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CAPITOLO I

L’incontro e lo scambio
L’esperienza letteraria costituisce un incontro, uno scambio che non avviene attraverso l’atto di
comunicazione, ma che si realizza nel momento in cui il linguaggio si trasforma in intrecci di
vissuti durativi. L’oggetto di questo scambio non è soltanto l’autore che crea il testo ma
anche i lettori. Entrambi si impegnano in questa attività, alla quale si accompagna una certa
fatica.
“La lettura esige tempo, implica sforzo… si tratta di un lavoro…”, Spinazzola
Infatti, quando leggiamo eseguiamo delle operazioni cognitive:
➔ Elaboriamo ipotesi
➔ Organizziamo connessioni di fatti
➔ Memorizziamo gli eventi nel tempo
Facciamo questo lavoro perché ci aspettiamo come remunerazione una capacità più
energica e coltivata.

Fantasticheria
La fantasticheria può solo appagarci per qualche momento. Non possiamo comunicarla
perché ce ne vergogniamo. Osserva Freud:
“A differenza del bambino che gioca, l’adulto si vergogna delle sue fantasie e le
nasconde coltivandole come cose private e intime: in genere preferisce confessare le
proprie colpe piuttosto che comunicare le proprie fantasie.”
Inoltre, i prodotti dell’immaginazione sono inaffidabili, evanescenti. Se noi li
strutturiamo dedicando loro tempo e costanza, saremo inghiottiti e perderemo il contatto
con la realtà.

Atteggiamento estetico
● L’esteticità diffusa che ci circonda e attrae la nostra attenzione sugli oggetti del mondo
non può occupare il primo piano della nostra vita. Se stiamo guidando ci è preclusa
la possibilità di contemplare il riverbero del sole sull'asfalto o a porre a confronto i diversi
spessori dei rami degli alberi.
L’atteggiamento estetico, come l’immaginazione, ha dunque bisogno di cornici. Cornici
istituzionali o rituali, al cui interno siamo protetti e possiamo piangere, ridere,
assumere diverse identità, vivere cronotopi diversi da quello in cui ci troviamo.
Dentro la cornice, vi è il territorio dell’arte quale campo di esplorazione inesauribile,
dove i sensi si spalancano e i nessi si moltiplicano senza pericolo.

"Per questo abbiamo bisogno di un'istituzione, dove l'intensificazione delle nostre


risorse percettive sia circoscritta in uno spazio e in un tempo rituali. Qui la
concentrazione sull'oggetto… obbedisce a una norma socialmente riconosciuta e
approvata." Brioschi

La comunità letteraria essenziale


● In una comunità letteraria, c’è qualcuno che scrive e qualcuno che legge, qualcuno che
parla e qualcuno che ascolta in silenzio. Ciò mette in evidenza l’autorità dell’autore,
ma anche la necessità del riconoscimento da parte di chi ascolta e legge.
Esiste una relazione stretta, una collaborazione tra autore e lettore ed è una
collaborazione che costa fatica.

Interesse
● “Interesse, interessante: questi sono i termini chiave per indicare le reazioni del lettore di
fronte al testo.” Spinazzola
Osserviamo l’area semantica del termine interesse che rinvia al dominio dell’economia
per confermare il fatto che “per chi legge… il testo deve avere un valore di scambio
adeguato” in quanto il lettore si dedica alla lettura e si prefigge di trarne una
remunerazione adeguata.

Boris Tomasevskij ci spiega l’importanza dell’aspetto affettivo. Secondo lui, scegliere un


tema non basta. È necessario anche saper stimolare l’attenzione del lettore.
L’interesse è ciò che attira, l’attenzione ciò che avvince. Per questo motivo, le
opere drammatiche vengono classificate in comiche e tragiche in base ad una
caratteristica affettiva. Le emozioni sono il mezzo principale per mantenere viva
l’attenzione.

Prospettive di studio dell’esperienza letteraria


● Paolo Giovanetti:
“L’opera innesca una mente corporea incorporata (embodied mind): il nostro
corpo, a partire dalla sua azione percettiva, processa le parole del testo e,
riconoscendovi contenuti emotivi e intellettuali familiari, costruisce un mondo complesso,
il mondo di una storia finzionale.”
Cioè, leggendo un romanzo noi proiettiamo la nostra memoria fisica sui
personaggi e sugli spazi rappresentati.
Quando leggiamo, simuliamo quello che sta accadendo al personaggio. Attiviamo i
neuroni che ci permettono di vivere le stesse emozioni dei personaggi. Leggendo
un romanzo, proiettiamo la nostra mente al personaggio e al mondo che lo circonda.

Immaginazione
● È la spinta immaginativa che costituisce il motivo principale della decisione di leggere.
L’esperienza letteraria è dunque un incontro di immaginazioni: senza la mia
immaginazione, quella dell’autore si ridurrebbe ad una serie d’inchiostro; viceversa, la
mia immaginazione non può proseguire se non con la guida dell’immaginazione
dell’autore. Si tratta di un’attiva passività e di una passiva attività.

Il testo ci dà le istruzioni necessarie ma spetta a noi utilizzare la nostra conoscenza del


mondo per saper immaginare una storia, fondata sulla storia stessa.

Tonalità, valorizzazione, nessi associativi


● L’esperienza del mondo condivisa dall’io narrante e dall’io leggente comprende la
possibilità che le cose percepite si carichino di un sovrappiù di senso, scrive
Giovanni Piana.
La tonalizzazione emotiva fa riscattare il ricordo involontario (un tema che troviamo
anche in Proust in Le Récherche du temps passé). Questa tonalità emotiva può venire
da una lettura dei libri di generi diversi: libri gialli, horror o può venire da una memoria
lontana.

Le tonalizzazioni emotive colorano i dati percettivi e conferiscono loro una interna


vibrazione immaginativa. Si tratta di un processo di valorizzazione in cui la cosa
subisce una metamorfosi e assume una piega narrativa.
Cioè, le cose percepite possono caricarsi di numerosi sensi o significati. Per
esempio, la cantina, l’arrivo al mare durante un tramonto si caricano di diverse tonalità
emotive. La cantina può suscitare timore in noi mentre il tramonto al mare può suscitare
dei bei sentimenti. Può avvenire anche per un progetto futuro che permette di fare un
viaggio con l’immaginazione. Per esempio, una persona che va in montagna può avere il
desiderio di sistemarsi lì in futuro.
Quando noi leggiamo, il testo guida la nostra immaginazione, la quale lavora facendo
dei link, dei nessi associativi o figurativi. Noi non percepiamo solo le cose che ci
circondano ma cogliamo anche i loro significati. (Azzurro viene associato al freddo, il
suono del vento ci sembra un ululato, nel tuono sembra inscenarsi un’esplosione di
collera).
Inoltre, le figure retoriche non servono soltanto per abbellire, ma vengono dall’attività
figurale, legata all’immaginazione.

CAPITOLO V

Definizione personaggio: Il personaggio fa sì che la storia si avanzi e si costruisca. È


qualcuno che ha un ruolo, che agisce all’interno di una narrazione o di un’opera teatrale o
cinematografica e televisiva. Non è soltanto un essere umano ma può essere anche animali,
robot, oggetti.

Personaggio piatto: quando un personaggio ha pochi tratti di personalità distinguibili e


gli manca profondità emotiva, viene considerato piatto. I personaggi piatti mostrano
generalmente uno o più dei seguenti sintomi:
● Mancano di conflitto interiore
● Si omologano a uno stereotipo
● Non subiscono mai uno sviluppo del personaggio
● Mancano di personalità sfaccettata

Personaggio a tutto tondo: in diretto contrasto ad un personaggio piatto, uno a tutto tondo (o
“tridimensionale”) è realistico e subisce un efficace arco di trasformazione. Ha un conflitto
interiore, subisce un significativo sviluppo del personaggio, vive cambiamenti mentali o
emotivi e ha una personalità sfaccettata.
Nomi propri
I racconti e i romanzi possono iniziare con l’introduzione del protagonista, di un altro
personaggio, mediante il suo nome proprio. Il nome avvisa il lettore dell’esistenza di un
personaggio, ovvero di un individuo inteso nella sua singolarità e che nel seguito potrà essere
caratterizzato mediante l’attributo di proprietà. L’uso iniziale del nome proprio sarà vuoto poiché
non attribuisce proprietà.

Individui e altre entità


Il personaggio può essere introdotto anche mediante una descrizione definita: un sintagma
nominale composto da un’espressione che denota una o più proprietà.
Esempio: Il topo brigante è un poco di buono, il topo brigante è roba da forca. Spaventa,
deruba, è un gran malandrino

Le definizioni definite consentiranno di espandere l’universo del discorso introducendo


l’entità che esse denotano in virtù delle proprietà che le caratterizzano o delle relazioni
che queste nuove entità intrattengono con altre già apparse. Non si riferiscono soltanto al
protagonista ma anche per fare riferimento a entità di vario genere. (Esempio: nel Topo
Brigante, troviamo espressioni come il cavallo del Topo Brigante).

Un testo narrativo, in sintesi, dice innanzitutto che ci sono numeri di individui che hanno
certe proprietà e che stanno in certe relazioni gli uni con gli altri.

Un personaggio può essere introdotto anche con una combinazione di nome proprio e
descrizione definita, come il principe Andrej in Guerra e Pace di Tolstoj. Il nome proprio può
essere affiancato da una definizione o da un soprannome per fornire una prima definizione. In
seguito, attraverso il contenuto, il personaggio si costruisce.
Esempio: Rosso Malpelo: Malpelo è un soprannome che deriva da un’espressione
descrittiva e che quindi presenta il personaggio nella luce di quella descrizione

Un testo narrativo può essere definito come un testo sulla scorta del quale ci
rappresentiamo un insieme di personaggi e altre entità particolari, con certe proprietà e
in certe relazioni.

Caratterizzazione
Definizione: costruzione progressiva della fisionomia del personaggio.

Le proprietà attribuite ai personaggi e alle altre entità del mondo narrativo non consentono solo
di identificare gli uni e le altre e di stabilire quali relazioni intercorrono tra loro.
Il personaggio può essere caratterizzato attraverso la percezione di alti personaggi, oppure il
personaggio narratore può attribuirsi dei tratti psicologici e morali. La narrazione può fornire
anche tratti fisici, ideologici, psicologici e sociologici.
La caratterizzazione non è data da una volta per tutte, ma procede con il racconto (il testo
narrativo), anche in quanto i personaggi possono cambiare. La caratterizzazione serve anche
per capire l'appartenenza del testo ad un genere letterario o ad una data epoca.

Prospettive
Ci sono diverse prospettive attraverso le quali un personaggio viene presentato.
Esempi:
● Bartleby viene presentato dal narratore che è all’interno della storia, che è anche
un personaggio. Di conseguenza, è probabile che sia un narratore inaffidabile
perché tutto ciò che viene presentato è filtrato attraverso il punto di vista del
narratore (che potrebbe essere un punto di vista soggettiva).
● Akakij, invece, viene presentato da un narratore onnisciente che è all’esterno
della storia. A volte, l'assunzione del punto di vista del personaggio è radicale, di
conseguenza è difficile distinguere il narratore dal personaggio.

1. La caratterizzazione del personaggio può avvenire da parte del personaggio stesso, che
è anche il narratore del racconto.
2. La caratterizzazione di un personaggio da parte di un altro personaggio.

Caratterizzazione diretta e indiretta


La caratterizzazione diretta è il caso in cui lo scrittore fa commenti diretti sulla personalità del
personaggio mentre la caratterizzazione indiretta si riferisce a casi in cui lo scrittore rivela
informazioni su un personaggio attraverso le azioni, le parole e i pensieri dei personaggi e le
reazioni o le risposte, cioè quando l’elaborazione della loro fisionomia si compie
nell’interpretazione del testo da parte del lettore.
Infatti, mentre leggiamo di ciò che i personaggi fanno, dicono o pensano, procediamo
costantemente alla loro caratterizzazione indiretta. La caratterizzazione dei personaggi
dipende dal dettato del testo, ma il testo sarà necessariamente interpretato dal lettore.

Il lettore e la caratterizzazione
Il lettore tende ad applicare un principio di salienza, cioè i lettori tendono a sviluppare la
caratterizzazione in direzioni che sembrano rilevanti. Stabilire se i capelli di Lady Macbeth
siano in numero pari o dispari, per esempio, non sembra troppo rilevante per un’interpretazione
della storia.

I lettori sembrano applicare anche un principio di realtà, cioè il lettore assumerà che per i
personaggi e il mondo narrativo valga ciò che vale per le persone e il mondo reale. Il principio
della realtà fa valere un’istanza di verosimiglianza.
Esempio: i lettori odierni non credono ai fantasmi, ma lo stesso magari non valeva per gli
uomini dell’epoca di Shakespeare. Quando Macbeth vede il fantasma di Banquo, i lettori invece
di limitarsi a pensare che i fantasmi non esistono, potranno applicare un principio di mutua
credenza e considerare le credenze dell’epoca di Shakespeare.
L’istanza di verosimiglianza del principio della realtà è modulata secondo un’istanza di
storicizzazione.
Secondo Walton, spesso il lettore integrerà le informazioni esplicite secondo la propria
conoscenza del genere a cui l’opera sembra appartenere, dei codici e delle tradizioni letterarie.
Alcuni generi narrativi, come la fantascienza e il fantasy, esulano ampiamente dai limiti del
verosimile.

Interpretazione
L’interpretazione non inizia mai da una tabula rasa perché abbiamo già una piccola
conoscenza di quello che può essere presente nella storia e poi, leggendo, ci facciamo
un’idea di come sono i personaggi, e sono i cosiddetti pregiudizi.
L’interpretazione è una forma della comprensione o un suo sviluppo, e la comprensione
inizia da una precomprensione che precede l’inizio della lettura. Leggiamo cioè sulla base di
una conoscenza pregressa del genere al quale pensiamo che l’opera appartenga, di un’idea del
suo tema, che avremo maturato tramite altre opere, la cultura o la nostra esperienza di vita.

Identità e relazioni
La caratterizzazione dei personaggi può essere mediata da soggetti diversi in momenti diversi.
Questa molteplicità di mediazione o prospettive suggerisce che la fisionomia dei
personaggi, o la loro identità, si definisca in una dimensione relazione e che essa sia
molteplice anche per la molteplicità delle relazioni in cui ogni personaggio, si trova impegnato.

Dialogismo
Le parole servono anche per caratterizzare un personaggio. Il personaggio si definisce
dialogicamente quando la sua coscienza è onnicomprensiva ma è anche circondata dalle
diverse coscienze degli altri personaggi.

Personaggi come agenti


La caratterizzazione procede anche nel racconto dell’azione: i verbi che denotano l’azione sono
predicati come gli aggettivi e i nomi con i quali attribuiamo una psicologia, un aspetto,
un’ideologia, e possono concorrere alla sua definizione tanto quanto i nomi e gli aggettivi
possono informarci sull’azione. Il carattere si conoscerà dalle azioni compiute dal
personaggio, nelle quali esso si manifesta.
Già Aristotele aveva correlato il carattere e le azioni dei personaggi. Nella Poetica, egli
ripropone per i personaggi questa stessa concezione del rapporto tra carattere e azione e
chiede che la rappresentazione dei personaggi sia improntata a verosimiglianza e
necessità.

Mimesi
Nelle riflessioni di Aristotele e di Bachtin, il personaggio ci è apparso come analogo, o mimesi,
della persona e come individuo non solo agente ma anche dotato di un carattere o di
un’identità. Il personaggio unisce alla sua componente mimetica una componente sintetica e
una tematica: non è solo mimesi di chi abita il mondo reale, ma anche artefatto testuale che
deve essere compreso in relazione a codici e tradizioni.

CAPITOLO VI
Tra lettore reale e lettore ideale
Intendiamo per studio della ricezione quella parte che indaga i modi di interazione tra
testo e lettore e gli effetti che i testi letterari esercitano sui lettori. L’interazione tra testo e
lettore va intesa da due punti di vista:
1. Il modo in cui i lettori reali interagiscono con i testi letterari in una prospettiva
storica e sociologica, esaminando le varie tendenze editoriali e la storia della lettura e
della ricezione di un’opera.
2. L’atto estetico della lettura, cioè l’atto che interessa testo e lettore nel processo
dell’interpretazione dell’opera letteraria. Il lettore analizzato in questa seconda
interazione è un lettore non individuale, bensì ideale o astratto.

La teoria della ricezione di Jauss


Questa teoria fu sviluppata all’interno del gruppo noto come Scuola di Costanza alla fine degli
anni Sessanta da Hans Robert Jauss, il quale pose l’accento sulla necessità di riformulare
l’approccio agli studi letterari prendendo in considerazione l’effetto sul lettore.

Essenziale alla teoria di Jauss è la nozione di orizzonte d’attesa, che indica le aspettative
del lettore rispetto al testo prima della lettura:
“L’opera appena pubblicata non si presenta come una novità in uno spazio vuoto, bensì
essa risveglia ricordi di cose già lette e già dall’inizio alimenta attese per ciò che segue e la sua
conclusione, suggerisce al lettore un preciso atteggiamento emozionale e fornisce un orizzonte
generale per la sua comprensione”

La ricezione del testo è pertanto influenzata da vari fattori, incluse le aspettative del lettore e
l’epoca storica e la collocazione geografica in cui avviene la ricezione del testo. La
risposta del singolo lettore al testo è data dalla convergenza dell’orizzonte delle attese del
lettore stesso e dalle conferme di queste attese. Secondo lui, gli orizzonti di attesa non
stabiliscono il significato finale di un’opera e, di conseguenza, nessuna opera può
considerarsi universale, nel senso che esercita lo stesso effetto o impatto sui lettori. Ogni
singola interpretazione di un’opera deriva da un continuo dialogo tra passato e presente che
dà luogo a una fusione di orizzonti.

La sociologia della letteratura


Molti studiosi in tutto il mondo hanno cominciato a interessarsi al nesso tra letteratura e società.

Vittorio Spinazzola invitava a considerare l’opera letteraria come completa solo nel suo
socializzarsi e cioè solo quando essa si trasforma da fatto privato a fenomeno pubblico,
interagendo così con i vari gusti presenti in una società diversificata. In questo senso,
Spinazzola portava l’attenzione sui rapporti che coinvolgono autori e pubblici in quando
invitava a considerare il successo di un’opera in base a lettori con diversi livelli di competenza.

Lettura come interpretazione


Numerosi sono gli studi dell’interazione tra testo e lettore come atto estetico:
➔ Partendo dalle teorie del testo letterario come macchina retorica che fornisce al lettore
precise istruzioni di fruizione si e poi passati agli approcci ermeneutici di Hans-Georg
Gadamer e E.D Hirsch alla teoria della risposta estetica di Wolfgang Iser e del
Lettore Modello di Umberto Eco.
Buona parte della teoria letteraria del secondo Novecento si è concentrata sul problema
dell’interpretazione del testo letterario.

L’interazione testo lettore


Esistono molte teorie secondo le quali nell’interpretazione da parte del lettore di un testo,
quest’ultimo sia incompleto, perciò necessitante di un lettore per attivarlo, ma anche
contenente tutte le indicazioni che il lettore deve seguire per poter svolgere questo ruolo.
Questi approcci si sono concentrati su come tecniche e strategie retoriche contenute nel testo
strutturino tanto il testo quanto il suo effetto sul lettore ma, tendono a minimizzare il ruolo
di cooperazione che il lettore detiene nel processo di interpretare il testo.

1. Sul versante dell'ermeneutica troviamo la teoria di Hirsch, convinto che vi sia una sola
valida interpretazione di un’opera e che stia al lettore conoscerla passivamente.

2. Diversi studi hanno invece posto l’attenzione all’esterno del testo letterario. Per questi
approcci il testo è sempre il punto di partenza del processo di interpretazione ma
essi tendono a considerare il testo come una struttura aperta e il lettore in quanto
figura sociale, guidata da fattori sociali come la condizione di esistenza stessa
dell’opera.

3. Ci sono poi gli approcci che considerano il processo di interpretazione come prettamente
individuale e soggettivo. Secondo tali prospettive, il processo di lettura conduce a una
varietà di interpretazioni. Si tratta, per esempio, delle teorie di Norman Hollande e
David Bleich, per il quale non vi è alcuna interazione, o dialogo, tra testo e lettore
dal momento che l’opera scaturisce da una sintesi tutta personale operata dal lettore
soltanto. Troviamo anche la posizione di Stanley Fish, per il quale il processo di
lettura non produce il significato dell’opera, bensì coincide con esso. Per Fish, il
lettore non è un soggetto individuale ma un membro della comunità interpretativa,
guidata nell’interpretazione da una serie di strategie interpretative condivise.

4. Ci sono poi gli studiosi che vedono il processo della lettura come un labirinto, come
un atto che non arriva mai a una soluzione definitiva ed efficace, ma che bensì
prende la forma di un flusso di significati che conducono a una mislettura
(misreading) piuttosto che a una interpretazione effettiva del testo.

5. Ci sono, inoltre, le ricerche che si occupano di studiare come per il lettore il processo
della lettura comporti anche un coinvolgimento fisico ed esperienziale oltre che
estetico e cognitivo.

L’oggetto letterario
L’estetica della ricezione considera l’atto della lettura come incontro di due soggetti a
distanza, con la mediazione, da un lato, dello scritto dell’autore, e dall’altro,
dell’esperienza del lettore. A consentire al lettore di interagire con il testo è la struttura del
testo letterario. Secondo tale approccio, l’oggetto letterario può essere definito in
contrapposizione agli oggetti reali e agli altri oggetti di rappresentazione in virtù della
nozione di indeterminatezza letteraria, che il filosofo polacco Roman Ingarden ha sviluppato a
partire dal concetto di intenzionalità di Edmund Husserl.

Ingarden distingue gli oggetti letterari (cioè opere ma non semplicemente i testi) dagli oggetti
reali e dagli oggetti ideali. Mentre i primi possono essere pienamente compresi e i secondi
possono essere pienamente costituiti dalla nostra comprensione, un oggetto letterario è
intenzionale e cioè può essere afferrato soltanto come struttura schematica. Le oggettività
così raffigurate derivano dalle proposizioni contenute nel testo che offrono una linea di guida al
lettore ma sono anche piene di punti di indeterminatezza.

I punti di indeterminatezza
Possono essere più o meno numerosi ma non possono mai essere rimossi completamente.
L’indeterminatezza può essere descritta come lo spazio lasciato al lettore per partecipare
alla comunicazione con il testo, la quale tende a una determinatezza che non può tuttavia
mai essere completamente raggiunta. La determinatezza appare solamente come controparte
dell’indeterminatezza, come l’obiettivo a cui sia il testo che il lettore tendono.

In quanto dispositivo che permette l’interazione tra testo e lettore, l’indeterminatezza è


necessariamente presente in ogni testo letterario. Tuttavia, affinché tale interazione si attui
effettivamente, è necessario che il testo eserciti un certo controllo sul lettore, e ciò avviene
attraverso una serie di strategie testuali contenute nel testo. Per Iser, le strategie che
guidano il lettore nell’atto della lettura possono essere di varia natura e il loro compito è quello
di offrire al lettore una cornice all’interno della quale costruire l’oggetto estetico
utilizzando la propria immaginazione, di agevolare il lettore nel portare a termine il
proprio compito all’interno dell’opera letteraria.

Lettore implicito di Iser


La nozione di lettore implicito è modellata su quella dell’autore implicito coniata da Wayne
Booth. Quando si parla di lettore implicito ci si riferisce a una struttura interna al testo
letterario che anticipa la presenza del ricevente senza necessariamente definirlo e che
include tutte le predisposizioni necessarie all’opera letteraria per esercitare i suoi effetti.
Il lettore implicito è dunque un elemento del testo, un’entità deducibile dal testo, un meccanismo
di produzione di significato, e una serie di operazioni mentali coinvolte nella produzione di
senso che opera selezionando e organizzando le informazioni contenute nel testo, mettendo in
relazione la conoscenza passata e presente del lettore.

È possibile immaginare anche il testo come un’entità che comunica con il lettore attraverso
una serie di impulsi, che ricevuti dal lettore, devono essere rielaborati da questo stesso,
in un continuo feedback di informazioni.
Il repertorio
Il repertorio del lettore, tutto ciò con cui il lettore contribuisce alla costruzione del testo,
include le conoscenze socioculturali e letterarie del lettore, nonché le sue esperienze. Si tratta
di tutto ciò che nel testo è familiare per il lettore come, per esempio, riferimenti a opere
letterarie precedenti, norme sociali o storiche o in generale la cultura da cui il testo è
emerso.

Il testo come macchina pigra


Come per Iser, anche per Eco il lettore non è passivo ma coopera attivamente alla
costruzione del senso del testo. Il ruolo del lettore, per Eco, è essenziale e partecipativo:
“Il testo è una macchina pigra che esige dal lettore un fiero lavoro cooperativo per
riempire spazi di non-detto o di già-detto rimasti per così dire in bianco”
Questa cooperazione non avviene in modo casuale, bensì è il testo a postulare il destinatario
come condizione della sua capacità narrativa. In modo simile, anche il Lettore Modello è
creato dal testo stesso e deve essere considerato come una strategia testuale. Il Lettore
Modello di Eco presenta una serie di competenze che lo rendono capace di cooperare
all’attualizzazione testuale come l’autore pensava.

L’attualizzazione dell’interpretazione
Secondo Eco, un testo è il risultato di due componenti:
1. Le informazioni fornite dall’autore nel testo
2. Le informazioni aggiunte dal lettore e che sono più o meno determinate dall’input
dell’autore

Varie interpretazioni sono possibili e in questo senso il testo letterario è di per sé polivoco e
aperto. Il fatto che il numero di interpretazioni di un testo sia potenzialmente illimitato non
significa però che tutte le interpretazioni vadano a buon fine. È ciò che accade quando il
lettore inferisce dal testo qualcosa che l’autore non potrebbe mai aver voluto significare
(sovrainterpretazione) oppure quando il lettore porta in superficie significati di cui l’autore
era consapevole.

La lettura incarnata
Esiste una prospettiva secondo la quale il lettore è un’entità incarnata (embodied) che
durante la lettura prova sensazioni ed emozioni e interagisce con il testo al di là della
mera costruzione di significato. Tale prospettiva tiene in considerazione anche il ruolo della
materialità del testo. È ciò che Karin Littau in Theories of Reading ha posto l’attenzione
sull’evoluzione del medium letterario nella modernità e nella contemporaneità e su come
questa evoluzione influenzi fisiologicamente e affettivamente la partecipazione del lettore
e l’impatto dell’atto della lettura su di esso.

Un altro aspetto da tenere presente è che la teoria letteraria ha sempre considerato la


lettura come un atto puramente intellettuale di analisi del testo e di produzione di
significato distaccato dalle passioni quando invece la storia della lettura fornisce prove del
fatto che i lettori leggono in modo per lo più irrazionale, talvolta eccessivo o ossessivo.
Littau invita perciò a prendere in considerazione l’interazione tra testo e lettore come una
relazione tra due corpi, uno fatto di carta e inchiostro e l’altro di carne e ossa e
l’evoluzione di questo rapporto con il variare delle tecnologie e dei media.

Leggere come allenamento alla vita


Jonathan Gottschall ha tentato di offrire una teoria unitaria della produzione e fruizione di
storie, definendo l’essere umano come uno storytelling animal. Lui riflette su come il nostro
ricorso continuo alle storie sia dovuto al fatto che assolvono per noi diverse funzioni. In
particolare, le storie ci aiutano a comprendere e a prepararci ad affrontare le difficoltà
quotidiane della vita e anche a garantire la nostra sopravvivenza.

Leggere per dare senso all’essere al mondo


Frank Kermode afferma che gli essere umani si trovano continuamente a combattere
l’idea che la propria vita rappresenta soltanto un infinitesimo della storia complessiva del
mondo. Per fornire un senso di coerenza alla nostra vita ci ritroviamo a imporre su di essa una
struttura narrativa, composta di un inizio, di una parte centrale e di una fine, ed è per lo stesso
motivo che traiamo piacere dal leggere e ci avvaliamo delle storie prodotte da altri.

Leggere come riconoscimento


Rita Felski ritiene la lettura una transizione bidirezionale che passa attraverso tanto i testi
quanto i filtri interpretativi dei lettori. Per Felski, il primo motivo per cui leggiamo è perché
leggere offre un processo di riconoscimento. L’atto della lettura è infatti assimilabile
all’incontro con un altro, dal contatto con il quale non possiamo fare a meno di trovare tracce di
noi stessi nel testo, di riconoscersi e di scoprire qualcosa di nuovo in noi stessi. Per Felski, il
luogo privilegiato di questo atto di riconoscimento sono in particolare i personaggi dei testi
letterari.

Lettura come incanto


Il secondo modo in cui il lettore è coinvolto nell’atto della lettura è l’incanto, cioè uno stato di
immersione in cui la lingua e le tracce di inchiostro del libro sembrano sparire, mentre il lettore è
completamente assorbito dal testo e viene come trasportato in una realtà separata.

Lettura come conoscenza


La lettura offre poi anche un metodo di conoscenza del mondo. Infatti, può espandere,
ampliare, o riordinare la nostra percezione delle cose e permette di ottenere un senso più
profondo delle esperienze quotidiane e di dare forma alla vita sociale. Per Felski, la lettura ci
permette di ampliare la nostra conoscenza delle persone e delle cose, dei costumi e dei
modi di essere, dei significati simbolici e delle stratificazioni sociali.

Infine, il quarto modo di coinvolgimento è lo shock. Per shock, Felski intende il potere della
letteratura di turbare il lettore.

Lettura come simulazione di teoria della mente


Lisa zunshine applica alla teoria della lettura il concetto psicologico di teoria della mente, cioè
la capacità umana di attribuire stati mentali a sé stessi o agli altri. Per teoria della mente si
intende una serie di funzioni cognitive che ci consentono di navigare il nostro mondo
sociale e al tempo stesso di fornire ad esso una struttura.

Leggiamo le opere letterarie di finzione perché ci consentono di esercitare la nostra teoria


della mente. Questo avviene quando nel leggere testi letterari ci imbattiamo nei personaggi di
finzione. La nostra prima reazione di fronte ai personaggi è quella di trattarli
automaticamente come se avessimo a che fare con altre menti reali.

Inoltre, Zunshine suggerisce che uno dei principali motivi per i quali siamo attratti dalla lettura è
che ci offre l’opportunità gratificante di fare pratica con quelle che chiama
metrappresentazioni della realtà, poiché attraverso la lettura assistiamo alla simulazione di
vari livelli di intenzionalità messi in scena dai personaggi nei contesti delle storie di cui sono
protagonisti. Alla domanda perché leggiamo, Zunshine propone la semplice risposta: perché ci
piace comprendere le altre persone, inclusi personaggi di finzione.

Menti finzionali
Anche per Alan Palmer il motivo principale per cui leggiamo opere letterarie risiede nel fatto
che esse ci consentono di interagire con quelle che chiama menti finzionali. Infatti, per lui,
la caratteristica principale delle opere letterarie è quella di creare nei lettori l’illusione di
essere testimoni della mente e della coscienza di un personaggio. Inoltre, per lui, il modo in
cui interpretiamo le menti finzionali nella lettura non è sostanzialmente diverso dal modo in cui
interpretiamo la mente e le intenzioni delle persone reali.

I pensieri di un altro
George Poulet,
“Quando leggo, mi accade che i pensieri che fanno parte del libro che sto leggendo, che
sono le cogitazioni di un altro, diventino oggetto del mio proprio pensiero. Sono i pensieri di un
altro, eppure sono io il loro soggetto.”

Marco Caracciolo: Mentre leggiamo, non soltanto attribuiamo una coscienza ai personaggi di
finzione, ma la impersoniamo. È per questo che durante la lettura facciamo spesso
l’esperienza di una conoscenza profonda con i personaggi. Ciò avviene perché sebbene
possiamo immedesimarci nell’esperienza di un’altra persona anche nella vita reale, ciò non
accade spesso quanto nella lettura dei testi dal momento che questa speciale interazione con i
personaggi sembra caratterizzare l’esperienza della lettura.

AFFINITÀ TRA FANTOZZI E I TESTI


1. La scrivania piena di documenti e carte, situata sotto una scala. Fantozzi ha un lavoro
molto ripetitivo che porta all'alienazione e ha relazioni comiche con i colleghi che, come
lui, non amano il loro lavoro.
2. Episodio di ribellione: biliardo - Belluca che si ribella contro il capo ufficio. (Grande
riaffermazione della sua identità).
3. Epifania sull'umanità: figlia che viene presa in giro. Scena di cattiveria feroce.
4. Unione di comico-patetico (tranne in Pirandello dove prevale il patetico, il pathos in
quanto Belluca non ha nessun elemento comico).
5. Nel film, esiste una voce narrante e un punto di vista esterno (il capo è visto attraverso
una prospettiva esterna).
6. La distinzione sociale è uno dei temi principali. Quando va a Courmayeur, si vede il
posto dove dorme rispetto agli altri. Inoltre, è anche servile al capo. Attraverso questo, fa
una denuncia sociale e una denuncia della situazione lavorativa degli impiegati. Come in
Kafka, è presente una gerarchia sociale.
7. Un finale pessimista.
È un film che ha una sua fortezza estetica.

KAFKA
Felice Bauer, Milena Jesenska, Dora Diamant

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