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Aristotele – Poetica1

1.
Della poetica in sé e de' suoi generi, e qual funzione abbia ciascuno di essi; e come debbano essere
costituite le favole se si vuole che l'opera del poeta riesca perfetta; inoltre, di quante e di quali parti
ogni singolo genere si compone; e similmente [...] ecco gli argomenti di cui voglio trattare. [...]
L'epopea e la tragedia, come pure la commedia e la poesia ditirambica, e gran parte dell'auletica e
della citaristica, tutte quante, considerate da un unico punto di vista sono mimèsi [o arti
dell'imitazione]. Ma differiscono tra loro per tre aspetti: e cioè in quanto, o imitano con mezzi
diversi, o imitano cose diverse, o imitano in maniera diversa e non allo stesso modo.

2.
Ora, siccome gli imitatori imitano persone che agiscono, e queste persone non possono essere
altrimenti che o nobili o ignobili [...] costoro dunque imiteranno o uomini migliori di noi, o peggio
di noi o come noi. [...] E questa è appunto la differenza tra la tragedia e la commedia: che l'una
tende a rappresentare personaggi peggiori, l'altra migliori degli uomini d'oggi.

4.
Due sembrano essere, in generale, le cause che hanno dato origine alla poesia; e tutte due sono
proprie della natura umana. La prima causa è questa. L'imitare è un istinto di natura comune a tutti
gli uomini fin dalla fanciullezza; ed è anzi uno dei caratteri onde l'uomo si differenzia dagli altri
esseri viventi in quanto egli è di tutti gli esseri viventi il più inclinato all'imitazione. Anche si noti
che le sue prime conoscenze l'uomo le acquista per via di imitazione; e che dei prodotti
dell'imitazione si dilettano tutti. Una prova di ciò che dico è quel che succede nella comune
esperienza: poiché quelle cose medesime le quali in natura non possiamo guardare senza disgusto,
se invece le contempliamo nelle loro riproduzioni artistiche, massime se riprodotte il più
realisticamente possibile, ci recano diletto; come per esempio le forme degli animali più spregevoli
e dei cadaveri. E il motivo è questo, che l'apprendere non è solo per i filosofi un piacere
grandissimo, ma anche per gli altri uomini allo stesso modo; solo che gli altri uomini vi partecipano
con minore intensità.

6.
Tragedia dunque è mimesi di un'azione seria e compiuta in se stessa, con una certa estensione; in un
linguaggio abbellito di varie specie di abbellimenti, ma ciascuno a suo luogo nelle parti diverse; in
forma drammatica e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore,
ha per effetto di sollevare e purificare l'animo da siffatte passioni.

9.
Da quello che si è detto risulta chiaro anche questo, che ufficio del poeta non è descrivere cose
realmente accadute, bensì quali possono [in date condizioni] accadere: cioè cose le quali siano
possibili secondo le leggi della verisimiglianza o della necessità. Infatti lo storico e il poeta non
differiscono perchè l'uno scriva in versi e l'altro in prosa; la storia di Erodoto, ad esempio, potrebbe
benissimo essere messa in versi, e anche in versi non sarebbe meno storia di quella che sia senza
versi: la vera differenza è questa, che lo storico descrive fatti realmente accaduti, il poeta fatti che
possono accadere. Perciò la poesia è qualcosa di più filosofico e di più elevato della storia; la poesia
tende piuttosto a rappresentare l'universale, la storia il particolare.

1 Aristotele, poetica, tr.it. M. Valgimigli, Laterza, Roma – Bari 1992.

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