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DELLA BIBBIA
DAI TESTI ANTICHI
… …
147
44
Presentazione
NUOVA VERSIONE DELLA BIBBIA DAI TESTI ANTICHI
L
a Nuova versione della Bibbia dai testi antichi si pone
sulla scia di una Serie inaugurata dall’editore a margine
dei lavori conciliari (la Nuovissima versione della Bib-
bia dai testi originali), il cui primo volume fu pubblicato nel
1967. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli obiettivi,
arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità contem-
poranee.
I testi paralleli
Se presenti, vengono indicati nelle note i paralleli al passo
commentato con il simbolo //; i passi che invece hanno vicinanza
di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come veri e
propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il simbolo .
La traslitterazione
La traslitterazione dei termini ebraici e greci è stata fatta con
criteri adottati in ambito accademico e quindi non con riferi-
mento alla pronuncia del vocabolo, ma all’equivalenza formale
fra caratteri ebraici o greci e caratteri latini.
annotazioni 6
L’approfondimento liturgico
Redatto da Matteo Ferrari, rimanda ai testi biblici come pro-
posti nei Lezionari italiani, quindi nella versione CEI del 2008.
SECONDA LETTERA
AI CORINZI
Introduzione, traduzione e commento
a cura di
Francesco Bianchini
Nestle-Aland, Novum Testamentum Graece, 28th Revised Edition, edited by Barbara Introduzione
and Kurt Aland, Johannes Karavidopoulos, Carlo M. Martini, and Bruce M. Metzger in
cooperation with the Institute for New Testament Textual Research, Münster/Westphalia,
© 2012 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission.
a doppio filo con la riflessione contenutistica presente nella lettera la prima volta la questione dell’integrità dell’epistola, questione
e riguardante, principalmente, il ministero apostolico. Si tratta di che è ancor oggi – in un tempo nel quale i commentari alla lettera
un’argomentazione condotta proprio a partire dal concreto servizio hanno raggiunto un numero considerevole – al centro del dibattito
a favore del Vangelo svolto da Paolo in precise circostanze, carat- esegetico sulla 2 Corinzi, insieme a quelle del contesto storico della
terizzate da sofferenze e contrasti. comunità corinzia e del profilo degli avversari paolini.
L’importanza della lettera, quindi, risiede, da una parte nella La nostra epistola si trova nel canone al terzo posto tra le lettere
possibilità che essa ci fornisce di conoscere da vicino la persona paoline, dopo Romani e 1 Corinzi. Così, pur non essendo stata scritta
di Paolo, entrando nel suo animo e nelle sue più intime convin- con ogni probabilità successivamente a Romani, si trova dopo di essa.
zioni; dall’altra, nell’approfondimento del valore e del significato Tuttavia, la collocazione rispecchia la sua lunghezza, poiché con i
dell’apostolato e, per estensione, di qualsiasi ministero a servizio suoi 256 versetti, corrispondenti a 4.477 parole, viene esattamente
del Vangelo svolto nella Chiesa. Inoltre, benché la ricostruzione dopo le due succitate lettere. Inoltre, la terza più estesa tra le epistole
dello sfondo storico risulti molto difficile, la lettera ci permette paoline fa parte del gruppo, creato dagli esegeti, delle protopaoline (o
di comprendere alcuni dei problemi e dei contrasti da cui erano prolegómena, ossia accettati), comprendente oltre alla nostra, Roma-
attraversate le prime comunità cristiane. ni, 1 Corinzi, Galati, Filippesi, 1 Tessalonicesi e Filemone, cioè gli
Sebbene abbiamo commenti all’intera lettera già a partire dal IV scritti considerati dalla maggioranza come autenticamente paolini, e
secolo, essa non è una delle più lette e conosciute dell’epistolario separato dalle deuteropaoline (o antilegómena, ossia discussi), cioè
paolino. In questo senso, la concentrazione tematica sull’apostolato le restanti lettere dell’apostolo, la cui reale attribuzione a Paolo è
non ha contributo alla sua diffusione, poiché 2 Corinzi è apparsa discussa. Infine 2 Corinzi è considerata, insieme a Romani, 1 Corinzi
più limitata rispetto alle altre epistole, segnate da una rilevante e Galati, una delle quattro principali epistole paoline.
varietà contenutistica, e del tutto priva di riferimenti al tema della
giustificazione per la fede che, a cominciare dal XVI secolo e sino
ad alcuni decenni fa, ha rappresentato per la stragrande maggio- ASPETTI LETTERARI
ranza degli studiosi il centro indiscusso della teologia paolina. In
ogni modo, nelle differenti fasi della storia dell’interpretazione si La questione dell’integrità della lettera e della sua trasmissione
è data attenzione ad aspetti diversi dell’epistola, mostrando quindi Una delle questioni al centro dell’attenzione degli esegeti è quel-
indirettamente i molti motivi di interesse che la sua lettura può la dell’integrità o della natura compilatoria di 2 Corinzi, sollevata
offrire. Infatti i primi commentari, quelli patristici, sono attenti alla per la prima volta nel XVIII secolo. Per nessun’altra delle lettere di
dimensione autobiografica della lettera, alla questione degli av- Paolo il dibattito è così incandescente e polarizzato. A ogni modo,
versari e all’ermeneutica dell’Antico Testamento presente in essa. non è possibile individuare la composizione, il genere, lo scopo di
Dopo di loro, gli interpreti medievali analizzano il testo della 2 2 Corinzi, senza prima decidere se lo scritto è unitario o è il risul-
Corinzi soprattutto in base all’assioma dei quattro sensi della Scrit- tato di una raccolta redazionale di altre epistole precedenti. Nella
tura (letterale, allegorico, morale, anagogico). In epoca moderna i storia dell’interpretazione sono state ipotizzate da due a più lettere
biblisti studiano la lettera in stretta connessione con la ricerca sulla alla base della compilazione del nostro scritto canonico e ancor
figura di Paolo, insieme al tentativo di ricostruzione del contesto oggi la maggioranza degli studiosi è a favore di questa prospettiva,
culturale del cristianesimo primitivo. Da ultimo, nel 1776, con la facendo leva soprattutto su alcuni bruschi passaggi presenti nel
pubblicazione del commentario di J.S. Semler, viene sollevata per dettato epistolare.
introduzione 12 13 introduzione
Il primo problema è la collocazione della sezione di 2,14–7,4 toli 10–13 e investe diversi aspetti. Anzitutto, anche quando nei due
che interrompe la sequenza narrativa che collegherebbe 2,13 a 7,5; blocchi c’è lo stesso vocabolario (p. es., «vanto», «raccomandazio-
essa sarebbe quindi un’inserzione redazionale successiva. Ma Paolo ne», «fede») bisogna notare che esso è usato in maniera diversa. Il
non intende fornire una narrazione completa, quanto dare informa- tono, l’attenzione e il rapporto autore-destinatari è completamente
zioni volte alla difesa del suo comportamento. Inoltre, il testo di diverso: infatti si passa dalla gioia e dalla riconciliazione al rimpro-
2,14–7,4, con indici lessicali e tematici legati al contesto più ampio, vero e al sarcasmo, dalla concentrazione sul “noi” a quella sull’“io”,
costituisce, come vedremo, un tipico modo argomentativo paoli- da un rapporto di comunione tra Paolo e i destinatari a uno di forte
no che prende distanza dalla questione per approfondirla alla sua contrasto. Inoltre si avverte una distanza cronologica notevole tra
radice. In aggiunta si deve segnalare che alcuni studiosi ritengono i due blocchi, con un evolversi della situazione: l’apostolo prima
che, all’interno di questa sezione, il brano 6,14–7,1 sia un’interpo- riconosce l’obbedienza dei destinatari (cfr. 7,15), poi ne sottolinea
lazione, vista dalla maggioranza di tale gruppo come non-paolina. la carenza (cfr. 10,6); l’annuncio della benevola visita di Paolo
Tuttavia, come mostreremo nell’analisi, da una parte il testo è ben (cfr. 9,3-5) diventa minaccia di un prossimo regolamento di conti
ancorato al proprio contesto, così da escludere una sua natura reda- (cfr. 13,1-10); la colletta, all’inizio vista in fase di organizzazione
zionale; dall’altra, le indicazioni derivanti dal vocabolario (alcuni con l’intervento di Tito (cfr. 8,16-24), risulta quasi completata con
hapax legomena vengono dalla Settanta, altri sono vicini a termini la difesa di Tito dai sospetti dei Corinzi (cfr. 12,17-18). Tale gap
paolini), dalla teologia (ecclesiologia ed esortazioni morali tipiche epistolare non può essere spiegato con una semplice pausa nello
dell’apostolo) e dal modo di argomentare (uso della Scrittura, delle scrivere, come hanno pensato alcuni studiosi; insieme alle altre
antitesi, della vituperazione degli avversari) conducono a ricono- motivazioni appena addotte, fa invece propendere per l’ipotesi di
scere il carattere paolino del suddetto passaggio. una compilazione della lettera.
Il secondo problema è quello del collegamento del capitolo 8 In ragione delle suddette sintetiche osservazioni, riteniamo che la
con quanto precede, in quanto questo capitolo è dedicato al tema lettera presenti una rottura della sua integrità letteraria soltanto nel
mai menzionato prima della colletta. In realtà: la funzione di Tito passaggio dal capitolo 9 al capitolo 10. Così, a nostro avviso, in con-
annunciata in 8,16-24 è opportunamente preparata in 7,5-16; l’esor- formità con la pratica della compilazione nell’antichità, è probabile
tazione alla colletta di 8,1-15 è comprensibile a partire da quanto che un redattore – senza preoccuparsi della conseguente incoerenza,
detto di bene sui Corinzi in 7,14-16; l’elemento della parousía ma di conservare e trasmettere gli scritti dell’apostolo – abbia unito
(venuta-visita) apostolica di 8,16-24 funge precisamente da con- una prima lettera di Paolo ai Corinzi, comprendente i capitoli 1–9 e
clusione dei capitoli precedenti. mutila del postscriptum, a una seconda, costituita dai capitoli 10–13
La terza difficoltà è relativa al collegamento del capitolo 8 con e privata del praescriptum, così da formare l’attuale 2 Corinzi.
il capitolo 9, in quanto quest’ultimo sarebbe una riproposizione Questo quadro è ben compatibile con la complessa situazione
dell’antecedente; tuttavia il capitolo 9 non costituisce un’inutile re- della corrispondenza corinzia. Infatti in 1 Corinzi si parla di una
plica dell’altro, perché si passa dall’esortazione alla colletta a una ri- lettera precedente, nella quale Paolo invitava i suoi a non mescolar-
flessione sul significato di essa, un’opportuna ripetizione-variazione si con gli immorali (cfr. 1Cor 5,9), mentre in 2 Corinzi si accenna
sul tema, così come detto in 9,1 – versetto, oltretutto connesso con a un’altra scritta «tra molte lacrime» (2Cor 2,4), cosicché alla fine
quanto precede attraverso l’espressione greca perì mèn gár («riguar- si può pensare all’esistenza di almeno cinque missive dell’apostolo
do dunque») che non si trova all’inizio di un documento. inviate alla sua comunità.
Il quarto problema riguarda il rapporto tra i capitoli 1–9 e i capi- D’altra parte, citando le principali ragioni addotte dagli stu-
introduzione 14 15 introduzione
Raccomandazione dei delegati (8,16-24) duzione e di conclusione. In ragione dell’eredità retorica, tipica di
Fiducia nei Corinzi e compito dei delegati (9,1-5) tale discorso è proprio la dimensione argomentativa, in questo caso
Motivazione scritturistica sulla natura della colletta e suo frutto segnata da una tesi, che fa vedere come Paolo intenda dimostrare
(9,6-15) nello scritto la sua superiorità nei confronti degli avversari.
Dalle composizioni proposte si evince da subito il tenore preva-
2 Corinzi B lentemente argomentativo di ciascuna delle due porzioni testuali.
Esordio (10,1-6) Questo implica la necessità di una particolare attenzione alla di-
Confutazione delle accuse (10,7-18) mensione retorica dello scritto, prospettiva che sarà seguita all’in-
Discorso del folle (11,1–12,18) terno del nostro commentario. Così, per quanto riguarda il genere
Esordio del discorso (11,1-6) retorico, nella lettera A (cc. 1–9) troviamo quello giudiziario (Paolo
Appello ai Corinzi (11,1-4) si difende dalle accuse), quello deliberativo (invita a completare la
Tesi: la superiorità di Paolo sugli avversari (11,5-6) colletta), ma anche quello epidittico, che segna la sezione 2,14–7,4,
Prima parte della dimostrazione: la gratuità dell’evangelizzazio- dedicata a mostrare il significato del ministero apostolico. Anche
ne a Corinto (11,7-21a) nella lettera B si rileva una mescolanza di generi: giudiziario (con-
Seconda parte della dimostrazione: forza nella debolezza con futazione e difesa dalle accuse) ed epidittico (vanto di sé) con fina-
elogio di sé (11,21b‒12,10) lità deliberativa (per l’edificazione della comunità, 12,19).
L’elogio di sé con i suoi motivi (11,21b-29) Nondimeno siamo di fronte a due lettere e per questo è possibile
L’inversione dell’elogio di sé (11,30–12,10) parlare anche del genere epistolare di riferimento (che ha palesi
Perorazione (12,11-18) collegamenti con quello retorico). Seguendo i tipi recensiti dallo
Preparazione della terza visita e ammonizioni (12,19–13,10) Pseudo-Demetrio, Forme epistolari, 23-32 (II-III secolo d.C.), e
Postscriptum (13,11-13) considerando la composizione da noi proposta, ritroviamo nella
lettera A soprattutto il genere apologetico ed esortativo, ma anche
La composizione di 2 Corinzi A evidenzia che Paolo nel suo quello della consolazione (cfr., p. es., 1,3-11) e della raccomanda-
scritto intende dimostrare l’irreprensibilità del suo comportamento zione (cfr., p. es., 8,16-24). D’altra parte, nella lettera B a prima
di apostolo. In un primo momento, ciò è provato a partire da una vista sembra ancora prevalente il genere apologetico, insieme a
narrazione che ricostruisce gli ultimi fatti avvenuti nel rapporto quello categorico (di accusa), ma a una lettura più attenta emerge
tra l’apostolo e i Corinzi. In un secondo passo, la tesi iniziale è quello della raccomandazione (sia veda tutto «il discorso del fol-
dimostrata attraverso un’argomentazione più generale, nella quale le»), seguito da quello esortativo (cfr., p. es., 10,1-2; 12,19; 13,10).
Paolo approfondisce il valore del ministero apostolico perché i de- Dopo aver approfondito il genere retorico e quello epistolare che
stinatari possano superare la loro incomprensione di esso, attestata hanno evidenziato tra quali tipi di testi possono essere annoverati i
dai fatti. L’ultima sezione della lettera trova la sua giustificazione nostri, siamo spinti a individuare le finalità delle due lettere. L’oc-
nella fiducia, ormai recuperata, dell’apostolo per i Corinzi e presen- casione e lo scopo della lettera A sono legati alle notizie positive
ta, a differenza del resto della lettera, un carattere eminentemente che Paolo riceve da Tito (cfr. 2,13; 7,5-16) con il ravvedimento
esortativo. della comunità, soprattutto in merito alla faccenda dell’offensore. A
La composizione di 2 Corinzi B è dominata da un discorso at- seguito di tali eventi, l’apostolo scrive la sua missiva con lo scopo
torno al quale il resto della lettera assume una funzione di intro- primario di giungere a una piena e duratura riconciliazione con i
introduzione 18 19 introduzione
Corinzi; per questo deve difendere il suo precedente operato con- Corinzi A e B, consapevoli che due epistole di uno stesso autore
tro le critiche da loro provenienti. Nello stesso tempo egli avverte possono ben presentare delle tematiche comuni.
che dietro a situazioni specifiche è in gioco la considerazione del Nessuna delle lettere di Paolo rappresenta uno scritto teologico
servizio apostolico da parte dei suoi. Così nella lettera A Paolo si sistematico; esse sono mezzi di comunicazione pastorale tra l’apo-
prefigge anche di presentare alla comunità del ministero da lui rice- stolo e le sue comunità. In particolare, come visto, 2 Corinzi alterna
vuto, perché ne comprendano il valore e la funzione (cfr. 2,14–7,4). argomentazioni teoriche a indicazioni e notizie di ordine pratico,
Come ultima finalità è da rilevare, sulla scorta dei capitoli 8–9, cosicché la riflessione è legata alle concrete situazioni del mittente
quella del completamento della colletta a favore della Chiesa di e dei destinatari. Tenuto conto di questo carattere contingente della
Gerusalemme. In effetti le tre finalità appaiono strettamente legate lettera, è però possibile trovare in essa approfondimenti, che Paolo
in dipendenza dalla prima di esse: per giungere alla riconciliazio- sviluppa, a diverse riprese, su alcuni temi e che valgono non solo
ne, da una parte l’apostolo deve difendere il suo operato, cosa che per la comunità di Corinto, ma anche per le altre Chiese a lui legate
è veramente possibile solo attraverso una corretta comprensione e più oltre ancora. Emergono, quindi, alcuni nuclei di riflessione
del valore del ministero apostolico; dall’altra, può domandare ai teologica che possono essere letti in dipendenza da tre principali
destinatari il completamento della colletta a condizione che egli sia temi: il ministero, la teologia, l’ecclesiologia.
arrivato a rappacificarsi con loro. La maggior parte degli interpreti sono d’accordo, riguardo a 2
L’occasione e lo scopo della lettera B nascono invece da una Corinzi, nel mettere al primo posto la riflessione sul ministero apo-
mutata situazione dei rapporti con i Corinzi, ormai segnati da un stolico, una riflessione strettamente legata alla figura e alla vicenda
vero e proprio conflitto, dovuto all’azione degli avversari che hanno di Paolo, viste nel suo servizio alla comunità e nel suo confronto
contribuito a creare questa frattura. L’apostolo così scrive con lo con gli avversari. Come detto sin dall’inizio (cfr. 1,1), il ministero
scopo primario di riconquistare a sé la comunità, distaccandola apostolico ha un’origine in Dio che fa risplendere la conoscenza
dagli oppositori, e per questo confuta le accuse e si confronta con della sua gloria nel cuore del chiamato (cfr. 4,6) e che lo invia ad
loro (cfr. 11,1-6). Inoltre, attraverso l’elogio di sé, trasformato in annunciare il Vangelo di Cristo (cfr. 2,12; 10,14). Questo ministe-
quello di Cristo, Paolo vuole operare un cambiamento profondo di ro, vivificato dallo Spirito, ha una dignità incomparabile, perché è
mentalità tra i Corinzi, perché scoprano nella debolezza umana tutta quello della nuova alleanza; risulta, quindi, a servizio di una nuova
la potenza di Dio (cfr. 12,9-10). Da ultimo, l’apostolo intende anche relazione con Dio per mezzo di Cristo (cfr. 3,5-8) per la riconci-
preparare la sua terza visita, cercando di rimuovere gli ostacoli a liazione a lui di tutta l’umanità (cfr. 5,19). D’altra parte, proprio
un suo efficace svolgimento (cfr. 12,19–13,10). a motivo di Cristo, l’apostolo è servo della comunità (cfr. 4,5),
collaboratore della sua gioia (cfr. 1,24), legato a essa da profondo
affetto (cfr. 2,4). Inoltre il ministro, chiamato a comportarsi con
LINEE TEOLOGICHE FONDAMENTALI la semplicità e sincerità che vengono da Dio (cfr. 1,12), è un vaso
di creta che, tuttavia, contiene in sé lo straordinario tesoro della
Se 2 Corinzi è stata trasmessa come scritto unitario, significa conoscenza di Dio (cfr. 4,7). La sua debolezza, che lo espone ai
che anche in quanto tale essa merita di essere letta e interpretata. pericoli e alla morte (cfr. 4,8-10; 6,4-10), non è un impedimento al
Così facendo non cadiamo in contraddizione con la nostra ipotesi ministero; al contrario, è lo strumento più adatto per rendere testi-
di compilazione della lettera, ma vogliamo prendere in seria con- monianza alla potenza di Cristo (cfr. 12,9). In fondo, l’autenticità
siderazione la sua forma canonica e ritrovare elementi comuni a 2 del servitore del Vangelo, distaccato dal denaro (cfr. 11,9) e unito
introduzione 20 21 introduzione
agli altri apostoli (si veda il «noi» di 2,14–7,4), si trova proprio qui: sottolinea che lo Spirito è donato a tutti i credenti come caparra,
tutta la sua esistenza è coinvolta in ciò che annuncia, cosicché egli anticipo del bene futuro della risurrezione finale (cfr. 1,22; 5,5).
riproduce in sé lo stesso itinerario di morte e risurrezione di Cristo Da ultimo, è importante rilevare che la teologia di 2 Corinzi
diventandone un’immagine vivente (cfr. 13,4). mostra una sua originalità nella presentazione di una dimensione
Come in tutte le sue lettere, anche in 2 Corinzi Paolo parla di Dio trinitaria ante litteram ma reale. Infatti, come visto, c’è uno svi-
a partire da Cristo, del quale egli è l’apostolo (cfr. 1,1). In Cristo, luppo ricco e diversificato delle operazioni delle singole Persone
Dio ha portato a compimento tutte le sue promesse di salvezza (cfr. divine, ci si riferisce alla loro contemporanea azione (cfr. 1,21-22;
1,18-20), attraverso una nuova alleanza che è pieno compimento 3,3; 4,13-14) e, infine, si presenta l’asserzione trinitaria più chiara
dell’antica (cfr. 3,7-11). L’amore proveniente da Cristo spinge chi di tutto l’epistolario paolino nella benedizione finale di 13,13.
lo riceve a non vivere più per se stesso, ma per annunciare la pa- Alla teologia si lega da subito l’ecclesiologia della lettera, es-
rola di riconciliazione di Dio (cfr. 5,11-20), ossia il Vangelo, il cui sendo questa indirizzata «alla Chiesa di Dio che è a Corinto»
contenuto è proprio Cristo (cfr. 4,4). Il credente sperimenta già al (1,1), espressione con la quale si indica l’appartenenza della co-
presente una reale partecipazione alla vita di Cristo, in attesa di munità corinzia a Dio, ma anche la sua capacità di rappresentare
vivere per sempre con lui (cfr. 4,10-14). Infine, con tre formule l’intera Chiesa universale. La comunità cristiana è definita come
paradossali, Paolo ci dice quanto Dio ha compiuto nella morte in il tempio del Dio vivente (cfr. 6,16); anzi il suo statuto è quello
croce di Cristo e quanto l’uomo necessita di un totale cambiamento di una famiglia dove Dio è Padre, i suoi membri sono figli e figlie
di mentalità per accogliere le indicibili vie divine dispiegate per la e, quindi, fratelli e sorelle tra di loro (cfr. 6,18). Inoltre, in quanto
sua salvezza: Cristo è divenuto peccato per liberarci dal peccato fidanzata già promessa sposa, essa è chiamata a vivere in fedeltà
(cfr. 5,21), si è fatto povero per arricchirci (cfr. 8,9), crocifisso a Cristo, suo sposo, in attesa delle nozze escatologiche (cfr. 11,2).
per la sua debolezza, vive per la potenza di Dio perché anche noi Dalle concrete situazioni della lettera si può anche comprendere
possiamo avere la vita (cfr. 13,4). che nella comunità c’è lo spazio della riconciliazione e del per-
Tuttavia, sin dall’inizio della lettera, accanto a Cristo spicca dono (cfr. 2,4-11), come quello del confronto e dello scontro, ma
pure la figura del «Padre di misericordia e Dio di ogni consola- sempre in nome di un sincero affetto reciproco (cfr. 12,14-19).
zione» (1,3). A differenza di altri scritti paolini, a lui solo viene Ma in che modo debba vivere la Chiesa al suo interno ce lo dice
attribuito il termine theós («Dio») e di fronte a lui, in quanto soprattutto la colletta che occupa ben due capitoli della lettera.
giudice giusto, Paolo più volte rimette la sua causa (cfr. 1,23; Essa non è intesa come una semplice raccolta di denaro per i
11,11; 12,19). In 2 Corinzi Dio è visto nel suo molteplice agire, poveri della Chiesa di Gerusalemme, ma è prima di tutto una
ma soprattutto è posto all’origine e al termine del processo di sal- grazia proveniente da Dio (cfr. 8,1). Nel rapporto tra le Chiese,
vezza, determinato dalla risurrezione di Cristo e da quella finale la colletta rappresenta un servizio e un atto di comunione (cfr.
dei cristiani (4,14), e alla fonte dell’annuncio salvifico operato 8,4), così da costituire una concreta e fattiva uguaglianza tra di
dagli apostoli (cfr. 2,14-17). esse (cfr. 8,14). Al fondo e al centro di tutta questa vitalità ec-
L’apostolo, inoltre, riconosce la specificità dell’azione dello Spi- clesiale c’è Dio, che riempie i credenti dei suoi doni e che ama
rito Santo. Anzitutto afferma che lo Spirito ha la stessa signoria di colui che dona con gioia (cfr. 9,7-8). Per questo la colletta è un
Dio ed è il principio della libertà del credente (cfr. 3,17); poi che atto di culto a lui rivolto (cfr. 9,11-12); di conseguenza, chi ne
sostiene il ministero apostolico con forza vivificante (cfr. 3,6-8) è beneficiario non potrà che pregare e ringraziare Dio a motivo
e guida la sua azione all’interno della comunità (cfr. 3,3). Infine, della solidarietà manifestata dagli altri fratelli credenti (cfr. 9,13-
introduzione 22 23 introduzione
15), cosicché comunione con il Signore e comunione ecclesiale di Troia, nel 338 a.C. divenne, a opera di Filippo il Macedone, la
divengono un’unica indivisa realtà. sede della Lega achea e, successivamente, si ampliò molto sino a
Come corollario a questo approfondimento è necessario ricorda- raggiungere, secondo le stime, una popolazione di cinquecentomila
re (l’avevano già notato i Padri della Chiesa) che, secondo quanto abitanti, costituendo quindi il maggiore centro urbano della Grecia.
avviene anche nelle altre principali lettere paoline, l’autorità della Tuttavia, con l’espansione di Roma nel Mediterraneo divenne ine-
Scrittura è punto di riferimento, soprattutto nei capitoli 1–9, per vitabile lo scontro tra questa e la Lega achea, e nella guerra Corinto
il ragionamento dell’apostolo, quindi per la teologia della lettera ebbe la peggio. Infatti, nel 146 a.C. la città fu occupata e distrutta
(cfr., p. es., 3,1-16; 6,1-18; 10,17). dal console Lucio Mummio. Nonostante tale rovinosa fine, i dati
archeologici attestano come il centro continuò a essere popolato,
anche se da un numero di abitanti di gran lunga inferiore.
DESTINATARI, AUTORE E DATAZIONE Nel 44 a.C. Cesare, poco prima di essere assassinato, la rifondò
come colonia romana (Colonia Laus Iulia Corinthiensis), che
La città e la comunità cristiana di Corinto in rapporto con doveva richiamare nell’aspetto urbanistico la capitale. Ben presto
Paolo riconquistò tutta la sua importanza, grazie anche al fatto di essere
Durante il suo secondo viaggio missionario, nei primi anni 50 del stata designata nel 27 a.C. come capitale della provincia romana
I secolo, Paolo giunge nella città greca di Corinto, la più importante dell’Acaia, con un proconsole ivi residente. Di conseguenza, la
del momento. Tale ruolo di rilievo derivava prima di tutto dalla sua popolazione in pochi decenni si moltiplicò sino a raggiungere
posizione geografica: Corinto, infatti, sorgeva nella lingua di terra alla metà del I secolo d.C., secondo gli studiosi, la notevole cifra
che unisce la Grecia continentale alla penisola del Peloponneso, e di almeno settecentomila abitanti. Questo centro urbano, quando
si ergeva su un altipiano che dominava l’istmo con i due porti di Paolo vi si recò, aveva un carattere cosmopolita che presentava,
Lecheo (sul golfo di Corinto, circa 3 km a nord) e di Kencre (sul insieme alla popolazione autoctona, molti schiavi affrancati di
Golfo Saronico, quasi 10 km a est). Dunque, la città costituiva lo origine siriana, egizia e giudaica, senza menzionare tutte le genti
snodo più semplice per il passaggio da oriente a occidente, senza di passaggio a motivo dei commerci. Se in città il latino era la
avventurarsi in una ben più lunga e difficoltosa circumnavigazio- lingua ufficiale, il greco era la lingua franca della comunicazione
ne del Peloponneso; per questo Corinto divenne un centro per il e degli affari. Dal punto di vista religioso, Corinto era caratte-
trasbordo delle merci dall’Egeo all’Adriatico e viceversa, grazie rizzata da un ampio sincretismo: politeismo greco, religiosità
a un ingegnoso sistema per il trasporto terrestre delle stesse navi, egizia, culto dell’imperatore, ebraismo. In particolare, l’edificio
inventato già nel VI secolo a.C. religioso più importante doveva essere il tempio di Afrodite che
La città assunse la sua importanza commerciale probabilmente dominava Acrocorinto, la collina a sud della città, mentre le te-
a partire dall’VIII secolo a.C., cioè circa due secoli dopo la sua stimonianze archeologiche attestanti l’esistenza di una sinagoga
fondazione a opera dei Dori. La rinomanza di Corinto era poi do- non sono precedenti al IV secolo d.C. Le attività commerciali,
vuta anche ai Giochi istmici che vi si tenevano e che, già nel VI dovute all’istmo, si aggiungevano alla lavorazione della ceramica
secolo a.C., diventarono una festa panellenica, da svolgersi ogni e dei metalli e determinavano la ricchezza di Corinto. Oltre che
due anni e comprendente non solo gare di atletica, regate e corse di per tale agiatezza la città è citata nelle fonti antiche anche per la
cavalli, ma anche competizioni musicali, oratorie e teatrali. La città, sua dissolutezza, tanto che già Platone la chiamava «la cortigia-
ricordata nell’Iliade (2,570) tra quelle che parteciparono alla guerra na»; dal V-IV secolo a.C. nella lingua greca sono in uso il verbo
introduzione 24 25 introduzione
korinthiázomai e i suoi derivati per indicare la prostituzione e la nei confronti dell’apostolo, cioè quello di leggere il rapporto con
licenziosità sessuale (cfr. Aristofane, Frammento 354). lui all’interno della mentalità romana tipica del patronato, laddo-
Il racconto di At 18,1-18 ci presenta la nascita della comunità ve, in cambio del riconoscimento della propria autorità e di alcuni
di Corinto evangelizzata da Paolo. Tuttavia, a differenza dei dati servigi, il patrono assicurava favori anche di natura economica al
archeologici, il testo ci parla della sinagoga dove Paolo cominciò la cliente (cfr. 2Cor 11,7-10). I destinatari avrebbero dunque deside-
sua predicazione per poi, in seguito al rifiuto degli ebrei, rivolgersi rato sovvenire alle necessità di Paolo per vedere riconosciuto un
soprattutto ai pagani. Il primo soggiorno di Paolo nella città, secon- ruolo patronale nei suoi confronti.
do il brano succitato, dovette durare più di diciotto mesi, durante i A complicare le relazioni già complesse tra Paolo e la comuni-
quali l’apostolo lavorò e abitò insieme ad Aquila e Priscilla. Proprio tà era la presenza e l’azione a Corinto di avversari dell’apostolo.
la notizia della loro espulsione da Roma per ordine di Claudio e la Quelli che in 1 Corinzi sono semplicemente accenni diventano
comparsa di Paolo di fronte al proconsole Gallione costituiscono un motivo ricorrente e rilevante in 2 Corinzi. Pur mantenendo la
elementi importanti per la ricostruzione della cronologia paolina, relazione comunicativa esclusivamente con i destinatari (mai si
in quanto tali avvenimenti sono supportati da dati esterni al testo rivolge agli avversari, che non hanno un profilo preciso), l’apo-
(il primo da fonti letterarie, il secondo da una testimonianza epi- stolo si sofferma a parlare degli oppositori affinché i suoi non ne
grafica) che ci permettono di giungere alla datazione assoluta dei subiscano l’influenza e, al contrario, rafforzino il loro rapporto con
primi anni 50 per il soggiorno dell’apostolo a Corinto. lui. Anzitutto in 2Cor 7,12 (cfr. 2,5-11) si parla di un «offensore»
La comunità cristiana che Paolo fonda è stata fatta oggetto, negli che avrebbe messo in cattiva luce Paolo durante una sua visita alla
ultimi tre decenni, di molti studi di carattere sociologico. Dal punto comunità, posteriore a quella della fondazione; con ogni probabilità
di vista metodologico è necessaria una grande cautela, perché le il tale appartiene alla stessa Chiesa di Corinto, che è pienamente
fonti dirette che abbiamo a disposizione sono costituite soltanto, coinvolta nel successivo processo di riconciliazione del reo nei
oltre che dalle due lettere paoline ai Corinzi, dal succitato passaggio confronti dell’apostolo.
di At 18 e da Rm 16, con i saluti inviati da diverse persone della Andando oltre, è possibile notare che nei capitoli 1–9 ci sono
Chiesa di Corinto dove l’apostolo si trova. Essa sussisteva in una richiami a coloro che fanno dell’annuncio del Vangelo un motivo
serie di comunità domestiche (cfr. 1Cor 16,19) – probabilmente con di lucro (cfr. 2,17), rivendicano una legittimazione del loro ruolo
non più di cinquanta membri per ciascuna – ed era a prevalenza in base a lettere di raccomandazione (cfr. 3,1) e indulgono nel culto
pagana, ma con una presenza giudaica non trascurabile (cfr. 1Cor della propria personalità, probabilmente a confronto con quella
12,13). Come la popolazione, così la comunità cristiana doveva di Paolo (cfr. 5,12). Queste indicazioni sembrano corrispondere
avere persone appartenenti agli strati sociali più bassi, liberti e a quelle più numerose dei capitoli 10–13: gli avversari accusano
anche schiavi (cfr. 1Cor 7,21-24), insieme a benestanti (cfr. Rm Paolo di muoversi secondo criteri umani (cfr. 10,2), disprezzano
16,23). La Chiesa di Corinto era ricca di doni spirituali (cfr. 1Cor la sua debole presenza fisica (cfr. 10,10) e la sua incapacità di
12,7-10), ma anche molto divisa al suo interno (cfr. 2Cor 12,20) parlare (cfr. 11,6), si misurano con lui traendone motivo di vanto;
e fragile, così da essere esposta a bruschi cambiamenti (cfr. 2Cor invadendone anche il campo di evangelizzazione (cfr. 10,12-16),
11,4). Sulle tendenze spirituali che attraversavano e agitavano la seducono la comunità attraverso un altro Vangelo (cfr. 11,4) e, men-
comunità di Corinto sono state elaborate svariate ipotesi, che però tre si considerano apostoli di rango superiore, sfruttano l’ospitalità
difficilmente possono essere provate con dati fondati sul testo pao- dei Corinzi (cfr. 11,7-20). Molte sono le ipotesi formulate dagli
lino; è più sicuro rinvenire un atteggiamento ricorrente dei Corinzi studiosi a proposito di questi oppositori. A nostro avviso, seguendo
introduzione 26 27 introduzione
il testo e non abbandonandosi a fantasiose ricostruzioni, si tratta intervento che si astenne dal mettere in atto il piano originario, o
probabilmente di un unico gruppo di missionari giudeocristiani, meglio una parte di esso. Infatti da 2,1-13 e 7,12 si può dedurre
forse ellenisti, che vogliono staccare i Corinzi dal legame con l’apo- che l’apostolo sia giunto direttamente da Efeso a Corinto e che nel
stolo per attrarli nella loro sfera di influenza (cfr. 11,22-23). Nella contesto di questa visita avvenne l’episodio dell’offensore, ragione
lettera la loro specificazione appare più pratica, cioè legata a un per la quale egli, dopo avere lasciato la città, abbandonò l’idea di
comportamento avverso all’apostolato paolino, che teorica, come ritornarvi subito dopo il passaggio in Macedonia. Paolo decise
in dipendenza da una teologia. In tutto questo essi si differenziano così di scrivere una lettera «tra molte lacrime» per ristabilire il suo
dai perturbatori giudeo-cristiani delle Chiese della Galazia che rapporto con la comunità, lettera probabilmente recata da Tito (2,4;
vogliono la circoncisione dei pagano-cristiani (cfr. Gal 5,2) e dai cfr. 7,8-10). Da parte sua, l’apostolo, in seguito a una drammatica
missionari giudeo-cristiani citati in Filippesi che, in qualche modo, vicenda per la quale rasentò la morte (cfr. 1,8-10), lasciò Efeso e
avevano a che fare con una questione simile (cfr. Fil 3,2-3). giunse a Troade per annunciare il Vangelo, ma anche per incon-
Infine, in 2 Corinzi possiamo vedere un terzo genere di avversari, trare Tito e avere notizie dei Corinzi (cfr. 2,12-13). Finalmente
gli «increduli», menzionati in 4,3-4 e in 6,14-16: si tratta certa- l’apostolo lo trova in Macedonia (cfr. 2,13) e da lui riceve buone
mente di tutti quelli che non credono a Cristo e vivono nella città notizie con il ravvedimento della comunità (cfr. 7,11-16). Ormai
di Corinto a contatto con la comunità cristiana; in particolare, pro- fiducioso nella lealtà della comunità, Paolo rinvia Tito con due
babilmente degli ebrei ivi residenti ostili alla predicazione paolina fratelli cristiani per raccogliere la colletta per i poveri della Chiesa
(cfr. 2Cor 3,14-15; anche At 18,4-6.12-13). In fondo, il testo di di Gerusalemme (cfr. 8,16-24), prima di venire lui stesso a Corinto
2Cor 11,26 ci fornisce un buon riassunto degli avversari dell’apo- (cfr. 9,5). Infine, in un contesto di rapporti completamente muta-
stolo: «connazionali», «pagani», «falsi fratelli». to, l’apostolo annuncia con toni duri una terza imminente visita a
Dopo la visita di fondazione della comunità, gli Atti ne riporta- Corinto (cfr. 13,1-3). In conclusione, mettendo insieme i dati di
no un’altra, quando raccontano di Paolo che, durante il suo terzo Atti con quelli della corrispondenza corinzia è possibile indicare,
viaggio missionario, passò tre mesi in Grecia, designazione spesso dopo quella di fondazione, altre due visite di Paolo alla comunità:
corrispondente all’Acaia romana, quindi, probabilmente, soprattut- la prima nella quale avvenne l’episodio dell’offensore, la seconda
to presso la Chiesa di gran lunga più importante ivi stabilita, cioè che consistette in un soggiorno di tre mesi prima di cominciare il
a Corinto (cfr. At 20,2-3). Ma, leggendo 1–2 Corinzi, il quadro viaggio in direzione di Gerusalemme.
diventa sicuramente più complicato. Il primo dato proviene da 1Cor
16,2-7, dove l’apostolo promette una sua nuova venuta a Corinto, Autore e datazione
successiva a quella iniziale, partendo da Efeso e passando per la L’autenticità paolina di 2 Corinzi non è mai stata messa in di-
Macedonia, con l’intenzione di rimanere un po’ di tempo in mezzo scussione dagli studiosi, neppure dai più radicali. Discussi dagli
ai suoi, magari trascorrendovi l’inverno. Tuttavia, in maniera un esegeti sono invece la datazione e il luogo di composizione, che
po’ diversa, il testo di 2Cor 1,15-16 ci dice che l’apostolo voleva divergono soprattutto in base alla considerazione dell’integrità o
fare la seconda visita a Corinto recandosi dopo in Macedonia, per della compilazione e alle differenti posizioni riguardo il numero e
poi ritornare nella capitale dell’Acaia prima di procedere per la l’ordine cronologico delle eventuali precedenti lettere.
Giudea. Tale progetto non andò in porto; per questo in 1,17-23 Da parte nostra, in coerenza con la precedente proposta di
Paolo deve difendersi dall’accusa di essersi comportato con leg- compilazione, avanziamo un’ipotesi che utilizza alcune indica-
gerezza, sostenendo che fu solo per risparmiare ai Corinzi un duro zioni testuali, insieme a una possibile datazione assoluta, che non
introduzione 28 29 introduzione
pretende comunque di essere incontrovertibile. Partendo dalla Testo e trasmissione del testo
questione della colletta, ricaviamo che Paolo chiede per la prima
volta ai Corinzi di metterla in atto in 1Cor 16,1, mentre in 2Cor Per quanto riguarda la storia della trasmissione del testo, le prime
8,10 afferma che la comunità già da un anno si è impegnata su attestazioni chiare della 2 Corinzi si trovano soltanto nel canone di
questo; infine, in 2Cor 12,17-18 mostra che la colletta è in via di Marcione (circa metà del II secolo) e in quello Muratoriano (proba-
completamento. Così risulta che 2 Corinzi A (cc. 1–9) sia stata bilmente della fine del II secolo), mentre il testimone più antico è il
scritta a un anno di distanza da 1 Corinzi, mentre, in ragione di Papiro Chester Beatty II (î46), collocabile intorno al 200, che omet-
quanto detto in precedenza, 2 Corinzi B (cc. 10–13) dovrebbe te appena due versetti della lettera e che sostanzialmente coincide
seguire di qualche mese. Da parte sua il testo di At 20,1-2 ci dice con il tipo testuale alessandrino, riportato dai codici Alessandrino
in maniera molto concisa che Paolo, una volta lasciato Efeso, (A) e Vaticano (B). Questo dato, che testimonia della trasmissione
passò dalla Macedonia a salutare le comunità e poi giunse in della lettera unicamente nella sua forma attuale, non contraddice
Grecia (quindi a Corinto), mentre la nostra lettera specifica che l’ipotesi della compilazione che proprio così ha potuto disporre di
in questo viaggio egli si fermò prima a Troade e poi proseguì per un sufficiente lasso di tempo precedente per poter avvenire.
la Macedonia dove incontrò Tito (cfr. 2Cor 2,12-13). Perciò rite-
niamo che da lì, contento per le buone notizie ricevute, l’apostolo Elenco dei manoscritti citati nel commento
inviò attraverso Tito la lettera A (cfr. 8,16-24). Dopo qualche Papiri
mese, a fronte di nuove negative notizie provenienti da Corinto, Papiro Chester Beatty II (î46), datato circa al 200, conservato
Paolo dovette scrivere la lettera B, a seguito della quale decise una parte nella Chester Beatty Library, Dublino, un’altra alla Ann
di recarsi di persona nella comunità. Arbor University of Michigan.
D’altra parte, i cambiamenti nei progetti di viaggio tra 1Cor 16 Papiro greco 39784 di Vienna (î34), datato al VII secolo e con-
e 2Cor 1 rendono il quadro cronologico degli spostamenti di Paolo servato alla Österreiches Nationalbibliothek, Vienna.
molto difficile da delineare. Noi ipotizziamo che Paolo dovette la- Papiro di Amburgo 1002 (î117), datato tra il IV e il V secolo e
sciare Efeso nella primavera-estate dell’anno 56, passò da Troade conservato alla Staats- und Universitätsbibliothek, Amburgo.
e arrivò, dopo qualche settimana, in Macedonia, dove incontrò Papiro di Oxyrhynchus 4845 (î124), datato al VI secolo; contie-
Tito. All’inizio della sua permanenza presso le comunità mace- ne soltanto 2Cor 11,1-4.6-9 ed è conservato presso la Biblioteca
doni l’apostolo scrisse la lettera A e dopo qualche mese, cioè in dell’Ashmolean Museum, Oxford.
autunno-inverno, a seguito delle cattive notizie ricevute da Corinto,
mandò la lettera B. Poco dopo, all’inizio dell’anno 57 (o al finire Codici in maiuscola
del 56) si recò a Corinto, dove trascorse tre mesi, dopodiché rag- Codice Sinaitico ()א, del IV secolo, conservato alla British
giunse Filippi, da cui si imbarcò subito dopo Pasqua in direzione Library, Londra.
di Gerusalemme (cfr. At 20,3-6). Infine per la data della probabile Codice Alessandrino (A), del V secolo, conservato alla British
redazione unificata delle due lettere possiamo soltanto segnalare Library, Londra.
che dovette avvenire prima della metà del II secolo, possibilmente Codice Vaticano (B), del IV secolo, conservato nella Biblioteca
nel luogo dove fu composto il Corpus paulinum e, quindi, pres- Apostolica Vaticana, Roma.
so un’importante comunità paolina, come quella di Efeso o della Codice di Efrem riscritto (C), del V secolo, conservato alla Bi-
stessa Corinto. bliothèque Nationale, Parigi.
introduzione 30 31 introduzione
Codice Claromontano (D), del VI secolo, conservato alla Biblio- Manoscritto greco VI 36 di Firenze (365), del XII secolo, con-
thèque Nationale, Parigi. servato alla Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.
Codice di Cambridge (F), del IX secolo, conservato al Trinity Manoscritto E 97sup. di Milano (614) del XIII secolo, conser-
College, Cambridge. vato alla Biblioteca Ambrosiana, Milano.
Codice di Börner (G), del IX secolo, conservato alla Sächsische Manoscritto ottoboniano greco 325 (630), del XIV secolo, con-
Landesbibliothek, Dresda. servato alla Biblioteca Vaticana, Roma.
Codice di Coislin (H), del VI secolo, il codice è stato smembrato Manoscritto Dionysiou 37 (945), dell’XI secolo, conservato al
già in epoca antica e attualmente è conservato in diverse città; la monastero Donysiou del monte Athos.
maggior parte del testo si trova alla Bibliothèque Nationale, Parigi, Manoscritto greco 260 (1241), del XII secolo, di S. Caterina al Sinai.
gli altri fogli sono dispersi tra il monte Athos, Kiev, San Pietrobur- Codice B’ 26 (1505), del XII secolo, della Laura del monte
go, Mosca e Torino. Athos.
Codice di Freer (I), del V secolo, conservato presso lo Smith- Codice B’ 64 (1739), del X secolo, della Laura del monte Athos.
sonian Institute, Washington. Manoscritto greco 300 (1881), del XIV secolo, di S. Caterina
Codice di Mosca (K), del IX secolo, conservato al Museo Storico al Sinai.
di Mosca. Codice Joannou 16 (1175), del X secolo, conservato a Patmos.
Codice Angelico (L), del IX secolo, conservato alla Biblioteca Codice Joannou 742 (2464), del IX secolo, conservato a Patmos.
Angelica, Roma. La dizione «testo bizantino» indica quello riportato da molti
Codice Porfiriano (P), del IX secolo, conservato alla Biblioteca manoscritti e corrisponde al testo greco del Nuovo Testamento
Nazionale Russa, San Pietroburgo. diffuso nelle Chiese dell’area culturale dipendente da Costantino-
Codice della Laura monte Athos (Y), del IX/X secolo, conser- poli/Bisanzio.
vato alla Laura 172, Athos.
Manoscritto Harley 5613 (0121), del X secolo, conservato alla Versioni
British Library, Londra. Vulgata: versione latina della Bibbia ricondotta abitualmente
Manoscritto Greco II 181 (983) di Venezia (0243), del X secolo, al nome di Girolamo (347 ca.-419) e alla volontà di papa Damaso
conservato alla Biblioteca Marciana, Venezia. (305-384). Opera di Girolamo sono la traduzione dell’Antico Te-
stamento dal testo ebraico e la revisione dei testi evangelici (nelle
Codici in minuscola traduzioni latine precedenti) sulla base di manoscritti greci; per il
Manoscritto greco 14 di Parigi (33), del IX secolo, conservato resto del Nuovo Testamento si fanno altri nomi.
alla Bibliothèque Nationale, Parigi. Bohairica: traduzione in dialetto copto bohairico (nord Egitto)
Manoscritto greco 59 di Alessandria (81), del 1044, conservato del Nuovo Testamento.
in parte alla British Library, Londra, in parte nella biblioteca del
Patriarcato di Alessandria.
Manoscritto Harley 5537 (104), del 1087, conservato alla British
Library, Londra.
Manoscritto greco 82 del Lincoln College (326), del XII secolo,
conservato alla Bodleian Library, Oxford.
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ΠΡΟΣ ΚΟΡΙΝΘΙΟΥΣ Βʹ
Seconda ai Corinzi
SecondA AI CORINZI 1,1 36 37 Seconda ai corinzi 1,1
καὶ Τιμόθεος ὁ ἀδελφὸς τῇ ἐκκλησίᾳ τοῦ θεοῦ τῇ οὔσῃ ἐν Dio, e il fratello Timoteo alla Chiesa di Dio che
Κορίνθῳ σὺν τοῖς ἁγίοις πᾶσιν τοῖς οὖσιν ἐν ὅλῃ τῇ Ἀχαΐᾳ, è a Corinto con tutti i santi che sono nell’intera Acaia.
// 1,1-2 Testi paralleli: Rm 1,1-7; 1Cor 1,1- nuncio del Vangelo, ministero basato, come cristiana locale, eccetto in 1Cor 15,9 e Gal salemme (cfr. 1Cor 16,1; 2Cor 8,4; 9,1-12).
3; Fil 1,1-2; Col 1,1-2; 1Ts 1,1; 2Ts 1,1-2; per i Dodici sul fatto di avere incontrato il 1,13, dove il riferimento è a una persecu- Che sono nell’intera Acaia (toi/ j ou= s in
Fm 1-3 Risorto (cfr. 1Cor 9,1). zione generalizzata della Chiesa da parte ev n o[ l h| th/ | VAcai< a ) – L’Acaia in senso
1,1 Paolo (Pau/loj) – Si tratta di un latinismo Di Cristo Gesù – Il genitivo Cristou/ VIhsou/ dell’ebreo Saulo. storico comprendeva la parte settentrio-
(da Paul[l]us), la cui etimologia richiama può essere d’origine o possessivo. Con tutti i santi (su.n toi/j a`gi,oij pa/sin) – nale del Peloponneso, mentre nel 27 a.C.
l’idea di pochezza e di piccolezza. L’aposto- Alla Chiesa di Dio che è a Corinto (th/ | L’aggettivo a[gioj al plurale nella Settanta è i Romani avevano costituito la provincia
lo usa questo nome nelle sue lettere, mentre evkklhsi,a| tou/ qeou/ th/| ou;sh| evn Kori,nqw|) usato per designare gli Israeliti, in quanto, senatoriale formata dalla Grecia centrale
Atti ci testimonia anche quello ebraico di – La frase ricalca esattamente quella di da una parte, separati dal male e dagli altri e dall’intero Peloponneso, di cui Corinto
Saulo (cfr. At 13,9 per la corrispondenza tra 1Cor 1,2. L’espressione (h`) evkklhsi,a (tou/) popoli; dall’altra, appartenenti a Dio (cfr., era la capitale. Vista la distanza con Atene,
i due nomi). qeou/ (genitivo possessivo) è usata nell’AT p. es., Es 22,30; Lv 20,26; Is 4,3). Paolo uti- è difficile pensare che Paolo si riferisca
Apostolo – Il termine avpo,stoloj è utilizzato solo in Ne 13,1, mentre nel NT, fuori dal- lizza il termine, quasi sempre al plurale, per anche ai cristiani di quella comunità (cfr.
al singolare, a differenza delle altre occor- le lettere paoline, solo in At 20,28. Paolo indicare i cristiani (cfr., p. es., Rm 1,7; Col At 17,34), piuttosto a quelli di Kencre (cfr.
renze nella lettera dove è al plurale, per de- utilizza il sintagma sia al singolare sia al 1,2; Fm 5), in particolare nella corrispon- Rm 16,1) e forse ad altri che abitano nella
signare il ministero di Paolo in ordine all’an- plurale per indicare sempre una comunità denza corinzia quelli della Chiesa di Geru- vicinanze di Corinto.
2 CORINZI A (1,1–9,15) collaboratore, coinvolto nella fondazione della comunità di Corinto (cfr. At 18,5;
In base all’ipotesi di compilazione presentata nell’introduzione, 2 Corinzi A 2Cor 1,19) e in una visita successiva alla stesura della 1 Corinzi (cfr. 1Cor 4,17;
rappresenta la prima, anche in ordine di tempo, delle due lettere confluite nella 2 16,10). La sua menzione all’inizio della lettera indica la condivisione sull’oppor-
Corinzi canonica. Così 2 Corinzi A corrisponde ai primi nove capitoli, priva del tunità della stessa e prepara l’utilizzazione del «noi» apostolico usato nei capito-
suo originario postscriptum. li 1–9 non solo in riferimento a Paolo, ma anche ai suoi collaboratori (alcune volte
il riferimento sarà più marcatamente individuale, altre più collettivo).
Praescriptum (1,1-2) Nella adscriptio si sottolinea l’appartenenza della comunità cristiana di Corinto
Il termine deriva dal latino prae («prima») e scriptum («scritto») e rappresenta a Dio. Secondo alcuni interpreti l’espressione «Chiesa di Dio» era un’auto-desi-
l’indirizzo presente all’inizio di ogni lettera antica. Seguendo il modello epistolare gnazione della comunità di Gerusalemme che Paolo avrebbe ripreso, applicandola
classico (cfr. At 23,26), Paolo comincia sempre le sue lettere con questo elemen- polemicamente alle singole Chiese da lui fondate e affermando così la sua idea
to. Il praescriptum è composto, come nel nostro caso, di tre elementi: mittente di Chiesa non universale. Ma tale ipotesi non risulta attendibile. Infatti nei testi
(superscriptio), destinatario (adscriptio), saluto (salutatio). Nelle lettere paoline paolini non esiste traccia di questa polemica con la comunità gerosolimitana e
compaiono spesso i co-mittenti (eccetto in Romani, Efesini e nelle Pastorali); i l’apostolo in almeno tre occasioni fa intravedere il concetto di Chiesa universale
destinatari sono i cristiani di una o più Chiese locali (salvo che nelle Pastorali e (cfr. 1Cor 15,9; Gal 1,13; Fil 3,6). Nonostante l’ampliamento dei destinatari, si
in Filemone) e i vocaboli «grazia e pace» sono sempre presenti nel saluto, di cui tratta di una lettera indirizzata non ai cristiani di un’intera regione, come quella
si ricorda ogni volta l’origine divina (con l’eccezione di 1 Tessalonicesi). Rispetto alle comunità della Galazia, ma ai soli Corinzi. Il riferimento ad altri credenti della
alle lettere antiche, generalmente il praescriptum paolino è più sviluppato. zona circostante è da leggere in base alla possibilità che questi hanno di recarsi a
La superscriptio di 2 Corinzi A coincide in tutto con quella di Col 1,1 e sin Corinto, vista anche la sua importanza amministrativa, e di incontrare i cristiani lì
dall’inizio solleva la questione dell’apostolato paolino, che sarà dibattuta nella residenti. Più importante è notare l’utilizzo della designazione anticotestamentaria
nostra lettera sia in 2,14–7,4, sia in 10,1–13,10. Tale apostolato ha una determi- di «santi», originariamente riferita agli Israeliti, riguardo ai cristiani. Coloro ai
nazione cristologica e la sua autorità proviene da un mandato divino. quali Paolo si indirizza non sono giudei, ma pagano-cristiani, ciò significa che i
Colui che è associato a Paolo nel praescriptum della lettera, pur non essendone secondi sono ormai membri del popolo di Dio, che è la Chiesa, allo stesso livello
co-autore ma co-mittente, cioè Timoteo, è un fratello nella fede e un suo stretto e con la stessa dignità dei primi.
SecondA AI CORINZI 1,2 38 39 SecondA AI CORINZI 1,3
χάρις ὑμῖν καὶ εἰρήνη ἀπὸ θεοῦ πατρὸς ἡμῶν καὶ κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ.
2 2
A voi grazia e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
1,2 Grazia (ca,rij) – Con questo vocabolo, Infatti, nelle lettere paoline «grazia» è un ter- di vita. Inoltre šālôm non rappresenta sola- // 1,3-14 Testi paralleli: Rm 1,8-17; Ef 1,3-
l’autore riprende, dal punto di vista etimologi- mine chiave per indicare l’azione gratuita e mente un saluto, poiché nei profeti antico- 14; 1Pt 1,3-12
co, e trasforma, riguardo al significato, l’usua- salvifica di Dio nei confronti degli uomini, di testamentari costituisce il dono escatologico 1,3 Benedetto Dio (Euvloghto.j o` qeo,j) –
le saluto, formulato all’inizio delle epistole: cui l’apostolo è messaggero (cfr., p. es., Rm di Dio, legato all’avvento del Messia (cfr., p. L’espressione è identica a quella riportata nei
«salve!», «sta’ bene!» (greco, cai,re[in]). Con 5,2.15; 1Cor 15,10). es., Is 9,5-6). Così per Paolo la «pace» signi- Sal 65,20 (TM 66,20) e 67,36 (TM 68,36).
tale nuova modalità si configura una relazio- Pace (eivrh,nh) – Richiama il saluto ebraico fica la riconciliazione definitiva, universale, Non avendo il verbo espresso, si può inten-
ne non duale tra autore e destinatari, ma una šālôm, con il quale si augura non semplice- realizzata da Cristo in adempimento delle dere come un’affermazione («Benedetto è
triangolare, grazie alla mediazione divina. mente un’assenza di guerra, ma una pienezza antiche promesse (cfr. Ef 2,14-17). Dio») o un auspicio («Benedetto sia Dio»).
Nella salutatio, sviluppata con originalità rispetto al formulario epistolare classico, nei capitoli 1–9 (lettera A): la consolazione (cfr., p. es., 1,3.4.6; 2,7; 7,4), la tribo-
il saluto «grazia e pace» (v. 2), pur derivando probabilmente dalla tradizione liturgica lazione (cfr., p. es., 1,4.6.8; 2,4; 4,8; 6,4), la morte (cfr. 1,9.10; 2,16; 5,14; 7,10).
cristiana, attesta anche la duplice cultura, ebraica e greca, di Paolo. La derivazione divina Con i vv. 12-14, da una parte, l’esordio giunge alla sua conclusione, dall’altra
del saluto richiama la vera fonte e la portata escatologica di questi beni, il possesso dei si prepara il successivo sviluppo epistolare con l’annuncio della questione che sarà
quali può essere stabilmente conseguito solo nel legame con quel Dio che nel suo Figlio affrontata nei capitoli 1–9. Si tratta, quindi, della tesi generale dei primi nove capitoli
dona a tutti la salvezza definitiva. Quindi, con «grazia e pace» si mostra sin dall’inizio che in termini retorici è qualificata come propositio e che sarà provata nella narra-
l’essenza del Vangelo, in quanto buona novella per ogni uomo, di cui Paolo si fa araldo. zione apologetica di 1,15–2,13; 7,5-16 e nell’argomentazione di 2,14–7,4. Quando
Così, il praescriptum di 2 Corinzi A, pur non essendo sviluppato come quello di l’apostolo nelle sue lettere intende dimostrare una propria idea, utilizza un modo
altre epistole paoline, ci presenta da subito la prospettiva cristologica e teologica di ragionare che è riconducibile a quello del discorso persuasivo, la cui struttura
dell’apostolato di Paolo e della comunità di Corinto. essenziale è costituita dalla tesi o propositio, che deve essere provata, e dalla rela-
tiva dimostrazione o argumentatio, utilizzata per suffragare quanto sostenuto (cfr.
Esordio: Benedizione e tesi generale (1,3-14) Aristotele, Retorica 3,13). Così la tesi di 1,12-14 annuncia, come in Rm 1,16-17, la
Le lettere paoline cominciano generalmente con un rendimento di grazie a questione sulla quale verterà tutto il dettato epistolare: il comportamento di Paolo,
Dio e con un riferimento costante ai destinatari (uniche eccezioni sono la lettera per grazia di Dio, verso i Corinzi e verso tutti. I legami di vocabolario – oltre a quelli
ai Galati e quella a Tito). In questo modo, Paolo ricorda l’interesse che ha per i tematici più generali che vedremo – di 1,12-14 con la sua dimostrazione, che di
suoi, introduce i temi dell’epistola e opera una captatio benevolentiae, così da fatto si estende da 1,15 a 7,16, confermano questo assunto: si vedano, per esempio,
conquistarsi la simpatia e l’attenzione degli ascoltatori. In fondo questa introdu- i temi della semplicità (greco, haplótēs: 1,12; 8,2; 9,11.13), della sincerità (greco,
zione svolge le stesse funzioni che aveva, secondo le regole della retorica classica, eilikríneia: 1,12; 2,17), del vanto (greco, kaúchēsis: 1,12; 7,4.14; kaúkēma: 1,14;
l’exordium proprio dei discorsi persuasivi: rendere gli ascoltatori attenti, docili e 9,3), della grazia di Dio (greco, cháris toû theoû: 1,12; 6,1; 8,1), dello scrivere (di
benevoli (cfr., p. es., Cicerone, Invenzione 1,20). Paolo) (greco, gráphō: 1,13; 2,3.4.9; 7,12; 9,1).
L’esordio di 1,3-14 è da dividersi in due parti: benedizione (vv. 3-11) e tesi
generale (vv. 12-14). In 1,3-11 il ringraziamento è sostituito da una benedizione, 1,3-11 Benedizione
genere derivante dalla liturgia giudaica (cfr., p. es., Dn 3,26-45.52-90; Regola Paolo si diffonde in una benedizione che può essere agevolmente divisa in due
della comunità [1QS] 11,15; Mishnà, Berakhot) e presente anche nel Nuovo Te- parti: la consolazione nella tribolazione (vv. 3-7); la liberazione dalla morte in
stamento (cfr. Ef 1,3-14; 1Pt 1,3-12). Rispetto al ringraziamento, la benedizione, Asia (vv. 8-11). L’apostolo passa dunque da un motivo generale per cui benedire
pur utilizzando al v. 11 anche lo stesso verbo eucharistéō («ringraziare»), accentua Dio a una circostanza concreta in ragione della quale egli rende grazie a lui per
di più l’elemento della lode a Dio (che è il soggetto principale del testo di 1,3-11) un suo intervento salvifico.
per quanto compiuto a favore della persona, in questo caso una consolazione nella 1,3-7 La consolazione nella tribolazione
tribolazione che si è manifestata nel liberare Paolo da un pericolo mortale. Inoltre Nel suo versetto iniziale la benedizione rivolta a Dio è solenne e costruita, dal
i vv. 3-11 introducono tre tematiche che saranno riprese e sviluppate in seguito punto di vista stilistico, con una struttura di tipo chiastico: a) «Benedetto Dio»;
SecondA AI CORINZI 1,4 40 41 SecondA AI CORINZI 1,5
πατὴρ τῶν οἰκτιρμῶν καὶ θεὸς πάσης παρακλήσεως, Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione, 4il quale
4
ὁ παρακαλῶν ἡμᾶς ἐπὶ πάσῃ τῇ θλίψει ἡμῶν εἰς τὸ ci consola in ogni nostra tribolazione, perché noi possiamo
δύνασθαι ἡμᾶς παρακαλεῖν τοὺς ἐν πάσῃ θλίψει διὰ τῆς consolare coloro che sono in qualunque tribolazione per mezzo
παρακλήσεως ἧς παρακαλούμεθα αὐτοὶ ὑπὸ τοῦ θεοῦ. 5 ὅτι della consolazione con la quale siamo noi stessi consolati da
καθὼς περισσεύει τὰ παθήματα τοῦ Χριστοῦ εἰς ἡμᾶς, οὕτως Dio. 5Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi,
διὰ τοῦ Χριστοῦ περισσεύει καὶ ἡ παράκλησις ἡμῶν. così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione.
Padre di misericordia (o` path. r tw/ n zione». Nel nostro caso è preferibile la terza Il verbo parakale,w nel greco biblico possiede sofferenza interiore (cfr. Fil 1,17; Gc 1,27). In
oivktirmw/n) – Alla lettera: «Padre delle mi- accezione, a motivo del connesso tema della altri due significati, oltre a quelli connessi al 2Cor 1,4 con «ogni» si vuol estendere il riferi-
sericordie». Si tratta di un semitismo che tribolazione (cfr. 1,4). Il sostantivo presenta, corrispondente sostantivo (cfr. nota preceden- mento (non escatologico) a qualsiasi tipo di sof-
richiama la formula presente in Es 34,6 e in rispetto alle altre lettere paoline, una forte te), e cioè: «invitare», «chiamare al proprio ferenza sia fisica che interiore, mentre in 1,8 se
Dt 4,31. Nella versione dell’AT della Settan- concentrazione in 2Cor 1–9 con ben undici fianco»; «trattare in maniera amichevole», ne menziona una particolare e di ordine fisico.
ta, in particolare, il termine greco oivktirmoi, occorrenze, concentrazione corroborata anche «pregare». Nel nostro versetto forma una fi- 1,5 Abbondano – Il verbo perisseu,w (usato an-
rende spesso il plurale ebraico rāḥămîm. dal frequente uso del corrispondente verbo gura etimologica con para,klhsij e assume il che in 1,5; 3,9; 4,15; 8,2.7; 9,8.12) nell’episto-
Dio di ogni consolazione (qeo. j pa, s hj parakale,w (quattordici occorrenze). relativo significato di «consolare». lario paolino manifesta soprattutto l’eccedenza
paraklh,sewj) – L’espressione ha una sua de- 1,4 Il quale ci consola (o` parakalw/n h`ma/j) – In ogni… tribolazione (evpi. pa,sh| th/| qli,yei) – Il e la pienezza dei doni di Dio, nell’ambito della
rivazione dall’AT, dove Dio viene a consolare La formulazione con un participio attributivo vocabolo qli/yij nel NT riveste diversi signi- vita cristiana personale e comunitaria (cfr., p.
il suo popolo operando la sua salvezza (cfr., p. in riferimento a Dio è tipica delle benedizioni ficati: la tribolazione in vista del compimento es., Rm 15,13; 1Cor 14,12; 1Ts 3,12).
es., Is 40,1; 51,3.12). Il termine para,klhsij nei Salmi (cfr., p. es., Sal 71,18 [TM 72,18]; escatologico (cfr., p. es., Mt 24,29; Mc 13,19; Le sofferenze di Cristo (ta. paqh,mata tou/
nel greco biblico presenta tre principali ac- 134,21 [TM 135,21]; 143,1 [TM 144,1]). Il At 14,22), la persecuzione e l’imprigionamento Cristou/) – Il genitivo è di relazione, cioè le
cezioni: «incoraggiamento», «esortazione»; «noi» si riferisce prima di tutto a Paolo, ma per la fede (cfr., p. es., At 11,19; 1Ts 1,6; Ap sofferenze sono sperimentate in rapporto a
«appello», «richiesta»; «conforto», «consola- poi si estende ai collaboratori e ai destinatari. 2,10), dolore di ordine fisico (cfr. Gv 16,21), Cristo e, quindi, per il Vangelo.
b) «e Padre del Signore nostro Gesù Cristo»; b’) «Padre di misericordia»; a’) «e trova la sua rappresentazione plastica nel contesto dei rapporti tra l’apostolo e la
Dio di ogni consolazione». sua comunità, così come descritti nei passaggi di 2,1-13 e 7,5-16: Paolo, consolato
Al centro del chiasmo si insiste sulla paternità di Dio nei confronti di Cristo, da Dio attraverso le buone notizie ricevute dalla comunità, diventa intermediario
mentre all’esterno di esso si sottolinea che Dio è benedetto per la sua opera di di questa consolazione divina a favore dell’offensore e dell’intera Chiesa corinzia.
consolazione. Nel testo è certo presente un retroterra giudaico nella descrizione A sua volta, il v. 5 costituisce la motivazione cristologica della seconda parte del v. 4,
di Dio che fa misericordia, ma tale retroterra è completato dal fatto che questi non cioè della possibilità data di consolare gli afflitti. Gli studiosi si dividono sull’interpreta-
è altro che il Padre del Signore Gesù Cristo. La benedizione di Paolo è all’inizio zione dell’espressione «sofferenze di Cristo», domandandosi a cosa si riferisca. Due testi
generale, ma prepara aspetti che saranno successivamente sviluppati nella lettera paolini, che risultano paralleli, possono aiutare a chiarirne il significato: Fil 3,10-11; 2Cor
e legati alla vicenda stessa dell’apostolo. Infatti, egli ha sperimentato la miseri- 4,10-11. Nel primo abbiamo la comunione di Paolo alle sofferenze di Cristo, essendo
cordia di Dio proprio nella sua chiamata al ministero (cfr. 4,1) e ha provato la sua conformato alla sua morte nella speranza della risurrezione, processo che costituisce
multiforme consolazione (cfr. 1,3: «ogni») nei diversi interventi a suo sostegno in il cammino dell’esistenza cristiana dell’apostolo. Nel secondo, la partecipazione alla
mezzo alle sofferenze derivanti proprio dal suo apostolato (cfr. 7,4-7). morte di Cristo da parte di Paolo e degli apostoli è legata al ministero stesso e ha come
Il v. 4 fornisce la ragione per la benedizione stessa: Dio è benedetto perché è colui scopo quello di suscitare la vita nuova nei destinatari. In 2Cor 1,5, visto il contesto del
che ci conforta in ogni tribolazione che possiamo incontrare. Siamo di fronte a un’af- brano, si tratta dunque delle sofferenze a motivo di Cristo e del Vangelo, le quali, d’altra
fermazione generale e applicabile non solo all’apostolo ma anche a tutti i credenti, parte, rapportano in maniera profonda l’apostolo con la morte e risurrezione del suo
mentre la concretizzazione di tutto questo avverrà in relazione a Paolo, subito, nei Signore. L’insieme del versetto ci dice che se Paolo, ed eventualmente ogni apostolo
vv. 8-11, e poi, nel seguito della lettera, in 2,1-13 e in 7,5-16. Inoltre, nel versetto si del Vangelo, è in grado di consolare gli afflitti, è a causa della consolazione che ha rice-
sostiene che proprio «da Dio» (la posizione finale nella frase dell’espressione hypò vuto, attraverso Cristo, in mezzo alle sofferenze derivanti dal ministero. Tali sofferenze
toû theoû è enfatica) ci viene il conforto, affinché, attraverso di esso, possiamo mostrano così una valenza positiva non solo in relazione alla consolazione ricevuta a
consolare quanti sono nella tribolazione. Questo duplice dinamismo di consolazione seguito di esse, ma anche come strumento di comunione e conformazione a Cristo.
SecondA AI CORINZI 1,6 42 43 SecondA AI CORINZI 1,8
6
εἴτε δὲ θλιβόμεθα, ὑπὲρ τῆς ὑμῶν παρακλήσεως καὶ 6
Poi, se siamo afflitti, è per la vostra consolazione e salvezza;
σωτηρίας· εἴτε παρακαλούμεθα, ὑπὲρ τῆς ὑμῶν παρακλήσεως se siamo consolati, è per la vostra consolazione, la quale opera
τῆς ἐνεργουμένης ἐν ὑπομονῇ τῶν αὐτῶν παθημάτων ὧν nella vostra capacità di sopportazione delle stesse sofferenze che
καὶ ἡμεῖς πάσχομεν. 7 καὶ ἡ ἐλπὶς ἡμῶν βεβαία ὑπὲρ ὑμῶν anche noi patiamo. 7E la nostra speranza riguardo a voi è salda,
εἰδότες ὅτι ὡς κοινωνοί ἐστε τῶν παθημάτων, οὕτως καὶ τῆς sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete
παρακλήσεως. anche della consolazione.
8
Οὐ γὰρ θέλομεν ὑμᾶς ἀγνοεῖν, ἀδελφοί, ὑπὲρ τῆς θλίψεως 8
Infatti non vogliamo che ignoriate, fratelli, la nostra tribolazione
ἡμῶν τῆς γενομένης ἐν τῇ Ἀσίᾳ, ὅτι καθ᾽ ὑπερβολὴν ὑπὲρ che è sopravvenuta in Asia, poiché oltre misura, al di là della nostra
δύναμιν ἐβαρήθημεν ὥστε ἐξαπορηθῆναι ἡμᾶς καὶ τοῦ ζῆν· forza, siamo stati gravati, così da farci disperare anche della vita.
1,6 Se (ei;te) – La congiunzione introduce da Paolo con una connotazione escatologica evste tw/n paqhma,twn) – L’espressione è da Oltre misura, al di là della nostra forza (kaqV
due ipotetiche reali, assumendo una conno- (cfr., p. es., Rm 10,1; Fil 1,19; 1Ts 5,8-9). Lo leggere in connessione con quella del v. 5 (ta. u`perbolh.n u`pe.r du,namin) – Si deve notare la
tazione temporale. stesso vale per le altre occorrenze all’interno paqh,mata tou/ Cristou/) riferita alle sofferenze figura etimologica, cioè la ripetizione della
Per la vostra consolazione e salvezza; se siamo della nostra lettera (cfr. 6,2; 7,10), mentre che Paolo stesso sopporta. Il termine koinwno,j preposizione u`pe,r per enfatizzare l’impor-
consolati, è per la vostra consolazione (u`pe.r in 1,6 si tratta di una salvezza già in atto in nel NT evoca un rapporto di società, di comu- tanza della prova subita da Paolo.
th/j u`mw/n paraklh,sewj kai. swthri,aj\ ei;te coloro che accolgono il Vangelo predicato nione e di amicizia (cfr., p. es., Lc 5,10; Fm 17; Siamo stati gravati (evbarh,qhmen) – Nel NT il
parakalou,meqa( u`pe.r th/j u`mw/n paraklh,sewj) dagli apostoli (cfr. Rm 1,16). Eb 10,33) ed è riproposto in 8,23. verbo bare,w, che evoca qualcosa che pesa e
– Rispetto a questa lezione ci sono nei mano- La quale opera (th/j evnergoume,nhj) – Il participio 1,8 Non vogliamo che ignoriate (Ouv qe,lomen opprime, è usato sia in senso fisico (Mt 26,43;
scritti alcune varianti, riconducibili al fatto che ha valore medio e non passivo («è operata»). u`ma/j avgnoei/n) – Tipica formula di notifica, con Lc 9,32), sia in senso interiore (Lc 21,34; 1Tm
gli occhi del copista sono saltati dal primo al 1,7 Salda (bebai,a) – L’aggettivo be,baioj è la quale si comincia a rendere noto il messaggio 5,16). Qui evoca un’oppressione interiore in
secondo paraklh,sewj, omettendo le parole che poco utilizzato nel NT (Rm 4,16; Eb 2,2; dello scritto, presente in diverse lettere private connessione probabilmente con un pericolo
sono in mezzo e anche spostandole alla fine 3,14; 6,19; 9,17; 2Pt 1,10.19) e proviene dal provenienti dai papiri, ma anche nel corpo pao- fisico; in maniera simile avviene per l’occor-
del versetto successivo. La lezione scelta, oltre linguaggio commerciale, dove evoca qual- lino; può trovarsi all’inizio o all’interno dell’epi- renza di 5,4. Il passivo del verbo nel nostro ver-
a rappresentare la lectio difficilior, è ben sup- cosa di assicurato, garantito. Interessante è stola (cfr., p. es., Rm 1,13; 1Cor 10,1; Fil 1,12). setto non è divino, ma semplicemente umano.
portata da importanti testimoni, quali il papiro il parallelo di 4 Maccabei 17,4, nel quale si In Asia (evn th/| VAsi,a|) – La provincia roma- Disperare (evxaporhqh/nai) – Il verbo evxapore,w
Chester Beatty II (î46) e i codici Sinaitico ()א, dice: «Che possiede la speranza della soppor- na dell’Asia Minore era limitata a ovest dal è molto raro: nel NT è usato soltanto qui e in
Alessandrino (A), di Efrem riscritto (C), Por- tazione sicura presso Dio» (greco, evlpi,da th/j mare Egeo, a nord dalla Bitinia e dal Ponto, 4,8, mentre in tutto il resto della Bibbia ha una
firiano (P) e della Laura del monte Athos (Ψ). u`pomonh/j bebai,an e;cousa pro.j to.n qeo,n). a est dalla Galazia e a sud dalla Licia e dalla sola occorrenza in Sal 87,16 LXX (TM 88,16).
Salvezza – Il termine swthri,a è sempre usato Siete partecipi delle sofferenze (koinwnoi, Panfilia; la capitale era Efeso. Indica difficoltà, dubbio e disperazione.
All’orizzonte cristologico del v. 5 si aggiunge quello ecclesiologico del v. 6, sione al Vangelo (cfr. vv. 5.7). In ogni caso il v. 6 vuole sottolineare la profonda
dove risulta chiara la distinzione tra l’afflizione e la consolazione di Paolo (e comunione tra il «noi» del mittente e il «voi» dei destinatari nella condivisione
degli apostoli) e quelle della comunità. In fondo, l’asserzione generale del v. 4 dello stesso percorso di vita «in Cristo», con tutto ciò che esso comporta.
è ora applicata ai destinatari, con una formulazione paradossale: le sofferenze Il v. 7 porta a conclusione le motivazioni generali riguardanti la benedizione di Dio
dell’apostolo sono sperimentate a vantaggio della consolazione e della salvezza cominciata al v. 3, esprimendo la speranza di Paolo riguardo i Corinzi. Il contenuto
dei Corinzi. Infatti, esplicitando questo assunto, la tribolazione che Paolo soffre è di essa è dato dal fatto che, come essi hanno parte alle sofferenze, così l’avranno
strettamente connessa con la consolazione che egli riceve da Dio. Di tale consola- anche alla consolazione. Quindi, la comunione (cfr. l’aggettivo «partecipi», in greco,
zione l’apostolo si fa mediatore nei confronti dei destinatari, in modo che anch’essi koinōnoí, legato a koinōnía, «comunione») dei Corinzi con Paolo e, attraverso di lui,
ne facciano esperienza insieme alla salvezza. Infine, la consolazione dei destina- con Cristo passa attraverso la condivisione di una medesima situazione di tribolazione,
tari si espleta concretamente nella capacità di sopportare le stesse sofferenze del ma nella speranza derivante dalla fede che tutto ciò è legato allo stesso conforto divino.
mittente. A prima vista non è chiaro quali siano le sofferenze dei Corinzi, visto 1,8-11 La liberazione dalla morte in Asia
che non ce n’è menzione nel testo (salvo che per il dolore provocato in loro dalla Al v. 8 con la formula di notifica (cfr. nota) inizia un nuovo sviluppo, che però è le-
lettera delle lacrime in 7,7), probabilmente, in ragione del parallelo con quelle di gato a ciò che immediatamente precede attraverso una congiunzione esplicativa (greco,
Paolo, si deve pensare a tribolazioni a motivo di Cristo e, quindi, della loro ade- gár, «infatti»). Dai riferimenti generali alle afflizioni presenti nei vv. 3-7 si passa ora
SecondA AI CORINZI 1,9 44 45 SecondA AI CORINZI 1,11
a un’afflizione particolare, quella capitata a Paolo (e forse anche ai suoi collaboratori) e vi vede il segno della pedagogia di Dio, che nel suo disegno ha voluto tutto ciò
nella provincia romana dell’Asia. La formula utilizzata dall’apostolo non ci dice che perché si confidasse in lui e non nelle proprie risorse umane: il pericolo estremo
i destinatari non conoscessero quanto era a lui capitato (cfr. Gal 1,11), ma piuttosto ha condotto a una radicale fiducia nel Signore. Dio stesso è indicato dall’apostolo
che egli intende loro comunicare, in quanto fratelli e sorelle, la natura e la gravità come colui che risuscita i morti, collegandosi a una designazione divina tipica
del pericolo che ha affrontato. Probabilmente, quando Paolo scrive, l’avvenimento della liturgia ebraica e anche del testo paolino di Rm 4,17, poiché per Paolo
non è accaduto da molto tempo in un qualche posto della suddetta regione, ma non l’esperienza della liberazione dalla minaccia mortale è stata come una risurrezione.
si capisce in cosa sia consistito. Di certo, si è trattato di una tribolazione insostenibile Il v. 10 è costituito da una proposizione relativa che si lega al versetto precedente,
con le sole forze umane, confidando nelle quali ci sarebbe stato solo da disperare, e qualificando all’inizio Dio come colui che ha liberato e libererà Paolo da ogni pericolo
ancor più, visto ciò che si dice nei vv. 9-10, è stato un vero e proprio pericolo di morte. di morte che egli potrà trovare. Alla fine del versetto, attraverso una precisazione (in
Gli studiosi hanno discusso sull’identificazione del fatto in oggetto; in ragione anche termini retorici si tratta di una correctio), la sicurezza dell’apostolo diventa piuttosto una
del contesto dato dai versetti successivi la spiegazione più plausibile è quella di una speranza permanente: nel contesto della difficile situazione vissuta in Asia, la salvezza
persecuzione nei confronti di Paolo, durante la quale egli ha rischiato di morire. Tale sperimentata – i cui contorni non sono chiari, perché ancora una volta questo non è l’in-
prospettiva si lega bene anche all’ipotesi di una prigionia efesina dell’apostolo, ipotesi teresse di chi scrive – è segno di quanto ancora il suo Signore continuerà a fare per lui.
formulata per il luogo di stesura di Filippesi (e di Filemone), lettera in cui Paolo evoca L’azione futura di Dio è collegata nel v. 11 alla preghiera dei Corinzi a beneficio
la concreta possibilità del martirio (cfr. Fil 1,19-24). In ogni caso, come spesso accade di Paolo. In maniera simile a Rm 15,30 e a Fil 1,19, qui i destinatari sono invitati
nei testi paolini, i contorni dell’avvenimento sono sfumati, perché l’interesse di chi a cooperare al ministero paolino attraverso la preghiera di intercessione per l’apo-
scrive non è di riportare tutto ciò che è successo, bensì di spiegarne il significato alla stolo (modalità specifica di quella partecipazione già accennata al v. 7). Di solito,
luce della fede e a beneficio dei destinatari. all’inizio delle sue lettere Paolo ricorda la propria preghiera per i destinatari (cfr.,
Il v. 9 dichiara che il pericolo corso da Paolo era quello della comminazione p. es., Rm 1,9-10, 1Ts 1,2; Fm 4), mentre alla fine di esse chiede lo stesso per lui
della pena di morte. L’apostolo rilegge dal punto di vista teologico quanto accaduto e per i suoi collaboratori (cfr., p. es., Ef 6,18-19; 1Ts 5,25; Fm 22). In 2Cor 1,11
SecondA AI CORINZI 1,12 46 47 SecondA AI CORINZI 1,12
1,12 Vanto (kau,chsij) – Di per sé qui si Coscienza – Il termine sunei,dhsij è ben dif- preferisce la prima per alcune ragioni. An- ficano sostanzialmente il senso del testo.
tratta del motivo del vanto da distinguere fuso in Paolo e ricorre anche altrove nella zitutto il termine a`plo,thj (anche con signi- Sapienza carnale (sofi,a| sarkikh/)| – Si tratta
dall’atto del vanto indicato con kau,chma al nostra lettera (cfr. 4,2; 5,11). Nel greco indi- ficato di «generosità») è ben diffuso nella di una sapienza umana che è carnale perché
v. 14, ma nel nostro contesto tale precisa ca un elemento della natura umana che pone lettera (cfr. 8,2; 9,11.13; 11,3), mentre l’altro chiusa all’altro e a Dio. L’importante concet-
distinzione sembra scomparire. Questo con- a giudizio gli atti della persona, in particolare vocabolo non è mai utilizzato da Paolo; poi, to paolino di carne ritornerà nel corso della
cetto paolino, molto diffuso in 2 Corinzi quelli negativi. In 2Cor 1,12 il giudizio sulla il contesto del versetto richiede un vocabolo lettera con questa accezione negativa (1,17;
anche attraverso l’uso del corrispondente condotta di Paolo appare invece positivo, e che respinga le accuse di duplicità; infine, 10,2.3.4; 11,18), ma anche con accezione
verbo kauca,omai, ha le sue radici nella ver- il concetto di coscienza si amplia a una fa- a`gio,thti non è lectio difficilior, se si pensa neutra per designare l’uomo, colto soprat-
sione greca dei Settanta, secondo la quale coltà di discernimento della propria vita di che a[gioj è ampiamente diffuso nell’episto- tutto nella sua fragilità fisica (3,3; 4,11; 5,16;
nel vanto l’uomo manifesta la fiducia e il fronte a Dio. lario paolino. In ogni caso, qualsiasi scelta si 7,1.5; 10,3; 12,7).
fondamento su cui costruisce la propria esi- Semplicità (a`plo,thti) – La lezione alternati- prenda, rimane un alto grado di incertezza. Ci siamo comportati (av n estra, f hmen) –
stenza (cfr. 1Re 2,10 [TM 1Sam 2,10]; Sal va a`gio,thti («santità») presenta un’attesta- E (kai,) – L’edizione del testo greco qui Si tratta dell’aoristo passivo del verbo
48,7 [TM 49,7]; Ger 9,23-24); se tale sicu- zione esterna migliore (papiro Chester Beat- riprodotta attesta un’incertezza riguar- avnastre,fw, usato nell’epistolario paolino
rezza è posta in Dio, il vantarsi del credente ty II [î46], codici Sinaitico []א, Alessandrino do all’inclusione della congiunzione (cfr. solo in Ef 2,3 e in 1Tm 3,15 con valore di
si esprime ad alta voce nella lode gioiosa [A], Vaticano [B], di Efrem riscritto [C], di l’uso delle parentesi quadre), poiché im- «vivere», «agire», «comportarsi». In 2Cor
per i doni da lui ricevuti (cfr. Sal 5,12; 31,11 Mosca [K], Porfiriano [P] e del Monte Athos portanti testimoni la omettono. Tuttavia, 1,12 si riferisce complessivamente a tutta la
[TM 32,11]; 149,5). [Ψ]), tuttavia la maggior parte degli studiosi la sua inclusione o esclusione non modi- precedente condotta di Paolo.
probabilmente, avendo ancora in mente la tribolazione appena scampata, anticipa apre lo sviluppo successivo. I vv. 12-14 sono legati a quanto precede attraver-
la sua richiesta senza menzionare la sua intercessione per i destinatari. D’altra so una congiunzione che assume valore causale (greco, gár, «infatti»): Paolo
parte, è da sottolineare che questa fiducia nella cooperazione dei Corinzi funge da ha potuto chiedere al v. 11 l’assistenza della preghiera dei Corinzi perché la
captatio benevolentiae nei confronti degli ascoltatori, proprio com’è richiesto in coscienza gli testimonia che il proprio comportamento è stato irreprensibile.
un exordium retorico. Tuttavia, alla fine, lo scopo della preghiera di intercessione In maniera sintetica questi versetti, in quanto tesi o propositio, presentano la
a beneficio di Paolo è il ringraziamento a Dio. Infatti, l’apostolo sostiene che per questione sulla quale verterà il resto di 2 Corinzi A: il comportamento di Paolo
l’invocazione di molti (tra i quali prima di tutto si devono annoverare i destinatari) verso tutti e in particolare verso i Corinzi (in tale contesto il riferimento ai
egli sarà ancora salvato da Dio, cosicché quei molti avranno l’occasione per ren- collaboratori è più sbiadito).
dere grazie al Signore (il verbo eucharistéō, che normalmente si trova all’inizio Infatti il v. 12 inizia con la menzione di un vanto dell’apostolo, derivante dalla
degli esordi paolini, qui giunge alla fine). Questo annodarsi tra intercessione e testimonianza della sua coscienza. Si tratta della propria sicurezza di fronte agli
ringraziamento in merito al dono di Dio si riproporrà significativamente riguardo ascoltatori, di ciò che può dire di sé dopo un attento esame del suo agire. Ebbene,
alla colletta (cfr. 9,13-14), ma da subito mostra il senso della comunione eccle- rivolgendosi ai Corinzi, Paolo afferma, unendo a sé anche i suoi collaboratori, di
siale promossa da Paolo, una comunione che lega lui, la comunità e il Signore in essersi comportato, nel mondo e soprattutto nei loro confronti, non con gli astuti
un’unica relazione. Infine, la benedizione che così si conclude ci ha mostrato che, calcoli della sapienza carnale, ma con la semplicità e la sincerità derivanti da
da una lato, i Corinzi già prendono parte, condividendone sofferenza e consolazio- Dio e dalla sua grazia che opera in lui. Quindi si chiarisce che il vanto di Paolo
ne, all’esistenza dell’apostolo e, quindi, pure al suo legame con Cristo; dall’altro, non è basato su se stesso, ma sull’azione di Dio che opera in lui, secondo quanto
sono invitati a progredire ulteriormente in questa comunione anche attraverso la sostenuto anche in altri passaggi delle sue lettere (cfr. Rm 15,15; 1Cor 3,10;
preghiera di intercessione rivolta per lui a Dio. 15,10; Gal 1,15-17). Il linguaggio è quello apologetico a difesa della propria
persona, facendo così supporre accuse e insinuazioni nei confronti dell’apostolo,
1,12-14 Tesi generale: vanto del comportamento sincero con la grazia di Dio e menziona l’aspetto della sincerità, che sarà ripetuto in 2,17 e quello del vanto,
Con l’enunciazione della tesi generale si conclude l’esordio della lettera e si che sarà presente in 5,12.
SecondA AI CORINZI 1,13 48 49 SecondA AI CORINZI 1,14
1,13 Se non ciò che potete leggere o com- ascoltatori sui due verbi. Il primo dei due, 1,14 Avete compreso (evpe,gnwte) – Aoristo za riguardo all’inclusione del pronome,
prendere (avllV h' a] avnaginw,skete h; kai. avnaginw,skw, si troverà anche in 3,2. complessivo, in riferimento alla totalità della poiché importanti testimoni lo omettono.
evpiginw,skete) – Figura etimologica (acco- Sino in fondo (e[wj te,louj) – Il sintagma ha precedente comprensione dei Corinzi. Tuttavia, la sua inclusione o esclusione
stamento di due parole con la stessa radi- un valore sia qualitativo («pienamente») che Nostro (h` m w/ n ) – L’edizione del testo non modi ficano sostanzialmente il senso
ce) che serve a fermare l’attenzione degli quantitativo («sino alla fine»). greco qui riprodotta attesta un’incertez- del testo.
Da parte sua, il v. 13 introduce una prima motivazione a sostegno di quanto quanto operato con il suo ministero a loro beneficio, mentre quello dell’apostolo
affermato nel v. 12 (in termini retorici si tratta di una expolitio): il comportamen- per i destinatari è legato, ben richiamando il testo di Fil 2,16, alla manifesta
to semplice e sincero di Paolo verso i Corinzi è dimostrato dal fatto che le sue riuscita del suo impegno missionario nei confronti dei destinatari. Nella stessa
lettere non sono ambigue. Infatti, l’apostolo afferma, probabilmente rispondendo 2 Corinzi A si riprenderanno queste due medesime idee: quando in 3,2-4 si dirà
ad alcune critiche mosse nei suoi confronti, che i destinatari non devono cercare che i Corinzi sono una lettera scritta da Paolo e dai suoi collaboratori leggibile
altro nelle sue epistole (si tratta di quelle scritte loro finora e di quella che sta da tutti, costituendo il motivo di fiducia degli apostoli di fronte a Dio; e quando
stendendo) se non ciò che sentono al momento della lettura fatta in assemblea e in 5,12 si esprimerà la speranza che i destinatari possano essere fieri dell’im-
che immediatamente possono comprendere. In questo modo il versetto anticipa pegno dei loro evangelizzatori, a fronte del vanto degli avversari. Inoltre, se la
tutta la narrazione apologetica di 1,15–2,13; in particolare 1,17, dove Paolo è ac- prospettiva è che questa reciprocità di vanto si attui pienamente nel giorno del
cusato di un comportamento ambiguo, e 2,4, dove egli chiarisce i fraintendimenti Signore, Paolo spera che già al presente avvenga nell’ambito dei suoi rapporti
nati dalla lettera «tra molte lacrime». Inoltre prepara l’immagine della comunità con i Corinzi. Nel nostro contesto, l’apostolo, parlando di «giorno del Signore
come lettera degli apostoli scritta e leggibile da tutti (cfr. 3,2). Il v. 13 si chiude poi nostro Gesù» (v. 14), opera la cristologizzazione del giorno del Signore, poiché
con la speranza dell’apostolo che i Corinzi comprendano appieno e sino alla fine. tale tradizionale espressione anticotestamentaria (cfr., p. es., Gl 2,1; Am 5,20;
Al v. 14 si comincia col dire che questa comprensione è già in parte presente Abd 1,15) è sorprendentemente riferita a Cristo, invece che a Dio (come in 1Cor
presso di loro. L’oggetto di essa riguarda il fatto che Paolo e gli apostoli siano il 1,8; Fil 1,6; 2,16). È da notare anche che altri esordi iniziali delle lettere paoline
vanto dei destinatari, come essi lo saranno per i primi alla parusia. Si tratta dun- si concludono come questo con il richiamo al compimento escatologico (cfr., p.
que di un vanto reciproco che nei riguardi dell’apostolo comincia già al presente, es., 1Cor 1,8; Fil 1,10; 1Ts 1,10).
mentre per i Corinzi avverrà «nel giorno del Signore nostro Gesù». La propositio generale di 1,12-14, che si era aperta con il tema del vanto, si
Tale reciprocità di vanto richiama due testi di Filippesi. Il primo è Fil 1,26, chiude quindi con lo stesso motivo, il quale si trova legato all’apostolato paolino.
nel quale si afferma che il vanto dei Filippesi a motivo di Paolo e per la sua Ma, se al v. 14 si guarda alla riuscita di tale ministero in vista della parusia, il v.
venuta, abbonderà nella sfera di Cristo poiché, rivedendo l’apostolo ormai li- 12 presentava i presupposti di questa riuscita nel modo trasparente di vivere la
berato dal carcere, i suoi avranno modo di rafforzare la loro fiducia in Cristo e, missione in grazia di Dio. Viene quindi mostrata la problematica sulla quale si
conseguentemente, di rendere lode al Signore per quanto operato nei confronti soffermeranno i primi nove capitoli di 2 Corinzi (in particolare sino al termine
di Paolo. Il secondo testo è Fil 2,16, nel quale si sostiene che i Filippesi, con del c. 7): la difesa del comportamento di Paolo e dei suoi collaboratori di fronte
la loro irreprensibilità e purezza nella fede e nella testimonianza sono il vanto ai Corinzi. Lo scopo sarà quello di conseguire una piena sintonia relazionale tra
dell’apostolo, perché potranno renderlo fiero ed esultante di fronte al giudizio l’apostolo e i destinatari, resa possibile proprio da una comune valutazione positiva
finale e all’incontro definitivo con Cristo, dimostrando inequivocabilmente la dell’agire ministeriale degli evangelizzatori. A dimostrare quanto asserito in 1,12-
fecondità del suo ministero. Per ciò che concerne la nostra lettera, in 2Cor 1,14 14 provvederà da subito la narrazione apologetica, che aprirà immediatamente il
il vanto dei Corinzi a motivo di Paolo comporta il loro riconoscimento per corpus della lettera.
SecondA AI CORINZI 1,15 50 51 SecondA AI CORINZI 1,16
ἐλθεῖν, ἵνα δευτέραν χάριν σχῆτε, 16 καὶ δι᾽ ὑμῶν διελθεῖν εἰς voi, affinché riceveste una seconda grazia, 16da voi passare in
Μακεδονίαν καὶ πάλιν ἀπὸ Μακεδονίας ἐλθεῖν πρὸς ὑμᾶς καὶ Macedonia, poi di nuovo dalla Macedonia venire presso di voi ed
ὑφ᾽ ὑμῶν προπεμφθῆναι εἰς τὴν Ἰουδαίαν. essere da voi inviato verso la Giudea.
// 1,15-24 Testi paralleli: Rm 15,22-32; 1Cor a quanto asserito nel versetto precedente a di Milano [614], codice Joannou 16 [1175], di 1,12 (espressione presente anche in 6,1; 8,1),
16,3-9 proposito della comprensione dei Corinzi. codice Joannou 742 [2464] e la versione bohai- sia «favore», «opera di grazia», come in 8,4.6.19.
1,15 Con questa fiducia (tau,th| th/| pepoiqh,sei) Grazia (ca,rin) – Alcuni importanti testimoni rica) leggono cara,n («gioia»), ma il resto della 1,16 In Macedonia (eivj Makedoni,an) – Si tratta
– Il termine pepoi,qhsij è usato nella Settanta (una correzione nel codice Sinaitico []א, i codici tradizione manoscritta attesta in maniera unitaria della provincia romana situata a nord dell’Aca-
soltanto in 4Re 18,19 (TM 2Re 18,19), men- Vaticano [B], Angelico [L], Porfiriano [P], i mi- ca,rin, così da far pensare che uno scriba abbia ia, delimitata a ovest dall’Adriatico e a sud-est
tre nel NT si trova solo nelle lettere paoline nuscoli manoscritto greco 59 di Alessandria [81], alterato il testo in cara,n per l’influenza di 1,24 e dall’Egeo. Paolo vi fonda comunità cristiane
(cfr. 2Cor 3,4; 8,22; 10,2; Ef 3,12; Fil 3,4). manoscritto Harley 5537 [104], manoscritto gre- 2,3, dove il relativo termine è presente. Nel nostro nelle città di Filippi e Tessalonica, alle quali
L’espressione nel suo complesso si riferisce co VI 36 di Firenze [365], manoscritto E 97sup. contesto il termine richiama sia la «grazia di Dio» scrive lettere, e anche a Berea (cfr. At 17,10-14).
Narrazione apologetica: il comportamento di Paolo La narrazione apologetica si interromperà in 2,14–7,4, per lasciare spazio a
(1,15–2,13) un approfondimento sul significato del ministero apostolico, e riprenderà in 7,5-
Con 1,15 si entra nel corpo della lettera. La narrazione di 1,15–2,13 intende rico- 16 con la menzione della reazione positiva alla lettera «tra molte lacrime» e le
struire gli avvenimenti intercorsi tra la seconda difficile visita di Paolo alla comunità risultanti consolazione e gioia di Paolo.
(cfr. 2,5) e il momento nel quale egli parte da Troade alla volta della Macedonia al
fine di incontrare Tito (cfr. 2,13). Si tratta non di una cronaca distaccata, ma di una 1,15-24 Difesa riguardo ai piani di viaggio
narrazione apologetica a giustificazione del proprio agire. Come avveniva nella Il brano è una difesa di Paolo dovuta probabilmente a critiche ricevute per la
narratio del discorso retorico (soprattutto di quello giudiziario), dove l’oratore espo- modifica della prevista doppia visita a Corinto. Il testo può essere diviso in tre parti:
neva i fatti, cioè una loro ricostruzione selettiva, a sostegno della tesi che aveva già il piano originario di viaggio (1,15-16), motivazione teologica dell’affidabilità di
presentato o stava per presentare, così Paolo introduce alcuni eventi e la riflessione Paolo (1,17-22); giustificazione del cambiamento di piano in base ai fatti (1,23-24).
su di essi come prima prova per la difesa del suo comportamento in semplicità 1,15-16 Il piano originario di viaggio
e sincerità (cfr. 1,12-14). Nello specifico, gli avvenimenti sono soprattutto tre: i Il v. 15 comincia con il presentare il piano originario di viaggio di Paolo (che appare
cambiamenti nei piani di viaggio (cfr. 1,15-16), la stesura della lettera «tra molte diverso da quello esposto in 1Cor 16,2-7), mostrando la sua convinzione nella capacità
lacrime» (2,4) e la partenza da Troade per raggiungere Tito in Macedonia (cfr. 2,13). di comprendere degli ascoltatori in merito al vanto reciproco tra gli apostoli e loro (cfr. v.
Dal punto di vista lessicale ci sono richiami che mostrano il legame tra la tesi 14). Tale fiducia in un buon intendimento tra Paolo e i Corinzi aveva portato il primo (ora
generale e la narrazione apologetica: testimonianza/testimone (greco, martýrion, l’apostolo non si cela più dietro il «noi» inclusivo dei suoi collaboratori) a ipotizzare una
1,12; mártys, 1,23), carnale/carne (greco, sarkikós, 1,12; sárx, 1,17), grazia (greco, seconda visita, dopo quella di fondazione della comunità, in modo che i suoi potessero
cháris, 1,12.15), lo scrivere di Paolo (greco, gráphō, 1,13; 2,3.4.9). Dal punto di vista ricevere un secondo beneficio, legato ai doni spirituali provenienti dalla grazia di Dio.
tematico, i collegamenti si trovano dapprima tra l’affermazione della tesi generale, Il progetto di viaggio, così come afferma il v. 16, prevedeva una prima visita
secondo la quale il comportamento di Paolo nei confronti dei Corinzi è, per grazia a Corinto per poi recarsi alle comunità della Macedonia e un nuovo ritorno nella
di Dio, semplice e sincero senza astuti calcoli (cfr. 1,12) e la dimostrazione, riguar- capitale dell’Acaia. Secondo tale prospettiva Paolo sperava di essere aiutato dal
do ai progetti di viaggio, della sua affidabilità basata sulla veracità del ministero contributo dei Corinzi a favore della sua missione (cfr. Rm 15,24; 1Cor 16,6), così
ricevuto da Dio (cfr. 1,15-24). La seconda connessione sta nel fatto che l’apostolo da essere da loro inviato in Giudea, cioè a Gerusalemme, per portare, con ogni
ha sostenuto che le sue lettere non sono ambigue ma trasparenti e comprensibili probabilità, il frutto della colletta di cui si parlerà diffusamente nella lettera (cfr. cc.
ai destinatari (cfr. 1,13). Questo appare chiaro nel senso della lettera «tra molte 8–9). Tuttavia, questo piano di viaggio non sarà rispettato, perché da 2,1-12 e 7,12
lacrime» (2,4), scritta per mostrare il suo affetto nei confronti dei suoi e provare il si può dedurre che l’apostolo sia giunto direttamente da Efeso a Corinto, e che nel
loro legame con lui anche nel perdono dell’offensore (cfr. 2,1-13). Si delinea così contesto di questa visita avvenne l’episodio dell’offensore, ragione per la quale egli,
il procedere logico dell’argomentazione in due brani: difesa riguardo ai piani di lasciata la città, abbandonò l’idea di ritornarvi subito dopo il passaggio in Macedo-
viaggio (cfr. 1,15-24) e la lettera «tra molte lacrime» e sue conseguenze (cfr. 2,1-13). nia. Nondimeno, in base ad At 20,2-6, possiamo sostenere che Paolo compì la sua
SecondA AI CORINZI 1,17 52 53 SecondA AI CORINZI 1,19
terza visita a Corinto (cfr. 2Cor 13,1) sostandovi per un tempo prolungato e lasciando argomentare in positivo e a livello teologico. Egli chiama Dio, che è fedele, come
la comunità per dirigersi verso la Giudea, così come aveva deciso in precedenza. testimone del fatto che la parola apostolica (quella sua, di Silvano e di Timoteo, cfr.
1,17-22 Motivazione teologica dell’affidabilità di Paolo v. 19) non è sì e no, cioè doppia e ambigua. Pronunciando un giuramento (come
Dal v. 17 inizia la difesa vera e propria di Paolo riguardo al cambiamento di piano da farà anche al v. 23), l’apostolo sembra contravvenire al divieto gesuano di non
lui effettuato. Il versetto è costituito da due domande retoriche che attendono una risposta giurare (cfr. Mt 5,33-37), egli ricorre però a questo non per un proprio vantaggio,
negativa, respingendo, con ogni probabilità, due accuse rivolte dai Corinzi all’apostolo. Con ma a beneficio del Vangelo che annuncia. Infatti, la fedeltà di Dio è presa a garanzia
la prima domanda retorica Paolo confuta il fatto che si sia comportato con leggerezza nel dell’affidabilità della parola dei suoi inviati. Tale «parola» può essere in riferimento a
mutare il programma di viaggio, evitando un secondo ritorno a Corinto. Con la seconda, qualsiasi comunicazione orale o scritta intercorsa tra l’apostolo e i suoi collaboratori
affronta una rimostranza più profonda, contestando il rimprovero di agire alla maniera da una parte e i Corinzi dall’altra. Il contenuto di essa, in considerazione del v. 19,
carnale, quindi secondo calcoli opportunistici, così da affermare con forza qualcosa che, è rappresentato dal Vangelo stesso, ma anche, in ragione dei versetti precedenti, dal
successivamente, con la stessa forza si nega. Nel v. 17 si assiste quindi a una ripresa delle piano di viaggio. Quindi, con un ragionamento a maiore ad minus, Paolo intende
accuse menzionate già al v. 12 in merito al comportamento di Paolo e concernenti ambigui- affermare che come è affidabile per l’annuncio, così lo è anche per i suoi progetti
tà e opportunismo. Inoltre dobbiamo segnalare, insieme ad altri interpreti, la vicinanza di di visita della comunità corinzia, mostrando indirettamente come la sua esistenza
questo testo a Mt 5,37 e Gc 5,12, riguardanti la proibizione del giuramento, una vicinanza quotidiana è inscindibilmente legata al proprio ministero a favore del Vangelo.
che però è più nella forma che nel contenuto, perché in 2Cor 1,17 l’apostolo non si sofferma Il v. 19 dimostra la fedeltà di Dio nell’invio del suo Figlio Gesù Cristo, espressione
sull’atto di giurare. Più convincente appare invece il richiamo, proposto da altri esegeti, del suo sì all’umanità nell’adempimento della salvezza promessa e sempre attuale. Di
alle figure dell’adulazione e dell’adattamento presenti nella letteratura classica (cfr., p. es., questa rivelazione proveniente da Dio, Paolo, Silvano e Timoteo sono stati i media-
Cicerone, L’amicizia 25,93), cosicché si va sempre d’accordo con chiunque: con chi dice tori a beneficio dei Corinzi. In tal modo l’apostolo ricorda ai destinatari il contenuto
sì è sì, con chi dice no è no. In base a tale prospettiva interpretativa, Paolo sarebbe dunque della sua predicazione e fa comprendere loro che la fedeltà di Dio si riproduce nella
accusato di avere un carattere debole e incostante, promettendo visite ai destinatari, in parola non ambigua e affidabile dei suoi inviati. Da notare anche che il riferimento
modo da compiacerli, ma non essendo poi in grado di realizzarle. diretto al nome di coloro che hanno condiviso con Paolo la prima evangelizzazione
Avendo respinto attraverso le due domande retoriche, attendenti risposte nega- di una comunità, cioè Silvano e Timoteo (cfr. At 18,5), è un caso isolato in tutte le
tive, una scorretta interpretazione del suo cambio di piano, nel v. 18 Paolo passa ad lettere dell’apostolo. È probabile che i collaboratori siano citati come i due testimoni
SecondA AI CORINZI 1,20 54 55 SecondA AI CORINZI 1,22
ὅσαι γὰρ ἐπαγγελίαι θεοῦ, ἐν αὐτῷ τὸ ναί· διὸ καὶ δι᾽ αὐτοῦ
20 20
Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì», per questo
τὸ ἀμὴν τῷ θεῷ πρὸς δόξαν δι᾽ ἡμῶν. 21 ὁ δὲ βεβαιῶν ἡμᾶς σὺν attraverso di lui c’è il nostro «Amen» a Dio per la sua gloria.
ὑμῖν εἰς Χριστὸν καὶ χρίσας ἡμᾶς θεός, 22 ὁ καὶ σφραγισάμενος 21
Ora colui che ci rende saldi con voi in Cristo e ci ha dato
ἡμᾶς καὶ δοὺς τὸν ἀρραβῶνα τοῦ πνεύματος ἐν ταῖς καρδίαις l’unzione è Dio, 22il quale anche ci ha impresso il sigillo e ha
ἡμῶν. donato la caparra dello Spirito ai nostri cuori.
1,20 Amen (avmh,n) – Termine ebraico e ara- di al pubblico riconoscimento e alla lode Ha dato l’unzione (cri,saj) – Il verbo cri,w la colletta. Qui il participio medio evoca un esse-
maico che suggerisce l’idea di realtà e di fer- popolare. Paolo segue di più la prospettiva nella Settanta è usato per l’unzione con l’olio re sigillati che porta con sé l’idea di appartenere
mezza, esprime l’assenso. È usato da Paolo semitica, e ciò appare chiaro nella nostra let- di una persona consacrata per un importante a Dio, come in Ap 7,3-5.8 (che a sua volta si rifà
alla fine di una dossologia (cfr., p. es., Rm tera soprattutto in 2Cor 4,4.6, dove la gloria ufficio (sacerdote o re o profeta; cfr., p. es., a Ez 9,4-6 che però non usa il verbo sfragi,zw),
9,5; Ef 3,21; Fil 4,20) o di una benedizione è legata a Gesù, Messia crocifisso. Es 29,7; 1Re 9,16; 3Re 19,16), nel NT è Gesù senza uno specifico richiamo al battesimo.
dei destinatari (cfr. Rm 15,33; Gal 6,18) e 1,21 Rende saldi (bebaiw/n) – Il verbo bebaio,w che è metaforicamente unto da Dio in ordine Caparra dello Spirito (avrrabw/na tou/ pneu,matoj)
con un richiamo esplicito al contesto della è usato, sia nella Settanta (cfr. Sal 40,13 [TM alla sua missione (cfr. Lc 4,18; At 4,27; 10,38; – Il genitivo ha valore epesegetico, così si può
liturgia (cfr. 1Cor 14,16). In ogni caso il rife- 41,13]; 118,28 [TM 119,28]) sia nel NT (cfr., p. Eb 1,9). Qui il participio aoristo, collegato rendere anche: «la caparra che è lo Spirito».
rimento alla conferma dell’assemblea litur- es., Mc 16,20; Rm 15,8; Eb 13,9), per l’azione di al sostantivo Cristo,j presente nel versetto, Il sostantivo avrrabw,n è un calco dall’ebraico
gica comunitaria rimane sempre sottinteso sostegno e di conferma di Dio nei confronti del indica, senza un riferimento chiaro al battesi- ‘ērābôn, come appare chiaramente nel confron-
nelle varie occorrenze del termine. credente. Qui, in ragione del collegamento con mo, che i credenti sono partecipi della stessa to tra la versione del Testo Masoretico e quella
Gloria – Il sostantivo do,xa è la traduzione che il sostantivo avrrabw,n, può assumere anche una consacrazione e missione del loro Signore. della Settanta di Gen 38,17-18.20, dove signi-
la Settanta dà dell’ebraico kābôd. Ma, in ef- connotazione giuridico-commerciale di garan- 1,22 Ha impresso il sigillo (sfragisa,menoj) – Il fica «pegno». Nel greco ellenistico la parola è
fetti, i due termini presentano delle sfumature zia, già attestata nel greco, mentre il participio verbo sfragi,zw esprime l’azione di sigillare tipica del linguaggio giuridico-commerciale, in
diverse: quello ebraico allude alla «pesantez- presente indica un’azione in corso di svolgimen- con denotazione di appartenenza, autenticazione quanto si riferisce all’acconto versato in anticipo
za», cioè alla consistenza della presenza di to (da notare la differenza con i tre participi ao- e protezione. Nelle lettere paoline è usato in Ef per un pagamento. Nel NT è usato qui, in 2Cor
Dio in mezzo al suo popolo, mentre quello risti successivi ‒ cri,saj, sfragisa,menoj, dou,j 1,13; 4,30, per il dono dello Spirito dato ai cre- 5,5 e in Ef 1,14 sempre in connessione con il
greco pone l’attenzione all’«opinione», quin- ‒ che denotano un’azione puntuale). denti, e in Rm 15,28 per la somma di denaro del- dono dello Spirito.
che dimostrano l’affidabilità di Paolo e del suo messaggio, seguendo così la relativa Senza soluzione di continuità con quanto precede, il v. 22 afferma che i credenti
legge anticotestamentaria (cfr. Nm 35,30; Dt 17,6; 19,15) richiamata anche in 13,1. possiedono un sigillo segno di appartenenza a Dio, come suoi eletti, e hanno ricevuto nei
Nel v. 20 Paolo amplifica l’affermazione precedente, approfondendo il «sì» di Dio in loro cuori il dono dello Spirito come anticipo della salvezza definitiva alla risurrezione
Cristo: tutte le promesse di salvezza di Dio hanno trovato nel Messia di Nazaret il suo finale. L’effusione dello Spirito nell’intimo dei cristiani ricorda i testi paolini di Rm
adempimento. Questo testo, come Rm 9,4 e 15,8, si riferisce in maniera generale a tutto 5,5 e Gal 4,6, mentre il pegno salvifico da esso costituito richiama Rm 8,16-17.23. La
quanto Dio aveva preannunciato, mediante le Scritture, a Israele. Appare dunque chiara diversa forma grammaticale dei verbi (cfr. note) e la struttura paratattica delle frasi di
la mediazione cristologica della salvezza: Dio viene incontro all’umanità per mezzo di 2Cor 1,21-22 ci portano a comprendere che il dono dello Spirito come caparra è alla base
Cristo. D’altra parte, di nuovo per mezzo di lui sale a Dio l’assenso dei credenti per la del sigillo e dell’unzione che i credenti hanno ricevuto al momento della conversione a
sua gloria, cosicché anche la glorificazione di Dio risulta mediata cristologicamente. Cristo, ma da tale effusione consegue anche l’azione continua di Dio che li sostiene e li
Questa duplice affermazione del v. 20 è ben riassunta nella formulazione che la tradi- rafforza nel cammino dell’esistenza cristiana. In questo ultimo aspetto possiamo vedere
zione paolina ci ha lasciato in 1Tm 2,5: «Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il un richiamo tematico alla grazia di Dio che anima, secondo 1,12, il ministero apostolico.
mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù». Rileviamo inoltre che nel versetto Nei vv. 21-22 la questione rimane ancora, come per tutta la pericope di 1,15-24,
i missionari del Vangelo si uniscono insieme ai destinatari per aderire a quanto Dio ha quella dell’affidabilità. Infatti, come Dio per mezzo di Cristo si mostra affidabile, così lo
realizzato in Cristo e attraverso di lui ringraziarlo e lodarlo. Con l’«Amen» si rimanda è chiunque è inserito nella relazione con Cristo, nello specifico Paolo e i Corinzi stessi,
allo specifico contesto liturgico delle prime comunità cristiane, mentre con «per la sua che sono associati a lui in tale comunione. Quindi, l’apostolo conduce i destinatari a
gloria» si richiama il testo di Rm 15,8-12, nel quale i pagani glorificano Dio per la mi- comprendere che porre in dubbio la sincerità delle sue intenzioni riguardo ai propri
sericordia mostrata nell’adempiere le promesse profetiche di una salvezza universale. piani di viaggio significa non solo dubitare della fedeltà di Dio, del quale è costituito
Il v. 21 passa a esplicitare l’azione del Dio fedele sui credenti in Cristo, evidenziando ministro (cfr. vv. 17-20), ma anche del consolidamento che egli opera in loro stessi e in
la comunione tra apostoli e Corinzi a questo profondo livello. Egli è colui che continua Paolo attraverso lo Spirito (cfr. vv. 21-22). Infine, è da notare in questo contesto dei vv.
a rendere sicura e a sostenere l’esistenza dei cristiani in relazione al loro Signore e li ha 21-22 anche un incipiente trinitarismo, con l’azione diversa di ciascuna delle tre Perso-
fatti conformi e partecipi della consacrazione e della missione di salvezza del Cristo. ne: Dio ha dato ai credenti il suo Spirito e ora li conferma nella loro unione con Cristo.
SecondA AI CORINZI 1,23 56 57 SecondA AI CORINZI 1,24
1,23 Invoco (evpikalou/mai) – La forma me- difesa (cfr., p. es., At 25,11; 26,32; 28,19). 1,24 Vogliamo dominare (kurieu,omen) – Il delle lettere paoline (cfr., p. es., Rm 16,3;
dia del verbo evpikale,w è utilizzata nel NT Per risparmiarvi (feido,menoj u`mw/n) – Il par- verbo kurieu,w nel NT esprime dominio e 1Cor 3,9; Fil 2,25) e viene ripetuto anche
per la preghiera rivolta al Signore (cfr., p. ticipio presente del verbo fei,domai (utilizza- governo (cfr., p. es., Lc 22,25; Rm 6,9; 1Tm nella nostra epistola (cfr. 8,23); Paolo lo usa
es., At 9,21; 1Cor 1,2; 1Pt 1,17), ma an- to anche in 12,6; 13,2) manifesta un’inten- 6,15); nel nostro caso assume un valore co- per indicare coloro che, in qualsiasi modo,
che con significato forense nell’appello zione per il futuro, rimpiazzando il participio nativo o di desiderio. hanno lavorato con lui a servizio del Van-
all’autorità superiore in vista della propria futuro che è usato nel NT. Collaboratori – Il termine sunergo,j è tipico gelo.
1,23-24 Giustificazione del cambiamento di piano in base ai fatti gli altri missionari intendano spadroneggiare su di loro. Così l’apostolo pone
Dopo avere difeso a livello teologico la sua posizione e avere detto che, una precisazione (in termini retorici si tratta di una correctio): lui, Silvano e
nonostante il cambiamento di piano, egli è af fidabile perché al servizio del Timoteo non vogliono dominare sulla fede dei destinatari, ma collaborare tra
Dio fedele, Paolo si muove nel v. 23 a livello pratico. Infatti, l’apostolo di loro affinché i Corinzi accrescano la gioia da essa derivante. Così, il motivo
vuole presentare la concreta ragione per la quale egli non è ritornato a della gioia va a caratterizzare non solo il riconoscimento del dono ricevuto
Corinto dopo il passaggio in Macedonia, al contrario di quanto doveva da Dio, ma anche la comunione che si crea tra coloro che condividono la
avere convenuto con i destinatari. Così invoca Dio come testimone (cfr. stessa fede. Interessante è notare che in 1Cor 3,9 si afferma che gli apostoli
la testimonianza della coscienza al v. 12) della sua veridicità, attraverso sono «collaboratori di Dio», insistendo sull’origine del loro ministero, mentre
una forma di giuramento. Per alcuni interpreti essa assume i contorni di ora con «collaboratori della vostra gioia» (v. 24) si sposta l’attenzione sulla
un’auto-imprecazione, di derivazione biblico-giudaica, del tipo: «Che Dio finalità di esso. Paolo, poi, con una captatio benevolentiae nei confronti dei
mi faccia morire se dico il falso». Secondo altri, la formula rappresenta Corinzi afferma che ciò è tanto più vero dato che in merito alla fede essi sono
invece un modo di esprimersi radicato nell’antichità classica, in base al già ben saldi, cioè hanno un loro valido cammino di vita cristiana (molto di-
quale Dio non sta testimoniando contro Paolo nel caso non affermi la veri- versamente, a indicare una situazione successiva ormai mutata, si esprimerà
tà, ma sta testimoniando a favore di Paolo, deponendo per l’af fidabilità di a riguardo in 2Cor 13,5).
quest’ultimo. In ogni caso, la serietà di questa modalità espressiva riflette Si chiude così il brano di 1,15-24 dedicato alla difesa di Paolo di
presumibilmente anche quella delle accuse addotte contro il comporta- fronte alle critiche suscitate dal suo cambiamento di programma rispetto
mento dell’apostolo. Il contenuto del giuramento è dato dall’affermazione alla visita che avrebbe dovuto fare a Corinto. Il testo ha dimostrato che,
che Paolo ha rinunciato a raggiungere di nuovo Corinto per risparmiare come sostenuto nella tesi e in particolare in 1,12, l’apostolo e i suoi col-
i destinatari, quindi per il loro bene. La motivazione è espressa in forma laboratori si sono comportati con la sincerità e la semplicità derivanti da
generica; tuttavia sarà chiarita nel successivo brano di 2,1-13. Quello che Dio, senza nascoste intenzioni, ma sorretti dalla sua grazia e desiderosi
già si intuisce, grazie anche ai testi di 1Cor 4,21 e 2Cor 13,2, è il rife- del bene dei destinatari. Continuando la sua narrazione apologetica, egli
rimento ad alcune misure disciplinari che avrebbero potuto essere prese introdurrà quindi nel successivo brano di 2,1-13 una riflessione sulla
dall’autorità apostolica nei confronti dei destinatari. sua lettera «fra molte lacrime» che ha sostituito la propria presenza in
Tutto questo, però, potrebbe anche portare i Corinzi a pensare che Paolo e mezzo ai destinatari.
SecondA AI CORINZI 2,1 58 59 SecondA AI CORINZI 2,3
ὑμᾶς ἐλθεῖν. 2 εἰ γὰρ ἐγὼ λυπῶ ὑμᾶς, καὶ τίς ὁ εὐφραίνων tristezza. 2Infatti, se io vi rattristo, chi mi rallegra, tolto colui
με εἰ μὴ ὁ λυπούμενος ἐξ ἐμοῦ; 3 καὶ ἔγραψα τοῦτο αὐτό, ἵνα che è da me rattristato? 3Ho scritto proprio ciò, affinché venendo
μὴ ἐλθὼν λύπην σχῶ ἀφ᾽ ὧν ἔδει με χαίρειν, πεποιθὼς ἐπὶ non avessi tristezza da coloro che dovrebbero farmi gioire,
πάντας ὑμᾶς ὅτι ἡ ἐμὴ χαρὰ πάντων ὑμῶν ἐστιν. essendo convinto che la mia gioia è quella di tutti voi.
2,1 Ritenni pertanto questo (e;krina ga.r evmautw/| 2,1 la seconda accezione è quella appropriata, il legame logico tra protasi e apodosi. (ossia pensato in relazione al momento nel qua-
tou/to) – In una traduzione letterale si dovreb- mentre in 5,14 è meglio la prima. In partico- Chi mi rallegra (ti,j o` euvfrai,nwn me) – Il verbo le i destinatari riceveranno la lettera); l’espres-
be aggiungere: in me stesso. Così risulterebbe lare, l’aoristo e;krina di 2,1 si trova in contra- euvfrai,nw è usato da Paolo solo altre due volte, sione nel suo insieme si riferisce al contenuto
chiaro che la costruzione della frase è enfati- sto con l’imperfetto evboulo,mhn («volevo») di peraltro in citazioni dell’AT (Rm 15,10; Gal 4,27), della perduta lettera «tra molte lacrime» (v. 4).
ca, probabilmente a sottolineare la riflessione 1,15, usato per il progetto originario di viaggio. mentre è più usato da Luca, sempre nella forma Essendo convinto (pepoiqw,j) – Si tratta del
di Paolo in ordine alla sua decisione. Il verbo 2,2 La congiunzione kai, che si trova passiva (cfr., p. es., Lc 12,19; 15,23; At 7,41). participio perfetto del verbo pei,qw, che pos-
kri,nw nelle lettere paoline può significare «con- nel testo greco all’inizio dell’apodosi, 2,3 Ho scritto proprio ciò (e;graya tou/to auvto,) siede valore di presente. Nel nostro contesto
siderare», «giudicare» (cfr., p. es., Rm 2,1; 1Cor a sua volta ellittica del verbo «essere», – L’aoristo e;graya è reale (quindi riferito a un dipende dall’aoristo e;graya ma sembra assu-
6,1; 2Tm 4,1), oppure «ritenere», «scegliere» non viene tradotta, perché ha soltan- momento precedente a quello in cui Paolo si mere un valore gnomico e atemporale, deno-
(cfr., p. es., Rm 14,5; 1Cor 2,2; Tt 3,12). In 2Cor to valore enfatico, rafforzando proprio dedica alla stesura dell’epistola) e non epistolare tando una permanente convinzione di Paolo.
2,1-13 La lettera «tra molte lacrime» e le sue conseguenze oltre che nel nostro brano, nella ripresa della narrazione di 7,5-16. D’altra parte,
Il secondo brano della narrazione apologetica vuole spiegare il motivo per la sottolineatura della ponderata scelta di Paolo ribadisce la sua confutazione delle
il quale Paolo non è ritornato dai Corinzi, ma ha scritto loro una lettera, con accuse di leggerezza nelle decisioni (cfr. 1,17) e prova, di conseguenza, il suo essere
conseguenti reazioni rivelatesi positive, che l’apostolo non vedeva l’ora di cono- scevro da ambiguità e opportunismo, così come sosteneva la propositio (cfr. 1,12).
scere attraverso Tito. L’intero brano è segnato da un forte pathos, che manifesta Nel v. 2 con una domanda retorica Paolo amplifica l’affermazione del versetto preceden-
i sentimenti dell’autore verso i destinatari, ma anche quelli di quest’ultimi. Così, te riguardante la rinuncia alla visita: se lui provoca tristezza nei Corinzi, chi potrà procurargli
da una parte troviamo la tristezza (greco, lýpē: vv. 1.3.7) e il rattristare (greco, gioia, visto che per lui loro ne sono la fonte? In questo modo l’apostolo fa intravedere che
lypéō: vv. 2.4.5), la tribolazione (greco, thlîpsis, v. 4), l’angoscia del cuore (greco, per non peggiorare i rapporti con i destinatari non è ritornato nella loro comunità e, nello
synochḗ kardías, v. 4), le molte lacrime (greco, pollà dákrya, v. 4); dall’altra ab- stesso tempo, sottolinea la reciprocità del legame. Seguendo tale prospettiva, nei versetti
biamo invece il rallegrare (greco, euphraínō, v. 2), la gioia (greco, chará, v. 3) e successivi e in 7,5-16 viene mostrato come tutta la vicenda precedente abbia provocato
il gioire (greco, chaírō, v. 3), il sollievo (greco, ánesis, v. 13). Alla base di questi dolore sia in Paolo sia nei destinatari, e come la soluzione del contrasto abbia l’effetto di
diversi e mutevoli sentimenti, ora positivi ora negativi, si intravede però come una gioia reciproca. L’apostolo esprime in questo modo come egli soffra e gioisca con loro.
atteggiamento stabile l’amore di Paolo (cfr. v. 4) e quello dei Corinzi (cfr. v. 8). Dando seguito a quanto sostenuto nei due versetti precedenti, nel v. 3 Paolo afferma
Il testo può essere diviso in tre parti: le ragioni della lettera (vv. 1-4), gli che la lettera «tra molte lacrime» da lui scritta aveva come primo scopo, sostituendo
effetti della lettera (vv. 5-11), ulteriore prova dell’affetto di Paolo per i Corinzi la prevista visita, di non ricevere tristezza dai Corinzi che sono quelli che dovrebbero
(vv. 12-13). rallegrarlo. In effetti, l’apostolo è convinto che la sua gioia e quella della comuni-
2,1-4 Le ragioni della lettera tà coincidano. Probabilmente, dal punto di vista pastorale, Paolo ritiene necessario
Richiamando quanto detto in precedenza in 1,23, Paolo comincia con l’affermare lasciar calmare gli animi dopo l’incidente occorso nella visita precedente (cfr. 2,5;
che, a seguito di un’attenta riflessione, ha deciso di non ritornare con tristezza dai 7,12). Per questo invia in sua vece la lettera. Infatti, generalmente nell’antichità, in
Corinzi. Si tratta di un riferimento all’afflizione che aveva colpito l’apostolo al un mondo dove gli spostamenti non erano così veloci e agevoli, lo scritto epistolare
momento dell’episodio dell’offensore (cfr. 2,5; 7,12), ma anche a quella che egli fungeva da sostituto della persona e talvolta anche del discorso che l’autore avrebbe
avrebbe potuto causare ai suoi con una visita immediatamente successiva, nella potuto fare se fosse stato presente in mezzo ai suoi destinatari (cfr. Seneca, Epistole
quale con ogni probabilità sarebbe stato costretto a rimproverarli con durezza e 75,1). Si deve notare, poi, che la reciprocità della gioia ha un basilare riferimento al
prendere anche misure disciplinari. Al contrario, come scriverà poi alla comunità presente terreno ma, sulla scorta di altri testi paolini come 1Ts 2,16 e in ragione del
di Roma, egli intende venire con gioia nelle diverse Chiese (cfr. Rm 15,32). In ogni richiamo a 1,14 (segnato dalla reciprocità del vanto alla parusia), si apre anche a una
caso, il tema della tristezza ha la sua importanza in 2 Corinzi A e sarà sviluppato, prospettiva escatologica. Infine, oltre a questo, c’è un altro legame con la propositio
SecondA AI CORINZI 2,4 60 61 SecondA AI CORINZI 2,6
4
ἐκ γὰρ πολλῆς θλίψεως καὶ συνοχῆς καρδίας ἔγραψα ὑμῖν 4
Infatti, vi ho scritto con grande afflizione e angoscia del cuore,
διὰ πολλῶν δακρύων, οὐχ ἵνα λυπηθῆτε ἀλλὰ τὴν ἀγάπην tra molte lacrime, non per rattristarvi, ma perché conosciate
ἵνα γνῶτε ἣν ἔχω περισσοτέρως εἰς ὑμᾶς. l’amore che ho specialmente per voi.
5
Εἰ δέ τις λελύπηκεν, οὐκ ἐμὲ λελύπηκεν, ἀλλ’ ἀπὸ 5
Poi, se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me,
μέρους, ἵνα μὴ ἐπιβαρῶ, πάντας ὑμᾶς. 6 ἱκανὸν τῷ ma in parte, senza che esageri, tutti voi. 6È sufficiente per
τοιούτῳ ἡ ἐπιτιμία αὕτη ἡ ὑπὸ τῶν πλειόνων, quel tale il castigo che gli è venuto dalla maggioranza,
2,4 Angoscia – Il vocabolo sunoch, nel NT gratuito e di donazione, tipicamente cristiano, pro- Esageri (evpibarw/) – Il verbo evpibare,w non è mai che Mt 6,34; Lc 12,23). Nella lettera sarà usato
è usato solo qui e in Lc 21,25, all’interno di veniente da Dio stesso che il credente è chiamato usato nella Settanta, mentre nel NT è presente anche in 2,16 e 3,5, insieme al corrispondente
un contesto diverso segnato dal riferimento a riversare sull’altro (cfr. Rm 8,31-39; 1Cor 13). soltanto in altri due casi (1Ts 2,9; 2Ts 3,8), dove sostantivo i`kano,thj (in 3,5) e al verbo i`kano,w
a tempi ultimi; serve a descrivere un senti- 2,5 Qualcuno (tij) – Paolo usa questo pronome è utilizzato in senso transitivo di «aggravare», (3,6) per evocare il concetto di capacità.
mento di oppressione e di angustia. al singolare o al plurale per gli avversari (cfr., p. «pesare». Qui il significato è quello intransitivo Castigo (evpitimi,a) – Il termine greco, che può
L’amore (th.n avga,phn) – L’espressione è posta in es., Rm 3,8; Gal 1,7; Fil 3,4), in particolare lo e traslato di «dare peso», «esagerare». evocare un rimprovero solo verbale o una vera e
maniera non ordinaria di fronte alla congiunzione fa nella nostra lettera (3,1; 10,7.12; 11,16.20). 2,6 Sufficiente (i`kano,n) – Si tratta di un agget- propria pena, è hapax legomenon nel NT, men-
subordinante i[na in modo da ricevere enfasi. Il Ha rattristato (lelu,phken) – L’uso del perfetto del tivo neutro; usato in funzione predicativa, può tre nella Settanta è usato soltanto in Sap 3,10 nel
termine avga,ph è abbastanza raro nella letteratura verbo lupe,w indica che il rattristamento di Paolo riferirsi nel NT a un nome di altro genere (in senso di «castigo», «punizione», accezione che
greca; è utilizzato dal NT per esprimere l’amore e dei Corinzi ha ripercussioni sino al presente. questo caso femminile come evpitimi,a; cfr. an- ben si adatta anche al nostro contesto.
di 1,12-14 nel richiamo allo scrivere la lettera (anche ai vv. 4.9), di cui si esprime una alla persona, appartenente alla comunità, che lo ha offeso (cfr. 7,12) in occasione della
prima finalità nell’impedire, come sostituta della presenza fisica, il dolore che sarebbe sua permanenza a Corinto. Inoltre, afferma che costui ha rattristato non solo lui ma, in
derivato all’autore da una visita della comunità. Si comincia così a provare il v. 13, qualche misura, tutta la comunità corinzia, considerando perciò l’offesa non come un
che in fondo sosteneva che non ci sono oscuri e ambigui scopi nelle epistole di Paolo. fatto puramente privato. D’altra parte, come appare più chiaramente dal testo di 7,5-16
Nel v. 4 Paolo fa conoscere il suo stato d’animo al momento dell’estensione della focalizzato ancora su tale episodio, una parte più o meno consistente della comunità
precedente lettera: tale scrittura, a seguito dell’esito drammatico della sua seconda dovette schierarsi con l’offensore. È, quindi, necessario un cambiamento di mentalità
visita, gli aveva procurato un profondo tormento interiore e un’angoscia che si sono tra i Corinzi per giungere a una piena riconciliazione con l’apostolo. Gli studiosi si
manifestate nelle «molte lacrime». Se in 1,8 la «tribolazione» era legata a un pericolo sono impegnati nel ricostruire i contorni della situazione, ma si sono scontrati con
fisico, qui essa si sposta nel cuore dell’apostolo. D’altra parte, la suddetta epistola il fatto che l’autore tende a renderli non riconoscibili. In effetti, questo è dovuto alla
aveva come scopo, secondo l’idea del suo autore, non di rattristare i destinatari, ma di strategia comunicativa propria di Paolo, il quale sopprime o rende sfumato tutto ciò
ribadire il proprio particolare amore per loro (cfr. 1Cor 16,24; 2Cor 12,15), dimostran- che nell’epistola si riferisce troppo direttamente alla Chiesa alla quale si rivolge – e
do così, seppur indirettamente, il suo comportamento ineccepibile nei loro confronti questo vale chiaramente anche per gli avversari – fermandosi solo agli elementi em-
(ripresa della propositio con uso di perissotérōs e hymâs come in 1,12). Quest’affer- blematici di ogni situazione, affinché le sue lettere possano interessare i membri di
mazione sembra contraddire quanto si dirà in 7,8-11, dove Paolo parlerà della positiva altre Chiese e abbiano un’audience più generale. In questo caso la reticenza paolina
tristezza causata dalla sua lettera. Tuttavia si deve distinguere tra lo scopo dell’epistola può essere ulteriormente compresa come una delicatezza nei confronti di un membro
e l’effetto da essa procurato, che l’apostolo rileggerà pure alla luce di un intervento di della comunità che non si vuole svergognare di fronte a tutti. Nel versetto dobbiamo
Dio a beneficio dei Corinzi. In tale prospettiva è possibile anche comprendere il fatto anche sottolineare la presenza di un nuovo richiamo dell’apostolo alla reciprocità nel
che Paolo eviti una visita della comunità per risparmiarle dolore, come dice in 1,23 e rapporto con i suoi: la tristezza provocata in lui ha colpito e afflitto, in qualche modo,
in 2,1, inviando al suo posto una missiva che comunque causerà amarezza nei suoi. tutti i Corinzi. Si può anche ipotizzare, come fanno alcuni interpreti, che nell’offesa
Inoltre, rimandando a quanto detto nell’introduzione, è necessario ribadire che, oltre ricevuta Paolo voglia leggere un rigetto della sua autorità apostolica e, quindi, della sua
alle sue circostanze e finalità, non possiamo sapere niente di preciso sul contenuto opera di evangelizzazione dei destinatari. Di conseguenza, il dolore provocato in questi
della lettera «tra molte lacrime», se non che doveva riguardare quanto accaduto a ultimi risulterebbe legato anche a una messa in dubbio della loro esistenza come Chiesa.
Corinto con l’offesa ricevuta dall’apostolo da parte di un componente della comunità. Di seguito al v. 6 l’apostolo evoca proprio la punizione decisa dalla maggior parte
2,5-11 Gli effetti della lettera della comunità nei confronti dell’offensore. Egli afferma che è risultata sufficiente,
Con il v. 5 Paolo richiama l’avvenimento che ha causato la sua rinuncia alla visita probabilmente non per la sua severità quanto per la sua durata. Quindi, come dirà nei
e la conseguente sostituzione con una lettera. L’apostolo si riferisce senza nominarla versetti successivi, ora sono necessarie una riconciliazione e una reintegrazione di colui
SecondA AI CORINZI 2,7 62 63 SecondA AI CORINZI 2,9
2,7 Perdonarlo (cari,sasqai) – Il verbo composto intensivo del verbo pi,nw («bere») senso contrario o in forte antitesi) con il Romani (entrambe in 5,4), una in Filippesi
cari,zomai è usato per lo più nelle lettere pao- e usato nel NT con il significato di «assume- sostantivo avga,ph al quale si riferisce, visto (Fil 2,22) e ben quattro nella nostra epistola
line per designare il dono di grazia proveniente re», «ingoiare», «divorare», «sommergere», che l’idea di una ratifica dell’amore appare (2,9; 8,2; 9,13; 13,3). Inoltre non è testimo-
da Dio (cfr., p. es., Rm 8,32; 1Cor 2,12; Gal in senso per lo più figurato (cfr., p. es., 1Cor paradossale. Tuttavia l’uso di kuro,w evoca niato nei testi greci precedenti a Paolo. Il
3,18), ma talvolta anche per parlare, in conse- 15,54; Eb 11,29; Ap 12,16). probabilmente anche il fatto che, se il castigo termine denota la buona qualità di qualcosa
guenza di quello ricevuto da Dio, del perdono 2,8 Confermargli (kurw/sai eivj auvto,n) – Il per l’offensore è stato comminato attraverso che è stato messo alla prova.
tra fratelli in Cristo, come in Ef 4,32; Col 2,13. verbo kuro,w ha una connotazione giuridi- una formale decisione comunitaria (cfr. 2,6), Ubbidienti (u`ph,kooi) – L’aggettivo u`ph,kooj
Nella nostra lettera rispecchia questo secondo ca e significa «ratificare», «confermare». così deve esserlo il suo perdono, con una è usato nel NT solo in At 7,39 in riferimento
uso (2,7.10; 12,13) che però non esclude, ma Nel NT è presente altrove solo in Gal 3,15, riammissione nella Chiesa di Corinto. alla disubbidienza degli Israeliti nei confronti
implica la sua derivazione teologica. dove è utilizzato per un testamento ormai 2,9 Prova (dokimh,n) – Il vocabolo dokimh, di Mosè e in Fil 2,8 per l’ubbidienza di Cristo
Sia sommerso (katapoqh/|) – Si tratta del con- legittimo. Qui il verbo forma un ossimoro non presenta alcun uso nella Bibbia se non al Padre. Nel nostro contesto il riferimento
giuntivo aoristo passivo del verbo katapi,nw, (figura retorica che accosta due termini di nelle lettere paoline, con due attestazioni in è all’ubbidienza filiale dei Corinzi a Paolo.
che ha sbagliato. Il modo con il quale Paolo tratta questo membro della comunità che probabilmente è richiesta ai Corinzi una formale riammissione nella comunità,
è ben diverso da quello utilizzato nei confronti dell’incestuoso di 1Cor 5,1-8 dove così come formale doveva essere stata la comminazione del castigo. Ma dietro
ci si riferisce a un’esclusione permanente dalla comunità. Qui probabilmente la tutto ciò non può che esserci l’amore tipico dei credenti, da esprimere l’uno per
punizione dell’offensore è consistita in una momentanea estromissione dalla Chie- l’altro, con il quale lo stesso Paolo si relaziona con i Corinzi (cfr. v. 4). In fondo,
sa di Corinto. Il fatto che tale provvedimento sia stato assunto dalla maggioranza l’apostolo dà prova di carità proprio verso colui che lo ha offeso, in piena coerenza
della comunità corinzia non ci dice nulla sulla posizione della relativa minoranza, anche con quanto dirà in Rm 12,9-21, testo nel quale inviterà a non rispondere al
se orientata in senso più lassista o rigorista. male ricevuto con altro male, ma con l’amore che perdona.
Proprio perché è sufficiente la durata della punizione ricevuta, al v. 7 Paolo Ritornando sullo scopo della lettera «tra molte lacrime», al v. 9 Paolo afferma
invita i Corinzi a perdonare e a consolare l’offensore, perché non sia vinto da una di avere scritto ai Corinzi anche per mettere alla prova la loro obbedienza nei suoi
tristezza eccessiva, derivante dal castigo a lui inflitto. Ai suoi l’apostolo non chiede confronti, cioè il riconoscimento del suo ruolo apostolico di fondatore. Implici-
solo di perdonare chi ha sbagliato, eliminando ogni risentimento nei suoi confronti, tamente, allo stesso modo, ora con la sua nuova epistola chiede loro di seguire
ma anche di incoraggiarlo a riprendere la vita di fede all’interno della comunità. le sue indicazioni, perdonando l’offensore. Il testo riprende i vv. 3-4, nei quali
La lettera «tra molte lacrime» doveva quindi avere provocato un effetto di ri- erano state mostrate due finalità della lettera «tra molte lacrime», e la propositio
pensamento nella comunità, che aveva condotto a una presa di posizione contro di 1,12-14 quando si sofferma sullo scrivere di Paolo. Mentre scrive, egli sa già
l’offensore (cfr. 7,11), ma ora, di nuovo mediante una comunicazione epistolare, che i suoi hanno superato la prova, perché in 7,15 si dice che Tito ha riferito
Paolo domanda esplicitamente ai suoi di perdonare colui che ha sbagliato, perché all’apostolo dell’obbedienza dei Corinzi, come risposta alla ricezione dell’episto-
non cada in quella tristezza secondo il mondo che conduce alla morte (cfr. 7,10). la, ma in questo momento desidera un’altra conferma di ciò nella riammissione
Si tratta verosimilmente di una disperazione che esclude una riconciliazione con nella comunità di colui che lo ha offeso. Secondo quanto già accennato riguardo
Dio e con i fratelli e può portare a perdersi e ad abbandonare definitivamente la al versetto precedente, Paolo unisce il rispetto dell’autonomia della comunità con
comunità cristiana e la fede, concedendo così, come si affermerà al v. 11, un’op- l’esercizio della sua autorità apostolica, in coerenza con l’immagine paterna con
portunità favorevole all’azione di Satana. la quale egli si presenta ai Corinzi (cfr. 1Cor 4,14-15; 2Cor 12,14). Proprio l’uso
Al v. 8 Paolo riprende quanto appena detto al versetto precedente, chiedendo ai in riferimento a Cristo del concetto di obbedienza (cfr. Fil 2,8), evoca il fatto che
suoi di mostrare all’offensore il loro amore. L’apostolo esorta i destinatari, ma non obbedire a Paolo (cfr. 2Cor 10,6; 2Ts 3,14; Fm 21) è una questione legata non
impone la sua decisione, da una parte facendo sentire la sua autorità apostolica, alla persona, ma al suo compito di rappresentante di Cristo e del Vangelo (cfr.
dall’altra rispettando la libertà della comunità. La formulazione della frase indica 2Cor 4,5).
SecondA AI CORINZI 2,10 64 65 SecondA AI CORINZI 2,12
2,10 Davanti a Cristo (evn prosw,pw| Cristou/) zione del suo contrario. L’enfasi della propo- tempo di Paolo, dai 30.000 ai 40.000 abitanti. costrinse ad abbandonarla ben presto (cfr. At
– L’espressione evn prosw,pw| (alla lettera: sizione è nelle due ultime parole, attraverso La città fu fondata poco dopo il 311 a.C. da uno 16,8-11). In seguito, durante il terzo viaggio,
«in faccia a») è un semitismo che ricalca una figura etimologica segnata dalla ripeti- dei successori di Alessandro Magno, Antigo- Paolo passò da Efeso in Macedonia (cfr. At
l’ebraico lipnê (cfr., p. es., Pr 4,3); in questo zione della radice verbale -noe,w. Il sostantivo ne Monoftalmo e, di conseguenza, chiamata 20,1), facendo così pensare che si sia fermato a
caso intende richiamare la presenza di Cristo no,hma è usato nel NT soltanto da Paolo in Antigonia. Nel 301 a.C., dopo avere sconfitto Troade, in corrispondenza con quanto riportato
come garante e testimone. riferimento al pensiero e assume una valenza Antigone a Ipso, Lisimaco, altro generale di in 2Cor 2,12. Infine, alla conclusione del terzo
2,11 Siamo raggirati (pleonekthqw/men) – Il positiva in Fil 4,7, mentre nella nostra lettera, Alessandro Magno e re della Tracia, conquistò viaggio, l’apostolo si trattenne una settimana
verbo pleonekte,w indica un prendere vantag- oltre a qui, ne ha sempre una prevalentemente la città e la chiamò Alessandria Troade. Nel presso la comunità cristiana della città, ormai
gio su qualcuno con intenti fraudolenti, anche negativa (3,14; 4,4; 10,5; 11,3). 133 a.C. fu conquistata dai Romani e costituita diretto verso Gerusalemme (cfr. At 20,5-11).
attraverso il furto. Nel NT è usato in 1Ts 4,6 e 2,12 A Troade (th.n Trw|a,da) – In ragione colonia con l’alternativa denominazione di Co- Si deve così supporre che la fondazione della
poi nella nostra lettera (2,11; 7,2; 12,17.18). dell’articolo che precede il nome proprio, il lonia Augusta Troadensium o Colonia Augusta comunità sia avvenuta al più tardi in occasione
Dato che non ignoriamo i suoi propositi (ouv riferimento può essere, oltre che alla città, alla Troas. Secondo il racconto di Atti, l’apostolo della seconda visita a Troade.
ga.r auvtou/ ta. noh,mata avgnoou/men) – La frase regione circostante. Nel NT Trw|aj, ricorre, ol- arrivò nella città durante il suo secondo viaggio Il Vangelo di Cristo (to. euvagge,lion tou/
nel suo insieme è una litote, figura retorica tre a qui, in At 16,8.11; 20,5-6; 2Tm 4,13. Era missionario, ma la visione notturna, ricevuta Cristou/) – Si tratta di un genitivo oggettivo,
che consiste nella formulazione attenuata di un importante sito portuale sulla costa nord-oc- per intervento divino, di un Macedone che secondo il quale il contenuto del Vangelo è
un giudizio o di un’idea attraverso la nega- cidentale dell’Asia Minore e doveva avere, al lo implorava a passare nella sua regione lo Cristo stesso.
Nel v. 10 Paolo ritorna, proprio al fine di provare l’obbedienza dei Corinzi, sulla fensore (cfr. v. 7), che può indurlo ad abbandonare la fede. In questo modo Satana
domanda di perdono per l’offensore, già formulata al v. 7. Egli afferma che a chi la avrebbe derubato la comunità di uno dei suoi membri. In secondo luogo, il riferimento
comunità perdona, anche lui fa altrettanto, e che, se ha perdonato qualcosa, l’ha com- è anche alla comunione tra Paolo e i Corinzi, che potrebbe essere messa a repentaglio
piuto per il bene della comunità al cospetto di Cristo. Ancora una volta, come avviene attraverso il perdurare di una situazione non riconciliata. Il diavolo, proprio in base
in tutta 2 Corinzi A, l’apostolo accentua la reciprocità con i suoi (si richiama così il al significato del suo nome («Divisore»), prevarrebbe, alimentando tale divisione. Il
reciproco vanto segnalato nella propositio), rimettendosi a una loro decisione, pur discorso però si chiude con una nota di fiducia, perché l’apostolo afferma che lui e i
avendo lui stesso già scelto la via della riconciliazione con colui che lo ha oltraggiato. cristiani di Corinto possono ben riconoscere le macchinazioni di Satana e per questo
In questo contesto Paolo tende a minimizzare l’offesa, parlando semplicemente di fare in modo di non concedergli opportunità di azione. Secondo quanto si dirà poi
«qualcosa». Inoltre, il richiamo alla presenza di Cristo serve a ricordare che è lui che in 2 Corinzi B (cfr. 10,5 e 11,3), nella sua attività apostolica Paolo combatte perché
sta alla base dei rapporti tra l’apostolo e i Corinzi, e di quelli reciproci tra i membri nessuna idea avversa a Cristo e al Vangelo si infiltri nella comunità e la corrompa.
della comunità; in particolare, la possibilità della riconciliazione tra fratelli è basata 2,12-13 Ulteriore prova dell’affetto di Paolo per i Corinzi
sull’esperienza della riconciliazione con Dio mediante lui (cfr. 5,19-20). Infine, se al v. Questi versetti fungono da transizione, concludendo ciò che precede e introducendo
7 il perdono era da concedere per il bene dello stesso offensore, ora lo è per quello di ciò che segue. Per un verso, chiudono la prima parte della narrazione apologetica fornen-
tutta la comunità, ragione che verrà esplicitata nel versetto che immediatamente segue. do un’altra dimostrazione dell’interesse di Paolo per i Corinzi, data dal fatto che abbia
Infatti nel v. 11 Paolo afferma che la riconciliazione con l’offensore è necessaria interrotto la sua fruttuosa missione a Troade per raggiungere Tito e ricevere notizie dei
per non essere ingannati da Satana, le cui macchinazioni sono ben note. L’apostolo suoi. Dall’altro, introducono la successiva argomentazione di 2,14–7,4, evocando il tema
si mette dalla stessa parte dei Corinzi parlando di «noi», alludendo alle circostanze del ministero di annuncio del Vangelo. In questi versetti ci si riferisce al lasso di tempo
negative che comporterebbe la continuata esclusione dalla comunità di colui che ha che intercorre tra l’invio della lettera «tra molte lacrime», probabilmente per mezzo
sbagliato. Satana, del quale si fa menzione anche in 4,4, potrebbe prendere vantaggio di Tito, e le notizie da lui recate all’apostolo circa la riuscita della stessa (cfr. 7,5-16).
dalla situazione. Interessante è il parallelo con Ef 4,27, dove si dice che conservare l’ira Al v. 12 Paolo comincia ricordando che è giunto a Troade per annunciare il
verso il fratello, senza perciò perdonarlo, fornisce un’occasione al diavolo. In 2Cor Vangelo e che il Signore ha dato un esito favorevole alla sua missione. Qui il
2,11 il riferimento è prima di tutto alla conseguente probabile disperazione dell’of- successo dell’evangelizzazione è riportato da Paolo all’azione di Dio che apre le
SecondA AI CORINZI 2,13 66 67 SecondA AI CORINZI 2,13
θύρας μοι ἀνεῳγμένης ἐν κυρίῳ, 13 οὐκ ἔσχηκα ἄνεσιν sebbene nel Signore mi fosse aperta una porta, 13non ebbi
τῷ πνεύματί μου τῷ μὴ εὑρεῖν με Τίτον τὸν ἀδελφόν sollievo per il mio spirito perché non vi trovai il mio fratello
μου, ἀλλ’ ἀποταξάμενος αὐτοῖς ἐξῆλθον εἰς Μακεδονίαν. Tito, ma congedatomi da loro partii per la Macedonia.
Nel Signore mi fosse aperta (moi avnew|gme,nhj ni nella Chiesa e in Ap 3,8 con attenzione persona, vista nella sua dimensione interiore. lettera «tra molte lacrime» (cfr. 7,6.13.14) e
evn kuri,w|) – Il participio perfetto passivo del all’azione del Risorto nella missione. Tito (Ti,toj) – Il fatto che Tito non sia mai ha una funzione importante nel raccogliere la
verbo avnoi,gw indica l’azione di Dio e gli 2,13 Non ebbi (ouvk e;schka) – Il perfetto menzionato fuori dai testi paolini ha condotto colletta (cfr. 8,6.16.23; 12,18). Infine, la tradi-
effetti duraturi nel tempo, sino alla fine del del verbo e;cw indica qui una durata corri- alcuni all’infondata conclusione che egli sia zione paolina accenna a una partenza di Tito
soggiorno paolino nella città. L’espressione spondente al tempo del soggiorno di Paolo inesistente o identificabile con Timoteo. In per la Dalmazia (cfr. 2Tm 4,10) e indirizza
«nel Signore» può richiamare lo spazio teo- a Troade. Gal 2,1.3 Tito è ricordato come un pagano- a lui una delle lettere Pastorali (cfr. Tt 1,4).
logico della missione paolina o ribadire l’in- Sollievo – Il greco a;nesij evoca l’alleggeri- cristiano non circonciso che accompagna Pao- Congedatomi da loro (av p otaxa, m enoj
tervento divino a favore di essa. La metafora mento da un peso ed è usato nella lettera, oltre lo e Barnaba nel loro viaggio da Antiochia a auvtoi/j) – Si tratta dell’unico uso del verbo
della porta aperta in relazione all’evangeliz- a 2,13, altre due volte (7,5; 8,13), come altret- Gerusalemme, in occasione dell’assemblea avpota,ssomai nelle lettere paoline. In ragio-
zazione si trova anche in altri testi paolini tante volte nel resto del NT (At 24,23; 2Ts 1,7). apostolica narrata anche in At 15. Nella nostra ne dell’utilizzo in At 18,18.21 e del nostro
(cfr. 1Cor 16,9; Col 4,3); è presente anche Per il mio spirito (tw/| pneu,mati, mou) – Il ter- epistola è più volte ricordato con il suo nome e contesto, dove troviamo auvtoi/j, è da pensare
in altri due passaggi del NT, in At 14,27 con mine pneu/ma assume nel versetto una valenza assume un ruolo di rilievo: Tito riporta le buo- probabilmente al congedo dai membri della
particolare riferimento all’entrata dei paga- semplicemente antropologica, indicando la ne notizie di una favorevole accoglienza della comunità di Troade.
porte delle case delle persone e quindi i loro cuori all’accoglienza dell’annuncio. in 2,14–7,4 a un’argomentazione sul ministero apostolico che, in ogni caso, con-
Comunque, secondo il testo della nostra lettera, nonostante tale incoraggiante tinua a sviluppare la prospettiva della propositio di 1,12-14, riguardante il vanto
risultato, l’apostolo aveva al momento un’altra urgenza. del comportamento sincero degli apostoli per grazia di Dio. Nell’introduzione
Infatti, al v. 13 rivela che egli non ebbe pace a Troade perché non vi trovò Tito abbiamo già trattato i problemi di critica letteraria e le relative soluzioni che
e per questo, avendo salutato la comunità della città, partì alla volta della Mace- ci inducono a considerare 2,14–7,4 come parte integrante dei capitoli 1–9. Nel
donia. Con queste espressioni Paolo vuole fare risaltare il suo pathos positivo nei prosieguo del commento sarà possibile confermare questo assunto, grazie alla
confronti dei destinatari, in modo da dimostrare loro il suo attaccamento. Attac- messa in risalto dei legami lessicali e tematici con il resto della lettera A. Insieme
camento provato anche nei fatti, visto che secondo il testo l’apostolo abbandona a ciò evidenzieremo la coerente logica di questo sviluppo epistolare che segna un
la favorevole missione a Troade per cercare Tito e ricevere da lui notizie sulla passaggio da una narrazione di stampo apologetico sul concreto comportamento
comunità di Corinto, in particolare sulla loro reazione alla lettera «tra molte la- di Paolo e degli apostoli a un’argomentazione sul significato del loro ministero,
crime». Dobbiamo pensare per Tito a un tragitto programmato di andata e ritorno ancora venata di toni apologetici.
da Corinto, con un passaggio da una comunità all’altra fondata da Paolo. Questo Riferendosi a questa sezione, gli interpreti parlano di excursus; piuttosto la
collaboratore dell’apostolo è designato affettuosamente «il mio fratello», in modo si dovrebbe denominare, confrontandosi con l’eredità retorica, digressio, cioè
da sottolinearne l’importanza di fronte alla comunità, così come avviene in Fil un’occasionale deviazione dall’argomento principale per trattare temi aggiunti-
2,25 per Epafrodito e in Fm 16 per Onesimo. vi, ma sempre pertinenti. In effetti in 2,14–7,4 Paolo si distacca dalle situazioni
specifiche del suo ministero per andare ad approfondirne il valore e la funzione,
Argomentazione: il ministero apostolico di Paolo (2,14–7,4) perché probabilmente esso non era correttamente valutato dalla comunità. Secondo
Se il repentino abbandono dell’evangelizzazione a Troade per un verso ha la le regole della retorica antica, nella digressio l’oratore può trattare una quaestio
funzione di avvalorare ulteriormente l’affetto di Paolo per i Corinzi, dall’altro finita (problematica delimitata, relativa a persone, circostanze, luoghi e momenti)
lascia spazio alla possibilità di un nuovo giudizio di incostanza sull’apostolo, a partire da una quaestio infinita (problema indefinito e generale, riferito a classi
così mutevole nei propri programmi di viaggio e di visita delle comunità. È dun- di individui, a situazioni tipiche) a essa riconducibile. Così nella nostra sezione
que giunta l’ora di un approfondimento sulla radice del ministero apostolico di l’apostolo affronta la quaestio finita del suo comportamento nella relazione con
Paolo, al fine di fare comprendere ai destinatari la valenza e il significato del suo i Corinzi a confronto e alla luce della quaestio infinita del senso del proprio mi-
compito, andando oltre i singoli avvenimenti che lo riguardano. A questo scopo, nistero. Presentando ai destinatari ciò che l’apostolo deve essere, essi potranno
la narrazione apologetica si interrompe e riprende soltanto in 7,5, per dare spazio porvi a confronto il concreto agire di Paolo e dei suoi collaboratori e scoprirne
SecondA AI CORINZI 2,14 68 69 SecondA AI CORINZI 2,14
// 2,14-17 Testi paralleli: 1Ts 2,13-16 processioni trionfali dei generali romani di il participio presente di qriambeu,w, come 2Cor 2,14-16, e può avere una connotazio-
2,14 Ci conduce nel suo trionfo ritorno da una campagna militare vittoriosa. quello di fanero,w a esso coordinato, indica ne sia positiva che negativa. Il genitivo th/j
(qriambeu,onti h`ma/j) – Il verbo qriambeu,w è In particolare, la costruzione sul modello un’azione continua. gnw,sewj ha valore epesegetico, «l’odore
utilizzato qui e in Col 2,15, mentre è assente qriambeu,w tina, presente nel versetto indi- L’odore della sua conoscenza (th.n ovsmh.n che è la conoscenza», mentre il secondo,
nel resto della Bibbia. Si tratta di un calco ca il condurre qualcuno come prigioniero th/j gnw,sewj auvtou/) – Il sostantivo ovsmh, cioè auvtou/, è oggettivo, in riferimento a
greco del latino triumphare, utilizzato per le in una processione trionfale. Da notare che ha solo sei occorrenze nel NT, di cui tre in Cristo.
quindi l’irreprensibilità. D’altronde, lo scopo ultimo del discorso all’interno di che configura il testo stesso come una prima dimostrazione o argumentatio, a sua
2Cor 1–9 è quello, una volta dimostrata la correttezza del comportamento degli volta dipendente dalla tesi generale della lettera presentata in 1,12-14 e riguardante
apostoli, di giungere a una piena riconciliazione tra Paolo e i suoi, da una parte, la difesa del comportamento sincero in grazia di Dio degli apostoli. L’argomenta-
e la comunità corinzia, dall’altra (cfr. 7,5-16), situazione che sola potrà permet- zione sviluppata in questi versetti non si serve come in precedenza solo di prove
tere il completamento della colletta (cfr. cc. 8–9). In ogni modo, questa modalità costituite dall’agire di Paolo e degli altri apostoli, ma, con un salto di qualità a
di argomentazione non è nuova per Paolo. Infatti è tipica della prima epistola livello probativo, di un confronto con la figura di Mosè e il suo ministero (cfr. 2,16;
indirizzata alla comunità di Corinto, dove l’apostolo segue spesso un medesimo 3,7-18). Allo stesso modo di altre sue lettere, il ricorso all’eredità scritturistica
approccio, operando, all’inizio, una presa di distanza per scoprire la posta in rappresenta la prova d’autorità per eccellenza di ogni ragionamento dell’apo-
gioco nel singolo problema e fornendo, in seguito, indicazioni atte per una sua stolo. Le modalità argomentative preferite in 2,14–4,6 sono quella dell’antitesi
soluzione (cfr., p. es., 1Cor 8–10; 11,17-34; 12–14). Infine, dobbiamo notare che (cfr. 2,15-17; 3,3.6.8.9.18) e quella della metafora (cfr. 2,14-16; 3,1-3.13.15.18;
in tal modo, seguendo l’intenzione dell’autore, il testo esce dal contingente della 4,3). Infine, i campi semantici principali che unificano la sottosezione sono quelli
specifica situazione corinzia e assume dimensioni permanenti che riguardano della manifestazione (greco, phaneróō: 2,14; 3,3; phanérōsis: 4,2) e della gloria
tutte le comunità paoline e tutti i cristiani di ogni epoca: Paolo, mentre difende (greco, dóxa: 3,7.8.9.10.11.18; doxázō: 3,10), insieme ai binomi tra loro collegati
il suo concreto impegno apostolico, ci fa dono di un’illuminante trattazione sul dei salvati/persi (greco, sṓizō: 2,15; apóllymi: 2,15; 4,3), della vita/morte (greco,
ministero cristiano utile alla Chiesa di ogni tempo. Per l’interpretazione del testo zōḗ: 2,16 e zōopoiéō: 3,6; thánatos: 2,16.3,7 e apokteínō: 3,6) e della luce/tenebra
sarà dunque necessario tenere conto di questo continuo richiamo verso un am- (greco, phōtismós: 4,4.6 e phōs: 4,6; skótos: 4,6).
pliamento di orizzonte, pur non dimenticando che il trampolino di lancio di tutto La sottosezione di 2,14–4,6, dopo l’esordio di 2,14-17 composto dal rin-
il ragionamento è il contesto concreto dei difficili rapporti tra l’apostolo e i suoi, graziamento a Dio per l’apostolato e dalla tesi, si può dividere in tre brani,
appesantiti ancor più dall’azione divisiva di alcuni oppositori (cfr. i richiami a essi che costituiscono altrettante prove della propositio: la concreta legittimazione
in 2,17; 3,1; 5,12). In ragione di questa situazione il testo della sezione assumerà del ministero paolino (3,1-6); il confronto tra il ministero apostolico e quello
talvolta anche sfumature apologetiche a difesa dell’apostolato paolino. mosaico (3,7-18), il Vangelo della gloria di Cristo annunciato con verità da
L’argomentazione si svolge in tre momenti: prima dimostrazione (2,14–4,6), Paolo (4,1-6).
riguardante la capacità e la trasparenza del ministro cristiano; seconda dimo- 2,14-17 Esordio: ringraziamento a Dio per l’apostolato e prima tesi
strazione (4,7–5,10), relativa all’agire di Dio nella fragilità dell’apostolo; terza L’esordio è segnato da un ringraziamento rivolto a Dio per il suo efficace agire
dimostrazione (5,11–6,10), concernente il vanto del cuore per il ministero della nel servizio degli apostoli. In questo modo si introduce tutta l’argomentazione
riconciliazione ricevuto da Dio. In termini retorici, possiamo parlare di un’ar- dedicata al ministero apostolico e, in particolare attraverso la tesi di 2,16b-17, la
gumentatio divisa in tre successive argumentationes, recanti differenti prove a prima dimostrazione, focalizzata sulla capacità e la sincerità dei ministri, in quanto
sostegno di ciascuna propositio. Al termine, la perorazione alla comunione con inviati di Dio. Non deve sorprendere il lettore il fatto di trovare un ringraziamento
Paolo e alla separazione dagli increduli (6,11–7,4) chiude l’intera sezione. a questo punto della lettera, perché ciò non è fuori dal comune per Paolo, ma
ritorna nelle sue lettere anche in forma simile a questa (cfr., p. es., Rm 6,17-18;
2,14–4,6 Prima dimostrazione: capacità e trasparenza del ministero cristiano 1Cor 15,57; 1Ts 2,13-16). Inoltre, è da rammentare che nella retorica era prevista
La logica del testo di 2,14–4,6 è determinata da 2,16b-17, che rappresenta la la possibilità di avere un secondo exordium; in questo lo si collocava per lo più
tesi o propositio sulla capacità e la trasparenza del ministero derivante da Dio e poco prima dell’argumentatio.
SecondA AI CORINZI 2,15 70 71 SecondA AI CORINZI 2,15
δι᾽ ἡμῶν ἐν παντὶ τόπῳ· 15 ὅτι Χριστοῦ εὐωδία ἐσμὲν della sua conoscenza. 15Poiché noi siamo per Dio il profumo
τῷ θεῷ ἐν τοῖς σῳζομένοις καὶ ἐν τοῖς ἀπολλυμένοις, di Cristo tra quelli che si salvano e tra quelli che periscono,
2,15 Profumo di Cristo – Il sostantivo gre- il sintagma ovsmh, euvwdi,aj è utilizzato una del NT sono in Ef 5,2, in connessione con (toi/j sw|zome,noij… toi/j avpollume,noij) – I
co euvwdi,a è sinonimo del precedente ovsmh, cinquantina di volte nella Settanta e indi- l’autodonazione di Gesù per amore, e in Fil participi presenti qui utilizzati indicano che
ma ha una connotazione sempre positiva. Il ca l’aroma che sale dall’offerta sacrificale 4,8 per il dono dei Filippesi recato a Paolo le condizioni di salvezza e di perdizione
genitivo Cristou/ è oggettivo, indicando il bruciata al cospetto di Dio (cfr., p. es., Gen da Epafrodito. non sono definitive ma ancora in corso di
contenuto del profumo. Si deve notare che 8,21; Sir 50,15; Ez 6,13). Le sole occorrenze Quelli che si salvano… quelli che periscono sviluppo.
L’esordio è dunque da dividersi in due parti: ringraziamento (2,14-16a) e prima che costituiscono, già all’inizio dell’argomentazione, un orizzonte nel quale
tesi (2,16b-17). comprendere il significato del ministero apostolico: è Dio che agisce nei suoi
Ringraziamento (2,14-16a). In contrasto con la situazione di angoscia spe- inviati; Cristo è il punto focale di questa azione; l’attività divina in relazione al
rimentata a Troade (cfr. v. 13), l’apostolo esprime ora il suo grazie a Dio, ri- Vangelo si configura come continua e universale.
chiamando il tema della consolazione divina nella tribolazione (cfr. 1,3-7). Nel Il v. 15 è costituito da una frase causale che si riallaccia al versetto precedente:
v. 14 il ringraziamento rivolto a Dio comincia con una duplice motivazione Paolo e gli apostoli portano dappertutto la fragranza della conoscenza di Cristo,
sostenuta da due metafore. Infatti, Paolo ringrazia il suo Signore perché, per perché essi stessi sono il profumo di Cristo. Tuttavia, tale profumo, cioè l’annuncio
mezzo di Cristo, sempre conduce lui e gli altri apostoli come prigionieri nel del Vangelo, può essere accolto o rifiutato dalle persone, che stanno così deter-
suo trionfo (un simile linguaggio di vittoria con Cristo si trova anche in 1Cor minando la loro salvezza o perdizione. Dobbiamo notare che nel nostro versetto
15,57) e manifesta dappertutto, attraverso di loro, la fragranza della conoscenza Paolo ricorre al linguaggio sacrificale (cfr. nota) per parlare del suo ministero. Tale
di Cristo. Sorprendentemente l’apostolo sembra fare riferimento alla processione riferimento era già presente anche nel versetto precedente in relazione al culto
trionfale romana (pompa triumphalis) che un generale vittorioso organizzava romano, ora è sviluppato sullo sfondo di quello anticotestamentario e giudaico.
insieme alle sue truppe, conducendo in corteo le spoglie dei vinti e gli stessi Questo utilizzo del linguaggio sacrificale avviene anche in Fil 2,17, dove con
nemici catturati (una splendida rappresentazione di tutto ciò si trova nei basso- grande finezza l’apostolo sottolinea che l’esistenza cristiana vissuta dalla Chiesa
rilievi dell’Arco di Tito a Roma). In tale occasione talvolta accadeva che fosse di Filippi è un vero atto di culto, al quale si aggiunge a completamento, come
bruciato incenso, come offerta agli dèi, lungo il corso della processione o che una semplice libagione, il suo impegno di annuncio, vissuto ora da carcerato. E
fossero condotti profumi e spezie provenienti dai paesi conquistati. Se, quindi, una stessa idea del ministero apostolico la troviamo pure in Rm 15,16: Paolo è
lo sfondo delle due metafore può essere ricostruito in maniera unitaria con un un servitore, un officiante che presenta a Dio l’offerta, santa e a lui gradita, dei
certo grado di attendibilità, più difficile è comprendere l’attualizzazione precisa pagani che hanno creduto in Cristo. Confrontando 2Cor 2,15 con gli altri due
di tali immagini in riferimento a Paolo e gli apostoli. Così, l’essere condotti testi, si nota che la sua originalità sta nel passare dalla presentazione dell’apostolo
prigionieri in trionfo è stato messo in rapporto, da alcuni studiosi, alla conver- come colui che ha la funzione di manifestare la fragranza del Vangelo, a quella
sione dell’apostolo; tuttavia la lettura attenta del testo non giustifica questo dell’apostolo come colui che è lo stesso profumo di Cristo, segnando così la piena
richiamo. Piuttosto, il nostro versetto appare indicare il fatto generale che Dio identificazione tra annuncio e annunciatore.
ha conquistato, per mezzo di Cristo, la vita degli apostoli che a lui appartengono Il linguaggio sacrificale si mescola poi a quello apocalittico con la tipica di-
come prigionieri e per questo li può destinare alla loro missione di annuncio del stinzione tra salvati e perduti. Le due categorie si distinguono non in ragione di
Vangelo, volta alla diffusione della conoscenza di Cristo in tutto il mondo. In una predestinazione divina, ma in base alla loro accoglienza o meno del Vangelo,
questo modo si realizza e si manifesta il trionfo di Dio, mostrando dappertutto così come lo stesso Paolo afferma in 1Cor 1,18 riguardo all’annuncio della parola
il suo potere di salvezza. In fondo, possiamo sottolineare tre enfasi di 2,14 della croce.
SecondA AI CORINZI 2,16 72 73 SecondA AI CORINZI 2,17
οἷς μὲν ὀσμὴ ἐκ θανάτου εἰς θάνατον, οἷς δὲ ὀσμὴ ἐκ ζωῆς εἰς
16 per gli uni odore di morte per la morte, per gli altri odore di vita
16
ζωήν. καὶ πρὸς ταῦτα τίς ἱκανός; 17 οὐ γάρ ἐσμεν ὡς οἱ πολλοὶ per la vita e chi è capace di queste cose? 17Infatti, noi non siamo
καπηλεύοντες τὸν λόγον τοῦ θεοῦ, ἀλλ᾽ ὡς ἐξ εἰλικρινείας, ἀλλ᾽ come i molti che mercanteggiano la parola di Dio, ma con sincerità,
ὡς ἐκ θεοῦ κατέναντι θεοῦ ἐν Χριστῷ λαλοῦμεν. come inviati da Dio e alla presenza di Dio, parliamo in Cristo.
2,16 Di morte per la morte… di vita per la con le sue valenze immediatamente prima. Angelico [L]). Dal punto di vista retorico, la sostantivo kaph,loj si riferisce nelle due occor-
vita (evk qana,tou eivj qa,naton… evk zwh/j eivj 2,17 Molti (polloi,) – La suddetta lezione è da lezione scelta costituisce un’iperbole volta a renze (Sir 26,29; Is 1,22) a un commerciante
zwh,n) – In entrambi i casi la proposizione evk preferirsi a loipoi, («altri»), perché quest’ul- enfatizzare il ruolo degli avversari. che agisce con la frode, pure adulterando la
indica un’origine e eivj una fine, cosicché in- tima ha un’attestazione minore, sostanzial- Mercanteggiano (kaphleu,ontej) – Il verbo propria mercanzia. Questa valenza negativa
sieme evocano due passaggi in progressione. mente limitata all’area occidentale (il papiro kaphleu,w è hapax legomenon biblico e indica ben si addice al contesto di 2Cor 2,17; anche
Queste cose (tau/ta) – Il riferimento è al Chester Beatty II [î46] e i codici Claromon- un’attività di vendita, talvolta anche di caratte- la Vulgata, traducendo kaphleu,ontej con adul-
ministero ricevuto da Dio e presentato tano [D], di Cambridge [F], di Börner [G], re fraudolento. Nella Settanta il corrispondente terantes, appare confermarla.
L’inizio del v. 16 è immediatamente allacciato alla fine del precedente e forma con Paolo afferma che lui e i restanti apostoli non si comportano come altri, che fanno
esso un chiasmo: A tra quelli che si salvano; B tra quelli che periscono; B’ per gli uni mercato della parola di Dio, falsificandola per il proprio interesse, ma l’annunciano,
odore di morte per la morte; A’ per gli altri odore di vita per la vita. Tuttavia, nel v. 16a in unione con Cristo, con la sincerità derivante dal loro essere inviati da Dio e posti di
si assiste a uno sviluppo testuale, segnato anche da una duplice progressione: da una fronte al suo giudizio. Il v. 17, coerentemente al fatto di essere parte della propositio
parte si trova la non accoglienza iniziale del Vangelo («odore di morte») che conduce di 2,14–4,6, da un lato riprende quella generale di 1,12-14, parlando della «sincerità
alla perdizione finale («per la morte»); dall’altra, la sua accettazione («odore di vita») di Dio» (eilikrineíāi toû theoû, 1,12); dall’altro è ripresa in 3,2 in merito alla fran-
che porta alla salvezza definitiva («per la vita»). Questa accoglienza e questo rifiuto, chezza e trasparenza nel comportamento, in 3,5-6 per il riferimento alla capacità degli
con i relativi esiti, richiamano da vicino il testo paolino di 1Ts 2,13-16. Rimane tuttavia apostoli che viene da Dio (ek toû theoû, 3,5), in 4,2 riguardo a coloro che agiscono
difficile comprendere bene lo sfondo dell’immagine di un odore che può causare la «falsificando la parola di Dio» (doloûntes tòn lógon toû theoû) e in 4,5 in relazione
morte o la vita. Per alcuni studiosi possono essere illuminanti testi rabbinici, ben più all’annuncio evangelico. Così la tesi di 2,16b-17 assume un aspetto apologetico e,
tardivi di quelli paolini, dove si parlerebbe del profumo della Torà che è medicina di vita in misura minore, polemico, perché vi compare la contrapposizione agli avversari
per coloro che la osservano, ma veleno di morte per gli altri (cfr., p. es., Deuteronomio dell’apostolo. Tali caratteristiche, come visto nella presentazione di tutta l’argomen-
Rabbà 1,1.6). In alternativa, collegando il profumo con l’offerta sacrificale dalla quale tazione, non possono però essere disgiunte dalla prospettiva pedagogica nei confronti
esso deriva, si può ricordare il testo di Gen 4,3-5, dove il sacrificio di Abele è gradito da dei destinatari, chiamati a (ri)scoprire il significato e il valore del ministero apostolico.
Dio, mentre quello di Caino è respinto, e tutto ciò conduce all’uccisione del fratello. Alla Come già detto nell’introduzione generale, i riferimenti agli oppositori in 2Cor 1–9
fine la soluzione più plausibile sembra essere quella di considerare l’immagine dell’odore sono molto scarni, ma servendoci anche di 2Cor 10–13 possiamo pensare a loro come
che conduce alla morte o alla vita un’ideazione paolina originata dall’applicazione del missionari giudeo-cristiani, quindi provenienti dall’esterno della comunità corinzia, che
linguaggio sacrificale al suo ministero di annuncio del Vangelo. contestano l’autorità e l’apostolato di Paolo e che, di conseguenza, cercano di distac-
Prima tesi (2,16b-17). Il v. 16b pone una domanda sulla capacità degli apostoli di care da lui i Corinzi. Come in Fil 3,18, l’apostolo parla degli avversari come «molti»,
fronte alle gravi responsabilità del loro ministero di annuncio, la cui accoglienza o rifiuto mostrando non tanto un dato numerico, quanto un’enfasi retorica volta a sottolineare il
determina il destino degli ascoltatori. La questione riecheggia l’affermazione di Mosè pericolo da essi rappresentato. Il biasimo del loro comportamento non consiste ‒ come
di fronte alla missione richiesta da Dio. Infatti la formulazione in Es 4,10 LXX è simile alcuni autori affermano ricordando l’antica prassi dei filosofi a pagamento ‒ nel fatto che
a quella di 2Cor 2,16b, con l’uso dello stesso aggettivo greco hikanós: «Io non sono possano chiedere un sostentamento alla comunità, perché Paolo stesso ammette questo
capace». Mentre più lontano è il contesto di Gl 2,11, dove il profeta si domanda chi potrà diritto in 1Cor 9,10-15. La questione, piuttosto, è quella di una colpevole adulterazione
sopportare l’avvento del giorno del Signore, utilizzando ancora il medesimo aggettivo: della parola di Dio per i propri interessi. Ricorrendo all’elemento retorico del confronto,
«Chi sarà capace per questo?». In ogni caso, come già segnalato, si trova qui l’inizio della l’apostolo può così mettere in risalto la trasparenza del proprio ministero di annuncio
tesi della prima dimostrazione (3,1–4,6) della sezione 2,14–7,4. A conferma del nostro del Vangelo, trasparenza motivata ancora una volta a livello teologico, così come aveva
assunto, è possibile notare che la questione della capacità degli apostoli sarà ripresa fatto in 1,17-22 legando la propria affidabilità alla stessa fedeltà di Dio (tutto questo
negli stessi termini nel seguito (cfr. greco, hikanós, 3,5; hikanótēs, 3,5; hikanóō, 3,6). conferma anche il ruolo ridotto giocato dalla polemica). Quindi, nell’insieme, il testo
Il v. 17, che costituisce insieme al v. 16b la tesi, fornisce una risposta affermativa di 2,14-17 introduce in maniera generale tutta la questione del significato e del
alla domanda posta in precedenza. Tale risposta si configura come una precisazione valore del ministero apostolico, confermando la sua funzione di esordio dell’intera
correttiva (in termini retorici correctio), passando dal negativo al positivo. Infatti, argomentazione di 2,14–7,4, così come è stato da noi in precedenza proposto.
SecondA AI CORINZI 3,1 74 75 SecondA AI CORINZI 3,2
ὥς τινες συστατικῶν ἐπιστολῶν πρὸς ὑμᾶς ἢ ἐξ ὑμῶν; 2 ἡ abbiamo bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione
ἐπιστολὴ ἡμῶν ὑμεῖς ἐστε, ἐγγεγραμμένη ἐν ταῖς καρδίαις ἡμῶν, per voi o da parte vostra? 2Siete voi la nostra lettera, scritta
γινωσκομένη καὶ ἀναγινωσκομένη ὑπὸ πάντων ἀνθρώπων, nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini,
3,1 Cominciamo (VArco, m eqa) – Il verbo per Paolo, in Rm 16,2, legato al tema della assistere Febe; in Fil 2,19-30 raccomanda dell’iniziale conversione dei destinatari.
a;rcw, qui alla forma media, è utilizzato nelle raccomandazione. Timoteo ed Epafrodito ai Filippesi; infine, Conosciuta… letta – Al contrario del prece-
lettere paoline soltanto in Rm 15,12, ma all’in- Lettere di raccomandazione (sustatikw/n tutta la lettera a Filemone è segnata da un dente, i due participi presenti ginwskome,nh
terno di una citazione dell’AT, alla forma at- evpistolw/n) – Sono un genere ben affermato invito al destinatario ad accogliere come un e avnaginwskome,nh, che a loro volta formano
tiva e con significato diverso. nell’antichità. In special modo esse venivano fratello il suo schiavo fuggitivo Onesimo. una paronomasia, si riferiscono a due azioni
Raccomandare… di raccomandazione fornite a viaggiatori ed emissari come loro 3,2 Scritta (ev g gegramme, n h) – Il verbo in corso di svolgimento.
(sunista,nein… sustatikw/n) – Il verbo suni,sthmi presentazione in un’altra città o nazione, in evggra,fw è utilizzato nel NT, oltre qui e nel Nostri (h`mw/n) – La variante u`mw/n è da scar-
o sunista,nw presenta quattordici delle sue modo che potessero ricevere ospitalità e aiu- versetto successivo, soltanto in Lc 10,20. tare, perché ha un’attestazione esterna mino-
sedici occorrenze nelle lettere paoline e ben to nel bisogno. L’accoglienza di questa pra- Nella lingua greca esso denota l’azione di re (supportata soltanto dal codice Sinaitico
nove nella nostra lettera. Mentre il corrispon- tica tra i credenti in Cristo è attestata da At inserire in una lista, di scrivere in un docu- [ ]אe dai minuscoli manoscritto greco 14 di
dente aggettivo sustatiko,j è hapax legome- 18,27 e Paolo stesso ricorre a formule tipiche mento, di immettere in un gruppo, di scol- Parigi [33], codice Joannou 16 [1175] e ma-
non biblico. Questi dati indicano l’importanza delle epistole di raccomandazione in 8,18-23 pire un’iscrizione. Il participio perfetto del noscritto greco 300 del Sinai [1881], rispetto
del tema della raccomandazione in 2 Corinzi. a proposito di Tito e di altri due fratelli da verbo in questo versetto e nel successivo a tutto il resto della tradizione manoscritta)
Abbiamo bisogno (crh, | z omen) – Il verbo lui inviati a Corinto, così come avviene nelle indica una condizione permanente, quindi e perché costituisce, dal punto di vista della
crh,|zw è usato, con lo stesso significato, altre sue lettere. Infatti, in Rm 16,1-2 egli indelebile della scrittura, e, attraverso il critica interna, la lectio facilior e, quindi,
altre quattro volte nel NT e, in particolare chiede alla comunità di Roma di ricevere e linguaggio metaforico, l’effetto duraturo meno probabile.
3,1-6 La concreta legittimazione del ministero paolino comandazione basata su se stesso non è legittima, lo è quella motivata dall’azione
Il brano costituisce la prima prova a sostegno della propositio di 2,16b-17 che del Signore nella persona e dall’agire a lui fedele della persona stessa.
presentava la questione della capacità e della sincerità di Paolo e degli apostoli di Nel nostro versetto l’apostolo prende le distanze dalla pratica delle lettere di racco-
fronte alle responsabilità del loro ministero. La prova utilizzata è quella dei fatti, mandazione non solo perché afferma di non averne bisogno, ma anche per distinguersi
in questo caso inerenti all’apostolato. Infatti, il brano dimostra la capacità e la sin- dai suoi avversari, che ne fanno uso. Con ogni probabilità si riferisce agli avversari
cerità dei ministri in due tempi e in due modi: l’esistenza della comunità corinzia e appena menzionati in 2,17, che dovevano muoversi da una comunità all’altra con
l’incarico ricevuto da Dio. In base a questi due momenti possiamo dividere così: la l’appoggio di tali epistole per potere essere ogni volta adeguatamente accolti e ospitati.
comunità, lettera di Cristo (3,1-3); da Dio la capacità per il ministero di Paolo (3,4-6). Al v. 2 Paolo giunge a dare una risposta in positivo alla seconda domanda retorica
La comunità, lettera di Cristo (3,1-3). La descrizione fornita in 2,14-17 da Pao- del v. 1: egli non necessita di una lettera di raccomandazione perché essa è costituita
lo della sua funzione apostolica e, implicitamente, della sua adeguatezza poteva dalla stessa comunità, un’epistola scritta nel suo cuore (e in quello dei suoi collabora-
dare l’impressione che egli cercasse di avvalorare la propria persona agli occhi tori), nota e leggibile da parte di tutti gli uomini. Passando al valore metaforico della
dei Corinzi. Per questo al v. 1 l’apostolo con una prima domanda retorica nega lettera, Paolo fornisce una prova concreta della legittimità del suo apostolato, costituita
che lui, insieme ai suoi collaboratori, stia nuovamente raccomandando se stesso proprio dall’esistenza della comunità di Corinto. Infatti, come avveniva in 1Cor 9,1b-2,
presso i destinatari. L’espressione «di nuovo» che compare nel testo potrebbe il ministero dell’apostolo presso i destinatari a vantaggio del Vangelo è la dimostrazione
riferirsi ad affermazioni presenti in 1 Corinzi (cfr., p. es., 4,15; 9,1-2; 15,10), o eloquente del suo essere inviato da Dio, mentre in dipendenza dalla propositio di 2Cor
nella perduta lettera «tra molte lacrime», oppure a cose dette da Paolo nella sua 2,16b-17 esso diviene anche la prova della sua capacità e poi della sua sincerità.
ultima dolorosa visita a Corinto. In ogni caso, con una seconda domanda retorica In effetti, dal punto di vista interno la lettera è scritta in maniera indelebile nel cuore
richiedente risposta negativa, l’apostolo nega di avere bisogno come altri di una di Paolo, a segnalare il profondo legame che lo lega con la comunità, mentre dal punto
raccomandazione epistolare nei confronti dei Corinzi o scritta da loro. di vista esterno è nota e leggibile da parte di tutti gli uomini, mostrando il carattere
Si deve notare che, a differenza di quanto avviene qui, altrove nella lettera pubblico e non segreto dell’azione apostolica nella Chiesa corinzia. Il linguaggio
Paolo afferma anche il valore positivo dell’auto-raccomandazione (cfr. 4,2; 6,4). iperbolico (cfr. «da tutti gli uomini») richiama l’apertura universale della missione
In effetti, come per il tema del vanto, il discrimine si trova nelle ragioni per le paolina presentata in 2,14 e sottolinea la consistenza del lavoro pastorale compiuto
quali si ricorre a tutto questo, poiché ‒ come si sostiene in 10,18 ‒ mentre la rac- all’interno della comunità di Corinto (cfr. Rm 1,8; 1Ts 1,8). Quindi, se a differenza
SecondA AI CORINZI 3,3 76 77 SecondA AI CORINZI 3,4
3
φανερούμενοι ὅτι ἐστὲ ἐπιστολὴ Χριστοῦ διακονηθεῖσα 3
essendo manifesto che voi siete una lettera di Cristo, redatta
ὑφ᾽ ἡμῶν, ἐγγεγραμμένη οὐ μέλανι ἀλλὰ πνεύματι θεοῦ da noi; scritta non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio
ζῶντος, οὐκ ἐν πλαξὶν λιθίναις ἀλλ᾽ ἐν πλαξὶν καρδίαις vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole che sono i cuori di
σαρκίναις. carne.
4
Πεποίθησιν δὲ τοιαύτην ἔχομεν διὰ τοῦ Χριστοῦ πρὸς τὸν θεόν. 4
Tale convinzione abbiamo per mezzo di Cristo davanti a Dio.
3,3 Di Cristo – Il genitivo Cristou/ indica le, richiamando la funzione dell’amanuense tivo al quale si riferisce, così come avviene mento è presente in tutti gli usi anticote-
che Cristo è l’autore della lettera. e segretario che estendeva la lettera dettata nel nostro versetto. stamentari del sostantivo, il quale più volte
Redatta (diakonhqei/sa) – Il verbo diakone,w dall’autore (cfr. Rm 16,22). Il participio Lo Spirito del Dio vivente (pneu,mati qeou/ è associato come qui all’aggettivo li,qinoj
evoca generalmente il servizio (anche con aoristo passivo indica un’azione puntua- zw/ntoj) – Si tratta di un sintagma unico in (cfr., p. es., Es 31,18; Dt 4,13; 3Re 8,9
una sfumatura di intermediazione) e nella le, probabilmente da mettere in relazione tutta la Scrittura, mentre l’espressione «Dio LXX [TM 1Re 8,9]). Quest’ultimo ha solo
lettera così esso è usato (8,19.20), al pa- col momento di fondazione della comunità vivente» è ben attestata (cfr., p. es., Dt 4,33 altre due occorrenze neotestamentarie (Gv
ri dei corrispondenti sostantivi dia, k onoj corinzia. LXX; Os 2,1; Mt 16,16). 2,6; Ap 9,20).
(3,5.6; 6,4; 11,15.23) e diakoni,a (3,7.8.9; Inchiostro (me, l ani) – L’aggettivo me, l aj Tavole di pietra (plaxi.n liqi,naij) – Il no- 3,4 Convinzione… davanti a Dio
4,1; 5,18; 6,3; 8,4; 9,1.12.13; 11,8). Qui significa «nero»; poiché esso era il colore me pla,x ha soltanto un’altra occorrenza (pepoi,qhsin… pro.j to.n qeo,n) – La costru-
il verbo assume un’accezione particolare, dell’inchiostro, ricavato da un composto di nel NT, in Eb 9,4, dove è in relazione alle zione pepoi,qhsij pro,j è unica in tutta la
seppure compatibile con quella più genera- carbone e gomma, prende il posto del sostan- tavole dell’alleanza mosaica. Tale riferi- Scrittura.
di una comune lettera di raccomandazione quella rappresentata dai destinatari non è mosaico che caratterizzerà i suddetti versetti. In effetti, il linguaggio utilizzato
segreta ma conosciuta e letta da tutti, e non c’è alcun timore che la sua diffusione ne richiama prima di tutto il testo di Es 31,18 LXX, nel quale si parla di ciò che
intacchi il contenuto, significa che sono universalmente provate la trasparenza e la viene affidato sul Sinai da Dio a Mosè: «due tavole della testimonianza, tavole
sincerità di Paolo nel suo ministero a Corinto, facendo sapere anche che egli porta in pietra, scritte con il dito di Dio». Poi altri riferimenti possono essere trovati
la comunità nel suo cuore. Il comportamento dell’apostolo (e dei suoi collaboratori) in brani che sostengono un processo di interiorizzazione della Legge mosaica,
appare ancora una volta irreprensibile a partire proprio da ciò che sente e compie nei cioè in Ger 38,33 LXX [TM 31,33], dove si dice: «porrò le mie leggi nella loro
confronti dei destinatari, mostrando così non solo il suo ethos retorico (la credibilità di mente e le scriverò nei loro cuori», e in Ez 11,19 LXX, testo secondo il quale Dio
colui che parla, emergente da dentro e da fuori il discorso), ma la logica argomentativa afferma: «darò loro un cuore diverso e uno spirito nuovo metterò in loro e toglierò
del testo, che nuovamente si riallaccia alla tesi generale di 1,12-14, laddove essa soste- dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne» (cfr. anche Ez
neva la semplicità e la sincerità delle intenzioni dei missionari in relazione ai Corinzi. 36,26). Nel contesto di 2Cor 3,3 è impossibile stabilire se ci sia una sfumatura
Il v. 3 riprende l’aspetto esterno della lettera, affermando da subito come sia polemica nei confronti degli avversari, mentre appare chiaro che l’apostolo non
manifesto che i Corinzi siano una lettera di Cristo, estesa come amanuensi da Paolo approfondisce ancora l’alternativa tra il ministero mosaico e il proprio, ma sem-
e dai suoi collaboratori. Se nel versetto precedente si erano accentuati l’azione e plicemente la prepara, limitandosi a parlare delle due sostanze e dei due materiali
il legame degli apostoli nei confronti dei destinatari, ora si precisa il loro ruolo di scrittura della lettera. Piuttosto, è importante rimarcare che lo scopo primario
secondario e di mediazione rispetto a quello di Cristo. Infatti, è lui l’autore della dei vv. 1-3 è fornire una prova fattuale della legittimità dell’apostolato paolino,
lettera; quindi, fuor di metafora, colui al quale si deve la creazione della comunità finalità conseguita attraverso l’utilizzo della metafora dell’epistola rappresentata
e al quale essa appartiene. dalla stessa comunità di Corinto.
Sviluppando ulteriormente l’immagine dell’epistola, il versetto sostiene che Da Dio la capacità per il ministero di Paolo (3,4-6). Con il v. 4 Paolo precisa
essa non è stata scritta con l’inchiostro, ma con lo Spirito di Dio, e il materiale che la convinzione espressa nei versetti precedenti, riguardo al fatto che la co-
utilizzato per la sua estensione non è costituito da tavole di pietra, ma da cuori di munità sia una lettera di Cristo alla cui estensione gli apostoli hanno collaborato,
carne. Dunque, se Cristo è l’autore, egli si serve dello Spirito di Dio per agire nei è ottenuta per mezzo di Cristo e al cospetto di Dio; si tratta dunque di una con-
credenti corinzi (da notare, rispetto al v. 2, il passaggio dal cuore degli apostoli vinzione di fede. In particolare, si ricorda il rapporto di comunione dell’apostolo
a quello dei destinatari); un’azione cominciata con la loro conversione, ma i cui con il suo Signore e si chiama Dio a testimone, dal quale deriva il suo ministero,
effetti durano sino al presente. In questo modo Paolo introduce il tema dello Spi- riallacciandosi così alla propositio della sottosezione 2,14–6,4 attraverso l’uso di
rito, al quale si darà spazio nei vv. 7-18, ma anche il confronto con il ministero costruzioni molto simili a quelle di 2,17b.
SecondA AI CORINZI 3,5 78 79 SecondA AI CORINZI 3,6
Al v. 5 Paolo opera una correctio per evitare un fraintendimento nei destinatari, cioè della lettera e quello dello Spirito, in quanto il primo dà la morte mentre il secondo
che la sua convinzione sia presa come un’affermazione di una propria capacità e auto- porta la vita. Molte sono le divergenti spiegazioni degli esegeti a proposito di queste
sufficienza in relazione al ministero. In questo modo l’apostolo introduce anche una se- espressioni. Ci limitiamo a menzionare che la prima lettura, cioè quella patristica, vedeva
conda prova dai fatti a supporto della legittimità del suo servizio e, quindi, in relazione qui l’opposizione tra due tipi di interpretazione della Scrittura: quello letterale e quello
a quanto si sosteneva nella tesi di 2,16b-17. Infatti, si dice che Paolo e i suoi collabora- spirituale. Certamente nel nostro versetto la «lettera» ha a che fare con la legge mosaica,
tori non sono qualificati in se stessi, non possono considerare niente del loro ministero visto quanto si dice nei vv. 3.7, tuttavia non può essere identificata tout court con essa,
come proveniente dalle loro risorse, perché la capacità per compiere il proprio servizio dato che non si usa il sostantivo corrispondente. Piuttosto, è utile ricorrere agli altri due
viene a loro da Dio. Da ultimo Paolo sembra pure suggerire che perfino la capacità di passi paolini segnati dall’opposizione tra lettera e Spirito, ossia Rm 2,27-29 e 7,6. Nel
discernimento sulla propria persona non è derivante da se stesso, ma è dono di Dio. primo il contrasto è posto tra l’osservanza esterna della Legge e quella al livello interiore
La prima parte del v. 6 si riallaccia al versetto precedente, avendo una funzione del cuore. Nel secondo si afferma che il credente è ormai libero dalla Legge per vivere
esplicativa riguardo il compito per il quale gli apostoli sono resi capaci da Dio (si noti secondo lo Spirito, e non in base alla lettera dell’obbedienza legale. Inoltre, tenendo conto
il nuovo richiamo alla tesi di 2,16b-17): si tratta del ministero della nuova alleanza. del comune uso del verbo «vivificare» (greco, zōopoiéō), è necessario ricordare il testo di
Di tale compito Paolo è stato investito a partire dal suo incontro con il Risorto che Gal 3,21: «Se infatti fosse stata data una legge capace di vivificare, davvero la giustizia
ha fatto del persecutore un apostolo del Vangelo (cfr. 1Cor 15,8-10; Gal 1,13-16; Fil si otterrebbe dalla Legge». In conclusione nel nostro versetto Paolo, riprendendo anche
3,6-8). In particolare, l’espressione «nuova alleanza» deriva da Ger 38,31 LXX [TM il contrasto tra morte e vita di 2Cor 2,16, afferma che il ministero mosaico era basato
31,31], dove non si riferisce a un’abrogazione dell’alleanza e della legge mosaiche, su una Legge la cui osservanza non conduceva alla vita, in quanto era priva di capacità
quanto a una loro interiorizzazione, e secondo tale prospettiva ricorre anche negli salvifica, mentre quello apostolico è animato dallo Spirito, che porta a partecipare a una
scritti qumranici (cfr. Documento di Damasco [CD-A] 6,19). Ma il testo sicuramente nuova esistenza da salvati (cfr. Rm 8,1-2). Nel complesso, l’opposizione del v. 6 non
più vicino al nostro è quello di 1Cor 11,25, nel quale la «nuova alleanza» è legata intende denigrare la Legge e considerarla come abrogata, quanto, seguendo la logica di
al calice dell’ultima cena e, dunque, al sangue di Cristo, così com’è attestato in Lc un confronto retorico (artificio utilizzato nell’istruzione, nei discorsi pubblici ma anche
22,20. Si tratta, quindi, di una formula che Paolo trae dalla tradizione della Chiesa nella storiografia greco-romana), ridurre il valore dell’antica alleanza, della sua legisla-
primitiva a lui precedente, poi riflessa dopo di lui anche in Eb 8,8 e 9,15, per indicare zione e osservanza e quindi del relativo ministero mosaico, per mettere in risalto quello
il contenuto del suo ministero d’annuncio nella nuova economia inaugurata con della nuova alleanza al cui servizio stanno Paolo e gli altri apostoli. Questa sarà anche
l’evento Cristo. L’espressione è messa in contrasto con l’«antica alleanza» nel v. la chiave di lettura per interpretare in modo corretto il paragone tra i due ministeri svi-
14: si tratta di una parte di quel confronto tra il suo ministero e quello mosaico già luppato nel brano che immediatamente segue. Intanto, i vv. 4-6 ci hanno fornito un’altra
accennato al v. 3, preparato ora al v. 6 e pienamente sviluppato appunto nei vv. 7-18. prova di fatti della legittimità dell’apostolato paolino, annunciata dalla propositio, poiché
La seconda parte del v. 6 è infatti caratterizzata dall’opposizione tra il ministero si è mostrato come la sua capacità di agire provenga da Dio.
SecondA AI CORINZI 3,7 80 81 SecondA AI CORINZI 3,8
3,7 Della morte (tou/ qana,tou) – Il genitivo è 31,18; 32,16; 34,28) e, in quanto perfetto, la cità degli Israeliti di fissare il volto di Mosè. gimento e contemporanea a quella di avteni,sai.
oggettivo o telico, cioè si tratta di un ministero permanenza nel tempo di quanto è stato scritto. Che pur svaniva (katargoume,nhn) – Il verbo 3,8 Sarà (e;stai) – Il futuro ha valore logico,
che produce la morte o è finalizzato a essa. Fissare (avteni,sai) – Il verbo avteni,zw, che ricor- katarge,w è tipico delle lettere paoline (venti- in quanto verbo dell’apodosi che esprime le
Inciso (evntetupwme,nh) – Il verbo evntupo,w è ha- re soltanto qui e al v. 13 fra tutti i testi paolini, cinque su ventisette occorrenze nel NT), dove conseguenze derivanti dalla protasi.
pax legomenon biblico, il participio perfetto denota una prolungata e attenta osservazione. evoca il rendere invalido, distruggere, sosti- Dello Spirito (tou/ pneu,matoj) – In ragione anche
passivo indica, in quanto passivo, l’azione di L’infinito aoristo del nostro versetto ha un valore tuire. Qui il participio presente ha significato di quanto detto al v. 6, si tratta di un genitivo di
Dio che ha inciso le tavole della Legge (cfr. Es complessivo, in relazione alla generale incapa- concessivo e indica un’azione in corso di svol- origine, cioè il ministero è originato dallo Spirito.
3,7-18 Il confronto tra il ministero apostolico e quello mosaico sopra, secondo Paolo l’osservanza della Legge non è capace di vivificare. Il v. 7 è
L’antitesi presentata alla fine del v. 6 fa da introduzione al nuovo brano di 3,7-18, costituito da una protasi di un periodo ipotetico della realtà (se la condizione si avvera,
interamente dedicato al confronto tra ministero paolino e quello mosaico. Il genere del così anche la relativa conseguenza), che trova la sua apodosi nel versetto successi-
testo è quello di un midrash («ricerca», dal verbo ebraico dāraš, «cercare»). Con tale vo. Così si stabilisce il primo termine del confronto nel ministero mosaico che, pur
nome si designa in ambito giudaico ogni tipo di ricerca, tecnica oppure omiletica, sulla essendo destinato a sparire, era circonfuso di gloria a tal punto che gli Israeliti non
Scrittura che la rende attuale e ne scopre tutte le ricchezze. In particolare, il midrash che potevano guardare il volto di Mosè. Paolo riprende dal testo di Es 34,28-35 i motivi
si sofferma sulle parti narrative della Bibbia si chiama haggadico (da haggadà, «rac- dell’iscrizione delle tavole, della gloria, del volto di Mosè e dei «figli di Israele» (anche
conto»). Nel nostro brano Paolo utilizza la narrazione di Es 34,28-35, pur non citandola al v. 13). Tuttavia i tratti originali paolini rispetto alla sua fonte sono rilevanti, poiché,
direttamente. Essa tratta del volto di Mosè circonfuso di gloria a causa del suo incontro oltre alla dimensione di morte del ministero mosaico, l’apostolo parla del fatto che
sul Sinai con Dio, durante il quale ha ricevuto nuovamente le tavole della Legge. Di gli Israeliti non potevano fissare il volto di Mosè e che la sua gloria fosse effimera. In
fronte a ciò gli Israeliti sono impauriti, cosicché Mosè è costretto a mettersi un velo sul effetti, nel testo esodico si parla soltanto della paura che il popolo aveva di guardare
volto, velo che è rimosso solo quando entra nella tenda del convegno per incontrare il volto della loro guida e non si dice che la gloria di esso fosse transeunte. Inoltre, se
Dio. L’apostolo riprende diverse espressioni della pericope esodica, ma la reinterpreta in nelle fonti giudaiche c’è chi tratta dell’incapacità degli Israeliti a fissare il volto glo-
modo del tutto originale, per sottolineare la superiore dignità del ministero da lui stesso rioso di Mosè (cfr. Filone, Vita di Mosè 2,70), non si afferma mai che il suo splendore
ricevuto. La finalità perseguita da Paolo non è polemica ma apologetica rispetto al suo è destinato a sparire; al contrario, si giunge a sostenere la sua permanenza in eterno
servizio; non c’è infatti alcun riferimento alle posizioni degli avversari e, seguendo la (cfr. Seder Eliyyahu Rabba 18). Nel complesso, al v. 7 Paolo intende relativizzare il
prospettiva tipica del confronto di stampo retorico, il riferimento al ministero mosaico ministero anticotestamentario, per esaltare nel versetto successivo quello neotesta-
è del tutto funzionale a esaltare quello apostolico. In 2,16b, all’inizio della propositio, mentario. D’altra parte, l’apostolo non cancella il fatto che il ministero mosaico sia
si faceva riferimento a Mosè e alla sua chiamata al ministero con l’allusione a Es 4,10 circonfuso di gloria, ricordando dunque il legame di Mosè con Dio e preparando così
LXX: «E chi è capace di queste cose?». Ora, in 3,7-18, proprio volendo fornire una prova il suo ragionamento a fortiori che svilupperà subito dopo.
scritturistica sulla capacità e la sincerità dell’apostolo, si riprende la stessa figura di guida Infatti, al v. 8 l’apodosi del periodo ipotetico iniziato con il versetto precedente
degli Israeliti. L’argomentazione paolina procede dunque con una sua progressiva logica, è costituita da una domanda retorica, che richiede risposta positiva e che stabilisce
passando dalle prove dai fatti dei vv. 1-6 a quella basata sulla Scrittura dei vv. 7-18, la il secondo termine del confronto nel ministero apostolico, originato dalla mozione
quale possiede una maggiore forza dimostrativa. Infine, il brano di 3,7-18 può essere dello Spirito. Come nell’esegesi giudaica, Paolo utilizza la tecnica del qal waḥomer
suddiviso in due parti, poiché il confronto tra i due ministeri è condotto anzitutto attorno («leggero e pesante», cioè a fortiori) per affermare che, se nella Scrittura era at-
al tema chiave della gloria (vv. 7-11), poi riguardo all’aspetto del velo (vv. 12-18): il testata la gloria – quindi, la presenza e l’azione di Dio – a proposito del ministero
primo è relativo alla capacità, il secondo alla sincerità del ministro cristiano. mosaico, tanto più deve essere quella che avvolge il servizio apostolico. Il ricorso
La gloria del ministero apostolico (3,7-11). Il v. 7 inizia richiamando quanto lo a tale tecnica, che caratterizza anche il testo di Rm 5,12-21, conferma ancora una
precede immediatamente, poiché parla del ministero mosaico, strettamente collegato volta come lo scopo del brano non sia mostrare la negatività del ministero dell’antica
alle tavole di pietra della Legge. Esso porta alla morte perché, come ricordato appena alleanza, quanto sottolineare l’assoluta eccellenza di quello della nuova alleanza.
SecondA AI CORINZI 3,9 82 83 SecondA AI CORINZI 3,11
Al v. 9, attraverso un altro qal waḥomer, Paolo ribadisce con forza il suo precedente mostra che l’enfasi del versetto è sul tema della gloria e in particolare su quella propria del
assunto. Infatti, la contrapposizione è tra il ministero della condanna e quello della ministero paolino. Quello mosaico non è quindi denigrato ma, seguendo ancora la logica del
giustizia, e si afferma che il secondo possiede una sovrabbondanza di gloria rispetto al confronto retorico, è utilizzato per mettere in risalto l’ineguagliabile eccellenza dell’altro.
primo. Nuovamente l’apostolo si serve di espressioni originali da lui coniate per met- Il qal waḥomer viene ripreso al v. 11 sulla linea della diversa durata: se il ministero
tere in risalto la dignità del suo ministero. In particolare, il «ministero della condanna» mosaico, pur essendo destinato a sparire, fu glorioso, molto più lo sarà quello aposto-
deve essere letto in parallelo con il «ministero della morte» (v. 7) e nel suo legame con lico, destinato a rimanere per sempre (si tratta di un’estensione indefinita sino al futuro
la Legge. Così Paolo in Rm 8,1-4 parlerà dell’incapacità della legislazione mosaica escatologico). In continuità con quanto avveniva nel versetto precedente, il confronto
a liberare l’uomo dalla condanna e, quindi, dal peccato e dalla morte, mentre ciò è retorico è ampliato alle realtà legate a ciascuno dei due servizi, in particolare alle alleanze.
opera esclusiva dell’azione dello Spirito che dà la vita; le giuste richieste della Legge Il linguaggio richiama il contrasto, descritto in 1Cor 13,8-13 tra le profezie, le lingue e
vengono ormai compiute da coloro che sono guidati dallo Spirito. Questo successivo la conoscenza da una parte e, dall’altra, la fede, la speranza e la carità: se le prime sono
testo paolino si riallaccia a quanto sostenuto nei vv. 7-8, ma appare introdurre bene doni spirituali occasionali e scompariranno del tutto alla fine dei tempi, le seconde ri-
anche l’espressione «ministero della giustizia» (v. 9). Essa è chiaramente parallela mangono con valore permanente come fondamento della vita del credente. Questo terzo
a «ministero dello Spirito» (v. 8) e deve essere letta alla luce di quanto si dice sulla qal waḥomer del v. 11 porta, dunque, a compimento il confronto tra i due ministeri nella
giustizia in 2Cor 1–9. Il testo di riferimento basilare appare quello di 5,18-21, dove prospettiva della gloria e, quindi, della presenza e azione di Dio in essi dispiegata. Si è
«il ministero della riconciliazione» è a servizio dell’opera compiuta da Dio in Cristo partiti nel v. 8 con l’affermare che quello apostolico è più glorioso dell’altro, si è passati
per rendere l’uomo giusto di fronte a Dio. Ma a esso si aggiunge il richiamo a 6,7, al v. 9 sottolineando che esso sovrabbonda maggiormente di gloria, per giungere alla
nel quale la giustizia è legata al concreto compimento della volontà di Dio da parte conclusione del v. 11 sulla sua permanenza rispetto alla transitorietà di quello mosaico.
dell’apostolo. Così, nel suo insieme, l’espressione «ministero della giustizia» qui In questi versetti Paolo, seguendo il testo di Es 34, presenta in maniera com-
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