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Storie che aiutano a crescere

Sotto nome diverso


la favola di te parla.
Orazio

Le storie raccontate nelle fiabe e nelle favole si riferiscono a problematiche universali. Aldilà della
finalità di intrattenimento di piccoli e non, chi fruisce del loro intrinseco messaggio può
comprendere di possedere in sé gli strumenti utili per affrontare il complesso e meraviglioso viaggio
della vita. È forse per questo che pedagogisti, psicologi, autori e studiosi di ogni dove si sono
dedicati all’analisi della storia, della struttura, dei significati e delle plurime valenze educative di
queste forme di narrazione.

Il bisogno di narrazione
“Le fiabe aiutano a ricordare, a rivivere, a esplorare il mondo, a classificare persone, destini,
avvenimenti. Aiutano a costruire le strutture dell'immaginazione, che sono le stesse del pensiero. A
stabilire il confine tra le cose vere e le cose inventate. Insomma, se le fiabe non esistessero,
bisognerebbe inventarle” (Rodari G., “Grammatica della fantasia”). Parole di Gianni Rodari (1920
– 1980), scrittore e pedagogista italiano conosciuto in tutto il mondo, che proprio dalle fiabe ha
tratto ispirazione per le sue elaborazioni didattico - educative rivolte all’ infanzia, nell’ottica della
promozione e della tutela dello sviluppo armonioso del bambino.
In effetti, sarebbe difficile immaginare un’esistenza priva di fiabe. Il C'era una volta riecheggia un
po’ per tutti tra i ricordi d'infanzia; poche, magiche, parole pronunciate da un genitore, da un nonno
o magari dalla maestra. E un po’ tutti, a nostra volta, le abbiamo pronunciate nell'intento di
tramandare la stessa storia. Quella che ogni volta ci faceva stupire - spaventare, anche - come se
non l'avessimo mai sentita prima, e al tempo stesso ci confortava, regalandoci la garanzia che il
finale anelato sarebbe giunto sicuramente.
C’è una ricerca costante di narrazione nei bambini, fin dalla più tenera età. Si può dire che siano
“affamati” di storie: non di rado chiedono di ascoltare ripetutamente la stessa, anche se la
conoscono a memoria (e se il narratore prova a modificare un termine, lo correggono all'istante!).
Qual è il motivo di questo preponderante bisogno?
Una delle funzioni principali del pensiero narrativo - abilità cognitiva attraverso cui le persone
strutturano la propria esistenza e le danno significato, che inizia a delinearsi già a partire dai due
anni di vita - è la possibilità di creare la propria storia personale; significa dare un ordine agli eventi

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e alle azioni che riguardano l'individuo. Questo ordine crea stabilità e permette di riconoscersi
sempre come lo stesso individuo nonostante cambino gli scenari. Bruno Bettelheim (1903 – 1990),
uno dei più importanti tra gli studiosi che delle fiabe hanno fatto motivo di approfondite ricerche,
nel saggio Il mondo incantato offre la sua visione sul significato psicologico delle fiabe e sull’aiuto
pedagogico che offrono nel delicato periodo della crescita: “La necessità più forte e l’impresa più
difficile per noi consistono nel trovare un significato alla nostra vita … ad ogni età noi cerchiamo,
e dobbiamo essere in grado di trovare una pur modica quantità di significato … La fiaba, mentre
intrattiene il bambino, gli permette di conoscersi, e favorisce lo sviluppo della sua personalità.”
(Bettelheim B., “Il mondo incantato”). Le fiabe, infatti, parlando il linguaggio della fantasia, che è
lo stesso del bambino, ed essendo al di fuori del tempo e dello spazio, evocano situazioni che
consentono al piccolo, identificandosi con i personaggi e partecipando emotivamente alla storia, di
affrontare ed elaborare le reali difficoltà della propria esistenza.

“Raccontami una storia”


Attraverso la lettura e la narrazione delle fiabe e delle favole i bambini accumulano un capitale di
voci, espressioni, modi di pensare e comportamenti. Poi, a poco a poco, si staccheranno dai consueti
racconti e cominceranno a inventarne di personali, superando in un certo qual modo l’angoscia di
diventare grandi: così come l’eroe riesce a trovare la felicità dopo aver vinto le battaglie che si
presentano, anche il bambino capisce che se affronta e supera le sfide della vita potrà giungere alla
propria realizzazione.
In effetti, leggere e raccontare le fiabe ai bambini rappresenta una buona abitudine; il suo utilizzo,
però, va ben oltre una consuetudine tramandata nel tempo. Possiamo affermare che la narrazione
della fiaba sia fondamentale per la crescita del bambino in quanto migliora le sue abilità non solo
cognitive, ma anche emotive e relazionali. Grazie a questa pratica il bambino apprende vocaboli,
tempi verbali e modalità narrative via via sempre più complessi; inoltre la narrazione permette
l'interazione con l'adulto e alimenta la relazione rendendo prezioso il tempo condiviso. Come
sottolinea Rodari: “La fiaba è per il bambino uno strumento ideale per trattenere con sé l’adulto …
Mentre il fiume tranquillo della fiaba scorre tra i due, il bambino può finalmente osservare il suo
viso in tutti i particolari, studiarne gli occhi, la bocca, la pelle … Per ascoltare, ascolta; ma si
permette volentieri di distrarsi dall’ascolto – per esempio se conosce già la fiaba (e per questo,
forse, lui stesso ne ha chiesto maliziosamente la ripetizione) - e quindi deve soltanto controllare che
essa si svolga regolarmente. Intanto la sua occupazione principale può essere quello studio
dell’adulto, che raramente può compiere a lungo quanto vorrebbe” (Rodari G., “Grammatica della
fantasia”).
La fiaba costituisce un solido punto di appoggio per le figure che intervengono nella formazione del
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bambino: “Oggi, come in passato, il compito più importante e anche il più difficile che si pone a
chi alleva un bambino è quello di aiutarlo a trovare un significato alla vita. Per arrivare a questo
sono necessarie molte esperienze di crescita … Quando i bambini sono piccoli, è la letteratura che
trasmette nel miglior modo questa mole d’informazioni” (Bettelheim B., “Il mondo incantato”).
Molte storie possono riuscire a catturare l’attenzione del bambino divertendolo e incuriosendolo.
Ma per poter arricchire la sua vita, fortificandone la capacità immaginativa e aiutandolo a
decodificare le sue emozioni, la storia deve possedere una struttura semplice, presentare una
polarità del carattere dei personaggi, esprimere in maniera concisa il dilemma iniziale. Tutte
caratteristiche possedute dalla fiaba popolare, grazie alla quale il bambino può compiere da solo,
senza particolari filtri e spiegazioni, l’identificazione con le figure positive.

Storia delle storie


È probabilmente a causa di tutte le caratteristiche finora illustrate che nessun genere letterario ha
affascinato gli esseri umani come la fiaba. Gli studiosi di folklore e i critici letterari da sempre
tentano di spiegare le ragioni del suo inesauribile propagarsi, fino a diventare parte essenziale delle
culture di tutto il mondo, concordando sulla sua derivazione dalle tradizioni orali e sul fatto che essa
vide la luce a partire da un universo di micro-storie diffuse migliaia di anni fa in tutto il mondo.
Favola e fiaba: una sola etimologia (dal latino “fari”; dire, raccontare) per due termini che indicano
due generi letterari con molti punti di contatto tra loro, ma intrinsecamente diversi. Entrambe
sollecitano la capacità di visualizzazione immaginativa, nella quale l'immagine precede l'idea.
Differiscono invece per gli elementi costitutivi: i personaggi della fiaba sono generalmente umani,
affiancati da elementi magici e fantastici. Nata da una tradizione orale popolare la cui origine si
perde nella notte dei tempi, la fiaba, pur senza un dichiarato intento pedagogico, mostra la
possibilità per tutti di vivere felici e contenti, di possedere la forza necessaria al superamento delle
difficoltà della vita. I personaggi della favola sono realistici e non umani, ma animali. L'intento
pedagogico è dichiarato in maniera evidente: la favola contiene sempre una morale ben
individuabile fin dall'inizio, spesso esplicitata nel finale. La favola, dunque, è un breve racconto
allegorico dove ogni personaggio è immagine dei vizi e delle virtù degli esseri umani.
In entrambi i casi la narrazione è ricca di senso, concatenazioni logiche, concretezza e forza
comunicativa.
“Io credo questo: le fiabe sono vere; sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre
varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e
serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini … dalla
nascita … al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi
come essere umano. E in questo sommario disegno, tutto” ”(Calvino I., “Fiabe Italiane”). Nel 1956
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Italo Calvino, uno dei narratori italiani più influenti del secondo Novecento, si cimenta
nell’imponente raccolta di narrazioni dalla tradizione popolare (da metà 800 in avanti) e le trascrive
in lingua dai vari dialetti. In esse ricorrono i motivi delle corrispondenti versioni d’oltralpe (raccolte
dai Fratelli Grimm circa un secolo prima), a testimonianza dell’ universalità e trasversalità della
fiaba popolare: “Le fiabe sono di natura migratoria: viaggiano nel tempo e nello spazio, attraverso
secoli e continenti”(Calvino I., “Fiabe Italiane”).

La “Morfologia della Fiaba” di Vladimir Jakovlevic Propp (1895-1970), linguista e antropologo


russo, pubblicata nel 1928 a Leningrado, costituisce l'opera più importante dedicata alla struttura del
racconto fiabesco. Le fiabe popolari, soprattutto quelle ricche di elementi magici, sono, secondo
Propp, il ricordo degli antichi riti d'iniziazione, durante i quali veniva celebrato in modo solenne il
passaggio dei ragazzi dall'infanzia all'età adulta. Essi venivano sottoposti a numerose prove con le
quali dovevano dimostrare di saper cavarsela da soli di fronte alle avversità dell'ambiente e di essere
pertanto pronti ad entrare a pieno titolo nella comunità degli adulti. Col passare del tempo i riti
d'iniziazione sono andati perduti, ma hanno dato vita a narrazioni orali da cui poi sono derivati i
miti e le fiabe.
Secondo Propp, è possibile un'analisi delle forme della fiaba "con la medesima precisione con la
quale viene elaborata la morfologia delle formazioni organiche” (Propp V., “Morfologia della
fiaba”) . Lo Schema di Propp formalizza la struttura della fiaba cercando di illustrare degli elementi
fissi. Egli individua 7 personaggi caratteristici:

• Eroe: protagonista che, dopo aver compiuto un'impresa, trionferà.

• Antagonista: l'oppositore dell'eroe, il cattivo.

• Falso eroe: antieroe che si sostituisce all'eroe con l'inganno.

• Mandante: chi invita l'eroe a partire per la sua missione.

• Mentore: la guida dell'eroe, che gli dà un dono magico.

• Aiutante: chi aiuta l'eroe a portare a termine la missione.

• Principessa: premio amoroso finale per l'eroe e il Sovrano.

Inoltre, Propp indica lo schema generale della narrazione fiabesca:

- Equilibrio iniziale (esordio)

- Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione)

- Peripezie dell'eroe

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- Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione)

Lo studioso ha individuato le costanti presenti nelle diverse narrazioni organizzandole in trentuno


“funzioni”, situazioni tipiche che si susseguono secondo un ordine sempre contraddistinto dalla
rottura di un equilibrio iniziale che viene ristabilito attraverso una serie di peripezie affrontate
dall'eroe. Non tutte le funzioni debbono essere presenti, ma tutte le fiabe si possono strutturare con
una sequenza di queste funzioni. Infatti, l’ordine di successione delle funzioni è sempre lo stesso,
anche se alcune possono mancare. Ad ogni personaggio compete un insieme di funzioni, che ne
determina la sfera d’azione.

Ecco, sinteticamente, le funzioni individuate da Propp.

1 ALLONTANAMENTO Un personaggio della fiaba si allontana da casa per un particolare motivo.


2 DIVIETO All’eroe viene proibito di fare qualcosa, gli viene imposto un divieto.
3 INFRAZIONE DEL DIVIETO L’eroe non rispetta la proibizione, trasgredisce il divieto che gli
era stato imposto.
4 INVESTIGAZIONE L’antagonista cerca elementi utili per combattere l’eroe.
5 DELAZIONE L’antagonista riceve da qualcuno informazioni che gli servono per danneggiare
l’eroe.
6 TRANELLO L’antagonista cerca di ingannare la vittima per impossessarsi dei suoi beni o egli
stesso
7 CONNIVENZA La vittima si lascia convincere e cade nel tranello
8 DANNEGGIAMENTO L’antagonista riesce ad arrecare danno ad un familiare dell’eroe o ad un
suo amico.
9 MALEDIZIONE L’eroe viene incaricato di rimediare al danneggiamento o alla mancanza.
10 CONSENSO DELL’EROE L’eroe accetta l’incarico.
11 PARTENZA DELL’EROE L’eroe parte per compiere la sua missione.
12 EROE MESSO ALLA PROVA Deve superare prove e incarichi in cambio della promessa di un
dono che lo aiuterà nell’impresa.
13 SUPERAMENTO PROVE L’eroe affronta le prove e le supera.
14 FORNITURA DEL MEZZO MAGICO L’eroe si impadronisce del mezzo magico.
15 TRASFERIMENTO DELL’EROE L’eroe giunge o viene condotto nel luogo in cui dovrà
compiere l’impresa.
16 LOTTA TRA EROE E ANTAGONISTA L’eroe si batte contro il suo antagonista.
17 EROE MARCHIATO All’eroe è posto un segno particolare, cioè un marchio.
18 VITTORIA SULL’ANTAGONISTA L’antagonista è vinto.
19 RIMOZIONE DEL DANNO L’eroe raggiunge lo scopo per cui si era messo in viaggio.
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20 RITORNO DELL’EROE L’eroe torna nel luogo in cui era partito.
21 PERSECUZIONE DELL’EROE L’eroe viene perseguitato o inseguito.
22 L’EROE SI SALVA Sopravvive alla persecuzione o all’inseguimento.
23 L’EROE ARRIVA IN INCOGNITO A CASA L’eroe arriva a casa senza farsi riconoscere.
24 PRETESE DEL FALSO EROE Un antagonista (falso eroe) cerca di prendere il posto dell’eroe.
25 ALL’EROE È IMPOSTO UN COMPITO DIFFICILE All’eroe è imposta un’ ulteriore prova di
bravura.
26 ESECUZIONE DEL COMPITO La prova viene superata
27 RICONOSCIMENTO DELL’EROE L’eroe viene finalmente riconosciut
28 SMASCHERAMENTO DEL FALSO EROE Gli impostori vengono smascherati.
29 TRASFORMAZIONE DELL'EROE Si trasforma, assume un nuovo aspetto.
30 PUNIZIONE DELL’ANTAGONISTA L’antagonista riceve il giusto castigo.
31 LIETO FINE

Creare per crescere


Sul potenziale formativo della fiaba come strumento per lo sviluppo delle potenzialità creative ed
immaginative del fanciullo si espresse, tra gli altri, il celebre autore de “Il Signore degli Anelli”,
considerato padre della letteratura fantasy anglosassone: secondo J.R.R.Tolkien (1892 – 1973) la
fiaba offre, in misura e con modalità peculiari, oltre all'arte, al ristoro, all'evasione, alla
consolazione, anche la fantasia. Nel suo saggio "Sulle Fiabe" (1939), egli sostiene che l'artista
diventa un subcreatore, in quanto crea un mondo non concretamente presente e rende effettivamente
reali le visioni della fantasia. Perciò, quando il bambino incontra questi mondi, entra nel regno
dell'immaginario, dove tutto è possibile: le regole abituali e consuete sono stravolte, l'ovvio e il
codificato non esistono più, mentre accadono gli avvenimenti più strani ed impensabili. La fiaba
educa alla creatività, anche perché contiene elementi trasgressivi, che contravvengono all'ordine
delle cose ed alla normale logica causale degli avvenimenti.
L’attuale concezione dell’ insegnamento pone in primo piano la capacità di sviluppare negli studenti
competenze atte ad instaurare un rapporto di scambio produttivo con i contesti da cui provengono e
in cui si troveranno ad operare. Mediante l'accostamento alla fiaba popolare, senza alcun esercizio
di analisi formale, ma semplicemente attraverso la lettura ed eventuali giochi interpretativi molto
liberi, è possibile assimilare, in modo spontaneo, i contenuti e le caratteristiche di questo genere
letterario. A tal proposito Bettelheim ha rilevato come la fiaba raggiunga i suoi scopi mediante una
trama non complessa ed una struttura coerente. Vi si trova infatti un preciso inizio, che presenta di
solito una situazione verosimile; quindi la comparsa di una “situazione problema”, con difficoltà ed
inconvenienti; ed infine una risoluzione soddisfacente, che implica il lieto fine. E’ soprattutto
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attraverso la lettura eseguita a voce alta dall’adulto-mediatore, oltre che svolta autonomamente dal
ragazzo, che il giovane lettore introietta in modo naturale le caratteristiche di questo genere
letterario. Bettelheim, raccomanda di non analizzare la fiaba "intellettualmente", bensì lasciare che
il suo significato affettivo e simbolico sia introiettato e rielaborato liberamente da bambino.
Abbiamo visto come i bambini amino ascoltare le storie; per loro si tratta di una palestra per
apprendere come narrare e quindi come ‘maneggiare’ ciò che accade loro e le emozioni che questi
eventi scatenano. È tipica la proiezione nei protagonisti e l’identificazione empatica con essi. Il
pensiero narrativo è un supporto affettivo, una prima porta verso il mondo interiore. L'attivazione
del pensiero narrativo concorre anche allo sviluppo sia del pensiero razionale che del pensiero
fantastico: con l'ascolto della fiaba, il bambino impara a distinguere la realtà dalla fantasia
attraverso la valutazione di quegli elementi narrativi caratterizzati da una relazione di causa ed
effetto e di quelli che invece appaiono illogici e irrazionali.
Le fiabe permettono, inoltre, lo sviluppo della socialità e della moralità: il bambino impara a
conoscere alcune modalità relazionali positive, come la collaborazione e la solidarietà, oppure
negative come la frode, l'inganno o l'invidia; ciò gli permette di avviare una riflessione interna
rispetto a come è giusto essere e come è meglio comportarsi nei confronti dell'altro e del mondo. In
aggiunta, la presenza confortante del lieto fine fa da rinforzo ai comportamenti leali e coraggiosi ed
infonde un senso di fiducia nel futuro.

Oltre che allo scrivere per i bambini, Gianni Rodari si è dedicato allo studio della narrazione in
maniera talmente intensa da giungere a mettere a punto un prontuario di tecniche di invenzione
narrativa e fiabesca, La grammatica della fantasia (1973), ancora oggi utilizzato come base per
l’attuazione di laboratori didattici dedicati alla promozione della creatività. Scrive il nostro autore:
“C’è sempre il bambino che domanda, per l’appunto. Come si fa a inventare le storie? E merita
una risposta onesta” (Rodari G., “Grammatica della fantasia”).
Nell’introduzione alla sua Grammatica egli sottolinea che: “Vi si tratta solo dell’invenzione per
mezzo delle parole e si suggerisce appena, ma senza approfondire, che le tecniche potrebbero
facilmente essere trasferite in altri linguaggi, dal momento che una storia può essere raccontata da
un narratore singolo o da un gruppo, ma può anche diventare teatro o canovaccio per una recita di
burattini, svilupparsi in fumetto, in film, venire incisa su un registratore e mandata agli amici;
potrebbero, quelle tecniche, entrare in ogni sorta di giochi infantili” (Rodari G., “Grammatica della
fantasia”). L'universalità e la trasversalità delle fiabe e delle favole, infatti, le rende particolarmente
adatte al lavoro creativo verbale, ma anche psicomotorio (in particolare le favole, perché hanno
come protagonisti gli animali).

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La parola singola, scrive Rodari, agisce allorché ne incontra una seconda alla quale si accosta,
somigliandole in qualche modo: dalla semplice assonanza o consonanza, all’ evocazione di una
significativa esperienza pregressa, come la madeleine fa per Proust. Per chiarire il meccanismo da
cui scaturisce l’intero suo repertorio di “giochi creativi”, Rodari utilizza un’efficace similitudine:
”Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie,
coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta
di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella
sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto
tra loro … Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e
di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e
immagini, analogie e ricordi, significati e sogni” (Rodari G., “Grammatica della fantasia”).
Le “tecniche” suggerite da Rodari “costringono” la parola di partenza ad assumere nuove capacità
di significare che danno il la per una narrazione originale: dal “binomio fantastico” (l’accostamento
insolito di due parole sufficientemente distanti a livello di significato fa sì che l’immaginazione sia
costretta a mettersi in moto per istituire tra loro una parentela) alle “ipotesi fantastiche” - in cui,
scegliendo a caso un soggetto e un predicato, si formula una domanda che ha come incipit “Che
cosa succederebbe se…”.. Peculiare è il gioco dello “sbagliare le storie”, che utilizza come materia
prima proprio la fiaba popolare. In esso l’adulto proponente pronuncia l’incipit di una storia
conosciuta sbagliando volutamente un dettaglio; il bambino sarà spontaneamente pronto a
correggerlo, attuando così, inconsapevolmente, un esercizio di analisi approfondita della narrazione.
“Va giocato al momento giusto”, dice Rodari. Sappiamo infatti che i bambini per lungo tempo
vogliono riascoltare le stesse storie con le stesse parole della prima volta: Può dunque darsi che
sulle prime il gioco di sbagliare le storie li irriti, perché li fa sentire in pericolo. All’apparizione del
lupo sono preparati: l’apparizione del nuovo inquieta, perché non sanno se sarà amico o nemico. A
un certo punto – forse quando Cappuccetto Rosso non ha piú molto da dire loro, quando sono
pronti a separarsene come da un vecchio giocattolo esaurito dal consumo – accettano che dalla
storia nasca la parodia, un po’ perché questa sancisce il distacco, ma un po’ anche perché il nuovo
punto di vista rinnova l’interesse alla storia stessa ... I bambini non giocano più tanto con
Cappuccetto Rosso, quanto con se stessi: si sfidano ad affrontare la libertà senza paura”(Rodari
G., “Grammatica della fantasia”).

Anche le 31 funzioni proposte da Propp possono essere impiegate per l'attuazione di un laboratorio
creativo nel quale prende vita una nuova fiaba: i partecipanti potranno estrarre una o più funzioni
che espliciteranno attingendo alla propria inventiva, il conduttore coordinerà i vari interventi
nell'ottica di un'organizzazione armoniosa che possa far nascere una nuova, unica storia nella quale
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gli attanti (non attori né personaggi, ma ruoli narrativi) danno vita ad una narrazione in cui il
protagonista lotta (ostacolato dall'antagonista e supportato dall'aiutante) per conquistare l' oggetto
di valore (che può essere concreto, ma anche relazionale, di potere o conoscitivo).

I prodotti dell’immaginazione non sono frutto di folgorazioni improvvise ma rappresentano un


complesso processo di ristrutturazione dell'informazione a cui ogni individuo può essere educato. Il
nostro cervello memorizza le esperienze anteriori ma - come sostiene Vygotskij - “ è anche un
organo che combina, che rielabora creativamente e, dagli elementi dell’esperienza antecedente,
forma delle nuove situazioni e un nuovo comportamento” (Vygotskij L. S., “Immaginazione e
creatività nell'età infantile”). È importante che la creazione venga adeguatamente incoraggiata
nell’età scolare: lo sviluppo e l’esercizio dell’ immaginazione costituiscono una delle forze
fondamentali per preparare il bambino ad affrontare positivamente il futuro.
La fiaba e la favola, dunque, grazie al loro sfaccettato complesso di elementi, ben si prestano
all'improvvisazione drammatizzata: in diverse attuazioni del role playing una fiaba può essere
rappresentata dagli scolari, così com’è o cambiandone la conclusione, comunque senza avere un
copione scritto e definitivo, ma con l'ausilio del testo di riferimento, a mo’ di canovaccio. Inoltre la
solidità della struttura narrativa, da quella semplice e lineare della favola a quella più articolata della
fiaba, costituisce un ottimo esempio di modello di narrazione al quale chi desidera creare un
racconto può rifarsi per iniziare a praticare l'arte di narrare una storia.

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Bibliografia

- Andersen H.C., “Fiabe”, Milano, Einaudi, 1954


- Bettelheim B., “Il mondo incantato”, Milano, Feltrinelli, 2013
- Bruner J., “La fabbrica delle storie”, Bari, Laterza, 2006
- Calvino I., “Fiabe Italiane”, Milano, Mondadori, 2017
- Grieco A., Petrelli V., “Nuovo metodologie operative”, Milano, Hoepli, 2018
- Jung C. G., “Gli archetipi dell'inconscio collettivo”, Torino, Bollati Boringhieri Editore,
1997
- Propp V., “Morfologia della fiaba”, Torino, Einaudi, 2000
- Rega V., “EducataMente”, Bologna, Zanichelli Editore, 2015
- Rodari G., “Grammatica della fantasia”, Trieste, EL Edizioni, 2013
- Tolkien J. R.R., “Albero e foglia”, Milano, Bompiani, 2000.
- Vygotskij L. S., “Immaginazione e creatività nell'età infantile”, Roma, Editori riuniti
University Press, 2011

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