l'at- miei discepoli» (8,31): queste sono le parole di Gesù- e dell'evan_gelist_a- ri:
teg~amento della comunità giovannea che, riconoscendo Dio come Padre di volte agli ebrei che avevano creduto in lui e che stavano correndo 11 pericolo d1
Ge~u, non vu~le ammetterne l'identità con la concezione ebraica su JHWH _ fare marcia indietro, volgendosi di nuovo al giudaismo, a causa della Birkat. Co-
a differenza d1 quanto facciamo noi oggi-, poiché gli ebrei non l'hanno cono- me risulta infatti da 6,66, molti ebrei che avevano camminato con Gesù, lo ave-
sciuto attraverso il Cristo.
vano lasciato: «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non an-
I cristiani, poi, sentono il bisogno di asserire che il loro kerygma non è di- davano più con lui». . . . .
v~rs_o dalla di~ac:~e; alla domanda: «Tu chi sei?» Gesù risponde: «Proprio ciò che Si mette un forte accento sulla verità e sulla libertà, valon che SI acqms1-
VI dico» ( dall nuz10) (8,25). Questo detto un po' oscuro di Gesù acquista chia- scono credendo al Vangelo: «La verità vi renderà liberi» (8,32) e, di contro, sul-
rezza. dalla ne~ess1ta, da parte della comunità giovannea, di precisare che la sua la schiavitù: «Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (8,34). An-
dot~r1na non s1 disco~ta dalla predicazione iniziale. I giudeo-cristiani, tornati al- che Paolo insiste su questi due temi, sulla necessità, cioè, del credere, aver fede
la .sinagoga, temono invece che si stia modificando la cristologia; in realtà è in nel Vangelo, unica cosa che renda veramente discepoli di Cristo (Rm 9; 2Cor;
atto solo un processo di, approfondimento e di esplicitazione della figura del Gal) - riferendosi anche agli apostati, persecutori peggiori degli avversari - e
Messia e della sua attlVlta. La _cnstologia post-pasquale è identica a quella pre- sulla schiavitù che viene dal peccato e dalla Legge ( d Rm 7; vedi anche Rm 4;
pas_quale, avvalorata dalla test1momanza che 11 Padre rende al Figlio nella risur- 11; Gal 4; Rm 9; Mt 3,9; 8,11). II date le opere di Abramo» di Gesù (8,39) è
rezione. Cf. 8,28: «Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uo- un'incisiva risposta, data agli ebrei che rivendicano la loro discendenza da Abra-
~o, allora _saprete che lo sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha mo, nella quale la parola «opere» non significa altro che «Credere, aver fede:»
insegnato Il Padre, così io parlo"».
[esegesi confermata anche da Gesù stesso, come si legge in 6,29].
.I ~ri~tiani i~oltre ~esi~erano a~f~rmare che non cercano l'approvazione dei Gli ebrei, dal canto loro, replicano: «Noi non siamo nati da prostituzione,
rabb1n1 dl .Jamn1a, e c10 viene esphc1tato con l'affermazione di Gesù: «lo non noi abbiamo un solo Padre, Dio!» (8,41), forse anche perché vedono che i cri-
cerco la mia gloria; ~i è chi la cerca e giudica» (8,50); anche Paolo, del resto, par- stiani sì contaminano con gentili e samaritani, da loro chiamati «fornicatori».
la d1 glonars1 m Gesu, d1 gmstlZla che deriva dalla fede in Cristo e non dalla Leg- Inoltre, nel «noi abbiamo un solo Padre» si potrebbe cogliere un'eco della con-
ge_ (Fil 3,3.9;d anche 2Cor 11,18 e 12 passim). Molti sono i passi di Giovanni in troversia, conosciuta da scritti rabbinici, a proposito delle due potenze, 26 dato
cui ~uesto_ v.1ene ~lba?1to, sempre citando parole di Gesù: «Io non ricevo gloria che i cristiani venivano accusati di accettare non una, ma due divinità, profes-
dagh uom1n1. Ma 10 v1 conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio. Io sono sando Cristo come Dio. A costoro i cristiani rispondevano: «Voi ... avete per pa-
venut? nel nome del Padre mio e voi non mi _ricevete; se un altro venisse nel dre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida
propno nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui.
um dagh alt~1,_e non_c_erc_ate la gloria che viene da Dio solo?» (5,41-44). E anco- Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzo-
ra. «In ver1ta In ver1ta v1 dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la gna» (8,44).

25
STR.-BILL. I, 790.
6
2 Cf. Sifre Deuf Haazinu, 139b; Exod.R. Yitro XXIX, 5.
310 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
Capitolo ventunesimo

4. LA PIENA CONFESSIONE DELLA COMUNITÀ GIOVANNEA


Ebrei e cristiani ad Efeso:
Volendo sintetizzare quanto fin qui detto, si trova in questi due capitoli di riflessi nel Vangelo di Giovanni*
Giovanni l'estrinsecazione della piena confessione di fede della comunità
espressioni di cristologia alta: '
- Cristo è la luce del mondo, chi crede in lui ha la luce della vita ( cf. 8,12);
- Gesù il Cristo, procede da Dio ( cf. 8,42);
- egli esiste, egli è prima che Abramo fosse (8,58);
. - chi riceve Cristo, lo Spirito, l'acqua sgorga dal suo seno (o da quello di
Cnsto) e può rendere testimonianza alla sua gloria e alla sua divinità (cf. 7,39).
Come si è potuto notare, la controversia tra la comunità giovannea e gli È ben risaputo che il Quarto Vangelo contiene una forte polemica antigiu-
ebrei o giudeo-cristiani (la linea di demarcazione non è sempre chiara) rispec- daica. L'autore la inserisce nel suo racconto della storia di Gesù, ma viene ge-
chrn per molti aspetti quella esistente nelle Chiese paoline e quella tramandata neralmente accettato che la polemica riflette ancora di più quella tra la comu-
dagli Atti degli apostoli. La lettura su tre livelli e l'interconnessione di essi ci nità giovannea e gli ebrei contemporanei. Se questa comunità era collocata in
consentono di afferrare il senso più pieno del Vangelo di Giovanni e la com- Efeso o nei dintorni, come possiamo supporre dalle sette lettere in Ap 2-3 e da
prensione di questi due capitoli, che invece risulterebbe più difficile con l'atten- un'antichissima tradizione letteraria e archeologica, la polemica avrebbe come
zione rivolta solo al Gesù storico. Questa chiave di lettura è infine particolar- diretta avversaria la sinagoga locale anche se in ultima analisi la fonte principa-
mente utile per seguire il succedersi dei temi, la cui sequenza potrebbe essere le del sentimento anticristiano era Jabne ed è verso quell'accademia che gli ar-
altrimenti poco spiegabile. gomenti giovannei sono indirizzati. Però uno studio più particolareggiato del
giudaismo efesino e asiatico circostante ci potrebbe aiutare a determinare me-
glio il Sitz im Leben della controversia e illuminare il senso ermeneutico di al-
cuni detti di Gesù in questo Vangelo.
Flavio Giuseppe fa risalire la prima emigrazione degli ebrei in Asia Mi-
nore ai tempi di Antioco III Nicanore, il quale, per ovviare ad alcune ribellioni
in Frigia e Lidia ordina che si trasportino duemila famiglie ebraiche dalla Me-
sopotamia in quelle regioni, che si concedano delle terre e provvigioni a loro e
che si trattino con ogni riguardo, permettendo loro di vivere secondo le loro
leggi e costumi perché si rafforzi la fedeltà al re. 1 Ciò sarebbe accaduto nel 212-
205 a.C.
Giuseppe ci fornisce notizie più esatte su Efeso e le città circostanti del-
1'Asia in Ant. XIV che citiamo in esteso:

«Uno di questi ambasciatori Ircano inviò a Dolabella che era allora governatore
dell'Asia chiedendogli di esentare gli ebrei dal servizio militare e di permettere lo-
ro di ritenere le loro usanze patrie e di vivere in conformità a esse. Questa richie-
sta egli ottenne facilmente, perché Dolabella, ricevendo la lettera di Ircano, senza
nemmeno consultarsi, mandò tutti in Asia e scrisse a Efeso, la città principale del-
1' Asia, circa gli ebrei. La sua lettera contiene ciò che segue: "Nella presidenza di
Artemone, il primo giorno del mese di Lenaion, Dolabella Imperatore ai magi-

* L. PADOVESE (ed.), Atti del IV Simposio di Efeso su s. Giovanni apostolo, Istituto France-
scano di Spiritualità-Pontificio Ateneo Antonianum, Roma 1994, 139-146.
1 FLAVIO GIUSEPPE,Ant. XII,148.
312 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ebrei e cristiani ad Efeso: riflessi nel Vangelo di Giovanni 313

strati, al consiglio e al popolo di Efeso salute. Alessandro, figlio di Teodoro, amba- «Mi sono trattenuto dall'enumerarli tutti in quanto sarebbe superfluo, non confa-
sciatore di Ircano figlio di Alessandro sommo sacerdote ed etnarca dei giudei mi cente, perché non posso supporre che qualcuno possa essere così stupido da rifiu-
spiegò che (i suoi correligionari) non potevano fare il servizio militare perché non tare di credere le asserzioni circa l'amicizia dei romani verso di noi quando essi
possono portare armi e fare le marce il giorno di sabato, né possono ottenere i ci- hanno dimostrato ciò in tanti decreti che si riferiscono a noi ... ». 8
bi nativi a cui sono avvezzi. Io, quindi, come i governatori prima di mc, concedo lo-
ro l'esenzione dal servizio 1nilitare e permetto loro di seguire i loro costumi nativi,
di congregarsi per i riti sacri e santi secondo la loro legge, di fare offerte per i loro Le comunità ebraiche, dunque, pur godendo di privilegi e protezione con-
sacrifici; ed è mio desiderio che tu scriva queste istruzioni alla varie città"». 2 ducevano una vita sociale abbastanza precaria. Il loro era un equilibrio alquan-
to instabile. Da una parte la sicurezza della loro autocoscienza di popolo eletto
Lucio Lentulo, console, scrive che aveva dispensato quei giudei di Efeso che doveva a ogni costo mantenere la propria identità e fedeltà a Dio, un'auto-
che erano cittadini romani dal servizio militare davanti al tribunale. La lettera coscienza protetta anche da privilegi sociali; dall'altra, l'occhio invidioso e l'in-
di Dolabella era del 43 a,C., il provvedimento di Lentulo l'aveva preceduta di comprensione dei concittadini, oltre a storielle che giravano sulla loro vita oc-
sei anni. Da questi due documenti impariamo che non tutti gli ebrei efesini era- culta e sulle loro superstizioni.
no cittadini romani, che erano dispensati dal servizio militare per ragioni reli- Gli ebrei, da parte loro, cercavano con ogni mezzo di ingraziarsi sempre di
giose, particolarmente a causa della loro immobilità il giorno di sabato e delle più la popolazione. Facevano donazioni per le opere pubbliche, avevano posti ri-
restrizioni circa il «lavoro servile», ma anche a causa dei cibi puri o impuri che servati nei teatri, trovavano dei benefattori per le loro sinagoghe, qualcuno rag-
un tale servizio comportava. Avevano il permesso di inviare denaro per i sacri- giunse alti uffici nella città, c'erano dei medici ufficiali e sembra che anche le lo-
fici a Gerusalemme e di congregarsi per il culto. 3 Siccome il denaro inviato a ro Scritture fossero conosciute. 9
Gerusalemme era spesso oggetto di rapina durante il viaggio, Augusto diede or- Tutto questo non mancò di attrarre dei pagani alla loro comunità, oltre
dine che fosse legalmente protetto, mentre Agrippa scriveva al magistrato, al che come benefattori, come «timorati di Dio» che frequentavano la sinagoga.
consiglio e al popolo di Efeso che le tasse dovute dagli ebrei al tempio di Geru- Questa categoria è ben conosciuta e non c'è bisogno di sottolinearlo. Alcuni
salemme costituiscono oggetto sacro, di modo che uno che se ne fosse appro- pagani diventavano anche proseliti, assumendo in pieno le obbligazioni degli
priato e avesse preso rifugio in un luogo sacro poteva essere portato via con for- ebrei. Al contrario alcuni ebrei, per ragioni di escalation sociale, abbandona-
za e consegnato ai giudei con la stessa legge secondo la quale i ladri di templi vano la loro religione, o, come nel caso di Timoteo, figlio non circonciso di una
erano privati del diritto di asilo, Gli ebrei avevano anche il diritto di edificare madre ebrea (Gal 2,3-5), trascuravano i loro doveri nei matrimoni misti. Però,
dei luoghi di preghiera e anche questi erano protetti dalla legge sul furto. 4 Le si- mentre gli ebrei erano anche ben conosciuti per la loro magia, non sembra che
nagoghe venivano chiamate sabbateion e il loro repositorio aari5n.5 Erano anche il sincretismo asiatico fosse molto accentuato.Hl Dal loro ambiente avevano
esenti dall'offrire i soliti sacrifici agli dei, 6 anche assorbito per osmosi alcune idee e prassi sociali, particolarmente quel-
Sembrerebbe, perciò, che la situazione sociale degli ebrei efesini e asiatici le riguardanti la preminenza sociale della donna come «Capo della comu-
in genere fosse stabile. Ma non era così. Non c'è bisogno di ripetere la lista dei nità».11
pregiudizi dei greci e dei romani contro gli ebrei, basta ricordare Tacito e altri Quando, dunque, le comunità ebraiche, verso il primo secolo, ebbero rag-
autori. 7 Per mantenere la loro identità sia religiosa sia razziale essi finirono col giunto un certo grado di stabilità sociale a Efeso e nell'Asia, una stabilità, come
costituire un popolo a parte: non mangiavano gli stessi cibi dei loro concittadi- abbiamo detto, alquanto precaria, apparirono sulla scena, tutto a un tratto, i cri-
ni, non offrivano gli stessi sacrifici, non si sposavano fuori della loro cerchia, non stiani.
ammettevano il culto agli dèi della città e, ciò nonostante, erano privilegiati dai La predicazione dei cristiani agli ebrei e, più tardi, a tutti in Efeso, scon-
governanti, L'antipatia venne rafforzata anche dall'invidia, Il fatto che Flavio volge l'equilibrio sia religioso sia sociale della comunità ebraica della città. L'a-
Giuseppe enumeri e documenti i privilegi degli ebrei prova che c'era bisogno di nalisi fatta da Adriana Destro e Mauro Pesce in questo simposio sull'ambiente
un'apologia, Dopo aver riferito il privilegio di Efeso, Flavio Giuseppe continua: sociale della sinagoga efesina è sommamente pertinente. Il nostro scopo è quel-

2 FLAVIO GIUSEPPE, Ant. XLV,224.


3 Per Augusto, FLAVIO GIUSEPPE,Ant. XII,162,per Agrippa lo.,Ant. XVl,168.
4
FLAVIO GIUSEPPE, Ant. XVI,164. 8 FLAVIO G!USEPPE,Ant. XIV,267.
5
lbid. 9 P. TREBILCO,.lewish Con1munities in Asia Minor, Cambridge 1991, 173-189.
6 FLAVIO GIUSEPPE,Ant. XIl,125.
7
Hl TREBILCO, ]ewish Con1n111nities, 140s; C.E. ARNOLD, Ephesians, Power and Magie, Cam-
Cf. M. WHITTAKER,lews and Christians: (;raeco-Roman Views, Cambridge 1984, con la re- bridge 1989.
lativa bibliografia. 11 TREBILCO, Jewish Con1munities, 104-126.
314 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Ebrei e cristiani ad Efeso: riflessi nel Vangelo di Giovanni 315

lo di guardare l'arrivo e l'attività dei cristiani dal punto di vista degli ebrei stes- grande teatro è tipico di un isterismo di massa. Gli ebrei impi~gano l'av_vocato
si per poter capire la loro reazione e la controreazione della nuova comunità cri- Alessandro per spiegare al popolo eh~ l?ro n?n c'e~travano ni~nte e?~ 11 culto
stiana. Il c. 19 degli Atti ci fornisce tutti i dati. dI. D.rnna e che la colpa era dei cristiani, I quah non s1 dovevano ident1f1care con
. . d. A
Nella sinagoga di Efeso già si saranno sentite voci di avvenimenti recenti I' b · L
g 1 e rei. a folla , però ' sa bene che gli ebrei erano tanto
. . poco entusiasti
· d. t. r-
1
un po' strani nella Giudea: certamente si era sentito parlare di Giovanni il Bat- temide quanto i cristiani e li fanno tacere. Nell'opm1on.e popo1are. no?- s1 1s 1n-
tista come possiamo supporre daAt 19,1-7, e qualche asiatico che era stato pre- gue ancora tra ebrei e cristiani, ambedue sono contrari a~ cu~to d1 Dian~ e am-
sente a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, passando per Efeso, avrà pure bedue minacciano la città di Efeso. Gli ebrei devono ingh1ottlfe questo dispetto
narrato l'episodio di Gesù di Nazaret e il comportamento dei suoi discepoli. e devono trovare altri modi di distinguersi dai cristiani. .
Quando, dunque, al termine del suo secondo viaggio, Paolo si reca nella sina- Questa sommossa fu uno scacco alla comunità giud~1ca, r~ff~r~at~ dall~
goga della città per annunciare il Cristo (At 18,19-21), non ci meraviglia il fat- probabilità che i cristiani, almeno all'inizio, godessern_ deghstess1 pnvilegt degh
to che venga ascoltato avidamente e che susciti la curiosità dei correligionari a ebrei. A questi ultimi poco importava che 1 pagani s1 facess.ero cr1st1an1,. tanto
tal modo che non volevano lasciarlo partire. Rimasero, però, Priscilla e Aquila gojim erano e gojim rimane.vano, e~cettuati però ~ <~timorati» all~nt~n~t1 dall~
che continuarono l'operato di Paolo fino al suo ritorno in quella città nel terzo sinagoga. Ma i correligionari passati alla nuova rehg~one er.a~o ~e1 m1nun. e do.
viaggio (At 19,1). Ripresa la sua predicazione di nuovo nella sinagoga per tre vevano 0 essere cacciati via dalla sinagoga oppure r1portat1 1nd1etro. Agl~ :bre1
mesi, Paolo non vuole più soddisfare la curiosità ma chiede una decisione. Co- quindi era rimasta aperta soltanto una via, .quella di.1?olest~re la comumta n~­
me di solito, la comunità si divide, alcuni ebrei credono, altri no, e At 19,9 ci scente ribattere le sue dottrine e riportare 1 convertiti alla s1nag~ga. I loro ami-
informa che i non credenti dicevano male in pubblico dei credenti. Perché in ci infl~enti nella città potevano aiutarli in qualche modo a rnggmngere questo
pubblico? Che c'entrava il «pubblico», cioè i pagani, con una lite intragiudaica? scopo, in particolare a convincere le autorità che i cr1stlan1 non erano ebrei e
Dal punto di vista dei pagani la questione cristiana era solamente una questio- non erano da confondere con la sinagoga.
ne tra gli ebrei: non distinguevano tra cristiani e sinagoga. Anche se alcuni «ti-
morati di Dio» greci avevano aderito alla dottrina di Paolo, dal punto di vista Come tutto ciò sia stato messo in pratica ad Efeso nel prim~ se.c~l~ no~ lo
«pubblico>> la discussione rimane sempre tra ebrei e non tocca la cittadinanza possiamo provare da documenti diretti, c~e ci mancan.o, :na. non e d1ff1c1le ~ico~
esterna. Ma l'essere «ebreo» era definito dall'osservanza della Torah. Paolo struire il corso degli eventi sia per analogia con altre c1tta, sia da documenti po
predicava che a causa della venuta del Cristo questa Torah non valeva più per steriori che suppongono una certa tradizione. .. . . . . .
salvare l'uomo ma bastava la fede in questo Gesù crocifisso e cosiddetto risor- Dopo l'anno 70 il giudaismo si era trasformato._Agh !IllZI degli anni 90 vie-
to. Con un colpo di spugna Paolo cancellava così l'identità giudaica della co- ne formulata la ben nota dodicesima bened1z10ne birkat ha-mrmm eh~ maledi-
munità accomunandola con i greci credenti. Non sarebbero esistiti più ebrei, so- ceva i cristiani che provenivano dall'ebraismo. Benc~é formahzzat~ cosi tardi, in
lo cristiani; dopo secoli di fatica per farsi appena accettare, gli ebrei si sentono parecchie comunità era già praticata. Paolo medesimo confessa m 2Cor 11,24
minacciati di crollo totale. che ben cinque volte aveva ricevuto i trentanove ~ol~1 ~a1 .g1ud~1 e s1 su~pone
Il trasferimento dalla sinagoga nella «scuola di Tiranno» (At 19,9) non è che non fosse l'unico. A Corinto gli ebrei accusano 1 cnstrnm al_ tnbun_ale d1 Gal:
solo un cambio logistico. Per Paolo indica la rottura con la sinagoga non cre- !ione (At lSf,13-17). Nel Martirfo di Policarpo si racconta c~~ 1 gmde1, «come d1
dente, con l'Israele «Secondo la carne», ma anche, come osservano molto bene solito» erano solleciti a raccogliere la legna per Il suo rogo.
Destro e Pesce, una «scuola» cambia il genere di classifica del cristianesimo agli I~ quanto a Gesù, gli ebrei lo chiamano '.'impostore». (Mt 27,63; _Gv
occhi dei pagani. Paolo insegna una filosofia e i suoi adepti, che ora sembrano 7,12.47) come viene confermato da Giustino Mart!fe,13 .11 cm dialogo con Tnfo-
essere numerosissimi, sono dei discepoli. Si suppone che alcuni o molti dei nuo- ne probabilmente ebbe luogo a Efeso. Nel Martirio dr Pwnw, .che avvenne a
vi aderenti al movimento cristiano provengano dalla cerchia dei «timorati» che ·
Sm1rne 1 250 si· narra14 come gli ebrei spiegano la morte e «r1surrez1one» d1
ne , · · 1 L
prima circondava la sinagoga. Una tale defezione non può che addolorare gli Gesù. Il Nazareno fu condannato e giustiziato come un comune crlIIltna ~· .a
ebrei i quali sono in piena crisi interna. sua anima non trova requie e vaga sulla terra, pronta a essere evocata dai cr1-
Nell'episodio dell'insurrezione causata dagli argentieri (At 19,23-41) si ri-
flette il riverbero della spaccatura tra Chiesa e sinagoga nella popolazione; il ti-
more degli ebrei diventa realtà. Gli argentieri hanno delle ragioni puramente fi-
nanziarie, ma la folla non distingue tra motivi e cause reali. Intanto si sente mi-
12 Martirio di Policarpo, in Atti dei niartiri, Milano 1989, c.13.
nacciata pure la stessa identità religiosa della città di Efeso che si identificava 13 GIUSTINO, Dialogo con Trifone, 10~,2. . .
con Artemide e il suo culto: la sua statua era caduta dal cielo. L'episodio nel 14 Martirio di ?ionio, XIII, in Atti dei martin.
Ebrei e cristlani ad Efeso: riflessi nel Vangelo di Giovanni 317
316 Il niessaggio biblico e la sua interpretazione
sù non parlano soltanto ai suoi contemporanei, ma, a livello ermeneutico (cf.
stiani con k loro arti magiche. In ciò già possiamo vedere la nascita delle Tole- 16,12-14), anche per la comunità giovannea nella propria situazione. Due dati
doth che p01 vengono msegnate agli ebrei per contrapporre la loro vita cli G , sono rilevanti per la nostra questione: la diffidenza di Gesù verso «coloro che
a qu~ll~ che n~l. M~di~ev?, sp~ssoforzatamente, venne data dai cristiani. Ine~~ avevano creduto in lui» (2,24; 8,31) e la ricorrenza dell'insistenza sul «rimanere
~re,.s1~ 11.Marti~zo d1 P1onzo 15 s1~ I?nazio parlano di ebrei che vogliono attrarre in lui» (6,56; 15,4-7; 8,31-35: 15,7.10.18; lGv 3,6.24).
1 cnstiam alla smagoga'. e Ignaz10, m Filad. 6,1-2 e 8,2, parla anche di un gentile In Gv 2,23-25 si narra che «mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, du-
che fa propaganda 16 forse un proselita che voleva riporta ·
. per 11 grndmsmo,
. re m- rante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù,
dlet ro qua1e he << t imorato» che s1 era fatto cristiano. però, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qual-
Le. birka~ ha~n:~nini non sono state tanto inefficaci quanto alcuni credono. cuno gli desse testimonianza su un altro, egli, infatti, sapeva quello che c'è in
Ne trnviamo nfless1 m Gv 9,23; 16:2, e anche la recessione riferita in 6,66 e lGv ogni uomo». Un pronunciamento come questo sorprende, ma letto nel contesto
2.22, 5,10.16 non allude soltanto ai doceti ma a tutti coloro che recedono d li
tagl~at~
descritto sopra trova una spiegazione molto naturale.
fede: Molti giudeo-cristiani si sentivan? a.ncora molto israeliti ed essere Ancora più sorprendente è il c. 8. Nel v. 31 leggiamo: «Gesù allora disse a
fuori dal loro popolo dove erano cresciuti non era piacevole. p Trebilco osserva quei giudei che avevano creduto in lui: Se rimanete fedeli alla mia parola, sare-
eh~ an~ora nel quarto secolo~ oltre troviamo provvedimenti contro coloro che te davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Nel v.
<<g1uda1zz_a:~no~> os~ervando Il sabato, ricevendo regali dagli ebrei in occasione 40 continua il discorso accusando gli interlocutori di volerlo uccidere. Basta con-
delle festrv1ta grndaiche_ e andando alla sinagoga mentre qualcuno trascurava la sultare i diversi commentari su questo paragrafo per vedere la diversità di opi-
domemca. Cita 1 canom 16,29,37 e 38 del Concilio di Laodicea e i sermoni del nioni circa questi «avversari»: sono gli ebrei o i giudeo-cristiani? La spiegazio-
Cnsostomo come prova. Ma anche l'Epistola agli Efesini incoraggia i cristiani ne più confacente nel contesto nostro è che qui si tratta di giudeo-cristiani che
ellen1sh a~ a~cettare gh ebrei cristiani come la loro radice e fondamento. Può pensano di ritornare alla sinagoga o che sono già ritornati e perseguitano i cri-
~s.se~e bernss1mo che quando fa Chiesa fu composta prevalentemente da elleni- stiani. Non conta il «credere nel suo nome» a causa dei miracoli, cosa che face-
s~1, _la m1n?r.~nza e~r~1ca s1 senti messa da parte e alcuni ritornarono alle loro ra- vano anche i discepoli ( cf. 14,12), ma il rimanere, e il non apostatare. In 6,66 leg-
d1c1. Non e im_poss1b1le che anche qualche greco sia stato così tentato, mentre la giamo che «da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andava-
perdita dei pnvrleg1 che avevano gli ebrei e non hanno più i cristiani, con la per- no più con lui», né con la Chiesa con cui egli si identifica. La causa della sepa-
secuzione da parte dello Stato, non è da trascurare affatto. II dissanguamento razione nel c. 6 è la dottrina sull'eucaristia. Si suppone che coloro che non cam-
della Chiesa non fu lieve. 17 minavano più con lui fossero i doceti, ma la cristologia alta supposta in questo
capitolo potrebbe applicarsi alla diserzione anche di certi giudeo-cristiani. Solo
d tt. La controreazione
· ·· è il sorgere dell'antisemitismo ' benche' m Olt.I d et· ·d
COSI - chi mangia la carne del Figlio dell'uomo e beve il suo sangue «rimane in me e io
~ .1 «antise.m~h». fosser~ essi st_essi ebrei. Ma come ho spiegato altrove,18 alcu- in lui» (6,56).
ni g~ud~o-cr1st.1an1 sono ritornati alla sinagoga anche a causa della cristologia al- Il c. 16 conferma molto di ciò che stiamo dicendo: «Vi ho detto queste co-
ta d~ ?1ovannl. Mentr~ la c~~troversia di Paolo contro questi verteva sulla ne- se perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi,
cessita ~ meno dell~ ~1rconc1s1one, quella di Giovanni è cristologica e verte sul- verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faran-
la questione della hgl10lanza di Cristo in senso stretto. no ciò perché non hanno conosciuto né il Padre né me» (16,1-3).
Il discorso della vite e dei tralci in 15,1-11 è perfettamente in linea con ciò
Tutto ciò che abbiano_ detto finora, cose di per sé risapute, era soltanto un che stiamo asserendo: La vera vita del tralcio, il credente in Gesù, fiorisce e por-
lungo preambolo per def1mre meglio il Sitz im Leben di alcuni detti giovannei, ta frutto soltanto se rimane nella vite che è egli medesimo. Il mezzo per rima-
c?me abbiamo ~ia pre1ness~ nell'introduzione al presente contributo. Premet- nerci, questa volta, è l'amore. Fede, amore, eucaristia e osservanza dei coman-
tiamo pure che 11 Vangelo d1 _Giovanni è da leggere sia sul piano storico-narra- damellti, dunque, sono i mezzi perché il vero discepolo sia unito a Cristo e al Pa-
tivo intorno a Gesu, sia sul piano ecclesiale, nel senso che molti discorsi di Ge- dre. Chi recede è un «Giuda» (6,70). Anche l'episodio dei «greci» che «voglio-
no vedere Gesù» in 12,20-23, e la conseguente risposta del Maestro che quando
sarà innalzato da terra trarrà tutti a sé, trova la sua collocazione nel nostro con-
testo. Dopo la risurrezione anche i gentili saranno chiamati a «vedere» Gesù,
15 lbid. ma, come prosegue il discorso, anche loro dovranno seguirlo nelle persecuzioni
16 IGNAZIO, Trall. 28.
17
e nella morte; se amano troppo la propria vita e lo abbandonano non saranno
TREBILCO,.!ewish Communities, 29-30.
18 P._GRECH, <:<La comunità giovannea nei cc. 7 e 8 del Vangelo di Giovanni» in RS'B 3(1991)2 dei discepoli autentici. Da ultimo, una parola sull'attrazione delle feste giudai-
59- 68 [ora 1n questo va 1urne, pp. 301-31.0]. ' · · '
318 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

che. _La tesi di Aileen_ Guildingi 9 che il Vangelo di Giovauni sia un commentario
Capitolo ventiduesimo
cr1st1ano sul lez1onar10 delle feste ebraiche non ha trovato molta accogli"e ·
t · · · =m
eor1a, ~a in pratica non sono ~ochi gli scrittori che intingono la loro penna in
questo hb,ro, e_molte volte la tesi della Guilding aiuta a spiegare diversi passi dif- L'escatologia
f1c1h. Se 1 aut~1~e ?a ragione ~o~s1~mo dire, nella nostra linea di ragionamento, degli scritti giovannei
che la comun1~a gi~v~nnea cr1.stI.am~zava le festività giudaiche anche per ovvia-
re alla nostalgia dei gmdeo-cnstiam verso la sinagoga. La Chiesa ha continuat (Quarto Vangelo e Lettere)*
questa prassi anche con le festività pagane.20 °

«Escatologia» è la riflessione teologica sulle «cose ultime». Nei manuali di


teologia preconciliari queste cose ultime erano morte, giudizio (particolare e uni-
versale), paradiso e inferno. 1 La teologia postconciliare, prendendo in considera-
zione il dato biblico della storia della salvezza, ha allargato il significato della pa-
rola eschaton per comprendere l'ultimo periodo della storia della salvezza, quin-
di, se vogliamo giocare sul doppio significato della parola telos, l'escatologia
odierna è una «teleiologia» che riflette non soltanto sul termine della storia ma
anche sul suo scopo e significato. 2 Difatti, l'Antico Testamento parla poco della fi-
ne della storia, al massimo parla della fine di un periodo storico e del giudizio di
Dio dentro la storia che introduce un'era migliore. Solo tardivamente si parlerà
di risurrezione dei morti (Dn 12) o di immortalità beata dell'anima (Sap ). 3 Gesù
annunciò l'imminenza, ma anche la presenza, del regno di Dio e la comunità cri-
stiana primitiva si considerava come la comunità degli ultimi tempi. Essa si senti-
va posta tra due avvenimenti salvifici decisivi, la morte/risurrezione di Cristo nel
recentissimo passato e il prossimo ritorno del Figlio di Dio per giudicare i vivi e i
morti come ultimo compimento della salvezza degli eletti. La dialettica tra il «già»
e il «non ancora» e l'accento posto sull'uno o sull'altro hanno costituito le pecu-
liarità escatologiche delle diversi correnti teologiche nella Chiesa primitiva. 4
Il significato del regno di Dio predicato da Gesù e il modo in cui egli lo in-
tendeva erano allora, come lo sono ancora adesso, difficili da interpretare. Le di-
verse ermeneutiche di questo termine da parte di Paolo, i sinottici, Giovanni e
gli altri autori neotestamentari diedero origine alle diverse escatologie. 5 Tutte

* Annali di storia dell'esegesi 6(1999)1, 117-132.


1 Si veda, per es., il manuale classico di Parente e Piolanti.
2
Il vol. V dell'opera Mysterium salutis, Zil.rich 1976, si intitola: Zwischenzeit und Vollendung
~~ A. ?ur_LDINC?, ~he Fa.u11h Gospel and .lewish Worship, Oxford 1960. der Heilsgeschichte, che indica il cambiamento di prospettiva.
3
All o~tlllla b1bhograf1a dell'articolo di Destro e Pesce aggiungo: J. Lours MARTYN Histor Per una valutazione completa ed equilibrata cf. S. ZEDDA, L'escatologia biblica, Brescia
~~~kT~;~~~f{ ~ t~Fourt~ GJ:,:"~el, Nashville 1968; !he Gospel of_John in Christian lfist;ry, Ne~ 1972, I, 1-144.
4 Il posto dell'escatologia nello sviluppo della teologia neotestamentaria l'ho trattato in A.
, . · c. IGHT,. 1g t Among the Gentzles . .lew1sh A1Lssionary Activìty in the Second
Teinple Penod, ~t?-ne~p-~hs ~991; J.H. NEYREY, An Ideology of Revoft, Philadelphia 1988· V TCHE- DI BERARDlNO - B. STUDER, Storia della teologia 1, Epoca patristica, Casale Monferrato 1993, 25-98:
R_IK?~R, HellenLst1c C1vrltzat1on and the ./ews,NewYork 1974· S. WILSON Ant·-1 d · · E. · l ·Ch «Agli inizi della teologia cristiana» [ora in questo volume, pp. 23-88].
nsttantty, 2 voll., Ontario 1986. ' , 1 u atsm tn ar .y - 5
Vedi la sintesi delle posizioni in P. GRECH, «Escatologia e storia nel Nuovo Testamento», in
R. FABRIS (ed.), Problemi e prospettive di scienze bibliche, Brescia 1981, 407-428.
320 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere)

a~serivano che_ Cristo era .risorto. e che verrà a giudicare i vivi e i morti, erano delle circostanze storiche e teologiche in cui scrivevano. Salvezza, giustificazio-
d accordo sul fatto della nsurrez10ne della carne e sul compimento della storia ne, vita eterna, Chiesa e paradiso sono tutte diverse sfaccettature del Regno e
della salvezza nella venuta d1 Cristo, ma differivano nella sottolineatura dell'u- tutte contengono un aspetto sia presenziale sia futuro.
no o dell'altro di quesh elementi e particolarmente nell'interpretazione del tem-
po presente 1nt~rmed10. Un'aspettativa di una parousia imminente non lascia
P.osto per ~a st~r1a della Chiesa, mentre una concentrazione su questa, come av- L'ESCATOLOGIA DI GIOVANNI
viene negli Atti degli apostoli, fa recedere la parousia ad un punto lontano del
tempo. Questa lunga introduzione al mio tema era necessaria per prevenire sia
Per esprimere questi diversi punti di vista gli autori del NT usano diversi delle semplificazioni sia dei malintesi quando si parlerà dell'escatologia giovan-
gen~r1 lette~ari.. Spesso fanno uso di un linguaggio apocalittico, che, mentre sem- nea.s Oltre al quadro generale della teologia di Giovanni, si deve pensare al sen-
bra mgrandire 11 quadro di un giudizio imminente di Dio di fatto parla molto so che vogliamo dare alla parola «escatologia», al vocabolario, al genere ~~tte~
dell~ st~ria presente. 6 Il genere «storico» adottato da Lu,ca «deescatologizza» rario dei detti escatologici, alle circostanze socio-religiose della comumta d1
as_sa1 e s1 con~entra s_ull'op.erazione presente di Dio nella storia. I «dialoghi del Giovanni e allo scopo diretto di tali detti.
~1sorto» che 1ncontr1amo in Giovanni contengono principahnente un'escatolo- Nonostante vari tentativi recenti di datare il Vangelo di Giovanni prima
gia presente o attualizzata. Però, la provenienza del Quarto Vangelo e dell'A- del 70,9 la maggioranza degli studiosi hanno buone ragioni per mantenere la da-
P?c~hsse da un'unica cerc.hia con l_e medesime credenze dimostra la possibilità tazione tradizionale degli anni 90. Ciò significa che siamo nella terza generazio-
d1 gmstapporre due genen letterari apparentemente opposti che in sostanza di- ne cristiana. La Chiesa si era già separata dalla sinagoga con una maggioranza
cono la medesima cosa. I linguaggi diversi e i diversi generi letterari erano for- di credenti provenienti dal paganesimo. I giudeo-cristiani erano _stati s~omu~i­
se portati avanti da gruppi distinti, l'apocalittica, difatti, era coltivata da un cir- cati dalla sinagoga con la nota birkat-ha-minim e alcuni erano ritornati a~ giu-
c_olo ~istretto, e non è certo che questi diversi linguaggi potessero essere tradot- daismo mentre altri ebrei erano attratti dal cristianesimo ma rimanevano inde-
li facilmente da un gruppo all'altro. Ciò non toglie il fatto che la comunità pri- cisi per' paura di essere espulsi pure loro dalla sinagoga. A differenza della Chie-
m1t1va aveva aspettato una parousia imminente che avrebbe trovato alcuni dei sa paolina che era entrata in conflitto sia con gli ebrei sta con alcuni giudeo-cn-
presenti ancora in vita (come in 1Ts e 1 Cor ). Di conseguenza, il ritardo della pa- stiani a causa della questione della circoncisione e dell'osservanza della Torah,
rousza_ servi__va. da pr~nc1p10 ermeneutico per spiegare il significato sia delle pa- la comunità giovannea aveva offeso i medesimi gruppi con la sua insistenza sul-
role d1 Gesu sia del! attesa dei credenti. la cristologia alta e l'affermazione esplicita della divinità di Gesù. 10 Anzi, sap-
Gesù aveva parlato dell'imminenza futura e della presenza della basi/eia piamo dalle lettere che già cominciavano a formarsi dei gruppetti che tendeva:
tau ,theou e ne aveva fatto il centr.o della sua predicazione. Quest'espressione, no verso il docetismo. Ma malgrado tutte queste minacce la Chiesa d1 G10vanm
nel! epoca post-pasquale, decade d1 frequenza e viene tradotta diversamente: da era ormai lanciata nella storia con gli occhi rivolti verso quella petrinan Oltre
Paolo co~ dikaiosyne e da ~iovanni con zoe aù5nios. Nella bocca di Gesù la pa- alle difficoltà interne, le Chiese dell'Asia Minore erano perseguitate dall'Impe-
rola corr1.spondente aramaica malkutha poteva significare «regalità» ovvero ro romano, una circostanza non secondaria che occasionava la recrudescenza
<~r~~no» sta ~el s~o senso.temporale sia nel senso territoriale.7 Il suo significato del genere letterario apocalittico con cui si esortava alla re~istenza ~i~~ alla
o.r1g1nal~ nei detti del Maestro è ancora oggetto di discussione, e l'espressione morte in attesa della vittoria finale del Cristo Risorto. Intanto, 1 credenti gia pos-
ricorre_ si_a nel genere parabolico, sia in quello sapienziale come anche in quello sedevano la vita eterna donata dal Padre agli eletti.
apocahtt1co. La_difficoltà degli esegeti moderni di puntualizzare il suo vero si-
gmf1cato teologico dipende in gran parte dalla sua polisemia. Quindi non causa
nessuna meraviglia che anche gli autori neotestamentari, nella luce della risur- 8 R. BULTMANN, «Die Eschatologie des Johannesevangeliums>>, in Zwischen de': Zeiten

rezione, abbiano interpretato il Regno in diversi modi, secondo il punto di vista 6(1928), 4-22; ID., Theologie des NT, Ttibingen 2 1954, 383 e 424; L. VAN HARTJNGSVE.LD, D1e Escha-
tologie des Johannesevangelium5, Assen 1962; ~.F.D. MoULE, «A Neglected Factor in the.Study.of
Johannine Eschatology>1, in Studies in John, Le1den 1970, 155-160; J. PAINTER, <<Eschatolog1cal Fa1th
in the gospel of John)), in Reconciliation and Hope, Exeter 1974, 36-52; M. PAMr-:1ENT, «Eschat~logy
in the Fourth Gospel)), in JSNT 15(1982), 81-85; P. RICCA, Die Eschatologie des Vierten Evangeln1n1S,
Il conce~t~ ..dì. «genere apocalittico» ha avuto una lunga evoluzione tracciata benissimo in
6
Ztirich 1966; ZEDDA, L'escatologia biblica, II, 297-516, .
J.M. SC~"-IMIDT, Die 1ud1sche Apokalyptik. Die Geschichte ihrer Erforschung von den Anfiingen bi5 zu 9 La discussione cominciò con il libro di J.A.T. RoBINSON, Redat1ng the New Testa1nent, Lon-
den. Textfunden von Qumran, NeukITchen 1969; e, più recente, J.J. COLLINS, The Apoca/yptic Jmagi- ~n l~~ · · . R. h
nation, New York 1984. 10 Cf. p GRECH, «La comunità giovannea nei cc, 7 e 8 del Vangelo di G1ovannt>i, in zcerc e
. ~· lASTROW,A Dictionary ofthe Targumim, the Talmud Babli and Yerushalrni, and the Mi-
7
Storico Bibliche III(1991)2, 59-68 [ora in questo volume, pp. 301-310]. . . .
drash1c Ltterature, New York 1950, sub voce. 11 R.E. BROWN, The Conimunity of the Beloved Disciple, London 1979, 155 [tr.1t.Ass1s11982].
322 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere) 323

I vangeli sinottici erano già in circolazione da diversi anni e le parole esca- si svolge nel momento, o punto nel tempo, in cui un uomo crede. 16 Non esiste,
tologiche di Gesù erano conoscinte anche dalle comnnità ellenistiche, come sap- dunque, una parousia, né una risurrezione dei morti, ma solo l'atto di conver-
piamo dalle allusioni alla tradizione pre-sinottica nella Prima lettera ai Tessalo- sione esistenziale del non credente alla fede.
nicesi.12 Ma questi logia dovevano essere capiti nelle nuove circostanze in cui si Recentemente JOrg Frey ha pubblicato due volumi sull'escatologia gio-
trovava la comunità di Giovanni. L'opera ermeneutica di reinterpretazione era vannea di complessivamente quasi novecento pagine, a cui manca ancora il ter-
affidata a «Ciò che lo Spirito dice alla Chiesa» (Ap 2,11 e passim). Ricordiamo zo, con il titolo Die johanneische Eschatologie. I, Ihre Probleme im Spiegel der
il detto di Gesù nel Vangelo di Giovanni che funziona da principio ermeneuti- Forschung seit Reimarus (1997); II, Das johanneische Zòtverstdndnis (1998),
co di tutto il vangelo: Mohr, Tiibingen. L'opera contiene una bibliografia esaustiva sul. nostro argo:
mento. Nel primo volume l'autore traccia tutta la storia delle varie valutaz1on1
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il e interpretazioni del Vangelo di Giovanni da Reimarus, pas.sando attraverso J.-
peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta inte-
F. Strauss, J. Weiss, A. Schweitzer, R. Bultmann, i bultmanmam, i non bultman-
ra, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le co-
se future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà ... Egli vi niani e le scuole recenti come quella di R. Brown, fino ad oggi. La sua contro-
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 16,12-14; versia principale è contro l'interpretazione esistenziale di Bultmann. Sostiene
14,26). che un'investigazione dell'escatologia del Quarto Vangelo deve essere basata
sul testo come lo abbiamo ricevuto oggi e non su presunte fonti o uno sviluppo
Ciò vuol dire che il significato delle parole del Gesù storico, incluse quelle diacronico. Non devono essere studiati soltanto i passi di natura teologica ma il
escatologiche, sarà esplicitato dallo Spirito del Risorto. Difatti, alcune parole di testo intero con tutte le sue ripercussioni retoriche e drammatiche, perché an-
Gesù riportate da Giovanni fanno trasparire che sono parole del Risorto piut- che queste parlano al lettore e hanno un contenuto teologico. I detti escatologi-
tosto che del Gesù storico. Il genere letterario dei capitoli 13-17 del vangelo è ci hanno una dimensione non soltanto temporale (presente e futuro), ma anche
simile ai «dialoghi del Cristo Risorto» nella letteratura gnostica. i3 i quali, pro- spaziale. Esiste una fusione di orizzonti in questo vangelo tra il tempo. del Gesù
babilmente, sono stati influenzati da questi capitoli. Per esempio, certe locuzio- storico e quello dell'evangelista che si interpenetrano errneneuticament~.
ni come «Quando ero con loro ... » (17,12); «Io non sono più nel mondo ... » L'«ora» che verrà è già cominciata dalla risurrezione di Lazzaro. L'escatologia
(17,11); «Dove sono io voi non potere venire ... » (7,34) indicano il Risorto. Que- giovannea ha origine nella cristologia che ha il sopravv~nto_su di ~ssa.
ste parole sarebbero dunque una rilettura della dottrina di e su Gesù alla luce Nel secondo volume Frey esamina l'uso dei tempi dei verbi nel vangelo,
della· risurrezione. particolarmente il presente, l'imperfetto, il perfetto e il futuro .e. i contrasti come
È opinione comune che lescatologia giovannea è del tipo che si chiama 8 58: «Prima che Abramo fosse, io sono». Il presente storico s11nterpenetra con
escatologia realizzata ovvero presenziale. Questa si oppone ad escatologia con- il, perfetto per indicare l'effetto duraturo della presenza di G.esù. Il tutto è do-
seguente ovvero futura. «Conseguente» è un aggettivo coniato da Albert minato dall' «ora» di Gesù, che viene scandita da feste, g1orn1 e ore del giorno
Schweitzer che vorrebbe dire totale, fino alla sua ultima conseguenza, opposto con funzione antidoceta. Troviamo una certa stereoscopia temporale in questo
a parziale, per descrivere l'escatologia di Gesù secondo Johannes Weiss, con cui scritto che ci convince che il tempo escatologico è presente nella comunità po-
egli era d'accordo. 14 Gesù, cioè, era un profeta escatologico, non un moralista stpasquale con la presenza dello Spirito Paraclito. Quindi, né Vinterpretazione
fondatore di una religione universale, come lo ritenevano i liberali. Oggi, però, esistenziale e atemporale, né quella mistica o quella stonco-salvihca fanno gm-
il termine «Conseguente» è venuto a indicare quell'escatologia che si compirà stizia all'uso grammaticale dei tempi dei verbi giovannei. Il modello giusto è
totalmente nel futuro, nella parousia. L'opposto è escatologia presente ovvero quello cli «due fuochi»: l'ora di Gesù e il presente della comunità. I due volumi
realizzata. Nel suo libro sulle parabole di Gesù, C.H. Doddis interpreta i detti cli di Frey aspettano di essere completati dal terzo in cui l'autore .svolgerà la sua te-
questi come riferentisi a un giudizio e ad una retribuzione o punizione adesso, si positiva [cf. ora Die johanneische Eschatologie, III, [)i.e eschatologische
nel presente, non in un tempo futuro. Anche Bultmann propone un' <<escatolo- Verkundigung in der johanneischen Texten (WUNT 117), Tubmgen 2000]. Fmo:
gia presente puntuale1>, cioè il giudizio di condanna o salvezza da parte di Dio ra non ha fatto altro che valutare, abbastanza negativamente, le mterpretaz10m
date nel passato. Mi sembra, però, che egli già da adesso sottovaluti l'aspetto fu-
turo della parousia e della risurrezione dei corpi. Nella nostra espos1z1one an-
12 Cf. B. RtGAUX, Les épitres aux Thessaloniciens, Paris 1956, 99-101. che noi partiamo dal testo di Giovanni come si trova adesso _ne~ nostro can?ne,
13
Per esempio Il dialogo del Salvatore tra i manoscritti di Na~ Hammadi. sottoscriviamo la tesi della fusione ermeneutica di orizzonti d1 Frey, ma diffe-
14 A. SCHWEtTZER, The Quest ofthe Historical Jesus, London 1950 [tr. it. Brescia 1986].
15 C.H. Donn, The Parables of the Kingdo1n, London 31961 [tr. it. Brescia 1970]. riamo nella valutazione del ruolo della parousia. Tenteremo inoltre di tracciare
l6 BULTMANN, Theologie des NT, 383.424. brevemente un cammino diacronico dopo la nostra esposizione.
324 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere) 325

REGNO DI DIO E VITA ETERNA Perché gli uomini possano avere accesso a questa vita eterna bisogna as-
solutamente che credano nel Figlio (3,15.16.38; 5,24; 6,40.47; 8,12; 11,25s). Que-
Il :ipo di escatologia g_iovannea, come abbiamo già accennato sopra, è sì sta dottrina viene sintetizzata benissimo in 1 Gv 5 ,11-13:
presenz1a~e m~ senza esclusione di un giudizio futuro o di una risurrezione. La
«Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vi-
s~lvezza s1.ott1ene nel momento in cui si crede perché al credente viene comu-
ta; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Questo vi ho scritto perché sappiate
n.1cata !a vita eterna, ma la pienezza di questa vita egli la otterrà nella risurre- che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio».
z10ne. E, quindi, questione di accento piuttosto che di sostanza.
. Veniamo adesso al vocabolario. Come abbiamo detto, nei sinottici il ter- L'offerta della vita nel Figlio e la presenza medesima di Gesù è allo stesso
nune ~scatologico principale è basi/eia tau theou oppure ti5n ourani5n un'e- tempo salvezza e condanna: «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi si rifiuta
spressione secondar~a in Pao~o. Giov~nni menziona il Regno solo in du~ passi. di credere al Figlio non vedrà la vita» (3,16) come colui che rifiuta di andare dal
Nel c. 3,3.5 durante 11 colloqmo con Nicodemo egli afferma che chi non nasce di medico per essere guarito. Difatti,
nuovo_ dall'acqua e dallo Spirito non vedrà (non entrerà nel) regno di Dio, un'e-
spr~ss1one. corrente nel vocabol~rio di allora. L'evangelista si indirizza qui ai «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, nla perché il mon-
«N1co~e~1>> del suo tempo, ebrei che ammiravano il cristianesimo, ma erano ti- do si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non cr~de è ~~
stato condannato ... e il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomm1
tubanti, ricusando di ricevere il battesimo e diventare cristiani a tutti gli effet- hanno preferito le tenebre alla luce perché le loro opere erano malvagie» (3,17-19).
ti.17 Chi ~on crede pi_e~amente nel Cristo e non entra a far parte della Chiesa
non vedra il Regno, c1oe non ottiene la salvezza promessa da Dio; non si può ri- Ecco ciò che vuol dire escatologia realizzata in Giovanni. La presenza di
manere con un piede in due staffe . Gesù nel mondo, che può essere accettata con la fede ovvero rifiutata, è ipso
. La ,seconda menzione del Regno si trova nel colloquio con Pilato in 18,36. facto un giudizio, il quale, però, predispone a un ulteriore giudizio definitivo._
Qm pero non s1 parla del regno di Dio ma della regalità di Cristo un concetto La vita viene comunicata da Cristo al credente per mezzo dello Spmto
n~n ignoto né ai sinottici né a Paolo (Mt 16,28; Le 22,20;23,42; lC~r 15,25). Ge- Santo. Questo viene presentato sotto il simbolo dell'acqua. Il passo più chiaro si
su ~piega _a Pilato che il mo regno, ovvero la sua regalità, non è di questo mondo,
~1oe poht1ca, ma appartiene a un 'altra dimensione, quella celeste. Quindi, mentre
trova in 7,37-39:
11 tema centrale dei sinottici è il regno di Dio, che occupa uno spazio minimo nel <<Chi ha sete venga a mc e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura: fiumi di
Quarto Vangelo il quale parla continuamente della «Vita eterna» con le medesi- acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che
me connotazioni del. Regno, possiamo supporre c~e, forse per scopi politici, a avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Ge-
causa della persecuzione romana, Giovanni voleva evitare la menzione del Re- sù non era stato ancora glorificato».
gno, ~nzi, lo qualifica come non di natura politica, e ne fa l'ermeneutica con un Il concetto si ripete nel colloquio con la Samaritana sull'acqua viva: «L'ac-
t,ermme che esprime meglio il concetto cristiano della salvezza portata da Cristo. qua che io gli darò diverrà in lui sorgente di acqua zampillante in vita eterna»
E a questa ~spress1one che adesso dobbiamo rivolgere la nostra attenzione.
(4,14), e le parole di Gesù sono «spirito e vita» (6,63).
. J?ob~1amo p~ernettere subito che «Vita», in questo contesto, non significa
La vita eterna che è una partecipazione della medesima vita divina si riceve im-
vita b10log1ca, anzi, qualche volta le si oppone: «Chi odia la vita in questo mon-
mediatamente e ci accompagna per tutta la nostra vita di credenti, ma non è che una
do. !a. conserverà in vita eterna» (Gv 12,25; cf. 4,50-53). L'aggettivo «eterna» «caparra»,per usare una parola paolina, 18 della pienezza di vita nella risurrezione dei
c.azo~1os) n~n h.a,un. se~s~ prim.ario temporale, cioè che non ha termine, ma qua-
morti. Il discorso in 5,21-29 afferma esplicitamente che il potere di risuscitare i mor-
htat1vo: la v1tahta d1 cui vive Dio medesimo; è quindi una qualità divina che non
ti appartiene al Padre, ma anche al Figlio: <d morti udranno la voce del Figlio di Dio,
compete all'uomo per nat~ra ma che gli può essere donata in quanto da lui par- e quelli che l'avranno udita vivranno» (5,25). Il verbo è al futuro, e non si parla qui
tecipabile. Difat!I, la vita e una preroga!Iva del Padre data per primo al Figlio
di una risurrezione morale, ma di quella escatologica finale come indica il v. 29:
(1,4 secondo una possibile lettura; 5,26; 6,57; 14,6; 17,2.3; lGv 1,1; 4,9; 5,11-13;
5,20). Gesù afferma che egli è la vita (14,6) e il suo nome è «il Verbo di vita» la «... verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usci-
manifestazione del Verbo è la manifestazione della vita (lGv 1,2) la quale si ~f­ ranno: quanti fecero il bene, per una risurrezione di vita e quanti fecero il male, per
fre a un mondo che s1 trova m stato di morte (5,24; 6,49; lGv 3,14). una risurrezione di condanna».

17 Cf. J.L. MARTIN, 1-listory and Theology in the Fourth Gospel, Nashville 21979, 131-142. 18 2Cor 1,22.
326 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere) 327

. L~ prima venuta di Gesù, come abbiamo indicato sopra, non era per giu- credente così intimamente con Cristo che gli dà la vita eterna adesso e lo farà
d1~are ti mondo, ma una venuta salvifica. La seconda venuta, per mezzo della partecipare alla sua risurrezione nell'ultimo giorno. 21
chiamata (la «voce») del Figlio, sarà una venuta di giudizio perché il Padre" li Il dono della vita da parte di Dio è un dono d'amore, perché se Dio è pie-
ha dato il potere. di giudicare perché è Figlio dell'uomo» (5,27). Questo richi~­ nezza di vita egli è semplicemente Amore. È per amore, gratuitamente, che il Pa-
rno a Dn.7_ e m di~cors1 escatologici dei sinottici 19 è l'unica volta nel Vangelo di dre mandò il Figlio per salvarci e accettò la sua morte come sacrificio espiato-
G1ovanm. in cui e accennata la parousia. L'alternanza tra presente e futuro rio per i nostri peccati:
quando s1 parla di vivere indica il già e il non ancora della vita eterna comuni-
cata al credente (11,26; 14,19), ciò che si rende più esplicito per mezzo della for- Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha manda-
«: ...
mula «verrà l'ora, ma è già adesso» in 4,23 e 5,25. to il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo
sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha man-
.~a vita è intimamente connessa con la luce, infatti «la vita era la luce degli dato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati>; (1Gv 4,8-10). 22
uomim» (1,4) e come Gesù afferma di essere la vita in assoluto (11,25), così di-
ce pure: «lo sono la luce del mondo» (8,12). Ma anche la luce, cioè la rivelazio- Da ciò segu_e che per ottenere la vita eterna e la conseguente risurrezione
~e o automanifestazione di Dio nel Figlio, è un concetto escatologico in quanto non basta credere nel Figlio con una fede sterile ma bisogna comunicare l'amo-
il giudizio è questo: re ricevuto dal Padre attraverso il Figlio e lo Spirito al prossimo.
«La h:ce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce «Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessu-
p~rche le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e no~ no mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui
viene alla luce perché non vengano svelate le sue opere» (3,19s). è perfetto in noi. Da questo sì conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli
ci ha fatto dono del suo Spirito" (lGv 4,11-13).
Ma si potrebbe domandare se la Torah non fosse già luce e non desse la vi-
ta. La risposta giovannea sembra piuttosto negativa. 20 Le Scritture puntano il La dimensione escatologica di questo discorso si evidenzia nel versetto se-
dito verso la sorgente della vita, che è Cristo, rna l'istituzione giudaica non dà vi- guente:
ta:
«Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia
«".'oi scrutate le. Scritture cre~end~ di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono pro- nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo>;
prio esse che nn rendono testimonianza... Se credeste infatti a Mosè credereste an- (lGv 4,17).
che a me; perché di me egli ha scritto» (5,39s.46). '
Cioè, essendo Dio amore, chi ama gli rassomiglia e può presentarsi tran-
Il discorso sul pane della vita nel c. 6 connette il dono della vita e della ri- quillamente al giudizio senza timore. 23 Anzi, l'amore è segno che siamo già pas-
surrezione finale con la morte di Gesù: sati dalla morte alla vita e «chi non ama rimane nella morte», di più, diventa un
omicida come Caino e nessun omicida possiede la vita in se stesso (lGv 3,14.15).
«Chi m.angia_la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io Io risusciterò Questo, l'amore, è il comandamento del Padre, ed è vita eterna (Gv 5,50).
nell'ultu;i<? giorno. _Perché la rr_lla carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda ... Poiché la vita procede dall'amore di Dio, vita e risurrezione vengono do-
Quest? e il pan.e <lisce.so dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri
e monrono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (6,54-58). nate gratuitamente:

«Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuo-
Il tema del pane della vita in questo capitolo include sia l'incarnazione del
le" (5,21).
Verbo che si «mangia» credendo in Cristo sia il cibo eucaristico intimamente
connesso con il sacrificio pasquale del Figlio la cui consumazione congiunge il La somiglianza con la dottrina di s. Paolo sulla giustizia che si ottiene per
mezzo della fede e si conserva con la carità, segno della predilezione e della scel-

19
. .. Su q~esto argon1ento, interessante è il libro recente di K. ERLEMANN, Endzeiterwartungen
1m /rllhen Chnstentum, Basel 1996. 21 Cf. G. SEGALLA, Gesù Pane del Cielo, Padova 1976.
.Molt?, dipe_nd~ dall'inte~·pret~zione della «luce che splende nelle tenebre» nel prologo di
20 22
. Il tema viene trattato in M.C.DE BOER,lohannine Perspectives on the Death of Jesus,Kam-
G1ovann1. Se c10 s1 nfensce alla nve\az1one della Torah, che non viene recepita allora Cristo la ve- pen 1996.
ra luce, la completa e la sostituisce. ' ' 23 Secondo il principio antico «similis a simile cognoscitun>.
328 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere) 329

ta da parte di Dio, è ovvia. Si potrebbe fare uno studio sui paralleli, in due co- Ciò viene confermato prima di tutto dai motivi dell'esodo: Gesù è l'agnel-
lonne, tra la dikaiosyne paolina e la zoe aù5nios giovannea senza trovare discre- lo pasquale, così viene indicato dal Battista (1,36), muore nell'ora in cui vengo-
panze sostanziali. 24 La giustificazione e la vita eterna costituiscono il «già», lari- no immolati gli agnelli pasquali (19,31) e non gli viene spezzato nessun osso in
surrezione il «non ancora». L'offerta di entrambe è simultaneamente un dono e imitazione di tali agnelli (19,36; cf. Es 12,46). Egli è la manna discesa dal cielo
una responsabilità di giudizio. (6,30-32.49.58). Dal suo ventre sgorgano acque vive come dalla roccia i:ercossa
da Mosè (7,37-39). Sarà esaltato come il serpente nel deserto (3,14-15). E la glo-
ria della shekinah che conduceva il popolo nel deserto (1,14.18; cf. Es 24,16).
ESCATOLOGIA COME COMPIMENTO DELLA SCRITTURA Ma, in ultima analisi, mentre Mosè diede la legge che non può salvare, Cristo dà
la grazia e la verità (1,17-18).
Finora abbiamo parlato della vita eterna, cioè dell'escatologia di Giovan- Anche i libri profetici vengono letti nella medesima chiave: Gesù afferma
ni in senso verticale, questa vita comune al Padre e al Logos, comunicata dallo di essere la luce del mondo in adempimento della profezia di Is 49,6 che il Ser-
Spirito al credente per renderlo partecipe della medesima vita divina e della vo sarà la luce delle nazioni (8,12). Il suo corpo è il tempio nuovo predetto da
doxa in cui è entrato il Cristo Risorto. Ma già all'inizio di qùesto discorso ab- Ez 40,1-47 e Ml 3,2-4 (2,19-21). La sua regalità messianica viene testimoniata di-
biamo premesso che esiste anche un'escatologia orizzontale nel senso di «Heils- verse volte (1,49; 19,5.14) ed entra in Gerusalemme seduto su un asinello come
geschichte», cioè di storia della salvezza, non soltanto nel senso bultrnanniano il re umile predetto da Zc 9,9. Il sermone sul pastore in Gv 10,11-16 si collega
di «Heilsgeschehen», ovvero di avvenimento salvifico. Difatti, Paolo Ricca, nel con quello di Ezechiele sul medesimo tema (37,14.28).
suo libro Die Eschatologie des Vierten Evangeliums, colloca questa storia tra In quanto ai libri sapienziali, il Logos che preesiste ed è mediatore .della
I' arche di 1,1 che richiama Gen 1,1 e il tetelestai, «tutto è stato compiuto» sulla creazione richiama Pr 8,22 e Sap 7,26. Il motivo del banchetto che la sapienza
croce di Gv 19,30. 25 Se Mosè aveva scritto di Cristo («Di me egli ha scritto» prepara per coloro che la coltivano viene ripreso in tutto il c. 6 sulla moltiplica-
5,39s. 46), Giovanni mostra come le profezie si sono adempiute nella vita di Ge- zione dei pani e il discorso del pane disceso dal cielo. .
sù ma, allo stesso tempo, come i miracoli da lui compiuti non sono altro che «Se- Ma è particolarmente verso il termine della vita di Gesù che troviamo un
gni» della vita eterna che egli era venuto a portare. aumento di citazioni scritturistiche che puntano verso 1' «ora» suprema: come
I verbi di compimento delle scritture adoperate da Giovanni sono pleroo conclusione del «Libro dei Segni» l'incredulità dei giudei viene messa in rela-
(12,28; 13,18; 15,15; 17,12; 19,21.36) e teleo (19,28.30). Però, non sono soltanto le zione al grido del Servo sofferente in Is 53,1: «Signore, chi ha creduto alla no-
citazioni esplicite dell'Antico Testamento che illustrano la connessione tra pro- stra parola?» (12,37-40) e al durissimo rimprovero di Is 6,10 sull'accecamento
messa e compimento, ma anche le innumerevoli allusioni implicite di cui ades- degli ebrei. Anche il tradimento di Giuda era stato previsto (13,18; 17,12) nel Sai
so citiamo alcuni esempi. Essi dimostrano non soltanto una relazione di pro- 41,10. La divisione delle vesti di Gesù tra i soldati che lo crocifiggevano (19,24)
messa-compimento tra AT e NT, ma una rilettura della Bibbia ebraica in chiave è accaduta in adempimento della profezia del Sai 22,19, come anche il colpo di
completamente cristologica da parte di Giovanni. Se Gesù era lo ego eimi che lancia in 19,37 era stato predetto da Zc 12,10. Abbiamo già menzionato il fatto
era apparso a Mosè nel roveto ardente, l'AT non è una profezia solo nel senso che a Gesù i soldati non spezzarono le gambe (19,36) perché egli era l'Agnello
temporale della parola, ma una testimonianza diretta dei patriarchi e profeti a pasquale per eccellenza.
colui che già contemplavano: Tra tutti i titoli messianici attribuiti da Giovanni a Gesù merita una consi-
derazione speciale quello di «Figlio dell'uomo» che ci ricollega con l'apocalitti-
«Abramo, vostr.o padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ca di Dn 7,14. Si sa bene che nei sinottici questa locuzione, il cui significato pre-
ne rallegrò ... Pnrna che Abramo fosse egO eimù> (8,56.58). 26 ciso e la cui autenticità sono tanto discussi tra gli esegeti moderni, giuoca un
ruolo primario. Giovanni parla più spesso del Figlio di Dio, ma le tredici volte
che egli mette in bocca di Gesù il titolo Figlio dell'uomo hanno un significato al-
quanto diverso e più profondo di quello dei sinottici.
.
24
Ciò non significa, naturalmente, che l'escatologia paolina sia identica a quella di Giovan- Premettiamo che «colui simile a un figlio di uomo», cioè ad una persona
ni. Paolo aspe.tta"'.a. un~ parousia prossima e questa dominava il suo orizzonte. D'altra parte, il pre- umana che viene sulle nubi del cielo in contrapposizione alle figure bestiali pre-
sente della «g1ust1ficaz1one>> prevaleva sulla sua futurità. Cf. ZEDDA, L'escatologia biblica, II, 422ss.
25 RICCA,Die Eschatologie,179. cedenti del c. 7 di Daniele, è una personalità collettiva che rappresenta quegli
26
Tra gl_i stud_i sull'i~terpretazione della Scrittura in Giovanni segnaliamo i più recenti: A. ebrei fedeli che avevano perseverato sotto la persecuzione di Antioco IV e che
0BERMA1\'N, D1e c_hnstolog1sche ErfUllung der Schrift im Johannesevangelùun, Tiibingen 1996 e G. riceveranno da Dio gloria, regno e potenza. Nel IV Libro di Esdra e nelle Pa-
SEGALLA, «La Scnttura nel Vangelo e nelle lettere di Giovanni», in E. NORELLI (ed.) La Bibbia nel-
l'antichità cristiana, Bologna 1993, I, 151-180. ' rabole di Enoch etiopico, «figlio dell'uomo» indica il messia. Abbiamo, dunque,
330 Il messaggio biblico e la sua interpretazione L'escatologia degli scritti giovannei (Quarto Vangelo e Lettere) 331

un essere cel~ste rnppres_entante un popolo sofferente che sarà glorificato da CoNCLUSIONE


Dio. Un~ met~ dei detti giovannei parlano di una esaltazione e una glorificazio-
ne (con 1 verbi hypsothenai e doxazo) che richiamano il Servo sofferente di Is Concludiamo questo discorso tirando le somme di ciò che abbiamo detto
52,13 11 ~uale hypsothi!setai kai doxasthi!setai sphodra (3,14; 6,62; 8,28; 12,23.33; nel corso di questa conferenza. Ma prima di fare ciò dobbiamo porre la doman-
13,31). Lmnalzamento d1 Gesù avverrà sia sulla croce sia in cielo, donde trarr' da se, nella storia della comunità giovannea, ci sia stato uno sviluppo del pen-
tutto a sé inclusi gli angeli che si affolleranno su di lui (1,51: interpretazione da siero escatologico. Non è facile rispondere a tale questione, sia perché le rico-
Painter). Egli è colui che ascende al cielo perché è disceso dal cielo ed è per~
27 struzioni dello sviluppo del circolo di Giovanni variano di autore in autore, sia
manentemente m cielo (3,13). Egh provvede il vero cibo per la vita eterna ed ' perché non si nota una differenza tanto grande tra il vangelo e le lettere a que-
lui stes_so cibo _che bisogna mangiare (6,27.53). Anzi, essendo egli la luce, vien: sto riguardo. Certamente la comunità più antica condivideva con tutta la Chie-
costitmto gmd1ce supremo (5,27) e quindi solo la fede in lui ci porta alla luce sa primitiva la convinzione di un ritorno prossin10 di Gesù, ma sviluppandosi
alla vera vita (9,35). Il Quarto Vangelo non parla di parousia; ne parla, però lG~ particolarmente in ambiente ellenistico la riflessione dello stato e della funzio-
2,28 nel senso di giudizio finale. ' ne attuale del Kyrios, la teologia paolina elabora la funzione escatologica della
. Ma, n~nostante l'escatologia realizzata (o «personalizzata», secondo P. dikaiosyni! mentre quella giovannea elabora quella parallela della vita eterna.
Ricca) che s1 concentra sull'incarnazione e la glorificazione del Figlio, non man- L'escatologia presente di Giovanni persevera anche nelle lettere: il maligno è
cano accenni apocalittici i quali, in chiave minore, parlano della seconda venuta già stato sconfitto (lGv 2,13-14), la vita eterna è già stata rivelata (lGv 1,2), noi
e del conflitto presente. Il rimprovero a Pietro: «Se voglio che egli rimanga tin- già camminiamo nella luce (lGv 1,7; 2,9-10), l'amore divino ha già raggiunto il
che 10 venga, che importa a te?» (21,22s) va inteso certamente in questo senso. suo culmine (lGv 2,5), siamo veramente figli di Dio (lGv 3,1),Dio abita nel cre-
Altn tratti apocahtt1c1 si trovano nella lotta tra luce e tenebre, tra vita e morte dente (lGv 4,15). Raymond Brown30 pensa che i secessionisti credevano di pos-
tra Cristo e il principe di questo mondo, tra i discepoli e il mondo, che si trova'. sedere già l'ultima perfezione e, per correggerli, l'autore della lettera sottolinea
no ovunque nel vangelo. Naturalmente, nel libro dell'Apocalisse, dato il suo ge- sia i requisiti morali per conseguire la vita eterna (1,7; 2,5.10; 3,10), sia la futu-
nere_ letterario spe~1f1co, q~esti tratti occupano il primo posto, ma la sostanza, se rità della parousia particolarmente in 2,28 e 3,3. Intanto constatiamo che l'apo-
vogliamo tradurla m termmi evangelici, non è tanto differente. Ambedue vedo- calittica ritorna nella terza generazione cristiana in una forma differente da
no l'ora della vittoria di Cristo nella sua morte e risurrezione anche se il con- quella primitiva, sia nel libro dell'Apocalisse, sia nella 2 Pietro.
cetto viene espresso per mezzo di generi differenti. 28 La tradizione sinottica aveva trasmesso la predicazione di Gesù con tema
Abbiamo appena parlato dell' «Ora» di Gesù. Questo termine è centrale centrale il regno di Dio e con il Figlio dell'uomo come figura principale. Questo
nell'escatologi~ giovannea perché indica il «terminus ad quem» disposto dal regno appare come futuro, qualche volta come già presente. Analizzandone il si-
Padre verso cui corre non soltanto l'itinerario terreno di Gesù ma anche l'inte- gnificato troviamo che è polisemico. Nessuna meraviglia, dunque, che dopo lari-
ro ~ntico :esta?1:e~to, come abbiamo già visto. Essa «indica il tempo decisivo, surrezione di Gesù il tutto venga riletto alla luce dell'avvenimento pasquale. La
agh effetti salv1f1c1, della glorificazione di Gesù» (Zedda).29 Difatti, ricorre primitiva comunità era in attesa della parousia come compimento finale dell'o-
spesso la frase «non era ancora venuta la sua ora» (2,4; 7,30; 8,20; 12,23; 13,1; pera redentiva. Paolo stesso, che traduce uno degli aspetti del regno come
17,1.27?. Solo nell'ora stabilita dal Padre, non dagli uomini, era possibile mette- dikaiosyne, sia presente sia futura, vede il compimento definitivo soteriologico
re ?esu a morte. Però, per I cristiani, la hora è proprio ora: erchetai hi5ra kai nyn nella seconda venuta di Cristo e nella risurrezione dei morti. Parla poco di «re-
estm ( 4,23;;',25); «Ora è _il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo gn0>> e niente affatto di Figlio dell'uomo. Però, già in Luca e nelle lettere tardi-
mondo sara gettato fuon» (12,31) non indica soltanto !'adesso della vita di Ge- ve paoline (o postpaoliue) troviamo una certa deescatologizzazione. Con Gio-
sù m_a tutto il tempo presente della Chiesa in cui lo Spirito continua l'opera di vanni siamo nella terza generazione cristiana. La parousia tarda a venire e al-
Gesu. cuni cominciano anche a deridere l'idea, come appare dal c. 3 della 2Pt. La Chie-
sa sta in conflitto con Jabne e il giudaismo del post-70, viene perseguitata dai ro-
mani e ha problemi interni. La letteratura giovannea, date queste circostanze,
prosegue nell'ermeneutica del concetto di regno di Dio e di Figlio dell'uomo.
Traduce i valori del regno, sulla liuea della giustificazione paolina, con la tema-
tica della vita eterna in tutti i suoi aspetti. L'avvenimento culminante sarà
!~ J. PAIN.T~R,. The. Qi.te,st for _th~ Messiah, Edinburgh 21993, 184-187 .
. - La test e d1 ant1ch1ta patristica e ammessa nell'esegesi più recente. lo Italia è stata molto
sottolineata da E. CoRSANI, Apocalisse prima e dopo, Torino 1980.
29 Jll BROWN, The Conimunity ofthe Beloved Disciple, 136-138.
ZEDDA, L'escatologia biblica, II, 364.
332 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

I' «ora» di Gesu' , c1oe


· ' I' avvenimento
· pasquaJe. La parousia recede in prospett' Capitolo ventitreesimo
Tutt · · • • d JVa.
,o c10, pero, ?on e u~a e-esca~~logi.zzazione ma piuttosto un trasferimento
dell eschaton all esaltaz10ne e glonf1caz1one di Gesù da cui proviene Ja v ·
t . ,. =~
a e su e~ pun~a tutt 1nt~ro l'A~tico ~estamento, che ora viene riletto pure alla Le confessioni di fede
luc~ ?ell a~e~~e11:t~ cr~st0Jog1co. R1mangono, è vero, tutti i connotati escato- in Giovanni*
log1c1_, quelli d1 g1ud1z10, r1su~rezione, vita e morte, che, pur mai rimossi dall'ulti-
mo g10rno, vengono sostanzialmente trasferiti dentro la storia della Chiesa do-
mmata dalla figura. maest~sa del Figlio dell'uomo ora regnante in cielo. Solo la
f~de 1~ ~u1 e .la pratica dell arn~re mettono il cr_e?ent,e in comunione con questa
vita d1vma ncevuta attraverso il dono dello Spmto. E il presupposto necess ·
t . Il . . ano
per P_ar ~c1pare a a r1surrez1one dell'ultimo giorno. Giovanni usa il genere let-
~erar10 d1 vangel? ~a la s~a c~rchi~ che, più o meno contemporaneamente, usa
il genere apocahtt1co dell ultimo hbro della Bibbia, non differisce sostanziai~ LE CONFESSIONI NEOTESTAMENTARIE IN GENERE
meute nella sua 1mpostaz10ne. L'Apocalisse parla poco della fine del mondo, ma I i

pro;vede una chiave di. lettura della stori.a di tutti i tempi dominati dal Figlio In quasi ogni libro del Nuovo Testamento troviamo delle formule brevi che 11

dell uomo mtromzzato, 11 quale pratica 11 gmdrz10 nella storia sulla base della fe- parlano di Cristo e della sua opera, introdotte o direttamente o indirettamente con 1'
de. S1 parla di una prima.risurrezione nell'atto di credere. Quindi, fatta una giu- un verbo dentro l'ambito semantico della fede, per es.: do credo che tu sei il Cri-
s~a traduzione erme~eutica da un genere all'altro, nonostante uno spostamento
'
sto». Queste formule sono oggettivizzazioni linguistiche comunitarie dell'espe- i!
~i accento: ~on troviamo. u.na differenza tanto grande da opporre un libro al- rienza che i credenti avevano fatto della persona di Gesù e della sua opera reden- '

i alt~o, e c1 e .anche poss1bd~ tracciare una linea ermeneutica nell'evoluzione trice. La predicazione apostolica primitiva aveva annunziato il Cristo e ciò che egli
dell escatol~gia dalla comumtà primitiva a quella di Giovanni. II Regno predi- significa per noi. Una confessione di fede e la risposta della comunità o di un indi-
c~to da .Gesu e. la sua persona vengono riletti alla luce sia della sua risurrezione viduo a questo annuncio, condensando in una brevissima proposizione sia l'essen-
si.a degli avve~1men.ti stor~ci in cui versa la Chiesa. La storia diventa un princi- za del kerygma sia l'esperienza vissuta dal credente. Mentre il soggetto è in prima
~10 e~meneuhco nei tempi neotestamentari nello stesso modo in cui lo era nel- persona, singolare o plurale, il complemento è in seconda o in terza persona: «Cre-
1 Antico Testamento. diamo (credo) che tu (egli) sei (è) il Cristo».
Possono essere sia in forma di acclamazione: «Veramente questo è il Figlio di
Dioh, sia, come negli esempi già addotti, in forma proposizionale (pistis-formula).
Se il complemento è un sostantivo abbiamo una confessione nominale:« ...
che tu sei il Messia»; se, invece, il complemento è un verbo ci troviamo innanzi
a una confessione verbale:-<-< ... che Cristo morì per i nostri peccati». Le prime ge-
neralmente dicono qualche cosa sulla persona di Gesù o di Dio. Le verbali par-
lano dell'opera del Redentore.
Una confessione è semplice se consiste di una sola proposizione o accla-
mazione, composta se contiene due o più proposizioni. Inoltre, sono positive se
indicano una credenza, negative se sono introdotte da un verbo di negazione:
«Chi nega che Gesù è venuto nella carne ... », ovvero «Non sono io il Cristo».
Le confessioni sono piene o parziali. Piene quando esprimono la pienezza
della fede della Chiesa, parziali se sono sì positive, ma non raggiungono la fede
intera, come per es., la confessione di Gesù come solo profeta in Giovanni e non
come Figlio di Dio. Abbiamo quindi:

'~ L. PADOVESE (ed.), Atti del VI Simposio di Efeso su s. Giovanni apostolo, Istituto France-
scano di Spiritualità-Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1996, 29-37.
334 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Le confessioni di fede in Giovanni

Formule o acclamazioni; Gv 1,36


Formule nominali o verbali; E fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello
Formule semplici o composte;
Formule positive o negative; 3)
Formule parziali o piene. Gv 1,32-34 . . .
Il Sitz im Leben di tali confessioni è generalmente cultico, spesso battesi- Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Sp1r1to scendere come
male. Possono essere proferite, però, davanti ai tribunali in situazione di perse- una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha in-
cuzione, come l'autoconfessione di Gesù di fronte al sinedrio. Qualche volta le viato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere
troviamo in un contesto di controversia, o con i giudei, o con i pagani, ovvero e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. . . .
con false dottrine in seno al cristianesimo stesso. Nei vangeli occorrono talvolta E io ho visto e ho reso testimonianza che questi 11 F1gho d1 Dio.
come risposta a miracoli operati di Gesù, cioè indicano una lettura corretta del
«segno» inteso dall'avvenimento. 4)
. Benché le confessioni siano proferita da uomini singoli o da una comunità, ~1~ . . li~ .
11 vero autore di una confessione valida è lo Spirito Santo o Dio medesimo. Ciò (Andrea e Pietro) Egli incont_rò per pnmo suo fratello Simone, e g isse.
consta dalla risposta di Gesù a Pietro in Mt 16,18; dal detto di Gesù riguardan- «Abbiamo trovato il Messia (che s1gmf1ca il Cnsto )».
te la risposta dei condannati di fronte ai tribunali (Mt 10,19s =Le 21,15); dal det-
to paolino in 1Cor 12,3 che nessuno può dire <<Gesù è il Signore» se non nello 5)
Spirito Santo; e da lGv 4,2. Inoltre, Ap 19,10 ci rivela che le confessioni pro- Gv 1,45 1. d. Abb.
vengono dallo spirito di profezia. La coesione di queste brevissime proposizio- (Filippo e Natanaele) Filippo incontrò Natanaele e. g 1 1sse: « , rnmo
ni costituirà in seguito la regula [idei e posteriormente il «Credo» della Chiesa, trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e I Profeti, Gesu, figlio
criterio ultimo di ortodossia o meno della fede dei credenti, e ciò perché il cri- di Giuseppe di Nazaret».
terio di verità delle acclamazioni o delle formule-pistis medesimo è la loro cor-
rispondenza o meno con la predicazione primitiva degli apostoli. 6)
Gv 1,49 · · d. D. t · il
(Natanaele) Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il F1gho 1 IO, u sei
LE CONFESSIONI IN GIOVANNI re d'Israele!».

Dal Vangelo e dalle Lettere di Giovanni ho raccolto trentadue gruppi di 7)


formule che si possono considerare come confessioni in senso stretto. Sono le ~Zll ... · ·· 1
(Dopo il miracolo di Cana) Così Gesù_ diede 1rnzIO ai suoi muaco I m a-
c
seguenti. ·
rra di Galilea, manifestò la sua gloria e i sum d1scepoh credettero m lm.
1) Gv 2,23
Gv 1,20.21 (Similmente dopo un miracolo) Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua,
Egli confessò e non negò, e confessò: do non sono il Cristo». Allora gli durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome.
chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il pro- Gv 10,41 . . G"
feta?». Rispose: «No». (Similmente dopo un miracolo) Molti andarono da lm e dicevano: «. 10-
Gv 3,28 vanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che GIOvanm ha detto d1 co-
Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io so- stui era vero».
no stato mandato innanzi a lui.
8)
2) Gv 3,2 . . , · h
Gv 1,29 (Nicodemo) Egli andò da Gesù, di_ notte, e gh disse: «Rabb1, sappiamo c . e
Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'a- sei un maestro venuto da Dio; nessuno 1nfatt1 puo fare i segni che tu fai, se Dio
gnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!» non con lui».
336 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Le confessioni di fede in Giovanni 337

9) 17)
Gv 4,19 Gv 9,17
(La Samaritana) Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta», (Il cieco nato) Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal mo-
mento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: <<È un profeta!».
10)
Gv4,29 18)
«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che Gv 9,22
sia forse il Messia?». (Negativo) Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei giudei;
infatti i giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il
11) Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.
Gv 4,42
E dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma 19)
perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi veramente è il salvatore Gv 9,35-38
del mondo». Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi
nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».
12) Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli dis-
Gv4,53 se: «lo credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi.
(L'ufficiale del re e la sua casa credono dopo il miracolo) Il padre rico-
nobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credet-
20)
te lui con tutta la sua famiglia.
Gv 11,27
(Marta) Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di
13)
Dio che deve venire nel mondo».
Gv 5,15
(Il paralitico curato dice ai giudei che era stato Gesù che lo aveva curato
ed essi cominciarono a perseguitarlo) Quell'uomo se ne andò e disse ai giudei 21)
che era stato Gesù a guarirlo. Gv 11,45
(Molti giudei credono in Gesù vedendo il miracolo su Lazzaro) Molti dei
giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, cre-
14)
Gv 6,14 dettero in lui.
(Dopo la moltiplicazione dei pani) Allora la gente, visto il segno che egli
aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi davvero è il profeta che deve venire 22)
nel mondo!». Gv 12,13
Prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto
15) colui che viene nel nome del Signore il re d'Israele!
Gv 6,69
(Pietro e i Dodici) «Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo 23)
di Dio>>. Gv 16,30
(Dopo il discorso dell'ultima cena) «Ora conosciamo che sai tutto e non
16) hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da
Gv 7,40-41 Dio».
(Alcuni giudei) All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Que-
sti è davvero il profeta!». 24)
Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «11 Cristo vie- Gv 20,28
ne forse dalla Galilea?» Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
338 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Le confessioni di fede in Giovanni 339

25) Raggruppando queste confessioni nelle categorie suddette troviamo:


Gv 21,7
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Si- 7 acclamazioni
mon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché 10 formule-pistis
era spogliato, e si gettò in mare. 21 nominali
5 verbali (+ 5 con participi)
26) 15 semplici
lGv 2,22-23 11 composte
Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticri- 24 affermative
sto è colui che nega il Padre e il Figlio. [23] Chiunque nega il Figlio, non possie- 4 negative
de nemmeno il padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre. 5 parziali

27)
lGv 4,2 Il modo di introdurre le confessioni è diverso:
Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce
che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio. Con pisteui5(men): nn. 15, 19, 20, 23, 29, 30
Con homologei5: nn. 1, 27, 28, 32
28)
Con gignoski5(men): nn. 8, 11, 15, 23
lGv 4,14-15
Con martyrei5: n. 3
E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo
Con oida(men): nn. 23, 31
Figlio come salvatore del mondo. [15] Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio
Con orai5: nn. 3, 9
di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.
Con euriskoui5(men): nn. 4, 5
29) Con akoui5: n. 11
lGv 5,1 Con theaomai: n. 27
Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha Con arneomai: nn. 1, 26, 27
generato, ama anche chi da lui è stato generato.

30) In quanto all'oggetto delle confessioni nominali abbiamo:


lGv 5,5
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Christos: nn. 1, 9, 15, 18, 20, 26, 29
lGv 5,10 (ho) prophetes: nn. 1, 9, 14, 16, 17
Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a amnos tou theou: n. 2
Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha reso messias: n. 4
a suo Figlio. hon egrapsen Mojises: n. 5
basileus tou Israel: nn. 6, 14, 20
31)
didaskalos: n. 8
lGv 5,20
sOter tou kosmou: n. 19
Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per
hagios tau theou: n. 15
conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli
hyios tou anthropou: n. 19
è il vero Dio e la vita eterna.
kyrios: nn. 24, 25
32) theos: n. 24
2Gv 7 ek tou theou: n. 27
Poiché molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non rico- hyios tou theou: nn. 3, 6, 20, 26
noscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l'anticristo!
340 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Le confessioni di fede in Giovanni 341

Confessioni verbali: Giovanni non conoscesse questi fatti o teologoumena, come è ovvio dai suoi rac-
conti e discorsi, ma perché le confessioni della sua Chiesa rivelano altre preoc-
en sarki elelythota: n. 27 cupazioni, provocate dalle circostanze storiche della comunità e dall'evoluzione
ho airi5n ten hamartian: n. 2 della dottrina cristologica.
ho baptizon en pneumati: n. 3
apo theou exelthes: Il. 23
apo theou elelythas: n. 8 FONTI E BIBLIOGRAFIA
ho erchomenos en onomati kyriou: n. 22
Oltre ai commentari classici su Giovanni e le Epistole abbiamo utilizzato
In questa lista, mentre troviamo molti titoli mancanti nel resto del Nuovo le seguenti fonti per la nostra ricerca:
Testamento, ci sorprende il fatto che sono assenti quelle formule della morte per
i nostri peccati, risurrezione per la nostra giustificazione, che si trovano tanto GNILKA J., Jesus Christus nach friihen Zeugnissen des Glaubens, Miinclien
spesso in Paolo e in Atti. Le formule giovannee insistono più sulla persona di 1970.
Gesù, sulla cristologia alta, sull'incarnazione, sulla rivelazione e sulla salvezza KRAMER W., Christos, Kyrios, Gottessohn, Ziirich 1963.
universale. MARTYN J.L., History and Theology in the Fourth Gospel, New York 1968.
Gesù è l'agnello sacrificale. Il titolo kyrios si trova solo dopo la risurrezio- NEUFELD V.H., The Earliest Christian Confessions, London 1963.
ne di Cristo, e notiamo che più si va avanti nel vangelo più forti diventano le SEGALLA G., La cristologia del Nuovo Testamento, Brescia 1985.
espressioni di fede, fino a raggiungere il loro culmine nella confessione di Tom- VIELHAUER P., Geschichte der urchristlichen Literatur, Berlin 1975.
maso. WENGST K., Christologische Formeln und Lieder des Urchristentums, Gii-
Adesso proviamo a raggruppare queste confessioni secondo il loro Sitz im tersloli 1972; Bedrangte Gemeinde und verherrlichter Christus, ein Versuch iiber
Leben. È ovvio che la nostra classificazione è ipotetica, date le numerose con- das Johannes Evangelium, Miinclien 1992.
troversie tra gli esegeti sia sull'evoluzione della comunità giovannea sia sull'a-
dattamento delle confessioni a queste circostanze storiche.
Risposta ai «segni» di Gesù nel vangelo: 15 volte; forse si tratta qui di con-
fessioni battesimali.
Contro gruppi che veneravano il Battista come Messia: nn. 1, 2, 3
Contro i giudei: n. 17
Contro il culto dell'imperatore: n. 24 («Dominus et deus nostern)
Contro giudeo-cristiani e disertori: nn. 15, 24, 26, 28, 29, 30
Contro un docetismo incipiente: nn. 15(?), 22, 32
Contro giudei titubanti: n. 8

È evidente che nell'elenco di possibili confessioni di fede negli scritti gio-


vannei nou tutte le formule elencate fossero usate di fatto nelle comunità del-
l'apostolo; molte hanno fuuzioni solo letterarie e teologiche senza che necessa-
riamente corrispondano a confessioni reali e storiche nella Chiesa giovannea.
Ma da quelle confessioni che reputiamo siano state usate liturgicamente po-
tremmo ricostruire il seguente «credo>> giovanneo:
«PisteuO hoti lesous estin ho Christos, ho hyios tou theou, hyios tou anthro-
pou) ho sOter tou kosmou, hos ek theou exelthe, theos en sarki elelothyta tau ai-
rein ten ha1nartian tou kosmou hOs amnos. Kyrios men kai theos estin hemOn».
Per il «passus sub Pontio Pilato, mortuus et sepultus est secundum scriptu-
ras, resurrexit tertia die et ascendit in coelum, inde venturus est iudicare vivos
et mortuos» dobbiamo rivolgerci alle confessioni paoline e petrine. Non perché
Capitolo ventiquattresimo

Il kerygma della comunità giovannea*

Nel 1996 tenni una conferenza, in questa medesima sede, sulle confessioni
di fede della comunità giovannea. 1 La confessione cli fede non è altro che lari-
sposta alla parola dell'annunzio che in essa si rispecchia, noi lo chiamiamo
kerygma. Scopo della presente lezione è quello di cercare di ricostruire l'an-
nuncio di questa comunità dal Quarto Vangelo, riletto redazionalmente al livel-
lo del Sitz im Leben di un gruppo di cristiani in Asia Minore i quali si appella-
vano all'autorità del discepolo prediletto. 2
Prima di entrare in argomento, però, dobbiamo chiarire il nostro concetto
di kerygma, per definire meglio i limiti della ricerca. Nel suo libro programmati-
co The Apostolic Preaching and its Developments ,3 C.H. Dodd distinse tre forme
di annuncio: kerygma per quelli di fuori, didachè come insegnamento ai membri
della Chiesa e parenesi4 che trattava la parte comportamentale del credente. Il
libro si concentrava sull'annuncio ad extra, e l'autore tenta di ricostruire questo
annuncio dai discorsi kerigmatici che troviamo negli Atti degli apostoli e nelle
lettere paoline.5 La sua tesi di un kerygma unico fu molto criticata, particolar-
mente da esegeti come Kasemann,6 avvocati di un pluralismo di teologie diver-
se nell'ambito neotestamentario. J.I.H. McDonald, in Kerygma and Didache,7
estese il concetto di kerygma a quattro generi letterari, cioè profeteia,paraklesis,
parenesis e paradosis, mentre E.E. Lemcio, nell'appendice del suo libro The Pa-
st of.lesus in the Gospels,8 dopo un esame di tutti gli autori neotestamentari, ri-
torna ad un possibile denominatore comune kerigmatico che li riunisce.

* Di prossima pubblicazione nei Simposi di Efeso, Antonianum, Roma.


1 P. GRECH, «Le confessioni di fede in Giovanni>>, in L. PADOVESE (ed.), Atti del VI Simposio
di Efeso su S. Giovanni Apostolo, Roma 1996, 29-37 (ora in questo volume, pp. 333-341].
2 Prescindo dalla questione di chi abbia scritto il vangelo. Considero il cosiddetto «discepolo

prediletto» come la fonte di notizie storiche e considerazioni teologiche di cui vive la comunità gio-
vannea.
3 London 1944.
4 Del medesimo autore cf. anche Gospel and Law, Cambridge 1951.
5 In P. GRECH, Le idee fondanientali del Nuovo lèstan1ento, Modena 1970, ho seguito la pro-

posta di Dodd ma 1ni accorgo che il problema ha 1nolte altre sfaccettature.


6 E. KASEMANN, New Testan1ent Questions of Today, London 1969.
7 Cambridge 1980.
8 Cambridge 1991, nell'appendice pp. 115-131.
344 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il kerygma della comunità giovannea 345

In questa confusione di pareri è necessario chiarire la nostra posizione. Pri- valore del mondo, egli è uscito da Dio, il Verbo venuto nella carne per togliere
ma di tutto si deve distinguere tra kerygma e teologia. Mentre il primo annuncia il peccato del mondo come un agnello. È Signore e Dio nostro». Notiamo che
i terni fondamentali della fede di una comunità a non cristiani, e didachè, parddo- nonostante l'alta cristologia contenuta nel vangelo troviamo anche gli altri tito-
sis, parenesi e profezia si indirizzano ai credenti dentro la comunità, la teologia li comuni a tutte le altre comunità. Manca soltanto, come confessione di fede, il
nasce dalla riflessione di individui o di gruppi sull'interrelazione tra gli elementi «morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione» paolino. 13 Ma
di dottrina trasmessa in questi vari generi letterari e il tentativo di trovare una anche se manca come confessione il concetto non è ignoto a Giovanni, come ve-
connessione logica tra di loro. Che ci sia una pluralità di teologie nelle diverse co- dremo appresso.
munità, dunque, è ovvio. 9 Ma mentre riteniamo che ci fosse un kerygma fonda- Adesso possiamo domandarci se è possibile ricostruire, sia dalle testimo-
mentale comune che presentava l'attività e l'annuncio di Gesù di Nazaret, il Mes- nianze dirette, sia, in modo speculare, dalle confessioni di fede, il kerygma o i
sia aspettato dagli ebrei, morto e risorto, attraverso cui riceviamo lo Spirito, il mo- kerygmata della comunità giovannea. Nell'ambito dell'annuncio, però, dobbia-
do di proclamare questo messaggio ad extra varia secondo il carattere e le circo- mo includere un altro genere letterario, cioè le controversie di Gesù con i giu-
stanze delle diverse comunità, ma anche, in un medesimo gruppo, esso si adegua dei, controversie che riflettono le medesime dispute della comunità con la sina-
alla natura degli ascoltatori, per es., ebrei o gentili; si adegua anche al grado di ap- goga nei decenni successivi. 14 Coordinando adesso questi generi letterari con i
profondimento della fede in Cristo raggiunto da una determinata Chiesa: come diversi Sitz im Leben e con determinati capitoli del vangelo e delle lettere pos-
esempio possiamo citare la transizione da una cristologia messianica, come quel- siamo arrivare a conclusioni interessanti.
la dei sinottici, a una cristologia alta testimoniata da Paolo e da Giovanni; e que- Cominciando dai generi letterari didattici, anche se c'interessano di meno,
sto non era soltanto questione del tempo necessario per elaborare una teologia, troviamo la paradosis sia nella trasmissione delle tradizioni contenute nel Quar-
ma anche del progresso di rivelazioni carismatiche nelle diverse comunità. 10 È in to Vangelo, sia nell'insistenza del prologo della Prima lettera di Giovanni su «Ciò
questo senso che possiamo ammettere una pluralità cli kerygmata. 11 che era dall'inizio». Della parenesi si può dire che tutte le epistole giovannee ap-
partengono al genere parenetico. La didascalia, invece, si trova nel discorso di
Passiamo adesso a ricordare le confessioni di fede della comunità giovan- addio agli apostoli nel cenacolo (cc. 13-17) come anche nel sermone sapienzia-
nea.Nel suddetto articolo avevamo constatato che le confessioni nominali com- le ed eucaristico di Gesù del c. 6 del vangelo. Inoltre, troviamo cenni di contro-
prendevano i titoli Christas, amnas tau theau, messias, han egrapsen MOyses, versia contro un incipiente docetismo nella Prima lettera contro alcuni giudeo-
basileus tau lsrael, didaskalos, sOter tou kosmau, hagias tau theou, hyios tou cristiani che erano tentati di ritornare alla sinagoga dopo la scomunica loro in-
anthri5pou, kyrios, theos, ek tou theou, hyios tou theou. Le confessioni verbali, flitta dalla dodicesima benedizione (6,60-70) nonché le controversie con i giudei
invece, erano: en sarki elelythota, ho airOn ten hamartian, hypa theou exelthes, nei cc. 5, 7, 8 e 9 del vangelo.
apo theou elelythas, ho erchomenos en onomati kyriou. Abbiamo detto che il kerygma si distingue secondo le diverse specie degli
Avevamo ancora constatato che i diversi Sitz im Leben che avevano ri- uditori, cioè gentili e ebrei, che fossero ben disposti oppure contestatari; segua-
chiesto queste confessioni erano: la risposta ai «segni» di Gesù, la polemica con ci del Battista, i quali probabilmente lo consideravano come il Messia; e, inulti-
i seguaci del Battista, la predicazione ai giudei e la controversia con la sinagoga, mo, ebrei che avevano ricevuto soltanto il battesimo di Giovanni, come attesta-
il culto dell'imperatore in ambienti asiatici, il richiamo a giudeo-cristiani diser- to in At 19,1-7. Poiché nel vangelo non troviamo nessun discorso indirizzato ai
tori e l'esortazione a giudei simpatizzanti ma ancora titubanti. 12 gentili, eccetto l'accenno ai greci che volevano vedere Gesù nel c.12,rimane co-
In ultimo si era provato a ricostruire l'atto di fede della comunità giovan- me oggetto specifico della nostra inchiesta il kerygma agli ebrei ben disposti e
nea, che, ipoteticamente recitato nella sua pienezza, sarebbe stato qualcosa del le controversie contro gli ebrei ostili.
genere: «Crediamo che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, il sai- Cominciamo dal kerygma agli ebrei ben disposti rappresentati da Nicode-
mo nel c. 3.1 5

9 Per una discussione recente del tema cf. F. HAHN, Teologie des Neuen Testaments, 2 voll., Tli-
bingen 2002, in particolare il secondo volume interamente dedicato a tale questione.
10 T.W. GILLESPIE, The F'irst Theologians. A Study in Early Christian Prophecy, Grand Ra- 13 Anche se non abbiamo trovato una tale confessione negli scritti giovannei, la morte di Cri-
pids, Mich. 1994, considera i profeti cristiani come i primi teologi. sto, oltre a essere narrata con il commento delle testimonianze dell'AT nel Quarto Vangelo, gioca
11 Per lo sviluppo della teologia neotestamentaria nei diversi ambienti vedi P. GRECH, «Agli un ruolo importante nei discorsi di Gesù, nelle lettere e nell'Apocalisse di Giovanni, tutti prove-
inizi della teologia cristiana», in A. Dr BERARDINO - B. STUDER ( edd.), Storia della teologia, Casale nienti dalla medesima fonte. Vedi H. KoHLER, Kreuz und Menschwerdung ini Johannesevangeliun1,
Monferrato 1993, I, 25-98 [ora in questo volume, pp. 23-88]. Zlirich 1987; M.C. DE BoER,Johannine Perspectives on the Death oflesus, Kempen 1996.
12 Per le discussioni più recenti cf. R. BROWN, An Introduction to the Gospel of fohn, mano- 14 Cf. D. RENSBERGER,lohannine Faith and Liberating Community, Philadelphia 1988.
scritto postumo pubblicato e aggion1ato da F.J. MOLONEY, New York 2003. 15 RENSBERGER,lohannine Faith, 37-51.
346 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il kerygma della comunità giovannea 347

Prima di esaminare i passi relativi di questo capitolo mi sembra giusto L'intero c. 3 di Giovanni ha come tema centrale la necessità del battesimo
premettere che, secondo gli ultimi studi su Giovanni, particolarmente dopo i e della fede in Cristo. Come ci informa il versetto 3,25s, che appartiene all'inci-
contributi di J. Louis Martyn, 16 molti esegeti ritengono che i discorsi di Gesù nel so sul Battista tra i due discorsi di Cristo, il battesimo di Gesù differisce sia dal-
Quarto Vangelo si devono leggere su tre livelli: quello storico del Sitz im Leben la purificazione dei giudei sia dal battesimo di Giovanni, 20 esso fa rinascere e
del Maestro stesso, quello del Cristo Risorto che indirizza la comunità per mez- conferisce lo Spirito Santo, non è un mero simbolo penitenziale. Segue che non
zo di coloro che avevano il dono della profezia (si ricordino le sette lettere alle si entra nel regno dei cieli appartenendo al movimento battista ovvero ai sim-
sette Chiese nell'Apocalisse), e nella situazione che va dagli inizi della predica- patizzanti di Gesù, ma solo emettendo un atto di fede completo in Cristo e ri-
zione postpasquale a dopo la scomunica dalla sinagoga negli anni 90. Incontria- cevendo il battesimo dello Spirito.
mo questi tre livelli già nei vv.11-14 del nostro c. 3: Per la delimitazione dei nostri paragrafi kerigmatici ricordiamo la conti-
nua discussione tra esegeti su dove termina il discorso di Gesù con Nicodemo,
<<Inverità, in verità ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò
che abbiamo visto, ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se non credete se con il v. 10, perché dal versetto seguente si cambia la prima persona singola-
quando vi ho detto cose terrene, come crederete qualora vi dica cose celesti? Nes- re in quella plurale, o col v. 15, seguito da un discorso impersonale cristologico,
suno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è ovvero addirittura con il v. 21, che termina la pericope su Nicodemo. Personal-
in cie1o. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il mente, preferisco vedere l'inizio del discorso kerigmatico nel v. 11, anche sesti-
Figlio dell'uomo».
listicamente differente dal resto del discorso. Riportiamo l'intero passo 3,11-21:
È molto probabile che il «noi» e il «voi» rispecchino la controversia sina- «In verità, in verità ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò
gogale. Il Figlio dell'uomo è già in cielo ma deve ancora essere innalzato, il già che abbiamo visto ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se non credete
ma non ancora. Gesù, però, sta parlando di cose terrene con Nicodemo. Ecco i quando vi ho dett~ cose terrene, ~ome cr~derete qua~ora ~i d.ic~ cose ~elesti? Nes,-
tre livelli di lettura. suno è salito al cielo se non colu1 che è disceso dal cielo, Il Figlio dell uomo, che e
in cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il
Chi è Nicodemo? 17 Non importa tanto chi fosse storicamente quanto chi Figlio dell'uomo, affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha
rappresenta. Egli raffigura quegli ebrei che, impressionati dai miracoli di Gesù, tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo lJnigenito affinché chiunque crede
e, più tardi, da quelli dei cristiani, simpatizzavano con il nuovo movimento, ma in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non mandò il Figlio i:el ~on:
non avevano il coraggio di fare l'ultimo passo, confessando Cristo apertamente do per condannare il mondo, ma perc~é il mondo ~ia sa.l~at~, per mezzo di lui. Ch~
crede in lui non viene condannato; chi non crede lil lui e g:ta condannato, perche
e ricevendo il battesimo. La birkat ha-minim era presa molto sul serio sia dai
non ha creduto nel nome del Figlio Unigenito di Dio. Ora il giudizio è questo: la lu-
simpatizzanti sia da giudeo-cristiani che erano tentati di ritornare alla sinagoga ce venne nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, pe:ché
per non sentirsi tagliati fuori dal giudaismo; i ripetuti avvertimenti di Gesù «ri- le loro opere erano malvagie. Poiché: chiunque fa il male C?~ia la luce e ,non vie~~
manete in me» ne rendono testimonianza. 18 alla luce, perché le sue opere non siano smascherate. Colui n1:vec~ che fa la venta
Inoltre, Tosefta Chullin 2,20-24 ci informa della proibizione agli ebrei di viene alla luce, perché si riveli che le sue opere sono operate tn Dio».
andare dai cristiani per essere guariti, essi stessi, i loro figli e i loro schiavi. Un
certo Ja'aqob di Kefer Sama guariva «in nome di Joshua ben Pantera» ma chi si Dop~ la parentesi su Giovanni Battista e i suoi discepoli, che ci richiama
rivolgeva a lui veniva punito. 19 Quindi l'ammirazione di Nicodemo per i mira- in mente le parentesi sul Battista intercalate nel prologo del Vangelo, l'annun-
coli di Gesù si ripete anche nei tempi rabbinici. Ecco il Sitz im Leben redazio- cio kerigmatico prosegue nei vv. 31.36:
nale del racconto su Nicodemo.
«Colui che viene dall'alto è sopra di tutti. Colui che è dalla terra appartiene alla
terra e parla da uomo della terra. Colui che viene da~ cielo è sopr~ di t~tti. Egli te:
stimonia ciò che ha visto e udito, ma nessuno accoglie la sua testimonianza. Colui
16 J.L. MARTYN, The Go;<;pei of fohn in Christian History, New York 1978; History an.d Theo- che accoglie la sua testimonianza, ratifica che Dio è verace. Infatti colui che Dio h~
mandato, dice le parole di Dio, poiché dà lo_ Spirito senz.a ~sura. n. Padre ama i~
logy in. the Fourth Gospel, Nashville 1978.
Figlio e ha tutto rimesso nella sua mano. Ch1 crede nel F1gho ha la VIta ~te~na; chi
17 Cf. J.F. McGRArn, John's Apologetic Christology, Cambridge 2001, 157-171.
is Per gli effetti sociali di questa «Scomunica» a Efeso vedi P. GRECH, «Ebrei e cristiani ad invece disobbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio è sopra d1 lui».
Efeso: riflessi nel Vangelo di Giovanni>>, in L. PADOVESE (ed.), Atti del IV Simposio di Efeso su S.
Giovanni Apostolo, Roma 1994, 139-146 [ora in questo volume, pp. 311-318]; «Il giudeo-cristianesi-
mo: lo stato della questione», in Ricerche Storico Bibliche, XV(2003)2, 7-19 [ora in questo volume,
pp. 237-248].
19 Testo italiano in H.G. K[PPENBERG - G.A. WEWERS, Testi giudaici per lo studio del Nuovo
20 Cf. P. GRECH, «La pratica del battesi1no ai tempi di Gesù», in Studia anselmiana 106(1991),
Testamento, Brescia 1987, 271-273.
59-73 [ora in questo volutile, pp. 215-225].
348 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il kerygma della comunità giovannea 349

Abbiamo detto che Nicodemo rappresenta coloro che sarebbero diventa- simo di Giovanni. (Ricordiamoci che il c, 3 segue il racconto delle nozze di Ca-
ti cristiani se non fosse per timore della scomunica dalla sinagoga. Il tema, e an- na che mostra l'insufficienza delle purificazioni rituali.) Fede in Cristo non è al-
che il medesimo kerygma, viene ripreso al termine del Libro dei Segni in 12,42- tro che fede nella verità e nell'amore di Dio che unisce Padre e Figlio (3,35;
50, dopo la citazione di Isaia sull'incredulità e l'indurimento di Israele, forman- 12,44s), cui è stato dato il potere su tutte le cose.
do così una grande inclusio: 21 Questo kerygma, sulla fede, viene espresso in termini di amore in lGv 4,7-
10 nella didachè alla comunità dei credenti:
«Pur tuttavia anche fra i capi molti credettero in lui, ma non lo professavano pub-
blicamente a causa dei farisei, per non venire espulsi dalla sinagoga. Preferirono in- «Carissimi, amiamoci gli uni e gli altri, poiché l'amore è da Dio e chi ama è gene-
fatti la gloria degli uomini alla gloria di Dio. Gesù proclamò ad alta voce: "Chi cre- rato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, poiché Dio è amo-
de in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato, e colui che vede me, ve- re. L'amore di Dio si è manifestato tra noi in questo: Dio ha inviato il suo Figlio ,
de Colui che mi ha mandato . .Io, luce, sono venuto nel mondo affinché chi crede in unigenito nel mondo, affinché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo si è
me non rimanga nelle tenebre. Se uno ascolta le mie parole e non le osserva, io non manifestato l'amore: noi non abbiamo amato Dio, ma egli ha amato noi e ha invia-
lo condanno. Non sono venuto infatti per condannare il mondo, ma per salvare il to il Figlio suo come propiziazione per i nostri peccati».
mondo. Colui che mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo giudica. La pa-
rola che ho pronunciato, quella lo giudicherà nell'ultimo giorno; perché io non ho
parlato da me stesso, ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha comandato ciò Se adesso cambiamo genere letterario e passiamo alla controversia tra Ge-
che dovevo dire e pronunciare. E so che il suo comandamento è vita eterna. Ciò sù e gli ebrei, che riflette quella posteriore tra Chiesa giovannea e sinagoga,22
che dico, lo dico come il Padre me l'ha detto"». nei cc. 5, 7 e 8 incontriamo i medesimi temi svolti con intento polemico. Difatti,
si tratta dell'unità e amore tra Padre e Figlio (5,19s); il Figlio datore di vita, ora
Noi individuiamo in questi tre passi l'annuncio kerigmatico della comunità e nella risurrezione dei morti (5,21); l'onore dato al Figlio è onore dato al Padre
giovannea, con la sua cristologia alta, indirizzato agli ebrei. Le ragioni sono le (5,23); il Figlio ha la vita in sé, basta ascoltarlo e credere in lui per possederla
seguenti: 1) Il modo impersonale del discorso in 3,16-20, ripreso in prima per- (5,23.26). L'unica differenza che troviamo è l'apparente contraddizione con il c.
sona da Gesù in 12,42-50; 2) La sfida «auL aut» di credere o non credere in Cri- 3: mentre prima si era detto che Gesù non era venuto per giudicare ma per sal-
sto per la salvezza; 3) Il teocentrismo del messaggio, che collega l'annuncio al- vare, nel e, 5 si afferma che il Padre non giudica nessuno, ma ha posto il giudi-
l'amore di Dio verso «il mondo» con le promesse dell'AT; 4) I molteplici paral- zio nelle mani del Figlio (5,22). Ciò si può intendere o nel senso che la stessa
lelismi con il prologo, che, sia esso pregiovanneo o no, agisce da ouverture a tut- presenza del Figlio è un giudizio in sé oppure escatologicamente, nel senso del
to il vangelo preannunciando i temi che saranno svolti appresso. Esso è uno de- futuro giudizio del Figlio dell'uomo (5,28s). In questo capitolo, però, vengono
gli inni neotestamentari che fungono da confessione di fede cultuale in risposta aggiunte, per scopo di polemica, le testimonianze: del Padre, della Scrittura, del
al kerygma; 5) L'invito a ricevere il battesimo dello Spirito; 6) La perentoria of- Battista e dei miracoli stessi (5,31-39). Segue che il vero accusatore degli incre-
ferta della salvezza e minaccia di giudizio agli ascoltatori: non c'è più tempo da duli sarà Mosè perché non era stato né capito né obbedito da loro, e, di conse-
perdere nelle titubanze: o dentro o fuori, e dentro con ambo i piedi, con la fede guenza, l'incredulo non ha mai conosciuto il Padre. Chiunque aveva l'orecchio
e con il battesimo, perché è questione di vita o di morte! già sincronizzato alla voce della Torah e dei Profeti riconosce immediatamente
Non è possibile fare l'esegesi dei testi citati, ma il loro contenuto essenzia- che la voce di Cristo è la voce di Dio,
le si può sintetizzare in alcune proposizioni, L'offerta della salvezza procede dal- La medesima cosa viene iterata nel c. 7: la dottrina di Gesù proviene dal Pa-
l'amore del Padre, che «offre» suo Figlio a un mondo nemico (nel senso di espia- dre (7,16); il credente in lui riceve lo Spirito (7,37). Nel c. 8, invece, la sottolineatu-
zione come in lGv 2,2?), non per giudicare ma per salvare (3,15; lGv 2,2). La ra è sulla divinità del Figlio, una cristologia alta che non si accontenta dell'asserzio-
condanna non viene dal Figlio ma dall'atteggiamento stesso dell'ascoltatore, se, ne della messianicità di Gesù ma sale :più in alto per professare l' «lo sono» di 8,58:
cioè, questi teme o desidera che le sue opere vengano alla luce. Cristo, quindi, è «Prima che Abramo fosse, Io Sono!». E lo «'Gnf hù'» della rivelazione a Mosè.
uno specchio posto di fronte a ciascun uomo, che rivela la sua intima bontà o Nello spazio di tempo concessomi non ho potuto svolgere adeguatamente
malvagità (3,19-21). Inoltre, Gesù è il rivelatore che proviene dal cielo e parla di un tema che richiederebbe un intero libro, ma spero che questa breve traccia
ciò che ha visto e udito presso Dio (3,31s; et 1,18). Chiunque accoglie la rivela- possa servire a studiosi di Giovanni più competenti di me per approfondire un
zione del Figlio gli appartiene, e riceve lo Spirito Santo senza misura, segno del argomento non abbastanza studiato, ma di capitale importanza per capire lana-
beneplacito di Dio (3,34), a differenza delle purificazioni dei giudei e del batte- tura e la predicazione della comunità giovannea.

22 Per un'approfondita discussione sul tema vedi M. DIEFENBACH, Der Konflikt Jesu niit den
21 «fuden», Milnster 2002.
Questo viene anche notato da R. BROWN, Giovanni, 2 volt., Assisi 1979, I, ad !oc.
Capitolo venticinquesimo

Il significato
della citazione del Sal 82,6 in Gv 10,34*

Gesù, accusato dai giudei che egli, essendo uomo, si fa Dio, risponde ai suoi
accusatori con una citazione dal Sal 82: «Voi siete dèi». Questa risposta ha sem-
pre costituito una crux interpretum per gli esegeti perché l'argomentazione del-
la difesa non è chiara. Forse Gesù sta dicendo che la sua pretesa si dovrebbe in-
terpretare in senso metaforico? Oltre a contraddire tutta la teologia del Quar-
to Vangelo, una tale interpretazione non viene sostenuta dal contesto. Tutti so-
no d'accordo che l'argomento di Gesù è a minori ad maius, ovvero, in termini
rabbinici, qal wahomer, ma quale corso segue il ragionamento? Proveremo a da-
re una nostra interpretazione del passo giovanneo con riferimento al senso ori-
ginario del salmo e al processo di fronte al sinedrio dei sinottici. Ci muoveremo
necessariamente sul livello redazionale, ma non è impossibile che potremmo
raggiungere alcune tradizioni antiche sottostanti. 1
Il capitolo decimo di Giovanni comincia con il discorso del buon pastore
(vv. 1-21) che provoca una discussione tra gli ascoltatori, alcuni credono che
Gesù fosse un indemoniato, o fuori di sé, mentre altri lo difendono. Dal v. 22 la

* L. PADOVESE (ed.), Atti del IX Simposio di Efeso su s. Giovanni apostolo, Istituto France-
scano di Spiritualità-Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 2003, 7-14.
1
Oltre ai commentari su Giovanni e sui Salmi cf. J.S. ACKERMANN, «Tue Rabbinical Inter-
pretation of Ps. 82 and the Gospel of John: Jo 10,34)>, in HTR 59(1966), 186-191; J.A. EMERTON, «So-
me NewTestament Notes, I:The Interpretation of Ps. 82 and John 10>;.., in JTS 11(1960),329-332; E.D.
FREED, Old Testament Quotations in the Gospel of fohn, Leiden 1965; A.T. HANSON, «John's Cita-
tion of Ps 82», in NTS 11(1965), 158-162; lo., «John's Citation of Ps 82 Reconsidered;..), in 1VTS
13(1966/1967), 363-367; ID., The Living Utterances of God. The New Testan1ent Exegesis of the Old,
London 1983; lo., The Prophetic Gospel. A Study of John and the Old Testan1ent, Edinburgh 1991;
R. JUNGKUNTZ, «An Approach to the Exegesis of John 10, 34-36», in CTM 35(1964), 556-565; H.W.
JONGLING, Der Tod der GOtter. Bine Untersuchung zu Ps 82, Stuttgart 1969; A.T. LINCOLN, Truth on
Tria!. The Lawsuit Motif in the Fourth Gospel, Peabody, MA 2000; A. ÙBERMANN, Die christologi-
sche Erfiillung der Schrift im .lohannesevangelium, Ttibingen 1996; G. REIM, Studien zum alttesta-
mentiichen Hintergrund des .lohannesevangeliunw, Cambridge 1964; G. SEGALLA, «La Scrittura nel
Quarto Vangelo», in Studia Patavina 36(1989), 88-113; M. SASSE, Der Menschensohn im Evangeliun1
nach Johannes, Tllbingen 2000; H.L. STRACK - P. BILLERBECK, Kommentar zun1 Neuen Testament
aus Talnuul und Midrasch, III, Mtinchen 1956; B.G. SucHARD, Scripture Within Scripture: The lnter-
relationship of Fonn and Function in the Explicit Old Testament Citations in the Gospel of John,
Atlanta 1992; C. WESTERMANN, Das Johannesevangeliun1 aus der Sicht des Alten Testaments, Stutt-
gart 1998.
352 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il significato della citazione del Sai 82,6 in Gv 10,34 353

scena cambia in occasione della festa della Dedicazione, ma il v. 26: «Voi non tere produrre nessun segno. È una sceneggiatura mitologica della transizione
credete perché non siete mie pecore» la connette con il discorso precedente. I dall'enoteismo al monoteismo stretto alla fine dell'esilio.3
giudei chiedono una risposta chiara da Gesù se egli sia o no il Messia. Egli fa Consolidato il monoteismo, però, il salmo viene applicato a giudici ingiusti
riferimento alle opere che compie nel nome del Padre suo e conclude: «lo e il spesso rimproverati nei libri profetici che hanno in Israele lo status di «dèi». Di-
Padre siamo una cosa sola» (v. 30). Allora vogliono lapidarlo. «Gesù rispose lo- fatti la rilettura giudaica 4 del salmo aveva aperto molte possibilità, sia di demi-
ro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di tizzazione sia dell'asserzione dell'unicità non di 'El ma ormai di YHWH. Il Tar-
esse mi volete lapidare?". Gli risposero i giudei: "Non ti lapidiamo per un'ope- gum, la Peshitta e, sembra anche Qumran, interpretano gli 'Èlohim come ange-
ra buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio". Rispose li, probabilmente gli angeli protettori delle nazioni; i rabbini riferivano il termi-
loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? ne «dèi» ai giudici di Israele che amministravano la giustizia in nome di Dio. Al-
Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la tri ancora vedevano questi dèi nel popolo di Israele raccolto ai piedi del Sinai in
Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e man- occasione della donazione della Legge, che quasi lo divinizza. Comune a tutte
dato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi perché ho detto: Sono Figlio di Dio?» queste interpretazioni, però, è la condanna di questi giudici, chiunque essi fos-
(vv. 32-36). sero, da parte di Dio, per la loro incapacità di amministrare la giustizia e di soc-
L'argomento qui trattato richiama necessariamente la controversia in Gv correre il povero. 5
5, dopo la guarigione di sabato del paralitico. «Per questo i giudei cominciarono Adesso dobbiamo passare ad esaminare perché Gesù abbia scelto quattro
a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: "Il parole di questo salmo ego eipa theoi este ( v. 6) per rispondere alle accuse dei
Padre mio opera sempre e anch'io opero". Proprio per questo i giudei cercava- giudei. Prima di tutto dobbiamo osservare che queste parole di Gesù non si pos-
no ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava sono capire separatamente dal contesto del salmo in cui si trovano, dove il tema
Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (16-18). In 8,58 Gesù rincara la dose è la condanna a morte, da parte di Dio, di coloro che giudicano ingiustamente.
quando dichiara: «Prima che Abramo fosse, io sOno», e anche in quell'occasio- Nel contesto narrativo di Giovanni questi giudici sono i giudei che accusano Ge-
ne i giudei vogliono lapidarlo. sù; e per illustrare meglio questo tema non possiamo fare altro che comparare
Adesso esaminiamo il Sal 82 per vedere come la breve citazione si inseri- la versione giovannea con quella dei sinottici.
sce nel contesto della sua controversia con i giudei. Ecco il testo: In Mt, Mc e Le Gesù fa un solo viaggio dalla Galilea a Gerusalemme e lì
viene giudicato e condannato a morte. Dal resoconto del processo in Mt
«Dio si erge nell'assemblea divina, in mezzo agli dèi egli giudica. 25,57-27,2; Mc 14,53-15,1 e Le 22,54-23,1 consta che il prigioniero viene accu-
"Fino a quando emanerete sentenze ingiuste, favorendo gli empi?
sato falsamente per le sue asserzioni circa la distruzione del tempio (Mt e Mc).
Difendete il diritto del debole e dell'orfano, trattate con giustizia il povero e il bi-
sognoso, Tutti e tre i sinottici concordano sulla domanda da parte del sommo sacerdote
date scampo al debole e all'indigente, liberatelo dalla mano degli empi. se Gesù fosse il Messia e il Figlio di Dio: mentre Mc e Ml ne fanno una sola do-
Essi non conoscono né capiscono, vagano nella tenebra: manda, Luca le sdoppia con due risposte distinte. La dichiarazione dell'interro-
vacillano le vere fondamenta della terra. gato è un sì univoco in Mc, un <<Tu l'hai detto» in Mt e «Se ve lo dico non mi cre-
Io dico: voi siete dèi, tutti figli dell'Altissimo,
ma certo come uomini morirete, quale qualunque principe cadrete!". derete» in Le (che richiama Gv 10,24-25). In tutti e tre Gesù cita il Sai 110, men-
Sorgi, Dio, giudica la terra, perché tu hai in eredità tutte le nazioni». 2 tre Mt e Mc congiungono questo salmo a Dn 7 sul Figlio dell'uomo che verrà
con, o sulle, nubi del cielo. Causa della condanna è quella di bestemmia nei pri-
L'interpretazione di questo salmo è molto controversa. A chi si rivolge il mi due sinottici, ma la condanna a morte viene testimoniata da tutti. 6
discorso? Che cosa è l'assemblea divina presieduta da Dio? Chi sono gli dèi ai Che significa, però, la risposta di Gesù e come era venuto in mente al som-
quali ci si rivolge nel v. 6? «Voi siete dèi» è un'asserzione ovvero un'interroga- mo sacerdote di chiedere se· Gesù fosse il Figlio di Dio, se costui non aveva mai
zione (cioè, che razza di dèi siete voi se siete incompetenti a difendere il pove-
ro)? Il senso originario del salmo sembra sia stato un rimprovero agli dèi falsi
simile a quello loro rivolto in Is 41,21ss dove essi sono rimproverati di non po- 3 I problemi vengono trattati nel sopracitato cominentario di Lorenzin in cui si trova la bi-
bliografia rilevante.
4 Oltre alla bibliografia nella nota 1, cf. STRACK - BILLERBECK II, 542s.
5 Cf. R. BROWN, The Gospel According to John, London 1971, I, 409-411 [tr. it. 2 voll., Assisi
1979] e AcKERMANN «Tue Rabbinica} Interpretation>>. ·
6 La bibliografia sul processo di Gesù è immensa. Una buona sintesi del problema si trova in
2
Traduzione di T. LORENZIN, 1 Saln1i, Milano 2000. Nel v. 6 ho cambiato l'interrogazione in B. CORLEY, «Trial of JesUS>>, in Diction.ary of Jesus and the Gospels, Leicester 1992, 841-854; G. CA-
asserzione, che mi pare più confacente. STELLO, L'interrogatorio di Gesù davanti al Sinedrio, Roma 1992.
354 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il significato della citazione del Sai 82,6 in Gv 10,34 355

proclamato chiaramente di essere il Messia? Riguardo a quest'ultima domanda sceso dal cielo» (6,41). Di nuovo si cerca di ucciderlo in 7,1 appeua va nella Giu-
è chiaro che Gesù non aveva mai fatto, nei sinottici, le dichiarazioni sulla sua fi- dea. In 7,20 gli viene detto che ha un demonio e che non può essere il Cristo per-
gliolanza divina che troviamo nel Quarto Vangelo, ma a parte l'autorità con cui ché non viene da Betlemme (vv. 27.42), mentre Gesù asserisce che egli conosce
parlava, sottolineata dall'Amen o «Io vi dico», egli perdonava i peccati nel pro- il Padre perché viene da lui ed egli lo ha mandato (v. 29). In 7,30.32.34 due vol-
prio nome (Mc 2,10), chiamava Dio «Abba» e accennava a una speciale rela- te si ripete che cercano di arrestarlo e nel v. 51 rimproverano Nicodemo che cer-
zione di figliolanza con il Padre in certi detti, come nella parabola dei vignaioli ca di difenderlo. L'ordine di arresto è ripetuto in 8,21 mentre nel v. 25 gli si do-
assassini (Mc 12,6), nella famosa dichiarazione sulla mutua conoscenza del Pa- manda di nuovo: «Tu chi sei?». La risposta di Gesù congiunge tre titoli, oltre al-
dre e del figlio (Mt 11,27) e in Mc 13,32, dove parla dell'ignoranza del Figlio cir- l'assoluto Io Sono, quello di Figlio e quello di Figlio dell'uomo e culmina nel fa-
ca il giorno del giudizio. Da tali accenni sembra che gli avversari di Gesù lo aves- moso detto: «prima che Abramo fosse, Io Sono» (vv. 28.58). Si ripete sia l'accu-
sero capito meglio dei suoi discepoli stessi.7 sa che egli è un samaritano e ha un demonio, sia il tentativo di lapidarlo ( vv.
Ma che vuol dire la citazione del Sai 110 e di Dn 7 nella risposta di fronte 48.59).
al sinedrio? Ambedue parlano di una gloria e di un potere dato al «mio Signo- Il capitolo che più si avvicina al processo sinottico davanti al sinedrio, però,
re» (Sai 110) o al Figlio dell'uomo (Dn 7,14), e promettono che gli sarà data la è il decimo, dove si trova il testo del nostro sahno. Ci troviamo nell'atmosfera
vittoria sopra i nemici da Dio (Sa! 110) ovvero la potenza, la gloria e il regno della festa della Dedicazione del tempio, e ci ricordiamo che, da ora in avanti, il
(Dn). Quindi, Gesù, congiungendo queste due citazioni nella sua risposta alla tempio, per Giovanni, è il corpo stesso di Gesù (2,21), in cui si adora Dio in spi-
domanda del sommo sacerdote, dice in altre parole: Io sono colui di cui parlano. rito e verità (4,23). I giudei, come nei sinottici, chiedono esplicitamente: «Se tu
David e Daniele, cioè il Cristo e il Figlio dell'uomo. Voi adesso mi state giudi- sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (v. 24). La risposta di Gesù assomiglia a
cando ingiustamente, ma verrà il momento quando io riceverò la gloria e il po- quella in Le 22,67: «ve l'ho detto e non credete» (v. 25) e culmina con la dichia-
tere da Dio e Dio giudicherà voi (ovvero, Io vi giudicherò). Come abbiamo det- razione della sua figliolanza divina: «lo e il Padre siamo una cosa sola» (v. 30),
to all'inizio, stiamo facendo una lettura a livello redazionale, almeno di Matteo come il «SÌ» esplicito in Luca. Anche qui i giudei lo accusano di bestemmia evo-
e di Marco, in quanto Luca non cita Daniele, ma il Sa! 110 nella risposta di Ge- gliono lapidarlo (v. 33). L'accusato risponde: «Non è forse scritto nella vostra
sù, con la medesima connotazione. La versione della storia di Gesù e del pro- Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu
cesso dei sinottici è ovviamente schematizzata: un solo viaggio a Gerusalemme, rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il
che culmina nella solenne proclamazione davanti al sinedrio della rnessianità e Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho
della figliolanza di Gesù, cbe certamente rifletteva la fede postpasquale della detto: Sono Figlio di Dio?» (vv. 34-36). La logica della risposta di Gesù sembra
Chiesa primitiva ma non priva di un fondamento storico. essere la seguente: «Voi adesso mi state giudicando ingiustamente. La Scrittura
E ora passiamo a Giovanni. È risaputo cbe il Quarto Vangelo differisce dai chiama "dèi" i giudici che esercitano il potere delegato loro da Dio, ma ricorda-
sinottici in quanto racconta tre visite a Gerusalemme, riduce il processo davan- tevi che anche voi mo1irete come tutti gli uomini, e, se esercitate questo potere
ti a Caifa al minimo mentre è ampio su quello presso Pilato. D'altra parte, l'in- iniquamente, sarete puniti da Dio, perché la Legge è ancora valida. Ma se voi,
tero vangelo non è altro che un lungo processo a Gesù. Il titolo di un recente li- giudici umani, assomigliate a degli dèi, io, che il Padre ha consacrato con l'un-
bro, Truth on Tria! (La Verità sotto giudizio), sintetizza bene questo aspetto. Di- zione messianica e inviato per salvare il mondo, sono veramente Figlio di Dio».
fatti, tutte le accuse fatte nel processo sinottico le troviamo sparse qua e là nel Anche se l'espressione Figlio dell'uomo non viene menzionata da Gesù, nel
Vangelo di Giovanni, come anche tutte le risposte; e, se prescindiamo dal forte Quarto Vangelo troviamo spesso associati questi due titoli (1,49 e 1,51; 3,17 e
colorito teologico del linguaggio giovanneo, non è impossibile che corrisponda 3,13s; 5,25 e 5,27; 9,35 e 10,38). Quindi anche nel nostro passo, troviamo una so-
alla realtà dei fatti. miglianza con i sinottici. Quel «Vostra Legge», en tOi nomOi hymOn, connota un
Passiamo brevemente in rassegna gli episodi di questo processo continuo. ambiente di controversia antigiudaica nella comunità stessa di Giovanni. Si de-
Già in 2,18, la cacciata dei mercanti dal tempio, gli si domanda: «Che segni fai?». ve aggiungere che l'espressione «coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio» ha
Dopo la guarigione del paralitico di sabato i giudei cominciano a perseguitare come oggetto diretto i giudici, ma se estendiamo gli uditori a tutto il popolo in
Gesù e pensano di ucciderlo, non soltanto perché violava il sabato, ma perché solido che fa da giudice, essi, o esso, saranno giudicati non soltanto da Dio op-
chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (5,16-17). Nel discorso sul pa- pure dal Figlio dell'uomo, ma anche dal Paraclito che il Cristo risorto manderà;
ne del cielo i giudei mormorano di lui perché aveva detto: <<Io sono il pane di- egli «convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto
al peccato perché non credono in me; quanto alla giustizia perché vado al Padre
e non mi vedrete più; quanto al giudizio perché il principe di questo mondo è
7 M. HENGEL, Der Sohn Guttes, Ti.ibingen 1977, 120-130 [tr. iL Brescia 1984]. stato giudicato» (16,8-11).
356 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

Questo ragionamento può essere anche confermato da Gv 19,13s: «Udite Capitolo ventiseiesimo
qu.este parole, Pilato fece condurre Gesù fuori e sedette nel tribunale, nel luogo
chiamato Litostroto, m ebraico Gabbata. Era la Preparazione della Pasqua ver"
so _mezzogiorno. Pilato disse ai giudei: Ecco il vostro re!». Come si sa, «ekathisen Formule trinitarie
epi bematos» può significare «sedette nel tribunale» ovvero «lo fece sedere nel in san Paolo*
tribunale» proclamandolo Re. Forse Giovanni intende ironicamente ambedue i
s~nsi. La s?ttoli~eatura della descrizione del tribunale come un pavimento di
pietra (o di mosaico), non un podio portabile e gabbata (luogo alto?) include sia
la condanna di Gesù da parte di Pilato sia quella degli accusatori da parte di Ge-
sù stesso: «Voi siete dèi ... ma certo come uomini morirete!>>.
La decisione definitiva di uccidere Gesù venne presa in una riunione del
sinedrio, dopo la risurrezione di Lazzaro, dal sommo sacerdote Caifa (11 47-
50.53). Tutti e quattro i vangeli, dunque, sono d'accordo sul fatto che il cas~ di La dottrina trinitaria cattolica come l'abbiamo ricevuta dai primi concili è
Gesù era stato discusso nel sinedrio, che lì fu presa la decisione di condannarlo un'elaborazione patristica. I Padri, però, hanno esplicitato ciò che era implicito
a morte, che Gesù era stato interrogato circa la sua pretesa messianica, stretta- nel Nuovo Testamento. Gli scritti neotestamentari non solo affermano l'unità di
mente unita alla sua figliolanza divina, tutti presentano Gesù come Figlio del- Dio, la divinità del Verbo e la persona dello Spirito Santo, ma spesso menziona-
l'~omo, ~ono d'accordo che fu accusato di bestemmia e per questo fu arrestato no in un solo fiato Dio, Cristo e Spirito in un modo che non può essere acci-
prima di essere consegnato ai romani. Inoltre, come abbiamo dimostrato, tutti dentale, come, per esempio, il classico mandato di Gesù in Mt 28,19: «Andate
sono d'accordo che Gesù ritorce il giudizio contro i suoi stessi accusatori. La so- dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del
miglianza con i sinottici, quindi, è strettissima, ma mentre in questi tutto accade Figlio e dello Spirito Santo». Queste formule trinitarie, o, se vogliamo evitare la
nella scena finale, in Giovanni il processo viene protratto lungo l'intera attività parola «trinitaria» per non confonderla con la dottrina posteriore, possiamo di-
di Gesù e raggiunge il suo culmine nei cc. 10 e 11. re «trinarie>>, si trovano in quasi tutti gli autori del Nuovo Testamento. 1 In que-
. Abbimno detto dall'inizio che la nostra ricerca si svolgeva sul piano reda- sto breve saggio vorrei soffermarmi su Paolo come il testimone più antico di un
z1o~ale. Per la ricostruzione dei fatti retrostanti la presentazione dei quattro van- tale linguaggio e particolarmente su Rm 1,3-4 che è un testo assai discusso, e
geli sono molto d'accordo con Raymond Brown nel suo libro The Death of the può contribuire molto allo studio delle formule. 2
Messiah, 8 quando dice che i fatti narrati non erano accaduti tutti nell'ultima set- Che cos'è una formula trinitaria? La definizione non è difficile, difficile ne
timana della vita di Gesù, come racconta Marco. Gesù era stato a Gerusalemme è, però, l'individuazione. Si parla di formula trinitaria quando Padre, o Dio, o Pa-
d~verse volte. e c~n il suo modo di agire, particolarmente nell'episodio nel tem- dre di Nostro Signore Gesù Cristo; Figlio, Cristo, Gesù ovvero Signore e Spirito
p10 e .della v10laz10ne del sabato, aveva suscitato prima il sospetto, poi l'ira dei o Spirito Santo sono menzionati insieme in un solo periodo o in due o tre brevi
~u~el. ~e sue az1om e le sue parole cominciarono a connotare una pretesa mes- periodi susseguenti con una mutua relazione di partecipazione in una comune
s1an1ca m un senso diverso da quello tradizionale. L'interrogatorio, in un clima di azione salvifica. Le formule parlano ordinariamente di ciò che i teologi chiama-
controversia, si prolungò lungo tutta l'attività di Gesù e la decisione di levarlo di no Trinità economica, cioè soteriologica, piuttosto che di una Trinità immanen-
m~zzo ~ra stata presa da tempo. Giovanni, dunque, sembra più vicino alla realtà te, la relazione delle Tre Persone ab aeterno tra se stesse. 3 Ma perché si indivi-
dei fatti che non la schematizzazione di Marco seguita da Matteo e da Luca. dui una formula, l'associazione dei tre nomi non deve essere fortuita o acciden-
tale, bensì intesa dall'autore dentro un genere letterario determinato.
Da ciò che abbiamo detto è ovvio che l'individuazione di tali formule sarà
sempre materia di discussione tra gli studiosi e ciò spiega anche il fatto che al-

* L. PADOVESE (ed.), Atti del IV Simposio di Tarso su s. Paolo apostolo, Istituto Francescano
di Spiritualità-Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1996, 133-138.
1 Lo studio più completo è quello di A.W. WAINWRIGITT, The Trinity in the New Testament,
London 1962, in cui si trovano commentati tutti i testi certi o probabili di ciascun autore nel NT.
2 Cf. la bibliografia completa e aggiornatissima in J. MALEPARAMPIL, The «Trinitarian» For-
8
. R] · BROWN, The Death ofthe Messiah,2 volL,NewYork 1994,I,557 [tr. it. volume unico Bre- mule in St. Paul, Berlin 1993.
scia 19 99 . ' 3 Cf. B. FORTE, Trinità come storia, saggio sul Dio cristiano, :Milano 51993, 21-28.
358 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Formule trinitarie in san Paolo 359

cuni sono minimalisti mentre altri massimalisti. Ciò dipende prima di tutto se si come fa Paolo. 10 Nel suo studio sul corpus paulinum Donald Capes individua
prende in considerazione l'intero corpus paulinum o le lettere cosiddette au- sei testi che si riferiscono a Dio, sette citazioni e due allusioni che sono appli-
tentiche. Poi subentrerà la valutazione della prossimità interrelazionata dei tre cate a Cristo. Inoltre è ben conosciuto il fatto che chiamare il Cristo Risorto ho
nomi. Quindi non ci sorprende il fatto che Prat enumeri trenta di queste for- Kyrios significa dargli il nome medesimo di YHWH, è il nome che egli ha me-
mule,4 F. Martin5 otto e Duquoc6 sei. In una tesi di laurea recentemente difesa ritato per il suo atto di obbedienza fino alla morte, egli che era en morphiii
all'Istituto Biblico di Roma Joseph Maleparampil, 7 restringendosi alle sette let- Theou fin dall'inizio. 11 Sulla fede nella divinità di Cristo non c'è nessun dubbio
tere paoline non disputate, ne enumera e studia sette, con due o tre paralleli che nel Nuovo Testamento. Anche lo Spirito di Dio, con «S» minuscola o maiusco-
le spiegano. Citiamone le due più ovvie, 2Cor 13,13: «La grazia del Signore Ge- la, è uno spirito divino. La difficoltà nei singoli testi sorge sulla personalità del-
sù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi», lo Spirito Santo. 12 In Giovanni, l'ekeinos di 14,25 non lascia dubbi, 13 ma anche
e lCor 12,4-6: «Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi so- certi testi paolini come lCor 2,10-12 che parla dello Spirito di Dio che conosce
no diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazio- le profondità di Dio come lo spirito umano conosce la mente dell'uomo si av-
ni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti». vicinano molto a Giovanni, oltre al fatto che lo Spirito in Paolo è spesso sog-
Nel suo libro sulla Trinità nel Nuovo Testamento A. Wainwright, 8 che enu- getto di azioni divine. 14
mera quindici formule paoline fuori delle Pastorali, distingue tra una formula È noto però che già nell'Antico Testamento troviamo certe n1ediazioni di
strettamente detta, come quelle che abbiamo citato or ora, e <<patterns» trinita- Dio come la Parola, lo Spirito e l'Angelo, che hanno il compito di portare la tra-
ri sparsi qua e là nelle lettere. Le conclusioni di Maleparampil nel suo studio di scendenza di Dio più vicina agli uomini. Nella letteratura sapienziale, inoltre,
lCor 12,4-6; 2Cor 1,21-22; 13,13; Gal 4,6; Rm 8,11; 15,15-16 e 15,30 sono le se- appare la figura della Sapienza creatrice, fortemente personificata anche se non
guenti: 1) Tutte le formule, eccettuata la prima, si trovano in un solo periodo in una persona, e troviamo Dio, Sapienza e spirito insie1ne in Sap 7,26.1 5 Ma quel-
greco, sono concise e dense e hanno un ritmo marcato; 2) I testi hanno una co- lo Che si avvicina dì più al concetto di trinità nel giudaismo è Filone, sia a causa
struzione sintattica variante, senza una forma fissa; 3) Appartengono a generi della sua teologia del Logos, sia a causa della sua concezione delle due potenze
letterari differenti; 4) Non si individua un ordine fisso nella menzione delle Tre di Dio che gli stanno accanto e che egli chiama esplicitamente «triade». In Abr.
Persone, nemmeno un titolo fisso; 5) In quanto alle loro funzioni retoriche, le 121-122 dice che: «Il posto centrale è tenuto dal Padre dell'universo (cioè "Co-
formule sono soteriologiche e hanno tutte l'intento parenetico di esortare i cri- lui che è") mentre a ciascun lato troviamo le potenze maggiori, le più prossime
stiani a conformare la loro vita alla nuova rivelazione di Dio nel Vangelo; 6) sono la creatrice e la regale ... Così l'Essere centrale con ciascuna delle sue po-
Comparando le formule paoline con altre formule nel Nuovo Testamento si tenze come sue compagne presenta alla mente contemplativa l'apparenza qual-
constata l'originalità di quelle di Paolo, pur asserendo che tali formule sono co- che volta di uno qualche volta di tre: di uno quando la mente è molto purifica-
muni a tutti gli autori neotestamentari. Paolo è il più antico. I generi letterari in ta, ... di tre quando, non ancora iniziata ai misteri più alti, ha soltanto accesso ai
cui occorrono queste formule sono i seguenti: un'acclamazione n1onoteistica riti minori ed è incapace di apprendere l'Esistente solo in sé a parte di tutte le
(1 Cor 12,4-6), benedizione finale (2Cor 13,13), Sendungsformel (Gal 4,6), an- altre cose, ma solo attraverso le sue azioni, creativa e regale». Ciò viene spiega-
nunzio di risurrezione (Rm 8,11), chiamata profetica (Rm 15-16),paraclesi (Rm to in Quaest. in Gen. IV,8: «Nella sua unità sembra una triade a causa della de-
15,30) e ringraziamento (2Cor 1,21-22). Il dato comune a tutti i detti trinitari è bolezza di colui che lo guarda,,. In IV,2 spiega: «L'uomo virtuoso, diventando del
Dio che salva per mezzo di Cristo con la santificazione dello Spirito Santo. 9 tutto occhio, co1nincia a vedere la visione sovrana, santa e divina in modo tale
che la singola visione appare come triade e la triade come unità». 16 Ciò non vuol
Non c'è bisogno di dire che la fede trinitaria espressa in queste formule dire che la Trinità cristiana sia derivata da Filone o dal giudaismo ellenistico, e
vuole mantenere lo stretto monoteismo ebraico. Ma è lecito domandarsi come
uno che è legato allo stretto monoteismo possa chiamare il Logos «Dio», come
fa Giovanni, o applicare testi veterotestamentari che parlano di Dio a Cristo, 10 Cf. D.B. CAPES, Old Testmnent Yahweh Texts in Pau/'.<; Christology, Ttibingen 1992.
11 Fil 2 6-11
12 Cf. È. Scr~WEIZER, Heilige Geist, Stuttgart 1978 [tr. it. Torino 1988]; "MARIE E. lSAACS, The
4 F. PRAT, la Théologie de St. Patii, vol.11, Paris 1969. Concept of Spirit, London 1976.
s F. "MARTIN, «The Pauline Trinitarian Formulas and Church Unity», in CBQ 30(1968), 199-219. 13 Cf. G. FERRARO, Lo Spirito e Cristo nel Vangelo di Giovanni, Brescia 1984 e i commentari.
6 C. Duouoc, «Le dessein salvifique et la révélation de la Trinité en St. Paul», in Lumière et 14 Cf. R. PENNA, Lo Spirito di Cristo, Brescia 1976, 291-302.
15 Lo studio classico è quello di A. FEUILLET, Le Christ Sngesse de Dieu, Paris 1966. Più re-
vie 29(1956), 643-670.
7 Cf. nota 2. cente ma più discutibile: R.L. WILKEN (ed.), Aspects of Wisdo1n in Judaism and Early Christianity,
8 WAINWRIGHT, The Trinity, 241s. London 1975.
9 16 a. discussione in R. WILUAMSON, Jews in the Hellenistic YVor/d. Philo, Cambridge 1989, 50s.
Nella pubblicazione sunnominata cf. la conclusione generale.
360 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Formule trinitarie in san Paolo 361

nemmeno che la dottrina filoniana parli di persone nel senso cristiano, ma vuol Sebbene l'ordine di queste due domande sia richiesto dalla logica, non
soltanto mostrare che la mente giudeo-ellenistica dei convertiti al cristianesimo possiamo rispondere alla prima senza fare in precedenza qualche considerazio-
era preparata a ricevere la nuova dottrina dei cristiani. La vera fonte della co- ne sulla seconda. Molto è stato scritto su Rm l,3s, ma reputo uno degli studi mi-
scienza trinitaria di Dio Si trova nell'operazione del Cristo Risorto, cui viene da- gliori il libro di F.W. Horn, Das Angeld des Geistes. Studien zur paulinischen
ta la potenza di far.e.delle opere che competono solo a Dio per mezzo dello Spi- Pneumatalagie, del 1992. 20 L'autore passa in rassegna le opinioni dei maggiori
nto Santo che Egh mvrn nei credenti. Quindi, visto che la formula trinitaria la commentatori in materia e trae delle conclusioni con cui io sono sostanzial-
troviamo già nelle prime opere di Paolo e in tutti gli altri autori del Nuovo Te- mente d'accordo. Horn accetta, come fanno tutti, che qui si tratta di una formu-
s~ament~, po~siarr_io. ded~rre eh~ la b~eve f~rmulazione matteana non è poste- la di fede prepaolina. Dopo un breve studio sulla discussione tra B ultmann e
nore agh altn scntt1 ma e una nvelaz1one diretta del Cristo Risorto che prece- Schweizer, conclude che i versetti come si trovano adesso in Romani sono pas-
de anche Paolo. 17 sati attraverso tre tappe. La formulazione più antica era una confessione cristo-
logica in due stadi: tau genomenau ek spermatas Dauid I tau haristhentas hyiau
Adesso vediamo se possiamo andare pure oltre Paolo e trovare una for- theou ex anastaseOs nekrOn. In un secondo tempo, ma ancora in ambiente giu-
mulazione ancora più antirn nel tempo. Oscar Cullmann (Wainwright, 246) tie- deo-cristiano prepaolino,- viene aggiunto il riferimento allo Spirito, ma senza il
ne che l~ pr~~~ confess1on~ d1 fed~ s1 riferi~ano solo a Dio e a Cristo, al di più kata .... kata. La confessione adesso diventa: tou genomenou ek spermatos Dauid
erano bmane. fooltre, nei genen letteran delle formule studiate da Malepa- I tou horisthentos hyiou theou en dynamei pneumatos hagiOsynes ex anastasei5s
ramp1l non troviamo la confessione d1 fede: Ma qui vorrei concludere questo nekri5n. L'espressione pneuma hagii5synes, come abbiamo detto, è un hapax nel
breve saggio con lo studio d1 una formula d1 fede che nessuno degli autori so- NT. La troviamo solo in Test. Levi 18,11 e su un amuleto giudaico, e corrispon-
pra~enz1onat1 enumera tra le formule trinitarie, cioè Rm 1,3-4. Il testo è ben co- de all'ebraico rilab qadfo, tradotto in Is 63,10 e nel Sai 51,13 conta pneuma to
nosc1ut?: «~aolo, servo. di .Cristo G~sù, apostolo per vocazione, prescelto per hagion. Nel senso veterotestamentario, pneuma hagiosyniis è parallelo a dyna-
annu~1are Il vangelo d1 Dio, che egh aveva promesso per mezzo dei suoi santi mis theou come mediazione. In ambiente giudeo-cristiano ellenistico, però, date
profe!I nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide le summenzionate categorie sapienziali e filoniane, data pure l'esperienza cari-
secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secoudo lo Spirito di san- smatica dello Spirito e la tradizione che parla di Padre, Figlio e Spirito Santo, la
tif1c~~1one ~ed1ante la r~surrezi?ne dai morti, Gesù Cristo nostro Signore... ». frase esprime un significato molto più ricco di quello che aveva ta pneuma ta ha-
Tutti I grandi commentari recenti alla Lettera ai Romani sono d'accordo su due gian in Isaia, e già si apre al significato personale dello Spirito.
punti riguardo a questi versetti. i 9 Essi contengono una confessione di fede e Paolo adesso accoglie la confessione in Romani, inserendo il kata sarka e
q~~sta conf~ssione è prepaolina, assunta da Paolo o com'era o con qualche m'o- trasformando en dynaniei pneumatos hagiOsynes in kata pneunia hagii5synes ex
dif1ca che nflette. la sua teologia. La parola haristhentas è un hapax paolino, e, anastasei5s nekri5n. L'opposizione kata ... kata è prettamente paolina (Rm 8,4; Gl
nel ~~nso_1n cui v.1ene usata in Rm 1,3-4, nel Nuovo Testamento. Anche pneuma 4,29; 5,17; Ef 6,5; Col 3,22: ecc.) e può essere usata sia in senso antropologico sia
hag_zosynes non SI trova altrove nel NT. Inoltre, troviamo la menzione di Theos, in quello cristologico. Le parole en dynamei, poi, corrispondono a en daxiii. Ma
Hyios aut~u e Pneum.a hagiOsynes menzionati insieme in un unico periodo nel la frase non è più legata a pneumatas hagiosynes ma separata dalle parole kata
parag~afo mtroduttono dell'epistola., nel genere più largo di saluto iniziale. Ma pneuma. Siccome nel contesto di tutta la pneumatologia di Romani, particolar-
perche serva alla nostra argomentazione dobbiamo rispondere a due domande: mente nel c. 8, la personificazione dello Spirito è molto più forte, possiamo par-
1) Pneuma hagiosynes si riferisce allo Spirito Santo nel senso neotestamentario lare di una formula trinitaria nel senso delle altre formule paoline, formule che
ovve;o alla potenza di Dio nel. senso veterotestamentario? 2) Se la risposta è pongono un fondamento, e aprono la fede cristiana alle formulazioni patristiche
che I espress10ne denota lo Spmto Santo, la formula trinitaria era così nello sta- e conciliari posteriori.
dio ~re?aohno o er~ p.ri~tivamente u:r;a formula kata sarka ... kata pneuma con- Abbiamo, dunque, una formula cristologica antica trasformata in formula
verl!ta m formula tnrntana da Paolo? E evidente che nel breve tempo che ci re- quasi trinitaria e inserita in una confessione di fede ancora prima di Paolo, an-
sta non possiamo entrare profondamente nella questione data la differenza di che se in stato embrionale, poi ripresa e trasformata da Paolo secondo il suo
pareri tra gli autori e la difficoltà del problema. ' pensiero attuale; una formula che, nonostante sia stata studiata nell'esegesi di
Rm e nel contesto di confessioni primitive, ha ricevuto scarsa attenzione dagli
autori che hanno scritto su questa materia.
. I~ fatto che Matteo attribuisce questa formula al Cristo Risorto vuol dire che proviene da
17

una tradizione profetica antica della sua Chiesa.


~! O. '?1L~MANN, Le pr~nu'ères co.nfessions de fOi chrétiennes, Paris 1943 [tr. it. Roma 1948]. 20 F.W. HORN, Das Angeld des Geistes. Studien zur paulinischen pneumatologie, GOttingen
Cosi Kasemann, Schlier, Cranfield e Fitzmyer. 1992, 96-100.
Capitolo ventisettesim.o

Il retroscena di Rm 10,5-13
e il discorso ad Antiochia*

Il libro degli Atti contiene otto discorsi kerigmatici, cinque di Pietro e tre di
Paolo. Poiché Luca intendeva che la sua opera potesse servire anche come ma-
nuale di predicazione agli annunziatori del Vangelo, egli provvede il lettore di di-
versi schemi di predicazione secondo le diverse categorie di uditori: 1 gli ebrei
provenienti da tutto il mondo (2,14-36.38-39); i giudei devoti di Gerusalemme
(3,11-26); i magistrati gerosolimitani (4,8-12.19-20); il Gran Sinedrio (5,29-32); i
«timorati di Dio» (10,34-43); gli ebrei della diaspora (13,16-41); i pagani illette-
rati (14,14-18) e gli intellettuali di Atene (17,22-31). Benché questi discorsi con-
tengano un nucleo comune, ciascuno di essi ha la sua specificità) e non fa ecce-
zione il discorso attribuito a Paolo ad Antiochia di Pisidia, rivolto alla diaspora.
Difatti, la colpa per la morte di Gesù cade sui giudei di Gerusalemme, e il di-
scorso contiene un racconto della storia religiosa di Israele come nell'apologia
dell'ellenista Stefano nel c. 7, che serviva per illustrare ai gentili ivi presenti la no-
biltà e l'antichità del cristianesimo, come hanno detto i coniugi Pesce nella loro
relazione. L'autore degli Atti ci mette anche un tocco specificamente paolino in
13,38s: «Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la re-
missione dei peccati e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto
ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè». 2
La reazione della sinagoga al discorso di Paolo, in un primo tempo, è posi-
tiva, ma quando la moltitudine dei credenti, specialmente dei «timorati di Dio»,
aumenta, i giudei contraddicono Paolo, «pieni di gelosia» (cf. Rm 11,11).
Vediamo se possiamo ricostruire il motivo di questa contraddizione, che
non si ferma al fatto storico di Antiochia, ma si estende all'intera vita di Paolo
e dei suoi discepoli dopo la sua morte, Luca stesso incluso. 3

* L. PADOVESE (ed.),Atti del V Siniposio di Tarso su s. Paolo apostolo, Istituto Francescano


di Spiritualità-Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1998, 105-114.
1 Cf. F. ARMANDO CouN CRUZ, Los discursos kerigmaticos en Hechos de los Apostoles y los
«diversos auditores» a quienes van dirigidos, Roma 1992 (pubblicazione parziale di una tesi di lau-
rea alla Pontificia università gregoriana).
2
G. SCHNEIDER, Die Apostelgeschichte, 2 Teil, Freiburg 1982, 139 [tr. it. Brescia 1986], sotto-
linea la formulazione lucana delle tesi paoline.
3 L'idea mi è stata suggerita leggendo il libro di CLAUDIA SETZER,lewish Re.\ponses to Early

Christians, Minneapolis 1994.


364 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
Il niessaggio biblico e la sua interpretazione 365
. Le poche parole nelle quali Luca condensa il messaggio specifico di Paolo
nassumono benissimo le tesi della teologia paolina: 1) Il fatto della morte eri- Vediamo adesso i due termini del conflitto. Gli argomenti contrari li tro-
surrezione di Gesù secondo le Scritture; 2) La necessità della fede in Cristo per viamo in Gal 3,10-13. Un crocifisso non può essere il messia perché «maledetto
la gmsllficaz10ne; 3) L'inabilità della Legge di rimettere i peccati e di giustifica- chi pende dal legno» (Dt 21,23). L'osservanza della Torah dà vita perché «chi
re d1 fronte a D10. Sono i temi dell'Epistola ai Galati e di quella ai Romani. praticherà queste cose vivrà per esse» (Lv 18,5; Rm 10,5); conseguentemente,
E ovvio che affermazioni del genere non potevano essere accettate senza «Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della leg-
r.is.erve dagli ebrei: Già il fatto di un Messia crocifisso era repellente, la possibi- ge per praticarle» (Dt 27,26). Paolo, dunque, stava portando maledizione sui
hta d1 una r1surrez1one non era accettata da tutti4 e credere in un risorto non era credenti di provenienza ellenista. E non si dica che l'osservanza della Torah è
certamente facile, ma l'asserzione più inaccettabile era la terza, quella, cioè, che impossibile all'uomo, perché sta scritto: «Questo comando che oggi ti ordino
la Torah pote.va sì indicare il peccato (Gal 3,19), ma era inabile a rimettere i pec- non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu di-
cati e a g1ust1~1~are di fronte a Dio. Ciò equivaleva all'asserzione che il giudai- ca: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire sì che lo possiamo
s~o come religione era ormai reso inefficace e che tutto ciò che si era praticato eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare
fmo allora era stato inutile, al di più la Legge era servita come pedagogo fino a per prendercelo e farcelo udire, sì che lo possiamo eseguire? Anzi, questa paro-
Cnsto (Gal 3,24.25) e i profeti avevano parlato di colui che doveva venire. An- la è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pra-
zi, Paolo rincara la dose, come consta dalle suddette lettere, affermando che la tica» (Dt 30,11-14). Intanto, tutta la pietà israelitica basata sul concetto di al-
Legge non era soltanto superata, ma non la si poteva nemmeno umanamente leanza era regolata da tali principi e l'interpretazione degli scribi farisei al tem-
osservare a c.ausa della debolezza della carne, come l'Apostolo espone molto po di Paolo non faceva che aumentare questa convinzione. 8
chiaramente m Rm 7. Una tale predicazione sconvolgeva non soltanto i giudei Di fronte a tali argomenti Paolo che poteva rispondere? Non poteva nega-
ma anche. i giu~eo-cristiani di str~tta osservanza, 5 e ambedue cercavano degli re la forza dei testi addotti. Poteva soltanto trovare altri testi che partivano da
argomenll tratti dalla Legge e dai Profeti per confutare le asserzioni di Paolo. un altro punto di vista e poi dare un'interpretazione soddisfacente ai passi usati
D?po .la. sua morte, la controversia continua con le Chiese di tradizione paolina. dagli avversari. Però, restando esclusivamente sul terreno esegetico, qualsiasi ar-
D1fatt1, 11 «tocco paolino» con cui il discorso di Antiochia finisce, e la conse- gomento da parte sua sarebbe stato debole. Bisognava trovare un nuovo princi-
guente controversia, nell'intenzione di Luca non riflettono soltanto l'episodio pio ermeneutico da cui partire per reinterpretare l'intera Torah. Egli parte, dun-
narrato, ma l'esperienza dell'autore medesimo nella storia susseguente della co- que, dal fatto del Cristo Risorto che gli era apparso sulla via di Damasco. 9 Se la
munità cristiana. Legge poteva veramente operare la giustificazione dell'uomo davanti a Dio, per-
. Le convinzioni di Paolo non erano sorte da uno studio esegetico delle ché Cristo era disceso dal cielo, morto in croce e risorto il terzo giorno? Una giu-
scritture, ma dalla sua esperienza sulla via di Damasco 6 e da quella dei carismi stizia basata sull'osservanza di comandamenti, anche se ciò fosse umanamente
dello Spirito di cui erano dotati coloro che, senza essere stati circoncisi aveva- possibile, non sarebbe soltanto un'autoaffermazione dell'uomo di fronte a Dio,
no creduto in Cristo (Gal 1,16; 3,3-5). Però, queste medesime convinzi~ni ave- quasi mettendolo in debito nei nostri confronti, e conseguentemente negando
vano turbato Paolo stesso quanto i suoi avversari, e anche lui si era messo a in- l'assioma fondamentale di tutta la Scrittura che Dio è datore di tutto e che non
dagare nella. Bibbia per poter riconciliare la sua fede precedente con quella è in debito con nessuno? Quindi, i versetti che stanno alla conclusione della pri-
nuova. La prima controversia, dunque, non l'ebbe con gli ebrei, ma con eden- ma parte dell'Epistola ai Romani diventano il principio ermeneutico paolino
tro se stesso. Testi conflittuali dovevano essere riconciliati e quelli che causava- che permetterà la reinterpretazione di tutta la Bibbia: «0 profondità della ric-
~o. m~ggiore ?ifficoltà dovevano trovare una spiegazione cristiana. Il suo lungo chezza, della sapienza, e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi
ritiro m Arabia dopo la sua conversione aveva come oggetto il ripensamento di giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero
tutta la sacra Scrittura in chiave cristiana. 7 del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per
primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui e per
lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen» (11.33-36). Da ciò Paolo
4 Mc 12, 18; At 23,6-8.
5
6 Quel.li, cioè, che erano avversari di Paolo e, nel secondo secolo, divennero ebioniti .
. La dipendenza della teologia paolina dall'esperienza dell'apostolo sulla via di Damasco è
st~?1at~ molto bene da S. KIM, The Origin of Paul's Gospel, Tilbingen 1981; per la dottrina della giu- 8 Per un'interessantissima valutazione giudaica di Paolo su questo argomento, H.J. ScHOEPS,
stlficaz1one, cf. pp. 269-311.
7 Paul. The Theology of the Apostle in the Light of Jewish Religious History, London 1961, 280-294.
Sui pres~pposti e.segetici del Paolo precristiano vedi M. HENGEL, The Pre-Christian Paul, 9 La bibliografia sul metodo di esegesi paolina è vastissima, e va dall'opera ancora validissi-
London 1991 [tr.1t. Brescia 1992] e M. HENGEL-A.M. SCHWEMER, Between Da1nascus and Antio- ma di J. BONSIRVEN, Exégèse rabbinique et exégèse paulinienne, Paris 1939, al libro recente di C.D.
ch, London 1997.
STANLEY, Paul and the Language of Scripture, Cambridge 1992, in cui si trova una copiosa biblio-
grafia su questa materia.
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Il messaggio biblico e la sua interpretazione 367


366 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
minata dalla stessa Torah. La Legge, infatti, indica il peccato e punisce coloro
int_uis.ce pure la relazione tra ~a ven~ta _di ~risto e la Legge, cioè l'istituzione giu- che lo commettono, ma né lo rimette né aiuta a superarlo (Rm 3,20; 7). Ecco
~a1c~~ <<Tel~s gar nomon Christos ezs dzkaiOsynen panti tOi pisteuonti», dove telos perché Cristo, allora, era stato crocifisso, facendosi maledetto con i maledetti co-
sigmf1ca «fme», la fine e il fine, o meta (Rm 10,4). me si era fatto uomo con gli uomini (Gal 3,13; 4,4), per riscattare tutti gli uomi-
Una volta stabilito questo principio, e asserendo che «quando venne la pie- ni, anche coloro che erano sotto la Legge, ma non l'avevano messa in pratica.
nezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per Ciò riguardava, però, la morte di Gesù, non il Cristo Risorto, perché «Egli è sta-
riscattare col?ro che er~n~ ~otto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli» to messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustifi-
(Gal 4,4_-5), 1 alleanza smmlica perde la sua assolutezza e cede il posto a quella cazione» (Rm 4,25).
abran_i1t1ca, che venne concessa come puro dono, ricevuto esclusivamente con il L'argomento di Paolo riguarda Israele in genere, non i singoli. 11 Sapeva be-
«grazie» della fede. Questo modo di ragionare era già stato introdotto da «P» in nissimo che c'erano tanti pii giudei che facevano grandi sacrifici per osservare la
Gen 17, che aveva anticipato il patto con Abramo a quello con Mosè. Allora il Torah, ma, pensava, come uel caso del fariseo della parabola di Gesù (Le 18,9-
penodo dell'alleanza mosaica diventa soltanto una lunga parentesi nella sto;ia 14), ne facessero uno strumento di autoglorificazioue piuttosto che un atto fede-
della salvezzaOntanto la Legg~ era stata promulgata per mezzo degli angeli at- le di riconoscenza. Di se stesso egli dice che era «irreprensibile quanto alla giu-
traverso_ Mose: Gal 3, 19), destmata a esaurirsi all'arrivo del tempo della pro- stizia che deriva dall'osservanza della Legge. Ma quello che poteva essere per me
messa'. c10e di quella «discendenza» promessa ad Abramo (Gal 3,16.29). Inoltre, un guadaguo, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo ... per essere trova-
il cnsliano battezzat_o_ è morto e consepolto con Cristo (Rm 6,4), si è acquistato to in lui, non con una mia giustizia derivata dalla Legge, ma con quella che deri-
una nuova personahta, quella cr1st1ca, 1n luogo di quella adamica ormai messa va dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede»
a morte. Quindi, poiché un morto non è soggetto alla Legge, anch~ il cristiano è (Fil 3,6-9), una giustizia donata in Cristo, non autoconquistata dal mio ego.
hberato dalla Torah che ha potere soltanto sugli uomini adamici (Rm 7,4). Per un cristiano credente, l'argomentazione paolina fila bene. Per un
ebreo, però, rimane indigeribile l'asserzione dell'apostolo in Rm 7 che, cioè,
. Date queste premesse ermeneutiche era ora possibile abbordare la discus- l'osservauza della Legge supera la debolezza della nostra natura umana (la
s1on~ scrittur.is~ica sia con l'apporto di testi contrari, secondo il principio erme- «Carne»). A ciò, come abbiamo detto, opponevano i versetti di Dt 30,12-14. Ed
neu~ic_o r~bb1n1co kayoze bo be maqom aher, 10 sia con la reinterpretazione dei è su questo che adesso ci dobbiamo soffermare per chiarire la nuova tecnica mi-
testi citati dagli avversari. drashica cristiana di Paolo, che scrive: «Invece, la giustizia che viene dalla fede
. I passi sulla fede che faranno da cavallo di battaglia nella controversia pao- parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? Questo significa farne di-
lma souo: Gen 15,6: «Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giu- scendere Cristo; oppure: Chi discenderà nell'abisso? Questo significa far risalire
sllzia»; Ab _2,4: di giusto vivrà mediante la fede»; Is 28,16: «Chiunque crede in Cristo dai morti. Che dice dunque? Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel
lm ~on sara deluso»; Gl 3,32: «Chiunque invocherà il nome del Siguore (Gesù) tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai
sara salvato»; Is 53,1: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?» (Rm con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha
10,16) e Sai 115,10: «Ho creduto, perciò ho parlato» (2Cor 4,13). Pochi testi, in risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10,6-9). Una tale esegesi significa inver-
coufronto con la moltitudme di passi che apportavano giudei e giudeo-cristiani. tire completamente l'intenzione dell'autore del Deuteronomio, che voleva sol-
Bisogna.va; dunque, trovare una risposta adeguata agli argomenti nomistici dal tanto indicare la facilità con cui la Legge si poteva osservare. Ma il testo in quan-
punto d_1 v1st~ del nuovo principio ermeneutico cristologico. to tale è passibile all'interpretazione paolina ?12
. . Pnma di tutto i testi del Dt 21,23; 27,26 e Lv 18,5 che parlano della male- Prima di tutto ci si deve chiedere se Paolo stia veramente citando il testo
d1Z10ne di colm che pende dal legno e di colui che non pratica tutte le cose scrit- del Dt, o, ahueno, alludendo a esso, ovvero che non stia facendo uso di un detto
te nella Legge, perché solo chi le pratica vivrà per esse. In Rm 1 e 2 Paolo ave- proverbiale di uso corrente. 13 Che lApostolo abbia avuto il testo suddetto in
va ~onstatato il fatt~ che n~ greci né.ebrei erano giusti davanti a Dio, i primi per-
che, avendo conosciuto Dio, non gh avevano reso grazie ed erano stati abban-
donati alla loro immoralità, gli altri perché, pur avendo la Legge, non l'avevauo
osservata e così erano peggiori dei pagani, incorrendo nella maledizione com- 11 Cf. P. GRECH, Le idee fondanientali del Nuovo Testamento, Modena 1970, 191.
12 Per una discussione completa della citazione deuteronomica in Rm 10: E. KASEMANN, An
die ROmer, Tiibingen 1974, ad loc.; D.-A. KocH, Die Schrift als Zeuge des Evangeliums, Ttibingen
1986, 129-160; STANLEY, Paul and the Language, 128-133.
13 Così pensano S.-H. Hodge, T. Zahn, J. Denney, J.A. Fitzmyer e H. Hi.ibner e così evadono
10È la sesta delle se!te mid.d~t di Hillel: «C01ne si trova in un altro passo>>, cioè la difficoltà la spinosa questione di interpretazione. Cf. D. Moo, The Epistle to the Romans, Grand Rapids, Mi-
c~eata da un passo della Scnttura s1 nsolve comparandolo con un altro passo più generico della Bib- ch.1996, in loco.
bia.
368 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Il messaggio biblico e la sua interpretazione 369

mente è indubbio a causa delle parole: "Vicino a te è la parola, sulla tua bocca ticolare, e pur concedendo, come fa il Prat, 15 che egli abbia avuto una rivelazione
e nel tuo cuore» (Dt 30,14), che, però, omette la frase «Perché tu la metta in pra- di un senso nascosto delle Scritture, ciò non significa che la rivelazione proceda
t1c~» I~ quanto n~n quadra con la sua tesi. Un detto proverbiale nOn avrebbe se- per saltus, ha anch'essa dei gradini logici da seguire. Quali sono questi passi inter-
gmto 1 tre versetti del Dt nell'ordine in cui ricorrono e avrebbe fatto a meno del medi? Com'erano interpretati questi versetti dai contemporanei di Paolo?
v. 14 che non avrebbe avuto nessun senso. Come è da aspettarsi, i passi rabbinici citati da Strack - Billerbeck 16 ad loc.
~iò viene confermato anche dal modo di introdurre la citazione. La formu- sottolineano la facilità dell'osservanza della Torah. I tannaim e amoraim ivi ad-
la che mtroduce la citazione precedente: «Mosè infatti descrive /a giustizia che vie- dotti sono tutti posteriori a Paolo, ma non c'è nessun dubbio che anche i rabbi-
ne dalla Legge così: L'uomo che la pratica vivrà per essa» (Rm 10,5) viene scelta ni contemporanei all'apostolo non differivano nella loro interpretazione.
m opposIZ10ne all'altra: «Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: Non di- Filone allude spesso al nostro passo, 17 spiegandolo con riferimento alla sa-
re nel tuo .cuore... » (anche questa introduzione proviene da Dt 9,4) . «Mose>>,
' pero,
' pienza che deve guidare le nostre intenzioni, parole e azioni per produrre ope-
aveva scntto ambedue i testi, che appartengono alla Torah mosaica. La seconda re buone.
formula mtroduttoria, dunque, vuole prescindere dall'autorità del legislatore per Interessanti, invece, sono due targumim, il cosiddetto Frammentario e il
trovare ?n sensus plenror e un sensus textus che oltrepassa il sensus auctoris. La Neofiti. Il primo traduce, parafrasando: 18 «Non nel cielo è la Legge, di modo
Torah d1v,enta «Vang~lo», per confutare l'interpretazione degli avversari. che si possa dire: O se avessimo uno come Mosè il Profeta, che salga in cielo e
Ma e certo che Il ~esto ~e~te_ronomico venne commentato da Paolo perché ce la porti giù ... E non oltre il grande mare sta la Legge, così che si possa dire:
u.sato n~lla contro~ers1a ant1cr1st1ana dai suoi avversari? La suddetta afferma- O se avessimo uno come Giona il profeta che scenda nella profondità del gran-
zione m1 sembra più di un'ipotesi. Perché, per provare la sua tesi Paolo avreb- de mare per portarcela ... ». Il Neofiti ha una traduzione simile: «Chi salirà nel
be scelto .u~ testo c~e dice esattamente il contrario di ciò che egli 'voleva asseri- cielo per noi, come Mosè il profeta? Chi attraverserà il mare grande come Gio-
re'Je }o uh!izza p~r Il suo .~copo_per mezzo di un'esegesi poco meno che contor- na il profeta?». Anche i targumim, però, parlano dell'accessibilità d,ell'osser-
ta· E ovv10 che Ii te.sto viene citato perché lApostolo intendeva spiegare il ve- vanza della Legge. Ma siamo un passo più vicini a Paolo, sia con l'introduzione
ro s~n~o nascost? d1 quei versetti, un senso che egli avrebbe ricevuto «non da del termine «Sapienza» in Filone sia con l'invocazione di personaggi profetici
uomm1, ma per nvelazione di Gesù Cristo» (Gal 1,12). che possano salire in cielo o discendere nelle profondità del mare per portarci
Questa. è la tecnica .dd cosiddetto midrash pesher14 usata nell'esegesi di la Legge.
O~m:an. N~i co~mentari d1 questa _setta, che si considerava la comunità degli Ma il passo ponte che conduce più vicino all'interpretazione paolina è Bar
ultlllll tempi, ogni versetto della Scrittura che essi commentano aveva per loro 3,29-38 che, parlando dell'inaccessibilità della sapienza, che è dono esclusivo di
un se~s? n~sco~to, un _<<mistero», rivelato però al Maestro di Giustizia, un senso Dio ad Israele, dice: «Chi è salito al cielo per prenderla e farla scendere dalle
c~e s1 rife.riva immediatamente ali~ condizioni storiche della setta. La spiega- nubi? Chi ha attraversato il mare e l'ha trovata e l'ha comprata a prezzo d'oro
~1one era. introdotta con la parola pzshr6, che significa «cioè», «il suo significato puro? Nessuno conosce la sua via, nessuno pensa al suo sentiero... Egli ha scru-
e_. .. ». Notia~o eh~ an~he Paolo parla del mistero nascosto per tutti i secoli ma tato tutta la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo, a Israe-
nvelato a lurneghult1mi tempi (Rm 16,25). Oggetto di questa rivelazione è la le suo diletto. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini». 19
vocazione d~1 gentih per condividere con gli ebrei le benedizioni promesse a lo- Questo passo è una reinterpretazione di Dt 30,12-14 o un modo di dire simile?
ro: Anche lm: nella sua spiegazione del versetto del Deuteronomio, introduce il Poiché la sapienza e la Legge vengono identificate nei libri sapienziali tardivi
n:z~rash cr1stia1.10 con l,'e~pr~ssione tout'estin, che corrisponde apishr6. Il prin- non è impossibile che l'autore di Baruc abbia avuto Dt in mente scrivendo que-
c1p10 erm~ne~t1c~, p~r?, e_ d1ver_so, anche se la tecnica è la medesima. I seguaci sti versetti, sottolineando, però, la gratuità del dono della sapienza da parte di
del Maestro d1 Gmst1zrn s1 corn1deravano la comunità degli ultimi tempi, come Dio in quanto questa è introvabile dall'uomo.
fa~eva la Chi~sa, ma per 1 cr1st1an1 i tempi sono stati cambiati dall'avvento di
Cnsto e da: nustero p.asquale da lui effettuato. Il significato nascosto dei verset-
ti, dunque, e cristologico.
15 F. PRAT, The Theology of Saint Paul, London 1926, I, 21ss dice che Paolo non vòleva svol-
Pur supponendo, come abbiamo esposto sopra, che Paolo sia arrivato alla gere un argomento scritturistico ma asserire la sua tesi con un argomento a fortiori.
16 STRACK - BILLERBECK, 111, 278-282.
sua esegesi cnstolog1ca di Dt 30,12-14 partendo da uu principio ermeneutico par-
17 Vedi particolarmente FILONE, Mutat. 237-240.
18
Traduzione mia. , .
19 S. LYONNET, «Saint Paul et l'exégèse juive de son temps. A propos de Rm 10,6-8», in Mé-
14 langes bibliques rédigés en l'honneur de André Robert, Paris 1957, 494-506 [ora, corretto dallo stes-
, Il primo che notò l'uso di questa tecnica esegetica da parte di Paolo fu E EARLE El LIS
P aut s Use ofthe Old Testament, Edinburgh 1957.
so autore, in S. LYONNET, Etudes sttr l'Epitre aux Romains (AnBib 120), Roma 1989 (21990), 298-3Q9]
· " ' è stato uno dei primi che scrisse sulla mediazione di Ban1c per spiegare l'esegesi di Paolo in Rm,10.
Il messaggio biblico e la sua interpretazione
370 Il n1essaggio biblico e la sua interpretazione
rh d nnato il peccato nella carne, perché la giustizia
vista del pecc.ato, eg 1_ a ~on ~ non camminiamo secondo la carne ma se-
È proprio ciò che sottolinea anche Paolo con la sua interpretazione cristo- della Legge si adempisse m noi, e11e
logica in Rm 10. Il passaggio dalla sapienza a Cristo era facile per Paolo che in condo lo Spirito» (Rm 8 2-4).R . 20 invece l'interpretazione midrashica di
lCor 1,24 aveva chiamato Cristo «Potenza di Dio e sapienza di Dio», e la cui Nel c 10 della Lettera ai omam, , uma-
Chiesa aveva già modellato un inno cristologico celebrando Cristo come la sa- Dt serve p~r mettere in contrlasto la gid·ustiafit.caaiznioCn~~~r !~",:;~~ ~~~:t~~:~ venn-
Mosè con a grazia on • . .. . .
pienza incarnata (Col 1,15-18, cf. anche 2,3). ne proci amat a d a . . d ll'uomo ma come 1n1z1at1va d1
Dopo Paolo gli gnostici si erano appropriati di questa esegesi paolina di to in terra e risorto d~1 morti non pe;
~per~iu:tizia» personificata. Perciò gli
Dt 30 nel n. 3 dei «detti di Gesù» nel Vangelo di Tommaso: «Se coloro che vi grazia del Padre, grazia proc!amata a :t~< sostituire la giustizia donata da Dio
guidano vi dicono: Ecco il regno è nel cielo, allora gli uccelli del cielo vi pre- ebrei sono mescusabih perche hanno v~ li L ge mentre i gentili sono stati re-
cederanno; se vi dicono: Sta nel mare, allora i pesci vi precederanno. Ma il re- con quella propria ottenu_ta per mezzo e daA::aU:o perché hanno creduto (Rm
gno è dentro di voi e fuori di voi. Quando voi conoscete voi stessi allora sare- si partecipi della bened1z10ne promessa a Il d" Gal e Rm era prece-
. . I · ne che a a stesura i
te conosciuti, e saprete che siete i figli del padre vivente». Naturalmente il «re- 10,16-21). Ciò c1 porta a11 a_ conc_usi~ . e antigiudeo-cristiana. Il dibattito ini-
gno» è la scintilla divina di cui ci si appropria per mezzo della gnosi, non con duta una lunga controv~rs1a _ant1~1~ ~1ca sommario lucano per descrive-
la fede. ziato dopo il discorso d1 Ant10chia e soltantttonru1·sntico tra Paolo e la sua scuola da
. so di lotta su campo scn .
Quindi, adesso, mettendo insieme tutti questi frammenti esegetici dei con- re I 11ungo proces . . . d -cristiani dall'altra. Il fatto che troviamo le me-
temporanei di Paolo, possiamo ricostruire le tappe logiche per mezzo delle qua- una parte e gh ebrei e ;ig~~es~~ testi sulla bocca di Trifone nel suo di_alogo con
li l'Apostolo sarebbe arrivato alla «rivelazione» del vero significato di Dt 30,12- de_s1m_e ob1e~1on1 ~on _g 6 conferma la nostra ]potesi che i testi citati da _Paolo
14: la tecnica del midrash pesher, Mosè nel cielo e Giona nel mare, la sapienza Gmstmo (Dral. 89, 95, 9_) . d" d" t "ba ma erano stati presi dalla
introvabile ma data come dono e Cristo sapienza di Dio. Ma determinante per non erano stati inventati da lui per scopo i ia r1 '
la sua ultima conclusione è stato il principio ermeneutico sunnominato che Cri- realtà stessa della controversia. bb t t accettabile ai giudei?21 Unari-
sto era la fine e la finalità della Legge, il suo compimento che aveva chiuso la M a una t aIe argomentazione
. ,
sare e s a a
erché tutto di ende dall'attrazione o meno che
parentesi dell'alleanza mosaica e fatto ritornare l'umanità intera all'alleanza sposta univoca non s1 puo dar~ p ·1 . t" . po Qui i sentimenti hanno un ruo-
. . . so Gesu e i cris ianes1m · .
fatta con Abramo, un dono assoluto e unilaterale di Dio. gh ud1ton avevano ver ,. Abbiamo detto che il principio ermeneutico
lo tanto grande quanto 1_ mtelletto. , .f on il Gesù predicato dall'aposto-
Avendo descritto il retroscena dei nostri versetti deuteronomici vediamo di Paolo era la sua fede m Cnsto; un emp_a ia c ll'eseges1· paolina e renderla più
. · d precomprensione a .
adesso quale funzione avevano sia nella controversia orale precedente sia nel lo avrebbe potuto ague . a \taccato alla Legge, al contrano,
contesto della Lettera ai Romani. Sia ebrei sia giudeo-cristiani, sentendo Pao- accettabile. Un fanseo d1 stretta osservanza, a . ta Similmente un giudeo-
lo che asseriva che la Legge non era sufficiente per la giustificazione e che era avrebbe rigettato l'argomento pCaohno d1 sanaltpoiapn1ù ~apace di se~uire l'argo-
. . h ·, a fede 1n risto era mo
resa inosservabile dalla debolezza umana (la «Carne»), obiettavano adducen- cr1st1ano c e gia avev . . . se era re arato a sacrificare l'assolu-
do testi chiarissimi sulla capacità della Torah di dare vita, e particolarmente il mentazione midrashica cnstiana d1 Paol 0 . . b
p "b"lit' che Dio stava of-
passo del Dt riguardante la facilità con cui i precetti mosaici potevano essere tezza della sua tradizione gn-~daica. ~ ad ap:1rs~1~i~~:iss~~ i~ ambedue le cate-
osservati. Paolo ribatte che l'alleanza originale e assoluta era quella con Abra- frendo una via di salvezzam gentili a pan co "tà di l~ggere la Bibbia «non se-
mo, non quella con Mosè. Questa era stata promulgata da angeli ed era servi- gorie di ascoltaton c'era bisogno d1n~~al~';f~~:to cbe dà vita» (cf. 2Cor 3,6) per
ta soltanto per rivelare la nostra debolezza e il nostro bisogno dì redenzione, condo la lettera che uccide ma seco l' p aolina Molti ebrei aperti lo fece-
portandoci per mano verso Cristo come un pedagogo che portava lo scolaro immedesimarsi completamente con esegesi p . .. i
dispetto di alcuni giudeo-cristiani che non c1 arrivarono ma .
dal maestro. Raggiunta la sua meta, la sua funzione cessa. Il versetto del Dt ro, a
non fa altro che confermare questa tesi in quanto losservanza della Legge,
che è identica alla sapienza di Dio, deve essere considerata come un dono da-
to agli uomini in Cristo, nella sua incarnazione (non la discesa negli inferi, con-
tro Kasemann) e nella sua risurrezione dai morti. L'osservanza dei comanda-
menti di Dio è possibile solo con l'aiuto dello Spirito di Dio che ci viene do-
20 J-N. ALETfl, Comnient. pieu ~st-il just~?' Pari~ i ~~, ~z~.ICHARDSON (ed.), Anti-.ludaisni in
nato dal Cristo Risorto: «Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Ge- 9
sù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era im- 21 Per la controversia antlg1uda1ca nel pnmo seco o . .
Early Christianity, I, Paitl and the Gospel.\', Waterloo 1986.
possibile alla Legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso pos-
sibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in
Indice degli autori

Ackermann J.S. 351 353 Babcock S. 124


Agostino 12 24 106 117 120 123-124 Bammel C.P. 259 267 276
127130135-136 140-144 150-154 Barbaglio G. 182 205
157 159 163-177 196 233 251 258 Barnett P.W. 239
260-261 268 272-273 276 282 285 Barr J. 186
306 Barth G. 101190-191194 211
Agua Pérez A del 27 29 50 84 98 Barthes R. 187
Aland B. 180 181 Basilide 77
Aland K. 179-181 Basilio 120 122 134 141144 150 152
Aletti J.-N. 59 84 187 371 Ba uckham R. 100
Alexander P.S. 92 156 Bauer W. 68 84 181 203-204
Alon G. 242 Beale C.K. 96 157
Althusser L. 197 Beasley-Murray G.R. 79 84
Ambrogio 135-136 144 152 165 Belo F. 17 197
Ambrosiaster 136 Benoit P. 60 84
Ammonio 136 Berger K. 17 184 187
Amsler S. 51 84 95 97 116 Bernard R.167-168
Anderson B.W. 93 Betti E. 17 19 21107 193 198 287
Angus S. 222-223 Betz O. 217
Antioco III Nicanore 311 Bevan E. 34
Apollinare 136 Blanchetière F. 237 248
Apuleio 224 Blass F. 181
Archer G.L. 96-97 Blasto 140
Aristea 36 Bloch R. 28
Aristobulo 36 Bock D.L. 49 84
Archer G.L. 96-97 BoeckhA.14
ArndtW.181 Boismard É. 181-182
Arnobio 135 Bonsirven J. 28 30 51 84 365
Arnold C.E. 313 Borg M.J. 206
Artapanos 36 Bori P.C. 57 84
Asterio 136 Bornkamm G. 101 205
Atanasio 117 121135 140-141144 Bousset W. 58 84 190
Aune D.E. 60 84 Bover J.M. 180
Avril A.C. 29 63 84 168 Bowker J. 32 84
380 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

Theodosion 149 von Tischendorf L.B.C. 179


Indice generale
Thiselton A.C. 108 197 200
Thorna C. 302 Wagner G. 222 225
Ticonio 12 124 136 164 175-177 Wainwright A.W. 357-358 360
Tito di Bosra 136 Weingreen J. 39 105
Tolomeo 119 Weiss J. 189-190 322-323
Travers Herford R. 27 88 Wells G.A. 203
Trebilco P. 313 316 Wengst K. 42 71 88 341
Trifone 96 116-118 138 157 247 304 Werner M. 78 88
307 315 371 Westcott B.F. 179
Trobisch D. 183 Westerholrn S. 64 88
Tuckett C. 45 88 Westerrnann C. 351 PREFAZIONE pag. 5
Turner N. 74 88 181186 188 Wewers A. 218 243 346
Twelftree G.H. 206 Whitehead A.N. 17 PARTE PRIMA
Whittaker M. 312 SAGGI DI ERMENEUTICA
Vaganay L. 181 Wilder A.N. 94 187
Valentino 77 119 Wilken R.L. 359 Capitolo primo
van Esbroecx M. 187 Williarnson H.G.M. 90 115 359 ERMENEUTICA BIBLICA: BREVE PROSPETTO STORICO » 9
van Hartingsveld L. 321 Winter D. 206
van Roon A. 11 O Witherington III B. 203 206 1. INTRODUZIONE ................................................................................... . » 9
van Voorst R.E. 203 207 Wittgenstein L. 197 2. STORIA DELL'ERMENEUTICA BIBLICA ............................................... . » 10
Vanhoye A. 65 88 187 Wolff P. 100 3. L'ERMENEUTICA MODERNA ............................................................... . » 12
Vanni U. 2 187 Walter M. 70 88 112 4. LA DIMENSIONE TEOLOGICA DELL'ERMENEUTICA MODERNA ........ . » 15
Vardirnan E.E. 186 Woolcornbe K.L. 93 5. CONSEGUENZE PER LA TEOLOGIA FONDAMENTALE ........................ . » 18
Vattirno G. 21 200 Wrede W. 200 203 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................... . » 21
Verfaillie C. 259 Wright A.G. 28 88 179 207
Verrnès G. 206 Capitolo secondo
Vielhauer P. 42 88 341 Yarnauchi E. 182 AGLI INIZI DELLA TEOLOGIA CRISTIANA ............................. . » 23
Vincenzo di Lerino 126 145 147 154
1. OSSERVAZIONI PRELIMINARI ............................................................. . » 23
Vittore 140 Zaharopoulos D.Z. 173
Vittore di Antiochia 135 Zahn T. 367 2. IL PRIMO GIUDAISMO ......................................................................... . » 24
Vogels H. 180 Zahrnt H. 200 3. IL PERIODO APOSTOLICO ................................................................... . » 37
von Humboldt W. 13 Zedda S. 79 88 319 321 328 330 4. LA NARRATI O ..................................................................................... . » 39
von Rad G. 39 Zirnrnermann H. 183 5. LA TRADUZIONE IN LINGUAGGIO ..................................................... . » 42
von Soden H.F. 179 Zwingli H. 249 6. LA STORIA COME LOCUS THEOLOGICUS ............................................ . » 47
7. LA REINTERPRETAZIONE DELL'ANTICO TESTAMENTO ................... . » 49
8. FEDE, CONDOTTA E CULTO ............................ : ................................... . » 52
9. LA COMUNITÀ CRISTIANA, LA CHIESA ............................................. . » 56
10. L'IDENTITÀ TEOLOGICA DELLA COMUNITÀ CRISTIANA ................... . » 68
11. MESSAGGIO E CULTURA .................................................................... . » 73
12. L'ATTESA DEL SIGNORE .................................................................... . » 78
13. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE .............................................................. . » 82
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................... . » 84
382 Il messaggio biblico e la sua interpretazione
Indice generale 383
Capitolo terza
LA REINTERPRETAZIONE INTRA-BIBLICA E L'ERME- Capitolo decimo
NEUTICA MODERNA ......................................................................... » 89 LA FILOLOGIA NEOTESTAMENTARIA NEL SECOLO XX » 179
1. LA REINTERPRETAZIONE DELL'AT NELL'AT STESSO ..................... . 89 Capitolo undicesinio
2. L'INTERPRETAZIONE DELL'AT NEL NT ........................................... . 95 L'ERMENEUTICA BIBLICA NEL XX SECOLO
3. LA RILETTURA DI TEMI DEL NT NEL NT STESSO ........................... .
» 189
100
4. CONCLUSIONI ERMENEUTlCHE 102 INTRODUZIONE ......................................................................................... . » 189
1. L'ERMENEUTICA NELLA TEOLOGIA
2. L'ERMENEUTICA NELLA FILOSOFIA ······················································· » 190
Capitolo quarto » 191
3. L'ERMENEUTICA DI R. BULTMANN ······················································
LE TRADIZIONI NEOTESTAMENTARIE E LA "TRADITIO » 194
CATHOLICA» ........................................................................................ . 109 4. DOPO BULTMANN ........................... :: ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: » 195
5. ERMENEUTICA E FILOSOFIA ATTUALI » 196
Capitolo quinto CONCLUSIONE ......................................... :::::::::: ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: » 199
PROBLEMI DI INTERPRETAZIONE DELL'ANTICO TESTA- NOTA BIBLIOGRAFICA ...............................................................................
MENTO NEI PRIMI SECOLI ............................................................. . »
» 200
115

Capitolo sesto PARTE SECONDA


INTERPRETAZIONI PATRISTICHE DEL NUOVO TESTA- TEOLOGIA E STORIA
MENTO .................................................................................................... . 129
Capitolo dodicesimo
Capitolo settimo I LIMITI DEL METODO STORICO DI FRONTE A GESÙ » 203
LA TRADIZIONE PRESSO I PADRI DELLA CHIESA 137
Capitolo tredicesimo
Capitolo ottavo LA PRATICA DEL BATTESIMO AI TEMPI DI GESÙ » 215
THE REGULA FIDE! AS HERMENEUTICAL PRINCIPLE 1. I BAGNI RITUALI NELLA COMUNITÀ DI QUMRAN ............................ . » 215
YESTERDAY AND TODAY ............................................................... . 147
2. IL BATTESIMO TRA I PROSELITI DEL GIUDAISMO ............................. . » 218
Capitolo nono Come si svolgeva ritualmente questo battesimo? ........................... . » 219
L'ERMENEUTICA AGOSTINIANA: IL TERZO LIBRO DEL 3. IL BATTESIMO PRESSO I MANDEI ....................................................... . » 220
DE DOCTRINA CHRISTIANA ......................................................... . » 163 Che cosa significa questo battesimo per i niandei? ....................... . » 221
4. I MISTERI ............................................................................................. . » 222
STRUTTURA ............................................................................................... . » 163 Che cos'è una religione misterica? ................................................ ..
1. PROEMIO E CONTENUTO: L'INTERPRETAZIONE DEI SEGNI AMBIGUI
» 222
Quali sono questi Misteri? .............................................................. . » 223
PROPRI E TRASLATI ............................................................................ . » 164
2. I PRINCIPI ERMENEUTICI PER I SEGNI PROPRI .................................. . » 164 Capitolo quattordicesimo
3. PRINCIPI PER INTERPRETARE I SEGNI TRASLATI (5.9-23.33) ......... . » 166 IL SIMONE DELLA STORIA E IL PIETRO DELLA FEDE
A. Non interpretare alla lettera una locuzione figurata ............ .
» 227
» 166
B. Non interpretare figuratamente una locuzione propria Capitolo quindicesimo
(10.14-16.24) ············································································ » 168 IL GIUDEO-CRISTIANESIMO: LO STATO DELLA QUE-
C. Conclusione generale sul linguaggio proprio e .flgurato ...... . » 172 STIONE ................................................................................................... . » 237
D. Regole per la retta interpretazione delle figure (24.34-26.37) » 173
IV. QUAL È DUNQUE IL VERO SENSO DELLA SCRITTURA? (27 .38-29.41) » 174 Capitolo sedicesimo
V. LE REGOLE DI TICONIO ..................................................................... . » 175 ASPETTI EUCARISTICI NELLA PRIMA LETTERA AI CO-
RINZI .......................................................................................................
» 249
384 Il messaggio biblico e la sua interpretazione Indice degli autori 385

Capitolo diciassettesimo d.Le obiezioni alla cristologia alta ........................................... . » 307


JUSTIFICATION BY FAITH IN ORIGEN'S COMMENTARY ON e.La risposta dei cristiani ........................................................... . » 307
ROMANS .................................................................................................. ,, 259 f Le raccomandazioni alla comunità ........................................ . » 309
1. WHAT DOES FREEDOM MEAN? ......................................................... . » 260 4. LA PIENA CONFESSIONE DELLA COMUNITÀ GIOVANNEA ................ . » 310
2. THE STATE OF MAN BEFORE (WITHOUT) CHRIST ............................ . » 260
3. PRAEPARATIO EVANGELICA ............................................................... . » 262
Capitolo ventunesimo
4. THE NATURE OF LAW AMONG GENTILES .......................................... . » 263
EBREI E CRISTIANI AD EFESO: RIFLESSI NEL VANGELO
5. THE MosAIC LAW ............................................................................. . » 264
DI GIOVANNI ........................................................................................ . » 311
6. IS JUSTIFICATION MERITED? ............................................................. . » 265
7, «CALL», «FOREKNOWLEDGE», «ELECTION» ................................... . » 267 Capitolo ventiduesimo
8. JUSTIFIED IN CHRIST .......................................................................... . » 268 L'ESCATOLOGIA DEGLI SCRITTI GIOVANNEI (QUARTO
9. !USTITIA DEI ······················································································· » 269 »
VANGELO E LETTERE) .................................................................... . 319
10. MAN'S RIGHTEOUSNESS ..................................................................... . » 269
11. THE MEANING OF FAITH .................................................................... . » 270 L'ESCATOLOGIA DI GIOVANNI ·································································· » 321
12. NECESSITY OF GOOD WORKS AFTER JUSTIFICATION ........................ . » 271 REGNO DI DIO E VITA ETERNA ............................................................... . » 324
13. Is GRACE NECESSARY FOR GOOD WORKS? ....................................... . » 272 ESCATOLOGIA COME COMPIMENTO DELLA SCRITTURA ......................... . » 328
14. THE HOLY SPIRIT, GRACE AND CHARISMS ...................................... . » 273 CONCLUSIONE ........................................................................................... . » 331
15. ESCHATOLOGICAL RIGHTEOUSNESS IN PATRIA ................................ . » 275
Capitolo ventitreesimo
CONCLUSION ............................................................................................. . » 275
LE CONFESSIONI DI FEDE IN GIOVANNI » 333
LE CONFESSIONI NEOTESTAMENTARIE IN GENERE » 333
Capitolo diciottesimo LE CONFESSIONI IN GIOVANNI ................................................................. . » 334
«QUID EST VERITAS?». RIVELAZIONE E ISPIRAZIONE: FONTI E BIBLIOGRAFIA ............................................................................. . » 341
NUOVE PROSPETTIVE ...................................................................... » 277
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo diciannovesimo IL KERYGMA DELLA COMUNITÀ GIOVANNEA » 343
CHE SIGNIFICA OGGI «ISPIRAZIONE»? UNA VISIONE
GLOBALE .............................................................................................. . » 287 Capitolo venticinquesimo
IL SIGNIFICATO DELLA CITAZIONE DEL SAL 82,6 IN GV
10,34 ··········································································································· » 351
PARTE TERZA
ESEGESI DI TESTI Capitolo ventiseiesimo
FORMULE TRINITARIE IN SAN PAOLO 357
Capitolo ventesimo
Capitolo ventisettesimo
LA COMUNITÀ GIOVANNEA NEI CC. 7 E 8 DEL VANGELO
IL RETROSCENA DI RM 10,5-13 E IL DISCORSO AD ANTIO-
DI GIOVANNI ........................................................................................ . » 301
CHIA ........................................................................................................ . » 363
1. Lo SVILUPPO DELLA COMUNITÀ GIOVANNEA .................................. . » 301
2. Lo SFONDO DEI CC. 7 E 8 .................................................................. . » 302 INDICE DEGLI AUTORI .................................................................... . » 373
3. Gu ARGOMENTI IN Gv 7 E 8 ........................................................... . » 304 INDICE GENERALE ............................................................................ . » 383
a. Varie opinioni sui cristiani ...................................................... . » 304
b. La persecuzione ...................................................................... .. » 305
c. Controversie midrashiche tra cristiani ed ebrei o giudeo-cri-
stiani .......................................................................................... . » 306

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