Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
MORCELLIANA
INTRODUZIONE
1
Cfr. Aune, 1996, pp. 350-352; 382-387; 511-539, e, soprattutto, Thompson, 2003b.
2
Cfr. Duff, 2001, pp. 48-60 e 113-125.
3
Devisch, 1978a, pp. 173-189, e 1978b, pp. 270-288, parla di «symbolic articulation
process». Il punto è trascurato da Nasrallah, 2003, pp. 63-70.
4
Riprendo e adatto la distinzione tra «microdramatics» e «poetics» introdotta da Wer-
bner, 1989, pp. 21-26.
5
Cfr. Tambiah, 1995, pp. 130-161. Su definizione ed applicazione all‘esegesi
dell‘Apocalisse del concetto di retorica come costruzione di un universo simbolico, vedi, in
particolare, Schüssler Fiorenza, 1994, pp. 39-58. Istruttiva, ma parziale, anche la definizione
di Aune, 1986, pp. 86-87: «(1) Form: an apocalypse is a prose narrative, in autobiographical
form, of revelatory visions experienced by the author, so structured that the central revelatory
message constitutes a literary climax, and framed by a narrative of the circumstances sur-
rounding the revelatory experience(s). (2) Content: the communication of a trascendent, often
eschatological, perspective on human experience. (3) Function: (a) to legitimate the trascen-
dent authorization of the message, (b) by mediating a new actualization of the original revela-
tory experience through literary devices, structures and imagery, which function to ―conceal‖
6 Introduzione
2. UNA VISIONE DI GESÙ: TRA COSTRUZIONE DEL PASSATO E TRASFORMAZIONE DEL PRESENTE
the message which the text ―reveals‖, so that (c) the recipients of the message will be encour-
aged to modify their cognitive and behavioral stance in conformity with trascendent perspec-
tives». Segue ampio commento, pp. 87-91.
6
Cfr. le indicazioni di Vernant, 1991, pp. 303-305 e 310-315.
7
Cfr.Vernant, 1991, pp. 261-268, e Berger, 1991a, pp. 17-44.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 7
«Tod und Auferstehung Jesu […] ist das Entscheidende, ja im Grunde das Einzige,
was für Paulus an der Person und dem Schicksal Jesu wichtig ist, – einbegriffen ist
dabei die Menschenwerdung und das Erdenleben Jesu als Tatsache, d.h. in ihrem
Dass; – in ihrem Wie nur insofern, als Jesus ein konkreter, bestimmter Mensch, ein
8
Jude, war» (Bultmann, 1954, p. 289 [corsivo mio]) .
8
La critica più recente ha provveduto a smussare e relativizzare questo giudizio, cfr.
Pesce, 2003a, per alcune prime indicazioni bibliografiche.
9
Cfr. Müller, 1972; Yarbro Collins, 1996, in particolare, pp. 159-197.
10
Cfr. Stuckenbruck, 1995; Carrell, 1997; Gieschen, 1998.
8 Introduzione
11
Cfr. Lohmeyer, 1934; Feuillet, 1963; Kraft, 1973; Vanni, 1976, e 1980, in particolare,
pp. 32-33; Muse, 1996; Holtz, 1997; Böcher, 1998; Prigent, 2000b. Per un ulteriore aggior-
namento fino al 2002, si possono consultare con profitto Casalini, 2001, pp. 351-359, e 2002,
pp. 361-364.
12
Cfr., tuttavia, Ellis, 1999, pp. 226-228, e Holladay, 2005, pp. 550 e 555 n.11. Ma si
tratta, più che altro, delle classiche, e anche fin troppo sbrigative, nel nostro caso, eccezioni
che confermano la regola.
13
Penna, 1999, pp. 463-465, in particolare, p. 464.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 9
14
Holtz, 1962, pp. 140-143.
15
Ibid., pp. 17; 55-57; 99-100; 125; 131-134.
16
Presentazione sintetica e ulteriori rimandi bibliografici in Fusco, 1998; Puig i Tàr-
rech, 2000, in particolare, 194-199; Marguerat, 2001.
17
Segalla, 2000, p. 138.
18
Una diecina di anni prima circa aveva scritto un rapido articolo di approfondimento
Boismard (1953), concentrato però piuttosto sulla demonologia dei due scritti e sulle possibili
ipotesi di contatti letterari, che ne riuscissero a spiegare convincentemente le somiglianze.
Cfr. anche i grandi commentari della prima metà del secolo scorso: Swete, 1907, p. xcvi;
10 Introduzione
Charles, 1920, pp. lxiii-lxv e xciv; lxxxiv-lxxxvi per i sinottici, e pp. xxxi-xxxiii per il vange-
lo di Giovanni; Lohmeyer, 1953, p. 196.
19
Vos, 1965, pp. 1-9.
20
Cfr. il prospetto finale ibid., pp. 218-219.
21
Ibid., pp. 194 e 215-216. Contro Boring, 1992, p. 715 e n.16. Cfr. anche le conclusio-
ni della critica più recente a proposito del rapporto Gesù – Paolo in Pesce, 2003a, p. 51 e n.20.
22
Vos, 1965, pp. 193-195 e 215-220.
23
Cfr. anche Wenham, 1984, in particolare, pp. 294-318.
24
Uniche due eccezioni: la transitoria menzione del parallelo di 2 Clem. 3, 2 a Ap 3, 5
(Vos, 1965, p. 89 n.144) ed il probabile ―agraphon‖ di Ap 2, 10 (pp. 192-193).
25
Cfr. il giudizio di Vanni, 1991, pp. 15-16 e 37, che conclude: «Lasciarlo in disparte o
liquidarlo con affermazioni generiche (scil. «il problema di un rapporto tra l‘Apocalisse e Lu-
ca, tra l‘Apocalisse e i Sinottici in generale») significherebbe trascurare un supplemento di
luce determinante per l‘interpretazione dell‘Apocalisse» (citazione p. 37).
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 11
31
Ibid., pp. 130-131 (citazione p. 130).
32
Ibid., pp. 137-138.
33
Ibid., pp. 138-141 (citazione p. 139).
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 13
34
damento di tutto l‘edificio» . Ha così potuto recuperare quell‘unità di inter-
pretazione storica e cristologia, che lo porta a constatare che «la verità della
rivelazione presente in ordine al futuro è fondata nella testimonianza di Ge-
35
sù, del Gesù terreno» . Le sue conclusioni sul Gesù di Giovanni come Mes-
sia Sposo e Profeta escatologico mi sembra colgano sufficientemente il se-
gno, e quel che più conta, rispecchino la visione e le intenzioni di Giovanni
stesso. Sono tuttavia parziali. Segalla ha lasciato fuori dalla discussione testi,
che le possono documentare, confermare e approfondire.
L‘identità del Galileo crocifisso e del Signore seduto sul trono del Padre
è tuttavia accessibile solo guadagnando una rivelazione che prospetti – e ri-
costruisca – la realtà dal punto di vista dell‘osservatorio divino: qui nasce
37
l‘Apocalisse di Giovanni . Cerchiamo di ampliare la base teorica di queste
osservazioni e, al tempo stesso, di misurarle ed affinarle sul testo.
34
Ibid., p. 118.
35
Ibid., p. 119. Cfr. anche p. 141.
36
Cfr. già Id., 1995a, pp. 172-177 e 189-199.
37
Norelli, 1997, pp. 156-157. Più ampiamente, già Id., 1995a, pp. 196-199.
14 Introduzione
con la riflessione di Assman, sono «tradition» (Kirk – Thatcher, 2005, pp. 39-40; Schwartz,
2005a, p. 55), «frame work» / «frame image» (Horsley, 2005, pp. 75-77), «locus» / «place»
(Dewey, 2005, pp. 120-123), «keying» / «framing» (Schwartz, 2005b, p. 250), «memory gen-
re» (Williams, 2006, pp. 35-36).
43
Assmann, 1997, pp. 23-33 e 60-63.
44
Ibid., p. 26.
45
Connerton, 1999, pp. 116-117 e passim. Cfr. anche Tambiah, 1995, pp. 131-135.
46
Beneduce, 2006, pp. 83-84 (citazioni p. 83).
47
Ibid., p. 264.
48
Ibid., p. 266.
16 Introduzione
testi e pantheon africani dei più diversi, emergono sempre «frammenti di sto-
ria, figure di antenati, dinastie, nomi di santi e re, riferimenti a luoghi, terri-
tori, insediamenti, o a eventi come la migrazione, l‘islamizzazione o la colo-
49
nizzazione» .
A regolare convivenza dei due corpi, la «doppia presenza», di sé e
dell‘Altro, e produzione di memorie, intervengono forme di rappresentazio-
ne mimetica: maschere raffigurano l‘Altro, e, ricoprendo volti e corpi, stabi-
liscono un contatto diretto ed immediato con gli esseri del mondo invisibile,
di modo che l‘attore non sia di fatto più distinguibile da loro; divinità, spiriti,
antenati, che si sostituiscono ed incarnano nei corpi dei posseduti, sono cat-
turati e riprodotti in ogni dettaglio, conosciuti e dominati per trasmissione
50
orale ed imitazione .
Eloquente mi sembra il caso riportato da Connerton (1999, pp. 78-79) e
ripreso da Beneduce stesso (2006, pp. 240-241):
«Ancora nel regno dell‘Uganda si scoprì un modo per tenere lo spirito del re morto
tra i suoi sudditi sotto forma rappresentativa. Dopo la sua morte veniva nominato un
medium, o mandura, nel quale il re morto prendeva la sua dimora; questo medium
non solo ne riproduceva l‟esatta apparenza ma anche l‟eloquio e i gesti del re morto
(sic!). Nei clan incaricati di fornire i mandura si tramandavano a voce e per imita-
zione le caratteristiche di ciascun re all‟epoca della sua morte. […] Questa rappre-
sentatività non riattivava il re morto senza interruzione, ma di quando in quando il
medium ne era posseduto e incarnava il re in ogni particolare» (corsivo mio).
49
Ibid., p. 235.
50
Ibid., pp. 279-295. Cfr. anche Boddy, 1994, pp. 423-426, e le esemplificazioni lingui-
stiche, con relative conclusioni, di Krings, 1999, pp. 54-65.
51
Beneduce, 2006, pp. 284-295. Cfr. anche Boddy, 1994, pp. 414-422, e Masquelier,
1999.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 17
giato di mano in mano fino a lui, dal Seduto sul trono all‘angelo forte, attra-
verso l‘Agnello, e su cui è stato pronunciato un giuramento sul Dio vivente,
Giovanni ne assorbe sostanza e potere, mentre scrive il suo (cfr. Ap 10, 3-4),
poi riattualizzate nel modello esplicito offerto dal breve prologo (Ap 1, 1-3).
Se anche non si può parlare propriamente di possessione, in questa
coincidenza di esperienza e scrittura, corpo e testo, Giovanni arriva ad incar-
nare stabilmente, secondo schemi culturali della tradizione ―profetica‖ giu-
daica, le personalità di chi gli ha concesso la rivelazione e lo ha inviato a
―profetizzare‖. L‘oracolo divino pronunciato in prima persona (Ap 1, 7), e la
polifonia finale di Ap 22, 7-20, in cui si succedono a parlare, sempre in pri-
ma persona e senza soluzione di continuità, l‘angelo, Gesù, lo Spirito, la
Sposa, lasciano intuire chiaramente come Giovanni si immagini di rappre-
sentare il mondo divino ed i suoi agenti, che, per mano sua, scrivono (cfr. 14,
13; 19, 9; 21, 5-8): come ha scritto Z. Pleše a proposito della cornice narrati-
va dell‘Apocrifo di Giovanni (2006, pp. 11-20), la presenza di più voci in
prima persona e le transizioni ex abrupto dall‘una all‘altra producono
«uncertainties about the exact separation between the outer and inner frame, as well
as between the frame and the inner narratives, leaving a confusing impression of
their mutual overspilling. The net result is the fusion of the two first-person voices,
so that one becomes the double of the other. […] Two separate planes (divine and
human) and two irreconcilable perspectives (universal and individual) are thus
bound together in a single “I”, following the rhetorical procedure typical for the
discourse of mystic experience. The multiplication of the narrative voices within the
frame creates only an apparent discontinuity. What remains the same from one level
to another is that single “I” within which the divine author and the human narrator
54
speak the same message of salvation» (pp. 18-19 [corsivo mio]) .
54
Aune (1996, pp. 140-143; 522; 575-577), e, soprattutto, Nasrallah (2003, pp. 178-
182), hanno di fatto mostrato quanto sottile sia il discrimine e facile il passaggio da un «ora-
colo di auto-raccomandazione» del tipo ―Io sono‖, che conferma e legittima chi lo pronuncia
come tramite autentico della rivelazione divina, alle accuse di possessione e pretesa equipara-
zione alla divinità (cfr. anche Gv 10, 14.19-20.33-36). Sull‘artificiosità di una dicotomia rigi-
da fra trance di visione e trance di possessione, cfr., per il mondo antico, lo scolio a Eschilo,
Sept. 497-498: «e[nqeoi levgontai oiJ uJpo; favsmatov~ tino~ ajfaireqevnte~ to;n nou`n kai; uJp o;
ejkeivnou tou` qeou` tou` fasmatopoiou` katecovmenoi». Per il mondo moderno, valgono le
osservazioni di Beneduce, 2006, pp. 65-70.
55
Su ispirazione divina e narrazione ―profetica‖ di eventi passati, cfr. Flavio Giuseppe,
C. Ap. 1, 37-38: «Eijkovtw~ ou\n, ma'llon de; ajnagkaivw~, a{te mhvte to; uJpogravfein aujtexou-
sivou pa'sin o[nto~, mhvte tino;~ ejn toi'~ grafomevnoi~ ejnouvsh~ diafwniva~, ajlla; movnon tw'n
profhtw'n ta; me;n ajnwtavtw kai; palaiovtata kata; th;n ejpivpnoian th;n ajpo; tou' qeou' ma-
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 19
qovntwn, ta; de; kaqÆ auJtou;~ wJ~ ejgevneto safw'~ suggrafovntwn, ouj muriavde~ biblivwn eijsi;
parÆ hJmi'n ajsumfwvnwn kai; macomevnwn, duvo de; movna pro;~ toi'~ ei[kosi bibliva tou' panto;~
e[conta crovnou th;n ajnagrafh;n ta; dikaivw~ pepisteumevna». La fine di una chiara succes-
sione dei profeti avrebbe portato poi allo scadere di credibilità (pivsti~) di scritti composti dai
tempi di Artaserse in poi, e alla chiusura del ―canone‖ (ibid., 41-42). Cfr. Filone, Mos. 2, 188
e 263-264, dove Mosè, ejpiqeiavsa~, katasceqeiv~ o qeoforhqeiv~, riporta alla luce – in que-
sto senso, rappresenta – il ricordo offuscato (mnhvmh!) della successione temporale degli eventi
della creazione. Esperienza estatica e memoria del passato si sovrappongono anche in Or. sib.
3, 1-35.809-823, e 11, 315-321.
56
Cfr. Ulland, 1997, pp. 58-61. Sull‘influsso di tradizioni enochiche nell‘Ap, vedi Lu-
pieri, 1990 e 1992.
57
Cfr. anche Theissen, 1988, pp. 174-179. Beneduce, 2006, p. 85, scrive che il possedu-
to si trova, sin dall‘inizio, «gettato su una scena pubblica […], in un gruppo (quello dei mem-
bri del culto) la cui ragion d‘essere sta nella periodica manifestazione di sofferenza, della co-
mune esperienza di eletti, del legame perenne con i loro compagni invisibili (corsivo mio)».
Sono gli stessi elementi che Giovanni sceglie per la sua presentazione: «Io, Giovanni, vostro
fratello e compagno nell‟afflizione, nel regno e nella perseveranza in Gesù» (Ap 1, 9 [corsivo
mio]). Segue il racconto dell‘arrivo a Patmos e della prima visione.
58
Theissen, 1988, p. 181. Più nello specifico scende Norelli, 1995a, p. 198:
nell‘Agnello sgozzato, convergono «la dimensione divina dell‘eternità e il destino umano di
20 Introduzione
persecuzione e martirio. Così precisamente questo destino può diventare il perno della storia,
il che si esprime nel potere conferitogli di aprire il libro dai sette sigilli e di tenere il giudizio»
(cfr. anche pp. 175-176 e 197).
59
Seguo, a grandi linee, l‘analisi di Arcari, 2008, pp. 321-424. Con Destro – Pesce,
1998a, pp. 176-177, potremmo parlare, per Ap 12, di costruzione dello «statuto mitologico»
del gruppo.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 21
stesso modo che la presenza e l‘autorità del Dio delle scritture sacre ebrai-
che, dietro Giovanni (cfr. Ap 1, 1.8 e 22, 6.13), è confermata dalla fitta trama
di ―allusioni‖ a quelle stesse scritture sacre che si credeva ne contenessero
gli oracoli. Di più, l‘esperienza stessa di comunicazione con il mondo divi-
no, attraverso visioni, ascensioni e rivelazioni di voci celesti, potrebbe già in
sé presupporre, richiamare ed imitare quelle pratiche di contatto con il so-
prannaturale, che venivano ricordate e trasmesse come caratteristica non
marginale di un‘attività ―profetica‖ di Gesù (cfr. Mc 1, 9-13 parr., e 9, 2-8
parr.; Mt 11, 25-27; Lc 10, 18; Gv 3, 11-13; 5, 19; 8, 26.38.40; 12, 27-30; 15,
15), ed erano, inoltre, ampiamente diffuse fra i gruppi dei suoi seguaci in li-
nea con questo modello, e nelle forme comuni anche al Giudaismo contem-
60
poraneo e alle religioni ellenistiche .
Nella doppia continuità così creata tra la prima rivelazione di Gesù e
questa nuova – Giovanni, poi, le chiamerà entrambe pivsti~ (cfr. Ap 2, 13 e
14, 12), individuandone il cardine costante nella uJpomonhv e sottolineando
che sulla loro osservanza si decide la salvezza (cfr. Ap 3, 10, e 13, 10; 14,
12) –, la memoria non è solo imposta come obbligo, ma si riproduce e riaf-
ferma come una memoria di Gesù, sottratta al «flusso della tradizione» e, per
altro verso, precipitata e sancita testualmente come valida e definitiva.
Abbiamo già toccato più volte un aspetto che ora varrà la pena di fer-
marsi ad approfondire.
La rivelazione che impone il dovere della memoria si fissa come testo
scritto all‘origine, la scrittura si sovrappone da subito all‘esperienza e si i-
dentifica con essa: questo è quanto riferisce e vuol far credere Giovanni. In
ogni caso, il testo scritto è quanto noi possediamo per provare a descrivere
ed analizzare l‘esperienza che lo ha generato.
Dodici volte, ad aprire, intervallare o chiudere le visioni, incalza
l‘imperativo «gravyon» sulla bocca di esseri celesti che poi dettano (Ap 1,
11.19; 2, 1.8.12.18; 3, 1.7.14; 14, 13; 19, 9; 21, 5); momenti delle visioni
stesse arrivano a coinvolgere la realtà e le reazioni delle comunità in quanto
premio o castigo, riportato nel rotolo, per la loro risposta alla rivelazione lì
trascritta (Ap 22, 18-19), oppure possono richiudersi sull‘esperienza di Gio-
vanni, per un esplicito divieto di trascrizione (Ap 10, 3-4).
C‘è di più. Le corrispondenze formulari tra Ap 22, 18-19 e Dt 4, 1-2; 12,
32; 29, 19-20 mirano a conferire al rotolo lo status di «new law code to a
60
Cfr. analisi e conclusioni in Destro – Pesce, 2007a, pp. 40-55.
22 Introduzione
61
new Israel, which is modeled on the old law code to ethnic Israel» , a garan-
tirgli una forza vincolante che si opponga a tempo, continuazioni, variazio-
62
ni . Riemerge, in una nuova modulazione, quel tema della rivelazione ―pro-
fetica‖ fonte e garanzia di un testo pubblico che configura il rapporto fra pro-
fezia e torah, fra ispirazione profetica e canonizzazione, come un rapporto
63
teso e conflittuale di reciproca implicazione e interdipendenza .
Al di là dei singoli punti di contatto ideologici con i testi citati di Flavio
Giuseppe e Filone, il quadro che si va ricomponendo corrisponde al modello
64
implicito di memoria profetica offerto dal Vangelo di Giovanni : esistono e
circolano parole e insegnamenti ricevuti direttamente da Gesù e tradizioni su
di lui, il suo passato, che sono e devono essere ricordati e trasmessi (cfr. Gv
14, 25 e 15, 20); lo Spirito rivela solamente ciò che ascolta, ciò che prende
da Gesù (cfr. Gv 16, 12-15), e, nel suo nome, genera e alimenta l‘attività del
ricordo, intesa probabilmente come «tecnica di interpretazione delle parole
di Gesù in situazioni che ordinariamente (prese di per sé, senza riferimento
65
alle parole di Gesù) non veicolano significati particolari» (cfr. Gv 14, 25-
26; 15, 26-27; 16, 8-11); le esperienze di rivelazione dello Spirito sono im-
maginate sul modello del ―profetismo‖ di Gesù, e tendono a riprodurne un
elemento costituivo, la ricerca e le pratiche di contatto con il soprannaturale
(cfr. Gv 1, 32-33.50-51; 3, 11-13; 12, 27-30.37-41; 20, 19-23); la memoria è
fissata in un testo scritto ispirato e normativo (cfr. Gv 2, 22; 6, 5-6.64; 7, 38-
40; 19, 35-37).
Abbiamo già incontrato più volte e commentato il ricorrere di tutti que-
sti elementi in Ap: se il Vangelo di Giovanni è stato giustamente definito «o-
66
pera ―profetica‖» , nulla di fatto ci impedisce di pensare ad Ap come ad una
forma letteraria della memoria pneumatica di Gesù esercitata nei gruppi gio-
61
Beale, 1998, pp. 95-98 (citazione p. 95).
62
Cfr. il contemporaneo Flavio Giuseppe, C. Ap. 1, 42, sulle scritture ebraiche: «Dh'lon
dÆ ejsti;n e[rgw/ pw'~ hJmei'~ provsimen toi'~ ijdivoi~ gravmmasi: tosouvtou ga;r aijw'no~ h[dh
parw/chkovto~ ou[te prosqei'naiv ti~ oujde;n ou[te ajfelei'n aujtw'n ou[te metaqei'nai tetovl-
mhken, pa'si de; suvmfutovn ejstin eujqu;~ ejk prwvth~ genevsew~ ÆIoudaivoi~ to; nomivzein aujta;
qeou' dovgmata kai; touvtoi~ ejmmevnein kai; uJpe;r aujtw'n, eij devoi, qnhvskein hJdevw~» (corsivo
mio; cfr. anche Filone, Mos. 2, 34). Qualche decennio più tardi, Artemidoro di Daldi, Onir. 2,
70, concluderà similmente il suo secondo libro: «Devomai de; tw'n ejntugcanovntwn toi'~ bibliv-
oi~ mhvte prosqei'nai mhvte ti tw'n o[ntwn ajfelei'n» (corsivo mio). A sorvegliare e punire è
invocato l‘Apollo di Daldi, più volte apparso ad Artemidoro in sogno o in visione (ejpistav~),
per ordinargli di comporre il suo trattato (keleuvsa~ tau'ta suggravyai). Per un‘analisi più
dettagliata dei processi di testualizzazione e canonizzazione, rimando ad Assmann, 1997, pp.
63-68.
63
Cfr., in particolare, Grottanelli, 2003, pp. 37-47.
64
Metto a frutto le analisi di Mussner, 1968; Theobald, 2002, pp. 600-615; Destro – Pe-
sce, 2003; Thatcher, 2005, pp. 82-85.
65
Destro – Pesce, 2003, p. 96.
66
Ibid., p. 105.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 23
67
vannisti, alternativa a quella che trova espressione in Gv . Questa scrittura,
sancita e legittimata dall‘angelo, con la memoria, fissa una specifica visione
di Gesù, ora non più negoziabile, e la investe di autorità particolare, fra le
tante disponibili e concorrenti; per un altro verso, non esclusivo, ma com-
plementare, nascendo a distanza dai destinatari reali e dalle loro pressioni, e
ricreandoli all‘interno del proprio progetto retorico, sociale, religioso, libera
e sviluppa le potenzialità di quella memoria non solo di rafforzare, ma anche
68
di sfidare e trasformare l‘identità dei gruppi cui si rivolge .
Progetto e potenzialità, questi, tanto più rilevanti e decisivi quanto più
ascoltatori e lettori impliciti sono, invece, quasi paradossalmente, immagina-
ti vicini e presenti.
Se ne può dedurre, quindi, che una ―apocalisse‖ inviata come lettera ac-
corcerebbe ulteriormente questa distanza.
Con argomenti convincenti, M. Karrer ha dimostrato che Ap, nella sua
interezza, è una lettera e che, in quanto tale, si articola come forma di comu-
nicazione i cui estremi non indeterminati, ovvero autore e destinatari, sono
69
geograficamente e temporalmente separati .
67
Sui conflitti fra i diversi gruppi giovannisti, l‘esigenza di rivelazioni, e la produzione
di memorie e contro-memorie di Gesù, orali e scritte, cfr. ibid., pp. 104-105; Destro – Pesce,
2005, pp. 345-350; Thatcher, 2005, pp. 94-97.
68
Cfr. le riflessioni di Thatcher, 2005, pp. 85-97, e Kelber, 2005, pp. 227-229, sulle
specificità della comunicazione scritta rispetto a quella orale.
69
Cfr. Karrer, 1986, in particolare, pp. 285-312, e 1989. Si misurano con la sua tesi, e,
in vario grado, ne approfondiscono criticamente i contenuti Pezzoli-Olgiati, 1997; Ulland,
1997, in particolare, pp. 21-26; Roose, 2000; Giesen, 2000a, in area tedesca; Bauckham,
24 Introduzione
1993a, in particolare, pp. 38-91 e 174-198, e 1993b; Garrow, 1997, in area anglosassone. Ho
cercato di dimostrare più ampiamente il carattere epistolare dello scritto sulla base dell‘unità
referenziale interna di lettere (Ap 2-3) e visioni (Ap 4-22) in Tripaldi, 2008.
70
Cfr. Cicerone, Att. 1, 6, 8; 9, 10, 1; 12, 39, 2 e 53; 13, 18; Quint. fratr. 1, 1, 45; Fam.
2, 9, 2; Seneca, Ep. 40, 1; 67, 2; 75, 1; 1 Cor 5, 3; 2 Cor 10, 10-11; Col 2, 5; Gregorio di Na-
zianzo, Ep. 87, 1-2 e 93, 1-2; Basilio di Cesarea, Ep. 27; 197, 1; 226, 1; 239, 1; 269, 1.
71
Cfr. le importanti riflessioni teoriche di Karrer, 1986, pp. 41-48, sull‘interazione fra
le diverse istanze di autore e lettori sviluppate dalla lettera nel suo farsi.
72
Cfr. Berger, 1991a, pp. 124 e 139-141, e 2002, pp. 63-70 e 93-98, e Schüssler Fioren-
za, 1994, pp. 49-52. Più in generale, Devisch, 1978b, pp. 282-288.
73
Sulla percezione del tempo nel mondo mediterraneo antico, cfr. Malina, 1996, pp.
179-214, e, più sistematicamente e con rilevanza diretta per l‘ Ap, Afzal, 2008, pp. 16-36.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 25
74
Cfr. Pezzoli-Olgiati, 1997, e Ulland, 1997. Arcari, 2008, pp. 252-320, offre un‘ottima
ricostruzione del contesto storico e sociale su cui l‘autore di Ap intende intervenire. Non sarei
tuttavia altrettanto reciso e radicale nell‘escludere ogni riferimento a Roma e al suo imperium
dalla rappresentazione della prostituta di Ap 17: proprio nella «polimorfa ambiguità» dei sim-
boli apocalittici evocata da Arcari (p. 296), e già acutamente percepita da Koch (1989, pp.
430-440) si sviluppa quella continuità e sovrapposizione progressiva fra Gerusalemme e Ro-
ma, così bene evidenziata di recente dalla Andrei (2007, pp. 17-23). Dopotutto, agli occhi di
Giovanni, gruppi avversari, Israele decaduto e genti di fatto coincidono, come Arcari stesso
non manca più volte di notare (cfr. anche Roose, 2000, pp. 189-199); è su questa identifica-
zione tout court che si crea un gioco di specchi costante fra Roma e Gerusalemme, impero e
Israele, i segni che esprimono e rivelano i loro destini. La prostituta di Ap 17 sarebbe allora un
«tensive symbol», ovvero un simbolo il cui complesso di significati non è né esaurito né ade-
guatamente espresso da un unico referente (cfr. Perrin, 1976, pp. 29-32). Rientrate sulla scena
Roma e la sua espansione politica e culturale, tornano utili, dando profondità all‘analisi esege-
tica, anche le osservazioni di Beneduce, 2006, in particolare, pp. 276-278 e 281-295, e Hor-
sley, 2008, sul rapporto fra trance/possessione e dominio coloniale.
75
La terminologia è di Turner, 1975, pp. 15-33. Cfr. anche le precisazioni di Werbner,
1989, pp. 24-26.
76
Cfr. le lucide pagine di Norelli, 1995a, pp. 196-199. Più generali, ma non meno signi-
ficative si presentano le riflessioni di Beneduce, 2006, pp. 241-260 e 265-295.
26 Introduzione
77
Su questa esigenza ineludibile per una ricerca storica il più possibile obiettiva, cfr.
Norelli, 2008.
78
Cfr. i dati e le conclusioni di Esler, 2005, pp. 152-155.
Esperienza, identità, memoria: riflessioni preliminari 27
nostro caso, Giovanni non potesse avere – o non avesse – accesso diretto ai
testi che utilizzava e intrecciava al suo, ma solo che è alta la probabilità che
li conoscesse e citasse a memoria, e che, quando li riproduce e trascrive, lo
79
faccia secondo modalità tipiche della comunicazione orale . Se è vero allora
che i testi scritti stessi sono l‘unica fonte a disposizione dell‘interprete per
rintracciarne le risonanze reciproche, spesso seguendo la propria logica di
una copiatura passiva più o meno fedele, è altrettanto vero che non si può e
non si deve sovrapporre acriticamente la situazione storica, i paradigmi cul-
turali e i procedimenti esegetici dell‘interprete moderno alla situazione stori-
ca e al modus operandi più verosimile dell‘autore dell‘Apocalisse: questi po-
teva attingere non solo a tradizioni orali complementari o alternative ai testi,
ora più o meno ricostruibili dall‘interprete, ma anche a versioni ri-oralizzate
di quegli stessi testi, vere e proprie variazioni sul ―canovaccio‖ offerto dal
materiale scritto; tutte e tre queste tipologie di ―fonti‖ erano, poi, a loro volta
suscettibili non tanto di una ripetizione meccanica, quanto di ulteriori modu-
80
lazioni e attualizzazioni nello stile di una performance orale .
Ripensato e precisato in tal senso, il metodo della «intertestualità» pro-
posto da Segalla, pur prospettando risultati più sfumati, nella loro maggiore
complessità, acquista in profondità storica e sensibilità critica
nell‘identificare e ricostruire tradizioni e ―traiettorie‖ gesuane.
Nel secondo momento (cap. 3), infine, dopo aver ricapitolato i riferi-
menti che materializzano, storicamente e geograficamente, la vicenda del
Nazareno, per essere conosciuti e ricordati esplicitamente da Giovanni, ten-
teremo di fare luce sugli e[rga di Gesù, cui Ap stessa accenna (2, 26), men-
zionando pivsti~ (2, 13 e 14, 12), uJpomonhv (3, 10), lovgo~ (3, 8). Due volte,
Gesù viene detto aver vinto (3, 21 e 5, 5: «ejnivkhsa»/«ejnivkhsen») e due
volte, aver riscattato (1, 5: «luvsa~», e 5, 9: «hjgovrasa~»). Questa vittoria è
la premessa all‘intronizzazione sul trono del Padre suo (3, 21), alla consegna
del rotolo sigillato e al tributo celeste di gloria e onore (5, 5-14). L‘analisi di
79
Cfr. le osservazioni di Flavio Giuseppe sulla tecnica compositiva di chi scrive storia
in B.J. 1, 15, e i ―doppioni‖ in B.J. 1, 78-80 e A.J. 13, 311-313, B.J. 1, 373-379 e A.J. 15, 127-
146, B.J. 2, 111-113 e A.J. 17, 345-348, con gli elementi di repetitio scritta e orale esposti
nella letteratura pseudo-clementina (Ep. Clem. 19-20 e Rec. 1, 23, 5-7). Sono di fatto gli stessi
procedimenti che, in forma più elaborata e a uno stadio più avanzato di riflessione teorica,
sottendono alle exercitationes retoriche nel parlare (dicendo) e nello scrivere (scribendo), ri-
mandando alle origini e al carattere essenzialmente orali dell‘arte oratoria (cfr. Quintiliano,
Inst. 1, 9, 2-3, e 10, passim, e Porter 1997, pp. 480-501). Va quindi sfumata l‘opposizione net-
ta tra una visione prettamente oralista (cfr. Lord, 1978) ed una prettamente retorico-letteraria
(cfr. Talbert, 1978, in risposta allo stesso Lord) delle relazioni fra testi. In questa direzione, si
segnalano le considerazioni metodologiche e l‘analisi di Uro, 2003, pp. 106-133.
80
Cfr. Berger, 1984, pp. 12-13 e 15-16; Dunn, 2003, pp. 192-253; Esler, 2005, pp. 164-
166 e 167-168; Kelber, 2005, pp. 226-239, e 2006.
28 Introduzione
226. Valgono anche, nello specifico, le lucide osservazioni finali di Frenschkowski, 2005, pp.
28-29.
5
Cfr. definizioni, indicazioni e caveat in Malina, 1983, pp. 11-25; Elliott, 1986, pp. 1-
33; Burke, 1992, pp. 28-33. Un modello politetico si configura in relazione ad un gruppo, «in
which membership does not depend on a single attribute. The group is defined in terms of a
set of attributes such that each entity possesses most of the attributes and each attribute is
shared by most of the entities» (Burke, 1992, p. 32).
6
Cfr., in particolare, fosse solo per la mole di materiale raccolto, Aune, 1996, pp. 52-
103; 157-171; 195-283, a cui vanno affiancati Frenschkowski, 1995, pp. 266-347, e Forbes,
1995, pp. 103-217 e 279-312. Cfr. anche Halliday, 1913; Dodds, 1956, in particolare, capp. 3-
5, e 1965, in particolare, capp. 2-3; Burkert, 1962, pp. 36-55, e 2005; Lindblom, 1968; Gunkel
1979; Niditch, 1980; Wilson, 1980; Overholt, 1982; Id., 1986; Id., 1989; Catastini, 1990;
North, 1990; Garland, 1990, in particolare, pp. 82-90; Vernant, 1991, pp. 303-317; Berger,
1992; Brenner, 1993; Cryer, 1994; Grabbe, 1995, in particolare, pp. 85-98 e 119-151; Mauri-
zio, 1995; Douglas, 1999, in particolare, pp. 109-133; Nissinen, 2000 e 2003; Nasrallah,
2003; Cancik-Kirschbaum, 2003; Grottanelli, 2003; Stone, 2003; Sfameni Gasparro, 2004;
Iles Johnston – Struck 2005; Filoramo, 2005, pp.151-290.
7
Cfr. Evans-Pritchard, 1937, in particolare, pp. 148-182 e 258-386; Eliade, 1953; El-
liott, 1955; Beattie, 1964; Lewis, 1971; Jordan, 1972, in particolare, pp. 60-86; Turner, 1975,
pp. 207-338; Blacker, 1975; Zuesse, 1975 e 1987, pp. 375-382; Devisch, 1978a, pp. 173-189,
e 1978b, in particolare, pp. 270-288; Peters – Price-Williams, pp. 1980; Tedlock, 1981; A-
hern, 1981, in particolare, pp. 45-63; Werbner, 1989, in particolare, pp. 19-60; Blier, 1991;
Meyer, 1991; Devisch, 1991; Shaw, 1991; Anderson – Johnson, 1991; Goodman, 1994; E-
glash, 1997; Townsend, 1997; Comba 2001; Walsh, 2003; Lapassade, 2008.
Tra visione e testo letterario 31
Fin qui nulla, dunque, che nella sostanza distingua la profhteiva dalla
8
divinazione o dalla consultazione oracolare . Anzi, possiamo dire, piuttosto,
che essa si presenta come forma specifica di divinazione, basata non tanto
sulla trasmissione e lo studio della letteratura omenistica, o sull‘esperienza
pratica dell‘interpretazione di segni riconosciuti come inviati dal mondo so-
prannaturale (volo di uccelli, disposizione di viscere o ossa, corpi celesti,
stormire di fronde, movimenti di statue), quanto su esperienze estatiche per-
sonali del profhvth~ (o anche dou'lo~, nella terminologia di Giovanni: cfr.
Ap 1, 1; 10, 7; 22, 9), che a quello danno diretto accesso (cfr. la catena rive-
9
lativa Dio – Gesù Cristo – angelo – Giovanni in Ap 1, 1-2) : visioni, sogni,
audizioni, rivelazioni, viaggi celesti, possessione aprono, garantiscono e au-
torizzano socialmente un canale comunicativo fruibile tra il soprannaturale e
gli esseri umani.
Il flusso di informazione e significato che ne deriva e le esperienze reli-
10
giose di intersezione e ―sconfinamento‖ , sulle quali si innesta, presuppon-
gono di caso in caso differenti interpretazioni culturali di alterazioni nello
11
stato di coscienza del soggetto che ne è al centro . Queste modificano fun-
zioni fisiologiche, sensazioni, percezioni, pensiero e sentimenti, e finiscono
con l‘incidere anche sulla «relazione dell‘individuo con sé stesso, il corpo, il
proprio senso d‘identità, e l‘ambiente circostante, con il tempo, lo spazio e
12
altre persone» .
8
Cfr. Berger, 1992, pp. 219 e 229, che parla indifferentemente di «prassi mantica» o
«cultura mantica» soggiacente alla letteratura di visione di ambiente giudaico-cristiano ed el-
lenistico-romano.
9
Overholt, 1989, pp. 21-25 e 117-147, e Cancik-Kirschbaum, 2003, pp. 43-51. Cfr. la
tipologia che Zuesse chiama «possession divination» (1987, pp. 376-378) e Grabbe «spirit
divination» (1995, pp. 136-141 e 150-151). Vedi anche Turner, 1975, pp. 15-16 e, in partico-
lare, 207 e ss. Importante e necessaria comunque la puntualizzazione di Peek, 1991a, pp. 1-
22, sulla tendenza di questi modi a sovrapporsi e confondersi nelle pratiche divinatorie: «All
analyses try to distinguish those forms involving ecstatic states from those performed in nor-
mal states of conciousness, yet the only real difference between them is that in ecstatic states
the occult powers “speak” through the diviner rather than the divinatory apparatus. All divi-
nation forms involve a non-normal state of inquiry which then requires a ―rational‖ interpreta-
tion of the revealed information by the client if not by the diviner» (p. 12; corsivo mio). Lo
segue Maurizio, 1995, pp. 80-81 e 83, che parla di «possessione» di agenti umani e/o non u-
mani. Cfr. anche Evans-Pritchard, 1937, pp. 313-322 e 359-364; Tedlock, 1981, pp. 163-165
e 169-170; Werbner, 1989, pp. 20-21 e 32-34; Blier, 1991, pp. 83-88; Meyer, 1991, pp. 95-98;
Devisch, 1991; Shaw, 1991, pp. 145-149; Goodman, 1994, pp. 64-71 e 134-135; Graf, 2005,
in particolare, pp. 65-78.
10
Cfr. Iles Johnston, 2005a, in particolare, pp. 10-16 e 22, e 2005b, pp. 299-301; Bur-
kert, 2005, in particolare, pp. 30-36 e 48.
11
Cfr. Peek, 1991b, in particolare, pp. 197 e 199-202.
12
Cfr. Bourguignon 1973; Ead., 1976; Ead., 1979, p. 236; Goodman, 1972, in partico-
lare, pp. 58-86; Ead., 1989; Ead., 1991; Ead., 1992; Winkelmann, 1997. Su stati alterati di
coscienza e interpretazione dell‘esperienza religiosa negli scritti confluiti nel canone neote-
32 Capitolo primo
stamentario, e nella letteratura giudica coeva, cfr., soprattutto, Pilch, 1995; Id., 1996, in parti-
colare, pp. 133-138; Id., 1998; Id., 2002; Id., 2004, in particolare, pp. 1-11 e 170-187; Vol-
lenweider, 2005; Lawrence, 2005, in particolare, pp. 49-52; Segal, 2006; Lietaert Peerbolte,
2008; Shantz, 2008.
13
Walsh, 1993, in particolare, p. 745.
14
Pilch (2002, p. 35, e 2004, p. 181) ne elenca una ventina in tutto.
15
Cfr. le frequenti osservazioni di Walsh, 1993, pp. 745 e 753-758, e Pilch, 2002, p. 35.
16
Cfr. Bourguignon, 1979, pp. 265-266; Goodman, 1989, p. 29; Pilch, 1995, pp. 53-57.
17
Cfr. Bourguignon, 1979, ibid.; Goodman, 1989, passim, in particolare, pp. 211-250;
Ead., 1992, passim; Walsh, 1993, p. 758; Segal, 2006, pp. 34-37.
18
Cfr. Bourguignon, 1979, pp. 235-236; Goodman, 1992, passim; Walsh, 1993, p. 745;
Pilch, 1995, p. 53; Winkelmann, 1997, passim; Segal, 2006, pp. 31-36; Lietaert Peerbolte,
2008, pp. 168-170; Shantz, 2008, pp. 198-202; Lapassade, 2008, pp. 183-189 e passim. Accu-
rate fenomenologie antiche, sostanzialmente confermate dai dati moderni, offrono Apuleio,
Apol. 42-43; Porfirio, Aneb. in Giamblico, Myst. 3, 2.4.9.11.14 (ed. Sodano); Giamblico,
Myst. 3, 5 (ed. Sodano).
Tra visione e testo letterario 33
19
Per un verso, basti qui citare l‘iscrizione di Onussanio, che ricorda la visione mattuti-
na del nipote defunto e divinizzato (CIL VI, 3 nr. 21521; età augustea), il grande papiro magi-
co di Parigi (PGM IV; III-IV sec.d.C), che contiene anche istruzioni per una ascesa al cielo in
«spirito» (475 e ss.), e l‘epigrafe funeraria della profetessa Nana che riferisce di inni e pre-
ghiere, di visite angeliche e di una voce (IV sec.d.C.; testo greco e traduzione in Eisen, 1996,
pp. 65-73); per l‘altro, si faccia riferimento agli esperimenti personali di Goodman, 1989, pp.
87-140 e 186-200, e Walsh, 1993, pp. 747-750. Cfr. anche le conclusioni di Dodds, 1956, pp.
116 n. 82 e 297, e Goodman, 1989, pp. 22-23, e 1991, pp. 30-31, e la statistica proposta da
Pilch, 1996, p. 133: 437 su 488 (= 90%) società analizzate di ogni parte del mondo possiedo-
no forme istituzionalizzate di stati alterati di coscienza. La percentuale nel solo mondo Medi-
terraneo si attesta all‘80%.
20
Overholt, 1989, pp. 17-25 e 141. Un rito è «un sistema di comunicazione simbolica
costruito culturalmente. È costituito da sequenze di parole e atti, strutturati e ordinati e spesso
espressi con molteplici mezzi, il cui contenuto e la cui disposizione sono caratterizzati in va-
rio grado da formalismo (convenzionalità), stereotipia (rigidità), condensazione (fusione) e
ridondanza (ripetizione). Nelle sue caratteristiche costituive, l‘azione rituale è performativa, in
questi tre sensi: […] dire qualcosa è fare qualcosa, in quanto atto convenzionale; nel senso,
abbastanza diverso, di una rappresentazione scenica che usa molteplici mezzi di comunica-
zione, grazie ai quali i partecipanti sperimentano intensamente l‘evento; e nel senso dei valori
indicati […] essendo connesso con (e inferito da) gli attori durante la rappresentazione. […] Il
suo contenuto culturale è radicato in costrutti cosmologici o ideologici particolari» (Tambiah,
1995, pp. 130-131).
34 Capitolo primo
21
Cfr. anche Turner, 1967, in particolare, pp. 93-111.
22
Bourdieu, 1991, pp. 117; 122-123; 125.
23
Lo schema opera già implicitamente in van Gennep, 1986, pp. 70-113.
24
Eliade stesso è conscio dei limiti e dell‘arbitrarietà di questa classificazione: secondo
e terzo tipo avrebbero molto in comune e, più in generale, «despite their specialized uses, the-
re is a sort of common denominator among all these categories of initiation, with the result
that, from a certain point of view, all initiations are much alike» (1987, p. 225; corsivo mio). I
confini tra primo e secondo tipo poi, a seconda delle condizioni geografiche, storiche e socia-
li, possono risultare molto fluidi, e i riti classificati oscillare tra l‘uno e l‘altro (penso, ad e-
sempio, al battesimo cristiano, passato da rito d‘ingresso nei primi gruppi di seguaci di Gesù a
rito collettivo nel mondo cattolico). Non ultimo, come scrivono Destro – Pesce, 2000, p. 29,
la qualificazione religiosa non si limita necessariamente all‘assunzione di ruoli istituzionali o
speciali.
25
Cfr. le ripetute annotazioni di Eliade, 1987, p. 226, e, soprattutto, 1988, pp. 166; 175-
176; 178; 184-185, e i casi etnografici riportati in Bourguignon, 1979, pp. 243-244; 247; 252-
257; Goodman, 1989, pp. 180-181; 188-189; 259, e 1992, pp. 47-51 e 56-59; Whyte, 1991, in
particolare, pp. 157-158; Townsend, 1997, pp. 444-447. Cfr. anche Buss, 1981, in particolare,
pp. 11-17. Discutono esempi dal mondo antico Shaked, 1999; Filoramo, 1999, pp. 140-145;
DeConick, 2001, pp. 42-64; Camplani, 2002, pp. 116-117. Sulla diffusione di forme analoghe
di iniziazione fra i gruppi di seguaci di Gesù, cfr. Lalleman, 1998, pp. 52-57; Destro – Pesce,
Tra visione e testo letterario 35
2000, pp. 35-110; Turner, 2000, pp. 128-137; DeConick, 2001, pp. 86-108 e 135-162, con
qualche riserva sulla sua interpretazione di Gv.
26
Cfr. Bourdieu, 1991, p. 119.
27
Cfr. Grabbe, 1995, p. 107. Cfr. anche Peek, 1991b, pp. 193-212; Cryer, 1994, pp.
121-122; Forbes, 1995, p. 279.
28
Cfr. Peek, 1991b, pp. 197-199.
29
Cfr., per esempio, Devisch, 1978, p. 179-182, e Overholt, 1986, pp. 102-104; 106-
113; 122-123; 132-133, e 1989, pp. 27-68 e passim, che mostrano anche come processi inizia-
tici simili non si riducano a o coincidano necessariamente con la prima esperienza estatica del
futuro ―profeta‖. Nel mondo antico, si segnalano forse, già, il caso di Isaia (cfr. le indicazioni
temporali non perfettamente coincidenti offerte da Is 1, 1 e 6, 1), l‘esperienza di Erma, costi-
tutito e confermato nel suo ministerium con visioni e viaggi estatici dispersi temporalmente e
spazialmente nell‘arco di almeno due anni (cfr. Vis. 2, 1, 1; 2, 2, 1; 2, 3, 1-3; 3, 1, 1 – 3, 2, 4, e
Sim. 10, 2, 2-4 e 4, 1), e la biografia di Mani, punteggiata di visioni fin dalla fanciullezza, ma
segnata decisivamente dalla rivelazione ricevuta a ventiquattro anni (cfr. CMC 2, 2-11; 3, 2-
14; 4, 2-13; 10, 21 – 11, 23; 13, 2-15; 14, 4 – 16, 23; 17, 23 – 26, 5). Secondo la ricostruzione
di At 22, 6-21, presentata come autobiografica, dopo la prima visione sulla via di Damasco
che ne produce la conversione (22, 6-16), interviene una seconda e[kstasi~ a sancire l‘invio
in missione e quindi la nuova identità di apostolo di Saulo (22, 17-21).
36 Capitolo primo
30
Cfr. anche le notizie autobiografiche e gli accenni in Paolo (1 Cor 15, 8; 2 Cor 12, 1-
4.7; Gal 1, 15-16 e 2, 2), nelle Od. Sal. 11, 11-23; 18, 1-3; 21, 1-7; 35, 7; 36, 1-6; 38, 1-2, e
nei frammenti profetici ―montanisti‖. Sorprende la ripetuta insistenza di Flannery, 2008a, pp.
16-17, e Segal, 2008, p. 24, sull‘assoluta unicità dell‘epistolario paolino come fonte di prima
mano, non anonima né pseudonima, su esperienze religiose simili per il I sec.d.C. Questa pre-
sunzione, indimostrata e arbitraria, non giustifica l‘assenza di un qualunque contributo speci-
fico su Ap nel primo volume di EXPERIENTIA, che raccoglie i loro interventi.
31
Sulla base di quanto si è venuto osservando, credo si tratti per lo più di un falso pro-
blema che riposa su una dicotomia tra esperienza ―reale‖ – interpretazione culturale che di
fatto non si dà (Knoblauch, 2003, pp. 102-113; Stone, 2003, pp. 169-170 e 177-180; DeCo-
nick, 2006, pp. 5-6; Lietaert Peerbolte, 2008, p. 170; Miller, 2008; Shantz, 2008, p. 202;
Ramsaran, 2008, p. 211). E se anche si desse, la stessa convenzionalità del testo implicita-
mente riposerebbe sull‘assunto, comune all‘immaginazione soco-culturale del redattore e dei
destinatari, che sia così che un‘esperienza profetica deve avere luogo nella ―realtà‖ ed essere
poi rappresentata. Cfr. le lucide riflessioni su fatti e finzione di Burke, 1992, pp. 101-103 e
126-129. Un ricco dossier comparativo e ragionato su forme e stilemi ricorrenti nei resoconti
di visioni di età greco-romana è offerto da Berger, 1992, pp. 177-225; per un ricco repertorio
di fonti ordinate per temi, cfr. anche MacDermot, 1971. Fletcher-Louis, 2008, tratteggia sto-
ria, problemi e prospettive di un‘analisi dell‘esperienza religiosa all‘origine dei testi ―apocalit-
tici‖.
32
Per una lettura antropologica dei testi, cfr. Pesce, 2001, e Destro – Pesce, 2004b, in
particolare, pp. 3-17.
33
Cfr. le osservazioni a più ampio raggio di Lewis, 1971, pp. 34-35; 76-78; 176; Bour-
guignon, 1976, pp. 12; 17; 24; 37-39; 41; 46-49, e 1979, pp. 239-243; 249; 266-267; Wilson,
1980, pp. 66-68; Overholt, 1989, pp. 23-24; Peek, 1991a, p. 2; Grabbe, 1995, p. 110.
Tra visione e testo letterario 37
«The appropriate analysis should focus on the esthetic elements, semiotic patterning,
dramaturgical features and transformational processes of the diviner and the divina-
tory congregation. [...] ―Praxeological approach‖ […] also takes into account the
specific divination event, differing types of divination, clients‘ problems, and the
subsequent dynamics of the sessions which lead to practical action in the larger cul-
tural context».
34
Cfr. già le ripetute osservazioni di Niditch, 1980, pp. 153-154 e 158-163, e Tedlock,
1981, pp. 163-170, e la sintesi conclusiva dello stesso Peek, 1991b, pp. 192-213.
35
Walsh, 1993, pp. 746-747.
38 Capitolo primo
36
Cfr. Bourguignon, 1976, pp. 8 e 40-41, e 1979, 235-236.262; Goodman, 1989, pas-
sim. Cfr. anche Malina – Pilch, 2000, pp. 4-8; Pilch, 2004, pp. 182-186; Vollenweider, 2005,
pp. 104-105 e n.10; 106-107; 115-117 e n.52.
37
Cfr. Pilch, 1996, pp. 134-135; Lampe, 1997, in particolare, pp. 348-354, e 1998, in
particolare, pp. 21-26. Questi ultimi due contributi, rielaborati ed ampliati, sono confluiti in
Id., 2006, rispettivamente, pp. 1-100 e 123-129.
38
Cfr. anche le indicazioni metodologiche in Pilch, 1996, pp. 134-136, e Destro – Pe-
sce, 2000, p. xiv.
39
«Le cosmologie […] sono classificazioni di portata onnicomprensiva. Esse sono
strutture di concetti e di relazioni che trattano l‘universo o il cosmo come un sistema ordinato,
descrivendolo in termini di spazio, di tempo, di materia, di movimento e popolandolo di dei,
esseri umani, animali, spiriti, demoni e simili. […] Le cosmologie […] tendono quasi sempre
[…] a essere viste come una sistemazione permanente di cose e di persone, e le premesse che
ne sono alla base, così come l‘ordine iniziale, sono viste sia come dotati di un‘esistenza al di
fuori del flusso degli eventi mutevoli e delle speranze della vita quotidiana, sia come
all‘origine, in qualche misura, dei quotidiani fenomeni superficiali del tempo presente»
(Tambiah, 1995, pp. 24-25). Cfr. le osservazioni di Bourguignon, 1976, pp. 15-16 (p. 38: «In
Haiti, dissociation into diverse (spirit) personalities fits in with the understanding people have
of the universe, of gods, and of human nature» [corsivo mio]), e 1979, pp. 243-244 e 266-267;
Burton, 1991, in particolare, pp. 41-42 e 44-45; Meyer, 1991; Devisch, 1991 (p. 130: «The
divination shows how the fundamental symbolic process of world construction among the
Yaka operates and how the sociocultural order finds its origin in this process and profoundly
imposes itself on the bodily experience in a mutual modeling of each other» [corsivo mio]);
Shaw, 1991, p. 143.
Tra visione e testo letterario 39
2. IMAGO MUNDI
Il cosmo (Ap 11, 15; 13, 8; 17, 8) di Giovanni si articola su tre livelli
coesistenti e comunicanti: abisso – mare, terra, cielo. Abisso e cielo costitui-
scono gli estremi, negativo e positivo, che comprendono la terra.
Procediamo dal basso verso l‘alto. L‘abisso è il mondo sotterraneo, il
cui ingresso sulla terra, concepito a forma di pozzo, è chiuso a chiave (Ap 9,
1-2 e 20, 1.3). Alimenta il mare e probabilmente anche le sorgenti, in quanto
40
raccolta delle acque primordiali (cfr. Ap 5, 13 e 14, 7) , e ne sale fumo come
di fornace grande (Ap 9, 2). Il mare sembra comunicare strettamente con
l‘abisso di cui condivide la natura sotterranea e le connotazioni negative (cfr.
41
Ap 5, 13; 20, 13-14 e 21, 1) .
La terra abitata emerge dal mare, ha quattro angoli, con quattro venti
corrispondenti che la battono (Ap 7, 1). È un susseguirsi di deserti (Ap 12, 14
e 17, 3), monti con rocce e grotte (Ap 6, 15-16 e 16, 20), pianure (Ap 20, 9),
fiumi e sorgenti (Ap 8, 10 e 16, 4), su cui spiccano il fiume grande, l‘Eufrate
(Ap 9, 14 e 16, 12), Gerusalemme, il Tempio e il monte Sion, forse il suo
centro, comunque il suo punto più sacro (Ap 11, 1-2.8; 14, 1).
Il cielo si stende in alto sopra la terra come un rotolo svolto (Ap 6, 14),
ha un suo culmine, il mesouravnhma (Ap 8, 12 e 14, 6), sole, luna e stelle vi
sono appese (Ap 6, 12-13 e 8, 10). Ha quanto meno una porta (Ap 4, 1), ma
si squarcia ed apre anche completamente (Ap 19, 11), dando accesso in ogni
caso a un al di là della volta e del firmamento, ugualmente chiamato cielo
(oujranov~: Ap 4, 2 e 11, 19). L‘unico caso in cui Giovanni parla di oujranoiv
(cfr. 12, 12 e 13, 6) sembra intendere proprio questo, e non permette pertanto
di precisare ulteriori suddivisioni in tre o sette sfere. Nel cielo oltre la volta
si producono fulmini, voci, tuoni, fuoco, sismi, pioggia, grandine, che poi
dalle aperture scendono sulla terra (cfr. Ap 4, 5; 8, 7; 11, 6.19; 13, 13; 16, 18.
21; 20, 9).
Questi tre piani della realtà non sono vuoti, ma densamente abitati.
Dall‘abisso, dal suo fumo, sciamano cavallette, e si diffondono sulla ter-
ra (Ap 9, 1-11). Ne risale poi una bestia mostruosa (Ap 13, 1-3 e 17, 8), agli
ordini di Satana. Probabilmente abisso e mare si dividono le imprecisate cre-
ature sotterranee menzionate in 5, 13, forse pesci (cfr. 9, 1 e P.Oxy. 654, 13-
15), sicuramente i morti (Ap 20, 13). L‘abisso ospiterà per mille anni la pri-
40
Cfr. Jeremias, 1926, in particolare, pp. 94-108 e 125-127, e Lupieri, 2000, pp. xlix-li.
41
Cfr. Ap 13, 1 e 17, 8; Gb 38, 16-17; Rm 10, 7 e la sua fonte, Dt 30, 12-13 TM e LXX;
Vang. Tom. 3, tanto nella versione copta che nel greco conservatoci da P.Oxy. 654, 9-15.
40 Capitolo primo
gionia di Satana (Ap 20, 1-3.7), funzionando quindi anche come carcere di
spiriti decaduti. Nel mare vivono le creature viventi (Ap 8, 9 e 16, 3), e si
muovono le isole (Ap 6, 14 e 16, 20). Le barche (Ap 8, 9 e 18) segnalano la
presenza umana, concretizzata in timonieri, naviganti, marinai, «quanti lavo-
rano il mare» (Ap 18, 17).
La terra pullula di vita vegetale e animale, tanto selvatica e mortale (Ap
42
6, 8) quanto addomesticata e docile (agnello, vitello, bestiame vario, greggi,
43
cavalli) , pura o impura (Ap 18, 2 e 22, 15), di uomini e di angeli.
I primi presentano distinzioni di ethnos, legami parentali e lingua (Ap 7,
9; 11, 9; 13, 7), sotto i due denominatori comuni Gentili (Ap 11, 2) e Giu-
dei/Israele (Ap 2, 9; 3, 9), greco (Ap 9, 11) ed aramaico (ibid.). Le opposi-
zioni grandi/piccoli, ricchi/ poveri e liberi/schiavi (Ap 13, 16; cfr. anche 19,
18 e 20, 12) riassumono una più complessa stratificazione politica, sociale ed
economica che va dai re agli schiavi, passando per i maggiorenti, i coman-
danti di migliaia, i ricchi, i potenti, i liberi (Ap 6, 15).
I secondi esercitano dominio sugli elementi (fuoco, acque, venti: cfr., ri-
spettivamente, Ap 7, 1-2; 14, 18; 16, 5), animano la natura o costituiscono la
controparte spirituale di rilievi e isole (Ap 6, 14; 8, 8; 16, 20 in parallelo a
12, 8), e influenzano decisivamente le vicende umane, portando guerra, per-
dita di raccolti e rincaro dei prezzi, carestie, pestilenze, morte, infuriare di
venti, sciami di cavallette (Ap 6, 2-8 e 9, 15-19; 7, 1-2; 9, 1-11).
Mare e terra, con i suoi abitanti, sono anche il campo di azione ristretto
e provvisorio del Satana, cacciato dal cielo (Ap 12, 7-9.12-13), delle schiere
di angeli che questi ha trascinato con sé (Ap 12, 4.9), e dei suoi due più diret-
ti emissari, la bestia che sale dall‘abisso e quella che sale dalla terra (Ap 13).
Di qui procedono l‘attrazione del potere della città grande, che si reputa di-
vino, e l‘oppressione che ne segue, da un lato (Ap 13, 1-7), segni e ispirazio-
ne demoniaca della falsa profezia, dall‘altro (Ap 13, 11-17; 16, 13-14). Non
solo: spiriti impuri e demoni percorrono ora la terra (Ap 16, 13-14) e si inse-
diano tra le rovine (Ap 18, 2)
Il cielo, sotto la volta, è popolato da indistinti uccelli che volano nel
44
mesouravnhma (Ap 18, 2 e 19, 17), puri o impuri che siano (Ap 18, 2) , e, in
42
Delle «bestie della terra» che Giovanni mostra di conoscere, la maggior parte presen-
ta associazioni negative, se non demoniache (cavalletta, scorpione, leopardo, orso, rospo),
solo il leone è connotato più ambiguamente e può sfumare su toni positivi. Cfr. Park, 1997,
pp. 155-245.
43
I primi due sono associati rispettivamente all‘Unto di Dio e ad una delle creature vi-
venti del Trono, gli ultimi tre figurano in un catalogo commerciale come beni di scambio (Ap
18, 13). Il cavallo, in più, oscilla tra rappresentazioni demoniache ed angeliche – e queste più
o meno dannose o salutari –, a seconda anche del colore. Cfr. Park, 1997, pp. 27-50; 74-123;
230-234.
Tra visione e testo letterario 41
44
Gli uccelli impuri, in quanto tali, sono associati a demoni e spiriti impuri come fauna
delle rovine.
45
Cfr. Charlesworth, 1986; Park, 1997, pp. 157-165 e 185-196; Lupieri, 2000, ad locc.,
e pp. xlvi-xlviii; Malina – Pilch, 2000, ad locc.; Malina, 2002, pp. 19-23; 32-35; 39-40; 43.
46
Cfr. Thompson, 2003b, pp. 138-140. Sulla visione del trono (Ap 4 – 5) fra esperienza
e tradizione letteraria, cfr. anche Rowland, 2006, e Afzal, 2006.
42 Capitolo primo
47
Cfr. Boll, 1914, pp. 4-6; Moering, 1920; Festugière, 1944, pp. 313-317; Schweizer,
1959, in particolare, pp. 447-449; Russell, 1964, in particolare, pp. 140-157; 359; 377-379;
Jeske, 1985 (più utile per status quaestionis ed ulteriore bibliografia che per conclusioni o
altro); Bauckham, 1993a, in particolare, pp. 150-159; Schimanowski, 2002, in particolare, pp.
78-83; Thompson, 2003b, pp. 138-141.
48
Cfr. lo snodo argomentativo di Tertulliano, An. 8, 4-5.
Tra visione e testo letterario 43
49
3.2 Lo «spirito» nell‟Apocalisse
49
Cfr., da ultimo, pur se con un‘eccessivo interesse a indugiare in speculazioni pneuma-
tologiche unitarie, il breve contributo di Hahn, 2005.
50
Cfr. Euripide, Hec., 571; 1 En. 22, 3-7; Gdc 15, 19 LXX; Apoc. Mos. 31; Gius. Asen.
19, 3; Or. sib. 4, 46; Mt 27, 50; Lc 8, 55; Gv 19, 3; At 7, 59; PGM V, 462; Porfirio, Vit. Plot.
2.
51
Cfr. Sal 103, 4 LXX, citato anche in Eb 1, 7; 1 Clem. 36, 3 e Gn Rab. 21, 13; 4Q403
fr. 1 I, 43 e II, 8-9; 4Q405ShirShabbf fr. 23 I, 8-9; 2 En. 20, 1; 22, 8-10; 37; Pr. Gius. (citata
in Origene, Comm. Jo. 2, 189-190); 3 En. 2, 1; 6, 1-2; 15 e 35, 6.
52
Cfr. 1 En. 15, 6-10; Nm 16, 22 e 27, 16 LXX; Flavio Giuseppe, A.J., 4, 108; At 23, 8;
Eb 12, 9; 1 Clem. 59, 3 e 64, 1; Ps.-Clemente, Hom. 3, 33 e 8, 12; PGM V, 467 e XII, 262;
P.Warr. 21, 24.26.
53
Cfr. 1 Ts 5, 23; 1 Cor 7, 34; 2 Cor 7, 1, e, in particolare, 1QH 20, 11-13; 1 Cor 14,
2.14-16 (in opposizione a nou'~).32; Od. Sal. 6, 1-7. Cfr. anche il commento di Aune 1997 ad
Ap 4, 1, e 1998b ad Ap 22, 6, con le rapide, ma incisive annotazioni di Pesce, 1985, pp. 425-
426.
44 Capitolo primo
54
Cfr. LSJ, s.v. giv(g)nomai, II. 3 e BDAG, s.v. givnomai, 5c e 6a. Vedi anche BD § 98.
Nell‘Apocalisse, h[mhn conserva il suo valore imperfettivo. Solo in un caso, si allinea ad ejge-
novmhn, ma nel senso di «esistere, venire in esistenza» (Ap 4, 11; cfr. v.l. ejgevnonto 2329; Gn
1, 3.6.9 LXX; Sal 32, 9 LXX; Sap 1, 14; Gv 1, 2; 2 Cor 5, 17; Ap 21, 5-6). «ejgevneto» corri-
sponde di fatto a «h\lqen» in Ap 11, 15 e 12, 10 (cfr. 11, 17-18 e 19, 6-7).
55
Anche Giovanni, per quanto raramente, confonde ejn e eij~: cfr. Ap 11, 11 (contro Ez
37, 10 LXX!) e 15, 8; 21, 27; 22, 14; Ap 1, 11 e 1, 3; 13, 8; 20, 12.15; 21, 27; 22, 18-19. Cfr.
BD § 202, 2; 205-206; 218; LSJ, s.v. ejn, A. I. 8; BDAG, s.v. ejn, 2b e 3.
56
Entrambe le possibilità sono attestate, per esempio, in At 13, 4-5 (navigazione da Se-
leucia a Salamina) e 12, 11 (da sonno e successiva ―trance‖ a stato normale di veglia); 22, 17
(da stato di veglia a ―trance‖). Cfr. Lisia, Or. 24, 25; Plutarco, Aem. 39 e Def. orac. 432d;
Appiano, Lyb. 104; Elio Aristide, Or. 50, 5 e 51, 8.29; Mc 9, 33; 2 Tm 1, 17; Herm. Vis. 3, 9,
4; Policarpo, Phil. 3, 2; Mart. Pol. 5; Egesippo in Eusebio, H.E. 4, 22, 2; Anonimo anti-
montanista in Eusebio, H.E. 5, 16, 4 e 7 (sull‘estasi di Montano); Atti Piet. Paolo 14 e 24; An.
Pil. recc. A e B, 11. Plutarco, Def. orac. 432 d, è particolarmente interessante: «ejxivstatai
(scil. to; mantiko;n th'~ yuch'~) de; kravsei kai; diaqevsei tou' swvmato~ ejn metabolh/' gignomev-
nou h}n ejnqousiasmo;n kalou'men» (corsivo mio), tanto più che, contemporaneamente, sul ver-
sante divino, l‘ejnqousiasmov~ è individuato come produrre visioni (fantasivai) e luce (fw'~)
sul futuro (Pyth. orac. 397c). Cfr. anche Zahn, 1924, p. 180 e n. 4. Per il resto, in 1 Cor 11,
18, Paolo può scrivere «sunercomevnwn uJmw'n ejn ejkklhsiva/», intendendo uno spazio (cfr. 11,
20) individuato dal radunarsi dei seguaci di Gesù a Corinto come comunità (cfr. 14, 23 e 26).
57
Cfr. Moering, 1920, pp. 150-151, e Kraft, 1974, p. 95. Interessante anche la
spiegazione di Ecumenio, Comm. Apoc. 1, 23 (X sec.d.C.): «o} ei\pen ejgenovmhn ejn pneuvmati
deivknusin mh; aijsqhth;n mhde; sarkikoi'~ wjsi;n h] ojfqalmoi'~ oJrwmevnhn ijdei'n ojptasivan,
Tra visione e testo letterario 45
ajlla; profhtikoi'~, peri; w|n pneumatikw'n ajkow'n e[legen oJ ÆHsai?a~» (corsivo mio). Già
Filone, Decal. 32-35, supponeva che sul Sinai la potenza divina avesse emanato una voce so-
prannaturale, «che immetteva un udito diverso nelle anime di ciascuno, molto superiore a
quello in funzione attraverso le orecchie (35; cfr. Origene, Cels. 2, 72 e 6, 72); l‘autore di Ef
pregava che il Dio di Gesù e padre della Gloria concedesse ai destinatari «pneu'ma sofiva~ kai;
ajpokaluvyew~ ejn ejpignwvsei aujtou', pefwtismevnou~ tou;~ ojfqalmou;~ th'~ kardiva~ uJmw'n »
(Ef 1, 17-18 [corsivo mio]).
58
Contro Jeske, 1985, p. 456.
59
Con Moering, 1920, pp. 151-153; Festugière, 1944, pp. 315-317; Russell, 1964, p.
167 e n.1; Lindblom, 1968, pp. 39-41 e 45: «bei den ekstatischen Entrückungen ist es der
Pneumamensch, der entrückt wird, während der Körper auf Erden bleibt» (p. 41). Cfr. anche
le osservazioni di Goodman, 1989, passim; Malina, 2002, pp. 40-42; Malina – Pilch, 2000,
pp. 4-8; Thompson, 2003b, pp. 140-141. Pace Bauckham, 1993a, p. 153 e n.5: se è vero che
in Ap 11, 12 lo stesso ordine di 4, 1, si riferisce a una traslazione fisica dei due testimoni, è
anche vero che lì manca genevsqai ejn pneuvmati, sostituito da «kai; ajnevbhsan eij~ to;n oujra-
no;n ejn th'/ nefevlh/». Il che mi pare piuttosto sottolineare una differenza sostanziale tra le due
esperienze e, per converso, quindi, la non fisicità di quella di Giovanni (cfr. T. Ab. rec. B 8, 1-
6: il patriarca viene caricato «ejn swvmati» su una nuvola). Ancora Ecumenio, Comm. Apoc. 3,
5, 3-4, scrive: «kai; ejn pneuvmati ajnelqwvn — ouj ga;r swmatikh; oujd‘ aijsqhth; gevgonen hJ
a[nodo~ —, oJrw', fhsiv, to;n qrovnon». Che i due ejn abbiano però simile valore locale-
strumentale?
60
Cfr. Lindblom, 1963, pp. 129-130 e 197-198, e Pilch, 2004, pp. 65-67.
46 Capitolo primo
61
Cfr., in particolare, la corsa di Elia dal Carmelo a Izreel, davanti al carro di Acab, sot-
to l‘impulso della «mano di JHWH» (1 Re 18, 45-46) e i suoi – solo accennati – imprevedibili
spostamenti causati dallo «spirito di JHWH» (1 Re 18, 12 e 2 Re 2, 16).
Tra visione e testo letterario 47
mia bocca eran gradite al cospetto di questo Capo dei Giorni» (71, 1-3.11-12 [corsi-
62
vo mio]) .
Nell‘arco di circa tre secoli e mezzo dopo, tre testi, tre gruppi di seguaci
di Gesù.
L‘Ascensione di Isaia (seconda metà I – inizi II sec.d.C.) descrive la
trance del profeta come innalzamento da lui dell‘intelletto (probabilmente
dialogismov~, nell‘originale greco perduto) o della sapienza di questo mondo
(6, 10-11.17). Isaia, liberatosi temporaneamente dalla carne straniera (8,
11.14.27; 9, 5), viene preso per mano dall‘angelo con cui ha il potere di par-
lare, nonostante la sua bocca taccia (6, 11 e 7, 3), e condotto fino al settimo
cielo. La «gloria del suo volto» man mano si trasforma (7, 25), lui si spaven-
ta e trema (9, 1), fino a giungere alla contemplazione di Dio: «e vidi una
Gloria grande, essendosi aperti gli occhi del mio spirito» (9, 37 [corsivo mi-
63
o]) .
Nelle Odi di Salomone (prima o seconda metà del II sec.d.C.), ad essere
elevati si succedono il cuore, le membra rafforzate ed il corpo guarito (18, 1-
3), e l‘«anima-io», a mani stese (35, 7), oppure in passaggio davanti al volto
di Dio, dopo aver rivestito un corpo di luce (lett. «e furono a me membra alla
mia anima [o a me stesso]»), e senza essere più afflitta da dolore, afflizione o
64
sofferenza (18, 2-4.6; cfr. anche 11, 11-23; 36, 1-6; 38, 1-2) .
L‘Apocrifo di Giacomo (II-III sec.d.C.) si chiude sull‘esperienza non
completa di un viaggio celeste di Giacomo e Pietro:
«Dopo che ebbe detto queste cose (scil. Gesù), se ne andò, ma noi piegammo le gi-
nocchia, io e Pietro, e ringraziammo e inviammo il nostro cuore (hēt) su in cielo e
udimmo nelle nostre orecchie e vedemmo nei nostri occhi […]. E quando passammo
oltre quel luogo, inviammo la nostra mente (nou'~) più su e vedemmo nei nostri occhi
e udimmo nelle nostre orecchie […]. Dopo queste cose, volemmo ancora inviare il
nostro spirito (pneu'ma) in alto, ai piedi della Maestà ma quando salimmo non ci fu
65
permesso di vedere o udire nulla» (15, 6-25 [corsivo mio]) .
62
Seguo la traduzione di L. Fusella in Sacchi, 1981, pp. 570-571. Cfr. Apoc. Seth in
CMC 51, 1-20.23: all‘apparire dell‘angelo «si mutò il mio pensiero (frovnhsi~) e divenni (ej-
genovmhn) come uno degli angeli più grandi». Segue il rapimento nei cieli.
63
Traduzione del testo etiopico di E. Norelli, in Bettiolo – Giambelluca Kossova – Le-
onardi – Norelli – Perrone, 1995.
64
Testo siriaco in Charlesworth, 1977 (la traduzione è mia). Commenta Aune, 1982, p.
438: «For the Odist [...] prophetic inspiration involves the (temporary) cessation of mortal
weakness and corruption, a notion very similar to a very popular Greek theory of divine inspi-
ration which viewed the physical body as a hindrance to the inherently prophetic powers of
the soul». Avremo modo di precisare questa affermazione; per ora, cfr. Plutarco, Def. orac.
431d-432f, e Filone, Migr. 190-192.
65
Testo copto in Williams, 1985 (la traduzione è mia).
48 Capitolo primo
3.5 Controprove
tradurre la percezione visiva raggiunta non con la vista fisica né con il corpo (13, 3: «swvmati
kai; oJravsei») o gli altri sensi ormai chiusi (13, 6) ma con la nohtikh; ejnevrgeia, sviluppata
nell‘estasi (13, 4: maniva; oi[strhsi~ frenw'n), come in un sogno senza sonno (ibid.).
69
Sempre Plutarco, Def. orac. 432e, scrive: «qermovthti ga;r kai; diacuvsei povrou~ ti-
na;~ ajnoivgein fantastikou;~ tou' mevllonto~ eijko;~ ejstin (scil. to; mantiko;n rJeu`ma kai;
pneu`ma), wJ~ oi\no~ ajnaqumiaqei;~ e{tera polla; kinhvmata kai; lovgou~ ajpokeimevnou~ kai;
lanqavnonta~ ajpokaluvptei» (corsivo mio).
70
Nell‘esperienza del visionario, i confini tra veglia e sonno possono oscillare e con-
fondersi. Cfr. Elio Aristide, Or. 48, 32-33 e 51, 31; Ps.-Filone, L.A.B. 28, 6-7 («expergefac-
tus»); Plutarco, Gen. Socr. 590b; Corp. herm. 1, 1; Massimo di Tiro, Diss. 9, 7; Giamblico,
Myst. 3, 2.
71
Cfr., per converso, l‘ordine di Dio a Michele in T. Ab. rec. B 8, 1: «ajnalabou' ejn
swvmati». Sulla pericope paolina, cfr. Lincoln, 1979; Segal, 2008; Lietaert Peerbolte, 2008;
Shantz, 2008. Segal (2008, p. 22) arriva ad una conclusione complementare, in negativo, alla
nostra, quando scrive che «not being sure of whether the ascent took place in the body or out
of the body is the same as saying that one is not taking account of the Platonic concept of the
soul».
50 Capitolo primo
quella conformità di destini con il loro Signore stabilitasi nel battesimo (cfr.
Rm 6, 3-5): non ci può essere «kainh; ktivsi~» se non in Cristo (2 Cor 5, 17).
Ora, se il Signore è «to; pneu'ma» (2 Cor 3, 17) e chi si congiunge al Signore
è un unico «pneu'ma» con Lui (1 Cor 6, 17; cfr. anche 12, 13), questo legame
e dunque la nuova creazione si realizzano e confermano in tutte quelle mani-
festazioni (fanevrwsi~) estatiche che Paolo specifica come «dello Spirito»
(1 Cor 12, 7) e che scandiscono le riunioni della comunità. La trasformazio-
ne corporea che si completerà solo alla fine dei tempi (cfr. 1 Cor 15, 51-52 e
Fil 3, 21) si ritrova quindi anticipata e prefigurata anche nella rivelazione di
misteri, nelle preghiere, nei salmi «in spirito» (1 Cor 14, 2.14-16), e negli
pneuvmata stessi dei profeti (1 Cor 14, 32), tutti interpretabili come veri e
propri momenti di passaggio nella nuova condizione di esistenza acquisita e
insieme prossima a svelarsi permanentemente, lo pneu'ma/sw'ma pneumati-
72
kovn, appunto .
«Anche noi divenimmo come corpi (sw'ma) spirituali (pneu'ma): i nostri occhi si a-
prirono da ogni lato, e l‘intero luogo si rivelò di fronte a noi. Ci avvicinammo ai cie-
li ed essi si sollevarono gli uni contro gli altri. I guardiani delle porte furono turbati e
gli angeli si impaurirono e fuggirono […] Credevano che sarebbero stati tutti distrut-
ti. Vedemmo il nostro Salvatore dopo che aveva attraversato tutti i cieli» (Vang.
73
Salv. fr. 100, 33-51 [corsivo mio]) .
72
Sull‘infusione del soffio di vita/spirito di Gn 2, 7 nel visionario e la sua trasformazio-
ne, cfr. Ez 2, 1-2; Gv 20, 22; Apoc. Sem in CMC 57, 17-21. Affrontano e discutono la conver-
genza di discorso sulla nuova creazione, esperienze estatiche e trasformazione interiore De-
stro – Pesce, 1998b, pp. 187-191 e 193-195; Segal, 1999, pp. 259-267, e 2008; Lampe, 2006,
pp. 123-129; Shantz, 2008, pp. 195-205. Sempre Segal (1980, pp. 1341-1342) aveva già riflet-
tuto sul carattere di prefigurazione e anticipazione dell‘ascesa post mortem assunto dal viag-
gio celeste.
73
Cfr. anche fr. 113, 1-8.13-16.24-26: «[…] da tutti i cieli. Allora, noi gli apostoli, que-
sto mondo divenne come tenebra di fronte a noi, e noi divenimmo come coloro che sono negli
eoni della gloria […]. E vedemmo il nostro Salvatore, quando raggiunse il quarto cielo […].
Angeli ed arcangeli fuggirono». Testo copto in Hedrick – Mirecki, 1999 (la traduzione è mia).
Una diversa ricostruzione dell‘ordine delle pagine e dei frammenti è stata proposta da Emmel,
2002. Riserve su questa nuova ipotesi ha espresso, a sua volta, Hedrick, 2003.
Tra visione e testo letterario 51
ferrare e definire ciò che riferisce di aver sperimentato. Duplicità dello sve-
lamento e della percezione di uno stato non solo fisico, ricomponibile e og-
gettivabile olisticamente: che si chiami – e poi sia tradotta – «cuore», «ani-
ma», «mente», «intelletto» «pensiero, «sapienza» oppure «spirito»,
nell‘essere umano sembra coesistere una dimensione dell‘esistenza, distinta
dal corpo fisico, che ne condivide però struttura, proprietà e caratteristiche. È
corpo, è coscienza, ha una sua propria vita, quando si attiva.
L‘immaginazione giovannea condivide una sensibilità esperienziale tra-
sversalmente diffusa, non solo nel mondo antico74, ma la esprime secondo
categorie culturali specificatamente ebraiche: come yuchv (Ap 12, 11; cfr. 8,
9; 16, 3; 18, 13) rappresenta l‘uomo nella sua integrità corporea di essere vi-
vente fatto di carne e sangue (Ap 6, 10; 16, 6; 17, 6.16; 18, 24; 19, 2.18.21),
così pneu'ma lo individua complessivamente in una identità e coscienza sem-
pre percepite come corpo, ma radicalmente altre, in continuità ―materiale‖
con il mondo soprannaturale con cui l‘uomo è ora in grado di entrare in con-
tatto: angeli appaiono come corpi di pneu'ma che esce dal trono di Dio (cfr.
Ap 1, 4; 3, 1; 4, 5; 5, 6; 8, 2), e il Signore, che ha inviato l‘angelo a Giovan-
ni, è chiamato Dio degli «pneuvmata» dei profeti (Ap 22, 6), Dio dello «spiri-
to» che ciascun profeta ha e, dunque, è, come il perfetto parallelismo con il
sintagma «yucai; ajnqrwvpwn» (Ap 18, 13) dimostra (cfr. Ap 8, 9 e 16, 3: cre-
75
ature marine sono dette prima avere, poi, essere yuchv) . L‘uso di giv(g)nomai
segnala il passaggio dall‘una all‘altra condizione corporea, da «anima» a
76
«spirito», da «uomo» a «profeta», da creatura terrena a essere celeste .
Nell‘interpretazione di Giovanni, visioni ed esperienze estatiche si col-
locano nello stato non ordinario del sé così immaginato.
74
Come ha scritto C. Shantz, alla luce di studi psichiatrici recenti sugli stati alterati di
coscienza: «The body, as it has been known, is stripped away, and yet subjects continue to
know themselves as embodied» (2008, p. 202). Beneduce, 2006, p. 266, mutua da Paolo, at-
traverso É. de Rosny, la concezione di una compresenza nell‘essere umano di «corpo psichi-
co» e «corpo spirituale» per definire l‘orizzonte culturale, estetico ed antropologico dentro il
quale trance e possessione sono costruite e sperimentate come stati della mente e tecniche del
corpo.
75
Questa stessa sensazione di alterità, di non normalità dello stato di coscienza affiora
chiaramente nelle interviste a visionari moderni raccolte da Knoblauch, 2003, pp. 106-110,
pur nella prevedibile divergenza di linguaggio e categorie culturali utilizzati per descriverla ed
interpretarla.
76
Cfr. le analisi di Thompson, 2003b, pp. 140-141, e, in una prospettiva più generale,
Segal, 2006, pp. 27-30 e 39-40.
52 Capitolo primo
77
4. LO «SPIRITO» E L‘ESTASI: STORIA DI UNA VISIONE
77
Cfr. Filho, 2002, che tuttavia non va oltre un‘analisi della struttura del testo. Si limita
alla superficie narrativa e ad una prospettiva «storico-morfologica» anche il più recente e ge-
nerale contributo di Arcari, 2004.
78
Filho, 2002, pp. 213-215.225.229-231.
79
Cfr. Berger, 1992, pp. 218-219, e Pesce, 2001, pp. 93; 97-101; 103, e comunicazioni
personali.
80
Cfr. Pilch, 2004, pp. 74-76, e, nello specifico, Rowland, 2006, pp. 41-46 e 53.
81
Cfr. Destro – Pesce, 2004b, pp. 6-8 e 12.
Tra visione e testo letterario 53
82
Cfr. Roose, 2000, pp. 37-47, in particolare, pp. 41-43, nonostante una tournure teolo-
gica ed esistenzialista di troppo, con inevitabili conclusioni generalizzanti che finiscono per
perdere di vista il testo.
83
Emblematico Gv 12, 9: «h\lqon ouj dia; to;n ÆIhsou'n movnon, ajllÆ i{na kai; to;n Lavza-
ron i[dwsin o}n h[geiren ejk nekrw'n», costruzione che suppone che la folla fosse venuta a ve-
dere sia Gesù che Lazzaro. Cfr. Tucidide 4, 40 e 5, 53; Platone, Resp. 367b e 524c; Aristotele,
Eth. nic. 1172b, 21; Flavio Giuseppe, A.J. 9, 84; Mc 2, 27; Gv 11, 42 e 12, 30; Rm 4, 23-24 e
1 Cor 9, 10 (diav) in parallelo a Rm 15, 4 (eij~) e 1 Cor 10, 11 (prov~); 1 Cor 11, 9; Epifanio di
Salamina, Pan. 2, 1, 63; Apophth. Patr. 292c. Questo uso si protrae fino in età bizantina e per-
siste nel neo-greco giav. Cfr. LSJ, s.v. diav, B. III. 2-3; Sophocles, 1887, s.v. diav, 6; BD §
222a. Mi sembra quantomeno significativo che Eusebio, H.E. 3, 18, 1, parafrasando Ap 1, 9,
usi e{neken per il diav di Giovanni.
84
Non è quindi esatto affermare che «in der Offb gibt diav mit Akkusativ immer den
Grund […] an», né che in 6, 9 e 20, 4 «lässt das dia, deutlich an eine Verfolgungssituation
denken» (Roose, 2000, pp. 41-42; cfr. anche, tra i tanti, Lohmeyer, 1953, p. 15, e, più recen-
temente, Prigent, 2000, p. 97 e Horn, 2005, in particolare, pp. 145-146). Per un verso, infatti,
in Ap 4, 11; 12, 11; 13, 14, il significato della preposizione sfuma sullo strumentale «in forza
di, grazie a», per l‘altro, in Ap 6, 9 e 20, 4, sono i participi a convogliare l‘idea dell‘uccisione
violenta, non la preposizione stessa, che rimane, per così dire, neutrale, indifferente. Tenendo
conto anche dell‘accezione formulare di «parola di Dio e testimonianza di Gesù» sopra rileva-
ta, e della menzione puramente di passaggio di Patmos quale semplice isola – e non quale
luogo d‘esilio, come spesso erroneamente supposto – in Plinio il Vecchio, Nat. 4, 69, vengono
a cadere tutti gli argomenti interni a favore di una supposta relegatio di Giovanni sull‘isola
(cfr. Thompson, 2003a, pp. 33-34). La tradizione ecclesiastica sulla persecuzione imperiale ai
danni dell‘apostolo Giovanni, apparentemente sconosciuta a Ireneo, che forse, però, già data il
testo (o Giovanni in vita? Cfr. Haer. 5, 30, 1 e 3) sotto il regno dell‘ultimo dei Flavi, è attesta-
ta chiaramente solo a partire da Clemente d‘Alessandria (Quis div. 42: liberazione dopo la
morte di un innominato tiranno) e Tertulliano (Praescr. 36, 3: relegatio da Roma, dopo un
fallito tentativo di immersione nell‘olio bollente; manca il nome dell‘imperatore) in poi (Ori-
gene, Hom. Matt. 7, 51 e 16, 6; Vittorino di Petovio, Comm. Apoc. 10, 3; Eusebio, H.E. 3, 20,
9 e 3, 23, 1; Girolamo, Vir. ill. 10; Paolo Orosio, Hist. 7, 10, 5, tutti unanimi sul nome di Do-
miziano). Piuttosto che fondarsi su fonti esterne autonome, questa tradizione sembra essere
nata da una riflessione esegetica sul testo simile a quella moderna, sostenuta dallo scarno ac-
cenno di Ireneo, e comunque circondata fin da subito di un alone leggendario (testi, discus-
sione e ricostruzione in Horn, 2005, pp. 147-159). Sulla dubbia storicità di una persecuzione
domizianea ai danni dei cristiani, cfr., ora, Thompson, 1990, in particolare, pp. 95-115, e
2003a, pp. 26-36; Ulrich, 1996, pp. 269-289; Riemer, 1998, in particolare, pp. 12-33 e 53-62;
54 Capitolo primo
Jossa, 2000, in particolare, pp. 73-82 e 85-86; Biguzzi, 2004, pp. 79-100, più preoccupato pe-
rò di salvaguardare comunque la tradizione antica; Andrei, 2007, pp. 12-13 e nn.7-8.
85
Bousset, 1906, pp. 191-192; Kraft, 1974, pp. 40-42. Cfr. anche le osservazioni di
Thompson, 1990, pp. 172-173, e 2003a, pp. 33-34, e Aune, 1997, pp. clxxvii-clxxviii e 81-82.
86
Cfr. Saffrey, 1975, in particolare, pp. 386-407, e Manganaro, 1963/64, in particolare
per Patmos, pp. 329-346. Schmidt, 1949, fa ulteriore riferimento alla presenza di un ippodro-
mo, di templi di Apollo e Dioniso, di un Amazonio. Stando agli storicamente sospetti Atti di
Giovanni dello Pseudo-Procoro (V sec.d.C.), Patmos, nel fiorire di città e centri abitati, a-
vrebbe annoverato anche un tempio di Zeus (158-159) e un paio di portici, ovvero la stoà
Domizia a Phora (104-105), dove Giovanni e Procoro sbarcano sull‘isola (56: «h\lqomen ejn
Pavtmw/ th/' nhvsw/ »; cfr. 98; 117; 154), e uno più piccolo chiamato «la porta», in una località
imprecisata (122). Sui dati archeologici e letterari, si sofferma, più brevemente, anche Horn,
2005, pp. 139 e 147-149, con bibliografia.
87
Sulle società ad «alto contesto», cfr. Malina – Pilch, 2000, pp. 19-21 e, più estesa-
mente, Malina, 1993, che sottolinea come il mondo Mediterraneo del I sec.d.C fosse «a high
context society, with much of what they (scil. «the author» e «his Mediterranean hearers»)
intended to communicate totally absent from the text, yet rather firmly in place in the com-
mon social system into which they were socialized. The considerate reader needs to fill in the
social system in order not to be mystified» (p. 22).
Tra visione e testo letterario 55
88
Cfr. Aune, 1996, pp. 377 e n.4, e 395-396.
89
Sembra, infatti, che venissero ospitati negli oi\koi di altri seguaci di Gesù, o, quanto-
meno, questo è il caso esemplare di Marco, accolto da un diacono.
90
Cfr. la descrizione dell‘estasi di Montano e di due altre donne lì presenti, tratteggiata
dall‘anonimo antimontanista (Eusebio, H.E. 5, 16, 7-9).
56 Capitolo primo
pevmpthn ejmfanisqhvsomaiv soi kai; deivxw soi a} dei' se ijdei'n: hjrwvthsa aujth;n
levgwn: kuriva, eij" poi'on tovpon tou' ajgrou'É o{pou, fhsivn, qevlei" ejxelexavmhn tov-
pon kalo;n ajnakecwrhkovta. pri;n de; lalh'sai aujth'/ kai; eijpei'n to;n tovpon, levgei
moi: h{xw ejkei' o{pou qevlei". ejgenovmhn ou\n, ajdelfoiv, eij" to;n ajgro;n, kai; sunwvyisa
ta;" w{ra", kai; h\lqon eij" to;n tovpon o{pou dietaxavmhn aujth'/ ejlqei'n, kai; blevpw
sumyevlion keivmenon ejlefavntinon, kai; ejpi; tou' sumyelivou e[keito kerbikavrion
linou'n, kai; ejpavnw levntion ejxhplwmevnon linou'n karpavsinon» (corsivo mio).
Bar., a seguire l‘imperativo si alternano participio (10, 3 e 20, 6) e futuro (20, 6 e 43, 3). Cfr.
anche Gius. Asen. 14, 12-13. In 2 Bar. 22, 1, dopo la preghiera che Baruch eleva nel luogo
indicatogli (20, 6) e, nel frattempo, raggiunto (21, 1-2), «ecco si aprirono i cieli e vidi e mi fu
data forza e si udì una voce dalle altezze e mi disse» (cfr. Ap 4, 1-2; la traduzione dal siriaco è
mia). Non sono però sicuro che, tra Ap 3, 14 e 4, 1-2, si possa effettivamente collocare uno
spostamento fisico di Giovanni. Nel II sec.d.C., i viaggi terapeutici di Elio Aristide saranno
pianificati da Asclepio in «visioni di sogni» (cfr., significativamente, Or. 49, 1 e 51, 8).
93
Cfr., più ampiamente, Bauckham, 1984, Llewelyn, 2001. Critico Young 2003.
94
Luca sembra comunque lasciare intendere che il primo giorno della settimana non
fosse l‘unico ad essere esclusivamente deputato alla celebrazione di questo pasto comune (cfr.
At 2, 46). Cfr. anche Did. 16, 2; Ign. Eph. 13, 1, e Pol. 4, 2; 2 Clem. 17, 3.
58 Capitolo primo
95
Cfr. soprattutto Lampe, 1987, in particolare, pp. 233-241; 257-263; 301-320, e 1991,
in particolare, pp. 186-203; Smith, 2003, in particolare, pp. 173-217; Horbury, 2005. Cfr. an-
che Meeks, 1983, in particolare, pp. 29-36; 75-84; 140-163, e Stegemann – Stegemann, 1995,
pp. 237-246.
96
Cfr. Meeks, 1983, pp. 148-149; Lampe, 1991, pp. 188-191; Thompson, 2003b, pp.
141-145; Destro – Pesce, 2007b. Quest‘ultimo contributo insiste sulle parole scritte o pronun-
ciate come strumento religioso in cui, all‘interno dei gruppi di seguaci di Gesù, si traduce una
rivelazione, qui intesa genericamente come «una qualsiasi comunicazione da parte di potestà
divine inviata a specifici individui e da loro coscientemente ricevuta ed espressa con precise
modalità o forme culturali. In qualsiasi caso, il termine ―rivelazione‖ rinvia a procedimenti ed
esperienze di conoscenza molto particolari che riguardano l‘auto-consapevolezza e l‘identità
stessa dei soggetti in scena» (p. 79). Su rituali e stati alterati di coscienza, cfr. anche Bourgui-
gnon, 1979, pp. 243-244; Goodman, 1972, pp. 75-86, e 1994, pp. 48-51; D‘Aquili – Newberg,
1993, in particolare, pp. 28-31; Pilch, 2004, pp. 170-180; Lapassade, 2008, passim. Più cauto
Forbes, 1995, pp. 282-283.
97
Cfr. Aune, 1972, in particolare, pp. 166-194, e 1982, pp. 435-460.
98
Cfr. Reiling, 1973, in particolare, pp. 143-151, e 1977, in particolare, pp. 60-61 e 66-
76; Aune, 1972, pp. 177-181 e, più ipoteticamente, 1996, pp. 363-367; più reciso, invece, il
giudizio di Forbes, 1995, pp. 242-247; 288-289; 304.
Tra visione e testo letterario 59
99
Rimane poco chiaro se si tratti di una liturgia che coinvolge l‘intera comunità, oppure
specificatamente profetica.
100
Per l‘interpretazione dei singoli passi, cfr. Aune, 1996, pp. 354-355; 395-396; 491-
499.
101
Sulle capacità profetiche del Gesù giovannista, dei discepoli e della comunità, e infi-
ne del redattore che ha prodotto il testo, cfr. Boring, 1979 e 1982, in particolare, pp. 48-50 e
70; Destro – Pesce, 2000, pp. 89-94 e 122-126; Iid., 2001; Iid., 2003, pp. 144-168. Sul conte-
sto liturgico del profetismo giovannista, cfr. Aune, 1972, in particolare, pp. 65-135.
102
Sulla pratica del ringraziamento profetico e la sua persistenza, tra II e III sec.d.C.,
cfr. le testimonianze su Marco in Asia (Ireneo, Haer. 1, 13, 2-5), Peregrino in Siria-Palestina
(Luciano, Peregr. 11-16), e la profetessa anonima in Cappadocia e Ponto (lettera di Firmilia-
no in Cipriano, Ep. 75, 10, 2-5).
103
Cfr. Reiling, 1973, pp. 122-151; Norelli, 1994, pp. 235-248; Aune, 1996, pp. 366-
367 e 390-393.
104
Sull‘estensione (e[ktasi~) delle mani come gesto di preghiera, cfr. Origene, Or. 31,
2. Ancora l‘Alessandrino (Cels. 7, 44 e Comm. Jo. 28, 24-25) sembra attestare la connessione
fra preghiera e viaggio celeste. Sull‘analisi di questa dinamica si è soffermato Perrone, 2001,
pp. 136-139.
60 Capitolo primo
105
Cfr. Aune, 1982, pp. 439-449.
106
Cfr. Bori, 1980, in particolare, pp. 374-385, e 1983, in particolare, pp. 140-145; No-
relli, 1994, pp. 235-236, e 1995b, ad locc. Segnalo qui che anche 4 Bar. 9, 1-28, poco dopo il
136 d.C., sembra presupporre uno scenario liturgico simile.
107
Cfr. Lincoln, 1979, p. 219, e Shantz, 2008, pp. 196-197, con bibliografia. Significa-
tiva la parafrasi 2 Cor 12, 2-5 offerta da CMC 61, 22 – 62, 1: «wJ~ ejkto;~ eJautou' aJrpageiv~ ».
Tra visione e testo letterario 61
113
Per l‘analisi esegetica e la ricostruzione, vedi Pesce, 1985, pp. 388-403.
114
Mi sembra interessante notare come il parallelo formulare offerto da Ap 2, 23
(«gnwvsontai pa`sai aiJ ejkklhsivai o{ti ejgwv eijmi oJ ejraunw`n nefrou;~ kai; kardiva~ kai;
dwvsw uJmi`n eJkavstwó kata; ta; e[rga uJmw`n»), nel contesto immediato della lettera a Tiatiri (Ap
2, 18-29), presupponga una concezione di profezia come scandaglio e svelamento ―pneumati-
co‖ dell‘interiorità umana e anticipazione del giudizio escatologico, del tutto simile a quella
accennata da Paolo in 1 Cor 14, 23-25. Cfr. Pesce, 1985, pp. 408-432, e Roose, 2000, pp.
162-175; 179; 191-193, che però sfiora il punto solo di riflesso.
115
Così intende, ad esempio, Gieschen, 2006, pp. 352-353, che presuppone, come chia-
ve interpretativa, una riattualizzazione del viaggio celeste di Giovanni, sempre comunque in
contesto liturgico.
116
Cfr. Pesce, 1985, pp. 403-408 e Destro – Pesce, 2004b, pp. 28-30.
117
Cfr. le liturgie angeliche (4Q400ShirShabba fr. 2, 2-7), gli inni (1QHa 3, 21-22 e 11,
7-13) e la Regola delle Benedizioni di Qumran (1QSb 3, 25-26 e 4, 24-26), secondo la corre-
lazione reciproca indicata ed approfondita da C. Newsom nell‘introduzione a Charlesworth –
Newsom, 1999, in particolare, pp. 4 e 9-12. Cfr. anche 1 Cor 11, 10 (istruzioni su preghiera e
profezia femminili!); Col 2, 18; Eb 10, 22-24; Ascen. Isa. 6, 8 e 10, 6, con il commento di No-
relli, 1995b, a 6, 8, in particolare, pp. 337-339, e le annotazioni di Himmelfarb, 1988, pp. 91-
93; Origene, Or. 31, 5 e Hom. Luc. 23, 177-178.
118
Cfr. Aune, 1972, in particolare, pp. 178-179; Thompson, 1990, pp. 71-73; Gieschen,
2006, p. 352. Più esitante Norelli, 1994, p. 239.
Tra visione e testo letterario 63
122
Per un discorso tardo-antico su forme e amorfia delle apparizioni luminose, cfr. Por-
firio, Philos. orac. in Eusebio, Praep. ev. 5, 8, 10; Proclo, Comm. Resp. 1, 110-111 e Comm.
Crat. 71, 54; Michele Psello, Exp. orac. in PG 122, 1136b-c.
123
Sono queste le due posture normalmente previste dalle regole simposiali (Luciano,
Symp. 13). Cfr. anche Lampe, 1991, pp. 190-191; Osiek – Balch, 1997, p. 203; Smith, 2003,
pp. 24-27 e 178. Un oracolo di Prisca, citato da Tertulliano (Exh. cast. 10, 5), attesta, per
l‘Asia Minore del II sec.d.C., la pratica di piegare il viso in basso, con tutta probabilità da se-
duti, per udire voci salvifiche: sembra essere la stessa posizione assunta da Elia in preghiera
in 1 Re 18, 42, adottata, secondo la tradizione rabbinica, anche da Hanina ben Dosa ed Elea-
zar ben Dordio (cfr. b. Ber 34b e b. „Abod. Zar. 17a), e successivamente diffusa per preparare
la discesa nella merkabah (Hek. Zut.̣ § 424 Schäfer; cfr. Morray-Jones, 2006, pp. 171-172).
124
Berger, 1992, pp. 212-213 e 219, offre una dettagliata analisi letteraria e storico-
religiosa della collocazione tradizionale delle apparizioni rispetto al visionario, e dei motivi
del suo voltarsi ed essere rialzato, in età greco-romana.
125
Cfr. 1 En. 14, 9.13-14; Dn 7, 15 e 10, 17-18; CIL VI, 3 nr. 21521; 4 Esd. 5, 14-15;
Plutarco, Sera 568a; Giuliano, Ep. 16, 2-3; Apoc. Enosh in CMC 53, 1-10; Apoc. Sem in CMC
57, 3-16, e il tremore scatenato nei posseduti dagli spiriti zar (Kenyon, 1999, p. 96) o loa
(Métraux, 1971, pp. 120-122). Significative anche le esperienze personali raccontate da La-
passade, 2008, p. 225.
126
Cfr. Davila, 2002, e 2006, pp. 106-107 e 123-125; Walsh, 2007, pp. 71-84; Shantz,
2008, pp. 198-203; Lapassade, 2008, p. 85. Sulla connessione fra posizione distesa e morte,
posizione eretta e creazione dell‘uomo insistono anche altri testi databili tra la fine del I e la
seconda metà del II sec.d.C: secondo 4 Esd. 4, 5, la polvere dà ad Adamo «corpo di morti»,
poi vivificato dal soffio divino; per Saturnino, stando a Ireneo, Haer. 1, 24, 1, Adamo, prima
di ricevere la scintilla di vita che lo raddrizza, non ce la faceva ad alzarsi in piedi, e si agitava
sul suolo come un verme; Vang. Naass. in Ps.-Ippolito, Haer. 5, 7, 6, precisa che Adamo, an-
cora privo di anima, giaceva disteso a terra, immobile, senza il minimo sussulto e senza respi-
ro come una statua. In Ap è la stessa resurrezione di Gesù ad essere considerata un ritorno alla
vita e alla posizione eretta (cfr. 1, 5.18; 2, 8; 3, 21; 5, 6).
Tra visione e testo letterario 65
127
cui il testo non si sofferma, limitandosi a presupporlo , sono di fatto le paro-
le immediatamente successive dell‘angelo: queste pronunciano e compiono
la trasformazione, rievocando e riattualizzando il potere soprannaturale ma-
nifestatosi nel passaggio dalla morte alla vita e nella nuova identità divina
128
del Gesù che l‘angelo incarna e rappresenta (Ap 1, 18) . Il trasferimento del
potere e della nuova condizione, creati ed attivati dall‘atto verbale, passa per
il contatto raggiunto tra il corpo collassato di Giovanni e quello glorioso
129
dell‘angelo, che produce unione e identificazione del primo con il secondo .
Al termine della dettatura delle sette lettere (Ap 2 – 3), il meta; tau'ta di
130
Ap 4, 1 segna un primo stacco temporale . Il punto di orientamento costitui-
to dal «simile ad un figlio d‘uomo» scompare, le pareti si aprono, lo spazio
già indistinto si dilata fino ad essere completamente trasceso: sullo sfondo
appaiono il cielo ed una porta aperta, il mondo celeste che rivela e attira.
Giovanni deve essere ancora «in spirito», tanto più che l‘audizione si ripete
ed è la stessa voce di prima ad accompagnarlo fuori di sé. Eppure, come se
131
già non lo fosse, entra di nuovo, «eujqevw~» – scrive – «ejn pneuvmati», e sa-
127
Analogo ritorno dalla posizione distesa a quella eretta è evidentemente implicito an-
che tra Ap 19, 9-10 e 19, 11; 21, 9-10. Il cadere ai piedi dell‘angelo in 2, 17 non va comunque
confuso con la proskynesis di 19, 10 e 22, 8, come fa invece Lupieri, 2000, pp. 118-119: nella
corrispondenza strutturale, a fare e segnalare la differenza, sono, rispettivamente, la similitu-
dine «wJ~ nekrov~» di 2, 17, assente in 19, 10 e 22, 8, e l‘infinito con valore finale «pro-
skunh'sai (aujtw/')» di 19, 10 e 22, 8, assente, a sua volta, in 2, 17.
128
L‘angelo parla chiaramente in prima persona a nome di Gesù risorto. Le sue parole
assumono quindi il carattere di auto-presentazione performativa che comunica ed infonde la
vita dopo la morte che Gesù dice di aver sperimentato ed essere. Non siamo distanti dal saluto
ripetuto di Gv 20, 19.21, o dall‘uso del nome o di parabole e racconti della vita di Gesù per
esorcizzare indemoniati, guarire paralitici e produrre estasi, sogni o insonnia (cfr. Mc 9, 39-40
par.; At 3, 6-8 con 4, 10 e 19, 13; Ireneo, Haer. 1, 13, 2; Origene, Cels. 1, 6.25; T. Sal. 6, 8;
11, 6; 22, 20; PGM IV, 1234.3019-3020 e XII, 192.389). La convinzione che le parole di Ge-
sù racchiudessero potenza era diffusa, come attestano Gv 6, 63 e 15, 3 (le parole del maestro
sono spirito e vita, e purificano); Massimilla in Eusebio, H.E. 5, 16, 17 (colui che parla per
bocca della profetessa, con tutta probabilità, Cristo, come chiariscono i suoi altri due logoi
citati da Epifanio, Pan. 48, 12, 4 e 13, 1, si definisce parola, spirito e potenza); Clemente di
Alessandria, Exc. 3, 1 (le parole del Signore sono potenza; per questo, infiammano e fanno
risplendere la luce di cui parlano, alla stregua dell‘insufflazione dello Spirito dopo la resurre-
zione). Sull‘efficacia della parola dell‘angelo in una delle scene che hanno fornito il modello
letterario a Giovanni per riferire della sua esperienza, cfr. Dn 10, 18-19: «E mi toccò di nuovo
come un‘apparenza d‘uomo e m‘infuse forza. E disse: ―Non temere, uomo prediletto, pace a
te! Recupera le forze, rinfrancati!‖, e mentre parlava con me, mi ritornarono le forze e dissi:
―Parli il mio Signore, perchè mi hai restituito le forze‖»
129
Cfr. le riflessioni di Destro – Pesce, 2008, pp. 183-184, sul potere del corpo di Gesù
e le guarigioni.
130
Meta; tau'ta ed il suo equivalente meta; tou'to articolano, qui come altrove, lo sno-
darsi interno delle visioni, senza peraltro sembrar presupporre eccessiva soluzione di continui-
tà tra l‘una e l‘altra (cfr. Ap 7, 1.9; 15, 5; 18, 1; 19, 1).
131
Il senso di repentinità nel passaggio ad una forma altra di percezione è ancora ele-
mento ricorrente nelle descrizioni di esperienze visionarie autobiografiche citate da Kno-
66 Capitolo primo
132
le al cospetto del trono divino (Ap 4, 1-2) . Sospetto che qui Giovanni stia
cercando di descrivere una seconda fase, più profonda forse, della sua estasi,
in cui il passaggio nello stato di pneu'ma sia stato vissuto come immediata e
netta percezione del proprio separarsi dal corpo fisico e del salire in cielo,
intrapreso in quella stessa dimensione o esistenza di pneu'ma già sperimenta-
133
ta con la prima visione e ancora individuata come sé . Non penso a due e-
sperienze separate e distanti, quanto piuttosto, a due momenti successivi e
progressivi della stessa.
Si guardi ancora all‘Ascensione di Isaia: dopo le parole di verità e di fe-
de pronunciate da Isaia ed Ezechia, vengono udite una porta aprirsi e la voce
dello Spirito manifestarsi nell‘ispirazione profetica di Isaia, seduto sul letto.
Poi, improvvisamente, Isaia tace, ha gli occhi aperti, ma non vede, può solo
respirare: è subentrata l‘ascesa ai cieli (6, 6-14 e 7, 2-9). Risalta, nel raccon-
to, come anche Isaia tenda a sincronizzare il primo annuncio profetico e la
visione dell‘angelo: questi lo prende per mano, dialoga con lui e fa per con-
durlo attraverso i sette cieli, o mentre ancora Isaia sta parlando – eppure gli
astanti non vedono nulla – o quando già tace e rimane immobile – eppure il
popolo è ingannato da ciò che vede e pensa che il profeta sia morto (cfr. 6, 6-
8.14 e 7, 2-5). Mi sembra chiaro che il discorso, per avere una logica, vada
spostato e compreso su un piano non fisico.
Allo stesso modo, Giovanni, in un primo momento, vede, ascolta, si
muove ejn pneuvmati, ad un livello di percezione fisica già offuscata ed alte-
rata, tutta concentrata sulla visione incipiente; successivamente, nel varcare
la porta aperta, la trance acquista profondità e viene sperimentata, interpreta-
ta e descritta come ascesa in cielo, senza più limiti fisici tra il proprio sé,
134
comunque immaginato in una integrità ―corporea‖, e gli oggetti percepiti .
blauch, 2003, 109 e n. 14. Cfr. anche 1 En. 14, 8-9; Lc 2, 9-13; At 9, 3 e 22, 6; 2 Bar. 6, 2-4;
Herm., Sim. 6, 1, 1-2; Plutarco, Sera, 563e-f.568a; Apoc. Sem in CMC 55, 14-21 (55, 16-18:
«ejxaivfnh~ h{rpasevn me pneu'ma to; zw'n»); Lib. Crat. p. 46 (ed. Bertholet).
132
Su questa ripetizione, le difficoltà che ha sollevato e le soluzioni proposte per risol-
verle, cfr. la rassegna e discussione delle ipotesi offerta da Aune, 1997, pp. 283-284.
133
Su posizioni analoghe, già Swete, 1907, p. 67, e Roloff, 1984, p. 66.
134
Cfr. le annotazioni generali di Clottes – Lewis-Williams, 1997, pp. 14-17 e 26-27;
Pilch, 2004, pp. 18-19 e 69-77, con ampia bibliografia, e Lapassade, 2008, pp. 98 e 187, e il
caso citato da Walsh, 2007, pp. 73-74. Similmente su Enoc, addormentatosi presso le acque di
Dan, ad ovest del monte Hermon, a forza di leggere la preghiera degli angeli ribelli, cadono
visioni (1 En. 13, 7-10): nella visione, vede e ascolta, innanzitutto, nuvole, stelle, fulmini e
vento incitarlo a salire, poi ascende al cielo ed entra nella dimora di Dio (14, 8-9). Al suo ri-
sveglio, torna dagli angeli che lo aspettano sul massiccio del Libano ad informarli dell‘esito
negativo della sua intercessione (13, 9-10). Su acqua, trance e visioni nel mondo mediterraneo
antico, cfr. anche Ez 1, 1 e 43, 3; Varrone in Apuleio, Apol. 42; PGM IV, 160-169.224-
231.3210-3254; Porfirio, Aneb. in Giamblico, Myst. 3, 11.14 (ed. Sodano); Agostino, Civ. 7,
35. Altri due casi con una fenomenologia comparabile riporta Plutarco: in Sera 563e-f, Tespe-
sio di Soli racconta che, persa la coscienza dopo una caduta, aveva l‘impressione, in un primo
Tra visione e testo letterario 67
momento, di essersi rialzato, di respirare con tutto il suo essere (o{lo~) e di guardarsi intorno,
«l‘anima (yuchv) aperta come fosse un unico occhio». Non vedeva più nulla di ciò che vedeva
prima, solo le stelle nella loro immensità e lucentezza, meravigliosa ed intensa al punto che la
sua anima, trasportata dalla luce, potè poi muoversi dovunque per l‘aria, facilmente e rapida-
mente. Nel frattempo, il suo corpo veniva preparato per la sepoltura (cfr. 563d e 568a). In
Gen. Socr. 590b-c, viene riferita l‘esperienza di Timarco, discepolo di Socrate: sceso nella
grotta oracolare di Trofonio per avere un responso sulla natura del daimovnion del maestro,
viene avvolto dall‘oscurità. Dopo una preghiera, inizia progressivamente a perdere coscienza
di sé e non riesce più a distinguere se è sveglio o già sogna. Gli sembra solo, ad un certo pun-
to, che le cuciture della sua testa si allentino e rilascino la sua anima (yuchv), che si mescola
con l‘aria pura e lucente, prende fiato e finisce per ingrandirsi ed estendersi come una vela.
Inizia così il viaggio celeste. Al termine, svanita ogni percezione e consapevolezza degli og-
getti e dei paesaggi che lo circondavano nelle sue visioni, rientra in sé e si ritrova nella grotta,
esattamente nello stesso punto dove si era disteso (592e).
135
Cfr. 4Q286Bera fr. 1; 4Q405ShirShabbf frr. 11.13-15; fr. 20 II, 21-22; fr. 23 II, 7-10;
1 En. 14, 9-23 e 71, 5-13; 4 Esd. 10, 55-57. In Ap, l‘aggettivo mevga~ «come i termini a radice
rb in certa letteratura mistica di area semitica, probabilmente definisce una qualità sovrumana,
spirituale del sostantivo cui si riferisce. ―Grande‖ indicherebbe l‘estraneità dell‘oggetto alla
sfera della fisicità o dell‘umanità» (Lupieri, 2000, pp. 114-115). Sulla visione del trono divino
in Ap 4 – 5 e le sue relazioni con altri testi apocalittici e con la mistica ebraica, fra esperienza
estatica e tradizione letteraria, cfr. Smith, 1963, pp. 150-160; Rowland, 2006, pp. 46-50 e 55-
56; Sanders, 2006, pp. 59-64 e 73-79; Davila, 2006; Morray-Jones, 2006.
136
Cfr., in particolare, PGM IV, 1104-1112, dove all‘approfondirsi della trance del vi-
sionario corrisponde, al primo riaprire degli occhi, l‘allargarsi a forma di volta della luce della
lampada nella stanza, al secondo, il suo scomparire nell‘immensità di bagliore, ormai senza
pareti né limiti, che fa da preludio alla visione della divinità seduta. Una fenomenologia simi-
le presenta anche il papiro demotico Mag. LL col. 2 (III sec.d.C.; introduzione, traduzione e
note in Bresciani, 1999, pp. 777-797)
137
Cfr., più ampiamente, le annotazioni sparse di Lupieri, 2000, pp. 139-141 e 191-197,
e Afzal, 2008, pp. 28 e 33. Quest‘ultimo, in particolare, rileva come la stessa struttura lettera-
ria dell‘Ap, con i suoi flashback, le ripetizioni, le sequenze intercalate ed interconnesse, esplo-
ri quegli aspetti non lineari del tempo sperimentato normalmente esclusi dall‘esperienza uma-
na.
68 Capitolo primo
142
Cfr. Vanni, 1971, pp. 111 e 112-113.
143
Dei commentari danno un qualche spazio alla semplice constatazione Bousset, 1906,
pp. 308-309; Charles, 1920, p. 262; Lohmeyer, 1953, p. 85; Massyngberde Ford, 1975, p.
159; Thomas, 1995, p. 65; Giesen, 1997, p. 232; Murphy, 1998, p. 252; Beale, 1999, pp. 533-
534.
70 Capitolo primo
146
Sim. 6, 1-5 e 9, 1, 1-4 sembrano piuttosto movimenti intra-visionari, l‘ambiente reale
rimane probabilmente quello di partenza (cfr. Sim. 10, 1, 1).
147
In Pyth. orac. 397 c-d, anche Plutarco si confronta con la possibilità teorica che la
Pizia scriva, e non pronunci, oracoli in stato di ejnqousiasmov~.
148
Si rivela quindi inesatto, da più punti di vista, il giudizio di Rowland, 2006, p. 52:
«the comparative lack of parallel descriptions of ancient people being possessed and then
writing automatically makes straightforward comparison within Judaism, or even toward the
ancient world at large, impossible». Solo per citare altri casi famosi: la Sibilla cumana di Vir-
gilio, nel suo furore estatico (insana vates), «fata canit foliisque notas et nomina mandat./
Quaecumque in foliis descripsit carmina virgo/ digerit in numerum atque antro reclusa relin-
quit» (Aen. 3, 444-446); Hildegard di Bingen (1098-1179) insiste sulla fedele corrispondenza
del testo trascritto con la visione: «Et ea que scribo, illa in visione video et audio, nec alia
verba pono quam illa que audio, latinisque verbis non limatis ea profero, quemadmodum illa
in visione audio, quoniam sicut philosophi scribunt scribere in visione hac non doceor» (Ep.
103r, 88-92); nel prologo del Sermo Angelicus di Brigitta di Svezia (1303-1373), Cristo pro-
mette alla mistica di inviarle il Suo angelo a dettarle le letture per il suo ordine monastico
femminile, e questa, nella sua cella, con finestra sull‘altare della chiesa di S. Lorenzo in Da-
maso, a Roma, «praeparabat se cotidie […] ad scribendum cum pugillari et carta et penna in
manibus, postquam horas et oraciones suas legebat, et sic parata angelum Domini expecta-
bat» (1-4). All‘arrivo dell‘angelo, che si metteva in piedi al suo fianco, e dettava «distincte et
ordinate» nella lingua materna della futura santa, costei, ogni volta, scriveva dalla sua bocca,
seguendo l‘ordinamento «per lecciones» che l‘angelo introduceva nel testo (5-11). Su trance,
possessione e scrittura automatica, cfr. anche Blacker, 1975, pp. 130-134; Ahern, 1981, pp.
49-50; Goodman, 1991, pp. 113-120, con ulteriore bibliografia; Masquelier, 1999, pp. 41-42;
Rowland, 2006, pp. 52-53.
72 Capitolo primo
aver avuto tra le mani un rotolo di fogli di papiro (cfr. 2 Gv 12; 4 Bar. 6, 19;
P.Flor. 367, 7; Anth. pal. 9, 174, 4-6 e 401, 3; Plutarco, [Plac. philos.]
149
900b) , e una canna (cfr. 3 Gv 13; 3 Macc. 4, 20; Anth. pal. 9, 401, 3; Cle-
mente di Alessandria, Strom. 6, 4, 36, 1) da intingere nell‘inchiostro (2 Gv
12 e 3 Gv 13; Clemente d‘Alessandria, ibid.; 4 Bar., ibid.; Anth. pal., 9, 401,
150
3; T. Ab. A 12, 3-4; Sinesio di Cirene, Ep. 157) . Ciò presuppone quanto-
meno che, nel contesto socio-culturale in cui poi effettivamente le ha avute e
trascritte, Giovanni si aspettasse di avere esperienze estatiche e di poterle
simultaneamente stendere su papiro, e si fosse quindi preparato per preser-
151
varne i contenuti .
Il rapporto tra visione e realtà. R.L. Thomas è l‘unico studioso che ab-
bia cercato di farsi un‘idea di come Giovanni possa essere venuto eseguendo
l‘ordine di Ap 1, 11.19 ed essersi apprestato a scrivere ciò che i tuoni dice-
vano:
«This apparently means that John used intervals between activity during his visions
to do his writing [...], or at least to take notes on what he had seen or heard [...]»
(1995, p. 65).
149
Cfr. anche Ap 6, 14: «e il cielo si separò come un biblion che si arrotola». Le osser-
vazioni di Balz, 1980, p. 22, e Karrer, 1986, p. 168, integrano utilmente i dati testuali.
150
Il redattore dell‘inserto di Atti Giov. Pro. conservato da N, P3 e m3 (Zahn, 1880, pp.
184-185) sembra esplicitare i sottintesi di Ap, costruendo uno scenario analogo e insieme di-
verso da quello che veniamo delineando. Procoro avrebbe infatti trascritto l‘Apocalisse, sotto
dettatura di Giovanni, su fogli di papiro e con inchiostro, dopo l‘estasi dell‘apostolo. Sulla
produzione, l‘uso e la diffusione del rotolo di papiro nell‘antichità, vedi Nestle – von Dob-
schütz, 1923, pp. 32-33, e, più diffusamente, Millard, 2000, in particolare, pp. 19-20; 27-28;
58-60,151e Hezser, 2001, pp. 126-144.
Non penso comunque a ricerca o induzione mirata delle visioni, tramite, per esem-
pio, isolamento, digiuno, preghiera, afflizioni corporee.
Tra visione e testo letterario 73
Se, dunque, una differenza tra i due stati c‘è, non va ricercata nei conte-
157
nuti o nella forma del sogno o della visione , ma piuttosto nel grado di coin-
volgimento sensoriale e fisico nel contesto dell‘esperienza estatica, nullo o
quasi nullo nei dormienti (1-6), elevato, pur nell‘ incoscienza
dell‘«e[kstasi~ frenw'n», nei profeti ―montanisti‖. Questo loro attivismo,
esteso al proprio corpo e ai presenti, in qualsiasi cosa poi, nei fatti, consistes-
158
se , si fa tanto più interessante, quanto più il «pareksth'nai» poteva essere
152
Cfr. Elliott, 1955, pp. 56-57; 113; 115; 121; 140-145; Blacker, 1975, pp. 132-
133.134.136.239; Davis, 1980, pp. 5; 26-28; 117; 135-136; Ahern, 1981, pp. 49-50; Good-
man, 1991, pp. 114-116 e 119-120, e 1994, pp. 134-135.
153
Cfr. Townsend, 1997, pp. 442.453.
154
Cfr. Peters – Price-Williams, 1980, pp. 399-401; 403-404; 407; Walsh, 1993, pp.
748-750 e 755, e 2003, pp. 269-278; Goodman, 1994, pp. 157-162; Lawrence, 2005, p. 49.
155
Cfr. Zuesse, 1975, p. 163 n.7; Blacker, 1975, pp. 238-239; Burton, 1991, pp. 45-50;
Devisch, 1991, 114-121; Peek, 1991b, pp. 199-202; Allen, 1991, pp. 389-391; Goodman,
1994, pp. 64-65 e 67-69.
156
Estensione, datazione e analisi della fonte in Nasrallah, 2003, pp. 46-51 e 167-196.
157
Attestati entrambi per la ―nuova profezia‖, cfr. Tertulliano, Marc. 4, 22, 4-5; An. 9,
4; Exh. cast. 10, 5, ed Epifanio, Pan. 49, 1, 2-3.
158
Oltre alla complessa fenomenologia psico-fisiologica della divinazione per posses-
sione divina offerta da Giamblico, Myst. 3, 4-7, cfr. anche Tibullo, El. 1, 6, 43-54; Luciano,
Syr. d. 50-51; Proclo in Michele Psello, Or. for. 1, 311-332; Michele Psello, [Op. daem.] 14.
74 Capitolo primo
159
Bousset, 1906, p. 309. Cfr. anche la più ambigua formulazione di Beale, 1999, pp.
533-534.
160
Nella misura in cui preserva una memoria dell‘esperienza, l‘esistenza stessa
dell‘Apocalisse conferma di fatto questo grado di presenza cosciente da parte di Giovanni.
161
Già Massyngberde Ford, 1975, p. 159, parlava di «notes».
162
Cfr. Elliott, 1955, pp. 113; 115; 140-145, e Goodman, 1994, pp. 134-135.
163
Cfr. Elliott, 1955, pp. 56-57; Jordan, 1972, pp. 64-67; 73; 77; Blacker, 1975, p. 239.
164
Cfr. Elliott, 1955, pp. 121 e 172-173; Blacker, 1975, pp. 132-133 e 136; Goodman,
1991, pp. 114-116.
165
Cfr. Blacker, 1975, p. 134.
166
Cfr. Goodman, 1991, p. 120.
167
Cfr. anche Brigitta di Svezia, Serm. ang., prol. 4-5 e 10-11, e Hildegard di Bingen,
Ep. 103r, 90-92. Scrive Millard, 2000, p. 23, che le tavolette a cera, provviste di cerniera,
«wurden in hellenistischer und römischer Zeit zum Schreibmaterial für Steuereinnehmer,
Verwaltungsbeamte, Geschäftsleute und Gelehrte. Amtliche und juristische Texte wurden
ebenso darauf geschrieben wie geschäftliche Aufzeichnungen. Ausgenommen waren jedoch
(ausser im Schulzimmer) literarische Werke, denn diese gehörten auf Rollen». Cfr. anche dati
ed osservazioni in Hezser, 2001, pp. 127-131 e 133-136.
Tra visione e testo letterario 75
168
Cfr. il primo dei livelli narrativi evidenziati da Boring, 1992, pp. 704-707.
76 Capitolo primo
que sembra evocare e controllare in prima persona, per i propri scopi, i con-
tenuti delle sue esperienze.
Eccitazione. Paura e collasso, pianto, meraviglia profonda e terrore di
fronte al sacro, nel loro susseguirsi e oscillare tra piacevole e doloroso, la-
sciano trasparire le incisive oscillazioni nello stato emozionale di Giovanni.
Coscienza di sé e senso dell‟identità. Giovanni sembra già muoversi su
un piano non esclusivamente fisico prima delle vere e proprie esperienze ex-
tra-corporee del viaggio celeste e delle due traslazioni. La percezione di sé
non appare, ad ogni modo, particolarmente offuscata: nella rappresentazione,
sembrano affiorare residui dispersi di consapevolezza della presenza del cor-
po, delle sue funzioni e delle sue attività, che funzionano anche da modello
per l‘immaginazione dello stato altro. Piuttosto, l‘esperienza di contatto con
il divino trasforma radicalmente l‘identità di Giovanni nella misura in cui,
come vedremo, lo costituisce profhvth~.
Contenuto dell‟esperienza. I contenuti delle trance di Giovanni si rior-
ganizzano in un complesso multiforme e coerente. La molteplicità dei sensi
coinvolti (vista, udito, tatto, gusto) ne manifesta la ricchezza e sfaccettatura.
Interpretazione e creazione di significati e strutture si sviluppano coerente-
mente con i presupposti e le concezioni culturali condivisi da lui e dai suoi
lettori impliciti, prendendo la forma letteraria di lettera/―apocalisse‖.
Livelli di sviluppo dello stato. Si possono forse individuare due fasi suc-
cessive e progressive nell‘esperienza e nel racconto di Giovanni; più pro-
blematico appare decidere se nel testo siano confluite più esperienze separa-
te. Resta sempre aperta la possibilità che la rivelazione di Patmos fosse stata
pre-annunciata da una rivelazione precedente. Le une e l‘altra rinvierebbero
allora ad una familiarità relativamente elevata con le estasi.
grido si possa celare una prima rivelazione, forse in forma imperativa e im-
plicitamente diretta ai sette tuoni (cfr. Ap 7, 2; 14, 15; 19, 17, tutti passi dove
però il destinatario viene espressamente nominato), o che comunque ne sca-
tena immediatamente una seconda (cfr., in particolare, Ap 18, 1-8, l‘unico
altro caso dove l‘urlo non è specificamente indirizzato).
All‘angelo risponde l‘eco delle voci dei sette tuoni: probabilmente
anch‘essi di natura angelica (voci e tuoni fuoriescono dal trono di Dio in Ap
4, 5, come i sette spiriti; cfr. 1 En. 59, 2) o quantomeno come tali interpreta-
bili (cfr. Gv 12, 28-29), si fanno latori di una conoscenza accessibile a Gio-
177
vanni, se può provare a metterla per iscritto . Accessibile e riservata a Gio-
vanni, quando una voce dal cielo, probabilmente la stessa di Ap 4, 1 e 1, 10-
11.19, quindi, del «simile ad un figlio d‘uomo», gli impone enfaticamente di
178
passare il tutto sotto silenzio (10, 3-4) . La sequenza di rivelazioni si viene
così ad interrompere. Appare inutile ipotizzarne i contenuti: nella logica del-
la scena, Giovanni diventa l‘unico depositario umano di questa conoscenza
scaturita dal mondo sovrannaturale e sottratta ad un ulteriore processo di dif-
fusione per scrittura, la sua Apocalisse non copre per intero le rivelazioni da
lui ricevute. Una linea è quindi marcata tra lui e i destinatari, nella misura in
179
cui la trasmissione di conoscenza esoterica è anche trasmissione di autorità .
La prima fase del passaggio verso una nuova esistenza è conclusa.
5.2.2 Il giuramento
La seconda parte del rito si incentra sul giuramento dello stesso angelo
(Ap 10, 5-7).
177
Cfr. il commento di Lupieri, 2000, p. 172, e Aune, 1998a, pp. 559-561.
178
Intendo «sfravgison a} ejlavlhsan aiJ eJpta; brontaiv, kai; mh; aujta; gravyhæ~ » come
parallelismo endiadico del tipo «lavlei kai; mh; siwphvshæ~»(At 18, 9; cfr. anche Mt 5, 42 e 23,
23; Lc 6, 29-30; 1 Cor 14, 39).
179
Anche Paolo, nel suo concetto di profezia, associa conoscenza (1 Cor 13, 2) e autori-
tà (1 Cor 11, 2-10), ed è nel contesto del conflitto sulla sua autorità di apostolo che egli rac-
conta delle sue visioni e rivelazioni, e delle parole impronuciabili da lui udite nel paradiso (2
Cor 12, 1-13; cfr. 1 Cor 9, 1-6). Su questa esperienza uditiva e la densità dell‘aggettivo
a[rrhto~ usato da Paolo, cfr. Lietaert Peerbolte, 2008, pp. 164-168 e 175-176. In Mc, il cer-
chio dei tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, riceve tutta una serie di insegnamenti e rivelazioni
speciali dal maestro (Mc 5, 35-43; 9, 1-13; 13, 3-37; 14, 32-42), che, per un verso, finiscono
ad alimentare le loro pretese di autorità e la conseguente conflittualità all‘interno del gruppo
dei dodici (cfr. Mc 10, 35-45), per l‘altro, giustificano la loro centralità nel movimento dei
seguaci di Gesù, dopo la sua morte (cfr. At 3, 1 – 4, 22 e 11, 2-3, e Gal 2, 9, con Giacomo, il
fratello di Gesù, a sostituire Giacomo figlio di Zebedeo). Anche i papiri magici insistono sulla
conoscenza esoterica come condizione del conferimento di «potenza» (PGM IV, 475-485 e
734-739). Per un‘interpretazione simile, cfr., più tentativamente, Lohmeyer, 1953, p. 82;
Kraft, 1974, p. 148; Roloff, 1984, p. 109; Karrer, 1986, p. 271.
80 Capitolo primo
180
La sua mano destra, la mano dell‘onore e della pivsti~ , si alza verso il
181
cielo , tutta la sua posizione corporea è tesa e orientata a Dio: la mano al
cielo, e i piedi che l‘angelo – ci viene ricordato – ha fermamente posto sul
mare, il destro, e sulla terra, il sinistro (cfr. Ap 10, 2 e 5), coinvolgono sim-
bolicamente il «Vivente nei secoli dei secoli» nel giuramento solenne, per
contatto con la sua creazione, di cui rivendica il dominio (cfr. Mt 5, 34-35 e
182
23, 22) . Arrivano inoltre praticamente a dettare la formulazione verbale che
accompagna ed esplica il gesto dell‘angelo:
«kai; w[mosen ejn tw`æ zw`nti eij~ tou;~ aijw`na~ tw`n aijwvnwn, o}~ e[ktisen to;n oujrano;n
kai; ta; ejn aujtw`æ kai; th;n gh`n kai; ta; ejn aujth`æ kai; th;n qavlassan kai; ta; ejn aujth`æ»
183
(Ap 10, 6) .
Il parallelo più significativo per la comparazione si registra nell‘Iliade,
quando Era giura sullo Stige e sugli dei ctonii, afferrando con una mano la
terra e con l‘altra il mare (Il. 14, 270-279). Appare in effetti probabile che
qui trovino il loro riflesso letterario pratiche in uso anche al di fuori del
mondo divino e delle sue rappresentazioni: Bacchilide, per due volte (5, 41-
45 e 8, 19-21), formula un giuramento, descrivendosi piegato a toccare la
184
terra con la mano, per evocare evidentemente i poteri ctonii di Gaia ;
180
Cfr. Senofonte, Anab. 1, 6, 6 e 2, 5, 3; Appiano, Lyb. 64, 284; Flavio Giuseppe, A.J.
18, 326.328.
181
Già in Omero, i giuramenti su Zeus sono pronunciati alzando lo scettro al cielo, Il. 7,
411-412 e 10, 321.328-331. Cfr. anche Gn 14, 22 (Abramo giura su JHWH sollevando la ma-
no), Dt 32, 39-41 TM (JHWH giura su sé stesso, mano al cielo; la LXX traduce, integrando:
«kai; ojmou'mai th/' dexia/' mou»), e Dn 12, 7 (l‘angelo giura sul Vivente nei secoli con la mano
sollevata verso il cielo).
182
Cfr. Glonner, 1999, p. 220. Giuramenti su realtà sovrumane possono cercare di stabi-
lire una qualche forma di contatto, reale o simbolico che sia, tra queste e chi giura (Sommer-
stein, 2007, p. 2). In Il. 7, 411-412 e 10, 321.328-331, Agamennone ed Ettore, rispettivamen-
te, per giurare, impugnano ed innalzano entrambi lo scettro, oggetto creduto di origine divina
e fatto risalire a Zeus (cfr. 1, 238-239 e 277-279, e 2, 46 e 100-108; cfr. anche 1, 233-246). Il
rito del giuramento sui sacrifici (cfr. Tucidide 5, 47; la legge citata in Andocide, Or. 1, 97;
Polibio 38, 20, 5) prevedeva di fatto che venissero toccati l‘altare o le ceneri dei sacrifici, co-
me il caso di Annibale mostra concretamente (cfr. Polibio 3, 11, 5-7, e Cornelio Nepote, Han.
2, 3-5). Un‘iscrizione da Filadelfia del I sec.a.C. (testo greco in Sokolowski, 1955, pp. 53-55)
obbliga tutti i partecipanti ad un culto privato a giurare toccando l‘iscrizione stessa, in quanto
trascrizione delle norme cultuali rivelate in sogno da Zeus (ll. 54-58.60, dove il giuramento è
chiamato direttamente «aJfhv»; cfr. ll. 3-4). Chi giurasse su Apollo poteva stringere eventual-
mente l‘alloro, pianta consacrata al dio (cfr. Antonino Liberale, Metam. 1, 3).
183
Vale qui la pena sottolineare come la clausola relativa, con la sua triplice scansione,
manchi nei sottotesti che ispirano la scena (cfr. Gn 14, 19.22, ma, soprattutto, Dn 12, 7). È
quindi un‘espansione redazionale di Giovanni. Sulla formula del giuramento, cfr. anche Fla-
vio Giuseppe, C. Ap. 2, 121: «ojmnuovntwn to;n qeo;n to;n poihvsanta to;n oujrano;n kai; th;n
gh'n kai; th;n qavlassan».
184
Cfr. MacLachlan, 2007, p. 92 e n. 4.
Tra visione e testo letterario 81
185
Fra gruppi di seguaci di Gesù di origine giudaica, una procedura di giuramento simi-
le è attestata almeno dal Libro di Elchasai (inizi del II sec.d.C.), citato in Ps.-Ippolito, Haer.
9, 15, 2.5-6. Sull‘uso di giuramenti all‘aria aperta informano anche Varrone, Ling. lat. 5, 66, e
Plutarco, Quaest. rom. 271b.
186
Cfr. l‘analisi letteraria di Aune, 1998a, pp. 555-556.
187
Cfr. le utili osservazioni di Austin, 1987, pp. 17; 22; 25-29, che, a proposito della
promessa, scrive: «Ovviamente, perché io abbia promesso, è normalmente necessario che: A)
io sia stato sentito da qualcuno, magari dal destinatario della promessa; B) questi abbia capito
che si188
tratta di una promessa» (p. 22; corsivo dell‘autore).
Per l‘interpretazione, cfr. Müller, 1984, pp. 202 e 266-267; Roloff, 1984, pp. 110 e
152; Lupieri, 2000, pp. 174 e 224. L‘alternanza di dativo e accusativo dopo ejpiv nei due passi
(cfr. anche Ap 22, 16) non comporta variazioni sostanziali di significato, cfr. BD § 235. Sulla
corrispondenza letteraria e tematica di Ap 10, 11 e 14, 6-7, insiste Siew, 2005, pp. 80-82.
82 Capitolo primo
189
Sulle implicazioni reciproche di parola orale, parola scritta e potere nei riti ―magici‖
dell‘antichità, si interrogano Frankfurter, 1994, pp. 190-199, e 1995; Graf, 1995, pp. 71-73;
203-205; 211-213; 215-218; Versnel, 2002; Struck, 2002, pp. 393-396.
190
Cfr. l‘analisi di Pesce, 1990, pp. 497-507.
191
Cfr., soprattutto, la formulazione di Teodoto (seconda metà del II sec.d.C.) conserva-
taci in Clemente d‘Alessandria, Exc. 82, e quella di Origene, Comm. Matt. 11, 14. Il punto mi
sembra rilevato, mutatis mutandis, anche dal commento di Visonà, 2000, pp. 167-168: in Did.
10, 3 «è evidente la stretta correlazione tra l‘azione di grazie sul pasto e quella che già si deli-
nea come eucaristia in senso forte», ovvero come «eucaristia sacramentale».
192
Come chiarisce esplicitamente una maledizione in copto di V-VI sec.d.C.: «Dirai: io
invoco la tua grande forza su di […]. La tua grande forza ora sarà su questo scritto» (tradu-
zione italiana in Pernigotti, 2000, pp. 70-71). Cfr. anche PGM III, 413 (non prima del IV
sec.d.C.): «Pronuncia (scil. la formula/preghiera sul pane, le tortine e le dodici figurine di pa-
sta di farina d‘orzo e latte bovino) tre volte e mangiali da digiuno e ne conoscerai la forza».
Mauss, 1965, spiega che le cose magiche, sottoposte ad incantesimo, vengono rivestite di una
Tra visione e testo letterario 83
sorta di consacrazione magica (p. 44). Le formule di incantesimo, come le preghiere, sono
infatti riti orali che «hanno, quanto meno, l‘effetto di evocare una potenza e di specializzare
un rito. Si invoca, si chiama, si rende presente la forza spirituale che deve rendere efficace il
rito» (p. 54). Cfr. anche Id., 1997, pp. 51-52.
193
Il Socrate platonico così descrive un rimedio per il mal di testa: «si tratta di una fo-
glia, e una formula (ejpw/dhv) è [scritta?] sul rimedio. Se la si pronuncia e contemporaneamente
si fa uso del rimedio, il rimedio guarisce assolutamente; senza la formula, invece, la foglia
non serve a nulla» (Platone, Charm. 155e [corsivo mio]; analogamente, sul pane eucaristico,
Origene, Comm. Matt. 11, 14). Questo evidentemente perché, non investita della «duvnami~»
(cfr. 156b) della formula pronunciata, la foglia rimane una semplice foglia. Cfr. anche le os-
servazioni di Baermann Steiner, 1954; Finnegan, 1969; Tambiah, 1995, pp. 41-121.
194
Cfr. le riflessioni di Agamben, 2008. Sulla teoria dei performativi e degli atti verbali,
cfr. anche Austin, 1987, che include «giuro di» fra gli esempi di commissivi, ovvero di quegli
enunciati il cui scopo intero è di «impegnare chi parla ad una certa condotta» (pp. 115-116;
cfr. anche pp. 110-111). Lo segue Sommerstein, 2007, p. 2. Già Mauss, 1965, p. 52, inseriva
il giuramento tra le forme di riti orali comuni a magia e religione, mediante i quali, anche
«senza compiere nessun atto fisico esplicito, il mago crea, distrugge, dirige, scaccia, fa ogni
cosa con la voce, il fiato, o, anche, il desiderio» (p. 55; cfr. anche Id., 1997, pp. 51-52 e 57-
58). Lesses, 1995, ha provato ad applicare le teorie del linguaggio performativo all‘analisi del
rituale di adorcismo del Principe della Presenza, come tramandato nella letteratura hekalotica.
195
Fra le condizioni necessarie per la riuscita, la «felicità», degli enunciati commissivi,
Austin, 1987, conta «l‘intenzione di mantenere una certa ulteriore linea d‘azione, laddove
l‘uso della procedura data era designato precisamente ad inaugurarla (rendendola obbligatoria
84 Capitolo primo
o facoltativa)» (p. 36), con il conseguente dovere «di comportarsi effettivamente in tal modo»
(p. 17). Entrambi gli aspetti convivono nel concetto di fides/pivsti~, che, come abbiamo visto,
è il perno della riflessione antica sul giuramento (cfr. anche Licurgo, Leoc. 79, e Flavio Giu-
seppe, A.J. 12, 8).
196
Destro, 1989, pp. 146-167. Come mostrano perlomeno Pausania, Descr. 7, 25, 13 e
PGM V, 184-211, la concezione implicita «sugli effetti corporei negativi provocati da un con-
tatto mediante ingerimento di un cibo sacro con una parte corporea indegna che provochi an-
che uno svelamento e giudizio sull‘intenzione interiore del singolo» (Pesce, 1990, p. 513) è
attestata anche al di fuori della cultura ebraico-palestinese (contro Pesce, ibid.).
197
Giovanni scrive precisamente: «crovno~ oujkevti e[stai, ajllÆ ejn tai`~ hJmevrai~ th`~
fwnh`~ tou` eJbdovmou ajggevlou, o{tan mevllhæ salpivzein, kai; ejtelevsqh to; musthvrion tou`
qeou'»(cfr. anche Ap 15, 1 e 17, 17). La costruzione della frase e l‘uso dell‘aoristo di televw
sono evidenti semitismi (cfr. materiali ed ipotesi in Lancellotti, 1964, p. 56; Mussies, 1971, p.
337; Thompson, 1985, pp. 38-41; 55-56; 88; Aune 1998a, pp. 550-551). Il rapido passaggio
da futuri ad aoristi è tratto saliente dello stile e dell‘esperienza di Giovanni, e ricorre tanto
nella narrazione delle visioni (cfr. Ap 18, 1-19 e 20, 5.7-9), quanto in bocca ai personaggi che
Giovanni incontra o all‘io rivelatore (cfr. Ap 11, 3-13). Dietro la scelta grammaticale, emerge
l‘interesse a sottolineare l‘aspetto compiuto dell‘azione espressa dal verbo, e, sotto
quest‘aspetto, proiettata nel futuro, come da perfetto ebraico e aramaico: per il semplice fatto
Tra visione e testo letterario 85
di essere deciso nel piano eterno di Dio e compreso nella Sua attività rivelatrice, tutto ciò che
è visto o preannunciato come futuro o in procinto di compiersi di fatto si è già verbalmente
realizzato, mentre è visto o preannunciato, e, per la forza vincolante di quell‘atto verbale, si
realizzerà senza ombra di dubbio (cfr. le osservazioni di Thompson, 1985, pp. 38-39, e Lupie-
ri, 2000, pp. 173-174). Il giuramento di Ap 10, 6-7, tanto più, chiamando Dio stesso a testi-
mone e garante, sembra così non solo basarsi su, ma quasi partecipare e infondersi del potere
creativo della Sua volontà (cfr. Ap 4, 11).
198
Sulla stretta corrispondenza – se non proprio di coincidenza si tratta – tra la formula-
zione dell‘atto verbale ed il testo scritto coinvolto, cfr. anche, oltre agli esempi già citati,
l‘aneddoto riportato in y. Ta„an. 66d, che riferisce specificatamente di un giuramento: «Ri-
guardo a Levi ben Sisi, truppe giunsero alla sua città. Lui prese un rotolo della Torah, e salì in
cima al tetto. Disse: ―Signore dei mondi, se ho trascurato una singola parola di questo libro
della Torah, che salgano contro di noi, altrimenti, che se ne vadano!‖ Subito le cercarono, ma
non le trovarono più». Sul carattere esoterico della conoscenza definita come musthvrion, ha
giustamente insistito Stroumsa, 1996, pp. 65-71.
199
Cfr. Glonner, 1999, pp. 218-219; 225-227; 236. Acquista nuovo significato allora
notare anche come le parole della rivelazione siano più volte specificate come «fede-
li»/«degne di fede» (Ap 21, 5 e 22, 6), e «veritiere»(Ap 19, 9; 21, 5; 22, 6), alla pari di Dio e
dei Suoi giudizi in atto (Ap 6, 10; 15, 3; 16, 6; 19, 2) o di Cristo (Ap 1, 5; 3, 7.14; 19, 11), e
come, soprattutto, Giovanni definisca il proprio scritto pivsti~ (Ap 14, 12) e «testimonianza»
di Gesù e del suo angelo (Ap 1, 2.9; 12, 17; 19, 10; 20, 4, cfr. anche 22, 16.18.20), altro con-
cetto chiave nella pratica del giuramento (cfr. Cicerone, Off. 3, 104: «quod autem affirmate
quasi deo teste promiseris, id tenendum est», e Ps.-Clemente, Cont. 1, 2 – 4, 3).
86 Capitolo primo
200
Il plurale indefinito «levgousin» va interpretato come semitismo equivalente di si-
gnificato al passivum divinum (cfr. Ap 11, 1.3).
201
Brenner, 1993, p. 165. Cfr. anche Demsky, 1988, pp. 10-16; Davis, 1989, pp. 30-31;
37-45; 51; Willi-Plein, 1997, pp. 77-82.
202
Cfr. l‘osservazione di sfuggita di Lupieri, 2000, p. 172.
Cfr. Dolève-Gandelman – Gandelman, 1996, pp. 184 e 189. Per un panoramica più
203
ampia sulla concezione antica del potere racchiuso nelle lettere scritte e nei libri, cfr. Speyer,
1992, pp. 62-70; Frankfurter, 1994, pp. 192-211; Hezser, 2001, pp. 193-195 e 209-226.
Sull‘emergere di una cultura del testo sacro nel mondo tardo-antico, utile anche Stroumsa,
2006, pp. 33-59.
Tra visione e testo letterario 87
204
Lo stato di conservazione del papiro C (V/VI sec.d.C.), secondo la numerazione di
Betz 1986, illustra bene la pratica: il papiro è stato scritto una prima volta, sciolto nell‘acqua
per far passare le parole dell‘incantesimo e il loro potere di guarigione in forma liquida, infine
riscritto nuovamente, in previsione della preparazione di altre bevande oppure come amuleto.
Cfr. anche Wortmann, 1968, pp. 102-104.
205
Discutono e analizzano queste ed altre pratiche analoghe Olsson, 1933; Leipoldt –
Morenz, 1953, pp. 178-180; Hopfner, 1974, pp. 420-421; Ritner, 1993, pp. 102-110.
88 Capitolo primo
».
Vittorino di Petovio, interpretando la nostra scena, scriverà di conse-
guenza che ricevere e mangiare il rotolo non significa altro che imprimersi
207
nella memoria la visione mostrata (Comm. Apoc. 10, 3) .
Insomma, nell‘accumularsi delle connotazioni simboliche che caratte-
rizzano l‘ingestione, con la predominanza delle idee di incorporazione e as-
208
similazione, acquisizione e conoscenza di ciò che è ingerito , è il corpo ad
essere coinvolto nell‘ultima fase del rituale: in quel momento e in quelle
condizioni create dal giuramento dell‘angelo, la potenza creatrice e rivelatri-
ce divina si condensa e concentra nelle lettere del rotolo che, inghiottite e as-
sorbite da Giovanni, lo penetreranno fisicamente – in un certo senso, si fa-
ranno corpo, si «accarneranno», per dirla con Dante (Purg. 14, 22) – e lo in-
vestiranno di sapere e autorità ―profetici‖ senza precedenti. Il bisogno di co-
noscenza dal mondo divino e la separazione tra questo e Giovanni sono inte-
206
Seguo la traduzione di Bresciani, 1999, pp. 886-887.
207
Istruttivo il caso del grammatico Didimo di Alessandria (I sec.a.C.): la sua instanca-
bile attività compilatoria gli guadagnò il soprannome di «Viscere di bronzo», significativa-
mente ribaltato nell‘ironico «Dimentica-libri» da Demetrio di Trezene (cfr. Suda s.v. Divdu-
mo~, e Ateneo, Deipn. 4, 139c).
208
Geu'si~ sta per gnw'si~, sottolinea, con un efficace gioco di parole, la Grande Rivela-
zione attribuita a Simon Mago (II sec.d.C.) e citata in Ps.-Ippolito, Haer. 6, 15, 3. Se Ez 3, 10
riprende expressis verbis, commenta ed interpreta l‘ingestione del rotolo di 3, 4, già nel sotto-
testo ezechielino della scena si avverte la forte interconnessione di scrittura, incorporazione e
interiorizzazione/memoria. Cfr. Fabry, 1984, pp. 432-435; Ringgren, 1984, pp. 1036-1037;
Davis, 1989, pp. 50-53. Cfr. anche Leipoldt – Morenz, 1953, pp. 179-180; Ritner, 1993, pp.
102-110; Dolève-Gandelman – Gandelman, 1996, pp. 196-198, e, più in generale, pp. 185-
196, sui procedimenti di trasformazione del corpo in testo e del testo in corpo.
Tra visione e testo letterario 89
209
È nel corpo dell‘iniziando che «l‘identità e lo status raggiunti vengono definiti e i-
scritti in forma permanente o comunque irreversibile. È il corpo che subisce e conserva i segni
iniziatici, da quelli poco invasivi (unzioni, decorazioni, colorazioni, immersioni, alitazioni,
salivazioni, ecc.) a quelli decisamente marcati e indelebili (circoncisione, scarificazione, muti-
lazioni, ecc.), o più blandi ma non meno costrittivi (segregazioni, restrizioni alimentari, divie-
ti, ecc.). La realtà corporale diventa così lo strumento della memoria e della consapevolezza
della propria configurazione sociale, del proprio posto nel gruppo, del proprio rapporto con la
legge umana o divina» (Destro – Pesce, 2000, p. 29). Più in generale, Werbner, 1989, scrive:
«by means of the body, performers of the ritual passage find and resituate themselves in cos-
mological space. By means of the body, also, performers personify who they are, and what
they intend to become in relation to the forces around them» (p. 1; cfr. anche pp. 32-34).
210
Mutuo l‘espressione da Dolève-Gandelman – Gandelman, 1996, p. 196, dove è usata
per spiegare l‘ingestione del rotolo in Ez 2, 7-10 e 3, 1-4, scena madre, lo ripetiamo, della no-
stra.
211
Cfr. la discussione in Gieschen, 1998, pp. 260-269, in particolare, pp. 264-269.
90 Capitolo primo
profondo, il profilo di una complessa azione rituale, che, in Ap 10, 11, cul-
212
mina e si apre sulla nuova realtà creata .
Le giunture narrative illuminano infatti una sequenza più ampia, scandi-
ta in prima sede dalle esperienze di Giovanni: la voce e la visione che le in-
troducono e portano il terrore e la percezione della morte, poi, la rigenera-
zione, la scrittura, e la stesura delle lettere (Ap 1, 10 – 3, 22), l‘ascensione al
cielo (Ap 4, 1), l‘impotenza del pianto (Ap 5, 4) e il disorientamento della
propria ignoranza (Ap 7, 13-14), l‘accesso graduale, in un caso, riservato, al-
la conoscenza degli eventi che accompagnano il dischiudersi della rivelazio-
ne, e la sua interiorizzazione finale, costantemente sotto la guida di angeli,
anziani e voci celesti (Ap 6, 1 – 10, 11), sembrano tutti segnare lo snodarsi di
un processo di rinnovamento, attraverso cui Giovanni è guidato, e da cui
Giovanni esce investito del potere di «profetizzare». Le visioni continueran-
no, con un unico rimprovero dell‘angelo al suo stupore (Ap 17, 6-7), e, alla
fine (Ap 21, 1 – 22, 6), gli sarà consentito di entrare nella nuova Città –
Tempio, contemplare la Gloria di Dio che la riempie, il Trono e il Volto di
213
Dio e dell‘Agnello, conoscerne le misure di lunghezza, larghezza e altezza .
Mostrare, deiknuvw, nel greco di Giovanni, e scrivere, gravfw, denotano
e comprendono il rapporto che genera il Giovanni «profeta» e l‘Apocalisse
intera «profezia» (Ap 1, 1; 4, 1 in parallelo a 1, 19; 17, 1; 21, 9-10; 22,
1.6.8): Ap 10, 11, se non annuncia un invio diretto nel mondo esterno, lo
proietta sul testo stesso, e sulla sua diffusione e circolazione, imprimendo
212
Non credo sia un caso che, a parte la retrospettiva di Ap 1, 3, solo da Ap 10, 11 in
poi, i termini «profeta» e «profezia» si possano trovare associati, direttamente o indirettamen-
te, all‘esperienza di Giovanni. Sempre da qui in poi, si costituisce l‘equazione tra «profezia»,
«testimonianza» di Gesù o dell‘angelo, e «fedeltà» di Gesù, ad indicare la rivelazione conte-
nuta nel rotolo dell‘Apocalisse (cfr. sempre, in retrospettiva, Ap 1, 2-3).
213
Le analisi di Stone, 1990, pp. 30-33, e 2003, pp. 171-176 su 4 Esd., di Destro – Pe-
sce, 2000, pp. 65-98 su Gv, e di Turner, 2000, pp. 131-137, su Allogene (NHC XI 58, 26 – 61,
21) mettono bene in rilievo la corrispondenza profonda fra struttura letteraria e
(ri)composizione dell‘esperienza iniziatica. Il processo descritto da Giovanni trova, a mio pa-
rere, un parallelo decisivo ancora nel Pastore di Erma, di qualche decennio più tardi: secondo
le parole del Pastore, riferite in Sim. 9, 1, 1-3, al subentrare dell‘angelo della conversione,
cioè il Pastore stesso, alla vergine Chiesa, entrambi forme dell‘unico Spirito, è corrisposta una
progressiva crescita di duvnami~ in Erma, che ha superato paure, dubbi, tristezze e pianti (cfr.,
ad esempio, Vis. 3, 1, 5 e 10, 6, e 4, 1, 3.7). A questa si apprestano a seguire, a loro volta, la
maggiore ajkribeiva delle visioni che gli saranno mostrate, la manifestazione diretta
dell‘angelo glorioso, il Figlio di Dio, lo Spirito (Sim. 10, 1, 1), e ulteriori invii del Pastore
(Sim. 10, 4, 5). L‘esperienza di conversione e rinnovamento attraversa quindi tutto il testo
(cfr. Vis. 1, 4, 3 e 3, 11-12, e Sim. 9, 14, 3) e lo trascende, segnando la preminenza di Erma
sui presbiteri (cfr. Vis. 2, 2, 6 e 4, 2-3, con 3, 1, 8-9 e 2, 4), e confermandolo nel ministerium
di proclamare la grandezza di Dio, la paenitentia e l‘osservanza dei precetti trascritti, da cui,
per bocca del Figlio di Dio, dipendono vita e morte, benedizioni e maledizioni escatologiche
(Sim. 10, 2, 2-4 e 4, 1). Testi di 4 Esd., Giovanni ed Erma trovano precise corrispondenze nei
resoconti autobiografici citati da James, 1998, pp. 175-229 e 328-344.
Tra visione e testo letterario 91
alle parole già scritte e alle parole che lo saranno il nuovo essere di Giovanni
e loro, e la consapevolezza – di Giovanni e di chi lo leggerà o ascolterà – di
confrontarsi con la sua nuova esistenza ed il suo nuovo ruolo.
214
Per una discussione di questo «unbroken world», da una prospettiva semantica, fon-
damentale Thompson, 1990, pp. 74-91.
92 Capitolo primo
215
zione della realtà dei quotidiani , per noi ora esistenti solo in quanto cornici
216
storiche del testo scritto .
A livello di collocazione temporale – e qui ci muoviamo su terreno fer-
mo –, l‘estasi è riportata al «giorno del Signore», con buone ragioni, da in-
tendere come giorno in cui le comunità dei seguaci di Gesù si riuniscono a
celebrarne la resurrezione. A livello di collocazione spaziale, oltre la precisa
notazione che situa Giovanni sull‘isola di Patmos, siamo lasciati a congetture
più o meno verosimili: una probabile collocazione dell‘esperienza in un con-
testo liturgico, forse, più tentativamente, un dei'pnon, la radicherebbe in uno
spazio fortemente caricato dalla presenza del Signore, attesa e invocata, ce-
217
lebrata e sperimentata in manifestazioni estatiche . Nella mente del redatto-
re, entrambi i riferimenti, esplicito, il primo, implicito, se vediamo bene, il
secondo, sembrano evocare simbolicamente una liminalità che precede e tra-
scende categorie di classificazione e linee di demarcazione comunicative ed
epistemologiche (divino – umano; celeste – terreno; spirituale – corporeo;
sacro – profano; invisibile – visibile; vita – morte; passato – presente – futu-
218
ro; tempo – spazio) .
Le potenzialità di significato che l‘estasi così attinge sono condensate,
esplicate ed attivate nell‘iniziazione: divorando il rotolo, Giovanni viene a
contenere la capacità e legittimazione di accedere al divino e alla sua densità
cognitiva. Questa trasformazione singola, ontologica e sociale, si completa,
con l‘ingurgitazione, a ridosso di una linea profetica emergente dal passato, e
a monte di una trasformazione futura universale, che, con la nuova esperien-
219
za profetica di Giovanni, finiscono per radicarsi nel presente .
L‘attività cosciente di scrittura e la funzionalità della memoria, elabora-
ta anche simbolicamente con la rappresentazione dell‘ingestione del rotolo,
215
Cfr. l‘insistenza della cosiddetta Weckformel in Ap 2, 7.11.17.29; 3, 6.13.22; 13, 9-
10, e l‘analisi di Vanni, 1988, pp. 63-72.
216
Cfr. Schüssler Fiorenza, 1994, pp. 34-39, e Pezzoli-Olgiati, 1997, pp. 22-29; 37-41;
190-250.
217
Lampe, 1991, pp. 198-203 e 211-213. Su modi e forme della koinwniva con la divini-
tà nei banchetti greco-romani, cfr., ad esempio, P.Oxy. 99, 14 (55 d.C.), e le analisi di Klauck,
1982, pp. 91-166 e 258-261; Smith, 2003, pp. 77-84; 106-118; 150-172; 191; 205; Horbury,
2005, pp. 242-252; 262; 264-265.
218
Cfr. Thompson, 1990, pp. 56-73, e, cursoriamente, Filho, 2002, pp. 213; 228; 232-
234. Testi in Aune, 1972, pp. 29-44; 89-113; 126-133; 184-193. Sul concetto di liminalità ap-
plicato al tempo e allo spazio rituale delle comunità paoline, cfr. Strecker, 1999, pp. 192-199;
222-247; 311-338.
219
Sembra un preludio all‘oracolo di Massimilla: «met‘ ejme; profhvth~ oujkevti e[stai,
ajlla; suntevleia» (citato in Epifanio, Pan. 48, 2, 4). Sugli elenchi di profeti stilati dai cosid-
detti Montanisti e dai loro avversari, cfr. l‘anonimo citato da Eusebio, H.E. 5, 17, 3-4, P.Oxy.
1, 5, con il commento di Norelli, 1994, pp. 242-245, e la periodizzazione storica proposta da
Tertulliano in Virg. 1, 4-7, e riflessa anche in Res. 63, 7-10; Jejun. 11, 6; Mon. 3, 8-10 e 14, 3-
4. A conclusioni analoghe arriva Glonner, 1999, pp. 228; 230-233; 237.
Tra visione e testo letterario 93
creano una continuità tra processo iniziatico e produzione e fruizione del te-
sto: il supporto materiale su cui Giovanni fissa le visioni e che verrà inviato
come lettera prolunga, quasi contenendolo, l‘esistenza e le valenze denotati-
ve del rotolo ingurgitato, per esprimere concretamente, nell‘atto comunicati-
vo, l‘ordine di significato che rappresenta. Non è operazione neutrale ed a-
settica: tempi, modi, soggetti e contenuti della profhteiva sono articolati e
sanciti, autorità di redattore e lettera vengono (ri)costruite dall‘interno,
l‘identità dei seguaci di Gesù formulata e confermata nei termini della cono-
scenza divina guadagnata, culturalmente legittimata e trasmessa. La ricezio-
ne, il confronto con e le reazioni alla lettera acquistano in prospettiva il ca-
rattere di negoziazione della nuova ―realtà‖, e di dibattito e conflitto su auto-
220
rità ed identità, tra approvazione, rifiuto, contrattazioni (cfr. Ap 22, 18-19) .
Nella misura, quindi, in cui questa ri-strutturazione della realtà coinvol-
ge una «rivelazione» di Gesù e ne specifica il messaggio come fattore deci-
sivo nella definizione di un‘identità dei suoi seguaci e del loro h|qo~ di fronte
all‘ ―altro‖ demonizzato (cfr. Ap 1, 1-4; 2, 20-25; 6, 9; 12, 17; 14, 1-12; 20,
4), i nostri interessi ci portano ora a chiederci quale immagine di Gesù essa
crea e trasmette come memoria fondante, nello spazio epistemologico e auto-
221
ritativo che l‘estasi ha così individuato e rivendicato a Giovanni .
220
La definizione di Aune citata a inizio del capitolo acquista ora di complessità e pro-
fondità. Sull‘atto di comunicazione profetica, cfr. il modello elaborato da Overholt, 1989, pp.
17-25, che ha il merito di tenere conto delle diverse forme di pressione esercitate dai destina-
tari del messaggio sul profeta stesso, prima, durante e dopo il processo comunicativo.
221
Non è un caso, in fondo, che, dopo i Vangeli e insieme ad Eb, Ap sia il testo canoni-
co con più ricorrenze del nome Gesù. Sulla costruzione narrativa di Gesù in Eb, cfr., in parti-
colare, Roloff, 1990, pp. 144-167; Walter, 1997, pp. 151-168; Bradshaw Aitken, 2003.
CAPITOLO SECONDO
LE PAROLE DI GESÙ
NELL‘APOCALISSE
11
Cfr. Mazzaferri, 1989, in particolare, pp. 259-378; Fekkes, 1994, pp. 106-290; Moyi-
se, 1995, in particolare, pp. 45-84; Beale, 1999, in particolare, pp. 60-128; Arcari, 2001 e
2008; Kowalski, 2004; Jauhiainen, 2005.
12
Cfr. Karrer, 1986, pp. 96-106; Mazzaferri, 1989, pp. 304-313; Carrell, 1997, pp. 119-
128; Roose, 2000, pp. 26-38.
13
Contro Kraft, 1974, p. 16: «Die alttestamentliche Prophetie ist die einzige Quelle, auf
die er sich bei seinen Weisungen stützt».
14
Cfr. Aune, 1997, p. 19, e Roose, 2000, pp. 147-149.
15
Cfr., da ultimo, Bucur, 2008, in particolare, pp. 182 e 188-189. Meno precisamente,
Boring, 1992, in particolare, pp. 720-721.
16
Pace Boring, 1992, p.715 n.16.
98 Capitolo secondo
Nella sua analisi delle dinamiche sociali della ―profezia‖, T.W. Over-
holt approfondisce, in prospettiva comparativa, il ruolo svolto dai discepoli
nel preservare e diffondere il messaggio di un ―profeta‖. Il loro intervento
può mediare la comunicazione ai destinatari, e occasionalmente rivelazioni a
loro dirette integrano le parole del maestro e autorizzano la loro attività.
Questa azione di filtro influisce sulla continuità del messaggio trasmesso,
sviluppando, amplificando, alterando: «changes arise in response to the si-
17
Cfr. osservazioni e conclusioni di Rowland, 2006, pp. 45-56: «[…] in some forms of
the interpretation of Ezek 1 the meaning of the text may come about as the result of ―seeing
again‖ what Ezekiel saw. This may arise in the form of a vision (as appears to have been the
case for John the visionary on Patmos), rather than by an explanation of the details of what
Ezekiel saw» (p. 56). Questa apertura alle ricadute ―esegetiche‖ dell‘esperienza estatica mi
sembra corrispondere pienamente ai dati testuali, impliciti ed espliciti, che abbiamo cercato di
evidenziare. Sul rapporto biunivoco fra testo ed esperienza, cfr. anche l‘analisi di Sanders,
2006. Sull‘autorivelazione dello Spirito di Dio come criterio ermeneutico delle Scritture nella
concezione paolina e sulle sue implicazioni, cfr. Pesce, 1984, pp. 85-108. Arcari, 2007, pp.
229-230; 232-234; 236, suggerisce un‘origine profetica e carismatica per l‘esegesi dei mate-
riali ―scritturistici‖ e delle tradizioni attribuite a Gesù in Did. 16.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 99
tuation in which the disciple operated and the way in which he interpreted
18
what he had originally heard» (Overholt, 1989, p. 45) .
Se la figura storica di Gesù di Nazareth è stata da più voci caratterizzata
19
come afferente anche ad una tipologia ―profetica‖ dell‘esperienza religiosa ,
e sono riconosciute la frequenza dei fenomeni di contatto con il divino e
l‘importanza della comunicazione di parole dal Gesù celeste, tra i suoi se-
20
guaci , si fa interessante verificare brevemente l‘utilità del modello su alcuni
passi proto-cristiani di matrice ―profetica‖, appunto, composti tra I e II
sec.d.C., per cercare di inquadrare storicamente anche l‘interazione di Gio-
vanni con la tradizione dei detti di Gesù.
Partiamo da Paolo. In 1 Ts, l‘apostolo introduce nella sua argomenta-
zione una «parola del Signore» per confortare la comunità che aveva fondato
21
(4, 13-18). Si è dibattuto se questo sia in effetti un detto di Gesù o non piut-
tosto un oracolo ricevuto e pronunciato da un ―profeta‖, se non addirittura da
22
Paolo stesso (cfr. 1 Cor 13, 2 e 15, 51-52; 2 Cor 12, 3-4; Rm 11, 25-27) ,
fatto sta che, cercando di superare questa contraddizione, forse solo apparen-
23
te , si può riconoscere come gli elementi della discesa dal cielo del Signore,
degli angeli, della tromba e della riunione degli eletti coincidano con la for-
24
ma matteana di tradizioni ―apocalittiche‖ gesuane (cfr. Mt 24, 30-31) ; al
tempo stesso, però, la distinzione introdotta tra «i morti che si sono addor-
mentati in Cristo», e «noi che rimaniamo ancora in vita», e la convergenza
dei loro destini escatologici tradiscono e rispondono ad una crisi dell‘attesa
25
della parusia acutamente sperimentata con la morte di alcuni fratelli .
Gli Atti di apostoli canonici ci preservano un frammento diretto della
predicazione di Paolo e Barnaba: «dobbiamo passare attraverso molte affli-
zione per entrare nel regno di Dio» (At 14, 22; cfr. 1 Ts 3, 3-4). Interessante,
da un lato, che, a ridosso della missione, i due siano contati tra i «profeti»
della comunità di Antiochia (At 13, 1 e 15, 32) e svolgano poi effettivamente
18
Cfr. Overholt, 1989, pp. 44-51 e, più ampiamente, 1986, pp. 309-331.
19
Cfr. Meier, 1994, pp. 1040-1046; Aune, 1996, pp. 284-349; Theissen – Merz, 1999,
pp. 299-340; Dunn, 2003, p. 334 e 655-666; Mimouni, 2003. Ricche di spunti anche le brevi
riflessioni di Overholt, 1989, pp. 66-68.
20
Cfr. i ripetuti interventi di Destro-Pesce, 2003; 2006; 2007b.
21
Così Jeremias, 1965, pp. 105-108; Holtz, 1983, in particolare, pp. 59-66; Wenham,
1984, in particolare, pp. 89-91 e 304-306, e 1995, p. 305; Pesce, 2005, pp. 501-502.
22
Così Cerfaux, 1951, pp. 33-34 e n.1; Siber, 1971, pp. 37-38; Aune, 1996, pp. 472-
480.
23
Cfr. Stuhlmacher, 1983.
24
Con Pesce, 2005, pp. 501-502, non escludo aprioristicamente che possano essere at-
tribuiti alla trasmissione dei detti di Gesù anche elementi non attestati dai sinottici.
25
Cfr. la ricostruzione di Aune, 1996, pp. 475-479, e l‘interpretazione di Dunn, 1998,
pp. 299-304. Sul privilegio dei vivi rispetto ai defunti nel giorno della resurrezione, cfr. Dn
12, 12; 4 Esd. 5, 41-42 e 13, 24; Ascen. Isa. 4, 15; Od. Sal. 7, 50 e 18, 7; Or. sib. 3, 371.
100 Capitolo secondo
26
Cfr. D‘Anna, 2001, in particolare, p. 192.
27
Norelli, 1994, pp. 213-219 (citazione p. 213).
28
Cfr. Norelli, 1995b, pp. 53-66.
29
Cfr. Bauckham, 1983, in particolare, p. 130, e Norelli, 1994, in particolare, pp. 183-
186.
30
Cfr. Hagner, 1985, in particolare, pp. 243-244, e Pesce, 2005, pp. 646-647.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 101
31
Frankfurter, 1996, pp. 133-134; 136-137; 141-142, esclude un‘influenza diretta di Ap
su questo oracolo, e sembra pensare piuttosto a tradizioni orali comuni. Credo, tuttavia, che
una relazione con Ap sia innegabile; al più, si potrebbe parlare di dipendenza da variazioni
orali secondarie del testo scritto. I punti di contatto linguistici sono già di per sé significativi,
ma evidenziano anche come, nei testi apocalittici non cristiani vicini a Giovanni, fra le tante
corrispondenze, manchi proprio il particolare specifico della discesa della città (cfr. Lupieri,
2000, pp. 325-326).
32
Cfr. lo schizzo del rapporto fra tradizione gesuana ed «ermeneutica della memoria» in
Gv, offerto da Theobald, 2002, pp. 554-615, da integrare con le osservazioni di Destro – Pe-
sce, 2003, pp. 91-103. Utili le osservazioni di Arcari, 2007, pp. 217-218 e 233-236, sulla cre-
azione profetica di nuovi testi, mediante ripresa di testi e/o tradizioni precedenti, considerati
autorevoli. Tra questi, Arcari annovera anche tradizioni ascritte a Gesù, suscettibili degli stes-
si procedimenti di adattamento, attualizzazione e universalizzazione che operano sulle scrittu-
re ebraiche. Un interessante termine di confronto è offerto anche da Merz, 2004, che ha ana-
lizzato 1-2 Tim come esercizio intertestuale pseudoepigrafico di auto-interpretazione di sotto-
testi, tradizioni e formulazioni paoline: ne esce il quadro di una letteratura che, nella persona
fittizia di Paolo, sviluppa, rivede, appiattisce e perfino corregge le sue affermazioni, alla luce
di dibattiti e conflitti con altri gruppi sulla memoria ed il messaggio dell‘apostolo (pp. 382-
387). Si potrebbe aggiungere che, non ultimo autore di simili auto-interpretazioni ed, eviden-
temente, del testo interpretato e riletto, è chiamato in causa ancora lo Spirito (cfr. 1 Tim 4, 1-3
e 2 Tim 3, 1-9 e 4, 3-4, con 2 Ts 2, 3.10-12), quello stesso Spirito di Dio di cui già Paolo ri-
vendicava il possesso per legittimare correzioni, ampliamenti ed integrazioni ai comandamen-
ti del Signore (cfr. 1 Cor 7, 8-40).
102 Capitolo secondo
2. TRA LE PAROLE
33
Cfr. Pesce, 2005, pp. xii-xiv e 597-598.
34
Ancora valide le indicazioni teoriche di Hylen, 2005, pp. 53-56; 74, in particolare, 54
e 58-59 sulla «descrizione definita». Cfr. anche, sebbene più superficialmente, Segalla, 2000,
pp. 117-119. Arcari, 2007, dà ragione della necessità di aumentare la sensibilità dell‘analisi in
questa direzione, per adeguarla alla complessità storica del fenomeno studiato: «Questo pro-
cedimento (scil. il ricorso a testi e/o tradizioni considerati autorevoli) poteva andare dalla ri-
presa, attualizzazione e universalizzazione di passi specifici di particolari scritti, fino alla ri-
presa di particolari stilemi se non addirittura di un‘atmosfera generale di un testo attraverso
l‘inclusione di piccole spie di identificazione […] il concentrarsi su una metodologia esclusi-
vamente volta all‘analisi di ―paralleli‖ ha portato molti studiosi a non scandagliare ulteriori
rimandi e riprese che, proprio a un‘attenta analisi filologica […], si sono rivelati di notevole
interesse (il caso della citazione di 1 Enoc 15,3 in Ap 14,4)» (pp. 217-218 e 219-220).
35
Per la lettura delle tabelle che seguono, si tenga presente che i paralleli inseriti sono
quelli più prossimi, possibilmente attribuiti o attribuibili a Gesù e indipendenti da Ap, come si
proverà a dimostrare. Laddove siano citate più opere, la loro disposizione nelle colonne alla
destra dei passi di Ap si basa sullo stesso principio combinato di prossimità e indipendenza:
quanto più simile ed eventualmente indipendente, tanto più vicino. In calce a ciascuna tabella,
riportiamo generalmente, fatti salvi i casi poi discussi, i paralleli secondari, o perché meno
stretti e immediatamente rilevanti o perché, con molta probabilità, dipendenti dal testo di Ap o
dei paralleli primari, come di volta in volta emergerà dalla discussione. Le tabelle assumono
struttura sinottica solo a partire dall‘analisi di eventuali ricorrenze di singoli detti specifici
(2.2), laddove più precise corrispondenze formali lo rendano possibile. Per semplificarne e
chiarirne la lettura, si è deciso di segnalare, con una linea a tratto continuo, unicamente le cor-
rispondenze linguistiche, sintattiche, e strutturali più forti e decisive; le analogie formali più
tenui, ma non meno significative, e i punti di contatto tematici saranno esaminati e valutati nel
commento analitico.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 103
22, 20: «nai;; e[rcomai tacuv» 21, 22: «levgei aujtw`æ oJ ÆIhsou`~, eja;n auj-
to;n qevlw mevnein e{w~ e[rcomai» (cfr. an-
che v. 23)
Altri paralleli:
Ap 2, 25: «plh;n o} e[cete krathvsate a[cri~ ou\ a]n h{xw»; 3, 3: «h{xw ejpi;
se»
Lc 19, 13:«pragmateuvsasqe ejn w\æ e[rcomai»
36
Ampia discussione in Frey, 2000, pp. 19-22; 40-43; 148-153, e Theobald, 2002, pp.
506-521.
104 Capitolo secondo
37
confluisce nell‘«oJ ejrcovmeno~» di Ap , e l‘isolata occorrenza della versione
lucana della parabola delle mine, nel discorso diretto del futuro re (cfr. Lc
19, 14-27).
Per quanto possa risultare chiaro che «die früchristliche (syn. und
vorpln.) Menschensohn-Apokalyptik» rimanga il quadro di riferimento in cui
38
si situa l‘espressione ―giovannea‖ (cfr. anche Ap 1, 7) , è in ogni caso troppo
poco per parlare, non che di dipendenza, di sviluppi distinti di tradizioni co-
muni anche ai Sinottici e a Paolo. D‘altro canto, il differente orizzonte inter-
pretativo in cui l‘espressione è calata in Gv e in Ap (cfr. Gv 14, 15-21 e 16,
39
12-22, e Ap 2, 16 e 19, 11-21) , lascia emergere i primi lineamenti di un nu-
cleo simile di tradizioni costituitesi come gesuane, ma patrimonio autonomo
di ciascun redattore. La frequenza delle risonanze affinerà questo primo giu-
dizio iniziale.
2, 26.28: «oJ nikw`n kai; oJ thrw`n a[cri 10, 18: «ejxousivan e[cw qei`nai aujthvn,
tevlou~ ta; e[rga mou, dwvsw aujtw`æ ejxou- kai; ejxousivan e[cw pavlin labei`n
sivan ejpi; tw`n ejqnw`n, […] wJ~ kajgw; aujthvn:tauvthn th;n ejntolh;n e[labon
ei[lhfa para; tou` patrov~ mou» para; tou` patrov~ mou»
3, 2.5: «ouj ga;r eu{rhkav sou »ta;¼ e[rga 20, 17: «ajnabaivnw pro;~ to;n patevra
peplhrwmevna ejnwvpion tou` qeou` mou mou kai; patevra uJmw`n kai; qeovn mou
[…] kai; oJmologhvsw to; o[noma aujtou` kai; qeo;n uJmw`n»
ejnwvpion tou` patrov~ mou kai; ejnwvpion
tw`n ajggevlwn aujtou »
37
Cfr. anche Is 3, 14; 4, 5; 40, 10; 41, 4; 66, 15; Ab 2, 3; Ml 3, 1; Dn 7, 13 LXX; 1 En.
1, 9; T. Ash. 7, 2-3; T. Giud. 14; Es Rab 3, 6; Tg. fram. Es 3, 14; Tg. Ps.-J. Dt 32, 39.
38
Theobald, 2002, p. 516. Cfr. anche Dodd, 1963, pp. 413-418.
39
Cfr. le interpretazioni di Aune, 1972, pp. 126-133, e Moloney, 2005, in particolare,
pp. 249-259, da un lato, e Theobald, 2002, pp. 516-521, dall‘altro, per quanto quest‘ultima a
volte si mostri orientata anche da precisi interessi teologici. Gv 21, 22.23 attesta comunque
parallelamente un uso identico.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 105
Altri paralleli:
Ap 1, 6: «kai; ejpoivhsen hJma`~ basileivan, iJerei`~ tw`æ qew`æ kai; patri; auj-
tou`» (cfr. anche 14, 1)
Rm 15, 6: «i{na oJmoqumado;n ejn eJni; stovmati doxavzhte to;n qeo;n kai; pa-
tevra tou` kurivou hJmw`n ÆIhsou` Cristou` » (cfr. anche 2 Cor 1, 3 e 11, 31;
Ef 1, 3; Col 1, 3; 1 Pt 1, 3)
Mc 15, 34: «oJ qeov~ mou oJ qeov~ mou, eij~ tiv ejgkatevlipev~ meÉ» (cfr. anche
Mt 27, 46)
40
Col 1, 3 permette di accertare che, nelle ricorrenze della formula all‘interno del cor-
pus e della tradizione paolina, il genitivo «di Gesù Cristo» specifica unicamente il sostantivo
«padre» e non anche «Dio». Ap 1, 6, dalla sua, rievoca a posteriori e anticipa le successive
occorrenze dei termini nel corso della visione (cfr. tutto Ap 1, 4-6 e 1, 8.11; 3, 14; 4, 5.8; 5, 9-
10). Il binomio «Padre mio e Dio mio» è attestato ora anche in 4Q372apocrJosephb fr. 1, 16
(cfr. 4Q460 fr. 5 I, 5 per l‘analogo «Padre mio e Signore mio», sempre rivolto a Dio)
41
Frey, 1993, p. 356. Per la fraseologia, cfr. anche Mt 11, 27 e 28, 18; At 2, 33; Herm,
Sim. 5, 6, 4, che ne attestano la diffusione al di fuori della letteratura giovannista, e, con tutta
probabilità, indipendentemente dalla sua influenza.
42
Ap specifica ulteriormente solo «Dio» con genitivi di pronomi personali altri da «mi-
o» o «suo» sempre riferiti a Gesù (cfr. Ap 5, 10; 7, 10.12; 12, 10; 19, 1.5.6), e proietta nel fu-
turo escatologico la figliolanza dei soli vincitori (Ap 21, 7, dove però «Dio» sostituisce il «pa-
dre» di 1 Sam 7, 14 TM e LXX, e dei Targumim, cfr., invece, Gv 1, 12 e 1 Gv 3, 1-2).
106 Capitolo secondo
3, 8: «kai; ejthvrhsav~ mou to;n lovgon, 8, 51.52: «ajmh;n ajmh;n levgw uJmi`n, ejavn
kai; oujk hjrnhvsw to; o[nomav mou» ti~ to;n ejmo;n lovgon thrhvshæ, qavnaton
ouj mh; qewrhvshæ eij~ to;n aijw`na […] su;
3, 10: «o{ti ejthvrhsa~ to;n lovgon th`~ levgei~, ejavn ti~ to;n lovgon mou
uJpomonh`~ mou» thrhvshæ, ouj mh; geuvshtai qanavtou eij~
to;n aijw`na»
Altri paralleli:
Ap 2, 26: «kai; oJ nikw`n kai; oJ thrw`n a[cri tevlou~ ta; e[rga mou»
Vang. Tom. 1 (P.Oxy. 654): «o{[sti~ a]n th;n ejrmhneiv]an tw'n lovgwn
touvt[wn euJrivskh/, qanavtou] ouj mh; geuvshtai»; 19: «se divenite miei di-
scepoli e ascoltate le mie parole, queste pietre vi serviranno. Ci sono infatti
cinque alberi in Paradiso, che non avvizziscono né d‘estate né d‘inverno e
le cui foglie non cadono: chi li conoscerà non gusterà la morte»
Gv 12, 47: «kai; ejavn tiv~ mou ajkouvshæ tw`n rJhmavtwn kai; mh; fulavxhæ, ejgw;
ouj krivnw aujtovn»
Mt 22, 28: «didavskonte~ aujtou;~ threi`n pavnta o{sa ejneteilavmhn uJmi`n»
43
La LXX attesta, solo sporadicamente, threi'n tou;~ lovgou~ mou, in bocca a Dio (1
Sam 15, 11), e threi'n ta; rJhvmatav mou, in bocca al padre che istruisce il figlio (Pr 3,1; cfr.
anche 21).
44
Ma cfr. anche Mt 10, 33; Lc 12, 9; Ap 2, 13 e 3, 5.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 107
nea alla manifestazione del nome di Dio ai discepoli, nome che il Padre ha
dato a Gesù (cfr. Gv 17, 11-12). La custodia fedele garantisce l‘amore di Dio
45
e di Gesù (Ap 3, 9 e Gv 14, 21-24; cfr. anche Ap 1, 5 e 20, 4-9) , e innesca la
reciprocità della preservazione, che viene a coinvolgere in prima linea Dio
46
stesso e Gesù (cfr. Ap 3, 10 e Gv 17, 6-8.11-12.15) .
La fraseologia matteana affine e i detti paralleli a Gv 8, 51-52 rintrac-
ciabili in Vang. Tom. 1 e 19, rielaborati in sede redazionale e, con tutta pro-
babilità, non riconducibili a una Vorlage giovannea, lascerebbero pensare a
una diffusione abbastanza ramificata del detto, e dell‘espressione e delle sue
varianti, con esso, tale da non imporre per queste una dipendenza diretta di
47
Ap da Gv . Questa ipotesi si fa preferire anche per l‘assenza, in Ap, del corri-
spettivo threi'n ta;~ ejntola;~ mou/ta~; ejmav~ (Gv 14, 15.21 e 15, 10; cfr. 1 Gv
2, 3-4 e 2 Clem. 4, 5): Ap conosce unicamente comandamenti divini (Ap 12,
48
17 e 14, 12) e non le sviluppa, in ogni caso, in senso cristologico (cfr. Gv 8,
49
55 e 15, 10) .
22, 13: «ejgw; [eijmi] to; ÒAlfa kai; to; 6, 35: «ejgwv eijmi oJ a[rto~ th`~ zwh`~»
ÇW, oJ prw`to~ kai; oJ e[scato~, hJ ajrch; (cfr. anche vv. 41.48.51)
kai; to; tevlo~»
8, 12: «ejgwv eijmi to; fw`~ tou` kovsmou»
22, 16: «ejgwv eijmi hJ rJivza kai; to; gevno~
Dauivd, oJ ajsth;r oJ lampro;~ oJ prwi>nov~» 10, 7: «ejgwv eijmi hJ quvra tw`n pro-
bavtwn» (cfr. anche v. 9)
45
L‘intreccio multiplo di allusioni isaiane in Ap 3, 9 (cfr. Is 43, 4; 49, 23; 60, 14) rivela
la mano di Giovanni e sottolinea la sua volontà di stabilire questa connessione (Fekkes, 1994,
pp. 133-137). Sulla scorta di queste osservazioni, mi pare qui importante segnalare come,
quantomeno in altre due delle quattro totali occorrenze di ajgapavw nell‘Apocalisse (Ap 1, 5 e
12, 11), si possano percepire chiaramente sfumature giovannee.
46
La costruzione threvw ejk si incontra solo in Ap 3, 10 e Gv 17, 15: qui, la protezione è
direttamente dal Malvagio, lì dall‘ora della prova che incombe, e con ciò indirettamente dallo
stesso Diavolo di Ap 2, 10 (cfr. anche 1 Gv 5, 18, ma, soprattutto, Mt 6, 13; Did 8, 2; Ap.
Giac. 4, 29-31; Ps.-Clemente, Hom. 3, 55). Si veda Riesenfeld, 1969, pp. 141-142 e nn. 14 e
16, e Frey, 1993, p. 355 n.172.
47
Koester, 1990, pp. 114-115; Theobald, 2002, pp. 503-504; Nordsieck, 2004, pp. 33-
34 e 94;.
48
Cfr. Sir 29, 1; T. Dan 5, 1; Flavio Giuseppe, A.J. 8, 120; Mt 19, 17; 1 Gv 3, 22-24 e 5,
3.
49
Frey, 1993, pp. 354-356.
108 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Vang. Tom. 77: «Io sono la luce che è sopra tutti loro. Io sono il tutto»
Ignazio, Phld. 9, 1: «aujto;~ w]n quvra tou` patrov~, diÆ h\~ eijsevrcontai ÆA-
braa;m kai; ÆIsaa;k kai; ÆIakw;b kai; oiJ profh`tai kai; oiJ ajpovstoloi kai; hJ
ejkklhsiva»
Vang. Naass. in Ps.-Ippolito, Haer. 5, 8, 21: «ejgwv eijmi hJ puvlh hJ ajlhqinhv»
Atti Giov. 95: «luvcno~ eijmiv soi tw`æ blevpontiv me. ajmhvn. e[soptrovn eijmiv
soi tw`æ noou`ntiv me. ajmhvn. quvra eijmiv soi krouvontiv me. ajmhvn. oJdov~ eijmiv
soi parodivthæ»
Marcello in Eusebio, Marc. 1, 2, 26: «proi>w;n dÆ au\qi~ oJ aujto;~ eijsavgei
to;n swth`ra levgonta ejgwv eijmi hJ hJmevra»
Ps.-Clemente, Hom. 3, 52, 2: «ejgwv eijmi hJ puvlh th`~ zwh`~: oJ diÆ ejmou` eijs-
ercovmeno~ eijsevrcetai eij~ th;n zwhvn»
Afraate, Dem. 4, 5: «Io sono la porta della vita: chiunque entrerà attraverso
di me, vivrà in eterno»
Pietro di Sicilia, Hist. Man. 29: «ejgwv eijmi to; u{dwr to; zw'n»
Giovanni Sabanisʒe, Mart. Ab. 4, 11 (ed. Schultze): «Egli è stato chiamato
porta, poiché ha detto: ―Io sono la porta della vita‖»
50
Ab. (A) 16; Pr. Gius. in Origene, Comm. Jo. 2, 189-190) : formula e predi-
cazioni coincidenti, metaforiche e non, ritornano pronunciate anche a nome
51
di Dio (cfr. Ap 1, 8 e 21, 6-8, e 1, 17-18 e 22, 13) .
I paralleli offerti da Vang. Tom., Ignazio, Vang. Naass. e omelie pseu-
52
do-clementine, tutti non necessariamente dipendenti da Gv , anche dalla lo-
ro, più che una rete di corrispondenze dirette, sembrano presupporre
l‘esistenza di un complesso di tradizioni gesuane pre-giovannee formate e
53
modellate sugli stilemi di simili auto-rivelazioni .
2.1.5 La vittoria
Ap Gv
3, 21: «wJ~ kajgw; ejnivkhsa» 16, 33: «ejgw; nenivkhka to;n kovsmon»
Altri paralleli:
Lc 11, 22: «ejpa;n de; ijscurovtero~ aujtou` ejpelqw;n nikhvshæ aujtovn, th;n
panoplivan aujtou` ai[rei ejfÆ h\æ ejpepoivqei, kai; ta; sku`la aujtou` diadiv-
dwsin»
Vang. Salv. 13, 10.14: «Io combatto per voi: anche voi fate la guerra (pov-
lemo~) […] non piangete da <ora in avanti>, ma gioite piuttosto, amen. Io
ho vinto il mondo, e voi non lasciate che il mondo vi vinca»
50
Cfr. Norden, 1913, pp. 177-201.239; Bultmann, 1953, p. 167 n.2; Schweizer, 1965,
pp. 12-35; 64-82; 111-112; 127-129; Berger, 1984, p. 39; Id., 1991, pp. 197-198; Id. 1997, pp.
55-56 e 195-197, con ulteriore bibliografia; Geiger, 1992; Aune, 1996, pp. 140-143; Cebulj,
2000, pp. 21-57; 123-126; 266-287. Cfr. anche la succinta analisi delle occorrenze nell‘Ap
offerta da Frey, 1993, pp. 400-402.
51
Per la fraseologia, cfr. Is 41, 4; 43, 10; 44, 6; 48, 12; Ger 17, 10.
52
Su Vang. Tom. e Ignazio, cfr., rispettivamente, Koester, 1990, pp. 117-118 e Nord-
sieck, 2004, pp. 291-293, e Theobald, 2002, pp. 296-300 e 544-545, che pure, stranamente,
liquida Ps.-Clemente, Hom. 3, 52, 2 come «Aufnahme von Joh 10, 9» (p. 295), con le stesse
argomentazioni avanzate per l‘indipendenza di Phld. 9, 1. Se dunque la dimostrazione per I-
gnazio tiene, mi pare il caso, non fosse altro, almeno di riesaminare il giudizio sia sul detto
conservato dall‘omelia pseudo-clementina sia sulla citazione dello Ps.-Ippolito (cfr. anche
Egesippo in Eusebio, H.E. 2, 23, 8.12). A conclusioni opposte arriva, infatti, l‘analisi di Kline,
1975, pp. 163-164. Per una recente messa a punto, che tiene conto anche della tradizione si-
riaca e georgiana del detto, vedi Tripaldi – Stori, 2009. Su possibili contatti fra le tradizioni
sinottiche e Gv, si sofferma Geiger, 1992, in particolare, pp. 468-470, che però, tra le «h\lqon-
Worte» giovannee, manca di citare Gv 12, 46, tanto più interessante per gli stretti paralleli che
presenta con Gv 8, 12 e 9, 5.
53
Sulla relazione specifica tra Gv ed Ap, cfr. le conclusioni di Frey, 1993, pp. 401-402,
e Theobald, 2002, pp. 299-300 e 544-545.
110 Capitolo secondo
P.Stras. Copt. 5 (verso): «<Voi (?)> ora vi rallegrate che io <ho vinto> il
mondo»
Lc 11, 22, da una parte, e Gv 16, 33 con Ap 3, 21, dall‘altra, sono le uni-
54
che parole ―canoniche‖ di Gesù che si incentrino su una sua vittoria : il detto
lucano si inserisce nella disputa sull‘attività esorcistica di Gesù (Lc 11, 14-
26) e traduce in immagini il conflitto in corso tra di lui e i demoni, il regno
di Dio e quello di Satana; Gv 16, 33 e Ap 3, 21, entrambe in prima persona,
entrambe sullo sfondo di tradizioni martirologiche e apocalittiche, spostano
il discorso su un piano di dimensioni cosmologiche, Gv inquadrando la vitto-
ria di Gesù nella cacciata del sovrano del mondo (cfr. Gv 12, 13; 14, 30, 16,
55
11) , Ap celebrandola nella guerra contro le forze sataniche (cfr. Ap 12, 1-
56
12) . L‘uso assoluto del verbo in Ap, di contro a Gv e alla linea di sviluppo
57 58
che ne procede , fa propendere per un‘origine autonoma dell‘espressione .
54
Bauernfeind, 1942, p. 943, e Frey, 1993, pp. 389-390.
55
Cfr. Holtz, 1981, p. 1149; Taeger, 1994, pp. 25-28; Berger, 1997, pp. 170-171 e 233-
239.
56
Cfr. Holtz, 1981, p. 1150, e Taeger, 1994, pp. 33-41.
57
Così su Vang. Salv., Frey, 2002, pp. 75-78, e Plisch, 2005, pp. 70-73. Su P.Stras., più
cautamente, Schneemelcher, 1987, pp. 87-88. Risalta, in entrambi i testi, la connessione di
gioia dei discepoli e vittoria di Gesù (ma cfr. orientativamente Gv 16, 20-22 e 31-33), in
Vang. Salv., l‘esortazione conseguente e parallela, diretta ai discepoli, di non lasciarsi vincere
dal mondo, in una sfumatura piuttosto analoga all‘uso di nikavw in 1 Gv e Ap in riferimento ai
seguaci di Gesù: collage di passi giovannei o risonanze di tradizioni – o sviluppi di tradizioni
– comuni e indipendenti?
58
Ap 5, 5 e 17, 14 riprendono, invece, tradizioni messianiche, e le fondono con la cri-
stologia dell‘Agnello, illuminando bene la complessità semantica e le sfumature temporali
della vittoria di Gesù in Ap. Cfr. le osservazioni di Roose, 2000, pp. 66-67 e 70-71.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 111
zioni ben più pervasiva di quanto i testi poi confluiti nelle scritture cristiane,
59
presi in sé stessi, lascino presumere .
Il linguaggio di Gesù nell‘Ap, nei costrutti, nelle forme, nelle espressio-
ni che crediamo di aver riconosciuto e identificato, si colloca in questo alveo
orale più esteso.
60
2.2 I detti .
61
2.2.1 La beatitudine dell‘udire e custodire (Ap 1,3) .
Ap Lc Vang. Tom. Herm. Sim.
59
Illuminanti la ricostruzione di Theobald, 2002, pp. 196-198 e 525-528, e le sue preci-
sazioni alle tesi di Koester, 1990, pp. 544-546 e 552-553. Ma cfr. già Koester, 1957, pp. 45-57
e 79-94, e Berger, 1995, p. 615-616.
60
Dell‘elenco offerto da Vos, 1965, pp. 218-219, non discuto qui Ap 6, 4; 11, 6; 13, 10;
17, 4; 18, 4: il primo, il quarto ed il quinto passo offrono una base testuale troppo esigua, vaga
e generica per una comparazione fondata, argomentabile in primo luogo su criteri formali,
tanto più avendo tutti paralleli precisi nelle scritture ebraiche che possano averli ispirati (cfr.,
rispettivamente, Ger 4, 10 e 12, 12 LXX, e Is 2, 4; Ger 51, 7 TM e Tg. Neb.; Ger 50, 8 e 51,
6.45 TM); il secondo rimanda a linguaggio e tradizioni diffusi ampiamente e irriducibili alla
sola tradizione delle parole di Gesù, quale attestata da Lc 4, 25 (cfr. Gc 5, 17 e i testi citati da
Aune, 1998a, p. 615); nell‘analisi del terzo, infine, lo studioso olandese si basa, in maniera
decisiva, su una lezione secondaria, che dà l‘impressione di essere piuttosto una armonizza-
zione scribale a Mt 26, 52, volta a semplificare le durezze linguistiche e la comprensione del
passo, di fatto però stravolgendone il senso (cfr. Charles, 1920, pp. 355-356, e Metzger, 1971,
p. 750): morte per spada e deportazione erano infatti il destino – storico e paradigmatico –
incombente sul popolo di Dio per mano di Babilonia e dei re della terra (cfr. Ger 15, 2; 1 Esd.
8, 74; Lc 21, 24 con Ap 17, 5-6 e 18, 2-4.24). Dell‘elenco offerto da Segalla, 2000, pp. 121-
129, in parte seguendo Vos, ho escluso le corrispondenze solo tematiche, le risonanze chiara-
mente mediate dai sottotesti di riferimento comuni, e quei paralleli che la tradizione sinottica
e giovannea non presentassero mai effettivamente in bocca a Gesù come sue parole. In ap-
pendice al capitolo, si può trovare un prospetto comparativo degli elenchi, il mio compreso.
61
Cfr. Vos, 1965, pp. 54-60, e Vanni, 1991, pp. 18-20.
112 Capitolo secondo
makavrioi
e[sontai»
Altri paralleli:
Gc 1, 22.25: «givnesqe de; poihtai; lovgou kai; mh; ajkroatai; movnon para-
logizovmenoi eJautouv~ […] oJ de; parakuvya~ eij~ novmon tevleion to;n th`~
ejleuqeriva~ kai; parameivna~, oujk ajkroath;~ ejpilhsmonh`~ genovmeno~
62
ajlla; poihth;~ e[rgou, ou\to~ makavrio~ ejn th`æ poihvsei aujtou` e[stai»
Gv 12, 47: «kai; ejavn tiv~ mou ajkouvshæ tw`n rJhmavtwn kai; mh; fulavxhæ, ejgw;
ouj krivnw aujtovn»
Lc 8, 21: «mhvthr mou kai; ajdelfoiv mou ou\toiv eijsin oiJ to;n lovgon tou` qe-
ou` ajkouvonte~ kai; poiou`nte~»
62
Il macarismo finale potrebbe indicare che Gc 1, 22-25 abbia parafrasato e fuso due
detti di Gesù, Mt 7, 21-27 // Lc 6, 47-49, e Lc 11, 28 appunto. Cfr. le osservazioni di Bau-
ckham, 2004, pp. 78-84 e 87, e Kloppenborg, 2004, pp. 122-127.
63
threvw e fulavssw sono di fatto sinonimi (cfr. Mt 19, 17.20 e Gv 17, 11-12), con pre-
valenza assoluta del primo nella letteratura giovannea, in generale, e nell‘Ap, in particolare. Il
copto (h)areh e-può tradurre entrambi in costruzione con l‘accusativo, cfr. Ap 1, 3 bo e 3, 10
sa bo; Lc 11, 28 sa bo; Mt 19, 17.20 sa bo; Gv 17, 12 sa bo; Rm 2, 26 sa bo mf. Erma alterna
l‘uso (cfr. Vis. 5, 1, 7).
64
In Ap 1, 3, a 046. 1854 pc leggono ton logon per tou~ logou~, ma l‘unanimità dei
testimoni a 22, 6-7.18-19 dimostra che si tratta probabilmente di una armonizzazione, consa-
pevole o inconsapevole, con il parallelo lucano.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 113
67
2.2.2 Il compiersi del tempo e il regno (Ap 1, 3 e 22, 10)
Ap Lc
Altri paralleli:
Mt 21, 34: «o{te de; h[ggisen oJ kairo;~ tw'n karpw'n»
Rm 13, 11-12: «kai; tou`to eijdovte~ to;n kairovn, o{ti w{ra h[dh uJma`~
ejx u{pnou ejgerqh`nai, nu`n ga;r ejgguvteron hJmw`n hJ swthriva h] o{te ej-
pisteuvsamen. hJ nu;x proevkoyen, hJ de; hJmevra h[ggiken»
1 Cor 7, 29: «tou`to dev fhmi, ajdelfoiv, oJ kairo;~ sunestalmevno~ ej-
stivn»
Fil 4, 5: «oJ kuvrio~ ejgguv~»
Mc 13, 29 (= Mt 24, 33): «ejgguv~ ejstin ejpi; quvrai~»
Lc 21, 30: «ejgguv~ ejstin hJ basileiva tou' qeou'»
Barn. 21, 3: «ejggu;~ hJ hJmevra, ejn h/| sunapolei`tai pavnta tw`æ
ponhrw`æ: ejggu;~ oJ kuvrio~ kai; oJ misqo;~ aujtou` »
1 Clem. 21, 3: «ijdwmen, pw`~ ejgguv~ ejstin»
Gc 5, 8: «makroqumhvsate kai; uJmei`~, sthrivxate ta;~ kardiva~ uJmw`n,
o{ti hJ parousiva tou` kurivou h[ggiken»
1 Pt 4, 7: «pavntwn de; to; tevlo~ h[ggiken»
L‘attesa di una fine dei tempi ormai prossima appare largamente diffusa
68
e modulata nei testi proto-cristiani . Le formulazioni che le danno voce sono
di fatto delle più varie, specialmente quando si tratta di indicare di chi o di
65
Similmente il testo di Erma riportato (cfr. Vis. 5, 1, 5-7).
66
Cfr. Schweiker, 2005, pp. 116-117.
67
Vos, 1965, pp. 178-181.
68
Preisker, 1933, pp. 330-331.
114 Capitolo secondo
69
L‘aggettivo ebraico qrwb (qryb nelle versioni aramaiche) può essere reso in greco sia
con «ejgguv~» (cfr. Gn 45, 10; Es 13, 17; Is 13, 6; Ez 30, 3) che con «h[ggiken» (cfr. Ez 7, 7
[4]). Cfr. le osservazioni di Vos, 1965, p. 180 n. 335.
70
Aune, 1997, p. 21, rileva la sinonimia di Ap 1, 3 e Lc 21, 8, ma ne propone una di-
pendenza comune da Dn 7, 22, dove l‘aramaico zmn‟ mt‟̣ è tradotto con «oJ kairo;~ e[fqasen»
da Teodozione, e «oJ kairo;~ ejdovqh» dai Settanta. Va fatto notare però che, delle otto occor-
renze di mt‟̣ nel TM, solo due delle cinque tradotte alquanto liberamente dalla LXX (Dn 4,
8.19) sono rese con ejggivzw, mentre Teodozione recupera sempre il più fedele fqavnw (cfr.
Casey, 1998, p. 27). Nella stessa direzione, la portata dell‘evidenza dei Targumim sulla corri-
spondenza ng„ – mt‟̣ – ejggivzw era stata già circoscritta e limitata da Black, 1954, pp. 260-262.
L‘equivalenza tra mt‟̣ ed ejggivzw, e, di riflesso, tra ejggivzw e fqavnw non mi sembra quindi co-
sì facile, o, perlomeno, non così immediata da stabilire. Cfr., da ultimo, Dunn, 2003, pp. 407-
408, con altra letteratura.
71
Si vedano Meier, 1994, pp.431-432.434; Theissen – Merz, 1999, pp. 329 e 464; No-
relli, 2008, p. 39. Sul linguaggio del regno nella letteratura proto-cristiana e la sua ascendenza
gesuana, cfr. anche Dunn, 2003, pp. 383-387, che, come esempi, elenca: il regno «si è avvici-
nato», «verrà», «è sopraggiunto», va «cercato», ci si «entra», è «afferrato», «subisce violen-
za» (p. 387).
72
Come i parallelismi incrociati tra Ap 11, 15.17-18, e 19, 6-7 aiutano a chiarire, ejgev-
neto corrisponde qui sostanzialmente a h\lqen (cfr. anche Ap 1, 9-10; 4, 2; 17, 3).
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 115
73
20) e già ben radicata nella tradizione delle parole di Gesù . Su queste stesse
linee (compiersi del kairov~ e prossimità [h[ggiken] della venuta del regno;
esigenza escatologica della conversione [metanoei'te] e della fede
nell‘eujaggevlion) corre il sunto marciano del «vangelo di Dio» proclamato
da Gesù (Mc 1, 14-15; cfr. Mt 4, 17, che però elimina ogni riferimento al
74
vangelo) . Questa introduzione sintetica rappresenta, con tutta probabilità,
75
una composizione redazionale di Mc , e segue uno schema di predicazione
missionaria arcaico (cfr. Mc 6, 12; 1 Ts 1, 9-10; At 14, 15-17 e 17, 24-31; Eb
76
6, 1-2 e 11, 6) ; al tempo stesso, sembra raccogliere e coordinare frammenti
e motivi centrali dell‘insegnamento del Nazareno, variamente sparsi nella
77
tradizione dei detti .
Con la sua vicinanza al sommario iniziale marciano, Ap 14, 6-7 dimo-
stra chiaramente che Giovanni conosce lo schema in qualche sua forma e lo
recupera e trasforma. Queste conclusioni vengono quindi a integrare le con-
siderazioni su base formale già svolte, e confortano l‘ipotesi che Ap 1, 3 –
come, del resto, 22, 10 – provenga dallo stesso bacino di tradizioni gesuane.
Il coinvolgimento di lettore e ascoltatori nella beatitudine acquista così signi-
ficato e rilevanza escatologica decisivi: lettura, ascolto e preservazione del
rotolo si inscrivono nel quadro del prossimo compimento dei tempi prean-
nunciato da Gesù e nell‘imminente avverarsi delle parole di profezia rivelate
a Giovanni e da lui trascritte e inviate (cfr. Ap 22, 10).
2.2.3 La parusia del Figlio dell‘Uomo e il lutto delle tribù della terra (Ap 1,
78
7)
Ap Mt Did. Apoc. Piet.
73
Dunn, 2003, pp. 498-500.
74
Cfr. anche le osservazioni di Berger, 1995, pp. 613 e 625.
75
Discussione e ulteriore letteratura in Meier, 1994, pp. 430-431.
76
Cfr. Berger, 1995, pp. 387-388.389-390 e 613-614.
77
Cfr. Theissen – Merz, 1999, pp. 319 e 464, e Dunn, 2003, pp. 384-385; 407-408; 437-
439.
78
Vos, 1965, pp. 60-71; Schüssler Fiorenza, 1972, pp. 185-192; Wenham, 1984, pp.
314-315; Beale, 1985, pp. 138-140; Karrer, 1986, pp. 121-123; Yarbro Collins, 1992, pp. 543-
547.
116 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Giustino, Dial. 14, 8: «o{te ejn dovxhæ kai; ejpavnw tw`n nefelw`n parev-
stai, kai; o[yetai oJ lao;~ uJmw`n kai; gnwriei` eij~ o}n ejxekevnthsan»
Ps.-Epifanio, Test. 100, 1: «Zacariva~ levgei: o[yontai to;n uiJo;n tou`
ajnqrwvpou ejrcovmenon ejpi; tw`n nefelw`n:kai; kovyontai fulai; kata;
fulav~»
79
C 2053 pc sa leggono epi, come in Ap 14, 14 e Mt 24, 30. Sia ejpiv che metav possono
tradurre „m, cfr. Dn 7, 13 LXX e Q.
80
Traduco dalla versione inglese letterale di Buchholz, 1988.
81
Anche Did. la conosce probabilmente come parole di Gesù, cfr. Draper, 1985, pp.
280-284, e 1996, pp. 88-91; Pesce, 2005, pp. 96-97 e 601.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 117
82
Vos, 1965, pp. 62-68; Wenham, 1984, pp. 314-315; Yarbro Collins, 1992, pp. 543 e
546.
83
In Apoc. Piet. (135 d.C. circa), la sequenza successiva vedere (x2) – piangere, il sin-
golare «nuvola» per il plurale usato da Mt (cfr. Lc 21, 27), la presenza della cerchia degli «an-
geli di Dio» (cfr. Mt 25, 31; Lc 9, 26 e 12, 8-9, e Ap 3, 5), la citazione più fedele di Zc 12, 10-
12 sono tutti elementi che farebbero concludere per una trasmissione indipendente dalla for-
mulazione di Mt 24, 30. L‘espressione «il trono della mia (sua) gloria» in riferimento al Figlio
dell‘Uomo, tra i Sinottici, caratteristica del solo Mt (cfr. 19, 28 e 25, 31), si trova già in 1 En.
61, 8; 62, 5; 69, 27.29. Cfr. anche il commento di Buchholz, 1988, pp. 267-276.
84
Per Ap 1, 7, cfr. Dn 7, 13 TM; Zc 12, 10 TM; Zc 12, 10 TM e LXX; per Mt 24, 30,
cfr. Dn 7, 13 TM e LXX. Vedi anche Charles, 1920, pp. 17-18; Schüssler Fiorenza, 1972, pp.
186-188; Aune, 1997, p. 54.
85
Cfr. Holtz, 1962, p. 135; Vos, 1965, pp. 62 e 65-71; Schüssler Fiorenza, 1972, pp.
188-192; Karrer, 1986, p. 122 n.58; Bauckham, 1993a, pp. 319-320; Yarbro Collins, 1992, p.
546; Prigent, 2000a, p. 91.
86
Vedi Norelli, 1995b, pp. 172-176; Visonà, 2000, pp. 239-245; Pesce, 2005, pp. 600-
601. Cfr. Charles, 1920, pp. 18-19, che però insiste sulla mediazione della Vorlage matteana.
87
Cfr. le osservazioni di Aune, 1997, pp. 52 e 55.
88
Cfr. Bauckham, 1993a, 318-321, e Prigent, 2000a, pp. 91-92. Questo, di per sé, non
esclude che il detto combinato possa essere arrivato a Giovanni come tradizione gesuana.
118 Capitolo secondo
2, 7: «oJ e[cwn 8, 4: «Chi ha 11, 15: «oJ e[cwn 8, 8: «oJ e[cwn 4, 9: «o}~ e[cei
ou\~ orecchio w\ta w\ta w\ta
per udire, ajkouvein ajkouvein
ajkousavtw» oda» ajkouevtw» akouevtw» ajkouevtw»
(cfr. anche 2, (cfr. anche 21, (cfr. anche 13, (cfr. anche 14,
11.17.29; 3, 10; 24, 2; 63, 3; 9 e 43) 35 e 12, 21
6.13.22) 65, 8; 96, 3) v.l.)
13, 9: «ei[ ti~ 4, 23: «ei[ ti~
e[cei ou\~ e[cei w\ta
ajkouvein
ajkousavtw» ajkouevtw»
(cfr. anche 7,
16 v.l.)
89
Karrer, 1986, p. 122 n.58. Cfr. anche Barn. 7, 8-10.
90
Cfr. Aune, 1996, pp. 521-524 e 594-595.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 119
Altri paralleli:
P.Oxy. 1081 (= Soph. Ges. Cristo 97, 16 – 99, 12), 6-8: «oJ e[cwn w\ta tw'n
ajperavntwn ajkouvein ajkouevtw»; 18-19: «oJ e[cwn w\ta tw'n ajperavntwn aj-
kouvein ajkouevtw»
Vang. Maria 7, 8-9: «Chi ha orecchio per udire, oda»; 8, 10-11: «Chi ha o-
recchio per udire, oda»
Ps.-Simon Mago, Grande Riv. in Ps.-Ippolito, Haer. 6, 16, 1: «ajrkei`,
fhsiv, to; lecqe;n uJpo; tw`n ejqnw`n pro;~ ejpivgnwsin tw`n o{lwn toi`~ e[cousin
ajko(a;~) <th'~ ajk>oh`~»
94
2.2.5 Della vittoria: la corona della vita (Ap 2, 10) .
Ap 2 Tm Gc Vang. Tom.
91
Cfr. Dibelius, 1910, in particolare, pp. 468-471; Horst, 1954; Hahn, 1971, in partico-
lare, pp. 377-379; Fusco, 1980, pp. 155-159; Popkes, 1983; Crossan, 1983, pp. 68-73; Enroth,
1990, in particolare, pp. 600-601.
92
Così Hahn, 1971, pp. 379-380; Berger, 1972, pp. 480-482 n.1; Fusco, 1980, p. 156;
Popkes, 1983, pp. 92-93; Aune, 1996, pp. 174-175 e 518.
93
Popkes, 1983, p. 93. Cfr. anche Vos, 1965, pp. 71-75.
94
Vos, 1965, pp. 192-193.
120 Capitolo secondo
moi
«makavrio~ ajnh;r «Beato l‘uomo
pisto;~ a[cri qa- o}~ uJpomevnei pei- che ha faticato
navtou, rasmovn
o{ti dovkimo~ genov-
meno~
kai; dwvsw soi lhvmyetai e ha trovato
oJ th`~ dikaiosuvnh~
to;n stevfanon stevfano~, to;n stevfanon
th`~ zwh`~» th`~ zwh`~, la vita»
o}n ejphggeivlato
toi`~ ajgapw`sin auj-
tovn»
o}n ajpodwvsei moi oJ
kuvrio~ ejn ejkeivnhæ
th`æ hJmevra/»
Altri paralleli:
Lib. grad. 3, 3: «Poiché gli atleti stanno in piedi nella lotta e nel combatti-
mento e colpiscono e sono colpiti, a loro disse il Signore: ―Dopo che abbia-
te colpito e siate stati colpiti, se vincerete e salirete dal combattimento e ri-
ceverete la corona e con la corona uscirete da questo mondo, i vostri peccati
non saranno ricordati, ma come sarete trovati nella vittoria, sarete presi in-
coronati‖»
Atti Fil. 135: «tovte oJ kuvrio~ fanei;~ tw`æ Filivppwó ei\pen:[…] tiv~ de; ejn
stadivwó gennaivw~ dramw;n ouj lambavnei to; brabei`onÉ tiv~ de; pluvna~ ta; iJ-
mavtia aujtou` hJdevw~ aujta; moluvneiÉ w\ Fivlippe, ijdou; oJ numfwvn mou
e{toimov~ ejstin, ajlla; makavriov~ ejstin oJ euJreqei;~ ejn aujtw`æ e[cwn to;
e[nduma lamprovn: aujto;~ gavr ejstin oJ lambavnwn to;n stevfanon {vv.ll:
95
th'~ cavrito~ ] th'~ cara'~} ejpi; th'~ kefalh'~ aujtou' »
1 Pt 5, 4: «kai; fanerwqevnto~ tou` ajrcipoivmeno~ komiei`sqe to;n aj-
maravntinon th`~ dovxh~ stevfanon»
Atti Tom. 147: «to;n nekro;n ejzwopoivhsa kai; to;n zw'nta ejnivkhsa kai; to;
uJsterouvmenon ejplhvrwsa i{na devxwmai th'~ nivkh~ to;n stevfanon»
95
Cfr. anche 144, dove la metafora viene elaborata. Forti sono in tutto il brano le remi-
niscenze di Ap (cfr. 3, 4; 7, 14; 19, 8-9).
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 121
96
Cfr. Sap 4, 2; T. Ben. 4, 1; Filone, Agr. 109-120; Leg. 2, 108; Praem. 27; Migr. 133-
136; 4 Macc. 6, 10 e 33; 7, 1-4; 17, 10-18; T. Giob. 4, 6.9-10; 1 Cor 9, 24-25; Eb 12, 1-4; 2
Clem. 7, 1. I paralleli secondari riportati, compresi i due logoi attribuiti esplicitamente al Si-
gnore, attingono più probabilmente a questo campo semantico comune, quando non ad alcuni
dei testi appena citati (cfr., ad esempio, At. Fil. 135 e 1 Cor 9, 24-25).
97
Bauckham, 2004, pp. 80-81, e Kloppenborg, 2004, pp. 135-141.
98
Cfr. Pesce, 2005, pp. 511-512 e 529-531. Sull‘eventuale presenza di tradizioni gesua-
ne in 1 Cor 2, vedi Koester, 1990, pp. 52-59.
99
Rispetto agli altri testi, e in particolare, a Gc 1, 12, con cui condivide forma e struttu-
ra di macarismo, Vang. Tom. li declina in maniera tutta particolare: attribuisce la parola diret-
tamente a Gesù; uJpomevnw sfuma in un hise, «affaticarsi, penare», che solitamente non lo tra-
duce mai; scompaiono la corona e i relativi accenni al dare o ricevere, sostituiti da «ha trova-
to», sempre la vita. Questi due verbi caratterizzano entrambi una dialettica di ricerca e scoper-
ta, ben più radicata nel mondo simbolico del testo di quanto non lo sia il campo semantico
agonistico (cfr. Vang. Tom. 2; 8; 94; 107; 109-111, con le annotazioni linguistiche di Schrö-
ter, 2009, pp. 46-47). Viene immediato, quindi, pensare a interventi redazionali.
122 Capitolo secondo
sofferenza e alla perseveranza (cfr. Mt 10, 22; Mc 13, 13; Lc 21, 19 e 22, 28-
30; Vang. Tom. 58; 2 Clem. 19, 3; Barn. 7, 11; Tertulliano, Bapt. 20; Atti
100
Giov. Pro. 25; Ps.-Macario, Hom. 27, 20) .
101
2.2.6 L‘ora, il ladro, la veglia (Ap 3, 2.3 e 16, 15) .
Ap Did. Mt Lc
100
Cfr. l‘analisi recente di De Luca – Rescio – Stori – Tripaldi – Walt, 2008.
101
Vos, 1965, pp. 75-85; Bauckham, 1977, pp. 165-169 e 174-176; Crossan, 1983, pp.
57-66; Yarbro Collins, 1992, p. 559.
K L G, la vetus latina e la Vulgata, sys.p sams bopt e alcune minuscole hanno wra
102
hsen kai.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 123
Altri paralleli:
1 Ts 5, 2: «hJmevra kurivou wJ~ klevpth~ ejn nukti; ou{tw~ e[rcetai»
2 Pt 3, 10: «h{xei de; hJmevra kurivou wJ~ klevpth~»
Vang. Tom. 21, 5-7: «Perciò, io vi dico che il padrone di casa, se sa che
viene il ladro, veglierà prima che venga, e non lo lascerà entrare nella casa
del suo regno a prendere i suoi beni. Quanto a voi, vegliate al cospetto del
mondo, e cingetevi con gran forza ai fianchi, perché i predoni non trovino
la strada per venire da voi»; 103: «Disse Gesù: ―Beato l‘uomo che sa in che
parte [della casa? della notte?] entrano i predoni, per alzarsi, radunare il
proprio regno e cingersi ai fianchi prima che entrino‖»
Didimo, Trin. 3, 22: «wJ~ klevpth~ ejn nukti; e[rcetai hJ teleutaiva hJmevra»
Epifanio, Anch. 21, 2: «wJ~ klevpth~ ejn nukti; e[rcetai hJ hJmevra ejkeivnh»
Epifanio, Pan. 69, 44: «givnesqe e{toimoi, e[stwsan aiJ ojsfuve~ uJmw`n pe-
riezwsmevnai kai; aiJ lampavde~ uJmw`n ejn tai`~ cersi;n uJmw`n, kai; e[sesqe
wJ~ kaloi; dou`loi, prosdokw`nte~ to;n i[dion despovthn. wJ~ ga;r lhæsth;~ ejn
nuktiv, ou{tw~ paragivnetai hJ hJmevra»
104
lanti . L‘assenza della precisazione temporale «nella notte», si fa segno di
una maggiore affinità letteraria e tematica con le varianti sinottiche, più con
105
Lc che con Mt, che ha anche fulakhv, e di Did. . Lo confermano le ricor-
renze simultanee di grhgorevw e dell‘imperativo di givnomai con funzione
esortatoria introduttiva. Specifica di Mt // Lc e Ap è l‘espressione «a quale
ora», che, per Giovanni, farebbe decisamente pensare ad una conoscenza del
106
brano escatologico di Q . Anche il macarismo di Ap 16, 15 trova una diretta
107
analogia in Lc 12, 37 e, meno immediatamente, in Vang. Tom. 103 : la
combinazione di «vegliare» con «conservare le proprie vesti» (cfr. Ap 3, 18)
va forse interpretata come sviluppo dell‘immagine o della veglia contro la
nudità del sonno e del lavoro, o del cingersi i fianchi, in ogni caso, quindi,
come indice della preparazione alla parusia (cfr. Mt 24, 18.37-41; Mc 13, 18;
108
Lc 17, 26-36; Gv 21, 7; Vang. Tom. 21, 1-4) .
Nella rivelazione dell‘angelo, di parabole rimane ben poco e la forma in
cui possano essere giunte a Giovanni non si lascia ricostruire con certezza:
nonostante Ap 16, 14 mostri di conoscere un «giorno grande di Dio» come
contesto di riferimento prossimo per la ripresa (cfr. 1 Ts 5, Didimo ed Epifa-
nio), il generale passaggio alla prima persona, soggetto Gesù stesso, ne ha
fatto collassare la struttura narrativa e isolato le immagini, fondendole con
l‘interpretazione, le elaborazioni individuali di Giovanni, l‘applicazione con-
109
creta in funzione parenetica .
110
2.2.7 La confessione del nome davanti al Padre e agli angeli (Ap 3, 5) .
Ap 2 Clem. Mt Lc
104
Vos, 1965, pp. 83-85, e Bauckham, 1977, pp. 165-167 e 170. Cfr. anche Ap 3, 20.
105
Vos, 1965, pp. 81-82, e Bauckham, 1977, pp. 169. Sebbene una ambientazione not-
turna manchi, e nonostante la presenza, almeno in 21, 5-7, di roeis (= grhgorevw), i due logoi
di Vang. Tom., con la loro menzione dei «predoni» (lhsthv~), presuppongono piuttosto la tra-
dizione che riaffiora in At. Tom. 146, Epifanio, Pan. 69, 44, e nella traduzione bohairica di Mt
24, 43.
106
Bauckham, 1977, pp. 166 e 170, e Pesce, 2005, pp. 542-543.
107
Cfr. Crossan, 1983, pp. 64-66.
108
Bauckham, 1977, p. 171. Per la fraseologia dell‘intera beatitudine, cfr. Ap 3, 4 e 18.
109
Bauckham, 1977, pp. 167-169 e 175, chiama l‘intero processo «paraenetic deparabo-
lization».
110
Koester, 1957, pp. 72-73, che però non discute Ap 3, 5; Vos, 1965, pp. 85-94; Don-
fried, 1974, pp. 60-61; Vanni, 1991, pp. 20-22; Yarbro Collins, 1992, pp. 559-562.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 125
Altri paralleli:
Herm., Vis. 2, 2, 8: «w[mosen ga;r kuvrio~ kata; tou` uiJou` aujtou`, tou;~ ajr-
nhsamevnou~ to;n kuvrion aujtw`n ajpegnwrivsqai ajpo; th`~ zwh`~ aujtw`n »
2 Tm 2, 11-12: «pisto;~ oJ lovgo~: eij ga;r sunapeqavnomen, kai; suzhvso-
men: eij uJpomevnomen, kai; sumbasileuvsomen: eij ajrnhsovmeqa, kajkei`no~
ajrnhvsetai hJma`~»
111
א1611 hanno emprosqen in accordo con Mt e Lc.
112
Marcione leggeva omologhsw (Tertulliano, Marc. 4, 28).
113
Marcione (cfr. Tertulliano, ibid., ed Epifanio, Pan. 42, 11, 6 e 15 scovlion l) e *א
omettono twn aggelwn, entrambi evidentemente per motivi teologici.
114
Vos, 1965, pp. 87-89. Su origine, forma e funzione delle promesse al vincitore, vedi
Hahn, 1971, pp. 381-390; Berger, 1971, pp. 19-27; Müller, 1974, pp. 104-107.
126 Capitolo secondo
115
Vos, 1965, pp. 90-91, e Vanni, 1991, p. 21.
116
Vos, 1965, pp. 91-92, con discussione e bibliografia.
117
Vanni, 1991, pp. 21-22.
118
Cfr. le conclusioni di Donfried, 1974, p. 61. Yarbro Collins, 1992, p. 560, nega la
possibilità di una dipendenza anche da Q.
119
Così Vos, 1965, pp. 93-94.
120
Vos, 1965, pp. 89-90 e 94. Ap 3, 10 offre un caso analogo di consequenzialità fra a-
zione e reazione, con il verbo threvw. Cfr., tuttavia, anche Ap 2, 13.
121
Interessante, ma sempre con la riserva di un salto da meme à meme dello scriba,
l‘assenza di 12, 9 in alcuni testimoni del vangelo di Lc: ¸45 pc e sys boms.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 127
123
2.2.8 La parabola dei servi vigilanti (Ap 3, 20) .
Ap Lc Ascen. Isa.
122
Pesce, 2005, pp. 560-561 e 592-593. Cfr. anche le varianti del logos sulla rinuncia a
sé stessi in Mt 16, 25; Mc 8, 35; Lc 17, 33; Gv 12, 25, e Ap 12, 11 e di quello sulla fedeltà nel-
le piccole cose in Lc 16, 10-12, e 2 Clem. 8, 3-6.
123
Vos, 1965, pp. 94-100; Bauckham, 1977, pp. 170-174, e 1983, pp. 130-132; Roloff,
1989; Norelli, 1994, pp. 213-219.
128 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Or. sib. 2, 177-181:
«u{yisto~ pavntwn panepivskopo~ aijqevri naivwn
u{pnon ejpÆ ajnqrwvpoi~ skedavsei blevfarÆ ajmfikaluvya~.
w\ mavkare~ qeravponte~, o{sou~ ejlqw;n ajgrupnou`nta~
eu{roi oJ despovzwn: toi; dÆ ejgrhvgorqan a{pante~
pavntote prosdokavonte~ ajkoimhvtoi~ blefavroisin»
Metodio, Symp. 5, 2: «kai; uJmei'~ o{moioi givnesqe ajnqrwvpoi~ prosdecomev-
noi~ to;n kuvrion aujtw'n, povte ajnaluvei ejk tw'n gavmwn, i{na ejlqovnti kai;
krouvsanti aujtw/' eujqevw~ ajnoivxwsin: makavrioiv ejste, o{ti ajnaklinei'
uJma'~ kai; parelqw;n diakonhvsei»
Epifanio, Pan. 69, 44: «kai; e[sesqe wJ~ kaloi; dou`loi, prosdokw`nte~ to;n
i[dion despovthn»
124
Vos, 1965, p. 97, e Roloff, 1989, pp. 460-461 e 463.
125
Norelli, 1994, pp. 215-216 n.478.
126
Cfr. Bauckham, 1977, p. 174, e Roloff, 1989, pp. 456-463, da integrare con le osser-
vazioni di Norelli, 1994, pp. 214-218, che tengono giustamente conto anche di Ascen. Isa. 4,
16.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 129
129
2.2.9 Del sedere sul trono (Ap 3, 21) .
Ap Lc Mt Tom. Atl.
127
Norelli, 1994, p. 218.
128
Sulla dimensione comunicativa delle beatitudini nell‘Ap, cfr. Karrer, 1986, p. 106, e
Giesen, 1997, pp. 64-72, in particolare, 66 e 70-72.
129
Bousset, 1906, pp. 233-234; Vos, 1965, pp. 100-104; Karrer, 1986, pp. 213-217.
130 Capitolo secondo
Altri paralleli:
2 Tm 2, 11-12: «pisto;~ oJ lovgo~: eij ga;r sunapeqavnomen, kai; suzhvso-
men: eij uJpomevnomen, kai; sumbasileuvsomen: eij ajrnhsovmeqa, kajkei`no~
ajrnhvsetai hJma`~»
130
Come in 1 Tm 1, 15, anche in 2 Tm 2, 11-12, la formula «pisto;~ oJ lovgo~» introduce
la ripresa di materiale tradizionale, tra cui frammenti gesuani, trasmessi oralmente (cfr. 1 Tim
5, 18). Vedi supra, 2.2.5.
131
Vos, 1965, pp. 101-103, e Karrer, 1986, pp. 213-214.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 131
ejnivkhsa kai; ejkavqisa meta; tou` patrov~ mou ejn tw`æ qrovnwó aujtou'»; Lc 22,
29: «kaqw;~ dievqetov moi oJ pathvr mou»); l‘assegnazione del trono e del po-
tere regale si realizza nella partecipazione al banchetto escatologico (cfr. Ap
3, 20 e Lc 22, 30).
Il riferimento all‘intronizzazione di Gesù stesso avvicina però il verso
giovanneo soltanto apparentemente alla formulazione matteana, dal momen-
to che in Ap l‘evento è presentato come un precedente già compiutosi (cfr.,
allora, piuttosto, Mt 26, 64; Mc 14, 62; Lc 22, 69; Eb 1, 3; 8, 1; 10, 12; 12,
2), mentre, al contrario, in Mt 19, 28 è tutto proiettato nel futuro, a fungere
da momento scatenante della nuova creazione (paliggenesiva; cfr. anche
132
25, 31) .
Più particolare è l‘attestazione di Tom. Atl.: il detto compare influenzato
dalla tradizione indipendente su regno e riposo escatologico (cfr. anche 140,
40 – 141, 2; Vang. Tom. 2 [greco in P.Oxy. 654, 5-9]; Atti Tom. 136 e 142;
Vang. Eb. in Clemente d‘Alessandria, Strom. 2, 9, 45, 5 e 5, 14, 96, 3), e ri-
flette un‘escatologia di carattere più marcatamente ―mistico‖, centrata
sull‘identità ultima e l‘unione con la divinità, forse non del tutto estranea al
passo stesso dell‘Ap (cfr. 2, 28 e 22, 16, e 3, 12 e 21, 22), e comune a scritti
circolanti tra altri gruppi di seguaci di Gesù (cfr. 1 Cor 15, 28; Vang. Tom.
22 e 108; Atti Tom. 147; Vang. Eg. in Clemente d‘Alessandria, Strom. 3, 13,
92, 2; Vang. Fil. 67, 31-34). Il redattore di Pist. Soph. rileggerà Ap 3, 21, e i
paralleli sinottici, chiaramente su queste linee (cfr. 1, 45 e, soprattutto, 2,
96.99).
Come abbiamo appena accennato, Giovanni lascia cadere – o non cono-
sce? – i dodici troni e il giudizio sulle dodici tribù d‘Israele, e il suo univer-
salismo di fatto coincide con l‘unicità del trono promesso, ovvero il trono di
Gesù che a sua volta è quello di Dio.
Se l‘allusione all‘intronizzazione sovrumana del vincitore va quindi ri-
ferita proletticamente al «trono di Dio e dell‘Agnello» che Giovanni vedrà in
Ap 22, 3-5 (cfr. Ap 4, 2-3.6 e 5, 6), allora anche le variazioni di Ap 3, 21 ri-
spetto alla tradizione si inseriscono in quel «piano programmato di rivela-
zione graduale da parte dell‘autore» che sfocia nella visione finale della Ge-
133
rusalemme celeste .
132
Non insisterei invece troppo su un‘altra differenza: in Ap, Gesù si siede sul trono del
Padre, in Mt, sul trono della sua gloria. Già nel Libro delle Parabole di Enoc, il trono della
gloria del figlio dell‘Uomo veniva di fatto identificato con il trono della gloria di Dio (cfr. 1
En. 65, 4 ; 69, 29; 71, 6, e 61, 8; 62, 5; 69, 27)
133
Lupieri, 2000, pp. 136-137 (citazione p. 137).
132 Capitolo secondo
134
2.2.10 Il giorno dell‘ira (Ap 6, 15-17)
Ap Lc
134
Vos, 1965, pp. 117-120; Wenham, 1984, pp. 311-314; Vanni, 1991, pp. 24-25.
אc A C L W Q Y f1.13 å lat sy Irlat leggono epeleusetai.
135
137
D it sy hanno sthsesqe.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 133
138
«duvnatai staqh'nai») ne sono probabile indizio . Con D. Wenham, si po-
trebbe forse rintracciare anche un parallelismo formale tra il «seismo;~ mev-
ga~» di Ap 6, 12 (cfr. 11, 3.19 e 16, 18) e i «seismoi; [...] megavloi» del solo
Lc 21, 11, e una corrispondenza logica e tematica tra Ap 6, 14: «kai; pa'n
o[ro~ kai; nh'so~ ejk tw'n tovpwn aujtw'n ejkinhvqhsan» (cfr. 16, 20), e Lc 21,
25: «kai; ejpi; th'~ gh'~ sunoch; ejqnw'n ejn ajporiva/ h[cou~ qalavssh~ kai; sav-
139
lou» .
I segni del giorno imminente nel sole, nella luna e nelle stelle, sulla ter-
ra e nel mare vengono, per il resto, descritti da Giovanni con ampiezza di
dettagli, di contro, questa volta, al sunto lucano, e più in linea con i paralleli
sinottici di Mt 24, 29 e Mc 13, 24-25. La brevità della formulazione di Lc
appare quindi di carattere redazionale, ma, al tempo stesso, i contatti tra Ap e
Mt e Mc non vanno oltre la ripresa di aspettative, temi e linguaggio escatolo-
gici diffusi (cfr., a prescindere dai sottotesti biblici già indicati, T. Mos. 10,
5-6; 4 Esd. 7, 39-42; Barn. 15, 5; Lattanzio, Epit. 71, e Inst. 7, 16, 8-9; A-
sclepius 3, 25).
Ap 6, 16, nella sua ripresa di Os 10, 8, offre un importante elemento di
corollario alla nostra analisi: con Lc 23, 30, di nuovo, Sondergut lucano, in-
verte l‘ordine dei verbi «coprire» e «cadere» rispetto all‘originale ebraico e
alla LXX. La resa più fedele di Lc, che conserva separate le due esclamazio-
ni, e le variazioni «pevtrai» e «kruvptw» introdotte da Giovanni (cfr. Is 2,
10.19.21), con la coordinazione degli imperativi, sembrano escludere un
rapporto diretto tra i due testi: per quanto il brano lucano non sia parte dell‘
―apocalisse sinottica‖, si fa comunque più forte l‘impressione che i due re-
140
dattori avessero accesso ad un bacino comune di tradizioni gesuane .
Tocchiamo così un punto nevralgico: dietro e oltre le tradizioni ―apoca-
littiche‖ diffuse, in Ap, possono intuirsi contorni ed influenze specifiche del-
la cosiddetta apocalisse sinottica o dei materiali che vi soggiacciono?
138
Cfr. Charles, 1920, pp. lxxxv e 158-159; Wenham, 1984, pp. 311-312 e 314; Vanni,
1991, pp. 24-25.
139
Wenham, 1984, pp. 312-313.
140
Vos, 1965, pp. 118-120.
141
Cfr. anche Wenham, 1994, pp. 55-56 e 311-318.
134 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Ps.-Clemente, Hom. 2, 17, 4-5: «ou{tw~ dhv, wJ~ oJ ajlhqh;~ hJmi'n profhvth~
ei[rhken, prw'ton yeude;~ dei' ejlqei'n eujaggevlion uJpo; plavnou tino;~ kai;
ei\q¾ ou{tw~ meta; kaqaivresin tou' aJgivou tovpou eujaggevlion ajlhqe;~ kruv-
fa diapemfqh'nai eij~ eJpanovrqwsin tw'n ejsomevnwn aiJrevsewn»; 3, 15, 2:
«ouj mh; parevlqh/ hJ genea; au{th, kai; hJ kaqaivresi~ ajrch;n lhvyetai: ejleuv-
sontai ga;r kai; kaqiou'sin ejntau'qa kai; pericarakwvsousin kai; ta; tev-
kna uJmw'n ejntau'qa katasfavxousin»
Lattanzio, Inst. 4, 21, 2-5: «sed et futura illis aperuit omnia […] etiam hic
futurum esse dixerunt, ut post breve tempus inmitteret deus regem, qui e-
142
Cfr. la nozione di «frequenza» sviluppata da Hylen, 2005, pp. 57-58.
143
Cfr. Vos, 1965, pp. 120-125, e Wenham, 1984, pp. 207-210.
144
A ha metrhsousin.
Dopo plhrwqwsin, B legge: kai esontai kairoi eqnwn, L 892 1241 syrp mg cod bo,
145
xpugnaret Iudaeos et civitates eorum solo adaequaret, ipsos autem fame si-
tique confectos obsideret. Tum fore ut corporibus suis vescerentur et con-
sumerent invicem, postremo ut capti venirent in manus hostium et in con-
spectu suo vexari acerbissime coniuges suos cernerent, violari ac prostitui
virgines, diripi pueros, allidi parvulos, omnia denique igni ferroque vasta-
ri, captivos in perpetuum terris suis exterminari»
A dispetto della frequenza con cui il motivo delle genti che calpestano
Gerusalemme ed il Tempio è attestato nella letteratura ebraica (cfr. Is 63, 18;
Zc 12, 3 LXX; Sal. Sal. 2, 2 e 17, 22; Dn 8, 13; 1 Macc. 3, 45 e 4, 60), la
preferenza accordata a patevw piuttosto che all‘usuale katapatevw, la speci-
ficazione temporale offerta, più vaga in Lc, più precisa nell‘Ap, e la struttura
sintattica simile rimandano ad un rapporto tra i due detti non mediato da altri
146
precedenti letterari .
Gli stessi eventi sembrano essere adombrati anche nei frammenti profe-
tici sulla distruzione del santuario citati dalle omelie pseudo-clementine e
attribuiti a Gesù, ma non riducibili al sottotesto di alcuno dei nostri Sinottici
(cfr., invece, la sintesi di Tertulliano, Res. 22, 3-4, basata appunto su Lc
147
21) . Anche l‘analoga profezia di Gesù sulla distruzione di Gerusalemme
citata da Lattanzio come parte integrante della predicazione orale, prima,
scritta, poi, degli apostoli, modula vaghi riflessi di Lc 19, 43-44 e 21, 24 (cfr.
anche 4 Esd. 10, 22!), risalendo, a detta di Lattanzio stesso (Inst. 4, 21, 1-2),
a insegnamenti escatologici impartiti da Gesù prima di lasciare i discepoli (4,
21, 2: «discedens»), quaranta giorni dopo la resurrezione (cfr. già Pred. Piet.
fr. 7, con l‘introduzione di Clemente d‘Alessandria, Strom. 6, 6, 48, 1).
A Giovanni andrà riportato il calcolo preciso della durata dei tempi, al-
lineata al periodo di testimonianza dei due profeti (Ap 11, 3), di nutrimento
della donna nel deserto (Ap 12, 6 e 14), e del dominio della bestia che sale
148
dal mare (Ap 13, 5) : nel suo nuovo contesto, l‘oracolo è trasportato e riferi-
to alla guerra scatenata dalla bestia contro la «dimora» di Dio, «tou;~ ejn tw/'
oujranw'/ skhnou'nta~», e i suoi «santi» (Ap 13, 6-7; cfr. Ap 11, 7.9-10 e 12,
146
Vos, 1965, pp. 121-122, e Wenham, 1984, pp. 207-208, si pronunciano per un rifles-
so di tradizione pre-sinottica comune.
147
Cfr. Hom. 3, 15, 2 con Lc 19, 43-44 e 21, 21; quanto a Hom. 2, 17, 4-5, più in gene-
rale, i cinque momenti di questa «visione dei destini storici delle chiese protocristiane e del
ruolo del gruppo ‗clementino‘ in questa storia complessiva» (Pesce, 2005, p. 728) si distacca-
no tutti e radicalmente dalla periodizzazione offerta dall‘ ―apocalisse sinottica‖; nello specifi-
co, manca, in Mt 24, 15-28 e Mc 13, 14-23, una menzione diretta dell‘occupazione di Gerusa-
lemme e della distruzione del Tempio. Il punto si rivela tanto più interessante a notare come
in Ap 11, 2, il cortile esterno del Tempio sia fatto coincidere con «la città santa» (cfr. 11QT
44, 1-16). Kline, 1975, pp. 129 e 154-155, colloca Hom. 3, 15, 2, piuttosto tentativamente, tra
i paralleli lucani, e Hom. 2, 17, 4-5 tra gli ―agrapha‖.
148
Per simili speculazioni, cfr. Dn 7, 25; 8, 14; 9, 27; 12, 7.9-13, e Ascen. Isa. 4, 12.14.
136 Capitolo secondo
149
17) , ambiguamente stretti tra l‘esposizione agli attacchi di Satana, la resi-
stenza e la protezione divina. E se naov~, altare e adoratori sono in salvo, il
150
cortile esterno e la città, rigettati, sono già caduti .
151
2.2.11.2 La proclamazione del vangelo (Ap 14, 6)
Ap Pred. Piet. Mt Mc
kai; fulh;n
prw'ton dei'
khrucqh'nai
kai; glw'ssan
kai; laovn»
to; eujaggev-
lion»
Altri paralleli:
Ascen. Isa. 3, 17-18 (P.Amherst 1): «kai; wJ~ ajpostelei' tou'~ maqhta;~ auj-
tou', kai; maqhteuvsousin pavnta ta; e[qnh kai; pa'san glw'ssan eij~ th;n
152
ajn[.]stasein tou' ajgap[.]tou' »
Mc 16, 15: «kai; ei\pen aujtoi'~: poreuqevnte~ eij~ to;n kovsmon a{panta
khruvxate to; eujaggevlion pavsh/ th'/ ktivsei»
Lc 24, 46-47: «kai; ei\pen aujtoi'~ o{ti ou{tw~ gevgraptai paqei'n to;n Cri-
sto;n kai; ajnasth'nai ejk nekrw'n th'/ trivth/ hJmevra/, kai; khrucqh'nai ejpi;
tw'/ ojnovmati aujtou' metavnoian kai; a[fesin aJmartiw'n eij~ pavnta ta; e[qnh
< ajrxavmenoi ajpo; ÆIerousalhvm»
Vang. Maria 8, 21-22: «Andate dunque ed annunciate l‘evangelo del re-
gno»; 9, 5-9: «Erano (scil. gli apostoli) tristi e piansero abbondantemente,
dicendo: ―Come andremo noi alle genti e annunceremo l‘evangelo del re-
gno del Figlio dell‘Uomo?‖»
Ps.-Clemente, Hom. 2, 17, 4-5: «[…] wJ~ oJ ajlhqh;~ hJmi'n profhvth~
ei[rhken, […] meta; kaqaivresin tou' aJgivou tovpou eujaggevlion ajlhqe;~
kruvfa diapemfqh'nai eij~ eJpanovrqwsin tw'n ejsomevnwn aiJrevsewn»
152
La versione ge‗ez legge: «e il Diletto in persona, sedendo sulle loro spalle, uscirà e
invierà i suoi dodici discepoli; e istruiranno tutti i popoli e ogni lingua circa la resurrezione
del Diletto» (tr.it. E. Norelli).
153
Vos, 1965, pp. 153-154.
154
L‘ejpiv di Giovanni è ricalcato sull‘ „l ebraico dopo verba dicendi, nel senso di ‟l (cfr.
Ap 10, 11 e Ger 28 (35), 8; Ez 21, 7; 34, 2; 36, 1; 37, 4.9; Am 7, 15), e sostituisce qui i più
138 Capitolo secondo
155
Pur senza menzionare alcun «evangelo» , tanto Pred. Piet. quanto A-
scen. Isa. 3, 18 conservano traccia di una tradizione simile come parole
d‘invio in missione dei discepoli da parte del Risorto: la prima le riporta in
discorso diretto, presentando e caratterizzando il messaggio da proclamare
agli uomini del mondo abitato («eujaggelivsasqai tou;~ kata; th;n oijkou-
mevnhn ajnqrwvpou~»!) come segmento di una predicazione sugli eventi futuri;
la seconda sembra riprendere le parole di Gesù (cfr. «pavnta ta; e[qnh kai;
pa'san glw'ssan»!) nel complesso della grande profezia di Isaia (Ascen. Isa.
156
3, 13 – 4, 22) , un‘ ―apocalisse‖, questa, dalle forti affinità letterarie con Mt
157
24 e Did. 16 . Le corrispondenze contestuali, formali e tematiche dei due
testi fra di loro e con Mt 28, 19-20; Lc 24, 47 e At 17, 30-31; Mc 13, 10 e 16,
15-16 aprirebbero allora uno spiraglio su tradizioni retrostanti comuni, forse
utilizzate a fini missionari dai cosiddetti ellenisti, gruppi di seguaci di Gesù
158
di origine ebraica e lingua greca .
Vero è che, in Ap, è un angelo, in prima battuta, ad avere
l‘«eujaggevlion» da annunciare. Attraverso la mediazione del testo, tuttavia,
159
che costruisce uno stretto legame con Ap 10, 7.11 , e, riproducendo le visio-
160
ni dell‘autore, le rivolge alle ekklesiai in ascolto , è l‘esperienza ―profetica‖
161
stessa di Giovanni a parlare, a riecheggiare in quanto grido letto . Questo
grido, dell‘angelo e di Giovanni, dunque, grido di esortazione a temere, glo-
162
rificare, prostrarsi al Dio creatore , è colto nell‘adempiere la profezia ge-
164
2.2.11.3 La mietitura (Ap 14, 14-16)
Ap Mt Mc
14, 14-16: «kai; 24, 30-31: «kai; 13, 26-27: «kai; tovte
ei\don, o[yontai o[yontai
kai; ijdou; nefevlh leukhv,
kai; ejpi; th;n nefevlhn
kaqhvmenon
o{moion uiJo;n ajnqrwvpou to;n uiJo;n tou' ajnqrwvpou to;n uiJo;n tou' ajnqrwvpou
[…]
ejrcovmenon ejrcovmenon
ejpi; tw'n nefelw'n […] ejn nefevlai~ […]
kai; ajpostelei' tovte ajpostelei'
kai; ejn th'/ ceiri; aujtou'
drevpanon ojxuv. kai; a[llo~
165
a[ggelo~ tou;~ ajggevlou~ aujtou' tou;~ ajggevlou~
meta; savlpiggo~ me-
gavlh~,
ejxh'lqen ejk tou' naou',
kravzwn ejn fwnh'/ megavlh/
tw'/ kaqhmevnw/ ejpi; th'~
nefevlh~: pevmyon to; drev-
panovn sou kai; qevrison,
o{ti h\lqen hJ w{ra qerivsai,
sull‘equivalenza di «temere» e «convertirsi», per «dare gloria», cfr. Ap 14, 7 e 16, 9). Tanto
più colpisce quindi la convergenza con Pred. Piet. su temi e contesti della predicazione (con-
versione all‘unico Dio creatore di tutto, come emerge dai frr. 2a e 6; annuncio di salvezza e
perdizione, cfr. Ap 14, 1-5 e 8, 21)), che dovrà esser fatta risalire a una tradizone comune.
163
Giustamente Giesen, 2000b, pp. 228-238, osserva che i destinatari dei messaggi degli
angeli in Ap 14, 6-13, non sono «die gottfernen Menschen»: Giovanni non dimentica mai
«wer seine Adressaten sind: die bedrängten Christen Kleinasiens» (pp. 230-231). Analoga-
mente già van Schaik, 1980, pp. 226-227. Sulla funzione del settenario delle coppe, immedia-
tamente a seguire, cfr. Biguzzi, 1995, pp. 165-167 e 171-172.
164
Vos, 1965, pp. 144-152, e Yarbro Collins, 1992, pp. 562-567.
אA C Q Y f1.13 å lat sy Orlat inseriscono o presuppongono autou, con un forte so-
165
Altri paralleli:
Mc 4, 29: «o{tan de; paradoi' oJ karpo;~, eujqu;~ ajpostevllei to;n drevpa-
non, o{ti parevsthken oJ qerismov~ »
Mt 13, 30: «ejn kairw'/ tou' qerismou' ejrw' toi'~ qeristai'~ […] to;n de;
166
si'ton sunagavgete eij~ th;n ajpoqhvkhn mou»; 13, 41: «ajpostelei' oJ
uiJo;~ tou' ajnqrwvpou tou;~ ajggevlou~ aujtou' »
Did. 9, 4: «w{sper h\n tou'to to; klavsma dieskorpismevnon ejpavnw tw'n oj-
revwn kai; sunacqe;n ejgevneto e}n ou{tw sunacqhvtw sou hJ ejkklhsiva ajpo;
tw'n peravtwn th'~ gh'~ eij~ th;n sh;n basileivan»; 10, 5-6: «kai; suvnaxon
aujth;n ajpo; tw'n tessavrwn ajnevmwn th;n aJgiasqei'san eij~ th;n sh;n basi-
leivan h}n hJtoivmasa~ aujth'/»
Vang. Tom. 21, 9-10: «Sia in mezzo a voi un uomo intelligente! Quando il
frutto è giunto (scil.: a maturazione), egli è venuto in fretta, la sua falce nel-
la sua mano, e l‘ha mietuto. Chi ha orecchio per udire, oda!»
Ap 14, 6-13 e 14, 14-20 costituiscono due unità letterarie distinte e ac-
coppiate, nella ricorrenza del tema dell‘incombenza ed esecuzione del giudi-
167
zio (cfr. 14, 7 e 15: «o{ti h\\lqen hJ w{ra th'~ krivsew~ aujtou'»/«qerivsai») .
A grandi linee, Ap 14, 14-20 offre una rappresentazione visuale
dell‘oracolo di Gl 4, 13, variando sulle due immagini della mietitura e della
168
vendemmia (cfr. anche Ger 51, 33) . In un‘ottica di storia delle tradizioni,
tanto la mietitura come metafora del giudizio escatologico, quanto la parte-
cipazione di angeli all‘istruzione dei processi e all‘esecuzione delle sentenze
bene si radicano nel filone letterario ―apocalittico‖ (cfr., rispettivamente, 4
Esd. 4, 28-29 e 2 Bar. 70, 2-3, e 1 En. 54, 1-2; 55, 3-4; 61, 5; 62, 9-11; 63,
167
Cfr. le osservazioni di van Schaik, 1980, pp. 222-223, e Giesen, 2000b, p. 230.
168
Yarbro Collins, 1992, pp. 564-565. Vedi anche Vos, 1965, p. 145, e Lupieri, 2000, p.
229.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 141
1.10). Ap 14, 14-16 nasce quindi dalla fusione originale di queste due tradi-
169
zioni con Dn 7 o c‘è dell‘altro?
L‘angelo di Ap 14, 14, il primo della seconda serie, è introdotto da Gio-
170
vanni come «o{moion uiJo;n ajnqrwvpou» , designazione che divide solo con
l‘angelo di Dio/Gesù Cristo apparso in 1, 13. La nuvola, bianca di splendore
(cfr. Ap 19, 8 e 14), e la corona lo assimilano ulteriormente a raffigurazioni
della parusia di Gesù (cfr. Ap 1, 7; Lc 21, 27; Apoc. Piet. 6): se non si tratta
direttamente del Figlio dell‘Uomo sinottico, sicuramente abbiamo a che fare
con una sua manifestazione angelica che ne ha incorporato gli attributi, più
171
propriamente, divini e ―cristologici‖ .
Il secondo angelo armato di falce (Ap 14, 17) uscirà, poi, direttamente
dal tempio celeste, da davanti il trono di Dio e dell‘Agnello (cfr. Ap 7, 15 e
8, 2-3), dove si organizzano e prendono forma gli interventi divini sulla terra
(cfr. Ap 8, 2-6; 11, 19; 15, 5-8). Gli altri angeli che, in doppia battuta, escono
dal tempio e dall‘altare, nel tempio, tra il primo ed il terzo (Ap 14, 15 e 18),
comunicano l‘ordine di inviare («pevmyon») le falci e articolano ulteriormen-
te la catena dell‘invio della coppia che li ha preceduti.
Ora, una simile associazione di angeli del Figlio dell‘Uomo e mietitura
traspare in controluce da Mc 13, 26 ma, soprattutto, Mt 24, 31, e riceve la
sua formulazione teorica in Mt 13, 39-41, come elemento
172
dell‘interpretazione della parabola delle zizzanie . I testi della Didachè ri-
portati lasciano intravedere l‘utilizzo di tradizioni escatologiche affini (sun-
avgw adoperato in senso ―tecnico‖; ejkklhsiva; ta; pevrata th'~ gh'~/oiJ tevs-
173
sare~ a[nemoi), ma con soggetto Dio in persona . Le espressioni di Ap «oJ
qerismo;~ th'~ gh'~» e «ejqerivsqh hJ gh'» danno, inoltre, a presupporre
un‘equazione «qerismov~» = «gh'» riflessa ancora in Mt 24, 31, Mc 13, 27
169
Yarbro Collins, 1992, pp. 565-567.
170
Cfr. l‘«a[llo~ a[ggelo~» di Ap 14, 15.17. Sull‘interpretazione del «simile ad un figlio
d‘uomo» come figura angelica, vedi Coppens, 1980, p. 229; Yarbro Collins, 1992, pp. 548-
551 e 562-567; Stuckenbruck, 1995, pp. 218-228 e 240-245; Carrell, 1997, pp. 157-160 e
175-186; Aune, 1998a, pp. 800-801.
171
Ricco materiale e utili osservazioni in Yarbro Collins, 1992, pp. 551-558 e 567-568;
Carrell, 1997, pp. 186-195; Lupieri, 2000, pp. 229-230.
172
Vos, 1965, pp. 148-149 e 152; Kraft, 1974, p. 197; Aune, 1998a, pp. 843 e 845. An-
che Vang. Tom. 57 mostra di conoscere un gruppo non ben specificato, forse di servi, forse di
mietitori, cui viene vietato di strappare le zizzanie, ma non ne fornisce alcuna interpretazione
e non sembra nemmeno, comunque, che questi servi o mietitori siano poi effettivamente coin-
volti nella raccolta finale. Su angeli, messi e giudizio, cfr. b. Sanh. 95b e l‘esegesi rabbinica di
Gl 4, 13 in Midr. Sal 8, 1, 73.
173
La similitudine di Did. 9, 4 tradisce visibilmente la vitalità della metafora della rac-
colta in riferimento alla realtà escatologica. Sul regno di Dio preparato per gli eletti, cfr. Mt
25, 34.
142 Capitolo secondo
177
2.2.11.4 I sei sigilli e i segni della fine (Ap 6, 4-14)
Ap Lc Mt Mc
6, 4: «i{ppo~ 21, 9-10: «polev- 24, 6-7: «polev- 13, 7-8: «polev-
purrov~» –«la- mou~ kai; ajkata- mou~ kai; ajkoa;~ mou~ kai; ajkoa;~
bei'n th;n stasiva~» polevmwn» – polevmwn» –
eijrhvnhn ejk th'~ – «ejgerqhvsetai «ejgerqhvsetai «ejgerqhvsetai
gh'~ kai; i{na e[qno~ ejpi; e[qno~ ga;r e[qno~ ejpi; ga;r e[qno~ ejpi;
ajllhvlou~ sfav- e[qno~ e[qno~
174
Aune, 1998a, p. 845. Quantomeno significativo allora che la preghiera di Did. 10, 2-
6 prosegua e si avvii a concludere con: «ejlqevtw cavri~ kai; parelqevtw oJ kovsmo~ ou\to~» (6).
175
Cfr. DeConick, 2007, p. 114.
176
Considerata l‘importanza di entrambi per una ricostruzione delle traiettorie gesuane
nel cristianesimo delle origini, si lamenta ancora, per quanto io sappia, l‘assenza di uno studio
più approfondito sul rapporto tra Ap e Vang. Tom.
177
Charles, 1920, pp. 158-160; Lohmeyer, 1953, pp. 58-59; Vos, 1965, pp. 181-192;
Wenham, 1984, pp. 296-297; Beale, 1985, pp. 135-137.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 143
xousin – mav- kai; basileiva ejpi; kai; basileiva ejpi; kai; basileiva ejpi;
caira megavlh» basileivan» basileivan» basileivan»
ejqnw'n
dia; to; o[nomav mou» dia; to; o[nomav dia; to; o[nomav mou»
mou»
6, 12-14: «kai; 21, 11: 24, 7: 13, 8: «e[sontai
seismo;~ «seismoiv te «seismoi; seismoi;
mevga~ megavloi»
ejgevneto,
kata; tovpou~» kata; tovpou~»
21, 25-26: «kai; 24, 29: 13, 24-25:
e[sontai shmei'a
kai; oJ h{lio~ ejn hJlivw/ «oJ h{lio~ «oJ h{lio~
ejgevneto mevla~» skotisqhvsetai, skotisqhvsetai,
– «hJ selhvnh o{lh kai; selhvnh/ kai; hJ selhvnh kai; hJ selhvnh
ejgevneto wJ~ ouj dwvsei to; fevg- ouj dwvsei to; fevg-
ai|ma, go~ aujth'~, go~ aujth'~,
kai; oiJ ajstevre~ kai; a[stroi~ – kai; oiJ ajstevre~ kai; oiJ ajstevre~
tou' oujranou'
e[pesan pesou'ntai e[sontai
eij~ th;n gh'n» – ajpo; tou' oujranou', ejk tou' oujranou'
pivptonte~,
«oJ oujrano;~ aiJ […] dunavmei~ kai; aiJ dunavmei~ kai; aiJ dunavmei~
ajpecwrivsqh» – tw'n oujranw'n tw'n oujranw'n aiJ ejn toi'~ oujra-
noi'~
saleuqhvsontai» saleuqhvsontai» saleuqhvsontai»
«pa'n o[ro~ kai; – «ajporiva/ h[cou~
nh'so~ ejk tw'n qalavssh~ kai; sav-
tovpwn aujtw'n lou »
ejkinhvqhsan»
178
Volz, 1966, pp. 147-163, da integrare con Aune, 1998a, pp. 416-419.
179
Cfr. Charles, 1920, p. 158; Lohmeyer, 1953, pp. 58-59; Vos, 1965, pp. 182-187;
Wenham, 1984, pp. 296-297.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 145
1. Guerre
2. Sollevamenti e stragi reciproche tra i popoli
3. Carestie
4. Persecuzioni a causa del nome di Gesù
5. Sconvolgimenti cosmici (sole; luna; stelle; cielo/potenze del cielo)
Ap 6 conosce anche un «seismov~ mevga~», ma isolato a ridosso dei fe-
nomeni celesti, di contro ai «seismoiv» molteplici di Mc, Mt e Lc («megav-
loi»!), che accompagnano, invece, le carestie. Ancora come nella sola ver-
sione lucana, ritorna la combinazione di carestia e pestilenza (qavna-
to~/loimov~ = mwt‟/dbr, cfr. il testo masoretico, i LXX, in parallelo ad Aqui-
la e Simmaco, e il targum a Ger 14, 12 e 21, 7, e Ez 5, 12.17; 14, 21; 33,
180
27) . Il ruolo di testimoni ispirati o ―profetici‖ che i seguaci di Gesù rive-
stono nelle persecuzioni accomuna, infine, di nuovo esclusivamente, Ap 6, 9
e Lc 21, 13, segnalato dalle rispettive ricorrenze di marturiva (cfr. Ap 11,
3.7; 12, 11.17; 19, 10) e martuvrion (cfr. Lc 21, 12-15 e At 1, 8; 4, 33; 5, 32;
6, 8 – 7, 55). Ap non segue tuttavia il testo di Lc contro Mc e Mt, quando
questo riassume e sintetizza i segni celesti. Le versioni di Ap 6 e Lc 21, in-
somma, sembrano di nuovo allinearsi, ma non toccarsi: anche le corrispon-
denze già evidenziate tra Ap 6, 15-17 e Lc 21, 34-36 lo confermerebbero.
Senza avventurarsi in un‘interpretazione puntuale ed esaustiva dei passi,
va sottolineato che l‘impianto generale di Ap 6, 1-8 ricalca la prima e
l‘ottava visione notturna di Zaccaria (Zc 1, 8-11 e 6, 1-3.6), e singoli motivi,
particolari, o giri di frase dell‘intero capitolo recuperano e sviluppano gene-
ralmente testi delle scritture ebraiche (cfr. Ap 6, 8 e Ez 5, 12.17; Ap 6, 12 e Is
13, 10 e Gl 2, 10 e 3, 4; Ap 6, 13-14 e Is 34, 4, ma anche Vang. Tom. 111!).
Tra le pieghe del testo e della sua costruzione retorica, filtrano comunque le
realtà economiche dell‘Asia Minore (Ap 6, 6: ricca produzione di olio e vino,
181
importazione di cereali) e si intuiscono i contorni trascesi di situazioni quo-
tidiane delle comunità, se non addirittura fatti specifici e concreti, quasi di
182
cronaca (cfr. Ap 6, 9-11 e l‘uccisione di Antipa menzionata in 2, 10.13) .
Giovanni, come abbiamo già avuto modo di ribadire, riscrive il presente co-
me scena del crepuscolo della prima creazione, nelle parole delle scritture
d‘Israele e del Dio che le ha rivelate, e nella testimonianza della tradizione
183
gesuana e dell‘angelo che la mostra e conferma .
180
Vedi Vos, 1965, p. 184, e Wenham, 1984, p. 313.
181
Cfr. Günther, 1980, pp. 182-184, e Aune, 1998a, pp. 398-400.
182
Cfr. le osservazioni di Ulland, 1997, pp. 74-76; 80-90; 163-168.
183
Cfr. anche Afzal, 2008, pp. 100-103.
146 Capitolo secondo
184
2.2.11.5 Le due bestie, ovvero: i falsi messia e i falsi profeti (Ap 13)
Ap 13 Mt 24 Did. 16 Ascen. Isa. 4
184
Vos, 1965, pp. 133-136 e Wenham, 1984, pp. 205-207.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 147
Altri paralleli:
2 Ts 2, 8-12: «kai; tovte ajpokalufqhvsetai oJ a[nomo~ […] ou| evstin hJ pa-
rousiva kat‘ ejnevrgeian tou' satana' ejn pavsh/ dunavmei kai; shmeivoi~ kai;
tevrasin yeuvdou~ kai; ejn pavshæ ajpavthæ ajdikiva~ toi`~ ajpollumevnoi~, ajnqÆ
w\n th;n ajgavphn th`~ ajlhqeiva~ oujk ejdevxanto eij~ to; swqh`nai aujtouv~. kai;
dia; tou`to pevmpei aujtoi`~ oJ qeo;~ ejnevrgeian plavnh~ eij~ to; pisteu`sai
148 Capitolo secondo
aujtou;~ tw`æ yeuvdei, i{na kriqw`sin pavnte~ oiJ mh; pisteuvsante~ th`æ aj-
lhqeivaæ ajlla; eujdokhvsante~ th`æ ajdikivaæ»
1 Cor 1, 10: «parakalw' de; uJma'~, ajdelfoiv, […] i{na […] mh; h/\ ejn uJmi'n
scivsmata»; 11, 18-19: «prw'ton me;n ga;r sunercomevnwn uJmw'n ejn ejk-
klhsiva/ ajkouvw scivsmata ejn uJmi'n uJpavrcein kai; mevro~ ti pisteuvw. dei'
ga;r kai; aiJrevsei~ ejn uJmi'n ei\nai»
Giustino, Dial. 35, 3: «a} ga;r prolabw;n mevllein givnesqai ejn ojnovmati auj-
tou' e[fh, tau'ta o[yei kai; ejnergeiva/ oJrw'men telouvmena. ei\pe ga;r: pol-
loi; ejleuvsontai ejpi; tw'/ ojnovmativ mou, e[xwqen ejndedumevnoi devrmata
probavtwn, e[swqen de; eijsin luvkoi a{rpage~. kaiv: e[sontai scivsmata
kai; aiJrevsei~. kaiv: prosevcete ajpo; tw'n yeudoprofhtw'n, oi{tine~ ejleuv-
sontai pro;~ uJma'~, e[xwqen ejndedumevnoi devrmata probavtwn, e[swqen de;
eijsin luvkoi a{rpage~. kaiv: ajnasthvsontai polloi; yeudovcristoi kai;
yeudapovstoloi, kai; pollou;~ tw'n pistw'n planhvsousi»
Did. syr. 6, 5, 23: «Come anche il nostro Signore e Salvatore Gesù disse:
―Ci saranno fazioni e lacerazioni‖; e di nuovo: ―Guai al mondo dagli scan-
dali! È necessario, infatti che vengano scandali e lacerazioni, ma tuttavia
guai all‘uomo per mano del quale verranno!»
Lattanzio, Inst. 4, 30, 2.5: «ante omnia scire nos convenit et ipsum et lega-
tos eius praedixisse quod plurimae sectae haberent existere […] ac mo-
nuisse ut summa prudentia caveremus […] nonnulli autem falsorum pro-
phetarum vaticinio inlecti, de quibus et veri prophetae et ipse praedixerat,
exciderunt a doctrina dei et traditionem veram reliquerunt»
Ps.-Clemente, Hom. 16, 21, 4: «e[sontai ga;r, wJ~ oJ kuvrio~ ei\pen, yeuda-
povstoloi, yeudei'~ profh'tai, aiJrevsei~, filarcivai»
Didimo, Trin. 3, 22: «oJ kai; ta; ejsovmena shmei'a peri; ejkei'non to;n kairo;n
proeirhkw;~, kai; mevllwn ejkeivnhn aujth;n ajnatevllein th;n fobera;n kai;
ajnevsperon hJmevran, oJ kai; th'~ krivsew~ to; sch'ma kai; to;n trovpon pro-
eipw;n, oJ ajpodeicqei;~ e[cein qhsaurou;~ sofiva~ kai; gnwvsew~, kai;
promhnuvsa~: e[sontai ejn uJmi'n aiJrevsei~ kai; scivsmata»
185
Cfr. la dettagliata analisi di storia delle tradizioni offerta da Norelli, 1995b, pp. 174-
175.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 149
186
Vos, 1965, pp. 134-135.
187
Lo dimostrano ampiamente le analisi di Garrow, 1997, pp. 88-91; Ulland, 1997, pp.
55-57; 101-111; 114-116; Roose, 2000, pp. 189-200; Arcari, 2008, pp. 297-301.
188
Devo la segnalazione ad una comunicazione pubblica del prof. E. Norelli.
189
Seguo argomentazioni e conclusioni di Pesce, 2005, pp. 660-661 (citazione p. 661).
Per altre probabili tracce di una composizione simile, cfr. Tertulliano, Praescr. 4, 1-4.6.
190
Pesce, ibid. Sulla forma dei due detti valgono, mutatis mutandis, le osservazioni lì
svolte da Pesce a proposito di Giustino. La formulazione sinottica corrispondente è qui Mt 18,
7.
191
Cfr. supra, 2.1.
150 Capitolo secondo
192
Cfr. Beale, 1985, p. 142.
193
Cfr. le conclusioni di Ulland, 1997, pp. 324-336. Similmente si esprime Roose, 2000,
pp. 200 e 217-227.
194
Pesce, 2005, p. 732.
195
Amplio e rielaboro gli schemi proposti da Vos, 1965, pp. 186-187; Wenham, 1984
pp. 359-362; Beale, 1985, p. 146. I passi seguono la successione di Ap; il grassetto segnala la
coincidenza in forma e/o tema e sequenza, il tondo la semplice corrispondenza di forma e/o
tema, senza che l‘ordine nella disposizione del materiale coincida. Data la loro generale irrile-
vanza per Ap, nei passi dove è possibile formarsi un giudizio più sicuro sulla forma della tra-
dizione conosciuta, i paralleli di Mc sono indicati tra parentesi.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 151
196
Charles, 1920, pp. 158-159; Lohmeyer, 1953, p. 58; Vos, 1965, pp. 187 e 191-192;
Wenham, 1984, pp. 366-367; Beale, 1985, pp. 144-145.
197
Su Ap 3, 20-21, vedi le osservazioni di Bauckham, 1977, p. 174; Roloff, 1989, pp.
456-463; Norelli, 1994, pp. 214-218.
152 Capitolo secondo
198
Cfr. anche Ap 19, 7-9 e Mt 22, 1-14, e Ap 22, 12 e Mt 16, 27, con l‘analisi che ne
proponiamo infra, 2.2.16 e 2.2.17.
199
Ringrazio qui di nuovo il prof.S. Guijarro Oporto e la dott.ssa M. Rescio, che, sepa-
ratamente, mi hanno fatto notare il punto.
200
Per un‘analisi del problema in tutta la sua complessità, vedi Dunn, 2003, pp. 192-
253.
201
Per la prima possibilità, si pronunciano Vos, 1965, p. 192; Wenham, 1984, pp. 366-
373; Beale, 1985, pp. 144-147; a favore di una dipendenza diretta di Ap da Lc si schiera, inve-
ce, Vanni, 1991.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 153
203
2.2.12 Della rinuncia a se stessi (Ap 12, 11)
Ap Gv Mt Mc Lc
12, 11: «kai; 12, 25: «kai; 10, 39: «kai; oJ 8, 35: «o}~ dÆ a]n 9, 24: «o}~ dÆ
oujk hjgav- oJ misw`n ajpolevsa~ ajpolevsei a]n ajpolevshæ
phsan
th;n yuch;n th;n yuch;n th;n yuch;n th;n yuch;n th;n yuch;n
aujtw`n aujtou` aujtou` aujtou` aujtou`
a[cri
qanavtou»
ejn tw`æ kovsmwó
touvtwó
e{neken ejmou` e{neken »ejmou` e{neken ejmou`,
kai;¼ tou` euj-
aggelivou
eij~ zwh;n
aijwvnion
fulavxei euJrhvsei swvsei ou\to~ swvsei
aujthvn» aujthvn» (cfr. aujthvn» aujthvn»
anche 16, 25) (cfr. anche
17, 33)
Altri paralleli:
Atti Tom. 130: «e[lege~ de; pavlin o{ti tauvthn oJ ajpostrefovmeno~ th;n
zwh;n devxetai th;n aijwnivan, kai; oJ misw`n to; th`~ hJmevra~ kai; nukto;~ fw`~
qeavshtai fw`~ to; mh; katalambanovmenon, »
Sal. Man. 159, 15-16: «chi si umilierà sarà sollevato, chi si innalzerà sarà
umiliato, chi muore vive, chi soffre trova riposo»; 273, 10-11: «mi sono
202
Vedi l‘analisi specifica di Afzal, 2008, pp. 89-113. Più generale, e da smussare in al-
cuni punti, il giudizio di Wenham, 1984, p. 373 n. 1: «it is notable that both Paul and the au-
thor of Revelation appear to be much freer in the use of the traditions of the eschatological
discourse than are the synoptic evangelists, which is probably because they are seeking to ap-
ply the tradition, not to transmit it. The evangelists, while interpreting the tradition, are seek-
ing to preserve it and pass it on» (corsivo mio). Cfr. anche ibi, pp. 209-210, e Beale, 1985, p.
145.
203
Crossan, 1983, pp. 86-94, e Theobald, 2002, pp. 121-125.
154 Capitolo secondo
abbandonato alla morte confidando nella parola di Dio: ―Chi morirà vivrà,
chi si umilierà sarà innalzato‖»
L‘uso, insolito per Giovanni, di yuchv, nel senso riflessivo di «la propria
vita, se stessi», e di ajgapavw con soggetto diverso da Dio – Cristo (cfr. Ap 1,
5; 3, 9; 20, 9) inducono necessariamente ad accostare Ap 12, 11 all‘aforisma
gesuano sulla salvezza della vita, preservatoci in tre versioni indipendenti:
204
Mc 8, 35 = Mt 16, 25 = Lc 9, 24; Mt 10, 39 // Lc 17, 33 (= Q); Gv 12, 25 .
Se «oujk hjgavphsan» riflette l‘opposizione amare/odiare che contraddistin-
205
gue specificatamente Gv , in Ap sembra affiora una linea di tradizione che
ha isolato e trasmesso il risvolto positivo del detto (cfr. Atti Tom. e Sal.
Man.).
L‘originaria struttura condizionale è stata risolta in un parallelismo con
nikavw (cfr. Ap 2, 10-11, e la rilettura di Or. sib. 2, 45-47) a segnare la condi-
zione umana ormai realizzatasi e, quindi, celebrata nell‘inno, per la vittoria
su Satana e l‘avvento della «salvezza e la potenza e il regno di Dio e il pote-
re del suo Unto» (Ap 12, 7-10).
206
2.2.13 Seguire Gesù (Ap 14, 4)
Ap Gv
Altri paralleli:
Gv 12, 26: «eja;n ejmoiv ti~ diakonh`æ, ejmoi; ajkolouqeivtw, kai; o{pou eijmi; ejgw;
ejkei` kai; oJ diavkono~ oJ ejmo;~ e[stai»
Mt 8, 19: «kai; proselqw;n ei\~ grammateu;~ ei\pen aujtw`æ, didavskale,
ajkolouqhvsw soi o{pou eja;n ajpevrchæ»; 19, 28: «oJ de; ÆIhsou`~ ei\pen
aujtoi`~, ajmh;n levgw uJmi`n o{ti uJmei`~ oiJ ajkolouqhvsantev~ moi […]»
Lc 9, 57: «kai; poreuomevnwn aujtw`n ejn thæ̀ oJdwæ̀ ei\pevn ti~ pro;~ aujtovn,
ajkolouqhvsw soi o{pou eja;n ajpevrchæ»
204
Crossan, 1983, p. 92, e Theobald, 2002, pp. 113-114 e 124 .
205
Vedi Crossan, 1983, pp. 93-94. Cfr. Theobald, 2002, p. 125.
206
Vos, 1965, pp. 136-144, e Aune, 1998a, pp. 812-813.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 155
207
Sulle occorrenze nelle scritture cristiane, vedi Kittel, 1933, pp. 213-215.
208
Aune, 1998a, p. 813.
209
Aune, ibid. Cfr. anche le conclusioni di Vos, 1965, pp. 143-144. Secondo Theissen,
2001, p. 333 n. 51, questa insistenza sulla sequela ed il radicalismo etico cui Ap dà voce col-
legherebbero Giovanni ai gruppi di carismatici itineranti, indipendenti da comunità stanziali e
strutturate.
156 Capitolo secondo
210
2.2.14 La pietra da mola ed il mare (Ap 18, 21) .
Ap Lc Mc Mt 1 Clem.
210
Koester, 1957, pp. 16-19; Vos, 1965, pp. 157-159; Hagner, 1973, pp. 152-164, e
1985, pp. 237-238.
211
אsostituisce mulinon con liqon, 051 å gig Prim con mulon, lezione attestata anche
da alcuni manoscritti della Vetus Latina (C I S). In entrambi i casi, si tratta di glosse esplicati-
ve, la seconda, in particolare, facilitata da reminiscenze dei paralleli sinottici.
W pc hanno liqo~ oniko~, A Y å sy bomss armonizzano con Mt e Mc, e leggono
212
mulo~ oniko~.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 157
Altri paralleli:
Atti Piet. 6: «Respondens autem Petrus dixit eis: ―Si autem contingat mihi
cum inimico domini nostri lapidem molarem suspendi, sicut dominus meus
dicebat ad nos, si quis de fratribus scandalizasset, et in profundo mergi?‖»
Clemente d‘Alessandria, Strom. 3, 18, 107, 2: «―oujai; tw`æ ajnqrwvpwó ej-
keivnw/‖, fhsi;n oJ kuvrio~, ―kalo;n h\n aujtw`æ eij mh; ejgennhvqh, h] e{na tw`n
ejklektw`n mou skandalivsai: krei`tton h\n aujtw`æ periteqh`nai muvlon kai;
katapontisqh`nai eij~ qavlassan, h] e{na tw`n ejklektw`n mou diastrev-
yai‖»
Marcione in Tertulliano, Marc. 4, 35, 1: «vae dicit auctori scandalorum:
expedisse ei, si natus non fuisset aut si molino saxo ad collum deligato pra-
ecipitatus esset in profundum, quam unum ex illis modicis utique discipulis
213
eius scandalizasset»
Origene, Hom. Num. 25, 1: «melius fuerat homini non nasci aut molam asi-
nariam ligari circa collum eius et praecipitari in profundum maris quam ut
scandalizet unum de pusillis istis»
Adamanzio, Fid. 1, 814e: «oujai; tw`æ ajnqrwvpwó diÆ ou\ oJ uiJo;~ tou` ajnqrwvpou
para divdotai:sumfevrei aujtw`æ eij mh; ejgennhvqh, h] gennhqevnta muvlwó oj-
nikw`æ prosteqh`nai kai; katapontisqh`nai ejn tw`æ bavqei th`~ qalavssh~
[…] tivni lovgwó keleuvei to;n ajdivkw~ ajsebhvsanta ÆIouvdan dikaivw~ eij~ qav-
lassan rJivptesqaiÉ»
213
Ricostruzione del testo greco in Harnack, 1985, pp. 222-223.
214
Vos, 1965, p. 158.
158 Capitolo secondo
218
2.2.15 Il sangue dei giusti (Ap 18, 24) .
Ap Mt Lc
18, 24: 23, 34-35: «dia; tou`to 11, 49-50: «dia; tou`to
kai; hJ sofiva tou` qeou`
ei\pen,
ijdou; ejgw; ajpostevllw ajpostelw`
pro;~ uJma`~ profhvta~ eij~ aujtou;~ profhvta~
kai; sofou;~ kai; gram- kai; ajpostovlou~,
matei`~:
ejx aujtw`n ajpoktenei`te kai; ejx aujtw`n ajpokte-
nou`sin
kai; staurwvsete,
kai; ejx aujtw`n masti-
gwvsete ejn tai`~ suna-
215
Cfr. Koester, 1957, p. 19.
216
Cfr. Hagner, 1973, pp. 157-159, e 1985, pp. 237-238, e Pesce, 2005, 640 n.1. Oltre a
Clemente d‘Alessandria, che conosce e cita il suo omonimo di Roma (cfr. Strom. 1, 7, 38, 8;
4, 17, 105, 1; 5, 12, 80, 1), anche Marcione, Origene e Adamanzio sembrano aver conflato gli
stessi passaggi di 1 Clem.: fonte extracanonica indipendente dai vangeli sinottici o risultato di
una tradizione comune di fusione ed applicazione omiletica e catechetica (Hagner, 1973, pp.
162-164, e 1985, pp. 237-238)?
217
Lohmeyer, 1953, p. 152. Cfr. anche Kuhn, 1933, p. 513.
218
Vos, 1965, pp. 162-163, e Vanni, 1991, pp. 30-31.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 159
gwgai`~ uJmw`n
kai; diwvxete kai; diwvxousin,
ajpo; povlew~ eij~ povlin
«kai; ejn aujth`æ o{pw~ e[lqhæ ejfÆ uJma`~ i{na ejkzhthqh`æ
ai\ma profhtw`n pa`n ai\ma divkaion to; ai\ma pavntwn tw`n
profhtw`n
kai; aJgivwn euJrevqh kai;
pavntwn tw`n ejsfagmevnwn
ejkcunnovmenon to; ejkkecumevnon
ejpi; th`~ gh`~» ejpi; th`~ gh`~»
ajpo; katabolh`~ kovsmou
ajpo; th`~ genea`~
tauvth~»
Altri paralleli:
1 Ts 2, 14-15: «ta; aujta; ejpavqete kai; uJmei`~ uJpo; tw`n ijdivwn sumfuletw`n
kaqw;~ kai; aujtoi; uJpo; tw`n ÆIoudaivwn, tw`n kai; to;n kuvrion ajpoktei-
navntwn ÆIhsou`n kai; tou;~ profhvta~, kai; hJma`~ ejkdiwxavntwn, kai; qew`æ mh;
ajreskovntwn, kai; pa`sin ajnqrwvpoi~ ejnantivwn»
Nella generale diffusione del topos della morte violenta dei profeti (cfr.
1 En. 89, 51.53; Giub. 1, 12; At 7, 52; Eb 7, 37-38; Giustino, Dial. 14, 6; Ire-
219
neo, Haer. 4, 28, 3 e 5, 14, 1) , Ap sembra aver preservato un frammento
specifico di tradizioni gesuane a noi conosciute attraverso Q e Paolo,
220
quest‘ultimo più vicino, probabilmente, alla variazione matteana .
All‘ampio respiro discorsivo di tali rifrazioni, si contrappone in Ap un
detto isolato, corrispondente a Mt 13, 35 e Lc 11, 50: se il termine «ai|ma» e
l‘inclusività resa da varie forme di pa'~ caratterizzano tutti e tre i passaggi, il
genitivo «tw'n profhtw'n» retto da «ai|ma» accomuna Ap e Lc, contro
l‘aggettivo «divkaion» di Mt; la generalizzazione «ejpi; th'~ gh'~», al contra-
221
rio, isola Ap e Mt . Il participio «ejsfagmevnwn» e la menzione degli
«a{gioi», invece, tradiscono direttamente la mano di Giovanni, traducendo
nel suo linguaggio i due gruppi, ovvero seguaci di Gesù («profeti» – «santi»)
219
Testi e discussione in Steck, 1967, pp. 60-184.
220
Cfr., in particolare, Mt 23, 32.37 e 1 Ts 2, 16 («plhrwvsate […] h{xei […] ejpi; th;n
genea;n tauvthn» – «eij~ to; ajnaplhrw'sai […] e[fqasen de; ejp‘ aujtouv~»). Commento in
Wenham, 1981, pp. 361-363. Steck, 1967, pp. 274-278, propone un raffronto anche con la
parabola dei vignaioli malvagi in Mc 12, 1-9.
221
Vos, 1965, p. 163. Cfr. Kuhn, 1933, p. 513, e Lupieri, 2000, pp. 239 e 294.
160 Capitolo secondo
222
e tutti i giusti/profeti uccisi, o «sgozzati», sulla terra , che si riscontrano an-
che nei paralleli sinottici e paolino come vittime passate, presenti e future
223
della città o dei «Giudei» . Ogni volta, insomma, rappresentazione della
comunità e urgenza dell‘esperienza di persecuzione (cfr. Ap 2, 9 e 3, 9) sti-
224
molano e dettano la riattualizzazione .
225
2.2.16 La parabola del banchetto nuziale (Ap 19, 6-9) .
Ap Mt Lc
222
Cfr. Ap 6, 9; 11, 18; 16, 6. Sullo stretto legame, se non proprio, in alcuni casi, equi-
valenza, tra giusti e profeti, vedi Mt 13, 17 e 23, 29; Flavio Giuseppe, A.J. 10, 38; 2 Bar. 85,
1.3.12; Eb 11, 32-33; Gc 5, 16-18; Ascen. Isa. 2, 5.12; 4, 22; 6, 17; 9, 36.
223
Su Gerusalemme come „r dmym, vedi Ez 22, 2-3.6.9.12.27; 36, 18; 1QpHab 9 – 12;
4Q175 21-30; 4Q379 2, 7-14; 2 Bar. 64, 2.
224
Il vincolo tra le prime due è particolarmente forte in Ap, come già rilevato da Satake,
1966, pp. 26-34 e 47-57, proprio in riferimento ai termini «oiJ a{gioi» e «profhvth~».
225
Vos, 1965, pp. 163-174, e Vanni, 1991, pp. 31-34.
A* W f13 å sys.c Cyrlem leggono ariston. Cfr. Mt 22, 4 e le osservazioni di Pesce,
226
louv~ […]
levgw ga;r uJmi`n o{ti
oiJ eij~ to; dei`pnon tou` tou;~ keklhmevnou~ eij~ oujdei;~ tw`n ajndrw`n ej-
gavmou tou` ajrnivou tou;~ gavmou~» keivnwn tw`n keklhmevnwn
keklhmevnoi» geuvsetaiv mou tou` deiv-
pnou»
Altri paralleli:
Vang. Tom. 64, 1.11-12: «Un uomo aveva ospiti, e, quando ebbe preparato
il banchetto, disse al suo servo di invitare gli ospiti […] Disse il padrone al
servo. ―Va‘ di fuori per le strade, e quelli che troverai portali a banchetta-
re!‖. Compratori e mercanti non entreranno nei luoghi di mio padre»
Atti Fil. 135: «ijdou; oJ numfwvn mou e{toimov~ ejstin, ajlla; makavriov~ ejstin oJ
euJreqei;~ ejn aujtw`æ e[cwn to; e[nduma lamprovn: aujto;~ gavr ejstin oJ lam-
bavnwn to;n stevfanon ejpi; th`~ kefalh`~ aujtou`. ijdou; to; dei`pnon e{toimon,
kai; makavrio~ oJ kalouvmeno~ kai; e{toimo~ genovmeno~ ejlqei`n pro;~ to;n
keklhkovta aujtovn »
Ps.-Clemente, Hom. 8, 22, 3 – 8, 23, 1: «ajlla; kaiv tine~ tou` hJmetevrou
e[qnou~, oi{tine~ ejpi; kakai`~ pravxesin uJpo; tou` th`~ kakiva~ hJgemovno~
prolhfqevnte~, e[peita w{sper ejpi; dei`pnon uJpo; patro;~ uiJw`æ telou`nto~
gavmou~ klhqevnte~ oujc uJphvkousan. ajnti; de; tw`n ajpeiqhsavntwn dia; th;n
provlhyin oJ tou;~ gavmou~ tw`æ uiJw`æ telw`n path;r dia; tou` profhvtou th`~
ajlhqeiva~ ejkevleusen hJmi`n eij~ ta;~ diexovdou~ tw`n oJdw`n ejlqou`sin (o{ ej-
stin pro;~ uJma`~) kaqaro;n e[nduma gavmou peribalei`n (o{per ejsti;n bav-
ptisma, o} eij~ a[fesin givnetai tw`n pepragmevnwn uJmi`n kakw`n) kai; tou;~
ajgaqou;~ eij~ to; qeou` dei`pnon eijsavgein ejk th`~ metameleiva~, eij kai; th;n
ajrch;n ajpeleivfqhsan th`~ eujwciva~»
sione di Vang. Tom., cfr. Beatrice, 1978. Crossan, 1985, pp. 39-52, offre un‘analisi della tra-
smissione della parabola, nelle sue tre stesure, a partire dalle sue recitazioni orali da parte di
Gesù.
229
Analisi e conclusioni in Beatrice, 1978, pp. 245-246 e 270-274 (citazione pp. 272-
273). Data la diffusione ramificata del cosiddetto Sondergut matteano in tradizioni indipen-
denti dal primo vangelo (cfr. Gc, Did., Vang. Tom., Ascen. Isa., Ignazio), rimane, a conti fatti,
problematico stabilire se e quanto sia appropriato identificare e classificare tale materiale co-
me Sondergut e come ―matteano‖, se non persino ―pre-matteano‖. Cfr. le prospettive offerte
da un‘analisi interna del materiale proprio a Mt in Jones, 1995, pp. 402-410, relativamente
alla nostra parabola, e Aguirre Monasterio, 2006, pp. 118-129, più in generale.
230
Vos, 1965, p. 172, e Vanni, 1991, p. 33.
231
Vos, 1965, pp. 172-174; Crossan, 1985, pp. 46-51; Lupieri, 2000, p. 298.
232
La combinazione di «dei'pnon» e «gavmo~»/«gavmoi» ricorre ancora solo nelle Omelie
pseudo-clementine.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 163
237
2.2.17 La parusia ed il giudizio (Ap 22, 12) .
Ap Mt 1 Clem. Apoc. Piet. 2 Clem.
233
Cfr. Miller, 1998, pp. 314-316. Il detto «polloi gar eisin klhtoi oligoi de ekle-
ktoi» è aggiunto a Mt 20, 14 da C D W Q f1.13 å latt sy mae bopt, e a Lc 14, 24 da G f13 579
700 892mg al, e attestato indipendentemente da Barn. 4, 14 (discussione in Koester, 1957, pp.
125-158, e Hagner, 1985, p. 242): «o{tan blevpete meta; thlikau`ta shmei`a kai; tevrata ge-
gonovta ejn tw`æ ÆIsrahvl, kai; ou{tw~ ejnkatalelei`fqai aujtouv~, prosevcwmen, mhvpote, wJ~
gevgraptai, ―polloi; klhtoiv, ojlivgoi de; ejklektoi;‖ euJreqw`men». Il contesto di trasmissione,
come si vede, non è qui troppo distante da quelli di Mt e Ap (cfr. anche Barn. 4, 11-13).
234
Vanni, 1991, p. 33.
235
Vos, 1965, p. 171, e Miller, 1998, pp. 304-305 e 315-316. Siamo alla confluenza del-
la parabola gesuana con la tradizione della comunità come sposa di Cristo (cfr. 2 Cor 11, 2; Ef
5, 25-33; 2 Clem. 14, 2; più allusivamente, sembrano presupporla anche Rm 7, 1-4, e 1 Cor 6,
14-17).
236
Miller, 1998, pp. 309-316.
237
Vos, 1965, pp. 174-178.
164 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Barn. 21, 3: «ejggu;~ oJ kuvrio~ kai; oJ misqo;~ aujtou`»
239
Hagner, 1973, pp. 61-62 e 270-271.
240
Cfr. Vos, 1965, p. 176, e Aune, 1998b, p. 1218.
241
Hagner, 1973, p. 271.
242
La possibilità è in effetti lasciata aperta e sostenuta da Buchholz, 1988, pp. 267-276 e
406, contro Bauckham, 1988, pp. 4723-4724.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 165
243
Cfr. Vos, 1965, pp. 175-176, e Aune, 1998b, pp. 1218-1219.
244
Cfr. Sir 35, 22: «e{w~ ajntapodw/' ajnqrwvpw/ kata; ta;~ pravxei~ aujtou'», dove però
ricorre il più comune plurale.
245
Pesce, 2005, p. 639. Il soggetto rimane incerto tra Dio e Gesù. Clemente stesso oscil-
la tra Dio e Cristo come autori delle scritture ebraiche, attribuendo ad entrambi il titolo di
«kuvrio~» (cfr. Hagner, 1973, pp. 26-33 e 272-277).
246
Pesce, 2005, p. 529. Cfr. Mt 13, 16-17 // Lc 10, 23-24; 1 Cor 2, 9; Gc 1, 12 e 2, 5;
Vang. Tom. 17; Atti Piet. 39; Mart .Piet. 10; Dial. Salv. 139, 20 – 140, 9; Pr. Paolo A 25-29;
Clemente d‘Alessandria, Protr. 10, 94, 4; Const. ap. 7, 32, 5; T. Dom. 1, 28; fr. manicheo del
Turfan M 789; T. Dom. Gal. 11; Vang. Giov. Apocr. 30, con il commento di Pesce, 2005, pp.
511-512; 573; 639; 671; 679; 683.
247
Cfr. Donfried, 1974, p. 49, in generale, e Pesce, 2005, p. 645, in particolare, sull‘ ―a-
graphon‖ di 2 Clem. 13, 2.
248
Vale la pena notare come in 2 Clem. 12, 1-6 e 13, 2-4 l‘argomentazione poi proceda
e si sviluppi su una linea continua di ―agrapha‖ gesuani, per concludersi, a composizione ad
anello, con una nuova reminiscenza del logos sui doni approntati dal Signore per i suoi eletti
in 14, 5. Cfr. Lührmann, 2000, pp. 132-137. Sulla compiutezza di questa sezione, vedi anche
le osservazioni sparse di Donfried, 1974, pp. 150; 152; 165-168.
249
Per casi analoghi di attribuzione a Gesù, cfr., tra gli altri, Ps.-Filone, L.A.B. 26, 13, 1
Cor 2, 9 e Pr. Paolo A 25-29, e i già citati Mt 13, 16-17//Lc 10, 23-24; Vang. Tom. 17; Atti
Piet. 39; Mart. Piet. 10; Dial. Salv. 139, 20 – 140, 9; Clemente di Alessandria, Protr. 10, 94,
4; Const. ap. 7, 32, 5; inoltre, At 14, 22 e Barn. 7, 11, Tertulliano, Bapt. 20, Atti Giov. Proc.
25, Ps.-Macario, Hom. 27, 20; Ef 4, 26 e Adamanzio, Fid. 13, Did. syr. 2, 53, Const. ap 2, 53,
1-3, Vit. Syncl. 63; Clemente d‘Alessandria, Quis div. 40, Ps.-Atanasio, Quaest. Ant. 36, Eva-
grio, Vit. Ant. 15, Giovanni Climaco, Scal. Parad. 7, 16 e Giustino, Dial. 47, 5, e Lib. grad. 3,
3 e 15, 4; Ef 4, 30 e Herm. Mand. 10, 2, 5, e Girolamo, Comm. Ezech. 6, 18, 7.
166 Capitolo secondo
«e[rcomai» secondo una formula tipica di Giovanni (cfr. Ap 2, 16; 3, 11; 22,
250
7.20) . I termini della profezia ne risultano, come dire, prolungati e accor-
ciati, l‘attesa del suo compimento ravvivata e riattualizzata nel dialogo a di-
stanza conclusivo con le sette comunità cui Ap è diretta.
250
Aune, 1998b, p. 1218.
251
Per la costruzione, cfr. anche 1 Tm 6, 13, dove però marturevw rimane confinato
nell‘ambito tecnico forense, senza ulteriori connotazioni. Sull‘uso di Gv e Ap, vedi Brox,
1961, pp. 70-76 e 92-105, e, soprattutto, Beutler, 1975, pp. 75-144; 182-183; 188-191; 284-
286; 307-313; 318-338.
252
Cfr. Smith, 1989.
253
Il verbo divdwmi si sovrappone qui alla sfera semantica di deiknuvw (cfr. Gv 5,
20.22.36), esattamente come i correlativi e[cw, lambavnw e il possessivo ejmov~ glossano ajkouvw
in Gv 16, 13-15 (cfr. anche Ap 3, 3 e, soprattutto, 5, 1.4.7-8, con il nesso tematico lambavnw –
ajnoivgw – blevpw, che apre a Ap 10, 1-2.8-11). Si tratta quindi di un primo passaggio di rivela-
zione.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 167
Altri paralleli:
Gv 14, 26: «oJ de; paravklhto~, to; pneu`ma to; a{gion o} pevmyei oJ path;r ejn
tw`æ ojnovmativ mou, ejkei`no~ uJma`~ didavxei pavnta kai; uJpomnhvsei uJma`~ pavn-
ta a} ei\pon uJmi`n »ejgwv¼ »; 16, 7: «eja;n ga;r mh; ajpevlqw, oJ paravklhto~ oujk
ejleuvsetai pro;~ uJma`~: eja;n de; poreuqw`, pevmyw aujto;n pro;~ uJma`~»
Lib. grad. 9, 12: «Quando invierò il Paracleto agli apostoli, renderò anche
voi perfetti»
254
Gli eventi che si compiranno a breve scadenza coprono la venuta dell‘ora della prova
su tutti gli abitanti della terra (Ap 3, 10), la venuta di Dio (Ap 1, 4.8; 4, 8; 11, 17-18), la venu-
ta di Cristo (Ap 1, 7; 2, 5.16.25; 3, 3.11; 16, 15; 19, 7; 22, 12.17.20). La stessa estensione pro-
fetica all‘escatologia si intravede nei «ta; ejrcovmena» promessi come annuncio dello Spirito in
Gv 16, 13. Cfr. convincentemente Frey, 2000, pp. 190-204.
168 Capitolo secondo
255
4-6, tra Dio e Gesù Cristo . Insomma, l‘angelo è anche un angelo dello Spi-
rito, oppure, detto in termini invertiti, Giovanni concepisce lo Spirito, indi-
256
vidualmente e corporativamente, sotto forma angelica .
Su questi presupposti culturali comuni, prendono corpo corrispondenze
formali più strette fra Ap 22, 16 e Gv 15, 26: il verbo pevmpw in prima perso-
na, all‘aoristo in Ap, al futuro in Gv, la funzione di testimonianza espressa da
marturevw, i destinatari, della testimonianza in Ap, dell‘invio in Gv, indicati
con il pronome personale di seconda persona plurale. Diverge, è vero,
l‘identità dell‘inviato, l‘angelo di Gesù in Ap, lo Spirito di verità in Gv. Tut-
tavia, come abbiamo visto, tanto Ap che Gv tendono, di fatto, a sovrapporre
le concezioni di angelo e Spirito. Anche Lc conosce una tradizione simile,
con l‘equivalente ajpostevllw al posto di pevmpw, il «voi» dei discepoli come
destinatari, e la «promessa del Padre mio» per oggetto. Mi sembra significa-
tivo che, in At 1, 8 e 2, 33, questa promessa sia poi ulteriormente qualificata
257
come dono dello «Spirito santo» . Dall‘analisi emerge così un nucleo for-
male sufficientemente stabile da far pensare alla circolazione e riproduzione,
in variazioni molteplici, di un detto attribuito a Gesù sull‘invio dello Spirito
ai discepoli.
Si possono qui misurare e caratterizzare, più o meno sottilmente, con-
258
vergenze e divergenze di dettaglio tra Ap e Gv, come è stato fatto . Allar-
gando ancora la comparazione, appare evidente che le une e le altre, e la
forma stessa del detto con le sue variazioni, si innestano su un complesso di
tradizioni attestato anche dai Sinottici (cfr. Mc 13, 9.11 // Lc 21, 15, in paral-
lelo ad At 6, 10; Mt 10, 18-20 // Lc 12, 11-12 [= Q]), e riportato come parole
di Gesù, sulla promessa dello Spirito e della sua testimonianza ai e nei di-
scepoli.
255
La migliore e più approfondita discussione dei passi si trova in Gieschen, 1998, pp.
260-269, che però non si spinge fino ad identificare il «simile ad un figlio d‘uomo» di Ap 1,
13 e ss. con l‘angelo o uno degli angeli dello Spirito (cfr. Ap 1, 13 e 15, 6, e 14, 14). Una ne-
cessaria integrazione comparativa forniscono le osservazioni di Norelli, 1980, pp. 346-364, e
1983, pp. 215-220; 259-266; 271-274. Cfr. anche Lupieri, 2000, pp. 141; 159; 236; 353-354.
256
Vedi anche infra, 2.2.19 e n. 269. Cfr. Filone, Mos. 1, 274.277; Flavio Giuseppe, A.J.
4, 108; Lc 1, 26.35 e 24, 49; At 8, 26.28.39; Ascen. Isa. 3, 15; 4, 21; 9, 33-36.40; 10, 4; 11,
4.33-34; Lib. Elch. in Ps.-Ippolito, Haer. 9, 13, 1-3; Herm. Mand. 11, 9-10 e Sim. 9, 1-3; il
maestro ebreo in Origene, Princ. 1, 3, 4. Che anche dietro la personalizzazione giovannea del-
lo Spirito inviato come «oJ paravklhto~» si celi un riflesso di questa pneumatologia angelo-
morfica? Vedi l‘interessante analisi di Gieschen, 1998, pp. 286-293.
257
Va qui notato, inoltre, a sostegno di quanto stiamo dicendo, che sia in Gv 15, 26 che
in Lc 24, 48-49 ricorre anche un riferimento esplicito alla funzione di testimoni prospettata ai
discepoli stessi. Il motivo non è estraneo nemmeno ad Ap (cfr., ad esempio, 6, 9 e 17, 6)
258
Cfr. Beutler, 1975, pp. 190-191; 330; 335-336, e Frey, 1993, pp. 389 e 392-393.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 169
259
In questo contesto, si viene poi profilando lo specifico giovannista : le
parole al passato dell‘angelo inquadrano l‘esperienza profetica vissuta da
Giovanni precisamente nel modello che ritroviamo fondato dal redattore del
vangelo nella vicenda storica di Gesù, e di qui proiettato nel futuro.
Un ultimo punto che mi pare importante sottolineare: nella testimonian-
za del Paracleto, è compreso il compito di ricordare ai discepoli tutte le paro-
le del maestro (Gv 14, 26; cfr. 2, 22 e 7, 39). Testimonianza della testimo-
nianza, dunque, può essere considerata in parte la sua azione, tanto più che,
in Gv 4, 44 e 13, 21, marturevw introduce direttamente due detti profetici di
Gesù conosciuti anche ai Sinottici (cfr., rispettivamente, Mc 6, 4 e parr. e 14,
18 e parr.). Di entrambi il redattore del vangelo vuole constatare
260
l‘adempimento e di conseguenza la veridicità . Mi sembra evidente che si
tratti della stessa continuità dialettica tra le due testimonianze che stiamo rin-
tracciando in quella singola e specifica marturiva di Gesù che vuole essere
ed è l‘Apocalisse di Giovanni.
261
2.2.19 La sete e l‘acqua della vita (Ap 22, 17)
Ap Gv
263
Accolgo la punteggiatura cosiddetta occidentale, con Bultmann, 1953, p. 228 e n.3;
Brown, 1966, pp. 320-321 e n.6; Schnackenburg, 1971, pp. 210-211 e n.3. Cfr. anche la di-
scussione in Bienaimé, 1990, in particolare, pp. 282-307.
264
Come mostrano i casi analoghi di Gv 8, 6; 12, 6.33; 13, 11; 21, 19, è l‘espressione
«tou`to de; ei\pen» a inizio di 7, 39 a interrompere e chiudere il discorso diretto di Gesù.
170 Capitolo secondo
Altri paralleli:
Vang. Tom. 13, 5: «Io non sono il tuo maestro, poiché tu hai bevuto e ti sei
ubriacato della fonte zampillante che io ho misurato»; 28 (= P.Oxy. 1, 11-
17): «e[[s]thn ejn mevsw/ tou' kovsmou kai; ejn sarkei; w[fqhn aujtoi'~ kai; eu|-
ron pavnta~ mequvonta~ kai; oujdevna eu|ron diyw'nta ejn aujtoi'~; 108: «Chi
ha bevuto dalla mia bocca diverrà come me; anch‘io diverrò lui, e ciò che è
nascosto si rivelerà»
Giustino, Dial. 114, 4: «wJ~ kai; caivrein ajpoqnhvskonta~ dia; to; o[noma to;
th`~ kalh`~ pevtra~, kai; zw`n u{dwr tai`~ kardivai~ tw`n diÆ aujtou` ajga-
phsavntwn to;n patevra tw`n o{lwn bruouvsh~, kai; potizouvsh~ tou;~ bou-
lomevnou~ to; th'~ zwh'~ u{dwr piei'n»
265
Taeger, 1989, p. 68; Frey, 1993, p. 396; Theobald, 2002, pp. 459-460. Cfr. anche
l‘analisi della struttura letteraria di Ap 22, 17 proposta da Lupo, 2003, pp. 343-344.
266
Correttamente Theobald, 2002, pp. 470-471.
267
Theobald, 2002, pp. 460 e 465.
268
Taeger, 1989, pp. 67-68.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 171
269
Istruttivi le osservazioni e i dubbi di Lupieri, 2000, p. 358. Decisive sono però le ri-
correnze della fraseologia tipica del «simile a un figlio d‘uomo» (cfr. Ap 2, 7.11.17.29; 3,
6.13.22; 14, 13; 21, 9; 22, 18), l‘esistenza stessa di angeli delle singole comunità in Ap 2 – 3,
e gli evidenti caratteri celesti, quindi angelici e ―spirituali‖, della donna di Ap 12, in quanto
Israele primordiale o ejkklhsiva di Dio (per la corona, cfr. Ap 12, 1 con 4, 4.10; 6, 2; 14, 14;
per la vestizione di corpi e fenomeni celesti, con 10, 1, per lo splendore del sole, con 1, 16 e
10, 1, per l‘associazione con le stelle, con 1, 16). Sulla coppia angelo dello Spirito e angelo
della Chiesa, cfr. Ascen. Isa. 3, 15-16. In Herm. Sim. 9, 1, 1-3, la Chiesa e l‘angelo della con-
versione, il Pastore, sono considerati manifestazioni dello stesso Spirito, che è poi il Figlio di
Dio preesistente, ovvero l‘angelo gloriso da cui sono stati inviati (cfr. Sim. 9, 1, 1 e 5, 6, 4-7;
Vis. 5, 2; Mand. 11, 9-10). Cfr. anche 2 Clem. 14, 1-3. Sull‘identificazione della Sapienza ipo-
statizzata con lo Spirito e l‘Angelo del Signore e la sua manifestazione nel Tempio/Israele,
vedi già Sir 24, 3-17 e Sap 9, 9-11.17-18; 18, 15-16.
270
Cfr. le osservazioni di Theobald, 2002, pp. 470-471; 528; 530-532; 548-553, da inte-
grare con l‘analisi di DeConick, 1990, su Vang. Tom. 90, Mt 11, 28, Pist. Soph. 2, 95, 3 e
Dial. Salv. 141, 3-6.
271
Lupo, 2003, p. 350.
272
Così Taeger, 1989, p. 84 e n. 86 (cfr. anche analisi e puntualizzazioni di Theobald,
2002, pp. 80-86). Osserva ancora Taeger, 1989, p. 85, che, da un punto di vista di storia delle
tradizioni, Giustino (cfr. anche Dial. 69, 6) mostra «wie das Motiv vom lebendigen (bzw. Le-
bens-)Wasser mit Rückgriff auf atl. Weissagungen zur Sprache gebracht werden konnte, ein
Vorgang, den indirekt (da sie das Alte Testament nie zitiert) auch die Apk bezeugt und der
sich in dem dem Traditionsstück angehörenden Schriftzitat Joh 7, 38 andeutet».
273
Cfr. Berger, 1995, p. 616. Contro Frey, 1993, pp. 396-398, e Theobald, 2002, pp.
461-466 e 475-476, non calcherei sulla possibile distinzione tra il cristocentrismo di Gv 7, 37-
172 Capitolo secondo
3. TRAIETTORIE GESUANE.
38 ed un supposto teocentrismo di Ap 22, 17. Nonostante, infatti, Ap 21, 6 sia pronunciato dal
«Seduto sul trono», Ap 7, 17 e 22, 1, da un lato, e la coincidenza di predicati divini e gesuani
(cfr. proprio Ap 21, 6 e 22, 13), dall‘altro, consigliano prudenza nell‘imporre ai testi differen-
ziazioni troppo rigide. Cfr. Taeger, 1989, p. 35: «Das Lebenswasser-Motiv [ist] bewusst dem
Lamm zugeordnet und eindeutig christologisch geprägt; es erscheint gleichsam für das Lamm
reserviert».
274
Cfr. Ap 22, 16 e 18-19 e il commento di Lupieri, 2000, p. 358. Conclusioni simili,
seppure con orientamenti e interessi profondamente diversi l‘uno dall‘altro, offrono Taeger,
1989, pp. 49-50, e Lupo, 2003, pp. 350-355 e 359-360.
275
Vos, 1965, pp. 193 e 218-220; Berger, 1995, pp. 607-614; Segalla, 2000, p. 121-129.
276
Vos, 1965, pp. 218 e 220-223. Theobald, 2002, pp. 125 e 466-470, considera due dei
detti giovannisti di Ap (12, 11 e 22, 17) come «Gemeindegut». Datazioni ed eventuale status
canonico dei testi vanno allora, per lo meno, relativizzati.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 173
277
Più approfonditamente ed in generale, Ulland, 1997, pp. 324-336, che, per Ap 12 –
13, usa il termine «Fiktion», tanto più significativo quanto più consapevolmente se ne recupe-
ra la radice fac- «fare, creare», in funzione della costruibilità stessa della realtà (cfr. il tedesco
«Wirklichkeit»); Pezzoli-Olgiati, 1997, pp. 247-251; Schweiker, 2005, pp. 102; 104-108; 116-
119. Cfr. anche Lampe, 2006, pp. 105-110 e passim, che, a proposito della connessione, evi-
dente agli occhi dei seguaci di Gesù, tra la sua resurrezione sperimentata nelle visioni e la vi-
cinanza del regno di Dio nelle sue parole e nei suoi atti, scrive: «Gott schien zu halten was
Jesus versprochen hatte» (p. 110).
278
Cfr. Ap 10, 6-7 e 1QpHab 7, 3-5.
279
Thompson, 1990, pp. 46-91, e Glonner, 1999, pp. 52-64 e 259-268. Sul potenziale
―metaforico‖ e trasformativo di procedimenti allusivi, insiste, alla luce di teorie linguistiche
moderne, Hylen, 2005, pp. 59-71.
280
Sulla connotazione essenzialmente profetica del titolo cristologico di «la parola di
Dio» (Ap 19, 13), insistono, in particolare, e a mio modo di vedere correttamente, Mazzaferri,
1989, pp. 304-305; 307-308; 311; Müller, 1999, pp. 476-478; Roose, 2000, pp. 213-217. Non
siamo troppo lontani dalla rappresentazione filoniana, e non solo, di Mosè profeta come «la
parola profetica» o «Spirito santo, degno del Signore, molteplice e inafferrabile, signore della
Parola fedele in tutto, profeta divino su tutta la terra, maestro perfetto nel mondo […], grande
angelo» (cfr. Leg. 3, 43; Migr. 151; Congr. 170; Plant. 117-119, e As. Mos. 11, 16-17), e di
Gesù stesso come «profeta della verità» nella letteratura pseudo-clementina (cfr., ad esempio,
Ap 19, 11-12.15-16 e 22, 17, e Ps.-Clemente, Hom. 11, 19, 1-2 e 3, 52, 3). Insieme a «Inviato
di Dio» e a «Profeta di Dio», «Parola di Dio» e «Spirito di Dio» continuano ad essere attestati
come titoli di Gesù nella tradizione islamica (cfr. Chialà, 2009, passim). Il principio base di
questo passaggio e delle sue implicazioni si ritrova formulato in Did. 4, 1: «tou` lalou`ntov~
soi to;n lovgon tou` qeou` mnhsqhvshæ nukto;~ kai; hJmevra~, timhvsei~ de; aujto;n wJ~ kuvrion:
o{qen ga;r hJ kuriovth~ lalei`tai, ejkei` kuvriov~ ejstin». Traiettorie simili della tradizione ge-
suana sono rilevate e seguite in Gv da Hengel, 1995, pp. 75-104, e Theobald, 2002, in partico-
lare, pp. 196-199; 528-532; 538-553.
174 Capitolo secondo
281
A conclusioni analoghe arriva Segalla, 2000, p. 138.
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse 175
APPENDICE
LE PAROLE DI GESÙ
NELL‘APOCALISSE:
UNA TABELLA COMPARATIVA
1, 3a 1, 3a 1, 3a
1, 3b 1, 3b 1, 3b
1, 7 1, 7 1, 7
2, 10
3, 5c 3, 5c 3, 5c (8?)
3, 20 3, 20 3, 20
3, 21 3, 21 3, 21 (x2!)
6, 4 6, 4
6, 16 6, 15-17 6, 15-17
12, 9
12, 11 12, 11
13, 10 13, 10
17, 4b
18, 4 18, 4
22, 12 22, 12
22, 16
22, 17
CAPITOLO TERZO
LE FIGURE DI GESÙ
NELL‘APOCALISSE
1
Cfr. Talbert, 1999, pp. 171-172.
2
Penna, 1999, pp. 465-469.
3
Sul riflusso di tradizioni pre-sinottiche della Passione in Barn., cfr. Koester, 1957, pp.
152-156, e Hagner, 1985, p. 264 n.47.
178 Capitolo terzo
4
19, 13) . La sua resurrezione è adombrata, per antitesi, nel passaggio dalla
morte di nuovo alla vita (Ap 1, 5.18, e 2, 8) e integrata nell‘intronizzazione
sul trono di suo Padre, «in piedi» (Ap 3, 21 e 5, 6; cfr. At 2, 30-33 e 7, 55-56
5
e Ascen. Isa. 9, 27.35 e 11, 32) .
L‘intervallo di tempo tra la nascita e la morte è riempito unicamente
dall‘istituzione dei suoi «dodici apostoli», come fondamenti della comunità
escatologica, in corrispondenza evidente con le «dodici tribù dei figli
6
d‘Israele» (Ap 21, 12.14) .
Questo legame simbolico rimane vivo nella tradizione comune a Mt e
Lc sull‘intronizzazione dei dodici e il giudizio su Israele (Mt 19, 28 // Lc 22,
30), con cui Giovanni stesso mostra di essere entrato in contatto (cfr. Ap 3,
7
20-21) , ma è attestato esplicitamente solo nelle due varianti della scelta tra-
mandate da Vang. Ebion. in Epifanio, Pan. 30, 12, 3, ed in una interpretazio-
ne tipologica di Nm 19 offerta da Barn. 8, 3.
Riporto i passi qui di seguito:
Lc Gv Barn. Vang. Ebion.
6, 13: «kai; ejk- 6, 70: «ajpekrivqh 8, 3: «[…] oi\~ e[dwken «ejgevnetov ti~
lexavmeno~ ajpÆ aujtoi`~ oJ ÆIhsou`~, tou` eujaggelivou th;n ajnh;r ojnovmati
aujtw`n dwvdeka, Oujk ejgw; uJma`~ ejxousivan, ou\sin de- ÆIhsou`~, kai;
ou}~ kai; ajpo- tou;~ dwvdeka ejxe- kaduvo eij~ martuvrion aujto;~ wJ~ ejtw`n
stovlou~ wjnovma- lexavmhn» tw`n fulw`n (o{ti deka- triavkonta, o}~
sen […]» duvo fulai; tou` ÆIs- ejxelevxato
rahvl), eij~ to; khruvs- hJma`~ […]
sein» uJma`~ ou\n bouv-
lomai ei\nai
5, 9: «o{te de; tou;~ dekaduvo ajpo-
ijdivou~ ajpostovlou~ stovlou~ eij~
tou;~ mevllonta~ martuvrion tou`
khruvssein to; euj- ÆIsrahvl»
aggevlion aujtou` ejx-
elevxato […]»
4
Cfr., più profusamente, Holtz, 1962, pp. 44-47 e 71-80, e Penna, 1999, pp. 475 e 481-
483.
5
Holtz, 1962, pp. 29. 37-52. 57-58. 84; Comblin, 1965, pp. 23-24 e 198-202; Bovon,
1972, pp. 66 e 70-71; Penna, 1999, pp. 476 e 487-490. Per la fraseologia, cfr. Ap 11, 11; 13, 3
e 14; 20, 4-6.
6
Berger, 1995, pp. 146-150 e 612.
7
Cfr. Berger, 1995, pp. 150-151 e 609-610.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 179
Altri paralleli:
Vang. Naass. in Ps.-Ippolito, Haer. 5, 8, 12: «ajpo; ga;r tw`n dwvdeka, fhsiv,
fulw`n maqhta;~ ejxelevxato dwvdeka, kai; diÆ aujtw`n ejlavlhse pavshæ fulh`æ»
2. CONSERVARE GLI «e[rga» DI GESÙ: IL PESO DELLA CHIESA DI TIATIRI (Ap 2, 26)9
La lettera alla chiesa a Tiatiri è l‘unica delle sette in cui l‘angelo di Ge-
sù estenda le promesse escatologiche finali a «oJ thrw'n a[cri tevlou~ ta;
e[rga mou», in parallelo con il solito «oJ nikw'n» (Ap 2, 26). Con l‘espressione
«le mie opere», l‘angelo sembra voler creare un polo di azione che controbi-
lanci le influenze sataniche dell‘insegnamento della profetessa Iezabel (cfr.
10
Ap 2, 20.24) : come andrà, quindi, sciolta ed interpretata nel dettaglio? La
rete di opposizioni e corrispondenze, in cui è calata, nel contesto stesso della
lettera e in quello più ampio del settenario, offre una traccia importante. Il
parallelismo chiastico puntuale tra Ap 2, 26 e 2, 25 identifica in «ta; e[rga
mou» il possesso di quanti «non hanno» l‘insegnamento di Iezabel. Risalta
netto il contrasto tra le opere di Gesù e le dottrine della donna, che, agli oc-
chi di Giovanni, insistevano su pratiche sessuali illecite, sul mangiare le car-
ni sacrificate agli idoli (Ap 2, 20-21) e sulla conoscenza delle profondità di
Satana (Ap 2, 24). In Ap 2, 22, queste dottrine si traducono nelle «ope-
11
re»della profetessa , e in Ap 9, 20-21, comportamenti sessuali illeciti e idola-
tria compaiono ancora sotto l‘etichetta di «opere» da cui gli uomini non
marchiati dal sigillo divino non si sono ravveduti. Il conflitto, dunque, coin-
volge i rispettivi insegnamenti, compresi, nei loro risvolti pratici, anche co-
12
me opere .
La lettera alla comunità di Filadelfia, a sua volta, ruota tutta sul legame
con la parola di «perseveranza» di Gesù, che garantisce la protezione
8
Cfr., al riguardo, le osservazioni di Pesce, 2005, p. 608.
9
Cfr., in generale, Marino, 2003, pp. 52-69.
10
Karrer, 1986, pp. 106 n.77 e 199, e Segalla, 2000, p. 135.
11
Identici movimento e coincidenza fra Ap 2, 6 e 15, a proposito delle dottrine dei Ni-
colaiti.
12
Cfr. Segalla, 2000, pp. 135-136, e Marino, 2003, pp. 64-66. L‘equivalenza di threvw,
kratevw ed e[cw, in riferimento alla preservazione di tradizioni trasmesse, propagate e accolte
(cfr. Vos, 1965, pp. 210-211), rafforza sicuramente il punto.
180 Capitolo terzo
13
dall‘ora della prova che sta per venire (Ap 3, 10) : per un verso, l‘averla pre-
servata in passato giustifica questa protezione, per l‘altro, tenere stretto il
possesso già in mano diventa l‘imperativo per non farsi sottrarre la corona
della vittoria (Ap 3, 11; cfr. 3, 8 e 10). Vale quindi la stessa condizione di
salvezza riscontrata per la preservazione delle «opere» di Gesù a Tiatiri, e lo
stesso rapporto fra parola e azione, se «la perseveranza» è elogiata fra le o-
pere delle comunità di Efeso e della stessa Tiatiri (cfr. Ap 2, 2-3 e 19).
Arriviamo così ad una prima conclusione, negativa: gli «e[rga» di Gesù,
in Ap, non sono puramente ―fatti‖ o episodi biografici, oggettivi e oggettiva-
bili, che si possano individuare in concreto e univocamente, nel contesto di
tradizioni storiche sulla vita di Gesù; i contenuti che li riempiono devono
piuttosto essere cercati e ricostruiti nella lettura e analisi particolare di ogni
occorrenza di astratti seguiti da un genitivo, «mou» o «ÆIhsou'», che ne preci-
14
si esplicitamente Gesù come l‘autore .
2.1 La «pivsti~»15
13
Cfr. Ap 1, 9; 2, 2-3.19; 14, 12, ed il commento di Lampe, 1981, pp. 96-98.
14
Sul carattere vago e generalizzante dell‘espressione, cfr. Holtz, 1991, pp. 351 e 354-
355; Ulland, 1997, pp. 52-53; Roose, 2000, pp. 61-63.
15
Altre ipotesi di traduzione sono discusse in Deer, 1987, e Marino, 2003, pp. 58-61.
16
Il genitivo sarà quindi sempre soggettivo, cfr. Donegani, 1997, in particolare, pp.
377-378, e Roose, 2000, pp. 26-28.
17
Cfr. Brox, 1961, pp. 98-100; Comblin, 1965, pp. 137-138; Beutler, 1975, pp. 334-
336; Donegani, 1997, pp. 319-321 e 489-496. Strettamente connesso è l‘aspetto di parola data
che impegna al compimento (P.Mert. 32, 2; Flavio Giuseppe, B.J. 6, 345, e A.J. 15, 134). Cfr.
anche Spicq, 1994, pp. 391-392.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 181
18
Cfr. Ger 23, 28 («ajlhvqeia») e Dn 8, 26 (LXX: «ajlhvqeia»; Q: «ajlhqhv~») e 10, 1
(LXX: «ajlhqhv~»; Q: «ajlhqinov~»). Ellis, 1999, pp. 407-411, individua nella frase il parallelo
più affine, al di fuori del Nuovo Testamento, alla formula «pistov~ oJ lovgo~» delle Pastorali
(1 Tm 1, 15; 3, 1; 4, 9; 2 Tm 2, 11; Tt 3, 8), che, secondo la sua ricostruzione, risalirebbe a
profeti apocalittici o alla comunità di Esseni a Qumran, sarebbe poi passata a profeti della
missione giovannea (cfr. Ap 22, 6) e avrebbe infine contribuito alla enunciazione e trasmis-
sione degli insegnamenti, sempre profetici, cui è associata nelle Pastorali stesse. Cfr. anche
Berger, 1970a, in particolare, pp. 104-107.
19
Entrambi i termini greci – e rispettivi campi semantici afferenti – possono di fatto
tradurre la radice ebraica ‟mn e i suoi derivati, cfr. Ger 23, 28 e 28 (35), 9; Dn 8, 26 e 10, 1, e
Pr 14, 25; Sal 111 (110), 7 e 19 (18), 8, e Mc 14, 3; Gv 12, 3; Rm 3, 3-7 e 15, 8-9. Cfr. anche
Quell, 1933; Weiser, 1959, pp. 183-186; Comblin, 1965, p. 138.
20
Cfr. anche, più ampiamente, Norelli, 1994, pp. 93-113, e Filoramo, 2005, pp. 219-
253.
21
Cfr. la rappresentazione di casi e modelli profetici in Or. sib. 3, 1-7.698-701.809-829,
e 11, 315-324; Filone, Spec. 4, 48-52, e Mos. 2, 253; 261-262; 269; 280-281; 288-292; Flavio
Giuseppe, A.J. 10, 112-114; Plutarco, Pyth. orac. 407c; Mem. Marq. 2, 8; Flegonte di Tralle,
Mir. fr. 37 5, 25-30 (ed. Jacoby); Nonno di Panopoli, Paraphr. Jo. 1, 47.59.83-84.126. Cfr.
anche Berger, 1970a, pp. 109 e 150.
182 Capitolo terzo
25
2.2 La «parola della uJpomonhv»
Una rapida sinossi può illustrare come «la mia fedeltà» di Ap 2, 13 trovi
il suo corrispondente speculare in «la mia parola» di Ap 3, 8:
Ap 3, 8: Ap 2, 13:
kai; oujk hjrnhvsw to; o[nomav mou kai; oujk hjrnhvsw th;n pivstin mou
22
Cfr. Berger, 1970a, pp. 150-151; Mazzaferri, 1989, pp. 304-313; Roose, 2000, pp.
144-161 e 188-229.
23
Anche in 2 Ts 3, 1-3 e 2 Tm 2, 11-13, le tre occorrenze di pistov~ ruotano intorno alla
ripresa di detti gesuani, con lo stesso significato; in 2 Ts 3, 3 e 2 Tm 2, 13, l‘aggettivo si riferi-
sce direttamente o indirettamente a Gesù stesso. Cfr. 2 Clem. 11, 6-7. Le omelie pseudo-
clementine citano parole profetiche di Gesù, constatandone l‘adempimento, a riprova della
sua prescienza e del suo essere «il profeta veritiero», in possesso dello Spirito eterno (Ps.-
Clemente, Hom. 3, 12, 3 – 3, 13, 1 e 3, 15, 1 – 3, 16, 1; cfr. anche 2, 17, 4-5 e 11, 35, 3-6 e la
teoria formulata in 2, 6, 1 e 10, 1, dove pisteuvw ricorre due volte).
24
Secca ed illuminante la formulazione di Filone, Mos. 2, 288: «w\n (scil. gli eventi fu-
turi predetti da Mosè in punto di morte a ciascuna tribù) ta; me;n h[dh sumbevbhke, ta; de; pro-
sdoka`tai, diovti pivsti~ tw`n mellovntwn hJ tw`n progegonovtwn teleivwsi~». Cfr. anche Her.
260-261 su Noè il giusto: «ta;~ eujca;~ kai; katavra~ a}~ ejpi; tai`~ au\qi~ geneai`~ ejpoihvsato
e[rgwn ajlhqeivaæ bebaiwqeivsa~ ouj katecovmeno~ ejqevspiseÉ».
25
Müller, 1982; Kerner, 1998, pp. 39-44; Marino, 2003, pp. 79-87, in particolare, p. 82.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 183
36
2.2.1 NIKÂN: premesse, significato, effetti
Alla vita come a un terreno di lotta, agli avversari, che siano le forze sa-
taniche, le tentazioni o le tribolazioni, alla vittoria o ai suoi premi alludono
40
anche 2 Tm 4, 7-8, Gc 1, 12 e 1 Gv 5, 4-5 .
In 1 En. 37 – 71, il cosiddetto Libro delle Parabole di Enoc (seconda
41
metà del I sec.a.C.), affiora invece più decisamente lo sfondo processuale :
in 46, 3, il destino di elezione del Figlio dell‘Uomo, stabilito da prima che il
mondo fosse creato (cfr. 48, 2-3.6), viene giustificato con la precisazione che
la sua sorte «ha vinto tutti, al cospetto del Signore degli Spiriti, in giustizia,
in eterno». Il suo nome è la salvezza dei giusti uccisi sulla terra che hanno
«odiato e disprezzato questo mondo di iniquità» e tutte le sue azioni e i suoi
comportamenti: al tempo dell‘afflizione e del giudizio, essi «vinceranno nel
nome del Signore degli Spiriti» (50, 2).
(nikavw), e l‘evidenza esterna raccolta e discussa da Müller, 1974, pp. 106-107, cui potrebbe
essere aggiunto Melch. 26, 4-9 (NHC IX, 1). Percezione simile traspare dalle osservazioni di
Satake, 1991, pp. 313-315; Kerner, 1998, pp. 47-52 e 115-116; Marino, 2003, pp. 63 e 66.
L‘acuta e lucida analisi di Roose, 2000, pp. 47-72, si perde in un distinguo troppo marcato tra
valenza «soteriologica» della vittoria di Gesù, con la sua effettiva morte in croce, e valenza
«etica» della vittoria dei cristiani, con la resistenza ad oltranza cui sono chiamati, anche e
proprio nell‘eventualità della morte.
39
Karrer, 1986, p. 216. Cfr. Bauernfeind, 1942, p. 941.
40
Sia per T. Giob. che per Gc rimane valida l‘osservazione di Müller, 1974, p. 107:
«Der Begriff nika'n fehlt allerdings, dafür steht uJpomevnein zum Ausdruck derselben Sache».
Il ricorso all‘immagine della corona lo conferma.
41
Hahn, 1971, pp. 384-385. Sulla «Rechtsstreit» nella letteratura giudaica antica, cfr.
brevemente Müller, 1964, pp. 57-64. Sulla corrispondenza vittoria-giustiza, sempre utile Bult-
mann, 1953, pp. 434-435 e n.7.
186 Capitolo terzo
42
4 Esd. (fine del I sec.d.C.) fonde le due prospettive : la vittoria definiti-
va di fronte al trono del giudizio (7, 115) segue alla vittoria nella lotta che,
dalla nascita, impegna gli uomini contro «il cattivo senno plasmato insieme a
loro» (7, 92). Spiega Uriele:
«Questo è il senso della lotta (certamen) che ha combattuto (certavit) l‘uomo che è
nato sulla terra: se sarà stato vinto, soffrirà le cose che tu hai detto (scil. i tormenti
lamentati da Esdra in 7, 116-126; cfr. anche 7, 80-87), ma se avrà vinto (si autem
vicerit), riceverà quello che io dico (scil. il riposo nei sette ordini delle anime dei
giusti elencati dall‘angelo in 7, 90-98)».
43
In Ap sembra dominare piuttosto la sfumatura marziale : il vincere di
Gesù nasconde la realtà di una battaglia, e, più in profondità, di un conflitto
44
di ordine cosmico con le forze sataniche (Ap 12) , e si colora di forti tinte
messianiche (cfr. Ap 5, 5 e 4QpGena; 1QSb 5, 26-29; 4 Esd. 11, 37 e 12,
1.31; 4QpIsaa; Šem. „Eśr. 15) ; parallelamente, la metafora del comprare e
45
42
Cfr. Hahn, 1971, p. 385, anche se la sua insistenza sulla «Leidenstheologie» giudaica
non convince del tutto.
43
Middleton, 2006, pp. 166-167 e 169-170, parla efficacemente di «near total dualism»
e «all-out war» (166).
44
Cfr. Müller, 1974, p. 106; Holtz, 1981, p. 1150; Taeger, 1994, pp. 33-41; Schimano-
wski, 2002, pp. 208-209.
45
Cfr. le osservazioni di Roose, 2000, pp. 66-67 e 70-72, e il dettagliato excursus in
Schimanowski, 2002, pp. 197-205.
46
Cfr. Holtz, 1962, pp. 65-68, e Schüssler Fiorenza, 1974, pp. 228-229.
47
Cfr. Roose, 2000, p. 71; Schimanowski, 2002, pp. 209-210; Prigent, 2000a, p. 205.
48
Cfr. Vos, 1965, pp. 209-210, e Segalla, 2000, pp. 135-136.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 187
49
Similmente, Kerner, 1998, pp. 40 e 45.
50
Cfr. Roose, 2000, pp. 158-160 e 188-224.
51
Cfr. Satake, 1991, pp. 313 e 321-322, e Middleton, 2006, pp. 169-170.
52
Scrive Assmann, 1997, pp. 26-27: «La memoria culturale si orienta in base a punti
fissi nel passato. Anche in essa il passato non è in grado di conservarsi in quanto tale, ma si
coagula piuttosto in figure simboliche a cui viene agganciato il ricordo: le storie dei padri –
l‘esodo, la peregrinazione nel deserto, la conquista del paese, l‘esilio – sono figure di ricordo
celebrate liturgicamente nelle feste, le quali gettano luce su situazioni del presente. Anche i
miti sono figure di ricordo: la differenza tra mito e storia cessa qui di valere. Per la memoria
culturale è valida non la storia de facto, ma solo quella ricordata; si potrebbe anche dire che
nella memoria culturale la storia de facto viene trasformata in storia ricordata e dunque in mi-
to. Il mito è una storia fondante, una storia che viene raccontata per chiarire il presente alla
luce delle origini. […]. Attraverso il ricordo la storia diventa mito; in tal modo essa, lungi
dal divenire non reale, solo ora si fa realtà, come forza durevole normativa e formativa»
(corsivo mio). Cfr. anche ibid., pp. 47-51. Williams, 2006, applica alle tradizioni gesuane
188 Capitolo terzo
Sono forse due tra i più complessi passaggi della lettera, e, per districar-
ci fra nodi esegetici, interrogativi aperti, vecchie e nuove metodologie e pro-
spettive di ricerca, cercheremo di creare una base testuale di analisi solida,
individuando i punti fermi che più direttamente ci interessano, e concentran-
53
do su di questi le nostre domande, con il loro taglio specifico .
Preso nel suo contesto più ampio (Ap 12, 1-5.13-17), il racconto si di-
pana come conflitto tra la donna nel cielo, il suo primogenito, e gli altri della
sua discendenza, da un lato, e il grande drago rosso, dall‘altro, (cfr. Ap 12,
17), e funge da cornice alla sconfitta del serpente stesso e dei suoi angeli ad
opera delle milizie celesti guidate da Michele (Ap 12, 7-12).
Chi sono il serpente e il primogenito? Il testo è chiaro: quasi a non voler
lasciare dubbi sulla sua identità, sul drago grande si affollano gli epiteti di
«serpente antico, chiamato Diavolo e Satana, che seduce tutta la terra abita-
54
ta» (Ap 12, 9) , il primogenito, un figlio maschio, si rivela il Messia davidi-
de, destinato a «pascolare tutte le genti con bastone di ferro» (Ap 12, 5; cfr.
Sal 2, 8-9 LXX e Sal. Sal. 17, 21-24). Le ricorrenze parallele della citazione
55
in Ap 2, 27 e 19, 15 permettono di identificarlo storicamente con Gesù .
L‘ostilità tra i due, tra il drago ed il Messia, tra Satana e Gesù, si traduce
nella fame del drago che vuole divorare il nascituro: eco precisa di storie del-
56
la supposta persecuzione ordinata da Erode il Grande (cfr. Mt 2, 16-21) ?
Appare più probabile che, in questa fame, affiori una cifra dell‘intera espe-
rienza di Gesù, abbozzata come scontro con Satana o le potenze demoniache,
conservate nella Did. la nozione analoga di «genere di memoria», definito come pratica mne-
monica e/o immagine del passato a disposizione di un particolare gruppo sociale in uno speci-
fico momento (p. 35).
53
Mi limito a segnalare, a titolo di bibliografia fondamentale, Gollinger, 1971; Yarbro
Collins, 1976; Min, 1991; Busch, 1996; Kalms, 2001; Biguzzi, 2004, pp. 195-229; Koch,
2004; Siew, 2005; Omerzu, 2006; Arcari, 2008, pp. 324-365.
54
Cfr. Busch, 1996, pp. 61-66 e 116-135; Kalms, 2001, pp. 49-53 e 134-143; Biguzzi,
2004, pp. 202-212; Koch, 2004, pp. 238-252.
55
Cfr. Busch, 1996, pp. 67-75 e 86-102; Kalms, 2001, pp. 55-59; Biguzzi, 2004, pp.
212-217; Arcari, 2008, pp. 342-348; 353-356; 362-365, con molte riserve sull‘identificazione
della donna con Maria. L‘interpretazione collettiva come gruppo messianico (cfr. Gollinger,
1971, pp. 151-182, e Siew, 2005, pp. 152-164) ha quantomeno il merito di evidenziare deci-
samente, fino all‘equivoco e allo scambio, il parallelismo speculare che l‘Ap costruisce tra
Gesù e i suoi seguaci. Cfr. le osservazioni di Arcari, 2008, pp. 356-362.
56
Cfr. Lupieri, 2000, pp. 195-197, e Kalms, 2001, pp. 49; 61-62; 65; 127-131, in parti-
colare, 129. Prima rassegna e vaglio delle ipotesi sulla decifrazione storica della scena offre
Koch, 2004, pp. 227-232.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 189
60
QG 1, 85-86, e Is 57, 1-2 LXX) . In compagnia di Elia, Enoc è il non morto
e traslato in cielo per eccellenza, in segno della protezione e del favore divi-
no accordatogli (cfr. 2 Re 2, 11, 1 Macc. 2, 58, e Sir 48, 9 e 12 su Elia; 1 En.
12, 1-2; 70, 1; 89, 52 e 90, 31, su Enoc ed Elia; Giub. 4, 23; Filone, QG 1,
85-86; Flavio Giuseppe, A.J. 1, 85 su Enoc, e 9, 28, su Elia, anche in coppia
61
con Enoc; Eb 11, 5; 2 En. 36, 1-2 e 67, 2-3) , ma la tipologia del profeta-
giusto rapito presso Dio si diffonde rapidamente ad altri personaggi delle
62
scritture sacre ebraiche : Melchisedek, dopo un concepimento e una nascita
miracolosa, trasportato e deposto nel paradiso dell‘Eden, nel terzo cielo,
dall‘arcangelo Michele, per essere sacerdote dei sacerdoti in eterno (2 En.
63
71, 28-29 e 72, 1-9; cfr. Eb 7, 3) , i profeti Mosè (Filone, Mos. 2, 288-292;
Sacr. 8; QG 1, 86; Flavio Giuseppe, A.J. 4, 326; Or. sib. 2, 245; Atti Pil. 16,
64
6-7; Ambrogio, Cain 1, 2, 8) , Fineas (Ps.-Filone, L.A.B. 48, 1, e Origene,
60
Berger, 1976, p. 34. Cfr. anche Müller, 1971, pp. 184-189.
61
Cfr., rispettivamente, Rosso Ubigli, 1984, e VanderKam,1995, e Öhler, 1997, pp. 2-
30.
62
Scrive Berger, 1971, p. 401 n.2: «es handelt sich um ein offenbar aus der Elias-
Tradition kommendes Element, das […] auch auf andere prophetische Gestalten übertragen
wurde, insbesondere auf Henoch, und welches häufig als Himmelsreise dargestellt wird, die
eine der Berufungsvision analoge Funktion hat». Cfr. anche Id., 1976, pp. 19-21. Se il profeta
Elia era celebre per il suo zelo per la Legge, e quindi per la sua giustizia, e l‘ascensione pote-
va rappresentarne la meritata ricompensa (cfr. 1 Macc. 2, 58; 4 Esd. 7, 106-111; Eb 11, 32-38;
Gc 5, 16-18; Ascen. Isa. 2, 14 e 9, 36; Pesiq. Rab. 9, 76a), Enoc il giusto (cfr. 1 En. 12, 4; 15,
1; 71, 15-16; Sir 49, 14; Giub. 10, 17; T. Giud. 18, 1; T. Dan 5, 6; T. Ben. 9, 1; Eb 11, 4-7;
Ascen. Isa. 9, 7-9.28) viene descritto con funzioni di profeta o comunque considerato tale in
Giub. 4, 22-24 (cfr. 1, 12); Gd 14; Barn. 4, 3-4; Atenagora, Leg. 24; Ippolito, Antichr. 43;
Clemente d‘Alessandria, Ecl. 2, 1; Origene, Princ. 4, 4, 8; Vang. Bart. 11-12 (cfr. anche ver-
sione slava).
63
In 2 En., l‘esaltazione di Melchisedek si consuma sulla traiettoria e a spese di Enoc,
ridimensionato a rivelatore delle strutture celesti e della vera halakhah. Da 11QMelch, si può
dedurre che, negli ambienti qumranici del I sec.a.C., la figura biblica del re di Salem fosse
ormai assorbita nel nuovo status di ‟lwhym, e forse venisse anche riconosciuta come l‘«unto
dello Spirito» preannunciato da Dn 9, 25. Il Libro dei Giubilei, dalla sua, sembra aver già
provveduto a cancellarne le tracce, mentre il Libro delle Parabole di Enoc trasformerà Enoc
in un essere sovrumano. Gli indizi di una concorrenzialità dei due personaggi si moltiplicano
se si tiene conto che il trattato scoperto a Nag Hammadi e intitolato Melchisedek si presenta,
alla stregua di tanta letteratura enochica, come testo autobiografico della rivelazione celeste
ricevuta e secretata dal santo sommo sacerdote dell‘Altissimo (NHC IX, 6, 24; 14, 9 – 15, 5;
27, 1-10). Cfr. Gianotto, 1984, pp. 59-86 e 193-216, e Sacchi, 1988, pp. 207-209. Nel quadro
della lunga tradizione di caratterizzazione sacerdotale e profetica di figure quali Levi e la sua
discendenza (Gius. Asen. 22, 8-9; 23, 8; 26, 7; e T. Levi 2, 10; 5, 4; 8, 2.14-15), Mosè (Filone,
Mos. 2, 292; Mem. Marq., passim; CIJ pp. 559 e 592 nr. 102), Samuele (1 Sam 3, 1.20-21; Sir
46, 13-20; Ps.-Filone, L.A.B. 51, 6-7; Palaia, ed. Vassiliev, p. 220), Geremia (4 Bar. 9, 8), il
Maestro di Giustizia (cfr. 4QpPsa 3, 15; 1QpHab 2, 2-9 e 7, 3-5; CD 6, 7-11; 1QS 9, 9-11),
Caifa (Gv 11, 49-51), non sfugga la rappresentazione di Melchisedek come profeta offerta
anche dalla Palaia p. 212.
64
Discussione di questi e altri testi, compresi Mc 9, 4 parr. e Ap 11, 3-6, in Meeks,
1967, pp. 122-125; 140-141; 209-214; 244-254; Lohfink, 1971, pp. 61-69; Smith, 2006, pp.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 191
65
Comm. Jo. 6, 83-85) , Geremia (Mt 16, 14; 5 Esd. 2, 18; Vittorino di Peto-
vio, Comm. Apoc. 11, 3; Origene, Comm. Jo. 13, 403; cfr. anche 2 Macc. 2,
66
1-8 e 15, 12-16, e Vit. Pro. 2, 11-19) , Baruc (2 Bar. 13, 3; 43, 2; 46, 7; 48,
30; 76, 1-4), Esdra (4 Esd. 14, 9-15), fino all‘intero Israele (As. Mos. 10, 8-
9). La figura di Enoc assume chiari tratti messianici nell‘appendice al Libro
delle Parabole di Enoc, dove il patriarca stesso, asceso definitivamente pres-
so il Signore della Gloria, è rivelato essere il Figlio dell‘Uomo (1 En. 71, 14-
17), l‘Eletto e l‘Unto, conservato da sempre al cospetto di Dio, che, al suo
apparire alla fine dei tempi, si siederà sul trono della Gloria (cfr. 1 En. 45, 3;
67
48, 2-6.10; 51, 3; 52, 4-9; 61, 8; 62, 1-2.5-7) . A sua volta, anche l‘attesa del
ritorno di Elia si sovrappone, in alcuni circoli di orientamento sacerdotale, a
quella del Messia di stirpe aaronitica (cfr. CD 6, 7-11 e 1QS 9, 10-11,
4QTest, Ps.-Filone, L.A.B. 48, 1, Lc 1, 5-17, Gv 1, 20-21.25, e Tg. Yer I Es 6,
18 e 40, 9-11; Nm 25, 12; Dt 30, 4 e 33, 11, e Tg. Lam 4, 22; Midr. Sal 43,
68
1) .
Più vagamente, in 4 Esd., la preesistenza celeste e il disvelamento
dell‘Unto davidide (cfr. 12, 32 e 13, 26) sono vincolati ai destini «degli uo-
mini che sono stati accolti, che non hanno gustato la morte dalla loro nasci-
69
ta» (6, 26) e che torneranno e moriranno con lui dopo i suoi quattrocento
anni di regno (ibid.; 7, 28-30; 13, 52; cfr. 2 Bar. 13, 3 e 76, 3-4 con 30, 1, su
77-81. Per un confronto diretto tra ascensioni di Mosè in Filone e ascensione di Gesù nell‘Ap,
cfr. Borgen, 1996, pp. 151-152 e 154-159.
65
L‘equiparazione di Fineas a Elia si ritrova anche in Tg. Ps.-J. Nm 25, 17 e Pirqe R.
El. 47, ma la tendenza generale a fondere funzioni profetiche e funzioni sacerdotali era am-
piamente diffusa, come dimostrano le attestazioni raccolte da Berger, 1971, pp. 394-395, che
aggiunge: «dabei ist häufig von einem himmlischen Aufenthalt die Rede» (p. 395).
66
Cfr. Berger, 1976, pp. 256-257 n. 72, e Wolff, 1976, pp. 26-29.
67
Su datazione, origine e funzione dell‘appendice di 1 En. 70 – 71, nell‘economia gene-
rale del Libro delle Parabole di Enoc, cfr. Sacchi, 1981, pp. 569 e 571-572; Chialà, 1997, pp.
134-138 e 281-285, e 2007, pp. 159-163; Nickelsburg, 2007, pp. 42-43; Knibb, 2007, pp. 52 e
62-63; Kvanvig, 2007, pp. 187-193 e 197-206; Collins, 2007, pp. 221-227. Di compiti tradi-
zionalmente messianici sembra investito anche l‘angelo Melchisedek in 11QMelch: ritorno
dei prigionieri e liberazione dal peso di tutte le loro iniquità e dalle mani di Belial, esecuzione
della vendetta dei giudizi di Dio su Belial e i suoi partigiani, consolazione e istruzione degli
afflitti nella verità. Le figure di Melchisedek, del Principe delle Luci (1QS 3, 30; CD 5, 18;
1QM 13, 10) e di Michele (1QM 17, 6-8) sembrano qui convergere. Vale, allora, la pena nota-
re come 1 En. 61, 10 ponga l‘Eletto dopo le schiere del cielo e prima delle potenze che sono
sulla terra e sul mare (cfr. già Dn 7, 13-14.22 e 12, 1-2: Michele è il «Figlio dell‘Uomo»?).
68
Interessante già un confronto tra Is 49, 6, uno dei canti del Servo del Signore, il ma-
carismo di Sir 48, 11 su Elia, e le beatitudini messianiche di Sal. Sal. 17, 44 e 18, 6-8. Su Elia
come figura messianica a pieno titolo, non solo e non tanto come precursore del Messia, cfr.
Jeremias, 1938, pp. 931-933; Wieder, 1955, pp. 13-23; Robinson, 1958, pp. 268-270; Öhler,
1997, pp. 6-12; 14-24; 29-30; Fabry, 2006, pp. 282-283.
69
Smith, 2006, pp. 68-85 e 89-92, offre una lunga ed esaustiva lista delle figure, stori-
che o meno, di cui si tramandava che fossero state assunte in cielo, prima o dopo la morte.
192 Capitolo terzo
70 c
Cfr., sul ritorno di Enoc, 1 En. 90, 31; Giub. 4, 24 e 10, 17; 4QpsJub fr. 2, 3; più in
controluce, Sap 4, 20; Apoc. Paolo 20; sul ritorno di Elia, Ml 3, 23-24; Sir 48, 10; 4Q558 e
4Q521 fr. 2 III, 1-2 (?); Mc 8, 28 e 9, 12-13 par.; Lc 1, 16-17; Gv 1, 21.25; Or. sib. 2, 247;
Commodiano, Carm. apol. 833.839.850; sul ritorno di entrambi, Apoc. El. 4, 7; Apoc. Piet. 2;
Tertulliano, An. 50, 5; Ippolito, Comm. Dan. 4, 35; sul ritorno di Geremia, Mt 16, 14; 4 Esd.
2, 18 (con Isaia); Vittorino di Petovio, Comm. Apoc. 11, 3; sul ritorno di Mosè, i multi di Vit-
torino di Petovio, ibid.; Tg. fram. e Tg. Ps.-J. a Dt 33, 21; Es Rab 2, 6 (cfr. Ap 15, 3); Dt Rab.
3, 17; Qo Rab. 1, 8; Mem. Marq. 1, 9 e 2, 8 (cfr. Flavio Giuseppe, A.J. 18, 85 e Gv 4, 19-25).
Il «mutabitur cor inhabitantium et convertetur in sensum alium» di 4 Esd. 6, 26 ricorda le at-
tese concentratesi sul secondo invio di Elia (cfr. Is 49, 6; Ml 3, 22-23; Sir 48, 10; Lc 1, 17) e
già estesesi anche al Messia (T. Dan 5, 11 e Sal. Sal 17, 23-24.29.35 e 18, 7-8; cfr. anche At 3,
19-21 e Ap 19, 11.15).
71
Cfr. Müller, 1972, pp. 100-103, e Berger, 1973, pp. 10-11 n.38, e 1976, pp. 306-307
n.216. ejlevgcw appartiene al linguaggio stereotipo della predicazione profetica, cfr. Vit. Pro.
3, 2; 6, 2; 17, 2; 21, 11, e le osservazioni di Norelli, 1994, p. 102. Il giudizio di Girolamo con-
servato da Gioacchino da Fiore, Comm. Apoc. fol. 146b, attesta esplicitamente come si potes-
se facilmente presumere che le interpretazioni cristiane letterali di Ap 11, 2-6 attingessero a
fonti giudaiche, o di tendenza giudaizzante, sul ritorno dei due: «de Henoch et Helia, quos
venturos apocalypsis refert et esse morituros, non est huius temporis disputatio, cum omnis
ille liber aut spiritaliter intelligendus sit, aut si carnalem interpretationem sequemur, iudaicis
fabulis acquiescendum sit» (cfr. Id., Comm. Isa., prologo). Cfr. anche le conclusioni cui arriva
Bauckham, 1985, pp. 75-76.
72
Cfr. la ricostruzione della figura storica di Menahem e dello sviluppo della leggenda
proposta da Hengel, 1976, pp. 299-302.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 193
soretica quanto nelle versioni di Tg. Ps.-J. e LXX, e Sir 48, 9.12), ha lasciato
73
sulla formazione dell‘episodio analogo .
È stato già giustamente evidenziato (Busch, 1996, pp. 102-107 e 110-
113) come ad Ap 12, 5; 2 En. 71, 17-28 e 72, 1-9; Lam. Rab. 1, 16 e y. Ber.
2, 5a, soggiaccia una analoga articolazione in nascita e rapimento del bambi-
no che porterà la salvezza. Lo stesso schema è ripetuto e modulato tredici
volte in Apoc. Adamo 77, 27 – 82, 19 (NHC V, 5; I-III sec.d.C.) a proposito
74
della genesi e della venuta del «fwsthvr», il «luminare della conoscenza» .
Queste variazioni culminano tutte, indistintamente, con il conferimento di
gloria e potenza al bambino, nel luogo (prevalentemente, cielo, deserto,
montagna o luogo elevato, ma anche giardino di fiori e nuvola) dove è stato
75
allevato in segreto, e con la sua seguente discesa sulla terra . Più nello speci-
fico, la seconda (78, 6-13) ne sottolinea la nascita da un grande profeta e ne
attribuisce il rapimento agli uccelli del cielo che lo nutrono su una montagna,
mentre la quarta (78, 27 – 79, 14) racconta dell‘inseguimento di una vergine
da parte delle armate demoniache di Salomone, e della sua fuga nel deserto,
dove partorirà e tirerà su il bambino. Sia che il «luminare» vada identificato
direttamente con Gesù sia che rappresenti una figura più indistinta di profe-
ta/giusto/sapiente o rivelatore celeste (cfr. Is 42, 6 e 49, 6; Dn 12, 3 LXX; T.
Levi 14, 3 e 18, 1-9; 1 En. 48, 2-4, in parallelo a 46, 3 e 49, 1-2; 1QM 17, 6-
8; 1QS 4, 1-7; 4QWiles of the Wicked Woman 1, 7; 11QPsa 27, 2-4.11; Gv
76
5, 35; Fil 2, 15; 2 Pt 1, 19; Ap 11, 3-4 e 21, 11.23) , mi sembra giustificato
concludere, alla luce degli altri paralleli riportati e discussi, che, perlomeno
in alcuni dei suoi sviluppi e delle sue rielaborazioni, di fatto quelli più pros-
simi alla versione di Ap 12, questo schema narrativo sia giunto al redattore di
Apoc. Adamo attraverso la mediazione di ambienti giudaici, e abbia risentito
73
Schwemer, 1994, pp. 119-135. Cfr. anche Pesiq. Rab. Kah. 5, 8 e Pesiq. Rab. 15, 10,
dove del Messia si dice che si ritirerà temporaneamente nel deserto (di Giuda o di Og) come il
suo predecessore Mosè.
74
Sul ripetuto invio di Elia, cfr. Ps.-Filone, L.A.B. 48, 1. Sulle successive nascite di Cri-
sto da una vergine e le metamorfosi storiche del profeta di verità, cfr., rispettivamente, Libr.
Elch. in Ps.-Ippolito, Haer. 9, 14, 1, e Ps.-Clemente, Hom. 3, 20, 1 (analogamente anche
Vang. Naz. in Girolamo, Comm. Isa. 4, 13). Il motivo è, con tutta probabilità, di origine profe-
tico-sapienziale (cfr. Sap. 7, 22.25-28)
75
Sul significato dell‘espressione formulare di chiusura «e così venne sull‘acqua», cfr.
Parafr. Sem 32, 5-12 (NHC VII, 1) e Trat. Set 50, 16-18 (NHC VII, 2) con le considerazioni
di Stroumsa, 1984, pp. 89-90 e n. 29.
76
L‘economia generale del testo richiederebbe piuttosto che si intenda Set. Così
Stroumsa, 1984, pp. 89-91 e 101-102, e Pearson, 1986, pp. 30-31. Franzmann, 1996, pp. xvi-
xvii, cita le voci favorevoli all‘identificazione con Gesù, passando in rassegna alcuni dei loro
argomenti, ma poi si limita a dimostrare come, a suo giudizio, storia del «luminare» e vicenda
di Gesù non coincidano. Filoramo, 1982, p. 870, pensa ad un influsso della teologia solare
mitraica.
194 Capitolo terzo
Gli strascichi della sconfitta celeste del drago e della sua ira per i ripetu-
ti fallimenti di colpire la donna (Ap 12, 6-16) si ripercuotono sul «resto della
sua discendenza» che viene ora coinvolto in una guerra con il Satana e i suoi
due emissari (Ap 13).
La presenza anticipata, in Ap 11, 7, della bestia che sale dall‘abisso e fa
guerra ai due testimoni, uccidendoli sotto gli occhi di «popoli e tribù e lingue
e genti» (cfr. 11, 9), induce a considerare 11, 3-13 la rappresentazione speci-
fica e diffusa dell‘andamento di quello stesso conflitto disposto e prospettato
79
in 13, 7-10, quasi un episodio-simbolo delle ostilità aperte : stesso il lasso di
tempo – i 1260 giorni di 11, 3 coincidono con i 42 mesi di 13, 5 –, stesse an-
che le vittime, che siano chiamate «santi» (13, 7 e 10) o «coloro che custodi-
scono i comandamenti di Dio e hanno la testimonianza di Gesù» (12, 17) o
«i miei due testimoni» (11, 3). I primi sono infatti esplicitamente identificati
con i secondi (cfr. 13, 10 e 14, 12), hanno una testimonianza da custodire
(cfr. anche 12, 10), e passi come Ap 17, 6 e 18, 24, per un verso, 19, 10 e 22,
77
Cfr. l‘analisi di Berger – Colpe, 1993, testi nn. 618-621 pp. 346-348. Sulla dipenden-
za di Apoc. Adamo da tradizioni profetiche e ―apocalittiche‖ giudaiche insistono MacRae,
1965, pp. 32-34, e Pearson, 1984, pp. 470-474. Su diffusione e forme del motivo letterario
dell‘esposizione del neonato, che in Apoc. Adamo trovano ulteriore riflesso, cfr. Redford,
1967, pp. 211-220 e 225.
78
Cfr. Müller, 1972, pp. 184-187; Busch, 1996, pp. 107 e 112-113; Zwiep, 1997, pp.
77-79; Kalms, 2001, pp. 60-61. L‘associazione di unzione e profezia è rintracciabile anche in
Ap 11, 3-4. Sul profeta-messia, cfr. T. Levi 8, 14-15 e 18, 1-7; T. Ben. 9, 1-2 e 11, 2; Mt 26,
68; Lc 24, 19-21; Gv 1, 20-21.25.45-49; 4, 19.25.29.39; 6, 14-15; 7, 40-42. Cfr. anche, nel
dettaglio, le annotazioni di Volz, 1966, pp. 191-201, e i contributi di Meeks, 1967, pp. 211-
214 e 246-254, e Berger, 1971, pp. 401 e 424-425, e 1973, pp. 10-37 e 43-44.
79
Cfr. analisi e osservazioni in Giblin, 1984, pp. 446-454; Lupieri, 2000, pp. 206-208;
Siew, 2005, pp. 198-205 e 279-285. Öhler, 1997, pp. 272 e 282, parla di tipologia, Middleton,
2006, p. 169, seguendo Bauckham, 1993b, p. 84, di parabola.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 195
80
6.9, per l‘altro, quantomeno, li assimilano a profeti ; l‘attività dei due testi-
moni è descritta, al contempo, dal sostantivo marturiva (11, 7) – sono di fat-
to i testimoni di Gesù (cfr. Ap 2, 13; 6, 9; 11, 3) – e dal verbo profhteuvw –
81
e di profeti hanno tipologicamente vesti e poteri .
I due, insomma, incorporano associativamente i molti, i molti si rispec-
82
chiano nei due . Viene da chiedersi se Giovanni prospetti ancora movimenti
corrispondenti tra le due fasi della strategia satanica, tra l‘assalto a Gesù, il
primogenito della donna, e l‘attacco ai loro – di Gesù, prima, di Giovanni,
83
poi – seguaci, il resto del seme della donna (cfr. già Ap 2, 26-28 e 3, 21). Le
ordina ancora secondo schemi simili e riconoscibili?
80
Cfr. Satake, 1966, pp. 57-63 e 115-119, e Roose, 2000, pp. 38-46 e 156-158.
81
Cfr. Strand, 1981, pp. 129-131; Giblin, 1984, pp. 440-443; Öhler, 1997, pp. 267-272;
Siew, 2005, pp. 215-219; 233-235; 249-250. Cfr., in particolare, le tradizioni parallele raccol-
te da Ascen. Isa. 1, 8-11; 2, 8; 3, 10, ma anche Dn 9, 3; 1 Macc. 2, 6-8.12-14, e 3, 45-47; Sal.
Sal. 2, 19-21.
82
Cfr. Feuillet, 1958, pp. 191-195; Öhler, 1997, pp. 271-272; Aune, 1998a, pp. 603-
606; Lupieri, 2000, pp. 177-179; Siew, 2005, pp. 226-232.
83
Con Satake, 1966, pp. 61-62 e 71-72, e Roose, 2000, pp. 41 e 147-156, si ricordi
sempre che, per Giovanni, «la parola di Dio e la testimonianza di Gesù» indicano univoca-
mente l‘Apocalisse stessa, la rivelazione da lui ricevuta e trascritta: è ad essa, suona
l‘esortazione, che bisogna attenersi fedelmente senza alterarla o contaminarla (cfr. Ap 22,
16.18-19).
84
L‘espressione «che stanno in piedi di fronte al Signore» di Ap 11, 4 ne qualifica spe-
cificatamente posizione e rango di sacerdoti (cfr. Dt 17, 12 e 18, 7; Ez 44, 15; Zc 3, 1; Giub.
30, 18; T. Levi 2, 10; CD 4, 6; 1QSb 3, 25-26 e 4, 24-26; 4Q174, 7; 4Q400ShirShabba fr.1 I,
3-4; Lc 1, 8; Ap 7, 15 e 21, 3-4). Sull‘attesa di due messia, l‘uno di stirpe regale, l‘altro di
stirpe sacerdotale, vedi Sir. 45, 6-26 e 47, 11; Giub. 31, 9-23; 1QS 9, 11; CD 7, 18-19; 12, 23;
14, 19; 19, 10; 20, 1; 4QTest 21-30; più incerti e problematici risultano i passi dei Testamenti
dei Dodici Patriarchi normalmente addotti (T. Levi 2, 11 e 8, 11-15; T. Dan 5, 10-13; T. Nef.
8, 2-3; T. Gad 8, 1; T. Gius. 19, 11-12; T. Ben. 11, 2).
196 Capitolo terzo
85
Cfr. Aune, 1998a, pp. 618-619. Lc 13, 6-9 e 31-33, nemmeno discussi nella monogra-
fia di Öhler, sembrano peraltro inquadrare invio e attività di Gesù stesso in schemi escatologi-
ci di tre giorni/tre anni (e mezzo? 13, 7-8: tre anni sono già passati, l‘anno in questione è il
quarto che comincia a scorrere; cfr. le durate della siccità causata da Elia in 1 Re 18, 1; Lc 4,
25; Gc 5, 17, e della sua predicazione al suo ritorno in Vittorino di Petovio, Comm. Apoc. 12,
6; Commodiano, Carm. apol. 834; Pesiq. Rab. 35). Su Lc 13, 32-33, cfr. ancora Jeremias,
1971, pp. 222-226, e le integrazioni di Berger, 1976, pp. 139-141.
86
Cfr. T. Ab. A 18, 11 e 4 Bar. 7, 18-20, dove l‘aquila è probabilmente un‘epifania an-
gelica della divinità. Sulla percezione del ritorno dal viaggio celeste e del risveglio dall‘estasi
come resurrezione, a volte, dopo tre giorni, cfr. 4 Bar. 9, 7-13; Ascen. Isa. 6, 10-17; Plutarco,
Sera 563d e Gen. Socr. 590b; Apuleio, Metam. 11, 21, 5-24; Epifanio, Pan. 40, 7, 2. La voce
di Ap 11, 12 che ordina l‘ascesa ai due testimoni sarebbe, secondo Berger, 1984, p. 343, un
relitto di questa tradizione.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 197
1629; 2 En. 64, 1; Filostrato, Vit. Apoll. 8, 30; Diogene Laerzio, Vit. Filos. 8,
68, e Dosiade fr. 5; Apollodoro, Bibl. 2, 7, 7; 1 En. 14, 8 e 39, 3; Flavio Giu-
seppe, A.J. 4, 326). Più nello specifico, però, a livello lessicale,
l‘«hJrpavsqh» di Ap 12, 5 e l‘«ajnevbhsan» di Ap 11, 12 colgono e descrivono
lo stesso movimento: 1 Ts 4, 17 prospetta il rapimento («aJrpaghsovmeqa»)
escatologico sulle nuvole per i seguaci di Gesù trovati ancora in vita; secon-
do Melitone di Sardi, l‘ascesa di Cristo nelle altezze dei cieli (cfr. Pasch.
766 e 808) attira gli uomini, che vi vengono «afferrati» (cfr. 330 e 784); in
Epifanio, Pan. 40, 7, 2, a katabaivnw corrispondono, nella direzione oppo-
sta, aJrpavzw e ajnafevrw, e, poco più sotto, a 40, 7, 6, «aJrpagevnta~» prelu-
de alla discesa definitiva sulla terra dopo tre giorni di viaggio celeste, ed è
pertanto usato pressoché come sinonimo di ajnabavnta~. Non a caso, la tipo-
logia enochica che attraversa Sap 4, 10 – 5, 2 conosce già «hJrpavgh» (4,
87
11) . Più tardi, alcune varianti della tradizione soggiacente ad Ap 11, 3-13, in
questo punto, scambieranno i verbi: Lattanzio, Inst. 7, 17, 1-4, ha «reviviscet
atque […] rapietur in caelum»; il greco di Atti Pil. 2, 9 riecheggia il passag-
gio di 1 Ts 4, 17 con dettato pletorico, di contro allo scarno e conciso testo
offerto dalla recensione latina: «iterum vivi in nubibus assumendi»; Commo-
diano, Carm. apol. 861-863, più diffusamente, scrive che il Signore eleverà
(«tollit») in aria i due, rialzati dal suolo e divenuti immortali.
La stessa sequenza unica in due fasi, resurrezione (ajnevsth) e ascensio-
ne (ajnevbh), si riscontra per Gesù nelle formule conservate da Barn. 15, 9;
Melitone, Pasch. 765-766; Giustino, Dial. 36, 5, e nella narrazione di Vang.
Piet. 39-40 e 56. Come in Ap 11, 12-13, in Mt 27, 51 e 28, 2, in Vang. Piet.
21; 35; 41; Melitone, Pasch. 730.745 e 751-752 (cfr. Sal 17, 14 LXX), ter-
remoti, voci celesti, tuoni ne accompagnano il decesso sulla croce o la resur-
rezione/ascensione, e ne legittimano l‘autorità.
L‘accurata analisi proposta da Satake (2008, pp. 261-262) ci permette di
di rilevare come molti dei motivi e degli elementi che siamo venuti indivi-
duando in Ap 11, 3-13 vadano di fatto attribuiti ad interventi redazionali di
Giovanni: la figura dei «miei due testimoni» e il computo della durata della
loro azione in 1260 giorni (11, 3), la loro identificazione con i due ulivi e le
due lucerne di Zc 4, 11-14 (11, 4), la menzione della bestia a 11, 7, la distru-
zione della città con un terremoto (11, 13; cfr. anche 16, 18), la precisazione
sulla crocifissione di Gesù (11, 8) mostrano come e in quale direzione la
87
Il Tg. Ps.-J. legge a Gn 5, 24: «Ed Enoc servì nella verità davanti a YHWH, ed ecco
non era più fra gli abitanti della terra, perché fu preso (‟tngd = ajnelhvmfqh) e salì (slq = aj-
nevbh) nella volta celeste». Cfr. anche il testo greco di 1 En. 12, 1-2; la versione aramaica di
Gn 5, 24 in Tg. Neof. I e Tg. fram.; Sir 49, 14; Lc 24, 51 e At 1, 9.22; At 1, 10-11.
198 Capitolo terzo
88
Vorlage sia stata rielaborata . Lo sdoppiamento in due personaggi e la per-
vasiva coloritura gesuana che abbiamo rintracciato si allineano evidentemen-
89
te a questi sviluppi redazionali . Che poi il parallelismo con la vicenda di
Gesù venga evidenziato a chiare lettere solo per il luogo dell‘esecuzione (Ap
11, 8), e che sia riscontrabile una sfasatura fra i tempi intercorsi dalla morte
alla resurrezione/ascensione, nei due casi – rispettivamente tre giorni e tre
giorni e mezzo (Ap 11, 11) – lasciano pensare che Giovanni lavori su uno
schema tradizionale analogo a e, pertanto, integrabile con materiali e storie
su Gesù, ma, al tempo stesso, irriducibile ad una diretta dipendenza da que-
90
sti .
Proviamo, allora, a ricostruirlo e collocarlo storicamente.
quello stesso cielo presso i suoi antenati, dove rimarrà fino a che Dio non si
ricordi del mondo. Allora, continua Dio – e pronome e verbo scivolano dalla
seconda persona singolare alla seconda persona plurale – «adducam vos et
93
gustabitis quod est mortis» . 4 Esd. affianca al Messia gli uomini che sono
stati accolti senza aver gustato la morte: saranno trovati insieme a lui, insie-
me a lui e a tutti i viventi spireranno (cfr. 6, 26; 7, 28-30; 13, 52); dopo sette
giorni di silenzio primordiale, avrà inizio il rinnovamento del mondo con la
resurrezione dei dormienti e il giudizio di Dio (7, 31-36). In entrambi i testi,
alla discesa segue l‘esperienza della morte che i rapiti non avevano provato;
4 Esd., dalla sua, sembra presupporre anche una loro attività – di predicazio-
ne? – , dai contorni fortemente eliani:
«et erit, omnis qui derelictus fuerit ex omnibus istis quibus praedixi tibi, ipse salva-
bitur et videbit salutare meum et finem saeculi mei, et videbunt qui recepti sunt ho-
mines, qui mortem non gustaverunt a nativitate sua, et mutabitur cor inhabitantium
et convertetur in sensum alium» (6, 25-26)
93
Cfr. Black, 1978, pp. 231-232. Sia Black che Berger, 1976, pp. 299-300 n. 189, e Ze-
ron, 1979, p. 100, con argomenti diversi, individuano nel passaggio al plurale un riferimento
indiretto alla presenza di Enoc, cfr. L.A.B. 1, 16 («et non inveniebatur») con Gn 5, 24 e 2 Re
2, 17.
94
Cfr. anche Black, 1978, pp. 230-231, e Zeller, 1986, p. 159.
200 Capitolo terzo
derisione, e nel disprezzo (4, 14.17-18; cfr. Ap 11, 10); poi, al vedere la sua
resurrezione, cadranno in confusione e stupore, paura crescente e ravvedi-
mento, prorompendo in lamenti (5, 1-3; cfr. 1 En. 62, 3-6 e Ap 11, 11.13), in
mezzo, il disonore e la rovina provocate dalla punizione divina (4, 19); a se-
guire, instaurato da Dio, il regno, nella gloria e nel fulgore, dei giusti che
hanno versato il loro sangue (4, 16-23 e 3, 7-8, cfr. Is 53, 8-12; Dn 7, 23-27 e
12, 1-3; As. Mos. 10, 8-9; 4 Macc. 17, 2-6; T. Giob. 40, 1-4; Ap 19, 19 – 20,
5). I molteplici piani del discorso si incrociano e sovrappongono costante-
mente: anche se non si riesce a distinguere chiaramente notizie di un martirio
95
di Enoc , caratterizzazione enochica e dimensioni sapienziale, apocalittica e
96
martirologica finiscono per intrecciarsi ed integrarsi .
Da queste basi ad attese di persecuzioni e martirio reali dei redituri, il
passo è comunque breve, lo impongono in fondo la giustizia e la carriera
profetica, storica o escatologica che sia (cfr., sull‘Elia ―storico‖, 1 Re 19,
2.10.14; 1 En. 89, 52; Ps.-Filone, L.A.B. 48, 1; Eb 11, 37-38; Ascen. Isa. 2,
14). Ne ritroviamo traccia in tradizioni raccolte da testi evangelici su Gio-
97
vanni il Battezzatore e Gesù : secondo i ―canoni‖ contemporanei delle bio-
grafie dei profeti, Giovanni veste pelo di cammello e una cintura di pelle (Mt
3, 4 e Mc 1, 6; cfr. 2 Re 1, 8 e 2, 8; Is 20, 2; Zc 13, 4; Eb 11, 37; Ap 11, 3;
Ascen. Isa. 2, 10), vive per luoghi deserti (Mt 3, 1; Mc 1, 2-4; Lc 1, 80 e 3, 2;
cfr. 4 Bar. 3, 10; Eb 11, 32.38; Ascen. Isa. 2, 8-12), con la sua predicazione,
entra in conflitto con il potere politico, nella persona di Erode Antipa (Lc 3,
19; cfr. Vit. Pro. 3, 2; 6, 2; 17, 3; 21, 11 e Ascen. Isa. 2, 14 su Elia), che, per
95
Come ipotizza Black, 1978, pp. 233-234.
96
Cfr. Nickelsburg, 1972, pp. 48-79; Berger, 1976, pp. 34; 112; 120-121; 144-145; 350-
351 n.399; 358 n.430; 384-385 nn. 505-507; Kellermann, 1978, pp. 41 e 102-103; Fabry,
2006, pp. 276-277. Strette corrispondenze linguistiche e tematiche sono rilevabili anche tra T.
Giob. 39, 8-12 e 40, 3 sui figli di Giobbe uccisi da Satana e assunti in cielo, cercati e non tro-
vati, e 2 Re 11 – 12 e 16 – 18, su Elia assunto in cielo, cercato e non trovato. Nickelsburg,
1972, pp. 68-79, è convinto di poter rintracciare le radici comuni di Dn 12, Sap 2 e 4 – 5, 1
En. 46 e 62 – 63 nella ricezione dei canti del Servo Sofferente di Is 52 – 53.
97
Non le considero ―cristiane‖ per due ordini di ragioni contigue: quasi tutti, se non tut-
ti, gli autori degli scritti poi inclusi nel ―Nuovo Testamento‖, sono di estrazione giudaica
(come ribadito, di recente, da Hengel, 2005, pp. 85-90), e, più in generale, la percezione di un
―cristianesimo‖ come sistema religioso distinto dal Giudaismo nasce non prima della seconda
metà del II sec.d.C fra gruppi di seguaci di Gesù ―gentili‖ (cfr. le analisi di Pesce, 2003a, pp.
43-47; Id., 2003b; Id., 2005b, pp. 41-51; Destro –Pesce, 2004c, pp. 531-538). Da condividere
quindi, sempre cum grano salis ovviamente, auspicio e annotazioni di Hengel, 2005, p. 99:
«next to Josephus, Philo, Qumran, and the early rabbinic tradition, the New Testament could
become the most important source for Judaism of the first century CE […]. Directly or indi-
rectly, these texts (scil. vangeli, epistolario paolino, Atti, corpus giovanneo, testi ―gnostici‖, i
―Padri‖ del II secolo fino a Clemente d‘Alessandria e Tertulliano) illumine the conceptions
and motives of contemporary Judaism; moreover, as Origen and Jerome show, the discussion
between Jews and Christians continued even in later centuries».
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 201
98
Più approfonditamente, Tilly, 1994, pp. 146-247.
99
Cfr. Berger, 1976, pp. 16-22, a integrazione delle conclusioni di Tilly, 1994, pp. 245-
254. Stando a Flavio Giuseppe, A.J. 18, 116 e 119, circolava l‘opinione che la disfatta della
spedizione militare di Antipa contro Areta fosse frutto della giusta punizione divina e vendi-
casse l‘uccisione di Giovanni, confermandolo indirettamente come «uomo buono». Stessa
funzione, stavolta non in alternativa, ma in aggiunta alla resurrezione, assolve il terremoto di
Ap 11, 13 (cfr. Mt 27, 51-54 e Vang. Piet. 21). La leggenda del Messia Menahem figlio di E-
zechia (Lam Rab. 1, 16 = y. Ber. 2, 5a) interpreterà il linciaggio del leader zelota nel Tempio
in stretto nesso causale con la sua distruzione, e ne riconfigurerà la morte come rapimento nei
venti sul precedente di Elia, cfr. Hengel, 1976, p. 302, e Schwemer, 1994, pp. 116-118 e 127-
130.
100
Cfr. le precisazioni critiche di Berger, 1976, p. 144 e Nützel, 1976, pp. 87-94, e
1986, pp. 164-167.
101
Cfr. Öhler, 1997, pp. 111-118; 135-137; 154-164; 244-247, da integrare con i sugge-
rimenti e le considerazioni di Robinson, 1958, pp. 264-265, e Berger, 1976, pp. 120-122. No-
tevoli i tratti eliani assunti, nelle tradizioni rabbiniche, dalle figure carismatiche di Oni il trac-
ciatore di cerchi, e di Hanina ben Dosa, entrambi con tutta probabilità di origine galilaica, cfr.
Mimouni, 2003, pp. 68-78. Su motivi e linguaggio dell‘assunzione in altri passi di testi poi
confluiti nel Nuovo Testamento, cfr. Smith, 2006, pp. 88-89
102
Berger, 1976, pp. 139-141.
202 Capitolo terzo
103
anche Vang. Piet. 19) e alla vana ricerca del corpo (Lc 24, 3-6.23), fino al
lascito dello Spirito (Lc 24, 49; At 1, 8 e 2, 2-4) e alla nuova discesa sulla
terra per la reintegrazione di Israele (At 1, 6.11 e 3, 21), il modello del Tisbi-
ta traccia un filo rosso che attraversa tutta la parabola gesuana rappresentata
104
e offre la chiave di volta per la sua comprensione . È uno schema creato e
sviluppato su misura oppure riadattato in linea con corrispondenze strutturali
105
reali ? E poi: l‘operazione, quale che sia delle due, muove e innova a partire
dal ciclo dell‘Elia ―storico‖ e dalle attese che aveva generato (1 Re 17, 1 – 2
Re 2, 11, e Ml 3, 1.22-23), o si rifà direttamente a tradizioni analoghe e più
specifiche su un doppio ritorno escatologico di Elia, eventualmente infram-
mezzato dalla sofferenza e dalla morte (cfr. Mc 9, 11-13; Mt 17, 10-13; Giu-
106
stino, Dial. 49, 3-8) ?
Sono, entrambe, questioni che andrebbero affrontate singolarmente e
con più spazio e profondità di analisi di quanto possiamo fare qui. In merito,
in particolare, alla seconda, che è quella che maggiormente ci interessa, pro-
veremo tuttavia a svolgere qualche riflessione sul materiale testuale a nostra
disposizione.
In Apoc. El. (C), databile intorno alla seconda metà del III sec.d.C., sia
107
che la si guardi come opera giudaica rimaneggiata in ambienti cristiani , sia
che la si giudichi testo compiutamente cristiano che recupera e rielabora un
108
complesso di materiali giudaici preesistenti , il quadro si ricompone nella
sua complessità: in 4, 7-18, all‘udire che lo Spudorato è apparso nel luogo
santo, Elia ed Enoc scendono a rimproverarlo e combatterlo. Lo Spudorato
contrattacca e li affronta per sette giorni sulla piazza della grande città fino a
sopraffarli e ucciderli. Dopo tre giorni e mezzo, al quarto giorno, i due si
103
Sap 4, 10-13; Filone, Leg. 3, 45; Lc 13, 32-33 (cfr. 9, 51); Eb 5, 7-10; 7, 26-28; 10,
22-23 associano tutti teleiovomai a morte e ascensione/rapimento.
104
Cfr. Öhler, 1997, pp. 175-244; Zwiep, 1997, pp. 80-117; Smith, 2006, pp. 86-87 e
116.
105
Di due tra le ricostruzioni più recenti, ad esempio, Meier, 1994, pp. 1044-1046, pro-
pende per la storicità e l‘intenzionalità di questa convergenza, mentre Dunn, 2003, pp. 657;
664-666; 682 n. 315; 686-687, appare più incerto e oscillante.
106
Cfr. l‘esposizione di Berger, 1976, pp. 40-47, dove però presupposti e conclusioni
dell‘analisi di storia delle tradizioni non riescono a convincere del tutto, e, soprattutto, pp.
128-141. Marcus, 1989, pp. 55-57, pensa, invece, per Mc 9, 11-13, ad una conciliazione ese-
getica marciana di Ml 3, 22 con l‘idea del Messia sofferente: la venuta di Elia come suo pre-
cursore verrebbe così riqualificata alla luce della natura e del destino del Messia che lo segue,
mentre il testo citato sulla fine violenta di Elia non si rivelerebbe essere altro che il sillogismo
implicito che riconcilia due attese escatologiche scritturali in apparente contraddizione.
107
Cfr., in varia misura, Rosenstiehl, 1972, pp. 61-76; Schrage, 1980, pp. 204-225;
Wintermute, 1983, pp. 721-730.
108
Cfr. Frankfurter, 1993, pp. 16-20; 31-44; 241-298, e 1996, pp. 136-170 e 196-200, e
Gianotto, 1999, di cui seguo traduzione e numerazione in capitoli e versi, in particolare, 128-
133.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 203
109
Dati gli evidenti rimandi di 4, 16 a 5, 32-33, mi domando se 4, 16-19 non possa rife-
rirsi proletticamente alla scena finale dell‘annientamento. Una seconda ascensione sembra
comunque presupposta tra le due discese, cfr. la ricostruzione proposta da Nützel, 1976, pp.
60-67. Berger, 1976, pp. 80-82, si preoccupa di sottolineare come la resurrezione di 4, 15 sia
la condizione necessaria per l‘assunzione della nuova corporalità a 5, 32.
110
Cfr. Bauckham, 1976, p. 452.
111
Cfr. Berger, 1976, pp. 74-82; Nützel, 1976, pp. 69-71; Bauckham, 1976, p. 453;
Schrage, 1980, pp. 207-209; Satake, 2008, pp. 262-264.
204 Capitolo terzo
60 giusti (4, 30-33), che segnano, anche nel numero delle vittime, il ritmo
ternario di un‘escalation di violenza del Figlio d‘Iniquità. All‘ultimo sopru-
so, non seguirà stavolta la resurrezione della folla di martiri, ma la reazione
del mondo divino, in traslazioni, battaglie di angeli e conflagrazioni cosmi-
112
che (5) .
Il secondo invio della coppia in gloria a uccidere il Figlio d‘Iniquità,
dopo il giudizio dei Pastori delle pecore (Apoc. El. (C) 4, 30-32), riprende
esplicitamente e rielabora, anche nell‘ordine degli avvenimenti, il Libro dei
113
Sogni (cfr. 1 En. 90, 25-27 e 31) . Ps.-Metodio, Comm. Apoc. 6, conosce so-
lo questa discesa ed il successivo trionfo sull‘avversario (cfr. 4 Esd. 6, 25-
26; 7, 28-30; 12, 30-34 e 13, 22-42.52; 2 Bar. 40, 1-2; 2 Ts 2, 3-8; Ap 19, 11-
21). Il silenzio di Apoc. El. (C) sull‘ascensione dei due dopo la resurrezione,
che pure la logica narrativa deve presupporre, sembra suggerire l‘ipotesi di
114
una giustapposizione redazionale di due versioni distinte e indipendenti ,
per quanto la formulazione di Tertulliano, an. 50, e la diffusa attesa di irru-
zioni sulla terra e interventi ripetuti, non necessariamente escatologici, di E-
lia dalla sua base celeste non consentano di escludere che le due discese in
115
realtà doppioni non fossero e coesistessero già in un‘unica sintesi .
Ora, lo schema generale scandito da persecuzione dei giusti, morte, re-
surrezione, ascensione o apparizione al persecutore (cfr. T. Giob. 18 e 39, 8
– 40, 3, e 4 Macc. 9, 22; 13, 17; 16, 25; 17, 17-18), e i particolari delle sin-
gole scene, da un punto di vista formale e di storia delle tradizioni, apparten-
gono alla letteratura martirologica: così la furia del nemico (Dn 3, 13.19; 11,
30; Bel 8; 2 Macc. 7, 39; 4 Macc. 8, 2 e 9, 10; At 7, 54), la pratica di lasciare
insepolti i cadaveri degli uccisi (1 Macc. 7, 17, e Flavio Giuseppe, B.J. 4,
316-317), lo svolgersi del conflitto sotto gli occhi di tutta la città o di tutto il
116
mondo (3 Macc. 4, 11 e 5, 24, e 4 Macc. 17, 14.16-17) .
A livello strutturale, As. Mos. 8 – 10 (prima metà II sec.a.C. con rima-
neggiamenti degli inizi del I sec.d.C.) offre un caso parallelo di intersezione
con tradizioni apocalittiche: negli ultimi tempi, il sorgere di un re dei re sca-
tenerà un‘ondata di morti e violenze sul popolo di Israele (8). Taxo, della tri-
bù di Levi, e i suoi sette figli, pur di non trasgredire la legge, si lasciano mo-
rire di fame, nella speranza che il loro sangue venga vendicato da Dio (9). La
112
Cfr. Rosenstiehl, 1972, pp. 32-34; Berger, 1976, pp. 74-75 e 80-81; Nützel, 1976, pp.
64-65; Bauckham, 1985, pp. 74-75; Aune, 1998a, pp. 588-590.
113
Come evidenzia, in particolare, Black, 1978, pp. 228-230.
114
Cfr. Bauckham, 1976, pp. 455-458, e 1985, 75-76, e Zeller, 1986, pp. 159.
115
Le considerazioni di Berger, 1976, pp. 79-82, e Nützel, 1976, pp. 66, si integrano.
Sulle attività di Elia tra cielo e terra, cfr. Mt 27, 47-49 e Lc 9, 30-31, e i testi raccolti in Str-B
IV/2, pp. 769-779.
116
Questi e altri paralleli in Nickelsburg, 1972, pp. 93-111; Berger, 1976, pp. 21-22; 40-
42; 74-75; 77; 79-80; Bauckham, 1985, pp. 72-73.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 205
vendetta in effetti non tarderà: il Celeste uscirà dalla sua dimora e si manife-
sterà, sconvolgendo la terra e punendo le nazioni (10, 1-7):
«allora tu sarai felice, Israele, salirai sui colli e sulle ali di un‘aquila, e saranno finiti.
Dio ti esalterà e ti stabilirà nel cielo delle stelle, nel luogo della sua dimora. Tu
guarderai dall‘alto e vedrai sulla terra i tuoi nemici e li riconoscerai. Ti rallegrerai,
117
renderai grazie e loderai il tuo Creatore» (10, 8-9 [corsivo mio]) .
117
Cfr. le osservazioni di Nickelsburg, 1972, pp. 28-31 e 82-84, e Bauckham, 1985, pp.
71-72.
118
Secondo Pearson, 1986, pp. 31-32, si tratterebbe di un‘ulteriore variazione sul mo-
dello narrativo delle persecuzioni del giusto e della sua successiva glorificazione (cfr. Is 52 –
53 e Sap 1 – 6).
119
Come nota Norelli, 1995b, p. 136, in Ascen. Isa., la persecuzione e uccisione di Isaia
a opera di Bechira e Manasse è inquadrata in «una storia di persecuzioni di profeti che si ripe-
te con uno schema fisso», partendo da Elia.
120
Per una comparazione dei due testi, cfr. Berger – Colpe, 1993, p. 345, e Norelli,
1994, pp. 109-113.
206 Capitolo terzo
121
Cfr. anche Berger, 1976, pp. 49-101; Nützel, 1976, pp. 66-67; 76; 85-87; 94; Lampe,
2006, pp. 199-200 e n. 269; Smith, 2006, pp. 78-80.
122
Cfr. le accurate analisi di Berger, 1976, pp. 22-40; Nützel, 1976, pp 67-69 e 71-76;
Öhler, 1997, pp. 266-282, che preferisce parlare di tipizzazione funzionale (p. 282), e i corsivi
stampati nel testo da Aune, 1998a, p. 593, a segnalare le espansioni editoriali.
123
Cfr. Berger, 1976, pp. 38; 66-74; 331 n.313; Nützel, 1976, pp. 79-84; Zeller, 1986, p.
159; Aune, 1998a, pp. 588-593 e 602-603.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 207
no, an. 35, 6 e 50, 5, Vittorino di Petovio, Comm. Apoc. 7; 12, 3-4 e 6-7; 20,
1, e, più tardi, l‘aggiunta alla Vit. El. tramandata da Isidoro di Siviglia, ob.
patr. 35, 3). Nerone immola i profeti, ma il loro martirio provoca un terre-
moto che distrugge la decima parte della città, probabilmente Roma, adesso,
e uccide settemila uomini (cfr. Ap 11, 13). I cadaveri insepolti sono risuscita-
ti al quarto giorno e salgono, immortali, in cielo (857-864; cfr. Ap 11, 11-
12).
Dalla sua, Lattanzio (Inst. 7, 17, 1-2) non fa nomi: all‘incombere del
compimento dei tempi, Dio invierà un grande profeta a convertire gli uomini
e lo investirà di «potestatem mirabilia faciendi»; se non sarà ascoltato, chiu-
derà il cielo e trasformerà l‘acqua in sangue, mentre, se attaccato, si difende-
rà con il fuoco che esce dalla sua bocca (cfr. Ap 11, 5-7). Grazie a simili
prodigi, convertirà molti, ma al termine della sua missione, sorgerà un re dal-
la Siria che condurrà alla rovina se stesso e i resti del genere umano:
«Hic pugnabit adversus prophetam dei et vincet et interficiet eum et insepultum ia-
cere patietur, sed post diem tertium reviviscet atque inspectantibus et mirantibus
cunctis rapietur in caelum» (Inst. 7, 17, 3; cfr. Ap 11, 7.9.11-12).
124
Sulle possibili fonti giudaiche di Lattanzio, cfr. Berger, 1976, pp. 66-67; 73-74; 330
n.311, e Aune, 1998a, pp. 592-593. Freund, 2009, pp. 464-469, si pronuncia invece per una
dipendenza diretta e assoluta di Lattanzio da Ap. Fatta eccezione per un rapido rimando a
Commodiano, lo studioso non si interroga tuttavia né sul rapporto con gli altri paralleli (uno
per tutti, Apoc. El.), né sull‘origine, la storia e le funzioni della tradizione analizzata. Inoltre, è
vero che Lattanzio dimostra esplicitamente di conoscere Ap (cfr. Epit. 37, 8), ma se la ridu-
zione dei profeti da due ad uno fosse realmente un intervento redazionale di Lattanzio sul te-
sto di Giovanni per semplificare le vicende agli occhi di un pubblico non cristiano, come
spiegare che, in Mort. 2, 8, li menzioni tutti e due, e che, in Epit. 66, 7, i profeti scompaiano
entrambi, riassorbiti evidentemente nell‘interpretazione collettiva che viene proposta
dell‘episodio singolo, e, più in generale, di Ap 11 – 13?
125
Cfr. analisi e conclusioni in Berger, 1976, pp. 69-72 e 74, e Aune, 1998a, pp. 602-
603.
208 Capitolo terzo
to, nell‘autorità ultima della sua pretesa e della sua rivelazione, per resusci-
129
tazione e rapimento seguiti alla morte .
129
Importanti le osservazioni di Berger, 1976, in particolare, pp. 142-143; 145-146;
149; 423 n.628, che, tra l‘altro, precisa: «es könnte sich bei Apk 11 und allen Seitenstücken
(theoretisch) sogar ohne weiteres um christliche Bildungen handeln – nur es würde sich eben
lediglich um eine Analogiebildung handeln, nicht um eine Kopie. Diese Analogie ist aufgrund
gemeinsamer weisheitlicher und apokalyptischer Traditionen historisch verständlich zu ma-
chen. Eigenart und Funktion der Rede von der Auferstehung Jesu könnte man vielleicht an-
hand der Zeugentradition besser begreiflich machen. Die letzere hat dann zumindest Kom-
mentarcharakter: Sie zeigt, wie in grundsätzlich verwandten Milieu auch die Auferstehung
Jesu hätte aufgefasst werden können» (pp. 145-146).
130
Da sfumare quindi, anche se più nel tono che nella sostanza, il giudizio di Norelli,
1997, p. 156: «l‘Apocalypse ne mentionne pas la résurrection de Jésus».
210 Capitolo terzo
131
Se alludesse davvero a Gesù, dovremmo ricomprendere qui anche Apoc. Adamo 77,
1-9.16-18: «E compirà segni e meraviglie, per oltraggiare le potenze ed il loro principe. Allo-
ra il Dio delle potenze sarà confuso, dicendo: ―Qual è il potere di quest‘uomo che è innalzato
sopra di noi?‖. Allora scatenerà una grande ira contro quell‘uomo […] Allora puniranno la
carne di quell‘uomo su cui è venuto lo Spirito Santo».
132
In un contesto non dissimile, Lc 24, 19 parla di Gesù come di «ajnh;r profhvth~ du-
natov~ ejn e[rgw/ kai; lovgw/ ejnantivon tou' qeou' kai; panto;~ tou' laou'».
133
Per il confronto e l‘analisi dei singoli testi, cfr. Norelli, 1995b, pp. 571-579.
134
Deve essere stata una tradizione evidentemente accessibile anche a Flavio Giuseppe,
se questi, in A.J. 18, 63, poteva chiamare Gesù «sofo;~ ajnhvr», e motivare: «h\n ga;r para-
dovxwn e[rgwn poihthv~, didavskalo~ ajnqrwvpwn tw`n hJdonh`æ tajlhqh` decomevnwn». A riprova
della predilezione divina per Eliseo aveva già scritto (9, 182): «qaumasta; ga;r kai; paravdo-
xa dia; th`~ profhteiva~ ejpedeivxato e[rga kai; mnhvmh~ lampra`~ para; toi`~ ïEbraivoi~ ajxi-
wqevnta» (cfr. Sir 48, 13-14). Su questo punto, cfr. Mimouni, 2003, p. 83.
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse 211
135
della Sapienza . Le sue vicende sono il terreno storico dello scontro finale
tra Dio e Satana, e montano alla portata cosmica di un conflitto già segnato
univocamente, avviato al trionfo di Dio, proprio con il suo invio e le reazioni
a catena che innesca. Mondo e tempo delle comunità ne escono rifondati e
sono consegnati al punteggiare di testimonianze profetiche e vittorie dei suoi
veri seguaci – i seguaci di Giovanni.
135
Secondo Koch, 2004, p. 235, nella poliedricità dell‘immagine del neonato presso il
trono divino di Ap 12, 5 si mescola anche un modello sapienziale (cfr. Pr 8, 21-30; Sap 9,
4.10; Ap 3, 14). Sulla stretta associazione di rapimento celeste dell‘emissario e rappresentante
della Sapienza e suo ruolo escatologico futuro, cfr. anche 1 En. 37 – 71, con le osservazioni di
Kvanvig, 2007, pp. 187-193 e 202-206, e Lc 13, 34-35 (= Q), con le riflessioni e conclusioni
di Hengel, 1995, pp. 84-87, e Smith, 2006, pp. 33-36; 38-44; 94-116; 168-170.
CONCLUSIONI
OLTRE L‘APOCALISSE
1
Cfr. le analisi di Stuckenbruck, 1995, pp. 251-256; Donegani, 1997, pp. 365-368 e
458-460; Roose, 2000, pp. 200-206.
2
Nella differenza di linguaggio e di categorie culturali, la teoria che la divinità o una
qualche forza da essa promanante ispirasse il parlare ―profetico‖, provocando alterazioni delle
normali funzioni corporee e psichiche, in greco e[kstasi~, era ampiamente diffusa, cfr. Or.
sib. 3, 1-7.295-300.698-701; Filone, Her. 68-70; 249; 258-263.265; Ebr. 146, 2; Spec. 1, 65 e
4, 48-50; Mos. 1, 175.277.283 e 2, 175.190.250 («oujkevt‘ w]n ejn ejautw/'»!).258.265.291; Ps.-
Filone, L.A.B. 28, 6-7; 1 Ts 5, 19-20.23, e 1 Cor 12, 4-10 e 14, 13-19.32; At 2, 17; 7, 55-56;
10, 9-11.19; 11, 5.11; 22, 17; Ascen. Isa. 5, 7.14; 6, 6-14.17; 9, 36-37; Od. Sal. 6, 1-7; 35, 7;
36, 1-6; 38, 1-2; 40, 3-4; Herm. Sim. 9, 1, 1 e 5, 6, 4-7; Vis. 5, 2; Mand. 11, 9-10; Montano in
214 Conclusioni
Epifanio, Pan. 48, 4, 1; Plutarco, Def. orac. 431d-432f e Pyth. orac. 397c; Disc. 8-9 55, 24 –
58, 22 e 60, 27-32 (NHC VI, 6).
3
Schweizer, 1959, p. 447.
4
I due versanti di questo stesso fronte sono messi in rilievo separatamente da Stucken-
bruck, 1995, pp. 255-256, e Roose, 2000, in particolare, pp. 200-201 e 205-221.
Oltre l‟Apocalisse 215
5
Sull‘evidenza storica che emerge dalle tradizioni evangeliche a proposito dell‘autorità
rivendicata da Gesù come profeta/sapiente ed emissario escatologico della Sapienza, si im-
pongono le riflessioni di Hengel, 1995, pp. 75-89; 93-104; 114, e l‘equilibrata presa di posi-
zione di Dunn, 2003, pp. 664-666; 694-696; 702-704. Rimane evidente, in ogni caso, che
Giovanni sta esprimendo, evidenziando e sviluppando il significato di ciò che in Gesù si è
compiuto, e che è stato ricordato e trasmesso in quanto già significativo in partenza. Cfr. la
già citata serie di appellativi che riceve Mosè morto e assunto in cielo: «Spirito santo, degno
del Signore, molteplice e inafferrabile, signore della Parola fedele in tutto, profeta divino su
tutta la terra, maestro perfetto nel mondo […], grande angelo» (As. Mos. 11, 16-17; per la
coincidenza di Sapienza, Spirito di Dio ed essere angelico, cfr. Sir 24, 3-4 e 1 En. 42, 1-2; 46,
1.3; 48, 2-3; 49, 3). Sull‘identificazione del Messia con la Sapienza pre-esistente nella lettera-
216 Conclusioni
8
yuch;n aujtw'n a[cri qanavtou» (Ap 12, 11) . In quanto essi stessi testimoni
immersi nello scontro, siano poi, direttamente, ―profeti‖ o, indirettamente,
9
depositari di un testo ―profetico‖, l‘Apocalisse, appunto , i seguaci di Gesù
sono chiamati a preservare e seguire incondizionatamente i passi del loro Si-
gnore secondo Giovanni (cfr. Ap 2, 13; 3, 8.10-11; 11, 3-13; 12, 17; 13, 7.10;
10
14, 3-4.12) .
D‘altro canto, la ricorsività di destini tracciata dalla memoria pneumati-
ca smaschera le carenze ed i compromessi del presente, nella misura in cui il
presente può decadere e di fatto decade da un passato di Gesù, la cui predi-
cazione, da un lato, l‘ascolto e la preservazione, dall‘altro, coincidono con il
tempo delle origini delle comunità (cfr. Ap 2, 4-5.24-26 e 3, 3.8.10). Il rav-
vedimento si produce allora solo nel ricordo, ed esattamente come riacquisi-
zione di quel passato e di quelle origini (cfr. Ap 2, 5 e 3, 3: «mnhmovneue […]
kai; metanovhson»).
Anche sotto questo taglio più interno, il ricordo e la sua attualizzazione
nel contesto di un‘esperienza ―profetica‖, secondo gli schemi della letteratu-
ra di rivelazione, contribuiscono ad articolare la resistenza alla crisi percepita
e alle pressioni sperimentate da gruppi minoritari radicali di seguaci di Ge-
11
sù , che si intravedono realmente dietro Giovanni, o comunque si integrano
12
costitutivamente nel progetto da lui immaginato e propagato .
8
Cfr. anche Thompson, 1990, pp. 189-190.
9
Cfr. le conclusioni di Marino, 2005, in particolare, pp. 384-388.
10
Cfr., seppure con qualche riserva sulla radicalità delle interpretazioni, Middleton,
2006, pp. 158-170.
11
Thompson, 1990, pp. 193-197, recuperando categorie di P. Berger, parla di «cogniti-
ve minority» e «cosmopolitan sectarianism».
12
Cfr. lo schizzo storico sul «ricordo contrappresentistico» e la religione biblica offerto
da Theissen, 1988, in particolare, pp. 172-179, e, più analiticamente, le osservazioni di As-
smann, 1997, pp. 50-58, a proposito delle «mitodinamiche del ricordo», e l‘esemplificazione
sul caso d‘Israele e della storia deuteronomistica (pp. 161-189).
218 Conclusioni
13
Cfr. Roose, 2000, pp. 166-174; Theissen, 2001, p. 333; Thompson, 2003a, pp. 42-43;
Satake, 2008, p. 37.
14
Nell‘eterogeneità di presupposti metodologici e conclusioni specifiche, concordano
sulla centralità in Ap della critica all‘ordo Romanus Theissen 2001, pp. 330-333; Harland,
2003, pp. 252-263; Thompson, 2003a, pp. 36-45; Friesen, 2003, pp. 51-64; Ruiz, 2003, pp.
123-134; Rossing, 2005, pp. 192-196; Lampe, 2006, pp. 118-121; Andrei, 2007, pp. 17-31.
Cfr. anche le riflessioni di Destro – Pesce, 2008, pp. 19-26 e 32-41, su mappe mentali e terri-
tori reali nella predicazione di Gesù. Non andrebbe in questo senso sottovalutata la centralità,
nell‘immaginario di Giovanni, di deserto e monti come luoghi di prova e preservazione, pu-
rezza e rinnovamento (cfr. Ap 13, 14-16; 14, 1.4-5; 21, 10), di contro alla città raffigurata co-
me cuore della contaminazione (cfr. Ap 17, 1-6; 18, 2-3; 19, 2), almeno fino a quello stesso
rinnovamento: che si tratti di un riflesso della collocazione socio-ecologica del movimento
intorno a Giovanni, quale sperimentata e/o progettata da Giovanni stesso (cfr. Theissen, 1978,
pp. 47-51, e i casi in Siria e Ponto riportati da Ippolito, Comm. Dan. 4, 18, 1-3 e 19)?
15
La base storica di questi conflitti e la dialettica di autorità ad essi soggiacente sono
state ben analizzate da Arcari, 2008, pp. 256-257; 262-280; 297-304; 319-320.
Oltre l‟Apocalisse 219
22
Sulla specularità delle figure dei due testimoni e della seconda bestia, insiste corret-
tamente Siew, 2005, pp. 198-201; 234; 266-267. Delle facoltà concesse alla seconda bestia, la
prima, quella di far scendere fuoco dal cielo, scimmiotta di fatto il potere di Elia e dei due te-
stimoni (cfr. 1 Re 18, 38; 2 Re 1, 10; Lc 9, 54; Ap 11, 5), la seconda, quella di insufflare la
vita nella statua della prima bestia, rientra nel repertorio stereotipato di azioni imputabili co-
me ―magiche‖ (cfr. PGM XII, 14-95; Asclepius 23b-24a e 37-38; Giamblico, Myst. 5, 23;
Proclo, Comm. Tim. 3, 6, con Ps.-Clemente, Hom. 2, 32, 2 e 34, 1, e Atti Andr. Matt. 13-15 e
29): il processo di inversione e rovesciamento del carisma profetico dei due testimoni non
potrebbe essere più evidente.
23
Le analisi di Norelli, 1994, pp. 109-113; Garrow, 1997, pp. 88-91; Roose, 2000, pp.
189-221; Arcari, 2008, pp. 262-276 e 297-304, hanno chiarito, a mio giudizio, in maniera de-
cisiva, come dietro i tratti della seconda bestia siano da intravedere i gruppi profetici cui Gio-
vanni intende opporsi. Cfr. anche Duff, 2003, in particolare, pp. 77-79.
24
Come ha scritto Arcari, 2008, p. 304: «Gesù rappresenta l‘asse di questa identità set-
taria (scil. di Giovanni e del suo gruppo) – la sua caratteristica centrale –, mentre la visione
del mondo apocalittica è lo strumento con cui il gruppo cerca di capire la sua aderenza a Ge-
sù». Cfr. anche Barr, 2003, pp. 18-19.
BIBLIOGRAFIA
Le abbreviazioni dei titoli dei periodici e delle principali opere di consultazione se-
guono, dove possibile, P.H. Alexanders – J.F. Kutsko – J.D. Ernest – S. Decker-
Lucke – D.L. Petersen (edd.), The SBL Handbook of Style for Ancient Near Eastern,
Biblical and Early Christian Studies, Peabody 1999, e le indicazioni ivi offerte.
Afzal 2006: C. Afzal, Wheels of Time in the Apocalypse of Jesus Christ, in A.D.
DeConick (ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and Christian Mystic-
ism, Atlanta 2006, pp. 195-209.
Afzal 2008: C. Afzal, The Mystery of the Book of Revelation: Reenvisioning the End
of Time, Lewiston/Queenston/Lampeter 2008.
Agamben 2008: G. Agamben, Il sacramento del linguaggio: archeologia del giura-
mento (Homo sacer II, 3), Roma/Bari 2008.
Aguirre Monasterio 2006: R. Aguirre Monasterio, Tradiciones propias de Mateo y
la primera generación, in S. Guijarro (ed.), Los comienzos del Cristianismo. IV
Simposio Internacional del Grupo Europeo de Investigación Interdisciplinar so-
bre los Orígines del Cristianismo (G.E.R.I.C.O.), Salamanca 2006, pp. 117-129.
Ahern 1981: E.M. Ahern, Chinese Ritual and Politics, Cambridge 1981.
Allen 1991: T. Allen, Understanding Alice: Uganda‟s Holy Spirit Movement in
Context, Africa 61/3 (1991), pp. 370-399.
Anderson – Johnson 1991: D.M. Anderson – D.H. Johnson (edd.), Diviners, Seers
and Spirits in Eastern Africa: Towards an Historical Anthropology, Africa 61/3
(1991), pp. 293-399.
Andrei 2007: O. Andrei, Rileggere „Roma‟ nell'Apocalisse: una riflessione sul rap-
porto „testo-contesto‟, Arezzo 2007.
Arcari 2001: L. Arcari, La titolatura dell‟Apocalisse di Giovanni: "apocalisse" o
"profezia"? Appunti per una ri-definizione del genere apocalittico sulla scorta di
quello profetico, Hen 23/2-3 (2001), pp. 243-265.
Arcari 2004: L. Arcari,, Sui rapporti tra apocalissi "con viaggio ultraterreno‚ e sen-
za viaggio ultraterreno". Indagine per una "storia‚ del genere apocalittico", Hen
26 (2004), pp. 63-85.
Arcari 2007: L. Arcari, La Scrittura in Didaché 16. Uso, concetto e funzione della
Scrittura in alcuni gruppi della Siria del II sec. e.v., RStB 19/2 (2007), pp. 215-
239
222 Bibliografia
Arcari 2008: L. Arcari, «Una donna avvolta nel sole…» (Apoc 12,1). Le raffigura-
zioni femminili nell‟Apocalisse di Giovanni alla luce della letteratura apocalitti-
ca giudaica, Padova 2008.
Assmann 1997: J. Assmann, La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità po-
litica nelle grandi civiltà antiche, Torino 1997 (ed. or.: Das kulturelle Gedä-
chtnis. Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen,
München 1992)
Aune 1972: D.E. Aune, The Cultic Setting of Realized Eschatology in Early
Christianity, Leiden 1972.
Aune 1982: D.E. Aune, The Odes of Solomon and Early Christian Prophecy, NTS
28 (1982), pp. 435-460.
Aune 1986: D.E. Aune, The Apocalypse of John and the Problem of Genre, Semeia
36 (1986), pp. 65-96.
Aune 1996: D.E. Aune, La profezia nel primo Cristianesimo e il mondo mediterra-
neo antico, Brescia 1996 (ed. or.: Prophecy in Early Christianity and the Ancient
Mediterranean World, Grand Rapids 1983, 19912).
Aune 1997: D.E. Aune, Revelation 1-5, Dallas 1997.
Aune 1998a: D.E. Aune, Revelation 6-16, Nashville 1998.
Aune 1998b: D.E. Aune, Revelation 17-22, Nashville 1998.
Austin 1987: J.L. Austin, Come fare cose con le parole, Genova 1987 (ed. or: How
to Do Things with Words, Oxford 1962, 19762).
Baermann Steiner 1954: F. Baermann Steiner, Chagga Truth. A Note on Gutmann‟s
Account of the Chagga Concepì of Truth in “Das Recht der Dschagga”, Africa
24 (1954), pp. 364-369.
Balz 1980: H. Balz, art. biblivon, EWNT 1 (1980), pp. 521-524.
Barr 2003. D.L. Barr, The Story John Told. Reading Revelation for Its Plot, in Id.
(ed.), Reading the Book of Revelation. A Resource for Students, Atlanta 2003,
pp. 11-23.
Bauckham 1976: R. Bauckham, The Martyrdom of Enoch and Elijah: Jewish or
Christian? JBL 95 (1976), pp. 447-458.
Bauckham 1977: R. Bauckham, Synoptic Parousia Parables and the Apocalypse,
NTS 23 (1977), pp. 162-176.
Bauckham 1983: R. Bauckham, Synoptic Parousia Parables Again, NTS 29 (1983), pp. 129-
134.
Bauckham 1984: R. Bauckham, The Lord‟s Day, in D.A. Carson (ed.), From Sab-
bath to Lord‟s Day: A Biblical, Historical and Theological Investigation, Grand
Rapids 1984, pp. 221-250.
Bauckham 1985: R. Bauckham, Enoch and Elijah in the Coptic Apocalypse of
Elijah, in E. Livingstone (ed.), Studia Patristica, vol. 16, Berlin 1985, pp. 69-76.
Bauckham 1988: R. Bauckham, Apocalypse of Peter: An Account of Research,
ANRW II 25/6 (1988), pp. 4712-4750.
Bauckham 1993a: R. Bauckham, The Climax of Prophecy. Studies in the Book of
Revelation, Edinburgh 1993.
Bibliografia 223
Borgen 1996: P. Borgen, Moses, Jesus and the Roman Emperor: Observations on
Philo‟s Writings and the Revelation of John, NovT 39 (1996), pp. 145-159.
Borgen 1998: P. Borgen,, Early Christianity and Hellenistic Judaism, Edinburgh
1998.
Bori 1980: P.C. Bori, L‟estasi del profeta: «Ascensio Isaiae» 6 e l‟antico profetismo
cristiano, CNS 1/2 (1980), pp. 367-389.
Bori 1983: P.C. Bori, L‟esperienza profetica nell‟Ascensione di Isaia, in M. Pesce
(ed.), Isaia, il Diletto e la Chiesa. Visione ed esegesi profetica cristiano-
primitiva nell‟Ascensione di Isaia, Brescia 1983, pp. 133-154.
Boring 1979: M.E. Boring, The Influence of Christian Prophecy on the Johannine
Portrayal of the Paraclete and Jesus, NTS 25 (1979), pp. 113-123.
Boring 1982: M.E. Boring, Sayings of the Risen Jesus. Christian Prophecy in the
Synoptic Tradition, Cambridge/New York/Melbourne 1982.
Boring 1992: M.E. Boring, Narrative Christology in the Apocalypse, CBQ 54
(1992), pp. 702-723.
Bourdieu 1991: P. Bourdieu, Language and Symbolic Power, Cambridge, 1991.
Bourguignon 1973: E. Bourguignon (ed.), Religion, Altered States of Consciousness
and Social Change, Columbus 1973.
Bourguignon 1976: E. Bourguignon, Possession, San Francisco 1976.
Bourguignon 1979: E. Bourguignon, Psychological Anthropology: an Introduction
to Human Nature and Cultural Differences, New York 1979.
Bousset 1897: W. Bousset, Der Antichrist in der Überlieferung des Judentums, des
Neuen Testaments und der alten Kirche, Göttingen 18972.
Bousset 1906: W. Bousset, Die Offenbarung Johannis, Göttingen 19066.
Bousset 1926: W. Bousset, Die Religion des Judentums im späthellenistischen Zeit-
alter, Tübingen 19263.
Bousset 1960: W. Bousset, Die Himmelsreise der Seele, Darmstadt 1960 (= AR 4
[1901], pp. 136-169 e 229-273).
Bovon 1972: F. Bovon, Le Christ de l‟Apocalypse, RTP 21 (1972), pp. 65-80.
Bradshaw Aitken 2003: E. Bradshaw-Aitken, The Hero in the Epistle to the He-
brews: Jesus as an Ascetic Model, in D.H. Warren – A. Graham Brock – D.W.
Pao (edd.), Early Christian Voices In Texts, Traditions, and Symbols. Essays in
Honor of F.Bovon, Boston/Leiden 2003, pp. 179-188.
Brenner 1993: J.N. Brenner, Prophets, Seers and Politics in Greece, Israel and early
Modern Europe, Numen 40 (1993), pp. 150-183.
Bresciani 1999: E. Bresciani, Letteratura e poesia dell‟antico Egitto. Cultura e so-
cietà attraverso i testi, Torino 19993.
Brown 1966: R.E. Brown, The Gospel according to John, vol. 1, New York/London
1966.
Brown 1971: R.E. Brown, The Gospel according to John, vol. 2, New York/London
1971.
Brox 1961: N. Brox, Zeuge und Märtyrer. Untersuchungen zur frühchristlichen
Zeugnis-Terminologie, München 1961.
226 Bibliografia
Buber 1987: M. Buber, Confessioni estatiche, Milano 1987 (ed. or.: Ekstatische
Konfessionen, Leipzig 19212).
Bucur 2008: B.G. Bucur, Hierarchy, Prophecy, and the Angelomorphic Spirit: A
Contribution to the Study of the Book of Revelation‟s Wirkungsgeschichte, JBL
127/1 (2008), pp. 173–194.
Buchholz 1988: D.D. Buchholz, Your Eyes will be Opened. A Study of the Greek
(Ethiopic) Apocalypse of Peter, Atlanta 1988.
Bultmann 1953: R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes, Göttingen 195313.
Bultmann 1954: R. Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, Tübingen 19542.
Burke 1992: P. Burke, History and Social Theory, Cambridge 1992.
Burkert 1962: W. Burkert, GOHS. Zum griechischen 'Schamanismus', RMP 105
(1962), pp. 36-55.
Burkert 2005: W. Burkert, Signs, Commands and Knowledge: Ancient Divination
between Enigma and Epiphany, in S. Iles Johnston – P.T. Struck (edd.), Mantikê.
Studies in Ancient Divination, Leiden 2005, pp. 29-49.
Burton 1991: J.W. Burton, Nilotic Cosmology and the Divination of Atuot Philoso-
phy, in in P.M. Peek (ed.), African Divination Systems. Ways of Knowing,
Bloomington/Indianapolis 1991, pp. 41-52.
Busch 1996: P. Busch, Der gefallene Drache. Mythenexegese am Beispiel von Apo-
kalypse 12, Tübingen 1996.
Buss 1981: M.J. Buss, An Anthropological Perspective upon Prophetic Call Narra-
tives, Semeia 21 (1981), pp. 9-21.
Camplani 2002: A. Camplani, Forme di rapporto maestro/discepolo nei testi magici
e alchemici della tarda antichità, in G. Filoramo (ed.), Maestro e discepolo: temi
e problemi della direzione spirituale tra 6. secolo a.C. e 7. secolo, Parte 3, Bre-
scia 2002, pp. 107-126.
Cancik-Kirschbaum 2003: E. Cancik-Kirschbaum, Prophetismus und Divination –
ein Blick auf die keilschriftlichen Quellen, in M. Köckert – M. Nissinen (edd.),
Propheten in Mari, Assyrien und Israel, Göttingen 2003, pp. 33-53.
Carrell 1997: P.R. Carrell, Jesus and the Angels. Angelology and the Christology of
the Apocalypse, Cambridge 1997.
Casalini 2001: N. Casalini, Iniziazione al Nuovo Testamento, Jerusalem 2001.
Casalini 2002: N. Casalini, Lettere Cattoliche. Apocalisse di Giovanni. Introduzione
storica, letteraria, teologica, Jerusalem 2002.
Casey 1998: M. Casey, Aramaic Sources of Mark's Gospel, Cambridge/New
York/Melbourne1998.
Catastini 1990: A. Catastini, Profeti e tradizione, Pisa 1990.
Cebulj 2000: C. Cebulj, Ich bin es. Studien zur Identitätsbildung im Johannesevan-
gelium, Stuttgart 2000.
Cerfaux 1951: L. Cerfaux, Le Christ dans la théologie de saint Paul, Paris 1951.
de Certeau 2008: M. de Certeau, Fabula mistica. XVI-XVII secolo, Milano 2008 (ed.
or.: La fable mystique, Paris 1982, 19872)
Charles 1920: R.H. Charles, A Critical and Exegetical Commentary on the Revela-
tion of St.John, vol. 1, Edinburgh 1920.
Bibliografia 227
Charlesworth 1977: J.H. Charlesworth, The Odes of Solomon. The Syriac Texts,
Missoula 1977.
Charlesworth 1986: J.H. Charlesworth, The Jewish Roots of Christology: The Dis-
covery of the Hypostatic Voice, JTS 39 (1986), pp. 19-41.
Charlesworth – Newsom 1999: J.H. Charlesworth – C.A. Newsom, The Dead Sea
Scrolls. Angelic Liturgy: Songs of the Sabbath Sacrifice, Tübingen/Louisville
1999.
Chialà 1997: S. Chialà, Libro delle Parabole di Enoc, Brescia 1997.
Chialà 2007: S. Chialà, The Son of Man: the Evolution of an Expression, in G. Boc-
caccini (ed.), Enoch and the Messiah Son of Man: Revisiting the Book of Pa-
rables, Grand Rapids 2007, pp. 153-178.
Chialà 2009: S. Chialà, I detti islamici di Gesù, Milano 2009.
Clottes – Lewis Williams 1997: J. Clottes – D. Lewis-Williams, Schamanen. Trance
und Magie in der Höhlenkunst der Steinzeit, Sigmaringen 1997 (ed. or.: Les
Chamanes de la Préhistoire. Transe et Magie dans le Grottes ornées, Paris
1996).
Collins 2007: J.J. Collins, Enoch and the Son of Man: A Response to Sabino Chialà
and Helge Kvanvig, in G. Boccaccini (ed.), Enoch and the Messiah Son of Man:
Revisiting the Book of Parables, Grand Rapids 2007, pp. 216-227.
Colpe 1967: C. Colpe, Die Himmelsreise der Seele als philosophie- und religionsge-
schichtliches Problem, in E. Fries (ed.). Festschrift für J. Klein zum 70. Geburts-
tag, Göttingen 1967, pp. 85-104.
Colpe 1976: C. Colpe, art. Geister, RAC 9 (1976), pp. 615-625.
Comba 2001: E. Comba (ed.), Profeti e profezie. Un percorso attraverso culture e
religioni, Torino 2001.
Comblin 1965: J. Comblin, Le Christ dans l‟Apocalypse, Paris/Tournai 1965.
Connerton 1999: P. Connerton, Come le società ricordano, Roma 1999 (ed. or.:
How Societies Remember, Cambridge1989)
Coppens 1980: J. Coppens, La mention d‟un Fils d‟homme angélique en Ap 14, 14,
in J. Lambrecht (ed.), L‟Apocalypse johannique et l‟Apocalyptic dans le Nou-
veau Testament, Leuven 1980, p. 229.
Crossan 1983: J.D. Crossan, In Fragments. The Aphorisms of Jesus, San Francisco
1983.
Crossan 1985: J.D. Crossan, Four Other Gospels. Shadows on the Contours of
Canon, San Francisco 1985.
Cryer 1994: F.H. Cryer, Divination in Ancient Israel and its Near Eastern Environ-
ment. A Socio-Historical Investigation, Sheffield 1994.
Culianu 1983: I.P. Culianu, La visione di Isaia e la tematica della Himmelsreise, in
M. Pesce (ed.), Isaia, il Diletto e la Chiesa. Visione ed esegesi profetica cristia-
no-primitiva nell‟Ascensione di Isaia, Brescia 1983, pp. 95-116.
Culianu 1986: I.P. Culianu, Esperienze dell‟estasi dall‟Ellenismo al Medioevo, Ro-
ma/Bari 1986.
D‘Anna 2001: A. D‘Anna, Sacrificio e Scrittura nell‟Epistola di Barnaba, ASEs
18/1 (2001), pp. 181-195.
228 Bibliografia
D‘Aquili – Newberg 1993: E.G. D‘Aquili – A.B. Newberg, Liminality, Trance and
Unitary States in Ritual and Meditation, StLi 23 (1993), pp. 2-34.
Davila 2002: J.R. Davila, Shamanic Initiatory Death and Resurrection in the
Hekhalot Literature, in P. Mirecki – M. Meyer (edd.), Magic and Ritual in the
Ancient World, Leiden 2002, pp. 283-302
Davila 2006: J.R. Davila, The Ancient Jewish Apocalypses and the Hekhalot Litera-
ture, in A.D. DeConick (ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and Chris-
tian Mysticism, Atlanta 2006, pp. 105-125.
Davis 1989: E.F. Davis, Swallowing the Scroll. Textuality and the Dynamics of Dis-
course in Ezekiel‟s Prophecy, Sheffield 1989.
Davis 1980: W. Davis, Dojo. Magic and Exorcism in Modern Japan, Stanford 1980.
De Luca – Rescio – Stori – Tripaldi – Walt 2008: E. De Luca – M. Rescio – E. Stori
D. Tripaldi – L. Walt, La trasmissione delle parole di Gesù. Scandalo e prova,
perseveranza e salvezza: appunti di una ricerca in corso, ASEs 25/2 (2008), pp.
203-213.
DeConick 1990: A.D. DeConick, The Yoke Saying in the Gospel of Thomas 90, VC
44 (1990), pp. 280-294.
DeConick 2001: A.D. DeConick, Voices of the Mystics. Early Christian Discourse
in the Gospels of John and Thomas and Other Christian Literature, Sheffield
2001.
DeConick 2006: A.D. DeConick, What is Early Judaism and Christian Mysticism?,
in Ead. (ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and Christian Mysticism,
Atlanta 2006, pp. 1-24.
DeConick 2007: A.D. DeConick, The Original Gospel of Thomas in Translation,
London/New York 20072.
Deer 1987: D. Deer, Whose faith / loyalty in Revelation 2.13 and 14.12?, BT 38
(1987), pp. 328-332.
Demsky 1988: A. Demsky, Writing in Ancient Israel. Part One: The Biblical Pe-
riod, in M.J. Mulder – H. Sysling (edd.), Mikra. Text, Translation, Reading and
Interpretation of the Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity,
Assen/Maastricht 1988, pp. 2-20.
Destro 1989: A. Destro, In caso di gelosia. Antropologia del rituale di Sotah, Bolo-
gna 1989.
Destro – Pesce 1998a: A. Destro – M. Pesce, I discorsi di Paolo in Atti 13 e 14: mi-
se en histoire e memoria sociale, in L. Padovese (ed.), Atti del V Simposio di
S.Paolo Apostolo, Roma 1998, pp. 163-181.
Destro – Pesce 1998b: A. Destro – M. Pesce, Self, Identity, and Body in Paul and
John, in A.I. Baumgarten – J. Assmann – G.G. Stroumsa (edd.), Self, Soul and
Body in Religious Experience, Leiden 1998, pp. 184-197
Destro – Pesce 2000: A. Destro – M. Pesce, Come nasce una religione. Antropolo-
gia ed esegesi del Vangelo di Giovanni, Roma/Bari 2000.
Destro – Pesce 2001: A. Destro – M. Pesce, The Gospel of John and the Community
Rule of Qumran. A Comparison of Systems, in A. Avery-Peck – J. Neusner – B.
Chilton (edd.), The Judaism of Qumran: a Systemic Reading of the Dead Sea
Bibliografia 229
Scrolls. Volume Two: World View, Comparing Judaism, Leiden 2001, pp. 201-
229.
Destro – Pesce 2003: A. Destro – M. Pesce, Il profetismo e la nascita di una religio-
ne: il caso del giovannismo, in G. Filoramo (ed.), Carisma profetico, fattore di
innovazione religiosa, Brescia 2003, pp. 87-106.
Destro – Pesce 2004a: A. Destro – M. Pesce, Plurality of Christian Groups at An-
tioch in the First Century: the Constellations of Texts, in L. Padovese (ed.), Atti
del VIII Simposio paolino: Paolo tra Tarso e Antiochia. Archeologia / Storia /
Religione, Roma 2004, pp. 139-156.
Destro – Pesce 2004b: A. Destro – M. Pesce, Antropologia delle origini cristiane,
Roma/Bari 20043.
Destro – Pesce 2004c: A. Destro – M. Pesce, Come è nato il Cristianesimo?, ASEs
21/2 (2004), pp. 529-556.
Destro – Pesce 2006: A. Destro – M. Pesce, Continuità o discontinuità tra Gesù e i
gruppi dei suoi seguaci nelle pratiche culturali di contatto con il soprannatura-
le?, in L. Padovese (ed.), Atti del IX Simposio paolino. Paolo tra Tarso e Antio-
chia. Archeologia, storia, religione, Roma 2006, pp. 21-43.
Destro – Pesce 2007a: A. Destro – M. Pesce, Continuity or Discontinuity Between
Jesus and Groups of his Followers? Practices of Contact with the Supernatural,
ASEs 24/1 (2007), pp. 37-58
Destro – Pesce 2007b: A. Destro - M. Pesce, La funzione delle parole. Rivelazioni
dopo l‟ascensione di Gesù, in L. Padovese (ed.), Atti del X Simposio paolino:
Paolo tra Tarso e Antiochia. Archeologia / Storia / Religione, Roma, 2007, pp.
79-94.
Destro – Pesce 2008: A. Destro – M. Pesce, L‟uomo Gesù. Giorni, luoghi, incontri
di una vita, Milano 2008.
Deutsch 2006: C. Deutsch, The Therapeutae, Text, Work, Ritual, and Mystical Expe-
rience, in A.D. DeConick (ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and
Christian Mysticism, Atlanta 2006, pp. 287-311.
Devisch 1978a: R. Devisch, Towards a Semantic Study of Divination. Trance and
Initiation of the Yaka Diviner as a Basis for His Authority, Bijdr 39 (1978), pp.
173-189.
Devisch 1978b: R. Devisch, Towards a Semantic Study of Divination. Authority in
the Yaka Diviner‟s Oracle, Bijdr 39 (1978), pp. 270-288.
Devisch 1991: R. Devisch, Mediumistic Divination among the Northern Yaka of Za-
ire, in P.M. Peek (ed.), African Divination Systems. Ways of Knowing, Bloom-
ington/Indianapolis 1991, pp. 112-132.
Dewey 2005: A.J. Dewey, The Locus for Death: Social Memory and the Passion
Narratives, A. Kirk – T. Thatcher (edd.), Memory, Tradition, and Text: Uses of
the Past in Early Christianity, Atlanta 2005, pp. 119-128.
Dibelius 1910: M. Dibelius, “Wer Ohren hat zu hören, der höre”, TSK 83 (1910),
pp. 461-471.
Dodd 1963: C.H. Dodd, Historical Tradition in the Fourth Gospel, Cambridge 1963.
230 Bibliografia
Dodds 1956: E.R. Dodds, The Greeks and the Irrational, Berkeley/Los Angeles
19562.
Dodds 1965: E.R. Dodds, Pagans and Christians in an Age of Anxiety, Cambridge
1965.
Doglio 1995: C. Doglio, Quanto è apocalittica l‟Apocalisse di Giovanni?, RStB 7/2
(1995), pp. 103-135.
Dolève Gandelman – Gandelman 1996: T. Dolève Gandelman – C. Gandelman,
Corpo-Testo/Testo-Corpo: riti ebraici come riti testuali, in S. Allovio – A. Favo-
le (edd.), Le fucine rituali. Temi di antropo-poiesi, Torino 1996, pp. 183-206.
Donegani 1997: I. Donegani, “A cause de la parole de Dieu et du témoignage de
Jésus”. Le témoignage selon l‟Apocalypse de Jean. Son enracinement extra-
biblique et biblique. Sa force comme parole de sense, Paris 1997.
Donfried 1974: K.P. Donfried, The Setting of Second Clement in Early Christianity,
Leiden 1974
Douglas 1999: M. Douglas, Leviticus as Literature, Oxford 1999.
Draper 1984: J. Draper, The Jesus Tradition in the Didache, in D. Wenham (ed.),
The Jesus‟ Tradition outside the Gospels (Gospel Perspectives 5), Sheffield
1984, pp. 269-287.
Draper 1996: J. Draper, The Jesus Tradition in the Didache, in Id. (ed.), The Di-
dache in Modern Research, Leiden/New York/Köln 1996, pp. 72-91.
Duff 2001: P.B. Duff, Who Rides the Beast? Prophetic Rivalry and the Rhetoric of
Crisis in the Churches of the Apocalypse, Oxford 2001.
Duff 2003: P.B. Duff, Wolves in Sheep‟s Clothing: Literary Opposition and Social
Tension in the Revelation of John, in D.L. Barr (ed.), Reading the Book of Reve-
lation. A Resource for Students, Atlanta 2003, pp. 65-79.
Dunn 1998: J.D.G. Dunn, The Theology of Paul the Apostle, Grand Rapids 1998.
Dunn 2003: J.D.G. Dunn, Jesus Remembered, Grand Rapids 2003.
Eglash 1997: R. Eglash, Bamana Sand Divination. Recursion in Ethnomathematics,
AmA 99/1 (1997), pp. 112-122.
Eisen 1996: U.E. Eisen, Amtsträgerinnen im frühen Christentum: epigraphische und
literarische Studien, Göttingen 1996.
Eliade 1953: M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell‟estasi, Milano 1953 (ed.
or.: Lo chamanisme et les techniques archaïques de l‟extase, Paris 1951).
Eliade 1987: M. Eliade, art. Initiation: an Overview, ER 7 (1987), pp. 224-229.
Eliade 1988: M. Eliade, Das Mysterium der Wiedergeburt. Versuch über einige Init-
iationstypen, Frankfurt am Main 1988 (ed. or.: Birth and Rebirth: the Religious
Meanings of Initiation in Human Culture, London 1958).
Eliav 2005: Y.Z. Eliav, A New/Old Reading of the “Lithos Epi Lithon” Prophecy
and the Role of the Temple Mount in the Jesus Movement, in J. Pastor – M. Mor
(edd.), The Beginnings of Christianity: a Collection of Articles, Jerusalem 2005,
pp. 325-347.
Elliott 1955: A.J.A. Elliott, Chinese Spirit-Medium Cults in Singapore, London
1955.
Bibliografia 231
Elliott 1986: J.H. Elliott, Social-Scientific Criticism of the New Testament: More on
Methods and Models, Semeia 35 (1986), pp. 1-33.
Ellis 1999: E.E. Ellis, The Making of the New Testament Documents, Lei-
den/Boston/Köln 1999.
Emmel 2002: S. Emmel, The Recently Published Gospel of the Savior (“Unbekann-
tes Berliner Evangelium”): Righting the Order of Pages and Events, HTR 95
(2002), pp. 45-72.
Enroth 1990: A.-M. Enroth, The Hearing Formula in the Book of Revelation, NTS
36 (1990), pp. 598-608.
Esler 2005: P.F. Esler, Collective Memory and Hebrews 11: Outlining a New Inves-
tigative Framework, in A. Kirk – T. Thatcher (edd.), Memory, Tradition, and
Text: Uses of the Past in Early Christianity, Atlanta 2005, pp. 151-171.
Evans-Pritchard 1937: E.E. Evans-Pritchard, Witchcraft, Oracles and Magic among
the Azande, Oxford 1937.
Fabietti 1999: U. Fabietti, Antropologia culturale. L‟esperienza e l‟interpretazione,
Roma/Bari 1999.
Fabry 1984: H.-J. Fabry, art. lb/lbb, TWAT 4 (1984), pp. 413-451.
Fabry, 2006: H.-J. Fabry, Die Messianologie der Weisheitsliteratur in der Septua-
ginta, in M.A. Knibb (ed.), The Septuagint and Messianism, Leuven 2006, pp.
263-289.
Fekkes 1994: J. Fekkes, Isaiah and Prophetic Traditions in the Book of Revelation.
Visionary Antecedents and their Development, Sheffield 1994.
Festugière 1944: A. Festugière, La révélation d‟Hermès Trismégiste, vol. 1, Paris
1944.
Feuillet 1958: A. Feuillet, Essai d‟Interpretation du Chapitre XI de l‟Apocalypse,
NTS 4/3 (1958), pp. 183-200.
Feuillet 1963: A. Feuillet, L‟Apocalypse. État de la question, Paris/Bruges 1963.
Filho 2002: J.A. Filho, The Apocalypse of John as an Account of a Visionary Ex-
perience: Notes on the Book‟s Structure, JSNT 25/2 (2002), pp. 213-234.
Filoramo 1982: G. Filoramo, Phoster e salvatore in alcuni testi gnostici, in U. Bian-
chi – M.J. Vermazeren (edd.), La soteriologia dei culti orientali nell'Impero ro-
mano (Atti del Colloquio internazionale su La soteriologia dei culti orientali
nell'Impero romano, Roma 24-28 Settembre 1979), Leiden 1982, pp. 868-880.
Filoramo 1999: G. Filoramo, The Transformation of the Inner Self in Gnostic and
Hermetic Writings, in J. Assmann – G.G. Stroumsa (edd.), Transformations of
the Inner Self inj Ancient Religions, Leiden 1999, pp. 137-149.
Filoramo 2005: G. Filoramo, Veggenti, profeti, gnostici: identità e conflitti nel cri-
stianesimo antico, Brescia 2005.
Finnegan 1969: R. Finnegan, How to Do Things with Words: Performative Utter-
ances among the Limba of Sierra Leone, Man NS 4 (1969), pp. 537-552.
Flannery 2008a: F. Flannery (con la collaborazione di N. Roddy, C. Shantz e R.A.
Werline), Introduction: Religious Experience, Past and Present, in Ead. – C.
Shantz – R.A. Werline (edd.), EXPERIENTIA, Volume 1. Inquiry into Religious
Experience in Early Judaism and Early Christianity, Atlanta 2008, pp. 1-10.
232 Bibliografia
Flannery 2008b: F. Flannery, The Body and Ritual Reconsidered, Imagined and Ex-
perienced, in Ead. – Shantz – Werline (edd.), cit., pp. 13-18.
Fletcher-Louis 2008: C. Fletcher-Louis, Religious Experience and the Apocalypses,
in Flannery –Shantz –Werline (edd.), cit., pp. 125-144.
Forbes 1995: C. Forbes, Prophecy and Inspired Speech in Early Christianity and its
Hellenistic Environment, Tübingen 1995.
Frankfurter 1993: D. Frankfurter, Elijah in Upper Egypt. The Apocalypse of Elijah
and Early Egyptian Christianity, Minneapolis 1993.
Frankfurter 1994: D. Frankfurter, The Magic of Writing and the Writing of Magic:
The Power of the Word in Egyptian and Greek Traditions, Helios 21 (1994), pp.
189-221.
Frankfurter 1995: D. Frankfurter, Narrating Power: The Theory and Practice of the
Magical Historiola in Ritual Spells, in M. Meyer – P. Mirecki (edd.), Ancient
Magic and Ritual Power, Leiden/New York/Köln 1995, pp. 457-476.
Frankfurter 1996: D. Frankfurter, The Legacy of Jewish Apocalypses in Early Chris-
tianity: Regional Trajectories, in J.C. VanderKam – W. Adler (edd.), The Jewish
Apocalyptic Heritage in Early Christianity, Assen/Minneapolis 1996, pp. 129-
200.
Frankfurter 2002: D. Frankfurter, Dynamics of Ritual Expertise in Aniquity and
Beyond: Towards a New Taxonomy of “Magicians”, in P. Mirecki – M. Meyer
(edd.), Magic and Ritual in the Ancient World, Leiden/Boston/Köln 2002, pp.
159-178.
Franzmann 1996: M. Franzmann, Jesus in the Nag Hammadi Writings, Edinburgh
1996.
Frenschkowski 1995: M. Frenschkowski, Offenbarung und Epiphanie. Band 1:
Grundlagen des spätantiken und frühchristlichen Offenbarungsglaubens, Tübin-
gen 1995.
Frenschkowski 2005: M. Frenschkowski, Die Johannesoffenbarung zwischen Visi-
on, astralmythologischer Imagination und Literatur. Perspektiven und Desidera-
te der Apokalypse-Forschung, in H.W. Horn – M. Wolter (edd.), Studien zur Jo-
hannesoffenbarung und ihrer Auslegung. Festschrift für O. Böcher zum
70.Geburtstag, Neukirchen/Vluyin 2005, pp. 20-45.
Freund 2009: S. Freund, Laktanz. Divinae Institutiones, Buch 7: De vita beata. Ein-
leitung, Text, Übersetzung, Kommentar, Berlin/New York 2009.
Frey 1993: J. Frey, Erwägungen zum Verhältnis der Johannesapokalypse zu den üb-
rigen Schriften des Corpus Johanneum, in M. Hengel, Die johanneische Frage.
Ein Lösungsversuch, Tübingen 1993, pp. 326-428.
Frey 2000: J. Frey, Die johanneische Eschatologie, vol. 3, Tübingen 2000.
Frey 2002: J. Frey, Leidenskampf und Himmelsreise. Das Berliner
Evangelienfragment (Papyrus Berolinensis 22220) und die Gethsemane-
Tradition, BZ 46 (2002), pp. 71-96.
Friesen 2003: S.J. Friesen, The Beast from the Land: Revelation 13:11-18 and So-
cial Setting, in D.L. Barr (ed.), Reading the Book of Revelation. A Resource for
Students, Atlanta 2003, pp. 49-64.
Bibliografia 233
Fusco 1980: V. Fusco, Parola e Regno. La sezione delle parabole (Mc 4, 1-34) nella
prospettiva marciana, Brescia 1980.
Fusco 1998: V. Fusco, La quête du Jésus historique. Bilan et perspectives, in D.
Marguerat – E. Norelli – J.-M. Poffet (edd.), Jésus de Nazareth. Nouvelles ap-
proches d‟une énigme, Genève 1998, pp. 25-57.
Garland 1990: R. Garland, Priests and Power in Classical Athens, M. Beard – J.
North (edd.), Pagan Priests. Religion and Power in the Ancient World, London
1990, pp. 75-91.
Garrow 1997: J.P. Garrow, Revelation, London/New York 1997.
Geiger 1992: G. Geiger, Die EGW EIMI-Worte bei Johannes und den Synoptikern.
Eine Rückfrage nach dem historischen Jesus, in A. Denaux (ed.), John and the
Synoptics, Leuven 1992, pp. 466-472.
van Gennep 1986: A. van Gennep, Übergangsriten, Frankfurt am Main/New
York/Paris 1986 (ed. or.: Les rites de passage, Paris 1909).
Gerhardsson 1961: B. Gerhardsson, Memory and Manuscript: Oral Tradition and
Written Transmission in Rabbinic Judaism and Early Christianity, Uppsala
1961.
Gianotto 1984: C. Gianotto, Melchisedek e la sua tipologia. Tradizioni giudaiche,
cristiane e gnostiche (sec. II a.C. – sec. III d.C.), Brescia 1984.
Gianotto 1999: C. Gianotto, Apocalisse di Elia, in P. Sacchi (ed.), Apocrifi
dell‟Antico Testamento, vol. 3, Brescia 1999, pp. 109-154.
Giblin 1984: C.H. Giblin, Revelation 11.1-13: Its Form, Function, and Contextual
Integration, NTS 30 (1984), pp. 433-459.
Gieschen 1998: C.A. Gieschen, Angelomorphic Christology. Antecedents and Early
Evidence, Leiden/ Boston/Köln 1998.
Gieschen 2006: C.A. Gieschen, Baptismal Praxis and Mystical Experience in the
Book of Revelation, in A.D. DeConick (ed.), Paradise Now: Essays on Early
Jewish and Christian Mysticism, Atlanta 2006, pp. 341-354.
Giesen 1997: H. Giesen, Die Offenbarung des Johannes, Regensburg 1997.
Giesen 2000a: H. Giesen, Zur Christologie der Johannesapokalypse, ThG(B) 43
(2000), pp. 185-197.
Giesen 2000b: H. Giesen, Studien zur Johannesapokalypse, Stuttgart 2000.
Glonner 1999: G. Glonner, Zur Bildersprache des Johannes von Patmos. Unter-
suchung der Johannesapokalypse anhand einer um Elemente der Bilderinterpre-
tation erweiterten historisch-kritischen Methode, Münster 1999.
Gollinger 1971: H. Gollinger, Das »Grosse Zeichen« von Apokalypse 12, Würzburg
1971.
Goodman 1972: F.D. Goodman, Speaking in Tongues. A Cross-Cultural Study of
Glossolalia, Chicago/London 1972.
Goodman 1987: F.D. Goodman, art. Visions, ER 15 (1987), pp. 282-288.
Goodman 1989: F.D. Goodman, Wo die Geister auf den Winden reiten. Trancereis-
en und ekstatische Erlebnisse, Freiburg im Bresgau 1989.
234 Bibliografia
Halliday 1913: W.R. Halliday, Greek Divination. A Study of Its Methods and Prin-
ciples, London 1913.
Harland 2003: P.A. Harland, Associations, Synagogues, and Congregations: Claim-
ing a Place in Ancient Mediterranean Society. Minneapolis 2003.
Harnack 1985: A. von Harnack, Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott. Eine
Monographie zur Geschichte der Grundlegung der katholischen Kirche. Neue
Studien zu Marcion, Darmstadt 1985 (= Leipzig 19242).
Hedrick 2003: C.W. Hedrick, Caveats to a “Righted Order” of the Gospel of the
Savior, HTR 96 (2003), pp 229-238.
Hedrick – Mirecki 1999: C.W. Hedrick – P.A. Mirecki, Gospel of the Savior. A New
Ancient Gospel, Saline 1999.
Heininger 1996: B. Heininger, Paulus als Visionär. Eine religionsgeschichtliche
Studie, Freiburg 1996.
Heininger 2004: B. Heininger, Paulus und Philo als Mystiker? Himmelsreisen im
Vergleich, in R. Deines – K.-W. Niebuhr (edd.), Philo und Das Neue Testament.
Wechselseitige Wahrnehmung, Tübingen 2004, pp. 189-204.
Hengel 1976; M. Hengel, Die Zeloten. Untersuchungen zur jüdischen Freiheitsbe-
wegung in der Zeit von Herodes I. bis 70 n.Chr., Leiden/Köln 19762.
Hengel 1995: M. Hengel, Studies in Early Christology, Edinburgh 1995.
Hengel 2005: M. Hengel, The Beginnings of Christianity as a Jewish-Messianic and
Universalistic Movement, in J. Pastor – M. Mor (edd.), The Beginnings of Chris-
tianity: a Collection of Articles, Jerusalem 2005, pp. 85-100.
Hezser 2001: C. Hezser, Jewish Literacy in Roman Palestine, Tübingen 2001.
Himmelfarb 1988: M. Himmelfarb, Heavenly Ascent and the Relationship of the
Apocalypses and the «Hekhalot» Literature, HUCA 59 (1988), pp. 73-100.
Holladay 2005: C.R. Holladay, A Critical Introduction to the New Testament. Inter-
preting the Message and Meaning of Jesus Christ, Nashville 2005.
Holtz 1962: T. Holtz, Die Christologie der Apokalypse des Johannes, Berlin 1962.
Holtz 1981: T. Holtz, art. nikavw, EWNT 2 (1981), pp. 1148-1150.
Holtz 1983: T. Holtz, Traditionen im 1.Thessalonicherbrief, in U. Luz – H. Weder
(edd.), Die Mitte des Neuen Testaments. Festschrift für E. Schweizer, Göttingen
1983, pp. 55-78.
Holtz 1991: T. Holtz, Geschichte und Theologie des Urchristentums. Gesammelte
Aufsätze, Tübingen 1991.
Holtz 1997: T. Holtz, Literatur zur Johannesapokalypse 1980-1996, TRu 62 (1997),
pp. 368-413.
Hopfner 1974: T. Hopfner, Griechisch-ägyptische Offenbarungszauber,vol. 1, Ams-
terdam 19742.
Horbury 2005: W. Horbury, Cena pura and the Lord‟s Supper, in J. Pastor – M. Mor
(edd.), The Beginnings of Christianity: a Collection of Articles, Jerusalem 2005,
pp. 219-265.
Horn 2005: H.W. Horn, Johannes auf Patmos, in H.W. Horn – M. Wolter (edd.),
Studien zur Johannesoffenbarung und ihrer Auslegung. Festschrift für Otto
Böcher zum 70.Geburtstag, Neukirchen/Vluyin 2005, pp. 139-159.
236 Bibliografia
Horsley 2005: R.A. Horsley, Prominent Patterns in the Social Memory of Jesus and
Friends, in A. Kirk – T. Thatcher (edd.), Memory, Tradition, and Text: Uses of
the Past in Early Christianity, Atlanta 2005, pp. 57-78.
Horsley 2008: R.A. Horsley, “My Name is Legion”: Spirit Possession and Exorcism
in Roman Palestine, in F. Flannery – C. Shantz – R.A. Werline (edd.), EXPE-
RIENTIA, Volume 1. Inquiry into Religious Experience in Early Judaism and
Early Christianity, Atlanta 2008, pp. 41-57.
Horst 1954: J. Horst, art. ou\~ ktl, TWNT 5 (1954), pp. 551-557.
Hylen 2005: S. Hylen, Allusion and Meaning in John 6, Berlin/New York 2005.
Iles Johnston 2005a: S. Iles Johnston, Introduction: Divining Divination, in Ead. –
P.T. Struck (edd.), Mantikê. Studies in Ancient Divination, Leiden 2005, pp. 1-
28.
Iles Johnston 2005b: S. Iles Johnston, Delphi and the Dead, in Ead. – Struck (edd.),
cit., pp. 283-306.
Iles Johnston – Struck 2005: S. Iles Johnston – P.T. Struck (edd.), Mantikê. Studies
in Ancient Divination, Leiden 2005.
James 1998: W. James, Le varie forme dell‟esperienza religiosa: uno studio sulla
natura umana, Brescia 1998 (ed. or.: The Varieties of Religious Experience: A
Study in Human Nature, New York 1902).
Jauhiainen 2005: M. Jauhainen, The Use of Zechariah in Revelation, Tübingen
2005.
Jeremias 1926: J. Jeremias, Golgotha und der heilige Felsen. Eine Untersuchung zur
Symbolsprache des Neuen Testaments, AGGELOS 2 (1926), pp. 74-128.
Jeremias 1938: J. Jeremias, art. ïHl(e)iva~, TWNT 2 (1938), pp. 930-943.
Jeremias 1965: J. Jeremias, Gli agrapha di Gesù, Brescia 1965 (ed. or.: Unbekannte
Jesusworte, Gütersloh 19654).
Jeremias 1971: J. Jeremias, Die Drei-Tage-Worte der Evangelien, in G. Jeremias –
H. W. Kuhn – H. Stegemann (edd.), Tradition und Glaube. Das frühe Christen-
tum in seiner Umwelt. Festgabe für K.G. Kuhn zum 65.Geburtstag, Göttingen
1971, pp. 221-229.
Jeske 1985: R.L. Jeske, Spirit and Community in the Johannine Apocalypse, NTS 31
(1985), pp. 452-466.
Jörns 1971: K.-P. Jörns, Das hymnische Evangelium. Untersuchungen zu Aufbau,
Funktion und Herkunft der hymnischen Stücke der Johannesoffenbarung, Güters-
loh 1971.
Jones 1995: I.H. Jones, The Matthean Parables. A Literal and Historical Commen-
tary, Leiden/New York/Köln 1995.
Jordan 1972: D.K. Jordan, Gods, Ghost and Ancestors. The Folk Religion of a Tai-
wanese Village, London 1972.
Jossa 2000: G. Jossa, I Cristiani e l‟Impero Romano. Da Tiberio a Marco Aurelio,
Roma 2000.
Kahl 2005: W. Kahl, Vom Ende der Zweiquellentheorie oder Zur Klärung des sy-
noptischen Problems, in C. Strecker (ed.), Kontexte der Schrift. W. Stegemann
zum 60. Geburtstag, Stuttgart 2005, pp. 404-442.
Bibliografia 237
Kalms 2001: J.U. Kalms, Der Sturz des Gottesfeindes. Traditionsgeschichtliche Stu-
dien zu Apokalypse 12, Neukirchen 2001.
Karrer 1986: M. Karrer, Die Johannesoffenbarung als Brief. Studien zu ihrem litera-
rischen, historischen und theologischen Ort, Göttingen 1986.
Karrer 1989: M. Karrer, art. Johannesapokalypse, EKL 2 (1989), pp. 535-538.
Keightley 2005: G.M. Keightley, Christian Collective Memory and Paul‟s Know-
ledge of Jesus, in A. Kirk – T. Thatcher (edd.), Memory, Tradition, and Text:
Uses of the Past in Early Christianity, Atlanta 2005, pp. 129-150.
Kelber 2005: W.H. Kelber, The Works of Memory: Christian Origins as MnemoHis-
tory – A Response, in Kirk –Thatcher (edd.), cit., pp. 221-248.
Kelber 2006: W.H. Kelber, The Generative Force of Memory: Early Christian Tra-
ditions as Processes of Rembering, BTB 36/1 (2006), pp. 15-22.
Kellermann 1978: U. Kellermann, Auferstanden in den Himmel. 2 Makkabäer 7 und
die Auferstehung der Märtyrer, Stuttgart 1978.
Kenyon 1999: S.M. Kenyon, The Case of the Butcher‟s Wife. Illness, Possession
and Power in Central Sudan, in H. Behrend – U. Luig (edd.), Spirit Possession,
Modernity and Power in Africa, Oxford/Kampala/Cape Town/Madison 1999, pp.
89-108.
Kerner 1998: J. Kerner, Der Ethik der Johannes-Apokalypse im Vergleich mit der
des 4.Esra. Ein Beitrag zum Verhältnis von Apokalyptik und Ethik, Berlin/New
York 1998.
Kirk – Thatcher 2005: A. Kirk – T. Thatcher, Jesus Tradition as Social Memory, in
Iid. (edd.), Memory, Tradition, and Text: Uses of the Past in Early Christianity,
Atlanta 2005, pp. 25-42.
Kittel 1933: G. Kittel, art. ajkolouqevw ktl, TWNT 1 (1933), pp. 210-216.
Klauck 1982: H.-J. Klauck, Herrenmahl und hellenistischer Kult. Eine religionsge-
schichtliche Untersuchung zum ersten Korintherbrief, Münster 1982.
Kline 1975: L.L. Kline, The Sayings of Jesus in the Pseudo-Clementine Homilies,
Missoula 1975.
Klinghardt 1996: M. Klinghardt, Gemeinschaftsmahl und Mahlgemeinschaft, Sozio-
logie und Liturgie frühchristlicher Mahlfeiern, Tübingen/Basel 1996.
Kloppenborg 2004: J.S. Kloppenborg, The Reception of the Jesus Tradition in
James, in in J. Schlosser (ed.), The Catholic Epistles and the Tradition, Leuven
2004, pp. 93-141.
Knibb 2007: M.A. Knibb, The Structure and Composition of the Book of Parables,
in G. Boccaccini (ed.), Enoch and the Messiah Son of Man: Revisiting the Book
of Parables, Grand Rapids 2007, pp. 48-64.
Knoblauch 2003: H. Knoblauch, Visions d'avenir – visions prophétiques? La provin-
ce culturelle de sens, la vision d'avenir et l'ethnophénoménologie, in M. Burger
(ed.), Rêves: visions révélatrices. Réception et interprétation des songes en con-
texte religieux, Bern/Berlin/Bruxelles/Frankfurt a.M./New York/Oxford/Wien
2003, pp. 99-115.
Koch 1989: K. Koch, Vom prophetischen zum apokalyptischen Visionsbericht, in D.
Hellholm (ed.), Apocalypticism in the Mediterranean World and the Near East
238 Bibliografia
Lampe 2006: P. Lampe, Die Wirklichkeit als Bild. Das Neue Testament als ein
Grunddokument abendländischer Kultur im Lichte konstruktivistischer Episte-
mologie und Wissenssoziologie, Neukirchen/Vluyn 2006.
Lancellotti 1964: A. Lancellotti, Sintassi ebraica nel greco dell‟Apocalisse, vol. 1:
Le forme verbali, Assisi 1964.
Lapassade 2008: G. Lapassade, Dallo sciamano al raver: saggio sulla transe, Mila-
no 20082 (ed. or.: Essai sur la transe, Paris 1976)
Lawrence 2005: L.J. Lawrence, Reading with Anthropology. Exhibiting Aspects of
New Testament Religion, Paternoster Press 2005.
Leipoldt – Morenz 1953: J. Leipoldt – S. Morenz, Heilige Schriften, Leipzig 1953.
Lesses 1995: R. Lesses, The Adjuration of the Prince of the Presence: Performative
Utterance in a Jewish Ritual, in M. Meyer – P. Mirecki (edd.), Ancient Magic
and Ritual Power, Leiden/New York/Köln 1995, pp. 185-206.
Lewis 1972: I.M. Lewis, Le religioni estatiche. Studio antropologico sulla posses-
sione spiritica e sullo sciamanismo, Roma 1972 (ed. or: Ecstatic Religions. An
Anthropological Study of Spirit Possession and Shamanism, Baltimore 1971).
Lichtenberger 2004: H. Lichtenberger, Die Mahlmetaphorik in der Johannesapoka-
lypse, in C. Grappe (ed.), Le Repas de Dieu. Das Mahl Gottes, Tübingen 2004,
pp. 227-252.
Lieber 2006: A. Lieber, Jewish and Christian Heavenly Meal Traditions, A.D. De-
Conick (ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and Christian Mysticism,
Atlanta 2006, pp. 313-339.
Lietaert Peerbolte 2008: B.J. Lietaert Peerbolte, Paul‟s Rapture: 2 Corinthians 12:2-
4 and the Language of the Mystics, in F. Flannery – C. Shantz – R.A. Werline
(edd.), EXPERIENTIA, Volume 1. Inquiry into Religious Experience in Early Ju-
daism and Early Christianity, Atlanta 2008, pp. 159-176.
Lincoln 1979: A.T. Lincoln, “Paul the Visionary”: the Setting and Significance of
the Rapture to Paradise in II Corinthians XII. 1-10, NTS 25 (1979), pp. 204-220.
Lindblom 1963: J. Lindblom, Prophecy in Ancient Israel, Oxford 1963.
Lindblom 1968: J. Lindblom, Gesichte und Offenbarungen. Vorstellungen von gött-
lichen Weisungen und übernatürlichen Erscheinungen im ältesten Christentum,
Lund 1968.
Ljungvik 1964: H. Ljungvik, Zum Gebrauch einiger Adverbien im Neuen Testament,
Eranos 62 (1964), pp. 26-39.
Llewelyn 2001: S.R. Llewelyn, The Use of Sunday for Meetings of Believers in the
New Testament, NT 43 (2001), pp. 205-223.
Lohfink 1971: G. Lohfink, Die Himmelfahrt Jesu. Untersuchungen zu den Himmel-
fahrts- und Erhohungstexten bei Lukas, München 1971.
Lohmeyer 1934: E. Lohmeyer, Die Offenbarung des Johannes, TRu 6 (1934), pp.
269-314.
Lohmeyer 1953: E. Lohmeyer, Die Offenbarung des Johannes, Tübingen 19532.
Lohse 1960: E. Lohse, Die Offenbarung des Johannes, Göttingen 1960.
240 Bibliografia
Lord 1978: A.B. Lord, The Gospels as Oral Traditional Literature, in W.O. Walker
(ed.), The Relationships among the Gospels. An Interdisciplinary Dialogue, San
Antonio 1978, pp. 33-92.
LSJ: H.G. Liddell – R. Scott – H.S. Jones, A Greek-English Lexicon, with revised
supplement, Oxford 19969.
Lührmann 2000: D. Lührmann, Fragmente apokryph gewordener Evangelien in
griechischer und lateinischer Sprache, Marburg 2000.
Lupieri 1990: E. Lupieri, Esegesi e simbologie apocalittiche, ASEs 7/2 (1990), pp.
379-396.
Lupieri 1992: E. Lupieri, The Seventh Night: Visions of History in the Revelation of
John and the Contemporary Apocalyptic, Hen 14 (1992), pp. 113-132.
Lupieri 1995: E. Lupieri, Apocalisse di Giovanni e tradizione enochica, RStB 7/2
(1995) pp. 137-150.
Lupieri 2000: E. Lupieri, L‟Apocalisse di Giovanni, Milano 20003
Lupo 2003: A.M. Lupo, La sete, l‟acqua, lo Spirito. Studio esegetico e teologico sul-
la connessione dei termini negli scritti giovannei, Roma 2003.
MacDermot 1971: V. MacDermot, The Cult of the Seer in the Ancient Middle East.
A Contribution to Current Research on Hallucinations Drawn from Coptic and
Other Texts, London 1971.
MacLachlan 2007: B. MacLachlan, Epinician Swearing, in A.H. Sommerstein – J.
Fletcher (edd.), Horkos. The Oath in Greek Society, Exter 2007, pp. 91-101.
MacRae 1965: G.W. MacRae, The Coptic Gnostic Apocalypse of Adam, HeyJ 6
(1965), pp. 27-35.
Malina 1983: B.J. Malina, The Social Sciences and Biblical Interpretation, in N.K.
Gottwald (ed.), The Bible and Liberation. Political and Social Hermeneutics,
New York 1983, pp. 11-25.
Malina 1993: B.J. Malina, Reading Theory Perspective: Reading Luke-Acts, in J.H.
Neyrey (ed.), The Social World of Luke-Acts. Models for Interpretation, Peabody
19932, pp. 3-23.
Malina 1996: B.J. Malina, The Social World of Jesus and the Gospels, London/New
York 1996.
Malina 2002: B.J. Malina, Die Johannesoffenbarung: Sternvisionen und
Himmelsreisen, Stuttgart 2002 (ed. or.: On the Genre and Message of Revela-
tion: Star Visions and Sky Journeys, Peabody 1995).
Malina – Pilch 2000: B.J. Malina – J.J. Pilch, Social-Science Commentary on the
Book of Revelation, Minneapolis 2000.
Manganaro 1963/64: G. Manganaro, Le iscrizioni delle Isole Milesie, ASAA 41-42
(1963/64), pp. 293-349.
Marcus 1989: J. Marcus, Mark 9, 11-13: «As It Has Been Written», ZNW 80 (1989),
pp. 42-63.
Marguerat 2001: D. Marguerat, Jésus historique: une quête de l‟inaccesible étoile?
Bilan de la “troisième quête”, Théophilyon 6 (2001), pp. 11-85.
Marino 2003: M. Marino, Il verbo THREIN nell‟Apocalisse alla luce della tradizio-
ne giovannea, Bologna 2003.
Bibliografia 241
Mimouni 2003: S.C. Mimouni, L‟aspect charismatique des actions et des paroles de
Jésus, in G. Filoramo (ed.), Carisma profetico, fattore di innovazione religiosa,
Brescia 2003, pp. 65-85.
Min 1991: P.S.-B. Min, I due testimoni di Ap 11, 1-13: Storia – Interpretazione –
Teologia, Roma 1991.
Moering 1920: E. Moering, jEgenovmhn ejn pneuvmati, TSK 92 (1920), pp. 148-154.
Moloney 2005: F.J. Moloney, The Gospel of John. Text and Context, Boston/Leiden
2005.
Morray-Jones 2006: C.R.A. Morray Jones, The Temple Within, in A.D. DeConick
(ed.), Paradise Now: Essays on Early Jewish and Christian Mysticism, Atlanta
2006, pp. 145-178.
Moyise 1995: S. Moyise, The Old Testament in the Book of Revelation, Sheffield
1995.
Müller 1964. C. Müller, Gottes Gerechtigkeit und Gottes Volk. Eine Untersuchung
zu Römer 9-11, Göttingen 1964.
Müller 1982: T. Müller, “The word of my patience” in Revelation 3:10, CTQ 46
(1982), pp. 231-234.
Müller 1972: U.B. Müller, Messias und Menschensohn in jüdischen Apokalypsen
und in der Offenbarung des Johannes, Gütersloh 1972.
Müller 1974: U.B. Müller, Prophetie und Predigt. Formgeschichtliche Unter-
suchungen zur urchristlichen Prophetie, Gütersloh 1974.
Müller 1984: U.B. Müller, Die Offenbarung des Johannes, Gütersloh/Würzburg
1984.
Müller 1999: U.B. Müller,“Das Wort Gottes‖. Der Name des Reiters auf weissem
Pferd (Apk 19, 13), in B. Kollmann – W. Reinbold – A. Steudel (edd.), Antikes
Judentum und Frühes Christentum. Festschrift für H. Stegemann zum 65. Ge-
burtstag, Berlin/New York 1999, pp. 474-487.
Murphy 1998: F.J. Murphy, Fallen is Babylon. The Revelation to John, Harrisburg
1998.
Muse 1996: R.L. Muse, The Book of Revelation. An Annotated Bibliography, New
York/London 1996.
Mussies 1971: G. Mussies, The Morphology of the Koine Greek as Used in the Apo-
calypse of St.John. A Study in Bilingualism, Leiden 1971.
Mussner 1968: F. Mussner, Il vangelo di Giovanni e il problema del Gesù storico,
Brescia 1968 (ed. or.: Die johanneische Sehweise und die Frage nach dem histo-
rischen Jesus, Freiburg/Basel/Wien 1965).
Nasrallah 2003: L. Nasrallah, An Ecstasy of Folly. Prophecy and Authority in Early
Christianity, Cambridge 2003.
Nestle – von Dobschütz 1923: E. Nestle – E. von Dobschütz, Einführung in das
Griechische Neue Testament, Göttingen 19234.
Nickelsburg 1972: G.W.E. Nickelsburg, Resurrection, Immortality, and Eternal Life
in Intertestamental Judaism, Cambridge 1972.
Bibliografia 243
Osiek – Balch 1997: C. Osiek – D.L. Balch, Families in the New Testament World.
Households and House Churches, Louisville 1997.
Overholt 1982: T.W. Overholt, Prophecy: The Problem of Cross-Cultural Compari-
son, Semeia 21 (1982), pp. 55-78.
Overholt 1986: T.W. Overholt, Prophecy in Cross-Cultural Perspective: a Source-
book for Biblical Research, Atlanta 1986.
Overholt 1989: T.W. Overholt, Channels of Prophecy. The Social Dynamics of Pro-
phetic Activity, Eugene 1989
Park 1997: D.-H. Park, Tiere und Farben in der Offenbarung. Eine Untersuchung
zur Herkunft, Funktion und theologischen Bedeutung der Tier- und Farbmotive
in der Apokalypse des Johannes, Diss. Bethel 1997.
Pearson 1984: B.A. Pearson, Jewish Sources in Gnostic Literature, in M.E. Stone
(ed.), Jewish Writings of the Second Temple Period. Apocrypha, Pseudoepigra-
pha, Qumran Sectarian Writings, Philo, Josephus, Assen/Philadelphia 1984, pp.
443-482.
Pearson 1986: B.A. Pearson, The Problem of “Jewish-Gnostic” Literature, in C.H.
Hedrick – R. Hodgson (edd.), Nag Hammadi, Gnosticism and Early Christianity:
Fourteen Leading Scholars Discuss The Current Issues in Gnostic Studies, Pea-
body 1986, pp. 15-36.
Peek 1991a: P.M. Peek, Introduction. The Study of Divination, Present and Past, in
Id. (ed.), African Divination Systems. Ways of Knowing, Blooming-
ton/Indianapolis 1991, pp. 1-22.
Peek 1991b: P.M. Peek, African Divination Systems: Non-Normal Modes of Cogni-
tion, in Id. (ed.), cit., pp. 193-212.
Penna 1999: R. Penna, I ritratti originali di Gesù il Cristo. Inizi e sviluppi della cri-
stologia neotestamentaria. II. Gli sviluppi, Cinisello Balsamo 1999.
Pernigotti 2000: S. Pernigotti, Testi della magia copta, Imola 2000.
Perrin 1976: N. Perrin, Jesus and the Language of the Kingdom: Symbol and Meta-
phor in New Testament Interpretation, Philadelphia 1976.
Perrone 2001: L. Perrone, Le dinamiche dell‟atto orante secondo Origene. La pre-
ghiera come ascesa, colloquio e conoscenza di Dio, in L.F. Pizzolato – M. Rizzi
(edd.), Origene maestro di vita spirituale (Atti del I Convegno del Gruppo Ita-
liano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina, Milano, 13-15 settem-
bre 1999), Milano 2001, pp. 123-139.
Pesce 1978: M. Pesce, Ricostruzione dell‟archetipo letterario comune a Mt 22, 1-10
e Lc 14, 15-24, in La parabola degli invitati al banchetto. Dagli evangelisti a
Gesù, Brescia 1978, pp. 167-236.
Pesce 1983: M. Pesce, Presupposti per l‟utilizzazione storica dell‟Ascensione di I-
saia. Formazione e tradizione del testo; genere letterario; cosmologia angelica,
in Id. (ed.), Isaia, il Diletto e la Chiesa. Visione ed esegesi profetica cristiano-
primitiva nell‟Ascensione di Isaia, Brescia 1983, pp. 13-76.
Pesce 1984: M. Pesce, Funzione e spazio dell'uso della Scrittura nell'attività aposto-
lica paolina. Ipotesi di ricerca, ASEs 1 (1984), pp. 75-108.
Bibliografia 245
Pesce 1985: M. Pesce, La profezia cristiana come anticipazione del giudizio escato-
logico in 1 Cor 14,24-25, in Testimonium Christi. Scritti in onore di J. Dupont,
Brescia 1985, pp. 379-438.
Pesce 1990: M. Pesce, Mangiare e bere il proprio giudizio. Una concezione cultura-
le comune a 1Cor e Sotah?, RivBib 38(1990), pp. 495-513.
Pesce 2001: M. Pesce, I limiti delle teorie dell‟unità letteraria del testo, in E. Franco
(ed.), Mysterium Regni Ministerium Verbi (Mc 4, 11; At 6, 4). Scritti in onore di
Mons.Vittorio Fusco, Bologna 2001, pp. 89-107.
Pesce 2003a: M. Pesce, Quando nasce il cristianesimo? Aspetti dell‟attuale dibattito
storiografico e uso delle fonti, ASEs 20/1 (2003), pp. 39-56.
Pesce 2003b: M. Pesce, Sul concetto di giudeo-cristianesimo, RStB 15 (2003), pp.
21-44.
Pesce 2005: M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, Milano 2005.
Peters – Price Williams 1980: L.A. Peters. – D. Price-Williams, Towards an Experi-
ential Analysis of Shamanism, AmE 7/3 (1980), pp. 397-418.
Pezzoli-Olgiati 1997: D. Pezzoli-Olgiati, Täuschung und Klarheit. Zur Wechselwir-
kung zwischen Vision und Geschichte in der Johannesoffenbarung, Göttingen
1997.
Pilch 1995: J.J. Pilch, The Transfiguration of Jesus: an Experience of Alternate Re-
ality, in P.F. Esler (ed.), Modelling Early Christianity: Social Scientific Studies
of the New Testament in its Context, London/New York, 1995, pp. 47-64.
Pilch 1996: J.J. Pilch, Altered States of Consciousness: a “Kitbashed” Model, BTB
26 (1996), pp. 133-138
Pilch 1998: J.J. Pilch, Appearances of the Risen Jesus in Cultural Context: Expe-
riences of Alternate Reality, BTB 28 (1998), pp. 52-60.
Pilch 2002: J.J. Pilch, Altered States of Conciousness in the Synoptics, in W. Stege-
mann – B.J. Malina. – G. Theissen (edd.), The Social Setting of Jesus and the
Gospels, Minneapolis 2002, pp. 103-115.
Pilch 2004: J.J. Pilch, Visions and Healing in the Acts of the Apostles. How the
Early Believers Experienced God, Collegeville 2004.
Pleše 2006: Z. Pleše, Poetics of the Gnostic Universe. Narrative and Cosmology in
the Apocryphon of John, Leiden/Boston 2006.
Plisch 2005: U.-K. Plisch, Zu einigen Einleitungsfragen des Unbekannten Berliner
Evangeliums (UBE), ZAC 9/1 (2005), pp. 64-84.
Popkes 1983: W. Popkes, Die Funktion der Sendschreiben in der Johannes-
Apokalypse. Zugleich ein Beitrag zur Spätgeschichte der neutestamentlichen
Gleichnisse, ZNW 74 (1983), pp. 90-107.
Porter 1997: S.E. Porter, Handbook of Classical Rhetoric in the Hellenistic Period,
330 B.C.-A.D. 400, Leiden/Boston 1997.
Pozzi 1992: G. Pozzi, Angela da Foligno. Il libro dell‟esperienza, Milano 1992.
Preisker 1933: H. Preisker, art. ejgguv~ ktl, TWNT 2 (1933), pp. 329-332.
Prigent 2000a: P. Prigent, L‟Apocalypse de Jean, Genève 20003.
Prigent 2000b: P. Prigent, L‟interprétation de l‟Apocalypse en débat, ETR 75
(2000), pp. 189-210.
246 Bibliografia
Segal 2008: A.F. Segal, The Afterlife as Mirror of the Self, in F. Flannery – C.
Shantz – R.A. Werline (edd.), EXPERIENTIA, Volume 1. Inquiry into Religious
Experience in Early Judaism and Early Christianity, Atlanta 2008, pp. 19-40.
Segalla 2000: G. Segalla, La memoria simbolica del Gesù terreno nel libro
dell‟Apocalisse, LASBF 50 (2000), pp. 115-141.
Seng 1990: H. Seng, Apk 11, 1-14 im Zusammenhang der Johannesapokalypse. Auf-
schluss aus Lactantius und Hyppolitos, VetChr 27 (1990), pp. 111-121.
Sfameni Gasparro 2004: G. Sfameni Gasparro, Mosè e Balaam, «propheteia» e
«mantikê». Modalità e segni della rivelazione nel «De vita Mosis», in A.M.
Mazzanti – F. Calabi (edd.), La rivelazione in Filone d‟Alessandria: natura, leg-
ge, storia (Atti del VII Convegno di Studi del Gruppo Italiano di Ricerca su Ori-
gene e la Tradizione Alessandrina), Villa Verrucchio 2004, pp. 33-74.
Shaked 1999: S. Shaked, Quests and Visionary Journeys in Sasanian Iran, in J.
Assmann – G.G. Stroumsa (edd.), Transformations of the Inner Self inj Ancient
Religions, Leiden 1999, pp. 65-86.
Shantz 2008: C. Shantz, The Confluence of Trauma and Transcendence in the
Pauline Corpus, in F. Flannery – C. Shantz – R.A. Werline (edd.), EXPERIEN-
TIA, Volume 1. Inquiry into Religious Experience in Early Judaism and Early
Christianity, Atlanta 2008, pp. 193-205.
Shaw 1991: R. Shaw, Splitting Truth from Darkness. Epistemological Aspects of
Temne Divination, in P.M. Peek (ed.), African Divination Systems. Ways of
Knowing, Bloomington/Indianapolis 1991, pp. 137-152.
Siber 1971: P. Siber, Mit Christus leben. Eine Studie zur paulinischen Aufersteh-
ungshoffnung, Zürich 1971.
Siew 2005: A.K.W. Siew, The War between the Two Beasts and the Two Witnesses:
a Chiastic Reading of Revelation 11:1 – 14:5, London/New York 2005.
Slater 1999: T.B. Slater, Christ and Community: a Socio-Historical Study of the
Christology of Revelation, Sheffield 1999.
Smith 2006: D.A. Smith, The post-mortem Vindication of Jesus in the Sayings Gos-
pel Q, London/New York 2006.
Smith 2003: D.E. Smith, From Symposium to Eucharist. The Banquet in the Early
Christian World, Minneapolis 2003.
Smith 1963: M. Smith, Observations on Hekhalot Rabbati, in A. Altmann (ed.), Bib-
lical and Other Studies, Cambridge 1963, pp. 142-160.
Smith 1989: M. Smith, On the History of APOKALUPTW and APOKALUYIS, in
D. Hellholm (ed.), Apocalypticism in the Mediterranean World and the Near
East (Proceedings of the International Colloquium on Apocalypticism, Uppsala,
August 12-17, 1979), Tübingen 19892, pp. 9-20.
Sokolowski 1955: F. Sokolowski, Lois sacrées de l‟Asie Mineure, Paris 1955.
Sommerstein 2007: A.H. Sommerstein, Introduction, in A.H. Sommerstein – J. Flet-
cher (edd.), Horkos. The Oath in Greek Society, Exter 2007, pp. 1-8.
Sophocles 1887: E.A. Sophocles, Greek Lexicon of the Roman and Byzantine Peri-
ods (from B.C. 146 to A.D. 1100), 2 voll., New York 18873.
250 Bibliografia
Talbert 1978: C.H. Talbert, Oral and Independent or Literary and Interdependent?
A Response to Albert B. Lord, in W.O. Walker (ed.), The Relationships among
the Gospels. An Interdisciplinary Dialogue, San Antonio 1978, pp. 93-102.
Talbert 1999: C.H. Talbert, The Christology of the Apocalypse, in M.A. Powell –
D.R. Bauer (edd.), Who do you say that I am? Essays on Christology, Louisville
1999, pp. 166-184.
Tambiah, 1995: S.J. Tambiah, Rituali e cultura, Bologna 1995 (ed. or.: Culture,
Thought and Social Action. An Anthropological Perspective, Cambridge 1985).
Tedlock 1981: B. Tedlock, Der Anthropologe und der Wahrsager, in H.P. Duerr
(ed.), Der Wissenschaftler und das Irrationale, vol. 1, Frankfurt am Main 1981,
pp. 154-174.
Thatcher 2005: T. Thatcher, Why John Wrote a Gospel: Memory and History in an
Early Christian Community, in A. Kirk – T. Thatcher (edd.), Memory, Tradition,
and Text: Uses of the Past in Early Christianity, Atlanta 2005, pp. 79-97.
Theissen 1978: G. Theissen, Soziologie der Jesusbewegung: ein Beitrag zur Ent-
stehungsgeschichte des Urchristentums, Gütersloher 1978.
Theissen 1988: G. Theissen, Tradition und Entscheidung. Der Beitrag des bibli-
schen Glaubens zum kulturellen Gedächtnis, in J. Assmann – T. Hölscher (edd.),
Kultur und Gedächtnis, Frankfurt a.M. 1988, pp. 170-196.
Theissen 2001: G. Theissen, Die Religion der ersten Christen: eine Theorie des Ur-
christentums, Gütersloh 20012.
Theissen – Merz 1999: G. Theissen – A. Merz, Il Gesù storico. Un manuale, Brescia
1999 (ed. or.: Der historische Jesus: ein Lehrbuch, Göttingen 1996, 19992).
Theobald 2002: M. Theobald, Herrenworte im Johannesevangelium, Freiburg i.B.
2002.
Thomas 1995: R.L. Thomas, Revelation 8-22. An Exegetical Commentary, Chicago
1995.
Thompson 1986: L.L. Thompson, A Sociological Analysis of Tribulation in the
Apocalypse of John, Semeia 36 (1986), pp. 147-174.
Thompson 1990: L.L. Thompson, The Book of Revelation: Apocalypse and Empire,
New York/Oxford 1990.
Thompson 2003a: L.L. Thompson, Ordinary Lives: John and His First Readers, in
D.L. Barr (ed.), Reading the Book of Revelation. A Resource for Students, Atlan-
ta 2003, pp. 25-47.
Thompson 2003b: L.L. Thompson, Spirit Possession: Revelation in Religious Stu-
dies, in Barr (ed.), cit., pp. 137-150.
Thompson 1985: S. Thompson, The Apocalypse and Semitic Syntax, Cambridge
1985.
Tiller 1993: P.A. Tiller, A Commentary on the Animal Apocalypse of I Enoch, Atlan-
ta 1993.
Tilly 1994: M. Tilly, Johannes der Täufer und die Biographie der Propheten. Die
synoptische Täufer-überlieferung und das jüdische Prophetenbild zur Zeit des
Täufers, Stuttgart/Berlin/Köln 1994.
252 Bibliografia
13, 14-15: 12 Mt
13, 14-23: 135 1, 21: 125
13, 18: 124 1, 23: 125
13, 21: 192 1, 25: 125
13, 21-22: 148, 151 2, 16-21: 188
13, 22: 149 3, 1: 200
13, 24-25: 133, 144, 150 3, 4: 200
13, 26: 117, 141, 150 3, 22-27: 189
13, 26-27: 139 4, 1: 46
13, 27: 141, 151 4, 2: 46
13, 29: 113 4, 3-10: 46
14, 3: 181 4, 7: 78
14, 18: 169 4, 11: 46
14, 21: 100 4, 12: 46
14, 32-42: 79 4, 17: 114-115
14, 62: 131 4, 18-22: 203
15, 34: 105 5, 3: 121
16, 6: 196 5, 34-35: 80
16, 15: 137 5, 42: 79
16, 15-16: 138 6, 10: 100
6, 13: 107
Melch. 6, 14: 201
6, 24: 190 7, 12: 95, 126
14, 9 – 15, 5: 190 7, 21-27: 112
26, 4-9: 185 7, 24: 112
27, 1-10: 190 8, 19: 12, 154-155
8, 19-22: 201
Melitone di Sardi 9, 33: 95
Pasch. 10, 7: 114
330: 197 10, 18-20: 168
711-712: 196 10, 22: 122
724-725: 196 10, 32: 124
730: 197 10, 32-33: 126
744-750: 196 10, 33: 106, 126
745: 197 10, 39: 153-154
751-752: 197 11, 9-10: 201
753-759: 196 11, 14: 201
765-766: 197 11, 15: 118
766: 197 11, 25-27: 21
784: 197 11, 28: 171
808: 197 12, 29: 114
12, 33: 100
Metodio di Olimpo 13, 9: 12, 118
Symp. 5, 2: 128 13, 16-17: 121, 165
Indice delle fonti citate 279
6, 13: 59 Princ.
7, 17: 59 1, 3, 4: 168
7, 18: 59 4, 4, 8: 190
7, 50: 99
8, 3-4: 59 Paolo Orosio
11, 11-23: 36, 47 Hist. 7, 10, 5: 53
14, 7-8: 59
18, 1-3: 36, 47 Parafr. Sem 32, 5-12: 193
18, 2-4: 47
18, 6: 47 Pass. Perp. 17, 1: 63
18, 7: 99
21, 1-7: 36 Pist. Soph.
26, 12: 59 1, 45: 131
27, 1-3: 59 2, 95, 3: 171
30, 2: 170 2, 96: 131
35, 7: 36, 47, 59, 213 2, 99: 131
36, 1-6: 36, 47, 213
37, 1: 59 Policarpo
37, 1-2: 57, 59 Phil.
38, 1-2: 36, 47, 213 2, 3: 95
40, 3-4: 213 3, 2: 44
9, 1-28: 60 9, 3: 195
9, 7-13: 196 9, 25: 190
9, 8: 190 9, 27: 135
10, 1: 181
Bel 8: 204 10, 4-21: 78
10, 5-6: 63
CD 10, 7-11: 64
4, 6: 195 10, 16-19: 64
5, 18: 191 10, 17-18: 64
6, 7-11: 190-191 10, 18-19: 65
7, 18-19: 195 11, 30: 204
12, 23: 195 12: 200
14, 19: 195 12, 1-2: 191
19, 10: 195 12, 1-3: 200
20, 1: 195 12, 3: 193
12, 7: 80, 135
CD-A 15, 1-2: 86 12, 9-13: 135
12, 12: 99-100
Dn
3, 13: 204 Dt
3, 19: 204 4, 1-2: 21
4, 8: 114 4, 2: 86
4, 19: 114 12, 32: 21
7: 141 13, 1: 86
7, 4-7: 150 17, 12: 195
7, 8: 150 18, 7: 195
7, 9: 130 18, 15: 181
7, 9-10: 63 18, 19: 181
7, 11: 150 18, 22: 181
7, 13: 104, 116-118 29, 19: 86
7, 13-14: 116, 130, 191 29, 19-20: 21
7, 14: 118 30, 12-13: 39
7, 15: 64 32, 39-41: 80
7, 20-21: 150
7, 22: 114, 130, 191 Dt Rab. 3, 17: 192
7, 23-27: 200
7, 24: 150 1 En.
7, 25: 135, 150 1, 9: 104
7, 27: 130 12, 1-2: 190, 197
8, 13: 135 12, 4: 190
8, 14: 135 13, 7-10: 66
8, 17-18: 64 13, 8: 192
8, 26: 181 13, 9-10: 66
9: 203 13, 10: 192
286 Indice delle fonti citate
Ger Gn
3, 20: 161 1, 3: 44
4, 10: 111 1, 6: 44
12, 12: 111 1, 9: 44
14, 12: 145 2, 7: 50
15, 2: 111 5, 24: 189, 199
15, 16: 86 14, 19: 80
17, 10: 108-109 14, 22: 80
21, 7: 145 22, 16-17: 83
290 Indice delle fonti citate
Nm Pr
1, 2: 125 3, 1: 106
1, 20: 125 3, 21: 106
3, 40: 125 8, 21-30: 211
3, 43: 125 8, 22-23: 215
5, 11-31: 81 9, 5: 170
5, 19-28: 84 14, 25: 181
16, 22: 43 24, 12: 164
19: 178
22, 4-14: 68 Ps.-Filone
27, 16: 43 L.A.B.
1, 16: 199
Nm Rab. 20, 10: 63 26, 13: 165
28, 6-7: 49
Or. sib. 48, 1: 190-194, 198, 200
2, 45-47: 154 51, 6-7: 190
2, 177-181: 128
2, 245: 190 1QH 20, 11-13: 43
292 Indice delle fonti citate
1QHa 4Q403
3, 21-22: 62 fr. 1 I, 43: 43
11, 7-13: 62 fr. 1 II, 8-9: 43
1QM 4Q405ShirShabbf
13, 10: 191 fr. 11: 67
17, 6-8: 191, 193 frr. 13-15: 67
fr. 20 II, 2, 21-22: 67
1QpHab fr. 23 I, 8-9: 43
2, 2-9: 190 fr. 23 II, 7-10: 67
7, 3-5: 173, 190
9 – 12: 160 4Q460 fr. 5 I, 5: 105
1QS 4Q521
3, 30: 191 fr. 2 II, 7: 130
4, 1-7: 193 fr. 2 III, 1-2: 192
8, 1-3: 216
9, 9-11: 190 4Q558: 192
9, 10-11: 191
9, 11: 195 4QpGena: 186
Apollodoro Ateneo
Bibl. 2, 7, 7: 197 Deipn. 4, 139c: 88
Apollonio Bacchilide
Hist. Mir. 40, 1: 63 5, 41-45: 80
8, 19-21: 80
Apollonio Rodio
Argon. 3, 1114: 189 Callimaco
Hymn. Dian. 87: 78
Appiano
Lyb. Cicerone
64, 284: 80 Att.
104: 44 1, 6, 8: 24
9, 10, 1: 24
Apuleio 12, 39, 2: 24
Apol. 12, 53: 24
42: 66 13, 18: 24
42-43: 32 Fam. 2, 9, 2: 24
Metam. 11, 21, 5-24: 196 Off.
1, 23: 83
Aristofane 3, 102-104: 83
Ach. 342: 78 3, 104: 85
Ran. 1032: 29 Quint. fratr. 1, 1, 45: 24
Plutarco Ps.-Ippocrate
Aem. 39: 44 Ep. 15, 4-6: 63, 68
Virt. prof. 81d-e: 63
[Cons. Apoll.] 109c: 68 Quintiliano
Quaest. rom. 271b: 81 Inst.
Is. Os. 354c: 108 1, 9, 2-3: 27
Indice delle fonti citate 299
Seneca Boezio
Ep. Cons. phil. 1: 68
40, 1: 24
67, 2: 24 Brigitta di Svezia
75, 1: 24 Serm. Ang., prol.
1-4: 71
Senofonte 4-5: 74
Anab. 5-11: 71
1, 6, 6: 80 10-11: 74
1, 6, 7: 78
2, 5, 3: 80 Dante Alighieri
Mem.1, 1, 2-4: 29 Purg. 14, 22: 88
XIII, 565-567: 71
XIII, 647: 71
XIII, 696-697: 71
XIII, 1040-1054: 82
XXXVI, 233-255: 87
ISCRIZIONI
CIJ
p. 559 : 190
p. 592 nr.102: 190
Afzal C., 17, 24, 41, 67, 145, 153 Beneduce R., 15-16, 18-19, 25, 51
Agamben G., 83 Berger K., 6, 24, 27, 30-31, 36, 52, 63-
Aguirre Monasterio R., 161-162 64, 68, 96, 109-111, 115, 119, 125,
Ahern E.M., 30, 71, 73 138, 171-172, 178, 181-182, 189-
Allen T., 73 192, 194, 196, 198-209, 216
Anderson D.M., 30 Berger P., 217
Andrei O., 25, 54, 218 Bertholet M., 66
Arcari L., 20, 25, 52, 96-98, 101-102, Bettiolo P., 47
149, 188, 216, 218-220 Betz H.D., 87
Assmann J., 14-15, 17, 19, 22, 96, 187, Beutler J., 166, 168, 180
189, 217 Bienaimé G., 169
Augé M., 16 Biguzzi G., 54, 139, 188-189
Aune D.E., 5, 18, 30, 43, 47, 54-55, Black M., 114, 198-200, 204
58-60, 62, 66, 68, 79, 81, 84, 92-93, Blacker C., 30, 71, 73-74
97, 99, 104, 109, 111, 114, 117- Blier R., 30-31
119, 138, 141-142, 144-145, 154- Böcher O., 8
155, 161, 164-166, 183, 189, 195- Boddy J., 16
196, 198, 204, 206-207, 219 Boismard M.-É., 9
Austin J.L., 81, 83 Boll F., 42
Borgen P., 70, 96, 169, 191
Baermann Steiner F., 83 Bori P.C., 60
Balch D.L., 63-64 Boring M.E., 7, 10, 59, 75, 97
Balz H., 72 Bourdieu P., 34-35
Barr D.L., 216, 220 Bourguignon E., 31-32, 34, 36, 38
Bauckham R., 10, 23, 42, 45, 57, 68, Bousset W., 48, 53-54, 69, 74, 129
77, 95-96, 100, 112, 117, 121-122, Bovon F., 7, 178
124, 127-128, 151, 164, 192, 194, Bradshaw Aitken E., 93
198, 203-205 Brenner J.N., 30, 86
Bauernfeind J., 110, 185 Bresciani E., 67, 88
Beale G.K., 10, 22, 69, 74, 96-97, 115, Brown R.E., 169
142, 150-153 Brox N., 166, 180
Beatrice P.F., 162 Buber M., 68
Beattie J., 30 Buchholz D.D., 116, 117, 164
304 Indice degli autori moderni
INTRODUZIONE
Esperienza, identità, memoria. Riflessioni preliminari . . . . . 5
1. Logiche della rivelazione, 6 - 2. Una visione di Gesù: tra costruzio-
ne del passato e trasformazione del presente, 6 - 2. 1. Un ―Gesù stori-
co‖ nell‘Apocalisse di Giovanni?, 7 - 2.2. Dualismi in crisi, 8 - 2.3.
Sulle tracce di un insegnamento, 9 - 2.4. Spiragli di una memoria, 11 -
3. Tra futuro e passato, 13 - 3.1. Esperienza estatica e memoria: una
nuova prospettiva, 13 - 3.2. Esperienza estatica e memoria: corpo,
mimesi e storia nell‘Apocalisse di Giovanni, 17 - 3.2.1. Memoria,
scrittura, canonizzazione, 21 - 3.2.2. Verso la trasformazione: la lette-
ra di Giovanni, 23 - 3.2.3. La memoria come segno, 24 - 4. Memoria
dell‘esperienza, esperienza della memoria: una proposta di ricostru-
zione, 25
CAPITOLO PRIMO
Tra visione e testo letterario: fenomenologia di un‟esperienza
“profetica” . . . . . . . . . . . . . . . . 29
1. Comunicazione con il mondo soprannaturale e stati alterati di co-
scienza: la ―profezia‖, 30 - 1.1. Tra testo e descrizione: uno schizzo
teorico, 36 - 2. Imago mundi, 39 - 3. Il linguaggio della rivelazione, 42
- 3.1. L‘antropologia giovannea, 42 - 3.2. Lo «spirito»
nell‘Apocalisse, 43 - 3.3. La formula e l‘esperienza, 43 - 3.4. Una
comparazione, 46 - 3.5. Controprove, 48 - 3.6. Duplicità e olismo:
verso una conclusione, 50 - 4. Lo «spirito» e l‘estasi: storia di una vi-
sione, 52 - 4.1. Il soggiorno a Patmos, 53 - 4.2. Scene da una liturgia,
57 - 4.3. Archeologia del pneu'ma: visioni e viaggi celesti, 63 - 4.4.
Tra esperienza e letteratura: verso l‘Apocalisse, 69 - 4.5. Una sintesi,
75 - 5. Anche Giovanni tra i ―profeti‖?, 76 - 5.1. Piccola parentesi fi-
lologica, 77 - 5.2. La trasmissione della capacità profetica in atto: se-
quenze, simboli, principi, 78 - 5.2.1. L‘angelo, i tuoni, il divieto di
scrivere, 78 – 5.2.2. Il giuramento, 79 – 5.2.3. L‘ingestione del rotolo,
86 – 5.3. Appunti per una (ri)lettura dell‘Apocalisse, 89 – 6. Lo «spiri-
to», la conoscenza, l‘autorità, 91
312 Sommario
CAPITOLO SECONDO
Le parole di Gesù nell‟Apocalisse . . . . . . . . . . 95
1. Un‘indicazione ―programmatica‖? Per un significato alle allusioni,
96 - 1.1. Parola ―profetica‖ e parole di Gesù: un modello di trasmis-
sione, 98 - 2. Tra le parole, 102 - 2.1. Piccolo vocabolario gesuano,
103 - 2.1.1. Il venire di Gesù, 103 - 2.1.2. Dio e Padre, 104 - 2.1.3. La
parola e la custodia, 106 - 2.1.4. L‘ «Io sono» di Gesù, 107 - 2.1.5. La
vittoria, 109 - 2.1.6. La lingua di Gesù, 110 - 2.2. I detti, 111 - 2.2.1.
La beatitudine dell‘udire e custodire (Ap 1, 3), 111 - 2.2.2. Il compier-
si del tempo e il regno (Ap 1, 3 e 22, 10), 113 - 2.2.3. La parusia del
Figlio dell‘Uomo e il lutto delle tribù della terra (Ap 1, 7), 115 - 2.2.4.
L‘invito all‘attenzione, 118 - 2.2.5. Della vittoria: la corona della vita
(Ap 2, 10), 119 - 2.2.6. L‘ora, il ladro, la veglia (Ap 3, 3 e 16, 15), 122
- 2.2.7. La confessione del nome davanti al Padre e agli angeli (Ap 3,
5), 124 - 2.2.8. La parabola dei servi vigilanti (Ap 3, 20), 127 - 2.2.9.
Del sedere sul trono (Ap 3, 21), 129, - 2.2.10 Il giorno dell‘ira (Ap 6,
12-17), 132 - 2.2.11. ―Apocalisse sinottica‖ e Apocalisse di Giovanni,
133 - 2.2.11.1. Il calpestamento di Gerusalemme ed il tempo delle
genti (Ap 11, 2), 134 - 2.2.11.2. La proclamazione del vangelo (Ap 14,
6), 136 - 2.2.12.3. La mietitura (Ap 14, 14-16), 139 - 2.2.11.4. I sei si-
gilli e i segni della fine (Ap 6, 1-17), 142 - 2.2.11.5. Le due bestie, ov-
vero: i falsi messia e i falsi profeti (Ap 13), 146 - 2.2.11.6. Una rico-
struzione, 150 - 2.2.12. Della rinuncia a se stessi (Ap 12, 11), 153 -
2.2.13. Seguire Gesù (Ap 14, 4), 154 - 2.2.14. La pietra da mola ed il
mare (Ap 18, 21), 156 - 2.2.15. Il sangue dei giusti (Ap 18, 24), 158 -
2.2.16. La parabola del banchetto nuziale (Ap 19, 6-9), 160 - 2.2.17.
La parusia ed il giudizio (Ap 22, 12), 163 - 2.2.18. L‘invio dello Spiri-
to e le due testimonianze (Ap 22, 16), 166 - 2.2.19. La sete e l‘acqua
della vita (Ap 22, 17), 169 - 3. Traiettorie gesuane, 172 - Appendice.
Le parole di Gesù nell‘Apocalisse: una tabella comparativa, 175
CAPITOLO TERZO
Le figure di Gesù nell‟Apocalisse . . . . . . . . . . 177
1. Riferimenti dal passato: alcuni punti fissi, 177 - 2. Conservare gli
«e[rga» di Gesù: il peso della chiesa di Tiatiri (Ap 2, 26), 179 - 2.1. La
«pivsti~», 180 - 2.2. La «parola della uJpomonhv», 182 - 2.2.1. NIKÂN:
premesse, significato, effetti, 184 - 2.3. Quali e[rga?, 186 - 3. Due sto-
rie di Gesù, 187 - 3.1. Il Messia rapito in cielo: annotazioni a margine
di Ap 12, 1-5, 188 - 3.2. I due testimoni e il loro Signore (Ap 11, 3-
13), 194 - 3.2.1. Schizzo di una convergenza, 195 - 3.2.2. Tradizioni e
scritture, 198 - 3.2.3. Gesù: il profeta escatologico, 208 - 3.3 Gesù, il
prisma di Giovanni e il mondo, 209
Sommario 313
CONCLUSIONI
Oltre l‟Apocalisse . . . . . . . . . . . . . . 213
1. Giovanni e lo Spirito di profezia, 213 - 2. Lo Spirito di profezia e
Gesù, 214 - 3. La testimonianza dello Spirito: Gesù, Giovanni e gli
―altri‖, 217
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . 221
Ringraziamenti. . . . . . . . . . . . . . . . 255
Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . 311