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PIANOSEQUENZA

GAIA PARRINELLO
4M
il piano sequenza è un’inquadratura così lunga
da svolgere il ruolo di un’intera scena.

È una tecnica che rifiuta la “frammentazione”


del montaggio, in quanto si articola su una
ripresa che non possiede “stacchi”.
Immaginiamo di dover riprendere una sequenza basata essenzialmente su
un dialogo tra due attori:

- se sceglierò di utilizzare il montaggio, dovrò effettuare diverse riprese


(il primo interlocutore, il secondo interlocutore, magari accompagnati da piani
d’insieme in cui vediamo entrambi);

- se opterò per girare con un solo piano sequenza, la ripresa sarà unica
(probabilmente in un piano d’insieme in cui si scorgono entrambi gli interlocutori)
oppure mobile (e saranno i movimenti di macchina a “scegliere” chi o cosa
inquadrare).
E' IMPORTANTE

Distinguere il piano sequenza dal long take


(una ripresa senza stacchi, magari anche piuttosto lunga)
che non contiene in essa una sequenza intera, in grado di auto concludersi senza stacchi.
I primi “film”, come il
famosissimo L’uscita dalle
officine Lumière ( 1895)
degli omonimi fratelli,
erano tutti costruiti su un
unico piano sequenza, in
quanto il montaggio non
era ancora stato teorizzato
da pionieri come Edwin S.
Porter prima e David Wark
Griffith poi, che furono i
primi ad utilizzare
abilmente i primi piani, le
soggettive, le carrellate.
Proseguendo lungo i binari della storia del cinema ci si accorge
che il piano sequenza viene presto lasciato in disparte in
favore del montaggio.
I suoi utilizzi diventano sempre più infrequenti, e sono rari i
casi in cui esso viene ancora scelto per rappresentare una
sequenza.

Tra gli esempi di film girati interamente in piano


sequenza figurano :

❖ Nodo alla gola ( 1948) di Alfred Hitchcock (in


realtà composta da dieci piani sequenza “incollati”
impercettibilmente)

❖ Elettra amore mio (Szerelmem, Elektra, 1974)


di Miklós Jancsó

❖ Arca russa (Russkij Kovčeg, 2002) di Aleksandr


Sokurov

❖ La casa muda (id. , 2010) di Gustavo Hernández.


Alcuni registi hanno scelto di agire in questo
modo per garantire la visione “in tempo reale”
dell’intero film
(tempo del film uguale al tempo della storia)
altri per sperimentare virtuosismi spesso fini a sé
stessi.

Sono molti i film che utilizzano


il piano-sequenza come forma d’arte:

• si pensi all’uso che ne fa Orson Welles in Quarto Potere (Citizen


Kane, 1940)
• L’infernale Quinlan (Touch of evil, 1958)
• John Carpenter nel suo Halloween (1978)

Molti registi invece hanno utilizzato il long


take:
• Jean-Luc Godard, Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Clint
Eastwood, ma anche il nostro Federico Fellini
Parlando di un film recente, non
possiamo non citare il piano
sequenza di sei minuti
(composto da tre riprese
abilmente montate)

di LA LA LAND,
Il film di Damien Chazelle del
2016 inizia con la prima, ma non
ultima, ripresa continua di un
numero musicale:
senza dialoghi e titoli di testa,
riesce in pieno a immergere lo
spettatore nel mondo sognante e
colorato del film.
Ne fecero largo uso anche i registi
neorealisti
(come Vittorio De Sica e Luchino
Visconti)
in quanto il pedinamento del
“vero” non poteva prescindere
dall’illusione di una realtà che si
crea sotto gli occhi dello spettatore,
senza stacchi a “spezzarla”

Vittorio De Sica e l’amata Maria Mercader, in una


scena del film “Buongiorno, elefante!”(1951).
André Bazin
grande critico francese,
fu appassionato
sostenitore di questa
tecnica in quanto,
secondo lui, è una
“tecnica di ripresa
intrinsecamente realista
perché rispetta la durata
della realtà"

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