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Lari.

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Loretta Lari

GENERI LETTERARI
2. Dramma

Edizioni B.A. Graphis


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Proprietà letteraria riservata


Graphiservice s.r.l., via Argiro 7, Bari
tel. 0805241601 / fax 0805245722
e-mail: graphis@graphiservice.it
www.graphiservice.it

Finito di stampare nell’ottobre 2010


Global Print srl - via degli Abeti 17/1
20064 Gorgonzola (Mi)
per conto della Graphiservice s.r.l.
ISBN 97888-86864-52-7
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Prefazione

Alle serie già avviate della collana «gli strumenti», se ne aggiun-


ge una «turchese», riservata ad autori e opere di letteratura te-
desca, a temi e questioni di germanistica.
La inaugurano tre volumi dal titolo Generi letterari, dedicati
rispettivamente alla narrativa, al dramma e alla lirica e concepi-
ti come guida ad una lettura di opere letterarie, condizionata il
meno possibile dalla previa conoscenza di lavori critici specifici.
Ha guidato le autrici l’intento di aiutare i lettori a saper ricono-
scere alcuni degli elementi che caratterizzano un qualsivoglia te-
sto letterario e che possono variare a seconda di quelle che
Goethe definiva le tre «forme naturali» della letteratura: la nar-
rativa, appunto, la drammatica e la lirica.
Ovviamente, saper riconoscere tali elementi, essere cioè in
grado di analizzare un testo, non significa ancora averlo inter-
pretato, ma è quasi altrettanto ovvio che non si dà interpreta-
zione senza acquisita capacità di analisi. I tre manuali che apro-
no la «Serie turchese» sono dunque tre vere e proprie ‘porte’ che
introducono gli studenti alla lettura dei testi letterari.
Vorremmo aggiungere che non è un caso, a pensarci, che que-
sta serie di germanistica si apra proprio con siffatti manuali, nel
solco profondo di una tradizione che contraddistingue la storia

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culturale della Germania moderna e che pone in primo piano la


lettura e il confronto diretti con il testo, scavalcando la media-
zione degli esegeti.
Si parva licet componere magnis, nel disegno che guida non
soltanto le autrici dei manuali, ma anche chi dirige la serie, c’è
forse la lontana eco di quella tradizione, radicata nella convin-
zione che elemento fondamentale di un buon percorso formati-
vo sia l’educazione all’autonomia.

Giuseppe Farese Domenico Mugnolo

Bari, ottobre 2000


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Abbreviazioni

AD Heinz Geiger, Hermann Haarmann, Aspekte des Dramas, West-


deutscher Verlag, Opladen 19783.
D Manfred Pfister, Das Drama. Theorie und Analyse, Wilhelm
Fink Verlag, München 19844.
ED Norbert Greiner, Jörg Hasler, Hajo Kurzenberger, Lothar
Pikulik, Einführung ins Drama. Handlung, Figur, Szene, Zu-
schauer, Bd. I, II, Carl Hanser Verlag, München-Wien 1982.
EDa Bernhard Asmuth, Einführung in die Dramenanalyse, 2., durch-
gesehene Auflage, Metzler, Stuttgart 1984.
GDD Ivo Braak, Gattungsgeschichte deutschsprachiger Dichtung in
Stichworten, Ia – Ib Dramatik, 2., durchgesehene Auflage, Ver-
lag Ferdinand Hirt, Kiel 1981.
K Bernhard Greiner, Die Komödie, Eine theatralische Sendung:
Grundlagen und Interpretationen, Francke Verlag, Tübingen
1992.
PS Ivo Braak, Poetik in Stichworten, Literaturwissenschaftliche
Grundbegriffe. Eine Einführung, 7., überarbeitete und erwei-
terte Auflage von Martin Neubauer, Verlag Ferdinand Hirt,
Unterägeri 1990.
T Peter Szondi, Versuch über das Tragische, Insel Verlag, Frankfurt
am Main 1961; trad. it. di Gianluca Garelli, Saggio sul tragico, Ei-
naudi, Torino 1996.
TmD Peter Szondi, Theorie des modernen Dramas, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt am Main 1956; trad. it. di G. L., Teoria del dramma
moderno 1880-1950, Einaudi, Torino 1962 (10a ristampa 1996).

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Generi letterari
2. Dramma
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Per l’aiuto e i consigli che mi hanno dato, ringrazio i professori Enrico De An-
gelis, Fabrizio Cambi, Concetta D’Angeli, Giuseppe Farese e Domenico Mu-
gnolo. Un grazie particolare alla professoressa Marina Foschi per gli utili sug-
gerimenti.
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1.
Dramma
(«Drama»)

Il significato etimologico del termine generale e comprensivo


dramma [Drama], dal greco drân [fare], indica nell’azione l’es-
senziale elemento costitutivo dell’arte e della poesia drammatica.
La definizione data da Aristotele nella Poetica (3, 1448 a-b)1, testo
di fondamentale riferimento per la tradizione e la teoria teatrale
occidentale, sostiene, sulla base dello stesso dato etimologico:
«codesti componimenti sono chiamati ‘drammi’ [cioè ‘azioni’]:
appunto perché imitano persone che ‘agiscono’ [drøntav]».
Tuttavia il problema della definizione non è di semplice solu-
zione, e non solo per la comprensione del concetto di «azione»;
tentativi recenti ne discutono le premesse teoriche e metodologi-
che. La prima considerazione verte sul modo stesso di intendere
«definizione», in termine descrittivo oppure normativo; è inoltre
coinvolto il complesso dibattito sui generi letterari e in particola-
re l’analisi della loro dimensione storica o formale e della valenza
relativa o universale. È peraltro evidente che nessuna definizione
teorica può esaurire la spiegazione di un fenomeno artistico co-
me quello teatrale che più di altre espressioni necessita di espe-
rienze e presupposti culturali per la sua comprensione.
Le definizioni illustrate qui di seguito, in una esemplificativa
e sintetica esposizione, si presentano come formule generali o se-
lezione dei fattori costitutivi del dramma.

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Dramma [Drama] è inteso come concetto poetico generale,


elemento della triade «lirica-narrativa-dramma» che contraddi-
stingue anche il presente manuale.
La poesia in forma drammatica è la diretta rappresentazione
mimetica di un’azione attuata per intero mediante attori che
operano come se ne fossero i personaggi viventi, avvalendosi dei
mezzi poetici del ritmo, della melodia e del verso (Poetica, 1-3,
1447b-1448a). Il principio della mimesi, enunciato a fonda-
mento della definizione classica aristotelica, è già presente nel
terzo libro della Repubblica di Platone a caratterizzare la forma
letteraria drammatica, distinta dalla pura narrazione proprio in
virtù della diretta comunicazione dialogica sulla scena e non me-
diata dalle parole del poeta epico, neppure nella forma narrati-
va misto-mimetica del riferire discorsi altrui (392c-394c).
Azione e mimesi, comunicazione diretta e mediata, realizza-
zione scenica sono termini e concetti che ricorrono con diverso
valore anche nella letteratura critica contemporanea.
Tratto distintivo del dramma è ora individuato nell’azione (Piku-
lik, ED, pp. 13 sgg.), ora nell’imitazione, nella finzione del «come se»
(Hasler, ED, p. 84), considerate comunque nella loro interazione.
La definizione di Martin Esslin (citata in ED, p. 14)2 associa
al dramma l’idea di un’azione mimetica che rappresenta o imita
il comportamento umano, ponendo l’accento sulla parola azio-
ne [Aktion] e sulla dimensione scenica extratestuale.
Imitare, tuttavia, nella concreta realtà fisica del palcoscenico
non vuol dire per gli attori una semplice copia della realtà: le lo-
ro selezionate manifestazioni gestuali e linguistiche mediano, co-
me rappresentazioni, significati e interpretazioni della realtà a
un pubblico coinvolto nella finzione ma consapevole del pro-
dotto autoriale (Greiner, ED, p. 11).
Anche il significato di azione [Handlung] necessita di preci-
sazioni. Asmuth ritiene discutibile la diffusa accezione di rica-
vare l’essenza del dramma da generici argomenti etimologici.
L’essenzialità dell’agire per il dramma va intesa piuttosto in un
senso specifico; ancora con riferimento ad Aristotele, l’azione è
la sequenza coerente di avvenimenti, compresi unitariamente
nel concetto di mûqov (EDa, pp. 2, 5-8).
L’analisi di Pfister (D, pp. 20-21) si concentra invece sul mo-
dello linguistico del genere drammatico. Ciò che definisce un te-
sto drammatico è la situazione comunicativa non mediata; ri-
spetto al testo narrativo manca il livello di mediazione rappre-
sentato dal narratore e dall’ascoltatore fittizi (segnalati tra paren-
tesi nello schema proposto da Pfister e qui riprodotto):

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S = Sender [emittente]
E = Empfänger [ricevente]
N = Niveau [livello]

TESTO NARRATIVO

N4 N3 N2 N1 N2 N3 N4

S4 S3 S2 S/E1 S/E1 E2 E3 E4

TESTO DRAMMATICO

N4 N3 (N2) N1 (N2) N3 N4

S4 S3 (S2) S/E1 S/E1 (E2) E3 E4

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S4 Autore empirico
E4 Lettore empirico/pubblico Sistema esterno
S3 Autore ideale di comunicazione
E3 Ricevente ideale

S2 Narratore fittizio Sistema mediato


E2 Ascoltatore fittizio di comunicazione

S/E1 Personaggi fittizi che


Sistema interno
comunicano l’uno con
di comunicazione
l’altro in modo dialogico

Sulla scena il dialogo drammatico tra i personaggi-attori è ba-


sato su un rapporto diretto di emittenti-riceventi in un sistema in-
terno di comunicazione.
L’assenza della voce narrante all’interno del testo e del corri-
spettivo destinatario, l’ascoltatore virtuale, produce quello che
Pfister chiama «corto circuito» nel modello generale dei livelli
semiotici l’un l’altro subordinati (indicato graficamente nella se-
rie di inclusioni dei riquadri N4 – N3 – N2 – N1), sopprimendo
il passaggio tra il livello interno (N1: dialogo diretto sulla scena)
e quello esterno (N3/N4: autore-pubblico).
Il potenziale di informazioni che viene in tal modo perduto è
tuttavia compensato da messaggi extralinguistici che caratteriz-
zano la comunicazione teatrale.
Oltre alla tipicità del sistema comunicativo, Pfister propone
altri aspetti per una possibile definizione di dramma:
– la plurimedialità della rappresentazione drammatica che,
contemplando codici e canali linguistici, acustici e ottici, nella
sua concretezza scenica eccede le informazioni contenute nel te-
sto letterario, suo substrato;
– la dimensione performativa del linguaggio drammatico: la
natura di atti linguistici delle battute che, diversamente da altri
testi letterari, hanno la caratteristica di produrre effetti, azioni,
mutamenti di situazione;
– la collettività di produzione e ricezione: il dramma è infatti
non solo risultato di una pluralità di differenziati soggetti e fun-
zioni, dall’autore al regista, dallo scenografo agli attori, dai co-
stumisti ai vari tecnici di scena, ma è anche influenzato diretta-
mente, nella sua stessa struttura testuale, dalla destinazione a un
pubblico teatrale.
La discussione sui criteri distintivi del genere drammatico è
risolta da Asmuth con un semplice schema:

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 Discorso del narratore



EPICA 

 Discorso dei personaggi Rappresentazione scenica
























DRAMMA

L’azione è rappresentata nel dramma per via dialogica e sce-


nica. La combinazione di azione e dialogo, elementi essenziali
ma non esaustivi del dramma, diviene effettivo criterio di diffe-
renziazione del genere solo quando è associata alla tipologia del-
l’allestimento scenico, in cui la mediazione narrativa è superata
nella sensoriale e immediata presenza dell’evento teatrale. La sua
importanza è testimoniata ancora a livello lessicale: l’origine gre-
ca di teatro da qeâsqai [osservare, assistere], il latino spectacu-
lum, il tedesco Schauspiel hanno la loro radice nella percezione
visiva degli «spettatori», mentre l’attività degli attori è definita
dal presentare al pubblico il testo drammatico: Aufführung [rap-
presentazione], Vorführung [esibizione], Vorstellung [spettaco-
lo] (EDa, pp. 10-12).
Come riferimento primario di tali criteri Asmuth cita i sei
principi costitutivi della tragedia enunciati da Aristotele (Poeti-
ca, 6, 1450a).

mûqov Azione, fabula Composizione di una serie di atti o


fatti
h¢qh Caratteri Elementi per i quali si attribuiscono
qualità alle persone che agiscono, as-
sunti dai personaggi che li imitano, in
funzione dell’azione
léxiv Linguaggio, dialogo, dizione Espressione del pensiero mediante la
parola
diánoia Pensiero, idea, intenzione Capacità di esprimere ciò che è ine-
rente e conveniente a un dato argo-
mento; ciò per cui i personaggi di-
mostrano, parlando, qualcosa di par-
ticolare o verità generali
o¢yiv Spettacolo Apparato scenico, ordinamento ma-
teriale dello spettacolo
melopoifia Composizione musicale Canti e melodie

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Distinti in:

MEZZI léxiv - melopoifia


MODO o¢yiv
OGGETTI mûqov - h¢qh - diánoia

e tradotti nelle poetiche rinascimentali, ad opera di Giulio Ce-


sare Scaligero, in:

fabula, mores, dictio, sententia, apparatus, melodia.

L’accentuazione del mûqov, indicato da Aristotele quale fine


stesso della tragedia, è inserita da Asmuth in una rielaborata e
personale triade degli elementi formali che definiscono il dram-
ma (EDa, pp. 3-4):

mûqov - léxiv - o¢yiv

rivalutando quella dimensione di spettacolo che sia lo stesso Ari-


stotele che la tradizione critica hanno invece ritenuto di scarso
interesse come argomento di analisi teorica.
Con diversa prospettiva interpretativa, anche Peter Szondi de-
linea un insieme di elementi costitutivi del dramma. È necessario
premettere che per dramma [Drama] Szondi intende non una ge-
nerica categoria poetica, bensì quel determinato tipo di lettera-
tura teatrale sorto nel Rinascimento e realizzatosi a partire dal tea-
tro elisabettiano. Il suo orizzonte è quindi circoscritto temporal-
mente rispetto al passato, con l’esclusione ad esempio della tra-
gedia greca e delle rappresentazioni medievali, ma anche, in mo-
do più problematico, rispetto alla contemporaneità, oggetto spe-
cifico dello studio dell’autore (TmD). Inoltre, a livello struttura-
le e contenutistico si registra un’ulteriore discriminazione, per-
ché l’accezione di dramma non contempla forme importanti del-
la drammaturgia mondiale quali le opere di Shakespeare, deno-
minate piuttosto histories, che in modo contraddittorio rispetto
alla pura forma drammatica introducono l’elemento storico non
solo tematicamente ma come tendenza stilistica epica, con la va-
rietà di ambientazione e il debole legame delle singole scene, co-
me è richiesto dalla trama più complessa.

– Tematica incentrata nella sfera dei rapporti intersoggettivi


– mezzo espressivo costitutivo del dialogo
– assolutezza del dramma

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sono i tre nuclei essenziali che si evincono dall’analisi dei dram-


mi dell’età moderna. Il loro strumento linguistico peculiare, il
dialogo, richiama la natura intersoggettiva della comunicazione
e riflette la nuova dimensione sociale che è storicamente emer-
gente nella consapevolezza dell’individuo rinascimentale. Sul
piano estetico il dialogo contraddistingue l’assoluta autonomia
della rappresentazione drammatica da ciò che le è esterno, com-
presi linguisticamente i momenti di mediazione comunicativa,
costituiti secondo la tradizione dal prologo, dall’epilogo e dal
coro, epigonalmente presenti nel teatro barocco.
Ritornerà in queste pagine il motivo dell’assolutezza del
dramma; per ora, con riferimento alle origini storiche e sociolo-
giche della forma del dramma dell’età moderna, Szondi intende
tale concetto come esclusione di ciò che è estraneo alla possibi-
lità di espressione di un soggetto che si determina in modo de-
cisionale in relazione agli altri. Non sono quindi materia di rap-
presentazione le idee oggettivatesi, già estraniatesi dal soggetto
loro produttore; l’introversa interiorità, che non si manifesta nei
rapporti interpersonali; il mondo delle cose in genere, muto
sfondo del contesto sociale. Dalla teoria di Szondi si ricavano
preliminarmente i seguenti caratteri:

– assenza dell’autore, che non deve intervenire nello svilup-


po delle situazioni drammatiche, determinato da quello che con
Pfister abbiamo chiamato sistema di comunicazione interno;
– passività dell’uditorio nei riguardi dell’azione drammatica,
che può sì divenire totale immedesimazione nella finzione tea-
trale, ma senza intrusioni o allocuzioni dirette;
– illusione creata dal palcoscenico e dal sipario, garanzia di
assolutezza determinata dalla struttura stessa dello spettacolo
teatrale;
– identificazione nel ruolo da parte dell’attore, ulteriore con-
tributo all’autonomia drammatica;
– coincidenza dell’azione del dramma con il dramma stesso,
non rappresentando né riferendosi a contenuti originari o pri-
mari (condizione che esclude da questa definizione il dramma
storico);
– presente come schema temporale, quale decorso continuo
e consequenziale di istanti che contengono autonomamente lo
sviluppo dell’azione futura fondata sulla tensione dialettica del-
la dimensione interumana che si esprime nel dialogo;
– continuità spaziale, unità e assolutezza della scena non mo-
dificabili da forme e interventi dell’elaborazione epica;

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– richiesta di motivazione per ogni evento ed elemento che


costituisce l’opera, assicurando la realizzazione della compattez-
za tematica.

I criteri citati delineano una forma astratta, associabile solo a


particolari epoche di produzione teatrale, ma non concorrono a
proporre una norma in base alla quale fondare la creazione di
opere e il giudizio estetico. La rinuncia al principio normativo
inerente al canone è infatti una posizione consolidatasi a partire
dal dibattito sui generi di età classico-romantica; pertanto il di-
scorso di Szondi è rivolto alla più complessa questione del con-
cetto stesso di dramma.
Tuttavia, sebbene la precettistica delle poetiche sistematiche
non abbia più alcuno spazio nelle analisi contemporanee, anche
i recenti studi sulla forma drammatica insistono sul problema
ancora attuale di una definizione normativa.
Pfister (D, pp. 31-33) la rifiuta a favore di un’analisi descrit-
tiva che comprenda un corpus testuale il più vario storicamente
e tipologicamente e che sia aperta agli sviluppi e trasformazioni
successivi. Tuttavia anche i tentativi volti in questa direzione
spesso non si sono limitati a stabilire criteri differenziali essen-
ziali; perciò denunciano piuttosto una tendenza a celebrare in
modo prescrittivo i caratteri di un dato corpus di testi dramma-
tici più o meno ampio. Oltre al singolo esempio della definizio-
ne di Robert Petsch3 citato a dimostrazione, i confini tra nor-
mativo e descrittivo non appaiono in genere decisamente netti.
Un diverso rischio risiede in quelle formule enunciate intenzio-
nalmente in modo così rigorosamente descrittivo, ma riduttivo,
da risultare nebulose o tautologiche4.
La soluzione proposta da Pfister, che nega la possibilità di
compendiare in una definizione la specificità del testo dramma-
tico, è nel segno dell’integrazione tra le due interpretazioni, en-
trambe deficitarie, della poetica storica e della semiotica.
Il relativismo associato alla prospettiva storica vale come li-
mite e opposizione al rischio di assolutizzare e rendere normati-
va una concreta e particolare forma drammatica prodotta da un
autore o da un movimento letterario in una determinata epoca.
Tuttavia questa linea interpretativa, necessaria perché valuta at-
tentamente variabili diacroniche di strutture e funzioni, deve es-
sere anche indirizzata verso una descrizione tipologica più com-
prensiva e sistematica, che possa delineare un coerente e opera-
tivo metalinguaggio drammatico. L’impostazione strutturalista
del discorso di Pfister è confermata dal suo accettare, pur in mo-

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do non esclusivo, le acquisizioni della semiotica che considera il


testo drammatico una specie di super-segno complesso capace
di attivare codici linguistici, acustici e ottici e in genere socio-
culturali (D, p. 19).
La motivazione che induce anche Asmuth a giudicare inade-
guati i tentativi di definire il genere drammatico rimanda invece
a un concetto generale e sovrastorico di dramma, inteso quale
forma invariante e somma dei suoi elementi fondamentali. Tale
premessa non è stata considerata sufficientemente nelle ricerche
specifiche della definizione di dramma e ciò ha dato luogo a con-
fusioni tra la generale accezione formale e le effettive modalità
di produzione. Riguardo alla precisione categoriale, infatti, pro-
cedere per astrazione dal materiale drammaturgico storicamen-
te limitato implica solo approssimazione e incompletezza o il ri-
schio di elevare a norma realizzazioni particolari (EDa, pp. 1-2).
Il confronto di queste tesi costituisce solo un accenno alla
complessità del problema della definizione del dramma e alle di-
verse prospettive interpretative che superano l’ambito speciali-
stico della critica letteraria.
In altri termini, le fonti di un’impostazione storicistica o
atemporale possono essere fatte schematicamente risalire a He-
gel e a Emil Staiger. Secondo l’interpretazione ontologica del
germanista, proposta in Grundbegriffe der Poetik [Concetti fon-
damentali di poetica], si tratta di identificare l’atteggiamento sti-
listico che fonda il drammatico [das Dramatische], usato signifi-
cativamente nella forma aggettivale, superando la pura logica
poetica. Le «estasi» temporali che descrivono le possibilità del-
l’esistenza umana trovano traduzione nelle forme stilistiche ba-
silari: la dimensione esistenziale del futuro è pertinente alla ca-
tegoria psicologica della tensione [Spannung] cognitiva o della
volontà che qualifica il drammatico.
La crisi del concetto atemporale di genere, riproposto in sen-
so esistenziale da Staiger, era stata oggetto della teoria estetica di
Hegel, che aveva trasformato le categorie sistematiche delle poe-
tiche tradizionali in categorie storiche5, sulla base del rapporto
dialettico tra forma e contenuto. La concezione di una forma as-
soluta e prestabilita che si concretizza in materiale drammatico
è sostituita dall’identità di forma e contenuto secondo il movi-
mento dialettico del capovolgersi dell’uno nell’altro. Non è più
quindi la forma invariante a condizionare la scelta della materia
del dramma e a fornire il criterio di legittimità degli elementi
rappresentati. La conseguenza di affermazioni logico-filosofiche
sulla teoria poetica6 è la storicizzazione del concetto di genere.

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La relazione immanente che lega la forma al contenuto rende ne-


cessario il riferimento alle opere prodotte nei vari periodi, men-
tre si supera la concezione di una forma atemporale indifferen-
te al processo storico.
Una compiuta opera drammatica presuppone la coincidenza
di forma e contenuto e si caratterizza nei confronti delle altre
espressioni letterarie perché riunisce in sé, in una nuova totalità,
l’oggettività dell’epica con la soggettività della lirica. Questa ca-
pacità di mediazione tra la narrazione di una realtà in sé com-
piuta ed esterna al narratore e l’espressione dell’interiorità del li-
rico, garantisce al dramma una posizione preminente nell’ambi-
to artistico. Forma e contenuto della poesia drammatica coinci-
dono in un’unità dinamica. L’oggettività si mostra infatti in av-
venimenti che derivano comunque da un soggetto, dalla sua vo-
lontà, eticità e carattere particolari; e la soggettività, non celata,
si manifesta nella sfera dei rapporti esteriori e delle leggi razio-
nali, rispetto ai quali l’individuo confronta la validità dei propri
fini e passioni individuali. Il dramma coniuga dunque l’esterio-
rità dell’accadere epico con l’interiorità lirica di un soggetto non
chiuso nella sua autonomia, bensì cosciente di sé e del suo agire
diretto a un fine determinato che implica opposizione e lotta con
altri. L’azione che caratterizza il dramma è effetto ed esecuzione
reale di fini e intenzioni soggettivi e si qualifica come dramma-
tica se provoca reazioni e si scontra con ostacoli contrapposti da
caratteri e passioni altrui. Tale dialettica intersoggettiva si espri-
me compiutamente nelle peculiari forme artistiche del dialogo e
della rappresentazione scenica, che rendono accessibile all’in-
tuizione il significato dell’opera drammatica nell’immediata, vi-
tale e sensibile ricezione del pubblico.
La totalità che Hegel riconosce all’opera drammatica ha il suo
fondamento nel movimento che dalla determinatezza e unilate-
ralità dei fini individuali perviene al superamento di tali con-
traddizioni attraverso il momento cardine della loro collisione.
I fini particolari perseguiti dai singoli personaggi del dramma
derivano da interessi individuali che sfociano in situazioni di
conflitto. Non si tratta tuttavia di espressioni di astratta sogget-
tività: il loro contenuto essenziale è costituito da motivazioni
universalmente umane, potenze spirituali sostanziali, come l’a-
more per la famiglia o verso lo Stato, la giustizia, l’etica, di cui i
vari personaggi sostengono un singolo aspetto parziale. Finché
permane la finitezza dei momenti unilaterali, si produce la colli-
sione delle negazioni reciproche, ma proprio tale antagonismo
spinge alla necessaria soluzione del dramma, al superamento

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delle contraddizioni e all’affermazione dell’armonia della poten-


za etica. L’unità dell’azione drammatica significa realizzazione
dialettica di questa totalità, di ciò che è in sé e per sé razionale e
vero, mediante la conciliazione dei contrasti sorti dalla pretesa
autonomia delle sue esteriorizzazioni oggettive e particolari.
La cornice storica del discorso hegeliano indica da un lato la
condizione per l’affermarsi della poesia drammatica, dall’altro
ne descrive le linee di sviluppo. Il sorgere del dramma presup-
pone una vita nazionale già evoluta, che abbia già conosciuto le
fasi dell’epos originario e dell’effusione lirica e il dispiegamento
della libera autocoscienza e dell’autodeterminazione responsa-
bile. A sua volta la poesia drammatica è coinvolta in un pro-
gresso segnato dal prevalere di uno dei suoi momenti essenziali:
sostanziale e particolare; l’universalità dei fini è infatti il centro
tematico del teatro classico antico, mentre la soggettività dei ca-
ratteri è elevata a motivo preferito in età romantica.
L’analisi di Szondi, che si richiama alla svolta storico-dialetti-
ca di Hegel, si concentra su un preciso arco di tempo della pro-
duzione drammaturgica, dal 1880 al 1950, inteso come epoca di
transizione e crisi rispetto alla già nota definizione di dramma.
Essenzialmente tale crisi investe il principio di assolutezza e di
unità, nei termini hegeliani del rapporto tra soggettività e og-
gettività.
Il fenomeno che segna questa fase di trapasso e di evoluzione
della forma drammatica è l’epicizzazione, che relativizza la te-
matica, la temporalità, l’accadere e la situazione comunicativa e
scenica del dramma. Nelle diverse forme e nella progressione in
cui si manifesta, l’epicizzazione coinvolge, ad esempio, la stessa
azione, la quale perde la sua autonomia e compiutezza a favore
dell’intenzione di rappresentare situazioni oggettive e storiche
esterne al dramma. All’opposto, l’evoluzione interiore di un sog-
getto può sostituire la predominanza dei rapporti interpersona-
li, oppure la prospettiva soggettiva di un protagonista, o di un
personaggio più marginale ma con funzione autoriale o di nar-
ratore, scardina l’assoluta dimensione intersoggettiva del dram-
ma classico; o, ancora, il relativismo si insinua nella sfera tem-
porale, quando ciò che rappresenta il passato rispetto all’azione
sulla scena diviene oggetto prioritario della trama drammatica.
(Vedremo più avanti il repertorio stilistico associato a tali tra-
sformazioni.)
All’identità di soggetto e oggetto che contraddistingue il
dramma classico subentrano, alla fine del secolo, varie forme di
contrapposizione, con il prevalere ora dell’interiorità soggettiva,

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nel dramma analitico di Ibsen, in quello a tappe di Strindberg o


in Čechov, ora della situazione oggettiva estrinseca nei drammi
sociali del naturalismo (Hauptmann).
L’opposizione si riproduce a livello di forma e contenuto.
L’intersoggettività, la dimensione non problematica dell’essere
sociale per l’uomo postrinascimentale, che fonda la tematica del
dramma classico, è sconvolta dai nuovi rapporti umani storica-
mente evolutisi. La separazione conflittuale tra soggetto e og-
getto che riflette queste nuove condizioni storiche e configura il
contenuto del teatro di fine secolo entra in contraddizione con
la fusione della forma tradizionale, accolta ancora dagli autori
del tempo come ovvio riferimento stilistico.
Ne consegue, come soluzione provvisoria, il mascherare gli
elementi epici formali, ad esempio giustificando la presenza del-
l’io epico facendolo apparire direttamente in scena come perso-
naggio. La presenza di questi elementi formali, travestiti temati-
camente ma destinati comunque a scardinare lo schema tradi-
zionale, non è ancora consapevolmente avvertita. Questi inter-
venti stilistici e tecnici preparano tuttavia il passaggio a soluzio-
ni drammaturgiche che evidenziano la problematicità della for-
ma classica e ristabiliscono su un nuovo piano la coerenza del-
l’opera. Il passaggio al teatro epico di Brecht (illustrato più avan-
ti) vede precipitata su tutti i livelli dell’opera, strutturali, lingui-
stici, scenici, la contrapposizione soggetto-oggetto e la creazio-
ne di una drammaturgia «non aristotelica», basata su questo
contrasto come suo stesso principio formale.
In estrema sintesi e citando solo una linea del discorso di
Szondi, con brevissimi accenni agli esempi da lui portati, arri-
viamo a descrivere un concetto di forma drammatica inserito in
un processo corrispondente ai mutamenti storici, non in una
prospettiva di relativismo descrittivo ma, sempre all’interno del-
l’ambito estetico, come enunciazione di una determinata espres-
sione dell’esistenza umana.
Il significato della struttura drammatica emerge particolar-
mente nelle epoche di crisi, attraverso le quali non si risolve la
problematicità della forma con la sua mera dissoluzione ma si dà
l’avvio a un processo che tende a creare un nuovo stile.
Questo carattere della forma è presente anche in alcuni auto-
ri citati da Szondi che conservano l’impostazione storicistica he-
geliana: Lukács, Benjamin, Adorno. La tesi del capovolgimento
dialettico di forma e contenuto è sostituita dalla metafora, trat-
ta dal linguaggio che descrive fenomeni chimici, della forma
quale «precipitato del contenuto». La solidità evocata da questa

14
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immagine è indice del carattere durevole della forma, che tutta-


via si intende originata dalla sfera del contenuto.
Riprendendo le contraddizioni insite nel periodo di transi-
zione analizzato da Szondi, si può evidenziare questo processo.
Nel dramma di Hauptmann Vor Sonnenaufgang compare il
personaggio dello straniero, Alfred Loth, inserito nell’azione
drammatica ma essenzialmente portatore della funzione forma-
le della distanza epica verso l’oggetto esaminato. L’oggetto di in-
dagine sociologica è la famiglia Krause, e in generale le degra-
date condizioni sociali derivanti dallo sfruttamento delle minie-
re di carbone in Slesia. Gli elementi tematici della progressiva
conoscenza della famiglia da parte del visitatore Loth e del com-
pito di ricercatore scientifico, con il quale si presenta, fanno ri-
conoscere la prospettiva formale del narratore. Questo punto di
vista conferisce senso alla stessa azione del dramma e valore al
ruolo dei personaggi, tanto da sancire la conclusione tragica con
l’uscita di scena di Alfred Loth, dopo il poco coerente coinvol-
gimento tematico dell’innamoramento e abbandono della figlia
minore dei Krause.
Il mutamento stilistico è però solo preparato da opere come
questa: la prospettiva epica e il contrasto soggetto-oggetto sono
ancora adombrati in duplicità di funzioni, formale e contenuti-
stica, associate ad alcuni interventi che appaiono in contraddi-
zione con la forma tradizionale. Il rovesciamento in un nuovo
stile è dovuto al precipitare in forma di questi elementi, conte-
nuti con funzione formale, celati in modo problematico nelle
opere del periodo di transizione.
Questa nuova dialettica può dunque sfociare storicamente in
un superamento della contraddizione tra la dimensione seman-
tica del contenuto e quella scoperta nella forma e risolversi in un
nuovo principio formale.
Il genere, nato e transeunte, accumula in sé, secondo la Teo-
ria estetica di Adorno, l’autenticità delle singole creazioni arti-
stiche, che rinvia a un’esigenza obiettiva e universale: alla coe-
renza della loro sostanza7. Non si tratta semplicemente di sus-
sumere l’opera particolare al genere, si delinea bensì tra i due
termini un rapporto conflittuale. Dapprima si ha una giustifica-
zione delle forme da parte delle singole opere, poi l’originalità
della soluzione specifica, divenuta elemento inconfondibile e ri-
levante, sebbene non arbitraria ma generalmente predelineata
dallo schema da cui si emancipa, determina la deviazione dal ge-
nere e la cancellazione della forma in favore della coerenza del-
la creazione artistica, e quindi di una nuova obiettività, in una

15
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sorta di rovesciamento qualitativo della soggettività che produ-


ce le forme per scomparire in esse, attraverso il momento irri-
nunciabile dell’opposizione.

Note
1 Aristotele, Opere, vol. X. Retorica, Poetica, Laterza, Roma-Bari 19926,

trad. it. di Manara Valgimigli, p. 197.


2 M. Esslin, Was ist ein Drama?, München 1978, p. 15.
3 R. Petsch, Wesen und Formen des Dramas. Allgemeine Dramaturgie, Hal-

le 1945, p. 4 (D, p. 31): «[Drama ist] die durch Rede und Spiel auf der Büh-
ne unmittelbar vergegenwärtigte und zur stärksten Teilnahme (ja zum Perso-
nentausch zwischen den Zuschauern und den Figuren) herausfordende Dar-
stellung eines bewegten, unter dauernden Umschlägen zu einem bedeutenden
Ziele aufsteigenden Vorganges».
4 J.G. Barry, Dramatic Structure. The Shaping of Experience, Berkeley 1970,

p. 10 (D, p. 32): «a play performed by actors on a stage», «made up of actions


or events with some physical manifestations observable by the audience», «a
meaningful pattern» «[presenting] an image of man’s interactions in time».
5
Secondo l’espressione di Szondi (TmD, p. 4).
6
Per l’analisi del rapporto forma-contenuto v. in generale G.W.F. Hegel,
Scienza della logica, Laterza, Roma-Bari 1981, trad. it. di Arturo Moni, rivista
da Claudio Cesa; per la teoria estetica, e in particolare la poesia drammatica:
Estetica, Einaudi, Torino 1997, trad. it. di Nicolao Merker e Nicola Vaccaro,
tomo II, pp. 1157-62 (I diversi generi poetici), pp. 1295-1381 (La poesia dram-
matica).
7 Cfr. T.W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino 1977, trad. it. di Enri-

co De Angelis, pp. 334-44 (Nominalismo e tramonto dei generi; Sull’estetica


dei generi nell’antichità; Sulla storia filosofica delle convenzioni).
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2.
Teatro - Palcoscenico
(«Theater - Bühne»)

Le caratteristiche peculiari e le principali trasformazioni subite


dalle strutture teatrali sono in relazione con le concezioni dram-
matiche e le regole e convenzioni drammaturgiche che si sono
sviluppate nelle varie epoche, oltre a divenire occasione di spe-
rimentazioni.
I testi introduttivi al dramma e le storiografie teatrali1 con-
centrano la loro attenzione su quattro modelli fondamentali:
Palcoscenico antico per orchestra del teatro greco classico
ORCHESTRABÜHNE

Palcoscenico simultaneo medievale


SIMULTANBÜHNE

Palcoscenico shakespeariano
SHAKESPEAREBÜHNE

Palcoscenico a boccascena
GUCKKASTENBÜHNE

È proposta anche una classificazione più inclusiva che distin-


gue forme di teatro all’aperto e in sale al chiuso (PS, p. 285).

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La struttura architettonica del teatro greco classico all’aperto


ha il suo elemento distintivo nell’orchestra circolare, testimo-
nianza dell’origine sacrale delle rappresentazioni antiche, in
quanto l’intera costruzione si dispiega intorno alla thymele
(qumélh), l’ara di Dioniso, che era posta al centro dell’orchestra.
La sede del coro è delimitata per due terzi da semicerchi concen-
trici disposti in modo ascendente (gradinate), destinati al pub-
blico, e per un terzo dalla superficie rialzata della scena (skhnä),
edificio fisso in muratura che rappresenta un palazzo regale or-
nato di porte (solitamente tre), che assolvono anche la funzione
scenica di entrata e uscita per gli attori. Elementi accessori, ma
non meno importanti, sono il proscenio (proskänion), dove agi-
scono gli attori, affiancato da rampe in legno; i parodoi (páro-
doi), i due ingressi laterali per il coro, agli estremi delle gradina-
te; una scenoteca, situata dietro la scena, formata da camerini e ri-
postigli per attrezzi e meccanismi.
La scena fissa e stilizzata, la collocazione all’aperto, la pro-
spettiva distanziata di un pubblico disposto tutt’intorno e solle-
vato al di sopra della scena e dell’orchestra, condizionano la
struttura drammatica delle opere classiche con importanti con-
seguenze culturali per la tradizione teatrale occidentale. La di-
mensione spaziale che fa da sfondo al canto del coro e alla de-
clamazione degli attori, muniti di maschere e costumi conven-
zionali e stilizzati, non produce effetti realistici né illusionistici.
Riguardo alla scena unica, la commedia attica nuova apporta
come variazione di duraturo successo un luogo pubblico di in-
contro, una via con due case di fronte, interni familiari e quoti-
diani, adeguato al contenuto dello spettacolo.
In opposizione a tali criteri, il teatro medievale si basa invece
sul principio tecnico e formale della scena multipla.
Progressivamente soprattutto all’aperto, nelle strade e nelle
piazze, ma anche al chiuso, all’interno delle chiese o in altre se-
di, erano allineate, e talvolta sovrapposte, alcune scene con le ri-
spettive scenografie, dapprima solo accennate e in seguito più
elaborate, offerte simultaneamente alla vista degli spettatori da
prospettive diverse, a 360° e persino dall’alto nel caso di finestre
affacciate sul luogo dello spettacolo. Oltre ai palchi edificati per
la rappresentazione (loca, luoghi deputati in Italia, mansions in
Francia, Burgen in Germania), esistevano palcoscenici su carri
(pageants, Wagen-Bühne), dislocati in più piazze.
Lo spostamento degli attori, chierici e dilettanti, tra una scena
e l’altra fraziona l’unitarietà dell’azione drammatica classica in
una successione di tappe. L’assenza di precisi confini architetto-

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Fig. 1. Pianta del teatro di Dioniso ad Atene al tempo di Eschilo (prima metà
del V sec. a.C.).

1. vecchia orchéstra
2. nuova orchéstra
3. skené
4. paraskénia
5. párodoi
6. diázoma
7. klímakes

Fig. 2. Pianta del teatro di Dioniso al tempo di Licurgo (IV sec. a.C.).

19
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nici rende più diretto il rapporto con il pubblico e non consente


l’illusione della finzione, interrotta anche da interventi degli at-
tori. La pluralità e contemporaneità delle scene rinvia, simboli-
camente e ideologicamente, alla concezione medievale cristiana
della totalità dell’universo e agli originari motivi festivo-liturgici,
cui gradualmente si associano temi e occasioni mondane.
Con il teatro shakespeariano entriamo in un’architettura, cir-
colare o poligonale, edificata come spazio chiuso, sebbene con
particolari caratteristiche.
La scena conserva più dimensioni: il proscenio, luogo dell’a-
zione drammatica principale, sopraelevato e sporgente verso la
platea; il palcoscenico posteriore, costituito da due colonne che
sorreggono un tetto, che copre solo parzialmente la scena, da un
sipario, da porte e da un palcoscenico superiore a balcone, par-
te integrante di una delle gallerie per il pubblico che circonda-
no il palco. Palcoscenico posteriore e superiore sono utilizzati
come sfondo scenografico, povero tuttavia di elementi, per in-
dicare gli interni e per alcuni momenti particolari, quali scene di
«teatro nel teatro» o, sulla balconata, per apparizioni, incontri
di amanti, osservazione di eventi bellici da mura di castelli.
Gli attori professionisti di questo nuovo teatro pubblico reci-
tano dunque al centro del teatro, in uno spazio tridimensionale
e a stretto contatto con un pubblico che li può osservare da tre
lati. Ciò, ancora una volta, condiziona le possibilità di illusione
creabili sulla scena. L’immaginazione del pubblico è richiesta
dalla povertà di elementi scenografici e decorativi, eccetto i pre-
ziosi ma anacronistici costumi, e dal rappresentare lo spettacolo
alla luce del giorno. Da un lato questo tipo di allestimento favo-
risce rapidi e semplici cambiamenti di scena, dall’altro impone
di accettare per convenzione immagini di spazi evocati da pochi
accenni scenografici o perfino da cartelli e parole pronunciate
dagli attori per indicare e descrivere tempo e luogo dell’accade-
re drammatico, secondo il principio stilistico delle «espressioni
di finzione» (Wortkulissen).
Le soluzioni tecniche e artistiche del teatro italiano del Rina-
scimento influiscono sull’architettura teatrale moderna. L’uso
della prospettiva, infatti, trasforma radicalmente la struttura e
l’immagine del palcoscenico, sia attraverso i giochi prospettici
architettonici, di cui è modello il teatro palladiano di Vicenza,
sia con pareti o teli dipinti il cui effetto di profondità spaziale è
accentuato da luci artificiali nello spazio chiuso della sala.
Lo sviluppo del nuovo apparato scenico a boccascena
(Guckkastenbühne), affermatosi nei secoli XVII e XVIII e vali-

20
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1. accesso centrale
alla scala
2. scale ai palchi
3. palchi
4. platea
5. orchestra
6. boccascena
7. proscenio
8. serie simmetriche
di quinte piatte
a scorrimento
laterale
9. fondali
10. fuoco della
prospettiva

Fig. 3. Pianta e sezione longitudinale del teatro Santi Giovanni e Paolo di Ve-
nezia (1639).

1. palcoscenico
2. costruzioni:
ambiente
per montaggio
delle scene
3. platea
4. balconata
5. ristorante
6. guardaroba
7. foyer
8. bar
Fig. 4. Pianta del nuovo Piccolo di Milano (progetto di M. Zanuso, 1995).

21
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do ancor oggi, codifica l’introduzione delle quinte (Kulissen),


del sipario (Vorhang) e definisce la separazione fra attori e pub-
blico. I palcoscenici con quinte (Kulissen-Bühne) dipinte pro-
spetticamente, sostituibili attraverso movimenti di sollevamento
o di scorrimento su guide, di regola negli intervalli in cui il sipa-
rio è calato, abbandonano la fissità scenografica. Oltre alla fun-
zione decorativa e di ambientazione dell’azione drammatica, le
quinte assolvono quella tecnica di passaggi per l’entrata e l’usci-
ta degli attori.
Il pubblico è situato in prospettiva frontale, separato median-
te rampe da un palcoscenico limitato da tre pareti, prospettica-
mente profondo e ricco di elementi scenografici e vari meccani-
smi. Il sipario e il buio della platea consolidano l’impressione di
trovarsi all’improvviso di fronte a un’immagine e all’inizio di
un’azione autonome e reali. La scena appare come racchiusa da
un’ulteriore immaginaria «quarta parete»: questa nota metafora
significa che la mancanza di tale parete non è avvertita consape-
volmente da spettatori immedesimati nella finzione drammatica.
Tale spazio rappresenta il correlato scenico del principio di asso-
lutezza del dramma e realizza la finzione illusionistica dello spet-
tacolo teatrale.
Forme di teatro contemporaneo agiscono proprio su questi
principi, interrompendo intenzionalmente l’illusione per svelar-
la (teatro epico), radicalizzando l’estraneazione dello spazio
chiuso (nelle opere drammatiche dell’esistenzialismo), svuotan-
do di senso le convenzioni e gli spazi teatrali (teatro dell’assur-
do) o sperimentando una gamma differenziata di soluzioni al-
ternative ricorrendo talora a spazi non «istituzionali».
Registi e drammaturghi devono invece confrontarsi con il
problema dell’adattamento di testi, ideati per determinate strut-
ture sceniche, che devono essere trasferiti in altri contesti archi-
tettonici e scenografici, di fronte a un pubblico che non condi-
vide né riconosce le convenzioni e i canoni drammatici di altre
epoche.

1. Compagnie girovaghe - Teatro nazionale («Wanderbühnen -


Nationaltheater»)

Oltre alle architetture segna uno sviluppo storico anche l’orga-


nizzazione delle compagnie teatrali. La distinzione fondamenta-
le concerne le compagnie girovaghe (Wanderbühnen) e il teatro
nazionale (Nationaltheater).

22
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Le compagnie girovaghe si formano dapprima in Inghilterra


e in Italia, dalla fine del XVI secolo, e le loro produzioni itine-
ranti raggiungono anche gli altri paesi, in particolare Francia e
Germania. Inaugurano una professionalità teatrale che si sosti-
tuisce alle filodrammatiche e alle compagnie scolastiche e svol-
gono una funzione interculturale di rinnovamento dell’arte del-
la recitazione, affidando tra l’altro alle donne i ruoli femminili.
Sul modello inglese si sviluppano nel Seicento Wanderbühnen
tedesche, a seguito dei più noti direttori Johann e Karoline Neu-
ber, Schönemann, Ackermann, Koch.
Il Théâtre français e la Comédie française influenzano invece
la formazione di teatri nazionali in Germania nel XVIII secolo.
A compagnie e strutture stabili si associa l’esigenza di un’auto-
noma produzione drammatica che rifletta un proprio carattere
nazionale. Le premesse, almeno teoriche, sono poste da Gott-
sched (1740-45) cui segue, nel 1767, ad Amburgo, il primo ten-
tativo operato, con difficoltà e carenze di opere e mecenati, da
Löwen con l’aiuto di Lessing ed Ekhof. L’idea viene ripresa da-
gli Stürmer und Dränger; a Mannheim lavorano allo sviluppo di
tale progetto dal 1779 Dalberg e Iffland con Schiller come dram-
maturgo; ancora Iffland trasforma il teatro di corte (Hoftheater)
di Berlino in teatro nazionale, mentre Weimar, sotto la direzio-
ne goethiana, conserva la dizione Hoftheater (solo nel 1918 verrà
ribattezzato Deutsches Nationaltheater).

Note
1
Cfr. AD, pp. 71-81; D, pp. 41-47; Hasler, ED, pp. 101-14; EDa, pp. 191-
200; PS, pp. 283-87. V. anche tra i testi italiani la nota Storia del teatro dram-
matico di Silvio D’Amico, Garzanti, Milano 1960.
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3.
Testo principale - Testo secondario
(«Haupttext - Nebentext»)

Il testo letterario contiene indicazioni per la messinscena: am-


bientazione, tipologia dell’azione e dei personaggi, specifici ge-
sti e movimenti, articolazioni strutturali che, al pari della trama
dialogica, possono essere variamente interpretate nei diversi
adattamenti scenici.
I due distinti piani che configurano la specificità del testo
drammatico sono stati denominati da Roman Ingarden1

HAUPTTEXT (testo principale): parole e frasi pronunciate dai


personaggi;
NEBENTEXT (testo secondario): serie di informazioni fornite dal-
l’autore.

Il termine Haupttext copre lo stesso campo semantico del tra-


dizionale «dialogo», mentre il Nebentext, che compare anche ti-
pograficamente differenziato, è in parte tradotto sulla scena con
elementi para ed extralinguistici. La distinzione tra i due livelli ri-
sulta variabile, sia storicamente che strutturalmente. Infatti an-
che il testo principale può comprendere implicite indicazioni sce-
niche, più utili nei casi e nelle epoche in cui la presenza del testo
secondario è minima. Commenti, locuzioni deittiche, atti lingui-

24
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 25

stici performativi degli attori possono valere anche come segnali


multimediali con riferimento al concreto contesto scenico2, svol-
gendo la funzione di didascalie indirette e descrizioni autoriali.
Il rapporto fra Haupt- e Nebentext può presentarsi inoltre nel-
le forme della congruenza, qualora le espressioni pronunciate dai
personaggi corrispondano o siano complementari alle azioni e in-
tenzioni manifestate a livello mimico-gestuale e scenico, oppure
evidenziare vari gradi di divergenza o persino contraddizione tra
discorso, annotazione di regia e recitazione (D, pp. 73-79).
Sul piano quantitativo la presenza di Nebentext varia, anche
storicamente, da minimi ricorsi a un rapporto di relativo equili-
brio con il testo principale, fino a opere che ampliano i confini
tradizionalmente riservati a tali parti aggiunte al dialogo.
Riguardo al destinatario, il testo secondario non si rivolge co-
me diretta comunicazione linguistica al ricevente nella veste di
spettattore, bensì solo al lettore, poiché è indirizzato, al di là del-
la lettura, ai responsabili della messinscena e raggiunge il pub-
blico attraverso la loro mediazione.
La composizione del testo drammatico è stata paragonata al-
la relazione tra partitura ed esecuzione musicale (Hasler, ED,
pp. 75, 80-81): la trasposizione scenica, intenzionalmente pro-
gettata dall’autore mediante testo principale e secondario, si rea-
lizza nel plurimediale spazio teatrale (linguistico, ottico, acusti-
co) in una complessa resa verbale, dinamica, scenografica e co-
reografica prodotta collettivamente. Tale complessità e la diver-
sa cogenza della notazione lasciano più spazio agli interpreti,
mentre pongono nuovi problemi al lavoro di analisi del testo, cui
è destinato anche il presente manuale.
Rinviando al prossimo capitolo l’esame del testo principale, si
descrivono ora sinteticamente le caratteristiche del testo secon-
dario.
Un elenco, non esaustivo, delle informazioni supplementari
rispetto al discorso dei personaggi comprende:

– titolo dell’opera
– sottotitolo / indicazione di appartenenza a un sottogenere
– motto / citazione
– dedica
– prefazione
– indice dei personaggi / loro sommaria descrizione
– luogo / tempo dell’azione
– struttura dell’opera / indicazione delle parti costitutive (at-
ti, scene) / entrata-uscita dei personaggi

25
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 26

– cambiamenti di scena
– didascalie che illustrano la struttura della scena, i suoi re-
quisiti, accessori, luci, musica e rumori, effetti particolari
– denominazione dei personaggi presenti in scena, all’inizio
del dialogo e di ogni singola battuta o di didascalie loro riferite
– descrizione di costumi, maschere, indicazioni di fisionomia,
mimica, gestualità, movimenti, realizzazione paralinguistica del-
le battute, tono di voce, espressioni, stati d’animo, atteggiamenti
– collocazione dei personaggi sul palcoscenico, loro posizio-
ne, raggruppamenti e interazioni, direzione del discorso.

Per l’analisi dei singoli elementi si rimanda necessariamente ai


prossimi capitoli e, soprattutto, a una verifica da compiere diret-
tamente sui testi e con la visione di realizzazioni sceniche. Posso-
no valere come suggerimenti i seguenti accenni sul testo secon-
dario di poche opere prese non sistematicamente a esempio.
Nel «Lustspiel in fünf Aufzügen verfertiget im Jahre 1763»,
Minna von Barnhelm, con sottotitolo Das Soldatenglück, Les-
sing ricorre con una certa regolarità a didascalie per suggerire
elementi scenici o mimica, gesti e movimenti dei personaggi:

TELLHEIM (V):
will nach dem Zimmer des Fräuleins, aus dem ihm Franciska entge-
gen kömmt (2)
ihr nachrufend (4)
ergreift ihre Hand nochmals, ihr den Ring anzustecken (5)
ohne ihn anzusehen (11)
auf den Beutel weisend, den Werner weggeworfen (14)

e per delineare sentimenti, atteggiamenti e intenzioni non espri-


mibili direttamente attraverso la parola ma nei modi e nelle sfu-
mature dell’espressione mimico-verbale:
MINNA (V):
im Heraustreten, als ob sie den Major nicht gewahr würde (5)
mit einer affektierten Kälte (5)
gerührt (5)
gebieterisch (5)
die sich unruhig hin und herwendet, und ihre Rührung zu verbergen
sucht (9)
erschrocken (10).

L’esistenza interiore e il gioco dei caratteri opposti sono ele-


menti fondamentali dell’opera, anche nel loro contrasto temati-
co con la sfera esteriore e sociale, raffigurata nel principio di ono-

26
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 27

re. I contrasti di cui vive la commedia sono comunque ricchi di


gradazioni, mescolanze, nell’ambiguità dello stesso ordine lin-
guistico tipico del genere, che supera la rigida gerarchia dei si-
gnificati con la sua parola dialogica e plurivoca (K, pp. 169-84).
Il lettore è posto di fronte a tale gioco linguistico fin dall’in-
testazione: l’anno indicato non corrisponde alla data della pub-
blicazione e di rappresentazione dell’opera (1767) ma, risalendo
alla fase di composizione, è liberamente anticipato alla conclu-
sione della Guerra dei Sette anni, e pertanto congruente all’e-
poca rappresentata. L’indicazione sembra alludere a un autore
fittizio che non sia in grado di oltrepassare l’orizzonte di cono-
scenza degli stessi personaggi e, in tal senso, propone una du-
plice voce autoriale.
La «fortuna del soldato» apposta come sottotitolo rivela una
simile ambiguità: non pare la cinica derisione di una fortuna in-
tesa come congedo, e quindi sottintendere una radicale critica a
un residuo di principio di onore feudale, che non è oggetto, in
questi termini, della commedia. Come diretto commento al tito-
lo principale potrebbe invece identificare la fortuna con la pro-
tagonista femminile. Ma la svolta che conduce l’infelice Tellheim
alla soluzione positiva non dipende dai personaggi agenti nel
corso della commedia, neppure Minna: teatralmente si tratta
piuttosto di un intervento arbitrario, un deus ex machina imper-
sonato dal conte von Bruchsall. Tuttavia la soluzione deriva non
da azioni, come vuole la regola drammatica, bensì dai compor-
tamenti dei personaggi e dalle situazioni in cui manifestano la lo-
ro interiorità.
Il dialogo in Blankvers del Torquato Tasso, sottotitolato da
Goethe con un generico Schauspiel [dramma], è inframezzato da
rare indicazioni di regia che, insieme alle definizioni generali del-
l’ambientazione dei cinque atti e dei personaggi presenti in ogni
scena, costituiscono il testo secondario. Le didascalie si concen-
trano in particolare intorno a due situazioni: nel primo atto il ge-
sto di incoronare poeti, in effigie come Virgilio e Ariosto, o in per-
sona, lo stesso Tasso che si ritrae smarrito (1: 15, 17; 3: 462, 471,
481, 483):

PRINZESSIN (Sie kränzt die Herme Virgils.) (1: 15)


LEONORE (Sie kränzt Ariostens Herme.) (1: 17)

Alfons winkt seiner Schwester; sie nimmt den Kranz von der Büste
Virgils und nähert sich Tasso. Er tritt zurück. (3: 471)

TASSO (Er kniet nieder, die Prinzessin setzt ihm den Kranz auf.) (3: 481)

27
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 28

Il significato di questi gesti è replicato nella presentazione di


un altro accessorio di scena, il volume del poema di Tasso (3:
379, 390).
Nell’ultimo atto si susseguono sette brevi didascalie a com-
mento di un’azione concitata (4: 3283-85): il gesto impetuoso
del folle Tasso, che, fraintendendo le parole della principessa
d’Este, infrange il suo ordine equanime e composto di amore,
eticità e onore, e venendo respinto coinvolge dinamicamente gli
altri personaggi accorsi a chiusura della scena (Eleonora Sanvi-
tale, Alfonso, Antonio):

TASSO (Er fällt ihr in die Arme und drückt sie fest an sich.)
PRINZESSIN (ihn von sich stoßend und hinwegeilend.) […]
LEONORE (die sich schon eine Weile im Grunde sehen lassen, her-
beieilend.) […] (Sie geht der Prinzessin nach.)
TASSO (im Begriff, ihnen zu folgen.)
[…]
ALFONS (der sich schon eine Zeitlang mit Antonio genähert.)

La misura classica del dramma concede uno spazio ridotto a


queste e poche altre indicazioni di regia, e lo dedica al motivo
centrale e simbolico dell’arte, ai significati attribuiti all’arte da
Tasso e dai personaggi di corte; e al problema del rapporto tra
arte e vita, nell’incomprensione e nell’estraneità che caratteriz-
zano il contatto dell’artista con il mondo.
Nei drammi del naturalismo è riservato più spazio al testo se-
condario, cui si ricorre per evidenziare ambienti e personaggi.
Ognuno dei cinque atti del dramma sociale di Hauptmann Die
Weber è introdotto da un’ampia, dettagliata e articolata dida-
scalia, che descrive il luogo dell’azione drammatica, indicando
precisi particolari e accessori di scena, talora anche rumori, che
riproducono realisticamente interni quotidiani, e presenta i per-
sonaggi, il loro aspetto, atteggiamenti ed espressioni, abbiglia-
mento, attività svolte e collocazione sul palcoscenico, commen-
tando la condizione che appare scenicamente in una prospetti-
va di critica sociale:

Langenbielau. – Das Weberstübchen des alten Hilse. Links ein Fen-


sterchen, davor ein Webstuhl, rechts ein Bett, dicht daran gerückt ein
Tisch. Im Winkel rechts der Ofen mit Bank. Um den Tisch, auf Ritsche,
Bettkante und Holzschemel sitzend: der alte Hilse, seine ebenfalls alte,
blinde und fast taube Frau, sein Sohn Gottlieb und dessen Frau Luise bei
der Morgenandacht. Ein Spulrad mit Garnwinde steht zwischen Tisch
und Webstuhl. Auf den gebräunten Deckbalken ist allerhand altes Spinn-,

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Spul- und Webegerät untergebracht. Lange Garnsträhnen hängen he-


runter. Vielerlei Prast liegt überall im Zimmer umher. Der sehr enge, nie-
drige und flache Raum hat eine Tür nach dem «Hause», in der Hin-
terwand. Dieser Tür gegenüber im «Hause» steht eine andere Tür offen,
die den Einblick gewährt in ein zweites, dem ersten ähnliches Weber-
stübchen. Das «Haus» ist mit Steinen gepflastert, hat schadhaften Putz
und eine baufällige Holztreppe hinauf zur Dachwohnung. Ein Waschfaß
auf einem Schemel ist teilweise sichtbar; ärmliche Wäschestücke, Haus-
rat armer Leute steht und liegt durcheinander. Das Licht fällt von der
linken Seite in alle Räumlichkeiten. (V)

Nell’introduzione al primo atto è presente un’annotazione sul


tempo, cronologico e atmosferico:

Es ist ein schwüler Tag gegen Ende Mai. Die Uhr zeigt zwölf.

Descrizioni più puntuali della fisionomia, dell’abbigliamento,


delle caratteristiche peculiari e dei dati anagrafici e sociali dei va-
ri personaggi sono rimandate alle didascalie che precedono le lo-
ro prime battute:

DER ALTE HILSE, ein bärtiger, starkknochiger, aber nun von Alter, Ar-
beit, Krankheit und Strapazen gebeugter und verfallener Mann. Veteran,
einarmig. Er ist spitznasig, von fahler Gesichtsfarbe, zittrig, scheinbar
nur Haut, Knochen und Sehnen und hat die tiefliegenden, charakteristi-
schen, gleichsam wunden Weberaugen. (V)

Oltre a queste particolari funzioni, le indicazioni di regia po-


ste all’interno del testo dialogato servono da annotazioni sceni-
che, note di recitazione, gestualità e dizione, con precisazioni di
stati d’animo, interazioni tra i personaggi, interventi senza paro-
le e scene di gruppo:

Alle flüchten, das «Haus» ist leer. Ein Schwarm Aufständischer, be-
schmutzt, bestaubt, mit von Schnaps und Anstrengung geröteten Gesich-
tern, wüst, übernächtig, abgerissen, dringt mit dem Ruf: Weber raus! ins
«Haus» und zerstreut sich von da in die einzelnen Zimmer. Ins Zimmer
des alten Hilse kommen Bäcker und einige junge Weber, mit Knütteln
und Stangen bewaffnet. Als sie den alten Hilse erkennen, stutzen sie,
leicht abgekühlt. (V)

L’estensione e la qualità talora narrative del Nebentext con-


corrono a costituire una struttura drammatica composita, in cui
agiscono gruppi di personaggi ai quali, atto dopo atto, se ne ag-
giungono di nuovi, all’interno di una serie di ambienti situati in

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luoghi diversi: fabbrica, case dei tessitori, osteria, villa padrona-


le. Questa dispersione epica3 è tuttavia convogliata, seppur pro-
blematicamente, nel sistema drammatico, nella forma di se-
quenze, quadri di insieme e di azione collettiva più che di con-
flittualità intersoggettiva, sullo sfondo, determinante, del conte-
sto socio-economico della condizione dei tessitori slesiani e del-
la loro rivolta del 1844, oggetto del dramma di Hauptmann.
Le numerose, dettagliate e talvolta ampie didascalie di Die
Macht der Gewohnheit di Bernhard non hanno intenti realisti-
ci. Nel teatro contemporaneo il testo secondario assolve funzio-
ni diverse. La novità delle soluzioni drammaturgiche si annun-
cia già nella scelta di due vaghe citazioni, poste in apertura del
testo e rivolte al lettore, tratte da Diderot e Artaud, noti teorici
del rinnovamento teatrale, sebbene «la razza dei profeti si sia
estinta» (Artaud). Contraddittorio appare il ricorso all’arcaismo
Komödie, che non ha il compito di dichiarare l’appartenenza al
sottogenere, secondo una precettistica ormai priva di senso, e
che contrasta con il contenuto dello spettacolo, né sereno né di-
vertito, con toni essenzialmente tragicomici.
Le didascalie non servono solo o specificamente come indi-
cazioni di regia, ma confermano tematicamente la peculiarità
dell’opera annunciata già dal titolo: Die Macht der Gewohnheit.
Alla ripetitività dei gesti sulla scena corrisponde l’iterazione an-
che grafica nel testo letterario di espressioni che ricorrono con
minime variazioni in contesti analoghi o diversi, attribuite a più
personaggi o ossessivamente riferite alle manie o costrizioni di
ciascuno.
scena volte
Caribaldi spielt den tiefsten Ton lange I 1
spielt den tiefsten Ton lange I 1
spielt einen langen Ton auf dem Cello I 1
Caribaldi streicht einen langen tiefen Ton auf dem Cello I 2
Caribaldi streicht einen tiefen Ton auf dem Cello I 6
Caribaldi streicht einen tiefen Ton I 1
streicht einen tiefen Ton auf dem Cello I 3
III 2
streicht einen langen tiefen Ton I 1
II 2
streicht einen langen Ton auf dem Cello I 1
III 1
streicht einen langen tiefen Ton auf dem Cello I 5
II 4
III 6

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scena volte
streicht gleichzeitig einen langen tiefen Ton I 1
streicht dreimal ruhig und prüfend einen tiefen Ton
auf dem Cello an I 1
streicht zwei lange tiefe Töne II 1
Caribaldi nimmt das Ferraracello und streicht einen tiefen
langen Ton II 1
streicht einen tiefen langen Ton auf dem Cello III 2
streicht einen Ton auf dem Cello III 1
streicht er einen langen Ton auf dem Cello III 1
Enkelin streicht einen tiefen Ton auf der Viola III 1
alle streichen einen langen Ton auf ihrem Instrument III 1

Questo elenco comprende solo espressioni che citano suoni


profondi e/o lunghi; potrebbe essere integrato con le variazioni
che presentano altri aggettivi attribuiti a Ton (leise, kurz, hoch,
schnell…). L’estensione dei suoni sembra contrapporsi ai brevi
ed ellittici enunciati del dialogo:

CARIBALDI
zum Jongleur direkt
Ihre Sprache ist ja auch
nur aus kürzesten Sätzen zusammengesetzt
nur aus kürzesten Sätzen
besteht Ihre Sprache. (III)

Il testo secondario, che non si esaurisce in tali formule, con-


serva nel complesso una propria autonomia, non in una valenza
narrativo-descrittiva, bensì, paradossalmente, duplicando for-
me e contenuti del testo dialogato:
Spaßmacher läßt die Haube übers Gesicht rutschen;
Enkelin lacht
Da rutscht die Haube
Spaßmacher setzt sich die Haube wieder auf;
Enkelin lacht
Die Haube rutscht
und meine Enkelin lacht
Rutscht die Haube
lacht meine Enkelin. (III)

È piuttosto un non evento quello che accade sulla scena; il


movimento drammatico, garantito da tensione e relazioni fra
personaggi, è vanificato a livello di testo sia principale che se-
condario dalla replica di parole e azioni già state e isolate, du-

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rante l’ennesimo tentativo, fallito, di esecuzione musicale del Fo-


rellenquintett da parte di parodistici artisti circensi, «marionet-
te» vessate dal direttore Caribaldi.
È spesso citato come esempio estremo del rapporto tra
Haupt- e Nebentext un altro testo drammatico contemporaneo,
Wunschkonzert di Franz Xaver Kroetz, interamente costituito
da quello che abbiamo chiamato Nebentext, in questo caso uni-
co e «principale» testo.
La protagonista femminile, muta sulla scena, di sottofondo il
suono di una radio, rappresenta come in una pantomima i gesti
quotidiani che danno l’impressione del sempre uguale, fino alla
rottura dell’ordine ossessivo con l’atto conclusivo del suicidio.
La struttura testuale è articolata in cinque parti che scandiscono
l’azione drammatica, precedute da una prefazione tematica e da
paragrafi di note preliminari sulla scena, sul personaggio, con
informazioni che eccedono la situazione rappresentata, e sulla
durata dello spettacolo, per la quale l’autore prevede concor-
danza tra tempo reale e tempo scenico, in considerazione della
ricezione e del contenuto di informazione delle azioni rappre-
sentate, non scenicamente fini a se stesse.

1. Titolo («Titel»)

Il primo e più evidente elemento del testo secondario che viene


recepito sia dal lettore che dallo spettatore, attraverso locandi-
ne e manifesti, ma in genere non tradotto scenicamente se non
nella globalità del lavoro teatrale, è il titolo.
Dall’analisi del titolo si possono ricavare informazioni sul
contenuto dell’azione, sui personaggi, il loro status e la loro va-
lenza drammatica, sui motivi-guida, sull’ambientazione, spazia-
le e temporale, storica o di finzione. Da alcuni elementi formali
si può risalire anche alla tipologia e all’epoca di produzione del
dramma e ipotizzare l’orizzonte di aspettativa del pubblico, con-
siderando che anche i titoli sono coinvolti nel processo di di-
stacco dalle convenzioni retoriche. Le attese del pubblico pos-
sono inoltre essere deluse da una parodia oppure dalla ricerca di
innovazione e di problematizzazione degli schemi tradizionali o
a causa di un intenzionale effetto di sorpresa. Al contrario, al-
cuni titoli si affidano alla condivisione di presupposti culturali e
valgono come sintesi espositiva di storie o miti, o precedenti
drammi, che costituiscono lo sfondo dell’azione rappresentata.
Ne sono esempio le opere goethiane

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Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 33

Faust
Iphigenie auf Tauris.

Frequenti sono anche i riferimenti a figure bibliche, soprat-


tutto fino all’età barocca:

Birck, Judith (1532)


Greff, Tragedia des Buchs Judith (1536)
Schmeltzl, Judith (1542)
Hans Sachs, Comedi die Judith (1551)
Opitz-Schütz, Judith (1635).

Ma anche oltre:

Hebbel, Judith (1840).

Giochi di citazioni invece ora evidenziano un aspetto della


tradizione, ora lo ribaltano in un nuovo e sconvolgente contesto.
Giovanna d’Arco è in questo senso sia

Die Jungfrau von Orleans (Schiller)

che la brechtiana

Die heilige Johanna der Schlachthöfe.

I drammi a carattere storico sono spesso presentati dal nome


ed eventualmente dal titolo del protagonista:

Schiller, Maria Stuart


Don Carlos

o dichiarano l’evento fondamentale:

Lenz, Die sicilianische Vesper

o in varia composizione:

Büchner, Dantons Tod


Grillparzer, Ein Bruderzwist in Habsburg
Schiller, Die Verschwörung des Fiesko zu Genua

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o alludono all’evento con la giustapposizione dei due nomi, co-


me nel contemporaneo e dissacrante

Forte, Martin Luther & Thomas Münzer.

Altri titoli annunciano all’opposto scenari fittizi e talora fan-


tastico-fiabeschi:

Raimund, Das Mädchen aus der Feenwelt

il cui contenuto magico-allegorico è corretto nel realistico sot-


totitolo:

Der Bauer als Millionär.

Il sottotitolo, convenzione dominante nella drammaturgia ba-


rocca, attribuisce al protagonista, storico o di finzione, una va-
lenza allegorica, secondo l’intento didascalico ed emblematico
del teatro seicentesco. Nell’opera di Gryphius ricorrono come
combinazioni formali:

Catharina von Georgien


oder
Bewährete Beständigkeit.

La vicenda contemporanea della regina della Georgia, martire


cristiana, diviene esempio della virtù stoico-cristiana di costanza.
Il tema del dramma e la questione etico-politica a esso sotte-
sa sono invece presentate nel titolo

Ermordete Majestät,

il protagonista è citato questa volta nel sottotitolo:

oder
Carolus Stuardus König von Groß Britannien.

La difesa dell’assolutismo e la condanna del regicidio accen-


tuata nel titolo preannunciano il motivo della trasformazione
martirologica della vicenda storica del re inglese.
Lo status di questi personaggi è elevato, come si addice alla
tragedia secondo il canone retorico; tuttavia il titolo

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Cardenio und Celinde


oder
Unglücklich Verliebete

introduce eccezionalmente in un Trauerspiel due personaggi di


estrazione borghese che mostrano nella loro vicenda esemplare
l’illusione e la vanità delle passioni mondane e la necessità della
conversione; l’amore infelice citato nel sottotitolo non è pertan-
to da intendere nel senso dell’intrigo tipico della commedia.
Protagonista di una commedia è invece

Herr Peter Squentz

la cui origine borghese, in regola con la Ständeklausel [norma del


ceto], è citata nel sottotitolo del Schimpff-Spiel [farsa]

Absurda Comica.

Con altri intenti e in altre epoche, il ricorso al sottotitolo è in


genere utile per specificare caratteri individuali, tematiche e
contesti del dramma.
I protagonisti che compaiono frequentemente nei titoli pos-
sono tuttavia fornire una serie di informazioni solo mediante la
citazione del nome proprio. Al di là dei casi già ricordati (per-
sonaggi storici, mitici e letterari), anche nomi inventati suscita-
no aspettative nel pubblico. Ad esempio,

Emilia Galotti

di Lessing (1772) ci dice che protagonista dell’opera è una don-


na, italiana, di condizione borghese.
Una perifrasi può porre in primo piano le relazioni tra i per-
sonaggi piuttosto che l’identità di un protagonista; nel caso qui
citato tragici rapporti familiari:

Schiller, Die Braut von Messina.

Oppure il nome è completato dalla qualità predominante del


carattere e determinante per l’azione:

Lessing, Nathan der Weise

35
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 36

o sostituito da un termine che caratterizza personaggio e tema


del dramma; sia a livello individuale:

Hofmannsthal, Der Schwierige

sia come insieme di personaggi e situazioni:

Musil, Die Schwärmer.

I nomi collettivi indicano anche, più genericamente, i perso-


naggi centrali o l’ambientazione del dramma. Il già citato

Die Weber

ne è un esempio, così come

Schiller, Die Räuber


Lenz, Die Soldaten.

La differente prospettiva di tali opere, rispetto a quelle intro-


dotte dall’eroe drammatico, si associa a quella orientata sull’a-
zione principale o su un momento specifico del dramma:

Brecht, Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny


Der kaukasische Kreidekreis.

Tema e azione si possono enunciare più genericamente e


astrattamente:

Schiller, Kabale und Liebe.

Talora emergono toni simbolici:

Wedekind, Frühlings Erwachen

con accenni insieme tematici e formali:

Schnitzler, Reigen

o traspare un significato contraddittorio, se confrontato però


con altre informazioni sulla poetica dell’autore, ad esempio:

36
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 37

Bernhard, Ein Fest für Boris.

Anche delle locuzioni possono alludere al contenuto dell’o-


pera, come

Grillparzer, Weh’ dem, der lügt.

Valore simbolico assumono anche semplici oggetti scelti co-


me titolo, che possono essere anche concreti accessori di scena:

Kleist, Der zerbrochene Krug.

La rassegna si interrompe qui, senza poter esaurire la varia ti-


pologia dei titoli, più o meno espliciti; lo scopo è di suscitare la
necessaria attenzione nei confronti di questo elemento costituti-
vo del Nebentext e suggerire motivi e modalità di analisi.

Note
1
R. Ingarden, Das literarische Kunstwerk, Tübingen 1960.
2
Escludendo – secondo Pfister (D, p. 38) – la convenzione delle «Wortku-
lissen» che evocano linguisticamente lo spazio scenico per compensarne l’in-
determinatezza.
3 Szondi (Tdm, pp. 55-59) analizza l’opera di Hauptmann nel capitolo de-

dicato alla crisi del dramma e, quindi, alle forme di epicizzazione e all’antite-
si formale/contenutistica propria della fase di transizione.
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 38

4.
Discorso dei personaggi
(«Figurenrede»)

Ciò che accade e si svolge sul palcoscenico avviene in via priori-


taria mediante le parole pronunciate dagli attori e scritte dal-
l’autore nel testo letterario. Storicamente tale assoluto predomi-
nio si è integrato con altre possibilità espressive, in una visione
più comprensiva e polifunzionale della comunicazione e rap-
presentazione sceniche; tuttavia, eccetto casi estremi, il dialogo
tra i personaggi conserva il suo ruolo essenziale nel dramma.
Commistioni con altri generi teatrali, sperimentate non solo
in epoca contemporanea, coinvolgono varie forme: esecuzioni
musicali, espressioni corporee senza parole (pantomima, danza,
mimo), senza attori (marionette, giochi d’ombre), con media
elettronici (radiofonici, cinematografici, televisivi, informatici).
All’opposto il radiodramma [Hörspiel] utilizza il solo canale
acustico, privilegiando quindi la parola; si differenzia comunque
dalla consuetudine del dramma da leggere [Lesedrama] perché
può ricorrere a particolari effetti sonori e, soprattutto, riguarda
testi specificamente destinati a tale ricezione e che prevedono
tecniche e potenzialità non condizionate dall’organizzazione,
anche virtuale, dello spazio scenico.
Attraverso il dialogo sono rappresentati anche processi interio-
ri, atteggiamenti, pensieri e atti non espressi verbalmente in situa-

38
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 39

zioni reali, in quanto il dramma non può generalmente avvalersi di


enunciazioni e descrizioni proprie della mediazione narrativa.

Muß der Dialog aus einer Situation entstehen, so muß er in eine Si-
tuation führen, in eine andere freilich. Der dramatische Dialog bewirkt:
ein Handeln, ein Erleiden, eine neue Situation, aus der ein neuer Dia-
log entsteht usw1.

La dimensione performativa della comunicazione drammatica


si riconosce dunque nella necessità di compiere azioni con le pa-
role da parte dei personaggi: oltre a informare, minacciare, sup-
plicare, convincere, costringere e tutta la vasta gamma degli atti
linguistici, compreso l’inganno e l’autoinganno nei casi di incon-
gruenza con l’agire manifesto. Ma la dinamicità della parola è an-
che strumento ed elemento strutturale del testo drammatico. La
citazione da Dürrenmatt assegna al sistema interno di comunica-
zione, al dialogo, la funzione di produrre il movimento del com-
plesso degli eventi drammatici. E nel dialogo si rappresenta il si-
stema dei rapporti interpersonali fondamentale per il dramma.
Un esempio significativo di azione drammatica prodotta dal
dialogo è lo scontro tra Elisabetta I e Maria Stuart nella scena
quarta del terzo atto del dramma schilleriano.
Nel parco di Fotheringhay l’incontro tra le regine è precedu-
to da due battute che indicano diffidenza e finta sorpresa, e
prende avvio da fredde e severe considerazioni di Elisabetta sul-
la rivale, cui risponde la supplica accalorata di Maria.

ELISABETH Ihr seid an Eurem Platz, Lady Maria!


Und dankend preis’ ich meines Gottes Gnade,
Der nicht gewollt, daß ich zu Euren Füßen
So liegen sollte, wie Ihr jetzt zu meinen.

MARIA […] Mein Alles hängt, mein Leben, mein Geschick,


An meiner Worte, meiner Tränen Kraft,
Löst mir das Herz, daß ich das Eure rühre!

Dall’umiliazione e dall’appello cortese, la protagonista del


dramma passa a denunciare l’ingiustizia della sua sorte e a rivol-
gersi all’interlocutrice come sua pari.

MARIA Denn ich bin eine Königin wie Ihr,


Und Ihr habt als Gefangne mich gehalten. […]
Man stellt mich vor ein schimpfliches Gericht – […]
Jetzt Schwester redet! Nennt mir meine Schuld,
Ich will Euch völliges Genügen leisten.

39
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Le parole di Elisabetta divengono meno formali e accusano


con violenza la Stuart dell’ostilità sorta tra le sovrane, fino all’o-
stentazione di potere dell’una e al rifiuto della sottomissione da
parte dell’altra, agli espliciti insulti e al diretto sfogo del sospet-
to, dell’invida e dell’odio.

ELISABETH Nicht die Geschicke Euer schwarzes Herz


Klagt an, die wilde Ehrsucht Eures Hauses.
[…] Meinem Haupte war
Der Streich gedrohet, und das Eure fällt!

MARIA […] Ihr werdet Euch


So blutig Eurer Macht nicht überheben –

ELISABETH […] Gewalt nur ist die einz’ge Sicherheit,


kein Bündnis ist mit dem Gezücht der Schlangen.

ELISABETH Es lüstet keinen Euer – vierter Mann


Zu werden, denn Ihr tötet Eure Freier,
Wie Eure Männer! […]
Es kostet nichts, die allgemeine Schönheit
Zu sein, als die gemeine sein für alle!

MARIA Weh Euch, wenn sie von Euren Taten einst


Den Ehrenmantel zieht, womit Ihr gleißend
Die wilde Glut verstohlner Lüste deckt.
Nicht Ehrbarkeit habt Ihr von Eurer Mutter
Geerbt, man weiß, um welcher Tugend willen
Anna von Boulen das Schafott bestiegen.

ELISABETH Bekennt Ihr endlich Euch für überwunden?


Ist’s aus mit Eurer Ränken? […]
– Ja, es ist aus, Lady Maria.

MARIA […] Ich habe


Ertragen, was ein Mensch ertragen kann.
Fahr hin, lammherzige Gelassenheit

La conclusione del dialogo, sorretta da intensità espressiva,


fissa l’antagonismo delle due figure ribaltando il tentativo di me-
diazione progettato e determinando l’esito tragico della vicenda.
Le battute iniziali e finali di Maria delineano la dinamica del-
l’incontro: dall’accettazione di gettarsi ai piedi di Elisabetta,
pronunciata tra sé come proposito di negazione del proprio or-

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goglio, fino all’affermazione inversa che prospetta direttamente


alla regina d’Inghilterra la stessa umiliazione qualora non fosse
stato violato il diritto.

MARIA Sei’s!
Ich will mich auch noch diesem unterwerfen.
Fahr hin, ohnmächt’ger Stolz der edeln Seele!
Ich will vergessen, wer ich bin, und was
Ich litt, ich will vor ihr mich niederwerfen,
Die mich in diese Schmach hinunterstieß.

Der Thron von England ist durch einen Bastard


Entweiht, der Briten edelherzig Volk
Durch eine list’ge Gauklerin betrogen.
– Regierte Recht, so läget Ihr vor mir
Im Staube jetzt, denn ich bin Euer König.

1. Funzioni linguistiche

Il dialogo tra i personaggi come forma comunicativa dominante


del dramma può essere esaminato con gli strumenti dell’analisi
linguistica e stilistica, in relazione al peculiare sistema di comu-
nicazione e alla valenza letteraria e scenica del testo, con l’av-
vertenza di utilizzarli in modo funzionale e selettivo, evitando
classificazioni talora improprie ed eccessive.
La polifunzionalità delle espressioni verbali (secondo il tra-
dizionale modello di Jakobson) è da riferire e distinguere al du-
plice livello, interno ed esterno, della comunicazione dramma-
tica. Ne deriva non solo una diversa predominanza delle fun-
zioni, ma anche una possibile discrepanza. Nel sistema interno
di comunicazione (dialogo tra i personaggi) l’analisi di Pfister
(D, pp. 151-67) riconosce la prevalenza della funzione conativa,
centrata sul ricevente, nella prospettiva del rapporto diretto dei
parlanti. Spostare il fulcro riflessivamente sull’emittente, e dun-
que nei termini della funzione espressiva, implica invece il pas-
saggio al livello esterno (autore-destinatario dell’opera); su que-
sto piano prevalgono anche la funzione referenziale, focalizzata
sul contenuto della comunicazione, e la poetica, rivolta al mes-
saggio stesso e alla sua forma. La funzione centrata sul canale,
fatica, e la dimensione metalinguistica, che gravita sul codice,
più latente nel testo drammatico, sono distribuite su entrambi i
piani.
Da Pfister ricavo i seguenti esempi:

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FUNZIONE CONATIVA
L’aspetto conativo definisce le caratteristiche principali del
discorso dei personaggi: la qualità dialogica, l’agire sull’interlo-
cutore per ottenere un effetto, la serie delle repliche che non tan-
to delinea una successione logico-argomentativa, quanto produ-
ce intensità e tensione nella relazione interpersonale.

Lessing, Emilia Galotti (V, 7):


ODOARDO Kind, es ist keine Haarnadel.
EMILIA So werde die Haarnadel zum Dolche! – Gleichviel. […]
ODOARDO Und wenn du ihn kenntest, diesen Dolch! –
EMILIA Wenn ich ihn auch nicht kenne! – Ein unbekannter
Freund ist auch ein Freund – Geben Sie mir ihn, mein Vater, ge-
ben Sie mir ihn!
ODOARDO Wenn ich dir ihn nun gebe – da!
EMILIA Und da!

La comunicazione linguistica in questo esempio di dialogo


non è neutralmente informativa, bensì incentrata sulle reazio-
ni degli interlocutori e caratterizzata dalla ripresa di locuzioni
che incrementano l’intensità espressiva del rapporto tra i per-
sonaggi.

FUNZIONE ESPRESSIVA
Rivolta invece più al pubblico e dominante nel monologo di
riflessione, la funzione espressiva descrive il carattere del perso-
naggio, che attraverso la riflessione verbale su di sé chiarisce a se
stesso, giustifica e decide azioni e comportamenti.

Goethe, Götz von Berlichingen (V):


FRANZ (außer sich) Gift! Gift! Von eurem Weibe! – Ich! Ich! (Er
rennt davon)
WEISLINGEN Marie, geh ihm nach. Er verzweifelt. (Maria ab.) Gift
von meinem Weibe! Weh! Weh! Ich fühl’s. Marter und Tod!

Oltre a questa citazione, manifestazione esteriore dello stato


d’animo dei personaggi, lo studente può riferirsi più semplice-
mente a monologhi (di cui parleremo più avanti).

FUNZIONE FATICA
La stessa dimensione scenica richiede di stabilire e mantene-
re il contatto con il pubblico, ma anche a livello interno l’atten-
zione sul canale della comunicazione, necessaria peraltro al dia-
logo tra i personaggi, può essere tematizzata quando il significa-

42
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to di tale discorso è la stessa possibilità o impossibilità di comu-


nicare.
Sostituisco l’esempio di Pfister, tratto da Waiting for Godot di
Samuel Beckett, con uno meno diretto ma altrettanto esplicati-
vamente centrato sul canale di una mancata comunicazione:

Bernhard, Ein Fest für Boris (2):


DIE GUTE Johanna sagen Sie ihm daß wir heute nacht
während er fest geschlafen hat
auf dem Wohltätigkeitsball gewesen sind
sagen Sie ihm daß ich in der Maske einer Königin
auf dem Ball gewesen bin
Sie als Schwein
Sagen Sie es ihm
JOHANNA Aber er hat es doch jetzt gehört
was Sie gesagt haben
DIE GUTE Ich habe gesagt
daß Sie es ihm sagen sollen
Ich befehle Ihnen es ihm zu sagen
JOHANNA zu Boris Die gnädige Frau sagt
daß wir heute nacht
DIE GUTE Während er fest geschlafen hat
JOHANNA Während Sie fest geschlafen haben
auf dem Kostümball gewesen sind
und daß die gnädige Frau
DIE GUTE Im Kostüm einer Königin
JOHANNA Im Kostüm einer Königin
DIE GUTE Und daß Sie
JOHANNA Und daß ich
DIE GUTE Als Schwein
JOHANNA Und daß ich als Schwein
DIE GUTE Wie Ihre Maske beweist
JOHANNA Wie es meine Maske beweist
DIE GUTE Daß Sie als Schwein
JOHANNA Daß ich als Schwein
DIE GUTE Auf dem Ball gewesen sind
JOHANNA Auf dem Ball gewesen bin
DIE GUTE Auf dem Wohltätigeitsball
JOHANNA Auf dem Wohltätigkeitsball

FUNZIONE METALINGUISTICA
La riflessione sui disturbi della comunicazione, su fraintendi-
menti e giochi di parole, è oggetto della funzione metalinguisti-
ca che si rinviene in prevalenza nel linguaggio della commedia.

43
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Büchner, Leonce und Lena (I, 3):


LEONCE Valerio, gib den Herren das Geleite!
VALERIO Das Geläute? Soll ich dem Herrn Präsidenten eine Schel-
le anhängen? Soll ich sie führen, als ob sie auf allen vieren gingen?
LEONCE Mensch, du bist nichts als ein schlechtes Wortspiel. Du
hast weder Vater noch Mutter, sondern die fünf Vokale haben
dich miteinander erzeugt.
VALERIO Und Sie, Prinz, sind ein Buch ohne Buchstaben, mit
nichts als Gedankenstrichen. – Kommen Sie jetzt, meine Herren!
Es ist eine traurige Sache um das Wort «Kommen». Will man ein
Einkommen, so muß man stehlen; an ein Aufkommen ist nicht
zu denken, als wenn man sich hängen läßt; ein Auskommen hat
man jeden Augenblick mit seinem Witz, wenn man nichts mehr
zu sagen weiß, wie ich zum Beispiel eben, und Sie, ehe Sie noch
etwas gesagt haben. Ihr Abkommen haben Sie gefunden, und Ihr
Fortkommen werden Sie jetzt zu suchen ersucht.

Il chiaro esempio tratto dalla commedia di Büchner mostra il


gioco di parole, la sovrapposizione di campo fonetico e seman-
tico e, quindi, la tematizzazione, da parte degli stessi personag-
gi, dell’uso del linguaggio.

FUNZIONE REFERENZIALE
Quando all’interno del dialogo predomina invece la funzione
referenziale, centrata su ciò di cui si parla, si produce una forma
espositiva che tende all’epicizzazione.

Schiller, Wallensteins Tod (IV, 10):


Wir standen, keines Überfalls gewärtig,
Bei Neustadt schwach verschanzt in unserm Lager,
Als gegen Abend eine Wolke Staubes
Aufstieg vom Wald her, unser Vortrab fliehend
Ins Lager stürzte, rief: der Feind sei da.

L’inizio di questo messaggio, introdotto dal collettivo «Wir»,


indice di partecipazione a un evento che però scenicamente vie-
ne solo riferito e non rappresentato, suscita l’interesse dello
spettatore sul contenuto del racconto, ponendo in secondo pia-
no sia il parlante che gli interlocutori sulla scena.

FUNZIONE POETICA
Al di là della citazione shakespeariana proposta da Pfister,
possiamo accennare a una simile forma drammatica, elaborata
sul piano metrico e lessicale:

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Goethe, Iphigenie auf Tauris (I, 1: 65-67):


IPHIGENIE Und rette mich, die du vom Tod errettet,
Auch von dem Leben hier, dem zweiten Tode!

2. Registri linguistici

La regola opitziana (Buch von der Deutschen Poeterey, 1624), di


derivazione classica, prescrive l’adeguamento del registro lin-
guistico al genere drammatico, al contenuto del discorso e allo
status dei personaggi. Lo schema delle corrispondenze recita:

tragedia corte/nobiltà stile elevato


commedia città/borghesia stile medio
dramma pastorale campagna/contadini stile basso.

Abbandonata la rigidità della Ständeklausel, il convenzionale


linguaggio drammatico ha elaborato varie soluzioni stilistiche,
accordando l’espressione verbale alla situazione comunicativa,
ai personaggi e alle loro relazioni, alla ricezione del pubblico. Il
dialogo può ad esempio essere stilizzato nella misura metrico-
ritmica del verso o avvicinarsi alla prosa colloquiale, anche in
forme dialettali.

Goethe, Iphigenie auf Tauris (I, 1: 1-6):


IPHIGENIE Heraus in eure Schatten, rege Wipfel
Des alten, heil’gen, dichtbelaubten Haines,
Wie in der Göttin stilles Heiligtum,
Tret’ ich noch jetzt mit schauderndem Gefühl,
Als wenn ich sie zum erstenmal beträte,
Und es gewöhnt sich nicht mein Geist hierher.

All’incipit del dramma classico goethiano segue, come esem-


pio contrario di assimilazione al registro colloquiale, il dialogo
tra due personaggi di un’umanità emarginata:

Büchner, Woyzeck (H4, 4):


WOYZECK Was hast du?
MARIE Nix.
WOYZECK Unter deinen Fingern glänzt’s ja.
MARIE Ein Ohrringlein; hab’s gefunden.
WOYZECK Ich hab’ so noch nix gefunden. Zwei auf einmal.
MARIE Bin ich ein Mensch?
WOYZECK S’ist gut, Marie. – Was der Bub schläft. Greif’ ihm un-

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ter’s Aermchen, der Stuhl drückt ihn. Die hellen Tropfen steh’n
ihm auf der Stirn; Alles Arbeit unter der Sonn, sogar Schweiß im
Schlaf. Wir arme Leut! Das is wieder Geld, Marie, die Löhnung
und was von mein’m Hauptmann.
MARIE Gott vergelt’s Franz.
WOYZECK Ich muß fort. Heut Abend, Marie. Adies.
MARIE (allein, nach einer Pause) Ich bin doch ein schlecht Mensch.
Ich könnt’ mich erstechen. – Ach! Was Welt? Geht doch Alles
zum Teufel, Mann und Weib.

Tale mimesi non significa riprodurre la spontanea e imme-


diata oralità attraverso un testo comunque «recitato» e inten-
zionalmente redatto da un autore. Da un lato, la ripresa di for-
me colloquiali (abbreviazioni e fusioni, ellissi, aposiopesi e ana-
coluto, ridondanza, irregolarità grammaticali e sintattiche, lessi-
co ridotto e ripetizioni) o dialettali è soggetta al vincolo della
comprensione di un pubblico eterogeneo; dall’altro, il ricorso a
tali espressioni e l’allontanamento talora radicale dai codici tra-
dizionali è pur sempre frutto di un’operazione stilistica e fun-
zionale alla materia del dramma o alla caratterizzazione del par-
lante.
La varietà dei registri può sussistere all’interno di una stessa
opera e mutare rispetto ai singoli personaggi che si rapportano
a interlocutori diversi e in varie circostanze. Le convenzioni so-
ciali che condizionano i comportamenti linguistici vengono sti-
lizzate per definire ambiente e relazioni tra i personaggi; ripro-
dotte con intento realistico, e con vari effetti se all’interno di un
dramma o di una commedia; oppure possono divenire un moti-
vo stesso dell’opera.

Nel dramma borghese Emilia Galotti, lo stile comunicativo del-


la famiglia della protagonista si contrappone a quello della cor-
te (e come ulteriore confronto si legga il dialogo tra i servitori,
II, 3). Il linguaggio allusivo, galante o adulatorio, ipocrita o la
veemenza del pathos degli aristocratici e dei cortigiani è stru-
mento di distruzione nei confronti del nucleo sociale borghese,
che si esprime con più diretta naturalezza e nei toni privati del-
la riservatezza e della fermezza.

CLAUDIA Schwachheit! verliebte Schwachheit! – Nein, durchaus


nicht, meine Tochter! Sag’ him nichts. Laß ihn nichts merken!
EMILIA Nun ja, meine Mutter! Ich habe keinen Willen gegen den
Ihrigen – Aha! […] Auch wird mir wieder ganz leicht. – Was für
ein albernes, furchtsames Ding ich bin! – Nicht, meine Mutter?

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– Ich hätte mich noch wohl anders dabei nehmen können, und
würde mir eben so wenig vergeben haben.
CLAUDIA Ich wollte dir das nicht sagen, meine Tochter, bevor dir
als dein eigner gesunder Verstand sagte. Und ich wußte, es wür-
de dir es sagen, sobald du wieder zu dir selbst gekommen. – Der
Prinz ist galant. Du bist die unbedeutende Sprache der Galante-
rie zu wenig gewohnt. Eine Höflichkeit wird in ihr zu Empfin-
dung –, eine Schmeichelei zur Beteurung; ein Einfall zum Wun-
sche; ein Wunsch zum Vorsatze. Nichts klingt in dieser Sprache
wie Alles: und Alles ist in ihr so viel als Nichts. (II, 6)

MARINELLI Marinelli, der Name Marinelli war das letzte Wort der
sterbenden Grafen: und in einem Tone! in einem Tone! – Daß er
mir nie aus dem Gehöre komme dieser schreckliche Ton, wenn
ich nicht alles anwende, daß seine Mörder entdeckt und bestraft
werden! […]
ODOARDO Ein begünstigter? von meiner Tochter begünstiget?
MARINELLI Das ist gewiß nicht. Das kann nicht sein. Dem wider-
sprech’ ich, trotz Ihnen. – Aber bei dem allen, gnädiger Herr, –
denn das gegründetste Vorurteil wieget auf der Waage der Gere-
chtigkeit so viel als nichts – bei dem allen wird man doch nicht
umhin können, die schöne Unglückliche darüber zu vernehmen.
(V, 5)

Lo stile linguistico unifica formalmente i personaggi della cor-


te estense e determina l’incomprensione con l’artista nel Tasso
goethiano. Il tono comunicativo di Tasso, fondato sulla ricerca di
umanità e naturalezza, nella tensione verso la sintesi dell’arte, e i
suoi eccessi verbali sono estranei al registro artificiale, raffinato,
composto e prudente del mondo cortese: anche il medesimo les-
sico utilizzato da entrambi rivela opposte valenze semantiche.
La tematizzazione del contrasto tra i registri e le convenzioni
linguistiche è presente in particolare nella commedia, fin dalle sue
produzioni più antiche. In ambito tedesco lo Schimpff-Spiel Ab-
surda Comica oder Herr Peter Squentz è un esempio dell’abilità
linguistica di Gryphius nel rappresentare con effetti comici di de-
risione i dialoghi degli attori dilettanti popolari dai quali emer-
gono i difetti di ignoranza, presunzione, avidità e derivano equi-
voci, confusioni e imprevisti farseschi, e nel contrapporli al regi-
stro linguistico del colto ed elevato pubblico aristocratico.
La varietà degli stili non riguarda tuttavia solo convenzioni
sociali, o in genere tematiche comunicative, ma può servire alla
caratterizzazione dei singoli personaggi, avvalendosi così di un
ulteriore elemento di individuazione, funzionale alla dinamica
interpersonale del dramma.

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3. Elementi formali del dialogo

La prima qualità formale che il lettore distingue nello Haupttext


è la forma in versi o in prosa.
Il dramma in versi [Versdrama], cui in genere subentra in
epoca moderna quello in prosa, implica una maggiore omoge-
neità linguistica e stilistica, espressa in prevalenza attraverso le
tradizionali misure metriche dell’alessandrino e del Blankvers. Il
ricorso ad altri metri può porre in risalto sezioni del dramma che
si distinguono a livello tematico o formale (in particolare cori,
canzoni o poesie intercalate al dialogo dei personaggi); oppure
il testo può constare di una significativa varietà di versificazio-
ne, come nel Faust goethiano.
Quantitativamente le battute dei personaggi occupano par-
zialmente un verso fino a estendersi per molti versi. Nel primo
caso si configurano tipiche strutture drammatiche. Se la misura
del verso viene separata e distribuita a più parlanti o alla suc-
cessione delle loro battute, conservando la regolare costruzione
metrica, si tratta di

ANTILABI [ANTILABE]

Kleist, Prinz Friedrich von Homburg:


II, 5: 62:
NATALIE O meine Mutter!
ERSTE HOFDAME Himmel!
KURFÜRSTIN Weiter! Weiter!

IV, 4: 130:
NATALIE (ihn verweigernd) Nichts, gar nichts!
DER PRINZ VON HOMBURG Gebt!
NATALIE Ihr last ihn ja!
DER PRINZ VON HOMBURG Wenn gleich!

Il testo spezzato in due parti determina una

EMISTICOMITIA [HEMISTICHOMYTHIE]

V, 11: 175:
DER PRINZ VON HOMBURG Nein, sagt! Ist es ein Traum?
KOTTWITZ Ein Traum, was sonst?

Mentre la

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STICOMITIA [STICHOMYTHIE]

descrive la successione di singoli versi pronunciati alternativa-


mente, o comunque con cambio di personaggi:

Goethe, Iphigenie auf Tauris (IV, 4: 1643-52):


PYLADES Der deinen Bruder schlachtet, dem entfliehst du.
IPHIGENIE Es ist derselbe, der mir Gutes tat.
PYLADES Das ist nicht Undank, was die Not gebeut.
IPHIGENIE Es bleibt wohl Undank; nur die Not entschuldigt.
PYLADES Vor Göttern und vor Menschen dich gewiß.
IPHIGENIE Allein mein eigen Herz ist nicht befriedigt.
PYLADES Zu strenge Fordrung ist verborgner Stolz.
IPHIGENIE Ich untersuche nicht, ich fühle nur.
PYLADES Fühlst du dich recht, so mußt du dich verehren
IPHIGENIE Ganz unbefleckt genießt sich nur das Herz.

L’accelerazione ritmica, l’interazione semantica e talvolta


l’antitesi dialettica, l’effetto anche scenico dello scambio di bat-
tute e dell’avvicendarsi delle voci, potenziano il dialogo dram-
matico in momenti sia tematicamente rilevanti, come le ultime
citazioni, sia scenicamente significativi per la dinamica dell’a-
zione, la gestualità e la situazione relazionale tra i personaggi
coinvolti, in alcuni casi coralmente:

Kleist, Prinz Friedrich von Homburg (II, 10: 80):


DER PRINZ VON HOMBURG Ich, ein Gefangener?
HOHENZOLLERN So ists!
GOLZ Ihr hörts!

È spesso associata a questo stile compositivo l’iterazione e va-


riazione di termini, mimando la comunicazione orale, come nel-
la richiesta di conferma:

II, 2: 50:
GOLZ Das ist der Truchß!
DER PRINZ VON HOMBURG Der Truchß?
OBRIST KOTTWITZ Der Truchß, er, ja;

o con espressioni più formali e linguisticamente elaborate, ac-


centuando la funzione poetica:

Goethe, Iphigenie auf Tauris (I, 2: 74-77):


IPHIGENIE Wie’s der Vertriebnen, der Verwaisten ziemt.
ARKAS Scheinst du dir hier vertrieben und verwaist?

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IPHIGENIE Kann uns zum Vaterland die Fremde werden?


ARKAS Und dir ist fremd das Vaterland geworden.

Non è possibile in questa sede recensire elementi linguistici e


retorici del testo drammatico, nella complessa varietà tipologica
e diacronica delle sue forme; si riferiscono piuttosto le osserva-
zioni di Asmuth (EDa, pp. 62-78) su alcune peculiarità del lin-
guaggio teatrale, che si distingue da altre espressioni letterarie
per la contiguità con la situazione scenica percepibile.
La prima conseguenza linguistica è la frequenza dei termini
deittici, connessi anche allo spazio della rappresentazione e agli
accessori di scena. Alla deissi locativa, o temporale, si associa
quella personale, con il più costante riferimento a pronomi di
prima e seconda persona. La percepibilità della situazione al-
l’interno della comunicazione dialogica, ma anche rispetto alla
ricezione del pubblico, consente di ridurre l’ampiezza e la com-
pletezza delle espressioni linguistiche, sostituite spesso da ac-
cenni, proposizioni incomplete e brevi locuzioni. Un’ulteriore
conseguenza morfologica è il basso rapporto tra l’uso di verbi e
il ricorso ad aggettivi: il quoziente risulta nettamente inferiore al
valore dei testi narrativi e lontanissimo dalla specificazione del
linguaggio scientifico. Tali elementi concorrono all’intensità e al-
l’incisività della comunicazione teatrale. Il vincolo imposto dal-
la situazione comunicativa diviene occasione anche per inten-
zionali fraintendimenti acustici o doppi sensi, alterazioni del
dialogo e giochi di parole.

Kleist, Der zerbrochene Krug (I, 1):


LICHT Ei, was zum Henker, sagt, Gevatter Adam!
Was ist mit Euch geschehen? Wie seht Ihr aus?
ADAM Ja, seht. Zum Straucheln braucht’s doch nichts als Füße;
Auf diesem glatten Boden, ist ein Strauch hier?
Gestrauchelt bin ich hier; denn jeder trägt
Den leid’gen Stein zum Anstoß in sich selbst.
LICHT Nein, sagt mir, Freund! Den Stein trüg’ jeglicher -?
ADAM Ja, in sich selbst!
LICHT Verflucht das!
ADAM Was beliebt?
LICHT Ihr stammt von einem lockern Ältervater,
Der so beim Anbeginn der Dinge fiel,
Und wegen seines Falls berühmt geworden;
Ihr seid doch nicht -?
ADAM Nun?
LICHT Gleichfalls -?

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ADAM Ob ich? Ich glaube -?


Hier bin ich hingefallen, sag’ ich Euch.
LICHT Unbildlich: hingeschlagen?
ADAM Ja, unbildlich.
Es mag ein schlechtes Bild gewesen sein.
LICHT Wann trug sich die Begebenheit denn zu?
ADAM Jetzt, in dem Augenblick, da ich dem Bett
Entsteig’. Ich hatte noch das Morgenlied
Im Mund’, da stolpr’ ich in den Morgen schon,
Und eh ich noch den Lauf des Tags beginne,
Renkt unser Herrgott mir den Fuß schon aus.
LICHT Und wohl den linken obenein?
ADAM Den linken?
LICHT Hier den gesetzten?
ADAM Freilich!
LICHT Allgerechter!
Der ohnhin schwer den Weg der Sünde wandelt.
ADAM Der Fuß! Was! Schwer! Warum?
LICHT Der Klumpfuß?
ADAM Klumpfuß!
Ein Fuß ist, wie der andere, ein Klumpen.
LICHT Erlaubt! Da tut Ihr Eurem rechten unrecht.
Der rechte kann sich dieser – Wucht nicht rühmen,
Und wagt sich eh’r aufs Schlüpfrige.

Al di là della contingente relazione linguistica e del nesso con


l’azione, il linguaggio teatrale possiede, come altri testi letterari,
un tasso di metaforicità, non solo nell’evocare spazi e ambienti,
bensì nel proporre verbalmente motivi-guida che accentuino,
integrino o anticipino le tematiche del dramma, anche con ef-
fetto di potenziamento della tensione.

Pfister (D, p. 219) cita a tale proposito il Dantons Tod di Büchner


(I, 1):
DANTON Die Leute sagen im Grab sei Ruhe und Grab und Ruhe
seien eins. Wenn das ist, lieg’ ich in deinem Schoß schon unter
der Erde. Du süßes Grab, deine Lippen sind Totenglocken, dei-
ne Stimme ist mein Grabgeläute, deine Brust mein Grabhügel
und dein Herz mein Sarg.

Oltre ai vocaboli da lui ricordati (qui sottolineati nel loro con-


testo) è possibile ricostruire una trama di campi metaforici: gio-
chi di società (carte e scacchi), che concernono la natura umana
e la realtà sociale, con variazioni e specifici riferimenti a temi e
momenti del dramma, nel primo atto; il teatro e la scena della

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vestizione di Danton nel secondo atto, con ripresa di elementi


che già circolavano nel primo; il monologo di Julie nel quarto at-
to, che associa il tramonto alla sua morte imminente. Nell’ope-
ra di Büchner l’uso della metafora all’interno di un contesto
drammatico coinvolge, al di là dello stile del discorso, la stessa
azione che accade sulla scena, ed è allo stesso tempo mediazio-
ne figurativa di un altro significato.
La rilevante presenza di figure retoriche, soprattutto figure di
pensiero, integrate da interiezioni varie, configura invece quello
stile oratorio che appartiene al dramma classico o barocco.

Gryphius, Papinianus (Die Erste Abhandelung, 1-12):


PAPINIANUS Wer über alle steigt / und von der stoltzen Höh
Der reichen Ehre schaut wie schlecht der Pöfel geh /
Wie unter jhm ein Reich in lichten Flammen krache /
Wie dort der Wellen Schaum sich in die Felder mache /
Und hier der Himmel Zorn mit Blitz und Knall vermischt
In Thürm und Tempel fahr / und was die Nacht erfrischt
Der heisse Tag verbrenn’ / und seine Sieges-Zeichen
Siht hier und dar verschränckt mit vielmal tausend Leichen;
Hat wol (ich geb es nach) viel über die gemein.
Ach! aber! ach wie leicht nimmt jhn der Schwindel ein
Und blendet unverhofft sein zitterndes Gesichte /
Daß er durch gähen Fall wird ehr man denckt zu nichte.

Meno codificato è il linguaggio del teatro moderno, che ha


abbandonato intenti declamatori ed emblematico-didascalici.
L’analisi stilistica delle singole opere valuta il discorso dei per-
sonaggi anche in riferimento alle pause che sospendono il dialo-
go, alla recitazione e all’intonazione dell’espressione verbale, e
quindi alle note del Nebentext.

4. Struttura del discorso dei personaggi

Monologo e dialogo costituiscono le due categorie fondamenta-


li del discorso dei personaggi. Queste forme comprendono mo-
menti che eccedono o interrompono lo schema primario di co-
municazione, come i resoconti di eventi già accaduti o che av-
vengono fuori scena, oppure espressioni rivolte direttamente al
pubblico, che insieme a coro2, canzoni, prologo ed epilogo ed
altre risorse scenico-letterarie favoriscono la tendenza all’epiciz-
zazione del dramma.

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4.1. Dialogo («Dialog»)


La concezione classica affida al dialogo la tensione conflittuale
necessaria allo sviluppo drammatico, tuttavia la produzione tea-
trale presenta anche altre forme di espressione e comunicazione
linguistica dei personaggi non direttamente connesse a tale di-
namica dell’azione. Gli stessi stili dialogici affini alla sticomitia
(brevità delle battute, avvicendamento e frequenza delle inter-
ruzioni) possono rappresentare efficacemente situazioni di con-
flitto come ricerca di consenso tra i personaggi. Di regola, co-
munque, gli interventi di più personaggi consentono una poten-
ziale maggiore complessità semantica e poliprospettica all’inter-
no del testo drammatico.
L’analisi quantitativa della distribuzione delle battute e della
loro lunghezza media individua una sorta di gerarchia tra per-
sonaggi principali e secondari; ma il risultato statistico non è suf-
ficiente a valutare la rilevanza di figure come Emilia Galotti o
Eva di Der zerbrochene Krug di Kleist, il cui silenzio è indice di
integrità e superiore consapevolezza, opposta alla chiacchiera,
alle ambiguità e agli inganni dei giochi linguistici degli altri per-
sonaggi.
I silenzi che interrompono o dilatano tempi e ritmi delle re-
pliche, sostituiti da manifestazioni mimico-gestuali oppure nel-
la totale sospensione del dialogo anche a livello extralinguistico,
possono evidenziare situazioni di impossibilità o incapacità di
comunicare. Nel teatro classico, fondato sull’assolutezza del dia-
logo, assolvono piuttosto la funzione retorica di potenziare en-
faticamente la tensione drammatica, con particolare attenzione
alle reazioni del pubblico. A questo silenzio, in sostanza elo-
quente, il dramma moderno contrappone distorsioni comunica-
tive e temi e circostanze non esprimibili linguisticamente. Le no-
tazioni di regia su frequenti pause, di cui si precisano talora i
tempi, ridimensionano la stessa loquacità drammatica, intesa co-
me convenzione teatrale non realistica3.
Il dramma classico organizza tale «loquacità» secondo stile e
intenzionalità retorici. Non rivolto direttamente all’auditorio, il
discorso persuasivo attua strategie differenziate riferite all’argo-
mento stesso, al parlante o all’interlocutore. Nel primo caso ri-
corre a forme di mediazione narrativa, nel secondo affida all’au-
torevolezza del parlante la capacità di convincimento. Spesso
l’integrità personale falsamente sostenuta a prova dell’opinione
assunta è mascheramento e strumento di intrighi.
Domanda retorica, apostrofe, esclamazione ed altre figure che

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fanno appello all’interlocutore hanno l’effetto di suscitarne la


commozione e la partecipazione. Il ricorso al pathos vale non so-
lo nei rapporti tra i personaggi ma si estende anche al pubblico.
Un’altra caratteristica della forma classica è l’irreversibilità
temporale: la conseguente linearità delle battute può subire in
alcuni casi variazioni o interruzioni. Il dialogo drammatico si
può presentare infatti come simultaneo: dal parziale togliere la
parola di bocca all’altro, all’effetto spesso comico di pronuncia-
re contemporaneamente locuzioni identiche o diverse. La si-
multaneità concerne anche situazioni sceniche più complesse;
quando ad esempio personaggi o gruppi di personaggi separati
spazialmente sostengono colloqui o pronunciano commenti a
parte. L’uso di battute contemporanee può mostrare l’assenza
della funzione referenziale del linguaggio o la mancata comuni-
cazione.

Dalla Trilogie des Wiedersehens di Botho Strauß si ricavano al-


cuni esempi: nella prima parte (I, 2) due brevissime battute
scambiate «contemporaneamente» da Johanna e il Custode, e in
sé contraddittorie:

WÄRTER Lesen Sie noch, Fräulein?


JOHANNA Ja

WÄRTER }gleichzeitig
Keine Antwort

Più complessa è un’altra situazione, tipica del dramma (I, 5):


l’annotazione di regia avverte:

Alle Gespräche werden mehr oder weniger gleichzeitig geführt.

Sulla scena i personaggi tutti riuniti formano gruppi varia-


mente combinati in un «montaggio» drammaturgico reso ancor
più evidente dall’alternanza di stacchi di luce, mentre i fram-
menti di dialogo isolati appaiono colti in un certo momento del
loro svolgimento e per lo più inconclusi.
Più classicamente la scena quinta del primo atto del Prinz
von Homburg presenta una particolare articolazione dialogica.
La scena (sala del castello) è affollata da numerosi personaggi,
principali e secondari e anche comparse, distribuiti in due grup-
pi intenti a diverse occupazioni e a separati colloqui. Da un lato
gli ufficiali discutono il piano di battaglia e il feldmaresciallo
Dörfling detta circostanziati ordini; dall’altro la corte è impe-

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gnata in una conversazione più intima, che si sofferma a un cer-


to punto su un particolare apparentemente irrilevante, la perdi-
ta di un guanto, che attira però l’attenzione di un altro perso-
naggio sulla scena. Il principe di Homburg, già distratto dalla
presenza di Natalie e profondamente coinvolto da tale informa-
zione, come spiegano al pubblico le scene precedenti, diventa
un mediatore confuso e deconcentrato tra le due regolari suc-
cessioni dialogiche; e il suo discorso si appoggia all’amico conte
di Hohenzollern che se ne avvede: «Bist du bei Sinnen?». Tale
scardinamento dei piani della comunicazione ha effetti determi-
nanti sulla vicenda drammatica. La scena prosegue con contatti
tra la cerchia del principe elettore, della consorte e della nipote
Natalie e quella degli ufficiali; ma le battute e i gesti formali
scambiati sconvolgono ancor più il protagonista che, cercando
conferma ai suoi sospetti, fa ritrovare casualmente il guanto che
era in suo possesso. La trasmissione degli ordini, che intanto
prosegue con militare rigore, diviene per il principe di Homburg
una comunicazione disturbata, chiusa dall’esortazione premoni-
trice del principe elettore.
A livello logico, lo schema delle singole battute di un dram-
ma, ma soprattutto la loro successione delineano scelte compo-
sitive e svolgimento drammatico. Riguardo al discorso di un per-
sonaggio si può rilevare il tasso di coerenza e omogeneità se-
mantica e stilistica, l’eventuale trama argomentativa e la predi-
lezione per il modello ipotattico o parattatico.
La percentuale di rigidità o variazione lessicale può contri-
buire a caratterizzare il parlante, mentre dall’analisi complessi-
va dei suoi interventi risulta la sua prospettiva nei confronti del
tema e dell’azione del dramma.
La sintassi del dialogo si coglie più specificamente nella rela-
zione tra prologo e risposta. Le possibili forme, comprese in uno
spettro che va dall’identità all’irrelatezza, definiscono consenso,
propria argomentazione, confronto, contrapposizione, conflitto,
discrepanza, fraintendimento, impossibilità di comunicazione.
Per la loro descrizione Pfister (D, pp. 205-12) propone una serie
di punti di riferimento. La risposta può prendere in particolare
considerazione l’oggetto del discorso dell’interlocutore, anche
per trasformarlo o addirittura ignorarlo (a); quindi riferirsi alla
dimensione concettuale e ideale del prologo (b), al contenuto se-
condario (c), alla sfera emozionale (d), al contesto segnico-ver-
bale (e), all’azione extralinguistica (f), a dati impliciti o perfino
presupposti e immaginati e non intesi dal personaggio (g).
Provo a trarre tutti gli esempi dal confronto intratestuale di

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un’unica commedia, Minna von Barnhelm di Lessing, che pre-


senta un’articolata trama dialogica e giochi linguistici:

a) III, 3:
DER WIRT Ja, ich wollte wie viel drum geben, – ich bin nicht neu-
gierig, – aber ich wollte wie viel drum geben, wenn ich den
Schlüssel dazu hätte.
FRANCISKA Den Schlüssel? zu unsrer Türe? Herr Wirt, der steckt
innerhalb; wir haben ihn zur Nacht hereingezogen; wir sind fur-
chtsam.
DER WIRT Nicht so einen Schlüssel; ich will sagen, mein schönes
Kind, den Schlüssel; die Auslegung gleichsam; so den eigentli-
chen Zusammenhang von dem, was ich gesehen.

b) V, 5:
MINNA Sie müssen hier bleiben; Sie müssen Sich die allervollstän-
digste Genugtuung – ertrotzen. Ich weiß in der Geschwindigkeit
kein ander Wort. – Ertrotzen, – und sollte Sie auch das äußerste
Elend, vor den Augen Ihrer Verleumder, darüber verzehren!
TELLHEIM So dacht ich, so sprach ich, als ich nicht wußte, was ich
dachte und sprach. Ärgernis und verbissene Wut hatten meine
ganze Seele umnebelt; die Liebe selbst, in dem vollesten Glanze
des Glückes, konnte sich darin nicht Tag schaffen. Aber sie sen-
det ihre Tochter, das Mitleid, die, mit dem finstern Schmerze ver-
trauter, die Nebel zerstreuet, und alle Zugänge meiner Seele den
Eindrücken der Zärtlichkeit wiederum öffnet. Der Trieb der
Selbsterhaltung erwacht, da ich etwas Kostbarers zu erhalten ha-
be, als mich, und es durch mich zu erhalten habe.

c) II, 5:
FRANCISKA Wir haben den Mann wiedergefunden; aber wie haben
wir ihn wiedergefunden? Nach allem, was wir von ihm hören, muß
es ihm übel gehn. Er muß unglücklich sein. Da jammert mich.
MINNA Jammert dich? – Laß dich dafür umarmen, meine liebste
Gespielin! Das will ich dir nie vergessen! – Ich bin nur verliebt,
und du bist gut.

d) IV, 6:
TELLHEIM Was ist Ihnen, mein Fräulein? Wohin?
MINNA Lassen Sie mich – Meine Tränen vor Ihnen zu verbergen,
Verräter!

e) III, 4:
DER WIRT O, es ist ein vortrefflicher Mann, der Herr Paul Wer-
ner! – […] O, das ist ein Freund von unserm Herr Major! das ist
ein Freund! der sich für ihn tot schlagen ließe! –

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WERNER Ja! und das ist ein Freund von meinem Major! das ist ein
Freund! – den der Major sollte tot schlagen lassen.

f) V, 3:
TELLHEIM Wo habe ich ihn [=den Ring] hingesteckt? […] Hier ist
er.
FRANCISKA Ist er das? […] Wenn er ihn doch genauer besehen
wollte!
TELLHEIM Sie drang mir ihn auf, mit einer Bitterkeit – Ich habe
diese Bitterkeit schon vergessen. Ein volles Herz kann die Wor-
te nicht wägen. – Aber sie wird sich auch keinen Augenblick wei-
gern, den Ring wieder anzunehmen. – Und habe ich nicht noch
ihren?
FRANCISKA Den erwartet sie dafür zurück. – Wo haben Sie ihn
denn Herr Major? Zeigen Sie mir ihn doch.

g) II, 1:
MINNA Es ist Friede, schrieb er mir, und ich nähere mich der
Erfüllung meiner Wünsche. – Aber, daß er mir dieses nur ein ein-
zigesmal geschrieben –
FRANCISKA Daß er uns zwingt, dieser Erfüllung der Wünsche
selbst entgegen zu eilen: finden wir ihn nur; das soll er uns ent-
gelten! – Wenn in des der Mann doch Wünsche erfüllt hätte, und
wir erführen hier –
MINNA […] Daß er tot wäre?
FRANCISKA Für Sie, gnädiges Fräulein; in den Armen einer andern.

La presenza di battute molto lunghe dilata la connessione del-


le repliche e produce effetti di astrazione dalla situazione dialo-
gica, con tendenza al riferimento a se stesso da parte del parlan-
te, cioè al monologo.

4.2. Monologo («Monolog»)


Il discorso privo di destinatario, pronunciato da un personaggio
da solo, ha un aspetto artificioso ma funzionale al testo dram-
matico. Semanticamente connesso all’azione o riflessivamente
distaccato, assolve il ruolo di caratterizzare il parlante, di espli-
citare commenti personali, processi deliberativi, stati interiori e
affetti, e anche di informare il referente esterno, il pubblico, su
situazioni, eventi, condizioni non rappresentabili scenicamente
o attraverso il dialogo. Imita la struttura dialogica se il conflitto
drammatico è trasferito nella sfera interiore del personaggio, op-
pure ne richiama lo stile con il ricorso a formule e figure retori-
che dirette a interlocutori assenti o astratti.

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La classificazione proposta da Robert Petsch4 distingue a li-


vello formale

Kernmonolog [monologo essenziale]


Rahmenmonolog [monologo di cornice]
Brückenmonolog [monologo di coordinazione]

rispettivamente con predominanza della funzione espressiva,


espositiva e strutturale (in quanto favorisce la transizione tra le
scene).
La convenzionalità teatrale del monologo, utile in particolare
per la comprensione da parte del pubblico delle premesse, dei
nessi e degli scopi dell’azione drammatica, può anche più reali-
sticamente esprimere momenti e problematiche introspettive
oppure tematizzare isolamento e incomunicabilità. Alcune solu-
zioni stilistiche motivano il ricorso al soliloquio attraverso la ca-
ratterizzazione del personaggio o mediante particolari situazio-
ni, e lo trasformano in sfogo spontaneo, espressione di uno sta-
to alterato o di dormiveglia, rifugio di un’estrema timidezza o ri-
trosia; linguisticamente il flusso del discorso assume toni più
realistici e informali. Altrimenti l’eccezionalità della comunica-
zione autoriflessa rispetto alle regole della verosimiglianza, av-
vertita già dal dramma francese del XVII secolo, è risolta dal-
l’introduzione di un confidente, interlocutore di un monologo
mascherato.
Come accade nel dialogo, il monologo mostra varie articola-
zioni interne: dalla chiarezza della struttura logico-argomentati-
va e dall’adesione allo schema retorico del teatro classico, al di-
scorso associativo, ellittico, ripetitivo e talora ossessivo, tipico di
un coinvolgimento emotivo o di una condizione patologica op-
posta al distacco razionale.
Riguardo alla tipologia del monologo (lirico, di riflessione, di
decisione, di progettazione e pianificazione, di conflitto ecc.) Pfi-
ster (D, pp. 190-92) seleziona un criterio funzionale basato sulla
relazione tra discorso e azione. Se tale condizione è soddisfatta, il
monologo produce un cambiamento di situazione: il parlante ad
esempio valuta alternative d’azione e decide, oppure, ancora,
agendo linguisticamente, supera la scelta. Quando manca, il mo-
nologo informa indirettamente lo spettatore e rende nota l’azio-
ne senza provocarla, oppure commenta il dato già conosciuto ri-
velando il punto di vista del personaggio. La valenza narrativa del
primo caso e la distanza «epica» del secondo segnano l’eccedere
dal livello interno di comunicazione del dramma.

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L’analisi di Pfister (D, pp. 180-85) si concentra però sulla de-


finizione stessa di monologo, distinto dal soliloquio che indivi-
dua la situazione di solitudine e assenza d’interlocutore di un
parlante sulla scena. Il termine monologo implica invece ele-
menti strutturali con riferimento all’opposto/complementare
dialogo. Questa qualifica, apparentemente contraddittoria, in-
dica un confronto flessibile e graduale nettamente differenziato
solo agli estremi di un’ideale tipologia.
Le caratteristiche costitutive del monologo sono l’unitarietà
della direzione semantica e l’univocità prospettica; a livello quan-
titativo una certa ampiezza; strutturalmente, un’unità in sé con-
chiusa e relativamente completa. Una gamma di differenze di gra-
do conduce fino al concetto di dialogo inteso come duplicità o
pluralità di direzioni comunicative tra due o più personaggi, in re-
lazione di polarità e tensione, con equilibrata distribuzione della
lunghezza delle battute e delle reciproche interruzioni.
Tra i due estremi si dispiegano le forme di monologizzazione
del dialogo e dialogizzazione del monologo.
Nel primo scenario la predominanza di un personaggio non
ammette significative alternanze semantiche; la serie equamente
distribuita delle battute non coincide con effettivi confronti e i
singoli personaggi non tengono conto delle repliche; il canale di
comunicazione, interrotto o mai stabilito, provoca incompren-
sioni, fraintendimenti, estraneità dei contesti referenziali, assen-
za di un livello minimo di condivisione per instaurare una co-
municazione anche conflittuale; all’opposto, un totale consenso
o l’adesione a un unico punto di vista determinano un «mono-
logo» con frazionamento di ruoli.
Il monologo appare invece dialogizzato quando la contrap-
posizione esteriorizzata nei discorsi dei personaggi è insita nel-
l’identità del parlante, sede di opposte tendenze, intenti, moti-
vazioni, passioni, valori che si confrontano e scontrano in una
sorta di dialogo interiore. La riflessività del discorso può anche
manifestarsi attraverso l’apostrofe, diretta a destinatari assenti,
entità astratte o inanimate, divinità o esseri immaginari dei qua-
li il parlante ipotizza le reazioni, o più realisticamente rivolgen-
dosi al pubblico, senza però negare il criterio della comunica-
zione solitaria, in quanto l’auditorio, seppure concretamente
reattivo, è inteso dal testo come destinatario fittizio.
La maggior parte dei monologhi in Die Räuber di Schiller è
pronunciata da Franz Moor (I, 1; II, 1; IV, 2; V, 1), che fin dal
primo intervento informa indirettamente il pubblico sugli intri-
ghi tramati a danno del fratello Karl e del padre, motivando la

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sua azione e le sue intenzioni con la descrizione e il racconto del-


la sua situazione e con argomentazioni a sostegno della sua osti-
lità e della decisione presa in conclusione. Il tono del discorso,
retoricamente rivolto a persuadere un destinatario indefinito,
ma autoreferenziale e non disponibile a reali obiezioni e dubbi,
ricorre con frequenza a formule esclamative e interrogative.

Ich habe große Rechte, über die Natur ungehalten zu sein, und bei
meiner Ehre! ich will sie geltend machen. – Warum bin ich nicht der
erste aus Mutterleib gekrochen? Warum nicht der einzige! Warum
mußte sie mir diese Bürde von Häßlichkeit aufladen? gerade mir? […]
Ich habe Langes und Breites von einer sogenannten Blutliebe schwat-
zen gehört, das einem ordentlichen Hausmann den Kopf heiß machen
könnte – Das ist dein Bruder! – das ist verdolmetscht: Er ist aus eben
dem Ofen geschossen worden, aus dem du geschossen bist – also sei er
dir heilig! – Merkt doch einmal diese verzwickte Konsequenz, diesen
possierlichen Schluß von der Nachbarschaft der Leiber auf die Har-
monie der Geister; von eben derselben Heimat zu eben derselben
Empfindung: von einerlei Kost zu einerlei Neigung. Aber weiter – es
ist dein Vater! Er hat dir das Leben gegeben, du bist sein Fleisch, sein
Blut – also sei er dir heilig. Wiederum eine schlaue Konsequenz! Ich
möchte doch fragen, warum hat er mich gemacht? doch wohl nicht gar
aus Liebe zu mir, der erst ein Ich werden sollte? (I, 1)

Ancor più astioso ed esaltato è il progetto di parricidio del


monologo successivo. L’apostrofe a Furie ed Eumenidi, seguito
dall’autocompiacimento per l’intrigo organizzato, prosegue su
questa linea di caratterizzazione del personaggio.

So fall’ ich Streich auf Streich, Sturm auf Sturm dieses zerbrechli-
che Leben an, bis den Furientrupp zuletzt schließt – die Verzweiflung!
Triumph! Triumph! – Der Plan ist fertig – schwer und kunstvoll wie
keiner – zuverlässig – (II, 1)

La sua presenza isolata sulla scena, dopo l’uscita precipitosa


del fratello e prima dell’entrata del domestico Daniel nella sce-
na seconda del quarto atto, rivela un atteggiamento interiore più
conflittuale. All’iniziale esitazione, causata dal confronto con
Karl e dal presentimento della rovina minacciatagli dal fratello,
Franz passa a dominare l’agitazione attraverso la decisione di
portare a compimento un piano ormai irreversibile. Non si trat-
ta di un assoluto dialogo interiore perché l’accenno paranoico è
comunque rivolto all’esterno, ma il rischio di sconvolgimento
del controllato e razionale schema dell’intrigo induce Franz a
denunciare passioni violente e scelte negative spinte all’eccesso.

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Es ist Karl! ja! […] Er ist’s! trutz seiner Larve! – Er ist’s – Tod und
Verdammnis! […] Hab’ ich darum meine Nächte verpraßt, – darum
Felsen hinweggeräumt, und Abgründe eben gemacht – bin ich darum
gegen alle Instinkte der Menschheit rebellisch worden, daß mir zuletzt
dieser unstete Landstreicher durch meine künstlichsten Wirbel tölple
– Sachte! Nur sachte! Es ist nur noch Spielarbeit übrig – Bin ich doch
ohnehin schon bis an die Ohren in Todsünden gewatet, daß es Unsinn
wäre, zurückzuschwimmen, wenn das Ufer schon so weit hinten liegt –
(IV, 2)

La riconquistata lucidità del secondo monologo pronunciato


a conclusione della stessa scena sfocia in una prolusione sul non
senso della vita, a giustificazione dell’assassinio, nel rifiuto del-
l’istanza della coscienza.

Mord! […] Es war etwas und wird nichts – Heißt es nicht eben so
viel, als: es war nichts und wird nichts und um nichts wird kein Wort
mehr gewechselt – der Mensch entstehet aus Morast, und watet eine
Weile im Morast, und macht Morast, und gärt wieder zusammen in
Morast, […] Der milzsüchtige podagrische Moralist von einem Gewis-
sen […] – bei mir wird er nimmermehr Audienz bekommen. (IV, 2)

Ma la cinica constatazione del nulla si ribalta nel ritmo acce-


lerato e accorato dell’ultimo monologo che precede il suicidio
(V, 1). Le brevi espressioni, esclamative, interrogative, non ri-
spettano la successione argomentativa e alternano pensieri anti-
tetici. L’idea della morte e della giustizia ultraterrena, comunque
incerta o incomprensibile, annientano la coerenza, la fermezza e
il dominio di sé e delle circostanze a lungo sostenuti dal perso-
naggio negativo e trasformano il suo eloquio.

Rächet denn droben über den Sternen einer? – Nein, nein! Ja, ja!
Fürchterlich zischelt’s um mich: Richtet droben einer über den Ster-
nen! […] Nein! sag’ ich – Elender Schlupfwinkel, hinter den sich dei-
ne Feigheit verstecken will – […] wenn’s aber doch etwas mehr wäre?
Nein, nein, es ist nicht! Ich befehle, es ist nicht! Wenn’s aber doch wä-
re? – Weh dir, wenn’s […] dir vorgezählt würde diese Nacht noch! –
Warum schaudert mir’s so durch die Knochen? – Sterben! warum
packt mich das Wort so? Rechenschaft geben dem Rächer droben über
den Sternen – und wenn er gerecht ist, Waisen und Witwen, Unter-
drückte, Geplagte heulen zu ihm auf, und wenn er gerecht ist? – wa-
rum haben sie mir gelitten? (V, 1)

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5. Forme particolari

5.1. A parte («Beiseite»)


Il discorso dei personaggi, sia nella forma monologica (a) che
dialogica (b), si distacca dal flusso della comunicazione scenica
per intermezzi segnalati dal testo secondario come pronunciati
«a parte».

a) Nella scena ottava del primo atto della Minna von Barnhelm
Tellheim modifica il suo giudizio sul servitore Just, cui rimpro-
vera un’ostinazione che è speculare alla sua, e che nella battuta
precedente gli dà aneddoticamente una «lezione».

TELLHEIM bei Seite So wie ich ihm! Nein, es giebt keine völlige
Unmenschen! - - Just, wir bleiben beisammen.

La risoluzione comunicata all’interlocutore segue un’espres-


sione pronunciata monologicamente (senza destinatario) e di to-
no riflessivo, eco del pensiero illuminista dell’autore stesso.
Più connesso alla dinamica dell’azione drammatica e al gioco
dei fraintendimenti e mascheramenti delle situazioni reali dei di-
versi personaggi è l’intervento di Franciska, cameriera e confi-
dente della protagonista (III, 5):

FRANCISKA bei Seite Das klingt ja ganz besonders, und verdient un-
tersucht zu werden. – Herr Freischulze, oder Herr Wachmeister –

Il dialogo con Werner si ripristina dunque regolarmente do-


po il commento da lui non udito.
Questo irrealistico pensare ad alta voce può essere accettato
dal lettore e dallo spettatore solo come convenzione teatrale,
contraria alle evidenti condizioni acustiche che consentirebbero
la trasmissione al pubblico in sala di parole non udite dal perso-
naggio vicino sul palcoscenico. La funzione degli «a parte» è af-
fine a quella del monologo e rivolta quindi al referente esterno,
talvolta anche in modo esplicito e diretto nel caso dell’«a parte»
ad spectatores, tipico della commedia e del clima di complicità
instaurato tra personaggio intrigante e pubblico.

b) La forma dialogica dell’«a parte» appare scenicamente più


plausibile e motivata dalle relazioni tra i personaggi e dalle cir-
costanze drammatiche (IV, 6):

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MINNA Und das ist Ihr Ernst, Herr Major? – indem sie ihm plötz-
lich den Rücken wendet: Franciska!
TELLHEIM Werden Sie nicht ungehalten, mein Fräulein –
MINNA bei Seite zur Franciska Jetzt wäre es Zeit! Was rätst du
mir, Franciska? –
FRANCISKA Ich rate nichts. Aber freilich macht er es Ihnen ein we-
nig zu bunt –
TELLHEIM der sie zu unterbrechen kömmt Sie sind ungehalten,
mein Fräulein –

La situazione del colloquio privato è circoscritta da indica-


zioni gestuali e di movimento che lo giustificano, ma non fino ad
ammetterne la non udibilità per il personaggio maschile presen-
te, che riprende la linea del discorso con gli stessi termini.
Nella scena decima del quinto atto le due coppie Minna-
Franciska e Tellheim-Just incrociano dialoghi «a parte»:

JUST Hören Sie nur – redet ihm heimlich ins Ohr.


MINNA indes bei Seite zur Franciska Merkst du was, Franciska?
FRANCISKA O, Sie Unbarmherzige! Ich habe hier gestanden, wie
auf Kohlen!
TELLHEIM zu Justen Was sagst du? – Das ist nicht möglich! – Sie?
indem er das Fräulein wild anblickt: – Sag es laut; sag es Ihr ins
Gesicht! – Hören Sie doch, mein Fräulein! –

La cornice, ancor più realistica, rende più plausibile lo scam-


bio separato di battute; in altri casi si può ricorrere a gruppi di
personaggi disposti su piani o spazi distinti del palcoscenico,
prossimi al pubblico e distanziati dagli altri personaggi.

5.2. Azione riferita o nascosta («Verdeckte - berichtete Handlung»)


Il discorso dei personaggi può sostituire un’azione non rappre-
sentata, già accaduta o contemporanea rispetto alla situazione
scenica. In tal senso la traduce in forma espositiva, attraverso
narrazioni o descrizioni di eventi connessi alla trama drammati-
ca. In confronto all’azione rappresentata, predomina la funzio-
ne referenziale del linguaggio, la dimensione verbale e il punto
di vista del parlante. Oltre l’economia del dramma, circoscritto
nei limiti temporali della rappresentazione, queste forme favori-
scono l’accentuazione di alcuni momenti presentati sulla scena
rispetto ad altri lasciati sullo sfondo. Possono però anche po-
tenziarne l’effetto sullo spettatore, concentrando la tensione su
pochi cenni riferiti o anche solo uditi.

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La scelta della mediazione espositiva è motivata spesso dal-


l’impossibilità tecnica di mettere in scena alcuni avvenimenti, a
causa della loro complessità ambientale e coreografica, oppure
dal giudizio morale o estetico che ha portato a censurarne la di-
retta visione al pubblico. Pur nella loro tendenza epica, queste
forme conservano un carattere prettamente drammatico e non
appaiono di regola impersonali resoconti documentari.
La convenzione teatrale ha elaborato i tipi:

enunciazione del messaggio [Botenbericht]


osservazione a distanza [Teichoskopie - Mauerschau]

essenzialmente distinti dalla prospettiva temporale, posteriore


all’evento o simultanea.
Il messaggero interviene in due scene del Prinz Friedrich von
Homburg ad annunciare dapprima la morte del principe eletto-
re (II, 5), per poi smentire la notizia (II, 8):

MÖRNER Der Prinz von Homburg war, sobald der Feind,


Gedrängt von Truchß, in seiner Stellung wankte,
Auf Wrangel in die Ebne vorgerückt; […]
Hier schlug so mörderischer Eisenregen
Entgegen ihm, daß seine Reuterschar,
Wie eine Saat, sich knickend niederlegte:
Halt mußt er machen zwischen Busch und Hügeln,
Um sein zerstreutes Reuterkorps zu sammeln. […]
In diesem Augenblick, dem Staub entrückt,
Bemerken wir den Herrn, der, bei den Fahnen
Des Truchßschen Korps, dem Feind entgegenreitet; […]
Als plötzlich jetzt der Kurfürst, Roß und Reuter,
In Staub vor unsern Augen niedersinkt. (II, 5)

In entrambi i casi i due distinti latori del messaggio (il capita-


no Mörner e il conte von Sparren) riferiscono coraggiose gesta
belliche, rispettivamente del principe creduto morto e dello scu-
diero Froben sacrificatosi per il suo signore, e suscitano com-
mosse reazioni, disperate e gioiose, della principessa elettrice e
di Natalie. La narrazione riferita con partecipazione, e talora en-
fasi, è inframezzata dalle battute eccitate delle ascoltatrici e dai
gesti che esprimono il loro profondo coinvolgimento, manife-
stando l’effetto del racconto sull’azione drammatica e sulla rela-
zione tra i personaggi, in particolare con l’entrata in scena del
principe di Homburg.

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Ancora iterativamente, il Botenbericht è preceduto da una


breve scena che preannuncia la notizia (II, 4; II, 7):

KURFÜRSTIN Tot, sagt er; tot? (II, 4)


WACHMEISTER Der Kurfürst lebt! (II, 7)

In entrambe le circostanze si ripete la richiesta di ascoltare il


racconto completo e dettagliato direttamente dal messaggero:

KURFÜRSTIN Was bringst du, Herold des Entsetzens, mir? […]


Wohlan! Erzähl! […]
Erstatte mir Bericht, wie er gesunken! (II, 5)
DER PRINZ VON HOMBURG Herr Graf von Sparren!
Des Herrn Durchlaucht habt Ihr frisch und wohlauf,
Beim Truchßschen Korps, in Hackelwitz, gesehn? […]
Sprich! Erzähle! (II, 8)

Sono dunque esempi di informazione ridondante, in quanto


sia i personaggi che il pubblico sono a conoscenza, seppur par-
ziale, dell’evento.
L’avvenimento bellico, tecnicamente non rappresentabile, è
oggetto anche della visione a distanza del secondo atto, am-
bientato sul campo di battaglia presso Fehrbellin. Gli ufficiali
descrivono infatti le azioni di guerra: movimenti di plotoni e ca-
vallerie, l’uso di artiglieria, l’incendio del villaggio. Per questa
esposizione Kleist ricorre a una possibile convenzione teatrale,
collocando su di un’altura i personaggi che riferiscono coral-
mente, con brevi battute, quanto sta avvenendo fuori scena. Al-
ternative tipiche sono l’osservazione da una torre, dalle mura, da
una finestra; l’esposizione può inoltre essere di più ampio respi-
ro e pronunciata da un unico personaggio, in stile monologico.
Kleist fa inoltre ricorso, nel Nebentext, a rumori di scena, can-
nonate, spari, grida di vittoria.
Il canale acustico è privilegiato, in un’altra accezione, nella fa-
mosa, e spesso citata, scena del supplizio di Maria Stuart (V, 10);
Schiller non rappresenta direttamente la scena non solo per que-
stioni di gusto o remore di stampo oraziano5, bensì per accre-
scere la tensione del momento proponendo l’evento tragico agli
spettatori in modo parziale e intermittente.
Lo stile linguistico è consono a tali intenzioni. Le parole di
Leicester che riferiscono l’evento contemporaneo delineano un
racconto discontinuo, spezzato in brevissime espressioni che de-
signano i singoli momenti che inesorabilmente conducono al ge-
sto finale non citato. Il personaggio non assolve solo la funzione

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di riferire l’avvenimento dal suo punto di vista, ma rappresenta


a livello verbale e gestuale la sua reazione emotiva. Oppresso dal
senso di colpa e dalla passione per Maria, si autoimpone di assi-
stere all’esecuzione ma, non sopportandone la vista, amplifica
linguisticamente ciò che ode: parole, pianti, atti, silenzi.

Ich seh’ sie fallen, ich will Zeuge sein.


[…] Unter meinen Füßen
Bereitet sich das fürchterliche Werk.
Ich höre Stimmen – Fort! Hinweg! Hinweg
Aus diesem Haus des Schreckens und des Todes! […]
Wie? Fesselt mich ein Gott an diesen Boden?
Muß ich anhören, was mir anzuschauen graut?
Die Stimme des Dechanten – Er ermahnet sie –
– Sie unterbricht ihn – Horch! – Laut betet sie –
Mit fester Stimme – Es wird still – Ganz still!
Nur schluchzen hör’ ich, und die Weiber weinen-
Sie wird entkleidet – Horch! Der Schemel wird
Gerückt – Sie kniet aufs Kissen – legt das Haupt –

L’esecuzione non manifesta di Maria mediata dalla prospettiva


di Leicester inaugura inoltre, come centro tematico, una fase che
si sviluppa appunto attraverso le reazioni degli altri personaggi, e
dimostra quindi la sua stessa valenza di azione drammatica.

5.3. Esposizione interna all’azione


La violenza unita alla complessità strutturale delle vicende della
Penthesilea di Kleist richiede un ampio ricorso alle forme del-
l’azione riferita e nascosta. La scena d’apertura divide tra Ulisse
e Diomede il ruolo di narratore. Dalla constatazione della bat-
taglia tra i Greci e le Amazzoni, i due eroi riferiscono ad Antilo-
co, interlocutore funzionale all’informazione rivolta al pubblico,
le origini della contesa attuale. Il racconto risale alla ribellione
di Pentesilea e allo scontro contro i Troiani; quindi all’interven-
to dei Greci, che approfittano della situazione e cercano di al-
learsi con la regina delle Amazzoni.
Alle vicende belliche subentra il motivo della passione di Pen-
tesilea per Achille, che la induce ad atti che appaiono contrad-
dittori a Ulisse e a Diomede. Riprende dunque la narrazione di
gesta guerresche, l’assalto furioso delle Amazzoni contro Greci
e Troiani, il gioco violento dei duelli della regina con Achille, al
quale comunque preserva la vita.
L’«azione riferita» contiene in questo contesto anticipazioni si-

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gnificative riguardo allo svolgimento del dramma, ma si configura


anche come prologo espositivo di eventi accaduti prima della storia
rappresentata, uscendo dai confini temporali dell’opera teatrale.
In questo paragrafo trattiamo del prologo nella forma imma-
nente all’azione e pronunciato da personaggi interni al dramma6,
come monologo, dialogo o monologo dialogizzato, con il soste-
gno di un interlocutore che ha il compito di consentire la comu-
nicazione dell’antefatto al pubblico. Lessing utilizza anche ac-
cessori di scena per presentare la situazione drammatica, i prota-
gonisti e le loro relazioni e per mediare considerazioni autoriali
sulla ricezione dell’opera d’arte: è il caso dei ritratti della contes-
sa Orsina e di Emilia Galotti esposti nella scena quarta del primo
atto, che suscitano il dialogo tra il principe e il pittore Conti.
L’esposizione assolve primariamente una funzione informati-
vo-referenziale, ma anche fatica, col destare l’attenzione del pub-
blico e instaurare il canale di comunicazione esterno alla «quarta
parete». Può preparare la comprensione dell’azione scenica da
parte degli spettatori, anticipare gli elementi essenziali del dram-
ma, illustrare l’antefatto, presentare i soggetti coinvolti e le loro
interazioni.
Collocata all’inizio dello spettacolo, di regola entro il primo
atto, talora con estensione al secondo, si qualifica come media-
zione narrativa che eccede il livello di comunicazione interno e
l’assolutezza del dramma, e può far trasparire, con maggior evi-
denza rispetto ad altri luoghi, la voce autoriale, l’intenzionalità
del discorso e l’accesso interpretativo al testo.

Note
1
F. Dürrenmatt, Theaterprobleme, Zürich 1955, p. 27; citato in D, p. 24.
2
In Schiller (premessa alla Braut von Messina, edizione 1803, cit. in GDD
Ia, p. 236) la reintroduzione del coro come elemento stilistico della tragedia
moderna è giustificata per garantire allo spettatore chiarezza e serenità di giu-
dizio ed educarlo alla distanza ideale dal mondo sensibile; la sospensione del-
l’azione da parte degli interventi corali significa infatti interruzione dell’illu-
sione e del pathos drammatici in funzione della libertà e dell’armonia dell’o-
pera d’arte.
3 F.X. Kroetz, Heimarbeit. Hartnäckig. Männersache, Frankfurt 1970, cita-

to in D, p. 202.
4
R. Petsch, Wesen und Formen des Dramas. Allgemeine Dramaturgie, Hal-
le 1945, pp. 361-75, citato in EDa, pp. 82-83.
5 Nell’Ars Poetica Orazio prescrive di lasciare fuori scena e trattare narra-

tivamente argomenti che eccedono i principi di decoro e convenienza.


6 Vedi in seguito i capitoli sulla struttura del dramma e sul teatro epico.

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5.
Struttura del dramma

La Poetica di Aristotele ha definito criteri per la struttura della tra-


gedia determinanti nella tradizione teatrale occidentale (7-12,
1450b-1452b). L’azione, rappresentata nel dramma imitando in
modo verosimile fatti e caratteri umani, deve risultare perfetta-
mente compiuta, circoscritta in una coerente struttura di princi-
pio-mezzo-fine. Il suo sviluppo deve attenersi a questa progres-
sione e mantenersi entro i limiti di un’estensione tale da potersi
recepire come totalità. La Poetica prescrive dunque l’unità del-
l’azione, presentata cioè dal suo momento iniziale, il quale deter-
mina una successione ordinata di fatti, coordinati in modo linea-
re, necessario e verosimile, e risolti nella definitiva conclusione. Il
limite dell’estensione concerne la garanzia di compiutezza di tale
azione, la cui articolazione interna deve essere compresa in mo-
do chiaro e unitario. Ogni suo componente ne costituisce parte
integrante, collocato in modo pertinente e necessario allo svolgi-
mento drammatico e tale che non possa essere spostato o sop-
presso se non a danno del tutto. In una trama complessa devono
essere giustificati in tal senso i momenti della

peripéteia [peripezia] «mutamento improvviso […] da una


condizione di cose nella condizione contraria»

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e della

a¬nagnårisiv [riconoscimento], «passaggio [inatteso] dalla


non conoscenza alla conoscenza e quindi alla reciproca amicizia
o inimicizia tra i personaggi dell’azione drammatica destinati al-
la buona o alla cattiva fortuna» (11, 1452 a)

dai quali dipende lo scioglimento finale dell’azione.


Quantitativamente e formalmente le parti costitutive, sezioni
separate della tragedia greca, sono enumerate nella successione:

prologo – parte che precede l’entrata del coro


episodio – parte tra due canti corali
esodo – dopo l’ultimo canto corale.

Un’ulteriore distinzione concerne le forme dei canti del coro


(parodo, stasimo, commo).
Allo schema aristotelico si aggiunge l’elaborazione della tra-
dizione poetico-retorica latina. L’articolazione strutturale, pro-
posta dai grammatici tardo classici Evanzio e Donato (IV sec.),
influenza la riflessione rinascimentale e persiste nella teoria e
pratica teatrale dei secoli seguenti nella forma della tripartizio-
ne del contenuto drammatico in

PROTASI – EPITASI – CATASTROFE


PROTASIS – EPITASIS – KATASTROPHE
introduzione – sviluppo/complicazione – scioglimento

preceduta dal prologo, anteriore all’intreccio, momento indipen-


dente che ha la funzione di fornire informazioni agli spettatori1.

1. Unità di azione, luogo, tempo («Einheiten: Handlung, Raum,


Zeit»)

Alla definizione delle parti strutturali dell’esordio-esposizione,


dello sviluppo o complicazione e dello scioglimento, negativo o
positivo, si associa la normativa intorno al principio di unità.
Aristotele riconosce soltanto la necessità dell’unità d’azione, le
poetiche rinascimentali giungono a una rigorosa definizione di
unità di azione, luogo e tempo, che la tradizione denominerà
«unità aristoteliche»2.

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Un primo orientamento è fornito dal commento alla Poetica


di Robortello3, il quale, insistendo sul criterio di verosimiglian-
za, codifica l’intervallo temporale dall’alba al tramonto per un
realistico svolgimento dell’azione drammatica, comunque con-
centrata nell’arco della rappresentazione. La giustificazione è
tratta dalla constatazione aristotelica, come tale non normativa,
che la tragedia, invece dell’illimitata temporalità dell’epopea,
cerca di tenersi entro «un solo giro di sole» (5, 1449b), o lo sor-
passa di poco, come di fatto si evince dalle opere dei tragedio-
grafi greci, con alcune eccezioni.
Di evento trascorso in un unico giorno (o mai prolungato oltre
i due) e scenicamente realizzato tra le tre e le quattro ore parlano
anche i commenti di Bartolomeo Lombardi e Vincenzo Maggi
(1550) e di Antonio Sebastiano Minturno (1559); interviene sul-
l’argomento anche il drammaturgo Giambattista Giraldi Cinzio
e, con note di minor rigore analitico rispetto ai critici citati, ne
condivide comunque l’interpretazione, traducendo il concetto
strutturale di estensione del dramma proposto da Aristotele
in una dimensione pratico-scenica e verosimile. L’interesse dei
drammaturghi per le questioni di teoria del dramma contribuisce
ad arricchire le forme critiche di riadattamento della tradizione
poetica classica attraverso la stessa produzione drammatica.
Ma è per opera di due critici, Scaligero e Castelvetro, che vie-
ne elaborato il sistema delle tre unità. I loro tentativi di sistema-
tizzazione dei principi aristotelici si allontanano dall’autorità del
testo e dalla tradizione dei grammatici, per acquisire, con più au-
tonomia, una coerenza e completezza della teoria, formulata sul-
la base di criteri giudicati costitutivi per il dramma.
Le unità di tempo e di luogo, che si aggiungono a quella d’a-
zione, non mirano a una rigida codificazione formale per lo Sca-
ligero (1484-1558)4, ma derivano dal fondamento teorico di una
verosimiglianza interna alla creazione poetica e alla sua intima
coerenza, che per non apparire al pubblico artificiosa deve quin-
di, senza vincoli di imitazione, avvicinarsi alla realtà.
La prospettiva del Castelvetro (1505-1571)5 è invece incen-
trata sulla funzione del dilettare e sulla destinazione pubblica
dello spettacolo teatrale. La rigidità della identica corrispon-
denza fra tempo dell’azione e della rappresentazione e la regola
dell’unicità della messinscena sono dunque richieste dall’ade-
guamento al senso comune e all’evidenza percettiva. Infatti, in-
versamente alla fonte aristotelica, è concessa maggiore flessibi-
lità proprio all’unità di azione, motivandola sul piano dell’inte-
resse degli spettatori, attratti dalla varietà delle situazioni e de-

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gli eventi drammatici, che devono comunque essere circoscritti


entro le ridotte dimensioni temporali e spaziali del dramma.
La regola dell’unità di tempo di Castelvetro realizza un’iden-
tità, almeno come sincronia, fra il tempo reale, durante il quale
gli spettatori assistono allo spettacolo, e quello fittizio della rap-
presentazione. Tuttavia la sua teoria e le opere del teatro classi-
cista che aderiranno al canone «aristotelico» conservano il prin-
cipio dell’autonomia del dramma da ciò che gli è estraneo.
Paradossalmente, Peter Handke annuncia la classicità della
sua Publikumsbeschimpfung (1966)6, che rifiuta la finzione
drammatica costituita dallo spazio del palcoscenico, dal tempo
rappresentato che dovrebbe significare un altro tempo, dalla se-
parazione tra pubblico e attori che vivono – imitano – azioni e si-
tuazioni distinte, e ripristina un’autentica unità. Radicalizzando
la verosimiglianza richiesta dal canone e deformandola in realtà,
Handke ottiene una generalizzata e concreta unità di azione, di
tempo e di luogo, mentre la sua operazione di meta-teatro nega il
fondamento di finzione che regge l’assolutezza del dramma.
Al di là della provocazione sperimentale, la stessa esigenza di
verosimiglianza avvertita dalla regola di continuità spazio-tem-
porale ha storicamente giustificato soluzioni divergenti, superan-
do il vincolo delle tre unità. La struttura chiusa del dramma clas-
sicista non ammette cambi di scena e prolungati intervalli che su-
perino le capacità intuitive del pubblico, ma presenta come plau-
sibile che in uno stesso luogo e in un solo giorno vari personaggi
interagiscano secondo la complessità dell’azione drammatica.
Una struttura più aperta, spazialmente e temporalmente, e
fondata sull’accettazione, seppur ragionevole, dell’apparenza
mediata dal codice teatrale convenzionale, si afferma con il mo-
dello shakespeariano. La discontinuità spazio-temporale che ca-
ratterizza i drammi «storici» di Shakespeare, e presente in gene-
re nelle opere che accolgono la struttura aperta, allude a tra-
sformazioni in senso epico del testo drammatico. La mediazio-
ne espositiva rimane tuttavia in queste forme a livello implicito,
in quanto la funzione di raccordo tra le scene, differenziate per
spazio e tempo, non è assunta da una figura che si presenti di-
rettamente o indirettamente in veste di narratore.

1.1. Struttura spaziale


La struttura spaziale assolve varie funzioni connesse all’azione
drammatica e alla sua valenza. Sfondo della fabula e luogo d’a-
zione dei personaggi, rivela anche una propria dimensione se-

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mantica che si manifesta attraverso i rapporti spaziali all’interno


del palcoscenico, tra palcoscenico e platea, tra le varie scene in
successione.
Riguardo all’ultimo caso, consentito solo a rappresentazioni
che non rispettano l’unità di luogo, si assegnano alla sfera sce-
nografica valori metaforici o comunque di significato, resi evi-
denti dalla giustapposizione di ambienti diversificati, che pos-
sono presentarsi come più o meno aderenti alla realtà e talora in
sequenza di ambientazioni all’aperto e al chiuso.
L’opposizione tra spazio interno della finzione drammatica e
spazio esterno (off stage – fuori scena) può invece assumere di-
verse accezioni e mediare concezioni autoriali, soprattutto quan-
do viene tematizzata quale isolamento e chiusura, come nel ca-
so del teatro esistenzialista e dell’assurdo.
All’interno della stessa scena, la disposizione dei personaggi,
correlata di elementi scenografici e accessori, può raffigurare
spazialmente situazioni conflittuali o di consenso, o caratteriz-
zare i protagonisti e il loro status. Al consueto asse orizzontale,
che determina coppie locative di vicinanza/distanza, centrato/
decentrato, estremi destro/sinistro, proscenio/sfondo, si ag-
giunge la direzione verticale (sopra/sotto) tipica ad esempio del
teatro elisabettiano.
Un caso particolare è il palcoscenico simultaneo del dramma
di Bruckner Die Verbrecher. La scenografia del primo atto mo-
stra lo spaccato di una casa a tre piani divisa in vani che, alter-
nativamente illuminati da un riflettore, corrispondono ad altret-
tante scene. L’unicità spaziale è dunque frantumata e relativiz-
zata in forma epica e tale isolamento indica la problematicità dei
rapporti interpersonali (TmD, pp. 102-105).

1.2. Struttura temporale


La norma classica dell’unità di tempo implica, oltre a una strut-
tura chiusa e continua, una configurazione temporale progressi-
va, concentrata, potenziata e tesa verso la soluzione. Lo schema
della tragedia classica delinea un primo momento di rapida in-
tensità che prepara la peripezia centrale, cui segue una più len-
ta fase di riflessione, per accelerare nuovamente fino alla cata-
strofe e alla stasi del quadro conclusivo.
Il ritmo, che misura l’andamento del movimento drammatico,
riassume le variazioni prodotte, ad esempio, da accelerati cambi
di situazione e da dialoghi serrati da una parte e da inserti mono-
logici, forme di teatro nel teatro, mediazioni narrative dall’altro.

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All’immediata constatazione dei mutamenti di scena o della fre-


quenza degli scambi di battute, corrisponde un livello più profon-
do individuato negli effettivi cambiamenti della situazione dram-
matica; dall’analisi di tale rapporto possono risultare, oltre alla
coincidenza dei due piani, discrepanze più o meno intenzionali.
L’organizzazione temporale del dramma, complessivamente
lineare-progressiva o statica, iterativa e ciclica, acronologica o
obiettivo-concreta, chiusa o aperta, deriva da scelte autoriali e,
più in generale, da concezioni del tempo relative a sistemi socio-
culturali. La già ricordata simultaneità del teatro medievale è in-
fatti motivata dall’interpretazione teologico-salvifica che consi-
dera la dimensione essenziale dell’eterno.
Nella realizzazione scenica la contemporaneità è resa di regola
attraverso l’azione nascosta, ma anche con possibili suddivisioni
dello spazio del palcoscenico, senza ricorso quindi al fuori scena.
La temporalità del dramma si esplica comunque nella successione
lineare e irreversibile degli eventi, in quanto la sua dimensione pri-
maria è costituita dal presente, centro deittico da cui il parlante o
la situazione concentrano o proiettano condizioni passate e futu-
re. Tuttavia la produzione teatrale presenta esempi di inversioni
temporali, montaggi e varie discordanze tra il corso del tempo fit-
tizio rappresentato e quello reale della rappresentazione.
Tali effetti sono indicati nel Nebentext, da cui in genere rica-
viamo informazioni temporali-cronologiche tramite il titolo, ar-
redi, costumi e accessori di scena, segnali acustico-ottici, nota-
zioni extralinguistiche. Conferme sulla puntualizzazione del tem-
po possono arrivare anche da esplicite affermazioni dei perso-
naggi o indirettamente da forme di saluto.
La funzione di queste informazioni assume talvolta valore se-
mantico, sia in relazione all’epoca in cui è ambientato il dramma,
scenograficamente manifesta, con effetto di distanziamento o at-
tualizzazione, sia in riferimento alla valenza simbolica di stagioni,
ore del giorno; oppure per segnalare la progressione all’interno
della unitaria e conchiusa articolazione classica, o all’opposto il
lento andamento senza meta o la ciclica ripetizione del già stato.
Le coordinate essenziali che definiscono la struttura tempo-
rale del dramma sono

il tempo effettivo della rappresentazione – reale Spielzeit


e il tempo rappresentato – gespielte Zeit.

Il primo, determinato dalla messinscena e fissato solo relativa-


mente dal testo letterario, è la durata reale richiesta dalla presen-

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tazione scenica, detratte le pause. Il secondo è invece fittizio,


preordinato dal testo e attualizzato con maggior precisione dallo
spettacolo. La sua estensione può essere compresa in vari gradi:
– direttamente presentata in scena,
– dal punto d’attacco dell’azione fino alla conclusione, com-
prese le azioni nascoste,
– globalmente, dall’inizio della storia rappresentata al termi-
ne estremo tematizzato.
I livelli possono coincidere se mancano antecedenti o proie-
zioni della storia e se la continuità è ininterrotta, oppure essere
contenuti l’uno nell’altro.
In senso assoluto, la durata del tempo reale è generalmente
inferiore a quella del tempo fittizio, ma all’interno del decorso
drammatico possono accadere fenomeni di: a) concentrazione;
b) dilatazione del tempo.

a) Parti della vicenda non vengono rappresentate ma solo citate


tramite accenni verbali o d’azione, o con riprese e anticipazioni,
attraverso azioni riferite o nascoste, didascalie, determinazioni
cronologiche all’interno del dialogo.
La concentrazione del tempo costituisce dunque la norma e
si possono citare i più vari esempi: dall’estremo dei 29 anni del-
l’arco della vicenda rappresentata nel Leben des Galilei di Brecht
(1609-1637) alle due ore attribuite da Bernhard al primo atto di
Der Schein trügt e ai tre giorni di svolgimento complessivo (da
martedì a giovedì). Nella seconda scena Karl, in attesa del fratel-
lo, che accusa di mancanza di puntualità, guarda l’orologio, gesto
che ripete come altri in modo ossessivo, e dice, all’interno del suo
lungo monologo, che sono le «cinque e mezza». Alla fine del pri-
mo atto Robert, il fratello, risponde alla richiesta del protagoni-
sta comunicando che sono le «sette e mezza». La scansione tra le
sei scene che compongono il primo atto è dichiarata dall’autore
nelle didascalie d’apertura in questa successione di pause: 10 mi-
nuti dopo, 15, 10, 15, 15. In proporzione risulta: tempo della re-
citazione : pause = 55 minuti : 65 minuti (a cui bisogna aggiunge-
re la non esplicita durata della prima scena). L’insistere sul de-
corso del tempo è funzionale non tanto alla verosimiglianza della
continuità temporale, quanto a mostrare la ripetitiva, abitudina-
ria e vana esistenza dei due anziani personaggi.
Anche nel Prinz von Homburg di Kleist si assiste a una con-
centrazione temporale all’interno del primo atto, segnalata da ri-
ferimenti cronometrici nel testo principale. La prima scena («Es
ist Nacht») si apre dopo le 10. Il piano strategico prevede infat-

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ti che i cavalleggeri del principe lascino la città dopo tre ore di


sosta: «Glock zehn zu Nacht». «Da nun die Stunde schlägt»
manca tuttavia all’appello proprio Friedrich von Homburg, col-
to, si ipotizza poco dopo l’inizio della ricerca, in atteggiamento
trasognato, «Als ein Nachtwandler», dal principe elettore se-
guito da altri personaggi. Tre scene più avanti il conte Hohen-
zollern comunica l’ora al principe di Homburg: «Halb auf
Zwölf», aggiungendo che il principe elettore «Der liegt im Bet-
te längst und schläft». Si è dunque avuta un’evidente variazione
temporale, ma la sensazione del protagonista è più intensa: ri-
presosi dal suo stato onirico ricorda cosa gli è successo antici-
pandolo però di un’intera giornata: «Im Bette gestern fast nicht
auszuhalten» (I, 4), mentre «sich erst heute wieder atemlos, / Im
Hauptquartier zu Fehrbellin gezeigt» (I, 1).
Le abbreviazioni temporali non circoscritte al fuori scena pre-
vedono invece accelerazioni di singoli eventi cui il testo assegna
esplicitamente una durata non corrispondente a una misurazio-
ne cronometrica empirica. Oltre alla motivazione di economi-
cità della rappresentazione, può in tali casi emergere l’accentua-
zione dell’esperienza personale e soggettiva del tempo da parte
del personaggio, testimoniata direttamente a livello scenico-rap-
presentativo e non solo attraverso le sue parole.

b) Segnalata dal dialogo o da comunicazioni plurimediali, anche


l’opposta eccessiva estensione di un momento o avvenimento
drammatico richiesta dal testo deve essere ben evidenziata dalla
rappresentazione per essere recepita dal pubblico. Un’impres-
sione di dilatazione temporale rispetto ai ritmi convenzionali
teatrali può essere suggerita dall’interruzione di lunghe pause a
scena aperta, mentre un’esplicita incongruenza in tal senso è più
rara.
Un esempio del primo caso si ritrova in Heimarbeit, pièce in
cui Franz Xaver Kroetz precisa i tempi di rappresentazione di
ciascuna scena (dai 2 agli 8 minuti), ma soprattutto indica fre-
quenti grandi intervalli, pause straordinariamente lunghe all’in-
terno dei dialoghi, oltre a quelle inerenti ai cambiamenti di sce-
na. La staticità dell’azione, dei «quadri» relativi ad alcuni gesti
degli attori, raccomandata nelle note introduttive di regia, si as-
socia ai silenzi che interrompono fino a negare il dialogo tra i
personaggi, che rappresentano in modo naturalistico una realtà
emarginata di oppressione e introversione.
Sulla base di queste indicazioni preliminari è opportuno svolge-
re analisi specifiche, sia per valutare il significato della gestione del

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tempo nelle singole opere, ed eventuali contraddizioni interne, sia


per evidenziare la relazione tra le più o meno esplicite notazioni
presenti nel substrato testuale letterario e le realizzazioni del testo
plurimediale scenico, che può accogliere in varie forme i suggeri-
menti autoriali, o perfino tralasciarli, usufruendo dell’apparato
teatrale e delle opportunità di scelta riguardo alle pause, alle forme
mimico-gestuali, all’andamento ritmico della rappresentazione.

2. Atto - Scena («Akt - Szene / Aufzug - Auftritt»)

La struttura dell’Edipo re di Sofocle comprende:

Prologo (1-150) – Parodo (151-215) – I Episodio (216-462) –


Stasimo I (463-512) – II Episodio (513-862) [Commo, 649-697]
– Stasimo II (863-910) – III Episodio (911-1085) – Stasimo III
(1086-1109) – IV Episodio (1110-1185) – Stasimo IV (1186-
1222) – Esodo: 1a Scena (1223-1296) – Commo (1297-1368) – 2a
Scena (1369-1530).

La cadenza dei canti corali, con la presenza del solo coro,


provvede dunque ad articolare la segmentazione interna degli
episodi (qui in numero di quattro, ma in Eschilo generalmente
tre). Questa originaria organizzazione drammatica, anche dopo
la decadenza del ruolo del coro avvenuta in età ellenistica, fu co-
dificata da Orazio nell’Ars Poetica secondo lo schema divenuto
classico dei 5 atti.
Altre suddivisioni formali sono quella a 3 atti, tipica del tea-
tro italiano, spagnolo e portoghese, o, in base ad altri criteri
compositivi, soprattutto a partire dal XIX secolo, quella a 4 atti
e i contemporanei atti unici o i drammi a 2 atti. Esistono anche
drammi composti da più di 5 atti, come i 6 di Die Kindermörde-
rin di H.L. Wagner o, considerate complessivamente, le trilogie
(Wallenstein di Schiller) e le più rare tetralogie (Die Atridente-
tralogie di G. Hauptmann).
La commedia Die Biberpelz di Gerhart Hauptmann, ad esem-
pio, rappresenta, attraverso la scansione in 4 atti, la variazione
di un tema, ripetuto rispettivamente in due sezioni, con ripresa
simmetrica della stessa ambientazione7. Parallelismo e iterazio-
ne sembrano dunque non corrispondere allo schema classico in-
troduzione-complicazione-scioglimento.
Prima di descrivere i vari modelli formali è necessario defini-
re i criteri della segmentazione del testo drammatico e della rap-

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presentazione scenica. Il coro, che pure sopravvive ad esempio


con i Reyen del teatro barocco, non permane come segnale di di-
stinzione tra le parti del dramma. Al di là di tali interventi ester-
ni convenzionali vanno ricercati ulteriori fattori di discontinuità;
nel teatro moderno, comunque, il pubblico è richiamato alla sua
condizione di spettatore allorché l’illusione scenica è interrotta
da pause o dal calare del sipario.
In generale si avverte un’articolazione di parti nel decorso
dell’azione drammatica in riferimento a mutamenti, parziali o
totali, della configurazione spazio-temporale e di presenza-inte-
razione dei personaggi. Intervalli di tempo, cambiamenti di sce-
na (a sipario sollevato o calato), entrata-uscita di uno o più per-
sonaggi o momenti di palcoscenico vuoto [leere Bühne] deter-
minano, isolatamente o in concomitanza, quella separazione tra
i diversi segmenti drammatici che in sé risultano anche temati-
camente o situazionalmente distinti.
Tuttavia l’organizzazione delle unità drammatiche va consi-
derata in una duplice dimensione superficiale e profonda. Se-
condo la definizione di Pfister (D, p. 307) bisogna distinguere il
piano formale della rappresentazione e il piano della storia rap-
presentata, struttura profonda del dramma, ordinata in base a
criteri logico-semantici. L’analisi rivela se la segmentazione e
l’articolazione delle parti che costituiscono i due piani del testo
drammatico si corrispondono esattamente o parzialmente op-
pure divergono, con vario grado, per estensione o anche orga-
nizzazione e successione.
Il testo letterario comunque, spesso già dal sottotitolo, si pre-
senta al lettore dichiarando la propria composizione in un certo
numero di atti e introducendo ogni ulteriore suddivisione con la
dizione «scena» e la relativa numerazione progressiva.
Il termine

Auftritt

indica specificamente l’entrata in scena e, rispetto al significato


originario di scena come Schauplatz [teatro dell’azione], deli-
mita l’avvenimento secondo l’avvicendamento dei personaggi.
Le condizioni che definiscono lo Auftritt sono la continuità spa-
zio-temporale e l’invariata configurazione dei personaggi pre-
senti. Anche lievi o marginali variazioni, non pienamente avver-
tite dal pubblico, determinano la successione di questi minimi
nuclei drammatici appartenenti più al substrato letterario che
non alla rappresentazione plurimediale.

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Rispetto alla sequenza delle entrate in scena, la tradizione af-


ferma la regola oraziana che prescrive il limite massimo di tre per-
sonaggi presenti contemporaneamente sul palcoscenico. Accolta
con rigore dal classicismo francese, dà origine, unita all’impossi-
bilità del palcoscenico vuoto, a una serie di combinazioni sceni-
co-dialogiche. Perché si succedano dialoghi di personaggi distin-
ti, si richiede infatti una transizione spesso affidata a monologhi.
L’alternanza di personaggi si appoggia infatti a elementi di
unione delle entrate in scena, per non apparire formalmente sle-
gata e meccanica. Asmuth (EDa, p. 42) la illustra graficamente
con gli schemi esemplificativi che indicano con le lettere i per-
sonaggi e con i trattini le divisioni tra le scene:

AB - A - AC - ACD - CD
AB - A - AC
AB - ABC - AC

A tale regolarità, Corneille aggiunge la norma di non presen-


tare nuovi personaggi dopo il primo atto. In ambito tedesco, già
dal teatro barocco, la norma viene modificata con l’introduzio-
ne di personaggi muti, in quella circostanza o per l’intera dura-
ta del dramma, che consentono la composizione di scene d’in-
sieme più varie, per giungere fino alle scene di massa.
L’unità superiore, che consta di un intreccio e connessione di
scene (Auftritte), può essere segnalata dal totale mutamento del-
la configurazione, con l’uscita di tutti i personaggi, e dall’inter-
ruzione della continuità spazio-temporale. I termini che la desi-
gnano,

Akt - Acte o Szene,

corrispondenti alla tradizione classicista francese e a quella


shakespeariana, rivelano differenti tipologie compositive. Lo
schema proposto da Pfister (D, p. 317):

tradizione shakespeariana8 Auftritt Szene (Scene) Akt (Act)


tradizione francese scène acte

illustra due strutture, l’una tripartita, l’altra bipartita, e le loro


correlazioni.
Il confronto tra la maggiore importanza assunta dalle unità ca-
ratterizzanti i due modelli, rispettivamente l’acte in quello fran-
cese e la Szene (scene) in quello shakespeariano, propone due or-

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ganizzazioni testuali fondate l’una su criteri evidenti, esterni e for-


mali (tradizione francese), l’altra su un’articolazione più variabi-
le e segmentata in nuclei inferiori e più numerosi, orientata su
principi interni di variazioni tematiche, d’azione e d’atmosfera. I
netti confini strutturali degli atti nel teatro classicista francese di-
pendono dalla regola che stabilisce l’interruzione della continuità
temporale e il totale mutamento di configurazione attraverso l’u-
scita di tutti i personaggi. Le scene shakespeariane non prevedo-
no lo stesso rigore nel movimento dei personaggi, mentre privile-
giano la possibilità dei cambiamenti di scena.
L’influsso di questi modelli nella drammaturgia tedesca si
può ricavare dall’uso di una numerazione delle scene alla ma-
niera shakespeariana o francese, ma talora ne emerge una com-
binazione.

2.1. Esempi di analisi quantitativa


Le indicazioni fornite possono suggerire quadri di analisi del te-
sto drammatico, strutturati sulla base della suddivisione forma-
le proposta dall’autore e sui contenuti e i rapporti interni a tale
articolazione.
Alle coordinate atto/scena possono essere associate le regi-
strazioni dei mutamenti di scena, di ellissi temporali, di confi-
gurazione dei personaggi presenti/agenti/loquenti, del loro nu-
mero e delle loro interazioni, della quantità e qualità dei loro in-
terventi (monologhi/dialoghi).
Oltre alla misurazione della lunghezza delle repliche, totale e re-
lativa a singoli atti o scene, è interessante uno strumento di analisi
che verifichi l’evenienza e frequenza dei loro incontri nel corso del
dramma e li presenti complessivamente tramite grafici o tabelle.
Si può elaborare un grafico che mostri sia la presenza in sce-
na dei personaggi che la misura dei loro interventi, derivando-
ne utili indicazioni per l’analisi dello svolgimento dell’azione
drammatica. Sull’ascissa si pongono i numeri delle scene in pro-
gressione, sull’ordinata i valori della lunghezza di repliche e mo-
nologhi9. Dopo aver completato le relative tabelle, a ogni perso-
naggio si associa un segno personalizzato (tratto, colore…) per
tracciare la linea, la colonna o altro ed elaborare il diagramma
che confronti gli interventi di tutti i personaggi o ne visualizzi
uno in particolare.
Tabelle dati relative alla lunghezza degli interventi dei singo-
li personaggi nel Torquato Tasso di Goethe (i decimali indica-
no antilabi ed emisticomitia):

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Atto I
Personaggi 1 2 3 4

Eleonora d’Este 87 27 13 11,5


Eleonora Sanvitale 151 21 10 8
Alfonso, duca di Ferrara 93 35 47
Tasso 128 8
Antonio 109,5

Atto II
Personaggi 1 2 3 4 5

Eleonora d’Este 159,5


Tasso 215,5 71 147 107,5
Antonio 65 60,66 18,5
Alfonso, duca di Ferrara 22,83 31,5

Atto III
Personaggi 1 2 3 4 5

Eleonora d’Este 8 192,5


Eleonora Sanvitale 64,5 53 98,5 4
Antonio 119,5

Atto IV
Personaggi 1 2 3 4 5

Tasso 52 131 79 119,5 88


Eleonora Sanvitale 96
Antonio 75,5

Atto V
Personaggi 1 2 3 4 5

Alfonso, duca di Ferrara 56 54,5 0,5


Antonio 103 0 24
Tasso 54,5 16 118 144
Eleonora d’Este 53
Eleonora Sanvitale 0,5

Personaggi Totale

Tasso 1479
Antonio 575,66
Eleonora d’Este 551,5
Eleonora Sanvitale 506,5
Alfonso, duca di Ferrara 340,33

80
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Seguono esempi di grafici relativi al secondo atto, con tutti i


personaggi, e all’andamento degli interventi del protagonista,
Tasso, nel corso dei primi due atti (9 scene).
250 –

200 –

150 –

100 –

50 –

0–
1 2 3 4 5
Eleonora d’Este Tasso Antonio Alfonso

Fig. 1. Interventi dei personaggi nel secondo atto del Torquato Tasso di Goethe.

250 –

200 –

150 –

100 –

50 –

0–
1 2 3 4 5 6 7 8 9
Tasso
Fig. 2. Interventi di Tasso nei primi due atti del Torquato Tasso di Goethe.

81
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Più semplicemente, si può riportare in tabelle (divise per at-


ti, e al loro interno per scene) un segno convenzionale relativo
alla presenza in scena, loquente o muta, dei vari personaggi e
mostrare, dal confronto visivo, la quantità e variazione dei per-
sonaggi relativamente a ogni atto.
Un esempio è la tabella che evidenzia le interazioni tra i perso-
naggi: in senso sia orizzontale che verticale si citano tutti i perso-
naggi (tralasciando le comparse) in ordine di entrata in scena (e
per motivi grafici inversa); quindi, nella griglia così prodotta, si in-
dicano il numero dell’atto e della scena in cui compaiono insieme.

Eleonora Eleonora Alfonso Tasso Antonio


d’Este Sanvitale
Antonio I, 4 I, 4 III, 4 I, 4 II, 4, 5 I, 4 II, 3, 4
V, 4 V, 4 V, 1 IV, 4
V, 4, 5
Tasso I, 3, 4 II, 1 I, 3, 4 II, 1 I, 3, 4 II, 4
V, 4 IV, 2 V, 4 V, 2, 4
Alfonso I, 2, 3, 4 I, 2, 3, 4
V, 4 V, 4
Eleonora I, 1, 2, 3, 4
Sanvitale III, 2
V, 4
Eleonora
d’Este

O, ancora, indicando in direzione orizzontale atti e scene e in


verticale tutti i personaggi (comprese le comparse) e segnando o
colorando lo spazio della tabella indice della loro presenza, si
può leggere non solo orizzontalmente l’andamento scenico di
ogni personaggio, bensì verticalmente la totalità delle compre-
senze, ponendo così in risalto le scene d’insieme.

1 2 3 4 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5
D O O O O O O O *
P O O O O O O O O
E O O O O O O O O O *
T O O O O O O O O O O O O O O O
A O O O O O O O + O

O = presenza continua loquente, * = presenza parziale, + = presenza muta


parziale
D = Alfonso Duca di Ferrara – P = Eleonora D’Este – E = Eleonora Sanvita-
le – T = Tasso – A = Antonio

82
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Come variazione si può elaborare una semplice matrice a


schema binario (1 = presenza; 0 = assenza del personaggio), che
rileva graficamente l’organizzazione di presenze/assenze e in-
contri tra i personaggi:

Personaggi Atto I Atto II Atto III Atto IV Atto V


1234 12345 12345 12345 12345

Alfonso, duca di Ferrara 0111 00011 00000 00000 1 1 0 1*0

Eleonora d’Este 1111 10000 11000 00000 00010

Eleonora Sanvitale 1111 00000 01111 01000 0 0 0 1*0

Tasso 0011 11110 00000 11111 01111

Antonio 0001 00111 00010 00010 1 0 0 1*1

1* = presenza parziale, comparsa alla conclusione della scena

Le possibilità di costruzione di questi strumenti dell’analisi


quantitativa non si esauriscono certo in queste note, come è al-
trettanto chiaro che la loro utilizzazione deve essere funzionale
a letture tematiche e interpretative del testo drammatico.

3. Modelli strutturali - Tipologie formali

3.1. Schema piramidale

L’elaborazione teorica, e di fondo normativa secondo Pfister, de-


gli stili compositivi evolutisi storicamente ha prodotto alcuni
modelli di struttura. Tra i più noti è lo schema piramidale pro-
posto da Gustav Freytag (Technik des Dramas, 1863), che con-
cilia la disposizione retorica delle parti, secondo l’articolazione
tradizionale protasi-epitasi-catastrofe, con la tesi dell’essenziali-
tà del conflitto per la definizione del testo drammatico. Ne deri-
va un antagonismo, reso manifesto nella contrapposizione strut-
turale di azione, personaggi, motivi e movimenti drammatici

83
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(Spiel / Gegenspiel) e una tensione interna, entrambi espressi


nella formula grafica:

3
PUNTO CULMINANTE

2 4
POTENZIAMENTO ROVESCIAMENTO/PERIPEZIA

1 5
ESPOSIZIONE CATASTROFE

Ai cinque momenti strutturali corrispondono i 5 atti della for-


ma classica del dramma, secondo una linea univoca e conclusa,
che assegna un significato determinante a ogni passaggio, pro-
dotta dal conflitto delle forze antagoniste.
Dalla situazione iniziale (1 esposizione [Einleitung]), conflit-
tuale in nuce ma solo esposta nell’atto che funge da introduzio-
ne, deriva il momento scatenante provocato da un’azione deci-
siva di una delle forze agenti, il protagonista o l’antagonista. Lo
scontro procede progressivamente attraverso una fase di tensio-
ne (2 potenziamento [Steigerung]) che perviene all’apice (3 pun-
to culminante [Höhepunkt]) per poi volgersi alla conclusione
tragica (5 catastrofe [Katastrophe]), lungo la via decrescente del-
la rovina del protagonista o l’inversione della direzione dell’a-
zione, rappresentata dal capovolgimento (4 rovesciamento/pe-
ripezia [Fall/Umkehr]), e quindi attraverso l’estremo momento
di tensione e di risveglio fallace della speranza.
La lettura iconica sintetizza altre indicazioni: alla progressio-
ne lineare tesa a una meta associa infatti la specularità della com-
posizione (1:5, 2:4), ma nella più complessa dimensione di una
simmetria assiale (asse: 3).
La corrispondenza speculare tra gli antitetici esordio e con-
clusione tragica, ascesa e caduta, e tra i momenti transitori di ec-
citamento del conflitto e tensione verso una soluzione positiva,
corre infatti su una traccia lineare e progressiva dell’azione.
L’immagine non è però rettilinea, bensì piramidale: vuol infatti
mostrare che la successione percorre una direzione ascensiona-
le e decrescente, dettata dal valore semantico dei suoi momenti.
L’asse centrale dell’azione, situato nel culmine del conflitto, pro-
duce una contrazione della progressione lineare, provocata dal-
l’aumento della tensione drammatica.

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Lo schema piramidale richiama, inoltre, un’organizzazione


gerarchica che consiste essenzialmente nel subordinare ogni ele-
mento testuale alla totalità dell’opera e all’idea portante della
sua composizione. Tale sintassi ipotattica si manifesta nelle qua-
lità stilistiche del modello drammatico proposto: forma concen-
trata e causalmente concatenata dei fatti rappresentati, chiarez-
za dialogica, precisi e funzionali schemi di interazione dei per-
sonaggi e stilizzazione spazio-temporale.
L’articolazione globale esercita un influsso anche sulla com-
posizione dei singoli atti in cui si riproduce, nella successione
delle scene, una logica architettonica conveniente alla fase rap-
presentata dall’atto.

3.2. Forma chiusa - Forma aperta («Geschlossene Form - offene


Form»)

Lo schema di Freytag è attribuibile a un’architettura drammati-


ca classica di tipo chiuso, che osserva i principi aristotelici di
struttura unitaria e compiuta.
Gli stessi modelli formali, considerati quali astrazioni ideali,
di forma chiusa contrapposta alla forma aperta, sono stati de-
scritti da Volker Klotz (Geschlossene und offene Form im Drama,
1960).
La tipizzazione delle due antitetiche possibilità compositive
ricava dalla produzione storica alcuni elementi costitutivi, con-
trapponendoli poi nelle sintesi della struttura tettonica, classico-
aristotelica, e atettonica, epicizzante e non aristotelica. Tale ope-
razione elabora, sulla base di un corpus testuale riconducibile al-
la tradizione classica, un contromodello di dramma aperto che
ingloba produzioni teatrali molto diversificate, accomunate so-
lo dalla loro tendenza a negare la forma chiusa o proporre alter-
native e deviazioni dalla norma.
Per entrambi i tipi, comunque, si possono individuare solo
esempi di tendenze stilistiche, realizzazioni parzialmente ade-
renti al modello e, in genere, un sincretismo formale da cui trar-
re alcuni tratti salienti e dominanti, che si manifestano con varia
gradazione.
Da queste premesse può essere presentata una schematica
enumerazione di caratteristiche antitetiche contrapponibili nel-
le due distinte aree strutturali10:

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Forma chiusa Forma aperta


Azione drammatica circoscritta, pre- Fabula rappresentata nelle sue parti,
sentata come unità, intero, totalità in con tendenza alla frammentarietà e a
sé conclusa e completa una possibile prosecuzione
Unità, Pluralità,
continuità di azione, tempo, luogo discontinuità di azioni, tempi, luoghi
Unità formale determinante: Atto Unità formale determinante: Scena
Articolazione interna: Articolazione interna:
successione lineare e continuativa; variabilità nella successione, nei ritmi
omogeneità ed equilibrio compositi- e nella composizione delle scene, per
vo; sistema normativo di correlazione quantità e qualità; transizioni irregola-
tra le unità formali; concatenazione ri e contingenti; coordinazione, suc-
causale cessione seriale, associazione, raccor-
di metaforici
Stilizzazione (economia, astrattezza) Ampiezza panoramica e ricchezza di
spazio-temporale dettagli concreti, interruzione dell’u-
nità d’azione
Compiutezza e assolutezza dell’azione Riferimenti documentari e contingenti
Struttura gerarchica Insieme di singole sequenze
Priorità di un’azione principale che Indipendenza delle sequenze ordinate
subordina sequenze non autonome, in modo equivalente
ma funzionali ad essa
Insostituibilità delle parti Complementarietà delle parti
Predominanza del generale/ideale sul Situazioni psico-sociali, antropologi-
particolare/accidentale che concrete non immediatamente sus-
sumibili nel generale
Movimento deduttivo Movimento induttivo
Progressione lineare ininterrotta del- Ordine circolare, iterativo, staticità,
l’azione condotta a soluzione finale de- tensione non risolta
finitiva
Struttura monoprospettica Struttura poliprospettica
Intenzionalità dell’azione Accadere subìto
Uniformità linguistica; Varietà dei registri;
stile ipottatico stile paratattico
Regolarità negli scambi di battute, co- Comunicazione spesso disturbata, lo-
struzione logica del dialogo che tende gica interrotta, silenzi
a un fine
Limitazione del numero e dello status Pluralità ed eterogeneità dei perso-
dei personaggi naggi
Sistema gerarchico di personaggi Composizione variabile dei personag-
principali e secondari; gruppi di per- gi e delle loro relazioni sociali, con-
sonaggi in bilanciata corrispondenza e nesse al conflitto drammatico
opposizione

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3.3. Dramma di disvelamento - Dramma di dispiegamento.


Dramma analitico - Dramma sintetico
(«Enthüllungsdrama - Entfaltungsdrama».
«Analytisches Drama - synthetisches Drama»)

Il criterio di distinzione delle alternative formali Enthüllungs-


Entfaltungsdrama (altrimenti definite Analytisches- sinthetisches
Drama) è il punto di riferimento che ne condiziona l’intera strut-
tura: la meta finale che tende l’azione verso sviluppi futuri, a par-
tire da una preliminare e circoscritta esposizione, nel secondo
caso; il riferimento all’anteriorità rispetto all’azione drammatica
nel primo.
Lo schema di Freytag, o simili descrizioni, valgono dunque
per drammi organizzati in direzione di una soluzione conclusi-
va (Zieldrama); mentre opere come l’Edipo re o, nella letteratu-
ra tedesca, Der zerbrochene Krug prendono avvio da eventi es-
senziali alla fabula presentati come già accaduti e le cui causalità
ed efficacia si mostrano nel corso dell’azione, divenendo piena-
mente noti solo nel momento della catastrofe, attraverso un gra-
duale processo di scoperta che occupa l’intera rappresentazio-
ne. L’azione drammatica propriamente detta contempla unica-
mente il momento estremo dell’ultima fase critica della storia.
La soluzione situata nel futuro coincide con il disvelamento del
passato.
La direzione cronologica subisce un ribaltamento: la conclu-
sione è ritorno all’inizio e il progresso dell’azione si rivela come
un ripercorrere a ritroso il corso degli eventi decisivi del dram-
ma. La stessa immediatezza scenica, il cui tempo è il presente,
vale quale mediazione espositiva del già stato. Tuttavia il pro-
cesso di disvelamento si realizza, come accade per il conflitto
dello Entfaltungsdrama, mediante le azioni dei personaggi.

4. Esposizione («Exposition»)
L’antefatto, dimensione costitutiva del dramma analitico, è di
consuetudine oggetto dell’esordio del dramma, mediato da for-
me espositive. Tradizionalmente affidata, soprattutto nella com-
media, a un prologo esterno all’azione e anche a personaggi non
coinvolti in essa, l’esposizione si trasferisce per altri generi e nel-
le produzioni moderne all’interno del dramma senza distinzio-
ne formale o separazione scenica.
Le funzioni assolte dalla forma classica del prologo con per-
sonaggi esterni sono di esordio, saluto e presentazione al pub-

87
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blico, argomentazione poetologica, transizione dalla realtà degli


spettatori alla finzione scenica, esposizione informativa su ante-
fatto e contenuto dello spettacolo, con conseguente alleggeri-
mento del sistema interno di comunicazione.
Il ruolo dell’esposizione, in genere, è essenzialmente infor-
mativo-referenziale su eventi intesi come trascorsi e sui perso-
naggi dell’opera, ma può contenere dichiarazioni autoriali e in
genere anticipazioni, mentre vengono abbandonate indicazioni
sul contenuto globale del testo, tipiche della protasi isolata, per-
ché contrarie alla tensione drammatica.
La fase introduttiva è caratterizzata inoltre da situazioni at-
te a suscitare l’interesse del pubblico e stabilire un contatto co-
municativo tra platea e spazio scenico fittizio. Tale consonan-
za è predisposta tramite un preludio drammatico [dramatischer
Auftakt], che può sia coincidere con l’esposizione che distin-
guersi come fase isolata, sempre congiunta all’azione quale sua
ouverture non linguistico-informativa.
La triade d’apertura è completata, secondo Asmuth (EDa,
pp. 106-109) dallo erregendes Moment, la tensione descritta da
Freytag, che contiene in nuce lo sviluppo dell’azione e presenta
la complicazione che dà origine all’intreccio drammatico.
L’assolutezza della forma classica e chiusa richiede la concen-
trazione dell’esposizione, limitata entro il primo atto e in forma
orale perché eccede dai confini temporali dell’azione drammati-
ca. Compare in altre produzioni ed è ammessa in riflessioni teo-
riche anche nel secondo atto; fino al superamento dell’arbitra-
rietà della norma sancito dal teatro novecentesco. Luogo privi-
legiato rimane tuttavia l’inizio del testo, con eccezioni oltre al ca-
so estremo delle forme del dramma analitico, ma può essere con-
centrata in una premessa espositiva oppure venir integrata nel-
lo svolgimento dell’azione in una serie di momenti distinti e par-
ziali. Informazioni indirette possono essere fornite anche attra-
verso codici extralinguistici: scenografia, requisiti scenici, co-
stumi, fisionomia, gestualità e mimica dei personaggi.
Pfister (D, pp. 127-30) distingue non sistematicamente tipi di
esposizione, verbale o mediata da azioni, in base al riferimento
temporale:
– al passato, con predominanza della funzione informativa e
subordinazione del presente scenico, meno motivata sul piano
dell’intreccio drammatico e in forma di mediazione epica;
– al presente, giustificata dalla contingente situazione dram-
matica e dipendente da essa, proposta in modo parziale, in rela-
zione al momento rappresentato;

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– al futuro, forma ideale secondo Goethe e Schiller, tendente


a una progressiva evoluzione e già parte dello sviluppo dram-
matico.

4.1. Finale del dramma


La schematica analisi della struttura del dramma si chiude con
la sua conclusione, rimandando la descrizione dello svolgimen-
to dell’azione al capitolo successivo.
La più nota classificazione riguarda la forma lieta o infelice
della soluzione, genericamente riferite alla commedia e alla tra-
gedia. Un’ulteriore distinzione può individuare finale chiuso o
aperto (D, pp. 137-41). Una soluzione definitiva, considerata nel
compendio delle sue possibili forme, comprende: risoluzione di
tutte le questioni ancora in atto, superamento di ogni discre-
panza nell’informazione tra i personaggi e tra personaggi e pub-
blico, decisione di tutti i conflitti, chiarificazione di ogni ambi-
guità e dell’ambivalenza prospettica dei valori in opposizione.
Alcune convenzioni teatrali segnalano tale chiusura con l’en-
trata in scena di tutta la compagnia, feste e danze, discorso ri-
volto direttamente al pubblico, dialoghi o monologhi riassunti-
vi o anticipatori di avvenimenti previsti con sicurezza.
La soluzione può mostrarsi come conseguenza diretta e ne-
cessaria degli eventi rappresentati o delle relazioni sviluppatesi
tra i personaggi, oppure intervenire dall’esterno, con minore
plausibilità, attraverso una presenza scenica introdotta improv-
visamente a risolvere tensioni o contrasti (classicamente con lo
spettacolare apparato del deux ex machina).
Più adeguato alla concezione moderna dell’azione drammati-
ca è invece il finale aperto. Lo stato durevole e non linearmente
progressivo, bensì ciclico o iterativo, della situazione rappresen-
tata revoca la soluzione definitiva. Le questioni aperte riman-
gono insolute o demandate al pubblico. Le tematiche mostrate
nel teatro dell’assurdo negano possibilità di soluzione; il teatro
epico brechtiano rilancia agli spettatori la riflessione critica; la
teoria del teatro naturalista programmaticamente sostenuta da
Gerhart Hauptmann11 riconosce al dramma un’essenziale infini-
tezza e individua nel momento della decisione risolutoria lo spez-
zarsi di quell’interna lotta progressiva che lo definisce, espressio-
ne della vita stessa. La convenzione dell’atto finale appare dun-
que una forzata costrizione nei confronti dell’azione del dramma
ideale.

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5. Principi compositivi

Quando l’analisi passa da schemi e teorie generali alle singole


opere drammatiche, non si tratta unicamente di rintracciare in
esse possibili elementi classificatori, bensì scoprire eventuali tra-
me strutturali specifiche e interne. In queste pagine se ne può
accennare un esempio.
Temi, personaggi, azioni e anche requisiti di scena ricorrono
secondo definiti criteri strutturali, consecutivo, simmetrico, cir-
colare, nel dramma storico di Grillparzer Ein Bruderzwist in
Habsburg.
Il Trauerspiel in cinque atti è ambientato nella cerchia della ca-
sata di Asburgo nel periodo critico dello scoppio della Guerra
dei Trent’anni. Conflitti e intrighi politici interni alla corte ed
estesi a guerre e ribellioni esterne non esauriscono lo svolgimen-
to lineare dell’azione drammatica, diretta piuttosto da un deter-
minato schema concettuale. I motivi dominanti, tesi esplicita-
mente sostenute da vari personaggi o comunque associabili a lo-
ro: ordine, rapporto tra volontà e azione, imperscrutabilità del
reale, descrivono una struttura che determina la consecutività
dell’intreccio.
L’interazione dei personaggi delinea il confronto tra le diver-
se accezioni dei singoli temi, sia a livello di esplicitazione teori-
ca che tradotto in azioni, eventi ed elementi extraverbali con va-
lenza metaforica.
La sintesi semantica, organizzata secondo la scansione dei
cinque atti, illustra la simmetrica disposizione delle tre aree con-
cettuali all’interno dei singoli atti e rispetto all’architettura glo-
bale della tragedia. Inoltre il principio di simmetria coinvolge
l’evoluzione dei singoli motivi, che, nella successione degli atti,
prevede corrispondenze tra momenti di anticipazione, ripresa,
duplicazione.
La relazione di circolarità lega infine l’atto introduttivo a
quello finale. La premessa della catastrofe consiste quindi nel
presentare i tre campi tematici; nel primo atto:
– imperscrutabilità del reale, individualizzata nella figura di
Don Cäsar;
– accenno di rivolta, fallita, ancora per opera del figlio natu-
rale dell’imperatore Rodolfo, cui si associa il riferimento all’an-
tefatto della vana ribellione di Mathias;
– visione dell’ordine ideale ed eterno proposta dall’impera-
tore.
Il quinto atto fa esplodere questo preludio:

90
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– la garanzia di stabilità è travolta dal concetto autoritario del-


l’ordine del fanatico Ferdinando;
– la ribellione sfocia nella congiura realizzata da Ferdinando
e nelle previsioni di sconvolgimento generale della guerra;
– l’imperscrutabilità si estende alla realtà nel suo complesso,
imponendosi nella disgregazione conclusiva.

Note
1
Cfr. M. Carlson, Teorie del teatro. Panorama storico e critico, Il Mulino,
Bologna 1988, p. 47.
2 Cfr. ivi, pp. 59-78 (Il Rinascimento italiano).
3 In librum Aristotelis De Arte Poetica Esplicationes (1548).
4 G.C. Scaligero, Poetices libri septem (1561).
5 L. Castelvetro, Poetica d’Aristotele vulgarizzata e sposta (1570).
6
P. Handke, Stücke 1, Frankfurt 1972, pp. 22, 33, cit. in D, pp. 329-30.
7
AD, p. 67:
Thema: Diebstahl.
A. Holzdiebstahl I Akt Küche der Mutter Wolffen
II Akt Amtszimmer Wehrhahns
B. Pelzdiebstahl III Akt Küche der Mutter Wolffen
IV Akt Amtszimmer Wehrhahns.
8 Si parla in questo contesto di tradizione shakespeariana e non si tocca la

questione delle edizioni delle opere di Shakespeare, con il conseguente pro-


blema relativo alla originaria segmentazione in unità strutturali. Nell’edizione
in quarto contemporanea compaiono solo scene, mentre la divisione in atti
nell’edizione postuma in folio del 1623 vale solo per alcuni drammi e fu este-
sa generalmente dai curatori delle edizioni del XVIII secolo. In questo caso
Act-acte corrispondono almeno esteriormente nella generale divisione in cin-
que parti dell’intero testo.
9 Il dato, più obiettivo se si tratta di versi, è comunque una quantità relati-

va alla globalità del testo.


10
Cfr. D, pp. 318-26; PS, p. 282; ED, p. 158; AD, pp. 88-96.
11
Cfr. Gespräche mit G.Hauptmann, a cura di J. Chapiro, Berlin 1932, p.
162, cit. in D, p. 141.
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6.
Azione
(«Handlung»)

Il concetto di azione [Handlung] denomina ciò che è rappre-


sentato nel dramma e specifica la peculiarità stessa del genere.
In senso generale significa: singolarmente, la modifica di una si-
tuazione, cioè il mutamento della relazione data tra i personag-
gi o rispetto al contesto oggettivo e ideale; mentre, globalmente,
si riferisce alla composizione e allo svolgimento sequenziale de-
gli eventi.
Analizzato nelle sue accezioni specifiche può comprendere
comportamenti umani attivi, coscienti, intenzionali, manifestati
in relazioni sociali e comunicative; pensieri, affetti, stati interio-
ri, eventi psichici; avvenimenti casuali, attività non determinate
da decisioni, volontà o propositi; eventi non umani, generica-
mente: ciò che accade.
Tali possibili significati non sono assunti indifferentemente
dalla tradizione e dai critici.
Pikulik (ED, pp. 16-18) propone un’analisi a tutto campo, di-
stinguendo la tipologia delle azioni secondo i piani: a) del rap-
presentato [das Dargestellte] e b) del rappresentare [das Dar-
stellen], con primario riferimento rispettivamente al contenuto
e alla forma, al che cosa e al come:

92
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a1) agire soggettivo


a2) effetto extrasoggettivo
b1) rappresentazione
b2) principio organizzativo.

L’accezione neutra dell’agire umano (a1), fisico-morale e in


genere ogni forma di comportamento che indica un mutamen-
to, ha il suo corrispettivo formale (b1) nel rappresentare mime-
tico dei personaggi-attori, che riproducono artificialmente atti,
gesti e atteggiamenti rendendoli verosimili alla ricezione del
pubblico.
Azione drammatica indica anche forze impersonali o sovra-
personali (a2), fenomeni naturali, destino, caso, condiziona-
menti della tradizione, della convenzione, della storia, influssi
sociali, considerati comunque in relazione ai personaggi. Allo
stesso modo non è circoscritta alle espressioni dei personaggi la
globalità di ciò che accade sul palcoscenico, strutturalmente or-
ganizzata e motivata nello schema compositivo del testo e della
messinscena (b2).
Con più prudenza Asmuth (EDa, pp. 7-8) accetta di denomi-
nare con il termine Handlung ciò che è complessivamente rap-
presentato nel dramma, e quindi incentrato sull’agire sia come
sequenza di azioni che come catena di avvenimenti, non rite-
nendola tuttavia una definizione esatta, benché eviti i problemi
che sorgono, secondo l’autore, ad esempio dai tentativi di di-
stinzione operati da Pfister (D, cap. VI, pp. 265 sgg.) sulla base
della separazione fondamentale tra:

Geschichte – storia
Handlung – azione
Geschehen – avvenimento.

La storia [Geschichte], substrato del testo drammatico quale


presenza di soggetti umani, o antropomorfizzati, in una dimen-
sione spazio-temporale, e situata sul piano del rappresentato
[das Dargestellte], è una struttura di relazioni invarianti che pos-
sono essere più precisamente e concretamente tradotte nelle
possibili realizzazioni testuali e sceniche.
Il corrispettivo di tale struttura a livello della rappresentazio-
ne [Darstellung] è la fabula [Fabel], o il modello classico del mû-
qov aristotelico, complesso di fatti ordinati dai principi di unità,
causalità, interdipendenza delle parti, compiutezza.

93
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 94

Alla dimensione cronologico-temporale che definisce la suc-


cessione di eventi e avvenimenti nella storia, subentra dunque la
determinazione causale nella fabula1. Una significativa introdu-
zione di queste categorie letterarie anche nell’ambito del dram-
ma riduce la tradizionale predominanza dell’onnicomprensiva
Handlung, sebbene vada accolta con le riserve adeguate a simili
categorizzazioni strutturali.
La precisazione terminologica e concettuale induce Pfister a
ridefinire

Handlung

come singolo atto di un personaggio in una determinata situa-


zione.
Mentre la sua valenza macrotestuale è tradotta in

Handlungssequenz – sequenza di azione;

mediando i due termini con la possibilità di segmentare la tota-


le successione di azioni attraverso l’indicazione

Handlungsphasen – fasi di azione.

Il determinismo formale della fabula non concerne l’azione,


intesa piuttosto nel suo aspetto, ancor più circoscritto, di scelta
intenzionale e volontaria. In tal senso accoglie il primo requisi-
to della storia, la presenza di soggetti umani, che in questa acce-
zione agiscono secondo volontà. L’inclusione nel concetto di
storia riguarda anche la dimensione spaziale e temporale: ogni
azione infatti ha una situazione di partenza (spazio) di cui pro-
voca la trasformazione (tempo).
Ma la storia comprende anche avvenimenti non derivanti in-
tenzionalmente dai personaggi, incapaci di determinarsi auto-
nomamente, o situazioni non modificabili. In alcuni drammi, so-
prattutto contemporanei, prevale questa dimensione del

Geschehen

rispetto all’azione.
Al di là degli schemi definitori, l’agire soggettivo risulta nel
dramma condizionato dall’essenziale interazione con gli altri
personaggi e dal complesso di circostanze che, pur ridotte e con-
centrate nel testo teatrale, non possono consentire piena auto-

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nomia alla scelta. L’azione intenzionale indica specificamente


quell’atto volontario derivante da decisione consapevole, diret-
to a uno scopo definito. Tale impostazione garantisce un decor-
so drammatico fondato sulla prospettiva volta al futuro e sulla
tensione così prodottasi, nella dimostrazione dell’effettivo rag-
giungimento della meta o, più frequentemente, nella verifica de-
gli errori e dei fallimenti che impediscono la realizzazione del
progetto.
Nel dramma possono entrare in gioco potenze superiori, mi-
tico-ideali o storico-sociali, oppure intervenire determinazioni
individuali, psicologiche o familiari, a rendere problematica la
libertà soggettiva che muove l’azione drammatica.
Nel Don Carlos di Schiller la serie degli errori e degli impe-
dimenti che negano il successo ai piani del protagonista, sdop-
piato nelle figure di Don Carlos e del marchese di Posa, sembra
addirittura forzare lo stesso intreccio drammatico. Non appare
infatti così perspicua e motivata la sequenza degli eventi e la con-
seguente conclusione tragica che coinvolge sia l’impulsivo e pas-
sionale Don Carlos sia l’integro sostenitore della libertà di pen-
siero marchese di Posa. La decisione del primo a favore del vo-
lere contro l’imposizione del dovere (I, 5):

Carlos nicht gesonnen ist, zu müssen,


Wo er zu wollen hat;

che sfocia nell’aperto conflitto politico e filiale annunciato a


conclusione del primo atto:

So fordr’ ich mein Jahrhundert in die Schranken (I, 9),

subirà un totale fallimento, provocato da intrighi tramati da per-


sonaggi secondari, dalla presenza quasi da deus ex machina in
senso negativo del Grande Inquisitore, dalla controversa ostilità
dell’antagonista, padre e sovrano di Spagna, ma anche da errate
valutazioni, incapacità di gestire progetti e situazioni contingen-
ti, continua illusione e autoinganno riguardo alle relazioni inter-
personali e incostanza e impulsività nel giudizio. La stessa meta
che dirige la sua azione oscilla tra l’amore per la matrigna, la li-
bertà politica, l’amicizia per il marchese di Posa.
Un solo scopo guida invece l’idealizzato personaggio del mar-
chese di Posa, portavoce dell’autore nelle sue dichiarazioni po-
litiche e ideali (III, 10):

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MARQUIS Geben Sie


Gedanken Freiheit. […]
Wenn nun der Mensch, sich selbst zurückgegeben,
Zu seines Werts Gefühl erwacht, – der Freiheit
Erhabne, stolze Tugenden gedeihen –
Dann, Sire, wenn Sie zum glücklichsten der Welt
Ihr eignes Königreich gemacht – dann ist
Es ihre Pflicht, die Welt zu unterwerfen.

Tale univoca intenzionalità, sorretta dal profondo sentimen-


to d’amicizia per il principe, lo conduce al sacrificio e quindi al-
la conclusione tragica degna dell’eroe, a seguito, anche per lui,
del concorso di circostanze avverse ma pure di errori nel valuta-
re la situazione e prevedere lo sviluppo del piano e le reazioni
dei personaggi coinvolti. Il fallimento sembra derivare in parti-
colare proprio dal momento in cui il marchese di Posa decide di
sfruttare il caso (III, 9), l’attimo favorevole, e foggiare l’oppor-
tunità secondo la propria volontà e il proprio scopo definito:

MARQUIS Nützen
Muß man den Augenblick, der einmal nur
Sich bietet. Wahrlich, dieser Höfling gibt
Mir eine gute Lehre – wenn auch nicht
In seinem Sinne gut, doch in dem meinen. […]
Ist Zufall anders, als der rohe Stein,
Der Leben annimmt unter Bildners Hand?

Si insinua così tra i consiglieri del re per ordire un intrigo ge-


stito da chi ha solo qualità opposte a quelle dei cortigiani intri-
ganti e scardina di conseguenza il sistema dei rapporti umani in-
terni alla corte. Inganna temporaneamente in tal modo lo stesso
amico per il quale inoltre si sacrifica invano.
La libertà soggettiva non è solo tematizzata a livello di conte-
nuto, nella dicotomica tensione tra volere e dovere ad esempio,
ma inerisce alla stessa trama drammatica.
Ancora Schiller fa pronunciare a Wallenstein (Wallensteins
Tod, I, 4) un monologo incentrato sul tema dell’azione:

In meiner Brust war meine Tat noch mein:

la libertà è riservata solo all’ideazione dell’agire, ma quando si


traduce in atto, e ancor prima in decisione, innalza quel muro

Aus meinen eignen Werken baut sich auf,

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che impedisce la reversibilità concessa al pensiero. L’azione pu-


ra è solo quella che permane nella sfera della volontà e dell’ani-
mo, mentre ogni realizzazione produce un meccanismo di svi-
luppo non più controllabile.
Il sistema intra- e interpersonale, ogni più generale condizio-
namento esterno e la stessa lineare consequenzialità dell’agire,
considerati come negazione della libertà, rappresentano però
anche le coordinate dell’azione drammatica che pure dovrebbe
prendere avvio da una scelta volontaria e intenzionale.
Un’altra coordinata dell’azione è il conflitto che si manifesta
tra personaggi o gruppi in ragione dell’acquisizione di un bene
oppure intorno a giudizi di valore divergenti. Quest’ultima for-
ma può anche essere interiorizzata in un unico personaggio che
sperimenta la concorrenza interiore di desideri ed esigenze, aspi-
razioni individuali e vincoli sociali, norme contingenti e ideali.
La complessa tipologia dei drammi non consente di riferire
direttamente tali osservazioni alle diversificate produzioni tea-
trali. Agli esempi citati si potrebbero contrapporre i sette qua-
dri che compongono Anatol di Schnitzler, in cui la ricerca di
nuove vitali esperienze amorose si risolve in una serie ripetitiva
di illusione e delusione; o una pièce di Bernhard, Der Weltver-
besserer.
L’acclamato autore del Trattato sul miglioramento del mondo,
protagonista del dramma, che dichiara necessario sfruttare l’oc-
casione quando si presenta (scena 1), è, contraddittoriamente,
un compendio di paralisi: fisica, relazionale, ambientale, di vi-
sione del mondo; e riflessa nella struttura dell’azione drammati-
ca. Affetto da flebite e da progressiva sordità, appare immobile
sulla scena, dipendente da una donna che in realtà lo subisce co-
me vittima. Lo spazio chiuso della stanza, che esclude tutto ciò
che è estraneo, uomini e natura (3 e 4), è il luogo della monoto-
na ripetizione del quotidiano (1), come il movimento della sto-
ria che minaccia ogni cosa (2). La condizione di impotenza del-
l’uomo, incapace di agire e forte solo nel pensare, è affermata dal
riformatore del mondo (4) che aggiunge tuttavia la constatazio-
ne dello smarrimento labirintico nel perseguire un’idea (5). Di
fronte a tale disperazione e abbandono, il Trattato propone l’e-
liminazione totale come unico possibile, paradossale, migliora-
mento del mondo: ma non ne deriva un nichilistico ribaltamen-
to e quindi una possibile apertura, poiché la distruzione signifi-
ca preservare tutto come prima, in quanto non è ipotizzabile al-
cuna alternativa. La stessa idea non ha valore né durata (4), ogni
discorso resta alla superficie, privo di destinatari (2).

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Queste espressioni, tratte dal quasi ininterrotto monologo (o


dialogo monologizzato) del protagonista, lungo le 5 scene che co-
stituiscono il dramma, è sotteso da un’evanescente trama: il con-
ferimento della laurea honoris causa che non produce né muta-
menti di scena né di prospettiva; e neppure la comparsa delle au-
torità accademiche e amministrative (5) trasforma il discorso in
dialogo drammatico, in quanto manca il presupposto per il con-
flitto o il consenso, non instaurandosi alcuna comunicazione.
La staticità, ripetitività e circolarità della struttura è confer-
mata a livello linguistico e lessicale; l’azione drammatica intesa
in senso classico appare quindi confutata a ogni livello.

1. Disparità di informazione

Lo schema classico aristotelico pone come condizione dello svi-


luppo tragico l’errore (Poetica, 13, 1453a), non valutato in sen-
so morale bensì derivante da ignoranza di fatti e circostanze.
La dinamica dell’azione drammatica, sia che preveda una so-
luzione positiva che negativa, è sollecitata anche dalle relazioni
e dalla qualità dell’informazione, al duplice livello di comunica-
zione interna ed esterna.
La falsa, incerta, parziale notizia di un evento, appartenente
alla storia contemporanea o antecedente all’attacco dell’azione,
moltiplica le prospettive, differenziandole o ponendole in con-
trasto, alimenta l’attesa, carica di senso la progressione tempo-
rale e produce tensione. Tale discrepanza può sussistere tra i
personaggi o tra loro e il pubblico. Rispetto ai singoli personag-
gi, gli spettatori godono del vantaggio di un punto di vista che
contempla ogni situazione rappresentata, ma ignorano quali in-
tenzioni essi custodiscano o quali potenziali informazioni pos-
siedano riguardo alle premesse e agli avvenimenti fuori scena.
Ma la disparità non concerne unicamente la quantità di noti-
zie, bensì il significato da addurre alle diversificate prospettive
che l’autore può distribuire ai vari personaggi. Per intendere la
prospettiva di ricezione implicita nel testo autoriale si può con-
siderare il criterio quantitativo relativo al numero e all’ampiez-
za delle battute assegnate a ciascun personaggio, e quindi rico-
noscere il sistema dei personaggi principali e secondari, ma an-
che valutare il livello di qualità poetica e incisività dei loro in-
terventi.
Le diverse prospettive possono pertanto essere presentate in
modo simmetrico-polare, secondo il modello antagonista-prota-

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gonista, con il quale viene a coincidere il punto di vista del pub-


blico; oppure si può prevedere una scelta tra due fronti non im-
mediatamente valutabili; e come terza, schematica, alternativa si
può affidare agli spettatori l’elaborazione di un giudizio che me-
di il contrasto tra estremi non accettabili nella loro parzialità.
La soluzione monoprospettica, orientata o comunque prefi-
gurata dall’autore e raggiunta in conclusione dai destinatari, va-
lutando il contrasto dei punti di vista rappresentati dai perso-
naggi in conflitto, costituisce un elemento tipico della struttura
chiusa del dramma. In maniera più esplicita, figure portavoce
dell’autore possono dichiarare il corretto valore da ascrivere al-
la vicenda rappresentata.
Una stessa convergenza non è invece prevista dalla comples-
sità e ambiguità del relativismo prospettico caratteristico del
dramma a struttura aperta. La pluralità dei punti di vista non è
circoscritta al dialogo tra i personaggi, ma appartiene anche al
sistema esterno di comunicazione (D, p. 103): l’autore non diri-
ge la decisione del pubblico gestendo i contrasti drammatici ver-
so una spiegazione univoca, ma conserva l’ambivalenza e pro-
blematicità dell’interpretazione poliprospettica.
Oltre a questa generale distinzione, che comprende come
modello una gamma di diverse possibili realizzazioni sceniche,
la disparità di informazione riguarda anche il concetto di ironia.
Le varie prospettive e informazioni, diffuse in modo parziale e
talora caotico tra gli attori della vicenda drammatica, possono ri-
comporsi in modo ordinato e progressivamente completo nella
visione del pubblico, riproducendo quindi anche nel dramma la
dimensione di ironia, di riconoscimento di una contradditto-
rietà derivante dall’interferenza tra i piani della comunicazione
e la cui interna ambiguità è evidente solo agli spettatori.

1.1. Anticipazione («Vorausdeutung»)


Le forme di disparità di informazione promotrici di azioni sono
in particolare quelle dell’anticipazione e dell’intrigo.
La tensione è incrementata da esplicite dichiarazioni dei per-
sonaggi, i quali espongono avvenimenti o propositi che implica-
no un’evoluzione, sia come realizzazione che fallimento. Anche
sussidi scenici, evidenziati quali indizi, o in genere elementi re-
gistici o strutturali (lo stesso titolo o indicazione di genere), pos-
sono orientare verso una direzione di sviluppo dell’azione.
Uno specifico ruolo assumono invece i tipi di anticipazio-
ne mantica, anche secolarizzata o intimizzata: profezie, segni

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astrologici, sogni, presentimenti. La loro natura criptica, in-


completa e talora fallace o falsamente interpretata, lascia spazio
alle attese sul loro compimento o sul loro significato all’interno
del dramma.
Lo stesso richiamo alla lettura dei segni astrologici compare
nel Wallensteins Tod e in Ein Bruderzwist in Habsburg. La tra-
gedia di Schiller si apre proprio con una scenografia e un dialo-
go incentrati sulle profezie ispirate dal moto degli astri: il prota-
gonista e l’astrologo Seni si inganneranno nel decifrare il mes-
saggio soprannaturale e ciò contribuirà a confermare l’errore nel
valutare le circostanze e le persone concrete, mentre da tale fis-
sità scaturirà infine la conclusione tragica.
L’imperatore Rodolfo nel dramma di Grillparzer Ein Bru-
derzwist in Habsburg associa il motivo profetico a quello simbo-
lico. Al presentimento della rovina, annunciato dagli astri (I,
296-97):

So haben in die Sternen sies gelesen:


Ja näher mir, mir um so grimmrer Feind

cerca di contrapporre l’immagine dell’immutabile e necessario


ordine, divino e statuale, servendosi dello stesso riferimento (I,
428-33):

Dort oben wohnt die Ordnung, dort ihr Haus,


Hier unten eitle Willkür und Verwirrung.
Macht mich zum Wächter auf dem Turm bei Nacht,
Daß ich erwarte meine hellen Sterne,
Belausche das verständge Augenwinken,
Mit dem sie stehn um ihres Meisters Thron.

Non accetta l’oscura profezia di Ferdinando (I, 384)

[...] jener finstern Sternekundgen

e definisce «Schein» (I, 389) l’annuncio, che lo ha isolato dalla


sua casata, della minaccia che dovrebbe provenire da chi è vici-
no all’imperatore. La sua risposta è ancora una volta anticipato-
ria (I, 391):

[...] So kennst du diese Kunst,

nel rinviare l’accusa allo stesso accusatore.

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1.2. Intrigo («Intrige»)


La disparità dell’informazione è condizione anche per simula-
zioni o raggiri: l’intrigante inganna l’interlocutore, occulta noti-
zie, maschera le sue intenzioni e talora la stessa identità, appro-
fittando proprio della sua maggior conoscenza e della più lonta-
na proiezione verso il futuro.
Non solo agisce sulla parzialità delle informazioni dell’avver-
sario, ma può anche, su tale base, condurlo ad atti non consa-
pevolmente volontari, all’errore, allontanarlo dalla cerchia degli
amici o modificare i suoi rapporti interpersonali. L’effetto sul-
l’azione è quindi determinante.
Il pubblico, partecipe gradualmente di questo processo, è in-
dotto a interessarsi dell’esito dei piani e a controllare le reazioni
delle vittime ignare.
Gli intrighi sorreggono una rilevante parte delle azioni dram-
matiche, sia di quelle destinate a soluzioni felici che di quelle di-
rette alla catastrofe, e possono configurarsi negativamente o po-
sitivamente a seconda dei fini perseguiti, e in subordine anche
dei mezzi utilizzati, e guadagnare a chi li trama una sorte perso-
nale di lode o condanna.
Nelle opere di Lessing emerge la contrapposizione tra le fi-
gure secondarie di Franciska nella Minna von Barnhelm e di
Marinelli nell’Emilia Galotti.
Nella commedia la simulazione gioca più sul linguaggio, sui
doppi sensi, sui repentini cambiamenti di situazione e sull’argu-
zia necessaria per gestirli; nel dramma borghese assume una
connotazione morale.
Già dal teatro barocco, congiure e intrighi sono interni al
meccanismo della prassi politica e della tirannide, cui si oppone
la fermezza morale del martire o del giusto. La soluzione è tut-
tavia riposta nella dimensione ultramondana della giustizia. Una
più accesa polemica politico-sociale investe nei secoli seguenti
l’atteggiamento di simulazione tipico della corte e del potere e si
concentra sulla figura del consigliere del principe. Le qualità in-
tellettuali, ma l’assente valore di umanità, uniti alla posizione di
subalterno, provocano l’avversione nei confronti di questo tipo
di personaggio. Il suo ruolo all’interno dell’azione, anche nel ca-
so di Marinelli, non è quindi circoscritto alla funzionalità ri-
spetto alla trama drammatica, in favore del protagonista negati-
vo, del proprio superiore o padrone, ma può perdere anche que-
sta giustificazione allorché riveli interessi privati (la vendetta
personale contro il conte Appiani).

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Per le altre fasi della struttura drammatica, agnizione e peri-


pezia, vale lo stesso discorso intorno all’errore e alla sua trasfor-
mazione in consapevolezza, in un processo di riequilibrio della
discrepanza di informazione.
Lo schema essenziale della Käthchen von Heilbronn di Kleist
si apre con l’errore del protagonista maschile, conte di Strahl, che
non riconosce i segni onirici e si fa raggirare dalla strega Kune-
gonde, respingendo in modo ambiguo la leale, devota e innamo-
rata Käthchen. In seguito a una serie di eventi (peripezia) provo-
cati dall’errore iniziale, confermato dall’intrigo, il disvelamento
si compie infine tramite una ripresa del sogno, che sancisce il ri-
conoscimento della figlia dell’imperatore e lo smascheramento,
perfino fisico, dell’antagonista.

2. Struttura dell’azione

Le sequenze dell’azione drammatica presentano una serie di


possibili articolazioni, non riconducibili alla norma dell’unità.
La pluralità di tali fasi è organizzata nella successione o pa-
rallelismo di azioni di valore equivalente, oppure, secondo una
relazione gerarchica, nella subordinazione quantitativa e fun-
zionale di azioni secondarie rispetto a una principale. La loro
successione, inerente alla struttura fondamentale del dramma,
assolve la funzione di intensificarne la tensione. La combinazio-
ne delle sequenze può essere ottenuta tramite l’interferenza e
l’intersecazione tra azioni e avvenimenti o costellazioni di per-
sonaggi, con intrecci, capovolgimenti, scambio di ruoli e fun-
zioni.
Secondo schemi di corrispondenza tematica o di situazione,
sequenze equivalenti possono rispecchiarsi con effetto di reci-
proca chiarificazione. Simmetrie e parallelismi servono anche a
enfatizzare o intensificare circostanze, motivi, effetti, ma la ri-
presa con variazioni può assumere una dimensione poliprospet-
tica e ironicamente relativizzante.
Il raddoppiamento delle azioni può mediare l’intenzione au-
toriale di generalizzare l’esperienza rappresentata. La simmetria
concerne anche situazioni antitetiche, il cui contrasto emerge
proprio dalla ripresa degli elementi di sfondo; tuttavia anche la
semplice successione di momenti estremamente differenziati a
livello formale può evidenziare un’antitesi tematica. In opere in
cui diviene problematica la distinzione tra assolutezza e media-
zione narrativa, la consequenzialità delle azioni può trovare il

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suo costante riferimento in un personaggio centrale, come acca-


de nei drammi a tappe [Stationendramen].
L’ordinamento dei segmenti della storia rappresentata finora
descritto non coincide necessariamente con la struttura formale
della rappresentazione, analizzata precedentemente, e si fonda
su criteri di natura logica e semantica. Tra questi criteri si affer-
ma, nel dramma, il legame causale.

2.1. Causalità del corso dell’azione («Kausalität des Handlungs-


verlaufs»)
L’esigenza di verosimiglianza obbliga il drammaturgo a control-
lare la coerenza degli eventi rappresentati e la necessità della lo-
ro concatenazione che sola può giustificarli.
L’affermazione di tali principi da parte di Lessing (Hambur-
gische Dramaturgie, 30, 32) trova conferma nella schematica
analisi condotta da Asmuth (EDa, pp. 149-53) sull’Emilia Ga-
lotti, secondo Friedrich Schlegel esempio «der dramatischen
Algebra».
Nessun elemento risulta indipendente, bensì inserito in un si-
stema di cause ed effetti e non solo quindi secondo una lineare
consequenzialità. Causa iniziale e fondamentale è il desiderio del
principe per Emilia, cui si contrappone l’imminente matrimonio
con il conte Appiani. Legato al contesto più che all’azione è l’al-
trettanto importante motivo della differenza sociale: non solo
per il progetto del principe di fare di Emilia la sua amante, am-
mettendo quindi il matrimonio con la principessa di Massa, ma
anche in relazione al proposito dello stesso conte di ritirarsi in
campagna con la futura moglie. Tale necessaria partenza annun-
ciata accelera i piani del principe. Questi si articolano in tre mo-
menti, poiché ogni fallimento richiede un nuovo tentativo. Il pri-
mo è il progetto di inviare Appiani in missione alla corte di Mas-
sa; in un secondo momento il principe dichiara la sua passione
a Emilia nella chiesa dei domenicani; e infine interviene Mari-
nelli a ordire la finta aggressione a opera di briganti che mira al-
l’assassinio del conte. Ma l’interdipendenza dei fatti è più ac-
centuata: il rifiuto dell’incarico accresce lo scontro di Appiani
con Marinelli e dovrebbe motivarne l’istinto di vendetta che
provoca la morte necessaria allo sviluppo dell’azione di cui di-
viene protagonista Emilia, sola nella casa del principe. Tale in-
carico è però ancora connesso al matrimonio del principe e
quindi al motivo pretestuoso dell’abbandono della contessa Or-
sina, il cui rancore sarà determinante per l’intervento di Odoar-

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do Galotti, cui ella consegna il pugnale. Per tale coinvolgimen-


to tuttavia è necessario che Orsina sia a conoscenza dell’incon-
tro del principe con Emilia in chiesa e possa quindi collegarlo al-
l’omicidio di Appiani. La dichiarazione d’amore del principe
rappresenta dunque l’elemento critico all’interno dell’intrigo di
Marinelli. Allo stesso tempo tale reciproca disparità di informa-
zioni (l’assassinio non è stato ordinato dal principe, che comun-
que aveva dato il suo generico consenso all’azione del consiglie-
re) definisce il successivo rapporto tra i due personaggi negativi
e il potere acquisito da Marinelli nel corso della vicenda.

2.2. Teatro nel teatro («Spiel im Spiel»)


L’indicazione di regia che introduce Der gestiefelte Kater di
Ludwig Tieck situa la prima scena in platea. Attori sono spetta-
tori fittizi che si interrogano sul genere di spettacolo cui stanno
per assistere. L’attesa è suscitata dal titolo e dal sottotitolo Kin-
dermärchen [favola per bambini] letto sul programma. Opera
fantastica, quadro di famiglia, dramma rivoluzionario sono le te-
si avanzate dai diversi spettatori. Ma la notizia dell’effettiva pre-
senza di un attore mascherato da gatto solleva proteste, per ri-
spondere alle quali interviene l’autore (fittizio) che riesce infine
a convincere il pubblico (fittizio).
Questo è l’andamento del prologo. Per tutta la durata dei tre
atti, chiusi da un epilogo, persiste la presenza scenica e dialogi-
ca degli spettatori, non limitata agli intermezzi che segnano le
pause tra le sequenze dello spettacolo. Ai loro commenti si ag-
giungono gli interventi dell’autore, che funge anche da regista,
del macchinista, del suggeritore, che cercano senza successo di
evitare il fiasco finale, rivolgendosi direttamente al pubblico, co-
me talora accade per gli stessi personaggi-attori.
Oggetto della contesa sono tra l’altro alcuni elementi struttu-
rali e formali della commedia. È subito espresso il dissenso nei
confronti dell’esposizione dell’antefatto che, descrivendo in mo-
do diretto la situazione, non concede al pubblico il piacere e l’in-
teresse per un progressivo discoprimento. La stessa condizione
di plausibile illusione, che dovrebbe caratterizzare il dramma,
viene negata dall’incredibile e non motivata capacità di parlare
del gatto protagonista.
L’illusione è definitivamente annullata dall’errore tecnico con
cui si apre il terzo atto: il dialogo sulla scena tra l’autore che pre-
ga il macchinista di mettere in azione tutto l’apparato teatrale
per far tacere l’insoddisfazione del pubblico è interrotto proprio

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dall’imprevisto alzarsi del sipario, che suscita la seguente rea-


zione degli spettatori disorientati:

WIESENER Gehört denn das zum Stück?


NACHBAR Natürlich, das motiviert ja die nachherigen Verwand-
lungen.
FISCHER Den heutigen Abend sollte man doch wirklich im Thea-
terkalender beschreiben.

L’attore che recita la parte del buffone dovrà uscire dal ruo-
lo per rivolgersi direttamente ai suoi connazionali e avvertirli di
non scambiare il fatto per un momento della finzione dram-
matica.

HANSWURST Verzeihen Sie, wenn ich mich erkühne, ein paar Wor-
te vorzutragen, die eigentlich nicht zum Stücke gehören. […]
Meine lieben deutschen Landsleute – […] Jetzt rede ich ja zu Ih-
nen als bloßer Schauspieler zu den Zuschauern, nicht als Hans-
wurst, sondern als Mensch zu einem Publikum, das nicht in der
Illusion begriffen ist, sondern sich außerhalb derselben befindet;
kühl, vernünftig, bei sich, vom Wahnsinn der Kunst unberührt.
[…] Geruhen Sie doch zu vernehmen […], daß die vorige Sze-
ne, die Sie eben sahen, gar nicht zum Stücke gehört. […] Der
Vorhang war zu früh aufgezogen.

Il tentativo di ripristinare l’illusione teatrale aggrava però l’in-


terruzione, coinvolgendo altre presenze esterne.
L’analisi potrebbe proseguire, ma i vari elementi concorrono
a mostrare la formula globale di teatro nel teatro [Spiel im
Spiel ], di cui è esempio più antico il citato Absurda Comica di
Gryphius.
Il teatro è l’obiettivo stesso della rappresentazione: la fonte
letteraria, il testo drammatico e la sua messinscena, l’apparato
tecnico, gli attori, chi dovrebbe restare dietro le quinte a dirige-
re o collaborare alla produzione, la ricezione del pubblico.
L’operazione di Tieck accentua le possibilità di questa forma
teatrale, e la confusione tra realtà e finzione arriva, nella disputa
del terzo atto tra lo scienziato di corte e il buffone, Hanswurst, a
rispecchiarsi e duplicarsi nello stesso discorso dei personaggi che
verte proprio su una commedia apparsa di recente intitolata Der
gestiefelte Kater. Il gioco prosegue con il coinvolgimento del pub-
blico in una serie di battute che affermano, negano, giudicano po-
sitivamente o criticano la presenza degli spettatori nello spetta-
colo, e cioè il fattore di separazione essenziale al dramma.

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LEANDER Das Thema meiner Behauptung ist, daß ein neuerlich


erschienenes Stück: der gestiefelte Kater, ein gutes Stück sei.
HANSWURST Das ist gerade das, was ich leugne. [Ich behauptete,
ein gewisses Stück, das ich übrigens gar nicht kenne: der gestie-
felte Kater, sei ein erbärmliches Stück.]
LEANDER Beweise, daß es schlecht sei.
HANSWURST Beweise, daß es gut sei.
LEUTNER Was ist denn das wieder? – die Rede ist ja wohl von dem-
selben Stücke, das hier gespielt wird, wenn ich nicht irre.
MÜLLER Freilich von demselben. […]
HANSWURST gegen das Parterre Ist es nicht ein närrischer Mensch?
Ich und das verehrungswürdige Publikum stehn nun beide gleich-
sam auf du und du, und sympathisieren in Ansehung des Gesch-
macks, und doch will er gegen meine Meinung behaupten, das Pu-
blikum im gestiefelten Kater sei gut gezeichnet.
FISCHER Das Publikum? Es kommt ja kein Publikum in dem
Stücke vor.
HANSWURST Noch besser! Also kömmt gar kein Publikum darin vor?

La vittoria è del buffone: dello scardinamento dei confini tra


palcoscenico e platea, tra fantastico-fiabesco e realismo e ragio-
nevolezza del pubblico borghese, tra finzione e realtà.

FISCHER Sagt mir nur, wie das ist – das Stück selbst – das kömmt
wieder als Stück im Stücke vor?

Questa problematizzazione dell’illusione drammatica rap-


presenta un esempio estremo.
Il teatro nel teatro consiste in una duplicazione di sequenze,
appartenenti a due piani di finzione scenica, poste in relazione
di subordinazione l’una all’altra e con effetto di potenziamento
centrato sulla stessa dimensione teatrale. Nel sistema di comu-
nicazione interno viene quindi riprodotta la complessiva strut-
tura, interna-esterna, della rappresentazione e della sua produ-
zione e ricezione.
Gli elementi che costituiscono uno spettacolo teatrale, sul
palcoscenico, dietro le quinte o in platea, vengono replicati in
modo fittizio. Criteri di questa forma drammatica sono la rela-
zione quantitativa tra essa e il contesto primario in cui è inserita
e l’intersezione tra i componenti dei due ambiti.
L’impianto scenico primario può ridursi a una cornice o pre-
messa rispetto alla realizzazione secondaria, che emerge così an-
che qualitativamente. Oppure lo spettacolo interno può essere
circoscritto a una sezione del testo primario che conserva la sua
preminenza in ampiezza e in centralità.

106
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La tipologia definita dai soggetti presenti nei due livelli si ar-


ticola in identità o indipendenza. Nel primo caso gli attori fitti-
zi che rappresentano lo spettacolo nello spettacolo sono perso-
naggi della sequenza principale. Nel secondo, o non compaiono
nel livello primario, o vi sono introdotti in modo marginale.
Una maggiore ambivalenza, e quindi distacco e tematizzazio-
ne della forma teatrale, si ha nel caso di capovolgimento dei per-
sonaggi agenti sui due piani. Gli attori, apparentemente indi-
pendenti dello spettacolo nello spettacolo, entrano successiva-
mente nell’azione principale, rendendo ambiguo il loro ruolo tra
la finzione di cui erano interpreti e la realtà fittizia in cui inter-
vengono. Esempio di questo caso particolare è Der grüne Kaka-
du di Arthur Schnitzler.
Un’ulteriore presenza è costituita dal pubblico fittizio – e
quindi non da personaggi del dramma che assistono a una rap-
presentazione interna. Il suo ruolo può essere non loquente o di
attivo commentatore, limitato a colloqui tra spettatori o estesi ai
protagonisti e ai produttori dello spettacolo, come accade nella
commedia di Tieck, o persino di intervento diretto e agente.
Affini allo Spiel im Spiel sono le sequenze di sogni rappre-
sentati in modo plurimediale su una scena che si trasforma in
spazio interiore della coscienza, con l’ausilio di segnali acustico-
ottici destinati alla ricezione o differenze linguistico-testuali o
recitative.
Forme particolari sono le rappresentazioni emblematiche e le
pantomime allegoriche, mentre alcune opere si rivelano essere
interamente costituite da un sogno.

Note
1
Per la teoria della letteratura anglosassone si tratta della distinzione story-
plot.
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7.
Personaggi
(«Figuren»)

Il dramma è costituito dalla presenza scenica di soggetti, parlanti


e agenti, ma che al pari di ogni figura letteraria mediano con le
loro dirette espressioni gestuali e linguistiche un significato.
Ogni atto, parola, aspetto esteriore, tono della voce sono porta-
tori di senso e funzione drammatica, relativi al complesso di in-
terazioni che si instaurano tra gli individui che compongono in
prima istanza l’azione del dramma.

1. Attore («Schauspieler»)

Agli individui sulla scena Jörg Hasler (ED, pp. 90-95) riconosce
una doppia funzione: presentare se stessi, i propri irriducibili
tratti fisici e di atteggiamento e l’arte di recitazione, dando vita
nel contempo a un altro soggetto, ricoprendo il ruolo di un per-
sonaggio secondo differenti tecniche, dall’immedesimazione al-
l’estraniazione.
Dalle origini cultico-rituali del teatro antico, alle rappresen-
tazioni medievali, fino alla Commedia dell’Arte, la funzione del-
l’attore è esemplificata dall’accessorio scenico della maschera
[Maske], simbolo della trasformazione, dell’entrare in un ruolo.

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Decaduto l’uso della maschera, con rare eccezioni, a causa del-


l’esigenza di verosimiglianza del dramma classico e dell’assolu-
tezza del mondo fittizio e illusorio del palcoscenico, permane
dunque il suo significato drammatico di tradurre in una concre-
ta fisicità ed esperienza personale un costrutto artistico che de-
ve a sua volta apparire vitale.
L’apparato tecnico di trucco e costumi può solo parzialmen-
te modificare la fisionomia dell’attore, impegnato a rendere vi-
sivamente e linguisticamente l’esistenza del personaggio, fittizia
ma funzionale al senso dell’azione del dramma, con attenzione
alla mimica, alla postura, alla gestualità e al movimento, all’e-
spressione verbale ed extraverbale, al tono vocale e alle moda-
lità di relazione con gli altri attori.
Le tipiche complicazioni da commedia, o forme di teatro nel
teatro, richiedono ulteriori sdoppiamenti, in quanto un attore ri-
copre il ruolo di un personaggio che nell’opera drammatica si
traveste in un altro.
Ma una più essenziale duplicità coinvolge attore e pubblico. La
concentrazione che l’attore rivolge alla rappresentazione di un
personaggio non può infatti prescindere dalla prospettiva degli
spettatori. L’analisi di Hajo Kurzenberger (ED, pp. 181-91) sulla
ricezione del dramma descrive la complessa operazione interpre-
tativa dell’attore, che impersona e attualizza una figura dipen-
dente da lui, senza annullarvisi. Resta spazio quindi per una os-
servazione controllata sul personaggio e contemporaneamente su
di sé. A questo sguardo si associa l’intenzione di guidare l’atten-
zione del pubblico, ogni sera diverso, alla paradossale condizio-
ne di rivolgersi unicamente su di sé e sul proprio ruolo.
Creare un personaggio è inoltre esito di uno stratificato pro-
cesso di interpretazione che implica testo principale e indica-
zioni dell’autore, interventi di regia e drammaturgia, stili e mo-
di di recitazione.
Di norma vale il primato del testo, tuttavia la sua stessa com-
posizione può essere influenzata da uno specifico riferimento
non solo a strutture, possibilità tecniche e tradizioni teatrali,
bensì al talento e alla personalità degli stessi attori che ispirano
la creazione letteraria di corrispettivi personaggi.
Gli esempi vanno dalle compagnie teatrali di Molière e di
Shakespeare, in cui si registrano anche sovrapposizioni di ruoli
autore-regista-attore, fino alla rilevanza assunta dall’attore Bern-
hard Minetti, al quale Thomas Bernhard dedica tra l’altro un’o-
pera omonima, Minetti.
Il testo, inoltre, inteso genericamente come partitura, induce

109
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l’attore a un’autonoma rappresentazione di quei momenti non


esplicitati nel dialogo o nel Nebentext e a ricoprire il suo ruolo
anche nelle pause, nei silenzi e nell’ascolto dell’interlocutore.

2. Personaggio - Figura - Carattere - Tipo («Person - Figur - Cha-


rakter - Typus»)

La tradizionale variazione terminologica per indicare soggetti


agenti rappresentati nel dramma (dramatis personae):

Person – personaggio
Figur – figura
Charakter – carattere
Typus – tipo

intende l’individuo nella sua globalità e unità personale ma già


associata etimologicamente alla maschera dell’attore (dal latino
persona) [Person]; e include in questo concetto generale l’acce-
zione di figura fittizia, creazione artificiale di un autore, ma im-
personata in una concreta presenza scenica [Figur]. Da uno dei
principi costitutivi della tragedia secondo Aristotele, gli hºqh, de-
riva il significato drammatico di Charakter. I caratteri concer-
nono le caratteristiche costanti delle qualità spirituali di un in-
dividuo, distinte quindi dagli eccessi degli stati momentanei, dal
pathos. Dal XVIII secolo tale coerenza del personaggio si affer-
ma nel senso di una specifica individualità, superando quindi le
tesi drammaturgiche tradizionali che comprendevano nello stes-
so campo semantico carattere e tipo [Typus].
In base alla limitata estensione della struttura e dell’azione
drammatica, che concentra nel personaggio tratti psicologici e
atteggiamenti più definiti e funzionali rispetto alla possibilità e
variabilità della narrazione epica, è conseguito infatti il consoli-
darsi di tipologie ricorrenti, ispirate anche a una valutazione mo-
rale, normativa e non descrittiva, del carattere.
Nel teatro medievale e in quello barocco questa tipizzazione
assume una valenza didascalica, anche con l’introduzione di per-
sonificazioni allegoriche di concetti morali astratti.
La drammaturgia del realismo e del naturalismo e il dramma
politico del XX secolo ripristinano il concetto di tipo, oppo-
nendo all’autonomia decisionale del personaggio classico di
ascendenza rinascimentale i condizionamenti del contesto so-
ciale. Agiscono dunque due diverse tendenze: da un lato, l’ac-

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centuazione dell’indagine descrittivo-psicologica nel rappresen-


tare realisticamente i personaggi drammatici; dall’altro, la deli-
neazione del tipo sociale.
L’analisi delle forme della tipizzazione condotta da Norbert
Greiner (ED, pp. 29-44) ha per oggetto il personaggio comico e
il tipo sociale [die komische Figur, der soziale Typus]. A fonda-
mento del primo è la concezione cinque-seicentesca dei tempe-
ramenti, determinazioni umorali, astrologico-fisiologiche di tipi
umani, associata a modelli letterari, attivi anche in funzione pa-
rodistica e non solo di replica o variazione imitativa.
Caratteristica del tipo comico è la monomania, l’unidimen-
sionalità caratteriale, la mancanza di differenziazione o conflit-
tualità interiore riflessa nella prevedibile ripetizione di mimica,
gesti e linguaggio. La dimensione caricaturale, espressa nel trat-
to di carattere dominante per la figura principale e nella fissità
funzionale dei ruoli per i personaggi secondari, definisce la ste-
reotipata concrezione del temperamento del tipo comico e l’au-
tomatismo all’interno dell’azione drammatica.
La determinazione del tipo sociale del dramma otto-novecen-
tesco dipende invece da rilievi extratestuali, dall’analisi dei grup-
pi sociali. L’immagine realistica e quotidiana degli atteggiamenti,
del lessico, delle concrete caratteristiche dei singoli personaggi
favorisce un processo di identificazione da parte del pubblico,
che sfocia nell’illusione di un’individualità presente sulla scena.
Tale identità è però il risultato di assunzione di ruoli, costrizioni
sociali, determinazioni esteriori di pensieri e comportamenti. La
convenzionalità del personaggio non risiede dunque nella ste-
reotipia atemporale del temperamento né nella visione unitaria
spirituale del soggetto, bensì nella selezione di qualità apparte-
nenti a una tipologia sociale storicamente definita.
In un’accezione non storico-sociologica, lo status del perso-
naggio è elemento essenziale anche nella concezione classica del
dramma. Oltre alla già citata Ständeklausel, inerente alla tipolo-
gia dei generi, rappresentare personaggi di ceto elevato enfatiz-
za il momento della loro caduta tragica: Fallhöhe [altezza di ca-
duta], suscitando maggior effetto sul pubblico e l’impressione di
una catastrofe ineluttabile, «pietà e terrore» secondo la tradi-
zionale dizione aristotelica (Poetica, 6, 1449b).
La dimensione fittizia del personaggio, costruzione intenzio-
nale e artificiale di un soggetto dipendente dal contesto dram-
matico, e anzi interamente costituito dalla somma delle sue rela-
zioni con tale contesto, motiva la preferenza di Pfister per il ter-
mine Figur (D, p. 221).

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Proprio la plurimedialità del testo drammatico e la concreta


presenza dell’attore possono provocare la non distinzione tra
«figura» e «carattere», tra definita finzione e adombrata realtà
individuale. La peculiarità del dramma, espressa nelle forme del
dialogo e dell’azione, riduce invece la possibilità di caratterizza-
re in modo più completo e approfondito i personaggi, stilizzati
nell’arco della rappresentazione e rispetto alla loro funzionalità
scenica e drammatica.

3. Configurazione e costellazione dei personaggi («Figurenkon-


stellation - Konfiguration»)

Il personaggio è rappresentato tramite relazioni interpersonali e,


in senso prioritario, attraverso il discorso, ricorrendo a forme di
monologo per manifestare processi interiori. La sua identità fit-
tizia è costituita dall’insieme dei rapporti, oppositivi o concordi,
con gli altri personaggi e dalle sue funzioni di modificare o con-
solidare situazioni drammatiche.
Modi di interazione peculiari, a distanza ed epistolari, carat-
terizzano la commedia Die Soldaten di Lenz.
Nel primo atto la successione delle scene contempla una qua-
si regolare alternanza (eccetto l’ultima, dettaglio di un ambien-
te) tra i luoghi di Maria, Lilla, e quelli del fidanzato Stolzius, Ar-
mentières, sede anche della compagnia degli ufficiali. I rapporti
tra i due personaggi, essenziali per lo svolgimento dell’azione e
in particolare per l’esito tragico (omicidio di Deportes e conse-
guente suicidio di Stolzius), non sono mai diretti, bensì mediati
dalle relazioni con altri personaggi (ufficiali amanti di Maria e ri-
vali o superiori del negoziante di stoffe Stolzius divenuto poi at-
tendente); oppure mantenuti attraverso lettere. Il canale episto-
lare, con cui si apre la commedia, ricorre con insistenza tra i per-
sonaggi citati, ma con frequenza anche a proposito di Deportes,
con vari mittenti e destinatari1.
Un’altra tecnica di più allusiva mediazione dei rapporti rap-
presentati nella commedia è la loro proiezione nel motivo del
teatro, occasione della prima seduzione di Maria a opera del ba-
rone Deportes (I, 3, 5), e in genere espressione dei comporta-
menti degli ufficiali e dei loro divertimenti con le ragazze, anti-
cipazione della vicenda dell’opera (I, 4) e tematizzati nei collo-
qui con il cappellano Eisenhardt; vicenda che ruota intorno alla
borghese Maria, che aspira, vanamente, a un’ascesa sociale gra-
zie alle sue relazioni con i nobili ufficiali.

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La convenzionalità dei ruoli sociali non colpirà solo il perso-


naggio femminile o le altre vittime appartenenti ai ceti inferiori,
ma condiziona gli stessi atteggiamenti dei militari. Il soggetto
collettivo della commedia, i soldati, presenta una casistica di
possibili comportamenti e opinioni, tutti però varianti di uno
stesso ruolo condiviso e anche subìto. Il quadro generale e criti-
co della società settecentesca, oggetto dell’opera, occupa la sce-
na in una continua traslazione tra ambienti e situazioni, fino al-
l’esempio del concitato alternarsi del quarto atto, nel quale si
susseguono le brevissime scene 4-8 ad Armentières, a Lilla, nel-
l’abitazione di Mary, di nuovo a casa di Wesener (Lilla) e infine
a Philippeville.
La varia rete dei rapporti tra i personaggi produce anche le
diverse prospettive da cui si dovrebbero ricavare l’identità e il
carattere di Maria. I giudizi risultano comunque discordi. È re-
spinta e accolta con condiscendenza dal padre, rimproverata e
consigliata dalla madre. Viene considerata un essere perfettissi-
mo dall’esaltato Pirzel, che tenta di ricusare il suo «ruolo» di uf-
ficiale, mentre continua a essere oggetto di gioco e scommessa
per Haudy e Rammler, di desiderio per Mary, blandita ma poi
definita puttana da Deportes. Giudicata sgualdrina di soldati
dalla sorella Carlotta e dalla madre del fidanzato, appare invece
a Stolzius una vittima innocente. Tale opinione è condivisa dal-
la contessa La Roche che compiange la sorte di Maria, ma allo
stesso tempo distoglie da lei, povera infelice ma di basso ceto e
colpevole di aver aspirato a sollevarsene, la compassione più
«pericolosa» del figlio.
Il dramma è composto dal sistema delle relazioni prodotte da
un insieme di personaggi differenziati per ruolo e funzione. Pos-
sono influire sull’azione anche soggetti soltanto evocati dal di-
scorso, tuttavia, condizione dei personaggi drammatici è la pre-
senza scenica, loquente o, più marginalmente, muta. Il primo
criterio di distinzione tra personaggi risiede nell’occasionalità di
presenze mute, singole o collettive, o alle quali sono attribuite
brevi e isolate battute, denominate comparse.
Il testo secondario presenta di norma in apertura l’elenco dei
personaggi, citando appunto in coda eventuali comparse. Non
solo l’ordine fornisce indizi sulla valenza delle varie figure, ben-
sì annotazioni che completano le denominazioni, proprie o ge-
neriche.
Una prima constatazione concerne il numero dei partecipan-
ti all’azione drammatica. I cinque protagonisti della Iphigenie
goethiana possono essere confrontati con i ventisette presenti

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Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 114

nella Käthchen von Heilbronn, cui vanno aggiunti otto gruppi


non ulteriormente quantificati. Il parametro della quantità dei
personaggi può anticipare la struttura stessa del dramma: di for-
ma chiusa, basato sulla concentrazione dei ruoli; di forma aper-
ta, con possibile varietà e ricchezza di parti. I nomi collettivi de-
notano invece scene di massa, mentre la citazione di un unico
personaggio indica la rappresentazione di un monodramma
[Monodrama].
La disposizione nell’elenco può talora preannunciare la di-
stinzione tra protagonisti e comprimari dell’azione drammatica.
La posizione centrale o periferica assunta da un personaggio al-
l’interno del dramma può essere valutata in base alla durata del-
la sua presenza scenica, alla quantità e lunghezza delle battute
assegnategli ma anche, meno rilevabile statisticamente, al signi-
ficato e alla funzione assunta rispetto allo sviluppo dell’azione.
La discriminazione che ne risulta tra

Hauptfiguren – personaggi principali


Nebenfiguren – personaggi secondari

può comprendere variazioni e sfumature interne2.


Varie e significative sono le distinzioni qualitative che emer-
gono anche dalle note dell’elenco: differenze sessuali, genera-
zionali, sociali, professionali. L’analisi di analogie e opposizioni
è approfondita nella presentazione multimediale scenica e dallo
sviluppo dell’azione che esse stesse contribuiscono a determina-
re. Tale sistema dei personaggi può essere condizionato da con-
venzioni e tradizioni teatrali che attribuiscono ad alcuni tratti in-
dividuali correlazioni di significato fino alla tipizzazione cui con-
trapporre soggetti portatori di origini, atteggiamenti, valori con-
trastanti.
Al di là dello schema corrispondenza/opposizione, le caratte-
ristiche simili, contrarie o semplicemente diverse dei singoli per-
sonaggi delineano una struttura dinamica di interazione che Pfi-
ster (D, pp. 232-34) definisce Figurenkonstellation [costella-
zione dei personaggi].
La struttura dinamico-conflittuale del dramma, nella sua ac-
cezione tradizionale, richiede un’accentuazione di rapporti po-
sitivi e negativi oltre a quelli neutri. La compagine dei perso-
naggi, distribuita in campi di azione contendenti, è così orga-
nizzata secondo le rispettive funzioni (protagonista, eroe, anta-
gonista, complice, rivale, arbitro, intrigante, oggetto del deside-
rio ecc.) che si ritengono riducibili ad alcuni modelli, ma le cui

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combinazioni risultano innumerevoli3, e pertanto relativamente


utili e accessibili. La descrizione di tali costellazioni rinvia ne-
cessariamente alla specificità dei singoli testi, al di là delle pro-
poste strutturaliste incapaci di gestire e valutare in modo ade-
guato la varietà delle situazioni drammatiche e di contemplare
l’eccezione, ad esempio, di opere contemporanee prive di strut-
ture conflittuali classiche.
Pfister (D, pp. 235-40) chiama invece Konfiguration [confi-
gurazione] la puntuale dimensione scenico-testuale della pre-
senza, in genere parziale, dei personaggi in un dramma, e la cui
variazione attraverso entrate e uscite determina una nuova sce-
na (Auftritt). Ogni configurazione è caratterizzata dal numero
dei personaggi e dalla durata temporale, ed è compresa tra i ca-
si limite della Null-Konfiguration [scena vuota] e della Ensem-
ble-Konfiguration [scena d’insieme], con l’intero cast presente
sul palcoscenico, relativamente a rare o poche scene, più fre-
quenti nel caso di opere con pochi personaggi, o eccezional-
mente per tutta la durata dello spettacolo.
Il dato più interessante riguarda il confronto delle configura-
zioni all’interno di un dramma. Sono già stati suggeriti alcuni
strumenti di analisi quantitativa (cfr. supra, cap. 5 § 2.1).
Tra le considerazioni che si possono ricavare dalle tabelle re-
lative al Tasso goethiano è la progressiva introduzione di tutti i
personaggi entro il primo atto; l’assenza protratta per interi atti
coinvolge anche il protagonista, l’eroe che dà il titolo all’opera
[Titelheld]; le due scene d’insieme, simmetricamente collocate
alla quarta scena del primo e dell’ultimo atto sono distinte dalla
durata di tali presenze, confinata alla chiusura della scena per il
quinto atto.
Statisticamente predominano gli incontri a due tra le figure
femminili (I, 1; III, 2), tra Alfonso e Antonio (II, 5; V, 1) e tra
Tasso e Antonio (II, 3; IV, 4; V, 5): ancora a Tasso è riservata la
maggioranza dei monologhi (II, 2; IV, 1; V, 3), come la predo-
minanza quantitativa nel complesso (15 scene), eccezionalmen-
te interrotta dalla lunga parentesi dell’atto centrale. L’analisi, di
utile orientamento nell’interpretazione del testo, può prosegui-
re, ma con necessario riferimento ai contenuti dell’opera. In
questa sede riprendiamo schemi generali di lettura della confi-
gurazione dei personaggi.
Le due condizioni limite sono da un lato la concomitanza
(due o più personaggi che compaiono sempre insieme), dall’al-
tro l’alternanza (all’opposto nessun incontro nel corso del dram-
ma). Chi colleziona nella tabella a matrice 1/0 (presenza/assen-

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za) la maggior quantità di valori 1 si afferma come personaggio


scenicamente dominante, mentre gli incontri con sempre nuovi
personaggi (1/1n) contribuiscono a delinearne ruolo e carattere
all’interno delle interazioni drammatiche. Le relazioni di corri-
spondenza tra i personaggi possono essere misurate dalla diffe-
renza nella serie di cifre, che ne definisce la distanza scenica (nel
caso delle figure femminili del Tasso sono solo 6 i casi in cui la
combinazione è 0/1 o 1/0; su 12 presenze e 24 scene in tutto).
Nell’analisi delle varie opere possono emergere dalle tabelle
strutture simmetriche, cicliche, di concatenazione, oppositive,
iterative. La densità globale delle configurazioni si ricava invece
da un calcolo proporzionale, dividendo la somma degli 1 per la
totalità delle cifre della matrice; nel Tasso:

50 : 120 = 0,416...

Il valore massimo = 1, che indica l’identità tra configurazioni


e presenze di tutti i personaggi, denota il caso-limite della con-
figurazione d’insieme valida per tutta la durata del dramma,
mentre una struttura episodico-rarefatta ottiene bassi coeffi-
cienti (Pfister riporta lo 0,2 del Reigen di Schnitzler; D, p. 239).
Asmuth (EDa, pp. 96-98), che non accetta la distinzione ter-
minologica fra costellazione e configurazione, intendendoli si-
nonimi, suggerisce un altro sussidio grafico: linee, frecce, linee
tratteggiate o segmenti che uniscono i personaggi in una costel-
lazione determinata rispettivamente da mutua relazione, dire-
zione univoca del desiderio, rapporto ostacolato o ostile, speci-
fica interazione caratteristica della rappresentazione.

4. Caratterizzazione dei personaggi («Figurencharakterisierung»)

La concezione del personaggio come individuo prevede un in-


cremento nei dettagli che ne descrivono qualità fisiche, disposi-
zioni psichiche, dati biografici, comportamento interpersonale,
relazioni sociali e orientamenti ideologici.
La complessa varietà delle caratteristiche individuali si evol-
ve, nel corso del dramma, in progressivi disvelamenti, che con-
solidano o trasformano l’identità formatasi sulla scena. I possi-
bili contrasti interni al personaggio e la pluralità delle prospetti-
ve, di attori o spettatori, possono essere risolti in una figura con-
clusa e pienamente definita o arrestarsi a una presentazione

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aperta, enigmatica e parzialmente inespressa, priva di informa-


zioni rilevanti o invalidata da contraddizioni insolute.
La stessa concezione di identità drammatica varia storica-
mente: a seconda ad esempio dello schema classico, che selezio-
na tratti caratteriali funzionali all’azione; dell’esigenza del natu-
ralismo di rappresentare elementi contingenti e pluridimensio-
nali della realtà soggettiva condizionata da complessi fattori am-
bientali; della stessa tematizzazione dell’identità personale, che
diviene problema nel teatro contemporaneo.
La prima definizione del personaggio compare nell’elenco in-
troduttivo, che può citare oltre al nome, proprio o generico, re-
lazioni familiari, titolo o ruolo sociale, provenienza e contesto
storico-culturale. In Emilia Galotti:

PERSONEN

Emilia Galotti
Odoardo Galotti \
Eltern der Emilia
Claudia Galotti /
Hettore Gonzaga Prinz von Guastalla
Marinelli Kammerherr des Prinzen
Camillo Rota einer von des Prinzen Räten
Conti Maler
Graf Appiani
Gräfin Orsina
Angelo, und einige Bediente

La protagonista del dramma di Lessing si annuncia come per-


sonaggio femminile e borghese italiano, da cui drammaturgica-
mente dipendono, per relazione parentale, i due personaggi se-
guenti, Odoardo e Claudia. Alla sfera borghese è contrapposta
la corte introdotta dalla figura signorile con il seguito di ciam-
bellano, consigliere e artista; a parte, altri due nobili personag-
gi. Quindi la serie di nomi propri e una generica designazione
per i soggetti popolari.
Una particolareggiata disposizione gerarchica apre invece il
testo secondario del Trauerspiel Maria Stuart di Schiller:

PERSONEN

Elisabeth Königin von England


Maria Stuart Königin von Schottland, Gefangne in England
Robert Dudley Graf von Leicester
Georg Talbot Graf von Shrewsbury

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Wilhelm Cecil Baron von Burleigh, Großschatzmeister


Graf von Kent
Wilhelm Davison Staatssekretär
Amias Paulet Ritter, Hüter der Maria
Mortimer sein Neffe
Graf Aubespine französischer Gesandter
Graf Bellievre außerordentlicher Botschafter von Frankreich
Okelly Mortimers Freund
Drugeon Drury zweiter Hüter der Maria
Melvil ihr Haushofmeister
Burgoyn ihr Arzt
Hanna Kennedy ihre Amme
Margareta Kurl ihre Kammerfrau
Sheriff der Grafschaft
Offizier der Leibwache
Französische und englische Herren
Trabanten
Hofdiener der Königin von England
Diener und Dienerinnen der Königin von Schottland

Ma anche dei semplici nomi possono alludere a significati in-


terpretabili all’interno del dramma. È il caso di Der zerbrochene
Krug di Kleist. La scelta dei nomi per i personaggi non appare in-
fatti casuale: si evidenzia la coppia Adam-Eve, sulla quale è in-
centrata l’intera commedia che già adotta un titolo simbolico (la
brocca rotta). Il motivo biblico risulta però ribaltato nel fallito
tentativo di seduzione a opera di Adam che incarna in sé anche il
ruolo demonico, la traccia del «piede caprino» che lo accuserà
nelle scene conclusive. Che poi la «luce» del cancelliere (Licht),
futuro giudice, sia più luciferina che rischiarante contro la corru-
zione del predecessore, è lasciato al giudizio del pubblico.
Di queste e più dirette allusioni è ricca la nomenclatura dei
personaggi drammatici. La scelta del nome appartiene a quelle
che Pfister (D, pp. 262-64) definisce tecniche di caratterizzazio-
ne autoriali, più o meno esplicite, cui si aggiungono le descri-
zioni dei personaggi nel Nebentext.
Die Schwärmer di Musil presenta al lettore, dopo la lista dei
personaggi, una sintetica illustrazione di ognuno: l’età, l’aspet-
to, i movimenti, con valutazioni introduttive e commenti di re-
gistro metaforico sulla loro personalità, anticipando in tal modo
i motivi dell’interazione drammatica.
Gli altri possibili canali figurali (D, p. 250), distinti in forme
esplicite e implicite, riguardano rispettivamente il contenuto dei
discorsi dei personaggi e la comunicazione plurimediale.

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Dialoghi e monologhi possono infatti avere la funzione di for-


nire informazioni sui personaggi. I commenti possono essere ri-
volti ad altri ma anche a se stessi, con vario grado di attendibi-
lità. Una condizione dei commenti di estranei è la presenza o as-
senza del destinatario, con eventuali deformazioni intenzionali.
Tale caratterizzazione indiretta può avvenire in vari momenti
dell’azione, prima o in seguito all’entrata in scena del personag-
gio e in forme espositive o più nascoste, con progressive inte-
grazioni, correzioni o proposte di diversi punti di vista.
L’entrata in scena di Emilia Galotti è, come già ricordato, pre-
ceduta, nel primo atto, dalle parole del principe e del pittore
Conti e dalle successive informazioni fornite da Marinelli. Con
il riferimento al suo nome si apre la prima scena, al tavolo di la-
voro del principe, evocato dalla supplica di Emilia Bruneschi,
trovata tra le carte, e prosegue con le lodi alla sua bellezza nel
dialogo con il pittore, integrato da alcune notizie sulla sua pro-
venienza, sul padre e su un evento, un primo incontro con il
principe a una festa. Nel breve monologo seguente si annuncia
il desiderio del principe per la ragazza e quindi l’informazione
delle nozze imminenti con il conte Appiani, cui Marinelli ag-
giunge alcune considerazioni sul basso rango di Emilia e riserve
sulle sue qualità, solo discreta bellezza e sfoggio di virtù. Dalle
battute serrate tra il principe e il ciambellano ricaviamo altre no-
tizie sulla vita della protagonista, il luogo di residenza, l’am-
biente familiare.
In questo primo atto si ricorre anche a un accessorio di scena
per presentare la protagonista: il ritratto, confrontato con quel-
lo della contessa Orsina. Si tratta dunque di una tecnica scenica,
non mediata linguisticamente, per concorrere a caratterizzare il
personaggio.
Tra le forme plurimediali di caratterizzazione implicita si an-
noverano: l’aspetto, il comportamento, le azioni rappresentate
dall’attore sulla scena; trucco, costumi, accessori, dotati anche
di valenza simbolica; mimica e gestualità; ma anche elementi sce-
nografici come sfondo di riconoscimento dell’identità del per-
sonaggio.
L’autocaratterizzazione implicita avviene anche attraverso il
canale linguistico, nelle forme della recitazione, qualità vocali e
di intonazione, registro, stile, pause, tempi e variazioni espres-
sive.

119
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Note
1 Riferimenti a lettere compaiono in: I, 1, 2, 3, 6; II, 3; III, 2, 3, 6, 7; IV, 1,

2, 3, 4, 8; V, 3.
2 Pfister (D, p. 227) suggerisce operazionalmente i vocaboli non definito-

ri: tragende Figuren, Episodenfiguren, Hilfsfiguren.


3 Cfr. E. Souriau, Les deux cent mille situations dramatiques, Paris 1950, il

cui titolo appare già esplicativo.


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8.
Teatro epico
(«Episches Theater»)

La forma epica agisce nel dramma sul piano strutturale, mime-


tico e comunicativo, modificando gli schemi classici, con effetto
anti-illusionistico.
L’unità e concentrazione finalistica dell’azione sono sostituite
dall’organizzazione episodica di una rappresentazione, più ampia e
dettagliata, che adotta sistemi di mediazione narrativa. L’assolutezza
del dramma diviene quindi problematica o è superata dalla prospet-
tiva oggettiva dell’epica che interrompe la ricezione immedesimata.
Caratteri e principi del teatro epico sono enunciati da Bertolt
Brecht; lo schema antitetico proposto ad esempio nelle note a
Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny opera uno spostamento
dalle forme drammatiche tradizionali ai nuovi accenti del teatro
epico, di cui cito per ora gli aspetti strutturali:

Forma drammatica Forma epica

Attiva Narrativa
Tensione riguardo all’esito Tensione riguardo all’andamento
Una scena serve l’altra Ogni scena sta per sé
Crescita Montaggio
Corso lineare degli accadimenti A curve
Determinismo evoluzionistico Salti

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Singole caratteristiche del sistema brechtiano, e quindi ten-


denze all’epicizzazione del dramma, ricorrono anche in prece-
denti produzioni. L’opera di Grabbe costituisce un significativo
antecedente proprio riguardo all’organizzazione testuale. L’a-
zione è frammentata nei singoli eventi, non subordinati a un’u-
nitaria linea di sviluppo. La forma aperta e antiaristotelica dei
suoi drammi assume il principio dell’indipendenza delle parti e
utilizza stili e tecniche narrativi.
Nella tragedia giovanile Herzog Theodor von Gothland
(1822) le scene in cui sono suddivisi i cinque atti si distinguono
per la successione dei luoghi: al loro interno variano, anche in
modo concitato, le configurazioni dei personaggi, fino a lascia-
re la scena vuota (ad esempio II, 1), e conseguentemente si sus-
seguono situazioni e momenti diversi connessi in modo talora
occasionale.
Le presenze sul palcoscenico ricordano l’ampiezza epica non
solo per la loro alternanza, bensì per la quantità: sono infatti nu-
merose le scene di massa. Comparse mute accorrono sul palco e
si radunano sullo sfondo, rappresentando scene di battaglia,
movimenti di truppe, ritirate, accampamenti, consigli e assem-
blee, feste. Lo stato di confusione, annotato anche dalle dida-
scalie (IV, 3), non coinvolge solo la messinscena ma tende a ri-
prodursi nella successione frenetica degli eventi e nelle reazioni
dei personaggi. Per amplificare le situazioni si ricorre alle azio-
ni nascoste, riferite da osservatori o indicate da suoni, rumori,
musica, grida e voci fuori scena; predominano gli avvenimenti
bellici e ha particolare spazio nel terzo atto il temporale, prean-
nunciato nel secondo, cui si aggiunge in altri luoghi il fragore dei
flutti. I fenomeni naturali, introdotti nell’azione drammatica,
compaiono anche in alcuni discorsi di tono descrittivo, pronun-
ciati dal protagonista (III, 1) a commento delle indicazioni di re-
gia sul paesaggio che si oscura o rischiara (III, 1), o a puntualiz-
zare gli elementi dell’ambiente della nuova scena, il paesaggio
selvaggio delle montagne Kiöl (IV, 3); e, nell’ultimo atto, dal re,
che nelle scene conclusive (5 e ultima) annuncia il sorgere del-
l’alba e della primavera, breve pausa spezzata dall’irrompere
della rovina finale del casato di Gothland.
Nel dialogo emergono a tratti anche intermezzi narrativi, co-
me il ricordo di Selma da parte di Gustav (III, 1); più frequente
è tuttavia la sospensione della comunicazione interna attraverso
gli «a parte», che rivelano soprattutto le intenzioni violente e
vendicative di Berdoa (I, 2, 3; IV, 1; V, 2) e anche i pensieri e gli
stati d’animo di Gothland (III, 1, 2; V, 3) e di Cäcilia (IV, 4).

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Più vicina a Brecht è comunque l’esperienza del teatro nel na-


turalismo. Gli interventi epici, che pur non scardinano la forma
drammatica, rivelano la trasformazione subìta dall’azione, non
più attuale interazione dialogica di autonomi personaggi sulla
scena, bensì oggetto della rappresentazione di una condizione
sociale.
Ciò che è estraneo all’assolutezza del dramma è tema dell’o-
pera, osservato e dimostrato dall’autore: l’azione è rappresenta-
tiva, rinviando a un contesto di cui è parte esemplificativa. Il va-
lore documentario dell’opera e la conseguente prospettiva og-
gettiva dell’io autoriale si riflettono in alcune tecniche già illu-
strate a proposito del Nebentext dei Weber di Hauptmann: de-
scrizioni e note introduttive, presentazione anche di fronte a
nuovi personaggi, varietà di configurazioni e ambienti, succes-
sione di quadri e di episodi. La stessa tensione non è garantita
dall’evento della rivolta, espressione «drammatica» di una co-
stante condizione di degrado, perché non è fondata su perspicui
conflitti intersoggettivi, quindi non è manifestata attraverso il
dialogo, ma affidata coralmente a una canzone.
Mettere in discussione il criterio di assolutezza del dramma
significa interrompere la condizione di illusione che ne deriva.
Stile epico e tematica sociale confluiscono nella nuova forma,
programmatica e didattica del teatro epico brechtiano.
La distanza narrativa nei confronti della rappresentazione,
della sua struttura, della messinscena, del linguaggio, è destina-
ta a una ricezione critica; citando ancora le note a Mahagonny,
intende trasformare lo spettatore in osservatore attivo, informa-
to, consapevole, indotto a decisioni, posto di fronte a un’azione
drammatica argomentata, in cui è oggetto di indagine l’uomo e
la sua esistenza sociale, i suoi condizionamenti e i motivi, il di-
venire e le modificazioni subìte e prodotte.
L’esigenza di riflessione rifiuta l’identificazione da parte del
pubblico e l’illusione della quarta parete del teatro borghese è
sostituita dallo straniamento [Verfremdung], che consente l’at-
tivazione del pensiero critico.
Sistemi, strutture e codici teatrali consolidati dalla tradizione
e divenuti quindi familiari al pubblico, vengono isolati e mo-
strati attraverso una serie di tecniche scenico-testuali.
Il complesso dei non occasionali effetti di straniamento, che
coinvolgono regia, recitazione, scenografia, organizzazione del-
le scene, ristruttura la forma drammatica conferendole le qualità
epiche di oggettivazione e commento.
Il repertorio di tecniche di epicizzazione che ora segue ha co-

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me primario, ma non esclusivo riferimento, il teatro di Brecht,


con innovazioni e riprese di antiche forme drammatiche, ele-
menti estranei ma anche consueti, nella loro parzialità, alla tra-
dizione.

1. Struttura

– Sviluppo dell’azione sulla base di singoli avvenimenti con-


nessi in modo da rendere manifesti i punti nodali e le varie fasi.
– Indipendenza delle parti rispetto alla globalità dell’azione.
– Relazione tra le scene più rilevante del riferimento all’esito
finale.
– Struttura a tappe ed episodi.
– Tensione rivolta all’andamento e all’interpretazione dell’ac-
cadere drammatico.
– Eventuali processi di montaggio delle scene, con interru-
zione della continuità spazio-temporale, dilatazione ed esten-
sione, e anche inversioni rispetto alla regolare linearità crono-
logica.

Le didascalie introduttive e quelle interne alle scene dei


drammi brechtiani Mutter Courage und ihre Kinder e Leben des
Galilei indicano successioni di date e variazioni di luoghi che im-
plicano intervalli temporali e spostamenti geografici notevoli, ta-
li da presupporre una mediazione narrativa.
La storia rappresentata in Mutter Courage und ihre Kinder
si apre nella primavera del 1624 e, lungo eventi e luoghi della
Guerra dei Trent’anni, arriva fino al 1636 con allusione alla pro-
secuzione delle vicende belliche e della vita della protagonista a
esse legata. Ogni scena, inoltre, è annunciata nelle sue coordi-
nate spazio-temporali, ma anche anticipata nei motivi e negli av-
venimenti centrali.
Un’analoga concatenazione di episodi, relativamente autono-
mi a livello fabulistico e tematico, contraddistingue il Leben des
Galilei, le cui tappe storiche sono scandite dai titoli delle 15 sce-
ne: dalla ricerca delle prove del nuovo sistema copernicano, nel-
l’anno 1609 a Padova, fino alla diffusione oltre i confini d’Italia
dei Discorsi delle nuove scienze, nel 1637.

– Distanza critica e problematizzazione dell’illusione scenica


si ottengono anche tramite le forme di teatro nel teatro.

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In Der kaukasische Kreidekreis un cantore, nella cornice del-


la scena primaria, presenta e interviene a narrare, descrivere e
commentare la rappresentazione interna, la vecchia leggenda ci-
nese Il cerchio di gesso, fino a chiuderla con una allocuzione al pub-
blico interno, gli abitanti dei due kolchoz, ma con chiaro riferi-
mento agli spettatori esterni, invitati a meditare sulla parabola.

2. Scenografia

La scena non simula un ambiente reale ma, come elemento del


teatro epico, impedisce l’immedesimazione e favorisce l’astra-
zione, conservando la dimensione di apparato teatrale, di quin-
te, di accessori.
A interruzione e commento dell’azione intervengono scher-
mi, proiezioni, cartelloni, un utilizzo non tradizionale dell’illu-
minazione e degli spazi. Titoli di scene e testi introduttivi, Ne-
bentext autoriale, vengono proiettati sul palcoscenico a mediare
eventi trascorsi o intervalli non rappresentati, informando su
luoghi, tempi e contenuti dell’azione che segue o a commento
dell’accadere drammatico, secondo un procedimento di lettera-
lizzazione del teatro che conduce dal figurato al formulato e a
una visione complessa da parte dello spettatore (come enuncia-
to nelle note alla Dreigroschenoper).
Portare alla luce l’apparato scenico costituisce un prelimina-
re effetto di straniamento; il pubblico, confermano tra l’altro le
note al Galilei, deve conservare la persuasione di essere a tea-
tro. Ciò non implica mancanza di realismo, lo scenario come
sfondo deve, secondo le indicazioni dell’autore, rappresentare
in questo caso l’ambiente storico, sottolineando, con i costumi,
le differenze sociali.
Il senso metaforico della commedia Die Rundköpfe und die
Spitzköpfe è invece segnalato dalla visibilità degli accorgimenti
scenografici: l’essenzialità della scena, i riflettori a vista, i cam-
biamenti di scena solo velati da siparietti trasparenti, oggetti
concreti ma con valore di insegna o simbolo, silhouette, movi-
menti di accessori a scena aperta e scoperti, lavagne, rumori pro-
dotti tecnicamente, ma senza intenzione di creare atmosfere il-
lusorie o suscitare stati d’animo.
In questo dramma Brecht recupera un requisito arcaico: la
maschera, che deforma la fisionomia naturale e distingue i pro-
tagonisti della parabola in Ciuk, teste tonde, e Cik, teste a pun-
ta di almeno quindici centimetri più alte delle altre.

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Grosse scritte si leggono sul sipario di Der aufhaltsame Auf-


stieg des Arturo Ui, del genere «titolo giornalistico», mentre dei
cartelli alla fine delle scene suggeriscono al pubblico un con-
fronto tra l’allegoria rappresentata e l’evento storico corrispon-
dente, ovvero l’ascesa al potere di Hitler, dalla crisi degli anni
1929-1932 all’entrata in Austria (11 marzo 1938).

3. Comunicazione

Il teatro epico concede ampio spazio al Nebentext autoriale, este-


so a notazioni narrative, descrittive e interpretative, talora tra-
dotte esplicitamente sulla scena tramite cartelloni e proiezioni.
Le strutture della comunicazione mediata possono essere de-
limitate e isolate rispetto al corso dell’azione drammatica o pre-
sentarsi all’interno del dialogo. In entrambi i casi assolvono la
funzione di interrompere il piano linguistico interno e disturba-
re l’assolutezza del dramma.
Alle forme contestuali al dialogo appartengono:

– «a parte»
– allocuzioni dirette ad spectatores
– uscir dal ruolo da parte degli attori
– esposizioni
– azioni riferite e nascoste
– commenti e riflessioni
– sentenze.

Un ruolo particolare è assunto nel teatro brechtiano dai

– Songs [canzoni].

Come ripresa di antichi mezzi drammatici si ricorre a:

– prologo [Prolog, Vorspiel]


– epilogo
– coro.

I personaggi presenti in questi luoghi della rappresentazione


possono essere interni o esterni all’azione drammatica; portavo-
ce dell’autore o comunque di una determinata prospettiva ri-
spetto all’opera, mediatori tra palcoscenico e pubblico, inter-

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Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 127

rompono la consequenzialità e l’illusione dell’evento rappresen-


tato. I personaggi, che assumono vari ruoli, possono introdurre
lo spettacolo come tale o mantenere una continuità con il livel-
lo interno di comunicazione, quali narratori, osservatori, com-
mentatori delle vicende.
Il coro, collettivo esterno alla rappresentazione o verbalmen-
te agente in essa, conserva una distanza dalle situazioni che per-
mette l’osservazione riflessiva o assolve direttamente la funzio-
ne di narratore e commentatore autoriale.
Il teatro epico brechtiano richiede a tutti i personaggi un’azio-
ne di straniamento, per impedire la tradizionale identificazione
da parte del pubblico e prevede adeguate tecniche di recitazione,
eventuali autopresentazioni, riferimenti a sé in terza persona, im-
magini riprodotte sulle quinte. L’attore non deve immedesimarsi
nel ruolo ma mostrare il personaggio rappresentato.
In Der gute Mensch von Sezuan il prologo è affidato al per-
sonaggio Wang, che si presenta direttamente al pubblico, illu-
stra ambiente e situazione, comunica brevemente l’antefatto, an-
ticipa il tema della rappresentazione e, con espressioni deittiche,
descrive altri personaggi entrati in scena.
L’epilogo, a sipario calato, spetta invece a uno degli attori,
uscito dal ruolo, che si rivolge pedagogicamente al pubblico,
demandandogli criticamente la conclusione.
Esterno all’opera è invece il Buttafuori che pronuncia il pro-
logo dello Arturo Ui, anche fisicamente distanziato dalla scena,
davanti al sipario ancora calato; anonimo è il testo dell’epilogo.
Più in forma di Spiel im Spiel si presenta la cornice premessa
a Die Rundköpfe und die Spitzköpfe, che comprende l’intro-
duzione della figura registica esterna del direttore del teatro, il
riferimento all’autore e al tema della rappresentazione, la mani-
festa assunzione dei ruoli da parte degli attori che scelgono i lo-
ro costumi, la citazione dell’allestimento scenico.
Il coro svolge un costante ruolo didascalico nel dramma di-
dattico Die Maßnahme. Oltre a canti e interventi corali, Die hei-
lige Johanna der Schlachthöfe utilizza invece giornalai, strilloni e
voci fuori campo.
L’effetto estraniante dei Songs risiede nel non essere integra-
ti e motivati nel sistema interno di comunicazione, che inter-
rompono rivolgendosi in modo diretto al pubblico. L’attore mu-
ta la sua funzione, abbandona il piano del discorso corrente ed
evidenzia il momento del canto, che è epicamente astratto dal
contesto per commentare l’azione.
Nella Dreigroschenoper Jenny compare davanti al sipario

127
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 128

con un organetto per cantare Salomon Song. Altri accorgimen-


ti, a scena aperta, sono una particolare e scoperta illuminazione
(tre lampade appese a una pertica che scendono dall’alto a illu-
minare lo strumento musicale), cartelloni che indicano i titoli
delle canzoni, attori che avanzano sul proscenio.
Tra le canzoni dell’opera Pfister (D, pp. 116-18) cita Salomon
Song per confrontarla con la ripresa in Mutter Courage. Anche il
testo della canzone provoca la reazione critica dello spettatore;
il parallelismo formale è associato ironicamente alla disparità del
catalogo: la saggezza di Salomone, la bellezza di Cleopatra, l’e-
roismo di Giulio Cesare, vanità e fonti di disgrazie, non sono au-
gurabili così come la passione del bandito Mackie Messer e l’au-
tocitato desiderio di sapere dell’autore, Brecht, che compare in-
congruentemente per bocca di uno dei suoi personaggi all’in-
terno di una sua opera. In Mutter Courage sono cantate dalla
protagonista e dal cuoco solo alcune identiche strofe, senza ri-
ferimento all’autore e scenicamente più integrate allo svolgi-
mento dell’azione. Tuttavia non solo permane la funzione epica
di commento, sia pure più connesso ai temi del dramma come
dimostrano gli intermezzi tra le strofe, ma si riproduce una nuo-
va incoerenza, soprattutto fra il significato della canzone e uno
dei personaggi che la interpreta, il cuoco, non certo vittima di
una morale non redditizia. Risulta quindi interrotta la prospet-
tiva del personaggio che, in questo suo uscire dal ruolo, opera
un’implicita mediazione comunicativa.
Lari.QXD 8-10-2004 12:28 Pagina 129

9.
Generi - Sottogeneri
(«Gattungen - Gattungsunterarten»)

Nelle pagine precedenti sono stati spesso citati sottogeneri


drammatici senza ulteriori precisazioni, come indicazioni gene-
riche o secondo specifiche scelte dell’autore. La dichiarata ade-
sione a una forma implica un confronto con le produzioni con-
temporanee e con la tradizione e predispone le aspettative del
pubblico e dei lettori. Tale appartenenza a un genere può con-
templare però sia aderenza al canone che trasgressione di rego-
le, e comunque intende sempre variazioni e trasformazioni sto-
riche. Un’analisi delle forme drammatiche dovrebbe quindi ren-
der conto di definizioni, come tali costanti, e della varietà delle
singole opere, di elementi di continuità e di rottura.
In Germania la tradizione critica della Gattungsgeschichte
[storia dei generi letterari] ha prodotto una classificazione che
nel tentativo di riconoscere costanti tipologiche ha elaborato
una complessa rete terminologica. L’importanza di attribuire le
singole opere a una forma con caratteri distintivi e l’evidenza
delle deviazioni dalla norma retorica o tradizionale hanno infat-
ti indotto i teorici a introdurre suddivisioni che conservassero
categorie e mutamenti. Oltre alla complessità del risultato, a una
classificazione così ramificata da esaurire la sua specifica fun-
zionalità, emergono incongruenze e forzature, anche rispetto al-
le dichiarazioni degli stessi autori o di correnti culturali.

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I testi di Ivo Braak citati (PS, GDD) illustrano, con la loro


struttura in Stichworten [a lemmi] e il ricorso a schemi classifi-
catori, l’impostazione della Gattungsgeschichte e rappresentano
un utile riferimento per un’opportuna discussione sulle forme
assunte dalla drammaturgia tedesca.

1. Tragedia - Commedia («Tragödie, Trauerspiel - Komödie, Lust-


spiel»)

Trattando la prima, essenziale distinzione, fra tragedia e com-


media, i possibili richiami teorici necessariamente si moltiplica-
no e saranno pertanto proposti solo selezionati accenni con va-
lore operativo.
La normativa classica propone criteri distintivi di derivazio-
ne aristotelica, ma corretti e integrati in particolare dalle conce-
zioni sociali feudali. Per uno di questi criteri, quello dell’unità,
relativo alla fabula e poi esteso alle coordinate spazio-tempora-
li, rimando al capitolo sulla struttura del dramma. Lo svolgi-
mento infelice dell’azione nella tragedia consegue da un esordio
felice; lo schema della commedia, costruito in opposizione, pre-
vede un passaggio da una condizione iniziale infelice a una con-
clusione lieta, mentre il suo andamento leggero è antitetico a
quello grave della tragedia.
Esplicito nella Poetica di Aristotele è invece il confronto tra i
personaggi: migliori nella tragedia, peggiori nella commedia, ri-
spettivamente nel senso morale della superiorità rispetto all’or-
dinario e del ridicolo (2, 1448a; 5, 1449a).
I coerenti e appropriati caratteri tragici sono dunque nobili
per inclinazione morale: le poetiche rinascimentali e barocche
intendono invece questa nobiltà come posizione sociale, cui as-
sociano l’altezza di caduta [Fallhöhe]. Ai personaggi di ceto ele-
vato, aristocratico, della tragedia corrispondono quelli di rango
più umile della commedia. La Ständeklausel si riflette sul livello
stilistico: linguaggio alto nella tragedia, quotidiano nella com-
media.
Argomenti adeguati ai due generi sono ad esempio, per
Opitz, volontà di re, guerre, insurrezioni, omicidi e delitti in am-
bito familiare, dolori e disperazioni nella tragedia; matrimoni,
giochi, facezie e inganno, spensieratezza giovanile, vanagloria di
mercenari, affari da sensali e avarizia di vecchi nella commedia.
Anche la Poetica valuta come altamente tragiche catastrofi tra
persone legate da vincoli di parentela, mentre il criterio di vero-

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simiglianza suggerisce per la tragedia materia storica o mitica, la-


sciando più margine all’invenzione alla commedia, che assumerà
inoltre contenuti privati e quotidiani.
I personaggi tragici, e i loro nomi, sono preferibilmente trat-
ti dalla tradizione e, per risultare credibili, non si distinguono
per eccezionale virtù ma appaiono allo spettatore simili a sé. La
loro sorte tragica suscita perciò terrore e pietà, perché provoca-
ta da errore e non da vizio; l’effetto finale è catartico, purifica-
tore nei confronti delle passioni (tralascio le questioni interpre-
tative sorte su questo tema).
Queste note essenziali sulla storicità, qualità morale, posizio-
ne sociale, stile oratorio, argomento e scioglimento del dramma
vengono in parte disattese già in età barocca, quando è piena-
mente vigente la normatività retorica dei generi. Non si tratta di
singole eccezioni, come l’introduzione di personaggi borghesi
nel Cardenio und Celinde di Gryphius, bensì di un’impostazio-
ne che si distacca dal modello della tragedia antica, ponendo a
fondamento dell’opera la prospettiva salvifico-ultramondana.
Si affianca dunque alla Tragödie un’altra accezione di trage-
dia, cui corrisponde un termine specifico e differenziato: Trauer-
spiel [dramma luttuoso]. Maggiori contrasti sorgono dalla crisi
del sistema sociale, sfondo delle poetiche cinque-seicentesche:
anche in questo caso il ricorso a forme miste, a termini relativi co-
me Tragikomödie [tragicommedia], risolve le lacune nelle com-
binazioni tra scioglimento e status. Questi processi conducono
nel Settecento alla ridefinizione dei generi e al superamento dei
rigidi confini normativi tra commedia e tragedia e dei loro stessi
criteri. Al di là della nuova terminologia, le teorie drammatiche
tendono sempre più a considerare indifferente rispetto alla qua-
lità del genere l’estrazione sociale dell’eroe o l’effetto comico o
commovente dello spettacolo.
Con Lenz la Komödie è definita tale per la sua destinazione a
tutti. Il primato della vicenda sul personaggio, all’opposto della
tragedia, e quindi il suo presentarsi come affresco della società
umana implicano i momenti del riso e della commozione. L’esi-
genza di compassione da parte del pubblico nei confronti del-
l’eroe tragico induce invece Lessing a ignorare la norma del ce-
to e a introdurre o far subentrare a quelli tradizionali personag-
gi borghesi.
Da queste e simili tendenze e discussioni drammaturgiche si
viene affermando una nuova classificazione che affianca al
Trauerspiel e al Lustspiel [commedia] una denominazione neu-
tra nell’ambito del dramma serio: Schauspiel [dramma].

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Le difficoltà, qui solo accennate, si ripropongono nell’analisi


delle singole opere, e spesso nel confronto tra la dicitura del sot-
totitolo e il contenuto e lo schema dello spettacolo.

1.1. Tragico - Comico («Tragik - Komik»)


Le due principali categorie drammatiche sono comunque tradi-
zionalmente distinte dalle poetiche per gli effetti tragici di pietà
e terrore, e comici di riso e derisione.
Il discorso sui concetti di tragico e comico ha una più com-
plessa storia, non percorribile in queste pagine, e che, al di là del-
la poetica e della stessa estetica, amplia la direzione di ricerca in-
torno al significato di tali idee (cfr. T, K).
Il pensiero dialettico riflette sulla contraddittoria relazione
tra innocenza ed espiazione che contraddistingue l’eroe tragico.
L’ineluttabilità del destino costringe l’eroe alla colpa e alla scon-
fitta e a subire una punizione a seguito del suo vano tentativo di
contrastarlo. Questo è lo schema classico della tragedia antica:
la teoria del tragico è elaborata da Schelling sulla base di questo
conflitto tra necessità oggettiva e libertà del soggetto, che soc-
combe, ma affermando coscientemente la volontà di espiare un
delitto inevitabile. Il rovesciamento della perdita di libertà in vo-
lontà, e quindi nel riconoscimento della libertà nel contrastare
comunque e accettare l’imposizione del destino, è il senso del
tragico.
Il conflitto tra le due potenze antagoniste non è pertanto ri-
solto da una radicale e univoca sconfitta. L’Antigone è esempio
di antagonismo nella sfera etica e di compiuta realizzazione tra-
gica secondo Hegel.
La trattazione della tragedia sofoclea nell’Estetica1, cui ne-
cessariamente limitiamo i riferimenti alla teoria hegeliana, mo-
stra l’opposizione dialettica tra l’universalità della vita etica nel-
lo Stato e l’eticità naturale dei vincoli familiari rappresentata nel
conflitto tra Creonte e Antigone. Entrambi si oppongono a ciò
che comunque attiene alla loro esistenza, e che sono tenuti a ri-
spettare: il contesto della polis in cui è inserita Antigone, l’am-
bito familiare in cui vive Creonte.
Il conflitto è dunque immanente e la punizione che li coinvol-
ge non è semplicemente nel segno dell’antica giustizia che ricom-
pone l’equilibrio contro gli eccessi individuali. Alla nemesi che
regola la hybris, la tracotanza tipica dei protagonisti della trage-
dia antica, si sostituisce per Hegel una superiore riconciliazione
tragica che supera dialetticamente l’unilateralità del pathos indi-

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viduale, fondamento della collisione. I particolarismi delle due le-


gittime potenze etiche, incarnati nelle due figure drammatiche,
portano a compimento il proprio fine e il proprio carattere ne-
gandosi e violandosi reciprocamente.
La colpa dipende quindi, paradossalmente, dall’eticità, dal-
l’autoscissione dell’etico nei due momenti della sua manifesta-
zione: legge e amore, Stato e famiglia. L’unità dell’azione dram-
matica in sé conclusa richiede la soluzione del conflitto: il desti-
no risulta pertanto razionale perché riporta alla totalità della so-
stanza etica, alla sintesi dialettica che conserva la legittimità del-
le due parti in conflitto superandone l’affermazione unilaterale
nella riconciliata armonia.
Il sacrificio di Antigone, che rivendica contro le norme civili
le leggi non scritte, espressione illimitata, incomprensibile, pa-
nica (aorgica), della natura, indica per Hölderlin2 il significato
paradossale del tragico.
La conciliazione si mostra agli estremi dell’opposizione tra ar-
te e natura: l’eroe tragico, che cerca l’unificazione con l’abisso di
tutto ciò che vive, permette alla natura di manifestarsi. Ciò che
è originario non può risolversi nell’individuale, ma ha comun-
que bisogno della mediazione dell’uomo, dell’arte e della cultu-
ra, per apparire indirettamente.
L’eroe nella tragedia è quindi segno, e come tale in sé insigni-
ficante: il suo annientamento a opera della natura rivela quindi
la potenza e universalità della totalità originaria. La tragicità di
tale destino risiede nell’identità tra morte (o follia, o afasia) e si-
gnificato dell’esistenza umana.
Neppure in questi termini oppositivi e dialettici, la concilia-
zione è attinente al tragico secondo la tesi di Goethe. Il conflit-
to tragico non ammette risoluzione né ricomposizione delle op-
posizioni. La collisione, non limitata all’antitesi tra individuo e
potenze esterne, investe l’unità del soggetto: sono in lui separa-
ti in modo inconciliabile dovere e volere, tensione acuita dal-
l’ingannarsi sui fini del proprio dovere, dall’accecamento, che
dirige la volontà verso ciò che non è concesso.
Non è necessaria la catastrofe violenta a sancire l’esito della
tragedia, ma è essenziale il senso di commiato da una situazione
cara e consueta, quale estrema unificazione che ha già in sé la se-
parazione, la distanza, la sua morte.
Estrema è anche la posizione di un altro drammaturgo, Heb-
bel. L’impossibile riconciliazione dipende da un concetto di col-
pa connaturata all’esistenza. Il tragico è fondato sul principio di
individuazione, indicato sia a livello metafisico che storico-so-

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ciologico, e consiste nel distacco dall’oggettivo e totale processo


vitale.
I singoli soggetti tragici eccedono dalla propria misura, si ri-
voltano contro la totalità originaria da cui si sono distaccati, pur
rimanendone parte, e si annientano nella vicendevole lotta. Im-
perscrutabile rimane tale destino, questa colpa necessaria, la
causa della separazione, come inconoscibile è per l’uomo la po-
tenza vitale; si radicalizza così l’idea del tragico.
Il saggio sul tragico di Szondi, guida di questi appunti, assu-
me un’altra prospettiva, dall’atemporalità e astrattezza dell’idea
generale alla storicità e concrezione nelle tragedie.
La negazione di un’essenza, cui sostituire la ricerca della mo-
dalità dialettica del tragico, trae spunto dalle teorie di Benjamin.
Scopo dello Ursprung des deutschen Trauerspiels3 è delimitare l’i-
dea di dramma luttuoso [Trauerspiel] attraversando le forme
della tragedia antica [Tragödie]. Premessa gnoseologica e meto-
dologica è l’idea come costellazione oggettiva e virtuale. L’idea
del dramma barocco non è prescrittiva, né determina una classe
logicamente basata sulla media; è invece sistema, coordinazione
di elementi estrapolati dai fenomeni a opera del concetto e che
si evidenziano con maggior precisione negli estremi. L’ordine
della configurazione è dunque oggettivo, riferito ai fenomeni, e
insieme virtuale perché l’operazione richiede l’intervento di un
soggetto conoscente, un intelletto che distingue.
La poesia tragica, la tragedia attica da cui procede il confron-
to con il dramma barocco, si basa sull’idea di sacrificio, tacere e
agone.
Il sacrificio dell’eroe tragico è punizione per la ribellione alla
tradizionale legalità divina, ma l’espiazione è al contempo an-
nuncio di nuovi contenuti di una comunità nascente. L’annien-
tamento dell’eroe è, in questo senso, più connesso al soggetto
stesso, alla sua individualizzazione, all’azione isolata ancora con-
testata dal mondo, all’inadeguatezza tra volontà singola e fon-
dazione di nuovi statuti comunitari.
Il momento agonale, esteriormente la forma di gara assunta
dalle rappresentazioni teatrali greche, si configura come schema
della tragedia nelle relazioni tra i personaggi, simili alle proce-
dure giudiziarie antiche, e si riproduce nel rapporto tra l’azione
tragica e gli spettatori, non comunicata direttamente ma mo-
strata attraverso la muta stupefazione messa in scena.
Il tacere, ulteriore momento indicato da Benjamin nella con-
figurazione della tragedia, è il linguaggio dell’eroe tragico. Il dia-
logo sfocia nel silenzio, che manifesta la solitudine dell’eroe nei

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confronti degli dei e del mondo, segno di grandezza e insieme di


debolezza e minorità. Rifiuta l’obbligo di rispondere agli dei,
contro i quali rivendica la ribellione, ed è incapace di pronun-
ciare quella parola ancora ignota e remota, diretta alla comunità
per la quale si sacrifica.
Accondiscendere alla punizione di antiche leggi e fondarne di
nuove, espiare con la morte e decretare la propria vittoria, ma
nel soccombere, rappresentano anche in Benjamin quel ribalta-
mento e unità degli opposti che definisce il paradosso della tra-
gedia, la sua struttura dialettica secondo Szondi.
Soprattutto il teatro contemporaneo mostra che la linea di de-
marcazione fra tragico e comico non è così netta. E anche all’in-
terno del concetto di comico, come generico orizzonte della
commedia, si riscontra una composizione di vari aspetti (cfr.
Bernhard Greiner, K). La duplicità del testo teatrale, inerente sia
alla produzione che alla ricezione, appare intensificata nella
commedia, in quanto la corporeità dell’attore non risulta solo
funzionale al rappresentato, bensì assume diretto significato
drammatico, mentre l’interazione tra attori e pubblico ricorre
più spesso alle forme di rottura dell’illusione scenica.
L’ambivalenza strutturale e la tendenza a un’opera multifor-
me e autoriflessa si presentano anche a livello linguistico, nella
polifonia della comunicazione dialogica. Contro rigorose istan-
ze di senso coerente e di gerarchia semiotica, si afferma il supe-
ramento dei limiti, il mescolamento e la soluzione delle forme,
sia nella plurimediale relazione tra testo e messinscena, sia nel
latente carattere collettivo del riso, che favorisce una ricezione
partecipativa che supera l’isolamento soggettivo.
Considerato nei suoi effetti, il comico coinvolge la sfera intel-
lettuale e quella fisica. Distinguendo nell’esposizione i due mo-
menti, la prima comprende elementi di derisione, umorismo, sa-
tira. La comicità dei personaggi e delle situazioni dipende infat-
ti dal contrasto e dall’incongruenza che il pubblico avverte tra
attese e adempimenti, oggetto e concetto, autovalutazione e pro-
spettiva altrui, qualità e apparenza. Non ne deriva un processo
identificatorio con l’eroe drammatico, bensì un atteggiamento
di superiorità cognitiva da parte dello spettatore, che consape-
vole e sereno si solleva dalle contraddizioni rappresentate o si
congeda da ordini socio-culturali e sistemi di significato ormai
superati.
L’espressione più elementare del riso, inteso come liberazio-
ne del corporeo e del sentimento del piacere rispetto alla re-
pressione delle norme, risulta invece più immediata. L’intesa, in

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questo caso, tra eroe comico e spettatore si fonda su una parte-


cipazione più diretta e intuitiva e sulla fusione trasgressiva nel
senza forma e senza limiti.
Sono questi i temi del carnevale studiati da Bachtin: la rivalu-
tazione del corporeo e del sensuale appare dunque nel senso del
grottesco e dell’eccentricità. Si superano i confini dell’isolata
unità dell’io, favorendo il contatto con gli altri, e ci si proietta
gioiosamente nel raddoppiamento, nella non-identità, nella me-
tamorfosi. L’ambivalenza carnascialesca fonde vita e morte, ele-
vato e umile, follia e saggezza e si traduce nella parola polifoni-
ca. Il dialogo è un discorso a più voci che non mira alla sintesi,
ma ammette l’alterità e la pluralità, l’inconcludibilità, l’ambi-
guità, come incontro e incrocio vivente di parole prive di un ri-
ferimento univoco.
Con la commedia la dimensione assoluta e anarcoide del riso
viene comunque oggettivata in un sistema di segni che, senza
dissolvere la struttura drammatica, la costruisce sulla base della
dialogizzazione, della duplicità testo-spettacolo, privilegiando
gestualità e corporeità, citazioni e stratificazioni letterarie, for-
me sceniche limite e ambivalenti come il teatro nel teatro.

2. Dizionario di sottogeneri

Seguono ora brevi cenni sulla terminologia e tipologia dei sot-


togeneri drammatici, che possono offrire solo un preliminare
orientamento; oltre a richiedere approfondimenti di storia e teo-
ria della letteratura e puntuali verifiche rispetto alle singole ope-
re, si ricorda la nota iniziale sulla complessità e problematicità –
e arbitrarietà – di simili classificazioni.

Con il generico e comprensivo termine TRAGÖDIE - TRAGEDIA si


indicano i caratteri della forma drammatica fondata sul concet-
to di tragico.
Schematizzando le precedenti considerazioni, si enumerano
come elementi costitutivi della tragedia:

– Ineluttabilità dell’evento tragico, nei confronti del quale


non c’è via di scampo. Varie modalità di esito infelice da pre-
messa felice e del soccombere dell’eroe (già nel modello greco è
possibile un’estrema conciliazione, come nella trilogia di Eschi-
lo Orestea, ma in una sfera che supera l’uomo).
– Schema del conflitto, nei confronti del destino, della divi-

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nità, dell’ordine morale o in genere con le potenze esterne al-


l’individuo; tradotto in forma esistenziale: tra libertà e necessità,
volere e dovere, nella contraddizione di valori e obiettivi. Evi-
denziato nelle relazioni interpersonali e nella struttura agonale
del dialogo e dell’azione.
– Consapevolezza dell’eroe tragico, nel senso di una soffe-
renza cosciente.
– Colpa tragica, che può manifestarsi in modo involontario,
come destino immeritato e non attribuibile soggettivamente,
bensì come necessità oggettiva, o connessa alla stessa esistenza,
all’imperscrutabilità della legge, all’enigma della propria condi-
zione; in modo volontario: come violazione dell’ordine, rivendi-
cazione della ribellione, responsabilità morale ascrivibile alla hy-
bris personale o al carattere.
– Effetto di pathos e di intensità di coinvolgimento nella ri-
cezione, con valenza catartica o etica.

L’origine di questa forma è la GRIECHISCHE TRAGÖDIE - TRA-


GEDIA GRECA da canto per il capro o canto dei capri, intesi ri-
spettivamente nel senso offertorio sacrificale o come derivazio-
ne dai ditirambi trasformati in canti corali rappresentati da sati-
ri, entrambi in relazione con il culto di Dioniso, come rituale è
l’uso delle maschere, dei costumi e dei coturni, e l’occasione del-
le rappresentazioni civili-religiose con modalità di gara (Grandi
Dionisie, feste dedicate a Dioniso Eleutereo).
La materia mitica è tratta invece dalla saga eroica, portatrice
di problematiche etico-religiose, sociali e psicologiche.
Tra gli elementi formali, organizzati nella Poetica aristotelica
più volte ricordata, risalta la composizione linguistica di canto
corale e verso recitato e l’architettura dialogica perfezionata con
la progressiva introduzione di un secondo attore (deuteragoni-
sta) e di un terzo (tritagonista).
Il modello della tragedia attica e dei suoi rappresentanti,
Eschilo, Sofocle ed Euripide, associato alla produzione latina
(Seneca) e alla riflessione teorica di derivazione aristotelica, agi-
sce sulla KLASSISCHE TRAGÖDIE - TRAGEDIA CLASSICA che rispet-
ta programmaticamente il principio delle tre unità «aristoteli-
che» rinascimentali di azione, tempo, luogo, della purezza stili-
stica, dell’assenza di commistioni con altri registri, della Stän-
deklausel [regola del ceto] con conseguente Fallhöhe [altezza di
caduta].
All’argomento e ai protagonisti mitici e classici si associa la
materia biblica. La struttura chiusa è a cinque atti, il verso è l’a-

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lessandrino. È presente il coro [Reyen] nelle produzioni baroc-


che, ma ripreso ad esempio anche nella tragedia di imitazione
greca Die Braut von Messina di Schiller.
L’adesione al modello classico, influenzata dal teatro france-
se, ricorre ancora in Gottsched, soprattutto nello Sterbender Ca-
to (1732); mentre singoli elementi stilistici o tematici sono rin-
tracciabili in opere strutturalmente e storicamente diversificate.
La tragedia di epoca illuminista citata è denominata da Gott-
sched TRAUERSPIEL - DRAMMA LUTTUOSO.
Lo stesso termine definisce il dramma barocco tedesco. Il
concetto, introdotto nel XVII secolo da Zesen, tradotto dall’o-
landese treurspel, è divenuto sinonimo di Tragödie. La tragedia
greca, con il suo sistema di colpa ed espiazione, riflessi di un or-
dinamento etico del mondo, può essere solo evocata dalla scena
moderna che conosce altri presupposti culturali.
Lo stesso termine non è per Benjamin affatto indifferente.
Nel suo saggio dedicato alla Ursprung des deutschen Trauerspiels
coglie nel lutto non un mero effetto di ricezione, ma l’ostentata
dimensione drammatica. La malinconia dei personaggi, segno
della loro fragilità creaturale, è associata allo stile allegorico, al-
la citazione retorica, al frammento. Il primato dell’oggetto, e del-
la sua significazione emblematica, è da un lato richiamo al fon-
damento divino, ma dall’altro rovina, segno inessenziale di ca-
ducità. Anche la morte dei protagonisti è all’interno di questa
sfera luttuosa. Il ribaltamento salvifico irrompe quindi nello
sprofondare malinconico nella disperazione, e il dramma mon-
dano pare arrestarsi al limite della trascendenza. Oltre al signi-
ficato allegorico dei personaggi compaiono personificazioni di
astratti concetti etici; e comunque il sistema dei personaggi non
implica la soggettività del destino individuale, ma procede per
costellazioni di soggetti legati a una destinazione comune e tra-
scendente in senso cristiano (ad esempio le coppie gryphiane
Leone/Balbo, Caterina/Chach Abas, Cardenio/Celinde). Le pas-
sioni sono esibite sulla scena più che l’azione: la malinconia, la
ricerca stoica del dominio sulle passioni terrene, l’esaltazione
della costanza del martire.
I due termini essenziali del Trauerspiel barocco sono la tiran-
nide e il martirio. Al mito si sostituisce dunque la storia. L’im-
magine della corte, il sistema assolutistico e il sovrano sono cifre
della comprensione storica. La vanità e la fortuna investono la
sfera mondana del potere, mentre lo stato d’eccezione della ti-
rannide provoca timore e riflessione etico-politica. La sovranità
del martire consiste nell’esempio di costanza di fronte a una ca-

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tastrofe tragica subìta non per trasgressione e colpa ma relativa


alla situazione creaturale che può solo affidarsi al riscatto della
redenzione. La morte coincide con una soluzione positiva, non
ammessa dalla tragedia, ma che comunque oltrepassa i confini
della compiuta azione drammatica.
Le classificazioni di genere suggeriscono i vocaboli TYRAN-
NENDRAMA - DRAMMA DEI TIRANNI e MÄRTYRENDRAMA - DRAM-
MA MARTIROLOGICO di ascendenza gesuitica; la tradizione con-
troriformista teatrale dell’ordine è definita anche dal termine
Ordens-Drama che più in generale rientra nel GEISTLICHES DRA-
MA - DRAMMA RELIGIOSO o più specificamente, e pedagogica-
mente, nello SCHULDRAMA - DRAMMA SCOLASTICO.
Rappresentazioni di contenuto o ispirazione religiosa sono
frequenti soprattutto nel teatro medievale. Tra le varie forme svi-
luppatesi nel XV secolo citiamo le MORALITÄTEN - MORALITÀ.
Il motivo principale della lotta tra virtù e vizi nell’esistenza
terrena, rappresentata anche attraverso figure allegoriche ed
esemplificata in un caso individuale, rivela l’intento morale-di-
dattico di tali produzioni drammatiche.
Uno dei più noti esempi di moralità è il tema dello JEDER-
MANN - OGNUNO di derivazione olandese e inglese (fine ’400 -
inizio ’500). Dopo una transizione nel dramma latino (con la di-
zione Hecastus, Homulus), è ripreso in volgare da Hans Sachs
(1549) e Stricker (1584).
L’improvviso annuncio della morte conduce l’uomo, l’indefi-
nito protagonista esemplare, solo e inconsolato, spogliato di tut-
to, di fronte al giudizio divino e al resoconto della propria esi-
stenza.
A questa tradizione rinvia anche il moderno Jedermann
(1911) di Hofmannsthal.

Sospesa questa parentesi del geistliches Drama, da integrare con


numerosi riferimenti nel corso della storia del teatro tedesco, è
necessario precisare il contesto delle opere relative al Trauer-
spiel. Dalle sue origini barocche, il Trauerspiel assume varie for-
me: la sua generale equivalenza con Tragödie richiede di specifi-
carne i diversi aspetti.
L’annotazione più rilevante concerne il BÜRGERLICHES
TRAUERSPIEL - DRAMMA BORGHESE.
Il tragico si trasferisce in ambiente borghese. Introdotto in
epoca illuminista, principalmente a opera di Lessing (Miß Sara
Sampson, 1755, e le riflessioni teoriche della Hamburgische Dra-
maturgie), rivaluta il ruolo sociale, etico e intellettuale della bor-

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ghesia, in polemica contro la nobiltà feudale, e propone innova-


zioni stilistiche in funzione dei principi di semplicità e natura-
lezza.
Linguisticamente si afferma la prosa e un registro più realisti-
co e quotidiano, maggior libertà e flessibilità rispetto alle con-
venzioni delle unità e alla distinzione di tono ed effetto dram-
matico.
Essenziale è invece l’intenzione catartica della tragedia: la
pietà, in prima istanza, può essere suscitata dalle sofferenze di
personaggi simili agli spettatori. I soggetti e i personaggi bor-
ghesi contribuiscono dunque alla sensibilizzazione del pubbli-
co, all’identificazione con l’eroe, a rendere efficace il persegui-
mento dell’equilibrio emotivo esteso a un richiamo solidale eti-
co-sociale.
Le tendenze di critica sociale si sviluppano nel teatro dello
Sturm und Drang. Sono classificate come bürgerliche Trauerspie-
le: Clavigo e Stella di Goethe, Kabale und Liebe di Schiller. Il bür-
gerliches Trauerspiel prosegue in adattamenti di epoche succes-
sive (ad esempio Maria Magdalene di Hebbel, 1844); per distin-
guere la linea di sviluppo che accentua il motivo sociale, con l’e-
mergere della questione del quarto stato, è coniato lo specifico
termine SOZIALES DRAMA - DRAMMA SOCIALE.
Elaborato nel naturalismo (Hauptmann, Vor Sonnenaufgang
e, in particolare, Die Weber), Braak ne individua il precursore in
Büchner (Woyzeck) e, dopo la produzione espressionista, chiu-
de il cerchio con Der Soldat Tanaka di Kaiser (1940).
Per drammi più recenti (da Sperr a Walser, da Kroetz a Mühl
e Fassbinder) dal 1966 (Jagdszenen aus Niederbayern di Sperr) si
preferisce la più comprensiva denominazione ALLGEMEINES SO-
ZIALKRITISCHE DRAMA - DRAMMA DI CRITICA SOCIALE GENERALE.

DRAMMI STORICI
Secondo la classificazione proposta da Braak, l’aggettivo his-
torisch (storico), o sinonimi, qualifica ulteriormente drammi a
tema o impostazione storici. Negli schemi rappresentativi delle
varie correnti culturali e teatrali compaiono le varianti:

Historische Tragödie (tab. 57, GDD, p. 200, Sturm und Drang, es.:
Lenz, Die sicilianische Vesper)
Idealistische Geschichtstragödie (tab. 58, GDD, p. 226, Classicismo e
Romanticismo, es.: Schiller, Don Carlos)
Historisch-patriotische Tragödie (tab. 58, GDD, p. 227, es.: Kleist,
Die Hermannsschlacht)

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Geschichtsdramen (tab. 65, GDD, pp. 294-95, Opere di Grillparzer:


König Ottokars Glück und Ende)
Historische Tragödie (tab. 70, GDD, p. 315, Dramma dello Junges
Deutschland, es.: Laube, Gustav Adolf König von Schweden)
Historisches Trauerspiel (tab. 73, GDD, p. 330, Realismo, es.: Heb-
bel, da Judith a Demetrius, quindi anche con contenuti biblici e lette-
rari, Die Nibelungen, ma con intenti di rappresentare lo sviluppo della
storia universale)
Historiendrama (tab. 73, GDD, p. 331, es.: Heyse, Ludwig der Bayer)
Historisches Schauspiel (tab. 85, GDD, p. 420, Neorealismo e reazio-
ne, es.: Bruckner, Elisabeth von England; Eckart, Heinrich von Hohen-
staufen)
Historische Tragödie / Geschichtsdrama (tab. 85, GDD, p. 421,
Dramma popolare, es.: Langenbeck, Heinrich VI)

L’enumerazione riportata vale come esempio, trasferibile


quindi ad altri campi semantici e neppure concludibile nella sua
proposta di variazioni. Per le altre voci non si ripeteranno tali ri-
ferimenti, che valgono comunque come avviso sull’uso delle
classificazioni e sui rischi di conservare definizioni categoriali
adattandole al mutamento dei generi.
Per il dramma storico schilleriano, catalogato come Idealisti-
sche Geschichtstragödie ma citato altrove (PS, p. 296) a esempio
di Historisches Ideendrama, si associa l’attributo storico a quel-
lo che definisce l’opera idealistica o di idee. Il motivo del conflit-
to tra libertà individuale e costrizione esterna coniuga il concetto
classico di destino con la materia storica in sostituzione del mito;
ne deriva un’essenziale accezione di decisione etica, che produce
un nuovo termine: Ethisches Entscheidungsdrama.
A completare il panorama della tragedia se ne classifica anche
la forma ibrida o composita GEMISCHTE TRAGÖDIE - TRAGEDIA
MISTA.
Di ascendenza popolare e come reazione anticlassica, con ri-
ferimento al modello shakespeariano, si basa sul principio di
commistione stilistica: tragico e comico, verso e prosa, disconti-
nuità spazio-temporale, rappresentazione di affari di Stato e sce-
ne popolari.
Gli esempi citati da Braak sono i più vari: dal Götz e dall’Eg-
mont goethiani a Grabbe, Herzog Theodor von Gothland o Ma-
rius und Silla, fino a Büchner, Dantons Tod e perfino il Woyzeck.
Quindi il naturalismo (Hauptmann, Florian Geyer) e la forma
dello STATIONENDRAMA - DRAMMA A TAPPE tipica dell’espressio-
nismo; e, come citazione moderna, Die Plebejer proben den Auf-
stand di Grass.

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La possibilità di uno spettro così ampio di opere, catalogabi-


li anche sotto altre voci, dipende dalla genericità della dizione e
delle caratteristiche che le delimitano (anticlassicismo e model-
lo shakespeariano).

Un’altra catalogazione ampia, ma trasversale ai generi, riguarda


l’aspetto formale e la predominanza tematica; per lo ANALYTI-
SCHES DRAMA - DRAMMA ANALITICO e analoghe definizioni strut-
turali, rimando al capitolo sulla struttura del dramma. Lo HAND-
LUNGSDRAMA - DRAMMA D’AZIONE è assegnato a opere in cui l’a-
zione è il fattore principale: l’evento, l’avvenimento, la situazio-
ne, nella gamma di accezioni in cui abbiamo già analizzato il ter-
mine. Lo SCHICKSALSDRAMA - DRAMMA DEL DESTINO, uno dei
sottotipi del dramma d’azione, ha assunto rilevanza a causa del-
la costanza e peculiarità del concetto di destino (mitico, religio-
so o secolarizzato) all’interno del dramma.
Quando al centro dell’opera risulta invece un personaggio da
cui dipende l’azione, si tratta di CHARAKTERDRAMA - DRAMMA DI
CARATTERI.
Si liberano dalle ramificazioni del sistema tipologico le neu-
tre definizioni di DRAMA - DRAMMA, SCHAUSPIEL - DRAMMA as-
sunte in particolare dal teatro naturalista, ma usate già prece-
dentemente (ad es. Dantons Tod, Ein Drama, di Büchner). Espli-
citamente Hauptmann denomina Drama Das Friedenfest e
Schauspiel Rose Bernd, come anche Die Weber, tematicamente
catalogato da Braak nella forma del Soziales Drama, scelto di-
rettamente da Hauptmann per Vor Sonnenaufgang.
Lo Schauspiel, dalla fine del XVIII secolo, appare una forma
vicina alla tragedia con conciliazione, compensazione o appia-
namento finale, che si può mostrare anche in modo controver-
so, con soluzione rinviata al futuro o ancora nella prospettiva del
parziale fallimento.
Esempi di Schauspiel sono: Iphigenie auf Tauris e il Torquato
Tasso di Goethe, il Prinz Friedrich von Homburg e Das Käthchen
von Heilbronn di Kleist.
L’indeterminatezza ne consente tuttavia l’attribuzione a ope-
re molto distanti formalmente e storicamente.
Specifici elementi formali e di organizzazione dell’azione con-
corrono a circoscrivere la forma del LYRISCHES DRAMA - DRAMMA
LIRICO caratterizzato da un linguaggio lirico stilizzato e da un nu-
cleo minimo di azione rappresentata per lo più in riferimento a un
personaggio che esprime in monologhi esperienze interiori. La

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parola lirica, riflessiva e simbolica, in queste brevi forme dram-


matiche predomina sui tradizionali fattori mimico-teatrali.
Gli esempi possono essere tratti dal teatro settecentesco di
Klopstock a quello impressionista, con particolare riferimento a
Hofmannsthal, Der Tor und der Tod, Der Kaiser und die Hexe,
Das kleine Welttheater.

KOMÖDIE - COMMEDIA
I criteri di riconoscimento del generale sottogenere dramma-
tico della commedia risalgono al concetto di comico. Le sue
espressioni sono comprese tra situazioni di conflitto apparente,
smascherato e condotto alla soluzione positiva, peripezie e in-
trighi risolti secondo uno schema di giustizia poetica che associa
alla valutazione del personaggio l’esito adeguato, serena rifles-
sione sulle debolezze e vizi umani, di norma sullo sfondo di con-
dizioni storico-sociali contemporanee, rivelazione di contraddi-
zioni inerenti alla realtà quotidiana e al permanere di sistemi e
fenomeni anacronistici. Questa tendenza critica, la distanza nei
confronti della situazione e dell’oggetto drammatico, la scoper-
ta di essenziali contrasti e lacerazioni insolubili sono connesse al
momento liberatorio del riso, ma hanno affinità anche con l’e-
sperienza del tragico. Si allontana inoltre in particolare dal con-
cetto e dagli effetti del comico la linea che viene definita ERNSTE
KOMÖDIE - COMMEDIA SERIA.
La Ständeklausel limita la commedia a personaggi borghesi, al
registro linguistico medio, a determinati contenuti quotidiani
consoni a un’umanità inferiore e peggiore rispetto all’ordinario.
Il superamento di tali vincoli, a partire dalla drammaturgia set-
tecentesca, la arricchisce di argomenti, la libera dai pregiudizi
sociali gerarchici, introducendo anche nobili, ne ampia la possi-
bilità di effetti sul pubblico anche nell’opposizione di derisione
e commozione.
Eine Komödie è il sottotitolo di un’opera come Die Soldaten
di Lenz, che dall’affresco di una realtà sociale basata sull’estra-
neità e conflittualità di gruppi gerarchicamente distinti deriva
una soluzione infelice al termine di una rappresentazione di to-
no serio.
Per poter quindi catalogare la varietà delle produzioni si ri-
corre a denominazioni specifiche.

ANTIKE KOMÖDIE - COMMEDIA ANTICA


Secondo l’etimologia greca, cultura di origine della comme-
dia, significa canto [w¬dä] di un corteo [kømov], intendendo in

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particolare quelli connessi al culto di Dioniso4. Le commedie


conservano la dimensione rituale e si rappresentano in occasio-
ne delle Lenee, feste in onore di Dioniso. Le processioni origi-
narie erano associate a canti osceni e beffardi, a invettive crude
e allegre scambiate tra i partecipanti.
La struttura della commedia si sviluppa a partire dal coro, cui
si aggiungono i ruoli degli attori. Elemento centrale è la scena
dell’agone, il dialogo in forma di contrasto ancora legato al co-
ro o più chiaramente distinto negli episodi scenici, preceduti dal
prologo e dal parodo, come nella tragedia, ma con l’ulteriore in-
troduzione della parabasi, nella quale il coro si rivolge al pub-
blico in nome dell’autore.
Imitazione moderna è Die verhängnisvolle Gabel di Platen
(1826).

CHARAKTERKOMÖDIE - COMMEDIA DI CARATTERI


Il personaggio, centrale e determinante per l’azione della
commedia, si presenta agli spettatori con caratteristiche appa-
renti che svaniscono durante lo svolgimento, evidenziando e in-
fine risolvendo comicamente o ironicamente le dissonanze tra
apparenza e sostanza, finzione e realtà.
Un sottotipo è la TYPENKOMÖDIE - COMMEDIA DI TIPI che in-
siste sulla stereotipia e fissità caricaturale del carattere.
Commedie di caratteri, con diversa progressione dello svela-
mento, sono Minna von Barnhelm di Lessing, Der zerbrochene
Krug di Kleist, Bibelpelz di Hauptmann.

INTRIGENKOMÖDIE - COMMEDIA DI INTRIGHI


Predomina l’azione, nella forma dell’intrigo, ordito con sco-
pi positivi e comunque risolti con esiti felici. L’unico esempio te-
desco citato da Braak è, nuovamente, la Minna von Barnhelm, di
cui si riconosce la rilevanza dell’intrigo, ma risulta difficile con-
ciliare la compresente preminenza sia del carattere che dell’a-
zione. Anche gli esempi shakespeariani citati, Il mercante di Ve-
nezia, Le allegre comari di Windsor, possono riservare analoghe
incertezze di catalogazione.
Queste incongruenze non sono da imputare all’autore, bensì
svelano, come altri problemi, difetti inerenti alle pretese classi-
ficatorie della Gattungsgeschichte.

SITUATIONSKOMÖDIE - COMMEDIA DI SITUAZIONE


Variante dell’azione, intesa in senso comprensivo, la situazio-
ne diventa nel suo complesso elemento strutturale della com-

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media e la comicità che ne deriva dipende dalla prospettiva di


superiore consapevolezza degli spettatori, gli unici a essere pie-
namente coscienti dell’accadere scenico.
Forma preferita del teatro popolare, è attribuita letteraria-
mente allo Amphitryon di Kleist, che tuttavia eccede la prospet-
tiva puramente comica.

DRAMATISCHE SATIRE - SATIRA DRAMMATICA


Classicamente il dramma satiresco chiudeva la trilogia tragi-
ca; con l’espressione tedesca dramatische Satire non ci si ricolle-
ga però a questa antica tradizione, piuttosto si designa la dram-
matizzazione dell’espressione e dell’atteggiamento satirico, che
può tendere all’accusa, alla parodia, al didascalico o al grottesco
di tono tragicomico.
Per il teatro espressionista è coniato anche il sottogenere GRO-
TESKE - GROTTESCO ad esempio per Methusalem di Goll; con ri-
corso anche a mezzi stilistici del surrealismo.
Altre opere novecentesche di satira drammatica sono: We-
dekind, Der Marquis von Keith, Dürrenmatt, Romulus der Große,
denominata contraddittoriamente dall’autore Eine ungeschicht-
liche historische Komödie.
Un’altra commedia di Dürrenmatt, Der Besuch der alten Da-
me, è invece sottotitolata Eine tragische Komödie.

TRAGIKOMÖDIE - TRAGICOMMEDIA
Questa forma mista, che acquista esiti satirici grotteschi nel
Novecento, ha una tradizione teatrale più antica, risalente fino
all’Anfitrione di Plauto, ed è oggetto di riflessione teorica da
parte di Lessing, Lenz, Hebbel. La commistione può riguarda-
re solo aspetti esteriori, come il mescolamento dei ceti, oppure
coinvolgere struttura, linguaggio, scopi e ricezione dell’opera.
Definita Comicotragoedia nelle forme cinquecentesche del
dramma neolatino scolastico, è distinta da Jacob Masen (1654-
1657) in Tragico-Komödien [commedie tragiche] e Comico-
Tragödien [tragedie comiche]. Il sostantivo ne qualifica la solu-
zione lieta e infelice. Nel primo caso avviene una inversione tra
prima parte (tragica) e seconda parte (con ribaltamento in gioia),
mentre persone di ceto medio sono ammesse solo nel secondo.
Hebbel denomina esplicitamente Tragikomödie il suo dram-
ma in versi [Versdrama] in un atto Ein Trauerspiel in Sizilien
(1847). Il Trauerspiel barocco, con la tragicità dei suoi eventi sto-
rici e il suo orrore, sfocia in situazione paradossale ed estrema, e
in una reazione di riso non liberatorio bensì raggelante.

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Ricorre alla forma tragicomica anche il dramma naturalista


Die Ratten di Hauptmann.
La consapevolezza moderna dell’impossibilità della pura tra-
gedia induce a trarre il tragico dalla commedia, come momento
spaventoso, abisso che si spalanca5.

Molte commedie tedesche sono presentate dagli autori con il


sottotitolo LUSTSPIEL - COMMEDIA.
Il primo esempio è l’atto unico in versi Die stumme Schönheit
di Johann Elias Schlegel (1747). Una citazione tra le altre è Leon-
ce und Lena di Büchner. Il principio che definisce il sottogenere
drammatico è lo humor o il Witz. Umorismo e arguzia si distin-
guono da una stretta accezione di comico e accentuano la supe-
riorità cognitiva, la separazione tra idea e realtà. Il termine si af-
ferma comunque come indicazione generale nella tripartizione
LUSTSPIEL - SCHAUSPIEL - TRAUERSPIEL e, come traduzione tedesca
di Komödie, assume diversi caratteri puntualmente specificati da
attributi e locuzioni. (Con riferimento a quanto notato prima, ri-
cordo che Braak definisce la Minna von Barnhelm anche Cha-
rakterlustspiel.)
Asmuth riferisce il tentativo operato in Germania di distin-
guere la commedia satirica del vizio e del ridicolo dalla comme-
dia allegra ricorrendo ai vocaboli Komödie e Lustspiel, diversi
per derivazione etimologica, calco di parola straniera e termine
composto tedesco (EDa, pp. 31-32).

COMÉDIE LARMOYANTE - COMMEDIA LAGRIMOSA


Forma letteraria francese, prediletta attorno alla metà del Set-
tecento, è tradotta in tedesco RÜHRENDES LUSTSPIEL (KOMÖDIE)
- COMMEDIA COMMOVENTE o, secondo la dizione di Lessing,
WEINERLICHES LUSTSPIEL.
Segna il progressivo annullamento dei confini normativi tra i
generi; l’ambientazione è borghese e il tono sentimentale, l’in-
tento morale non è demandato alla derisione di un vizio ma al
mettere alla prova una virtù. L’influsso della contemporanea
Empfindsamkeit agisce in particolare su Gellert, Die Betschwe-
ster (1745), Das Loos in der Lotterie (1746), Die zärtlichen Schwe-
stern (1747). Tra le opere di Lessing è sussunta nel sottogenere
Damon oder Die wahre Freundschaft (1747), ma Braak riconosce
l’impronta commovente sentimentale anche in Miß Sara Samp-
son, e almeno in un episodio della Minna von Barnhelm, nel dia-
logo tra Tellheim e una signora in lutto (I, 5, 6).

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UNTERHALTUNGSLUSTSPIEL - COMMEDIA DI INTRATTENIMENTO


Forme teatrali popolari, destinate al grande pubblico, con l’u-
nico fine di divertire, sono presenti sulla scena del teatro di Wei-
mar sotto la direzione goethiana (1791-1817): Iffland, Die Ha-
gestolzen, Kotzebue, Die deutschen Kleinstädter; attraversano i
secoli seguenti fino alle produzioni attuali. Nel realismo la serie
di opere di intrattenimento inaugurata da Geibel con Meister
Andrea (1855) è ulteriormente denominata SCHWANK - FARSA in
quanto assume veste farsesca.

ROMANTISCHES LUSTSPIEL - COMMEDIA ROMANTICA


Questo sottogenere costituisce una ristretta sezione, esempli-
ficata nelle opere di Tieck, Der gestiefelte Kater, Die verkehrte
Welt, caratterizzate da ironia, fantastico, confusione tra il piano
ideale e quello reale, da uso sperimentale dell’apparato scenico
e del testo drammatico.
Alle opere di Tieck, Braak associa produzioni più tarde come
Scherz, Satire, Ironie und tiefere Bedeutung di Grabbe (1827) e
Weh’ dem, der lügt di Grillparzer (1840).
Richiama inoltre il MÄRCHENLUSTSPIEL - COMMEDIA FIABESCA
riferito ancora alle produzioni romantiche di Tieck e alle com-
medie di Hebbel ispirate al teatro shakespeariano Der Diamant
(1827), Der Rubin (1851).
Nell’ambito fantastico e fiabesco sono però da annoverare an-
che le opere di Raimund e di Grillparzer. Le prime vengono di-
stinte in Original Zaubermärchen - fiabe magiche originali, ad
esempio Der Barometer auf der Zauberinsel, ma anche Der Bauer
als Millionär; e in Tragisch-komische Zauberspiele - commedie
magiche tragi-comiche, ad es. Moisasurs Zauberfluch. A Der
Traum ein Leben di Grillparzer assegna la definizione Dramati-
sches Märchen - fiaba drammatica.
Anche nel naturalismo sopravvive una linea fiabesca, rintrac-
ciata in Und Pippa tanzt! di Hauptmann.

KONVERSATIONSLUSTSPIEL - COMMEDIA DI CONVERSAZIONE


La forma più alta della ripresa della tradizione della commedia
austriaca si ha con Hofmannsthal, che tematizza il colloquio stes-
so, la valenza della parola e del silenzio, ad. es. in Der Schwierige.

DRAMATISCHER SCHWANK - FARSA DRAMMATICA


Commedia che esaspera la comicità di situazioni e di tipi con
lo scopo dell’intrattenimento. È accettata l’inverosimiglianza
dell’azione ma si richiede precisione nella costruzione dramma-

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tica, situazioni perspicue, dialogo vivace e spiritoso. Es.: Franz


e Paul von Schönthan, Der Raub der Sabinerinnen (1885).

- FARSA
POSSE
Caratterizzata da comicità grossolana e grezza, con grande li-
bertà verso ciò che è estemporaneo; Holtei, Dreiunddreißig Mi-
nuten in Grünberg (1834). Varianti e ulteriori sviluppi nella

Mundartposse – farsa dialettale


Lokalposse – farsa locale.

FARCE - FARSA
Introdotta come intermezzo comico a drammi seri nel XIV
secolo in Francia, si emancipa successivamente come forma au-
tonoma, con elementi satirici, assurdi e grotteschi. Goethe defi-
nisce in tal modo la sua satira letteraria Götter, Helden und Wie-
land. Esempio contemporaneo è Kalldewey Farce di Botho
Strauß (1981).

VOLKSSTÜCK - DRAMMA POPOLARE


Termine generico che comprende come caratteristiche am-
bientazione popolare, varietà d’azione, commistione di serietà,
talora commozione, e scherzo, realismo e fantastico, lieto fine,
tendenza didascalica, uso di un linguaggio semplice e spesso del
dialetto. Ebbe particolare sviluppo nel teatro viennese, con i
massimi esponenti Raimund e Nestroy, sulla base delle opere di
Bäuerle, Gleich e Meisl.
Emergono anche problematiche sociali, trattate per lo più
sentimentalmente, con ispirazione realistica, con accenni critici
e anche in forma satirico-parodistica. Brecht recupera lettera-
riamente forme e tradizioni di teatro popolare di varia estrazio-
ne e provenienza, criticando la trasformazione del valore naiv,
poetico e aderente alla realtà in forme romantizzate, pseudopri-
mitive e d’effetto.
Esempi di SOZIALES VOLKSTÜCK - DRAMMA POPOLARE SOCIA-
LE sono le opere di Anzengruber e, nel Novecento, Zuckmayer
e Horváth. La critica sociale prevale nelle produzioni contem-
poranee di Sperr e Kroetz che conservano tuttavia solo pochi
tratti tra quelli citati in apertura.
La critica sociale e politica indirizzata all’attualità, in forma
persuasiva o didascalica, si rileva in drammi contemporanei ca-
talogati come

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TENDENZSTÜCK – DRAMMA DI TENDENZA


LEHRSTÜCK – DRAMMA DIDATTICO.

Es.: Brecht, Die Maßnahme und die Regel, Frisch, Hacks,


Johst, Baierl, Weiss, H.M. Enzensberger, Das Verhör von Ha-
banna.
Tra le opere dedicate a problematiche sociologiche ed etiche
si cita anche il Gegenwartsdrama - dramma di attualità e il suo
esponente Bruckner, Krankheit der Jugend (1926), Die Verbre-
cher (1928).

La Dreigroschenoper brechtiana è uno spettacolo teatrale con


dialogo e canzoni; al di là del ruolo dei Songs nel teatro di Brecht,
già trattato, si apre con questo esempio l’ultima sezione della
suddivisione dei generi dedicata a opere che presentano testo re-
citato, canto e musica.

SINGSPIEL - OPERA MUSICALE


Tracciata solo per accenni, la storia delle forme teatrali operi-
stiche tedesche risale al XVII secolo, già articolata in:

– Heroische Oper - opera eroica. Judith (Opitz/Schütz, da un


testo di Salvadori);
– Ballettoper - opera balletto. Combinazione di opera musi-
cale cantata e balletto (Orpheus und Euridice, Buchner/Schütz);
– Schäferoper - opera pastorale. Di contenuto affine alla poe-
sia e al dramma pastorale e arcadico barocco (Daphne, testo di
Rinuccini tradotto e rielaborato da Opitz e musica, perduta, di
Schütz).

Da questa linea si sviluppa la forma religiosa del Geistliches


Singspiel im Schäferkostüm - opera musicale religiosa nel co-
stume pastorale, Seelewig (Harsdörffer/Staden), e lo Allegori-
sches Festspiel - opera celebrativa allegorica, di cui sono esem-
pio l’opera musicale di Gryphius Majuma, dedicata all’impera-
tore Ferdinando IV per la sua incoronazione, e Piastus, che ce-
lebra la nascita dell’erede del ducato di Brieg-Liegnitz.
Dall’opera buffa italiana e dalla opéra comique francese viene
introdotta in Germania nel XVIII secolo la Komische Oper -
opera comica, il cui apice è il mozartiano Die Entführung aus
dem Serail.
La forma operistica: Oper - opera, di derivazione italiana, ha
un primo sviluppo in Austria con le creazioni musicali di Gluck
e Mozart e la collaborazione di vari librettisti.

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Con Beethoven (Fidelio) il Musikdrama - dramma musicale


aspira a un’equiparazione qualitativa di parole e musica.
Dall’opera romantica (Weber) si passa quindi al progetto di
Gesamtkunstwerk - opera d’arte totale di Wagner, autore an-
che dei testi.
Le opere di Richard Strauß si avvalgono di un autore dram-
matico quale Hofmannsthal (Elektra, Die Rosenkavalier, Ariad-
ne und Naxos, Die Frau ohne Schatten). Nuove forme musicali si
sperimentano nell’opera di Alban Berg Wozzeck, ispirata al
dramma di Büchner; la collaborazione di Kurt Weill consente a
Brecht la rappresentazione delle sue opere drammatiche musi-
cate con canzoni. Ad autori contemporanei si deve la trasposi-
zione operistica di numerosi e vari drammi.
Il tentativo di classificare la fluidificazione e sperimentazione
delle forme drammatiche in epoca contemporanea produce nel-
lo stile della Gattungsgeschichte una proliferazione di definizio-
ni; più comprensive, con attributi associati al termine Theater:

Metaphysisches Theater
Poetisches Theater
Neorealistisches Theater
Episches Theater
Existentialistisches Theater
Absurdes Theater
Politisches Theater

o con indicatori di tendenze specifiche:

Psychologisch-individuelles Drama
Parabelstück
Dokumentarstück
Thesenstück
Politkomödie
Grotesk-komödiantische Satire
Politische Revue

e così via…
La peculiarità, anche mediale, di un’espressione drammatica
contemporanea chiude l’analisi dei sottogeneri: HÖRSPIEL - RA-
DIODRAMMA.
La mancanza dei vincoli scenici amplia le possibilità dram-
matiche. Non è condizionato soltanto dall’assenza del riferimen-
to alla rappresentazione, come accade nel Lesedrama - dramma

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da leggere, ma può sperimentare strumenti ed effetti acustici,


tecniche di organizzazione testuale originali (dissolvenza, mon-
taggio, collage, libero cambio di scena), nuovi linguaggi sonori,
musicali, audiofonici.
Tra gli autori di Hörspiele: Ingeborg Bachmann, Zikaden
(1954), Dürrenmatt, Die Panne (1956), Walser, Ein Abstecher
(1962), Heiner Müller e Heiner Goebbels, Die Befreiung des
Prometheus (1985).

Note
1
G.W.F. Hegel, Estetica, cit., pp. 1306, 1336-39, 1356-62. Polinice, fratel-
lo di Antigone, è morto nell’assedio contro la sua patria, Tebe. La legge ne vie-
ta la sepoltura nei confini patrii; Creonte, che ha assunto il potere a Tebe, ar-
riva a ordinare lo scempio del cadavere, lasciato agli animali e alla decompo-
sizione. Antigone viene sorpresa nel secondo tentativo di dare una sepoltura,
almeno simbolica, al fratello ed è condannata a morte da Creonte. Questa de-
cisione provoca l’abbandono del figlio Emone, promesso sposo di Antigone.
La città e gli dei, per bocca di Tiresia, rifiutano la sentenza che Creonte so-
stiene rigidamente a difesa del potere statale. Infine, soggiacendo alle maledi-
zioni, il re tenta di espiare la propria colpa liberando Antigone che si è ormai
impiccata e sulla cui salma si è ucciso anche Emone. Alla notizia, la moglie Eu-
ridice sceglie il suicidio dando compimento alla disgrazia familiare. Questa la
trama della tragedia di Sofocle, che suggerisce altre interpretazioni rispetto al-
la tesi hegeliana, soprattutto in riferimento al significato della «colpa» di
Creonte.
2 F. Hölderlin, Sul tragico, Feltrinelli, Milano 1980, pp. 67-68.
3
Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1963; trad. it. di Enrico Filippini,
Il dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1971, pp. 10-12, 15-16, 22-23, 100-
104, 110.
4 Cfr. A. Lesky, Storia della letteratura greca, trad. it. di Fausto Codino, Il

Saggiatore, Milano 19734, vol. I, pp. 309-11.


5 F. Dürrenmatt, Theaterprobleme, 1955, p. 48, cit. in PS, p. 302: «Wir kön-

nen das Tragische aus der Komödie heraus erzielen, hervorbringen als eine
schrecklichen Moment, als einen sich öffnenden Abgrund».
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Indici
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Indice dei nomi

Ackermann, Konrad, 23. Buchner, August, 149.


Adorno, Theodor W., 14-16. Büchner, Georg, 33, 44-45, 51-52,
Anzengruber, Ludwig, 148. 140-142, 146, 150.
Aristotele, 3, 7-8, 16, 68, 110, 130.
Artaud, Antonin, 30. Carlson, Marvin, 91.
Asmuth, Bernhard, 6-8, 11, 50, 78, Castelvetro, Lodovico, 70-71, 91.
88, 93, 103, 116. Čechov, Anton Pavlovič, 14.
Cesa, Claudio, 16.
Bachmann, Ingeborg, 151. Chapiro, J., 91.
Bachtin, Michail, 136. Codino, Fausto, 151.
Baierl, Helmut, 149. Corneille, Pierre, 78.
Barry, J.G., 16.
Bäuerle, Adolf, 148.
Beckett, Samuel, 43. Dalberg, Wolfgang Heribert von,
Beethoven, Ludwig van, 150. 23.
Benjamin, Walter, 14, 134-135. D’Amico, Silvio, 23.
Berg, Alban, 150. De Angelis, Enrico, 16.
Bernhard, Thomas, 30, 37, 43, 74, Diderot, Denis, 30.
97, 109. Donato, 69.
Birck, Sixt, 33. Dürrenmatt, Friedrich, 39, 67, 145,
Braak, Ivo, 130, 140-142, 144, 146- 151.
147.
Brecht, Bertolt, 14, 36, 74, 121, 123- Eckart, Dietrich, 141.
125, 128, 148-150. Ekhof, Conrad, 23.
Bruckner, Ferdinand (Theodor Tag- Enzensberger, Hans Magnus, 149.
ger), 72, 141, 149. Eschilo, 76, 136-137.

155
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Esslin, Martin, 4, 16. Ibsen, Henrik, 14.


Euripide, 137. Iffland, August Wilhelm, 23, 147.
Evanzio, 69. Ingarden, Roman, 24, 37.

Fassbinder, Rainer Werner, 140. Jakobson, Roman, 41.


Filippini, Enrico, 151. Johst, Hanns, 149.
Forte, Dieter, 34.
Freytag, Gustav, 83, 85, 87. Kaiser, Georg, 140.
Frisch, Max, 149. Kleist, Heinrich von, 37, 48-50, 53,
65-66, 74, 102, 118, 140, 142,
Geibel, Emanuel, 147. 144-145.
Gellert, Christian Fürchtegott, 146. Klopstock, Friedrich Gottlieb, 143.
Giraldi Cinzio, Giambattista, 70. Klotz, Volker, 85.
Gleich, Joseph Alois, 148. Koch, Heinrich Gottfried, 23.
Gluck, Christoph Willibald, 149. Kotzebue, August von, 147.
Kroetz, Franz Xaver, 32, 67, 75, 140,
Goebbels, Heiner, 151.
148.
Goethe, Johann Wolfgang von, 27,
Kurzenberger, Hajo, 109.
42, 45, 49, 79, 89, 133, 140, 142,
148.
Goll, Yvan (Isaac Lang), 145. Langenbeck, Curt, 141.
Gottsched, Johann Christoph, 23, Laube, Heinrich, 141.
Lenz, Jakob Michael Reinhold, 33,
138.
36, 112, 131, 140, 143, 145.
Grabbe, Christian Dietrich, 122,
Lesky, Albin, 151.
141, 147. Lessing, Gotthold Ephraim, 23, 26,
Grass, Günther, 141. 35, 42, 56, 67, 101, 103, 131, 139,
Greff, Joachim, 33. 144-146.
Greiner, Bernhard, 135. Lombardi, Bartolomeo, 70.
Greiner, Norbert, 4, 111. Löwen, Johann Friedrich, 23.
Grillparzer, Franz, 33, 37, 90, 100, Lukács, György, 14.
141, 147.
Gryphius, Andreas, 34, 47, 52, 105, Maggi, Vincenzo, 70.
131, 149. Masen, Jacob, 145.
Meisl, Karl, 148.
Hacks, Peter, 149. Merker, Nicolao, 16.
Handke, Peter, 71, 91. Minetti, Bernhard, 109.
Harsdörffer, Georg Philipp, 149. Minturno, Antonio Sebastiano, 70.
Hasler, Jörg, 4, 23, 25, 108. Molière (Jean Baptiste Poquelin),
Hauptmann, Gerhart, 14-15, 28, 30, 109.
37, 76, 89, 91, 123, 140-142, 144, Moni, Arturo, 16.
146-147. Mozart, Wolfgang Amadeus, 149.
Hebbel, Friedrich, 33, 133, 140-141, Mühl, Otto, 140.
145, 147. Müller, Heiner, 151.
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, Musil, Robert, 36, 118.
11-13, 16, 132, 151.
Heyse, Paul, 141. Nestroy, Johann Nepomuk, 148.
Hofmannsthal, Hugo von, 36, 139, Neuber, Johann, 23.
143, 147, 150. Neuber, Karoline, 23.
Hölderlin, Friedrich, 133, 151.
Holtei, Karl von, 148. Opitz, Martin, 33, 130, 149.
Horváth, Ödön von, 148. Orazio, 67, 76.

156
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Petsch, Robert, 10, 16, 58. Seneca, 137.


Pfister, Manfred, 4, 6, 10, 37, 41, 51, Shakespeare, William, 8, 71, 91, 109.
55, 58-59, 77-78, 83, 88, 93-94, Sofocle, 76, 137.
111, 114-116, 118, 120, 128. Souriau, E., 120.
Pikulik, Lothar, 4, 92. Sperr, Martin, 140, 148.
Platen, August von, 144. Staden, Sigmund Theophil, 149.
Platone, 4. Staiger, Emil, 11.
Plauto, 145. Strauß, Botho, 54, 148.
Strauß, Richard, 150.
Raimund, Ferdinand, 34, 147-148. Stricker, Johannes, 139.
Rinuccini, Ottavio, 149. Strindberg, Johan August, 14.
Robortello, Francesco, 70. Szondi, Peter, 8-10, 13-16, 37, 134-
135.
Sachs, Hans, 33, 139.
Salvadori, Andrea, 149. Tieck, Ludwig, 104-105, 107, 147.
Scaligero, Giulio Cesare, 8, 70, 91.
Schelling, Friedrich Wilhelm Jo- Vaccaro, Nicola, 16.
seph, 132. Valgimigli, Manara, 16.
Schiller, Johann Christoph Friedrich,
23, 33, 35-36, 44, 59, 65, 67, 76, Wagner, Heinrich Leopold, 76.
89, 95-96, 100, 117, 138, 140. Wagner, Richard, 150.
Schlegel, Friedrich, 103. Walser, Martin, 140, 151.
Schlegel, Johann Elias, 146. Weber, Carl Maria von, 150.
Schmeltzl, Wolfgang, 33. Wedekind, Frank, 36, 145.
Schnitzler, Arthur, 36, 97, 107, 116. Weill, Kurt, 150.
Schönemann, Johann Friedrich, 23. Weiss, Peter, 149.
Schönthan, Franz von, 148.
Schönthan, Paul von, 148. Zesen, Philipp von, 138.
Schütz, Heinrich, 33, 149. Zuckmayer, Carl, 148.
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Indice degli argomenti

absurdes Theater, 150. assolutezza del dramma, 8-9, 22, 67,


accessorio di scena, 26, 28, 37, 50, 71, 88, 102, 109, 121, 123, 126.
67, 72-73, 119, 125. atto, 25, 76-86, 88-90, 137;
Act, 78, 91. – unico, 76, 146.
acte, 78, 91. attore, 4, 6, 9, 18, 38, 104-105, 107-
ad spectatores, 62, 126. 108, 112, 127-128, 135, 137, 144.
agnizione, 102. Aufführung, 7.
Akt, 76, 78. Auftritt, 77-78, 115.
Aktion, 4. Aufzug, 76.
alessandrino, 48, 138. avvenimento, 93.
allegorisches Festspiel, 149. azione, 3-4, 9, 12-13, 35-36, 39, 49,
allestimento scenico, 127. 52, 55, 58, 66, 68, 70-71, 84, 86,
allgemeines sozialkritische Drama, 89, 92-93, 95-98, 101, 108-109,
140. 114, 122-123, 137, 139, 142, 144,
altezza di caduta, 111, 130, 137. 147-148;
analytisches Drama, 87, 142. – nascosta, 63, 66, 73-74, 122, 126;
annotazione di regia, 53-54, 75. – riferita, 63, 66, 74, 122, 126.
antagonista, 84, 95, 98, 102, 114.
anticipazione, 66, 74, 88, 99; Ballettoper, 149.
– mantica, 99. battute, 26, 29, 40, 48-49, 53-55, 57,
antike Komödie, 143. 59, 63, 73, 86, 98, 114.
Antilabe, 48. Beiseite, 62-63.
antilabi, 48, 79. berichtete Handlung, 63.
a parte, 54, 61-62, 122, 126. Blankvers, 27, 48.
apparato scenico, 7, 105, 125, 147. Botenbericht, 64-65.

159
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Brückenmonolog, 58. costellazione dei personaggi, 102,


Bühne, 17. 112, 115-116, 138.
bürgerliches Trauerspiel, 139-140. costumi, 18, 20, 26, 73, 109, 119, 125,
127, 137.
canto corale, 18, 69, 76, 127, 137.
canzoni, 48, 52, 123, 126, 128, 149- Darstellung, 93.
150. das Dargestellte, 92-93.
carattere, 7, 68, 110, 112, 130, 144. das Darstellen, 92.
caratterizzazione dei personaggi, 47, das Dramatische, 11.
55, 57-58, 60, 72, 112, 116, 118- der soziale Typus, 111.
119. deus ex machina, 27, 89, 95.
catastrofe, 69, 72, 83-84, 87, 90, 101, Dialog, 39, 53.
111, 133, 138-139. dialogizzazione del monologo, 59.
causalità del corso dell’azione, 103. dialogo, 6-9, 12, 24, 31, 38-41, 45,
Charakter, 110. 48-50, 52-55, 67, 75, 78-79, 119,
Charakterdrama, 142. 136-137, 144, 148-149;
Charakterkomödie, 144. – monologizzato, 59, 98.
Charakterlustspiel, 146. didascalie, 26-30, 74, 122, 124.
Comédie française, 23. die komische Figur, 111.
Comédie larmoyante, 146. dilatazione del tempo, 74-75, 124.
comico, 132, 135, 143, 145-146. discorso dei personaggi, 7, 38, 42-
Comico-Tragödien, 145. 43, 52, 55, 62-63, 112, 118.
Comicotragoedia, 145. disparità di informazione, 98-99,
commedia, 27, 35, 43-44, 47, 56, 87, 101-102, 104.
89, 101, 104, 109, 130-131, 135, distanza:
143-144, 146-147; – epica, 15, 58, 127;
– antica, 143; – narrativa, 123;
– attica nuova, 18; – scenica, 116.
– commovente, 146; Dokumentarstück, 150.
– di caratteri, 144; Drama, 3, 8, 142.
– di conversazione, 147; dramatischer Auftakt, 88.
– di intrattenimento, 147; dramatischer Schwank, 147.
– di intrighi, 144; dramatische Satire, 145.
– di situazione, 144; dramatisches Märchen, 147.
– di tipi, 144; dramatis personae, 110.
– fiabesca, 147; dramma, 3-4, 6-8, 11-13, 16, 27, 39,
– lagrimosa, 146; 70-72, 112, 131, 142, 150;
– romantica, 147; – analitico, 14, 87-88, 142;
– seria, 143. – a tappe, 14, 103, 141;
commedie: – barocco, 34, 52, 134, 138;
– magiche tragi-comiche, 147; – borghese, 46, 101, 139;
– tragiche, 145. – classicista, 78;
commo, 69, 76. – classico, 14, 28, 45, 52, 84, 109,
compagnie girovaghe, 22-23. 111;
comparse, 54, 83, 113, 122. – da leggere, 48, 150-151;
complicazione, 69, 76. – d’azione, 142;
concentrazione del tempo, 74. – dei tiranni, 139;
configurazione dei personaggi, 77- – del destino, 142;
79, 112, 115-116, 122-123. – di attualità, 149;
coro, 9, 18, 48, 52, 67, 69, 76-77, – di caratteri, 142;
126-127, 138, 144. – di critica sociale generale, 140;

160
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– didattico, 149; esposizione, 67, 84, 87-88, 104, 126;


– di dispiegamento, 87; – interna all’azione, 66.
– di disvelamento, 87; ethisches Entscheidungsdrama, 141.
– di tendenza, 149; existentialistisches Theater, 150.
– in prosa, 48; Exposition, 87.
– in versi, 48, 145;
– lirico, 142; Fabel, 93.
– luttuoso, 131, 134, 138; fabula, 8, 71, 86-87, 93-94, 130.
– martirologico, 139; Fallhöhe, 111, 130, 137.
– moderno, 9, 53; Farce, 148.
– musicale, 150; farsa, 35, 147-148;
– naturalista, 14, 28, 110, 146; – dialettale, 148;
– pastorale, 149; – drammatica, 147;
– politico, 110; – locale, 148.
– popolare, 148; fasi di azione, 94.
– popolare sociale, 148; fiaba drammatica, 147.
– religioso, 139; fiabe magiche originali, 147.
– satiresco, 145; Figur, 108, 110.
– scolastico, 139; figura, 53, 110, 112.
– sintetico, 87; Figurencharakterisierung, 116.
– sociale, 14, 28, 140; Figurenkonstellation, 112, 114.
– storico, 9, 33, 90, 140. Figurenrede, 38.
drammaturgia, 109, 143. filodrammatiche, 23.
drammaturgo, 22-23, 70, 103. finale:
– aperto, 89;
Einheiten Handlung, Raum, Zeit, 69. – chiuso, 89;
Einleitung, 84. – del dramma, 89.
elenco dei personaggi, 25, 113-114, forma:
117-118. – aperta, 85-86, 114, 122;
emisticomitia, 48, 79. – chiusa, 85-86, 114;
Ensemble-Konfiguration, 115. – drammatica, 4, 8, 10, 13-14, 129,
Entfaltungsdrama, 87. 143, 150.
Enthüllungsdrama, 87. funzione:
entrata in scena, 77-78, 82, 89, 115, – conativa, 41-42;
119. – espressiva, 41-42;
enunciazione del messaggio, 64. – fatica, 41-42, 67;
epicizzazione, 13, 37, 44, 52, 122- – metalinguistica, 41, 43;
123. – poetica, 41, 44, 49;
epilogo, 9, 52, 104, 127. – referenziale, 41, 44, 54, 67, 88.
episches Theater, 121, 150. funzioni linguistiche, 41.
Episodenfiguren, 120. fuori scena, 52, 65, 67, 72-73, 75, 98,
episodio, 69, 76. 122.
epitasi, 69, 83.
Epitasis, 69. Gattungen, 129.
ernste Komödie, 143. Gattungsgeschichte, 129-130, 144,
eroe, 36, 114, 131-137, 140; 150.
– che dà il titolo all’opera, 115. Gattungsunterarten, 129.
erregendes Moment, 88. Gegenwartsdrama, 149.
errore, 95, 98, 100-102, 131. geistliches Drama, 139.
esibizione, 7. geistliches Singspiel im Schäferko-
esodo, 69, 76. stüm, 149.

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gemischte Tragödie, 141. Jedermann, 139.


genere, 3, 10, 15, 129, 131;
– drammatico, 4, 6-7, 11, 45, 99, Katastrophe, 69, 84.
129, 139, 141-142, 146. Kausalität des Handlungsverlaufs,
Gesamtkunstwerk, 150. 103.
Geschehen, 93-94. Kernmonolog, 58.
Geschichte, 93. klassische Tragödie, 137.
Geschichtsdrama, 141. Komik, 132.
geschlossene Form, 85. komische Oper, 149.
gespielte Zeit, 73. Komödie, 30, 130-131, 143, 145-
gestualità, 26, 29, 49, 53, 88, 109, 146.
111, 119, 136. Konfiguration, 112, 115.
griechische Tragödie, 137. Konversationslustspiel, 147.
Groteske, 145. Kulissen, 22.
grotesk-komödiantische Satire, 150. Kulissen-Bühne, 22.
grottesco, 145.
Guckkastenbühne, 17, 20. leere Bühne, 77.
Lehrstück, 149.
Handlung, 4, 92-94. Lesedrama, 38, 151.
Handlungsdrama, 142. Lokalposse, 148.
Handlungsphasen, 94. Lustspiel, 130-131, 146.
Handlungssequenz, 94. lyrisches Drama, 142.
Hauptfiguren, 114.
Haupttext, 24-25, 32, 48. Märchenlustspiel, 147.
Hemistichomythie, 48. Märtyrendrama, 139.
heroische Oper, 149. maschera, 18, 26, 108-110, 125, 137.
Hilfsfiguren, 120. Maske, 108.
Historiendrama, 141. Mauerschau, 64.
histories, 8. mediazione:
historisches Ideendrama, 141. – espositiva, 64, 71, 87;
historisches Schauspiel, 141. – narrativa, 53, 67, 72, 88, 102, 121,
historisches Trauerspiel, 141. 124.
historische Tragödie, 140-141. messinscena, 24-25, 70, 73, 93, 105,
historisch-patriotische Tragödie, 140. 122.
Hoftheater, 23. metaforicità, 51.
Höhepunkt, 84. metaphysisches Theater, 150.
Hörspiel, 38, 150. mimica, 26, 53, 88, 109, 111, 119.
mimo, 38.
idealistische Geschichtstragödie, 140- Monodrama, 114.
141. monodramma, 114.
il rappresentare, 92. Monolog, 57.
il rappresentato, 92-93. monologizzazione del dialogo, 59.
indicazione di regia, 27-30, 104, 122. monologo, 42, 52, 57-62, 67, 78-79,
interazioni tra i personaggi, 77, 79, 96, 98, 119, 142;
82, 90, 94, 108, 112, 116, 118. – dialogizzato, 67;
Intrige, 101. – di coordinazione, 58;
Intrigenkomödie, 144. – di cornice, 58;
intrigo, 53, 59-60, 95-96, 101-102, – essenziale, 58.
104, 143-144. monoprospettico, 86, 99.
introduzione, 69, 76. montaggio, 54, 73, 124, 151.

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moralità, 139. personaggi, 26, 28-29, 35-36, 42, 45-


Moralitäten, 139. 47, 62, 75, 79-83, 86, 98, 104, 108-
Mundartposse, 148. 114, 116, 118-119, 126-127, 130-
Musikdrama, 150. 131, 138, 140, 142-144;
– muti, 113;
Nationaltheater, 22-23. – principali, 53-54, 86, 98, 114;
Nebenfiguren, 114. – secondari, 53-54, 86, 98, 101, 111,
Nebentext, 24-25, 29, 32, 37, 52, 65, 114.
73, 110, 118, 123, 125-126. personaggio comico, 111.
neorealistisches Theater, 150. platea, 22, 72, 88, 104, 106.
norma del ceto, 35. plot, 107.
Null-Konfiguration, 115. poesia drammatica, 3, 12-13.
poetisches Theater, 150.
poliprospettico, 53, 86, 99, 102.
offene Form, 85. politische Revue, 150.
Ognuno, 139. politisches Theater, 150.
Oper, 149. Politkomödie, 150.
opera, 149-150; Posse, 148.
– balletto, 149; potenziamento, 84.
– celebrativa allegorica, 149; preludio drammatico, 88.
– comica, 149; presenza sulla scena dei personaggi,
– d’arte totale, 150; 82-83, 114-115.
– eroica, 149; principi compositivi, 90.
– musicale, 149; Prolog, 126.
– musicale religiosa nel costume pa- prologo, 9, 52, 67, 69, 76, 87, 104,
storale, 149; 126-127, 144.
– pastorale, 149. proscenio, 18, 20, 128.
Orchestrabühne, 17. protagonista, 32-35, 84, 95, 98-99,
Ordens-Drama, 139. 114, 117, 124, 138.
original Zaubermärchen, 147. protasi, 69, 83, 88.
osservazione a distanza, 64-65. Protasis, 69.
psychologisch-individuelles Drama,
palcoscenici: 150.
– con quinte, 22; pubblico, 6, 12, 18, 20, 22, 32, 45-46,
– su carri, 18. 52, 54, 57, 59, 62, 66-67, 70, 75, 77,
palcoscenico, 9, 17-22, 38, 72-73, 88-89, 98-99, 101, 105, 109, 123,
106; 125-127, 131, 135, 140, 143, 147;
– a boccascena, 17, 20; – fittizio, 104-105, 107.
– antico per orchestra, 17; punto culminante, 84.
– shakespeariano, 17;
– simultaneo, 72; «quarta parete», 22, 167, 123.
– simultaneo medievale, 17-18, 20, quinte, 22, 106, 127.
73;
– vuoto, 77-78. radiodramma, 38, 150.
pantomima, 38, 107. Rahmenmonolog, 58.
parabasi, 144. rappresentazione, 7, 9, 12, 70, 75-
Parabelstück, 150. 77, 93.
parodo, 18, 69, 76, 144. rappresentazioni medievali, 8, 108.
pause, 52, 74-75, 104, 110, 119. reale Spielzeit, 73.
peripezia, 68, 72, 84, 102, 143. recitazione, 23, 29, 52, 108-109, 119,
Person, 111. 123.

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regia, 109, 123. sottotitolo, 25-27, 34-35, 77, 104,


regista, 6, 22. 132.
registro linguistico, 45-47, 86, 119, soziales Drama, 140, 142.
137, 140, 143. soziales Volkstück, 148.
relativismo prospettico, 99. Spannung, 11.
Reyen, 77, 138. spettacolo, 7-8, 74, 106, 136.
riconoscimento, 69. Spiel/Gegenspiel, 84.
romantisches Lustspiel, 147. Spiel im Spiel, 104-105, 107.
rovesciamento, 84. Ständeklausel, 35, 45, 111, 130, 137,
rührendes Komödie, 146. 143.
rührendes Lustspiel, 146. stasimo, 69, 76.
ruolo, 9, 23, 102, 105, 107-111, 113- Stationendrama, 103, 141.
114, 116, 126-127, 144. Steigerung, 84.
Stichomythie, 49.
satira drammatica, 145. sticomitia, 49, 53.
scena, 9, 18, 25, 58, 72, 76-79, 82, storia, 93-94;
86, 115, 122, 125-126; – dei generi letterari, 129.
– multipla, 18; story, 107.
– vuota, 122. straniamento, 123, 125, 127.
scene: struttura:
– di gruppo, 29; – aperta, 71, 99;
– d’insieme, 78, 82, 115; – chiusa, 71-72, 99, 137;
– di massa, 78, 114, 122. – del dramma, 25, 29, 68, 76-79, 89-
scene, 78. 90, 102, 110, 114, 121, 124, 136;
scène, 78. – dell’azione, 102;
scenografia, 18, 20, 72, 88, 119, 123, – spaziale, 71-72;
125. – temporale, 72-73.
Schäferoper, 149. synthetisches Drama, 87.
Schauplatz, 77. Szene, 76, 78.
Schauspiel, 7, 27, 131, 142, 146.
Schauspieler, 108. teatro, 17-22, 51, 105, 112;
schema piramidale, 83-85. – antico, 108;
Schicksalsdrama, 142. – barocco, 77-78, 101, 110;
Schimpff-Spiel, 35, 47. – classicista, 71, 79;
Schuldrama, 139. – classico, 53, 58, 117;
Schwank, 147. – contemporaneo, 22, 30, 38, 117,
scioglimento, 69, 76, 131. 135;
sequenza di azione, 94, 102. – dell’assurdo, 22, 72, 89;
Shakespearebühne, 17. – dell’azione, 77;
Simultanbühne, 17. – dello Sturm und Drang, 140;
Singspiel, 149. – di corte, 23;
sipario, 9, 22, 105, 126-127. – elisabettiano, 72;
sistema interno di comunicazione, 6, – epico, 14, 22, 89, 121, 123, 125-127;
39, 41, 58, 67, 88, 106, 127. – esistenzialista, 22, 72;
Situationskomödie, 144. – espressionista, 145;
soliloquio, 58-59. – greco classico, 18;
soluzione: – impressionista, 143;
– infelice, 89, 98, 130, 136, 143, 145; – italiano del Rinascimento, 20;
– lieta, 89, 98, 101, 130, 143-145, 148. – medievale, 18, 110, 139;
Songs, 126-127, 149. – moderno, 52, 77;
sottogenere, 30, 129, 136, 143, 146- – naturalista, 89, 117, 123, 142, 147;
147. – nazionale, 22-23;

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– nel teatro, 20, 72, 104-106, 109, tragico, 132-136, 139, 143.
124, 136; Tragico-Komödien, 145.
– novecentesco, 88; tragicomico, 30, 145-146.
– palladiano, 20; tragicommedia, 131, 145.
– shakespeariano, 20, 147. Tragik, 132.
Teichoskopie, 64. Tragikomödie, 131, 145.
tempo: tragisch-komische Zauberspiele, 147.
– della rappresentazione, 70; Tragödie, 130-131, 134, 136, 138-
– dell’azione, 25, 29, 70; 139.
– effettivo della rappresentazione, Trauerspiel, 35, 90, 130-131, 134,
73; 138-139, 145-146.
– fittizio, 71, 73-74; treurspel, 138.
– rappresentato, 71, 73; trilogia, 76, 136.
– reale, 32, 71, 73-74; Typenkomödie, 144.
– scenico, 32. Typus, 110.
Tendenzstück, 149. Tyrannendrama, 139.
tensione, 11, 51, 65, 84, 95, 98-99,
102, 123. Umkehr, 84.
testo: unità:
– drammatico, 4-5, 7, 10-11, 24-25, – d’azione, 68-71, 86, 93, 133, 137;
39, 41, 50, 57, 76-77, 83, 93, 112, – di luogo, 69-72, 86, 137;
136, 147; – di tempo, 69-72, 86, 137.
– principale, 24-25, 31, 109; Unterhaltungslustspiel, 147.
– secondario, 24-25, 31-32, 117.
tetralogia, 76.
verdeckte Handlung, 63.
Theater, 17, 150.
Verfremdung, 123.
Thesenstück, 150.
Versdrama, 48, 145.
tipo, 110-111;
Volksstück, 148.
– sociale, 111.
Titel, 32. Vorausdeutung, 99.
Titelheld, 115. Vorführung, 7.
titolo, 25, 30, 32, 34, 37, 73, 99, 104, Vorhang, 22.
125, 128. Vorspiel, 126.
tragedia, 8, 34, 68, 70, 89, 130-131, Vorstellung, 7.
134, 136, 138-140, 142, 144;
– antica, 131-132, 134; Wagen-Bühne, 18.
– classica, 72, 137; Wanderbühnen, 22-23.
– greca, 8, 69, 137-138; weinerliches Lustspiel, 146.
– mista, 141. Wortkulissen, 20, 37.
tragedie comiche, 145.
tragende Figuren, 120. Zieldrama, 87.
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Indice del volume

Prefazione di Giuseppe Farese e Domenico Mugnolo V

Abbreviazioni VII

1. Dramma (Drama) 3
Note, p. 16

2. Teatro - Palcoscenico (Theater - Bühne) 17


1. Compagnie girovaghe - Teatro nazionale (Wanderbühnen -
Nationaltheater), p. 22 - Note, p. 23

3. Testo principale - Testo secondario (Haupttext - Ne-


bentext) 24
1. Titolo (Titel), p. 32 - Note, p. 37

4. Discorso dei personaggi (Figurenrede) 38


1. Funzioni linguistiche, p. 41 - 2. Registri linguistici, p. 45 -
3. Elementi formali del dialogo, p. 48 - 4. Struttura del di-
scorso dei personaggi, p. 52 - 5. Forme particolari, p. 62 -
Note, p. 67

167
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5. Struttura del dramma 68


1. Unità di azione, luogo, tempo (Einheiten: Handlung, Raum,
Zeit), p. 69 - 2. Atto - Scena (Akt - Szene / Aufzug - Auftritt),
p. 76 - 3. Modelli strutturali - Tipologie formali, p. 83 - 4. Espo-
sizione (Exposition), p. 87 - 5. Principi compositivi, p. 90 -
Note, p. 91

6. Azione (Handlung) 92
1. Disparità di informazione, p. 98 - 2. Struttura dell’azione,
p. 102 - Note, p. 107

7. Personaggi (Figuren) 108


1. Attore (Schauspieler), p. 108 - 2. Personaggio - Figura - Ca-
rattere - Tipo (Person - Figur - Charakter - Typus), p. 110 - 3.
Configurazione e costellazione dei personaggi (Figurenkon-
stellation - Konfiguration), p. 112 - 4. Caratterizzazione dei
personaggi (Figurencharakterisierung), p. 116 - Note, p. 120

8. Teatro epico (Episches Theater) 121


1. Struttura, p. 124 - 2. Scenografia, p. 125 - 3. Comunica-
zione, p. 126

9. Generi - Sottogeneri (Gattungen - Gattungsunterar-


ten) 129
1. Tragedia - Commedia (Tragödie, Trauerspiel - Komödie,
Lustspiel), p. 130 - 2. Dizionario di sottogeneri, p. 136 - No-
te, p. 151

Indice dei nomi 155

Indice degli argomenti 159


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gli strumenti

serie verde
cultura umanistica
Mario Sechi-Bruno Brunetti, Lessico novecentesco
Bartolo Anglani (a cura di), Teorie moderne dell’autobiografia
Francesco Tateo, Istituzioni di letteratura italiana
Girolamo de Liguori (a cura di), Positivismo e letteratura
Massimo Del Pizzo, I microscopi dell’Altrove.
Utopia Fantastico Fantascienza
Grazia Distaso (a cura di), Il teatro di Rosso di San Secondo
Vito Attolini, Teorie classiche del cinema
Raffaele Cavalluzzi, Cinema e letteratura
Anna Clara Bova, Contro il romanticismo.
Il «Discorso di un italiano» di Giacomo Leopardi
Giovanni Attolini, Il cinema italiano degli anni Sessanta.
Tra commedia e impegno
Giovanni Attolini, L’antinaturalismo a teatro
Sandro Maxia-Marina Guglielmi (a cura di), L’eredità di Babele.
Situazioni e percorsi di letteratura comparata
Antonia Acciani, Desiderio di forma vera. Tre meditazioni su Petrarca
Paolo Quazzolo, Il teatro. Guida alla lettura dell’arte teatrale

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scienze dei segni e del linguaggio
Patrizia Calefato, Sociosemiotica
Michele Lomuto-Augusto Ponzio, Semiotica della musica.
Introduzione al linguaggio musicale
Susan Petrilli, Teoria dei segni e del linguaggio
Augusto Ponzio, La coda dell’occhio. Letture del linguaggio letterario
Augusto Ponzio, La comunicazione
Emmanuel Lévinas, Filosofia del linguaggio, a cura di Julia Ponzio
Charles Morris, Significazione e significatività.
Studio sui rapporti tra segni e valori, a cura di Susan Petrilli
Cosimo Caputo, Semiologia e semiotica,
o la forma e la materia del segno
Giovanni Vailati, Il metodo della filosofia.
Saggi di critica del linguaggio, a cura di Augusto Ponzio
Patrizia Calefato (a cura di), Metafora e immagine.
Corpo, cinema, letteratura, comunicazione
Patrizia Calefato, Lingua e discorso sociale
Augusto Ponzio, Il linguaggio e le lingue.
Introduzione alla linguistica generale
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Charles Morris, L’io aperto. Semiotica del soggetto


e delle sue metamorfosi, a cura di Susan Petrilli
Luciano Ponzio, Visioni del testo
Adam Schaff (a cura di), Sociolinguistica, a cura di Arianna De Luca
Cosimo Caputo, Semiotica del linguaggio e delle lingue
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Luciana Pirè, Dall’eroe al cortigiano.
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Henry James, Is There a Life After Death?
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Stefano Bronzini, Modi di narrare.
Note su «Robinson Crusoe» e «David Copperfield»

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John Ruskin, Sulla memoria, a cura di Rosalba de Giosa

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Marina Foschi Albert-Loretta Lari, Generi letterari. 3. Lirica
Pasquale Gallo (a cura di), Fabula docet.
Poesia e pedagogia nella favola tedesca dell’Illuminismo

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linguistica tedesca
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medicina e scienze della vita
Vittorio A. Sironi, Oltre la disabilità.
Storia della riabilitazione in medicina
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moduli
Francesco Tateo, Le svolte nella letteratura italiana.
1. Dallo «Stilnovo» al petrarchismo
Francesco Tateo, Le svolte nella letteratura italiana.
2. Da Tasso a Leopardi
Francesco Tateo (a cura di), Letteratura italiana:
esempi di metodologia e didattica.
1. Percorsi del testo letterario
Francesco Tateo (a cura di), Letteratura italiana:
esempi di metodologia e didattica.
2. Contesti e confini
Francesco Tateo-Nicola Valerio, Antologia di testi
della letteratura italiana dell’Ottocento
Francesco Tateo-Nicola Valerio, Letteratura italiana dell’Ottocento
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