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La Bibbia

nel suo
contesto
Luis Alonso Schòkel
Jesus Asurmendi
Bruno Chiesa
Fiorentino Garcia Martinez
Joaquin Gonzàlez Echegaray
José Manuel Sànchez Caro
Julio Trebolle Barrerà
La Bibbia
nel suo contesto
Luis Alonso Schòkel
Jesus Asurmendi
Bruno Chiesa
Fiorentino Garcia Martinez
Joaquin Gonzàlez Echegaray
José Manuel Sànchez Caro
Julio Trebolle Barrerà
Edizione italiana
a cura di Antonio Zani

Paideia Editrice
ISBN 8 8 . 3 9 4 . O 5 I O . O

Titolo originale dell’opera:


J. Gonzalez Echegaray, J. Àsurmendi, F. Garda Martmez
L. Alonso Schòkei, J.M . Sànchez Caro, J. Treboile Barrerà
La Biblia eri su entorno
Traduzione italiana di Teresa D ’Alessandro
Revisione di Antonio Zani
© Editorial Verbo Divino, Estella 19 9 0
© Paideia Editrice, Bresda 19 9 4
Sommario

9 Presentazione dell’opera
n Premessa al volume primo

Parte prim a
G EO G R A FIA E ARCH EO LO G IA BIBLICH E

C a p ito lo I
17 La geografia biblica
C a p ito lo n
59 Archeologia biblica

Parte seconda
STORIA E ISTITU ZIO N I DEL POPOLO BIBLICO

103 Introduzione
C a p ito lo in
10 9 L ’epoca premonarchica
C a p ito lo iv
ixtì L a monarchia
C a p ito lo v
155 L ’ ultimo periodo
della dinastia davidica
C a p ito lo v i
18 8 L ’esilio e la restaurazione di Giuda
sotto i persiani
C a p ito lo v i i
206 La Palestina sotto la dominazione greca
( 3 3 3 - 3 6 7 a.C.)
C a p ito lo v m
zzi Restaurazione nazionale ed espansione asmonea
(16 7 -6 3 a.C,)
C a p ito lo ix
237 La Palestina sotto la dominazione romana
(Ó3 ”4 a.C.)
C a p ito lo x
151 Da Erode il Grande alla guerra contro Roma
(4 a.C. - 66 d.C.)
Sommario

C a p ito lo XI
67 Le guerre contro Rom a
( 6 6 -13 5 d.C.)
C a p ito lo x ii

84 II contesto religioso del N uovo Testamento

Parte terza
B IB B IA E LETTERATURA

C a p ito lo x i i i
15 La Bibbia come letteratura

Parte qu arta
IL TESTO D ELLA BIBBIA

C a p ito lo x iv
76 Lingue e scritture bibliche
C a p ito lo xv
94 Testo e critica testuale
dell’Antico Testamento
C a p ito lo x v i
37 d esto e critica testuale
del N uovo Testamento
C a p ito lo x v i i
^4 Versioni dell’Antico
e del N uovo Testamento

*3 Indice del volume


Presentazione
dell’opera

L'Introduzione allo studio della Bibbia, inaugurata da questo volume de­


dicato al contesto biblico, è nata come progetto durante il seminario
triennale di cultura biblica tenuto da un gruppo di biblisti agli inizi degli
anni ottanta neWambito delle riunioni annuali della Instiiución San Jeró-
nimo para la Investìgación Biblica. In quelle sessioni di lavoro molti pro­
fessori dì Sacra Scrittura espressero la loro insoddisfazione per i manuali
attualmente esistenti, i quali, benché soddisfacenti, non presentavano
gran parte dei progressi della ricerca biblica degli ultimi ventìcinque anni
né accoglievano tutti i risultati ricavabili dalla costituzione sulla Divina
Rivelazione del concilio Vaticano IL Non va dimenticato che a quell'e­
poca si utilizzavano ancora manuali scritti negli anni sessanta. Questa
costatazione c indusse a discutere i fondamenti su cui elaborare Popera
dt cui tutti avvertivamo la mancanza. Si domandava un sufficiente livello
scientifico, l'assunzione dei risultati conseguiti dalla piti recente ricerca
biblica e teologica, un'esposizione a un tempo chiara, completa nei punti
essenziali e orientativa per lo studente di Sacra Scrittura e per quanti de­
siderano accostarsi alla conoscenza della Bibbia. Era quindi necessario
raccogliere ì progressi della scienza bìblica e gli orientamenti introdotti e
suggeriti dal concilio Vaticano IL
Per Vorganizzazione dell'opera venne nominato un consiglio di reda­
zione, composto da cinque biblisti della Instìtucion San Jerónimo, che su­
bito dispose dt modificare il nome in Asociación Biblica Espahola —Insti-
tución San Jerónimo. Il consiglio, ancora attivo, è formato da José Ma­
nuel Sànchez Caro (Pontificia Università di Salanianca), Julia Trebolle
Barrerà (Università Compìutense), Rafael Aguirre Monasterio (Università
di Deiisto), Alfonso de la Puente Adanez (Instituto San Dàmaso di M a­
drid) e Santiago Guijarro (Direttore della Casa de la Bibita). Costoro ela­
borarono U disegno iniziale, discusso nelle successive riunioni dell*Asso­
ciazione Biblica Spagnola e da questa approvato nel 1986. A tale progetto
partecipano oggi una ventina di studiosi della Bibbia, tutti spagnoli, che
rappresentano una vasta gamma di specialisti e docenti dei centri di ricer­
ca spagnoli.
L'Introduzione alio studio della Bibbia è concepita come un esteso ma­
nuale, elaborato in otto maneggevoli volumi, ai quali se ne aggiungeran­
IO Presentazione dell’opera

no due supplementari. Nostro intento è che possano servire da testo base


nelle facoltà di teologia, nei seminari e in qualsiasi altra istituzione di li­
vello universitario o equivalente in cui si seguano studi biblici. Auspichia­
mo altresì un manuale sufficientemente leggibile e chiaro, un libro di con­
sultazione per chiunque desideri un'informazione di base aggiornata sui
problemi suscitati attualmente dallo studio della Bibbia in generale e da
ognuno dei libri biblici in particolare.
I primi due volumi sono dedicati allo studio delle questioni generali
poste dalla Bibbia; il primo riguarda problemi di tipo concreto, attinenti
all'ambiente storico e letterario; il secondo affronta questioni più speci­
ficamente teologiche. Seguiranno tre volumi dedicati ai libri dell1Anti­
co Testamento e altri tre a quelli del Nuovo Testamento. L'opera verrà
completata da due supplementi, uno dedicato al mondo della letteratura
giudaica intertestamentaria, l'altro alla letteratura cristiana connessa al­
la Bibbia.
Nell'elaborazione metodologica si è preferito distinguere, quando pos­
sibile, un'esposizione organica dei risultati conseguiti dalla crìtica attuale
dalla presentazione della storia della ricerca con i problemi che3 come per
ogni scienza viva, rimangono aperti. Si è pure fornita una bibliografia
commentata, per sollecitare l'approfondimento dello studio.
La realizzazione del lavoro, come in genere accade per le opere a più
mani, non è stata facile e, soprattutto, ha sofferto di alcuni ritardi impre­
visti. Ma già oggi possiamo presentare l'inizio di un progetto che ci augu­
riamo sia un utile apporto alla scienza biblica e un abituale compagno
per quanti si dedicano a questo studio per professione o, semplicemente,
per interesse verso un libro che è e sarà sempre letto con passione.
II consiglio di redazione, presentando con questo primo volume /In­
troduzione alio studio della Bibbia* desidera rendere omaggio ai biblisti
di ogni tempo, consapevole di collocarsi sulla strada già tracciata dai loro
sforzi e dalle loro conquiste. Desidera, inoltre, ringraziare l'Associazione
Biblica Spagnola, la quale ha inserito tra ì suoi già numerosi progetti an­
che l'attuale, e l’Editorial Verbo Divino, che ha reso possibile con gene­
rosità, comprensione ed efficienza la realizzazione dell'opera.
Premessa
al volume primo

II presente volume, primo dell3Introduzione allo studio della Bibbia, esa­


mina tutti gli aspetti che favoriscono una migliore comprensione della
Bibbia come libro umano. / suoi estesi capitoli intendono presentare
lam bito biblico generale, il «contesto» che rende possìbile un primo ap­
proccio a questo libros lontano da noi nel tempo e nella cultura. Questo
avvicinamento avviene per gradì successivi.
La prima parte introduce aWambiente fisico in cui ebbe origine la Bib­
bia, offrendoci una breve e interessante presentazione della geografia e
archeologia bibliche. Ne è autore il prof. Joaquin Gonzàlez Echegaray,
direttore d e ll Istituto dì Ricerche Preistoriche (Santander-Chicago) e
membro del consiglio della sezione archeologica dellIstituto Biblico e
Archeologico Spagnolo di Gerusalemme, noto specialista di archeologia
preistorica spagnola e biblica e conoscitore diretto dei luoghi biblici, do­
ve ha trascorso lunghi e frequenti periodi come archeologo. Si tratta di
un contributo nuovo n e ll ambito degli studi biblici spagnoli, a cui fino
ad oggi praticamente mancavano una geografìa e archeologìa bibliche.
Nonostante non sia più che un compendio, e da sottolineare che si tratta
di un lavoro originale, sviluppato con indubbia sensibilità biblica.
La seconda parte, più estesa, è dedicata alto studio della storia del po­
polo biblico, dalle origini fino alla seconda rivolta giudaica contro R o­
ma, conclusasi n e ll anno 13 j d.C . Anche in questo caso il contributo e di
particolare interesse. L ’esposizione, necessariamente concisa, intende sot­
tolineare i grandi momenti utili a inquadrare le pagine bibliche, senza
tralasciare le principali questioni oggi discusse e altre letture che consen­
tono di ampliare gli orizzonti della conoscenza. Sono autori dì questa se­
zione il prof. Jesus Asurmendi, docente alllstituto Cattolico di Parigi, e il
doti. Fiorentino C arda Martmez, attualmente impegnato presso VIstituto-
di Qitmran dell Università di Groningen in Olanda.
La terza parte è un primo tentativo di collocare la Bibbia nelVampio
contesto della letteratura del suo tempo. In questo caso abbiamo potu­
to contare sulla breve ma preziosa collaborazione de! prof. Luis Alonso
Schokel, del Pontificio Istituto Biblico di Ramai tino dei maestri che han­
no aperto la via alPimmenso e stimolante campo degli studi della Bibbia
come letteratura. Il suo contributo consiste nelPesaminare la Bibbia come
tz Premessa al volume primo

fenomeno letterario. Le letterature contemporanee o che hanno influen­


zato VA.T e il N.T. sono succintamente descrìtte dai due storici sopra
menzionati, mentre il prof. José Manuel Sànchez Caro, della Pontificia
Università di Salamanca, presenta un saggio in cui vengono descritti e
classificati i ptù importanti generi letterari presenti negli scritti biblici.
L'ultima parte, che esamina la storia del testo biblico3 offre un intro­
duzione alla complessa scienza, o arte, della critica testuale, accompagna­
ta da una breve presentazione delle versioni bibliche. Anche in questo ca­
so si tratta di un apporto originale alla crìtica testuale. L'autore, il prof.
Julio Trebolle Barrerà, dell'Università Complutense di Madrid, ha elabo­
rato una pregevole per quanto sintetica trattazione, benché a volte, da­
to l'argomento illustrato, possa apparire arida a una prima lettura. Per
quanto si riferisce alle versioni della Bibbia, con eccezione di quelle anti­
che, si e preferito dare maggiore spazio alla rassegna delle versioni italia­
ne, con il contributo originale del prof, Bruno Chiesa, delPUniversità di
Pavia (parte che in questa edizione italiana sostituisce quella del prof’ Jo ­
sé Manuel Sànchez Caro, dedicata alle versioni spagnole della Bibbia).
Si tratta, in breve, di un lavoro interdisciplinare —dì qui Pintervento
dei diversi autori —, proteso a delincare succintamente e con chiarezza il
contesto del libro biblico. Un volume, insomma, in cui, per la prima vol­
ta, un gruppo di biblisti tratta importanti questioni offrendo una visione
d'insieme che non ha precedenti negli attuali studi biblici.
Questa premessa non sarebbe completa se non menzionassimo Pim­
portante contributo del doti. Lorenzo Amiga Espada, professore di Filo­
logia Ebraica alla Facoltà Biblica Trilingue della Pontificia Università di
Salamanca. Il suo lavoro di revisione dei testi e i suoi preziosi suggeri­
menti hanno notevolmente migliorato il volume; a lui, quindi, i più senti­
ti ringraziamenti del consiglio di redazione. La nostra gratitudine va an­
che alPallìeva dì teologia della medesima Università, Maria José Fernàn-
dez-Montes, che nelPultima fase di elaborazione dell'opera ha efficace­
mente coadiuvato il professor José Manuel Sànchez Caro, a cui si deve la
forma definitiva del volume e la cura dei necessari collegamenti tra le va­
rie parti. È doveroso, infine, ringraziare vivamente per la revisione finale,
sempre puntuale e competente, il prof. Alfonso de la Fuente Adànez, che,
oltre ad altri validi contributi, ha preparato Poriginale per la stampa.
Voglia Dio che il lavoro di tante persone risulti utile e appassionante
a quanti si avvicinano a quest'opera in cerca di un ausilio e di un orien­
tamento per meglio comprendere quanto qui ci sta propriamente a cuore,
la Bibbia.
Abbreviazioni e sigle

Abbreviazioni dei libri biblici

A b. Abacuc. Abd. Abdia. Agg. Aggeo. Am, Amos. Apoc. Apocalisse.


Atti Atti degli Apostoli. Bar. Baruc. Cant. Cantico dei Cantici. Col. Let­
tera ai Colossesi. i , 2 Cor. Prima, seconda lettera ai Corinti. 1 , 2 Cron. Pri­
mo, secondo libro delle Cronache. Dan. Daniele. Deut. Deuteronomio.
Ebr. Lettera agli Ebrei. Eccl. Ecclesiaste. Ef. Lettera agli Efesini, Es.
Esodo. Esd. Esdra, Est. Ester. Ez. Ezechiele. Fìl. Lettera ai Fiiippesi.
Film. Lettera a Fìlemone. Gal. Lettera ai Galati. Gd. Lettera di Giuda.
Gdt. Giuditta. Gen. Genesi. Ger. Geremia. Giac. Lettera di Giacom o.
Giob. Giobbe. Gion. Giona. Gios. Giosuè. Giud. Giudici. Gl. Gioele.
G v. Vangelo di Giovanni. 1 , 2, 3 G v. Prima, seconda, terza lettera di G io ­
vanni. Is. Isaia. Lam. Lamentazioni. Le. Vangelo di Luca. Lev. Levitico.
x, 2 M acc. Primo, secondo libro dei M accabei. M al, M alachia. M e. V an ­
gelo di M arco. M ich. Michea. M t. Vangelo di Matteo. N aum Naum .
Neeru. NeemJa. Num . Numeri. Os. Osea. 1 , 2 Pt, Prima, seconda lettera
di Pietro. Prov. Proverbi. 1 , 2 Re Primo, secondo libro dei Re. 1 , 2, 3 , 4
Regn. Primo, secondo, terzo, quarto libro dei Regni (L X X ). Rom. Lettera ai
Romani. Rut Rut. Sai. Salmi. 1 , 2 Sani. Primo, secondo libro di Samuele.
Sap. Sapienza di Salomone. Sir. Siracide (Ecclesiastico). Sof. Sofonia. 1,
2 Tess. Prima, seconda lettera ai lessalonicesi. i , 2 Tun. Prima, seconda lette­
ra a Timoteo. Tit. Tito. T o b . Tobia. Zacc. Zaccaria.

Altre abbreviazioni

Accad. accadico. Ant. Mavio Giuseppe, Antiquìtates ludaicae. Ap. Flavio


Giuseppe, Contra Apionern, arab. arabo, arani. aramaico. Asc. Ts. Ascen-
sio ìsaiae, A .T . Antico Testamento. b Talmud babilonese (segue molo del
trattato). Bell. Flavio Giuseppe, De bello ludaico. ebr. ebraico. Hist. ecd.
Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, j Talmud di Gerusalemme (segue ti­
tolo del trattato). L X X Septuaginta. ms(s). manoscritto/i. N .T . N uovo T e ­
stamento. t Tosefta (segue titolo del trattato). T g . Targum . T .M . testo ma-
soretico. V g. Volgata.
(segue)
Sigle

A A S O R Annusi of thè American Schools of Orientai Research. A N E P Ancient


Near East in Fictures relating to thè Old Testament. A N E T Ancient Near East-
ern Texts relating to thè Old Testament. A N R W Aufstieg und Niedergang der
Ròmischen Welt. B A Bìblical ArchaeoJogist. B A R Bonner Altademische
Reden. B A S O R Bulletin of thè American Schools of Orientai Research. BeO
Bibbia e Oriente. Bib Biblica. B T T Bible de tous les temps. C B Q Cath-
olic Biblical Quarterly. C H B The Cambridge History ofthe Bible. C ivC att La
Civiltà Cattolica. D B S Dictionnaire de la Bible, Supplément. D T A T E. Jenni
- C . Westermann (edd.), Dizionario Teologico dell3Antico Testamento . E C En­
ciclopedia Cattolica. EnB A . Diez M acho - S. Bartina - J.A . Gutiérrez Larraya
(edd.), Enciclopedia della Bibbia . EstBib Estudios Biblicos. EstEcl Estudios
Eclesiàsticos. H T h R Harvard Theological Review. H U C A Hebrew Union
College Annual. IE J Israel Exploration Journal. JA O S Journal of American
Orientai Society. JB L Journal of Biblical Literature. JJS Journal of Jewish
Studies. J T S Jou rnal of Theological Studies. L T h K Lexikon fur Theologie
und Kirche. PEQ Palestine Exploration Quarterly, P O A J. Briend, Israel y
Judà en los textos del Fróximo Oriente antiguo, Estella 19 8 z. R B Revue Bibli-
que. RBenS Revue Renedictine, Supplément. R E J Revue des Etudes Juives.
R E T Revista Espariola de Teologia. PJvBibl Rivista Biblica. R S L R Rivista
di Storia e Letteratura Religiosa. R SR Recherches de Science Religieuse. RTL
Revue Théologique de Louvain. T R A T W . Beyerlin (ed.), Testi religiosi per lo
studio dell3Antico Testamento . T R E Theologiscbe Realenzyklopàdie. VD
Verbum Domini. V T Vetus Testamentum. V T S Vetus Testamentum, Supple-
ments.
Parte prima

Geografia
e archeologia bibliche
Joaqutn Gonzàlez Echegaray
Per comprendere con più ampia visione d’insieme e maggiore profondità
possibile il messaggio della Sacra Scrittura si deve conoscere il «contesto»
in cui 1 libri sacri furono scritti e trasmessi: le circostanze storiche e cultu­
rali del popolo che fu il diretto protagonista delia letteratura biblica, la
mentalità, la terra in cui viveva, la lingua che parlava, il tipo di scrittura
impiegato e la trasmissione di tali documenti nel corso della storia.
È necessario iniziare dalle origini, presentando la realtà fisica del paese
della Bibbia, che, come si sa, coincide fondamentalmente con quanto si
suole chiamare Palestina. Tuttavia, in un secondo momento, bisognerà
compiere un percorso a ritroso nel tempo e ricostruire, per quanto possi­
bile, i nomi, i confini territoriali, i centri abitati della terra biblica nei
tempi passati, precisamente nelPepoca in cui i diversi libri furono scritti,
così da verificare e comprendere i riferimenti geografici in essi contenuti.
Ma la «terra» non è solo descrizione topografica e toponomastica, an­
che se con echi lontani di tempi passati. La terra conserva nelle sue visce­
re i residui fisici, i resti archeologici della presenza degli uomini che la
abitarono: le rovine delle città con le loro mura e le loro case, le tombe, i
resti dell’arredo domestico. Tutto questo affascinante mondo archeologi­
co è indispensabile per ricostruire il passato e capire così la mentalità de­
gli autori sacri, comprendendo in tal modo quanto in ogni momento essi
intesero dire.
Capitolo i

La geografia biblica

I. G E O G R A F I A F I S I C A

La regione naturale comunemente conosciuta con il nome di Palestina è


collocata nella zona meridionale della costa più orientale del Mediterra­
neo, suddivisa attualmente tra i moderni stati di Israele e Giordania, in­
teressando in piccola parte anche il Libano e la Siria.
La sua peculiare caratterizzazione geografica è determinata principal­
mente dalla presenza di un bacino idrografico chiuso (il sistema Giordano
- Mar Morto), pressoché parallelo alla costa mediterranea e incassato in
una profonda fossa tettonica. Questa è un tratto della cosiddetta Rift
Valley, sistema di faglie continue, con affossamento parziale della crosta
terrestre che, procedendo dal sud della Turchia, continua a ovest della Si­
ria e dà origine al bacino dell’Oronte (arab. Nahr el-Asi),1 tra le catene
V v

del Gebel en-Nusairiyeh e del Gebel ez-Zawiyeh, per proseguire nel Liba­
no attraverso la valle della Beqà* tra le alte catene del Libano a ovest e
dell’Antilibano a est. Tale solco funge da bacino collettore per il fiume
Oronte, che scorre verso nord, e per il LitànI, che scorre verso sud. En­
trambi i corsi fluviali terminano deviando bruscamente verso occidente,
per sfociare nel Mediterraneo. Solamente a partire di qui il sistema del
Giordano costituisce un vero bacino chiuso. Più a sud la fossa prosegue,
dando origine al Golfo di ‘Aqaba e al Mar Rosso, e penetra infine nel
continente africano, che attraversa da nord a sud nella sua parte centro­
orientale, pressoché parallela alla costa dell’Oceano Indiano. Si trova in
stretta relazione con l’esistenza dei più caratteristici fenomeni geografici
dell’immenso continente, tra i quali i grandi laghi ai confini di Kenia,
Tanzania e Uganda.

i . Per la toponomastica adottata si ponga attenzione a quanto segue: i nomi con equivalente ita­
liano (ad es. Betlemme) consertano perlopiù questa forma; in altri casi, per località situate in ter­
ritorio israeliano ci si è attenuti alla forma ebraica attuale, per luoghi geografici situati in territo­
rio arabo si è di solito preferita la denominazione araba. Sussistono eccezioni per talune denomi
nazioni, tanto neiPuna che nell1altra lingua, già consacrate dall’uso generale. Per Ponomastica del
periodo biblico si sono seguiti prevalentemente Y . Aharoni - M . Avi-Yonah, Atlante della Bibbia,
Casale Monf. 1 9 8 7 ; V . Fritz, Introduzione all1archeologia biblica, Brescia 1 9 9 1 ed E. Schùrer,
Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (17 5 a.C. - 1 3 j d.C.), Brescia 19 8 5 ss.
i. Il bacino del Giordano

Il fiume Giordano nasce alle pendici dell’Antilibano, ai piedi del mon­


te Hermon (Cebel esh-Sheikh, 2759 m). Ha tre sorgenti principali: el-
Hasbani, ruscello cbe scende con cascate e precipizi dalla Beqà1, Ti­
tàni e Bànyas, che discendono dalle falde del Hermon, in mezzo a un
bel paesaggio montano rivestito di boschi. Nel punto della loro confluen­
za, i tre ruscelli formavano, in una splendida pianura, il Lago Utile,
lungo 4 km ca. e poco profondo, oggi prosciugato artificialmente. Il fiu­
me prosegue verso sud incassandosi in una stretta gola basaltica, attra­
verso la quale scende precipitosamente fino a sboccare nel Lago di Gene-
zaret. In un tratto di ca. r6 km scende più di 200 m, giacché la superficie
del Lago di Genezaret si trova a 2 1 1 m sotto il livello del Mediterraneo
(misurazione del 1986). Tale lago, conosciuto anche con i nomi di Tibe-
riade o di Mare di Galilea, ha un'estensione approssimativa di 21 km di
lunghezza per circa 12 di larghezza. Sulla sua riva occidentale si apre una
fertile piana. Il lago, la cui profondità raggiunge poco più di 40 m, è di
acqua dolce e abbonda di pesci.
Il Giordano riprende il suo corso partendo dalla riva meridionale del
lago e con numerosi meandri va scorrendo attraverso la suggestiva de­
pressione del Giordano, conosciuta anche con il nome di el-Gór, per un
tratto di circa 100 km fino a sfociare nel Mar Morto, La sua superficie si
può calcolare, a tutt’oggi, sui 403 m sotto il livello del Mediterraneo (mi­
surazione del 1984), costituendo la depressione più profonda del nostro
pianeta. La larghezza della valle è disuguale, da ca. 3 km nella zona piu
stretta, fino a ca. 20 nella più ampia, ormai alla fine del suo percorso. Il
Mar Morto ha una lunghezza di ca, 85 km e una larghezza massima di
ca. 15 . Le sue acque sono molto salate, mancano di fauna ittica e i fonda­
li giungono sino alla profondità di 400 m (ca. 800 m sotto il livello del
Mediterraneo), sebbene nella zona meridionale, a partire dalla penisola
di el-Lisàn, situata sulla riva orientale, la profondità decresca in modo
considerevole.
A sud del Mar Morto s’incontra una specie di reiterazione del Giorda­
no. È il Wiidi el-£Àrabah, solco impressionante con un alveo secco che
dal Golfo di ‘Aqaba va scendendo fino al Mar Morto in senso inverso al
Giordano, evidenziando la continuità della grande fossa tettonica.
Il fiume Giordano, di acque perenni, riceve i suoi principali affluenti a
sinistra. Essi sono: lo Yarmuk (arab. Sheri‘at el-Menàdire), che riversa le
sue abbondanti acque nel Giordano poco dopo l’uscita di questo dal Lago
di Genezaret; il Nahr ez-Zerqa (ebr. Yabboq), a metà strada tra i due
grandi laghi; il Sei el-Mogib (ebr. Arnon), che sfocia direttamente nel
Mar Morto, sulla riva orientale, attraverso una gola impressionante. Gli
Geografia fìsica *9

affluenti di destra sono invece trascurabili e privi di acque perenni (bor­


ri secchi per la maggior parte deiranno). Si distinguono solo il Nahal
Harod e il Wàdl el-Fàrca (ebr. Nahal Tirsa).

2. La regione cisgiordana

A ovest della valle Giordano - Mar Morto fino al Mediterraneo è collo­


cata la regione cisgiordana o Palestina propriamente detta. Una catena
montuosa parallela alla valle si dispiega poco più a sud dell’uscita del
corso del Giordano dal Lago di Genezaret fino all’estremità meridionale
del Mar Morto. Le cime più alte del sistema, conosciuto con i nomi di
Montagna di Samaria o di Efraim a nord e Montagna di Giuda a sud, so­
no il òebel el-‘Azur (ebr. Ba‘al Hasor) di 10 16 m sul livello del M e­
diterraneo nella parte settentrionale e una punta di 1020 m nella zona
meridionale del sistema presso la città di Hebron. Poiché la distanza tra
questa serie di vette e la depressione del Giordano è di appena 20 km. in
questo breve spazio il dislivello è notevole, giungendo fino ai 1400 m.
A occidente, invece, le montagne declinano più dolcemente, dando luo­
go a un paesaggio collinare denominato la Shefela. Gli sono contigui la
pianura costiera, a volte disseminata di dune, e infine il M ar Mediterra­
neo. In questa zona mancano buoni porti naturali. Sulla costa sfociano
piccoli corsi d’acqua, dei quali soltanto lo Yarqon merita di essere citato.
Di solito sono alimentati alle loro testate da vari torrenti che scendono
dalla montagna attraverso strette valli, di questi il Wàdl Nàtuf è uno
dei più noti.
A mano a mano ci si muove verso sud, la linea costiera si allontana a
occidente, per cui la zona collinare e la pianura si ampliano. All’altezza
della parte meridionale del Mar Morto si può dire che la montagna sia
scomparsa. La costa, a sua volta, si è allontanata definitivamente nel mo­
mento in cui piega verso ovest formando un angolo retto e dando inizio
alla sponda del litorale nordafricano. Siamo in una vasta regione che si
estende fino al Golfo di ‘Aqaba e riceve il nome di Negev. E delimitata a
oriente dall’Araba e a ovest dalla penisola del Sinai. Nei pressi dei confini
di questa regione egiziana emergono alcuni importanti massicci montuosi
(Har Ramon, 10 35 m).
Un grande e complesso sistema idrografico di alvei normalmente sec­
chi convoglia le acque di buona parte del Negev settentrionale verso il
Mediterraneo: è il bacino del Nahal Besor, che sfocia a sud di Gaza.
D ’altra parte, il Negev centrale e meridionale fa confluire le sue acque
verso l’Araba attraverso un’infinità di torrenti, tra i quali il Nahal Pa-
ran si distingue per ampiezza.
A nord della Montagna di Samaria si estende una grande e fertile pia­
20 La geografia biblica

nura detta dì Izreel o di Esdrelon, che con andamento trasversale mette in


comunicazione la pianura costiera con la valle del Giordano, a sud del
Lago di Genezaret. Questa pianura si addossa a una catena di rilievi che,
partendo dai monti dì Samaria, prosegue con una serie di alture collinari
e termina poi con la catena del Carmelo. Va in direzione nord-ovest e si
dirige verso il Mediterraneo, nel quale penetra con un promontorio pres­
so Haita.
Verso sud-est, la pianura di Izreel si restringe per la presenza dei Monti
di Gelboe, che avanzano al di sopra di essa, partendo dalla Montagna di
Samaria. Alle falde di questi rilievi si trova Bet Shan, presso cui scorre il
Nahal Harod* che convoglia le acque della pianura verso il Giorda­
no, mentre un altro fiume, il Nahal Qishon, scorre nella parte settentrio­
nale della medesima, in direzione opposta, andando a gettare le sue ac­
que nei Mediterraneo presso Haifa.
A nord di questa grande pianura si trova un altra estesa zona di colline
e rilievi di media altezza, uno dei quali, il Tabor (588 m), supera gli altri
dominando la piana. Si tratta della regione chiamata Galilea Inferiore,
compresa tra i porti naturali di Haifa e di San Giovanni d’Acri (ebr. Ak-
ko), situati in un’ampia pianura costiera, a occidente, e il Lago di Gene­
zaret a est. Più a nord il paesaggio ridiventa accidentato, con alcune ci­
me, come Har Merom (arab. òebel Germaq) che raggiunge i 1208 m e
separa di nuovo le pianure della costa dalla valle del Giordano. È la Gali­
lea Superiore. 11 paesaggio va poi progressivamente addolcendosi a nord
fino all'alveo del fiume Lìtànl. Siamo ormai in territorio libanese.

3. La regione transgiordana

A est della depressione del Giordano la struttura morfologica risulta me­


no complessa, poiché si configura in un immenso altipiano, interrotto di
tanto in tanto dai solchi fluviali cui abbiamo accennato sopra. La piatta­
forma in questione, sul suo fianco occidentale, discende a valle abbastan­
za bruscamente, mentre a oriente si prolunga fino a confondersi con il
Gran Deserto siro-arabo.
La zona a oriente della regione compresa tra le sorgenti del Giordano e
la riva meridionale del Lago di Genezaret corrisponde alle alture del G e­
lati. Nella parte settentrionale si osservano anche le ultime propaggini
della catena dell Antilibano e alcuni crateri vulcanici spenti; tuttavia l’al­
tipiano è, complessivamente, uniforme e fertile e si estende verso oriente
col nome di En-Nuqra ormai in territorio siriano. Termina in una zona
inospitale, di formazione vulcanica, chiamata El-Leha, presso la quale si
erge maestoso il Monte Druso (òebel el-Druz, 1839 m). Quest’area rice­
ve il nome generico di El I tawran.
Geografia fisica 21

Tra i fiumi Yarmuk e Zerqa si incontra la regione chiamata ‘Aglun,


pianeggiante a nord e montuosa a sud, ove si innalzano cime considere­
voli, come il òebel Urnm el-Darrah (124 7 m).
La regione di Balqa* corrisponde al tratto di altipiano tra i fiumi Zerqa
e Mogib. In generale, il bordo sovrastante la depressione del Giordano è
più elevato e presenta alcune cime montuose. E il caso del cosiddetto
Monte Nebo (808 m).
A sud del fiume Mogib si trova Paltipiano di Kerak. Al di là del WàdI
el-Hesa si estende l’elevato altipiano di Edom, diviso in due dalla de­
pressione di Feinan (ebr. Punon), che vi si incunea a partire dall*Araba.
Sull’altipiano vi sono aree montuose con cime non trascurabili, come il
òebel el-Ataita (16 4 1 m), il òebel Mubarak (1727 m) e il òebel el-Ya-
man (1665 m), dal quale prende avvio verso oriente una derivazione se­
condaria di questa catena. Tra i due sistemi di piattaforme e montagne si
estende una zona relativamente bassa, pianeggiante e desertica, nota col
nome di Hisma.

4, Clima e vegetazione

Il clima della Palestina è determinato dalPinfluenza contrapposta di due


importanti fattori geografici: il Mar Mediterraneo e il deserto. Separati
l’uno dall’altro dalla breve distanza di ca. 13 0 km in media, determinano
la grande diversità di paesaggi esistenti nel piccolo paese e le variazioni
climatiche stagionali.
La costa è dominata dai venti umidi del mare e, di conseguenza, è ferti­
le, verde e di clima mediterraneo, con temperature invernali tra i ro e i 15
gradi centigradi ed estive tra i 27 e i 32. L ’aria umida sale dalla Shefela e
dalle colline di Galilea, per penetrare poi, attraverso la valle di lzreel, ver­
so l’interno, creando una zona fertile coperta parzialmente da boschi in
prevalenza di querce, con una media pluviometrica annua di 1200 mm.
Più a nord, sopra i pendìi scoscesi del Libano e dell5Antili bario si estende­
vano un tempo i famosi boschi di cedri.
I monti di Samaria e, soprattutto, quelli di Giuda, sebbene dominati
dal vento del mare, sono, a causa della loro altezza e della natura del ter­
reno, regioni aspre e con vegetazione piuttosto povera, dove si coltiva la
vite, si fa crescere Pulivo e abbondano i cipressi. A Gerusalemme la media
annua di pioggia è di 600 mm. La temperatura, benché in estate possa es­
sere elevata (30 gradi a Gerusalemme), scende notevolmente durante la
notte (r8 gradi a Gerusalemme).
Se da un parte le nubi rimangono bloccate nella parte esterna della ca­
tena, mentre il versante est della medesima ne rimane per cosi dire al ri­
paro, dall’altra Passai accentuato dislivello che questa zona montuosa
11 La geografia biblica

presenta a oriente produce un effetto del tutto peculiare in meteorologia:


l'aria, nello scendere, si riscalda di un grado ogni io o m e di conseguenza
diventa secca. Perciò la vegetazione scompare creando un paesaggio de­
sertico estremamente arido e frastagliato soprattutto nella parte meridio­
nale (Deserto di Giuda). Questi pendìi, inoltre, sono direttamente esposti
ai venti secchi provenienti dal Gran Deserto siro-arabo e buona parte di
essi si trova già sotto il livello del Mediterraneo, il che comporta un'ele­
vata pressione atmosferica. Ciononostante, in inverno può piovere sal­
tuariamente per qualche giorno; l'acqua scorre allora impetuosa sul fon­
do delle valli scoscese e strette che costituiscono il tipico paesaggio del
Deserto di Giuda e rimangono asciutte per tutto Panno.
Per le condizioni sopraindicate le pianure del Giordano si configurano
come paesaggio desertico, tranne a settentrione, attorno al Lago di Ge-
nezaret, dove penetra Paria umida principalmente attraverso la valle di
Izreel. La stretta fascia che accompagna il corso del Giordano con i suoi
innumerevoli meandri costituisce un nastro verde e rigoglioso con un mi­
croclima tropicale. Va impoverendosi a mano a mano ci si avvicina al
Mar Morto, nelle cui vicinanze non c’è vegetazione, costituendo uno dei
paesaggi più desolati del mondo.
Alcune sorgenti in luoghi isolati della depressione creano suggestive
oasi; è il caso di Gerico, dove, tuttavia, la temperatura media estiva è di
40 gradi. In questa località la media annua di pioggia è di 200 tnm, A sud
del M ar Morto arriva solo a 50 mm.
Al contrario, la Galilea è di clima mite e paesaggio verdeggiante, espo­
sta com’è al benefico influsso del Mediterraneo. La modesta differenza di
altezza tra le colline e il livello del Lago di Genezaret non consentono il
fenomeno della desertificazione registrabile nel corso inferiore del Gior­
dano. Solo sulla riva settentrionale del lago il paesaggio mostra maggiore
aridità.
Il Negev, per la sua situazione geografica, non è beneficato dai venti
umidi del Mediterraneo; perciò è un enorme deserto che le attuali tecni­
che d’irrigazione dello stato d’Israele hanno potuto trasformare solo par­
zialmente e in misura molto marginale. La media pluviometrica annuale a
Beersheba è di 143 mm.
A est della valle del Giordano segue, con carattere semidesertico, il
pendio che sale al grande altipiano di Transgiordania. Tuttavia, a mano a
mano ci si innalza in quota dominando i monti della Cisgiordania, i pen-
dii e successivamente l’altipiano si trasformano in una regione fertile,
esposta ai venti del Mediterraneo, creando un paesaggio di una certa au­
sterità (molto simile alla meseta castigliana) ove si ottengono buoni rac­
colti di cereali. Sulle colline a nord del WàdI Zerqa si vedono i resti del­
l’antico bosco di Galaad, costituito principalmente da querce. Più a est, si
Geologia z3

presentano i venti orientali del deserto che bloccano gli influssi del Medi­
terraneo. Inizia così una zona stepposa, che va confondendosi con la
grande estensione desolata conosciuta col nome di Gran Deserto, il quale
a oriente continua fino a [f Eufrate e a sud penetra nell5Arabia Saudita.
L’alterno dominio di influssi marini o desertici non solo, come andia­
mo dicendo, determina la diversità di paesaggio, ina influisce anche sulle
variazioni atmosferiche durante Panno. L’equilìbrio tra i venti mediter­
ranei o desertici non è sempre costante. Sul!'altipiano cerealicolo trans­
giordano per gran parte dell'anno dominano i venti dell’est, freddi in in­
verno e torridi in estate. Abbiamo già detto che nel deserto di Giuda in
Cisgiordania soffiano periodicamente anche questi venti, che salgono fino
alle cime della catena e si dirigono verso la costa, creando un ambiente
afoso, soprattutto in alcuni giorni di primavera e di autunno. E il tipico
vento di terra, chiamato hamsin. In generale, e per riassumere, possiamo
dire che l’inverno in tutta la Palestina è breve, relativamente freddo nelle
zone più alte e con precipitazioni molto intense. Sulla Montagna di Giuda
può capitare che nevichi. La primavera è temperata, tranne i giorni di
hamsin, benché in montagna la temperatura continui ad abbassarsi abba­
stanza durante la notte. Normalmente non piove, salvo le cosiddette
vpuigge tardive», a carattere limitato. L ’estate è calda in tutto il territo­
rio. Soltanto le zone piu elevate godono durante le notti del sollievo deri­
vante dalla loro posizione favorevole. Anche Pautunno è secco, ma meno
caldo, tranne i giorni di hamsin; tuttavia già cominciano a spirare su
quasi tutto il territorio i venti mediterranei, che finiscono per portare
dapprima in forma discontinua le «piogge precoci» e infine le precipita­
zioni dell’inverno.

I I. G E O L O G I A

In Palestina non rimangono che scarsi resti delia primitiva piattaforma continen­
tale del Precambrico, costituiti da rocce metamorfiche, nella regione del Golfo di
(Àqaba e nei suoi dintorni. Del Giurassico, in piena Era Secondaria, sono i terreni
sedimentari di arenaria a est del M ar M orto e nella valle del WàdI Zerqa. N on o ­
stante ciò, la maggior parte delle formazioni geologiche del paese, almeno la par­
te più caratterizzante, appartiene al Cretaceo. Del Cenomaniano (Cretaceo M e­
dio) sono la maggioranza delle rocce calcaree dei M onti di Giuda, Samaria, G a-
iaad e buona parte della Galilea e il Carmelo. A esse di solito si sovrappone il Tu-
rouiano. Del Senoniano (ormai ne! Cretaceo Superiore) abbiamo altri calcari te­
neri, caratteristici del Deserto di Giuda e di gran parte delPaltipiano ftansgiorda-
no, oltre il bordo che guarda verso la depressione del Giordano.
Nel Terziario, durante l’Eocene, gran parte della Palestina era coperta dal m a­
re, ma già allora si determinavano le spinte responsabili dei ripiegamenti nel
blocco di strati depositati sul fondo marino. A quest’epoca risalgono certi terreni
2-4 La geografia biblica

calcarei del Negev, del ‘Agiati e della Galilea. N d Miocene si sviluppò la più im­
portante fase orogenetica all’orìgine di pieghe e fratture in tutti gli strati piu anti­
chi, la quale fece emergere le terre del paese, a eccezione delle pianure costiere.
Ciò permise la risalita della lava vulcanica che ha dato origine ai basalti nei din­
torni del Lago di Genezaret, di HQle e nel massiccio del óebel Druz. Allora si
produssero le grandi faglie che da nord a sud formarono la fossa tettonica del
Giordano, con tutta la serie di faglie secondarie orientate in diverse direzioni. Tra
esse si può citare quella che separa la Shefda dai M onti di Giuda, pressoché pa­
rallela a quella del Giordano, e la grande faglia a nord del Carmelo, che determi­
na l'orientazione obliqua, rispetto al sistema, della pianura dì Izreel.
Durante il Quaternario, n d Pleistocene e allim zio dell’Olocene, si formarono
le pianure costiere, a causa del fenomeno planetario delle glaciazioni e dei movi­
menti che mutarono ripetutamente il livello marino. Un enorme lago, conosciuto
oggi col nome di Lisàn, che occupava tutta la depressione del Giordano, finì per
frammentarsi e dar luogo al sistema attuale di laghi e al corso fluviale propria­
mente detto. À sua volta la depressione andò affossandosi progressivamente e gli
affluenti furono costretti a scavare le loro tipiche gole, tra le quali si distingue
quella di M ogib, che raggiunge una profondità di 700 m. Alla fine del Pleistocene
ha inizio una fase d ’inaridimento progressivo nel clima del paese, che, con alcuni
intervalli, continua fino all’epoca attuale.

IH . G E O G R A F I A P O L I T I C A A T T U A L E

La Cisgiordania è oggi occupata dallo stato d’Israele, fondato nel 19 4 8 . 1


suoi confini sono il risultato della guerra arabo-israeliana e del conse­
guente armistizio del 1949. Nel 1967 e dopo la cosiddetta «guerra dei sei
giorni», Israele occupò nuovi territori, stabilendo come confine con la
Giordania il corso del Giordano. Questi territori rimangono sotto un’am­
ministrazione speciale, senza essere integrati completamente entro lo sta­
to, e la popolazione continua a essere arabo-palestinese. D ’altro canto,
Israele ha annesso pienamente al suo stato le alture del Golan, un tempo
della Siria.
Il numero di abitanti dello stato d’Israele è calcolato intorno a tre mi­
lioni e mezzo; tre milioni circa sono ebrei, il resto è costituito da arabi e
altre minoranze. A queste cifre bisogna aggiungere approssimativamente
un milione di abitanti nei territori occupati: Giudea, Samaria e Gaza. Le
città più importanti sono: Tel Aviv con 450000 abitanti, Gerusalemme
con 400000 e Haifa con 2,30000.
La Transgiordama, per parte sua, costituisce lo stato denominato Re­
gno Hashemita di Giordania. Dichiarato emirato di Transgiordania nel
1 9 1 1 , si trasforma in regno nel 1946 e adotta il nome di Giordania nel
1949. Conta attualmente tre milioni di abitanti. Ne è capitale Amman
con un milione di abitanti.
r v . G E O G R A F I A S T O R IC A B I B L I C A

Si tratta ora di ricostruire sulla carta geografica della Palestina i riferi­


menti territoriali che si incontrano nel testo sacro e di localizzarvi i prin­
cipali toponimi citati. Il differente valore storico dei vari racconti biblici
non è qui oggetto di analisi e discussione, poiché verrà trattato in altri ca­
pitoli di quest’opera. Ci limiteremo esclusivamente alPidentificazione to­
pografica e alPambientazione geografica dei fatti, siano questi reali o leg­
gendari.
Anzitutto bisogna dire che la Palestina si trova in una delle estremità
che Breasted definì a suo tempo «mezzaluna fertile». Si tratta in realta di
un’ampia zona dell’occidente asiatico a forma di enor me mezzaluna, con
le estremità rivolte a sud, costitmta da un insieme di paesi relativamente
fertili, nella cui concavità è situata una delle regioni più aspre e desolate
del pianeta, l’immenso deserto siro-arabo. L ’estremità orientale di questa
mezzaluna fertile è formata dalla Mesopotamia, quella occidentale dalla
Palestina e dal Libano. La valle del Nilo potrebbe essere considerata un
ulteriore prolungamento, che si addentra nell’Africa. La parte centrale è
costituita dalle valli superiori dell'Eufrate e del Tigri, che si collocano
all’interno degli attuali stati di Sìria, Turchia e Iraq.
Nell’antichità la Palestina fu sempre luogo di passaggio tra il potente
impero egiziano e gli altri imperi orientali: ruttiti, assiri, babilonesi, per­
siani ecc. Le vie di comunicazione piu importami erano, con nomi bibli­
ci,1 la «via del mare» o via marìs (7s. 9,1), denominata anche «via dei Fi­
listei» (Es. 13 ,17 ) , che dall’Egitto seguiva la costa della Palestina fino al
Monte Carmelo. Qui, evitandolo, attraversava un passo angusto, in pros­
simità della città di Megiddo, per giungere alla pianura di Izreel. Percor­
reva la bassa Galilea e si dirigeva verso il corso superiore del Giordano,
vicino al Lago di Hule, per salire alla BeqìT o per inoltrarsi in Siria,
strada di Damasco. L ’altra arteria importante era la «strada del re»
(.Num . 20,19) che, procedendo dal Golfo di ‘Àqaba, saliva all’altipiano
transgiordano dall’Araba e proseguiva parallela al sistema M ar Morto -
Giordano, a poca distanza dal bordo della fossa. Infine, si univa al prece­
dente percorso nelle alture del Golan. Esistevano inoltre altri itinerari se­
condari e in diversi punti diramazioni di interconnessione tra una strada e
l’altra.
È inoltre da aggiungere che il nome Palestina, qui ampliato ed estrema­
mente generalizzato per designare la regione che andiamo studiando, non2

2. È incerto se queste fossero le denominazioni che contraddistinguevano abitualmente tali strade


e se corrispondessero all’intero percorso. D ’altra parte, più che di srrade costruite, si dovrebbe
parlare di «itinerari». Fino all’epoca ellenistica o romana non si trasformeranno in vie o stiade
maestre vere e proprie.
2.6 La geografia biblica

compare mai nella Bibbia. Si trova piu facilmente in fonti romane del il
secolo d.C. e probabilmente deriva dal termine pristini (filistei). Nella
letteratura biblica il paese è designato con vari nomi, il più comune dei
quali nelFÀ.T. è Terra di Canaan (ebr. ’Eres K cna‘an).

i . Antico Testamento
a) ì patriarchi
I racconti della Genesi sulFepoca patriarcale riflettono un ambiente di
popoli nomadi dediti alla pastorizia, che si muovono attraverso un terri­
torio in cui esistono varie città-stato, lutto il quadro risale all’incirca
all’anno 1900 a.C., più o meno agli inizi del Bronzo Medio o periodo
delle invasioni degli hyksos. Il clan semita di Abramo, che vive in tende,
si muove da Harran nell’alto Eufrate e, si dice, ancor più da lontano, da
Ur di Sumer. Percorre il paese attraverso la montagna da nord a sud, so­
stando nei luoghi che diverranno poi famosi come santuari. Si tratta, ap­
punto, della giustificazione del carattere sacro di tali luoghi per mezzo di
distinte teofanie.
Abramo è presente a Sichem (oggi I eli Balatah presso Nabius), sulla
Montagna di Samaria, esattamente a un crocevia, dove la strada che se­
guendo la montagna va da sud a nord («la strada da Betel a Sichem» se­
condo Giud. 2.1,19) si unisce con l’altra che dal Giordano sale attraverso
il Wàdl Fàr‘a, Questa, a sua volta, si collegava con il percorso che dall’al­
tipiano transgiordano scendeva verso !a fossa del Giordano attraverso la
valle dello Yabboq (arab. Wadi Zerqa). Il patriarca si sposta per circa 50
km da Sichem a Betel (oggi Bétln, a nord-est di Ramalla). Da qui, attra­
versando la Montagna di Giuda, si inoltra nel Negev, da dove penetrerà
in Egitto. Di nuovo ripercorre il cammino fino a Betel, dove si separa dal
nipote Lot, che scende verso la pianura del Giordano. Àbramo si muo­
ve di nuovo verso sud e si accampa presso Hebron, importante località
della Montagna di Giuda, che ancor oggi conserva questo nome,
L ’episodio della campagna dei quattro re orientali, che con una spedi­
zione punitiva attaccano gli stati a sud del Mar Morto, consente alcune
identificazioni topografiche, tra cui il caratteristico grande lago che ac­
quista il tipico nome di Mare Salato (ebr. Yàm ham-Melah), le mon­
tagne di Seir nella zona di Petra o forse, piu all’interno verso la penisola
del Sinai, el-Paran a est di Àraba. Si menzionano i refaim, zamzumrnim,
emim, horrei, antichi popoli segnalati anche a est di Araba in Deut.
10 -12 , e la città di Qadesh (‘Ain el-Qudeirat) nel Negev. Sodoma e Go­
morra potrebbero essere presumibilmente sepolte sotto il Mar Morto, a
sud della penisola di Lisan, in una zona di acque poco profonde e di pro­
babile sprofondamento in epoca relativamente recente. Abramo inseguì
Geografia storica biblica 27

Pesercito vincitore fino a Dan, in prossimità delle sorgenti del Giordano.


Viene ricordata anche Hobah, a nord di Damasco. Più tardi fa la sua
comparsa Melkisedeq, sacerdote e re di Shalem (Gerusalemme), e viene
fatto riferimento al suo incontro con Abramo nella valle di Shaweh, nei
pressi di questa città.
Il patriarca prosegue il suo viaggio attraverso il Negev e giunge a He-
bron, al querceto di Mamre; di nuovo si spinge fino alle vicinanze di Qa-
desh e Sur, si muove verso la costa in Óerar, oggi Tel Haror farab. Teli
Abu Hureireh), tra Beersheba e Gaza, nei dintorni dell’attuale Nahal
Òerar. Ritorna a Beersheba, giunge al Monte Moria, che una successiva
tradizione collocherà a Gerusalemme nel luogo in cui sorgerà il tempio, e
infine sia lui sia la moglie Sara verranno sepolti a Hebron, nella grotta
di Malcpela.
Mancano notizie letterarie sulla partenza di Isacco dal Negev; qui pre­
se come sposa Rebecca, che veniva da Harran, nell’alta Mesopotamia, e
da qui si mosse verso Cerar, attraverso un itinerario che ripercorre la vi­
cenda del padre. In seguito sembra insediarsi a Beersheba. Da qui parte il
figlio Giacobbe verso Harran. Seguendo il percorso della montagna,
giunge a Betel, dove passa la notte ed è protagonista di una teofania. Pro­
babilmente da Sichem, attraverso la strada già menzionata che attraversa
il Giordano e sale all’altipiano transgiordano, si dirige verso il corso su­
periore dell’Eufrate. In effetti, questo percorso sarà descritto minuziosa­
mente come quello seguito da Giacobbe al suo ritorno, menzionando il
nome del fiume Yabboq e le città transgiordane di Penuel (oggi Teli ed-
Dahab) e Sukkot (oggi Teli D e icAllah), entrambe nei basso Yabboq, co­
me le città di Sichem e Betel. All’arrivo, si dirige immediatamente a Efra-
ta, probabilmente un villaggio nel territorio di Beniamino, in cui que­
st’ultimo patriarca nascerà e la madre Rachele morirà di parto. Una tra­
dizione relativamente antica ne colloca la tomba a Betlemme; a essa si ri­
ferisce il testo di Gen. 35,19 . Esaù, da parte sua, appare come patriarca
del popolo di Edom o Seir, in Transgiordania, a sud-est del Mar Morto.
Giuseppe, inviato dal padre Giacobbe incontro ai suoi fratelli, segue il
medesimo percorso, attraverso la montagna, da Hebron, dove risiedeva
il padre, fino Sichem e di qui a Dotan (oggi Teli Dolan, a 8 km da Ge-
nin). Raccolto da una carovana di mercanti «ma diani ti», viene condotto
in Egitto e venduto come schiavo. Sembra che Giacobbe continui a vive­
re a Hebron e, scendendo in Egitto per incontrare il figlio, sosti a Beer­
sheba, in cui ha luogo una teofania. Verrà infine sepolto a Hebron ac­
canto ai suoi antenati, benché al riguardo sembri esservi un’altra tradi­
zione (Gen. 50,5).
b) L ’esodo

Oggi si ritiene che non tutte le tribù israelite fuggirono dall’Egitto nella
migrazione nota con il nome di «esodo». Alcune erano già in Palestina,
altre probabilmente si unirono alla migrazione nel deserto, senza aver
mai posato piede nelle terre del Nilo. Dal punto di vista geografico, la
strada dell’esodo e Pidentificazione di tutte le tappe citate nella Bibbia
costituiscono un problema ancora insolubile. La questione principale sta
nella precisa identificazione del monte sacro della teofania, chiamato nei
testi Sinai dalla tradizione jahvista, e Horeb dalla tradizione elohista e
nel Deuteronomio. La tradizione cristiana, che identifica il Sinai con il
Cebel Musa, nella parte meridionale della odierna penisola del Sinai, non
gode di un solido fondamento.
Se la teofania è in relazione con un’eruzione vulcanica, come si potreb­
be dedurre dalle fonti jahvista e deuteronomista (Es. I9 ,i8 -Z 2; Deut,
4,1 i - i i ), allora non può certamente trattarsi dell’attuale Sinai, che non è
zona vulcanica. Bisognerebbe cercare il monte nella Penisola arabica, vi­
cino alla costa, poco prima dell’insenatura del Golfo di cAqaba, nel mas­
siccio del Gebel Harab, dove in epoca storica vi sono stati vulcani attivi,
come il Hala el Redr. Se, invece, la teofania è collegata a una forte tor­
menta, come la descrive l’Elohista (Es, 19 ,16 ), può essere avvenuta sia
sul óebel Musa sia sul massiccio a nord di questa penisola, o in qualsiasi
altro luogo del Negev. Si è pure parlato del Óebel Halal, a ovest di Qa-
desh, o della «montagna sacra» di Har Karkom, a sud-est del precedente,
sebbene i ritrovamenti archeologici qui recuperati datino al ili millennio
a.C. e non all’epoca dell’esodo. Si osservi, tuttavia, che il territorio di
Madian, con il quale si pone in relazione direttamente il Sinai (Es. 3,1),
era certamente nella Penisola arabica, precisamente nella regione di Ha­
rab, ancor oggi denominata Madian. Esiste al riguardo un'antica tradi­
zione giudaica, ben documentata, di cui in ultima analisi si fa portavoce
Paolo quando dice; «Il monte Sinai è in Arabia» (Gal. 4,15).
In ogni caso è possibile parlare verisimilmente delle prime tappe della
fuga dall’Egitto e delle ultime dell’arrivo in Palestina, Come punto di par­
tenza si segnala la città di Ramses, Pi-Ramses, che è Tanis o i suoi dintor­
ni (Qantir). Si tratta della famosa grande città egiziana nella zona orien­
tale del Delta del Nilo. A Qantir, residenza di Ramses n, questo faraone
aveva il suo palazzo, le cui rovine si conservano ancor oggi.
La prima stazione menzionata sulla strada è Sukkot, probabilmente Pi-
tom-Teku, la città del dio Atum, localizzata in Teli el-Maskhutah, a est
del Delta, già via dei Laghi Amari. Questa città era citata anche nell’Eso­
do come uno dei luoghi in cui esisteva una colonia ebraica, che lavorava
per gli egiziani. Si trattava di una fortezza per la sorveglianza della via
Geografia storica biblica ^9

del deserto. Tutta questa regione, nel Wàdi Tumìlat, dovette essere la
Terra di Goshen, indicata anche nella Genesi come luogo di insediamenti
ebraici. La seconda tappa è Etam, Si è parlato di una nota fortezza egizia­
na, Htm, a sud di Teku, citata dai testi, che potrebbe essere la stazione
biblica, ma rimane incerto. La terza tappa è «Pi-hahìrot, tra Migdol e il
mare», di fronte a Baal Sefon (Es. 14,2). Pi-hahirot sembra la corruzio­
ne di un nome egiziano, ma il luogo non è ancora localizzato. Migdol, al
contrario, è ben noto e indica una fortificazione di frontiera del faraone
Seti 1 a Teli el-Her, nei pressi di Pelusio, nel nord. Anche Baal Sefon,
nome di una divinità fenicia che aveva un suo culto a Dafne, è una città a
nord-est del delta. Ciò indicherebbe un itinerario in direzione del Medi­
terraneo attraverso la via maris o strada dei filistei; dò contraddice il te­
sto di Es. 1 3 ,17 -18 , che parla di una strada del deserto, senza dubbio me­
ridionale, Ma vi sono anche altre testimonianze sull'uso assai frequente
nella zona di questi toponimi.
Qui ha luogo il «passaggio del Mar Rosso» (ebr. Yàm Suf). Etimologi­
camente può significare «Mare di canne» e potrebbe riferirsi ai Laghi
Amari e all acquitrino circostante (oggi inglobati nel canale di Suez) o alle
paludi vicine al Mediterraneo nella zona di Pelusio, ipotesi che collime­
rebbe con la «strada settentrionale», o anche con lo stesso Mar Rosso nel
Golfo di Suez, precisamente in una zona paludosa tra questo e i Laghi
Amari sottoposta al regime delle maree del primo.
Partendo da questo punto, il resto delle soste è di dubbia identificazio­
ne, rimanendo impossibile individuare la vera strada e la precisa localiz­
zazione del Striai. Tra 1 molti toponimi citati (piu di cinquanta stazioni)
vi sono due punti inequivocabili, Qadesh-Barnea e Esion-Geber. Il pri­
mo si deve identificare con 4Ain Qudeirat, un'oasi a ovest del Negev cen­
trale; il secondo era un porto nel Golfo di ‘Àqaba, vicino a Elat. Sono co­
nosciute anche le ultime soste, sulTaltipiano di Transgiordania, A Qadesh
il popolo israelita rimane accampato a lungo (Deut. 1,46). Da qui viene
compiuto un tentativo di penetrazione nella terra promessa, messo in atto
dai famosi esploratori (Num. 13 e 14), e probabilmente un'effettiva inva­
sione del clan di Caleb, dei keniti e dei kenizziti di Otoniel e, forse, di tut­
ta la tribù di Giuda e di parte di quella di Simeone (Num. 20,2; 2 1,1- 3 ;
Gios. 14,6 ss.; Giud. 1,9 -17). Ma nemmeno si può scartare l'ipotesi che
già allora fossero insediate nel paese, e in buona parte smembrate, le tribù
di Simeone e di Levi, che in altri tempi avrebbero vissuto sulla Montagna
di Samaria (Gen. 34,25-29).
L’altro gruppo di tribù, comprendente Ruben, Efraìm, Manasse e Be­
niamino, dovette giungere, guidato prima da Mosè e poi da Giosuè, at­
traverso la cosiddetta «via dell'esodo», le cui ultime tappe, a partire da
Qadesh, sono trasmesse da una duplice tradizione contraddittoria. Se­
3° La geografia biblica

condo Num. 10,14-2-3; 2 1,4 e Deut. 2,1-25, g^1 israeliti non attraversaro­
no i territori di Edom e Moab. SÌ diressero prima verso quello che più
tardi sarebbe stato Esion-Geber nel Mar Rosso, passando forse dal ter­
ritorio delle miniere di rame di Punon, oggi Feinan, vicino all'Araba; o
meglio, come sembra ancor più logico, attraversando Timna nella stessa
valle dell'Àraba, ma molto più a sud e nella parte occidentale, dove ebbe
luogo l’episodio del serpente di bronzo (Num. 21,4-9). Da ‘Aqaba si in­
camminarono per la «via del deserto», costeggiando i territori di due vil­
laggi fino oltre l’Ainon. Da qui, addentrandosi verso occidente, giunsero
alle «steppe di Moab» nella valle del Giordano di fronte a Gerico, sulla
riva orientale del fiume.
La seconda tradizione, contenuta in Num. 33,41-49 e in Num. 2 1 ,1 0 ­
20, suppone che il popolo attraversasse i territori di Edom e Moab per la
«strada reale», passando anche per la città di Dibon. Si è detto che i due
percorsi potrebbero alludere a due diverse migrazioni, una condotta da
Mosè con le tribù di Lia e 1 altra da Giosuè con le tribù di Rachele. Non
sembra che ciò abbia fondamento. Per di più si può pensare che la secon­
da tradizione sia successiva (appartiene al documento sacerdotale) e ob­
bedisca a una ricostruzione «dotta» del percorso che utilizzerebbe un iti­
nerario di viaggio esìstente all’epoca, totalmente diverso dal vero percor­
so delle tribù. In queste fonti affiorano alcune località ben conosciute, co­
me Paran, il torrente Zered (Wàdl el-Hesa), PArnon (Wàdi el-Mogib)
e Dibon (DIbàn) a nord di questo fiume.

c) La conquista

I primi territori in cui s’insediarono gli israeliti provenienti dalla peregri­


nazione attraverso il deserto si trovano in Transgiordania. Comprendono
una parte delPaltipiano, nell’area conosciuta come El-Belqa, a nord-est
del Mar Morto. Per questo debbono affrontare il re cananeo di Hes-
bon, chiamato Sihon; lo sconfiggono a Iahas e ne occupano il territorio.
Hesbon è identificato con Hesbàn, a nord di Madaba. Iahas, non loca­
lizzata, potrebbe essere a sud-est di Hesbon.
La conquista di un ipotetico regno di Basan, ottenuta sconfiggendone
il re Og, sembra un‘interpolazione successiva, senza reale fondamento
storico né rispondente localizzazione geografica. Si può solo dire che Ba­
san è un territorio a oriente del Lago di Genezaret, ed Edrei, il luogo della
battaglia, è Dera’a nell’alto Yarmuk. Sembra invece che gli israeliti occu­
passero la regione dei pascoli di lazer, a nord di Hesbon, e Gala ad, più
a nord, ma senza superare, in quest’epoca, il corso dello Yabboq. Si com­
pleta, cioè, l’insediamento in tutto il territorio di El-Belqa, se, come sem­
bra piu probabile, non erano già insediati altri «israeliti» che non aveva-
Geografìa storica biblica 31

no partecipato alla comune marcia attraverso il deserto e con i quali il


grosso della migrazione fraternizza al suo arrivo. Questi «israeliti» sareb­
bero la tribù di Gad. La storia di Balaam, la narrazione di Baal-Peor e la
guerra contro i madianiti sono racconti recenti, privi di corrispondenza
con la realtà dei fatti del periodo della conquista.
Mosè non condusse il popolo oltre il Giordano. Contemplò la terra di
Canaan solo da una montagna, il Monte Nebo, che la tradizióne localizza
nella vetta oggi denominata Ras el-Siyaguh a nord-est di Madaba ( 7 11
m), da dove certamente si ammira una splendida vista sulPincavo del
Giordano e sulla Cisgiordania. Probabilmente Nebo nel testo non signifi­
cava in origine altro che monte in senso generico.
Il Giordano venne attraversato di fronte a Gerico. La città, situata su
una collina nelPomonima oasi (Teli es-Sultàn), era allora, in pratica, un
modesto villaggio, che venne facilmente conquistato. Successivamente,
gli israeliti salirono sulla montagna e occuparono alcuni territori. Il testo
riflette una tradizione eziologica, secondo la quale le rovine dell’antica e
importante città di Ai (oggi Khirbet et-Tell), distrutta e abbandonata già
un migliaio di anni prima che vi giungessero gli israeliti, sarebbero la te­
stimonianza probante delle vittorie nella campagna di conquista. Altre
città, come Gabaon (Podierna El-òib), caddero senza combattere. M a
una coalizione di re cananei provenienti dalla Shefela fu sconfitta da Gio­
suè nella valle di Bet-Horon, una delle più famose vie di comunicazione
dalla montagna verso la Shefela, a nord di Gerusalemme. Che i «re»
sconfitti coincidano con quelli citati nel testo è discutibile. Le città con­
segnate sono: Gerusalemme, Hebron, Yarmut, Lakish ed Eglon. La fu­
ga del nemico attraverso Aialon si concluse ad Azeqa. Yarmut è Tel Y ar­
mut, nei pressi di Azeqa, quasi sicuramente l’attuale Tel Azeqa (antico
Teli Zakarlyeh), entrambe a sud di Bet-Shemesh. Bet-Horon e Aialon
sono ancor oggi denominate così. Ma la presenza dei re di Gerusalemme
e di luoghi più lontani, come Hebron, Lakish (Teli ed-Duwér, a ovest
di Hebron) ed Eglon (forse Teli el-HésT, a ovest del precedente), va
presa con molte riserve. In realtà, sembra trattarsi più di un artificio let­
terario dell’autore al fine di unire in successione la presa di queste città
dei sud, la cui conquista non si deve al clan di Giosuè, ma agli sforzi della
confederazione di Giuda. Forse alcune, come Hebron (G iud. 1,10 - 15 ) ,
vennero conquistate in quel lasso di tempo, ma altre, come Lakish, Eglon
e Libna, non lo furono se non molto più tardi.
La conquista del nord fu opera di un altro gruppo di tribù: Zàbulon,
Issacar, Neftali e Àser; non giungevano dall’Egitto né avevano vissuto
l’esperienza sinaitica. Vivevano nel paese dall’epoca patriarcale o, ancor
meglio, vi entrarono provenendo dal deserto in un momento imprecisato,
in ogni caso prima della «conquista» di Giosuè.
3* La geografia biblica

Dopo il patto di Sichem, in cui gli uni e gli altri - quelli della migrazio­
ne di Giosuè e quelli del nord — adottano il culto di Jahvé, le tribù del
nord si sollevano contio i cananei, con i quali avevano coabitato in pre­
cedenza, e, dopo la battaglia delle Acque di Merom (le sorgenti da cui
si somministrava l’acqua per la città di Merom, probabilmente Teli el-
Kureibeh, nei pressi del óebel Marun, a ovest di Hasor), divengono pa­
droni di questa famosa città. Hasor è perfettamente localizzata c ripor­
tata alla luce a sud-ovest del Lago di Hule. Nel racconto del suddetto
patto si allude alle due montagne ai cui piedi si trova la città di Sichem
(Teli Balatah}. Sono il Garizim e l’Ebal (rispettivamente 881 e 940 m),
designati ancor oggi con gli stessi nomi.

d) La Palestina
alPepoca dei giudici

La situazione della Palestina intorno all’xi secolo a.C., dopo che vi si era
stanziato Israele, era dominata dalla presenza di quattro grandi ceppi di
popoli. I cananei, che occupavano le zone più fertili e di maggiore impor­
tanza strategica della Cisgiordania, insediati in piccole città-stato. Le più
importanti di queste erano, tra le altre, Gezer (Tèi Gezer), Bet-Shemesh
(Teli er-Rumeileh) nella Shefela; Megiddo (Teli el-Mutesellim), Ta'anak
(Teli T a‘annek) e Bet-Shan (Teli el-Husn) nella pianura di Izreel; Dor
(El-Burg) e Akko (San Giovanni d’Acri) sulla costa e la stessa Gerusalem­
me sulla montagna.
I filistei o «popoli del mare» erano allora insediati sulla costa in cinque
città: Azoto o Ashdod, Àsqelon e Gaza sulla riva del mare, città che an­
cor oggi conservano l’antico nome; Akkaron o Eqron (oggi Qiryat ‘Eq-
ron) e Gat (forse Tèi Negila), un po’ più nell’interno.
Dall’altro lato del Giordano vi erano popoli apparentati con Israele.
Gli aramei al nord, divisi in vari stati, una delle cui città era Damasco; gli
ammoniti nel El-Belqa nord-orientale con Rabbat Ammon (l’attuale Am­
man) per capitale; i moabiti, sull’altipiano di Kerak, che avranno a lungo
come frontiera il fiume Arnon al nord e il Wàdi el-Hesa a sud, ben-
che talvolta siano riusciti a oltrepassare il confine settentrionale; gli edo-
mìti, che dal Wàdi Hesa giungevano fino a ‘Aqaba. La loro città più
importante era Bosra, l’odierna Buseira, a sud di Tafila.
In sostanza Israele occupava il territorio più povero della Cisgiorda­
nia, ossia la montagna, e una limitata zona della Transgiordania. Era co­
stituito da una confederazione di dodici tribù, le cui frontiere appaiono
definite nel libro di Giosuè, nel quale in proposito si confondono due do­
cumenti: quello dei «confini delle tribù» e la «lista delle città». Il primo
descrive le delimitazioni territoriali di alcune tribù; con il secondo, che
Geografìa storica biblica 33
enumera le città delle altre, sì completa il panorama dell'occupazione
israelitica del paese.
Da nord a sud ci imbattiamo, prima di tutto, nella piccola tribù di
Dan, che occupava l'omonima città (precedentemente chiamata Leshem)
e il suo territorio, nei pressi delle sorgenti del Giordano. Questa occupa­
zione è successiva alla battaglia di Merom (ca. 1200 a.C.). Dan aveva an­
che un piccolo territorio nella Shefela, tra Sorea ed Eshtaol (G iud, 13 ,
25), a sud del Wàdì Natuf, area di origine del piccolo gruppo che emigrò
verso nord.
Nella regione dei laghi di Hule e di Genezaret era stanziata la tribù
di Neftali, che con Dan figura nella tradizione quale discendente di Bila,
la schiava di Rachele. La tribù di Aser (discendente di Zilpa, la schiava di
Lia) occupava la zona montuosa più occidentale della Galilea. Zàbulon e
Issacar («figli di Lia»), tribù molto unite, abitavano sulle colline della
Bassa Galilea. La loro presenza, attestata nella valle di Izreel, è probabil­
mente dovuta al fatto che lavoravano in quella zona per conto dei cana­
nei, come avveniva nella pianura di Akko per Zàbulon e Aser.
A nord della Montagna di Samaria, compresa la città di Sichein, abita­
va la tribù di Manasse. Un altro clan di questa tribù —Maldr —emigrò
verso la Transgiordania, presso i monti di Galaad. Efraim occupava, in­
vece, la parte meridionale della Montagna di Samaria, ma acquisirà una
sempre maggior importanza e un territorio più ampio soprattutto a spese
di Manasse. In Efraim si trovava allora l’importante santuario di Silo.
Da parte sua, Beniamino (un’altra delle tribù di Rachele) possedeva la
parte centrale della montagna tra la Samaria e Giuda, ossia il territorio a
nord di Gerusalemme, e la sua giurisdizione giungeva fino alla valle del
Giordano. Tra le città più importanti figurano Betel, Gabaon, Mispa
(Teli en-Nasbe) e Gerico.
Giuda, assieme ai clan che aveva inglobato (keniti, calebiti e kemzziti),
possedeva la montagna omonima, dalla zona a sud di Gerusalemme fino
al Megev, dove si mescolava con la tribù sorella di Simeone, praticamente
assorbita da quella di Giuda. La terza tribù sorella, Levi (tutte e tre di­
scendenti da Lia), mancava di territorio proprio. Le città tradizionali di
Giuda furono Betlemme e Hebron.
Al di là del Giordano e a sud di Manasse si trovavano Gad, che occu­
pava la zona settentrionale di El-Belqa, e Ruben, insediato nella zona me­
ridionale, a nord delPArnon. Ruben praticamente scomparve a seguito
delle contìnue pressioni di Moab da sud e di Gad da nord.
L ’espansione dagli sterili territori israeliti verso le zone più ricche, oc­
cupate dagli altri popoli, fu un processo molto lento che in qualche caso
non giunse mai a termine. Per il momento, all’epoca dei giudici l’attività
israelitica fu soprattutto di difesa. Il kenizzita (giudaica) Otoniel combat-
34 La geografia biblica

te con successo contro Edom (e non «Aram», come a causa di una confu­
sione di lettere scrive il testo ebraico attuale). Il beniaminita Eud affronta
i moabiti nella valle del Giordano, sui confini in cui questi erano giunti
durante le loro incursioni «imperialiste». Probabilmente la scena bibli­
ca si svolge a Gerico, cui va riferito l’appellativo di «città delJe palme»
(Gìud. 3,13). Debora, sulla montagna di Efraim, sprona Baraq a riunire
Nettali e Zàbulon contro Sìsera (supposto generale del re di Hasor e,
in realtà, forse un capo guerriero dei «popoli del mare»), che riescono a
sconfiggere nei pressi del fiume Qishon nelle vicinanze di Megiddo. Ge­
deone, della stirpe di Manasse, sbaraglia le orde madiamte (nomadi del
deserto) che, originarie dei territori al di là della Transgiordania, devasta­
vano il paese. La battaglia avvenne a Nahal Harod, ossia scendendo
da Izreel verso il Giordano. La persecuzione dei vinti prosegui anche in
quella pianura e, quando tenteranno di risalire la valle dello Yabboq pas­
sando da Sukkot e Penuel, anche li verranno inseguiti e catturati dalle
truppe reclutate da Manasse, Zàbulon e Aser.
Jefte, invece, che viveva nell5«antico» Galaad, a sud dello Yabboq, è un
gadita il quale, benché si fosse rifugiato a Tob, probabilmente un villag­
gio sulla montagna di Gala ad, a nord di quel fiume, deve scontrarsi con
l’espansione degli ammoniti. Consegue la vittoria ad Aroer e ad Abel Ke-
ramim. La prima non è la torre omonima che domina PArnon, in seguito
una roccaforte di Moab, ma un’altra fortezza in prossimità di Amman
(probabilmente Khirbet el-Beder); la stessa cosa vale per Abel (forse Kom
Yadhaz). La città di Mispa di Galaad, dove venne seppellito Jefte sa­
rebbe Khirbet ò e ’ad, a sud dello Yabboq.
Lo scenario delle avventure e delle lotte del danita Sansone contro i fi­
listei si colloca nelle note città di Sorea e Timna, entrambe attualmente
identificate con questo stesso nome, nella Shefela vicino a Bet-Shemesh, e
in Asqelon e Gaza sulla costa.

e) La monarchia

11 giudice Samuele rappresenta il passaggio dalla federazione o anfizionia


tribale alla monarchia israelitica. Coincide precisam ente con il momento
di maggior potere dei filistei. Samuele è un efraimita di Rama (probabil­
mente Rentis nella Shefela, a nord-est di Lidda). Trascorrerà la sua vita
nella città santuario di Silo (oggi Selun, sulla Montagna di Samaria). Si
narra che lì partecipasse alle vicende della guerra contro i filistei dì Eben-
Ezer, forse Izbet Sartah dì fronte ad Afeq alle sorgenti dello Yarqon, dove
Israele perde Parca. Quest'ultima verrà portata attraverso le famose città
filistee di Ashdod, Gat e Akkaron, finché non sarà restituita a Israele in
Bet-Shemesh (nei pressi dell’attuale omonima città nella Shefela, a ovest
Geografia storica biblica 35

di Gerusalemme). Da lì sarà in seguito trasportata a Kyriat-Iearim, verso


la montagna, probabilmente nel luogo ancor oggi così denominato, nei
pressi di Abu Gos.
Samuele esercita la funzione di giudice in Israele in modo itinerante tra
la città di frontiera di Betel e le città beniaminite di Mispa, Rama di Be­
niamino (rodierna Er-Ràm) e Gaigaia (luogo non identificato, nelle vici­
nanze di Gerico).
In questo ambiente di predominio beniaminita fa la sua apparizione il
primo re, Saul, nativo di Gabaa (ebr. Gib‘ah), oggi Teli el-Fùl, in prossi­
mità (a nord) di Gerusalemme, diversa da Geba o G ifiat Ha-Elohim (og­
gi òeb ae), roccaforte dei filistei, a nord-est dell’altra. Da Gabaa il re or­
ganizza spedizioni militari contro gli ammoniti per liberare Iabesh di Ga-
laad (di incerta identificazione, nel ‘Aglun transgiordano, forse Teli el-
Maqlùb); contro i filistei, scendendo a Mikmash (oggi Muhmàs, percorso
da Betel per il Giordano) e contro gli amaleciti, ai confini del Sinai e del
Negev. La battaglia finale, nella quale Saul e il figlio Gionata trovano la
morte, ha luogo a nord della Montagna di Samaria sul monte Gelboe, che
si affaccia sulla valle di Izreel. I filistei stavano accampati a Shunam (oggi
Sulam, a est di Afula) nella valle e Saul si era recato a consultare una pi­
tonessa che viveva a Endor alle falde del Tabor. Le spoglie del re vinto e
morto e del figlio furono appese ai muri della vicina città di Bet Shan,
nella valle del Giordano, dove vennero raccolte da alcuni israeliti di
Transgiordania, di Iabesh di Galaad.
Davide, nativo di Betlemme in Giuda, compare nella battaglia del Te­
rebinto, nelle vicinanze di Azeqa, nella valle di Elah, tra Betlemme e Gat;
più tardi ad Adullam, dove sconfigge i filistei. Quindi, perseguitato da
Saul, vaga nel deserto di Giuda e nelle zone limitrofe, giungendo da un
lato fino a Engaddi sul M ar Morto e dall’altro fino a Karmel (El-Kirmil),
a sud di Hebron. In seguito si arruola come mercenario al servizio dei
filistei di Gat e combatte contro gli amaleciti a Siklag, città di discussa
individuazione nel Negev.
Infine Davide è proclamato re a Hebron e Ishbaal, il figlio di Saul, a
Mahanaim, città di non facile identificazione, in Transgiordania sullo
Yabboq (forse Teli ed-Dahab el-Ghardi). A Gabaon (El-Òib) si consuma
il breve scontro fra le truppe dei due re nei pressi della famosa sorgente
della città. Più tardi Abner, generale e ambasciatore di Ishbaal, è assassi­
nato a Hebron.

Proclamato re di tutto Israele, Davide conquista la città gebusea di Ge­


rusalemme per farne la capitale del regno e da qui comincia una sequela
di azioni militari che lo porteranno a costituire quasi un piccolo impero
nel Vicino Oriente. Vince i filistei nella valle di Refaim, uno dei pendii più
importanti verso la Shefela, a sud di Gerusalemme, e li insegue fino al-
3é La geografia biblica

l’entrata di Gezer (a sud-est di Ramla). Pacifica il Negev, controllando


gli amaieciti, e intraprende una serie di campagne vittoriose in 1 ransgior-
dama conquistando Ammon ed Edom e sottomettendo a tributo Moab e
i regni aramaici del nord, incluso Damasco.
Durante il suo regno ebbe luogo la rivolta del figlio Assalonne. Procla­
mato re a Hebron, si dirige a Gerusalemme. Davide, attraversando il
Cedron e il Monte degli Ulivi, fugge verso il Giordano, lo attraversa e si
muove alla volta di Mahanaim in Galaad. A nord dello Yabboq, nel
fitto bosco di lecci, divampò una lotta cruenta fra le truppe di Davide e
quelle di Assalonne. Quest’ultimo, rimasto impigliato a uno degli alberi,
fu ucciso.
Salomone non riuscì a tenere sotto controllo tutto l’impero paterno,
perse infatti buona parte di Edom e Aram; ciononostante, fortificò città
come Hasor, Megiddo e Gezer. Per agevolare Fazione fiscale suddivi­
se il territorio in dodici distretti, non corrispondenti all’antica divisione in
tribù. Giuda ne rimaneva escluso. I distretti erano i seguenti: la Monta­
gna di Efrairn, Gezer nella Shefela, Hefer e Dor sulla costa, Megiddo in
Izreel, Ramot Galaad e Mahanaim in Transgiordania, Neftali, Aser, Is-
sacar in Galilea, Beniamino nel suo tradizionale territorio, e Gad a est del
Mar Morto.
Favorì il commercio costruendo il porto di Esion-Geber nel golfo di
‘Aqaba da dove inviava navi a Ofir, forse sulla costa arabica o, in Africa,
su quella somala. La regina di Saba, nello Yemen, visitò Salomone a Ge­
rusalemme. L ’alleanza con il re fenicio di Tiro, che gli forniva materiale
(soprattutto legname di cedro) per la costruzione del tempio, lo costrinse
infine a cedere a costui «venti città» nella pianura di Akko.
Alla morte di Salomone, dopo un’assemblea tenutasi a Sichem, il regno
fu diviso in due: Israele e Giuda. Il confine attraversava Beniamino, la­
sciando Betel e Gerico in Israele e Gezer, Aialon, Mispa, Rama e Gaaba
in Giuda. Gerusalemme era la capitale di Giuda, Sichem di Israele. I due
piu importanti santuari d’Israele, ampliati per offuscare il prestigio del
tempio di Salomone, furono quelli di Betel e Dan. Tra j due stati scoppia­
rono guerre di frontiera. Abias, re di Giuda, conquistò Betel, riconquista­
ta dopo breve tempo da Baasa, re d’Israele, che s’impadronì anche di R a­
ma di Beniamino e la fortificò. Perseguitato dal re aramaico di Damasco,
che aveva espugnato varie piazzeforti d’Israele nel nord del paese (Dan,
Kinneret vicino al lago omonimo, Abel-Bet-Ma‘akah a nord di Hasor
e probabilmente anche quest’ultima), si vide obbligato a sguarnire la
frontiera meridionale. Asa, re di Giuda, approfittò dell’occasione per ri­
conquistare Rama e, utilizzando il materiale portato dagli israeliti per la
fortificazione di questa piazzaforte, fece costruire mura nelle città di Ga-
baa e Mispa. Baasa trasferì la capitale di Israele a Tirsa (Teli el-Fàrca,
Geografia storica biblica 37

nella valle omonima). Alcuni anni dopo, il re Omri la spostò a Samaria,


oggi Sebastiye, a nord-ovest di Sichem.
In Transgiordania, frattanto, oltre alle città aramaiche del nord, anche
Ammon e Moab si erano rese totalmente indipendenti. A Israele rimane­
va solo il territorio di Galaad; per difenderlo il pruno re israelita, Gero-
hoamo, aveva fortificato la piazzaforte di Penuel, nella valle dello Yab-
boq. A quanto sembra, Giuda continuò a mantenere un certo controllo su
alcuni territori di Edom, il cui re era un suo vassallo,
Acab, re d’Israele, ebbe vari scontri bellici con il re aramaico di Dama­
sco. Uno nelle vicinanze della capitale Samaria e un altro di fronte alla
città di Afeq nella valle dello Yarmuk. In entrambi riusci vittorioso, ben­
ché incontrasse qualche difficoltà nel tentativo di recuperare la vecchia
città israelitica di Ramot di Galaad (Teli Rdmit, a sud dello Yarmuk),
grazie anche all’aiuto di Giosafat re di Giuda. Acab morì combattendo.
Giosafat di Giuda si assicurò invece il dominio su Edom e ricostruì il por­
to di Esion-Geber. Aiutò pure il nuovo re d’Israele, Ioram, ad attuare
una spedizione punitiva contro Mesha, re di Moab, che aveva occupato
alcune postazioni a nord dell’Arnon, nel territorio transgiordano d’Israe­
le. Si unì a loro anche il re vassallo di Edom. Attraversarono il Negev, ag­
girarono la riva meridionale del mar Morto e attaccarono Moab da sud.
Più tardi, un’incursione di moabiti, aiutati da ammoniti ed edomiti, tra­
verso i guadi del Mar Morto, nei pressi della penisola di Lìsàn. Ne per­
corsero la riva occidentale fino alla sorgente di En-Gedi e risalirono at­
traverso il deserto con l’intento di penetrare nella Montagna di Giuda,
giungendo fino a Teqoa, ove furono sconfitti da Giosafat. Il figlio loram
subì una nuova ribellione di Edom, questa volta con esito favorevole per
il nemico, che riuscì a sconfiggere Giuda in Transgiordania.
Molti poi si schierano in favore dei filistei, che conquistano la citta di
Libna (di incerta identificazione), nella Shefela, vicino al confine filisteo.
Alcuni anni dopo, il re dì Giuda Amazia si vede costretto a compiere una
nuova spedizione contro Edom, per controllare le miniere di rame nell’À ­
raba. Il re sconfigge gli edomiti nella valle del Sale (a sud del Mar Morto)
e conquista Sela‘, di localizzazione incerta.
Israele, a sua volta, continuò le lotte contro gli aramei, che tornarono
ad assediare la città dì Samaria, ma finirono per abbandonare Timpresa.
Poco tempo dopo, Ioram, re d’Israele, intraprese un’altra spedizione con­
tro Ramot di Galaad, durante la quale venne ferito. Ritornò al suo palaz­
zo estivo a Izreel (località situata nella pianura omonima e ancor oggi co­
si denominata), dove ricevette la visita del nipote Acazia, re di Giuda. Più
tardi Iehu, re d’Israele, subirà un terrìbile attacco aramaico nel territorio
israelitico di Transgiordania. L’incursione giunse fino a ‘Aro‘ei s u II’ A t -
non. Ioash, re d’Israele, riuscirà a sconfiggere i siriani e recupererà le città
38 La geografìa biblica

che il padre Ioacaz aveva perduto. Suo figlio, Geroboamo 11, ripristinerà
le antiche frontiere del regno quasi nella loro totalità e Acazia, re di Giu­
da, farà altrettanto presso il confine filisteo e a Edom.
Nel ix secolo a.C. Israele è percorso dai profeti Elia ed Eliseo. Il primo
10 incontriamo a Galaad, in Samaria, Izreel, Betel, Gerico, Beersheba e in
una peregrinazione al Monte Oreb o Sinai, di cui, una volta ancora, non
viene chiarita la localizzazione. Incontriamo invece Eliseo a Betel, presso
11 Giordano, sul Carmelo, in Samaria. In quel tempo ha luogo la rivolta
di Iehu. causata dal profeta. Iehu, proclamato re a Ramot di Galaad, at­
traversa il Giordano, si dirige a Izreel; qui si scontra con i due re d’Israele
e Giuda. Il primo, Ioram, viene ucciso durante la battaglia, mentre Acazia
fugge e, cercando scampo sulla montagna, viene ferito. Riesce a rifugiarsi
a Megiddo, dove però muore. Iehu prende possesso della capitale, Sama­
ria, e stermina l’intera famiglia di Acab.
La frontiera giudeo-israelitica torna a essere punto d’attrito, mentre
erano re dei due stati Amasia e Ioash. Quest’ultimo, re d’Israele, conqui­
sta la città di Bet-Shemesh e con una rapida spedizione giunge a saccheg­
giare la stessa Gerusalemme.
A questo punto è necessario accennare ai percorsi seguiti dalle truppe
provenienti dai grandi imperi, che in questo periodo fanno la loro appari­
zione nei paese. L ’Egitto, alla morte di Salomone, invia prontamente il
suo esercito in Palestina per un’operazione punitiva e di controllo. Il fa­
raone attraversa il territorio filisteo, sale sulla montagna simultaneamen­
te da Bet-Shemesh e Bet-Horon, passa vicino a Gerusalemme, dove il re
Roboamo lo placa con tributi, si reca a Gabaon e Betel, quindi a Sichem e
Tirsa. Scende il Wàdi Pària fino alla valle del Giordano e conquista al­
cune città come Penuel, risale lungo il Nahal Harod, si impossessa di
Bet-Shean, percorre la pianura di Izreel, espugna Megiddo e seguendo la
via del mare ridiscende verso l’Egitto. Una seconda campagna punitiva
dello stesso faraone Shishaq, attraverso il Negev, è attestata soprattutto
dall’archeologia.
Il complesso delle campagne assire per il controllo del paese risultò più
significativo per le sue conseguenze, giacché portò alla distruzione del re­
gno d’Israele.
Già nel ix secolo a.C. gli assiri avevano effettuato incursioni nel regno
aramaico di Damasco e lo stesso Iehu aveva dovuto pagare tributi a Sal-
manassar in dopo un’incursione assira giunta fino al Carmelo. M a le più
importanti campagne ebbero luogo nell’v n i secolo. Sotto Acaz il regno
di Giuda si trova pressato da nord dagli attacchi congiunti d’Israele e Si­
ria (guerra siro-efraimita), da sud a causa delle rivolte in Edom, da ovest
per l’espansionismo dei filistei. Questi ultimi si appropriano di gran parte
della Shefela, conquistando alcune piazzeforti lungo le direttrici obbligate
Geografia storica biblica 39

provenienti da Gerusalemme, cioè nelle zone di Bet-Horon e Bet-She-


mesh. Trovandosi in una situazione tanto critica, il re di Giuda chipde
l’aiuto di Tiglat-Pileser in, re di Assiria, che compie tre memorabili cam­
pagne per pacificare il paese. Nella prima discende dalla Fenicia attraver­
so la cosca fino ai «torrente d’Egitto», conquistando le città e creando la
nuova provincia assira di Duru, con capitale Dor. L'anno seguente, 733
a.C., conquista praticamente tutto Galaad e la Galilea. Con quest’ultima
crea una nuova provincia chiamata Maggidu, di cui era capitale l’antica
roccaforte di Megiddo. Il terzo anno annette Damasco e la Transgiorda-
nia, formando la circoscrizione di Qarnini e Haurina, Solo la Montagna
di Samaria rimaneva sotto la giurisdizione del re d Israele. Un ulteriore
campagna del nuovo re assiro Salmanassar v, continuata dal successore
Sargon, pone fine al regno d’Israele, con la caduta delia città di Samaria
dopo tre anni di assedio (721 a.C.). Samaria fu appunto il nome della
nuova provincia assira, includente anche l’antica Duru. Nella Filistea fu
allora creata la provincia di Ashdudu (Azoto).
Restava indipendente soltanto il piccolo regno vassallo di Giuda, ridot­
to alle terre alte della Montagna. Anche Edom e Moab godevano di una
certa autonomia. Ai tempi di Sennacherib una nuova campagna assira
raggiunse Gerusalemme senza riuscire a conquistarla. Era allora re di
Giuda Ezechia. Gli assiti avevano assediato Lakisli (Teli ed-Duwèr, nella
Shefela meridionale) e Libna (forse Teli Kornat, un po’ più a nord).
Il terzo esercito a penetrare nel paese è quello babilonese. Prima di ciò
accade un «incidente» che costa la vita a Giosia, re di Giuda. Il faraone
Nekao, coalizzato con PAssiria, accorre m aiuto del suo esausto alleato,
che necessita di un appoggio nella regione siriaca. Giuda si era già in­
grandito a spese delle conquiste assire e aveva assorbito buona parte del­
l’antico regno d’Israele. Giosia,, ritenendo che il passaggio degli egiziani
dal suo territorio per dare manforte agli assiri rompesse Palleanza con
Babilonia, decide di sbarrare il cammino all’esercito egiziano nella strate­
gica postazione di Megiddo. La battaglia è favorevole agli egiziani e Gio­
sia muore nel combattimento.
Alla fine giungono le truppe babilonesi, dopo aver sconfitto gli egiziani
a Karkemish, dapprima si accontentano di accerchiare il paese e costrin­
gere i loro alleati e antichi nemici d'Israele, Atnmori, Moab e Edom, ad
attaccare il piccolo regno. Poi interviene lo stesso re Nabucodonosor po­
nendosi al comando del suo esercito (597 a.C.) e Gerusalemme si arren­
de-, il re loiaqin viene deposto e deportato in Babilonia. Nel 589 a.C. il
nuovo re Sedecia si ribella; cto dà luogo a una nuova invasione del pos­
sente esercito babilonese. Le città di Lakish e Àzeqa sono poste in assedio
e la stessa sorte tocca a Gerusalemme. Due anni dopo la capitale cade ed
è interamente distrutta, mentre la maggior parte della popolazione viene
40 La geografia biblica

deportata in Mesopotamìa. Il regno di Giuda diventa così provincia del­


l’impero, con capitale Mispa.
Prima di concludere questo paragrafo è bene ricordare la patria di al­
cuni profeti del periodo monarchico: Amos era di Teqoa (Tuqua, a sud
di Betlemme); Michea di Moreshet Gat (odierno Teli el-Gudeidah, nella
Shefela, a nord di Maresh); Geremia di ‘ Anatot (oggi Ras el-Harrùbeh, a
nord di Gerusalemme).

f) // ritorno dall’esilio

Durante la dominazione dell’impero persiano, periodo in cui alcuni grup­


pi giudei ritornano dall esilio, la Palestina apparteneva alla V satrapia,
nota con il nome di «Tra nseufrate» o «l’altro lato del fiume» (aram.
Abar Nahara), a sua volta suddivisa in varie province. Corrispondevano
alla Palestina: Sidone, che occupava parte della costa strettamente pale­
stinese, con Dor e Joppe; Tiro, comprendente anche la zona del Carmelo
e Asqelon; Akko, che era una fortezza reale; Samaria; lehud (Giuda);
Ashdod, che dominava quasi tutta la Filistea; Idumea, che includeva
Edom; Ammoni tide in Transgiordania.
La Bibbia riferisce il sistematico ostruzionismo che i governatori di Sa­
maria e di Idumea e altri funzionari delle province di Ashdod e di Ammon
opposero alla ricostruzione di Gerusalemme. La provincia di Giuda com­
prendeva Betel a nord, Gerico a est, e Bef-Sur verso il mezzogiorno (la­
sciando allTdumea la città di Hebron); verso ovest giungeva fino alla
parte settentrionale della costa, includendo la città di Lod. L Ammonitide
abbracciava non solo quello che in precedenza era stato il regno di Am­
mon, ma anche tutto il Galaad. A quell’epoca in Transgiordania stava
nascendo un nuovo popolo di stirpe araba, il nabateo, che avrà molta im­
portanza nei secoli successivi. I nabatei occupavano il territorio degli
edomiti, scacciati verso il Negev (Idumea), ma con il tempo il loro domi­
nio si estenderà a quasi tutta la Transgiordania.
Nel 332. a.C. Alessandro Magno, dopo la battaglia di Isso, percorre la
costa mediterranea da nord a sud, penetra in Palestina da ) ilo e occupa
le città di Akko, Torre di Stratone (più tardi Cesarea Marittima), Azoto,
Asqelon e Gaza. Più tardi entrerà in Egitto. Durante questa spedizione
sottomette pacificamente Gerusalemme e la sua provincia. Al suo ritor­
no, percorrendo la via della Mesopotamìa, conquista e distrugge la città
di Samaria.
Dopo la morte di Alessandro la Palestina rimane sotto il controllo delia
dinastia macedone dei Tolemei, proclamati re d’Egitto. Apparteneva a
un’estesa regione, chiamata «Sìria e Fenicia», comprendente varie pro­
vince (eparchie). Tra queste, per ciò che riguarda la Palestina, si trovava­
Geografia storica biblica 4r

no: Fenicia, che includeva la città di Akko, la quale da questo momento


si chiamerà Tolemaide; Galilea; Giuda; Àshdod, la cui capitale è in que­
sto periodo la città di Jabne (oggi Yibnà, a sud di Joppe) e Idumea, tutte
in Cisgiordania. In Transgiordania: la Traconitide, PAuranitide e la Bara-
nea, tutte a nord e praticamente fuori dei confini di Palestina; al suo in­
terno la Gaulanitide nel Golan, la Galaaditide nel Galaad, con Gadara
come capitale, la Moabitide (Moab) e Gabalitide. Inoltre esistevano le
città autonome di Samaria, Dor, Joppe, Asqelon e Gaza. Tra le principali
città del paese, oltre Gerusalemme, figuravano Maresha (oggi Tèi Mare-
sha), Joppe, Samaria, Gerico, Abila (oggi Khirbet el-Kefrein, discendendo
da Amman verso il M ar Morto), Tiro (oggi Iraq el-Amir, a ovest di Am­
man), Gadara, Berenice (Pantica ‘Esion cioè Elat), Pella (oggi Khirbet
Fahil, nella valle del Giordano tra lo Yarmuk e lo Yabboq), Filadelfia
(Pantica Rabbat Ammon, oggi Amman), Scitopoli (Pantica Bet Shan) e
altre ancora.
In un secondo momento e a partire dalla battaglia di Panias, nella qua­
le Antioco ni sconfigge Scopa, generale di Tolemeo iv, il paese entra nelle
dipendenze del regno dei Seleucidi, la cui capitale era Antiochia di Siria.
La Palestina viene allora inserita nella «strategia» di Celesiria e compren­
de le seguenti eparchie: Paralia, con la costa dalla Fenicia a Gaza, eccet­
tuato il territorio di Jabne e Azoto, sottoposte alPldumea, la cui città più
importante continua a essere Maresha; Samaria, che ingloba ora la Giu­
dea, la Samaria, la Galilea e la Perea, quest’ultima in El-Belqa, dall’altra
parte del Giordano (peran tou lordanou), da cui le deriva il nome. Il resto
della Transgiordania Torma l’eparchia di Galaaditide. In quest’epoca ac­
quisiranno enorme importanza le città semiautonome di Transgiordania e
di Cisgiordania.
In tale contesto scoppia la rivolta indipendentista maccabaica. Matta­
na, il patriarca della dinastia maccabaica, dà l’avvio all’agitazione nella
città di Modin, nella Shefela, e si rifugia con i figli sulle alture di Samaria
—le colline di Gofna —, donde inizieranno le incursioni nella Giudea. An­
cora ima volta Bet Horon diventa famosa per la battaglia che metterà in
luce la figura di Giuda Maccabeo nel 1 66 a.C. Altri celebri scontri di
questo condottiero si collocano a Emmaus (165 a.C.), oggi Latrun, a me­
tà strada tra Gerusalemme e Ramla, a Bet-Sur (165 a.C.), oggi proba­
bilmente Khirbet et-Tubeiqeh, a nord di Hebron, a Ja ‘zer, probabil­
mente oggi Khirbet es-Sar, a ovest di Amman; a Rafon (oggi Er-Rafeh,
nel Golan), a Bet Zaccaria (oggi Beit Zakàriya, tta Betlemme e He­
bron), nei 1 6z a.C,; a Cafarsalama (oggi Khirbet Salameh, vicino a El-
Gib, a nord-ovest di Gerusalemme), pure nel 16 2 a.C.; ad Adasa (oggi
Khirbet ‘Adàseh, nelle vicinanze della precedente); a Eia sa (oggi Khirbet
el-cA$sy, poco più a nord), in cui Giuda Maccabeo perse la vita ( 16 1
42. Lo geografia biblica

a.C.). Le battaglie dei suoi seguaci, come Gionata, si situano a Bet-Basi


(oggi Khirbet Beit Bassah, a sud-est di Betlemme); a Jamnia (tra Ashdod e
Ramla) e a Hasor; a Cedron (Tel Qatzah, nei pressi dell’odierna Gede-
ra) ai tempi di Simone.
Nell’epoca di Giovanni Ircano viene annessa alla Giudea una parte del­
la Transgiordania, a nord deirantico Moab, con la città di Madaba; Pl-
dumea, con Maresha, Hebron e Beersheba; e la Samaria, incluso il Car­
melo e Scitopoli. Dopo la conquista della Galilea da parte di Aristobulo
(104-103 a.C.) il regno di Alessandro Janneo arriverà a occupare pratica­
mente tutta la Palestina. A nord, lungo la costa, confinava con la Fenicia,
che giungeva fino al Carmelo, nonostante che all’ in terno il regno giudaico
si addentrasse fino alle fonti del Giordano in Bànyàs. A sud includeva
Beersheba, confinando con il territorio dei nabatei. A est incorporava il
Golan, Galaad, la Perea e l’antico territorio di Moab. La zona di Asqe-
lon, sulla costa mediterranea, rimaneva al di fuori del regno.

z. Nuovo Testamento
a) Divisioni amministrative della Palestina
Nell’anno 63 a.C. il generale romano Pompeo occupò la Palestina. Pro­
veniva da Damasco e scendendo attraverso la valle dello Yarmuk si dires­
se verso il Giordano, da dove salì a Gerusalemme. Il paese rimase allora
suddiviso in Giudea, comprendente, oltre a questa regione, la Galilea, la
Perea e la parte orientale delPldumea; Samariaycon capitale Sichem, in un
certo senso indipendente; Iturea, nella zona del Golan e Rànyàs; le città
greche autonome come ) olemaide (che comprende il Carmelo), Dora,
Torre di Stratone e Apollonia (oggi Pel Àrsaf, a nord di Tel Aviv), Joppe
(oggi Giaffa, un quartiere meridionale di Tel Aviv), Jamnia, Azoto, Asqe-
ton, Maresha, Gaza e la confederazione della Decapoli, formata dalle cit­
tà di Hippos (oggi QaPat el Husn nei pressi della riva orientale del Lago
di Genezaret), Dion (Teli el-As ari) nell’alto Yarmuk, Abila (Teli Àbil, a
sud-ovest della precedente), Gadara (Urnm el-Qeis, a sud dello Yarmuk,
presso la valle del Giordano), Pella (Teli Fahl), Scitopoli (Bet-Shan) e Ge-
rasa (Gerash), nell’alto Yabboq.
Tutto ciò apparteneva alla provincia romana di Siria, con capitale An­
tiochia. La Giudea era relativamente autonoma, sotto l’autorità del som­
mo sacerdote. Una nuova divisione del territorio in synedria o distret­
ti, con capitali a Gerusalemme, Gerico, Adora (oggi Dura, a sud-ovest
di Hebron), Ammathus (in Transgiordania, nella piana del Giordano,
a nord dello Yabboq), e Sepphoris (Sippori, in Galilea a nord di Naza­
ret), non fu duratura.
A partire dall’anno 40 a.C. Erode, proclamato re da Roma, possiede un
Geografia storica biblica 43

ampio territorio semindipendenie che comprende, oltre alla Giudea e


all Idumea occidentale, la Samaria, Jamnia, Joppe, Azoto, Gaza, Antipa-
tride (Tel Afeq, a est di Tel Aviv), Torre di Stratone, oggi denominata
Cesaiea, Gaba (vicino al Carmelo), Gadara, Hippos; nella zona del Golan
la Ratanea, la Traconitide, PAuranitide e presso le sorgenti del Giordano
la Gaulanitide. Esbus, l'antica Heshbon (oggi Hisban, a nord di Mada-
ba), è infine un territorio incorporato da Erode al suo regno, dopo che
Febbe sottratto ai Nabatei, suoi potenti nemici, con i quali il regno confi­
nava a oriente e a sud.
Alla morte di Erode il Grande (4 a.C.) il regno viene diviso tra i figli.
Archelao ottiene la Giudea, FIdumea e la Samaria; Erode Antipa la Gali­
lea e la Perea; Filippo la Galaunitide, la 1 raconitide, la Batanea e FAura-
nitide, la cui capitale Panias assumerà il nome di Cesarea di Filippo (oggi
Bànyas presso le sorgenti del Giordano), mentre Salome, sorella di Erode
il Grande, riceve il territorio di Jamnia e Azoto. Frattanto, Hippos, Ga­
dara, Gaba, Gaza ed Esbus tornano a dipendere direttamente dal procon­
sole di Siria, governatore della provincia. NelPanno 6 d.C. Archelao fu
privato del titolo di tetrarca e il territorio si trasformò nella provincia
procuratoria denominata Giudea.
Frode Agrippa 1 ereditò, anzitutto, la tetrarchia di Filippo, poi quella
dì Antipa e nel 4 1 d.C., con il titolo di re, si appropriò dei territori del-
F antica provincia procuratoria, giungendo a dominare un'estensione ter­
ritoriale solo lievemente più ridotta del regno del nonno, Erode il Gran­
de. Alla sua morte, nel 44 d.C., tutto il territorio divenne provincia pro­
curatoria, retta da un procuratore o praefectus romano. Il dominio del re
Agrippa 11, figlio del precedente, si sarebbe dovuto limitare solo al piccolo
territorio della Calcide nel Libano; in realtà egli riuscì a ottenere da Ro­
ma Pamministrazione di altri territori: Abila vicino Damasco, la tetrar­
chia di Filippo e, infine, una porzione importante della Galilea orientale,
comprendente !e rive del lago e il sud della Perca.
Dopo la grande guerra del 66-73 d.C. la Giudea, riunendo analmente 1
vari territori, divenne una provincia «imperiale» romana senza Io specifi­
co carattere «procuratorio», ma con le connotazioni amministrative, giu­
ridiche e militari da esso implicate. Soltanto con la seconda ri volta {13 z-
135 d.C.), la provincia muterà il nome da Giudea in Palestina.

b) Geografìa dei vangeli

I cosiddetti «vangeli delF infanzia» menzionano le città di Nazaret, Be­


tlemme e Gerusalemme. Nazaret era allora un piccolo villaggio, sulla ci­
ma di una catena di colline, la cui popolazione, di stirpe giudaica, si de­
dicava prevalentemente alla coltivazione di ulivi e viti. Il nucleo urbano
44 La geografia biblica

consisteva in povere capanne che si giovavano delle numerose grotte na­


turali per ampliare le abitazioni e ospitare botteghe, silos e cisterne. N a­
zaret si trova a soli io km dalP impor tante citta di Sepphoris, capitale del­
la Galilea occidentale. Tiberiade, fondata da Antipa intorno al 20 d.C.
sulle rive del lago e situata a una trentina di chilometri da Nazaret, era la
capitale della Galilea orientale. E possibile che, essendo Giuseppe e Gesù
artigiani e non agricoltori, si recassero spesso a lavorare in questi due im­
portanti centri.
Betlemme, invece, all'epoca di Gesù era una piccola citta della Monta­
gna di Giuda. Situata a circa 8 km a sud di Gerusalemme, sulla strada dì
Hebron, era un luogo di antica tradizione; fu la patria del re Davide e
vi si venerava la tomba di Rachele. Non molto distante dalla città Erode
aveva edificato un palazzo-fortezza, PHerodium, che dominava dal fondo
il paesaggio di Betlemme, La cirta era situata sopra una colli netta e ai
suoi piedi si estendevano terreni coltivati a grano e orzo, oltre che uliveti
e vigneti. Aveva una certa importanza economica, soprattutto come mer­
cato di bestiame minuto, giacché i pastori di pecore e capre, che percorre­
vano con i loro greggi il vicino deserto di Giuda, erano soliti accamparsi
nei dintorni del villaggio. Si può pensare che le case fossero in genere
umili e che molte abitazioni utilizzassero le numerose piccole caverne del­
la zona per ampliare gli annessi e le stalle. Forse Betlemme a quell’epoca
era circondata da mura.
Di Gerusalemme, all’epoca di Gesù grande città, abbellita soprattutto
da Erode il Grande, si parlerà particolareggiatamente più avanti, nel pa­
ragrafo che ne descrive la topografia.
I racconti evangelici, riferendo la «missione di Galilea», menzionano
come centro delPattività di Gesù la città di Cafarnao. Situata sulla riva
nord-occidentale del Lago di Genezaret, in un terreno piuttosto arido, era
una piccola città dedita alla pesca e per certi aspetti importante, poiché
situata in una zona di frontiera vicino alla strada che dalla tetrarchia di
Galilea si dirigeva verso 1 territori della tetrarchia di Filippo. Di fatto, vi
erano servizi di dogana (Mt. 9,9) e una guarnigione militare (Mf. 8,5-9).
L ’abitava gente dedita all’agricoltura, come hanno dimostrato gli scavi
archeologici. Gli apostoli Pietro e Andrea risiedevano a Cafarnao.
Tutta la riva settentrionale del lago fu molto frequentata da Gesù. E il
caso di Corazin, poco più a nord e un po’ piu all interno; di Betsaida (og­
gi Et-Teli) sulla medesima costa, ma sulla sponda opposta della foce del
Giordano, patria d origine dei fratelli Pietro e Andrea, oltre che di Filip­
po. Gesù predicò anche a sud di Cafarnao, nei pressi della città di Gene­
zaret, zona verdeggiante e fertile, dove la tradizione ambienta il discorso
del monte, la moltiplicazione dei pani e dei pesci e altri avvenimenti della
storia evangelica. Un po’ più a sud si trovava l’importante città di Mag-
Geografìa storica biblica 45

dala, patria di Maria Maddalena. Non è attestata la predicazione di Gesù


a Tiberiade e un solo riferimento indica la sua presenza nella zona meri­
dionale del lago; qui Gesù giunse in nave, per curare l’indemoniato di
Gadara e non «Gerasa» (Mf. 8,28). Nel vangelo s’incontrano diversi rife­
rimenti alle improvvise tempeste che si scatenavano sul lago (fenomeno
ancor oggi ricorrente), alle pesche miracolose (la pesca e le fabbriche di
salatura costituivano una delle principali ricchezze della regione), al tra­
ghetto di gente sul lago, e parabole relative alla vita dei campi e del mare.
Queste allusioni hanno una chiara ambientazione in questa bella regione
della Galilea.
Gesù visitò il villaggio di Cana a nord di Nazaret e il Tabor a est. In
un’occasione si addentrò certamente nella tetrarchia di Filippo, fino a
raggiungere la capitale, Cesarea, alle sorgenti del Giordano. Percorse an­
che la costa mediterranea del Libano, visitando le città di Tiro e Sidone.
Nei racconti evangelici la «salita» di Gesù a Gerusalemme riveste
un’importanza particolare. I sinottici la limitano a un unico viaggio al
termine del suo ministero, ma Giovanni descrive varie volte il tragitto di
andata e ritorno dalla Galilea alla Giudea. Gli evangelisti però concorda­
no nel presentare l’inizio dell’attività pubblica di Gesù nel basso Giorda­
no. Qui egli venne battezzato da Giovanni Battista e da qui si ritirò per
qualche tempo nel deserto di Giuda.
Il viaggio dalla Galilea a Gerusalemme, quando interessava i giudei, si
effettuava normalmente scendendo nella valle del Giordano, per non at­
traversare la Samaria. Si proseguiva lungo la riva sinistra del fiume, situa­
ta nel territorio di Perea e si giungeva a guadare il Giordano di fronte a
Gerico. Da qui si saliva a Gerusalemme. Gerico, in effetti, è menzionata
più volte nel vangelo. Città ubicata a circa 30 km da Gerusalemme sulla
via romana, era allora un centro di una certa importanza, proprietà del
sovrano. Erode il Grande vi aveva costruito un magnifico palazzo d’in­
verno, edifici pubblici (teatro, ippodromo ecc.) e fortificato la roccaforte
difensiva. Gerico si trova in una ricca oasi, assai rigogliosa. La strada tra
Gerusalemme e Gerico era difficoltosa e non scevra di pericoli, poiché bi­
sognava discendere lungo il tragitto più di 1000 m di altitudine e attra­
versare il deserto.
Il vangelo di Giovanni, tuttavia, segnala che Gesù seguì la strada del
Giordano, ma, altre volte attraversò la Samaria. Il famoso dialogo con la
samaritana (Gv. 4) ebbe luogo nel villaggio di Sicar, dove è situato il poz­
zo di Giacobbe (oggi ‘Askar, vicino all’antica città di Sichem).
Altre località citate dal vangelo sono Betania e Betfage, due villaggi ben
localizzati, nei pressi di Gerusalemme, sul versante opposto del Monte
degli Ulivi. Entrambi sono oggi conosciuti con il loro nome biblico e il
primo è divenuto una grossa borgata e ha assunto il toponimo arabo di
46 La geografia biblica

El-'Azarfyeh. L ’Emmaus del vangelo probabilmente non è la città citata


nell’A.T. (j Macc. 3,38; 9,50) che, identificata con Latrun, daterebbe
troppo da Gerusalemme, bensì il villaggio di Qoloniya, vicino a Motza,
a 5 km da Gerusalemme (30 stadi), la quale, secondo Flavio Giuseppe
{Bell. 7 ,z i 7) si chiamava pure Emmaus quando fu trasformata in una
sorta di colonia per alcuni veterani delle truppe di Vespasiano. La distan­
za di 60 stadi di certi manoscritti di Luca farebbe riferimento al tragitto
di andata e ritorno a Emmaus. La correzione in 160 stadi presente in al­
tri manoscritti costituirebbe un tentativo d’identificare la località con i 3 1
km che separano Latrun da Gerusalemme. Le diverse identificazioni di
Emmaus, come Abu Gosh o el-Qubeibeh, a 60 stadi di distanza (11,5
km) sono di epoca medievale.

c) Geografìa degli Atti degli Apostoli

Oltre Gerusalemme, le città palestinesi più citate negli Atti sono Samaria
e Cesarea Marittima. Tutte e tre rappresentano senza dubbio le città più
importanti della regione. Samaria, edificata sull’antica capitale d’Israele
sulla montagna omonima, all’epoca di Gesù era una grande città. Rico­
struita da Erode il Grande per i veterani stranieri, aveva il nome di Seba­
ste (odierna Sebastiyeh), cioè «Augusta». Gran parte della sua popolazio­
ne era pagana.
Cesarea, denominata «Marittima» per distinguerla da Cesarea di Filip­
po, era stata fondata da Erode il Grande nel luogo dell'antica Torre di
Stratone. Nel 1 secolo fungeva da capitale e da residenza del procuratore
romano e costituiva il porto più importante della regione e la città più
moderna e sviluppata. Era ben collegata, per mezzo di strade maestre, con
Sepphoris, Samaria e Gerusalemme. Buona parte della sua popolazione
non era giudaica. Le sue fondamenta e le sue rovine monumentali si tro­
vano sulla costa a metà strada tra Haifa e Tel Aviv.
Altre città ricordate negli Atti sono: Joppe (oggi Giaffa), il porto tradi­
zionale della Palestina, già da allora un po’ decaduto; Lidda (oggi Lod, a
sud-est di Tel Aviv); Azoto (Ashdod) e Gaza (\Azzah), le due antiche città
filistee della costa a sud di Giaffa - Tel Aviv, ancor oggi di una certa im­
portanza.
Fuori della Palestina la città più citata è Antiochia, capitale della pro­
vincia di Siria e a quell’epoca una delle maggiori città del mondo. Situata
nel nord della Siria, sul basso Oronte, non era molto distante dalla costa.
Viene menzionata anche Damasco, che aveva un’indubbia importanza
nella strada commerciale che conduceva a Palmira e all’oriente; un’altra è
la colonia romana di Tarso in Cilicia, essa pure città prestigiosa.
Per evidenti ragioni di spazio e perché il tema trascenderebbe l’ambi­
Geografìa storica biblica 47

to geografico qui preso in esame, non possiamo esaminare minutamente


i viaggi di Paolo. Alcuni itinerari paolini, poi, continuano a suscitare di­
scussioni tra gli specialisti. In linea generale, i viaggi di Paolo sono sche­
matizzabili come segue.
Le prime attività di Paolo, ormai cristiano, si concentrano a Damasco;
da qui parte per Gerusalemme e dopo alcuni giorni per Cesarea, dove
s'imbarca in direzione della sua Tarso. Dopo qualche tempo si dirige ver­
so Antiochia, quindi ritorna a Gerusalemme.
Tra gli anni 4 6 e 48 d.C. si colloca il cosiddetto «primo viaggio». Paolo
e Barnaba, partendo da Antiochia, si recano al vicino porro di Seleucia e
qui si imbarcano per Cipro. Sbarcano a Salamina, sulla costa orientale
dell’isola, attraversano tutto il territorio e si trattengono a Pafo, capitale
della provincia, sulla costa occidentale. Riprendono il viaggio via mare
per l5Anatolia, sbarcano a Perge di Panfilia, alPincirca nella parte centrale
della costa meridionale delPAnatolia. Dalla Panfilia si inoltrano nel pae­
se, giungendo nella Pisidia, dove visitano le città di Antiochia, Iconio, Li-
stra e Derbe. Il ritorno segue la medesima via, questa volta senza toccare
Pisola di Cipro e partendo dal porto di Attalia a ovest di Perge.
Il «secondo viaggio» inizia pure ad Antiochia e si svolge tra gli anni 49
e 52. Paolo percorre la via di terra, attraversando la Siria e la Cilicta, per
ritornate di nuovo in Pisidia, nelle città di Derbe, Listra e Iconio. Da qui,
viaggiando attraverso la Galazia e la Frigia, giunge all’estremità occiden­
tale delPAnatolia. Si imbarca nel porto di Troade e fa rotta verso la città
macedone dì Neapolis; da questa passa alla colonia romana di Filippi.
Quindi, transitando per le città di Anfipoli e Apollonia, giunge a Tessalo-
nica, capitale della Macedonia, e da qui alla vicina città di Berea. Proba­
bilmente s’imbarca e giunge ad Atene, la città culturalmente più presti­
giosa di tutto l’impero; da Atene si reca nella grande città di Corinto, in
cui si trattiene per qualche tempo. Da Cenere, città un po’ più a sud, sem­
pre nel Peloponneso, s'imbarca in direzione di Efeso, la popolosa città
della costa anatolica occidentale. Da qui prènde un’altra nave che lo con­
duce al porto palestinese di Cesarea; sale a Gerusalemme e intraprende la
via del ritorno verso Antiochia.
Anche il «terzo viaggio» (dal 53 al 57 d.C.) inizia ad Antiochia. Paolo
percorre via terra tutto l’altipiano anatolico da est a ovest e giunge a Efe­
so, dove si trattiene per piu di due anni. Da qui si dirige in Macedonia, si
reca a Corinto, ritorna attraverso la Macedonia, visita Filippi, s’imbarca
facendo rotta verso la Troade e da questa, per via di terra, giunge al porto
di Asso, dove riprende la medesima nave sulla quale viaggiavano i suoi
compagni.
Fa scali a MitiJene, C hio, Samo e Mileto. Quindi, proseguendo per ma­
re, costeggia la parte occidentale delPAnatolia, tocca Cos, Pisola di Rodi
48 La geografia biblica

e infine Patara, sulla costa meridionale dell’Anatoha. Abbandonando le


rotte di traffico, s’imbarca su un’altra nave che, passando vicino alla co­
sta cipriota, lo conduce al celebre porto di Tiro in Fenicia. Per terra si di­
rige inizialmente verso Tolemaide, Vantica Akko, e poi a Cesarea. Da qui
sale a Gerusalemme.
Nel 59 ha luogo il viaggio da Cesarea a Roma, durante il quale Paolo è
già prigioniero. La narrazione di Atti 27 costituisce uno dei documenti
più completi di tutta la letteratura antica su temi nautici. La nave tocca
Sidone, naviga a distanza da Cipro e arriva a Mira, sulla costa meridio­
nale delFAnatoiia. Con un’altra nave, diretta in Italia, inizia un nuovo
periplo, costeggiando l’isola di Cnido e il litorale di Creta, da capo Sal­
mone a oriente fino a Buoni Porti, vicino a Lasala sulla costa meridiona­
le; prosegue la navigazione giungendo al porto di Fenice. Qui inizia la ve­
ra navigazione di altura, già fuori tempo per la stagione avanzala, e i
viaggiatori sono sorpresi da un impressionante tempesta descritta con
dovizia di particolari tecnici di inestimabile valore dal punto di vista nau­
tico. Avvistano Pisoletta di Cauda e, lottando per allontanarsi dalla peri­
colosa costa africana, si rifugiano a Malta, dove la nave naufraga in uno
dei fondali vicini al litorale. Passato Pinverno, con una nuova imbarca­
zione riprendono il viaggio, toccando Siracusa in Sicilia, Reggio Calabria
e infine attraverso il Mar Tirreno arrivano a Pozzuoli, vicino a Napoli.
Da qui intraprendono via terra il viaggio per Roma, sostando al Foro
d5Appio e alle Tre Taverne.
Da Roma, e recuperata la libertà, Paolo compie senza dubbio altri
viaggi, di cui mancano notizie certe. Quasi sicuro è il suo arrivo è in Spa­
gna; si trattava infatti di un suo preciso disegno quando giunse a Roma
(Rom. 15,^4.28). Una tradizione locale parla del suo sbarco a Tarrago-
na. È assai verisimile, poiché questa città era la piu importante di Spa­
gna, capitale della Provincia Citeriore e porto preferito per gli scambi con
] Italia (è nota la tendenza di Paolo a predicare nelle grandi città).

3. Topografìa di Gerusalemme

L’indiscutibile importanza di Gerusalemme nella storia biblica richiede


uno specifico paragrafo sulla topografia della città.

a) Descrizione

Gerusalemme si trova sulla Montagna di Giuda, sul suo asse centrale, a


un’altezza di circa 760 m in media sul livello del Mediterraneo. La deli­
mitavano due profonde valli: quella del Cedron e quella del suo affluente
Hinnom (Ge-Henna), che si uniscono in prossimità della sorgente di ‘Ain
Geografìa storica biblica 49

Rogel. Il primo, dopo un breve tragitto ovest-est, piega sensibilmente in


direzione noid-sud; il secondo, che inizialmente viene da nord, cambia
bruscamente La direzione in senso ovest-est, per confluire perpendicolar­
mente nel Cedron. A est del Cedron si trova il Monte degli Ulivi (815 m
sul livello del mare) e, poco più a sud, il Monte dello Scandalo. A nord­
est della città, al di là della sorgente del Cedron, sorge il Monte Scopus; a
sud, al di là dell’Hinnom e ai piedi del Monte del Cattivo Consiglio, si
trova su un pendio il Campo di Haqeldama. Benché la città antica si ri­
ducesse allo spazio racchiuso tra i due precipizi, attualmente si estende
molto di più e oltrepassa questi limiti tanto a nord quanto a ovest.
Gerusalemme è edificata su colline il numero delle quali varia nelle di­
verse epoche storiche, dal momento che da una primitiva collinetta, quel­
la di Ofel, la città è andata riunendo un numero sempre maggiore di col­
line contigue.
La parte piu caratteristica della Gerusalemme odierna è circondata da
una bella muraglia in pietra che, nel tratto visibile, risale al x v j secolo,
edificata dal sultano turco Solimano il Magnifico tra il 15 3 7 e il 1540.
Buona parte della cinta, soprattutto nei basamenti, conserva tuttavia una
struttura muraria di età molto più antica. Vi sono otto porte. Da nord;
Porta Nuova, Porta di Damasco (arab. Bab el-Amud, Porta della Colon­
na) e Porta di Erode (arab. Bab ez-Zahr, Porta Fiorita). Da est: Porta di
Santo Stefano e Porta Aurea (attualmente murata). Da sud: Porta dei
Magrebim o Magrebi (conosciuta anche come «Porta del Letame») e la
Porta di Sion. E da ovest: Porta di Giaffa (arab. Bab el-Khalil, Porta de
«L’Amico» [Hebron]),
L'interno del recinto è attraversato da nord a sud da una stretta e pit­
toresca strada, che segue il tracciato del cardo maximus della città roma­
na, dalla Porta di Damasco, popolarmente conosciuto nel suo primo trat­
to con il generico nome di II Mercato {Suq). A ovest di questa via si situa­
no, in successione, il quartiere cristiano e il quartiere armeno, separati
dalla strada di Davide. A est si trovano il quartiere musulmano e il quar­
tiere ebraico, delimitati dalla strada Bab al-SilsiJa, alla cui estremità
orientale si estende la grande spianata del tempio, nota con il nome di
Haram esh-Sharìf.
Ma la zona più antica della città si sviluppava verso sud oltre le mura,
fino al dirupo dell’Hinnom. Tale zona è divisa in due da un canale, chia­
mato Tyropeon, che corre in direzione nord-sud provenendo dalPinterno
della citta compresa dalle mura, in cui separava il caseggiato dalla spia­
nata del tempio, e s’inoltra per circa 600 m fino al fondo del dirupo alla
confluenza del Cedron con PHinnom. A est del Tyropeon si trova la col­
lina di Ofel e a ovest la collina chiamata impropriamente di Sion, la parte
più elevata di tutta la città.
b) La città antica
dalle origini fino al V II secolo a.C.

La Gerusalemme preisraelitica, chiamata Rushalimun nei testi egiziani di


esecrazione (sec. x ix a.C*) e Urushalim in quelli di Teli el- Amàrna (sec.
x iv a.C.), era occupata dai gebusei prima della conquista da parte di Da­
vide; da qui la denominazione di Jebus, impiegata pure pei riferirsi alla
città. La sua privilegiata collocazione topogralìca e strategica e l’impor­
tanza politica di trovarsi alla frontiera tra Giuda e Beniamino, fecero sì
che Davide la trasformasse in capitale del suo regno (ca. 997 a.C.). In
quel tempo la città era circoscritta alla collina di Ofel. Sono stati scoperti
resti del muro del sec. xvnt a.C. (scavi di Kenyon), ma vi sono ritrova­
menti isolati risalenti fino al Bronzo Antico e al Calcolitico. Queste mura
che, sembra, erano dotate di torri dì difesa, servirono poi come base e
fondamenta a mura successive.
La sorgente di Gihon, che forniva acqua alla città — oggi popolar­
mente conosciuta come «Fontana della Vergine» —, si trovava ai piedi
delle mura sopra il torrente Cedron. Come in altre città cananee, si era
costruito un pozzo alFinterno dell’abitato per accedere direttamente alle
acque delia fonte (pozzo di Warren), al fine di assicurare approvvigiona­
menti in tempo di assedio, quando risultava impraticabile l’abituale usci­
ta dalle mura in cerca di acqua. Approfittando di questa istallazione, le
truppe di Davide penetrarono furtivamente nella città (2 Sam. 5,8). Davi­
de dovette ricostruire le mura ed edificò il suo palazzo nella parte alta
della collina. Dell’acropoli davidica si conservano forse alcune rovine,
come sembrano dimostrare i recenti scavi alla sorgente del Gihon (sca­
vi dì Shiloh).
Nell’vili secolo a.C. fu edificato un altro muro dietro al precedente e a
un’altezza maggiore di quello, come bastione di difesa contro gli attacchi
assiri. Ai tempi di Ezechia venne messa in opera una grande opera idrau­
lica, consistente in una galleria che dalla sorgente del Gihon conduceva
l’acqua all’interno della atta, benché, per ovvie ragioni, alla sua parte più
bassa, cioè nella zona d angolo tra il Cedron e iTiinnora. Detto canale,
scavato nella roccia, ha una lunghezza di 512, m e sbocca nella cosiddetta
piscina di Siloe. Di ciò danno testimonianza la Bibbia (2 Re 20,20; 2
Cron. 23,30) e un’iscrìziune ebraica commemorativa dell’incontro delie
due squadre di minatori che, dalle due estremità, iniziarono lo scavo del
tunnel, conservata nel Museo di Istanbul.
Oltre questo complesso sistema idraulico ne esisteva un altro più sem­
plice - il terzo —, databile all’epoca di Salomone, chiamato «Canale di Si-
loe». Questo, senza attraversare interamente la collina, portava le acque
da un luogo all’altro attraverso un tunnel superficiale collegato al pen­
Geografia storica biblica 5*

dio, con dispositivi di controllo e sbocchi verso l’esterno, servendo cosi


all’irrigazione degli orti situati ai piedi della città.
Già al tempo di Davide si iniziò Pampliamento della città a nord verso
la collina, dove attualmente si trova la spianata del tempio. Fu terminato
da Salomone con l’edificazione del tempio stesso e, a sud, dei palazzi rea­
li e con il riempimento della piccola depressione che, sembra, separasse le
due colline, il Millo, se quel terrapieno (1 Cron. 11,8 ) non si riferisce ai
muri di sostegno, recentemente scoperti, destinati a basamento delle case
sul versante est della collina, pur sempre entro le mura. Nella vecchia cit­
tà di Davide esistevano almeno due porte: quella dell’Acqua sopra la sor­
gente del Gihon e quella della Valle sopra il Tyropeon, i cui resti sem­
brano localizzati negli scavi di Crowfoot. Nella zona della nuova acropo­
li salomonica dovevano esserci anche altri ingressi.

c) Tra il V II e il I secolo a.C .

La città crebbe dopo la caduta di Samaria, dato che molti israeliti, essen­
do ormai distrutto il regno del nord, cercarono riparo nel sopravvissuto
regno di Giuda e soprattutto nella capitale Gerusalemme. Questa circo­
stanza è attestata dai reperti archeologici, che documentano una notevole
espansione della città verso ovest, al di là del Tyropeon, fino a quello che
impropriamente viene oggi chiamato Monte di Sion (la vera Sion è la Cit­
tà di Davide, cioè l’ Ofel). Sono stati rinvenuti un buon tratto di mura, di
7 m di spessore sulla strada Plugat Hakotel del quartiere ebraico e una
grande torre di difesa, un po’ più a nord, con tracce archeologiche che ri­
velano l’assalto delle truppe babilonesi nel 587 a.C. (scavi di Avigad).
Al ritorno dall’esilio la città, le cui mura vennero restaurate da Nee-
mia, era considerevolmente più piccola, forse più piccola anche della città
salomonica. In ogni caso le mura orientali sull’Ofel erano situate sopra il
dirupo a un’altitudine maggiore di quelle precedenti all’esilio (scavi di
Macalister e Duncan); ciò fa supporre un perimetro più ridotto per il ca­
seggiato interno. Una descrizione delle mura e delle otto o dieci porte si
riscontra in Neem. 3,1-3 2 .
Nell’epoca maccabaica, dopo la riconquista definitiva di tutta Gerusa­
lemme (14 1 a.C.), venne edificato un gran muro per unire la vecchia città
ai nuovi quartieri occidentali esterni alle mura. Questo muro coincideva,
praticamente, con Tantico e ormai diruto muro del sec. viti a.C. Si è det­
to che sull’erroneamente denominato «Monte Sion» potrebbe essere sta­
ta edificata una nuova città ellenistica, forse «Antiochia» di 2 Macc. 4 1,
presidiata dalla fortezza conosciuta con il nome di Aera, tante volte citata
nei libri dei Maccabei. Si costruì anche un ponte che, attraversando il Ty­
ropeon, univa la nuova città con la spianata del tempio. I più recenti sca­
5Z La geografia biblica

vi archeologici non accreditano l’ipotesi della città ellenistica e, per quan­


to concerne l’Acra, la situano leggermente più a sud del tempio. Nell’an­
golo nord-occidentale della spianata del tempio venne edificata la fortez­
za di Baris, più tardi sostituita dalla «Torre Antonia», Resti delle nuove
mura della città sono stati rinvenuti in vari punti, soprattutto sulla strada
di Davide (scavi di Warren), nella Cittadella (scavi di Johns e di Amiran
ed Eitan), sopra FHinnom (scavi di Modsley) e nel vecchio «quartiere
ebraico» (scavi di Avigad).
Durante l’assedio di Gerusalemme da parte di Pompeo (63 a.C.), la fa­
zione di Ircano aprì ai romani le porte della nuova «Città Alta», ma i se­
guaci di &ristobulo si asserragliarono nella fortificata «Città Vecchia» e
tagliarono il ponte di unione. Alla fine Pompeo ebbe la meglio e occupò
la città.

d) Uetà erodiana

Erode il Grande, il monarca costruttore per antonomasia ed emulo del­


l’opera di Salomone, trasformò in buona parte anche la città di Gerusa­
lemme. La più importante delle sue realizzazioni fu la ricostruzione del
tempio, per il quale fece una nuova piattaforma o spianata, sostenuta da
mura impressionanti, come il cosiddetto «muro del Pianto», di cui alcune
enormi pietre pesano più di cento tonnellate. L ’area era il doppio della
precedente. Era interamente circondata da portici con colonne, aperti
verso Pinterno. Nella parte meridionale il portico si trasformava in una
vera e monumentale basilica, chiamata «Portico Reale». Nella spianata si
trovava un imponente pavimento centrale rialzato, cui si accedeva me­
diante alcuni gradini: era il grande cortile del tempio. Al suo centro e in
direzione est-ovest s’innalzava Pedificio del tempio propriamente detto.
Era costituito da un vestibolo attraverso il quale si entrava in un cortile,
ove si trovavano l’altare per Pimmolazione delle vittime e 1 ingresso al
santuario vero e proprio. Gli accessi alla spianata erano: uno a nord, la
Porta chiamata Tadi, inutilizzata. Altri due a levante: la Porta di Susa (al­
l’altezza dell’attuale Porta Aurea, che risale all’epoca dei Califfi) e l’Uscita
del Capro Espiatorio sopra un elevato precipizio. La prima, in realtà, do­
veva essere usata solamente per il passaggio rituale della «vacca rossa» e
la seconda non dava direttamente accesso al recinto, bensì alle cantine e
alle zone di servizio del tempio. Sul lato meridionale si aprivano le porte
di Hulda, dette Porta Tripla e Porta Doppia, utilizzate rispettivamente
per l’entrata e l’uscita, a cui si giungeva attraverso grandi scalinate. Erano
gli ingressi usati dai fedeli. A ovest era situata una spettacolare scalinata
che saliva dal fondo del Tyropeon, piegava ad angolo retto e, superando
Favallamento mediante un grande ponte (arco di Robinson), immette­
Geografìa storica biblica 53

va non proprio alla spianata ma all’angolo sud-occidentale del portico.


Un’altra entrata con caratteristiche simili, benché un po’ meno spettaco­
lare, corrispondeva al cosiddetto arco di Wilson. Tra le due esisteva una
porta più modesta, all’altezza della strada del Tyropeon, che attraverso
un condotto sotterraneo, come le porte di Hulda, portava non ai portica­
ti, ma alla spianata. Era, probabilmente, l’accesso utilizzato dagli stranie­
ri autorizzati, denominato Porta di Coponio e corrispondente all’odierna
Porta di Barclay. Oltre l’arco di Wilson esisteva un’ultima semplice porta
per il servizio del tempio, oggi nota come porta di Warren.
Erode costruì anche la Torre Antonia, addossata all’angolo nord-occi­
dentale della spianata del tempio ed edificata sopra un’altura, in cui ai
tempi degli Asmonei era situata l’antica fortezza di Baris. Il ritrovamento
in quest’area di una pavimentazione a grandi piastrelle (prospezioni di
Vincent) ha fatto supporre si trattasse del cortile centrale dell’edificio, ai
cui angoli sorgevano quattro torri. Questo lastricato venne identificato
con il Litostroto dove Pilato emise la sentenza contro Gesù (G v . 19 ,13 ).
Tutti i dati sono attualmente sottoposti a revisione e si intraprendono
nuovi studi, poiché sembra sempre piu imporsi l’idea che quella pavimen­
tazione possa appartenere a una piazza deli’Aelia Capitolina del periodo
adrianeo sulla la quale era stata posta a mo’ di arco di trionfo un’antica
porta della città, il cosiddetto «Arco dell’Ecce Homo», conservato sulla
Via Dolorosa e all’interno della chiesa del convento delle Dame di Sion.
Erode il Grande costruì, inoltre, un palazzo privato in quella che oggi è
denominata la «Cittadella», a nord del quartiere armeno, nella Città Al­
ta. Il palazzo poggiava sulle mura ed era protetto a nord da una fortezza
con tre torri, la maggiore delle quali, detta di Fasael, ancor oggi in buona
parte si conserva, inglobata nell’attuale struttura della Cittadella; allora
faceva parte del muro. Sulle altre due torri, Ippico e Mariamme, mancano
dati precisi. Le loro designazioni si riferiscono a personaggi legati a Ero­
de: Marco Antonio suo protettore, Fasael suo fratello, Ippico suo amico e
Mariamme sua moglie. In questo palazzo, divenuto la residenza abituale
dei procuratori romani all’epoca di Cristo, probabilmente si colloca il
pretorio in cui Gesù fu condannato a morte e non nella Torre Antonia; la
questione in ogni caso rimane ancora aperta.
Altre importanti opere gerosolimitane di Erode il Grande furono il tea­
tro e lo stadio, che, sembra, non erano collocati nei pressi del Tyropeon,
come talvolta si è supposto, bensì in qualche luogo sconosciuto nei din­
torni della città.
Per la cinta muraria di Gerusalemme è necessario tener conto della mi­
nuziosa descrizione di Flavio Giuseppe (Bell. 5 ,14 2 -15 5), che parla di una
triplice cinta muraria. Il Muro 1, attribuito da Giuseppe all’epoca davidi-
co-salomonica, è il muro asmoneo, precedentemente descritto. Il Muro
54 La geografia biblica

il, a nord-ovest del tempio, annetteva alla città un nuovo quartiere chia­
mato Mishna. Partiva dalla Torre Antonia e andava verso nord fino alla
muraglia attuale, coincidendo visibilmente con questa alla Porta di Da­
masco. In questo luogo sono stati rinvenuti i resti dell’antica porta e le
torri di difesa (scavi di Hamilton e Hennesy). À partire da qui, il muro si
dirigeva verso sud e, con andamento tortuoso, giungeva alla torre Ippico
nel palazzo di Erode. Uno di questi angoli escludeva dalle mura il Golgo­
ta o Calvario, piccola altura in una zona di vecchie cave di pietra vicino
alla quafe si trovavano alcuni sepolcri; senza dubbio corrisponde all’area
dell’attuale basilica del Santo Sepolcro. La localizzazione del cosiddetto
«Calvario di Gordon» o «Tomba del Giardino» a nord della Porta dì Da­
masco, benché questo sia un luogo suggestivo e commovente, manca di
ogni fondamento storico. Probabilmente questo Muro n venne edifica­
to all’epoca di Erode il Grande, ancorché Flavio Giuseppe non lo dica
espressamente, ed esisteva già al tempo di Gesù. Il Muro ni, inizialmente
una costruzione molto solida, fu ultimato frettolosamente; il suo scopo
era di includere nella città i quartieri proliferati a nord del Muro n. Ven­
ne costruito da Erode Àgrippa i (41-44 d.C.) e la sua traiettoria è minu­
ziosamente descritta. Si dice che corresse vicino alla tomba di Elena, re­
gina di Adiabene. In effetti, poco più a sud di questa tomba e a nord del-
l’École Biblique si ttovano i resti di torrioni e di una grande muraglia che
continua verso est, nella zona delTAlbright Institution, e verso ovest nei
pressi dell’Ospedale Italiano (scavi di Sukenik e Mayer, di Ben Arieh e
Netzer). Non mancano altre interpretazioni relative all’identificazione di
ognuna di queste tre cinte murarie, descritte da Giuseppe; quella da noi
riportata sembra la più attendibile e, senza pregiudizi, la più vicina alle
testimonianze.
Altri luoghi sono connessi alla vita di Gesù; la piscina di Betesda (Gv.
5,1-4), vicino alla chiesa di Sant’Anna, poco più a est della Fortezza An­
tonia e già fuori delle mura della città erodiana. È una doppia vasca con
cinque portici: quattro la circondano da ogni lato e un altro, centrale, se­
para le due sezioni. Era di epoca asmonea e ne sono state riportate alla
luce le rovine. Nelle sue vicinanze si trovava una specie di balneario, di
cui si sono conservati 1 resti e in cui può essere ambientato quanto e nar­
rato dalla pericope evangelica. Al tempo di Adriano fu trasformato in un
santuario dedicato a Esculapio. Va pure ricordata la «via a gradini», che
discende dalla collinetta orientale della Citta Alta e, nella sua parte piu
antica, può risalire a irepoca erodiana. Fu percorsa da Gesù, forse la not­
te del giovedì santo, allorché, lasciato il cenacolo, si diresse all’Orto del
Getsemani, sul pendio occidentale del Monte degli Ulivi, sull’altro lato
del Cedron. La localizzazione del cenacolo nella Città Alta si basa su una
solida tradizione, ma fino ad oggi non si sono ritrovati sufficienti indizi
Geografia storica biblica 55

archeologici. Più incerta, senza dubbio, è l'esatta localizzazione del Palaz­


zo di Caifa. Solitamente lo si identifica con la chiesa di San Pietro in Gal­
lic a n i, vicino alla via a gradini appena menzionata, dove si trovano resti
di una casa di una certa importanza, databile all’epoca erodiana, se non è
del sec. n d.C., come pure è possibile.
E necessario ricordare, anche se di sfuggita, le numerose tombe scavate
nella roccia, sparse nei dintorni della città. Alcune - non molte - datano
a epoca precedente all’esilio, come la cosiddetta «Tomba della figlia del
faraone» a Siloe, di fronte all’Ofel; sono ben più numerose quelle del pe­
riodo asmoneo, erodiano e anche successivo. Tra le altre sono da segna­
lare la tomba della regina Elena di Adia bene e quelle dette del Sinedrio a
nord della città, la tomba della famiglia di Erode e quella di Giasone a
ovest, quella di Bene Hezir e quelle conosciute come di Assalonne, Zacca­
ria e Giosafat nella valle del Cedron, così come la necropoli del «Domi-
nus flevit» a mezza costa nel Monte degli Ulivi.

e) Dalla prima rivolta giudaica

Durante l’assedio di Gerusalemme del 70 d.C. le truppe romane di Tito,


accampate sul Monte Scopus, occuparono inizialmente la zona compresa
nel Muro ni; da qui penetrarono nel quartiere racchiuso dal Muro 11. In
seguito costruirono una cinta per isolare il resto della città. Conquistaro­
no poi la Torre Antonia, irrompendo successivamente nel tempio e di­
struggendolo; s’impossessarono quindi dell’Ofel e della Città Bassa nella
valle del Tyropeon; infine espugnarono la Città Alta, dove si erano asser­
ragliati gli ultimi difensori.
Gerusalemme fu rasa al suolo e nell’attuale quartiere armeno, nella
Città Alta, venne istallato Paccampamento permanente della x legione
Pretensisi qui lasciata a presidio. Dopo la seconda rivolta, all’epoca di
Adriano ( 13 1- 13 5 ) , la città fu totalmente trasformata e prese il nome di
Aelia Capitolina, in omaggio al nome della famiglia dell’imperatore. Il
nuovo caseggiato venne costruito entro un perimetro più ridotto, seguen­
do sostanzialmente i muri della cinta attuale, lasciando pertanto fuori l’a­
rea meridionale, comprenderne buona parte della Città Alta, la Città Bas­
sa e l’Ofel. Resti del muro, costruito vari anni dopo - forse all’inizio del
ni secolo —, sono ancora visibili nelle file inferiori delle mura attuali, so­
prattutto nella Porta di Damasco, che conserva a vista uno degli archi di
entrata.
In epoca bizantina (sec. vi) venne riassorbita per qualche tempo la zona
meridionale, che nuovamente andò per la maggior parte perduta durante
il Medioevo e rimase definitivamente esclusa dalla cinta con la costruzio­
ne del muro attuale nel xvi secolo.
V. V I A G G I A T O R I E D E S P L O R A T O R I

Lo studio del paese biblico, l’identificazione dei Luoghi dove si ambientarono gli
avvenimenti più importanti della storia della salvezza, i resti dei monumenti e de­
gli oggetti dell’epoca biblica hanno suscitato da sempre la curiosità e l'interesse
degli studiosi. Nel corso dei secoli la Palestina si è trasformata in un polo di at­
trazione e di continue visite. T pellegrini in Terra Santa possono costatare de visti
l’ambiente e le impronte materiali della storia biblica. Alcuni tra loro si sono
preoccupati in particolare di indagare su questi temi e hanno lasciato per iscritto
la testimonianza delle loro esperienze. Riferiremo brevemente di questi ultimi.
La storia si può far iniziare dal iv secolo, in cui va ricordato l’anonimo «Pelle­
grino di Bordeaux», che nel 3 3 3 offre già importanti informazioni, e soprattutto
la monaca o vergine spagnola, di nome Egeria o Eteria, che viaggia nel 3 9 3 -3 9 4 e
scrive il famoso Itinerarium , di valore inestimabile per la storia dei «Luoghi San­
ti». A questo periodo appartiene pure Gerolamo, traduttore e commentatore delia
Bibbia, che dal 38 6 visse a Betlemme e nei suoi scritti ospita numerosi dati dì pri­
ma mano concernenti questi argomenti.
Altri pellegrini scrittori sono Eucheria, nel 440, e l’Anonimo Piacentino, nel
570 . Intorno al 70 0 il francese Arculfo visita la Terra Santa, lasciando numerose
osservazioni e dati. Più tardi vanno ricordati Villibaldo (72 1-72.7), Bernardo il
Savio {867), Saewulf ( 1 1 0 2 -1 :1 0 3 ) e Sigurdo il Crociato ( 1 1 0 7 - m i ) . Sono inol­
tre da segnalare il rabbino spagnolo Benjamin de Tudela (x 1 6 0 - 1 1 7 3 ) , Sir John
Maundevìlle ( 1 3 2 2 - 1 3 5 6 ) , Bertrando de la Brocquière ( 1 4 3 2 - 1 4 3 3 ) e Henry
Maundrell (16 9 7 ).
Lina nuova fase nelLesplorazione del paese, compiuta con criteri più scientifici
e moderni, si deve al viaggiatore spagnolo Domingo Badia, conosciuto con lo
pseudonimo di Ali Bey, che visitò la Palestina nel 1 8 0 7 , all’esploratore Ulrich Ja-
sper Seetzen, che percorse la zona tra il 18 0 5 e il 18 0 9 , e infine al famoso J.L .
Burckhardt, esploratore svizzero scopritore del tempio di Abu Simbel in Egitto e
della città di Petra. Costui visita la Palestina tra il 18 io e il 1 8 1 2 . Questa fase cul­
mina con una figura di singolare importanza: il nordamericano Edward Robin­
son, che tra il 1 8 3 4 e il 1 8 5 2 pubblica studi sulla regione.
Da allora inizia la fase moderna, imperniata su molteplici ricerche specialisti­
che, geografiche e archeologiche. Tra i precursori in campo geografico è doveroso
citare, per quanto attiene alla cartografia, il generale Kitcbener per la Cisgiorda-
nia e G. Schumacher per la Transgiordania; G. Ebers, H. Guthe, G. Adam Smith
e Fr. Buhl per quel che concerne l’opera descrittiva. Per l’ archeologia vanno ri­
cordati Ch. W arren, cui risalgono i primi scavi a Gerusalemme tra il r 8 6 8 e il
18 7 0 , e il francese Clermont-Ganneau a partire dal 3 870.
E impossibile menzionare i ricercatori successivi, data l’ amplissima bibliografia
esistente al riguardo. Indicheremo soltanto le principali istituzioni che appoggia­
no il lavoro di ricerca nella regione: la British School of Archaeology, erede del
Palestine Exploration Fund, PÉcole Biblique et Archéologiquc F r a n o s e , FAmer-
ican School of Orientai Research, il Deutsches Evangelisches Institut, il Deutscher
Palàstma Verein, la Jewish Palestine Exploration Society (più tardi Israel E x ­
ploration Society), oltre alle università ebraiche della regione e all’Israel Depart-
Teologia della ^Terra Santa* 57

ment o£ Antiquities and Museums, al Department of Antiquities di Giordania, al­


la Mission Archéologique F r a n o s e , allo Studium Biblicum della Flagellazione
dei Francescani, alPInstituto Espanol Biblico y Arquelógico ecc.

V I. T E O L O G IA D E L L A «T E R R A SA N T A »

In tutta la Bibbia il tema della «Terra Santa» occupa un posto importante nella
teologia, tanto che, insieme alla teologia della Terra, esiste anche una mistica del­
la Terra. E l’impulso che, presente pure in tempi postbiblici, ha originato il feno­
meno dei pellegrinaggi, non solo tra i cristiani, ma anche tra musulmani ed ebrei;
Ha determinato le Crociate; sta alla base de! movimento sionista ed è la causa più
o meno diretta di buona parte dei proverbiali conflitti del Vicino Oriente. Gli ap­
pellativi Terra Santa e Terra Promessa sono di per sé sufficientemente espressivi
e sembrano desunti in una forma o nell’altra dalla stessa Bibbia (Es , 3 ,5 ; Num .
1 4 ,1 6 ; Deut . i,8 ; 3 1 , 1 0 ; 3 4 ,4 ; Gios. 1,4 ecc.).
Uno degli aspetti fondamentali della trama della storia della salvezza è la pro­
messa di Dio ad Abramo, padre del popolo eletto, la cui attuazione nel tempo co­
stituisce il filo conduttore dell’ intera storia biblica. Tale promessa implica diversi
temi e uno dei più importanti è il possesso della Terra di Canaan, insieme alla
moltiplicazione della discendenza e alla lontana e sfumata figura del messis, la
cui identità andrà progressivamente definendosi. Per un seminomade come À bra­
mo non esiste traguardo piu prezioso che essere proprietario esclusivo del suolo
per il quale vaga senza possederlo e giungere a formare un popolo numeroso e
potente per difendere i suoi diritti su questa terra.
Il primo passo per la messa in atto di quanto rimase fino allora una promessa è
Pacquìsto di un campo con la grotta di M akpela in Hebron, per seppellirvi Sara
e gli altri membri del clan. La Bibbia attribuisce grande importanza simbolica a
questo avvenimento (Gen . 1.3 ,1-2 0 ; 2 5 ,9 -1 0 ; 5 0 ,1 2 - 1 3 ) . Un secondo momento
può essere la sepoltura di Giacobbe, il cui corpo è solennemente trasportato dal­
l’Egitto { G en . 5 0 ,4 -14 ). Il concetto di Terra Promessa, tuttavia, assume tutto il
suo valore quando il popolo d’ Israele in massa, condotto da Mosè, fugge dall’ E ­
gitto e s'incammina, attraverso il deserto, alla volta della Terra di Canaan. La
lunga permanenza nel deserto come «passaggio», purificazione e preparazione
«ascetica» per prendere felice possesso della Terra, nella storia d’Israele si con­
verte in un nuovo simbolo. Infine, si spartisce la terra e si prendono misure affin­
ché tale ripartizione sia sempre equa e il popolo permanga fedele all’ antica al­
leanza del Sinai.
Alcuni oppositori ai possesso della Terra non scompaiono con la conquista, Le
lotte interminabili con i popoli dì Canaan e la loro cultura sono l’ argomento sto­
rico dell’epoca dei giudici e della monarchia. Solo se il popolo è fedele all’alleanza
Jahvé darà pieno compimento alla sua promessa. I peccati del popolo, infine, in­
ducono Dio alla decisione di sradicarlo dalla Terra e inviarlo in esilio. M a la pro­
messa continua: Jahve perdona il popolo e lo riconduce nella Terra Promessa. La
storia deve ripetersi e — già nel N uovo Testamento —anche 1 vangeli alludono alla
minaccia di una nuova distruzione di Gerusalemme, seguita dall’esilio.
Durante tutta questa sfortunata storia, la Terra si è sempre presentata, fonda­
58 La geografia biblica

mentalmente, come sinonimo di felicità. Vista dal deserto, è una terra ricca, co­
perta di pascoli e di fiori, la terra in cui scorrono latte e miele (£s. 3,8 ; Lev.
2 0 ,2 4 ; Num. 1 3 , 2 7 ; Deut. 6 ,3; Gios. 5,6 ecc), il cui possesso fisico è simbolo di
tranquillità. Per questo motivo, quando al tempo di Salomone Israele giunge al­
la meta del suo benessere, si dirà che «Giuda e Israele vissero tranquilli, ciascuno
sotto La propna vite e il proprio fico, da Dan sino a Bersabea» (1 Re 5,5; cfr. 2 Re
18 ,3 2 ). Secondariamente, Padempìmento da parte di Dio della promessa di pos­
sesso della terra è garanzia del compimento delle altre promesse, compresa quella
messianica, giacché lo stesso Messia «mangerà» latte e miele {/s. 7 ,1 5 ) .
Adempiuta la promessa messianica, il N .T . non lascerà il tema della Terra pri­
vo di nuovi contenuti. A partire da questo momento verta a simbolizzare la pie­
nezza della felicità, soprattutto nell’altra vita. È la Gerusalemme celeste, alla qua­
le è destinato il nuovo popolo di Dio, il quale, guidato da Cristo, cammina attra­
verso il deserto del mondo verso il pieno godimento del nuovo cielo e della nuova
terra. Questo è, ad esempio, il tema sviluppato nella lettera agli Ebrei. La descri­
zione della N uova Terra e della N uova Gerusalemme affiora in modo particolar­
mente suggestivo nell’ Apocalisse.

V II. B I B L I O G R A F I A

Per la geografìa della Palestina è fondamentale l’opera di Y . Àharoni, The Land


ofthe Bible. A Historiai Geography, London *1979- Ancora classica e utile rima­
ne l’opera di F.M . Abcl, Géographie de la Palestine, 2 voli., Paris 1 9 3 2 . 1 9 3 8 , co­
sì come quella di G . Adam Smith, The Historìcal Geography of thè Holy Land,
London lfii 9 i o (tr. sp. Valencia 19 8 5).
Tra gli atlanti della Palestina segnaliamo: P. Lemaire - D. Baldi, Atlante bibli­
co. Storia e geografia della Bibbia, Torino *19 6 4 ; E.R . Galbiati - A. Aletti, Atlan­
te storico della Bibbia e deirantico Oriente. Dalla preistoria alla caduta di Geru­
salemme nell*anno 70 d.C,, Milano 1 9 8 3 ; J.B. Pritchard (ed.), Atlante del mondo
biblico, Torino-Leumann 1 9 9 1 . Molto utile è l’atlante curato da Y . Aharoni - M .
Avì-Yonah, Atlante della Bibbia, Casale M onf. 19 8 7 . U n’opera non ristretta sol­
tanto all'aspetto geografico ma comprensiva di dati storici, archeologici ecc. di
tutto d Vicino Oriente connesso alla Bibbia e ancora molto consigliabile è M .
Noth, Die Welt des Alien Testaments, Berlin * 19 5 7 e rist. (tr. sp. Madrid 19 7 6 ).
M a l’opera che fornisce oggi l’ informazione piu completa su tutti gli aspetti stori­
ci e culturali del Vicino Oriente antico e quella di M . Liveram, Antico Oriente.
Storia società economia, Bari 19 8 8 . Per i suoi immancabili e costanti riferimenti
geografici e archeologici alla più antica fase della storia d’Israele è di estrema uti­
lità R. de Vaine, Htstoire ancienne dTsraèl} r, Des origines à Pmstallation en Ca­
naan, Paris 1 9 7 1 ; IL La période des Juges} Paris 1 9 7 3 . La guida pratica della re­
gione con descrizioni dei monumenti più aggiornata è J. M utphy-O ’ Connor, The
Hoìy Land. An Archaeoìogical Guide front Earliesi Times to 17 0 0 , Oxford - N ew
York 2i9 8 6 . U n‘eccellente opera che all’analisi dei problemi geografici e archeo­
logici unisce una visione coerente della teologia della le r r a Santa è A. Gonzàlez
Lamadrid, La fuerza de la Tierra (Geografia, il istoria y Teologia de Palestina),
Salamanca 1 9 8 1 .
Capitolo il

Archeologia biblica

L N O Z IO N I G E N E R A L I E T E C N IC H E

L’archeologia è, come indica l’etimologia, la scienza che studia l’antichità


non attraverso i racconti storici o 1 testi conservati, ma mediante i reperti
materiali lasciati dall’uomo nella sua occupazione della terra, siano que­
sti rovine di costruzioni o oggetti d’uso. Si comprenderà facilmente che
l’archeologia è necessariamente vincolata alla terra e che il suo normale
espletamento si concretizza nell’attività di scavo.
L ’uomo, occupando un luogo, esteso o ridotto - a seconda del numero
degli occupanti —, normalmente si comporta seguendo quelle che potrem­
mo definire due «leggi». La prima inerisce all 'accumulazione delle strut­
ture e degli oggetti. Se necessita di nuove costruzioni, in genere l’uomo
non distrugge del tutto le vecchie, le riutilizza in parte o, almeno, spiana
il suolo a una certa altezza, lasciandone interrate le fondamenta e i rude­
ri. In tal modo gli oggetti inservibili e altri residui dell’occupazione ven­
gono gettati e sepolti non lontano dal posto dove venivano utilizzati o,
quanto meno, in un vicino immondezzaio ad hoc. La seconda «legge» ri­
guarda una ricorrenza abitativa. Nel comportamento umano qualcosa
sollecita il gruppo ad andare a stabilirsi negli stessi luoghi abitati dai pro­
pri antenati; su ciò influiscono senza dubbio le condizioni favorevoli del
territorio prescelto. Queste due leggi etologiche determinano l’esistenza
di «insediamenti archeologici», zone tri cut si trovano resu di costruzioni
e di aggetti, imputabili a un’intensiva occupazione umana, in genere per
più generazioni.
Naturalmente in un insediamento i reperti delle diverse epoche d’occu­
pazione sono «stratificati» a differenti livelli, alcuni distinguibili dagli al­
tri solamente per le impronte dovute all'azione umana che costruì e allar­
gò lo spazio in ogni «momento» e, m altri casi, per la particolare natura
geologica del terreno di ogni strato. Ovviamente i più profondi corri­
spondono alle epoche piu antiche, quelli piu superficiali ai periodi più re­
centi. Risulta, quindi, che la stratigrafia di un insediamento archeologico
è —secondo un noto aforisma —come le pagine di un libro, in cui è do­
cumentata la storia dei popoli che vi abitarono, la cui cronologia va dal­
la maggiore alla minore profondità. Conviene tuttavia segnalare che gli
6o Archeologia biblica

strati di un insediamento non sono necessariamente orizzontali né tutti


delio stesso spessore, poiché Luna e Paltra circostanza dipendono dalla
natura del terreno e dal tipo di occupazione, dall’intensità dì quest'aldina
e dalla sua durata per ogni fase. Il passaggio da uno strato a un altro di­
pende da diverse cause geologiche, da catastrofi di origine umana (come
distruzioni o guerre) o dal semplice abbandono del luogo per qualche
tempo.
L’esempio piu tipico di insediamento nel Vicino Oriente è il teli. Si.
tratta di una collina, nella maggior parte dei casi non naturale ma antro­
pogena, determinata dallo stanziamento continuato nel luogo di gente, le
cui abitazioni, distrutte una o più volte, furono riedificate sopra le anti­
che, «spianando» il terreno. Questo processo, perdurato per secoli e mil­
lenni, determina resistenza materiale di una caratteristica collina. I suoi
strati inferiori a volte sono al di sotto del livello attuale della valle, poiché
questa si è successivamente riempita di sedimenti e la primitiva istallazio­
ne non era collocata sopra alcuna collinetta naturale, come a volte capi­
ta. La persistenza nell’occupazione umana di uno di questi teli si deve so­
litamente, a parte altri fattori di carattere culturale, all’esistenza di sor­
genti di acqua potabile nelle vicinanze e a condizionamenti di tipo strate­
gico, legati soprattutto alla presenza di strade naturali o passaggi obbli­
gati. Ne sono un esempio Teli es-Sultan (Gerico), la cui altezza «artificia­
le» supera 1 1 5 m, e Megiddo, che conta un numero di distinte stratifica­
zioni superiore a venti.
Bisogna tener conto, inoltre, di una terza «legge» del comportamento
umano per «capire» i fondamenti del metodo archeologico. E la tendenza
nativa dell’uomo a cambiare parzialmente le forme delle sue costruzioni o
del suo corredo abitativo, in conformità al passare del tempo; si tratta di
quanto chiamiamo volgarmente «moda». Questa circostanza c fonda­
mentale per gli studi archeologici, poiché vi si basano i modelli del muta­
mento culturale nel corso del tempo. Di fatto, la comparazione dei «livel­
li» e la loro posizione entro la stratigrafia dell’insediamento, insieme alla
mutevole varietà di forme da uno strato all'altro, consente di «fissare» i
periodi. Bisogna inoltre confrontare tra loro vari insediamenti per evitare
l’ostacolo —possibile e ricorrente —che ogni insediamento non presenti
«tutti» 1 periodi e necessiti di integrazioni per quanto concerne determi­
nate epoche, da parte di un altro più completo.
G’è un’archeologia storica e un’archeologia preistorica. La prima è ine­
rente a epoche dell’antichità di cui si conoscono dati attraverso la storia e
la letteratura. La seconda si limita allo studio dei periodi più antichi, per
i quali non si possiede nessun dato, poiché precedono la conoscenza della
scrittura. Evidentemente il passaggio dall’archeologia preistorica a quella
storica varia da una regione all’altra del mondo. In Spagna, ad esempio,
Nozioni generali e tecniche 61

la storia comincia nella regione cantabrica con la conquista romana di


Augusto tra il 19 -19 a.C., mentre in Andalusia inizia mille anni prima,
con la venuta dei fenici. Per la Palestina la preistoria abbraccia soltanto
l’Età della Pietra (Paleolitico e Neolitico); le Età del Bronzo e del Ferro,
invece, entrano già nella fase storica, poiché di quest’epoche possediamo
documenti scritti. Al contrario, nell’Europa atlantica e centrale le Età del
Bronzo e del Ferro sono ancora in piena preistoria.
È infine necessario sottolineare un fatto che si discosta un poco da
quanto finora detto. L ’archeologia richiede Fapplicazione di una sofisti­
cata tecnica di scavo per poter recuperare tutti ì dati in maniera esatta,
senza confondere strati né epoche. Non si tratta, quindi, semplicemente
di scoprire rovine monumentali o recuperare oggetti preziosi, come suc­
cedeva nel xix secolo, agli inizi dello sviluppo della scienza archeologica.
È necessario cercare di conoscere scrupolosamente tutte le implicazioni e
le conseguenze deducibili dalla posizione spaziale e cronologica dei di­
stinti ritrovamenti. Per modesti che questi appaiano, possono rivelarsi di
valore scientifico non inferiore a quello di scoperte spettacolari. Lo scavo
archeologico non è pertanto alla portata di chiunque, ma solamente di
studiosi molto specializzati e di grande esperienza.
L’archeologia non solo possiede mezzi per determinare la cronologia
relativa («questo appartiene a un periodo piu antico o più recente dì
quello»), derivati dal confronto tra insediamenti differenti, ma anche
mezzi per una datazione assoluta («questo risale approssimativamente al
tal anno»). Le iscrizioni reperibili neirinsediamento o ridentità manifesta
tra le rovine od oggetti scoperti e la toro descrizione nelle fonti letterarie
antiche sono dati cronologici per l’archeologia storica. La tecnica moder­
na offre inoltre anche metodologie applicabili indistintamente all’archeo­
logia storica o a quella preistorica. Tale è il caso della datazione con il
C 14, fondata sull’analisi radiometrica della materia organica ritrovata nel­
l’insediamento. Queste date sono fornite dai laboratori atomici, con un
margine di errore dipendente dalle condizioni del campione. Così, per
esempio, Fanalisi di materia organica proveniente dal vecchio «strato
della torre» di Gerico (Neolitico Preceramico A) fornì questo risultato:
10 30 0 ± zoo B.P. (LM-106). Ciò significa un’antichità di 10 30 0 anni ri­
spetto a oggi (l’ «oggì» è teoricamente sempre l’anno 1950), cioè 8350
a.C., più o meno zoo anni di errore; BM -106 sono i dati identificativi del
campione e del laboratorio che eseguì lo studio; in questo caso: reperto
n° 106 del Rrilish Museum Research Laboratorv.
Altri procedimenti propri dell’archeologia attuale sono il paleomagne­
tismo per la ceramica, l’analisi del fluoro per le ossa e Fanalisi radìome-
trica potassio-argon per certi sedimenti di origine vulcanica, tutti con lo
scopo precipuo di fornire una cronologia. Lo stesso vale per l’analisi sedi-
6z Archeologia biblica

mentologica degli strati, del loro contenuto di particelle di polline, per lo


studio botanico di semi o di resti di piante, per ['analisi minuziosa delle
ossa ecc., con finalità di tipo ambientale, per conoscere cioè l’ambiente
climatico e fisico in cui si sviluppò una cultura. Ciò fornisce talvolta an­
che informazioni di carattere cronologico, se si tratta di periodi ben co­
nosciuti dalla geologia o dalla paleoclimatologia.

II. I L M E T O D O A R C H E O L O G I C O

Dal punto di vista pratico, l’archeologo che lavora in Oriente deve posse­
dere una competenza specialistica. Non gli basta la conoscenza delle tec­
niche dell’archeologia in generale o la competenza archeologica richiesta
per altre regioni del mondo (Europa, America ecc.). Tutto questo può es­
sergli molto utile, ma è insufficiente. Deve possedere una grande prepara­
zione sul Vicino Oriente, non solamente ricorrendo all'estesa bibliografia
in proposito (libri e soprattutto riviste), ma anche frequentando musei e
osservando collezioni di oggetti rinvenuti in altri scavi: utensili di selce,
reperti di ceramica in tutta la gamma delle sue varietà, manufatti orna­
mentali, come collane ecc., manufatti metallici ecc. Le sue conoscenze
non devono limitarsi a una determinata epoca, nella quale il suddetto ar­
cheologo si considera specialista, ma, seppure in minor grado, devono
abbracciare tutti 1 periodi dell’antichità, poiché può accadere che nell’in­
sediamento da lui scavato non appaiano specificamente gli oggetti dell’e­
poca che egli presumeva di trovare, ma anche altri di periodi differenti. In
ogni caso, per giungere allo strato di presenza degli oggetti e delle strut­
ture da lui ricercati - del Bronzo Antico, ad esempio - è necessario scava­
re precedentemente gli strati corrispondenti al Ferro, al Bronzo Recente e
al Bronzo Medio.
All’archeologo si richiede grande capacità per condurre bene i suoi sca­
vi, anche se non possono ascriversi a materie di sua stretta competenza.
Solo per ulteriori approfondimenti e per la pubblicazione delle scoperte
l’archeologo può affidare questa parte a un collega specialista. Ma il ri­
trovamento, Pidentificazione e l’interpretazione sono compito dell’ar­
cheologo responsabile dello scavo, benché né lui né nessun altro della sua
équipe sia uno specialista - per continuare con l’esempio precedente —
dell’Età del Ferro. L ’archeologo orientalista deve inoltre conoscere il pae­
se, i costumi, Pambiente, il clima, la natura delle terre dove scava, la to­
pografia ecc. Un archeologo preparato a scavare in Oriente non si forma
improvvisamente, ma dopo lunghi studi ed esperienze e, anche in tal ca­
so, con difficoltà se manca l’aiuto di un buon maestro.
Se lo scavo non viene eseguito in un insediamento archeologico già co­
nosciuto e scavato in precedenza da una qualche équipe scientifica, che ha
Il metodo archeologico 63

pubblicato accuratamente i risultati delle ricerche, l’archeologo deve co­


minciare a cercare un suo proprio insediamento; ciò presuppone di solito
campagne preliminari di prospezioni, denominate survey in inglese. Se si
desidera trovare un insediamento preistorico, bisogna recarsi in zone di
caverne o presso le sponde dei laghi o dei corsi d’acqua, così da localizza­
re luoghi adatti. Se si tratta di scoprire insediamenti dell’Età del Bronzo o
dei Ferro, si dovrà cercare un teli, osservando il paesaggio per distinguere
le colline naturali da quelle che non Io sono. Se si cercano insediamenti di
epoche più recenti, ad esempio ellenistici o romani, questi solitamente so­
no evidenziati in superficie dalla presenza di ruderi; è dò che gli arabi del
territorio chiamano un khirbet e designano talvolta come un deir (con­
vento), credendo si tratti di un’antica abitazione di monaci. Frequente­
mente si trovano sulla sommità di colline naturali o in connessione con
gli attuali stanziamenti. In ogni caso, per localizzare insediamenti di epo­
che storiche è necessario collazionare te fonti letterarie antiche, allo scopo
di verificare i popoli e le città che, situati in determinate aree, sono anco­
ra da scoprire, e gli avvenimenti storici in relazione con essi, cosi come le
potenzialità strategiche del sito (comunicazioni, risorse ecc.), poiché tutto
può servire come traccia essenziale. Ispezionando il terreno è necessario
porre particolare attenzione al suolo, per raccogliere piccoli resti di solito
sparsi sul terreno, che costituiscono in definitiva l’indizio piu sicuro che
si tratti di un insediamento. Se è preistorico, avrà soprattutto scici scheg­
giate; se é un villaggio di epoca storica, abbonderanno piccoli frammenti
di ceramica che un esperto può subito attribuire con sicurezza a un deter­
minato periodo. Il dato piu probabile sarà allora che non tutti questi
frammenti appartengono alla stessa epoca: alcuni risaliranno all'Età del
Ferro e altri, ad esempio, a quella del Bronzo Medio. Questo può indicare
la presenza di un vero e proprio teli.
Localizzato I insediamento o scelto tra Ì vari possibili il piu prometten­
te, organizzata logisticamente la spedizione (contatti con la popolazione
locale, istallazioni, approvvigionamenti, mano d operà ecc.), si procede
alla campagna di scavi propriamente detta. In passato, un archeologo po­
teva avere il coraggio o la necessità di affrontare da solo la direzione e la
responsabilità dei lavori scientifici in una spedizione archeologica. Oggi
questo è impraticabile e, in certi casi, sconsigliabile. Il direttore deve con­
tare su un'équipe scientifica di persone qualificate e in alcuni casi anche
dividere la propria direzione con altri archeologi. In questa équipe vi sa­
ranno anche topografi, fotografi, giovani archeologi che seguono corsi di
specializzazione, studenti e, possibilmente, un geologo, un chimico, uno
zoologo e un botanico, oltre che un epigrafista, qualora si tratti di un in­
sediamento di epoca storica.
Lo scavo dev’essere preceduto da un rilevamento topografico dell’inse­
64 Archeologia biblica

diamento, che permetta la localizzazione precisa del piano di lavoro e dei


ritrovamenti cui si deve pervenire. Per questo si suole suddividere la su­
perficie di scavo utilizzando un sistema di quadrati, designati con un nu­
mero (sull’ascissa) e una lettera (sull’ordinata). Tali quadrati possono
avere una superficie maggiore o minore, in rapporto alle dimensioni del-
Pinsediamento. Nell’archeologia preistorica i quadrati corrispondono di
solito a un metro quadro; per i periodi più recenti possono interessare
una superficie di nove metri quadri. All’interno di ogni quadrato, natu­
ralmente, vanno compiute tutte le suddivisioni e le localizzazioni per una
migliore definizione.
Il lavoro di scavo vero e proprio richiede un’attenzione accurata e tutta
una serie di tecniche che in questa sede non è possibile descrivere. Sia suf­
ficiente ricordare che nell’archeologia preistorica non si utilizzano picco­
ni, ma minute piccozze, coltelli, pennelli e perfino aspiratori. Queste tec­
niche vengono applicate anche al resto dell’archeologia, quando lo richie­
dono le circostanze.
Nel processo di scavo s’impiegano due metodi. Lo «scavo in verticale»
consiste nella realizzazione di profondi fossati, sufficientemente ampi per
assicurare stabilità e che procurano una relativa abbondanza di resti.
Questo metodo ha il vantaggio di permettere il controllo della stratigrafia
sulle pareti, cioè di visualizzare la sovrapposizione dei diversi strati corri­
spondenti alle differenti epoche di occupazione dell’insediamento. Possie­
de, viceversa, l’enorme svantaggio di consentire con difficoltà la ricostitu­
zione dell’ambiente in cui si svolgeva la vita durante ognuna di queste oc­
cupazioni.
Lo «scavo in orizzontale», invece, mette allo scoperto grandi estensio­
ni dell’insediamento e offre la possibilità di verificare le condizioni e le
modalità d’insediamento nell’abitato. Ha, senza dubbio, lo svantaggio di
presentare ogni volta un unico momento della sua storia (un’occupazio­
ne) e presenta il rischio di confondere con maggiore facilità i distinti stra­
ti, mancando di sezioni stratigrafiche evidenti.
Per ovviare a queste difficoltà si è soliti combinare i due metodi, facen­
do in alcune parti dell’insediamento trincee che consentano di stabilire la
stratigrafia e riservando le altre aree a uno scavo estensivo, così da osser­
vare nel suo insieme la struttura delle edificazioni. Questo solitamente
viene condotto per piani terrazzati, ognuno dei quali corrisponde a un di­
stinto momento cronologico. Perciò il profano in visita agli scavi di un
teli incontra talvolta difficoltà a «capire» le rovine; ogni area, infatti, può
appartenere a fasi distinte di occupazione dell’abitato,
D ’altro canto bisogna tenere presente che, nello scavo «orizzontale»,
l’orizzontalità non va intesa geometricamente, ma nel senso di seguire
«un piano naturale di occupazione», che ovviamente potrebbe avere le
Periodi archeologici 6-5

sue irregolarità, come le ha la superficie attuale di una qualsiasi città o


villaggio (pendìi, declivi ecc.). Un elemento essenziale neirarcheologia è
inoltre il facto che ogni scavo di un insediamento abitato per molto tempo
presuppone necessariamente una distruzione, per cui, nello scavare alla
ricerca di strati o livelli più antichi, è inevitabile distruggere i resti di fasi
più recenti. L ’archeologo, perciò, deve eseguire dei rilievi di tutto ciò che
scava, posizionandovi sia le rovine sia gn oggetti trovati tanto in profon­
dità come in estensione, sulla base di coordinate cartesiane. Così, anche
dopo aver distrutto lo strato, questo potrà essere ricostruito e interpretato
in qualsiasi momento dagli archeologi del futuro. È quindi estremamente
pertinente il paragone, molte volte citato, secondo cui l’archeologo è co­
me il lettore di un codice antico, costretto a sciupare ogni foglio che leg­
ge. In archeologia non si può passare alla pagina successiva (riportare alla
luce un altro strato) senza distruggere la precedente; da qui la responsa­
bilità che questa pagina, destinata alla distruzione, sia letta in maniera
corretta e scrupolosamente riportata nei rilievi, senza perdere l’informa-
■ »
zione m essa contenuta.
Il lavoro dell’archeologo non termina con l’attività di scavo. Si calcola
che un mese di lavoro scrupoloso e lento rappresenta almeno un intero
anno dedicato a studi di laboratorio sui reperti. In effetti, gli oggetti rin­
venuti, debitamente etichettati e imballali, passano al laboratorio, dove
saranno sottoposti a un’accurata pulizia, alla ricostruzione (rimettendo
insieme, ad esempio, i frammenti di un vaso di ceramica), alla siglatura
per la loro identificazione, al disegno e fotografia, all’analisi fisica o chi­
mica secondo il caso e infine allo studio, alla classificazione e compara­
zione con oggetti simili provenienti da altri insediamenti. La sintesi di
questi e di tutti gli altri dati raccolti nei rilievi, nelle annotazioni ecc. du­
rante il processo di scavo costituisce Poggetto della monografia archeolo­
gica, di cui si suole offrire ima parziale anticipazione (rapport prelimina­
re) in una rivista specializzata. Così si spiega il ritardo di alcuni anni delle
monografie e anche, talvolta, la possibilità del decesso del direttore di uno
scavo prima della pubblicazione della relazione finale. Tutto ciò, senza
contare le ricerche specialistiche degli epigrafisti e dei filologi, che devono
leggere c studiare le iscrizioni ritrovate nello scavo: su pietra, su oggetti
metallici, su vasi di ceramica, mattoni (le famose «tavolette») e più rara­
mente su papiri e pergamene.

III. P E R IO D I A R C H E O L O G I C I

x. Preistoria
Come già si è detto, in Palestina la preistoria corrisponde esclusivamente
all’Età della Pietra. Questa si divide in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico e
66 Archeologia biblica

Calcolitico. Ognuno di questi grandi periodi può ulteriormente venire


suddiviso in molteplici sotto-periodi. Molto in breve presentiamo qui le
caratteristiche che tali periodi assumono nella regione, facendo riferimen­
to ai ritrovamenti più noti.

a) Paleolitico

In Palestina i resti più antichi conosciuti, attribuiti al Paleolitico Inferio­


re, hanno un’età non inferiore a 700000 anni. Furono scoperti nell’inse­
diamento di Ubeidiya, a sud del Lago di Genezaret. Sono costituiti da
strumenti molto grezzi di selce e da alcuni resti umani molto primitivi.
L ’industria denominata Acheuleana, con asce manufatte in selce, accura­
tamente scheggiate nelle due facce, appare prevalentemente negli insedia­
menti di Evron e della Grotta di El Tabun sul Carmelo. Ma sono stati
rinvenuti reperti anche nella grotta di Umm Qatafa nel Deserto di Giuda.
Durante il Pleistocene nella zona del Vicino Oriente si determinano ta­
luni fenomeni climatici che danno avvio a periodi molto umidi, chiamati
«pluviali», intervallati da altri a clima secco, definiti «interpluviali». En­
trambi corrispondono a quanto in Europa e in altre aree temperate si de­
signa col nome di periodi glaciali e interglaciali. NelPultimo interpluvia-
le, 1250 0 0 anni fa, compare un tipo particolare di industria litica, foriera
di nuovi sviluppi. Si tratta dello Yabrudiano e dell’Amudiano. Da allora,
e soprattutto durante la prima metà dell’ultimo pluviale, si determina lo
sviluppo di un’importante industria, conosciuta con il nome di Levallois-
Musteriano, con utensili in pietra di dimensioni più ridotte e con ritocchi
più accurati (sono le cosiddette «punte» e «raschiatoi»). Gli insediamenti
più importanti di questa fase, conosciuta anche con il nome di Paleolitico
Medio, si trovano nelle grotte di El Tabun, Skul e Kebara sulle pendici
del Carmelo, e in quella di Qafzeh a Nazaret.
Particolare importanza rivestono i ritrovamenti di scheletri umani di
quest’epoca, molto famosi poiché manifestano caratteri intermedi o ibri­
di tra l’uomo di Neanderthal e YHomo sapiens sapiens, che hanno in Eu­
ropa la tipologia più rappresentativa nel Cro-Magnon. I ritrovamenti si
localizzano nelle citate grotte di El Tabun, Skul, Qafzeh, Kebara c in
quelle di Amud e Zuttiyeh, vicino al Lago di Genezaret, e appartengono a
più di trenta individui del tipo conosciuto come Homo sapiens Palesti-
nensis.
Nel Paleolitico Superiore si determina un forte cambiamento nella cul­
tura dei popoli cacciatori, che giungono a possedere un’accurata industria
su lame di selce ben ritoccate e di utensili in osso. Gli insediamenti sono
situati tanto a nord della Palestina (soprattutto la grotta di El-Wad e Ke­
bara sul Carmelo e di Qafzeh a Nazaret), quanto nel Deserto di Giuda
Periodi archeologici 6j

(El Khiam ed Erq el-Ahmar nel Wàdl Kareitun) e nel Negev (Boker, Ein
A q c v ed En-Avdat). La cultura dominante è quella Àurignaciana caratte­
rizzata da forti particolarità regionali. Infine appare un aspetto locale,
chiamato Atlitiano. Il Paleolitico Superiore è compreso tra il 33000 e il
14000 a.C.

b) Mesolitico

Il Mesolìtico rappresenta un periodo di transizione nel quale l’industria


litica si caratterizza per le sue dimensioni minuscole e molto curate (mi­
croliti). Si presta particolare cura alla raccolta del grano selvatico come
base economica dei vari gruppi umani e si hanno le prime prove evidenti
di insediamento in villaggi. Comprende soprattutto le culture Kebariana e
Natufiana, quest’ultima momento di grande apogeo culturale, con la rea­
lizzazione anche di pregevoli manufatti artistici come piccole sculture e
con la sepoltura scrupolosa e rituale dei morti, dei quali nei vari insedia­
menti si sono ritrovati resti appartenenti a piu di 3 individui. La cro­
nologia si estende dal 13000 a l l ^ o o a.C. Gli insediamenti più famosi
sono: Ein Gev, Kebara, Nahal Cren ed El Khiam per il Kebariano; El-
Wad, Ain Mallàha e Hayonim per il Natuliano.

c) Neolitico

Gli inizi del Neolitico segnano una tappa qualitativamente differenziata


nella storia dell5umanità, nel corso della quale si pongono le basi della
successiva civilizzazione. Il Neolitico è segnato da una rivoluzione econo­
mica che implica la trasformazione della società raccoglitrice di alimenti
in una società produttrice, alla quale si perviene con l’allevamento e l’a­
gricoltura, che presuppongono l’ addomesticamento di animali e piante.
Questo sorprendente cambiamento determina la crescita e lo sviluppo in­
terno dei gruppi umani, i quali iniziano a creare dei veri e propri agglo­
merati in cui si svolge una fiorente vita produttiva, che accorda particola­
re attenzione all’aspetto religioso e alle esigenze di carattere strategico.
I utto ciò comporta lo sviluppo dell’architettura e di certe tecniche parti­
colari per la fabbricazione di manufatti. Le principali specie domestiche,
dal punto di vista botanico, sono il grano, l’orzo e le lenticchie e, per ciò
che si riferisce agli animali, la capra, la pecora e solo successivamente d
maiale.
Il Neolitico si divide in Preceramico e Ceramico: il carattere distintivo
si fonda sull’impiego o meno della terracotta. Al contrario di quanto si
possa supporre, il Neolitico Preceramico, dall'8300 fino al 6000 a.C. (di­
viso a sua volta in due periodi: A e B), ammette in Palestina una fase di
68 A r c h e o l o g i a b ib lic a

maggior sviluppo culturale del vero e proprio Neolitico ceramico (pure


diviso in A e B), dal 6000 al 4000 a.C.
Gli insediamenti del Preceramico più famosi sono Gerico, Nahal
Cren, E 1 Khiam, Salibiyah, feeda, En Gazai, Beisamoun e Abù Gósh. Nel
Neolitico Preceramico A, Gerico era già una «città» con mura e con
alPinterno una torre circolare di 8,5 rn di altezza. Nel periodo B, i crani,
tramutati in ritratto del defunto mediante un’artistica applicazione di
gesso e altri materiali, erano devotamente sotterrati sotto le ricche pavi­
mentazioni delle case, a volte pitturati. I più ricchi insediamenti del Neo­
litico Ceramico sono quelli di Gerico e Sha‘ar ha Golan alla confluenza
dello Yarmuk con il Giordano. La ceramica di queste popolazioni, molto
abbondante, si riduce a grandi ciotole e giare, a volte decorate combinan­
do colori rossicci e crema. Successivamente appare una decorazione incisa
a fasce. L5architettura è di qualità molto inferiore rispetto a quella dei
predecessori e mancante di senso urbanistico.

d) Calcolitico

L ’ultimo periodo dell’Età della Pietra è il Calcolitico; già vi si impiegano,


w m 1 f 11 < | * 1 ■ ■ i 1 1 J I v t '

insieme agli utensili di pietra, 1 primi strumenti in rame. La ceramica e di


buona qualità, ben cotta, a volte con decorazioni impresse e incisioni o
con pitture geometriche. Ha forme molto varie, alcune veramente origi­
nali, come la cosiddetta «giara dell'uccello», che si ritiene venisse utiliz­
zata per la fabbricazione del burro. Gli abitati, benché non cinti da mura,
presentano una discreta concentrazione di case. Queste sono, in genere,
di pianta quadrangolare o trapezoidale, alcune con pareti dipinte raffigu­
ranti uccelli, stilizzazioni umane o temi astrali, come a Telélàt Gassul nel­
la valle del Giordano. In altri casi abbiamo colli popolati da costruzioni
semisotterranee, come ad Abù Màtar, vicino a Beersheba.
L ’economia era basata non solo sull’allevamento e sulla coltivazione
dei cereali, ma anche su alberi fruttiferi, come l’ulivo. Rispetto alle prati­
che di inumazione sappiamo che venivano impiegate, come ossari, casset­
te dì ceramica a forma di casa con tetto a spiovente; ne sono un esempio
quelli ritrovati a Hederah, nella pianura costiera.
La cronologia di questa importante fase si estende dal 4000 al 3200
avanti Cristo.

2. Età del Bronzo

Vi è un breve periodo di transizione chiamato da K. Kenyon Protourbano


A, B e C, per il fatto che le sue popolazioni occuparono la maggior parte
di quelli che saranno poi i grandi teli, benché paradossalmente del tutto
P e r io d i a r c h e o lo g ic i 69

prive di senso urbanistico e poco più che nomadi appena sedentarizzate.


Subito dopo inizia il Bronzo Antico, comunemente conosciuto con le sigle
EB (Early Bronze), del quale si distinguono almeno quattro fasi contrad­
distinte da numeri romani: EBi, dal 3 1 0 0 al 2 8 5 0 ; EB11, dal 2 8 5 0 al
Z Ó 5 0 ; EBm , dal 2 6 5 0 al 2 3 5 0 ; EBiv, dal 2 3 5 0 al 2 2 0 0 a.C. Successiva­
mente abbiamo il cosiddetto «Periodo Intermedio» (Early-Middle = EM)
tra il 2 2 0 0 e il 1 9 0 0 a.C.
Segue il Bronzo Medio (MB - Middle Bronze), nel quale si distinguono
due fasi: M Bi, tra il 1900 e il 1800, e MB11, tra il 1800 e il 15 5 0 a.C.
(esiste un’altra terminologia, quella di Albright, la quale designa MBl il
Periodo Intermedio, M B11A il M Bl e M BnB il MB11); c’è, infine, il Bronzo
Recente (LB = Late Bronze) con tre fasi: LBi, dal 15 50 al 1400; LBuA,
- dal 1440 ai 130 0 , e LB11B, dal 130 0 al 1200 a.C.

a) I l B ro n zo A ntico

Coincide con l’inizio dell’epoca storica (diffusione della scrittura) e con la


cosiddetta «rivoluzione urbana». Si iniziano a costruire vere città non so­
lo materialmente —grandi abitati con un certo senso urbanistico protetti
da una cinta muraria —, ma anche politicamente in quanto la nuova città-
stato, con la sua struttura sociale e la sua divisione in classi, sostituisce in
buona parte l’antica organizzazione tribale. In questo periodo vengono
perfezionate le tecniche agricole —si utilizza il calendario —, che consen­
tono non solo la produzione, ma anche l’immagazzinamento delle risorse
eccedenti.
Va diffondendosi progressivamente l’impiego de! metallo, specialmente
del bronzo, che, come lega di maggior resistenza, viene a prendere il posto
del rame e supera di gran lunga la selce, sebbene questa continui a essere
utilizzata ancora per molto tempo. Infine, tra i vari centri urbani si svi­
luppa il commercio, basato sulle risorse eccedenti sia alimentari sia di
materie prime o manufatti.
Le città, situate nelle zone favorevoli in funzione dell’abbondanza di ri­
sorse e del commercio, si circondano di mura imponenti. In alcune, come
Gerico, sono costruite a mattoni sopra fondamenta di pietra; queste mu­
ra, segnate da molteplici distruzioni e ricostruzioni —in alcuni punti fino
a diciassette in un periodo di poco più di 200 anni —, attestano l’inquieta
vita di quelle società. In altri te//, come Teli el-Fàr‘a, erano di sola pietra.
All’interno della cinta urbana le case erano solitamente a pianta rettan­
golare e di frequente vi venivano appoggiati silos in mattoni. Offre uno
speciale interesse il grande altare in pietra, di forma troncoconica, edifi­
cato a Megiddo e avente un’altezza conservata di 1,4 m e un diametro di
8 m, al quale si giunge attraverso una scalinata. Stava al centro di un
7° A r c h e o l o g ia b ib lic a

gruppo di edifici e nelle sue vicinanze è stara ritrovata una grande quanti­
tà di ossa di animali e frammenti di ceramica, probabilmente resti di sa­
crifici.
La ceramica, in generale, viene già costruita al tornio, soprattutto alla
fine del periodo. La sua caratteristica più evidente è Pingobbio rosso e la
decorazione con strisce talvolta incrociate. Quanto alle forme bisogna
porre attenzione alle giare, le cui anse sporgono al di sopra della bocca, le
anfore con una sola grande ansa e i grossi recipienti con anse orizzonta­
li, che costituiscono un tipo più volte riprodotto in tutto il periodo. Nel-
PEBm si generalizza la ceramica tipo Khirbet Kerak, con vasi non fatti al
tornio, con una verniciatura speciale, di diversi colori zonati (rosso, nero
e grigiastro) e a volte decorati con scanalature in rilievo.
Le sepolture avvengono in grotte e sono accompagnate da offerte. I ca­
daveri possono aver subito rimozioni secondarie.
Gli insediamenti piu importanti del Bronzo Antico sono: Gerico, Me-
giddo, Teli el-Fària, Bet Shan, Ài e Bét Yerah (arab. Khirbet Kerak),
quest’ultimo a sud del Lago di Genezaret.

b) Periodo Intermedio

Corrisponde alla cosiddetta invasione degli amorrci, nomadi provenienti


dall’est, che si vanno stanziando nelle città della Palestina. Secondo alcu­
ni autori si tratterebbe dei «perezei» della Bibbia, gruppo etnico prece­
dente ai «cananei», considerati come abitanti dei teli del Bronzo Antico.
Solo alla fine appariranno i veri amorrei o protoaramei, tra i cui gruppi
può figurare, benché del periodo successivo, il clan dei patriarchi biblici.
La fase di cui ora trattiamo coincide con il primo Periodo Intermedio del­
la storia egiziana, la crisi feudale con invasioni dei popoli asiatici, collo­
cata fra i regni Antico e Medio, e nel contempo con l'invasione dei guti in
Mesopotamia.
I resti palestinesi della cultura di questi pastori nomadi sono costituiti
nella maggior parte da tombe giacché, distrutte le città, essi non le rico­
struirono, limitandosi a vivere sulle loro rovine e nelle loro vicinanze; di
qui Pesigmtà delle testimonianze. Le tombe sono camere scavate nella
roccia, nelle quali si penetra attraverso un pozzo. Sono di diverse dimen­
sioni: la camera poteva raggiungere nell’asse maggiore quasi 4 m e un’al­
tezza della volta di due metri e mezzo. Ve ne sono di cinque tipi diversi,
non solo per forma e modalità di inumazione, ma anche per il corredo
che contenevano. Solitamente vi si ritrova una specie di daga o spada
corta, a volte collane e spille d’ornamento personale e vasellame di ce­
ramica molto caratteristico, così come lampade a olio. Nei grandi vasi,
di forma molto panciuta, continuano ad abbondare le anse orizzontali,
P e rio d i a r c h e o lo g ic i 7i

mentre appare un nuovo tipo chiamato a « teiera », generalmente in pasta


nera con decorazione bianca a zig-zag.
Gli insediamenti più importanti sono Gerico, Bet Shan, Bét Mirsim (a
sud-ovest di Hebron) e Megiddo, località dove sono stati rinvenuti ru­
deri di alcune costruzioni attribuite con sufficiente sicurezza a questo pe­
riodo, fatto abbastanza eccezionale.

c) Il B ron zo M ed io

Giungiamo a un’epoca di ricostruzione delle grandi città e insieme di fer­


mento della vita commerciale, che si rivolge al Mediterraneo e alla co­
struzione di porti, come Akko, Dor, Yabne-Yam e Asqelon. E anche, nel­
la sua seconda fase, Pepoca della venuta degli hyksos con i loro carri da
combattimento.
Le città si cingono di mura con difese di spettacolare aspetto: alte mura
di enormi pietre (a Gerico si continua a utilizzare il mattone), protette al­
la loro base da «pendìi» o rampe pendenti che impediscono all'assalitore
di avvicinarsi. Le entrate vengono rinforzate con le porte chiamate a
«doppia o tripla tenaglia», che suppongono due o tre restringimenti pri­
ma di penetrare all’interao. Nonostante ciò, alcune testimonianze ar­
cheologiche attestano che le difese delle città vennero distrutte in più di
un’occasione.
Il Bronzo Medio non è soltanto un’epoca di costruzioni difensive, ma
anche di considerevole sviluppo urbanistico all’interno delle città, con
edifici ben fatti, strade (anche con botteghe, a Megiddo) e templi.
Nella ceramica bisogna segnalare la presenza di brocche fusiformi dal
fondo a punta, insieme ai primi vasi con piede, e alle cosiddette «botti­
glie». A partire dagli inizi del MB11 si smette di usare la vernice rossa. Le
lampade subiscono un grande mutamento, poiché prende campo il tipo a
un solo lucignolo, che in seguito diverrà comune.
Le tombe collettive, in grandi grotte artificiali, sono accompagnate da
un ricco corredo che comprende non soltanto vasellame o ornamenti per­
sonali, ma ogni tipo di utensile domestico (anche mobilio: letti, tavoli e
sedie).
La storia di questo periodo, indubbiamente radiosa, si concluderà con
la conquista della Palestina da parte dei re della xvm dinastia egiziana. I
grandi insediamenti del MB continuano a essere Gerico, Megiddo, Teli el-
Fàr‘a, Bét Mirsim, ai quali si deve aggiungere Teli el-‘Agùl per il MBi, e
Teli ed-Duwér e Teli Balatah (Sichem) per il M Bn, il primo sulla costa a
sud di Gaza, il secondo nella Shefela a ovest di Hebron, mentre la loca­
lizzazione del terzo è ampiamente conosciuta e citata.
d) II Bronzo Recente

QuesLo nuovo periodo corrisponde a un’epoca di controllo politico della


Palestina da parte dei re egiziani. In un secondo tempo coincide con le fa­
mose lettere di Teli el^Amàrna dell’epoca di Amenofi iv. Infine* con Par-
rivo degli israeliti provenienti dal deserto.
Le città palestinesi continuano la loro fase di grande sviluppo. A Me-
giddo vengono costruiti il cosiddetto «Palazzo del Governatore», con i
suoi cortili e i suoi tesori, e il tempio. Altri templi si costruiscono a Teli ed-
Duwer, Bet Shan ecc.
Quanto al corredo, bisogna citare gli artistici avori di Megiddo, appar­
tenenti per lo più alla decorazione di piccole casse. Per la ceramica sono
da ricordare i bei tipi di decorazione bicroma, divisa m pannelli con ine-
topi di uccelli, pesci o motivi geometrici. È evidente il rapporto con Cipro
e PEgitto. Nella seconda fase appare la ceramica micenea, generalmente
nera o almeno scura e segue la cipriota di color crema o grigia con pittura
nera. Vi sono giare, coppe e le cosiddette «borracce», rotonde e schiac­
ciate, con due anse.
Gli insediamenti piu noti sono i già citati strati tx-vnB di Megiddo, Bet
Shan ix -v ii , Teli ed-Duwér, Bèt Mirsim, Gerico, Betel e Teli eF‘Agùl.

3. Età del Ferro

Questo importante periodo delParcheologia palestinese si divide in due


grandi fasi: il Ferro 1 e il Ferro 11, solitamente conosciuti con le sigle l i
(Iron 1) e Iz (Iron z). Il primo, suddiviso in A e B, è compreso tra il 12,00
e il 1000 a.C.; il secondo, distinto in A, B e C, dal 1000 a.C. giunge fino
alla conquista di Gerusalemme da parte dei babilonesi nel 586 a.C.

a) Ferro I

Questo periodo è messo in relazione con due importanti avvenimenti sto­


rici: Parrivo dei filistei («popoli del mate»), che si stabiliscono sulla costa
meridionale, da dove eserciteranno il controllo e il dominio sulle altre zo­
ne della regione; il definitivo stanziamento degli israeliti e, di conseguen­
za, i conflitti con gli altri popoli della Palestina (epoca dei giudici). La fi­
ne di questa fase corrisponde con PmÌ2ÌG della monarchia israelitica unita
sotto Saul.
Le città cananee continuano nella loro tradizione, come Megiddo vnA-
viA , Bet Shan vi (in quest’ultima località vi è un tempio risalente a que­
st’epoca) e Gezer xiii-xi. Conviene comunque fermare l’attenzione sul
complesso sistema di opere idrauliche la cui realizzazione inizia proprio
P e rio d i a r c h e o lo g ic i 73
allora in alcune città, come Ei-Gib (Gabaon), Gezer e Gerusalemme, e che
vedremo migliorato già nel Ferro n, sia in queste stesse località sia in al­
tre città come Hasor e Megiddo. Nella maggior parte dei casi si tratta
di un pozzo che dalTalto del teli consente agli abitanti di scendere senza
uscire dalle mura e attraverso un tunnel giungere fino alla sorgente, situa­
ta all’esterno, che si poteva facilmente coprire o camuffare affinché non
fosse visibile. Avvalendosi dì questo passaggio sotterraneo (probabilmen­
te il cosiddetto «Pozzo di Warren»), Davide e i suoi penetrarono nella
Gerusalemme gebusea.
La ceramica tipica di quest’epoca è quella filistea, prodotto locale che
imita forme e decorazioni cipriote e rodensi. H di color terrigno e gli ele­
menti decorativi piu comuni sono metopi nere o rosse con uccelli dal lun­
go collo piegato, motivi geometrici, soprattutto spirali ecc. Vi sono reci­
pienti con un beccuccio provvisto di un colino che, si suppone, venivano
utilizzati per la birra. Per le inumazioni tipiche filistee ci si serviva di una
specie di sarcofago in terracotta, antropomorfo, come quelli ritrovati a
Bet Shan e a Teli el-Fàr‘a (sud), omonimo, quest’ultimo insediamento, di
quello già tante volte citato a sud-est di Gaza.

b) Ferro II

La fase A, corrispondente al x secolo a.C., comprende l’epoca della mo­


narchia unita (Davide e Salomone) e a volte viene inclusa nella denomi­
nazione Ferro I, per cui spesso nella bibliografia si rilevano alcune confu­
sioni. Nelle città palestinesi del Ferro n vi sono sufficienti resti architetto­
nici, con alcuni edifici i cui pilastri presentano i famosi capitelli protoeo­
lici. Particolare attenzione merita il nuovo sistema di mura urbane, con
doppi muri e tra questi delle costruzioni (casematte), formidabili porte a
quadrupla tenaglia, protette da torri; tale è il caso di Hasor, Megiddo
e Gezer, fortificate da Salomone. Altre opere importanti, come le stalle
per 49z cavalli di Megiddo nello strato vA, sono del ix secolo a.C. A
quest’epoca risalgono pure il palazzo reale di Samaria e altri edifici, in
cui si ravvisa chiaramente la tecnica dì costruzione dei muri con il sistema
denominato dai tagliapietre con il termine specialistico di «orizzontale e
perpendicolare». Per gli edifici comuni e il loro inserimento urbanistico,
l’insediamento piu rappresentativo è forse quello di Teli el-Fàr‘a (nord),
dove si trovano le famose «case con pilastri», presenti anche in altre lo­
calità come Hasor (v iii -v ii ) e in Transgiordama (Teli el-Medeineh) già
agli inizi del Ferro r.
Per i manufatti c da richiamare l’attenzione sulle lamine d’avorio di
Megiddo e di Samaria e sui numerosi e ricchi oggetti di arredo. La cera­
mica subisce un notevole cambiamento. Già nell’epoca della monarchia
74 A r c h e o l o g i a b ib lic a

unita a p p a re un tipo di vasellam e di co lor rosso scu ro , ve rn icia to a m a­


no, che rico rd a le ceram iche del B ron zo M e d io . A l tem p o della m o n ar­
chia d ivisa vi è una ceram ica rossiccia di qu alità scadente con strisce di
4 I % t» * ■ 1 * (
vernice o, piu raram en te, a i pittura nera o co n incisioni.

c) P erio d i persian o ed ellenistico

A lla co n q u ista di G eru salem m e da parte dei babilonesi (586 a .C .) segue in


rap id a su ccession e il p erio d o persian o , g iacch é B a b ilo n ia è co n qu istata
dai persiani nel 5 3 9 a .C .
La breve dominazione dei babilonesi, durante la quale la capitale giu­
daica era Mispah (Teli en-Nasbe), ha lasciato impronte molto scarse e
poco caratterizzanti dal punto di vista archeologico; ciò vale anche per il
successivo periodo della dominazione persiana. Forse le più interessanti
rovine appartenenti a quest'epoca si conservano a Teli ed-Duwér, dove si
trovano i resti di un importante edificio pubblico, probabilmente il palaz­
zo del governatore. Alcuni soffitti di questo edificio erano a volta. Vi so­
no anche resti di un altro edificio pubblico a Megiddo (strati ri e 1) e ru­
deri di abitazioni in Samaria e soprattutto a Teli Abu Hawam (a Haifa).
Per il periodo ellenistico la città più rappresentativa e meglio studiata è
Maresha; presenta un accurato piano urbanistico con strade diritte che
s’incrociano perpendicolarmente. E necessario ricordare anche il sontuo­
so palazzo di Tyms (arab. Iraq el Airi ir) in Transgiordania (sec, 11 a.C.),
dove risiedeva la famiglia dei Tobiadi, e la «Torre rotonda» delle mura
dell’acropoli dì Sarnaria.
Riguardo agli utensili e soprattutto alla ceramica, nel periodo persiano
e in quello ellenistico dominano 1 tipi greci, sebbene, soprattutto all'ini­
zio, perdurino torme fenicie e israelitiche, e, successivamente, divenga ge­
neralizzato il tipo chiamato di Megara, di color nero o rosso nero, cera­
mica precorritrice della «terra sigillata» romana.

d) P erio d o erodian o

L ’età erodiana comprende il periodo tra il 15 a.C. e il 70 d.C. È caratte­


rizzata da un intenso sviluppo architettonico, dovuto soprattutto alla
febbre costruttrice di Erode il Grande, dalla quale non furono immuni
nemmeno i successivi Erodi. Abbiamo già parlato delle grandi opere rea­
lizzate a Gerusalemme. Erode il Grande fu anche il fondatore di Cesarea
Marittima e il restauratore di Samaria (Sebaste); nonostante ciò, la mag­
gior parte delle attuali rovine delle due città è di epoca posteriore, soprat­
tutto del 11 e in secolo. A Hebron, invece, si conserva la costruzione
erodiana che ospita alTintemo il cosiddetto Haram el-Khalil, la tomba
P e rio d i a r c h e o lo g ic i 75

dei patriarchi (la famosa grorta di Makpela). Le pietre sono di dimensio­


ni enormi (fino a 7,5 X 1,4 m) e la facciata esterna dei muri è rinforzata
da pilastri appoggiati.
Caratteristici dell’architettura erodiana sono i magnìfici palazzi-fortez­
za, come il doppio palazzo d’inverno di Gerico (Tulul Abu el-Alaiq) e la
vicina fortezza di Kypros, l’ Alexandrium (Qarn Sartaba), Macheronte in
Transgiordania, Masada e PHerodium nel Deserto di Giuda; in quest'ul­
timo Erode si fece seppellire. '
È necessario richiamare l’attenzione sulle speciali tecniche utilizzate
nelle costruzioni erodiane, in verità assai particolari. Ci riferiremo soltan­
to, essendo una delle cose più facilmente comprovabih, al tipico intaglio
delle pietre, con un bordo meticolosamente lavorato e la zona interna la­
sciata al grezzo.
Per i reperti archeologici si deve segnalare che, insieme ai tipi ceramici
ellenistici compresa la «terra sigillata», esistono altre forme e modelli pe­
culiari della cosiddetta ceramica erodiana: le giare dal corpo cilindrico o
a forma di sacco o di campana, la progressiva diffusione di leggere nerva­
ture circolari ecc.

e) Periodi romano e bizantino

Questa fase si sviluppa con numerose suddivisioni dalla fine del 1 al vii
secolo. Bisogna infatti distinguere tra l’Alto Impero (fino al r8o) e il Bas­
so Impero (fino al 324); e tra il Bizantino antico (fino al 4 51) e il recente
(fino al 640).
Il primo periodo è l’epoca classica delle grandi città romane, con i loro
magnifici templi, edifìci pubblici, teatri, archi trionfali ecc. Segnaliamo le
citta già menzionate di Cesarea e Sebaste, alle quali si aggiungono ora
Gerasa, Petra e Filadelfia (Amman) in Transgiordanìa; Sepphoris, Scito-
poli (Bet Shan), la grande sinagoga di Cafarnao in Galilea ed Aelia Capi­
tolina (Gerusalemme), su cui già ci si è dilungati.
Del periodo bizantino è doveroso ricordare le grandi basiliche di Geru­
salemme (soprattutto il Santo Sepolcro e la Eleona del Monte degli Uli­
vi), delle quali restano pochissime tracce risalenti all’epoca; la magnifica
e ben conservata basilica della Natività in Betlemme e un buon numero
di quelle in Transgiordania, tra le quali si distingue il complesso del
Monte Nebo, nelle cui vicinanze st trova la citta di Madaba con il noto e
magnifico mosaico che rappresenta la mappa della Palestina, risalente al
vi secolo. Citiamo anche, tra gli altri, i mosaici della basilica dell’Hepta-
geon e quelli della sinagoga di Bet Alpha in Galilea.
La ceramica romana e bizantina della Palestina ripete forme conosciute
in altre parti dell’impero. Della prima va ricordata la tipica «terra sigilla­
7 6 A r c h e o lo g ia b ib lic a

ta», cui si aggiunge in questo momento, come peculiarità, la cosiddetta


ceramica nabatea, straordinariamente raffinata, dipinta a motivi floreali
in rosso acceso sopra un rosso chiaro. Quanto alla seconda, bisogna dire
che scompare del tutto la «sigillata» orientale, sostituita da una ceramica
più grossolana e rossiccia. Abbondano le forme con scanalature circolari,
in genere di pasta friabile. Sono frequenti i vetri, soprattutto a foggia di
bottiglie o ampolle. Le lampade, che hanno seguito una precisa e caratte­
ristica evoluzione dall’Età del Bronzo, essendo uno degli elementi più ti­
pici di ciascun periodo, sono ora massicce con il beccuccio a forma trian­
golare e con la tipica decorazione di «schizzi e disegni» e a volte con sim­
boli cristiani.

IV. G L I I N S E D I A M E N T I A R C H E O L O G I C I E L A B I B B I A

i . / gran di in sediam en ti

È difficile offrire una scelta obbiettiva dei grandi insediamenti archeologici della
Palestina, soprattutto quando si tratta di selezionarne non piu di una trentina tra
le centinaia esistenti. Di fatto, questa, come qualsiasi altra selezione, riflette ne­
cessariamente criteri e apprezzamenti personali. Abbiamo diviso Pelenco in tre
grandi capitoli cronologici: Preistoria, Età del Bronzo e del Ferro e periodo poste­
riore alPesflio (o del Secondo Tempio, come lo definiscono gli autori ebrei). In es­
si abbiamo distribuito i distinti insediamenti, anche se certamente alcuni appar­
tengono a due o più periodi, come Gerico. Oltre la descrizione di ogni insedia­
mento abbiamo selezionato uno o due riferimenti bibliografici di base, attraverso
i quali si può risalire a tutta quanta la bibliografia.

a) Preistoria

Et-Tabun . M ogaret et-Tabun è una grotta situata nel versante meridionale del
Carmelo sulla valle chiamata W àdi el M ogara, a poco più di 40 m sul livello del
mare e a poca distanza da questo. Fu scavata da D. Garrod tra il 19 2 9 e il 1 9 3 4
sotto l1 patrocinio della British School of Archaeology di Gerusalemme e della
American School of Prehistoric Research. Tra il 1 9 6 7 e il 19 6 8 fu di nuovo esplo­
rata da A. Jelinek sotto il patronato della Smithsonìan Institution.
La stratigrafia va da ciò che è chiamato un Tayaziano {livello G), verso un
Acheuleano Superiore (livello F), Yabrudiano e Acheuleano (livello E), Amudiano
(livello Ea), Levallois-Musteriano (livelli D, C e B) ed Età del Bronzo (livello A).
Nel livello C fu rinvenuto uno scheletro umano dì Homo sapiens Palestinensis e
altri resti. Questo insediamento presenta la stratigrafia più completa per la fase
terminale del Paleolitico Inferiore e per il Paleolitico Medio, approssimativamente
tra gli anni 150 0 0 0 e 350 0 0 .
Bibl.: D .A .E. Garrod - D .M .A . Baie, The Stane Age ofM ount Carmel 1, Oxford
1 9 3 7 ; A.J. Jelinek e altri, N ew Excavations at thè Tabun Cave, Mount Carmel,
Israel: Paleorient 1 ( 19 7 3 ) 1 5 1 - 1 8 3 .
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 77

El-Wad. M ogaret el-Wad è un'altra grotta, vicina a et-Tabun, scavata da Garrod


nelle stesse condizioni della precedente.
La stratigrafia si estende dal Paleolitico M edio fino all'Età del Bronzo. Com in­
cia con la cultura Musteriana (livello G), passando poi a un livello di commistio­
ne tra il Paleolitico Medio e Superiore (F) e prosegue con l’Aurignaciano M edio
(livello E), due ulteriori fasi dello stesso (livelli D i e D z ) , PAtlitiano (livello C) e
infine il Mesolitico con la cultura Natufiana (livello B), per terminare con resti
isolati dell’Età del Bronzo (livello A).
Particolarmente importante e ricco è il livello B, che, oltre a resti di abitazioni e
in connessione con quelli, aveva una necropoli con più di 50 scheletri composti
seguendo specifiche procedure rituali.
BibL: D .A .E . Garrod - D .M .A . Rate, The Stone Age ofM ount Carmel 1, O xford
1937-

El-Khiam. Si tratta di un terrazzo di fronte ad alcune piccole caverne, situato nel


W àdì Khareitun nel Deserto di Giuda a sud-est di Betlemme. 1 primi scavi furono
condotti da R. Neuville nel 1 9 3 3 , sotto gli auspici dell’Institut de Paléontologie
Humaine di Parigi. N el 1 9 6 2 venne effettuata una nuova campagna sotto la dire­
zione di J. Gonzàlez Echegarayj patrocinata dall’Instituto Espanol Biblico y Ar-
queológico di Gerusalemme.
La stratigrafia comprende un Aurignaciano ben rappresentato da tre fasi con­
secutive (livelli n e io ), passa a un Atlitiano (livello 9), a tre fasi del Kcbariano
(livelli 8-6), al Khiamiano del quale questo è l’insediamento eponimo (livelli 5 e
4) e il Tahouniano o PPNB (livelli 3 -1).
L ’industria litica è straordinariamente ricca e abbondante. La grande impor­
tanza dell’insediamento consiste nella continuità stratigrafica mostrata, la quale
consente di seguire i passaggi evolutivi dal Paleolitico alle culture del Neolitico
Preceramico.
BibL: J. Perrot, La Tettasse d'E l Khìam , in R. Neuville, Le Paléolithique et le
Mésolitbique du Desert de Judée , Paris 1 9 5 1 , 1 3 4 - 1 7 8 ; J. Gonzàlez Echegaray,
Excavaciones en la Terraza de «El Khiam» (Jordania), 2 voli., M adrid 19 6 4 -6 6 .

Ain Mallaha. È un insediamento a cielo aperto, conosciuto anche con il nome di


Eynan, situato sulla riva nord-occidentale del disseccato Lago di Hule. Fu sca­
vato sotto la direzione di J. Perrot per conto del Centre de Recherches Préhistori-
ques Fran^aises di Gerusalemme e del Department of Antiquities di Israele, tra gli
anni 1 9 5 5 e 1 9 7 4 .
Si tratta di resti di un abitato di capanne circolari, appartenente alla cultura
Natufiana del Mesolitico, nel quale si sono potute distinguere varie fasi di occu­
pazione. Sotto le capanne venivano seppelliti ritualmente i morti, di cui sono ve­
nute alla luce spoglie appartenenti a circa cento individui. M olto ricca è l’indu­
stria litica e in osso, il vasellame di pietra (soprattutto basalto), oggetti di arredo e
alcune creazioni artistiche.
BibL: J. Perrot, Le gisement natoufien de Mallaha : L ’Anthropologie 70 (19 6 6 )
4 3 7 - 4 8 4 ; F. Valla, Les industries de silex de Mallaha , Paris 19 8 4 .
78 A r c h e o l o g ia b ib lic a

Beìdha. Insediamento a cielo aperto a circa 5 km da Petra, in Transgiordania. Fu


scavato da D. Kirkbnde tra il 1 9 5 8 e il 19 6 7 .
Si tratta di un abitato del Neolitico Freceramico B (livello i-iv), sotto il quale
si trovavano resti del Preceramico A (livelli v-vi) e del N aturano. Le case, a
pianta quadrangolare, dimostrano una certa sensibilità architettonica. Sotto di
esse vi sono sepolture. L ’ industria litica è ricca e sono stati portati alla luce ma­
nufatti artistici consistenti in figure di terracotta. Le datazioni di C lj* si aggirano
intorno al 6 70 0 a.C. per il PPNB.
Bibl.: D. Kirkbnde, Vive Seasons at thè Pre-Pottery Neolithtc Village near Pe­
tra: PEQ (1966) 8-60.

Ain Ghazal. Insediamento a nord-ovest di Amman. Scavato nel 1 9 8 1 - 8 5 sotto


la direzione di G .O . RoJiefson con il patrocinio dell’Umversità di Yarinuk, la N a ­
tional Geographic Society, il Department of Antiquities della Giordania e altre
istituzioni.
È un abitato neolitico appartenente al PPNB, datato intorno al 6200. Sono
stati recuperati resti di 3 2 sepolture umane. Più importanti sono i manufatti ar­
tistici consistenti in sculture d’argilla non cotta che riproducono soprattutto fi­
gure umane.
Bibl.: G .O . Rnllefson, Rìtual and Ceremony at Neoiithic Am Ghazal (Jordan):
Paleorient 9 {19 8 3 ) 2 9 -38 .

Telelat Ghassùt. Situato nella valle del Giordano, presso la iriva nord-orienta­
le del M ar Morto, e scavato tra il 1 9 3 0 e il 1 9 3 8 da A. Mallon, R. Koeppel e R.
Neuville, con il favore del Pontificio Istituto Biblico dì Rom a; sempre a cura di
questo ente nel 19 6 0 da R. N orth; nel 19 6 7 -6 8 da J.B . Hennesy col patrocinio
della Brìttsh School of Àrchaeology di Gerusalemme.
Si tratta di un abitato del Calcolitico, senza fortificazione, con case a pianta
quadrangolare le cui pareti talvolta sono decorate a colori con tecnica geometri­
ca. È il luogo eponimo della cultura Ghassouliana.
Bibl.: A. Mallon - R. Koeppel - R. Neuville, TeléLìt Ghassùl, 2 voli., Roma
1 9 3 4 e 19 4 0 .

b) Età del Bronzo e del Ferro


Gerico. Nella valle del Giordano, nell’odierna città di Gerico, si trova Teli es-Sul-
tan, il sito della Gerico veterotestamentaria. J/insediamento fu scavato in una
spedizione austro-germanica tra il 19 0 7 e il 19 0 9 sotto la direzione di E. Sellin e
C, Watzinger. Piu tardi, tra il 1 9 3 0 e il 1 9 3 6 , dall’Università di Lìverpool sotto la
direzione di J. Garstang e, tra il 1 9 5 2 e il 1 9 5 8 , dalla Brirish School of Archae-
ology di Gerusalemme sotto la direzione di K. Kenyon.
Lo strato più profondo appartiene al Natufiano. Vi si trovano resti di un san-
tu ario. Segue una fase di transizione (il Protoneolitico) e il Neolitico Preceramico
A, al quale appartengono una muraglia di pietra e una torre rotonda; le case sono
a pianta circolare. In successione si presenta uno strato appartenente al Neolitico
Preceramico B, con case quadrangolari sotto i cui pavimenti sono state rinvenute
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia 79

sepolture e crani trasformati in «ritratti» mediante applicazioni di gesso. V i sono


resti di due santuari e di alcune statuette cultuali pure in gesso. In stretta sequenza
abbiamo due livelli del Neolitico Ceramico A c B. Manca il Calcolitico. Di seguito
si trova il cosiddetto Protourbano. Molto ben rappresentato è il Bronzo Antico,
soprattutto la fase ri, della quale si conservano la muraglia di mattoni, ricostruita
più volte. V i sono anche case e tombe, Sono tornate alla luce grotte sepolcrali del
Periodo Intermedio. Del Bronzo Medio vi sono resti di mura, con il tipico «gia­
cisi intonacato, e tombe estremamente ricche. Pochi resti sono invece emersi del
Bronzo Recente (epoca della conquista israelitica), durante la quale Gerico dovet­
te essere poco più che una borgata. À causa delPerosione esistono scarsissimi re­
perti dell’Età del Ferro (quando la città fu ricostruita ai tempi di Acab) e del pe­
riodo persiano.
La città neotestamentaria si trovava un po’ più a sud-ovest, nel Tulul el-Alaiq,
dove Erode costruì due palazzi e restaurò la fortezza di Kypros.
RibL: K. Kenyon, Excavatìons at Jericho : PEQ ( 1 9 5 1 - 1 9 6 0 ) ; Idem, Excavation
at Jericho , 2. volumi, London i9 6 0 e 1 9 6 5 ; Idem, Digging up Jericho , London
1 9 5 7 ; J.B, Pritchard, The Excavatìons at Herodian Jericho : A A S O E 3 £ "3 3
<1958)-
Megiddo. L'insediamento corrispondente alle rovine delPantica citta viene desi­
gnato Teli el-Mutesellim, nel passo fra la pianura costiera e quella di Izreel, a sud
del Carmelo, non lontano da Afula. Fu scavato dall’Oriental Institute di Chicago
tra gli anni 1 9 2 5 - 1 9 3 9 , sotto la direzione di C, Ftsher, P, Guy e G. Loud.
La stratigrafia è abbastanza completa. Lo strato più antico, il x x , è attribuito
al Neolitico Preceramico: sembra che gli abitanti vivessero m grotte; il x x appar­
tiene forse al Protourbano; il x ix è del Bronzo Antico t, di cui si conserva un edi­
ficio ritenuto un tempio; I insieme x v ii i -x v i risale al Bronzo Antico n (la città già
disponeva di mura e di un santuario a cielo aperto sopra un gran basamento di
pietra a forma troncoconica entro un grande complesso di edifici). Il livello x v
appartiene al Bronzo Antico n i-iv, nel quale continuava ancora l’uso, benché con
varie aggiunte, del santuario dello strato precedente. Il livello x iv è attribuito al
Periodo Intermedio; gli strati x in -x appartengono al Bronzo M edio, con nuove
mura di mattoni sopra fondamenta di pietra e doppia porta ad angolo retto; suc­
cessivamente queste mura sono state sostituite da altre in pietra con «glacis». Gli
strati ix -v m sono del Bronzo Recente 1, il vn B del Bronzo Recente il; in essi si
svolge la vita di un gran palazzo che ha restituito molti tesori archeologici. Dopo
una distruzione ben documentata, si sviluppano gli strati v i i A - i v B, corrisponden­
ti al passaggio dal Ferro 1 al ir (epoche di Davide e Salomone). Inizialmente era
una città poverissima, restaurata e fortificata da Salomone con un muro a case­
matte. Allora iniziano le grandiose opere idrauliche per l'approvvigionamento
idrico della città. Lo strato iv A è del ix secolo a.C .; vi appartengono le famose
stalle per la cavalleria israelitica. Lo strato in corrisponde alla città di epoca assi­
ra, il ti alla città del tempo di Giosia e il 1, di epoca persiana, rappresenta general­
mente una tappa di minor splendore.
BibL: R.S. Lam on - G .M . Shipton - G. Loud, Megiddo , 2 voli., Chicago 1 9 3 9 ­
19 4 8 .
8o A r c h e o l o g ia b ib lic a

fiatar. Odierna Tèi Hasor, a sud-ovest del prosciugato Lago di Hùle. Venne sca­
vata da Y . Yadin nel 1 9 5 5 - 5 8 e 19 6 8 -7 0 , sotto gli auspici delTIsrael Exploration
Fund. Il giacimento presenta due zone ben distinte: l’acropoli o citta alta a sud
e la città bassa a nord, più estesa e non sempre abitata nel corso del tempo.
La stratigrafia è distribuita nel seguente modo. Gli strati x x i - x ix , localizzati
nella città alta, appartengono al Bronzo Antico; lo strato x v n i al periodo Inter­
medio; gli strati x v i i - x v i al Bronzo Medio 11; è il momento in cui la città si
espande verso la zona bassa, fortificata con mura e porte a tripla tenaglia; il x v al
Bronzo Recente 1; il x iv al Bronzo Recenre na; il x m alla distruzione della città
da parte degli israeliti verso il 1 zoo a.C. Gli strati x n e xi corrispondono al Ferro
1 e rappresentano una tappa marginale nella storia della città; il x risale agli inizi
del Ferro n, quando Salomone fortifica la città, di cui si sono conservate le mura
e le porte. Gli strati i x -v ii sono del ix secolo a.C. (è l’epoca della costruzione del
palazzo nella cittadella, della «casa delle colonne * e del famoso sistema idrauli­
co). Gli strati v i -i v appartengono alla città israelitica dell’v m secolo a.C., con i
segni del terremoto dell’ epoca di Geroboamo ri e la distruzione di Tiglat-Pileser
ni nel 7 3 z a.C. Il 111, il n e il 1 sono rispettivamente i resti della città assira, per­
siana ed ellenistica, dì modestissima estensione.
Bibl.: Y . Yadin e altri, Hazor , 4 voli., Jerusalem 19 5 9 -6 4 .

Bet Shan . Conosciuta anche come Teli el-Hosn, si trova nell’ attuale località di
Bet Shan, alla confluenza della pianura di Izreel con la valle del Giordano. Gli
scavi furono diretti da A. Rowe nel i 9 z r sotto il patrocinio dell’Università di
Pennsilvania. Fu un importante centro dì controllo nel perìodo della dominazione
egiziana durante il N uovo Impero.
1 livelli x v iu -x v ii appartengono al Calcolitico; quelli x v i - x i al Bronzo Antico;
il x al Bronzo Medio ri; ix -v ii al Bronzo Recente; i livelli v i-v al Ferro 1, con i lo­
ro templi. Il livello iv è del Ferro il; il ni ellenistico e romano; il 1 bizantino e po­
steriore. Del periodo romano è il famoso teatro, molto ben conservato. La città si
chiamava Scitopolì già dall’epoca ellenistica.
Bibl.: A, Rowe - G .M . Fitzgeraid, Beth Sharia 4 voli., Univ. o f Pennsylvania
1 9 3 0 -1 9 4 0 .

Teli Abù tìawàm. Attualmente si trova inglobato all’interno della moderna città
di Haifa. Fu scavato tra il 1932. e il 1 9 3 3 da R. Hamilton con il patrocinio del Pa­
lestine Department of Antiquities. Gli scavi parzialmente continuati dagli israe­
liani nel 1 9 5 2 e nel 1 9 6 3 sono stati ripresi a partire dal 1 9 8 5 , sotto la direzione
di Jf.
Balensi della Mission Archéoiogique Frammise en Israel e di M .D . Herrera
dell'lnstituto Espanol Biblico y Arqueológico di Gerusalemme.
Sì tratta di una città e di un porto fenici. L ’occupazione del teli comincia nel
Bronzo Recente, continua nel Ferro i e r i , prosegue nel periodo persiano.
Bibl.: J. Balensi - M .D . Herrera, Teli Abù Hawàm> 198 3-19 8 4 : RB 9 2 (19 8 5)
8 2 -12 8 .

Samaria . Su una collina naturale, in prossimità del WàdT esh-Shahr. Scavata da


G .A . Reisner, dell’Università di Harvard, tra il 19 0 8 e il 1 9 1 0 ; riscavaca tra il
G L in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia Si

1 9 3 1 e il 1 9 3 5 da J. Crow foot sotto il patrocinio della medesima università oltre


che della Hebrew University di Gerusalemme, la British School of Archaeology di
Gerusalemme e altre istituzioni britanniche.
Consta di due parti ben distinte, la città vera e propria e l’ acropoli. Fu fondata
dal re israelìtico Omri verso F 8 7 6 a.C. Dell’epoca israelitica conserva il palazzo
di A cab, con vari livelli che rappresentano distinti rifacimenti di epoche successi­
ve e una doppia cinta di mura. Sono stati recuperati molti oggetti di valore, tra
cui belle placche di avorio di tipo fenicio c alcuni ostraca con testi in ebraico del­
l’epoca di Geroboamo i l
V i sono anche reperti di epoca assira, babilonese e persiana, ma sì distinguono
i resti del periodo ellenistico, tra cui la famosa torre rotonda. Erode trasformò la
città chiamandola Sebaste (= Augusta) e innalzò nell’acropoL un tempio alPimpe-
ratore. Tuttavia, la maggior parte delle rovine romane ancor oggi conservate ap­
partengono all’epoca di Settimio Severo {inizi sec. ni), che restaurò e rinnovò la
città. Queste sono soprattutto: il ricostruito tempio di Augusto, il teatro, la basi­
lica e il foro, la grande strada portìcata e la porta della città.
Bibl.: J.W . Crow foot - K.M . Kenyon - G ,M . Crow foot, Samaria-Sebaste, 3 voli.,
1942' I 957'

Teli el-Fàr'a. Presso le sorgenti del W adi Fàr‘ a. Fu la città biblica di Tirsa, capi­
tale del regno d’Israele prima di Samaria (non bisogna confondere Teli el-Fàr‘a a
noid, di cui parliamo, con l’omonimo insediamento meridionale, nei pressi di
Gaza, anch’esso importante).
Il sito venne scavato da R. de V aux tra il 19 4 6 e il 19 6 0 , col patrocinio dell’É-
cole Biblique et Archéologtque F r a n o s e di Gerusalemme.
I livelli più profondi del teli appartengono al Neolitico, al Calcolitico e al Pro­
tourbano. N el Bronzo Antico vi erano già case costruite con sensibilità urbanisti­
ca, un tempio e una cinta muraria, prima di mattoni e in seguito di pietra. Duran­
te il Bronzo M edio le mura vennero rinforzate e furono costruite nuove porte.
Nel Bronzo Recente venne edificato un tempio. Dopo un periodo di spopolamen­
to, nel Ferro n (sec. ix a.C.) vengono svolti radicali lavori di ricostruzione, im­
provvisamente abbandonati. La vita della citta va via via decimando durante
Yvtn secolo fino alla sua distruzione da parte degli assiri, che vi stanziarono una
piccola guarnigione.
Bibl.: R. de V au x: RB 54 ( 19 4 7 ) ; 69 (1962.),

Teli Balatah. È situato tra i monti Ebal e Garizim, vicino alla città di Nablus.
Corrisponde all’antica Sichem. Fu scavato nel 1 9 1 3 - 1 4 , 1926-2,8 e 1 9 3 2 - 3 4 da E.
Sellin e C . Watzinger per conto della Società Germanica per la Ricerca Scientifi­
ca. Tra il 1 9 5 6 e il 19 6 6 si ripresero gli scavi, finanziati da varie fondazioni ame­
ricane e diretti da G.E. Wright.
Benché si siano ritrovati resti isolati di epoche più antiche, la citta in verità na­
sce nel Bronzo Medio, A quel tempo viene costruita un'impressionante muraglia a
grandi pietre di cui si conservano due porte, a doppia e tripla tenaglia. Vicino a
una di queste è stato rinvenuto un tempio-fortezza, che testimonia fasi diverse di
8z A r c h e o lo g ia b ib lic a

costruzione. La citta continuò la sua crescita nel Bronzo Recente, quando venne
ristrutturata una delle porte e fu costruito un nuovo muro. Questo accade anche
nel Ferro i. Dopo un breve periodo di abbandono tornò a essere occupata alla fi­
ne del x secolo. Ci sono anche resti di epoca ellenistica.
Bibl.: D.P. Cole, Schechem i, Chicago 19 8 4 .

Teli en-Nasbe. A sud dell’attuale città di Ramalla. Corrisponde quasi sicura­


mente all’antica M ispa. Fu scavata tra il 19 2 6 e il 1 9 3 5 dal Palestine Institut of
Pacific School of Religion sotto la direzione di F. Bade.
Benché si siano fatti ritrovamenti isolati del Calcolitico e dei Bronzo Antico, la
città appartiene interamente all’Età del Ferro. La sua limitata estensione ha con­
sentito uno scavo per intero; costituisce un esempio eccezionale di cìò che era una
città israelitica. È impressionante il sistema difensivo, costruito nel x secolo a.C.,
con una porta a doppia tenaglia. Vi sono anche resti di epoca postesilica.
BibL: C .C . M cC ow n - j.C . Wampter, Teli en-Nasbeb Excavated under thè
Direction o f thè Late William Frederìc Bade , 2 voli., Berkeley - N ew Haven
1947-

Betei Chiamata oggi Beitin, a nord-est di Ramalla. Fu scavata da W .F. Albright


tra il 1 9 3 4 e il i9 6 0 sotto l’egida dell American School of Orientai Research. Vi
sono resti del Periodo Intermedio, del Bronzo Medio e, soprattutto, del Bronzo
Recente; non mancano tracce di una distruzione da incendio nel x m secolo a.C.,
probabilmente causato dalla conquista israelitica. La città, ricostruita povera­
mente, acquisirà maggior importanza a partire dal x secolo a.C ., quando verrà
fortificata. Vi sono anche resti di epoche più recenti.
Bibl.: J.L . Kelso e altri, The Excavations o f Bethel (19 34 -19 36 ): A A S O R 39
(19 6 8 ).

Teli el-Fùl. A nord e molto vicino a Gerusalemme. Ne è accettata Videntificazione


con Ghibea, l’antica città di Saul. Fu scavata tra il 1 9 2 2 e il 1 9 3 3 dall’American
School of Orientai Research sotto la direzione di W .F. Albright.
Benché siano emersi sporadici ritrovamenti del Bronzo Medio, rinsediamento
in realtà nasce nelPEtà del Ferro. Vi sono due strati (i e tt) del Ferro 1 e PuLimo
può essere datato all'epoca di Saul, quando la città era cinta da un muro qua­
drangolare a casematte, con torri negli angoli. Lo strato in corrisponde ai Ferro
li, praticamente all’viit e v u secolo, e presenta tracce di diverse distruzioni, data­
bili all’epoca della guerra siro-efraimita e a quella della conquista babilonese. Lo
strato iv è di epoca persiana e il v del periodo erodiano.
Bibl.: W .F. Albright, Excavations and Resulta o fT e ll el-Ful (Cìbeah o f Saul)\
A A S O R 4 (192.4); B A S O R 5 2 ( 19 3 3 ) .

El-Gib. Tra Gerusalemme e Ramalla, all’ inìzio del pendio di Bet Horon. È
identificato come l’antica Gabaon. Fu scavato tra il 1 9 5 7 e il 1 9 6 2 dall’Università
dì Pennsilvania sotto la direzione di J.B. Pntchard.
Alcuni resti risalgono a un’occupazione dell'Età del Bronzo (Antico, Medio e
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 83

Recente), ma l’insediamento principale è quello del Ferro 1 e 11, poiché i ritro­


vamenti di epoca successiva, con l’esclusione di quelli romani, sono scarsi. I ru­
deri più significativi di EI-Gib sono le mura urbane, del x secolo a,C. le prime,
d eirviu le seconde, al pari del sistema idraulico. Questo consiste iri un enorme
pozzo scavato nella roccia, cui si scende attraverso una scala di 7 9 gradini, e in
una seconda galleria con una scala di 93 gradini, realizzata in un momento suc­
cessivo (Ferro 11), per consentire un ulteriore accesso alla fonte. Lo scavo mise in
luce indizi probanti la produzione e la vendita di vini da parte degli abitanti du­
rante l’età del Ferro 11,
Btbì.: J.B, Pritchard, Gibeon , Princeton 19 6 2 .

Gezer. Si trova a sud-est di Randa, ai piedi della china di Bet Horon. Fu scavata
da R .A . Macalister, tra il 1 9 0 1 e il 19 0 9 , sotto gli auspici del Palestine Explora-
tion Fund, da G.E. Wright e W .G . Dever, tra d 19 6 9 e il 1 9 7 3 , sotto il patrocinio
dell’Hebrew Union College e di nuovo a partire dal 19 8 4 .
Il sito fu occupato a partire dal Calcolìtico. L ’ insediamento continuò nel Bron­
zo Antico. Tuttavia, il muro reputato più antico, il cosiddetto «muro interno»,
appartiene al Bronzo Medio ir e ha una porta a triplice tenaglia. Di quest'epoca è
il famoso santuario («luogo alto») con le dieci massebot monumentali. Il cosid­
detto «muro esterno» è del Bronzo Recente 1, con torri rettangolari. All’epoca di
Salomone la cinta fu rinforzata con mura a casematte e una porta a tenaglia qua­
drupla. Probabilmente appartengono a quest’epoca anche le opere idrauliche con
il loro famoso tunnel. La citta continuò a essere abitata in epoca ellenistica e ro­
mana. Il giacimento archeologico di Gezer è rinomato anche per il ritrovamento
di varie iscrizioni di epoche diverse (a partire dal primo millennio), cosa alquanto
rara in Palestina, dove tanto scarseggia questo tipo di ritrovamenti.
Bibl.: R .A .S. Macalister, The Excavations o f Gezer , 3 voli., London 1 9 1 2 ;
W .G , Dever e altri, Gezer„ 4 voli., Gerusalemme 1 9 7 0 -1 9 8 6 .

Bet Shemesb. Chiamato Teli er-Rumeileh, vicino a ‘Am Shems, a ovest di Gerusa­
lemme e vicino alla località omonima. Fu scavato da D. Mackenzie e dal Palestine
Exploratìon Fund tra il 1 9 3 1 e il 3 9 1 2 ; da E. Grant, tra il 1 9 2 8 e il 1 9 3 1 , sotto il
patrocinio della Pacific School of Religion e della American School of Orienta!
Research di Gerusalemme.
Lo strato v i appartiene al Bronzo Antico iv ; il V al Bronzo Medio 1, con mura e
torri. Lo strato iv è del Bronzo Recente e ha restituito alcune piccole iscrizioni; lo
strato ni è del Ferro 1, con ceramica filistea; lo strato 11 è del Ferro 11, con un mu­
ro a casematte, e rappresenta una tipica città israelitica dell’epoca. Fu distrutta
dai babilonesi e scarsi sono i resti persiani ed ellenistici nello strato 1.
Bibl.: E. Grane, Ain Shems , 4 voli., Haverford 1 9 3 1 - 1 9 3 9 .

Teli Duwér. Si trova nella Shefela, a occidente di Hebron. Corrisponde alla bibli­
ca Lakìsh. Fu scavato tra il 1 9 3 2 e il 1 9 3 8 da J X , Starkey sotto gli auspici della
Wellcome-Marston Research Expedition in die N car East. Durante lo scavo il di­
rettore venne assassinato da banditi arabi. In seguito gli scavi furono ripresi per
84 A r c h e o l o g ia b ib lic a

conto dello staro d'Israele tra il 19 6 6 e il 1 9 6 7 , sotto la direzione di Y . Aharoni e,


a partire dal 1 9 7 3 , di D. Ussishkin.
V i si trovano resti di un primitivo insediamento troglodita del Calcolitico, che
perdurò fino alle prime fasi del Bronzo Antico. A partire dal Bronzo Antico HI le
caverne vengono utilizzate solo come sepolcri. Vi sono anche tombe del Periodo
Intermedio. Durante il Bronzo Medio si costruirono mura con glacis. Nel Bronzo
Recente viene edificato in tre successive fasi un edificio dedicato a tempio. La cit­
tà fu probabilmente distrutta dagli israeliti alla fine del x iii secolo a.C. Nel x se­
colo sorge una città giudaica con un palazzo, databili al Ferro il. Nel ix secolo la
città appare già con mura; poco tempo dopo il palazzo è ampliato. Successiva­
mente viene innalzato un doppio muro (l'interno è costruito in mattoni) con por­
te fortificate. A quell’epoca la città subisce una distruzione da incendio. Città e
mura vengono ricostruite, anche se m forma più precaria, fino alla completa rovi­
na durante la campagna di Nabucodonosor (5 8 7 a.C,). Sono attestati resti di oc­
cupazione del periodo persiano ed ellenistico.
Il giacimento di Lakish è famoso per le sue iscrizioni: in particolare gli ostraca
o lettere su ceramica dell'epoca dell’ assedio di Nabucodonosor.
BìbL: H. Torczyner e altri, l.achisb^ 4 voli., O xford 1 9 3 8 - 1 9 5 7 ; Y . Aharoni,
Investigaftons ai Lacbish. The Sanctuary and thè Residency (Lacbish V), Tel Aviv
r975-

Teli el-Hési. A ovest di Teli Duwér, già sulla pianura costiera. Probabilmente
corrisponde alla città biblica di Eglon. Scavato dal famoso Flinders Petrie e da J.
Bliss tra il 1 8 9 1 e il 1 8 9 3 , è il primo insediamento della Palestina recuperato con
uno scavo condotto secondo il criterio stratigrafico. Tra il 1 9 7 9 e il 1 9 8 1 sono
stati effettuati nuovi scavi per conto di varie istituzioni nordamericane.
Ospita resti del Bronzo Antico e un importante insediamento del Bronzo M e­
dio, con una muraglia con glacis. La fase meglio documentata risale al Bronzo
Recente; tra le sue rovine si è trovata una lettera del tipo di quelle di El-'Am àrna.
La città venne distrutta verso la fine del x iv secolo a.C. e ricostruita alPincirca
nel x secolo. L ’ultima distruzione sembra risalire all’ epoca di Nabucodonosor.
Bibl.: W. Flinders Petrie, Teli el Hesy (Lachi$b)y London 1 8 9 1 ; F.J. Bliss, A
Mound ofM any Cities , London 18 9 4 .

Teli Bèi Mlrsitn. Situato nella Shefcla a sud-ovest di Hebron. Probabilmente la


biblica Debir. Gli scavi furono sostenuti dalTÀmerican School of Orientai Re­
search di Gerusalemme e diretti da W .F. Albright tra il 1 9 2 6 e il 1 9 3 1 . Attual­
mente continuano sotto il patrocinio del Department of Antiquities di Israele.
Vi sono resti del Bronzo Antico, Periodo Intermedio e Bronzo Medio. È rap­
presentato anche il Bronzo Recente, poiché la città fu distrutta alla fine de! x iii
secolo a.C., forse per mano degli israeliti. La nuova città del Ferro 1 e inizi del n
venne probabilmente distrutta nella campagna di Sbishaq nel 9 1 8 a.C. La città
giudaica successiva aveva un muro a casematte e due porte. Fu, a sua volta, rasa
al suolo durante una delle campagne di Nabucodonosor.
Bibl.: W .F. Albright, Teli Beit Mirsìm\ A A S O R n , 1 3 , 1 7 e 2 1 - 2 2 ( 1 9 3 2 ­
1 9 4 3 )-
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 85

Tel ‘Araci. Situata a nord-est di Beersheba. Corrisponde alla città biblica omoni­
ma. Fu scavata dalla Hebrew University di Gerusalemme e dal Department of
Antiquities di Israele, tra il 1962, e il 1 9 6 7 , sotto la direzione di R. Amiran e Y .
Aharoni.
L'insediamento più antico risale al Calcolitico. Segue poi un'importante città
del Bronzo Antico, con mura in pietra e torri semicircolari. Si è ritrovata molta
ceramica egiziana del tipo Àbydos. Altro significativo momento di occupazione
del sito si registra nel Ferro 1 e continua per tutto il Ferro 11, dopo che ha subito
gli assalti del faraone Shishaq, alla fine del x secolo a.C. Era una città israelitica
di frontiera. L'edificio più significativo era il famoso tempio, considerato una co­
pia di quello di Gerusalemme e integrato nella cittadella fortificata. N on mancano
resti e reperti di epoca postesilica.
Bibl.: Y . Aharoni: B A 3 1 {19 6 8 ) 3-4.

Khirbet Arrair . È la biblica Aroer sull’Arnon, in Transgiordania. Fu scavata dal-


Tlnstituto Espanol Biblico y Arqueológico di Gerusalemme sotto la direzione di
E. Olàvarri tra d 19 6 4 e il 19 6 6 .
Sono state rinvenute rovine del Periodo Intermedio, del Bronzo Recente e del
Ferro 1. La maggior parte della fortezza ancor oggi conservata appartiene al Ferro
H, probabilmente alla metà del ix secolo a.C., e corrisponde senza dubbio alla
città edificata dal re moabita M esha, com ’è documentato nella famosa stele del
Louvre. Aroer divenne poi fortezza nabatea, secondo quanto attestano gli scavi.
Bibl.: E. Olàvarri: RB 72. (19 6 5 ) 7 7 -9 4 ; R B 76 (19 6 9 ) 2 3 0 -2 5 9 .

Teli Medeineh . Altra città fortificata, non lornano dalla sorgente delPArnon. Fu
scavata dalFInstituto Espanol Biblico y Arqueológico di Gerusalemme sotto la di­
rezione di E. Olàvarri nel 1 9 7 6 e nel 19 8 2 .
Si tratta di una città moabita del Ferro 1, provvista di mura e al cui interno esi­
stevano già le famose case con pilastri che successivamente osserveremo nel Ferro
11 della Palestina.
Bibl.: E. Olàvarri, E l modelo de casus del Hierro I halladas en Teli Medeineh
de Transjordania y sus posibles relaciones con el mundo palestinense, in Simposio
Biblico Espanol, M adrid 1 9 8 4 , 3 3 -3 9 .

c) Periodo postesilico
Maresba. È Tel Maresha, a nord-est e molto vicina a Teli Duwcr. Corrisponde al­
la M arisa dei testi. Fu scavata dal Palestine Exploration Fund tra il 18 9 8 e il
19 0 0 , sotto la direzione di F. Bliss e R. Macalister. Si tratta di una città ellenisti­
ca, con strade diritte che s’incrociano perpendicolarmente, cinta da mura e torri.
Sono famose le tombe con pareti dipinte, del n secolo a.C.
Bibl.: F. Bliss - R. Macalister, Excavations in Palestine during che Years 18 9 8 ­
1 900, 19 0 2 .

Cesarea. È la cosiddetta Cesarea Marittima, città portuale sulla costa a sud del
Carmelo. Benché oggetto di studio e di scavi, le rovine di Cesarea furono esplora­
86 A r c h e o lo g ia b ib lic a

te sistematicamente solo tra il 1 9 5 9 e il 19 6 3 per confo di una missione italiana; a


questa iniziativa sono seguite altre ricerche portate a termine da istituzioni ebrai­
che, soprattutto nel porto e negli antistanti fondali marini.
Sono stati rinvenuti reperti ellenistici ed erodiani, ma la maggior parte delle ro­
vine riportate alla luce appartiene ai periodo romano e bizantino. Sono da segna­
lare il tempio di Augusto, il palazzo, il grande teatro nel quale venne ritrovata
una pietra con un’ iscrizione riferentesi a Ponzio Pilato, e gli acquedotti. Molti so­
no i resti bizantini di mura, strade ecc.
Bibl.: J. RingeJ, Césarée de Palestine. Elude historique et archéologique^ Paris
x975' -

Khirbei Qumran. Situato nei pressi del M ar M orto, sulla riva nord-occidentale.
Fu scavato dalPÉcole Biblique et Archeologique Fran^aise di Gerusalemme sotto
la direzione di R. de V au x, tra il 1 9 5 1 e il 19 5 6 .
È costituito dalle rovine di un grande monastero esseno risalente ai secoli 1
a.C. e T d.C., con tutti i suoi annessi: lo scrittorio, la mensa, il sistema idraulico,
la fornace per vasellame, ecc. Nelle vicinanze del sito si trova un insieme di grot­
te, per un certo periodo dimora di anacoreti, in cui furono nascosti i famosi
«manoscritti del Mar M orto».
Bibl.: R. de V au x, Fouilles du Khirhet Qumran: RB 60 ( 19 5 3 ) 8 3 -1 0 6 ; 6 1
(19 5 4 ) Z06-Z36; 63 (19 5 6 ) 5 3 3 *5 7 7 -

Masada. Nel deserto di Giuda a ovest del M ar M orto. Fu uno dei palazzi fortez­
za di Erode il Grande e venne utilizzato dai giudei zeloti come ultimo caposaldo
contro i romani, ai tempi della prima rivolta (66-73 d.C.)
Alle prospezioni e agli studi del tedesco A. Schulteri fan seguito il grande sca­
vo archeologico condotto congiuntamente dalla Hebrew University, dalla Israel
Exploration Society e dal Department oi Antiquities di Israele nel 1 9 5 5 - 5 8 e nel
1 9 6 3 -6 5 , sotto la direzione di Y . Yadin.
Desta forte attenzione l’ardita architettura del palazzo dì Erode, costruito su
terrazze e sospeso sopra un impressionante dirupo a nord delta! ripiana. Altri im­
portanti edifici sono le terme, la sinagoga, i centri amministrativi, i magazzini e,
particolarmente degno d’ attenzione, il sistema idraulico. Dei tempi della guerra
rimangono, tra l’altro, otto accampamenti romani, il muro dell’ assedio e Roggero
rampa d’assalto.
Bibl.: Y, Yadin, Massada , London 19 6 6 {tr. sp. Barcelona 196 9 ),

Gerasa. L ’attuale località di Jerash in Transgiordania, a nord del fiume Yabhoq.


Fu una delle città della Pentapoli.
Gli scavi delle imponenti rovine della città, tra le meglio conservate del mondo
antico, si effettuarono tra il 192.5 e il 1 9 3 1 per conto del British Mandatory G o v­
ernment sotto la direzione di G. Horsfield; nel 19 Z 8 , diretti da J.W . Crowfoot e
sostenuti dalla British School di Gerusalemme; dal 1 9 3 0 al 19 4 0 guidati da C.S.
Fisher, N . Glueck e L. Fiarding per conto dell’American School of Orientai Re­
search. À partire dal 1 9 8 3 si sta attuando un grande progetto che coinvolge la
G ii in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia 87

Giordania e sette missioni straniere (tra le quali figura la Spagna, il cui direttore è,
E. Olàvarri delPInstituto Espafiol Biblico y Arqueológico).
La città ha una storia dall’epoca ellenistica fino alla bizantina, ma la maggior
parte degli edifìci piu importanti risalgono al li secolo d.C. Ricordiamo l’arco
trionfale di Adriano, le mura, i due teatri, il tempio di Zeus, il foro, il tempio di
Artemide, la famosa strada porticata, il ninfeo ecc.
RihL: C .H . Kraeling (ed.), Gerasa , City o f thè Decapolis, N ew H a ve n 1 9 3 8 ; E.
Olavarri, Excavaciones en et Angora de Gerasat Madrid 1986»

Petra. In Transgiordania, a nord-ovest di M a ‘an. Fu la capitale del regno naba­


teo. Scoperta dal famoso esploratore J. Burckhardt nel 1 8 1 2 , è stata scavata dalla
Lord Melchett Expeditiou a partire dal 192.9, da] 1 9 5 5 dal Department of An-
tiquities di Giordania e ultimamente dalFlnstitut Frangais d’Archéologie du Pro­
che Orient. Tra gli archeologi responsabili delle varie campagne di scavo figurano
A. Horsfield, W .F. Albright, A. Dajam, P. Parr, P. Hammond e altri.
Vi sono sufficienti resti che dall'Era del Ferro (Umm el-Biyara), attraverso i pe­
riodi ellenistico, nabateo e romano, giungono fino all’epoca bizantina. Le più
splendide costruzioni datano al 11 secolo d.C,: il teatro, la strada porticata, il fa­
moso Qsar Bìnt, il Haznet Fira'un ecc. Gli edifici più suggestivi sono scavati nella
roccia, variamente colorata.
Bibl.: J. Starcky, Petra et la Nabatène> DBS vn , 8 8 6 -1 0 1 7 .

d) Altri insediamenti

Oltre quelli fin qui segnalati, tra i numerosi insediamenti archeologici esistenti in
Palestina possiamo citare ancora i seguenti. Per la Preistoria: Ubeidiyeh nella val­
le del Giordano, scavato dagli israeliani, del Paleolitico Inferiore; M ogaret es-
Skul sul Carmelo, riportato alla luce dagli anglo-americani, del Paleolitico M e­
dio; Kebarah a sud del Carmelo, insediamento del Paleolitico Superiore e M esoli­
tico, esplorato da inglesi e israeliani; Qafzeh a Nazaret, scavato da francesi e
israeliani, del Paleolitico Medio e Superiore; Naal Cren sul Carmelo, del M eso­
litico e Neolitico, scavato dagli israeliani; Hnyonìm in Galilea, dei Paleolitico Su­
periore e Mesolitico, riportato alla luce dagli israeliani e dai francesi; YifcatPel m
Galilea, Neolitico, scavato dagli israeliani; Umm Qatafa del Paleolitico Inferio­
re ed Erq el-Ahmar del Paleolitico Superiore e Mesolitico, entrambi nel Deserto
di Giuda ed esplorati dai francesi; Nahal Hemar nel Deserto di Giuda, Neoliti­
co, scavato dagli israeliani; Teli Abù M àtàr nel Negev, Calcolitico, scavato dai
francesi; Rosh Zin nel Negev, Mesolitico, scavato da americani; Fasael, insieme
di insediamenti paleolitici e mesolitici, e Salibiyeh, Neolitico, situati nella valle
del Giordano e scavati dagli israeliani; Seikh Ali nella medesima valle, Neolitico e
Calcolitico, scavato dagli israeliani; Azraq in Giordania, Paleolitico, scavato da­
gli americani; Wàdi el-Hammed in Giordania, insediamenti paleolitici e mesoliti­
ci, scavati dagli australiani; M ogaret Dalai e Abu Swwan, Paleolitico e Neolitico,
scavati da spagnoli ecc.
Per quanto attiene all’Età del Bronzo e del Ferro segnaliamo, tra molti altri,
88 A r c h e o l o g ia b ib lic a

Teli el-‘Ureimeh (la biblica Kinneret), presso il Lago di Genezaret, riportato alla
luce dai Tedeschi; Teli Selum (la biblica Silo) sulla M ontagna di Samaria, scavato
da danesi e israeliani; Tel Dan all’estremo nord, Akko vicino alla città omonima,
Tel Dor a sud del Carmelo, e Tel Gerisah a sud dello Yarqon, scavati dagli israe-
ijani; Teli Dotan a nord-est di Samaria e Khirbet Fahil (l’antica Pella) nella val­
lata del Giordano, scavati dagli americani; Teli Deir ‘ Alla (['antica Sukkot), sca­
vato da olandesi; Et-Tel! (l’ antica Ai), scavato da francesi e da americani; Ramar
Rahél a sud di Gerusalemme e l ei Beer Sheba, scavati dagli israeliani; Asqelon,
dagli inglesi; Ashdod, dagli israeliani; Teli Far a (sud) e Teli el-£Agul, scavati dal
famoso Minders Petrie e dalla Bntish School of Archaeology in Egypt ecc.
Dell’epoca successiva all’esilio bisogna menzionare Cafarnao, scavata dai fran­
cescani italiani di Gerusalemme; Sepphoris in Galilea, dagli americani; l’ Hero-
dium, dai francescani italiani e dagli israeliani; Iraq el-Amìr in Transgiordanìa, da
americani, giordani e francesi; Amman (1 antica Filadelfia), da inglesi, spagnoli,
giordani e francesi ecc.

z. Bibbia e archeologia

Per qualche tempo in certi ambienti tradizionalisti legati agli studi biblici
si è guardato con diffidenza al lavoro degli archeologi e, soprattutto, alle
loro conclusioni scientifiche, che avrebbero potuto mettere in discussione
la storicità delta Bibbia. Successivamente sì è manifestata un’inversione
di tendenza; la paura verso I archeologia è scomparsa e si è giunti a con­
siderare le possibilità di accordo tra le scienze storico-archeologi che e
quelle bibliche; di piu, si pensò che le prime venivano ad avvalorare pun­
tualmente i dati della Bibbia, compresi quelli che fino ad allora, da parte
degli esegeti piu liberali, erano stali interpretati meno letteralmente. La
Bibbia aveva ragione è l’eloquente titolo di un libro famoso, tradotto in
varie lingue e riflesso di tale orientamento.
Oggi, tra i non specialisti, prevale forse più Patteggiamento «trionfali­
stico» che non la diffidenza nei confronti dell’archeologia. Ma se è vero
che, in linea generale, la conoscenza scientifica del passato consolida cer­
ti dati trasmessi dalla Bibbia, quando si tratta di puntualizzare con mag­
gior precisione può accadere che il ricorso all’archeologia sta deludente,
riveli il carattere effimero dei fatti e induca a costatare che essa non indi­
vidua con il rigore sperato il dato storico che si pretendeva localizzare.
Ciò deriva dalPindole propria dell’archeologia. Essa non è una scienza
finalizzata a tali identificazioni. L ’archeologia rivela i cambiamenti cultu­
rali di un’epoca, ì quali si traducono in un nuovo stile dì vita che ha la­
sciato impronte concrete nella struttura delle città (sistema difensivo, ur­
banistica, tipi di abitazione ecc.) e nel corredo delle popolazioni (utensi­
li dì uso quotidiano, opere d'arte, oggetti di culto ecc.); difficilmente l’ar­
cheologia può invece definire fatti concreti della storia, a meno che ciò
G i i in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 89

non avvenga per pura coincidenza, come quando si riporti alla luce un’i­
scrizione o l’effigie di un personaggio.
Questo succede anche per quanto concerne la storia profana. L ’archeo­
logia, ad esempio, difficilmente «prova» gli infausti eventi delle guerre ci­
vili di Roma narrati dagli storici antichi: la storia si muove in un ambito
personale, l’archeologia riflette un ordine sociale o economico. (Una con­
giura, un discorso, una battaglia in campo aperto difficilmente lasciano
tracce tangibili; una moda, uno stile di vita, la prosperità economica o
una catastrofe naturale lasciano tracce documentabili). L’archeologia,
pertanto, più che per provare eventi storici, serve a svelare Cambiente
dell’epoca in cui tali fatti avvennero, adattandosi a quelle particolari cir­
costanze culturali e socioeconomiche.
Inoltre, l’archeologia illustra la storia e la letteratura bibliche, renden­
dole verisimili e arricchendole profondamente attraverso i particolari del­
la vita quotidiana o della situazione generale che quella determina; non è
invece legittimata, almeno secondo una norma comune, a dire se tali fatti
accaddero o meno.
Tuttavia tra 1 biblisti perdura oggi il doppio orientamento - sebbene
fondato su due presupposti diversi - di sopravvalutare o ignorare i risul­
tati delParcheologia nel Vicino Oriente. Vi sono scuole che reputano
prioritaria la conoscenza dei dati offerti dalle fonti profane (geografia,
archeologia, epigrafia, filologia ecc.), mentre altre studiano il testo in se
stesso e sulla base delle probabili origini e meccanismi dì trasmissione,
tralasciando la concretezza dei contributo offerto dall’ambiente geografi-
co-archeologico nel quale nacque la composizione letteraria. Queste ten­
denze sono lontane da qualsiasi atteggiamento ideologico preconcetto di
tipo conservatore o avanzato.
Da parte nostra crediamo che la geografia e l’archeologia bibliche siano
ormai punto di riferimento imprescindibile, non perché siano destinate a
dire 1 ultima parola, ma in quanto servono da freno a una smodata spe­
culazione critica e perché, in definitiva, determinano le condizioni am­
bientali entro le quali hanno acquistato senso la costruzione letteraria e 1
riferimenti storici presentì nel testo biblico.

3. Illustrazioni archeologiche di temi biblici

Intendiamo offrire qui un’indicazione per un ulteriore argomento di stu­


dio su aspetti concreti, proponendo alcune relazioni tra specifici rinve­
nimenti archeologici e taluni temi biblici. Gli esempi riportati sono solo
«alcuni» tra i tanti proponibili. D ’altra parte, si tratta semplicemente di
«illustrazioni» che, in taluni casi, possono aiutare a comprendere meglio
il testo biblico, senza pretendere di far «concordare» la Bibbia con Bar-
90 A r c h e o l o g i a b ib lic a

cheologia. Talvolta la coincidenza può essere solo casuale; in altri casi,


benché distante, può chiarire la mentalità o i fatti riportati nei testo; vi
sono infine occasioni in cui la corrispondenza fra dati e temi è evidente.
Questa breve serie di testimonianze viene presentata indicando il testo
biblico di riferimento, un’allusione all’argomento trattato, una succinta
descrizione del dato archeologico ed è accompagnata da un riferimento
bibliografico di facile accesso, che consenta il recupero di maggiori Lnlor-
mazioni e di un'ulteriore documentazione bibliografica. Intenzionalmente
non si offre alcuna valutazione sull argomento.

a) Il «Cilindro della tentazione» (Gen. 3,1-8). Dialogo tra la donna e il


serpente presso Palbero e presenza di Jahvé.
Il British Museum conserva un reperto di provenienza sumerica, datato
alla metà del ili millennio. Si tratta di un sigillo di forma cilindrica. Rap­
presenta un dio seduto, con comi, e una donna con un serpente sopra una
spalla; tra i due, un albero.
Bibbi A. Parror, Sumer, UnFormes
* 1 9 8 1 ; L. Àm aldìch, E l origen del mundo y
del hontbre seg w la Bibita, Madrid 1 9 5 7 .

b) Il diluvio (Gen. 7,10-2.4). Per «quaranta» giorni ha luogo un’inonda­


zione e Pacqua continua a coprire la terra ancora per altri 15 0 giorni.
Negli scavi archeologici effettuati nelle città mesopotamiche si è potuta
riscontrare l’esistenza di grandi alluvioni, dovute soprattutto alle piene
delPEufrate e del 1 ìgri. Durante il periodo archeologico di Ubeid, nel iv
millennio, si produsse una grande inondazione che depositò sopra la città
di Ur uno strato di argilla tra i 2,7 e i 3,7 m. Anche nella stratigrafia di
Ninive e nella stessa epoca si riscontra una copertura alluvionale di circa
20 cm. Ai tempi della Dinastia Primitiva, verso il 2800 a.C., vi fu una
nuova grande inondazione, che ha lasciato tracce nella città di Kish, a
Shurupak, con o,6 m di sedimenti, e a Uruk, dove si nota uno strato allu­
vionale delPentità di 1,5 5 m.
Bibb: A. Parrot, Déluge et Arche de Noè, Parts 1 9 5 5 .

c) La torre di Babele (Gen, 1 1 , 2 - 9 ) . C o stru zio n e m B ab ele (Babilonia) di


una torre di m atto n i «che arriva fino al cielo ».
A Babilonia (accad. Bab-ili = Porta del dio) si trovano i ruderi di una
grande torre (ziqqurat), che faceva parte del tempio E-sag-il, in onore del
dio Marduk. Se ne ignora l’esatta datazione, ma esisteva già perlomeno
durante Pultimo millennio a.C. Nonostante il re persiano Serse comin­
ciasse a demolirla (478 a.C.), se ne conserva ancor oggi la parte inferiore,
quadrangolare, di 19 m di lato, formata da un nucleo di mattoni rivestito
G L in s e d ia m e n ti a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia

di mattonelle. La prima piattaforma della torre giungeva a un’altezza di


circa 40 m, a questa si accedeva attraverso tre scale esterne. Secondo le
descrizioni pervenuteci, quella di Erodoto ( 1,18 1- 19 3 ) in particolare, la
torre constava di almeno sette piani, il secondo dei quali raggiungeva
un’altezza di circa 5 1 m. Gli altri erano di dimensioni più ridotte, tanto
che l’altezza massima della torre non superava i 100 m. Nella parte supe- •
riore era situata la cappella del dio.
Bibl.: A . Parrot, La Tour de fìabel, Paris * 19 5 4 .

d) Pastori seminomadi in Canaan (Gen. 1 1 , 3 1 ; 11,4 -9 ; 13, 1-4 ecc.). Si


tratta dei patriarchi che, possessori di grandi greggi e provenienti da
Oriente, vivevano in tende e praticavano il nomadismo percorrendo i ter­
ritori della Palestina.
Gli scavi a Gerico, Megiddo, Teli ‘ Agùl e in altri insediamenti hanno
fornito dati sulla presenza di un popolo seminomade, che a partire dal
2-zoo a.C. si stabilisce in alcune città, dopo - sembra - averle distrutte.
Vi abita senza alcun senso urbanistico, costruendo capanne qua e là, sulle
sommità e sui pendii del tei! e senza fortificarlo. Questa situazione, du­
rata fin poco oltre il 1900 a.C. e conosciuta col nome di «arrivo degli
atnorrei», corrisponde al Periodo Intermedio tra il Bronzo Antico ed il
Medio.
Secondo alcuni studiosi, i patriarchi erano forse protoaramei (Deut.
^6,5) e sarebbero arrivati con l’ultima ondata intorno al xvm secolo,
contestualmente al grande movimento amorreo.
Bibl.: K .M . Kenyon, Archaeology o f thè Holy Land , London " 1 9 6 5 ; R. de V au x,
Histoire ancienne dTsraèl, 2 voli., Paris 1 9 7 1 . 1 9 7 3 .

e) Pi-Tom e Pi-Ramses (E s. 1 ,1 1 - 1 4 ) . Nelle città di Pitoni e di Pi-Ramses


gli ebrei vennero impiegati come manodopera per i febbrili lavori di co­
struzione del faraone e destinati anche alla fabbricazione di mattoni.
Pi-Ramses (la città di Ramses) è senza dubbio Tanis, sul lato orientale
del Delta. Ramses 11 aveva il suo palazzo nei pressi della città. Pi-Tom (la
città del dio Atutn) e situata poco più a est, lungo la strada dei Laghi
Amari.
Negli scavi di P. Montet a Tanis è tornato alla luce, tra le altre cose, un
grande tempio, circondato da un enorme muro in marroni dello spessore
di 15 m, che delimita un recinto quadrangolare di circa 400 m di lato.
Sono anche riemerse otto coppie di obelischi, colonne, architravi, porte
monumentali e sessanta blocchi murari. AlPmterno si trova il grande
tempio con un altro più modesto a est. Al di fuori del recinto si ergeva un
tempio dedicato alla dea Anat, circondato da un muro di mattoni dello
spessore di 7,5 m, A Qantir, in cui si trovava il palazzo reale periferico, si
9* A r c h e o l o g i a b ib lic a

trovava un tempio sul cui frontale erano stati innalzati quattro colossi
del re Ramses n.
Bibl.: j, Vandier, Manuel d Archeologie Egyptienne li, Paris 19 5 5» 8 18 -8 2 6 .

f) II vitello d ’oro (Es. 19 ,16 - 17 ; 32.,1-8). Accampato ai piedi della mon­


tagna su cui Jahvé si mostra tra lampi e moni, Israele decide di produrre
un’effigie del suo dio sotto forma di torello,
Ad Arslan Tash, nei pressi di Karkemish, sull’Eufrate, è riemersa la fi­
gura del dio semita delle tormente, con fulmini in entrambe le mani,
mentre i suoi piedi poggiano, come sopra uno sgabello o un trono, sul
dorso di un toro. Negli scavi di Àsqelon (Palestina) è stata recentemente
rinvenuta la statuetta cultuale di un vitello di bronzo dorato e argentato.
BibL: Fi. Weippert, palasi in a in uorhelìenist. Zeìt, Munchen 19 8 8 , 3 0 1 tav. 3.50 .

g) La conquista di Hasor (Gios. 1 1 , 1 - 1 1 ) . Israele sconfigge il re di Ha­


sor e altri re confederati, presso le sorgenti di Merom. Entra poi nella
città di Hasor e la incendia.
■ ■

Negli scavi di Hasor si è ritrovato uno strato, il xin , con ceramica


del Miceneo tuft, databile alla seconda metà del xm secolo a.C. È un li­
vello che presenta evidenti tracce di distruzioni e di incendio. I nuovi oc­
cupanti della città (strato x i i ) erano seminomadi che piantarono lì le loro
tende e costruirono semplici capanne con silos e focolari. Bisogna arriva­
re allo strato xi perché quelle popolazioni si stabiliscano definitivamente,
benché solo nel x secolo (epoca corrispondente a quella di Salomone)
Hasor torni a essere una vera città.
* *

Bibl.: R. de V aux, Hìstoire ancienne d flsraèl> 2 voli., Paris 1 9 7 1 . 1 9 7 3 .

h) La pisana di Gabaon (2 Sam. 2 ,12 -18 ). Abner e Ioab s’incontrano con


i loro rispettivi eserciti davanti alla bocca del pozzo o serbatoio di Ga­
baon. Stando gli uni di fronte agli altri, decidono un combattimento tra
dodici beniamimti e dodici giovani dell’esercito di Davide.
Accanto alle mura di El-Gib, ossia Gabaon, si conserva ancor oggi la
monumentale piscina, scavata nella roccia, la cui apertura ha un diametro
di i i ,3 m. Una scala a spirale, poggiata alle pareti, discende mediante 79
gradoni fino alia sorgente, situata a una profondità massima di 24,4 m. Il
serbatoio dalle dimensioni uguali alla bocca s’immerge fino a una pro­
fondità di xo,8 m. Il grande serbatoio fu costruito probabilmente nell’età
Ferro 1A (12 0 0 -115 0 a.C.); Pawenimento cui si riferisce il testo biblico
sarebbe avvenuto verso il 1005 a.C.
Bibl.: M . À vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavattons in thè
Holy Land , 4 voli., Gerusalemme 1 9 7 6 ; Enfi I, 1 2 1 - 1 3 2 ; tu, 5 2 7 - 5 3 3 .
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B i b b i a 93

i) D a v id e conquista G eru salem m e (2 Sam . 5,8; 1 Cron. 11,5-6 ). Davide


promette una ricompensa al primo che riuscirà a penetrare nella città at­
traversando il tunnel. Ioab consegue la vittoria e occupa Gerusalemme.
Dietro i muri «gebusei» della città vi è l’accesso a un pozzo che con­
duce alla fonte di Gihon, ormai all’esterno (il cosiddetto «Pozzo di War-
ren»). Questo passaggio risale probabilmente alla fine del Bronzo Recen­
te. Di qui dovettero penetrare gli uomini di Davide, riuscendo a sorpren­
dere i difensori della città,
Bibl.: A . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedìa o f Archaeological Excavations in thè
Holy Land, cit.; EnB m , 7 9 8 -8 9 1.

/) I l tem pio d i Salom on e(x R e 6,1-38). Vengono descritte pianta, carat­


teristiche e misure del tempio, situato accanto al palazzo reale.
Nella città israelitica di Arad, confinante con il Deserto del Negev, gli
scavi hanno portato alla luce un’acropoli dell’epoca di Salomone, con un
palazzo fortezza e un tempio che si avvicina alle descrizioni bibliche di
quello di Gerusalemme.
Il tempio è situato a nord-ovest della cittadella e guarda verso occiden­
te. Ha di fronte un doppio cortile; in quello esterno si trova l’altare dei
sacrifici. Possiede le medesime misure attribuite a quello di Gerusalemme
ed è costruito allo stesso modo (pietre non lavorate). Il tempio propria­
mente detto comprende un b ek a l o santuario, al cui ingresso erano due
colonne, e un d eb ir o santo dei santi; prima di entrare in questo si in­
contravano due altari per l’incenso e all’interno del recinto una m asse -
ha. Il tempio venne distrutto nella seconda metà del v ii secolo a.C.,
quando si rinnova e si ricostruisce la cittadella; si tratta di un aspetto si­
gnificativo, poiché corrisponde all’epoca di Giosia (639-609 a.C.). Re­
centemente l’interpretazione stratigrafica è stata però rivista e ciò induce
a una maggior cautela nelle conclusioni.
Bibl.: M . Avi-Yonah (ed.), Encyclopedìa o f Archaeological Excavations in thè
Holy land , cit.; A. Parrot, Le tempie de Jérusalem , Paris 19 5 4 .

k) M e g id d o , H a so r e G ez er (x R e 9,15). Sono anzitutto le citta fortifica­


te da Salomone.
Gli scavi archeologici di Megiddo hanno mostrato che nello strato ivB
la città non fortificata era protetta da una muraglia del tipo a casematte e
con una porta ben fortificata. Secondo il dato archeologico, questo corri­
sponde alla seconda metà del x secolo a.C., tra gli anni 950 e 924, pre­
cisamente all’epoca di Salomone (965-928 a.C.). A Hasor lo strato x
presenta una muraglia a casematte, con porte a quadrupla tenaglia a pro­
tezione di una città che stava rinascendo, ma priva di difesa fino a questo
momento. A Gezer l’area in ha conservato i resti di una porta sulle mura
94 A r c h e o l o g i a h ib lic a

a quadrupla tenaglia, come quelle di Megiddo e di Hasor, attribuita an-


ch’essa all’epoca di Salomone.
BibL: M . A vi-Yonah, Encyclopedia o f Ar ehaeological Excavattons in thè Hoiy
Land , citq EnB iv, 10 6 0 -10 6 9 . 1 0 6 9 - 1 0 8 3 ; iti, 9 9 1-9 9 6 .

l) L e scuderie di Salom on e (z Re 10,26). Salomone organizza un eserci­


to di cavalleria, composto di 1400 carri e 120 0 0 cavalli, acquartierato in
alcune città fortificate.
Gli scavi di Megiddo portarono in luce un «quartiere della cavalleria’»
con due ampie stalle, perfettamente disposte con greppie alle quali si le­
gavano i cavalli. La stalla è predisposta per 492 cavalli e vi sono rimesse
per 15 0 carri.
Le piu recenti prospezioni archeologiche, tuttavia, attribuiscono questa
costruzione al livello ivA, del tempo di Acab (sec. ix a.C.), sebbene non
si possa scartare l’ipotesi che le costruzioni siano iniziate già nel prece­
dente strato salomonico, il ivB.
BibL: M .A . Negev, Ar eh aeological Encyclopedia o f thè Holy Land, Jefusalem
1 9 7 2 , s.v. Stables; K .M , Kenyon, Archaeology ofthe Holy Land, London * 19 6 5 .

m) Il re A sa fortifica M ispah (1 R e 15 ,16 -17 .2 1-2 2 ). Nella guerra tra i


re di Giuda e di Israele, rispettivamente Asa e Baasa, il secondo cominciò
a fortificare Rama. Incalzato dal re di Damasco, abbandonò le opere nel­
la cirtà di frontiera. Allora Asa disfece le fortificazioni di Rama e con le
pietre recuperate costruì le muraglie di Geba e Mispah.
A Rama (Er-Ra) e Geba di Beniamino (Geba1) non sono stati fatti sca­
vi sistematici, ma a Mispah (Teli en-Nasbe) è stato rinvenuto un enor­
me muro, risalente al 900 circa a.C. (il regno di Asa è compreso tra il 908
e 1*867 a.C.). E di costruzione accurata. Consta di grosse pietre con calci­
na e il suo spessore supera i 4 m. Doveva essere assai elevato, a giudicare
dalle rovine conservate. Aveva dieci torri difensive,
Bibl.: M . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Arehaeological Excavations in thè
Holy Land , cit.; EnB iv, 1 2 2 4 - 1 2 2 5 .

n) O m ri trasferisce la capitale de! suo regno (z R e 36,23-24). Il re di


Israele Omrì, che ha la sua capitale a Tirsa, dopo sei anni interrompe i
lavori in questa città e trasferisce la capitale a Samaria.
Negli scavi di Teli el-Fàr‘a (Tirsa), nello strato in, corrispondente al­
la fine del sec. x e agli inizi del ix (Omri e del 882-871 a.C.), si e potuto
chiaramente verificare che la arra venne praticamente abbandonata, non
distrutta, lasciando anche edifici costruiti a metà. Tra questi c’è un’im­
portante costruzione, con cortile centrale e tre grandi stanze intorno. E
Gli in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia 95

un’opera molto curata con pietre lavorate talvolta nello stesso stile del
palazzo reale di Samaria. Forse era il palazzo di Omri.
Bibl.: M . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavations in thè
Holy Land , cit.; EnB in, 2,58-2,65.

o) Il canale di Ezechia (2 Re 20,20; 2 Cron. 32,2-4.20.30). Ezechia, re di


Giuda, fece costruire un serbatoio e un canale per far giungere l’acqua a
Gerusalemme.
Questo canale sotterraneo scavato nella roccia unisce la fonte di Gi-
hon con la piscina di Siloe, a sud della città, è all’interno delle mura e si
conserva nella sua interezza. Ha una lunghezza di 5 12 m. Già vicino al
suo sbocco venne alla luce un’iscrizione coeva, in ebraico (conservata al
Museo di Istanbul), commemorativa dell’incontro delle due squadre di
minatori. Essa recita: «(Questa è) la perforazione. Ecco la storia della
costruzione. Gli scavatori scavarono con i loro picconi gli uni di fronte
agli altri e, quando restavano solo tre cubiti di separazione tra le due
squadre, si udì la voce di uno scavatore che ne chiamava un altro. Il
suono attraversava la roccia da parte a parte. Così il giorno che perfora­
rono la roccia, gli scavatori s’incontrarono, batterono piccone contro
piccone e l’acqua irruppe dalla sorgente verso la piscina, per 120 0 cubi­
ti. L ’altezza della roccia sulla testa degli scavatori era di 100 cubiti».
Bibl.: J. M urp h y-O ’Connor, The Holy Land. An Archaeological Guide from Ear-
liest Times to iy o o , Oxford - N e w York * 19 8 6 ; EnB vi, 4 6 2 -4 6 6 .

p) Uassedio di Lakish (2 Re 18 ,13 - 17 ; 19,8-9). Il re assiro Sennacherib


attacca Giuda e assedia la città di Lakish; da questa invia messaggi al re
di Gerusalemme affinché si arrenda. Di fronte alla notizia dell’arrivo del­
l’esercito egiziano, Sennacherib toglie l’assedio di Lakish.
Nella città di Ninive, nel palazzo di Sennacherib, tu ritrovato un pre­
zioso rilievo murale, raffigurante l’assedio di Lakish. Si vede la città cinta
da mura con torri e, dietro i merli, arcieri che lanciano frecce e altri di­
fensori che scagliano pietre. Sotto sta attaccando, imponente, l’esercito
assiro, diviso in colonne; in prima linea avanzano le macchine per l’asse­
dio. Le truppe assire, ben vestite ed equipaggiate nella loro uniforme, si
distinguono in differenti corpi o armi: arcieri, lancieri (questi ultimi con
l’elmo e un grande scudo rotondo) e frombolieri. Tre giudei fuggitivi sono
stati impalati. In un’altra zona del grande pannello, Sennacherib, seduto
sul trono, riceve il bottino della città consegnato da alcuni abitanti, ingi­
nocchiati o prostrati davanti a lui. In primo piano si scorge il passaggio
di una fila di cavalli.
Bibl.: C .J. Davey, Lachischy in Das Grosse Bibellexikon u, Wuppertal-Giessen
1988, 860 ili.
96 A r c h e o l o g ìa b ib lic a

q) La caduta di Lakish (G er. 34,7). Il profeta Geremia trasmette un ora­


colo al re Sedecia a Gerusalemme, mentre resecato babilonese di Nabu-
codonosor stava assediando questa città, come Lakish e Azeqa.
Nella porta-torre della città di Lakish vennero alla luce 18 lettere su
cocci di ceramica (ostraca), dirette al comandante in campo durante Pin-
vasione babilonese del 588-587 a.C. In una di esse (ostracon rv) il co­
mandante di un posto avanzato informa che «stiamo vigilando i segnali
di Lakish secondo le istruzioni che il mio signore ci ha dato, poiché non
possiamo vedere ‘Azeqah». È un messaggio di battaglia,
B ib L : C.J. D avey, ibidem .

r) Giovanni predica il battesimo (Mt. 3,1-6 ; Me. 1,4-8; Le. 3,2-3)- Gio­
vanni il Battista appare nel Deserto di Giuda come un anacoreta che pre­
dica la conversione, annunciando la prossima venuta del messia e appli­
cando il rito del battesimo con acqua.
In quella stessa regione è stato scavato il grande monastero di Qum-
ran, dove i monaci o anacoreti giudei, che vivevano nelle grotte del deser­
to, formavano una comunica, probabilmente di tipo esseno. Si riunivano
per celebrazioni collettive, tra le quali figuravano le abluzioni rituali;
rapprovvigionamento abbondante dì acqua, infatti, costituiva una delle
loro principali preoccupazioni. Nelle rovine del monastero si contano
nientemeno che 14 cisterne o piscine. La conversione e la speranza del
messia figurano come argomento nei testi trovati a Qumran.
B ib L : F . G a r c i a M a r t m e z - J . T r e b o lle B a r r e r à , L o s hom bres de Qum ran. Literatura ,
eslructura social y concepciones religiosas, M a d r i d 1 9 9 3 (tr . it. in p r e p a r a z io n e ).

s) Gesù ritenuto figlio dì Giuseppe (Le. 3,23; 4,22; Mt. 13,55). «Gesù, fi­
glio di Giuseppe» sembra il nome «ufficiale» di Gesù (Gv. 1,45).
All’epoca la medesima designazione era abbastanza frequente. Un
«Gesù, figlio di Giuseppe» figura nell’iscrizione di un ossario ora nel mu­
seo Rockfeller di Gerusalemme, la cui datazione è incerta: tra il 200 a.C.
e il 200 d.C.
B ib L : L .H . V in c e n t,Epitbaphe prétendu de N .S .J.C . : A tti -R e n d ic o n t i d ella P o n ti­
fìcia A c c a d e m i a R o m a n a dì A r c h e o lo g ia 7 ( 1 9 2 .9 } z i 5 - z 3 9 ; A . P a r i o t , Golgotha
et Samt-Sépulcre , P a r is I 9 5 5 -

f) La casa di Pietro a Cafarnao (Mf. 4 ,13 ; 8 ,5.14 ; 9 ,1.2 8 ; 17,24-25; Me.


1,2 1.2 9 ; 2 ,1 tee.}. Gesù fa di Cafarnao il centro della sua predicazione in
Galilea e si stabilisce nella casa di Pietro.
Sulla stessa strada di Cafarnao dove si trova la sinagoga del in secolo
d.C., edificata sopra un’altra del 1 secolo, gli scavi archeologici hanno
scoperto, due isolati più in là, una basilica di pianta ottagonale, del vi se­
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia 97

colo. Questa fu costruita sopra una chiesa domestica del iv secolo, che ri­
cordava la «casa di Pietro». A sua volta essa corrisponde a una delle
stanze di una casa del i secolo, che potrebbe essere Palloggio occupato da
Gesù nella casa di Pietro.
Bibl.: A. N icacci e altri, La Terra Santa. Studi di Archeologia , Roma 1 9 8 3 ; S.
Loffreda, Cafarnaùm , la ciudad de Jesus, Jerusalem 19 8 0 - Idem, Recovering Ca -
pharnaum, Jerusalem 1 9 8 5 .

u) La cattedra di Mosè (Mt. 23,2;. Gesù afferma che «sulla cattedra di


Mosè» si sono seduti gli scribi e i farisei.
Gli scavi nella sinagoga di Corozain hanno dimostrato che non si tratta
semplicemente di linguaggio figurato. Qui, in effetti, è stato ritrovato uno
scanno riservato, scolpito nel basalto, con un’iscrizione che lo identifica
come «sedia di Mosè».
Bibl.: À . Negev (ed.), Archaeological Encyclopedia o f thè Holy Land , Jerusalem
1 9 7 2 ; EnB 11, 5 7 2 - 5 7 3 .

v) Il litostroto di Pilato (G v . 1 9 ,1 3 ; cfr. M t. 27,27; Me. 15 ,16 ). Gesù è


giudicato da Pilato nel pretorio, conosciuto con il nome di Litostroto (la­
stricato), in ebraico (aramaico) Gabbatha (altura).
Scavi archeologici condotti nella zona di Gerusalemme dove l’attuale
tradizione segnalava il pretorio (prima stazione della Via Crucis) dettero
come risultato il ritrovamento di un grande cortile coperto da enormi la­
stre, che faceva parte di un edificio identificato come la Torre Antonia.
La posizione rispetto al tempio, che essa dominava, ne giustificherebbe il
nome di Gabbatha. Alcuni archeologi moderni, tuttavia, sono inclini a
credere che il lastricato appartenesse a un foro della città dell’epoca del­
l’imperatore Adriano (Aefia Capitolina).
Bibl.: S. Aline de Sion, La forteresse Antonia à Jérusalem et la questìon du Prétoi-
re> Jerusalem 1 9 5 5 ; EnB iv, 7 2 4 -7 2 7 .

x) La crocifissione (Mt 27,35.38; Me. 15 ,2 5 .2 7 ; Le. 23,33; G ì/. 19 ,18 .


32). Giunti al Golgota, crocifiggono Gesù e con lui due ladroni, ai quali,
dopo qualche tempo, s’infligge il crurifragìum o frattura delle gambe.
Nel 1968 apparve a Giv'at ha-Mivtar, a nord di Gerusalemme, una se­
poltura con i resti di due persone, un bambino e un adulto maschio morto
crocifisso. Gli studi condotti sul cadavere consentono di provare che la
croce utilizzata era dotata di sedile, un piccolo appoggio sul quale «sali­
va» il crocifisso; ciò faceva sì che le gambe stessero separate. Al giustizia­
to fu inflitto il crurifragium o frattura delle gambe. I chiodi destinati alle
mani attraversavano non le palme, ma i polsi. Vi era un solo chiodo mol­
to lungo per i due piedi, introdotto orizzontalmente nella croce e poi ri­
98 A r c h e o lo g ia b ib lic a

torto a forma di gancio per comprendere entrambi i piedi e fissarli. Il le­


gno della croce era d’olivo e il crocifisso si chiamava «Giovarmi figlio di
Haggol». La datazione è compresa tra il sec. 1 a.C. e il sec. i d.C.
Bibl.: V. Mòller-Chistensen, Skeletal Remains from Giv^at ha-Mivtar: IEJ z6
(19 76 ) 3 5 -3 8 . Si vedano osservazioni e rettifiche recenti in J. Zias ed E. Sekeles,
The Crucified man from Giv'at ha-Mivtar: A Reappraisah IEJ 35 (19 8 5 ) 2 1 - 2 7 .

y) I sepolcri giudaici alPepoca di Gesù (Mt. 27,59-60; Me. 15,46; 16 ,1 ­


5; Le. 23,53; 2 4 ,1-2 ; Gv. 19 ,39 -4 1; 20,1.4-7). Gesù viene parzialmente
imbalsamato e posto in una tomba scavata nella roccia. Una pietra chiu­
de il sepolcro. Quando all’alba della mattina di domenica giungono le
donne con altri unguenti per continuare l’imbalsamazione, la grande pie­
tra è spostata, un angelo è seduto sulla destra dentro il sepolcro, le bende
sono sparse al suolo, ma il sudario è ripiegato e ben sistemato.
Nei dintorni di Gerusalemme si conservano e sono stati studiati molti
sepolcri dell’epoca; alcuni sono identici a quello descritto dagli evangeli­
sti. Questi sepolcri sono per lo più collettivi; quello di Gesù era singolo.
Sono scavati nella roccia a forma di caverna. Vi si penetra generalmente
scendendo alcuni gradini; l’apertura è chiusa da una grossa pietra roton­
da, che può essere spostata solo con molta forza e s’incastra in un piccolo
incavo predisposto per accoglierla. Compiuta questa operazione, da una
piccola apertura si entra m una camera quadrangolare abbastanza am­
pia, con un sedile che corre tutto intorno. Da qui parte l’accesso alla ca­
mera o alle camere mortuarie propriamente dette, il luogo della sepoltura
111 due forme possìbili: un acrosolio alla parete con una mensola a mezza
altezza, dove veniva deposto il cadavere avvolto in lenzuola, o una o più
nicchie (loculi) nella parete. La camera mortuaria e, in questo caso, la se­
poltura era accessibile ai familiari, essendo accertato l’ impiego massiccio
di unguenti e profumi per attenuare gli effetti della decomposizione del
cadavere. Nella parete sopra la sepoltura si trovava una piccola cavità
triangolare su cui collocare una lampada a olio.
Bibl,: A. Parrot, Golgotha et Saint-Sepulcrey Paris 1955.

2) Proibizione ai gentili di entrare nel tempio di Gerusalemme (Atti 2 1,


27-30). Paolo viene arrestato nel tempio per avervi introdotto dei gentili;
è il motivo della richiesta di morte da parte del popolo.
Era vietato ai non giudei oltrepassare il cosiddetto «atrio dei gentili»,
pena la morte. Due iscrizioni in greco, trovate nella piazza del tempio, re­
citano: «Proibito a ogni straniero oltrepassare la barriera ed entrare nel
recinto del santuano. Chiunque venga sorpreso, sarà lui stesso responsa­
bile della morte che gli verrà data».
Bibl.: A. Parrot, Le tempie de Jérusalem, Paris 1954.
V. BIBLIO G R AFIA

Riguardo ai temi strettamente archeologici segnaliamo d