Sei sulla pagina 1di 472

PlIfl

ffRMBIKOjI.

KflLYPSO

l'.^^>^>M-

% H. ^'

Z%!^-'^^J1

'V,

j^i;-'

AL bO FLRRABI MO

Kf\\ypso

BIBLIOTtCB
bi SCIENZE nODLRME
r"i'BOCCB EDIT.
S?254

PIC^

Digitized by the Internet Archive


in

2011 with funding from


University of Toronto

http://www.archive.org/details/kalypsosaggiodunOOferr

KALYPSO

ALDO FERRABINO

KALYPSO
Saggio d'una Storia del Mito

TORINO

FRATELLI BOCCA, EDITORI


MILANO

1914

BOMA

PROPRIET LETTERARIA

yti

779987

Torino

Tipografia Vincenzo Bona (12496).

A MERCEDE PALLI

KALYPSO

LIBRO
Capitolo

La

I.

I.

mito

storia del

necessaria e legittima, 3

Caratteri, 18

STORIA.

Il

3-37

pag.

suo triplice valore, 8

genio mitopeico, 23

Il

Ka-

lypso, 36.

Capitolo

II.

Prima

Andromeda

39-107

pag.

39

di Euripide,

Euripide, 58

Dopo Eu-

ripide, 89.

Capitolo
Il

La Demetra d'Enna

III.

mito

siculo,

109

siracusano, 127

Il mito
mito greco, 118
mito contaminato, 135.

Caco

Capitolo IV. L'abigeato di

170.

pag. 109-157

Il

Il

Presso gli Indiani e

poeti, 183

Greci, 159

Gli

pag. 159-206

Presso

storici,

Latini,

197

razio-

nalisti, 201.

Capitolo V. Cirene mitica


11

sostrato storico,

207

Cirene in
228 Euripilo

210

steo,

Libia,

midi e Batto, 248


Capitolo VI.

Il

pag. 207-255
L'

"

Eea

di

Cirene e d'Ari-

Tessaglia, 218

ed Eufemo, 233

Gli

Cirene in
Eufe-

Conchiusione, 254.

Kalypso

L'intuizione mitica, 257

267

pag. 257-318

Le manifestazioni mitiche,

L'evoluzione della mitopeja letteraria, 284

flusso e riflusso delle saghe, 301

La

fine,

308.

INDICE

vili

LIBRO

IL

INDAGINE.

Il

Andromeda

I.

racconto di Ferecide, 323

Medusa, 338

323-369

Preto, Polidette, Ditti, 328

Perseo, 326

Atena

159. 160), 356

II.

Il

Demetra

378

Capitolo
11

III.

Il

del culto

L'abigeato di Caco

Il

Vergilio e Ovidio

405

Gli eruditi, 412

2>('l-

femo, 434
e

il

sima, 448.

407

pag. 421-448

La

ninfa Cirene, 422

Aristeo, 428

Cirene, 430

La

di

Cirene, 446

ricostru-

Euripilo ed Eu-

Gli Argonauti in Libia, 442

mito

culto,

Conchiusione, 420.

Apollo Carneo, 427

maco

397-420

Bibliografia e metodo, 421

dell'Eea di

Kora, 386.

del

Capitolo IV. Cirene mitica

zione

ennense

mito indiano, 399


Properzio, 401
Livio e Dio-

valore
;

di

particolari etiologici del

primitivo probabile nucleo

Le versioni greche del nitto

problema, 397
nisio,

Andromeda

inEnnajart*;. 371-395

caratteri

nell'et storica, 372


siculo,

dell'*

EU ani co

Euripide nel 412, 368.

371

frammenti

culto di

La questione

Cefeo, Fineo e Cassiopea, 341

di Euripide, 358

Capitolo

Acrisie,

Gorgone

e la

miti etimologici presso Erodoto (VII 61) ed


(frr.

321

pag.

Avvertenza

Capitolo

Calli-

Esegesi novis-

LIBRO

STORIA

A. Ferrabino, Kalypso.

CAPITOLO

La Storia

I,

Non

del Mito.

necessaria e legittima.

pu

esatta, anzi

I.

dirsi fallace la

del mito che pi diffusa.

nozione

Andromeda, esposta

su lo scoglio al mostro marino la ninfa Cirene,


domatrice di leoni Cora di Demetra, rapita da
;

Aidoneo; Caco che, ladro di bovi, la forza di


Ercole pieg annientandolo (1) tali persone e
vicende, come l'altre il cui insieme assunse presso
noi nome di Mitologia greca e latina, inducono,
ciascuna, al pensiero un racconto, non pur definito ne' termini e preciso ne' particolari ma
costante nel contenuto, si da valere (usando
espressioni proprie a fenomeni differenti) per
:

(1) Cfr.

in questo voi.

spettivamente ogni volta


fra questi quattro miti.

cap.
chC;,

II,

III,

IV, V.

nel testo,

si

cosi

ri-

allude a uno

I.

LA STORIA DEL MITO

da apparire quel mito. N il


prevalente costume a pari di molti, senza
motivi gi che si ricollega per un lato ai modi
che, nel concepire ed esporre miti tennero i
compilatori alessandrini, quando miti non pi

classico o canonico,

ma si raccoglievano in contesti
a scopo di conservazione erudita ciascuno si ordinava secondo uno schema principale, ne' margini sol tanto apposte discrepanze
minori e facili a obliterarsi; si ricollega esso
malo quanto
costume per altro lato al vezzo,
s'inventavano,
dotti, e

pel quale
saga chiude in s una sostanza di verit, in
ispecie storica; si che, la verit non potendo
esser che singola, unico similmente sarebbe l'intreccio della fiaba onde compresa. Ora, poich
i criterii de' gramatici alessandrini, vissuti negli
ultimi tre secoli avanti Cristo, in nessun modo
possono essere pi i nostri; e n meno pi
nostra, per ci che non sodisfa la riflessione
n il senso storico, una tanto facile fede nella
veridicit del racconto mitologico bisogna risolutamente farsi a considerare qual via possa
divenire la buona non che la nuova.
diffuso, suffragato dall'ignoranza,
la

Sbito sgombra la mente di assai equivoci e


di troppe astrazioni

il

porre, con precisione sto-

materiali grezzi della mitologia. // mito


di Cirene,
dimostrano questi,
non esiste

rica,

meglio, esiste bens, ma soltanto dopo le odi


pitioniche di Pindaro, i capitoli erodotei, l'inno
di Callimaco, questa o quell'altra anfora, un'iscri-

zione di Rodi; dopo ci, e dopo tutto che andato perduto nell'esserci trasmesso dai secoli e

che di conseguenza ignoriamo. In altre parole,

E NECESSARIA E LEGITTIMA

non conosce se non un comletterarii, manufatti arcomponimenti


plesso di
e sente entro ciascun compotistici, riti cultuali
l'indagine concreta

nimento, ciascun manufatto, ciascun culto, in s


e per s, il mito. All'infuori, questo pu tuttavia
risulta da
sussistere; e per vero in due modi.
quelli, sia per ordinata compilazione, sia per
alterazion fantastica

ma

diverso e

allora

nuovo, un altro mito a pena affine a qualunque


pm-e rende conto dei varii
l'uno di quelli.
componimenti manufatti culti e spiega i singoli
stadii e i singoli trapassi; ma in tal caso divenuto, non la forma canonica o classica, bens
la storia di quel

mito. Conchiudendo

moderno

ripete

fiabe

l'artista

una fra le molteplici


pagane, prosegue, e non termina, una serie
clie

ci

.di vicende, cui sottost quella fiaba gi nel pas-

insomma, elabora una fiaba nuova,


pu essere per certe analogie di casi e

sato; egli,
la quale

identit di

nomi avvicinata a talune antiche


altre, ma non diviene per questo
quei nomi e di quei casi: questa in

meglio che ad
la fiaba di

qualclie modo ci d, solo, lo storico comprendendo nel suo dire tutte le trascorse apparenze
della favola e organandole geneticamente ed
evolutivamente. Chi vuole il mito di Andromeda,
ne legga la storia.
Se non che, ond' nato il concetto di racconti
principi nella mitologia pagana? Da due radici:
un fatto, e una tendenza. Riandando storie di
miti accade di avvertire, chi anche sia grossolano osservatore, quale e quanta rete di interessi
,

orgogli civici, di odii regionali, di


vanti principeschi, di rivalit religiose, ricopra,
politici, di

I.

LA STORIA DEL MITO

musco boschivo,

crescente tronco della legil


genda. Indi, la preferenza decisa vien concessa,
in certo luogo e in certo momento, a quella tra le
forme esprimenti la saga, la qual contenga il
particolare simpatico, 1' aneddoto favorevole, o
(che basta) si atteggi nella luce che pi appaga.
Un fine pratico, per conseguenza, pu canonizzare i miti.
altre volte, V ala d' un poeta, la
vigoria d'uno storico. 0, infine, il piti fortuito
caso.
Sempre, tuttavia, a canto di questa preminenza d'una fra le forme mitiche, valse a

traviare

il

pensiero, l'abito, ch' talora

dell'astrazione, sovente

inopportuna.

il

vezzo,

perch,

comparati tra loro diversi racconti d'una saga,


parte coincidevano, e pareva il pi, parte dif-

sembrava il meno si ritenne lecito


prescinder dalle differenze per insistere su le
coincidenze e di queste costituire la saga, e
quelle giustaporre in guisa di " varianti secondarie. Cosi le simiglianze riscontrate in cinque
ferivano, e

cinque autori intorno alle vicende, poniamo, di Cora, legittimavano la creazione arbitraria d'un fittizio mito di Cora. G-rossolano
errore contrassegnato di superficialit. Difatti,
oltre le minori discrepanze notate, pure sotto le
uguali apparenze slontanava l'un l'altro i varii
testi alcunch, men ponderabile forse, ma altrettanto reale: la complessiva intonazione del
racconto. Il paesaggio medesimo, certo; ma incombente la luce di tramutati Soli. L'artificio
cosi palese che stupisce potesse ingannare e
diffondersi. E pure condusse pi oltre a fngere,
dopo il mito di ciascun personaggio, il mito in
s, quasi ente separato, capace di influssi attivi
testi di

E NECESSARIA E LEGITTIMA

e passivi senza che divenisse tosto palese, come


cotesto ente non sussista se non col suo predecessore logico; come quest'ultimo sorga da una
contaminazione di varie forme letterarie artistiche cultuali; come quindi uniche esse forme
;

costituiscano la realt da pensarsi e studiarsi.

Alle quali noi ritorniamo con franchezza; per


asserire (e lo asserimmo dianzi) che conoscerle
significa giustificarne le vicende.
Ossia per affermare che solo storicamente si
pu conoscere il mito. Ma dopo tale asserto, e
dopo scoperti i motivi reconditi dell' equivoco
consueto, rimane ancor dubbio, se o no sia legittima la storia del mito. Difatti chi sa di aver
innanzi espressioni multiformi, cui f uron mezzo
le pi disparate materie, dalla parola al colore,
dal bronzo al gesto sacerdotale, pu sospettare
a ragione che trasceglier quelle espressioni, connetterle in serie, narrarle in istoria debba accadere per nessi, non intimi, ma estrinseci per
identit di nomi di figure d' imprese
mentre
tempi lontani, fibre tanto varie d'uomini, caratteri cosi mutati di ambiente, sembrerebbero permettere, o comandare, la distinzion pili recisa.
Sospetto lecito, questo ma specioso.
Non importa che certa temperie (dico, ad esempio, l'epoca di Augusto, o il magistero di Ovidio) accosti molto fra loro due saghe di soggetto diverso;
l dove lontananza d'anni e di spazii separan
spesso saghe dell'identico soggetto. Ci vale, o ci
ajuta, a informarci dell'epoca augustea o di
Ovidio, e del posto che la mitologia prende in
quella o presso questo. Ma d'altra parte irrecusabile che ciascuna espressione di un mito,
:

I.

LA STORIA DEL MITO

in qualsivoglia materia avvenga, stretta alle


precedenti da un vincolo pi profondo e pi intimo che r argomento le conosce, ci , e le
rielabora. Disposte quindi in serie cronologica
coteste espressioni, ciascuna materia greggia
:

successive, ed sintesi originale


(anche negativamente originale, si capisce) a
confronto con le anteriori. Ne segue che la storia

rispetto alle

ha buon

diritto di farle scaturire l'una dall'altra

tempi e di luoghi, con


tutti i sussidii di cui pu valersi, riesce a costruirne quasi una genealogia della quale i rami
e i gradi son segnati da reciproci influssi pi o
meno profondi, da modelli pi o meno diversi,
sempre da caratteri intrinseci ed essenziali.
Del
essa, co' suoi criterii di

resto,
il

il

resultato

medesimo

medesimo soggetto

o, se piace di pi,

di questa,

mito ne legittima, dopo

storia del

che diciamo,
argomenti

gli

Giunge essa a coforme favolose un indi-

or ora esposti, la esistenza.


struire sopra varianti

viduo organico e definito individuo


la leggenda.
:

ch',

come

mostrammo,

II.

Il

suo triplice valore.

Ma quali

saran per essere i modi di tale istoria?


suo procedimento chiaro. Raccolte (supponiamo) le espressioni del racconto su Cirene
o su Cora, sia per notizie tramandate sia per
industria di congetture ne , quasi sempre,
Il

presto determinato l'ordine cronologico, se


nelle sue

non

minuzie, almeno in linee sufficienti.

IL SUO TRIPLICE

VALORE

Solo di poi s'inizia un pi arduo lavoro. Il pensiero, insomma, prende a conoscere quelle espressioni: di ciascuna distingue prima gli elementi
costitutivi ci sono i particolari della saga, e
quanti ne sieno espressi, e quali, che scene e che
episodi!: in sguito, ne ravvisa la tempera, il
punto di veduta onde i particolari le scene gli
episodii furon guardati: per ultimo, discerne ove
consiste o se esista la forza sintetica che i particolari le scene gli episodii trascelse, aggrupp,
fuse. Triplice processo: valevole come per un
carme, cosi per una pittura e, checch sembri,
per un culto. Giusta poi le risultanze di questa
nostra fatica, le diverse espressioni mitiche intorno a Cirene o a Cora, si raccolgono, quasi
per s, secondo nessi ed influssi, sino a costruire
lo schema delle lor geniture.
Allora lo scopo
conseguito e l'indagine ha fine; mentre un'altra
specie di conoscenza si avvia: non pi dubitosa,
qual si conviene alla ricerca, e faticosa di controversie; ma conscia e sicura. Quel che rimane
incerto delimitato quel che pu essere certo,
posseduto si che le lacune e il ricolmo si distinguono nette. Altrui giudizii su la materia
son superati con l'approvarli o respingerli o modificarli. E insomma stabilito l'ordine; pel quale
lo schema ch'era conquista ultima dell'indagine,
diviene poi quasi base e sovr' esso si erige, pei
suoi muri maestri nei suoi archi di commessione
;

co' suoi travi

intelajati,

1'

edificio definitivo. Il

mito ha la propria storia.


Il mito , da questo momento, vera ricchezza
nello spirito nostro.
Si obietta che acquisto
mal certo, per che sieno per pensarsi o seri-

10

I.

LA STORIA DEL MITO

versi ancora, nell'avvenire

come

nel passato, di

quella stessa leggenda storie molto o poco diverse con asserzioni contradittorie alle precedenti e con intelletto nuovo. Il clie ridonda in
parte al difetto delle nostre fonti, mal pervenuteci frammentarie o lacunose, e in parte alla
discordia dei pensieri individuali.

l'altra verit

in

primo luogo

mandate o

Ma

scema l'importanza
:

n l'una

dell'acquisto.

l'insufficienza delle fonti tra-

cosi fatta che impedisca la storia

o pure solo qua e col la fiacca. Se l'impedisce


(e son taluni casi), il danno davvero grave.
Ma, ove solo la fiacchi (e sonvi gradazioni molteplici che non perseguiamo qui), la jattura pu

variare di entit
al
e,

ma

si

riduce tutta, in ultimo,

fenomeno comune della individuale memoria


traverso questa, della memoria collettiva; si

riduce, quindi, alla

condizione imprescindibile

della nostra conoscenza intorno al passato. In se-

condo luogo,

il

differire degli storici intorno a una

saga, se dimostra che nessuna storia deve a nes-

suno parere domma, prova insieme che ciascuna


acquisizione viva a cui lo spirito

muove

libero

per indursi ad accettarla, e poi difenderla, con


agile freschezza e cura non intermessa attesta
quindi di ciascuna l'importanza, assidua perch
dinamica.
Nell'uno e nell'altro luogo, poi:
quello spirito che ha conosciuto la storia d'una
leggenda, o di per se o con assimilare 1' opera
altrui, ferma con ci duplice possesso; sia tramutando in organismo il tutto insieme inorganico delle fonti; sia impregnando della propria
essenza quell'organismo. Ha, in somma, composto
armonia del discorde, e reso personale l'alieno.
;

IL SUO TRIPLICE

VALORE

11

Quindi, l'acquisto, come non dubbio, cosi anche


materiato della pi alta virt di pensiero. Dura
come una fatica splende come una vittoria. Che
se di poi mutazioni intervengano e pentimenti,
non se ne scema, ma pi tosto se ne innalza,
superando, il pregio insigne. H quale consiste, finalmente, nell'aver provocato la sintesi, se non
immutabile, certo personale, in tutta la serie conosciuta di determinate espressioni mitiche, lontane e disperse.
Il mito , dunque, da quel punto viva ricchezza nello spirito nostro. Se facile mostrare
tal verit, sottile per discernere i valori diversi della conoscenza in quella guisa procurata.
Ma necessario, per farla pi conscia.
Lo storico si , durante i successivi momenti
della saga, uguagliato a' successivi artefici di essa.
Un ignoto cantor popolare vi trasfuse il suo sogno?
Io, per comprenderlo, debbo mirare con gli occhi
di lui e dinanzi a me la visione ha da concretarsi in quelle fogge che f m-on di lui. Erodoto ?
Pindaro? Claudio Claudiano? Uno appresso all'altro, s'immedesimano per l'istante con lo storico e questi con loro, fin quando similmente a
ciascuno la materia si sublimi in arte.
Tuttavia,
in si fatte individuazioni, o mischianze con gl'individui creatori, la Storia avverte tosto il suo
vantaggio. Nell'atto d'intuire la saga il poeta o
il pittore muovono dalle sue forme anteriori, che
conoscono, verso la nuova espressione, che ignorano e producono; a quell'atto rifacendosi l'intelligenza dello storico, deve muovere tanto dalla
;

loro espressione

quanto dall'altre precedenti, e

quella conosce, e queste conosce del pari. Si che

12

I.

LA STORIA DEL MITO

trova di fronte a un che di


impreveggibile determinato dalla potenza della sua energia creativa
per contro lo storico si trova sbito a conoscere,
traverso l'opera compiuta, appunto quella potenza dell'artista e pu ponderarla e giudicarla.
l

dove

l'artista si

imprevisto, in cui

l'

L'effetto che non solo egli si identificato


con una delle espressioni nelle quali la saga
visse, ma anche l'ha valutata. L'attimo di possesso si conclude in giudizio. Di pi lo storico
non si considera pago n pur di questo giudizio
che gi di per s lo eleva sopra l'artista intuente vi avverte un valor momentaneo e, tenendo l'occhio a ben pi alto segno, vuole e pu
:

assurgere a quell'intuizione sintetica della saga,


da cui appajono giustificate le intuizioni singole
degli stadii e delle forme come dallo scopo il
mezzo. Tale pregio, che della storia del mito,
pu quindi esser detto pregio intuitivo.
Ce n' un secondo: scientifico. Non poche discipline difatti van di continuo preparando al
pensiero cognizioni che gli giovino nell' opera
sua: attinenti ai linguaggi dell' antichit, agli
scrittori co' lor caratteri e con la misura in cui
sono attendibili, ai culti con le fogge che divennero consuetudinarie, ai popoli con le credenze e i pregiudizii, con le superbie le ire e le
menzogne. Certo, non son leggi rigide e fisse,
quelle che cotesto discipline ci offrono, n tanto
meno impongono ceppi all'intelligenza. Sono,
pi tosto, formule in cui l'esperienze vannosi
condensando; consigli, che risparmino fatica individuale o suppliscano a irrimediabili ignoranze.
Costituiscono il tesoro comune, cui possono tutti

IL SUO TBIPLICE

VALORE

18

che stolto trascurare, n si pu senza


Orbene anche le cognizioni cosi cumulate lungo gli anni da tanti sforzi concordi,
convergono nella storia della leggenda; e quanto
riferirsi,

fallacia.

pi numerose, meglio l'afforzano, rassodandole


l'ossatura, e

permettendole o promettendole con-

Fra tutte,
senso pi vasto e interesse pi vario.
precipue quelle in cui s' tradotta la coscienza
dell'antico e recente, vicino e lontano, favolegmaraviglioso sempre, di rado inconsueto.
si rinvengono fra cento podagli
Urali
alle
Ande, dall'Islanda all'Epoli,
quatore. E i riti, le danze, i canti, i vestimenti,
le fiabe, si mischiano somigliandosi e differendo
insieme, vario concento sopra un ritmo unico:
che ogni gente reca il suo contributo. E cielo,
monti, acque silvestri marine lacustri, paschi
pingui di bovi opimi, biade che la golpe uccide,
biade che la zolla e il Sole indorano, notti illuni, meriggi piovosi, silenzii delle cime, fragori
delle spiagge e dei tuoni, fauci di caverne e fenditure del suolo l'immenso respiro pnico, che
penetra pei sensi ed abbacina l'anime, ritoma
costante nelle voci e nei gesti di viventi in terre
lontane. E ritornando erudisce l'uomo dell'uomo.
Ond' che son opere in cui questa variet speciosa ricercata con amore intento, disposta
con cura e scrupolo in chiaro ordine (1). Ivi
giare

Cento numi agresti

(1)

Cito ad esempio

W. Makshardt

Mythologische For-

schungen (Strasburg 1884); H. Usexer Sintfluthsagen (Bonn


1888);

J.

The golden Bough ^ spec. parte V


and of the wild (London 1912); W. v. Bau-

G. Frazer

Spirits ofthe corn

14

I.

LA STOBIA DEL MITO

molte leggende sono narrate, molte cerimonie


descritte, quelle che gli uomini dicono e compiono da quando sorge il lor Sole a quando tramonta, e quelle anche che la notte conosce. Ma
ivi nessuna leggenda vale per s, nessun rito

non a pena ripetuta l'una,


distrugge tosto l'individuazione, perch si vuole, badando al generale ed
al comune, conseguire identit spirituali contro
distanze di tempi di luoghi e differenze di forme.
pel suo

modo;

anzi,

tracciato l'altro,

Vi

si

si

fa propedeutica;

non

storia.

su

opere, le quali scaltriscono

Cosi

g'

in altre

infingimenti

obliqui di interessate invenzioni che

non

lieve

traviamenti della intelligenza che tenta le cause del fenomeno ignoto,


ma s'abbaglia di fantasmi. Avvertono, queste,
come un nome frainteso generasse talvolta un
popolare etimo errato, e l'etimo la fiaba: come
Scaevola connesso con l'aggettivo che significa
" mancino
determin il racconto dell'intrepido
Muzio e della destra bruciata. Insegnano che
per dar ragione al nome di una citt (Roma?)
s'invent pari pari un eroe o un nume (Romolo?).
Spiegano che un culto greco fra culti romani
parve agli antichi giustificato col narrare qualscoprire

o vero su

mente al dio stesso fosse piaciuto recarsi da


l'Eliade nel Lazio. Procurano, infine, di segnare
in classi i fatti; e creano alle classi fin la denominazione discorrendo di
per

primi casi

di

"

"

miti etimologici

miti etiologici

per

l'ul-

Adonis und Esmun (Leipzig 1911); E. S. Haktland


The legend of Perseus (voli. 3, London 1894-6).
DissiN

VALORE

IL SUO TRIPLICE

timo

(1).

15

Tutti bisogna che lo storico sappia, per

sviscerare gli stadii della sua saga, senza equi-

Di tutti,
voco grande n troppe dubbiezze.
quindi, conscia la storia di una leggenda. La
quale leggenda nel tempo stesso cbe ne riesce definita, si da impedir confusioni con altre pur simiglianti, si allaccia poi tutta, o quasi tutta, con
le formule della propedeutica confermandole in
presso che ogni sua vicenda. Non che in tal
modo scemi la singolarit sua propria; e allora
perch farne storia? N manco che non aggiunga
tal volta materia alla propedeutica medesima;
gi che questa non mai conchiusa, e di continuo

accresce, per l'appunto

si

come

rienza dell'uomo in cui la contenemmo.

la

espe-

Ma anzi

un mito ha questo pregio scientifico:


impregnata, come pi latamente pu,
del sapere collettivo intorno alla propria materia; mentre dissimile da quel sapere, ed esiste
per la sua dissimiglianza pronta a contribuirvi con tutta s medesima, per quanto contiene di insolito, e per quanto riafferma del con-

la storia di

mentre

sueto.

Terzo pregio un

(1) Cfr.

G.

De

altro, fors' anche

maggiore.

Sanctis Per la scienza dell'antichit (To-

rino 1909) pagg. 319 sgg., ove in polemica chiarito assai

bene anche con esempii


minazioni.

il

contenuto di quelle due deno-

Chi poi voglia avere rapidamente un'idea

su la vastit e gl'indirizzi dell'indagine mitologica pu

anni 1898-1905 consultare la intelligente rassegna di 0. Gruppeu " Jahresbericht tber die Fortschritte
der klassischen Altertumswissenschaft Supplementband

per gli

CXXXVII

(1908).

16

I.

Filosofico,

si

LA STOEIA DEL MITO

riferisce a un' alta visione del jias-

La saga

sato e del presente.

dell'

uomo, nasce

come nebbia da piani pigri, or come


da lago ninfea. Le vicende della luce la iridano
durante un giorno, e le compongono varia beldi lui, or

Ma il motivo
luminose come del soprav-

lezza, fin che la tenebra giunga.

delle trasfigurazioni

venir tenebroso, secreto dello spirito umano.


Secreto dell'uomo, che ha fermati i suoi saldi
piedi sul suolo tenace, e vede intorno a s la
meraviglia del cielo nel sole nelle nubi negli
astri, purezze nivee e dentate di vette inviolabili, scompigli di chiome arboree nello squassar
dei vnti, rigidit

delle rupi cui

arcana opera

umane, mefiti di putizze dagli


vede, e conosce, mentre un empito

finge sembianze
acri

fumi

indicibile gli urta

su la fronte le tempie, illu-

dendolo centro a quel mondo o mentre una forza


ineffabile lo gitta prono nello stupore che paventa ed adora. Secreto, in fine, dell'uomo che
con occhi incerti guata, fra il mento e i capelli,
la maschera fosca del suo rivale, ad apprenderlo
ed eluderlo e con occhi scaltri studia nel moto
i muscoli e gli artigli della belva
silvana, per
farla sua preda o imitarne il destro miracolo
e poi, con occhi ebbri di sogno, nelle improvvise forme che la natura plasma tra cielo e terra,
nelle prepotenti energie che essa suscita ovunque,
ammira il volto del suo nimico o la violenza
della fiera. Appresso, su la prima trama esigua,
;

quasi ragna

consuma

d'

oro fra due rami d'

un

la dolorosa fatica dei posteri

mirto,

si

che l'invenzione originaria non si perde, ma, serbata


tal volta in reliquarii preziosi, salva altre volte
;

IL

SUO TRIPLICE VALOEE

per caso, regge su le sue

fila

17

tenui

il

trascorrer

lento e difficile dei travagli clie martellano Fumanit nei secoli e le rodono il cuore invincibile.

Ogni
forti

fiaba s'impregna cosi di sapori dolci e agri,


ed amari abbrividisce delle cose tremende,
:

s'esalta delle cose salienti, supplica, spera, esorta,

rampogna.

Il

dello spirito.
le

potenze

suo intreccio

si

foggia su i meandri

nello spirito la sua virtii cerca

espressione

dell'

stimola

1'

energia

onde si crea il diafano contesto verbale o si


plasma nella dura materia il moto o si finge l'ansito nel colore; e con lei genera creature d'ale
e di fiamma, o per lei si corrompe in miserevoli
mostri e deformi. Far quindi la storia del mito
significa spremerne cotesto succo occulto, il quale
si mischia col nostro pi profondo pensiero su
la vita e

buono

saggia

le

nostre idee

sul

bello sul

sul vero, su l'uomo e la forza della sua

visione, e la forza della sua espressione, e

lungo cammino.

lato lo scheletro stesso della

Del quale

il

il

suo

Idee che costituiscono d'altro


storia d'

un mito.

trapasso di forme pu venir conce-

pito geneticamente, l'una

determinando

l'altra

essendo privi di forza


generatrice; o in rapporto all'evolversi complessivo dello spirito o in altre maniere, di cui ciascuna dipende da una teoria filosofica. Persino
chi per orror metafisico mai abbia voluto impacciarsi di problemi si fatti, porter la sua avversione nella storia e ve ne lascer i segni,
non giova dire di quale specie. Onde la conoscenza del mito di Caco o di Andromeda, pur
contenendosi nei termini di un limitatissimo fenomeno, pur fermando nel pensiero una poro staticamente,

nessi

A. Ferrabino, Kalypso.

18

I.

LA STORIA DEL MITO

minima

zioncella

grande moto

del

di cui tutto

passato pieno nella memoria degli anni,


tuttavia impegna con s un'idea di quel moto
e del nostro pensiero: la stimola e la cimenta.
il

Filosofa

poco

con

senza cui, il breve mito sarebbe assai


cui, diviene moltissimo.

in.

Che

se a quest'ultimo

i3regio

Caratteri.
filosofico

siamo ora aggiunti in perfetta fusione

pen-

di Storia

non appare
comune onde tanto com-

gli altri due, intuitivo e scientifico,

sbito qual sia la lega

patto

il

resultato.

letto dello storico

Ma

ove

lega

si

rivela l'intel-

concetti assimilati dalle

discipline propedeutiche, e le idee elaborate dal

nuova
quando vengono esposti
all'attrito della realt testimoniata.
Di pi
non pu dirsi: che ha da restare intatto il mistero creativo. Tuttavia, pur da questo si vede
come larghissima parte della intelligenza vada
a imprimere la storia d'una semplice saga; come
pensiero meditante, s'illuminano di luce

nella vita dellintuizione,

quindi questa storia

forse detto

sia,

ci

anzi tutto, soggettiva.

senza stupore di molti

perch prevale oggi il principio della oggettivit storica, tanto che il riconoscimento del contrario nell'opera di chi che sia suona quasi a
rampogna. Si avvezzano cosi i lettori d'istorie a
cercarvi le parole della certezza assoluta, allettandoli con un equivoco ch' quasi una mistificazione. Si proclami dunque chiaro e alto. Nel

CARATTEBI

19

racconto delle vicende storielle per cui un mito


si svolse sono le stimmate d'una personalit; n
solo, ma il valore di quel racconto in queste
stimmate in quanto la personalit, non pure assomma, si anche fonde e ritempra, com' necessario, quelle cognizioni dottrinali, quella teoria
filosofica, quella geniale potenza intuitiva, che
alla costruzione
si riconoscono indispensabili
d'una qual siasi storia; e in quanto, inoltre,
dalla misura di esse cognizioni teoria potenza
e del loro commettersi, dalla misura, in breve,
della personalit medesima, segnato il pregio
del contesto narrativo.
Dal qual evidentissimo principio si definisce
anche l'atteggiamento di chi legge a fronte di
chi ha scritto. Non accettazione sbita n reverenza ad autorit indiscussa invece, ragionevole assenso, ora parziale ora totale, ora nei particolari ora nella sintesi. E sempre, al di l degli
uni e dell'altra, valutazione del pensiero che
solo responsabile e che, scoprendosi con arditezza, accetta onestamente d'essere imputato.
Compito arduo, adunque, il leggere non meno
che lo scrivere storie; si che pu ben dirsi, che
quasi mai viene assolto integro. Ma, per lo pi,
solo per il lato si adempie che costituisce l'interesse onde mosse la lettura
e da quel lato
soltanto sogliono originarsi le censure, le pi
modeste e le pi burbanzose. E a volta a volta la
storia della saga di Cirene deve soddisfare le
;

pretese del filosofo, la dottrina dello scienziato,


il

gusto del contemplatore. Ora, affinch sia pi

lieve a tutti
ratrice, lo

costoro

storico

l'opera di critica rielabo-

mostra sempre

(fra noi, al-

20

I.

LA STORIA DEL MITO

meno; non costumava cosi Tucidide, n Machiavelli


con pena della moderna indagine)
mostra, in una qualunque parte del suo lavoro,
i mezzi di cui si valso e le vie che ha seguite;
;

onde ne pronto il riscontro (1).


Per che si giunge a scoprire l'opposto aspetto
della soggettivit fin qui rilevata.

medesimo

tefice

Quando

l'ar-

scinde, pei lettori critici, l'opera

testimonianze e le fore discute, si fan


concrete ed esteriori le sue idee e intuizioni, si
cristallizzano in materia nuova su la materia
propria

mule

che

allora,

vedemmo

perci,

sopra

le

giudizii, ch'egli cita

da

tal

preesistere

allo storico.

momento, che

si

Accade

possa misurare

quanto ciascuna individuazione sia piena di


cimentandola con tutti gli elementi, di-

realt,

venuti esteriori e concreti, di cui nella intimit


e fluidezza dello spirito creativo essa si era nutrita. Il critico, se (fenomeno raro) compiuto,
vaglia, in

qualit di

scienziato

di filosofo

di

individuatore, tutti questi elementi, scissi prima,

organati poi; e valuta

il

pregio dei singoli e

della mischianza loro. Cosi, quel che fu gi

ema-

nazione viva d'una vivente persona; imponderabile, quindi, oltre la sfera di essa persona; e
definito, per tanto,
soggettivo diventa passibile di metro, di scandaglio e di analisi; definito, per tanto, " oggettivo .
Sempre, per opera dello storico la leggenda
assume la finitezza della persona e i caratteri
dell'organismo. Si scevera da l'altre: quella.
''

(1)

In questo volume ci fatto nel libro

II:

Indagine.

CARATTERI

21

Le sue vicende hanno, inoltre, un principio


un termine, per conseguenza un culmine v'
quindi un nascimento e un corrompimento, fra

una.
e

si tocca la maturit. La storia d'una saga


sarebbe dunque una ^ storia catastrofica
e sul
suo finire sonerebbe l'elegia, inetta a risuscitar
la creatura morta, ma pretensiosa di balsamarla? (1). Si risponde: catastrofica; gi che
si chiude col dissolversi di quel che al suo inizio
si compone
non elegiaca per che, pur lamentando se crede la morte avvenuta, ne
indaga i motivi e prociu-a comprenderli col pensiero senza stingerli col sentimento. Ma entrambe queste risposte esigono d'esser pi am-

cui

,,

piamente delucidate.
Qualche pagina innanzi fu provato (per quanto
che non solo necessaria la storia
per conoscer il mito, ma in tutto
legittima, perch opera sopra un individuo preciso il quale ha una reale e non disconoscibile
esistenza. E. gi sappiamo del pari che quell'individuo risulta da una serie di stadii, e ciascun
d'essi non pu star solo, ma in intima attinenza coi precedenti e coi successivi.
Ora possiamo specificare meglio che ciascuno stadio
rappresenta una creazione spirituale. Sia di poco
o di molto momento, vi immancabile l'attivit
io credo)

del mito

(1) Contro le storie catastrofiche ed elegiache si pronuncia Benedetto Croce in Questioni storiografiche [" Atti

dell'Acc.

Pontaniana

l'estratto]. Egli

muove,

XLIII (1913), a pag. 6 sgg. dels'

zione della storia con la

intende,
filosofia.

dalla

sua

identifica-

22

I.

LA STORIA DEL MITO

d'un artefice che ha segnato di s medesimo,


con grande o con piccola impronta, la materia
leggendaria. Ognuno di questi artefici apporta
speciali energie e del mito sviluppa potenze che
o vi giacevano celate o n'erano state mal svolte.
Per conseguenza, astraendo si possono considerare, in un qual siasi stadio leggendario, tre elementi la manifestazione, senza cui non sarebbe la sostanza del mito desunta dagli stadii
anteriori
l'energia innovatrice dell'artefice. Di
qui, son possibili varie evenienze: o che a un
certo momento ogni manifestazione cessi, per
qual siasi motivo, sebbene ce ne fosse la potenza
ancora negli spiriti e nel mito; o che la manifestazione appaja inadeguata alle precedenti e
per ci monca e non bastevole o che, in fine,
l'energie dell'artefice apportino alla sostanza
della saga violenze che la rinneghino. Nel primo
caso, la catastrofe sbita e tronca un rigoglio;
nel secondo preceduta da uno scadimento, che
la prepara; nel terzo, da una corrosione, che la
vuole i quali due ultimi evidente che debban
spesso coincidere. Ma la catastrofe, la morte,
sempre. E la storia, in quanto storia, deve narrarla, come narr il nascimento ed essere, inevitabilmente, catastrofica.
:

Non

dicemmo,

Sarebbe, senza
d'una luce non significasse, fra gli uomini che hanno assiduo il fer,

elegiaca.

dubbio, se lo spegnersi

mentar

delle forze nello spirito, l'accensione di

un'altra, di pi altre, quasi pel ripetersi ardito


di magie misteriose.
qui dove dai vecchi

Ma

ceppi

spiccano a dieci i virgulti giovani, v'


motivo a sconforto sol tanto per chi brami, come
si

23

IL GENIO MITOPEICO

meglio, la distruzion del tutto.

non

Rimane, per

il senso del
danno. Lo stampo di Caco s'infranse, e qual
egli era stato concepito, quale gli artefici l'avevano formato, ninna potenza terrena pu ricrearlo indipendentemente: un individuo insostituibile scompare. E^ scomparso, non lui solo
perdiamo. Molte saghe venner create con bell'impeto dalla giovine mitopeja dei Pagani; molte,
non tutte le nate, si svolsero traverso gl'inni
dei poeti, i bronzi degli statuarii, i gesti sacerdotali; non molte, poche divennero nell'epoca
del pili adulto pensiero classico, quando per contaminazioni la ricchezza del numero si fu assottigliata in bellezza della specie. E ogni nuova
morte sminuisce quella dovizia di una unit,
scema questa bellezza di grande efficacia quel
che sottentra copia e grazia dello spirito
umano, della mitopeja classica non pi... Una
maggior individualit, dunque, minacciata
dalle morti di questi minori individui mitici.
Un colpo di accetta, ognuna e la quercia si

altro, legittimo, se

lo sconforto,

squassa.

IV.

Il

genio mitopeico.

Quella individualit maggiore oramai embrionalmente posseduta dal nostro pensiero.


Quando siasi letta la saga di Andromeda, e
poi di Cirene, e di Caco, e anche di Cora;
appresso, non si conoscono pure quattro vite di
saghe,

come

fossero di eroi o di santi o di sta-

24
tisti;

I.

ma

LA STORIA DEL MITO

gi vivo, se anche

l'intelletto

un nuovo

esperienza, rotti

sapere.

non maturo,

La

nel-

ancor recente

termini entro cui

si

for-

mata, tenta di organarsi in altro stampo, infrange l'intuizione del singolo per disporsi, in
che ? come ? Per la risposta, da principio ingannano due parvenze, contradittorie nella forma,

entrambe erronee.
La prima parvenza

brevemente questa. Con

cognizioni

delle

l'ajuto

acquisite

nello studio

possono perseguire due compiti differenti. Uno, pi modesto, consiste nel


raccogliere tutti i fatti constatati durante lo
studio e nel disporli con altro criterio che il cronologico e genetico
nel guardare, in breve, il
medesimo mondo, nei medesimi margini, ma da
altro pimto di veduta. H secondo compito, in
di quattro miti si

a trascendere

vece, costringe

dalle quattro saghe, fino

limiti

ad affermare

segnati

di tutte le

saghe qualcosa che per le quattro soltanto venne


sperimentato costringe a varcare verso l'ignoto
l'esperienza acquisita, pregiudicando da questa
quello. Entrambi i compiti hanno natura e scopo
pratico
come quelli che servono a concludere
ordinatamente sotto la specie di leggi (nel secondo caso) o di formule (nel primo) esperienze
compiute storicamente sotto la specie delFindividuo. E sono perch pratici utilissimi
n
giova, secondo piace a taluno, predicarli ride:

Non mostrano,
quanto possa e voglia il
nostro pensiero, elaborato che abbia un certo
numero di storie su fiabe. Non pu esistere un
soggetto vivo cui attribuire quelle formule e
voli o in altro

modo

spregiarli.

tuttavia, lo stremo di

IL GENIO MITOPEICO

quelle leggi,
teri

all'uomo

le altre,

cke gli aderiscano come

si
;

25

ond' che

dopo che

ci

appajono e

carat-

le

une e

arbitrarie, insufficienti. Arbi-

trarie le formule, perch incardinate su criterii

che

non sono immanenti al loro soggetto, ignoto e


irreale, ma che vengono dal di fuori imposti alla
massa dei fatti storici e le leggi, perch teme;

rariamente affermano pi del conosciuto, impegnando in s, insieme con il gi intuito, il non


mai visto. Cosi le prime, avulse dalla realt
viva onde germinano, incadaveriscono in freddo
schema e, come schema, lasciano straripare oltre
di s e sfuggire sotto di s la vita vera delle
quattro saghe
le seconde, pur danneggiando
tal vita nella stessa guisa, non sodisfano i^oi
affatto un intelletto veramente avido di sapere
concreto entrambe, quindi, definimmo or ora
;

insufficienti.

Fallita la prova
vediamo qual sia, e

questa parvenza, l'altra


non appaghi. Dove fu
avvertita mancanza d'un soggetto che sostituisca
nella nuova opera i miti, soggetti delle singole
storie, ci s'illude di coglierne uno
se ne crea
uno difatti, f)ur che si astragga un poco come
suole il pensiero. Si crea un (diciamo) ente o spidi

]Derch

rito, cui

competano

tutti

caratteri dei varii in-

che influirono, di stadio in stadio, su


l'uno o su l'altro dei quattro miti storicamente
appresi; cui, quindi, appartengano patriottismo
e fede, scettico scherno e dubbio religioso, preoccupazione sociale, sensualit voluttuosa e i)regiudizio manchevole e che concilii inoltre ogni

telletti

virt in

una

sintesi superiore alle contradizioni

apparenti. Cotesto ente o spirito avrebbe, forse.

26

I.

esso pure

LA STORIA DEL MITO

una evoluzione,

lungo

e certi stadii

disporrebbero le sue energie e i suoi


attributi. Parrebbe, per tanto, assai bene passibile
Ma l'artificio pi palese l'ha originato.
di storia.
Difatti, mentre chi narra la storia di un mito
opera (vedemmo) su stadii, che sono di per s
congiunti, e che senza nesso non sono n pure
compiutamente intelligibili i caratteri in vece
e le energie di quel pseudo spirito vengono solo
per caso delimitati, avvicinati e graduati gi
che unico motivo per cui quel falso ente si afferma con alcune qualit, e non altre, con alcune
vicende, e non altre, la scelta, precedentequali

si

mente
e non

fatta con criteri! estranei, di quattro miti,


d'altri.

Che

se dieci o diversi fossero, gli

muterebbero numero, specie e succesSegue, che necessario guardarsi dall'in-

attributi
sione.

sopra un soggetto cosi fittizio, se non si


voglia ricadere negli stessi vantaggi pratici e
svantaggi teorici in cui trascinano formule e leggi.
Vinto l'errore, la salute appare spontanea.
sistere

Basta che
e

non

si

trovi

artificiato,

uno

spirito,

il

qual sia vero

intuibile dallo storico e sog-

getto vivo delle nostre esperienze anteriori,

li-

mitate per qualit e per quantit. Ora, se


(come dicemmo) arbitrario determinare un individuo mitopeico valevole per quattro miti,
perch introdotto dal caso, ossia dalla nostra
anterior ricerca, il numero di quattro sopprimendo quel numero, ci troveremo dinanzi a un
:

reale

individuo, allo spirito greco-romano in


quanto elabora saghe, o al genio mitopeico dei
Pagani: dinanzi, ci , a un che di esistito ef-

fettivamente, di certamente vivifcabile, di ind-

IL GENIO MITOPBICO

27

bitabilmente storico. Qui il pensiero si ritrova


a suo agio e, intuendo, lotta a sottomettersi la
qui formule e leggi vanno
realt proteiforme
;

a confluire nella materia ignea rimettendo di


lor rigidezza fino a liquefarsi nel flusso incandescente.
E conquistato una volta questo certo
soggetto, si comprende d'un tratto come tutto
che si afferma nell'ambito delle quattro fiabe
conosciute vale ed esatto per il genio mitopeico, ne la storia , sol tanto, incompiuto e
insufficiente perch lembo di un tutto lembo
casuale di un tutto reale. Ma, appunto in forza
di questo tutto, ha importanza, dev'essere affermato, e pu assumere, esprimendosi, un tono
generale. La medesima sua incompiutezza poi
solo in parte insufficienza. E, in quanto oltre
alle quattro fiabe cnte altre assai sarebbero a
disposizione del pensiero che volesse conoscerle
in istoria e attribuirle poi al genio mitopeico.
Non , quando si avverta che, i)ur conoscendo
tutte le fiabe, quel genio mitopeico risulterebbe
per noi sempre, dalle fortune del caso e dal decorso del tempo, privo di qualche sua saga, e
quindi scemo di talune energie, per guisa che
dovr in ogni maniera venir intuito traverso
molte si ma non tutte le sue manifestazioni
non dissimilmente dall'indole degli uomini che
la sorte ci pone su la via o dalle vicende degli
istituti che remoti echi ci tramandano irregolari.
Quattro miti son dunque poco i3er possedere, nei suoi confini e nelle sue virt, l'animo
leggendario dei Pagani
tuttavia il loro inse,

gnamento certo, se bene incompiuto;


ciente, non arbitrario.

insuffi-

28

I.

LA STORIA

DETi

MITO

Cosi le storie di quattro miti conducono alla


La quale pertanto non
pu consistere nell'insieme inorganico di quelle
storia della mitopeja.

quattro singole storie, se

si

mantenga incom-

piuta, n, se voglia integrarsi, nell'insieme inor-

ganico delle storie su le varie saghe conosciute.


Tale l'uso dei manuali; ed uso degno del
nome e dei libri: che noi vedemmo dianzi la
esigenza di quella pi larga istoria emergere a
punto dal succedersi (che stimolo, dunque, non
sodisf acimento) di taluni racconti men larghi.
Come, per analogia, le biografie di cento individui non souD la storia della nazione cui appartengono, e che li comprende in s e in s li
distrugge. Flutti nel mare, le molteplici saghe
non s'individuano che a patto di delimitar
volta per volta il total genio mitopeico in margini che non sono i suoi proprii. E a quel modo
che l'Uomo non attua le sue potenze tutte se
non nella umanit il Mito non sviluppa tutte
le sue virt se non se nella mitopeja. E tutte
non si conoscono, che spezzando in un testo pi
ampio i termini in cui si conchiusero le conoscenze dei singoli.
Evidenza pari ha, o dovrebbe avere, un altro vero eh' parallelo a
;

questo. Dianzi, giustificandosi legittima la storia

un

come le molleggendarie potessero aggrupparsi in tanti cespiti quanti sono i nomi e


le fondamentali vicende che accomunano talune fra esse
disegnavasi pure
come possibile, l'impresa di ridurre quelle manifestazioni
molteplici pi tosto sotto le rubriche delle diverse epoche e dei differenti luoghi, per comdi

mito, nell'atto di mostrare

teplici manifestazioni

29

IL GENIO MITOPEICO

porre, con

cronologico e geografico, la
mitopeja pagana lungo i secoli e
traverso le regioni del mondo classico. Et per
et si vedrebbero gli spiriti, informati da quella
determinata temperie, intervenire su tutto il patrimonio favoloso; e ciascuna avrebbe le sue
criterio

storia della

predilezioni nello

scegliere

attitudini nel foggiarli.

soggetti e le sue

Or bene

dopo una

tale

opera, cosi se siasi estesa a intero l'ambito tem-

porale e regionale dei Gentili,

come

se sia stata

ristretta in taluni confini di paese o di

tutto sodisfatto

il

desiderio

di

momento,

conoscenza?

o pure, anche da essa deriva allo spirito

un

bi-

sogno pi alto? Senza dubbio, un paragone


con l'insieme inorganico delle singole storie di
miti sarebbe a sproposito. In questo secondo caso
difatti v' organicit
ogni epoca influendo su
la susseguente dopo che la precedente su essa
aveva operato ogni luogo fra i Glreco-romani
riconnettendosi, quant'alla mitopeja, con qualcbe
altro, o in senso negativo o in positivo. Ma, a
parte tal rilievo, certo che il bisogno sussiste
tuttavia. Sopra le differenze pi o men notevoli fra regioni e tempi, colpisce in tutt'e due
i casi la costanza
con cui talune energie dell'anima nostra, e sol tanto quelle, e sempre quelle,
:

siano la fede e Tamor


senso naturalistico e l'acume psicologico, lo scetticismo ragionevole ed il razionale.
Colpisce che, come pi si risalga nei secoli, meno
fra esse intervengono nella mitopeja, fin che

influiscono su le saghe:
patrio,

il

pochissime si ritrovano e che,


discenda nei secoli, non solo si accrescono per numero ma quasi si succedono per
alle scaturigini

come pi

si

30

I.

dignit,

LA STORIA DEL MITO

tramandandosi

volta nel corso la

tal

umanamente. Si comprende che son le


potenze del genio pagano in officio di mitopeja
fiaccola,

s'indovina, entro la libert delle manifestazioni,


cosi traverso

come

l'epoche

sotto

cespiti no-

ma

minativi, un'armonia ch' ancora imprecisa

merita indagine; e

desidera cercare questa

si

armonia

e quelle potenze.
Concetti empirici, dunque, tali potenze? arbitrio di astrazione a scopo pratico? Non cosi.
Il

tono generico solo esteriore

ben guardi, ciascuna

nell'intimo, chi

di quelle parole

vuol indi-

care qualcosa di assai individuo e concreto altr' e tante energie spirituali che, in certi momenti
:

della storia, e in determinati punti della terra,

hanno

gittate singolari riflessi su la saga, ora


iridandola di sfumature, ora riardendola fin nell'essenza

altr'e tanti fatti passibili di storia, e

solo per storia

conoscibili.

Euripide e di Vergilio

Le

carit patrie di

razionalismi di Dio-

Luciano le religioni d'un esiodeo e


d'un latino fatta breccia nei confini onde storicamente son racchiusi entro un'opera e un
temperamento, si compenetrano, ricalcano l'un
l'altro i caratteri comuni, contraddistinguono le
differenze, quelli e queste ordinano in sintesi:
fino a divenire, in diverso contesto storico, la
carit patria, il razionalismo, la religione del
genio mitopeico pagano,con valore (si vide) bensi
non compiuto, ma pm- sufficiente generale e individuato a un tempo. Generale, rispetto alle singole saghe: individuato, rispetto al genio mitopeico. , Di che pu aversi riprova.
quel modo
che durante la storia d'una specifi.ca fiaba, Tintenisio e di

IL GENIO MITOPEICO

31

il cerchio breve del


palco ove poche persone son mosse in non molte
vicende, e tocca, al di l, la forza animatrice di
quel moto del pari, per l'interesse pi attento,
anche gli amor patrii di Vergilio e di Euripide,

resse pi attento soverchia

e i razionalismi di Dionisio e di Luciano, competono fin da principio dopo che a Vergilio a


Luciano a Dionisio ad Euripide, alla mentalit
pagana di cui son pregni, alla vita de' Grrecoromani nella quale immersi son trascinati subendo e reagendo, come massi che il fiume ha
composti e disgretola poi con la medesima forza.
,

Si che, a rigor di discorso, gi

successivi stadii

d'un mito superano il mito, e si proiettano, in


altra serie, su lo sfondo comune, dove li dispone
non pi affinit di nomi e di casi, ma di potenze
spmtuali.
Per a questa disposizione nuova manca tuttora l'ordine della successione
che , anche,
l'ordine secondo cui la mitopeja si evolve. Non
pu valerci pi, adesso, il criterio cronologico
atto bens a graduare strati di leggende inetto
del tutto a decider, con certezza che non sia di
pallida congettura o non nasca da arbitrio di
pregiudizio, a decider se la fede versi la purezza
delle sue acque nel mito prima che l' analisi
psicologica vi gitti i suoi dati. Interrogata al
proposito, ogni saga darebbe una propria risposta, diversa secondo vicende casuali o necessarie (1). Qualcuna persino mostrerebbe contemporanee le manifestazioni in apparenza pi
:

(1)

Sul valore di queste

lypso IV.

es^pressioni cfr. cap.

VI Ka-

32

I.

LA STORIA DEL MITO

disparate o in sostanza pi contradittorie. E, per

mezzo allo scopo


genio mitopeico vivere, com' d'ogni
individuo definito, evolvendo le sue speciali
energie. Ora, esso ha, tra i Pagani, alcune espressioni che ci richiamano senza dubbio alla sua
origine altre, che ci riportano quasi con certezza al suo termine. Basta dunque, jier graduare
ciascuna delle caratteristiche mitopeiche, compararle o alle qualit originarie o agli ultimi
corrompimenti. Ma perch pi certe appajono le
prime, a esse la com[)arazione va riferita. E
tanto pi si sente, allora, tarda (nell'essenza)
quell'energia che, acquisita allo spirito mitopeico, pi lo distorna dai suoi primi sogni per
essa, in vero, lo spirito procede, nel tutto suo
insieme, a una tappa nuova si che il momento
della conquista ben paragonabile all'oscillazione d'una lancetta sul quadrante s'inizia l'ora.
Una storia compiuta dovrebbe per seguire il
mostrarsi di ciascuna energia, segnalando il
punto in cui dopo la precedente essa confluisce
nella saga a nutrirla e deformarla, e precisando
il modo del deformare. Una storia, per contro,
incompiuta e provvisoria dovrebbe, facendo i
suoi raffronti, mantenersi entro gli argini della
sua incompiutezza, col tratteggiare senza disegnarle le linee dell'opera propria. Tutt'e due
vedrebbero oltre l'assiduo rinnovellarsi delle
forme e il disordine scapigliato in ciascuna saga
introdotto dall'insita sorte, la vasta e chiara
tanto, necessario sceglier altro
di vedere

il

armonia del complessivo progresso geniale, le


cui pietre miliari hanno nome dalle potenze dell'animo e dalle forze del pensiero.

IL GENIO MITOPEICO

33

Legame, da ultimo, fra quel disordine e questa


armonia, apparirebbe la constatazione che tutte
quasi le saghe, le quali la storia pu scegliere
a suo oggetto, fanno testimonianza di s di
fronte a noi, in lavori di arte letteraria e manuale o in riti di culto, quando oramai o per
intiero o in buona parte lo spirito onde sono
elaborate ha acquisito le sue virt
pel che
quest'ultime possono manifestarsi od occultarsi,
secondo nessi stabiliti non dal loro reciproco
grado, ma dalle vicende della fiaba. Succede, in
somma, nei singoli miti, un perpetuo rinnovarsi
di quei fenomeni che segnano, ciascuno, un diverso stadio del genio mitopeico rinnovarsi che
non senza evoluzione ma con evoluzione diversa dall'originaria. Condizioni di ambiente
fanno si che in una sola et, l'augustea, la leggenda di Caco si manifesti infusa di x^atriottismo
e zelo religioso presso Vergilio, incrinata di
scettico dubbio e di saccente sofisticheria presso
Dionisio
ma, contro questa contemporaneit
cronologica, non esitiamo a proclamare pi vetusta l'una forma a petto dell'altra nel riguardo
della complessiva mitopeja. Tal certezza si conforta, in questo caso, dell'esame delle fonti, donde
appare VergiKo attingere a pi antica sorgente
che Dionisio certezza dovrebbe durar tuttavia
:

anche quando

il

riscontro

non

fosse possibile

per qual siasi motivo. Com' del mito di Andromeda, il quale gi scaduto in un tentativo
di travestimento storico allor che Euripide lo
solleva al culmine

della sua vita penetrandolo

di passione patria e di pensiero religioso. Crii

che la mitopeja ha oramai


A. Feeeabino, Kalypao.

il

possesso sicuro
3

34

I.

LA STORIA DEL MITO

di ciascuna tra quelle

sue forze e di volta in

volta ne fa uso secondo richieggano sorti diverse. Spetta all'occliio dello storico separare,
caso per caso, dal suo rinnovarsi il primigenio
acquisto: per decidere se lo stadio di
sia evolutivo solo

rispetto

una

fiaba

agli stadii anteriori

di quella fiaba; o sia in vece, insieme, evolutivo

nel progresso del genio mitopeico.

Va perduto cosi l'impetuoso rigoglio di forme,


per cui le figure si moltiplicano disponendosi
l'una a canto dell'altra, affini sorelle, non identiche aggeminazioni e i casi si ripetono e s'intrecciano simiglianti e differenti
e si dispongono in racconti svariati, che ciascuno possiede,
quasi nome personale, una peculiare orma, n
confusioni son lecite, e taluno, fatto vivo dall'arte, ha destino qualche volta non perituro.
La storia della mitopeja per contro diviene
scaltra a scoprire, in luogo dell'abbondanza
;

creativa, la limitatezza

nifestazione

il

fondamentale della ma-

sottostrato di potenza definita,

di l dalla superficie delle creazioni che

mutano lungo
numero.
essa

serie senza

E n meno

si

tra-

termine e fogge senza

qui, in quest'altro ufficio,

converte in scienza astraente e classificante. Quando vengono disegnate le vie che la


mitopeja trov per le sue creature, si adoperano
certo concetti empirici e partizioni; quali fra
si

letteratura e arte pittorica, fra statuaria e culto,


per cui il filosofo userebbe termini ben diversi.

Ma i medesimi

concetti intervengono nelle storie

dei singoli miti, insieme con altri, e

non impe-

discono che quelle storie concretino individui


ben precisi e reali. Si che a ogni modo la loro

IL

GENIO MITOPBICO

35

presenza non pu decidere senz'altro contro


la natura storica di un' opera. Difatti, ancor
questa di cui parliamo lata storia mitopeica
fonde leggi categorie e formule nello scoprire:
in primo luogo, i confini entro cui tutte le manifestazioni favolose son racchiuse; in secondo
luogo, i gradi secondo cui esse sono disposte;
onde riesce a precisare una risposta a questo
problema, ch' denso di realt storica con che
mezzi e con quale sodisfacimento lo spirito
Il badile ed
pagano mitopeico si manifesta ?
il coltello han diritto alla loro epopea, dopo le
pagine ove Tincruento travaglio campestre e la
sanguinolenta strage hanno diffuso riflessi dolci
:

e selvaggi.

Ma

poi che questa diversa istoria del genio

mitopeico, nel suo nascere, nel succedersi delle

sue potenze, nell'ordine dei suoi mezzi, siasi


compiuta, e non ancora conchiusa, riapparir a
sua volta catastrofica e non elegiaca segnando,
senza sconforto, la fine della mitopeja pagana.
Non senza rimpianto per, ch' differente cosa.
Non vediamo pili Centauri scender galoppando
dai ventosi antri dei monti n per noi ogni sera
il Sole muove verso l'ombra a combattere mostri
marini e piegare tracotanza di violenti. Quella
cecit e questa negazione sono stati il prezzo
con cui pagammo altri spettacoli ed altre certezze. Ma il prezzo duole, nel fondo del cuore,
alla nostra avarizia di uomini, a questa cupidigia di opulenza spirituale.
:

36

I.

LA STORIA DEL MITO

V.

Kalypso.

Sin qui tentammo della mitopeja e della sua


il concetto compiuto. Ma un motivo, che

storia
si

forma nella pratica degli

si

studii e della vita,

rafforza di esigenze, estranee bens alle

fiabe e alle storie loro,

ma

non

agli storici

un

motivo interviene spesso a ridurre le indagini


e le ricostruzioni del mito nei confini di una sol
tanto fra le maniere dell'espressione mitica: nei
confini della letteratura. Certo,
rario

dei Grreci e dei Latini

immortale

il

il

genio lette-

ha saputo rendere

tessuto de' suoi sogni mitici con

so qual spola d'oro. E anche sia


concesso senz'altro esser la letteratura di gran
lunga preminente rispetto e alle altre arti e ad
ogni diversa forma del significare le saghe (1).
l'opera di

Non

non

cessa per che di queste ridurre la storia

nell'ambito di pur

una

fra le loro espressioni

compiere una arbitraria amputazione. Lealmente


riconoscendola, questa colpa grave.

medicabile. Si pu palliarla:

storia civile

alla

letteraria

come

suole

per accenni alla

lo storico dell'arte richiamarsi


;

cosi in

reci-

proca guisa. In ispecie quando, per le lacune


che sono ampie e non rade nel pur ricco patrimonio trasmessoci dagli antichi, uno o pi
stadii d'un mito sieno costituiti da nessuna forma
di letteratura, bensi

(1)

Su

ci V. cap.

da prodotti

VI Kalypso

II.

scolpiti o di-

KALTPSO
pinti o

in

modo

altro

dall'attrezzo e dalla

37

artisticamente lavorati

mano. Allora la

storia

monca

deve a forza integrarsi di quella sua parte che


un caso rende ben necessaria e come vitale. Con
simile pensiero fatto

ricorso alle notizie cul-

formule de' sacerdoti le litanie dei fedeli si cercano, farmachi preziosi, a supplire e
lenire organiche deficienze. Ma la plenitudine

tuali, e le

non

se

non

nell'intreccio

del tutto

rimenti, fngendola, tradiscono

il

rife-

vuoto.

Mal colmato, il difetto permane, e

si appaja con
incompiutezza cui limitate esperienze entro
esiguo numero di miti costringono il ritratto
del genio pagano facitore di saghe. Permane
la sua radice s'insinua fra stretto] e rupestri, si
che non pronto lo svellerla ineffettuabile tal
volta. Onde avviene che dinanzi la storia insuf-

la

ficiente cosi della singola favola

mitopeja antica

la

come

della total

nostra insoddisfazione

si

sgomove piaceva a Kalypso di

cresce del diffcile sforzo per rimanerne

Tant': nell'isola
amarlo, con promessa di rendergli " senza vecchiezza n morte per sempre la vita, Odisseo,
da la rupe a fronte del mare, piangeva la patria lontana.

bri.

CAPITOLO

II.

Andromeda

I.

d).

Prima

di Euripide.

L'anno avanti Cristo quattrocento dodici EuAtene una sua tra-

ripide fece rappresentare in

gedia intitolata Andromeda^ alla quale forniva


materia un episodio del mito di Perseo. Ma se
l'opera dramatica aveva tratto dalla saga la sostanza a nutrire la sua compagine, nell'opera
la saga viveva una vita altra da l'anteriore:
per che lunga gi e complessa ne fosse stata,
innanzi, l'evoluzione.

Antichissimamente, negli anni cui corrispondono, eco affievolita, i pi vetusti canti della
epopea e poche mal certe tracce, una assai uber-

ei) Cfr.

cap.

I;

per tutto

questo cap. l'Indagine in libro

di cui si citano

nelle note successive.

II

40

II.

ANDBOMEDA

tosa terra di Grecia aveva fecondato di s

un

semplice racconto (1).


Si narrava in Tessaglia, e in ispecie nella
pianura pelasgia che fu detta Pelasgiotide poi,
di un re, cui era regno in Ai'go (Pelasgico),
molto potente ma triste. Vecchio, difatti, e non
lontano da morte, egli era tuttora senza prole
maschile, unica essendogli nata una figlia a
nome Danae. Ansioso per l' avvenire di sua
schiatta, si sarebbe recato a consultare in Delfi

l'oracolo di Apollo, dal quale ebbe in risposta,

non

ma

essergli per nascer

maschi se non da Danae,

nipote togliere e trono e vita.


Non fu vano il grave mnito; ed ogni cura fu
posta a che la vergine restasse dal generare,
dovergli

il

contro la sorte. Ma Preto, fratello del re Acrisio,


occultamente a renderla madre d'un bimbo

riusci

che fu chiamato Perseo. La nascita, che si volle


tener celata, fu in vece scoperta e caus l'irosa
vendetta del re impaurito, il quale decretava
che la giovine e il neonato fossero,
come
Preto per altra parte fu,
cacciati, e derelitti
in bala della violenta natura e delle intemperie.
Mossero Danae e Perseo verso l'oriente e pervennero in Magnesia: ove per loro fortuna li
accolse un pescatore, Ditti, che li ospit di poi
nella casa sua e del fratel Polidette. Il bambino
crebbe fanciullo, giovane agile e vigoroso: tra
i coetanei valente in giuochi ginnici ove nerbo
di muscoli e destrezza di ginocchia d'occhi di
braccia si rivelassero. Allora piacque al caso

(1) Cfr. II e III.

PRIMA DI EURIPIDE

41

che il re di Larisa indicesse fra' giovani ima


gara pubblica e che all'agone partecipasse l'adolescente Perseo e assistesse il vecchio Acrisio
ospite del dinaste vicino.

Accadde

l'inevitabile,

che la Pizia aveva predetto e a cui non


sfuggire:

il

disco

venne dalla mano

si

di

poteva
Perseo

opera d'un nume!


contro le dedel nonno, che ne fu morto. L'oracolo per tal modo compiendosi, il nepote riconosciuto si ebbe il trono e la dignit dell'avo.
Una tal fiaba parrebbe germogliata, semplice
e intiera, su dal suolo mitico d'una trib aria,
frutto non insolito d'un seme a pi altri simigliante: ove la stessa sua trasparenza non ne
scernesse, una ad una, le fibre. C', in quel breve
racconto, lo spunto originario della morte inflitta
dal giovine, che si rivendica l'avvenire, al vecchio
progenitore, che il passato ha curvo e fiacco
dal Sole,
ci sono,
nascente circonfuso di
purpureo sangue, per illuminare l'oggi, al Sole
occidente verso il bujo, circonfuso di pm-pureo
sangue, dopo aver rischiarato il jeri. Durante la

lanciato,

boli

membra

si compiuto
il delitto
e
regna in luogo dell'antico, nato
da una Danae (donna di quei Danai che nella
leggenda combattono i Liei o
Luminosi ) e

notte,

nell'ombre,

l'astro giovine

^'

sorto, oltre la linea dell'orizzonte, su dalle case


sotterranee diPolidette ("l'accoglitoredi molti

sovrano dell'oltretomba).
cotesto schema rozzo,
cui il mal grato biancore di ossa a pena
commesse, diedero nel principio veste di muscoli
e colori i nomi locali, che tante reminiscenze di
bellezza e di rigoglio traevano con s e richiama-

vano a tanti concreti particolari della realt

le

42

li.

ANDROMEDA

pianure d'Argo Pelasgico Larisa il venerando


oracolo di Delfi; le montagne della Magnesia
in ispecie, nell'est, dalle cui giogaje ride prima
la luce su i pascoli, e che dalle grotte temibili,
disagiato ospizio di fuggiaschi, recavano al mito
;

un brivido tra di paura


Di poi sul racconto

e di piet.
naturalistico,

come

i3

venne foggiandosi in forme di plastica umana,


s'innest una di quelle novelle, simili tra loro

come

tra essi

cristalli di

medesima

specie, nelle

popolo par condensare, con la propria


esperienza, la propria filosofa della vita, i^erch
vi fissa gli esempli tipici delle consuete vicende
(per lo pi, familiari) e le sembianze caratteristiche delle figure che sospinge la sorte comune.
Traverso la fantasia delle masse, come traverso
un vaglio singolare, il complesso, per esempio, dei
quali

il

pastori o de' pescatori e l'insieme de' vizii e delle

virt che in genere presso quelli


si

una selezione

affina in

di cui

si

riscontrano,

vano cercar

le

leggi, per comporsi nella sintesi d'un personaggio

tradizionale con tradizionali e pregi e difetti


pastore,

dico,

onesto che

ed ospitato,

come
il

l'ira

il

figlio

il

non suo. Analogo

della fanciulla cui nasce illegittimo

che

pescatore soccorrevole e
suo alleva, dopo averlo accolto
o

lo schema
un bimbo e

del padre discaccia per pena. Grracili

cosi fatti per che improvvisa linfa vi rifluisce non a pena s'immettano sopra una determinata leggenda cui recano,
per altro, non esiguo contributo in compiutezza
e bellezza. Nella Pelasgiotide appunto impres-

virgulti quello e questo

una diversa vivacit romanforza dramatica. Non fu tuttavia so-

sero alla fiaba tutta

zesca e

PRIMA DI EURIPIDE

43

vrapporsi d'uno strato a un altro, cosi che il


pi recente prevalesse sul pi antico fino a ridurlo in oblio: fu, come mi espressi, innesto;
onde l'essenza solare di Perseo, la sede orientale
del

bujo Polidette, permasero

a costituire

il

volto significativo del mito durante tutto questo

primo

stadio, tessalico, della sua formazione.


che fu chiaro in sguito (1). L'Argo Pelasgico
o v'erano re nella fiaba Acrisio prima e Perseo poi,
venne confondendosi, nei canti dei poeti e per gli
scambi! mitici fra i varii popoli della Grecia, con
altro Argo, che sorgeva a offuscar in gloria e
potenza il pi antico, ed era situato in un conchiuso piano del Peloponneso fra monti e mare,
nell'oriente della penisola. I due Argo furon
quindi, in realt, uno: prima il tessalico, poi
il peloponnesiaco;
per guisa che a questo si
riportarono via via le leggende che a quello
si erano dianzi riferite. Fra l'altre, anche la
nostra di Perseo: il quale divenne adunque, se
pm" nipote dello stesso nonno, rampollo di
schiatta cresciuta sopra altro suolo. La popolazione argolica assimil ben presto la saga tessala con i suoi particolari e le sue figure: persino
l'accenno a la Magnesia, che quanto mai disconveniva alle sedi mutate, si serb in solco profondo
persino, e specialmente, la morte di
Acrisio in Larisa, cui grande varco di terre e
di mare separava dal Peloponneso, si mantenne
non alterata. Al conservarsi contribuirono due
motivi. La Magnesia era nel mito ricordata per
Il

(1) Cfr.

III.

44

II.

ANDROMEDA

mezzo del suo eponimo Magnete, che si fngeva


padre di Polidette e Ditti: facile quindi sottrarre
al nome della persona ogni valore di riferimento
al luogo geografico e ripeterlo fuor d'ogni attinenza concreta, A Larisa poi dur alquanto un
sicuro
sacrario {heroon) dedicato ad Acrisie
perno adimque, che nemmeno la nuova leggenda
poteva facilmente trascurare.
Ma col proceder degli anni tutto che nel mito
non fosse o compatibile senz'altro con la mutata
sede o ineliminabile per cause intrinseche fini
con l'alterarsi. Il ricetto, in particolare, ove Ditti
figlio di Magnete avrebbe accolto Danae, e il
padre di Perseo vennero corretti e adattati: n
a dirsi qual de' due ritocchi sia il pi antico
ma si vede bene quale per essere il pi importante. A Preto fu, nella seduzion furtiva, sostituito Zeus, il dio veneratissimo in Argo, da cui
si faceva discendere anche l'eroe eponimo Argo
gi che forse piacque cosi adombrare quel Preto
che in Argolide doveva riuscir meno noto, e che
aveva, per quanto ci dato supporre, contenuto
:

naturalistico simile a Zeus.

Ai monti poi

Magnesia, pur permanendo Magnete, fu

della
sosti-

tuita l'isola di Serifo ch' di fronte all'orientai

costa del Peloponneso nel mare del golfo argivo.


Perch quell'isola fosse la prescelta, s'ignora;
notevole a ogni modo che per essa un lembo
di territorio jonico sia tocco dalla leggenda nata
fra Eoli e trapiantata in Argolide.

Da Argo

fra

tanto il mito si diffonde: attinge Micene, penetra a Tirinto. Nella quale anzi cosi si radica,
che s'invent come Perseo, ucciso il nonno,
avesse

onta di rientrare in Argo e preferisse

PRIMA DI EURIPIDE

45

ceder questa, per riceverne Tirinto, a suo cugino

Megapnte figlio di Preto.


Se non che: con l'irradiarsi

la

saga, perno

Argo, nel Peloponneso; e col pervenire essa in


territorio jonico: si prepara all'evoluzione futura
una base duplice in cui son contenuti potenzialmente due ulteriori sviluppi. Entrambi si devolvono nel fatto, simiglianti tra loro per sostrato
e valore, e paralleli in modo che non riuscibile
lo stabilire la priorit dell'uno su l'altro.

Era leggenda
cui

molto culto

fra
si

Joni

(1)

che la dea Atena,

tributava e particolar reve-

il suo scudo la testa di un


mostro pauroso e ricinto d'ombre Medusa, una
delle Grrgoni dimoranti al limite estremo dell'Oceano, oltre la terra, dove il Sole scompare
e si profonda nel bujo. Su lo scudo quel capo
significava trofeo d'una vittoria conseguita dall'iddia avverso la protervia nefasta di quella
figlia di abissi marini. La leggenda era antica,
traccia della natura xDrima ond'era informata
Atena, divinit della luce solare, nume del tem-

renza, recasse sopra

porale, in cui pi vivo

il

contrasto fra le forze

luminose
E del Sole
per vero un altro attributo si riferiva, tra i
Joni, alla dea Pallade: il possesso d'una cappa,
lavorata nella pelle canina, onde si dissimulava
qualvolta piacesse a lei
il suo splendore ogni
di occultarsi a quel modo che l'astro sparisce
agli occhi umani per molte ore vestendosi di
e la

(1) Cfr.

IV.

potenza delle tenebre.

46

II.

ANDROMEDA

oscuro. C'erano adunque, in racconti embrionali


tuttavia, spunti

di

gesta eroiche o divine: le

bene nella figura di


Atena, non formavano ancora intorno alla sua
persona una veste cosi aderente, che non fosse
possibile separamela in parte con lievi alterazioni. Si direbbe anzi che la vittoria contro la
Grrgone e la propriet della cappa invisibile si
riportavano assai meglio al sostrato naturalistico
della Dea che non al suo individuo, alla folgorante luce che non alla sostanza corporea della
effigie umanata. E perch Perseo quando perquali, se si accoglievano

venne

in Serifo, e

come

in Serifo in

Atene in

Mileto nella Jonia, ancor traeva alimento al suo


essere dall'energia naturale (la veemenza del
Sole) di cui era forma e onde era nato, e poteva
pertanto in facil guisa accostarsi, simile nume, a
Pallade; accadde che a lui pure si attribuissero
e l'impresa contro Medusa e il cappuccio canino cosi che alla dea non rimase altro ufficio
se non quello di ajutare e protegger l'eroe. Fu
quasi una contaminazione delle due leggende
in una; ma di due leggende non indipendenti
n ciascuna distinta per s, si di due che si ori:

ginavano da una medesima intuizione delle forze


aggeminate si erano dopo che aspetti
simigliantissimi dell'unico Astro avevan tolto
in luoghi distinti doppio nome di Atena e di
naturali, e

Perseo.
Il racconto che ne nacque, come prese a vivere d'una essenza propria, ebbe la sorte d'ogni
materia vivente in organismo
si accrebbe. La
fantasia che plasma le leggende ha certi suoi
:

modi, quasi formule, quasi schemi, nei quali va

47

PBIMA DI EUEIPIDB

foggiando analoghe le sue opere essa imprime


del suo segno terreno il racconto di quegli spettacoli della Natui'a cui aveva gi dato volti
prende una seconda volta pose gesti umani
sesso della sua materia. Cosi non concede essa
all'eroe,
e sia pur grande d'assai pi che
facile
l'uomo, e assistito da soccorrevoli iddii.
e pronto il conquisto; vuole sia arduo: preparato con forza ed astuzia. Ecco imaginati talismani senza cui l'opera non pu compiersi e per
:

quali trovare si richiederanno altre fatiche


ecco pensata, prima dell'impresa, un'awentui'a

preparatoria, ch'

dispensabile

mezzo non

fine

ma non

e all'avventura apparecchiati

per-

Qui, furono le figure in cui la novella


ed esagera la vecchiaia: le tre sorelle Graje,
canute fin dalla nascita, veggenti, tre, per un
occhio solo vicendevolmente, masticanti, tre, con
un dente. Esse,
si narr,
sapevano la sede
di certe Ninfe dai calzari alati, senza cui non
era concesso ad uomo trasvolar fino al limite
dell'Oceano presso le Grgni, e dalla bisaccia
(xi^iaig) magica, che fosse atta a contenere, dopo
spiccato, il capo di Medusa. Perseo vi si rec
dunque ma non ottenne n quelli n questa se
prima non ebbe con violenza privato le tre vecchiarde dell' occhio e del dente
esigendo a
compenso della restituzione i due oggetti cui
mirava.
Gli fu agevole poi, auspice Atena, conseguire

sonaggi.

fissa

lo

scopo.

Ermes

gli

venne attribuita

quale,

nume

la falce.

in particolare

pur non quanto Atena, agli Ateniesi;


avendo allora gi assunto rilievo di dio

diletto, se
il

Arma

glie l'avrebbe donata,

48

II.

ANDROMEDA

luminoso, era affine a Perseo e dicevole soccorritore contro i mostri bui. Cosi erasi d'assai
allargata la saga.

concliiuder la quale non rimaneva oramai


non motivare l'impresa strana del fanciullo
cacciato con la madre da Argo e accolto in Serifo.
Cronologicamente essa non poteva cadere ciie
se

nell'intervallo fra l'ordine iniquo di Acrisio e

il

Logicamente
la causa dell'avventura e del pericolo aveva a
connettersi con gli ospiti di Danae Ditti e Polidette. E poich non certo l'originalit pi
ritorno del giovine sul trono avito.

ricercata nella mitopeja, fu sfruttato ancor qui

un comune motivo leggendario, stracco per quel


che parrebbe a noi, non tuttavia si sterile da
non riuscire ad arricchii'e la fiaba di quei tramiti
episodici onde abbisognava.

Come

contro la Chi-

mera fu spinto Bellerofonte da chi ne desider


la morte; come Q-isone in Colchide venne inviato perch perdesse nell'arduo cimento la vita;
cosi Perseo avrebbe assunto il rischio meduso
per stimolo di Polidette, che innamorato di

Danae bramava

toglier di

mezzo

giovine di-

il

fensor della donna.

Oramai

il

racconto era compiuto

armonico,

organico, uno: vibrava d'una forza sintetica dalla

quale eran fusi

diversi elementi confluitivi

da

parti lontane. 11 lavorio invisibile di penetra-

nel suolo jonico a traverso strati naturalistici e nove] listici aveva


dato alla fine il suo bel frutto maturo.
zione, lata e i)rofonda,

Analogo
cui

il

al processo d'evoluzione mitica per


nucleo tessalo-argolico della saga s'era

PBIMA DI EURIPIDE

49

accresciuto d'un episodio e di due campeggianti

Atena

Medusa, fu

che in diverso
(1). Ma, a
un tempo, incomparabilmente pi complesso ed
inviluppato: tanto che l'indagine riesce a ricostruirlo non con la fondata probabilit ch' concessa all'esame del mito di Medusa, ma con incertezze non jDOclie, e con grande cautela. Se
l'ipotesi non erra, due personaggi costituirono i
X^erni fondamentali di quel processo: e l'uno
Perseo nella sua natura di eroe luminoso in lotta
con i mostri tenebrosi l'altro Cassiepa o,
come il suo nome significa senza dubbio,
la
" millantatrice
; tipo popolaresco della donna
orgogliosa troppo di sua bellezza che osa competere in gara ineguale con le Dee, e n' punita
per fiere pene nella sua prole. Due perni adunque
di essenza diversa, che l'uno naturalistico,
figure,

l'altro

terreno prepar novella sixnigliante

novellistico l'altro

mune

cui tuttavia

compete un co-

precipuo: l'attitudine, cio, a


commettersi con pi altri elementi, a raccoglierli
intorno a s, quasi per energia magnetica; cosi
da allacciare in maglia e in rete pi trame micarattere

tiche distinte.

Per

essi si

formarono due compali contenevano e

gini leggendarie che insieme

n'erano quindi accostate fra loro.


L'una. Si conosceva, fra i Peloponnesiaci in
particolare, un re mitico Cfeo o, in altra forma,
Cfeo, che sar x)i tardi venerato con carattere
e attributi di divinit ctonia in Cafe,

l'Arcadia

(1) Cfr.

luogo del-

e che veniva creduto signore di po-

V.

A. Ferrabino, Kalypao.

50

n.

ANDROMEDA

poli abitanti all'orizzonte fra la luce e l'ombra.

Quivi eran, secondo gi l'epopea omerica, gli


appunto dal Sol nascente e dal tramontante, tcchi dal bujo per un lato, immersi
nella vampa per l'altro. Cfeo dunque re degli
Etiopi reggeva il suo popolo in quelle stesse
lontane regioni, o in tutt'affatto conformi, nelle
quali ritrovammo aver sede le Grorgoni, e verso
Etiopi, arsi

cui
i

come

simili

a simili

mete muovono in awentm'a


Che anche fra gli Etiopi

eroi solari.

nella terra di Cefeo fosse condotto Perseo, a

di dire. Per scopo fu


pena bisogno, quindi,
scelto non an mostro specifico, quale Medusa,
ma una vagamente indicata belva che sorgesse
da l'onde a esterminio e terrore: il ketos. Soccorrevole, nell'officio di Atena contro la preda

gorgona, s'indusse un diffuso tipo di Vergine,


strenua in combattere, ignara di mollezze feminee, il cui maschio nome istesso rendeva imagine di possanza non muliebre si virile: l'An-

dromeda. Qual motivo in fine si ritrovasse alla


impresa ignoriamo; ma possiam senza errore
fngercene uno non dissimile da quel che apprendemmo nell'altro episodio cosi concorde
con questo per contenuto forma e valore. Si
ottiene un mito modellato sopra i medesimi
schemi su cui foggiata l'impresa fra i Joni
nel quale i nomi a pena pajon mutati; ma
,

tutte le tinte sarebber identiche se

non

fosser

d'alquanto pi sbiadite, e tutti i particolari invariati se non apparissero scemi al paragone.


Un arricchimento per venne ad esso mito
quando Cassiepa vi fu introdotta. E consistette
non nell' aggiungersi d'un personaggio all'azione.

51

PEIMA DI EURIPIDE

pi tosto nel trasformarsi profondo del signicomplessivo che quell'acquisto ebbe a preparare. Due avventure di Perseo contro mostri
si

ficato

delle tenebre

non potevano non venir avvicinate

prima, e dissimilate

minore

i)oi.

e pi svigorita.

Si tramut

Tuna, la

un

evolversi,

fu

iDer

direbbe spontaneo, della

sostanza eroica di
si and raggentilendo fin che si transfuse del tutto nel tipo
novellistico della fanciulla che l'eroe libera di
prigionia, ama e sposa. Gli era stata al fianco
si

Andromeda. La

"

Maschia

v,

nella lotta, in gara aveva lanciato


il

ketos avanzante dal mare,

sassi contro

un vaso del

secolo sesto ce raffigura nell'atto sgraziato del

constringendole e movendole le membra


l'animo pugnace. Fu poi dinanzi al prode, premio
insigne alla vittoria, bella non forte. Allora, divenne indispensabile giustificar la cattivit della
fanciulla, motivar la lotta di Perseo contro il
mostro a liberarla e Cassiepea servi allo scopo.

lancio,

n vanto

della

"

millantatrice

dalle

Dee

offese

punito nella vita giovine e florida della figlia,


Andromeda fu tramutata in sua figlia,
sarebbe appunto stato la causa prima del pericolo orrendo e della pugna eroica. Per tal modo

tutto l'aspetto originario dell'episodio alterato,

nel profondo. La seconda forma possiede la vita


che non la prima. E individuata come non la

prima.

Da
meda

l'una a l'altra segna il passaggio Androtrasformantesi, e accanto a lei resta Cefeo

che con lei si evolve. Ma se questi sono di tal


mito i personaggi caratteristici, i fondamentali
sono Perseo e Cassiepea.

52

II.

ANDROMEDA

Cassiepea e Perseo prevalsero pure, sembra,


in un'altra leggenda differente di origine. Protagonista qui Fineo divinit del fosco setten:

trione di cui le saghe lumeggiarono due aspetti


opposti. Benefico e malefico egli pu esser difatti
secondo che dietro lui muova il rigente turbine
del nord a offuscare le chiarit solatie o che la
freschezza dei suoi vnti temperi l'afe estive ricacciando a mezzod gli affocati avversarli che il
Sole suscita su l'equatore. Quest'ultimo carattere
fu, in vero, la base del racconto, giusta cui egli
sarebbe stato fin nelle sue sedi assalito dalle
Arpie, mostruosi uccelli, mossegli contro da
Elios ene sarebbe perito senza l'intervento de'fgli
di Brea i quali respinsero le moleste e perseguitarono a ritroso fin l dond'erano venute. In
tutto parallelo al formarsi di questo mito delle
:

ma mosso da principio diverso, fu il formarsi della nostra saga intorno a Fineo. Contro
di lui il Sole non si sarebbe levato col maleficio
deleterio de' suoi vnti meridionali, ma con la
forza purificatrice dei suoi raggi chiari: per
vincerlo, non per esserne sopraffatto. Non l'autunno sopravviene, nella nostra leggenda, a mitigare le ardenze della riarsa estate si la primavera a dissipar le brume e i geli foschi dello
Arpie,

inverno.

Ora
fu,

l'eroe

solare che trionfa del re nordico

sembra,

duello.

appunto Perseo, in singoiar

cotesto embrionale racconto, cerc, e

un motivo

ancor una volta


addotto a spiegar
la sorte inferiore di Fineo,
suo figlio figlio
per vero alla donna ce lo testimonia l'epica che
trov,

pare che

il

in Cassiepea

vanto di

lei fosse

53

PKIMA DI EURIPIDE

da Esiodo. Col che si ottenne anche


compiutezza romanzesca alla favola,
quando il significato naturalistico ne andasse
era dunque la materia idonea a
smarrito.
produrre, ove uno spirito creatore trovasse in s
il levame opportuno, un mito pur esso dramatico n meno denso di bellezza poetica. In vece,
prima ancora che riuscisse a comporsi in opera
si

dice

di fornire

ben delimitata, fu travolta

e assorbita in diverso

complesso.
Per che i due intrecci di Andromeda e di Fineo,
ne' quali entrambi Perseo e Cassiepea appari-

vano non pure nell'identit de' nomi ma e nella


analogia degli uffici, non potevano rimanere
distinti: e tanto meno potevano se, come non
provato ma forse da ritenere, un medesimo suolo li generava. Si com penetrarono difatti fin che divennero una narrazione sola in
cui gli elementi delle due generatrici sussistevano tuttavia presso che integri, l sol tanto
alterati ove fosse parso inevitabile alla logica
della commessura. Rimase il duello fra Perseo
e Fineo; rimase la discendenza di

da Cassiepea: ma,

e fu

il

Andromeda

segno della con-

saghe indipendenti,
la
causa della lotta fra i due eroi, fu rintracciata
non pi nel supposto vanto d'una madre, ma
nella stessa precedente vittoria di Perseo contro
il ketos e nelle successive nozze. Fineo, si disse,
sarebbe stato il promesso sposo di Andromeda
avanti la venuta del giovine liberatore: cosi
ignavo prima a soccorrerla, come presuntuoso
poi nell'accampare diritti di precedenza. Inascoltato ricorse, ancora si disse, al coperto agguato

nessione fra le 'due

54

II.

ANDROMEDA

con l'armi. Fu abbattuto. Cosi si conchiuse questa


fiaba di doppia scatuiigine senza che nulla dei
due miti che vi si fusero (su Cefeo l'uno e Andromeda, su rineo r altro) andasse perduto,
tranne il nesso di maternit fra Cassiepea e
:

Fineo.

Chi confronti ora da un lato l'avventura medusa di Perseo con l'assistenza di Atena ed
Ermes, e l'impresa d'altro lato avverso il ketos
con il premio della vergine e il contrasto con
Fineo e si fermi alla superfcie variopinta dei
due episodii, senza indagarne il significato re;

non vi trova pili tracce di quella simiche le saghe della "Maschia,, e della
Gorgone rendeva pallide entrambe bens li avverte dramaticamente diversi, materiati entrambi
di moti sentimentali ma or verso la madre Danae
or verso la liberata Andromeda; di cimenti perigliosi ma ora contro Medusa spietata ora contro
la famelica belva ora contro l'imbelle ostinato.
La cosi ottenuta diversit formale, permise a
chi volle aggruppare intorno al nome di Perseo
tutte le vicende di lui, di comporre queste due
in ordine insieme con la nascita dell'eroe e la
condito

gliali za

uccisione del

nonno

Acrisio.

Un'opera

siffatta

fu compiuta da Ferecide, il quale ci trasmise


tutto il mito, nel suo insieme organico, e divenne per tanto la base prima d'ogni ricerca
costruttrice

(1) Cfr.

I.

(1).

Ne possediamo un

sunto per

PRIMA DI EURIPIDE

55

opera d'uno scoliaste; lacunoso, j)er, onde


necessario integrarlo col testo del ben pi tardo
Apollodoro. Non ridaremo qui la trama disadorna. Essa non pi per noi, nella forma con
cui ci pervenne, il corpo, plasmatosi dopo la
lunga gestazione per effetto della sintesi narrativa; ma , di quel corpo, lo scheletro. Dalla
nascita misteriosa vediamo Perseo compiere
dopo l'infanzia trascorsa in Serifo, le sue avventure, la medusa e l'etiopica, per ritornarsene in Serifo a impietrar Polidette e in Larisa
a uccidere per equivoco Acrisio, stabilendo poi
in Tirinto il suo regno, che Argo gli era di-

venuta infesta.

Ma

effetto dell'esser stata rac-

colta in sintesi la serie delle gesta eroiche di

non fu solo di fargli attribuire per


arma contro Fineo il capo della Gorgone o di
condurre sul trono di Argo Andromeda rePerseo

gina;

ma

fu,

pi tosto e meglio, di sottraiTe

ketos ogni vita autonoma


qual momento d'una complessiva
azione ed ebbe valore di conseguenza da un
lato, di premessa da l'altro. Parte d'un tutto,
doveva dal tutto ricever sua norma e sua importanza: fin che al meno non ne fosse mutato il sostanziai contenuto; e l'essenza sua
romanzesca,
gradita a' novellatori, tanto pi
quanto pi di fatti si 'arricchiva la trama, di
all'

episodio

valse

del

esso

particolari le vicende, di gesti le figure,


si

non

trasformasse in essenza diversa.

Nel molto che and perduto eran certo forme


varie di cotesta indispensabile trasformazione.

Una ne ravvisiamo

tuttavia appresso gli sto-

56

li.

del

rici

ANDROMEDA

quinto

secolo

(1).

Andromeda

di Perseo e

Per

la favola

essi

acquista una impor-

tanza nuova di reliquia fededegna serbata a


traverso gli anni. La cagione un avvicina-

mento verbale uno


:

piacque la

e nella pretesa

Perseo e
gica

ma

comanticM nel conato

de' consueti di cui si

fantasia

degli

di farsi

pensiero critico
fra
non etimolo:

Persiani. L' analogia

fonica indusse a ritener quello capo-

non direttamente per, si bene


per mezzo d'un figlio suo di cui fu coniato
il nome " Perse per pi di verisimiglianza.
dar poi un aspetto anche meglio credibile
alla congettm^a fu addotto il nome d'impronta
stipite di questi:

ria di cui
"

Arti

doveva esser memoria fra

Persiani,

questo ritenendosi epiteto primitivo


quello, posteriore, tolto dall'eroe e dalla sua
discendenza. Naturalmente si lasci, a tal fine,
sbiadire fino alla scomparsa il ricordo degli
:

Etiopi, sudditi di Cefeo nella pi antica saga:

per che
or

mai

dell'

fni

essi si riconoscessero, in quell'epoca,


identici a reali " Etiopi , situati al sud

Egitto. In luogo loro

desumendoli,

come

si

coniarono
traspare,

"

Ce-

dall'ap-

medesimo del re. E si pens che a


Cefeo succedesse nel regno il nipote Perse, figlio
di Andromeda e Perseo
che Perse, guidando i
Cefeni, li conducesse a sottometter gli Artei
e il popolo fuso dei vincitori e vinti da lui
si denominasse Persiano. La garbata ricostruzione critica non fini in questo perch, difatti,

pellativo

(1) Cfr.

VI.

57

PRIMA DI EURIPIDE

Cefeni con Perse sarebbero mossi a sottoporsi


Artei? La risposta si trov combinando
questa congettm:"a con un'altra. Oltre ai Caldi
semiti che avevan sede intorno a Babilonia,

gli

eran noti altri Caldei abitanti lungo il Ponto,


i Mariandini e i Paflgoni; e il gruppo

presso

esiguo di questi

si

riteneva

un ramo da

quelli

antichissime. Poich inoltre

staccatosi

in

et

Ponto

la

leggenda delle Arpie affermava

sul

abitar Fineo fratello di Cefeo e principe per

tanto dei Cefeni;

fu facile dire che

Cefeni

avevano abbandonato la regione loro, allor


quando da Babilonia i Caldei eran mossi verso
il nord. E costrurre quindi in un sol tutto la
trasmigrazione totale cosi: da Babilonia si diparte una schiera di Caldei ad occupare la
terra settentrionale dei Cefeni e scaccia questi
che si spingono verso gli Allei, li sottomettono e insieme divengono il popolo de' Persiani.
Se non che questa mitopeja di eruditi pur
riuscendo a staccar l'episodio di Andromeda in
singoiar guisa dalla leggenda di Perseo, infondendogli una essenza nuova dissonante dal resto
della fiaba
finiva per in una soppressione
dell'avventura. La venuta di Perseo fra i Cefeni, la lotta col ketos, le nozze con Andromeda, il duello con Fineo, sono un niente a
petto della conseguenza precipua su cui ogni
altro fatto s'impernia
la nascita di Perse. Le
premesse non hanno pi vita artistica; le conseguenze, ne hanno una storica. Una pseudo
realt nasce; ma la bellezza muore.
Per tanto, se le gravi lacune del nostro patrimonio letterario troppo non ci traggono in
;

58

II.

ANDROMEDA

inganno, l'episodio di Andromeda, che nacque


combinarsi di esigui intrecci leggendarii
emergenti a lor volta su da rigide abitudini
mentali e in mezzo a consueti aspetti della
fantasia mitopeica, non solo perde presto la
sua autonomia col commettersi ad altre vicende,
ma indugi a svincolarsi da F impaccio, e a circoscriversi in forma e colore a bastanza, perch
un poco lo
il senso critico lo adulterasse e
dal

vituperasse.

n.

Fu
di

sorte della

Andromeda

il

Euripide.

tragedia dare a esso episodio


contenuto nuovo che non fu
:

n romanzesco n storico ma psicologico. Di


altri non ci rimase sufficiente notizia. Di Euripide possediamo i frammenti bastevoli a ricostruire il drama, se non ne' suoi particolari di
arte e nelle sue forme di tecnica teatrale, certo
nelle sue linee maestre (1).
Era consuetudine ferrea che la tragedia nei
;

un mito. Ma in quale
pervenissero all' elezione del
tema e alla scelta dell'argomento non possibile dire, per la oscurit imperscrutabile de' pro-

suoi episodii svolgesse

modo

tragedi

cessi artistici tal volta inconsci, e per la penui'ia

(1) Cfr. VII.

e tradotti su

(Lipsia 1889).

frammenti, naturalmente, son

citati

Nauck Fragmenta tragicorum graecorum^

EURIPIDE

59

delle notizie tradizionali. Sol tanto si pu con


qualche chiarezza intendere come il problema di
arte si presentasse al poeta allor quando si accinse a elaborare la fiaba di Perseo e Andromeda come, in somma, lo spirito di lui prendesse possesso, nell'impeto creatore, della materia
leggendaria. Nel mito del ketos si trovavano fusi,
come ai)pare dal testo di Ferecide, due elementi
distinti
e l'uno era il divino, palese nel potere
singolare della Gorgone e nel volo miracoloso traverso l'aria, segni d'una forza mossa da l'alto per
consenso di Dei e l'altro era l'umano, sensibile
nell'amore dell'eroe con la fanciulla, nel corruccio
di Fineo, nel vanto di Cassieijea, nel patto nuziale di Cefeo. Entrambi cotesti elementi trovano
la loro unit in un terzo, che , in somma, del
mito il carattere eroico e la forma romanzesca.
Euripide adunque ebbe dinanzi al suo pensiero, l'umano, il divino, l'eroico. Di questi, uno
suscitava spontaneamente il suo pi vivo interesse. Non solo difatti egli staccava nella tragedia l'episodio mitico dalla serie narrativa sua
I)ropria; ma lo indirizzava al fine, eh' di tutta
la dramatica greca, di appassionare non la fantasia bens il sentimento degli sf)ettatori; e lo
sottoponeva all'esigenza di \brare per pregio
e forza intrinseci non per smaglianza esteriore
di tinte. Le menti in cui il mito ora si accoglie,
come sono ben lontane da quelle che l'hanno
creato dinanzi la natura e complicato in novella,
cosi son anche pi mature dell'altre che ne han
goduto, con puerile compiacenza, lo straordinario
e l'impossibile. Per certo le pi antiche e le
moderne cerca van tutte nella saga una verit
;

60

II.

ANDROMEDA

ma

la verit naturalistica e la verit eroica non


appagavano ora quei cittadini di Atene che vi
desideravano una verit psichica. Ora, con si fatto

spostarsi dell'interesse mitologico,

il

colorito ro-

manzesco che un tempo riusciva opportuna o


indispensabile commessione fra i due diversi
elementi della fiaba, sopravviveva adesso, insieme col divino, quale materia in apparenza
superflua. In qual maniera difatti allivellare
sopra un piano medesimo una gesta miracolosa,
un affetto terreno, un intervento di Dei? E
ovvio per che il poeta non vide, come qui criticamente si espone, il suo problema; ma che
punto per questo egli non
lo intui da artista.
ebbe un modo costante di risolverlo in tutte le
sue opere; ma il genio gli soccorse, or peggio
or meglio, di volta in volta, e a seconda dei casi
in guise diverse.

Poich ci sono rimaste nella loro integrit


V Elettra ch' del 413 e V Elena ch' di quel
medesimo 412 da cui V Andromeda si data, intrawediamo a bastanza la vita dello spirito
euripideo nel torno di tempo in cui la sua arte
tentava il nodo mitico di Perseo (1).
Il nucleo primo cosi dell'una come dell'altra
tragedia un contrasto di passioni. Elettra ed
Oreste che, contro ogni vincolo di stirpe, per

(1) L'analisi,

che segue, del

pensiero

religioso

so-

ciale d'Euripide intorno al 412 fatta di sul testo (edi-

Murray Oxford s. a.)


emana da quello. Di pi cfr.

zione

di&WEletta e
Vili.

AqW Elettra

ed

61

EURIPIDE

padre uccidono la madre clie odiano


morte la donna da cui nacquero,
ma le sono tuttavia carnalmente congiunti, cosi
che col sangue di lei scorre nelle lor vene una
vendicare

il

fino a darle la

virt di amore e rispetto


protendono da la scena una dolorante maschera umana
fraterna con la grande pallida faccia intenta
dagli scanni del teatro. E quando Menelao reduce da Troja naufraga su le spiagge d'Egitto
recando con s la riconquistata Elena e vi s'imbatte nell'Elena vera, quella che gli Dei recarono celatamente in Egitto, mentre un vuoto
simulacro fuggiva con Paride e presedeva alla
indicibile

decennale guerra; e la gioja irrompente per la


ritrovata sposa s'urta nello spirito del principe
con lo sconforto per i travagli sopportati in

vano

e la vita gittata in vano da centina] a di


prodi allora con la sua s'agita la sorte di tutte
le creature terrene, cui piacere e sofferenza giun:

gono inseparabili per tramutarsi a vicenda l'uno


nell'altra.

E in queste situazioni palese l'immer-

gersi dell'artista nella sostanza dei personaggi,

nella correntia delle vicende, con


pleto di tutto l'estraneo

stema

un

comun si-

oblio

stolto cercarvi

filosofico applicato, co' suoi postulati ge-

nerali, ai casi particolari.

Qui l'uomo espresso,

dal profondo, con la freschezza d'una polla cui


s'apra nel terreno la via. Ma di qui non pos-

indurre riferimenti con l'ambiente storico


o, peggio, conseguenze intorno allo
stato psichico di lui in quegli anni; ma solo
intorno al consueto modo della sua forza d'arte.
L'animo di Euripide si rivela pi in l. In
sibile

del poeta

quello anzitutto che dalla tradizione egli accett.

62

II.

ANDROMEDA

Giacch nei miti di Clitemestra uccisa e di


Elena in Egitto erano affermati fatti ch'egli non
poteva respingere n poteva non alterare. Tali
l'oracolo delfico di Apollo, che avrebbe imposto
a Oreste di compiere l'esecrando delitto e l'or;

Ermes recasse di nascosto


Elena in Egitto e un simulacro inviasse a Troja,
permettendo sperpero immane di energie e vadine

di

Zeus, che

interventi divini eran la premessa

lore. Cotali

divennero per Euripide radice di nuova tragicit per che, tanto


pi gli parve orribile il delitto di Elettra, in
quanto era ineluttabile e in quanto voluto dal
Dio sommo, tanto pi spaventoso il vacuo scempio
di vite intorno ad Ilio. Sotto questo aspetto
adunque le parti divine della tragedia si connettono per lui strettamente con il travaglio
umano ma costituiscono una forza cieca e
buja contro cui bisogna urtare simile al peso
corporeo che non s'evita con gli slanci dello
spirito, all'aderenza col suolo che non si sopprime
indispensabile dell'azione

con

trovati dell'ingegno.

poeta accett l'oracolo di Apollo ma


il Dio saggio
ordinar cose
non savie ?
rispose, per bocca dei Dioscuri,

Onde

chiese

il

come pot

'

'

"Febo

ma

Febo...

vaticin cose

spose.

anche

si

taccio: certo egli saggio;

non saggio (1) o sia non ridomandava, e fece suo inter:

" perch o Dioscuri, essendo Dei


questa ch' morta Clitemestra, non
distornaste la sciagura dalla casa ? per farsi

prete

il

Coro,

e fratelli di

(1) Elett. vv.

1245-6.

63

EURIPIDE

rispondere con una parola ch' poco o molto,


vdyxr] " Necessit (1). E chiaro il suo spirito
:

formato un concetto alto della divinit


giusta, la pensa, e misericordiosa; da essa non
pu concepire derivi il delitto n la stoltizia,
n alcuna forma di male ma sol tanto il bene
s'

affermazioni del
passato gli manda. Urta;

e quel concetto urta contro le

mito, contro l'eco che

non

il

supera. Il poeta, in quanto poeta, resta per-

plesso

non

stione

ma

decide,

pubblico

al

porge intatta la quedopo averla agitata col


posta con lucidezza di in-

prestigio dell'arte, e
telligenza.

Del iDari, se non forse in guisa pi a^Dcrta, si


comporta nelVElena. Un capriccio di Afrodite
ha voluto il ratto della bellissima per opera di
Paride l'ambizione rivale di Era le toglie di
conseguir il fine, e a Paride concede una parvenza di quel corpo che nella realt si cela appresso Proteo in Egitto. Non basta la contesa
delle feminette continua e mentre la dea amante
vuol Elena sposa di Teoclmeno, successo a
Proteo nel trono, la moglie di Zeus la vuol salva
indi volgare bisticcio. Su
e casta per Menelao
la terra fra tanto, uomini e donne, migliori che
gli " abitatori delle case olimpie ,,, procedono
secondo purezza di virt
Elena si mantiene
fedele al marito lontano e sopporta paziente
l'ignominia che cade sopra lei incolpevole, confusa con il simulacro Teonoe, sorella di Teo;

climeno, ajuta

(1) Elett.

lei

nel proposito,

vv. 1298-1301.

non

il

fratello

64

II.

ANDROMEDA

Menelao onesto,
Che dunque ? Cotesti iddii

ne' suoi tentativi di coniugio

cortese e affettuoso.

sarebbero d'assai pi piccini, nell'animo, che i


? risibili ? Eui'ipide non dice. Anche qui
ma nulla lo risolve
il problema si formula
nessun raggio fende il cumulo nero nel cielo.
Osserva il Coro (1) " Chi dio, chi non dio, chi
semidio? qual fra i mortali, anche spingendo
molto lontano la sua ricerca, dir di saperlo?
quale, dopo aver visto l'opere divine or qua
or l balzare con contradittorie e inaspettate
vicende? ,,. Nessuno risponde.
Questo silenzio una tragedia a s. Non si
svolge materialmente su la scena, accanto i personaggi s moventi, ma nello spirito del poeta,
ed a noi non meno fraterna. Ben sua, la seconda tragedia, pi che la prima. Non di compassione, di simpatia geniale verso la sofferenza
d'un'Elettra o d'un Menelao
ma di spasimo e
strazio interiore. E la tragedia del dubbio. La
quale nasce ad Euripide nel seno medesimo della
sua arte, lungi a ogni filosofa. Il suo pensiero
di critico e filosofo, nel fatto, ha superato or mai
la concezione omerica e infantile degli Dei, non
vi crede
l'ha sostituita con una pi matura.
Ma, poeta, vi deve credere per rivivere il suo
mito, che rivivere gli bisogna per crear il drama.
Poeta, sente l'urto fra le due idee; se ne tormenta ripete a chi l'ode la favola bella degli
antichi, fa trasparire a chi l'intende la sua filo-

terreni

(1)

Elena tv. 1136 sgg.

65

EURIPIDE

questa e quella compone, senz'accordo


il suo affanno.
Ma oltre agl'interventi divini, che la tradizione
postulava nel mito, ed Euripide accetta travagliandosene sono neW Elettra e, di pi anche
hqW Eena^ giunte che il poeta solo volle e in
cui espresse il pili personale tra' suoi aneliti
intrusioni sgorgate da un animo che, non pure
assorbe in s per rielaborarla la saga, ma nella
saga si profonda e si abbandona, anche con
quelle forze e ricchezze che le sarebbero estranee.
Tale s'origin nel drama di Clitemestra la
figura del contadino, povero e rozzo, ma pur
squisito di sentimenti e schietto di azioni
VaixovQyc,, a cui Elettra sarebbe stata costretta
in sposa dalla madre, la qual ne temeva i figli
se nati da nobile genitore. Egli, come apprese
la condizione della fanciulla che gli veniva destinata e gli scopi della regina, fece rinunzia a'
sofia

logico, entro

suoi diritti coniugali, pur continuando ad ospi-

capanna la donna e fngendo,


lui, quando
per eluder la maligna, nozze felici.
aijpare su la scena verso l'alba e l'ultime ombre
tare nell'umile sua

son vinte da le prime luci, fanno sfondo i campi


arati e le file degli alberi e i freschi pozzi la
Terra, la grande generatrice di frutti buoni e di
forze sane. Dopo, ogni suo gesto virile e sobrio, contenuto e cordiale il suo spirito si rivela
semplice perch diritto
e mentre Elettra ed
Oreste si laniano di x^assioni, di odii, di paure,
:

va crescendo in valore fino a superarli nella


sua persona salda e nel suo fermo polso. N

egli

basta. Il poeta, sottolineando s stesso, richiama


gli

sguardi su la sua creatura


A. Feekabino, Kalypso.

ad Oreste fa
5

66

II.

ANDROMEDA

esclamare con maraviglia un poco attonita (1)


"Ahim! Non v' criterio alcuno a distinguere
la nobilt
v' scompiglio nella natura degli
uomini. Ecco io vidi esser da nulla il figlio di
padre generoso; e rampolli onesti di genitori
perversi la penuria nello spirito d'un ricco la
magnanimit in un corpo povero. C'ome orientarsi ? secondo il danaro ? mal fido criterio
questo sarebbe secondo la povert ? ma la miseria una malattia, cattivo maestro il bisogno
secondo l'esercizio dell'armi ? ma cM
risguardando a la lancia giudicherebbe qual
:

virtuoso ? Meglio

sembra

lasciare

sia

il

cisi

codesti problemi. Costui per esempio

inde-

grande

non fra gli Argivi [VadTOVQyg], non insigne


per rinomata schiatta uno dei molti e pure
si rivela ottimo . Ottimo si che la sua onesta
figura divien quasi di maniera e par disegnata
per dimostrar una tesi o attingere uno scopo.
Quale tesi o quale scopo si propose Euripide
:

nel concepirla e nello stagliarla?

Non meno

larga che neV Elettra nelV Elena

la novit

introdotta.

medesima

della favola

anzitutto nella scelta

un mito secondario che

risale a Stesicoro (2) e che, a lato della principal

leggenda di Menelao e Paride a Troja, sembrava destinato a viversi gramo nell'oblio. Il


tragico lo preferi per motivi ch' vano indagare;
che forse si assommano nel desiderio di met-

(1) Elett.

(2) Cfr.

pdie

vv. 367 sgg.

Bethe Helene in Pauly-Wissowa

VII (1912) pag. 2833.

"

R. Encyclo-

67

terne in risalto

il

singoiar contenuto.

La donna

bellissima che, secondo la tradizione diffusa, sa-

rebbe stata causa unica di ire e guerre per un


decennio, di sventure ed errori per altri dieci
anni di poi la donna su cui pittarono tutti gli
;

strali

dell'ironia del

poeti misogini

sarcasmo e

fin dell'odio

di colpo trasformata nella pi

pura e casta moglie che fiaba conosca. Ella ha


giurato a Menelao di " morire ma non mai violare il letto (1) n ha giurato in vano, che di
morire sul punto, e attiene la parola, ed
" vicino a
dice al marito,
beata di cadere,
;

te

(2).

lei

fa degno riscontro (forse troppo)

coniugale amore di Menelao che le afferma


" Privo di te, io finir la vita
(3). Onde sol pi
li preoccupa di scomparir degnamente cosi " da
acquistare gloria (4). Ora tanta fedelt di affetti traverso anni e vicende acquista il suo pi
vero significato quando venga contrapposta all'adulterio di Clitemestra verso Agamemnone,
di cui era intessuta l' Elettra. Fra questa difatti e V Elena le attinenze sono indubbie, non
pure cronologicamente, ma anche, e si direbbe
pi, spiritualmente
su la fine difatti di quella
prima viene annunziato e svolto in breve il
tema della seconda (5). E le attinenze divengono palesi quando le due cognate si paragonino fra loro e le due sorti. Clitemestra non
presso Euripide se non la malvagia donna tale
la condanna Elettra che le rinfaccia il lusso e i
il

(1)

Elena

(4) Ib. V.

v.

836.

841.

(2) Ih. v.

(5) Elett. v.

837.

(3) Ih. v. 840.

1278 sgg.

68

II.

ANDROMEDA

vezzi durante l'assenza del


bens rimproverando ad
di Ifigenia

in

vano

Si difende ella

re.

Agamemnone l'uccisione

" la

moglie bisogna che,

s'

savia, tutto consenta al marito (1); non giustoj


per una figlia, ammazzar lo sposo, uomo insigne

osserva

sdegnata Elettra,
prima che fosse
decisa l'uccisione della tua figlia, lontano appena
da le sue case il marito, intrecciavi allo sj^ecchio
e " la
le bionde trecce della tua chioma (4)
donna che, assente il marito, adorna la sua bellezza, si cancelli come cattiva (5). Appropriato
amico di cotesta non buona, figura Egisto, non
prode, non nobile, ma ambizioso della sua grazia
corporea e avventurato sol tanto fra mezzo alle
donne. C' dunque nelle due tragedie il riscontro
fra due coppie riscontro a base morale, ma innell'Eliade

(2).

No,

tu nascesti cattiva

(3)

" tu,

trodotto

dall'arbitrio

dell'artista

d'ogni cosi fatta preoccupazione.


dotto? perch l'arbitrio?

in miti privi

perch intro-

Alla domanda che per la seconda volta in


breve esame ci si presenta non si deve rispondere se non dopo aver rilevato un altro particolare. Il Nunzio, veduto vanii*e in fumo il
simulacro d'Elena e ridursi in nulla sforzi durissimi e sacrifzii immensi, si accende di sdegno
contro gl'indovini che, prendendo parte all'imnon scorsero la verit, non svelarono il
comune abbaglio, n evitarono vittime inutili.
" Vedi quanto l' opere
Dice al suo Signore

presa,

(1) Elett. V.
(4) Ib. vv.

1052.

1069-71.

(2) Ih.

vv. 1066 sgg.


(5) Ib. vv.

(3) ib. v.

1072-3.

1061.

69

BUBIPIDE

degli auguri sono stolte e menzognere!... Calcante non disse n rivel all'esercito vedendo
e n pure
gli amici morire per una nuvola
;

Eleno e la citt fu predata in vano. Dirai forse,


che un Dio non volle. E perch allora ci rivolgiamo agli auguri ? agli Dei basta far sacrifizio
invocando fortuna e non badar ai vaticinii
furono inventati ad allettamnto della vita, ma
nessun ozioso divenne ricco per gl'ignispicii. Il
senno e il buon consiglio sono l'augure migliore (1). Per contro nella tragedia personaggio, non pur dramaticamente notevole, ma
anche moralmente insigne, Teonoe sorella di
Teoclimeno, la quale dagli Dei possiede la virt
di saper tutte quante cose avvengono quindi
invasa da una potenza profetica analoga alla
magia d'un Calcante o d'un Eleno. Ma ella
buona, ella giusta, ella savia sa, ove occorra,
tacere al fratello gli avvenimenti pi vicini affinch trionfi la fede amorosa di Elena e Menelao. Perch aver creato questo contrasto ? Che
non fittizio n casuale Euripide parla cosi
per bocca del Nunzio come per bocca de' Dioscuri lodanti Teonoe esprime in entrambi i casi
:

suo pi soggettivo pensiero.


In questo suo pensiero sta di fatti la ragione
e dell'esser stato concepito VadxovQyg, e della
purezza di Elena, e del dissidio tra le due forme

il

di vaticinio. Il

poeta percosso da un'unica ansia,

di cui quelle son le

(1)

Elena

vv. 744

forme momentanee morso


;

70

II.

da convinzioni

ANDROMEDA

contradittorie, di cui quelli sono

gl'indizii occasionali.

Egli appare un moralista. Ecco i personaggi


per cui parteggia con simpatia una moglie
onesta, un marito fedele, un'indovina equa
la
figura che crea con compiacenza paterna un
lavoratore dignitoso e saggio gli esseri che avversa acre e violento un bellimbusto galante,
una feminetta vana, un augm'e stolto. Da un
lato coloro che rientrano nel suo concetto del
bene e del giusto dall'altro quelli che appartengono al suo concetto del male e dell'iniquo.
Ed dicevole nessuno pu disconvenire sul
principio che regola la sua morale
solo la
espressione pu venirne discussa.
Ma quando gli si scruta pi dentro nell'animo
ci s'accorge che quel bene e quel giusto egli
vuole a pr dello Stato, che VavtovQyg egli reputa degno e capace di governare la pubblica
cosa, che di mariti e di mogli simili ad Elcna
e Menelao gli piace constituita la polis a scopo
di fermezza e quiete politica. Ci s'accorge che
il suo occhio mira pi in l d'una teoria morale:
mira, fiso e intento, ad Atene, alla patria. Mentre
scrive, navi e uomini ateniesi sono in pericolo
in Sicilia pericolo grave che si tramuter di K
a poco in disastro immane. I Dioscuri si affrettano a conchiuder V Elettra perch debbon " salvare le prore nel mar siciliano . Il Peloponneso
minaccia dal Sud. Negli altri territori! la sorte
non volge migliore. E all'interno ? E peggio. La
democrazia non d buoni frutti dopo la morte
di Pericle. Il partito de' temperati si alterna nel
potere con quello degli estremi ed tale la
:

EURIPIDE

71

sfortuna di Atene che gli uni non attingono

il

han dimostrato rinettitudine degli altri, e non son per


per lasciarlo fin che disastri non li colpiscano
a lor volta. Ogni mutamento una esperienza;
governo se non quando

le disfatte

ed ogni esperienza, fruttifera di tosco (1). Sopra


tutti, male comune nell'inettitudine comune, si
stende la piovra della cupidigia, la sete del guadagno a ogni costo e in ogni modo. Corrono
massime cui ciascuno informa l'opere se non le
la ricchezza poparole
beato chi ricco
il ricco libero, anche
tenza
se schiavo il
povero servo, anche se cittadino'; 'l'uomo
il danaro
E la sete inesausta travolge ognuno
in una lotta, ove il pregio morale non conta,
la forza intellettiva non importa pi che il tesoro
cumulato forse meno.
:

',

'

',

'

'

'.

Aspra
ficile

e grovigliata situazione

a risolversi.

superarla

Che per

adunque

dif-

risolverla bisognava

piegar la realt possedendola sino al

fondo, conoscendola in ogni forma ed esigenza.

E difatti voci di riforma e tentativi d'un rivolgimento costituzionale serpeggiavano e fermentavano all'oscuro si preparava la rivoluzione dei Quattrocento. Il lievito che era in tutta
la materia sociale tocc Euripide
il suo spirito ne fu macerato e sconvolto
per che contro
l'immediata e ineluttabile realt dello Stato, ineriva il suo ideale con i pallidi sogni. Egli non
:

anni Beloch Attische Politik (Leipzig


Naturalmente il rapido quadro che se ne d qui
veduto con gli occhi di Euripide.

(1)

1884).

Cfr. su questi

72

II.

ANDBOMEDA

segui n l'uno n l'altro dei partiti. Fu in vece


con la classe di mezzo. Ebbe il cuore con gli

adxovgyoi della sua fantasia, con l'Elene e

Me-

nelai del suo mito. Trasfuse l'esigenza politica,

suo genio d'artista non poteva n doveva


i problemi dalla sfera pratica a quella etica. E divenne malinconico di speranze deluse e rinacanto alla tragedia religiosa sussistette
scenti.

che

il

sodisfare, in esigenza morale: spostando

nel suo spirito

quest'altra:

di patriota, di sta-

che a bastanza acuto per vedere i problemi, troppo poeta per saperli risolvere.Tragedia
opportunaflebile, nella quale confluiscono,
tutte quante le quistioni minori della
mente,
vita sociale e familiare
le contese minute su
le spine sparse
questa legge o quel decreto
lungo i sentieri del grande roveto. Tale l'invettiva contro gli auguri, secondaria piaga dello
Stato ateniese e di tutte le poleis greche, che
repugnava, ancor \)\\x che al suo intelletto di
filosofo evoluto, alla sua coscienza di cittadino
probo
e il riscontro di Teonoe in cui il vero
tista,

dono divino si rivela appunto pel modo del suo


uso e la bont delle sue conseguenze. " Attuale
corruccio

ancor questo: che favore di auguri

aveva secondato l'infausta spedizione siciliana (1).


Cosi tutta Atene pu entrare, ed entra, nell'animo del poeta per tal via: melanconico spiraglio alla pi intensa vita.

Mirabile di intuito psicologico nell'elaborar la


materia umana del mito pensoso su' dubbii della
;

(1)

Tucidide VII 50; Vili

1.

73

EUKIPIDE

religione

della

filosofia

politiclie e dalle

sorti

preoccupato dalle

condizioni

sociali

della

Euripide crea i drami fra l'urto


di due interiori tragedie. Crea, dopo V Elettra e
con VElena^ V Andromeda.
Il suo spirito si fece largo, sbito, di fra i particolari minori e grinciampanti aneddoti della
saga e colse di questa il profondo cuore. Nel
pensiero di chi imagin la lotta di Perseo col
ketos la tragedia era nel combattimento delle
due potenze avverse l'ansia, nell'esito incerto.
Nel pensiero di cii raccolse, ordinando, tutta la
leggenda dell'eroe argivo e ne divenne mitografo, la bellezza era constituita dal numero e
sua patria Atene

dall'intreccio delle gesta.

Nel pensiero,

ora, del

poeta di Atene, il pregio consistette nell'amore


di Perseo e di Andromeda il congiungersi dei
due giovini fu ritmo fondamentale all'opera in
cui novellamente l'antico mito viveva. Ogni altro
elemento si dispose intorno a questo dal quale
ebbero tutti l'armonia di composizione. Era il
:

primo

flusso del nuovo sangue infuso nella


vecchia compagine: fu vigoroso ancor pili che
non sembri.
Come dichiarano i frammenti, a l'inizio della
tragedia appariva la fanciulla sospesa a una
rupe, in abiti di cerimonia festiva, mestissima e
piangente. I lamenti di lei Eco ripete da lungi;
non lontano il mare onde la belva vorace
verr al selvaggio convito
sono li presso, in
Coro, fanciulle etiopi, le eguali di Andromeda,
che tentano vani conforti a la tremenda sciagm-a. E notte. All'alba il ketos deve sopravvenire. E nell'animo degli astanti la deprecazione
;

74

II.

del male

ANDROMEDA

imminente

lotta

ansia pel greve indugio

con la tormentosa
l'attesa

gravita su

come un mostro informe. "


sacra notte,
qual lungo cammino con i cavalli percorri, reggendo il tuo cocchio su gli stellanti dorsi del

capi

divino etra, traverso

santissimo Olim^DO

il

tale parla nei silenzii l'aspettazione.


ribella

si

(1):

cuore

Andromeda

s'ebbe^ che misera presso


Coro s'impietosisce e tenta
conforto dividendo il dolore " perch chi soffre

alla
il

contro l'asprezza del fato e la trista


" loerch pi larga parte

disparit del dolore


di mali

il

morte ?

(2). Il

sente

alleviato

suo male, se del pianto fa


(3). La sofferenza che sta nel

il

parte con altri


petto, senza sollievo, con la durezza della materia minerale, e non prorompe se non per voci
d'ira e suoni di sdegno,

moto compassionevole

non a pena ha inteso il


delle compagne, si di-

scioglie nella rievocazione lacrimosa di tutta la

vicenda

onde

la vanit f eminea e

il

la fanciulla fu addotta,

puntiglio divino
incolpevole, alla

pena. I presupj)osti dell'eiDisodio vibrano non di


forza narrativa, si di spasimo lirico che si assommano nel presente pianto della figlia pu:

nita, e di quel pianto

s'impregnano.

Ve

su la

un'amara
soffre, e una
e delle nozze

scena, nell'ambiente creatovi dall'arte,

volutt del dolore stesso onde


insistenza non sposa a nozze,
:

si

avrebbe

diritto pel fiore della sua giovinezza,


vittima a sacrifizio la fanciulla recata;
non fra i cori delle compagne, si avvinta in funi

ma

(1) Fr.

114.

(2) Fr.

115.

(3)

Fr. 119.

75

EUBIPIDE
e tra

compianto virgineo

il

Ma

(1).

a rompere

Tuniformit di questo tormento, giunge a traverso l'aria con l'alato piede Perseo, reduce dal
rischio di morte incontro a Medusa: il capo ne
reca in Argo (2). E radioso della sua recente
bello della sua giovinezza. Stupisce
gloria
Dei a qual terra di barbari col
prima
veloce sandalo siam giunti? (3)
Che vedo?
Timagine d'una vergine, come scolpita da mano
;

""

sapiente tra

lecito.

taci

rupestri rilievi!

(4).

la persuade

"

Si fa poi sol-

Ma

richiede l'avvinta.

ma

il

invano.

"

Tu

silenzio inade-

guato interprete del pensiero (5). Non senza rancuna son le prime parole di quella " ma tu chi
sei ?
se non che la forza stessa del dolore la
tradisce e senz'altro, per la veemenza del soffrire, non definisce audace colui che persiste nel
:

voler
sei,

sapere,

comx)assionevole

si

di te

ma

mio male ? (6).


che veggo sospesa
"

c'hai piet del

ho piet

"

tu chi

vergine,
(7).

Ogni

freddezza si dissipa. Quel che d'ostile era ancora nelle parole della fanciulla si placa. Quel
che di vago era nell'animo dell'eroe si concreta.

(1) Fr.

117, 121-122.

Arch. Inst.

XI

Convengo

col

Bethe

"

Jahrb. des

(1896) pa^. 252 sgg. che questa scena, nei

particolari esteriori, rappresentata sul cratere del Beri.

Mus. Inv. N. 3237. Lascio indiscussa la quistione, per,


ntorno

al coro

che

il

Bethe riconoscerebbe nella figura

a sinistra di Ermes.

Principio del

(2) Fr.

123.

(4) Fr.

125, parafrasi.

(7) ibid.

(3)

(5) Fr.

fr.

124.

126.

(6)

Fr. 127.

Inverto l'ordine dei due versi ipoteticamente

dato dal Nauck.

7G

II.

ANDROMEDA

La

frase dell'uno accende quella dell'altra


si
susseguono rincalzandosi per armonizzarsi in un
concento unico di vivace simpatia vicendevole.
E alla fine la generosit dell'eroe, la quale si
forma adesso assai pi nell'inconscio secreto del
cuore desideroso che nella vigoria dei muscoli
vergine!
forti e pronti, erompe in promessa "
s'io ti salvi, mi sarai grata?,, (1), Egli si traditela sua prodezza non vuole compenso per solito
la gloria gli premio valevole. Ma quel che ora
chiede pi che una gloria il possesso magnifico, Andromeda intende
se non che il suo
animo troppo ancora tenuto dall'imminenza
mortale per abbandonarsi alla fede: teme d'illudersi
e lo dice " Non m' esser cagione di
pianto, inducendomi speranze! . La risposta, che
nasce da l'immensit del suo soffrire, pu parer
dura al generoso offertore; l'istinto femineo se
ne avvede e la spinge a soggiungere non per
colpa di te " ma molto pu avvenire contro
l'aspettazione... (2), La speranza di campar la
vita non nata o almeno non del tutto salda;
nata la fiducia in Perseo. Ma questi, in nome
del suo passato di vittoria, della sua strenua
energia, dell'animo bramoso che lo incende e gli
moltiplica le forze, riesce finalmente a trascinarla con s nel sogno, a persuaderle certa la
;

liberazione prossima.

E Andromeda

allora lascia

grido di promessa
onde dato al giovane, oltre l'avanzante mostro

ch'esca diritto dall'anima

il

oltre la minacciata morte, su la

(1)

Fr. 129.

(2) Fr.

131.

rupe

triste sul

77

EURIPIDE

mare

gaudio maraviglioso

vicino,

come tu
schiava Abbi

e tu conducimi,

moglie, sia
tutto;

mi

mare

il

"

Straniero

vuoi, sia ancella, sia

me

piet di

sciogli dai vincoli!

batter difatti

(1).

ketos sorgente da

che soffro
Perseo com"

l'Atlantico

gli s'affoller intorno " tutto

il

popolo

a ristoro della fatica, chi recando


una tazza d'edera colma di latte, chi succo di
grappoli . I principi, " in casa, a torno la tavola
dei pastori

del banchetto

del salvatore

(2).

Si vuoter

Sbito profondo

si

il

xsiog, la

coppa

manifesta, in questa ch'

fondamental intuizione psicologica della tragedia, il progresso rispetto al mito ferecideo. In

la

Andromeda non

quello

valore, che

una fronda

offerto da Cefeo

al

pi, nel suo intrinseco

di alloro o

un raro cammeo

vincitore

Perseo.

La

fan-

mezzo nelle loro mani come vittima


nelle mani di Cassiepea. L'anima le sottratta:
meglio, l'anima non le data. Euripide per
ciulla

contro ne fa il centro della scena plasmandola


d'una sostanza indipendente, la costituisce di
e, conchiudendola in
sensazioni affetti empiti
:

una persona non comparabile con


fuor dalla materia ove

altre, la

crea

giaceva informe. Ella


gitta nell'aria lo spirito sofferente; eia natura
si

mesta

le si accoglie d'intorno nel compianto di


Eco. Ella contrappone il proprio forsennato desiderio di vivere alla sorte tremenda che la vuol

morta

e ogni volto, dal cielo dalla terra dal


mare, la guarda. E quando il giovine eroe giunge,
;

(1) Frr.

132

e 128.

(2)

Dai

frr.

145-148.

II.

ANDROMEDA

menoma e si abbassa dinanzi la sventiu'a di lei: ella chiusa in una


corazza dura di dolore, ed egli supplica. Poi,
tutto sembra invertirsi nel riandar le sue glorie
Perseo si accresce, nel narrar la sua doglia Andromeda si piega in lacrime, e il giovane venuto per l'aria pare alla fine attrarre sopra di
s, ch' per affrontare il ketos, tutta la luce.
Ma parvenza fallace. La vergine lancia al
fervido desiderio del prode il grido della sua
dedizione,
e si afferma per tanto di nuovo,
vivace, nella sua libert che dalla passione forma
il volere, del volere compone il proprio decreto.
La " Maschia che nel primitivo antichissimo
mito ajutava d'opera e di consiglio Perseo contro
la belva, era pi vigorosa corporalmente; non
la divinit di lui si

era cosi forte nell'interiore spirito. Certo, nella

tragedia euripidea, una tanto geniale innovazione doveva sembrare anche anarchica urtando
contro le consuetudini legali e morali della vita
ateniese; e per ci senza dubbio
lare

temiDcrare

agli

occhi

si

dei

dovette vecittadini.

chiaro che Cefeo interveniva in qualche modo,


o prima o dopo, a simulare la sanzione paterna,
e a ricomporre nello

ardita della figlia.

schema giuridico
fine

in questo, l'arte del poeta.

si

la

manifestava

Ma

mossa
forse,

s'ignora.

non fu senza
L'amore della vergine che prima della
lotta trionfale era come offuscato di paura e di
speranza egoistica se ben legittima, dopo si vel
di malinconia contrastando con gli affetti filiali.
" Conducimi con te
dove ?
aveva esclamato
Lontano in Ai'go, in Serif o. Ma ell'era unica al
L'intervento, tuttavia, di Cefeo

effetti.

79

EURIPIDE

vecchio padre canuto e la dipartita ne diveniva


grave, aspra la lontananza era svlta ancora
(da un eroe, sia pure, non dalla morte) alla vecchiezza di lui. Accanto al padre, la madre col:

pevole, vero, del rischio;

madre

tuttavia.

Nel

doloroso contrasto levasi l'appello al dio che


travaglia, a Eros, il quale dovrebbe soccorrere
i

mortali che affligge " Ma tu, tiranno di uomini


non mostrarci belle le cose belle
:

e Dei, Eros, o

o ajuta benigno gli

amanti che penano pene di

E, per tal modo facendo,


mortali non facendo, per lo
stesso insegnare l'amore, tu perderai la grazia
di che ti onorano (1). Calda invocazione che tanto
piacque al pubblico perch nella veemenza dell'amante incontro al Dio della sua passione traspare il profondo gaudio, onde, pur nel soffrire,
non invoca la salute del morbo, ma un ajuto a
tollerarlo. Eros soccorrer nel fatto
l'amore
cui tu sei l'artefice

onorando sarai

ai

vince.

Era ancor questa una giunta di Euripide al


Ma secondaria: un che di convenzionale
la gravava non improntandola il segno del penmito.

siero

ma

parendo scaturir ovvia


Per ci lo spirito delinappagato, volle nutrir d'altro sangue

innovatore,

dalla situazione medesima.


l'artista,

quel dissidio

sorto

dalla

piet

dall' affetto

e dirizzarlo a scopi diversi, pi profondi o pi


larghi. S'innestarono difatti sopra l'analisi psi-

cologica queir ansia pregna di preoccupazione

(1) Fr.

136, leggendo dvjzots al v.

5.

Cfr. VII.

80

II.

ANDKOMEDA

complesso di meditazione
Tuna delle due
poeta e tutta l'opera ma-

politica, quel travaglio


sociale,

che

vedemmo

costituire

tragedie soggettive al

gnificamente arricchire. Quando l'ingegno di lui


crede di aver esaurito per una via la materia
psichica del dramma, una nuova senza indugio
gli s'apre cessa di toccare la pi schietta ma
generica umanit del suo pubblico, per eccitarne
peculiari moti e destarne i singolari interessi.
Parlava all'uomo parla all'ateniese. E, al solito,
:

l'idealismo lo tradisce, conducendolo senz'altro


alla difesa della giovinezza e della passione,

da

seducente
specie: a Perseo e Andromeda fa esprimere il
pensiero eh' egli dilige; a Cefeo e forse a Cassiepea spetta di combatterlo. Qualunque sia la
lui concette e atteggiate sotto la piti

quistione giuridica o sociale o politica di cui

per far cenno, dalla sola impostatura dei termini si comprende che Euripide,
anche una
volta,

aspira a risolvere

pirica col

ma

del

La

buono

non

difficolt

em-

del pratico

dell' utile e

e del bello.

quistione poi

ramente

mano

criterio

una

di due. I

non

sola,

genitori

si

consta pi ve-

della vergine

s'ar-

oltre che dei proprii diritti sentimentali,

congiungimento
trasforma in un contratto economico: nel quale l'eroe detronizzato, e cresciuto
da la piet ospitale, ha troppo palesemente la
peggio di fronte a le ricchezze dell'unica figlia
del fastoso re etiopico. Dice l'un parente " Oro
io voglio sovra tutto avere nelle mie case anche
se schiavo, onorabile l'uomo ricco il libero, bisognoso, a nulla riesce l'oro riconosci causa della
di sofismi ed argomentazioni. Il

degli esseri

si

EURIPIDE

81

Che importa forza

felicit! (1).

di giovent,

importa la gloria immortale, per cui " gi morto, gi sotto la terra, sii
venerato ancora ? Nulla " vano fin ch'uno
viva, l'agio gli giova (2). N basta obiettargli,
con l'esempio recente, che si pu per ricchezze
ardimento di cuore

? clie

tuttavia giacersi nella sventura (3).


Risponde, al ricco anche la sventura esser pi
lieve che al povero: gi che quello non soffre
questo " ogni giorno spase non del presente
venta il futuro, che non sia dell' attuale il dolore avvenire pi grande (4). Il dissidio fra la
fiducia idealistica e il materialismo gretto si assomma in una sentenza " questa delle ricchezze
la maggiore nobili nozze contrarre (5). Euripide ha torto la ragion pratica lo deve condannare, se pure lo asseconda il sentimento. Ha
torto tanto pi quanto che egli ha lo sguardo non
fiorire, e

al singolo caso svolgentesi su la scena,

plutocrazia d'Atene e

alla cupidigia

Ma

ma

alla

immorale

il

fine propostosi dal

tragico non vien conseguito,

un altro lo , pi
dubbio, di irritare

dei suoi concittadini.

dramatico

la piaga, di

se

di far sorgere

stimolare

il

cuori.

La memoria

recente della sconfitta tcca in Sicilia vivo


;

lutto de'

il

numerosi uomini perduti dalle Latomie


giungono an;

di Siracusa gli urli de' suppliziati

cora in Atene
destino;

ma

(1) Fr.

142.

ognuno interroga

l'

imminente

scavano inutili l'aria torbida d'ansie. Su questi spiriti Euripide lasciando

(3)

Fr. 143.

le risposte

(2)

Fr. 154. Cfr. VII.

(4) Fr.

A. Ferbabiko, Kalypso.

135.

(5)

Fr. 137.

82

li.

ANDROMEDA

cader la sua massima morale il suo rigido e


non insegna una via, disgusta del presente cammino.
Nel male generico poi rocchio di lui scorge,
e rileva, un difetto specifico. Nel 451 a. C,
Pequarant'anni circa prima deVAndromeda^
ricle aveva proposto e fatto votare un psfisma,
secondo cui si ritenevano illegittimi (vd'Oi) i
teorico principio, se

nati da genitori di cui l'uno fosse

E
ad

tale legge

non

cittadino.

era durata in vigore di poi fino

attirarsi nel 414 gli strali sarcastici di

stofane. In verit se
tinui fra Aliene e gli

si

Ari-

pensa agli scambii conalleati e gli

stranieri, ci

s'avvede subito in qual forte numero gli Ateniesi dovevano veder diseredati i x3roprii figli e
decaduti a un grado inferiore, solo per aver contratto unioni con donne straniere. Pericle stesso
fu colpito a causa di Aspasia da Mileto. N
solo il sentimento coniugale e l'affetto paterno
urtava quel decreto incresciosamente; ma tutte
le esigenze politi clie gli eran contrarie. Se n
pure la cittadinanza dello sposo poteva far ateniese, per esempio, una donna nata in citt della
Lega marittima, dura e perigliosa barriera si
rincalzava fra gli alleati ed Atene, la quale pur
del loro ajuto di continuo abbisognava, e su la
loro fedele assistenza doveva contare specie durante le guerre infelici. Onde il largo spirito
euripideo, il qual tutto accoglieva che agitasse
la societ de' suoi tempi, si giov dell'attributo
etnico che la saga conferiva ad Andromeda per
riproporre al suo pubblico il quesito scabro. Ad
Andromeda difatti diceva il padre,
o la madre :
" Non voglio che tu n' abbia figli illegittimi

83

EURIPIDE

che, ai legittimi in nulla essendo inferiori, sof-

frono per legge: da questo necessario che ti


guardi (1). L'accortezza artistica di un cosi fatto
mnito pari alla profondit del problema toccato. Perseo accoglie su di s le simpatie non
pur dell'autore si del pubblico, per la sua ge-

nerosa attitudine verso la vergine. Ch'egli proprio


che
sia la eventual vittima della dura legge
la ragion giuridica stia con il cattivo genio della
tragedia avverso il buono trasporta l' uditorio
intiero contro il decreto e gli strappa, non per
raziocinio ma per sentimento, il solenne biasimo.
Aristofane muove a riso se un suo cotale perde
l'eredit a causa del psfisma periclo. Eurij^ide
indigna se fnge Perseo offeso non nell' avere
ma, dopo un estremo rischio, nel giusto compenso d' amore. All' architettura passionale la
scenica doveva corrispondere per modo che non
s'adombrasse alcuno n dell'anacronismo n dell'irrazionaUt (2), di cui qualche mediocre spirito
potrebbe menare grande scalpore.
;

Anacronismo

e irrazionalit era

difatti

mo-

ed Andromeda sotto l'aspetto


di Pericle e Aspasia l'arte forse non

strare Perseo

che so ?
se ne avvide, certo non

li

discoperse.

Ma restano

ben pi
profonda ed esiziale di quella operata dalla ge-

essi indizio

d'un' alterazione

nialit iDsicologica

(1) Fr.
(2)

G.

del mito

ch'era tuttavia

un modo

di

141. Cfr. VII.

Mi piace qui

Fraccaroli

rino 1903).

su

ricordare l'arguto e

L'irrazionale

nella

acuto studio di
letteratura

(To-

84
rivivere

II.

il

ANDBOMEDA

mito, di serrare e appalesare

tramiti

essenza umana e le favolose vicende. Invece, una volta intrusi fini di riprensione politica e di biasimo sociale sopra la trama
della sa^a, essa ne rimane soffocata e asservita.
Eppure il poeta che, a proposito di Perseo e del
ketos, affronta problemi proprii dello statista, non
prosegue se non l'opera del mitologo che, al medesimo proposito, finse l'amore di Andromeda e
quegli immette nel mito
il vanto di Cassiepea
la societ, questi l'uomo e tutt'e due sviluppano
r antropomorfismo contenuto nel primissimo
germe. Si assiste cosi a una penetrazione successiva e graduale del fenomeno solare nella
sostanza umana. Ma quanto pi l'assorbimento
procede, tanto meno il mito serbasi, qual era,
mito di maraviglia cui si presta la fede non razionale ma fantastica: tanto meglio si tramuta
in paradigma d'una teoria logica, in schema di
una tesi politica. In vero, dopo che Perseo divenuto pretesto a un problema giuridico, egli
per diventare l'esempio aggraziato d'una fra
segno che gi l'intelletto
le possibili soluzioni
si preoccupa d'altro. Cosi la saga si avvince alla
vita con nuovi sottili filamenti, che non valgono
per le sue prime rigogliose radici.
Mentre da questo lato la leggenda si profonda
verso la terra, per l'altro richiama al cielo i pensieri. Il religioso spirito di Euripide non manc
di agitare, anche per Andromeda e Perseo e le
vicende loro, i dubbii e le incertezze della fede.
Quanto e come, impossibile dire: solo per barlumi s'intravvede alcunch " Non vedi come
la divinit sconvolge la sorte ? in un giorno rifra la nostra

EUKIPIDE

85

Quegli era felice


volge l'un qua l'altro l
un dio oscur dell'antico splendore: piega
la vita, piega la fortuna con lo spirar dei
vnti (1), " Non v' mortale che nasca felice,
senza che in molto l'assecondi il Divino (2).
;

lui,

ancora:

"

La

Giustizia

Zeus e seder presso

N manca un moto
ha voluto

il

dice esser figlia di

si

(3).

d'ira contro la divinit

che

sacrifizio

di

Andromeda

a Posidone e alle Nereidi,

dromeda

il

"

si

o afflittissima fra

ma

dice ad An
che dopo averti generata,
mortali, ti concesse all'Ade

Spietato quegli

Coro

non avverso
a Cefeo che ha ub-

espresso in forma accorta e velata


bidito loro.

uomini

ai falli degli

"

(4). Di questi frammenti


da cui traggono luce gli altri,
intorno a Dike, la Giustizia
e si compie esso
con un suo analogo, rimastoci della Melanippe
incatenata (5). " Pensate voi che le colpe balzino su con le ali presso gli Dei? e che poi

in favor della patria


il

principale,

qualcuno vi sia per inscriverle entro le tavo'Zeus? che Zeus le vegga e ne renda

lette di

giustizia ai mortali?

L'intiero cielo

rebbe, se Zeus volesse annotare

non baste-

peccati degli

uomini non basterebbe Egli stesso a tutti esaminarli e aggiudicare le pene. Aprite gli occhi
Dike [non l su: ella] qui basso, vicino a voi,,.
Dunque Euripide ha un concetto di giustizia
;

(1)

Fr. 152-3.

condo, Tv al
(3)

Fr. 151.

(4) Fr.

120.

V.

Nel primo leggo (Aolgav


(2) Fr.

1.

Leggo

f^aQziag,

(5j Fr.

506.

al v. 2.

150.

non

TifioQlag.

Nel

se-

86

II.

ANDROMEDA

a cui non vede rispondere n l'opere n i degli pare meglio s' addica la

creti divini, a cui

condotta degli uomini. Per lui v' disaccordo


eDike: questa non pu seder presso
quello. Per lui v' incoerenza fra colpe e pene:
queste mal rispondono a quelle n sempre presso
al " fallo dei mortali abita Griustizia. In verit:
un re felice tramutato in infelicissimo per
l'ambizione di talune iddie un eroe vittorioso
non ha la gioja del premio e deve superare
nuovi contrasti; la figlia punita per la madre.
E pure tutto ci vogliono gli Dei dall'alto. Che
cos' dio? che cosa non dio? che cosa semidio?
l'eterna del dubbio
La domanda angosciosa,
ritorna, e accompagna, in tono mitragico,
nore, il concerto delle passioni eroiche e dei problemi sociali.
Ma cotesto non pi mito. E critica del mito
in quanto esso contiene un ricco elemento religioso. Critica singolare per che insieme atto
di negazione e atto di fede. Euripide accetta la
leggenda, la narra senza alterarne il lineamento
essenziale. Solo dopo si domanda s'essa riveli
un legittimo procedere della divinit. E la sua
risposta ha un sottinteso profondo. Egli potrebbe difatti negar di credere al racconto per
le azioni che vi sono attribuite agli Dei. Al contrario, perch le sente, dopo averle psicologicafra Zeus

mente

vivificate,

umane

e,

come umane,

verisi-

ne fa una base al suo dubbio di filosofo.


una maniera di sceverar, nella fiaba, la in-

mili, se

corruttibile verit,

il

dolore l'amore la morte,

dalla verit caduca, onde sorgono gli aspetti

e le

forme

divine.

Se non che essa verit ca-

87

EURIPIDE

duca non

morta, ha vita in assai

spiriti

an-

cora: quindi la ribellione difficile, faticosa; lo

svilupparsi da' suoi impacci


il

un

travaglio.

tentativo di ripossedere totalmente

il

mito

una rocca resta inespugnata.


Cosi fu adunque, dal genio artistico di Euri-

fallisce;

pide investito
di Perseo e

il

problema che

Andromeda

la

leggenda eroica

offriva al suo magistero.

Della leggenda la sostanza umana fu la pi


riccamente rielaborata quella in cui lo spirito
creatore si profond con la sua potenza d'intuito da un lato, con le sue preoccupazioni di
politica da l'altro; quella per cui l'animo si compiacque della finzione antica, e la godette ricreandola. L'elemento divino fu contemplato con
occhi di esitazione, accettato quasi rassegnatamente. Al di sopra si conservava intanto la patina
eroica, lo splendore delle avventure, la maest
delle figure e dei gesti. Perseo giunge a volo.;
reca il capo di Medusa; trionfa di un mostro
orrendo v' quanto basta perch chi s' appaga
dell' ap]3arenza lo senta d' un' altra specie, im:

mensamente lontano. Non si sa se nella tragedia avesse luogo, come nel racconto di Ferecide, l'ostilit di

Fineo e

certo questo fu, se mai,

il

duello fra

un

due rivali:
non un

fatto di pi,

sentimento nuovo: rientr insomma nella sfera


eroica della tragedia. Ma sostanza
umana, elemento divino, vernice romanzesca non
trovarono la loro sintesi se non nell'unit dello
spirito euripideo
sintesi che non concordia
logica, n armonia estetica si bene vita in angoscioso travaglio nel quale l'intuito psicologico e l'affanno politico e il dubbio religioso
estrinseca

88
si

li.

fondono

gedia.

le

ANDKOMEDA

pel quale

il

personaggio di Perseo,

assommano

la sorte di Perseo

vertice

divergenti

passioni

in

un

dell'

solo vivo

intera tra-

Per comprender questa nella sua forma

poliedrica, per ravvisarla una, oltre le superfcie

molteplici, bisogna aver ricostruito l'animo del

poeta e essersi immedesimati con lui. Con lui


pot identificarsi anche il popolo d'Atene: una
sola volta: quello stesso anno 412 onde nacque
e in cui fu rappresentato il drama. Preoccupato del pari, aveva sotto gli occhi uguali spettacoli, sentimenti simili ne scaturivano. Agli
spettatori come al poeta il fato travaglioso
dell'eroe, audace generoso e mal soccorso dagli
Dei, suscitando il dubbio d'una vera Dike, si
tramutava a poco a poco in un'altra angoscia pi
sorda di spavento chi avrebbe retto e vigilato,
da l'alto, le infortunate vicende della grande
Atene ? Questo Perseo che la leggenda pretende
argivo, si quasi fatto cittadino ateniese dinanzi
gl'inconsci risguardanti, da quando un psfsma
di Pericle viene opposto al suo amore; si quasi
fatto simbolo concreto e doloroso di Atene, da
quando il suo impulso ideale vien premuto dalla
material cupidigia. L'incerto futuro che lo elude
ha la maschera ambigua dell' avvenire che at:

tende, lontano, la Citt confusa.

A lui

definisce

apparendo a predirgli le nozze


con Andromeda, il ritorno in Argo, l'assunzione
in cielo con la sposa e Cefeo e Cassiepea tramutati in constellazioni. I problemi umani della
sua vita sono tronchi da un intervento divino

la sorte Atena,

non resoluti. Onde pi tragico ricade


tanti

il

sugli ascol-

timore per le imminenti sorti

della

89

DOPO EURIPIDE
patria; s'accresce

senso vivace del mistero che

il

regola le fortune terrene.


Se non che Tessersi l'umano,

il

celeste e l'eroico

del mito compaginati negli spiriti di Euripide


e del

primo suo pubblico, non significa che

si

fosser fusi nell'opera d'arte: perch la scissione

pu, nello spirito, comporsi per

il

dolore

me-

desimo di cui causa; ma rende, senza dubbio,


disarmonica la forma estetica che la esi^rimeQuindi l'unit momentanea, non stabile. Le
diverse materie della leggenda si serbano disgregate e inorganiche. E, non potendosi nel
tempo, se non per via di critica, riprodurre identico l'ambiente spirituale del tragedo e dell'et
che fu sua, le innovazioni che al mito ne erano
derivate non accolgono simpatie e non trovan
cultori. Ond' che il drama nella storia della
fiaba rappresent una pausa senza echi.

III.

Dopo Euripide.

Si assiste, nell'ulteriore vicenda del mito, a

lento

ma

spiccato

Fino ad Euripide,

impoverirsi
il

della

un

sua vita.

processo era stato, in vece,

tendenza verso una poliedrica complessit: onde naturalismo e noveldi arricchimento; la

Hstica s'eran da prima complicati insieme,

avevan

avuto giunta dal romanzesco, per attingere il


sommo della pienezza nel dramatico travaglio
del pensiero religioso e politico,

il

vertice del-

l'altitudine nella fine intuizione psicologica. Dopo

90

II.

ANDROMEDA

Euripide, la parabola discende

sino ai confini

d'una pi consueta mediocrit: si che par nel


principio che fuor dalla corteccia non si sviluppi
se non il midollo originario della fiaba, ma si
mostra poi ch'esso medesimo presso che inaridito. Che la saga non ritorna in sua vecchiezza
alle fogge giovanili, acerbe pi che esigue; si bene
lo spirito che negli inizii verso lei convergeva intiero, vie meglio alimentandola nel suo assiduo allargarsi, se ne distrae ora insensibilmente, e si
immerge in altre creazioni. L'impoverirsi della
leggenda di Andromeda parallelo al formarsi
del disinteresse mitico; ed quindi preludio d'un
nuovo stadio spirituale, in cui l'uomo, colmato
a pena uno stampo, prende a foggiarsene e
riempire un altro maggiore.
Il lamento ch' solito allo storico del mito si
deve ripetere ancor qui assai fu perduto che ci
avrebbe di molto giovato nello studio di cosi
fatta decadenza mitica. Non son pi che quattro
gli autori (1), in cui ci ritorni il racconto del ketos;
ma per fortuna rappresenta ciascuno una tappa
:

caratteristica.

Apollodoro, raccogliendo nella Biblioteca con


ancor questa favola, si riconnette a Fe-

l'altre

muove ci , non dalle forme eh' essa


aveva assunte nei pi vicini tempi, ma dalla sua
origine. N vi aggiunge gran cosa al pi, pio-

recide

ti)

Dal numero escluso Igino Fav.

che contiene varianti di

particolari,

d'un propi'io segno la fiaba.

64,

ma

come quello

non imprime

DOPO EURIPIDE
coli insignificanti particolari;

91

qua

e col, quasi

margine, ferma la notizia d' una tradizione


alcun poco diversa dalla ferecidea (1). Chi legga
distratto vi bada a pena. Vi s' indugia sol chi
abbia intenti d'investigazione erudita nel che
si appalesa dunque la caratteristica di questo
strato evolutivo. All'autore che la narra la leggenda morta: cadavere che egli ricompone
fra bende, con qualche cautela, a fin che poco
di quelle membra che furono organismo vada
disperso. E vi sono ragioni pratiche per cui,
nell'opera, si preferisca modello l'antichissimo
compilatore presso il quale gi armonia di
contesto e compiutezza di termini. V', inoltre,
una ragione pi alta, intima alla logica dello
sviluppo storico, onde Euripide dev' essere taciuto la singolare opera di lui non ha vinto, e
la volgata con tutte le sue piccole e grandi varianti oltre; pi sopra o pi sotto, non importa
distinta e prevale. Quindi ben fa chi compila
a lasciar quella in oblio: le compete luogo fra
le produzioni libere dell'arte, non fra le specifiche
della mitopeja; gi che la distinzione deve valere, se mai per alcuno, per il mitografo tardo.
in

Se non che tale aspetto non fu del solo ApolAnche di un poeta. Ovidio mosse del
pari, se pure non nell'atto materiale del suo lavoro, certo nella sfera fantastica della sua mente,
da Ferecide o sia da quelle che in Ferecide
erano le fondamentali intuizioni della saga. Ci
lodoro.

(1)

Cfr.

I.

92

sono

II.

lo

ANDROMEDA

stupore simpatico verso il romanzesco

movimenti nei perpathos sobrio dell' idillio fra i due

la ricchezza dei gesti e dei

sonaggi
giovini.

il

Ciascuna di queste intuizioni

ripresa

e svolta a costituire l'ordito del racconto;

e sol

tanto entro i loro limiti il poeta si concede di


imitare altre fonti, sia pure Euripide.
Il

romanzesco imprenta tutto quanto

il

com-

patto manipolo degli esametri tra la fine del

quarto e il principio del quinto libro nelle Metamorfosi. Sottinteso costante e necessario il
miracolo della potenza oltreumana: dal volo
che conduce Perseo fra i Cefeni, alla virt del

capo gorgoneo che termina l'episodio. In apparenza per Ovidio non se ne compiace con la
maraviglia schietta di Ferecide si tenta di comprimerlo in termini di umanit. E fallacia. Certo,
il ketos
avanzante al feroce convito vien paragonato a nave rapida: onde n' ridotto il confine mostruoso. E Perseo gli piomba di sopra
con l'empito discendente dell'aquila: non insolito
spettacolo. Ed essa belva si dibatte a simi;

glianza di cignale fra cani in torma

scena cui

comune. E lo scoppiar
degli applausi su la spiaggia dopo la vittoria
dell'eroe richiama l'eco dei fragorosi anfiteatri.
In realt, queste similitudini umane riescono una
abitudine

nella

vita

pi sicura esaltazione dello stupefacente:


cessarie perch le intuizioni
dall'indefinito ferecideo, e

si

ne-

concretino, escano

conseguano una pla-

chiusa e viva, che non sarebbe senza il


riscontro consueto e terreno
utili, di pi, per
sticit

creare, di l

del

straordinario e

il

riscontro,

il

contrasto fra lo

normale. Si compie qui, ac-

93

DOPO EURIPIDE

canto a un magistero

vede

particolari e

li

d' arte pi evoluto che


esprime non li accenna,

uno sforzo per accrescere

la distanza di cui se-

parasi la terra dal cielo, la creatura dal semidio.

Gli corrisponde

il

rombo

del verso.

che fine?

metamorfosi che conchiude, in due riprese, il racconto. In quella il romanzesco si


il capo di Medusa
dissolve, come in sua foce
che impietra in coralli le verghe del mare e

Per

la

converte lo stuolo dei congiurati in affoltata


di statue danno una sanzione estrema
a l'inverosimile che precede. Non in egual modo,
a dir vero che ciascuna di quelle trasformazioni ha importanza speciale, n pu valere se
non congiunta con la prima o la seconda delle
scene in cui il racconto si divide.
La prima intorno alla venuta di Perseo, al

marmorea

duello con la fiera, alla vittoria

Novamente da

l'una parte e da

vince con le penne


e

il

piedi

innumeri genti

di sotto

campi

lingua scontasse
le

avesse agitato

IV

le

lasciate,

colpe.

egli si

talari.

av-

arma

D'intoi'no e

scorge

le

schiatte

Ammone

aveva

Andromeda della materna


Lei come l'Abantade vide,

braccia su la dura rupe, se Paura lieve non


i

pianto, opera di

avvampa

cefi. Ivi l'ingiusto

ingiunto che l'incolpevole

avvinta

l'altra

della curva spada

limpido etra fende movendo

etiopiche e

(1)

(1).

capelli

marmo

e stupisce,

vv.

n gh occhi
rapito

665-752. Traduco

(Berlino 1914).

stillato

l'avrebbe creduta.
all'aspetto

sul

testo

di

un tepido
Ignaro ne

dell'apparsa

H. Magnus

94

ANDEOitfEDA

II.

bellezza dimentica quasi d'agitare le penne per l'aria.

"0

Si ferma.

tene,
il

ma

nome

tu

dice

degna non

di quelle che serran fra loro

a chi

chiede rivela della terra e di

'1

perch porti legami

tace ella da prima

Si

volto pudico, se legata

A lui, che

di sgorgante pianto colmava.


svela, perch celar

spesso,
proprii,

nome

il

materna

Ancor non compiuto


sotto

il

loroso

non sembrasse

della terra e

stata fiducia della

avanzando,

di

s,

insiste pi
delitti suoi

quanta fosse

bellezza.
:

petto acqua soggioga. Stride la vergine. Do-

madre

padre, e insieme la

il

ma, come vuole

il

momento,

presente

Non

da

l'ora.

Questa

Di

"

Perseo

rinchiusa Giove

che

si

la-

a porger sal-

s'io vi chiedessi,

Giove e da quella

miseri

pianti e lamenti, e

crime molti giorni vi potranno restare


vezza breve

recano ajuto con

serrano al corpo legato. Or cosi l'ospite parla

nato

risuona

racconto, l'onda

il

belva a l'immenso mare sovrasta, e molta

la

entrambi, pi giustamente questa.


s,

te,

n osa

un uomo delle mani celerebbesi il


non fosse. Gli occhi,
e poteva,

parlare, vergine, a

queste ca-

di

cupidi amanti,

f'

pregna d'oro fecondo; Perseo vincitor della Gorgone


anguicoma,

e per gli spazii etrei

sarei qual genero

latore ardito,

teposto.
fizio,

tante doti io tento di aggiungere

pur che m'assistan

salvata, sia mia, fo patto

vero esitato
il

agitando

?) e

lor regno,

gli Dei.
,.

le

ali

vo-

a tutti, per certo, an-

un bene-

Che, dal mio

Accettano

(chi

valore

avrebbe per

pregano, e promettono inoltre in dote

genitori.

Ecco, quale nave veloce solca col prominente rostro


le acque,

da sudanti braccia di giovini condotta

la fiera, spartendo

con l'empito del petto

dalla rupe distava, quanto del

le

tale

onde, tanto

cielo interposto

possa

Balearica fionda col piombo vibrato varcare allorquando


:

DOPO EUKIPIDE
d'un sbito
alto

si

il

giovane, da

l'ombra

fu vista

respinta la terra,

piedi

Come

leva verso le nubi.

95

sommit dell'acque

alla

contro la vista

dell'uomo, s'infuria

ombra la belva. E come l'uccel di Giove, vedendo che


nel campo sgombro un serpe al Sole le livide terga
concede, da dietro lo afferra, perch la nefasta bocca non
torca, e figge i bramosi artigli nella cervice squammea;
cosi con volo rapido a piombo calando pel vuoto, della
fremente oppresse

fiera

le terga, nel fianco

chide le nascose

il

da grave

ora eretta

ferita,

ferro, fin

dove
si

aderge

asconde nell'acque, ora voltando


fiero cignale

cui

le

fianchi

la

ora

si

avventa a guisa di

si

l'ale veloci

gli

morsi

avidi

terga soprasparse di cave conchiglie, adesso dei

dove

margini, adesso

termina in pesce, ovunque


con

Laniata

nell'aria,

la turba de' cani latranti d'intorno

spaura. Egli causa con

adesso

destro l'Ina-

ricurvo (1).

spada

falcata.

si

la

tenuissima coda

porga

indifesa,

si

flagella

La belva da le fauci vome i fiotti


Le penne asperse s'appe-

misti con purpureo sangue.

santiron madide

zuppi

a'

talari,

n Perseo osando pi oltre

scorse

uno scoglio che

col

affidarsi

supremo

vertice l'onde supera chete, coperto da l'onde agitate.

quello poggiato, con la sinistra della rupe tenendo

gioghi estremi, tre quattro volte inferisce la spada nei


fianchi colpiti.

D'applausi

il

clamore riempie

la spiaggia

le

su-

perne case de' Numi. S'allietano, lo salutano genero, ausilio della

(1)
"

schiatta e salvator io proclamano, Cassope e

Per avere una idea precisa della

falcata

di

Perseo

{curvo tenus hamo)


d.

Gr.

ti.

si

veda

"
spada ricurva
comprendere il v. 720
disegno in Roscher Lexicon

per

e
il

R. Mythologie III 2 (Leipzig 1902-9) pag. 2053-4.

96

ANDROMEDA

II.

Cefeo padre. Sciolta da


della fatica e causa e

purifica le vincitrici

l'arena

il

catene s'avanza la vergine,

le

premio. Egli in acqua

mani

capo gorgoneo,

f'

attinta

perch dura non offenda

molle di foglie

il

terreno,

virgulti distese nati nel mare, e sopra vi pose la testa


di

Medusa Porcinide.

Il

recente virgulto, dal succoso

midollo ancor vivo assorb la forza del mostro, al contatto di questo fu duro, nelle fronde e nei

rigidezza inusata.

mu-abile

Ma

sperimentan

fatto in pi verghe e

ripetersi uguale.

con gaudio

Poi che di quelle

l'acque, ancora ai coralli

la

rami assunse

le ninfe del

stessa

il

mare sasso

lo

il

vedon

semi sparser su

natura rimasta,

che dal tocco dell'aria ricevan durezza, e

verga nel mare, sopra

pelago

ci

ch'era

diventi.

Seguono le scene di festoso tripudio cui s'abbandonano con Cefeo e Cassiepea i Cefeni tutti.
E si termina, col libro quarto, il primo episodio,
per s stante, del mito.
Chi lo cerchi pi a fondo, deve soffermarsi
sopra il dialogo fra Perseo e Andromeda, fra
Perseo e Cefeo con Cassiepea. Vibra, ivi, il sentimento attorno cui Ferecide aveva trovato raccolta la fiaba del ketos.

Un

Ma,

si

direbbe, in sor-

che d'ignoto par che l'attenui come


d'un velo. Cosa non senza maraviglia, giustificandosi tutto il successivo evento appunto dal
sorger dell'amore in Perseo e dalla promessa
del padre. Anzi, se l'origine dei coralli il
vertice avventuroso del racconto, questa scena a
l'inizio dovrebbe esser il perno sentimentale o,
meglio, umano. Ora in ci a punto la causa
del poco rilievo concessole dal poeta. Il suo
senso d'arte l'avverti che questo poteva divenire
dina.

97

DOPO BURIPIDB

elemento disgregatore, una disarmonia neltramut in accordo nuziale. I due protagonisti impiccioliscono visibilmente: ella s'induce a rivelare allo straniero il
perch di sua xDOsitura " a fin clie non sembri
celare colpe sue proprie , e accusa la madre:
egli sciorina dinanzi ai piangenti genitori, mentre
la belva avanza e il terror tragico martella i
cuori, i proprii titoli, quelli per cui si ritiene
onorevole genero al re. I pi generosi appajono,
poveretti, quei due vecchi che di tutto cuore
danno, con la figlia, il regno! Si che l'artista
fu, in questo argomento, volubile n gli soccorse
alcuno di quei fini tratti di psicologia di cui
capace in altri casi. I soli accenni pi appropriati
"iin

l'opera: e la passione

toglie a Euripide:

tali lo

stupor del veniente

pudore silenzioso della


vergine. Ma deliba a pena il calice, e l'ampiezza
numerica della forma cela l'esiguit della intuizione. Il romanzo gli ha, non pur scemato, ma
un poco anche guasto la vita.
Dopo che tra grande esultanza si sono raccolti
a banchetto nuziale il re e la regina con la
figlia e il genero nuovo, si fa innanzi Fineo. E
l'uomo di Ferecide: il fratello di Cefeo gi fidanzato con Andromeda il quale non ha avuto il
Perseo per

l'aria, e il

coraggio di liberarla col proprio rischio


ma
tenta ora di riaverla quando il ketos ben
morto.
;

Mentre

fra

mezzo

alla

schiera

cefena

quell' im-

prese (1) l'eroe danaejo racconta, gli atrii regali riempie

(1)

Le precedenti sue avventure

A. Ferbabino, Kalypso.

le Graje,

Medusa,
7

ecc.

98

una turba fremente


alle feste nuziali,
i

ANDROMEDA

II.

sorge un clamore, non di canti

ma

d'annunzio a feroce contesa.

conviti mutati in sibiti tumulti potresti assomigliare

commosse

a golfo che, quieto, sollevi in onde

la fervida

rabbia dei vnti.

Primo Fineo
"

tra quelli, temerario autore della

Ecco

dice

pita sposa.

ecco,

mi avanzo a vendetta

me

Cefeo opponeva

"

(1).

Che

lui clie

tentava scagliare,

qual mente

fai ?

furiato al delitto ? tale grazia

si

rende a

te,

La quale

ma

ritolse, se

l'aspro

Ammone, ma
farsi satolla

nume

quella

tu cerchi

belva

mie

quand'era a morire. Se non


brami, che muoja, e

lei

grandi ?

vero,

ma

ch' sal-

non Perseo
corngero

il

mare che veniva per

del

viscere

delle

il

Nereidi,

delle

spinge in-

ti

ineriti

con questa mercede compensi la vita di


a

della car-

n sottrarr Giove

te le penne,

in falso oro converso

vata

con-

agitando un'asta di frassino con bronzea punta,

tesa,

Allora

se,

rapita

del nostro dolore.

t'allieti

ti

fu,

crudele, ci stesso tu

non

basta che nel tuo cospetto ella fu avvinta ? che nullo


soccorso recasti, tu sposo, tu zio

che fu da taluno

carpisci

salvata,

gli

in oltre,
il

ti

duoli

premio

Questo se a te grande paresse, da quegli scogli dov'era

Ora lascia che quegli il qual


non orba questa vecchiezza, si

affisso l'avresti richiesto.

lo richiese,

pel qual

porti quanto con opre e parole pattu

come

lui s'antepone

Non

(1)

cede Fineo

non a
a'

te,

ma

comprendi

una morte

consigli del

sicui'a .

fratello, anzi

forse inutile ricordare che, secondo

il

mito, Zeus

avrebbe generato Perseo (sopra pag. 94) cadendo dal soffitto in forma di pioggia aurea nel grembo di Danae.

DOPO EURIPIDE

99

comincia il combattere. E il racconto si distende


lungo per circa due centinaja di versi che la
battaglia seguita ne' suoi particolari con abbondanza di nomi di persone di gesti. Il tumulto grande (1).
:

Le congiurate

"

la

namente pio suocero,


son

favorevoli,

prevaleva

turba

con

la

ancora

dura

soccombere

vide

madre

per

il

va-

nuova sposa,
gli

Ma

atrii.

gemito dei caduti

il

Per quando

"

la lotta.

valore,

il

la

riempiono

d'ululato

suon dell'armi

il

poco

Per

mi

d'ogni lato combatton

schiere

causa che impugna inerito e fede. Per questi

Perseo

"

alla

Poi che

costringete voi stessi, ausilio richieder al nemico.

Rivolga

viso chi, propizio, presente

il

capo della Gorgone.

"

Cerca un

e trasse il

che

altro,

tuoi vanti

commuovano! esclam Tscelo; ma, mentre con la


mano apprestavasi a scagliare il dardo fatale, in tal
rimase

gesto

statua

di

marmo

,.

All'ultimo

pro-

dopo assai altri come Tescelo irrigiditi dal


mostro meduseo, lo stesso Fineo. E implora " Vinci,
strato,

Perseo

allontana

trante della tua

Non
la

odio

sposa

ci

mostri, togli

fieri

Medusa, qual che

spinse a contesa, n

movemmo

le

armi

fortissimo, fuor

me! tuo

resto

il

risguardare
rispose

"
:

Ci

30-235

sia .

quello

che,

posso, ed al vile

(1)

ti

ardiva

capo impie-

Togli,

brama

di

ti

prego.

regno

per

migliore fu la tua causa

Non m'

per opre, pel tempo la mia.


Nulla,

si sia.

il

grave di cedere.

che quest'anima concedi a

lui,

cui

che cosi parlava, n

con

timidissimo

dono ben grande,

la

la parafrasi dei vv.

pregava,

voce

Fineo,

concederti

lascia

150 sgg.

il

timore.

lOO

II.

ti

ANDROMEDA

conceder: da ferro non sarai violato. Che anzi

vo' darti

un monumento che duri perenne

e sempre,

nella casa del suocero nostro, sarai guardato si che la

mia sposa da l'imagine

del fidanzato abbia conforto

lo impietra.

Cosi la vasta e agitata folla che nel principio


la scena si tramuta in un popolo
rigido di statue, di cui ciascuna serba, nella fissit, un gesto di vita. Ed qui a punto il cardine del secondo episodio mitico: efficace trapasso per il quale la compiacenza ferecidea
verso la riccliezza del movimento e l'ampiezza

commoveva

dell'azione

si

sublima in motivo

di

armoniosa

Che quasi esclusivamente merito


Ovidio; come di quello che, sviluppando a

bellezza.

di

tutta la seconda parte della leggenda, la equi-

con l'ampUarne, ai due estremi, il combate la metamorfosi. Ma non fu pago a tanto.


Inser nella sua materia anche la nobile fede
di Cefeo che si oppone al fratello esortandolo
a giusta pace, e l'ironia ultima di Perseo non
priva di malignit n di un grossolano sale.
Se bene gi questa non era una giunta che compiesse, si pi tosto una intrusione che alterava,
il jDoeta volle perseguir fin nelle minuzie anche
le vicende della contesa; e tradusse il duello in
una battaglia omerica;
cadendo nella pi

libr

mento

stucchevole prolissit.
rico

Non

fu ricco,

ma

pleto-

non diverso, si bene monotono. Nella scialba

sostanza impresse poi, su l'inizio e su la fine,


senza garbo n acume, tracce d' umane passioni. Della cui banale mediocrit s' intende
quindi il motivo fu necessario all'autore inspes:

101

DOPO EURIPIDE

sirle per ottenerne un qualche rilievo da 1' immenso piano uniforme dello sfondo. Sola, or qui

or l, la perizia tecnica foggia il verso con


eleganza; e varia musicalmente il ritmo. Nell'insieme, sopra un ben intuito fondamental contrasto, lo sforzo d' esser profondo deforma e
rigonfia gli elementi dell'opera.
E ricordiamo. Contrario ci apparve il difetto

nel primo episodio: volubile superficialit psicologica accanto a larghezza romanzesca. Ma analogo nella sua radice. Nell'un caso e nell'altro
il poeta non ha colto il cuore del mito, n ha,

da quello, vissuto il mito. Altrimenti, egK non


avrebbe errato il suo respiro coinciderebbe con
il respiro della fiaba. In vece, essa gli fu estranea
pagina fredda di volume svolto. Il suo interesse
la tent con approcci successivi, e di ciascuno
rimase una traccia: ora piacque l'analisi psichica,
ora la smaglianza dell'avventura, ora l'agita:

zione bellicosa;
Euripide,

Omero

in
in

possibile imitare

parte fu
parte.

Mai

per, in alcun

punto, l'interesse divenne simpatia, tanto

meno

amore. Sembra che la leggenda uncini con tutte


le molteplici sue bellezze uno spirito stanco, che
reagisce pigramente se ben non dorma ancora.
In realt lo spirito distolto vive altrove.
;

Un

secolo e

mezzo dopo,

il

pensiero

umano

molto lungi. Ha nel trattare il mito una grazia


nuova,
lucianesca . Ecco il quattordicesimo
dei Dialoghi marini di Luciano. Le nozze di
Perseo e Andromeda si stan celebrando il ketos
a pena morto. In non si sa qual recesso del
mare Tritone e le Nereidi cambian fra s
''

102

ANDROMEDA

II.

quattro ciance. un mormorio di donnicciuole


con un rivenditore del mercato. L'uno d le

fanno attorno,
e ov' la
con moti curiosi: ora
questa ora quella alza la voce le compagne in
tanto ascoltano con stupor muto. Sono ignare
de' pi recenti fatti, e l'amico li ha appresi origliando. L'eco della terra par muovere da una
notizie

l'altre gli si

bellezza

dei

volti?

Ma

lontananza.
Tritone e
Tbit.

contro la

la terra presente (1).

Nereidi.

le

Quel vostro ketos, o Nereidi, che inviaste

Andromeda, non

figlia di Cefeo,

danno alla fanciulla come


esso medesimo.
Ner.

come

Da

chi,

credete,

o Tritone

sca la vergine, lo

Trit.

mare

Ma

No.

Perseo,

nell'arca insieme

di

non

f'

forse Cefeo, esposta

voi conoscete,

bambino

il

solo

fu ucciso gi

assalse ed uccise,

dolo in agguato con molti guerrieri

ma

attenden-

credo o

Ifianassa

Danae, che fu cacciato sul

con la madre ad opera del nonno

e che per compassione di loro voi avete salvato.

Ifian.

un giovine
Trit.
If.

So

dato
presa
If.

perch, o

ci

Vi

contro

sia

le

il

ketos.

Tritone

non questo compenso

doveva.

dir tutto,

come avvenne. Egli

Gorgoni per compiere

dopo poi che fu pervenuto

Come, o Tritone

pagni? che altrimenti

(1)

suppongo che ora

parli:

Egli uccise

per vero egli


Trit.

di chi

molto prode e bello di aspetto.

fu

man-

al re quest'im-

in Libia...

solo ? o conduceva

la via difficile.

Testo del Jacobitz (Lipsia, Teubner, 1881).

com-

103

DOPO EURIPIDE

Tbit.
d'ali.

Traverso

l'aria

Quando dunque

Atena

aveva

lo

fornito

fu pervenuto l dove dimora-

vano, esse dormivano, ritengo, ed egli pot tagliare

capo a Medusa

If.

dabili

Ma come

o pure

di esse.

Trit.

guardava

le

Atena

sono

difatti

non vedr

chi le guardi,

inguar-

dopo

altro

col porgli innanzi lo scudo (queste

cose udii ch'egli raccontava di poi ad

Cefeo) Atena

il

scapparsene a volo.

dunque

Andromeda

vedere l'imagine di Me-

gli diede a

dusa su lo scudo risplendente, come sur uno specchio


allora egli aflPerrata con la sinistra la chioma,

riguardando
destra

nell'imagine,

capo

il

di lei, e

con

recise

prima che

la

falce

le sorelle

si

sempre
nella

destas-

sero vol via.

Come

poi

giunse a

questa spiaggia d'Etiopia, gi

basso su la terra volando

scorge

Andromeda

esposta

sopra una sporgente rupe, infissavi, bellissima, o di


sciolta le chiome,

seminuda

prima, compassionando la

causa del supplizio,

ma

assai

sotto

sorte di

lei,

seni

dimandava

!,

da
la

a poco a poco preso da amore

(bisognava pure che uscisse salva la fanciulla) decise


di soccorrerla. Fra tanto il ketos avanzava pauroso
come per divorar Andromeda
e il giovine, pendendogli di sopra, e brandendo la falce, con una mano lo
colpi, con l'altra gli mostr la Gorgone e lo fece pietra:
la belva tosto mori e divenne rigida in molte membra,
quante avevan veduto Medusa
egli sciolse i vincoli
;

della vergine, e

porgendole la

mano

la

sostenne mentre

scendeva in punta de' piedi dalla rupe sdrucciolevole;


e

in

ora celebra le nozze nelle case di Cefeo e la condurr

Argo

cosi che in

luogo della morte

ella

trov un

marito, e non comune.


Ir.

Io

gi

dell'avvenuto non

mi sdegno; che

104

li.

colpa di

DoB.

aveva

fatti

menava vanto

ANDBOMBDA
noi la figlia se la

verso

e riteneva d'esser

Ma

in

tal

pi bella

madre

modo, come madre, avrebbe

sofferto per la figlia sua.

Non rammentiamo pi tali cose, o Doride,


una donna barbara ciarl un po' pi del giusto.

If.

se

Basti, a

vendetta, cbe

nostra

fu

spaventata per la

Rallegriamoci dunque delle nozze.

figlia.

Certo, la terra presente.

sottintendono

e, pi,

interlocutori. L'arte di

nei gesti che

si

nei confini mentali degli

Luciano

li

designa con

perizia finissima nelle varie domande chemuovon


le Nereidi. Da principio, annunziata
morte del ketos, suppongono, com'era pi
semplice, un agguato di Cef eo. No fu Perseo
il primo ingresso dello stupefacente. Perseo
s'era recato in Libia. E quelle pensano a una
che altriregolare spedizione con compagni,
menti la via difficile . Ragionan bene; ma,
per altro, Perseo volava nuova maraviglia.
Or egli aveva, prima, ucciso Medusa. " Ma come
la guardava?! . L'inverosimile al colmo. Da
quel momento Tritone pu continuar ininter-

a Tritone

la

^'

continua; ma svela, in un suo breve


improvvisamente, l'importanza di quelle
interrogazioni. Perch Perseo fu " preso da
amore per Andromeda? Risponde: " bisognava
salvar la fanciulla . Tal motivo non vale per
l'animo dell'eroe, che in esso quella non causa
sufficiente e appropriata bens smaschera l'artificio del mitologo, e mostra la passione inventata a giustificare la salvezza della vergine.
rotto.

inciso,

una

critica

genetica,

diremmo

oggi.

Ed

105

DOPO EDRIPIDE
la stessa che
di Nereo. Il

avevan fatta, pi coperta, le figlie


dono delle ali rilevato come stro-

mento mitopeico perch Perseo potesse recarsi


l'astuzia dello scudo, come mezzo artefciato ad eliminar in Medusa quella medesima
in Libia

che le si soleva attribuire


deduzione implicita,
ci fu una
interessata volont, la qual condusse con varie
furberie il giovine in Libia e contro Medusa e
fra gli Etiopi. Dunque il mito favola che imagin taluno. Passo a passo i colpi son recati,
fin che la leggenda non ha pi una base di fede,
si una di scetticismo sorridente e maligno. Onde
si appalesa fittizio lo stupore crescente delle Nereidi dinanzi all'avventura: per che il pensiero
da cui sono animate , non cosi ristretto da non
concepir l'insueto, ma largo a bastanza da negarlo. E nell'ultime parole la larghezza si accresce d'un contenuto morale estrema vetta di
nefasta

Dunque,

efficacia

non era giusto


materno fu molto
che Cassiepea avesse a temere tanta sventura
n dovrebbe importare a Dee la gara in bellezza
d'una donna barbara con loro. Son questi, si,
cotesta saliente bellezza d'arte

colpir la figlia per Terrore

ancor gli attacchi che al mito avrebbe mossi la


di Euripide; ma la tragedia

coscienza etica

manca, n pu sussistere adesso. La fiaba stata


svlta da l'anima, e respinta al di fuori
onde
il biasimo tocca alcun che di esterno, non logora
;

il

cuore stesso dell'artista.

Come un luogo comune


retorica

l'aveva

Astronomiche^

dell'ornamentazione
per le sue

sfruttata Manilio
a proposito

delle

costellazioni

106

II.

ANDROMEDA

denominate da Perseo e da Andromeda.

Ma

senza vigoria originale. E difatti in cotesto uso


(non importa se anteriore nel tempo) assai men
vita leggendaria che nello stesso Luciano: nel
quale l'intellettual sorriso della critica tuttavia indizio di un sopravvissuto interesse, come
a passato recente e sentito ancora. Manilio per
contro segue l'andazzo letterario, e non illumina
n pure con la luce della sfera pi alta le tenebre deir ormai superata. La conversione dei
personaggi in astri, che presso Euripide era
giunta a troncare ardui problemi dello spirito,
diviene qui lo spunto, donde il raccnto si diparte le anzi asservito il racconto medesimo,
il quale nella mente all'astrologo imbelletta la
pseudo scienza celeste, che di Grecia aveva trovato favor di accoglienza fra i Latini (1). Si
che qui si misura, con precisa esattezza, il re:

gresso dell'efficacia leggendaria.

N Luciano n Manilio accennano a Fineo.


Se per ci si connettano con il tragico che,
non gli aveva trovato luogo nel drama,
forse,
non a dirsi. La natura del tema, in entrambi,
giustifica il silenzio: che Fineo non divenne
astro n ebbe attinenze col ketos. Per contro
notevole che non essi, come non Apollodoro n

Ovidio, accettano la Andromeda euripidea. E


per chiaro motivo. Creata quella nel momento
del culminante interesse pel mito, scompare di

(1) Cfr.

M. ScHANZ Geschichte der romischen Litteratur^

(Miinchen 1913)

II

2 pagg. 28 e 37.

DOPO EURIPIDE

107

poi con lo scemarsi della simpatia traverso le


posteriori vicende del pensiero.

Nel sommo della

parabola, che segna lo sviluppo di questa leg-

genda, sta adunque una singolare originalit


ch' in contrapposto ad un tempo con gli stadii
precedenti e con i successivi. E una singolare
ricchezza psichica, che dell'originalit la causa
diretta.

CAPITOLO

III.

La Demetra d'Enna

1.

Enna:

nome

(2),

non lungi a un lago

cui

Pergusa e di Pergo era nella


sopra una larga groppa dei monti

il

antichit,

Erei

mito siculo.

Il

nell'interno della Sicilia, a presso che

mille metri sul mare,

oggi

^^l

di

onde, traverso l'aria diafana delle au-

rore e dei tramonti settembrini, le pupille be-

vono, oltre le giogaje lungo le valli e

tortuosi

dorata luce dei piani. Demetra genitrice delle biade, Cora-Persef one figlia
solchi dei fiumi, la

(1)

Per questo capitolo

di cui nelle
(2)

v.

note successive

Vlndagine in libro
si

citano

La descrizione d'uno straniero

strogiovanni, das alte

Henna

II

cap.

II,

0.

Rossbach Ca-

in Sizilien (Leipzig 1912).

Ilo

III.

LA DEMETRA d'bNNA

lei, Trittolemo dall'aratro, vi avevano negli


anni di Cicerone templi statue culto. Le donne,
cui talune cerimonie eran riservate, vi salivano

di

forse dai paesi vicini; tutte fin da

Panrmo da

Drpano da Catana da Camarina da Siracusa


da l'Etna vi lasciavano giungere certo il pensiero divoto, supplice per la famiglia ed i campi,
timoroso

vendette divine: per


Dea, la quale nume ad un tempo
del matrimonio e delle spighe, sembrasse vegliare su l'intiera isola, e proteggere l'isolane
in casa, gl'isolani su le glebe. Di quella religione
l'oratore romano vantava, nell'arringa scritta
contro il mal governo di Verre, l'origine antichissima ivi nate le Dee, ivi vissute e viventi
ivi dall'et vetuste le case dei numi ed i riti
sacri. E l'antichit asseriva riconosciuta da ogni
popolo senza contrasto (1). Contrasto certo non
sussisteva, in Sicilia, ove al santuario ennense
si guardava, come a reliquia dei tempi, con un
profondo rispetto, che le arcane leggende dei
primordii rendevano pi intimo e sentito.
N la memoria secreta del popolo o il suo
pronto intuito di fedele s'ingannavano. Da poi
forse,
che,
la Storia oggi, molti nessi ravvisando e molte trasformazioni che s'ignoravano
allora, riesce a dare un pi saldo fondamento
alla credenza di quei Siciliani, un contenuto
meglio ampio al loro ricordo; se bene diffcilmente serbi la grata bellezza poetica di cui insieme erano pregnanti religione e mito.
dell'ire e delle

elle di l la

(1)

CicER. in Verr.

IV

106.

IL

cosi

111

MITO SICULO

probabile che gli avvenimenti seguissero


(1).

Enna, nella sua forte positura montana, da


presumere fosse uno dei luoghi ove gl'Italici
appartenenti alla trib dei Siculi ebbero a cercar
rifugio sul finire dell'et micenea, nel sec.

avanti

l'ra.

Le

coste, pi

IX

agevole sede, eran

divenute mal fide per l'incursione dall'Oriente


di predatori troppo ben armati perch fosse riuscibile la resistenza. Sotto l'irrompere dei violenti s'era per alcun tempo spostato verso l'interno il processo evolutivo che, non senza influssi
esterni e tal volta notevoli, durava fin dall'et
eneolitica. E sulle vette dei monti si stratificava
fino a cristallizzarsi

la

vita

civile

dei Siculi

prendeva consistenza anche


il pensiero religioso, con la leggenda divina che
n', fra gli Arii, foggia consueta. Per disavventura, dagli scavi archeologici noi siamo assai
meglio informati su gli oggetti delle pi vetuste necropoli e su gli stili loro, che non su la

tra cui, com' ovvio,

maturit mentale, su gli di, su le fiabe, di


questa trib in quell'epoca. Ci manca, sovra
tutto, qua! si sia testimonianza atta a fermare

una

caratteristica dell'intelletto siculo antichis-

simo la quale valga a contraddistinguerne, p. es.,


quelli dei popoli affini nel Lazio e
i miti da
nella Grrecia. L'affinit concede bens volontieri
l'analogia; ma questa deve, sobria, fermarsi a
linee sommarie e incompiute.
Per ci la congettura ancor che acuta lascia

(Ij

Cfr. 1 e III.

112

III.

LA DEMETRA d'eNNA

intrawedere, se cauta, poco. Gl'incunabuli delche insieme ammaestra a sparger

l'arte e scienza
il

seme

nelle zolle e stringe

vincoli dell'isti-

comune che
gl'Indoeuropei dividendosi recavano seco traverso
le regioni dissimili. Agricoltura e famiglia, vie

tuto familiare, erano stati

il

tesoro

meglio possedute e costituite col cessar del nomadismo, avevano per s pi e pi secoli di
trionfo nell'avvenire
costituivano, con la loro
celata forza e importanza, due poli essenziali
nella vita presente. Essenziali e magnetici tanto,
:

da

attrarre parecchie fra le

medesime

divinit

della luce e del cielo, e sopra tutto fra le divi-

mente
non averne compreso
non palese bellezza, cir-

nit delle tenebre e di quella morte, che la

bambina

dei primitivi, iDer

il profondo valore e la
condava di ombra nelle celate viscere della terra
ove scompajono i corpi di uomini'ed animali.
Di questi due poli religiosi seguire a ritroso
la progressiva formazione, conduce a origini tra

s lontane. Il naturismo che venera l'albero e


sasso,

il

ruscello e la zolla, la spiga del grano

il

l'animismo, che poi se ne evolve, e adora lo spirito del sasso e la potenza del seme il pi maturo pensiero che, in fine, riesce a foggiarsi di
;

tutta la terra

biade:
cisi,
bili,

ci

una

divinit

riassumono,

sola o di

e nelle loro sfumature assai

tutte le

nei loro gradi pi re-

la storia sintetica del

meno formula-

Nume

agreste,

il

quale tutta la vita degli agricoltori accoglie e


disciplina intorno al suo proprio culto. un'ascesa dalla pianta al dio, dalla terra al cielo
un germogliare della credenza su da quel suolo
cui si richiama.
Altra via tien la famiglia
:

IL

113

MITO SICULO

nel venerare i suoi iddii. Il vecchio padre, che


morto dopo aver in vita esercitata la suprema
autorit su le mogli e

figli

ed morto

la-

sciando nella dimora le cose tutte che gi furono


segnate del suo possesso e cedendole ai successori insieme con le vendette da compiere e gli

da esaurire; ed morto spezzando con

odii

timo

compagine che

l'ul-

raccoglieva intorno a lui e sciogliendo i suoi nati dal vincolo


che li legava per la sua difesa rappresenta con
la scomparsa un troppo profondo evento, j)erch
l'ombra di lui non debba venir placata dai nealito la

si

poti,

suo

il

nome

di

"

Padre

ripetuto.

quando, anche qui, la intelligenza divien sensibile ai nessi, e i padri delle diverse famiglie si
accostano si penetrano si fondono nella simiglianza della lor figura, la divinit del Padre

prossima a precisarsi. Prossima,

fluire

su l'altre simili della

matriarcato

j)ure,

a in-

Madre (ove anche

le sia al tutto estraneo) del

il

Figlio

presuppongono per sensi


gran lunga pi svilupx3ati e squisiti
diversi membri della famiglia. Cosi l'uomo
che s'era sminuito tra l'ombre, si addensa

della Figlia; le quali


d'affetto di
tra

vivo,

di luce: si scioglie dal suo

in sintesi,

proprio sepolcro;

e,

protegge per la sua parte la vita fa-

Ed processo comparativamente recente,


pensa all'istituto e agli affetti che lo precedono; ma comparativamente vetusto se si
pensa alla non piccola serie di alterazioni cui
gi andato soggetto in poemi antichi come gli
miliare.
se si

omerici.

Ma,

se la

formazione originaria degli iddii

agresti su dalla natura diversa


A. Febeabino, Kalypso.

da quella dei
8

114

III.

LA DEMETRA d'eNNA

familiari su dalla morte


due, attinenze.

Che

il

influiscano

de' divini

non mancano

culto dei morti e

l'uno su

l'altro,

tra le
il

culto

vicende-

volmente, ben noto. Ma nel caso speciale


anche pi efficace influenza vi doveva essere.
Per che la terra sola faccia (se fecondata dal
cielo) prosperare il gregge ed i figli,
la famiglia, in somma. Il campo dell'erba e quel
delle biade son la ricchezza; perch sono il nutrimento la salute la vigoria, de' buoi e delle
capre l'uno, di uomini e donne l'altro. Il padre
vivo ha gittato il seme e ha fatto che s'indorasse al sole la spiga; il Padre morto, perch
protegga i suoi che lo placano e pregano, deve
tener lontana dal grano la tempesta e la rubigine,
e provveder che carestia non affami gli agricoltori.
Antica accanto a questa, ma anche
maggiore, l'attinenza tra il concepimento e la
nascita dei figli per opera delle madri, e il germogliar dei semi in seno alla terra riflessi a
pena diversi d'un unico miracolo, cui i primi,

se

non

primissimi, uomini apersero gli occhi:

la conservazione e la rinnovazione

seme

Omero

in

Febo a Lajo:

in Euripide,

perenne di

"

Schiatta senza pi
la schiatta che muore. Dice,

quel mistero ch' la vita.

"

re,

non seminare

talamo mapu sembrare un antropomorfismo


capovolto
una figurazione dell'uomo a simiglianza della terra. Se non che, in realt, deve
pi tosto dirsi una tra le forme dell'antropodi figli

ritale

il

(1).

tuo solco

e intende

(1)

Biade

303, Euripide Fenici 18.

il

IL MITO SICULO

morfismo, per cui

il

fenomeno naturale assume,

nel cielo o sulla terra


dell'atto

Taria,

dopo

il

tra le

115

o nella terra, l'aspetto

umano: cosi che Zeus, nell'alto delpadre della pioggia, e i campi hanno
raccolto un abbandono puerperale. E

forme questa appare certo antichissima:


psicologicamente, sembra tosto

perch, anche

suggerita alla fantasia dalla frequenza periodica


e dalla importanza, tanto della generazione

umana

quanto della produzione terrestre e


contraddistinta da una elementare
semplicit, che la rende compatibile con uno
stadio civile ancor a bastanza involuto. E ad
ogni modo,
come principio ad effetto,
forma anteriore a quella teogonia che figura
gli Dei a s costituiti, come gli uomini, in famiglie composte da genitori e figli, da parenti
ed affini.
Or come per un lato le divinit dei campi
e della famiglia si avvicinano e fan intimi i lor
nessi, cosi per l'altro i Numi della terra feconda
richiamano al pensiero quelli che sotto la terra
regnano su i morti. Sotto la terra sta nascosto
il seme per lunghi mesi; sotto la terra profondano le radici gli alberi, e ve le abbarbicano
con tanta forza e tenacia che duro abbattere
una quercia; sotto terra scompaiono tal volta
alcuni tra i fiumi; da la terra sgorgano polle,
che l'uomo ignora dove abbiano origine, e dissetano del pari la bocca dei bimbi e i grumi
inariditi del suolo. Nelle viscere che inghiottono
il corpo dei morti si svolge un mistero tenebroso,
di cui si scorgono al sole pochi segni la vicenda
della spiga, ad esempio, matura e granita, che
perch

116

III.

LA DEMETKA d'eNNA

indugiata prima tra i meandri terrosi, e ad


deve in parte tornare di poi. La Dea che
la protegge e ch'essa rappresenta forse sa gli
Dei inferi forse sanno. Ed ecco l'attinenza fra i
s'

essi

due, diversi.

Quanto per sono facili rapporti fra la zolla


feconda e l'invisibile profondit sotterranea,
tanto, e pi, sono palesi tra il campo ed il cielo.
La luce del Sole, la pioggia delle nubi danno
forza e colore, spirano nella vegetazione la loro
secreta virt. Dopo che il tralcio ha forato la
crosta del suolo, e s' vestito di pampini, e s'
onusto di grappoli, l'Astro sol tanto par dargli
il verde per le frondi e il rosso per i frutti.
Dopo che la spiga s' eretta a sommo del culmo
perch l'aria l'impregni, da la calda aria pure
essa sembra ricevere l'oro e il peso per che si
flette. Per converso l'impeto rabido d'un vento,
l'assalto cieco della gragnuola convertono in
desolazione la speranza, in strage la messe. Le
potenze della luce e della volta celeste reggono,
per una grande lor parte, benigne o maligne, le
vicende della terra ferace.
tale stadio di evoluzione religiosa (1) eran
assai probabilmente giunti i Siculi quando in
Enna si elabor il mito. E tutti i concetti fondamentali, tutti i principali stami di questo incipiente tessuto sacro, nel mito appunto conversero.
Quando delle figurazioni che si accennarono

(1)

Una

sintesi su la religione degli Indoeuropei e su

Fantichissima romana, in De Sanctis Storia dei Romani


(Torino 1907) capp.

Ili e

Vili.

117

IL MITO SICULO

ormai ricca

la

mente, le fiabe che possono es-

serne conteste sono molteplici, e solo il caso o


la preponderante importanza di taluno tra i fe-

nomeni
di esse.

riesce a far prevalere

Le vicende

qualunque l'una

del grano assalito dalla golpe

o fecondato dalla pioggia o isterilito dalla sicil


squassato dai vnti
suo nascer e i

cit o

primi fili gracili che il bestiame calpesta e tenta


brucare; l'incurvarsi sotto il peso della spiga e
l'abbondante capellatura delle arste la seminagione e il riposo invernale: posson del pari offrire
contenuto alla leggenda, si prestano a foggiarsi
sotto sembianza umana e familiare, si attengono
per l'uno o per T altro modo agli Dei del cielo
Ma principalissimo senza
e delle tenebre.
dubbio, nel suo assiduo mistero, il miracolo,
onde la pianta nasce, del soggiorno lungo che
il seme, spiccato alla messe matura, compie sotto
la terra. Tal miracolo il mito ennense venne ad
elaborare. Richiam i riti degli uomini, tra cui
avevan parte le nozze della figlia tolta alla
madre; le nozze richiam in una delle forme
consuete, il ratto. Fece salire su la terra la potenza delle sotteiTanee ombre, e il ratto le attribu. Disse il lamento della Madre biada cui
la biada sua Figlia rapita, simile al lamento
delle madri umane. Alla scena disegn lo sfondo
delle selve che circondavano il lago di Pergo,
da cui, secondo l'ideazione usuale, sarebbe salito
;

il

Dio inferno.

questo poco

si limita quel che nella probacongettura pu affermare della


originaria saga sicula. Per che troppo esigue
tracce ella abbia lasciate di s, sopraffatta, pi

bilit storica la

118

III.

LA DEMKTRA d'eNNA

da nuove vicende, e non fermata,


quel
che pi importa,
in canti che il pregio dell'arte e la fortuna ci serbassero. Visse nel culto
i sacerdoti ne ebbero e tramandarono forse memoria traverso gli anni; ma col suggello del
segreto. E forse ancora nei primi secoli avanti
e dopo Cristo, le donne, cui solo era l'accesso ai
riti, conoscevano alcun particolare che ignoriamo
il nome delle Dee
agresti, antichissimo; quel
tardi,

del rapitore; o le circostanze del ratto; o tutto


di pi ch' vano e impossibile supporre. Ma
ogni rivelazione era celata tra veli mistici. Oggi

il

e rester, nelle tenebre.

n.

E
un

Il

mito greco.

certo tenebre graverebbero del pari sopra


altro consimile

l'arte

mito e culto in Grecia, ove

non ce ne avesse serbato ampio e

colorito

ricordo. Gli stadii per cui in Grecia trapass la

leggenda furono, secondo verisimile, a un di


presso quei medesimi che si possono tracciare
in sintesi svelta pei Siculi: cosi che le due saghe
sono strette, come i due popoli, da intima parentela. Rami e fiori dell'unico ceppo ario, dissimili certo ma certo anche analoghi fra loro.
Se non che quando l'arte, almeno nella pi
vetusta espressione a noi pervenuta, elabora il
mito presso gli Elini, questo ha gi raggiunto
uno sviluppo maggiore, che non toccasse i)robabilmente nell'antichissima Enna. Certo nel-

Vlnno omerico a Demetra^

il

quale da

attri-

IL

119

MITO GRECO

VII avanti l'ra (1), la


preoccupa, non pur di adombrare
le vicende del seme durante l'inverno, ma ancbe
di giustificar la periodicit costante con cui la
seminagione la vegetazione e il raccolto si alternano nei mesi dell'anno coglie in somma il
fenomeno con uno sguardo pi ampio, oltre il
singolo momento. La figlia pertanto tolta
prima, poi ricondotta alla madre; col patto per
cbe abbia ad intervalli determinati a ritornare
nel grembo della terra, soggiornando con vicenda
alterna otto mesi nel sole e quattro nelle tenebre.
La ragione del fatto cercata, com' ovvio, nell'essersi ormai consumato tra la rapita e il dio
rapitore il matrimonio e, pi rettamente, nel
buire, sembra, al secolo

leggenda

si

simbolo di questo,
grano.

il

gustato frutto del melo-

Oltre poi a rivelare cotesta sostanziale maturit mitica, l'Inno a

Demetra palesa anche

venuta pi ricca la leggenda.

di-

Un

primo a bastanza antico innesto accrescitivo da scorgersi


nella presenza di Ecate " bendata di luce
e
,,

di Elios

"

chdaro figlio

di

Iperione

giusta l'Inno, rivelerebbero alla


il

modo

del ratto

e,

Dea

,.

quali,

delle biade

dopo nove giorni

di

vana e

affannosa ricerca, la persona del rapitore. Ecate,


sia la Luna che risplende su le notti della
terra Elios, o sia il Sole, che fa chiari i giorni
e vede tutto degli uomini: sono probabilmente
;

(1) T. W. Allen and E. E. Sikes The homeric hymns


(London 1904) pag. 10 sgg.

120

III.

LA DKMETRA d'eNNA

personaggi entrati su la scena acper che essi fossero i pi


adatti (ognun lo nota) a informare la " Madre
su la " Figlia perduta, essi che son gli occhi
pili arcaici

canto

ai

protagonisti

diurni e notturni del cielo. N l'originario lor


valore al tutto obliterato nel carme; se bene

non vi permanga senza alterazione.


Di pi, altro segno di compiutosi progresso
mitico, nell'Inno ogni figura precisa perch
risponde a un modulo sancito, e il poeta possiede
con sicurezza una teologia e una teogonia. Ciascun Dio figlio di un certo, padre di un altro
e fratello, ha caratteristiche sue, un passato ben

Le due

Dee del racconto, le dihanno assunto definito aspetto. La


Madre, la Signora delle biade " Demetra , ha
profondamente evoluto la sua duplice essenza
suo.

principali

vinit agresti,

agricola e familiare

madre
mento
di

cui

delirante nel suo dolore

l'unica

figlia tolta

X3er

tradi-

padrona della vita degli


uomini, che pu prosperar per il dono gramiminaceo di lei ed esaurirsi senz'esse: porta in
somma al supremo vertice la sua natura umana
;

d'altra parte

e la sua virt germinativa.


"

Cora

La

Figlia, in greco

spazia, vivente d'una vita che par s'a-

limenti da sangue nostro, su tutti i campi ov'


vegetazione, e le grazie della sua feminea gio-

vinezza cercan a preferenza fiori profumi e


prati. Il suo valore naturalistico d seme che
i

primitivi

trasfigurarono

in

lei)

s'

adombra

dea, bella, ingenua, e le vergini Oceanine

fanno corteo.
Presso agli agresti, con uguale
individuata determinatezza appajono gli Dei sotle

terranei, addotti

da quel vincolo

di analogia

che

IL

vedemmo
" Ade

pili

"

sopra

121

MITO GRECO

L'infero

(1).

Aidneo

Nume

rapitore

signoreggia su la vasta

moltitudine degli estinti fiero astuto atro non


gradevole. Balza dalle tenebre alla luce per
preda; ripiomba nel bujo: e i cavalli del suo
cocchio sono caliginosi: e la corsa del suo cocchio
un vortice travolgente. Sul trono, al suo fianco,
siede Persfone, regina fra i trapassati com'egli
re; com'egli veneranda e truce fra le xDallide
larve.
Dal cielo le potenze luminose, gl'Iddii
supremi, partecipano alle scene del dramma
Zeus, giusto in sue sentenze, x^adre di uomini e
numi; Iride, messaggera di lui a Demetra per
placarne il dolore, se bene vano le riesca il
viaggio; Ermes, loquace ambasciatore ed accorto,
che induce Ade a cedere la recente conquista.
Fra tutti, agresti tenebrosi chiari Dei, si
stringono attinenze come sogliono tra gli umani
Zeus, fecondatore dei campi con la pioggia di
cui padre, appar fratello di Demetra Zeus,
risplendente face della terra, germano di Ade,
come quegli che da l'alto ajuta il suolo nella
secreta germinazione del grano. Uniche non potevano congiungersi in parentela, perch s'elidevano l'una con l'altra, Cora e Persfone la
rapita di Aidoneo e la moglie del He. E poich
il contrasto non si poteva dalla fantasia superare in altro modo, il quale non offendesse l'una
delle Dee, le due figure diverse si ridussero a
differenti nomi dalla medesima persona scambievolmente usati, e la Figlia assunse alquanto
:

(1)

Pag. 115.

122

III.

LA DEMETRA d'eNNA

il tono
austero della Regina, di cui tuttavia
mitigava la maschera accigliata. La creatura
leggendaria e religiosa che ne scatur tenne
delle due onde fu composta, ma risult armonica ed ebbe riso e vezzi su la terra i)resso la
Madre, rigidezza e austerit fra i morti i^resso
il

marito.

poeta adunque ricevette dalla tradizione


una trama di leggenda ben pi ricca che la
povera da noi ricostruita per Enna i^ersonaggi
pi precisi e raccolti in gruppo organico. Vi
Il

apport in oltre la sua arte che addusse la saga


a nuovo grado di progresso. La vagheggia egli
difatti non senza raccoglimento religioso n
senza coscienza, al meno complessiva, del suo
significato riposto. Ma la vagheggia sovra tutto
quale una creazione bella dello sph'ito come il
suo sguardo di greco avrebbe potuto carezzare
il torso nudo di un efebo o le ginocchia del
vincitore nella corsa. Insensibilmente per lui,
sensibilmente per noi, la fiaba si stacca dalla
sua origine; e le mani pajono comporla e plasmarla allora per la prima volta in un fervore
pacato di concezione e di espressione. Tutto
si ordina secondo un'architettura severa, dal respiro ampio e calmo. E il centro di quel mondo
di Dei e di Dee disegnato sopra la tela dei
secoli lontanissimi , pi che in ogni altro
senso, in un tranquillo godimento. Segno non
piccolo, di fronte all'oscuro mito siculo, dell'efficacia che all'arte compete qual balsamo delle
:

belle creature mitiche.

Intercalato per nel mito un lungo racconto,

IL

diverso

(1).

123

MITO GBECO

Demetra, appreso da Elios

il

nome

del rapitore, in preda alla sua folle sofferenza

giunge neir Attica ad Eleusi e qui^d sosta sopra


sasso, " la pietra del pianto , assumendo
l'aspetto d'una vecchia donna. L'incontrano le

un

Re

figlie del

del luogo, Cleo, e l'intrattengono


attratte anzi

col chiederle e col darle

notizie:

dalla simpatia che spira

sembiante venerando,

il

l'invitano nella casa della

madre

loro,

Metanira,

accennandole d'un bimbo di recente nato cui


ella potrebbe prodigar sue cure. Nella reggia la
Dea diviene infatti nutrice prov\dda e attenta
al piccolo Demofnte. Al quale anzi l'Iddia vorrebbe donare il sacro dono dell'immortalit
onde di notte lo pone, con certe sue arti magiche, tra le fiamme, fra cui, non combusto, si
accresce di vigore e acquista la virt sovrumana.
Se non che Metanira, destatasi d'improvviso e
scorta Demetra nell'atto, se ne impaura, urla e
;

distrugge l'incantesimo. Demofonte

non sar

morte. Ma per compenso la Madre


delle biade insegna a Celeo a ai principi eleusini!
Trittlemo Eumlpo Diocle e Polissno i secreti
del suo culto.
spiegare, appimto, il culto che

libero

di

pompa si rendeva a
dunque indirizzata tutta questa ampia
parte del carme la quale cosi nell'insieme come
nei particolari costituisce dunque un complesso
etiologico ben distinto dal complesso mitologico.
E a quel modo che quest'ultimo ci mostrava
in Eleusi con specialissima

Demetra

quanto a\Tebber potuto maturit di pensiero e

(1)

Yv. 91-304.

124

III.

LA DEMETBA d'eNNA

soffio d' artista svolgere e imbellire il nucleo


rozzo e imperfetto del mito ennense quel primo
fa intrawedere la guisa per cui, nel seno della
vita religiosa che in Enna si svolgeva intorno
alla Dea agreste innominata, la saga si sarebbe
potuta complicare di personaggi e di episodii, rivestendo un venerando colore di antichit sacra.
Ma anche per altro rispetto mito ed etiologie
deirinno attraggono la nostra attenzione (1).
All'uno e all'altre sostrato un'idea r)rincipale
che importa porre in tutto il suo risalto. Questa:
nel momento in cui Cora rapita da l'Ade, gli
uomini conoscono gi l'uso del grano, come si
semini e come cresca fra le zolle quel momento
anzi cagiona un temporaneo danno ai campi
che " molti nei campi in vano trascinarono i
bovi aratri ricurvi; molto su la gleba bianco
orzo sterile cadde; ed ecco dei parlanti uomini
tutta quanta la schiatta per fiera fame periva (2).
E solo dopo la sentenza di Zeus che ridona alla
Madre la figlia per " due terzi del volgente
anno ritorna in terra la gloria del biondo cibo.
Il soggiorno di Demetra in Eleusi contemporaneo al danno, e la sua conseguenza si riduce
intera all'iniziazione dei misteri sacri. In somma,
appare qui a bastanza conservato il contenuto
;

originario del mito naturalistico: se difatti Demetra la biada il cui chicco scompar sotterra
per germinare e risorgere culmo, giusto che
le biade esistano prima del ratto sotterraneo,
scompaiano poi, riappajano col ritorno della ra-

(1) Cfr.

fino a pag.

126

il

IV.

(2)

Vv. 305-310.

IL

MITO GEKCO

125

sentenza di Zeus giova a rendere


senza dolore, questo alternarsi
agreste. Cosi, sebbene un nuovo senso di umanit siasi trasfuso nel racconto a velarne il significato primitivo, questo permase non corrotto;
si che la leggenda dell'Inno merita il nome di
pita.

la

periodico,

ma

prisca.

noi la diremo protoattica, in confronto con

un'altra
essere

meno

antica

(del

del pari eleusinia, pu

secolo)
dirsi

che, per

neoattica.

Questa seconda concepisce il mondo ignaro di


messe prima che si compisse il ratto, esperto
solo di poi di maniera che la violenza di Ade
:

causa, oltre

che de' Misteri e del giudizio di

Zeus, anche dell'apprendere gli uomini la seminagione e l'aratura. E l'apprendono a opera di

Trittolemo nome che ricorre gi nell'Inno qual


di principe in Eleusi a lato di Celeo re in una
:

con

altri

(Eumolpo, Diocle, Polisseno); figura

per contro che appare adesso la prima volta,


e prevale, e si diffonde nell'arte letteraria plastica pittorica, col carattere di adolescente giovinezza e con l'officio di maestro nella fatica novissima e preziosa. Semi ed aratro definiscono il
pregio del fanciullo prediletto alla Dea; e la
triade recente spezza lo schema anteriore ricostituendone un altro. Nel quale, dunque, non si
oblitera tutto il senso naturalistico del mito, ma
acquista un valore riflesso perch il rapimento
di Cora diviene, meglio che la trasfigurazione
umana della sorte graminacea, l'inizio storico,
cronologicamente e geograficamente inteso, del
grano coltivato su la terra. Tal diverso concetto
non sostituisce soltanto con importanza mag:

126

III.

LA PEMETRA d'eNNA

Demofonte deirinno per

giore Trittolemo al

magia

del fuoco

la

bensi sopprime anche la ven-

detta di Demetra, che in verit non avrebbe pi

modo

attuarsi;

di

genitori

di

riduce Celeo e Metanira,

Demofonte

or di

Trittolemo, a

quella condizione di misera vita, ch' acconcia

a uomini privi della vera e primissima fonte


di agio.

Accetta permase questa leggenda. Nel suo


largo diffondersi sub, vero, non pochi mutamenti, n tutti soltanto di particolari; giacch,

dovunque a Demetra e Cora fosse culto, divenne


costume lecito alterare la saga per adattarla
alle esigenze e ai vanti locali.

Ma

di coteste piccole invenzioni essa

sul xjullulare
si

ergeva con

suo fusto, destinata a varcare i confini di


un Comune per attingere gli estremi del mondo
colto. Unica pu starle a paro, per intima vgoria di concepimento, e per potenza espansiva,

l'alto

composta nell'ambito di quel moto


onde il pensiero greco, e
specie nell'Attica, fu travagliato al tempo dei
Pisistratidi, moto che conosciamo col termine di
" Orficismo . Serbandosi solo le due Dee e
Trittolemo, nuova veste di nomi e nuovo intreccio di casi assunse il mito di Cora fra gli
Orfici ma non tutti i suoi particolari ci impor-

la favola

filosofico e religioso

tano qui

quelli soltanto che furono poi efficaci

sul vetusto nucleo leggendario dei Siculi in

Per che
l'orfica,

Enna.

proto e neoattica e
s'incontrassero queste versioni greche
tutt'e

tre,

la

con la siciliana, tenace per antichit, infantile per


incompiutezza. E dall'incontro scaturiva un lungo

moto

di storia.

IL

MITO SIRACUSANO

in.
I Siculi, che

si

erano

127

mito siracusano.

Il

ritirati su

monti

del-

l'interno perch incapaci di resistere ai predoni

dell'Oriente venuti a loro traverso

mari, e che

Enna avevan con

pi insistenza fissato il lor


mito agreste, lasciarono nello scorcio dell'^TH secolo le coste dell'isola popolarsi di Greci, sonare
in

dei nuovi linguaggi e dell'armi nnove, ornarsi


di sedi le quali

si

trasformavano via

via, dive-

nendo sempre pi salde pi ampie pi belle, in


citt ricche. E gli EUeni in quel secolo e nel VII
e nel VI seguenti, trovando sgombro per s il
terreno, o sgombro facendolo con distruggere
e sottoporre gl'indigeni, s'insediarono nella teri'a
siciliana

con tutto agio, fino a giungere in breve

a fiore civile intellettuale

artistico

grandis-

simo in paragone di quelli, e a distendere sn


tutte le portuose spiagge dell' isola un incancellabile smalto greco (1). Di miti templi ceri-

monie della loro mentalit

religiosa si radicano
senza resistenza, e, nel trapiantamento fuor
dalla patria, pajon rinascere con rinnovellata

ivi

vigoria e bellezza.

Certo la lor

(1)

somma

Ampio racconto su
HoLM Storia

cidente, in

(Torino 1896)

(Oxford 1891);

lib. Il;

di progresso spirituale e

la colonizzazione greca dell'Ocdella

Sicilia

(trad. ital.) voi. I

Freeman History of

Pais Storia della Sicilia

voi. I (Torino 1894).

Sicihj voi. I

Magna Grecia

m.

128

LA DEMBTRA d'eNNA

di culto civico, accopj)iandosi

irrequieta

genialit

zione ad accrescere

e
il

con

la

congenita

l'inconculcabile

possesso,

aspira-

doveva spingerli

presto a violare i segreti delle regioni pi interne e a portarvi il soffio della propria opera

contro le resistenze dei Siculi, non restii ad evolsi a sottomettersi. E forse, traverso anche
i commerci di scambio, a Enna
ebbero a perversi

venire folate di vento greco fin dal secolo VI.


(1). Ma quante e quali nessuno direbbe

Eorse

percli

non

la

minima

traccia n' rimasta

fino ad ora gli scavi archeologici


alcun poco.

La

e'

palese influenza dei Grreci su

illuminano

Enna

co-

mincia nel V secolo e per opera di Sii^acusa.


Dopo che Gelone ebbe, con il sussidio del suo
alleato Terone tiranno di Agrigento, sconftti ad

Imera

circa

di Amilcare,

il

480

a.

C. gli eserciti cartaginesi

Enna

entr nella sfera siracusana


e ne fu assorbita. Qual resistenza politica opponesse non importa qui sapere. Senza dubbio
oppose una resistenza riguardo al suo culto e
al suo mito, che non poterono venir eliminati,

ma

rispettati dovettero essere. La risultante di


queste due forze (la siracusana che assorbiva e
la ennense che non cedeva) fu una leggenda,
la quale impropriamente si direbbe contaminata,

perch pi tosto un compromesso di politica


una formula felice per conciliare le
pretese o, se piace, i diritti dei due centri direligiosa,

versi

(1)

(2).

Cfr. li.

(2) Cfr. II.

IL

129

MITO SIRACUSANO

In Siracusa Grelone fu un institutore e un propagatore zelante del culto delle greche iddie
Demetra e Cora (-Persefone). Di queste il culto
come fu visto poc' anzi,
a base il
aveva,
mito del rapimento. E a quel modo che nelr Inno a Demetra la favola naturalistica non
spoglia della sua prisca indeterminatezza, vien
ad arte connessa con un preciso e determinato
centro religioso, Eleusi; cosi un' analoga tendenza doveva indurre i Siracusani, per mezzo

dei loro sacerdoti e poeti (questi gli artefici delle

saghe), a sostituire

nomi

dei lor proprii luoglii

indeterminate frasi del racconto mitico e a


applicare quest'ultimo non senza artifcio su le
cerimonie sacre vigenti nella loro citt. Era un
moto religioso, tanto spontaneo e consueto fra
Greci, quanto egoisticamente esclusivo, per la
preferenza che cosi ciascun paese si attribuisce
di fronte a un certo nume. Di qui nascono difatti sovente contese tra regioni
in particolare
se vi partecipa, com' per le dee agresti, il vanto
della maggior fecondit d'un suolo a paragone
d'un altro. N pare che Siracusa derogasse alla
generale tendenza: per che ci sia rimasto indizio, se bene esiguo, d' una sua leggenda la
quale vi s'informa per l'appunto. ^q\V Epitafo
di Bione (1) ch' del sec. I a. C. non che in altri
testi il ratto di Cora localizzato su l'Etna
onde Ade sarebbe molto dicevolmente scaturito,
come da una delle bocche dell'Erebo e del sotterraneo fuoco. Che se accanto a questo partialle

ci)

V. 133.

A. Ferrabino, Kalypao.

130

III.

LA DEMETRA d'eNNA

pone Taltro, secondo cui il Dio inferapre la via del ritorno presso lo stagno
di Ciane (1); si ottengono i due estremi punti
topografici di una saga che adatta il vecchio
mito greco agl'interessi di Siracusa: perch Ciane
una palude nelle vicinanze della citt e sulla
zona dell'Etna l'influenza politica e militare dei
Siracusani si sempre estesa o nel fatto o nell'intenzioni. Ma come tale tentativo mitico prettamente libero da Enna dimostra qual fosse
l'impulso originario del culto instituito da Gelone cosi la penombra in cui permane e la caducit che lo contraddistingue provano quanto
diffcile fosse serbar nella leggenda di Demetra
l'indipendenza contro i diritti di prima occupante che competevano alla fiaba dei Siculi.
La quale s'imponeva difatti tanto pi quanto
maggiormente s' era, traverso gli anni molti,
radicata nelle coscienze degl'indigeni rifugiati
su i monti, e quanto era pi stretta, nel nucleo
essenziale per lo meno, la sua simiglianza con
il mito ellenico. Il ratto, sul lago di Pergo pocolare

nale

si

si

fogge e definire con nomi


ove del resto la
feracit del luogo e la credenza, anche greca,
che dai laghi o da vicine grotte sorgessero sovente i numi sotterranei, ne difendevan la vita.

tevasi rivestir

greci

di

non asportare dal lago

E difatti il ratto rimase. I Siracusani diedero alla divinit delle biade il nome di Demetra; ne chiamaron la figlia col duplice termine di Cora-Persef one il rapitore con quello
;

(1)

V. sotto pag. 131.

131

IL MITO SIRACUSANO

di

Ade

o Aidoneo. Colorirono

loro artisti tutto

l'episodio con quei pennelli che gli Elleni

ben

sapevano, e con quei particolari che eran divenuti

fissi

e tradizionali.

Ma

sottostettero ai di-

precedenza. Nel resto si valsero del campo


libero la palude siracusana di Ciane fu l'apertura per il ritorno, dopo che Ade sul cocchio vi
aveva da Enna trascinata Cora-Persefone.
ritti di

Siracusa, sembra,
di

Cora

valli.

facile

si

poneva pure

1'

"

anagoge

rebo alla terra su bianchi canoi non sappiamo molto di pi; ma


che altri particolari della leggenda si
dall'

riti ed ai sacerSuggello poi di questo compromesso religioso tra Enna e Siracusa l' elaborazione caratteristica d'un motivo orfico attinente al ratto
di Cora. Questa avrebbe avuto compagne durante la raccolta dei fiori (1' " antologia ), oltre
le Oceanine, anche Artemide ed Atena, le dee
vergini. Ora Artemide grandemente importava
nel culto siracusano Atena in quello di Imera,
citt a Siracusa amica durante le guerre del
V secolo specie contro Atene. Per ci in uno
dei suoi rami la leggenda, la quale ancor qui
si vede costretta a riconoscere che a Demetra

connettessero al culto ai suoi


doti.

doveva esser spettata la signoria di Enna, atmeno quella di Imera ad Atena, di


Siracusa ad Artemide
introducendo pertanto
questi due luoghi per obliqua via a lato di Enna

tribuisce al

quel che importava, al medesimo livello.


Conchiuso in tal modo il compromesso tra l'esigenze dell'antichissima saga ennense e le pretese
della pili recentemente sopraggiunta saga siracusana, i due centri dovettero trovarsi concordi
e,

132

III.

LA DEMETRA d'eNNA

nell'adattare a s la figura e gli uffici di Trit-

Non poteva esservi dubbio. A Enna


Cora rapita mentre coglie fiori mirabili per
vaghezza e profumo presso Ciane Cora scende

tolemo.

sotterra e in Siracusa risale alla luce;

Demetra

e la figlia prediligono l'isola e dal suo ombelico


la proteggono;

Atena ed Artemide, compagne


due

alla violata, signoreggiano


il

suolo opulento di biade

citt

siciliane

come non altrove


non altrove, cadde

dunque che in Sicilia,


il primo seme, e il primo culmo spunt da zolla
sicana. Ma la leggenda neoattica, prevalente,
diceva l'attico Trittolemo beneficato primo del
grano. Bisognava dunque, da che respinger Trittolemo non era dicevole, adattarlo in Sii^acusa
ed Enna. E l'adattamento avvenne non senza
certo

garbo

(1).

Si concedette che

un

eleusinio, Tritto-

favore di Demetra e comunicato alle terre il dono preziosissimo; si concedette che ci accadesse in occasione del ratto
e fu lasciato cosi senza ritocco tutto
di Cora
gli si premise,
gi dianzi,
il racconto. Ma,
lemo, avesse avuto

avanti

il

il

ratto e avanti Trittolemo, la Sicilia

due Dee per la


dimora. Quindi,
Trittolemo fu primo rispetto
si conchiuse,
agli altri popoli; secondo dopo i Siciliani. Una
separazione dunque della Sicilia dal restante
paese, onde il ratto divenne il momento propizio per diffondere al mondo il privilegio si-

produceva grano, prediletta


sua

alle

fertilit e scelta a loro

culo.

Che era non poco

(1) Cfr.

IV.

orgoglio.

IL

Dopo

MITO SIRACUSANO

esistevano in

ci

133

Sicilia

senz'eccezione gli elementi per

oramai

tutti

un ben contesto

un poeta potesse far


suo tema i luoghi pittoreschi fra Enna e Siracusa offrivano dicevole sfondo, il racconto mitico aveva i suoi punti topografici fssi e armotessuto leggendario che
:

nicamente collegati il culto preparava salda e


e vasta base per un'accorta serie di invenzioni
;

etiologiche

gli stessi orgogli delle singole citt

s'eran tradotti in accrescimenti della favola, la

stessa gara con Eleusi le

non privo

particolare

aveva tribuito qualche


attraenza.

di

N manca-

non indegnamente lusingasse. E pure a noi non rimane


se non il testo, povero non chiaro e senza vi-

rono forse

cantori che la materia

goria espressiva, di Diodoro che attinge a Timeo.


Perch tutto vivace si senta il contrasto fra la
potenzialit artistica del mito e la mancata
espressione di esso, eh' a

un tempo mancata

dalla Biblioteca
racconto nel suo disor-

intuizione, piace qui tradurre

istorica

(1),

lasciando

il

dinato svolgimento.
I Sicelioti

che abitano

l'

isola

appresero

dai loro

tempo
Demetra e Cora;
... e che le predette Dee in questa isola
primamente apparvero e che questa per prima produsse il fi-utto del

progenitori la fama, tramandatasi traverso

il

nelle generazioni, ch'essa fosse sacra a

grano a cagione della feracit del

(1) Cfr.

riprova

Geffcken Timaios' Geographie des Westens in

Philologische Untersuchungen
(2)

suolo... (2).

DioDORo

2, 3.

4 passim.

XIII (1892) pag. 103 sgg.

134

adducono
e che

LA DEMETRA d'eNNA

III.

ratto di Cora che avvenne in

il

quest'isola

mostra chiarissimamente come in questa

soggiornassero e di questa sovra tutto

Favoleggiano poi che

il

Dee

le

compiacessero.

si

ratto di Cora

accadde ne'

prati intorno ad Enna. Questo luogo vicino alla citt,

per viole insigne e

di vedersi.

che

altri fiori

d'ogni genere, e degno

causa del profumo di quei

fiori

narra

si

cani avvezzi a cacciare perdon le tracce ottun-

dendosi

loro

naturai virt.

la

piano e d'ogni parte ben irriguo;


e rotto tutt'intorno

mezzo
belico

dell'isola

della

da

burroni.

il

prato

ai lati

predetto

per scosceso

Sembra giacere

nel

per che detto anche da alcuni l'om-

Sicilia.

Ha

vicino boschi

intorno

e,

un grande speco con apertura

questi, paludi, e

sot-

terranea rivolta a settentrione; dal quale favoleggiano

che balzasse

cocchio

col

Plutone a rapire Cora. Le

viole e gli altri fiori col odoranti

rimangon

fioriti

mi-

racolosamente per l'intero anno e rendono lo spettacolo pittoresco e gradito.

Favoleggiano
scessero

Atena

ancora
e

che insieme

Cora

con

Artemide, tutt'e tre vergini,

cre-

che

insieme raccogliessero fioH e preparassero in comune


il

peplo

padre Zeus. Per l'intimit e

al

zione reciproca
st'isola; e

si

la

conversa-

compiacquero specialmente

ciascuna

si

ebbe un territorio

di que-

Atena

dalle

parti di Imera..., cosi che gli indigeni consacrarono a


lei la citt e il territorio

Artemide ebbe
da oracoli

lei

rimenti alle

fino

ad oggi Ateno

uomini chiamata Ortigia:

due predette dee, anche

e,

pa-

Cora ottenne

intorno a Enna. Favoleggiano poi che Plutone,

prati

compiuto
cusa

chiamato

in Siracusa dagli Iddii l'isola che per

il

ratto, rec

Cora sul cocchio presso Sira-

e che, spalancata la terra,

nell'Ade

scomparve con

la rapita

e che ivi fece sgorgare la fonte detta Ciane...

MITO CONTAMINATO

IL

Dopo

il

Cora favoleggiano che Demetra,

di

ratto

non potendo

ritrovare

mini

la

rec

crateri dell'Etna, si

abitata e benefic,

135

figlia,

in

donando

il

accese

frutto del grano, gli uo-

quali meglio l'accolsero. Pi benignamente aven-

dola accolta gli Ateniesi, a essi primi dopo

don

nei

fiaccole

molte parti della terra

frutto del grano

il

pel che

questo

d'ogni altro onora la dea con splendidi


misteri eleusinii...

Sicelioti

popolo pi

sacrifzii

e coi

(1).

Il mito siracusano qui per intero ogni linea


ne viene accennata; pietra a pietra, chi nmeri,
:

l'edifcio

esiste.

sciammo per

N mancano

(che noi trala-

brevit) cenni etiologici alle feste

Fece difetto

genio architettonico: e il
ogni volta che Diodoro riquel suo " favoleggiano .
pete,
ed spesso,
Altri; non egli: eh' estraneo a quel che racconta. Modello insigne, questo, del come possano
mascelle di erudito maciullare e rugumare il
sacre.

difetto

si

il

tradisce

fiore della saga.

IV.

Il

mito contaminato.

mito siracusano di Demetra e Cora, imperEnna e Ciane, e nato dal compromesso


dei due centri religiosi, venne accolto nell'amIl

niato in

biente poetico di Alessandria.

(1)

DioDOBo

3-4:,

fu questo

4 con qualche omissione.

l'i-

136

III.

LA DBMETRA d'eNNA

nizio d'una sua vita nuova. In Alessandria

(1)

di

forma siracusana della favola,


ed affluivano, la primitiva forma

fatti, oltre alla

erano affluite,
dell' Inno omerico, insieme con la variante di
Trittolemo inventor dell'aratro cosi che quella
diveniva la fucina ove cotesti elementi, parte
simili, parte dissimili, mossi da origini diverse,
avevan da commettersi l'un l'altro e penetrarsi.
E non pur cotesti elementi precipui bens anche
alcuni altri secondarii, che per varie ragioni fossero riusciti a trascendere i limiti della medio:

crit espressiva e della ristrettezza geografica,

per intrudersi nella letteratura tradizionale. La


mitopeja orfica in ispecie aveva trovato accoglienza favorevole nel colto ambiente alessandrino e a canto d'essa fiorivano ivi le differenti
e notevoli saghe metamorfiche, che presso i pi
antichi non erano se non una forma, fra l'altre,
dell'intuizione naturalistica, e che il gusto posteriore, compiacendosene, moltiplic artefece. La
storia per tanto del mito siculo fuor di Sicilia
la storia della sua seconda immersione nel
flusso del pensiero e dell'arte greca; la storia
del successivo accogliersi intorno ad esso di
giunte e di innovazioni via via pi complesse.
;

Si sono smarrite per noi parecchie fra l'opere


dell'arte letteraria in cui cotesto processo ci sa-

rebbe stato trasparente: dei maggiori alessandrini medesimi. Sola di quelle ci rimasta traccia

(1)

Sul culto di

Demetra e Cora in Alessandria


VI (Schneider I 133).

Scolio a Callimaco Inni

cfr., p. es.,

IL

MITO COs^TAMINATO

137

copia in autori romani. Con


questo valore, ci appare un ampio tratto del
quinto delle Metamorfosi ovidiane (1), in cui
appunto si rivela la contaminazione fra diverse
e tal volta quasi

correnti leggendarie.

senza dubbio.
Vige l'indirizzo siracusano,
Anzi vi si manifesta con talun nuovo particolare cosi il poeta sembra seguire pi tosto una
;

tradizione tutt'affatto sicula, che abbandonarsi

una variazion

fantastica, quando nel luogo


Ecate fa dare a Demetra, durante la ricerca
affannosa e dolorante di Cora, il primo indizio
del ratto dalla fonte Ciane e in luogo di Elios
introduce la ninfa del siracusano lago di Aretusa, nell'isola di Ortigia fra mezzo i due Porti.
Se non che questi elementi siciliani, che al pari
di Enna pajono saldati con il concetto duplice
di una Sicilia esperta del grano prima del ratto
e di una umanit esperta sol dopo (si ricordi
Timeo), qui invece sono trasfusi in uno schema
diverso. Quando Proserpina rapita, la terra, se
non tutta per buona parte, gi ha avuto il dono
del seme e Cerere del suo dolore si vendica col
privare gli uomini di aratri di bovi di spighe
dunque, come nel mito protoattico. Ma, come
nel neoattico, Trittolemo, dopo il verdetto di
Giove, sparge per segno di pace la semenza. E i
due miti si conciliano nel pensiero che uguale bisogno del nuovo dono ha cosi la zolla mai colta
come quella di cui per la vendetta divina fu
pretermessa la coltura. In tale contaminazione

di

(1)

Vv. 341-661. Cfr. IV.

138

III.

LA DEMETEA d'eNNA

dei due miti protoattico e neoattico la saga

si-

un poco, col porre


pi altre, prima nel godere

ciliana s'inquadra umiliandosi


la propria terra fra

le biade, i)oi nel riaverle.


tilit

Resta

il

vanto di

fer-

singolare e di fedelt a Demetra.

il poeta asseconda, cosi per l'atmentale come per la natura del


suo tema, con particolar compiacenza l'impulso
letterario delle metamorfosi. Sembra persino che
ogni vicenda del mito in tanto g' importi in
quanto si risolve in uno di cotesti travestimenti
di forme. Ciane, ad esempio, che solo perch
palude era sembrata luogo dicevole alla scomparsa di Ade come un lago alla comparsa, offre
spunto a una d'esse, quale ninfa tramutata in
acqua. E anche. L'episodio di Cora-Persefone
che gusta la melagrana sfruttato per immettervi un Ascalafo il quale scorge la Dea nell'atto, ne riferisce ed converso in gufo. Sovra

D'altra parte

titudine sua

tutto per, l'efficacia della tradizione letteraria


risente in Ovidio per il tentativo di analisi
psicologica nei personaggi: in Cora specialsi

mente, per cui egli giunge sino a finezze troppo


cerebrali per esser vere, sino a farla piangere,
non che per il ratto, j)er lo smarrimento dei
fiori raccolti. Anzi, passionale diventa tutto
l' antefatto
del mito
il ratto
voluto non
da un decreto di Zeus, bens da Afrodite cui
sdegno che tante dee si sottraggano al suo potere e che libero ne resti il medesimo Ade (latinamente Dite). Amore sostituisce cosi, quando
:

psicologico

diviene

il

racconto,

un

particolare

che, allor che esso era naturalistico, valeva con


tutt' altra

importanza: la fecondante pioggia.

IL

MITO CONTAMINATO

139

Tuttavia lo spunto viene, non senza garbo, inserito sullo sfondo siciliano della fiaba Afrodite
difatti l'Ericina, che i Siculi facevan oggetto
di culto singolare. Cosi perch pili appaja la
:

giustizia

di Griove e

ne

risalti la

umanit del

mito, l'anno pel doppio soggiorno di Proser-

pina con la madre e col marito diviso a mezzo


non pi per terzi. Simile attenzione psicologica
governa i discorsi di Aretusa a Demetra, di Demetra a Giove, materiati di accortezza feminea
e l'uno e l'altro. Al qual carattere corrisponde
poi lo studio dei gesti in ciascuna figura, per
toccare di quelli che a ciascun momento dell'animo competono, l dove tecniche mitologiche
pi elementari non cercano se non il consueto
e costante attributo del Nume cosi che Aretusa,
ritrae
e basti per tutti l' esempio solo,
:

prima

di parlare

capelli roridi via dalla fronte

sino alle orecchie per lasciar nudi


il

Siam lontani dal

viso.

bocca e

la

cristallizzato epiteto

omerico che s'addice alla Dea; il gesto si conviene alla donna. Siamo allo stremo dell' allegoria agreste. E su la soglia dell'umanit (1).

Non

lungi a

le

mura

di

Enna son

le

profonde

aeque d'un lago: Pergo, di nome. Pi numerosi non


spande canti di cigno Castro su l'onde scorrenti. L'acque
corona una selva, d'ogni lato
di

schermo

purpurei

fiori

alla

vampa

d l'umida

le

cinge

solare.

terra.

con

le

sue fronde

Frescura,

Primavera

rami;

perjDetua.

Mentre nel bosco Proserpina gioca ed or viole or

(1)

Vv. 885 sgg. Edizione H. Magnus (Berlino 1914).

140

LA DEMETKA d'eNNA

III.

mentre con fanciullesca cura seno

gigli candidi coglie,

empie

e canestri

pagne

e nella raccolta studia

un punto

ad

superar

Tanto fu pronto amore! Atterrita

Dite.

mesta voce madre


pi spesso

e poi che lacerata dal

da r allentata tunica caddero

sommo

virgineo

il

fiori raccolti.

scuote su

valli:

ruggine persa

rapitor regge

Il

nome

esorta

Aretusa un

fra Ciane ed

andrete

il

il

ca-

golfo d'an-

sommo

fino

"

non puoi

e dal

tra le siciliane ninfe

gorgo, e riconobbe la Dea.

esclam

stagno ha nome

lo

mezzo

ecco

e criniere le redini tinte di fer-

colli

notissima, Ciane. Ella


tra

Ed

anni pue-

gli

gusti bracci raccolto e chiuso. Quivi fu gi

suo nome

madre

(1).

mezzo

nel

dolore commosse.

ciascuno chiamando per

cocchio, e

la

s'era la veste,

anche questa sventura, cosi fur ingenui


rili,

Diva con

la

compagne chiamava;

com-

le

veduta amata rapita da

il
"

ventre

Non

sorse

pi lungi

di Cerere essere

ge-

il

nero contra sua voglia: chiederla non rapirla dovevi.

Che

se

me

m'

non,

come

braccia

si

frenava:
il

lecito alle grandi le piccole cose accostare,

pure Anpi amava;

ma

questa, atterrita

oppose.

Non

pregata sposa mi addusse


.

Disse, e con

pi non pi

aperte le

l'ira il

Saturnio

cavalli terribile esortando, nel fondo del

gorgo

vibrato scettro regale con forte braccio affond

la

una via pel Trtaro aperse ed i precinel mezzo della voragine accolse. Ma Ciane,

terra percossa
piti carri

la rapita

Dea piangendo ed

fonte, tacita

soffri

ferita

violati diritti

inconsolabile e

si

tutta di pianto. Neil' acque di cui grande


era,

(1)

or

s'estenuava:

Omessi

vv. 405-8.

molli

le

membra,

della sua

consunse

nume

gi

flettevansi

perdevano l'unghie

l'ossa, la rigidezza

parti da

prima

le dita le

gambe ed

terga ed

le

piedi, che

fianchi vanescendo ed

sangue

vivo

prender

si

la

subentra,

linfa

possa

Ritorn in

vagando

indaga

Ma

Ciane

bocca e

ajutavan la
parlare.

che cercava venne

mentre ogni dove


Tutto

viene.

ma

con altro poteva

la lingua,

il

cinto, in quel

lo riconobbe, quasi

disadorni
il

Dove
biasima

dono

luogo per caso caduto

capelli

petto con

ed

morte
ed

ai

ed

nell'ira

campi

lacerava

la

sia

Dea ed una

ancora non

ingrate

le

mandava
sperdere

il

sa

(1)

w.

Ascalabo.

pi

le terre

del

tracce del

mano

spez-

glebe, ed a pari

coloni ed

bovi aratori,

lor aflSdato tesoro ordin,

le vizia l'eccesso di sole

Omessi

le

di sua
le

semi corruppe. La molto nota nel

fosi di

degne

dove

del paese fiaccata: senza far csto

ed ora

ma

chiama

che fendono duri

di

Come

sue mani percosse.

di biade: Trinacria su tutte,

gli aratri

mostrava.

ratto appena allora apprendesse,

si

le

la figlia si

tutte

il

danno aveva trovate. Ed ecco col


zava

avrebbe

le

che voleva, non

lei

segni palesi ella diede e indizio alla madre:

di Persefone

al

lei
;

nel gurgite sacro, a fiore dell'acqua

volte

fine

rimane che

nulla

Sicilia

non fosse mutata;

narrato, se

in tenui

petto

il

vene alla

Dea, e per quali acque errasse,

la

lungo indugio sarebbe narrare.


la ten'a.

omeri poi e

(1).

Per quali terre

meno

membra

di delicate

trapasso breve: gli

il

dissolvono rivi: nelle tramutate

si

tenerissime

le

sciolser fra tutte, le cerulee chiome,

si

in acque gelide

141

MITO CONTAMINATO

IL

mondo

muojon

fertilit

le biade,

ed ora di piogge

l'ec-

438-461: errore di Cerere; metamor-

142

LA DEMETBA d'eNNA

III.

cesso, le stelle ed

vnti fan

danno,

le piante del

capo

Il

fan guerra a

grano e non estirpabil gramigna.


da

allora

onde solleva Alfjade

l'ele

chiome a l'orecchie

dalla fronte le roride


"

semi

gli sparsi

ingordi nccelli colgono, triboli e loglio

tu della vergine cercata nel

mondo, o tu genitrice

da tue immense fatiche

di biade, cessa

Dice:

ritrae.

da

la vio-

Non ha colpa la terra


voglia. N per la pati'ia sup-

lenta ira contro la teiTa a te fida.


la rapina toller contro sua

plico

diede
pili

ospite son qui venuta. Pisa


i

mia

nataK. Sicania abito straniera,

patria, l'Elide

ma

d'ogni suolo

grata m' questa terra. Ai-etusa, questi ora ho per

penati, questa per sede

Perch mi

mare

sia

e tu clementissima

mossa per tanto

mi

all'Ortigia

rechi,

la salva

tempo verr

ch'io

ti

dica, op-

portuno, quando alleviato TatPanno e migliore


volto sar.

mino

e,

A me

un sotterraneo varco

offre

tuo

il

cam-

il

traverso profonde caverne scendendo, qui

sollevo e a le stelle di

grande

spazio, e per tanto

il

capo

nuovo mi avvezzo. Or mentre

sotto nel gurgite Stigio scorreva, l sotto dai nostri

occhi veduta la tua Proserpina fu. Triste ella per vero,

n per anco tranquilla nel volto;


nell'oscuro

mondo

Sposa potente

Signora,

grave demenza

Appena

ma

tiranno

dal grave dolore la

rimossa, a l'aure

ella ascende. Ivi

tenebrosa

il

superne col cocchio

volto, scarmigliata

d'odio riarsa, sti innanzi a Giove.

(dice) supplice a te venni o

nessuno gode favore

muova; n meno cara

la

da nostro parto nata. La


rinvenni:

Regina,

voci stupisce ed impietra, ed

le

attonita a lungo rimane.

se

ma

dell'inferno

La madre udendo

pelli,

ma

se

Giove

madre,

per

Per

il

ca-

mio

tuo sangue

il

la figlia

il

ti

preghiamo
figlia

"

padre comsia

perch

che a lungo cercai ecco

rinvenire tu chiami

il

perder pi

cex-to,

MITO CONTAMINATO

IL

se rinvenire tu

porto

chiami

pur ch'egK

la

il

saper dove

renda

143
sia.

Rapita, sop-

che d'un marito predone

anche mia figlia non ,.


Pegno comune e gravame a me
con te la figlia. Ma, se i veri nomi alle cose noi
vogliam dare, non questa un'offesa amore N ci

degna non

la tua figlia..., se

Giove obiettava

"

genero

quel

sar

Dea. Se pur

Giove

Ma

al

bocca

la

altri

gli

se tanto di

Proserpina

con

restando che

tu voglia

cielo,

n fuor

Non

Ma

detto.

fermo

patto

il

gi cibo alcuno non

giuno

e,

fati

la vergine

ingenua errando per

la gialla corteccia sette chicchi fra

Ma, tra
di

fratello

il

mesta

la

figlia.

aveva rotto

il

di-

adorni giardini, dal

gli

un pomo

ricurvo albero dispiccato

il

Cerere ferma di ricondur la

cosi vogliono

hai

separarli

abbia toccato: che delle Parche tal fu la legge

Avea

qua! pregio fra-

N mancano

che per sorte mi cede.


desiderio, ritomi

vergogna, sol che

pregi non sieno

altri

di

tello dirsi

fenicio e
i

fuor da

denti premuti (1).

sorella, imparziale,

volgente anno per mezzo Giove divide. Ora la Dea,

due regni nume comune, altrettanti mesi

madre, altrettanti
ella e di volto

e la

con lo sposo. D'animo

con la

si

muta

fronte che dianzi poteva allo stesso

Dite mesta parere, lieta fronte diviene: simile a Sole

che da gravide nubi coperto era gi e da


riappare

le vinte

coppia

serpenti la fertile

Dea

al

cocchio ag-

gioga, e costringe coi freni le bocche, e nel


l'aria fra

(1)

nubi

(2).

il

Omessi

cielo e la terra

vv. 538-563:

vv. 572-641

coire e

mezzo per

conduce

il

lieve

metamorfosi di Ascalafo e

delle Sirene.
(2j

Omessi

metamorfosi di Aretusa.

144

III.

LA DEMETRA d'eNNA

SUO carro nella citt Tritonide, a Trittolemo


dei semi donati
colto, parte sul

comandava
suolo dopo

parte

di sparger sul suolo

tempo

assai

mai

rilavorato.

Contaminato ma diversamente, ci appare il


racconto appresso Ovidio medesimo, nei Fasti
libro quarto (1). Occasione gli offerta dai romani Ludi Cereri. E alle cerimonie rituali tien
difatti rocchio alquanto il poeta (o il suo modello).

La mente

che ricorda

il

racconto delle Meta-

morfosi, pur riconoscendo nel principio del nuovo

carme

(2),

con la mano del medesimo poeta,

il

I)aesaggio siculo del ratto, nota tuttavia un ritegno, quasi una schiva attenzione per evitar
d'insistervi troppo.

tate da Aretusa;

nella palude Ciane

non

si

le

Dee sono

invi-

la lor sede:

sprofonda Dite, o

al

meno

mito sorto dal compromesso tadubbio noto


non usurpa da signore lo schema greco pi
detto. Il

cito fra

ma

Enna

In

non quella

Enna

e Siracusa senza

antico: vi s'insinua.

quando

la ricerca affan-

nosa della Madre comincia (" dai tuoi campi, o


Enna ), Ciane l'Anapo Oela Ortigia Mgara
Imera Agrigento Tauromnio Camarina ed altri
luoghi ancora e i tre capi Peloro Pachino e Lilibeo, offrono bens materia alla fantasia del
poeta non ignaro di geografa siciliana, ma sono
per ci a punto introdotti dal suo solo arbitrio
nella leggenda, onde costituiscono un elenco di

(1)

Vv. 393-620. Edizione H. Peter* (Leipzig 1907). Con-

fronta IV.
(2)

Vv. 419-50.

MITO CONTAMINATO

IL

nomi

non gi

regionali,

145

altr'e tanti addentellati

C' dunque una cauta fedelt al mito


siracusano speciosa fedelt che per risolversi
sbito dopo in abbandono.
mitici.

Quel che oggi

chiama

si

Cleo fu

vecchio

porta

Egli in casa

figlia

un tenero

la fanciulla dice

madre

di

pagnia

"

spiccate

il

Madre

Diva pel nome

la

senza com-

in solitarii luoghi

fai

"

giace malato.

Si sofferma anche

more

due caprette dal monte

figlio

commossa

che

e le

legna pel focolare che l'arda.

riconduce

piccina

e nella zana

ghiande

le

agli spini e le risecche

La

questo del

la Cereale Eleusi,

campo.

il

quantunque

vecchio,

il come che
Assemprava

peso lo spinga, e la prega, ella vada sotto

il

misero tetto della sua capanna. Si

una vecchia

che insiste,

tali

d'una mitra

capelli avea cinti.

parole risponde

padre per sempre.

A me

rifiuta.

quello,

Salvo tu stia

"

fu rapita la

figlia.

Oh

tua

la

mia sorte!. Disse,


non piangon gli Dei

sorte di quanto migliore che la

come

di lacrima

che

cadde sul tepido seno una lucida goccia. Piangon, del


pari teneri

in

te,

le

ben saputo

tetto

il

Conducimi
!

dice

della

misera

come mi

"

il

vecchio

parole son queste

che la piangi rapita, sia salva la

disprezzare
"

ed

fanciulla

cuore, la

dopo, del giusto vecchio

figlia, levati,

casa

Se a

"

non

Cui la Dea

potessi costringer, hai

s'alza dal sasso

ed

al

vecchio tien

dietro.

Alla

compagna

la

guida racconta, come

malato e sonni non prenda


di varcare la

ma

povera soglia, soporoso

lene nella terra agreste.

sia

il

figlio

vegli pel male. Ella, pria


il

papavero coglie

Mentre raccoglie,

si

narra che

ne gustasse con bocca obliosa, e involontaria rompesse


A. Ferrabino, Kalypso.

10

146
la

lunga fame:

ella finiva

LA DBMETKA d'eNNA

III.

perch

notte in principio

della

tempo

digiuni, gl'iniziati ritengon per

del

cibo l'apparir delle stelle.

Come varc
cosa

bimbo. Salutata

chiama
rile.

non

alcuna

madre

la

pallore, sbite

il

pel

v'era di salvezza

Metanra la madre

si

sua congiunger degnava la bocca pue-

alla

Fugge

piena di pianto vede ogni

soglia,

la

gi speranza

vengon nel corpo:

forze

tanto vigore viene da la celeste bocca. Tutta la casa


lieta

la

madre

padre

il

sono

ci

e la figlia

Pongon tosto le mense, e cagli


stemprati nel latte e pomi e nei favi suoi proprii miele
dorato. L'alma Cerere non mangia, ma a te, o bimbo,

tutta la casa, quei tre.

bere con

tiepido

latte

causa

papaveri

del

sonno.

Della notte
silenzio

mano

ed

era

mezzo, era

il

ella nel

nel

placido sonno

grembo Trittolemo prende, con

tre volte lo palpa, tre dice scongiuri

giuri, che

non ripete parola mortale.

corpo del bimbo entro

la calda

la

scon-

nel focolare

il

cinigia nasconde, che

l'ardore purghi l'umano incarco. Si scuote dal sonno la

madre a

torto pietosa, ed insensata esclama

e rapisce

non

dal

fuoco

le

membra.

esser scellerata tal fosti

dice

"
;

"

che

Dea

lei la

vani

fai ? ,
"

Per

miei doni

divengon pel timore materno. Questi sar bens mor-

ma

tale;

primo

con aratro e con seme da

vate terre coglier premii


"

Disse

sali, e

uscendo d'una nube s'avvolse, su

con l'alato cocchio Cerere riparte

Qui non pi

(1)

Vv. 507-562.

il

le

colti-

serpenti

(1).

racconto dell'Inno con

il

IL MITO

CONTAMINATO

147

mito protoattico non n meno il racconto di


Timeo con il mito siracusano per che a differenza profonda dal primo la umanit presentata ignara di biade e cibata di ghiande prima
;

del ratto; e a differenza

caratteristica

dal se-

non ha privilegio alcuno rispetto


all'altre terre. Qui dunque il mito neoattico
di cui dicemmo, che ha sostituito Trittolemo
a Demofonte nella magia del fuoco, e ha tramutato il semplice istitutore di un rituale sacro
nel giovinetto onde per favore della Dea un
inestimabile benefizio si largiva agli umani.

condo la

Sicilia

Celeo e Metanira recano identici i loro nomi,


intorno ad essi il polito palazzo regale s'
tramutato in povera capanna: sul desco stanno
cagli; nei cuori ingenua ignoranza. Cosi pertanto la versione siciliana, dianzi cautamente seguita, soppiantata, senz'urti, da una seconda.
Ma finisce apjjena questo brano, che un terzo
influsso si rivela. Come nell' Inno, informatori

ma

persona del rapitore sono due


il nome dell'uno, il Sole (EHos)
analogo l'officio dell'altro. Elice, che per non

di Cerere su la
astri

la

identico

Luna

(Ecate),

ma

la stella dell'Orsa

maggiore

che mai non tramonta nel mare, e per ci tutto


vede, di notte. D'altra parte, dopo

il

colloquio

Cerere e Griove, questi decide di dividere


l'anno in due parti perch Proserpina rimanga
sei mesi col marito e sei con la madre (1). Ora,
Elice sostituisce Ecate perch preferita nella consueta mitopoetica alessandrina; e l'anno diviso
fra

(1)

Vv. .575-614.

148

pel

III.

LA DEMETRA d'eNNA

mezzo gi ritrovammo nel gusto alessandrino


Metamorfosi. E sotto la medesima luce

delle

posson venire considerati anche


in casa di Celeo, dal tono
licato dall'insieme grazioso

rilegio in

l'idilliaca

scena

dolce dal colore de;

il

quadro del

flo-

Enna.

per converte la triplice mischianza


Onde la vicenda si snoda men lenta
che nelle Metamorfosi, s'indugia solo nel pastorale abbandono di Eleusi, e diviene rapida nel
termine ove pi personaggi agiscono e parlano
con una stringata prontezza che culmina forse
nelle parole di Ermes " La rapita ruppe il digiuno con tre di quei grani che le melagrane ricopron con molle corteccia (1). Le varie correnti
mitiche son fuse ed scomparsa ogni traccia di
mosaico mitologico; una inspirazione centrale
muove tutto il carme, lo ricollega con qualche
sparso accenno a questo o a quel particolare del
culto, su dal culto lo stacca elevandolo a ricordo
solenne del benefzio divino, scaturito dal dolore
d'una Madre e compiuto nella capanna d'un
misero. La gratitudine verso la Dea si traduce
bens in sacrifzii suini e in vestimenta candide,
ma non di origine religiosa, si pi tosto muove
da una intima commozione umana, di simpatia
per la sofferenza eterna, per la semplicit primeva, per la faticosa Terra.
Nei Fasti quindi minor parte fatta al mito
siracusano; ma per compenso conseguito pi
alto pregio letterario che non nell'altro carme
L'arte

in armonia.

(1)

Vv. 606-7.

IL

MITO CONTAMINATO

149

poeta con l'innesto delle frequenti


trasformazioni deforma la sua materia, or riducendola a magrezza or distraendola a rimoti
ovidiano, ove

il

oggetti.

Oltre che elementi siculi proto e neoattici,


anche particolari orfici compose insieme con
abbondanza Claudiano nel poemetto che al Ratto
di Proserpina volle dedicare, senza per altro
condurlo a termine. Grli spunti siciliani sono i
ben noti: Enna sede del rapimento, Ciane oppressa dal rapitore e tramutata in fonte (1), le
fiaccole notturne accese su l'Etna. Gli spunti
protoattici dovevano esser copiosi nella parte
del poemetto che non fu scritta e trattava del
soggiorno della Madre in Eleusi, forse nella casa
di Coleo e Metanira. Gli spunti neoattici in fine

assommano nella figura di Trittolemo a cui


par probabile che venisse attribuito il dono delle
biade (2). Su questa trama vennero innestati
parecchi motivi che si dovevano all'orficismo.
Leggevasi presso gli Orfici che Demetra aveva
affidato la propria figlia alle Ninfe ai Coribanti
e ai Cm-eti e che in loro custodia Cora trascorreva il tempo intenta a tessere un tessuto ove
fossero affigurate le stelle del cielo. E ancora
che il ratto accadde si per volont del Fato
si

{aifiovog aiarj) sotto cui traspare

Zeus pluvio,
{pvvfiaifio)

ma

con

l'

favore di

inganno delle

sorelle

o sia Artemide ed Atena. Pi tardi

cotesta circostanza fu alterata

(1) III

il

246 sgg.

(2)

12 sgg.,

da

chi, pare,

Ili 51.

non

150

III.

LA DEMETRA d'eNNA

non volle accorgersi che il concorso


due Dee al ratto non era se non un assecondar le leggi fatali e irremovibili ma ritenne
che pi nobile officio loro, nel punto in cui Cora,
vergine com'esse erano vergini, soggiaceva a
violenza, fosse la lotta contro il fosco Aidoneo
nelVElena di Euripide difatti (1) elleno gli appajono ostili. Se non che scemato cosi al ratto
s'accorse o
delle

favore di Atena e d'Artemide, a compenso vi


fu introdotto quello, che pareva pi dicevole,
d'Afrodite, nume propizio agli amori (2). L'an-

il

aneddoto orfico pertanto fu e rinnovato nel


suo contenuto e ampliato nelle sue linee rimase
tuttavia, e Claudiano ne fece suo possesso. Molte

tico

altre fiabe erano nella poesia orfica attinenti a

Demetra

e a Persef one

quella parte la quale

non

svolta sar qui

ma

poi che vertono su

nel poemetto sul Ratto

da tacerne. Oramai

difatti

sono stati raccolti tutti i materiali che da triplice fonte il poeta adun per l'opera sua e che
gli bastarono, con giunte e innovazioni, a narrare del ratto e i precedenti e le primissime
conseguenze. Importa ora vedere come lo spirito
del poeta investisse quella sostanza leggendaria
e la elaborasse esprimendo.
Il suo racconto si spezza spontaneamente in
due parti: delle quali la prima ha termine col
ratto. Plutone nell'Ade infelice perch privo
di moglie e ignaro delle dolcezze che la paternit concede. Tanto l'assilla il suo veemente

(1)

Vv. 1301 sgg.

(2)

V. Igino Fav. 146 e

cfr.

IV.

IL

desiderio, ch'egli

Zeus

MITO CONTAMINATO

giunge a minacciare

di sovvertirgli l'ordine

151
lo stesso

dell'universo e

li-

berare i Titani incatenati, ove non sia fatto pago.


E Zeus, intimorito, cede e promette: solo in
dubbio intorno alla scelta della sposa, gi che
nessuna volentieri accetterebbe marito il tene-

broso Re dei morti. Contemporanea a cotesta


scena per si svolge l'altra in cui Demetra, per
sottrarre l'unica sua figlia Cora allo stuolo degli
insistenti proci fra cui Apollo e Ares primeggiano, la reca in Sicilia ove l'affida alle cure
della nutrice Elettra delle Ninfe e di Ciane (ricome si vede,
tornano,
sott' altra specie, le
orfiche Ninfe e i Coribanti e i Cureti) e la ritiene
certa da ogni attentato sotto l'alta protezione
celeste del padre Zeus onde si ritorna ella poi
in Frigia appresso Cibele. Si congiungono alla
fine queste due linee narrative da quando il
Signore degli Dei decide di maritare Cora appunto, profittando della lontananza materna, a
Plutone, e j)repara le nozze. Connivente Afrodite, egli fa si che la vergine esca con le compagne e Artemide ed Atena e la stessa dea dell'amore a raccoglier fiori su i prati smaglianti
di Enna e che su quelli, balzando improvviso
dal suolo spalancato in voragine, la rapisca il
sotterraneo Nume. Grande scompiglio ne sorge.
Fuggono le giovani amiche. Atena e Artemide
tentano opporsi con l'armi che sono lor proprie.
Ma Zeus da l'alto tuona il suo assentimento. E
presto Cora, trascinata dai cavalli dell'oltretomba,
fa il suo solenne ingresso nelle sedi buje, ove
l'accolgono, con festa ch' insueta col, gl'iddii
torvi e le paurose iddie de' regni flegetonti.

152

III.

LA DEMETRA D^ENNA

La seconda

parte possiede quell'unit di strutIl centro naturale dell'azione offerto da Demetra; intorno
a cui ogni altra luce si deve comporre. La Madre
non vive tranquilli i giorni presso i Frigi: un

tura che

manca a questa prima.

presentimento vago ma assiduo la turba con


sogni atri che mal si dileguano nel risveglio.
Alla fine, decide di abbandonar le terre di Cibele e recarsi a visitar la figlia fra i Siciliani.
Parte, tutto temendo, nulla sperando. Da Imigi

appajono i luoghi ove s'aspetta di trovar


Cora ma ben presto scorge deserta e sconvolta
la casa. Entra, e vede incompiuta l'opera tessile
della vergine, e lacrimante in profondo dolore
la nutrice Elettra. Chiede con voce ch' gi di
disperazione; e apprende il ratto. Lo schianto
le per quasi sbito superato dallo sdegno
contro gli Dei tutti, e Zeus in ispecie, che permisero il delitto, lo lasciarono impune, non curando se per tal modo si sovvertissero leggi di
giustizia e principii di morale. Giura che non
le

cesser di percorrere, intenta alla ricerca, l'uni-

verso intero fin che non le sia ritrovata la figlia.


E la ricerca inizia senz'altro, dopo aver fatto a
s, per la notte, fiaccole di due pini recisi presso
il fiume Aci in bosco sacro a Zeus.
Il resto si desidera. Ne importa gran fatto,
che poco pi apprenderemmo nel sguito. Il
poeta si era assunto ben grave soma, chi guardi
alla difficolt insita in ogni forma leggendaria,
ove sempre la materia poetica molta, ma sorda
ad artefice che non sia di assai fermo polso; e
ove la stessa potenziale bellezza contribuisce a
rendere scabro l'officio dell'attuarla. Claudiano

IL

vi

MITO CONTAMINATO

153

manc: non esito a dire che vi manc per


(1). Noi lo giudichiamo qui a fronte della

intiero

sua saga, e possiamo farlo con pienezza di giuche la sua saga la nostra: abbiam appreso
a conoscerla da l'origine lungo la vita complessa.
Non c'illude quindi,
e sarebbe facile errore,
quella, che prima colpisce, bellezza formale
dizio,

di

particolari,

verso.

eleganza di scene, armonia di

Riconosciamo

cotesti

pregi

ma come

perfezion delle parti in un tutto su cui


il

nostro interesse e l'esame pi vero.

si

volge
la per-

stessa anche da concedersi intera


guasta per certa esuberanza, che assempra il
vecchio pescatore teocriteo dalle vene gonfie sul
collo, spiace dopo le prove d'un'arte pi cauta
se bene gi troppo a s indulgente. Ma in ogni
modo, sopra le singole pennellate riuscite e
oltre le mancate, com' composto il grande

fezione

affresco ?

Claudiano avverti primi, e svolse gli spunti


tutto il racconto pregno: non
diversamente operando, in ci, da Ovidio. Le sue
dee per tanto divennero donne; uomini, i suoi
numi. E suo grande compiacimento si fu narrare
ora il cordoglio della madre, ora lo spavento
della figlia; qua i coniugali rimpianti di Plutone, l le dolcezze filiali di Cora. Se non che
in Ovidio tal via era tenuta con due pregi: la

psichici di cui

accorta profondit dell'investigazione intima;

(1)

Giudizio opposto tenne

essay su Demeter

W.

Pater, nel suo garbato

and Persephone in

(London 1901) pag. 130 sgg.

e,

"

Greek Studies

m.

154

LA DEMETRA d'eNNA

una grazia

di tocco per cui, oltre la


figuravan sempre senza stridi contrasti la Dea e il Dio. Nel Ratto
per contro cosi quello come questo pregio mancano del tutto. Nulla, che non sia vieto e grossolano richiamo di motivi abusati, infuso nel-

inoltre,

donna
denza

o l'uomo,

passionale; le finezze di certi gesti, le

l'ordito

sfumature di talune emozioni gli sono ignote


i suoi personaggi, non pur non condensano la
;

loro personalit per l'arte di lui,

si

scemano per

la imperizia fin quel vigore e scancellano quella

determinatezza ch'era lor impressa dalla tradizionale teologia. Una madre, una figlia, un marito recente, un giudice un po' pauroso e a
bastanza ingiusto: ecco i protagonisti: non importano nomi, non colori, non linee. Basta, che
per ciascun tipo sono applicati i luoghi comuni
della retorica.

Che

se poi ci s'avvicina

alla

scena,

colpisce

Lungo periodo
di versi circoscrive la Sicilia con un senso di
sacro rispetto. Enna, poco prima che le Dee

la solennit jeratica dei paesaggi.

l'onorino di lor presenza, invoca da Zefiro splen-

dor di fiori ed ha nell'atto una compostezza e


un contenuto orgoglio matronali. La Frigia
lontana riceve da Cibele, quasi un recondito
balsamo religioso. Persino il bosco onde Demetra
svelle i due pini a illuminare la notte un lucus
;

Jovis.

Lo

sfondo, pertanto, delle scene, se pur

sempre ampio alto e severo


proporzione con la statura degli attori
o meglio, non con la loro statura d'uomini, si
con un'altra, fittizia, di Dei. Onde si a\^erte il
primo contrasto, che par creato a posta dal poeta,

varia, tuttavia

non

in

IL MITO

fra la diminuita

CONTAMINATO

155

materia divina della fiaba e

l'accresciuta materia terrena:


trasferito

paesaggio

al

il

quasi fosse stato


decoro che avrebbe

dovuto essere dei Numi.

Primo contrasto non solo. Ben presto si nota


che nessuno dei consueti attributi stato tolto
da Claudiano n a Demetra n a Cora n a
Plutone n ad Atena n ad Artemide n ad
alcun'altra figura celeste del poemetto. Il re dei
morti Ila tutta la sua terrificante corte la vergine Figlia ha intero il suo sguito di bellissime
ninfe; hanno l'armi Pallade e la Cacciatrice,
quella lo scudo gorgono, questa l'arco e le
frecce; la Madre corre per l'aria su cocchio trainato da draghi e doma leoni. Il meccanismo
oltreumano resta inalterato, e il poeta v'insiste.
Ond' che la vita umana e affettiva vi poi
spirata dentro senza che Fautore mostri di accorgersi del dissidio che ne risulta. Il quale ,
a volte, men grave. Ma a volte attinge a dirittura il grottesco e tramuta il poema in commedia. Quando,
gli esempii potrebber essere
moltissimi, desunti ogni cento versi basti l'uno
pi notevole,
quando Plutone ha rapito Cora
e ne ha uditi i primi gemiti e poi gli urli e i
lamenti pietosi e le invocazioni alla Madre, si
commuove " Da tali detti il feroce e dal pianto
vezzoso convinto, e sente i palpiti del primo
amore. Le lacrime (le) deterge con ferruginea
tunica, e con pacata voce consola il mesto dolore (di lei) (1). E, questa, una innovazione di
;

(1) II

273-276.

156

III.

LA DEMETBA d'eNNA

Claudiano gi che
vantano di Plutone
:

le

parole che seguono e che

pregi qual marito e re son


Inno attribuiva ad Elios e

medesime che l'


Ovidio a Giove, per consolar Demetra. Ma rinnovazione a punto svela a maraviglia a qual
grado di risibile pervenga il poeta nel colorire
pateticamente quello spauracchio " feroce di
Aidoneo che egli stesso ha poc'anzi dipinto mostro
a tutte tremendo.
Dai medesimi errori iniziali consegue l'essere
artisticamente (non dico logicamente, che sarebbe inutile rilevarlo) mal connesso il mondo
divino del breve poema. Tutti gli Dei balzano
all'improvviso su dalla terra al cielo. Demetra
ridiviene di colpo sorella di Zeus, dopo che il
tono dei suoi lamenti e l'incertezza dell'angoscia
ce l'avevano affigurata di Zeus suddita umile e
le

meschina

al pari d'una qualsiasi siracusana.


Ciascun dio sembra supinamente soggetto a Zeus;
ma Zeus a sua volta prende a impaurirsi e tremare non a pena Plutone lo minaccia di far liberi
i Titani. Non c'ispirano quindi reverenza n timore cotesti numi ambigui. E l'invettiva che
contr'essi scaglia la Madre nell'ira non per nulla
sacrilega ci scende fredda nel pensiero, perch
vuota cosi di dolore materno come di ribellion
religiosa. Se per poco fosse spinta in l la tendenza del poeta, i suoi di finirebbero con l'apparirci, nella loro scema sostanza um^ana, e tracotante pompa esteriore, marionette fngenti per
:

gioco

di

fili

olimpica, in

occulti e virt di orpelli gravit

un consesso

di stolidi e in

una

fa-

miglia disamorata. L'errore d'intuizione artistica


in fine culmina in quel solenne decreto di Zeus

IL

MITO CONTAMINATO

157

con cui s'apre il libroni: il quale vorrebbe mostrare come, col decretar da Demetra il dono

suprema volont sapesse ritrarre


uomini dalla vicenda di Cora;
non prova nel fatto se non quanto Claudiano

del seme, la

un vantaggio

ma

agli

ha deformato il sommo Iddio.


Conchiudendo il poeta giunto proprio al
contrario di quel che era compito dell'arte: ha
dissimilato in luogo di ordinare in armonia ha
,

contrapposto, in vece di

avvicinare senza con-

elementi del dissidio erano gi


primitiva saga di Cora, e avevan

trasto. Ora, gli

tutti nella

suo evolversi. E pure


non so che secreta
faceva coerire in unit e bellezza. Se

perdurato identici lungo

non

gli

forza

li

avevamo

il

avvertiti:

adesso adunque

si frangono e s'iu"tano, segno


che non pure s' svigorita l'arte, ma l'organismo del mito moribondo,
e si dissolve.
Cosi n pur la contaminazione di motivi,
desunti dalle pi diverse fonti, riesce a infondere ricchezza di contenuto alla leggenda agreste.
Un pi profondo guasto la uccide, senza rimedio.

Onde

finisce l'ultima

forma

di quell'antichissimo

racconto siculo, che una prima volta aveva sentito, per opera di Siracusa, vigoroso l'influsso
greco, e trov una seconda volta, traverso gli
AlessandiTni, arricchimento di bellezza poetica
da iDrincipio, gravame in sguito di mal congesti elementi.

CAPITOLO

IV.

L'abigeato di Caco

I.

(i).

Presso grindiani

Greci.

Indra e Vritra si combattono.


Nel profondo cielo dove il Sole si vela di ardore, Indra teneva le sue smaglianti mucche al
pascolo e lasciava vagare leggre, qua e col,
nell'azzurro. Non sfuggirono a Vritra, turpe figura di serx^e dalle tre teste, n tentarono in
vano la sua maligna cupidigia. Le rapi, e trassele nell'antro che gli era dimora; e ve le tenne
secrete. I ben colorati animali furono avvolti
dalle tenebre, celati sotto un' incupita parvenza
uniforme. Ma Indra corse alla vendetta. Dall'antro, ove segregato si stava il bottino, gli

(1)

Per tutto questo capitolo

cap. Ili

di cui si citano

v.

Vlndagine, in libro II

nelle note successive.

160

IV.

l'abigeato di caco

giunse un profondo e rauco muggito che gli svel


e il furto e il luogo. Vi si precipita, fende con
la sua possente forza la grotta, di frecce e di
clava colpisce pi e pi volte il mostro nemico,
l'abbatte, lo uccide. E riconduce le mucche nel
cielo,

onde lasciano esse scorrere

il

latte fin

sopra la terra.
Cosi nel Rigveda indiano (1) si adombra per
noi la vicenda del temporale, i bianchi cirri sparsi
per l'azzurro mutandosi in torvi cumuli, che
dopo tuoni e lampi scatenano benefica la pioggia.
L' odio che un' anima paganamente infusa
nella natura nutre acre contro il velame dal
quale tal volta celato il Sole agli sguardi, ha
sentito nelle nubi gravide d'acqua e di fuoco
la presenza di una forza attiva, e nemica cosi
,

della luce benefica

per che
di

si

vampe
e

della

fiamma

benefica,

fulmini percuotono 1' opere


annientano. Il bujo della notte;

caverna di Vritra

umane

come

compiaccia, in vece, di tenebrori e


distruggitrici. Vampe escono dalla

le

l'ombra dei secreti abissi sotterranei, ove occhio


non si spinge, e che, quando spiragli appajono
traverso

il

del

tinta

suolo,

fumo

atterriscono

che

g'

cuori

l'atra

incendii sprigionano,

pregno di odori corrotti, su dai possessi degli


uomini l'ambiguo rossastro delle lame di fuoco,
che s'insinuano avide fra cosa e cosa, per far
di tutte cenere uguale la negra cortina dei cumuli l'abbagliante incandescenza del baleno,
che acceca le pupille:
questi colori queste
;

(1) Cfr.

fino

a pag. 163 E.

PRESSO gl'indiani E

forme

quest' energie

primitivo,

si

161

GRECI

accostano nel pensiero

si

compongono variamente

e diversi

foggiano in figurazioni molte, ripetendo per


con ritmo unico il malefcio costante e il duro
danno, in antitesi violenta contro il dono, in cui
prodigo l'Astro, di luce e di calore. La fiammata che cuoce l'alimento una scintilla tolta
dal Sole per gli uomini e, come il Sole, ha virt
si

intomo a s. La fiamuna selva nemica del


Sole perch nemica dell'uomo: e, poi che teme
la luce solare, s'avvolge di bujo. La mente bambina non sa che la tenebra un modo della
luce, e che il fuoco un solo principio, distrugga
di respingere

mata

l'oscurit

in vece che rade

o giovi. Contrappone

le parvenze
crea, dagli
antinomie fallaci nelle cause.
Cosi fatto l'atteggiamento fondamentale del
pensiero. Che comune, come si sa, agli Arii
e comuni, se bene traverso le differenze a volte
non piccole, sono le forme di cui si veste e le
;

effetti, delle

associazioni psichiche di cui

morfismo, ci sono, ed

si

vale

l'antropo-

nessi fra la notte e

il

bujo e la fiamma malefica, fra gli ascosi meandri del suolo ed il cielo.
E questo d'ogni singolo mito del fuoco, quale
che sia per esserne il valore pi immediato, permane il riposto senso di allegoria naturalistica.
Anzi, in grazia a punto di essa affinit di concetti, poco importa se la fiaba si connetta pi
tosto con la freccia del fulmine che squarcia il
perso involucro dei nuvoli, o pi tosto col dente
infocato che appare impro\^iso e avido tra le
sph'e di un fumo caliginoso, o altrimenti con
altro. Griacch la fantasia primigenia, la quale
sotterraneo mondo, fra

A. Ferrabino, Kalypso.

il

11

162

IV.

ha narrato

l'abigeato di caco

sotto la specie dell'uomo

una

spet-

tacolosa vicenda della natura, deve esser stata

indotta dalle

medesime sue

associazioni analo-

giclie a ripetere, nelle aridit della concezione,

un

solo racconto per fenomeni simili.


Ci spiega perch, fuor del E-igveda, il mito
ritorni bens presso assai popoli arii, ma presso
pochi come l simboleggi il temporale. Presso
gli Eranii tramutato si , pur serbando parecchie simiglianze, in una forma, per cui Tistrj^a

Apaosha

si

combattono

e a dirittura rinno-

vato in altra forma, la quale, per il nesso che


nel pensiero gi intercede fra tenebra e male,
luce e bene, trasporta il mito a significare il
tra Ormuzd il buono e il cattivo
Ahriman.
Che se, dopo averle spiegate, non grande
conto da farsi di queste trasposizioni della
fiaba da uno ad altro fenomeno molto maggiore se ne deve attribuire in vece all'alterarsi

contrasto

o al persistere di taluni particolari significanti.

segno di qilanto si accosti o allonsaga originaria il nuovo racconto


simili a quei tratti caratteristici che perman-

In

essi

tani

il

dalla

gono a contraddistinguere il volto di una famiglia nei secoli. E quando del mito si poi
perduto tutto il senso riposto, restano testimoni
veritieri ed irrefutabili dell'origine prima e dimostrano che in fondo scarsa fu la elaborazione
innovatrice sul modello pi antico. Quando in
vece un significato s'intrude sopra e contro l'originario e lo modifica o lo soffoca, si perdono
insieme i primitivi particolari episodici, come
un muro coinvolge nella sua caduta gli affreschi.

PRESSO gl'indiani E

163

GBECI

quanti non disconnuovo dominante pensiero. Giaccli

o solo tanti se ne serbano

vengono

al

l'energia conservatrice

insita

in

quei partico-

somma, da una non pi

lari costituita, in

co-

memoria dell'importanza essenziale clie


tutti, in vario modo, avevano, quando ancora
la saga travestiva un reale fenomeno. E cessa
sciente

pertanto,

al

allorcli

ricordo

incosciente

sot-

tentra nel racconto la coscienza d'un contenuto


e d'un fine diverso.

Un

un contenuto del tutto nuovi ha


mito primitivo appresso i Greci. Ed
ecco difatti tramutarsi anche la foggia esteriore e l'intreccio dei casi. Come il furto di buoi
perpetrato a danno d'una divinit solare venisse
narrato insieme con la successiva vendetta nelle
saghe antichissime degli Elleni, ignoriamo e
fine e

assunti

il

ci

sembra

inutile pel nostro assunto la conget-

che in secolo a bastanza antico la


metamorfosi del racconto si rivela profondissima. L'omerico Inno a Ermes la nostra fonte
in una sua ampia parte (1). Ed pervaso tutto
dalla minore anima greca: quella che baratta
e commercia; che ruba con astuzia, e nega con
impudenza che scaltra in ben parlare, e avvolge di parole artificiate, di periodi fluenti,
di frasi ambigue, d'esclamazioni infinte e dotura. Certo

li)

Tralascio

tutte

le

quistioni

su gli

"

strati

,,

la

come estranee al tema. Confronta A. Gemoll Die homerischen Hymnen (Leipzig 1886)
181 sgg. e T. W. Allen and E. E. Sikes The homeric hymns
cronologia, ecc. dell'/nno,

(London 1904) 128 sgg.

164

IV.

l'abigeato di caco

mande coperte, l'infelice derubato che giura


invocando i men pericolosi di, nella speranza
di averli meglio indulgenti che non ignora alcuna furberia, e si vanta di tutte e nessuno
pi le crede, e ognuno le s'arma di sospetto, ma
ne resta poco o molto gabbato. L'uomo il quale
suoi detti vagare per
discorre a lungo e lascia
l'aria, incurante se assai ne cadano a vuoto,
certo che giungono in parte al brocco, e tiene
fra tanto i suoi occhi, sotto le palpebre basse,
fissi qua e l su oggetti che non guarda; il
;

Grreco dei proverbi e dei motti ironici: vive in-

per una fresca vivacit di dipintura, nel


ladro di buoi. E lo ritrae la maggiore anima
greca, la virile, cui la cupidigia di guadagno

tiero,

congiunta con la brama di gloria, cui il buono


anche bello, e forza indirizzata al suo fine
anche il bene. Ma fra questa maggiore e la minore anima greca i tramiti non sono affatto
s'

tronchi.

Onde una

celata coscienza della supe-

che pu, se voglia, rinchiudere in un labii"into di dubbii e di certezze,


entrambi illusorii, l'intelligenza del suo interlocutore, serpeggia per il racconto. E un sorriso
di compiacimento interno lo illumina il sorriso
mal palese degli aruspici, secondo Catone; il
sorriso, dagli occhi assai pi che dalla bocca,
con cui gli ambasciatori d'Atene dovevan accogliere, pacati d'indulgenza ironica, la dichiarazione frequente dei Peloponnesiaci " Grli Ateniesi discorrono troppo bene perch si possa lor
credere .
un biasimo tacito del furto ma
c' una lode sobria del ladro abile. E la commedia nasce. Comico, il racconto eh' era stato

riorit di quello spirito

PEBSSO gl'indiani E

GRECI

165

tragico allorquando Vritra cadeva sotto la invitta clava di Indra.

Perno del mito diviene adunque l'astuzia clie


elude la forza. I protagonisti sono mutati. Caduti taluni particolari, altri s'improvvisano dal
largo patrimonio novellistico. Lo sfondo diverso, perch alla furberia del mortale

compete

scena la terra, come alla violenza del mostruoso


iddio sede il cielo. Resta la pascente mandra divina, di splendido aspetto e il secreto del furto
e l'antro ove l'ombra accoglie i mugghianti.
Apollo il derubato, Ermes il ladro; Ermes, nella
sera del giorno in cui nacque, piccolo bimbo di
inverosimile forza e di mente gi dotta nelle
oblique vie. Fra il neonato dalla tenera pelle
ed esigua statura, e il Dio vigoroso e alto, si
svolge la principal scena. Due altre la precedono.
La prima narra il furto. Non opera di violenza, ma di scaltrezza. I buoi,
cinquanta,
pascevano nella Pieria mentre " con il suo carro
e i cavalli il Sole spariva sotto la terra. Ermes,
per celare ogni traccia dell' abigeato sul suolo
sabbioso, condusse le bestie all'indietro, intrecciando per s accorti e leggeri sandali con vincastri e sarmenti. Giunto presso TAlfeo cela la
refurtiva in una grotta " da la volta elevata .
Poi, ritorna presso la madre, sul monte Cillne.
E ha luogo la seconda scena (1).
;

E
sul

di Cillene,

mattino

(1)

tosto, egli

n per

la

ai

divi gioghi

toi'nava in

lunga via alcuno scontrossi con

Vv. 142 sgg. Edizione T.

W. Allen

(Oxford 1912).

166

l'abigeato di caco

IV.

Dei beati o tra

lui o tra gli

travano

obliquo

per

Ermete,

cani.

il

mortali uomini;
benefico

serrarne della

il

non

casa scomparve, simile

a vento d'autunno o pure a la nebbia. Avanza


nell'antro

vendo

fino

dix-itto

recesso, piano coi piedi

ricco

al

la-

Zeus,

di

figlio

mo-

n cos fa rumore sul suolo. Subitamente entr

nella zana l'inclito Ermes, le fasce a le spaUe avvol-

gendo, come d'un piccolo bimbo che in braccio alla


balia

scompone coi piedi (1). Ma non sfuggiva


madre Dea, che gli disse parole.
perch mai tu, o ben furbo, e donde in ora di
lini

l'Iddio alla sua


"

d'inverecondia

notte ne giungi, o cinto

pi'eveggo, da indissolubili vincoli


legato, uscir
finir

da queste soglie fra

per recarti a predar nelle

Prditi,

Padre

stolto

Ed Ermete

mani

le

valli

lei

te

di Apollo, o

generava

ti

e agl'immortali

Dei

rendeva

parole

scaltre

ecco

pari di ladro.

al

che per grande sventura

uomini mortali

agli

Ed

intorno allo sterno

"

il

Madre,

perch queste cose tu m'ammonisci, come ad un piccolo

bimbo, che malizie ben poche conosca nel cuore,

mido tema

fin della

madre

apprendere voglio, ch'

la

rimprocei

pi bella

Ma

(2).

e ti-

io un'arte

fra gli Dei

immortali spogli di doni e negletti, quivi restando,

rimarremo come tu vuoi. Meglio

quentar gl'immortali ricco ed agiato

per

sempre

di beni e di

ci

fre-

messi

che nella casa sederci, nell'oscura caverna. Quanto ad


onore,

il

Apollo.

convenevole anch'io voglio ottenere, ben come


se

mio padre non me

il

per certo tenter


nire

(1)
(2)

il

capo.

Omesso
Omesso

Che

se

che posso

mi

ricerchi

lo dona, io

stesso

dei rapinatori diveil

il

v.

153.

il

v.

167 ch' corrotto.

figlio dell'illustre

PRESSO gl'indiani E
Latna,

altr'e

e anche pi

grande sua

167

GRECI

tanto (io

mi

credo) avrebbe in ricambio

mi reco

in

Pitne al saccheggio della

casa,

molto da quella rubando stupendi

tripodi ed oro e lebti, molto sfavillante ferro, e vesti


di molte.

Tu

certo vedrai

se

ti

piaccia

n senso d'umanit e la sostanza greca che


sono divenuti il nucleo nuovo del mito appaiono qui in tutta la loro vivace contrapiDOsizione
alla forma indiana di cui fu veduto. Perch la
difesa, che il poeta adorna cosi bene su le labbra
bambine, un breve mal represso anelito di simpatia per il ladro perspicace ed ardimentoso,
simile a profondo brivido onde nelle fibre arcane
della carne si ax)provi quel che la ragione condanna. Ben altro era l'odio atterrito per cui, nel
Rigveda, il rapinatore trascinava la sua mole
serpentina nel dimenio orrendo delle tre teste.
L, freme il ribrezzo contro Vritra, l'ignobile, e
l'ombra della sua caverna, dalla quale il mugghio bovino suscita un' eco di sgomento negli
animi. Qui, noi abbiamo ormai preso parte in
favor del breve Ermes fasciato, che si crogiola
di caldo nella zana, orgoglioso senza pudore
di quanto ha compiuto, pronto a difender s e
la i)ropria opera, certo di saperla proseguire nel
futuro. E non v' dubbio che a Maja piacciano le vesti che l'arti del figlio le recheranno
rapite! Le due spanne onde il corpicino si misura sono molto piccola cosa di fronte alle cinquanta terga di tori: e nella grazia furbesca del
contrasto, che la onnipotenza divina giustifica
e legittima, sta il motivo della simpatia e nostra
e del poeta.

168

Come

l'abigeato di caco

IV.

Zeus

lui (1) scorse di

Mjade

di

fascia odorosa s'immerse

molta brace

il

capo

quale del legno la cenere

nasconde all'intorno, tale celava

di ceppi

Ermes,

s stesso

raccolse

Lungisaettante vedendo

il

mani ed

le

figlio,

il

dentro la

adirato pel furto dei bovi l'arciero Apollo,

come

piedi,

in breve

bagno

se per

dolce sonno chiamasse a ristoro, sveglio restando per.

Leto

di

Zeus riconobbe, n

di

Il

figlio

la

montana bellissima ninfa con

suo

il

gli

sfugg,

figlio,

bimbo

piccino, avvolto dentro ingannevoli astuzie. Della grande

casa

recessi mirando, con la splendida chiave tre ri-

di nettare colmi e di gradita

postigli schiudeva,

brosia

purpuree vesti e smaglianti

della Ninfa

dentro

beati

am-

molto oro ed argento dentro giaceva, molte

grande casa

sogliono

avere

tutto che dei

Della

dimore.

sacre

le

seni esplorati,

il

Latoide con detti par-

Ermes illustre.
bimbo che nella zana

ti

giaci,

lava ad
"

noi. Ti piglier

nebra

ti

alla luce potr ritrarre


i

Ed Ermete

bimbi

madre n

te la

agresti bovi

Non

sei

d'altri intesi parole,

venuto

ciono

madre,

(1)

il

me

prima

piace,

ed

e attorno alle spalle le fasce,

Vv. 235 sgg.

Latoide,

vidi,

non

so,

n mostrare potrei, n vprenderne

questo da me,

sonno

"
:

e perch ricercando

uomo

pos-

mi

piac-

latte della

mia

premio, n somiglio ad un ladro di buoi,

Non

padre

il

qual mai aspro discorso parlasti

sente.

fra

ma' sotto terra errerai primeg-

a lui scaltre parole rendeva

qui

bovi

scaglier nel fosco Tartaro nella te-

triste irreparabile

giando fra

mostrami

modo contenderemo

presto, che tosto in disdicevole

altre cose
il

ed

tiepidi bagni.

PEESSO gl'indiani E

Nessuno potrebbe

donde

sapere

169

GRECI

tale contesa,

sorse

che per vero gran maraviglia fra gl'immortali sarebbe

bimbo nato da poco varcasse

che un

mezzo
i

di bovi silvani.

piedi son molli

Oh male

tu parli

scabra, di sotto, la

soglia fra

la

mi nacqui

Ieri

Ma

teri'a.

su la testa del padre un grande giuramento far

io

affermo

io stesso fai causa,

altro ladro dei vostri buoi

checch

poi che per fama sol tanto ne odo

dando
spose

inarcando

Ma

(1).

bovi

si

sieno,

le

qua

a lui lene ridendo l'arciero

palpebre
l

guar-

Apollo

ri-

"

amico, in dolo scaltro

per vero che spesso per

durante

la notte,

dei

bramoso

e in

inganni, io preveggo

invader

le

la casa

di carne,

t'imbatta in

Ma

tale tu parli.

monti molesterai agresti

pecore lanute.

ben abitate case

pi c'uno stenderai sul suolo, senza

rumore ripulendo
valli

ciglia,

le

n vidi alcun

Cosi dunque parl, e di frequente con

ammiccava,

se vuoi,

molti nelle

pastori, allor che,

mandre

di

via! l'ultimo ed estremo

non vuoi dormire, scendi

dalla zana, o

bovi o in

sonno

compagno

se

della

nera notte. Questo per certo anche poi tra gl'immortali

avi'ai

dei ladri

officio,

di

esser per

sempre chiamato capo

adunque

Cosi disse

Apolline Febo. Allora,


levato, tutto serio,

e
il

il

bimbo prendendo

forte Argicida, tra le

un presagio emetteva,

del ventre, e messaggero impronto.

tosto

poi

che Apollo l'udiva, da

Dopo
le

(1)

Omesso

il

v. 280.

mani

ardito servo
esso, starnuti

mani

Ermes gittava. Gli si mise dinanzi


frettando il cammino, Ermes gabbava ed a

l'illustre

trasse

sul suolo
e,

pur

af-

lui diceva

170
parole

IV.

l'abigeato di oaco

Coraggio, o fasciato,

figlio di

con questi presagi trover pure,


gliardi dei buoi

tu,

Majade

alla fine,

e Zeus:

capi ga-

per altro, m'insegnerai la strada

La contesa continua un po', fin che si decidono entrambi a recarsi nel cospetto del Cronio
Zeus per aver giustizia. Li Ermete giura di nuovo
solennemente il falso ma poco vale. Pur troppo
Zeus conosce ogni cosa e anche dell' abigeato
ben sa. Sorride, il gran Dio, e comanda ai due
Dei di cercare insieme " con animo concorde
;

i buoi e ad Ermes ordina d'indicarne il rifugio.


Ubbidiscono. E la commedia finisce come le commedie sogliono terminare: con una buona pace.

Di essa rimangono cardini notevoli l'accortezza del trascinare le mucche all'indietro per
disperderne l'orme e travolger gl'indizii e l'insistente ammiccante spergiui'o di Ermes dinanzi
ad Apollo ed a Zeus particolari che, pur appartenendo forse ad antiche trame novellistiche,
sono tuttavia qui per il loro piglio maliziato
probabilmente a bastanza tardi.
;

II.

Le

fila

presso

Presso

Latini.

s'intrecciano poi presso gl'Italici, e

Latini in ispecie

(1).

trasposizione, per

della

riportato da

(1) Cfr., di

un fenomeno

cui

all'altro

qui fino a pag. 182,

mito vien
analogo n

il

e (in parte) VI.

PRESSO

171

LATINI

un nuovo signifischema leggendario, l'an-

dell'intrusione, per la quale

cato scaccia, d'entro lo

rinnova per conseguenza i particolari del


racconto si deve tener parola a proposito della
saga romana di Caco. Altre vicende essa ha subite allor quando ci appare formata in et di
storia. Non quelle. Segno certo, che rimase da
prima ben radicata nella memoria delle generazioni, approfondita nel sangue della stirpe
che vi si cristallizz in una foggia, la quale
non aveva pi il contenuto cosciente della antica, ma dell'antica tutti serbava i tratti, anche
i pi minuti, e dall'antica ripetendo il suo essere
ne diveniva veneranda e intangibile. E per allora che r elaborazione artistica sopravvenne
con voce pi sicura e lievito pi possente, non
dovette copot distruggere per ricreare
stringersi nella materia, n sorda n asx^ra, ma
irrigidita dai secoli sopravveniva difatto troppo
tardi. Il rispetto, per vero, di tutti i particolari,
che furono proprii della saga primordiale aria e
che si rinvengono intatti nel Rigveda, contraddistingue, senza eccezione, la serie intiera delle
vicende che il racconto attraversa di poi, tanto
nei carmi dei poeti, quanto nelle storie e nelle
tico, e

interpretazioni dei dotti.

La

presentazione dei protagonisti. Per che


il racconto
d'una probabilit otindiano e il probabile,
i^rimitivo racconto latino,
timamente fondata,
forse la differenza pi notevole fra

nomi delle iDersone. N da


ammirare. Sono molteplici gli aspetti onde un
qual siasi spettacolo naturale si presenta all'oc-

consista nei mutati

172

l'abigeato di caco

IV.

meno il pensiero
nesso unico e ha vigoria per
parvente alla sola sostanza.

chio ingenuo e tanto pi quanto


:

scorge tra

varii

il

ciascun

riportare

Ogni aspetto poi

si presta a tramutarsi, da
prima, assai pi che in una personale figura
di Dio, in un nome cui risponde una sbiadita
ombra divina. Spiccatisi pi tardi dal comune

ceppo ario i rami diversi, l'evoluzione linguistica


da un lato trasforma quei nomi per fenomeni
fonetici appresso le differenti razze; dall'altro,

caso lascia smarrire taluni di

il

e concretando

valore

il

(1).

taluno
contenuto

essi, e

fa prevalere, addensando di questo

il

Cosi l'intuizione fon-

damentale della fiamma aveva certo moltissimi


termini che le corrispondevano ma uno ne trionfava l, ed un altro qui. Onde accade che un
solo mito del fuoco possa rinvenirsi in fogge
bens quasi identiche presso gl'Indiani e i Latini,
ma non mai con identici nomi.
La presentazione, adunque, dei protagonisti.
:

Quando

Latini

(e

forse

si

potrebbe

dii-e

sen-

ma, se bene intorno a ci le


loro leggende ci appajono per barlumi, in fondo
ne siamo all'oscuro, ed quindi prudenza non
z'altro

gl'Italici

affermare alcun che) ripeterono l'antichissimo


mito indoeuropeo senza ancora averne dimenticato il valore naturalistico, s'indussero ad usare
i

nomi

di

Caco

e di

un non sappiamo

in

ben diverse condizioni. Non solo

(1) Cfr.

1907) 88.

G.

De

Sanctis

Storia

dei

Garano

se

o Recarano. Di fronte ai quali la storia


il

Bomani

si

trova

primo

(Torino

PRESSO

ben certo,
malmente

dove

173

LATINI

secondo non n pur for-

il

sicuro e varia nei due testi ove ap-

pare sol tanto ma quello analizzabile con un


etimo di cui riflessi si rinvengono pure fra i
Grreci, e questo offre difficolt molto maggiori.
Glie in Caco ritorni la radice che anche in xaio)
(" brucio, ardo ) e nel prenestino Caeculus,
probabilissimo e consuona bene alla sua natura
ed ai suoi offcii. Ma Garano-Recarano restio
a tentativi cosi fatti ed preferibile compren;

non di certa analisi il


nome. Inoltre a lui tocc di esser pi tardi soppiantato da un altro Iddio, ond' impossibile
derlo fra

gli

di

cui

definire, quali sieno gli attributi suoi proprii, e

quali al personaggio

sieno stati aggiunti dal


secondo attore. Unica certezza, cbe se fu prescelto a significare la forza della natm-a la quale
nel Rigveda esprime Indra, da Indra non differ forse troppo.

n pure, nel

insieme, molto da Vritra. In-

tutt'

difatti

Caco non

differisce

dubitata la forma mostruosa certo l'atto del


vomitar fuoco da le fauci e nerissimo fumo
;

congetturabile, l'orribile cervice tripartita.

Un

antro immane sua dimora, fra le tenebre cupe.


AlFintorno, egli rapisce e distrugge: n forza

n ostacolo lo rattiene. Il terrore lo


invano lo minaccia. Tale sua
effgie ripugnante ed immonda per si deve
riferire ad un secondo stadio del suo evolversi
mitico, perch son tracce palesi d'una sua pi
vasta comprensione. Egli dovette, ci , nell'inizio, valere come non pur malefico si anche
fuoco benefico: e senza dubbio i due aspetti
antitetici erano potenzialmente, pi che in lui,
gli resiste,

circonda. L'odio

174

IV.

l'abigeato di caco

nel suo nome. Difatti sotto sembianze piacevoli


ed amicali Cacu ritorna presso gli Etruschi in
certi specclii dipinti che ne pervennero unica
reliquia. E, sopra tutto, in Roma attestato il
culto d'una Caca^ cui vergini avrebbero con assidua cura vigilato un sacro focolare, non dissimilmente da Vesta. Eorse il termine non significava da principio se non il fuoco nell'atto
dell'ardere e in quanto arde e solo poi le due
contrapposte concezioni della fiamma confluirono in esso, e valsero a derivarne ben due
figure divine. Il terzo stadio in fine della sua
evoluzione Caco toccava quando nei posteriori
tentativi di genealogie divine divenne figlio di
Vulcano, che aveva a sua volta assunto il primo
posto fra i Numi della fiamma.
Dei due protagonisti, il furto e il duello si
svolgeva quasi certamente in modo simile al
racconto del Rigveda. Vi ritornavano il muggito
bovino rivelatore dell'inganno; le frecce e la
clava, forse con certezza, la distruzione violenta
della caverna e l'abbattimento del mostro tra
il fragore il fumo ed il fuoco. E tutto il mito
latino si esauriva, per quanto ci concesso sapere, dentro questi termini senza n originalit
sua propria di particolari e di figure n sma;

glianza singolare di colorito formale.


Un primo arricchimento gli deriv dall'avere,
in proceder di tempi, localizzato con pi esattezza la fiaba,
topograficamente vaga nelle
origini, come quasi ogni altra. Nello spazzo
che s'apre su la riva sinistra del Tevere tra il
Palatino a oriente, a sud l'Aventino, il Campidoglio a nord, e dove erano nell'et storica il Foro

PEESSO

Boario e
saga.

LATINI

175

la sua fssa sede la


il Velabro, trov
fu pi vicina alla terra, e pi lontana

come dal cielo cosi dal suo proprio senso naturaFra i colli romani essa divenne il racconto

listico.

di

avventure terrene,

il

ricordo di tempi lonta-

i monti
ed il fiume. Prese a trasformarsi in una leggenda
che la pretende a storia accampando una verit
fallace e diversa dalla sua prima, ben j)u ef-

nissimi, di cui testimoni unici restavano

fettiva.

Un

particolare locale s'insinua

la ca-

verna di Caco pensata nel monte Aventino. E,


assai pi di quanto possiamo scorgere nelle testimonianze, i luoghi ove poi saranno le scalae
Caci e Vatrium Caci danno contributo di piccoli nuovi tocchi precisanti alla fiaba. La quale

forma pertanto col in uno stadio, che il


suo primo fra i Latini, e di cui il colle Avensi

tino e

due numi Caco e Garano-Recarano co-

stituiscono

iDerni.

Acquistare una sede significa per per un mito,


non pure raggiungere una consistenza e saldezza
maggiori, bensi allargarsi via via per attinenze
nuove, suggerite dai luoghi ove altri miti son
radicati. E un contagio cui il suolo serve di
conduttore: e che qui fu invero non presto, ma
fu per compenso profondo. Quando il dio greco
Eracle penetrasse nel patrimonio leggendario
latino e sotto la veste di Ercole venisse definitivamente adottato e sar del tutto incerto (1).
Senza dubbio poi alquanto tempo dovette trascorrere innanzi ch'egli potesse fondersi con gli

(1)

Cfr.

De Sanctis

St. d. R. I 193.

176

IV,

l'abigeato di caco

di latini a lui simiglianti o per qual

modo

si

voglia

contigui prima, dovette divenire familiare,


:

ottenere culto e insediarsi sugli altari, esser conosciuto anche nei suoi minori attributi, assimilarsi infine air ambiente.
dall' "

Ara massima

Non

presto dunque

ove nel Foro Boario gli


si faceva sacrifizio, presso al Palatino, sopravvenne ad assorbire in s ed annientare la figura
di Grarano-Recarano. La quale difatti non cade
in cosi profondo oblio clie non se ne serbino

tracce fra gli eruditi dell'et imperiale.


l'ebbe assorbita. Ercole prevalse

Ma come

onninamente.

poco noto che era di fronte al dio


impresso di grecit? A ensembra,
competevano e le frecce
trambi,
e la clava: simboli dei raggi della Stella. E le
lotte erculee avverso l'Ade o avverso Neleo non
erano se non se i riscontri analoghi del duello
fra Grarano-Recarano e Caco. Ma l dove l'uno
apparteneva a una religione poco evoluta qual
la latina, l'altre recavano con s grande maturit religiosa. Una poi di cotesto imprese di
Eracle, la fatica con cui uccise il
ruggente
Gerione e gli tolse la stux)enda mandra, offriva
il pretesto per rinsaldare quel nesso fra Ercole
e Caco, che circostanze di luogo e simiglianza
di forma e contenuto tanto favorivano. Fra Eritia
nell'occidente spagnolo, ove quella fatica avrebbe
avuto luogo, e la Grecia, cui doveva ritornare
Il dio solare

solare

notissimo,

^'

l'eroe,

l'

Italia

era

ponte, e nell' Italia

Roma.

Della positura geografica approfittarono molti


facitori di saghe per le loro combinazioni (1);
(1)

Per

es.

Stesicoeo nella sua Gerioneide:

cfr.

U. Man-

PBESSO

LATINI

177

per nessuna forse cosi felicemente come per la


latina di Caco. Giacch la vittoria conseguita in

Ruggente giustificava, oltre che la


presenza di Ercole su l'Aventino, il possesso
della mandra che Caco rapisce.
In progressione, quanto pi Ercole prevaleva
su Recarano-Grarano, tanto pi s'allarg la leggenda. Vi si aggiunsero i particolari sul culto
romano dell'eroe nel Foro Boario, e se ne fece
tutto un paragrafo nuovo del racconto, contraddistinto per profondi caratteri dal resto. Non pi
il mito della natura; ma l'impasto non sempre
coerente di etiologie, con le quali si tenta di
spiegare l'uno o l'altro aspetto del rituale, un
costume, un gesto, projettando il tutto, senza
prospettiva di tempo, sopra uno schermo unico.
Del paragrafo che cosi accresce la leggenda,
uno strato appare, se l'ipotesi non erra, di unica
origine; rispetto a cui sussistono inserzioni pi
Eritia sul

tarde.

Addette al culto di Ercole nell'Ara Massima


erano in et storica, prima che il servizio vi
fosse assunto da pubblici ufficiali (anno 312 a. C),
le famiglie dei Potizii e dei Pinarii se non che
a questi ultimi sembra che non spettasse come
a quei primi di partecipare al banchetto in cui
;

dopo

il

vittime.

sacrifizio

Era

si

consumavano

inoltre uso di offrire

resti

al

delle

Nume

la

decima, per consueto, d'un proprio guadagno o

CUBO

La

Grecia

Urica classica greca in Sicilia


(Pisa 1912)

Sup. di Pisa

("

XXIV) pag.

A. Ferrabino, Kalypso.

nella

Magna

Annali della R. Scuola Normale


216.
12

178

IV.

l'abigeato di caco

d'un bottino conseguito in guerra e l'offerta era


cosi a generali come a privati cittadini.
Il primo fra questi fatti e forse anche il secondo
:

lecita

trama originaria della leggenda


Per essa Ercole avrebbe instituito,
subito dopo la sua vittoria su Caco, un altare,
l'Ara Massima, e vi avrebbe sacrificato la decima
costituiscono la
etiologica.

del bottino strappato al mostro: sacrifizio cui


sarebber stati partecipi membri dei Potizii e dei
Pinarii, con zelo e per tempo quelli, con ritardo
questi onde non poteron partecipare al banchetto delle viscere. Ercole decret allora che
tale

nei

secoli

restasse

costume fra

il

le

due

famiglie.

Se non che dal culto erculeo dell'Ara le donne


erano escluse. Anche qui occorrendo un motivo,
non si pens che in Roma Ercole anche dio
della generazione maschile ma si disse che le
donne avevano offeso il Nume, in qualche maniera, durante quel primo sacrifizio. L'etiologia
dev'essere a bastanza tarda, e discorda nei testi
ov' riferita. Per gli uni Carmenta (e la Porta
Carmentalis che ne ha il nome prossima al
Foro Boario) avrebbe respinto l'invito di assistere l'eroe presso l'ara o vi sarebbe pervenuta
in ritardo ancor pi che i Pinarii Per una redazione forse pi antica in vece, donne rinchiuse
presso il Velabro pel culto della Bona Dea avrebbero, per mezzo della loro sacerdotessa, rifiutato
al Dio sitibondo di concedergli un po' d'acqua,
per non lasciar violare il sacrario da un uomo
onde la vendetta di lui. E anche recente ,
sembra, il nesso che si strinse fra Ercole e un'ara,
esistente vicino alla Porta Trigemina non lungi
;

PRESSO

179

LATINI

Foro Boario, dedicata Jovi inventori. Certo


ci non da tutti accolto, il
particolare che essa fosse eretta da Ercole per
al

secondario, e per

ringraziare,

col

un giovenco,

di

sacrifizio

il

suo padre Giove.

Ora, se tutti cotesti accrescimenti leggendarii,


i

quali

ed

il

si

commettono con

culto di lui nell'Ara

di Ercole

figura

la

Massima, rappresen-

tano, pur tenendo

conto di talune interpolaun secondo stadio


del racconto; un terzo venne di poi a sovrap-

zioni pi tarde, nel complesso

porsi.

Entr nel mito

cause furono,

la figura di

come per Ercole,

identica per entrambi

Evandro. Le
due. L'una

la contiguit delle sedi


poich di Evandro era un altare presso la Porta
Trigemina non lungi all'Aventino e al Foro
:

non uguale. Come per


Ercole era valsa la simiglianza di lui con Garano-Recarano, cosi per Evandro influ la forma
del suo nome. La mente non matura che cerca
di motivarsi le tradizioni, quasi sem^^re ritiene
d'aver tutto spiegato allor che ha supposto l'etimo d'un termine. Caco ad esempio venne,
e forse da eruditi greci, accostato per omofonia all'aggettivo xaTt^
cattivo ^ il quale
Boario. L'altra analoga,

^'

parve del resto convenir bene al mostruoso ladrone. D'altra parte Euander che volto in greco
divenne EdavQog, fu inteso " buon uomo . Indi
fu facile

riscontro tra

il

l'Aventino e

il

'

il

buon uomo

"

malvagio

,,

del-

della Porta Tri-

gemina.

Evandro

era,

in

una leggenda che qui non

180

IV.

l'abigeato di caco

accade di analizzare (1),


un signore di Arcadi
Grecia venuti a insediarsi sul Palatino,
accanto agli Aborigeni retti da Fauno. La sua
persona pareva dunque acconcia a esser legata
per pi attinenze con quella di Ercole e Caco;
e se il racconto lo avesse accolto in et pili
antica senza dubbio troveremmo una volgata
concorde intorno a ci. L'accoglimento in vece
fu tardo, e la volgata non esiste. Esistono racconti cbe oscillano, dalla forma in cui egli
ostile ad Ercole, alla forma in cui egli ospita
Feroe e gli rende culto. Ma evidentemente la
natura stessa dei suoi ra^Dporti etimologici con
Caco rende certo ch'egli dovette in prevalenza
figurar contro di questo e a favore del greco
dalla

figlio di Zeus.

questo medesimo terzo

stadio venne a
innestandosi con
Evandro, un'altra tarda invenzione. Quella Carmenta, di cui era un anticbissimo sacrario presso

In

confluire,

la

confondendovisi,

Porta Carmentalis e che gi vedevamo usuuna etiologia del racconto, fu in altra

fruita per

guisa sfruttata per accrescere di solennit la


venuta di Ercole in Roma e immetterla nelle tradizioni pi propriamente indigene. Ella avrebbe,
cio, predetto in un suo vaticinio l'avvento dell'eroe e la

futura

divinit

di

lui. Il

fato cosi

rendeva veneranda la gesta; e la favoletta serviva assai bene a vantare per antichissimo fra
tutti il culto romano di Ercole. Tarda trovata,
che si foggia tal volta coi nomi, in vece che di

(1)

L'analisi

v.

in

De

Sanctis

St. d.

R.

192.

PKESSO

181

LATINI

Carmenta, di Nicostrata, di Temide o, presso


Greci, con quel dell'oracolo Delfico. Tarda, che
si trov la maniera di unire all'altra di Evandro
questo facendo figlio o amico della profetessa, e
ricordo del vaticinio giustificando l'accoglienza di lui al Tirinzio.

col

Basti di coteste invenzioni, cosi povere e rei poeti mal si collegano


col restante racconto. E impossibile dire chi per
primo abbia in un testo scritto accolto il nucleo
centi che anche presso

leggendario pi antico, dai successivi stadi!


delFet volgenti deformato in parte, in parte
svolto e compiuto

posto

un organismo

chi abbia, bene o

male comnon

di quel che era opera,

del tutto compaginata, d' una lenta e libera


evoluzione traverso slanci fantastici ed erudizieni grame. Sol tanto si pu congetturare che
Ennio commettesse nel suo poema la materia
come del primo (Caco), cosi anche del secondo
stadio (Ercole), al meno nella sua pi vetusta
parte. E di poi un annalista del II sec. a. C. desse
adito al terzo stadio (Evandro) ed alle sue propaggini.
La quale ipotesi potrebbe sussistere parallelamente ad un' altra che giustifica assai bene taluni aspetti del mito di

augustea.

Caco ax)presso

gli scrit-

probabile difatti, la
fiaba greca di Ermes ed Apollo, che l' Inno
omerico divulgava in degna veste d'arte e con
autorevole efficacia, non rimanesse senza influsso
su quel mito il quale tra i Latini riproduce, con
fedelt maggiore, lo stesso unico spunto allegorico indoeuropeo. E se l'abigeato del figlio di
tori

dell'et

182

IV.

l'abigeato di caco

Maja fu nella mente di talun culto scrittore,


come Ennio,
non privo di analogie con l'abigeato di Caco, da quello questo ebbe forse a

ripetere qualche particolare attinente pi tosto

Tale lo scaltro accorla coda all'indietro i


buoi fino all'antro per disperderne le tracce
tale anche lo spergiuro del ladro che nega il
all'astuzia che alla forza.

gimento del condurre per

furto

questi

difatti

ritrovammo nella

G-recia

saga rielaborata.
Certamente per, quanto al di l di coteste
innovazioni e giunte s' conservato intatto il
primo profilo del mito, cosi che i particolari
posteriori si sono aggregati ma non sostituiti
ai precedenti tanto se ne son venute alterando
tratti essenziali della

la luce e la

prospettiva e se n' obliterata la

coscienza. Chi ricorda pi se la rapina e la


vendetta narrino del temporale che il Sole vince
o del fuoco malefico e tenebroso cui la luce
nemica ? Ora, il fenomeno naturale lontano
la terra il cielo il fiume sono intorno alla leggenda, non dentro
la colorano, non la costituiscono. Ora, essa duplice nella sua parvenza.
Narrata con un certo abbandono della fantasia,
con una cura precisa di non omettere le pi
vivide tinte, una fiaba, da ripetersi perch
gradita, da ripetersi con arte per non guastarla,
da apprezzarsi come l'eco di due cose venerande
il tempo e la bellezza. E i poeti la toccheranno
con il loro tocco pi lieve e pi esperto. Tramandata in vece con un ritegno sobrio che la
contenga dentro i margini dell'umano e dell'e:

riman sospesa ambigua tra la realt e il


sogno, che la fiaba muore e non storia ancora;

roico,

POETI

183

riempirebbe la lacuna dei tempi bui, ma non


elimina ogni dubbio e non genera certezza di conoscenza. E gli storici dotati di senso d'arte la
riprodurranno guardinghi e pur non spiacenti.
dunque,
presso e il poeta e lo
Una fiaba,
storico. Ma una, cui quello pago di ammirare,
questo desideroso di credere. Noi non possediamo per n i versi degli artisti pi antichi
n le prose dei pi antichi annalisti che in
Roma accolsero il mito solo li conosciamo riprodotti e compiuti nell'opere mature dell'et di
Augusto.

ni.

il

I Poeti.

Quando, dopo Ennio, l'arte incaston nel verso


fulgore della fiaba, gi la tecnica aveva po-

lito

r esametro

temprandolo per

la

forza

l'aveva reso agile per la grazia delle movenze.

La parola regnava scelta, limata, contesta, vigeva nel tono quanto nel significato; aveva un
senso nel pensiero, e un ritmo nella frase. Esprimeva, e aggiungeva. E il mito visse nella parola, che gli divenne fine pi che mezzo. Valse
:

come

la congiuntura nella vita: per


che produceva, scelto a pretesto o a
tema di un carme; per i distici che l'infrenavano e gli esametri in cui adagiavasi; per gli
aggettivi che esigeva e i sostantivi ove si distillava. Ond' che raro il poeta innov, sempre
quasi si attenne alla tradizione. L'arte era nel-

in quella

gli effetti

184

IV.

l'abigeato di caco

l'adattamento, che non fosse

trito, della ribelle

massa linguistica allo schema rigido e inviolabile mentre la licenza facilitava l'opera, il me:

splendeva nel difficile. Il gesto della mano


che elegge e soppesa la parola, simboleggia,
riguardo a Caco, l'opera e di Properzio e di
Vergilio e di Ovidio: emblema cui sol tanto
non si attennero l dove altro procedere esigesse
il
quarto
il general tema
dell'opera loro,
libro delle Elegie^ l'ottavo dTEneide^ il primo
dei Fasti (1).
rito

Properzio occupa rispetto agli altri due un


posto singolare. La sua dipendenza da Vergilio,
difficile

cronologicamente a dimostrarsi, anche

artisticamente improbabile, cosi che gli sembra


pi tosto parallelo. In tal caso, sia che egli attingesse a un modello diverso, sia che con
Ennio non contaminasse altre fonti, sia che infine si ritenesse lecita una libert maggiore,
il suo racconto non comprende Evandro, il terzo
stadio della leggenda, ma, solo i due primi. Caco

ed Ercole

per noi quindi, qual che ne sia la


della forma che avrebbe potuto assumere la fiaba senza il mito etimologico
causa,

un esempio

sul " cattivo

ladro.

Pel resto, il racconto in tutto personale. I


vero tema dell'elegia Ercole Anfitrioniade, in
qualit di Dio venerato nel Foro Boario con
rito greco e senso romano. La sua sola figura
campeggia in due quadri, che uniscono egli e il

(1)

Gir

III.

135

momento del tempo e la postura della scena.


Nel primo combatte Caco in una lotta brevemente descritta, la quale sembra importare al
poeta pi nel suo insieme cbe nei particolari.

Nel secondo invoca dalle donne, raccolte nel mistico culto della Bona Dea, l'acqua che gli negano e ne trae vendetta. Sono dunque le due
sole avversioni che Teroe abbia trovate innanzi

a s sul suolo dell'Urbe, superate entrambe con

un moto

entrambe in
caverna dell'Aventino,
e il riposto limitare sacro d'un bosco presso il
Velabro, si fanno riscontro; le tre teste di Caco,
e le chiome bianche d'una sacerdotessa. E l'antichissimo mito della natura si dispone allo
stesso piano e nella medesima luce del recente
mito etiologico. L'arte, serbata la bellezza di
violenza,

di

prescrizione di rito.

concretate

Una

ha creato la bellezza di questo svolgendone una fantasiosa scena cui rende grata e
quello,

fresca

il

Quando

murmure

d'un fonte.
da

(1) l'Anfitriomade

aveva stornato

tue stalle, o Eritia,

le

giovenchi, vincitor venne agli

corosi palatini monti,

stesso pos, l dove

il

ed

bovi

stanchi

Velbro con

la

alti

stanco

peegli

sua propria cor-

rente stagnava, dove su le urbane acque apriva le vele


il

nocchiero.

furono

Caco

si

Ma

quegli
era,

su la terra dell'infido Caco salvi non


di

furto

ladrone

emetteva per tre bocche

(1)

Properzio

(Oxford

s.

a.

Elegie

[1907]).

Giove

da l'antro

IV

divisi.

9;

macchiava. Indigeno
pauroso,

che

suoni

Egh, perch non

edizione

J. S.

fos-

Phillimore^

186
sere

al

Dio

tane spietate

tempie
"

buoi

giovenchi muggirono

nell'antro

trasse

per

rapina,

palese

di

indizi! certi

l'indietro

l'abigeato di caco

IV.

percosso, giacque

al-

sfuggiva
ladro

ladro, del

il

abbatt. Dalla Menalia

l'ira

coda

la

ma non

le

clava le tre

Caco, ed Alcide

si

parla

bovi andate, o d'Ercole bovi andate, fatica estrema

della clava nostra, due volte da

mia preda, o buoi, ed


gito

sacrate

Eoma

pascolo

il

me

ricercati,

due volte

campi Boarii con lungo mug-

vostro sar

Foro

nobile

di

Avea

detto, e per la sete ond' secco

ma

contratto

nessun'acqua

gli

palato

il

il

volto

procacciava umida

la

ode lungi di rinchiuse fanciulle. In om-

terra. Il riso

brosa cerchia

un bosco avevan formato,

gli alberi

sura di feminea dea, con venerandi fonti e

maschio nessuno impunemente

aperti.

Le

clau-

sacelli, a

riposte soglie

purpuree bende velavano; nella vecchia dimora odoroso


fuoco splendeva

un pioppo
Quivi

il

tempio adornava con lunghe fronde

densa ombra copriva.


ammucchiata la polvere su
parole non degne d'un Dio gitta di-

e cantanti uccelli

con

corre,

egli

l'arida barba, e

nanzi all'ingresso

"

voij

che nel sacro recesso del

bosco giocate, aprite, vi prego, allo stanco eroe ospitale

il

santuario

Erro una fonte cercando,

torno sonoro di acque


nel concavo
il

palmo

mondo con

si

del ruscello

accoglie.

le spalle

sostenne

qui in-

mi basta quanto

Udiste di alcuno che


?

Quegli son io

Al-

mi chiama. Chi dell'Erculea


clava le forti imjirese non ode ? e contro le immense
fiere le non mai vane frecce ? e che ad un uomo solo
cide la sostenuta

si

diradar

(1)

le

Omesso

terra

tenebre di Stige?

il

v.

[42J.

(1).

s'anche celebraste

POETI

Giunone

sacrifizio all'avversa

avrebbe negate

mio volto

Ma

qualcuno

se

libico Sole spaventano, io pure, in veste Sidonia,

nocchia

Con
tessa,

me

ed anche a

suto petto e fui con


tali detti

fascia

morbida

l'ir-

dure mani garbata fanciulla

le

Alcide

da purpureo

una

cinse

compii

con Lida co-

cotidiani pennecchi

schiava, e

di

offici

ma

con

il

chiome riarse dal

vello e le

il

acque non mi

sue

le

matrigna.

la stessa

e del leone

187

,.

l'alma sacerdo-

tali

nastro ricinta le chiome bianche

Non

riguardar, o straniero, e lascia l'inviolabil bosco;

ritirati

or su, abbandona, sicuro fuggendo, la soglia. Per

temibile legge interdetta ai maschi,

scorse

vate Tiresia

il

posta, le

donino

forti

si

membra

battenti

quegli con

le spalle

scuote gli opachi


resiste.

Ma

poi che col ruscello bevuto aveva placato l'ardore,

giuro con

triste
"

le

Quest'angolo del

coglie

un

a pena rasciutte labbra pronuncia.

mondo

questa terra a

massima ara

ti

fanciulle solo, ap-

n l'uscio chiuso all'adirata sete

un'ara

lavava! Altre fonti gli Dei

partata dentro limitare secreto

Cosi la vecchia

venera

riparo.

fa

scorre per le

quest'acqua

si

Con gran danno


Pallade mentre, la Gorgone de-

che del rimoto sacello

me

egli dice

"

consacrata, l'ara da queste

ora

me

con

miei

fati

stanco s'apre con pena.

che dai

La

greggi

ritrovati

mani Massima

ac-

fatta,

questa

nessuna donna mai veneri, perch senza vendetta non


resti la sete

Padre

d'Ercole escluso

santo

salve!

Giunone o santo

l'avversa

di

cui

si

compiace oramai
benigno

vogliti rivolgere

al

libro mio.

Cosi

il

breve carme assempra

il

magistero

delle pause musicali, cui si affida pi espressione


tal volta

che

al

contesto

delle

note

giacch

188

IV.

quando

l'abigeato di caco

mito vive di forza verbale, la pausa

il

lo costituisce

non meno

della parola.

Dal com-

plesso della leggenda volgata e nota, che rin-

chiude abbozzato nella mente di tutti il lavoro


dell'arte, il poeta crea con pochi tocchi i rilievi
e le luci,

le

ombre

moria comune

me-

e gli sfondi lascia alla

e nel silenzio di lui vibra

il ri-

cordo di tutti. Noi non sappiamo oggi a pieno


ci che tale ricordo potesse supplire; ma in
parte l'abbiamo supposto, in parte ci verr
mostrato da Vergilio ed Ovidio. Intendiamo per
tanto quest'arte. E insieme ne scorgiamo il carattere profondo: eulta. Il mito, nella sua
squisitezza formale, dottrina; e il compiacimento del poeta di una garbata esumazione
dinanzi a lettori cui la raffinatezza ha svigorito

Non

la forza delle sensazioni.

non

l'idea nazionale

il

anima quei

senso religiosa
distici, se

bene

dell'uno e dell'altra vi sieno echi. Li regola

senso fine dello

stile

un gusto

un

aristocratico

dell'accenno sapiente, della misurata allusione


mitologica.

Nei limiti

dell'arte,

che non pu esser mai

ma in compenso atta a una pi vasta cerchia di lettori,


la narrazione di Vergilio: perch l'informano
quei caldi sensi trascendenti, i quali sono Tamor
patrio e la santit della fede. Dentro la cornice
del poema, che esalta la nazione nei suoi principi! primi, ed percorso tutto dal rispetto alla
leggenda, come a quella onde scaturisce l'orvolgare, assai

goglio del

meno

aristocratica,

nome romano

riosa istoria dei

tempi pi

si

giustifica la glo-

vicini;

accanto alla

figura del

189

POETI

pio eroe Enea, che opera per volere

di Griove e abbassa la fronte sotto l'afflato de-

gl'incombenti Numi il mito, cbe narra Tinstituzione del culto erculeo, e celebra et anteriori
alla venuta dei Trojani nel Lazio, non pu non
:

essere circonfuso d'una luce due volte

sacra, e

ascoltato in atteggiamento inchinevole. Il libro

ottavo dell'Eneide si equilibra su i due suoi


estremi: comincia con le lotte cruente di Enea

contro Turno; finisce con l'inno alle mirabili


vittorie romane e alla battaglia d'Azio, significate da Vulcano su lo scudo dell'eroe. Dalle
prime alle estreme gesta, balza il pensiero senza
intervallo in

un constante sentimento

e,

nella

compagine salda degli esametri, appajono


divinit di tre

le

Dei, Venere Ercole e Vulcano.

La leggenda

si affonda nella realt


la religione
penetra entrambe e il canto muove dalle radici profonde dei profondi sentimenti del popolo
che diede la fantasia alle fiabe, i soldati forti
;

le

alle imprese, al culto

divoti.

mito di Caco vien esposto (1) durante un sacrifizio ad Ercole, e spazia abbondante di particolari. Qui detto quel che Properzio accenna. Qui Ennio non si lchiama, ma

Per

si

ci, e il

sostituisce.

la primordiale figura della saga,

Caco, non svolta meno della seconda,


Ercole, n della terza, Evandro per che
:

rappresentino, in ordine, la divinit mostruosa


e la divinit bella e
tico presso

(1)

il

un antichissimo

colle Palatino.

Vv. 154-279

assetto poli-

tutt'e

tre

sono

edizione R. Sabbadini' (Torino 1908).

190

cosi collegate

dell'epoca,
le

l'abigeato di caco

IV.

che Evandro,

il

quale d

il

segno

narratore, e nel racconto di lui

il

due forze divine

mento assume,

si

combattono.

difatti,

la

Il combattiparte pi notevole

canto intiero suona d'armi e perch


si rivelano a pieno tutti gli aspetti
dei due awersarii. Quindi, per l'esigenze del

perch

il

nella lotta

tema generale,
di astuzia che

il

mito adombra quei particolari

supponemmo

dedotti dalla Grecia,

lumeggia bene ogni forma

di violenza; ricon-

ducendoci per obliqua via alla sua probabile


breve in ispecie l'accenno
foggia originaria
allo spergiuro del ladro, che pi si accosta al
furbo diniego di Ermes.
:

Ma allora, quasi insensibilmente, il gravitar


dell'importanza su questo duello ne accresce le
conseguenze e, insieme col pretenzioso sfondo
storico, le spinge al di l dell'origine di un culto.
Poich il poeta vuol credere alla leggenda, e la
pareggia alla storia, in Caco con la belva muore
la vita selvaggia, e dalla sua fine principia non
sol tanto
narii,

rito

il

ma la

d'Ercole, con

Potizii e

Pi-

quiete per gli abitanti del Palatino.

il suo cadavere trascinato per i piedi empie


d'un'avida curiosit le menti e non basta ad
appagare i cuori, atterriti dal lor terrore morto;
e i fuochi spenti su le fauci somigliano un

simbolo.
guerrieri.

Le

lotte

saran

poi di guerrieri

su l'Aventino, ove

con

Enea contempla

ancora le tracce del passato, i contemporanei


d'Augusto scorgono marmoree dimore.
Parla Evandro ad Enea (1):

(1)

Vv. 190 sgg,

POETI

191

Guarda da prima questo masso tra le rupi sospeso:


come lungi son sparsi i macigni, e deserta la dimora nel monte, e rovinarono le pietre in frana. Qui
fu la spelonca, remota in suo immenso recesso, che il
semiumano Caco di feroce aspetto abitava non tcca
e

dai raggi

del

sole

calda la terra ed

vano

sempre

di strage recente era

su la soglia

affissi

volti foschi di lurida tabe.

violenta

un

tal

pende-

mostro Vul-

cano era padre, del quale atri fuochi dalla bocca re-

cendo trascinava
il

tempo

alla fine

sua

la

Ma

buoi.

che nullo

stasse

superbo, e

spoglie

vittorioso guidava,
i

mole.

noi bramanti

supremo Alcide giunse,

Infatti vendicator

ucciso e deUe

vasta

recava soccorso, e l'avvento del Dio.

il

ed inganno

Gerone
qui

fiume occupavano

mente bramosa

l'efferata

delitto

ed

e la valle

di

ingenti

tori

Caco

di

a ci

inosato o intentato re-

dal pascolo quattro di mirabile

corpo tori

distorna e altr'e tante di magnifiche forme giovenche.


Poi, perch nessun'orma diretta vi sia, per la coda

trascina nell'antro, del


e

li

cammino capovolgendo

li

gl'indizii,

occulta nell'opaca caverna.

nessuna guidava chi cercasse allo speco.


Fra tanto, quando gi dal pascolo il gregge pasciuto
Traccia

moveva

l'Anfitrionade,

partenza mugghiano
la selva e

una

e procacciava

il

partire, nella

buoi e tutta di lamenti riempion

con clamore abbandonano

colli.

delle giovenche rispose per l'enorme

ghiando, onde deluse

le

Allor per la rabbia


riarse

con la

mano

Alle voci

antro

mug-

speranze di Caco la prigioniera.


d'Alcide d'atra

bile

l'armi e la quercia

gra-

dolore

il

afferra

vata di nocchi, e a corsa raggiunge l'erta dell'aereo

monte. Per la prima volta videro

pauroso

e turbato.

Fugge

l'Euro, l'antro raggiunge

nostri occhi

senz'altro
ai

piedi

il

Caco

pi veloce del-

timore presta le

192

A pena vi

ali.

l'abigeato di caco

IV.

l'arte

fatto cadere le catene


le

porte rinchiuse

zava
e l

il

un immane macigno,
patema stava sospeso, avea

s'era rinchiuso, ed

che per ferro e per

furente nel cuore incal-

ecco

ogni

Tirinzio, e

movendo,

spezzando, e di quello munito

ed

accesso indagava,

digrignando

fremente, tutto perlustra

qua

ratto

Tre volte,

monte Aventino

il

vano tenta

le pietrose soglie in

denti.

d'ira

tre volte

tre volte, stanco, nella

valle riposa.

Vera, tra

diruti intorno

macigni, acuminata una

roccia, a la caverna sorgente

sul dorso, altissima allo

opportuna a nidi d'inauspicati

sguardo, sede

uccelli.

Questa che, prona, dal giogo a sinistra incombeva

sul

fiume, verso destra all'incontro spingendo scrollava; da


le

profonde radici

la

strappa e la svelle

dissimo,
fiume.

sussultano

le rive,

lo speco, e di

forza

se

Caco

nel

secreta la terra

schiudesse

la reggia

tremassero

si

si

indi d'un sl'etra

gran-

spaventato

il

immane appar

mostr nel profondo,

profondo

aprisse

gl'invisi agli

l'immenso bratro

ritira

e si

scoperta, e l'ombrosa caverna

non diversa che

onde risuona

bito la scaglia con impeto

spalancandosi
inferne

le

sedi

per

e di-

Dei pallidi regni, e dall'alto

scorgesse, e pel penetrato lucore

Mani.

Lui, colto improvviso da la inattesa luce e nella cava

rupe rinchiuso

per insolito

Alcide opprime di dardi, e

con rami

l'incalza e

(non sopravanza

da

le

fauci

si

modo

ruggente, di sopra

vale di tutte le armi, e

con enormi macigni. Quegli allora

difatti

al pericolo

scampo nessuno)

moltissimo fumo

mirabile a dirsi

vomita, ed avvolge la casa in caligine cieca, agli occhi


togliendo

il

vedere,

nell'antro

aduna, tenebre miste con fuoco.


'nel cuore,

con precipite salto

una fumosa notte

Non
si

sopporta Alcide

scaglia nel fuoco,

pi

dove

fitto

fumo volge sua

il

grande speco fluttua atra

spira

compresso schiacciato

gli

nel

nebbia. Qui nelle tenebre

la

nodo Caco, che vani incendii

in stretto

afferra

193

POETI

rece,

esorbitan occhi e la gola

si

ingorga di sangue.
Si spalanca tosto, abbattute le porte, la nera casa
i

buoi

rubati,
e

cielo,

deforme

il

Non possono
mendi,

ed

riappajono

mirando

cuori

gli

petto della mezza

il

di ste, e su le fauci

Da

rapina,

cadavere trascinato

placarsi

volto,

il

spergiurata

la

al

pei piedi.

occhi tre-

fiera,

villoso

fuochi spenti.

allora gli si celebra onore, e

posteri

lieti

ricor-

primo Potizio institutore ne fu con

la schiatta Pinaria,

custode del sacrifizio erculeo. Que-

darono

il

giorno

Ercole

st'ara

verr detta da noi, e

che massima sempre


massima sempre sar.

eresse nel bosco,

Vergilio sembrerebbe di poter fare seguire

senz'altro Ovidio

che

lo

assai strettamente e ne

non

religioso e patrio,

imita su questo punto


finge anche il senso

inoioportuni n l'uno n

quei Fasti ove

rassegnano le feste
In realt sotto una
superficiale simiglianza si cela ben profonda
differenza. La vita artistica del mito, pregnante

l'altro in

sacre e nazionali di

si

Roma (1).

in Properzio, rigogliosa in Vergilio, vi agonizza.

Ce ne accorgiamo prima dalla parola; che s'


esaurita, che non osa violare il modello i^er
rinnovarne

mutarne

le

linee

si

sforza

imj)otente

di

perde nel vanto


piccolo d'un nuovo vocabolo coniato, allor che

(1) I

suoni.

Cosi che

si

461-586; edizione H. Petee* (Lipsia 1907).

A. Ferrabino, Kalypso.

IS

194
"

IV.

l'abigeato di caco

detto con falsa audacia Ercole


sminuisce nel gioco artificioso d'una frase,
quando eletta a costituire un verso cosi (1)

claviger

si

Dira viro facies, vires pr corpore, corpus

Grande

sorride bolsa nel bisticcio etimologico

non leve

malum

Non

(2)

"

Cacus

pi la finezza pro-

perziana e la ricca concisione

il

lezio

ricer-

cato a far un poco attonito chi legga.


Ci spiega poi anche la freddezza riposta di
tutto il racconto. Di esso l'occasione son le Cardell'll gennaio, e il legame che alla
cerimonia sacra lo congiunge rappresentato
dal nesso Carmenta-Evandro-Ercole-Caco Carmenta difatti, e perch madre di Evandro, e
perch profetessa del culto erculeo, giustifica
tutta la seconda parte del carme ovidiano. Ma
il legame sottile. Carmenta, numen p-aesens
della poesia, ne lontana dal verso 541 al 582
e la sua lontananza nell'essenza e nella forma
(e nell'essenza persiste forse anche quando cessa
nella forma) sottrae parte della forza reKgiosa
al mito: il quale tutta l'avrebbe avuta, se raccontato a proposito der sacrifcio ad Ercole nel
12 agosto.
E parte similmente della sua forza patria la
fiaba smarrisce (inconscio il poeta) per il colore eh' dato alla figura di Evandro. Questi

mentalia

'

'.

non

pi,

come

latinizzato, ajuta

li)

V. 553.

(2)

in Vergilio, il re che, ormai


Enea, e appare nell'atto di ce-

V. 551-2.

195

un

lebrar

sacro rito

cade, giunto

romano

lo straniero, l'Ar-

da poco, nuovo

alla terra, foru-

quale lia bisogno ad


apprezzar il Lazio dell'incitamento e dello sprone
materno. Indi, senza dubbio, la luce, per coerenza
al tema, si addensa su la figura di Carmenta;
dalla sua patria,

scito

ma

figlio di lei se

il

il

ne menoma.

menomato,

vigore nazionale del mito. Non solo


che ^ stabant nova tecta quando Ercole giunse,
straniero egli pure. Unico indigeno, Caco: ossia
proprio il personaggio odioso del racconto Caco
" terrore ed infamia della selva aventina . Cosi
una inezia apparente ha tramutato la situazione. Ma l'inezia non sarebbe sfuggita all'artista se il suo sentimento patrio fosse stato, nei
riguardi di questo mito, reale ed efficace. In
vece egli imit Vergilio nella superfcie; e all'artifizio di tale imitazione sospese il suo racstronca

il

conto.

Pur

nella facile

vena del

verso, nella sonorit

scorrevole, nella fantasia corriva, l'artifizio s'e-

leva ad arte
Ecco

(1).

bovi d'Eritia conduce col

che del lungo orbe ha misurato

il

ospita la casa d'Evandro, incustoditi


feraci

clavigero eroe

il

percorso. Mentre lui

vagano

pei

Tirinzio pastore dal novero avverte

mancare due

Del tacito furto non vede, cercando, vestigia;


airindietro aveva tratte Caco nell'antro

ed infamia

(1)

campi

bovi. Il mattino sorgeva, e desto dal sonno

della

Vv. 543 sgg.

selva

aventina,

danno

il

tori.

le bestie

Caco, terrore

non

lieve a

196

l'abigeato di caco

IV.

stranieri e a vicini. Spietato del forte l'aspetto, le forze

rispondono

al corpo,

Mulcbero

padre

corpo ha grande. Del mostro,

il

per casa, ingente di lunghi recessi

ha una spelonca nascosta, che mal troverebbero

pendono

belve. Teste all'ingresso e braccia

d'umane ossa biancheggia. Con

terra squallida

la

mal

la

buoi, o nato da Giove, ne andavi

serbata parte dei

diedero

un mugghio

colgo

richiamo

il

fino le

infisse:

con rauco suono.

nibati

dice

seguendo

e,

"

Ac-

la voce, vincitor

per la selva all'empio antro perviene. L'adito quegli con

un masso strappato dal monte aveva munito, che


cinque a stento e cinque
Delle spalle questi

posato
batte, e

il

peso

il

anche

immane smuove

fragore lo stesso

il

pariglie.

cielo v'aveva

crollando. L'ab-

etra spaventa

sante mole percossa cede la terra.


alle

smosso

avrebbero

serve

si

Da

da

la pe-

prima, venuti

mani, Caco combatte, e feroce con travi e con sassi

sostien la difesa.
ricorre,

mal

mita da

la

Ma

poscia che non n'ha vantaggio,

forte, alle

del padre, e

arti

fiamme vo-

sonora bocca. Le quali sempre che esala,

crederesti che respiri Tifeo e che dal fuoco dell'Etna

ratto baleno

nocchiuta

si

scagli. Alcide, incalza, e la vibrata tri-

mazza dell'avversario

capo tre quattro

il

volte percuote. Egli cade, e misto col sangue vomita


il

fumo,

Un

e batte

morendo

col vasto petto

toro fra quelli, o Giove, t'immola

chiama Evandro con


quell'ara che

dell'Urbe ha

Evandro, che

il

nome

agricoltoii.

gli

Massima

detta

dal bue.

prossimo

il

qui,

il

la terra.

vincitore, e

s costituiva

dove una parte

tace

la

madre

di

tempo, in cui la terra

abbia a bastanza goduto l'Ercole suo.

197

GLI STORICI

IV.

Gli Storici.

Il gesto pi significante clie insieme compiano


Livio e Dionisio (i due storici dell'et di Augusto,
i quali riferirono la leggenda di Caco) la dichiarazione con cui rifiutano di accettare responsabilit per quanto raccontano (1). " Cosi si suol
tramandare dice Livio e richiama tacitamente
" n di affermare n
le parole del suo prologo
animo
Dionisio " vi sono
in
E
di negare ho
.
intorno al nume d'Eracle racconti pi favolosi,
;

e altri pi credibili. Il pi favoloso questo

vero che, nel gesto comune, Livio crede pi

di Dionisio

tuttavia entrambi

l'opinione che

il

hanno accettato

mito abbia un contenuto storico

(opinione la quale,

come

si

disse dianzi, dovette

prender radice col primo insediarsi la leggenda


sull'Aventino) ed entrambi si pongono, e risolvono male, il problema della sua attendibilit.
Anzi, per diminuire quasi l'importanza stessa
del problema, giunsero ad accrescerla. Se avessero riferito il racconto com' in Vergilio, n
pur Livio, con la scarsa perspicacia critica che lo
segnala, avrebbe esitato a respingerlo tra le favole. In vece essi lo trovano attenuato presso i
pi antichi annalisti: lo rinvengono sotto quella
veste di fiaba si, ma umana, che vedemmo convenirgli alla fine delia sua evoluzione. Caco
vale a dire,^non vome fiamma n un mostro. E

(Ij

Su Livio

e Dionisio cfr. IV.

198

IV.

l'abigeato di caco

un uomo malvagio (xaxg), un violento, un ladro


uomo. La possibilit terrena informa la fiaba
e non ammette sopra s che l'eroico, Ercole
:

onde

due forze divine avverse

spogliano
del soprannaturale e il valore del racconto pesa
assai pi sul furto che su la vendetta. In questa
difatti troppo palese appare la natura mostruosa
di Caco, troppo il padre mitico di lui si rivela
le

nelle armi ch'egli usa.


in Livio

come

Un cenno

si

breve d, cosi

in Dionisio, notizia della vittoria

d'Ercole. All'offesa serve la clava,

arma

d'eroe.

Alla difesa dovrebbe valere l'ajuto dei vicini


ma il malvagio lo invoca in vano.
i

Resta, tuttavia, la fiaba. Il colore la tradisce,


buoi stupendi di Gerione la palesano. Fuor

dai nitidi periodi di Livio appaiono, negl'incunaboli di Roma, il fiume Tevere cosparso le ripe
di erbosi pascoli, ed Ercole dormiente nella queta

ombra

sotto

il

peso del cibo e del vino. Sorge

l'aurora, si svolge la ricerca inutile, la vendetta

poi una breve folla d'uomini vigorosi si accoglie


intorno a un'ara, consuma il sacrificio fumante,
il banchetto
su tutto, il carme profetico di Car;

menta. E l'aura favolosa si forma, oltre il preciso linguaggio prosastico, nel pensiero di chi
legge. Resta la fiaba. E nella trama della storia
si tinge d'una gravit un po' paludata, d'una
seriet

riflessiva, le quali

non

la soffocano af-

fatto, si al contrario l'abbellano di

un candore

ingenuo.

Ma

solo la stessa arte di Livio

senso secreto
(1) I 7.

4 sgg.

pu dare quel

(1).

edizione Weissknbohn'^ (Lipsia 1910).

199

GLI STORICI

Che Ercole

quei luoghi conducesse dopo l'ucci-

in

sione di Gerione magnifici buoi e che presso

fiume

il

Tevere, per dove aveva nuotando traghettato innanzi


a s la mandra, in

luogo

erboso

egli stesso del viaggio e per ristorar

un buon pascolo

per la gravezza

del

presse,

buoi,

un pastore

si

cibo

giacesse, stanco

si

con

del vino

di quei dintorni, a

con

la quiete e

come

suol tramandare. Ivi,


il

sopore l'op-

nome Caco

e di

violenta forza, allettato dalla bellezza dei buoi e vo-

quella

lendo stornar
all'inuanzi la

medesime

vi

preda, perch, se avesse spinto

mandra verso

la spelonca,

avrebbero addotto

il

le

impronte

padrone nella

ricerca,

trasse per le code all'indietro verso la spelonca

bovi,

quelli insigni per bellezza. Ercole in sul far dell'aurora

come, desto dal sonno, esamin con


e s'accorse che una

parte

diresse alla vicina spelonca,

si

ducesser

altrove

prese a condurre la

Ma

poi,

il

gregge

se

per caso col con-

impronte. Quando queste vide tutte rivolte

le

al di fuori

gito,

gli occhi

mancava dal numero,

ne

avendo alcune

come

accade,

dirette,

confuso e mal

mandra lungi

certo

dall'inospite luogo.

giovenche sospinte mug-

delle

per desiderio delle restanti,

il

ri-

sponder dalla spelonca dei buoi rinchiusi rivolse Ercole.

Lui che assaltava


con

la forza,

ma

la

spelonca

l'ajuto dei pastori cadde.

luoghi

(1).

pel

forestiero

dopo ch'ebbe udito

scorgendo l'aspetto e
giori e pi augusti

(1)

Evandro

allora

di rattener

vano invocando
reggeva quei

Quest'Evandro, turbato dall'accorrer dei pa-

stori trepidanti

sione,

Caco tent

colpito dalla clava in

Omesso in parte

il

reo

modi

8.

manifesta

dell'eroe alquanto

degli umani,

il

di

uc-

fatto e del fatto la causa,

gli

chiede

magmai

chi

200
si

Quando

sia.

apprese

"

l'abigeato di caco

IV.

nome

il

Che tu avresti accresciuto

me

disse a

che a

un giorno
" massima

numero

il

"

disse

dei

salve

celesti pre-

madre, veritiera interprete degli Dei, e

la

qui un'ara

te

ne

e la paternit e la patria

nato da Giove, Ercole

stata dedicata, la quale

sarebbe

popolo pi opulento della terra chiamer

il

venerer secondo

il

tuo rito

Dando

la

destra Ercole dichiara di accoglier l'augurio e di adempiere

fati, instituita

e dedicata a lui l'ara. Ivi allora

per la prima volta con una stupenda giovenca della

mandra
e al

il

sacrifizio di Ercole,

banchetto

Potizii e

attendendo

al

ministero

Pinarii, che allora eran le

famiglie pi insigni abitanti quei luoghi, fu celebrato.

Ora accadde che


essi

per

gessero

Potizii fosser pronti per

imbandite

venissero

restanti

Di qui rimase

teriora.

ma

cibi

tempo

ad

Pinarii giun-

gi consumate

le in-

stabilito, finch la schiatta

I Potizii

quella cerimonia per molte et,

pubblici servi

dei

non mangiassero le interiora del saistruiti da Evandro furon i capi di

Pinarii visse, che


crifizio.

le interiora,

fin

quando

trasferito a

ministero sacro della famiglia, tutta

il

la schiatta dei Potizii peri.

Tale,

Caco

predone dei

Temide

(1): se se ne
non un pastor ma un
luoglii; che Carmenta mutata in
che il ladro, interrogato, nega la
che Ercole, prima che a s, alza un

nell'insieme,

toglie che

(2);

sua rapina

altare a Giove

Dionisio

per lui

Inventore; e pochi

altri

parti-

colari minori su la cui natura e sul cui valore

non

qui

(1) I

39-40.

da

dir

nulla, poi

(2) Cfr.

che fiu'on sopra

sopra pag. 181.

201

RAZIONALISTI

Se non che in Dionisio , di pi, una


stanchezza che Livio ignora. Si dilunga per due
capitoli sopra un racconto cui non crede affatto;
scrive ciascun particolare, ma reputa di vedervi
adombrato un simbolo che riveler poi, con sicumera da erudito certo di s e del proprio
sapere (povera certezza in vero!). Eppure non
nervoso; non sorvola n condensa: insiste e
stanca. Il suo pensiero critico estraneo: si
afferma all'inizio, si ritrae poi, non ricompare
^ Intorno ad Ercole questo
se non alla fine
il racconto favoloso che si tramanda . Alla
vagliati.

fiaba

manca

l'amore.

V.

Quando

alla fiaba

che singhiozzare

manca
suoi

I Razionalisti.

l'amore, essa

ultimi

stretto j e fatali del razionalismo. I

dell'erudizione

come

tichi

non pu

guizzi

romana trovarono

fra

le

don Ferrante
il

fatto loro

poeti in Ennio, gli storici negli an-

annalisti,

Gracchi: Cassio

negli annalisti

Emina

Gneo

forma precisa del racconto che

dell'et

Gelilo

(1).

dei

Su

la

trovava presso
l'uno e l'altro siam tanto jdoco certi quanto non
possiamo dubitare su la forma generale. Entrambi, abbandonandosi alla pi rigorosa critica
razionalista, concordano nel ridurre il mito a un
gramo cencio per tramutarlo in realt; ma si

(1)

Cfr. VI.

si

202

IV.

l'abigeato di caco

direbbe che il primo abbia l'occhio pi tosto


alla redazione poetica della favola siccome apparve poi in Vergilio ed era apparsa prima in
Ennio, il secondo invece si parta pi tosto dalla
redazione storica che con riserve riprodurranno
Livio e Dionisio.
Cassio Emina difatti narrava un preteso " racconto veritiero ove Caco appariva in qualit di
servo. Suo padrone sarebbe stato Evandro, il
buono Evandro signore del cattivo servo. Cotesta concezione fondamentale ci ritorna in due
testimonianze, ma un po' diversamente: presso
il commentator di Vergilio Servio e il suo interpolatore
e presso uno scritto L'origine del
popolo romano^ opera probabile d'un erudito
del IV secolo che compilava con grami intenti
storici. Quest'ultimo solo cita Cassio per sua
fonte; il primo sembra contaminarlo con altre
informazioni, ma certo non l'ignora. Per Servio
adunque (e chi l'interpola) Caco fu un uomo,
soggetto al re degli Arcadi, che per l'abitudine
malvagia di devastare i campi col fuoco fu detto
vomitar fumo e fiamme dalla bocca. Il nome
gli venne dal greco xang col ritiro dell'accento^
;

come fu

di

ponendo

fine al suo

conto

uomo

'EMvtj in Hlena. Ercole lo abbatt

mal

fare.

Dunque:

il

rac-

Vergilio resta, ma, ridotto Ercole a


forte e il fuoco di Caco a simbolo, tradi

visato nella sua essenza.

tale

effetto furono

bastevoli tre interventi del razionalismo

l'uno

a spiegar e ridurre la natura mostruosa del


ladro, l'altro a legittimarne il nome, l'ultimo a
giustificarne

rapporti con Evandro.

Pi in

l si spinge in vece L'origine^ nell' attinger forse

pi compiutamente, certo in
sivo, a Cassio

forte

(il

Emina. Non

suo vero

nome

ma

schiavo ribelle;

203

RAZIONALISTI

il

modo

pi esclu-

solo Ercole

Recarano), e

un uomo
Caco uno

furto punito per auto-

Evandro senza duello n

lotta. I motivi
questa notevole soppressione son
due lo scrittore non aveva spiegato allegoricamente il fuoco di Caco e doveva quindi sorvolare su la circostanza in cui pi il fuoco ha
parte la qual necessit poi gli servi anche per

rit di

razionali

di

metter in rilievo la buona figura di Evandro e


la giustizia di lui.

Ma

in cosi fare egli si allon-

tana dalla fiaba poetica molto pi che non


appaja Servio, se bene come questo la tenga
presente.

Come

per questa di Cassio Emina doveva


ad Ennio, una considerevole riduzione del mito fantastico nei termini della
realt possibile, ma, rispetto al racconto degli
annalisti pi antichi, non era se non se un lieve
i tocco; cosi su questo racconto altri critici inrtervennero assai pi profondamente. Ridurre il
mostro a servo ecco una trovata buona. Ma
m.utare l'uomo singolo in condottiero di eserciti:
ecco uno spunto ottimo per inquadrare meglio
nella storia dei popoli anche la breve favola.
Quest'atteggiamento era assunto in Gelilo e
da un contemporaneo di lui, per qual si voglia
via, la deriv a s Dionisio per il suo " pi credibile racconto (1),
essere, rispetto

(1) 1

41

edizione C. Jacoby (Lipsia 1885).

204

IV.

l'abigeato di caco

Quale capitano fra tutti fortissimo nei tempi suoi e

comandante d'un numeroso

esercito,

tutta la terra compresa dall'Oceano


c'ei'ano, le tirannidi

Eracle percorse

abbattendo, ove

gravi ed aspre per

repubbliche violente e dannose

ai vicini

sudditi

uomini dalla condotta selvaggia ed iniqui uccisori


instituendo in vece legittimi regni

stranieri;

repubbliche

costumanze socievoli

gando

inoltre gli Elleni con

con

continentali,

diffidenti;

che

fin allora

umanitarie
i

di

savie

colle-

popoli marittimi

vivevano disuniti e

eostruendo citt ne' luoghi deserti, deviando

fiumi che inondavano


inaccessibili

l'intiera terra

di tutti.

barbari,

le

ridotti di

piani,

ed

il

Venne dunque
si

modo che

mare divenisse comune pel vantaggio

ducendo una mandra


sulla via di chi

aprendo strade nei monti


compiendo, per

e l'altre opere

in Italia,

non da solo n con-

di buoi (n di fatti la regione

rechi ad

Argo

dall'Iberia,

n per aver

traversato la contrada avi'ebbe meritato tanto onore);

ma

guidando

numeroso

esercito

per sottomettere e

dominare questi abitanti dopo avere ormai soggiogato


l'Iberia: e a col

permanere pi a lungo fu costretto

e dall'assenza della flotta

giunger

dell'inverno

phe avvenne pel soprag-

dal

non accettare

popoli che occupavano l'Italia di sottoporsi a

tutti

lui.

Quindi narrata la sottomissione armata dei


non che d'altri per continuare (1)

Liguri,

Fra costoro
dice che anche

che
il

furono

superati

in

favoleggiato Caco dei

battaglia, si

Romani

re affatto barbaro e signore di sudditi selvaggi

(1) I 42,

2 sgg.

un
avesse

con Eracle

contesa,

205

RAZIONALISTI

occupando luoghi

perch

forti

era di danno ai finitimi. Costui, tosto ch'ebbe appreso

Eracle essersi accampato nella pianura vicina, con apparecchio da ladrone


cito dormiente, e

attacc in sbita

dito caricandosene pred.

dagli

mossa

Elleni, vide

Dopo

per, stretto d'assedio

conquistati a forza e fu

presidi!

ucciso egli stesso nelle fortificazioni. Abbattuti


sidi! di lui,

l'eser-

quanto del bottino rinvenne incusto-

territorii all'intorno presero

per s

prei

se-

guaci d'Eracle e alcuni Arcadi con Evandro....

Quest'ultima asserzione rivela quanta libert


il

razionalista

si

arrogasse; fino a far giunger

nel Lazio insieme con Ercole quell'Evandro

si-

gnore degli Arcadi che la volgata afferma insediato sul Palatino al momento del duello.
Libert intesa al servizio del vero " secondo i
filosofi e gli storici ,

come s'esprime

ossia di quella critica, che

Servio,

conduce a creare,

accanto alla favola pi propria una fiaba fittizia e


grottesca la fiaba dell'Ercole errante in awentm'e cavalleresche, a liberare gli oppressi, render
:

civili

barbari, pacificar

nemici.

del resto

sarebbe cosi risibile un tale sforzo verso il


" vero
, n cosi miserandi apparirebber i suoi

non gl'inquinasse una mal celata


un vanto sicuro di superiorit intellettiva

risultati; se

boria,

che solamente sterile miseria.


Su queste rovine pochi poveri racconti si stremano ancora. Evandro richiama con s la figura
di Fauno di cui era divenuto un equivalente
sotto l'aspetto di buona mitezza: Fauno attira
il nome di Latino, suo figlio
il sacrario di Caca
suggerisce la storiella che la dea abbia otte:

206

IV.

l'abigeato di caco

nuto il culto sacro rivelando


suo fratello.
Poi,

il

il

furto di Caco,

silenzio.

Singolare sorte della saga, in verit. Ricca


di densa materia; vissuta traverso il succedersi
delle geniture in una propaggine del vigoroso
ceppo ario; maturatasi lentamente tra il Palatino l'Aventino e il Tevere ebbe nel II secolo a. C. non pur la sua forma poetica e la
sua foggia istorica, si anclie soffri su quella e
su questa lo spruzzo livido dei razionalisti per
modo, che sopra il quadruplice schema l'et pi
possente del pensiero romano, l'augustea, non
seppe se non disporre adorne trame di ben va:

ma di poco varii disegni. Onde il


mito ebbe preclusa nel sguito ogni ulteriore
vita per che dovesse morire intero con l'estinguersi la potenza alla sua bellezza verbale.
gliate parole,

CAPITOLO

V.

Cirene mitica

I.

<i).

Il sostrato storico.

Ricamo magnifico,

pel quale dedussero i pi


stami poeti, tra quanti furono nell'antichit, grandissimi, il mito greco di Cirene e di
Apollo, l'uno a l'altra amante, ha per nella
storia reale una sua trama di fatti concreti e in
parte sicuri da cui deriva direttamente o indirettamente tutte le proprie successive forme e
in cui da ricercare il motivo appunto di questa
evolventesi trasformazione. Se il Peloponneso,
con due suoi luoghi in ispecie, Sparta e il Tnaro; se Tera, l'isola che nell'Egeo sta a seteletti

(1)

Per tutto queeto capitolo vedi Vlndagine in libro

cap. IV. Nelle note successive indicheremo solo


tivi paragrafi.

II

rispet-

208

V.

tentrione di Creta

e di

frutti,

CIRENE MITICA
se la Libia, ferace di

gregge

costituiscono alla leggenda lo sfondo

geografico: certo fra questi perni essenziali si


svolgono gli avvenimenti, di cui gli uni trovano
nella fiaba

un

riflesso e

una deformazione im-

mediata, gli altri solo in modo mediato danno


impulso a talune vicende, determinano qualche
figura, causano pochi episodi! (1).
Gri in tempo antichissimo, intorno al secolo
decimo a. C, sciami di coloni s'eran condotti
fuor dal Peloponneso in Tera, costituendo a
quest 'isola un' incancellabile fsonomia dorica.
Pi tardi sol tanto, presso che nel secolo VI,
sembra Sparta abbia inviato col uomini suoi,
a suggellare della sua particolar impronta il
carattere e la storia di quella breve terra. Ma
fin dallo scorcio dell'et precedente una mano
di cittadini Terei abbandonava con ardire la
spiaggia patria per avventurarsi nel mare, oltre
Creta, fino in Libia. Comunque l'impresa nei
particolari procedesse, quali che fossero le fatiche sostenute e gli ostacoli superati, i coloni
non posero in vano il piede su la terra straniera
la quale divenne per essi fiorente di fiore civile,
prospera di ricchezza, famosa al mondo; da essi
si ebbe i suoi Re (2). Largo era dunque il volo concesso alla ricordevole fantasia dei discendenti,
perseguendo il tramutar delle sedi dalla penisola
:

(1)

Cfr.

I.

Beloch Griechische Geschichte - I 1, 128. 264 BosoLT Griechische Geschichte^ I 479 sgg. Malten Kyrene
C Philologische Untersuchungen , XX 1911) 166 sgg.
(2) Cfr.

209

IL SOSTBATO STORICO

l'isola, dall'isola al continente. E la lunga


vicenda fu, come nella memoria, cosi nel mito;
ma quale la realt in cristallo iridato.
Per che la memoria fosse alterata da quell'ampio patrimonio di figure di\dne e leggendarie, il
quale pregio d'ogni stirpe greca, in diversa

misui^a; e

cassero
sesso

di

giungendo

s^Diaggia

alla

Terei, nell'anima,

Dei di Ninfe

il

di

insueta re-

loro spirituale pos-

Dee

mare.

tori del cielo della terra del

Numi

abita-

allargato,

li a non molto, gi nel principio del secolo VI,


fu ancora l'ambito dei culti e delle figurazioni.
Regnando difatti Batto II della stirpe che prima
aveva ivi instaurato il soglio regale, un notevole

di

flusso di nuovi coloni pervenne alla Libia, pervadendo e mischiando l' antica massa. G-iungevano dal Peloponneso, e tra essi gli Arcadi

per la lor propria dissimiglianza. Griungei Cretesi, precipui


per la loro importante sede (1). Rinnovarono la
stirpe corrompendone l'uniformit; apx)ortarono
un soffio diverso e molteplice ad alimentare di
parole mistiche e di riti i sacri fuochi accesi dai
venuti prima. E furono per le vicende delle fiabe
locali di efficacia non piccola grandissima. Non
soltanto perch apportatori di nuovi elementi al
racconto; ma anche perch, numerosi, costituirono a s un centro secondario di creazione e
distinti

vano

dall'isole egee, e tra essi

diffusione mitica, in antitesi

al

principale, cui

regnante tribuiva pi solenne sanzione e


la priorit donava un pi schietto rilievo. Ond'era,

la casa

(1)

Ebodoto IV

159. 161.

A. Ferrabino, Kalypso.

14

210

V.

da questi due

CIRENE MITICA

distinti

gruppi del popolo greco

in Libia formato, quasi per intiero,

il

sostrato

mitico delle leggende cirenaiche.


Tuttavia, n questo, che pur ora stato detto,
sostrato mitico, n quella, che fu tratteggiata,

sarebbero bastevoli a chiarire,


di Cirene e
Apollo ove sfuggisse il centro vero, il proprio
crogiuolo, nel quale divenne creazione viva e
vitale, possente d'un suo secreto alito di pura
bellezza, organata in una palese e pur varia
armonia, la massa confusa e diffusa che si sprecava candescendo in poveri rigagnoli senz'ordine.
Quel centro, quel crogiuolo fu l'antichissimo santuario di Apollo in Delfi, gi noto all'epopea
vetusta ch' detta di Omero. Ivi la favola libica
si tramut in mito greco: era d'una stirpe, divenne d'un popolo era d'una regione, se ne impossess l'arte, universale (1).
E l'arte fu in fine la plasmatrice maggiore di
quel mondo fantastico, cui diede l'espressione
con voci perenni. L'epica esiodea l'ode pitica
di Pindaro, l'inno di Callimaco, il racconto di
Erodoto, il carme didascalico di Vergilio intonarono per quell'armonia le note.
realt

storica,

soli, le

mature forme della favola

n.

L'

"

Bea

.,

di Cirene e d'Aristeo.

D drappello d'uomini terei che s'insediava primo


sulla

(1)

proda del mare

Cfr.

VI

2.

libico

recava con

s,

prin-

211

DI CIRENE E d'aBISTEO

cipalissimo tra

suoi Iddii, idoleggiato con spe-

uno il cui doppio nome


serbava ricordo di antica vicenda: Apollo Carneo.
Carneo era stato il Dio dell'et pi antiche, venerato di profondo e rispetto e amore fra i pol}oli dori. Sol pi tardi il nume di Febo Apolline era sorvenuto, in uno slancio di prepotente
predominio, a fondere con s, come quella che
gii era per qualche carattere e attribuzione simigliante ed afiine, la vetusta divinit dorica.
E dalla mischianza, per nulla inconsueta, eran
nati il nome nuovo di termine duplice, e la
figura nuova in cui le linee primordiali sopravvivevano accanto alle ultimamente tracciate
senza vero dissidio, a causa della sostanziale
ciale e insigne

culto,

contiguit dei concetti,

Febo dei Delfi accoE ad Apollo Carneo

il

standosi al Carneo dei Dori.

non fu, nella terra libica, pretermesso il culto.


Anzi, poich dopo alcun tempo i coloni trovarono nella patria nuova un'abbondante fontana
da cui l'acqua scorreva copiosa a fecondare il
suolo riarso, a quel Nume appunto questa sorgente ricchezza delle glebe fu piamente dedicata. A torno il " fonte di Apollo , nel luogo
ove conosciamo la citt di Cirene, pos una schiera
di cittadini terei (1).

Fra tanto, rapido era

l'accostarsi

alla stirpe dei Libi la cui

de' coloni

compattezza venivan

variegando in un disegno ellenico: e come alla


stirpe,

sero,

(1)

cosi a' costumi, cosi alla lingua.

per

ci,

Cfr. III.

Appre-

che la notevole polla chiamata dal

212

V.

OIKENK MITICA

Carneo aveva pure, nella parlata indigena, un


suo appellativo: era detta Gira . Onde, presso
a quel pi greco, questo iji libico nome rimase.
E poich alla fantasia per abitudine secolare si
popolavan di Driadi gli alberi e di Ninfe le
sorgive, nell'acqua si vide abitatrice una vergine
fanciulla, diva del luogo: " quella di Gira ^
suon l'espressione; e grecamente " Cirene
(KvQi^vf], Kvqdva). E fu ella quasi il simbolo,
e certo il segno, del penetrarsi cbe il popolo indigeno e il sopraggiunto venivan facendo e
tanto pi doveva apparir cara ai Dori quanto
pi a' luoghi s'avvezzavano e le generazioni si
succedevano. Era destinata a compaginarsi per
impulso crescente con essi cosi che nessuno stupisce di vederla scelta a riprodurre, direi eternare, in s l'opera che quelli spesero per adattare il paese e renderlo quetamente abitabile.
Fu difatti rappresentata qual Dea cacciatrice
'^

(nTvia d-i]Q(v) nell'atto di afferrare crollare


abbattere un leone: sola, E nell'atto fu in
breve ferma per sempre, irrigidendolo come

uno schema,
Rimase (1).

in

La Signora

fissandolo in

delle belve e la

un gesto

tipico.

Ninfa di Gira

era,

e per l'uno e per l'altro de' suoi attributi, insen-

sibilmente e inevitabilmente condotta presso


protettore della fonte ov'ella
abitava, e antico Dio del popolo che simboleg-

Apollo Carneo

giava ormai ella. Divennero amanti divini


amanti li narr il sogno nuovo. E cosi il nodo
;

(1) Cfr.

IL

l'

"

EEA

213

DI CIRENE E d'aEISTEO

primo del tessuto mitico s'era allacciato. In


e Libia, l'eponima
si compievano le nozze
del paese, la divinit che dava al nome della
regione una grazia feminea, fu difatti la pronuba benigna e ospitale, cortese di favori agli
Libia

sposi.
Il

in

un felice momento creativo


momenti in cui il volo non si
non si perde, e n meno si smarrisce,

pensiero era in

uno

di quei

tronca; e

In quest'atmosfera innovatrice,
ove pareva urgesse il bisogno di costituire allo
Stato nascente un diverso patrimonio anche di
leggende, fu sbito clta l'analogia fra Cirene,
che reprimendo le belve e prodigando l'acque
procacciava agli agricoltori quiete e abbondanza;
Apollo Carneo, la cui natura solare era, in guisa
eminente, beneiica alle zolle e Aristeo, un giovinetto iddio, il quale in Libia era giunto non
sappiamo ben d'onde. Egli era il caratteristico
protettore dei campi ove crescon le messi, dei
pascoli ove erran le mandre e le gregge, degli
aratori e dei pastori. Tale si venerava in assai
regioni greche, e fu presto diffuso sopra un'amla spinta prima.

plissima area

fino in Italia, fino in Sicilia, fino

in Sardegna,

da un

Nell'isole del

mar Egeo aveva

lato; fino in Tracia,

culto

da

l'altro.

culto in Ar-

che dunque dall'isole si spingesse in


Libia o che da l'Arcadia lo recassero i venuti
all'appello di Batto II egli fu l. E, sia per la
natura sua propria assimilantesi, sia per la legge,
onde la fantasia greca governata, di non lasciar
nume alcuno isolato come altrove s'era commesso con Dioniso dalle feraci viti o con Ninfe
indigene propizie agli aratri, cosi nell'Africa si
cadia.

214

V.

CIRENE MITICA

congiunse, e presto, con la coppia amante; avvicinandosi forse prima a Febo, a quella guisa

dicevan non pur Aristeo ma


prima a Cirene: ad entrambi tuttavia divenendo figlio dopo aver accostato l'uno, necessariamente. Portava egli con

che gli Arcadi

"Apollo

lo

Aristeo,,; o

s tutt'una serie di attributi e di nessi, dei quali

alcuni gli eran pi intimi; altri pi proprii eran

Congiunto era
con Agro, nume cacciatore; con Opone, custode di gregge; con N mio, pastore; x^ersino
con Zeus padre. N il dio delle terre coltivate
poteva non esser attinente, nel racconto, a Gea.
la madre TeiTa; e alle Ore, le fanciulle variopinte il cui corso regola la vicenda dei raccolti,
e allieta o attrista i contadini a volta a volta
di paesi lontani, sua antica sede.

attinenze indubbie, e antiche certo,

ma

costitui-

qual luogo prima. Spiccatamente


per egli era tessalico
in Tessaglia forse da
vedere fin la sua origine; di Tessaglia a ogni
modo gli venne la sua pi speciale sembianza:
dalla pianura fertilissima in Grecia. Onde probabile che ivi fosse da tempo unito con il " giustissimo tra i Centauri ,,, Chirone: quegli medetesi s'ignora in

simo che, secondo l'epopea, ammaestr nella


salutare arte medica Pleo, e di questo

il

figlio

sanatore eccellente di ferite (1). Accanto dunque alla coppia d'Apollo e


Cirene, la quale recava mischiati i suoi caratteri
delfici dorici e libici, il dio fanciullo era a pre-

Achille, e Asclepio

ferenza tessalico

(1)

niade

il

(2).

822 sgg. 832 A 219.

(2) Cfr.

IV.

l'

"

EEA

215

DI CIRENE E d'aRISTEO

Di questa situazione profitt accortamente chi


ebbe a elaborare il mito in Delfi o nel flusso
letterario originatosi da Delfi. Col la leggenda
in

naturai guisa

si

riportava a cagione della

il supremo patronato del


quale la favola ricevette un pi ampio svolgimento. Ma per ben comprendere di esso l'origine
e i modi, necessario badare a quella ch' dei

figura di Febo; sotto

rifacimenti leggendarii delfici la pi profonda, se

ben forse pi riposta,

caratteristica.

Tendono

primissima linea, a rilevar l'importanza del nume Apolline venerato nel locale
santuario; ma e tendono a intrecciare, sotto di
lui, le fila di pi e diversi miti, ancor che sieno
(e meglio se sieno) attinenti a diverse e fin lontane regioni. Un esempio: per pi punti simili,
Asclepio di Tessaglia e Apollo di Delfi, di sanatori entrambi, dovevan facilmente unirsi nel
racconto, e spontaneamente Apollo aveva da
soverchiar Asclepio: orbene, a Delfi se ne trae
lo spunto per trasportar nei piani di Larisa e
di Tricca il dio di Pito. Ardimento anche maggiore permetteva la favola africana il Carneo di
Libia e l'Aristeo di Tessaglia favorivano l'orditura d'un'ampia tela fra due paesi lontani e ben
separati; la quale filo maestro contenesse Febo
Latoide, identificato gi col primo e padre gi
del secondo e come su punti estremi si fissasse
su la citt di Cirene e su le vette del Pelio. E tra
Cirene e il Pelio Febo Latoide fu mosso, tra
tutti bens, e in

la sede dell'amata e la sede del figlio

(1) Cfr.

V.

(1).

216

V.

CIRENE MITICA

Cosi fatta opera era compiuta nell' " Eea di


Cirene e di Aristeo, appartenente all'epica detta
di Esiodo. Due versi ce ne giunsero, unici: " O
quale in Ftia, donata di bellezza dalle Cariti,
presso l'acque del Pneo abitava la bella Cirene . Il resto del carme si ricostruisce per
Figlia del tessalo Ipso, re dei
congettura.
Lpiti, e nipote del Penco, fiume locale, Cirene
crebbe vigorosa e animosa, strenua in combattere. Durante la lotta con un leone la sorprese
Apollo e, clto da amore, si ebbe da Chirone

la profezia delle nozze.

La

rapi

dunque

e la rec

aureo in Libia, ove Libia la ninfa

sul cocchio

Un

bimbo nacque: Aristeo. Il j)adre


Gea che l'allevarono
e fecero di lui un immortale simile a Zeus, ad
Apollo simile, un Agreo cacciante, un Opaone
Tale
custode di gregge, un Nomio pastore.
si
riconosce,
della
fiaba.
Ove
schema
breve
lo
senz'altro, il corteggio dei numi che nel racconto
li

accolse.

rec questo presso le Ore e

penetrarono
Aristeo; e

al

sbito

sguito
si

del

avverte

fanciullo
il

colorito

tessalo
libico

da Cirene; e n meno s'indugia a intender perch, volendo insieme serbar intatto il


carattere tessalico del giovinetto e non cancellare

riflessovi

sua nascita in Africa, venisse


i Lpiti presso
i Centauri. S'otteneva cosi, vero, di raffigurar
popolosi di leoni queti piani della Tessaglia ma
qual poeta ha mai temuto d'essere illogico
E fuor di questo, la trama era pregevole per
molta armonia e sovra tutto per un'intima leggera grazia di tocco che temperava con l'amore
del dio la salvatichezza della fanciulla; per una
l'episodio
alla

madre

della

attribuita prosapia fra

'?

l'

"

BEA

217

DI CIRENE E d'aRISTEO

accorta sapienza prospettica nel disegnare le


scene su lo sfondo di due feracissime terre, onde
senza contrasto si rilevava, ben stagliato, in
gesto benefico, il giovine Aristeo per un intimo
;

senso sacro in fine diffuso nel carme, traverso


le parole di Chirone dal molto senno e assai

venerando, sino a dargli temperatamente un


tono religioso.
Che stupenda, del resto, fosse la concezione,
dimostr la sua vita ulteriore presso gl'imitanti
poeti. Fascinati questi, oltre che dall'aura di
sogno emanante fuor della fiaba, anche dalle
lusinghe di cui eran ricche cosi la vecchia culla
dei canti greci, la Tessaglia,

come

la

nuova

fio-

rentissima colonia dorica, la Cirenaica. Per l'una


il

mito

si

l'altra si

Ma

riallacciava alle tradizioni vetuste, per

commetteva

alle

vicende di uno Stato.

era inevitabile che questi due poli, ben ar-

monizzati

(all'inf uori della irrazionalit

dall'Eea,

attraessero

poi in

modo

su i leoni)

palese

cia-

scuno a s la materia; e la Ninfa tendesse a


divenire di qui quasi totalmente tessala, a ridivenire di l quasi esclusivamente libica. Due
filoni se ne originarono, non privi n l'uno n
di tracce lasciate dall'Eea,
unica fonte primitiva; ma ben divergenti in
processo di tempo l'uno che con Aristeo trasporta sul Penco la stabile sede di Cirene: l'altro
che con Apollo rinforza e rincalza i tratti afri-

l'altro, all'origine,

cani di

lei.

218

V.

III.

Su

CIRENE MITICA

Cirene in Tessaglia.

la via per la quale Cirene jDerverr a sta-

Tessaglia la prima tappa compiuta


nona di Pindaro, nel 474 a C,
in onore del cireneo Telesicrate, vittorioso nella
corsa in armi .
bilirsi in

dall'ode

pitica

'^

La

patria del vincitore cui

il

canto indiriz-

zato dovrebbe far supporre che amplissimamente


sul racconto pindarico si esercitasse l'influenza

Fu, in vece, limitatissima. E ben deve


un unico particolare. Ove l'Eea introduceva Libia accogliente gli amanti, Pindaro che
conosce tanto questo particolare e tanto lo ricorda
da valersene nel suo carme (1), non esita a diselibica.

ridursi a

gnar in vece, nel principio del carme medesimo,


la figura di Afrodite dal

piede d'argento: riu-

scendo a un doppione. Perch ? Ad Afrodite era


dedicato un giardino in Cirene e a lei si rendeva culto con qualche importanza onde fu che
la notizia regionale s' insinu non pur a modificar la trama del racconto esiodeo ma a duplicarne un tratto. Accanto a questa ben lieve al;

terazione pu esser posta un'altra,

meno

visibile,

e dovuta a causa diversa. Apollo era con

Ermes

strettamente congiunto nel mito (2); v'era tra


essi quasi un vincolo che ove Funo stava l'altro
adducesse. Quest'attinenza fu il motivo per il

(1)

Vv. 55-68.

(2) Cfr. in

questo volume (libro

I)

il

capo

III

Hi

219

CIRENE IN TESSAGLIA

altrimenti da l'Eea, non


ebbe a recare il recente nato
Ore e Crea: ufficio, a ogni

Pindaro,

quale,

in

Apollo,

ma Ermes

Aristeo presso

le

modo, ben dicevole a

lui. Delle quali intrusioni


per assai pi notabile la non compiuta audacia con cui il poeta svolge la profezia di Ghirone. Contro di essa si ribellava la sua coscienza
religiosa e la sua dottrina, ove a ciascun Iddio
eran assegnati attributi fissi e certi da non violarsi da non obliarsi, ed erano al tutto sconoriprovevoli, le confusioni le incertezze
sciute,
dei primi canti divini. Gi che, i^er esempio,

Apollo
tante

era, nell'essenza, l'onnisciente

Nume, troppo

illogica

e,

e profe-

diciamo, troppo

antropomorfica risultava la scena in cui al Vate


da un Centauro vengono vaticinate le nozze.
Sbito lo vede Pindaro si ribella, ma a met
protesta, non totalmente. Dimostra l'inconsistenza dell'episodio, poi lo accetta con un sorriso ed un sospiro (1).
Fuori per di queste tre deviazioni il suo inno
riproduce l'Eea. Splendidamente per vero (2).
5

Voglio, con

mando,

il

le

altocinte Cariti Telesicrate procla-

Pitionica

di

bronzeo

scudo,

fortunato

prode, celebrare, corona di Cirene agitatrice di cavalli

e
:

Questa un giorno dai ventosi sonori antri del Pelio


il

chiomato Latoide

cocchio la Vergine

rapi

condusse

selvaggia

gregge ed in biade ferace

l,

Egli su l'aureo

dove d'una terra in

l'institui

Signora, ad abitar

V.

(1)

Cfr.

(2)

Edizione di 0. Schrodee- (Lipsia 1914).

220

V.

CIRENE MITICA

mondo.

amabile fiorente radice del

la terza

Afrodite dal piede d'argento

mano

redini toccando con

lieve: e per loro sul dolce

pudore, in comuni nuziali vincoli

diffuse

letto gi'ato

l'Iddio mischiando e la figlia d'Ipso

dei

Ipso, re allora

un tempo

lui

ampio possente:

Lpiti, da

bellicosi

seconda genitura eroica

Pindo gener, goduto

fratti del

Accolse

Delio ospite, le divine

il

Njade Creusa, nata dalla Terra

l'Ocano

negl'incliti an-

Pneo, la

letto del

il

egli la figlia di belle

braccia crebbe, Cirene.

La

amava

quale, n de' telai

l'alterna vicenda, n

gaudii delle danze (1) fra casalinghe

amiche

ma, con

bronzei dardi e con spada lottando, l'ispide belve uc-

cidere.

molta

per

vero e queta pace ella

ai

bovi

procacciava del padre, e poco spendeva del sonno che,

compagno

dolce

di letto, su le ciglia si stende verso

l'aurora.

Sorprese

"

Chirone:

pisci,

leone,

Sbito

faretra.

lascia

un giorno,

lei

con vigoroso

il

dalle

Lascia

sue

stanze

venerando

il

l'animo d'una donna

in lotta senz'armi

sola,

lungisaettante Apollo d'ampia

e la

chiam
recesso,

quale lotta con impavida fronte sostiene, giovi-

treman
quale

gli spiriti

schiatta

caverne

tondere

il

lui

Chi

mia mano

Nel

avvicinare a

fiore dolcissimo ?

il

V.

di

paura non

uomini gener

le

da

rampollata degli ombrosi monti abita

forte Centauro,

chiaro ridendo, tosto

(1)

lei fi-a gli

Forza illimitata manifesta in

cito l'inclita

Filiride,

grande possanza stu-

netta dal cuore all'impi'esa pi alto:

le

con grida
o

il

lei,

vero...

le-

e dal letto

.,

con

sopracciglio

benigno

suo divisamento rispose

"

19 leggo eCvcv per eljivov col Bergk.

Se-

221

CIRENE IX TESSAGLIA

amori, o Febo

la

prima volta

Ma

salire.

menzogna, mite

palesemente

ora

conviene

si

queste

parlare

sia interroghi la schiatta della

fanciulla, o Signore ? tu, che di tutte le cose


il

e tutte le

fine

terra

foglie la

vie

conosci

quante di primavera germina

quante

uomini

gli

dolce letto

il

non

cui

te,

indusse

desiderio

Tu, onde

finte parole.

chiavi dei sacri

le

Dei come fra

e cosi fra gli

del pari pudore

questo

sono

persuasione

savia

crete alla

mare

nel

e nei fiumi

l'empito dei flutti e dei vnti sono agitate rne

da

quel

che sar e donde sar, ben vedi!

profeti bisogna gareggiare, dir

a costei sposo venisti

su questa balza

e oltre

signe giardino di Zeus.

Ma,

se

anche coi

mare devi portarla,

il

Donna

nell'in-

citt ivi la porrai

di

raccogliendo l'isolano popolo sul colle c'ha cintura di


piani.

Allora la diva

parte della terra a

non spoglia

di

lei

al

Ore

di

piccino

leranno:

Apollo,

fruttifere

piante

madre,

nettare

di

lui

ignara di

le

labbra

Ermes

recato alla Terra e

ben costrutto trono. Queste su


e

le

ginocchia

d'ambrosia

stil-

rendendo immortale, uno Zeus, un pui-o

delizia

agli

uomini

un Agreo
nominando Aristeo

stode di gregge,
altri lui

ampi pascoli acco-

fanciullo generer, da l'illustre

di poi ritolto alla cara


alle

dagli

tosto donando, possesso comune,

tutte

un

belve. Ivi ella

Libia

benignamente nelle case d'oro

sposa

glier l'inclita

diletti,

cacciante,

un Opaone cu-

Nomio

pastore:

Nella pausa che succede a quest'inno, se ne


sente inevitabilmente refficacia anticirenaica.

La

pi bella e la maggior sua scena si svolge fuor


di Libia, in Tessaglia; i progenitori tessalici
della fanciulla son rammentati; narrate le sue
imprese virginali su le vette ventose del Pelio
;

222

V,

CIRENE MITICA

suo figlio pure s'indugia su la sponda afriE tuttavia non per questi motivi, di per
s valevoli, l'ode pindarica scema il significato primordiale di Cirene; si perch, continuando
l'impulso dell'Eea, sanziona in lei, pi assai che
l'eroina indigena venerata e creata da un popolo
in uno Stato, la comune divinit ellenica sposa

il

cana.

Apollo e madre di Aristeo, Apollo delfico e


e le d per tanto, come plinto
alla sua statua, l'Eliade; come credenti al suo
culto, gli EUeni.
di

Aristeo tessalico

testimoniar tuttavia, effcacenaente, su

l'o-

rigine vera della Ninfa restava la sua lotta col

leone: particolare di precipuo sapore africano.

questo pure and, in progresso di vicende,

Rodio

eliminato. Apollonio

ne' suoi

Argonauti

nel trattar da erudito la leggenda avverti l'in-

coerenza di quell'episodio che a due veri poeti


e lo soppresse senz'altro. Per lui.
Apollo scorge la vergine in Tessaglia intenta a
custodire gregge e di li la rapisce, senza lo speciale motivo della forza ammiranda di lei, in
Libia. In Libia le ninfe sotterranee (x&viai
le quali son, come tutrici,
vv/i,g)ai) li accolgono
numi del paese e occupano presso il nuovo poeta
sapiente, cui la sminuita fantasia e l'accresciuta
dottrina tolgono d'intuire la bellezza nella personificazione d'una terra, il luogo dell'eponima
ninfa Libia. Apollo poi recher il nato Aristeo
alle Muse, sue allevatrici: ove delle Muse il
concetto attratto dalla fama del Latoide qual
Musagte. Che pi resta della Signora delle
belve e Dea della fontana? L'esiguo accenno
alle nozze compiutesi in Libia e al soggiorno
era sfuggita

223

CIRENE IN TESSAGLIA

duraturo della sposa col. La maggior luce


Aristeo, su la sua nascita e le sue
vicende ulteriori: l'africana, nel contesto, un
momento. Contro questa general tendenza di
Apollonio non starebbe che la soppressione della
profezia del Centauro. Pindaro, discutendola,
l'aveva serbata; egli, pi razionale e men rispettoso, l'elimina. Ma appunto perch a lui tutta
la leggenda si presenta in un'aura tessala, sente
poi il bisogno di non perdere totalmente questa
gittata su

figura, cosi dicevole al suo pensiero; e la

menta

quindi, in

altro

luogo,

ram-

come partecipe

pastore, insieme
con le Muse. Non pi grande n pi intenso
poteva essere, sembra, l'influsso della patria
acquisita contro la patria e prima e vera (1).
E fu pi grande e fu pi intenso. Bast che
un poeta, Vergilio, riprendesse il racconto, imperniandolo, ancor pi che i suoi predecessori,
su Aristeo. L'inevitabile avvenne. Dinanzi la
memore mente dell'artista (o della sua fonte)
il noto e diffuso episodio omerico di Achille

all'educazione del Fanciullo

invocante nella passion dell'ira e dello sconforto


la madre Tetide su la riva del mare. Quando
dunque egli ha narrato come il Fanciullo perdesse
il prezioso suo alveare, gli piace di figm^arselo nell'atto dell'eroe epico e lo conduce verso la madre
Cirene. Di questa l'Eea diceva padre Ipseo e
nonno il fiume Peneo. Con una assai piccola
;

libert

il

di questo

(1) Cfr.

j)oeta la dice figlia


;

non

di quello

ma

e ottiene cosi di farla abitare nel pro-

V.

224

V.

CIRENE MITICA

fondo gorgo paterno e di addurre su la sponda


acqua il Giovinetto afflitto da
eccessivo dolore. Non oblia Apollo, che a lui fa
breve cenno; ma al fantasioso innovatore del
mito tutta la scena si transfigura. Nuovo sfondo
il talamo recondito di Penco ove le Ninfe
vivono (1).
della corrente

Aristeo

perdute

si

narra

Triste, f' sosta presso

perch

da

il

le api.

sacro capo del fiume

molto

il

la

madre:

"

Madre

Ci-

profondo abiti di questo grgite,

il

preclara

Apollo mi

pena,

per morbo e per fame

invocando

lagnandosi, e cos
rene, madre, che

Tempe

fuggiva la ralle di

pastore

stirpe

padre, inviso

di

Dei,

(come

se

dici)

mi generasti? o

fati

ai

tuo amore per noi dove hai gittato? perch onori

celesti sperar

reni,

che

mi

facevi ?

me

Ecco

fin

questi onori

ter-

alacre con pena procacciava solerte

custodia di biada e bestiame, ho

perduti, te avendo

per madre. Or su or su

tua stessa

beate selve

nemico fuoco a

apporta

struggi le messi!

penne vibra neUe


mia fama .

viti

il

seminati riardi! e
!

il

lamento

lei

d'intorno

senti

lane

nel

Liga e Filldoce, sparse

le

ti

(1)

(2)

px-ese della

le

Ninfe

Drimo

chiome

l'altra allora a

le

di-

talamo del fiume

fila-

Santo e

splendide su

bianchi colh (2); e Cidippe e Lieorade

gine l'una, esperta

temprata bi-

la

milsie

vano, lane di verdastro colore ritinte

mano

le stalle

se tanto fastidio

La madre
profondo.

svelli di

pena

bionda
i

dolori

ver-

del

Georgiche IV 317 edizione F. A. Hietzkl (Oxford 1900).

Omesso

il

v.

338.

225

CIRENE IN TESSAGLIA

entrambe,

parto; e Clio e la sorella Broe. oceanine

entrambe d'oro,

di colorate pelli

fasciate (1)

fine, le

quali

Olimene

nan-ava di Vulcano

Marte

dolci furti,

vana

la

Fra

le

fatica

saette deposte, la veloce Aretusa.

ed in

l'astuzia di

entrambe

frequenti anno-

verava dal Caos amori di Dei. Or mentre nel racconto


rapite devolvon dai fusi
il
i

molli pennecchi, novamente

pianto di Aristeo percosse le orecchie materne.


cristallini seggi

Ma

stupirono tutte.

Aretusa a guatare dalla suprema onda

sorelle

Su

innanzi a l'altre

biondo

il

capo lev.

da lungi:

Aristeo

padre Penco

mente

nuovo terrore

di

conducilo a noi;
vine

,.

insieme,

per

lasciar

lacrima

madre

la

al

ingi'esso

profondo

umidi regni,

il

di cibi le

adito

in guisa,

fiume

l'invia.

moto

fu sotto

mani danno

mantili

recano

mense

colmi

(1)

Omesso

il

(2)

Omessi

lievi

v.

le

di

egli,

calici

e gli

dell'acque tutti
(2).

sorelle a

ta-

pianti

vece limpida
velli

gravan

dispongono. Odoran gli

343.

vv. .367-373.

A. Ferrabino, Kalypso.

nel

risonanti

ebbe Cirene

tonduti

di

Gi la

redine pomicoso tetto del

conosciuti

alle

il

di-

Lui

largo.

fiumi sotto la grande terra fiuenti

comanda

laghi rinchiusi in spelonche,

lamo giunto,
del figlio

fiume

montagna

di

stupefatto da l'ingente

Dopo che

l'acqua

Conducilo, or su,

madre ammirando, ne andava

sede della

"

del tuo

l'onda

Allor percossa la

giovine

del

vasto seno lo accoglie e sotto

osservava

a lui toccare le soglie

lecito

l'onda ricinge, ricurva

boschi

presso

chiama crudele

e te

atterrita in

tua massima cura,

egli stesso, la

tristemente

non

gemito

di tanto

vano, Cirene sorella

15

226

V.

OIBENE MITICA

E la madre: " Prendi^


dice,
menio bacco. Libiamo a l'Ocano . E

altari d'arabi incensi.

la tazza di

insieme, prega ella l'Oceano padre delle cose e le Ninfe

che proteggon cento

sorelle,

volte del liquido


tre volte la

nettare

sottoposta

le selve, e

cosparse

fiamma

al

il

fiumi cento. Tre

fuoco

sommo

ardente

del tetto

avvamp.

Mentre duran

le cure

ninfali, noi

a convincerci d'esser tuttora dinanzi a

indugiamo
una stessa

Cirene. In realt, d'identico non rimase che il


nome. L'Eea aveva posti accanto, creando una
scena singolare, la Ninfa vincitrice del leone,
Apollo ammirato, e il Centauro in atto profetico
;

ed era stata, in cosi fare, scaltra ed ingenua.


Pindaro piomba su la scena col suo volo rapido
di aquila:
con Chirone si corruccia e si trastulla par clie debba annientarlo con un colpo
d'artiglio della sua fede evoluta; ne cava in vece
un motteggiatore ironico del Dio, e ne fa un episodio marginale, quasi comico, e un poco inopportuno ma Apollo e Cirene pone l'uno dell'altra
a fronte; e sopr'essi non l'amore, non tanto la
cupidigia, quanto la Necessit, onde debbono
unirsi, onde il Nume s' recato su quel poggio
montano, e ha da portare la selvaggia nella
terra dei Libi. Anzi, la Legge, che la protagonista men palese e pi reale del duetto, determina essa sola l'episodio centaureo che segue,
e gli d, essa sola, quel contenuto da cui scemato e quasi annullato il comico inevitabile.
Sicch la Pitia addensa la materia vasta del-

l'Eea, nel

nodo

di

un momento:

ma

uno

di

quelli che la sorte prepara e rende decisivi nei

227

CIRENE IN TESSAGLIA

Due Muse
han toccato

secoli.

gione,

austere, di
le loro

Storia e di Reli-

ardue corde su l'arpa

ttemplice.

Vergilio,

e tanto

tempo era

trascorso!

fu pi indipendente nel trasfonder s entro


Si

ramment dell'ombre fresche

il

mito.

sotto cupole

e gli fu nel cuore la bramosia con cui


aveva assai volte spinto il viso nei misteri liquidi dei fiumi e del mare, fin sotto l dove il

silvane

Sole non giunge. E negli occhi gli fu l'imagine


che nell'acque: la vita delle rive, capovolta
sopra uno sfondo d'inconsistenza e di fuggevol'uomo nel divino. E l'uomo fu il Verlezza,
:_ilio georgico. Quindi bellezze carnali soffuse di
grazia e immerse in un pudico garbo di colori
e di movenze; costumi domestici di fusi e di
conocchie, uso agreste di vivande parche e di
sacrifizii larghi
tranquillit villereccia di rac-

conti, e brio, salace forse,

e facezie.

Sovra ogni

non

lubrico, di aneddoti

cosa, poi,

assemprato

non triste delle grotte sotterranee,


dall'umidore non nocivo di margini erbosi,
sovra ogni cosa, il pianto, un po' futile, di Aristeo,
e le bambinesche imprecazioni, e lo spavento,
non estremo, della madre, e il racconsolo ultimo,
dallo stillar

ancor esso. Questo tono, appunto, flebile,


sapor non ripugnevole di lacrime, nel
recesso romantico, nega, da solo, l'antico mito
della Cacciatrice, vigorosa senz'arme in contro
alla belva, lo nega nell'origine e nell'intimo, pi
che ogni variante di particolari o differenza di
flebile

questo

luoghi o contrasto di episodii. C' aria di Mantova; non, come in Cirenaica, calura di ghibli
conscio di ruggiti; non, come presso Pindaro,

228

CIRENE MITICA

V.

impetuoso vento del Pelio. Il mito diverso.


Molle e prolisso nepote di un avo ferrigno e
conciso.

Ma

necessario

trapasso,

se

il

non dimenticare che

tanto

posto nell'acque, non pi

la radice l'aver

della sorgente Gira,

ma

del paterno fiume tesDori avevan veduta sterminare


belve, e procacciar pace agli aratori nel franger

salo, colei clie


le

di

terreno lo spirito vergiliano,

glebe.

Ed

questa,

si

l'estrema foce della vena

rammenti anche,
mitica

clie,

dall'Eea,

trov in Aristeo la sua origine prima e il fti'inio


motivo questo l'ultimo effetto dello spostarsi
la materia mitica dall'un polo, la Libia, all'altro,
;

la Tessaglia.

IV.

Cirene in Libiu.

Narra in vece Acesandro,

storico

vissuto nel III o II (ch' incerto) secolo

cireneo
a.

C,

come, regnando in Libia un Euripilo, da Apollo


fosse in Libia trasportata Cirene; e come, poich
"

un leone infestava

il

paese, Euripilo offrisse in

premio a chi uccidesse

la belva

il regno. Cirene
trono . E press'a poco
identico il racconto d'un altro storico, Filarco.
Entrambi adunque lumeggiano a preferenza

l'abbatt, e ottenne

il

l'aspetto libico della Ninfa.

fin

l'episodio,

della lotta con il leone avviene


culminante,
dicevolmente, non in Tessaglia, ma in Africa, a
difesa del paese e per iniziativa di un re indigeno, Euripilo.

229

CIRENE IN LIBIA

cotesta accorta correzione di eruditi ra-

medesimo

zionalisti. Il contesto

ci

appare difatti

negli esametri martellati d'un poeta cireneo

di

Callimaco; segno che la fiaba possiede, come


una non dubbia energia vitale, cosi radici assai
vaste e assai profonde nel territorio cirenaico (1).
Di Apollo e Cirene egli abbozza, nel suo Inno
ad Apollo^ rapidamente un quadro che ha per
sottinteso un racconto analogo a quel di Aces andr.

In verit molto fu lieto Febo, quando

guaci di Bellona tra


il

sacro

tempo ad

potevano
fitta

di

le

bionde

Signore,

egli

dove

accostarsi

Non

Dori;

sua sposa additava

alla

la figlia di Ipseo uccise

infesto d'Euripilo ai buoi.

ancor

ma

riguard

abitavano. Essi

Azili

stesso, e

colle dei Mirti (2)

succinti se-

Libia danzarono,

venuto delle Cameadi.

essi

alla fonte di Gira

boscaglie

figlie di

il

la
il

sul

leone,

Di quella pi gradita danza

non vide ApoUo mai; n a

citt

alcuna

tanto giov

quanto a Cirene, memore dell'antico ratto.

L'antico

ratto

l'Eea e da Pindaro

quel medesimo narrato dal;

ma

il

racconto di Callimaco,

come quello di Acesandro, da l'Eea molto lontano. Siam bene in Libia bene lungi la Tes;

leone rugge da vero su le sabbie


del deserto. Per che modo e traverso che vicenda
si giungesse a cotesta forma della saga, che due

saglia; e

(1)

il

Cfr. Vili. Il testo di

Callimaco

wiTz^ (Berlino 1907).


(2)

Domina

la fontana di Gira.

del

Wilamo-

230

V.

CIRENE MITICA

un poeta indigeno ripetono analogamente, indicato, nel medesimo carme callimacheo, dal processo del pensiero artistico.
storici e

Un

gruppo di giovini si fnge, nell'inizio, racun recesso ove son palme e allori,

colto in
gli

alberi

Febo Apolline;

di

grave e dolce,

senso

il

sacro

nelFaria

del

sta,

Dio immi-

nente.
quale

Oli

quale tutto

il

Apollo

di

recesso

croliossi la

fronda d'alloro,

Lungi lungi l'impuro

a la porta col bello piede Febo percuote.

Stormi dolce lene


nell'aere

Delia palma d'un sbito

soavemente canta.

letti dell'uscio;
juii

la

da

Da

Gi gi

Non
;

vedi?

il

cigno

soli or disserratevi pa-

soli, chiavistelli

per

clie il

Dio non

lontano. Giovini, al canto ed aUa danza or vi ap-

Apollo non a

parecchiate!

tutti appare; ai generosi,

pure. Chi lui scorge, grande; chi non lo vede, piecolo quegli.

mai saremo

Noi

ti

vedi'emo o Lungisaettante

non

esigui.

Nell'mpito di ardore sacro e, pi, poetico che


alquanto si svolge cosi
trascina Callimaco
da prima il fervoroso esordio il quale non
tuttavia vano, ma serve a preparare, animandola della sua vita illuminandola del suo lucore,
la lauda che vi si far poi del Dio e l'enumerazione delle bellezze di lui e degli attributi.
Egli Nomio, nei pascoli. Egli l'Ecistre, fondator di citt. Quadrienne pose le fondamenta
,

in Ortigia.

E Febo
indic

anche
corvo,

la

mia

citt ferace [Cirene] a

fu guida al popolo che

si

Batto
recava

CIRENE IN LIBIA
iu Libia, propizio al colono

donare

La

ai nostri

e f'

231

giuramento

di

mura

Re. Sempre buon giuratore Apollo-

Callimaco dunque fondata, egli


Latoide e sotto la protezione di lui reSovrani. Quest' fra il Dio e Cirene una

citt di

dice, dal

stano

attinenza nuova e diversa,


ad ora conosciuta. Apollo

clie

non avevamo

fino

lo sposo di

una

non

Vergine cacciatrice, ma il fondatore della citt


che di quella lia il nome: si che accanto al
nesso pindarico del Nume e della Ninfa amanti,
si

Ed

dispone quest'altro nesso, diverso.

la

prima novit che ci sorprende.


Una lunga parentesi segue poi in cui si rintracciano le sedi del culto di Apollo Carneo:
molti
te chiamano Boedromio
ovunque a te sono assai nomi.
Io per
Carneo te chiamo mi patrio costume cosi. Sparta,
Carneo, fu la tua prima sede
seconda Tera: terza

Apollo, molti

Clario;

poi Cirene.

Da

condusse a

la

Sparta te

il

sesto rampollo di

colonia Tera; da Tera te

il

Edipo

(1)

sanato Ari-

stotele rec in terra d'Asbisti e splendido ti eresse

tempio

un'annua

cerimonia

in

citt istituendo,

un
in

cui molti fan l'estrema caduta su l'anca per te tori, o

Signore.
fiori in

'l'j

1^

Carneo molto pregato!

primavera

adducono mentre
l'inverno.

Sempre

tuoi

variopinti

altari

le

Ore

lo Zefiro spira rugiade: dolce croco,

a te fuoco perenne

nere rode carbone di

(1) Cfr.

quanti

recano,

n mai

la ce-

jeri.

Erodoto IV 147

il

sguito del nostro testo.

232

V.

CIRENE MITICA

Traluce qui nella vicenda del culto al Carneo


la realt storica dei coloni dori mossi da Sparta
a Tera nel sec. VI e, nel VII, da Tera in Libia
vanno, e li segue il Dio. Appare qui, di pi, quel
" sesto nepote di Edipo e quell'Aristotele che
avrebbero, a punto, contribuito ai due trapassi.
Ed la novit seconda.
Sbito appresso vengono dal poeta indotte,
figure prime su la scena, Apollo e Cirene sul
vedemmo
colle dei Mirti in atto di contemplar,
dianzi,
i coloni Dori danzanti tra le fanciulle
libiche: sbito appresso, dunque, al brano in cui
Cirene asserita colonia di Apollo, e allo squarcio
dove dal Peloponneso a Tera e in Libia vien
perseguito il culto di Carneo e il trapasso dei
:

Dori.

Comprendiamo

allora

da tale succedersi

dell'imagini, che l'Euripilodi cui la Ninfa avrebbe


il regno deve essere in rapporto mitico
appunto con quei due spunti favolosi poco prima,
pi che svolti, accennati: con la fondazione di
Cirene per opera di Apollo; e con le migrazioni
dei coloni dal Peloponneso, traverso Tera, in
Libia. Comprendiamo che al racconto pi prettamente libico su la Signora delle belve prefazione una saga su l'origine di essa colonia
cirenaica, saga in cui da ricercare la causa di

quotato

quello.

Ed da ricercare, anche, il motivo per che la


coppia di Apollo e Cirene s'aderge qui, su quel
suo colle dei Mirti, con un'energia nuova, che non
la pindarica e oltrepassa l'Eea. Da prima di
fatti genera maraviglia che in un carme religioso, qual' l'Inno in apparenza, si rilevi assai
meno che in un epinicio quel rispetto austero e

EFRIPILO ED EDFEMO

233

insieme divotamente inchinevole il quale costiTanima della scena pindarica. Eppure


tutto l'Inno parrebbe mosso da quel medesimo
vento che, dal Nume, agita la palma delia e la
fronda peneja. Non . Un sentimento vivace spira,
bensi; ma patriottico: del cittadino verso
chiunque, e sia dio, protegge le mura della sua
Citt e il trono dei suoi Re non del fedele verso
(luel solo, ed Dio, da cui rapito nell'assoluto.
Quindi il breve componimento si spezza in due
parti diverse tenute insieme, male, da un elenco
dei pregi e degli attributi di Apollo. La prima
di quelle parti mossa da una contenuta esaltazione patriottica che si veste,
abito non suo,
del i^aramento religioso, si schematizza nella
scena rituale: ivi Callimaco non sa trovar che
scarsa armonia di struttura, e abusa di formule
innovate sol con sapienza verbale. La parte seconda, in vece, lascia prorompere la stessa esaltazione patriottica, ma questa volta verso espressioni sue proprie ed adeguate
ivi la glorifcazion della patria nel suo bel passato. L'artificio
tuisce

si

discioglie in arte.

Ma

il

bel passato della patria Cirenaica la

leggenda.

la

sospettatala,

leggenda bisogna a noi oramai,

rivivere tutta.

Y.

Euripilo ed Eufemo.

Regnava in Cirene una famiglia, la quale,


per ricorrere in essa il nome Batto e per esser
ritenuto un Batto primo re del luogo, era detta

234

T.

CIRENE MITICA

Di quel primo sovrano si serbava


memoria, e accanto al pi vulgato si ricordava
un altro nome: Aristotele. Anzi era sorta in
qualche maniera a questo proposito una leggenda
etimologica: avvicinandosi cio Batto al greco
verbo ^atTaQi^o) (balbettare) si raccontava d'una
sua balbuzie dalla quale avrebbe avuto il nomignolo (1). Ma ben pi su di lui si spingeva la
dei Battiadi.

genealogia

fittizia

dei Battiadi

a simiglianza

molte case regnanti, sostenevano


essi di scendere da un eroe un Euf emo, che ritenevan figlio di Posidone e di stirpe beotica. Qualunque valore tal j)retesa avesse e comunque si
fosse originata, a ogni modo raggiungeva lo
scopo di collegare i Re con un Dio: scopo, si
sa, non infrequente in fra i Sovrani. E poich
tra la Libia e la Beozia un nesso era tutt' altro
che palese, fu facile lasciar in breve cadere
nell'ombra il particolare della patria di Eufemo
o, per lo meno, non accentuarlo con insistenza (2).
Ottimo appiglio inoltre era quell'Eufemo, a
fin di compiacere un desiderio che diremo non
illegittimo per regnanti. Bisognava, per rendere
pi sacrosanta pi fatale la signoria de' Battiadi
in Libia, che qualche avvenimento degli antichissimi tempi, di tempi narrati nelle epoi^ee
dai cantori di eroi, non pur la giustificasse, si
anche la rendesse a dirittura inevitabile. E se
difatti d'altre

gi

Eufemo

fosse stato su la spiaggia africana,

ben poteva quello essere

(1)

F.

il

punto in cui

Studniczka Kyrene (Leipzig 1890) 96.

(2) Cfr.

VI

2.

il

Fato

EURIl'ILO ED

EUFEMO

235

si stringeva il nodo
primordiale delle vicende future. Cosi piacque

ineluttabile toglieva inizio, e

imaginar la fiaba.
Sono questi i due dati (l'Eufemo capostipite,
l'Eufemo in Libia) su cui deve aggirarsi tutta
loro di

Ed entrambi
seppe assai opportunamente disporre svolgere e
compiere quella fucina medesima che aveva foggiato l'Eea di Cirene. E fu con gli stessi modi
e risultati analoghi. Come allora si vide la grezza
materia indigena imprimersi di uno stampo ellenico e assimilare in sua roventezza talun'altra
fiaba estranea; cosi si scorge ora il territorio
leggendario dei Greci spigolato a favore e di
la tradizione della colonia cirenaica.

e dei Battiadi suoi nepoti. E d'Eufemo


questa l'Eea, la quale risponde, abilmente, a
due domande:
con chi e quando fu in Libia

Eufemo

Eufemo,

quali vicende
Posidone?
traversarono e quali vie tennero i discendenti
di lui, fino a Batto, per raggiunger la Libia e
compiere il fato?
Alla prima dimanda fu sodisfatto con un
il

figlio di

antico spunto mitico, assai propizio. Si raccon-

tava che gli Argonauti

compagni

di Grisone

ran giunti, in certo punto del loro viaggio, al

[lago Tritonio

{Ufivri

TQiTvig),

ove sarebbero

stati impacciati nel proseguimento. Cotesto lago

ove venne detersa Atena nascente da


Zeus ed era riconosciuto poi (prima indipendente
da luoghi concreti) nella palude ch' presso

'era quello

la piccola Sirte, nell'odierna Tunisia: all'estremo

limite occidentale, verso l'occaso del sole. Quivi

sarebbe apparso loro il dio del luogo Tritone e,


placato col dono d'un tripode, avrebbe ammae-

236

V.

strato

gli

CIBENE MITICA

eroi su la via

da tenere fuor dalle

Episodio dunque atto quant'altro mai a


favorir qual si voglia racconto di anticM soggiorni greci in Africa. Quando, ad esempio, lo
spartano Dorieo intorno al 515 tent di colonizzare quei luoghi, la novella fu rinverniciata a
pr di lui cosi: dopo aver ricevuto il dono e
aver ajutato i naviganti, il Dio profet che il
tripode rinvenuto da un discendente degli Argonauti avrebbe determinato presso il lago la fondazione di cento citt greche. Malauguratamente
Dorieo falli nel suo tentativo, non lungi da Tripoli, al Cinipe, fiume tra le due Sirti (1): e il
tripode non fu rinvenuto perch le cento citt
non crebbero. Ora in modo analogo procedette
TEea in grazia dei Battiadi. Per essa gli Argonauti sarebber pure giunti alla palude Tritnide
ma a un'altra del medesimo nome: a un lago
chiamato cosi presso l'odierna Bengasi (si penlaghi salati ), in temtorio dunque della
sino i
Cirenaica. Inoltre col si present loro non Tritone, ma un diverso nume: Euripilo (2). Il quale
, come la sua denominazione significa, il Dio
infernale molto diffuso in
della " larga porta
vero tra i Q-reci e localizzato di preferenza, qual
divinit ctonia, presso grotte e antri ove la
volta rocciosa s' inarchi su la buja ombra. Cosi
appunto vicino ai laghi salati s'apre la bocca
orrida del Gioh onde le acque profluiscono fuor
dalle tenebre alla luce e chi vi si avventuri non
pu far all'oscuro lungo viaggio su l'onde, che
strette.

''

,,

(1)

Erodoto

42.

IV

178-9.

(2) Cfr.

VI

1.

EURIPILO ED EUFEMO

ben presto

la fiaccola

troppo scialbo chiarore, e

delFuomo esiguo

v' al corpo concreto

237

spazio,

molto alle fantasime deirimaginazione spaurita.


I Dori scorsero i\'i la voragine dell'Ade e sentirono ivi presente il dio Euripilo. Lui dunque
addussero al prossimo lago Tritonio e lui narrarono farsi incontro ai compagni di Griasone
in luogo di Tritone. Con una variazione poi del
motivo originario, egli fu fatto donare una zolla
non ottenere un tripode. Chi la ricevette? Eufemo. L'avo dei Battiadi fu imaginato per tanto
Argonauta allo scopo di poterlo far x)aTtecipare
al \'iaggio che doveva sanzionare il dominio dei
suoi favolosi discendenti.

Non vano dono

in vero,

n inutile a chi Tebbe tra mani per che fosse


fatidico e necessitasse molte vicende av\'enire.
D'Eufemo i nepoti toccheranno come lui quel
lago, ritorneranno nelle terre di Euripilo (1).
I

Per quali cammini? Era la dimanda seconda.


Alla risposta forniva argomento anzi tutto

il Peloponneso, l'isola di
tappe storiche de' coloni

la realt della storia:

Tera, la Libia

(le tre

Dori di Cirenaica) dovevan essere almeno

tre

punti obbligati e le tre tappe della via compiuta


dai discendenti di Eufemo. Ad esse tre una quarta
ne aggiunse il mito
poich Eufemo era di:

venuto Argonauta, e gi l'epopea omerica conosceva, come sede temporanea di Griasone e dei
compagni di lui, l'isola di Lemno, di fronte a la
costa trojana e all'apertura dell'Ellesponto (Dardanelli).

(1)

Accettate e fissate queste come pietre

Cfr. YII.

238

V.

CIRENE MITICA

miliari su la strada, ancora bisognava addurre


i

motivi per

quali

nati

da Eufemo dall'una
i mo-

all'altra di quelle sedi si trasportassero: e

dovevano tutti accogliersi e disporsi intorno


prima causa e centrale, il dono della zolla
d'Euripilo.
Eufemo dunque dalla Libia, rice-

tivi

alla

con i navigatori
iVArgo in Lemno e con essi l procre, giusta il
mito assai vetusto, da l'isolane donne una schiatta
nuova.
Questa aveva ora da recarsi nel Peloponneso e da toccar quella Sparta che nel VI secolo invi pure una colonia a Tera; ma perch?
A giustificare si disse che nel Peloponneso era
la patria di Eufemo; e poich Posidone gli era,
nella leggenda, padre e poich al capo Tnaro
Posidone aveva, coll'appellativo di Greoco e con
\aita la piota africana, si rec

valore di divinit
ivi

ctonia, rinomatissimo

culto,

fu asserita la propria sede di quello. Ci

non era senza incoerenze


{v(prifiElv) non aveva fin
alcuno di

nume

al contrario,

Eufemo

allora avuto carattere

sotterraneo, e gli fu tribuito

era

precipuamente beota, e divent tenario; non


godeva di venerazione presso il Geaoco, e vi
venne imaginato. Ma l'incoerenza non , com'
noto, affatto l'eccezione non pur nell'arte si
anche nel mito. E qui ben trascurabile riusciva di
:

fronte

al

risultato,

raggiunto, di spiegare

il

viaggio da Lemno al Tenaro come un ritorno


nei luoghi del packe. Ed eccellente riusciva per
il vantaggio, conseguito, d'innestare nel racconto
le relazioni fra gli Eufmidi e Sparta, come con
:

quella ch'era al Tenaro non lungi.

dunque questi primi due

Inverati or

scopi, era d'uopo

pari arte legittimar l'approdo in Tera.

con

qui lo

EURIPILO EP EUFEMO

239

spunto fu favorito da un aneddoto epico. Odisseo


na\dgante con l'otre di Eolo, ove tutti i maligni
vnti eran raccldusi, fu tradito nel sonno dai
compagni; dai quali sciolto l'otre contro il di-

nave rifuggi da la pietrosa Itaca (1).


Similmente l'Eea narr che su VArgo la gleba
d'Euripilo, ben custodita dai servi, era poi

vieto, la

stata, in

un

istante di

men

vigile attenzione,

travolta dall'acqua del mare: sin che, su l'onde


e le correnti, pervenne all'isola di Tera. Per ci,
non essendo essa da Eufemo stata recata sul
Tenaro nella sua patria, ma dai flutti all'isola,
da l'isola non dal Tenaro partirono i coloni.

Ma

se cosi fatta

partenza era voluta dai

fati, il

segno ne fu offerto e il momento scelto per


opera di Apollo nel suo santuario delfico. Col
essendosi Batto recato a cagion della sua mal
sicm^a voce {aTxaQl,o)), n'ebbe 1' ordine espresso
di colonizzar quel tratto della spiaggia africana

ove sarebbe guarito dell'ingrato difetto. Lode


dunque, ben meritata, al Dio.
Ultima invenzione questa che rivela il luogo ove la leggenda
degli Eufemidi si elabora e fa d'improvviso su
tutte le vicende camjjeggiare Febo ma che si
riconnette assai bene con la figura del Latoide
in qualit di Ecistere o colonizzatore, siccome
gi rinvenimmo in Callimaco. Il calcolo poi
genealogico fissava nella quarta generazione dopo
l'Argonauta l'abbandono del Peloponneso; nella
diciassettesima la spedizione verso la Libia (2).
Con la qual serie di invenzioni episodiche l'Eea

(1)

Odissea

v.

46.

(2)

Malte.n 192.

240

V.

aveva

alla

CIBENE MITICA

assolto

fine

anche

il

secondo tra

suoi due compiti fondamentali.

Essa era dunque intessuta sovi^a un canovaccio


dall'apparenza assai pi logica che fantastica
;

ciascuna delle sue trovate secondarie era indirizzata a un ben preciso fine e sodisfaceva a
un bisogno del ragionamento; al ragionamento
sue esigenze eran subordinati
anche minuti, inerenti agli eroi e
alle sedi loro. E tuttavia quell'era opera di eccellenza poetica. Queste, che pajono a noi ambizioncelle dinastiche e pretese mediocri questi,
che ci sembrano fini pratici non artistici: eran
ai suoi scopi alle

particolari,

nella realt stimoli possenti


quale, obliando

ben

jjresto

della fantasia

la

l'origine delle sue

imagini e il termine, spaziava poi nel suo proprio


regno da inconcussa signora. E la bella favola,
creata, ignorava il compenso del suo mercenario
creatore. L'accortezza medesima con cui vi si
proftta di analogie nominali per accostare, ad
esempio, Eufemo traverso Posidone al Tenaro;
la prontezza con cui vi si sfruttano i vecchi
motivi dell'epopea e degli Argonauti; j)otrebber
essere mezzucci d'artifizio ma sono in vece funzioni spontanee della mente ricca di antiche
:

e recenti novelle, di miti radiosi e tenebrosi. Nel-

come le impurit
avvicinano i diversi, si
mischiano i contigui. Ond' che il dovere dello
storico, intento a ricercar la causa d'ogni linea
nel disegno leggendario, incresce al contemplal'ardenza del fuoco inventivo,
si

distruggono, cosi

si

tore della bellezza.

La

quale riappare, con tutta la sua unit sinnell'inno smagliante di Pindaro, quarto

tetica,

EURIPILO ED EUFEMO

241

tra le Pitiche, in onore del re cireneo Arcesilao

vincente col cocchio. L'anno 462


Oggi bisogna, o Musa, che tu

Re

roso amico,

valo-

fine di spirare

dovuta

degli inni

l'aura

un

stia presso

dell'equestre Cirene,

Arcesilao

col trionfante

C.

a.

ai

Latoidi e a Pitone.

In Delfi un giorno, presso


presente Apollo, la

profet Batto colo-

una

citt di bei cocchi sul risplen-

Medea compiuto, con

dente colle e di

decima generazione,
figlia

dorate aquile di Zeus,

Libia: 'avrebbe, la sacra isola

nizzatore della ferace


lasciata, costrutto

le

sacerdotessa

il

detto Tereo

settima

la

d'Eta disse da la bocca immortale un

gina dei Colehi

Medea

Disse

Giasone:

fermo

"

da

Zeus

sedi di

figli

uomini

di prodi e

Ammone

Tei-a in

ai

Con

mortali.

madre

cavalle
Il

le foci del

simile,

donante in dono

le

Af-

delfini

redini

fatidico

di grandi citt;

un Dio
una zolla,

Tritonio lago, da

che su

ospitale

di

coi

segno

il

segno

uomo

ricevette

benigno su lui Cronio


quando gli s'imbatt,

Eufemo

dalla prora disceso

Zeus

rimbombar un tuono

f'

prode

Dei!

Epafo tra-

[Libia] la figlia di

remi; guideranno vorticosi cocchi.

mutare

quest'isola (1) battuta dai flutti, nelle

pinne scambiate veloci

per

la re-

cosi ai semidivini navigatori del

pianter una stirpe cara


brevi

di,

'.

Udite,

che

qual l'animosa

il

mentre l'ancora di bronzee marre, briglia della veloce


Argo, sospendevano

alla

nave.

Dodici giorni gi la

portavamo, trave marina, dall'Oceano trattala per

(1)

miei

(Tera).

A. Ferrabi^to, Kalypso.

16

242

V.

consigli, su

tario

uomo

Ma

l'indugio.

Disse

Terra. Allora

della

assunto

bello

soli-

l'aspetto

di

con amici detti fece principio, come

sopravvenienti

da prima.

ospiti

la scusa

generosi

ritorno

ci

vietava

nomarsi,

figlio

del

Geoco

riconobbe

la destra divelta dal

mense offron

le

dolce

del

Euripilo

immortale Enosigo
con

dorsi

deserti

un dmone avanz,

venerando
ai

CIRENE MITICA

la fretta

sbito allora,

suolo una piota,

improvvi-

l'

Non si rifiut l'eroe,


mano porgendo la mano,

sato dono ospitale volle donare.

ma

balzato su la riva, a la

ricevette la fatidica zolla.

nave, galleggia

della

l'umido

Veggo che

sul

seguendo

pelago

coi

che

certo

che allevian

ma

animi loro obliarono.

gli

l'eterno s' riverso

prima

Ed

spesso

furon

custodire

ecco in quest'isola

seme della Libia d'ampie contrade


Che se in vece gittato l'avesse in

del tempo.

sotterranea bocca

patria, a canto della

sacro Tnaro,

il

sire

che un di Europa

sponde del Cefiso,

sangue di

lui

Eufemo

da

nata

dell'Ade, sul

figlio dell'equestre

Tizio gener

le

avrebbe toccato l'ampio continente con

il
i

da l'Argivo

partitisi

golfo e da Micene. Adesso per contro

nobili

denti trover nei letti di straniere donne,


degli

Posidone

presso

nella quarta generazione allora

Danai, da la vasta Lacedemone

favor

di sera,

flutti,

le fatiche, di lei

esortati

servi,

essa, travolta fuor

mare

discen-

quali, col

Dei, giunti a quest'isola genereranno

un

Eroe signore nei piani di cupa nuvolaglia a lui nella


molto dorata casa Febo a lui in epoca futura disceso al tempio Pitico, vaticinando ricorder di condur
:

popolo su navi presso


figlio di

Tali di

immobili

Crono

l'opimo

santuario

niliaco

del

Medea

le

silenziosi,

detti ascoltando.

schierate
gli

parole.

eroi simili a

S'impaurirono,
Dei, gli

accorti

EURIPILO ED EUFEMO
beato
di

Medea

figlio di

Polimnesto

(1), te

243
giusta

elesse l'oracolo dell'Ape delfica

taneo accento

la

quale

te, tre

il

discorso

con spon-

volte salutato, dichiar

fatidico re di Cirene, te per la imperfetta voce inter-

rogante qual rimedio vi fosse appresso gli Dei!

Il

si termina col sanda cui aveva tolto l'inizio nel

conchiuso ciclo dell'ode

tuario

delfico

mezzo stanno le vicende di Eufemo e dei nepoti. Le quali sono in altro brano anche pi
esplicitamente significate, ancor su la trama
dell'Eea: dico nei versi tra

il

251 e

il

260. "

su le distese dell'Oceano e nel XJurpureo mare e


tra le mariticide donne di Lemno furono
Ivi un giorno o notti fatali il seme
essi (2)
accolsero della raggiante vostra fortuna (o Battiadi); ivi infatti la stirpe di

Eufemo

piantata,

sempre fiori. E mescolatisi di


poi per sedi coi Lacedemoni, abitarono l'antica isola Calliste (Tera): dalla quale a Voi
il Latoide concesse di far prosperare con gli Dei
le i^ianure di Libia e di abitare, con savio conper

l'avvenir

siglio

regnando, la divina citt

l'aureo trono

di

Cirene dal-

Ma questo secondo sviluppo del mito, se pi


minuto, anche assai inferiore rispetto al primo,
n quale mostra quanto profondamente l'animo
severo e ascetico di Pindaro consentisse e concordasse con il contenuto riposto della leggenda
cirenaica. Le due profezie (l'una, da cui comincia
e che sul finire richiama, della Pizia; Faltra,

(1)

(Batto-Aristotele).

(2)

(Gli Argonauti).

244

V.

CIRENE 3IITICA

svolta con ampiezza, di Medea) son


ripetuto sur

un

soffitto nel

come

il

motto

ricorrere dei fregi

significano con insistenza l'unico essenziale e fon-

damentale concetto del mito, il Fato onde il


regno dei Battiadi voluto nei tempi. Medea
con il veggente occhio lo prevede. La Pizia con
la bocca immortale lo attua. Gli uomini si sce-

mano

a strumenti della sorte; s'accrescono a suoi

Se non che il Fato non soltanto il


nucleo del mito, ma l'intima fede di Pindaro,
che apx^unto stimolata dalle esteriori circostanze in cui fu composta l'ode. Aveva egli avuto
incarico di indurre il re, Arcesilao di Cirene, col
eletti.

vantarne la vittoria, a riaccogliere in citt il f oruscito Damofilo; ne era nuovo a tali offici non
graziosi e vi si vedeva sovente 'costretto. Di qui
un'amara tristezza: non pure pel rimorso secreto,
e qua e l palese, di piegar la sua Musa a compito venale si anche ]3ev un coperto pessimismo
umano, onde crollava con uguale sfiducia il capo
dinanzi al forte che aveva vinto la gara come
dinanzi all'opulento che l'aveva pagato. Per lui
ricchezza e prodezza vengono all'uomo dal destino dagli Dei, e l'uomo non se ne scordi, e
per s lasci levare in minor tono il vanto, si
massimo per i Numi che l'hanno in protezion
benigna. Il fato dunque ancora. Tal coincidenza
fra la propria fede e il nucleo del mito fu clta
dal poeta con un balzo magnifico di rapidit
intuitiva: Arcesilao vince a Pito da Pito muove
Batto ecco il trapasso esterno
un destino
;

solo fa vittorioso Arcesilao e colonizzatore Batto;

ecco

il

midollo intimo a questo organismo lirico.


scopo pratico dell'ode cosi obliato che

Il resto, lo

245

EUEIPILO ED EUFEMO

Pindaro deve ritornarci su con uno sforzo alla


quand' ormai arido e gli si spingon a fior

fine,

dell'animo

compiacenza

men

desiderii

nobili

Per

d'intrigo.

una certa

ora, nell'inizio, tutto

Ma

quella che comincia non l'epopea


d'un eroe, n l'inno sacro ad un Dio l'elegia
d'uno spirito d'uomo.
La strada su cui Pindaro s' lanciato non
la " carrozzabile (/ia^izg) nuova aperta
con un colpo di fantasia geniale. Oggi sarebbe
divino.

una scena coreografica

a quei tempi uno spet-

tacolo dei misteri eleusinii

sempre

il

basso-

che faccia i corpi come


le anime, concreti di evanescenza. Nella notte
dei tempi Medea, maga di semplici e vate del
futuro, dice agli eroi irrigiditi d'ansia la sua
profezia. Sono circa cento kola percorsi da un
brivido unico, che culmina alla fine nell'invocazione a Batto, vibrante di fede. Se non che, su
la strada nuova ed insueta non dura l'imaginazione: gi l'episodio di Euripilo apparso agli
Argonauti s'era innestato con diversissima efficienza nel gran quadro di Medea vaticinante,
come quello che vi recava tempere pi pesanti
rilievo d'uno scultore

meno

poi,

diafane.

Con

esso episodio

non appena cessato

l'anelito

si

riconnette

dell'incom-

bente fato, l'ami^io racconto su i motivi e sulle


vicende onde mosse e per che riusci la impresa
degli Argonauti: ampio racconto che ha tutto
una nuova serenit omerica, una placidezza di
lunghi favellari, un indugio molle su i modi
delle vesti e i sussurri delle folle, un tono, in
somma, appreso dai rapsodi. Giasone fermo su
la piazza di Fere con le due lance e il doppio

246

V.

CIKENB MITICA

costume, l'abboccamento con Pelia, i banchetti


di cinque notti e cinque giorni, l'accorgimento
obliquo del Re contro il giovine, l'elenco degli
eroi saliti su l'Argo: questa l'altra strada, la
" carrozzabile . Pindaro vi entra franco e libero; lo illude la facilit con cui la fantasia
gli crea nuove scene: nelle quali egli d segni
dell'attitudine sua di statuario creatore della vita
neirimmobilit. Ma a poco a poco la concision
vigorosa scompare; la scena diviene atto, l'atto
dramma; e una imperfetta dramaticit travaglia lo spirito del poeta per affermarsi senza
riuscirvi, o per integrarsi, senza poterlo. Egli si
gli
distrae troppo, una parola lo devia spesso
manca la sicurezza del ritaglio e il coraggio di
sacrificare i trucioli. E continua cosi a lungo,
,

faticandosi, irritandosi

l'opera gli riesce

un

in-

sieme di momenti, scelti senza acume di tragedo, e cuciti con lungaggini di epico. Lascia
un luogo e un gruppo per correre nell'altro
luogo e presso l'altro grupx30 a cercarvi quel
che l non aveva trovato; non si sodisfa; riprende; e cade senza lena alla fine. Allora grida
con sdegno " troppo lungo per me seguir
la carrozzabile . E sul suo spirito esausto
hanno presa, soli oramai, gli scopi materiali del
carme. Termina in pesce.
:

Falliva adunque l'epopea il dramma l'inno


Eppure Pindaro tempora che sa gittare
un'ostia armoniosa su l'altare del Dio n sempre
sacro.

sbigottisce di
tal volta

li

fronte

all'eroe

ed all'uomo,

ma

costringe col suo verso in perfetti

camagli. Perch, quindi, gli


nella quarta Pitica?

La

manc

quell'arte

risposta nella natura

EURIPILO ED EUFEMO

247

stessa del suo errore. Tutta quella ricerca affannosa d'una base ove consistere cli' il racconto
degli Argonauti piena di maraviglie oltre
umane e di giustizie divine. Giasone viene a

rivendicare appunto

il sacrosanto diritto di sedere sul trono tolto ingiustamente agli avi; e


nel paese dei Colclii, come gi lungo il viaggio,

le

ma

sue gesta sono insolite non di coraggio

di miracolo. Il fuoco dei mostri

non

l'offende,

i colpi del drago. Par chiaro, pertanto, che


poeta poteva credersi avvolto sempre da quell'atmosfera di fatalit grandiosa la quale som-

il

merge

in

il

"

tereo

detto

di

Medea

Ma

,,.

s'ingann, ed qui la sua elegia. Toccava

il

ro-

manzesco della novella, il mirabile della fiaba,


dopo essersi abbandonato, supino il volto, nell'estasi santa. La magia lo deludeva con una
maschera di religione; il cuore non pago pungendolo a irrequetudine. Cosi la sua arte non
propriamente gli manc ma pi veramente
venne provandosi in vano a molti cimenti sotto
cui una continua insoddisfazione intima: la
insoddisfazione dello spirito che ha aderito intiero a un impeto di profonda religione e, non
accorgendosi a tempo del transito verso minori
sfere, s'agita come per men perfetti gusti. Ora
,

quella adesione era stata possibile nel cuore di

un mito:

il

mito dei Battiadi, in cui pulsa,

ori-

gine e scopo della sua stessa vita, il senso solenne d'una prov^ddenza e volont fatale. Sicch

poche volte una saga ebbe pi consono poeta;


pochissime, un tal inno rimasto documento
lirico della mischianza dell'uno con l'altra e
dell'elegiaca nostalgia che ne consegue.

248

V.

VI.

Una

cosi

CIRENE MITICA

Gli Eufemidi e Batto.

compiuta intuizion del mito non ha

pi Erodoto (1). Il sicuro suo equilibrio lo porta


anzi a svolgere della saga proprio quella parte
dove, diche Pindaro meno degnava di cure
fatti, il poeta volge tutto il suo compiacimento
verso Tet primeve, verso Eufemo e gli Argoeroi e numi lo
nauti Euripilo ed Apollo,
storico pien di zelo per i discendenti di coloro, }3er gli Eufemidi, per l'Euf emide preferito
:

Batto,

non

era assorto

eroi

nella

n numi ma uomini. Il primo


premessa della leggenda; il

secondo corre alle conseguenze. Delle conseguenze Pindaro stesso aveva bens fatto cenno,
non pi nella Pitia quarta, ma nella quinta (del
medesimo anno); gli accadde per per sbalzi e
tratti non connessi, senza organismo, e senza
profondit di attenzione. Vide Batto porre in
fuga i leoni africani " perch rec loro una
lingua d'oltre mare vide i Terei guidati da
Aristotele fondar templi e instituir cerimonie:
tutto in pochi kola (2) de' quali la lode di Apollo
lo scopo vero e precipuo. Ben altro Erodoto
a lui la fiaba, che non proprio fiaba, comincia
anzi dagli Eufemidi e da Lemno quel che precede avvolto in un silenzio il quale pu essere
;

incredulit, forse sol tanto indifferenza. Cosi


lo storico

(1)

IV

comincia a narrare. Egli narra con

145-156. Cfr.

Malten 95

sgg.

(2)

103-137.

249

GLI EUFEMIDI E BATTO

una ingenuit dagli ocelli un poco attoniti e


forse un poco sorridenti molto si compiace nei
;

molto pi pensa di poter la


tradizione degli Eufemidi connettere con altre
particolari minuti;

indipendenti.
a suo dire, da Lemno partono non
Eufemidi ma i pi fra i nepoti degli
Argonauti, di cui quelli sono porzione. Onde gli
accade di giustificar doppiamente il loro soggiorno nel Peloponneso: sul Taigeto, non lontano dal Tenaro, perch ivi (si sottintende; egli
non dice) la sede di Eufemo; a Sparta, perch
i
Tindaridi lacedemoni navigavan su VA?-go
ritornan dunque " nelle sedi dei padri . A tutti
X)oi d il nome di Minii. Minii e Ai^gonauti son

Ecco,

solo gli

difatti concetti affini (su la

volta identificati.

tenza da

non

cui origine

ben presto
Per spiegar poi

qui dicevole indagare)

uniti

la loro par-

Lemno richiama la leggenda, a bastanza

tarda, dei Pelasgi cacciati dall'Attica nell'isola


i

quali avrebbero sloggiato

binazione
i

e tal

grama

Minii, giunti nel

Minii.

Ma

com-

In fine,
non primitiva.
Peloponneso per quella causa,

si recarono in Tera? Esisteva, come


un mito cirenaico dei Battiadi, cosi un mito,

per quale

ma j)i tardo,

tereo su la colonia spartana giunta

nellisola intorno al
di

un

"

Tera

VI

sec.

e in esso si parlava

palese eponimo dell'isola, che vi

avrebbe condotto taluni Lacedemoni e le avrebbe


il suo nome. Di tal mito trae vantaggio lo
storico per far muovere parte de' Minii insieme con
quei Lacedemoni, il cui capo Tera avrebbe
fatto loro la profferta. Uniti navigarono dunque
su tre triacntori verso l'isola. Ivi,
bisogna supdato

250

V.

Minii

CIRENE MITIGA

serbaron distinti dagli altri


schiatta; laddove il
trono fu ottenuto, ovvio, dai discendenti di
quel Tera (l).
porre,

cittadini,

al

si

meno come

proceder di tempo] Grinno

[In

discendente

Esania

figlio di

Tera, essendo

cotesto

di

re

dell'isola

di Tera, si rec a Delfi per condurre dalla citt un'eca-

Lo

tombe.

seguiva, insieme con altri cittadini, Batto

femidi dei Minii.

cotesto Grinno re dei Terei

ad altre cose,

lo interrogava intorno

di fondare in Libia
"

Ma

tu dunque

cuno

una

di questi

cose e accenn

luogo

comanda

giovini

dopo

sette anni

di far queste cose a qual-

un tempo

della

ci

l'oracolo

in

un'impresa

al

queste

non pioveva

non sapendo
n osando

ignota.

in Tera,

una

allora che l'interrogavano la

la colonia in Libia.

medio

disse

terra fosse la Libia

quali le piante tutte dell'isola tranne

Ai Terei

a Batto. Allora tali avvenimenti. Pi

una colonia

inviare

clie

Pizia rispose

Quegli obiett dicendo

citt.

tardi, andatisene, trascurarono

qual

la

sono gi vecchio e pesante nel

o Signore,

io,

moto

in

Eu-

di Polimnesto, per stirpe appartenente agli

figlio

Per

durante

s'inaridirono.

Pizia rinfacci

poich non avevano

altro

ri-

male, mandarono in Creta messaggeri per

ri-

cercar se qualcuno dei Cretesi o dei meteci fosse per-

venuto in Libia. Vagando per

l'isola,

anche

quale s'imbatterono in

alla citt di Itano, nella

un pescatore

di

costoro giunsero

porpora a nome Corobio, che dichia-

rava d'esser arrivato, portandolo

vnti, in Libia

e,

di

Libia, all'isola Platea. Assoldato costui, lo condussero

(1)

Cfr.

Erodoto IV 145-149.

GLI

EUFEMin E BATTO

251

da Tera parti da prima un'avanguardia non

a Tera, e

numerosa. Avendoli Corobio guidati a quest'isola di


Platea, vi

mesi

lasciarono

tornarono

intorno

all'isola.

Ma

Corobio

Egitto,

cibi per alquanti

meno ogni

fu portata dinanzi

per un anno... I Cirenei e

questa

Platea.

e gli

Libia.
in

Corobio

d'aver

gara col fratello


:

occupata

Samii

I Terei che

nell'isola, giunti a

un'isola

Ai Terei piacque d'inviarvi

erano sette

lasciarono cibi

Terei strinsero a partir da

quel fatto grande amicizia coi Samii.

nunziarono

In sguito

cosa.

di cui era nocchiero Coleo, diretta in

appresero da Coi'obio l'avvenuto

avevan lasciato

Terei

indugiandosi costoro pi del con-

venuto, a Corobio venne

una nave Samia,

con

rapidamente ad informare

essi

uomini da

il

Tera an-

fronte

di

alla

fratello sorteggiato

tutti

distretti

che

a loro preposero condottiero e re Batto.

Cosi inviano due navi pentecntori a Platea

(1).

Questo racconto riesce notevole anche perch


con arte la balbuzie di Batto senza
che al consulto dell'oracolo si sostituisca altro
preciso motivo; e perch vi appare la volont
di attribuire, oltre che ai Terei anche ai Cretesi
e ai Samii qualche parte nella colonizzazione
della Libia. Volont, la quale risponde, evidentemente, a una tendenza politica tarda: a giuvi taciuta

stificar le relazioni e di

commercio

e d'altro fra

Stato cirenaico e le due importanti


a xDunto questo facile rilievo addita

lo

(1)

Cfr.

isole.
il

Ora

luogo

Eeodoto IV 150-153. Il brano che riguarda l'ulSamii omesso perch estraneo al

teriore storia dei

nostro mito. Edizione C.

Hude (Oxford

1908).

252

V.

CIRENE MITICA

onde Erodoto trasse tutta

la sua fiaba. Egli fu

verso la met del

come

due focolari mitici

si

disse

(1),

secolo in Cirene. Ivi erano,


:

l'uno dei

primi coloni, l'altro dei secondi venuti sotto il


re Batto II. Tra quelli, che tenevano il governo
e

avevan quindi desiderio di giustificar con il


il regno dei Battiadi ma anche

mito non pure

la loro politica, raccolse la narrazione tradotta

pur ora.
Tra quegli
e

altri in

loro predecessori

vece che osteggiavano


attinse

un'altra fiaba.

Re
La

quale non se non questa medesima ove Aristotele sia divenuto e balbuziente e bastardo, e
i

coloni Terei appajano pochi di

numero

e cac-

per opera dei lor proprii concittadini. E poich Creta, per la sua stessa positm-a geografica fra Tera e la Libia, non poteva
facilmente esser soppressa nel racconto, ne fu
tratto con accortezza profitto per far aiDparire
anche di impura discendenza il primo colono
Batto. Cosi:
ciati dall'isola

Vi

a Creta

una

citt

Etearco; che, avendo

nime, spos

una

Gasso

un'altra donna.

volle anche nel fatto

nella

figlia orfana,

esser

Costei,

quale
a

era re

nome

Fr-

entrata in casa,

matrigna verso Fronime,

procacciandole danni e macchinando ogni male contro


di essa. Alla fine calunniatala d'insana lascivia persuase
il

marito che

le cose

stavano

cosi.

Questi indotto dalla

moglie concep un piano infame contro


infatti

(1)

ad

la figlia.

Vi era

Gasso un commerciante Tereo, Temisone.

V. sopra

l II

sostrato storico.

253

GLI EUFEMIDI E BATTO

Costui Etearco invit a banchetto ospitale e fece giurare che lo avrebbe servito in ci di cui lo pregasse.

Quando quegli ebbe

giurato, gli consegn la figlia sua

propria e gl'ingiunse di
nel mare.

Temisone

giuramento, sciolse
la fanciulla

adempiendo

il

vincoli ospitali e fece cosi: prese

salp

quando poi

giuramento

ma

l'immerse nel mare;

Col

Tera.

condurla via e d'immergerla

in vece, sdegnato per l'inganno del

Polimnesto,

fu

in alto mare,

di Etearco, la leg
la ritrasse poi e

insigne

con funi

si

rec a

cittadino tereo,

fece

Fronime sua concubina. Trascorso del tempo, nacque


ad essa un figlio balbo e di sbilenca voce, cui fu
posto

il

nome

di Batto...

[A Batto

la Pizia interrogata

d'un rimedio per la balbuzie, impose di colonizzar la

ma

solo dopo una lunga serie di sventure e un


comando inviarono i Terei Batto con due
navi pentecntori]. Navigando verso la Libia costoro
Libia,

secondo

non riuscirono ad

Ma

fare che ritornarsene a Tera.

altro

Terei cacciarono

reduci e non consentirono che

avvicinassero alla spiaggia

si

ordinarono invece di na-

vigare indietro. Essi, costretti, navigarono indietro, e

occuparono

come fu

l'isola

detto,

che giace sopra la Libia, la quale,

si

chiama Platea

(1).

Ma se tal versione della fiaba aveva il preciso


scopo di sminuire i Battiadi, anche l'altra non
serbava pi in Erodoto la intima e possente vigoria pindarica. C' una troppo spessa ptina
di

comune

(1)

umana, su questa
hanno scemato la

e piatta concretezza

leggenda, oramai.

Le

figure

Erodoto IV 154-156. Sono omesse

personali di Erodoto sul

nome

Batto.

le considerazioni

254

V.

CIRENE MITICA

loro statura; le voci, abbassato

il tono; i gesti,
l'ampiezza; fin l'oracolo delfico ha
rimesso della sua dignit religiosa, un poco a
pena, e a stento riesce a dargli valore di venerando il sguito delle sventure che puniscono
la trasgressione del suo ordine. Qui il mito vuol
esser storia con esagerata pretesa ne ingoffisce
ed ingaglioffa alquanto. E in quell'aspetto della
sua evoluzione che permette la esegesi degli
eruditi o la prepara o quasi l'attende.

ristretta

VII.

Conchiusione.

Gruardando ora a distanza questa tradizione


Battiadi, se ne distinguono ben chiare e
Apollo Latoide,
rilevate tre figure essenziali
di cui con pari insistenza Pindaro ed Erodoto
ripetono l'opera importante nell'impingere i coloni; Eufemo, capostipite della casata e compagno di Giasone Euripilo infine, nume indigete
d'una grotta libica, simbolo, in sembianza d'uomo
e con valore divino, della pili antica vita africana anteriore ai Greci, strumento per ci eletto
dai Fati a preparare dei Greci l'avvento. Ma
Apollo era il Dio medesimo che, nell'Eea di
Aristeo, aveva condotto Cirene dalla Tessaglia
in Libia. Euripilo il nome stesso che ritorna
in Callimaco come d'un re da cui la Signora
dei

delle belve

ha

il

trono. Si

compiuta tutta l'ossatura

profila

di questa

dunque ora
compagine

mitica.

Due Eee stanno

a fronte

di

Cirene e Aristeo,

255

COSCHIUSION'E

luna; l'altra di Eufemo. Diverso hanno il contenuto e diversa leggenda elaborano: della Ninfa,
la prima; dei Battiadi, la seconda. Ma comuni
sono e il rilievo di Apollo e il suolo libico e la
origine delfica. Simili dunque e differenti. In
forza della lor dissimiglianza restano in pi
d'una evoluzione lontane: cosi l'Eea d'Aristeo
tocca, da un lato, il massimo del suo adulterarsi
tessalico l'Eea di Eufemo raggiunge, dall'altro,
la maggior sua umana pianezza; senza che si
formino attinenze e stringano nessi. Ma in forza
della loro simiglianza giungono per diversa via,
in uno stadio della lor vicenda, a compenetrarsi cosi TEuripilo dell'una Eea s'intrude nell'altra, da Eufemo si trasporta a Cirene; e la
Ninfa della fontana j)assa a proteggere (insieme
con Febo) i coloni dori danzanti tra le fanciulle
libiche, la lottatrice solitaria si circonda d'un
;

qua e di l,
due perni delle due
Eee. Nel centro, punto del contatto, il carme
di Callimaco. All'un fianco, di Pindaro la Pitia
nona e Vergili all'altro, Erodoto e la Pitia
popolo. Unici

restano

Eufemo ed Aristeo

distinti, di

quarta.

Lo schema

evoluzione mitologica
dunque complesso come un quadro genealogico. E per vero le singole forme della saga
son congiunte da intime attinenze di derivazion
vicendevole alle quali tutte predomina il nesso
fra la Cirenaica e Delfi, nesso che di tanto
di cotesta

vasto e lento propagginarsi mitopoetico


capostipite, la origine prima.

quasi

CAPITOLO

VI.

Kalypso.

I.

L'Tituizone mitica.

mito miracolo.
vede il chicco di grano scender fra
le zolle, il Sole sparire nel mare, la luce vincer
le tenebre: vede piccole cose ed esigui spettacoli che appena lo affaticano lo abbagliano lo
trattengono, e che un nulla basta a significare (1).
Il

L'occliio

Ma se all'occhio dia lo spirito una freschezza


nuova, una maraviglia ingenua, un acume creato
di verginit

animatrice, fuor dal

mondo

reale

fatto e la cosa escono trasfigurati, esalano

il

la

lor

(1)

concretezza in trasparenza,

In questo capitolo gli esempii addotti

son desunti

dispenseremo dalle conanche cap. I IV e V.

dai precedenti capp. II-V.

tinue citazioni. Cfr.

Ma

sfumano

A. Ferrabino, Kalypso.

ci

17

258

VI.

KALYPSO

nuove linee
si tramutano
una specie nuova. Il Sole che tramonta nel
mare era il mondo esteriore, vivo della sua vita
loro contorni in

in

re che il figlio uccide il


vivo della vita spirituale. E il
miracolo si gi compiuto: restio ad analisi
nella sua complessa essenza ed inesauribile ricchezza: figlio del mistero, perch nato da una
energia la quale tanto meglio si cela, quanto
pi si manifesta varia: nato dall'uomo. Il filosecreta. Il vecchio

mondo

interiore,

dell'et tarde

sofo, riflesso

(1),

indaga l'opera

mirabile, ne scevera taluni elementi

il

pi,

il

miracolo dello spirito transfisi perde fra le sue dita incerte. Quindi,
gurante,
il mito solare di origine oscura come le vicende,
che narra, dell'Astro. E il mito del seme misterioso nel suo principio come la fecondazione

fondo vero,

il

della gleba.

Per

ci la

afflato lirico.

saga naturalistica vibra tutta d'un


E il canto dell'anima umana nel-

l'atto di coglier la vita al di fuori, di

possedere

con suggello suo proprio quel che i sensi avvertono. Contiene quasi un ebro balzar ferigno dall' interno
all' esterno
e pur racchiude insieme
;

elaborazione intima, un assorbimento dell'esterno nell'interno. Esulta nello scoprir la natura, e le d un nome e la umanizza.
un' illuminata

(1)

Cfr. p. e. la teoria

dell'illusione presso Steinthal

Einleitung in die Psychologie und Sprachtvissenschaft (1871)

219

sgg.

e quella dell'

ap per ce z ione
Wundt

associazione, appercezione) presso


logie II 1 (Leipzig 1905) p.

577 sgg.

(impressione,

Volkerpsycho-

l'intuizione mitica

259

per avvicinarla allo spirito. Quando l'aratore ha


segnato diritto il suo solco, obbedendo al secreto
istinto geometrico della stirpe e imponendo alla
Terra indomita il segno dell'Uomo, ha preceduto
con atto analogo colui che armer di clava, per
assomigliarlo agli umani, il Sole vittorioso contro
il bujo. Onde l'individuo in cui pi intenso il
miracolo mitopeico si avvera, esalta in s tutta
la razza, le d la sua anima come una divina
coppa cui tutti e attingano e contribuiscano;
l'eletto a godere il brivido e a lanciare il
prorompente grido della vittoria, conseguita
sopra la sensibile natura dallo spirito scosso fin
nelle radici profonde il mortale che, calcando
la terra, volge in breve giro il suo braccio, in
pi ampio, e pur ristretto, orizzonte il suo
sguardo, ma dice in s stesso di fronte all'Universo dei suoi sensi " ti capisco . La malinconia
dello scienziato moderno che sa di non poter
dare alla forza ignota, o mal palese in talune
forme, che un nome, e non crede d'aver capito
l'essenza quando ha vestito d'un aspetto umano
di secoli. Quegli che ha
il fenomeno, lungi
scoperto tra la luce e l'uomo un nesso, tra il
cielo e l'uomo, tra il mare e l'uomo, sente, trionfando di felice ignoranza, che ha, allora solo,
veduto la luce il cielo ed il mare.
;

Ma

lo spirito

mare ed

umano,

nell'atto di travestir di

foggiar volti all'arcobaleno e alla fiamma ed alla spiga, e di


scorgere nella vicenda delle stagioni un fatto
come civile, non va per si oltre in questo suo
bello errore, da non serbar, della forza immane
rivelata da quei fenomeni, del mistero per cui
s

il

il

cielo, di

260

VI.

avvengono

KALTPSO

e sono ref rattarii all'intervento nostro,

traccia alcuna; n, per serbarla, trova


efficace che trasportare

il

modo

pi

una sfera pi
esso medesimo

tutto in

che la consueta possente e a cui


soggiace. Cosi il mito naturalistico si svolge su
la scena del divino. E il fenomeno mitologico
s'intreccia e si compone con il fenomeno religioso, seguendo con questo una simigliante evoluzione dal naturismo all'animismo al personismo, per la quale si complica si allarga si
condensa, e giunge ad acquisire diversa bellezza
perdendo l'originaria trasparenza. Si che nel
principio ogni mito della natura un racconto
intorno ad un nume; e sia pur rozzo il racconto
e rozzo il nume.
La creazione della saga, adunque, somiglia
per tre aspetti a tre diversi ordini di elaborazion
spirituale perch infonde la vita a individui che
la fantasia par animare di un soffio e la realt
foggiar a sua sembianza, analoga all'opera dell'arte perch finge i motivi dei fenomeni e quasi
li spiega dinanzi al pensiero non ancora ben
destro, affine ai procedimenti scientifici che
insegnano le cause dei fatti perch, da ultimo,
induce l'animo a reverenza d'un potere pi largo
pi alto, or solo pi forte or anche pi buono,
rasenta l'intuito di Dio e il senso religioso.
Non pu, tuttavia, identificarsi con alcuno fra
quei tre ordini disparati. Anche quello con cui
sembra meglio coincidere per vero disforme
:

non

accompagnata dalla coscienza di certezza e di apprendimento che


(vedemmo) insita nella fiaba; non quindi seguita, come la fiaba, da una tradizione di rispetto,

l'opera dell'arte

l'intuizione mitica

261

per cui venga riprodotta e amata traverso le


La fede mistica per contro,
quando sente la divinit vivere e spirare, e la
vede risplendere, non si menoma in individuazioni personificate e denominate, si pi tosto in
formule ove all'Essere congiunto l'attributo.
Dalla scienza che mira alle leggi generali su
dai fatti specifici, che raggruppa in classi, riordina in ischemi, necessario dir lontanissima la
saga? la quale dal singolo fenomeno trae la sua
materia, e scorge ogni giorno un diverso Sole
farsi occiduo, ogni stagione un diverso seme
scender fra le zolle e soltanto tardi scopre le
ripetizioni delle apparenze e le identit fondamentali; ed gi matura quando narra Cora
ritornar ogni anno, con sorte alterna, alla madre
Anzi, lungo ciascuno di quei tre
e al marito.
ordini lo spirito si evolve in guisa indipendente
che da l'una delle tre mete sopravviene a
deformare o incrinare o addirittura distruggere
il processo mitologico. Quanto l'artista, e specie
succedentisi geniture.

^fin
il

letterario, violi

con la sua indomabile licenza

la primordial purezza della favola in queste

pagine segnato con studio. N qui si tace come


anche la religione scavi alacre nella polpa stessa
del mito, fin nel ricettacolo della sua virt riposta, e lo vuoti del succo secrtovi

dalle sca-

prime. Ma, violento senza piet, lo


scienziato non erige ove non abbia prima distrutto e ogni sua parola che afferma, nega in
turigini

pari

tempo

la saga.

Diverso dall'arte dalla fede dalla scienza, che


cos' dunque il mito?
Badiamo anzi tutto che in esso il soddisfaci-

262

VI.

mento

KALYPSO

non essenziale quanto


poco estraneo. Forse, dopo aver
pensato il conflitto fra tenebre e luce sotto la
specie di lotta fra l'uomo forte e bello e l'uomo
torvo e mostruoso, il pensiero, poveramente critico, si appaga della rappresentazione come di
causa; ed quella medesima che stimola un
senso rudimentale di questa: o forse, il contrario e l'uomo crea la saga i^er apprendere, e
per spiegarsi le forze naturali le plasma umanail

pseudo-scientifico

ma un

resto,

mente
inizii

umanamente

le fa vivere. Certo, negli

ogni fenomeno pare, trasfigurato, causa di

s stesso

ma

incerto rimane se la ricerca della

causa preceda o segua la trasfigurazione, la determini o ne scaturisca. Oggi nel bimbo si avverano entrambi i casi, cb la fragile mente or
si chiede, dinanzi al sorgere della Luna dal mare,
" perch?
; ora con spontaneo moto traveste in
fogge fantastiche la veduta dei sensi. Comunque,
sia certo l'un modo, o sia sicuro l'altro, il mito
serba il nucleo pi vero, l dove il suo secreto,
intatto dalla pseudo-scienza.
rale; e

un

altro; e

un terzo;

Accade un tempomolti: diversi

sx)i-

(supponiamo) si dimandano il motivo dello scompiglio dei bagliori


dei tuoni; ognuno, per contro, crea una favola
differente a tutti (supponiamo) la favola creata
spiegazion del fenomeno apparso. L'identit
dell'impulso iniziale o, se cosi vuol credersi,
dell'effetto ultimo iDermane contradittoria alla

riti

li

contemiDlano;

tutti

variet delle creature mitologiche. Queste^, supe-

rando sempre e l'uno e l'altro, s'ergono animate


da una congenita forza eh' propria, splendenti
d'una bellezza intima ch' peculiare a loro. Pi

l'intuizione mitica

263

si scorgono bensi le simiglianze fra i varii


temporali e si adduce la falsa causa comune; ma
allora la saga non deve nascere, si trasforma
in vece e, accrescendosi di un particolar nuovo
clie la integra, raggiunge una taiDpa del suo
evolversi: dall'esterno dunque si muove questo
ulteriore intervento. Cosi il racconto di Cora
rapita sotterra e riapparsa in terra si compie

tardi

poi del giudizio di Zeus e del ritorno periodico

ma

compie, fin che al meno l'attitudine


scientifica non si maturi cosi da non poter pi
arrotondare la fiaba, ma da doverla oppugnare
era.

si

e distruggere.

N anche

Tintuizione religiosa per dev'essere

fenomeno mitico. E quella,


estremamente varia e vasta; trascendendo la natura e le sue forze, si nutre anche
senz'altro inclusa nel
difatti,

d'ogni altra esperienza attinta all'ambito che


pi specialmente umano. I primitivi avvertono

e onorano di culto la dea


Dio nella famiglia,
e il dio Padre lo sospettano o persin lo
affermano nell'individuo che pi sa e pi intende,
onde inchinano il Vate. E pure ammesso che
primieramente la Divinit appaja traverso la
luce del Sole e il risucchio del mare, non si dimentichi che, in quei casi, l'uomo primevo si
pone in contatto con la sovrapotente forza della
Natura, in cui Dio, ma non tutto Dio; che,
ci , egli si trova in un primo stadio della sua
evoluzione religiosa, oltre il quale deve progredire ed entro il quale non intuisce, a dir vero,
se non se la sola Natura; che, quindi, il mito
coincide con il senso di Dio, ma con un aspetto
un momento, transitorii e insufficienti, di quel

Madre

264

VI.

KALYPSO

senso. E allora pi esatto affermare, la saga


contener l'intuito della possanza naturale rive-

lata nel fenomeno.

Da
lisi

ultimo, molta luce viene anche dall'ana-

di quelle che

dicemmo trasformazioni

e in-

vecchio re che cade


dal suo trono e cui succede il figlio; la donna
che le rapiscono la figlia per nozze; il duello
fra Perseo e Fineo. Qui sono i tipi dell'esperienza consueta; qui accennano le figure che
jeri vide il mitopoeta, che vede oggi, e domani
dividuazioni

di
il

nuovo;

artistiche:

casi,

cui

ha acquistato

Le forme

suo pensiero.

ciale

di

il

l'abito

della consuetudine so-

quali avvezzo gli aderiscono alla

alle

indistruttibile. E somigliano ai mezzi espressivi della tecnica che ogni

fantasia

come una veste

artefice possiede e che sono, nel suo spirito, quasi


le vie

ove s'incanala l'intuizione. Lo scultore ha


della creta plasmanda; sicuro del

l'esercizio

la mano gli vale una certezza


che traverso questo possesso egli vede la statua
e foggia la statua. Il poeta sa giacente nel suo
scrigno celato la materia ambrata del Verbo e
la numerosa del Ritmo: onde ricava stimolo e
mezzo all'imaginare. Il facitor del mito aveva
limiti non varcabili alla sua ricchezza: le parole
eran acconce a dire le vicende sociali e a descriver le forme umane la vita arborea non
possedeva moto se non per braccia, e il suo principio non era da esprimersi se non con l'imagine
dell'uomo sola la umanit si possedeva dall'interno, immersi in lei; la Natura si affrontava
dall'esterno: a questa quella unica poteva per
tanto fornire linee e procacciar significazioni. Il

proprio pollice

si

265

l'intuiziqne mitica

Sole lontano nuoce e giova a noi fuori di noi


come narrarlo? E un re. Il seme cresce nella
spiga celato allo sguardo, sta nel pugno ma
;

diverso dal pugno, cade nel suolo

ma

diverso

che lo vede: come narrarlo? E la


creatura tolta alla madre. In progresso di tempo
l'uomo trover i termini atti ad esprimere il corso
apparente del Sole e il trapasso del chicco; non
li ha trovati allora. Allora serve per la Natura
l'umano; l'umano quasi tecnica all'intuizione
naturalistica.
E l'analogia (non identit, si
badi) i3rofonda; come quella che si regge anche
su l'indissolubile nesso intercedente tanto fra le
dall'occliio

diverse intuizioni artistiche e le rispettive tecniche, quanto fra

umane.

il

fenomeno naturale

e le

forme

V', tra l'uno e l'altre, vincolo di reci-

procit, si che queste par violino bensi quello,

ma
il

primo esiga senza scampo


Parvenze entrambe
due il mito complesso. Ac-

par insieme che

il

sussidio di tal violazione.

vere, che di tutt'e

cade quindi che si possa decidere dell'epoca in


cui una saga fu da principio narrata, per ci
solo, che gli elementi umani e i dati dell'esperienza sociale sono, nel groppo originario, scarsi
o abondevoli. E accadde per converso che taluni

fenomeni non determinassero la loro leggenda,


se non quando li pot assalire e trascolorare una
copia maggiore di consuetudini nostre. Si pensi
^erseo contro la belva ed Ercole contro Caco
sono analoghe manifestazioni dell'urto fra luce
tenebra ma quella non presuppone che l'uomo,
:

la selce

acuminata, la fiera; quest'altra in vece

mandra, la propriet, e
costume dell'abigeato. Si pensi, anche: le vi-

3ontiene gi l'uso della

266

VI.

KALYPSO

cende agresti del seme e della spiga non divengono vicende, o siano trama narrativa, che a
patto di convertirsi in rito nuziale; anteriormente
non esistono, cli non sono intuibili. Come (continua l'analogia) non esiste per me, ignaro di
plastica, la posa statuaria, che gli occhi vedono
senza il consenso dello spirito seguace.
Ana-

logia,
sibile,

non identit. Che il divario tosto sennon a pena si rifletta alla rispondenza che

fra l'arti e le tecniche, in contrapposto alla


ineguaglianza che fra l'umano e il naturale.
Le tecniche non esistono che per l'arti, ne costituiscono la preparazione voluta, n servono ad
altro che non sieno l'arti, n hanno radici altrove
che nell'arti. Il loro progredire verso un affinamento che permetta di sottoporre sempre pi
e sem^Dre meglio la materia sorda al possesso
artistico. E il loro affinamento esalta sempre pi
e sempre meglio le arti; non le nega non le distrugge gi mai. La storia della mitologia per
contro attesta, nelle sue pagine severe, che, come
sia salita a pi grosso valore la somma delle

esperienze umane, di quelle esperienze (ci sono)


il fenomeno della Natura passa tra-

traverso cui

incontanente questo legame s'inche a due poli estremi la vita sociale


e gii spettacoli naturali si esprimono con indipendenza. L'accresciutasi esperienza ha tocche
le discrepanze superando le affinit e la perizia
esercitatasi martella, per le discrepanze, fogge
sfigurandosi,

frange,

si

diverse da le dicevoli per le affinit.


Si dichiara ora pertanto l'oscuro testo. Nel mito
una visione manchevole del mondo esteriore all'uomo, limitata alle crasse sue simiglianze co^

jH

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

267

mondo

interiore all'uomo. Nel mito , per conuna vision manclievole di questo ultimo
mondo, ignara del suo contrapposto con quel
primo. Quindi fra l'uno e l'altro di essi un rapverso,

porto sol temporaneo, percli solo parallelo alla

doppia manchevolezza. Ma perch le due insufsono le uniche per ora acquisite,


e iDerch la duplice acquisizione avvenuta sul
fondamento delle crasse analogie, il rapporto
dev'essere ed , anche, necessario e indispensabile ed , anche, bastevole ai primitivi bisogni.
Dunque conchiudendo si avr ogni mito un
iicienti visioni

detei'minato avvenimento naturale intuito

come

forza so"VT.'apotente e veduto a traverso l'umano


in

una mischianza che li deforma entrambi:


come forza sovrapotente e divina; indi

il

rispetto della tradizione letteraria, l'onore del

culto, e

in

il

pregio di motivazione scientifica;

una mischianza che

li

deforma entrambi

indi la fine della mitopeja con l'eccesso della deformazione e l'imxDOssibilit della mischianza (1).
Vita, per ci, e morte. Quale la vita, e onde
morte, sar detto appresso.

la

II.

Le manifestazioni mitiche.

Scaturita, la mitopeja

memente
(1)

si

moltiplica

multifor-

Ma

immutati

e si altera evolvendosi.

Questo nostro risultato storico intorno

traddice B. Croce {G. Vico pag. 66) per cui


"

universale fantastico

al
il

mito con-

mito un

268

VI.

KALYPSO

restano, fra tanto trasfigurarsi di innovazioni e

modi

e i mezzi della manifestaquale quindi necessario precisare, innanzi che s'imprenda l'indagine sul
viver e sul morire mitopeico.
Poi che il fenomeno della Natura dovette, per
affiorare su le coscienze, traversar l'umano, pati
d'esser contemplato come l'umano, in tutti i rispetti; ci : quale linea, volume, colore, moto
psichico e gesto corporeo e fu scolpito nella materia, dipinto su le tavole, narrato con parole.
di creazioni,

zione mitica.

La

Poi che d'altra parte il fenomeno della Natura


rimase luminoso della magnificenza divina, richiese di penetrare nei culti e nei riti in cui
ai

Numi

offrono

puri e torbidi

terreni l'olocausto dei loro

Sono dunque due grandi

cuori.

categorie espressive

non

e su

caratteri di ciascuna

da far cenno, che ne trattano apposite discipline. Qui basta notare come
sieno entrambe primigenie, coeve tutt'e due
in generale

qui

agl'incunaboli della saga; la quale quindi le


trov senz'altro, sbocchi dicevoli alla sua vitalit
impetuosa. Il fuoco sotterraneo, rompendo la
crosta terrestre e scorrendo in lava, ebbe appai canali al suo corso ardente. Che anzi
non si sarebbe n meno levato in un respiro
immane, ove non si fossero rinvenute le vie atte
al suo sfogo. Or certo che dopo la nascita fu

recchiati

dalla mitopeja tentato di continuo l'allargamento


di quei suoi mezzi; riuscendole senza dubbio di

svolgerli e di migliorarli, col secondare l'affinarsi

verbale, scultorio, pittorico, religioso.


se

mai avvenne, ogni prova d'acquistare

Ma

falli,

alla

saga

quell'espressioni ch'erano potenziali all'ora del

rit

269

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

primo suo crearsi, e attuali divennero solo pi


termine filosofico, la jDarola scientifica
(vocaboli astratti) fuggirono la leggenda come
si respingono sostanze non consentanee. E in un
dialogo di Platone la fiaba fu racconto,,, anche
tardi. Il

''

se le si immettesse,

come

allegoria, un'astrazione

l'astrazione riuscendo espressa, sia pure inade-

guatamente, dalla fiaba; mai questa da quella,


modo. Un poema sacro o patriottico, i
frontoni d'un tempio, l'umbone d'uno scudo, il
ventre d'un' anfora, il tergo di uno specchio:
qui la saga si foggia a rivelare or l'una or
l'altra delle sue congenite potenze, senza disin alcun

sonare. L'arte.

quello, in cui la antichissima

intuizione della Natura esala

fumi
il

pili reconditi,

non

tra

uno
i

dei suoi pro-

meno

intensi

culto.

Il

mito pu esser nel culto.

AUor quando

su l'Ara

massima

ad Ercole, in Roma,

sacrificano

si

narra la lotta del


dio contro il ladrone Caco. Persino nelle feste
di Carmenta o in quelle di Evandro il richiamo
della saga, se non certo, possibile in parte
sottinteso nelle menti dei fedeli. In Enna non
si venera Demetra senza ripetere il ratto di
Cora e, molto pi, senza affigurarlo concretamente. Nelle feste cirenaiche di Apollo Carneo
le danze trovan riscontro con i leggendarii balli
dei Dori in mezzo alle fanciulle di Libia.
Le forme per di questa interferenza fra culto
e saga sono varie. Nella pi tipica, e ad un
tempo pi semplice, il gesto del rito ripete la
vicenda mitica. Il cocchio trainato da cavalli
tori

si

270

TI.

bianchi, tra

il

KALTPSO

popolo e

sacerdoti adunati

Siracusa, fnge l'azione onde Cora fu

(1)

ri addotta

Madre;

e pretende di fingerla nel luogo


ove l'anagoge avvenne. Il medesimo
del ratto. E ad Eleusi si mostrava la " pietra
del pianto , che aveva parte non piccola nel
culto e su cui Demetra si sarebbe seduta nel

alla

istesso

cordoglio prima d'incontrarvi le figlie di Celeo.

Ma

nessuno di cotesti esempii tanto significaquanto il dramma greco nel suo contenuto
mitico. N pure in Euripide, ove la concezione

tivo,

cosi moderna e lo spirito maturo cosi largamente innova, andato perduto il carattere pe-

culiare della tragedia o s' cancellato


delle attinenze antiche fra

il

segno

lavoro letterario e
il culto sacro. Per le quali, in fondo, il dramma
appariva quasi la ripetizione gestita del mito,
il

mito riprodotto attorno ad un altare, da persone che ne affiguravano gli eroi, in vicende che
ne rendevano la trama. Appariva, in somma,

il

una specie di culto in cui il rispetto religioso


era ben presente, ben si sentiva l'ambrosia dei
numi; e tuttavia l'azione e il gesto awiavansi
a prendere il sopravvento. Appariva un culto
modellato sul mito.
Questa per, se la pi tipica interferenza tra
i due fenomeni
umani, perch in essa la saga
offre al rituale i modi i tempi e i luoghi, non
la sola n forse la pi consueta. Un'altra
frequentissima: per cui avviene appunto il contrario. Nel culto, molti fra gli atti obbligatorii

(1)

Pindaro Olimpica VI 95

e lo scolio.

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

271

idi che ad un determinato racconto leggendario intorno al dio che

e tradizionali si riportano,

si

venera, agli

attributi

di

quel dio

sue

alle

mansioni alle sue ordinarie potenze: le quali si


invocano in circostanze favorevoli, si supplicano
benigne o vero si irrogano lontane, si distornano
con offerte e con formule ritenute idonee. Vi
hanno inoltre, pure estranei al mito, atti religiosi sorti in momenti diversi, per caso, per
coincidenze fortuite, per iniziative, anche inten;

danno
un certo

zionate, di sacerdoti e di governatori. Si


infine templi e altari elevati, fuori di

mito, per
lDd tardi;

un nume cui il mito fu collegato


come l'ara d'Ercole nel Foro Boario

che esistette innanzi all'avvento del Tirinzio


nella saga di Caco. Ora, tal complesso cultuale,
che solo parallelo o, peggio, solo per incidenza
contiguo al racconto leggendario, non ne dura
a lungo estraneo, ma finisce col penetrarvi e
costituirvi un capitolo interpolato. E questa la
massa delle etiologie, che notammo neVInio a
Denefra, e che rinvenimmo a proposito dell'abigeato del ladrone latino. Sempre, in questi
esempii, il contesto narrativo si amplia a vantaggio e ad interesse della realt religiosa fenomeno che attinse il suo vertice in quei casi,
ma non ne appajono in questo scritto, che
tutta quanta la leggenda nasce dal rito.
Ebbene. Nella prima delle due interferenze
notate, troviamo la leggenda esprimersi per
mezzo del culto. Nella seconda, il modo opposto.
Fra le due non difettano attinenze; n difficile decidere intorno alla priorit. I miti etiologici che scaturiscono dall'esercizio religioso sono
:

272

VI.

KALYPSO

senza dubbio, al pari degli etimologici, alquanto


pi tardi degli spontanei miti naturalistici e per
solito, a differenza di questi, tristanzuoli. Anche,
la prima interferenza intacca e interessa intiera
la leggenda: onde il culto di Demetra investe
tutto

il

mito di Demetra, e

tutta la saga di

il

dramma

Andromeda; laddove

la

tragico

seconda

interferenza presuppone la leggenda, l'adotta,


non l'identifica con s. Tuttavia, se ben si guardi,

non

profonda quanto pardura un'antitesi irrimediabile tra mito e culto. Del mito
sussiste sempre qualcosa, che non affluisce al
culto, ma lo prepara, lo motiva; permane un
che di non riducibile: fra una scena e l'altra
la diversit

tanto

rebbe. In entrambi

del rituale, fra

casi, difatti,

un episodio

e l'altro del

dramma,

qualcosa sottinteso, alcuni avvenimenti son


accaduti, che si rivelano nelle loro conseguenze,
ma si riferiscono a un diverso contesto: nell'intervallo fra il sacrifizio a Giove Inventore
e quello su l'Ara Massima, si pensa, o si deve

Evandro con i Potizii e i


quanto poscia scritto: nel mezzo
tra la Catagoge e l'Anagoge sta il giudizio di
Zeus insieme con l'altre vicende prima che
Perseo appaja ad Andromeda avvinta su la rupe
e agli spettatori stupefatti, egli ha compiuto
delle gesta e conquistato il capo della Gorgone
il che si deve dire, come in postilla, ma non
narrare, l'apparir di

Pinarii, e

appartiene pi al

dramma

mito. Del mito, adunque,

il

sacro, bensi risale al

culto illumina alcuni

esprime taluni punti;


integra poi con interstizii d'ombra o con
premesse a pena accennate o con parentesi sup-

tratti, essenziali se si vuole,

ma

si

273

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

Al che corrisponde quel che deve dirsi


impotenza espressiva del mito rispetto al
culto la quale per fatta pi tosto di abbon-

pletive.

sulla

danza, ijerch quello per solito trascende questo


consta tuttavia anche di debolezza. L'avventura
mitica di Cirene, invero, traduce assai poco del
;

culto ad Apollo Carneo: e le cerimonie eleusinie


0, in genere, greche in onore di Demetra non
sono a sufficienza chiarite dal solo ratto di Persef one, si debbono venir comentate col sussidio
e d'altri mezzi e degli attributi che alla Dea
spettano in testi estranei a quella saga. Qui,
come altrove, il culto traspare nella leggenda,
ma per uno spiraglio solamente.
Il fenomeno cultuale e il fenomeno mitologico
non sono dunque idonei a esprimersi l'un l'altro.
Ci pu sembrare da prima strano, da poi che
si disse poc'anzi il nesso che li stringe. Strano
invece cessa di essere, quando si ponga mente
(che si disse pure poc'anzi) alla distinta natura
di tutt'e due: l'uno segue, se bene per solito con
lentezza, il maturarsi del pensiero religioso e l'affinarsi della sensibilit mistica, cosi che molto
si modifica, e si perfeziona di disinteresse, coll'evolversi del concetto di Dio; l'altro per contro
nasce da un'intuizione della natura che deve
permanere durabile, e vive nel suo profondo di
vita indipendente dalla religiosa. Due rami,
dunque, bens dello stesso tronco;
ma rami
diversi. I quali s'incontrano come si vide e non
accidentalmente, giacch non si spiegherebbe la
costanza dell'incontro nei casi diversi ma per

1^

due motivi.
Ci ben noto, per l'anteriore discorso,

il

carat-

274

VI.

tere scientifico che

KALTPSO

assume

la

saga o gi prima

del suo concretarsi o sbito dopo. Ora, valendo

qual spiegazione del fenomeno essa tradisce


un aspetto di utilit pratica ch' quanto
mai confacente alle menti primitive (n solo a
quelle). Se il fulmine la clava immane che
un Dio a volto d'uomo brandisce e agita con
braccio pi che d'uomo possente, se ne storner
la minaccia e l'esizio con il j)lacare l'ira al
Nume dal cuore d'uomo venerandolo di offerte,
in culto. E della spiga granita, della messe coj)iosa, pi salda la speranza se con gli aratori
l'attende una Dea, madre alla Spiga: e comune
suona il tripudio, come comune il lutto per il
rapimento: a lusinga, i mortali secondan pianto
e gioja dell'Immortale. Qui il sogno si affioca,
si appanna; o no, ch' meglio, si sgombra delle
nebbie rosate e si converte nell'egoismo quotidiano, ch' il pane, il benessere,
la vita.
Ma l'altro motivo per cui culto e mito interferiscono sta nella concretezza plastica, che
di talune cerimonie del culto, e che le assempra
all'opera dello statuario, ossia le avvicina all'arte. Quando di fatti la parola narra Demetra
trasmigrante per le terre con due fiaccole accese
su l'Etna, ha virt di riprodurre nel suono la
figura dei sacerdoti agitanti le tede nelle cerimonie di Eleusi. E quando il ketos apparisse
vorace e si apprestasse alla vettovaglia umana,
riescirebbe a rendere nell'atto la forza conchiusa
del racconto. Il paludamento ed il gesto corritosto

spondono all'elezione e alla disposizione verbale.


Ma non vi rispondono a pieno; e costituiscono
anzi forme secondarie dell'esprimersi, come un

275

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

volto contratto nell'angoscia sottintende


significa

il

nell'elegia;

dolore

medesimo che

l'urlo del

il

ma non

poeta piange

viandante assalito crea


maschera di Lao-

nella carne vivente la divina

coonte.

Per tanto, non pure mito e culto non si sovrappongono del tutto; ma, anche l dove pajono
coincidere, il culto risulta una imperfetta espressione del mito. Accanto alla quale perdura sempre,
e per integrarla nella quantit e per elevarla

forma primaria e pi acconcia


Onde, nel fatto, all'arte aspirano,
quasi a compimento ed abbellimento, le varie
forme del culto, come i minerali alle fogge crinella qualit, la

l'arte.

stalline.

con la

E la

statua,

]3oesia,

dipinto,

il

emergono,

il

rilievo,

insieme
su da

fiori di alto stelo,

gramigna ch' il racconto dei sacerdoti


disadorno ricordo delle generazioni.

quella
e

il

Tuttavia nell'arte stessa

il

mito trova diversa

efficienza di espressione. Il vasajo, che nel

colo affigura la saga di

tornita e preparata

Andromeda su

alle vernici, si

VI

se-

la materia

ripete, tra-

verso la serie dei suoi modelli, ad un'antica

forma del racconto caduta gi in oblio nella


teratura

ed

solo

sufficiente

let-

per indurci a

costruire quella forma, di cui altre tracce

non

sono rimaste. Ma sarebbe anche in questo specialissimo caso ardimento soverchio asserire indipendente l'opera dei colori di lui. Giacch, in
tanto lo comprendiamo, e in tanto ci serve a
simboleggiare un intero strato mitico, in quanto
la letteratura possiede gli strati posteriori. Ci fa
risalire a una narrazione
non ce la narra,

i^

276

VI.

KALYPSO

per s. E del pari un bassorilievo ove Ades e


Persefone seggano sul trono tenendo fra le dita
tre spighe (1), richiama le nostre cognizioni sul
ratto della fanciulla, le conferma; ma non ce le
fornirebbe mai, per s. Il motivo n' palese per le
esigenze ineluttabili della scultura e pittura. Non
possono essere indipendenti dal racconto parlato
quelle arti che non debbono n fermare l'istante
n descrivere il moto. Il momento la loro misura, ai due estremi della quale sono invarcabili
colonne d'Ercole. L'accenno il loro mezzo per
rendere una vicenda, per fngere il moto nella
statica. E n meno costituendo in serie i lor
prodotti riescono a rendersi autonome dalla
forma letteraria; che una Via Crucis raffigurata da un genio non se non mirabile chiosa
agli Evangeli (2).

Non pure, adunque, il mito fenomeno,

nella sua

ma

anche
precipuamente letterario. La letteratura sola ha il
vantaggio di esprimerlo intiero, di insegnarcelo
se l'ignoriamo, di non abbisognare n di compimenti n di premesse. Cotesto privilegio per
non s'intende tutto, che prescindendo da alquante
restrizioni. Bisogna, in primo luogo, ricordare
che il patrimonio delle lettere antiche ci giunse
guasto e lacunoso, per dissipar lo stupore che,
contro la conchiusione recente, nasce dal ricordo
espressione, a preferenza artistico;

(1)

(2)

Annali dell'Istituto XIX (1847) tav. P.


Su i rapporti fra arte e letteratura mitopoetica
"

scrisse belle

pagine

C.

Robert

lologische Untersuchungen

BUd und Lied (=

V) Berlin 1881.

"

Phi-

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

277

dell'esame condotto intorno a quattro notevoli

comprende difatti allora che, se le epopee


omerica ed esiodea, ad esempio, ci fosser pervenute nella loro opulenza, il sussidio dell'arte
plastica alla Storia sarebbe ben diverso: non
cosi indispensabile n tanto notevole. La poesia
miti. Si

basterebbe. Bisogna inoltre allargare

termini

onde concbiuso il concetto di letteratura: non


fermando l'occliio pure alla forma eletta, alla
ninfea emergente sul pelo dell'acque chete; ma
comprendendo nel vocabolo anche le manifestazioni pi povere e grame, il racconto d'un
antistite,

l'osservazione inetta d'un erudito, la

favola ciarlata fra

i fedeli. Perch, se si considera nella sua ampiezza tutta questa saliente


marea, che si diparte da bassissimi fondi ed

espugna ben erte

moto
le
il

rupi,

di ascesa, insito

pervasa da un assiduo

nell'intimo o sospeso su

forme come una legge fatale; se si scorge


fremito creativo trascorrere in corsi e ricorsi

da Pindaro

da

da
donne di Siracusa
Timeo, raggiungere la Biblioteca

all'atleta,

l'atleta a Vergilio,

l'umile all'eccelso, toccare le


e la

mente

di

Diodoro e la corte imperiale di Roma, pervadere l'abitante dell'Aventino e l'Annalista


dell'et travagliose: si appalesa a pieno il
dominio, indipendente e incomparabile, che sul
Mito possiede la Parola.
Ed dominio attivo. Il verbo non s'imprime
su l'intuizione, se non in una sintesi, che sempre
originale, com' sempre imprevedibile prima del
di

suo compiersi, e non del tutto sceverabile dopo.


E un castone che costringe il diamante ora a

smussare una punta ora ad arrotondare uno spi-

278
f?olo.

Ogni racconto letterario di un mito, scritto


ne una forma nuova che non si pu

e parlato,

ridurre, senza violenza o astrazione, a un'altra.

In questo, l'arte figurata e il culto,


a parte
incompiutezza che si vide,
somigliano
alla letteratura; ma, anche in questo, le restano
addietro: perch serbano pi tenaci, e l'una e

la loro

non appena possedutala, una certa forma


una certa versione d'una saga incidendola
per anni e anni in dati tipi e modi laddove la
parola ha una sua duttile mobilit, una sua
l'altro,

invitta

energia innovatrice, che

tradiscono

si

nelle sfumature; fino a che l'imitatore, inconsa-

j)evolmente, travisa

il

modello, e Ovidio

si di-

lunga intorno a Caco dall'Eneide, della quale


vuol ricalcare l'orme. La misura tuttavia d'una
attivit di dominio,

fatta

cosi

tra loro le
letterarie

pregio.

come distingue

forme dell'arte, cosi gradua le specie


medesime, ed il criterio del loro

La

goffa nutrice che ripete la saga al

poppante innova bens, che non s'evita; ma per


vero minimamente, a confronto dello storico e
del poeta: l'angolo del prisma troppo esiguo,
al paragone, e la luce ne devia cosi poco che

La

trascura.

si

di chi narra

si

annienta mai, ma o si strema


mito ne riceve pi o meno
sue forme. Onde lecita per co-

invigorisce

individuate le

modo

personalit della parola quella

non
:

si

di ricerca, se

il

non esattissima

in tutto, la

distinzione in due grandi categorie, separate per;

una diversa potenza


bali in cui la fiaba
gli

sterili

fecondatori.

creativa, dei contesti ver-

si

esprime: nell'una stanno

gl'impotenti,

nell'altra

vigorosi:

279

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

Senza traccia, come senza nome e senza gloria,


rimangono, e son massa, quelli: i ripetitori
menni. Non dispregevoli n pur essi, clie sono
gleba rude, disprezzata ma indispensabile,
senza cui non esiste nulla e da cui tutto si ri-

la

pete.

Sono del resto

costoro, nella lor supinit

passiva, cosi tenaci nel rispettare per

fantasia le fogge tradizionali,

come

gliar le innovazioni, che, diffidando,

manco

di

utili

a va-

non

accet-

tano se non quando una forza geniale le imponga,


e costanti ad applaudirle poi, assicurandone, col
ripeterle, la esistenza. Somigliano agli spettatori, dinanzi a cui i tragedi vedevano agitarsi
le sorti delle loro creature, e che si serbavan
fedeli alle opere premiate. Per essi avviene la
selezione e si conserva la vita. Cosi che quando
non uno pili ne sopravvive, com' oggi fra il
popolo nostro per i miti pagani, la favola ben
morta, s'anche l'arte ne tenti con tocco divino
la resurrezione. Le radici sono inaridite.
Ma non possono d'altra parte raccogliersi in
un solo tutto i fecondatori del mito: che la
energia mitica non semx)re la bellezza. Tal
volta l'artista d il suo suono alla favola d'un
creatore ch' disadorno: esiste il mitologo che
ordisce; esiste il mitopoeta che contesse ad
arazzo. Verit di non poca importanza, come
quella che serve a spiegare, perch il mito duri
e s'evolva anche durante periodi in cui l'arte si
tace, o compia anteriormente all'arte uno sviluppo assai grande. Cosi, pur tenendo conto dei
carmi perduti, ritorna nel nostro, pensiero la
trasformazione profonda subita dalla fiaba indoeuropea j)i"esso i Grreci prima di vestirsi nel-

280

Vlnno a Ermes
pmi'e

il

di begli esametri omerici: o


comporsi della saga siracusana di De-

metra avanti a Timeo

e agli Alessandrini.

senza traccia rimasta, come senza

non

dividui, l'opera di cotesti facitori

per dir meglio, scarsamente

Ai nomi

delle persone, clie

nome

d'in-

artisti o,

artisti: dei mitologi.

mancano

non var-

possiamo sostituire quelli dei centri


onde il moto di elaborazione mosse e si propag:
quali Delfi per la saga cirenaica, lo spazzo del
Foro Boario per il furto di Caco, Argo per le
imprese di Perseo: feraci campi di rigogliosa
messe, tra cui raro langue il ciano e il papa-

rebbero,

vero, e su cui ci vien fatto di gittare obliquo lo

sguardo traverso

voli di

Pindaro

colori di

Ver-

racconto di Ferecide.
In generale, per
conseguenza, la mitopoetica vigoreggia come un
progresso rispetto alla mitologia (1). E tale asserzione sempre vera, se intesa a dovere: perocch il progresso pu essere istantaneo e compiersi nell'attimo medesimo della innovazione,
gilio

ma

il

l'autor

pui^e

allora

dell'^ea di

manca. Non sappiamo


Eufemo metta in versi

se
il

lavoro mitologico di un predecessore o crei esso


medesimo la saga che contamina le pretese dei
Battiadi con la spedizione degli Argonauti al
lago Tritonio: non sappiamo n sapremo, e la

(1) Per chiarezza: mitopeja dico la complessiva elaborazione mitica (letteraria, artistica, cultuale). Fra l'elaborazioni mitopeiche della letteratura distinguo la mi-

tologica
estetico.

dalla

mitopoetica

che

sola

ha pregio

LE MANIFESTAZIONI MITICHE

281

ambigui i nostri occki


meglio probabile,
balza
insieme
con il ritmo
contaminazione
la
dallo spirito di lui, segno che, per fortunata
sorte, il gusto estetico coincidette con la vigoria
verit

elude con volti

incerti.

Ma

generatrice.

se,

come

il

si

caso

ritiene

in Grecia specialmente,

non raro; ed ben motivato dalle premesse


nostre. Quando, difatti, il mitologo preferecideo
raccolga in un racconto su Perseo il mito tessalo
e

il

peloponnesiaco, e li fonda con gli elementi


che si dissero sopra, stringe membra

jonici,

prima incoerenti in

tale

organismo d'intuizione

unitaria, che del tutto normale, se egli stesso

una a pena minore vigoria nell'esprimer


se appaja egli stesso anche
mitopoeta. Sa vedere di pi, e sa dire meglio,
riveli

quello col verso;

che gli altri. Il nesso cosi ovvio, che sembrerebbe quasi insolita la contingenza, in cui al
pi dell'intuizione non rispondesse il meglio
dell'espressione. Insolita

certo;

ma

assai

meno

che non sembri, a causa dell'indole propria di


talune stirpi e della natura speciale di certe in[novazioni mitiche. Nel fatto, tra i Romani
[facilissimo che una fiaba si innovi appresso un
[arido annalista e che quindi scada dal carme
)opolare allo schema di un rozzo diario: tale
[fu, tra l'altro, la sorte della leggenda di Caco
[allorch, forse, un greco v'introdusse, per con[asto etimologico, Evandro la prima volta, pur
[senza avere alcun intento,
si badi,
di rasionalismo. E, ancora tra i Romani, probabile
;

3he
[di

in

il

capitolo delle etiologie inerenti al culto

si aggiungesse a quella stessa leggenda


una forma regrediente, che non attingeva

Ercole

282

VI.

KALYPSO

alcun pregio artistico. Tuttavia lasciando un nemargine a simili casi, per solito si varca
d'un salto dalla medesima mente il varco che

cessario

intercede,

non ampio

innovazione mitica e

la

non breve,

fra la

procreazione d'un'opera

d'arte.

Superato tal varco, o per felicit d'ingegno o


per maturit conseguita nel tempo, e attinto il
vertice pi bello, si apre una serie nuova d'innovazioni mitopoetiche, che son ben diverse dalle
mitologiche.

Ma

un

facile criterio le distingue

senza possibile equivoco. Le une hanno un fine


che estraneo alle altre le une si dipartono da
esigenze che sono estranee alle altre. Lo scrittore, che altera la leggenda nel comporre, obbedisce a uno scopo d'arte, cosciente o non consapevole che l'obbedienza sia: un istinto, o il
suo gusto culto e fine, lo avvertono di dar quel
ritocco, mutar questo colore, adombrare una
figura, correggere la prospettiva il pubblico speciale cui si rivolge gli suggerisce, rimanendogli
dinanzi al pensiero dui'ante il lavoro, di concedersi certi accenni e taluni richiami, di sviluppare pi ampiamente una parte. Per contro il mitologo, che tale prima d'essere artista, tende
a una mta mitica pensa al patrimonio leggendario, o nel suo insieme o in uno de' suoi vigorosi rami, e a quello procura di recar contributo,
adunando, intorno a un nome di eroe o di nume,
;

tutte le gesta

mta

attribuitegli.

Ovvero cerca una

politica o altrimenti pratica

per conciliare

due luoghi intorno a una Dea, si


chiamino anche i luoghi Siracusa ed Enna; per
esaltare una dinastia, e sia essa dei Battiadi per
le pretese di

283

LE MAXIFESTAZIOXI MITICHE

comprimere mia

citt avversaria, quale Tera;

per
precipuo fra molti, il Delfico.
In ogni caso, muove da esigenze che non sono
quelle del suo tema letterario, n consistono nel
tono d'un poema su Enea o d'un canto su le
Metamorfosi; ma che sono inerenti a un indilodar un oracolo,

il

rizzo mitologico.
I due ordini d'innovazioni per, pur essendo
tanto ben distinti nel fine e nell'origine, eserci-

tano, l'uno su l'altro, continui influssi.

l'ima-

gine che rende la loro reciproca condizione,


quella della pila voltaica ove

il

succedersi alter-

nato dei dischi di rame e di zinco permette lo


scoccare sintetico della scintilla. Ogni mito difatti non potrebbe entrare in quel componimento
letterario ove deve alterarsi, se per effetto della
sua intrinseca evoluzione mitologica non avesse
conseguito gi un certo stadio; e per converso,
poi. il colore diversamente sfumato dall'arte
la variata prospettiva sono a punto cause
che permetteranno ad altro mitologo l'aggiungere o il contaminare. Dopo che, nei carmi del
popolo, la leggenda di Caco andata smarrendo
il suo senso allegorico antichissimo, per assumerne, a gradi, uno storico ben diverso: allora
solo, Ercole pu sottentrare a Garano-Recarano,
e il gruppo delle etiologie incunearsi nel racconto.

allora solo la fiaba

dromeda

cologica

di Perseo

An-

matura per una interpretazione psisociale nella tragedia, quando il

mitologo l'ha dissimilata dalla lotta contro la


Grorgone, cui era identica. Un ardimento giustifica
l'altro; un passo prepara il susseguente: non
importa se i fini del primo non sieno per l'ap-

284

VI.

KALYI'SO

punto quelli del secondo. Anzi, perch, come

si

vide, l'innovazione mitologica avviene talvolta

in

una con

la innovazione mitopoetica, lo storico

resta esitante, in quei casi, prima di decidere da

quale fra esse sia mosso l'impulso, a quale tocchi


non nel tempo, ma nella responsabilit del nuovo stadio raggiunto dalla saga.
Nessuno cosi saprebbe dire, fuor che in congettura mal certa, se un poeta o un mitologo abbia,
per esigenza d'arte e ritocco estetico, o per scoilo
di chiarezza genealogica e armonia anagrafica,
identificato primo Persefone con Cora. I confini
sbiadiscono indecisi, la sintesi creatrice non ritrova chiare le sue vere cause. Questi casi ammoniscono lo storico a cancellare ogni categoria
empirica allor quando si accinge ad esporre
l'evolversi nella letteratura del genio mitopeico
la precedenza,

pagano.

IH.

L'evoluzione

della mitopja letteraria.

Da due radici trae vigore la mitopja al suo


arricchimento progressivo e al suo lungo variarsi
dall'elaborare gli elementi spirituali onde consta
negli inizii e dall'acquisirne nuovi a s stessa.
Curiosit scientifica, senso del divino, intuito
dell'uomo e della natura, immanendo nella saga
costituiscono costantemente altr'e tanti tentacoli,
che attirano verso di essa i prodotti del pi
maturo pensiero scientifico, spirito religioso, abito
di contemplazione umana e sociale. Ma inoltre
:

l'evoluzione della mitopeja letteraria

285

nuove energie se le aggiungono; nuove, le quali


son sorte non da uno sviluppo delle primissime

ma

antiche,

da un superamento deciso di queste.

Siffatta opera duplice e

mento

si

comijie

entro

immane

certi

di rinnova-

ampi

limiti

tem-

porali.

Da

principio, ogni

fenomeno, ogni aspetto del


nesso, ogni sfumatura,

medesimo fenomeno, ogni

sono sufficienti impulsi alla creazione d'un mito:


nuovo, se pur non profondamente diverso dal
complesso dei suoi analoghi. E il fermentante
rigoglio della giovinezza.

la festa dei frutici

che il suolo ferace esprime da s, per l'esuberanza della sua forza, in unico impeto con le
roveri e i pioppi. Si che le figure si moltipKcano
disponendosi l'una a canto dell'altra, affini sorelle, non identiche aggeminazioni
e i casi si
addensano e s'intrecciano, uno appresso all'altro,
;

simiglianti e differenti, e

si

dispongono in rac-

conti svariati, che ciascuno i^ossiede, quasi

personale,

un peculiare

suggello.

La

nome

mitologia

|indiana serba traccia di questo pletorico groviglio


li

fiabe, X30C0 dissimili

ma non

uguali, intrecciate

Nella greca la traccia


linore perch gi in essa sono sopravvissute
[unicamente le forme, in genere, geniali, cui la
[singolarit medesima apprestasse vigoria e resistenza vitale, laddove le pi scialbe, e per ci
Era loro per tenui

fili.

stesso

meno

individuate, vennero assorbite da

pelle cui somigliavano. Tuttavia, anche fra gli


lElleni il durar l'uno accanto all'altro i miti, che

man

tutti

il

medesimo

sostrato naturalistico, di

[Eracle nell'Ade, di Eracle contro Gerione, di

286

VI.

KALYPSO

Eracle contro Nleo, di Perseo contro la Gorgone, di Perseo contro il ketos, attesta l'antich-issima fecondit originaria in favole dissociate
per minime differenze, per esigui e mal certi
confini, e prova anche come la mente creatrice
da s e dalla propria stirpe sapesse a ciascuna
derivar notevole forza di vita e non scarsa energia
personale.

Di questo periodo

di

creazione mitica e di

moltiplicazione, le quattro saghe del nostro studio

additano gli ultimi, e non miserevoli, bagliori


il VI e V secolo avanti l'ra. In tale et difatti, che l'occhio della storia pu riguardar
sicuro traverso poche nebbie^ la letteratura mitica si accresce della fiaba duplice di Cirene e
della siracusana di Demetra. Entrambe sono cosi
vigorose e determinate che non possono in verun
modo confondersi con le lor sorelle. E tuttavia n
Tuna n l'altra sono originali. Non originali anzi
tutto, perch non escono,
se bene adorne poi,
dall'arte, di stupenda efficacia poetica Pindaro
Ovidio Vergilio le ritrovano in sottili ragne donon escono da un bisogno
rate su la loro cetra,
lirico incomprimibile: ma sono posteriori a un
fine pratico, in grazia del quale soltanto sussistono, ma a malgrado del quale splendono di
magnificenza. Per ci non creano, ma compongono elementi noti, sfruttando intrecci anteriori. La saga degli Argonauti era
conteneva il
lor soggiorno in Libia. I Cirenei se ne valsero,
tra

e dissero di

Eufemo

e della zolla e d'Euripilo e

dei coloni giunti da Tera sul luogo del dono.

Cosi

il

ratto di Cora in Enna, la sua catagoge

presso la palude Ciane, non sono se non le sosti-

l'evoluzione della mitopeja letteraria

287

tuzioni d'un patriottismo locale ai termini ed alle

forme d'un antichissimo racconto greco. Singolari apparizioni mitiche queste, adunque
nelle
:

unisce un cotale spirito di riflessione,


un quasi gretto senso di praticit, con una indubitabile freschezza creativa, un abbandono lanquali

si

guido di sogno. Questo permise

mento

il

loro travesti-

grande permise che i


razionalisti antichi non s'accorsero punto dello
scopo politico e materiale onde le belle fiabe
che g' irritavano erano mosse; n se ne accorsero, prima che sorgesse il metodo critico mopoetico,

cosi

derno, gli studiosi nuovi,


in vece

quali

non esitarono

ad avvertirsene in pi disadorni e meno

ricchi racconti. Tuttavia, in quel senso di riflesil non dubbio indizio che il pemoltiplicano i miti per finire.
Esso si estenua, per vero, in bolse invenzioncelle,
in genealogie stremate, in giuochi etimologici
trasj)arentissimi
singhiozza gli ultimi guizzi
in favolette che pochi eruditi ripetono; rivendica (1) il passaggio di Perseo per Micene ove
egli avrebbe perduto il puntale della spada
attribuisce a Trittolemo discendenza
( /ivxt]g)
argiva (2) spiega il nome dei Pinarii pel dover
essi astenersi dal banchetto sacrificale {neivci),

sione pratica

riodo in cui

si

ho fame) (3). Poi muore.


Entro i limiti di tempo cosi largamente
gnati, profondo e vasto il rivolgimento.

(2)

Pausania
Padsania

(3)

Servio

(1)

II 16, 3.
I

14, 2.

Comm. a Verg. Eneide Vili

269.

se-

288

VI.

KALYPSO

In apparenza, tutti coloro che trattarono letterariamente le fiabe della nostra ricerca, le
considerarono, non il fine, ma un mezzo o, tal
volta, un artificio pel loro tema. Fine era, di
caso in caso, la celebrazione di una vittoria ginnastica,

l'ammaestramento georgico,

la

meta-

morfosi d'una ninfa o d'un uccello, la ricorrenza


d'una festa, il vanto della preistoria romana
mezzo, sempre, il mito. Persino nel dramma di
Euripide lo scopo vero altro da quel che la
leggenda, in se, richiederebbe: scopo comx)atibile con essa, ma ad essa imposto mutandole
il suo contenuto. L'interesse per la saga non
quello primigenio della intuizion naturalistica
onde nacque: , nei varii letterati, vario.
Quest'apparenza troppo costante, e troppo si
conferma con tutti i testi del nostro studio, per
non dover essere tenuta in somma considerazione. Ma ecco che la realt la contrasta durain tutte le prose,
mente. In tutti i carmi letti
il mito entra non di straforo, si per le spalancate porte: signore, certo del dominio che nell'interno lo attende. Della Pitia IX come della IV
il perno la colonna vertebrale della tragedia
la sostanza dell'elegia properziana. Nel libro
d'un poema vasto come l'Eneide rispettato
anche in certi j)articolari minuti ospite sacro
che Giove protegge. Dove penetra, penetra tutto.
Non importa che Callimaco sia molto breve nel
cenno alla saga di Cirene i pochi tcchi bastano
perch gli elementi essenziali delle due leggende
contaminate appajano totalmente. Fin in Livio.
Si contraddicono, dunque, le
Fin in Dionisio.
cause e i modi onde la letteratura accoglie il
:

l'evoluzione della mitopeja letteraria

289

controversia intima a Kalypso. Contro-

mito:

da cui derivano e

versia,

gli acquisti

letterarii

della saga e le sue letterarie deformazioni;

cli,

violata da interessi nuovi, cui gi era estranea,

per quanto con tutta la preponderanza della sua


congenita foga imponga le sue forme, costretta ad accettare, dalla sede che l'ospita,
le luci.

Su

fanno incontro,

la soglia, le si

intaccano, la novella e l'etiologia.


il

Ne

prime la

la novella

popolo par condensare, con la propria espe-

rienza, la x^ropria filosofa della vita, perch vi


fssa gli

esempii

tipici

consuete vicende
modelli caratteristici

delle

(per lo pi, familiari) e

che muove la sorte comune. Per


masse, come attraverso un vaglio singolare, il complesso (ad
esempio) dei pastori o de' pescatori, e l'insieme
delle vii't e dei vizii che in genere presso
fgure

delle

essa, traverso la fantasia delle

quelli

riscontrano, affnansi in una selezione


vano cercar le leggi, per comporsi nella
di un personaggio tradizionale con tra-

si

di cui
sintesi

dizionali pregi e difetti:

il

pastore,

dico,

o il pescatore soccorrevole e onesto che come


suo alleva, dopo averlo accolto ed ospitato, il
figlio non suo. La novella dunque, per propria
natura, pregna della medesima umanit che, nel
mito, conforma a s

il

fenomeno

creature difatti dell'una e dell'altro

esteriore
si

le

somigliano

come nate da unico ceppo. E si accordano quindi, sovente e bene, in un medesimo


testo
tale il ferecideo su Perseo. Un'acqua
affluisce cosi nella saga che del pari riflette, da

a volte

le

rive

imminenti,

A. Feekabiso, Kalypso.

cotidiani

spettacoli; non,
19

290

VI, -

KALTPSO

per, riverbera simileraente la


vi

si

specchia azzurro di

cieli e

vampa

solare,

svettar di fronde

durante la divina estate: si che il volume flupotenza di voce che s'ode da


lungi, vigore di empito che infrange le sponde
ma divino di stelle e di selve men vi trova echi
e consensi. E pertanto nella mischianza fra mito
e novella il principio dell'abbassarsi quello verso
pianure terrene e dell'adattarsi a stature umane
in cui si attenua, senza per altro smarrirsi del
tutto, l'esorbitare originario fuor dai limiti che
pi sono nostri. E poich, d'altra parte, un vago
velame d' irrealt favolosa soffonde pur la noviale acquista

vella, di spiriti

non consueti anzi

straordinarii

accade che essa ajuti a tenere la saga in un'aura


mediana fra il dio e l'uomo; la quale dell'eroe.
E a questo si deve a punto se di eroi sono
miti. Quando i lor personaggi non sono
i
stati dal culto

salvi e resi intangibili su l'ara

dell'alta e intiera divinit, allora

il

nume

pro-

tagonista della saga, e il " vecchio vecchio vecchio che i novellatori esagerando desumono
dalla vita loro visibile,

piano istesso

fin

si

che anche

sopra

allivellano
il

il

piccolo rito locale,

se mai fosse gi iniziato da qualcuno, finisce,


non trovando altrove favori, con l'estinguersi o

diventare eroico. Vicino a Larisa di Tessaglia,


il Sacrario di Acrisio, prisco iddio
ma, per
ci che oramai a lui stavano accanto Ditti peera

scatore e le vecchiarde Graje, il tempio chiamavasi, n si ricordava nome diverso, tempio


di eroe [fjQc^ov). La novella trae cosi a sua societ il mito ed entrambi corteggiano il popolo
illudendolo nella speciosa finzione di maraviglie
;

291

l'evoluzione della mitopeja lbttbbaria


elle

sono sol tanto

le trite

consuetudini di

lui,

ma

mosse dal soffio d'un pi, dall'anelito d'un


meglio gocciole di piova che rifrangono il Sole.
:

Nella cortegiania terza l'invenzione etiologica, intenta a cercare la causa del fatto umano.
Affine sbito, con ci, essa pure alla saga, in
cui , prima o dopo, inerente il conato verso la
causa del fatto naturale. Caco spiega il fuoco
distruttore; la presenza dei Potizii pronta e il
ritardo dei Pinarii spiega un costume del rito
erculeo nel Foro Boario.

Che

se

tentativi scien-

appajono per tal guisa paralleli nei due


fenomeni, anche la semplicit dei procedimenti
gli adegua l'un l'altro. Entrambi ripetono per
causa del fatto il fatto medesimo, correggendo
solo uno, o pochi, tra i particolari che lo accompagnano. La fiamma muta contorni divenendo
Caco e serba immutata la sua potenza deleteria.
tifici

l'attinenza fra Potizii e Pinarii

identica, in

tempi anteriori

si

trasporta,

La

di assai, erculei.

giunta sta nell'episodio umano e abituale il


costume ladresco di Caco; l'indugio pigro dei
Pinarii. Quindi l'etiologia insinuandosi nella leggenda integra per un lato quel suo volto che
par compaginarsi di nostri nervi muscoli sangue;
secnda per l'altro quella sua tendenza che si
origina dalla gloriosa nostra curiosit di tutto.
Questo tributo per non solo copia. Rappresenta anche una riserva di potenze e di sviluppi,
che si determineranno in varia misura a seconda
dei contatti posteriori, dei luoghi, dei tempi. Un
:

poeta,

un romanzatore, uno

storico, e

diversi

individui entro queste diverse categorie, ne trar-

ranno spunto

alla lor

compiacenza differente.

292

VI.

KALYP80

questi svolger l'etiologia in scena compiuta che


si

disponga a fronte del pi vero e antico nucleo


ne prender solo occasione per

mitico. Quegli

ripeter la

logia in
il

fiaba,

ombra

primo;

l'altro,

comprimendo pel resto l'etiomala pena schiarita. Properzio,


Ovidio: li scorgemmo in atto

diversamente cosi il mito di Caco.


si misura
insieme con il deformarsi della saga sotto l'indi elaborare

L'effetto quindi dell'innesto etiologico

flusso dei molteplici interessi cui la fa sottostare


il

cuore infaticabile e travaglioso ch' nostro

Cosi il patriottismo adultera il mito; e per


vero duplicemente. Prima, in forma subdola lo
ritocca o accresce. Poi, gli d un contenuto storico che gli era estraneo affatto. Caco un ladro
mostruoso di tempi antichi Euripilo un re di et
lontane il lor valore d'iddio del fuoco o della
porta infernale perduto, perch una storia fallace lo usurpa. Ci mette un mito di sostrato
;

naturalistico al

medesimo livello

di uno a sostrato

storico; o fa prevalere questo su quello, ove

trovino misti.

Immutato

si

resta soltanto, insieme

con il complesso dei particolari cristallizzati, il


rapporto tra i protagonisti, per che il favore
patrio si trasporti tutto per l'appunto su l'eroe
che qual Dio aveva, nel primo significato, combattuto le tenebre e l'odio nazionale si accumuli
su la figura che era stata, nel primo significato,
ostile alla luce. Cosi nell'Eneide. Non muta la leggenda, ma solo il suo presupposto. Anzi, sotto
questo aspetto, poche luci di poesia sono tanto
favorevoli al serbarsi integro della saga. La psicologica o la sensuale posson compiacersi del
;

l'evoluzione della MITOPEJA LETTERARIA

mostro come

dell'eroe, a

293

causa della plasticit e

accomunano. La patriottica no: deve preferire, deve parteggiare: rida


al mito un sentimento, lo riscalda con un calore
affettivo che, dopo la sua origine, gli eran divenuti ignoti. N anche il senso religioso cosi
efficace Pindaro coglie, nell'amore di Apollo e
Cirene, assai meno di Callimaco quello che n'
della intelligenza clie

li

il

nucleo effettivo

il

Dio

la

simpatia dei coloni per

e la Cacciatrice ne' quali

si

rispecchiano,

perenne assicurata dalla coppia


Cirenei. Ond' che nessun colpo dello

e la protezione

divina ai

scalpello pindarico giunto a scolpire la statua

che

il

mente

patriottismo di Callimaco crea indelebilla statua del giovine Iddio che accenna,

bella sposa le danze,


compiace, dei Doriensi fra le fanciulle
libiche. Il mito palpita invero nel gruppo con
la vita della sua stessa radice. E quando un
brivido di fervorosa simpatia scosse gli spettatori ateniesi nell'atto di scorgere sul capo di
Perseo una sorte agitarsi non dissimile dalla
sorte che in allora il Fato volgeva su la citt
marmorea, l'uomo si accrebbe ad eroe, l'eroe a Dio,
Dio, qual era da prima, splendido al pari del
Sole. Se m.ai per lui si cre di nuovo un anelito
di innamorata estasi simigliante a quello che fu
verso l'Astro la Luce il Calore, e onde il suo
mito s'era originato in una mente ingenua e
profonda;
se mai si cre, fu l'anno 412 sopra
una scena greca, auspice l'amor della Polis.
Diverso anche allora, eppur analogo d'empito e
sul Colle dei mirti, alla

onde

si

di vivezza.
Il

senso religioso

gi

si

vide pi volte,

294

VI.

KALYPSO

intrinseco al mito, che anzi se ne informa.

Esiste fra

quale

si

due concordia come

di gemelli.

svela per non molto jjrofonda.

Le

La
si

oppone anzi tutto l'essere il sacro uno bens, ma


uno solo, fra i caratteri della saga ch' ben piti
ricca di contenuto e complessa di aspetti: ond'
elle il carme inspirato alla fede tende inevitabilmente a sviluppare un membro della leggenda
a scapito degli altri, tende a farne vibrare una
corda sola. E la contemplazione del mito da un
punto vicinissimo, ma cosi accosto da non permettere pi che una visione unilaterale. Tal
;

incompiutezza grave; ma v'ha di peggio. Il


mito, dopo che creato, resta e si cristallizza

non

privo di vita, tutt'altro, sotto quella sua

ma serba un'apparenza di rigidezza e di


immutabilit. Somiglia la formula d'un culto,
che i sacerdoti dicano, negli anni, un dopo
crosta,

l'altro. Il pensiero e il sentimento religioso in


vece sono di lor natura non statici, ma energici
d'un moto assiduo e incalzante; sono la vita
stessa in una delle sue sublimazioni migliori.
se non presso tutti,
Presto, raggiungono,
presso talune menti alte al meno, presso l'inspiuno stadio
rato poeta della fede quasi sempre,
superiore, e forse di gran lunga, a quello onde
il mito
si gener. E allora v' contrasto. V'

bisogno di eliminar una figura, di scemar la


crudelt feroce d'un dio, di togliere il carattere
umano al cordoglio d'una dea si deve informar
il vecchio mito al nuovo pensiero. Per ci appresso Pindaro Chirone esita e sorride e si atteggia a loico furbo, prima di dir la sua profezia ad Apollo. Altre volte in vece il particolare
:

l'evoluzione della mitopeja letteraria

leggendario rimane, non alterato

ma

il

295

pensiero

ne dubita: che in apparenza guasto minore, maggiore in realt. Per


quel modo, difatti, lo spirito cessa di riviver la
leggenda immergendovisi la projetta lungi e
fuori di s, se la contrappone: per qualche
critico lo discute e

istante, e sotto certe forme, le diviene estraneo.

Simile, Euripide dinanzi l'oracolo

Ammoneo

ha indotto Andromeda preda succulenta

che

al ketos.

Tuttavia n prevale il dubbio filosofico n la fede


alla saga: il tradizionalismo mitico e il modernismo religioso scendono a un compromesso: e
possono, fin che sono entrambi avvolti da una
atmosfera unica di j)aganit. Quando vnti nuovi
avran dissipato quell'atmosfera, i Padri della
Chiesa si rideranno dei miti: e vi rinverranno
l'indizio d'una religione povera e bambina.
Come la religione, cosi erano inclusi, fin dalle
origini, nel mito l'elemento sensuale e il psicologico. Poi che i fenomeni della natui-a si vestivano di fogge umane, e il tuono e il Sole e il
mare acquistavano volti membra ed atti nostri,
essi divenivan senz'altro passibili di figurazione
sotto l'aspetto dei sensi e d'interpretazione nel

campo

della psiche. Analizzare e graduare i sentimenti di un Perseo non se non completar


lui, uomo, ha veduto nell'Astro.
Perseguir con compiacenza, nelle particolari
movenze di grazia femminea, Cora mentre raccoglie i fiori, o descrivere con tocchi accorti le
brune e bionde bellezze delle Ninfe adunate intorno a Cirene nelle case cristalline di Penco,
non che un rinvigorir di sangue, spremuto
dalla profonda volutt umana, le creature cui

l'opera di chi

296

VI.

ha dato un

KALYPSO

non che, anche per


trasforma: essa diviene
un modo di dire, una frase efficace per significar un pensiero o una intuizione, una forma
vuota, per s, di contenuto che si riempie, adeguatamente, a volta a volta. Perseo,
l'esempio
gi scelto,
pu vestire di s e delle proprie
avventure esteriori un ideal personaggio di Euripide, e potrebbe vestirne pi altri, abito di
molti individui. Cora,
l'esempio gi usato,
si muove con la leggiadria un po' stereotipa
della giovinetta innocente e pudica, che solo fiori
sesso

il

questa via la fiaba

mito. Se

si

ama

e fresche cascatelle e

eulta terra:

scema

di s

aromi salienti dalla


medesima, un'altra

penetrata in lei, e l'anima d'una vita che fitperch non la prima, antica e vera. Per
ci Vergilio sceglie, a caso o con arte, le compagne di Cirene da un repertorio di nomi
e
non pi che nomi, ciascuno dei quali si riduce a
un colore, non svela una persona. Demetra che
piange, e di cui si regola il pianto con magistero
di psicologia poetica, una madre. Ma ell'era
anche una Dea. E da siffatte menomazioni nasce
il bisogno di sminuire, se non proprio sopprimere, Fineo nell'episodio di Andromeda, di creare
fra Andromeda e Perseo una scena novissima,
di plasmar un altro gesto a Cirene: nasce persino la spiacevole inopportunit dell'intervento
di un Nume, in sul finire del dramma, per sciogliere, con atto oltreumano, una situazione di-

tizia,

venuta umana.
Accanto a questa, che la psicologia e

il

sen-

sualismo gittano sul mito, singolare la luce


che vi gitta la natura. Su nessuno sfondo, in

l'evoluzione della MITOPEJA LETTERARIA

297

alcun ambiente, gl'iddii e gli eroi, che la natura


personificano e di cui con la loro vicenda rendono il fenomeno, dovrebber trovarsi pi agevol-

mente. In pochi in vece si altera e deforma forse


tanto la saga. La Dea delle biade non domina
su la vegetazione lussureggiante, non vi regna,
vi s'incornicia, iDersonaggio del
quadro. Vive la sua vita di donna, non sopra,
ma in mezzo alle messi che significa e possiede:
parte d"un tutto che pur dovrebb'essere rajDpresentato in lei. Aristeo, cui perirono l'api e che
si
duole nella valle di Tempe, maravigliosa

qual', regina:

di rigoglio verzicante, tiene

su

pastorelli

un

privilegio di nobilt, che gli vien solo dagli anni

antichissimi in cui gli accadde di vivere; ma


per altro uno di loro. L'erba gli cede sotto il
passo similemente. La cintura dei monti lo comprime. Di qui lo stupore ond' clto nell'attraversare i regni del nonno, le sedi di cristallo,
gli antri muscosi, cune di fiumi, roridi recessi
ignorati agli uomini. In lui, e nella sua madre
ninfa, non difatti adunato lo splendore sacro
della natura acquatile e pastorale che affigurano, ma una cosi fatta magnificenza concretata al di fuori di essi; li allieta in perpetuo
con perpetui doni li circonda non li costituisce.
La bellezza e il primato sono altrove che nelle
persone di entrambi
nella Natura, effettiva
protagonista, cui convergono lo slancio del poeta
innamorato e la sua lode contesta di ritmi. Si
direbbe che il mito ritoma alla sua sorgente; ed
vero ma col la Natura riprende il posto che
i suoi impersonati rappresentanti le avevano oc;

cupato.

una restaurazione.

298

VI.

KALYPSO

Dalla sorgente, in vece, lontanissima

La leggenda

dita sapienza di Properzio.

l'eru-

diviene,

mani di lui, uno strumento polito da usarsi


con un'arte accorta e a pochi nota: unico esempio,
nel nostro studio, di quanto essa possa, senza
nelle

scemo

di pregio letterario,

stremarsi della sua

Nata sopra un pascuo giogo di monte


si ritrova in una sala dal lacunare eburneo. La
qual cosa non toglie che ivi appunto il rispetto
vita prima.

al mito sia cnone pi severo per crescere al


magistero verbale pregio di finezza e di virtuosa
agilit. In vano; che altra vi l'aria; e son
tramutati i tempi.
:

Pi in

l, si ritrova,

di carte, in

fra

una pi chiusa

pi ampio volume

austerit di ambienti,

la Storia.

Qui l'atteggiamento senza dubbio uniforme.


Erodoto, sotto questo aspetto, non differisce
troppo da Livio, Livio da Diodoro. La lor critica
e il loro metodo sono diversamente insufficienti.
Ma un intuito comune li induce a sopprimere,
nel mito, talune scene e a servirsi a tempo di
certi silenzii, pel fine di

non arrecare una

sto-

natura sensibilissima nell'insieme dell'edifizio


che erigono. Serse Temistocle Milziade riducono
alle loro dimensioni un Tera; gli Ateniesi, i
Minii i Gracchi, Caco. Quando le leggende non
hanno ancora una storia per s, si adattano in
quel letto di Procuste ch' la storia civile, la qual
le raccorcia, esuberanti come son sempre.
Sopravvivono esse: attestando la loro incoercibile vitalit. Uomini culti, che posseggono
la lingua, conoscono il passato, partecipan co;

l'evoluzione della mitopeja letteraria


scienti al presente del loro paese,

299

pur avveden-

favoloso di taluni racconti,


pur sentendosene costretti a scemarlo, ritengono
dosi del carattere

impossibile dar a quelli l'ostracismo totale con


l'espungerli da gli scritti che

compongono. Livio
giunge persino a dichiarare in anticipo che non
vuol esser chiamato responsabile di quanto narra
per gli antichissimi tempi;
ma narra tuttavia.
Dionisio sa, o crede sapere (il che lo stesso),
il vero che si cela sotto il velame;
ma riproduce tuttavia il velame. Del fenomeno una spiegazione sola possibile: il pubblico esige la
parola degli storici su i miti. Ne va dell'orgoglio
patrio, ne va della consuetudine. L'orgoglio che
non ammette si ignorino le origini prime della
propria stirpe, le vicende antiche della propria

citt,

nomi

dei prischi abitatori, le gesta,

culti;

che si sente sodisfatto,


assai piti che dal
contenuto stesso della fiaba,
dalla sua forma
di bellezza e di fantasia, dai suoi colori vaghi
meglio della realt; che ritiene di non poter
conoscere la vita dei padri se non traverso la
tradizione eredata da essi. E la consuetudine:
ch' la forza grande delle masse; e resiste, sotto
la specie del misoneismo, alla ricerca innovatrice

del dotto; e ricalcitra, sotto la specie dell'ortodossia, ai risultati dell'indagine, illuminata

da un

nuovo pensiero religioso o filosofico. Tucidide doveva saper di spiacere quando negava un nesso
fra Tereo, del

mito di Filomela, e Tere degli

Odrisi signore di Tracia

(1)

Tucidide

II

29, 3.

(1)

ma

era da lui

l'af-

300

VI.

KALTPSO

dei ben pensanti. Solo di


d'una tale niente pu bilanciare
la resistenza che, per tradizione patriottica,
insita nella leggenda.
Che se parallelo a tal risultato appare l'effetto
dell'amor nazionale sul mito, i due fenomeni
per sono distinti. Il poeta, che canta la saga
patria, o nella saga introduce opportuni accenni
alle patrie vicende, serra un legame, tratto dal
cuore anelante, fra la sua visione di bellezza e
il cerchio della realt che l'urge d'ogni lato
sospira il presente nell'antico, e sotto le luci
dell'antico vede il presente: scorge l'Urbe maestosa degl'Imperatori dietro il velo tenue del
re savio regnante Evandro: imagina la spada
del guerriero cadere, simile alla clava d'Ercole,
contro il male e l'onta e il mostruoso. Allo storico in vece accade appunto l'opposto: per lui,
il mito emana su su dalla storia, come una causa
su dagli effetti, una premessa su dalle conseguenze: j)er lui il mito una preistoria, una
motivazione. Il nesso genetico di causa ed effetto, ch' insito nella storia ancor quando si
manifesta sol grossolanamente in un nesso di
precedenza e susseguenza cronologica, orienta
nel suo indirizzo anche la concezione della saga,
e l'informa di s. Onde l'analogia, che il poeta

frontar

supercilii

fatti la vigoria

vede tra

il

contemporaneo

e l'antichissimo,

per lo storico in vece un dipendere causalmente


del contemporaneo

dall'antichissimo: sicch la

Caco serve solca spiegare un


rito di carattere greco, e la leggenda dei Minii
e di Tera e di Batto una necessaria e sufficiente premessa alla storia cirenaica. Per questo
lotta fra Ercole e

IL FLUSSO E RIFLUSSO

DELLE SAGHE

301

valgono perch giustificano. E il loro valore di


motivi cosi grande, che si accettano come
:

anche quando infirmata la


fede su la veridicit del lor contenuto.
Si fatta deformazione del mito, per cui il ca-

ipotesi sostenibili,

rattere

etiologico

di

taluni suoi particolari

e,

qualche volta, d'intieri suoi paragrafi intacca il


nucleo stesso, e lo tramuta in causa storica,
segna l'estremo della lontananza evolutiva dalle
origini. La saga aveva avuto negli inizii importanza per s stava oltre gli scopi pratici, riflessi
in parte nel culto, e i bisogni scientifici; superavali entrambi. Divenuta, nella poesia, quasi
un mezzo d'arte si alter, serbando tutta volta
officio consono alla sua natura; tanto che, pur
connettendosi con etiologie cultuali, mantenne
su di esse il suo primato di bellezza e di forza,
presso poeti quali Vergilio ed Ovidio. Quando
alla fine si trasforma nella pura e semplice
causa di fatti, allora si astrae dai suoi termini,
cessa dalla sua indipendenza, acquista un che
di cerebrale fra le idee, perde molto d'imaginoso
:

tra le fantasie.

IV.

In seno

Il flusso e riflusso delle saghe.

possente spirito mitopeico letteevoluzione segnammo, con l'ajuto


della nostra recente esperienza, talune tappe ed
erigemmo le precipue pietre miliari, s'opera un
continuo nascere maturarsi ed estinguersi di
saghe paragonabile all'immane vicenda di morte
e di vita cui sottostanno gl'individui umani nel
al

rario, della cui

302

VI.

KALYPSO

grembo deirUmanit che


,

s'

originata e deve

a sua volta perire. Tale assiduo flusso e riflusso


libero non perch non lo determinino sempre
;

forze pullulanti e incroci anti si, del cui intreccio

schiavo e le cui maglie seconda, composte in arduo


disegno ma perch nessun nodo della contessitm'a prevedibile, prima del suo stringersi, o
;

analizzabile compiutamente, dopo.


pari degno

Non

tutto vi

v'accade regresso
in rapporto al livello mediano della mitopeja, e
anche progresso: entrambi in diverso modo notevoli. Esiste tuttavia una fondamentale sorte,
ch' comune a quella ricchezza divrsa.
del

Il

mito,

duplice.

Una

ci

nuove

luci

la

capacit

nella

d'istoria;

evolversi, di

di

nuove

ha due vite o forse vita


sua pi propria: e consiste
assumer forme

sensi nuo^, di concretarsi in

individui diversi: spirito di molte sostanze. L'altra

sua forma di ciascun indel canto Vili nell'Eneide, della lirica properziana, del racconto
di Livio. Uno stadio dell'evoluzione non elimina
solo in potenza,
i precedenti, n li comprende
la vita di ciascuna

della Pitia IV,

dividuo:

ma

li

lascia

concreta

si

sussistere

in

tutta la loro realt

allinea con essi. Ciascuna di queste

due vite pare uniformarsi a leggi diverse.

La

vita seconda, delle singole individuazioni

una forza d'arte. Dalla quale


s'informa la "lotta per l'esistenza,, dei varii componimenti e il sopravviver loro. Onde il carme

mitiche, retta da

d'un poeta non affiora alla superficie che per la


strage di numerosi fratelli suoi minori, cui fu
pi povero lo spirito vitale. Non pure ma anche
tra i superstiti l'arte conferisce pi a l'uno che
;

IL FLUSSO E RIFLUSSO

all'altro

il

DELLE SAGHE

303

primato, con decreto che non

si di-

scute e che finisce col condur, tal volta, a pre-

valere una redazione e col tramutarla in volgata.


cosi Pindaro per Cirene, Vergilio per Caco,

Fece

Ylnno a Deinetra

pel ratto di Cora. All'in fuori

d'ogni vero rapporto

cronologico,

oltre

ogni

di strati e

importanza di

varianti, le narrazioni di pregio

artistico infe-

effettiva

consistenza

aggruppano intorno a quella cui pi


riser le Muse, come forme incompiute d'uno
stesso pensiero. Vive tuttavia ciascuna ancra
di bellezza. E da tutte in selva risplende il
mito. Tra questa folla non morte, fin che sieno
occhi a risguardare da questa sgorga anzi perenne la vita, perch ogni forma capace d'impulsi, e nella diversit degli spiriti sono imponderabili gli effetti suoi. I\n. serbato il seme
riore

si

dei sopravviventi miti; e la virt della

che diede la passione onde nacquero

razza,

e la virt

del suolo del cielo dell'aria dell'acqua del fuoco,

che diede la materia onde

nano

fusero.

Di

li

ritor-

al nostro pensiero, affacciandosi in

vetta

all'anime

come

si

iddi giovinetti e belli:

fantasmi

radiosi ai nexDoti nella veglia nottui-na.

La prima vita in vece non n cosi varia


n altr'e tanto sgombra da morte. Si sviluppa
secondo una linea chiara. Durante lo svolgersi
della quale per,
ed sua prima peculiarit,

permangono al mito, quasi

irrimediabili stim-

furono del suo nascimento


resistenti oltre ogni deformarsi. La saga di Cirene, che sorse imperniandosi su la Libia e la
Tessagha, ha da queste due regioni diverse e lontane la sua sorte e par che fino la pi profonda
mate,

segni che

304

VI.

KALYPSO

violenza recata al suo schema confermi quel


carattere regionale. Similmente, per essersi for-

mato sopra un compromesso

e in una contamiracconto siracusano di Cora rapita


si mischia, negli anni, in una sempre pi larga
massa di favole. E allo sviluppo di Caco deriva

nazione,

modo

il

quando prima s'insedia,


nome, la sua memoria nei pressi del

storico e religioso,

col suo

Palatino. Anzi,

forma

il

vero inizio di un mito, qual

spirituale a s profilata,

si

rivela appunto

dall'apparire di quell'impronta che dovr farlo

per sempre caratteristico. Onde la trama di Andromeda non da vero compiuta, non pure nei
particolari esteriori, ma e nell'essenza pi propria, se non allorch gli spunti novellistici si
immettono nel contesto naturalistico,
a prepa-

rare per l'avvenire la triplice serie di innovazioni, psicologiche

romanzesche

e religiose.

Quasi entro gli argini cosi definiti si muove


la corrente del tempo. E di mano in mano che
la storia della paganit procede, che il pensiero
pagano si trasforma, anche la saga amata
sotto aspetti differenti. Nel V sec. a. C. Demetra e Cora son narrate con intenti di gran
lunga dissimili da quelli che, dopo Cristo, inspirano Claudiano e l'et sua. Ogni generazione
distende sul mito una propria vernice che un
particolar modo di vederlo. A noi poco j)ervenuto di questo stratificarsi perch non ogni
strato ha lasciato la sua traccia letteraria (e
artistica). Ma possiamo imaginarlo riandando,
:

il processo spirituale del mondo


a ogni tappa corrisponderebbe, se la ricostruzione fosse riuscibile nei particolari, una

in sintesi rapida,

antico

IL FLUSSO E RIFLUSSO DELLE SAGHE

foggia mitica,
.sfumata

e sia

305

pure a pena diversamente


pena diversamente

dell'anteriore, o a

disposta della posteriore. Tra l'una e l'altra di


esse,

nesso causativo,

porremmo

la sintesi crea-

tiva per cui l'intelletto comune, innovandosi,

si

superato.
Il

caso opera poi su talune vicende della saga.

Che ad Euripide sia caduto in mente


l'Andromeda nel 412 o che nel 412
il

suo proposito

si

di trattar
sol tanto

potesse tradurre in atto

che

non esistesse un grande poeta quando il mito


di Demetra in Enna fu compiuto: effetto di
caso, perch a volta a volta risulta dall'interf erire

due linee causali la cui interferenza non consegue da nessuna delle due premesse. Dal caso
pertanto deriva, che non tutti gli strati della
evoluzione mitica hanno " lasciata traccia letteraria (e artistica) ; e che qualche strato ci ha
tramandate tracce pi profonde e pi varie. Del
mito di Cirene un secolo, il quinto, ci mostra
due trame sostanzialmente diverse, la pindarica
e la erodotea; il quarto non ce ne concede alcuna. Del mito di Caco l'et di Augusto ci tramanda ben cinque quadri con varianti colori e
linee; l'et di Giovenale nessuno. Vergilio irradia del suo patriottismo il racconto, Properzio
della sua raffinatezza, Ovidio della sua sonora
compiacenza verbale, Livio della sua ingenua
critica, Dionisio del suo impotente razionalismo;
di

ma

queste luci tutte scaturiscono dall'opere


complessive nelle quali esso viene inserito e
dagl'ingegni degli autori: onde nulla vietava
che altre ne potesse assumere e che ancor taluna
di queste potesse non aver assunta.
A. Feeeabiko, Kalypso.

20

306

VI.

KALTPSO

Attinenze fra l'evoluzione spirituale complessiva stratificantesi sul mito, e le forme casuali
della leggenda, esistono visibilmente. Il

modo

con cui i posteri di Ferecide di Vergilio di


Ovidio di Callimaco amarono e ripeterono le
saghe di Perseo di Caco di Cora di Cirene
deriva, come dalla trasformazione compiutasi
nel xDensiero collettivo, cosi anche dalle peculiarit dell'arte con cui quei letterati, dopo che
caso gl'indusse a eleggere la fiaba all'opera
la impressero di s medesimi. Ora, tra
quella che dicemmo trasformazione del pensiero
collettivo, e questa che potrem definire energia
il

loro,

plasmatrice di artisti, esistono riferimenti quali


d'una parte al tutto: gli effetti, in vero, chela
letteratura d'una generazione compie su la generazione successiva, non sono se non alcuni
degli effetti che tutta la mentalit della prima
compie su lo spirito della seconda. Vale a dire
:

il

fenomeno

mitico-letterario avvenuto per l'in-

terferenza casuale di due linee causali riprende,


fondendo quelle in s, l'efficacia determinativa.
Indi si spiegan anche, facilmente, le morti
quelle pause del loro evolversi
sospende il ritmo vitale onde parevano
spinti alla trasformazione n si riprende che
tardi, quando oramai chiusa a sua volta la
Non dubbio difatti che una
mitopeja pagana.
continua,
pi fioco pi intenso,
siasi
qua!
saga
mitopeico una
il suo respiro fin che il genio
operosa realt. Ma per l'appunto quel che diciam caso fa si che le manifestazioni letterarie
di ciascun mito si arrestino a un certo punto,
oltre il quale bruiva forse ancora il susurro, non
dei singoli miti

per cui

si

IL FLUSSO E RIFLUSSO

DELLE SAGHE

307

Prova tipica, che non ve


il canto.
n'ha forse pi palmare, la storia del mito di
Caco languido gi in quel torno di tempo che
segna il suo fine, si circonda poi di silenzio se
bene seguano ad Augusto epoche di culto intellettuale di esumazione erudita di compiacenza
pi son

artistica

in

cui

l'abigeato violento

fumoso

vana,
trovar
non manchevoli espressioni. Persino i germi
dissolutori insiti nel testo di Vergilio e, pi, di
Ovidio e, peggio, di Dionisio, tolleravano sviluppo maggiore, cui certo l'agio non sarebbe
mancato, di cui in vece manca fin l'eco.
Opposto ammaestramento porge la fiaba di Cora e
la sua sorte. Un poeta di et protratte, mentre
sotto il cielo d'Omero si levavano vie pi frequenti i crociati segni di Cristo, tenta di posavi'ebbe

potuto,

possibilit

sedere,
il

anche una volta,

crollo

dell'edificio

la saga. Fallisce

male

eretto

ma

non travolge

pure la perizia artistica di un uomo, pare in


vece che si ripercuota funereo fra peristilii e
celle dei templi cui men frequente stuolo di
fedeli e men pio animo di sacerdoti rende l'omaggio: gi che, allora, la mitopeja pagana
sentiva da l'dma tronco a' suoi inni il respiro.
Non il caso terminando, quindi, in questo secondo esempio, la vita favolosa; ma, rigida causa,
l'orientamento diverso, vlto a meta ch' lunge,
del pensiero collettivo e delle passioni.
In
un rosajo si sfanno di molte corolle senza che
scemi il vigore delle radici e l'ascesa della linfa
pei rami: culmina l'estate. Ma come giunga il
settembre, con cieli pi chiari e men caldi, gli
ultimi calici si reclinano su foglie vizze su cor-

308

VI.

tecce aride

KALYPSO

odore di dis-

su stecchi rigidi, e

solvimento nell'aria
l'imminenti brume.

il

cespo

V.

si

addorme

La

nel-

fine.

Kalypso lia pure, difatti, la sua morte che


non scomparsa, ma fine di produzione. Ces;

sando d'immortalare afferma la sua mortalit.


L'agonia comincia con un periodo di riordinamento, in cui i miti non si moltiplicano
ma si assommano, e che gi iniziato quando
l'altro, creativo, ancor dura. Lo motivano, del
le stesse qualit psichiche proprie dei
Greci di ordine di armonia di chiarezza. Qualit che furono per fortuna, nel principio, assistite da una levit di tocco e da un rispetto per
quanto bello, i quali impedirono che le si tramutassero tosto in ruvida villania distruggitrice
di fiabe. L'esempio pi notevole ci fu offerto,
in queste pagine, da chi raccolse in unico contesto tutto che si riferiva a Perseo: la novella
della sua nascita, cui congiunto il fatale assassinio del nonno, la lotta contro la tenebrosa
G-orgone, il duello con la belva del mar etiopico. E un'attivit solerte e diligente, cui poco
sfugge, e che ogni occasione cerca per compiere,
compaginando rinsaldando, la sua galleria di
dittici trittici
Unisce con Cora, pel vincolo
della verginit comune, Artemide e Atena.
Trova posto per Ermes dov' Apollo. E sovra
tutto venera e tutela sempre i miti che riordina.

resto,

309

Li ama. Per ci non distrugge, e non guasta


n meno. Al contrario, tal volta crea: inventando, per unire due leggende, un passaggio
dissimilando due fiabe troppo visibilaccorto
mente sorelle, a fin di poterle narrare Funa appresso l'altra senza ripetizione uggiosa; imaginando una circostanza, per colmare un vuoto
innestando un particolare nuovo su altri pi
antichi. Caca somiglia troppo a Caco nella forma
verbale perch a cotesti ordinatori di miti non
cada nel pensiero di trovarle un posto nel rac;

conto del furto: ed ecco ch'ella diviene sorella


del ladrone, e spia dell'abigeato.

Andromeda

troppo trasparente riscontro di Atena a canto


di Perseo nella lotta contro i mostri del bujo,
perch non abbia a essere (e con questa altre
cause v'influiscono per diversa via) trasformata,
e mutata in amante.
Affinch per un cosi fatto procedere si mantenga utile, necessario, da un lato, che le varianti da comporre in ordine intorno a un mito
il

non sieno strabocchevoli

di

numero

o irriducibili

forma; necessario, dall'altro, che l'amoroso


rispetto per le fiabe si mantenga incorrotto. Col
cessar di queste due circostanze l'attivit assommatrice prende a divenire impotente, perch il
suo compito s' di troppo accresciuto, e deleteria,
perch i suoi modi si sono inviliti. Per questo
motivo essa si riduce a una compilazione che,
come presso Apollodoro, deve limitarsi a citar
le varianti inconciliabili con la volgata, a ricordar Demofonte per preferirgli Trittolemo,
senza riuscire n ad eliminar quel d'essi che sia
soverchio n a superare il dissidio contaminando
di

310

VI.

KALYPSO

e creando. Non anche creando : per che la forza


creativa scompaja in una colla simpatia concorde per le leggende. Quasi sensibilmente il mito

diviene oggetto di erudizione, opera di dotto lo


scriverne, ufficio di

tenace

il

serbarne

memoria e vanto di facolt


modi e i nomi di persone

e luoghi.

Ora, quando

il

mitologo ha esausta la forza

inventrice, e s' ridotto a catalogar la ricchezza


delle fiabe, la sua attenzione tutta rivolta alla

forma

di

esse,

ai

j)articolari,

cio,

il

cui va-

fogge nuove della saga, e persino alle sfumature. Ma per ci appunto la sua
credenza si sposta non pu pi, come nel principio, poggiare suiresteriore, perch egli non ha
una redazione di ciascun mito cui sola presti
fede, ma di ciascuno ne scorge parecchie deve
riare costituisce

in vece fondarsi sull'interiore nucleo, su la so-

stanza, su quel

che, in breve,

comune,

oltre

ogni variante. Le vesti si mutano sotto i suoi


occhi: gl'importa il corpo. Ma questo effetto
somiglia quello che segue alla deformazione

Quando

storica del mito.

difatti l'artista

non

pi intento a perseguir, nei carmi, di eleganze


ritmiche ciascuna peculiarit della fiaba, ad
eleggere un suono per ciascun colore; quando
della fiaba interessa

per la

storia,

il

il

fatto

ch'ella contiene,

fatto poi vale

come causa

cadono; imEd ecco il razionalismo dare,


porta il corpo.
in entrambi i casi, una veste nuova a quel
corpo, ch'egli crede pi consona, sovra tutto pi
seria e dignitosa. Il mostruoso aspetto di Caco,
la spelonca, la clava d'Ercole, i bovi al pascolo,
allora le vesti adorne

diverse

311

LA FINE

il

furto e la sua astuzia, la lotta risonante sotto

il

cavo

mane
e

etra,

il

delle rive all'urto im-

sussultar

non conta. Conta il duello


due nomi: Ercole e Caco. Su questi
:

tutto ci

tra due,
la

com-

piaciuta furberia del loico intesse un'altra sua

trama, imagina gli eserciti, ne fssa gl'itinecon le norme d'et posteriori, concepisce
le tempeste invernali proibenti il tragitto alla
flotta erculea: crea una fiaba nuova su l'antico
scheletro, die resta ed creduto.
Originatosi, cosi, dalle stanchezze della mitopeja, come un sentiero costrutto su scorie, il
mito razionale potrebbe vivere, se la sua nascita
non fosse troppo tarda. La saga di un Ercole
errante per monti e piagge, in imprese di cavalleresca generosit, serba in s, chi ben guardi,
non minore forza di vita che la leggenda dell'eroe solare. Quel che le manca l'aura d'intorno:
per ci, il suo fiato breve. La leggenda non
ancor morta, quando essa saga si forma; e,
rimanendole al fianco, le assidua pietra di
paragone. Per superarla e sostituirla, la saga
rarii

deve difendersi discutendo, far valere palesi le


sue origini logiche non artistiche. Onde il suo
vero e mortale scapito
per che la logica
:

chiegga, anche fra gli antichi, d'esser discussa;


l'arte,

fra gli antichi in ispecie, d'essere imitata.

Quindi che il razionalismo non genera figli


morti, ma, Saturno diverso, ingracilisce, col
soffocarle di greve afa, le sue creature fin dalla
cuna.

questa capacit distruttiva, che il razionalismo rivela a suo proprio danno, non corrisponde
una eguale potenza deleteria per le belle favole:

312

VI.

KALTPSO

che diviene esso della fiaba la foggia estrema.


N pure allora si serba indipendente; vive anzi
come un parassita accanto ai testi dei poeti e
degli storici. In tarde et riflessive il lettor di
Vergilio o quel di Pindaro accetta la loro fantasia mitica, ma dopo esser divenuto conscio del
suo sostrato. Dice:
due eserciti si son combattuti nel Lazio, condotti da Ercole che vinse e
da Caco che fu battuto ma al poeta piace esprimere altrimenti il fatto, approfittando della sua
libert .
pure dice: " Caco era servo di
Evandro e devastava i campi col fuoco; questo
significa il vate con frase adorna . E, se ha
''

sensi di gentilezza, s'india nell'espressione libera

ha fatto
da passaporto ma l'arte ha conservato il mito.
Ciascuna leggenda avr molte di queste giustificazioni; qualcuna ne cercher in vano; tutte
ne sentiranno il bisogno. Cosi l'ultima forma in
cui la saga vive, soccorre, pur nella sua esigua
e stentata energia, le forme pi antiche, pi
belle e da pi possente alito nate. Malefica
appena quando in una mente rozza, distruggendo
intorno a s, predomina sola.
e nella frase adorna. Il razionalismo gli
;

Notevole sempre perch, ultima, contiene i


motivi del morir la mitopeja pagana. La favoletta pretensiosa del razionalista tutta conte-

nuta nell'ambito di una esperienza soda della


pratica

umana: prova,

l'esercito eracleo presso

il mito, che non


possiede altr'e tanta sicurezza di conoscimento

Dionisio.

Supera quindi essa

umano; non

delle esteriori fogge sociali, ridotte


per quello a poche linee sommarie e a rapporti

313

LA FINE

semplicissimi

non

delle tortuosit e dei

meandri

giacch nelle prime porta il


razionalismo una imaginativa pi nutrita e pi
competente, consona ai tempi progrediti e agli
instituti nuovi evoluti; nelle seconde reca una
certa gi'ossezza logica che se lungi al sottile
intimi

all'anima:

acume del psicologo, sopra, d'assai, all'ingenua intuizione primitiva. Ma vanitoso di questa
sua prestanza su la leggenda, il razionalista non
s'avvede d' una inferiorit che la compensa
:

pur ogni traccia del fenomeno naturale come potenza che trascende,
come magnificenza ricca di colori di suoni e di
moti, come mistero pregno d' interrogazioni.
Ciascuno di cotesti aspetti ha, quando il razionalismo regna nella mitopeja, trovato ad esprimersi nel culto, nell'arte, nella scienza pu
smarrendosi in

lui

quindi, e deve, venir separato dalla saga, in cui

n anche l'uno dei tre vien pi avvertito,


se
non forse, tal volta, per ipotesi filosofica. Evidentemente, dunque, venuta meno la condizion
prima ch'era stata gi bastevole e necessaria al
nascer dell'attivit mitopeica; la condizione per
cui lo spettacolo della Natura, nel punto che lo
spirito umano lo assaliva per esprimerlo in s,
non disponeva per cotale manifestazione se
non d'una imprecisa conoscenza degli avvenimenti umani onde era, nel suo grosso, assomigliato; la condizione senza cui la spontaneit
mitologica si allontana nelle tenebre d'un pretrito

memorando.

Se non che la fine della spontaneit mitologica, che cosi si spiega, non la fine dell'interesse spirituale verso

il

mito, interesse dal quale

314

VI.

KALTPSO

trae inesausta vita, per secoli, la mitopeja. Nel


secolo

VI

a.

C. e nel

V vedemmo

mi-

fioriture

nori di saghe in forza di questo interesse; tanto


forte ancora nelle

masse da indurre regnanti

poeti a foggiare e contaminare fiabe per accre-

scimento di lor potenza e di favore. Pi tardi,


non induce a creazioni novelle con l'imitare
le prische e il ricomporle, spreme per nelle
guise pi varie, secondo i gusti pi diversi (sese

guimmo

nei

particolari

tal

opera), molteplici

aromi dal mito, a inebriarne spiriti lontani; e


ogni aroma si esala in seguito a una alterazione,
e

una alterazione ognuno prepara;


si conferma la forza

cenda vasta

e dalla vi-

del

vitale

genio mitologico e del mitopoetico. -- Ma lo


storico, che sa l'uomo e le sue potenze nei limiti
oltre che nei modi, da questo adoperarsi dello
spirito pagano intorno alle favole dorate, spiega,
deducendo, dopo la fine della creazione spontanea, il termine della ripetizione devota. Difatti, ogni volta che un nuovo compiacimento
attrae l'antico verso la saga, quando il patriottismo lo lega ad essa, e la sensualit lo diverte
di essa, e la fede se ne turba, e il senso psicologico la scava; ogni volta, una virt di quella
appare splendendo,
e si esaurisce vanendo
perch, al pari d'ogni passione, patriottismo
fede sensualit, energie indipendenti e non faticabili, non si arrestano mai su la lor via ma
da ogni letizia si sdanno per un'altra che sia
nuova, e dopo aver succhiato il sangue migliore
degl'idoli loro li lasciano cader dietro s, cenci
vuoti di sostanza o lerci di dissolvimento. Grli
approcci si rinnovano su una su vnti saghe

315

LA FINE

succedono, ad una due, a due


si attinge in cui il groppo profondo dell'anima uncinato dal mito ma poi
la patria l'amore l'altare cercano ostie diverse,
le

energie

dieci;

il

si

culmine

e canti di altro

suono

si

intonano in loro

ser-

vaggio. Nel suo complesso lo spirito dei Gentili


distrae lentamente dalla mitopeja, le diviene
poco a poco estraneo e si immerge in altre
creazioni s'aprono nuovi stadii spirituali in cui
l'uomo, colmato a pena uno stampo, prende a
foggiarsene e a riempirne un altro
magsi

giore.

E il disinteresse mitopeico: la seconda morte


che la storia deve registrare nelle sue pagine.
Non , n pur essa, senza compenso; per che
una resurrezion i)arziale pare la segua. Quando,
e come, e perch, non qui luogo opportuno
a dirsi: chi narra dell'Umanesimo lo dice; e chi
fa opera d'indagine letteraria nei secoli pi recenti e nel nostro raccoglie le tracce e cumula
le testimonianze della terza vita. Qui si elegge
la figura, tocca da melancolia, di Maurice de
Gurin, che rivide con questi nostri occhi mortali il Centauro, avendolo i fragori marini e
l'albe di perla e le sere di ciano educato allo
spettacolo insueto. Egli pot dalla imagine favolosa esprimere nuove bellezze poi che, concordando col mito nella sensibilit viva della
natura, vi seppe scernere ltbre occulte, ove
languiva la mestizia nata dalla coscienza della
propria debolezza in confronto con le cime sfiorate a volo dall'anima. E rinnov, cosi, il gesto
mirabile di Kalypso, ritrovata la spola d'oro.
Ma miracolo breve, e rado. Un poeta nostro,

316

VI,

KALYPSO

che s con vigore asseriva pagano, vide Ninfe


e Driadi egli pure eran per fuggiasche, e l'anelito del suo cuore si compose prima in sdegno
violento contro la presunta causa della fuga,
Cristo,
che in ammirazione amorosa verso le
bellezze virginali. A un altro, vivo e fecondo,
Versilia ninfa boschereccia deve dire, sbucando
da l'albero, " Non temere o uomo ; e il rimpianto strappa biasimo fiero avverso chi " pi
non vede gli antichi numi italici vivon eglino
pieni di possanza; hanno il fiato dei boschi
entro le nari . Ma non giusto il suo rimproccio; il cuore non si sfa nel petto " come
frutto putre .
lui medesimo, che pure vi
portava, nuova, la sua sensualit ferina e torbida e tormentosa, il mito, creatura fraterna
alle stelle ed ai sogni, sembra vanire implacabile, senza che il vanto e le promesse d'un'arte
" magnifica
e fin troppo cosciente della sua
maraviglia valgano a fermarlo un istante,
n meno presso le ruine del tempio antico, e
l'alte statue cadute dai fastigi, e le colonne
tronche.
Si allontana melodiosamente
.
Perch?
Eumene di Cardia, nell'et dei
Diadochi, l'anno avanti Cristo 321, sogna, innanzi
a la battaglia contro Cratere, l'assistenza di
Demetra, avversa ad Atena, e l' imposizione di
una corona spicea. Il di seguente i soldati si
ricingono tutti del segno augurale; e la promessa divina incita i cuori, come il calcagno
Costantino annunzia
i cavalli. Sei secoli dopo,
(si narra) la croce apparsagli e l'esortazione fatidica in hoc signo vinces e lo sprone uguale.
Eloquenza del fatto minore Nei petti si muta la
;

''

317
fede; le masse scerpano dagli spiriti creduli le
credenze adusate e ( la forma di scetticismo
lor propria il mutare credenza) altre ne accol-

gono

al posto;

scompare l'aura benigna in cui

moltiplicano gli echi della saga; si isterilisce il


terreno fecondante ove ne penetravano le radici.

si

E accade che il valore religioso della fiaba, il


valore che sembrava, ed era presso molti, scomparso e ottenebrato, si riafferma non per ravvivarla ma iDer offrire appiglio alla sua distruzione. G-li eroi

non avevano cessato

di essere,

meno,
con gli iddii vengon ripudiati,
di mano in mano che la Divinit si schiarisce
e si eleva agl'intelletti collettivi: Perseo con
Demetra. Il resto opera la scienza. Non la
nostra, che rispettiamo oggi come vera. Ma
tutte, le rispettate durante i secoli come vere e
come sole, sostituiscono nelle menti la loro verit e il loro equivoco alle interpretazioni fantastiche; e sopprimono quei vincoli fra popolo
e mito pagano, che un appagamento della curiosit pel fenomeno poteva ancor stringere.
L'urlo delle dimonia nel temporale e l'arcobaleno di No condannano Caco ed Iride, come
Sansone soppianta Perseo.
Si che l'elemento
scientifico, insito nella saga (se non intrinseco
a lei) fin dal suo nascer, contribuisce con il
nel profondo

delle

coscienze,

al

iddii scaduti; e

religioso al suo
sete

umana,

perire,

quando l'una

di sapere e di credere,

e l'altra

abbian tro-

vato altr'acqua al loro bisogno.


Morta la capacit creativa della mitopeja,
stornatosi l'interesse spirituale ad altre mete, indottesi le masse per diversi cammini; non restan

818

VI.

KALYPSO

che i riti agresti simiper sostanza o per forme ai pagani, e


l'ammirazione nostra nata da l'erudito ricordo.
Ma i riti agresti accolgono festoso scampano
di chiese, e ignorano il nume degli antichi di.
pi, dell'opulenza antica,

glianti

E noi

siam piccola schiera

bramosa

in

vano

quella fresca e ingenua maraviglia, onde

di

s'ori-

gin la saga volonterosa in vano del passionato


amore, fra cui si svolse pallida, dinanzi l'ombre
crepuscolari ove si rifugian labili le figure favolose evocate un istante, pallida di accorata
;

nostalgia.

Restano anche
della mitopeja
di nostalgia.

le

storie dei

classica:

miti e la storia

nudrite, dunque, tutte

LIBRO

II

INDAGINE

Avvertenza.

Ho procurato che

la bibliografia

speciale

dei

suc-

argomenti da me dibattuti nei capitoli di questo


Libro II fosse n ingombra dell'inutile n monca del
pregevole o dell'indispensabile. Diverso criterio mi parve
in vece di tenere per la bibliografia generale su gl'indirizzi varii che intorno al mito si combattono per opera
degli studiosi, su i problemi di metodo e di ermeneucessivi

tica,

su le dottrine che

logi

ecc.

ecc.

filosofi

sociologi psicologi

sostengono od oppugnano.

etno-

raccoglier

un grosso volume mal basterebbe; e persino una scelta, oltre ad essere in parte
arbitraria, usurperebbe grandissimo spazio (1). La omisi
dunque presso che intera, salvo pochi accenni sporadici;

difatti quest'altra bibliografia

n l'includerla sarebbe stato dicevole, per esser questo


Saggio opera, non metodologica n sociologica, ma storica; tale, ci , che la posizione da me assunta di fronte
alle varie correnti e agli opposti principii degli studii
mitologici deve risultare, non da discussioni teoriche e
generali, bens dal giudizio particolare recato nella in-

dagine e nella storia dei singoli miti.

(1) Un ottimo esempio di ci che potrebbe farsi il


recentissimo lavoro di Luigi Salvatorelli Introduzione
bibliografica alla scienza delie religioni (Roma 1914): lavoro
che, per il nesso intercedente fra religione e mito, riesce
utile anche per chi studia in particolare quest'ultimo.

A. Ferrabino, Kalypso.

21

CAPITOLO

I.

Andromeda.

I.

racconto di Ferecide.

Il

Il

problema che

senta primo intorno al mito di Perseo e


siste nella ricostruzione del

quale

ci

si

pre-

Andromeda

con-

racconto presso Ferecide, del

bens pervenuta nell'estratto di uno scoliaste

la narrazione della nascita dell'eroe e del suo soggiorno

in Serifo e dell'impresa contro

anche, nella

medesima

Medusa

fonte, la parte

ci

pervenuta

estrema delle

vi-

cende cui Polidette ed Acrisio andarono incontro dopo


il

ritomo di Perseo vittorioso

ventura di Andromeda
Fee.

fr.

26 Mller

ma

(cfr. Scoi.

^/fG'.

difetta del tutto l'av-

Apoll. R.

75-77).

Ma

IV 1091. 1515

la parte

mancante

del mito in Ferecide pu venir ricostrutta con sicurezza

bastevole, con l'uso del

Wagner). Se
il

si

testo di

Apollodoro

(II

43-45,

riesce difatti a dimostrare che per tutto

resto della fiaba quel che ci avanza di Ferecide e quel

che racconta Apollodoro son

congiunti da strettissima

simiglianza, divien lecito ritenere che


blioteca

il

testo della Bi-

possa supplire senza errore n equivoco la lacuna

ferecidea.

324

ANDROMEDA

I.

Ora, bisogna anzi tutto tener presente che


Perseo, mentre non
recide,
ci

ma

mito di

il

giunto nel testo proprio di Fe-

ci

solo attraverso al riassunto

d'uno

scoliaste,

resta invece integralmente nella Biblioteca.

quindi

a priori chiaro che in quest'ultima debba essere qualche

Ma

particolare pili che in quell'altro.

varsi ne' singoli casi.


lato del suo racconto

2.

una variante

che altri

di Perseo,

ad attribuire

senza espli-

l'attribuivano a Prete

dopo aver raccontato l'uccisione

gone

oltre

1.

pu anche pro-

ApoUodoro d a

Perseo a Giove, riferisce

la paternit di

cita preferenza

ci

In due punti

di

testimonia d'un'altra versione, per cui

uccisa

da Atena

(II 46).

fll 34);

Medusa per opera


la

Gor-

Ci mostra ch'egli aveva

presenti racconti un poco diversi

ma mostra

a un tempo

che sapeva serbarli distinti: onde legittima l'opinione

che forse non

si

sarebbe notevolmente scostato da una

fonte importante
in

modo

aperto.

Ferecide senza avvertircene

qual'era

varianti

che, senza

separano

il

Di ben lieve natura


l'avvertenza

del capo di

son le

difatti

stesso

suo racconto da quello degli scolii

Bihl. detto

Apollod.,

citati.

Nella

che Polidette ottiene da Perseo la promessa

Medusa come sQavov

f^eag T^g Oivofidov ydfiovg (IT 36)


si

dello

...

tovg 'Injtoa-

itl

nello scolio (IV 1.515)

parla bens QWMQavog non delle nozze

ma

par chiaro

che l'omissione qui dovuta solo al riassumere

tanto

pi che in entrambe le fonti Perseo fa spontaneamente


la

promessa mentre

in

ApoUodoro

(II

39)

gli

altri

promettono

che non gli d nello scolio

(IV 1515)

chi riassunse omise questo particolare


menzionata nello scolio

recidere

il

Steno, Euriale e

nomi

e difatti la falce

lo stesso

da

di tutt'e tre le

Medusa, l

dove

lo

falce

evidentemente

medesimo quando

capo di Medusa.

la Bihl. (II 40) reca

cavalli. Poi

Ermete d a Perseo una

l'eroe per

dirsi

quando

Gorgoni,

scolio (IV

1515)

sol quello

quest'ultima; quando

di

Atena che guida

narra di

325

KACCONTO DI FEEECIDE

IL

la

mano

Apollod.

(Il

41)

di Perseo e gl'insegna

a guardar Medusa nello scudo per non esserne impietrato,

mete

mentre

all'eroe Ticg xq] zjv Kecpajv

^teaTQUftfivov

jioTeftEv

che gli di Er-

lo scoliaste riferisce solo

Atena insegnano

quando in Apollod.

(Il

42)

Medusa nascono Crisaore e Pegaso,


riassunto da Ferecide quando la fonte pi

dal capo reciso di


di cui tace

il

Danae

fa rifugiare

estesa

mentre

(II 45),

accenno

la pili concisa

tamida

(II

il

si

indetta

questa

da Teu-

padre defunto,

cenno solo a un yoyv vtov

fa

Aagioar] (IV 1091). Unica

Tfl

panza

nonno Acrisio

47) re di Larisa in onore del

e nello scolio in vece

iv

Serifo su l'altare

omette a dirittura ogni

riguardo; quando infine nella Bibl. la gara

al

Perseo uccide

in cui

in

e Ditti

ApoUodoro

pi profonda

discre-

dice che Perseo gareggi nel

pentatlo; lo scolio per contro afferma nvvad'ov o^jio)


^v.

Ma qui

diverse

evidentemente sussistevano tradizioni un poco

contro la tradizione che ricordava un pentatlo

polemizza

lo scoliaste e la

ficienza intravvedere

una

sua recisa negazione fa a suf-

tesi

opposta e taciuta: la quale

dev'essere a punto o la ferecidea accolta da


altra analoga.

Non

questo l'unico

scoliaste introduca tacitamente

che riassume

ApoUodoro
uno

in cui

una correzione nel

testo

e di cui cita l'autore.

Stabilita pertanto la strettissima

cide e

caso

ApoUodoro

attinenza fra Fere-

da dedurne che in Ferecide fosse

identico (salvo le insignificanti sfumature de' pi piccoli


particolari) alla versione apollodorea anche l'episodio di

Andromeda,
ciono.

Ed

del quale gli scolii di Apollonio

adunque legittimo

valersi di

Rodio

tac-

ApoUodoro per

colmare la lacuna nel racconto ferecideo.


Col possesso in tal

modo conseguito

comparativamente antica del mito

di

di

una redazione

Perseo

e,

in par-

326

ANDROMEDA

I.

ticolare, dell'episodio di

Andromeda, sono segnate

per cui la critica deve procedere nel

suo

le vie

esame

per

che la natura stessa del racconto orienta l'analisi intorno


a Perseo, prima

ad Atena

alla

ad Acrisio Preto Polidette e

Gorgone Medusa,

Ditti, poi

in sguito

a Cefeo

Fineo Cassiepea, da ultimo.


IL Perseo.

merose

Le imprese

esita a ridurle tutte a

ma un

un medesimo

decapita Medusa; abbatte

somma

Che

il

parecchi fra

Uccide l'avo;
Ditti

e quei di Serifo

consueti atti degli eroi solari.

suo padre, scomparso la sera innanzi

abitano

che

contro

com-

sole

al

paesi del

tenebre, nei

le

dell'estremo occidente,

brosi che ivi

mostri tene-

ormai cosf risaputo che pu

esser per criteri soggettivi negato,

ma non

deve pi esser

ribadito con argomenti. Cfr. Beloch Griech. Gesch?

De

Absch. VI Mythos und Religion e G.


dei

la

compie

sole nascente sia considerato l'assassino del sole,

peta la perenne lotta contro

Nord

occhio esperto non


tipo.

>t^roj; libera

il

madre Danae; impietra Polidette


in

questo eroe sono nu-

di

e varie nell'apparenza,

Romani

e cap. III

cap. Vili Religione

Gl'Indoeuropei

tiene difatti Perseo,

a.

e.,

in

0.

primitiva dei

Italia.

Un

1,

Sanctis Storia

Romani

eroe solare

ri-

Gruppe nella sua Griech.

Mythologie{\).

N sono

sufficienti, anzi

non sono valevoli

le

argo-

mentazioni in contrario di E. Kuhneet, in Roscher Lex.


III 2,

2025: giacch egli dimentica la differenza profonda

secondo noi, insostenibile) sta la teoria


"
Rev. de l'hist. d. relig. LXI (1910)
219 * Perseus le destructeur n'est sans doute qu'un
vocable qu'on donnait son arme, la harp, adore
comme Vakineks l'tait chez les Scythes .
(1)

parte

(e,

di A. J. Reinach
'

'

327

PERSEO

motivi naturalistici e gli

e sensibile che intercede fra

spunti novellistici, cui tutto

mito di Perseo vuol ridotto.

il

bene osservare che, per

questo proposito sar anzi

reagire agli eccessi di quegli studiosi che in ogni eroe

videro un dio

un fenomeno meteorologico in

solare e

ogni episodio dei miti,

recenti indagatori caddero nel-

l'eccesso opposto di negare ogni sostrato

nucleo na-

turalistico e di ridurre ogni episodio a novella.

questo

significativo di

R. Sciava in

"

Atene

secondo eccesso

Roma

equilibrato era in vece


e la mitologia

il

XVI (1913) 226

saggio del

comparata Pisa 1867.

Sintomo

l'articolo di

sgg. Assai

Comparetti Edipo

Ma

quest'ultimo autore deve lasciar nel bujo

notevole che
il

significato

e l'origine della Sfinge (pag. 71); e quel primo, trattando

di Bellerofonte,

non spiega

la

Chimera: entrambi quindi

appajono per ci stesso attenti a un aspetto del feno-

meno

mitologico non a

tutti.

quindi metodo migliore, credo, far giusta parte nel

mito cosi

al

naturalismo come alla novellistica

blema poi intorno


le singole

(1). Il

pro-

alla priorit dell'uno o dell'altra entro

saghe va, in parte, resoluto caso per caso; in

parte d'indole generale e vien trattato in questo vo-

lume nel

libro I cap. VI.

l'intuizione naturalistica

Qui diremo

solo, in breve,

che

suppone una grossolana cono-

scenza della natura e dell'uomo, mentre la novella gi

densa di pi larga

pi ricca

esperienza umana.

munque, procureremo, dopo queste premesse,

di

Co-

sceve-

rare quei due elementi, naturalistico e novellistico, nei


varii nuclei in cui

abbiam veduto per

zarsi

il

racconto di Perseo.

(1)

tesi

viLLK in

"

stesso

spez-

vecchia: cfr. per es. il sennato art. diJ. RRev. de l'hist. d. relig. , XllI (1886) 169 sgg.

328

ANDROMEDA

I.

Acrisie, Prete, Polidette e Ditti.

III.

Nel rac-

conto Ferecideo, riassunto dallo scoliaste e ricostrutto


dalla critica, attira fortemente l'attenzione
della fuga di Acrisie re da

Argo

particolare

il

in Larisa, dal Pelopon-

neso alla Pelasgiodide tessalica: fuga con cui connessa


la

menzione del

sempre in

Si son

lica sul

Teutamida

re pelasgico

in onore di Acrisie

medesimo

un

e di

(Scoi. Apoll.

ijQipov

R. IV 1091).

ci vedute tracce d'un'influenza tessa-

mito di Perseo

(cfr.

Kuhnert

o. c.

2023).

Ma

ben

pi sembra che se ne possa dedurre ricordando quanto,

dopo

il

Busolt e

il

Beloch, ha dimostrato P. Cauer Grand-

fragen der Homerkritik^ 223, intorno

Argo peloponnesiaca
yiKv deVHiad.

Argo

681). Se difatti

l'Argo pelasgica dei Tessali

allo

scambio

danno

si

fra

["Aqyos Jleaa-

tessalica

casi in cui

potuta identificare con

s'

l'Argo del Peloponneso cosi che gli eroi di quella furono

a questa attribuiti,

molto probabile che l'Argo di

cui re quell'Acrisio che la stessa

leggenda peloponne-

siaca fa pertinacemente morire in Larisa sia, in origine


al

meno, non quella pretesa dai mitografi antichi

tici

moderni,

si

l'altra di Tessaglia.

constatati e che

Da

si

di cui

altri

ripresenta con

in

Perseo un
gi

casi furono

questa constatazione fondamentale traggono rilievo

valore era

fin

particolari

qui

in

stato

quali son pure, a

di Ditti e Polidette da
88, in

Ferecide

ma

di cui

sulla

cui

il

come

il

1.

la discendenza

d notizia Apoll.
II

34 sgg., sotto

rispecchia fonte diversa;

nascita di Perseo non per opera di Zeus


di Acrisie

un tempo, riprova della

Magnete;

un luogo che non

l'influsso di

del mito

gran parte misconosciuto;

verit di essa ipotesi. Cosi fatti sono:

tello

e cri-

pu con pro-

caratteri consueti.

alcuni particolari, a cosi dire, laterali

si

abbiamo

babilit scientifica ritenere che

nuovo caso d'un equivoco

quale informano

si di

2. la

Preto

Apoll.

fra-

II 34,

329

ACKISIO, PRETO; POLIDETTE E DITTI

che riferisce questa come una tradizione parallela alla


ferecidea, e lo Scoi.

a Pindaro.

primo

11

II.

319, che fa risalir la notizia

di questi particolari

chiara-

lascia

mente iutravvedere una forma della fiaba in cui i due


salvatori di Perseo e Danae sono personaggi tessalici
adunque Acrisie

della Magnesia: se

ha da essere

lasgico, quella

Onde

fiaba.

e assicurato al

la

in origine, re pe-

forma primitiva della

nucleo originario

l'intervento di quelle due figure.

11

mito

del

secondo particolare

poi d'importanza anche maggiore. Per esso noi

dob-

biamo

Zeus

di fatti scegliere fra la tradizione che dice

padre di Perseo

quella che padre afferma Preto

non

possiamo non propendere a riconoscere carattere argonella prima, ricordando quanto

lieo

nei

miti

nella

vita dell'Argo peloponnesiaca Zeus abbia parte, cosi che

Argo

fin

"

fr.

137

l'eponimo del luogo,

RzACH^

MLLER FHG.

Paus.

74).

La

Il

26,

2;

(Esiodo

figlio di lui
cfr.

Feeec.

fr.

22,

tradizione pertanto che dice di

Preto sarebbe da ritenersi, in contrapposto, tessalica, e


quindi anteriore a quella su cui gl'influssi
siaci
si

son gi palesissimi.

riconnette bene la cacciata di lui per opera di Acrisie

irato, allo strato tessalico appartiene, forse,


st'altro
Il

peloponne-

poich col delitto di Preto

spunto: su cui vedi Apoll.

25, 7 e pili

riproducono

Il

anche que-

24 (diverso da Paus.

ancora da Ovidio Metani.

236-41

quali

una tradizione gi alterata da elementi

estranei introdotti dalle genealogie peloponnesiache, per


cui poteva interessare che Preto riuscisse pari

addirittura lo superasse).

appartenga
il

N contro

allo strato tessalico del

l'ipotesi

ad Acrisie
che Preto

mito crea ostacoli

rilievo ch'egli acquist poi nelle saghe tirinzie

potrebbe essere, come riteniamo, posteriore

al

che

suo tras-

porto nell'Argolide insieme con Perseo e Acrisie. Anzi


la nostra congettura, ove paja ragionevole, spiega forse

330
anche

ANDROMEDA
valore naturalistico di Prete, ritenendolo

il

ana-

logo a Zeus, e da Zeus sostituito in regioni ov'egli era

poco noto in sul principio e ove pot localizzarsi


obliterando

il

solo

proprio valore. Che per, velatamente, ap-

pare anche nella connessione con

C Luminosi

Liei

,)

in cui egli posto dtiVIliade Z.

Tuttavia gli elementi cosi sceverati, che appartengono


potrebbero appartenere a uno strato tessalico

della

leggenda, non sarebbero di per s sufficienti a provare

ove accostati l'un l'altro non

di quello strato l'esistenza,

dessero

modo

di trarne

un racconto organico

che potesse reggere al paragone di


tici e novellistici

analoghi. Ora notevole in vece che,

tenendo conto dei materiali

espungendo

tessalici,

serzioni argoliche, si giunge a ricostruire la

piuta d'un mito:

e coerente,

svolgimenti mi-

altri

serbate

due figure

le

le in-

trama com-

di Acrisio e di

Preto di cui l'una ha avuto culto in Larisa, l'altra anteriore a Zeus peloponnesiaco e ne

sar

sostituita;

serbato l'oracolo delfico (Feeec. in Scol.ApoU. R. IV 1091)

che diviene anche pi dicevole per la vicinanza e


tinenze fra Delfi e la Tessaglia;
lidette figli di

Magnete, onde

si

si

Perseo

serbata in fine l'uccisione di Acrisio

ne nasce un racconto che

raccomanda quindi tanto per

Po-

acquista anche sufficiente

notizia del luogo ove trovarono asilo

le at-

serbati Ditti e

a'

Danae;

giuochi larisei:

omogeneo

definito,

la sua localizzazione geo-

grafica uniforme quanto per la sua coerenza interiore.

Incerto potrebbe rimanere sol tanto se allo strato tes-

a quello peloponnesiaco abbia

salico
il

nome

fosse

il

e la figura di

Danae giacch

se

il

farsi

risalire

secondo caso

vero bisognerebbe supporre che essa sostituisse

un nome

una

figura pi antichi.

nell'Argo del Peloponneso


si

Danao

Ora

e le

se

certo

Danaidi, cui

riconnette senza dubbio, costituiscono

che

Danae

un vigoroso

ACRISIO, PRETO, POLIDETTE E DITTI

non

caratteristico ceppo mitico;

1212

Antonino Liberale

pertanto conchiuso

che Danae pu appartenere assai bene


salico del nostro mito; e che, se

non

della ricerca presente

il

il

vagliare

certa la
Apoll. R.

si cfr. Scoi.

Va

32.

man

per

presenza di Danaidi in Tessaglia, se

33l

strato tes-

allo

dicevole

ai fini

problema mitico

Danao, in questo problema tuttavia

di

la nostra ipotesi in-

torno alla primitiva sede della saga di Perseo s'inquadra

ottimamente.

Restano cosi delimitate a sufficienza


zioni distinte in cui

si

mito ch' intorno ad Acrisio


ficile
si

le

due

stratifica-

spezza quell'episodio del nostro


e alla

sua morte.

sovrappone alla prima di

congetturammo,

quando

tessalico,

esse.

la sostituzione

Vlliad.

Se difatti Zeus

come

peloponnesiaca del Prete

319 dice Perseo

come

ne deve dedurre che

di Zeus, se

dif-

seconda

stabilire l'epoca approssimativa in cui la

figlio

l'et

appunto

tarda del

passo lascia buon margine alla leggenda tessalica di Prete,


cosi la sua

meno

comparativa antichit,

giacch

anche

le

antiche interpolazioni dell'Iliade son certo abba-

stanza vetuste,

partitamente l'uno

non poco nei tempi

fa risalire

vento del Peloponneso.

Non rimane adunque che

l'inter-

studiare

e l'altro strato.

Affermata una volta l'esistenza dello strato peloponnesiaco


consiste

come posteriore

al tessalico,

non tanto nel cercar

goli nessi instituiti fra

il

le

il

problema

critico

cause singole dei sin-

mito di Perseo

il

Pelopon-

neso, quanto nel graduarli cronologicamente per seguire

passo passo,

fin

che possibile,

il

processo di penetra-

zione di quel mito in quel territorio. (Le testimonianze


si

veggano raccolte dal Kuhnert in Roschee Lex. Ili 2,


cui mi richiamer volta a volta). Ora non v'ha

2018 sgg.

dubbio che

Micene

al

complesso di piccole saghe esistenti in

in Tirinto in

Lerna

in

Midea

e nella stessa

Argo

332

I.

non che

ANDROMEDA
andata innanzi

in Elo e in Cinuria dev'esser

diffusione del culto a Perseo e alle figure che

attengono miticamente.

Ed

a lui

la
si

del pari certo che cotesta

germinazione di miti secondari

sul

ceppo del principale

dev'essere stata a bastanza tarda se nella trama vera e

propria della leggenda

le peculiarit locali

tuto trovar posto adatto.

a Serifo

Ma

ben altro

da

non han po-

dirsi

riguardo

per cui a priori possibile cosi che

abbia preceduto la leggenda onde

come che

e Polidette,

sia

ivi

culto

il

son localizzati Ditti

avvenuto l'opposto. Nel primo

caso sarebbe per da spiegare perch

culto di Perseo

il

abbia toccato Serifo, a preferenza di ogni altra dell'isole


vicine. Nel secondo caso in vece
la

domanda che

chiedesse

il

rimarrebbe senza risposta

motivo onde Serifo

mitologi preferita ad altre isole, anche


golide,

come sede

del

fu dai

pili .vicine all'Ar-

salvator di Perseo.

N l'esame

della genealogia di Ditti e Polidette conduce ad

che (Febeo,

fr.

la quale contiene bens riferimenti

non a

lide,

alcun

13 -= Scoi. Apoll. R. IV 1091), come di quella

Serifo.

a Danao e all'Argo-

Nel mito primitivo

Perseo avea da venire

il

donde

luogo

per uccidere Acrisie era senza

dubbio indicato, in modo vago s'intende, a oriente. Pi


tardi la localizzazione dev'esser divenuta pi
e

sappiamo che nella Magnesia

dicevole,

di cui per altro

s'era trovato

ignoriamo

il

esplicita,

punto

il

nome. E non

improbabile che questo fosse tale da determinar per anaa dirittura omonimia la scelta di Serifo fra

logia

l'isole

che sono ad oriente e non lontano da Argo peloponnesiaca.

Pure accettabile sembra

l'ipotesi

avesse un motivo unicamente geografico


ipotesi
all'isole

tesi

non

sufficiente a spiegar tutti

che
l'est

scelta

la

fatti se si

ma

guarda

che sono nella stessa giacitura di Serifo; ed ipo-

che dovrebbe, quindi, integrarsi con altra la quale

supponesse un intervento di casualit.

Il

problema rimane

ACBISIO, PBETO, POLIDETTE E DITTI

dunque senza soluzione

recisa.

modo

ogni

333

Serifo deve

essere entrata assai presto nel mito peloponnesiaco perch

rimase nettamente

vi

saldamente incastrata.

da dire di Zeus che prende

lo stesso

il

poich

posto di Preto,

bisogna ritenere che questi due punti fossero ben


gi quando
tutto

il

il

culto

Perseo prese a

di

fissati

difiondersi

per

Peloponneso.

Un momento

successivo occupato dalla saga di Ti-

non

rinto (Apoll. II 48). Questa saga

creare se

culto di Perseo

il

si

sarebbe dovuta

non avesse in Tirinto assunto

importanza ben maggiore che nell'Argo medesima, costringendo

mitologi a darne una giustificazione. D'altra

parte se era plausibile che,

dopo aver ucciso

gognasse

sls

nonno

il

come
e

"Aqyos nave&Elv, era

la scelta di Tirinto ch'egli

si

da

disse

d'Argo, Perseo
facile

quelli,
si

ver-

legittimare

avrebbe fatta in cambio, se

a Tirinto s'era radicato e svolto quel Preto che impor-

non aveva trovato favore


Onde i miti tirinzii di Preto
Perseo e Megapente mostrano en-

tato forse dall'Argo tessalica

nell'Argo peloponnesiaca.
e Bellerofonte e di

trambi che

personaggi della saga tessala attecchirono

assai meglio in Tirinto che in Argo.

saghe minori e

l'altre

cene

p. e.

Pads.

II

Seguono poi tutte

meno importanti

16,

3),

(quella

di

Mi-

che sfuggono al racconto di

Apollodoro, testimoniando per tal

modo

la loro

recen-

ziorit.

La sanzione

definitiva per dell'insediarsi nel Pelopon-

neso, specialmente nell'Argolide,


dai genealogisti.

con Ferec.

fr.

il

mito di Perseo,

Combinando Apollodoro

13 e 26 -= Scoi. Ap. R.

(Il

i;

data

21. 47 sgg.

IV 1091)

risulta

il

seguente schema che pu valere come volgata su questo

punto

334

ANDROMEDA

I.

DANA.0

Linceo

Lacedemone

Ipermestra

Posidone

Abante

Amimone

^-

Nauplio
I

Damaatore
Euridice

ACRISIO

Zeus

Danae

Prkto
I

Anfitrione -^

Peristene -^ Androtoe

III

Mestore

Elettrione Stenelo

Pericastore

PERSEO '^ Andromeda


Alceo

Polidette

Ditti

Alcmene Euristeo Ippotoe

ERACLE

Tafio

Poich troppo chiaro che di questa genealogia


fermi sono Danao ed Eracle,

deva

Megapente

il

Kuhnert

o. c.

punti

2023

vi ve-

la riprova che Acrisio e Preto sono originarie di-

vinit argive (predoriche) cui

si

vuol imparentare l'eroe

dorico pi recente Eracle, non senza che nel

contrasto

fra questo ed Euristeo sussista traccia della diversit dei

ceppi.

Ma

se al

Kuhnert

si

pu concedere che tardo

l'intervento di Eracle nei miti

non

argolici,

gli

si

sia

pu

consentire in vece intorno ad Acrisio e Preto. Per vero


il

posto che essi occupano nello schema genealogico

ben motivato,

ma

peloponnesiaca.

Il

da

nome

a Danao, cui sarebbe


era possibile;

ma

tutt'altre ragioni che la lor origine

di

stato

Danae doveva

riportar sibito

da avvicinare per quanto

due generazioni dovevano necessaria-

mente intercedere: una, quella

di Acrisio e Preto; l'altra,

quella delle Danaidi. Pi oscura resta la presenza della


terza generazione: di Abante.

Ma non mancano

elementi

per la congettura. Abante ritenuto l'eponimo di Abe


in Focide (Stef. Biz.
degli Abanti di

Eubea

g.

v.

s.

1);

capo

v. 'Affaviig, Scoi.

B II.

"Affai; Paus.

(Stef. Biz.

35,

335

ACRISIO, PEETO, POLIDETTE E DITTI

Su

536, Scoi. Pind. FU. Vili 77).

Ileaaytiv] o itiv [xovrai]

"Agyovg Ssvq

del pari evidente che

sceglier per l'appunto

nome Argo

zione del

esser altro che

sbito

ma

due Argo;

fra le

un motivo deve aver indotto a

Abante per
in Tessaglia.

attribuirgli l'introdu-

il

motivo non pu

come nel Peloponneso

trovarsi

il

zovvofia

&ef.tvov

Qerza&v

t zojv

Tioixi^aavTog. Qui

omonimia

evidente, un giuoco di

"AQyog

oh [r

oc

voiiuTtyiaig eyfievov

7tiov oSrcog
''Aj^avTog, ^

Strabone 431

di lui

ha un luogo che merita comento

nella Pelasgiotide tessalica tracce

di

lui

cosi

del

suo

di

La quale ipotesi concorda bene con la presenza


nomi affini a quello di lui in Eubea e nella Focide

territori

culto.

miticamente

probabile,

fra

Danao

se ci

ne deriva che Abante pot essere impor-

una con Acrisio

tato in Argolide in

pelasgica e

Ma

affini alla Tessaglia.

presenza di

spiega in fine la

si

Per

Danae.

Preto da l'Argo

Ditti e Polidette

terzo,

lui,

non

si trat-

tava in vece che di porli nella medesima generazione

Andromeda,

di Perseo e

di

come quello

di Nauplio,

Damastore,

eponimo

di

Or come

lo

nomi

di

sposo d'una danaide Elettra in Apoll.

schema genealogico studiato

Danae

innestati

peloponnesiaco) ed
nesiaco.', cosi

Pelope

(le

fra

Danao

eroe con

il

leggenda

fin

(gi

figli di

Perseo

testimonianze presso Kuhnert

pili

fa

vetusto.

c.

lui.

il

e le Sglie

o.

c.

2033)

nuovo venuto

l'opposto vale per Dioniso che

superar da Perseo

44 Schone; Cirillo

qui mostra

anticamente

Eracle (meno anticamente pelopon-

matrimonii fra

rivelano la analoga tendenza a collegar

la

Nauplia,

19.

Acrisio e

di

e a ci valsero

padre dell'argivo Tlepolemo in U. 21416,

di Peristene,
II

con essi per

imparentarli

meglio giustificarne l'accoglienza:

[cfr.

Edseb. Chron. II

342; Agost. de

Civ.

XVIII 13;

336
Scoi. Totr.

5"

IL

ANDROMEDA

I.

319. Questa dev'essere la leggenda pi an-

tica; l'altra in cui

vinto Perseo

il

Kthnert

(cfr.

o.

c.

2016-17) dov nascere allor che Dioniso fu pi a fondo


penetrato in Argolide].

Che
parti

argohco pu esser suddiviso in

se per lo strato

cronologicamente

succedentisi,

occasione a diverso studio.

a gittar, di

fatti,

Il

Certo esso

naturalistica

si

di

offre

Danae serve

molta luce su elementi che a tutta

prima sfuggirebbero nel mito


vellistici.

tessalico

il

personaggio

e che sono tutt'afFatto no-

originariamente, vivo di sostanza

e, come esso, deve


mare (Beloch Gr. G? I 2, 63)

riconnette con Danao

valere quale divinit del

della nuvola nera o di alcun che di simile:

se

e,

bene

forse sia eccessivo precisare di pi, in ciascuno di questi


casi chiarissima la ragione per che
lare, fu detto

nato da

lei.

Danae

gabile strato, nel mito tessalico


di

un nuovo contenuto.

Perseo, l'eroe so-

Tuttavia, sopra questo inne-

appare gi ricca

ci

motivo invero della

Il

figlia o,

pi latamente, della vergine che contro un esplicito divieto divien

madre

insieme con

la

fusione nel folk-lore.

spunto, che

si

paga

E non ha
dei

Perseo contro

il

nonno.

riscontra poi in Ditti:

generico appellativo

"

store

questa sua colpa

nulla in

dif-

comune con

il

fr.

intorno

soli,

al

delitto

lo

in-

di

Ugual carattere novellistico


cui

pescatore

postilla quella di Ferec.

natura

di

fonda sopra una primitiva bambinesca

tuizione del succedersi

si

fio

il

sua piccola creatura svolto in larga

26

nome non
,

(cosi

iy.Tvi>)

non

se

il

che quasi vana

ievmv)

e la cui

per tanto assimilabile a quella del consueto pa-

agricoltore che rinviene la derelitta ed

il

figliolo

abbandonati alla violenza delle forze naturali. Potrebbe


bens pensarsi anche a una divinit pescatrice
cretese Diktynna, su cui bene giudica

Lahonische Kulte 126 e

il

(cfr.

la

Maass presso Wide

Gruppe Gr. Myth. 254).

Ma il

con-

ACRISIO, PRETO, POLIDETTB E DITTI

337

testo della fiaba lo esclude, e al pili concede di supporre

che

caso sia per Ditti analogo a quello di Danae: che

il

un an-

cio l'indubitabile carattere novellistico offuschi

modo che per

tico sostrato naturalistico. Certo in ogni

quel primo carattere non per questo sostrato Ditti entr

attributo

mito di Perseo.

e rimase nel

questa stessa forma verbale

Plutone-Ade,

di

Altro

di

rintraccia

si

onde, tra

Polidette

difatti

Crusios

0.

altri,

un

in

CXXIII (1881) 302 ha creduto di identitcar


con Ade appunto anche l'ospite di Danae e Perseo. L'ipo"

Jbb. Phil.

tesi ci

par ragionevole, a patto che

strizioni

non

anzi tutto

Ditti fosse epiteto primitivo di

Polidette, e da epiteto

si

si

da credere

facciano due re-

Crusius che

col

questa figura dell'Ade-

trasformasse

ma

in fratello;

tenendo conto del folk-lore e delle sue forme consuete,

da pensare invece che originario fosse Polidette,

significato trasparente fa intra vvedere


listico al suo episodio

come

a tutto

il

cui

il

un fondo natura-

primo nucleo della

saga, e posteriore Ditti. Inoltre altra la interpretazione

da

darsi, io credo, ai rapporti fra Polidette-Ade e

con Danae.

Il

portanza del mito su


l'anima che

il

questa, la

riteneva simbolo

re sotterraneo rapisce e Perseo

libera. Se al contrario vero che

mare

Perseo

Crusius difatti, col far gravitar tutta l'im-

o del bujo e Polidette

Danae

nume

del-

(= Ermes)

divinit del

sotterraneo, la spie-

gazione di entrambi esiste rispetto a Perseo in un concetto unico. Nel fatto l'eroe solore Perseo si pretendeva

nato da Danae come

il

venuta per Danae

forma

doppione di

lei

la

sole dall'ombra;

ma

poi, soprav-

novellistica, fu concepito

Polidette. per cui

uccidere Acrisio non pur dall'onental Magnesia


si

un

Perseo viene ad
(v.

sopra)

anche dall'ombra, dalla regione sotterranea, onde ogni

mattina

il

sole

Ade-Polidette

emerge. La

dunque

A. Ferrabino, Kalypso.

cattivit

giustificata

di

Danae presso

anche dalla

affinit
22

338

ANDROMEDA

I.

ammettendo

sostanziale dei due personaggi. In tal caso,

di Polidette, la tradizione

la diversit di Ditti e

cidea che

fa fratelli e figli di

li

come un

spiegare

Magnete par che

si

fere-

debba

atto unico di elaborazione mitologica

per cui dalla Magnesia (per la sua positura astronomica

Argo pelasgica)

rispetto ad

e dalla paternit dedotto

desunto

fu

il

il

nome

del padre,

rapporto fraterno.

Considerati nel loro insieme lo strato argolico, di cui

vedemmo i successivi momenti, e il tessalico, di cui tentammo scernere gli elementi naturalistici e novellistici,
un

costituiscono per

una

lato

e di per s bastevole,

ma

schema consueto

fiaba di

offrono per altro lato appiglio

a giunte e svolgimenti mitici. L'indagine

continuando,

ce ne dar conferma.

IV.

Atena

Gorgone Medusa.

e la

Gli elementi

che caratterizzano la prima avventura di Perseo in quell'intervallo di azione ch'

da Argo
jonici.

il

La Dea che

lo

Atene

suo Lex.

I 2,

culto

il

2347 sgg.);

il

di cui

{Iliade

luogo onde

740);

il

il

si

si

posseggono intorno

Atene (Kchnert

XVII 801

cfr.

2021):

0.

e.

al

VII sec.

Erod.

in
a.

C.

muove

II

o.

15,

c.

monete

cfr.

Perseo

Head H.

N'^

2019-20), in Mileto (Strab.

Edrip.

Elena 769, Kuhnert

tutto ci, poich

Perseo e Medusa non contiene


di questi n favorevoli

notizie

le

al culto di

Mileto, specialmente,

Da

e vince

Serifo, colonia

buon riscontro

in Serifo (Paus. II 15, 1, per le


490), in

di

capo sullo scudo di Pallade

questi dati fanno

che per altra via

ci ri-

Roscher nel

(cfr. p. e.

mostro che combatte

medesimo

cacciata

Dio che l'ajuta Ermes,

notevolissimo

quel

di Joni.

fra la sua

protegge Atena, la quale

porta senz'altro ad Atene;


cui in

compreso

suo ritorno, sono tutti a un tempo elementi

altri

tali

anche

da

risalire

il

mito di

elementi all'infuori

n contrarli,

lecito

dedurre che

ATENA E LA GORGONE MEDUSA

339

quell'episodio dev'essersi formato in territorio jonico; e

che per conseguenza la sua formazione posteriore

ai

principii dello strato peloponnesiaco, del quale appare

un

effetto.

Quanto

probabile questo risultato tanto

par certo

il

contenuto naturalistico dell'impresa. Le Gorgoni abitano


(presso [Esiodo] Teog. 274 sgg.) nQrjv kvtov 'Qxeavoo
oxa^tfl TCQg vvCTg, tv' 'EajtEQisg iy^cpcovoi

sono per-

tanto evidenti mostri delle tenebre e della notte

dicevolmente
contrasto.

si

L presso

abitano dove

a 22-24)
stanno

contrappongono all'eroe solare

(2).

gli

si

sorge e

Nord,

Iperborei

Rodi appr. Tzetze

devono ritrovare
dove tramonta

ma

Pind.

Pit.

VII 695)

pel sostrato naturalistico e

quando

kjtos (v.

(3).

Sole {Odissea

50 sgg.

Non

il

in

e SniiA di

dunque dubbio,

con l'uccisione

sotto)

in territorio jonico

portato e diffuso,

Etiopi che

gli

il

anzi tutto che l'avventura contro le Gorgoni

con quella del

che

con egual significato tenebroso,

(cfr.

Chil.

(1)

in aperto

si

riconnette

di Acrisie e

secondo luogo

che

mito di Perseo venne im-

il

suo valore

era

ancor a sufficienza

noto e chiaro.

E da
anche

singoli

elementi

Atena avesse

sul suo

spunto vano:

il

(Ij

Su

con probabilit derivano

origine rintracciabile

le

scudo

il

suo valore di

Gorgoni

(Leipzig 1879).

constitutivi

v.

capo

saga. Che
Medusa non

della

di

Dea nata

Roschee Gorgonen

dal

u.

cielo e

in

Verwandtes

Un

recente lavoro (Berlin 1912) su lo


stesso tema non merita d'esser citato.
TJnters. {= " Phil. Unt.
(2) Cfr. WiLAMOwiTZ Hom.
VII) 17.

XXV

Su
(1890) 457.
(3) Cfr. Knaack " Hermes ,
gl'Iperborei v. 0. Schrder " Archiv f. Religionswiss.
VIII (1905) 65 sgg., A. KoETE ibid. X (1907) 152 sgg.;
Gruppe in Bubsian-Kroll Jahresb. CXXXVII (1908) 520..
'

'

340

modo

particolar

Gesch}

1,

di

ANDROMEDA

I.

Dea

del temporale

(Beloch Griech.

154) d risalto a quello spunto, cosi che

vi fa

trasparire un'antica antitesi fra Pallade e le tenebrose

Gorgoni. Antitesi invero che


al

mito

II

46

di

un

Dea
lei

costretto a farne

sottrae

sempre

(Ferec.

fr.

Medusa

si

il

attribuisce

pure su

anche

prima

Agamennone

zione. Dalla

motivo che

medesima Atena

E 845

lei in //.

diversa, e novellistica,

e la Kifiiacg e l'episodio

lo

scudo

un costante

si

la

delle

Mecapo

il

e diffuso

tradi-

ond'

trova di fatti men-

in vece e

Di
i

natura

calzari alati

Graje. Queste

non sono

mostri analoghi alle Gorgoni bens tipi esagerati


vecchiaia, di cui la novella suol compiacersi;

un aspetto mostruoso

36.

con Me-

y.vvi\

("^'^os KvvrJ.

sembrano

//.

di estetica e di

coperto, e reso invisibile, Perseo:

zionata per

capo di

stessa

e la

desunta

in

lui un'antitesi

Atena

fra

della Gorgone divent ben presto


senz'altro

il

(Beloch Griech. Gesch?

di lui

bisogna rammentare che su

ornamento

alla

Perseo

di

Se non che

potrebbe supporre per

dusa analoga a quella che

Ma

quando

favor

l'ausilio in

II 41).

scudo di

lo

alla natura

I 1, 162) si

Apoll.

ultima riprova

merito della vittoria contro Medusa, a

26 e Apoll.

Pensando

la ricorda e

menzione. E,

fatto gi a bastanza palese,

si

dusa.

serb sempre, accanto

si

Jone 991

di Perseo, se Eurip.

in loro innegabile,

ma

della

perch

per ci bene

[Esiodo] Teog. 270 sgg.; Esch. Promet. 795; Apoll. II 37;

une sorelle delle

TzETZE a Licofr. 838. 846 fanno

le

Accadde per che

con

la parentela

ternit di Forco traviasse

numero
in

(e la

2,

1729

sgg.).

prova manca) che

la

Ma

Gorgoni e

altre.

la pa-

che vollero in gran

critici;

ritener le Graje personaggi

RoscHER Lex.

vare

le

naturalistici (Rapp

bisognava prima pro-

parentela e la paternit

sono originarie nel mito, e non indotte dall'essersi nella


fiaba le tre Graje e le tre Gorgoni (di diversa

origine)

CEFEO FINEO E CASSIEPEA

341

trovate vicine. Di fatti delle Graje la novella approfitt

per farne

personaggi di una pre-avventura, la quale

trova moltissime analogie, e le depositarie di alcuni talismani, che ritornano sotto mutati aspetti con frequenza
nelle fiabe.

Ufficio analogo

seguenza compete
falce di lui.

al

(e

analoga origine per con-

suo intervento) esercita Ermes e la

Mentre per

le

Graje dovevano contrapporsi

a Perseo, come quelle che la notte ricinge, Ermes do-

veva essergli propizio, come quello che quando


con Perseo aveva caratteri
(Beloch Griech. Gesch}l

di dio della

160)

I,

(1).

scontr

si

luce esso pure

Mentre inoltre

le

Graje

cammino dell'eroe si trovano solo per motivi novellistici; Ermes si trovava in vece anche nella real sfera

nel

della diffusione cui and soggetto

Riassumendo, dunque
di Perseo

il

culto di Perseo.

l'episodio di

Medusa

pare concepito in territorio jonico;

fondamento, senza dubbio naturalistico;


naggi naturalistici
gli

(le

Gorgoni, Atena, Ermes)

elementi novellistici

e tutto

il

ma

(le

contesto per tal

Graie, la

modo

nel mito
,

nel suo

coi perso-

si

Kt^iffig,

mischiano
i

talari);

novellistico che anche

quei personaggi vi intervengono con

proprii della

offici

novella.

V.

Cefeo Fineo e Cassiepea.

costituita la
di

natura

impresa

di

e origine assai

Gli

Perseo contro

elementi onde
il

x^roy sono

pi incerta che quelli raccolti

intorno a Medusa. Tuttavia, anche a prescindere dalla

prima forma del racconto

e a limitar l'indagine

pur

ai

(1) In quanto al valore originario di Ermes lascio qui


intatto il problema e solo rimando a E. Metek G. d. A.
II pag. 97.
Ricordo anche Roscher Heines der Windgott (Leipzig 1878) (cfr. l'art, nel Lex.); e Siecke Hermes
der Mondgott (Leipzig 1908) che determin una polemica
appunto col Roscher.

342

I.

ANDROMEDA

dati tardi delle genealogie e delle saghe secondarie, la


diffusione di Cefeo nell'Arcadia e nell'Acaja (v. sotto), la

constatata presenza di Fineo in quei luoghi

ducono a cercar

di preferenza nel

(v. sotto), in-

Peloponneso

terri-

il

torio forse di formazione e probabilmente di diffusione


di quell'episodio mitico.

Molto pi deve dire un esame

delle figure singole.

La

lotta di Perseo contro

osservarlo,

parallela per

il v,f}zog ,

bisogna a pena
all'impresa av-

significato

verso Medusa. Sarebbe quindi gi a priori da attender


notizia

intomo a un Nume che

piesse gli uffici

fatto

nume sarebbe

gica,

da ravvisar in Andromeda

anche, per pura indagine etimolo-

dubbia la radicale di

non

0. e.

2047) in cui

vittima prossima del


liberatore,

vfjQ;

ma

nel cui

nome

a conferma

se

serbato un cratere

ci fosse

KuNHERT

com-

in quell'avventura

quali nell'altra esercita Atena; e un cosi

("

Mon.

d. Inst.

futuro

Andromeda appare non

n^Tog e premio

non

validissima

52

all'eroico

ritta presso l'eroe nell'atto di ajutarlo

respinger la belva col lanciar

sassi,

li

tatrice

che la congettura avrebbe per s supposta.

la

che sono raccolti in

mucchio

legata,

presso. Ivi ella senza dubbio

queir

comparativamente tarda et del vaso (VI

"

aju-

deve

sec.)

stupire: ovvio che la stilizzata tradizione artistica dei

vasai deve aver

mito s'era

serbato

al tutto

in

anni posteriori, quando

il

tramutato, memoria della forma che

esso aveva pia anticamente assunta.

Questa ipotesi

per intorno al primitivo racconto sul x^rof, se tanto


evidente da indur meraviglia che
stato

prima non

pone anche

il

cosi interpretato

problema su

quello stadio mitico

chiaro che

le

il

cratere possa esser

(Kuhnert

o,

c.

2020),

cause del passaggio

da

a quello ch' in Ferecide. Ora

l'episodio di

Medusa

e quel del tijTog

non

potevano, nella veste pi arcaica, venir raccontati l'uno

343

CBFBO FINEO E CASSIEl'KA

appresso all'altro senza che se ne dovesse notare, sbito,


la simiglianza strettissima: quindi il bisogno di dissimilarli. Inoltre, a sodisfar quel bisogno

giovava

innesto su quella saga naturalistica di uno


vellistico

la fanciulla cattiva e liberata,

che la salva

non che

prode

al

Se

primordiale del-

medesima forma vetusta e


non dovevano mancare gli Etiopi. Fu veduto
sopra pag. 339) come le sedi loro nella con-

(v.

cezione mitica

tanto pi qui

mentre

premio

ricordino le epopee cavalleresche).

alla

l'episodio

dianzi

(si

facile

il

spunto no-

le

raccostassero ai

li

il

mostri tenebrosi.

Gorgoni richiamavano,

luoghi di lor sede,

il

nrjTog

sole,

quanto,

loro ricordo era importante in

a sufficienza

per s non sarebbe stato in-

dizio locale bastevole.

cosi preparato

il

terreno a

testimonianze intorno a

lui

da non permettere dubbi


a fondo radicato.

di Paus. Vili 4, 8.

giudicar di Cefeo. Le

(doricamente Cafeo) sono

luogo ove

sul

il

mito

lo

fondamentali di Apoll.

testi

23, 3. 47, 5,

di

tali

ha pi
II

144,

Apoll. R. Argoti.

161 sgg., che tutti lo fanno figlio di Aleo, eponimo di Alea


in Arcadia, e re di

in cui abbondanti volte

Lex.

II 1,

monete di Tegea appunto,


ritorna (cfr. Deexlek in Roschee

Tegea;

1114): fissano in

le

modo

esplicito per l'et storica

la sede prevalente del suo essere mitico presso

cadi

(1).

da Cafeo avrebbe preso nome la

citt arcadica di Cafe. Il


si

non pu esser
di Cefeo,

(1) Cfr.
I

Ar-

che non in questo caso solo presenta


critica, fra le attinenze reciproche de' due nomi

problema,
alla

gli

In particolare poi Paus. Vili 23, 3 asserisce che

risolto fin che

manchino

notizie sul culto

che solo risolverebbe la quistione col far deri-

W. Immerwahr

(1891) 60. 65 sgg.; che

Die Kulte

u.

Myihen Arkadiens

mi sembra per

superficiale.

344
vare alla citt

nome

il

ANDROMEDA

I.

non

ma consolidate

infirmate,

Ma ad ogni modo quelle


E queste notizie sono

dal Dio.

attinenze non sono da negare.

^Qevov

da Licofkone

Aless. 586 sgg.

BovQaiotoiv

ove Cefeo

n:'

OTQazov

perch nell'Acuja dobbiamo ravvisare uno dei

Avfii^ re

ijyef*)v

punti tcchi dall' irradiarsi di lui fuor dell'Arcadia nel


restante Peloponneso. Analogamente Cefeo fu, fuor dell'Arcadia, introdotto nel mito spartano degli Ippocoontidi,
cacciati da Eracle, cui egli avrebbe

nendone

premio

in

recalo ajuto otte-

perenne salvezza del suo dominio

la

in Tegea: saga, pare, a bastanza antica, se gi


fr.

Alcmane

72 Bgk.* {^ax ztg audcpevg [Kaq>evs Nelmann] vda-

ne aveva sentore

o)v)

Biz.

s.

Kacpvai.

v.

irradiazione sono

cfr.

Ma

se

coteste

inoltre Apoll.

II

144, Stef.

d'una pi tosto tarda

eifetto

attinenze fra Cefeo e l'Acaja,

fra Cefeo e Sparta, di gran lunga posteriore va ritenuto,

sembra,

il

trasporto

498 QeaTCEiov

zov

di lui

in

Ki^q>ews

Beozia:

TiMPEL Kephcus presso Roscher Lex.

senza peraltro addur motivi,

Cefeo

ne

le

50

figlie

(v.

sotto),

non

siavi,

1,

(1)

e Cefiso, o

Tespio e 60

di

le

11

da una
di

figli

sue ipotesi su

asserzioni del

Tumpel

posto che equivoco di nome

della notizia serbata in

quello scolio. Le

che esamineremo pi tardi

scono Cefeo con Fenice e Cadmo, tebani

(1)

v'

1113 esclude,

va qui solo rilevato che non

difficile chiarire la genesi,

genealogie

a lliad.

va cercata la sede prima di

Cefeo! Lasciando ora di discutere


su Cassiepea

II

deduce, richiamandosi alle

Cassiepea, che in Beozia

che queste parole de-

rivino dal facile equivoco tra Cefeo

combinazione tra

scoi.

^ d-vyatQe^ ^aav

"

sotto) uni-

beoti

per

ampiamente, se
Jour. of Hell. Stud.

Queste genealogie sono studiate

non acutamente, da A. W. Gomme


XXXIII (1913) 53 sgg.

(v.

CBFKO FINEO B CASSIEPEA


Fenice

eccellenza: con

Cadmo,

tardi

quindi, Cefeo

Tra queste no-

dev'essere pertanto giunto in Beozia.


tizie,

meno

pi

tarde, che ci riportano all'Acaja a Sparta

richiamano all'Arcadia

alla Beozia, e quelle che ci

modo

terio per scegliere in

arcade secondo Ellanico

combinato

col

senza

fr.

decisivo

(fr.

59

numero

=
=

non manca.

secondo Apoll.

Ili

Apoll. R.

scoi.

MTA

come

ci

vengono

(v.

etimologia del suo nome. Di


riscontrare

gramatici

sempre

kuF-

radice

la
lo

riconnetta

si

vi traspare la

162

Questi

I 67).

per

riferiti solo

il

Cefeo

suo ca-

il

sopra) e con la probabile


fatti sia

che

sia

che vi

con

voglia

si

antichi

gli

con ncjcpg (confr. x^go^f),

natura d'una divinit ctonica

tenebrosa: la quale in vero

viene

pensata o abitante

nelle oscure cavit che sono oltre la linea


il

a Eurip.

1109) figlio

a. e.

dell'Arcadia, cosi concordano del tutto e con


rattere di re degli Etiopi

cri-

Cefeo

102 fratello di Licurgo

(per contro di Licurgo figlio presso Apoll.


dati genealogici,

il

11

scoi.

Fenice 150; contro l'opinione del Tumpel


di Posidone; e

345

donde sorge

pure priva della voce. Se ne conclude che la

sole,

localizzazione di Cefeo in Arcadia dev'essere la pi antica,

come quella con

cui

va tuttavia connesso

di quell'essenza naturalistica di lui che mito e

velano del pari.

Etiopi risulta in tal


tichissimo,

non

si

Mentre per

modo

se

il

tempo

(v.

sopra),

ri-

non primordiale certo an-

pu dire altrettanto

quando,

ricordo

nome

nesso fra Cefeo e gli

del nesso con

dromeda. In vero se questa sul principio


di Perseo, solo

il

e fu,

come

si

1' "

An-

ajutatrice

vide, assai per

l'avventura dell'eroe contro

il

xijvos

fu localizzata fra gli Etiopi, e solo a traverso questa localizzazione,

pervenne a commettersi con Cefeo.

Perseo, Andromeda, Cefeo, gli Etiopi,

per
di

tal

modo

sufficienti

il

a costituire, per s

un episodio mitico; onde

la

x^roj, erano
soli, la

trama

presenza di Fineo e Gas-

346
siepea

ANDROMEDA

I.

per non sembrare un' intrusione superflua deve

venir giustificata con l'indagare partitamente

il

valore di

quelle due figure.

Quanto a Cassiepea,
che
(cfr.

si

nome rende non dubbio

lo stesso

"

tratta del tipo novellistico della

TMPEL

in

Roschek Lex.

II

millantatrce

bellezza con le dee e ne punita in s o nella prole.

luoghi per tanto dove vien fatto di

hanno attinenza alcuna con


indotta a traverso

stata congiunta

non

rintracciarla

sua natura e solo ella

la

993) che compete in

1,

vi

miti in cui penetra. Cosi per esser

(miticamente e genealogicamente) con

Cefeo Fenice e Cadmo, viene sostituita a Memphis come

moglie di Epafo presso Igino Fav. 149


fr.

23 Rz.

^),

luogo Thronion della Locride

genealogici Fenice e

fici.

altrove (Esiodo

cfr.

scoi.

a,

Cadmo

le regioni vicine)

con

e che

han nessi

Fu dunque abbagliato da

beota

[o.

533.

la

Beozia

(e

cultuali e geogra-

localizzazioni, che son con-

seguenza d'una erudita elaborazione mitologica,

quando su

II.

che con Epafo ed Egitto han nessi mitici

Si sa difatti

quindi con

e,

fatta discendere da Thronie, l'eponima d'un

il

Tumpel

la fede dei luoghi citati asser Cassiepea esser

988

e.

sgg.).

Ma

se

la

"

Millantatrice

originariamente estranea a ogni luogo, essa anche con

Andromeda

Cefeo

tiguit di luoghi
stica che quelli
la

ma

si

deve esser connessa non per con-

a compimento della trama novelli-

comprendeva. Non quindi dubbio che

sua presenza accanto Andromeda risalga a quel mo-

mento

appunto novelli-

in cui la figura di questa viene

sticamente atteggiata nel tipo della vergine che un prode


libera da prossima morte

(v.

sopra). Allora di fatti diven-

tava necessario giustificare in qualche


della fanciulla; alla quale

il

modo

vanto della

"

la cattivit

Millantatrice

pot divenire argomento sufficiente (contro Tumpel


989-90).

solo a traverso

Andromeda

si

strinse

il

o.

c.

legame

CBFEO FINEO E CASSIEPEA

347

La riprova

di questa ipo-

di lei con Cefeo e gli Etiopi.

non potersi rintracciare nella sua

tesi sta nel

in quella parte del

mito ohe pi

le attiene

figura e

alcun indizio

d'un'antica e diversa vita mitica.

Quanto a Fineo,

il

Sittig in Fault- Wissowa

VII 2417 sgg. ha messo a sufficenza in luce

R.-Encr
sostrato

il

naturalistico del mito, che pi propriamente suo, delle

Arpie

danno, contro

e di

Boreadi; ci la lotta dei caldi

di Elios e de'

venti del Sud, che

il
i

Sole suscita apportatori di nuvole

Nord

venti del

respinger quelli e a difendere

che

nume

il

non

settentrione. In questo sostrato per

insorgono a
del bujo

cieco
si

vede elemento

alcuno onde possa giustificarsi l'intervento di Fineo nel

mito di Andromeda, all'infuori del contrasto che fra


la

sua figura e l'eroe solare Perseo

contrasto che rendeva

anche dicevole la presenza sua fra


le sedi

mitiche di Fineo

traddizione cosi al nord

si

gli Etiopi.

Ma

se

potevano cercare senza con-

come a l'estremo

oriente o a

l'estremo occidente, la sede geografica di lui fu rintracciata sul Ponto

quando divenne pei coloni Greci quello

l'estremo punto settentrionale conosciuto

(cfr. le

nianze raccolte dalJESSEN sul Roscher Lex.

Ili 2,

testimo-

2354 sgg.).

Col egli divenne l'eponimo della regione vicina e de' popoli

onde

commise con Fenice ritenuto l'eponimo

si

Fenici (Bkloch Griech. Gesch}

Di qui appare possibile anche


quella cui

Perseo

ma

si

si

pervenne pur

sia stretto

71) e

l'ipotesi,

ora,

che

non per motivi

dei

con Egitto e Libia.


contraddicente

nesso fra Fineo e

il

di sostrato naturalistico

traverso Cefeo, considerato re e rappresentante degli

Etiopi in senso geografico.

che

I 2,

si

Apoll.

riscontrano
Ili

e presso

cadiae)

97

Servio

ove

Senza dubbio per

intorno a un Fineo

Fineo

figlio

a Verg, Eneid.

Ili

debbono ritenersi posteriori

le

tracce

Arcade (presso

dell'arcade

Licaone

209

rex Ar-

al

ove

nesso con

Cefeo

348

I.

ANDROMEDA

N giova

e determinate da questo.
trario addurre

l'analogia

perch non giusto che


de' mitografi Greci,

a sostegno del con-

fra le Stinfalidi

uniformiamo

ci

onde pi

figure

pili

moderni concetti

savi e

analoghe di numi

ma

dob-

critici,

rite-

erano unificati in un solo aspetto leggendario

biamo, giusta

Arpie

le

sincretismo

al

nere che in luoghi diversi esistessero divinit analoghe


dissimili, senza che

parte simili parte

la

localit

del-

l'una possa illuminarci su quella, probabile, delle altre.

Restano ancra da indagare


Cassiepea, prima che

tutta la sua complessit.

mibile presso Tepica esiodea.

RoscHER Lex.

citi (1) del

siderati divisi e distinti


e 23.
di

E ha

II 1,
i

la cui esistenza sia presu-

Tmpel (negli articoli

Il

986 sgg. e 1107 sgg.) ha con-

due

frr.

di

'ESiq-do

{Rzach^) 31

pertanto ritenuto provata l'esistenza mitica

due Cassiepee, secondo questi due schemi


I

(fr.

23)

Tronie

II

(fr.

31)

Cassiepea

Fenice

Fineo

Cassiepea

si

fonda Strab,

egli interpreta male.

41-2:

che per vero

Strabene sostiene che Erembi ed

Arabi sono nomi diversi d'uno stesso

(1)

testo SU cui

Agenore

Ermes

Arabo

Il

presenti in

critico si

tale scopo necessario rico-

schema genealogico

struire lo

attinenze tra Fineo e

le

problema

il

popolo:

Che han per fondamento, insieme con

TteQ

l'altro art.

del Lex. II 1, 293, il voluminoso saggio dello stesso


TMPEL in " Jahbb. Phil. , Supplbnd. XVI (188?) 129 sgg.
II concetto essenziale di questo
saggio (che nella pi
antica forma del mito la sede dell'episodio di Andromeda fosse Rodi) stato, mi sembra a ragione, confutato dal KuHNERT 0- e. 1021-2.

349

CEFEO FINEO E CASSIEPEA


'EQf*p}v Tto fiv

Tv
ol

7if&av)raT0t S elaiv

s'iQrizai,

voui^ovreg zovg "A^afiag yea&ai. Tuttavia nel verso

omerico
'&'

Aid-iOTidg

non

ly,fA,t]v

ritiene dicevole

perch,

dice,

mutazione

Omero

il

sostituire

non

nome

di

koI Siovlovg nal 'EQefi^ovg {S 84)

dalla pi

Kal

antica

Ere m

difatti ricorda gli

KaiaXyqj conosce

con Zenone "AQa^dg

cora

ai

il

tempi

di

di

posteriore.

all'et

Arabo:

xoijQ']v

nome

Esiodo in vece v

'Aqc^oio ...KT

23].

[fr.

Bisogna dunque dedurre (slad^eiv) che gi


Esiodo

te

v' corruttela di testo; v' bens

Arabia

non

esistesse, e

Omero (aar tovg

rJQcoag).

ai

tempi

di

esistesse an-

Di questo

passo l'interpretazione non pu essere, pare, che

una

Esiodo faceva fCassiepea]

(1)

a sua

volta di Tronie ed Ermes.

Il

figlia di

Arabo,

Tmpel in

figlio

vece

lascia

si

fuorviare dalla menzione, che quivi fatta brevemente,


degli Etiopi, e ritiene che per Strabene

nome

esiodeo

fioio sia la

integra

il

d'Etiopia

regina degli Etiopi moglie


fr.

Arabia

e che quindi la
di

sia

il

KovQri ^Aqu-

Cefeo

onde

cosi:

Tronie

Ermes

Arabo
I

Cassiepea ~- Cefeo
1

Andromeda.

Se non che nel luogo di Strabene gli Etiopi non costi-

li) Il

nome

Anton. Lib. 40.

si

supplisce

da

Scoi. Apoll.

R.

II

178 e

350

I.

ANDROWEDA

tuiscono che un argomento a mo' di parentesi.

yQ xov

^Qav

elg zjv

dareQov nl

yovat, oUvcg ol tiooI, ofig fieraafivzeg ol

'E Q

TQtyoviag ndeaav

aacpateQOv
e fi fio

la IV ^A Qd

i)

\7t

/*fiavetv tog 'EQe/*fiovg zv(ji,oo-

fi

otoi S

'

(ol

wv olTcl&dzegov

Qog Tov 'Agafilov ktiov ksk i fivo i


AI& ton la. E, continua,

Aly7tx(fi v.a\

fi-

t TiQg

per tal

motivo appunto questi Erembi son ricordati da Omero:


in causa, ci

della lor vicinanza con gli Etiopi, citati

medesimo

nel verso

fivja&ai Tv TioifjTjv

xal TiQg vovTOvg (pl%d-aL

Tv MevXaov, xad' hv
Ald'loTiag'

rimenti

zfj

tqtiov

xal

sQrjxai,

filag (xdQLv) y,al zov v^ov.

Come

si

zovg

TtQg

son rammentati tov fn^aovg

fie-

Xyeiv

Orjfiatdt nal odzoi TtTjaid^ovoi.

yQ

{/A.ol(og)

(twv 'E^efifi&v) elug

to-tov

pa-

zi^g Tiorj-

vede, gli Etiopi

servono a dare un'idea della positura geografica degli

Erembi {^Qg)

a fornire un motivo dell'averli

ricordati insieme.
identificazione
tivo

Ma

si

Erembi

"

ben lungi da una qual

= Etiopi

adunque che dal luogo

cit.

si

Omero
voglia

L'unico dato posi-

di Strab.

ricava la

si

discendenza di Cassiepea da Arabo.

spiega un'altra, poco appresso

43),

da cui a sua volta

xal

ttjv

integrata.
Tjv Kad"'

"

Vi sono alcuni

'lTZ]

voiav Tonimjv

zog

ot

notizia

Al&ioniav

elg

^f*g ^otvlTirjv fA.Ezdyovai, nal za nsQ ztjv 'Av~

QOftSav v

fiov

(I

La qual

adunque alcuni

"

xad-dyie^

7tQ0(pQei
(1)

(paai

'

oi>

tial
'

zwv

xar' ay-

r'jnov

eyofivcov, ^

aal zovzcv

a^'^fiazi

aoig

avfifiy\val

Jiaq

AnoXXoQog ...

^v&ov

'HaiSq)

aul

Vi erano

che fondandosi su Esiodo portavano gli

(1) Cfr. Ps.-SciL. GGM. I 79, Stef. Biz. s. v. 'Unti, Eust.


Cotnm. in GGM. II 375- Di questa localizzazione fenicia
del mito non mi sono occupato, che ritengo essa possa
e debba studiarsi e spiegarsi del tutto a parte.

351

OEFEO FINEO E CASSIBPBA

Etiopi

fra

F enici.

questo fatto che


(fr.

moglie

era

Fenice

di

Andromeda
nessun modo

31 Rz.^) quella Cassiopea che nel mito di

Etiopi. Non

regina degli

lecito

di Cefeo

figlia

si

Arabo avesse

di

vede a che condurrebbe,

non a confonder

interpretazione, se

fatta

COSI

quindi in

dedurre che in Esiodo la

ad essere moglie

risultar soltanto: 1) che Cassiopea era figlia di

in Esiodo

che era moglie di Fenice.

2)

messo unificare

schema esiodeo

I-f

II (fr.

testo

il

Concludendo, da Strabene, ben letto;

altrimenti chiaro.

pu

L'ipotesi pili semplice chespieghi

Esiodo

in

fr.

23 e 31 Rz.'

Arabo

quindi per-

e costruire

seguente

il

23

+ 31):

Tronie

-^

Ermes

Agenore

Arabo

-^

Cassiepea

Fenice

Fineo.

Nel quale schema, analizzando

si

ravvisano

principali raccolti nei

"Fenice-Fineo
spiegarsi al

eroi creduti

se

Ma

il

"

nessi

come, ci

del nesso
,

"

non pensando a

di quei nessi

Arabo-Fenice

d'un

di

di popoli stra-

legame

vede sbito tra

agli di e dagli di punite

l'una

l'altra

come

mette

di discernere l'esame dei

numi

tra Fineo

casuale

non

servirebbe che ove tutte le altre non fosser riuscibili).


difatti un'affinit si

non pu legittimarsi

possibili analogie mitiche

e Cassiepea (poich l'ipotesi

dubbio da

un avvicinamento

eponimi o rappresentanti

primo

elementi

Cassiepea-Fineo

Quest'ultimo senza alcun

modo medesimo

"Fenice-Egitto,

nieri.

due

ele-

svibito

menti secondari quali Arabo ed Agenore, ed

le

come

due figure invise


"

millantatrice

dio tenebroso vinto dal Sole. Di pi poi per-

motivi dalla tradizione

352

I.

ANDROMEDA

addotti a spiegar la pena di

Tre

Fineo.

sono

avrebbe preferito una lunga vita alla vista


Elios (Esiodo

a Frisso

Ora

gli

Fineo avrebbe additato la via

Rz^.);

Fineo avrebbe ajutato nel viaggio fra

(ibid.);

Simplgadi
sgg.).

52

fr.

Fineo

offendendo

Argonauti (Apollod.

ovvio che

condo, e molto tardo

il

124; Apoll. R.

terzo motivo ricalcato sul se-

che

secondo posteriore

il

localizzazione di Fineo sul Ponto, e quindi recente


il

primo

questo motivo
il

antico.

pii

il

si

Ma

del pari

Arpie

prima

giacch

che

che

ovvio

alla

di

dove cominciar a sentir bisogno quando

sostrato naturalistico delle

inavvertito

le

305

Il

era

di

Fineo

sufBciente

legittimare la natura di lui e quella

di

Elios.

and
tutto

Non

pertanto improbabile che in quell'et comparativamente

non antica
stici

in cui

fin di

si

ebbero a cercar

motivare

l'antitesi tra

piacque l'aneddoto dell'offesa

al

dere, COSI piacesse (e forse per

gli spunii

novelli-

Fineo e la luce, come

prezioso

dono del ve-

una pena analoga ma

versa) l'aneddoto del vanto di Cassiepea punito nel figlio

Dell'invenzione unica traccia


esiodea. In

ci

di(1

),

rimarrebbe la genealogia

somma, pu darsi sia che Cassiepea e Fineo si


primamente per i motivi or ora supposti,

connettessero

sia che si connettessero poi, traverso

Fenice, al par del

quale Fineo era considerato eponimo di popoli stranieri.

Riassumendo ora
dagini,

in breve

veniamo a importanti

a) Cassiepea

(1)

Andromeda (Etiopi)

offre al
,

risultati delle singole in-

ipotesi

mito di

"

Perseo (ll)-Cefeo

(III)-

uno spunto, ed entra in quella trama

(pag. 346sgg.);
b)

Fineo

si

unisce a Cassiepea

(I)

per

lo

spunto no-

(1) L'ipotesi del mio maestro G. De Sanctis; la responsabilit dell'argomentazione mia.

CEFEO FINEO E CASSIEPEA

353

questa la causa della pena di quello

vellistico che trova in

linea secondaria, col marito di Cassiepea (Fenice),

o, in

come rappresentante
e)

Fineo

ad eroe solare

di genti straniere (pag. 352);

unisce a Perseo

si

(II)

come nume

del bujo

in linea secondaria, a Cefeo (III)

o,

come

rappresentante di genti straniere.


Di questo triplice rapporto rimangono le tracce
sibili

racconto

nel

a)

ferecideo

del

esiodea di Fineo;

nella genealogia

sen-

mito

di

e) in

Ferecide e

Perseo

specie nel duello tra Perseo e Fineo.

Se non che questa una matassa confusa di cui

sogna sceverare

conduttrici.

le fila

Un gruppo

bi-

s,

d'importanza minore, costituito dalle attinenze a sostrato

Fineo

etnico-geografico (tra
la loro

Fenice; Fineo

natura evidentemente tarda

che

tale,

Cefeo)

ove ac-

canto a una di esse se ne possa ravvisare un'altra a sostrato naturalistico o novellistico, a questa

preferenza su quella, in via d'ipotesi.

Un

da dar

la

secondo gruppo

costituito

da questo racconto, coerente e conchiuso

Cassiepea

vanta

si

e la divinit offesa la

punisce nel

figlio

Fineo (h); questi condannato a venir superato in duello

da Perseo

(e).

Un

Cassiepea

si

gruppo

terzo

quest'altro racconto,

esso

vanta; la

testimoniato in Ferecide
tico

il

secondo

riante su questa

coteste varianti

costituito

(=

Apollodoro)

esso suppone in vero e

pena

di

Fineo

pena medesima

non

affatto

(v.
:

sopra),

vale a

il

terzo

ipote-

una variante
e una va-

dire

Ma come

punita

il pili

da

conchiuso

Di questi gruppi

(a).

mito parallelo a quel dell'Arpie.

di

infine

coerente

Andromeda ne

figlia

Perseo libera la fanciulla

su la causa della

pure

tutto

un

l'esistenza di

improbabile nella ricchezza

produzione mitica originaria, cosi esso gruppo spiega

molto bene,

e insieme,

tanto la discendenza

Fineo da Cassiepea quanto


A. Ferrabino, Kalypso.

il

esiodea di

duello tra Perseo e Fineo;


23

354
discendenza

e duello

ANDBOMEDA

I.

che

potrebber bens giustificare

si

pensando per l'una a un errore

di genealogia, per l'altro

a una tarda aggiunta novellistica; con due ipotesi per

che non

saprebbero render ragione n della singolarit

ci

per cui l'errore sopravviene appunto tra due nomi che

uno spunto

ottimamente congiungere,

pu

mitico

della preferenza data a Fineo su ogni altro per farne

spunto

dello

protagonista

pu ammettere

il

Poich invece

novellistico.

solo ove sieno confusi ele-

l'equivoco

si

menti tra

s inconciliabili e discrepanti; e la preferenza

casuale

pu concedere solo quando

si

preferenza lo-

la

gica sia impossibile; dobbiam conchiudere che l'ipotesi


nostra,

pur non pretendendo di rispondere con esat-

tezza alla verit n di essere perentoria,

meno

modo che pare

nel

pili

semplice tutte

ultimo

nianze che sono a noi conosciute. E,

non

piccolo,

terzo, in

entrambi

figura di Fineo, in

vanta

Dopo

vantaggio,

Perseo,

il

si

la

cui Cassiepea

in

Andromeda

ad

accanto

Andromeda ne

(a-b), la figlia di

al-

secondo gruppo e

un racconto unico,

punita e Perseo

Fineo che ucciso da

la libera (b) col tradimento di

Perseo

il

quali eran Cassiepea

trasformandosi

fondessero,

si

intendere come

ci fa

spiega

le testimo-

(e).

le quali conclusioni,

conpid esattezza

il

non resta che da determinar

valore di alcuni trai personaggi secon-

dari cui la genealogia collega con Cefeo Cassiepea Fineo


e Perseo. L'Egitto e la

omerica

11.

/ 381

simboli di quelle regioni

Ma

59

M 93

I 1,

gi

noti

all'epopea

personaggi delle genealogie.

pi oscura la essenza di

RoscHEK Lex

son

Libia

Od. d 85 i 295; e sono trasparentissimi

102-4).

S'425

Se

si

Agenore
prescinde

(cfr.

da

Stoll in
II.

545-90 ove appare un Agenore

del trojano Antenore, con

A 467
figlio

una non dubbia consistenza

eroica, tutte l'altre testimonianze

come son tarde

cosi

CEFEO FINEO E CASSIEPEA

dan una scialba imagine

ci

355
persona, senza

di cotesta

a mala

attinenze chiare con miti, con alcuni dei quali

pena

collega per nessi insignificanti e punto caratte-

si

ristici.

Tranne

la notizia ([Plut.] de

un Agenore padre

di

nettersi con l'epopea in

modo,

qualche

Agenore argivo (Pads.

II 16, I

Fav. 145; Ellan. app.

scoi.

di

un Agenore

singolare

II.

75) o

di

figlio

Fegeo

2; Igino

un Agenore avo

(Pads. VII 18, 5)

re di Psofide

un Agenore

Ili 92)

II 1,

58

cfr.

Igino

fav.

244),

Ar-

in

etolico

figlio

Pleurone, genero di Calidone, zio di Meleagro


1

un

su

testi

14,2; Apoll.

Patreo eponimo di Patre in Acaia

cadia (Apollod.

9, 4)

fltiv.

di Sipilo, la quale potrebbe ricon-

di

(Apoll.

rendono non dubbia una

se

larga diffusione di quel nome, non son tuttavia sufficienti

a orientar con certezza sul centro

prender

l'Agenore etolico,

peloponnesiaco
e

il

da

siasi introdotto nella

nome

con Danao

di lui negli

discutere

problema consiste nel decidere

oppure se

la

se

il

genealogia di Cefeo

Fenice per motivi di contiguit geografica con

d'essi e

al

onde quella ebbe a

Poich non pu esser qui

inizio.

il

primo

presenza sporadica del

schemi del Peloponneso sia posteriore

nesso con Cefeo e con Danao. Ora, tenuto conto del-

l'esser la

genealogia di Cefeo e Fineo contesta o sopra

fondamento naturalistico-novellistico o sopra base etnicogeografica,

sembra da

preferirsi

la

congettura che

quest'ultimo caso rientri anche Agenore, in

rappresentante

dei

popoli

grossolanamente limitrofi
simboleggia

Agenore con
(cfr.

DuMMLER

di

che abitavano

qualit
la

in
di

Troade

quei del Ponto, cui Fineo

congettura che confortata dal nesso di


le

in

genealogie ove appajono

Cadmo

Pauly-Wissowa R.-Encl.^

Fenice

774).

L'indagine laboriosa che ora finisce conferma, secondo


a noi pare, quel che affermammo nell'inizio (pag. 342).

356
11

ANDROMEDA

I.

personaggio fondamentale

questo episodio mitico,

di

che come

personaggio

Cefeo, peloponnesiaco; l'altro

Cefeo ha valore naturalistico, Fineo, nel Peloponneso

dunque

diiFon,de:
il

Peloponneso

il

mito, se pure non quella ove

come

l'area,

si

crea. Fuori

Cassiopea "millantatrice,, e Andromeda, "maschia


del n^rog

vittima

in seguito

personaggi

della fiaba. Per quale intreccio di casi e


la

trama

cosi

quattro figure

credemmo
parve

serrasse e cosi

tentammo

rimane

risultato

ci

si

da quel-

da ogni altra stanno, o possono

fuori

si

si

dove s'informa

l'area

stare.

prima,

novellistici

poi

d'influssi

connettessero quelle

di concepire,

per ipotesi

ma

il

d'uopo convenirne, opinabile. Tale,

tuttavia di manifestarlo e sostenerlo

tesi rispondente,

meglio dell'altre

sia

fin

perch

qui difese,

a quei criteri! su la mitopeja che riteniamo validi; sia

perch

parve

ci

possibile al

di

(frr.

159. 160).

particolari di quel collegamento.

anzi tutto Erodoto VII 61, 2

A log nineio
T]v

il

nome
i

61)

di Perseo

Persiani,

non

tale scopo

fivroi.

AQtaloi. 'Enel oh

na^

K'^ifpa

(1)

atx&v

aq>(Ov

HeQaevg

confronti

si

'EKaovTO ndai

'E^viv Krjip^veg, vti

nal T)v 7t(iiox)v

aitov

non lontana.

ad alcuno. Importa solo precisare

far meraviglia

Ji [*hv

Che

bastanza presto collegato con

sia stato a

Te Kai

per s probabile, molto

e dalla probabilit certo

miti etimologici presso Erodoto (VII

VI. I

ed Ellanico
pu

non

tesi, se

meno,

Aavdt^g

xv B^ov, nal

'aj^e

d-vyatQa ^AvS^OfieS'Tjv, ylverai aUt^ nalg r^

oi!vo/A^a ed'ETO TlQarjVj

tovtov airov y^avasCnei

'

vy-

^ave yQ naig v Kt]<pEvg egaevog yvov. "Eni zovvov


oh T^v Titovvfiirjv ea^ov con Ellanico fr. 159:
'Aliala,
:

(1)

Sogg.

"
:

Persiani

MITI ETIMOLOGICI PBESSO ERODOTO ED ELLANICO

Ile^aixj %(JiQO;

[=

QOf*dag

niae Heoaei's, Ilegacag koI ^Av-

tiv

Stef. Biz. 'AQTala).

dano nel rieonnettere

nome

il

aevg presso Ellanico

Le due

notizie concor-

Persiani a un Perse {Usq-'

svista)

nel

ricordar

popolo un

nome

ritorna in

nomi persiani frequentemente


Meyee G. d. A.^
(cfr. E.

"

anteriore

Artei

la

presenza di questo

un nome

"

di

nome
Cefeni

pur

difficile

Ma

nel mito.
,

con cui

sarebbero stati noti presso

siani)

Artabazo,

l 2,

900. 924.

da principio

Erodoto

gli

Greci

in

ci

(=

Artei

Per-

cui per

riconoscer l'invenzione erudita v

ax^fiavi fiv&ov. Popolo di Cefeo eran,

tali,

quindi non v'ha alcuna difficolt critica a spiegar

di pili

non

quel

di

Questa forma che

,.

Artaferne, ecc.
929)

357

gli Etiopi

siani furono avvicinati dalla leggenda,


1' "

localizzata geograficamente

come

Etiopia

si

vide,

si

quando per Perseo

e Per-

era gi troppo

a sud dell'Egitto

perch fosse possibile un'equazione fra Etiopi e Persiani.

Bisognava pertanto, a designar

un termine diverso

sudditi di Cefeo, usare

da Cefeo

si

deriv

Cefeni

Questi, secondo logica, avrebber dovuto equivalere agli

Etiopi

concetto ritroviam difatti presso Stef.

e tale

Biz. Aifivrj (Aid'iOTiCa

FHG.

come

concepiti

GGM.

25, 4 e

Kri^pTivli])
II

'/otti;

diversi, cosi che la

per furon

saga la quale loca-

lizzava in Etiopia o in Fenicia l'episodio di

non parla

di Cefeni,

lizza fra

Persiani non parla di Etiopi.

mentre

l'altra

presso Ovidio), perdutasi

(a e.

ov'

il

bile).

materiale,

Va

v.

ma

si

usano indifferente-

si

II

etimologico

1104,

1,

trova alcun'ipotesi accetta-

pertanto ritenuto che Cefeni eran detti

siani dai mitografi,

mito

Solo pi tardi

Tupel in Roschkr Lex.

non

Andromeda

che l'episodio loca-

coscienza del vario con-

tenuto de' due termini, entrambi

mente. (Sui Cefeni

inoltre

(cfr.

in realt

375);

dopo che Perseo

insediato; e che

s'era

quel

fra

essi

Per-

per

nome non ha

358

I.

ANDROMEDA

quindi alcuna analogia con


Artei

lore,

l'altro

di

ben diverso

va-

(1).

Parallelo al

159

fr.

Xaaoi) Xaaoi

ol

il

160 di Ellanico

n^rsQov Krjcp^veg

(=

...

Stef. Biz.

Krjcpog oi-

nrt ^VTog, (Xigaievadifievoi ex Ba^vjvog, vatt^aav n


zrfg

xwQag.

y,al tjv

*XoyT]v sa^ov. Oiy.ti ^

X^QV

Ki^cpjvit]

Tiaserai, oS" vd-qonoi ol voiy.ovvTsg Kijq>rjvg,

XaSaloi.

soggetto di voTrjaav qual ? Dev'essere

Il

Xaaoi. Noi sappiamo che esistevan dei Caldei sul Ponto


(cfr.

Baumstark

in

L'omonimia con

Pauly-Wissowa R-E.^

Ili 2061-62).

Semiti di Babilonia non poteva non

indurre gli eruditi antichi a connetter, senza alcun altro

fondamento che verbale,

come quei
questi

si

che tutti

noti,

occupavano

RoscHER Lex.

Se dunque

Ili 2,

rive

le

quel mare

di

dominio

il

di

Fineo

(cfr.

erano
Jessen

2370-1); e da Fineo rappresentati.

Caldei del Ponto venivan dal sud (Babilonia)

quindi

alla regione

migrando occuparono

ch'essi

nome

conveniva dare un anteriore

questo

si

poteva sce-

gliere dal mito di Fineo. Nel mito, Fineo fratello

Cefeo: tra

Cefeni, adunque.

feni vennero assunti a

popolo su cui
lonia,

VII.

pide.
ci

si

nomi

Ed

di

ecco che Cefenia e Ce-

pristini della regione e del

sarebbero insediati

da Babi-

poi, fuor

Caldei.

frammenti
Su

dell'

framm. che

son pervenuti

(1)

da

popoli (Tini Mariandini Paflagoni ecc.) che fino

da alcuni supposti sotto

e se

gran lunga pi

fecero derivare gli abitanti sul Ponto. Se non

alla Colchide

in

due popoli lontanissimi. E,

di Babilonia eran di

che

si

come quello

Andromeda

di Euri-

questa tragedia euripidea

trovan raccolti presso Nauck

Su questo punto sono

dello Stein

"

di

del

insufficienti cosi

il

Macan a Erodoto.

cemento

FRAMMENTI DEtL'" ANDROMEDA

FTG}

392 sgg. furon tentate

zioni della tragedia

cfr.

piti di

359

DI ECUll'IDE

una volta

ricostru-

Matthiae Eurip. fragm.

(1829),

Wklckek Die Griechische Tragedie II (1839) 644 sgg.,


Hartcng Eurip. restitutus II (1844) 344 sgg., Wagner
fragni. Eurip. (1846) 646 sgg., Fr. Fedde De Perseo et
Andromeda (diss. 1860) 11 sgg., P. Johne Die Andromeda
*

des Euripidea in

Elfter Jahresbericht des K. K. Staats-

Obergymnasiums zu Landskron
Wernicke Andromeda
E.

Kuhxert Perseus

Roscher Lex.

in

Wecklein in

H.-Phil. Kl.

4 febbr. 1888

Andromeda

Sitz.-Ber.

Di tutte

K.

d.

des Euripides in

1907 pag. 48 sgg.

Bhmen

in

(1882-1883),

in Fault- Wissowa R-E.^

''

Ili 2,

2156

1996

Akad.

Bayr.

sgg.,

sgg.,

Wiss.

d.

Edwin Mller Die

87 sgg.,

Philologus

LXVI

(N. F.

XX)

(1).

le trattazioni citate

scopo ricostruire la tra-

gedia frammentaria per modo che ne

riescan

fissati

singoli episodi nel loro succedersi, la struttura comples-

siva nel suo

organamento tecnico

varii personaggi.

Ma

e scenico, le parti dei

appunto perch tale

il

loro fine,

n pur una fra esse riesce a liberarsi da una duplice


inevitabile contraddizione. Anzi tutto mentre pacifico

oramai che Euripide

si

deve essere

pili

men

libera-

mente allontanato dallo schema mitico tradizionale qual


riprodotto in Ferecide e che

deve aver pi o

fondamente rielaborato non pur


le diverse figure,

per contro

si

la

si

pro-

anche

tende da tutti a far coin-

cidere quanto pi e meglio possibile


il

men

trama tutta

frammenti con

racconto ferecideo, ripugnandosi ad ammettere nei par-

ticolari quella libert che in generale si

concede

al

poeta

(1) Pel rapporto coi vasi dipinti, cfr. J. H. Hcddilston


Greek Trag. in the tight of vases painting (London 1898)
23. 35; con le antichit sceniche, Engelmann Arch. Stud.
zu den Trag. (Berlin 1900J 63 sgg.

360

I.

ANDROMEDA

tragico. Inoltre laddove riesce a chi che sia impossibile

dar ai ditferenti attori del

non

dramma un contenuto

derivi dallo studio dei frammenti,

punto

si

qual

il

frammenti ap-

distribuiscono poi tra gli attori in

armonia a

quel contenuto che in questi avevan fatto pensare essi

medesimi.

Uscire da questi circoli viziosi,

mentali

e in cui altri

io credo, se

raggruppare

minori

non ponendo
i

che sono

assommano,

si

alla ricerca

un

fonda-

non

pu,

si

altro scopo:

il

frammenti intorno a ciascuno dei motivi

e degli spunti di

sentimento e di pensiero onde la

tra-

gedia doveva vibrare e onde sembra vibrasse dai pochi


suoi

avanzi.

Non

dunque che interpretare

resta

scer-

nere.

framm. 150-152-153 debbono venir

lasciati in disparte

per l'ambiguit della loro interpretazione: giacch se b


innegabile che in essi asserita la instabilit delle

vicende e l'incostanza della fortuna, non

pu colorire assai bene

tale asserzione

di

Andromeda

offerta

preda

al

x^zog

men

umane

vero che

cosi l'angoscia

come

l'ansia di

Perseo, cui Cefeo neghi la figlia in isposa, o Fineo tenda


insidia sbito dopo l'esultanza pel trionfo. Del pari
si

il

151

conviene tanto a un discorso di ammonimento rivolto

a Cefeo o a Fineo per distoglierli dall'^a^rm; quanto

a uno indirizzato a Cassiepea,


la figlia.

framm. 119-122

una situazione
tale

di

vece

lasciano

trasparire

tragica,

ma

non

dedurne conseguenze sul resto del

debbono pertanto

scopo, omessi.

cui vanto deve scontar

il

di fatto piena di forza

da permetterci

dramma:

in

essi

pure venire,

menti 145-148, che tanto svelano

nostro

al

quasi lo stesso da ripetersi per


in parte l'azione

fram-

quanto

8on vuoti di contrasto passionale.

n primo gruppo
124-132. Perseo

che attira la nostra attenzione quello

giunge

volando

traverso

l'aria

a una

FRAMMENTI DELl'

"

ANDROMEDA

DI EURIPIDE

361

terra di barbari (124); scorge sbito, su la riva del mare,


TteQQQVTOv (pQ(p &ad(jat]g,

una vergine, nag^vov

eixo)

Andromeda (125). I versi che seguono (126-132) non


possono non appartenere, com' concorde giudizio, a un
riva,

colloquio fra Perseo

che

tra la situazione

Andromeda. Ora sembra chiaro

124-125 e

il

colloquio 126-32 dev'es-

sere troppo stretta attinenza perch

Cefeo.

sia

possibile pen-

un abboccamento tra Perseo

sare tra l'una e l'altro

quale pertanto da escludere prima del

Il

loquio tra

il

col-

giovine e la fanciulla. Del colloquio, ora,

frammenti specialmente:

attirano lo sguardo due

129,

primo Perseo chiede ad Andromeda qual com-

132. Nel

penso egli potr avere dopo la sua vittoria contro la


belva

avere da

{eiofj ftoi ;ifa()tv/): e

dromeda

offre,

si

ette riQaitoov

lei.

Nel secondo An-

ed questo da ritener

&eig

il

elY aoy^ov ehe

compenso,

f^coi'...

Da

entrambi risulta chiarissima, sgombra d'ogni possibile


dubbio, l'intuizione artistica di Euripide: per cui da un
lato Perseo chiedendo, in garbato

dromeda mostra

modo, l'amore

di

An-

di ritenere ch'ella gli si possa concedere;

dall'altro lato la fanciulla promettendosi

della propria

nersi libera nel disporre

mostra

di rite-

persona. Onde,

confrontando questi incontrovertibili risultati con Apoll.

(=

Febecide,

aduevog

Krjq>st T

V.

44 (TavTTiV ["AvQOftSav]

1) II

HeQaevg Kal
y.fjTog, el

gaad'elg,

vai^i^asiv

^kXei a&etaav adtrjv aiz(p (asiv

yvvatxa) appare, in tutta la sua profondit,

panza tra
il

patto

si

le

d'ea-

vna'x^szo

due forme del mito:

stringe tra

la quale le nozze si

la

due giovini

promettono da

la discre-

Euripidea, in cui
la

Ferecidea, per

Cefeo

su Cefeo

grava l'importanza della deliberazione. Per conseguenza


bisogna conchiudere

che

dopo

il

colloquio tra

camento

come non prima

cosi

non

due giovini, avesse luogo l'abboc-

tra Perseo e Cefeo; o pure, avvenendo, avesse

3G2

ANDROMEDA

I.

esso tutt'altra importanza che presso Ferecide ed Apol-

forma diversa. N

lodoro, tutt'altro contenuto,

obietti

si

che la tradizione posteriore concorde nel serbar quel-

l'abboccamento

com' presso Ferecide

serbarlo

e nel

poich tal fatto deve, di fronte


zione svolta or ora, indurre

alla

pili

logica argomenta-

ad affermare la

tosto

genialit innovatrice di Euripide non esser stata imitata

che a negar fede a conseguenze logiche di premesse certe.

Un

secondo grappo che dev'essere studiato nel suo

sieme costituito dai framm. 134. 135. 137.


dividono sbito in due

143. 149. Essi

si

nendosi l'una

all'altra.

un vanto del

La prima

contrappo-

(134. 137. 138. 143. 149)

valore, degl'ideali, della nobilt spirituale,

che s'origina per un ardimentoso slancio del-

di tutto

l'animo {d'Qccaog Tov vov)

il

fr.

eXa^ov on avev noXXiv nvcav)


vinezza {vezrjg
alle ricchezze
Q}fiv(v)

134 e

fama conseguita con

lare esaltano la

felicit.

serie,

fi'

jiTlQe..); il

149 in partico-

il

fatiche (svKeiav

con rigoglio di gio-

137 e 138 contrappongono

un nobile amore {yevvalov X^og

il

143 afferma

La seconda

il

...

a&Jv

denaro insufficiente alla

una dichiara-

serie in vece tutta

zione di preferenza del denaro a ogni altro bene

vero non solo soffre

non

ma teme

di

se schiavo stimato (ta

tiXovtGv vfiQ 142^ 2) laddove


ad'vei:

onde di tutta

verso ultimo del

fr.

la serie

142

continuo

il

dovog

154

lo

il

ricco

libero bisognoso othv

pu esser conchiusione

il

aavzv e^vex'

XQvaov vfii^s

anche

posto

ove per venga letto non nella forma in cui

Nadck

404, che inintellegibile,

ma

nell'emen-

crii.

Kaz

MnsGBAVE nsvv

yijs r/*d)ff'
^fl tig

po-

yQ tC/Mog

dazione del Hkrwekden Exerc.

yQ

il

futuro, che

(135"); il

S)v

etvxeIv. Fra queste due serie pu trovar


il fr.

il

grave del presente

gli rechi dolore pili

anche

in-

138. 142.

l'awg

del

35 t

sTvxtv XQ^^^- Cosi letto di

^ijv cpvza ae

fatti

y'

'

esso

5vav
as-

FBAMME^TI DELl'

3omma bene

in s

il

che furono esaminate

fama

la

il

ANDROMEDA

"

contrasto delle due

mento

aborre dal morire e non

pu questionare, ove

si

non trascura

dopo morte conforta l'egregie opere

la quale

materialismo gretto che nella

Ora, se

opposte

serie

tra l'idealismo che

363

DI EURIPIDE

vuole

vita

il

scorge pi oltre.
voglia, su

si

godi-

l'attribu-

zione di tutti cotesti framm. ai singoli personaggi, non

pu in vece dubitarsi su

la realt del contrasto passio-

nale che abbiamo delineato. Su questa certezza

si

deve

dunque, a mio avviso, costruire una parte della trama


del

dramma

tralasciando del tutto

troppo mal sicuri


Terzo spunto

ci

il

litigio su

quei punti

e fors'anche inutili.
offerto

il

fr.

141

v&ovg aiSetv'

y) Ss TiaSag oiy. cj

yQ oiv vieg veelg

T)V yvrjaiitv

vfKp voaovai

'

S ae (pvXd^aad-at, yQE<hv.

Del quale due interpretazioni sono filologicamente possibili: 1.

de' figli

non voglio che tu Andromeda prenda (=

illegittimi

(=

prenda

2.

generi) de'

"

non voglio che

figli

illegittimi

sembra preferire questa seconda;


maticamente
alla prima.

avvicinare al

Ovidio
"

non senza ironia

Anzi tutto per

si

il

,.

tu

Il

sposi)

Andromeda

Wecklein 92

Kdhnert 1999 dom-

la respinge, e si attiene

osservi ch' fuor di luogo

Metam.

fr.

141

te

pennae, nec falsum versus in aurum

il

verso 11 del

delle

di

Nec mihi

Juppiter eripiet

Giacch in questo v' un'allusione bens alla paternit

ma non

divina di Perseo

biasimo

biasimo che nel

[vd'og),

e a chi che sia riferito,

cosi fatta
fr.

da equivalere a un
,

comunque

indubbio ed esplicito:

v'

inteso
pi

364

Dio che gener Perseo e che Fineo

tosto un'offesa al
sfida

v', in

ANDROMEDA

I.

somma, un riconoscimento a bastanza

ghiero dell'origine nobilissima onde

si

vanta

ravvicinamento fatto non vale, per decidere tra

il

non restano che due

possibili interpretazioni
il

dramma

nell'insieme del

fr.

nelle condizioni sociali di

Ora

v&oi hanno a

vie:

porre

il

l'inquadrarlo

sul finir del

cisce l'inferiorit dei

soffrire

sec.

non una consuetudine

una legge. Non

simile, bens

yvi'jffioi.

Atene

Se

due

le

141 insiste esplicitamente sul v[A,og in forza del

il fr.

quale

mito

e del

lusin-

l'eroe.

vd'OL

solo.

Tal

legge

confronto con

in

applicabile a Perseo questa sanzione

di Zeus che torna a Serifo e poi

san-

Tialeg

? al figlio

ad Argo trionfante, per

regnarvi, senza fratelli, rampollo unico di sua stirpe dopo

la cacciata di Preto ? Certo che no.


ai figli di

una legge
n.

cfr.

meda
ch'era

n. 1)

pone

figli

di

etiopica) nella condizione

il

tal

si

ricorda che

(De Sanctis 'At&lg'^ 470

di Pericle nel 451

215

menta che

applicabile in vece

Perseo e di Andromeda? Se

una straniera (Androdi v&oi; se

ram-

si

legge periclea ne amplia una soloniana,

riconoscimento giuridico d'una consuetudine di

cui gi in I 202

tutto pei re;

si

traccia

che valse anche e sovra

deve rispondere che

si:

che cio

a Perseo da Andromeda, avrebbero nel diritto

nati

ateniese

potuto trovarsi e come uomini e come principi in condizioni inferiori a petto di altri eventuali naleg yvfjatoi,.

N
il

si

dubiti che la legge di Pericle

suo vigore nel 412. Tutt'altro

ceva rappresentare
il

gli

Uccelli

non avesse pi tutto

nel 414 Aristofane fa-

ove al

v.

1660

si

richiama

decreto di Solone a proposito a punto di Eracle

^vrjg

HPA.

ye

yvvaiKs (1651):
y vd-og

&v ye

ivrjg

tu yeig

ywamg

IIEI. ah fivroi

vrj

Ala,

FKAMMENTI DELL'

HPA.

Ti

S\

^ano&vfjayiv

IIEI.

odvog Iloasictv TtQtTog, bg


vd-^eiaC aov tv Tcar^ipcov

Se

Non

S]

quindi

DI EURIPIDE

365

vf.iog

adrv ok

ae vvv,

TiaQet,

')(^Q]j.vxv

ecpg atvg elvai yviqaiog.

q)d(jno)v

QJ

TtaiiQ fwl i(p xh yqii^axa,

jv

vd-cp

ANDROMEDA

"

Kul Tv 2)vg aoi vfA,ov

kt.

'

da dubitarsi che Euripide poteva senza

esser frainteso dagli uditori alludere alla legge ateniese


sui figli di straniera.

D'altra parte non mancano ragioni

per ritenere che a quella legge egli doveva alludere pi


tosto che all'altra su

v&oi nel senso pi largo. Questa

troppo normale

di fatti era

ovvia e antica perch po-

tesse pi meritar l'accenno del poeta turbato da' problemi


sociali; quella

per contro era

nociva agli

e singolare e

interessi di molti e alquanto recente. Qui era

il

ndd'og;

l no.

Riassumendo,

gli unici contrasti

di passione

framm. risaltano con certezza sono:

dromeda

Perseo nella sua prepotente e individualistica

libert; 2. l'urto fra l'idealismo e la grettezza


listica

che dai

l'amore di An-

1.

3. il

materia-

rincalzo che la quistione giuridica e sociale

d a quell'urto in favore della grettezza pratica e contro


lo slancio spirituale.

parte, e qual parte, del

problemi minori

dramma; come

loro Cefeo e Cassiepea: posson

se

Fineo sia

differiscano fra

risolversi,

ma

con con-

getture esti-emamente mal certe.

Una

quarta, e ultima^ linea del quadro

stene] nei suoi Catasterismi


e

l'amore in

Andromeda

il

d [Erato-

ci

contrasto fra l'affetto figliale

(cfr.

[Eratost.] Catast. 17 'Av-

dQOfiSa).

Ora, se

si

tengon

presenti

non potr cader dubbio


fr.

sul

conflitti

momento

cosi

cui

delineati,

compete

il

136, che solo, io credo, merita di venir assegnato al-

l'uno pi tosto che all'altro punto della tragedia:

366
6'

ai)

d'eiv

ANDROMEDA

I.

TVQavvE yiv&QiTiaiv "K^cog,

xa (paCvead'ai Had,
^
^ TOg gaiv Eizvji^g avvenTtvei
fA.ri

dldaarKe za

fix&ovg &v ah ijfiiovQyg

f^ox'd'ovai

Kal vavza f*v QcJv ri/iiog d'vr^TOg


[l]

Sqwv

et.

(1) ?atj,

vk aizov tov iSdaxea&ai

'

(pielv

q)aiQs&tjafi ydQttag alg rifiai ae.

In genere

il

si

fr.

attribuisce a Perseo,

battimento col K^Tog:

Moller 61

97,

Fedde

cfr.

e n. 61.

31,

prima del com-

Johne

quali intendono

12,

Wecklein

iA,%d-oi di

cui

Eros causa in senso del tutto materiale. In vece, a chi

tenga conto della concezione che Euripide ha dell'amore


(cfr.

e.

p.

W.

Nestle Euripides pag. 222) appare molto

pi dicevole l'interpretarli in senso psicologico e

riferirli

Andromeda incontrano dopo


Se non che i critici citati sogliono

ai contrasti che Perseo e

l'uccisione del nfjiog.

addurre per loro argomento Luciano de conscr.


FiLosTRATo im.

29.

Il

primo

fiQsi (2) SiE^f^eaav nal fisav] i^v

Tiig ^qv TidvTWv

-fj

aal ejiTJv xv ^oftaiiov Keivoiv zQayqiv


d-ejv
Tfj

liQavve x.vd'Qbmv "EQog

qxvf]

va^owvTtav

frequenza la

^iiaig

Kz. Ora,

1 e

kist.

tov Uegatg ^ijatv v

tv

che

Kal r
si

"

Xa

2v

d' (L

(Aeydrj

recitasse con tanta

invocante Eros in una et ch'era

sotto l'influsso alessandrino

non dice nulla quanto

al

posto che nella tragedia la ^'^aig occupava; ma, se mai


dice qualcosa

a favore della nostra tesi

perch

le

parole di Luciano, lasciano intravvedere una interpretazione,

da parte degli Abderiti, tutta intimamente passio-

nale della preghiera all'Amore. Quanto poi a Filostrato

testo

(1)

Il

(2)

Sogg.

"

ha

d'eolg; la corr.

gli Abderiti

,.

proposta dal Dobbeb.

l.

FRAMMENTI DELL'

"

ANDROMEDA

ben pi esplicita: xal yQ


HsQasvg tiq tov 'Qyov.

c, la sua testimonianza

vE^deio

sdx'iv

Ma

367

DI EURIPIDE

"Egcaii

rtp

deve essere rettamente intesa. Sul cratere di Andro-

meda

Mus. Inv. 2337 (Bethe in

del Beri.

XI

posteriore

nW Andromeda,

"

Jahrb. d.

sec. e di

poco

rappresentata Afrodite

nel-

1896), ch' della fine del

Arch. Inst.

d'incoronare Perseo. Che significa? Par chiaro che

l'atto

ha voluto a quel modo esprimere con

il

pittore

il

sentimento ch'era

mozione pi forte per


sentare la

la figura

sostrato della tragedia e la com-

il

gli spettatori.

Di

poi,

Dea dell'amore accanto a Perseo

il

rappre-

Andromeda

divenne parte de' motivi tradizionali di decorazione.

Filostrato, ch'e sotto l'influsso di quelli, fa difatti scio-

glier la fanciulla dai

Eros.

anche
ci e

legami ond' avvinta, appunto da

questa medesima corrente tradizionale dovuta

la frase

riportata

ha

dianzi, e

non ne ha nessuno per

gedia. Probabilmente qualche scena

Amore

o,

che fa

data da Perseo

lo stesso,

lo

stesso valore:

la ricostruzione della

tra-

dipinta raffigurava

Afrodite benignamente guar-

Filostrato ne ripete

il

motivo

ne d

la

sua libera interpretazione imaginando l'eroe che prega

la

Dea prima del duello.


non ha nessun

Filostrato

Mentre dunque

silenzio di Ovidio. Questi segue {Metani.

da vicino Euripide;

si

il

testo di

valore, molto significativo

IV 672

il

sgg.) assai

trova in oltre sotto l'influsso dell'a-

lessandrinismo che delle scene e situazioni erotiche molto


si

compiace; aveva quindi

vocazione ad Eros.

apparteneva
patto

dei

Non

al conflitto

impulsi a ripeter

forti

la ripete.

nato

giovani, perch

dall'opporsi

questo

si

spiega,

se

perch in Ovidio
svolto.
Bvolt

si
il

fa

precedere

duello rimasto

Conchiudendo per tanto,

genitori

al

Ovidio

ha

conflitto

soppresso, cosi che gli venne anche

Non

l'in-

ci si spiega, s'essa

soppressa la
il

fr.

136

^'^ais-

al duello,

ed ampiamente

da tener fermo a quella

368

I.

ANDROMEDA

attribuzione di esso framm. che

pi ovvia,

fin

dal principio par la

conosca la trama sentimentale

chi

della

tragedia.

La quale

ci

sembra

cosi ricostruita in quei limiti che

dagli stessi frammenti vengono imposti.

Vili.
p.

Euripide nel 412.

60 sgg.) di ricostruire

le

Abbiamo tentato

(sopra

tendenze pi spiccate dello

spirito euripideo nel 412 a. C. valendoci deVEIettra (413)


e

eWElena

(412).

Naturalmente talune delle affermazioni

intorno a quel problema valgono, o dovrebbero valere,

Ma non

per la complessiva persona di Euripide.

opportuno n

una

di riferire

impegnar minuta discussione su

Decharme Euripide

soltanto a:

(Paris 1893);

credo

bibliografia compiuta n di

Verrall Euripides

punti. Rinvio

singoli

V esprit de son thtre

et

(Cambridge

the rationalist

1895); Nestle Euripides der Dchter der griechischen Aiif-

Masqueray Euripide

klrung (Stuttgart 1901)

(Paris 1905). Questi libri

(1)

di trattazione e larga
il

torto,

con

gli altri

di voler ricostruire

Euripide

vi si

trovano

un presupposto sistema

citati,

filosofico di

indi la tendenza a catalogarlo, dividendone lo

esso spirito, ch' la sola realt.


in Croiset
;

ides

conoscenza del materiale, hanno

numerosi che

va perduta la vita

spirito sotto varie rubriche. Cosi

246

et ses

per, notevoli per ampiezza

"

Journal des Savants

tung usw. ed Hera1cles~. Per

Bruhn

(1887) 314 sgg. e L.

Jahrbb.

di

osservazioni sono

VII (1909) 197-205 e

come sempre, nel Wilamovp'itz

acuti rilievi,

ripide v. E.

Fini

Einlei-

le allusioni storiche di

Eu-

Supplb.

XV

f.

class. Phil.

Radermacheb

"

Rh. Mus.

LUI

(1898)

(1) Per ragione di tempo, non ho potuto vedere


recentissimo voi. di G. Murray Eur. and his age.

i!

BUBIPIDB NEL 412

508.

Il

369

recente libro di H. Steiger Euripides, seine Dich-

tung und seine Personlichkeit

(=

"

das Erbe der Alten

Heft. V, Leipzig 1912) rappresenta senza dubbio un buon

tentativo

per

delineare l'ardua figura euripidea;

ma

a mio credere, viziato per un lato da poca profondit,

per

l'altro dal parallelo costituito fra

Euripide ed Ibsen;

parallelo che di poco rilievo dove pu farsi con cer-

tezza (cb molti altri

gamente);

e di

se

nessuna

ne potrebbero
utilit

istituire analo-

dove l'autore vuol

at-

tribuire a Euripide caratteristiche testimoniate solo per

Ibsen (che in ci arbitrio). Pregevolissime sono

pagine

di E.

Schwartz Charakterkopfe

ratu'^ I (1910) 36-46; le

a. d.

sue intuizioni

poche

colpiscono, se-

condo a noi sembra, quasi sempre nel segno


solo bisogno di

le

antiken Lite-

avrebbero

uno sviluppo, che sarebbe anche appro-

fondimento, maggiore.

A. Fkrkabiko, Kalypso.

24

CAPITOLO
Il

I.

IL

Demetra

culto di

in Erma.

Sul notevolissimo culto siciliano di Demetra e PerEnua

sefone in

si

combattono due

teorie.

L'una soste-

nuta dal HoLM Storia della Sicilia nell'antichit (traduz.


I

172 sgg. che ritiene preesistente

culto della sola


cily I

Demetra;

169 sgg. 530,

Persefone.

L'altra

E. CiACERi Culti

alle

la

quale preesistente ritiene anche

il

teoria
miti

sostenuta

nella

Storia

sovra

questi difatti,

tutto

dell'antica

da

Sicilia

pur non

verisimiglianza di un culto siculo alla

Dea

Dee, afferma di non saperne trovare indizio vera-

mente probante,
il

il

dal Fkebmax History of Si-

(Catania 1911) 3 sgg. 187 sgg.

negando

ital.)

all'influsso greco

di esser invece costretto

a riconoscere

carattere del tutto ellenico di esso culto nell'et sto-

rica e nelle nostre testimonianze.

non possibile derivazione del


da Megara Iblea;

dove

L'argomento fondamen-

combattuto

tale addotto dall'una parte, e

dall'altra, la

culto ennense
il

da Siracusa

Ciaceri addita nel fiorire

della potenza Agrigentina 'sotto Falaride e Terone la via

per esso a penetrare e

radicarsi nell'interno

dell'isola.

372

II.

Per

lui di fatti

Due Dee

delle

CULTO DI DEMETEA IN ENNA

IL

da Gela ed Agrigento

mito

il

culto

il

sarebbe irradiato, in Enna nel VI sec,

si

in Siracusa nel V.

Se non che pare che

in

modo

tal

il

problema

posto con poca precisione. Chi difatti nega


entrato in

Enna per opera

un

non

cultuale

sottostrato

sia

culto esser

di Greci gi nei principi! del

sec, pretende assai pi che

tesi di

il

sia

necessario

Chi per

siculo.

alla

contro

compara-

traccia possibili vie di penetrazione in epoca

tivamente tarda, dimostra assai meno che non sia necessario per rifiutare quel sottostrato. Qui pertanto

l'e-

same merita di esser ripreso. E poich le nostre testimonianze vertono sopra il culto ennense quand'esso ha
gi assunto foggia greca, non resta da prima che esa-

minarne

gli

elementi

s'essi rivelino o

ma

pari ennense,

caratteri

interni, per scoprire

neghino la preesistenza d'un

culto,

del

pre-greco. Solo dopo, se la prima ipo-

da determinare,

tesi si avveri, sar

dentro

limiti

ap-

prossimativi, quel vetustissimo sostrato mitico e cultuale.

I caratteri

II.

del culto ennense nell'et storica.

Sottoponiamo dunque in primo luogo


con cui

noi,

traverso le fonti, nell'et storica.

il

culto e

da

trova raccolto

L.

il

ad analisi

mito ennense

teri

si
Il

Bloch in Roscher Lex.

carat-

presentano a
materiale
II 1,

si

1284 sgg.

e a lui facciamo rinvio.

Scartiamo

il

giudizio di

mezzo anzich per

terzi

Zeus che

come

metra (v.446). Questo particolare, che


dice

siciliano-alessandrino

,,

dizioni agricole di Sicilia, in

men dura

sotterra;

ma

divide l'anno

pel

De-

nell'/nno
il

non pu
cui

omerico

Bloch

(col.

1319)

riferirsi alle con-

anzi

il

seme

(Cora)

d'impronta letteraria alessan-

drina, tendendo a rilevare la giustizia del Dio.

Ma

quando

la tradizione

fa

rapire

Persefone

presso

373

CARATTEEI DEL CULTO ENNENSE NELl'eT STORICA

Enna

e solo presso Siracusa, vicino alla fonte Ciane, la

Timaios' Geogr. des Westens


104-106;

cfr.

"

il

409

mito secondo

necessario

come

compor-

si

esigenze politiche di essa diffu-

le

8on ricordate statue e arac di

CIL.

venerata la Dea; in

Ipponio era

del

diffusione

di

Ora l'esempio della

citt di Ipponio utile a dimostrare

sione.

XIII pag.

sgg.).

centro

culto di Proserpina nell'isola e fuori.

il

= Geffcken

valore di questo particolare essenziale.

Si sa che Siracusa fu potente

tasse

3-4

Philolog. Unters.

Ovidio Metamorf.

intender tutto

Diodobo

fa scender sotterra (Timeo in

39

D'altra parte Siracusa

lei.

vantava antichissimo culto di Demetra. Per conciliare


l'uno con l'altro culto,

serpina
(Steab.
il

si

era

mito narr che ad Ipponio Pro-

il

recata

dalla

primato a Siracusa.

(cio) evidente che

il

per

Sicilia

vi 256): conserv tuttavia

coglier

fiori

quel che importa

Per Enna avviene

il

contrario:

mito siracusano, perch deve

spettare una tradizione autorevole che

Enna, non osa far rapire presso Siracusa Persefone,


deve accontentarsi

di

farla

ri-

pone in

ratto

il

ma

presso Siracusa discendere

all'inferno.

Al risultato medesimo conduce anche


(DioD.

il

Timeo

testo di

Geffcken 105) su Atena ed Artemide che

avrebber accompagnata Cora nel raccoglier

e con-

fiori

seguita rispettivamente la signoria di Imera e dell'isola


Ortigia mentre

Demetra conseguiva quella

Enna. La

di

presenza di Artemide e Atena nell'antologia


orfico (v. sotto pag. 389).

La testimonianza

dunque legittimamente supporre che

di

in Siracusa si adat-

tasse alle condizioni politiche e cultuali indigene

colare

motivo

Diodoro fa

un

parti-

non indigeno. Per questo adattamento sembra epoca

assai propizia la seconda

met

del

sec, in cui pi

ef-

fettivamente ebbe valore l'alleanza tra Siracusa ed Imera


contro gli Ateniesi (Beloch Gr. Gesch}

Il 1, 322).

Checch

374
ne

li.

IL

CULTO DI DEMETRA IN ENNA

resta certo che, rielaborando l'episodio dell'anto-

sia,

non

logia, Siracusa riconosce,

solo

minante in Imera, non solo d


Artemide

il

Atena predo-

culto di

rilievo al proprio culto di

(sui quali v. Ciaceri o.

ma

156. 165);

c.

si

ac-

concia a sanzionare la supremazia del culto di Demetra

in Enna.

secondo

a un dipresso nell'epoca in

ci proprio

p. e. Ciaceri 193,

perar per fasto quello ennense

Roma

fetto della politica di

grande importanza
Il

cui,

culto siracusano doveva su-

il

"

prima cio che per

culto di

il

ef-

Enna assumesse

(Ciacebi 191).

valore di questi forzati riconoscimenti del culto en-

nense da parte di Siracusa

dal

(fin

sec,

come sembra)

V 462 sgg.

appare a pieno dopo aver esaminato Ovidio Met.


Quivi

del ratto

narrato

difatti

prima

la

come Demetra

apprendesse

rende accorta la Persephones

zona

abbandonata su l'acque della palude siracusana Ciane;


poi Aretusa, fonte dell'Ortigia, le racconta d'aver veduto

Cora nell'Ade. In somma. Ciane e Aretusa tengono presso


Ovidio

luogo che neWInno om. a Demetra hanno Ecate

il

ed Elios.

XLV

Bloch

L.

significato

o.

1317, 65 sgg. ritiene "priva

c.

questa forma del mito

513 sgg.

(1910)

la

spiega

poeta pel desiderio di narrare

quali

ai

la

Roschee

in

maggior parte delle

ficio

d'informatori presso

saghe,

in

scoi.

Aristid.

Aristof. Cavai. 698,

Mit.

Inno
il

se si

omerico,

Sole, l'occhio

che

vede nella

2 spec. 1888),

eccettuati

in

parte

(v. sotto),

sostituiscono nell'uf-

Demetra

figure

e sopra tutto pi attinenti ai

leos

Luna,

Roscheb Lex.

Fasti ovidiani IV 575 sgg.

del

arbitrio

significativa,

dell'

non sono evidentemente che

(cfr.

di

Malten "Hermes,

come un

molto

due personaggi

che tutto vede nel giorno, e la


notte

L.

due metamorfosi di Ciane

le

e di Aretusa. In realt essa

ricorda che

Panai.
Vat.

pi

singoli luoghi.

2,

1816
96;

concrete
Cosi Ke-

(Frommel),

scoi.

Trittolemo

in

375

CARATTERI DEL CULTO ENNENSE NELL'eT STORICA

Paus.
Patr.

14,

Claud.

3,

36

gr.

0.

e.

Ili

Nonno appr. Mignk

52,

ad

Tzetze

pag. 1019,

Opp.

Es.

33;

cittadini di Ermione, secondo Apoll. I 29, scoi.


Kabarnos,
785, Zenob. Prov. 17;

Arisi. Cavai.

della famiglia sacerdotale dei Kabarnoi (Hestch.

presso Stef. Brz. s.v. IldQog, nell'isola di Paro;

santhis figlia di Pelasgo in Argo,


cittadini di F ne o (Arcadia),

giusta Paus.

v.)

s.

ChryI 14,

Coy. Narr. 15 app.

Fozio Bibl. cod. 186. Di fronte a cosi numerose analogie

Aretusa nelle parvenze d'infor-

difficile sostenere che

matrice sia un'invenzione arbitraria di Ovidio e non pi


tosto appartenga alla saga siracusana

che presso

la

non lontana Ciane

scesa nell'Ade, e che narra

anche Ciackei

(su cui V.

o.

il
c.

a quella

medesima

avvenire la di-

fa

mito di Aretusa ed Alfeo


246).

fa ostacolo

le

significa

solamente ch'esso

di pretta

non

ammette che Ovidio

Aretusa informatrici,

Enna,

in

si

la

fu accolto con favore in altre tradi-

si

con

ci

predominio del-

zioni mitiche (1) e nelle elaborazioni letterarie. Se

l'insistenza

natura locale

che, in parte per tal motivo, in parte pel

l'Inno omerico,

fatto

il

Metamorfosi narrano quel particolare

che solo

ci

la

dunque

riproduce, a proposito di Ciane

saga siracusana, appar chiara

quale, accettato

colorisce poi tutto

per

forza

il

ratto

resto del racconto in

il

senso siracusano.

Anzi per capire ancor meglio

il

valore di questa con-

siderazione va rilevato che un tentativo mitico in antitesi


il

ad Enna dovette esserci: giacch

rapimento

Enna ma

di

Persefone non presso

presso

l'Etna:

cfr.

pili fonti
il

lago

VEpitafio di

narrano

Pergo

di

Pione 33

(1) Nella stessa Sicilia vigeva un'altra forma del racconto, per cui Vayys^og era Ecate, se valida l'ipotesi
del CiACEEi 0. e. 166 sg.

376
e G.

CULTO DI DMETKA IN ENNA

IL

li.

Knaack "Hermes,

XL

(1905) 338-3

tamente dimostra che non pu n

Nem.

simili (Igino fav. 146, scoi. Pind.

IV

de mens.

Argon.

in

senna-

altri

testi

20, Giovanni Lido

486

85, Oppiano Hai. Ili

quale

il

ivi

Val. Flacco

sgg.,

343 sgg., Ausonio Epist. IV 49 sgg.) trattarsi di

uno scambio

tra AXtvri ed "Evva. Questo mito secondario

che menziona Etna e sopprime Enna certo posteriore

Enna d

a quello che ad

la precipua

su quello foggiato e perch

omofonia per

ribellarsi

si

importanza perch

vale di

una imperfetta

ad esso pi noto e accettato.

n' confermata l'ipotesi che Siracusa dovesse in Enna-

una incontestabile priorit initica.


Dopo questo esame dei particolari vien fatto di giungere
a un'ovvia conclusione: il mito di Demetra in Enna,

riconoscere

nell'et storica,

con

riporta

ci

menti essenziali a Siracusa,

centro dell'elaborazione di esso;

Enna presuppone per un

ciascuno dei suoi ele-

sembra

la quale

Dee

culto di

essere

il

elaborazione che in
agresti

cosi ra-

ne sia la forma, da non poter essere n

dicato, qual che

taciuto n artificiato favorevolmente.

cotesta conclusione propizia la testimonianza pi

antica

che

ci

pervenuta del

sia

litra d'argento che reca

N.^ 137). Di fatti

Demetra

se in Siracusa

del ratto di Cora per cui ebbe

fu

valore

Imera, nel

sec.

V.

Dopo quella

26, 7) innalz in Siracusa

ufficiale

iniziando

donde

il

il

formarsi di

culto delle

Per conseguenza

le

la

vittoria invero

(Head H.

elaborata la saga

mito ennense, ci dovette avvenire dopo

XI

ennense: una

culto

sul cocchio

Gelone (Diod.

templi di Demetra e di Cora,

quella piattaforma leggendaria

Dee pot

diffondersi in

ampia area.

testimonianze del culto eimense-sira-

Cusano a Cora non debbono essere anteriori al


e in verit la litra, che la

dal HoLif

Si. d.

l'antico

vittoria di

tnon.

84

n.

sec.

testimonianza pi antica,
116

riferita,

per

criterii

CARATTERI DEL CULTO ENNENSE KELL'eT STORICA

numismatici,

periodo fra

al

461

il

Coins 91 al 480-413. Al sec.

430

il

e dal

a. C.

pu

pertanto

377
Hill

farsi

di-

risalire l'origine di tutta la tradizione e mi-

cevolmente

tica e cultuale che allaccia

Enna

e Siracusa;

e che

ha per indispensabile antecedente una credenza a

ma

nit agresti in Enna, ignota nella forma,

divi-

salda nella

sostanza.

Le nostre testimonianze
l'ipotesi

tutte rendono

189 sgg. che

del Ciaceri

quindi inutile
greco della

culto

il

greca Demetra penetrasse in Enna per

opera

Agri-

di

gento e Gela durante la tirannide di Falaride e Terone.

Se ogni ipotesi vale in quanto tenta spiegare dei


questa del Ciaceri non par che spieghi nessun
anticipando rispetto a noi, come

fa, di

fatti,

fatto.

un cinquant'anni

Greci in Enna, riesce a legittimare l'auten-

l'influsso dei

tenticit del culto ennense

cui

Cicerone in Veri: IV 106-110

menzione

cfr.

Noi

187.

presso

difatti

di

quella vantata antichit rendiam piena ragione

avendo

dimostrato

siculo

in

l'esistenza

Enna

tervento di Siracusa nel


spettosa memoria.

Il

Pindaro
e che

Pit.

quindi

si

badi che

XII

nella

sgg.

accolto
di

lo stesso

stente

in

Catania.

le

490

(anno

tradizione

si

Quindi

il

due

Dee dopo

a.

C.

187

vanto di

parla

Schhodek^)

non poteva
anche, che lo

badi,

un signum vetusto

sec.

sarebbe di-

letteraria

Cicerone {in Verr. IV 99


sa di

VI

si

in Agrigento

esse

ri-

giustifica essa

risalire alla fine del

essersene perduta la traccia.

div. inst. II 4)

non

Ciaceri, in vece,

menticato che Enna aveva

Agrigento?

l'in-

ne dove serbar

se

Agrigento; giacch, come

l'influsso di

mito

dopo

anche

che,

sec,

meno facendola

antichit n

con

vetustissimo culto

d'un

dichiarando

di

Lattanz.

cfr.

Cerere esi-

antichit

con-

forta la nostra tesi e rivela impotente quella del Ciaceri.

Ancor meno poi questa

sufficiente a spiegar

il

rispetto

378

CULTO DI DEMETRA IN ENNA

IL

II.

che Siracusa serb

come

molta distanza

assai

bene

meno

da Gela

tempo, e

di

chiaro che molto


esitato, se

culto ennense nel mito. Se di fatti,

al

afferma,

si

il

non

partito, a

fosse

si

culto siracusano e l'ennense,

probabilmente quello non avrebbe

di poco pi tardo, a soppiantar questo,

favorito da ogni sorta di circostanze geogra-

fiche e politiche.

E tutto

ci scriviamo

prescindendo

prende che colonia


Bizantino

s.

Enna;

da un luogo

di Siracusa

vede,

si

di cui si apdi Stefano

"Evva) ove senza dubbio un equivoco

v,

data e forse uno di

di

come

affatto,

dal problema su la colonizzazione di

fatto

apprende l'alleanza

e si

con Siracusa nella guerra di questa contro Camarina da

un frammento

di Filisto

(fr.

impugnato a ragione dal Pais

Grecia

560

sgg.).

Sembra

di positivo su la citt

tempo

{H. of S.

di

Siracusa

il

somma

pag. 186) che

che nulla

Ciaceri

ed

della Sicilia e

onde Enna fu

certo arrischiato

Enna colonia
ci

in

FHG.

{St.

si

Magna
sappia

grecizzata
(o.

sul

159) nel dire

c.

nel vero

il

Freeman

542) nell'ammettere la nostra ignoranza. Per

preferimmo studiare

problema della Demetra

il

en-

nense movendo da altre basi e usando dati diversi. Con


i

quali, concludendo,
sec.

un

possiamo supporre nella met del

forte influsso siracusano in

per inalterato

il

possiamo n provare
n concedere che

Enna, che mantiene

proprio privilegio mitologico.

il

E non

altri influssi greci anteriori su

Enna

a risolvere la

que-

supporli giovi

stione.

III.

Il

primitivo probabile nucleo siculo.

l'indagine del precedente risultato,


esplicito che

quando nel V

form dovette tener conto

di

sec.

il

ci

sembra, in

mito

un precedente

Dal-

modo

siracusano
e forse

si

molto

pi antico nucleo mitico e cultuale di Enna, la cui forma

PROBABILE NUCLEO SICULO

IL PRIMITIVO

ci ignota.

379

che molto difficilmente

risultato inoltre

quel nucleo potrebbe esser greco, perch in tal caso la

sua scarsa priorit

gherebbe

(di

men

Ora per altro riguardo


archeologiche e storiche

Romani

che cinquant'anni) mal spie-

forzato rispetto di Siracusa.

il

98 sgg. 312

condizioni pi vetuste

dati delle pili recenti indagini

Sanctis Storia

dei

danno un quadro delle

ci

.sgg.)

De

G.

(cfr.

dell'isola

bene consono a

assai

quei nostri risultati. Ai quali non ripugna davvero


tesi della italicit dei siculi
italica, e

stesse

giacch presso

una

la

stirpe

perci molto affine ai greci, facilissimo esi-

una saga simigliante

questa saga costituisse

alla greca

Kora

di

che

sostrato di quella che Siracusa

il

foggi nel sec. V.

Resta solo da determinarne,

s' possibile, la

forma

veri-

simile.
Il

primo

criterio ci dato dall'analizzata

sana. Poich essa

si

saga siracu-

permette ogni sorta d'invenzioni a

ma

suo favore in tutta la seconda parte del mito,

ri-

spetta scrupolosamente la localizzazione del ratto in Enna;

conviene ritenere che questo sia

il

probabile nucleo es-

senziale del culto preesistente.

D'altra parte
(Italici) e

fra questi

il

secondo criterio)

l'affinit tra Siculi

Greci deve permettere all'indagatore di cercar


il

piti

antico embrione della leggenda e di at-

tribuirlo ipoteticamente e per analogia a quelli. Analogia

che confortata da

da quello

di

Caco

V.

in questo

cfr.

volume

inoltre G.

De

piii

di

Sanctis
il

dal quale parta

o- c.

sovra

da quel

tutto

Pico e Fauno (su

IV

libro I cap.

che racconti in Grecia

Demetra

esempii

Numa

e libro II

281).

ratto di

dunque

Kora

Il

ad Eleusi ed

al

quali
III;

pi antico testo

l'Inno omerico a

l'analisi.

Ma

naturalmente prescindere, in esso Inno, da tutti


colari attinenti

capo

suo culto.

bisogna
i

parti-

prescindere,

380

da tutte

inoltre,

due dee

le

CULTO DI DEMETRA IN ENNA

IL

II.

le altre divinit

Hermes ed

saggeri; Helios ed

messe in relazione con

nelle loro funzioni di mes-

Iris,

Hecate come

mondo;

del

luci

le

Oceanidi quali compagne di Kora; Rea, perch una tra


notevoli

le pili

al

campagne feconde,

divine delle

figure

Rimangono dunque

par di Gea.

vSKTTjS, IIovyfiojv); 2

(=

1 ^Aiitvevs

Ar]/iii^Ti]Q

IIo-

B IIeQaeq>via;

KQu.

Siibito,

questa necessaria eliminazione di

menti deVInno induce una conseguenza

taluni

ele-

se nel VII sec.

(et probabile della composizione di esso)

mito era

il

gi cosi maturo da poter e accogliere elementi nuovi e


localizzarsi in

non

un determinato centro

probabile che a favor di

sia stato inventato,

di culto

come quello

il

delia

madre

terra;

si

primordiali

vissuta oramai una,

non molto breve, vita mitologica. E poco quindi

importa che neV Iliade non appaja


trastanti del Forster Raiib

5 sgg.

Welcker

Griech.
"

pu senz'altro affermare che

doveva, prima di quell'epoca, aver


certo

appunto

quale nel suo riposto

senso troppo intimamente connesso con


riti

se inoltre

centro

questo

Mith} 757

Archiv.

ftr

significa che

durvelo.

Griech. Gotterl.
;

L.

Bloch

Religionswiss.

manc

opinioni

(v. le

und Rilckkehr
I

395

II

474

c 1311, 55

XII (1909) 309):

l'occasione o

non

Ora, nell'epopea omerica

Preller

o.

sgg.

con-

Persephone

d.

Malten

L.

soltanto

fu colta per intro-

Persefone non ha

alcun carattere (come fu notato) che l'avvicini, anche di


poco, all'aspetto ch'ella assume,

sefone-Kora

noVInno om.

sotto

la

foggia

citato, all'in fuori

ella la signora dell'Ade, regina dei

morti

"Per-

di questo:

accanto al

Demetra per contro vi appare gi col


<P
Dea campestre {E 500 JV 322
76

re delle tenebre.

suo aspetto di
e

125)

delle

biade.

Aidoneo in

terra per l'unico attributo

fine si

Hvrnoios

richiama alla

{E 654

445

PROBABILE NUCLEO SICULO

IL PRIMITIVO

n 625

Stengel

cfr.

203 sgg.

"

Archiv. fr Religionswiss.

Maass Orpheus 219

und Vortrage^ pag.


l'epopea conobbe

Dal quale

Kora

u. Pers.

saga di Demetra e Kora.


cito affermare

ma

sibile

voluto dedurre che


si

ebbe ragione ad

si

biade

delle

pu n

si

addice assai bene alla

(a

1*

aperto

Ade guidator

le-

prescinder d'ogni pos-

non pervenuto ampio racconto

Demetra dea

premessa

la

Riassumendo dunque

che nell'epopea

rimento) del ratto appaiono


2

s'

ma

Tuttavia non

sgg.).

deve negare che quell'epiteto

si

Vili (1905)

Wilamowitz Reden

conseguenza troppo supera

asserire che la

(Prkller Dem.

71).

ratto di

il

23

n.

381

rife-

di cavalli;

Persefone regina

del-

l'inferno.

Manca
la

"

sol

Figlia

nuto nella

Kora.
e

,
*

il

Ma Kora non

pu essere

suo valore e significato tutto

Madre

vale

dire

Demetra.

in

anche nel silenzio delle fonti antichissime non

se

non

conte-

Quindi
luogo a

dubbio sul suo carattere agreste. Carattere agreste che

confermato da quello che

il

forma pi compiuta, ossia

la vicenda

tenza e di ritomo dalla

mito narra di

lei

terra a sotterra.

badato (seguendo
Georg.

lunae

I
e.

5,

27

(v. sotto) e

gli

Varr. de
ecc.)

antichi stoici:
l.

l.

68,

Plut.

che pertanto

il

160 che

Egli non ha

Sekv. a Verg.

cfr.

che Kora e Persefone

1,

cui vicenda do-

(1); la

ma mensile.

vrebbe essere, non annuale,

di par-

quindi da

escludere l'ipotesi del Beloch Griech. (?escA.^ I

vede in Kora una divinit lunare

nella sua

annuale

de facie in orbe
si

uniscono tardi

carattere della

seconda non

pu essere quel della prima. Mi pare in vece che ben


distingua la natura di Kora in confronto con Demetra

La

(1)

ant.

stessa opinione difese


(1895) 35 sgg.

il

Costanzi

"

il

Riv. di St.

382

II.

CULTO DI DEMETRA IN EKNA

IL

Fkazek The golden Bough^ parte V, Spirits of


wild

of the

voi. I 42;

se bene egli

un

schematico nella separazione delle due figure e


perino opportunamente le osservazioni della
Prolegotnena

Kora

breve

seme nuovo

il

po'

tem-

lo

E.

Harrison

271

sgg. In

J.

study of greek Religione

to the

and

the corn

stato

sia

o la biada nascente

confronto con la biada matura da cui

in

stacca e a cui

si

ritorna.

Un

riferimento diverso che

del mito quel di Esiodo

tempo

298

lo

Gior.

Roscher Lex.

(in

dall'agricoltore

Lehrs Pop. Aufs}

della seminagione. Contro

ScHERER

Zebs

ove

465,

Demetra son pregati insieme

Xd'vios e
al

riconduce pure alle fonti

ci

Op.

2,

1780) sostiene a

nome designa non Zeus ma Ade, lo


Zevg naxa%&viog oVlliade (I 457. 569). Ed certo
ragione che quel

evidente

che

Demetra,

si

nell'avvicinamento

di

Zeus

cole messe in relazione coi defunti e con la


solo perch divinit della
St. d.

R.

Saturno
'

con

ctonio

tratta d'uno dei soliti casi di "divinit agri-

analogamente

305):

(ibi).

Ed

Ade-Demetra

'

Sanctis

Tellure

ai latini

sede

loro

(De

Conso

quindi del pari evidente che quel nesso

non dipende da quello

gli parallelo e simigliante.

fondere quest'attinenza tra


tracce di una

feconda,

terra

At]fti]Ti]Q

Ade

'

Ade-Kora

Non bisogna per


e

Demetra con

aaxaxd'vLa che L. Bloch

ma

'

con-

le scarse

o. c.

1334-5

raccoglie: queste son posteriori, a quel che pare, alla tra-

dizione del ratto e da essa determinate

morti

Persefone

regina

dei

dea

biade

allora

delle

nuovo consono
ratto

si

deve

in processo di
il

assume

questa

all'officio di quella.

agli

tempo

attinenti
si

dopo cio che

divenuta

figlia

della

un carattere

Al racconto pure del

misteri

verr sempre

Eleusini
pili

se

in

accentuando

carattere agricolo di Dio fecondo in Ade, fino a tras-

formarlo in Plutone

(v.

testi

in

Scherer

o.

c.

1786).

PKIMITIVO PROBABILE NUCLEO SICULO

Ili

L'esame adunque delle testimonianze che

si

avvicinano

conduce a costituire due

mito

di pili ai primordii del

383

gruppi: composto l'uno da Demetra e Kora; composto


l'altro

daPersefone

l'arte pi arcaica

Ade

Ade: trai quali

sussiste visibile nel-

un nesso

soltanto, quello tra

(Esiodo)

Demetra. La relazione tra Kora

Persefone non

appare pertanto negl'incunaboli della leggenda. Ci sta


contro l'ipotesi di R. L. Farnell Theeults ofthe greek States
III

(Oxford 1907)

120

suppone un'antica

che

divinit

Persefone-Kora analoga all'Hera-Tratj e fusa poi con Demetra.

unica,

metra,

che Demetra-Kora

madre
si

mi sembra

pi felice

(pag. 121-2)

con

di Persefone,

l'altra

di

lui

una divinit

staccandosi da De-

cui,

sarebbe unito l'epiteto di Kora. Assai pi sem-

plice la teoria

comune che

la rapita di Ade, Kora, si

fondesse con la moglie

di

Carter in Roscher Lex.

Ili 2,

Ade,

Persefone

ma

quindi metodico supporre per la

fatto della

"

rapita

completar

la

modo,

si

Che non

saga sicula

questa non deve mai aver superato

anche

(cfr.

ogni

tardo.

tenuto conto dell'indole dei Siculi e


elaborazione letteraria

3143).

non originario

tratta di nesso

ipotesi

costituisse

giacch

primissimi stadii,
dell'assenza

d'una

difSciimente pertanto pu aver

regina dei morti.

le caratteristiche di essa

saga sicula,

al-

cune altre indagini. Demetra QeafAO(pQog ed ''Eev&ta


CEevd-a, ^Eev&oj, 'Eevffiva) son certamente figurazioni molto antiche in Grecia

anzitutto perch

della terra ferace richiama sbito


della maternit
Milite)-

Erde^)

(cfr.

il

denso

poi perch la

(L.

Bloch

o.

c.

si

diftsione del culto

pu spiegar tutta da

1337), trova la sua ra-

La quale

gione nell'estrema antichit del

rito.

era nota gi ai Greci stessi

Erodoto

concetto

Arii quel

volumetto del Dif.terich

enorme

tesmoforio ed eleusinio, che non

un unico centro

il

presso gli

cfr.

II 171.

del resto

Sotto

384

CULTO DI DEMETEA IN ENNA

IL

II.

pertanto l'aspetto cosi di terra che di donna Demetra


la

"

Madre

per eccellenza

su la etimologia

nome

del.

checch

Cosi lumeggiandosi Demetra,

si

"

fe

da ritenersi

Ma^uardt Myth. Forsch.

(cfr.

281 sgg. e Frazer The golden bough^

significativo anche Kora, la

sia

part., voi. I pag. 42).

assume un valore

Figlia,, giacch

pi

entrambe

presentano sotto l'aspetto di divinit famigliari, ana-

loghe alle

"

Madri

dei Celti e Siculi (De Sanctis "Boll.

Vili 1900-1 p. 136)

Fil. class..

(1)

e a Libero e Libera dei

Latini; e rappresentano probabilmente tutt'insieme quella

membri

deificazione dei

fra gli Indoeuropei

delle famiglie che par consueta

(De Sanctis

spiega anche meglio

il

St.

d.

R.

dea delle biade assai languida accanto

come dea

vale in tutto

non pur

si

parallelo con

il

alla

madre,

ma

culti latini, tra

quali

verifica l'indipendenza di Proserpina e Libera,

Wissowa

Rom}

unificate sol tardi

(cfr.

oltre a Libera

venera la Madre Matuta.

si

si

Rei.

310);

ma

In

anche

tal caso

lega strettamente al nucleo primordiale del mito

particolare del ratto. Si sa difatti che questa


alla compera,
Arii, e

tempo

si

come

una maggiore consistenza.

riacquista

filiale

Cosi

I 278).

valor personale di Kora, che

una

delle forme di

il

accanto

matrimonio presso

gli

quindi l'avventura di Kora significherebbe a un


il

mistero della

vegetazione

nel

terra e la cerimonia nuziale: anzi, questa

grembo

forma espressiva a quello. Risultato, questo, che


rando alla leggenda sicula

della

olirebbe

la

assicu-

rapimento, concorda con

il

quel che nel principio di questo notavamo a proposito


del rispetto che al ratto di

cusana.

(1)

Cfr.

le

anche G. Gassies

(1906) 53 sgg.

Enna osserva

due considerazioni

'

si

la saga

sira-

confermano a vicenda.

Rev.

d.

tud. anc.

Vili

IL PBIMITIVO

Pi in l

PROBABILE NUCLEO SICULO

mancano

ci

dati. Basti

zione.

Nel mito greco tutta

grana

il

patto tra

Ade

e Zeus)

mela-

(la

intesa a

con cui in ogni inverno

giustificar la periodicit
si

Demetra

un'ultima osserva-

seconda parte

la

385

seme

il

cela nella terra per lasciar solo nella primavera riap-

non

parire gli steli del grano. Ora

punto certo

e forse

n meno probabile che anche nella leggenda sicula


stesse

una parte a questa

ma

assai pili

Greci (a cagione, come

dicemmo

zione dovrebbe esser non solo molto antica

rudimentale che presso

esi-

simile. Giacch la sua forma-

dianzi, delle doti intellettuali delle singole stirpi e dell'as-

senza d'una elaborazione letteraria) non permesso per


;

tanto di pensare, metodicamente, che fosse superato quello


stadio religioso in cui ogni sole nascente ritenuto di-

verso dal tramontato e non

si

afferra ancora n continuit

n periodicit di fenomeni (DESA^'CTIs


Il

superamento

ma

possibile;

St. d.

Rom.

260-1).

non

possibilit

la

fa

storia.

Concludendo. Per ricostruire la probabile forma dei

Enna

primitivo nucleo leggendario dei Siculi in


valsi dei soli

ci

due mezzi di cui possiamo disporre

siamo

la con-

statazione degli elementi che quel nucleo port con insistenza nella saga siracusana del

sec,

del primitivo nucleo nella leggenda analoga di


affine,

il

greco.

risultati

cienti. I Siculi dovettero,

Dea

scarsi,

morti.

ma non

seme che sparisce

racconto

si

fondeva

fra le zolle con

matrimonio a mezzo del

ratto.

il

nelle
il

rito

Di questo,

anche molto a confronto con quanto

serire su l'argomento fin qui,

A. Ferrabino, Kalypso.

ci

insuffi-

una

che

aveva una Figlia

un Dio sotterraneo dai campi


nel loro

un popolo

raccontare

agreste (delle biade in ispecie)

rapita da

ma

sono

sembra,

ricerca

la

sedi dei

fenomeno del
consueto
che
si

del

poco,

osato as-

forza restare

paghi,

25

386

CULTO DI DEMETBA IN ENNA

IL

II.

Le versioni greche del

IV.

ratto di Kora.

Ofifri-

rebbe materia a larghissimo studio l'indagare tutte

forme che

ratto di

il

abitarono Greci;

Kora assunse ovunque

e di

ogni forma precisare

Qui a noi importa soltanto

al

suo formarsi,

contaminazione

tema

dal nostro

motivi.

di fissare quelle versioni del

mito che sulla saga siracusana influirono,

buendo

le

sparsero

si

cosi

come confluendo ad

e fissatele, ci limiteremo, per

un campo

ristretto in

contri-

allargarla per

non uscire

sconfinato,

alla

constatazione senza cercare la spiegazione.

L'Inno omerico a Demetra


pi antico in cui

tale ne costituisce,

forma capace
la

come

non gi

primo

il

state distinte due

basti

rinvio al

cemento

7 sgg. e

scevano gi

Demetra del

le

biade

ratto

si

prima

In

essa

noi

sono

esami

di

attenti:

ci

W. Allen and E. E. Sikes


al Jevons An introduction to
XXIV e Appendice (pp. 358,

un punto richiama qui

377). Solo

la

di T.

the history of religion ^ cap.

di facilissimo rilievo

ma

l'una mitologica, l'altra etio-

parti,

The homeric hymns

testo

il

riferimenti:

brevit.

entrambe furono oggetto

il

disse,

stadio,^

di influssi e passibile di

chiameremo protoattica per

logica;

si

mito di Kora rapita appaja; e come

il

il

nostro

secondo Vlnno

prima

gli

esame ed

uomini cono-

del ratto di Cora, tanto che

vendica col privare gli uomini del

seme fecondo. Il rapimento dunque solo l'occasione in


Dea compie su Demofonte, figlio di Celeo e Me-

cui la

tanira re in Eleusi, la magia del foco e insegna


riti ai

suoi

principi eleusini fra cui Trittolemo.

La concezione che predomina

nel

secolo in vece,

com' noto, ben diversa. Trittolemo, non pi principe fra


altri,

diviene

l'arte del

il

giovinetto cui

primo la Dea insegna

seminare e raccogliere grano

in RoscHER Lex. II
ligionswiss.

1 col.

(cfr.

L.

1317; Malten "Archiv

XII (1909) 441

Bloch
ftr

Re-

Pringsheim Archdol. Bei-

LE VERSIONI GRECHE DEL RATTO DI KORA


trdge zur Geschichte

cles

Kults 97 n.

eleus.

387

Ora

3).

anzi

come questa concezione nuova,

tutto da vedere

che

contraddice esplicitamente la protoattica in quanto sup-

pone che solo


e si

dopo

il

ratto gli

uomini conoscano

pu quindi chiamare neoattica,

Demofonte Celeo
d Apollodoro

magia
tutt'e

Metanira.

si

le biade,

comporti con

Una prima

risposta

per

del fuoco, Trittolemo

vrani in Eleusi,

come

Una seconda
:

dono del seme,

il

figlio

Metanira

gli

minore

l'uno,

so-

primogenito

risposta ci d nei Fasti (IV 394-620)

Demofonte non

magia del fuoco ed

ci

che conserva Demofonte per la

31-32

due pone nella famiglia di Celeo e Metanira,

l'altro.

Ovidio

esiste pi

predetto

son genitori,

Trittolemo subisce la

primo aratore

ma non

re, si

problemi

schina capanna. Di qui due

Celeo e

poveri in me-

la versione di Apollodoro o quella di Ovidio ?

anteriore

Notiamo

che Apollodoro l'unico autore dopo Vlnno da cui

Demo-

fonte figlio di Celeo sia ricordato notiamo che egli compone


;

con varii materiali un

"

testo unico

della leggenda; so-

spetteremo che la sua sia una combinazione di mitologia


erudita fra Vlnno e la saga neoattica di Trittolemo, col

proposito di guastare

il

meno

possibile l'uno e l'altra. In

Ovidio in vece la combinazione appare di mitologia poetica; c'

una sicura mossa fantastica: Trittolemo soprav-

viene, noto nei

tempi nuovi,

al posto di

Demofonte, noto

negli antichi: l'ignoranza del grano e la povert soprav-

viene, conforme al nuovo concetto, in luogo della cono-

scenza ed opulenza narrate nell' Jmo. Ora poich nel


colo e nel

la

meno

V se-

santuario eleusinio una innovazione erudita

congetturabile di una fantastica, dobbiam dare

precedenza cronologica, pur con riserva,

ovidiana. Ci pare allora

che

il

nome

il

alla

forma

concetto di

Trittolemo abbiano acquistato predominio attirando nell'orbita loro

Demofonte, che scomparve, Celeo

Meta-

388

II.

IL

CULTO DI DEMETBA. IN ENA

nira, che digradarono a poveri vecchi.

novazione fantastica d'influsso orfico


il

Malten

loc.

cit.

perch orfico

il

lo

XLV

441 sgg. e "Hermes,

si

(1910) 532

personaggio di Dysaues ch'egli inter-

preta (pag. 431) vaavog

Noi

2 Questa in-

Afferma che

der eine arme Hiirte hat (1) .


neghiamo per due gravi motivi. Anzi tutto, se
"

dairOrficismo fosse derivato

= primo

Trittolemo

semi-

natore, Dysaues e Baubo, legati con lui presso gli Orfici

quali genitori, avrebbero scalzato


pari di Demofonte

in vece

Orfici scegliessero proprio


gli altri deir//mo,

nome

il

Celeo

non

nome

Metanira al

come

capisce

si

di

gli

quel principe, fra

per innovarlo e per congiungerlo con

e personaggi di loro creazione;

n come esso solo

acquistasse tanto predominio, mentre Dysaues, Baubo, e

parecchi motivi
setta. In

all'influenza orfica

non

restarono

orfici,

secondo luogo tutto


che

il

il

eco

fuor

particolare dei majali

esclusivamente,

orfico

senza

della

brano dei Fasti e estraneo

come pare

(v.

464),

Malten

al

(pag. 532 n. 2) e gi al Forster {R. u. R. pag. 78 sgg.),


si

Dunque

in

un carme ove dagli

nemmeno

V.

414.

si

accetta quella presenza di Atena e Artemide che

la

ma

riconnette col culto e coi sacrifizii suini, accennati al

saga siracusana

aveva fatta sua,

Orfici

la

deve essere dimostrata orfica per venir

scena

fin

centrale

ritenuta tale

altrimenti altra spiegazione sar migliore. Di fatti a noi

par chiaro che

lo stesso

moto onde Trittolemo

= primo se-

minatore fu portato a soppiantare Demofonte


rire Celeo, rec lui

determin

la

medesimo nel patrimonio

nuova paternit

sembra evidente che

di

Dysaues.

impoveorfico

Onde

la scena eleusinia dei Fasti

e
ci

sia di

(1) Contro l'opinione comune che in Gruppe Gr. Mi/th.


pag. 57.

LE VEBSIONI GRECHE DEL RATTO DI KORA

389

origine neoattica e di quel gusto alessandrino che

ai ri-

vela neWEcale callimachea.

= semi-

agli Orfici la creazione di Trittolemo

Negata

natore, dobbiamo, nei limiti del nostro tema, rettificare

Ar-

un'opinione imperfetta degli studiosi. Negli Orfici


gonauti

1193

V.

"ingannarono
Forster

o.

si

legge che Cora ^duacpov avvfiatfiot

Per sorelle

sorelle,.

le

con EuKiPiDE Elena 1301 sgg.


in

Comm. gramm. IV 27

871) dimostra per che

temide
"

Archi V,

s'intendono

42 Atena Artemide e Afrodite.

c.

(cfr. il
"

si

testo del

Wilamowitz

Akad.,

Sitzb. Beri.

ma

pag. 422;

1902,

deve trattare soltanto di Ar-

Atena. Di queste due parla difatti


cit.

dal

confronto

Il

le

ripideo (ripetuto in Claudiano)

Malten

il

presenta nell'aspetto eudi

non

difenditrici,

quello orfico di ingannatrici. Correggendo da un lato

Forster dall'altro

il

Malten

migliore per superare

VElena

il

(1),

mi sembra che

contrasto fra

in Igino fav. 147 (non che in Claudiano),


tere che Afrodite abbia in
stituito nell'inganno,

un secondo

sia

strato

il

l'ipotesi

Argonauti

gli

e spiegare l'aggiunta di Afrodite che

in

si

ritrova

l'ammetorfico

so-

per esser a ci pi adatta, Atena e

Artemide, e queste, in qualit di vergini compagne e di


dee armate, sieno passate alla difesa della rapita.
L'aver precisato cosi le varie forme leggendarie, protoattica neoattica (e orfica), ci ajuta a intendere in primo

luogo

il

testo di Timeo

pag. 103 sgg.).


fatto del

Notammo

motivo

orfico su

Diodoro

(cfr.

Atena

Artemide. Notiamo ora, a

il

mamente sommario. Ma

puoto essenziale

(1)

Impreciso
,

Geffcken

racconto del mito vi estre-

guisa di premessa, che tutto

Sicilia or.

gi (sopra pag. 373) l'uso che ivi

il

anche A. Olivieri

(1904) 76. 165.

'

vi

Arch.

appare in

st.

per la

390

li.

CULTO DI DEMETRA IN ENNA

IL

modo non dubbio:

Timeo

vale a dire, secondo

la Sicilia

conobbe tv tov alrov KaQnv prima d'ogni altra regione


(pag. 103, 23 6.)

soggiorno

104,

Demetra

(pag.

fece

in Sicilia le due

17

sgg.);

dono del grano a

Dee facevano spesso

avvenuto poi
tutti coloro

ratto,

il

che durante

la ricerca la accolsero q>iavd-Q<j}7t(ag e, fra costoro primi,

agli Ateniesi

(pag. 106, 10 sgg.); gli Ateniesi quindi eb-

bero e diffusero la conoscenza del grano primi dopo


Siciliani (pag. 106,

Dee

quali se

koI

z]v Tijg AijfirjtQog

(5t

saga siracusana da

incertezza che

ripetutaci

lui

avuto

l'erano

dalle

Kqtjs TiQg azovg

Dunque non pu rimanere

KeiTi]Ta.

e la

23),

ol-

Timeo

accettavano per

intero la versione neoattica secondo cui l'ateniese (eleusinio)

Trittolemo avrebbe appreso primo l'arte del

minare

e l'avrebbe insegnata agli

l'uso di

ghiande

premessa che

l'accettavano

la Sicilia,

per

se-

uomini in luogo del-

per con la orgogliosa

la special

benevolenza e

la

famigliarit delle due Dee, aveva preceduto gli Ateniesi

mondo. Ne balza

e l'intero

Sicilia che
altri

lo

ha

il

ignorano

umanit, che

il

la concezione duplice

privilegio del grano,


,

prima

privilegio

del
si

ratto

conquista

mentre

di

tutti

una
gli

della restante

poi

col

trattar

Madre dolorosa, in occasione del ratto. Cosi i


Siracusani non ebbero bisogno di sostituire Trittolemo
con una figura indigena,
come quei di Sidone con

bene

la

un Orthopolis

figlio del re

Plemnaios

n di farlo entrare in genealogie

(cfr.

locali,

Paus.

II 11, 2);

come

gli

Argivi che gli diedero padre un argivo Trochilos (Paus.

n di identificarlo con un antico loro iddio,


come suppone, ma senza convinzione, 0. Rossbach

I 14, 2);

Castrogiovanni (Leipzig 1912) 23. Essi poterono venerare

Trittolemo (Cicerone in Verr. IV 109. 110) come colui


che per benevolenza della lor Demetra diffuse al
il

gi loro secreto del seme.

mondo

LE VERSIONI GRECHE DEL RATTO DI KORA

La conocenza
comprendere

il

Timeo deve

del racconto di

391

ajutarci a

doppio testo di Ovidio in Fasti IV 394-

620 e in Metamorfosi

341-661. Si discusso se

si tratti

desunta da un'unica fonte e variamente

di un'unica fiaba

ripetuta nelle due opere;

anche la fonte

o se

stinta per ciascun racconto.

Tennero

sia di-

prima opinione

la

alquanti critici citati dall'ultimo di questa teoria L. Malten

XLV

'Hermes,

(1910) 506 sgg.

seconda opinione sovra

il

Malten,

1912,

pag. 535 n.

1),

("

511
il

pure

la

R. d,

Akad.

Beri.

d.

sia in errore.

Enna

lago Pergo durante l'antologia (vv. 385 sgg.)


le terre

seguenti

le

Persefone vien rapita da Plutone presso

ne fa ricerca per tutte

m.

ebbe autorevole

Sitzungsber.

Nelle Metamorfosi le fasi del ratto sono


1

Tennero

n. 1.

Forster R.

Metani, vs. 385. Noi cre-

quale

il

assenso dal Wilamowitz

cfr.

prima

Ehwald-Korn

Pers. 72 sgg. poi

diamo che

tutti

ov'

il

Cerere

con due pini accesi

su

l'Etna (vv. 438 sgg.); 3 veduta presso la fonte Ciane la

zona di Proserpina,

se

ne sdegna

tamen increpat omnes

...terras

Ingratasqiie vocat nec friigum

Trinacriam ante
(vv.

474

sgg.) e distrugge gli aratri e

tazione del grano

Aretusa,

munere dignas,

alias...

il

4"

Demetra, dopo

colloquio con

Giove,

ristorata del suo dolore corre

il

impedisce la vege-

medium

questo,

di

caeli terraeque

aera e va in Atene, consegna a Trittolemo


iussit spargere

indicazioni di

le

giudizio

rudi humo partimqiie post tempora

recultae (vv. 487 sgg. 646 sgg.). Ora, noi

per

semi e partim

vedemmo

longa

sopra

(pag. 374) che la sostituzione di Ciane e Aretusa ad Ecate

ed Elios deir7no omerico sono pretti elementi della saga


siracusana.

con questo risultato concorda,

il

ratto in

392

II.

Ma

Euna.

CULTO DI DEMETEA IN BNNA

IL

la concezione espressa nei

non

(gi citati)

Terrae omnes conoscono

ma non

la Sicilia,

il

frugum

sola, se

474 e

versi

copre con la siciliana:

si

pi

646

larga.

muniis, e fra esse

bene pi

fertile

(v.

si

476).

Trittolemo insegna a seminare su la terra post tempora

longa recalta, quindi anche su la

Sicilia

dopo

il

danno

subito per vendetta della Dea. Ora, donde viene questa

concezione che accoglie e

meo

Ognun vede che

toattico, la conoscenza del

vendetta divina
tore.

zione

in cui

grano anteriore

s'innesta

la

di Ti-

mito pro-

1 del

al ratto e la

2 del neoattico, Trittolemo

Ne rappresenta quindi un
(1)

s la saga

umilia in

essa contiene

= semina-

tentativo di

concilia-

leggenda siracusana con

qualche mortificazione. Quanto all'intervallo fra la veduta,


della

zona

supplica

la

ciso nella

di

un anno,

(pag. 514) calcola a

Aretusa

che

chiaro che

il

non

mente del poeta, come appare dalla

tempora longa. Che sia assurdo lascerem dire

Malten

pre-

frase post
al

Malten,

che trascura la libert fantastica dei poeti. N col Malten


(p.

516) diremo adesso che la metamorfosi di Lineo tra-

scin con s

dacch

in

fine

vedemmo come

quel posto in cui

del

racconto

anche Trittolemo

questo personaggio stia bene in

Fasti lo pongono, data la contami-

nazione proto-neoattica. In fine contatti con la poesia


orfica

non

vi sono

Artemide

perch taciuta la presenza di Atena

perch Trittolemo spargitore del seme non

orfico (sopra pag. 388); e perch ha ragione

il

Malten

(pag. 533-4) di riconnettere con la volgata poetica degli

Alessandrini la parte introduttiva su Plutone colpito da

(1) Cosi mi fece notare il mio maestro G. De Sanctis.


Resto incerto se questa conciliazione si trovasse gi in
Carcino junior (cfr. Timeo presso Geffcken pag. 107

DiOD.

5).

LE VEKSIONI GRECHE DEL RATTO DI KORA

amore per volere


drino essendo

di Afrodite

tutte le

(1).

metamorfosi

393

modello alessan-

di

la nostra conclu-

(2),

un testo alessandrino

sione che la fonte di Ovidio fu

ove nella trama proto-neoattica con innesto siciliano fu-

rono interpolate favolose trasformazioni di Ciane Ascalafo

Ascalabo Aretusa e

l'altre.

Pei Fasti l'esame anche pi pronto

viene in Enna

Aretusa ve

fatti

ma

non

ivi

aveva invitate

le

giunta da poco

vi era

1" 11

la sede delle

423 sgg.) e Cerere

(v.

Hennam

(modo venerai

allorch Proserpina fu presa. Sicch quando


della

Grata donus Cereri;

Sicilia

sente,

si

p. 507).

deve riferire

E quando

sua prata

tempi

di

Prosei'pina

426),

(v.

ai

si

multas

come vuole

tirbes ecc. (v. 421), la frase,

Dopo

il

per tutte

ratto,

le terre e pel cielo in

Celeo e Metanira,

"

prati

lei

Malten

al pre-

Malten

di cui

compresa nel
p.

508

n.

1).

al cui figlio

et

seret

praernia
e

dalle condizioni di vita primordiale

in

duravano

(cfr.

il

homine ad meliora alimenta

presso

Trittolemo essa predice

eulta

et

vaga

affannosa ricerca; della

soggiorno in Eleusi

il

(559-60), togliendo cosi la famigliola

di bacche

il

Cerere, cominciando dalla Sicilia,

quale una prima tappa

pi'imus arabit

possidet

introdotta vagante per

deve intendere

il

ea

verbo

il

455)

v.

poeta dice

il

Ovidio (contro

dea, che tutta la vegetazione in


tardo concetto poetico (contro

ratto av-

due Dee. Di

proemio

vocato,

gli

che

tollet

humo

uomini

tutti

nutrendosi

vv. 401-2

Ceres,

mutavit glandes

uti-

(1) Nel verso 533 Dixerat, at Cereri certum est educere


natam il Malten fp. 573) vuol vedere un riferimento all'orfica discesa di Demetra sotterra. Non mi par che

basti.
(2) Non ho potuto prender conoscenza di G. Bubbe De
metamorphosibus Graecorum capita selecta " Diss. Phil.

Hai.

XXIV

(1912).

394
Uore

II.

cibo).

IL CULTO DI

DEMETRA IN ENNA

Seconda tappa della ricerca costituita

danno

dalle informazioni che nel cielo

Helice ed
il

il

Sole (w. 575 sgg.)-

colloquio con Giove e

Ermes

Cerere

il

si

messaggero

fra

sul ratto alla

verdetto finale (vv. 585 sgg.).

il

Giove e Proserpina

ricorda la promessa fatta a Trittolemo

zione

"

incoltivati

arvis

= non

{cesso

comune ("nei campi

confrontando

trascurati

conclusioni

ratto

si fa

sgg.).

il

(v.

larga messe

617),

ossia nei

,)

non pu reggersi

Ora, dallo schema

vv. 559-60 gi citati (1).

non

difficile trarre

concetto fondamentale di una umanit

che prima del ratto


il

605

exerceo). L'interpreta-

cosi tracciato ne' suoi punti cardinali


le

(vv.

cinge d'una corona di spighe, segno di pace che

proventi (non rediit) cessatis in

campi

Dea,

Da ultimo accade

si

nutre di bacche ed povera, e dopo

apprende da Trittolemo la cultura del grano

luogo del ratto (con cui

si

prospera, neoattico

il

connette l'elenco dei luoghi ove prima avvenne la ricerca)


desunto dal mito siracusano;

una variante alessandrina


Vlnno omerico

(cfr.

Malten

degli episodii non

la coppia Helice-Sole

della coppia Ecate-Elios


p.

del-

520); l'ordine cronologico

quello dell'Inno, che

la

tappa in

Eleusi e le informazioni degli astri sono invertite rispetto

ad

esso.

Di pi: quest'ultima inversione obbedisce

all'in-

tento artistico di non rappresentar Cerere nell'indugio


di Eleusi quando, gi conoscendo

pu sperare

di riaverne

la

figlia

il
;

nome

del rapitore,

la sostituzione

di

Helice ad Ecate ha per fine una maggiore perspicuit


in rapporto con la pi volgata nozion mitologica; e di

gusto alessandrino la

(1)

divisione

dell'anno

per

met

pu reggersi ammettendo un' incongruenza irranon sarebbe strana


i due luoghi; la quale

zionale fra
nel poeta.

LE VERSIONI GRECHE DEL RATTO DI KORA

(sopra pag. 372); e col gusto


tazione del concetto

che

il

395

medesimo concorda l'accetAdunque possiamo dire

neoattico.

racconto dei Fasti un'alessandrina combinazione

sagace del fondamentale mito neoattico con pochissimi


siciliani

tratti

con

spunti

di

recente

mitologia.

Siamo pertanto molto lontani dalla trama riprodotta


nelle Metamorfosi e definita sopra (pag. 393): l

cercava di salvare

il

con la saga neoattica; qui deWInno e corretto


particolare

non

respinto, e

contradittoria. Sicch

ri-

si

concetto dell'/nno contaminandolo


fin l'unico

predomina una idea aWTnno

ha torto

il

Malten

supporre

di

ai

due componimenti unica fonte.


Diversi essi appajono anche negl'intenti. L'uno ha scopi
di

compiacimento

fra

letterario

metamorfosi numerose;

l'altro

constatazione pu giovare alla ricerca dei


alessandrini seguiti da Ovidio;

remo

di

con

favoloso

le

sue

ha scopo etiologico. Tale

ma

noi non

due modelli
ci

permette-

esaminare a fondo questo punto, ritenendolo di

spettanza degli storici della letteratura


secondario per gli storici del mito.

(1),

noi

del tutto

basta l'aver

determinato quelle forme fondamentali del mito di Cora


che, costituitesi in Grecia, intervennero poi sul mito

si-

racusano, variamente intrecciandosi in complessi disegni.

(1)

Cfr. Cessi

87 sgg.

'

Arch. stor. per la Sicilia

or.

IX (1911)

CAPITOLO

III.

L'abigeato di Caco.

I,

di

Il

problema.

Intorno al mito che narra

Caco ad Ercole e la vendetta di questo, assai

singole ipotesi
fra

esse,

si

combattono opposte
quale

della

De

Sanctis Storia

I 2,

2270 sgg.

Tedeschi,

Rom.

d.

193,

del mito italico, intrecciato su


di

Garano (-Recarano),

sembianze di

'

foggiano

'

vive

rici lo

umanizzano

la

l'altra teoria in vece,

Storia critica di

Roma

il

di

Caco e

pi tardi con le

il

dio solare e

na-

il

dio

a che gli artisti

tradizione letteraria e gli sto-

il

che sostengono fra noi

Per
Pais

il v. WiWissowa in

199 sgg. e all'estero

PAtTLy-WissowA Real-Encykl.^
u. Kult. d.

gl'Italiani

variamente razionalizzano.

il

Binder

nelle tradizioni mitico-poe-

LAMowiTZ Euripidea Herakles^

Rei.

il

contenuto di esso

il

due nomi

e travestito sol

Eracle-Ercole

secondo

che

Per l'ima

nucleo primordiale

tiche del popolo che lo perpetua, fino


lo

fra

e
il

turalistico e consiste nella lotta fra

sotterraneo del fuoco;

furto

basti citare rappresentanti

Peter in Roscher Lexicon


Die Plebs 108 sgg. fra

teorie.

il

pili

Romer- 282)

III

25,

1,

il

1165 sgg. ^non che, ora,

e J. G.

Winter The myth

398

lu

of Hercules at

Rome

l'abigeato di caco

Umanistic Series

"

in

University of Michigan Studies,

IV Roman History and My-

voi.

by H. A. Sanders (New York

thology edit.

1910),

il

mito opera dell'influsso letterario greco, pur conceden-

una parte all'elemento indigeno

dosi in esso

italico): sia col riconoscere

cano

(Pais)

"

forse

Caco un

in

un'antica

"

divinit

(Winter); sia col limitarsi ad ammettere che


lui

ben radicato nel suolo

di

Roma

problema era in questi termini quando

(latino o

Vul-

figlio di

del
il

fuoco

nome

di

Il

e d'Italia.

fu ripreso recen-

temente da Friedrich Mnzee Cacus der Rinderdieb (Basel


1911)

(1).

Questi facendo

suoi

risultati

Wissowa dichiarava dover

witz e del

del

winnung neuer Resultate das Hauptziel

sein

sondern es

sollen nur die alterprobten Mittel philologischer

Interpretation, Analyse, Vergleichung

ster Griindlichkeit,

werden
"

(p.

vielleicht

6).

Il

Methode

mit moglich-

und Umsicht angewendet

dopo una indagine

(p. 68),

la

quale
er-

giunge a sostener questa

racconto forse da far risalire fino ai principii

della letteratura latina


lo

bisweilen allzu peinlich und kleinlich

schienen sein solite


tesi

Sorgfalt

Difatti,

Wilamo-

"...nicht die Ge-

(p.

108). I pi

concretarono nella forma che

ci

antichi annalisti

appare in Livio

7,

3 sgg.; due generazioni appresso, gli annalisti dell'et

graccana (Cassio Emina, Cn. Gelilo) avevan gi razionalizzato la fiaba e vi

avevan imaginato un riposto nucleo

di reale istoria; solo la

Romantik

dell'et augustea

(1) Nello stesso anno 0. Gruppe svolse in breve nella


Beri. Phil. Woch. (XXXI 1911, p. 998 sgg.) una sua
ingegnosissima ma, a nostro avviso, non convincente
teoria sul mito di Caco. Egli si fonda su i testi di Festo,
Diodoro e Cn. Gellio che noi sotto (p. 409. 418) interpretiamo con tutt'altro valore.
"

VALOKE DEL MITO INDIANO

IL

riprese la forma originaria

"

399

indem er die Sage


im Hinblick auf seinen

Livius,

einfach als Sage erzhlte und sich

allgemeinen Vorbehalt der Kritik des einzelnen enthielt,

indem

Vergi],

er

in

diffuso

antiche

Sage in das glanzende

schlichte

die

Kleid der Poesie hullte

(p.

111-112).

tradizioni italiche

nome Caco

Il

(p.

era

113); egli era

da prima concepito come semplice uomo, pastore o

la-

drone, e da Vergilio solo fu mutato in un mostro tra di-

vino e bestiale

75, 79,

(p.

'Eracle-Ercole' era gi

81).

nella primitiva forma della narrazione e

rano (Recarano)

il

il

nome

meristica della versione volgata del racconto

di

Ga-

prodotto di una rielaborazione eve(p.

novamente studiare

chi pertanto voglia

95).

mito di

il

Caco corre obbligo di tener conto in particolar modo di


questa che, per esser l'ultima ricerca e per presentarsi

con speciali pretese di saldezza logica e precisione metodica,

sembra aver eliminato ogni obiezione

la teoria del Peter e del

De

Sanctis.

e distrutto

Quanto

sem-

tal

bianza sia falsa per apparire.


IL II valore del

mito indiano.

indiana del Rigveda

il

Rosen

ravvis primo un racconto che

Nella

Rigveda

(a

con Vritra.

I particolari

5 p, xxi)

potrebbe dire senza

si

esagerazione identico a quello latino di Caco


di Indra

mitologia

I 6,

la lotta

pi minuti coincidono

dall'una all'altra fiaba: cosi la clava di Ercole e di Indra,


il

muggir dei buoi

(cfr.

Peter

o. c.

di entrambi, la

2279, 25 sgg.).

caverna rocciosa,

pi studiosi le conseguenze ovvie: p.


cule et Cactts,

"

Zeitschr.

n MuNZER

scurare al tutto

racconto

e.

da Bral Her-

Elude de Myihologie compare (Paris 1863),

da F. Spiegel in
386 sgg.

ecc.

ne furono tratte da

indiano

in vece

vgl. Spr.-F.

f.

ha creduto

XIII (1864)

di poter tra-

questa significativa coincidenza tra


e

il

latino,

appellandosi

ai

il

nvich-

400
ternen
n. 8).

Wilamowitz

giudizii del

Commise

WiNTER

al

l'abigeato di caco

III.

l'errore

e.)

0.

ricerca, perch

e del

Wissowa

(p.

6 e

secondo a noi pare, (simile in questo

cosi,

fondamentale

di

tutta la sua

sfuggi l'importanza che la suddetta

gli

coincidenza pu e deve avere non solo come argomento,

ma come
Di

prova

fatti,

"

cruciale

bile simigliante, presso

Latini ritorna un mito indiano,

ne consegue da prima che

valore allegorico di questo,

il

quale non dubbio (Bral

il

un

due possibilit logiche.

fra

accertato che, in forma quanto pi possi-

di presso

identico

al

o.

c.

93 sgg.), dev'essere a

significato di quello

romano

la lotta cio fra luce e tenebra, fra la potenza benefica

del

sole

forma latina

assunse presso
al

dell'ombra e del fuoco.

malefica

quella

Inoltre, se la

popoli indo-germani, la

racconto del Rigveda (Kuhn

terth.

VI

molte che

fra le

"

mito

simigliante

piii

Zeitschr.

il

deutsch. Al-

f.

(1848) 117 sgg. 128 spec), par metodico con-

chiudere che la fiaba di Caco germoglia in suolo italico


dalle radici arie,

fiabe vigenti presso

e
i

non

in vece l'imitazione delle

popoli

Giacche ozioso e assurdo

affini,

quali p.

supporre

che

modello gi lontanatosi dal tipo indiano

si

e.

Greci.

imitando un
giungesse a

riprodur questo appunto pi fedelmente. In particolare,

prescindendo dalle saghe degli Brani (Ormuzd

Ahriman;

Tistrya e Apaosha) e dei Germani (Siegfried e Ffnir,

0.

su cui
e.

si

veggano Bral

387 sgg.,

o.

c.

ecc.),

124 sgg. e 139, Spiegel

miti greci di Apollo in lotta col Pi-

tone, di Zeus con Tifeo, di Ercole con Gerione, e anche


il

racconto dell'abigeato di Ermes in danno di Apollo,

pur ripetendo
naturalistico

tutti e tutti travestendo


e

le

un unico concetto

sue sfumature e analogie, sono ben

lungi dal riprodurre tanto quanto

il

mito latino la forma

del Rigveda. Basti a convincersene l'aver letto per Ge-

rione Apollod.

II 108,

per Ermes l'omerico Inno a Ermes

401

VEBGILIO E OVIDIO; PROPERZIO

romenco Inno ad

68-404, per Tifeo [Esiodo] Teog. 820 e


Apollo.

Da

ultimo la constatata simiglianza iatima tra

l'epi-

sodio di Caco e quel di Vritra serve, nell'indagine, a decidere quale

fra

latino pi

accosti al nucleo italico primordiale, quali

si

redazioni del racconto

discrepanti

le

elementi sieno gli originarli rispetto

ai posteriori o evo-

corrottisi: per che sia evidentissimo, tanto

lutisi

mag-

giormente esser antico un particolare e vetusta una

gura quanto meglio collimi con

le

forme

fi-

e le linee del

racconto indiano.

Questo non avverti

il

Mnzer

(e

precluse la via a giudicar con metodica


testi cosi

come

dei poeti

Winter), e

si

Nchternheit

il
*

degli storici e degli eruditi

latini.

III.

Vergilio e Ovidio; Properzio

della ricerca
si

che

il

omettono, com' bene,

non sempre tengono

(1).

Il

risultato

cap. (se

Munzer conduce nel suo

le singole osservazioni le quali

dovuto conto delle esigenze poe-

il

tiche e delle poetiche irrazionalit) che fra

racconto

il

del furto e la vendetta di Ercole corre nel material nu-

mero

versi

dei

la

proporzione di 1:3 presso Vergilio,

1:2 presso Ovidio, 2:1 presso Properzio.

rung scheint unabweisbar


di

Ercole

Vergilio

"Die

Folge-

che appunto nella vendetta

dev' essersi

allontanato

dalla

tra-

dizione precedente per concedere alla propria fantasia

volo

libero e pi

pili

Dopo aver
contar

versi

mitici,

dati

d'un

Cfr.

(p. 25).

carme per determinarne

sembran da disporre

ch', solo, logico.

(1)

ampia indipendenza

fatte alquante riserve su cotesto

Poich in Vergilio

Eneide Vili 185; Fasti

A. Feebabino, Kalypso.

in

ben

e in

metodo

di

gli strati

altro

Ovidio

(il

modo,
quale

543 sgg.; Elegie IV


26

9.

402

l'abigeato di caco

111.

da quello dipende, come risulta evidente dalla semplice


lettura e

troppo dimostrato dall'analisi del Munzer)

fin

dato pi grande sviluppo alla lotta fra Ercole e Caco


olle al furto dei buoi,

si

due possibilit logiche son da tener

che lo spirito inventivo di Vergilio

in pari conto.

esercitasse piti liberamente e pi

profondamente

che invece quello fosse anche nella sua fonte

novasse.

leggendaria l'episodio meglio notevole


racconto, e che nel dargli

poeta assecondasse

il

si

e significativo del

colori della sua tavolozza

ma

,.

il

scegliere con argomenti.

vede per contro qual motivo induca

a preferir senz'altro
vreisbar

modello. Tra queste due possibili

ipotesi d'uopo scegliere;

E non

ivi

in-

la

prima

Ecco in vece che

il

il

proclamarla

e a

Munzer
"

unab-

mito del Rigveda

in-

terviene qual pietra di paragone. In esso la vendetta di

Indra contro Vritra ampiamente narrata con presso


che tutti
stituisce,

particolari noti da Vergilio ed

non meno che

Ovidio e co-

questi poeti,

in

un'essenzial

parte della fiaba. Per esso dunque la seconda ipotesi

da sceglier non la prima, ed


conto della lotta fra

il

da ritenere che

dio solare e quel

del

il

rac-

fuoco te-

nebroso costituisse non pur una rilevante porzione della

ma

leggenda preesistente a Vergilio,

a dirittura

il

nucleo

della vetustissima saga italica.

Nella descrizione della grotta di Caco Vergilio pe-

dissequamente imitato da Ovidio


Fasti
frase
"

vix

affine,

renza.

555-58.

I
"

il

invenienda

Munzer

Non

ci

En. Vili 190-197,

cfr.

perch V. usa per la spelonca la

inaccessum radiis

solis

ipsis

Ma

feris

dove 0. preferisce

a esprimere un concetto

insiste a lungo (p. 30-36) su la

fermeremo, rispettando

difi'e-

poeti.

Con eguale sottigliezza d'analisi il M. studia le due


"
semihomo , e " semifer che V. usa a designar
Caco accanto a l'altra di " monstrum . Perch il sem-

parole

TERGILIO E OVIDIO

PKOPEBZIO

403

biante degli Dei identico a quello degli ucraini, per

semihomo

"

questo

Ma

equivale ad

(p. 46).

l'errore

da 0. tribuito a Caco

pel

resto

"

monstrum

"

vir

l'Eneide

ripeta

una

deve

farsi

delle

osservazioni

di

presso V. ed 0.

come

solari, e si

vir

parola

la

Per vero

il

ma non

al

concetto di Ver-

52).

Ugual giudizio

(p.

serie d'altre inezie, e in particolare


l'uso delle

su

67).

(p.

fulmine o la clava.
saette

Mnzer

quello del

gilio, SI a

554)

(y.

ladrone.

del

ovidiano disdice bens,

"

e 576)

"

e la paternit

pi rigorose

le

che l'epiteto di

non si conviene
semihomo , sebbene 0.

553

(vv.

alla concezione vergiliana del

imiti

traggono

si

fino a trovare

halb Gott

metodico allorquando da essa


deduzioni logiche

"

una minuzia, grave diviene

se cotesta solo

Ed

della clava,

da ricordar pure che cosi

sono

la clava

saette

Nel mito indiano Indra usa

il

le

simboli primordiali dei raggi

addicono quindi entrambi all'essenza del rac-

conto. Se quindi la
fossero gi nella

clava o le saette o l'una e l'altre

forma originaria o

vi

mancassero

im-

possibile dire.
Il

M. rileva in

un'analogia fra l'episodio di Caco

fine

Polifemo (Odissea

e quel di

t)

Caco dovendo essere

lo

avrebbe fatto

figlio

accanto a una

serie

riportati

ad analogia

Vulcano
altri

der dichterischen Phantasie

"

proprio padre,

(p.

49).

monstra

(pp. 43-48), l'unico

Caco nell'Eneide

asserire che

"

il

che nel-

da un Dio, Vergili

assistito

di
di

modo

quel

l'Odissea Polifemo invoca contro Odisseo


cosi,

una de-

dalla quale trae

duzione che gli fondamentale.

questo

argomento per

eine freie

(p. 50).

vergiliani

Schopfung

Per qual motivo

Vulcano fosse prescelto; perch Caco emettesse fuoco


e
"

fumo

non

detto

ma

tutto

ihn (Vergil) beherrschende

eines halb

gottlichen,

si

fa dipendere

Auffassung

des

dalla

Cacus

halb tierischen Wesens

als

(ibid.).

404

Una

l'abigeato di caco

III.

Vergilio risusciti

Caco

Pi

confutazione ormai non pi necessaria.

ragionevole la tesi del Winteb

p.

251 sgg.: che

Teog. 820; Inno ad

di Tifeo ([Esiodo]

Ma

Apollo 340-70).

c.

caratteri dell'antica divinit del fuoco

modello

sul

o.

in tal caso ipotesi molto pi logica

e semplice che Vergilio si valga dei caratteri

quali la

tradizione letteraria ha fissati per Tifeo (non che,

pu aggiungere,

per

si

altri consimili mostri), a fine di

un personaggio del suo tema, non

colorire artisticamente

gi di ricrearlo.

Resta che

si

dica di Properzio. Intorno al quale pru-

dentissimo diviene

il

Mnzer

dell'Eneide (M. 21. 32) che

come riferimenti

dichiara

(p.

65-70)

non a

torto,

Le rassomiglianze del suo racconto con quel

in massima.

PtOTHSTEm (nota a IV

il

9,

9)

culti a Vergilio, potrebbero in

vece esser soltanto riferimenti

al

modello di questo, per

certo assai noto, a cui dovuta la conservazione poetica

riferimenti p.

della saga:

ad Ennio.

e.

parimenti

antichissima potrebb'essere la concezione di Caco a tre

quale nel Rigveda.

teste, la

Si

anche pensato, in

vero, che essa sia dovuta all'influsso greco traverso Ge-

rione
il

pu

essere.

particolare

Ma

venisse

forse

si

preferirebbe pensare che

soppresso

da Vergilio

appunto

per dissimilar Caco da Gerione, entrambi avversarii di


Ercole.

ginario

mancava

Cacus

Se poi l'assenza di Evandro, che nel mito

(De Sanctis

Jtajtdff

sotto V), sia pur

St.

rf.

i2.

modo

nel

194 e

n. 2; cfr.

dovuta alla fonte di Properzio o a

una sua brachilogica omissione, non


ogni

ori-

e che fu indotta dall'equazione erudita

tutt'insieme

il

possibile dire.

racconto

di lui

sembra

avere un'impronta arcaica ed certo un indizio egregio


di quel che

di Evandro.

il

mito potesse essere prima dell'intrusione

405

LIVIO E DIONISIO

IV.

Livio e Dionisio.

39-40.

Caco di Livio

11

prima

presentano

lit si

invoca.

monstrum

"

verso dal

Cfr. Liv. I 7, 4-9;

pastor

...

di Vergilio.

critico

al

"

(5) e

fidem pastorum

somma un uomo:

in

Dion.

ferox viribus

abbattuto da Ercole

venir

di

nequiquam

"

ben

di-

Di qui due possibi-

o la concezione liviana

prodotto d'un erudito razionalista che ha abbassato la


statura

personaggio;

del

la concezione vergiliana

l'effetto

d'un volo fantastico del libero poeta.

che

s',

metodo,

si

ragioni

(p.

analoghi,

come

chiusa

vide,

si

Mnzer

Il

la via a sceglier

con

attiene a questa seconda ipotesi senza visibili

75).

nello

Winter

il

o.

errore

stesso
c.

Il

cade, per motivi

mito indiano per contrario

decide incontrovertibilmente a favor della prima e induce

ad affermare, con la maggior sicurezza possibile in cosi


fatte ricerche, che Livio riflette
e

umanata

cosi

della saga.

un indubbio color favoloso

dall'origine naturalistica.

afferma

72)

(p.

Livio

una forma razionalizzata

La quale serba

ma

tuttavia anche

pi lontana assai

E poich a ragione

Miinzer

il

indipendente da Vergilio

e atti-

nente a una fonte pre-vergiliana, se ne deve conchiudere


che l'et augustea riceva dalle anteriori intorno a Caxo

ed Ercole

almen due

versioni,

l'una pi dell'altra co-

lorita.

punto perch anche

coperto di

racconto della fonte di Livio

il

una patina da

fiaba, Dionisio (39) scrive

UoTi xGiv i}7iQ Tov Sttifiovog Tove eyoftvojv t fiv

fiv&iKtteQa, za d' ij&ais^a; e a lui difatti, se

il

rac-

conto della fonte vergiliana poteva sembrare degno di


poeti,

ma non

di

uno storico erudito, quello della fonte

liviana doveva apparire a bastanza verisimile per esser


riportato, troppo poco

prammatico per non preferirgliene

uno in cui dietro a Ercole


citi interi.

Col che

si

confuta

a Caco stessero degli eseril

Mnzer

(p.

76)

quando,

406

III.

l'abigeato di caco

prendendo rigorosamente

alla lettera

Sage..., die

non

si

[iv&iKdjxsQa, af-

Fassung, der

mit den buntesten Farben geschmckt war

accorge che

comparativo da

il

seconda versione,

alla

il

"die

ferma che Dionisio intese narrare

pi vera

prima

della

riferirsi solo

men

favolosa.

Assai brevi sono Livio e Dionisio nel narrare la lotta


fra Ercole e Caco,
e

il

era

perno

il

quivi

quella su cui

mito del Rigveda.


del

motivo

Il

mito e

il

dilunga Vergilio

si

chiaro: quivi

fondo

appunto

della sua allegoria;

razionalista pi deve sopprimere (contro M. p. 77).

il

Mentre per Livio concepisce Caco qual pastore, Dio-

nisio lo dichiara rjatrig rtg jtix(>Qios (39,

renza acquista valore se la

2).

Tal

diffe-

contrappone alla concordia

si

con cui due poeti indipendenti, Vergilio e Properzio,

raf-

figurano Caco sotto la specie del mostro. Gli che in


ritorna l'immutato

questi

primordiale; negli

concetto

non

storici in vece si rispecchiano razionalizzazioni, simili

identiche, dell'unico mito:


.

fcile

non identiche, perch

raggiunger l'accordo nel travestir

l'unico

mito,

"

ferox

traspare ugualmente

yi^/oTTjj ri j

MNZER

perch nel

il

'

fiabe

le

viribus

dif-

monstrum

del-

come nel
.

(Contro

78-79).

In Dionisio Caco ad Ercole che lo interroga risponde


di

non aver

corrisponde
Livio

(e in

non che

visto

(39, 3). Ci,


"

(263

abiuratae

fu notato,

rapinae

).

In

manca il particolare. Se
presenza come dell'omissione diffi-

cosi della

Cotesta astuzia di Caco da avvicinare

condurre

"

aversos

buoi

ed entrambe

tornano nell'omer. Inno a Ermes (75-78, 211, 220


235-386).

Ovidio in Properzio)

cile far giudizio.

all'altra di

buoi

a Vergilio

Nel

quale,

ove

si

narrano

le

ri-

sgg.;

astute imprese

del Dio, son per vero dicevolissime e consuonano al tono

burlesco di tutto

il

racconto; l dove sembra che la fiaba

PABTICOLABI ETIOLOGICI DEL CULTO

di Caco, che contesta

contro

su la lotta violenta della luce

tenebroso fuoco, male armonizzi con scaltrezze

il

propenderebbe quindi a ritenere

COSI fatte. Si
i

407

tutt'e

due

particolari pi tosto ornamenti introdotti sotto l'influsso

letterario greco che analogie originarie.

La quale

ipotesi

spiegherebbe anche la brevit degli accenni in Vergilio

Mentre ben altra

e Dionisio.

buoi nell'antro di Caco:

(Bkal

tuono

anche sotto

0.

e.

93

natura del muggire

la

che

sgg.).

(Contro

essersi

introdotta l'invocazione di

cini

quelli

Mnzer

greco di Polifemo

l'influsso

Caco

77).

{Odiss.

del

i)

pu

ai pastori

adz^ avvayQavslv

solevano

che

simbolo

primitivo

vi:

la

quale difatti manca nel Rigveda, e non intrinseca-

mente connessa con


erra forse

di

la

forma prima del mito.

imitazioni di fonti greche che


poeti

si

molto attribuendo a Ennio stesso queste

come negli

si

ritrovano poi, cosi nei

storici; cosi, cio,

mito come nei

nel

suoi travestimenti razionali.

Risulta adunque che la fonte di Livio


Dionisio conteneva un racconto

umanato

e,

in parte, di

rispetto a quello

poetico che fonte di Vergilio, di Ovidio e di Properzio;

ma

tale che lascia trasparire a sufficienza la

mitiva, in ispecie negli episodii di


agli storici e ai poeti

astuzia.

forma

pri-

Ma comune

anche un'altra parte del mito:

la etiologica, che attende ora

il

nostro esame.

culto. Quella parte

V. I particolari etiologici del

del racconto, in Vergilio Ovidio Properzio Livio Dionisio,

che narra gli avvenimenti seguiti all'uccisione di Caco


fu presto riconosciuta posteriore alla

di

particolari

cole.

Ma

se

non

pi possibile questionare

sogna ancor discutere su


posito

il

prima

e intessuta

etiologicamente desunti dal culto di Er-

MNZEE

su

singoli particolari.

(p. 88) asserisce:

"

ci, bi-

tal pro-

dassin der Tat Cacus

408
und Euander

l'abigeato di caco

III.

nichts miteinander zu tun haben; dass zwei

ganz rerschiedene Erzhlungen,

nur

die

die Persoti des

Hercules als einen Trdger der Handlung gemeinsam haben,


rein usserlich zusammengeschweisst
:

serte

sich

"

am

bestimmt wurde
le

(p. 89).

parole del

De

contribuito a suggerirne

Massima
scale di

IV

21).

questa concezione

Sanctis

mito]

[del

A. Bormann

De

Due son

hanno

particolari l'Ara

Foro Boario e

le vicine

I 18;

Diod.

dovuto soprattutto a un giuoco

Evandro

(su
...

"
:

eti-

contrapposto fra l'uomo buono e benefico

il

del Palatino,

l'Aventino

contrap-

si

d. jB. I 154)

(S^^.

di Ercole vincitore nel

Tardo poi

us-

des Cacusabenteuers naher

Caco sul pendio del Palatino (Solino

mologico

tesi del

sind... ,.

und am bedeutssamsten da-

frubesten

durch, dass der Scbauplatz

pongono

worden

Der Einfluss der Verbindung mit Euander

anche

(1),

questo

il

cattivo ladrone (xax^) del-

punto ha giudicato rettamente

Kritik der Sage vom Konige Evandros)

Sanctis

si

La

,.

pu dimostrare pi verisimile.

le figure principali del

mito: Caco ed Ercole

e l'una d'esse certo latina o italica, l'altra certo, in quella

forma, greca. Se v' dunque in


tiene

il

nome

di

Caco

rende culto ad Ercole,

il

("

Roma un
Caci

scalae

metodo

questi due servissero a localizzar

luogo cui
e

at-

si

uno ove

si

e la logica vogliono che


il

mito

il

primo

in-

nanzi al secondo. Si potrebbe, vero, pensare anche che


l'Ara

Massima

sia stata la causa della localizzazione di

Caco (quando a Recarano-Garano fu sostituito Ercole).


l'ipotesi

sarebbe

difficile

Ma

da sostenere perch suppone,

prima della comparativamente tarda intrusione

di Ercole,

(1) Euander, che nella sua forma greca sonava -E'^av^^o^,


e che era la mitica personificazione della eavQa, fu,
com' noto,
interpretato " buon uomo .

PARTICOLARI ETIOLOGICI DEL CULTO

per un lunghissimo

L dove

saga.

l'

lasso

tempo non

di

anche

essersi

409

localizzata la

topograficamente

Ga-

rano-Recarano ed Ercole trovati vicini giova a spiegarne


la fusione

dei luoghi

Caco

se difatti l'uno era con

Palatino, l'altro

giov

fissato presso il

all'Ara massima, la contiguit

si stabili

dubbio a fondere

senza

le

due simi-

glianti figure.

Se non che nel Thes. L. L. Suppl. {Nom. propr.)


a proposito del Kdxiog diodoreo osservato

peram idem
vera

esse putatus est atque Cacus deus

auctor gentis

ammettendo

(p.

Caciae

116) che

,.

il

nome

il

"

anche da Cacus (non Cacius):

alle scale

aber

Cacus ein Name, der schon for die

und Bedeutung war


(che

,.

Ora

il

cQealg

TJv

dann bleibt eben

testo di Diod.

Tnhalt

IV

21, 2

Kamog

tifirjaav

noi

'

tovtcov tv

KaiQiv

iafivet

yQ vvv eiiysvv vQwv z

UtvaQov vofia^o^vcv yvog ia^vei, nag zog


Q^aLzazov,

ftaloig, )^ vTiccQXov

HaazCcj) /.azd^aalg aziv ey^ovaa


vof*a^ofivt]v

pur

possa derivar

tv 'H^UKsa evcoig icoyoig

xsxccQiafivaig

xiv 'PiLfiTjv.

fuit re

accetta,

Romer ohne

vQcv TCOfiv^fiata ftxQi t&ve t>v

Kor

hic per-

v xavtrj oh twv Tiicpavcv 'vreg v6Q>v

xal HivaQiog ^avvo


Hai

Mnzer

6 sgg.

6,

"
:

y.evov

zov Kaxiov

ziv
'Pco-

z(p

Kifiaaa

zrjv

KaKav, oiaav nrjaiov

zfjg

i&lvrjv

zve yevofAvrig oiniag zov Kaxiov.) mostra troppo chiara


l'origine del suo contenuto. I dati certi che possiede sono
1) l'esistenza di scalae

3) le attinenze

Caciae; 2) l'antichit dei Pinarii;

amichevoli, tradotte nel culto, tra Pinarii

Da questi dati
il nome KaKtog;

ed Ercole.

sono desunti

mologia)

2) il

nome

1)

(per falsa eti-

Ilivd^tog; 3) (per

analogia) le attinenze amichevoli tra Ercole e Cacio, le


cui

scale

son

HuLSEN Topogr.

prossime a quell'Ara Massima (JoedanI

8,

41) ove

al

culto erculeo

Pinarii

partecipavano. Tale costruzione da erudito costringe

ad

410

III.

l'abigeato di caco

ammettere l'ignoranza, vera

o pretesa, e della lotta fra

Ercole e Caco, e dei Potizii (ignoranza,


il
i

badi, che

si

Miinzer deve presupporre, nella sua ipotesi).


Potizii, estinti

non

culto,

quelli

(Haug

avevan avuto

563),

1,

in

"

R. E.

anche
poich

^ ,

VITI

di fronte ai Pinarii privilegio nel

arrischiato pensare che

tace al tutto e

si

Pauly-Wissowa

si

racconto in cui di

il

tace del mito ove quelli eran

inevitabilmente da menzionarsi, sia dovuto a questi ap-

punto

Pais

(cfr.

Storia

Roma

di

critica

I,

200

n.:

contro WiNTER 222 sgg. e 260 sgg.).

modo

ogni

Kdxiog:

lotta.
il

Palatino derivano, se

le scalae Caci del

da Cacus, come da esse fu tolto

la nostra ipotesi vera,

additano per tanto la prima naturai sede della

perch accanto alla menzione di esse va posto

dato tradizionale su la caverna dell'Aventino (Verg.

En. Vili, 231, Ovidio Fasti

ne deve concludere:

se

I 551),

che la localizzazione di Caco mossa dall'area piana ch'


fra Palatino Aventino e Tevere, diffondendosi in

verso

il

Palatino {scalae:

Evandro,

poi

cfr.

un senso

sotto), nel-

l'altro verso l'Aventino (caverna).

La seconda

sede,

non lontana,

maxima

l'Ara

fu

la

quale servi a fornire assai pi tratti al disegno: ci sono,


tutti

particolari connessi con

Peter

(Cfr.

come

si

o.

vide,

c.

2281 sgg.).

si

Che

se

italico e vetustissimo,

un, comparativamente,
greco,

culto

il

tardo

romano

il

d'Ercole.

mito di Caco

dove Ercole

travestimento dell'Eracle

deve ritenere che tutto quanto

alla figura di questo costituisca

si

attiene solo

un secondo

strato leg-

gendario. Del quale le diverse derivazioni appajono in

genere concordi nella sostanza


crifizio di buoi, su

In vece maggior discrepanza


sione delle donne
tre

versioni

dal culto

cfr.

gli

aneddoti sul sa-

Pinarii, su la decima, ecc.

si

presenta intorno all'esclu-

Potizii e

di

da Properzio IV

Eracle, su cui
9,

21 sgg.

si

dallo

danno
scritto

PAKTICOLAEI ETIOLOGICI DEL CULTO

OHgo geni. rom. 6; e daPtUTAECo Q.


in ispecie la

prima

venisse travestito

fatto

due forme diverse. Lo stesso


rom.

6.

Ovid.

non

silenzio dimostra, se

pi, che

YAra maxima non era

tare e

ziale, e forse

naq

Ma

tfj

Gesch.

il

Or

d.

altro

tempio d'Ercole

Rom.

St.

se la discordia

I 7 l'eroe

2286, 32 sgg).

e.

(o.

II 158).

Peter quando ritiene tarda in-

il

voto di Ercole per cui presso Solino

erige l'ara a Giove

il

un

Topogr.

u.

ha certo ragione

venzione

Onde non

tardi.

l'altare lovi inventori

e.

l.

TQiifiq) IIvrj ov'

Gilbert

(Cfr.

nel mito etiologico essen-

motivo ne vada cercato nella topo-

il

grafia: giacch secondo Dion.

qual

nesso tra quell'al-

il

anche che v'era entrato

improbabile che

lovi in-

39, 4, Solino I 7, Origo

.579-81, e taciuta dagli altri. Il

e.

l.

almeno

in

pu dire dell'ara

si

ventori che ricordata in Dion.


geni.

60: tutte dififerenti,

r.

rispetto alle due altre. TI che signi-

come un unico

fica

411

delle

fonti

secondo strato leggendario

si

giustifica l'ipotesi che

sia arricchito

parzialmente

per pi tarde aggiunte, la medesima discordia conferma

De

l'asserzione del

Sanctis (nonch

Bormaim)

del

torno ad Evandro. Di fatti la presenza di


essenziale nei racconti di Strab.
1.

e, Dion.

268-9

(=

l.

e, Ovid.

Myth. Vat.

Origo geni. rom.


sa bene perch
diverse.

Mentre

la instituzione

in Solino

7,

(v.

l.

69

[II

manca

sopra

p. e.

2 30, Veeg.

e, Solino I 10,

153] III 13,

l.

in-

che

e, Lrvio

Serv. En. VIII


7) e

nello scritto

solo in Propeez.

III),

lui,

l.

e.

non

si

per narrata in fogge

Livio e Dionisio attribuiscono a lui

dell'Ara Massima, in Vergilio in Ovidio

Evandro non

fra gli spettatori del

che uno, e sia

primo

sacrifizio

pur
e

il

principale,

secondo Servio

da prima ostile ad Ercole. D'altra parte la istitumedesima dell'Ara attribuita a un vaticinio ora
Nicostrato (Strab. e Solin.) ora di Carmenta (Liv. e

egli

zione
di

Ovid.)

ora

di

Temide

(Dion.)

ora

dell'oracolo Delfico

412

III.

l'abigeato di caco

Ma Carmenta

(Myth. Vat.).

partecipa al mito sol perch

la Porta Carmentalis (a sud-ovest del Campidoglio) a

nord del Foro Boario ov' l'Ara Massima.


e

Temide son sue

menti

chiaro

variazioni di sapore

che

vaticinio

il

Nicostrato

greco.

di lei

pari-

un accessorio

della leggenda, parallelo bens a quel di Evandro, per

con una base topografica non pseudo-etimologica. En-

trambi poi vennero

Evandro.

Carmenta madre

far

col

fusi

di

Se non che tutto cotesto processo semieru-

dito e semifantastico traspare ancora nelle fonti dell'et

Augustea,

in quelle

la localizzazione

damente

medesime ove non

pi incerta

saga nel Foro boario ed

della

fissata la figura

soli-

greca di Eracle-Ereole: e se ne

deve pertanto dedurre che Evandro rispetto a questo

gran lunga pi tardo.

di

Rappresenta dunque

strato leggendario, fuso con quel di

un'aggiunta introdotta col far da

nuta di Ercole a Fauno

Fauno ed Evandro,
Di qui

s'inizi

lui

annimziare la ve-

Sanctis

e Origo geni. rom.

terzo

o.

c.

192 su

7).

poi una mitografia del tutto secondaria

in luogo di Caco (se

CYLUS Italica

cfr.

De

il

e a cui

combattente contro Ercole o introduce Fauno

la quale

figlio,

(Cfr.

Carmenta;

fr.

non parallelamente a questo) (DerMullee IV 387); o di Fauno il

6 appr.

Latino (Conone Narr. 3 appr. Fozio Bibl. cod. 186;

anche Schweglee Rom. Gesch.

In breve,

il

I 374).

complesso etiologico inseritosi nel mito

a prescinder da tarde superfetazioni, sceverabile in tre


con

strati: Caco,

tino)

episodii

come

le scalae e la

Ercole, con l'Ara

mal

sul

caverna (Palatino-Aven-

Massima

fissati e fluttuanti.

mito vero e proprio,

Evandro, con taluni

Anche su queste
si

esercit

il

etiologie,

razionalismo

degli eruditi.

VI. Gli

eruditi.

Il

riscontro

degli

errori

in

cui

413

GLI ERUDITI

cade la dimostrazione del Munzer su Caco offerto dal


suo cap. VI

"

tesi

Forschung

die antike

fatti costretto,

,.

Egli

si

trova

di

dinanzi a due testimonianze che la nostra

spiega traendone a sua volta conforto, a dichiararsi

incapace di chiarirle. Nell'Interpol, di Seev. En. Vili 203

Sane de Caco interempto ab Hercule tam Graeci quam


Romani consentiunt solus Verrius Flaccus dicit Garanum
fuisse, pastorem magnarum virium, qui Cacum adflixit,
omnes autem magnarum virium apud veteres Hercules
("

dictos
7; 8,

e nello scritto (1) Or. gen.

,)

l=sei

volte)

("

rom.

6, 1 (e

2.

3.

Recaranus quidam, Graecae

ginis, ingentis corporis et

magnarum virium

5.

ori-

pastor, qui

erat fortuna et virtute ceteris antecellens, Hercules appellatus

,)

ritoma sotto due forme diverse un nome

diffe-

rente da quel di Ercole, nella lotta contro Caco: Garanus


e

Recaranus. Qual delle due forme sia da preferirsi

incerto (con

Pais
"

0.

R. E.^

e.

Mukzee 104 contro Peter o. c. 2272, 60 sgg.,


n., Winter 205, Bohm in Pault-Wissowa

200

VII 752).

Ma non

terpretazione di esse.

antichissimo, che Eracle


tardi, che per tanto
lo

incerta, a noi pare, la in-

Sappiamo che

una

il

mito di Caco

non divenne Ercole

se

non pi

figura indigena, latina o italica,

deve aver preceduto. Troviamo

due forme, che sembra prettamente

ora

un nome sotto

italico

gli eruditi si son sforzati di conciliar esso

troviamo che

nome

(e

non

potevan quindi senz'altro eliminarlo) con quel di Ercole


per mezzo dell'asserzione
cules dictos
tribuire tale

,.

"

omnes magnarum virium Her-

Riteniamo per conseguenza legittimo

nome appunto

al

personaggio italico

il

at-

cui

H. Peter Die Schrift * Origo gentis romanae


Berichte der K. Schsischen Gesell. d. Wiss. zu
Leipzig , Phil.-hist. Kl. LXIV (1912) 71 sgg.
(1) Cfr.

in

"

414

III.

ad Eracle era a priori pensato. Quando in

preesistere

vece

Mnzer

il

l'abigeato di caco

95) deve asserire, giusta la sua tesi,

(p.

che un cotal Garano (Recarano) invenzione di eruditi


quali dunque avrebber voluto, essendo Caco un pastore,

(i

dargli avversario

un semplice pastore non un eroe

fa-

moso) contraddice in parte s stesso perch, se Caco

uomo

originariamente un pastore, un
sin dall'origine

non

di Ercole; e

un

anzi che

dio,

non doveva essere un dicevole avversario


riesce poi a interpretare

nome Ga-

il

rano (Recarano) n a dire donde Verrio l'abbia ricavato.

L dove per

l'ipotesi dello

e
"

il

Pais

di

Karanos

ha per

s se

nomi,

dei

I 1,

l'eroe argivo
.

n.

eraclide,

Nulla di

fatti

non

ipotesi, che

tale

di

200

Recarano esser

fondatore della stirpe dei re Macedoni

pu esser addotto a conferma

R.

St. crii. d.

Garano

accettano),

due forme errate

conferma della natura

giova, per questo secondo rispetto,

Schott (che

WiNTER 205

il

nome

noi l'oscuro

del vetusto iddio.

non un'approssimativa simiglianza formale


ha bisogno a sua volta d'esser spiegata,

giacch sembra assai strana cotesta scelta degli eruditi


latini. Il

un

supporre, in

fine, col

Mnzee 95 che Garanus sia

obliterato epiteto di Ercole pericoloso per la tesi

di lui

giacch in quel caso diventa di nuovo probabile

che l'epiteto obliteratosi non sia se non

nome

il

stesso

della divinit soppiantata da esso Ercole. In breve l'osta-

colo

non

si

supera bene se non da

chi,

come

noi,

abbia

preso le mosse dal mito indiano e creda all'antichissimo

mito latino.
Altra testimonianza che

Caca

III 13,

quale
di

un

1)

lo
"

M. non spiega

il

98-102). Servio En. Vili 190

(p.

parla d'una

avrebbe denunziato
sacellum Cacao

di

sorella

,,

per virgines sacrificabatur

ed

e si
{cod.

(=

Caco,
ivi

quella su

Myth. Vai.

[II

Caca,

153]

la

pure data notizia

aggiunge

"

in

Reginensis);

quo

ei

per

vir-

GLI ERUDITI

gines Vestae sacrificabatur {codd.

415
rei.);

pervigili

sicut Vestae sacriflcabatur {cod. Floriacensis)

lettura la preferita;

la

prima sceglie

il

igne

L'ultima

M.

(p.

101).

Ch'egli abbia torto dimostra la seconda: la quale nella

sua concisa oscurit

e nella

confusione che contiene,

d'un'amputazione dell'ultima che un

pili tosto il risultato

ampliamento della prima. Comunque,

ammettere

ridursi ad

una dea Caca

la sua tesi

Caco. Se poi

Vestae

lo spionaggio

si

nome

riscontro

il

potesse sperare a un supposto dio

aggiunge che all'una

si

e l'altro

non pu

zione

ammesso troppo contro

perch una dea di quel

magnifico che

pili

Col che ha gi

(1).

M. deve

lo stesso

(pag. 102) l'esistenza del sacellum

si

sacrificava

emetteva fiamme dalla bocca,

esser che una.

attribuito a

Verissimo

"

sicut

la dedu-

tuttavia che

Caca in Servio non

le

da

imputare, come quello ch' una erudita invenzione poco

con tutto

felice in contrasto

travestimento di queir
gilio rivela

se

il

furto n

il
"

il

"

mito. Che Caca sia poi

una boum

meno

il

sacellum Cacae

oscuro al pari dell'

non sono per

"

che

sia

per
e se

par che non

il

appresso Ver-

M. osa sostenere

atrium Caci

la nostra tesi,

il

M.

(p. 100).

(p.

102)

entrambi oscuri
vi sia

pi molto

a discuter su gli argomenti dell'una e dell'altra parte.

Due composizioni
190

si

esprime

erudite meritano di esser qui ravvi-

compiuta che

cinate, l'una pi
*
:

l'altra.

Servio En. Vili

Cacus secundum fabulam Vulcani

filius

ignem ac fumum vomens, qui vicina omnia


populabatur. veritas tamen secundum philologos et hifuit,

ore

storicos

hoc habet,

servum ac furem;

(1) Cfr.

hunc

fuisse

Euandri nequissimum

ignem autem

dictus

est

vomere,

su Caca, G. Giannelli II sacerdozio delle vestali

romane (Firenze 1913) pag.

23. 33.

416

l'abigeato di caco

III.

novimus autem malum

quod agros igne populabatur;


a Graecis kuhv dici

quem

tempore Arcades ap-

ita ilio

pellabant. postea translato accentu

Cacus dictua est ut

'Evi] Helena

66

Poi a En. Vili 269


Potizii e

Myth. Vat.

(Cfr.

si

danno

sopra V).

(v.

Il

dunque limitato: a ridurre a uomo

qui
il

[li

fuoco che

il

poeta

si

permette

153] III 13,

le notizie sull'Ara

1).

Massima

una forma non inconsueta, che

Pinarii ecc. in

qui non c'interessa pi

fa

gli

emettere,

razionalismo
il

si

dio, a spiegar

a interpretar

il

nome.
Molto pi
gen. rom.

1):

(6,

"

2)

(6,

praeter

"

iustitiae vir,

quando

per partirsi

postquam rem

"

tali

due avversarii.

Enander, excellentissimae

uti acta erat comperit,

un altare

e vi sacrifica la
si

restitui fecit

inventori patri

Carmenta, invitata,

,.

lo

servum

Allora Recarano

chiama Ara

decima parte dei proprii buoi.

donne

rifiuta di parteciparvi e le

son perci per sempre escluse dai

originis,

qui erat

pastor,

buoi e questi dopo vana ricerca

(6, 4)

noxae dedit bovesque


"

trova in Origo

ceteris antecellens, Hercules appellatus

caetera furacissimus

Massima

si

Cacus Euandri servus, nequitiae versutus et

Caco ruba a Recarano

dedica

racconto che

magnarum virium

ingentis corporis et

forma et virtute

il

Recaranus quidam, Graecae

quel luogo.

sacrifizii in

Cotesto racconto di gran lunga pi finito e parti-

colareggiato di quel ch' in Servio. L'interpretazione razionale qui

si

estende

fin l,

dove

il

primo non

si

dilungava

da Vergilio. L'antico nome Recarano (Garano) l'autore concilia col

pi noto di Ercole, Ercole mutando in soprannome.

Inoltre, poich

come

non pu

p. e. Livio,

d'altra parte

il

giustificar l'intervento

d'Evandro

n valersi di vaticinio alcuno

poich

giuoco etimologico ha fatto %aKs servo

di EijavQos: omette

il

duello tra Recarano e Caco, ch'era

ricchissimo di particolari mitici (fuoco fumo clava

ecc.),

GLI ERUDITI

ad Evandro la scoperta del

e attribuisce

dircene
si

modo, nel testo

il

417

esclude in un testo

piii

furto,

senza

pervenuto almeno, che non

ampio

di

Carmenta

vale

di

essa per

il

muggito

indiziale po-

in fine tralascia la pro-

tesse

ritornare.

fezia;

ma

stesso

modo, non potendo l'Ara massima venir instituita

si

un mito

etiologico. Allo

da Ercole ch' qui soppresso, viene a ragion veduta concon l'ara lovi inventori, e la gratitudine basta a

fusa

spiegarla.

Tra Servio

il

racconto della Origo v' simiglianza pro-

fonda in taluni punti:


glianza in

parando

altri.

cfr.

Di questa

la sicurezza

Ercole non se non

prudenza con cui

si

la figura di

comprende

con cui ixqW Origo


il

soprannome

Caco; dissimiil

si

valore com-

assevera che

Recarano,

di

alla

l'Interp. di Servio {En. Vili 203) oltre i

concordi racconti su Caco nota la tesi di Verrio Fiacco su

Garano

l'identit

= Ercole. Ci mostra che Servio ha pre-

sente con altre la fonte medesima oVOrigo;


vale

saltuariamente

solo

rispettando molto

ma

se

ne

pili il rac-

conto di Vergilio che commenta. Qual fosse poi la fonte


di cui, in vario

modo, approfittano

eWOrigo, detto quivi


libro
Il

fr.

7,

e Servio e l'autore
1

"
:

haec Cassius

Ossia quasi certamente L. Cassio Emina.

(p.

107) a tal proposito suppone che a Cassio

venisse attribuito tutto


in

cap.

primo

Mnzer

al

il

racconto per esagerazione,

luogo di un solo passo. Di Cassio per abbiamo (Peter


4)

un frammento su Evandro

Fauno. Egli tratt ve-

risimilmente tutta la saga di Evandro e quella di Caco.

Non
lui

dunque ragione per negare che nella tradizione

v'

erudita

si

serbassero (anche e specie mediatamente) di

estratti a

resto, se

bastanza ampii intorno a quel mito. Del

anche un solo suo passo poteva addirsi

conto dell'Orler,

si

pu sostenere che in

al rac-

lui era al

mena

assai simile la razionalizzazione del duello fra Ercole e


A. Ferrabino, Kalypso.

27

418

III.

Caco.

Ma

monica

l'abigeato di caco

poich questa appare neWOrigo organica e ar-

in tutti

definita,

non

negare che, cosi

particolari, difficile

trovasse gi anche in Cassio. (Contro M.

si

111).

p.

Di natura opposta

due testimonianze erudite che

alle

furon or ora discusse sono

di Cn. Gellio appr. Solino

18

racconti di

= Peter

Dion.

fr.

7*.

41-2 e

Difatti l

dove in quelle la lotta pur umanandosi resta limitata a


due

soli

personaggi; in queste in vece

citi.

Ma

se Dion.

conoscano

Evandro

Bom.

[=

le fiabe

non

ofi"re

si

allarga ad eser-

quando

difficolt,

Aborigeni di Fauno (De Sanctis

e gli

si

degli eruditi latini su gli Arcadi di

173); per contro

grandi

Gellio

Cacus], ut Gellius tradidit,

cum

St.
"

oscurissimo,

d.

hic

a Tarchone Tyrrheno,

ad quem legatus venerat missu Marsj'ae

regis, socio

Me-

gale Phryge, custodiae foret datus, frustratus vincula et

unde venerat redux, praesidiis amplioribus occupato

Vulturnum

et

Campaniam

regno... oppressus est.

circa

Megalen

Sabini receperunt, disciplinam augurandi ab eo docti

Il

carattere che sbito appare pi evidente in tal rac-

conto

il

travestimento erudito razionalista; cosi che, se

esso anche avesse a contenere forme ignorate del mito,


le

conterrebbe

certo

sotto

un velame.

tracce palesi di contaminazione

Marsi,

Inoltre vi son

Etruschi

difatti,

Campani sono compresi in queste poche


difficile che una schietta e unica leggenda

Sabini,

righe, ed

gli

originaria accosti per tal

modo

tanti popoli.

Ora

fin

che Gellio fa combattere Ercole contro un Caco insediato


sul Volturno pi tosto che contro

uno

sul Palatino, pos-

siamo intendere ch'egli preferisse foggiarsi

il

mito a ima-

gine della reale storia e

e.

della

si

valesse a ci p.

Sannitica inventandone un precedente; che non

si

prima
scoste-

rebbe in questo metodo gran che dalla fonte di Dionisio


la quale di Caco crea un antecessore di

Fauno ed Evandro.

LI ERUDITI

E non

419

rigorosa l'ipotesi che costretto egli vi fosse

un mito cumano
26 sgg.

V.

s.

campano

Romam

passo di Festo

(il

troppo

di lettura

da

266 b

p.

mal sicura

nulla se ne trae). Cosi quando ricorda Megale Frigio e


i

Sabini,

si

"

ricava dalla

disciplina augurandi

trattarsi

d'una secondaria e piccola leggenda etiologica o etimologica che qui viene inserita per ignoti motivi.
in vece introdotto l'eponimo

che avrebbe

usato

violenza

Quando

Tarquinii (Tarchone)

di

contro Caco non

si

sa per

qual modo, sembra tutt'altro che improbabile, vi sia qui


un'elaborazione di quella leggenda istessa la quale

forma mutata,

sotto

tratta,

[KETE Etruskische Spiegel


etnische

XIV

2.54

II

(1899) 43

MuNZER
e il cui

0.

e.

sgg.
sgg.;

113 e

"

tav. 127, Rilievi delle tirne


*

Petersen

De

ri-

alcuni specchi etruschi

in

"

Sanctis

Rhein. Mus.

D. Instituts

Jahr.

Elio

LUI

(1902) 104;

(1898) 598 sgg.]

nucleo dovrebbe consistere nell'assalto proditorio

contro un Caco dal benigno aspetto. Ond' che

difficilis-

simo resta, nell'attuali condizioni della scienza, decidere


se

anche per

Marsi

si

debba attribuire

senza al desiderio di foggiar

come

storia,

ci

il

mito su

parve probabile per

lo

la loro pre-

schema della

Campani;

o alla

contaminazione d'una terza leggenda con la latina e


l'etrusca.

Riassumendo adunque, Cassio Emina

e Cn. Gelilo rap-

presentano bens un unico atteggiamento di fronte alla

leggenda

di Caco,

come vuole

esprime una forma diversa.


poesia molto

piii

che

il

Il

che

esposto

il

^azeQos
liviano:

Mnzer,

primo

si

ma

narrer Livio.

da Vergilio. Questo,

Per

ci

d, in

il

rac-

Dionisio dopo aver

mito assai similmente a Livio, d

Myog come

ciascuno ne

serba vicino alla

secondo. Quello par travestire

la fiaba che sar poi seguita

conto

il

il

suo Ari-

un'interpretazione del fiv&ty.g

somma,

il

racconto razionale dell'anna-

m.

420
lista

loso

pili

tardo

l'abigeato di caco

come ermeneutica

dell'annalista

del

racconto

pi antico. Allo stesso

"

favo-

modo che

Servio appone la forma cassiana del mito per esegesi al

da Ennio.

testo vergiliano, desunto

VII.

Conchiusione.

vedemmo

in principio)

si

Tra

due teorie che (cme

le

combattono intorno a Caco,

da preferire quella che crede ad un antico mito


in quanto tien

maggior conto

latino

di tutte le testimonianze

ed meglio in grado di spiegarle tutte insieme e coerentemente. La evoluzione letteraria poi del mito, contradicendo

De

il

Mnzer

(intorno a Caco
si

compiendo

Sanctis, va tratteggiata cosi:

il

breve disegno del

dopo che in tre

strati

prima, poi ad Ercole, poi ad Evandro)

contesta la leggenda, la parte sostanziale di essa

elaborata con diversit di tono da un poeta (Ennio) e da un


annalista; l'una e l'altra forma vengono, nell'et succescessiva, razionalizzate in Cassio

augustea riproduce (con

Emina

e Cn, Gellio. L'et

poeti e Livio da

un

lato,

nisio e Verrio Fiacco dall'altro) tutt'e quattro queste


nifestazioni.

Dio-

ma-

CAPITOLO

IV.

Cirene mitica

Bibliografa e metodo.

I.

(1).

complesso dei miti

Il

raccolti attorno alla figura di Cirene fu studiato gi


J.

da

P. Theige Res Cyrenensium etc. (Bafniae 1828) che rac-

colse

gliarli.

materiali

Ha

e,

in comparazion dei tempi, seppe va-

trovato poi trattazione minuta ed accurata

per opera di Fbanz Studniczka Kyrene, eine altgriechische


Gottin (Leipzig
in

1890),

che la

stessa

RoscHER Lexicon III, 1717 sgg.

materia rielabor
e di

Lddolp Malten

Kyrene, sagengeschichtliche und historisehe Untersuchungen


in

"

Philologische Untersuchungen

lamowitz
tesi

(1)
si

XX

del Kiessling e

brevemente enunciate da A. Geecke

Wi-

in

"

Hermes

Nella sostanza identico e sol nella forma diverso


Atti della R. Accademia
17 marzo 1912. Qui apdicevole, che lo spazio ora

vegga questo capitolo negli

delle Scienze di Torino

pare

(1911) ove tenuto conto anche delle ipo-

con un'ampiezza pi

consente.

"

XLVII

422

XLI

IV.

(1906) 447-459.

Ausonia

CIRENE MITICA

Dopo

quali non

vuol citare che

si

Vincenzo Costanzi Tradizioni Cirenaiche in

lo scritto di
"

VII (1911) 27-38

(1).

Indipendentemente

il

medesimo tempo assunto una

Costanzi ed io abbiamo nel

stessa attitudine di fronte ai miti cirenaici, la quale

si

contrappone in modo reciso a quella dei nostri predecessori.

panze che

prescindere
ci

di

dalle particolari discre-

fatti

dividono, noi siamo concordi nel non

"

voler

un significato recondito nei miti , (Costanzi 32)


com'io mi espressi (* Atti p. 505 n. 1), nel non volervi

cercare
0,

cercare

la chiave delle pi antiche vicende

Tara e in Libia. L dove in vero

lo

greche

in

Studniczka {Eyrene

45 sgg.) negava di poter spiegare la leggenda di Cirene

senz'ammettere una vetustissima colonizzazione tessalobeota in Tera; e

il

Malten

spec.

(cfr.

p.

209-10) pure

stimava necessaria

l'ipotesi che,

prima dei Dori,

la Libia

fosse stata abitata

da un popolo misto tessalico

e pelo-

pico

direttamente

venuto dal Tenaro recando e figure

divine e fogge linguistiche;

mi assumo

in vece di pro-

vare come le vicende storiche, ben note nell'insieme, tra


cui sorse e visse la Pentapoli cirenaica, sieno sufficienti

a spiegar del mito non pure Toriginarsi

punto di veduta, passo


II.

La ninfa

essere mitico

Cirene.

la

il

mio

il

Malten

antitetico

ai particolari.

Dopo che

62 sgg.) ebbe dimostrato contro


libica di Cirene

anche, di stadio

si

in stadio, l'evolversi. Determinato cosi

lo

(spec.

Studniczka la natura

vera origine del

nome

e del suo

non avrei che da richiamarmi a

lui

su

questo punto, se non dovessi rispondere alle obiezioni a

me

mosse, avverso tale

(1) Cfr.

(2) Egli,

tesi,

privatamente da 0. Geuppe

(2).

inoltre sotto a p. 448.


nel permettermi di pubblicare questa sua let-

LA NINFA CIRENE
*

423

Ich glaube nicht, dass Kyrene nach der libyschen

Lokalbezeichnung einer Quelle (Kyra) genannt und erst


nachtrglich mit Aristaios in Verbindung gesetzt
"

Die Kyrene von Abdera und Maroneia

"

dies bei
friih

"

ist...

zwar, wie

natrlich

ist,

mit der Pyrene von Kreston verwechselt worden,

war aber gewiss ursprnglich von


es ist

zum mindesten

unstatthaft,

des Diomedes bei Apollodor,


"

Namen

der Aehnlichkeit der

ist

kommt

eben

hinzu, dass

ihr verschieden,

ftr

und

Kyrene, die Mutter

Pyrene einzusetzen. Es

hier,

dem benachbarten

auf

Ismaros, auch von Orpheus, Eurydike und Aristaios die

Rede

und von dieser Kste stammt der im

ist,

Schiffs-

katalog erwhnte Kikonenkonig Euphemos, der Sohn


"

des Troizenos. Nicht weniger als vier

renaischen Sage, Kyrene Aristaios

medes, kehren auf ganz engem

Namen

der ky-

Euphemos und

Raum

Dio-

an der thraki-

schen Kste wieder. Dass die Verbindung dort eine


"

ganz andere

ist,

beweist gerade dass wir es hier mit

Epen vorausliegenden
Malten 63-65. 65

Aber nicht genug damit.

einer sehr alten, den bekannten

Ueberlieferung zu tun haben


n. 1;

Studniczka 134

"

Auch

"

n[i]os) bezeugt,
ist

aus

in

Kroton

"

sgg.).

(Cfr.

ein^ Kyrene

ist

(als

Mutter des Laki-

und dass auch hier Aristaios nicht

demPersonennamen des krotoniaten

fehlte

Aristaios (1)

"

mit Wahrscheinlichkeit zu schliessen. Diomedes

"

fr

Kroton bisher, so

viel

ist

mir bekannt, nicht bezeugt,

tera, esprimeva il dubbio che le sue argomentazioni non


potessero riuscire efficaci a bastanza, per la brevit con
cui ebbe ad esprimermele. Del che ogni lettore intelli-

gente gli terr, credo, il dovuto conto. Quanto a noi,


manifestiamo l'augurio che l'illustre e dotto studioso
sostenga presto in pubblico con tutta i'ampiezza la propria
(1)

Jambl.

vii. Pijth.

36

S.

265 (N.

d. Gr.).

424

IV,

CIRENE MITICA

"

aber doch fr das benachbarte Thurioi. Aus alledem

"

glaube ich entnehmen zu durfen:


seine Kurzform

"

Kyra

1)

dass

Kyrana und

griechischen, nicht libyschen, Ur-

spruDgs sind, also die Quelle nach der Gttin heisst oder

dem

"

der Quellnamen selbst

"

schon im griechischen Mutterland, eine Gottin oder

aus

Heroine geschopft sein msete

tragen wurde

"

staios,

"

lich

"

"
"

2) dass die vier

Kyrene und Diomedes

dann, aber wohl

von Griechen

tber-

Namen Euphemos,
in

Ari-

einer ausserordent-

alten Sagenberlieferung zusammenstanden. Aus


Grnden, die ich nicht in der Kurze entwickeln kann(l), bin ich berzeugt, dass die Verknpfung dieser vier Namen in Troizen erfolgte, das im

"

VlII.Jahrh. einbedeutendesKolonialreichbesessenhaben

"

muss. Troizenische Kolonisten werden Diomedes Kyrene

mitgenommen haben, von


ubernommen

"

und

"

wo

"

wurden. Dass Troizenier einst auch in Kyrene sassen,

"

will

Aristaios nach Sybaris

jener nach Thurioi, diese nach Kroton

behaupten obwohl ich

nicht

ich

"glaube;

aber dass

diese

es

Bruchstiicke troizenischer

"

Sagen den ltesten Bestand der Ueberlieferung von

"

Kyrene bilden, balte


Ora, per dimostrare

zene

il

in

fiif

gesichert.

modo

esauriente che da Tre-

complesso mitico di Cirene Aristeo Diomede ed

Eufemo

s'irradi

bisogna provare:
a Trezene; 2"

il

segnati or ora, e
sibili

ich

da vero in Tracia, a Crotone, in Libia;


1

l'esistenza

di

questo quadrinomio

ritorno costante di esso nei luoghi rasil

ritorno

non dubbio, scevro da

luoghi diversi, del perno o nucleo originario, ove


alterarsi

(1) Il

zione.

pos-

equivoci; 3 l'insistente ripetersi, nelle forme e nei

non

sia

il

suo

ben motivato.

carattere spaziato introdotto solo nella trascri-

LA NINFA CIRENE

primo punto

1 Sul
"

stere

in der Kiirze

2"

due

di

Crotone

meno

al

si

Gruppe

il

425

si

scusa di non insi-

sorvoleremo noi pure.

sarebbero potute raccogliere tracce

fra le quattro figure la cui presenza

riscontrata in Cirenaica; Ariste e Cirene. Tuttavia far

sbito notare quanto sia debole

fondamento su cui

il

basa la supposta esistenza mitica


il

nome

un nume notissimo

di

Crotone:

di Aristeo in

dato a una

e diffusissimo

persona non prova assolutamente nulla intorno

nume. Inoltre

locale del

da mantenere

non

cinio,
cfr.

ben dubbio

forma Cirene

la

al culto

veramente

se sia

per la madre

La-

di

da correggersi in Pirene (Maltes 66;

sia

Serv. a Verg. Eneid. Ili

Eritia in

si

Spagna

Localizzata di fatti

552j.

e prese a narrare

le

lotte di Ercole,

reduce in Grecia, traverso la Campania (De Sanctis Storia


dei
si

Romani

riprendesse

non

192-3),

mito

il

di

nome

di Pirene, solo al

improbabile che a Crotone

Eracle contrastante con

nimo del Lacinium promontorium


sicure son le tracce
altr' e

tanto incerte son quelle che

IIvQr^vrj.

l'essersi

il

nome

Per

il

della

figli

presso.

li

Ma

se

mal

Aristeo e di Cirene in Crotone,

di

il

Gruppe ne riscontra

in Tracia. Si sa che nel testo di Apollodoro

corregge

d'uno fra questi sostituendo l'epo-

madre

di

Malten 65

il

Diomede da

Kvqi^vij in

Gr. l'equivoco consisterebbe in vece nel-

permutato Cirene in Pirene. E poich pare molto

improbabile che in paesi limitrofi sussistessero due

tra-

dizioni diverse, di cui l'una a Crestone facesse moglie di

Ares Pirene con


e

figli

Cieno e Licaone,

Maronia facesse moglie

credo d'interpretar bene

di
il

l'altra in

Ares Cirene col

figlio

Abdera

Diomede;

Gruppe attribuendogli

la sup-

posizione che, corrottosi Cirene in Pirene, ne derivasse


il

nesso con Ares con Cicno e con Licaone.

ipotesi semplice, perch presuppone


"

Cirene-Diomede

,,

una corruzione

Ma

n questa

un originario nesso

Pirene-Diomede

,,

un

426

IV.

ampliamento
in alcun

Ares-Pirene-Diomede-Cicno-Licaone

modo

costringe

ci

accennando a Cirene

Apol-

giustificata, perch, all'infuori di

lodoro nessuna fonte


nulla

CIRENE MITICA

Tracia,

in

supporvela necessariamente ricor-

rendo persino a contorte vicende. Pi semplice e


ficata la supposizione del

Malten

giusti-

in territorio predomi-

nato da Pirene un'unica traccia di Cirene deve attribuirsi


a testo corrotto, non ad altro. Del pari Aristeo in Maronia

evidentemente introdotto da Chio per

troppo

opera de' Chii che la colonizzarono (Malten


vi

perch non

congiunto con Dioniso;

80);

troppo

debba

si

rite-

nere ch'egli non fu importato insieme con Diomede e la

supposta Cirene, da cui invece rimane col


pendente. In
difi'erenze fra

il

fine si resta

tracio

il

beota Eufemo

del Fai^oxog.

al tutto indi-

molto perplessi su

Eufemo

re dei

Posidone, o

figlio di

Or come n

le

profonde

Cleoni (B 486-7),
il

tenario figlio

Crotone n in Tracia Ci-

in

rene e Aristeo son di sicura esistenza, cosi

si

pu fon-

datamente asserire che in Libia Diomede non ha radici


profonde: su quelle coste di

fatti

naufraga bens, a

si-

miglianza di Euripilo di Protoo di Guneo tessalici e a


simiglianza degli Argonauti

perch quelle coste


vaioi,

il

(v.

sotto VII);

tradizione

nella

sono,

luogo tipico delle fortune

quindi, sua patria e sede della

sua

di
pili

ma

sol tanto

poetica dei

mare: in Argo
elaborata leg-

genda, probabile fosse foggiato anche quel particolare.

In breve, Aristeo e Cirene

son dubbii in Crotone, dubbii

in Tracia; in Tracia l'Eufemo


tico

all'avo dei Battiadi


3"

lin

si

non con certezza iden-

in Libia

Diomede non

esiste.

Per di pi, oltre ad essere incerta la presenza

di tutt'e

non

quattro

capisce,

numi in Crotone in Tracia in


come vuole il Grappe, tra

se,

Libia,
quelli

nesso s'era stabilito prima in Trezene e diffuso poi

altrove,

perch

Crotone

il

perno del mito

sia il

APOLLO CARNEO

427

nesso dell'ipotetica Cirene con Lacinio, in Tracia la linea

fondamentale della leggenda sia

mede da

la

Cirene, mentre in Libia

dalla commessione

discendenza di Dionucleo costituito

il

Cirene-Aristeo

E n pure
come

pisce perch in Tracia resti indipendente,

si

ca-

forse a

Crotone, Aristeo che in Cirenaica figura essenziale; e

per converso qui

leggenda

scemi quasi

si

Diomede, la quale

distrugge

si

al

tutto la persona di

campeggia. Tutta la fisonomia della


e

trasforma:

si

senza causa

evidente.

Non posso dunque

Gruppe

finora accettare la teoria del

fermo, per Cirene, alla dimostrazione del Malten.

e resto

Passiamo adesso a studiare

la

seconda figura fondamen-

tale del mito.

III.

Wide
il

Apollo Carneo.

Non cade dubbio che Apollo


distinti numi (cfr. gli artt. di

Carneo fossero in origine


e

Hofeb in Roscheb Lex.

mito di Cirene di

se la fusione tra di essi fosse

che

il

VII

Malten 61

Ora tenendo conto


{scoi.

ol fievocy.i^aavTeg

ex

dell'esser

...neTovv

Teocr.

il

due ipotesi sono possibili


il

per

compiesse soltanto

culto

di

'AnXov

Dori

ma

anche fuor

83: Tavzriv

nsonovvfjaov

e cfr. gli articc.

Ma

determinare

sgg.).

Kdgvecog diffusissimo non pure fra


del Peloponneso

sgg.).
il

avvenuta gi in Tara prima

sec. a. C. finisse, o vero si

in Cirenaica (cfr.

961

II 1,

somma importanza

citt.,

elg

t{]v oQvriv...

z^ag

nXsig

quello spec. del Hofer),

o che in tutti quei luoghi

ove

culto appare di sufficiente antichit la figura di Apollo,

separatamente, sorvenisse ad assimilare a s Carneo; o

pure che l'assimilazione fosse vetustissima e

si

propa-

gasse dal centro originario nelle altre sedi del culto.

questa ipotesi com' pi verisimile e pi semplice cosi


ritengo preferibile all'altra.

428

IV.

N
Thera
*

Tera

offre difficolt nello special caso di

giacch l'iscrizione

di

CIRENE MITICA

III 69)

Aglotele (Hilleb

di

accertando pel VI

Apollo-Carneo

non

sec. a. C.

e Cirene,

Gaektringen

v.

culto teraico

il

imprudente o arbitrario

il

supporlo gi sussistente nella seconda met del sec. an-

N a

teriore.
il

quale scrive

Kameios

'

tale ipotesi contrario

nicht

erst in der

Gewiss

*
:

zum erstenmal um Kyrenes

Eoe vorgenommen worden;

egli

non trae da

ci l'unica

'

60;

il

Apollon-

willen oder

und

sie ist alter

Boden weit

hat sich auf griechischem

non che

Malten

il

Verbindung

ist die

Se

deduzione che

lo-

(prescindendo

dai

verbreitet

gicamente possibile.
Poich
pili

meno

nentemente

difatti

tutta Vlliade

antichi strati) dimostra


delfico di Apollo;

carattere premi-

il

poich l'antichit del

santuario delfico e della sua preponderanza famosa ben


riconosciuta dal Beloch Griech. Gesch.^
1 405)

se si

ammette che gi

1,

319

(cfr.

II.

Tera Apollo preponde-

in

Carneo, si da mutar questo in suo epiteto; si


ammette a un tempo che i coloni dori pervenuti in Cirasse su

renaica avevano ormai alla loro principale divinit riconosciuto

un rilevante carattere

delfico.

del tutto superflua la opinione

quella non venisse attribuito se non

La quale appar quindi non


sieme

la

diviene pertanto

che un tal carattere a

neWEea

caratteri di Apollo e quei di Carneo,

tengon dietro in proceder

fetto di esso, cui

per medesimo impulso Pindaro con

Erodoto IV 158

Dove appaja

di Ch'ene.

causa del fondersi in-

sue

le

ma un

di
Pit.

ef-

tempo e
IV e IX,

Callimaco ad Apollo.

la originalit della

Eea

ci

verr mostrato,

crediamo, dalla terza figura su cui costituita la saga:


Aristeo.

IV. Aristeo.

Non

qui

opportuno studiarne la

dif-

429

AP.ISTKU

fusione: basteranno poche note. (Cfr.

dal

Malten 77

citt.,

Il

510 n.

p.

culto

materiale raccolto

il

Atti dell'Accad. di Torino

1).

Aristeo

di

sgg. e negli

Aristof. Cavalieri 894,

in Cirenaica attestato da scoi.

Ititi.

Anton. 72,

'A^iaraov, 8v Tia^ KvQrjvaioig

2, scoi. Pit.

IV 4

(rv

)g oIklot^v

i Ttfi^g

dyead-at). Dinanzi a queste testimonianze tra

due possi-

bilit si
il

pu scegliere

o Aristeo

ha culto

in Libia

dopo

suo congiungimento con Cirene (avvenuto in Grecia)

e a causa di esso; o

prima

pure perviene in Libia

di

quella connessione e la determina. Tra le due possibili

Di

ipotesi va scelta la seconda.

fatti

Aristeo

ha una

vasta area di diffusione, nella quale sono comprese isole

dell'Egeo,

quali Ceo

(1)

Chic l'Eubea,

e l'Arcadia:

onde non per nulla strano che o gi in Tera qualche


strato della popolazione e qualche famiglia gli rendesse

vero in Libia pervenisse

culto,

con

quei coloni

nel principio del sec. VI, regnando Batto


dal Peloponneso

manipolo

si

di Dori.

II,

recarono ad accrescere

da
il

che

l'isole e

primitivo

Contro la prima supposizione non

pu obiettare l'assenza

di testimonianze

teraico di Aristeo sia provato:

si

da cui un culto

che troppo poco

cono-

sciamo in proposito e molto in ogni caso, restando nei


pi bassi

strati,

la seconda

non

principio del
Pitia

IX

Cirene.

non emerse

alla superficie storica. Contro

fa ostacolo la cronologia; gi che tra

VI

sec. e

il

il

principio del V, cui risale la

di Pindaro resta spazio sufficiente per

Nessuno stupore poi che in Libia Aristeo

VEea
si

di

com-

mettesse con Apollo (protettore della fonte) e con Cirene (vincitrice del leone);

a quel

(1) Cfr. K. C. Stobck Die dltesten


Diss. Giessen 1912, pag. 7 sgg.

modo

che nessuno

Sagen der Insel Keos

430

IV. -

stupore

CIBENE MITICA

Tracia

v', se in

Zeus in Arcadia:

cfr.

connette con Dioniso e con

si

Malten 77

sgg.

L'analogia

(1).

sufficiente motivo.

Stimo in

che nel mito nostro egli

doveva avere

tessalo per eccellenza: segno sicuro che

un vivacissimo carattere
venne a

far

N mi

parte.

quando del mito

tessalico allor

riesce di precisare

ove potesse connettersi con Gea


riescono di minore rilievo

Ma

e le Ore.

Apollo, e Aristeo

a confronto con

quelli che

V.

La

componimento da

il

vennero collegate in racconto:

Malten

di Cirene sono

Ferecide in

= Esiodo

fr.

sgg. che le fonti cui

Pindaro

scoi. Pit.

129

vengono aggiunti

IX

Rz.',

se

cui quelle

Con-

dobbiamo

at-

per la ricostruzione dell'^'ea


Pit.

IX, Esiodo

Apoll. Rodio

bene per

la loro

t'r.

128 Rzach^,

a Veeg. Georg.

27, Seiivio

II

500 sgg.

14
cui

sommariet non sieno

grande valore, Timeo appr. Diod. IV

delfico

l'Eea.

ricostruzione dell'Eea di Cirene.

col

tingere pi direttamente

di

il

e l'averli assodati giova a ricostruire

nelle sue linee principali

vengo

luogo

il

questi punti

riteniamo di aver assodati su la libica Cirene,

tre figure

da vero

fine inutile discutere se Aristeo sia

originario di Tessaglia. Basti

81. 82,

Nonno Pan.

XIX 225 XXIV 83 sgg.


XXV 180 sgg. XXVII 263 XXIX 179 sgg. XXXVII 198 sgg.
XLV 21 XLVI 238 (Malten 35 sgg.).
Quanto poi al modo di usar cotesti sussidii, mi sono
Dionis.

215 sgg. 292 XIII 300

attenuto a due criterii fondamentali.

Il

primo

il

piti

*
ob der Gott...
(1) Il Malten a p. 82 lascia in dubbio
schon in der kyrenischen Lokalsage zum Sohne der
Kjrene v/urde ; ma a pag. 212, per amor della sua tesi,
asserisce quasi il contrario " Hier [in Thessalien] erregte
sie [Kyrene] das Gefallen des Gottes... Ihr Sohn ward
:

Aristaios...

,.

LA RICOSTRUZIONE DKLl'eEA DI CIRENE


elementare

ritenni originario tutto

che

431

ritornasse co-

stantemente nelle diverse forme assunte dal mito e

modo,

tenti, in vario

l'Eea. Il

Fu dimostrato

plesso.

riflet-

secondo criterio pi com-

poc'anzi (

III)

che non pu venir

attribuita all'Eea la mischianza de' caratteri proprii di

Apollo Delfico con quelli del

Carneo. Altra

guardi, l'essenza di quel carme.

Per

esso,

chi

ben

com' noto,

Cirene, ninfa e cacciatrice libica, vien trasportata in Tes-

ben radicato

av'era

saglia

il

culto di Aristeo.

dunque, non Apollo, dev'essere stato

il

Aristeo

motivo del

tra-

sferimento da l'una all'altra regione, l'impulso a trasfor-

mare

in tessala la dea libica.

Ma

con

se l'Eea,

lo

spunto

mito

cire-

ritenere,

ed

pure ovvio, che essa contenga pi propriamente

tutti

del giovinetto iddio pastorale, atteggia per

naico

uno sfondo

quei particolari

tessalico, legittimo

il

quali pi propriamente sono con Aristeo

connessi. Di questo, nel fatto, meglio che della madre,


il

carme

e lo

dimostra anche

babile, vi aveva

conto sul
di

il

rilievo che,

com' pro-

sua ulteriore vicenda Cea e

la

figlio di lui

Atteone

(1).

il

rac-

D'altra parte la figura

Apollo troppo era di per s notevole e preponderante

perch traverso essa e per sua causa non dovessero penetrare nella favola personaggi ed episodii a lei aderenti
i

quali per ci dicevole attribuire meglio che al canne

esiodeo alle sue pi tarde propaggini.

Nei particolari
sultati;

1.

criterii esposti

Cirene

figlia

di

conducono a questi
Ipseo

re

dei

ri-

Lapiti;

Ipseo nato da Creusa (una Najade) e dal fiume Peneo:


cfr.

Malten

8.

Lo

storico cirenaico Acesandeo

{scoi.

Pit.

(1) Cfr. sul mito di Atteone, che per l'economia del


Si vegga
nostro lavoro qui si omette, Malten 16 sgg.
inoltre, Castiglioni Atteone e Artemis nella miscellanea
di Studi critici offerti a C. Pascal , (Catania 1913).

432
IX

IV. -

CIRENE MITICA

27) fa discendere Ipseo

da

Filira,

madre

di Chirone.

Se non che questa variante sospetta, come quella che


tende a giustificare con la parentela l'intervento di Chirone

nozze

nelle

Apollo e Cirene: intervento che

tra

spiace a Pindaro pure e Apollonio tace: l dove

ha parte

tauro nell'Eea

Aristeo prima che questo con Cirene.


la ninfa nell'atto di lottare con

cit.;

non da Apoll. R.

500

II

nell'officio di pastorella. Il

2.

Apollo scorge

un leone,

lotta col leone ricordata da Pino. Pit.


loc.

sul Pelio.

IX

26,

sgg.: questi l'introduce

certo su l'esistenza di essa lotta nell'Eea:


si.

L'esame del racconto di Apollonio, che

(v.

p. 222),

si

La

da Nonno

Malten 62 resta per

mostra come esso

cen-

il

perch gi connesso con

solo

mi
si

ci in-

risolvo pel

fa pi sopra

allontani assai dall'ori-

ginaria forma del mito a causa dell'influsso del razionalismo: al quale adunque

pressione

belva

della

consentivano

si

deve anche attribuire la sop-

della

lotta

paese tessalo.

al

nozze del dio e della fanciulla:

quale ove

si

allor

cfr.

ammetta che Pindaro

larsi all'Eea su questo punto,

quando sopprime tutta

3.

che troppo male


Chirone profta

le

Stddniczka 41. Col

tenti invano di ribel-

ne consegue che Apollonio,


la

scena e induce

il

Cen-

tauro allevatore sol tanto di Aristeo, non compie se non


la prosecuzione di quel tentativo. Ci

doppione che ne risulta

confermato dal

Aristeo di fatti sarebbe in Apol-

lonio allevato e da Chirone e dalle Muse: originarii es-

nome

sendo, se non nel


serto quello.

4.

nell'essenza, questi

sul suo carro (Malten 8-9).

Non

v'

di

vifA,q>ai e la

fatti

differenza

5.

in-

Cirene accolta da Libia.

sostanziale tra le xd'viai

eiQVeifiov nTvia Ai^vrj:

Mi parrebbe quindi
dissimiglianza.

dmoni;

Apollo trasporta la fanciulla in Libia

sofisticheria

cfr.

Malten

11.

l'insistere su la lieve

ogni modo, se una forma fosse da pre-

ferire per antichit sceglierei Libia: giacch le xd-viai.

LA KICOSTBUZIOXE PELL'eeA DI CIRFNE

433

vfifat sembrano ben proprie di un'epoca pi tarda in

nome

cui dal
pili

mentre

il

Eea

all'Eea

non apparteneva

trodotta a causa di quel

KvQdvag

Malten

pu riportare un passo

si

207); giacch

doveva rendere, se

presso

XVII

il

6.

Cosi Apoll. R.

II

509. Pindaro Pit.

ma

IX 59

Ermes ed Esiodo
se un'analogia

Ione, colatamente, in Delfi.

attribuisce quel-

serbi in Pixd. Pit.

fr.

giova,

7.

cfr.

Aristeo allevato dalle

IX 60 che

meglio

in Apollon. II 507 sgg.:


le varianti

poetiche

Cea che narra di

511 Rose); l'altra pindarica che indi

Apollonio che ricorda le

varianti delle quali la

prima troppo strettamente

troduce
;

fr.

= Anton.

ricordi che in

si

dell'unico fondamentale concetto; l'una

Ore;

due di

profilo primitivo

il

per che tre sieno, principalmente,

Bglaai (Aristot.

153 Rz.^

per ordine di Apollo reca

Ore e da Gea. Pare qui che

Muse

(cfr.

senza dubbio l'innovazione, a scopo

Euripide Ione 10 sgg. Ermes

si

V 24)

181

un tempio (Steabone

lei eretto

esornativo, favorita dalle attinenze fra

l'omerico Inno a
LiBEB. XXIII.

{Pit.

II

Aristeo riportato in Tessaglia da Apollo.

a Ermes:

l'ufficio

Erodoto

di

non trascurabile culto a essa dea


quando fu fondata Evesperide venne

lago Tritonio a

836).

certo; e fu in-

yvy.vg nTiog 'AtpQo-

ben conosciuto

czag, che era al nostro poeta


e a cui si

spiega meglio come

si

indotto a raddoppiarla con Afrodite

fosse

La quale

9).

concetto di persona, sostituito


di regione, si al tutto ritirato;

se Libia era nella

mai Pindaro
(v.

di Libia

fermamente da quel

le

Cea disdirebbe

la terza

alla

general intonazione tessalica del

carme esiodeo, l'ultima traspare sbito come un'alterazione dovuta alla figura di Apollo Musagete (basti ricor-

dare B.

603); la

contro Malten
le

14).

mediana

pertanto preferibile. (Ci

Da ultimo

forse

da notare che

Ninfe di Timeo presso Diod. IV 81 sono

scorso impreciso dell'autore che


A. Fersabi>-o, Kalypso.

una vera

pili

un

tra-

propria va28

484

IV.

riante.

CIBENE MITICA

Aristeo ha

8.

nomi

Nomio Agreo Opaone

di

ed avvicinato a Zeus {Zevg 'Agiaiatos)


(cfr.

Malten 10

ad Apollo

sgg.)-

Nel complesso adunque Pindaro pare, a mal grado

Ermes

delle due intrusioni di

e di Afrodite,

pili

vicino

all'Eea che Apollonio; questi pi razionalista di quello.

Un
steo)

confronto opportuno con l'Eea di Cirene (o di Ari-

Eufemo su
si

l'Eea

offre

ci

cui

v.

Coronide

di

a p. 440)

cfr.

(oltre

che quella di

Malten

25. 61 che qui

combatte. Sappiamo che Asclepio

nume

salutare di Tessaglia

[cfr.

tessaliche del culto di Asklepios in

classica

(1897) 237

origini

Rassegna di Antichit

"

sgg. contro Kjellberg Asklepios,


"

mythologisch-archdologische Studien in
Sllsk. forhandl. 1894-97

Coronide)

(figlio di

M. G. Columba Le

Srtr. u.

Sprakv.

Upsala Universitets Arsskrift,].

Apollo gli somiglia nell'aspetto di divinit salutare


natrice:

cfr.

Isyloi 93.

poi A^jollo

Beloch Griech. Gesch}


bene: prima
si

congiunge Apollo ad Asclepio;

si

trasporta in Tessaglia.

secondo crediamo, prima

e sa-

156 e Wilamowitz

I 1,

si

quel

modo

che,

congiunge Cirene con Aristeo

e poi la si trasporta in Tessaglia.

Riassumendo dunque in breve


ricerche (
della

ninfa

II- V),

risultati di

abbiamo: che Cirene

nome

queste

libio-greco

che protegge e abita la fonte dedicata ad

Apollo Carneo; che Aristeo tessalo, pervenuto, durante


il

diffondersi del suo culto, in Libia,

si

accosta a Cirene;

che questa la causa per cui Cirene passa in Tessaglia

che su questi elementi

si

pu ricostruire l'Eea

di Cirene

ottenendo un'opera analoga per indirizzo all'Eea di Coronide, tale quindi

da potersi ricondurre

al

medesimo

centro di elaborazione mitopoetica.

VI.

Euripilo ed Eufemo.

del racconto di Pindaro Pit.

Le due principali figure

IV han dato occasione

alle

EURIPILO ED EUFEMO
pi diverse ipotesi:

95 sgg.

Studniczka 111 sgg, e Malten

cfr.

farne oggetto di minuto esame giover a pre-

Il

parare risultati

a spiegare

atti

e ricostruire

che fa riscontro

dei Battiadi

cirenaico

435

al

quel mito

mito della

ninfa Cirene.
1.

mone

Euripilo

figlio di

si

rinviene: in Tessaglia, figlio di Eve-

736; in Cos,

Posidone,

figlio di

B 677;

Pads. vii 19.

Ora

probabile

che l'Euripilo di Cos

si possa far risalire a quello di Tessaglia: cfr.

wiTz Isyllos 52 e
gli altri

"

Hermes

altri gi allora

Tivg od

jtteVa,

sono indipendenti.

Pausania identificato con

i]Srj

in Misia,

Telefo e condottiero dei Cetei 519; in Acaja,

tip

il

XLIV

(1909) 474 sgg.

Wilamo-

Ma tutti

L'Acaico viene bens da

Tessalico;

ma

notevole che

combattevano questa teoria: iy^aipav de


Oeaaatp av^i^dvza E-QV7tv(p x

XX EdQVTcvov Aeafievov

siqri-

Ttatda xov v ^i2v(p

PaoievaavTog d'sovai afia 'HQay.e aiQatevaavxa g


"liov TiaQ Tov 'HQw^Aovs

temente

gli eruditi greci

Qvay,a nt. Eviden-

tjv

cercavan di precisare l'origine

rendeva culto in Acaja; ed era

dell'eroe Euripilo cui si

medesimo EuMalten 118


Arcadia. Ammesso che Keteig possa ricon-

ipotesi di taluno fra essi che egli fosse


ripilo di Tessaglia.

ricondotto in

Il

il

re dei Cetei dal

dursi in Arcadia e con lui Telefo; arbitrario dedurne


senz'altro

un Euripilo arcadico

perch questi potrebbe

esser stato connesso con quelli dopo

Misia;

il

che par dimostrare

lasciata in Arcadia al

la

contrario

il

loro trasporto in

nessuna traccia da
di

Telefo

(1)

lui

e Ceteo.

Sarebbe quindi da ritenere probabile l'esistenza indipendente di un Euripilo in Misia.

(1)
I

Cfr.

Alla schiera adunque

IiiMEBWAHR Die Kulte und Mythen Arkadiens

257. 259.

436

IV.

questi

di

CIKENB MITICA

Euripili (in Tessaglia in Acaja in Misia)

tre

viene ad aggiungersi l'Euripilo della Cirenaica. Contro


i

tentativi

ridurre

di

l'uno

all'altro

quattro

omo-

nimi G. De Sanctis m'insegna a ritener questi manife-

tempo

stazione, varia nel

il

dio dell'

"

ampia

Era ovvio che questo comune concetto,

infernale.

dall'etimologia fa-

ci

cilmente chiarita, Euripilo essendo


porta

d'una medesima

e nei luoghi,

unica tendenza mitica; la quale

questo, meglio, fantasma venisse volta a volta applicato

presso popoli di stirpe greca.

In

poich egli

caso

tal

appare presso la i^vij Tgizovlg legittimo credere che


impulso alla sua localizzazione libica desse la grotta del

Gioh

che

Strab,

(cfr.

Plinio

La

MiNUTiLLi

cui

[su

308 sgg.]

XIV

Tripolitania (Torino 1912)

appunto apertura

di Dite

647 XVII 886; Tolemeo Geog. IV

4, 4, 8;

ritenuta

era

31).

In Cirenaica Euripilo congiunto

uno schema genealogico che


[scoi.

IV

Pind. Pit.

57) cfr.

con

altri

numi da

ritrova presso Acesandbo

si

Malten 116

sgg.:

Atlante
I

PosiDONE

->-

Celeno

lios

^^^

Tritone Euripilo

Sterope Pasifae

LicAONE Lbdcippo

Se non che questo schema

ci

appare sbito una com-

binazione accorta di eruditi locali.

Tritone

Kul. 249),

IV

Pind. Pit.

20),

eSTUDNiczKA 14

Lieeo

Sgg.)

Pasifae (Wide Lak.


XVII 836 e

{fiv^ TqitcovIs Strab.

= Zeus

Liceo (Eeod. IV 203, 2

souo accertati in Libia da altre fonti:

elementi arcadici e cretesi la cui presenza non stupisce


(cfr.

Maass

"

Hermes

XXV 401-2

e Studniczka 126 sgg.).

Liceo corrispondono, miticamente, Licaone Lieo. Di

Lieo

in

altre

fonti (Ellan.

in

Scoi. II.

486, Apoll.

EUBIPILO ED EUFEMO

padre Posidone

Bibl. Ili 111)


tide.

il

437

madre Celano, Atlan-

nostro erudito ha serbato la genealogia, inse-

rendo per fra Licaone e Celeno-Posidone una generazione

Tritone e Euripilo,

della palude e

dio

il

della grotta, l'una e l'altra vicina. Sorella di

Sterope (Apoll. Bibl.


lo

questa offre all'erudito

110): e

Ili

spunto per introdurre Pasifae


Sia per questo o altro

e dell'Arcadia su

commerciali

non

Euripilo

al

di Creta

Gioh non prova se

costanza con cui un unico tipo di

la

fissa la

grande

influenza che le attinenze

spiegano senz'altra ipotesi

che

istesso

lei Elios.

esso dimostra niilla

l'influenza

libici,

politiche

modo

quel

miti

con

modo

l'autore dello schema, a ogni


:

procedimento seguito dal-

il

pi che gi non sapessimo

dio

il

Celeno

nume

ctonio

sua sede in luoghi diversi col favor delle condi-

zioni geografiche.
2.

Eufemo

nesso con

nel mito cirenaico (Pind. Pit. IV) con-

Lemno con il Tenaro con Tera


con Lemno una conse-

Beozia con

la

con la Libia. La connessione

guenza della sua qualit


questa.
vi fa

Tera non

giungere solo

{scoi Pit.

di

Argonauta: sta e cade con

v' traccia

99, scoi. Apoll. R.

ch'egli sarebbe nato in

patria (Pind.

l.

e.

430

vantati discendenti.

di

lui,

suoi discendenti con

IV

Beozia,
ol'aoi),

1750).

mito

Resta adunque

v' traccia della sua


II 43)

non

vegga, motivo alcuno per dubitare che, se non

originario di quella regione,

Lesbo (EsicH.

s.

si

egli sia tuttavia caratteri-

connette la sua presenza in

v) che lo fa supporre anche in Tessaglia

a ognuno invero
beotici e tessalici.
il

il

Sesamo

Battiadi di Cirene per

Ora in Beozia

sticamente beota. Col che

fatto

Tenaro avrebbe per

il

supposta madre Mecionice (Tzetzk Chiliad.


v', ch'io

anche

Samo

nota l'attinenza stretta fra

Ma

loro capostipite?

perch

miti

Battiadi ne avrebbero

Lo Studniczka pensa che

co-

438

IV.

CIRENE MITICA

nome con

Ioni recassero quel

daTera:

il

Malten 151

che in Libia lo trovassero e che per legittimarsi ne facessero

il

vicino a

proprio

avo.

Eufemo come

ad Achille,

ipotesi:

Agiadi

gli

Euripontidi a Prode
lossi

Costanzi 33 mi par ben pi

Il

una probabile

di

Battiadi stanno ad

Sparta ad Euristene e

come, soggiungo,

Pisistratidi a Nestore.

logie ultime, a punto,

possono lumeggiare

cirenaico: Pisistrato

nome d'uno

Neottolemo, che ricorre fra

nell'epopea:

dei

figli

gli

Mo-

dinasti

queste anail

fenomeno

di Nestore;

Molossi, figlio di Achille

similmente ArcesLlao, appellativo di

quattro re di Cirene, un eroe beota nelVIliade {B 495

329

cfr.

Pads. IX 39,

Mller Orchomenos

non

3).

se errato sostenere

350 che di Beozia fu tratto

per arrischiato l'asserire la possibilit che

beotico abbia attratto l'avo beotico.

d'anche restasse oscuro


logia,
le

il

al fatto

che la sede

nome

preciso motivo di tale genea-

al

Malten: sproporzio-

e del

che vogliono spiegare.

Non resta da vagliare

Col non traccia di Eufemo

Tenaro.

che sia indipendente da questa leggenda


importantissimo,

Lak. Kulte 33
(si

il

ogni modo, quan-

non sarebbero meno da respingere, com' ovvio,

due ipotesi dello Studniczka

nate

col

nome,

il

il

sgg.).

Non

ricordi eicprjfielv, e

solo,

ma

a quelli d'un

nero Eufemo

nume
p.

es.

Zsg

(cfr.

(S.

caratteri di

Nume

Studniczka

(Gtt. Gel. Anz. 1890, 354;

14 sgg.)

Ecpiifiog, Esich.

sotterraneo.
lo

c' in

vece,

Wide

Eufemo

suo significato religioso) son pi

il

vicini a quelli di Apollo (Stodniczka

nere, del dio solare

Geaoco

culto di Posidone

in

ge-

s.

v.)

che

sotterraneo riten-

(p.

Orpheus 157)

e,

155) e

il

Maass

(1) solo sulfonda-

Ben altrimenti il Gruppe Gr. Myth. 1149. I rapporti


un nume o eroe con Posidone non implicano senz'altro
un carattere ctonio di quello: con Posidone difatti ha
(1)

di

EUKIPILO ED EUFEMO

mento della sua


fondamento per
ficato di

localizzazione al Tenaro, bocca dell'Ade


cui s'indussero

anche a forzare

nome pauroso della divinit

Tutto ci cade, se la localizzazione

Eufemo

dovuta a

si

il

Ma

dopo

ponneso, lo

ci

lo

gi veduto

occorrevano due motivi per spie-

Geaoco,

ipotesi molto pi
(1).

e ovvio che

zolla;

patria di Eufemo.

Interpretando in tal

per

il

Pelo-

siccome Eufemo

Eufemo fu localizzato al Tenaro.


modo tutto si spiega: ed questa

semplice

che non quella del Malten

Localizzato per tal guisa al Tenaro Eufemo,


i

tardi genealogisti

si

preoccupassero di in-

trodurlo nelle genealogie laconiche

nipote dell'Eurota (Tzetze Chil.

43);

Pind. Pit.

[scoi.

IV

II

difatti lo

IV

76).

troviamo
di

o figlio

15); o sposo di

sorella di Eracle (scoi. Pind. Pit.

Malten

Peloponneso,

il

Beozia, di Posidone, e al Tenaro v'era culto

figlio, in

Doride

Eufemo quattro

Lemno abbiam

smarrimento della

si disse

di Posidone

95 sgg.

di

soggiorno nel Peloponneso e quello a Tera. Per

Tera s'invent
era

l'affinit fra

far toccare, tre for-

uno dal mito: Lemno,

Tera, la Libia. Or bene

gare

motivi che

ctonia.

risulta ar-

tenendo presenti queste osser-

modo. Ai discendenti

niti dalla storia,

Eufemo.

Tenaro

al

dovevano necessariamente

si

signi-

legge la IV Pitia, vien fatto d'interpretarla

nel seguente

punti

tutt'altri

e l'Ade. Difatti, se

vazioni,

il

spiegandolo come un epiteto, appunto,

eiiq>r,iA,og,

eufemistico in luogo del

tificiosa, e

439

una

una Laonome

Ma

ha

torto

il

(p. 134) di dar peso a tali genealogie, e in ispecie

all'ultima: bisognerebbe ch'egli potesse dimostrarle indi-

pendenti dalla localizzazione di Eufemo

al

Tenaro mentre
;

arbitraria anche la soppressione di Eracle

fra

Guneo

Abh. Beri.
attinenze cultuali anche Apollo (Gerhabd
Akad. Wiss. 1850, 174 sgg.).
(1) Su Eufemo re dei Ciconi v. sopra pag. 426.
'

'

440

IV.

e Eufemo
IV 76.

nello

CIRENE MITICA

schema che

Ora, al Tenaro

gi nell'Eea di lui

Eufemo

al

Tenaro

si

il

cit.

scoi.

Pind. Pif.

localizzato, a quel che pare,

143 Rzach

(fr.

dall'epiteto di Fairioyos che vi

con cui

ci

deve dedurre

^):

se lo

si

trova e che quello

si

venerava Posidone:

'TQitj TtVKLVcpQv MrjKioviiri

fi

oirj

zxev JEvq)f]fiov yairjxffi ^Evvoacyaiq)

nov^Qvaov

fieix&ela' v (ptTrjzc

'Aq)QodTi]g.

Di

li

IV

1568. 1575; Igino fav. 14; Acesandro e Teoceesto in

dipenderebbero: Pind.

IV

Apoll. B.

scoi.

zazione

.al

Tenaro

cotesta

tiadi),

Pit. IV,

dunque

1750. Se

Apoll. R.

vero che la localiz-

tutta a favor degli

Eea non pu

179-84,

Eufemidi

(=

Bat-

esser che sotto l'influsso cire-

naico.

La qual cosa spiega

anche

il

pu spiegare per analogia

formarsi dell'Eea di Cirene o (pi propriamente)

che gi abbiamo accennato dianzi.

di Aristeo,

poich

l'importanza che in entrambe le Eee ha Apollo singo-

come padre del fanciullo, in


avremmo in esse un

lare (in quella di Aristeo

Eufemo come
modello del come in Delfi
quella di

regioni togliendo p.

e.

Cirene in Tessaglia

(v.

per Eufemo in

lo

Lemno

ecistre),

sopra pag. 429); dagli Argonauti,


;

da Posidone per Eufemo

naro, ecc. ecc. Cfr. in vece


3.

Crediamo adunque

pilo in Libia

non

ci

servissero gl'interessi d'altre

si

spunto da Aristeo per trasportar

Malten

di

beota

si

dei

Greci, e che

connette forse per fiabe etimologiche

certo estraneo al Tenaro. Al

Endpunkte

salien hat

in der

ma

solo

Eufemo

ai Battiadi,

Malten 139 pertanto che

afferma Euripilo ed Eufemo costituire


ihre

Te-

aver mostrato e che Euri-

riporta ad alcuna regione

comune concetto mitico

a un

al

160.

"

eine Reihe, die

Kyrenaika und im sudlichen Thes-

con l'uno d'essi collegarsi intimamente

EUBIPILO ED EUFEMO
Atlante e Posidone,

"

urpeloponnesisch

rispondere di aver troncato a quella

ripilo

"

Endpunkt

l'estremit che
sul Tenaro.

reciso

si

(124),

"

Reihe

possiamo
per Eu-

che sta in Tessaglia, per Eufemo


Libia e

fissa in

Abbiamo

441

somma,

in

centro che

il

si

posa

non c'inganniamo,

se

nervi a quella teoria.

Del pari cadono

analogie

le

con cui

la rincalza. In

LicoFEONE 901 sgg. naufragano su la costa libica Euri pilo

(ma

figlio di

Evemone

magnete. Onde

il

tessalico),

Malten 132

fragio in Libia di

Guneo

Guneo perrebico

e di

Proteo

Proteo

sgg. sostiene che

il

nau-

leggenda

cire-

naica (LicoFB. 597-99, Apollod. VI 15 e 15 a Wagner)


quegli

rintraccia poi

sopra pag. 426)

appare

il

a Creta e in Tessaglia. Noi

abbiamo gi osservato a proposito

per
(cfr.

eroi

che nei varoi la

di

Diomede

spiaggia libica

luogo tipico dei naufragi e che quindi

gende son da ritenere indipendenti

affatto

tali leg-

da Cirene.

Il

trovare ora che un mito secondario, attinente per conte-

nuto all'epopea dei vazoi, fa

naufragare in Libia un

Euripilo senza avvertire l'esistenza in quei luoghi di un

omonimo, rilevante

figura locale, ci

opinione, e prova contro

il

conferma nella nostra

Malten che Guneo

non appartennero mai a saghe cirenaiche,


per molto tardo
la

"

feste Kette

riflesso.

Col che

si

Proteo

se non, al pili,

spezza sin dall'inizio

von Beziehungen zwischen Libyen und

"

Kreta einerseits und Nordthessalien andererseits, die

"

in

Arkadien ihren Knotenpunkt hat

Se non che, secondo

il

Eufemo ed Euripilo ebbero attinenze


era Argonauta,
zolla libica.
le

due

in cui

figure,
si

(Malten

138).

mito cirenaico dei Battiadi,

e questi agli

in

quanto quegli

Argonauti fece dono di una

noi quindi, che analizzammo partitamente

non resta che studiare

accostano e agiscono: ossia

nauti in Libia.

la

trama narrativa

il

mito degli Argo-

442

IV. -

Poich su questo

profondamente mi allontano dal Malten 126 sgg.

io

terr pi minuto

darie

Gli Argonauti in Libia.

VII.

punto

CIRENE MITICA

discorso.

redazioni leggen-

quattro

dobbiamo por mente: Pindaro

Erodoto IV 178-9; Licofronk 877

IV

Pit.

1-63, 251-262;

Rodio IV

sgg.; Apoll.

1231 segg.; e tutte bisogna esaminare.

Pindaro racconta che

Medea

dall'

gli Argonauti,

Oceano sopra VArgo

giorni trasportare la loro


al lago Tritonio,

nave su

zolla: fatidico

nulla che non

si

dono

(1).

convenga

l'unico

particolare

il

che esiste tuttora

per

il

XVII
("

del

il

Iago

loro compiacimento;

Tritonio,

laghi salati

si

questo

il

(Bengasi)

vede bene,

lago venisse scelto

Euripilo poteva esser causa della prefe-

renza; per che paja invece


Euripilo esser

E non

).

quel

quale

il

difatti

836, presso Berenice

perch per l'appunto


dono.

di Giasone,

ai desiderii dei Battiadi; nulla

non indispensabile. Dev'essere

lago, di cui Strab.

svibito,

compagno

In questo racconto non v'

quindi che non paja inventato per


fuor che

la terra deserta fino

ove nel punto della partenza appar loro

Euripilo a donare all'eroe Eufemo,

una

ritornando con

debbono per dodici

piti

probabile

intervenuto a cagione

del

il

contrario:

lago.

D'altra

parte difficilmente, sembra, Eufemo, avo mitico dei Bat-

sarebbe stato fatto Argonauta, ove con tal mezzo

tiadi,

a punto non
che

lascia

lo si fosse

supporre

potuto far giungere in Libia:

che in

Libia una

il

leggenda pi

antica recasse gi gli Argonauti. Per queste due possibilit

adunque, nel racconto

di

l'episodio della palude Tritonide

mitico pi antico

Pindaro

debba

parrebbe che

risalire a

parvenza bisognosa

un nucleo

d'altri suffragi.

(1) Sul valore che tal dono ha nelle leggende cfr. una
interessante nota in Gebckk o. c. 455. Ma gli esempi si
potrebbero moltiplicare.

GLI ARGONAUTI IN LIBIA

Ora in Erodoto

443

narra che presso la minor Sirte

si

esi-

steva una MjAvri f^eydrj T^ubvig: ben lontano dunque

da (Bengasi) Berenice;

cumnavigare

e ivi

Giasone

quale tentava

il

cir-

Peloponneso avrebbe subito naufragio,

il

per ci che una fortuna di mare ve

avrebbe improv-

lo

visamente trasportato senza possibile uscita fuor dalle

Ma

strette del lago.

nave, dimostr

Dopo

dono un tripode.

in

profet agli Argonauti che un

le quali cose,

presso quel lago

Trtone apparso trasse di rischio la

via, e ricevette

la

Taira ytovaavzag rovg 7tix<^Qovg twv Ai^vov

Qui sono

Tv zQLJioa.

dono del tripode


Quest'ultima non

CosTANzi

0.

due particolari ben

KQV'kpat,

distinti

il

per ottener lo scampo, e la profezia.

avver perch la piccola Sirte non

si

ebbe colonie greche


altri

giomo

Greci avrebbero fondato cento citt:

ed da vedere in essa

un

29-30)

e.

(cfr.

tra gli

tentativo com-

riflesso del

piuto nel Cinipe fra le due Sirti dallo spartano Dorieo


nel 515 circa.

Ma

il

mente collegato con

dono del tripode non


la profezia e

suo vero e unico e primo


la via.

il

che

notevole che ritorna ancor qui


zato per

non

il

presso Berenice

pili

scopo ottenere da Tritone

Da

resto superfetazione pi tarda.

Il

fittisiia-

tentativo di Dorieo

ultimo

lago Tritonio, localiz-

ma

nella piccola Sirte.

Esistono dunque nel breve racconto erodoteo due strati.

L'uno recente,

non

infelice di Dorieo:

Tritone e

il

valore

risale pi in l della spedizione

appartengono a questo
fatidico

dato

assai pi antico, e preesiste a Dorieo


i

nomi degli Argonauti

Giasone

gli

appartengono

e del lago Tritonio e

al

il

dono

di

ci

parve originario in Pindaro.

pivi

da vicino questi elementi

nucleo che

Esaminiamo pertanto
simili. Identico

luoghi:

al dio. Ora, quest'ultimo strato assomiglia, gros-

solanamente,

la profezia di

tripode. L'altro

al

il

nome

della palude

ma

diversi sono

tuttavia pi vetusta appare la identificazione

444

IV. - C'IBENE

lago

con

il

(cfr.

RoscHER nel Lex.

tico l'apparire di

non

occidente

dell'estremo
I 1,

MITICA

ma

un nume;

nomi

minor Sirte

nella

676 e Costanzi

o.

c.

29).

Iden-

differiscono: e

dubbio che Tritone, aderente com' al lago stesso,

risalga a pivi vetusta forma che Euripilo, figura recente

dei nuovi coloni. Identica

degli Argonauti

si

convenga

il

viaggio, pi tosto che quello

il

ma

la circostanza d'un dono,

mutata: ed chiaro come

la vicenda

mito primo

al

dono che serve a favorire


il

quale prepara, a tutto

vantaggio d'una regnante dinastia, una colonia. Lo strato

adunque pi antico

come

lisi

la

di

Erodoto appare alla nostra ana-

forma su cui vennero foggiate

alterazioni dicevoli

favor di Dorico,

dall'altro

con

Se questo vero

si

la

leggenda cirenaica a pr dei Battiadi,

la

da un lato
con alcune

leggenda spartana in

mutamenti opportuni.

altri

spiegano facilmente Licofrone

Apollonio. Licofrone dice dei naufragi di Guneo Proteo

ed Euripilo presso Tauchira

gli

(citt

della Cirenaica

non

Quivi (soggiunge) furon gi

lungi a l'odierna Bengasi).

Argonauti, che ad Ausigda seppellirono Mopso (Ausigda

giace fra Tauchira e Cirene). Quivi (insiste) scorre Kivv(pEiog ^og

(il

Cinipe,

cfr.

Malten

129, che fluisce, in

vece, fra le due Sirti, molto lontano

nauti appare Tritone, e a lui

di

li).

Agli Argo-

dona Medea un

cratere,

per compenso del quale egli insegna loro la via,


fta che

riavranno
riti

e pro-

Greci colonizzeranno quella regione, allorch


il

cratere.

lo celano.

Ora

cratere in tripode,

Onde

gli Asbisti

evidentissimo
il

{=

Libii)

che, ove

si

impaumuti

son quelli medesimi erodotei. Mutati sono unicamente


luoghi:

il

il

colorito e l'andamento della scena

quali, tranne

il

Cinipe, sono della Cirenaica.

Cinipe turba gran che

l'armonia:

questa irrazio-

nalit geografica qui indotta dal ricordo, che tutto

il

mito del resto nella sua forma erodotea presuppone, di

GLI ARGONAUTI IN LIBIA

Dorieo sbarcato presso quel fiume

Wagner

(Apollod. vi 15 a

Malten

scoi,

Cinipe fa naufragio

al

a Licofr. 902) (contro

Licofrone contamina; mischia in-

130). In breve,

sieme, di qui

ricordo cosi vivo che

una fonte anche Guneo tessalo

in

445

due localit cirenaiche,

di l

il

contesto

sirtico-spartano del mito.

Ben pi contamina Apollonio. Dal Peloponneso


gonauti naufragano alla Sirte, dove

cosi

al

lago Tritonio, presso cui a loro impediti

nel viaggio insegna la via Ti-itone: dona a


zolla, riceve
il

Ar-

gli

Eroine gli esortano

navi verso oriente. Giun-

a recare per dodici giorni le

gono

le

da Orfeo

tripode. Sono, ci

il

Eufemo una

ravvicinati

tripode erodoteo alla zolla pindarica; Eufemo ad Orfeo

(=

Giasone, in lieve vai-iante); la Sirte a Bengasi.

poeta

(o la

zione, che

sua fonte) cosi

il

della contamina-

due distanti luoghi (Sirte-Bengasi) congiunge

con una

fittizia

marcia

oriente

marcia

il

conscio

di

dodici

cui modello

giorni da occidente a

pu bene esser

in quella,

di cui Pindaro, fra l'Oceano e la palude Tritonia.

coteste contaminazioni

IV

bitrio di poeti. DioD.

la fonte) c'ne

gli

abitanti

d'aver rinvenuto essi

il

erano

56, 6,
di

puro

effetto dell'ar-

narrando (qual che ne sia


Evesperide pretendevano

tripode donato a Tritone, dimostra

come

la

Sirte,

dopo l'insuccesso di Dorieo, era spostata, avesse

leggenda sirtico-erodotea, la quale nella piccola

trovato terreno propizio, anche nella realt, presso l'altro

lago Tritonio, a Bengasi.

Conchiudiamo. La

facilit

con cui dalle nostre premesse

furono spiegate le complesse narrazioni di

Licofrone e

Apollonio, insieme col loro sostrato reale, par buona con-

ferma delle premesse medesime.


Poche parole bastino dunque, ancra,

sul posto che,

nella complessiva spedizione, occupa l'episodio degli Ar-

gonauti

Pindaro

Licofrone

lo

collocano

dopo

la

446

conquista del vello


doto,

prima.

CIRENE MITICA

IV.

Medea

presente. Apollonio

dar troppo peso a Licofrone,


possibile e facile, da poi

mente,
la

ma

in

un equivoco

cui

non

che

solo parenteticamente, degli Argonauti. Inoltre


il

nucleo primitivo

non aveva carattere cronologico

preciso:

che ogni poeta poteva tribuirgliene uno, secondo

genze poetiche o

di questi ultimi l'Eea di

Eufemo rielabor un

tivo favoloso su gli Argonauti in Libia

Lemno,

cosi
l'esi-

l'estro dell'ispirazione.

possiamo finalmente raccogliere in breve

e localizzando al Tenaro,

risultati

delle ricerche ( VI-VII) sul mito dei Battiadi.

e a

ben

tratta egli esplicita-

discrepanza dimostra a pena che

del mito

ed Ero-

Anzi tutto va osservato che non bisogna

favore

antico

mo-

conducendo quivi
il

capostipite dei

Battiadi Eufemo, in qualit di Argonauta; trasportando


i

Greci di Libia vigoreggiava come

trove. In tutta l'Eea quindi ,


di

nume

suoi discendenti a Tera; e approfittando del

Euripilo, che fra

si,

un complesso rifacimento

miti con scopo dinastico e religioso;

mento

riflette sol

non gi

tanto

le

ma

tal rifaci-

condizioni storiche a noi note,

altre, anteriori e ignote.

Questa Eea di Eufemo poi

diamo

di
al-

si

quella di Cirene

cre-

possano mostrare contaminate parzialmente in

Callimaco.

Vili.

Callimaco e

il

mito di Cirene.

41 sgg. 58-9, vede nel nesso

'

Cirene-Euripilo

Malten

Il
'

la

forma

pi antica della leggenda, quella che l'Eea avrebbe adulterata.

SANDRO

Ora

bens verissimo che Callimaco,

{scoi.

Apoll. R. II 498) e

Filakco

cirenaico l'uno, egizio forse l'altro (III-II sec.

una pi viva eco

e pi

a.

storici,

C), sente

genuina della primitiva forma

mitica allorquando fa combattere


saglia, Cirene col leone.

come Ace-

(ibid.),

Ma

in Libia,

non in Tes-

altr'e tanto' vero, e intui-

CALLIMACO E
che

tivo,

il

IL

MITO DI CIRENE

447

nesso con Euripilo tardo. Se difatti l'Eea

nome

questo

avesse trovato

congiunto, comunque, con

quel di Cirene, non avrebbe omesso di trasportarlo, con

Apollo

in Tessaglia era invero

e Aristeo, in Tessaglia:

signore di Ormenio un Euripilo (B 736) figlio di Evemone.

Che

se

dunque

nesso posteriore all'Eea e a Pindaro,

il

pur posteriore

alla

leggenda dinastica degli Eufemidi,

quest'ultimo poeta, e in cui Euripilo ha

gi riflessa in

preponderante azione. Par quindi legittimo pensare che


si commetta con Cirene, dopo che la sua figura
ha assunto valore e rilievo indigeni nel mito degli Argo-

Euripilo

nauti su la Tquovc

ifivrj.

Callimaco pertanto rispecchia

una posteriore forma indigena della leggenda che


getto del nostro studio; a quel

modo che

Vergilio

fu og(v. so-

pra pag. 223 sgg.) rispecchia una posteriore forma straniera.

parte bisogna considerare Filarco

di lui fiev jieivv

in Libia

non sola

ma

Cirene di

rene, Ipseo re di Tessaglia,

come Callimaco

indirizzo,

Tessali

di Ci-

sarebbero fer-

si

la fanciulla, loci amoenitate capti. Ora,

fa

trasparire

due passi or ora

non pi

per la frase

e.

mandati dal padre

un mito ove

Cirene ninfa e la leggenda dei Battiadi


in parte; cosi

l.

sarebbe pervenuta

con molti. Analogo, se bene un po'

diverso, Giustino XIII 7, 8:

mati in Libia con

fatti

citati

la favola di

compenetrano

si

continuano

lo stesso

solo col connettere Cirene ed Euripilo,

bens anche col porre intorno a Cirene coloni tessali, che

vengono imaginati ad analogia dei coloni


di questo processo mitopeico sono

1)

quando Eufemo, capostipite dei Battiadi,

dunque molto prima

di Batto;

2)

dori.

gradi

Euripilo in Libia
vi

giunge

Cirene in Libia ra-

pita da Apollo, essa pure prima che vi pervenga Batto;


3)

Cirene ed Euripilo ebbero rapporti in Libia in quegli

antichi tempi;

4)

con Cirene, che ha

il

trono da Euri-

448

IV.

OIBENE MITICA

eran Tessali suoi

pilo,

compatrioti.

forme non

processo, adunque, le cui

Lento (ma chiaro)

debbon confon-

si

dere con le primitive quali

ci

appajono nelle due Eee.

Esegesi novissima.

Storia e indagine su Ci-

IX.

vette mitica

erano in questo volume gi per intero com-

poste quando

apparvero di G. Pasquali

MCMXIII) ove

Callimacheae (Gottingae

mito

di Cirene di

altrove

nuovo

una confutazione

Scienze di Torino

("

trattato.

Quaestiones
il

Ne pubblicheremo

Atti della R.

1914, 17 Maggio).

Torino, Giugno 1914.

le

(pag. 93-147)

Accademia

delle

FRATELLI BOCCA, EDITORI TORIXO


Piccola

Biblioteca

di

Scienze Moderne

Eleganti volumi
1.

2.
3.

4.
5.

6.
7.

8.
9.

10.
11.
12.

lo.
I-i.

15.
16.
17.
18.
19.

20.
21.

22.
23.
24.

25.
26.

27.
28.
29.
30.
31.

32.
33.
34.

35.
36.
37.
38.
39.

40.
41.
42.
43.

44.
45.
46.
47.
48.
49.
O.

51.
52.

53.
54.
55.
56.

iii-r2".

Zanotti-Biancu. In cielo. Saggi di ustrononiia 18i)7


L. i,l)i)
4* edizione, 1906
Cathrein, Il Socialismo
2
,
2" ediz 1907
Brjcke, Bellezza e difetti del corpo uiinnio.
2,50
^
Sebgi, Arii e Italici
1898
(aui-ito).
KizzATTi, Variet di istoria naturale. Con tguie
1901 ,
2" edizione, 1907
Lombroso, Il problema della felicit
y
.
MoRASSo, Uomini e idee del domani
1898
(esaurito).
Kaitsky, Le dottrine economiche di
MHr.v
1898 (sequestrato).
HuGUKS, Oceanografa
1898
3,50

2
Frati, La donna italiana
1899
,
Zanotti-Biaxco, Nel regno del sole 1899
2,50
,
>5
Troilo, Il misticismo moderno
1899
,
Jekace, La ginnastica e l'arte greca. Con figure
1899 , 3 ''
1899
Revelli, Perch si nasce maschi o femminea
2.50
,
Gkopvai.1. La genesi sociale del fenomeno scientifico
1899 ,
2,50
1899
5
Vecchj e D'Adua, La marina contem/ioranea
,
5
De Saxctis, / sogni 1899
,
De Lacy Ea'ans, Come prolungitre la vita - 2" ed., 1906 , 3
2^ edizione, 1906
>
Sykafforello, Dopo la morte
,
hASSAK-Coas, La chimica nella vita quotidiana.- 2* ed., 1901 , 4
3.50
.
1900
Mach, Letture .scientifiche popolari
1900 ,
2,50
Antonini, I precusori di Lombroso. Con figure
2,50
Trivero, La teoria dei bisogni
1900
2
Vitali, Il rinascimento educatilo
1900
,
o
DiSA, Le previsioni del tempo 1900
,
2
Tarozzi, La virt contemporanea
1900
,
.
3
1900
Strafforello, La scienza ricreativa
1900
4
Sergi. Decadenza delle nazioni latine
,
Mas-Dari, M. T. Cicerone e le sue idee economiche e sociali , 4
2,50
De Roberto, L'Ar/e
1901

1901
4
Baccioni, La vigilanza igienica degli cdimenti
,
3,50
Marchesini, Il simbolismo
1901
n
2,50
1901
Naselli, Meteorologia nantica

1901
5
NiCEFORO, Italiani del nord e italiani del sud
,
2" edizione. 1901
4
Z<jcco\.i. Federico Nietzsche
,
(esaurito).
1901
Loria, Il capitcdismo e la scienza
3,50
OsBORN, D<n Greci a Darwin 1901
,
,
1901
3,50
Ciucotti, La guerra e la pace nel mondo antico
3
1901
Rasius, Diritti e doveri della critica
,
2,50
1901
,
Sergi, La psiche nei fenomeni della vita
1902
3
Henle, La vita e la coscienza. Con figure
,
1902
2,50
Baccioni, Nel regno del profumo. Con figure
,
o -^
1902
Strafforello, // progresso duella scienza
,
3,50
1902
MiNfTiLLi, La Tripijitania. Con una carta
,
2* ediz.. 1910
3,50
M.\ETERLiNK, La suggczza ed il destino
,
4
1902
Molli, Le grandi vie di comunicazione
,

3* edizione, 1902
Vaccaro, La lotta per resistenza
,
1902 ,
Grant Allen, La vita delle piante. Con figure
1902
Zini, Il pentimento e la inorale ascetica
,
,
1902
Materi, Uelqquenza forense
...
1903
Morasso, L'imperialismo artistico
1902
Lombroso, / .^egni rivelatori della personalit
,
.
1902
Oddi, Gli (dimenti e la loro funzione
,
1902
Rossi, I sugge-^tiotiatori e la folla
,
Vaccai, Le feste di Roma antica 1902
1902
Marchksini, Il dominio dello Spirito
,
.

.....

">

(,'.

3
3

2
o-oO
3

2.50
3,50
3,50

Kuropu

57. Seuoi, Gli Arti in


8. Zanotti-Bianco,
">9.

Istorie di

Harsack, L'essenza

del

Con

in Asia.

mondi

figure

1903

Cristianesimo

2' edizione, 1906


60. James, Gli ideali della vita
Baccioxi, Ifall'alriinia alla ciimira. Con fiixure

La

legijenda Napoleonica

2* edizione,

61.

62. Cappelletti,

1903 L.

1908

1903

1906

,
,

69.
70.
71.

72.
73.
74.
75.
76.

77.
78.

79.
80.
81.
82.

83.
84.
85.

86
87.

88.
89.
90.

91.
92.
93.
94.
95.
96.
97.
98.
99.
100.
101.
102.
103.
104.
105.
106.
107.
108.
109.
110.
111.
112.
113.
114.
115.
116.
117.

1903
1903
Costa. // Buddha e la sua dottrina
Solerti, Le origini del melodramma
1903
3 edizione, 1903
Brofkkrio, Per lo Spiritismo
Clodd, Storia dell'Alfabeto. Coti figure 1903
Del Lvngu. Goethe e llehnholz 1903
1903
Finot, La filosofia della longevit
Alippi e Comanducci, La liquefaz. del gas e dell'aria - 1903
Fraccaroli, L'irrazionale nella letteratura
1903
CoNN, Il meccanismo della vita 1903
Levi. Delitto e pena nel pensiero dei Greci
1903
Del Cerro, -Fra le quinte della Storia
1903
ViAzzi, Psicologia dei sessi 1903
Sergi, Evoluzione umana individuale e sociale 1903
Clodd. L'uomo primitivo. Con figure
1904
Baldvvin, L'intelligenza
1904
Cappelletti, La Rivoluzione
1904
1904
Lombroso, La vita dei bambini. Con figure
1904
Emersox, Uomini rappresentativi
1904
MoEBirs. Inferiorit mentale della donna
GuMPLOwicz, Il concetto sociologico dello Sfato
1904
Agresti. La filosofa nella letteratura moderna 1904
Lombroso, / ranla;igi della degenerazione. Con figure
1904
Pegrassi, Le illusioni ottiche. Con figure
1904
MoRASSo, La nuova arma (La macchina) 1905
Menger, Lo stato socialista
1905
1905
Canestrini. Gli amori degli animali. Con figure
1905
Rizzatti, Dalla pietra filosofale al radio. Con fig.
Carlyle, Passato e presente
1905
Cougnet, Il ventre dei popoli
1905
Bizzarri, La base fisica del male
1905
Cappelletti. Storie e leggende
1905
1905
Clodd, Storia della creazione. Con figure
Zanotti-Bianco, Astrologia ed astronomia
1905
1905*
Hall. Il suolo
1905
Baratta. Curiosit Vinciane. Con figure
Fraccaroli. La questione della scuola
1905
1905
Evans, Lao-tse e il libro della ria e della virt
Clodd, Miti e sogni
1905
Labanca, Il papato
1905
Villa. L'idealismo moderno
1905
Fanciulli, L'individuo nei suoi rapporti sociali
1905
DccLAUx, Igiene sociale
1905
Ra VIZZA, Psicologia della lingua
1905
Clodd, Fiabe e filosofia primitiva
1906
Cappelletti, Principesse e grandi dame 1906
NiCEFORO, Forza e ricchezza
1906
Renda. Le passioni
1906
Romano, La psicologia pedagogica
1906
Rizzatti, Dal cielo alla terra
1906

....

67. SiGHEi.E, L'intelliffenza della folla 1903


68. HicKsoN. La vita nei mari.
Con figure

63. Mach. Analisi delle sensazioni


1903
64. Labanca, Ges Cristo.
1902
Con figure
65. Anderson, Le civilt estinte dell'Oriente
1903
1903
66. CouGNKT, / i^iaceri della tavola. Con figure

,
,

3,50

443
5

4
3
5
5
4

2,50
2,50
3,50
3.50
3,50
3
2

3.50

3-

5
3
3.50
4

4
3,50
2.50
4

3,50
2,50
3,50
3.50

3-

2,50

4
4

3,50
3,50
5
5
2.50
5

3,50
4
3
3
4

3,50
3.50
5
5
3

3
3.50
5

3.50
2.50

4-

3.50

118.
119.
120.
121.
122.
123.
124.
125.
126.
127.
128.

129

C'anksxkini,

Li- societ

degli aiiiniai.Cvn iigure

1906

L.

ToNNiNi, La psicologia della cirilt egizia. Con fi<^.


1906
Ferrucci, Il traforo del Sempione e i passaggi alpini
Lombroso e Carrara. Nella penombra della civilt
1906
Sacchi, Istituzioni di Scienza occulta 1906
Wii.DE. Intenzioni
1907
LuKiGA, La struttura e le funzioni del corpo n
Baratoxo, Psicologia sperimentale
1906
Fanciulli. La coscienza estetica
1906
Key, // sc'-olo dei fanciulli
1906
Cappelletti. Dal 2 Dicembre a Sedan
1907
Zini, Giustizia
1907
Ballard, / miracoli dell'incredulit 1907
Limentani, La previsione dei fatti sociali
1907
Conn, Il metodo dell'evoluzione. Con figure
1907
Sergi, La Sardegna. Con figure
1907
Lacey, Il Cristo storico
1907
Newman, Fede e Ragione
1907

,
,
,

3-

130131.
132.
133.
134.
135.
136. De Lorenzo, Terra madre
1907
137. Bryce, Imperialismo romano e britannico
1907
138. LuMBROso, Altra ver.90 la rivoluzione e il primo impelo

139. WectEner, Noi giovani! Il probleni;!, sessuale nella vita


.

....
....

8.50
8.50

3,50
8
5
8.00
4

,5

3
5

8
2 50
6

5
5

3* ed., 1914
prematrimoniale d'ogni giovane istruito
2,50
5
140. Snyder, La nuova scienza
1907
,
141 142. Morselli, Psicologia e spiritismo. Con figure
1908 15
143. Alalkona, Storia dell'oratorio musiccde
1908
6
,
144. Bain. Scienza dell'educazione
1909
5
,
145. MicHELs, Proletariato e borghesia
4
1908

146. Mohasso, Domus Aurea


4
1908
,
147. FouRNiBR d'Albe. La moderna teoria dell'elettricit
1908 , 4
148. Carthy, Storia dell' Inghilterra nel secolo
1908
5
149. Paulsen, Contro il clericalismo
1908
2.50

1908
4
150. Battaini, Lo Stato contro la Chiisa
,
151. OsTWALD, Come si impara la chimica
1908
A

152. Ostwald, Come si studiano i corpi


1908
5
,
153. Formichi, Salus populi. Saggio di scienza politica
1908 2,50
154. Cappelletti, Da Ajaccio alla Beresina. Con ritratti
1908 , 5
155. ZANOTTi-BrANco, Spazio e tempo. Con figure
1908
4
,
1909
156. Key, L'amore e il matrimonio
3,50
,
1909
157. Leland, La forza della volont
3,50
,
158. Ferrari, / partiti politici nella fila sociale
1909
2,50
,
159. Mason. Le origini delle invenzioni. Con figure
1909
6

1909
160. Forel, Etica sessuale
2
,
1909
161. Scott Palmer, La Chiesa e Vtiomo moderno
3
,
1909 4
162. Nevtman, Il papa, il Sillabo e V infallibilit papale
1909 , 3,50
163. Marchesini, L'intolleranza ^ i suoi presupposti
1909
164. SiLVAGNi, L'impero e le donne dei Cesari
5

1909
165. SiGHKLK, La coppia criminale. Con figure
166. LiESEGANG, Il Cinematografo
5
,
167. Schopenhauer. Aforismi sulla saggezza della vita
1909 ,
3
1909
168. Carpenter, L'amore diventa maggiorenne
3
,
1909 , 3
169. Canestrini. Le alleanze degli animali e delle piante
170. Bechterew. La suggestione e la sua importanza nella vita

'

,4

,3,50

"

sociale
1909
Kierkegaard. // diario del seduttore 1910
Renda, L'oblio
1910
De Sanctis, Per la scienza dell'antichit
1909
Lombroso, Caratteri della femminilit. Con fig.
Fichte, Lo stato secondo ragione
1910
Burckitt, Il vangelo e la .ina .storia
1910
Pistolesi, L'imitazione
1910

XIX

171.
172.
173.
174.
175.
176.
177.

,
.

1909

3,50
3
6
3

3
5
3

178.
179.
180.
181.
182.
183.
184.
185.
186.
187.

188.
189.
190.
191.
192.
193.
194.
195.
196.
197.
198.
199.
200.

201.
202.
203.
204.
205.
206.
207.
208.
209.
210.
211.
212.
213.
214.
215.
216.
217.
218.
219.
220.
221.
222.
223.
224.
225.
226.
227.
228.
229.
230.
2H1.
232.
233.
334.
235.

Caulylk, JAdora, non disperarti


1910
L.
FouRNiKR d'Albe, L' iuimortalit
1910
(JuAMnKus .Ianni, La nostra vita dopo la morte
1910
Cloud, / pionieri del'erohizione
1910
ToHKKKKANCA, Ld Vita muslcalc dello s/jn/o 1910
Labkiola, Capita/isitio 1910
Skki.ky, Ecce Homo
1910
Gaukli.o, Lerjdtlidn
1910
Cappkli.ktti, La seconda lestaitraziuin'
la niniiarchia ,i
luglio (1815-1848) - 1910
Pflkidkrkr, Religione e religioni
1910
Payson Cali., Forza e riposo
1910
HiBBE.N, La logica di Hegel
1910
Keller, // mondo in cui vivo
1910
DuRKLL, La chiesa storica
1910
Payson Call, Vita naturale
1910
Ferrante Capetti, Beati e psicopatie sessuali
1910
MoKRisoN, Gli Ebrei sotto la dominazione romana
1911
Saitta, La scolastica delsec.XVIela politica dei gesuiti. 1911
Il programtna dei modernisti
1911
CniLESoTTi, L'evoluzione della musica
1911
HuBER, Morale dei gesuiti
1911
Wkgeneu H., La prossima generazione
1911
Blavatskt, Introduzione alla teosofia
1911
Thoma.s, Sesso e societ 1911
CicoGNANi, Il cantico dei cantici
1911
RcssANA, Sotto la ferula
1911
De Roi-.ekto, Renan
1911
Besant, Autobiografia
1912
Powell. Il cibo e la salute
1912
GiACHETTi, La fantasia 1912
1912
Turchi, Storia delle religioni
Somigli, La pesca marittima industriale
1912
Halevy, Vita di Federico Nietzsche 1912
TuoiLo, Il positivismo
1912
Michels, / limiti della morale sessuale
1912
1912
Oraziani, Teorie e fatti economici
1912
Cappelletti, La Riforma
1912
Gallo, La guerra e la sua ragion sessuale
1913
Ramaciaraca, La respirazione e la salute
1913
Caru.s, // Buddismo e i suoi critici cristiani
Sergi, Le origini umane
1913
Rau, La crudelt
1913
1913
Artken, Le vie dell'anima
191'"
Canestrini, Nel mondo dei parassiti
AvEiiCHY. Pace e felicit - 1913
.

....
....

<:

....

....

....

Rknsi, Trascendenza
1914
Grew, Sviluppo di un pianeta

1914

1914
Sergi, L'evoluzione organica e le origini umane
1914
Gallo, Il valore sociale dell' abbigliamento
1914
Ramaciaraca Ata Yoga, L'arte di star bene
1914
Vercellini, Unit di legge nei fenomeni vitali
1914
Germani, La Ragioneria come scienza moderna
1914
Olgiati, La filosofa di Enrico Bergson
Demichelis, // problema delle Scienze storiche (in corso di stampa)
1914.
3,50
Weiningkr, Intorno alle cose supreme
Tt'KCHi, La Civilt Bizantina (in corso di stampa).
6
1914
Ferrabino, Kalypso
Emery, La vita delle formiche (in corso di stampa)

A7{.

I vokinii

con fresi

di

artistici,

"...

questa .serie esistono pure elegantemente legati in


cou ima llr: d'aumento sul prezzo indicato.

()l

PLEASE

CARDS OR

SLIPS

UNIVERSITY

BL
721

DO NOT REMOVE
FROM

THIS

OF TORONTO

POCKET

LIBRARY

Ferrabino, Aldo
Kalypso

F^7

L'ERMA di BRETSCHNEIOER -ROMA


VIA CASSIOOORO t9 -TEL. 30765

I yiiiiili^il^lSiiiililiiiiiS

LU CM

to
</)

o
QL

in

Li.

Xo
>
< C4
.,_

Vi

ca
UJ

o
z
<
ce
O

C>l

co

Potrebbero piacerti anche