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AnaIecta
48
Gerusalemme 6/1/2000
Epifania del Signore
SIGLE E ABBREVIAZIONI
Tale incertezza si riscontra in molti autori che hanno trattato espressamente del
problema: cfr Hengel, "Hymns and Christology", 88-89; Martin, "Hymns in the New
Testament", 38-39.
2 Su questo punto cfr la buona sintesi di Martin, "Hymns, Hymn Fragments, Songs",
419-423.
Il problema stato affrontato da Hengel, "Hymns and Christology", 88-93, dove si
chiede: "H ere we come up against the problem which really concerns uso Is it possible to
pursue the origin of the Christ hymn behind the letters of Paul into the obscure peri od
between AD 30 and AD 50, where the real decisive christological development took pIa-
ce?" (p. 89; cfr anche p. 78); Martin, "Hymns in the New Testament", 34-41; Bradshaw,
The Search oj Christian Worship, 42-45.
4 Martin, "Hymns, Hymn Fragments, Songs", 421-423.
Fruhchristliche Hymnen; su quest'opera cfr il giudizio molto pesante di Hengel,
"Hymns and Christology", 189: "The investigation by G. Schille is a deterrent example
of an early Christian 'panhymnology"'.
6 Gotteshymnus und Christushymnus in der jruhen Christenheit. Untersuchungen zu
Form, Sprache und Stil der jruhchristlichen Hymnen. Ottimo lavoro, che mette bene in
evidenza il genere letterario di ciascun inno e il loro ambiente vitale. Forse insiste trop-
po nella distinzione tra "inni a Cristo" e "inni a Dio". A causa di tale rigida distinzione,
per esempio, Ef 1,3-14 non rientra tra gli "inni cristologici".
7 The New Testament Christological Hymns. Their Historical Religious Background,
2 Introduzione
che a mio parere insiste troppo sullo sfondo gnostico degli inni.
8 Christologische Formeln und Lieder des Urchristentums.
Carmen Christi: Philippians 2:5-11 in Recent Interpretation and in the Setting 01
Early Christian Worship. Ottimo studio che, oltre a fornire una precisa analisi della
forma e del contenuto di Fil 2,5-11, mette bene in luce molti aspetti del culto cristiano
della Chiesa primitiva.
IO "Hymns and Christology", 78-96; 188-190.
Il "Hellenistische Gattungen im Neuen Testament", 1149-1169, che insiste troppo
sulla comparazione con i modelli innici del mondo ellenistico-romano.
12 Per la bibliografia cfr l'esposizione dei singoli inni.
13 Oltre ai commentari, cfr G. Delling, UflVO, 522-531; Hengel, Studies, 227-291.
14 Certamente sorge il problema di sapere se la Lettera ai Colossesi e la Lettera agi i
Efesini siano paoline o deutero-paoline. La questione, a mio parere, non si pu risolvere
in maniera apodittica e tutti gli argomenti che si possono addurre sono tutti ipotetici e
spesso di scarso valore argomentativo. Personalmente le ritengo autentiche (cfr Busce-
mi, Paolo, 244-256); invece, per portare un esempio, Fabris, La tradizione paolina, 97-
205, le ritiene pseudepigrafe (cfr comunque la mia recensione a quest'opera in Alltoll
72/2 (1997) 317-319).
15 Ef 5,14 e !Tim 3,16, pi che inni, sono frammenti di inni c in quanto tali non saran-
no presi qui in considerazione. Ef 2,14-18 molto discusso come "inno": alcuni non lo
ritengono tale, altri restringono la fonna innica solo ad Ef 2,14-16. Ef 1,3-14 vIene
considerato da molti, pi che un "inno a Cristo", una "eulogia a Dio Padre".
Aspetti degli inni del NT 3
16 Cfr Schlier, 0311, 441-444; Delling, U)1VO, 509-512; Hengel, "Hymns and
Christology"', 78-79; Balz, IJIcx)10, 495-496.
17 Cfr Barbaglio, La Prima lettera ai Corinzi, 733-736; Hengel, Studies, 267-270.
18 Da un punto di vista sintattico, in Ef 3,19 i tre tennini IJICX)10I lCcx u)1VOt lCcx 03cxl
7rVEU)1CXnlCCXl possono essere uniti ai participi precedenti: laO'lCOV1:E lCcx vOU9nO\lV1:E,
come fa per esempio la Volgata: " ... in omni sapientia docentes et commonentes vosme-
tipsos psalmis, hymnis, canti cis spiritualibus, in grati a cantantes in cordibus vestris
Deo". Il canto, pertanto, avrebbe una funzione catecheti ca e parenetica (cfr in questo
senso anche Schlier, 03r\, 443-44; Deichgriiber, Gotteshymnlls lInd Christushymnlls,
188-196; Hengel, "Hymns and Christology", 94-95; Penna, Efesini, 223; Lincoln,
4 Introduzione
gia23 , ci fa rivivere il clima della liturgia della Chiesa del I sec., modellata
su quella della comunit primitiva, quando scrive: "E nel giorno detto
del sole", dopo aver ascoltato le memorie degli apostoli e le scritture dei
profeti e celebrata l'Eucaristia, "colui che presiede innalza preghiere e
ringraziamenti e il popolo acclama pronunciando l'Amen". E ancor
pi significativo Tertulliano: "Ci riuniamo per leggere le Scritture Sa-
cre ... e dare nutrimento alla fede con i nostri canti sacri: ci solleviamo a
viva speranza, rafforziamo la costanza, la fiducia e, con tali pratiche con-
tinue, rinsaldiamo tutta la nostra condotta di vita"24.
3) All 'origine degli inni: una comunit orante
Tali testimonianze bibliche ed extrabibliche, ci riportano tutte ad una
comunit vivente, che trova il suo centro vitale ed esistenziale nella litur-
gia. L'ambiente in cui sono sorti gli inni la liturgia, o me~li~ ancora la
comunit che si raduna per ascoltare la Parola e le meravlghe della sal-
vezza operata da Dio in Ges Cristo Signore e, mos~i dallo Sp~to, pro-
clamare nel canto la propria risposta di fede che cOInvolge la vlta. Non
poteva essere differentemente, perch la comunit liturgico-primitiva
in continuit storica con le assemblee liturgiche giudaiche e da esse ha
ereditato lo schema essenziale della liturgia: celebrazione della Parola:
lettura della Scrittura e omelia, celebrazione delle meraviglie operate da
Dio nel canto dei salmi e di altre composizioni liturgico-poetiche25 . Echi
di tali usi liturgici cristiani si hanno in Lc 4,14-30; At 13,15-43 e altri te-
sti della missione paolina. Ma la liturgia cristiana si differenzia essenzial-
mente da quella giudaica, perch sempre celebrazione della Pasqua,
memoria di ci che Dio ha fatto in Ges per il popolo della nuova al-
leanza, memoria dei gesti salvifici di Ges nell 'ultima cena, gesti che
preannunciavano la sua morte e resurrezione in riscatto per moltj26. E in
quell' occasione Ges aveva cantato con loro gli inni dell 'Haggada Pa-
squale, che in lui divenivano il canto della nuova Pasqua.
23 Apologia I, 67,3-7.
24 Apologeticum, 39,3, anche se il testo parla di "sacris voci bus", che alcuni traducono
con "canti sacri" e altri con "parole sacre" (cfr anche Apologeticum, 39/19).
25 Certamente non ci riferiamo ai cosiddetti piyyut, inni religiosi delle Ve VI sec. d.
C., ma all'ambiente del I sec., che conosce gi gli Hodayoth di Qumran e altri canti
religiosi (cfr Hengel, "Hymns and Christology", 89-91; Hengel, Studies, 239-262;
Charlesworth, "A Prolegomenon", 265-285, che offre una lunga serie di "inni", anche se
molti di essi, rispetto ai nostri inni, sono certamente assai tardivi).
26 Hengel, "Hymns and Christology", 89-91; Martin, "Hymns in the New Testament",
34-37.
6 Introduzione
32 Con il teonine didach si intende non solo la nonnale predicazione degli apostoli,
ma soprattutto la catechesi noonativa che illustrava il kerygma e lo adattava alla vita.
Era, pertanto, un insegnamento che foonava ed educava la comunit. Ciascun membro
della Chiesa trovava in esso il nutrimento e lo stimolo per crescere sempre pi nella
fedelt alla Parola e nella propria testimonianza a Cristo nella forza dello Spirito. La
fedelt a tale insegnamento detenninava un rapporto speciale tra gli apostoli e i membri
della comunit e una coesione di pensare e di sentire nella comunit. In ogni caso, la
comunit viene caratterizzata da Luca come una comunit convocata dalla Parola, a tal
punto che il confronto abituale con essa diviene un tratto indispensabile della vita co-
munitaria: al primo annuncio (kerygma) deve fare seguito la perseveranza all'insegna-
mento (didach) degli apostoli, in modo da divenire a sua volta testimoni e trasmettitori
della stessa Parola di salvezza.
33 Il teonine koinonia, in base al contesto e ai sommari di 4,32-35 e 5,12-16, si rife-
risce alla comunione dei beni e non tanto alla semplice "comunanza di vita tra i
cristiani" (come sostiene Hauck, lCOtvffiVta., 724). Anche se i I quadro tracciato da Luca i n
questi sommari alquanto idealizzato, la comunit degli inizi nel suo fervore e anche per
il suo forte orientamento escatologico ha vissuto realmente un atteggiamento di condi-
visione dei beni, che non ha nulla a che fare con l'idea romantico-idealistica del "comu-
nismo" dei nostri tempi. Non partiva dall'idea di uguaglianza tra gli uomini, ma piut-
tosto era una conseguenza dell'amore reciproco, dell'''essere un cuor solo e un'anima
sola"; non intendeva risolvere un problema socio-economico quanto un problema di
identit cristiana, in cui tutti i membri sono partecipi di un unico corpo, quello del
Cristo, la Chiesa, che nella condivisione dei beni coniugava unit e amore fraterno.
34 L'espressione spezzare il pane stata intesa o in senso tecnico-cultuale come la cele-
brazione dell'eucaristia o in senso comunitario di una riunione conviviale tra i membri
della comunit primitiva; in quest'ultimo caso sarebbe quasi una precisazione del tenni-
ne koinonia. lo credo che non il caso di distinguere molto e quindi lo spezzare il pane
pu indicare !'insieme dell'agape fraterna, che prevedeva un pasto in comune e anche la
celebrazione della Cena eucaristica (cfr ICor Il, 17 -34). Ci non contrasta neppure con
At 2,46, in quanto lo spezzare il pane in ciascuna casa pu essere inteso nello stesso
senso, perch gi Paolo parlava in Rom 16,5; I Cor 16,19; Fm 2; Col 4,15 di diverse
"comunit domestiche" e la Chiesa di Gerusalemme doveva essere composta sicuramente
di tante di queste piccole "comunit domestiche" che spezzavano il pane.
35 Stando ad At 2,46 i membri della comunit primitiva di Gerusalemme "erano assidui
nel frequentare ogni giorno tutti insieme il tempio". La maggioranza di tali membri
erano di origine giudaica e quindi nulla di particolare che essi continuassero a frequentare
da buoni giudei il tempio. Cos, per esempio, Giovanni e Pietro all'ora nona "salivano
al tempio per la preghiera" (At 3, l). Ma ci non impediva loro di avere anche delle riu-
nioni di preghiere comuni all'interno delle comunit domestiche, come attestano At
1,14.24-25; 4,24-30; 12,12; 16,5.40; 20,20. Ci era dovuto a motivi pratici, ma si
noti che non era l'ambiente che creava la comunit, ma al contrario era la comunit che
si creava il suo ambiente di culto secondo i suoi bisogni concreti. Infine, bisogna
osservare che tutta l'opera lucana pervasa da questo spirito di preghiera, tanto che Luca
8 Introduzione
definito "l'evangelista della preghiera": ci significa che per Luca presentare la Chiesa
come assidua nella preghiera era una necessit, in quanto corrispondeva alla sua visione
teologica particolare. La preghiera, per lui, un tratto specifico della comunit cristia-
na, che continua in s la grande tradizione giudaica.
36 Comunque At 16,25 fa parte della descrizione della missione paolina nel mondo elle-
nistico-romano e quindi potrebbe riflettere un atteggiamento estraneo alla "comunit
giudeo-cristiana" di Gerusalemme e pi confonne a quello della "comunit ellenistica" di
Antiochia. In ogni caso, credo che la comunit gerosolimitana abbia sviluppato an-
ch' essa degli inni, anche se a carattere pi messianico e sul modello dei salmi veterote-
stamentario-messianici (cfr anche Hengel, "Hymns and Christology", 90-93).
Aspetti degli inni del NT 9
ca, letta nella fonna conferitagli dalla LXX; 2) perch, seguendo tale
tradizione sapienziale, la comunit di Antiochia rilegge i titoli cristologi-
ci della comunit primitiva gerosolimitana: Cristo, Signore, Figlio di Dio,
con schemi nuovi adatti all'ambiente fortemente ellenizzato di Antio-
chia e delle comunit della missione ai gentili 42 Tali motivi, a mio pare-
re, spiegano da una parte la continuit della tradizione su Ges, quale
Messia, Signore e Figlio di Dio, dall'altra anche l'introduzione di nuovi
titoli attribuiti a Cristo, che in qualche modo approfondiscono quelli an-
tichi. Ora, a mio parere, tutto ci non poteva avvenire a Gerusalemme,
dove si erano arroccati in un "tradizionalismo" che non pennetteva
molti cambiamenti, come fanno fede At 11,1-18: Pietro deve difendersi
della "novit" di aver imposto le mani sui gentili; 15,1.5: i giudeocristi-
ni provenienti dal fariseismo pretendono che tutto si svolga "secondo la
legge di Mos"; 21,17-25: Giacomo estremamente orgoglioso che
"migliaia di giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attac-
cati alla legge", per questo esorta Paolo a mostrarsi "zelante della leg-
ge" dinanzi ad essi. Ad Antiochia si respira una diversa impostazione
comunitaria: guidata dai profeti, la comunit apre le porte ai pagani di-
venendo una comunit mista (cfr Gal 2,1l-14a), prega nello Spirito e da
esso riceve il comando di estendere la missione a tutto il mondo elleni-
stico attraverso l'azione di Paolo e Barnaba. Ora, stando a Gal 2,7-9, i
criteri della missione di Paolo non erano certamente quelli di Pietro e
dei "notabili" di Gerusalemme. Ci significava che nelle zone di influs-
so paolino, pur predicando lo stesso kerygma di base, si aveva uno sche-
ma diverso di predicazione e di costituzione delle comunit43 Per que-
sto, l'invito di lCor 14,26, e quelli pi tardivi di Col 3,16 ed Ef 5,19, so-
no un dato storico fondamentale per comprendere l'urgenza di dotare
44 E ci vale non solo per gli "inni", ma anche per molte altre fonnule che, pur tro-
vandosi solo nell'epistolario paolino e deutero-paolino, vengono classificate come
"prepaoline", senza per dame alcuna prova. Spesso ci avviene perch alcune di queste
fonne pongono qualche problema non tanto al testo paolino in se stesso, ma all 'impo-
stazione logico-interpretati va dell'esegeta che tratta il testo. Cos accade che una stessa
fonnula viene considerata "paolina" da un esegeta e "prepaolina" da un altro e entrambi
si dichiarano sicuri della loro attribuzione. In ogni caso, per, l'elemento pi sacrificato
il testo e la sua collocazione storica.
45 Non so se Paolo fosse dotato di una "vena poetica", ci a mio parere poco
importante, in quanto gli inni della tradizione paolina non vanno giudicati da un punto
di vista strettamente poetico, ma dai contenuti che ci propongono. Inoltre, anche se si
trattasse di una "prosa ritmata", credo che Paolo, in quanto retore, sarebbe stato capace
di poter scrivere simili inni. Qualsiasi retore antico, infatti, cercava di dare al suo parlare
un certo ritmo (o cursus) che fosse gradevole agli orecchi dei suoi uditori. E una lettura -
che per lo pi veniva fatta a voce alta - non risultava gradita, se l'autore dello scritto non
gli avesse impresso un detenninato ritmo consono all'argomento.
Forma e jnzione degli inni della tradizione paolina 13
46 La divisione degli inni della tradizione paolina in stanze ben precise e uguali un
adattamento liturgico che ha poco riscontro nel testo originale.
47 Cfr Rigaux, Saint Paul et ses lettres, 184-186.
48 Hengel, "Hymns and Christology", 88. Tentativi pi o meno riusciti sono stati fatti
per ciascun inno, ma con scarsi risultati e spesso anche forzando il testo.
49 Rimando all'esposizione di ciascun inno.
14 Introduzione
50 Cfr per esempio Rigaux, Saint Pau/ et ses /ettres, 184-196; Martin, "Hymns, Hymn
Fragments, Songs", 420-421; Bailey - Vander Broek, Literary Forms , 76-82.
Forma e funzione degli inni della tradizione paolina 15
qui, che crea collegamenti tra le varie parti ed spesso determinante per
la caratterizzazione cristologica dell'inno.
r) Infine, non tutti gli inni hanno lo stesso genere letterario: Ef 1,3-
14 si presenta sotto la forma dell' eulogia a Dio Padre del Signore
nostro Ges Cristo; Fil 2,6-11 come una riflessione teologica sull 'umilt
di Cristo alla luce dello schema biblico dell 'abbassamento-glorificazio-
ne del Servo di Jahv; Col 1,15-20 ed Ef 2,14-18 hanno la forma del-
l'encomio a Cristo per la sua opera di salvezza51
2) Funzione ecclesiale degli inni
Data la collocazione attuale degli inni all'interno delle diverse lettere,
io credo che essi assumono una duplice funzione: una immediata e una
originaria. Quella immediata da determinarsi in base ai brani che
contengono gli inni. Cos, Ef 1,3-14, posta all'inizio della lettera agli
Efesini, dove normalmente Paolo pone o una dossologia o un ringrazia-
mento, assume la funzione di un'apertura solenne, consona al grande
impianto teologico di questa lettera; Fil 2,6-11 si aggancia all' esortazio-
ne di 2,5 e anche alla serie di esortazioni che si trovano in Fil 1,27-2,18,
quindi la sua funzione immediata parenetica; Col 1,15-20 ed Ef 2,14-
18 sono invece agganciate a delle argomentazioni dottrinali e quindi as-
sumono un carattere argomentativo all'interno delle pericopi che li con-
tengono. In base a tutto ci, la funzione di questi inni sembra piuttosto
di carattere didattico-esortativo.
Pi difficile determinare la funzione originaria dei quattro inni
della tradizione paolina52 molto probabile che essi siano stati compo-
sti in primo luogo nella liturgia per acclamare Cristo, quale Signore e
Salvatore della comunit. Precisare di pi entrare nel campo dell' opi-
nabile. Cos, c' chi fa riferimento alla liturgia battesimale o a quella eu-
caristica; oppure come forn1e espanse di homologhie che mettono in
evidenza il ruolo fondamentale di Cristo nella vita del cristiano. In ogni
caso, il carattere cristologico degli inni certamente fuori dubbio ed il
principale elemento di queste composizioni. Essi inneggiano a Cristo e
di lui presentano particolarmente il suo ruolo nella creazione e nella
redenzione, la sua preesistenza, incarnazione ed esaltazione, il suo ruolo
FIL 2,6-11
Egli che, pur essendo nella forma di Dio, non stim come un bene da
sfruttare a proprio vantaggio l'essere uguale/alla pari con Dio, ma svuot
se stesso prendendo la forma di schiavo, divenendo simile agli uomini; ri-
trovato anche nell 'aspetto esterno come un uomo, umili se stesso divenen-
do ubbidiente fino alla morte, la morte di croce. Perci anche Dio lo ha su-
peresaltato e gli ha conferito il nome che () sopra ogni nome, affinch nel
nome di Ges ogni ginocchio si pieghi dei celesti, dei terrestri e subterre-
stri, e ogni lingua professi: Signore () Ges Cristo, a gloria di Dio Padre.
Analisi letteraria
1) Contesto
Fil 2,6-111 uno dei testi del NT pi studiati e variamente interpretat02.
In esso, la cristologia raggiunge uno dei vertici dottrinali pi significativi e
celebra con tocchi ben rifiniti il cammino di abbassamento volontario di
Cristo e la sua esaltazione a Signore universale del cosmo. Fil 2,6-11 co-
munque, in base al suo contesto, si inserisce in una serie di esortazioni che
Paolo3 in Fil 1,27-2,18 rivolge ai fedeli di Filippi: a) 1,27-30: state saldi in
un solo spirito per la fede nel Vangelo; b) 2,1-4: concordi nell'unit dell'a-
Il presente studio riproduce con alcune leggere modifiche un mio precedente contributo:
"Umiliazione ed esaltazione di Cristo", L'ancora nell'unit di salute XII (1997) 123-143.
2 Per la bibliogratia su Fil 2,6-1 I cfr Kiisemann, "Kritische Analyse von Phil. 2,5-11 ", 51-
95; Feuillet, "L'Hymne christologique", 352-353); Heriban, Retto .ppoVEiv, 15-28.
3 Per l'attribuzione di Fil 2,6-1 I a Paolo o alla comunit cristiana prepaolina o a qualche
comunit giudeo-cristiana o gnostica cfr soprattutto Feuillet, "L 'hymne christologique",
481-507; Martin, Carmen Christi., 42-62; 315-319. Personalmente ritengo che sia paolino
sia dal punto di vista dello stile che da quello dottrinale (vedi Introduzione, pp. 5-10).
18 Capitolo I
a UU1:V EKVroO'EV
1l0P<!>1v ouou Uprov,
f.V 0llotrollUn cXvepro1trov yEvollEVO'
2) vv. 9-11: I stico (v. 9): presenta l'esaltazione di Cristo (v. 9a),
che si realizza nel conferimento del nome (v. 9b), un nome che al di sopra
di ogni altro nome (v. 9c); II stico (v. lO): composto da una frase finale,
che, attraverso diverse accentuazioni stilistiche (prolessi: v. IOa ed iperba-
to: v. IIc), descrive l'adorazione del nome di Ges (v. IOb); III stico (v.
Il): il versetto formato da una frase finale coordinata (v. Ila), che intro-
duce la confessione di fede del nome: Ges Cristo il Signore (v. Il b), e
tale confessione a gloria di Dio Padre (v. llc). I vv. 9-11 sono costruiti in
perfetta inclusione letteraria, determinata dall'uso del termine 9E6 all'ini-
zio e alla fine della suddivisione.
3) Le due parti sono costruite stilisticamente in maniera abile e
compatta: formalmente si trovano racchiuse in un'inclusione letteraria sta-
bilita attraverso il termine 9E6, che ricorre all'inizio e alla fine di tutta la
pericope (v. 6a Il 11c); contenutisticamente sono in antitesi: abbassamento
(vv. 6-8) - esaltazione (vv. 9-11); stilisticamente esse sono costruite, sia nel
loro insieme che all'intemo delle singole parti, secondo la figura retorica
del climax. Cos, nella I Parte si pu notare il progredire della kenosis del
Cristo: stato preesistente, incarnazione, obbedienza fino alla morte in
Croce; nella II Parte il progredire dell'esaltazione: esaltazione e dono del
nome, adorazione, proclamazione di fede: Signore Ges Cristo.
Analisi esegetica
v. 6: o v llOpcj>fj 9EO'U l>1t<XpXrov: il relativo greco o pu essere inter-
pretato, in base al contesto, in diversi modi: l) come un semplice relativo
("il quale"): si aggancia al nome che precede e ne offre una descrizione; 2)
come un relativo pregnante: cio include in s un pronome dimostrativo o
personale: "Egli che"; stabilisce, quindi, come una piccola cesura con ci
che precede e dona alla frase una certa enfasi; 3) come un dimostrativo:
"questi" e pi liberamente: "Egli"5. Anche se questa terza ipotesi snellisce
il testo, di fatto per stacca troppo l'inno dalla parenesi a cui intimamente
legato. Per questo credo che sia meglio adottare la seconda possibilit, in
quanto lascia intatto il valore del relativo, d pi enfasi all'affermazione
paolina e mantiene il collegamento stretto con la parenesi. In ogni caso. il
riferimento al Cristo Ges e ai suoi sentimenti: egli il modello unico del
cristiano.
'Ev I.lOpcj>fj 9Eou l)1ux.PXrov: "pur essendo nella forma di Dio". Nel greco
BDR,293,3bc.
22 Capitolo I
uguaglianza con Dio. Tale uguaglianza, per Ges Cristo, non fu n una ra-
pina n un vantaggio, ma anzi, stando al contesto, un'occasione in pi per
la sua decisione a nostro favore: l'incarnazione. In tal senso, stando alla
struttura di 2,6 (un'indipendente affermativa + due frasi dipendenti), la pre-
esistenza del Cristo non vista direttamente, ma in funzione del mistero
dell' incarnazione.
v. 7a-c: U amv ioKVroO'EV: "ma svuot se stesso". La frase conti-
nua con una congiunzione avversativa forte: "ma", che introduce un atteg-
giamento antitetico a quello descritto nella precedente proposizione. 'EK-
vroO'EV I2 : notare l'aoristo, che esprime un'azione effettiva singola puntuale
passata: l'incarnazione, per Paolo, un evento avvenuto in un momento
preciso della storia umana; inoltre, vista come un abbassamento (kenosis)
volontario (m)'t()v): nessuno ha imposto a Cristo di "abbassare se stesso" o
"svuotare se stesso" dalla sua "condizione divina".
Mop</>1v ouou a13rov: "prendendo la forma di servo". Abbiamo una
proposizione participiale congiunta che spiega l'affermazione della frase
principale. Essa pu avere valore causale: "per il fatto che assunse la forma
di servo"; ma meglio darle valore modale di azione concomitante con
quella della frase reggente principale: "assumendo la forma di servo".
Mop</>1v ouou: per il parallelismo con la precedente formula iov ~oP</>iJ
em, l'espressione indica: "la forma o il modo d'essere proprio di un
servo" o "la forma o il modo d'essere servile".
'Ev ~Otro~a'tt vepro1trov yEv~EVO: "divenendo simile agli uomini".
Altra precisazione sull'evento dell 'incarnazione, espressa ancora con un
participio: congiunto modale di azione concomitante a quella della princi-
pale, se lo si riferisce direttamente a "nascendo", oppure participio con-
giunto causale-esplicativo di azione concomitante a quella della principale:
"poich/in quanto nacque", specialmente se lo si fa dipendere dalla prece-
dente proposizione modale "assumendo la forma di servo". Pertanto, il v.
7abc pu essere letto in due modi: l) "ma svuot se stesso prendendo la
forma di schiavo, nascendo in figura umanala somiglianza degli altri uomi-
ni"; 2) "ma svuot se stesso prendendo la forma di schiavo, poich/infatti
nacque in figura umana/a somiglianza degli altri uomini". 'Ev ~otro/J.a'tt
della sua profonda kenosis. 'O 8EO: con l'articolo, in quanto si tratta del-
l'unico e vero Di027 'Ym:ptnl'roO'EV: usato il verbo intensivo U1tEPU 'I'Oro :
"esaltare immensamente", "superesaltar&8. Esso esprime il grado massimo
della glorificazione del Cristo. Il contrasto forte e poeticamente molto im-
mediato: alla umiliazione volontaria e piena del Cristo Dio fa corrispondere
il massimo della glorificazione e dell'esaltazione.
Ka't xaptO'aw a{nc!> 't avo/la 't U1tp m'Xv avo/la: "e gli ha confe-
rito il nome che () sopra ogni nome". Kat: congiunzione coordinante, pro-
babilmente con senso esplicativo: "cio"; la frase seguente spiega il conte-
nuto della prima affermazione sull'esaltazione del Cristo: essa concreta-
mente avvenuta attraverso il conferiment029 "del nome". T avo/la: l'arti-
colo determinativo e vuole indicare un nome ben conosciuto dai cristiani.
T U1tp m'Xv avo/la: questa frase attributiva ellittica (manca il participio)
un'ulteriore precisazione "del nome". Esso non solo conosciuto, ma "il
nome" in assoluto, con il quale non si pu comparare 30 nessun altro "no-
me". Pertanto, qui il termine 't avo/la indica non solo la "denominazione"
particolare che gli viene attribuita, ma soprattutto "la dignit", "l'autorit"
e "la potenza" di cui Dio fa partecipe Ges Cristo. Ed essendo "il nome che
al di sopra di ogni altro nome", tale "dignit, autorit e potenza" non pu
essere che quella "divina", a cui ogni altro "nome" sottomess0 31 In tal
senso, il conferimento del nome indica l' intronizzazione del Cristo, la sua
elevazione alla "dignit divina".
v. lO: "Iva v 'tc!> vo/lan 'IllO'ou: "affinch nel nome di Ges". "Iva:
congiunzione finale e consecutiva che indica sia lo scopo che Dio si
proposto nel conferire il nome a Ges sia la conseguenza della sua eleva-
zione alla "dignit divina". 'Ev 'tc!> vo/lan 'IllO'ou: la preposizione v in
quest'espressione assume o un senso strumentale (ebraismo): "con la men-
27 BDR,254,1.
28 Da um:p con l'idea di "eccesso" (Buscemi, Preposizioni, 99; Howard, A Grammar, Il,
327) + il verbo denominativo fattivo UIjIOW = "innalzare" = "innalzare oltre misura/oltre il
limite") = in senso intensivo perfettivo: "esaltare", esaltare immensamente", "superesaltare"
(Bertram, uIjIOW, 793-81 I).
29 Il verbo Xapiol-lat ha qui un senso pi forte di quello di "donare"; quindi meglio
interpretarlo nel senso di "conferire" (cfr Conzelmann, xapt, Xapiol-lat, GLNT, XV, 590,
anche se non riesco a comprendere perch in 2,9 il termine sia prepaolino, dato che il
termine nel NT appare solo 20 volte, di cui 13 in Paolo e 7 in Luca).
30 Cfr il senso della preposizione um:p + ace., che prende qui il senso metaforico di
"superiorit" e un'idea sottintesa di "comparazione": "al di sopra" (BAGD, Lexicon, ad
vocem um:p 2; BDR, 230; Buscemi, Preposizioni, 99).
]I Cfr Gnilka, Filippesi, 220-222; Heriban, Retto I/IPOVl'lV, 331-334.
Fil 2,6-11 27
32 BAGO, Lexicol1, ad vocem OVOJ.HX 1,4cg; Thayer, Lexicol1, ad vocem ovolla 1-2; BOR,
206,2,4.
33 'l'lcWU un genitivo adnominale possessivo o di detenninazione personale.
34 BOR, 495,4; Smyth, Greek Grammar, 3033.
35 Heriban, Retto rjJpovt:v, 351-357.
28 Capitolo I
una proclamazione di fede della comunit, che viene estesa a tutto l'univer-
so, il quale per volere di Dio reso partecipe a tale lode. Ei ooav eeou
1tu'tpo: "a gloria di Dio Padre": indica lo scopo o il fine della proclama-
zione36 della Signoria di Ges Cristo: essa ha come ultimo destinatario Dio
stesso, il Padre del Signor nostro Ges Cristo.
Analisi tematica
L'analisi letteraria precedente mi sembra che evidenzi in Fil 2,6-11
soprattutto tre linee di contenuto: uno schema teologico ben definito: ab-
bassamento-esaltazione, linea portante e progressiva di tutto l'inno, un'ac-
centuazione evidente sul dato cristologico e infine un'orientamento teologi-
co che d senso e coronamento sia allo schema di base come anche alla
cristologia tutta protesa "alla gloria di Dio Padre".
1) Lo schema biblico-teologico dell'abbassamento-esaltazione
Particolare interesse stato riservato dagli studiosi allo sfondo storico-
religioso dell'inno, determinandone la struttura formale e i contenuti teolo-
gici. vero che sono state fatte molte proposte a tale riguard037, ma quelle
che hanno avuto una certa rilevanza sono tre, provenienti da un ambiente
biblico e giudaico, il pi consono ad un testo neotestamentario: a) il carme
del Servo di Jahv di Is 52,13-53,12; b) la tipologia di Adamo-Cristo o
Satana-Crist0 38 ; c) la tradizione apocalittico-sapienziale del Figlio dell'uo-
m039 o della Sapienza divina40 Senza escludere nessuna di queste ipotesi,
36 Smyth, Greek Grammar, 1686; Humbert, Syntaxe, 519; Buscemi, Preposizioni, 44;
BAGD, Lexicon, ad vocem et4f.
37 Cfr il quadro tracciato da Heriban, Retto IPpoviv, 131-134, specialmente la nota 87.
38 Si tratta di un parallelismo tipologico di contrasto: i cristiani non debbono avere n l'at-
teggiamento di Satana n quello di Adamo, ma quello di Cristo. A mio parere, per, tale
rapporto antitetico insufficiente a spiegare lo sviluppo progressivo di Fil 2,6-11 e soprat-
tutto lo schema essenziale: abbassamento volontario - esaltazione da parte di Dio. Neppure
l'idea gnostica dell'Adamo primordiale riesce a spiegare l'idea teologica di fondo del
nostro inno. Anche se riesce a spiegare il tema dell'abbassamento volontario, non credo che
l'idea del "redentore redento" collimi con il tema dell'esaltazione del Cristo e della sua
Signoria universale.
39 Il paragone con il Figlio dell'uomo della profezia apocalittica di Dan 7,13-14 molto
suggestivo e spiega molto bene il tema della preesistenza del Cristo e la sua esaltazione. Il
Figlio dell'uomo, per, non si spoglia affatto della sua dignit, n si umilia volontariamente
fino alla morte. In altre parole, manca nel parallelismo lo sviluppo progressivo antitetico:
abbassamento-esaltazione. La stessa cosa bisogna dire riguardo al parallelismo con la Sa-
pienza divina: pu avere qualche contatto con alcuni elementi dell'inno, ma certamente
Fil 2,6-11 29
dato che ciascuna a suo modo pu portare una certa luce al testo di Fil 2,6-
Il, mi sembra chiaro che lo schema teologico pi completo lo offre Is
52,13-53,1241 , uno dei testi pi utilizzati e meditati dalla comunit primi-
tiva42 Ci significa che tra Fil 2,6-11 e Is 52,13-53,12 non bisogna ricerca-
re tanto la concordanza letterale, quanto piuttosto lo schema biblico di fon-
d0 43 : umiliazione volontaria del Servo di Jahv fino al sacrificio di se stesso
- esaltazione dello stesso Servo da parte di Dio.
Tale concordanza schematica in primo luogo la si nota tra Is 53,2-9 e Fil
2,7 -8: entrambi parlano dell' abbassamento e umiliazione rispettivamente
del Servo di Jahv e di Ges Cristo, ma mentre il testo isaiano si dilunga a
descrivere le sofferenze del Servo, il testo di Fil 2,7-8 li tratteggia con
rapidi tocchi e con un crescendo molto ben rifinito, che va dalla preesisten-
za del Cristo alla sua incarnazione e alla sua umiliazione fino alla croce. In
ogni caso, l'elemento comune essenziale tra i due testi non sta nella descri-
zione dell'abbassamento, ma nella libera volontariet di tale abbassamento.
Cos, del Servo di Jahv detto: "egli si caricato delle nostre sofferenze,
si addossato i nostri dolori" (Is 53,4), "la nostra iniquit" (53,11), "conse-
gn se stesso (la sua vita) alla morte". In Filippesi, Paolo insiste su tale
abbassamento volontario del Cristo: "svuot se stesso" (Fil 2,7), "umili se
stesso" (Fil 2,8). Il parallelismo certamente stretto, tanto che qualche ese-
geta stabilisce un'equivalenza tra l'espressione di Is 53,12: "consegn se
stesso alla morte" con "svuot se stesso" di Fil 2,7, cos da pensare che in
Fil 2,7-8 non si parli tanto dell'incarnazione, ma della morte sacrificale di
Cristo. Da un punto di vista filologico, la cosa possibile, ma non credo
che il parallelismo tra i due testi debba essere spinto fino ai dettagli formali
insufficiente a spiegare la dinamica dell 'inno, come riconosce lo stesso Feuillet che l'ha
proposto.
40 Una buona esposizione di questi tentativi esegetici la si pu trovare in Feuillet,
"L 'Hymne christologique", 352-380; Heriban, Retto rppovElv, \3 1-162.
41 Qualche esegeta ha mostrato con molto zelo le differenze esistenti tra il testo paolino e il
testo isaiano, ma in verit non ha mostrato con altrettanto zelo le somiglianze tra i due testi,
in particolare lo schema teologico di fondo. A tale riguardo mi sembrano molto indicativi gli
studi di Dupont, "Jsus-Christ dans son abaissement", 426-437; Feuillet, "L 'Hymne
christologique", 356-365; Heriban, Retto rppOVElV, 145-162.
42 Cfr Dodd, Secondo le Scritture, 92-100.
43 Cfr in questo senso anche Murphy O'Connor, "Christological Anthropology", 45-46;
Marcheselli Casale, "Cristo Ges Signore", 361-379, anche se mi sembra un po' troppo
drastica la sua conclusione: "Fil 2,6-11 pu implicitamente alludere al servo di 1s 52,13-
53,12 e solo a livello tematico".
30 Capitolo I
44 Cos, qualche esegeta (Dupont, "Jsus dans son abaissement", 509-512; Feuillet,
"L'Hymne christologique", 359-362) vorrebbe riferire "svuot/annient se stesso" non tanto
all'incarnazione, ma al "sacrificio di Cristo"; credo per che questa idea pi legata a Fil
2,8 e non a 2,7. Inoltre, inutile voler trovare in Fil 2,7 l'idea dell'incarnazione alla maniera
dei nostri trattati dogmatici. Tutte le fasi del mistero di Cristo: preesistenza, incarnazione,
morte sacrificale, sono viste in maniera sintetica e funzionale.
45 Cfr Dupont, "Jsus dans son abaissement", 509-512. Cfr anche Mt 23,12; Lc 14,11;
18,14.
46 Cfr in questo senso anche Cullmann, Cristologia, 271-280 (in particolare p. 278);
Schnackenburg, "Cristologia", 392-408.
Fil 2,6-11 31
a) La preesistenza di Cristo
Si potr discutere a lungo se l'immagine del Cristo preesistente tratteg-
giata da Fil 2,6-11 abbia come modello la figura dell "'uomo celeste" della
dottrina giudaica dei "due Adamo" (cfr 1Cor 15,49), del Messia pre~sisten
te delle tradizioni rabbiniche47 o forse meglio le speculazioni biblico-elle-
nistiche sulla "sapienza" (Prov 8,22-31; Sap 7,22-8,l; 9,1-18; Sir 24,1-30).
Nessuna ipotesi pu essere esclusa, ma mi sembra pi probabile che su
questo punto Paolo si sia servito del modello biblico-sapienziale, anche se
da un punto di vista formale non escluso un accostamento all'''Adamo
celeste", come dimostra il fatto che Paolo continua a parlare di "forma". In
ogni caso, tutti questi paralleli dimostrano solo una cosa: l'idea di preesi-
stenza non estranea al mondo concettuale e religioso del tempo di Paolo.
Ma ci che mi sembra pi importante il fatto che Paolo non parla di pree-
sistenza di Ges, ma di preesistenza divina di Ges. Fil 2,6, a tal riguardo,
ha delle espressioni inequivocabili. Ges, prima della sua kenosis volonta-
ria, era "nella forma di Dio" (v IlOP<!>D 8CO), "era uguale/alla pari a Dio"
('t et v<Xt '{crcx 8cci)). Le due espressioni sono sinonime, ma la prima indica
la "condizione divina" di Cristo, la seconda il suo rapporto speciale con
Dio. In tal senso, Cristo prima dell'incarnazione, aderendo al 8ll11CX del
Padre (cfr Gal 1,4; 4,4-5.7), non consider un vantaggio il ritenere la sua
condizione divina e il suo rapporto speciale con il Padre. Di pi: obbedendo
(Fil 2,8) al disegno del Padre, "svuot se stesso", non perdendo la sua
"natura divina", ma spogliandosi della sua condizione e del suo rapporto
speciale con il Padre.
Tutto ci mi sembra confermato anche dal fatto che Paolo non tratta in
maniera diretta della preesistenza di Cristo, ma in maniera funzionale, cio
orientata verso il raggiungimento di un obiettivo da portare a compimento.
Per questo, egli ha stabilito un rapporto stretto tra il v. 6 e il v. 7, come di-
mostra la costruzione participiale congiunta concessiva: "pur essendo"
(im:apXffiv) del v. 6a, l'infinitiva oggetto del v. 6c ('t etv<Xt '{crcx ecci)) di-
pendente dalla frase idiomatica greca ap1tcxYllV "Yelcr8cxt "Cl e anche dalla
congiunzione avversativo-progressiva Cxa del v. 7. Tutto il contenuto del
v. 6 orientato all'espressione "svuot se stesso" (mnv KVfficrcV) e in-
dica allo stesso tempo la ferma decisione del Cristo preesistente di assume-
re la nostra natura umana per portare a compimento il disegno del Padre.
b) L'incarnazione di Cristo
Fil 2,7 ha il suo centro portante nell'espressione "svuot se stesso"
(aw'Cv lcvcooev), come dimostra la costruzione sintattica e il contenuto
di tutto il versetto. Di pi: tutta la prima parte dell'inno (vv. 6-8) caratte-
rizzata da questa kenosis di Cristo. Ed essa vista come una nuova "condi-
zione". Paolo non insiste sul concetto negativo di svuotamento, ma attra-
verso le due participiali congiunte modali del v. 7 ci indica come questa ke-
nosis avvenuta. In primo luogo, "prendendo la forma di servo" (/.lOp<!)1v
ouou a~<v), espressione che si trova in netta opposizione a "pur essen-
do nella forma di Dio" (v 1l0P<!)1] 9eou umxpxrov) del v. 6; quindi, la keno-
sis ha avuto luogo attraverso un cambio di condizione: dalla "condizione
divina" alla "condizione umana" di essere. D'altra parte, il Cristo " dive-
nuto simile agli uomini" (v llot<llan av9p<nrov )'evollevo), mentre pri-
ma "era uguale/alla pari di Dio" (t etvat '{aa gecj)). Siamo in presenza di
un cambiamento radicale: la kenosis rinuncia totale alla condizione di
gloria, alle prerogative divine, al rapporto privilegiato di Cristo con il Pa-
dre. Per comprendere ci, dal punto di vista teologico, non bisogna far rife-
rimento alla dottrina posteriore delle "due nature divine" (ci estraneo a
Paolo), ma piuttosto al suo modo di concepire l'incarnazione (termine, in
verit pi giovanneo che paolino). Cos, in Gal 4,4, il Figlio inviato dal
Padre "nasce da donna, nasce sotto la legge", che decodificando significa
che divenuto uomo secondo le leggi della natura e come ogni altro uomo
appartiene ad un popolo particolare; allo stesso modo in 2Cor 8,9 il Cristo
assume la nostra "povert umana" per renderci partecipi della sua ricchez-
za. Pertanto, la kenosis di Cristo non va vista come uno spogliarsi della na-
tura divina, ma come un assumere la nostra condizione umana, un ingresso
nella nostra condizione di schiavit, in vista dell' attuazione del disegno
salvi fico del Padre. In altre parole, anche l'incarnazione vista da Paolo
come funzionale, cio orientata all'opera della redenzione.
c) Il sacrificio volontario di Cristo
Anche l'espressione "umili se stesso" ('tanetvroaev aU'tov) fa riferi-
mento alla kenosis di Cristo e indica lo stato di profonda umiliazione a cui
giunto il Cristo nella sua vita concreta di uomo. Interessante a riguardo
FiI2,7d, dove il participio eupe9d sottolinea non solo l'esperienza di Cri-
sto, ma soprattutto la consapevolezza della sua decisione di andare avanti
nel cammino intrapreso fino all'umiliazione pi profonda. Divenuto uomo,
ha sentito il peso della debolezza umana, ma soprattutto "impar l'obbe-
Fil 2,6-11 33
smo (2,1O-lla) di adorare il Cristo Ges esaltato dalla sua potenza (cfr
Rom 1,4) e di professare nella fede: "Ges il Signore" (Fil 2,11). In tal
modo, il Cristo non solo innalzato, ma anche intronizzato come sovrano
universale di tutti gli esseri del cosmo, dinanzi al quale tutti devono piegare
le ginocchia e tutti devono professare la sua Signoria universale. Di pi:
dato che il testo di Fil 2,10-lla sembra fare riferimento ad Is 45,23, tale
adorazione e homologhia diventano anche celebrazione liturgica del
"Cristo Signore dell 'universo".
b)"A gloria di Dio Padre"
Come tutto ha origine dal Padre, cos tutto ha come fine la gloria del
Padre. Letta alla luce di ICor 15,20-28, tale dossologia afferma in maniera
inequivocabile un'idea molto cara a Paolo: "la gloria del Padre" la finalit
ultima di tutto l'evento salvi fico stabilito dal Padre e portato a compimento
dall'obbedienza umile di Ges, il culmine verso cui tutta l'esistenza di Ge-
s orientata. La sua kenosis volontaria e la sua esaltazione hanno un solo
scopo: la "gloria di Dio Padre". Cos, mi sembra che tale dossologia finale
dell'inno vada riferita in primo luogo a tutto l'inno e solo dopo all'adora-
zione e alla homologhia del cosm0 49 , che professando la "Signoria di Ge-
s" riconosce l'opera salvi fica del Padre e gli rende "gloria".
4) Il senso della parenesi di Fil 2,6-11
L'inno di Fil2,6-11 parte integrante di una parenesi sull'unit nell'a-
more e nei sentimenti e soprattutto ad avere "gli stessi sentimenti del Cristo
Ges". Parenesi che propone Cristo come modello della comunit cristiana,
un esempio non solo da seguire ed imitare, ma da porre come fondamento
ad ogni relazione interpersonale e comunitaria. L'esempio di profonda
umilt e di piena disponibilit del Cristo diviene la base portante del vivere
cristiano, un modo di attuare in pienezza la prop.ria fede nel Vangelo (Fil
1,27-30), di promuovere la concordia dei sentimenti nell 'amore reciproco
(Fil 2,1-4) e dell'essere solleciti nel cammino della salvezza (Fil 2,12-18).
Tutto parte da lui e tutto ha senso in lui, secondo la grande intuizione che
Paolo suggerisce in Fil 1,21: "Il mio vivere Cristo".
Ma l'inno non suggerisce solo quest'aspetto parenetico. Esso preesiste-
va a questa parenesi e cantava in maniera mirabile la via percorsa da Cristo
per obbedire al Padre e per manifestare il suo amore ai fratelli. Pertanto,
l'inno delinea un cammino di umilt, di obbedienza, di donazione piena e
COL 1,15-20
CRISTO, IMMAGINE DEL DIO INVISffiILE
Analisi letteraria
1) Contesto
Non c' dubbio che l'inno abbia inizio con il relativo pregnante o,
che enfaticamente continua la parenesi di Col 1,9-13 1 dandogli un fon-
damento cristologico (cfr Fil 2,1-5.6-11). Ma esso, proprio perch rela-
Con Aletti, Colossiens 1.15-20, 11-20, anche se ritengo che la pericope non sia un
"rendimento di grazie" o un prolungamento del "rendimento di grazie" di 1,3-8, ma un
"invito" o un'''esortazione'' a lasciarsi riempire della conoscenza della volont di Dio e a
corrispondervi con sapienza spirituale e gratitudine a colui che ci la liberati e immessi
nel regno del Figlio del suo amore (Col 1,9-14). In tal senso, mi sembra che vada anche
la sintassi del brano con tutte le sue proposizioni finali (ivcx + cong in 1,9; infinito
finale in l, l O; e tutti participi congiunti di valore finale di l, l 0-12, sia che li si faccia
dipendere dal verbo di "movimento comportamentale" 1tI:'pmcx'tllcrCX\di l, l O o dal verbo
7tllProell'tE di 1,9), con cui Paolo invita i suoi fedeli di Colossi a determinati comporta-
menti rispetto al mistero del piano salvi fico di Dio. In tale prospettiva, l'inno riveste
un'importanza fondamentale, in quanto illumina l'orientamento del cristiano verso quel
"regno del Figlio" a cui Dio lo ha reso partecipe.
38 Capitolo II
3) Genere letterario
In base a ci, ColI ,15-20 pu essere classificato in senso largo come
un "inno"6 o come una "prosa ritmata"7, che inneggia a Cristo attri-
buendogli diversi titoli. Come altri "inni cristologici neotestamentari",
le sue caratteristiche principali sono: 1) la frase relativa introduttora (cfr
Fil 2,6-11; Ebr 5,7-10; 1Pt 2,22-24); 2) il ritmo, creato attraverso un
fraseggiare asciutto, un vocabolario alquanto ricercato, il parallelismo
dei membri di frase, le assonanze verbali; 3) poco uso delle particelle di
connessione: o'n, Et 'te, Kai, '{va, e degli articoli con i termini che caratte-
rizzano il soggetto dell'inno; 4) ripetizione di Kai e di Et 'te, per creare la
progressione delle coppie di sostantivi;
Dato, poi, che l'inno inserito nell 'insieme della pericope di Col 1,9-
23, esso condivide in qualche modo il carattere esortativo della pericope.
vero che, facendo leva sul participio 1tpoO"euxo/levot di 1,9 e sul partici-
pio euxaptO"'touv'te di 1,12, si pu ipotizzare un carattere "doxologico"
del brano, ma nell'insieme Col 1,9-23 rimane a mio parere un'esorta-
zione a "camminare in maniera degna del Signore". Inoltre, anche se
l'inno collegato con Col 1,12-14, bisogna precisare che questi versetti
dipendono dal participio congiunto modale o finale euxaptO"'touv'te di
1,12, che precisa o il modo o lo scopo del "camminare in maniera de-
gna del Signore". Cos, essendo l'inno un allargamento cristologico del
v. 14, esso partecipa al carattere esortativo della pericope a cui appar-
tiene. Cos, Coll, 15-20, pur essendo un inno di lode a Cristo, un enco-
mio a colui per opera del quale e nel quale siamo stati creati e salvati,
all'interno di ColI ,9-23 riveste un carattere anche esortativo.
4) La struttura di Col 1,15-20
Sono state proposte molte strutture, ma differiscono tra loro solo per
una divisione bipartita o tripartita della pericope8 e per la disposizione di
alcuni dettagli del test0 9 Inoltre, pochi esegeti trattano direttamente la
Cos, per esempio, Benoit, "L'hymne christologique", 229-231; Sanders, The New
Testament Christological Hymns, 1-5; Aletti, Colossiells 1,15-20, 3-6; 118-120;
Baugh, "The Poetic Fonn of Coll, 15-20", 227-244; Fabris, "Inno cristologico", 499.
7 Con Bruce, "Colossians Problems", 99-111.
Fa eccezione la struttura quadripartita di P5hlmann, "Die hymnische All-
Priidikationen in Kol 1,15-20", 53-74; e quella quintopartita di Masson, Colossiens,
105; e di Huged, Colossiens, 48-49.
9 Per una presentazione critica delle principali strutture letterarie proposte cfr
Robinson, "A Fonnal Analysis", 270-287; Gabathuler, Jesus Christus, Haupt der Kirche
40 Capitolo II
B. Il primato di Cristo
17 Dello stesso avviso sembra essere Benoit, "L'hymne christologique", 259; Karris, A
Symphony, 67.
18 Cfr anche Benoit, "L'hymne christologique", 227.
Col 1,15-20 43
l'inno sia meno bilanciata rispetto alle altre due parti, in quanto si nota
una prevalenza del contenuto sulla forma letteraria.
Analisi esegetica
v. 15: o crnv ebcrov 'to geo 'to aopu'tou: "Egli che l'immagine
del Dio invisibile"23. la prima affermazione dell'inno sul "Figlio
dell'amore" del Padre di 1,13; in base a ci, come gi in Fil 2,6, il rela-
tivo greco o pu essere interpretato, in base al contesto, in diversi modi:
1) come semplice relativo ("il quale"): si aggancia al nome che prece-
de e ne offre una descrizione; 2) come relativo pregnante: cio include
in s un pronome dimostrativo o personale: "Egli che"; stabilisce, quin-
di, una piccola cesura con ci che precede e dona alla frase una certa
enfasi; 3) come dimostrativo: "questi" e pi liberamente: "Egli". lo
credo che in italiano l'equivalente enfatico: "Egli che"24 sia il migliore,
in quanto da una parte si aggancia all'espressione "Figlio dell' amore"
di 1,13 e dall'altra introduce con enfasi questa "professione di fede" in
Cristo, sapienza creatrice e soteriologica del Padre. In questo "Figlio" si
realizzato per noi "la redenzione, la remissione dei peccati" (1,14);
per questo l'inno non vede il "Figlio" nella sua gloria eterna, ma nella
realizzazione della storia della salvezza. Il termine greco El. lCcOV2S, "i m-
magine", assume diversi sensi: figura, immagine materiale e ideale, ma-
nifestazione concreta di una realt invisibile; proprio per questo, l' im-
magine per il pensiero greco partecipa della realt della cosa riprodotta,
in essa si manifesta l'essenza stessa della cosa. In tal senso, anche in Gen
1,26; 5,1-3; 9,6 il linguaggio biblic026 usa il termine "immagine" per
dimostrare che l'uomo partecipa alla natura di Dio e la manifesta all'in-
terno della creazione (Sap 2,33; 7,25-26). In Paolo, il termine ricorre
nove volte: Cristo, il Figlio, l'immagine di Dio (2Cor 4,4) invisibile
(Col 1,15); l'uomo immagine e gloria di Dio (lCor 11,7), creato a sua
"monoteismo giudaico", ritiene che l'espressione 1tPOl'tO'tOlCO 1t<xO"ll lCnO"EOJ, pur facen-
do riferimento alla Sapienza dei libri veterotestamentari, esprima solo la superiorit del
Cristo esaltato. In ogni caso, il punto di partenza nell'interpretare Paolo non credo che
possa essere il "monoteismo giudaico", dato che Col 1,15-20 legato strettamente
all'espressione "il Figlio del suo amore" di Col 1,13, come riconosce lo stesso Dunn,
nella sua opera pi recente: The Teolog)! oj Paul /he Apos/le, 205 e 268. Ci significa, a
mio parere, che Paolo non sta usando una possibile categoria giudaica di "monoteismo",
ma quella proprio del cristianesimo, che sin dall'inizio, anche nella sua fase giudeo-
cristiana, pur ammettendo l'unicit dell'unico Dio, pu parlare di un Padre, di un Figlio e
di uno Spirito.
33 Oltre ai dizionari e ai commentari, cfr la buona sintesi critica di Rossi, La creazione,
70-78.
34 L'espressione greca 1t<XO"ll lCnO"EOl ha senso distributivo e quindi non pu essere
interpretata come "di tutta la creazione", in quanto si dovrebbe avere in greco 1ta.O"l1 'tij
lC'tIO"EOJ (cfr Zerwick, Graeci/as, 188). Su questo punto notare l'imbarazzo ideologico di
Feuillet, Le Chris/ Sagesse de Diel/, 200-202.
35 Feuillet, Le Chris/ Sagesse de Dieu, 200.
36 Forse potrebbe ipotizzarsi anche una causa motiva: "a causa di", "per amore di",
come suggerisce una bella interpretazione di Rashi nel suo commento a Gen 1,1: "This
verse calls aloud for explanation in the manner that our Rabbis explained it: God crea/ed
the world for the sake of the Torah which is called (Prov VIII,22) 'The beginning (rn.:il\')
of His (God's) way', and for the sake of Israel who are called (Jer Il,3) 'The beginning
(n'i.:il\') of His (God's) increase'" (Rosenbaum - Silbennann, Penta/el/ch with Targllm
Onkelos, 2).
37 Cfr Aletti, Colossiens 1,15-20, 52-56. Egli riferisce anche del tentativo di
interpretare "in lui" in senso locale metaforico, basandosi sull'esemplarismo platonico
delle idee: Cristo sarebbe la causa esemplare in cui tutte le cose sono state create (cfr a
riguardo anche la lunga discussione di Feuillet, Le Chris/ Sagesse de Dieu, 202-210, ma
mi sembra che non approdi ad un risultato molto soddisfacente). Tale significato sembra
48 Capitolo II
sta del Messia". In tal senso, non solo l'origine della creazione dipende
dalla Signoria di Cristo, ma anche la sua destinazione finale orientata
al suo dominio eterno e parteciper al "regno del Figlio" (Coll, 13).
v. 17-18a: la seconda parte dell'inno precisa in che senso Cristo ha il
primato su ogni creatura e lo fa con tre affermazioni coordinate e in
progressione climatica tra loro. Ka alYro crnv n:p n:avHv: "ed egli
prima di tutte le cose"41: afferma la priorit temporale del Cristo su ogni
creatura. Essendo generato dall'eternit, egli prima che tutte le cose
fossero create e per questo tutte furono create in lui. Ka -r n:av-ra v
almp crUVcr-rllKEV: "e tutte le cose in lui sussistono": afferma il ruolo
determinante del Cristo nella vita di ogni essere: solo in lui il cosmo ha
origine e consistenza42 . Il termine greco crUVicr-rll~l ha diversi sensi: a)
quello proprio: "mettere insieme", "comporre", "costituire"; b) quel-
lo traslato, derivato da costituire: "esistere", "essere"; c) quello traslato,
ma derivato da mettere insieme e comporre: "rendere consistente"43.
Col l, 17b, pertanto, non riafferma per la terza volta l' esistenza44 delle
cose "nel Cristo", ma che in lui esse trovano il punto di forza e di coe-
sione nella loro esistenza45 . Proprio per questo la terza affermazione di
l, 18a pu dichiarare solennemente: Ka a-ro crn v 11 KE<j>a1 wl) crro-
~aw -rf KKllcria: "ed egli il capo del corpo, cio la Chiesa". An-
che se il versetto potrebbe ricevere diverse interpretazioni (cosmologi-
che, ecclesiologi che)46, il suo senso chiaro: Cristo non solo all' origi-
ne e d consistenza al cosmo, ma soprattutto egli colui che lo domina,
lo determina e lo dirige47 . Il termine greco KE<j>arl, infatti, designa il
punto pi elevato di una persona, di un animale, di un monte; ma pu
5, L'accostamento a Prov 8,23, e quindi alla Sapienza creatrice, non implica ne-
cessariamente che Paolo continui a svolgere l'idea cosmologica. A mio avviso, il Cristo
"primo" non solo perch egli inizio e fondamento della "creazione di tutte le cose",
ma anche inizio e fondamento della "nuova creazione", del "corpo, che la Chiesa"
(Benoit, "L 'hymne christologique", 242-243).
54 Michaelis, 1tp<TO'COKO, 690-693; Alctti, Colossiel/s 1.15-20, 71-72.
55 Regard, La phrase nominale, 218; Tumer, S)'ntax, 158 (cfr anche 87-89).
56 Cfr in questo senso Percy, Dic Prohleme, 75-78; Lohse, Colossesi, 123-126,
facendo leva su un'ambientazione gnostico-cristiana; Bernini, "La pienezza di Cristo",
207-219, basandosi su paralleli dell'AT considerando Ep'lv01tOl~cra (maschile) come una
construclio ad scnsl/m; Ghini, Colossesi, 55-65; Nobile, Premesse, 108 nota 132.
57 Molti esegeti (etr Lohse, Colosscsi, 123 nota 175: Lightfoot, Haupt, Lohllleyer,
Sehrenk, Delling, Mussner, Feuillct. Le Christ Sagcsse de Diel/, 228-229), tra cui
Panilllolle, "L'inabitazione del Plroilla nel Cristo", 177-205, che difende tra l'altro il
senso causativo di K(HOI K< (tr abitare).
52 Capitolo II
58 Il tennine indica l'effetto del riempire, quindi ci che riempie, il contenuto; per
estensione poi "pienezza, completezza, totalit". A volte pu indicare anche "l'atto del
riempire", ma chiaro che nel nostro testo il senso quello passivo: "pienezza, comple-
tezza, totalit" (Delling, 1tT\ProIlU, 674-696; Gewiess, "Die Begriffe 1tT1poV und
1tT\prollu ", in Vom Vort des Lebens, Festschrift fiir M. Meinertz, Miinster 1951;
Virgulin, "L'origine del concetto di 1tT\ProIlU in Ef 1,23", 39-43; Feuillet, "Plrme",
18-40 (con bibliografia); Aletti, Colossiens /, /5-20, 76-82 (con bibliografia).
59 Cfr Cignelli - Bottini, "La diatesi del verbo nel greco biblico l'', 121-123; Feuillet,
Le Christ Sagesse de Dieu, 236-238.
60 Cfr Spicq, nJOOKro, 310-311.
61 Cfr anche Panimolle, "L'inabitazione del Plrma nel Cristo", 186-187.
62 Sacchi, "La riconciliazione universale", 221-245.
63 Lo si trova sotto la fonna di 1tOKatuacrcrro in Ef 2,16; Col 1,20.22; e sotto quella
di KatU<icrcrro in Rom 5,10 (bis); 2Cor 5,18.19.20; per lo pi usato con il dativo di
termine.
Col 1,15-20 53
Analisi tematica
67 Burney, "Christ as the ARCH of creation", 160-177; Manns, "Col 1,15-20", 100-
110; Davies, Paul and Rabbinic Judaism, 147-176.
68 Kiisemann, "Begriindet der neutestamentliche Kanon", 219; Wright, "Poetry and
Theology", 451-452.
69 Cfr Grech, "L'inno cristologico di Col l'', 87-89; inoltre, Lohse, Colossesi, 237-
244.
70 In verit, l'esegesi antica, dominata totalmente dal pensiero greco, interpreta i n
Col 1,15-20 55
diversi modi questa figura dell'Uomo Archetipo. Cos, Origene e altri pensano che le
"idee" di tutte le cose si trovano in Cristo come nella loro causa esemplare; altri, facendo
appello alla distinzione tra mondo intelligibile e mondo sensibile, sostengono che
Cristo l'Archetipo universale, nel quale erano contenute le idee di tutte le cose che
vengono all'esistenza; altri, richiamandosi al Logos filoniano, ritengono che il Cristo
sarebbe da concepire come l'Anima del mondo; infine, facendo riferimento alla conce-
zione gnostica, altri lo identificano con la figura del "Redentore redento" (Sanders, The
New Testament Christological Hymns, 79-80).
71 Cfr anche Grech, "L'inno cristologico di Col l", 90; Sanders, The New Testament
Christological Hymns, 75-79.
72 Cfr anche Grech, "L'inno cristologico di Col 1",90-91.
73 Su questo punto confrontare le buone osservazioni critiche di Sanders, The New
Testament Christological Hymns, 79-87; Wright, "Poetry and Theology", 452-458,
anche se attribuisce eccessiva importanza alla ricerca dci Bumey. Di particolare interes-
se mi sembra la seguente osservazione: nell'esaminare lo sfondo giudaico, non bisogna
considerare solo una corrente di tale tradizione, ma vederla possibilmente nelle sue varie
sfaccettature (p. 453). In tal senso va pcr esempio G. Schimanowski, Weisheit IInd
Messias, Tiibingen 1985.
74 Feuillet, "La cration de r Univers 'dans le Christ''' 1-9; Barbour, "Salvation and
Cosmology", 257-271; Marangon, "Rapporti tra cosmo e storia della salvezza", 13-35;
Montagnini, "Linee di convergenza", 37-56.
75 Cfr Manns, "Col 1,15-20", I 00-11 O lo ritiene un "midrash cristiano" su Gen l, l .
Cfr anche Pollard, "Colossians 1,12-20", 195-203.
76 Cfr le buone osservazioni di Marangon, "Rapporti tra cosmo e storia della salvezza",
24.
56 Capitolo II
ha prodotti.
Prov 8,22-31 81 : questa autopresentazione della Sapienza82 mette in
evidenza alcuni elementi importanti di confronto con l'inno:
- La Sapienza personificata: parla, presenta se stessa come inizio
dell'operare divino, concepita, generata e costituita da Dio8~, al suo
fianco quale architetto 84 di tutta l'opera di Dio, lieta e si diletta dinanzi
alla sua opera e soprattutto di stare con i figli dell'uomo.
- La Sapienza preesistente: dal v. 22 al v. 26 un martellare conti-
nuo quest'idea di preesistenza e di eternit della Sapienza 85 , mentre dal
v. 27 al 31 essa a fianco di Dio per ordinare, quale esperto architetto,
tutto il cosmo voluto da lui86 .
- La Sapienza inizio 87 delle opere di Dio: inizio eterno del disegno
81 Per Prov 8,22-31 cfr Vischer, "L'hymne de la Sagesse", 175-194; Aletti, "Pr 8,22-
31",25-37; Bartina, "La Sabiduria in Pr 8,22-36", 5-31; Gilbert, "Le discours de la
Sagesse en Pr 8", 202-218; Conti, "Natura della Sapienza", 43-66; Schimanowski,
Weisheit und Messias, 26-38; Niccacci, La casa della sapienza, 144-147.
82 Prov 8,22-31 si inserisce in una pi vasta autopresentazione della Sapienza,
precisamente nel contesto di 8,1-9,6: a) 8, I-II: la Sapienza invita gli uomini ad ascol-
tare la sua voce, ad accogliere la sua istruzione, per divenire prudenti e da inesperti as-
sennati; b) 8,12-21: le virt della Sapienza i suoi molteplici benefici: essa possiede
prudenza, intelligenza, consiglio, buon senso, potenza, giustizia, equit e timore del Si-
gnore; assicura successo nella vita, capacit di governo nella giustizia e nella rettitu-
dine, riempie di beni quanti la amano; c) 8,22-31: la Sapienza creatrice del cosmo, che si
diletta dell'opera di Dio e di stare con i figli dell'uomo; d) 8,32-36: la Sapienza, maestra
e dispensatrice di vita; 9,1-6: invito conclusivo della Sapienza a mangiare il suo pane, a
bere il suo vino, ad abbandonare la stoltezza, ad andare diritti per la via dell'intelli-
genza. Per una struttura simile cfr Conti, "Natura della Sapienza", 44.
83 Sul vocabolario genetico di Prov 8,22-31 cfr Conti, "Natura della Sapienza", 45-47.
84 Il tennine iii.lt;li ('tExvi 'tT], artifex, architetto) deve essere preso nel senso di una
persona capace di preparare progetti e di attuarli praticamente (cfr Conti, "Natura della
Sapienza", 51-53).
85 Conti, "Natura della Sapienza", 49-50, che fa coincidere preesistenza ed eternit. lo
credo che i due concetti vanno tenuti separati, ponendo l'accento non tanto sull"'atem-
poralit" della Sapienza, quanto sulla sua preesistenza presso Dio.
86 Il concetto di cosmo, a mio parere, va precisato, sia all'interno dell'inno di Prov
8,22-23 sia in Col 1,15-20. Esso, infatti, non riguarda la creatura inanimata, ma anche
gli esseri animati e in particolar modo "i figli di Dio", gli uomini (v. 31).
87 Sul senso del tennine l'n:!1 cfr le buone osservazioni di Conti, "Natura della Sa-
pienza", 47-49. Certamente, il tennine preso senza alcuna detenninazione e quindi pu
avere diversi sensi: inizio, primizia, punto di partenza e, in senso genetico, primoge-
nito. Questo senso molto interessante nel confronto con Col 1,15-20, ma, essendo un
predicativo dell'oggetto, forse meglio mantenere il suo senso proprio: "inizio", che
poi l'esegesi pu esplicitare.
58 Capitolo Il
di Dio e in quanto tale sua "primogenita"88 (v. 22), inizio temporale dei
tempi di realizzazione (vv. 23-26), inizio esecutivo di ciascuna opera al-
l'interno dell'ordine del cosmo (vv. 27-30).
- La Sapienza il principio unificatore del cosmo in tutte le sue
dimensioni: inanimata, animata e personale. Tutto ha inizio da lei e tutto
in lei riceve forma, ordine, consistenza e finalit.
Sir 24,3-21 89 . Si tratta di un autoelogio della Sapienza sotto forma
innica, che da una parte conclude la prima parte del libro del Siracide e
dall'altra introduce la seconda parte di esso. In tal modo, rappresenta il
punto centrale90 del pensiero sapienziale di Ben-Sira: tutto trova unit,
coesione e guida per la vita nella Sapienza-Tora. Alcuni elementi di
questo autoelogio della Sapienza91 possono essere utili per un confronto
con l'inno di Col 1,15-20:
- La Sapienza personificata: essa appartiene a Dio, procede da lui 92 ,
ma distinta da lui, la sua Parola93 , il suo "alito"94 che ricopre la terra.
- La Sapienza la Parola creatrice preesistente: essa era presso Dio,
fu creata all'inizio, prima del tempo (Sir 24,9), aveva la sua dimora sta-
bile nelle altezze del ciel095 e il suo tron0 96 in una colonna di nubi 97 ,
specchio tersissimo della sua attivit, immagine della sua bont; per
questo ad essa vengono attribuiti una serie di 21 attributi, che indicano
la sua eminente perfezione e sottolineano la sua intimit con Dio (7,23.
25.27), la sua collaborazione nell'opera creatrice (7,22; cfr 7,12: "ma-
dre di tutte le cose"; 7,21: "artefice di tutto"; 7,26; 8,4.6), la sua attivit
benefica, rinnovatrice, santificatrice a favore degli amici di Dio (7,23.
27-28; cfr 7,14).
_ La Sapienza eterna: essa infatti "irradiazione della luce eterna"
(7,26), per questo anche uno "spirito immutabile e fermo" (7,23) e
inoltre, "pur essendo unica, pu tutto, restando in se stessa, rinnova ogni
cosa" (7,27).
_ La Sapienza principio di coesione di tutte cose: essa, infatti,
"unica" (7,22.27), ma nello stesso tempo "molteplice" (7,22), per
questo penetra tutti gli spiriti (7,23), pervade, penetra e rinnova ogni
cosa (7,24.26), entrando nelle anime prepara gli amici di Dio e i profeti
(7,27.28).
_ La Sapienza domina il cosmo: essa si estende da un confine all 'al-
tro dell'universo e lo governa con rettitudine.
In conclusione, dai testi analizzati mi sembra che risulti evidente che
lo sfondo letterario di ColI, 15-20, pi che quello gnostico, sia quello
dei testi della Sapienza veterotestamentaria. Tali testi sono riletti da Pao-
lo alla luce di Cristo e rappresentano la struttura portante del suo pensie-
ro. Da essi egli ricava una figura molto ricca e variegata della Sapienza
divina, personificata, increata, creatrice, reggitrice del cosmo e degli
uomini, principio unificatore di tutte le cose, che da essa hanno inizio e
per mezzo di esse sussistono e operano l04
104 Secondo Dunn, Christology in the Making, 168-176, tale conclusione non sarebbe
possibile per tre motivi: l) a causa dello stretto monoteismo giudaico; 2) a motivo di
alcuni testi sapienziali che affermano chiaramente che Dio che crea tutte le cose e quin-
di la sapienza non altro che un modo poetico di esprimere la sapienza ordinatrice di Dio
stesso; 3) perch, se attribuiamo una qualche entit personale alla "sapienza", dobbia-
mo farlo anche per altre espressioni con cui si indica la potenza di Dio: per esempio: "il
braccio di Dio", "la mano destra di Dio". Credo che il concetto di "monoteismo", di cui
si serve Dunn, non sia quello biblico veterotestamentario, neppure nella sua conforma-
zione giudaico-sapienziale (cfr Bonsirven, "Judaisme", 1149-1163; Schimanowski,
Weisheit und Messias, 17-205; Nobile, Premesse, 47-62), ma probabilmente si serve
del concetto giudaico-rabbinico che si determin alla luce della polemica giudaico-
cristiana (comunque, a tal riguardo cfr anche Philipson, "Monotheism", 659-661;
Urbach, The Sages, 19-65; Schimanowski, Weisheit und Messias, 207-303). Infatti, il
concetto biblico di "monoteismo" non un dogma astratto, ma una confessione di fede
Co/I,15-20 61
che salvaguarda il fedele dal cadere nel politeismo pagano. Esso, quindi, non riguarda la
vita intima di Dio, ma l'agire di Dio nei nostri confronti. Pertanto, riconoscendolo
come "unico", professiamo che egli il nostro creatore, il nostro aiuto, il nostro libe-
ratore, ecc. Proprio a motivo di un tale "monoteismo funzionale", il giudaismo ha
potuto ammettere non solo degli esseri intermedi e angelici, ma anche delle vere e
proprie "realt preesistenti" alla creazione del mondo e al concreto effettuarsi della
storia della salvezza a favore dell'uomo: la parola di Dio, lo spirito, la gloria, la
shekina, la legge e, tra di esse, anche la sapienza, che manifestno l'unico Dio e la
potenza e sapienza del suo agire (cfr anche il punto di vista giudaico di Wyschogrod, "A
Jewish Perspective on Incarnation", 195-209). Cos, mi sembra strano affermare che,
perch vi sono dei testi che attribuiscono la creazione del mondo direttamente a Dio,
essi annullano quelli che parlano della "sapienza creatrice" che opera accanto a Dio.
Infine, non credo che la "sapienza", cos come viene descritta dai libri sapienziali, sia da
mettere in paragone con certe espressioni metonimiche come il "dito di Dio", il "braccio
potente di Dio" ecc. La metonimia antropologica di tali espressioni non ha nulla da fare
con la personificazione della sapienza creatrice e ordinatrice di Dio: essa generata da
Dio, opera accanto a lui, agisce da "architetto di Dio". Non si tratta di una "prosopopea",
un modo poetico per indicare un intervento diretto di Dio. La sapienza non Dio stesso,
ma realizza ci che Dio vuole, lo ordina e lo porta al pieno compimento. Comunque, lo
stesso Dunn, The The%gy o[ Pau/, 267-277, dopo le tante reazione suscitate, sembra
essere pi prudente nell'esprimersi; almeno pi prudente di qualcuno che lo segue troppo
da vicino: cfr per esempio, McGrath, "Change in Christology", 39-50.
62 Capitolo II
105 Cfr in questo senso Feuillet, Le Christ Sagesse de Dieu, 200-202, che si attarda a
discutere se hanno ragione i tomisti o gli scotisti, anche se riconosce che il testo non d
appoggio n agli uni n agli altri.
106 Con Vanni, "Immagine del Dio invisibile", 111-112: il collegamento asindetico dei
due titoli: "immagine del Dio invisibile" e "primogenito di ogni creatura", considera i
64 Capitolo II
due titoli come uniti tra loro e rappresentanti "un unico campo semantico delimitato
progressivamente da due linee convergenti".
107 In Col 1,16 l'aoristo Kttcr91l e il perfetto Kncr'W.l sono passivi teologici, che si
richiamano all'azione creatrice di Dio: Dio che crea per mezzo e in vista di Cristo.
108 Allo stesso modo anche Vanni, "Immagine del Dio invisibile", 109.
109 Per un collegamento tra i titoli di Col 1,15 e di Col l, 18b cfr anche Vanni,
"Immagine del Dio invisibile", 112, anche se con diversa argomentazione.
Col 1,15-20 65
IlO Mi sembra giusto sottolineare con Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu, 225, che
questo titolo stato posto nell 'inno per colpire la particolare dottrina colossese sugl i
angeli: essi, per quanto creature superiori al creato e agli uomini, sono sottomesse a
Cristo, che a capo di tutte le cose che sono in cielo e sulla terra, "visibili e invisibili,
sia troni che dominazioni, sia principati che potest" (Col 1,16).
111 Come risulta dal contesto di Col 1,9-14 e 1,23, il mistero dell'amore creatore e
salvi fico di Dio proposto alla contemplazione dei cristiani n, in maniera pi larga, ai
credenti.
Col 1,15-20 67
112 E accettando anche l'esegesi di Rashi a Gen l, l: tutto stato pensato e voluto a
motivo c per amore di Cristo. Sarebbe un' ottima base esegetica per la visione scoti sta
del primato di Cristo. Comunque, per la storia dell'interpretazione cfr Feuillet, Le Christ
sagesse de Dieu, 202-210.
1L' Cfr in questo senso anche Feuillet, Le Christ sagesse de Dieu, 206, anche se tenta di
restringere il senso a questa sola interpretazione di "in lui".
68 Capitolo II
114 Per il valore del perfetto in Col 1,16 cfr Fanning, Verbal Aspect, 153-154; 293-295.
Col 1,15-20 69
chio senza macchia dell'attivit di Dio"; Sap 9,1-2: "Dio dei padri e Si-
gnore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, che con la
tua sapienza hai formato l'uomo". Tale ruolo dinamico della Sapienza
non visto come subordinato: essa appartiene a Dio, procede dalla sua
bocca (Sir 24,3), emanazione della sua potenza, effluvio genuino della
sua gloria, riflesso della sua luce perenne, specchio della sua attivit,
immagine della sua bont (Sap 8,26-27). Essa eterna come colui che
l'ha generata (Prov 8,23-24), sempre presente (Sir 24,9), presso di lui,
nell 'attuazione delle sue opere (Prov 8,26-30).
La rilettura sapienziale dell'inno molto attenta e vuoI mettere in
evidenza non solo la mediazione di Cristo nella creazione di tutti gli
esseri del cielo e della terra, ma anche che tutti gli esseri trovano in lui,
come nella Sapienza divina, la loro origine, la loro unit, la loro coesio-
ne. La mediazione divina, dinamica ed eterna di Cristo il fondamento
della nostra esistenza e del nostro destino ultimo.
iii) Tutto stato creato in vista di Cristo
Proprio per questo Paolo coniuga la mediazione di Cristo con l' 0-
rientazione di tutte le creature verso Cristo. Egli la causa finale verso
cui tutto tende. In ci vi certamente un superamento del ruolo della
Sapienza. Lo stesso Paolo pone spesso come fine ultimo di tutte le cose
Dio: "Poich da lui, grazie a lui e per lui (ei a'tov) sono tutte le cose.
A lui la gloria nei secoli" (Rom Il,36); "Per noi c' un solo Dio, il Pa-
dre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui (e a'tov), e un solo Si-
gnore Ges Cristo, per opera del quale tutto esiste e noi per opera sua".
Ma qui, in Coll,16f, il Cristo diviene la causa finale di tutto. L'idea pro-
babilmente motivata, come si visto dalle speculazioni rabbiniche sul
Messia: "tutto il mondo stato creato in vista del Messia" (R. Johan-
nan). Ci, a mio parere, significa che la creazione, in quanto deve la sua
origine alla mediazione di Cristo e ha in lui la sua forma e il suo prin-
cipio di consistenza, orientata alla sua Signoria, destinata al suo regno
(Col 1,13). In tal senso, si avrebbe una coincidenza con lCor 15,25-28:
"Bisogna che egli regni e tutto gli sia sottomesso, allora egli consegner
il regno al Padre, affinch Dio sia tutto in tutti". Allora, abbiamo questo
senso: tutto orientato a Cristo come Cristo orientato al Padre; tutto
trova unit in Cristo e in lui con il Padre.
70 Capitolo II
115 Per un approccio simile, ma articolato diversamente, cfr Aletti, Colossiens /./5-20,
93-94; Karris, A Symphony, 78-80, che vi trovano sei modi di esprimere il "primato di
risto": di eminenza, di universalit, di unicit, di totalit, di priorit, di compimento.
E chiaro che un modo, a volte molto sottile, di esprimere gli stessi concetti che qui ho
sintetizzato in tre momenti.
Col 1,15-20 73
opera di lui tutte le cose hanno origine (1,16), consistenza (l, 17b) e fine
(l,16f.20a). Egli ha il primato, perch Dio in lui ha fatto abitare la
pienezza (1,19) della sua divinit (2,9) e per opera di lui e in vista di lui
ha stabilito la nostra redenzione (1,14), riconciliandoci e rappacifican-
doci (l,20) nel suo amore infinito e misericordioso. Nel mistero totale di
Cristo - incarnazione (1,19), morte (l ,20b) e resurrezione (l, 18b) - tutte
le creature formano il suo corpo (1, 18a) e insieme a lui partecipano
all'unica Chiesa (l,18a), che canta l'inno di lode a Dio e a Cristo (1,15-
20), Figlio del suo amore (1,13).
Cristo Re dell'universo, perch possiede un regno d'amore (1,13) e
di luce (1,12), a cui tutte le creature prendono parte (1,13), perch in lui
abbiamo ricevuto la redenzione, la remissione dei peccati (1,14), la libe-
razione dal potere delle tenebre (1,13), perch il Padre ci ha resi degni
di avere parte a questa eredit dei santi (1,12). Ma non solo gli uomini
sono chiamati a far parte della Signoria di Cristo, ma tutte le creature vi-
sibili e invisibili, troni e dominazioni, principati e potenze (1, 16.20c), so-
no state create per opera di lui e in vista di lui (l, 16af) e tutte sono state
riconciliate e rappacificate per opera di lui e in vista di lui (1,20), in
modo che egli abbia il primato assoluto e universale su tutte le cose
(l,18c)116.
3) La teologia di Col 1,15-20
Col 1,15-20 ha un carattere certamente cristologico. Ci non signifi-
ca, per, che nell 'inno non vi siano anche degli aspetti teologici molto
rilevanti, che da una parte danno la giusta dimensione della cristologia e
dall'altra ci permettono di rilevare il quadro teologico globale in cui la
cristologia dell'inno si inserisce ll7 Tale quadro teologico globale ha
due momenti forti:
a) Dio creatore del cosmo. E' un aspetto che risalta in maniera evi-
dente dall'analisi di Col 1,16, che in maniera inclusiva pone l'atto della
creazione del cosmo tra due passivi teologici: K'tlcr811 - EKncr't<Xt (l, 16a;
1,16f). La causa agente originante di tutto il cosmo, di ogni creatura del
cielo e della terra, delle creature visibili e invisibili, come delle potenze
116 A tale proposito cfr le buone applicazioni pratico-pastorali di Edwards, JeslIs the
Wisdom 01 Cod, 69-171; Karris, A Sympholly, 83-89.
117 Di diverso avviso sembra Aletti, Colossiells /./5-20, 45, per il quale "Dieu - nella
nostra pericope - est pass sous silence" e si sforza di minimizzare qualsiasi dato
teologico presente nella pericope. Ma la sua interpretazione mi sembra non solo esage-
rata, ma anche non tiene eonto del contesto in eui l'inno di Col 1,15-20 stato inserito.
74 Capitolo II
angeliche (l, 16b-d), il Padre. Da lui scaturisce la vita, sia come pro-
getto d'amore sia come attuazione attraverso l'opera del Figlio. Il Padre
e il Figlio sono uniti intimamente nell'atto della creazione, tanto che il
Figlio non altro che "l'immagine del Dio invisibile" (l, 15), cio colui
che manifesta nella creazione l'atto d'amore (1,12-13) del Padre che
progetta la creazione e la mette in atto, la concretizza per opera del
Figlio e la orienta verso il Figlio (1, 16af), perch "nel Figlio" (1,16)
trovi il suo scopo (1, 16f), la sua unit (l, 17a.18a), la sua coesione
(1, 17b) e il suo fondamento stabile (1, 16a). Tutte le creature e tutti gli
esseri hanno, cos, la loro origine dal 8l1J.1a divino, dalla volont co-
smico-salvifica del Padre.
b) Dio salvatore del cosmo. Il secondo momento forte de Il 'inno da
ricercare nella eooKia divina (1,19), che intende riconciliare tutti gli es-
seri a s (1,20). Nonostante la dimensione cosmica che l'inno offre in
Col 1,20c, mi sembra che Col 1,15-20 mantenga la normale teologia
paolina della riconciliazione: il soggetto del riconciliare il Padre (1,19-
20) e la riconciliazione ha luogo tra Dio e gli uomini in primo luogo e
in senso subordinato anche con tutti gli esseri della terra e del cielo
(1,20; cfr Rom 8,18-26), mediatore della riconciliazione il Cristo
(1 ,20abc). Ma anche il contenuto interno della riconciliazione paolino,
come dimostrano sia il testo di Coll, 19-20 come il contesto di Col 1,12-
14. In base ad essi, infatti, la riconciliazione ha il suo punto di origine
nell'azione del Padre (1,19), che nel Cristo (1,19a), per opera di Cristo
(l,20) e in vista di Cristo (1,20a) ci libera (l,13), ci redime (1,14), ci of-
fre la remissione dei peccati (1,14), ci dona la sua pace (1,20b), ci rende
degni della sorte dei santi (l, 12) e ci fa partecipe del regno del suo Fi-
glio diletto (1,13). Inoltre, come si detto, la riconciliazione ha il suo
punto forte nel mistero di Cristo: incarnazione (1,19), morte (l ,20b) e
resurrezione (l, 18b). Nella totalit del suo mistero, pertanto, il Cristo di-
viene per volont del Padre (1,19) il primogenito dei risuscitati da morte
(l, 18b) per introdurli nella vita nuova, inizio (1, 18b) della pacificazione
universale (1 ,20b) per ristabilire l'unit di tutti gli esseri, capo del corpo
che la Chiesa (l, 18a), punto culmine della comunione di Dio con gli
uomini, stabilito per mezzo della mediazione universale di Cristo.
CAPITOLO III
EF 1,3-14
Analisi letteraria
l) Contesto
L'inno di Ef 1,3-14 segue immediatamente il praescriptum (1,1-
2) della Lettera agli Efesini, occupando il posto che di norma Paolo
riserva al ringraziamento (Rom 1,8; lCor 1,4-8; 2Cor 1,3-7; Fil 1,3-
76 Capitolo III
lO; Col 1,3~8; 1Tess 1,2-5; 2Tess 1,3-10; Fm 4-7)1. Questo risulta
come un prolungamento della lode che Paolo rivolge a Dio per
l'azione di grazia che opera in mezzo agli Efesini, divenendo insie-
me alla benedizione un'introduzione alla prima parte della lettera
(2,1-3,19), che a sua volta si conclude inclusivamente con una
dossologia a Dio che opera nel Cristo e nella Chiesa (3,20-21).
2) Delimitazione della pericope
L'inno inizia in 1,3 con una formula di benedizione e si prolun-
ga in una serie ininterrotta di participi (1,3b; 1,5; 1,9), di proposizio-
ni relative (1,7; 1,8; 1,11; 1,13; 1,14), causali (l,4) e infinitive finali
(1,4b; 1,12), che determinano l'unit formale dell'inn02 A causa di
ci, l'unica vera cesura si ha con il t 't01)'to di 1,15, dove inoltre si
passa dalla benedizione al ringraziamento ("non cesso di ringrazia-
re") introdotto con il soggetto al singolare (eyro). Anche il contenu-
to di 1,3-14 unico: la lode al Padre per il suo piano salvifico ("il
beneplacito della sua volont", cfr 1,5; 1,9; 1,11), che porta a com-
pimento nella redenzione (1,7; 1,14) nel e per opera di Cristo (1,3.4.
5.6.7.9.10 11.12.13) e per mezzo dello Spirito promesso (1,3; 1,13-
14) a lode della sua gloria (1,6; 1,12; 1,14).
3) Genere letterario
Ef 1,3-14, dal punto di vista della forma, lina eulogia a Dio, una
proclamazione di lode per il piano di salvezza stabilito dalla benevo-
lenza del Padre, realizzato per la mediazione del Cristo e portato a
compimento dall'azione teleologica dello Spirito. Sia per la forma
che per il contenuto si ispira a delle forme inniche dell' AT che han-
no inizio con baruk 'elohe Jahw (cfr SI 31,22; 144,1; Tob 13,1
ecc.) o del giudaismo (cfr 1QM XIII,2; Shema; Shemone 'esre)3. An-
zi, la eulogia cristiana ha la sua origine proprio dalla berakah giu-
daica4 Nel NT, solo due inni incominciano con la fonnula "Bene-
detto Dio": precisamente il Benedictus5 e il nostro inno di Ef 1,3-
146 Nonostante questi riferimenti fonnali, bisogna riconoscere che
Ef 1,3-14 non ha la fonna propria di un salmo7, a cui invece si rif
certamente il Benedictus, ma quella delle composizioni di "prosa
ritmata" che si incontrano nell'epistolario paolino (Fil 2,6-11; Col
1,15-20; Ef 2,14-18; Rom 8,31-39) e nel Prologo di Gv 1,1-18.
In Ef 1,3-14, infatti, si riscontrano gli stessi fenomeni gi registra-
ti negli "inni paolini": il ritmo incalzante delle frasi, un vocabolario
alquanto ricercato e fonnato di parole perispomene8 , il parallelismo
dei membri di frase, le assonanze verbali, poco uso delle particelle di
connessione, molto uso dei participi per creare collegamenti (1 ,3b.5.
9.11.13), ripetizioni di fonnule come "secondo il beneplacito della
sua volont" (1,5.7.9) o "a lode della sua gloria" (1,6.12.14)9 e il
ripetersi martellante, anche se variato nelle fonne pronominali: "i n
lui", "nel quale", della fonnula molto cara a Paolo: "in Cristo"
(1,3.4.5.6.7.9.10-11.12.13)1.
L'importanza di tale fonnula, nell'insieme dell'inno, fa s che Ef
1,3-14, nonostante la sua dimensione trinitaria ll , deve essere conside-
rato come un inno cristologico l2 Infatti, l'elemento cristologico il
cuore o la base portante della benedizione del Padre e dell'azione
santificatrice dello Spirito. Tutto avviene "nel Cristo" e "per mezzo
del Cristo": "in lui", il Diletto (1,6), il Padre rivela il suo disegno
benevolo (1,6; 1,9; 1, Il) di salvare tutti gli uomini, renderli santi e
17 Per altri schemi di struttura cfr Cambier, "La bndiction", 103; Penna, Efesini,
85; lovino, "La conoscenza del mistero", 332-346; Fabris, "II piano divino",
514-515. Molto originale la struttura proposta da Grelot, "La structure", 201-209:
secondo l'Autore Ef 1,3a sarebbe un "refrain" da dover ripetere, almeno mentalmen-
te, in alcuni punti chiave dell'inno, in particolare dinanzi ai tre participi aoristi:
E'l.OYTlaadi I ,3b, 7tpooptaa di 1,5, yvroptaa di 1,9, che introducono delle strofe ri-
guardanti una lode a Dio, e dinanzi alle tre relative EV ciJ di 1,7.1 1.13, che introduco-
no delle strofe riguardanti l'opera di Cristo nel piano di Dio. L'ipotesi, che somi-
glia in parte a quella di Coutts, "Ephesians 1.3- \4", 115-127, molto industriosa ed
difficile negarla come anche ammettarla, dato che non sappiamo se realmente
questo "inno" o "prosa ritrnata" sia mai stata utilizzata per il canto ecclesiale. Inol-
tre, staccare Ef I ,3a da 1,3b un'operazione di convenienza, dato che il participio
attributivo E'l.OYTlaa di 1,3b strettamente unito a E>E Kal 1t<X-nlP, come rico-
nosce lo stesso Grelot (cfr anche Coutts, "Ephesians 1.3-14", 116); d'altra parte, i I
ltpooptaa di 1,5, e forse anche il yvroptaa di 1,9, va legato grammaticalmente ad
EE~a'to Tllii di 1,4 e solo contenutisticamente a 1,3a. Infine, l'ondeggiare del
"refrain" - ora applicato a Dio ora a Cristo - certamente un po' problematico, in
quanto l'inno si rivolge sempre direttamente a Dio che agisce nella storia della
salvezza per mezzo del Cristo. Per una visione d'insieme delle varie proposte cfr
Lincoln, Ephesians, 13-15; Montagnini, Efesini, 71-82.
18 Ho qui adottato il testo del K. Aland, senza per attribuire gran peso alla
punteggiatura da lui proposta. Inoltre, nel v. 14 ho adottato la lettura con il neutro o
piuttosto che quella con il maschile o, perch ritengo, non solo che meglio
testimoniata, ma perch sembra essere, in base al p46 e da alcuni codici dell 'it (b d),
la lettura pi antica che conosciamo. Barth, Ephesians /-3, 95-96; Lincoln, Ephes-
ians, 9-10, accettano invece quella con il maschile oc;, perch sembra essere "Iectio
difficilior". Comunque, se si esclude la testimonianza di a, gli altri codici (D 'l' e !In)
operano spesso cambiamenti sintattici anche per motivi non strettamente letterari,
per cui la loro lettura non del tutto certa.
19 Per un 'analisi pi dettagliata del brano cfr Lincoln, Ephesians, 11-12.
Ef 1,3-14 81
1,13, anche se nelle edizioni vengono staccati dal loro termine reg-
gente con dei punti, sono di fatto da collegare rispettivamente con v
a{ne!) di 1,1 O e con v 'te!) Xptcr'te!) di 1,12.
b) Altro elemento determinante per l'unit del brano la pre-
senza del "Cristo Ges"20: Dio presentato come ilrra'tilp 'tou K'O-
pio'O 1l/lIDV 'Illcrou Xptcr'tOu (l,3a), che ci ha benedetti v Xptcr'te!)
(l,3b), ci ha scelti v a'te!) (l,4), ci ha predestinati ad essere figli 8t
'Illcrou Xptcr'tOu (l,5), ci colm di grazia v 'te!) lyaJtll/lVCP (l,6), v q,
(1,7) abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati 8t 'tou
cii/la'tO a'tOu (1,7), ci svel il mistero della sua volont benevola
che aveva stabilito v a'te!) (l,9): ricapitolare tutte le cose v 'te!)
Xptcr'te!) (l, IOa), quelle del cielo e quelle della terra v a'te!) (l, l Ob);
v q, (l, Il) sono stati scelti i giudei che per primi hanno sperato v
'te!) Xptcr'te!) (1,12); v q, (1,13), dopo aver ascoltato e creduto nella
parola della verit, anche i pagani sono stati segnati con lo Spirito
santo della promessa.
c) Un terzo elemento di unit della pericope il pronome perso-
nale plurale 1l/lE1: lo si trova come soggetto sottinteso in 1,7.11 e
come soggetto delle infiniti ve finali di 1,4b.12; come genitivo pos-
sessivo nelle espressioni 'tou K'OptO'O 1l/lIDV di 1,3a e Tf\ KllPOVO/lta
1l/lIDV di 1,14; come accusativo lo si ritrova: in EOYrlcra 1l/la di
1,3b, in ,E,a'tO 1l/l<X di 1,4a, in rrpooptcra 1l/la di 1,5 e in
Xapi 't(OOEV 1l/la di 1,6; come dativo di termine o vantaggio in yvO)-
picra 1l/l1V di 1,9; e come complemento di favore nell'espressione ~
rrEptcrcrE'OcrEv Ei 1l/la di 1,8.
d) Un quarto elemento di unit della pericope sono le tre espres-
sioni: Ka't 'tilv EOOKtaV 'tOu 8Erl/la'tO a'tOu di 1,5; Ka't 'tilv
EOOKtaV a'tOu di 1,9; Ka't 'tilv ~o'Oilv 'tOu 8Erl/la'tO a'tOu di
l, Il, che sottolineano la costante dinamicit del piano di Dio nell' e-
conomia della storia della salvezza stabilita a nostro favore.
e) Un quinto elemento lo si riscontra anche nella triplice espres-
sione Et Errat vov 'tf 6,ll a'tou di 1,12 e 1,14 e, leggermente va-
riata: Et Errat vov 06,ll 'tf Xapt 'tO a'tOu di 1,6; esse rimarcano che
tutta la storia della salvezza ha un fine unico: la gloria di Dio Padre.
f) Un ultimo elemento degno di nota, sempre da un punto di vista
dell 'unit, la pleroforia delle due espressioni simili21 : Et Errat vov
80ll 'tf Xapt 'tO a'tOu ~ xapi 'trocrV 1llld v 't4) Tya1tllllvep di
1,6 e Ka't< 't 1t.ou'tO 'tf Xapt 'tO a'tOu ~ 1tpicrcrucrV d 1llld,
v 1tCxcrl] cro<l>i~ Kat <l>povrlcrt di 1,8, espressioni che nella loro sovrab-
bondanza vogliono sottolineare la ricchezza di grazia con cui Dio ha
stabilito il suo 9.1l1la a nostro favore.
2) La suddivisione della pericope pi difficile, dato che gli ele-
menti formali del testo non offrono agganci sicuri per una sua sud-
divisione. Cos, c' chi stabilisce una suddivisione facendo leva sui
participi aoristi: 6 .0yrlcra di 1,3a, 1tpoopicradi 1,5, yvropicra di
1,9, 1tpooptcr9v't di l, Il, <XKocrav't Kat mcr'tucrav't di 1,13. Tali
participi hanno un ruolo importante nel nostro testo, in quanto in
1,3-10 mettono in risalto alcune delle azioni salvifiche conseguenti
all'elezione divina (1,4), mentre in 1,11-12 alcune disposizioni ne-
cessarie dei credenti relative al conseguimento della salvezza. Ma i
participi non risolvono tutti i problemi di strutturazione della perico-
pe, per questo altri autori hanno tentato di unire ad essi alcune
ricorrenze dell'espressione finale t E1tatVOV 'tf 80ll di 1,6.12.
l 422 e quelle pi significative dell' espressione preposizionale v ci>
dando ad essa il valore enfatico di " in lui nel quale"23. Comun-
que, sia tali espressioni che i participi, dato che sono elementi gram-
maticali dipendenti, pi che una divisione della pericope indicano
unione con qualche elemento principale della frase. In tal senso, una
divisione rigida della pericope, cio basata su elementi formali asso-
lutamente certi, non possibile. Gli elementi rilevati sono utili, ma
non sempre sicuri. Cos, senza rinunciare del tutto ad essi, credo che
si possa seguire un'altra via di ricerca, basata su altri elementi gram-
maticali: il variare dei tempi, il variare dei soggetti di frase, alcuni
collegamenti sintattici particolari. Tenuto conto di ci, credo che si
possa stabilire:
a) Ef 1,3a e 1,3b sono strettamente uniti per due motivi 24 : l)
perch il participio attributivo descrittivo di 1,3b, redatto sotto la
forma dell' antanak/asis 25 , aggiunge una determinazione particolare
alla eu/ogia di 1,3a, da cui dipende tutto il resto della pericope: Dio
26 Con Penna, Efesini, 84; meno preciso mi sembra Montagnini, Efesini, 82, che
ritiene il participio attributivo descrittivo EUoY~O<x come una motivazione.
27 Cfr anche Penna, Efesini, 84.
28 Allo stesso modo anche Cambier, "La bndiction", 62-67 e 103; Barth,
Ephesians /-3, 99; Penna, Efesini, 84.
29 Per il senso causale di K<x6ro nel nostro contesto cfr BAGD, Lexicon, ad vocem
3; BDR 453,2; per un senso pi sfumato cfr Thayer, Lexicon, ad vocem 3, che lo
definisce pi che causale come "corresponsive"; Cambier, "La bndiction", 67-68;
Lincoln, Ephesians, 16-17; Montagnini, Efesini, 84 nota 46: "come verQ che";
ma forse va molto bene la congiunzione causale italiana: "siccome" (con Penna,
Efesini, 88).
30 L'esclusione dell'intinito presente tinale ev<XI di Ef l,4b dall'attuale discussione
non pone problema, in quanto esso non indica temporalit, ma solo valore aspet-
tuale: Dio ha scelto il cristiano, perch egli sia sempre santo e immacolato dinanzi
a lui nell'amore.
3\ L'intinitiva tinale di I Ab certamente una proposizione dipendente da
eEi:<X"tO, ma rimane sempre una proposizione distinta dalla sua principale; quindi
pu stabilire una leggera cesura strutturale, che mette in rilievo il progredire del
pensiero generale dci testo.
84 Capitolo III
Analisi esegetica
EUOY11't ge Kat 7ta't1p 'tou KUptOU 1lloov 'I11O"oU XptO"'tou:
"Benedetto () il Dio e Padre del Signore nostro Ges Cristo".
EUoY11'to: in italiano abbiamo la forma del participio passivo: "be-
nedetto", mentre il testo greco riporta l'aggettivo verbale eUoY11'to,
4~ Barth, Ephesians /-3,94-95, ipotizza delle clissi in 1,13, da dover supplire con
l'introduzione di qualche fonna dci verbo Ei~i. Personalmente, non credo che vi sia
n un anacoluto n alcuna dissi (come pensa Lincoln, Ephesians, 38), ma solo un
iperhato tra il soggetto ~E' e il suo predicato verbale O'$payl0'9'1tE.
44 Tale elemento ritenuto conclusivo anche da Lincoln, Ephesians, 16.
88 Capitolo III
inviato del Padre, il Messia, per la nostra salvezza; 2) perch 1ll essa
percepiamo un'altra grande rivelazione del NT: "nel Cristo Ges"
abbiamo ricevuto il grande dono di "essere figli di Dio"; 3) perch
il Cristo Ges il "centro", il fondamento e il mediatore di tale
rapporto filiale del Padre con noi e di noi con il Padre: "in lui" noi
incontriamo la salvezza del Padre e riceviamo i benefici con cui il
Padre ci ha benedett052 . In tal modo, la benedizione di Dio da parte
della comunit diviene proclamazione, riconoscimento e lode della
paternit di Dio, che "ne Il 'amore" e "nel Diletto" ci ha redenti, ri-
colmati dei doni della sua grazia e soprattutto resi suoi figli. Ma
anche proclamazione e lode di Ges, che quale mediatore tra noi e il
Padre ci rende degni di innalzare a lui la nostra "benedizione".
'O E.oyi]cra TUHX v mxcrD E.Oyt~ 1tvEU/-la'n K1J v 'tOt
1wupavtotv Xptcr't0: "Che ci ha benedetto con ogni benedizione
spirituale nei cieli, in Cristo". E.oyi]cra T]/-l&: il participio aoristo
E.oyi]cra in funzione attributiva a "Dio" e, in quanto tale, intro-
duce un'efficace figura retorica: l' antanaklasis, che consiste nella
ripetizione di uno stesso termine, ma in senso differente53 , qui uno
passivo e uno attivo: il Padre non solo benedetto (oggetto della
benedizione), ma anche "colui che benedice" (soggetto della
benedizione)54. Ma, mentre nel primo caso, il termine equivalente a
"lodare, celebrare, magnificare", ora esso assume il senso di "con-
cedere abbondanza di doni", "fare benevolenza" e concretamente
nel nostro testo "elargire il dono della salvezza". Ci avvenuto,
come indica l'aoristo, in un momento precis0 55 : nel sacrificio cruen-
to di Cristo (l, l O) per mezzo del quale abbiamo avuto parte alla
sorte dei santi (1,7.11), nella fede (1,13: "avendo ascoltato e
creduto") con cui abbiamo avuto parte alla "parola della verit", al
"vangelo della salvezza" (1,13) e nel battesimo quando siamo stati
segnati con lo Spirito (1,13-14) per ricevere la redenzione (1,7.14),
la remissione dei peccati (1,7), l'adozione a figli (1,5.14) e l'abbon-
danza della grazia (1,7-8). Non si tratta di tre momenti distinti, ma di
52 SchIier, Efesini, 55; Cambier, "La bndiction", 63; Penna, Efesini, 86; Fabris,
"Il piano divino", 516.
53 Per questa figura retorica cfr Rocci, Vocabolario, ad vocem b; Lausberg,
Handbuch, 663, p. 335; Marchesi, Dizionario, 23; Cambier, "La bndiction", 62;
Barth, Ephesians 1-3, 77.
54 Schlier, Efesini, 55; Cambier, "La bndiction", 62.
55 Cfr Fanning, Verbal Aspect, 415-416. Schlier, Efesini, 56, pensa che l'aoristo
oYTlcra si riferisca al battesimo; Cambier, "La bndiction", 63, ritiene che esso
in primo luogo richiama la "morte di Cristo" e poi (in senso logico, non cronologi-
co) l'''inizio della vita cristiana". lo credo che bisogna anche aggiungere il momen-
to in cui attraverso la fede il cristiano si unisce a Cristo e partecipa alla sua morte e
resurrezione.
90 Capitolo III
sto stato assiso, quando Dio lo risuscit dai morti; in 2,6 ancora il
luogo dove Dio, ricco di misericordia, fa sedere tutti coloro che sono
stati salvati e risuscitati con Cristo; in 3, lO il luogo dove Dio
manifesta a tutti, compresi i Principati e le Potenze, le insondabili ric-
chezze di Cristo, il mistero nascosto da secoli nella mente di Dio e la
sua multiforme sapienza; in 6,12 il luogo dove abitano le potenze
del male61 , contro le quali il cristiano deve lottare e avere fiducia di
vincere nella potenza del Signore risorto e glorioso. In base a tutti
gli esempi riportati, l'espressione "nei cieli" indica non solo il luo-
go da dove proviene la benedizione divina, ma soprattutto il luogo
dove Cristo con la sua vittoriosa resurrezione ci ha reso partecipi
della benedizione del Padre. Per questo, viene aggiunta un'altra de-
terminazione preposizionale: "nel Cristo"62. Essa non va intesa solo
in senso 10cale63 , come la precedente determinazione, ma con la stes-
sa ampiezza della formula paolina: "per opera di Cristo", che
attraverso la sua mediazione (senso causale efficiente ministeriale) ci
ha resi partecipi della redenzione e della filiazione divina, e "i n
Cristo", cio uniti a lui (senso locale-sociativo), abbiamo sperimen-
tato ed esperimentiamo tutto l'amore del Padre e della sua benevo-
lenza salvifica 64
che nel Cristo ci redime, ci rende figli e nello Spirito ci segna per essere santi e
immacolati.
65 Per l'uso di Kcx9wC; con senso causale di "siccome = poich" cfr Rom 1,28; I Cor
1,6; 5,7; Fil 1,7; cfr, oltre la p. 8 nota 33, anche BDR, 453,2,4.; Rocci,
Vocabolario, ad vocem.
66 Schlier, Efesini, 64; Cambier, "La bndiction", 68-69.
67 Con Schlier, Efesini, 64; Cambier, "La bndiction", 69, pensa ancora al solo
senso strumentale, cio alla mediazione del Cristo.
68 Cfr Hauck, )((X1:(X~o.T\, 231-234; Hofius, )((X1:(X~0.r\, 255-256; Idem, '" Erwahlt vor
Grundlegung der Welt' (Eph 1,4)", 123-128, dove riporta anche dei parallel i
giudaici, in particolare l'espressione q6dem b'r/'al 'olam di Midr.Pss 10,1; 74,1;
93,3.
69 Cfr tutti i ragionamenti pi o meno credibili di Schlier, Efesini, 65-67; e le
precisazioni di Cambier, "La bndiction", 68-70; Lincoln, Ephesians, 23-24.
70 Cosi Fabris, "Il piano divino", 517. In quanto a tutte le speculazioni sulla
preesistenza del popolo eletto cfr Schlier, Efesini, 65-66; Penna, Efesini, 89-90.
EI1,3-14 93
74); basta rileggere Ef 1,3 e il resto dell'inno: nello stile di quest'inno moltipli-
care le aggiunte preposizionali.
77 Il verbo composto 1tpoopiElv etimologicamente significa "porre un limite prima
di qualcosa", quindi "predelimitare", "prefissare", "predetenninare", "prestabilire" e
poi in senso tecnico-religioso: "predestinare". In base a l ,4, il "punto limite" sem-
bra essere "la creazione del mondo". Allora, la vocazione cristiana alla santit e alla
figliolanza divina posta oltre questo limite storico-cosmologico e si inserisce nel
piano eterno di Dio. In tal senso, la "predestinazione" non si riferisce alla salvezza
eterna, ma alla proposta che Dio fa ad ogni uomo di partecipare alla santit e alla
figliolanza, in altre parole di accettare nella fede il suo progetto di amore (Barth,
Ephesians /-3, 105-109; Coenen, KkyOl!at, 564-565). In base a tale progetto, Dio
"ci ha predestinati ad essere confonni all'immagine del Figlio suo" (Rom 8,29),
chiamati ad essere santi (Rom 1,7; 8,30) e figli (Ef 1,5), secondo il disegno di colui
che tutto opera (Ef I, Il) e tutto ha predisposto, nella sua sapienza avvolta nel mi-
stero, per la nostra gloria (ICor 2,7; cfr Ef 1,8-9) e per la lode gloriosa della sua
grazia (Ef 1,6.12.14). Per l'uso di 1tpoopiElv cfr Schmidt, 1tpoopinv, 1278-1280;
Allen, "The OT Background", 104-108; inoltre, a tal proposito, cfr la buona
osservazione di Penna, Efesini, 91.
Ef 1,3-14 95
78 Sul concetto di predestinazione cfr Dion, "La prdestination chez S. Paul", 5-43.
79 Per il concetto di uio9EO'lacfr von Martitz - Schweizer, Ut09Ema,268-274;
Feigin, "Some cases of Adoption", 186-200; Schoenberg, "Huiothesia", I 15-123;
Lyall, SIa ves, Citizens, Sons, 67-99; Scott, Adoption as Sons oj God, Tiibingen
1992. Nel greco profano presente dal 11 sec. a. C. ed un termine giuridico per
indicare l'adozione a figlio, mentre nel NT assume una chiara valenza teologica,
come testimoniano Rom 8,15.23; 9,4; Gal 4,5.
80 Buscemi, "Libert e Huiothesia", 130-135.
81 Flowers, "Adoption and Redemption", 16-21; Theron, "Adoption in Pauli ne
Corpus", 6-14; Schoenberg, "St. Paul's Notion", 51-75; Drago, "La nostra adozio-
ne", 203-219; Lyall, "Roman Law", 458-466; Byrne, 'Sons ojGod', 126-127.
82 De la Calle, "La 'Huiothesia' de Rom 8,23", 77-98; Rossi, La creazione tra il
gemito e la gloria, 127-128.
96 Capitolo III
83 Cfr anche Gal 4,4-5, ma sottolineando una differenza prospetti ca: mentre Ef 1,5
sottolinea la mediazione nel progettare la nostra predestinazione, Gal 4,4-5 pone
l'accento sulla mediazione di Cristo nella realizzazione concreta della nostra figlio-
lanza divina all'interno della storia umana o, per dirla con Paolo, "nella pienezza
dei tempi" (cfr anche Drago, "La nostra adozione", 212-213).
84 Con Cambier, "La bndiction", 75-76; Penna, Efesini, 91-92; ma anche
Schlier, Efesini, 72 nota 42, nonostante che egli sceglie la prima interpretazione.
85 La si trova solo qui e con leggere variazioni in Ef 1,9: Ka't 't'jv EOOKtaV a'toi);
l, Il: Ka't 'tl1v ~01J.l1v wi) 9E.T1Ila1:0 a'toi) (e poco prima 1,11: Ka't 1tp09EOW 'toi)
't mXv'ta VEpyoi)V'to, che certamente sulla stessa linea di pensiero) e in Gal 1,4:
Ka't 't 90" lllw 'toi) 9EOi) Kat 1tmp TUHOV.
86 Fuori dell'epistolario paolino si trova in IPt 4,19; IGv 5,14 (cfr anche Ebr 2,4:
Ka't 'tl1V awi) 9.ll<J\V); nella letteratura patristica: Ignazio, Ad Smyrnaeos, l, l;
Giustino, Dia!. Tryph., 116.
87 Cfr IEsd (LXX) 8,16; Sir 8,15; 32 (35),17; Dan Il,16.36 (nel TM anche in
4,32; 8,4; Il,3); nella letteratura rabbinica lo si trova all'inizio del Qaddish: "Ma-
gnificato e santificato sia il suo grande Nome nel mondo che Egli ha creato secondo
il suo volere (T1m:l::J)". Un esempio lo si pu trovare anche nella letteratura profana
in POxy VI,924,8, ma tardivo (IV sec. d.C.) (cfT Moulton - Milligan, Vocabulary,
ad vocem 9.lllla; Schrenk, 9.lllla, 295 nota 16).
88 Buscemi, Preposizioni, 76.
89 Per il concetto di EooKla cfr Schrenk, EoKta, I 131-1 132; Bietenhard,
EOOKW, 1285-1288; Spicq, EOKW, 307-315; Mahoncy, EooKla, 75-76.
90 Per il genitivo di qualit cfr BDR, 165; mentre per l'accumulo dei genitivi di
diversa valenza grammaticale cfr BDR, 168,2,2.
EI1,3-14 97
tion", 84.
EI1,3-14 101
fusione con i "misteri" delle religioni pagane, non si vede il motivo per cambiarlo
nelle nostre lingue con il tennine meno evocativo: "segreto" (cfr anche Lincoln,
Ephesians, 30-31). D'altra parte, il tennine "segreto" potrebbe adattarsi all 'inten-
zione divina, finch era rimasta nascosta; il tennine "mistero", invece, evoca una
dimensione escatologica: esso stato manifestato nell'evento-Cristo, ma nello
stesso tempo siamo condotti dallo Spirito a comprenderlo meglio e soprattutto a
divenirne partecipi.
115 Viteau, tude, I, 355, p. 151, e 267, p. 161; BDR, 394.
116 Per il tennine <XVu,lCE<j)u,,moro cfr Schlier, <xvU,lCE<j)u,,moollm, 386-390; Merklein,
<Xvu,w)>u.,moro, 82-83; Schlier, Efesini, 89-91; Barth, Ephesians /-3, 89-92; Penna,
Efesini, 98-100, anche se la sua traduzione estremamente letterale poco convin-
cente; inoltre, l'azione non parte dal basso, ma parte da Dio che muove tutto il co-
smo a trovare la sua unit e il suo capo in Cristo.
117 Buscemi, Preposizioni, 23.
118 Anzi, a partire da S. Ireneo stata la lettura esegetica pi comune (cfr Lincoln,
Ephesians, 32-34).
119 Tale senso, per, non si registra nel greco classico. Anzi, si pu essere certi che
il tennine <xvu,n:cI>u,,moro deriva da lCEcI>U,U,\OV e non da lCEcI>U,,Tl. Dato che Cristo veni va
denominato lCEcI>U,,Tl (Col 1,18), possibile che in base ad esso venne data una
sfumatura semantica diversa al verbo <xvu,n:cI>u,,moro (cfr Schlier, <XVu,lCEcilu,,moollm,
390). Barth, Ephesians /-3, 91 nota 92, fa risalire tale interpretazione fino al
Crisostomo.
120 Cfr Thayer, Lexicon, ad vocem <xvu,n:cI>u,,moro; per il medio dinamico cfr Cignelli
- Bottini, "Le diatesi del verbo II", 237-244.
121 In Ef 1,22 non c' dubbio che lCEcilu,,Tlv un predicativo dell'oggetto (u'ln:ov). Pi
Ef 1,3-14 103
lui che tutto riempie in ogni sua parte (Ef 1,22-23). "Tutte le cose":
come specifica l, 10b, si tratta di "tutte le realt che sono nel cielo e
nella terra" ('t 7t 'to' oupavo' Ka 't 7t 'tf yf v au'te!', quin-
di, decodificando il binomio "cielo-terra", tutto il cosmo.
'Ev Q) Ka KT\proerUleV: "In lui, nel quale anche siamo stati
scelti/messi a parte". 'Ev Q): il pronome relativo ha valore pregnante,
per questo bene renderlo con l'enfatico "in lui, nel quale", che
anche se risulta sovrabbondante, per consono allo stile dell' inno:
indica il Cristo, signore di tutte le cose e della Chiesa. Kai: additivo
e pu rafforzare sia ci che precede: "proprio in l u i "122, sia ci che
segue: "anche siamo messi a parte"l23. Nel primo caso l'accento ca-
de sul ruolo di Cristo, nel secondo sull'essere "messi a parte". For-
se, il fatto di essere posto a centro dell'espressione una finezza re-
torica per attribuirlo ad entrambi i membri della frase: "Proprio in
lui anche (noi) siamo messi a parte". KT\pocreai 24 : un verbo de-
nominativo fattivo: "stabilisco, scelgo mediante la sorte" e in senso
intensivo-perfettivo: "scegliere", "mettere a parte", "destinare".
In base al contesto, "siamo scelti e destinati" a ricevere come nostra
"parte" "lo Spirito della promessa"125 e l'eredit (Ef 1,13-14). A
chi si riferisce la prima persona plurale KT\ProeT\lleV? ancora a tutti i
cristiani oppure ai soli giudei, dato che in 1,13 il "voi" si riferisce ai
destinatari della lettera, per lo pi di origine pagana? Questa seconda
ipotesi, stando anche a 2,14-18 e altri brani, sembra la pi probabile.
Con essa si spiega meglio anche l'uso del participio attributivo w
7tpOT\ID KOW, che indica persone che hanno sperato per prime o pri-
ma di altre, e forse anche di 7tpooplcrev'te, che allora prenderebbe il
senso di "essere destinati prima o per primi". L'espressione v au-
'te!'> KT\ProeT\IlEV sembra riferirsi all'azione storica di Dio in Cristo e
pertanto non si riferisce tanto alla predestinazione pretemporale, ma
al fatto che i giudei siano stati scelti per primi a ricevere i benefici
della salvezza 126
npooptcrev'te Kcl't 1tpOeecrtv wu 't miv'ta vepyouv'to Ka't 't1v
~OUA1v 'tOu eeArllla'to a'tou: "predestinandoci (o essendo stati pre-
destinati) secondo il proposito di colui che opera potentemente se-
condo la decisione della sua volont". npooptcrev'te: un partici-
pio congiunto di valore causale: "dato che/poich siamo stati prede-
stinati"; oppure, di valore modale di azione concomitante a quella
principale: "predestinandoci" o pi liberamente: "siamo stati messi
a parte e destinati per primi". Il senso del verbo 1tpoopi,etv 127
certamente mutato rispetto a quello registrato in 1,5: ha assunto il
senso etimologico di essere "destinato per primo o prima di altri".
Infatti, esso non si riferisce pi al disegno eterno di Dio, ma al realiz-
zarsi concreto e storico di quel disegno nel Cristo l28 . Quindi, la
"p re-destinazione" dei giudei si inserisce nello svolgimento storico
del disegno salvi fico di Dio. Ka't 1tpOeecrtv: il termine 1tpOeecrt 129,
allora, non coincide con il "disegno di Dio" (eATUW), ma indica il
modo concreto che Dio ha prestabilito per realizzare il suo dise-
gno l3O Ci confermato dal fatto che subito dopo viene inserita
un'ulteriore precisazione: Ka't 't1v ~OUA1V 'tou eeArllla'to a'tOu,
che richiama le espressioni simili di 1,5: "secondo il beneplacito
della sua volont" e di 1,9: "secondo il suo beneplacito, che egli
prestabil in lui". Unica differenza, ma molto indicativa, l'uso del
termine ~OUArl. Esso indica la "decisione", la "determinazione";
quindi, indica qualcosa di concreto, tanto che pu anche significare
il "decreto stabilito dalla decisione presa dall' assemblea"131. Allora,
i giudei sono stati scelti per primi secondo la decisione di Dio, che
ha stabilito l'adempiersi storico della salvezza nel Cristo.
Ei 't elVat 1lla ei E1tatVOV 6Sll a'tOu 'tO 1tpollAmKo'ta v
't<\) Xptcr't<\): "affinch noi, che abbiamo sperato prima nel Cristo,
fossimo a lode della sua gloria". L'ei + accusativo dell'infinito in-
dica finalit o scopo. "noi": a motivo dell'aggiunta participiale at-
126 Schlier, Efesini, 92; Barth, Ephesians 1-3, 92-94 e 130-133; Penna, Efesini,
IO 1-102; Fabris, "11 piano divino", 521; in contrario Lincoln, Ephesians, 37;
Montagnini, Efesini, IlO (cfr sopra p. IO nota 45).
127 Per l'uso di npoopiElv cfr Schmidt, npoopinv, 1278-1280.
128 Cfr Penna, Efesini, 101; Fabris, "11 piano divino", 521-522.
129 Per ii senso di np09Ecr\(; cfr Maurer, npo9E(J\(;, I 159-1266; Jaeobs - Krienke,
npoTi9TUlt, 1470-1471; Balz, npo9Ecrt, 157-158.
130 Il testo lo indica come "colui che opera tutto potentemente", secondo una
definizione molto cara a Paolo (cfr ICor 12,6.11; Gal 3,5; Fil 2,13).
131 Per l'uso di ~o'\J1l cfr Rocci, Vocabolario, ad vocem; Schrenk, ~o'\J1l, 311-319;
Schlier, Efesini, 94.
El 1, 3-14 105
132 Il participio perfetto non indica solo il momento dell'adesione dei giudeo-
cristiani a Cristo, ma anche l"effetto del perdurare della loro tiducia nell'azione sal-
vifica di Cristo (cfr anche Schlier, Efesini, 95; Lincoln, Ephesians, 37), tanto che il
participio perfetto potrebbe essere tradotto con il senso durativo continuo del parti-
cipio presente: ""noi, che speriamo nel Cristo". Ed proprio il perdurare di questa
"speranza" che li rende testimoni della gloria di Dio.
111 Tale espressione la si trova anche in 2Cor 6,7; Coll,S.
1.14 Questo secondo relativo preposizionale v 4> pu avere nel testo una doppia di-
106 Capitolo III
Analisi tematica
La ricchezza tematica di Ef 1,3-14 risulta abbastanza evidente
dall' analisi esegetica, che da un punto di vista contenutistico svilup-
nel nostro testo che attraverso lo Spirito diveniamo appartenenti a Dio e partecipi
dell'eredit. Comunque, cfr Schlier, E(esini, 99-102; Penna, E(esini, 103. Barth,
Ephesians 1-3, 135-143, che, pur non escludendo il riferimento al battesimo, lo
riferisce ad una "eschatological preservation". Ma io credo che il cristiano nel
battesimo viene proprio segnato per godere tale "eschatological preservation", i n
quanto diviene possesso di Dio.
139 Per il concetto cfr Behm, ppa~wv, 1263-1266; Becker, ppa~wv, 517-518;
Sand, ppa~wv, 157- I 58.
140 Pcr l'uso del tcrmine cfi- Foerster, Kl]povoflia, 6 I 1-664.
141 nfpl1toil]cn un tcnnine di azione, divenuto nella lingua greca un temline tecni-
co della vita commerciale. Applicato a Dio, indica ratto con cui egli acquista per s
il suo popolo (cfi- Kruse, "II signiticato di peripoiesis in Ef 1,14", 465-493;
Beyreuther, 1tfPI1tOlfOflat, 1336-1337; Spieq, 1tfPI1tO\Oflat, 687-(89).
108 Capitolo III
e "in lui" diviene lode all'amore del Padre che tutto ha stabilito,
previsto e attuato nella sua benevolenza verso gli uomini, suoi figli.
2) Il disegno di Dio
La teologia di Ef 1,3-14, rispetto a quella degli inni di Fil 2,6-11
e di Col 1,15-20, non solo molto sviluppata, ma fa anche parte di
un disegno trinitario molto ben delineato, tanto che qualche autore
l'ha ritenuto come l'elemento pi importante per la struttura del-
l'inno: il Padre l'autore della salvezza, che ci ha eletti e predestina-
ti, ci ha fatto grazia e ci ha manifestato il suo mistero, egli anche il
fine di tutta la storia della salvezza; il Figlio il mediatore universale,
nel quale riceviamo la redenzione e la figliolanza, nel quale Dio nel-
l'amministrazione della pienezza dei tempi fa tutto convergere in
unit, perch egli sia il capo del popolo santo di Dio; lo Spirito il
segno della nostra totale appartenenza a Dio, del nostro cammino
verso la santit e dell' eredit che ci attende nei cieli per proclamare
la lode gloriosa di Dio.
L'azione del Padre, in Ef 1,3-14, descritta attraverso una serie di
verbi all'aoristo: "ci ha benedetto" (1,3), "ci ha scelto" (1,4), "ci
ha predestinati" (1,5), "ci ha fatto grazie" (1,8), "ci ha rivelato il
mistero del suo disegno di amore" (1,9), aoristi che si richiamano
tutti al "beneplacito della volont del Padre" (1,5.9), alla ricchezza
della sua grazia (1,7), al mistero del suo disegno (1,9), alla decisione
della sua volont (1, Il). In base a ci, la nostra salvezza ha origine
in primo luogo dalla EOKta del Padre, da un atto del suo amore
infinito per tutte le creature, uomini e cosmo; tale amore, poi, si con-
cretizza nel 9:rllla del Padre, che come indica il termine greco
l'effetto del suo volere di amore, ci che egli vuole per amore del-
l'uomo o in termini pi concreti: il suo progetto, il suo disegno.
Volont e amore sono talmente connessi che il testo di Ef 1,3-14 li
coniuga continuamente tra loro, in espressioni talmente cariche di
senso che a volte risulta difficile esprimerne tutta la ricchezza. Cos,
in 1,5 siamo predestinati "secondo il beneplacito della sua volont",
dove il genitivo pu essere soggettivo e oggettivo insieme. Dio, infat-
ti, attraverso il suo amore manifesta il suo disegno salvi fico e la sua
volont salvi fica manifesta il suo infinito amore. E tutto ci si rivela
a noi nel fatto che egli ci ha predestinati ad essere santi e immacolati
come lui dall'eternit, da prima della creazione del mondo. Tutto
ci, in 1,7, manifesta la ricchezza della grazia del Padre, cio della
salvezza intesa come dono divino che ci stato concesso gratuita-
mente, con la gratuit dell 'amore che tutto redime, eleva, santifica e
unifica. E' il mistero dell 'amore di Dio, che nel Figlio diletto (1,6.
110 Capitolo III
lO) porta tutto all'unit, secondo quel progetto che egli aveva
stabilito nella sua benevolenza: "ricapitolare/raccogliere sotto un
capo tutte le cose nel Cristo" (1,10). Inseriti in lui, infatti, siamo
scelti per aver parte all'eredit secondo la decisione amorosa del
Padre (1, Il) per i suoi figli (1,5).
Concretamente, l'inno definisce questo agire amoroso di Dio
come una eulogia di Dio a favore degli uomini. Il senso non pi
quello passivo di ricevere una lode o un ringraziamento, ma quello
attivo di concedere un bene, un favore: il A.Oyo 'tou eeou che an-
nuncia e opera il bene a favore delle sue creature e in particolare
dell'uomo. Nell' AT la benedizione si coniuga col tema dell'allean-
za. Cos, in Abramo e nella sua discendenza tutte le genti ricevono la
benedizione (Gen 12,3; 18,18; 22,18; cfr Gal 3,14) e in Ez 34,23-31
e 36,22-32 la nuova alleanza di Dio con il suo popolo (cfr anche
Ger 31,31-33) stabilita attraverso la benedizione. In base a questi
testi, proprio la benedizione che costituisce il popolo santo di Dio e
gli concede un cuore nuovo e soprattutto uno Spirito nuovo che lo
rende fecondo di ogni bene e lo introduce nell'eredit. Cos, il tema
della eulogia costituisce il perno dell'iniziativa divina, del suo dise-
gno eterno di amore: tutto scaturisce da questa benedizione, espres-
sione piena della volont amorosa del Padre verso il suo popolo e
verso tutti i suoi figli. Tale pienezza di benedizione un dono che
viene dall'alto: ha origine in Dio, ci dispensata nel Cristo in cui
tutte le promesse trovano il loro compimento (1,4-10), agisce inte-
riormente in noi nell'azione santificatrice dello Spirito (1,13-14).
a) Eletti per essere santi
Da questa pienezza di grazia (1,7) scaturisce l'elezione (1,4),
quale prima manifestazione concreta del A.Oyo 'tou eeou a favore del
suo popolol42, che in base a Ef 1,11-14 costituito ormai da tutti
coloro, giudei prima e pagani dopo (cfr il "noi - voi" di 1,11.13),
che hanno "sperato nel Cristo" (1,12), hanno ascoltato "la parola
della verit" (1,13), hanno creduto nel "vangelo della salvezza"
(1,13), sono stati scelti (1,4) e segnati nel Cristo (1,13) con il segno
dell'alleanza: lo Spirito di Dio, posto nel nostro cuore (cfr Gal 4,6;
Rom 8,15-16) quale "caparra" (1,14) della nostra figliolanza (1,5),
della nostra appartenenza al popolo di Dio (1,14) e alla partecipazio-
ne all'eredit (1,14). Tale elezione, stando ad Ef 1,4, assume tre ca-
142 Notare come entrambi i tennini e-,oyiae h::-.yro derivano da una radice comu-
ne: .yro. In tal modo, il dire del Padre non si limita solo ad augurare il bene, ma
soprattutto a realizzare il bene per le sue creature e ci avviene mediante il suo rivol-
gersi alle creature scegliedole e chiamandole nel suo amore.
Ef 1,3-14 111
cato come il "Padre del Signore nostro Ges Cristo" (cfr Rom 15,6;
2Cor 1,2; Il,31; Col 1,3). In base a ci, la formula si arricchisce di
una splendida luce teandrico-messianica. Infatti, essa si riallaccia al
titolo messianico-cristologico Kuptou 'Ill<mu XplO"WV 51 Tale formu-
la comune nell'epistolario paolino e anche nella Lettera agli Efesi-
ni, dove compare in 1,3.17; 3,11; 5,20; 5,23.24. Essa ci immette nel-
la comprensione profonda del mistero di Cristo: egli il "Signore
Ges Cristo". Ges fa riferimento al Ges storico l52 , al quale sono
attribuiti i due titoli cristologici di "Cristo" e di "Signore": Cri-
sto l53 sottolinea la messianicit di Ges: egli l'inviato di Dio che
deve portare a compimento il disegno salvifico di Dio, la santifica-
zione (1,4), l'adozione a figli (1,5), la redenzione totale dell'uomo
(1,7.14), la rivelazione del mistero (1,9-10), la partecipazione al po-
polo santo di Dio e all'eredit (1,13-14). Signore l54 evidente tra-
sposizione cristologica dell'attributo divino che l'AT riservava solo
a Jahv e sottolinea che per Paolo Ges non era un semplice "invia-
to di Dio", ma insieme al Padre l'autore stesso della nostra salvezza:
in lui Dio stesso opera concretamente la liberazione all'interno della
storia umana secondo il suo eterno disegno di amore. Ma con ci
non si esaurisce ancora la ricchezza cristologica della formula di Ef
1,3, in quanto il titolo cristologico: "Signore Ges Cristo" specifica
il titolo divino: "Padre" sottolinenando il rapporto di intimit che
esiste tra Dio e Cristo. Egli "il Diletto" (Ef 1,6) del Padre o, come
dice in maniera stupenda ed efficace Col l, l3, "il Figlio del suo
amore". In lui, origine, centro e termine dell'amore divino, il Padre
ci ha scelti, ci ha redenti, ci ha segnati con il suo Spirito, ci ha resi
figli e ci fa trovare il punto di unit e di incontro con s. Cos, "nel
Cristo" anche noi abbiamo un rapporto speciale con il Padre l55 La
151 In tal senso cfr Romaniuk, L 'amollr dll Pre et du Fils, 55; Hengel, Between Jesus
and Paul, 65-67.
152 Cosi per esempio Cerfaux, Le Christ, 375; Foerster, KuptO, 1470; e in maniera
pi estesa in "llO"o', 917-934.
153 Per questo titolo cristologico cfr Cerfaux, Le Christ, 361-381; Kramer, "Christ,
Lord, Son of God", 19-64; Verms, Jesl/s the Jew, 129-159; Hengel, Between Jesus
and Paul, 65-77.
154 La letteratura molto vasta. Qui baster citare Certux, "Le titre Kyrios", 3-188;
Le Christ, 345-359; Cullmann, Cristologia, 301-358; "Kyrios", 200-228; Venns,
Jesus the Jew, 103-128; Hurtado, "New Testament Christology", 306-317 (con
bibliografia recente); Foerster, KuptO, 1450-1488; Spicq, KuptO, 415-428.
155 Cfr Penna, E(esini, 86, anche se tende a ridimensionarne il valore per il fatto
che cssa si trova pi spesso nei fonnulari protocollari (Rom 1,7; ICor 1,3; 2Cor
1,2; Gal 1,3.4; Ef 1,2; Fil 1,2; Col 1,2; 2Tess I, I; Fm 3) che nei "corpus" delle
lettere paoline (Fil 4,20; ITcs 1,3; 3,11.13; 2Tess 2,16). Ma per quanto stereo-
tipata, la fOn1lUla indica un profondo convincimento di Paolo: noi siamo figli di
Dio (Rom 8,9.14; 9,26; Gal 3,26; 4,5-7; Ef 1,4) e tmiliari di Dio (Ef 2,19).
118 Capitolo III
EF 2,14-18
Analisi letteraria
1) Contesto
L'inno di Ef 2,14-18\ inserito nella lunga catechesi ecc1esiolo-
gica di Ef 1,15-3,21, le cui articolazioni mostrano un approfondi-
mento sapienziale progressivo del mistero di Cristo e della Chiesa.
Cos, in Ef 1,15-23, ci viene mostrato il progetto di Dio, che tutto ha
sottomesso al Cristo, costituendolo capo del coSmo e della Chiesa,
principio della speranza a cui siamo stati chiamati, della ricchezza
dell'eredit divina tra i santi e della straordinaria grandezza della po-
tenza salvifica di Dio verso tutti i credenti. Tale potenza si manife-
stata a favore dei gentili che a causa dei loro peccati erano figli della
disobbedienza e a favore dei giudei che adempiendo i voleri della
carne erano divenuti figli dell'ira (Ef 2,1-10). Ma Dio, nel suo gran-
de amore, ha convivificati con Cristo tutti i credenti, noi una volta
morti a causa dei peccati, ma ora conrisuscitati con Cristo e salvati
Per Ef 2, 14-18 cfr Merklein, "Zur Tradition", 79-102; GonzaIez Lamadrid, Ipse
est pax nostra, Madrid 1973; Zerwick, Cristo nostra pace, Torino 1974; Ramaro-
son, "Le Christ, notre Paix", 373-382; Penna, "L'Evangile de la paix", 175-
199; Karris, A Symphony, 92-111, che restringe l'inno a Ef 2,14-16.
122 Capitolo IV
4) Struttura letteraria/ 2
Il La presenza di ul-llv in 2,17 non credo affatto che incida, come pensa Lincoln,
Ephesians, 128, sul carattere innico di Ef 2,17-18, in quanto il soggetto rimane an-
cora o.U1:0, cio Cristo; inoltre, come si vedr nella struttura, anch'essa presenta
una costruzione ritmata e parallela. D'altra parte, non credo che l'uso dei pronomi
"noi" o "voi" detenni nano lo stile del nostro brano, come pensa Barth, Ephesians
1-3, 261, ma solo i limiti del brano in questione.
12 Per altre possibilit di strutturazione del testo cfr Schlier, Efesini , 188: divisio-
ne in tre parti; Penna, Efesini, 139-140: divisione quatripartita. Per altre possibi-
lit cfr H. Merklein, "Zur Tradition", 79-102, che discute le proposte strutturali di
G. Schille, J. T. Sanders e J. Gnilka; Wilhelmi, "Der Vers6hncr-Hymnus", 145-152.
Ef 2,14-18 125
Analisi esegetica
A1'rr yap EO''tlV 11 fPtlVll 11f.lrov: "Egli, infatti, la nostra pace".
L'inno si aggancia a ci che precede nel v. l3 con un "infatti"
(yap) esplicativ02 ! o inferenziale: "certamente": i gentilo-cristiani
sono divenuti vicini mediante il sacrificio cruento di Cristo, infatti!
certamente egli la nostra pace. A{rro: si riallaccia alle due formule
cristologiche del v. 13: "nel Cristo Ges", "per mezzo del sangue
di Cristo". Il pronome personale quindi, posto in enfasi, indica che
Cristo il soggetto di tutto ci che si dice in Ef 2,14-18. Proprio per
questo, il pronome a'to lo si ritrover in quasi tutti i versetti del-
l'inno: a'to (2,14), a'to (2,14), EV a't<p (2,15.16), 8t a'tO
(2,18). importante rilevarlo, perch attribuisce a tutto il brano una
forte caratterizzazione cristologica22 L'espressione seguente: " la
nostra pace" una chiara definizione cristologica, simile ad altre
che si trovano sparse qua e l nell'epistolario paolino. Cos, in l Cor
1,30: "Cristo divenuto per noi sapienza, giustificazione, santifica-
zione e redenzione"; in Fil 1,21: "Per me il vivere Cristo"; in Col
3,4: "Cristo la vostra vita"; in Col 1,27: "Cristo la speranza della
gloria". Notare in primo luogo il possessivo "nostra": la pace ap-
partiene a tutti i cristiani, perch Cristo per mezzo del suo sangue
l 'ha stabilita a favore di tutti coloro che hanno creduto (Ef 1,13) e
sperato in lui (Ef 1,12). L'espressione: "Cristo la nostra pace"
23 In tal senso vanno alcune tradizioni rabbiniche riferite sotto il nome di Rabbi
Jos Hagalili (vissuto verso il 110 d. C.): "Anche il nome del Messia detto 'pace',
come sta scritto: 'Padre eterno, Principe della pace (Is 9,5)'; 'Grande la pace, giac-
ch quando il re, il Messia, si riveler ad Israele, egli dar inizio alla sua opera sola-
mente con la pace, come sta scritto: Come sono belli sui monti i piedi del messag-
gero di gioia che annuncia la pace' (ls 52,7)" (cfr Schlier, Efesini, 189 nota 15).
24 Barth, Ephesians 1-3,276-279, fa riferimento solo a Is 57,19, ma ci mi sem-
bra poco probabile. Paolo, seguendo il modello interpretativo rabbini co, fa a mio
parere riferimento a pi testi e li combina tra loro in modo da ottenere una rilettura
pi vicina alla sua presentazione di Cristo come "nostra pace".
25 Cfr Barth, Ephesians 1-3, 292-298; Lincoln, Ephesians, 140.
26 Cfr Gdc 6,24: "Allora Gedeone costru in quel luogo un altare al Signore e lo
chiam: il Signore () Pace"; Rom 15,33: "II Dio della pace sia con tutti voi" (cfr
anche Rom 16,20; 2Cor 13,11; Fil 4,9; ITess 5,23; 2Tess 3,16); e il detto di Rabbi
Jehoshua (vissuto verso l'anno 90 d. C.): "Grande la pace, giacch il nome di Dio
vien detto 'pace'" (cfr Schlier, Efesini, 189 nota 15: cfr anche Penna, "L'Evangile
de la paix", 182.184-185, che per non sembra andare al di l di un genitivo
oggettivo, mentre l'espressione a mio parere sopporta molto bene anche il valore
di un genitivo epesegetico, riallacciandosi cos alla tradizione veterotestamentaria
e rabbinica; comunque, cfr la nuova posizione assunta da Penna, Efesini, 141, dove
ammette che il termine "pace" divenuto "quasi un titolo cristologico").
27 Per il concetto di pace nel mondo greco-romano e nel mondo biblico cfr Penna,
"L'Evangile de la paix", 177-181.
28 Con Gonzalez Lamadrid, 1pse est pax nostra, 18-19.
Ef2,14-18 129
38 Per i sentimenti che i giudei nutrivano verso gli altri popoli cfr Bonsirven, 11
giudaismo palestinese, 47-52; Alexander, "'The Parting ofthe Ways', 1-25; mentre
per i sentimenti che gli altri popoli nutrivano verso i giudei cjT Stern, Greek and
Latin Authors on Jews and Judaism, Jerusalem 1974-1984.
39 Barth, Ephesians /-3, 264 e 297-298, dove aggiunge anche un 'interpretazione
sacramentale che mi sembra poco probabile nel contesto di Ef 2,14-18.
40 Schlier, Efesini, 191.
41 L'ipotesi ammessa come possibile da Penna, Efesini, 143.
4:! Cfr Schlier, Efesini, 191; Gonzalez Lamadrid, Ipse est pax nostra, 26; Penna,
Efesini, 143; Ramaroson, "Le Christ, n6tre Paix", 377-378, suggerisce un senso
pregnante: "l'inimicizia stata annullata mediante il sacrificio della Croce e la no-
stra unione a Cristo, con il quale siamo stati crocifissi"; Montagnini, Efesini, 179.
43 Con Schlier, Efesini, 191, che lo ritiene "subordinato al precedente o precedenti
participi", anche se non precisa di che tipo di subordinazione si tratti, ma data la
traduzione che offre sembra trattarsi di un participio congiunto di valore causale: "in
quanto ha distrutto l'inimicizia".
44 Cosi, per esempio, Mateos, El aspecto, 381 (2), pp. 119-120; ma ci solo una
possibilit, in quanto l'aspetto del participio aoristo pu assumere il valore di
un'azione anteriore a quella della principale reggente (Fanning, Verbal Aspect,
413).
45 Cfr anche Gonzalez Lamadrid, Ipse est pax nostra, 26.
132 Capitolo IV
Crist056 , in cui tutti noi siamo riconciliati con Dio mediante la sua
croce e formiamo un solo corpo (Ef 2,16), per avere in un solo
spirito accesso al Padre (Ef 2,18). In lui, non sono annullate le
differenze, ma valorizzate in vista della "nuova creazione" del-
l "'uomo nuovo"57.
ITOtrov EipTlvllv: "facendo la pace": un'aggiunta in linea con lo
stile pleroforico sia dell' inno che della Lettera agli Efesini. Si tratta
di un participio congiunto probabilmente58 di valore causale: "per-
ch la pace sia stabile". In tal modo, il senso dell'espressione al-
quanto idiomatico: "stabilire la pace" e pi liberamente: "essere
stabili nella pace". Tale stabilit della pace continua e duratura,
come sottolinea l'aspetto del presente59 . In conclusione, Cristo ha
fatto in se stesso dei giudei e dei pagani un solo uomo nuovo, perch
in lui la pace sia stabile (Ef 4,3; Col 3,15), anzi egli stesso per sem-
pre la loro pace (2,14a).
Ku (X1tOKU'ta..cX1] 'tO ll<l>O'tpou v v <HOllun 'tc!> eEc!> t
'tou (J'tuupou: "e riconciliare a Dio l'uno e l'altro in un sol corpo
mediante la croce". Come indica la congiunzione Kui, il Cristo aveva
anche un altro scopo nell'annullare la legge, precisamente "riconci-
liare gli uomini a Dio". Il verbo 1tOKu'tu..acrcrro, intensivo di KU't-
u..acrcrro, indica nell'epistolario paolino la riconciliazione dell 'uo-
mo con Dio per mezzo di Cristo (Rom 5,10-11; 2Cor 5,18-20; Col
1,20.22; cfr anche Rom 11,15). Il pensiero, quindi, si approfondisce:
Cristo, abolendo la legge, non solo ci ha costituiti in se stesso come
un solo uomo nuovo, ma in lui siamo pacificati anche con Dio e
riacquistiamo l'intimit con lui. Abbiamo, cos, il duplice movimen-
to biblico della teologia paolina della liberazione: Cristo ci libera
dalla schiavit della legge e ci immette nella figliolanza divina (cfr
Gal 4,4-5). Ma il tema della riconciliazione, in Ef 2,16, ha anche un
altro sviluppo cristologico con le due aggiunte seguenti: la riconci-
liazione con Dio avvenuta t 'tOu cr'tuupou, cio attraverso la
mediazione onerosa e amorosa di Cristo (cfr Rom 5,6-11; Gal 2,20;
62 Cfr anche Lincoln, Ephesians, 147, che parla di "creative combination" dei testi
di Is 57,19 e 52,7, ma a mio avviso anche di altri testi veterotestamentari.
63 Con Penna, "L'Evangile de la paix", 188-189, anche se si sforza non solo di
includere tutte le fasi della vita terrena di Ges, ma soprattutto il suo sacrificio sulla
Croce. Per le varie opinioni esegetiche cfr Ramaroson, "Le Christ, n6tre Paix",
380-381.
Ef2,14-18 137
e Eirene che porta il piccolo Pluto"; tale statua, secondo Pausania, IX,16,2, era
opera di Cefisodoto.
71 Pi tardi, prima Vespasiano e dopo Domiziano gli consacrarono un tempio nel
Foro, da essi costruito e che chiamarono "Foro della Pace" ~cfr Richardson, "Pax,
Templum", 286-287; "Pax Augusta, Ara", 287-289; ; Staccioli, Roma Antica, 123-
126; Grimal, Enciclopedia dei miti, 468; Munoz, "La Pax Romana", 201-204).
72 Ovidio, Fasti, I, 709-714 (il discorso sulla pace continua fino al v. 720).
73 Albio Tibullo, Elegia l, 10,45-50.69-70.
74 Cfr Virgilio, Egloga IV, 15-17: "I11e deum vitam accipiet divisque videbit I per-
mixtos heroas et ipse videbitur illis, I pacatumque reget patriis virtutibus orbem";
inoltre, Spicq, Ep~VT], 216-217; Munoz, "La Pax Romana", 204-228.
75 Basta confrontare in tal senso Virgilio: "Tu regere imperio populos, Romane,
memento I haec ti bi erunt artes - pacisque imponere morem, parcere subjectos et
debellare superbos" (Eneide, VI, 851-853). Si tratta di una "pace imposta", tanto
che Epitteto invita il suo interlocutore ad andare in piazza e a gridare: "O Cesare, i n
questa pace che tu hai stabilito, quanto io debbo soffrire; agiamo per procura"
(Epitteto, Diss. 111,22,54-55).
76 Cfr Beck, Eip~vT], 1129.
77 In tal senso si pu confrontare la posizione di Conzelmann, Schweizer e altri.
Essi, in verit, non sostengono un influsso diretto dello gnosticismo, ma, non rite-
nendo autentica la Lettera agli Efesini, pensano che essa vada collocata verso la fine
del primo secolo e quindi risente della problematica gnostica a motivo della lotta
140 Capitolo IV
senso: la pace un dono che viene da Dio. E' lui, infatti, che facen-
do alleanza con il suo popolo lo stabilisce nella pace. Cos, si pu
leggere in Ez 37,26; 34,25: "lo concluder con essi un'alleanza di
pace e sar un'alleanza eterna. Li stabilir e li moltiplicher e porr
il mio santuario in mezzo a loro per sempre". Tale pace non affat-
to assenza di guerra, ma il trionfo del rapporto personale che si in-
staura tra Dio e il suo popolo: "lo sar il loro Dio ed essi il mio
popolo", il trionfo dell'amore di Dio verso i suoi figli: "Anche se i
montisi spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te
il mio amore, n vacillerebbe la mia alleanza di pace" (ls 54,10).
Se ci vero, bisogna dire che la pace nell'AT un concetto es-
senzialmente religioso che ha riflessi nella vita sociale del popolo di
Dio, che da lui viene stabilito nello shalom, nella prosperit e nel be-
nessere. Lo dimostra la bellissima espressione di Gdc 6,24: "Allora
Gedeone costru in quel luogo un altare al Signore e lo chiam Si-
gnore-Pace". L'espressione, in base a tutto ci che abbiamo detto,
significa che Dio la pace del suo popolo, il garante di pace da cui
proviene sicurezza, giustizia, benessere, prosperit e ogni altro bene.
Egli infatti, dice il Sal 85, "annunzia la pace per il suo popolo, per i
suoi fedeli ... La sua salvezza vicina a chi lo teme e la sua gloria
abiter la nostra terra; misericordia e verit si i1.lcontreranno, giustizia
e pace si baceranno. La verit germoglier dalla terra e la giustizia si
affaccer dal cielo. Quando il Signore elargir il suo bene, la nostra
terra dar il suo frutto. Davanti a lui camminer la giustizia e sulla
via dei suoi passi la salvezza (= lo shalom)" (SI 85,9-14). Per questo,
Dio pace e ha "disegni di pace e non di sventura, per concedervi
(= al suo popolo) un futuro pieno di speranza" (Ger 29,11; SI
35,27). In tal modo, la pace non solo un dono di Dio, ma il dono
escatologico per eccellenza in cui viene riassunto tutto il progetto di
salvezza di Dio per il suo popolo.
Tale dimensione escatologica della pace essenziale, tanto che il
Messia che deve portare lo shalom di Dio riceve il titolo di "Principe
della pace" (ls 9,5) ed "egli sar pace" (Mi 5,4)86. Egli, infatti,
"colui che annunzier la pace alle genti" (Zac 9,9-10), "l'araldo
della pace" (Na 2,1) sulle cui labbra Dio ha posto il "lieto annun-
zio" (Is 52,7; Is 57,19; Zac 9,10): "Pace, pace ai lontani e ai vici-
ni" (Is 57,19). In tal modo, il termine "pace" non acquista solo una
87 Gonzalez Lamadrid, Ipse est pax /lostra, 67-69, facendo riferimento ad alcuni
testi dell'AT e di Qumran, in cui si ritrova la terminologia dell'''avvicinarsi a Dio",
sostiene anche un senso cultuale dell'idea teologica del nostro "accesso al Padre",
Tale proposta, pur non essendo in primo piano nel nostro testo, non credo che sia
totalmente da escludere, dato che per Ef 2,21-22 i cristiani debbono crescere i n
"tempio santo di Dio", in "dimora di Dio nello Spirito",
146 Capitolo IV
della sua pace. Infatti, il testo afferma chiaramente che tale "d o n o
della pace" proviene da Dio e da Cristo, entrambi visti come sorgen-
te da cui promana tale dono, tanto che Paolo pu caratterizzarla in-
distintamente come "la pace di Dio" (Fil 4,7) o come "la pace di
Cristo" (Col 3,15). Inoltre, tutto il testo di Ef 2,14-18 attribuisce a
Cristo tutta una serie di azioni che stabiliscono la pace per il credente
e tra i credenti. Cos, Cristo abbatte il muro di divisione che determi-
nava l'inimicizia tra giudei e pagani (2,14), annulla la legge dei pre-
cetti (2,15), riunisce giudei e pagani in una sola realt (2,14.5.16) e
li crea in se stesso come un solo uomo nuovo (2,15), li riconcilia in
un solo corpo con il Padre uccidendo in se stesso l'inimicizia (2,16)
e venendo nel mondo annuncia la pace ai vicini e ai lontani (2,17),
tanto che per mezzo di lui ritroviamo l'accesso al Padre (2,18). Ci
importante sottolinearlo, in quanto porta a compimento tutto ci che
l'AT dice sul Messia, il quale "Principe della pace" (ls 9,5) e,
anche se con qualche incertezza letteraria, " la pace" (Mi 5,4). In
tal modo l'affermazione paolina di Ef 2,14 non appare n isolata n
senza un fondamento sicuro nella tradizione biblica. Essa una
rilettura cristologica di Paolo di carattere tipologico: ci che viene
detto nell' AT del Messia non solo si adempie nel Cristo, ma rag-
giunge chiarezza, perfezione, tanto da caratterizzare la nuova econo-
mia della salvezza come "alleanza di pace nel Cristo". In lui, la pace
di Dio viene a noi e si manifesta come relazione personale di ricon-
ciliazione nell'amore. Cristo la nostra pace.
Tale solenne affermazione non isolata nel testo, ma viene tema-
tizzata e spiegata. Cos, in Ef 2,17 troviamo un'altra potente affer-
mazione, che sviluppa il tema di "Cristo, nostra pace": "Egli venne
ed annunci la pace ai vicini e ai lontani". Sullo sfondo dell' adem-
pimento della profezia di Is 57,19, l'espressione paolina coniuga il
"venire", che fa riferimento all'incarnazione, e "il lieto annuncio
della pace", che fa riferimento a tutta l'opera salvifica di Cristo a
nostro favore. Cos, tutto il mistero personale di Cristo, dall'incarna-
zione alla predicazione e alla sua morte sacrificale per noi, orien-
tato all'annuncio della pace e allo stabilimento in noi e fra noi "del-
la pace di Dio", che amore salvifico per tutti gli uomini. Nel Cristo
la pace non solo condizione socio-religiosa di tranquillit o di be-
nessere, ma soprattutto un rapporto interpersonale di amore, che
elimina ogni inimicizia, ci immette nel Cristo, l'uomo nuovo, che ci
apre alla riconciliazione con il Padre, raggiungendo cos il vertice
pi alto della nostra pace. Proprio perch solo inseriti nel Cristo, nel
suo mistero personale di totale disponibilit per tutti gli uomini, noi
possiamo avere pace tra noi e con Dio, egli la nostra pace, colui
Ef2,14-18 147
che non solo ha eliminato ogni inimicizia tra "i lontani" (i pagani)
e "i vicini" (i giudei), ma li ha resi entrambi un solo uomo nuovo
(2,15), ha dato loro accesso al Padre (2,18) rendendoli concittadini
dei santi e familiari di Dio (2,19).
Ma l'evento, che pi di ogni altro ci fa comprendere in profondi-
t l'affermazione paolina: "Cristo la nostra pace", certamente la
sua oblazione personale (2,14: "nella sua carne") sulla croce (2,16).
Per mezzo di essa, Cristo ha eliminato il muro di divisione (2,14b), la
legge dei precetti (2,15), sorgente di inimicizia tra i popoli (l,14c),
facendo di essi una sola realt (1,14a), un solo corpo (2,16), un solo
uomo nuovo (2,15). In altre parole, attraverso il suo sacrificio perso-
nale (2,14) Cristo divenuto il principio costitutivo e fondante del-
l'unit della Chiesa, suo unico corpo (2,16), in cui ogni popolo, giu-
daico o pagano, stabilito nella pace. Ma nel Cristo, inseriti in lui, gli
uomini non solo trovano la pace reciproca, ma soprattutto sono ri-
conciliati con Dio (2,16) ritrovando l'intimit con lui (2,18), l' ado-
zione filiale (1,5; Gal 4,5) e la partecipazione alla redenzione del-
l'acquisizione (1,14) per essere e rimanere popolo santo di Dio
(2,19), stabilito permanentemente nella pace (2,15c) che proviene
dall'amore del Padre e di Cristo.
Tre sono, dunque, i motivi per cui essenzialmente la comunit in-
nalza il suo canto di lode a "Cristo, nostra pace": l'abolizione della
legge, la riconciliazione con Dio, la costituzione dell 'uomo nuovo.
Certamente l'affermazione "Cristo ha abolito la legge" molto ar-
dita, dato che "la legge dei precetti" la legge mosaica, la legge che
Dio stesso ha dato a Mos come espressione della sua volont e
come dono per la vita (Lev 18,5; cfr anche Gal 3,12). Ma non una
novit nell'epistolario paolino, basta pensare a Rom 10,4: "Cristo
la fine della legge" o Gal 2,19: "Per mezzo della legge sono morto
alla legge per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo". Ed
proprio la morte di Cristo che ci offre la chiave di soluzione del pro-
blema. Sulla croce Cristo ha assunto su di s tutta la maledizione che
la legge comminava contro di noi: "Maledetto chiunque non osser-
va tutti i precetti della legge" (Gal 3,10) ed divenuto per noi male-
dizione: "Maledetto colui che pende dal legno" (Gal 3,13). In que-
sta oblazione totale, Cristo ha compiuto una volta per tutte l' obbe-
dienza al Padre, centro portante di tutta la legge ed espressione
dell'amore incondizionato al Padre. Egli non ha abolito la legge
profonda dell'amore che si abbandona nella fede alle esigenze della
volont del Padre. Cristo ha abolito "la legge dei precetti", quella
legge esteriore che si nutre di casistica e di formalit esteriore, ma
non sa penetrare nella volont del Padre e non sa rispondere con
148 Capitolo IV
cesso al Padre (Ef 2,18) ed essere partecipi della sua eredit tra i
santi (Ef 2,19; Gal 4,7; Col 1,12). Cos, lo Spirito la nostra forza in-
teriore, il coraggio divino, che ci spinge a vivere nella pace con Dio e
con i fratelli, a costruire la pace per l'edificazione della Chiesa di
Cristo e a beneficio di tutti gli uomini che Dio ha amato e per i quali
Cristo ha dato se stesso sulla Croce.
CONCLUSIONE
Pcr qucsti modclli cristologici cfr Segali a, "L'inno cristologico di Col 1,15-20",
375-377; inoltrc, "Cristologia dci Nuovo Testamento", 112-123.
156 Conclusione
nostra vita ha consistenza (Col 1,17) solo se rimaniamo a lui uniti per
mezzo della fede e dell'amore: egli vive in me e io in lui (Gal 2,20). E
ha senso, solo se orientata a lui: tutto stato creato in vista di lui (Col
1,16). A livello ecclesiale: egli la nostra resurrezione, la nostra
riconciliazione con Dio e con i fratelli, la nostra pace (Ef 2,14); Egli
il capo della chiesa, radunata e santificata dalla sua morte e
resurrezione e riunita attorno a lui che il Signore: in lui diveniamo
"uno" (Gal 3,28) e siamo un solo corpo (lCor 12,12.27; Rom 12,5).
"Tutto, infatti, Dio ha posto sotto i suoi piedi e l 'ha costituito, sopra
tutte le cose, capo della chiesa, la sua pienezza riempie di ogni bene
tutte le cose" (Ef 1,22). Infine, a livello cosmico, perch in lui, centro
dell 'universo, Dio ha stabilito di ricapitolare tutte le cose, quelle del
cielo e quelle della terra; in lui, senso della storia, tutte le cose
partecipano alla redenzione, divenendo nuova creazione; in lui, fine
ultimo di tutte le cose create nell'amore, la creazione attende
bramosamente la rivelazione dei figli di Dio e la liberazione dalla
corruzione per entrare insieme a tutti noi nella gloria dei figli di Dio
(Rom 8,19-23) ed essere cos tutti, riuniti attorno a Cristo, una lode
eterna a gloria di Dio Padre
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INDICE DEI TESTI BIBLICI
7,7-12: 596068
Genesi Tobia 7,12-21: 5960
1,1: 67 13,1: 76 7,22-24: 5960
2,24: 133 7,22-8,1: 31 59
IMaccabei 7,23.25.27: 60
12,3: 110 116
17,1-16: 106 7,37: 93 7,23-30: 68
18,18: 110 116 7,25-26: 58 59 60
22,2: 98 Giobbe 7,26: 157
22,18: 110116 1,21: 88 7,27-8,1: 596068
8,2-21: 59
Esodo Salmi 8,6: 68
2,1-2: 8 8,26: 68
14,21-22: 58
31,22: 76 8,26-27: 69
30,34-38: 59
35,27: 142 8,26-30: 69
Levitico 71,17: 88 9,1-2: 69
85,9-14: 142 9,1-18: 31 59
18,5: 147 10,17-18: 58
144,1: 76
19,2: 93
Proverbi Siracide
Deuteronomio
3.19-20: 68 8,15: 96
32,15: 98
8,1-9,6: 57 24,1-2: 58
33,5.12: 98
8,1-11: 57 24,3-4: 58 69
Giudici 8,12-21: 5768 24,3-21: 58
8,22-23: 57 24,5-6: 58 68
6,24: 128 142 144 8,22-31: 3157 24,7-11: 58
IRe 8,23-24: 69 24,8-9: 59
8,26-30: 67 24,9: 58 69
8,16: 93 8,32-36: 57 24,10: 59
10,9: 88 9,1-6: 57 24,11: 59
24,11-17: 59
ICronache Sapienza 24,12-17: 58
28,4-5: 93 5,4: 36 24,15: 59
6,22-25: 59 24,16-21: 68
Esdra 24,18-21: 58
7,1-6: 59
8,16: 96 7,1-8,21: 59 32 (35),17: 96
176
Vawter B.: 40
Verms G.: 117 174
Virgulin S.: 5258 174
Vischer W.: 57 174
Viteau J.: 93 102160
Von Martitz W.: 95 174
Von Rad G.: 45 138 174
VorHinder H.: 99 174
Vuilleumier R.: 142 174
Vawter B.: 40 163
Wengst K.: 2 161
Wilhelmi G.: 124125 126 165
Wright N. T.: 404154 163
Wyschogrod M.: 61 174
Zerwick M.: 22 24 38 47 121
160 165
Zimmerli W.: 161
Zorell F.: 22 160
INDICE GENERALE
Prefazione V
Sigle e Abbreviazioni VII
Introduzione
Piano e metodo 16
Analisi esegetica 21
Analisi tematica 28
l) Lo schema biblico-teologico dell' abbassamento-esaltazione 28
2) Cristologia funzionale di Fil 2,6-11 3O
a) La preesistenza di Cristo 31
187
b) L'incarnazione di Cristo 32
c) Il sacrificio volontario di Cristo 32
d) La Signoria universale di Cristo 33
3) Teologia di Fil 2,6-11 33
a) Il ruolo di Dio Padre 34
b) "A gloria di Dio Padre" 35
4) Il senso della parenesi di Fil 2,6-11 35
Analisi esegetica 45
Analisi tematica 53
1) Sapienza e Inno cristologico di Col 1,15-20 53
a) Col 1,15-20 alla luce del pensiero gnostico 54
b) Col 1,15-20 alla luce della tradizione giudaico-biblica 55
2) La cristologia di Col 1,15-20 61
a) I titoli di Cristo 62
l) Cristo, immagine del Dio invisibile 62
2) Primogenito di ogni creatura 63
3) Primogenito di tra i morti 64
4) Capo del cosmo e della Chiesa 65
b) Il ruolo cosmico-salvifico di Cristo 66
l li) Ruolo cosmico-salvi fico di Cristo nella creazione 66
i) Tutto stato creato nel Cristo Ges 67
ii) Tutto stato creato per opera di Cristo 68
iii) Tutto stato creato in vista di Cristo 69
2) Ruolo cosmico-salvifico di Cristo nella riconciliazione 70
i) In lui si compiacque di far abitare tutta la pienezza 70
188
Analisi letteraria 75
1) Contesto 75
2) Delimitazione della pericope 76
3) Genere letterario 76
4) Struttura letteraria 78
Analisi esegetica 87
Bibliografia 159
Indice dei testi biblici 175
Indice degli autori moderni 181
Indice generale 187