Sei sulla pagina 1di 2

Cultura e forme di comunicazione nel mondo antico – II modulo – Prof. N.

Montenz – Testi, 2

Aristotele, Poetica, 1449b 21 – 1450b 20

6. Dell'arte imitativa in esametri e della commedia parleremo in seguito, parliamo ora


della tragedia, ricavando da ciò che si è detto quella che risulta la sua definizione
d'essenza. Tragedia è dunque imitazione (μίμησις [mímēsis]) di un'azione seria e
compiuta, avente una propria grandezza, con parola ornata, distintamente per ciascun
elemento nelle sue parti, di persone che agiscono e non tramite una narrazione, la quale
per mezzo di pietà e paura porta a compimento la depurazione (κάθαρσις [kátharsis]) di
siffatte emozioni.
Intendo per parola ornata quella fornita di ritmo e di musica; distintamente per gli
elementi il comporre alcuni solo con versi, altri invece col canto. Poiché è agendo che si
realizza l'imitazione, anzitutto di necessità una parte della tragedia sarà l'insieme ordinato
di ciò che si vede, un'altra la composizione dei canti, e quindi il linguaggio. È con questi
mezzi che si realizza l'imitazione. Intendo per linguaggio la stessa composizione dei versi
e per composizione dei canti ciò la cui funzione è perfettamente chiara.
Poiché è imitazione di un'azione, ed è agita da alcuni che agiscono, i quali necessariamente
sono di una certa qualità per il carattere (ἦθος [êthos]) e il pensiero (grazie a questi noi
diciamo che le azioni sono dotate di una certa qualità, ed è in seguito ad esse che tutti
conseguono la felicità o l'infelicità), imitazione dell'azione è il racconto. Per racconto qui
intendo la composizione dei fatti, per caratteri ciò secondo cui diciamo che coloro che
agiscono hanno una propria qualità, e per pensiero tutto ciò con cui, parlando, essi
dimostrano qualcosa o esprimono un giudizio. È dunque necessario che di tutta quanta la
tragedia ci siano sei parti, grazie a cui la tragedia ha una propria qualità; esse sono
racconto, caratteri, linguaggio, pensiero, vista e musica.
Il «con cui si imita» sono infatti due parti, il «come si imita» una, il «che cosa si imita tre», e
oltre a queste non ve ne sono altre. Non pochi di loro in generale hanno adoperato questi
elementi, la vista infatti domina su ogni cosa: sul personaggio, sul racconto, sul
linguaggio, sul canto e sul pensiero allo stesso modo; tuttavia il più importante di questi
elementi è la composizione dei fatti. La tragedia è infatti imitazione non di uomini ma di
azioni e di modo di vita; non si agisce dunque per imitare i caratteri, ma si assumono i
caratteri a motivo delle azioni; pertanto i fatti, cioè il racconto, sono il fine della
tragedia, e il fine è la cosa più importante di tutte.
Cultura e forme di comunicazione nel mondo antico – II modulo – Prof. N. Montenz – Testi, 2

Inoltre senza azione non può esserci tragedia, senza caratteri può esserci. [...] Inoltre, se si
dispongono di seguito discorsi morali ben costruiti per linguaggio e pensiero, non si
realizzerà quello che è l'effetto della tragedia, mentre lo realizzerà molto di più la tragedia
che ne adoperi di più scadenti ma sia fornita di racconto, cioè di composizione di fatti.
Oltre a ciò, quello con cui la tragedia seduce maggiormente sono parti del racconto: i
rovesciamenti e i riconoscimenti. [...] Principio dunque e quasi anima della tragedia è il
racconto, al secondo posto i caratteri.
[...] Terzo poi è il pensiero, e questo è il saper dire le cose pertinenti e convenienti, che è il
compito dei discorsi della politica e della retorica. Gli antichi rappresentavano infatti i
personaggi che parlavano alla maniera dei politici, i moderni alla maniera dei retori.
Quarto il linguaggio, e, come prima si è detto, chiamo linguaggio l'espressione che si
realizza con l'uso delle parole, e ha le stesse potenzialità nel verso e nella prosa.
Dei rimanenti la musica è l'ornamento maggiore, la vista è sì di grande seduzione, ma la
più estranea all'arte e la meno propria della poetica; l'efficacia della tragedia sussiste infatti
anche senza rappresentazione e senza attori; inoltre per la realizzazione degli elementi
visivi è più importante l'arte dell'arredatore scenico che dei poeti.

1453b 1-14
14. È possibile che quel che muove paura e pietà si produca per effetto della vista, ed è
anche possibile che si produca per effetto della stessa composizione dei fatti, ciò che è
preferibile e del poeta migliore. Anche senza il vedere, il racconto deve essere composto in
modo tale che chi ascolta i fatti che si svolgono, per effetto degli avvenimenti, sia colto da
tremore e pianga, ciò che si può provare udendo il racconto di Edipo. Procurare questo
effetto per mezzo della vista è invece piuttosto estrinseco all'arte e legato alla messinscena.
Coloro poi che, per mezzo della vista, non procurano il pauroso, ma soltanto il mostruoso,
non hanno nulla in comune con la tragedia, perché nella tragedia non si deve cercare un
piacere qualsiasi, ma quello suo proprio. Poiché il poeta deve produrre il piacere che si
dà grazie all'imitazione da pietà e paura, è chiaro che ciò deve essere realizzato nei fatti.

(Traduzione di Diego Lanza)

Potrebbero piacerti anche