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nel suo
contesto
Luis Alonso Schòkel
Jesus Asurmendi
Bruno Chiesa
Fiorentino Garcia Martinez
Joaquin Gonzàlez Echegaray
José Manuel Sànchez Caro
Julio Trebolle Barrerà
La Bibbia
nel suo contesto
Luis Alonso Schòkel
Jesus Asurmendi
Bruno Chiesa
Fiorentino Garcia Martinez
Joaquin Gonzàlez Echegaray
José Manuel Sànchez Caro
Julio Trebolle Barrerà
Edizione italiana
a cura di Antonio Zani
Paideia Editrice
ISBN 8 8 . 3 9 4 . O 5 I O . O
9 Presentazione dell’opera
n Premessa al volume primo
Parte prim a
G EO G R A FIA E ARCH EO LO G IA BIBLICH E
C a p ito lo I
17 La geografia biblica
C a p ito lo n
59 Archeologia biblica
Parte seconda
STORIA E ISTITU ZIO N I DEL POPOLO BIBLICO
103 Introduzione
C a p ito lo in
10 9 L ’epoca premonarchica
C a p ito lo iv
ixtì L a monarchia
C a p ito lo v
155 L ’ ultimo periodo
della dinastia davidica
C a p ito lo v i
18 8 L ’esilio e la restaurazione di Giuda
sotto i persiani
C a p ito lo v i i
206 La Palestina sotto la dominazione greca
( 3 3 3 - 3 6 7 a.C.)
C a p ito lo v m
zzi Restaurazione nazionale ed espansione asmonea
(16 7 -6 3 a.C,)
C a p ito lo ix
237 La Palestina sotto la dominazione romana
(Ó3 ”4 a.C.)
C a p ito lo x
151 Da Erode il Grande alla guerra contro Roma
(4 a.C. - 66 d.C.)
Sommario
C a p ito lo XI
67 Le guerre contro Rom a
( 6 6 -13 5 d.C.)
C a p ito lo x ii
Parte terza
B IB B IA E LETTERATURA
C a p ito lo x i i i
15 La Bibbia come letteratura
Parte qu arta
IL TESTO D ELLA BIBBIA
C a p ito lo x iv
76 Lingue e scritture bibliche
C a p ito lo xv
94 Testo e critica testuale
dell’Antico Testamento
C a p ito lo x v i
37 d esto e critica testuale
del N uovo Testamento
C a p ito lo x v i i
^4 Versioni dell’Antico
e del N uovo Testamento
Altre abbreviazioni
Geografia
e archeologia bibliche
Joaqutn Gonzàlez Echegaray
Per comprendere con più ampia visione d’insieme e maggiore profondità
possibile il messaggio della Sacra Scrittura si deve conoscere il «contesto»
in cui 1 libri sacri furono scritti e trasmessi: le circostanze storiche e cultu
rali del popolo che fu il diretto protagonista delia letteratura biblica, la
mentalità, la terra in cui viveva, la lingua che parlava, il tipo di scrittura
impiegato e la trasmissione di tali documenti nel corso della storia.
È necessario iniziare dalle origini, presentando la realtà fisica del paese
della Bibbia, che, come si sa, coincide fondamentalmente con quanto si
suole chiamare Palestina. Tuttavia, in un secondo momento, bisognerà
compiere un percorso a ritroso nel tempo e ricostruire, per quanto possi
bile, i nomi, i confini territoriali, i centri abitati della terra biblica nei
tempi passati, precisamente nelPepoca in cui i diversi libri furono scritti,
così da verificare e comprendere i riferimenti geografici in essi contenuti.
Ma la «terra» non è solo descrizione topografica e toponomastica, an
che se con echi lontani di tempi passati. La terra conserva nelle sue visce
re i residui fisici, i resti archeologici della presenza degli uomini che la
abitarono: le rovine delle città con le loro mura e le loro case, le tombe, i
resti dell’arredo domestico. Tutto questo affascinante mondo archeologi
co è indispensabile per ricostruire il passato e capire così la mentalità de
gli autori sacri, comprendendo in tal modo quanto in ogni momento essi
intesero dire.
Capitolo i
La geografia biblica
I. G E O G R A F I A F I S I C A
del Gebel en-Nusairiyeh e del Gebel ez-Zawiyeh, per proseguire nel Liba
no attraverso la valle della Beqà* tra le alte catene del Libano a ovest e
dell’Antilibano a est. Tale solco funge da bacino collettore per il fiume
Oronte, che scorre verso nord, e per il LitànI, che scorre verso sud. En
trambi i corsi fluviali terminano deviando bruscamente verso occidente,
per sfociare nel Mediterraneo. Solamente a partire di qui il sistema del
Giordano costituisce un vero bacino chiuso. Più a sud la fossa prosegue,
dando origine al Golfo di ‘Aqaba e al Mar Rosso, e penetra infine nel
continente africano, che attraversa da nord a sud nella sua parte centro
orientale, pressoché parallela alla costa dell’Oceano Indiano. Si trova in
stretta relazione con l’esistenza dei più caratteristici fenomeni geografici
dell’immenso continente, tra i quali i grandi laghi ai confini di Kenia,
Tanzania e Uganda.
i . Per la toponomastica adottata si ponga attenzione a quanto segue: i nomi con equivalente ita
liano (ad es. Betlemme) consertano perlopiù questa forma; in altri casi, per località situate in ter
ritorio israeliano ci si è attenuti alla forma ebraica attuale, per luoghi geografici situati in territo
rio arabo si è di solito preferita la denominazione araba. Sussistono eccezioni per talune denomi
nazioni, tanto neiPuna che nell1altra lingua, già consacrate dall’uso generale. Per Ponomastica del
periodo biblico si sono seguiti prevalentemente Y . Aharoni - M . Avi-Yonah, Atlante della Bibbia,
Casale Monf. 1 9 8 7 ; V . Fritz, Introduzione all1archeologia biblica, Brescia 1 9 9 1 ed E. Schùrer,
Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (17 5 a.C. - 1 3 j d.C.), Brescia 19 8 5 ss.
i. Il bacino del Giordano
2. La regione cisgiordana
3. La regione transgiordana
4, Clima e vegetazione
presentano i venti orientali del deserto che bloccano gli influssi del Medi
terraneo. Inizia così una zona stepposa, che va confondendosi con la
grande estensione desolata conosciuta col nome di Gran Deserto, il quale
a oriente continua fino a [f Eufrate e a sud penetra nell5Arabia Saudita.
L’alterno dominio di influssi marini o desertici non solo, come andia
mo dicendo, determina la diversità di paesaggio, ina influisce anche sulle
variazioni atmosferiche durante Panno. L’equilìbrio tra i venti mediter
ranei o desertici non è sempre costante. Sul!'altipiano cerealicolo trans
giordano per gran parte dell'anno dominano i venti dell’est, freddi in in
verno e torridi in estate. Abbiamo già detto che nel deserto di Giuda in
Cisgiordania soffiano periodicamente anche questi venti, che salgono fino
alle cime della catena e si dirigono verso la costa, creando un ambiente
afoso, soprattutto in alcuni giorni di primavera e di autunno. E il tipico
vento di terra, chiamato hamsin. In generale, e per riassumere, possiamo
dire che l’inverno in tutta la Palestina è breve, relativamente freddo nelle
zone più alte e con precipitazioni molto intense. Sulla Montagna di Giuda
può capitare che nevichi. La primavera è temperata, tranne i giorni di
hamsin, benché in montagna la temperatura continui ad abbassarsi abba
stanza durante la notte. Normalmente non piove, salvo le cosiddette
vpuigge tardive», a carattere limitato. L ’estate è calda in tutto il territo
rio. Soltanto le zone piu elevate godono durante le notti del sollievo deri
vante dalla loro posizione favorevole. Anche Pautunno è secco, ma meno
caldo, tranne i giorni di hamsin; tuttavia già cominciano a spirare su
quasi tutto il territorio i venti mediterranei, che finiscono per portare
dapprima in forma discontinua le «piogge precoci» e infine le precipita
zioni dell’inverno.
I I. G E O L O G I A
In Palestina non rimangono che scarsi resti delia primitiva piattaforma continen
tale del Precambrico, costituiti da rocce metamorfiche, nella regione del Golfo di
(Àqaba e nei suoi dintorni. Del Giurassico, in piena Era Secondaria, sono i terreni
sedimentari di arenaria a est del M ar M orto e nella valle del WàdI Zerqa. N on o
stante ciò, la maggior parte delle formazioni geologiche del paese, almeno la par
te più caratterizzante, appartiene al Cretaceo. Del Cenomaniano (Cretaceo M e
dio) sono la maggioranza delle rocce calcaree dei M onti di Giuda, Samaria, G a-
iaad e buona parte della Galilea e il Carmelo. A esse di solito si sovrappone il Tu-
rouiano. Del Senoniano (ormai ne! Cretaceo Superiore) abbiamo altri calcari te
neri, caratteristici del Deserto di Giuda e di gran parte delPaltipiano ftansgiorda-
no, oltre il bordo che guarda verso la depressione del Giordano.
Nel Terziario, durante l’Eocene, gran parte della Palestina era coperta dal m a
re, ma già allora si determinavano le spinte responsabili dei ripiegamenti nel
blocco di strati depositati sul fondo marino. A quest’epoca risalgono certi terreni
2-4 La geografia biblica
calcarei del Negev, del ‘Agiati e della Galilea. N d Miocene si sviluppò la più im
portante fase orogenetica all’orìgine di pieghe e fratture in tutti gli strati piu anti
chi, la quale fece emergere le terre del paese, a eccezione delle pianure costiere.
Ciò permise la risalita della lava vulcanica che ha dato origine ai basalti nei din
torni del Lago di Genezaret, di HQle e nel massiccio del óebel Druz. Allora si
produssero le grandi faglie che da nord a sud formarono la fossa tettonica del
Giordano, con tutta la serie di faglie secondarie orientate in diverse direzioni. Tra
esse si può citare quella che separa la Shefda dai M onti di Giuda, pressoché pa
rallela a quella del Giordano, e la grande faglia a nord del Carmelo, che determi
na l'orientazione obliqua, rispetto al sistema, della pianura dì Izreel.
Durante il Quaternario, n d Pleistocene e allim zio dell’Olocene, si formarono
le pianure costiere, a causa del fenomeno planetario delle glaciazioni e dei movi
menti che mutarono ripetutamente il livello marino. Un enorme lago, conosciuto
oggi col nome di Lisàn, che occupava tutta la depressione del Giordano, finì per
frammentarsi e dar luogo al sistema attuale di laghi e al corso fluviale propria
mente detto. À sua volta la depressione andò affossandosi progressivamente e gli
affluenti furono costretti a scavare le loro tipiche gole, tra le quali si distingue
quella di M ogib, che raggiunge una profondità di 700 m. Alla fine del Pleistocene
ha inizio una fase d ’inaridimento progressivo nel clima del paese, che, con alcuni
intervalli, continua fino all’epoca attuale.
IH . G E O G R A F I A P O L I T I C A A T T U A L E
compare mai nella Bibbia. Si trova piu facilmente in fonti romane del il
secolo d.C. e probabilmente deriva dal termine pristini (filistei). Nella
letteratura biblica il paese è designato con vari nomi, il più comune dei
quali nelFÀ.T. è Terra di Canaan (ebr. ’Eres K cna‘an).
i . Antico Testamento
a) ì patriarchi
I racconti della Genesi sulFepoca patriarcale riflettono un ambiente di
popoli nomadi dediti alla pastorizia, che si muovono attraverso un terri
torio in cui esistono varie città-stato, lutto il quadro risale all’incirca
all’anno 1900 a.C., più o meno agli inizi del Bronzo Medio o periodo
delle invasioni degli hyksos. Il clan semita di Abramo, che vive in tende,
si muove da Harran nell’alto Eufrate e, si dice, ancor più da lontano, da
Ur di Sumer. Percorre il paese attraverso la montagna da nord a sud, so
stando nei luoghi che diverranno poi famosi come santuari. Si tratta, ap
punto, della giustificazione del carattere sacro di tali luoghi per mezzo di
distinte teofanie.
Abramo è presente a Sichem (oggi I eli Balatah presso Nabius), sulla
Montagna di Samaria, esattamente a un crocevia, dove la strada che se
guendo la montagna va da sud a nord («la strada da Betel a Sichem» se
condo Giud. 2.1,19) si unisce con l’altra che dal Giordano sale attraverso
il Wàdl Fàr‘a, Questa, a sua volta, si collegava con il percorso che dall’al
tipiano transgiordano scendeva verso !a fossa del Giordano attraverso la
valle dello Yabboq (arab. Wadi Zerqa). Il patriarca si sposta per circa 50
km da Sichem a Betel (oggi Bétln, a nord-est di Ramalla). Da qui, attra
versando la Montagna di Giuda, si inoltra nel Negev, da dove penetrerà
in Egitto. Di nuovo ripercorre il cammino fino a Betel, dove si separa dal
nipote Lot, che scende verso la pianura del Giordano. Àbramo si muo
ve di nuovo verso sud e si accampa presso Hebron, importante località
della Montagna di Giuda, che ancor oggi conserva questo nome,
L ’episodio della campagna dei quattro re orientali, che con una spedi
zione punitiva attaccano gli stati a sud del Mar Morto, consente alcune
identificazioni topografiche, tra cui il caratteristico grande lago che ac
quista il tipico nome di Mare Salato (ebr. Yàm ham-Melah), le mon
tagne di Seir nella zona di Petra o forse, piu all’interno verso la penisola
del Sinai, el-Paran a est di Àraba. Si menzionano i refaim, zamzumrnim,
emim, horrei, antichi popoli segnalati anche a est di Araba in Deut.
10 -12 , e la città di Qadesh (‘Ain el-Qudeirat) nel Negev. Sodoma e Go
morra potrebbero essere presumibilmente sepolte sotto il Mar Morto, a
sud della penisola di Lisan, in una zona di acque poco profonde e di pro
babile sprofondamento in epoca relativamente recente. Abramo inseguì
Geografia storica biblica 27
Oggi si ritiene che non tutte le tribù israelite fuggirono dall’Egitto nella
migrazione nota con il nome di «esodo». Alcune erano già in Palestina,
altre probabilmente si unirono alla migrazione nel deserto, senza aver
mai posato piede nelle terre del Nilo. Dal punto di vista geografico, la
strada dell’esodo e Pidentificazione di tutte le tappe citate nella Bibbia
costituiscono un problema ancora insolubile. La questione principale sta
nella precisa identificazione del monte sacro della teofania, chiamato nei
testi Sinai dalla tradizione jahvista, e Horeb dalla tradizione elohista e
nel Deuteronomio. La tradizione cristiana, che identifica il Sinai con il
Cebel Musa, nella parte meridionale della odierna penisola del Sinai, non
gode di un solido fondamento.
Se la teofania è in relazione con un’eruzione vulcanica, come si potreb
be dedurre dalle fonti jahvista e deuteronomista (Es. I9 ,i8 -Z 2; Deut,
4,1 i - i i ), allora non può certamente trattarsi dell’attuale Sinai, che non è
zona vulcanica. Bisognerebbe cercare il monte nella Penisola arabica, vi
cino alla costa, poco prima dell’insenatura del Golfo di cAqaba, nel mas
siccio del Gebel Harab, dove in epoca storica vi sono stati vulcani attivi,
come il Hala el Redr. Se, invece, la teofania è collegata a una forte tor
menta, come la descrive l’Elohista (Es, 19 ,16 ), può essere avvenuta sia
sul óebel Musa sia sul massiccio a nord di questa penisola, o in qualsiasi
altro luogo del Negev. Si è pure parlato del Óebel Halal, a ovest di Qa-
desh, o della «montagna sacra» di Har Karkom, a sud-est del precedente,
sebbene i ritrovamenti archeologici qui recuperati datino al ili millennio
a.C. e non all’epoca dell’esodo. Si osservi, tuttavia, che il territorio di
Madian, con il quale si pone in relazione direttamente il Sinai (Es. 3,1),
era certamente nella Penisola arabica, precisamente nella regione di Ha
rab, ancor oggi denominata Madian. Esiste al riguardo un'antica tradi
zione giudaica, ben documentata, di cui in ultima analisi si fa portavoce
Paolo quando dice; «Il monte Sinai è in Arabia» (Gal. 4,15).
In ogni caso è possibile parlare verisimilmente delle prime tappe della
fuga dall’Egitto e delle ultime dell’arrivo in Palestina, Come punto di par
tenza si segnala la città di Ramses, Pi-Ramses, che è Tanis o i suoi dintor
ni (Qantir). Si tratta della famosa grande città egiziana nella zona orien
tale del Delta del Nilo. A Qantir, residenza di Ramses n, questo faraone
aveva il suo palazzo, le cui rovine si conservano ancor oggi.
La prima stazione menzionata sulla strada è Sukkot, probabilmente Pi-
tom-Teku, la città del dio Atum, localizzata in Teli el-Maskhutah, a est
del Delta, già via dei Laghi Amari. Questa città era citata anche nell’Eso
do come uno dei luoghi in cui esisteva una colonia ebraica, che lavorava
per gli egiziani. Si trattava di una fortezza per la sorveglianza della via
Geografia storica biblica ^9
del deserto. Tutta questa regione, nel Wàdi Tumìlat, dovette essere la
Terra di Goshen, indicata anche nella Genesi come luogo di insediamenti
ebraici. La seconda tappa è Etam, Si è parlato di una nota fortezza egizia
na, Htm, a sud di Teku, citata dai testi, che potrebbe essere la stazione
biblica, ma rimane incerto. La terza tappa è «Pi-hahìrot, tra Migdol e il
mare», di fronte a Baal Sefon (Es. 14,2). Pi-hahirot sembra la corruzio
ne di un nome egiziano, ma il luogo non è ancora localizzato. Migdol, al
contrario, è ben noto e indica una fortificazione di frontiera del faraone
Seti 1 a Teli el-Her, nei pressi di Pelusio, nel nord. Anche Baal Sefon,
nome di una divinità fenicia che aveva un suo culto a Dafne, è una città a
nord-est del delta. Ciò indicherebbe un itinerario in direzione del Medi
terraneo attraverso la via maris o strada dei filistei; dò contraddice il te
sto di Es. 1 3 ,17 -18 , che parla di una strada del deserto, senza dubbio me
ridionale, Ma vi sono anche altre testimonianze sull'uso assai frequente
nella zona di questi toponimi.
Qui ha luogo il «passaggio del Mar Rosso» (ebr. Yàm Suf). Etimologi
camente può significare «Mare di canne» e potrebbe riferirsi ai Laghi
Amari e all acquitrino circostante (oggi inglobati nel canale di Suez) o alle
paludi vicine al Mediterraneo nella zona di Pelusio, ipotesi che collime
rebbe con la «strada settentrionale», o anche con lo stesso Mar Rosso nel
Golfo di Suez, precisamente in una zona paludosa tra questo e i Laghi
Amari sottoposta al regime delle maree del primo.
Partendo da questo punto, il resto delle soste è di dubbia identificazio
ne, rimanendo impossibile individuare la vera strada e la precisa localiz
zazione del Striai. Tra 1 molti toponimi citati (piu di cinquanta stazioni)
vi sono due punti inequivocabili, Qadesh-Barnea e Esion-Geber. Il pri
mo si deve identificare con 4Ain Qudeirat, un'oasi a ovest del Negev cen
trale; il secondo era un porto nel Golfo di ‘Àqaba, vicino a Elat. Sono co
nosciute anche le ultime soste, sulTaltipiano di Transgiordania, A Qadesh
il popolo israelita rimane accampato a lungo (Deut. 1,46). Da qui viene
compiuto un tentativo di penetrazione nella terra promessa, messo in atto
dai famosi esploratori (Num. 13 e 14), e probabilmente un'effettiva inva
sione del clan di Caleb, dei keniti e dei kenizziti di Otoniel e, forse, di tut
ta la tribù di Giuda e di parte di quella di Simeone (Num. 20,2; 2 1,1- 3 ;
Gios. 14,6 ss.; Giud. 1,9 -17). Ma nemmeno si può scartare l'ipotesi che
già allora fossero insediate nel paese, e in buona parte smembrate, le tribù
di Simeone e di Levi, che in altri tempi avrebbero vissuto sulla Montagna
di Samaria (Gen. 34,25-29).
L’altro gruppo di tribù, comprendente Ruben, Efraìm, Manasse e Be
niamino, dovette giungere, guidato prima da Mosè e poi da Giosuè, at
traverso la cosiddetta «via dell'esodo», le cui ultime tappe, a partire da
Qadesh, sono trasmesse da una duplice tradizione contraddittoria. Se
3° La geografia biblica
condo Num. 10,14-2-3; 2 1,4 e Deut. 2,1-25, g^1 israeliti non attraversaro
no i territori di Edom e Moab. SÌ diressero prima verso quello che più
tardi sarebbe stato Esion-Geber nel Mar Rosso, passando forse dal ter
ritorio delle miniere di rame di Punon, oggi Feinan, vicino all'Araba; o
meglio, come sembra ancor più logico, attraversando Timna nella stessa
valle dell'Àraba, ma molto più a sud e nella parte occidentale, dove ebbe
luogo l’episodio del serpente di bronzo (Num. 21,4-9). Da ‘Aqaba si in
camminarono per la «via del deserto», costeggiando i territori di due vil
laggi fino oltre l’Ainon. Da qui, addentrandosi verso occidente, giunsero
alle «steppe di Moab» nella valle del Giordano di fronte a Gerico, sulla
riva orientale del fiume.
La seconda tradizione, contenuta in Num. 33,41-49 e in Num. 2 1 ,1 0
20, suppone che il popolo attraversasse i territori di Edom e Moab per la
«strada reale», passando anche per la città di Dibon. Si è detto che i due
percorsi potrebbero alludere a due diverse migrazioni, una condotta da
Mosè con le tribù di Lia e 1 altra da Giosuè con le tribù di Rachele. Non
sembra che ciò abbia fondamento. Per di più si può pensare che la secon
da tradizione sia successiva (appartiene al documento sacerdotale) e ob
bedisca a una ricostruzione «dotta» del percorso che utilizzerebbe un iti
nerario di viaggio esìstente all’epoca, totalmente diverso dal vero percor
so delle tribù. In queste fonti affiorano alcune località ben conosciute, co
me Paran, il torrente Zered (Wàdl el-Hesa), PArnon (Wàdi el-Mogib)
e Dibon (DIbàn) a nord di questo fiume.
c) La conquista
Dopo il patto di Sichem, in cui gli uni e gli altri - quelli della migrazio
ne di Giosuè e quelli del nord — adottano il culto di Jahvé, le tribù del
nord si sollevano contio i cananei, con i quali avevano coabitato in pre
cedenza, e, dopo la battaglia delle Acque di Merom (le sorgenti da cui
si somministrava l’acqua per la città di Merom, probabilmente Teli el-
Kureibeh, nei pressi del óebel Marun, a ovest di Hasor), divengono pa
droni di questa famosa città. Hasor è perfettamente localizzata c ripor
tata alla luce a sud-ovest del Lago di Hule. Nel racconto del suddetto
patto si allude alle due montagne ai cui piedi si trova la città di Sichem
(Teli Balatah}. Sono il Garizim e l’Ebal (rispettivamente 881 e 940 m),
designati ancor oggi con gli stessi nomi.
d) La Palestina
alPepoca dei giudici
La situazione della Palestina intorno all’xi secolo a.C., dopo che vi si era
stanziato Israele, era dominata dalla presenza di quattro grandi ceppi di
popoli. I cananei, che occupavano le zone più fertili e di maggiore impor
tanza strategica della Cisgiordania, insediati in piccole città-stato. Le più
importanti di queste erano, tra le altre, Gezer (Tèi Gezer), Bet-Shemesh
(Teli er-Rumeileh) nella Shefela; Megiddo (Teli el-Mutesellim), Ta'anak
(Teli T a‘annek) e Bet-Shan (Teli el-Husn) nella pianura di Izreel; Dor
(El-Burg) e Akko (San Giovanni d’Acri) sulla costa e la stessa Gerusalem
me sulla montagna.
I filistei o «popoli del mare» erano allora insediati sulla costa in cinque
città: Azoto o Ashdod, Àsqelon e Gaza sulla riva del mare, città che an
cor oggi conservano l’antico nome; Akkaron o Eqron (oggi Qiryat ‘Eq-
ron) e Gat (forse Tèi Negila), un po’ più nell’interno.
Dall’altro lato del Giordano vi erano popoli apparentati con Israele.
Gli aramei al nord, divisi in vari stati, una delle cui città era Damasco; gli
ammoniti nel El-Belqa nord-orientale con Rabbat Ammon (l’attuale Am
man) per capitale; i moabiti, sull’altipiano di Kerak, che avranno a lungo
come frontiera il fiume Arnon al nord e il Wàdi el-Hesa a sud, ben-
che talvolta siano riusciti a oltrepassare il confine settentrionale; gli edo-
mìti, che dal Wàdi Hesa giungevano fino a ‘Aqaba. La loro città più
importante era Bosra, l’odierna Buseira, a sud di Tafila.
In sostanza Israele occupava il territorio più povero della Cisgiorda
nia, ossia la montagna, e una limitata zona della Transgiordania. Era co
stituito da una confederazione di dodici tribù, le cui frontiere appaiono
definite nel libro di Giosuè, nel quale in proposito si confondono due do
cumenti: quello dei «confini delle tribù» e la «lista delle città». Il primo
descrive le delimitazioni territoriali di alcune tribù; con il secondo, che
Geografìa storica biblica 33
enumera le città delle altre, sì completa il panorama dell'occupazione
israelitica del paese.
Da nord a sud ci imbattiamo, prima di tutto, nella piccola tribù di
Dan, che occupava l'omonima città (precedentemente chiamata Leshem)
e il suo territorio, nei pressi delle sorgenti del Giordano. Questa occupa
zione è successiva alla battaglia di Merom (ca. 1200 a.C.). Dan aveva an
che un piccolo territorio nella Shefela, tra Sorea ed Eshtaol (G iud, 13 ,
25), a sud del Wàdì Natuf, area di origine del piccolo gruppo che emigrò
verso nord.
Nella regione dei laghi di Hule e di Genezaret era stanziata la tribù
di Neftali, che con Dan figura nella tradizione quale discendente di Bila,
la schiava di Rachele. La tribù di Aser (discendente di Zilpa, la schiava di
Lia) occupava la zona montuosa più occidentale della Galilea. Zàbulon e
Issacar («figli di Lia»), tribù molto unite, abitavano sulle colline della
Bassa Galilea. La loro presenza, attestata nella valle di Izreel, è probabil
mente dovuta al fatto che lavoravano in quella zona per conto dei cana
nei, come avveniva nella pianura di Akko per Zàbulon e Aser.
A nord della Montagna di Samaria, compresa la città di Sichein, abita
va la tribù di Manasse. Un altro clan di questa tribù —Maldr —emigrò
verso la Transgiordania, presso i monti di Galaad. Efraim occupava, in
vece, la parte meridionale della Montagna di Samaria, ma acquisirà una
sempre maggior importanza e un territorio più ampio soprattutto a spese
di Manasse. In Efraim si trovava allora l’importante santuario di Silo.
Da parte sua, Beniamino (un’altra delle tribù di Rachele) possedeva la
parte centrale della montagna tra la Samaria e Giuda, ossia il territorio a
nord di Gerusalemme, e la sua giurisdizione giungeva fino alla valle del
Giordano. Tra le città più importanti figurano Betel, Gabaon, Mispa
(Teli en-Nasbe) e Gerico.
Giuda, assieme ai clan che aveva inglobato (keniti, calebiti e kemzziti),
possedeva la montagna omonima, dalla zona a sud di Gerusalemme fino
al Megev, dove si mescolava con la tribù sorella di Simeone, praticamente
assorbita da quella di Giuda. La terza tribù sorella, Levi (tutte e tre di
scendenti da Lia), mancava di territorio proprio. Le città tradizionali di
Giuda furono Betlemme e Hebron.
Al di là del Giordano e a sud di Manasse si trovavano Gad, che occu
pava la zona settentrionale di El-Belqa, e Ruben, insediato nella zona me
ridionale, a nord delPArnon. Ruben praticamente scomparve a seguito
delle contìnue pressioni di Moab da sud e di Gad da nord.
L ’espansione dagli sterili territori israeliti verso le zone più ricche, oc
cupate dagli altri popoli, fu un processo molto lento che in qualche caso
non giunse mai a termine. Per il momento, all’epoca dei giudici l’attività
israelitica fu soprattutto di difesa. Il kenizzita (giudaica) Otoniel combat-
34 La geografia biblica
te con successo contro Edom (e non «Aram», come a causa di una confu
sione di lettere scrive il testo ebraico attuale). Il beniaminita Eud affronta
i moabiti nella valle del Giordano, sui confini in cui questi erano giunti
durante le loro incursioni «imperialiste». Probabilmente la scena bibli
ca si svolge a Gerico, cui va riferito l’appellativo di «città delJe palme»
(Gìud. 3,13). Debora, sulla montagna di Efraim, sprona Baraq a riunire
Nettali e Zàbulon contro Sìsera (supposto generale del re di Hasor e,
in realtà, forse un capo guerriero dei «popoli del mare»), che riescono a
sconfiggere nei pressi del fiume Qishon nelle vicinanze di Megiddo. Ge
deone, della stirpe di Manasse, sbaraglia le orde madiamte (nomadi del
deserto) che, originarie dei territori al di là della Transgiordania, devasta
vano il paese. La battaglia avvenne a Nahal Harod, ossia scendendo
da Izreel verso il Giordano. La persecuzione dei vinti prosegui anche in
quella pianura e, quando tenteranno di risalire la valle dello Yabboq pas
sando da Sukkot e Penuel, anche li verranno inseguiti e catturati dalle
truppe reclutate da Manasse, Zàbulon e Aser.
Jefte, invece, che viveva nell5«antico» Galaad, a sud dello Yabboq, è un
gadita il quale, benché si fosse rifugiato a Tob, probabilmente un villag
gio sulla montagna di Gala ad, a nord di quel fiume, deve scontrarsi con
l’espansione degli ammoniti. Consegue la vittoria ad Aroer e ad Abel Ke-
ramim. La prima non è la torre omonima che domina PArnon, in seguito
una roccaforte di Moab, ma un’altra fortezza in prossimità di Amman
(probabilmente Khirbet el-Beder); la stessa cosa vale per Abel (forse Kom
Yadhaz). La città di Mispa di Galaad, dove venne seppellito Jefte sa
rebbe Khirbet ò e ’ad, a sud dello Yabboq.
Lo scenario delle avventure e delle lotte del danita Sansone contro i fi
listei si colloca nelle note città di Sorea e Timna, entrambe attualmente
identificate con questo stesso nome, nella Shefela vicino a Bet-Shemesh, e
in Asqelon e Gaza sulla costa.
e) La monarchia
che il padre Ioacaz aveva perduto. Suo figlio, Geroboamo 11, ripristinerà
le antiche frontiere del regno quasi nella loro totalità e Acazia, re di Giu
da, farà altrettanto presso il confine filisteo e a Edom.
Nel ix secolo a.C. Israele è percorso dai profeti Elia ed Eliseo. Il primo
10 incontriamo a Galaad, in Samaria, Izreel, Betel, Gerico, Beersheba e in
una peregrinazione al Monte Oreb o Sinai, di cui, una volta ancora, non
viene chiarita la localizzazione. Incontriamo invece Eliseo a Betel, presso
11 Giordano, sul Carmelo, in Samaria. In quel tempo ha luogo la rivolta
di Iehu. causata dal profeta. Iehu, proclamato re a Ramot di Galaad, at
traversa il Giordano, si dirige a Izreel; qui si scontra con i due re d’Israele
e Giuda. Il primo, Ioram, viene ucciso durante la battaglia, mentre Acazia
fugge e, cercando scampo sulla montagna, viene ferito. Riesce a rifugiarsi
a Megiddo, dove però muore. Iehu prende possesso della capitale, Sama
ria, e stermina l’intera famiglia di Acab.
La frontiera giudeo-israelitica torna a essere punto d’attrito, mentre
erano re dei due stati Amasia e Ioash. Quest’ultimo, re d’Israele, conqui
sta la città di Bet-Shemesh e con una rapida spedizione giunge a saccheg
giare la stessa Gerusalemme.
A questo punto è necessario accennare ai percorsi seguiti dalle truppe
provenienti dai grandi imperi, che in questo periodo fanno la loro appari
zione nei paese. L ’Egitto, alla morte di Salomone, invia prontamente il
suo esercito in Palestina per un’operazione punitiva e di controllo. Il fa
raone attraversa il territorio filisteo, sale sulla montagna simultaneamen
te da Bet-Shemesh e Bet-Horon, passa vicino a Gerusalemme, dove il re
Roboamo lo placa con tributi, si reca a Gabaon e Betel, quindi a Sichem e
Tirsa. Scende il Wàdi Pària fino alla valle del Giordano e conquista al
cune città come Penuel, risale lungo il Nahal Harod, si impossessa di
Bet-Shean, percorre la pianura di Izreel, espugna Megiddo e seguendo la
via del mare ridiscende verso l’Egitto. Una seconda campagna punitiva
dello stesso faraone Shishaq, attraverso il Negev, è attestata soprattutto
dall’archeologia.
Il complesso delle campagne assire per il controllo del paese risultò più
significativo per le sue conseguenze, giacché portò alla distruzione del re
gno d’Israele.
Già nel ix secolo a.C. gli assiri avevano effettuato incursioni nel regno
aramaico di Damasco e lo stesso Iehu aveva dovuto pagare tributi a Sal-
manassar in dopo un’incursione assira giunta fino al Carmelo. M a le più
importanti campagne ebbero luogo nell’v n i secolo. Sotto Acaz il regno
di Giuda si trova pressato da nord dagli attacchi congiunti d’Israele e Si
ria (guerra siro-efraimita), da sud a causa delle rivolte in Edom, da ovest
per l’espansionismo dei filistei. Questi ultimi si appropriano di gran parte
della Shefela, conquistando alcune piazzeforti lungo le direttrici obbligate
Geografia storica biblica 39
f) // ritorno dall’esilio
z. Nuovo Testamento
a) Divisioni amministrative della Palestina
Nell’anno 63 a.C. il generale romano Pompeo occupò la Palestina. Pro
veniva da Damasco e scendendo attraverso la valle dello Yarmuk si dires
se verso il Giordano, da dove salì a Gerusalemme. Il paese rimase allora
suddiviso in Giudea, comprendente, oltre a questa regione, la Galilea, la
Perea e la parte orientale delPldumea; Samariaycon capitale Sichem, in un
certo senso indipendente; Iturea, nella zona del Golan e Rànyàs; le città
greche autonome come ) olemaide (che comprende il Carmelo), Dora,
Torre di Stratone e Apollonia (oggi Pel Àrsaf, a nord di Tel Aviv), Joppe
(oggi Giaffa, un quartiere meridionale di Tel Aviv), Jamnia, Azoto, Asqe-
ton, Maresha, Gaza e la confederazione della Decapoli, formata dalle cit
tà di Hippos (oggi QaPat el Husn nei pressi della riva orientale del Lago
di Genezaret), Dion (Teli el-As ari) nell’alto Yarmuk, Abila (Teli Àbil, a
sud-ovest della precedente), Gadara (Urnm el-Qeis, a sud dello Yarmuk,
presso la valle del Giordano), Pella (Teli Fahl), Scitopoli (Bet-Shan) e Ge-
rasa (Gerash), nell’alto Yabboq.
Tutto ciò apparteneva alla provincia romana di Siria, con capitale An
tiochia. La Giudea era relativamente autonoma, sotto l’autorità del som
mo sacerdote. Una nuova divisione del territorio in synedria o distret
ti, con capitali a Gerusalemme, Gerico, Adora (oggi Dura, a sud-ovest
di Hebron), Ammathus (in Transgiordania, nella piana del Giordano,
a nord dello Yabboq), e Sepphoris (Sippori, in Galilea a nord di Naza
ret), non fu duratura.
A partire dall’anno 40 a.C. Erode, proclamato re da Roma, possiede un
Geografia storica biblica 43
Oltre Gerusalemme, le città palestinesi più citate negli Atti sono Samaria
e Cesarea Marittima. Tutte e tre rappresentano senza dubbio le città più
importanti della regione. Samaria, edificata sull’antica capitale d’Israele
sulla montagna omonima, all’epoca di Gesù era una grande città. Rico
struita da Erode il Grande per i veterani stranieri, aveva il nome di Seba
ste (odierna Sebastiyeh), cioè «Augusta». Gran parte della sua popolazio
ne era pagana.
Cesarea, denominata «Marittima» per distinguerla da Cesarea di Filip
po, era stata fondata da Erode il Grande nel luogo dell'antica Torre di
Stratone. Nel 1 secolo fungeva da capitale e da residenza del procuratore
romano e costituiva il porto più importante della regione e la città più
moderna e sviluppata. Era ben collegata, per mezzo di strade maestre, con
Sepphoris, Samaria e Gerusalemme. Buona parte della sua popolazione
non era giudaica. Le sue fondamenta e le sue rovine monumentali si tro
vano sulla costa a metà strada tra Haifa e Tel Aviv.
Altre città ricordate negli Atti sono: Joppe (oggi Giaffa), il porto tradi
zionale della Palestina, già da allora un po’ decaduto; Lidda (oggi Lod, a
sud-est di Tel Aviv); Azoto (Ashdod) e Gaza (\Azzah), le due antiche città
filistee della costa a sud di Giaffa - Tel Aviv, ancor oggi di una certa im
portanza.
Fuori della Palestina la città più citata è Antiochia, capitale della pro
vincia di Siria e a quell’epoca una delle maggiori città del mondo. Situata
nel nord della Siria, sul basso Oronte, non era molto distante dalla costa.
Viene menzionata anche Damasco, che aveva un’indubbia importanza
nella strada commerciale che conduceva a Palmira e all’oriente; un’altra è
la colonia romana di Tarso in Cilicia, essa pure città prestigiosa.
Per evidenti ragioni di spazio e perché il tema trascenderebbe l’ambi
Geografìa storica biblica 47
3. Topografìa di Gerusalemme
a) Descrizione
La città crebbe dopo la caduta di Samaria, dato che molti israeliti, essen
do ormai distrutto il regno del nord, cercarono riparo nel sopravvissuto
regno di Giuda e soprattutto nella capitale Gerusalemme. Questa circo
stanza è attestata dai reperti archeologici, che documentano una notevole
espansione della città verso ovest, al di là del Tyropeon, fino a quello che
impropriamente viene oggi chiamato Monte di Sion (la vera Sion è la Cit
tà di Davide, cioè l’ Ofel). Sono stati rinvenuti un buon tratto di mura, di
7 m di spessore sulla strada Plugat Hakotel del quartiere ebraico e una
grande torre di difesa, un po’ più a nord, con tracce archeologiche che ri
velano l’assalto delle truppe babilonesi nel 587 a.C. (scavi di Avigad).
Al ritorno dall’esilio la città, le cui mura vennero restaurate da Nee-
mia, era considerevolmente più piccola, forse più piccola anche della città
salomonica. In ogni caso le mura orientali sull’Ofel erano situate sopra il
dirupo a un’altitudine maggiore di quelle precedenti all’esilio (scavi di
Macalister e Duncan); ciò fa supporre un perimetro più ridotto per il ca
seggiato interno. Una descrizione delle mura e delle otto o dieci porte si
riscontra in Neem. 3,1-3 2 .
Nell’epoca maccabaica, dopo la riconquista definitiva di tutta Gerusa
lemme (14 1 a.C.), venne edificato un gran muro per unire la vecchia città
ai nuovi quartieri occidentali esterni alle mura. Questo muro coincideva,
praticamente, con Tantico e ormai diruto muro del sec. viti a.C. Si è det
to che sull’erroneamente denominato «Monte Sion» potrebbe essere sta
ta edificata una nuova città ellenistica, forse «Antiochia» di 2 Macc. 4 1,
presidiata dalla fortezza conosciuta con il nome di Aera, tante volte citata
nei libri dei Maccabei. Si costruì anche un ponte che, attraversando il Ty
ropeon, univa la nuova città con la spianata del tempio. I più recenti sca
5Z La geografia biblica
d) Uetà erodiana
il, a nord-ovest del tempio, annetteva alla città un nuovo quartiere chia
mato Mishna. Partiva dalla Torre Antonia e andava verso nord fino alla
muraglia attuale, coincidendo visibilmente con questa alla Porta di Da
masco. In questo luogo sono stati rinvenuti i resti dell’antica porta e le
torri di difesa (scavi di Hamilton e Hennesy). À partire da qui, il muro si
dirigeva verso sud e, con andamento tortuoso, giungeva alla torre Ippico
nel palazzo di Erode. Uno di questi angoli escludeva dalle mura il Golgo
ta o Calvario, piccola altura in una zona di vecchie cave di pietra vicino
alla quafe si trovavano alcuni sepolcri; senza dubbio corrisponde all’area
dell’attuale basilica del Santo Sepolcro. La localizzazione del cosiddetto
«Calvario di Gordon» o «Tomba del Giardino» a nord della Porta dì Da
masco, benché questo sia un luogo suggestivo e commovente, manca di
ogni fondamento storico. Probabilmente questo Muro n venne edifica
to all’epoca di Erode il Grande, ancorché Flavio Giuseppe non lo dica
espressamente, ed esisteva già al tempo di Gesù. Il Muro ni, inizialmente
una costruzione molto solida, fu ultimato frettolosamente; il suo scopo
era di includere nella città i quartieri proliferati a nord del Muro n. Ven
ne costruito da Erode Àgrippa i (41-44 d.C.) e la sua traiettoria è minu
ziosamente descritta. Si dice che corresse vicino alla tomba di Elena, re
gina di Adiabene. In effetti, poco più a sud di questa tomba e a nord del-
l’École Biblique si ttovano i resti di torrioni e di una grande muraglia che
continua verso est, nella zona delTAlbright Institution, e verso ovest nei
pressi dell’Ospedale Italiano (scavi di Sukenik e Mayer, di Ben Arieh e
Netzer). Non mancano altre interpretazioni relative all’identificazione di
ognuna di queste tre cinte murarie, descritte da Giuseppe; quella da noi
riportata sembra la più attendibile e, senza pregiudizi, la più vicina alle
testimonianze.
Altri luoghi sono connessi alla vita di Gesù; la piscina di Betesda (Gv.
5,1-4), vicino alla chiesa di Sant’Anna, poco più a est della Fortezza An
tonia e già fuori delle mura della città erodiana. È una doppia vasca con
cinque portici: quattro la circondano da ogni lato e un altro, centrale, se
para le due sezioni. Era di epoca asmonea e ne sono state riportate alla
luce le rovine. Nelle sue vicinanze si trovava una specie di balneario, di
cui si sono conservati 1 resti e in cui può essere ambientato quanto e nar
rato dalla pericope evangelica. Al tempo di Adriano fu trasformato in un
santuario dedicato a Esculapio. Va pure ricordata la «via a gradini», che
discende dalla collinetta orientale della Citta Alta e, nella sua parte piu
antica, può risalire a irepoca erodiana. Fu percorsa da Gesù, forse la not
te del giovedì santo, allorché, lasciato il cenacolo, si diresse all’Orto del
Getsemani, sul pendio occidentale del Monte degli Ulivi, sull’altro lato
del Cedron. La localizzazione del cenacolo nella Città Alta si basa su una
solida tradizione, ma fino ad oggi non si sono ritrovati sufficienti indizi
Geografia storica biblica 55
Lo studio del paese biblico, l’identificazione dei Luoghi dove si ambientarono gli
avvenimenti più importanti della storia della salvezza, i resti dei monumenti e de
gli oggetti dell’epoca biblica hanno suscitato da sempre la curiosità e l'interesse
degli studiosi. Nel corso dei secoli la Palestina si è trasformata in un polo di at
trazione e di continue visite. T pellegrini in Terra Santa possono costatare de visti
l’ambiente e le impronte materiali della storia biblica. Alcuni tra loro si sono
preoccupati in particolare di indagare su questi temi e hanno lasciato per iscritto
la testimonianza delle loro esperienze. Riferiremo brevemente di questi ultimi.
La storia si può far iniziare dal iv secolo, in cui va ricordato l’anonimo «Pelle
grino di Bordeaux», che nel 3 3 3 offre già importanti informazioni, e soprattutto
la monaca o vergine spagnola, di nome Egeria o Eteria, che viaggia nel 3 9 3 -3 9 4 e
scrive il famoso Itinerarium , di valore inestimabile per la storia dei «Luoghi San
ti». A questo periodo appartiene pure Gerolamo, traduttore e commentatore delia
Bibbia, che dal 38 6 visse a Betlemme e nei suoi scritti ospita numerosi dati dì pri
ma mano concernenti questi argomenti.
Altri pellegrini scrittori sono Eucheria, nel 440, e l’Anonimo Piacentino, nel
570 . Intorno al 70 0 il francese Arculfo visita la Terra Santa, lasciando numerose
osservazioni e dati. Più tardi vanno ricordati Villibaldo (72 1-72.7), Bernardo il
Savio {867), Saewulf ( 1 1 0 2 -1 :1 0 3 ) e Sigurdo il Crociato ( 1 1 0 7 - m i ) . Sono inol
tre da segnalare il rabbino spagnolo Benjamin de Tudela (x 1 6 0 - 1 1 7 3 ) , Sir John
Maundevìlle ( 1 3 2 2 - 1 3 5 6 ) , Bertrando de la Brocquière ( 1 4 3 2 - 1 4 3 3 ) e Henry
Maundrell (16 9 7 ).
Lina nuova fase nelLesplorazione del paese, compiuta con criteri più scientifici
e moderni, si deve al viaggiatore spagnolo Domingo Badia, conosciuto con lo
pseudonimo di Ali Bey, che visitò la Palestina nel 1 8 0 7 , all’esploratore Ulrich Ja-
sper Seetzen, che percorse la zona tra il 18 0 5 e il 18 0 9 , e infine al famoso J.L .
Burckhardt, esploratore svizzero scopritore del tempio di Abu Simbel in Egitto e
della città di Petra. Costui visita la Palestina tra il 18 io e il 1 8 1 2 . Questa fase cul
mina con una figura di singolare importanza: il nordamericano Edward Robin
son, che tra il 1 8 3 4 e il 1 8 5 2 pubblica studi sulla regione.
Da allora inizia la fase moderna, imperniata su molteplici ricerche specialisti
che, geografiche e archeologiche. Tra i precursori in campo geografico è doveroso
citare, per quanto attiene alla cartografia, il generale Kitcbener per la Cisgiorda-
nia e G. Schumacher per la Transgiordania; G. Ebers, H. Guthe, G. Adam Smith
e Fr. Buhl per quel che concerne l’opera descrittiva. Per l’ archeologia vanno ri
cordati Ch. W arren, cui risalgono i primi scavi a Gerusalemme tra il r 8 6 8 e il
18 7 0 , e il francese Clermont-Ganneau a partire dal 3 870.
E impossibile menzionare i ricercatori successivi, data l’ amplissima bibliografia
esistente al riguardo. Indicheremo soltanto le principali istituzioni che appoggia
no il lavoro di ricerca nella regione: la British School of Archaeology, erede del
Palestine Exploration Fund, PÉcole Biblique et Archéologiquc F r a n o s e , FAmer-
ican School of Orientai Research, il Deutsches Evangelisches Institut, il Deutscher
Palàstma Verein, la Jewish Palestine Exploration Society (più tardi Israel E x
ploration Society), oltre alle università ebraiche della regione e all’Israel Depart-
Teologia della ^Terra Santa* 57
V I. T E O L O G IA D E L L A «T E R R A SA N T A »
In tutta la Bibbia il tema della «Terra Santa» occupa un posto importante nella
teologia, tanto che, insieme alla teologia della Terra, esiste anche una mistica del
la Terra. E l’impulso che, presente pure in tempi postbiblici, ha originato il feno
meno dei pellegrinaggi, non solo tra i cristiani, ma anche tra musulmani ed ebrei;
Ha determinato le Crociate; sta alla base de! movimento sionista ed è la causa più
o meno diretta di buona parte dei proverbiali conflitti del Vicino Oriente. Gli ap
pellativi Terra Santa e Terra Promessa sono di per sé sufficientemente espressivi
e sembrano desunti in una forma o nell’altra dalla stessa Bibbia (Es , 3 ,5 ; Num .
1 4 ,1 6 ; Deut . i,8 ; 3 1 , 1 0 ; 3 4 ,4 ; Gios. 1,4 ecc.).
Uno degli aspetti fondamentali della trama della storia della salvezza è la pro
messa di Dio ad Abramo, padre del popolo eletto, la cui attuazione nel tempo co
stituisce il filo conduttore dell’ intera storia biblica. Tale promessa implica diversi
temi e uno dei più importanti è il possesso della Terra di Canaan, insieme alla
moltiplicazione della discendenza e alla lontana e sfumata figura del messis, la
cui identità andrà progressivamente definendosi. Per un seminomade come À bra
mo non esiste traguardo piu prezioso che essere proprietario esclusivo del suolo
per il quale vaga senza possederlo e giungere a formare un popolo numeroso e
potente per difendere i suoi diritti su questa terra.
Il primo passo per la messa in atto di quanto rimase fino allora una promessa è
Pacquìsto di un campo con la grotta di M akpela in Hebron, per seppellirvi Sara
e gli altri membri del clan. La Bibbia attribuisce grande importanza simbolica a
questo avvenimento (Gen . 1.3 ,1-2 0 ; 2 5 ,9 -1 0 ; 5 0 ,1 2 - 1 3 ) . Un secondo momento
può essere la sepoltura di Giacobbe, il cui corpo è solennemente trasportato dal
l’Egitto { G en . 5 0 ,4 -14 ). Il concetto di Terra Promessa, tuttavia, assume tutto il
suo valore quando il popolo d’ Israele in massa, condotto da Mosè, fugge dall’ E
gitto e s'incammina, attraverso il deserto, alla volta della Terra di Canaan. La
lunga permanenza nel deserto come «passaggio», purificazione e preparazione
«ascetica» per prendere felice possesso della Terra, nella storia d’Israele si con
verte in un nuovo simbolo. Infine, si spartisce la terra e si prendono misure affin
ché tale ripartizione sia sempre equa e il popolo permanga fedele all’ antica al
leanza del Sinai.
Alcuni oppositori ai possesso della Terra non scompaiono con la conquista, Le
lotte interminabili con i popoli dì Canaan e la loro cultura sono l’ argomento sto
rico dell’epoca dei giudici e della monarchia. Solo se il popolo è fedele all’alleanza
Jahvé darà pieno compimento alla sua promessa. I peccati del popolo, infine, in
ducono Dio alla decisione di sradicarlo dalla Terra e inviarlo in esilio. M a la pro
messa continua: Jahve perdona il popolo e lo riconduce nella Terra Promessa. La
storia deve ripetersi e — già nel N uovo Testamento —anche 1 vangeli alludono alla
minaccia di una nuova distruzione di Gerusalemme, seguita dall’esilio.
Durante tutta questa sfortunata storia, la Terra si è sempre presentata, fonda
58 La geografia biblica
mentalmente, come sinonimo di felicità. Vista dal deserto, è una terra ricca, co
perta di pascoli e di fiori, la terra in cui scorrono latte e miele (£s. 3,8 ; Lev.
2 0 ,2 4 ; Num. 1 3 , 2 7 ; Deut. 6 ,3; Gios. 5,6 ecc), il cui possesso fisico è simbolo di
tranquillità. Per questo motivo, quando al tempo di Salomone Israele giunge al
la meta del suo benessere, si dirà che «Giuda e Israele vissero tranquilli, ciascuno
sotto La propna vite e il proprio fico, da Dan sino a Bersabea» (1 Re 5,5; cfr. 2 Re
18 ,3 2 ). Secondariamente, Padempìmento da parte di Dio della promessa di pos
sesso della terra è garanzia del compimento delle altre promesse, compresa quella
messianica, giacché lo stesso Messia «mangerà» latte e miele {/s. 7 ,1 5 ) .
Adempiuta la promessa messianica, il N .T . non lascerà il tema della Terra pri
vo di nuovi contenuti. A partire da questo momento verta a simbolizzare la pie
nezza della felicità, soprattutto nell’altra vita. È la Gerusalemme celeste, alla qua
le è destinato il nuovo popolo di Dio, il quale, guidato da Cristo, cammina attra
verso il deserto del mondo verso il pieno godimento del nuovo cielo e della nuova
terra. Questo è, ad esempio, il tema sviluppato nella lettera agli Ebrei. La descri
zione della N uova Terra e della N uova Gerusalemme affiora in modo particolar
mente suggestivo nell’ Apocalisse.
V II. B I B L I O G R A F I A
Archeologia biblica
L N O Z IO N I G E N E R A L I E T E C N IC H E
II. I L M E T O D O A R C H E O L O G I C O
Dal punto di vista pratico, l’archeologo che lavora in Oriente deve posse
dere una competenza specialistica. Non gli basta la conoscenza delle tec
niche dell’archeologia in generale o la competenza archeologica richiesta
per altre regioni del mondo (Europa, America ecc.). Tutto questo può es
sergli molto utile, ma è insufficiente. Deve possedere una grande prepara
zione sul Vicino Oriente, non solamente ricorrendo all'estesa bibliografia
in proposito (libri e soprattutto riviste), ma anche frequentando musei e
osservando collezioni di oggetti rinvenuti in altri scavi: utensili di selce,
reperti di ceramica in tutta la gamma delle sue varietà, manufatti orna
mentali, come collane ecc., manufatti metallici ecc. Le sue conoscenze
non devono limitarsi a una determinata epoca, nella quale il suddetto ar
cheologo si considera specialista, ma, seppure in minor grado, devono
abbracciare tutti 1 periodi dell’antichità, poiché può accadere che nell’in
sediamento da lui scavato non appaiano specificamente gli oggetti dell’e
poca che egli presumeva di trovare, ma anche altri di periodi differenti. In
ogni caso, per giungere allo strato di presenza degli oggetti e delle strut
ture da lui ricercati - del Bronzo Antico, ad esempio - è necessario scava
re precedentemente gli strati corrispondenti al Ferro, al Bronzo Recente e
al Bronzo Medio.
All’archeologo si richiede grande capacità per condurre bene i suoi sca
vi, anche se non possono ascriversi a materie di sua stretta competenza.
Solo per ulteriori approfondimenti e per la pubblicazione delle scoperte
l’archeologo può affidare questa parte a un collega specialista. Ma il ri
trovamento, Pidentificazione e l’interpretazione sono compito dell’ar
cheologo responsabile dello scavo, benché né lui né nessun altro della sua
équipe sia uno specialista - per continuare con l’esempio precedente —
dell’Età del Ferro. L ’archeologo orientalista deve inoltre conoscere il pae
se, i costumi, Pambiente, il clima, la natura delle terre dove scava, la to
pografia ecc. Un archeologo preparato a scavare in Oriente non si forma
improvvisamente, ma dopo lunghi studi ed esperienze e, anche in tal ca
so, con difficoltà se manca l’aiuto di un buon maestro.
Se lo scavo non viene eseguito in un insediamento archeologico già co
nosciuto e scavato in precedenza da una qualche équipe scientifica, che ha
Il metodo archeologico 63
III. P E R IO D I A R C H E O L O G I C I
x. Preistoria
Come già si è detto, in Palestina la preistoria corrisponde esclusivamente
all’Età della Pietra. Questa si divide in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico e
66 Archeologia biblica
a) Paleolitico
(El Khiam ed Erq el-Ahmar nel Wàdl Kareitun) e nel Negev (Boker, Ein
A q c v ed En-Avdat). La cultura dominante è quella Àurignaciana caratte
rizzata da forti particolarità regionali. Infine appare un aspetto locale,
chiamato Atlitiano. Il Paleolitico Superiore è compreso tra il 33000 e il
14000 a.C.
b) Mesolitico
c) Neolitico
d) Calcolitico
a) I l B ro n zo A ntico
gruppo di edifici e nelle sue vicinanze è stara ritrovata una grande quanti
tà di ossa di animali e frammenti di ceramica, probabilmente resti di sa
crifici.
La ceramica, in generale, viene già costruita al tornio, soprattutto alla
fine del periodo. La sua caratteristica più evidente è Pingobbio rosso e la
decorazione con strisce talvolta incrociate. Quanto alle forme bisogna
porre attenzione alle giare, le cui anse sporgono al di sopra della bocca, le
anfore con una sola grande ansa e i grossi recipienti con anse orizzonta
li, che costituiscono un tipo più volte riprodotto in tutto il periodo. Nel-
PEBm si generalizza la ceramica tipo Khirbet Kerak, con vasi non fatti al
tornio, con una verniciatura speciale, di diversi colori zonati (rosso, nero
e grigiastro) e a volte decorati con scanalature in rilievo.
Le sepolture avvengono in grotte e sono accompagnate da offerte. I ca
daveri possono aver subito rimozioni secondarie.
Gli insediamenti piu importanti del Bronzo Antico sono: Gerico, Me-
giddo, Teli el-Fària, Bet Shan, Ài e Bét Yerah (arab. Khirbet Kerak),
quest’ultimo a sud del Lago di Genezaret.
b) Periodo Intermedio
c) Il B ron zo M ed io
a) Ferro I
b) Ferro II
d) P erio d o erodian o
Questa fase si sviluppa con numerose suddivisioni dalla fine del 1 al vii
secolo. Bisogna infatti distinguere tra l’Alto Impero (fino al r8o) e il Bas
so Impero (fino al 324); e tra il Bizantino antico (fino al 4 51) e il recente
(fino al 640).
Il primo periodo è l’epoca classica delle grandi città romane, con i loro
magnifici templi, edifìci pubblici, teatri, archi trionfali ecc. Segnaliamo le
citta già menzionate di Cesarea e Sebaste, alle quali si aggiungono ora
Gerasa, Petra e Filadelfia (Amman) in Transgiordanìa; Sepphoris, Scito-
poli (Bet Shan), la grande sinagoga di Cafarnao in Galilea ed Aelia Capi
tolina (Gerusalemme), su cui già ci si è dilungati.
Del periodo bizantino è doveroso ricordare le grandi basiliche di Geru
salemme (soprattutto il Santo Sepolcro e la Eleona del Monte degli Uli
vi), delle quali restano pochissime tracce risalenti all’epoca; la magnifica
e ben conservata basilica della Natività in Betlemme e un buon numero
di quelle in Transgiordania, tra le quali si distingue il complesso del
Monte Nebo, nelle cui vicinanze st trova la citta di Madaba con il noto e
magnifico mosaico che rappresenta la mappa della Palestina, risalente al
vi secolo. Citiamo anche, tra gli altri, i mosaici della basilica dell’Hepta-
geon e quelli della sinagoga di Bet Alpha in Galilea.
La ceramica romana e bizantina della Palestina ripete forme conosciute
in altre parti dell’impero. Della prima va ricordata la tipica «terra sigilla
7 6 A r c h e o lo g ia b ib lic a
IV. G L I I N S E D I A M E N T I A R C H E O L O G I C I E L A B I B B I A
i . / gran di in sediam en ti
È difficile offrire una scelta obbiettiva dei grandi insediamenti archeologici della
Palestina, soprattutto quando si tratta di selezionarne non piu di una trentina tra
le centinaia esistenti. Di fatto, questa, come qualsiasi altra selezione, riflette ne
cessariamente criteri e apprezzamenti personali. Abbiamo diviso Pelenco in tre
grandi capitoli cronologici: Preistoria, Età del Bronzo e del Ferro e periodo poste
riore alPesflio (o del Secondo Tempio, come lo definiscono gli autori ebrei). In es
si abbiamo distribuito i distinti insediamenti, anche se certamente alcuni appar
tengono a due o più periodi, come Gerico. Oltre la descrizione di ogni insedia
mento abbiamo selezionato uno o due riferimenti bibliografici di base, attraverso
i quali si può risalire a tutta quanta la bibliografia.
a) Preistoria
Et-Tabun . M ogaret et-Tabun è una grotta situata nel versante meridionale del
Carmelo sulla valle chiamata W àdi el M ogara, a poco più di 40 m sul livello del
mare e a poca distanza da questo. Fu scavata da D. Garrod tra il 19 2 9 e il 1 9 3 4
sotto l1 patrocinio della British School of Archaeology di Gerusalemme e della
American School of Prehistoric Research. Tra il 1 9 6 7 e il 19 6 8 fu di nuovo esplo
rata da A. Jelinek sotto il patronato della Smithsonìan Institution.
La stratigrafia va da ciò che è chiamato un Tayaziano {livello G), verso un
Acheuleano Superiore (livello F), Yabrudiano e Acheuleano (livello E), Amudiano
(livello Ea), Levallois-Musteriano (livelli D, C e B) ed Età del Bronzo (livello A).
Nel livello C fu rinvenuto uno scheletro umano dì Homo sapiens Palestinensis e
altri resti. Questo insediamento presenta la stratigrafia più completa per la fase
terminale del Paleolitico Inferiore e per il Paleolitico Medio, approssimativamente
tra gli anni 150 0 0 0 e 350 0 0 .
Bibl.: D .A .E. Garrod - D .M .A . Baie, The Stane Age ofM ount Carmel 1, Oxford
1 9 3 7 ; A.J. Jelinek e altri, N ew Excavations at thè Tabun Cave, Mount Carmel,
Israel: Paleorient 1 ( 19 7 3 ) 1 5 1 - 1 8 3 .
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 77
Telelat Ghassùt. Situato nella valle del Giordano, presso la iriva nord-orienta
le del M ar Morto, e scavato tra il 1 9 3 0 e il 1 9 3 8 da A. Mallon, R. Koeppel e R.
Neuville, con il favore del Pontificio Istituto Biblico dì Rom a; sempre a cura di
questo ente nel 19 6 0 da R. N orth; nel 19 6 7 -6 8 da J.B . Hennesy col patrocinio
della Brìttsh School of Àrchaeology di Gerusalemme.
Si tratta di un abitato del Calcolitico, senza fortificazione, con case a pianta
quadrangolare le cui pareti talvolta sono decorate a colori con tecnica geometri
ca. È il luogo eponimo della cultura Ghassouliana.
Bibl.: A. Mallon - R. Koeppel - R. Neuville, TeléLìt Ghassùl, 2 voli., Roma
1 9 3 4 e 19 4 0 .
fiatar. Odierna Tèi Hasor, a sud-ovest del prosciugato Lago di Hùle. Venne sca
vata da Y . Yadin nel 1 9 5 5 - 5 8 e 19 6 8 -7 0 , sotto gli auspici delTIsrael Exploration
Fund. Il giacimento presenta due zone ben distinte: l’acropoli o citta alta a sud
e la città bassa a nord, più estesa e non sempre abitata nel corso del tempo.
La stratigrafia è distribuita nel seguente modo. Gli strati x x i - x ix , localizzati
nella città alta, appartengono al Bronzo Antico; lo strato x v n i al periodo Inter
medio; gli strati x v i i - x v i al Bronzo Medio 11; è il momento in cui la città si
espande verso la zona bassa, fortificata con mura e porte a tripla tenaglia; il x v al
Bronzo Recente 1; il x iv al Bronzo Recenre na; il x m alla distruzione della città
da parte degli israeliti verso il 1 zoo a.C. Gli strati x n e xi corrispondono al Ferro
1 e rappresentano una tappa marginale nella storia della città; il x risale agli inizi
del Ferro n, quando Salomone fortifica la città, di cui si sono conservate le mura
e le porte. Gli strati i x -v ii sono del ix secolo a.C. (è l’epoca della costruzione del
palazzo nella cittadella, della «casa delle colonne * e del famoso sistema idrauli
co). Gli strati v i -i v appartengono alla città israelitica dell’v m secolo a.C., con i
segni del terremoto dell’ epoca di Geroboamo ri e la distruzione di Tiglat-Pileser
ni nel 7 3 z a.C. Il 111, il n e il 1 sono rispettivamente i resti della città assira, per
siana ed ellenistica, dì modestissima estensione.
Bibl.: Y . Yadin e altri, Hazor , 4 voli., Jerusalem 19 5 9 -6 4 .
Bet Shan . Conosciuta anche come Teli el-Hosn, si trova nell’ attuale località di
Bet Shan, alla confluenza della pianura di Izreel con la valle del Giordano. Gli
scavi furono diretti da A. Rowe nel i 9 z r sotto il patrocinio dell’Università di
Pennsilvania. Fu un importante centro dì controllo nel perìodo della dominazione
egiziana durante il N uovo Impero.
1 livelli x v iu -x v ii appartengono al Calcolitico; quelli x v i - x i al Bronzo Antico;
il x al Bronzo Medio ri; ix -v ii al Bronzo Recente; i livelli v i-v al Ferro 1, con i lo
ro templi. Il livello iv è del Ferro il; il ni ellenistico e romano; il 1 bizantino e po
steriore. Del periodo romano è il famoso teatro, molto ben conservato. La città si
chiamava Scitopolì già dall’epoca ellenistica.
Bibl.: A, Rowe - G .M . Fitzgeraid, Beth Sharia 4 voli., Univ. o f Pennsylvania
1 9 3 0 -1 9 4 0 .
Teli Abù tìawàm. Attualmente si trova inglobato all’interno della moderna città
di Haifa. Fu scavato tra il 1932. e il 1 9 3 3 da R. Hamilton con il patrocinio del Pa
lestine Department of Antiquities. Gli scavi parzialmente continuati dagli israe
liani nel 1 9 5 2 e nel 1 9 6 3 sono stati ripresi a partire dal 1 9 8 5 , sotto la direzione
di Jf.
Balensi della Mission Archéoiogique Frammise en Israel e di M .D . Herrera
dell'lnstituto Espanol Biblico y Arqueológico di Gerusalemme.
Sì tratta di una città e di un porto fenici. L ’occupazione del teli comincia nel
Bronzo Recente, continua nel Ferro i e r i , prosegue nel periodo persiano.
Bibl.: J. Balensi - M .D . Herrera, Teli Abù Hawàm> 198 3-19 8 4 : RB 9 2 (19 8 5)
8 2 -12 8 .
Teli el-Fàr'a. Presso le sorgenti del W adi Fàr‘ a. Fu la città biblica di Tirsa, capi
tale del regno d’Israele prima di Samaria (non bisogna confondere Teli el-Fàr‘a a
noid, di cui parliamo, con l’omonimo insediamento meridionale, nei pressi di
Gaza, anch’esso importante).
Il sito venne scavato da R. de V aux tra il 19 4 6 e il 19 6 0 , col patrocinio dell’É-
cole Biblique et Archéologtque F r a n o s e di Gerusalemme.
I livelli più profondi del teli appartengono al Neolitico, al Calcolitico e al Pro
tourbano. N el Bronzo Antico vi erano già case costruite con sensibilità urbanisti
ca, un tempio e una cinta muraria, prima di mattoni e in seguito di pietra. Duran
te il Bronzo M edio le mura vennero rinforzate e furono costruite nuove porte.
Nel Bronzo Recente venne edificato un tempio. Dopo un periodo di spopolamen
to, nel Ferro n (sec. ix a.C.) vengono svolti radicali lavori di ricostruzione, im
provvisamente abbandonati. La vita della citta va via via decimando durante
Yvtn secolo fino alla sua distruzione da parte degli assiri, che vi stanziarono una
piccola guarnigione.
Bibl.: R. de V au x: RB 54 ( 19 4 7 ) ; 69 (1962.),
Teli Balatah. È situato tra i monti Ebal e Garizim, vicino alla città di Nablus.
Corrisponde all’antica Sichem. Fu scavato nel 1 9 1 3 - 1 4 , 1926-2,8 e 1 9 3 2 - 3 4 da E.
Sellin e C . Watzinger per conto della Società Germanica per la Ricerca Scientifi
ca. Tra il 1 9 5 6 e il 19 6 6 si ripresero gli scavi, finanziati da varie fondazioni ame
ricane e diretti da G.E. Wright.
Benché si siano ritrovati resti isolati di epoche più antiche, la citta in verità na
sce nel Bronzo Medio, A quel tempo viene costruita un'impressionante muraglia a
grandi pietre di cui si conservano due porte, a doppia e tripla tenaglia. Vicino a
una di queste è stato rinvenuto un tempio-fortezza, che testimonia fasi diverse di
8z A r c h e o lo g ia b ib lic a
costruzione. La citta continuò la sua crescita nel Bronzo Recente, quando venne
ristrutturata una delle porte e fu costruito un nuovo muro. Questo accade anche
nel Ferro i. Dopo un breve periodo di abbandono tornò a essere occupata alla fi
ne del x secolo. Ci sono anche resti di epoca ellenistica.
Bibl.: D.P. Cole, Schechem i, Chicago 19 8 4 .
El-Gib. Tra Gerusalemme e Ramalla, all’ inìzio del pendio di Bet Horon. È
identificato come l’antica Gabaon. Fu scavato tra il 1 9 5 7 e il 1 9 6 2 dall’Università
dì Pennsilvania sotto la direzione di J.B. Pntchard.
Alcuni resti risalgono a un’occupazione dell'Età del Bronzo (Antico, Medio e
G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 83
Gezer. Si trova a sud-est di Randa, ai piedi della china di Bet Horon. Fu scavata
da R .A . Macalister, tra il 1 9 0 1 e il 19 0 9 , sotto gli auspici del Palestine Explora-
tion Fund, da G.E. Wright e W .G . Dever, tra d 19 6 9 e il 1 9 7 3 , sotto il patrocinio
dell’Hebrew Union College e di nuovo a partire dal 19 8 4 .
Il sito fu occupato a partire dal Calcolìtico. L ’ insediamento continuò nel Bron
zo Antico. Tuttavia, il muro reputato più antico, il cosiddetto «muro interno»,
appartiene al Bronzo Medio ir e ha una porta a triplice tenaglia. Di quest'epoca è
il famoso santuario («luogo alto») con le dieci massebot monumentali. Il cosid
detto «muro esterno» è del Bronzo Recente 1, con torri rettangolari. All’epoca di
Salomone la cinta fu rinforzata con mura a casematte e una porta a tenaglia qua
drupla. Probabilmente appartengono a quest’epoca anche le opere idrauliche con
il loro famoso tunnel. La citta continuò a essere abitata in epoca ellenistica e ro
mana. Il giacimento archeologico di Gezer è rinomato anche per il ritrovamento
di varie iscrizioni di epoche diverse (a partire dal primo millennio), cosa alquanto
rara in Palestina, dove tanto scarseggia questo tipo di ritrovamenti.
Bibl.: R .A .S. Macalister, The Excavations o f Gezer , 3 voli., London 1 9 1 2 ;
W .G , Dever e altri, Gezer„ 4 voli., Gerusalemme 1 9 7 0 -1 9 8 6 .
Bet Shemesb. Chiamato Teli er-Rumeileh, vicino a ‘Am Shems, a ovest di Gerusa
lemme e vicino alla località omonima. Fu scavato da D. Mackenzie e dal Palestine
Exploratìon Fund tra il 1 9 3 1 e il 3 9 1 2 ; da E. Grant, tra il 1 9 2 8 e il 1 9 3 1 , sotto il
patrocinio della Pacific School of Religion e della American School of Orienta!
Research di Gerusalemme.
Lo strato v i appartiene al Bronzo Antico iv ; il V al Bronzo Medio 1, con mura e
torri. Lo strato iv è del Bronzo Recente e ha restituito alcune piccole iscrizioni; lo
strato ni è del Ferro 1, con ceramica filistea; lo strato 11 è del Ferro 11, con un mu
ro a casematte, e rappresenta una tipica città israelitica dell’epoca. Fu distrutta
dai babilonesi e scarsi sono i resti persiani ed ellenistici nello strato 1.
Bibl.: E. Grane, Ain Shems , 4 voli., Haverford 1 9 3 1 - 1 9 3 9 .
Teli Duwér. Si trova nella Shefela, a occidente di Hebron. Corrisponde alla bibli
ca Lakìsh. Fu scavato tra il 1 9 3 2 e il 1 9 3 8 da J X , Starkey sotto gli auspici della
Wellcome-Marston Research Expedition in die N car East. Durante lo scavo il di
rettore venne assassinato da banditi arabi. In seguito gli scavi furono ripresi per
84 A r c h e o l o g ia b ib lic a
Teli el-Hési. A ovest di Teli Duwér, già sulla pianura costiera. Probabilmente
corrisponde alla città biblica di Eglon. Scavato dal famoso Flinders Petrie e da J.
Bliss tra il 1 8 9 1 e il 1 8 9 3 , è il primo insediamento della Palestina recuperato con
uno scavo condotto secondo il criterio stratigrafico. Tra il 1 9 7 9 e il 1 9 8 1 sono
stati effettuati nuovi scavi per conto di varie istituzioni nordamericane.
Ospita resti del Bronzo Antico e un importante insediamento del Bronzo M e
dio, con una muraglia con glacis. La fase meglio documentata risale al Bronzo
Recente; tra le sue rovine si è trovata una lettera del tipo di quelle di El-'Am àrna.
La città venne distrutta verso la fine del x iv secolo a.C. e ricostruita alPincirca
nel x secolo. L ’ultima distruzione sembra risalire all’ epoca di Nabucodonosor.
Bibl.: W. Flinders Petrie, Teli el Hesy (Lachi$b)y London 1 8 9 1 ; F.J. Bliss, A
Mound ofM any Cities , London 18 9 4 .
Tel ‘Araci. Situata a nord-est di Beersheba. Corrisponde alla città biblica omoni
ma. Fu scavata dalla Hebrew University di Gerusalemme e dal Department of
Antiquities di Israele, tra il 1962, e il 1 9 6 7 , sotto la direzione di R. Amiran e Y .
Aharoni.
L'insediamento più antico risale al Calcolitico. Segue poi un'importante città
del Bronzo Antico, con mura in pietra e torri semicircolari. Si è ritrovata molta
ceramica egiziana del tipo Àbydos. Altro significativo momento di occupazione
del sito si registra nel Ferro 1 e continua per tutto il Ferro 11, dopo che ha subito
gli assalti del faraone Shishaq, alla fine del x secolo a.C. Era una città israelitica
di frontiera. L'edificio più significativo era il famoso tempio, considerato una co
pia di quello di Gerusalemme e integrato nella cittadella fortificata. N on mancano
resti e reperti di epoca postesilica.
Bibl.: Y . Aharoni: B A 3 1 {19 6 8 ) 3-4.
Teli Medeineh . Altra città fortificata, non lornano dalla sorgente delPArnon. Fu
scavata dalFInstituto Espanol Biblico y Arqueológico di Gerusalemme sotto la di
rezione di E. Olàvarri nel 1 9 7 6 e nel 19 8 2 .
Si tratta di una città moabita del Ferro 1, provvista di mura e al cui interno esi
stevano già le famose case con pilastri che successivamente osserveremo nel Ferro
11 della Palestina.
Bibl.: E. Olàvarri, E l modelo de casus del Hierro I halladas en Teli Medeineh
de Transjordania y sus posibles relaciones con el mundo palestinense, in Simposio
Biblico Espanol, M adrid 1 9 8 4 , 3 3 -3 9 .
c) Periodo postesilico
Maresba. È Tel Maresha, a nord-est e molto vicina a Teli Duwcr. Corrisponde al
la M arisa dei testi. Fu scavata dal Palestine Exploration Fund tra il 18 9 8 e il
19 0 0 , sotto la direzione di F. Bliss e R. Macalister. Si tratta di una città ellenisti
ca, con strade diritte che s’incrociano perpendicolarmente, cinta da mura e torri.
Sono famose le tombe con pareti dipinte, del n secolo a.C.
Bibl.: F. Bliss - R. Macalister, Excavations in Palestine during che Years 18 9 8
1 900, 19 0 2 .
Cesarea. È la cosiddetta Cesarea Marittima, città portuale sulla costa a sud del
Carmelo. Benché oggetto di studio e di scavi, le rovine di Cesarea furono esplora
86 A r c h e o lo g ia b ib lic a
Khirbei Qumran. Situato nei pressi del M ar M orto, sulla riva nord-occidentale.
Fu scavato dalPÉcole Biblique et Archeologique Fran^aise di Gerusalemme sotto
la direzione di R. de V au x, tra il 1 9 5 1 e il 19 5 6 .
È costituito dalle rovine di un grande monastero esseno risalente ai secoli 1
a.C. e T d.C., con tutti i suoi annessi: lo scrittorio, la mensa, il sistema idraulico,
la fornace per vasellame, ecc. Nelle vicinanze del sito si trova un insieme di grot
te, per un certo periodo dimora di anacoreti, in cui furono nascosti i famosi
«manoscritti del Mar M orto».
Bibl.: R. de V au x, Fouilles du Khirhet Qumran: RB 60 ( 19 5 3 ) 8 3 -1 0 6 ; 6 1
(19 5 4 ) Z06-Z36; 63 (19 5 6 ) 5 3 3 *5 7 7 -
Masada. Nel deserto di Giuda a ovest del M ar M orto. Fu uno dei palazzi fortez
za di Erode il Grande e venne utilizzato dai giudei zeloti come ultimo caposaldo
contro i romani, ai tempi della prima rivolta (66-73 d.C.)
Alle prospezioni e agli studi del tedesco A. Schulteri fan seguito il grande sca
vo archeologico condotto congiuntamente dalla Hebrew University, dalla Israel
Exploration Society e dal Department oi Antiquities di Israele nel 1 9 5 5 - 5 8 e nel
1 9 6 3 -6 5 , sotto la direzione di Y . Yadin.
Desta forte attenzione l’ardita architettura del palazzo dì Erode, costruito su
terrazze e sospeso sopra un impressionante dirupo a nord delta! ripiana. Altri im
portanti edifici sono le terme, la sinagoga, i centri amministrativi, i magazzini e,
particolarmente degno d’ attenzione, il sistema idraulico. Dei tempi della guerra
rimangono, tra l’altro, otto accampamenti romani, il muro dell’ assedio e Roggero
rampa d’assalto.
Bibl.: Y, Yadin, Massada , London 19 6 6 {tr. sp. Barcelona 196 9 ),
Giordania e sette missioni straniere (tra le quali figura la Spagna, il cui direttore è,
E. Olàvarri delPInstituto Espafiol Biblico y Arqueológico).
La città ha una storia dall’epoca ellenistica fino alla bizantina, ma la maggior
parte degli edifìci piu importanti risalgono al li secolo d.C. Ricordiamo l’arco
trionfale di Adriano, le mura, i due teatri, il tempio di Zeus, il foro, il tempio di
Artemide, la famosa strada porticata, il ninfeo ecc.
RihL: C .H . Kraeling (ed.), Gerasa , City o f thè Decapolis, N ew H a ve n 1 9 3 8 ; E.
Olavarri, Excavaciones en et Angora de Gerasat Madrid 1986»
d) Altri insediamenti
Oltre quelli fin qui segnalati, tra i numerosi insediamenti archeologici esistenti in
Palestina possiamo citare ancora i seguenti. Per la Preistoria: Ubeidiyeh nella val
le del Giordano, scavato dagli israeliani, del Paleolitico Inferiore; M ogaret es-
Skul sul Carmelo, riportato alla luce dagli anglo-americani, del Paleolitico M e
dio; Kebarah a sud del Carmelo, insediamento del Paleolitico Superiore e M esoli
tico, esplorato da inglesi e israeliani; Qafzeh a Nazaret, scavato da francesi e
israeliani, del Paleolitico Medio e Superiore; Naal Cren sul Carmelo, del M eso
litico e Neolitico, scavato dagli israeliani; Hnyonìm in Galilea, dei Paleolitico Su
periore e Mesolitico, riportato alla luce dagli israeliani e dai francesi; YifcatPel m
Galilea, Neolitico, scavato dagli israeliani; Umm Qatafa del Paleolitico Inferio
re ed Erq el-Ahmar del Paleolitico Superiore e Mesolitico, entrambi nel Deserto
di Giuda ed esplorati dai francesi; Nahal Hemar nel Deserto di Giuda, Neoliti
co, scavato dagli israeliani; Teli Abù M àtàr nel Negev, Calcolitico, scavato dai
francesi; Rosh Zin nel Negev, Mesolitico, scavato da americani; Fasael, insieme
di insediamenti paleolitici e mesolitici, e Salibiyeh, Neolitico, situati nella valle
del Giordano e scavati dagli israeliani; Seikh Ali nella medesima valle, Neolitico e
Calcolitico, scavato dagli israeliani; Azraq in Giordania, Paleolitico, scavato da
gli americani; Wàdi el-Hammed in Giordania, insediamenti paleolitici e mesoliti
ci, scavati dagli australiani; M ogaret Dalai e Abu Swwan, Paleolitico e Neolitico,
scavati da spagnoli ecc.
Per quanto attiene all’Età del Bronzo e del Ferro segnaliamo, tra molti altri,
88 A r c h e o l o g ia b ib lic a
Teli el-‘Ureimeh (la biblica Kinneret), presso il Lago di Genezaret, riportato alla
luce dai Tedeschi; Teli Selum (la biblica Silo) sulla M ontagna di Samaria, scavato
da danesi e israeliani; Tel Dan all’estremo nord, Akko vicino alla città omonima,
Tel Dor a sud del Carmelo, e Tel Gerisah a sud dello Yarqon, scavati dagli israe-
ijani; Teli Dotan a nord-est di Samaria e Khirbet Fahil (l’antica Pella) nella val
lata del Giordano, scavati dagli americani; Teli Deir ‘ Alla (['antica Sukkot), sca
vato da olandesi; Et-Tel! (l’ antica Ai), scavato da francesi e da americani; Ramar
Rahél a sud di Gerusalemme e l ei Beer Sheba, scavati dagli israeliani; Asqelon,
dagli inglesi; Ashdod, dagli israeliani; Teli Far a (sud) e Teli el-£Agul, scavati dal
famoso Minders Petrie e dalla Bntish School of Archaeology in Egypt ecc.
Dell’epoca successiva all’esilio bisogna menzionare Cafarnao, scavata dai fran
cescani italiani di Gerusalemme; Sepphoris in Galilea, dagli americani; l’ Hero-
dium, dai francescani italiani e dagli israeliani; Iraq el-Amìr in Transgiordanìa, da
americani, giordani e francesi; Amman (1 antica Filadelfia), da inglesi, spagnoli,
giordani e francesi ecc.
z. Bibbia e archeologia
Per qualche tempo in certi ambienti tradizionalisti legati agli studi biblici
si è guardato con diffidenza al lavoro degli archeologi e, soprattutto, alle
loro conclusioni scientifiche, che avrebbero potuto mettere in discussione
la storicità delta Bibbia. Successivamente sì è manifestata un’inversione
di tendenza; la paura verso I archeologia è scomparsa e si è giunti a con
siderare le possibilità di accordo tra le scienze storico-archeologi che e
quelle bibliche; di piu, si pensò che le prime venivano ad avvalorare pun
tualmente i dati della Bibbia, compresi quelli che fino ad allora, da parte
degli esegeti piu liberali, erano stali interpretati meno letteralmente. La
Bibbia aveva ragione è l’eloquente titolo di un libro famoso, tradotto in
varie lingue e riflesso di tale orientamento.
Oggi, tra i non specialisti, prevale forse più Patteggiamento «trionfali
stico» che non la diffidenza nei confronti dell’archeologia. Ma se è vero
che, in linea generale, la conoscenza scientifica del passato consolida cer
ti dati trasmessi dalla Bibbia, quando si tratta di puntualizzare con mag
gior precisione può accadere che il ricorso all’archeologia sta deludente,
riveli il carattere effimero dei fatti e induca a costatare che essa non indi
vidua con il rigore sperato il dato storico che si pretendeva localizzare.
Ciò deriva dalPindole propria dell’archeologia. Essa non è una scienza
finalizzata a tali identificazioni. L ’archeologia rivela i cambiamenti cultu
rali di un’epoca, ì quali si traducono in un nuovo stile dì vita che ha la
sciato impronte concrete nella struttura delle città (sistema difensivo, ur
banistica, tipi di abitazione ecc.) e nel corredo delle popolazioni (utensi
li dì uso quotidiano, opere d'arte, oggetti di culto ecc.); difficilmente l’ar
cheologia può invece definire fatti concreti della storia, a meno che ciò
G i i in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b i a 89
non avvenga per pura coincidenza, come quando si riporti alla luce un’i
scrizione o l’effigie di un personaggio.
Questo succede anche per quanto concerne la storia profana. L ’archeo
logia, ad esempio, difficilmente «prova» gli infausti eventi delle guerre ci
vili di Roma narrati dagli storici antichi: la storia si muove in un ambito
personale, l’archeologia riflette un ordine sociale o economico. (Una con
giura, un discorso, una battaglia in campo aperto difficilmente lasciano
tracce tangibili; una moda, uno stile di vita, la prosperità economica o
una catastrofe naturale lasciano tracce documentabili). L’archeologia,
pertanto, più che per provare eventi storici, serve a svelare Cambiente
dell’epoca in cui tali fatti avvennero, adattandosi a quelle particolari cir
costanze culturali e socioeconomiche.
Inoltre, l’archeologia illustra la storia e la letteratura bibliche, renden
dole verisimili e arricchendole profondamente attraverso i particolari del
la vita quotidiana o della situazione generale che quella determina; non è
invece legittimata, almeno secondo una norma comune, a dire se tali fatti
accaddero o meno.
Tuttavia tra 1 biblisti perdura oggi il doppio orientamento - sebbene
fondato su due presupposti diversi - di sopravvalutare o ignorare i risul
tati delParcheologia nel Vicino Oriente. Vi sono scuole che reputano
prioritaria la conoscenza dei dati offerti dalle fonti profane (geografia,
archeologia, epigrafia, filologia ecc.), mentre altre studiano il testo in se
stesso e sulla base delle probabili origini e meccanismi dì trasmissione,
tralasciando la concretezza dei contributo offerto dall’ambiente geografi-
co-archeologico nel quale nacque la composizione letteraria. Queste ten
denze sono lontane da qualsiasi atteggiamento ideologico preconcetto di
tipo conservatore o avanzato.
Da parte nostra crediamo che la geografia e l’archeologia bibliche siano
ormai punto di riferimento imprescindibile, non perché siano destinate a
dire 1 ultima parola, ma in quanto servono da freno a una smodata spe
culazione critica e perché, in definitiva, determinano le condizioni am
bientali entro le quali hanno acquistato senso la costruzione letteraria e 1
riferimenti storici presentì nel testo biblico.
trovava un tempio sul cui frontale erano stati innalzati quattro colossi
del re Ramses n.
Bibl.: j, Vandier, Manuel d Archeologie Egyptienne li, Paris 19 5 5» 8 18 -8 2 6 .
un’opera molto curata con pietre lavorate talvolta nello stesso stile del
palazzo reale di Samaria. Forse era il palazzo di Omri.
Bibl.: M . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavations in thè
Holy Land , cit.; EnB in, 2,58-2,65.
r) Giovanni predica il battesimo (Mt. 3,1-6 ; Me. 1,4-8; Le. 3,2-3)- Gio
vanni il Battista appare nel Deserto di Giuda come un anacoreta che pre
dica la conversione, annunciando la prossima venuta del messia e appli
cando il rito del battesimo con acqua.
In quella stessa regione è stato scavato il grande monastero di Qum-
ran, dove i monaci o anacoreti giudei, che vivevano nelle grotte del deser
to, formavano una comunica, probabilmente di tipo esseno. Si riunivano
per celebrazioni collettive, tra le quali figuravano le abluzioni rituali;
rapprovvigionamento abbondante dì acqua, infatti, costituiva una delle
loro principali preoccupazioni. Nelle rovine del monastero si contano
nientemeno che 14 cisterne o piscine. La conversione e la speranza del
messia figurano come argomento nei testi trovati a Qumran.
B ib L : F . G a r c i a M a r t m e z - J . T r e b o lle B a r r e r à , L o s hom bres de Qum ran. Literatura ,
eslructura social y concepciones religiosas, M a d r i d 1 9 9 3 (tr . it. in p r e p a r a z io n e ).
s) Gesù ritenuto figlio dì Giuseppe (Le. 3,23; 4,22; Mt. 13,55). «Gesù, fi
glio di Giuseppe» sembra il nome «ufficiale» di Gesù (Gv. 1,45).
All’epoca la medesima designazione era abbastanza frequente. Un
«Gesù, figlio di Giuseppe» figura nell’iscrizione di un ossario ora nel mu
seo Rockfeller di Gerusalemme, la cui datazione è incerta: tra il 200 a.C.
e il 200 d.C.
B ib L : L .H . V in c e n t,Epitbaphe prétendu de N .S .J.C . : A tti -R e n d ic o n t i d ella P o n ti
fìcia A c c a d e m i a R o m a n a dì A r c h e o lo g ia 7 ( 1 9 2 .9 } z i 5 - z 3 9 ; A . P a r i o t , Golgotha
et Samt-Sépulcre , P a r is I 9 5 5 -
colo. Questa fu costruita sopra una chiesa domestica del iv secolo, che ri
cordava la «casa di Pietro». A sua volta essa corrisponde a una delle
stanze di una casa del i secolo, che potrebbe essere Palloggio occupato da
Gesù nella casa di Pietro.
Bibl.: A. N icacci e altri, La Terra Santa. Studi di Archeologia , Roma 1 9 8 3 ; S.
Loffreda, Cafarnaùm , la ciudad de Jesus, Jerusalem 19 8 0 - Idem, Recovering Ca -
pharnaum, Jerusalem 1 9 8 5 .
Storia
e istituzioni
del popolo biblico
Jesus Asurmendì e Fiorentino G arda Martmez
Introduzione
i. Fonti
180 al 1 6 1. Dei libri del Nuovo Testamento solo i vangeli offrono alcuni
elementi unii a una ricostruzione storica.
Da qui il carattere imprescindibile delle fonti extrabibliche per cono
scere questo periodo. Il voi. i della Storia del popolo giudaico di Schtirer-
Vermes (pp. 42,-174) contiene una descrizione particolareggiata di tutte
queste fonti. La più importante è senza dubbio l’opera dello storiografo
Flavio Giuseppe, senza del quale sarebbe impossibile scrivere una stona
del periodo compreso tra il 333 a.C. e il 13 5 d.C. Nel De bello ìudaico
egli narra la grande guerra contro Roma (libri 3-7) e al tempo stesso si
occupa del periodo precedente la ribellione (libri 1-2), da Antioco rv fino
alla morte di Erode, Nelle Antiquitates ludaicae viene presentato un qua
dro della storia del popolo giudaico dalla creazione fino al 65 d.C., e 1 li
bri 12-20 sono dedicati al periodo che ci interessa. È importante sottoli
neare che Flavio Giuseppe impiega e cita numerose opere di altri storici,
come Nicola di Damasco, in molti casi oggi perdute. Offrono interessanti
informazioni per la storia della Palestina di questo periodo Polibio, Dio
doro Siculo, Sirabone, Tito Livio, Plutarco, Tacito, Svetonio, Appiano e
Dione Cassio, per limitarci soltanto ad alcuni dei piu importanti storio
grafi greci e latini.
Unitamente alle opere degli storici, particolarmente interessante è la
letteratura apocrifa (una traduzione in lingua italiana, in via di completa
mento, è disponibile in P. Sacchi (ed.), Apocrifi dell3Antico Testamento,
della quale sono finora stati pubblicati i primi due volumi dei cinque pre
visti). Questi scritti rivelano il complesso panorama religioso del giudai
smo dell epoca e la vitalità di certi gruppi successivamente dimenticati.
Tra le fonti letterarie extra bibliche un altro importante documento t
dato dalla letteratura rabbinica. Nei targumim, nella Mishna, nella To-
sefta, nei midrashim, nel Talmud di Gerusalemme e di Babilonia si trova
no riferimenti alla storia di questo periodo. Benché la redazione di queste
opere sia abbastanza lontana dagli avvenimenti, le tradizioni contenute
spesso risalgono a epoche precedenti e conservano elementi storici vera
mente pregevoli. Vi si trova delineata l’immagine di un giudaismo ancora
in formazione, che si svilupperà pienamente solo dopo la distruzione del
tempio e l’insuccesso della rivolta di Bar Kochba.
Parallelamente a queste fonti letterarie, già note anticamente, le sco
perte archeologiche degli ultimi tempi hanno fornito materiali abbondan
ti e importantissimi per la storia del periodo. Le monete e le iscrizioni ri
trovate offrono all’interpretazione storica un aiuto indiretto per com
prendere gli sviluppi economici e sociali dell’epoca. Il rinvenimento di va
ri manoscritti ha colmato le più importanti lacune per La conoscenza di
questa età.
Tra i più significativi citeremo:
Introduzione 105
1 papiri del W idI ed-Dàliye, dal 375 al 335 a.C.; essi chiariscono la si
tuazione di Samaria nel sec. iv e confermano la distruzione della città da
parte delle truppe di Alessandro;
i papiri dell’archivio di Zenone. Mostrano la situazione economica e
amministrativa della Palestina nel sec. in a.C.;
i manoscritti di Quniran: documentano il mondo religioso di un grup
po settario, rappresentandone gran parte della biblioteca costituita da
opere scritte tra il in secolo a.C. e il 1 d.C.;
i documenti dì Murabba‘at e di Nahal Hever; documentano il perio
do delia rivolta di Bar Kochba ( 13 1- 13 5 d.C.) e contengono anche alcune
sue lettere autografe.
2. Metodologia
3. Bibliografia generale
J.A . Soggin, Storia d'Israele . D alle origini a Bar K ochbà, con due appendici di D.
Conrad e H. Tadm or, Brescia 19 8 4 è sull'argomento Popera storiograficamente
più aggiornata; un intero paragrafo è dedicato a «Le storie d’Israele, oggi» (pp.
6 4 -6 7 ); dì recente ne è uscita una nuova edizione inglese, aggiornata rispetto alla
italiana [An hitroductìon to thè H istory o f Israel and Ju d a b , London 19 9 3 ). M .
Noth, Storia d ’Israele, Brescia 1 9 7 5 : opera classica di un grande esegeta dell’An-
nco Testamento, la cui metodologia sottolinea Paspetto letterario delle tradizio
ni; J. Bright, A History o f Israel , Philadelphia-London 3i 9 S i ftr. sp. Bilbao
*19 70 ): anche questo un classico che sottolinea l'importanza dell’apporto archeo
logico; R, de Vaux, Histotre ancienne d*Israel , 2 voli., Paris 1 1 9 7 1 , n 1 9 7 3 : ope
ra voluminosa e ricca, comprensiva del periodo che giunge solamente fino alJ'e-
poca dei Giudici; considerata talvolta eclettica, rimane di grande interesse; S.
Herrmann, Storia dì Israele . I tempi dell Antico Testam ento , Brescia 3i9 9 z : bre
ve, ma densa, offre una buona sintesi; H. Cazelles, Storia politica d ’Israele dalle
origini ad Alessandro M agno , Roma 1 9 8 5 : densa e ricca di dati e informazioni a
prescindere dalla sua brevità; Popera fornisce una bibliografia estremamente nu
trita; J.H . Hayes - J.M . Miller (edd.), Israelite and Judaean History , Philadelphia-
London 1 9 7 7 : testo abbastanza ampio, frutto del lavoro di vari specialisti del
le diverse epoche storiche, di grande utilità; H, Donner, Geschtchte des Volkes
Israel und seiner N achbarn, Gottingen 1 19 8 4 , 11 19 8 6 : fautore, buon conoscito
re d’Israele e dell’Oriente antico, ha pubblicato numerosi saggi di alto interesse
scientifico; nonostante la densità delPopera, le opinioni dell’autore non si posso
no ignorare e sono sempre solidamente fondate.
io 8 Storia e istituzioni del popolo biblico
Tra le numerose storie generali del periodo compreso tra Alessandro Magno e
Bar Kochba, segnaliamo:
E. Schiirer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù, edizione diretta e rive
duta da G. Vermes, F. Mìllar e M . Black, Bresaa i 1 9 8 5 , 11 1 9 8 7 : l’opera più in
fluente per un secolo intero, oggi completamente aggiornata; benché voluminosa,
rappresenta il miglior manuale esistente, denso, completo e molto ben documen
tato; F.M . Abel, Histoire de la Palestine depuis la conquète d*Alexandre jusqu a
Vinvasion arabe , 2 voli., Paris 1 9 5 2 : opera classica, continua a essere utile canto
per Paccurata esegesi dei libri dei Maccabei e di Flavio Giuseppe, quanto per i
particolari geografici, archeologici e topografici; J. Maier, Il giudaism o del secon
do tempio, Storia e religione , Brescia 1 9 9 1 : sintesi breve e ricca, tra quelle dispo
nibili Ja più aggiornata e adeguata all’odierna storiografia, con ampia bibliografia
per ogni periodo e argomento, così come sulle fonti letterarie, destinata agli stu
denti; C. Saulnier - C. Perrot, Storia d'Israele , m . D alla conquista di Alessandro
alla distruzione del tempio ( 3 3 1 a.C. - 1 3 3 a .C .), Rom a 1 9 8 8 : opera pedagogica
mente molto ben presentata, contiene una buona collezione di testi importanti e
numerose schede di lavoro per V approfondimento dello studio; A. Paul, Il mondo
ebraico al tempo di Gesù. Stona e politica , Roma 1 9 8 3 : buona presentazione sin
tetica, con «excursus» interessanti. Le opere specìfiche più importanti verranno
segnalate a) termine di ogni capitolo.
L ’epoca premonarchica
I. I C I C L I P A T R IA R C A L I
II. E G IT T O E D E S O D O
La figura predominante negli ultimi quattro libri della Torà è, senza alcun
dubbio, Mosè. Egli è l'asse principale della storia d’Israele in Egitto, nel
l’esodo e nell’attraversamento del deserto fino alFarrivo a Canaan. L'esi
stenza storica di Mosè è stata messa in dubbio per il carattere leggendario
di molte sue azioni e il miscuglio di tradizioni che lo riguardano, il che
pone problemi complessi o di soluzione impossibile. In tutte le tradizioni
della fondazione d’Israele, tuttavia, Mosè ha un importanza tale che, co
me disse Sòderblom all’inizio del secolo, «se la tradizione non dicesse
nulla di Mosè, bisognerebbe inventarlo». In ogni modo, ciò non toglie al
la figura di Mose di collocarsi ai «limiti della veridicità storica».
Es. 2 ,1-10 è una tipica leggenda sulla nascita dell’eroe. I parallelismi, so
prattutto con il mito della nascita di Sargon di Agade, sono stati messi in
Egitto ed esodo 11 j
2. Mose e Madian
4. Il monte di Dio
In Es. 18,5 si dice che Ietro, suocero di Mosè, «andò a visitarlo nel deser
to dove erano accampati, presso il monte di Dio». In Es. 19 ,1-3 si rac
conta come gli ebrei giunsero nel deserto del Sinai e si accamparono vici
no al monte. Mosè «sali al monte di Dio». Queste sono le notizie reperi
bili dal punto di vista storico sul luogo in cui le tradizioni collocano l’in
contro d’Israele con il suo Dio. Il «monte di Dio» è il luogo in cui Mosè
ebbe il suo primo incontro con il Dio d'Israele (Es, 3,1) e, secondo la tra
dizione elohista, gli venne comunicato il nome di Dio, punto di partenza
della missione affidata in quell’occasione al liberatore del popolo. Si trat
ta quindi di un luogo sacro nel quale, probabilmente, i vari gruppi umani
della regione, nomadi o seminomadi, avevano l'abitudine di celebrare le
loro feste cultuali.
Quanto alPeffettivo nome del monte si può dire ben poco. Le tradizio
ni jahvista e sacerdotale lo chiamano «Sinai», ma la denominazione si
applica meglio alla regione, come sembra in Es. 19 ,1-3 . Sì è detto che
«Horcb» era la designazione utilizzata dai testi elohisti e deuteronornici.
Bisogna precisare che «Horeb» viene utilizzato nei testi della scuola deu-
teroriomista e che, nella maggior parte dei casi, si tratta sempre di ag
giunte. È possibile, come sostiene R. de Vaux, che l’assonanza Sinai/Sin
(dio lunare) spingesse i Deuteronomisti ad attribuire un altro nome al
«monte di Dio».
5. Mosè e il decalogo
Le diverse tradizioni collocano sul «monte di Dio» e nei suoi dintorni una
serie di avvenimenti fondamentali e fondanti per la vita del popolo. Uno
114 L’epoca premonarchica
III . I L C O N T E S T O S O C I O -P O L I T I C O L IM I T R O F O :
I CANANEI
La terra promessa dei testi biblici non era disabitata quando gli israeliti
vi giunsero. Il mosaico di popoli era nutrito. Non c’è da dimenticare, tut
tavia, che alcune denominazioni riscontrabili nella Bibbia (horrei, ad
esempio) potevano essere nomi geografici dei territori circostanti utilizza
ti successivamente senza troppa precisione. È probabile che il termine «it
tita» definisca alcuni gruppi provenienti dall’antico impero ittita, scom
parso con l’invasione dei popoli del Mare. I gebusei, abitanti di Gerusa
lemme, sono quelli descritti con maggiore nitidezza. I gabaoniti di G ios.
9-10 e 2 Sam. 2 1 sono certamente cananei. Per altri gruppi etnici man
cano dati per precisarne la localizzazione. Riguardo ai filistei si veda sot
to, cap. iv, 1,1.
L ’insieme del cosiddetto paese di Canaan era stato per molto tempo
sottoposto all’autorità egiziana, come mostrano i testi egiziani di esecra
zione e, soprattutto, le lettere di EPAm àrna. Grazie a questi testi è possi
bile concludere che il sistema politico dominante era quello di «città-sta
to». Ognuna comprendeva la città e un territorio più o meno ridotto alle
sue adiacenze. Tra le città piu volte menzionate nelle sopracitate lettere
si possono ricordare: Megiddo, Hebron, Asqelon, T acanak (associate a
nomi di principi indoariani). Gerusalemme (con un principe dal nome
hurrita), Sichem, Gezer, Laku, Hasor e Pella (con principi dal nome se
mitico) .
Al momento dell’arrivo degli israeliti in Canaan l’indipendenza di que
ste città-stato era totale. L ’esistenza di federazioni di diverse città di fron
te a un comune pericolo è assai probabile, come lasciano intendere alcuni
testi biblici.
L ’archeologia ha dimostrato che l’urbanizzazione e la cultura di que
st’epoca in Canaan (Bronzo Recente) era ricca e addirittura raffinata. In
varie città si constata la distruzione e una frattura culturale, dovuta prò-
Il6 L’epoca premonarchica
IV . L ’ I N S E D I A M E N T O IN C A N A A N
La terza tribù del centro è Beniam ino , denominazione geografica («figlio della
destra»), cioè «quello del sud» dal punto di vista di Efraim. Il suo territorio si
colloca fra Betel e Gerusalemme; qui si trovano le quattro città gabaonite (G io s .
9 ,17 ) . Questa tribù segue per importanza quella di Efraim (Giud. 5 ,14 ). Saul era
beniaminita.
Di queste tribù del centro, una parte molto importante dovette dimorare in
Egitto e partecipare agli avvenimenti dell’esodo, della marcia attraverso il deserto
e la Transgiordania e della conquista dell’area centrale di Canaan.
(Giud. 5 j 17). Insediatisi da tempo nella zona, non parteciparono agli avvenimen
ti dell’esodo.
La tribù di Zàbulon , secondo Gios. 1 9 ,1 0 - 1 6 , si stabilì nella zona dell’attuale
Nazaret, sotto il controllo dei cananei della valle di Izreel. Giud. 5 , 1 4 .1 8 loda
questa tribù per la partecipazione alla battaglia. Neppure loro vissero le vicende
dell’esodo.
La tribù di Neftali , il cui nome è probabilmente di origine geografica, è situata
a est del Lago di Hule. Nettali occupa un posto importante nel cantico di Debo
ra (Giud. 5 ,18 ). Baiaq, che divenne comandante delle truppe, era di questa tribù.
Anch’essa ignora gli avvenimenti dell’esodo.
Issacar, il cui appellativo richiama il lavoro salariato, si era insediata nella par
te orientale della pianura di Izreel. È incerto se conobbe gli avvenimenti delLesodo.
4. Le tribù transgiordane
Oltre M akir — clan di Manasse, come sì è visto — le tribù di Gad e Ruben si stan
ziarono nella regione di Galaad (Gios. 1 3 ,8 - 1 3 ) . La tribù di Levi , tribù senza ter
ritorio, originariamente profana, si specializzò nel culto.
V . D A L L O S T A N Z I A M E N T O IN C A N A A N
A LLA M O N A R C H IA
V I. L A R E L IG IO N E
n e l l ’e p o c a p r e m o n a r c h ic a
1. Introduzione
È impossibile studiare la religione d’Israele indipendentemente dalla sua
storia. Gli avvenimenti storici tracciano in forma essenziale lo sviluppo
della religione d’Israele. La situazione è simile a quella presente nello stu
dio di tutte le religioni; nel caso d’Israele il fenomeno ha, tuttavia, carat
teristiche peculiari.
Nel suo divenire la religione d’Israele non soltanto è intimamente lega
ta agli avvenimenti storici, ma la storia costituisce il nucleo fondamentale
di questa religione. La nascita d’Israele e della sua religione si radicano
nella storia e i fatti storici sono parte del contenuto stesso della religione.
La fonte principale per il loro studio è la Bibbia. Ma non si deve mai
perdere di vista il fatto che la Bibbia non offre una presentazione sistema
tica della religione d’Israele né un panorama strutturato delle teologie via
via riscontrabili nella storia del popolo. La Bibbia è un insieme di testi
monianze di personaggi o di gruppi che plasmarono attraverso lo scritto
le esperienze di fede, le profonde riflessioni sopra queste esperienze in
rapporto alle necessità della comunità in determinati momenti. Questa ri
conobbe in detti testi l’espressione autentica della fede d’Israele e la paro
la del suo Dio.
Ciò porta a riconoscere una grande difficoltà che ogni studioso della
religione d’Israele deve affrontare. I testi biblici sono di epoche diverse e,
per avere un’idea chiara e organica della religione d’Israele, bisognerà te
nere presenti le varie epoche dei testi per non attribuire erroneamente le
stesse credenze e le stesse pratiche ai differenti momenti della religione
d’Israele. Su questo punto così delicato l’opinione degli autori è spesso
I zo L ’epoca premonarchica
Scarsi sono i dati sulla religione dei gruppi patriarcali. Come per tutti i
problemi riguardanti quest’epoca. La trattazione sulla religione è piu et
nologica che storica.
Alla stregua dei vari gruppi seminomadi, i patriarchi veneravano un dio
personale, un dio-padre o meglio un «dio del padre», cioè il dio dell'ante
nato fondatore del gruppo. Questo dio assumeva una funzione eminente
mente protettrice del gruppo, che «accompagnava» nelle peregrinazioni
in cerca dei pascoli e dell’acqua per le greggi.
I seminomadi non avevano santuari propri, frequentavano quelli dei
sedentari, poiché intrattenevano con essi contatti regolari dovuti alle re
lazioni commerciali.
Così, in Gen. 12 ,5 ^ 9 , troviamo Àbramo in località come Sichem, M o
re, Betel, celebri santuari cananei preisraeliti. Lo stesso si può dire di Be
tel e Giacobbe (Gen. 28,10-22). In entrambi i casi il testo biblico presenta
i patriarchi nell’atto di erigere altari e stele commemorativi della manife
stazione divina che li ha coinvolti. Giacobbe unge la pietra su cui ha dor
mito dopo averla eretta a stele.
Le pietre e gli alberi sacri furono, sembra, elementi importanti per que
sti clan seminomadi. Erano considerati manifestazioni della presenza del
la divinità.
Di quest’epoca e di questi gruppi si conosce una festa fondamentale: la
festa di primavera, la festa di pasqua. Era una festa tipica di allevatori di
bestiame (pecore, capre) destinata a tutelare il bestiame e soprattutto la
I zz 1/epoca premonarchica
Sotto l’aspetto della storia della ricerca vanno segnalati due temi importanti. Il
primo riguarda i cicli patriarcali e la loro storicità. Per queste narrazioni si è spes
so manifestata una evidente o, quantomeno, inconsapevole preoccupazione di ti
po apologetico: affermarne o negarne la veridicità storica. N ell’ affrontare questo
problema lo storico dev’essere quindi estremamente cauto.
Il metodo più utilizzato per fondare la storicità dei cicli patriarcali è la com pa
razione dei dati offerti da questi testi con quanto i documenti extrabiblici, ormai
da ini secolo e mezzo, hanno fatto conoscere. L ’esistenza di certi nomi è l’argo
mentazione maggiormente addotta. N om i di tipo semitico simili negli elementi e
nella struttura della loro composizione, come Abramo o Isacco, si sono riscontra
ti con una certa frequenza nei documenti extrabiblici del li millennio a.C . Per
questo si è voluto collocare in quest’epoca i racconti patriarcali. Quest’ unico da
to, pur insufficiente a determinare la storicità delle narrazioni della Genesi, in
quanto il parallelismo onomastico si trova m ugual misura in testi molto più re
centi, non giustifica nemmeno che si debba situare la composizione di queste nar
razioni nel vi secolo.
I costumi e le norme sociali presenti nei cicli patriarcali hanno i loro paralleli
nei documenti giuridici dell’antichità come, tra gli altri, nel codice di Hammura-
bi, in quello di Lipit-Ishtar, nei testi di Nuzi e nelle leggende di Eshnunna. Anche
in questo caso si giunge alla medesima conclusione: le somiglianze esistono, ma
non sono sufficientemente originali né significative. Simili paralleli si possono
stabilire con altri testi di epoca molto più recente.
Nella sua Storia antica d 3Israele R. de V au x sviluppa ampiamente questo me
todo comparativo, giungendo in ogni punto alla stessa conclusione: con questo
metodo e questi dati non si può né provare né contraddire la storicità fondamen
tale delle tradizioni.
II secondo problema classico verte sui rapporti tra la Bibbia e l’archeologia.
L ’attività archeologica nella zona dei paesi biblici, specialmente nell’attuale sta
to d’ Israele e nei territori occupati, è intensa. 1 primi scavi iniziarono nel secolo
scorso; il loro ritmo e qualità scientifica si sono considerevolmente accresciuti. È
innegabile che il motivo di tale attività, maggiore che negli altri paesi, dipende es
senzialmente dal fatto che si tratta del paese della Bibbia. Agli inizi, e in molti ca
si ancor oggi, obbiettivo dell’ attività archeologica era offrire prove concrete della
storicità della Bibbia. Gli esiti archeologici avevano come compito di «provare e
mostrare» la verità delia Bibbia. Libri apparsi non molto tempo fa con titoli come
L a B ibbia aveva ragione e La Bibbia estratta dalia sabbia danno un’idea della
mentalità dominante. Gli archeologi in molti casi, e soprattutto i divulgatori di
scienze bibliche e archeologiche, mettono in diretta relazione l risultati dell’ar
cheologia con i testi biblici, considerati questi senza alcuna distanza critica, cioè
con un atteggiamento fondamentalista.
M a, come già si è detto in questo capitolo, la Bibbia non pretende dì fare storia
nei senso moderno del termine. I testi della Scrittura sono L’espressione della fede
di un popolo. La critica letteraria e la critica storica permetteranno di stabilirne il
significato e solo allora potranno essere confrontati con i dati dell’archeologia,
1 2.4 L’epoca premonarcbica
senza lasciarsi affascinare dalle interpretazioni degli archeologi, spesso non esenti
da una certa fantasia.
V ili. B IB L IO G R A F IA
i, l cicli patriarcali
R. de V aux, Histoire ancienne dTsraelì Paris ! 1 9 7 1 , U 1 9 7 3 : studio approfondito
ed esponente ben documentato del metodo comparativo, distaccato ma con gran
de moderazione e realismo; T b .L . Thomson, The Historicity o f thè Patnarchal
Narratives, Berlin - N ew York 1 9 7 4 : esamina con estrema scrupolosità gli argo
menti comparativi e ne individua la debolezza; estremamente utile, benché non
proponga nessuna visione d’insieme; J. Van Seters, Abraham in Htstory and Tra-
dition , N ew Haven - London 1 9 7 5 : studio con caratteristiche analoghe al prece
dente, sebbene indipendente da esso. L ’autore propende per situare la creazione
delle tradizioni dei patriarchi in epoca tarda (dell’esilio o dopo l'esilio}. Cade così
nel difetto opposto a quello imputato ai suoi predecessori. Per una prima infor
mazione si veda R de V aux, i patriarchi ebrei e la stona, Brescia 19 6 7 .
z. Esodo e Mosè
Oltre alla storia d ’Israele di de V aux, già citata, segnaliamo H. Cazelles, Alla ri
cerca di Mosè, Brescia 1982,: misurata presentazione di problematiche complesse
da parte di un grande conoscitore dei testi e deila cultura biblica ed extrabiblica,
sebbene a volte si attribuisca un eccessivo valore storico a dati problematici. Una
raccolta di studi sulla figura di M osè e la sua storia, impostati con differenti me
todi e distinte prospettive, è offerta da R. M artin-Achard (ed.), Figure de Moi'se;
Écriture et relectures, Genève 1 9 7 8 . Tre problemi fondamentali dei testi dell’Eso
do sono accuratamente esaminati da W .H . Schmìdt, Exodus , Sinai und Mose:
Erwdgm gen zu E x 1 - 19 und 2 4 , Darmstadt 1 9 8 3 .
Sul decalogo si veda Popera recente di W .H . Schmìdt (in coll, con H. Delkurt e
À. Graupner), Die Zehn Gebote tm Rahmen alttestamentlicher Ethik, Darmstadt
19 9 3 (tr. it. in prep.) e gli studi di F. Lothar Hossfcld, Der Dekalog, Gòttingen
1 9 8 2 e H. Schiingel-Straumann, Decalogo e comandamenti di Dìo , Brescia 1 9 7 7 .
Come introduzione alPesodo, si veda Cl. Wiener, in Cuadernos Biblicos 54: lettu
ra contìnua del libro dell’esodo, alla luce degli ultimi studi sulla questione.
3. L ’insediamento in Canaan
e il perìodo cosiddetto dei «giudici»
via, è applicabile la sociologia a fatti occorsi più di tremila anni fa, il cui resocon
to è molto posteriore ai fatti? (per di più tati resoconti non cercano di presentare
semplicemente i fatti); l’autore apre valide prospettive, pur restando vittima dei
suoi modelli; W Richter, Traditionsgescbidilliche Untersuchungen zum Richter-
buch , Bonn 2iy 6 6 : studio esemplare e significativo della storia della redazione
del libro dei Giudici.
4. Bibbia e archeologia
Cfr. il cap. 11 di questo volume.
5. La religione d'Israele
H. Ringgren, Israele . / padri, l'epoca dei re, il giudaismo , Storia delle Religioni
1 1 , M ilano 1 9 8 7 ; Pautore, della scuola esegetica svedese, organizza il suo studio
in prospettiva decisamente storica, attribuendo grande importanza a! culto e al
l’alleanza davidica come luoghi teologici chiave della religione d’Israele; G. Foh-
rer, Storia della religione israelitica, Brescia 1 9 8 5 : opera d'insieme con prospetti
ve storiche chiare; Pautore lavora su ampie sezioni del testo biblico e offre una vi
sione coerente, senza eccessive sbavature, di grande valore; W . Ziinmerli, The
History o f hraelìte Relìgton , in G .W . Anderson (ed.), Tradìtion and Interpreta -
£/om, O xford 1 9 7 9 , 3 5 1 - 3 8 4 : eccellente paronamica degli studi sulla religione d’ì-
sraele, dei metodi, delie tendenze e dei risultati tra il 1 9 5 1 e il 1 9 7 3 ; H. Cazelles,
Religion d ’israel, DBS x ( 1 9 8 1 ) , Z40-2.77: la sintesi più recente sulla religione d’I
sraele, redatta da un eccellente conoscitore e ricercatore dei molteplici problemi
che il tema solleva; bibliografia copiosa e specialistica.
È impossibile indicare una panoramica bibliografica completa dei diversi
aspetti della religione d’Israele. Nelle opere fondamentali citate si troveranno ele
menti bibliografici sufficienti per approfondire lo studio.
Capitolo iv
La monarchia
J. N A S C I T A D E L L A M O N A R C H IA
i , I vicini d ’ Israele
L'insediamento più o meno stabile delle tribù israelitiche non esaurisce lo
sviluppo della loro realtà sociale e politica. I contatti con i popoli e i
gruppi della regione introdurranno progressivamente in Israele istituzioni
analoghe a quelle dei loro vicini. La più importante sarà la monarchia.
In Transgiordani a sono presenti tre gruppi sociali che avranno conti
nue relazioni con Israele nel corso di tutta la sua storia. In primo luogo*
gli ammoniti. Delle loro origini si conosce ben poco. L'onomastica è, sen
za dubbio, semitica e probabilmente imparentata con quella aramaica. Il
loro territorio, difficile da definire con precisione, era forse situato nelle
vicinanze della valle dello Yabboq. Il commercio di carovane doveva es
sere la principale fonte economica. L’istituzione monarchica è già presen
te all’epoca di Saul. Nella guerra degli ammoniti contro Iabesh di Gala-
ad, Saul dimostrerà le sue capacita (i Sotti. 1 1 ,1 - 1 3 ) . Nahash non ha cer
tamente il titolo di re, ma si comporta come tale. Il problema e sapere se
già in quell’epoca il potere di Nahash fosse ereditario e se, pertanto, la
monarchia dinastica si fosse già affermata.
Il caso di Moab è un po’ diverso. La parentela con gli ammoniti sembra
probabile, se teniamo conto di testi come Gen. 19,30-38 e Deut. 23,4. Ed
evidente risulta anche raffittita tra i moabiti e gli antenati di Davide (Rut
4,18-22). I confini del territorio moabita variarono nel tempo. Talvolta,
a settentrione, giunsero fino a Heshbon, anche se la loro frontiera tradi
zionale a nord è PArnon. A sud, Moab giungeva alla depressione dello
Zered; a est, fino al deserto; a ovest, al Mar Morto. La monarchia eredi
taria sembra avere radici abbastanza antiche. Per alcuni rìsale al xm se
colo, benché non ancora ben consolidata (Num. 21,26-30).
Gli edotti iti compaiono nei testi egiziani già nel xm secolo. Il loro terri
torio è collocato a sud dello Zered. Le tribù nomadi della zona furono
senza dubbio i nuclei che formarono il regno di Edom. La Bibbia presenta
gli edomiti come discendenti di Esau (Gen. 36 ,10-19 ). Essi non sono con
siderati «abominevoli» (Deut. 23,8) come gli ammoniti e i moabiti. Ai
tempi di Davide, gli edomiti hanno ima monarchia ereditaria (1 Re 1 1 ,
Nascita della monarchia 12 7
approfittarono della caduta degli irriti e della debolezza degli egiziani per
instaurare una politica commerciale e marittima che le portasse col tem
po fino al lato opposto del Mediterraneo. Tra queste città, Sidone ini
zialmente e più tardi Tiro esercitarono una certa egemonia. Furono im
portanti anche Arwad, Biblo e Beirut. Queste sono in sostanza tutte città-
stato governate da una monarchia ereditaria.
2 . 1 primi tentativi
Il libro dei Giudici (Giud. 6-9) offre una serie di tradizioni su Gedeone e
Abimelek nelle quali appaiono i primi tentativi israelitici di istituire la
monarchia. Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che il libro dei Giudici
presenta una sequela di personaggi chiamati «giudici» le cui azioni mili
tari, benché episodiche, sono affini a quelle dei re. Nei testi attuali s’iden
tifica Gedeone con un certo Ierubaal {Giud. 7,1). Se si trattasse dello stes
so personaggio, la sequenza degli avvenimenti sarebbe stata la seguente:
Gedeone, appartenente a un clan della montagna di Efraim, abitava in
Ofra. Spinto dalle drammatiche circostanze in cui si trovavano la sua
gente e i suoi vicini a causa delle devastanti incursioni dei madianiti
(Giud. 6,3-6), decide di fronteggiarli e cacciarli dal territorio con una
guerra (Gm d. 7-8). Dopo la vittoria, gli uomini d’Israele offrirono la re
galità dinastica a Gedeone. Questi la rifiutò, dicendo: «Vostro capo sarà
il Signore» (Giud. 8,23). Gedeone aveva una concubina di Sichem che
partorì Abimelek (= mio padre è re). Morto Gedeone, Abimelek rivendica
di fronte ai notabili di Sichem il titolo di monarca (Giud. 9,1-3). La sua
argomentazione è chiara: quelli di Sichem vogliono essere governati da un
loro consanguineo e non da uno straniero. Abimelek fu proclamato re.
Dopo l’eccidio di tutta la sua famiglia, Abimelek si trova in conflitto con
la popolazione dì Sichem, che non era israelita (9,23-41). Poco dopo na
scono nuovi contrasti tra 1 notabili di Sichem e Abimelek. Questi reagisce
brutalmente; passa a fi] di spada la popolazione e distrugge la città (9,
42.45). L’archeologia conferma una distruzione di Sichem in quest’epo
ca. Il carattere ibrido della monarchia di Abimelek, israelita e sichemita,
non dovette favorirlo. Da allora Sichem appartenne a Israele.
Altri autori pensano che si debba distinguere Gedeone da Ierubaal.
Abimelek sarebbe figlio di quest’ultimo, israelita di Ofra e con una con
cubina sichemita. Il potere di Ierubaal su Sichem sarebbe paragonabile a
quello esercitato da Labaya ai tempi di El^Amdrna. I governanti non
hanno il titolo di re, ma esercitano un potere effettivo mediato da un
consiglio di notabili della città, «i signori di Sichem» (9,3). Il potere di1
I tentativi più seri per istituire una monarchia stabile in Israele risalgono a
Saul, della tribù di Beniamino. Tre racconti biblici narrano la sua ascesa
al potere: 1 Sani. 9 -10 .16 ; 10,17-2,7; 1 1 . Le tradizioni su Saul sono state
oggetto di molteplici rielaborazioni e bisogna partire da una rigorosa cri
tica letteraria per trarre conclusioni storiche. I tre racconti della designa
zione a re di Saul presentano già tre diversi livelli d’interpretazione dei
fatti. Li si può compendiare dal punto di vista storico come segue. Gli
ammoniti assediano Iabesh di Galaad, città israelitica della Transgiorda-
nia (i Sam. 1 1 ) . I suoi abitanti, dì fronte alla disperata situazione, chie
dono aiuto alle tribù israelitiche dell’altra sponda del Giordano. Il mes
saggio giunge a Gabaa, patria di Saul e questi si appella ai connazionali
d’Israele per combattere gli ammoniti e salvare Iabesh di Galaad. Sconfìt
ti gli ammoniti, i vincitori si recano a Gaigaia, dove incoronano re Saul (1
Sam. 1 1 ,1 5 ) . Negli altri due racconti interviene Dio: in indiret
tamente, per mezzo della sorte; in 1 Sam. 9 -10 .16 direttamente. Ma l’ori
gine storica della regalità di Saul si trova nella sua vittoriosa azione con
tro gli ammoniti.
La situazione era delicata, dal momento che i filistei penetravano sem
pre più profondamente nei territori degli israeliti e minacciavano Benia
mino attraverso la pianura di Izreel. Era quindi necessaria una risposta
efficace che poteva scaturire soltanto da un'azione coordinata e centraliz
zata. La vittoria iniziale fece subito apparire Saul come la persona adatta
a questa impresa. Saul organizza un esercito permanente, benché al ri
guardo 1 dati non siano del tutto chiari, e in un primo momento cerca di
espellere dalla Palestina centrale i filistei, i quali avevano riempito la zona
di postazioni militari (1 Sam. 13 e 14).
Ciononostante, Pattività militare di Saul si espande ugualmente verso
sud. In effetti, 1 Sam. 15 narra delle sue battaglie contro gli amaleciti a
sud di Hebron e r Sam. 17 della campagna contro i filistei nella Shefela
di Giuda. Queste imprese consentono a Saul di accattivarsi la tribù di
Giuda, protetta con queste imprese dalle incursioni dei nomadi amaleciti
a sud e dalla pressione filistea a ovest. Non bisogna dimenticare che Ga
baa di Beniamino, patria di Saul, si trova 15 km a nord di Betlemme.
Questi rapporti con la tribù di Giuda spiegano probabilmente la pre
senza di Davide, efraimita di Betlemme, tra 1 soldati di Saul. Il disaccordo
tra i due personaggi è noto e le ragioni risultano comprensibili. Da un la
to Davide, giovane e guerriero eccezionale, non poteva non suscitare le
gelosie del suo capo, nonostante ne avesse preso in moglie la figlia M ikal,
Anzi, il m atrim onio suscitò in Saul nuovi timori nei confronti di Davide.
Dall*altro lato, l ’amicizia tra Davide e G ionata, figlio e probabile erede di
Saul, non sfuggi alla patologica suscettibilità ( i S am . 1 6 ,1 4 - 2 3 ; 1 8 ,6 - 1 7 ;
19 ,8 - 13 ) del beniam inita. In effetti, se le qualità militari di Saul non pos
sono essere messe ni dubbio, la sua nevrastenia cronica gli impediva af
fatto di consolidare la monarchia cui aveva dato avvio con grande energia
dopo il trionfo a labesh di G alaad.
Saul viene anche messo a confronto con Samuele, personaggio di rilievo
per la storia d’ Israele. Le sue funzioni —susseguenti o sincrone —di sacer
dote, profeta e giudice sono state rilette dalla tradizione attraverso Tespe-
rienza successiva. I testi cercano di spiegare un fatto chiave: Saul fallì e
nessuno dei suoi figli gli successe al trono. Perché? Due racconti cercano
di spiegare la perdita della legittimazione divina. N el prim o (1 Sam. 1 3 , 7
15 ) si narra la disubbidienza di Saul all’ ordine di Samuele di non sacrifi
care in G aigaia prim a del suo arrivo, giacché solo Samuele, in qualità di
sacerdote, poteva offrire sacrifici. N el secondo racconto (1 Sam, 1 5 , 1 3
35) Saul non adempì le regole delTanaiema: distruggere il bottino e ucci
dere i prigionieri, secondo le leggi della guerra santa. L a prim a spiegazio
ne è anacronistica, poiché in quell’epoca tutti i capi fam iglia potevano o f
frire sacrifici; a m aggior ragione il re. La seconda suppone una concezio
ne della guerra santa un p o ’ artificiosa e schematica, e presenta il conflitto
storico che opporrà costantemente il re al profeta, particolarm ente nel re
gno del nord.
Saul dovette poi confrontarsi un'ultima volta eoa 1 filistei. Questi sape
vano perfettamente che, a causa degli armamenti israelitici (carri da guer
ra) e della loro tecnica (guerriglia), per vincere la battaglia dovevano com
battere nella pianura (r Sam. 28; 29; 3 1) . La pianura d ilzreel era 1! luogo
ideale per loro. Saul e i suoi figli m orirono sul monte Gelboe, 1 filistei ap
pesero i loro corpi alle mura di Bet Shan. G li abitanti di labesh di G ala
ad, riconoscenti a Saul, li recuperarono e dettero loro onorevole sepoltura
( j Sam . 3 1) . Il prim o serio tentativo monarchico in Israele si concludeva
con un fallim ento. La situazione delle tribù del nord di fronte alla minac
cia filistea si era fatta ancor più preoccupante che non prim a di SauL
4. D avide ( i o i o - ca. 9 7 o)
a) D avide e Saul
presenta vari altri esempi di questo regime politico detto di «unione per
sonale». Un unico uomo riunisce nella sua persona le corone di due terri
tori o città diverse.
d) Politica internazionale
5. Salomone (971-933)
a) Sapienza di Salomone
b) Amministrazione (1 Re 4)
d) Commercio
È evidente che le redazioni successive dei capp. 3-10 del primo libro dei
Re hanno in larga misura idealizzato 1 immagine di Salomone nei diversi
aspetti fin qui esposti. Questo atteggiamento si ritrova per l’appunto nel
l’ultima redazione di quanto generalmente si definisce la storia della suc
cessione al trono di Davide (cfr. bibliografia), il cui tono dominante è pro
salomonico. Lo scopo è di giustificare e legittimare l’ascesa di Salomone
al trono (jl Re 3-10), discolpando il nuovo re della violenta scomparsa
dei suoi contendenti e facendo in definitiva credere che Salomone ereditò
il trono per volontà di Dio.
L’ultima redazione prò salomonica della storia della successione a! tro
no di Davide non ha tuttavia sistematicamente soppresso il testo prece
dente. Lì si possono cogliere posizioni assai diverse e apertamente ostili
alla persona e all’opera di Salomone. 1 Re 1 1 costituisce un condensato
delle critiche e degli aspetti negativi del suo regno. Il testo contiene una
vicenda complessa e i dati che presenta vanno esaminati con estrema at
tenzione.
Il primo elemento critico, ampiamente trattato dal testo, riguarda le
donne di Salomone. L ’accusa afferma che il re ebbe molte donne e queste
sviarono il suo cuore verso gli dèi stranieri. 2 Re 1 5 ,1 3 mostra che questo
pericolo non fu pura invenzione. Ma il fatto di avere molte donne, un ha
rem ben assortito, e la possibilità per ogni principessa di continuare ad
adorare 1 propri dèi erano per quell’epoca elementi del tutto normali. Il
matrimonio di Salomone con la figlia del faraone (Siamon?) sembra rien
trare in un trattato tra i due sovrani per controllare t filistei. Le redazio
ni successive (della scuola deuteronomista) attribuirono a questi fatti la
frantumazione del regno alla morte di Salomone (1 Re 1 1 , 1 1 - 1 3 ) . Tale
redazione suppone tuttavia una riflessione teologica chiaramente poste
riore ai fatti.
Gli altri avvenimenti narrati nel capitolo si riferiscono alla sfera politi
ca. Hadad, l’edomita, rifugiatosi in Egitto dopo la vittoria di Davide su
Edom (11,14 -16 ) , fu ben accolto dal faraone e, alla morte di Davide e
Ioab, gli chiese il permesso di tornare alla sua terra. Ignoriamo il nome
del faraone, ma probabilmente è il medesimo che diede in sposa la figlia a
Salomone; da qui le sue reticenze a lasciarlo partire. In ogni caso, Hadad
non costituì un serio pericolo per Salomone. Lo stesso si può dire di Re-
zon. Ribellatosi a Hadadezer di Soba, vassallo di Davide, si proclamò re
dì Damasco. Il redattore sottolinea l'importanza di Rezon come avversa-
Nascita della monarchia 139
rio di Salomone. È poco probabile. Tuttavìa, anni dopo gli aramei di Da
masco saranno temibili nemici del futuro regno d’Israele.
L ’ultimo elemento negativo del regno di Salomone è la rivolta di Gero-
boamo, conclusasi in un pruno momento con la fuga di quest’ultimo. Po
co prima della fuga in Egitto, un profeta, Ahia di Silo, si era presentato
a Geroboamo alPimprovviso e gli aveva annunciato che sarebbe stato re
delle dieci tribù d’Israele {1 Re 11,29 -39 ). L’episodio e discusso e l’attuale
redazione è oltre tutto molto tarda. Mancano tuttavia sufficienti motivi
per negare ogni storicità all’intervento di un profeta, se si considera la si
tuazione generale sociale e politica del regno e delle ingiustizie che il lusso
e la grandezza di Salomone dovettero necessariamente provocare. Tutto
ciò si aggravò ulteriormente a causa del lungo regno di Salomone. Alla
sua morte la situazione politica, economica e militare era delicata.
6. Problemi aperti
a) La conquista di Gerusalemme
Gtud . 1,8 afferma che la tribù di Giuda assediò e conquistò Gerusalemme dopo la
morte di Giosuè. Storicamente il testo non ha valore, poiché la conquista di Ge
rusalemme si deve a Davide e ai suoi uomini (2 Sam. 5,6 -10 ). L ’unico facile ac
cesso alla città era a nord, ma logicamente era anche il piu difeso. Nonostante al
cune recenti ipotesi,1 la famosa espressione «basteranno i ciechi e gli zoppi a re
spingerti» (2 Sam 5,6) mostrerebbe semplicemente la difficoltà di conquistare
Gerusalemme. In realtà essa si trova sulla cima di un picco roccioso terminante a
punta verso il sud, con un’impressionante precipizio verso est, il Cedron, e l’al
tro, meno importante, verso ovest, il Tyropeon. Il testo di 2 Sam. 5,8 è molto dif
fìcile. Si è pensato che il termine sinnor significasse «canale, tunnel», ma non è
affatto sicuro. Secondo questa ipotesi, Ioab (1 Cron. 1 1 ,6 ) si sarebbe calato da
quel canale e avrebbe sorpreso i gebusei di Gerusalemme. Nel 1 8 6 7 a Gerusalem
me vennero scoperti, nella zona dell'antica città gebusea, una galleria e un pozzo
che conducevano alla fonte della città, Gihon. Subito si collegarono i due ele
menti, pensando che la conquista di Gerusalemme fosse stata la conseguenza del
l’ inaspettata invasione attraverso il canale ritrovato, dato che la fonte era situata
fuori delle mura. Ciononostante, recentemente Y . Shiloh3 ha cercato di far chia
rezza tornando a esplorare il famoso accesso alla fonte e, per verificare l ’ipotesi
della conquista di Gerusalemme attraverso il canale, ha tentato la risalita dalla
sorgente attraverso il pozzo fino alla galleria. Per far questo dovette chiedere aiu
to ad alpinisti professionisti, dimostrando che 2 Sam. 5,8 non implica che la presa
di Gerusalemme sia avvenuta in quel modo. Probabilmente si trattò soltanto di
arrivare alla fonte e togliere l'acqua, M a, al momento, nessuna ipotesi spiega in
modo convìncente l’espugnazione di Gerusalemme.
a.. Cfr. Y, Yadin, The Art of Warfare tn Biblica! Lands in thè Tight of Archeologi ceti Discoveries
London 19 6 3.
3. The kedtscot/ery of Worren’s Sbaft BAR V11/4 (19K1) 24-29.
b) Rivolta di Assalonne
e ruolo dì flebron e Giuda
Il testo attuale sulla ribellione di Assalonne sottolinea con pressante insistenza
che i suoi sostenitori nella rivolta contro il padre Davide, re d ’Israele e di Giuda,
erano le tribù del nord, i popoli d’Israele (2 Sam, 1 5 , 1 0 . 1 3 ; 1 6 , 1 5 . 2 2 ; 1 7 ,1 5 .2 .4 ;
1 8 ,6 .7 .1 fr; 19,9 ecc.). Nonostante le doti politiche di Davide, è molto probabile
che le tribù dei nord fossero state relegate in secondo piano rispetto a Giuda. Ciò
spiegherebbe la strategia di Assalonne, che cercò di accattivarsi prima di tutti
quelli del nord (2 Sam . 1 5 ,1 - 6 ) . M a non significa, come suggeriscono alcuni passi
del testo, che Giuda fosse stata sempre e sinceramente con il re e non avesse preso
parte alcuna alla ribellione di Assalonne. Non è possibile presentare qui la corri
spondente critica letteraria. Basti segnalare alcune circostanze.
Da una parte, il fatto della scelta di Hebron come luogo dell’incoronazione
di Assalonne non desta meraviglia. Perché andare all’antica capitale del regno di
Giuda quando tutti i partigiani di Assalonne, secondo il testo attuale, erano d’I
sraele? N on era più logico averlo fatto in Sichem, come più tardi succederà con
Geroboamo?
L ’unzione di Assalonne in Hebron, d’ altra parte, suppone un certo consenso,
almeno di una parte della popolazione e dei responsabili della città. 2 Sam . 1 5 , 1 1
aggiunge che duecento uomini di Gerusalemme si schierarono dalla parte di A s
salonne «innocentemente, senza sospettare nulla». In tali circostanze, tanta inno
cenza è più che sospetta, dato che tutti conoscevano le peripezie di Assalonne (2
Sam. i5 ,r -2 ) .
A l ritorno di Davide, dopo la morte di Assalonne, 2 Sam 1 9 , 1 2 - 1 5 afferma
chiaramente che egli dovette inviare messaggeri in Giuda, affinché i suoi compa
trioti mostrassero tanto entusiasmo come avevano farro quelli d’ Israele ricevendo
il re a Gerusalemme: «non siate gli ultimi nel ricevere il re...». E il v. 1 5 - «D avi
de cambiò l ’opinione della gente di Giuda» - significa che in precedenza gli erano
contrari. Per i redattori posteriori era problematico accettare che la tribù di Giu
da, in momenti tanto difficili, non fosse stata incondizionatamente dalla parte di
Davide. Era più facile gettare tutte le colpe della ribellione di Assalonne su quelli
del nord, tanto più che la rivolta successiva avrebbe condotto alla separazione
dei due regni.
Ebbene, dal punto di vista storico la rivolta dt Assalonne fu appoggiata da gen
ti del nord e di Giuda e solo un pugno di sostenitori e adepti, oltre alla guardia
personale di Davide, continuarono a essere fedeli al re. Il valore e l’abilità strate
gica di questi consentirono il ristabilimento della situazione.
c) Le stalle di Salomone
a hiegiddo
In 1 Re 9 ,19 si dice che Salomone assunse operai per costruire «centri di vettova
gliamento, le città con quartieri di cavalleria e carri..,». Sono dati confermati dai
ritrovamenti archeologici di alcune città e, particolarmente, di Megiddo. In effet
ti, negli scavi di questa città si scoprì una serie di sale con colonne e una sorta di
Nascita della monarchia 141
8. Bibhografia
4. The Megiddo Stables, in Lsstfys in bottor of Nelson Glueckì New York 1970, 268 276.
5. Un buon riassunto del problema si trova in EJ manda de fa Biblici 1 5 : La arqueologta y la Bi
bita. Cten anos de irtvestigaciàn, Valencia 1 9 8 fi, 43 ss.
6. Su questo punto si potrà consultare con profitto J.C. Trebolle, Salomon y JeraboamySalaman-
ca-Jerusalem 1980; Idem, Jehù y Jods. Texto y composietón literaria de 2 Reyes 9 -11. Valencia
1984; D. Barthélemy, Cntique textuelle de TAncien Testamenti Freiburg-Gòttingen 1982.
7. La Bible à la naìssance de l'histoire, Paris 19795 un compendio delle tesi dell'autore si trova in
Los lìbros de Samuel y Reyes (Quaderno Biblico 44), Estolla 1984.
8. Paitr ou contre Salomon f: RR 83 (1976) 321-379. 481-528; Idem, Absalom et les concubines
de $on pére: RB 84 (1977) lf}1 Idem, David et la maison de Saiih RB 86 (1979) 1 9 4 -213.
385-436. 4 8 1 -5 1 3 ; 87 (1980) i b i - n o , 88 (1981) 3 2 1 332; Idem, Affinnés sacerdotales, deuté-
ronomìques, élobistes dans l'histoire de la succession, in Pestschrift H. Cazelles, 1981, 233-246;
Idem, Ahitofel et Houshai, in Mélanges S.E. Loewenstamm, 57-90; Idem, 2 Samuel 15 -/7, in Stu
dici in Bible and thè Ancìent Near East^ Jerusalem 1978, 57-90.
9. Die Erzdblung von der Thtonfolge Davids, theologiscbe oder politische Geschichtsscbreibungf,
Ziirich 1974.
10. Dìe eivige Dynastie. David und dìe Entstehung seiner Dynastie nach der deuteronomìstiseben
Darstellung, Helsinki 19 7 5 .
14 z La nionarchia
I l, I D U E R E G N I F I N O A L 7 2 2
i . La situazione
a lla m o rte d i S a lo m o n e
2. La rottura nord/sud
b) La dinastia di Omri
c) lehu
e i suoi discendenti
d) II regno di Geroboamo I I
(787-747)
1 1 . A. Alt, Die Staatenbildung der Israeliten in Palàstìna, 1930 =Kleine Schriften 11, 18 53, 1-65.
1 50 La monarchia
il fondatore del regno del nord fu suo protetto e che l’egiziano avrebbe
considerato la divisione dell impero di Salomone l’occasione propizia per
recuperare la presenza egiziana in Palestina. L ’incursione del faraone rag
giunse i due regni. E possibile che Geroboamo i, alParrivo delle truppe
egizie, si rifugiasse a Penuel, sull’altra sponda del Giordano. Certo è che
Roboamo si salvò pagando un considerevole tributo. D ’altra parte, se
condo 2 O o«. 1 1 ,5 - 1 2 , Roboamo fortificò una serie di città del suo re
gno. Le lotte con il nord e la paura di una nuova incursione egiziana ne
sarebbero I3 causa.
Il discendente di Roboamo, suo figlio Abia (9 15-9 13), continuò la po
litica del padre nèli Impegno di consolidare le frontiere con il regno del
nord.
fi secondo figlio, Asa (9 13-8 71), non si comportò diversamente. In
questi tentativi Asa pagò il tributo a Ben-Hadad di Damasco perché at
taccasse Israele dal nord, obbligando così Baasa ad abbandonare la forti
ficazione di Rama, nel territorio di Beniamino. Asa si impossessò dei ma
teriali con cui fortificò altre città del regno. Non sembra che la situazione
sia molto mutata dopo questi fatti.
Giosafat (870-846), contrariamente ai predecessori, si riconcilia con il
regno fratello e, come si è detto parlando della dinastia di Omri, la pace
viene sancita dalle nozze della figlia di Acab con il figlio di Giosafat. Du
rante il regno di quest’ ultimo si cerca di organizzare una spedizione in
cerca d’oro, ma le imbarcazioni vengono distrutte da una tempesta (1 Re
22,49). In quest’epoca Edom è vassallo di Giuda, quantunque per poco
tempo.
Ioram (846-841) perse Edom e la città filistea di Libna (2 Re 8,22).
Acazia (841), figlio suo e di Atalia, fu assassinato da Iehu. L ’uccisione di
Acazia provocò grandi sconvolgimenti in Giuda. 2 Re 1 1 riferisce con
ampiezza del regno di Atalia e delia cospirazione che la detronizzò e ucci
se. La critica letteraria di questo difficile capitolo ha individuato varie re
dazioni di epoche e interessi diversi. “ Molto probabilmente il responsabi
le degassassimo della famiglia reale di Giuda fu Iehu, com’è chiaramente
indicato in 2 Re 10 ,13 - 14 , e non Atalia, contrariamente a quanto detto in
z Re i i , i , benché non tutti i particolari di 2 Re 10 ,13 -14 vadano presi
alla lettera. Certo è che Atalia, regina-madre imparentata con l’ultimo re
di Giuda, non era della dinastia di Davide. Allo stesso tempo il nuovo si
gnore di Samaria non poteva gradire che una discendente diretta degli
Omridi occupasse il trono di Gerusalemme.
La cospirazione di Ioiada, che una redazione posteriore presenta come12
12 . Cfr. C. Leviti, D ét Sturz der Kònigin Atalja, Stuttgart 19 8 2 ; J. Trebolle, Jehu y Jods, Valen
cia 19 84.
I due regni fino al 711 151
6. Problemi aperti
L ’espressione tradotta letteralmente con «popolo del paese» ricorre 5 r volte nei
testi dell’Antico Testamento. È utilizzata soprattutto nel secondo libro dei Re, nel
corrispondente secondo libro delle Cronache, in Geremia ed Ezechiele. Il ricorso
della formula nei diversi testi porta a costatare che non si riferisce mai al regno
del nord. D ’ altra parte nei testi preesilici l’espressione affiora con frequenza nel
contesto delle diverse cospirazioni ambientate in Gerusalemme (2 Re 1 1 , 1 4 . 1 8 .
T9.20, soltanto 1 ultimo cesto appartiene al racconto antico; 2 1 ,2 4 l2 volte]; 2 3 ,
3 0 .3 5 ; 2 4 ,1 4 ; 2 5 ,3 ; 2 5 ,1 9 [2 volte]). In tutti i casi «il popolo del paese» appare
come un gruppo compatto, difensore della dinastia davidica e ostile ai progetti
degli assassini del monarca legittimo. Nei testi postesilici l’espressione cambia di
significato. Tn Esd. 4,4 la formula designa la popolazione locale ostile alla comu
nità degli esiliati e assume, perciò, un significato spregiativo. N ell’epoca del N .T .
154 La monarchia
7. Bibhografia
K.A. Kitchen, The T h ird Interm ediate l'e tio d in E gypt ( 110 0 -6 5 0 B.C.), 1 9 7 3 :
opera indispensabile per quanto concerne PEgitto di quest’ epoca; S. Timm, Die
Dynastie O m ri, Gòttingen 1982,: lavoro recente e importante sul tema, con ricca
e minuziosa critica storico-letteraria; T. Ishida, The R oyal Dynastìes in Ancient
Israel , Berlin 1 9 7 7 ; Garelli * V. Nikiprowetzky, Le Proche-Q rtent asiatìque ^
Paris I 19 6 9 , 11 1 9 7 4 . chiaro e preciso manuale, curato da due grandi specialisti;
E. Puech, Athalie fille d'A ch ab: Salinariticensis 2.8 ( 19 8 1) : studio minuzioso sulla
famiglia della regina dì Gerusalemme; N . N a ’aman, Turo Notes on thè Monotith
Inscription o f Salm aneser I I I from Kurkhi Tel Aviv 3 (19 7 6 ) 8 9 -10 6 ; J.L . Sicre,
Diversas reacciones ante el latifundism o en el antiguo Israel , in Sim posio Biblico
Espaholy M adrid 1 9 8 4 , spec. pp. 405 ss. sulla vigna di N abot, con ricca biblio
grafia; W . Dietrich, Ptophetie und Geschichte, Gòttingen 1 9 7 2 : opera importan
te sulla storia della redazione deuteronomistica dei libri dei Re; C. Levin, Der
Sturz der Kontgin Atalia , Stuttgart 1 9 8 2 : recente studio di critica storico-lettera
ria, di grande pregio sulla cospirazione di Ioiada e la caduta di Atalia; R. La Bar
bera, The M an o fW a r and thè Man o fG o d , Social Satire in 2 King 6,8-7,20: C B Q
46 (19 8 4 ) 6 3 7 - 6 5 1 : articolo importante sulla personalità di Eliseo e i suoi inter
venti bellici secondo i testi bìblici; E. Puech, U ivo ire inserii d ’Arslan Tash et les
rois de Damasi RB 88 ( 1 9 8 1 ) 5 4 4 -5 6 2 : sulle guerre aramaiche contro Israele; N.
N a ’aman, Sennacherib's Letter to G o d on bis Gampaign io Ju d a h : B A SO R 2 1 4
(19 7 4 ) 2.5-39: l'articolo dimostra che certi testi attribuiti a Tiglat-Pileser ih ap
partengono a Sennacherib. È quindi praticamente impossibile che l’ Azriahou dei
testi di Tiglat-Pileser possa identificarsi con Azaria-Osia di Giuda; J. Asurmendi,
La guerra siro-efraimita. Bistorta y profetas , Valencia 1 9 8 2 ; H. Cazelles, Proble-
mes de la guerre syro-ephraìm ìte : Eretz-Israel 1 4 (19 7 8 ) 7 0 -78 .
Capitolo v
L ’ultimo periodo
della dinastia davidica
I. P R IM A F A S E : F I N O A L L A R I F O R M A D I G IO S IA
b) Problemi aperti
c) Bibliografia
2. Settantanni di normalizzazione
La situazione che Manasse riceve in eredità dal padre Ezechia non è af
fatto brillante. Gli assiri sono all’apice del potere quando il dodicenne
Manasse (cfr. 2 Re 2 1 ,1 - 1 8 e 2 Cron. 33,1-20) sale al trono (687). I testi
i 58 L ’ultimo periodo delia dinastia davidica
b) Problemi aperti
Alla stregua della predicazione di Sofonia che con probabilità influì concretamen
te sulla preparazione della riforma di Giosia, anche la partecipazione di Geremia
a tale riforma è accolta da vari autori.1 Le cose tuttavia non sono così evidenti.
Alcuni testi importanti di Geremia sono certo destinati alla popolazione delPanti-
co regno del nord (soprattutto i capp. z-6 e 3 0 -3 1) e la predicazione coincise con
i tentativi politici di Giosia di recuperare gli antichi territori del regno d’Israele.
Geremia, d ’altro canto, apparteneva a una famiglia sacerdotale di Anatot (Ger .
1 ,1 ) , con la quale si scontrò (Ger. 1 1 , 2 1 ; 12 ,6 ). M a fu la riforma deuteronomica,
squalificante i santuari locali e il suo personale, la ragione dello scontro di Gere
mia con la propria famiglia? Le cose non sono chiare. Di certo il profeta si rese
1. Cfr. H. Cazelles, Storia politica di Israele dalle origini ad Alessandro Aiagnoi Roma 1 9 8 5 , 1 8 2
e n. 84, con abbondante bibliografia.
16z L ’ultimo periodo della dinastia davidica
II. S E C O N D A F A S E : F I N O A L L A C A D U T A D I G E R U S A L E M M E
Con la scomparsa degli assiri dalla scena politica nel 609, il problema
della supremazia in Oriente non è risolto. Varie forze si affrontano e nes
suna possiede la capacità d’imporre il proprio dominio sulle altre. I medi
restano acquartierati nel nord della Mesopotamia e i protagonisti delle
guerre saranno gli egiziani e i babilonesi. l a Cronaca babilonese pubbli
cata da Wiseman (cfr. bibliografia) narra con obbiettività gli avvenimenti
di questi anni. Tra il 606 e il 605 egiziani e babilonesi si affrontano sulle
rive dell’Eufrate. I babilonesi avevano costruito una serie di roccheforti
attaccate e prese dagli egiziani, come avviene per Kimuhu. I babilonesi
contrattaccano e s’impadroniscono di postazioni egiziane. La battaglia
decisiva si consuma a Karkemish nel 605. Le truppe egiziane sono scon
fitte e alcuni soltanto riescono a riparare ad Hamat. Sebbene la Cronaca
babilonese esageri, dicendo che le truppe di Nabucodonosor non lascia
rono un solo egiziano vivo, certo per un po’ di tempo i babilonesi con
trolleranno totalmente la Siria-Palestina.
L ’ 8 agosto del 605, approssimandosi la morte del padre, Nabucodono
sor deve rientrare rapidamente in patria. Una volta insediato sul trono,
torna in Siria per consolidare l’occupazione. Tra il 603 e il 6oz Nabuco
donosor è di nuovo in Siria-Palestina. I filistei fanno appello all’Egitto,
come attesta il papiro di Saqqara. Gli egiziani decidono d’intervenire. La
battaglia ha luogo nel 601 e il risultato è incerto. Nabucodonosor, come
riferisce la stessa Cronaca babilonese, ritornò nel suo paese senza esser
riuscito a vincere gli egiziani e, di conseguenza, con i piccoli stati di Pale
stina in rivolta. L ’anno successivo la Babilonia recupera le forze e riorga
nizza le proprie truppe. Nel 599 Nabucodonosor invia parte delPesercito
insieme a bande aramaiche, moabitiche ed edomitiche (cfr. 2 Re 24,2) quale
preannuncio del suo intervento personale contro Gerusalemme nel 598.
Nell’autunno di quell’anno i babilonesi pongono Gerusalemme in stato
d’assedio e conseguono un dominio effettivo su tutta la regione (cfr. 2 Re
24,7 e Cronaca babilonese, 5° e 6° anno di Nabucodonosor).
3. La prima deportazione
ni. Artigiani, politici e sacerdoti partono per Babilonia; tra loro il sacer
dote Ezechiele, futuro profeta. Il numero degli esiliati varia secondo le
fonti. 2 Re 24 ,14 : 10000 deportati; 2 Re 24,16: 7000 + 1000; Ger. 52,
28: 3023 giudei deportati.
Il nuovo re di Gerusalemme, zio di Ioiakin, si chiamava Mattania. Na-
bucodonosor gli cambiò il nome in Sedecia, mostrandone in tal modo la
condizione di vassallo. D’ora in avanti, e fino al crollo finale, la comunità
giudaica si troverà a essere divisa in due: gli esiliati e gli abitanti di Giu
da e Gerusalemme.
La situazione politica è stabile per quel che riguarda il rapporto di for
ze tra babilonesi ed egiziani. Alla corte di Gerusalemme si affrontano due
partiti: i sostenitori della sottomissione e i propugnatori della ribellione.
L’Egitto, benché impotente, continua ad appoggiare da lontano i tentati
vi di rivolta dei piccoli stati palestinesi.
Il nuovo re, Sedecia, non mostra pienamente la sua personalità. Il lega
me con Geremia, almeno nei primi momenti di regno, appare solido; vale
a dire che la sua opzione politica era appunto quella della sottomissione
ai babilonesi, ai quali doveva fra Taltro il trono. Il partito filoegiziano
continua tuttavia a tessere trame, appoggiandosi su due basi fondamen
tali. Da una parte sulla coscienza popolare e di certi circoli di riflessione
teologica che, partendo dagli avvenimenti del 7 0 1, proclamano e senLono
una sicurezza a tutta prova nell’inviolabilità di Gerusalemme, dovuta alla
presenza del Dio nazionale nel tempio della capitale (Ger. 7; 26; 28; Ez.
1 1 ,1 4 - 1 5 ) . Il secondo sostegno della ribellione si fonda sulla cospirazio
ne che prende corpo nel 594/593 e alla quale partecipano esplicitamen
te Edom, Moab, Ammon, Tiro e Sidone. I loro ambasciatori tengono
un’importante riunione a Gerusalemme e Geremia riceve Tmcarico, da
parte del suo Dio, di presentarsi in quell’assemblea per esortare alla sot
tomissione (Ger. 27). Sedecia si compromette sempre più nella trama an
tibabilonese, appoggiato da una forte corrente popolare alimentata da
profeti e sacerdoti di Gerusalemme e di Babilonia (cfr. Ger. 27; 28; 29).
La Cronaca babilonese attesta che Nabucodonosor si presentò in Siria-
Palestina nel 594/593. Sedecia implora perdono per salvare la pelle (Ger.
51,59). In tutto questo tumulto il faraone Psammetico rimane inattivo.
4. La fase conclusiva
5. Problemi aperti
a) La caduta di Gerusalemme
La data esatta della caduta di Gerusalemme fa problema. 2 R e 2 5 ,8 afferma che
Nabucodonosor giunse a Gerusalemme (e la conquistò) Tanno 1 9 del suo regno,
ossia nel 5 8 6 (cfr. Ger. 5 2 ,1 2 ) . A l contrario, secondo Ger. 5 2 ,2 8 -2 9 , N abucodo
nosor deportò i giudei Tanno 18 del suo regno, vale a dire nel 5 8 7 . Alla luce di
questi dati non esistono argomenti decisivi né in un senso né nell’ altro. Ebbene, i
testi biblici affermano chiaramente che Sedecia regnò undici anni (2 R e 2 4 ,18 ) e
Tassedio dei babilonesi durò fino alTanno undici di Sedecia (2 R e 2 5 ,2 }. Eviden
temente Tanno undici di Sedecia corrisponde al diciottesimo di Nabucodonosor e
in tal modo si confermano le date riportate da Ger. 5 2 ,2 8 -2 9 .
b) La morte di loiaqim
È presentata in maniera differente nei vari testi biblici. 2 R e 24,6 lascia intendere
chiaramente che loiaqim morì tranquillamente nel suo letto; la formula «addor
mentarsi con i suoi padri» è solitamente usata dal redattore per indicare la morte
naturale della persona in questione. 2 Cron. 3 6 ,6 .7 fa credere che loiaqim venne
deportato e morì a Babilonia. Ger . 2 2 ,1 9 sembra indicare che loiaqim fu lasciato
fuori della città senza sepoltura. Il testo del libro delle Cronache pare confondere
avvenimenti differenti, mentre Toracolo di Geremia è una profezia di castigo, di
adempimento evidentemente aleatorio, come succede in altri oracoli profetici. 2
Re 24,6 è probabilmente il testo più attendibile.
6. Bibliografìa
Oltre alla bibliografìa specifica già segnalata sulla campagna di Sennacherib del
7 0 1 e alle diverse storie d’Israele, si possono consultare, sugli aspetti esaminati
nel capitolo, P. Garelli - V . Nikiprowetzky, L e Proche-O rient asiatique> Paris 1
1 9 6 9 ,1 1 1 9 7 4 . D .J. Wiseman, Chronicles o f Chaldaean Kìngs (626-556 B .C .) in
thè British M useum , London 1 9 5 6 ; A . M alam at, The last Kings o f Ju dah and thè
Fall o f Jerusatem . A n historical-chronological Study: IEJ 1 8 (19 6 8 ) 1 3 7 - 1 5 6 ; Id.,
The Tu/ilight o f Ju d a h : in thè Egyptian-Babylonian M aelstrom , V T S 28, Leiden
1975 , 1X3 T45-
in . l ’ is t it u z io n e m o n a r c h ic a
L ’instaurazione della monarchia non coincide affatto con gli inizi della
storia d’Israele. La sua durata sarà relativamente breve, perfino entro il
quadro temporale dell’Antico Testamento. Nonostante ciò, la monarchia
L'istituzione monarchica 167
avrà un ruolo decisivo durante la sua storia e dopo la sua scomparsa. Con
varianti più o meno essenziali, l’istituzione monarchica sì sviluppò come
funzione sociale e religiosa in modo eguale nei regni d’Israele e di Giuda.
Ciò si deve essenzialmente al fatto che la monarchia nella storia d’Israele
e un istituzione ricavata dai modelli esistenti in queirepoca nel Vicino
Oriente. La peculiarità della monarchia in Israele e Giuda va ricercata nel
dato seguente: la regalità non è mai concepita come la mediazione supre
ma e ultima tra il Dio nazionale e il popolo.
Con la caduta di Gerusalemme nel 587 la monarchia scompare dalla
storia d’Israele, I tentativi di restaurazione al ritorno dall’esilio c l’episo
dio della monarchia asmonea attestano in modo tangibile che la monar
chia non può più essere vissuta in Israele se non nell’ambito della speran
za escatologica.
1. .Riri d ’incoronazione
2. Funzioni del re
3. Messianismo
4. Bibliografia
IV . L A R E L IG IO N E D U R A N T E L ’ E P O C A D E L L A M O N A R C H I A
a) Babilonia
Tra 1 molti aspetti della religione babilonese nelle sue diverse fasi evoluti
ve va ricordata la festa dell anno nuovo. Si è conservato soltanto il rituale
dei primi giorni di tale solennità, la quale nella città di Babilonia durava
piu di dieci giorni. La documentazione frammentaria consente di scoprire
il senso e la funzione delle cerimonie. La religione babilonese s’incentrava
nel mantenimento del cosmo (l’ordine della creazione) di fronte alle forze
distruttrici che minacciavano continuamente la vita e l’armonia della
creazione (le forze del caos).
La creazione, il cosmo, era frutto della lotta originaria del dio Matduk
contro la dea Tiamat. Il rituale fondamentale della festa dell’anno nuovo
consisteva nella riproposta rituale di questo avvenimento mitico, rinno
vando le forze della creazione e garantendo per l’anno che iniziava le
condizioni di stabilità del cosmo, vale a dire la vita degli uomini e degli
dèi. Il poema della creazione, conosciuto sotto il titolo di Enuma elish
(«Quando nell’alto»), le prime parole del testo, veniva recitato intera
mente almeno una volta, la notte del quarto giorno, durante le cerimo
nie. All’insieme dei riti, denso e complesso, la partecipazione del re era
essenziale. Oltre a ricreare il mito originale, la festa contemplava un par
ticolare cerimoniale nel quale il re era umiliato, privato delle sue insegne
regali, messo in ginocchio e schiaffeggiato; successivamente, confessata la
propria innocenza, egli recuperava i! proprio potere. Da questo momento
il cosmo e la vita sociale potevano cominciare una nuova fase per Tanno
che iniziava.
In questi riti Marduk occupava evidentemente il posto chiave del pan
theon babilonese. Nei testi del Deutero-lsaia la sua figura si trova dopo
gli attacchi violenti contro gli idoli, nel momento in cui il profeta cerca di
dimostrare ai giudei deportati a Babilonia il potere del Dio dlsraele.
La festa dell’anno nuovo è servita di riferimento e modello per un’ipo
tetica festa dell’anno nuovo nella religione d’Israele. L ’esistenza di tale fe
sta è plausibile, ancorché non sia possibile disporre di dati sufficienti per
poterlo affermare.
Nel mondo assiro-babilonese il dio Tamuz, con marcate caratteristiche
di dio della fertilità, che più tardi si trasformerà nell’Adone greco, occu
pava uno spazio abbastanza importante. La sua presenza è inequivocabile
nella religione popolare israelitica al tempo di Ezechiele (Ez, 8 ,14 ; cfr. Is.
17 ,10 - 11) .
b) Egitto
c) Canaan
Meritano una segnalazione 1 due miti del ciclo di Balu. In pruno luogo
quello intitolato Balu e Motti. Tema del mito è la scomparsa annuale del
dio della fertilità e la sua ricomparsa rigeneratrice di vita. Balu accetta di
entrare nelle fauci di Motu, personificazione della morte, come indica il
nome (radice mot in semitico). Prima di cadere nelle fauci di Motu, il dio
Balu feconda una vitella, simbolo del suo potere e forse garanzia per il
futuro. La scomparsa di Balu provoca sgomento tra gli dèi, i quali si ren
dono conto della catastrofe che incombe, mancando Balu, sulla fecondità
in generale. La dea Anat, divinità bellica sorella di Balu e talvolta concu
bina del dio scomparso, organizza una spedizione guidata da una dea so
lare fino a incontrare il corpo di Balu, che torna alla vita dopo essere
sfuggito alle grinfie di Motu. La gioia degli dèi è indescrivibile, la pioggia
torna sulla terra e la fecondità è di nuovo assicurata.
Sembra certo che il testo rappresenti il mito del ciclo delle stagioni, con
la scomparsa della fertilità in autunno e la sua riapparizione in primave
ra. Che tutti i testi siano stati trovati nel tempio di Balu a Ugarit lascia in
tendere che il santuario fosse il loro luogo di vita naturale (Sitz im Leben)
con utilizzazione probabilmente cultuale.
Il mito di Balu e Jamrnu tratta un altro tema significativo. Jammu è la
personificazione del mare. Il problema della lotta tra le due divinità è
quello per il potere tra caos e cosmo. Dopo una forte resistenza da parte
di divinità importanti, come la «compagna» del dìo supremo El, Balu è
alla infine accolto dagli dèi e quindi anche dagli uomini come sovrano.
Un altro mito importante verte sulla costruzione del palazzo di Balu. Il
dio della fertilità esige l’edificazione di un palazzo idoneo al suo rango.
Dopo molte discussioni lo ottiene. Non bisogna dimenticare che il tempio
terrestre è la riproduzione del palazzo celeste. Un punto interessante del
mito è l’insistenza da parte di uno degli dèi architetti, che ha costruito il
palazzo di Balu, affinché questi accetti la presenza di finestre nel palazzo.
II dato può apparire stravagante, ma si tratta soltanto del simbolo delle
aperture celesti affinché la pioggia raggiunga gli uomini. Accettando le fi
nestre, Balu assume il suo ruolo nella fertilità della terra.
Questi testi mitici (li Ugarit e altri analoghi offrono un’immagine rela
tivamente ricca della religione cananea, con il suo fondamentale carattere
di religione agricola e della fertilità. Non è da escludere che gli israeliti si
vedessero «tentati» da una religione rispondente al contesto geografico
della regione. Di fatto la principale preoccupazione della religione cana
nea, secondo la testimonianza dei testi di Ugarit, e di conservare e svilup
pare la vita. Il culto, di cui non abbiamo una visione completa, è essen
zialmente teso a offrire al fedele il contatto con la divinità affinché questa
gli procuri la forza necessaria per il mantenimento e sviluppo della vita.
Non e stata accertata con sicurezza l'esistenza di una «prostituzione sa
17 4 L 'u l t i m o p e r io d o d e lla d in a s t ia d a v id ic a
era» ; nel caso sia esistita, la finalità appare chiara: riproporre in un luogo
e in un tempo sacri il tipico atto fecondante, Tatto sessuale, con una per
sona appartenente al mondo del sacro. Con questo mezzo o soltanto at
traverso la proclamazione del mito di Balu nel contesto liturgico, il fedele
presumeva di assicurare la fecondità, la vita della terra, degli animali e la
propria.
Tra i popoli vicini a Israele, i filistei hanno lasciato poche tracce. J testi
biblici informano che Dagon, antica divinità semitica, occupava un posto
importante, come dimostra la storia di Sansone, e in Eqron si trovava un
tempio dedicato a Baal Zebub, al quale si attribuivano poteri terapeutici
(2 Re 1). .
Gli ammoniti adoravano Milkom, nome da cui traspare la radice semi
tica mlk = re. Riguardo ai moabiti si dispone di qualche dato in più grazie
alla stele di Mesha, nella quale Kemosh, divinità nazionale, ha un posto
preminente.
Conviene accennare a un ultimo dato. Le «montagne» di Canaan era
no, già molto prima delTarrivo degli israeliti, centri religiosi e cultuali di
enorme importanza. Alcune, come il Carmelo, TEbal e il Garizim, furono
in parte e in varie epoche «recuperate» dalle tradizioni religiose d’Israele.
3. I profeti
Un aspetto fondamentale della distanza critica della religione d’ Israele
nei confronti della religione regale si concentra nel profetismo biblico. Il
profetismo non è esclusivo d’Israele, tuttavia dalPinterno del fenomeno
profetico generale sorse in Israele un tipo di profetismo proprio d’Israele,
unico.
Non intendiamo presentare qui la concretizzazione particolare del pro
fetismo biblico, ma soltanto alcuni elementi del contributo dei profeti alla
religione d’ Israele.
L ’azione dei profeti d’Israele si sviluppò in due direzioni fondamentali.
In primo luogo, i profeti costituirono la coscienza critica d’Israele. I loro
oracoli e interventi contro persone, o più generalmente contro la società,
investivano tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa. Partendo sempre,
implicitamente o esplicitamente, dall’azione di Dio nella storia del popo
lo, il profeta denuncia la risposta carente del popolo, dei governanti, del
re, delle istituzioni, all’iniziativa di Dio, che ricerca costantemente la co
munione con il proprio popolo. La giustizia sociale, la politica, il culto, le
concezioni religiose: tutto diviene oggetto della parola profetica. In tutte
le loro azioni i profeti, ognuno a suo modo e nel luogo e momento in cui
vive, svelano l’inadeguatezza del comportamento del popolo e dei suoi
L ’ u lt im o p e r io d o d e lla d in a s t ia d a v id ic a
membri alJe esigenze della comunione con il Dio d'Israele, origine e vita
del popolo stesso.
La critica profetica contiene nella sua stessa essenza un'ulteriore di
mensione fondamentale. Il profeta è l'uomo che più e meglio incarna la
speranza d’Israele. Il radicamento ne! passato Io abilita, in qualità di mes
saggero e portavoce del suo Dio, a trasmettere al popolo la parola che lo
spinge alla conversione, aprendo così la speranza e la realtà del divenire.
I profeti, accolti dalla comunità di fede d’Israele come autentici rappre
sentanti del suo Dio, costituiscono una mediazione religiosa che, pur pro
venendo in alcuni casi dal profetismo istituzionalizzato, travalica ogni
istituzione. Nel suo ministero il profeta agisce in totale indipendenza.
Non è sottomesso a nessim’altra istanza. La comunità dovrà discernere.
Questa situazione e queste caratteristiche del profetismo biblico spie
gano la funzione di elemento chiave del profetismo nelt’impedire Passimi-
lazione delia religione d’Israele alla religione regale o al culto. In effetti le
due istituzioni fondamentali della società, il potere monarchico e il culto,
saranno messe in discussione dai profeti non soltanto per il loro funzio
namento, ma per la loro posizione e il loro ruolo nella religione d'Israele.
II profeta ricorda con vigore e costantemente che il re non è la fonte
della legittimità e della vita sociale e religiosa, che la ragion d’essere e di
esistere d Israele risiede nell azione di Dio in favore del suo popolo nella
storia e che, per questo, il re è subordinato a una realtà precedente che lo
trascende.
Le veementi critiche dei profeti al culto e al sacerdozio, d'altra parte,
dimostrano chiaramente che il culto non detiene il primo posto nella ge
rarchia dei mezzi per stabilire la relazione con Dio. Senza una risposta
etica il culto non ha ragion d’essere.
Tale spostamento teologico delle due istituzioni fondamentali della so
cietà costituisce un elemento essenziale della religione d’Israele. In questa
prospettiva il profetismo rappresenta una delle dimensioni più specifiche
d’Israele rispetto alle religioni degli altri popoli.
Non bisogna dimenticare, infine, che i profeti crearono «scuole» e gra
zie a esse e in esse maturarono i testi e le teologie che costituiscono la
maggior parte del testo biblico.
4. La religione popolare
E regno di Giosia (640-609) è uno dei più interessanti della storia d’Israe
le sotto il profilo politico e religioso. Le circostanze storiche (crollo del
potere assiro e preludio del potere babilonese) consentono al dinamico re
d’intraprendere una riforma religiosa e politica per riunificare il popolo e
dargli coesione e coscienza religiosa e sociale.
Uno degli elementi chiave di questa riforma fu senza dubbio il «libro
della legge» trovato nel tempio di Gerusalemme. L ’opera, proveniente
dal regno del nord, fu scritta sulla base dell’esperienza del disastro d’I
sraele. Le riflessioni teologiche e storiche, il cui nucleo centrale si trasfor
merà nel Deuteronomio, si basano sull’unità del santuario, identificato
1 78 L ’ u lt im o p e r io d o d e lla d in a s tia d a v i d i c a
nel libro dei Re con quello di Gerusalemme, sull'unità del popolo, della
terra e del Dio d'Israele.
Il monoteismo e il centralismo cultuale si affermano in maniera mib-
tante, a conferma della necessità di tale insistenza. Ma la strategia lettera
ria e teologica dell’opera consiste nell'attribuir e l'intero libro a Mosè, as
segnando in tal modo un valore fondante ad alcune riflessioni la cui pri
ma redazione si deve collocare intorno al 700. Presentando Mosè come
autore dell’opera, il Deuteronomio può rimarcare un altro elemento chia
ve della sua teologia: la legge. In Israele, evidentemente, raccolte legisla
tive, decaloghi e altri compendi giuridici circolavano da molto tempo.
Queste tradizioni e testi legislativi, inoltre, espressione della volontà del
Dio d’Israele, svolsero un ruolo importante, ma difficile da precisare, nel
la storia d’Israele precedente il Deuteronomio. Quest’opera attribuisce
un 'importanza capitale ai «decreti, leggi e costumi» dati da Dio a Mosè e
inglobati da alcuni testi sotto la denominazione piu ampia di «la legge».
Giosia conferì valore civile e ufficiale a questo «libro della legge». E il
primo caso conosciuto nella storia d’Israele per cui un testo si muta in
norma suprema alla quale lo stesso re e sottomesso e su cui fonda la pro
pria legittimità.
La riforma di Giosia durò quanto il re, fino al 609. Ma il Deuterono
mio fece scuola e gran parte dei testi dell’Antico Testamento ebbero la lo
ro redazione definitiva nella scuola «deuteronomista», come viene gene
ralmente denominata. L ’esilio e la successiva restaurazione determineran
no la definitiva integrazione di alcuni elementi chiave del Deuteronomio e
della sua scuola nella fede d’Israele: unicità del santuario e primato asso
luto della legge. Al contrario, la teologia del Deuteronomio, che configu
rava il rapporto tra Israele e Dio come relazione di alleanza (con diritti e
doveri reciproci), dovrà essere profondamente rivisitata da parte dei teo
logi sacerdotali dell’esilio. Geremia ed Ezechiele mostrano con chiarezza
come questa teologia conduceva necessariamente a un vicolo cieco, poi
ché presupponeva la capacità deU’israelita di «rispondere» alle esigenze
di Dio.
Radicato nelle antiche tradizioni teologiche e storiche del regno del
nord e presentato in Giuda come sintesi teologica del momento, il Deute
ronomio costituirà uno dei libri di maggiore influenza sulla teologia e so
prattutto sulla pietà del giudaismo successivo all’esilio.
6. // sacerdozio
a) Il sacerdozio durante la monarchia
La classe sacerdotale non esisteva nei clan dell’epoca patriarcale. 11 padre
di famiglia svolgeva le funzioni sacerdotali, limitate quasi esclusivamente
L a r e lig io n e d u r a n t e l’ e p o c a .d e lla m o n a r c h ia 179
1
b) Le funzioni sacerdotali
c) Problemi aperti
gli uni e gli altri esplicare funzioni cultuali. I leviti sembrano originari del
sud, ma anche là hanno lo staro sociale di ger, emigrato (G iud. 17 pre
senta le principali caratteristiche dei leviti dell’epoca). D’altra parte pare
probabile il rapporto di Mosè con i leviti (cfr. Giud. t 8 ed Es. 2 ,1 tra gli
altri). Risulca difficile tracciare l’evoluzione dei leviti. A partire dall’esilio
le famiglie di Sadoq e Aronne si appropriarono dei migliori incarichi
nel tempio di Gerusalemme; ì leviti, identificati da alcuni con i sacerdoti
dei santuari locali scomparsi con la riforma di Giosia, occuparono sol
tanto i posti di secondo piano.
Un altro problema ancor privo di soluzione riguarda le origini, il ruolo
e Pevoluzione dei due personaggi chiave nella storia del sacerdozio israe
litico: Sadoq c Aronne.
7. li tempio
cultuale, piu tardi detta «il santo», e il debìr o «santissimo», dov’era col
locata Parca.
Il tempio di Gerusalemme era un santuario reale, un tempio nazionale.
Il re sovrintendeva agli edifici e ai funzionari del culto, i sacerdoti. Il tem
pio costituiva, per tutto ciò, una garanzia religiosa di grande importanza
per la monarchia. Pare, tuttavia, che la costruzione del tempio di Gerusa
lemme sia stata accompagnata dall opposizione di alcuni gruppi di israe
liti, i quali non vedevano di buon occhio la centralizzazione e le concezio
ni teologiche conseguenti a tale impresa (cfr. 2 Sam. 7,1-7). Il santuario
di Gerusalemme non presuppone comunque Fedissi degli altri santuari
locali, dolati di prestigio e tradizioni teologiche che Gerusalemme non
poteva offrire; ma con Pandar del tempo il nuovo tempio finirà per sop
piantare tutti gli altri.
Alla morte di Salomone il regno di Davide si divide in due. Le tribù del
nord recuperano la propria indipendenza, rifiutando la dinastia di Davi
de. Geroboamo, primo re del nuovo regno, trasforma Betel e Dan in san
tuari reali. Il provvedimento religioso era la conseguenza logica della rot
tura politica.
Alla fine del v i i secolo Pimpero assiro si frantuma. Il re di Gerusalem
me approfitta delia congiuntura favorevole per sbarazzarsi del giogo del
vassallaggio che da circa un secolo pesava su Giuda. Giosia recupera così
per Giuda una parte almeno delPantico regno del nord. Nel contempo in
traprende una profonda riforma politica e religiosa, di cui uno dei pila
stri è la centralizzazione del culto a Gerusalemme. D'ora in poi sarà legit
timo solamente il santuario della capitale, il tempio di Gerusalemme.
Tutti gli altri luoghi di culto vengono soppressi.
La morte del re impedisce che la riforma si consolidi. I santuari antichi
tornano ad aprire le loro porte. In breve tempo la riforma fallì. Le inten
zioni religiose di Giosia erano evidentemente sincere, ma ciò non toglie
alla centralizzazione del culto il molo di elemento chiave nel suo tentativo
di restaurazione politica.
Contrariamente ai templi egiziani o inesopotamici, il santuario israeli
tico, luogo della manifestazione di Dio, è anche casa di preghiera. Ci si
reca al santuario per «vedere Dio» e offrire sacrifici.
Le truppe di Nabucodonosor conquistano Gerusalemme nel 5 8 7 . Il
tempio è incendiato. Inizia una nuova fase della sua storia.
8. Le feste
a) La pasqua
L ’etimologia della radice ebraica psh non consente conclusioni precise
sul suo significato. Nei testi biblici la radice è usata con due significati di-
L a r e lig io n e d u r a n t e l’ e p o c a d e lla m o n a r c h ia 18 3
b) Il sabato
lare d'Israele con il suo Dio, dal momento che offrivano elementi d’iden
tificazione rispetto ai popoli con i quali essi convivevano. Lo stesso ac
cadde per la circoncisione.
La prima celebra l’ inizio della raccolta dei cereali, la seconda la sua con
clusione. Sono in stretta relazione reciproca: sono feste di pellegrinaggio
al santuario locale per presentare a Dio le offerte in ringraziamento dei
benefici ricevuti: «osserverai la festa dei pani azzimi e... non ti presente
rai davanti a me con le mani vuote» (Es. 2.3,15; cfr. 34,18-20.26). A par
tire dalla festa degli azzimi si contano sette settimane, quindi si celebra la
festa della mietitura (Es. 2 3 ,ré) o delle settimane (Deut. 16 ,10 ). A ta
le computo corrisponde il nome greco della festa: Pentecoste (= «il cin
quantesimo [giorno]»). Al pari di altre feste, nel libro dei Numeri e nel
Levitico - testi della tradizione sacerdotale —la festa delle settimane si
colorirà di un carattere sacro più esplicito, sottolineando i sacrifici che
l’accompagnano e la parte che i poveri dovranno avere nella raccolta
(Lev. 2 3 ,1-2 2 ; Num. 28,26-31).
Durante tutto il periodo dell’Antico Testamento la festa delle settimane
non riceve alcun significato connesso alla storia d’Israele. Agli albori del
l’era cristiana si nota un’evoluzione. Il libro dei Giubilei ne è un chiaro
esempio. In quest’epoca la festa è divenuta il ricordo del rinnovamento
dell’alleanza del Sinai. Si commemora il dono della legge e, al tempo stes
so, si rinnova il patto che l’alleanza comporta per il popolo.
9. Bibliografia
a) Il contesto religioso
H. Ringgren, L e religioni d e ll’Oriente a?rticot Brescia 1 9 9 1 : in quest'opera i feno
meni, le istituzioni e le concezioni delle religioni orientali antiche vengono esami
nati nei loro rapporti reciproci e nella funzione che rivestono all’interno delle ri
spettive culture; T. Jacobsen, The Treasures o f Darkness. A H istory o f M esopot-
amian Religion , Yale 1 9 7 6 : offre un’eccellente panoramica della religione meso-
potamica, seppure senza troppi particolari; H. Brunner, Grundzuge der altàgyp-
lischen Religion , Darmstadt 1 9 8 3 : è una presentazione concisa, giacche la com
plessità del pantheon e della religiosità egiziana sono proverbiali; E. Jacob - H.
Cazelles, Ras Shcnnra et ìA n cie n Testamenti Ras Sham ra , DBS ix (19 7 9 ), 14 2.5
14 3 9 : i due autori, profondi conoscitori dei testi e della cultura di Ugarit, presen
tano i punti di contatto, le differenze e i limiti del lavoro comparativo tra la reli
gione dTsraele e i dati della religione cananea conosciuti attraverso Ugarit; G. del
Olmo Lete, M itos y leyendas de Canaan , Madrid 1 9 8 1 , 6 3 -7 4 : nell’ introduzione
generale a questa eccellente presentazione dei testi di Ugarit l’autore offre una pa
noramica della religione dì tale città; le brevi pagine di un grande conoscitore dei
testi costituiscono una preziosa introduzione alla religione di Ugarir; F. Xella, G li
antenati di Dio. D ivinità e miti della tradizione di Canaan , Verona 19 8 2 : appro
fondita disamina dell’universo mitologico di llgarit, riporta numerosissimi testi
per la prima volta tradortì in italiano; M . Eliade, Trattato di storia delle religioni ,
Tonno 1 9 5 4 ; Idem, Storia delle credenze e delle idee religiose , 3 voli., Firenze
1 9 7 9 - 1 9 8 3 : autore universalmente noto come pioniere e artefice della scienza
della storia delle religioni, le sue opere sono divenute il passaggio obbligato per
chi desidera collocare in una prospettiva globale gli elementi deile diverse reli
gioni; Histoire des Reltgions , in Encyclopédie de la Plèiade , 3 voli., Paris 19 7 0 .
1 9 7 2 . 1 9 7 6 : eccellente presentazione delPinsieme delle religioni redatta da spe
cialisti; buono strumento di lavoro per un primo avvio allo studio.
b) Aspetti generali
Cfr. la bibliografia citata al cap. in, ix.
c) II sacerdozio
Presentazione sintetica e classica del sacerdozio ili Israele in R. de V au x, L e istitu
zioni dell’Antico Testam ento , Torino 19 6 4 ; l’opera di A. Cody, A History o f O ld
Testament Priestbood , Roma 19 6 9 , si colloca sulla scia di R. de V au x amplian-
L a r e lig io n e d u r a n t e l ’ e p o c a d e lla m o n a r c h i a 18 7
d) Il tempio
Presentazione classica delle cognizioni e dei problemi sui santuari e sul tempio di
Gerusalemme in R. de V au x, L e istituzioni delVAntico Testam ento , Torino 19 6 4 ,
2 9 0 -3 4 1 . Lo studio più completo sul tempio di Gerusalemme è senza dubbio l’o
pera monumentale di T h .A . Busink, D er Tem pel von Jerusalem , 2 voli., Leiden
1 9 7 0 -1 9 8 0 .
e) Le feste
Sulle feste in generale: R. de V aux, L e istituzioni dell*Antico Testamento, d orino
1 9 6 4 ; del medesimo, con alcune variazioni e ampliamenti, Les sacrifices de TAn
cient Testamenti Paris 19 6 4 . Un agevole compendio, accessibile e abbastanza
completo, benché classico nelle analisi e nelle presentazioni, si trova in R, M artin-
Achard, Essai biblique sur les fètes dT srael , Genève 1 9 7 4 : il vantaggio dell’opera
e di riportare una serie di commenti, partendo dalle feste, che consentono la let
tura di un’altra sene di testi. Sulla pasqua si veda l’opera di J. Henninger, Les fè
tes de printem ps chez les Sémites et la Pàque israélìte , Paris 1 9 7 5 . Per il sabato
segnaliamo l’ampio e accurato articolo di J. Briend, Sabbat , DBS x (19 8 4 ), 1 1 3 2
1 1 7 0 : oltre allo status quaestionis , l’ autore sviluppa e giustifica l’ipotesi imposta
ta nel paragrafo corrispondente. Per la festa di Pentecoste, infine, cfr. F. Cocchi-
no, L ’evoluzione storico-religiosa della festa di Pentecoste : RivBibl 25 ( 19 7 7 ) 2 9 7
3 2 6 ; M . Delcor, Pentecòte , DBS v i i (19 6 7 ), 8 5 8 -8 7 9 .
Capitolo vi
L ’esilio
e la restaurazione di Giuda
sotto i persiani
I. l ’ e s i l i o
sperità sarà la vostra» (Ger. 2,9,7). Geremia non è profeta di vane illusio
ni. Non è certamente il momento d’illudere la gente; se il profeta esorta a
questo tipo d’insediamento, lo fa perché è realmente possibile; ciò attesta
l’esistenza di un margine di libertà considerevole. Ne dà prova la situa
zione riscontrabile negli anni successivi. Il ritorno dall’esilio sarà, infatti,
non solo graduale, ma limitato. Sono stati portati alla luce gli archivi di
un’ agenzia di affari della seconda metà del sec. v a.C. della famiglia Mu-
rashu, in cui compaiono numerosi nomi di giudei che formavano parte
integrante del tessuto commerciale. D’ altronde il potenziale economico
della comunità ebraica di Babilonia, fino al nostro secolo attuale, è tra i
maggiori delle comunità della diaspora.
L ’aspetto più negativo della situazione degli esiliati era senz’altro la
lontananza dal tempio di Gerusalemme. In tali condizioni era impossibile
praticare il culto tradizionale. Tuttavia Israele, per vivere come tale, do
veva mantenere a ogni costo la sua relazione con Dio. Data la composi
zione sociale del gruppo esiliato, i sacerdoti svolsero un ruolo decisivo
nella riorganizzazione sociale e religiosa della comunità. Mancavano
nuovi elementi su cui fondare l’identità dei popolo di Dio in mezzo ai pa
gani. Il modo adottato dai sacerdoti fu di assumere riti, feste e costumi
della tradizione e dotarli di un peso teologico nuovo, in grado di esprime
re la relazione Israele/Dio. E quanto fecero con la circoncisione, che si
trasforma nel segno dell’alleanza tra Dio e il suo popolo (Gen. 17); con il
sabato, che diviene la festa settimanale del riposo e della consacrazione a
Dio. In queste condizioni la festa della pasqua assume probabilmente un
rilievo particolare (cfr. quanto detto riguardo alle feste nel cap. v, iv,8).
Inoltre non va dimenticato che molti riti, per i quali non è indispensabile
il tempio, assumono in questi momenti una valenza particolare: pensiamo
al digiuno, alla preghiera e ad alcune cerimonie di purificazione nelle
quali interviene l’acqua (cfr. Sai 137). Una delle principali occupazioni
dei deportati fu senz’altro la lettura degli antichi testi.
11. l ’ i n v a s i o n e d i C IR O
1. Ciro ~
Il successore dì Nabucodonosor, Avil-Marduk (chiamato Evil-Merodak
in 2 Re 25,27), fa uscire dal carcere Pultimo re di Giuda, Ioiakm (ANET
308; PO A 51). M a il babilonese non regna piu di due anni, il cognato
soltanto quattro e il figlio di quest’ultimo due mesi, ucciso da Nabonedo
ultimo re delPitnpero neobabilonese.
lì regno di questo sovrano è molto discusso. Le vicende degli anni a lui
precedenti e il disordine della corte mostrano che la situazione interna ed
esterna non era molto stabile. Probabilmente i problemi economici del
regno erano gravi e la prolungata permanenza del re alle frontiere dell’A
rabia, nell’oasi di Teima, va veris imi Unente connessa a ragioni economi
che (controllo e apertura di rotte commerciali) e religiose (POA 52). La
religione del nuovo sovrano sarà un fattore chiave nelPevolversi della si
tuazione. Figlio di una sacerdotessa di Harran e come la madre devoto al
dio Sin (la luna) non volle, o non seppe, rendersi corno dell’importanza
L 'i n v a s i o n e d i C i r o 191
di Marduk e del suo clero nella vita dei babilonesi e delle loro istituzioni.
Durante la sua permanenza in Arabia lasciò come governatore di Babilo
nia il figlio Baldassar, il quale non ebbe mai il titolo di re, contrariamente
a quanto si asserisce nel libro di Daniele. È un fatto rilevante, poiché egli
non poteva celebrare la festa dell’Akitu (festa dell’anno nuovo) in onore
di Marduk. Babilonia e il tempio di Esagil senza la festa dell’anno nuovo
erano come un corpo senz’annua. La situazione si protrasse per dieci an
ni, come afferma lo stesso Nabonedo nella stele sopra ricordata. Il mal
contento popolare, fomentato dal clero di Babilonia, giunse al culmine.
Ma questo fatto cultuale, ancorché importante, sarebbe stato insuffi
ciente a por fine all’impero neobabilonese se non fosse intervenuto un
elemento esterno. Si tratta di Ciro il persiano. Benché il suo nome sia di
tipo elamita, apparteneva a una delle tribù persiane più autorevoli e, in
essa, a una famiglia di prim’ordine, quella degli Achemenidi. Ciro salì al
trono persiano nel 557. In meno di ventanni costruisce un impero estre
mamente potente.
Comincia ribellandosi ai medi, da cui i persiani dipendevano, pur go
dendo di una certa autonomia. Il dispotismo del medo Astiage agevolò il
nuovo re nella ribellione. A seguito di questo evento Ciro giunge a con
trollare tutta la parte orientale e nord-orientale della Mesopotamia.
I lidi, in Asia Minore, dal 560 erano governati dal famoso re Creso. Di
fronte alla situazione creatasi con la vittoria di Ciro sui medi, con i quali
Creso aveva stabilito buone relazioni anche sul piano matrimoniale, il re
lidio cerca prontamente di organizzare una coalizione cui parteciparono
lacedemoni, egiziani e babilonesi. Ciro, tuttavia, fu fortunatamente infor
mato del progetto prima ancora della sua attuazione e, anticipando il fu
turo avversario, lo costrinse a fronteggiarlo, assumendosi in tal modo 1 i
niziativa dello scontro.
I primi combattimenti sono incerti e Creso torna a Sardi, la sua capita
le, in attesa di riorganizzarsi e ricevere aiuto. Ciro comunque persiste nel
la tattica di forzare la mano all’avversario, non lasciandogli tempo di re
spirare. Nel 546 Sardi cade e Creso vien fatto prigioniero.
L’unica forza superstite per fronteggiare il potere di Ciro è Babilonia.
Per alcuni anni Nabonedo non si rende conto del pericolo mortale cui si
sta esponendo con Ciro. Nel frattempo il persiano occupa a poco a poco
alcuni territori di Nabonedo, cercando di isolare la capitale, Babilonia.
Gli avvenimenti precipitano e nel 539 il governatore del Gutium, un ba
bilonese, entra in Babilonia con le truppe di Ciro. I dati disponibili con
fermano che la città aprì le porte al nuovo signore. Il malcontento popo
lare e l’odio fomentato dall’atteggiamento di Nabonedo resero possibile
il cambiamento di situazione senza le guerre e le uccisioni generalmente
presenti in questi rivolgimenti. La caduta di Babilonia ebbe una notevole
19 1 L ’ e s ilio e la r e s t a u r a z io n e d i G i u d a
2. L'editto di Ciro
I I I . T E N T A T IV I D I R E S T A U R A Z I O N E M O N A R C H I C A
1. Zorobabele
Per dieci anni la situazione rimane invariata. Ciro muore nel 530. Gli
succede il figlio Cambise. Il suo regno fu particolarmente agitato. Con
quisterà l’Egitto in modo duraturo, estendendo ancor più il suo impero.
Ma si deve ritenere che non si comportò in Egitto come suo padre a Babi-
194 L ’ e silio e la r e s t a u r a z io n e d i G i u d a
Ionia e non rispettò i santuari locali, procurandosi così l’ostilità delia po
polazione. Inoltre, per prevenire tentativi di colpo di stato assassinò suo
fratello Bardiya. Di ritorno dall’Egitto, nei pressi del Carmelo ni Palesti
na, morì per una ferita accidentale (512). La tradizione popolare egiziana
vedrà in questa morte il castigo per la sua empietà.
Poco prima di morire gli era giunta notizia che un tale Gaumata, fa
cendosi passare per il fratello assassinato, gli si era ribellato e varie pro
vince orientali lo avevano riconosciuto come re. Alla morte di Cambise
gli succede Dario 1 (522-486), che non era suo figlio ma membro di un
ramo collaterale della famiglia reale. Il nuovo sovrano avrà bisogno pra
ticamente di due anni per riappropriarsi effettivamente di tutto il potere
che era stato nelle mani di Cambise. La sua politica consisterà nel porre
come governatori o responsabili politici delle diverse province dell’impero
personalità locali incondizionatamente fedeli alla sua persona. Così fece
in Egitto e in Giudea, provìncia importante e passaggio obbligato per l’E
gitto. 11 designato per Giuda è Zorobabele, il cui nome in babilonese si
gnifica «seme di Babele». Agg. 1 ,1 . 1 4 ; £,2.21 attribuisce a Zorobabele il
titolo di peha (governatore) di Giuda. D ’altro canto questo personaggio
è sempre definito «figlio di Sealtiel» (Esd. 3,2.8; 5,2). Secondo 1 Cron.
3 ,17 , Sealtiel è il figlio maggiore di Ioiakin, il re di Giuda deportato a Ba
bilonia. Per molti giudei, e in special modo per i deportati, Zorobabele
rappresentava certo il discendente legittimo della dinastia davidica.
La situazione di costante ribellione e d’instabilità, dominante nell’im
pero persiano dagli ultimi anni di Cambise fino al momento in cui Dario
1 potè impossessarsi a pieno titolo del potere, si prestava ad alimentare
ogni tipo di sogno di restaurazione nazionale. 1 profeti Aggeo e Zaccaria
sono privilegiati testimoni di questa speranza di restaurazione politica
della dinastia davidica. I due profeti esercitarono il loro ministero con
temporaneamente, a partire dal 520. La visione di Zacc. 4 ,i-ó a .io b -i4
presenta una società giudaica nella quale i due «unti» hanno lo stesso
rango, ognuno nella propria sfera di competenza: Giosuè, il sacerdote, e
Zorobabele, il principe. Gli oracoli diretti a Zorobabele in 4,6b-ioa non
consentono dubbi sull’idea del profeta riguardo al discendente di Davide
e sulla missione che gli assegnava. In questo testo, tipica espressione del-
rideologia regale (la presenza e il dono dello Spirito), gli viene assegnata,
come funzione primaria, la ricostruzione del tempio. Lo stesso si può dire
di Aggeo, che designa Zorobabele per parte del dio nazionale come «mio
servitore», denominazione classica dei sovrani di Gerusalemme (2,20
23). Il significato di questo vaticinio, come del precedente di Zaccaria,
non consente incertezze.
Zorobabele scompare dalla scena senza lasciar traccia. Le speranze non
si avverarono e la pace persiana viene stabilita senza possibilità di restau
T e n t a t i v i d i r e s t a u r a z io n e m o n a r c h ic a 19 5
2. Il nuovo tempio
una propria autorità. Tale spazio d’autorità lasciato libero dal potere po
litico sarà occupato dal sacerdozio, runico corpo sociale organizzato che
nel corso dei decenni dell’esilio aveva assolto importantissimi compiti.
Assumendo sotto la propria responsabilità il tempio, unico elemento tan
gibile di coesione della comunità, il sacerdozio rafforzerà inoltre la pro
pria posizione. In queste circostanze non è strano che il rito delibazione,
prima dell’esilio caratteristico della monarchia, passi al sommo sacerdo
te, titolo che appare in quest’epoca (Agg. 1,1) .
I V . M I S S I O N E E O P E R A D I N E E M IA
1. Esdra
I libri di Esdra e Neemia sono costituiti da unità letterarie connesse senza
un ordine cronologico. Parlando di uno o dell’altro di questi due perso
naggi bisogna quindi ricorrere ad ambedue i libri, benché tra la missione
del primo e quella del secondo intercorrano una trentina d’anni.
Esdra, la cui missione è collocata verisimilmente nel settimo anno del
regno di Artaserse n (398), in Esd. j y6 viene qualificato come «scriba
esperto nella legge che diede il Signore». La sua genealogia lo apparenta
con il sacerdote Aronne. I due titoli si trovano riuniti in 7 ,12 , nel testo
della missione affidata dal re al sacerdote-scriba giudeo. L ’ordine reale
contiene vari elementi. Si rinnova l’autorizzazione in base alla quale
quanti intendevano ritornare in patria lo facciano liberamente, compresi
—precisa il testo —sacerdoti e leviti. Vi è un altro aspetto importante nella
■ ■ * 4 r 1 m m m m m ^ ■
missione: «11 re e 1 suoi sette consiglieri ti inviano per vedere come si os
serva in Giudea e a Gerusalemme la legge del tuo Dio, che ti hanno affi
dato». Questo secondo elemento è decisivo. Da un lato, «legge del tuo
Dio» si cambia, attraverso il decreto, in legge dello stato persiano per i
giudei. Esdra, inoltre, riceve il potere d’imporre l’adempimento di detta
legge. Un testo religioso assume, per decisione e volontà di un sovrano
straniero e dominatore del popolo giudaico, rilievo civile ed efficacia le
gale. Il terzo elemento rilevante è dato dai contributi del sovrano persiano
al mantenimento del culto di Gerusalemme (7,15).
Esdra dedica tutto lo zelo e l’impegno possibili per portare a termine la
missione, la cui manifestazione pubblica più importante coincide con la
famosa festa nella quale Esdra, lo scriba, «legge il libro della legge di
Mosè» (Neem. 8,1). Oltre al lavoro normativo in campo religioso, Latti
vi tà di Esdra è nota in materia di matrimoni misti. I capitoli 9 e io del
suo libro narrano il doloroso episodio della separazione dei giudei dalle
mogli straniere. La purezza d’Israele non poteva tollerare tali matrimoni.
D’altro canto sembra strano che non si parli di possibili conflitti tra Esdra
e i samaritani.
2. Il giudaismo
3 . 1 samaritani
4. Problemi aperti
V I . LA R E S T A U R A Z I O N E R E L IG IO S A
x. L ’esilio
Nella storia dlsraele e quindi in quella della sua religione si può parlare
con proprietà di «prima e dopo l’esilio». La continuità è tanto importante
quanto la frattura. Dal punto di vista delle istituzioni, mediazioni salvifi
che nella teologia d’Israele, la monarchia scompare, il tempio è distrutto
e, di conseguenza, il sacerdozio rimane sospeso. La religione d’Israele non
si identifica con nessuna di queste istituzioni, benché con il tempo molti
asseriscano il contrario.
In queste drammatiche circostanze i teorici della religione d’Israele si
appellano a una teologia che sottolinea la fedeltà del Dio d’Israele, la sua
presenza e la sua azione al di sopra delle istituzioni e delle teologie, di
strutte dagli avvenimenti. La relazione tra Dio e il suo popolo verrà piut
tosto concepita come dono gratuito e totale da parte di Dio. Questo dono
porta con sé da una parte la capacità di rispondere alla sua chiamata,
dall’ altra l’offerta all’uomo dei mezzi per ristabilire la relazione con Dio
in caso di rottura: il culto.
Il rapporto dell’uomo con Dio comporta spesso un’idea di ricompensa.
Nell’Israele antico la responsabilità collettiva inglobava la dimensione in
dividuale in sintonia con quanto talvolta si designa «personalità corpora
tiva». I membri del gruppo sono solidali nel bene e nel male con le azioni
di ognuno di essi e viceversa. Con la crisi delPesilio queste concezioni su
sciteranno un’appassionata discussione (G er. 3 1 , 1 9 - 3 0 ; Ez. 14 ; 1 8 ; 3 3 , 1 0 -
La restaurazione religiosa 2 ,0 1
Con l’editto di Ciro, che permerte il ritorno in Giuda dei giudei esiliati,
per Israele e la sua religione si apre una nuova fase. Il nuovo sovrano non
concede a Gerusalemme la libertà politica, bensì quella religiosa. Il rim
patrio fu progressivo e moderato. Lo attuarono i circoli sacerdotali e i
gruppi nazionalisti. Non poteva essere altrimenti. La ricostruzione del
tempio terminerà nel 5 15 . Questo avvenimento costituisce il punto di
partenza di una nuova era nella storia dMsraele.
Due gruppi religiosi esercitano grande influsso nella ricostituzione della
comunità religiosa d Israele: i sacerdori e i profeti. I sacerdoti sono Punico
gruppo organizzato con potere effettivo: sorvegliano e animano il tem
pio, in questo momento la sola istituzione materiale determinante sui
piano teologico. Essi daranno struttura definitiva alle antiche tradizioni
tramandate dai diversi documenti, cui aggiungeranno i loro scritti, frutto
della riflessione teologica dell’esilio sulla base delle loro stesse tradizioni.
In questi testi prenderanno corpo e acquisiranno un inestimabile valore
religioso alcune realtà conosciute e praticate fin da tempi remoti, come la
circoncisione che diviene, nella prospettiva teologica dei testi sacerdotali,
il segno della relazione tra Israele e il suo Dio (Gen. 17). Lo stesso vale
per il sabato postesilico che, amalgamato con elementi precedenti, riceve
un contenuto teologico e una funzione sociale completamente nuovi.
L ’evoluzione dei sacrifici e del culto in generale è ugualmente significa
tiva, poiché la presenza e la funzione sacerdotale assumono maggior pe
so, rimarcando l’attività sacrificale e diminuendo in proporzione quella
dei fedeli. Questo cambiamento è evidente nell’importanza attribuita ai
sacrifici per il peccato, o di espiazione, rispetto ai sacrifici di comunione.
Tra i temi della predicazione profetica di quest’epoca spicca, in primo
luogo, l’insistente affermazione del monoteismo israelitico. È un punto
forte dei testi del Deutero-Isaia. La situazione in cui si elabora tale affer
mazione è quella di un popolo che, dinanzi all’impotenza del Dio nazio-
2.02. L ’esìlio e la restaurazione di G iu d a
3. Il sacerdozio postesìlico
4. // secondo tempio
zione del tempio può cominciare. Si dovrà attendere fino al 520 perché le
opere assumano un ritmo soddisfacente. Nel 5x5 i lavori termineranno e
il nuovo santuario verrà inaugurato. Poco ci è noto del secondo tempio.
La struttura non doveva diversificarsi molto da quella del tempio di Saio-
mone. Il libro di Esdra riferisce che alcuni anziani, che avevano visto il
primo tempio, piangevano confrontandolo con il nuovo, molto piu sobrio
e semplice per l'esiguità di mezzi.
Un fattore politico contribuì potentemente alla ricostruzione del tem
pio. Intorno a Zorobabele, discendente di Davide, presero forma i sogni
di restaurazione politica. In questa prospettiva la ricostruzione del tempio
nazionale diventava un elemento essenziale. Ma Zorobabele scompare
senza lasciare traccia e il tempio, ricostruito e privato di pretese politiche,
diviene uno dei cardini principali della vita della nuova comunità.
5. Le feste
Della pasqua e del sabato in epoca postesilica già si è detto (cfr. cap. v,
iv,8). Il giorno dell’espiazione è la festa tipicamente postesilica e sacerdo
tale, benché non si debbano escludere elementi tradizionali più antichi.
Nessun calendario liturgico la menziona. NeiFA.T. s’incontrano sola
mente tre riferimenti alla festa: Lev, 23,27.28; 25,9. Si capisce che questa
festa acquisì gradualmente un’importanza che prima non aveva. Secondo
Lev. 23,27, «è il giorno nel quale si espia da parte vostra in presenza del
Signore». L ’esilio fu il momento in cui Israele iniziò a essere consapevole
della sua colpa e, pertanto, doveva stabilire una forma per riannodare la
relazione con la divinità, nonostante il peccato. I testi sacerdotali più re
centi offrono questa opportunità con il rito del giorno dell’espiazione.
Lev. 16 si dilunga sul rimale che, oltre il digiuno, include il rito dell’a
spersione col sangue nel santissimo da parte del sommo sacerdote (L ev.
16 ,14 -15 ). Dalla distruzione del tempio fino a oggi il giorno delPespia-
zione è una delle feste piu importanti del giudaismo.
6. Bibliografia
Sulla religione d’Israele sono disponìbili buoni studi. Segnaliamo i seguenti: H.
Ringgren, Israele . / padri , l'epoca dei re3 il giudaism o , Storia delle Religioni 1 1 ,
Milano 1 9 8 7 ; G. Fohrer, Storia della religione israelitica , Brescia 1 9 8 5 . Il primo,
di scuola svedese, organizza il suo studio in prospettiva storica, attribuendo gran
de importanza all’alleanza davidica e al culto; il secondo è un’opera d'insieme di
grande valore, benché si attenuino alcuni elementi. Una buona presentazione de
gli studi sulla religione d’Israele pubblicati tra il 1 9 5 1 e il 1 9 7 3 è offerta da W .
Zmimerli, The History o f ìsraeliie Religione in G .W . Anderson (ed.), TfadUion
and Interpretation , O xford 1 9 7 9 , 3 5 1 - 3 8 4 . La sintesi più aggiornata sul tema,
La restaurazione religiosa 2,05
La Palestina
sotto la dominazione greca
(333-16 7 a.C.)
I. LA N U O VA SIT U A Z IO N E :
ALESSAN D R O (333-32,3) E I D IA D O C H I (323-301)
La prima importarne vittoria su Dario in a Isso, nel 333 a.C., aprì defini
tivamente ad Alessandro le porte dell’Oriente. Dopo l’occupazione di
Damasco e prima di addentrarsi nel cuore dell’impero persiano, Alessan
dro decise di sottomettere la costa mediterranea e di impossessarsi dell E
gitto. Solamente Uro e Gaza gli opposero resistenza. La città fenicia, si
tuata su un’isola a due chilometri dalla costa, resistette all’assedio per
sette mesi, ma alla line fu distrutta. L ’eunuco Batis, che guidava la difesa
di Gaza, oppose un’accanita resistenza, riuscendo a mettere in pericolo
perfino la vita di Alessandro. Dopo due mesi di assedio anche Gaza venne
rasa al suolo e Alessandro potè occupare l’Egitto, che lo accolse come un
liberatore. Nel 3 3 1 Alessandro fondò una nuova città presso la foce del
Nilo, Alessandria, che si svilupperà in breve tempo, trasformandosi nel
piu importante centro del giudaismo ellenistico.
Giuda e Samaria passarono dal dominio persiano sotto quello greco
senza opporre resistenza alcuna. Secondo Flavio Giuseppe [Ani. 11,3 0 4
347) il sommo sacerdote Jaddua, per tener fede al giuramento di alleanza
prestato al sovrano persiano, rifiutò l’offerta di pace avanzata da Ales
sandro durante l’assedio di Tiro, mentre Sanballat ni di Samaria si affret
tava a offrire un contingente di truppe samaritane per l’assedio della città
fenicia. Tuttavia, sempre secondo Flavio Giuseppe, l’unico storico a tra
smetterci questa notizia, quando Alessandro si diresse a Gerusalemme
dopo la presa di Gaza, lo stesso Jaddua, ispirato da un sogno divino, de
cise di recarglisi incontro rivestito degli ornamenti sacerdotali e circonda
to da un corteo di sacerdoti e dal popolo. Alessandro, vedendolo, si pro
strò a terra per adorare il nome divino inciso su una placca d’oro della
tiara del sommo sacerdote, entrò in Gerusalemme e offrì un sacrificio nel
tempio. Su richiesta di Jaddua, Alessandro concesse ai giudei la libertà di
vivere secondo le loro leggi e l’esenzione dalle imposte in ogni anno sab
batico; ciò valeva non solo per 1 giudei di Gerusalemme, ma anche per
quelli di Babilonia e di Media. Flavio Giuseppe spiega questa imprevista
condotta di Alessandro con il ricordo di un sogno, nel quale gli era stato
Alessandro e i Diadochi 207
sandro, i suoi consiglieri e diecimila dei suoi soldati si sposarono con al
trettante giovani persiane. Ma l’assenza di un erede dotato del carisma di
Alessandro avrebbe portato in breve tempo alla dissoluzione dell’impero
da lui creato e a uno smembramento dei territori tra i suoi «successori»,
i Diadochi.
Sebbene alla sua morte i capi militari avessero eletto come successore,
per assicurare la continuità dinastica, il fratellastro Filippo in Arrideo e il
figlio nato dopo la morte di Alessandro, il potere effettivo se lo spartirono
tra loro, avviando un confuso periodo di lotte e alleanze durante il quale
ciascuno dei Diadochi cercherà di conseguire il controllo dell’impero o di
parti di esso. La Palestina, rimasta tranquilla durante l’epoca di Alessan
dro, si vedrà coinvolta in queste lotte e passerà dalle mani degli uni a
quelle degli altri durante tutto questo periodo (3 23-30 1 a.C.).
La spartizione dell’impero di Alessandro con maggiori ripercussioni in
questo periodo fu quella effettuata a Triparadisos, dopo l’assassinio di
Perdicca a Menfi: la Macedonia rimase sotto il dominio di Antipatro; la
Tracia fu assegnata a Lisimaco; l’Asia Minore ad Antigono Monoftalmo
(«il guercio»); la Babilonia a Seleuco; la Siria-Palestina a Laomedonte e
l’Egitto a Tolemeo.
Già nel 3 19 Tolemeo, che aveva cercato inutilmente di acquistare la Si
ria-Palestina da Laomedonte, si era impossessato con la forza di questi
territori, ma l’anno seguente li perse a vantaggio di Eumene. Questi, a sua
volta, fu sconfitto da Antigono che, strappata la Babilonia a Seleuco, cer
cò di conquistare le città della costa fenicia da Tiro fino a Gaza, impos
sessandosi così nel 3 15 della Palestina. Nel 3 12 Tolemeo riconquistò il
paese dopo aver vinto a Gaza Demetrio, figlio di Antigono; ma l’anno
successivo dovette di nuovo abbandonarlo nelle mani di Antigono. Que
sti, che nel frattempo si era proclamato re, conserverà in suo potere la
Palestina fino al 3 0 1, anno in cui Antigono perse il regno e la vita, scon
fitto a Ipsos da Seleuco e Lisimaco.
Nella spartizione del regno di Antigono dopo la sua morte la Palestina
venne assegnata a Seleuco. M a nello stesso anno, e prima che Seleuco
avesse potuto prenderne possesso, Tolemeo l’aveva già riconquistata,
questa volta definitivamente. Da questo momento e per un intero secolo
(301-200 a.C.) la Palestina rimarrà sotto il controllo dei Tolemei, eccet
tuato un breve periodo di occupazione seleucidica durante la quarta
guerra siriaca.
II. L A P A L E S T I N A S O T T O I T O L E M E I
IH . L A P A L E S T IN A S O T T O I S E L E U C I D I
V. PROBLEMI APERTI
Ci limiteremo a ricordare soltanto due dei problemi più vivacemente discussi del
periodo della riforma ellenistica.
z i8 La Palestina sotto la dominazione greca
Il primo attiene alla cronologia della ribellione di Giasone e alla visita o visite
di Antioco iv a Gerusalemme. Il problema non dipende dall’ esiguità di informa
zioni nelle fonti diverse, ma dalle contraddizioni delle medesime in merito allo
svolgimento dei fatti. La successione degli avvenimenti è descritta in 1 Macc. 1 ,2 0
2 3 ; 2 Macc. 5 ,1 -2 6 ; Ant, 2 ,2 3 9 -2 5 0 ; Bell. 1 , 3 1 - 3 3 e Dan. 1 1 , 2 8 - 3 1 . Queste testi
monianze consentono due conclusioni diverse:
1. Antioco iv si sarebbe recato a Gerusalemme in due diverse occasioni e per
due volte avrebbe saccheggiato i tesori del tempio: nel 16 9 , al rìrorno dall’ Egitto,
e nel 16 8 , dopo che ì romani avevano ostacolato fa sua conquista. 1 Macc. 1 ,2 2
riferirebbe il primo saccheggio, 2 Macc . 5 , 1 1 - 2 3 il secondo; Dan. 1 1 , 2 8 - 3 1 con
fermerebbe due azioni disunte.
2. Antioco iv avrebbe guidato di persona il saccheggio di Gerusalemme una so
la volta, nel 16 9 . 1 Macc. 1 , 2 2 e 2 Macc. 5 , 1 1 - 2 3 riguarderebbero uno stesso fat
to. Dan. 1 1 , 2 8 - 3 1 non parlerebbe di due visite di Antioco a Gerusalemme e tanto
BeM. 1 , 3 1 - 3 3 , che menziona la seconda visita, quanto A n t 1 2 ,2 4 2 - 2 5 0 , che allu
de a due, avrebbero combinato due fonti diverse confondendo irrimediabilmente
1 fatti; perciò non può esser loro dato alcun credito.
Questa seconda opinione, da noi seguita, è sostenuta, tra gli altri, J a Schurer-
Vermes 1, 20 7-20 9 . Diversamente da questi autori, tuttavia, noi non datiamo la
ribellione di Giasone all’anno 16 9 nel corso della prima campagna di Antioco in
Egitto. Per Scburer-Vermes la spoliazione delle ricchezze del tempio attuata da
Antioco sarebbe conseguenza della ribellione di Giasone. M a t Macc. 1,2 6 -2 8
ignora una ribellione precedente ai saccheggio e il furto (con la collaborazione
dello stesso Menelao) è adeguatamente spiegato dalla bruciante necessità di dena
ro da parte del re. Il rapporto che il secondo libro dei M accabei istituisce tra la ri
bellione di Giasone e la seconda campagna di Antioco in Egitto, il fatto che dopo
questa campagna Apollonio tratti Gerusalemme come una città ribelle e Giasone
fugga proprio in Egitto, dove, dopo l’ intervento romano, Antioco non ha più al
cun potere, ci inducono a datare la ribellione di Giasone al 16 8 e a considerarla
uno dei fattori determinanti lo svolgersi degli avvenimenti che culmineranno nella
profanazione del tempio e nei decreti persecutori del 16 7 .
Ancor più accesa è la disputa sul secondo problema: la definizione dei motivi o
delle cause alla base della persecuzione religiosa e il suo vero responsabile. Già
Flavio Giuseppe [Ap. 2 ,8 0 -8 1) rispecchia l’ antichità della disputa e le differenti
motivazioni attribuite ai suoi protagonisti. Per 1 gentili la trasformazione del tem
pio di Gerusalemme 111 temenos ellenistico sarebbe imputabile a un re illuminato,
deciso a smantellare la superstizione e a imporre una religione universalistica e
una cultura superiore. Per i giudei, al contrario, Antioco rappresenta la personifi
cazione stessa del male e la persecuzione religiosa da lui suscitata è Pesito del suo
desiderio d’imporre a tutti i sudditi una forma di religiosità nella quale egli stes
so, in qualità di Zeus Epifane, costituiva la figura centrale. V. Tchurikover, Hel-
lemstic Cwilìzation and thè Jew s , 1 7 5 - 2 0 3 , ha esaminato le diverse spiegazioni
proposte dimostrandone Pinsufficienza a illuminare il fenomeno della persecuzio
ne religiosa: né il carattere del re (chiamato Eptmanes «il folle», invece di Epifa-
nc), né il suo attaccamento alla cultura greca, alla quale si sarebbe opposto il par
ticolarismo giudaico, ne il suo zelo di unificare religiosamente in un nuovo culto
B ib lio g r a f ìa 2 19
sincretistico i suoi sudditi, né una motivazione puramente politica dei fatti forni
scono una sufficiente spiegazione dell’accaduto.
Lo stesso potremmo dire delPipotesi avanzata da Tcherikover: la persecuzione
religiosa sarebbe stata il risultato della ribellione degli hasidim , che avrebbe
preceduto la persecuzione e sarebbe stata determinata dalla perdita nella nuova
polis dei diritti di cittadinanza da parte della maggioranza del popolo, dalTintro
duzione di un culto di origine siriaca nel tempio per i nuovi katoikioi e dalla per
dita della funzione specifica della classe degli hasidim , dopo che la riforma di
Giasone aveva abolito le «leggi ancestrali» come costituzione politica della città.
E. Bickerman e M . Hengel hanno segnalato un elemento diverso, senza dubbio
della massima importanza: i fautori dei decreti vessatori sarebbero Menelao e il
partito ellenizzante di Gerusalemme. Di fatto, e nonostante l’affermazione di r
Macc. 1 ,4 1 - 4 2 secondo cui «il re prescrisse a tutto il suo regno che tutti form as
sero un solo popolo, abbandonando ciascuno le proprie tradizioni», è provato
che Antioco iv non cercò di unificare la religione dei suoi sudditi in altri paesi né
impose loro una particolare forma di culto, ma condusse anzi una politica di tol
leranza. Flavio Giuseppe mostra come i samaritani rimasero al di fuori dell’ambi
to dei decreti e neppure i giudei della diaspora furono interessati da questi prov
vedimenti. Chiaro è pertanto il loro esclusivo riferimento a Giuda; bisogna quin
di presupporre una istigazione interna. 2 M acc . 1 3 ,3 - 4 e Flavio Giuseppe Ant.
1 2 ,3 8 4 riportano che Menelao «era il colpevole di tutti i mali». L ’esempio sam a
ritano, con la sua iniziativa di dedicare il tempio del monte Garizim a Zeus Hel-
lenios (Ant. 1 2 ,2 5 7 -2 6 4 ) o Zeus Xenios (2 Macc. 6,z)f permette di comprendere
che lo stesso indegno sommo sacerdote Menelao e gli ellenisti più esacerbati
prenderanno l’ iniziativa di convincere il re che Punico ostacolo per la completa
ellenizzazione di Gerusalemme risiede nella sfera religiosa e il suo sradicamento è
condizione necessaria per la pace duratura in una Gerusalemme mista e multifor
me. La ribellione di Giasone, appoggiato da una parte della popolazione, sarebbe
un argomento convincente per sostenere queste supposizioni.
Probabilmente non sapremo mai con precisione la concatenazione completa di
cause ed effetti, azioni e reazioni delle diverse forze in conflitto. U n’opzione eclet
tica, comprensiva di tutti gli elementi indicati - quelli addotti da Bickerman e da
Hengel, quelli segnalati da Tcherikover e quelli che accentuano le peculiarità psi
cologiche e politiche di Antioco iv - risulta la migliore per spiegare gli anni tor
mentati culminanti negli editti del 1 6 7 e nella successiva reazione.
V I. B IB L IO G R A F IA
Tra gli studi di storia economica e sociale del periodo trattato conservano intatto
il loro valore, nonostante gli anni, Cl. Préaux, U économ ie royale des Lagìdes ,
Bruxelles 19 3 9 e M . Rostovtzeff, The Social and Econom ie H istory o f t h e Hellen-
tstic W orld , 3 voli., Oxford 1 9 4 1 . Per la storia politica raccomandiamo l’opera
di E. W ill, Histoire politique du m onde hellénistiquey 2 voli., N an cy 1 9 7 9 , ^198 2,
indispensabile per orientarsi nelle dispute attuali. Per un’informazione sugli ar
chivi di Zenone si segnala P.W . Pestman, A G uide to thè Z*enon A rch ivs , 2 voli,,
220 La Palestina sotto la dominazione greca
Restaurazione nazionale
ed espansione asmonea
(167-63 a.C.)
I. LA R IV O L T A M À C C A B A I C A
fin dall’inizio della rivolta (2 Macc. 5 ,17 non menziona che Ini) e che si va
meritando il soprannome di «maccabeo» («i! martello»), poi passato a
designare Pintera sua famiglia.
Con infallibile istinto tattico e approfittando al massimo della cono
scenza del terreno, Giuda lanciò una serie di attacchi a sorpresa che pro
curarono altrettante vittorie sugli eserciti seleucidici. Il primo fu contro
Apollonio, governatore di Samaria (1 Macc, 3 ,10 -12 ; Ant. 12,287), che
stava accorrendo con rinforzi verso Gerusalemme. Lo stesso Apollonio
peri nello scontro e Giuda s’impadronì della sua spada «e Padoperò in
guerra per tutto il tempo». La seconda battaglia testimonia 1 intensificar
si delle ostilità. A dirigere le operazioni non è il governatore di un’epar-
chia, bensì Seron, il governatore della satrapia di Celesiria o il coman
dante in capo delle forze siriache, come lo definisce il primo libro dei
Maccabei. Marciando verso Gerusalemme lungo la costa si accampò a
Bet Horon, dove venne sconfitto e posto in fuga dall'esercito di Giuda
(i Macc. 3,10-26 ; Ant. 12,286-292).
Questa vittoria dimostrò che la ribellione aveva assunto un’ampiezza
superiore alle possibilità delle autorità provinciali, tanto che obbligò il
potere centrale a intervenire. Antioco iv, occupato nella lotta contro i
parti, incarica Lisia, suo luogotenente, di stroncare la rivolta. Lisia invia i
generali Gorgia e Nicànore con un esercito possente. Giuda allora si sta
bilì a Mispa e organizzò l'esercito in unità regolari, seguendo il modello
biblico. L’esercito siriaco si accampò a Eramaus, vicino alla strada che
sale a Gerusalemme. Mentre Gorgia, con un distaccamento di cavalleria,
tentava di sorprendere nottetempo il campo di Giuda, questi assalì il
grosso delPesercito siriaco, sgominandolo completamente (x Macc. 3,38
4,25; 2 Macc. 8,9-29; Ant. 12 ,2 9 5 -3 12 ). Lisia in persona, venuto a cono
scenza della sconfitta, si diresse con un esercito verso Gerusalemme, fa
cendo un lungo giro e avvicinandosi da sud allo scopo di evitare le vie di
Samaria e gli accessi dalla costa, piò brevi, ma controllati dalle forze di
Giuda. La battaglia di Bet Sur e la vittoria di Giuda convinsero Lisia
delPimpossibilità di reprimere militarmente la ribellione e lo indussero a
intavolare negoziati. Il risultato possiamo vederlo nella lettera a Lisia
conservata in 2 Macc. 11,16 - 2 0 e nella stessa ritirata di Lisia dal paese.
La lettera di Antioco iv ai giudei, nelPaprile del 164, riportata nel se
condo libro dei Maccabei (11,2 7 -3 3 ), rivela altri aspetti del processo evo
lutivo in atto in quel frangente. Il partito ellenizzante, preoccupato degli
sviluppi della rivolta e desideroso di salvare il salvabile dei risultati otte
nuti, invia al re un'ambasciata guidata da Menelao e lo convince dell’op
portunità di un’amnistia per 1 ribelli e della revoca dei decreti di persecu
zione religiosa con la chiara finalità di sottrarre a Giuda uno dei motivi
fondamentali della sua lotta e l’appoggio di molti simpatizzanti. Tale ma-
La rivolta m accabaica 2 .13
novra non dà i risultati sperati e pochi mesi dopo Giuda occupa con le
sue truppe Gerusalemme (con Teccezione dell’Acra), purifica il tempio e
ricostruisce Paltare; il 14 dicembre 16 4, tre anni esatti dopo la profana
zione, si tornano a offrire sacrifici tra il giubilo popolare (r Macc. 4,36
59; 2 Macc. 10,3-8; Ant. 12 ,3 16 -32 7 ). La festa della consacrazione del
tempio, istituita per commemorare questi latti, si e perpetuata hno a oggi
con il nome di hanukka.
9
dallo stesso potere seleuctdico. Negli anni seguenti d o n ata, ora in quali
tà di funzionario e con l’appoggio del governo sirìaco, continuò l’espan
sione territoriale profittando al massimo dei dissensi e delle lotte intesti
ne, favorendo l’uno o l’altro dei contendenti e traendone sempre il massi
mo beneficio. Quando nel 14 8 /14 7 Demetrio n, figlio di Demetrio 1, si
presentò come pretendente al trono, d on ata combatte lealmente per
Alessandro Balas, vincendo Apollonio, governatore di Celesiria sosteni
tore di Demetrio 11. Conquistò Joppe, distrusse Ashdod, ricevette l’omag
gio di Àscalona e s’impossessò di gran parte della pianura filistea. Come
ricompensa ricevette da Alessandro Balas la città e il territorio di Àccaron
(1 Macc. 10,67-89; Ant. 13,86-102).
Il conflitto tra Demetrio 11 e Alessandro Balas fu risolto dal mutamento
di alleanza di Tolemeo vi. Questi tolse la figlia Cleopatra a Balas e la die
de in sposa a Demetrio; avanzò con il suo esercito, prese Antiochia e fe
ce fuggire Balas in Arabia, dove venne assassinato. Nel 145 Demetrio 11
venne incoronato re, ma a questo punto la forza di Gionata era tale che
egli potè non solo superare senza problemi il cambiamento ai vertici del
potere, ma anche assediare l’Acra di Gerusalemme. Allorché Demetrio 11
lo chiamò a rendere conto del suo operato, Gionata ottenne che questi lo
riconfermasse in tutte le sue funzioni, riuscendo a strappargli nuove con
cessioni (l’attribuzione di tre distretti samaritani e una riduzione d’impo
ste) come condizione per abbandonare l’assedio dell’Aera e assicurargli la
propria fedeltà (1 Macc. 11,2 0 -3 7 ; Ant. 13 ,110 - 13 0 ) . Gionata ebbe mol
to presto occasione di dar prova di tale lealtà. Un generale di Alessandro
Balas, Trifone, presentò un figlio del re, Antioco vi, come pretendente al
trono. Di fronte alla diserzione delle truppe e all’insurrezione degli abi
tanti di Antiochia, Demetrio ricorse a Gionata promettendo di conse
gnargli l’Acra di Gerusalemme in cambio di aiuto. Gionata accorse con il
proprio esercito e aiutò in maniera determinante Demetrio a riguadagna
re il controllo di Antiochia,
Ma il re dimenticò le promesse fatte e Gionata decise di schierarsi dalla
parte dì Antioco vi e di Trifone. Questi riconfermarono a Gionata tutti ì
privilegi e nominarono Simone strategos della regione costiera fra Tiro e
la frontiera egiziana (1 Macc. 11,3 9 -5 9 ; Ant. 13 ,13 1- 14 7 ) . A fianco di
Antioco Vi e di Trifone, Gionata ampliò ulteriormente il proprio domi
nio. Conquisto Gaza, combatte Demetrio in Galilea e ad Hamat, giun
gendo fino a Damasco, riconquistò Bet Sur, riallaccio le relazioni diplo
matiche con Sparta e con Roma, fortificò Gerusalemme e costruì un mu
ro possente per separare la città dalPÀcra. Per parte sua, Simone con
quistò Joppe e fortificò Hadida, nella Shefela. Non è inverisimile, quindi,
che Trifone guardasse con sospetto il crescente potere di questo alleato
difficile da controllare. Con uno stratagemma Trifone riuscì a catturare
Gionata e Simone 227
feta fedele, e che fosse loro comandante militare e avesse cura del tempio,
della supervisione delle opere, del governo del paese, degli armamenti,
delle fortezze; e tutti dovevano obbedirgli» (r Macc. 14 ,4 1-4 2). Con que
sto decreto, inciso su tavole di bronzo e collocato nel recinto del tempio,
s’instaurava una nuova dinastia ereditaria, la dinastia asmonea, che con
serverà il potere politico e religioso del paese fino al suo soggiogamento
da parte dei romani. L unica limitazione riconosciuta dal decreto («fino
al sorgere di un profeta fedele») indica, tuttavia, che l’opposizione al re
gime maccabaico da parte dei gruppi piu radicalmente osservanti aveva
già nella sfera politica un suo peso.
Simone consolidò il potere rinnovando il tratiato di alleanza con Roma
e con Sparta e fu poi capace di difenderlo dagli attacchi seleucidici. À De
metrio 11 era succeduto il fratello Antioco v i i Sidete. All’inizio del suo re
gno questi riconobbe a Simone tutti i privilegi ottenuti e gli concesse an
che il diritto di coniare monete proprie (j Macc. 15,3-9 , benché non vi
siano prove che Simone se ne sìa avvalso), per assicurarsene la neutralità
nella lotta in corso contro ì nfone. Raggiunta però una posizione di van
taggio su Trifone, Antioco v i i cercò di recuperare joppe, Gezer e PAcra
di Gerusalemme, inviando allo scopo il suo generale Cendebeo. Simone,
troppo vecchio per combattere, affidò ai figli Giuda e Giovanni la guida
dell’esercito e questi sconfissero Cendebeo (1 Macc. 15 ,3 8 -16 ,10 ; Ant.
13,225-227).
Gli attacchi siriaci non si ripeteranno più al tempo di Simone, che ter
minerà tragicamente 1 suoi giorni vittima di una cospirazione familiare
nel 13 5/134 . Suo genero Tolemeo di Abubo, governatore della pianura
di Gerico, volendo appropriarsi del potere assassinò Simone e due suoi fi
gli, Mattatia e Giuda, mentre ubriachi partecipavano a un banchetto ce
lebrato in loro onore nella fortezza di Dok, nei pressi di Gerico (j Macc.
1 6 ,1 1 - 1 6 ; Ant. 13,228).
Giovanni Ircano (13 5/134 -10 4 ), Punico dei figli di Simone sopravvissu
to alla congiura di Tolemeo di Abubo trovandosi a Gezer in qualità di
governatore, riuscì a sfuggire ai sicari inviati per assassinarlo e a prendere
poi possesso di Gerusalemme. Ircano assunse le funzioni dì sommo sacer
dote e cercò, senza risultato, di vendicare il padre e i fratelli (Ant. 13 ,2 2 8
235); forse già nel primo anno dovette inoltre fronteggiare un attacco di
Antioco v i i Sidete, che aveva assediato Gerusalemme. Flavio Giuseppe
racconta che Ircano, preoccupato per la mancanza di viveri, decise di
espellere dalla città tutti quelli che non erano atti a difenderla, ma Antio
co v i i non permise che passassero le sue linee e dovettero essere riammes-
Il regno degli Àsmonei 2,2,9
Il primo e il secondo libro dei M accabei narrano gli avvenimenti anteriori e suc
cessivi alla purificazione del tempio da parte di Giuda M accabeo in un ordine di
verso, suscitando notevoli problemi cronologici. Nei libri dei Maccabei la succes
sione dei fatti è presentata come segue: la prima campagna di Lisia precede im
mediatamente la vittoria di Giuda su Gorgia e Nicànore e segue l’occupazione di
Gerusalemme e la purificazione del tempio; intervengono poi la morte di Antioco
IV, l’elevazione al trono di Antioco v e la seconda campagna di Lisia, conclusa
dal trattato di pace con Giuda. N el secondo libro dei M accabei la morte di A n
tioco iv segue la vittoria di Giuda su Gorgia e Nicànore e precede la conquista di
Gerusalemme e la purificazione del tempio; Antioco v succede al padre, ha quin
di luogo la prima campagna di Lisia, conclusa dal trattato di pace, seguita dalla
seconda campagna che Lisia compie con Antioco v. In conclusione, la morte di
Antioco iv e la prima spedizione di Lisia variano di posizione nei due racconti,
Queste discordanze hanno diviso l’opinione degli studiosi. Alcuni negano la stori-
234 Restaurazione nazionale ed espansione asmonea
cita della prima campagna dì Lisia, ritenendola un doppione letterario della se
conda, tanto nel primo quanto nel secondo libro dei M accabei. Altri preferiscono
la versione del secondo dei Maccabei, collocando questa prima campagna dopo la
purificazione de! tempio. La maggior parte, tuttavia, dà credito a i Muco. 4 ,2 6 -3 5
per quanto concerne la cronologia della prima spedizione di Lisia (collocandola
nel 1 6 5 / 1 6 4 ) e riconosce l'identità di questo racconto con quello di 2 Macc. r i , i -
1 5 , attribuendo a questa circostanza le lettere di Lisia e di Antioco iv di 2 Macc.
1 1 , 1 6 - 2 1 e 2 7 - 3 3 . Questa congettura, su cui abbiamo riflettuto, è Punica a con
sentire di comprendere perché la presa di Gerusalemme da parte di Giuda nel 16 4
e la conseguente purificazione del tempio si siano svolte in forma pacifica, senza
l’intervento della guarnigione seleucidica che continuava a controllare TAcra.
AI contrario, è provato che 1 M accabei cade in errore quando pone la morte di
Antioco IV dopo la purificazione del tempio. Antioco mori durante una spedizio
ne contro i parti nell’autunno del 16 4 , prima, quindi, della purificazione del 14
dicembre. Per parte sua, j ! secondo dei Maccabei attribuisce erroneamente ad A n
tioco v la terza delle lettere del cap, 1 1 (vv. 2 7 -3 3 ) . È chiaro che l’introduzione a
questa missiva non menziona il nome del re che l’ha scritta, ma la lettera a essa
precedente (2 Macc. 1 1 ,2 2 - 2 6 ) è di Antioco v, «dopo che nostro padre passò alla
compagnia degli dèi»; la sua collocazione tra gli atti ascritti al regno di Antioco
v, pertanto, è senza dubbio il frutto di un'attribuzione erronea. Questa lettera ri
sale chiaramente al mese di marzo del 16 4 , lo stesso periodo di quella degli am
basciatori romani; precede, inoltre, la morte di Antioco iv e può essere attribuita
soltanto a lui. Di fatto, l’unico dei quattro documenti privo di relazione con la
prima campagna di Lisia è la missiva di Antioco v contenuta in 1 1 , 2 2 - 2 6 , la sola
non datata e che risalirebbe alla seconda campagna dì Lisia, conclusasi con la pa
ce del 1 6 3 .
Un secondo problema molto dibattuto relativo a quest’epoca riguarda coloro
che esercitarono le funzioni di sommo sacerdote dalla restaurazione del culto fino
alla nomina di Alcimo nel 1 6 2 e dalla sua morte, nel 1 6 0 / 1 5 9 , alla nomina di
Gìonata nel 1 5 3 / 1 5 2 . Nel primo periodo il sommo sacerdote era ancora Mene
lao, ma è impensabile che Giuda Maccabeo gli permettesse di esercitare le funzio
ni sacerdotali nel tempio purificato. Lln valido pretendente dovette essere Onia
iv 3 figlio di Onia in, benché Flavio Giuseppe (Ant. 1 2 ,2 3 7 ) affermi che nel 1 7 4 ,
alla morte del padre, era ancora un bimbo. Di fatto, alla morte di Menelao e con
la nomina di Alcimo, Onia iv si sentì ingiustamente privato dei suoi legittimi di
ritti. 2 Macc. 1 4 , 3 . 1 3 consentirebbe di ritenere che Io stesso Alcimo avesse occu
pato il posto durante questo periodo, giacché asserisce «che era stato prima som
mo sacerdote» e Demetrio, nel 1 6 2 , «lo ristabilì come sommo sacerdote». Flavio
Giuseppe complica ancor più le cose dicendo espressamente (Ant. 1 2 ,4 1 4 ) che al
la morte di Alcimo «il popolo affidò il sommo sacerdozio a Giuda». Questa af
fermazione non può essere corretta, poiché sappiamo che Giuda mori prima dì
Alcimo (1 Macc. 9 ,18 e 54 -5 6 ), e lo stesso Flavio Giuseppe (Ant. 1 2 ,2 3 7 ) afferma
che alla morte di Alcimo nessuno gli successe e la funzione di sommo sacerdote
rimase vacante per sette anni fino alla nomina di Gionata. M a Giuseppe (Ant.
1 2 ,4 1 9 ) ribadisce che Giuda fu di fatto sommo sacerdote, precisando (Ant. 1 2 ,
434) che aveva esercitato questa funzione per tre anni. Giuda può evidentemen
Problemi aperti 23 5
te a v e r s v o l t o ta li f u n z io n i p o ic h é in q u e l m o m e n t o si t r o v a v a a e s s e r e il l e a d e r in
d i s c u s s o d e lla n a z i o n e . Egli s c e ls e i s a c e r d o t i p e r la p u r i f i c a z i o n e d e l t e m p io ( 1
Macc. 4 , 4 1 ) , d e c is e la c e le b r a z io n e d e lta fe s t a c o m m e m o r a t i v a d e lla d e d i c a z i o n e
( 1 M acc . 4 , 5 9 ) , d is t r u s s e l ’ a lt a r e p r o f a n a t o e c o s t r u ì il n u o v o (Ani. 1 2 , 3 1 8 ) e c c .
U n a t r a d i z i o n e r a b b i n i c a ( bM egilla n a ) g li a t t r i b u i s c e il s o m m o s a c e r d o z i o ; p u r e
2 Macc. 1 4 , 2 , 6 ( s e c o n d o il c o d ic e V e n e t o , la r e c e n s io n e l u c i a n e a e la v e r s i o n e l a t i
n a ) s u p p o n e c h e s a r e b b e s t a t o n o m i n a t o d a N i c à n o r e s o s t i t u t o d i A lc u n o -. In c o n
s id e r a z i o n e d e lle a f f e r m a z i o n i c o n t r a d d i t t o r i e d e lle f o n t i , s i p u ò c o n c l u d e r e s o l
t a n t o c h e , d a lla d e d i c a z i o n e a lla n o m i n a d i À l c i m o , M e n e l a o c o n t i n u ò a e s s e re
so m m o sa ce rd o te de iurey s e n z a c h e s ìa p o s s i b i le p r e c i s a r e c h i e s e r c it a s s e le f u n
z io n i de facto.
N o n s e m b r a p o s s i b i le g iu n g e r e a u n a s o l u z i o n e in o p p u g n a b iL e n e p p u r e p e r il
p e r i o d o t r a A l c i m o e G i o n a t a . F l a v i o G i u s e p p e , c o m e si è d e t t o , p a r l a di u n p e
r i o d o v a c a n t e , n o t o c o m e « i n t e r s a c e r d o z i o » . M a è im p e n s a b il e c h e n e s s u n o a b b i a
o c c u p a t o il p o s t o p e r b e n s e t te a n n i, g i a c c h é s e n z a s o m m o s a c e r d o t e e r a i m p o s s i
b ile c e le b r a r e la fe s ta d e l g i o r n o d e ll’ e s p i a z io n e , e le m e n t o c e n t r a l e n e lla lit u r g ia
d el te m p io . S te g e m a n n (Die Entstehung der Qttmrangemeinde , B o n n 1 9 7 1 ) a ffe r
m a c h e il s o m m o s a c e r d o t e in q u e s t o p e r i o d o e r a il p e r s o n a g g i o c h e i m a n o s c r i t t i
d i Q u m r a n d e s i g n a n o c o m e M a e s t r o d ì G i u s t i z i a , ip o te s i c o r r e t t a d a J . M u r p h y -
O ’C on n or (The Essenes and their History: R B 8 1 [1974] 2 15 -2 4 4 ), c h e lo r it ie n e
u n i c a m e n t e s o m m o s a c e r d o t e de facto . G i o n a t a lo a v r e b b e s p o g l i a t o d e l l ’ e s e r c iz i o
d e lle s u e f u n z i o n i , s p i n g e n d o lo a u n ir s i a l m o v i m e n t o esseno e a f o n d a r e il g r u p p o
q u m r a n i c o . È d iff ic ile , t u t t a v i a , a m m e t t e r e c h e u n a p e r s o n a l i t à z e la n t e d e lla le g g e
e in t r a n s ig e n t e c o m e il M a e s t r o d i G i u s t i z i a fo s s e t o l le r a t o d a l p a r t i t o e lle n is t a ,
c h e a v e v a il c o n t r o ll o d e lla c itta e d e l t e m p i o . È q u i n d i o v v i o c h e a lc u n i s r u d io s i
a b b i a n o r it e n u t o c h e 11 « i n t e r s a c e r d o z i o » a lt r o n o n fo s s e c h e u n ’ i n v e n z i o n e d i F l a
v i o G i u s e p p e p e r c o l m a r e u n a l a c u n a n e lle n o t iz ie d ì c u i d i s p o n e v a . Le n o stre la
c u n e , d ’ a lt r o c a n t o , s o n o a n c o r a m a g g i o r i di q u e lle d i G i u s e p p e .
l)n altro problema irrisolto concerne l’ identità del sommo sacerdote che istituì
il tempio jahvista di Leontopoli, nel nomos di Eliopoli in Egitto, e la relativa da
ta di fondazione. Flavio Giuseppe, in Bell. 1 ,3 3 e 7 ,4 2 0 -4 3 2 , attribuisce la fon
dazione del tempio a Orna in , ma in Ant. 1 2 ,3 8 7 - 3 8 8 e 1 3 ,6 2 - 7 3 il fondatore è
Orda iv, suo figlio, il quale non accetta rattrìbuzione del sommo sacerdozio ad
Alcimo dopo la morte di Menelao. La tradizione rabbinica ascrive la fondazione
a Onta ni, al pari della Guerra giudaica (cfr. bM enahot 1 0 9 b), ma la maggio
ranza degli autori accetta La versione dei fatti delle Antichità giudaiche e ammette
la fondazione per opera di di Onia IV tra gli anni t 6 2 e 16 0 a.C, Per alcuni la fu
ga di Onia sarebbe la conseguenza dell’insediamento di Menelao nelle funzioni di
sommo sacerdote e il santuario sarebbe stato costruito durante il periodo della
profanazione del tempio di Gerusalemme da parte di Antioco IV, per salvaguar
dare il vero culto. Per altri non sarebbe stato fondato fino al 1 4 5 a.C. e avrebbe
avuto più influsso come colonia militare che significato religioso. M a se nella tra
dizione rabbinica (M enahat 1 3 ,1 0 ) si conservano norme speciali riguardanti i
sacerdoti che vi officiarono, cui si proibì dì servire nel tempio di Gerusalemme (il
tempio di Leontopoli fu distrutto nel 7 3 o 7 4 d.C.), e se Flavio Giuseppe indivi
dua nella delusione per non aver ottenuto il sommo sacerdozio in Gerusalemme
236 Restaurazione nazionale ed espansione asmonca
V. BIBLIOGRAFIA
Agli studi di WilL, Tcherikover, Hengel e Bickerman ricordati nel capitolo prece
dente, aggiungiamo per questo periodo: A . M om igliano, Prime linee di Storia
della Tradizione M accabatea , Torino 1 9 3 1 , sempre interessante e soprat
tutto importante per le fonti dei libri dei M accabei; S. Zeitlin, The Rise and Fall
o f thè Judaean State , 3 voli., Philadelphia 19 6 2 . 1 9 6 7 . 1 9 8 3 : gli studi qui riuniti
sono spesso tendenziosi, ma rimangono interessanti per 1 testi rabbinici riportati;
A. Schalit (ed.), The W orld H istory o f thè jew ìsh People , vi, The Hellenistic A ge ,
London 1 9 7 6 : ospita eccellenti e approfonditi studi di M. A vi-Yonah, sulla rivol
ta maccabaica e le guerre di Giuda, e di J. Klausner sui successivi Asmonei.
Tra Pabbondaniissìma letteratura sui gruppi giudaici di quest’epoca segnalia
mo: per ì farisei, J. Neusner, The Rabbinic Traditions Àbout thè Pharìsees Before
yoy 3 voli., Leiden 1 9 7 1 ; per 1 sadducei, J. Le M oyue, Les Sadducéens, Paris
1 9 7 2 ; per gli esseni, M . Delcor - F. Garcfa Marnnez, Introduccìón a la hteratura
esenta de Qumrdn , M adrid 1 9 8 2 ; per i samaritani, H .G , Kippenberg, Garizim
und Synugoguef, Berlin - N e w York 1 9 7 1 . In lingua italiana, oltre a K. Schubert, i
partiti religiosi ebrei del tempo neot&stameritan ò , Brescia 1 9 7 6 , si veda ora G.
Stemberger, Farisei. sadducei, esseni, Brescia 1 9 9 3 : studio interamente condotto
su un approfondito esame delle fonti, giunge a mettere in dubbio la nozione dì
«partito religioso» per Péra del secondo tempio.
Capitolo ix
La Palestina
sotto la dominazione romana
(63-4 a.C.)
sandro vennero facilmente stroncati da Gabmio, che inviò a Roma gli in
sorti come prigionieri (A n i. 14 ,9 2-10 2; B e li 1,17 1- 17 4 ) .
Dall’inizio della guerra civile in Italia la sorte di Giuda, come quella
delle altre province romane, dipenderà strettamente dagli sviluppi di que
sta contesa. Àcistobulo u verrà assassinato a Roma dai pompeiani per
aver accettato da Giulio Cesare la libertà in cambio dell’appoggjo nella
lotta contro Pompeo; il figlio Alessandro sarà decapitato ad Antiochia
per ordine di Pompeo (Ànt. 14 ,12 3 - 12 5 ; Bell. 1,18 3 -18 6 ). Rimarrà sola
mente Antigono a continuare la contesa con Ircano 11. Accanto a lui il
potere e l’influenza di Amipatro, suo principale alleato, cresceranno sem
pre più; Flavio Giuseppe, infatti, lo designa «governatore dei giudei»
(1epimeletes) ancor prima delPinter vento di Cesare. Dopo la sconfitta di
Farsalo e la morte di Pompeo, Ircano 11 e Antipatro passarono decisa
mente dalla parte di Cesare, cui nel 48 resero apprezzabili servigi nella
lotta contro Tolemeo d’Egitto {Ànt. 14 ,12 7 -13 6 ; Bell. 1,18 7 -19 4 ). Non è
strano quindi che Cesare, nel 47, premiasse il loro impegno e non pre
stasse ascolto alle lagnanze di Antigono, il quale chiedeva la reintegrazio
ne nei suoi diritti.
Cesare confermò Ircano n nelle funzioni di sommo sacerdote e Io no
minò etnarca del popolo, restituendogli i poteri precedentemente goduti e
annullando la riforma di Gabinio. Dal punto di visLa politico ben più si
gnificativo fu il riconoscimento da parte di Cesare della posizione di An
tipatro, nominato governatore (epitropos) di Giuda, dichiarato cittadino
romano ed esentato da imposte. Cesare autorizzo la ricostruzione delle
mura di Gerusalemme, restituì alcune delle città greche e lo stato giudai
co, legato a Roma da un trattato di amicizia, acquisì una certa autono
mia, benché sempre obbligato al pagamento del tributo.
Antipatro approfitto della nuova situazione per consolidare il proprio
potere, nominando i figli Erode e Fasaele governatori (strategoi) di Gali
lea e di Gerusalemme. Erode si distinse immediatamente per efficienza e
mancanza di scrupoli, catturando e giustiziando senza processo una ban
da di ribelli/banditi. Quando Ircano u, incalzato dall’aristocrazia sacer
dotale, lo chiamò per essere giudicato dal sinedrio, Erode si presentò ac
compagnalo dalla scorta, intimidendo Ì giudici. Grazie all’intervento del
governatore di Siria fuggì senza essere giudicato e solamente Pintercessio-
ne del padre e del fratello Fasaele lo indussero a desistere dalla vendetta
violenta per l’ affronto subito con il processo {Arti. 14 ,16 8 -18 4 ; Bell.
1,208-215). Le linee portanti dei futuri contrasti tra Erode e l’aristocrazia
sacerdotale venivano così chiaramente tracciati ed Erode, nominato frat
tanto strategos della Celesiria e della Samaria e appoggiato decisamente
dai romani, appare come il vincitore del conflitto.
L’assassinio di Cesare a Roma, nel 44, obbligò Antipatro e Ircano 11 a
Da Pompeo a Erode 239
gli ultimi anni del regno di Erode. Resta però impossibile stabilire la data esatta.
Un altro problema senza reale soluzione concerne la precisa identità degli «ero
derli», che nel N .T . con i farisei interpellano Gesù in un paio di occasioni (Me.
3,6 ; 1 2 , 1 3 ; Mf. 2 z , r 6). Alcuni Padn della chiesa vedono in questo gruppo gli
esponenti di un’eresia messianica da cui Erode il Grande sarebbe stato considera
to come il messia atteso o, data la sua origine idumea incompatibile con l'idea
messianica, come il sdoh (Gen. 4 9 ,10 ) che porrà fine alla regalità giudaica. Gero
lamo, che ricorda questa interpretazione, offre due soluzioni: in una «erodiani»
sarebbe Tepiteto coniato dagli oppositori alla corresponsione del tributo a Roma
per i fautori del pagamento (è l’interpretazione di Origene); nell’altra (preferita
da Gerolamo) gli «erodiani» sono identificati con i soldati di Erode Agnppa. A
partire da E. Bickerman (Studies m , 2 2 -3 3 ) «erodiani» è comunemente interpre
tato come designazione collettiva dei domestici di A gnppa, o anche come allusio
ne ai sostenitori del tctrarca. Dopo le scoperte di Qumran non sono mancati stu
diosi che identificano gli «erodiani» con gli esseni, non menzionati nel N . I\, che
godettero la stima di Erode (da ultimo Y. Yadin nella sua edizione del Rotolo del
Tempio). A mio parere il riferimento del nome a Erode il Grande («sostenitori di
Erode il Grande») è preferibile alla relazione con Erode Antipa, né credo si pos
sa escludere dalla designazione un riferimento messianico, intendendo tale «mes
sianismo» come un «messianismo alla romana», secondo Pinterpretazione di A.
Schalit (K oenig H erodes , 4 7 6 -4 8 2 ), a giudizio de! quale la soteria che Erode arre
ca ai suoi sudditi è parte e partecipazione della «salvezza» che Augusto apportò
all’impero romano. .
V. BIBLIOGRAFIA
La storia giudaica del periodo è comprensibile soltanto alla luce della coeva storia
romana. Una miniera d ’informazioni si trova riunita nei monumentali volumi
pubblicati sotto la direzione di H. Temporini e W . Haase, Aufstieg und N ìeder-
gang der rómiseben Welt. Segnaliamo, soprattutto, i lavori di S. Applebaum, LL
Bietenhard, B. Lìfshitz, D. Sperber e R.D. Sullivan nel volume vin della parte n
(Berlin - N ew York 19 7 7 ) .
Sulle relazioni dei giudei con il potete romano: A. Momigliano, Ricerche sul
l’organizzazione della G iudèa sotto il dom inio romano (6} a.C. - 70 d . C.), arti
coli pubblicati negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa e nuovamente
editi in un unico volume ad Amsterdam (19 6 7 ); E .M . Smallwood, The Je w s un
der Rom an Rule, Leiden 1 9 7 6 , * 1 9 8 1 , attualmente l’ opera più completa, chiara e
ben informata.
Per Erode il Grande è fondamentale A. Schalit, Koenig H erodes , Berlin 19 6 9 ,
traduzione notevolmente ampliata dall’originale ebraico. Più facilmente accessi
bile ed egualmente ben documentato è il contributo di M. Stern, H erod and thè
H erodian D ynasty , in Com pendia Rerum ludaìcarum ad N ovum Testameli tumy
1/1. The Jeurish People in thè First Century* Assen-Philadelphia 1 9 7 4 , 2 1 6 -3 0 7 .
Ter la Palestina del 1 secolo rimane classica e sempre di utilità l'opera di J. Jere-
mias, Gerusalem m e al tempo di Gesù. Ricerche di storia economica, e sociale per
il perìodo neotestamentario, Roma 19 8 9 (ed. or. Gòttingen C923. 1 93 7 ) .
Capitolo x
Da Erode il Grande
alla guerra contro Roma
(4 a.C. - 66 d.C.)
I. LA SUCCESSIONE DI ERODE
li. Flavio Giuseppe afferma (B eli 2,187) che Coponio ricevette tale dirit
to da Augusto e le fonti ne attestano l’esercizio da parte di Pilato (Ge
sù), Cuspio Fado (Teuda), Tiberio Alessandro (Simone e Giacomo) e dei
governatori del periodo immediatamente precedente la guerra contro
Roma.
Nella sfera militare il governatore della provincia era il comandante
supremo delle forze stanziate come guarnigione nelle diverse città. Esse
erano composte da unità ausiliarie reclutate tra la popolazione non giu
daica della provincia, poiché i giudei ne erano esentati fin dall’epoca di
Cesare (.Ant. 14,204), e comprendevano i «sebasteni» provenienti dall’e
sercito di Erode. Il grosso di queste forze era insediato a Cesarea, capita
le della provincia. Una coorte assicurava l’ordine a Gerusalemme e altre
truppe occupavano le principali roccaforti del paese. Oltre alle truppe
ausiliarie il governatore poteva mobilitare e armare, in caso di necessità,
la popolazione civile, come accadrà nel secondo periodo dell’amministra
zione romana.
Nella sfera fiscale il governatore era il responsabile della riscossione
delle imposte e dei tributi e, più in generale, dell’amministrazione delle fi
nanze; a tale funzione si riferiva in origine il titolo di procurator. Il siste
ma tributario romano esigeva il censimento degli abitanti della provincia
per poter imporre il testatico (tributum capitis) e la tassa sui prodotti
agricoli (tributum soli). Importanti erano anche i diritti doganali, riscos
si generalmente da appaltatori, i pubblicani del Nuovo Testamento {Me.
2 ,14 ; 9,9; Le. 5,27; 19 ,1-2). Il governatore era inoltre il responsabile
principale dell’amministrazione degli antichi domini reali; alcuni di que
sti possedimenti erano stati lasciati in eredità all’ imperato re dal testa
mento di Erode, altri dalla sorella Salome e con la deposizione di Arche
lao molte altre proprietà passarono al tesoro romano. I governatori go
devano del diritto di coniare monete. Monete di bronzo dì molti di loro
si sono conservate fino a oggi; coniate a Cesarea, queste monete rivelano
la preoccupazione dei romani di non ferire la sensibilità religiosa del po
polo giudaico. Solo le monete coniate da Pilato riportano simboli pagani
come il simpuium o il lituus.
La creazione della nuova provincia portò all’organizzazione di un cen
simento generale indetto da Quirinio, il governatore della provincia di Si
ria, al tempo dell’insediamento di Coponio in qualità di primo governa
tore della provincia di Giudea {Ant. 18 ,1-3 ; si tratta forse dello stesso
censimento situato da Luca alla fine del regno di Erode; v. sotto, Proble
mi aperti). Questo primo censimento, che rappresentava la perdita del
l’indipendenza e la minaccia di pesanti imposte, provocò una vivace rea
zione popolare. Il provvidenziale intervento del sommo sacerdote Joazar
riuscì a placare gli animi e il censimento potè aver luogo senza incidenti
256 Da Erode il Grande alla guerra contro Roma
pm gravi, ma non senza che per la prima volta apparisse sulla scena poli
tica una nuova forza di enorme influenza nel secondo periodo di ammini
strazione romana: il movimento zelota.
Le radici di questo movimento di liberazione nazionale rimontano al
regno di Erode il Grande. Il fondatore, Giuda di Gamala, «Giuda il Gali
leo», è molto probabilmente lo stesso Giuda insorto in Galilea alla morte
di Erode. Con il pretesto del censimento di Quirinio e appoggiato dal fa
riseo Sadduq, questi fondò il partito designato da Flavio Giuseppe «la
quarta filosofia» e caratterizzato dallo zelo per la difesa della libertà e
dall’accettazione della sola sovranità divina (Ant. 18 ,4 -10 e 23-24; B eli
2 ,1 1 7 - 1 1 8 ) . In un primo tempo il partito, che s’inserisce nel quadro dei
movimenti messianici e radicali coevi, non riscuoterà grande successo. La
rivolta contro Roma, promossa da Giuda e Sadduq, non avverrà e lo
stesso Giuda morirà, come ricorda Atti 5,37* Il movimento continuerà a
crescere grazie ai suoi discendenti e costituirà un fattore importante nella
guerra contro Roma. I figli di Giuda, Simone e Giacomo, ne continueran
no la lotta e saranno giustiziati come ribelli durante il mandato di Tiberio
Alessandro {Ant. 20 ,102); il figlio più giovane, Menahem, diverrà in
seguito uno dei principali leaders della rivolta contro Roma (Bell. 2,433
448) e un altro dei suoi discendenti, Eleazar, guiderà la difesa di Masada.
Sui procuratori di questo primo periodo di amministrazione romana si
sa pochissimo (Ant. 18,2-35). Eccone i nomi: Coponio (6-9 d.C.), Marco
Ambibulo (9-12), Annio Rufo (12 -15 ), Valerio Grato {15-26), Ponzio Pi
lato (26-36), Marcello (36-37) e Marnilo (37-41).
Per il governo di Coponio, Flavio Giuseppe registra la profanazione
del tempio da parte dei samaritani, che vi sparsero ossa umane; durante
il governo di Ambibulo, la morte di Salome, sorella di Erode; durante il
governo di Valerio Grato, primo procuratore nominato da Tiberio, il fre
quente avvicendarsi dei sommi sacerdoti: nel corso del suo mandato, in
fatti, occuparono la carica Anano (l’Anna del N .T., nominato da Quiri
nio), Ismaele di Fiabi, Eleazaro figlio di Anano, Simone figlio di Camito e
Giuseppe chiamato Caiafas (il Cai fa del N.T.).
Più numerose sono le informazioni relative alla lunga durata del man
dato di Pilato. Nella Legatio ad Gaium (199-305) il contemporaneo Filo
ne delinea un tetro ritratto del procuratore. Il N.T. allude a fatti accaduti
nel corso della sua amministrazione: l’eccidio di galilei durante una delle
feste di pellegrinaggio a Gerusalemme (Le. 13 ,1) , Pinsurrezione di ribelli
tra i quali si trovava Barabba (Le. 15,7). In particolare il N.T. fornisce
nutrite informazioni sul suo comportamento nel processo di Gesù, croci
fisso come caporione ribelle in concomitanza con una festa di pasqua.
Nella narrazione neo testamentaria è già chiaramente percepibile la ten
denza a minimizzare la responsabilità di Pilato nel processo a Gesù, ten
Il primo periodo dell’amministrazione romana 257
Roma. Per qualche tempo godette della protezione di Erode Antipa. Visse
quindi al seguito di Fiacco e infine, ottenuti crediti consistenti ad Ales
sandria, tornò a Roma (Ant. 18 ,14 3 -16 0 ). Qui, a corte, divenne intimo
amico di Caligola, ma l’imperatore Tiberio lo imprigionò. Caligola, salito
al trono nel 37 d.C., rimise immediatamente in libertà l’amico, gli con
cesse l’antica tetrarchia di Filippo e gli conferì il titolo di re. Più tardi, nel
39 o 40, l’imperatore gli accordò anche la tetrarchia di Erode Antipa.
Agrippa rimase fedele amico di Caligola e utilizzò la sua influenza per
evitare crisi nella provincia di Giudea. Quando Caligola morì assassina
to, Agrippa intervenne attivamente a Roma in favore di Claudio che, ot
tenuto l’impero, lo ricompensò del sostegno mostratogli sopprimendo la
provincia romana di Giudea e annettendo Giuda, Samaria e Idumea ai
possedimenti del re. Il senato, da parte sua, gli conferì il rango consolare
(Ant. 19 ,236 -273; B e li 2,204-217).
Sebbene il paese avesse recuperato l’autonomia goduta al tempo di
Erode il Grande, la vigile presenza di Roma non scomparve del tutto. Lo
dimostrano gli interventi del governatore di Siria ogniqualvolta Agrip
pa assumeva iniziative che potevano accendere aspirazioni indipendenti
ste o eccitare le ansie nazionaliste del popolo. Flavio Giuseppe narra che
l’imperatore Claudio, su consiglio dell’ambasciatore siriaco, ordinò ad
Agrippa di interrompere la ricostruzione delle mura di Gerusalemme.
Questo «muro di Agrippa», la cui localizzazione è dibattuta tra gli ar
cheologi, fu visto da Roma come preludio di una rivolta (Ant. 19 ,2 3 6
237; Bell. 2,218). In un’altra occasione, e per gli stessi motivi, il legato si
riaco Marso si recò a Tiberiade e fece tornare ai loro rispettivi territori i
cinque re che Agrippa aveva riunito (Ant. 19 ,338 -34 1). Re di un esteso
territorio a popolazione mista, Agrippa, come il nonno Erode, cercò di
guadagnarsi il favore dei sudditi sia giudei sia non giudei. Fuori di Giuda
agì da vero sovrano ellenista. Le monete coniate fuori di Gerusalemme
recavano la sua immagine e quella delPimperatore. Patrocinò ogni tipo di
spettacolo, tanto a Cesarea quanto in altre città; Flavio Giuseppe ricorda
un incredibile combattimento di 1400 gladiatori organizzato dal re, e dei
molti edifici da lui costruiti riferisce di quelli che edificò a Berito: anfitea
tro, teatro, bagni e portici (Ant. 19 ,335-337). Il re giunse anche ad ador
nare Cesarea con statue raffiguranti le figlie (Ant. 19 ,357). A giudicare
dalla sfrenata allegria con cui gli abitanti di Sebaste e Cesarea celebrarono
la sua morte, Agrippa non era però riuscito ad accattivarsi le simpatie dei
sudditi non giudei (Ant. 19,356-359).
Con i giudei ebbe miglior fortuna. Per Flavio Giuseppe e la posteriore
tradizione rabbinica Agrippa è un re modello, la cui religiosità e osser
vanza della legge diverrà proverbiale (Sotah 7,8; Bikkurim 3,4). Il suo
primo atto da re fu l’offerta dei dovuti sacrifici nel tempio, a cui fece do-
ié o Da Erode il Grande alla guerra contro Roma
V. P R O B LE M I A P ER TI
problema si complica ancor più per la forma (più cristianizzata) del testimonium
nella versione slava del Beìium Iudaicum (in greco appare solo nelle Antiquitates)
e per quella (meno cristianizzata) riscontrabile in una versione arabo-siriaca del x
e x i i secolo. A mio giudizio, meno ottimistico di quello di Feidman incline a rico
noscere un testo sostanzialmente di Flavio Giuseppe, è possibile soltanto afferma
re con sufficiente sicurezza che nella sua opera Flavio Giuseppe menzionava senza
apparente animosità Gesù, la sua condanna alla crocifissione da parte di Pilato e
resistenza di suoi seguaci. Probabilmente l'opera originale di Flavio Giuseppe
conteneva maggiori elementi, come nel caso del Battista o di Giacomo, ma la sua
ricostruzione risulta impossibile.
VI. BIBLIOGRAFIA
Tutte le storie relative a questo periodo si fondano sugli scritti di Flavio Giusep
pe. Recente è la sintesi di D .M . Rhoads, Israel in Revolution: 6-74 C.E. A Polit
icai tìistory Based on thè Writings o f Josephus, Philadelphia 19 7 6 . Per i diversi
Erodi Popera di A .H .M . Jones, The Herods o f judaea , London 1 9 6 7 , offre una
presentazione accessibile, precisa e ben scritta. Per Erode Antipa è fondamentale
H .W . Hoehner, Herod Antipasy Cambridge 1 9 7 1 . Per Pimportante periodo di Pi-
Iato cfr. J.-P. Lémonon, Filate et le gouvernement de. la Judée , Paris 1 9 8 1 .
Sugli zeioti rimane fondamentale M . Hengel, Die Zeloten Untersuchungen zur
judischen Freiheìtsbetvegung in der Zeit von Herodes ì. bis jo ». Chi\, Leiden
*19 7 6 (tr. it. in preparazione). Sull insieme dei movimenti popolari di questo pe
riodo lo studio più completo e recente è di R .A . Horsley - J.S. Hanson, Bandtts,
Prophets, and Messia!)s. Popular Movements in thè Time o f Jesus , Minneapolis
1 9 8 5 (rist. San Francisco 1 9 8 8 ; tr. it. in preparazione). In italiano si può consul
tare con utilità Popera di G. Jossa, Gesù e ì movimenti di liberazione della Pale
stina y Brescia 198 0 .
Per distinguere con chiarezza le due fasi di amministrazione romana della pro
vìncia è importante H. Guevara, Ambiente1 politico del pueblo judio en itempos
de Jesus , Madrid 1 9 8 5 , studio particolareggiato di Flavio Giuseppe, che corregge
alcune posizioni discutibili di Hengel.
Sulla cronologia di Gesù, sui problemi costituiti dalle fonti e sul censimento di
Quirinio v. G. Firpo, Il problema cronologico della nascita dì Gesù , Brescia 1 9 8 3 .
Sul Testimonium Flamanum si veda anche, oltre alPexcursus in Schurer-Ver-
mes i: «Gesù e Giacomo secondo Giuseppe» (pp. 5 2 4 -5 4 0 ), J. Maier, Gesù Cristo
e il cristianesimo nella tradizione giudaica antica , Brescia 19 9 4 (cap. TV: «Gesù
negli scritti di Flavio Giuseppe»).
Capitolo xi
I. L A P R IM A G U L R R A G I U D A I C A (6Ó-74 D .C .)
Al tumulto popolare suscitato dagli eccessi di Gessio Floro seguì una san-
1
La rivolta rimbalzò inevitabilmente nelle altre città del paese, che furo
no teatro di scontri sanguinosi tra la popolazione giudaica e quella non
giudaica. A Cesarea, Scitopoli, Ascalona e Tolemaide la popolazione giu
daica fu massacrata; per parte loro i ribelli eliminarono la popolazione
non giudaica nelle città e nei paesi in cui essi costituivano la maggioran
za. I combattimenti si estesero fino ad Alessandria e Flavio Giuseppe va
luta in 50000 le perdite giudaiche in questa città (Bell. 2,457-498).
La rivolta aveva raggiunto un punto tale che tirarsi indietro sarebbe
stato impossibile. Il primo tentativo romano di soffocare la ribellione con
le armi firn in un clamoroso fallimento. Cestio Gallo, governatore di Si
ria, si mise in marcia da Antiochia con la xu legione e con numerose
truppe ausiliarie. Sepphoris gli apri le porte e Gallo, senza difficoltà, oc
cupò la Galilea; quindi marcio contro Gerusalemme e distrutto il quartie
re di Bezeta tentò un attacco alla collina del tempio. Inspiegabilmente de
cise poi di ritirarsi, ma i ribelli lo raggiunsero al passo di Bet Horon, lo
sconfissero e lo inseguirono fino ad Antipatnde (Bell. 1,499-555). Questa
inattesa vittoria segnò il destino della rivolta, smentendo 1 sostenitori del
la pace; quelli che non si dettero alla fuga si unirono al movimento ribelle
e ne assunsero perfino il comando, preparando il paese all’inevitabile
controffensiva romana. Un assemblea popolare, riunita nel tempio, elesse
come capi Giuseppe ben Corion e F anziano sommo sacerdote Anano ben
Anano, nominando al tempo stesso comandanti militari per ognuno dei
distretti nei quali fu suddiviso il paese, con lo scopo di organizzare mili
tarmente la popolazione. La Galilea, dove per logica avrebbe dovuto ini
ziare la controffensiva romana, venne affidata a Giuseppe figlio di Mat
tia, di nobile famiglia sacerdotale e convinto fariseo, il futuro storico Fla
vio Giuseppe, che tramanderà la testimonianza oculare della lotta e un’a-
pologia del proprio comportamento (Bell. 2,556-568).
Sconfitta Cestio Gallo, Nerone affidò a T. Flavio Vespasiano U compi
to di schiacciare la rivolta. Compiuti i necessari preparativi, Vespasiano
iniziò le operazioni nella primavera del 67, affiancato dal figlio Tito. 11
suo esercito era formato dalle legioni V Macedonica^ X Pretensi* e X V
Apollinaris, da numerose truppe ausiliarie e varie ali dì cavalleria, che
portavano il totale degli effettivi a circa 60000 soldati.
Vespasiano iniziò col conquistare la Galilea. Flavio Giuseppe racconta
particolareggiatamente come aveva organizzato la regione e predisposto
un esercito di 100000 persone, nonostante l’aperta opposizione del capo
zelota Giovanni di Giscala, che diffidava (e non senza fondamento) di
Flavio Giuseppe a motivo delle sue nobili origini e del suo filoromam-
smo. Tutti 1 suoi sforzi non servirono a nulla. Ancora prima d’iniziare le
operazioni, Sepphoris si schierò con i romani e cinese a Vespasiano l’invio
di una guarnigione. L ’esercito di Flavio Giuseppe, stanziato a Garìs in at
La prima guerra giudaica 2.69
I L I L G I U D A IS M O D O P O L A D I S T R U Z I O N E D E L T E M P IO
I rabbi (il nome deriva dalla designazione palestinese rabbi «mio signo
re, mio maestro» e comincia a essere utilizzato m quest accezione a parti
re dal 70) provenivano dairunione dei farisei (nome che dopo il 70 non
designa più un partito) e dei so ferimy gli scribi o dottori della legge. Per
questi ultimi il nucleo della vita religiosa era costituito dalla torà, la leg
ge, Per i farisei il centro della vita religiosa era il culto, incentrato non nel
tempio, ma esteso alla vita quotidiana, alla casa e alla mensa di ogni fe
dele, che doveva rispecchiare il livello di purità rituale caratteristico del
tempio e irradiare in tal modo la sua santità in tutto Israele. La fusione di
questi due ideali e rinnaìzamento della torà a nucleo della vita quotidiana
costituiranno la pietra angolare sulla quale si assesterà la trasformazione
del giudaismo. Questa trasformazione sarà legittimata da una catena di
trasmissione orale (Abot r,i) che stabilisce la continuità tra gli insegna
menti mosaici e profetici e la tradizione rabbinica; tale catena attraverso
gli zugot («le coppie»), come Simeone il Giusto e Antigono di Soko, uni
sce alla Grande Sinagoga e, per mezzo di Hillel, di Sfiammai e dei loro
successori, giunge fino a Giuda ha-Nasi (il Patriarca), il redattore del
la Mishria, nella quale culmina il processo di formazione del giudaismo
rabbinico.
Nelle fonti rabbiniche la figura più influente del periodo formativo do
po la catastrofe è R. Johanan ben Zakkai. La tradizione, tramandata in
racconti che rievocano il modo in cui Flavio Giuseppe riotienne la liber
tà, lo presenta in fuga da Gerusalemme assediata, nascosto in un sudario
e poi al cospetto di Vespasiano, a cui profetizza che diverrà imperatore
{Abot de-rabbi Natan 4,22-23). Questi, riconoscente, gli risparmia la vi
ta, consentendogli di stabilire a Jabne (Jamnia, in greco) la prima «ac
cademia» rabbinica. Certo poco dopo il 70 Jabne appare come il centro
dell’attività rabbinica. Qui, e durante la vita di Johanan ben Zakkai,
cominciarono a prendersi le decisioni giuridiche che cambiarono il volto
del giudaismo, adattandolo alla nuova situazione. Nelle taqqanot (decre
ti) di Jabne (ad es. Rosh ba-Shana 4,1-4) viene messa in atto la revisione
delle prescrizioni precedenti, per riaffermarne la validità nella nuova si
tuazione, nella quale ormai non esiste il tempio. A Jabne entra m funzio
ne il bet din, tribunale rabbinico che assumerà in parte le funzioni del-
].’antico sinedrio. Sempre in questa località, specialmente nel periodo di
Gamalie! 11, figlio del capo fariseo attivo durante la guerra e successore
di Johanan ben Zakkai, l’autorità dei rabbi inizia ad assumere un peso
politico ufficialmente riconosciuto dai romani, che culminerà neiristitn-
zione del patriarcato, con l’accetta/ione da parte di Roma del Nasi, quale
valido interlocutore.
II periodo di Jabne non dura a lungo. Già prima della rivolta di Bar
Kochba altri centri rabbinici, come Tiberiade o B*nè B cvaq,'dove insegna-
Le guerre sotto Traiano 2.75
I I I . L E G U E R R E S O T T O T R a IA N O (115 -II7 D .C .)
Agli inizi del n secolo Pìmpero romano era governato dalla dinastia degli
Antonini, succeduta a quella dei Flavi. L ’imperatore Traiano (9 7-117)
aveva deciso di organizzare l’Oriente e intraprendere, sottomessi i naba
tei e creata la provincia di Arabia, una lunga campagna contro i parti
( 113 - 117 ) 1
Durante la sua permanenza in Mesopotamia, nel 1 1 5 , scoppiarono va
rie rivolte giudaiche in Egitto, Cirenaica, Cipro e, infine, nella stessa M e
sopotamia. I particolari relativi alle ragioni e all’effettiva portata di que
ste insurrezioni rimangono sconosciuti. Verisimilmente il ratto re messia
nico svolse un ruolo fondamentale come neila prima guerra giudaica; lo
suggerirebbe la proclamazione a re, in Cirene, del capo dei ribelli. Certo
l’estensione e la violenza delle rivolte si tramutarono molto presto in una
vera guerra.
Nella Storia ecclesiastica Eusebio ricorda che «intorno all’anno diciot
tesimo dell’imperatore scoppiò una vera sedizione dei giudei che ne fece
perire una moltitudine cospicua. Ad Alessandria e nel resto dell’Egitto,
come pure a Cirene, si sollevarono contro i greci che vivevano con loro,
quasi fossero invasati da un furente spirito di rivolta. La ribellione si este
se considerevolmente e l’anno seguente sfociò in una guerra di rilevanti
proporzioni» (4,2).
Per quanto concerne l’Egitto la testimonianza di Eusebio è confermata
da Appiano, uno storico contemporaneo costretto a fuggire dall’Egitto a
causa della rivolta, e da numerosi papiri che descrivono con vivezza alcu
ni aspetti della lotta. All’inizio la sorte favorì i giudei, che costrinsero gli
«elleni» (i cittadini greci e romani) a cercare riparo nella capitale, Ales
sandria. Qui, tuttavia, questi riuscirono a imporsi, perseguitando e ster
minando la popolazione giudaica. Per quanto attiene alla sollevazione di
Cirene, la notizia di Eusebio trova ugualmente conferma nella descrizione
che Dione Cassio (48,32) dà delle atrocità commesse dai giudei verso il
resto della popolazione e in abbondanti testimonianze epigrafiche. Il ca
po del tumulto giudaico sarebbe stato Lucuas per' Eusebio o Andreas per
Dione. Il capo romano incaricato di reprimere la rivolta non fu, in ogni
caso, altri che Marco Tur bone, uno dei migliori generali di Traiano; ciò
avvalora l’importanza della ribellione. Dopo una guerra violenta e di lun
ga durata (si concluderà solamente all’epoca di Adriano) Turbone pose
fine alla rivolta giustiziando migliaia di giudei a Cirene e ad Alessandria.
Le guerre contro Roma
Un papiro documenta che alla irne del il secolo in Egitto si celebrava an
cora la vittoria sui giudei.
Eusebio e Dione testimoniano che la rivolta si estese alPisola di Cipro.
I giudei dovettero compiere una tale carneficina tra il resto della popola
zione e una tale distruzione nella capitale, Salaminu, che, dopo la repres
sione della sommossa, venne loro proibito, sotto pena di morte, l’accesso
alPisola anche in caso di naufragio.
Per la spedizione militare di Traiano fu ancor più pericolosa Pinsur-
rezione dei giudei residenti presso le frontiere orientali dell’impero, che
l’imperatore tentava di strappare ai parti. Traiano ordino a Lucio Quie
to, un principe arabo con il rango consolare romano, di stroncare la sedi
zione; costui portò a termine così bene il suo compito che merito la no
mina di governatore della provincia di Giudea da parte dell’hnperatore.
Questi conflitti di epoca traianea si svilupparono tutti nella diaspora;
resta incerto se la rivolta si fosse estesa alla Palestina. La stessa nomina
di Quieto a governatore, il breve riferimento di Spartìano, biografo di
Adriano, e gli sporadici cenni a una «guerra di Quieto» nella tradizione
rabbinica (Sofà 9,14) sono stati talvolta interpretati come indicazioni
di una possibile estensione del conflitto alla provincia di Giudea. Ma la
scarsa importanza di questi riferimenti, l’assenza di qualsiasi informazio
ne precisa e, soprattutto, la forte presenza romana nella provincia, dopo
la prima guerra, inducono a ritenere più probabile che le guerre sotto
Traiano furono un esclusivo problema della diaspora, frutto di tensioni
etniche, culturali e sociali, giacché di fatto la rivolta si diresse più contro
le altre etnie che contro Roma. La povertà della popolazione giudaica
della provincia e il rafforzamento della presenza romana in questi anni
rendono assai improbabile l’estensione del conflitto alla Palestina. Ogni
dato sembra indicare che, in tutto questo periodo, il territorio si era tra
sformato in una provincia di prima categoria, retta cioè da un governato
re di rango consolare e con due legioni, invece di una sola, stanziate entro
* i JT-* #
1 suoi confini.
r v . L A R I V O L T A D I B A R K O C H B A ( 1 3 Z - I 3 5 D .C .)
V. P R O B LEM I APERTI
Innumerevoli sono i problemi che scaturiscono dalia duplice descrizione delle ori
gini della prima guerra giudaica, della campagna in Galilea e della conquista d f
Gerusalemme che Flavio Giuseppe ci ha tramandato nella Vita e nel Bellum Iu-
Problemi aperti 281
prima asserzione (la decisione nel consiglio), che non soltanto contraddice il resto
delle azioni di Tiro e la tradizione rabbinica, tua anche le affermazioni di molti
storici antichi, Valerio Fiacco, Sulpicio Severo e Orosio. La possibilità che Sulpi-
cio Severo s’ ispiri direttamente alla descrizione (perduta) della conquista di Geru
salemme di Tacito ne avvalora ancor più la testimonianza. Senza aprire la discus
sione sui motivi attribuiti da questi storici a Tito nell’ordinare l’incendio del tem
pio, la loro testimonianza induce a concludere che in questo caso Flavio Giuseppe
abbia deliberatamente modificato i fatti, mosso dal desiderio di proporre un'im-
magìne di Tito più favorevole possibile.
1 problemi del periodo successivo alla prima guerra giudaica derivano soprat
tutto dal carattere delle fonti cui lo storico deve ricorrere (in massima parte la let
teratura rabbinica), per l’ assenza di opere storiche paragonabili a quella di Flavio
Giuseppe o ai libri dei M accabei per 1 periodi precedenti. Alcuni problemi, come
quelli sollevati dalle notizie incidentali di Flavio Giuseppe o dalla lettera agli
Ebrei e da altri testi della letteratura cristiana antica (che consentono di supporre
la continuazione dei sacrifici arche dopo la distruzione del tempio) rispetto alla
tradizione rabbinica (secondo la quale cessarono con la soppressione del sacrificio
perpetuo il 1 7 di Tam m uz precedente l’incendio), possono risolversi in favore
della tradizione rabbinica. In altri casi, invece, è impossibile pronunciarsi sul va
lore storico di certi dati dì questa stessa tradizione. Qui ricorderemo unicamente
due problemi: la canonizzazione dell’ A .T . nel «sinodo di Jabne* e l’effettivo si
gnificato della «benedizione contro i mìnim». Entrambe le tesi sì basano su testi
della tradizione rabbinica ed entrambe, nella tradizione cristiana, sono state con
siderate prova della reazione del giudaismo di fronte alla progressiva espansione
del cristianesimo.
Dalla fine del xrx secolo si difende l’ipotesi che l’A .T . fu «canonizzato» verso
l’anno 90 a Jabne; qui si decise autoritativamente quali libri costituissero la Scrit
tura, L ’indagine moderna ha provato in modo convincente che le discussioni del
l’accademia di Jabne sullo statuto di determinati libri continuarono dopo la rivol
ta di Bar Kochba nelFaccademia diUsha (cfr., ad e$.,Jadajim 3,$), Ciò ha portato
alcuni a collocare la «canonizzazione» in un periodo posteriore a Jabne e alrri a
situarla in un’epoca molto precedente, vicina alla composizione di alcuni libri di
scussi come Ben Sira o Daniele, vale a dire nel periodo maccabaico (cfr. in questo
senso S.Z . Lehman, The Canonization o f thè Hebrew Scripture, Hamden, Conn.
1976 o R. Beckwith, The Old Testamrnt Canon o f thè N ew Testament Gburch*
London 19 8 5 ). Il «sinodo di Jabne», introdotto da Graetz e difeso da Ryle, e in
ogni caso scomparso dall’orizzonte attuale e con esso la presunta tendenza anti
cristiana che portò alla canonizzazione.
La stessa tendenza avrebbe portato a introdurre nelia preghiera delle Diciorto
Benedizioni (recitate tre volte al giorno, formano con lo Shema ' il nucleo centrale
del culto sinagogale) la dodicesima benedizione, la birkat ha-minim «benedizio
ne (eufemismo per maledizione) degli eretici». Secondo l’opinione tradizionale la
maledizione venne introdotta ai tempi di Gamaliel 11 a Jabne, con Fobbiettivo di
accentuare la differenza tra la sinagoga e la chiesa nascente e rendere impossibile
ai giudeo cristiani la partecipazione al culto sinagogale. Se si dà credito a bBera-
kot z8b, il primo dei due elementi sarebbe veritiero e il secondo più discutibile.
Bibliografìa 2,83
V I. B I B L I O G R A F I A
Per quanto riguarda la nostra principale fonte d’informazione sulla prima guerra
giudaica, lo storico Flavio Giuseppe, si veda PecceLlente studio di S J .D . Cohen,
Jo&ephm in Galilee and Rome. His Vita and Developmen} as an Wstorian , Lei
den 1.979, dove si confrontano le diverse presentazioni dei fatti, in particolare la
campagna di Galilea, nella Vita e nel Bellum iudatcwn. Sulla presa di Gerusalem
me cfr. F. Prigent, La fin de Jérusalem , Neuchàtel 19 6 9 : di tono giornalistico, of
fre una narrazione vivace e ben scritta. Sull’ ultima resistenza a M asada si veda Y .
Yadin, Masada , London - N ew Y o rk 19 6 6 , * 1 9 7 5 (tr. sp. Barcelona * 19 7 7 ) , che
integra le testimonianze letterarie con le scoperte archeologiche da lui stesso ef
fettuate.
11 ricercatore moderno che ha maggiormente influito sul modo attuale di consi
derare la problematica del periodo formativo del giudaismo rabbinico è, senza
dubbio, Jacob Neusner. La sua produzione letteraria è abbondantissima. Come
compendio segnaliamo il suo contributo The Pormatìon o f Rabbtmc ìudaism:
Yavneh (Jammia) from A.D. yo to 10 0 , in A N R W n, 19 .2 , Berlin - N ew York
19 7 9 , 3-4 2 . In questa stessa opera si veda P. Schàfer, Die Flucht Johanan b .
Zakkais aus Jerusalem und dìe Griindung des Lcbrhauses3 in Jabne, 4 3 - 1 0 1 .
Sulle guerre sotto ì raiano cfr. la monografia di M. Pucci, La rivolta ebraica al
tempo dt Traiano , Pisa 1 9 8 1 .
Lo saidio più completo delle tradizioni rabbiniche sulla rivolta di Bar Kochba
e di P. Schàfer, Der Bar-Kokhba-Aufsiand. Studien zum zweiten judiseben Krieg
gegerì Rom , Tubingen 1 9 8 1 . Per una introduzione agli scavi e alla nuova docu
mentazione e per una visione globale di quanto si è recuperato cfr. Y , Yadin, Bar
Kokbba. The Rediscovery o f thè Legendary Mero o f thè Last jew isb Revolt
againsi Imperiai Rome, London 1-9 71.
Sulla dodicesima benedizione, e in generale sulle presunte allusioni ai cristiani e
a Gesù negli scritti rabbinici, sì veda ora J. M aicr, Gesù Cristo e il cristianesimo
nella letteratura giudaica antica, Brescia 1 99 4 .
Capìtolo xn
Il contesto religioso
del Nuovo Testamento
I, I L C O N T E S T O G IU D A IC O
Esserti. Nel N.T. questo gruppo non viene menzionato. Il significato del
termine greco, trasmesso in due forme diverse, è incerto (sembra derivare
dalParamaico «pii/fedeli» o «guaritori», oppure dall'ebraico «ammini
stratori»). Flavio Giuseppe testimonia la loro esistenza già verso la metà
del n sec. a.C. e nel i d.C., calcolando il loro numero in circa 4000 unità.
Il gruppo sarebbe scomparso alla fine della rivolta contro Roma. Som
mando i dati forniti da Filone, Giuseppe e Plinio, possiamo concludere
che le caratteristiche più marcate del gruppo erano la vita comunitaria,
fortemente strutturata, la proprietà comune dei beni, la loro separazione
dagli altri giudei, il celibato, la rettitudine morale, la modestia, le ablu
zioni, i pasti comuni e gli abiti bianchi. Quanto alle loro dottrine, buona
parte di esse sono di origine tipicamente giudaica (estrema attenzione alla
purità raggiunta attraverso ripetute abluzioni, osservanza rigorosa del sa
bato, particolare venerazione per Mosè ecc.), mentre altre, così come so
no presentate da Giuseppe, sembrano di diversa provenienza: determini
smo, culto del sole, retribuzione ultraterrena senza risurrezione.
Oggi, grazie alle fortunate scoperte dei manoscritti di Qumran, posse
diamo una conoscenza molto più precisa dell’essenismo e soprattutto di
una concreta ramificazione del movimento esseno, la setta qumranica.
Questi manoscritti chiariscono in modo straordinario la pluralità, le po
lemiche e i conflitti del giudaismo dell’epoca.
Un altro gruppo noto di origine apparentemente essena è quello dei te
rapeuti, descritto da Filone nel De vita contemplativa, secondo il quale
essi sarebbero vissuti soprattutto in Egitto; erano contemplativi e dedica
z88 II contesto religioso del Nuovo Testamento
vano la vita alla preghiera e allo studio della Bibbia. Si astenevano dalla
carne e dal vino e non mangiavano nulla prima del tramonto. Il gruppo
era formato sia da uomini sia da donne, ma tutti celibi.
Zeloti («gli zelanti»). Le nostre notizie sugli zeloti derivano quasi esclusi
vamente da Flavio Giuseppe. La maniera classica d’interpretare il movi
mento degli zeloti può cosi riassumersi: la rivolta contro Roma sarebbe
stata fondamentalmente opera di un solo partito; gli altri gruppi noti (i
sicarii, Ì sostenitori dt Giovanni di Giscala, i seguaci di Simone bar Giora)
sarebbero state fazioni sviluppatesi entro quesr’umco partito o sarebbero
nomi diversi di una stessa realtà, il partito degli zeloti, fondato da Giuda
il Galileo nel 6 d.C. Gli argomenti fondamentali alla base di questa tesi
sono: la citazione in Giuseppe della «quarta filosofia» (Ant. 18,9; Bell.
1 ,1 1 8 ) assieme alle altre tre (farisei, sadducei ed esseni) e l’affermazione
che questa quarta filosofia, la cui caratteristica è l’aspirazione alla liber
tà, fu la responsabile della guerra contro Roma. Ma Giuseppe non identi
fica mai la «quarta filosofia» con gli zeloti né mai li menziona come par
tito prima dell’inizio delle ostilità contro Roma. D ’altra parte, la designa
zione di Simone come «lo zelota» può semplicemente sottolinearne lo ze
lo per la legge, come quando Paolo (che non manifesta alcuna inclinazio
ne rivoluzionaria contro Roma) designa se stesso come «zelota» in G al.
1,14 . Tutt’ al più si può stabilire una relazione tra la famiglia di Giuda il
Galileo con il gruppo dei sicarii, ma non con il gruppo degli zeloti. Per
questi motivi oggi prevale l'opinione che gli zeloti costituissero un gruppo
formatosi nel 66 d.C. e scomparso con la distruzione di Gerusalemme.
Tra le caratteristiche ideologiche degli zeloti quella predominante è forse
la fervida attesa escatologica.
b) Credenze
c) Pratiche religiose
delle offerte e sacrifici speciali della festa. Altri sacerdoti officiavano i riti
che dovevano venire celebrati fuori della città, il più importante dei quali
era l’invio nel deserto del capro espiatorio carico dei peccati del popolo.
L ’aspetto più singolare era l’ingresso del sommo sacerdote nel santo dei
santi per offrire incenso e aspergere con sangue, rito che compiva, alla
pari del sacrificio del vitello e del capro, rivestito di paramenti bianchi.
Queste erano senza dubbio le feste più importanti. Nel periodo in esa
me, tuttavia, le feste di hanukka e di purim avevano raggiunto un note
vole sviluppo. La festa di hanukka (o della dedicazione, cfr. Gv< 10,2.2)
era stata istituita per celebrare la purìiicazione del tempio compiuta da
Giuda Maccabeo dopo la profanazione da parte di Antioco Epifane (1
Macc. 4,59; 2 Macc. 2,18). Si celebrava per otto giorni, a partire dal 25
del mese di Kislev, con sacrifici e processioni e il rito peculiare consisteva
nell'illuminazione del tempio, delle sinagoghe e delle case private, tanto
che Giuseppe la designa come «la festa delle luci». La festa di purim (del
le sorti) si celebrava a metà del mese di Adar per commemorare la libera
zione dei giudei di Persia narrata dal libro di Ester (Est. 9,27). Secondo la
tradizione rabbinica gli aspetti caratteristici sarebbero rappresentati dalla
lettura sinagogale del libro di Ester, dalle opere di carità e dai banchetti,
preceduti da un giorno di digiuno; di fatto la celebrazione della festa ac
quisì ben presto i tratti tipici di un carnevale, che conserva ancora ai
giorni nostri.
Un cenno a parte merita la celebrazione del sabato, la cui osservanza
nel periodo in questione aveva acquisito contorni abbastanza definiti. In
questo giorno il ritmo dei sacrifici del tempio era modificato: non sì offri
vano sacrifici individuali, ma soltanto quelli della collettività, con un sa
crificio aggiuntivo di due agnelli. Il sabato si collocavano dentro il san
tuario i dodici pani della presenza e si distribuivano tra i sacerdoti, per
essere consumati, i dodici pam della settimana precedente. Si era accen
tuato soprattutto l’aspetto del riposo. Nel N.T. si attribuisce agli opposi
tori di Gesù la proibizione di trasportare un letto (G v . 5,10), di curare un
infermo (Le. 13 ,14 ) o di cogliere spighe durante il sabato (ML 12,2). Nel
libro dei Giubilei si vieta la consumazione del matrimonio, l’accendere
fuochi e il preparare i pasti. Il Documento di Damasco di Quniran è an
cora ben più rigoroso e proibisce di tirar su un animale caduto in un poz
zo o aiutarlo a partorire, vestire abiti sporchi o occuparsi di affari, estrar
re o introdurre qualcosa in una casa o in una tenda, rimproverare uno
schiavo, camminare per mille cubiti fuori dalla citta e perfino trascorrere
il sabato con i pagani. E, parlando degli essem, Flavio Giuseppe sottoli
nea che non toccano nessun utensile e in questo giorno non vanno nep
pure al gabinetto. Nel giudaismo rabbinico queste prescrizioni verranno
sviluppate e troveranno una cidificazione sistematica; nel trattato Shab-
296 II contesto religioso del Nuovo Testamento
2. Il giudaismo palestinese
dopo la distruzione, del tempio
a) La legge orale
b) I rabbi
za della torà scritta e della legge orale, di cui era interprete e depositario.
In queste funzioni i rabbi erano i continuatori degli antichi «scribi»,
«maestri» o «dottori della legge», i so ferim. Nella letteratura rabbinica li
si designa generalmente come «saggi» ; ma, a metà del 1 secolo, la formula
di saluto abituale con cui la gente si rivolgeva loro era «mio signore»,
rabbi. Il titolo specifico di rabbi comincia ad essere applicato ad alcuni
saggi posteriori ai 70 e finirà per designare gli studiosi che avevano rice
vuto l’ordinazione necessaria per insegnare la legge.
Questa triplice funzione dei rabbi attesta la loro posizione centrale nel
le tre istituzioni caratteristiche dell’epoca, la sinagoga, il bet dm e il bet
midrash, dove spiegano la Scrittura, amministrano la giustizia e formano
i loro discepoli.
c) La sinagoga
d) Il bet din
e) // bet midrash
4 .1 samaritani
Uno dei fattori costitutivi del giudaismo palestinese che compone il con
testo del N.T. è rappresentato dai samaritani. L ’interpretazione gerosoli
mitana delle origini samaritane si rispecchia in 2 Re 17 ,14 - 4 1: gli assiri
avrebbero insediato una popolazione straniera nel nord del paese; mi
schiatasi con la popolazione israelitica, avrebbe originato i samaritani.
Nella loro specifica interpretazione storica i samaritani si considerano, al
contrario, gli unici israeliti fedeli alla religione mosaica, come la presenta
la torà e come fu stabilita a Sichem da Giosuè. Lo scisma sarebbe iniziato
con l’istituzione del santuario a Silo da parte di Eli, si sarebbe perpetuato
con la costruzione per opera di Salomone del tempio di Gerusalemme e
consumato con la falsificazione della Scrittura attuata da Esdra. Gli studi
attuali inclinano a ricercare le origini samaritane nel n sec. a.C. (cfr. cap.
vili, v) e considerano ) incorporazione nel Pentateuco del precetto sul
culto presso il monte Garìzim il fattore più importante. L ’accettazione di
questo precetto da parte dei samaritani e il suo rifiuto da parte di Geru
salemme rendono impossibile considerare i giudei e i samaritani due rami
compatibili di una medesima tradizione. I samaritani si ritengono gli uni
ci portatori della vera tradizione religiosa israelitica in un modo che non
differisce sostanzialmente da quella di altri gruppi settari, come la comu
nità di Qumran.
L ’attesa samaritana della venuta di un profeta come Mosè, il taheb
(«colui che torna»), di indole messianica (cfr. Gv. 4,25), eserciterà un
forte influsso nel cristianesimo nascente, e nel N.T. rinveniamo echi non
soltanto della contrapposizione giudei/samaritani, ma anche dell’esisten
za dì gruppi distinti all’interno del movimento samaritano.
11. I L C O N T E S T O P A C A N O
saggio è espresso con linguaggio e simboli nei quali gli elementi derivati
dalle religioni pagane si alternano e si mescolano al linguaggio e ai sim
boli giudaici. Il mondo pagano era profondamente religioso, ma questa
religiosità si presentava sotto le forme più svariate.
La religione greco-romana di questo periodo è stata definita giusta
mente come sincreristica e popolare. Il popolo seguiva devotamente il
culto delle divinità locali, esprimendo in tal modo la sua lealtà civica.
Tuttavia l’orizzonte religioso si era al tempo stesso ampliato per lasciare
spazio a elementi della più disparata provenienza, mentre le pratiche reli
giose tradizionali si erano arricchite di elementi esotici. Certamente gli
antichi tempii rimanevano attivi e gli antichi riti erano praticati dalla
massa, ma i nomi degli dèi si erano moltiplicati e mescolati in ogni sorta
di combinazioni. Erano comparse nuove divinità, altre avevano travalica
to le frontiere tradizionali; nuove forme di culto si erano propagate per
tutto Pimpero. Ovunque, inoltre, erano sorte associazioni religiose, e il
culto delPimperatore si era esteso alPintero mondo civilizzato.
2. Religiosità popolare
c) Astrologia
d) Divinazione
3. Il culto imperiale
4. Religioni misteriche
a) Misteri eleusini
b) Misteri dionisiaci
A differenza dei misteri eleusini, quelli dionisiaci non conoscono un pro
prio santuario. Il culto di Dioniso, probabilmente di origine tracia, ebbe
sempre uno spiccato carattere missionario e a partire dal v secolo a.C. si
organizzò come religione misterica. Il suo mito centrale si presentava in
forme diverse. Dioniso era frutto dell’unione di Zeus con Selene. Il dio
supremo lo salva dal ventre della madre, collocandolo nel proprio fianco,
nel momento in cui iì fulmine della collera divina la distrugge. Dioniso
sarà cosi il «due volte nato». Ermes lo trasporta alla capanna delle Ninfe,
tra le quali crescerà. Il mito ne racconta la persecuzione e la morte per
mano dei Titani, dando poi varie versioni sulla sua risurrezione. Proprio
il dio che muore e risuscita sarà considerato il dio della vita che rinasce. I
suoi simboli sono il tralcio, il capro, una cesta di fichi e il fallo umano.
L’ iniziazione dionisiaca ci è nota unicamente attraverso alcune pitture;
essa comprendeva il digiuno e l’ astinenza sessuale, l'istruzione, il bagno
rituale, l’ingresso nel santuario e il giuramento di segretezza. Gli iniziati
celebravano il culto dionisiaco varie volte all anno. Gli uomini erano tra
vestiti da satiri o sileni e le donne da menadi. In processione notturna, al
la luce delle torce, uomini e donne si dirigevano fino a un luogo appartato
308 II contesto religioso del Nuovo Testamento
c) Misteri orfici
Costituiscono una variante dei misteri dionisiaci, spogliati del loro carat
tere orgiastico e trasformati in dottrina di purificazione. Ritenevano di
discendere dal mitico Orfeo, che con la sua musica incantò la natura e il
dio dell’oltretomba, ma venne poi divorato dalle menadi. La loro dottri
na, in cui Dioniso appare quale dio salvifico, presentava l’uomo come
l’incarnazione della lotta tra il male e il bene, mirando a liberarlo dal po
tere dei Titani e a risvegliare gli elementi dionisiaci.
d) Misteri di Cibele
f) Misteri dì Mitra
In origine Mitra era un dio iranico, fratello di Ahura Mazda, il cui culto
in Babilonia si caricò di elementi astrologici ed escatologici e si radicò in
Asia Minore come religione misterica. Da lì venne introdotto e diffuso si
no ai confini dell’impero dai soldati romani, tra i quali era molto popola
re. Diocleziano lo elevò alla categoria di divinità dell’impero, identifican
dolo con il Sol Invictus. Il mito centrale ci è noto soltanto da rappresen
tazioni iconografiche. Mitra nacque da una roccia, simbolo dell’universo,
con un coltello, una torcia e un berretto frigio. La sua prima grande im
presa fu il combattimento con il toro primordiale, che venne ucciso; la
sua morte fu però anche un atto di creazione, giacché dal toro nacquero
tutti gli animali. Mitra si muta in protettore dell’universo e degli uomini,
distrugge le forze del male e guida le anime dei morti alle stelle. Dopo
aver condiviso il cibo con il dio sole, procede con lui nel carro solare. L ’i
niziazione (riservata esclusivamente ai maschi) cominciava con un batte
simo e comprendeva un pasto sacro a base di pane e acqua mischiata a
miele e vino, che ricordava il cibo condiviso da Mitra con il dio sole, a
cui partecipavano solamente gli iniziati dei gradi superiori. Veniva anche
praticato il taurobolium. Esistevano sette gradi di iniziazione. Il passaggio
progressivo attraverso questi anticipava in vita il viaggio dell’anima per le
sette sfere celesti sino alla felicità definitiva.
5. Lo gnosticismo
III. B I B L I O G R A F I A
La maggior parte delle opere dedicate allo studio della storia d’Israele o a fornire
un’introduzione al N .T . contengono un capitolo sul contesto culturale. Num ero
se, poi, sono le monografìe consacrate specificamente al suo studio. Per la loro
concisione e chiarezza ne segnaliamo tre, considerate classiche nel loro genere e
particolarmente attente al contesto giudaico: W . Dommershausen, D ie Um welt
]esu . Politik und Kultur in neutestamentlicher Z e it , Freiburg * 1 9 8 7 ; E. Lohse,
L'am biente del N u o vo Testam ento , Brescia * 1 9 9 3 ; J- M aier - J. Schreiner (edd.),
Lìteratur und Relìgion des Fruhjudentum s , W iirzburg 1 9 7 3 . M a in italiano si ve
da, di J. M aier, il più recente e fondamentale II giudaism o del secondo tempio.
Stona e religione , Brescia 1 9 9 1 . .
Per un’informazione più approfondita e completa sui vari paragrafi sono da
consigliare le opere seguenti: E. Schiirer - G. Vermes, Storia del popolo giudaico
al tempo di Gesù Cristo il, Brescia 1 9 8 7 , per le idee religiose e le istituzioni del
giudaismo palestinese; Com pendia Rerum ludaicarum ad N ovum Testam entum :
S. Safrai - M . Stern (edd.), The Jew ìsh People in thè First Century , Assen, 1 1 9 7 4 ;
1 1 ,1 9 7 6 , per la storia sociale e culturale e per le istituzioni e la vita religiosa.
Per i rapporti con il mondo pagano, e in particolare con l’ellenismo, resta fon
damentale l’opera classica di P. Wendland (19 12., ^ 19 72): L a cultura elleni&tico-
romana nei suoi rapporti con giudaism o e cristianesimo , a c. di H. Dòrrie, ed.
it., con abbondante bibliografia ragionata, a c. di G. Firpo, Brescia 19 8 6 .
Un eccellente manuale classico, nel quale si presenta e illustra nei particolari il
contesto pagano, è quello edito da J. Leipoldt e W . Grundmann, Um welt des Ur -
Bibliografia 311
Bibbia e letteratura
Luis Alonso Scbókel, Jesus Asurmendi
Fiorentino Garda Martmez, José Manuel Sànchez Caro
Capitolo xni
La Bibbia
come letteratura
I. D I M E N S I O N E L E T T E R A R IA D E L L A B IB B IA
tri giunsero a sostenere che gli scrittori biblici erano stati maestri e mo
delli degli scrittori greci; altri ancora analizzarono il linguaggio biblico
basandosi su categorie retoriche o poetiche.
La Bibbia ha senz’altro influito nella cultura europea fornendo temi,
simboli, linguaggio a tutte le manifestazioni dell’arte: teatro, poesia, arti
plastiche e musica. In questi campi l’influenza della Bibbia risultò più
profonda e diffusa di quella dei modelli greco-latini.J
Ma lo studio formale e sistematico dei valori e degli argomenti letterari
della Bibbia tardò molto ad affermarsi. Considerando come precursori
Ibn Ezra (sec. xi) e Luis de Leon (sec. xvi), bisogna poi saltare alla metà
del xviii secolo, allorché il vescovo anglicano Robert Lowth pubblica
raccolte in volume varie lezioni universitarie dal titolo De sacra poesì Ile-
braeorum (1753). Per la sua analisi egli ricorre a molte categorie dei clas
sici e conia la fortunata formula parallelismus membrorum. Trentanni
più tardi, e già con sensibilità romantica, il tema è affrontato da Herder,
nell’opera dal titolo significativo Vom Geistderhebràìschen Poesie {ij &z-
1783). Da allora non resta che passare al nostro secolo.
r. L ’Antico Testamento
I valori e gli elementi letterari del testo biblico possono essere suddivisi in
tre gruppi: a) stilemi o procedimenti formali; b) generi letterari o conven
zioni tipiche relativi a unità affini; c) struttura dell’opera singola. I primi
due possono dar luogo a studi monografici o sistematici; il terzo deve far
parte dell’esegesi.
3. Ticonio, Libro delle regole; Agostino, La dottrina cristiana. —The Cambridge History af thè
Bible, 3 voli., ed. G.W.H. Lampe, Cambridge 1969.
Dimensione letteraria della Bibbia 317
mo si capta con l’orecchio, non con gli occhi né con tavole matematiche.
Fino a oggi la spiegazione più coerente e persuasiva è la teoria del ritmo
tonico, fondato sulla distribuzione dì accenti tonici nei versi e negli emi
stichi. Per la notazione analitica si sogliono impiegare formule come 3 +
3 ,3 + 2 ecc., indicando il numero di accenti tonici del primo emistichio —
cesura —e il numero di accenti del secondo emistichio - fine di verso.
Lo studio del parallelismo, distinto nella terna classica e non troppo lo
gica di «sinonimo-antitetico-formale», è stato sottoposto ad accurata
analisi, diviso e distinto con perìzia, secondo le relazioni dt significato tra
i componenti l’alternanza formale. Il parallelismo è oggi Lo strumento
principale e indispensabile per Pinterpretazione. Fondamentalmente il
parallelismo consiste nell’articolazione binaria e simmetrica di enunciati
completi in paratassi, incompleti in ipotassi, in modo tale che l’articola
zione produca ripetizione, contrapposizione o complemento. Viene im
piegato anche il parallelismo ternario, quaternario e di altro tipo per ge
minazione degli elementi.
In un unico gruppo possono essere riuniti i procedimenti basati sulla
ripetizione: di suoni, di parole, di radici o lessemi, di sintagmi, di concet
ti, di immagini. In altri termini, la specificità della ripetizione viene a di
sporsi sui diversi piani del linguaggio poetico. La rispettiva posizione de
gli elementi ripetuti può produrre particolari artifici retorici: geminazio
ne, anafora, epifora, inclusione minore e maggiore. Nel lavoro esegetico
l'inclusione riveste uno speciale valore, poiché abbraccia e delimita l’uni
tà poetica.
Dì grande interesse poetico e retorico è l’antitesi, poco studiata nella
poesia biblica, può reggere parole, sentenze, sezioni, blocchi. Non biso
gna confondere l’antitesi con il merismo e le locuzioni polari, in cui l’in
sieme o la sequenza sono rappresentati da alcuni membri o dagli estremi.
Considero la parte più importante e complessa del linguaggio poetico
quella delle immagini: descrizione, comparazione, metafora, allegoria,
simbolo. Mancando studi sistematici, è necessario consultare i pochi
commenti che testimoniano una certa sensibilità dell’autore verso tali
espedienti retorici.
Gli stilemi della prosa artistica non sono stati studiati in modo sistema
tico. Una monografia dedicata alla prosa retorica si basa su un solo capi
tolo e per tal motivo risulta poco convincente/ Per l’esame delPEcclesia-
ste e per la prosa narrativa abbondano qua e là osservazioni in alcuni
commentari. Tuttavia siamo lontani dal poter scrivere una stilistica della
prosa artistica ebraica (pari a quella di E. Norden per la prosa greca).4
4. Cfr. G. Braulik, Die Mitici deuteronomischer Rhetortk. Erboben aus Dt 4,1-40, Roma 1978;
J. Gitay, Prophecy and Persuttsion. A Study ofls 40-48, Borni 19 8 1.
b) Corpi letterari
c) L ’opera singola
19. B.W. Anderson, Creation versus Cbaos. The Reinterpretation o f Mythicai Symbolism in thè
Bitte, New York 19 6 7.
d) II problem a erm eneutico
2. Il Nuovo Testamento
3. Bibliografia
Agli studi citati in nota riguardanti l’A .T . aggiungiamo, per il N .T ., D. Minguez,
Pentecostés. Ensayo de semiòtica narrativa , Roma-Valencia 19 7 6 , con bibliogra
fia scelta; A. Vaohoye, La structure centrale de l’Epttre anx H ébreu x , Paris
9 7 6 ; U. Vanni, L a struttura letteraria dell’Apocalisse, Brescia *19 8 0 ; J.L . Espi-
Il contesto letterario dell’Antico Testamento 327
II. IL C O N T E S T O L E T T E R A R IO
d e l l ’a n t ic o t e s t a m e n t o
La Bibbia è un testo e, come tale, frutto di una cultura e una storia speci
fica. Se fino al secolo passato spesso si credeva che la Bibbia fosse un te
stimone unico e singolare del mondo antico, attualmente, grazie alle nu
merose scoperte di testi delle civiltà antiche, la Bibbia appare come un te
stimone culturale insieme ad altri.
D’altro canto i rapporti e le interferenze tra i testi biblici e i documenti
del Vicino Oriente antico sono stati e sono studiati con continuo interes
se, servendo così alla loro reciproca comprensione. Lo studioso deve col
locare i testi biblici nella prospettiva della cultura circostante, quale ci è
32,8 La Bibbia come letteratura
giunta in tali scritti. I progressi compiuti nella comprensione del testo bi
blico grazie alla correlazione con le civiltà circostanti sono enormi, ben
ché molte volte si sia caduti nella tentazione di spiegare il resto biblico ri
correndo sistematicamente e massivamente a una o all’altra cultura sco
perta di recente. 11 «panbabilonismo» o il «panugaritismo» sono realtà
ancora non troppo remote.
In queste pagine non si aspira che a offrire alcuni cenni descrittivi dei
testi e dei generi letterari delle civiltà circostanti, per aprire prospettive
che la bibliografia citata consentirà di ampliare e consolidare.
i . Egitto
Nel paragrafo dedicato alla storia della religione d'Israele si è già parlato
del documento chiamato teologia menfita, testo sulla creazione del mon
do, il cui legame concettuale con Gen. i è stato messo in luce da tempo.
La stessa cosa si può affermare del famoso inno del faraone riformatore
Akenaton (Amenofi iv) in onore del dio Aton.
Un’opera letteraria importante è il cosiddetto Libro dei morti, Si tratta
di una serie di testi necessari al defunto nelle distinte fasi che lo guidava
no alla sua unione con la divinità solare e al dio dei morti, Osiride. Que
st'opera, che risale all’epoca del Regno Nuovo (1590-1085), fu precedu
ta da altre con analoghe funzioni: 1 cosiddetti «testi dei sarcofaghi», ad
esemplo. Nel Libro dei morti s’incontra la cosiddetta «confessione nega
tiva», elenco di errori che il defunto dichiara di non aver commesso, si
mile ad altre liste scritte sulle porte dei templi, che il fedele doveva recita
re prima di entrare nel luogo sacro. Gli studiosi hanno messo in relazione
queste contessiom con le «liturgie d’ingresso» di alcuni salmi biblici come
il 15 e il 24.
In ambito storico è da segnalare una serie di testi, di vario genere, indi
spensabili per lo studio della storia d’Israele. Ad esempio riscrizione di
Tutmosi in sui muri del tempio di Karnak, nella quale il faraone narra le
sue campagne militari e la presa di Megiddo nel 1468. Il documento con
tiene indicazioni geografiche estremamente interessami sulla regione e
dati di grande valore relativi alia situazione politica della zona.
Altro insieme di testi di rilevante significato sono le cosiddette Lettere
di el- Amarna, ritrovate negli archivi del palazzo reale di Akenaton (13 7 9
1362) nella nuova capitale edificata come corollario della sua riforma re
ligiosa. Si tratta della corrispondenza diplomatica, in accadico, tra i vas
salli e gli alleati del faraone e la sua corte. Buona parte di queste lettere
proviene dai piccoli regni di Canaan; in esse i vassalli del faraone narrano
la situazione in cui si trovano e chiedono aiuto al sovrano di fronte ai pe
ricoli circostanti. I dati storici, geografici e culturali contenuti in questi
Il contesto letterario dell’Antico Testamento 329
z. Mesopotamia
Le culture fiorite in questo esteso scenario sono tanto ricche quanto dif
ferenti. Qui si prescinde dai testi sumeri e ittìti.
In ambito storico le «liste di eponimi» assire costituiscono un elemento
essenziale per determinare la cronologia del Vicino Oriente. In Assiria gii
anni venivano computati attribuendo loro il nome di un funzionario rea
le, un eponimo. Cosi, ad esempio, il 740 non era conosciuto come 1 anno
5 di Tiglat-Pileser, bensì come «Panno di Nabu-etirani», coppiere del re.
In queste liste si registrano gli avvenimenti più rilevanti del Panno, come
le eclissi di sole. Elementi analoghi hanno permesso di calcolare le date
secondo ì computi attuali.
Ma il piu importante contributo storico dei testi accadici (assiri e babi
lonesi) è senza dubbio offerto dagli annali reali, iscrizioni e stele dei re, e
dalla cosiddetta «cronaca babilonese».
Gli annali reali sono composizioni nelle quali i sovrani presentano le
proprie campagne militari e vittorie. I primi testi compaiono alla fine del
secondo millennio, ma il genere raggiungerà il suo massimo sviluppo du
rante 1 impero neoassiro. Si tratta di iscrizioni monumentali incise su pa
lazzi, templi, pietre sepolcrali, muri e stele. Gli annali assiri constano ge
neralmente dei seguenti elementi; titoli del re, enumerazione delle sue
precedenti prodezze, esposizione della campagna in questione e notizie
sulla costruzione o restauro di un santuario come ringraziamento agli dèi
per la vittoria. I sovrani assiri si presentano in guerra come «luogotenen
ti» degli dei e il «merito» è sempre attribuito alla forza e al potere della
li contesto letterario dell’Antico Testamento 331
3. Ugarit
talità, che la dea non intende concedergli. Il giovane non cede il suo arco
e la dea prepara così la vendetta: la morte del giovane con il consenso di
El. Il resto della leggenda è andato perduto, benché probabilmente alla fi
ne dell’opera, in un modo o in un altro, Daniilu recuperi la felicità e la di
scendenza.
La leggenda di Kirta ha lo stesso tema centrale: un re senza prole. La
finalità dell’opera è con probabilità identica alla leggenda di Daniilu: la
protezione della divinità verso la dinastia e, di conseguenza, verso il suo
popolo.
4. Altri testi
Jahò. Possediamo ana serie di testi tra 1 quali alcune lettere inviate a Ge
rusalemme su temi cultuali come la celebrazione della pasqua e altri.
5. Bibliografia
J.B, Pritchard, Ancient Near Eastern Texts Relating to thè O ld Testamenti Prince
ton 319 6 9 : opera di riferimento, che riassume in traduzione inglese i testi del V ici
no Oriente antico; M . G a rd a Corderò* Bibita y legado del Antiguo Oriente , M a
drid 1 9 7 7 : saggio di studio comparato sui testi biblici e i possibili paralleli della
letteratura orientale. Per la letteratura egiziana antica, ottima è Pantologia curata
da E. Bresciani, Letteratura e poesìa deWantico Egitto, Torino 2i9 9 o . Per il Libro
dei morti si veda anche Pedizione con note e commento a cura di G. Rosati: Libro
dei Morti. I papiri torinesi di Tachered e Isiemachbit, Brescia 1 9 9 1 . Per i testi sa
pienziali egiziani si veda ora A. Roccati, Sapienza egizia. La letteratura educativa
in Egitto durante il II millennio a.C., Brescia 19 9 4 : contiene, accompagnati da
introduzione e commento, i più celebri «insegnamenti». I testi mesopotamici più
noti sono reperibili nelle antologie di G. Furlani (Miti babilonesi e assiri, Firenze
19^ 8) e G .R . Castellino (Mitologia sumerico-accadica, Torino 19 6 7 e Testi su
merici e accadici, Torino 1 9 7 7 ) ; si veda inoltre la Crestomazia accadìca curata da
L. Cagni (Roma 1 9 7 1 ) , che raccoglie numerosi testi in trascrizione con traduzio
ne italiana a fronte. Per YEpopea di Gilgamesh è ora disponibile l’esauriente edi
zione commentata di G. Petrmato in collaborazione con S.M . Chiodi e G del
M onte (Milano 1992.). Sul mondo della letteratura e religione ugaritiche si veda
G. del Olmo Lete, Mitos y leyendas de Canaan, M adrid 1 9 8 1 : ottima edizione
dei testi mitologici e delle leggende cananaiche, con eccellente apparato critico e
bibliografia quasi esaustiva; offre, inoltre, la trascrizione dei testi. In italiano si
può ricorrere con utilità a P. Xella, Gli antenati di Dio. Divinità e miti della tra
dizione dì Canaan, Verona 1 9 8 z, che oltre a fornire una presentazione esaustiva
della mitologia ugaritica anche in rapporto alPÀ.T., consente di leggerne in tra
duzione i testi principali. I testi punici sono in parte accessibili, in traduzione ita
liana, in A. Rolla, La Bibbia dì fronte alle ultime scoperte, Roma 3i9 5 9 - N ei «Te
sti del Vicino Oriente antico», diretti da P. Saccbi, sono state edite, oltre a quelle
sopra citate a cura di A . Roccati e G. Rosati, altre opere utili allo studio dell’A .T .
(Racconti di viaggio e di avventura dell’antico Egitto ; Formule di maledizione
della Mesopotamia preclassica; La mitologia ittita ; L 3annalistica ittita) e altre so
no in programma (Le profezie di Mari; Lettere di El-'Amàrna; La mitologia me-
sopotamica ecc.).
III. I L C O N T E S T O L E T T E R A R IO
D EL NUO VO TESTAM EN TO
Dal momento che l’intero volume ix della nostra opera è dedicato alla
presentazione analitica di questa letteratura, fondamentale per la com
prensione del N.T., ci si limita qui a tracciarne i lineamenti sommari. La
letteratura del giudaismo palestinese viene presentata separatamente da
II contesto letterario del Nuovo Testamento 335
i. La letteratura apocrifa
sia, l’uomo che sorge dal mare per compiere la salvezza ed Esdra, quale
nuovo Mosè, incaricato di istruire il popolo e di riscrivere i libri sacri.
Come nel caso degli apocrifi precedenti, sono opere conservate soltanto
in greco o in altra traduzione. Ma, diversamente dagli scritti sopra elen
cati, rimane ancora irrisolta la questione se originariamente fossero re
datti in una lingua semitica oppure si tratti di creazioni originali m greco.
Testamenti dei Dodici Patriarchi. L ’opera consiste in dodici «testa
menti», dodici «discorsi di addio» rivolti dai dodici figli di Giacobbe, in
punto di morte, ai propri figli o familiari. S’ispira ai «discorsi di addio»
dell’A.T. e rientra in un genere letterario molto popolare all’epoca. I do
dici «discorsi di addio» hanno una struttura stereotipa: ognuno è prece
duto da un passaggio introduttivo di tono biografico e seguito da alcuni
particolari sulla morte e la sepoltura del patriarca. L ’opinione oggi più
diffusa riconosce nei Testamenti un nucleo giudaico con abbondanti pa
ralleli negli scritti qumranici, scritto in ebraico o aramaico nel n sec. a.
C., successivamente rielaborato in greco e sottoposto infine a redazione
cristiana nel 11 sec. d.C.
Apocalisse sirìaca di Baruc (2 Baruc). Quest’apocalisse, scritta dopo la
distruzione del tempio, cerca di spiegare perché Dio abbia permesso quel
la catastrofe. La distruzione è un atto divino precedente il giudizio e la
salvezza finale d’Israele. L ’opera presenta strette relazioni con 4 Esdra e
fu scritta intorno al 100 d.C.
Testamento di Abramo. Nonostante il titolo, non è un «testamento» in
senso proprio, bensì un racconto apocalittico. Abramo, invitato dall’an
gelo Michele, rifiuta di fare testamento prima di aver visitato il mondo
intero. La recensione lunga dell’opera, probabilmente la più vicina all’o
riginale, presenta le maggiori interpolazioni cristiane; la recensione bre
ve, d’altra parte, presenta un testo greco più semitizzante. L ’originale,
forse alessandrino, potrebbe risalire al 1 sec. d.C., benché l’opera difetti
di elementi precisi per consentirne una datazione.
Vita dì Adamo ed Èva (Apocalisse di Mose). Della lunga serie di ela
borazioni midrashiche sulla vita dei progenitori, forse la più interessante
potrebbe essere la composizione conosciuta in versione greca con il titolo
improprio di Apocalisse di Mosè e nelle versioni latina e slava con quello
più corretto di Vita Adae etE vae, che glossa i primi tre capitoli della Ge
nesi con numerosi ampliamenti. Nonostante alcune reminiscenze elleni
stiche e abbondanti interpolazioni chiaramente cristiane, si tratta di
un’opera fondamentalmente giudaica, che potrebbe essere stata compo
sta nel 1 sec. d.C.
c) A pocrifi redatti in greco
ne del corpo dell’opera si colloca prima della fine del i sec. d.C. L ’intro
duzione sarebbe stata aggiunta al tempo di Adriano o di Marco Aurelio.
Testamento di Giobbe. Quest’opera offre una presentazione midrashi-
ca della storia del personaggio biblico in forma di «testamento». Sembra
destinata a stimolare la conversione al giudaismo, dal momento che Giob
be è presentato come pagano, ma l’attacco ai matrimoni misti e la racco
mandazione per una corretta sepoltura non possono essere diretti che ai
giudei. La sua parenesi verte soprattutto sulla virtù della pazienza e, ben
ché molto interessato alle realtà celesti, l’autore non utilizza il linguaggio
né manifesta Tinteresse per il futuro caratteristici delle apocalissi. Scritta
originariamente in greco, Popera risale con probabilità al i sec. d.C.
Giuseppe e Asenet. Nota in due recensioni greche e in numerose ver
sioni, Popera è uno sviluppo midrashico di Gen. 4 1,4 1-5 2 e 46,20 nella
forma letteraria del romanzo ellenistico. Consta di due parti nettamen
te distinte. La prima racconta gli amori e il matrimonio di Giuseppe e di
Asenet. La seconda, di carattere maggiormente epico, si conclude con la
morte del faraone e del figlio e la proclamazione di Giuseppe a re del pae
se. Fu scritta in greco e con molta probabilità in Egitto, in età difficilmen
te precisabile. Per lo più se ne fissa la data di composizione prima della
persecuzione di Adriano {nel 1 1 7 d.C.) e dopo il compimento della tradu
zione dei LX X , conosciuta e utilizzata dall autore. Più che un racconto
con finalità di proselitismo, Giuseppe e Asenet è una giustificazione del-
Pautenticità giudaica dei convertiti (e indirettamente una difesa dei ma
trimoni misti) ricolma di simbolismo e con un grande contenuto etico.
L’opera conobbe grande popolarità nel mondo cristiano.
2. La letteratura qumranica
a) Regole
Sono testi contenenti le norme di vita della setta e la sua propria halaka.
II più completo e meglio conosciuto è la Regola della Comunità, essen-
Il contesto letterario del Nuovo Testamento 341
b) Interpretazione biblica
In base ai testi conservati si può concludere che una delle principali atti
vità dei membri della comunità qumranica fosse l’esegesi del testo bibli
co. La poesia qumranica è densa di reminiscenze bibliche. Anche nelle re
gole troviamo piccole unità esegetiche su testi concreti; opere intere, co
me il Rotolo del Tempio, costituiscono una reinterpretazione attenta del
testo biblico dal quale prendono spunto. Ma larga parte dei manoscritti
conservati sono opere di tipo midrashico, in cui il testo biblico è fonda
mentale. Opere come VApocrifo della Genesi, le Benedizioni dei Patriar
chi, i Salmi di Giosuè, le Parole di Mosè e tutta una serie di Apocrifi Mo
saici e di Parafrasi del Pentateuco, edite soltanto di recente, rientrano in
questo genere di interpretazioni bibliche. Di carattere esegetico sono pure
diverse composizioni pseudepigrafe conservate in varie copie: Pseudo
Geremia, Pseudo-Ezechiele, Pseudo-Daniele ed egualmente altre opere
aramaiche, quali la Descrizione della Nuova Gerusalemme e la Preghiera
di Nabonedo, che s’ispirano rispettivamente a Ez. 40-48 e alle storie su
Nabucodonosor del libro di Daniele.
Gli scritti esegetici qumranici più caratteristici, tuttavia, sono quelli de
signati come p esharim, plurale di pesher, «interpretazione», largamente
impiegato. Non si tratta di interpretazioni o commenti nella nostra acce
34* La Bibbia come letteratura
3. La letteratura targumìca
ne. Per una descrizione dei vari targumim, oltre alla presentazione com
pleta del voi. ix di questa Introduzione, si veda sotto, cap. xv, m.
4. La letteratura rabbinica
a) Midrashim
b) Mishna
c) Tosefta
d) Talmud
a) Storiografi
b) Poeti
Come nel caso della storia, anche per quanto riguarda la poesia giudeo
ellenistica di questo periodo le nostre conoscenze derivano dalle citazio
ni di Alessandro Poliistore, riportate nelle opere di Eusebio. Suo tramite
ci sono pervenuti alcuni esametri dell’opera Su Gerusalemme di Filone,
poeta epico, e di altri, che trattano soprattutto di Sichem e della storia
dei samaritani, prossimi al modello omerico, appartenenti all’opera di
Teodoto, un autore di cui si ignora se fosse giudeo o samaritano. Di altri
poeti, come Sosate, <d’Omero giudeo», conosciamo soltanto il nome e il
fatto che visse in Alessandria. Il poeta più interessante, a giudicare da
quanto ci è conservato, fu Ezechiele il Tragico, che si servì di materiali bi
blici per comporre una serie di drammi alla maniera greca. Il solo giunto
a noi in estratti {2.70 righe) è YExagoge, nella quale si drammatizzava la
storia dell’esodo in trimetri giambici.
c) Filosofi
7. Flavio Giuseppe
loro redazione Giuseppe ricorre alle fonti piu disparate. Il primo libro dei
Maccabei, la leggenda dei Tobiadi e la Lettera di Aristea, insieme a tradi
zioni popolari su Alessandro, gli servono per completare i dati tratti da
altri storici come Polibio, Strabone e Nicola di Damasco per scrivere la
storia fino all’epoca degli Asmonei. Nicola di Damasco è la fonte princi
pale per il periodo erodiano e le Memorie di Agrippa quella per il suo re
gno. Giuseppe vi aggiunge elementi chiaramente leggendari, benché uti
lizzi anche dati dei registri sacerdotali e includa un buon numero di docu
menti ufficiali accuratamente trascritti. L ’opera è diretta a lettori pagani
non soltanto per loro istruzione ma anche per disporli favorevolmente
verso la causa giudaica. Il complesso è un vero monumento di ricchezza
inestimabile per lo studio della storia postbiblica.
La Vita. Più che una biografia di Giuseppe, la Vita è un racconto del
suo operato come capo della rivolta in Galilea, scritta per difendersi agli
occhi dei romani dalle accuse di Giusto di Tiberiade, inserendovi alcune
note biografiche all’inizio e alla fine. Sembra posteriore alle Antichità
giudaiche e, di fatto, è stata trasmessa come sua conclusione o appendice.
Contro Apione. In due libri, conosciuta anche con il titolo SulVantichi-
tà del popolo giudaico, è un’abile apologia del giudaismo destinata a dis
sipare incomprensioni e a respingere gli attacchi subiti dai giudei del tem
po, in particolare da parte del grammatico alessandrino Apione.
8. Filone di Alessandria
nuta nella legge mosaica, Tunica autorità e Tunica fonte di tutta la sa
pienza. Il metodo di Filone per dimostrare questo principio fondamentale
è Tinterpretazione allegorica* già impiegata da greci e giudei. Tale metodo
gli consente di ottenere un duplice risultato: trasmettere ai propri correli
gionari giudei i tesori della filosofia greca e provare at greci che tutti i va
lori tanto apprezzati della loro filosofia si trovano già contenuti nella leg
ge mosaica.
Le opere di Filone sono raggruppabili in due grandi categorie: quelle
incentrate sul Pentateuco (i tre quarti di quanto ci è stato tramandato) e
le rimanenti. Le prime consistono in tre grandi serie:
[ htàestiones et solutiones. Sono brevi esposizioni catechetiche in forma
di domanda e risposta, nate forse come risultato delTinsegnamento di Fi
lone nella sinagoga di Alessandria. 1 sei libri delle Quaestìones etsolutìo-
nes in Genestm si estendono soltanto fino a Gen. 28. Delle Quaesttones
et solutiones in Exodum il quinto libro e alcune parti dei secondo si sono
conservati in armeno.
Legum allegoria. Questa seconda serie costituisce un grande commento
esegetico nel quale sono trattati allegoricamente pericopi scelte della Ge
nesi. L'insieme è conosciuto come Commento allegorico e rappresenta
l’opera maggiore di Filone, esoterica e destinata a esporre i grandi princì
pi della sua filosofia.
La terza grande serie è conosciuta convenzionalmente come Esposizio
ne. Si tratta di un’illustrazione divulgativa e sistematica della legislazione
mosaica, di cui Filone cerca di chiarire valore e significato per un’ampia
cerchia di lettori. Gli scritti compresi in questa serie sembrano una rac
colta di opere indipendenti, benché risulti evidente che furono concepite
come insieme coerente.
Oltre a queste tre grandi composizioni sul Pentateuco, Filone compose
diversi trattati autonomi, Menni dei quali sono ancor oggi di grande inte
resse.
9. Bibliografia
M olte problematiche esaminate in questo paragrafo sono affrontate negli studi
generali sul contesto del giudaismo. Si veda perciò la bibliografia citata al cap.
X II, 11,6.
Specificamente sul contesto letterario si vedano i volumi di E. Schiirer - G. Ver-
mes, The History o f thè fewish People in thè Age of Jesus Christ, voi. i n / i , Edin
burgh 19 8 6 , per la letteratura giudaica in ebraico o in greco; voi. 111/2, Edinburgh
1 9 8 7 , per la letteratura giudaica di lingua originale incerta (di entrambi i volumi
è in preparazione la traduzione italiana). Dell'opera collettiva a cura di S. Safrai -
M . Stern (edd.), Compendia Rerum ludaicarum ad Nouum Testamentum , inte
ressano i volumi seguenti: M . Stone (ed.), Jewish Wrìtings ofthe Second Tempie
Generi letterari nella Bibbia 351
Period, Assen 1 9 8 5 , per la letteratura giudaica dell'età del secondo tempio; S. Sa-
frai (ed.), The Lìterature o f thè Sages, voi. 1 , Assen 1 9 8 7 , per la letteratura rabbi
nica; voi. 2, Assen 19 9 0 , per la letteratura midrashica, Paggada, i targumim ecc.
Per una presentazione generale delPattuale situazione degli studi relativi alla let
teratura giudaica antica cfr. R . a . Kraft - G .W .E . Nickelsburg (edd.), Early fuda-
ism and Its M odem Interpreters, Atlanta 19 8 6 , spec. 2 2 1-4 8 6 . Utile per questo
paragrafo è anche Popera citata di J. Leìpoldt - W . Grundmann, Umwelt des Ur-
christentutns 1, /i 9 8 5 ; II, 7i9 8 6 ; III, 6i9 8 y (tr. sp. M adrid 19 7 3 ) .
Sono inoltre da segnalare alcune buone introduzioni specifiche alle letterature
delPepoca studiata: A . Diez M acho, Introducción generai a los apócrifos del An-
tigno Testamento, M adrid 1 9 8 4 ; J.H . Charlesworth, G li pseudepigrafi dell’Anti
co Testamento e il Nuovo Testamento. Prolegomena allo studio delle origini cri
stiane, Brescia 19 9 0 : entrambe queste opere sono di noti editori di due tra le mi
gliori raccolte di apocrifi delPA.T. in traduzione moderna; M . Delcor - F. G arda
Martmez, Introducción a la literatura esenta de Qumràn, Madrid 1 9 8 2 (di F.
Garcia Martinez è in preparazione, in lingua italiana, un5approfondita Introdu
zione alla letteratura di Qumran); G. Stemberger, Einleitung in Talmud und Mi-
drascb, Miinchen 319 9 3 (tr. it. in preparazione); introduzione generale alla lette
ratura e alPermeneutica rabbiniche; dello stesso autore si vedano due altre opere
accessibili anche in lingua italiana: Il Talmud. Introduzioni, testi, commenti, Bo
logna 19 8 9 e II Midrash . Uso rabbìnico della Bibbia. Introduzione , testi, com
menti,, Bologna 1992.; A. Diez M acho, E l Targum. Introducción a las traduciones
aramaìcas de la Bibita, M adrid 1 9 7 9 ; F. Manns, Leggere la Misnab , Brescia
1 9 8 7 : agile introduzione alla lettura mishnica e ai suoi artefici, così come ai me
todi della halaka e aggada; in appendice riporta la traduzione con commento del
trattato Pìrqe Abot\ N . Fernàndez M arcos, Introducción a las versiones griegas
de la Biblia , M adrid 19 7 9 (di cui è in preparazione, in lingua italiana, una nuova
edizione interamente rifatta).
Nel voi. ix, dedicato alla letteratura intertestamentaria, verrà fornita una bi
bliografia più estesa e specifica, le fonti già edite e le traduzioni esistenti in italia
no e nelle altre lingue moderne.
IV . G E N E R I L E T T E R A R I
N E L L A B IB B IA
I generi letterari hanno una lunga storia. Il pruno loro teorico fu Platone,
che distingueva tra poesia mimetica o drammatica, poesia non inimettca o
lirica e poesia mista o epica.
La Poetica di Aristotele suddivide i generi letterari secondo le diverse
categorie nelle quali si manifesta la mimesi (poesia ditirambica da un la
to, tragedia e commedia dall'altro), i diversi oggetti della mimesi (distin
guendo così la tragedia dalla commedia) e i loro diversi modi (modo nar
rativo e modo drammatico), mettendo quindi in gioco elementi di tipo
contenutistico ed elementi formali.
Nel xvi secolo, la conoscenza delle poetiche di Aristotele e di Orazio
contribuì al sorgere della triplice divisione classica tra poesia drammati
ca, epica e lirica, considerate da allora generi maggiori rispetto ad altri
minori. A partire da questo momento e fino al XVJJI secolo si accende la
polemica sui generi letterari, soprattutto a causa della disputa tra 1 generi
antichi, i migliori e gli unici per i classicisti, e i moderni, che possono es
sere variazioni di quelli già conosciuti e anche creati ex novo. Fautori del
mutamento e della novità si mostreranno soprattutto gli autori barocchi
e, in gran parte, i romantici.
Nel x ix secolo, Brunetière elabora la propria teoria secondo cui il ge
nere letterario nasce, si evolve, invecchia e muore o si trasforma, mentre
Croce, identificando poesia e intuizione, nega l’esistenza fissa di generi
universalmente validi, poiché ogni opera letteraria sarebbe un «unicum
irripetibile». Ma «la singolarità di ogni opera letteraria non s’identifica
con un isolamento assoluto e monadico, poiché l’individualità dello scrit
tore può comunicarsi solamente attraverso relazioni c strutture generali
che costituiscono le condizioni di possibilità delPesperienza letteraria»
(Aguiar e Silva). A giudizio del medesimo studioso «ogni genere rappre
senta una sfera particolare dell’esperienza umana, offrendo una determi
nata prospettiva sul mondo e sull’uomo: la tragedia e la commedia, ad
esempio, si occupano di elementi e problemi molto diversi all'interno del
l’esistenza umana. D’altro canto, ogni genere rappresenta l’uomo e il
mondo attraverso una tecnica e una stilistica proprie, intimamente coniu
gate con la rispettiva visione del mondo».
Wellek e Warren, studiosi di teoria letteraria, basandosi su altre testi
monianze giungono ad affermare che i generi letterari «si possono consi
derare come imperativi istituzionali che si impongono allo scrittore e, a
loro volta, sono da lui imposti». E, citando H. Levili, affermano che il ge
nere letterario è un1«istituzione», come la chiesa, l’ università o lo stato.
Occorre lavorare, esprimersi attraverso le istituzioni esistenti, crearne di
nuove o proseguire nella misura del possibile senza condizionamenti poli-
Generi letterari nella Bibbia 353
nei o rituali; d’altra parte è necessario aderire alle istituzioni per poi ri
formarle.
Per gli studiosi contemporanei gli elementi generali alla base del genere
letterario pertengono sia all’ambito della forma interna (visione personale
del mondo, tono, finalità ecc.), sia a quello della forma esterna (ad es. i
caratteri strutturali e stilistici). Del resto la moderna teoria dei generi è
chiaramente descrittiva, senza limitarne il numero né dettare regole agli
autori. Essa suppone che i generi tradizionali possano «mischiarsi» e pro
durne di nuovi (come la tragicommedia), e ricorda che il piacere speri
mentabile in un’opera letteraria dipende da due sensazioni complementa
ri: la novità e il riconoscere qualcosa. D ’altro canto il modello totalmente
familiare e reiterativo è aborrito, ma la forma interamente nuova sarebbe
inintelligibile. Il genere rappresenta, per così dire, una somma di artifici
estetici a disposizione dello scrittore e già comprensibili al lettore. Un
buono scrittore in parte sì adatta al genere, in parte lo dilata. Conviene
notare che, in generale, i grandi autori raramente sono inventori di gene
ri, rientrando più opportunamente nei solchi tracciati da altri ed elevan
doli a capolavori.
b) Caratteristiche
a) Legge (Torà)
L insieme dei primi cinque libri biblici del Pentateuco è denominato «To
rà» dai giudei e «libri storici» dalla tradizione cristiana. La doppia desi-
356 La Bibbia come letteratura
gnazione riflette una realtà più profonda: non si tratta di puri testi legali
né di un mero racconto storico narrativo. Il tema centrale caratterizzante
questo insieme è l'alleanza, comprensiva delia storia del patto offerto da
Dio al suo popolo e, talvolta, la risposta di questo popolo, contenuta
fondamentalmente nell impegno di osservare una legge. In tal modo il ge
nere «torà» abbraccia due grandi generi letterari specifici: la narrazione
storica e la prosa legale.
La narrazione storica, benché comprenda molte differenti forme lette
rarie, è un racconto in prosa, teso a riproporre sulla base di ricordi e anti
chissime tradizioni la storia del popolo d’Israele e dei suoi rapporti con
Dio. Il suo valore storico, come oggi intendiamo questo aggettivo, va co
stantemente sottoposto ad analisi critica, per individuare la prevalenza
delle tradizioni popolari con il loro contenuto religioso e la posteriore
meditazione religiosa condotta su di esse. Seguendo l’ ipotesi delle princi
pali tradizioni letterarie del Pentateuco, possiamo distinguere quattro
grandi tipi di narrazione storica, a loro volta quasi dei trattati teologici:
il racconto jahvista (J): in una narrazione brillante presenta la storia
del popolo eletto dalle origini delFumanità come storia guidata dal dise
gno salvifico di Dio, che supera la maledizione del peccato originale con
la benedizione accordata ad Abramo e al suo popolo, e in esso a tutti i
popoli della terra. Tra Paltro si caratterizza per esprimere in modo imme
diato la presenza e l’azione di Dio nella vita dell’uomo mediante chiari
antropomorfismi. E redatto in Giuda a partire dal x sec. a.C.;
il racconto elohista (E): si caratterizza come opera di un abile narra
tore popolare, di maggiore finezza telogica, sia per quanto attiene agli
antropomorfismi, maggiormente purificati, sia per una teodicea più evo
luta, un’etica più esigente e una chiara influenza dei profeti del regno del
nord. Sorge in questo regno tra il ix e l’vm secolo a.C.;
il racconto deuteronom ista (D): in stile parenetico e tono di predica
zione, questo racconto, le cui origini vanno collocate nel regno del nord,
sebbene si sviluppi durante l’esilio e risenta di una chiara influenza dei
profeti come Geremia, elabora una prospettiva storica propria, mossa
dall’ intento teologico di spiegare d disastro dei due regni d’Israele e di
Giuda. Israele è il popolo del Signore, la sua proprietà, il suo eletto. Que
st’elezione esige una risposta d’amore da parte del popolo, che si concre
tizza nell’adempimento della legge, condizione indispensabile per la so
pravvivenza delle condizioni dell’alleanza stabilita da Dio con il suo po
polo. Fungerà da base a una scuola deuteronomista, la quale riscriverà la
storia d’Israele dopo Tesilio;
il racconto sacerdotale (P): è un tentativo di raccontare la storia d’I
sraele dagli inizi del mondo. U suo linguaggio, di tono piu sapienziale e
con una evidente teologia della trascendenza divina, è meno vivace di
Generi letterari nella Bibbia 357
b) Profeti
c) Scritti
a) Narrazione
b) La letteratura profetica
c) Cantici
d) La letteratura sapienziale
mente per mezzo del mashal, parola di non facile traduzione nella nostra
lingua a motivo della varietà dei suoi significati. Qui la possiamo rendere
approssimativamente con «sentenza», nella sua accezione di massima o
detto grave e breve, che racchiude dottrina e moralità. Tra le forme lette
rarie semplici troviamo il proverbio (cfr. 1 Saffi. 2 4 ,14 ; 1 Re 2 0 ,11; Eccl.
9,4); la sentenza, piu complessa del proverbio e dalla struttura letteraria
più elaborata (cfr. la serie di Prov. 10-zz); Venigma o indovinello, gene
ralmente introdotto da una domanda (cfr. G iud. 14 ,13 - 18 ; forse Sir.
10 ,19 ; cfr- 1 &e 10 ,1); la sentenza numerica, che pare di origine cananai
ca (cfr. la serie di Prov. 3 0 ,15 -3 1; Sir. 25,1-9); il poema didattico sapien
ziale) nato dalla giustapposizione di sentenze, ma che in molti casi rag
giunge una forma armonica e definita, come in Prov. 8 e 9 o in EccL 3 , 1
9, riscontrabile anche in alcuni salmi, come 1 e 34,
5. Formule stereotipate
Alla pari di quanto si è fatto per le sezioni maggiori dell’A.T., e lecito in
dicare come grandi generi letterari del N .T. il vangelo, il genere atti, le
lettere e l’apocalisse. Li descriveremo in breve, per poter illustrare poi al
cune delle maggiori forme letterarie semplici.
a) Vangelo
Rom . 1 , 1 ; 15 ,16 ; 1 Cor. 9 ,12 ; 2 Cor. 2 ,12 ecc.). Marco sembra aver in
trodotto questo termine nella tradizione sinottica con un significato mol
to prossimo a quello paolino, identificando Gesù con Fautore e il conte
nuto del vangelo, sebbene in 1 , 1 il vocabolo possa già significare il libro
stesso che conriene, per iscritto, questa buona novella. Per parte sua Luca
applica il termine alla predicazione apostolica (Atti 15 ,7 ; 20,24). M a è
nel 11 secolo che si comincerà a usare la parola vangelo per designare
questo particolare genere letterario.
Il vangelo è dunque il messaggio di salvezza messo per iscritto, in cui
tema e contenuto è Gesù Cristo. Non si tratta quindi del genere letterario
«biografia» né di una raccolta di storie né di un ritratto letterario di
qualcuno e neppure di una mera storia, benché il suo contenuto sia fon
damentalmente storico (cfr. DV 19). Alla luce della descrizione dei van
geli da parte del Vaticano 11, si tratta di sintesi della tradizione apostoli
ca, adattate alle necessità delle chiese per le quali sono scritti e nello stile
proprio della proclamazione (cfr. ibidem). La struttura di base del vange
lo è offerta da uno schema tradizionale, probabilmente influenzato dal
kerygma primitivo, che inizia con il battesimo di Gesù da parte di Gio
vanni, continua con la narrazione delPoperato di Gesù, comprendendo la
sua predicazione e i miracoli da lui compiuti, e si conclude con il racconto
della passione, morte e risurrezione. Tutti i vangeli mostrano una serie di
ricorsi formali somiglianti, sebbene sussistano grandi differenze tra i si
nottici e Giovanni. Il loro contesto è la predicazione della buona novella
tra le comunità cristiane primitive e la necessità di porla per iscritto per
determinate comunità.
Maggiori problemi pone la determinazione del genere letterario del
vangelo di Giovanni. Benché si ammetta che fondamentalmente si tratta
del genere vangelo, la grande diversità di stile, di lessico e, almeno in par
te, di disposizione del materiale sembrano reclamare una qualche diffe
renza, ancorché sfumata, con il medesimo genere attribuito ai sinottici.
Basandosi sul lessico, la struttura, i numerosi episodi e le parziali conclu
sioni dello stesso evangelista, sì è proposto di designarne il genere lettera
rio come «testimonianza attualizzante» (E. Cothenet) o confessione di fe
de (omologia) della comunità, scritta in forma narrativa (J.O. Tum).
b) Atti
dell’A.T., nella quale si espone l’avanzata del vangelo fino ai confini del
mondo. Tale è il tema di fondo, mentre la struttura letteraria si percepisce
nella progressione geografica dei racconti, nella presenza dominante di
qualche personaggio a seconda del momento narrativo, soprattutto di
Pietro e Paolo, e nei discorsi che scandiscono tutta Pazione missionaria
narrata. Il contesto sociale pare il medesimo del vangelo di Luca, ma ri
flette con chiarezza un momento particolare delle comunità cristiane nel
quale la polemica giudaizzante era già sostanzialmente superata.
c) Lettere
L ’ ultimo libro della Bibbia, il cui nome significa «rivelazione», ossia sve
lamento di qualcosa di celato, appartiene al genere letterario apocalitti
co, fiorito nei secoli degli inizi dell’era cristiana. L ’apocalittica è figlia
della profezia, della quale riprende e sviluppa alcuni elementi: la visione,
l’apertura al futuro, la comunicazione dei misteri di Dio e, in parte, la
simbologia. Nasce in periodi di crisi, in particolare di persecuzioni, quan
do è necessario sostenere le comunità e incitarle a resistere. Il linguaggio
simbolico, denso di immagini per noi inconsuete, non doveva suonare
oscuro ai destinatari di questa letteratura. Descrizioni fantastiche, colori,
numeri, tutto ha un significato concettoso, una chiave interpretativa che
apre il cammino alla comprensione e alla volontà di resistenza.
b) Nelle lettere
9. Bibliografia
Sulla teoria letteraria generale dei generi letterari si veda R. Wellek - A. Warren,
Teoria della letteratura , Bologna 1 i 9 8 i , 2 3 -3 4 (essenza della letteratura); 3 0 5
3 2 2 (generi letterari); V .M . de Aguiar e Silva, Teoria de la literatura , Madrid
1 9 7 2 , 1 1 - 4 2 (concetto di letteratura e teoria della letteratura); 1 5 9 - 1 7 9 (generi
letterari). Sulla storia e le aporie della nozione di genere letterario si veda J.-M .
Schaeffer, Q u'est-ce q u u n gerire littéraire ?, Paris 19 8 9 .
Buona introduzione storica e presentazione della situazione nell’esegesi cattoli
ca posteriormente all’enciclica D ivino afflante Spirita nell’opera collettiva Los
géneros literanos de la Ragrada Escrìtura , Barcelona 1 9 5 7 . Rimane classico lo
studio postumo di H. Gunkel, Einleitung in dìe Psalm en , a cura di G. Begrich,
Gòttingen 1 9 3 3 , *19 6 6 . Per l’Antico Testamento sono sempre di grande interesse
le pagine di O. Eissfeldt, Introduzione a ll3Antico Testam ento , 4 voli., Brescia
1 9 7 0 - 1 9 8 4 , soprattutto le parti prima e seconda (entrambe nel voi. r). Si veda an
che L. Alonso Schòkel, Erm eneutica razionale: i generi letterari , in II dinamismo
della tradizione , Brescia 19 7 0 , 1 2 1 - 1 3 8 ; Idem, Genera lu teran a : V D 38 (i9 6 0 )
3 - 1 5 . Per il N .T . è sempre utile l’opera di H. Zimmerinann, M etodologia del
N u o vo Testamento, Torino 1 9 7 1 , 1 1 6 - 1 7 0 . Una visione d’ insieme è offerta da J.
Schreiner (ed.), E infiìhrung in die M ethoden der biblischen Exegese , Wìirzburg
1 9 7 1 , 1 9 4 - 2 3 1 (generi dell’A .T .); 2 3 2 -2 6 0 (generi del N .T .).
Parte quarta
sti e grecisti, e tra protestanti, che seguivano il testo greco receptus del
N.T. e il canone ebraico dell 'A.T., e cattolici, che adottavano il testo della
versione Vulgata latina e il canone greco dell’A.T.
Il xix secolo conobbe, come mostrano le figure di Lagarde e Wellhau-
sen, una specie di unto personalis tra il filologo, il critico del testo, l’ese-
geta e il teologo. La progressiva specializzazione di queste discipline ha
contribuito al loro sviluppo, in particolare della critica testuale, ma di
conseguenza essa è rimasta confinata in un aureo isolamento, quasi del
tutto slegata dagli altri campi di studio letterario, storico e teologico. Gli
ultimi decenni hanno conosciuto una rinascita della critica testuale, gra
zie soprattutto alla scoperta dei manoscritti del Mar Morto per quanto
concerne l’Antico Testamento e al ritrovamento di numerosi papiri con
tenenti scritti neotestamentari. Nel contempo sembra rinascere una visio
ne globale e «distica» che mette in relazione la critica testuale non solo
con l’epigrafia e la paleografia o con le filologie semitica, ellenistica e la
tina, ma anche con la stessa esegesi biblica (critica delle fonti, generi, re
dazioni ecc.) e coti la storia delTinterpretazione biblica, come appare dal
le versioni bibliche, daH’interpretazione dell’Antico Testamento da parte
del Nuovo, dall’interpretazione midrashica degli autori rabbinici e dall’e
segesi o teologia patristica.
g lo ssa r io
Masoreti. Scuole di copisti e interpreti ebrei che, nei secoli v i-x d .C , aggiunsero
i segni vocalici al resto consonantico ebraico.
Metatesi. Errore di copiatura per il quale lettere o parole appaiono trasposte,
Q uinta . La colonna v greca deìYEsapla di Origene, insieme a quelle corrispon
denti al testo di Aquila (ili), Simmaco (iv) e Teodozione (vi).
Recensione . Revisione di un testo antico per adattarlo a un’altra forma testuale
o per correggerne lo stile. Può riferirsi anche alla revisione di un manoscritto, per
renderlo più conforme a un altro.
Recensione esaplare. Revisione del testo dei L X X (colonna Quinta) per adat
tarlo al testo ebraico conosciuto ai tempi di Origene.
Recensione lucìanea. Revisione del testo dei L X X caratterizzata dalPamplia-
mento e dalla correzione stilistica del testo (iv secolo).
Recensione proto-lucianea. Revisione del testo dell’Antica Septuaginta per
adattarlo a quello ebraico «palestinese» (11 o 1 sec. a.C.). I materiali corrispon
denti a questa recensione sono trasmessi da manoscritti contenenti un testo lucia-
neo posteriore.
Recensione proto-teodozìoniana , chiamata anche, impropriamente, recensio
ne katge. Revisione del testo dell'Antica Septuaginta per adattarlo al testo proto-
masoretico (inizi del 1 sec. a.C.).
f argum . Una delle traduzioni aramaìche della Bibbia ebraica.
Testo m asoretico . Il testo rabbinico tradizionale della Bibbia ebraica trasmesso
dalle famiglie di masoreti e caratterizzato dalla vocalizzazione e dalla masora.
Variante. Lezione alternativa attestata in uno o più manoscritti.
Vorlage . Termine tedesco designante il testo originale ebraico (o di altra lin
gua) utilizzate da un traduttore per la sua versione.
Capitolo x iv
Lingue c scritture
bibliche
I. LE L IN G U E D E L L A B IB B IA
i. L ’ebraico
sione: «il santo dei santi» indica il santuario più santo, «il cantico dei
cantici» signmca il cantico per antonomasia.
Alla subordinazione complessa di frasi (ipotassi), caratteristica del gre
co e del latino, la sintassi ebraica preferisce la paratassi; ciò gli conferisce
uno stile narrativo popolare e semplice, ma non meno espressivo e pro
fondo, come ha messo in risalto E. Auerbach {mimesi*)*
La poesia ebraica conserva frequentemente forme arcaiche: l'impiego
delLimperfetto jqtl per esprimere il tempo passato, in luogo di qtj o
*w aw 4 jqtl. Quest uso poetico —caratteristico dei poemi di Ugarit - e
largamente presente in Sai. 78. L ’articolo determinativo ha(n)- fu intro
dotto e divenne d’uso generale dopo il 1200 a.C. Poemi arcaicizzanti, co
me Sai. 68, tendono a trascurare l’articolo.
Riguardo al lessico ebraico sono da segnalare 1 numerosi prestiti dalle
lingue dei molti popoli con i quali gli israeliti ebbero contatti nel corso
del 1 rnilL a.C, Dall’egiziano antico, lingua non semitica, l’ebraico mutuò
termini comtp a r'o h («faraone» = «casa grande» in egiziano). L ’importa
zione di prodotti egiziani, quali l’ebano, il lino, l’ametista, l’avorio ecc., fu
all’origine del prestito dei corrispondenti termini egiziani.
S’incontrano anche imprestiti dalle lingue ittita e hurrita. 11 termine se-
ren, utilizzato esclusivamente per indicare i principi filistei, è senza dub
bio assunto dalla lingua di questo gruppo etnico e corrisponde al termine
«tiranno», che i greci adottarono probabilmente da una lingua dell’Asia
Minore, forse dal frigio o dal lidio.
Dal semitico orientale l’ebraico attinse numerosi vocaboli, specialmen
te dai campi semantici relativi alla amministrazione della giustizia, alle
istituzioni di governo e all’esercito. Molto spesso non è possibile accerta
re se si tratti di veri prestiti. Non si può escludere che siano termini del
patrimonio comune delle lingue semitiche.
Le lìngue semitiche
nord-ovest nord est sud
cananaico neo aramaieo d’ impero antìco-
cananaico accadico
occidentale orientale
eblaita ebraico giudnico- giudaico- assiro arabo
galileo babìlonese
amorreo moabitico nabateo siriaco babilonese etiopico
ugaritico edomitico palafreno mandaico
cananaico
fenicio cristiano-palestinese
punico samaritano
Le lìngue della Bibbia 379
Dopo l'epoca deir esilio babilonese (vi sec. a.C.) Paramaico iniziò a sop
piantare l’ebraico come lìngua corrente. Le piu antiche iscrizioni aramai-
che conosciute risalgono al ix sec. a.C. In seguito l’aramaico divenne la
lingua ufficiale degli imperi assiro, neo-babilonese e persiano. Posterior
mente alle conquiste di Alessandro Magno, sebbene il greco iniziasse a
sostituire l’aramaico, questo continuò a essere in Oriente la lingua di
maggior diffusione.
La storia della lingua aramaica si svolge in tre periodi: antico, medio e
recente.
Al periodo antico risalgono le iscrizioni di Zingirli (Sani’ài), scritte in
un dialetto arcaico con caratteristiche occidentali, e quelle di Slire (circa
740), che presentano numerose espressioni tipiche anche dell’ebraico bi
blico. L ’aramaico ufficiale o d impero è utilizzato dalle popolazioni dei
paesi occidentali, assorbite dall’impero assiro. Durante l’impero neobabi
lonese (625-539) l’aramaico orientale soppiantò il dialetto degli scribi as
siri, La maggior parte della documentazione pervenutaci dell’impero per
siano è scritta in aramaico ufficiale, relativamente omogeneo, anche se
alcuni scritti, come le Sentenze di ’Ahtqar, impiegano il dialetto assiro.
Le brevi pericopi del testo biblico scritte in aramaico riflettono l’aramaico
ufficiale. L’ortografia appare, tuttavia, modernizzata. Esd. 7,12.-26 tra
scrive un decreto del re persiano. Riproduce quindi il linguaggio ufficiale
caratteristico di questo tipo di scritti. Anche Esd. 4,8-6,18 ospita ugual
mente una corrispondenza ufficiale, persino nello stesso stile linguistico.
Non è invece facile spiegare le ragioni per le quali altri passi delTA.T.
(G er. i o , i r e D an. 2,4^7,28) siano in aramaico. C ’è chi suppone che al
cuni testi biblici trasmessi in greco, e anche in ebraico, siano in realta tra
duzioni di originali aramaici.
L ’aramaico medio corrisponde al periodo compreso tra il 300 a.C. e il
200 d.C. Caduto l’impero persiano, il greco sostituì l’aramaico come lin
gua franca. L’aramaico ufficiale iniziò allora la sua frammentazione in
dialetti locali, sopravvivendo tuttavia come lingua letteraria e d’uso in
iscrizioni e documenti ufficiali. In questa lingua letteraria sono redatti i
capitoli aramaici del libro di Daniele (168 a.C. circa) e alcuni testi rinve
nuti a Qumran: lI libro di Tobia, il Sogno di Nabonedo, frammenti di
Enoc e Melkisedeq, P Apocrifo della Genesi, il Testamento di Levi e il
Targum di Giobbe. In Palestina furono scritti in questa lingua letteraria
anche il Targum di Onqelos al Pentateuco e quello di Jonatan ai Profeti,
sebbene il successivo impiego di questi testi a Babilonia vi determinò l’in
serimento di elementi dialettali dell’Oriente. Anche la Megiìlat lavanti c
la Megiìlat Antiochus sono scritte in questo aramaico letterario. Dato il
Le lingue della Bj bbia 381
3. Il greco
4. Bibliografia
Sulla classificazione e la storia delle lingue semitiche, sui loro caratteri generali
così come sulla storia della linguistica semitica si veda ora G. Garbini - O. D u
ra nd, Introduzione alle lingue semitiche , Brescia 19 9 4 .
Delle grammatiche e dizionari di ebraico, aramaico e greco ci si limita a segna
lare: H. Bauer - P. Leander, H ìstorìsche Cram m atik der hebràischen Sprache,
Halle 1 9 2 2 ; E .Y . Kutscher, A H istory o f t h e H ebrew Language , Leiden 1 9 8 2 ; R.
M ayer, Gramàtica de la lengua hebrea, tr. sp. di A. Sàenz Badillos, Barcelona
1 9 8 9 ; M .H . Segai, A G ram m ar o f Palestinian Jew ish Aram aic , Oxford 1 9 2 4 ;
J.H . M oulton - W .F. H ow ard - N . Tuerner, A G ram m ar o f N ew Testament
G reek , 3 voli., Edinburgh 19 0 6 . 1 9 2 9 . 1 9 6 3 ; J. Barr, Semantica del linguaggio
biblico , Bologna 19 6 8 . Per una prima introduzione cfr. M . Carrez, L e lingue della
Bibbia dai papiri alle B ibbie a stam pa , Cinisello Balsamo 1 9 8 7 .
I I. L A S C R IT T U R A N E L L ’ O R IE N T E A N T IC O
E N E L L A B IB B I A
Nella corretta trasmissione scritta del testo biblico sono fattori decisivi il
tipo di scrittura (cuneiforme, paleoebraica, onciale greca ecc.), il materia
le scrittorio (pietra, papiro, pergamena ecc.) o la forma di rotolo oppure
di codice in cui si trasmettevano i libri biblici. La storia della Bibbia («i
libri» nel significato del termine greco) è, a un tempo, una vera e propria
storia della scrittura e del libro nelPantichità. La parola orale dei profeti e
degli apostoli divenne scrittura e il suo spirito s’incarnò nella materialità
della lettera, fino alla più piccola jod o iota. Questi e altri fattori ugual
mente importanti, come l’ortografia e la pronuncia dell’ebraico in epoche
anteriori agli inizi della tradizione manoscritta, sono oggi meglio cono
sciuti grazie alle scoperte epigrafiche degli ultimi decenni.
Le iscrizioni
V ■ * ■ ■
i.
Ai testi ritrovati a Ugarit e nelle grotte del Mar Morto si sono aggiunte
numerose iscrizioni delle epoche più diverse rinvenute nei luoghi più di
sparati. Le iscrizioni costitaiscono una fonte molto importante di dati per
conoscere il mondo linguistico e culturale in cui nacque la Bibbia. Nel vi
secolo i dialetti e la grafia deirebraico preesilico cedettero il passo a nuo
ve forme dialettali e a usi grafici differenti. La scoperta di iscrizioni risa
lenti a secoli precedenti Pesilio consente una conoscenza molto più sicura
e circostanziata delle forme arcaiche della lingua.
L ’epigrafia riporta a forme de! testo consonantico molto più antiche di quelle at
testate nei manoscritti biblici e permette di conoscere le corrispondenti forme di
pronuncia. Il sistema di pronuncia conosciuto dai masoreti del medioevo può es
sere l’ esito di un’evoluzione naturale (Gibson) a partire da quelle forme arcaiche
di pronuncia o rappresentare invece una ricostruzione artificiale (K. Beyer).
Lo studio delle fonti epigrafiche consente di conoscere i paralleli linguistici e
stilistici presenti in un particolare testo bìblico e una determinata iscrizione, data
bile con maggiore o minore approssimazione. Non meno importante è il contri
buto de! materiale epigrafico per lo studio della storia» della religione e della cul
tura dell’Israele amico.
a) Iscrizioni ebraiche
La famosa stele del re Mesha (ix sec. a.C.), in moabitico, offre punti di
contatto con la storia d’Israele di questo periodo (2 Re 3). Una stele am-
La scrittura nell’Oriente antico e nella Bibbia 3 85
munita dello stesso secolo, trovata ad Amman, sembra essere stata eretta
in onore del dio Milkom, cui si allude in 1 Re 1 1 ,5 e Ger. 49,3.
a) Mesopotamia
b) Egitto
gli egiziani avessero appreso da Sumer alcuni principi della scrittura, im
primendovi un carattere nuovo, come l’uso di logogrammi e di comple
menti fonetici e determinativi. I segni geroglifici non subirono che po
chissimi cambiamenti, a differenza dei cuneiformi. Non denotavano silla
be, ma soltanto consonanti. La totale assenza di notazione vocalica, ca
ratteristica della maggioranza dei sistemi alfabetici semitici, impedisce la
conoscenza della pronuncia dell’egiziano antico. E possibile ricostruirla,
tuttavia, attraverso traslitterazioni di termini ebraici in scrittura cuneifor
me sillabica o anche partendo dalla lìngua copta, che costituisce l’ultima
tappa nell’evoluzione dell egiziano e si scrive in caratteri greci con l'ag
giunta delle vocali. I logogrammi egiziani, trasformati in segni fonetici,
denotano da una a tre consonanti. La scrittura geroglifica dispone dì se
gni, rappresentativi di una consonante, sufficienti per esprimere i 24 fo
nemi consonantici dell’egiziano. Gli egiziani, tuttavia, non passarono mai
dalla scrittura geroglifica all’alfabetica.
La scrittura geroglifica era utilizzata, normalmente, in iscrizioni su pie
tra. La scrittura su papiro con penna e inchiostro portò ben presto allo
sviluppo di una scrittura più corsiva, chiamata ieratica. Alla fine dell’vin
sec. a.C. si introdusse per lettere e documenti ufficiali l’uso della scrittura
demotica, ancor piu semplificata e con caratteri maggiormente legati. Le
tre forme di scrittura coesistettero per secoli. Nel iv e v sec. d.C. la scrit
tura geroglifica decadde e verso il ni sec. d.C. venne adottato Lalfabeto
greco per scrivere l’egiziano, avviando in tal modo il copro.
c) Siria e Palestina
fine dell5v ili secolo, soppiantò gli altri due ed è utilizzato nelle attuali
Bibbie ebraiche, (cfr. cap. xv, 1,36). La scrittura ashkenazita è più ango
losa, la sefardita più rotondeggiante e l'italiana si evolvette fino a diveni
re la forma di scrittura denominata Rashi (sec. xi). La scrittura samarita
na è una forma dell'antica scrittura fenicia piu ornamentale.
d) Grecia
Evoluzione dell'alfabeto
17 0 0 a.C. Protocananaico
---------- ~ !
16 0 0 Prolosinaitico
150 0
14 0 0 Alf. cureiforme
130 0 Ugaritico
12.00 Cananaico -
110 0 Protoarabo
10 0 0 Fenicio
600 Latino
La scrittura nell’Oriente antico e nella Eibbìa 389
3. Materiali scrittori
a) Pietra
In Egitto sono molto numerose le iscrizioni in pietra, su muri di templi e
tombe, su stele e pareti rocciose. In Mesopotamia la scarsità di pietra
spiega il motivo della riduzione pressoché esclusiva delle iscrizioni cunei
formi a testi ufficiali o a stele pubbliche, come quella che conserva il testo
del codice di Hamrnurabi. Nella regione siro-palestinese si sono trovate
alcune iscrizioni pubbliche in pietra; le già citate della stele di Mesha o
del canale di Siloe, ad esempio. L ’A.T. ospita vari riferimenti alla scrittura
su pietra; il più significativo è quello relativo alle tavole della legge ( £ 5 .
2 4 ,12 ; 3 4 ,1; Deut. 4 ,13).
b) Metallo
Il metallo è meno comune della pietra. Sono state rinvenute iscrizioni cu
neiformi sumeriche, accadiche o persiane, su oggetti d’oro, argento, rame
390 Lingue e scritture bìbliche
c) Argilla
d) Ostraca
e) Papiro
II papiro si prepara con i fusti della pianta omonima, molto comune nel
l’Egitto antico. Si tagliano in sottili strisce e si sovrappongono a strali in
crociati. Si scriveva sulle fibre orizzontali («recto»), che rimanevano nella
La scrittura nell’Oriente antico e nella Bibbia 391
parte interna del rotolo del papiro, una volta arrotolato; se necessario si
scriveva anche sul rovescio. Fino ai l'invenzione in Cina della carta e alla
sua diffusione attraverso la Siria e l’Egitto durante il vii e v ili sec. d.C., il
papiro fu il materiale scrittorio più diffuso nel mondo antico. Il più antico
papiro conosciuto risale alla v dinastia (ca. 2470). Il papiro veniva utiliz
zato per ogni tipo di testi. Si scriveva con penna e inchiostro in caratteri
ieratici e demotici, come pure in caratteri copti, aramaici e greci. 11 papiro
egiziano costituiva una vera industria d’esportazione, ma le condizioni di
umidità degli altri paesi hanno reso impossibile la conservazione di scritti
su papiro, eccetto nell’area del Mar Morto (Qumran e Murabba6at), ben
ché Le avventure di Unamon attestino l’ impiego di gran quantità di papi
ro in Siria agli inizi del ix sec. a.C. Il contratto di acquisto firmato dal
profeta Geremia (G er. 32,10 -14 ) fu senza dubbio scritto su un papiro ri
piegato e sigillato, come quelli rinvenuti a Elefantina, nell’Alto Egitto.
Anche le lettere di Paolo e altri testi del Nuovo Testamento vennero scrit
ti su papiro.
f) Pergamena
L’uso della pelle per la scrittura risale agli inizi del terzo millennio a.C. Il
più antico esemplare conservato risale all’epoca della x n dinastia (ca.
2000). Durante il 11 sec. a.C. la tecnica di preparazione della pergamena
acquisì grande perfezione nella città di Pergamo, da cui poi prese il no
me. Il frammento più antico di uno scritto cristiano su pergamena è il
Diatessaron di Dura-Europos, della prima metà del n sec. d.C. Del Nuo
vo Testamento non sono pervenuti manoscritti su pergamena precedenti
al rv secolo.
5 . B tb h o g rafìa
Testo
e critica testuale
dell"Antico Testamento
I. IL T E S T O E B R A IC O E A R A M A I C O
d e l l ’a n t i c o testam en to
11 testo ebraico delFA.T. più utilizzato in questo secolo è staro quello del
la Biblia Hebraica, edita da R. Kittel. Le due prime edizioni del 1906 e
del 1 9 1 2 seguivano il testo ebraico edito da Ya'aqob ben Hayyim nel
15 2 4 /2 5. Nella terza edizione del X937, su proposta di P. KafcJe, si prese
come testo base quello del Codice di Leningrado (B 19^1. Il testo di questo
codice, finito di copiare neil’anno 1008, era attribuito a ben Asher e con
servava pertanto la migliore tradizione testuale masoretica.
Nel 1977 venne approntata una nuova edizione, la Biblia Hebraica
Stuttgartensia (edd. K. Elliger e W. Rudolph), basata anch’essa sul codice
di Leningrado. Questa edizione cerca di superare le critiche mosse alle
precedenti edizioni di R. Kittei, che ricorrevano in maniera eccessiva alle
versioni antiche o a congetture di autori moderni per correggere presunte
Il testo ebraico e aramaico dell’A.T. 395
L ’Università Ebraica di Gerusalemme prepara una nuova edizione, basata sul te
sto del codice di Aleppo (prima metà del x secolo), che rappresenta un testo «ben
Asher» di miglior qualità rispetto al codice di Leningrado (3 .a.). Si tratta senza
dubbio del testo autorizzato da Maimonide ( f 12 0 4 ). Questa edizione presenta
anche la particolarità di raccogliere in vari apparati critici varianti masoretiche di
fonti rabbiniche e dei manoscritti del M ar M orto, insieme a cospicuo materiale
tratto dalle versioni e dagli autori antichi, senza azzardare in nessun caso conget
ture o tentare una correzione del testo ebraico. Di questa edizione sono apparsi
fino a oggi due volumi: M .H . Goshen-Gottstein (ed.), The Book o f Isaiah, 1. Isa
iah i j i - i i j i o ; 11. Isaiah 2 2 -4 4 , Jerusalem I 9 7 5 - 1 9 8 1 .
Altre edizioni precedenti furono quella di Ginsburg (del 19 0 8 e 192,6), basata
sulla seconda Bibbia rabbinica, e quella preparata da N .H . Snaith sulla base dei
manoscritti M . Or. 2 6 2 6 -2 6 2 8 , Or. 2 3 7 5 e della cosiddetta Sbem-Tob Bible.
dubbi esistenti sulla canonicità dei libri di Ezechiele e del Cantico dei
cantici e di decidere la sorte dei libri apocrifi. Ora sappiamo che tutto
questo lavoro non giunse a termine nel breve tempo di una riunione come
quella di Jamma, ma rappresentò un processo più lungo e non concluso
fino airinizio del il secolo. Tale processo implicò inoltre, e in modo par
ticolare, il lavoro di fissazione del tipo di testo in cui si doveva trasmette
re ogni libro biblico. I rabbi non operarono, come si pensava un tempo,
amalgamando più testi, selezionando le varianti più comuni, ma, tra le
diverse forme in cui i! testo veniva trasmesso prima del 70, scelsero più o
meno in loto il tipo di testo protomasoretico.
11 processo di fissazione testuale intrapreso alla fine del 1 sec. d.C. ebbe le sue pre
messe nelPepoca precedente. B.J. Roberts ha avanzato l’ipotesi dell’esistenza di
«una recensione masoretica» anteriore al 1 sec. d.C. La tradizione dei rnasoreti
trasmette una forma testuale già esistente prima del 70. N e è prova il fatto che il
secondo manoscritto di Isaia rinvenuto nella grotta x di Qumran (1 Q Isb) mostra
una sorprendente coincidenza con il T .M . sia nel testo sia nell’ortografia; le diffe
renze tra 1 Q lsb e il T .M . non sono maggiori di quelle presenti nei manoscritti
ebraici medievali di tradizione masoretica.
L ’esistenza di una forma già consolidata del testo della Torà in epoca prece
dente all’apparizione del cristianesimo è confermata anche da altri dati. 1 passi di
Deut. 1 7 , 1 7 - 1 8 e Gios. 1,8 comportano che, molto prima della costituzione del
canone dell’ À .T ., il testo della Torà avesse già acquisito un carattere sacro e im
mutabile. Secondo l’opera rabbinica M idrash Rabba (N u m . 1 1 , 3 ) , nel tempio di
Gerusalemme era conservato un rotolo della ìo r à quale archetipo per la trascri
zione di altri rotoli. Il Talm ud di Gerusalemme (T alanit 4 ,1) attesta che dal ritor
no dairesilio nel tempio erano custoditi tre rotoli della T o rà; in caso di divergen
za tra loro si accettava, come autorizzata, quella lezione in cui due manoscritti
concordavano rispetto al terzo. La Lettera di Aristea ( 1 7 6 -1 7 9 ) e gli scritti di Fi
lone e Flavio Giuseppe testimoniano ugualmente l’esistenza di un testo più o me
no autorizzato del Pentateuco. Il panorama testuale esistente all’epoca del cosid
detto secondo tempio, precedentemente al 70, è tuttavìa molto più vario e ricco
di quanto i dati noti fino a trendanni fa lasciavano supporre.
Bibliografia . S.À . Leiman, The Canon and M asorah o f thè H ebrew Bible, N ew
York 1 9 7 4 ; D. Barthélemy, Les D evancìers d ’Aquila, Leiden 1 9 6 3 ; M .H . Segai,
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D. Barthélemy, L ’état de la B ible juive depuis te début de notre ère ju squ ’à la
Il testo ebraico e aramaico delPA.T. 401
b) / testi locali
stico dei secoli precedenti la nuova era. Secondo P. Kahle questa diversità
era dovuta alla proliferazione di alcuni testi detti «volgari», molto infe
riori per qualità al ridotto numero di altri manoscritti considerati «eccel
lenti». A giudizio di Cross la pluralità di testi manifestata dai manoscritti
di Qumran non è tanto caotica come suppone la teoria dei testi «volga
ri», ma e riducibile a tre soli tipi o forme testuali, la cui omogeneità e
persistenza nel corso dei secoli si spiegano con fattori d'isolamento geo
grafico. Ognuno dei tre tipi testuali si sviluppò separatamente in uno dei
grandi centri del giudaismo: Palestina, Egitto e Babilonia.
Il tipo palestinese, rappresentato da alcuni manoscritti di Qumran e dal Pentateu
co samaritano, è caratterizzato da! frequente inserimento di glosse e lezioni paral
lele e altre tacce di un’intensa attività editoriale. Il tipo egiziano, costituito dall’o
riginale ebraico dei L X X , non è cosi ampio come il palestinese né tanto breve co
me il babilonese. Quest’ultimo, rappresentato dal testo (proto)masoretico, offre
per il Pentateuco un testo conservatore e spesso ben conservato, breve e con po
che tracce di modernizzazione, anche se in Samuele risulta essere un testo apio
grafico e sovente corrotto. Il libro di Geremia è stato trasmesso in due forme te
stuali: 1. un testo ampio, tipicamente palestinese, corrispondente al tipo pioto-
masoretico, rappresentato da 4 Q Jera (fine in sec. a.C.) e da 4 Q JerL (non anterio
re alla fine del 1 sec. a.C .); 2. un testo più breve coincidente con quello sotteso alla
versione dei L X X , rappresentato da 4 Q Jerb.
Vari autori, tra i quali S. Talm on e D. Barthélemy, hanno avanzato obbiezioni
alla teoria dei testi locali proposta da Cross. Di una possibile attività letteraria
dei giudei in Babilonia nel periodo intercorso tra Esdra e Hillel non si sa nulla.
Poco è noto anche dell’impiego di testi in ebraico da parte dei giudei in terra d’E
gitto. D ’ altra parte la traduzione dei L X X non fu condotta interamente in Egitto,
né su testi ebraici di provenienza egiziana. La versione del Pentateuco venne ese
guita in Egitto; quella dei Salmi, di Samuele-Re e di Ester, invece, in Palestina.
N on è facile spiegare come una comunità tanto chiusa in se stessa, quale quella
degli esseni di Qunuan, potesse disporre nel corso dei secoli di testi di provenien
za tanto disparata, come suppone la teoria dei testi locali.
Bibliografia. F . M . C r o s s - S. T a lm o n ,Qumran and thè H istory o f thè BibHcal
T ext , C a m b r i d g e , M a s s . - L o n d o n 1 9 7 5 ; S . T a l m o n , The O T T ext , in C H B r,
C a m b r i d g e 1 9 7 0 , 1 5 9 - 1 9 9 ; I d e m , The Tbree Scrolls o f thè L a w that w ere fo u n d
in thè Tem pie C ou rt : T e x t u s 2 ( 19 0 1) 1 4 - 2 7 ; C h . R a b m , The D ead Sea Scrolls
and thè H istory o f thè O T T ex t : J T S 6 ( 19 5 5 ) 1 7 4 -1 S ì ; D . B a r t h é l e m y , Etudes
d'histoire du texte de VAncien Testamenti F r i b o u r g - Gòtti n g e n 1 9 7 8 ; E. T o v , A
M odem Textual O utlook Based on thè Qum ran Scrolls: H U C A (19 8 2 ) 1 1 - 2 7 ,
contaminati dagli altri. In entrambi i casi il testo si allontana dai suo ar
chetipo. In questi primi secoli di trasmissione testuale si formarono le va
rianti piu importanti dell’A.T. Un fenomeno simile accadde per la tra
smissione del testo del N.T., le cui varianti più significative risalgono ai
primi due secoli cristiani.
Il panorama testuale, tanto ricco e vario, messo in luce dai manoscritti
di Qumran e attestato anche dalla versione dei L X X , dal Pentateuco sa
maritano, dalle citazioni bibliche successive ecc., non t spiegabile con la
sola prospettiva della storia della trasmissione del testo. Nel caso di alcu
ni libri la diversità di forme testuali con cui sono stati trasmessi trova una
spiegazione adeguata soltanto da un’angolazione prospettica più ampia,
comprendente lo studio della storia della redazione letteraria e del pro
cesso editoriale del libro. È il caso dei libri di Samuele-Re e di Geremia,
Ezechiele, Proverbi, Daniele, Esdra ed Ester. Questi libri ci sono pervenu
ti in forme letterarie differenti. L ’esempio più lampante è costituito da
Geremia. La divergenza tra il testo masoretico e quello dei LX X di Gere
mia, sia per l’ampiezza sia per la disposizione dei materiali, trascende
quanto solitamente distingue due tipi di testo (Tov). Le due forme testua
li, breve (LXX) e lunga (T.M.), di Geremia si cristallizzarono già lungo il
processo di redazione letteraria, anteriormente all’inizio della trasmissio
ne testuale.
Secondo la reoria dei testi locali, non più tardi del v secolo era disponibile in Pa
lestina un archetipo (Ur-text) a partire dal quale si originarono i due tipi di testo
babilonese e palestinese; l’egiziano era una derivazione dai palestinese. S, Talmon
suppone, al contrario, che il numero di tradizioni testuali fosse ben maggiore, ma
che esse scomparvero per non essere state accolte da qualche gruppo o comunità,
come fece la Sinagoga per il testo ebraico masoretico, la chiesa con il testo dei
L X X e la comunità samaritana con il proprio Pentateuco.
Sebbene sia certo che, esistendo più testi, maggiore sarebbe il numero delle va
rianti, il Pentateuco testimoniato dai manoscritti di Qumran è molto omogeneo e
relativamente privo di varianti significative, come pure accade per il Pentateuco
dei L X X . Bisogna distinguere due tappe nella stona del testo palestinese del Pen
tateuco: la prima corrisponde a una forma più antica, prossima all'originale dei
L X X ; la seconda a un’altra più evoluta, vicina alla recensione samaritana. Per
quanto concerne il libro della Genesi, i testi ritrovali mostrano una (elativa uni
formità. Per l’Esodo, 4 Q E xo d b costituisce un testo breve; al contrario, 4 Qpaleo
E x o d m, benché databile agli inizi del n secolo a.C ., presenta un testo lungo. 4
Q N u m h, di epoca erodiana, ha per base un testo molto affine a quello dei L X X ,
con interpolazioni di tipo samaritano, 4 QDeut, in scrittura difettiva de! 11 sec.
a.C ., offre tra le righe aggiunte posteriori di un secolo, provenienti da un testo
evoluto sul tipo dei L X X ; ugualmente 4 QDecit1' (Deut. 32) presenta un testo mi
sto con letture conosciute dai L X X .
La storia della trasmissione del testo dei libri biblici, dal momento della
406 Testo e critica testuale dell'A.T.
loro ultima redazione a quello della fissazione definitiva del testo, corre
parallela alla storia della canonizzazione degli stessi libri sacri. Si tratta,
tuttavia, di due processi diversi e non necessariamente coincidenti. 1 due
momenti hanno una storia molto più estesa di quanto possa aver avuto
luogo a Jamnia alla fine del i sec. d.C., ove si consumò soltanto l’epilogo
di uria lunga storia.
Nel momento in cui un libro assume un carattere sacro nell’ambito di
una determinata comunità, la sua forma letteraria diviene stabile e non
ammette più cambiamenti sostanziali nella sua redazione letteraria. Il
processo di cristallizzazione letteraria del Tetrateuco culminò nell’epoca
delPesilio e immediatamente dopo il ritorno (vi sec. a.C.). Allora a questo
Tetrateuco si aggiunse anche il Deuteronomio, nel momento stesso in cui
si formava il corpus letterario della cosiddetta storia deuteronomistica
(Deuteronomio con Giosuè-Re). Poco dopo si formò la collezione dei li
bri profetici, che giunse a comprendere i testi dei cosiddetti «Secondo Isa
ia» e «Terzo Isaia», di Gioele e di Giona, e dei tre ultimi profeti, Aggeo,
il primo Zaccaria (capp. i-8) e Malachia.
A partire da quest’epoca si avvia il processo di trasmissione testuale,
durante il quale, nonostante le accurate tecniche di copiatura dei mano
scritti, si introducono ancora nel testo di ciascun libro numerose varianti
e corruttele di ogni tipo. In questo periodo coesistono di uno stesso libro
anche recensioni molto diverse, suscettibili di reciproca contaminazione.
È il caso dei libri di Samuele e di Geremia, dei Re in rapporto alle Crona
che, o delle raccolte piu o meno estese del libro dei Salmi (4 QPs1 e 1 1
QPsJ comprendono salmi apocrifi; 4 QPsabt presenta 1 salmi in un ordine
differente).
D ’altra parte alcuni libri in seguito rifiutati come apocrifi potevano es
sere considerati, quantomeno da alcuni gruppi giudaici, altrettanto o più
sacri di quelli in seguito accolti nel canone. Questo spiega la presenza a
Qumran di 17 copie del libro dei Giubilei e di io di Enoc, mentre si co
nosce soltanto una copia delle Cronache e di Esdra, nessuna di Ester.
L’Ecclesiastico, escluso dal canone ebraico, a Qumran era conosciuto.
Con il tempo non poteva non avviarsi un processo di delimitazione del
canone dei libri sacri e di reazione alla pluralità dei testi, spesso molto
corrotti, circolanti nei diversi ambienti e luoghi. Questo duplice processo
culminò - intorno alla fine del 1 e agli inizi 11 secolo d.C. - nella fissazio
ne definitiva del canone ebraico, nell’esclusione dei cosiddetti apocrifi e
nella costituzione di un determinato tipo di resto consonantico per ogni
libro accettato nel canone.
Nel complesso l’omogeneità della tradizione e la fedeltà nella trasmis
sione testuale sono maggiori nei libri del Pentateuco, decrescono nei Pro
feti e si fanno assai più esigue in alcuni degli Scritti. La redazione di que
Il testo ebraico e aramaico dell’A.T, 407
sti ultimi è più tarda e la loro considerazione come libri sacri fn inoltre in
parte contrastata.
Bibliografia. D . B a r t h é i e m y , Uenchevètrement de Vbistoire textuelle et de Im s -
toire littéraire dans les relatìons entre la Septante et le Texte Massorétique , in A .
P ie t e r s m a - C . C o x (e d d .), De Septuaginta. Studies in Honour o f J.W . Wevers,
M is s is s a u g a , O n t. 1 9 8 4 , 1 9 - 4 0 ; D . B a r th é le m y - D .G . G o o d in g - J . L u s t - E . T o v ,
The Story o f David and Goliath . Textual and Literary Criticismi F r e i b u r g - G o t -
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Greek Text ofK ings, C a m b r i d g e , M a s s . 1 9 6 8 .
7. Il Pentateuco samaritano
Il testo del Pentateuco samaritano è più esteso di quello del testo masore-
tico. Introduce spesso frasi come quella successiva a Gen. 30,36, tratta da
3 1 , 1 1 - 1 3 . Nel colloquio di Mose con il faraone intercala discorsi di Dio a
Mosè. Integra passi dei Numeri con altri del Deuteronomio, e viceversa.
Introduce chiarimenti al testo con aggiunte e ripetizioni continue di paro
le o frasi.
Alcune lezioni riflettono la teologia samaritana. Il luogo scelto da Jah-
vé è il monte Garizim, non Sion a Gerusalemme. Come parte del decimo
comandamento il Pentateuco samaritano introduce, dopo Es. 2 0 ,17 , una
glossa basata su 27,2-7 e 1 1 ,3 0 per riaffermare il comando divino di co
struire un altare sul Garizim.
Il testo samaritano mostra caratteristiche morfologiche e sintattiche
proprie. La sua grafia, caratterizzata da un uso generalizzato di matres
lectionis, risale all’epoca asmonea. La scrittura samaritana cominciò a
differenziarsi dalla paleoebraica in questo stesso periodo. Approssimati
vamente le varianti del Pentateuco samaritano rispetto al T.M . sono circa
6000. In 19 00 casi circa esso concorda con i L X X rispetto al testo maso-
retico, benché generalmente si tratti di varianti poco significative. Nel-
Pinsieme il Pentateuco samaritano concorda più con il testo masoretico
che con i LX X . Differisce da entrambi, ad esempio, per i dati sull’età dei
patriarchi antediluviani (Gen. 5 ,19 -3 1) e sulla discendenza di Sem (Gen.
1 1 ,1 0 - 2 6).
Il Pentateuco samaritano non fu conosciuto fino al 16 16 , quando Pie
tro della Valle ne trovò una copia a Damasco. Le poliglotte di Parigi e di
Londra ne riprodussero il testo. Si giunse a pensare che la sua fedeltà
all’originale fosse maggiore di quella del T.M . Ma, nel 18 1 5 , H.F.W. Ge-
senius gli negò, quasi interamente, qualsiasi valore critico, spiegando un
gran numero delle sue varianti come corruzioni o interpolazioni effettua
te sulla base di un testo giudaico. Geiger, più tardi, affermò che il Penta
teuco samaritano costituiva una delle tradizioni testuali scartate dai rab
408 Testo e critica testuale delPA.T.
bi nel i sec. d.C. Per Kahle il Pentateuco samaritano rappresenta una delle
tradizioni «volgari»; a suo parere, le coincidenze tra esso e i LX X sono
imputabili al fatto che le prime traduzioni greche vennero condotte su te
sti ebraici «volgari», com’è quello del Pentateuco samarnano. La scoperta
a Qumran di testi aflìni alla tradizione testuale protosamaritana ha ap
portato nuovi elementi atti a spiegare il rapporto tra il Pentateuco sama
ritano, il T.M . e i LX X . Secondo la teoria dei testi locali, il Pentateuco sa
maritano esprime la tradizione testuale palestinese, dalla quale deriva
quella egiziana, rappresentata dai LX X . Le divergenze tra il Pentateuco
samaritano e il T.M . - il primo è più sviluppato nel testo e nella grafia -
sono riconducibili alle rispettive tradizioni testuali, palestinese la samari
tana e babilonese la masoretica. D’altra parte le coincidenze tra ì due te
sti lasciano intendere che il samaritano venne rielaborato sulla base di un
testo di tradizione babilonese; ciò si deve collocare in un periodo anterio
re allo scisma tra samaritani e giudei.
A giudicare dai dati testuali, paleografici e ortografici, la redazione del
Pentateuco samaritano non precede il periodo asmoneo (n sec. a.C.). I
manoscritti di Qumran, i papiri di Samaria del WàdI ed-Dàliye e gli scavi
effettuati a Sichem (Teli Balatah) e sul monte Garizim (Tel cr-Ras) sono
giunti a provare che la formazione della setta samaritana prese avvio in
questa stessa epoca, contrariamente alle precedenti ipotesi fondate sulla
testimonianza di Giuseppe.
Da citazioni di Gerolamo sappiamo dell’esistenza di una versione greca
del Pentateuco samaritano, denominata Samarìtanicon, talvolta più fede
le al testo dei L X X che allo stesso Pentateuco samaritano. La versione
aramaica fu pubblicata nella Poliglotta di Walton. Il codice piu antico e
completo del Pentateuco samaritano è del 1 1 4 9 - 1 1 5 0 (Cambridge). La
prima edizione a stampa fu quella della Poliglotta di Parigi (1632). L ’edi
zione dì V. Gali, di carattere eclettico (19 14 -18 ), e stata la pm utilizzata.
Bibliografia. A .F . V o n G a li, Der hebrdische Pentateuci? der Samaritaner, G i e s s e n
1 9 1 4 1 9 1 8 (ris t. 1 9 6 6 ) ; F . P é r e z C a s t r o , Sefer Abisa\ M a d r i d 1 9 5 9 ; P . W S k e -
h a n , Exodus in thè Som antan Recenston from Qumran : JB L 7 4 ( 1 9 5 5 ) 1 8 2 * 1 8 7 ;
B.K. W a l t k e , The Samaritan Pentateuch and thè Text o f thè OT, in N ew Per-
spectives on thè O T , 1 9 7 0 , 2 1 2 - 2 3 9 ; R . T . A n d e r s o n , Samaritan Pentateuch: Gen
eral Account, in A . D . C r o w n ( e d .) , The Samaritana, T u b i n g e n 1 9 8 9 , 3 9 0 - 3 9 6 ; E .
T o v , Proto-Samarìtans Texts and thè Samaritan Pentateuch , in A . D . C r o w n , op.
cit., 3 9 7 - 4 0 7 ; S . N o j a , The S a m a r e i t i k o n , in A . D . C r o w n , op. cit., 4 0 S - 4 1 2 .
II. L A V E R S I O N E G R E C A D E I L X X
una lingua del mondo culturale semitico nella lingua della cultura classica
greca. Con i manoscritti del Mar Morto, inoltre, costituisce la più ricca e
importante fonte di dati per Panatisi critica del testo della Bibbia ebraica
e per lo studio delle idee teologiche e dell esegesi del giudaismo alessan
drino e palestinese. La traduzione dei L X X acquisisce ulteriore importan
za dal fatto che i primi cristiani e gli autori degli scritti neo testamentari
vi trovarono un arsenale di termini e concetti per esprimere la nuova lede
cristiana. Essa funge quindi da tramite tra i due Testamenti, com’è rileva
bile dalle citazioni neotestamentarie deìl’A.T.
La versione dei LX X fu compiuta ad Alessandria, probabilmente intor
no alla metà del m sec. a.C., durante il regno di Tolemeo 11 Filadelfo (285
247 a.C.). Secondo l’apocrifa Lettera di Aristea, su richiesta del sovrano
il sommo sacerdote Eleazaro inviò 72 saggi da Gerusalemme, 6 per ogni
tribù d’Israele, incaricati di tradurre la Torà ebraica per la biblioteca di
Alessandria. In realtà questa lettera è una favola storica, molto imprecisa
su certi dati, scritta da un giudeo alessandrino nella seconda metà del n
secolo o ancora più tardi. Benché non sia possibile escludere la motiva
zione addotta da Aristea, è più probabile che la traduzione greca abbia
avuto origine da un’esigenza avvertita nella stessa comunità giudaica di
Alessandria: la necessità di disporre di una traduzione greca della Torà
per uso liturgico e giuridico.
La designazione «versione dei LXX» in principio si riferiva solo alla
traduzione del Pentateuco. Gli altri libri vennero tradotti più tardi, fino
al completamento della Bibbia greca intorno alla metà o, al massimo, alla
fine del 11 secolo. Oltre ai libri del canone ebraico, la Bibbia greca com
prende, con variazioni da un manoscritto all’altro, le opere seguenti: 1
Esdra, Sapienza, Ecclesiastico, Giuditta, Tobia, Baruc, Lettera di Geremia
e r-2 Maccabei. In alcuni libri del canone ebraico i L X X inseriscono nuo
vi testi: le aggiunte al libro di Damele, ad esempio. Il testo greco di Ester
ha un’estensione doppia rispetto a quello ebraico. Alcuni manoscritti dei
L X X fanno seguire alla fine dei Salterio vari altri inni.
La Bibbia greca raccoglie versioni di autori diversi, di qualità molto va
ria. Non tutti i libri tu tono tradotti in Egitto. In generale, tuttavia, la ver
sione dei L X X è un’opera di qualità, piu letterale in alcuni libri, maggior
mente libera in altri.
Bibliografia . H .B . S w e re , An Introduciion to thè O T in Greek , C a m b r i d g e 1 9 0 2 ,
2 J e d . r iv . d a R . R . O t t l e y 1914; S . J e lli c o e , The Septuagint and Modem Study ,
O x f o r d 1 9 0 8 ; N . F e r n à n d e z M a r c o s , Introducción a las versiones grìegas de la
Bibita, M a d r i d 1 9 7 9 ; S. J e l l i c o e ( e d .) , Studies in thè Septuagint: Origins , Recen-
sions, and Interpretatwns , N e w Y o r k 1 9 7 4 ; P. W a l t e r s , The Text o f thè Septua
gint. Its Corrupttons and Their Emendation , C a m b r i d g e 1 9 7 3 ; S .P . B r o c k , A
Clas&ified Bibliography o f thè Septuagint, L e id e n 1 9 7 3 .
j . Edizioni moderne (XIX e X X secolo)
3 . 1 testi manoscritti
scritti corsivi, benché più recenti, possono ospitare forme testuali non
conservate negli onciali. È il caso della tradizione testuale lucianea nei li
bri di Samuele-Re, conservata unicamente nei minuscoli b o cz ez.
I più importanti manoscritti onciali sono i già citati Vaticano (B) del tv
secolo, Sinaitico degli inizi del iv secolo, entrambi redatti in Egitto o a
Cesarea, e Alessandrino (A) del v secolo, proveniente dall’Egitto. Il ritro
vamento di nuovi frammenti di manoscritti ha portato a una migliore co
noscenza della storia della versione dei L X X nelle sue prime fasi. Tra
questi frammenti segnaliamo il papiro Rylands 458 del 11 o 1 sec. a.C.,
con testi del Deuteronomio, i frammenti di Qumran 4 Q LX X Lev3 del 11
sec. a.C., 7 Q LXXExod del 11 o 1 sec. a.C., 4 Q LXX Levb e 4 Q LXXNum
del 1 sec. a.C. o 1 d.C. e i papiri Chester Beatty del 11 sec. d.C. con fram
menti dei Numeri e del Deuteronomio.
Alla tradizione manoscritta dei codici e papiri dei L X X occorre ag
giungere le citazioni di questa versione presenti nel N .T., negli scritti di
Filone, di Flavio Giuseppe e dei Padri greci.
Bibliografia. A. Rahlfs, Verzeicbnis der griechìschen Handscbriften des Alten Te -
stamentSj Berlin 1 9 1 4 ; J. O'CalIaghan, Lista de los papiros de los L X X : Bib 56
(1 9 7 5 ) 7 4 -9 3
Per spiegare la storia delle origini dei L X X sono state avanzate due teo
rie. Secondo P. de Lagarde (f 18 9 1) tutti i codici conservati dei L X X de
rivano dalle tre recensioni conosciute dalla tradizione (Origene, Esichio e
Luciano). Il primo impegno della critica testuale sarà, di conseguenza, l’i
dentificazione del testo di ognuna di queste recensioni. Le citazioni dei
Padri, come le versioni derivate dai L X X , sono di valido aiuto in tale ri
cerca. Cosi, il testo armeno è un buon riflesso della recensione esaplare di
Origene, quello bohairico (copto) di Daniele rispecchia un testo esichiano
e quello di Teodoreto di Ciro consente l’identificazione della recensione
lucianea dei libri dei Re e delle Cronache. Approntate le edizioni critiche
di queste tre recensioni, Lagarde riteneva possibile stabilire partendo da
queste l’archetipo o testo originale (XJr-text) della versione dei LX X . Egli
stesso si accinse alFimpresa con l’edizione di ciò che riteneva il testo lu-
cianeo da Genesi a Ester. Studi successivi dimostrarono che i manoscritti
Iucianei non costituiscono un testo omogeneo, autenticamente lucianeo,
in ogni libro.
A. Rahlfs proseguì l’opera del maestro avviando il progetto dell’edizio
ne di Gottinga. Le nuove scoperte di Qumran hanno confermato la fon
datezza dei principi critici formulati da Lagarde e seguiti fino a ogg<
412. Testo e critica testuale dell k.T.
La storia della versione greca non è assimilabile, come riteneva Kahle, a quella
delle versioni targumiche né bisogna spiegarne l’origine a partire da testi «volga
ri» ebraici. Seguendo Kahle, la versione dei L X X non avrebbe alcun valore di te
stimonianza per lo studio crìtica del testo ebraico. Lo studio del manoscritto gre
co dei Dodici Profeti minori, scoperto a Nahal Hever (M ar Morto), ha confer
mato resistenza di un'unica versione originale, conformemente a quanto suppo
sto da Lagarde. È doveroso ricordare altre teorie, sebbene non abbiano riscosso
grande accoglienza. Per la versione dei L X X M . Gaster propose un’origine pale
stinese in luogo dell’egiziana generalmente accettata. Thackeray congetturò un’o
rigine liturgica come libro del popolo e per l’uso nella sinagoga. Secondo W utz, 1
traduttori lavorarono su un testo ebraico scritto non in caratteri ebraici ma tra
slitterato in caratteri greci.
5. Le recensioni dei L X X
a) Origene
b) Esicbio
c) Luciano
a) Simmaco
b) Aquila
e i suoi predecessori
me in Es. 30 ss. e nel libro dei Numeri, il testo dei L X X coincide sostan
zialmente con il T.M . La versione del Pentateuco funse da modello, m al
cuni casi fornendo il lessico tecnico e teologico, alle versioni posteriori
dei restanti libri dell’A.T.
La traduzione del libro di Isaia può essere considerata, al contrario,
molto libera. Frequentemente risulta inutilizzabile per la critica del testo
ebraico. Rappresenta, tuttavia, una fonte inesauribile dì dati per lo studio
delPesegesi giudaica antica, poiché si basa su tradizioni esegetiche più
tardi riscontrabili nel Targum e nella Peshitta. Le frequenti citazioni del
testo di Isaia nel N.T, e nelPapologetica cristiana e giudaica conferiscono
d’altra parte a questa traduzione un ulteriore pregio incomparabile.
11 testo della versione di Geremia è di un ottavo più breve del T.M ., con
varianti molto importanti anche nella disposizione dei materiali. Mostra
una regolarità metrica meno percepibile nel T.M . Si basa su una forma
recensionale ebraica diversa da quella del T.M.
La versione di Ezechiele costituisce un tentativo di tradurre letteral
mente un testo ebraico in alcune parti corrotto e in altre mal interpretato
dal traduttore.
li testo della versione originale dei L X X di Daniele è pervenuto sola
mente attraverso due manoscritti. La chiesa cristiana sostituì questo testo
con quello di Teodozione, già citato nel N .T.
Il Salterio greco traduce l’ebraico masorefico in misura più o meno
precisa. Subì numerose revisioni senza dubbio a causa del continuo uso
del suo resto nella liturgia.
La versione dei Proverbi e di Giobbe è eccellente e sicuramente dello
stesso autore. L ’originale ebraico è molto diverso dal T.M. Il Giobbe dei
L X X è di un sesto più breve del testo ebraico; le edizioni moderne inte
grano le omissioni con il testo di Teodozione. Il testo di Proverbi contiene
numerose lezioni duplicate. Sono il frutto di un considerevole lavoro di
revisione, consistente nelPassociare alla prima traduzione una versione
più letterale.
La traduzione delVEcclesiaste e di un estremo Ietteraiismo, incompren
sibile a chi non conosce l’ebraico. Si tratta della versione di Aquila o di
un’altra molto influenzata da questa. Non è facile ravvisare i m otivi per
cui la chiesa cristiana adotto questo tipo di testo.
Altri libri rivelano una complessa storia di revisione del testo originale. Nella ver
sione dei libri di Samuele-Re ( 1-4 Regni secondo la dizione greca) alcune sezioni
conservano la traduzione originale, di notevole qualità e condotta su un tipo di
testo ebraico non masoretico (j Sam. - 2 Sam. r o ,i e 1 Re 2 ,1 2 - 2 1 ,2 9 ) ; altre se
zioni offrono il testo di una recensione molto letterale, basata su un resto prossi
mo al T .M . (bg> 1 Sam. 1 0 ,2 - 1 Re 2 ,1 1 e gd, 1 Re 2 2 ,1 - 2 Re).
Una corrente della ricerca attuale si dedica allo studio delle tecniche e delle ca
L a v e r s io n e g r e c a d ei L X X 4 11
b) 17 Targum Onqelos
z. Targum ai Profeti
IV . LA C R IT IC A T E S T U A L E
D E L L ’ A N T IC O T E S T A M E N T O
L ’obbiettivo della critica testuale consiste nello stabilire il più antico testo
biblico testimoniato dalla tradizione manoscritta. L’ambito di studio del
la critica testuale è il processo di trasmissione del testo a partire dal mo
mento della sua prima edizione. Spetta alla critica letteraria studiare il
precedente processo di formazione degli scritti biblici e stabilirne l’autore
e l’epoca.
Nel processo di trasmissione o riproduzione manoscritta del testo s’in
troducono inevitabilmente numerosi cambiamenti, alcuni accidentali, al
tri intenzionali. Dai testi più antichi della Bibbia ai più recenti, dal cantico
di Debora (xn sec. a.C,?) al libro di Danieie (11 sec. a.C.), intercorre un
millennio. Dalla fissazione del testo consonantico ebraico, conclusosi agli
inizi del ir sec. d.C., fino alla trascrizione del codice di Leningrado, ripro
La critica testuale delPA.T. 42,7
dotto nelle attuali Bibbie ebraiche, passa un altro millennio. In tutto que
sto tempo si sono accumulati errori casuali dei copisti e modifiche delibe
rate, introdotte da glossatori e interpreti. La critica testuale stabilisce
principi e metodi per identificare e correggere questi cambiamenti, onde
ristabilire il testo nella forma più vicina alPoriginale. Le varianti dei ma
noscritti ebraici, delle versioni e delle citazioni bibliche forniscono i dati
per giudicare il valore critico delLuna o l’altra forma testuale. I testi pa
ralleli costituiscono l’esempio che meglio mette in risalto la problematica
a cui cerca di rispondere la critica testuale. I testi di 2 Sam. zz e S a i 18
sono due differenti versioni della medesima composizione poetica. La cri
tica testuale ha il compito di stabilire quale delle due risulta la più fedele
alPoriginale.
b) Modifiche intenzionali
a) / manoscritti biblici
Per alcuni libri, come quello di Isaia, i manoscritti del Mar Morto sono
venuti a confermare il valore della tradizione testuale rappresentata dal
T.M ., dal momento che i manoscritti medievali concordano sostanzial
mente con quanto oggi si riscontra nei manoscritti del M ar Morto. Per
altri libri, come Samuele e Geremia, al contrario, essi avvalorano la tradi
zione attestata dalla versione dei L X X , benché presentino anche caratte
ristiche peculiari. E tuttavia da tener presente che i manoscritti rinvenuti
nelle grotte del M ar Morto sono giunti fino a noi in un insufficiente stato
di conservazione: in genere presentano un testo molto frammentario, a
volte solo parti di linee o di parole. Ciò, sommato in taluni casi a una
qualità non molto accurata del lavoro dei copisti, riduce il valore di que
sti manoscritti.
I manoscritti ebraici medievali, corredati di vocalizzazione e masora,
danno un contributo assai significativo ai lavoro critico. La vocalizzazio
ne masoretica può coincidere o meno con quella supposta per le versioni
antiche (si confronti Is. 7 , 1 1 s e’ ala/s e’olà). In molti casi, in prossimità
della lezione «scritta» (ketib) appare al margine una variante, indicata co
me ciò che si «deve leggere» (qere). Secondo Orlinsky, queste lezioni qere
corrispondono ad autentiche varianti testuali. Circa 350 note marginali
offrono «congetture» {sebirim):>alcune delle quali sono bene azzeccate. I
masoreti riuscirono a definire il testo ebraico nei suoi mimmi particolari.
Di conseguenza, i manoscritti medievali non trasmettono varianti molto
significative (Goshen-Gottstein), benché il loro studio abbia una certa
importanza. E significativo che vi siano lezioni dei manoscritti ebraici
medievali coincidenti con quelle del testo greco, in particolare lucianeo;
tali coincidenze non sono fenomeni attribuibili semplicemente alle ten
denze e alle consuetudini dei copisti (Goshen-Gottstein), ma risalgono in
molti casi a forme premasoretiche del testo ebraico. Le varianti vocaliche
hanno sempre minor importanza di quelle consonantiche.
II T.M ., insomma, gode della massima autorità. Si tratta di un testo
430 Testo e critica testuale dell’À.T.
trasmesso io tutte le epoche con infinita cura e diligenza, già dal momento
della fissazione del testo consonantico nel n sec. d.C. Il T.M . costituisce
quindi il punto di partenza e di riferimento obbligato per qualsiasi lavoro
di critica testuale veterotestamentaria.
b) Le versioni antiche
cercando di risalire loro tramite agli archetipi da cui derivano. Nella valutazione
delle lezioni non conta tanto il numero, quanto la qualità dei testimoni su cui si
fondano. Una lezione attestata dal testo esaplare, dalla Volgata, dalla versione si-
ro-esaplare e dalla armena può essere meno affidabile di un’altra testimoniata
unicamente dalla Vetus Latina . Una variante ripetuta in molti manoscritti può es
sere ricondotta a un solo manoscritto di scarsa qualità, ma molto diffuso; una le
zione conservata da un unico manoscritto può invece risultare preferibile per ra
gioni di critica interna. Tutto ciò esige uno studio preliminare delle peculiarità e
delta derivazione di ciascun manoscritto. L ’origine di una determinata famiglia
testuale potrà essere stabilito, in molte circostanze, attraverso le citazioni dei Pa
dri dell’area geografica in cui era diffusa quella famiglia. Le citazioni dei Padri
antiocheni, ad esempio, permettono di attribuire alla recensione lucianea il testo
dei manoscritti b o c2 di Samuele-Re.
À partire dagli archetipi di quelle tre grandi recensioni si cerca di ricostruire il
testo originale della versione greca, Le innumerevoli contaminazioni tra le diverse
famiglie testuali rendono molto complessa e difficile l’opera di ricostruzione del
l’originale. Per giungere all’originale dei L X X è necessario inoltre identificare le
varianti introdotte dalle recension: anteriori a Origene, come quelle proto-lucia-
nca e proto-teodozioniana o kaige. A volte sì dovrà considerare perduto il testo
originale. Tuttavia può risultare ancora riconoscibile in misura significativa, co
me mostra l’edizione critica dei L X X condotta a Gottinga conformemente ai
principi stabiliti da Lagarde.
Il testo dei L X X ha un grande valore per la critica del testo ebraico, in quanto
offre la possibilità di ricostruire l’originale ebraico utilizzato per la traduzione,
talvolta differente dal T .M . Questa ricostruzione risulta spesso ipotetica, soprat
tutto relativamente ai particolari morfologici e sintattici. Tuttavia resistenza di
paralleli nei manoscritti di Qumran e la presenza di ebraismi nei L X X sollecitano
a una retroversione dal testo greco all’ebraico, attuabile soprattutto attraverso
uno studio delle corrispondenze lessicali tra l'uno e l’altro (ad es. in z Re 1 7 ,2 0
w jtmn/wjnimì E. Tov).
7. Bibliografia
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Der Text des Alten Tesiaments, Stuttgart 1 9 7 3 ; J. Weingreen, Introduction to
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Textuaì Criticism o f thè Old Testamenti Philadelphia 1 9 7 4 ; E. T o v, Textual Cri-
ticism ofthe Hebrew Bible, Minneapolis, Minn. - Assen/M aastricht 1 9 9 2 (prece
4 >6 Testo e critica testuale dell'A T.
Testo
e critica testuale
del Nuovo Testamento
I. IL T E S T O G R E C O
D EL N UO VO TESTAM EN TO
i. Situazione e problematica
Nella cultura occidentale nessun libro dell’antichità ha esercitato un’ in
fluenza pari a quella del N.T. Nessun testo letterario del mondo classico,
d’altra parte, ci è giunto in un tal numero di esemplari e in forme testuali
tanto diverse come il N .T. Si conoscono circa 5000 manoscritti greci del
N .T., più di 10000 delle versioni antiche e migliaia di citazioni dei Padri
della chiesa. Manoscritti, versioni e citazioni offrono un numero di va
rianti calcolato tra le 150/250000 se non più. Non c’è frase del N .T. della
quale non si conoscano varianti testuali. Il tempo intercorso tra la reda
zione dei vangeli e la maggior parte dei testimoni conservati è peraltro di
tre o quattro secoli, in alcuni casi di due secoli soltanto o di un tempo an
cora inferiore. Un frammento papiraceo di Giovanni è più antico della
data assegnata in passato da alcuni critici alla redazione di questo vange
lo. Diversamente basti ricordare che molte opere della letteratura classica
greco-latina non ci sono giunte che in due o tre copie medievali, distanti
dall’autografo più di un millennio.
Questa situazione solleva ovviamente un problema. Dopo mille anni di
trascrizione manoscritta e un cosi ingente lavoro di copiatura del testo,
che ha prodotto tutto questo cumulo di varianti, è possibile riconoscere
ancora l’originale del N.T. o si dovrà ritenere che ci è pervenuto sfigurato
e corrotto?
Il problema del recupero o ricostruzione del testo neotestamentario è
tuttavia molto diverso da quello suscitato dalle opere del mondo classico
greco-romano. L ’editore moderno delle tragedie di Eschilo, ad esempio,
deve frequentemente «congetturare» l’originale, poiché i manoscritti con
servati presentano un testo irrimediabilmente corrotto. Si può invece af
fermare con certezza che nella stragrande maggioranza dei casi la lezione
originaria del testo del N.T. si è sempre conservata in uno o più mano
scritti giunti fino a noi.
La maggior parte delle varianti interessano l’ortografia, questioni
grammaticali o stilistiche. Pochissime riguardano mutamenti del signifi
438 Testo e cotica testuale del N.T.
Bibliografia. S u lt a s t o r i a e la c r it i c a d e l t e s t o e s u lle v e r s io n i d e l N . T . c fr . B . M ,
M e t 2 g e r , The Text o ftbe N ew Testament. Its Transmtssìon, Corruptìnn and Res-
torationy O x f o r d 31992. (tr, it. in p r e p a r a z i o n e ) ; M . - J - L a g r a n g e , Introduction à
Vétude du Nonveau Testament. Critique textaelle, 11. La critìque rationnelles P a
ris 1 9 3 5 ; F . G . K e n y o n , Handbook to thè Textual Criticism o f thè N T , L o n d o n
J 19 4 9 ; P . S a c e l l i , AUe origini dei Nuovo Testamento , F ir e n z e 1 9 5 6 ; H. Z i m m e r -
m a m i , Metodologia del Nuovo Testamento , T o r i n o 1 9 7 1 ; J . F i n e g a n , Encoun-
tering N T Manuscrìpts. A Working Introduction to Textual Criticism, G r a n d
R a p i d s , M i c h . 1 9 7 4 ; L V a g a n a y - C.B. Àm phoux. ìnitiation à la cntique textu-
elìe du Nouvecm Testament, P a r is 19 8 6 .
La prima stampa del testo greco del N.T. fu quella della Poliglotta Com
plutense, del Cardinal Jiménez de Cisneros. Dei sei volumi delPopera
completa il quinto corrisponde al N.T. Esso fu portato a termine ad Al-
calà il io gennaio 15 14 , ma Pedizione completa non vide la luce prima
del 15 2 2 . È possibile stabilire con precisione quali furono i manoscritti
utilizzati per questa edizione, alcuni dei quali fatti giungere espressamen
te da Roma. Nella stessa edizione li si qualifica con le parole antiquissima
et emendatissima. In alcuni casi gli editori corressero il testo greco, pren
dendo come riferimento il testo latino della Volgata, ad esempio per il
cosiddetto comma loanneum (1 Gv. 5,7-8).
Nel 1 5 1 5 Erasmo (1466?-! 536) approntò un’edizione del N.T. su ri
chiesta dello stampatore J. Froben di Basilea, che voleva prevenire la
pubblicazione della Complutense. Questa edizione apparve Panno se
guente. Su colonne parallele riportava il testo greco e un testo riveduto
della Volgata. Erasmo dovette portare a termine il suo lavoro in meno di
sei mesi; ne risultò un’edizione piena di errori tipografici e basata su ma
noscritti recenti e di scarso valore, provenienti dalla biblioteca dell’Uni
versità di Basilea. Il manoscritto utilizzato per il testo dell’Apocalisse, ad
esempio, non conteneva la pericope 2 2 ,16 -2 1. Erasmo non ebbe remore a
colmare la lacuna del manoscritto con una propria versione, condotta
sulla base del testo latino. Successive edizioni apparvero nel 1 5 19 , 15 2 2 ,
15 2 7 e 15 3 5 . L ’opera di Erasmo venne criticata dai contemporanei, non
tanto per gli errori contenuti, quanto per le modifiche introdotte nel testo
latino. E testo del Nuovo Testamento edito da Erasmo è qualitativamente
inferiore a quello della Poliglotta di Alcalà, ma essendo stato pubblicato
per primo fu fin dal primo momento il testo più diffuso. Se non fossero
intercorsi tanti anni tra la stampa e la pubblicazione della Poliglotta di
Alcalà, il suo testo sarebbe certamente divenuto il textus receptus della
tradizione posteriore.
Nel 154 6 e 1549 l’umanista e stampatore Robert Estienne (Stephanus)
pubblicò a Parigi due edizioni del N .T,, che non erano altro che un rima
neggiamento dei testi della Complutense e di Erasmo. Nella terza edizio
ne (regia), del 15 5 0 , seguì fedelmente il testo della quinta edizione di Era
smo, raccogliendo nel margine lezioni di manoscritti conservati soprat
tutto alla biblioteca reale di Parigi e altre dell’edizione complutense. La
quarta edizione, del 1 5 5 1 , presenta per la prima volta il sistema di divi
sione del testo in versetti, da allora utilizzato in tutte le edizioni.
L ’edizione di Estienne servì come base per altre due successive: quella
del francese Teodoro Beza, che conobbe dieci edizioni tra il 1565 e il
1 6 1 1 , e quella dei fratelli Bonaventura e Àbramo Elzevier di Leida (Olan
da) del 1624. La seconda edizione dei fratelli Elzevier (1633) ospita la fa
mosa espressione textum ergo habes, nunc ab omnibus receptum, e da al
440 Testo e critica testuale del N.T.
nascimento a oggi, passa attraverso vane tappe, la prima delle quali con
sistette nel riconoscere che il testo migliore e più originario si doveva
cercare nei manoscritti greci e non in quelli latini.
Dal v al xv i secolo in Occidente era prevalso il testo latino della Volgata. Dopo la
caduta di Costantinopoli, nel 1 4 5 3 , cominciarono a giungere in Occidente nume
rosi manoscritti greci. In realtà il loro era un testo medievale tardo, molto diffuso
nell’ Oriente bizantino.
Le prime edizioni a stampa riprodussero questi manoscritti senza esprimere al
cun giudizio critico. Quando si adducevano lezioni varianti, queste venivano con
siderate un semplice ornamento o uno sfoggio dì erudizione. Le varianti che si
prestavano a discussione, talvolta in controversie molto accese, erano quelle in
cui il testo greco differiva dal latino, fino ad allora considerato testo normativo.
Erasmo fu duramente criticato, ed Estienne condannato per aver osato ritoccare
il testo latino.
U n p a s s o u lt e r io r e fu o s s e r v a r e c h e il t e s t o g r e c o d i f f e r i v a n o n s o l t a n t o d a q u e l
lo d e lla V o l g a t a , m a a n c h e d a l te s to d e lle a lt r e v e r s i o n i a n t ic h e e d e lle c i t a z io n i
d e i P a d r i. N e l 1 7 1 6 lìe n t le y p r o g e t t ò u n ’ e d iz i o n e , m a i r e a l i z z a t a , n e lla q u a le s t a
b iliv a u n p r i n c i p i o d i p r e f e r e n z a p e r i m a n o s c r i t t i p i u a n t ic h i e p e r la p r i m a v o l t a
r i c o n o s c e v a il v a l o r e d e lle v e r s i o n i a n t ic h e c o m e t r a m it e p e r r is a lir e a l te s to o r i g i
n a le g r e c o . B e n g e l e n u n c i ò a n c h e il p r i n c i p i o d i p r e f e r e n z a p e r l a le z io n e p iu d i f f i
c ile , c e r c a n d o a l t e m p o s t e s s o d i c la s s if i c a r e i m a n o s c r i t t i p e r f a m ig lie , d i s t i n
g u e n d o n e u n a a s i a t i c a e u n a ltr a a f r i c a n a . W e t t s t e m e le n c ò u n a s e rie d ì p r i n c i p i
t r a i q u a li f i g u r a v a q u e llo d e lla p r e fe r e n z a p e r la le z io n e p i ù b r e v e .
In realtà la moderna critica testuale del N uovo Testamento ha inizio con Gries-
bach, il quale ordinò i manoscritti in tre gruppi: uno occidentale, molto antico ma
corrotto, un altro alessandrino, che correggeva il precedente, e un terzo costanti
nopolitano, riprodotto nella maggior parte dei manoscritti conservati. Più che alla
testimonianza dei manoscritti isolati, Griesbach attribuiva importanza alle fami
glie di manoscritti, specialmente nei casi in cui v ’era accordo tra l’occidentale e
l’alessandrina.
C. Lachmann ruppe per primo con la tradizione che riteneva «migliore» il tex-
tus recepito delle Bibbie a stampa; esso aveva il grave limite di basarsi su mano
scritti molto recenti. Il testo considerato «migliore» sarà, a partire da quel mo
mento, il più antico, meno esposto in linea di principio agli errori dei copisti. Da
filologo classico e germanista, Lachmann fissò i principi critici del metodo genea
logico, che ha segnato fino al tempo presente gli sviluppi della critica testuale. T e
sto «migliore» sarà quello dotato del miglior albero genealogico.
Westcott e Hort dettero il colpo di grazia al recepiti^ la cui autorità poggiava
sul criterio della maggioranza, secondo il quale la lezione da preferire e la più fre
quente nei manoscritti. M a una lezione attestata da molti manoscritti può deriva
re da uno solo, molto corrotto. Westcott e Hort distinsero quattro tipi di testo:
siro-bizantino, occidentale, alessandrino e neutrale. Le loro relazioni reciproche
sono espresse dallo schema seguente:
autografo
textus receptus
autografo
textus receptus
i manoscritti sono contaminati. Non esiste quindi un tipo di testo puro. D ’altra
parte la maggior parte delle varianti conosciute sorsero nei primi due secoli.
L ’appiicazione del metodo genealogico allo studio del testo neotestamentano non
consente altre conclusioni più precise, perché nel N .T . le varianti prodotte sono
attribuibili più a un cambiamento intenzionale che a errore accidentale. Dai tem
pi di H. von Soden si è riconosciuto che il metodo genealogico non risolve suffi
cientemente tutti i problemi di critica testuale del N .T ., per cui si tende □ un me
todo «eclettico». Testo migliore sarà quello che, dopo un approfondito studio di
tutte le varianti conservate e mediante Papplicazione delle regole di crìtica inter
na, mostri maggiori probabilità di corrispondere all’originale. Von Soden distin
gueva tre recensioni: la gerosolimitana (I) di Origene, l’egiziana di Esichio (H) e la
bizantina o Koinè (K) di Luciano. La prima corrisponde al testo occidentale di
Westcott-Hort, la seconda al neutrale e all’alessandrino, la terza al siro-bizanti-
no. Ricostruito il testo delle tre recensioni, attraverso l’analisi crìtica interna von
Soden cercò di restituirne l’ archetipo, il cosiddetto testo I-H-K. L ’opera di von
Soden ha incontrato critiche molto severe e sì rivela di utilizzazione molto com
plessa per chi non sia un autentico specialista.
Jl testo del N .T., dunque, contiene più varianti di qualsiasi altro corpus
letterario antico. La critica testuale deve esaminare tutte le varianti con
servate e selezionare quella con maggiori probabilità di corrispondenza
con la forma originaria del testo. A questo scopo è necessario aver prece
dentemente ricostruito molti altri testi, ritenuti come Scrittura in un de
terminato momento e in una precisa regione geografica dalla comunità
cristiana di quella regione e di quell’epoca. Al critico del testo sono quin
di richieste estese conoscenze della storia della tradizione cristiana nella
quale quei testi vennero trasmessi. Il fatto che le varianti più significative
si debbano a correzione dottrinale e a intervento editoriale, su cui influi
scono fattori politici (come il trionfo del cristianesimo), teologici (apolo
getica antieretica) e innumerevoli condizionamenti (quali ^isolamento
geografico e linguistico di una determinata comunità o il continuo e con
creto intervento delPautorità ecclesiastica nelle metropoli), costringe il
critico del testo neotestamentario a lavorare da autentico storico della
chiesa e della teologia nello svolgimento del suo compito specifico di filo
logo e ricostruttore del testo.
Lo studioso del testo neotestamentario deve prestare particolare atten
zione ai momenti più decisivi della storia di questo testo.
Nella seconda metà del li secolo i quattro vangeli, fino ad allora tràditi
separatamente, iniziano a circolare uniti; il corpus paolino si completa
con ^inserimento delle lettere pastorali.
Verso il 180, dato il crescente numero di cristiani che non comprendo
no più il greco, s’imzia la traduzione del N. T. in copto, siriaco e latino.
Intorno al 250 la chiesa occidentale si è trasformata ormai in una chiesa
di lingua latina. Il problema delle versioni consiste nello stabilire Lesi-
Il testo greco del N.T. 445
d) Lezionari
La liturgia cristiana trascelse ben presto pericopi dei vangeli e del resto
del N.T., con la sola eccezione dell’Apocalisse, per la lettura liturgica
quotidiana e, in particolare, domenicale. Si sono conservati e catalogati
circa 2 19 3 manoscritti di «lezionari». Nessuno di essi è anteriore al ix se
colo. I più antichi sono scritti in caratteri onciali, impiegati nella scrittura
di lezionari fino all’xi secolo. Si designano con una /, seguita dal numero
corrispondente (/ 1, / 2 ecc.). La ricerca recente ha sottolineato l’impor
tanza dei lezionari per lo studio testuale del N.T.
Gli ostraca e gli amuleti, invece, che contengono brevi frasi del testo
del N .T., mancano di valore critico.
B ib lio g r a fia . K . A lan d - B. A lan d, II testo d e l N u o v o T e s t a m e n t o , G en o v a 1 9 8 7 .
7. Citazioni patristiche
che questo testo ha perso il suo valore per le numerose aggiunte, omissio
ni e armonizzazioni che in esso s’incontrano.
Il testo o ccid en tale degli Atti p resen ta un g ran d e interesse. H a un c a ra tte re m olto
diverso d allo stesso testo o ccid e n ta le dei vangeli e di P ao lo . È a lP in circa di un de
cim o più esteso d elP alessan d rin o e, in gen erale, più vivo ed espressivo del testo
breve a lte rn a tiv o , che risulta a v o lte più o scu ro . T a lv o lta è an ch e più breve. In
2 .8 ,6 , ad esem p io, o m ette le p aro le «sangue e fu o co e v ap o re di fu m o » . N ei ca p i
toli finali di L u ca p resen ta an ch e om issioni significative, co m e quella di 2 4 ,6 dove
o m e tte le p a ro le dell’ an gelo: « N o n è qui, m a è ris o rto » . W e s tc o tt-H o rt, H a tc h e
K enyon n eg aro n o valore a questo te sto , co n sid eran d o lo in te rp o la to nel t e 11 se
co lo . A giudizio di R opes si tr a tta di una revisione d e ira le ssa n d rin o . Per C lark la
co rre la z io n e è inversa. Alcuni a u to ri h an n o m esso in risalto l'a sp e tto sem itico del
testo o ccid en tale (B lack , T o rre y ). L e attu ali tendenze, p iù e clettich e, so n o m ag
g io rm en te favorevoli a q u esto testo (K ilp atrick ), q u an tu n q u e l’edizione di N estle-
A lan d e The Greek New Testament (3* ed.) gli sian o co n tra ri. S eco n d o B o ism ard ,
L u ca scrisse una p rim a red azio n e, che si riflette nel testo o ccid e n ta le , e anni più
tardi L u ca stesso rie la b o rò stilisticam en te e co n ten u tisticam en te la sua o p e ra . Il
testo alessan d rin o, in una fo rm a p iù p u ra dell’attu ale, sareb b e il risu ltato della
fusione di queste due redazioni dell’o p era co m p iu te dallo stesso L u ca .
I I. L A C R I T I C A T E S T U A L E D E L N U O V O T E S T A M E N T O
Quale esempio della scarsa perizia e delPesigua cura di alcuni copisti nel
l’adempimento del loro lavoro si può menzionare il caso del ricco spa
gnolo Lucino. Questi inviò a Gerolamo sei copisti incaricati di trascrivere
alcune opere del famoso biblista. Gerolamo più tardi si lamenta con Lu
cino: «Se vi incontrerai errori o parole saltate che rendono mcomprensi-
bile il senso a chi legge, non devi imputarlo al me, ma ai tuoi incaricati,
all’incompetenza dei segretari e alt incuria dei copisti, che scrivono non
quanto trovano, ma ciò che capiscono, e mentre si sforzano di emendare
gli errori altrui mettono in mostra i loro» (Epistula 71,5). Tuttavia biso
gna dire che nel complesso il testo del Nuovo Testamento mostra una
trasmissione fedele e accurata. Le varianti sostanziali, secondo la valuta
zione di Hort, interessano soltanto una millesima parte del testo neote-
stanientario.
a) Modifiche accidentali
Un copista può cadere in errore facilmente, sia nello scrivere sotto detta
tura sia nel copiare un originale. Nel primo caso può confondere, ad
esempio, il suono di una vocale breve con quello di una lunga. Questo ti
po di contusione spiega le varianti di Rom. 5 ,1: «abbiamo pace» (eìrenen
echomen) e «che noi abbiamo pace» {eirenen echdmen).
Confusione di lettere. Nella scrittura onciale si produce facilmente la
confusione fra le lettere sigma, epsìlon, theta e omikron (C, E, 0 , 0 ). In r
Tim, 3 ,16 i manoscritti migliori e più antichi leggono OC «il quale»; altri
piu recenti leggono 0 C, abbreviazione di «Dio» (theos).
Anche le lettere gamma (T), pi (II) e tau (T) si confondono con facilità.
Lo mostra 2 Pt. 2 ,13 ; agapais - «agapi» / apatais = «inganni».
La scrittura continua, senza separazione tra le parole, genera errori
nella loro divisione. Il logion di Gesù «Sedere alla mia destra o alla mia
sinistra non dipende da me concederlo, ma è per coloro ai quali è riserva
to» (M e. 10,40) in alcune traduzioni antiche ( Vetus Latina Syr Eth) suo
na «... ma è riservato per altri». A] posto delle due parole AAÀ OIL, «ma
per coloro ai quali...» si è letto la parola AAA 0 I 2 , «per altri».
L’ uso assai frequente di abbreviazioni era un’ ulteriore fonte di errori.
In 2 Pt. 1 ,2 1 la lezione piu vicina all’originale sembra: «parlarono alcuni
uomini di Dio» (P71 B P 6 14 ecc.). La lezione «parlarono alcuni santi uo
'( La crìtica testuale del N.T, 455
mini di Dìo» deriva dalla precedente, per confusione delle lettere ÀLIO0 Y
lette come ATIOI0 F.
Homoioteleuton. In Gv. 1 7 ,1 5 : «Non chiedo che tu li tolga [dal mon
do, ma che li preservi| dal Male», il codice Vaticano omette il testo tra
parentesi saltando da alcune parole ad altre esattamente uguali (autous ek
tou... autous ek tou...).
Dittografìa. Ripetizione di una o piu lettere o di uno o piu termini. In
Atti 19,34 il codice Vaticano ripete per due volte l’espressione «Grande è
i'Artemide degli Efesini!». In 1 Tess. z,7 alcuni manoscritti leggono «cì
siamo fatti amorevoli» (egenethemen epìoi), mentre altri di grande valo
re (P65 K B ecc.) leggono «ci siamo fatti bambini» (egenethemen nepioi).
Malgrado il sostegno esterno di questa seconda lezione in buoni mano
scritti, la prima si adatta meglio al contesto e sembra più originaria. Nella
seconda lezione si è prodotto un caso di dittografìa scrivendo per errore,
due volte di seguito, la consonante n.
Errori fonici. A quanto detto per Rom. 5,1 si può aggiungere, a titolo
di esempio, la confusione fra il dittongo ai e la vocale e, che giunsero ad
avere uguale pronuncia. Mt. i i , i ó : eteroìs = «altri» / hetairois = «com-
pagm». I fenomeni di itaetsmo spiegano errori sorprendenti in manoscrit
ti di grande qualità. Nel greco koinè le vocali e, /, y, i dittonghi ci, oi, yi e
il dittongo improprio e (con iota sottoscritta) si pronunciavano tutti u in
1 Cor. 15 ,5 4 l’espressione «la morte è stata assorbita in vittoria» (nikos)y
potè così modificarsi in «la morte è stata assorbita in conflitto» (neìkos)>
secondo il testo di P 1* e B. La frase di j Cor. 13 ,3 : «do il mio corpo per
glorificarmi» (P46 A B 6 33 ecc.) appare in molti manoscritti come «do
il mio corpo per essere bruciato», per la confusione dei suoni consonanti
ci kauchesomai e kauthesomai.
Errori mentali e di giudizio. òi annoverano tra 1 primi 1 casi di sosti
tuzione di sinonimi, trasposizioni, metatesi (G ià 5,39 nel codice Beza) e
assimilazione a un passo parallelo (Mi. 19 ,17). Si può ritenere errore di
giudizio F introduzione di una glossa marginale alPinterno del testo. Que
sto tipo di errore spiega sicuramente Pinclusione, nel testo di G r 5,3-4,
di un riferimento esplicativo sul movimento dell’acqua nella piscina di
Betesda (cfr. v. 7).
b) Modifiche intenzionali
2. Criteri e metodi
per la scelta della lezione corretta
a) Critica esterna
b) Critica interna
Questi criteri non sono applicabili tutti insieme e in tutti 1 casi in cui sj
presenta una variante. Di fatto si escluderebbero l’un l’altro. Una lezione
breve può non essere la più conforme allo stile personale dell’autore. La
variante del miglior manoscritto può essere un’armonizzazione seconda
ria. Queste difficoltà nel sancire un giudizio critico accertato e sicuro ren
dono spesso la critica testuale più un esercizio d’intuizione e di sensibilità
artistica che un’asettica operazione scientifica.
c) Eclettismo
Nella pratica della critica testuale è inevitabile una certa tensione tra la
critica esterna e quella interna. Il codice B è considerato il migliore mano
scritto e il suo testo alessandrino il miglior tipo di testo. Per parte sua il
codice D è ritenuto di qualità inferiore, ma conserva lezioni del testo oc
cidentale, molto diffuso nel cristianesimo primitivo e alla luce della critica
interna talvolta più antico del testo alessandrino attestato da B.
460 le s to e critica testuale del N.T.
d) Bibliografia
G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo , Firenze 3i <?5 2 (più volte ri
stampato); J.H . Greenlee, Introduction to N T Textual Gritìcism , Grand Rapids,
46z Testo e crìtica testuale del N.T.
troppo disposto a esprimere il perdono per i giudei, oppure convinto che la di
struzione di Gerusalemme fosse la prova che non erano stati affatto perdonati. È
certo che questo logion non era parte del testo originario del vangelo. M a ciò non
significa che non si tratti di una frase autentica di Gesù, molto presto incorporata
nel testo del vangelo in questo preciso luogo.
Atti 8 ,3 7 . Sulla bocca del funzionario etiope il testo occidentale aggiunge una
intera confessione di fede che per ragioni di critica interna si suole considerare
come interpolazione secondaria.
Atti 3 , n . Rispetto al testo comune «E mentre egli tratteneva Pietro e Giovan
ni, tutto il popolo sorpreso accorreva verso di loro al portico...», il testo occiden
tale legge: «Quando Pietro e Giovanni stavano uscendo, uscì con loro trattenen
doli; sorpresi, essi si rifugiarono nel portico...». Questa lezione rivela una cono
scenza della topografia del tempio più precisa di quella del testo comune.
Gv. 7 , 5 3 - 8 , 1 1 . Il testo alessandrino P 7 K B), parte del cesariense e dell’oc
cidentale, alcune versioni e Padri omettono la pericope dell’adultera. Vari mss.
esprimono i dubbi muriti sull*autenticità di questo passo; altri collocano il rac
conto dopo Le. 2-1,38, dopo Gff . 7 ,3 6 , alla fine del vangelo di Luca o alla fine di
quello di Giovanni. Nessun Padre della chiesa greca anteriore al xn secolo com
menta questo passo, e il primo che vi si presta avverte che i migliori mss. non lo
riportano. La critica interna osserva che un’omissione intenzionale del passo non
è dimostrabile. Lo stile e il lessico impiegati non sono quelli del quarto vangelo,
per di più il passo interrompe la sequenza in cui viene a trovarsi (7,52. e 8 ,1 2 ss.),
per cui la pericope non c autenticamente giovannea. Si tratta probabilmente di
una produzione della tradizione orale molto nota in alcuni luoghi della chiesa oc
cidentale e che può essere affatto storica e corrispondere quindi alla realtà dei fat
ti. Poiché è probabile che si ritenesse che questa pericope implicasse un’eccessiva
permissività, risultava difficile includerla nel corpo di un vangelo; ma quanto essa
riferiva era tanto caratteristico dell’agire storico di Gesù, che non era possibile ri
pudiarla né abbandonarla aU’oblio.
Capitolo x v ii
Versioni dell’Antico
e del Nuovo Testamento
1. LE V E R S I O N I A N T I C H E
i. Versioni latine
a) La Vetus Latina
La «versione latina antica», generalmente nota come Vetus Latina, è la
traduzione o l’insieme di traduzioni anteriori alla versione Vulgata, ese
guita da Gerolamo alla fine del I V secolo. La letteratura cristiana in lin
gua latina ebbe inizio in Africa alla fine del n secolo con Tertulliano. Gli
Le versioni antiche 465
specchia e attesta un testo greco occidentale (cfr. cap. xvi, 1,9**). Il testo
africano della Vetus Latina presenta rispetto al greco maggiori divergen
ze di quello europeo.
Anche nel N.T. la Vetus Latina si caratterizza per il suo letteralismo e
per lo stile e la lingua popolari.
1 manoscritti della Vetus Latina sono identificati con lettere minuscole
dell’alfabeto latino, I più importanti manoscritti del testo africano sono
ey hy e k. La copia di quest’ultimo venne eseguita verso il 400, prima della
traduzione della Volgata neotestamentaria. Il suo testo è molto simile a
quello delle citazioni di Cipriano. Fra i testimoni del testo europeo figu
rano è, cy d , /, //ecc.
h) La Vulgata
Nei secoli seguenti non si fecero più tentativi di correzione del testo latino
per adeguarlo all’originale greco. Questa preoccupazione di rivedere il te
sto delle traduzioni passò airOriente siriaco, dove nel corso del v i e v i i
secolo si portarono a termine vane revisioni del testo siriaco, tutte prece
denti alla versione siro-esaplare.
Durante I’ v j i i e il rx secolo la Volgata andò soppiantando la Vetus La
tina che, nonostante tutto, resisteva al proprio tramonto. La contamina
zione fra i due testi e il processo di corruzione dei manoscritti della Vol
gata condusse alle revisioni di Cassiodoro (f 570) e Alcuino (730/735-
804). A quest’ultimo, più che allo stesso Gerolamo, sono da attribuirsi le
tracce di «ciceronianismo» presenti nella Volgata. In piu di un caso Ge
rolamo si ispirò certo al latino classico, conservando tuttavia più «vol
garismi» di quanto il testo a noi trasmesso lasci sospettare. L ’apporto di
altre revisioni intraprese nel Medioevo (come quelle di Teodolfo d’Or-
léans, | 8 z t , e Stefano Harding, f 1 1 3 4 ) non consiste, in realtà, che in
un’ulteriore corruzione del testo della Volgata. I più di 8000 manoscritti
conservati soffrono di questo male.
La reazione alla corruzione del testo della Volgata si diffuse in epoca
rinascimentale, a partire da Lorenzo Valla (1440). Questa reazione coin
cise con il sorgere di un movimento di ritorno al testo greco originale. Il
concilio di Trento (1456) dichiarò la Volgata versione autentica della
chiesa, senza implicare con questo l’ abbandono del naturale riferimento
agli originali greco ed ebraico. Mezzo secolo più tardi, nel 159 2, Timpe-
gno per l’edizione di un testo ufficiale sfociò nella Vulgata Sixlo-Clemen-
tina. Dal 1907 i monaci benedettini del monastero di San Gerolamo in
Le versioni antiche 469
Roma hanno lavorato a un’edizione critica terminata nel 19 87, con l’ec-
cezigne del primo e secondo libro dei Maccabei (in preparazione).
Edizioni . B. Fischer (ed.), Die Reste der altlateinìschen Bibel nach Petrus Saba-
tier, Freiburg 1 9 4 9 ; i benedettini dell’abbazia di Beuron preparano un’edizione
critica della Vetus Latina , della quale sono apparsi finora Genesi e Sapienza
(A.T.), le lettere cattoliche, Efesini e Filemone, e i primi fascicoli di Isaia, Eccle
siastico ed Ebrei; Biblia Sacra iuxta Latinam vulgatam versionem iussu Pii PP ,
X I [et successorum], cura et studio monachorum S. Benedicti, 1 7 voli., Città del
Vaticano 1 9 1 6 - 1 9 8 7 ; B. Fischer - H.I. Frede - J. Gribomont - H .F.D . Sparks - W .
Thiele, Biblia Sacra iuxta vulgatam versionem , Stuttgart31 9 8 4 ; N ova Vulgata Bi-
bliorum Sacrorum editto, Rom a 1 9 7 9 : questa edizione «neo-volgata» intende in
corporare al testo della Volgata i risultati più consolidati dell’esegesi moderna, ri
spettando per quanto possibile la lingua e il testo dei traduttori antichi. Segnalia
mo inoltre due edizioni dirette rispettivamente da L. Turrado - A . Colunga, Biblia
Sacra iuxta Vulgatam Clementinam , M adrid 1 9 5 7 , e J. Leal, Novum Testamen-
tum D N ICh iuxta editionem Sixto-Clementinam , M adrid i9 6 0 .
e) Bibliografia
2. Versioni siriache
a) Vetus Syra
La versione siriaca delFA.T. conobbe una lunga vicenda, oggi meglio co
nosciuta grazie alla scoperta di nuovo materiale manoscritto. Oltre al
Pentateuco comprendeva Salmi e Profeti. L ’originale di questa versione
mostra relazioni con i targumim palestinesi (Baumstark, Kahle, Vòòbus);
discussa ne è l’origine giudaica o giudeo-cristiana. La casa reale dell’A-
diabene, a est del Tigri, si convertì al giudaismo nel 40 d.C. Questa potè
essere la circostanza all’origine della traduzione, attribuibile peraltro an
che ad autori giudeo-cristiani che portarono il vangelo nell’Adiabene. In
ogni caso la traduzione fu condotta su una versione targumica. Una revi
470 Versioni dell'Antico e del Nuovo Testamento
b) Peshitta
d) La versione siro-palestìnese
b) La versione gotica
d) La versione georgiana
f) Versioni arabe
g) La versione slava
La prima versione slava dei vangeli, Salmi e altri testi letti nella liturgia
risale a Cirillo (f 869) e a Metodio (f 885). La versione fu completata al
la fine del ix secolo; subì poi varie revisioni che riflettono l'evoluzione
dialettale dello slavo. Un manoscritto del 1499 riproduce la versione del
l’arcivescovo di Novgorod, Gennadio. Questa segue il testo greco bizan
Versioni medievali e moderne 477
II. V E R S I O N I M E D I E V A L I E M O D E R N E
Alle antiche versioni della Bibbia sopra esaminate seguirono quelle me
dievali. Al v i i secolo risale la versione anglosassone, al ix la boema e
alTxi la tedesca (in hasso tedesco). Nel xn e xm secolo apparvero versio
ni in provenzale, francese, italiano e olandese, nel x iv in inglese, norvege
se, polacco e persiano e nel xv in ungherese e svedese.
La prima Bibbia a stampa fu una Volgata edita da J. Gutenberg a M a
gonza (Germania) negli anni 1450-1456 . La seconda stampata, e prima in
una lingua moderna, fu una versione tedesca edita da J. Mentelin nel
1466; seguirono la «Bibbia d’Agosto», versione italiana di Nicolò Maler
ba pubblicata a Venezia nel 14 7 1 , quella francese di Jean de Rély, nel
1487, e la boema, edita a Praga nel 1488.
Quella di Martin Lutero del 15 3 4 fu la prima Bibbia completa tradotta
m una lingua moderna partendo dalle lingue originali; la versione del
N.T, venne pubblicata a Wittemberg ne! 15 2 2 e Pedizìone tipica è del
1 545. Raggiunse grande popolarità e costituisce un monumento della let
teratura in lingua tedesca. Valore analogo riveste la versione inglese nota
come Bibbia di Re Giacomo o Authorized Version del 1 6 1 1 ; fu riveduta
nel 18 8 1-18 9 5 e da allora è conosciuta come The Revised Version.
Alla fine del xvi secolo la Bibbia completa era stata tradotta in olan
dese (1526), francese (1530), svedese (15 4 1), danese (1550), polacco
(15 6 1, a Cracovia, da Giovanni Leopolirano) e altre lingue europee. Nel
xix secolo, il secolo delle missioni, la Bibbia fu tradotta in circa 500 lin
gue e dialetti. Questo sforzo di traduzione è continuato e si è sviluppato
nel secolo attuale. Versioni oggi molto utilizzate sono, in lingua inglese,
The Revised Standard Version, The New English Bible e The New Am
erican Bible, e in francese la Sainte Bible de Jérusalem, diretta dai Padri
Domenicani deUs«Ecole Biblique» di Gerusalemme eia Traduction Oecu-
ménique de la Bible.
Le versioni portoghesi iniziano a vedere la luce intorno alla fine del
xiti secolo nel monastero di Alcobaga con una versione parziale di Atti e
una storia ridotta dell A.T. La prima versione completa della Bibbia è di
Antonio Pereira de Figueiredo, eseguita a Lisbona nel 1778 -179 0 , riedita
nel xix secolo dopo ripetute revisioni parziali o totali, J. Ferreira de Al-
478 Versioni dell’Antico e del Nuovo Testamento
ITI, L A B I B B I A
IN L I N G U A I T A L I A N A
9. Rist. anastatica dell’ed. Venezia 1496: Tonno 1966. Significativo, a questo riguardo, il seguen
te esempio, già segnalato da Berger, art. cit., 387 s. In Mt. 21,9, alla Volgata che recita Hostvma
filio David, fanno da riscontro le versioni italiana «Facci salvi figliuolo di David» (Firenze, ms.
Ricc. 12,51) e provenzale «Salva nos, filh de David» (Parigi, B.N. fr. 6261), ma l’accordo può ben
discendere dal comune riferimento alla glassa di Papta: Osanna salutfìca: siue saluum me fac (ed.
c i t p. [2.39]), come segnala Gasca, se non addirittura al commento ili Gerolamo al luogo citato
(cfr. M. Thiel, Grundlàgen und Gestaìt der Hebvaìschkenntnìsse des fruhen Mittelalters, Spoleto
i 9 7 3 > 3 7 6 s.).
10. Insomma, l’equazione «fenomeni ereticali» = «Bibbia al popolo» su cui insìsteva Berger era e
resta eccessivamente semplicistica; cfr. Barbieri, Le Bibbie i, 6; di diverso avviso V. Coletti, Paro
le dal pulpito. Chiesa e movimenti religiosi tra latino e volgare néB’ìtalia del Medioevo e del Ri
nascimento, Casale Monf. 1983, spec, 71 ss.
11. Significativu, al contrario, l'incoraggiamento dato a Giannozzo Manetti da Nicola v ( f 1455)
per una nuova traduzione della Bibbia. Cfr. Ch. Droge, Giannozzo Manetti als Denker und He-
bràist, Frankfurt a.M. 1987, 50-52 e 146-166 (antologia della traduzione, latina, dei Salmi),
iz- «Allegat ergo prò se Lingua oìl quud pcopter sui faciliorem ac delecrabiliorera vulgaritacem
quicqujd redactura est sive inventum ad vulgare prosaycum, suum est: videlicet Bibita...» (testo
citato anche in Barbieri, Le Bibbie 1, 7).
13. Cfr. G. Conimi, Letteratura italiana delle origini, Firenze *1991, 366. In generale, sul contesto
storico-religioso e gli ambienti di diffusione della Bibbia in volgare, cfr. V. Coletii, Parole dai ptd
pito. È ben nota, del resto, la querelle che ebbe come protagonisti dì spicco Lorenzo Valla e Pog
gio Bracciolini, circa la necessità e l’opportunità di rivedere la stessa Vulgata', cfr. Dròge, Gian
nozzo Manetti als Denkery 50 ss.
La Bibbia in lingua italiana 481
14. G. Btdouelle eB. Roussd, UEcriture etses traducilems. Eloge et réticences, 464 s.
482. Vers'oni delPAnrìco e del Nuovo Testamento
15. Ibidem; cfr. G. Bedouelle, Le tounuwt de Vimprimerte, 39-52- Più in generale, efr, L. Febvre -
J. Martin, La nascita del libro, Bari 1977; A. Petrucd (ed.), Libri, editori e pubblico nell'Europa
moderna, Bari 1977; F.L, Eisettstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di cam
biamentoì, Bologna 1985.
16. Cfr. Coletti, op c i t 107 ss. 133 ss.; S. Garofalo, Gli umanisti italiani de! secolo XV e la Bib
bia: Biblica 2.7 (1946) 338-375; C. Dionisotti, Gli umanisti e ii volgare tra Quattro e Cinquecen
to, Firenze 1968; J.H. Bentlev, Humanists and Holy Wnf. New Testament Scholarshtp in thè Re
naissance, Prmceton 1983. Sul Valla in particolare (la cui Collatio Novi Testamenti è stata di re
cente riproposta da A. Perosa, Firenze 1970), cfr. A. Morìsi, La filologia neotestamentarìa di Lo
renzo Valla: Nuova Rivista Storica 48 (1964) 35-49; S. Camporeale, Lorenzo Valla. Umanesimo
e teologia, Firenze 1972,; Chr. Coppens et al. (edd.), Lorenzo Valla e l'Umanesimo italiano. Atti
del Convegno Int. di Studi umanistici... 19^6, Louvain 1986.
17. Tra le varianti del «cognome» (Malerbi, Malherbi, Manerbi, Malermì) attualmente è questa
la più accreditata; cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 17.
itì. Una qualche parte nella diffusione dell’opera dovette avere anche lo scriptorìum di San Mat
tia, dai momento che si conoscono esemplari pergamenacei rubricati in quel monastero; cfr. Bar
bieri, La fortuna, 436 e n. 105.
19. v. 9-10; cfr. Barbieri, Le Bibbie it 43. 57.
zo. Traduzioni dì cui il Malerbi diffidava —stando alle sue parole {Epistola dedicatoria vi. 6-19) -
in quanto parziali, lacunose, interpolate, zeppe di errori e, soprattutto, «apocrife», vale a dire
«anonime»; cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 64-66.
La Bibbia in lingua italiana 4S3
m e n t o a n t e r i o r e s u u n t e s t o l a t i n o » / 1 G li in te r v e n ti c o r r e t t o r i , r i s p e t t o a i
te s ti m a n o s c r itti, s o n o b e n e e v id e n ti n e lF a d o z io n e d i f o r m e v e n e te e , s o
p r a ttu tto , n e ir a d c g u a m e n to — a n c o r c h é n o n s is te m a tic o — a lla Vulgata** e
n e lla s c e lta di o p p o rtu n e g lo s s e a l t e s t o / 3 II r i s u l t a t o , d a u n p u n t o d i v i s t a
s t i l i s t i c o , n o n fu d e i p i ù f e l i c i , m a c i o n o n o s t a n t e la Bibita r i s c o s s e u n n o
t e v o l e s u c c e s s o e d i t o r i a l e : n e l l ’ a r c o d i u n s e c o l o fu r i s t a m p a t a p i ù v o l t e ,
sp e s so c o l c o r r e d o di e c c e lle n ti s i lo g r a f ie /4
A distanza di due mesi esatti, il 1 ottobre 14 7 1, sempre a Venezia, ve
deva la luce un’altra edizione della Bibbia in volgare, presso Adam da
Arrmiergau: La Bibbia Sacra del Testamento Vecchio e Nuovo in lingua
volgare tradotta. T La traduzione, in questo caso, è anonima; di fatto, si
tratta della semplice riproduzione di volgarizzamenti preesistenti, senza
che sia ravvisabile altro criterio nella scelta dei testimoni se non quello
della praticità e della produttività della tipografia. In altri termini, tutto
lascia credere che la stampa fosse iniziata, simultaneamente, su libri di
versi della Bibbia, a partire da uno o piu manoscritti di non eccelsa quali
tà. Quando, poi, apparve sul mercato la Bibbia malerbiana, si abbandonò
tout court la fonte manoscritta, per riprendere pedissequamente Fedizio-
ne a stampa (il passaggio è evidentissimo: nella prima parte dal Sai. 17 ,
nella seconda da 2 Macc. i2.,zz)/6
Nonostante questa contaminazione, la «Bibbia di Otiobre» fu a lungo
considerata un testimone privilegiato per risalire al volgarizzamento tre
centesco della Bibbia, in tutta la sua purezza. Nel secolo scorso, in par
ticolare, essa venne valorizzata come testo di lingua; dopo un tentativo
di ristampa patrocinato dalla Società veneta dei bibliofili (1846, fino a
2,1, E. Barbieri, La fortuna, 42,0. Dello stesso v. anche Le Bibbie r, 15-106, vera e propria mono
grafìa su N Maiertu, con valutazione critica del volgarizzamento, in specie del testo dei Salmi.
iz. Grazie alla collaborazione di Lorenzo da Venezia, che funse da revisore del testo «da lirico
minciamento inaino a la fine» (Epìstola dedicatoria vu. 40-41); cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 67.
2,3. Che si tratti di una scelta da materiali preesistenti sembra confermato dalla palese dipenden
za, nel commento ai titoli dei Salmi, dalla Expositio in Psalmos Davidicos di Michele da Bolo
gna, ovvero da Nicola da Lira, Pietro Lombardo e Remigio di Auxerre; cfr. Barbieri, Le Bibbie i,
7 3 ss- 9 o - ? r .
14. Cfr. Barbieri, La fortuna. Per una descrizione minuziosa tìeìVeditto prìncepst cfr. Idem, Le
Bibbie 1, 18 7 -1 9 0 e zzo s, 225 s. per le edizioni piu ricche di materiali iconografici (edd, di Lu-
cantonio Giunta, Venezia 1490, e di Guglielmo Anima Mia, Venezia 1493), materiali riprodotti in
Barbieri, il, 53-365 e Cr-398.
2,5. L’attribuzione a questo tipografo, e non a Nicolas Jenson, come si è per lungo tempo ritenu
to, appare ormai sicura; cfr. Barbieri, Le Bibbie t, 191 n. 1.
26. V. Barbieri, Le Bibbie 1, 192 s., da cui si riprende il confronto delle due edizioni per l'ultimo
passo citato: «Apparendo adunque la prima compagnia de Inda a li mimici, v’intrò uno grande ti
mor per la presenta de Dio, el qual riguarda tutte cose, e l’uno da l’altro fu posto in fuga...»
(Malerbi); «Et essendo aparita la patna squadra dì luda agl’inimici, ebbero una grande paura per
cagione de ìa prescritta di D/o, il quale risguarda tutte cose3 e l'uno da l'altro fu posto m fuga,..»
(anon.).
Versioni dell’Antico e del Nuovo Testamento
27. Cfr. Minocchi, Italiennes (versioni), 1024 s.; Vaccari, Bibbia, 901.
28. Cfr, Vaccari, ibidem.
29. Nella ristampa del 1477, presso Gabriele di Piero, Venezia, venne aggiunta, per la prima vol
ta, la versione della Lettera dì Aristea; curatore dell’edizione fu Gerolamo Squarzafico; cfr. Bar
bieri, Le Bibbie 1, 199-205.
30. Cfr. Carini, 261-274; Minocchì, Italiennes (versions), 1025 s.; Barbieri, Le Bibbie.
31. «Alcune lievi variazioni di carattere linguistico» al testo del Malermi sono già introdotte nel-
Fed. di Stefano NicClini da Dabìo, Venezia 1524, ascritta surrettiziamente a Silvio Fìleto», cfr.
Barbieri, Le Bibbie i, 237.
32. Cfr, E. Massa, l/eremo, fa Bibbia e il Medioevo in umanisti veneti del primo Cinquecento,
Napoli 1992, spec. 180 ss.
33. Cfr. Coletti, spec. 169 ss.
34. Cfr. G. Spini, Tra Rinascimento e Riforma: Antonio Bruciali, Firenze 1940; Idem, Bibliogra
fia delle opere dì Antonio Bruciali; La Bibliofilia 42 (1940) 129-180; C. Dionisotti, La testimo
nianza del Brucioti: Rivista Storica Italiana 91 (1979) 26 5 r; A. Del Coi, // controllo della stampa
a Venezia e i processi di Antonio Bruciali (1748-1 jjg J: Critica Storica 17 (1980) 457-510; M.
Ventura Avanzine!!*, // *luterano» Bricioli e il suo commento al libro della Genesi; Bollettino
della Società di Studi Valdesi nr, 159 (luglio 1986J 19-33; Barbieri, Le Bibbte i, cap. v: «Antonio
Brucioli traduttore delia Bibbia» (pp. 107-127, con ulteriore bibl,).
L i Bibbia in lingua italiana 485
35. Per una descrizione di diverse edizioni della Bibbia italiana del Brucioli, cfr. Carini, in Ma
nuale biblico 1, 179 s., ma soprattutto Barbieri, Le Bibbie.
36. Così Barbieri, Le Bibbie 1, 240.
37. Citazione ripresa da Barbieri, Le Bibbie 1,14 1.
38. Cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, n i . 242. La dipendenza risulta prova ra, tra l'altro, dalla ripresa
letterate di brani erasmiani nelle due lettere dì dedica al card. Ercole Gonzaga, con cui si apre il
Nuovo Testamento del 1530. Ma non andrà dimenticato che da Erasmo dipendeva pur primo
Sante Pagnini.
39. Histoire critique dtt Vieux Testament, Rotterdam 1:685, 333; cfr- fldero], DisquisiUanes criti-
cae de uariis per diversa loca & tempora Bibliorum editionìbus.,^ Lendini 1684,195 s.: «ferendo
tamen isti oneri impar fuisse videtur Italus ille laterpres, qui ex aliìs versionibus, quae jam antea
ad Hebraeos codices conditae fuerant, maxime ex Pagnini Latina translatione fere totus depen-
det, cujusque idcìrco errores sequitur, aliosque addir in locis praesertim quae non probe mtellexit»
(segue il beri noto esempio, tratto da Neem. 8,8, riportato anche in G. Spini, Tra Rinascimento e
Riforma, 204 n.). - Su Sante Pagnini sia sufficiente rinviare a J. Quétif - J. Fchard, Scriptores or-
dhus Fraedtcatorvm„ 4 voli., Paris 1719-21: 11, U4b-n8a. 8z4b; T. Centi, L'attività letteraria di
Santi Pagnini (24 70-153 6) nel campo delle scienze bibliche-. Archivino Fratrum Praedicatorum 15
( i 9 4 S) 5 - 5 i-
40. Tra Rinascimento e Riforma, 203 ss.
41. A. Del Col. Appunti per una indagine sulle traduzioni in volgare della Bibbia net Cinquecen-
fo, 167^ Barbieri, Le Bibbie 1, 109,
486 Versioni dell’Antico e del Nuovo Testamento
42. J.G. Schelhorn, Ergótzlizhkeìten aus Jer Kirchenhistorie und Litemtur il, Ulm-Leipzlg 1763,
5 3 5 ' 5 5 I - - H confronto per il Sai 22, in Roussel, Commenter et traciuire, 449 458, a cui rinvia
Barbieri, he Bibbie 1, n i n. 27, è scarsamente probante, trattandosi di un’analisi comparata tra
diversi volgarizzamenti in francese, tedesco, inglese e, appunto, italiano, non già d] una ricerca
delle fonti.
43. C£r. Del Col, /oc. Barbieri, Le Bibbie l, 1x2 s. Su Elia Levita, figura di primo piano non
solo per la storia della lingua ebraica ma anche per [ editoria ebraica veneziana del Cinquecento,
cfr. G.F, Weil, Elie Lèvite, humanìste et massorète (1469-1549), Leiden 1963.
44. D. Barthelemy, Critique textueile de I*Ancien Testament 11, Fribourg-Gòttingen 1986, *25.
45. Barbieri, Le Bibbie 1, 109. Del resto nessuno sembra aver notato che lo stesso Simon premet
teva al giudizio, sopra riferito, la seguente annotazione: «Inter hunc tamen (se. Antonio Brucioli)
Se alios Interpretes illud est discrimen, quod Brucciolius ex ipsis fontibus Hebneis vetus Testa-
mentimi, & c Graecìs novum transtulerit more Protestantium (Disqiiìsitìones, 195).
46. Il confronto è stato condotto per tutte le citazioni del Brucioli contenute in Critique textueile
11 (Isaia, Geremia, l amentazioni), e per una scelta di quelle in Critique textueile m (1992).
47. Ovvero Johannes Husschin, In lesaiam prophetam hypomnematòn, Basilea 1525. Un caso
analogo è quello già rilevato da G. Spini, op. c i t 228 ss., il quale ha dimostrato come il commen
to al Nuovo Testamento del Brucioli riprenda, presso che alla lettera, le Enarrationes perpetuae
sui vangeli di Martin Bucer (Butzer). Per quest'ultimo cfr. H.G. Reventlow, The Authority of thè
Btble and thè Rise of Modem World, London 1984 (or. ted. Gòrtingen 1980), 73-87.
48. Cfr. Barthélemv, Critique textueile n, 24,
49. Ove Pagnini aveva: «Matura unum, mal uni ecce venu», il Brucioli traduce; «Un male al male
ecco viene», versione di cui certo non si può dire, come fa il Barthelemy, Critique textueile ni, 37,
che «segua» la precedente.
La Bibbia in lingua italiana 487
7,5; 13,9 e Am. 2,,7; 8,4. E se sono significativi questi esempi, non meno
rilevanti saranno quelli in cui il Brucioli si accorda in errore con la ver
sione del Pagnini (edizione del 1527), senza tener conto delle correzioni
successive: Ger. 13 ,18 e Os. 2,18 .
Ma Panno 1546 rimanda anche a un altro fatto, di ben più rilevante im
portanza storica: nella quarta sessione dell’ 8 aprile di quelPanno, i padri
del concilio di Trento definirono, con un decreto dogmatico, quale fosse
il canone delle Scritture, qualificando inoltre, in un decreto disciplinare,
la uetus et vulgata edittoè0 della Bibbia come «autentica» per 1 uso pub
blico, ovvero come testo ufficiale per liturgia e insegnamento. Sui proble
ma delle traduzioni della Bibbia in volgare non si riusci, invece, a rag
giungere alcun accordo, stante Pinconciiiabilita delle due posizioni estre
me, sostenute dal card. Padheco (con argomenti forniti in larga misura
dal francescano Alfonso de Castro) e dal card. Madruzzo, vescovo di
lrento. Per il primo era indubbio che tutte le eresìe erano derivate dalla
56. C£r. Tra Rinascimento, ziz n. 4^ Barbieri, Le Bibbie J, 130 s. Per le edizioni, v. Idem, 257 ss.
2,85 ss. (a p. 2,58 alcuni esempi degli interventi sull’originale del Brucioli).
57. Cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 1 3 z s. 2.63. Sulla Bibbia del Marmochino, cfr. Canni, Traduzioni
italiane, 302,; G. Luzzi, La Bibbia. Sua storia e storia d1Israel, 1. Introduzione, Firenze 1927, 114
ss.; A. Morisi Guerra, Di alcune edizioni veneziane della Bibbia; A. Del Cui, Appunti per una in
dagine sulle traduzioni in volgare.
58 Dal frontespizio, riportato in Barbieri, Le Bibbie 1, 291. - Carattere marcatamele parafrasti
co aveva, invece, la traduzione dei Salmi e dell’Ecclesiaste proposta da Giovan Francesco da Pozzo
(Venezia 1537); cfr. Barbieri, Le Bibbie i, 139 s. 2.59 ss. 312 ss.
59. Barbieri, Le Bibbie 1, 301 ss. Radicalmente diversa Pinterpreuzione proposta da Del Col, Ap
punti: non solo il rapporto tra la versione del Marmochino e quella del Brucioli sarebbe piuttosto
labile, ma quella che sopta è stata presentata come ristampa del 1545 sarebbe in realtà opera af
fatto nuova, di due autori anonimi. L’edizione del 1546 sarebbe, inoltre, null’altro se non una
«variante di tiratura» dell’ed. J54 5.
60. Cfr. A. Allgeier, The Name « Vulgate»: Biblica 29 (1948) 345-390.
La Bibbia in lingua italiana 489
versione dei libri sacri nelle lingue volgari, mentre per il secondo era certo
- per restare in tema d’attualità —che la situazione della Germania sareb
be stata ben diversa se non vi fossero mai stati professori di greco e di
ebraico, ché l’eresia non nasce tra le persone semplici, ma tra coloro che
si credono dotti! A quest5ultima posizione si ricollegava anche quella di
Gentiano Hervet, consulente laico del legato pontificio card. Cervini, il
quale offriva un prezioso suggerimento: «Si abbia soltanto l’accortezza
di affidare il compito delle versioni a uomini dotti e pii, e sarà incredibile
Futilità che ne deriverà a tutto il popolo cristiano», insieme a un monito
sempre attuale: «Se poi anche i vescovi, consci del loro ufficio, prediche
ranno al popolo la parola del Signore, non v ’è dubbio che l’ottima se
menza affidata alla terra produrrà frutti superiori a ogni aspettativa»/1
Di fronte a posizioni così divergenti il risultato poteva essere uno solo:
non si decise nulla. Di fatto, però, la concomitante patente di «autentici
tà» rilasciata alla Volgata finì per trasformarsi, agli effetti pratici, nella
convinzione che quella fosse da considerare la sola «legittima trasforma
zione linguistica della Bibbia»61 — una confusione che avrà non poche
conseguenze per lo sviluppo degli studi biblici, non solo in Italia.
La confusione, comunque, non si era ingenerata a caso. L 'Indice dei li
bri proibiti (1559) di Paolo iv, infatti, conteneva già il divieto di stampa
re, leggere e possedere versioni della Bibbia in volgare senza autorizzazio
ne scritta del santo Uffizio dell’Inquisizione romana, e la quarta norma
della bolla Dominici gregis di Pio iv (1564) consentirà la lettura della
Bibbia in volgare solo dietro permesso, personale e scritto, del vescovo o
dell’inquisitore, previa consultazione del parroco o del confessore. Tale
licenza sarà successivamente riservata — da Sisto v e da Clemente vili,
nell’Indice del 1596 - al soglio pontificio. Di fatto, poi, la licenza veniva
concessa dai vescovi,63 ma in proposito non fu mai espresso un parere uf
ficiale; anzi, il S. Ufficio ribadiva la posizione di Clemente vili ancora nel
monito del 7 gennaio 18 3 é / 4
Nella pratica, nel mondo cattolico s’ impose la dottrina secondo cui le
versioni ad usum communem fidelium devono basarsi sulla Volgata, et
quidem iuxta editionem Glementinam/ 5 Lo stesso decreto della Congre-
6 1 . 1 testi sono ripresi da C. Buzzetti, La Bibbia e le sue trasformazioni, Brescia 1984, 75. Su turta
la questione, cfr. H. Jedin, Storia del concilio di Trento li, Brescia 1949, 6 7- 118; BTT v, 3Z7-368
(bibl.).
6ì. C. Buzzetti, La Bibbia e la sua traduzione, 2.9.
63. Un esempio è segnalato in G.O. Bravi, Bibbie a Bergamo, 114.
64. Cfr. Th.J. Lamy, Introducilo in Sacram Scripturam U, Mechliniae 1886, 2,13. Il divieto di leg
gere la Bibbia in volgare è tesi sostenuta e difesa a spada tratta ancora da G.B. Bardi, Praelectio-
nes Biblicae babiiae in R.egio Taurinensi Athenaeo 1, Torino 1856, 133-138. Per gli Indici, cfr.
J.M. de Bujanda (ed.), Index des livres interdits, Ginevra 1984 (in continuazione).
65. Cfr. Lamy, Introducilo, zoi.
49° Versioni dell’Antico e del Nuovo Testamento
67. A, Vaccari, Bibbia, 902. Dal catalogo del Barbieri risulta, invero, clic la Bibbia del Malerbi fu
ristampata a Venezia, nel 1566, sia da Andrea Muschio sìa da Gerolamo Scoto; presso quest’ulri-
mo editore apparvero due altre ristampe negli anni 1 566-1567- L’edizione del Nuovo Testamento
del 1 $66 è registrata dal Barbieri come traduzione dell’anonimo della Speranza: si tratta di una
riproduzione dell’edizione apparsa per la prima volta nel 1545 a Venezia presso il tipografo-libra
io che operava in Santa Maria Formosa sotto l’insegna «Al Segno della Speranza» (Barbieri, 2956
n. r; sull’attribuzione, erronea, allo Zaccheria, cfr. p. 286).
49^ Versioni delPAntico e del Nuovo Testamento
Nel r 551, ad esempio, era già apparsa a Lione la traduzione del Nuovo
Testamento curata da Massimo Teofilo, monaco benedettino, traduzione
che valse all’autore un processo inquisitoriale e venne inclusa nell 'Indice
del 15 5 9 .^ Di fatto, sia nei sommari sia nella traduzione egli dipendeva
sostanzialmente dal latino della Bibita sacra utriusque Testamenti di Z u
rigo, curata da Heinrich Buliinger e altri teologi svizzeri.6 69
8
Nuovamente al Bruciolì si rifa invece dì preferenza la traduzione, sem
pre del Nuovo Testamento, detta dell’anonimo del Crespin (dal nome
deireditore) o semplicemente anonima ginevrina (dal luogo di edizione)
del 15 5 5 —la prima traduzione biblica italiana di sicura matrice riforma
ta,7" in cui si rivela evidente 1 influsso della traduzione francese allora cor
rente a Ginevra.71*73Dopo una ristampa apparsa lo stesso anno/1 senza in
dicazione di luogo (ma sicuramente ancora Ginevra), recante a fronte la
traduzione francese delPObvetano, la versione anonima ginevrina fu ri
stampata da Guillaume Rouillé, a Lione, nel 15 5 8 , con l’aggiunta a fron
te del testo latino di Erasmo e dei sommari nella traduzione di Massimo
Teofilo.73
Frutto di una più attenta revisione dell’anonima ginevrina (verisimil-
mente nell’edizione del Pascale) è, invece, la versione del 1560, detta del
l’anonimo del Todesco, dal nome dell’editore: Fabio Todesco, nativo di
Reggio Calabria e attivo come tipografo a Ginevra dal 1560 al X57 1 .74 Si
gnificativo il fatto che la revisione, condotta tra l’altro sulla versione lati
na di Teodoro di Beza (pubblicata a Ginevra tre anni prima), sembri ri
volgersi pm che agli emigrati riformati ai cattolici italiani.75
Ma i tempi erano ormai maturi per una riproposizione di tutta la Bib
bia in volgare. Autore ne fu, ancorché non menzionato nel frontespizio,
Filippo Rustici, un lucchese rifugiatosi prima a Lione poi a Ginevra, di
dubbia ortodossia calvinista/6 La Bibbia, pubblicata da Francois Du Ron
nel 1562. (sempre a Ginevra), «mantiene, anzi accentua l’impronta spic
catamente ginevrina di questa famiglia di versioni»77 e «brilla per novità e
68. C£r Barbieri, Le Bibbie 1, 144; A. Del Crii, Il Nuovo Testamento tradotto da Massimo Teofi
lo e altre opere stampate a Lione nel 1 5 5 1 : Critica Storica 15 (1978) 641-675.
6*?. Barbieri, Le Bibbie i, 32.6. Alle pp. 317 a. alcuni esempi. Cfr. anche Del Col, Appunti, 170.
70. Barbieri, Le Bibbie 1, 149.
71. Cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 336; Del Col, /oc. cit.
7.1. Tale opera è stata spesso attribuita a Gian Luigi Pascale, ma è ormai certo che questi ne fu
piuttosto il tipografo-editore; cfr. Barbieri, 150 s.; Dei Col, Appuntu 166.
73. C£r. Barbieri, Le Bibbie J, 346 s.
74. Cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 152,.
75. Cfr. Barbien, Le Bibbie 1, 348-351: 350; Del Col, Appunti, 170.
76. Cfr. Barbieri, Le Bibbie 1, 1 5 1; Dei Col, Appunti, 188 (nota finale).
77. Dei Col, Appunti, 170.
L a B ib b ia in lin g u a it a lia n a 493
interesse» :?s per l’Antico Testamento essa riflette in modo evidente la tra
duzione francese dell’Olivetano, mentre il Nuovo Testamento si mantiene
molto vicino alla versione deiranonimo del Todesco. Ma altrettanto pa
lese —e dichiarata dallo stesso autore - è la dipendenza dal latino di Sante
Pagnini e dalle annotazioni di Francois Vatable, cosi come non manca un
riconoscimento dell’opera pionieristica del Brucioli.78 79
La Bibbia del Rustici, ricca di vari apparati eruditi, fu ristampata lo
stesso anno e dallo stesso editore, ma con soppressione delle note margi
nali al Nuovo Testamento, forse —come ipotizza Barbieri80 —per ovviare
alle «intemperanze esegetiche propinate nelle note all’Apocalisse».
Dopo un’altra breve fiammata di notorietà, derivatagli dalla ripresa
della versione di alcuni libri nella poliglotta di Elias Hutter —Bibita sa
cra, ebraice [!], cbaldaice, graece, latine, germanica, ìtalice, Studio & la
bore Eliae Hutteri..., Niirnberg i5 9 8 -i^ 9 9 83 - , sul finire del secolo, la
Bibbia del Rustici verrà sostituita definitivamente dalla versione di Gio
vanni Diodati.
Nell’ultimo scorcio del secolo si avranno ancora alcuni tentativi di tra
duzioni parziali dei libri biblici.818
2Destinate in genere a impieghi devozio
nali, queste versioni conservano ormai un mero interesse erudito, anche
se non mancano le eccezioni, ovvero l’edizione bilingue (ebraico-italiano)
dell’Ecclesiaste, curata da un dotto ebreo, David de’ Pomis, con dedica al
card. Giovanni Grimani (Venezia, presso Giordano Ziletti, 1 5 7 1 ) ,83 e l’e
dizione latino-italiana dei Salmi, curata per lo stesso editore nel 15 7 3 da
Pellegrino Erri (o Heri).84
Con Giovanni Diodati si chiude questo primo perìodo della storia dei
volgarizzamenti della Bibbia in italiano. I giudizi riservati alla sua tradu
zione sono, una volta tanto, sostanzialmente concordi: se già il Berger
scriveva che essa «conta fra le migliori, che abbia prodotte il protestante
simo», lo stesso A. Vaccari, abitualmente ben poco tenero nei confronti
di tali versioni, non si peritava di scrivere che il suo autore dimostra di
possedere «una conoscenza d'ebraico e un'indipendenza di giudizio non
comune».85
Di famiglia di orìgine lucchese, Giovanni Diodati (1576-1649) già
all’età di ventun’anni era stato nominato, su proposta di Teodoro di Be-
za, docente di ebraico a Ginevra. Poco più che trentenne, nel 1607, vi
pubblicò, «all’insegna del Seminante», La Bibbia. Cioè, i libri del Vecchio
e del Nuovo Testamento. Nuovamente traslatati in lingua Italiana, un’o
pera che è, ancor oggi, un punto di riferimento obbligato per le chiese
evangeliche dì lingua italiana.8687
Il Nuovo Testamento fu ristampato Panno successivo (un’altra edizio
ne apparirà ad Amsterdam nel 1665) e tutta la Bibbia fu oggetto di una
nuova edizione, radicalmente rivista, «con Paggmnta de sacri Salmi, mes
si in rime per lo medesimo», nel 16 4 1. Mentre la versione francese del
1644 riscuoterà scarso successo, la Bibbia del 16 4 1 verrà ristampata, con
leggere modifiche, da Mattia di Erberg (Norimberga 1 7 1 2 ) 8' e da J.D.
Miiiler (Lipsia 1744)- Tra le numerosissime altre ristampe merita di esse
re ricordata quella bilingue, con ebraico a fronte, apparentemente non
segnalata sinora: li Pentateuco ossia i cinque libri di Mosè... tradotti da
G. D ì o d a t i Milano 18 70 e Londra 18 7 1 (nel frontespizio ebraico).
Precedenti a questa edizione sono quella, rivista da Giambattista Rolan-
di, uscita a Londra nel 18 19 , in cui sono ancora riprodotti gli Apocrifi, e
l’edizione del 1 8 z i, oggetto poi di innumerevoli ristampe, per cura della
Società biblica britannica.
Le ragioni di tanta fortuna sono essenzialmente l’aderenza, sbianche
eccessiva, alla lettera del testo e la vigoria della tesa italiana, per quanto
oggi il registro linguistico adottato - spesso solenne oltre misura - possa
sembrare obsoleto. Se è vero che la prima edizione intendeva rivolgersi
soprattutto ai cattolici veneziani, in rotta col papato, mentre la seconda
edizione agli intenti di proselitismo anteponeva quelli catechetici, con
Pocchio attento alle comunità evangeliche, e altrettanto vero che quanto
accumuna le due versioni è Paver sempre privilegiato un uditorio medio,
Sulle traduzioni, in genere dei Salmi o dì altri libri sapienziali, che rappre
senteranno, dopo il Diodati e per quasi due secoli, Punico contributo re
cato da una schiera di autori di non eccelsa fama alla volgarizzazione bi
blica è preferìbile stendere un pietoso velo.8*
A tener desto l’interesse per i libri biblici furono, piuttosto, in questo
periodo di larga sudditanza anche sul piano religioso alla cultura iberica,
i compendi di storia sacra.90 E proprio una di queste opere, PHistoire du
peuple de Dìeu del gesuita Isaac Josef Berruyer (Parigi 172,8), accusata di
veicolare tesi socmiane e messa alVJndice nel 17 5 3 e nel 17 58 , fu occasio
ne, del tutto inopinata, per una ripresa dei lavori di traduzione biblica.S .
SS. Testamenti ueteris Bibita sacra.., accesserunt libri... Apocryphi... quìbus et'tam adjtmximus
Novi Testamenti l i b r o s Frankfurt a.M, 1576-1579, rist. Hannover 1596.
89. Quale sia il progresso segnata dal Salmista toscano (Macerata 1671), o dalla Cantica tradotta
m versi anacreontici (Firenze 1786), o ancora dalle Lamentazioni... espresse in terza rima ne’ loro
dolenti affetti (ivi 1728) non è difficile immaginare. Una qualche utilità conserva, invece, la nota
solfe Traduzioni italiane della Sacra Scrittura di G B. Vincici!, in L ’Ecclesia ste di Salomone in
versi italiani di Leonte Prineo [pseudonimo del precedente] pasto/ arcade, Lucca 1727. Per una li
sta piuttosto lunga di questi contributi sei e settecenteschi, cfr. Minocchi, Italiennes (verstons) de
la Bib/c, 1031 s. (tra i testimoni noti allo scrivente da aggiungere alla lista: Silvio Salesio Balbi,
Naum profeta esposto tn versi italiani..., Saluzzo [Stamperia del Bodoni] 1763}.
90. Largo successo ebbe il Compendio historìco del Vecchio e del Nuovo Testamento cavato dalla
Sacra Bibbia di Bartolomeo Dionisi , uscito a Venezia nel 1587 e ristampato ancora nel 1784, per
quanto incluso, sin dal 1678, nelJ7 ttd/ce dei libri proibiti. Pan, se non maggiore, fortuna ebbero
le edizioni italiane della Storia dell'Antico e Nuovo Testamento d’ A. Calme!, tradotta da] france
se da Selvaggio Canterani (Pezzana, Venezia 1744; Olzari, Genova 1779 ecc.) e il Catechismo
istorico di Cl. Fleury. Cfr. P. Stella, Produzione libraria religiosa e versioni delta Bibbia in Italia
tra età dei lumi e crisi modernista, io M. Rosa (ed.), Cattolicesimo e lumi nel Settecento italiano,
Roma 1981, 99-12,5: 103 s.
496 Versioni dell’Antico e de! Nuovo Testamento
Opera fortunatissima (una diecina circa di edizioni in tre lustri), ben pre
sto tradotta in italiano/1 questa parafrasi romanzata della Bibbia —con
tro la quale si scagliò anche sant'AIfonso de’ Liguori —indusse a quanto
pare il cardinale di Torino, Carlo Vittorio Delle Lanze, a perorare presso
il papa Benedetto xiv la causa di una nuova versione italiana. Pur tra
svariate difficoltà e sospetti, l’opera, affidata ad Antonio Martini (17 2 0
1809), allora preside del convitto ecclesiasticu annesso alla Basilica di Su-
perga, fu portata a compimento nell’arco di un ventennio circa: al Nuovo
Testamento, terminato all’inizio del 1769 e pubblicato tra il 1769 e il
1 7 7 1 ( i a ed. 1775-78), seguì ben presto l’Antico Testamento, pubblicato
tra il 1776 e il 17 8 1. Il nono volume della traduzione dell’Antico Testa
mento, edito nel 17 78 , poteva inoltre fregiarsi del breve con cui Pio vi di
chiarava l’opera conforme alle norme del¥ Indice,
Finalità e metodo di questa versione sono così richiamati dallo stesso
Martini nella premessa a 11 Pentateuco o sìa 1 cinque libri di Mosè secon
do la Volgata tradotti in lingua italiana (Stamperia reale, Torino 1776 ,
xxxn s.): 1. far sì che i sacerdoti potessero «attignere a questo fonte di vi
ta quello, che debbono dispensare per istruzione, ed edificazione del po
polo del Signore», e che nei fedeli tutti tornasse «a risuscitarsi l’antico af
fetto verso la divina parola»; 2. sui principi seguiti, «una sola cosa dirò,
anzi ripeterò adesso con nuovo piacere, ed ella si è, che in tutto quello,
che ho scritto posso arditamente vantarmi colla parola dì Gerolamo di
non aver mai avuto per maestro me stesso: Nunquam me ipsum habui
magìstrum, ma ho avuto sempre davanti i Padri della Chiesa, e gli Sposi-
tori Cattolici, e dalla santa Romana Sede approvati. Quindi e, che reli
giosamente osservando lo spirito del celebre decreto della sacra Congre
gazione de’ 13 . giugno 17 5 7 ., confermato dalla santa meni, di Benedetto
xiv. (Jal qual decreto ebbe questa impresa il suo principio, e il suo fon
damento), non solamente nella versione ho seguiLo costantemente a paro
la a parola la nostra Volgata, ma nelle annotazioni ancora mi son fatto
legge di non dilungarmi giammai dai sentimenti, e dalle dottrine ricevute
comunemente nella Cattolica Chiesa».
La traduzione fu dunque condotta sulla Vulgata (riprodotta a fianco),
ma —almeno per il Nuovo Testamento —con un confronto costante con
gli originali e col sussidio, talora piuttosto esteso, di note esegetiche, a
prevalente carattere ascetico-spirituale, in cui si metteva a frutto tutta la
precedente tradizione cattolica (dal Menochio al Calmet).
91. Giriamo, per conoscenza diretta: Storia del popolo di Dìo dalla sua origine sino alla nascita
del Messia tratta da’ soli libri santi: Ovvero il testo sacro de' libri deirÀnttco Testamento Ridotto
in un Corpo di Storia..,, traduzione da! francese di Caimano Franceschi™, Venezia, Giambattista
Recurh, 1755, e la ristampa, sempre a Venezia, presso Remondini, dell’anno seguente. È interes
sante notare che la prima delle due edizioni citate reca, in apertura (p. xxxv), la licenza di stampa
rilasciata dai «Riformatori dello studio di Padova», in data 16 nov. 1739.
La Bibbia in lingua italiana 497
Una venatura di giansenismo, per quanto attenuato nelle sue tesi più ti
p ich e,T «elo q u io toscano, terso, lineare, alquanto freddo»,*3 e non da
ultimo l’ottenimento dell’approvazione della Santa Sede, fecero sì che
della versione cercassero d’impossessarsi i giansenisti toscani. Per quanto
il Martini ostacolasse l’impresa, la sua traduzione, con note riviste, venne
riedita a Firenze a partire dal 17 79 , «a spese della Società FLIotea», e fu
interrotta solo nel 178 4 ,9
34 quando ormai il Martini era arcivescovo di Fi
29
renze da tre anni.
Proprio a Firenze, nel decennio 17 8 2 -17 9 2 , il Martini potè attendere a
una nuova edizione di tutta l’opera, edizione su cui si baseranno, nella
sostanza, tutte le successive ristampe9597di questa versione che, a conti fat
6
ti, sembra dover la sua fortuna proprio a llo r a * mediocrirasr ovvero al
suo essere un’opera di buona divulgazione, che la caratterizza.9*
Il fatto che la versione del Martini non rispondesse appieno alle esigen
ze né dei conservatori né dell’illuminismo cattolico coevo (incontrando,
però, proprio per questo il favore dei moderati) è confermato dalla pub
blicazione di altre versioni concorrenziali. Al tentativo di appropriazione
da parte giansenista si contrapposero, infatti, quella che a parole si pre
sentava come una ristampa della Bibbia del Malerbi, ma che in realtà era
opera affatto nuova di Alvise Guerra (Venezia 1773),*' la traduzione -
patrocinata da Scipione de’ Ricci, vescovo di Pistoia —del Nuovo Testa
mento con commento del Quesnel (Pistoia 1786-1789), e soprattutto la
92. Una traccia dell’attenzione prestata al movirnento è ravvisabile anche esteriormente nella scel
ta del formato in ottavo, tipico delle edizioni allora correnti della versione del Sacy; cfr. Stella,
Produzione libraria religiosa, 108 s.
93. Stella, art. c i t n i .
94. Menoccbi, Italiennes (versions) de la Bible, 1033, scrive che l’edizione si arrestò appunto nel
1784 con Isaia. Dell’edizione, piuttosto rara (cfr. Carini, p. 295 n. i, secondo il quale Isaia, ulti
mo degli undici tomi di questa edizione, sarebbe del 1783), uscirono in realtà dodici tomi, l'ulti
mo essendo quello contenente l profeti Geremia, e Baruch, recante nel frontespizio la data del
1784, ma «Impresso in Firenze nella stamperia degli eredi Pecchioni E pubblicato nel di 16. Ago
sto 1785» (copia presso la Biblioteca del Seminario di Torino).
95. L’informazione data in R. Fabris (ed.), La Bibbia nell’epoca moderna e contemporanea, Bolo
gna 1992, 180, secondo cui essa apparve per l’uJrima volta in Italia nel 1950, presso Garzanti, con
il corredo delle illustrazioni di Gustavo Dorè, è una maldestra ripresa di quanto scritto da P. Stel
la, // Vangelo di Matteo tradotto e annotato da Antonio Martini, 326. Di fatto, La Sacra Bibbia,
col testo del Martini e con «commento artistico perpetuo» fu ristampata in fascicoli settimanali,
dal 12. febbr. 1963, dai F.lli Fabbri (cfr. BeO 7 [1965] 225) e, prima ancora, almeno il Pentateu
co, con introduzione di G. Rinaldi, commento di A. Alberti, e con riproduzione di silografie tratte
da edizioni cinquecentine, era stato riproposto nei «Grandi Classici», Milano 1959 (cfr. BeO 2
[i960] 224).
96. Cfr. Stella, art. cìt.y 109-115. Tra i critici delia versione del Martini merita ancora di essere ri
cordato P.E. Tìboni, già segnalato da Stella, pp. 120 s., il quale dimostrerà in lì misticismo ebraì-
co, Milano 1853, 352 s., che in piu punti l’interpretazione proposta risultava testualmente invec
chiata persino rispetto al Diodati.
97. Cfr. E. Teza, Le Bibbie italiane del Malermt e del Diodati
498 Versioni deli’Antico e del Nuovo Testamento
98. Cfr. Stella, art. at., i n n. 25, ove si ricordano le edizioni di Venezia 17 7 5 -17 7 9 , Napoli
1786, Genova [78 7-179 2. U frontespizio di cjiiest’ultiina edizione, corata dal giansenista Vincen
zo Palmieri, recitava. Sacra Scrittura giusta la Volgata in latino, e italiano colle spiegazioni lette
rali e spirituali Tratte da3Santi Padri e Dagli Autori Ecclesiastici da D. Luigi Isacco Le Maìstre de
Sacy... edizione ricorretta accresciuta ed illustrata (editore era Agostino Olzari).
99. È il caso anche della cosiddetta «Bibbia di Vence»: La Sacra Bibbia di Vence giusta la quinta
edizione del Signor Drach... per cura del Prof. Bartolomeo Catena, Milano 1830-45,
100. Cfr. Stella, Produzione libraria, 11 3 s.
10 1. // Nuovo Testamento volgarizzato... i, Torino 1879, x x x j.
102. Cfr. P. Stella, li Vangelo di Matteo tradotto e annotato da Antonio Martini364 ss.
La Bibbia in lingua italiana 499
106. Cft. P.M. da Sortiao, Gregorio Ugdulena orientalista e biblista italiano'. RivBibl 14 (1966)
I 5 9 ' T7 9 -
107. Citazione ripresa da P.M. da Sonino, art. a f.( 167.
108. «Il presente volgarizzamento non è modellato sopra alcun altro antico o moderno lavoro,
ma è il frutto di lunghi stndj intorno alla sacra Filologia ed Esegesi...» (voi. 1, v).
109. A titolo dì esempio ecco come viene reso Gen. 1,2.: «... ed oscurità era sulla faccia delPabis-
so, ed un vento di Dio (cioè fortissimo) agìtavasì sulla faccia dell’acqua».
n o . Bibbia, 1562.
i n , Italiennes (versioni) de la Bible^ 1035.
La Bibbia in lingua italiana 501
mento filologico al testo ebraico, dato che, come appunto rilevava il Mi-
nocchi, «la versi on parait plus occupée de read re l’expression de Phé-
bteu, que de Tadapter au géme du langage italico».
Il contributo del Luzzatto ai volgarizzamenti biblici non fu certo il so
lo delFebraismo italiano del secolo scorso, ma per un secolo circa resterà
Punico completo. Altri saggi di traduzione, particolarmente pregevoli,
ancorché invecchiati, restano quelli di David Castelli (Ecclesiaste, Pi
sa 1866; Cantico, Firenze 189Z; Giobbe, Firenze 1897, rist. Lanciano
19 16 )
Neppure in campo cattolico, del resto, si attese ad altre traduzioni
complete, dopo quella del Martini. Tra i vari contributi parziali merita
no, comunque, di essere ricordati quelli di S. Mmocchi113 (Salmi, Firenze
1895, Roma '19 0 5 ; Lamentazioni, Roma 18 9 7; Canticoy Roma 1898, ri
stampato con Ecclesiaste in Le perle della Bibbia, Bari 192,4; Isaiay Bolo
gna 1907). Il solo Nuovo Testamento fu «volgarizzato ed esposto in note
esegetiche e morali» da C.M. Curri (3 voli., Torino 18 79 -18 8 0).1H
Il risveglio degli studi bìblici, che al volgere del secolo si registra anche in
Italia, vede il costituirsi, a Roma, della Pia Società di San Girolamo, ad
opera di G. Genocchi, G. Mercati e altri.115 La Società, facendo propria
un’iniziativa di P. Zambnmi, promosse, forse per la prima volta in Italia,
la diffusione capillare e la lettura familiare dei vangeli, curando la divul
gazione de II Vangelo di Mostro Signore Gesù Cristo e gli Atti degli Apo
stoli , tradotti dalla Volgata.116
L ’iniziativa, per quanto possa sembrare di scarso rilievo per la storia
degli studi, è non solo significativa di un mutato clima culturale, ma anti
cipa analoghi progetti della Pia Società San Paolo di Alba, che avranno
un’incidenza difficilmente sottovalutahiie nella formazione di una cultura
biblica media tra Ì cattolici italiani. Cosi, mentre da un lato continueran
no a registrarsi periodici contributi di studiosi isolati,11 dall’altro prendo
n o . Cfr. K Facente, in Dizionario biografico degli italiani XXI, 698-707. Altra bibliografìa in
Vaccari, Bibbia, 903; cfr. anche $ J Sierra, Apporto degli ebrei all’interpretazione della Bibbia
nell’età moderna e contemporanea, in Fabris, La Bibbia, 315-348.
113. Cfr. A. Agnoletto, Salvatore Mmocchi: vita e opere (1869 1943J, Brescia 1964.
114. Cfr. la recensione di [G. Re], Archivio di Letteratura Biblica e Orientale 1 (1879) 309-313. —
Sul contributo di Niccolò Tommaseo, cfr. G.G. Gamba, La versiane italiana dei S. -Vangeli curata
da N-T-: Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose 3 {1968) 311-333, per i Salmi, cfr. M. Cerniti,
RSLR 5 (1969) 72.1-7*5.
115. Per singolare coincidenza, la Pia Società, che aveva un antecedente solo nominale nella So
cietà per gb studi biblici romana (1889-1898}, venne fondata lo stesso anno in cui fu istituita la
Pontifìcia Commissione Biblica.
116. Cfr. A. Zambarbieri, Un precursore della diffusione della lettura della Bibbia —Proto Zam-
bruni e il Vangelo in Famiglia all’inizio del secolo XX: Scuola Cattolica 105 (1977) 183-2,09.
117. Olire a nomi ben noti, come quello di G. Riedotti, che tradusse Geremia (1923), Lamenta
502- Versioni deirAntico e del Nuovo Testamento
ziont (1924), Giobbe (1924), Cantico {1928) e curò Dalla Bibbia. Antologia letteraria (Bologna
1921; rist. come La Bibbia dei letterati, Roma 1947), meritano di essere ricordati L. Granitica
{Vangeli, Brescia 1926; cfr. L. Bontentpi, Urta traduzione degli armi venti: I Vangeli di Mous.
Luigi Grattiatica, in P. Rossano jed.], Tradurre la Bibbia, 17-24), G.B. Re ( Vangeli e Lettere, di S.
Paolo, Torino 1926. 193 i , dal greco; ’ i94Ó}, L. Costantini (Le lettere di 5- Paolo, le lettere catto
liche e l'Apocalisse, Roma 1918, con testo greco a fronte) e P. Vannutelli (Gli evangeli iti smossi,
Toimo-Roma 1931; Atti degli Apostoli e lettere di s. Pietro, Roma 1939, con testo gì. e lat.).
1 r8. B. Gorsani, La Bibbia presso i Valdesi da! XIII secolo ad oggi, in R. Fabris (ed.), La Bibbia
nell'epoca moderna e contemporanea, 311.
119. Da) 1916, calora senza il nome del revisore, come nella ristampa del 1947 (accora Roma):
La Sacra Bibbia. Versione riveduta. Di altro comitato evangelico è La Sacra Bibbia. Versione ri
veduta, Casa della Bibbia, Ginevra-Genova, con frontespizio a parte per il Nuovo Testamento: Il
Nuovo Testamento. Versione riveduta sul testo greco meglio accertato.
120. Lascia tuttavia alquanto sconcertati quanto si legge subito dopo (p. vi): «Gesù rende il ter
mine greco lesaus, che letteralmente significa jehavàh o Dio salva*' (sic/).
La Bibbia in lingua italiana 503
appare invece evidente una certa pesantezza stilistica, per cui alla versio
ne si potrebbe applicare senza forzature lo stesso giudizio che il Vaccari
dava delle interpretazioni del De Rossi: «eccellenti per l’intelligenza del
testo», «meno pregevoli per la lingua».
132. Ree. di C.M. Martini, CivCart 116 (1965) 1, 264 s. (osservazioni critiche e confronto con
l'edizione precedente).
133. In BeO 6 (1964) 280-282: 281.
134. Anche se, come rilevava C.M. Martini, Una nuova Bibbia in lingua italiana; CivCatt 115
(1964) 2, 253-256, la diversità tra traduttore e commentatore aveva portato ut qualche caso a fa
stidiose incongnienze.
135. Martini, Una nuova Bibbia, 254.
136. A cura di O. Marmi, dalla traduzione diretta per Garzanti da Bonaventura Mariani. Cfr. G.
Caprile, CivCatt 120 (1969) 2, 91 s.
137. Come scriverà, non senza una venatura di legìttimo orgoglio, P. Rossano: «Personalmente
ho sempre optato per una traduzione che miri a piegare al massimo la lingua al resto originale,
per riprodurne fedelmente il suono e le valenze... Questo criterio ho seguito nella versione del
Nuovo Testamento per la Utet (1963), che ha servito di base per la traduzione della Cei, ed è stata
ripresa nel 1984, limitatamente ai Vangeli, dalla collezione Bur di Rizzoli» fRossano, Tradurre la
Bibbia, 13).
506 Versioni delFAntiCO e del Nuovo Testamento
138. Cfr. P. Tremoli, in BeO 9 (1967} 272 s.: «le traduzioni... sì presentano composte in un lin
guaggio moderno, ... mantenendo talvolta anche le parole originali, specie quando il loro signifi
cato pregnante non si presta ad essere reso da una parola italiana corrispondente». Altre recen
sioni: P. Cclella, RivBìbl 15 (1967) 326 ss.; C.M. Martini, CivCati 116 (1965) 3, 51 (se ne rileva
la «magnificenza»).
139. // Pentateuco e tiaftarotb, Torino 5721-2960 Agiografi (Kelubim), 1967.
140. |G.J R[inaldi], in BeO 3 (1961) 153 s., il quale osserva anche che «qualcuno dei cinque auto
ri [della traduzione della Torah: A.S. Toaff, D. Disegni, M.E. Artom, E. Fnedenthal, E. Toaff]
torse ha tenuto presente la Bitte de Jéru$.\atem]».
141. Del (solo?) Pentateuco esiste una ristampa recentissima, senza indicazione del nome dell'edi
tore (ma certamente B. Carucci), Roma 5749-1989, presentata come 4aed.
142. Cfr. La «Bibbia Ecumenica». BeO 7 (1965) 32-39 (documenti e testi sui diversi progetti di
traduzioni «ecumeniche»).
143. BeO 11 (1969) 221 s,
144. Presentazioni generali del progetto «ecumenico» erano state m precedenza date da T. Fede-
L a B i b b i a in l i n g u a ìr a l ì a n a 507
to, da un felice innesco sul testo della Bibbia utet ,m9 la «Bibbia g ei » -
come di fatto sarà ben presto conosciuta — rappresentava per più versi
un’assoluta novità: «per la prima volta - infatti - una Bibbia italiana vie
ne prodotta per iniziativa e sotto la responsabilità dei vescovi di lingua
italiana. La portata ecclesiale dell1avvenimento e senza paragoni, ... non
ha precedenti se non nella famosa traduzione latina voluta da papa Da-
inaso e realizzata da s. Gerolamo...». r
In effetti, l’edizione, che vide all’opera una folta schiera di collaborato
ri, e tra quesii anche maestri dello scrivere italiano, dell’impresa di Gero
lamo condivide forse i pregi, 1 certo il principale difetto, ossia, per non
restare nel vago, quella sorta d’immunità che - propriamente o impro
priamente —le deriva dal/essere stata avallata come «tipica» (al di là, si
può presumere, delle intenzioni dei traduttori)^1 e punto di riferimento
obbligato sia per la liturgia sia per pressoché ogni altra iniziativa edito
riale. Sembra innegabile, infatti, che tale Bibbia sia diventata nei fatti non
un punto di partenza, ma un traguardo - esattamente quel che paventava
un critico della prima o ra /53
Per quel che concerne più direttamente il valore della traduzione, può
essere utile ricordare quanto scriveva O. da Spinetoli: «Il suo valore è
senz’altro indiscusso, poiché non può non aver tenuto conto154 dei sussidi
di cui dispone la ricerca biblica odierna. Si tratta di una traduzione allo
stato attuale delle conoscenze linguistiche e filologiche la piu fedele possi
bile, criticamente sicura, letterariamente scorrevole, rispondente allo sco
po per cui è stata preparata».155 A questo atto di fede han fatto da con
trappunto, in generale, critiche piu o meno puntuali - rilievi sono sfati
mossi, da versanti diversi, da A. B on ora/’6 T. Lorenzm157 e B. Prete130 —e
149. Tenendo conto dei testi originali, «dei LXX, della Volgata e della Neo-Volgata e di quanto4
nell’esegesi cristiana dei secoli precedenti, potesse costituire un’indicazione impegnativa o utile
per il traduttore» (voi. aggiuntivo, p. 12).
150. C. Bozzetti, La Bibbia e ìe sue trasformazioni3 io i s.
151. Cfr. C. Buzzetti, La Bibbia e le sue trasformazioni, 100: «Confrontata con le altre Bibbie re
centi, essa mostra di possedere nel testo i maggiori pregi caratteristici della nostra epoca». A giu
dicare da un riscontro sui passi più difficili, discussi nei volumi della Critique lextuelìe de VAncien
Testament di D, Barthélemy, risulta, ad es., piuttosto evidente come la Bibbia c ei rifletta non di
rado anche i pregi e le scelte di un’altra notissima traduzione, La Sainte Bibte traduite en fran$ais
sous la direction de LEcoU hibhque de jérusatem, meglio conosciuta come Brble de jérusahm {a
puro titolo esemplificativo, si cfr. Am. 2,2; 3,5; 3,11; 3,12.).
152. Come rileva O. da Spinetoli in Idem - A. Sonora D. Bondioli, La Bibbia delta CEI. Alcune
impressioni: Rivista di Pastorale Liturgica io (1972) 331-335: 331.
153. B, Corsani, nella recensione apparsa in Studi Francescani 69 (1972) 361-364: 363.
154. Corsivo di chi scrive.
155. In Idem - A. Bonora -D. Bondioli, La Bibbia della CEI3 3 3 1
156. In O. da Spinetoli - A. Bonora - D. Bondioli, La Bibbia della CEJ, 333 s. L’autore nota subi
to, e piuttosto impietosamente, che «una ragione di sostanziale validità» è data dal fatto che la
B'bbia cei «segue, come testo base, la buona versione dt Rossano, Penna e Galbiati...».
La Bibbia in Lingua italiana 509
166. Per PAntico Testamento direttori del lavoro furono C. Buzzerti, J.-C. Margot; coordinatori:
R. Bertalot, M. Cimosa eM. Gatizzi; per il Nuovo Testamento: direttore J. deWaard; coordina
tore: R. Berialot.
167. C. Bozzetti, L a B ib b ia e le su e tr a s fo r m a z io n i , 108.
168. Il riferimento d’obbligo essendo, ancora una volta, la C r it iq u e textu efle d e l B a rth é ìe m y .
1 6 9 . Qualche riferimento punruale nella recensione di V. Scippa, Asprenas 31 (1985) 433_435-
170. E che non si tratti di un problema del tutto immaginario sembrerebbe dimostrato, in certo
La Bibbia in lingua italiana 511
modo, dal forte richiamo alla funzione della Scrittura nel ministero sacerdotale, espresso dal piu
recente documento della Pontificia Commissione Biblica: U ìnterprétation de la tìihle dans VEgli-
sc> (cesto in Biblica 74 [1991] 451-528; cfr. in specie iv C.3; «Dans le ministère pasiorale», pp.
521 s.) —documento che, in una valutazione quanto mai articolata del metodi e approcci Inter
pretativi, continua a porre al primo posto il metodo «storico-critico» (cfr. pp. 454 460).
171. Senza neppure —verrebbe da aggiungere —il conforto di quel mimmo di arte oratoria che
ancora in anni non troppu lontani era dato riscontrare anche tra i più umili «servitori della Paro
la» (forse si potrebbe estendere anche all’oratoria la serie di consigli che un'autorità come L. Ei
naudi ritenne d’impartire in merito all'economia e alla finanza: Un libro per seminaristi e studen
ti* 111 Prediche inutili^ Torino 1962, 375-384).
171. M. Cimosa, Alcune traduzioni recenti, 820 (il riferimento è a quelle che l'autore chiama Bib-
bie-monumenti, ossia le traduzioni letterali, e Bibbia messaggio, quella «in lingua corrente»).
173. Cfr., dello stesso, La Bibbia e la sua traduzione, 18 1 ss.
5 IZ Versioni dell'Antico e del Nuovo Testamento
7 Sommario
9 Presentazione dell’opera
ir Premessa al volume primo
13 Abbreviazioni e sigle
Parte prima
GEOGRAFIA E ARCHEOLOGIA
BIBLICHE
Joaquin Gonzàìez Eckegaray
C a p ito lo 1
17 La geografia biblica
17 1. Geografia fìsica
tS x. Il bacino del Giordano
19 2, La regione cisgiordana
2.0 3« La regione transgiordana
21 4. Clima e vegetazione
11. Geologia
2-4 ni. Geografia politica attuale
2-5 iv. Geografia storica biblica
26 1. Antico Testamento
26 a) I p a tria rch i
28 b) L’esodo
30 c) La conquista
32. d) La Palestina all’epoca dei giudici
34 e) La monarchia
40 f) Il ritorno daLl'esilio
42 2. N uovo Testamento
4* (?) Divisioni amministrative della Palestina
43 b) Geografia dei vangeli
46 c) Geografia degli Atti degli Apostoli
48 3. Topografìa di Gerusalemme
48 a) Descrizione
50 b) La città antica dalle origini
fino al v i i secolo a.C.
51 c) T ra il v ii e il 1 secolo a.C.
5Z d) L ’ età erodiana
55 e?) Dalla prima rivolta giudaica
5^ v. Viaggiatori ed esploratori
5 r4 Indice dei volume
Parte seconda
S T O R IA E IS T I T U Z I O N I D E L P O P O L O B I B L I C O
Jesus Asurmendi e Fiorentino Garcia Martinez
10 3 In tro d u zio n e
10 3 1. Fonti
10^ 2. Metodologia
10 7 3 . Bibliografia generale
D a lle origin i ad A lessan d ro M ag n o
(Jesus Asurmendi)
C a p ito lo in
10 9 L ’epoca premonarchica
10 9 1. I cicli patriarcali
n o n. Egitto ed esodo
n o 1. Nascita e nome dì Mosè
Indice del volume 515
in 2. M osè e M adian
112 3. L ’esodo
113 4. Il monte di Dio
113 5. M osè e il decalogo
114 6. Il Dio di M osè e il Dio dei padri
114 7. Qadesh e le steppe di M oab
115 in. Il contesto socio-politico limitrofo:
i cananei
116 tv. L ’insediamento in Canaan
116 1. Le tribù del centro
117 2. Le tribù del sud
117 3. Le tribù del nord
11S 4. Le tribù transgiordane
11S v. Dallo stanziamento in Canaan alla monarchia
119 vi. La religione nell’epoca premonarchica
1151 1 . Introduzione
121 2. L ’epoca dei patriarchi
122 3. Egitto, M osè e l’ingresso in Canaan
123 v ii. Storia della ricerca
124 viti. Bibliografia
124 1 . 1 cicli patriarcali
124 2. Esodo e M osè
124 3. L'insediamento in Canaan
e il periodo cosiddetto dei «giudici»
US 4. Bibbia e archeologia
!25 5. La religione d’Israele
C a p ito lo iv
126 L a monarchia
126 1. Nascita della monarchia
126 1 . 1 vicini d’Israele
128 2 . 1 primi tentativi
129 3. Saul (ca. 1 0 2 5 - 1 0 1 0 )
130 4. Davide ( 1 0 1 0 - ca. 970)
130 a) Davide e Saul
132 b) La guerra contro i filistei
I32 c) La conquista di Gerusalemme
(2 Sam . 5 ,5 - 1 2 )
x 33 d) Politica internazionale
!33 e) Organizzazione dello stato
134 f) La crisi della successione
135 5. Salomone (9 7 2 -9 3 3)
135 a) Sapienza di Salomone
135 b) Amministrazione (1 Re 4)
136 c) Costruzioni e lavoro forzato
137 d) Commercio
138 e) Luci e ombre del regno di Salomone
135 6. Problemi aperti
13 5 a) La conquista di Gerusalemme
5 i6 Indice dei volume
140 b) R i v o l t a d i A s s a l o n n e
e ru olo di I■febron e G iuda
140 c ) L e stalle di S alo m o n e a M eg id d o
141 7 . Storia della ricerca
141 8. Bibliografia
142 n . I due regni fino al 7 2 2
142 1. L a situ azione alla m o rte di S alo m o n e
14 2, 2 . L a ro ttu ra n o n i/s u d
144 3 . Il r e g n o d ’ I s r a e le
144 a) Fin o a O m ri
144 b) La d in astìa di O m ri
146 c ) lehu e i suoi discendenti
148 d ) Il regno di G e ro b o a m o 11 ( 7 8 7 - 7 4 7 )
14 9 e) S t o r i a d e lla r ic e r c a
149 4 . G iu d a: da R o b o a m o a O zia
15^ 5 . R e s ta u r a z io n e d e l p o te r e a s s ir o .
Fine d’Israele e vassallaggio di G iuda
152 a) R estau razio n e del p o te re assiro
15* b) Fine d ’Israele e vassallaggio di G iuda
1 53 6. Problem i ap erti
*54 7 . B ib lio g r a fia
C a p ito lo v
C a p i t o l o v ili
221 R esta u ra z io n e n azion ale
ed espan sione asm o n ea
( 1 6 7 - 6 3 a .C .)
223 I. L a riv o lta m a cca b a ica
225 II. G io n ata ( 1 6 1 - 1 4 3 / 1 4 2 )
e Sim one ( 1 4 3 / 1 4 2 - 1 3 5 / 1 3 4 )
228 ih . Il regn o degli A sm onei ( 1 3 5 / 1 3 4 - 6 3 )
C a p i t o l o ix
237 L a P alestin a so tto la d om in azion e ro m a n a
( 6 3 - 4 a .C .)
23 7 1. D a P om p eo a E ro d e ( 6 3 - 3 7 a -C .)
240 11. Il regn o di E ro d e il G ran d e ( 3 7 - 4 a .C .)
244 in . L a Palestin a nel I seco lo a .C .
248 rv. Problem i aperti
250 v. Bibliografia
Capitolo x
251 D a E ro d e il G rande alla g u erra c o n tro R o m a
(4 a .C . - 6 6 d .C .)
2-51 1. L a su ccessione di E ro d e
n . il p rim o p erio d o dell’am m in istrazio n e ro m a n a
258 m . Il reg n o di A grip p a 1 ( 4 1 - 4 4 )
260 iv . Il seco n d o p erio d o dell’am m im strazio n e ro m a n a
Indice del volume 519
C a p ito lo xi
267 Le guerre contro Rom a
( 6 6 -13 5 d.C.)
267 t. La prima guerra giudaica (66 -74 d.C.)
272 U. 0 giudaismo dopo la distruzione del tempio
175 m . Le guerre sotto Traiano ( 1 1 5 - 1 1 7 d.C.)
276 iv. La rivolta di Bar Kochba ( 1 3 2 - 1 3 5 d.C.)
280 v. Problemi aperti
283 vr. Bibliografia
C a p ito lo x n
284 Il contesto religioso del N uovo Testamento
285 l. Il contesto giudaico
285 1. 11 giudaismo palestinese
prima della distruzione del tempio
285 a) Pluralismo
289 b) Credenze
293 c) Pratiche religiose
297 z. 11 giudaismo palestinese
dopo la distruzione del tempio
297 a) La legge orale
297 b) I r a b b i
298 c) La sinagoga
298 d) Il bet din
299 e) 11 bet midrash
2‘99 3. Il giudaismo della diaspora
299 a) Organizzazione e stato giuridico
3°° b) Libertà religiosa e privilegi
301 c) Ellenizzazione, apologetica
e proselitismo
301 d) Rapporti con il giudaismo palestinese
30 2 4. I samaritani
30 2 il. Il contesto pagano
303 1. Radici della religiosità tardo-ellenistica
304 2. Religiosità popolare
304 a) Divinità salvifiche e taumaturghi
305 b) M agia
305 c) Astrologia
305 d) Divinazione
306 3, Il culto imperiale
306 4, Religioni misteriche
30 7 a) Misteri eleusini
307 b) Misteri dionisiaci
308 c) Misteri orfici
308 d) Misteri di Cibele
308 e) Misteri di Iside e Serapide
520 Indice del volume
Parte terza
BIBBIA E LETTERATURA
Luis Alonso Schokel, Jesus Asurmendi
Fiorentino Garcia Martinez, José Manuel Sdnchez Caro
C a p ito lo x iii
3I 5 La Bibbia come letteratura
3^5 1. Dimensione letteraria della Bibbia
(Luis Alonso Schokel)
31 ^ 1 . L ’Antico Testamento
316 a ) Stilemi, principalmente nella poesia
318 b) Corpi letterari
3*1 c) L ’opera singola
3 X4 d) Il problema ermeneutico
32-5 z. Il N uovo Testamento
326 3 . Bibliografia r
327 11. Il contesto letterario
dell’Antico Testamento
(Jesus Asurmendi) -
328 1. Egitto ,
330 2. Mesopotamia
33* 3. Ugarit
333 4. Altri testi
334 5. Bibliografìa
334 in . Il contesto letterario
del N uovo Testamento
(Fiorentino Garcia Martinez)
335 1. La letteratura apocrifa
335 a) Apocrifi composti in ebraico o in aramaico
338 b) Apocrifi di lingua originale incerta
339 c) Apocrifi redatti in greco
340 2. La letteratura qumranica
34° a) Regole
34i b) Interpretazione biblica
342 c) Testi poetici e liturgici
34* 3. La letteratura targumica
343 4. La letteratura rabbinica
343 a) Midrashim
344 b ) Mishna
345 c) Tosefta
345 d ) Talmud
346 5. Traduzioni greche della Bibbia
346 6. Storiografi, poeti, filosofi
346 a) Storiografi
347 b) Poeti
347 c) Filosofi
Indice del volume 521
34 8 7- Flavio Giuseppe
349 8. Filone di Alessandria
35° 9. Bibliografia
35i iv. Generi letterari nella Bibbia
(]osé Manuel Sànchez Caro )
35z 1 . Teoria dei generi letterari
35 3 2. 1 generi letterari nella Bibbia
353 a) Descrizione
354 b) Caratteristiche
35 5 c) Terminologia e criteri di classificazione
35 5 3. I generi letterari nell’Antico Testamento
356 a) Legge (Torà)
357 b) Profeti
358 c) Scritti
359 4. Le forme letterarie piu semplici
dell’Antico Testamento
360 a) Narrazione
362 b) La letteratura profetica
362 c) Cantici
3^3 d) Le letteratura sapienziale
364 5. Formule stereotipate
364 6. I generi letterari nel N uovo Testamento
365 a) Vangelo
3^5 b) Atti
3 66 c) Lettere
367 d) Apocalisse
367 7. Forme letterarie più semplici nel N uovo Testamento
367 a) N ei vangeli
3 é8 b) Nelle lettere
369 8. Formule
369 9. Bibliografìa
Parte quarta
IL TESTO D E L L A B IB B IA
Julio Trebolle Barrerà e Bruno Chiesa
C a p ito lo x iv
376 Lingue e scritture bibliche
37 6 I. Le lingue della Bibbia
376 1 . L ’ebraico
38O 2. L ’aramaico
38l 3. Il greco
38 3 4. Bibliografia
38 3 II. L a scrittura nell’ Oriente antico e nella Bibbia
384 1. Le iscrizioni
38 4 a) Iscrizioni ebraiche
38 5 b ) Iscrizioni moabitiche, ammonite
e aramaiche
38 5 2. La scrittura nell’Oriente antico e in Grecia
385 a) Mesopotamia
522 In d ic e d e l v o lu m e
385 b) Egitto
386 c) Siria e Palestina
388 d) Grecia
389 3 . M a te r ia l i s c r itto r i
389 a) Pietra
389 b) M etallo
390 c) Argilla
390 d) Ostraca
390 e) Papiro
391 f) P e rg a m e n a
391 4. Il rotolo e il codice nell’ antichità
39i 5. B ib lio g ra fia
C a p ito lo x v
394 Testo e critica testuale dell’Antico Testamento
394 1. Il testo ebraico e aramaico
dell’Antico Testamento
394 1. Edizioni moderne (xx secolo)
395 2. Prime edizioni a stampa (xv-xv n secolo)
39<S 3 . 1 masoreti e la tradizione manoscritta
dal x ix secolo
396 a) La masora
397 b) F is s a z io n e d el te s to v o c a l i c o
399 4. Il testo consonantico ( 7 0 - 1 5 0 d.C.)
401 5. Pluralismo testuale ebraico
(300 a.C. - 70 d.C.)
402 a) I manoscritti del M ar M orto
40 3 b) I testi locali
404 6. Dalla trasmissione del testo
all’edizione e redazione dei libri biblici
407 7. Il Pentateuco samaritano
408 H. La versione greca dei L X X
4x0 1 . Edizioni moderne (xix e x x secolo)
410 2. Prime edizioni a stampa (xvi e XVII secolo)
I ' f ■
410 te s ti m a n o s c r itti
411 4 . T e o r i e su lla s t o r i a del te s to
e suirorigine della versione dei L X X
412 5. Le recensioni dei L X X
41 3 a) Origene 1
414 b) Esichio
4 15 c) Luciano
4tó 6. Precedenti revisioni dei L X X
416 a) Simmaco
4r7 b) Aquila e i suoi predecessori
4 18 c) Teodozione e la recensione
post-teodozioniana
4T9 7. La versione originale dei L X X
419 a) Caratteristiche della traduzione
421 b) L ’originale ebraico dei L X X
421 c) La versione dei L X X come opera di esegesi
Indice del volume 5 Z3
Capitolo xvi
437 Testo e critica testuale del N u o v o Testamento
437 I. Il testo greco del N u o v o Testamento
437 1. Situazione e problematica
438 z. Il testo a stampa del N u o v o Testamento:
textus receptus
440 3. Edizioni critiche moderne
441 4. L ’indagine m o d e r n a sul testo del N u o v o Testamento.
Teorie e metodi
445 5 . 1 manoscritti del N u o v o Testamento
445 a) Papiri
447 b) Manoscritti in caratteri onciali
448 c) Manoscritti in caratteri minuscoli
449 d)Lezionari
449 6. Versioni del N u o v o Testamento
450 7. Citazioni patristiche
451 8. Classificazione dei differenti testimoni
secondo il tipo di testo riprodotto
45 2 5?. Natura dei diversi tipi di testo
453 11. La critica testuale del N u o v o Testamento
454 1. Errori nella trasmissione testuale
del N u o v o Testamento
454 a) Modifiche accidentali
455 b) Modifiche intenzionali
4 56 z. Criteri e metodi
per la scelta della lezione corretta
457 a) Critica esterna
458 b) Critica interna
5*4 (ridice del volume
459 c ) Eclettismo
461 d) Bibliografia
462 3. Esempi di critica del testo
C a p ito lo x v i i
464 Versioni dell’Antico e del N uovo Testamento
464 t. Le versioni antiche
464 1 . Versioni latine
464 a) La Vetus Latina
466 b ) La Vulgata
467 c) Valore della Vulgata
468 d) Storia successiva della Vulgata
4 69 e) Bibliografia
469 2. Versioni siriache
4Ò9 a) Vetus Syra
47i b) Pesh itta
47* c) La versionefilosseniana
47* d) La versionesiro-palestinese
47* e) La versionesiro-esaplare delPAntico Testamento
473 f) La versioneharcleense
473 g) La versione di Giacomo di Edessa
473 3. Altre versioni antiche
473 a) Versioni copte
474 b) L a versione gotica
475 c) La versione armena
475 d) La versione georgiana
476 e) La versione etiopica
476 f) Versioni arabe
476 g) La versione slava
477 li. Versioni medievali e moderne
478 in. La Bibbia in lingua italiana
(.Bruno Chiesa)
478 1. Dalle origini alla stampa
481 2. D all ’editio princeps al concilio di irenro
491 3. Dal concilio di Trento
alla traduzione di Antonio Martini
499 4. Dal Martini ai giorni nostri
PER CONTO D ELLA PA ID EIA ED ITRICE
COM POSTO DA A. FUSI & C. (NUVOLENTO)
E STAM PATO DA ITALG R AF (CELLATICA)
BRESCIA, M ARZO 1994
Il volume primo d eli' Iniroduzione allo studio delia Bibbia
fornisce tutti gli elementi storici e letterari
indispensabili per un primo approccio agli scritti che compongono
opere tanto eterogenee e distanti (per tempi e culture),
quali sono la Bibbia ebraica e il Nuovo Testamento.
A due parti storiche - dedicate la prima alla geografia e all'archeologia
palestinesi fino all'età ellenistica, la seconda alla storia
e alle istituzioni dell'Israele biblico e della Palestina giudaica
- tanno seguito due parti letterarie e filologiche.
Di queste, l'una ha per oggetto la Bibbia come fatto letterario,
l'altra il testo biblico: quello ebraico dell'Antico Testamento
e quello greco del Nuovo Testamento
(con le loro numerose versioni antiche).
L'opera si conclude con un lungo capitolo sulle traduzioni
della Bibbia in lingua italiana dal XIV secolo ai giorni nostri, steso
appositamente per questa edizione.
Per la sua forma sempre piana ed efficace,
questa nuova Iniroduzione allo studio della Bibbia si propone
non solo come manuale per le facoltà teologiche
e ogni altro istituto di livello universitario,
ma anche come opera di consultazione per chiunque desideri
un'informazione di base aggiornata sui problemi cui si trova di fronte
lo studio della Bibbia.