Nel 1994, scrivendo "Un indovino mi disse", intitol il primo capitolo "Benedetta
maledizione" e cominci con "Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il
problema saperla riconoscere e a volte non facile." Nella prima parte delle sue
nuove "Lettere contro la guerra" parte ancora da questo concetto della buona
occasione, questa volta su scala mondiale.
Trentanni dAsia mi hanno convinto profondamente di una cosa: che il bello della vita
larmonia degli opposti. E forse il fondo di tutto quel libro proprio questo: lidea che la vita
fatta dei contrari, che luomo ha la sua ombra, che non puoi eliminare la sua ombra. Allora, il
simbolo che mi pare pi bello per spiegare questo concetto quello del Tao: lo yin e lo yang, la
luce e la tenebra, e non c soltanto questa contrapposizione, ma il bello che allinterno della
tenebra c un punto di luce e allinterno della luce c il seme di tenebra. E dinanzi a questo
orrore delle torri, dinanzi a questo spaventoso senso della grande insicurezza che la mia vita e
quella di tutto il mondo stava per avere, ho visto il positivo. E nella testa, immediatamente,
dinanzi a questa orrenda tenebra, mi venuta unidea: "ah, una buona occasione". Una buona
occasione, una buona occasione per ripensare tutto, perch il mondo mi pareva assolutamente
cambiato per sempre. Si trattava ora di accettare questo e di cominciare a cambiare noi, per
cui una buona grande occasione, per lumanit, per lUomo con la lettera maiuscola, di
prendere unaltra strada.
Invece, aggiunge subito dopo, loccasione stata quella di aizzare il cane che in
ognuno di noi. E a questo ha pensato poi di reagire, per cui nella luce che aveva
trovato nel silenzio, nellabbandono del lavoro di inviato, ha deciso che doveva
ritornare lombra, o la luce, dello scrivere
Per trentanni ho fatto il corrispondente di guerra, per trentanni ho vissuto in Asia, seguendo
sempre tutte le storie, i massacri, i diluvi, le guerre, e a sessantanni avevo preso,
asiaticamente, la "pensione". In verit io non ho mai lavorato in tutta la vita, sono stato
fortunatissimo, perch ho sempre fatto le cose che mi piacevano e mi hanno anche pagato, per
cui non che aspettavo la pensione come la liberazione da questorrore del lavoro alienante.
Ma ho sempre viaggiato fuori, e a sessantanni mi pareva giusto chiudere con il mondo e fare
un altro viaggio. E allora mi sono preso "la pensione" e sono andato a vivere in cima
allHimalaya, in una capanna senza luce, senzacqua, senza telefono. Ho cominciato un altro
tipo di vita, chiudendo col mondo, chiudendo i contatti della conversazione. In inglese si dice
cos bene: dipende da con chi sei solo, e questo mi piaceva. E l11 settembre mi ha sconvolto,
ho capito che non potevo pi permettermi questo lusso di guardarmi lombelico, mi sono
rimesso a fare quello che so fare, viaggiare, ma questa volta da libero, completamente libero.
Non pi larticolo da scrivere per le nove di sera, che comincia con la frase che attira il lettore,
nel terzo paragrafo bisogna spiegare qual il problema, nel quinto una battuta e poi si finisce
con una storiella significativa e ho scritto distinto le lettere, senza una regola, senza una
costrizione. Le lettere sono nate cos: la prima immediatamente dopo i fatti dell11 settembre
indirizzata al Corriere della sera perch dovevo far partecipi i lettori della mia esperienza con i
terroristi. La seconda, in reazione alla lettera della mia concittadina (Oriana Fallaci, N.d.R.) che
mi aveva proprio sconvolto nel suo grido di rabbia secondo me mal riposta, meschina in fondo;
e poi mi aveva preoccupato l'impatto che avrebbe avuto sui giovani quando ci che lei aveva
scritto veniva letto nelle scuole. Mi aveva molto preoccupato perch quel cane di cui lei parla
in tutti noi, in ognuno di noi c' una bestia pronta a svegliarsi e ad azzannare il vicino. Il
problema tenerla al guinzaglio, mettergli la museruola, invece qui era proprio scatenata.
Dopo questa erano venute altre lettere, alcune pubblicate sul Corriere della sera, altre no, che
ho dedicato a mio nipote che un bambino di due anni e mezzo e anche lui un giorno dovr
affrontare il problema di scegliere tra la violenza e la non violenza e io non ci sar pi, non
sar pi in questo corpo e potr ricorrere a questo vecchio nonno barbone perch scelga la
pace. Per questo anche in questo viaggio che sto facendo in Italia mi piace parlare con i
giovani perch i giovani sono pronti al nuovo. Qui si tratta di reinventare tutto, si tratta di
reinventarci il futuro e i vecchi, anche quelli come me, hanno difficolt. Il cambiamento la
cosa pi terribile che si possa fare, e quando uno nella vita ha accumulato l'esperienza sulla
base del suo sapere e fa saggezza, non pu facilmente mutare. E infatti il non mutare la
ragione, le abitudini, gli automatismi ci ha portato allo sgomento dell'11 settembre. Se
vogliamo evitare questo, dobbiamo cominciare a pensare in maniera nuova, ad avere reazioni
nuove a certe azioni. I giovani vogliono avere speranza, i giovani sono nati per sperare, ai
giovani il nuovo non fa paura e i giovani possano reinventare il futuro. Glielabbiamo tolto di
mano. Ai giovani avevamo promesso un futuro di New Age, la nuova era, l'era dell'acquario, il
benessere, la felicit, la fratellanza. E guarda cosa gli abbiamo messo davanti: le torri perch
cos luomo: Bush, i musulmani, i non musulmani, alla fine siamo tutti umanit, per cui le
torri, lorrore criminale delle torri siamo noi e lorrore criminale delle bombe siamo noi. Ai
giovani non possiamo togliere la speranza, dobbiamo dire qualcosa di nuovo, dobbiamo dire
che forse questa la buona occasione, perch labbiamo visto tutti quanto orribile. Non
come la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki di cui leggemmo, di cui vedemmo una
fotografia, di cui ci stato raccontato a scuola. Questo tutto il mondo lha visto non una volta
ma dieci, cento volte dinanzi. Ed era facile immaginarci che a quella orribile violenza noi, dico
noi tutti, gli americani, lOccidente, avremmo reagito con una uguale e forse superiore violenza
e che gli altri, prima o poi, risponderanno con una superiore violenza e noi andremo ancora
con la violenza . E alla fine? Rimarr qualcuno ancora ad usare la violenza? Non questa una
buona occasione per fermarci riflettere e prendere unaltra via, quella della non violenza,
reinventando i modi della non violenza? Non guardi la mia barba, il mio sembrare un indiano
per cui parlo di Gandhi. No, io sono un vecchio fiorentino, questo parte del mio
camuffamento per entrare nel mondo. In Afganistan era meravigliosa la mia barba: mi
guardavano, mi chiedevano Musulman? E io hmm, cos che lasciavo alla tolleranza,
allesser preso per uno di loro. Non la non violenza di Gandhi, non il digiuno di Gandhi che
ripropongo, cerco di reinterpretare la non violenza in chiave moderna. Per esempio il
consumismo ci consumer, e lunico modo per non essere consumati dal consumismo il
digiuno, ma non quello gandhiano di non mangiare, quello di non comprare le cose inutili,
quello di non cadere in questa trappola, per cui c un modo moderno secondo me, che noi
tutti dobbiamo riscoprire, che dobbiamo incoraggiare i giovani a riscoprire, di essere non
violenti e di trovare un altro modo di convivere. E ora ritorno al punto che mi riguarda cos
tanto: quellunit, quellarmonia degli opposti. Non possiamo pensare di eliminare il male,
innanzitutto perch chi definisce il Male? Gli altri dicono che noi siamo il Male, noi diciamo che
loro sono il Male: se cominciamo a cercare di eliminarci lun laltro finiremo che ci eliminiamo
tutti perch oggi i mezzi di distruzione sono spaventosi. Allora lunico modo non uno scontro
di civilt, ma un dialogo di civilt. Dobbiamo capire chi sono, dobbiamo capire che cosa fa di un
uomo un terrorista. Non elimineremo mai il terrorismo uccidendo terroristi, ma soltanto
eliminando le ragioni che portano un uomo come noi, che nasce per vivere, per essere felice, a
fare quellatto pi innaturale, pi disumano, che quello di uccidersi e di uccidere. Allora se si
dice questo ai giovani si rimette il mondo nelle loro mani. I giovani oggi si sentono separati,
marginalizzati, sentono che il mondo troppo complicato, e vederlo complicatissimo. Come
ci si pu mettere un dito e cambiar qualcosa? Sa quando si gioca a biliardo? Do un colpo e
tutte le palle vanno nella propria direzione. Basta per che lei metta un pollice e dia un diverso
colpo ad una palla soltanto e tutto il gioco cambia. Questo quello che mi piacerebbe stimolare
la gente a fare: solo un piccolo tocco ad una palla, un gesto personale, rivedere un
atteggiamento, un fare distanza prima di essere violento, un riflettere, un rimettersi a pregare
al mattino, ritrovare un attimo di concentrazione, riprendere coscienza e forse da quella piccola
cosa viene qualcosa di pi grande e se ognuno fa una piccola cosa tutti assieme ne faremo una
grandissima e forse riusciremo a prendere unaltra via.
"Fondata ai tempi dellinvasione sovietica in Afganistan lUniversit uno dei tanti
esempi di come lo sforzo americano per sconfiggere l'Unione sovietica ha messo al
mondo dei mostri che vivono ora una vita tutta loro e di cui nessuno sa esattamente
come riprendere il controllo. Queste lei scrisse nel libro In Asia del 1995 parlando
dellUniversit della Jihad di Peshawar. Mentre scriveva le Lettere contro la guerra
tornato a Peshawar con lo stesso atteggiamento dellinviato. E dice: "come fossi
tornato nella minestra per sapere se salata o meno ora ho limpressione di
affogarci dentro".
Affogarci perch questa volta la guerra stata incredibile: la guerra che stata coperta fin
qui dal maggior numero di giornalisti. Se uno guarda le pagine che sono state scritte, le ore di
televisione che le sono state dedicate, forse la guerra pi coperta che sia mai esistita, eppure
la guerra di cui abbiamo saputo di meno. E una guerra non solo di bombardieri, di bombe
intelligenti che poi facevano le stupidaggini come bombardare i civili. E stata una guerra di
bugie, di grandi bugie, di mezze verit. E stata una guerra in cui il depistaggio delle
informazioni stato straordinario. Peshawar: un solo albergo, in cui sono concentrati tutti i
giornalisti; una voce, una falsa notizia in fa il giro di tutto il mondo nel giro di pochi secondi, e
tutti dal tetto di questalbergo trasmettono questa bugia, questa mezza verit. Poi c
limpossibilit per i giornalisti di controllare, non hanno pi il tempo di farlo: ventiquattrore su
ventiquattro bisogna produrre qualcosa, cos anche una bugia di cui poi si scopre che tale era,
non viene smentita, perch c unaltra cosa da raccontare. Mi sono sentito come affogare
perch era difficilissimo capire che cosa succedeva. Gli americano sono stati abilissimi in
questo, perch hanno ben imparato la lezione del Vietnam. Quando un giornalista come me,
italiano, che lavoravo per un giornale tedesco, arrivato in Vietnam nel 1971, mi stata data
una identity card con la mia foto in cui cera scritto: Tiziano Terzani, U.S. major, maggiore
dellesercito Usa. Non che comandassi le truppe, ma avevo la priorit di un maggiore per salire
sui camion e sugli elicotteri per andare al fronte. E ovvio che con questo tipo di apertura, di
generosit nei confronti dellinformazione, gli americani hanno perso la guerra a casa. Perch
quando si andava al fronte a verificare qualsiasi notizia e a vedere quella cosa che la guerra ,
orribile, era impossibile poi, col fattore moltiplicatore dellinformazione, che non si creasse a
casa un fronte contro la guerra. E cos la lezione stata imparata benissimo. La guerra del
Golfo stata gi tenuta molto lontana dai giornalisti, questa stata tenuta ermeticamente
chiusa ai giornalisti. Per la prima volta la verit, per cos dire, stata continuamente
impacchettata. Cera sempre bisogno di quelli che gli americani chiamano spin doctors per
raccontarla. La verit non cera, cera solo il pacco e dentro cera di tutto. Gli esempi sono
straordinari. Pensi alle prime sequenze dei video delle truppe specialissime americane che non
potendo pi acchiappare Osama Bin Laden andavano alla caccia di Mullah Omar. Si vedevano
tutti questi omini verdi, sembrava un videogame per dare limpressione che la guerra non
questo orrore che , come se il morto poi si rialza e riparte. C stata una grande operazione
americana, di grande abilit per turlupinare il mondo, per rappresentare il nemico come la cosa
pi orribile, pi atroce, e per coprire qualsiasi magagna di questa nostra parte. Creava
sgomento limpossibilit di verificare i fatti. Uno come me, per mestiere per tutta la vita, ha
cercato sempre di capire le ragioni degli altri. Nel 73 sono uno dei giornalisti che passa le linee
del fronte e va dai vietcong per capire "chi sono questi che mi tirano sempre addosso", che mi
costringono a sperare che i nostri mi difendano. Allora anche questa volta sono voluto andare
di l. Ed stato difficile, ma sono riuscito a parlare con i jihadi, con i giovani che partivano per
andare a combattere gli americani e ho poi rivisto i pochissimi sopravvissuti quando
tornavano: di un gruppo di 43, in un villaggio fuori da Peshawar, ne erano tornati tre soltanto,
tutti gli altri fatti a pezzi dai B52. E interessante sentirli parlare, perch quello che sentivo
dentro di me, che le bombe non uccidevano terroristi, ma creavano nuovi terroristi lho avuto
davanti agli occhi. A uno di questi terroristi ho chiesto: e ora lei cosa fa? Aspetto ordini.
Ordini di che? E se le ordinano di mettere una bomba a New York? Ah, ci vado subito. E si
deve capire questo perch bisogna sempre capire anche la logica del nemico, degli altri. Lui ha
visto massacrare 40 persone, i suoi compagni, accanto a lui, uccisi dalle bombe scaricate da un
uomo che stava a quindici chilometri di altezza. Come pu pensare lui, nel suo modo di
concepire la vendetta, di rifarsela con quelluomo? Che forma pu avere per lui la vendetta?
Solo il terrorismo, perch lasimmetria delle armi, del potere di quello lass contro questi che
non avevano niente per raggiungerlo, spiegano il terrorismo. Quindi lunico modo per eliminare
il terrorismo eliminare le ragioni che spingono ragazzi come quello ora ad andare a New York
e sognare di mettere una bomba in un supermercato.
Dopo aver fatto una scelta di ritiro solitario alle pendici dellHimalaya ha deciso, dopo
l11 settembre, che era il caso di scendere in pianura, e scendendo in pianura sceso
in questa pianura italiana. Come ha ritrovato questItalia dopo tantidecenni vissuti
allestero?
signor Lenin: ho avuto davanti agli occhi, visto, palpato, annusato che il vuoto che lasciava il
marxismo leninismo, il controllo di un potere autocratico per tanti versi, veniva riempito da
tante cose: la mafia, i banditi, il Kgb che si ricicla i mafiosi e dallaltra parte il marxismoleninismo che trova un suo surrogato in unaltra nuova ideologia, ed l che per la prima volta
me la sono trovata davanti, in Asia centrale: il fondamentalismo islamico. E allora la mancanza
di grandi, la mancanza di una guida, la mancanza di una cosa pi semplice, pi naturale, pi
giusta, quello che crea grande disorientamento fra i giovani, che secondo me non vedono
dove stiamo andando, non hanno un ideale, glielabbiamo tolto. Abbiamo tolto il senso che la
vita ha qualche senso e che il senso andare in su invece che andare in gi. In fondo questo
che mi ha spinto a scrivere queste lettere, lidea che lumanit a una svolta. E una svolta
verso una progressiva barbarie: le gabbie di Guantanamo, la rinuncia agli accordi di Ginevra,
che sono costati cento anni di limatura, oppure una scelta verso una maggiore spiritualit, una
minore insistenza sulla materia, con luomo che prende la strada per lins invece che per
lingi. Questo quello che per me significato l11 settembre.
Lei parla spesso di morale, di etica e, richiamando anche i grandi scienziati cita una
frase di Einstein...
Bellissima: Ricordiamoci della nostra umanit. Sono le ultime parole del manifesto che scrisse
poco prima di morire, ed vero, ed importantissimo: bisogna riintrodurre letica, la moralit
nella nostra vita, nella politica. E il momento di smettere con lipocrisia, le cose dette per
avere voti, le cose dette per piacere a qualcuno in quel momento e poi voltarsi e dire il
contrario di quello per far piacere agli altri. E l dove c la grande confusione oggi. Ed l che i
musulmani hanno una grande forza oggi, che la forza della fede, una certa ottusit se
vogliamo, ma dei principi, unidea. Pensiamo a Madre Teresa o a unaltra persona che mi piace
moltissimo di quelle che si incontrano nella vita di un giornalista, il Dalai Lama. Qual la loro
forza, dov la loro grandezza? nella semplicit. Hanno una o due idee, ma quelle forti, a quelle
si attaccano e quelle determinano la loro vita. Noi abbiamo perso questa intensit, siamo pieni
di tanti stimoli, di tante cose, abbiamo tante distrazioni e non riusciamo a tenere una linea, ad
avere unidea che determina tutta la nostra vita. Per questo secondo me il momento di
reintrodurre la morale, di riintrodurre il giusto nella vita quotidiana, di reintrodurre la morale
nella politica.
Durante unintervista in India al giovane Agnelli, Giovanni Alberto Agnelli, le veniva
in mente una frase di Thomas Stearns Eliot: Dov la vita che abbiamo perso
vivendo, dov la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza, dov la
conoscenza che abbiamo perso con linformazione? E aggiunge: Ho limpressione
che pi informazione abbiamo e pi siamo ignoranti.
Questo vero per tutto, non solo per la conoscenza, vero per le comunicazioni: oggi un
continuo parlarsi, telefonini, e-mail, e in verit comunichiamo sempre di meno. Ci successo
qualcosa di perverso: ci stiamo come ingolfando di comunicazioni, di contatti, di cose che
sappiamo e in verit in questo grasso di tante cose moriamo. Ed l che io torno a dire: lunico
modo per reagire digiunare, prendere le distanze, ridurre. Internet un simbolo di tutto
questo: un grande vantaggio, un mare stupendo, ma pericolosissimo, un mare in cui si pu
andare a picco. Innanzitutto perch non c alcuna discriminazione: tutte le informazioni hanno
lo stesso valore, lo stesso livello. Qualsiasi pazzo che mette qualcosa di assolutamente assurdo
allo stesso livello di qualit apparente di qualcuno che ha speso la vita per arrivare a una
conclusione. Per cui ritorno al solito punto che mi pare la mia ossessione ormai: che bisogna
dominare la modernit e non esserne dominati. E questo vale per ogni aspetto: la saggezza, la
comunicazione. Il fondo di tutto che bisogna semplificare ci che complicato e arrivare a
quelle tre-quattro piccole cose che sono grandi perch che sono importanti.
Le quarte di copertina dei suoi libri portano di volta in volta le sue fotografie delle
varie epoche. Gradualmente si vede cambiare fino a questa aria quasi da santone
indiano. Cos cambiato e cos permanente in questo Terzani degli anni 70 e 80,
cos cambiato e cos permanente in questi volti?
Sa cosa si dice in India? Che il fiume in cui si mette in primo piede per fare il bagno non pi
lo stesso fiume in cui si mette il secondo, per cui io non sono pi quello l, sono cambiato
moltissimo. Se c un filo conduttore la mia curiosit di quel che c attorno, di quel che
succede. Ma io sono cambiato, sono cambiato tantissimo, n tengo, devo dire, a rimanere lo
stesso, mi piace questo cambiare: limpermanenza una condizione naturalissima dellessere
in tutte le sue forme e non vedo perch uno dovrebbe resistere. Non mi piacciono quelli che
rifiutano il divenire. Per esempio io adoro essere un vecchio, mi piace essere vecchio, non vedo
perch dovrei tingermi i baffi, i capelli, far finta di essere ancora quello di prima. E bello. E
bella questa impermanenza, questo mutare, perch una continua riscoperta. Per questo non
credo che mi far il face-lifting o mi tinger i capelli.