Diego Cassani
I. TAGLIO E CUCITO
E' difficile stabilire chi per primo abbia inventato il montaggio e come si sia arrivati a questo. Di
sicuro è certo che il cinema discenda dalla fotografia. Dai primi esperimenti di Muybridge (batterie
di macchine fotografiche poste in sequenza – galoppo cavallo), fino ai quadri animati di Lumière e
di Edison, il cinema inizialmente era fatto di immagini fotografiche in movimento, antenati del
“piano-sequenza” (singola inquadratura che per lunghezza e intensità può essere paragonata ad una
sequenza). Se fin dagli albori si è prestata attenzione ad un “montaggio interno”, un'articolazione
dello spazio, è solo col montaggio vero e proprio che siamo arrivati al cinema come lo conosciamo
oggi nonostante le difficoltà tecniche: una successione di “blocchi” di immagini in movimento
(le inquadrature -riprese continue da un cut all'altro-) la cui “concatenazione” (la sequenza)
sviluppa un senso. Nei primi esperimenti di montaggio bisogna distinguere tra chi si limita a creare
la successione di una serie di quadri (con didascalie) e chi articola differenti piani all'interno della
stessa scena.
Prendiamo tre esempi che rappresentino lo sviluppo di queste prime convenzioni e dei primi
strumenti utilizzati nel montaggio:
1. Buster Keaton, Cops (1922) seq. “Buster diventa imprenditore” – CD
Esempio del “principio del binocolo dello spettatore”, attacco sull'asse.
L'arcaicità di questa scena è data dal fatto che i tagli non siano a regola d'arte, ma hanno fratture
nella continuità, e soprattutto dal carattere frontale di tutte le inquadrature e di conseguenza la
forma di attacco sull'asse che assumono tutti i cut.
Il primo taglio ci avvicina all'espressione del personaggio; il secondo, anche se ridondante perchè
ritorna la figura intera, vuole sottolineare l'entrata della star (Buster); vi è poi una lunga sequenza in
un unico piano; l'ultimo cut fa un attacco tra inquadrature contigue anziché sull'asse (attacco sul
movimento ammorbidisce, ma scelta rozza). La sequenza si chiude su un piano americano, una
scelta innovativa. Per quanto riguarda le scelte di regia probabilmente è stato girato un master della
scena completa in figura intera; una volta ottenuto il ciak soddisfacente, l'azione della spalla e il
dialogo a due è stata ripresa in più piani ravvicinati; è stato poi aggiunto il piano americano
conclusivo. La modalità con cui sono organizzate le riprese dice molte cose su come il regista
interpreta il successivo lavoro di montaggio: se preferisce arrivare all'edizione con un versione
sostanzialmente “chiusa” o con molto materiale a disposizioni per eventuali ripensamenti in questa
fase, come in questo caso. Il fatto che Keaton usi raccordi sul movimento significa che sa
perfettamente che iniziare un'azione in un'inquadratura, per poi concluderla nella successiva,
potenzia enormemente la sensazione di continuità.
In questa breve sequenza è chiaro come lo stacco assolva la funzione di semplificare la lettura della
stessa allo spettatore.
2. Chaplin, Charlot Conte (1916) seq. “Torte in faccia” – CD
Esempio della relazione montaggio/scena teatrale, montaggio di inquadrature contigue.
Due inquadrature contigue (a sinistra il tavolo col rinfresco, a destra la sala da ballo con l'orchestra),
due punti macchina paralleli, campi leggermente differenti (quello a destra più ampio). Questa
organizzazione dello spazio potrebbe essere sempre una scelta fatta secondo il “principio del
vederci meglio”: lo spazio presentato interamente tralascerebbe dettagli comici da vedere più da
vicino. Semplicità e necessità, qui come in Keaton, alla base di ogni scelta di regia e di montaggio.
Ogni stacco permette di seguire l'oggetto dell'azione da una parte o dall'altra. Il senso di contiguità
spazio-temporale è data dalla direzione degli sguardi e dalla direzione dei movimenti con l'aggiunta
di due importanti corollari: la velocità dei tempi stessi e i tempi che regolano entrate e uscite dei
personaggi e degli oggetti (i corollari non sono rispettati in questa sequenza). Ottima continuità data
da Chaplin che lancia la torta – reazione della torta spiaccicata – ritorno su Chaplin che si gongola.
La sensazione di rigidità della scena, oltre dai corollari non rispettati, nasce dal meccanismo della
continuità, ben presto abbandonato a favore del meccanismo della corrispondenza (orientare
diversamente gli assi di ripresa, in modo da farli incrociare. I movimenti e gli sguardi dei
personaggi, così, non si pongono più in modo rigidamente perpendicolare al punto di vista della
cinepresa e dello spettatore. Si crea una maggiore sensazione di tridimensionalità e di presenza
dello spettatore nello spazio scenico). Il fatto che i due campi siano troppo simili, e quindi non
rispettano la “regola della differenza dei piani” (vedi pagina successiva), creano un effetto di
durezza degli attacchi di montaggio.
3. Edward Sedgwick (e Buster Keaton), The Cameraman (1928) seq. Buster innamorato – CD
Esempio dei progressi raggiunti, complessità e naturalezza del cinema classico dieci anni dopo.
Sequenza articolata e complessa per la quantità di inquadrature, per la varietà di piani e punti
macchina, per la ricchezza della rappresentazione psicologica dei personaggi, per il livello di
recitazione più alto di Cops. La sequenza si suddivide in tre parti (diversi momenti dell'azione,
presenza di altri personaggi oltre ai due protagonisti, differente impostazione di regia e montaggio):
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la prima, cut tra campi ripresi da punti macchina omogenei, contestualizzano l'attore nell'ambiente;
la seconda, Buster si accorge della ragazza, da vicino (mezza figura) si osserva meglio la
rappresentazione psicologica ed emotiva dei personaggi, ma si mantiene ancora uno sguardo
oggettivo e in relazione all'ambiente, poi si passa alla classica scena a due con inquadrature
corrispondenti, fino al primissimo piano, con soggettive, lo spettatore è ancora più dentro la scena;
la terza, rientra un personaggio terzo, abbandono del gioco delle corrispondenti, ritorno allo stesso
punto di vista oggettivo iniziale. La sequenza ha un carattere decisamente moderno, con ancora
qualche errore sull'insistenza di attacchi troppo simili tra loro o qualche inquadratura incongrua.
L'eredità più evidente del cinema degli anni venti è l'idea di continuità, dello spazio e del tempo
attraverso la dislocazione delle macchine da presa e il successivo lavoro di ricomposizione in sede
di montaggio. Nello stesso tempo anche la la messa in scena è diventata più articolata, capace di
scegliere i piani in funzione descrittiva e analitica e in funzione drammaturgica.
Il montaggio, quindi, nasce dall'esigenza dello spettatore di vederci meglio e da quella dell'autore di
mostrare meglio e con maggiore intensità. Il montaggio ha dunque portato a convenzioni accettate
da entrambe le parti; nel libro ne verranno analizzate diverse, ma quella che sta alla base di tutte è
che le inquadrature che si giuntano devono essere piani e campi “relativamente” differenti →
Regola della differenza dei piani (es.: primo piano – stacco – primo piano dello stesso soggetto da
un punto macchina vicino → sembra errore; piano per figure umane, campo per gli spazi). Lo
spettatore si aspetta che un taglio lo porti a un piano diverso (cambio campo di ripresa in attacco
sull'asse -da figura intera a primo piano-, dislocazione significativa del punto macchina, differenza
sostanziale dell'oggetto ripreso all'interno della scena o della porzione di scena ripresa, ecc..), che
gli venga quindi fatto capire esplicitamente che si trovi in una nuova inquadratura. Lo spettatore
può così organizzare mentalmente l'esplorazione dell'immagine. In Chaplin Charlot Conte invece,
per esempio, lo spettatore perde frazioni di secondi per rendersi conto che è cambiata l'inquadratura.
Questa regola è alla base del montaggio, ma si intende montaggio qualcosa di imprescindibile
dall'intera realizzazione cinematografica: anche nei piani-sequenza si parla di montaggio interno.
Nel cinema di Welles il montaggio, inteso come cambiamento di piani, è sempre presente e si
esprime in tre modi differenti: determinato dall'azione scenica, dal movimento di macchina e dal
montaggio in senso stretto. Esemplare per i primi due modi è il piano-sequenza iniziale de
“L'infernale Quinlan” di Welles - CD: azione scenica e movimento di macchina portano lo
spettatore a cambi di piano così repentini e diversi che danno l'impressione di un vero montaggio.
Caso opposto, ma da esempio per il terzo tipo di montaggio di Welles è “Otello” - CD, il cui
montaggio vero e proprio costruisce un senso di forte continuità (di spazio, tempo e azione), pur
essendo stato girato con una totale frantumazione di spazio, tempo e azione (campo e controcampo
di Otello e Jago girati in stagioni diverse di anni diversi). Il montaggio che ne risulta è nervoso, ma
perfettamente in linea col climax della scena.
Di queste tre modalità di intendere il montaggio, esemplificate dal cinema di Welles, questo libro
tratterà la terza: il montaggio vero e proprio.
Il montaggio produce senso (senso come narrazione, direzione, percorso, sviluppo, racconto; senso
come descrizione di un'azione e del suo progredire; senso come concetto, significato) dando forma
agli elementi costitutivi della comunicazione stessa (immagini, suoni, gesti, parole, durate,
movimenti, effetti, composizione e impaginazione delle inquadrature, luci e ombre).
1. Senso come narrazione
La scoperta della capacità narrativa del cinema cambia il destino dello stesso: da fenomeno da
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baracconi che stupisce per l'invenzione tecnologica al grande cinema che si impone tra gli anni
dieci-venti, prendendo il posto elitario di teatro e opera lirica.
Pubblicità Campari “Il fuggitivo”
Il cinema solo con immagini simboliche e retoriche può raccontare tanto in poco tempo. Soprattutto
il genere pubblicitario deve essere essenziale, chiaro, breve, ma, al contempo, non deve svelare tutto
alla prima visione per far scaturire nell'osservatore la voglia di rivedere lo spot per comprenderlo
più a fondo. In questa sequenza è cruciale il montaggio per compattare, elidere, concentrare spazio,
tempo e azione. Nella prima di questa pubblicità parte è tanto il lavoro del montaggio, rendendo il
tutto più realistico, nella seconda quello del compositing (creazione di un'inquadratura composta a
partire da una o più immagini sovrapposte in più strati - multi-layering – con diverse tecniche:
sovraimpressione, chroma e luma key, fotoritocco, animazione), rendendo meglio l'idea
dell'irrezionale: dal realismo dei Lumière ai truquages di Méliès.
2. Senso come descrizione
Descrivere un azione con le immagini è la cosa più importante di una comunicazione audiovisiva,
fin dai tempi di Muybridge (cavalli al trotto). Il montaggio consente di portare istantaneamente il
punto di vista dove conviene.
Blow Out (id.) seq. “Tecniche di sincronizzazione” (youtube: Jhon Travolta–Blow Out–Part 4)
Come si sincronizzava un'inquadratura col suo audio in presa diretta utilizzando moviola e
passafilm. Analizzare un'azione con uno strumento audiovisivo è un lavoro di punti macchina
(scelta del punto di vista) ed ellissi (scelta di cosa mostrare e cosa no). Le scelte di montaggio
spostano l'attenzione a seconda del fatto più importante della scena: che si tratti inizialmente del
funzionamento della macchina, che si tratti del contenuto della pellicola stessa o delle emozioni sul
viso di Jhon Travolta.
3. Senso come concetto
Capacità del montaggio di suggerire un concetto astratto. Le immagini che tagliamo e giuntiamo
hanno una “storia”.
Pubblicità Chrysler “Voglio la luna” (youtube: Chrysler Voyager 1998 Spot Televisivo)
Capolavoro di conforming (operazioni di postproduzione cinematografica ed elettronica volte ad
ottenere un prodotto dalla perfetta uniformità: fotografica, coloristica, stilistica), ricama attorno alla
forma del cerchio una fitta trama di associazioni, costruendo immagine evocative, fantasie
luminose, collegamenti simbolici, che si concludono sull'emblema circolare del trade mark. Il
montaggio è stato studiato prima delle riprese, influenzandole interamente. Tema circolare della
luna, immagine astronauta, impronta della scarpa e audio affermano lo stesso concetto: viaggio col
Voyager = viaggio sulla luna, come la luna anche il Voyager non si può solo desiderare ma ottenere.
Target economico e per chi come fascia d'età può ricordare il primo allunaggio. Anche i pantaloni
che garriscono al vento sono gli stessi della propaganda bellica americana, dagli anni 40 alla guerra
in Corea.
Il montaggio è ritmo, diverso dal ritmo musicale poiché il peso di un'inquadratura non è
determinato con precisione (al contrario del peso/valore/durata di una nota musicale, ben definita,
ad esempio 3/4). Esistono degli elementi per cercare di determinare il peso di un'inquadratura,
anche se non in maniera assoluta:
• tempo di esplorazione necessario per prendere visione di un'immagine
• contenuto dinamico dell'immagine (l'azione che viene sviluppata al suo interno)
• importanza dell'inquadratura stessa nell'articolazione del contenuto della comunicazione
(inquadratura chiave o leitmotiv)
• per le realizzazioni televisive conta anche il ritmo proprio di una trasmissione-contenitore
Bergman, Il posto delle fragole seq. “L'incubo del professor Borg” - CD: il montaggio lavora
in una duplice direzione, costruire un ritmo lento ma nello stesso tempo sincopato ( es. inizio
brusco, scorretto per anni 50, azione del protagonista e movimento della macchina tagliati
quando sono già in corso; sembra un ritmo concitato e rapidissimo, ma subito i movimenti si
bloccano). Bruschi salti di ritmo (inquadrature durano sempre un po' di più del necessario e
rifiuto degli attacchi di movimento). Si adotta una soluzione spiazzante, una scelta di
montaggio poco ortodossa, ma allo stesso tempo così funzionale a risvegliare l'attenzione
dello spettatore. La rappresentazione migliore di un incubo al cinema.
Il montaggio ha sempre giocato col tempo, scandendo il percorso narrativo in una sorta di super-
ritmo. Col montaggio si può infrangere lo sviluppo sereno, portando lo spettatore a fare bruschi salti
in avanti o indietro nel tempo. Quarto potere di Welles è lo spartiacque nell'uso del tempo della
narrazione: dopo di lui il flashback si libera dal legame finora necessario con il ricordo di un
narratore. Il montaggio in più può creare azioni parallele e sincrone (montaggio alternato e
parallelo), aumentando l'illusione di realtà, l'ansia e la partecipazione del pubblico. Infine il
montaggio lavora di cesello, tagliando e aggiungendo, creando un ritmo e quindi guidando
l'emozione dello spettatore. Il montaggio, quindi, crea un terzo tempo, il “tempo cinematografico”,
che ha a che fare con la percezione emotiva ed è in costante dialettica con gli altri due tempi: la
“durata della sequenza” (durata fisica: tempo di proiezione tra il primo e ultimo fotogramma della
sequenza, che può rispettare esattamente, a spanne, o non rispettare del tutto il tempo reale) e il
“tempo reale”.
George Lucas, Guerre stellari seq. “Attacco alla morte nera”: lunga sequenza che si presenta
secondo i canoni di una forma cinematografica che risale agli anni dieci con Griffith, la “last
minute rescue” (montaggio alternato, accelerazione del ritmo con lo sviluppo dell'azione,
orologio che segnala l'inarrestabile avvicinarsi dell'ora x). Esempio di come la cinematografia
tradizionale abbia sviluppato un'impressionante capacità di giocare col tempo dell'azione. Si
può suddividere la sequenza in blocchi che corrispondono ai diversi segnali orari (“saremo a
portata di tiro tra 15 minuti” - “sette..” - “cinque..” - “tre..” - “uni..” - “trenta secondi..” - “la
morte nera ha oltrepassato il pianeta..”), analizzando numero di inquadrature, durata media di
esse, durata del film e una rapida sintesi degli avvenimenti. Nel primo e terzo blocco il tempo
reale è maggiore della durata del film, quindi ci sono molte ellissi nascoste dal montaggio
alternato e ha valore descrittivo. Nel secondo e quarto tempo reale e durata del film
coincidono. Nel quarto blocco diminuisce anche la durata delle inquadrature, aumentando le
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azioni e accelerando il ritmo. Negli ultimi tre blocchi la durata del film è maggiore del tempo
reale per permettere allo spettatore di vedere cosa fanno gli altri attori mentre era intento a
vederne uno (montaggio parallelo). Questa dilatazione temporale non rallenta i tempi perché
la durata media dell'inquadratura diminuisce, aumentando il ritmo.
Il montaggio crea lo spazio. Ogni inquadratura determina un fuori campo. È proprio sullo spazio
che lavorano le poche vere regole del linguaggio audiovisivo: direzione degli sguardi e direzione
dei movimenti. Come per il tempo, il montaggio assieme a queste regole, può creare o elidere uno
spazio, modificandolo rispetto alla realtà. Nella microstruttura il suo compito è di ricomporre l'unità
della scena, nella macrostruttura è quello di creare un'impressione di contiguità (grazie al
montaggio alternato dai tempi di Griffith e al sonoro che ha aiutato molto in questa direzione).
Jean-Piette Jeunet e Marc Caro, Delicatessen seq. “Il riposo del macellaio” - CD: suoni e
rumori prodotti dai singoli abitanti si armonizzano in una complessa partitura. Sembra
trattarsi di una successione apparentemente caotica. Il meccanismo contrappuntistico dà una
sensazione di continuità del tempo e contiguità dello spazio. Montaggio alternato e continuità
della colonna sonora fanno da quell'insieme caotico di luoghi diversi un unico ambiente
articolato. La sequenza si tiene perfettamente anche grazie al meccanismo di progressione
(tipico del montaggio alternato) che porta ad una continua accelerazione delle inquadrature:
un'accelerazione determinata da un elaborato complesso di fattori, che vanno dalla durata vera
e propria dei piani, alla loro velocità interna, alla concentrazione delle riprese a campi più
stretti, alla scelta di inquadrature particolarmente espressive, ai movimenti di macchina che
accompagnano le azioni dei personaggi e degli oggetti.
Nel cinema classico si parla di montaggio invisibile perché il suo scopo è la ricostruzione della
continuità frantumata nel corso delle riprese, fatta rivivere in una continuità nuova e diversa, quasi
come si trattasse di un piano-sequenza. Un cinema che racconta senza far fare fatica allo spettatore,
dove tutto ciò che appare è funzionale alla narrazione senza ridondanze. Esso termina quando il
cinema comincia a riflettere su se stesso e sulla propria scrittura: Quarto potere rappresenta ancora
una volta lo spartiacque, quando il giovane regista Welles impone a Hollywood il suo statuto di
autore. Come pure è uno spartiacque il primo film sul cinema, Il bruto e la bella di Vincente
Minnelli che ci parla di quello stesso sistema produttivo.
Ci sono condizioni precise per cui il montaggio possa raggiungere questo obiettivo, le “condizioni
della continuità”: quelle relative alla scena e all'azione (di cui se ne occupa una figura professionale,
la continuity, es: numero mozziconi di sigaretta lasciate sul tavolo), quelle relative alla continuità
fotografica (uniformare lo stile fotografico della scena) e quelle che rendono possibili i raccordi di
montaggio. Queste ultime sono strumenti concettuali a disposizione del montaggio invisibile:
• montaggio di inquadrature corrispondenti
• attacco sull'asse
• attacco sul movimento
• soggettiva
• piani d'ascolto e impallamento
• ellissi temporale
• montaggio alternato e parallelo
• continuità dell'ambiente sonoro
• fuoricampo video e audio
Per presentare il dialogo tra due persone spesso si usa il campo-controcampo, convenzione
impostasi a cavallo tra cinema muto e sonoro e, data la sua “banalità”, messa da parte per
rappresentare una conversazione nei periodi di fermento (anni cinquanta-sessanta in Europa,
settanta in America). Gli autori d'avanguardia cercavano altri metodi, più innovativi. Tuttavia è
rimasto il sistema più usato per rappresentare un dialogo. Nonostante la sua apparente facilità di
realizzazione, essa presenta diverse sfumature che la possono rendere diversa da una situazione
all'altra. Fa parte delle inquadrature corrispondenti perché si deve aver cura che l'angolo formato
dall'asse di ripresa e dalla linea dello sguardo dell'attore sia della stessa ampiezza e simmetrico
(“corrispondente”, appunto) a quello formato nella ripresa precedente.
*Deuteragonista: secondo attore, personaggio di spicco che affianca il protagonista.
Gli elementi da prendere in considerazione parlando della simmetria in fase di ripresa sono:
• simmetria delle angolazioni di ripresa
• simmetria dei piani e dei campi
• simmetria dell'azione degli attori
• simmetria dei movimenti di camera
Il montaggio, tuttavia, può esaltare o diminuire l'equilibrio e la simmetria creati sul set.
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Pubblicità Volkswagen “Colpo di fulmine”: simmetria perfetta che sta alla base di questa
pubblicità, aiutando a creare il senso di coppia, di avvicinamento tra lui e lei. Da notare la
rigorosa alternanza stabilita dal montaggio tra le inquadrature dedicate all'uno e all'altra; la
simmetria dei punti macchina; la simmetria tra i piani: sebbene quelli del ragazzo siano
sempre un po' più stretti esiste una simmetria perfetta nella logica con cui si passa
progressivamente a piani sempre più ravvicinati; simmetria dei movimenti di macchina:
sequenza divisibile in due blocchi, il primo dominato da due serie di movimenti simmetrici di
tre carrellate avanti, il secondo da due serie di movimenti simmetrici di tre carrellate laterali;
la scelta delle durate, invece, non è basata sulla simmetria, ma su valutazioni assai più
complesse: le inquadrature sul ragazzo hanno una maggiore durata per esaltare la dominanza
maschile del messaggio che passa essendo riferita ad un target maschile.
Nel montaggio le inquadrature non devono mai essere trattate in modo meccanico.
La simmetria creata in fase di montaggio non ha gli stessi vincoli precisi di quella creata in fase di
ripresa (es.: angolature). Deve certo rispettare alcune convenzioni, ma rimane libera da ogni vincolo
la valutazione di tutte le componenti che intervengono nella sua composizione (contenuto, piano,
durata, azione velocità e stile) e portano il montatore a scegliere la soluzione migliore.
Il principio della simmetria e della ripresa con inquadrature corrispondenti può essere adottato
anche in situazioni con più di due personaggi e non per forza legate ad un dialogo: facendo lavorare
il meccanismo della direzione degli sguardi e dei movimenti, anche sequenze estremamente
complesse possono essere costruite in questa logica di simmetria.
Spielberg, Indiana Jones e l'ultima crociata seq. “L'attacco aereo” - CD: rispetto alla linea del
campo determinata dall'incontro della direzione del movimento dell'aereo e della direzione
dello sguardo dell'attore, la macchina da presa si colloca alla sinistra di Sean Connery e alla
destra dell'aereo, di fronte al mare. È interessante osservare come questa scelta di campo
determini non solo l'attività di ripresa sul set, e il conseguente montaggio, ma anche un
complesso lavoro parallelo, necessario per completare la sequenza: riprese di modellini,
riprese in studio, lavoro di compositing (aereo che passa davanti ad Harrison Ford sembra
essere stato aggiunto in fase di postproduzione). È difficile dire se queste riprese
aggiuntivesiano state realizzate dopo il “set reale”, oppure contemporaneamente (col lavoro
della special effects unity) oppure addirittura prima. Si assiste ad uno scavalcamento di
campo, genialmente ammorbidito da scelte di montaggio.
*La linea di campo è una linea ideale che definisce il campo di ripresa; per rispettare la regola della
direzione dei movimenti, si dovrà sempre girare (con qualsiasi piano, angolazione, movimento
ecc..) al di qua di questa linea: se viene oltrepassata il campo viene scavalcato e viene invertita la
direzione dei movimenti, rendendo in tal modo l'azione più confusa e di lettura non immediata per
lo spettatore.
Anche queste norme basilari relative alla direzione degli sguardi e dei movimenti hanno trovato i
loro grandi trasgressori (Antonioni, Godard..). Tuttavia, anche restando entro i limiti posti dalla
norma, si può trovare libertà e giocare combinando infinite soluzioni senza trasgredire da essa.
Ricchezza della messa in scena, differenziazione dei punti di ripresa e dei piani, combinazione dei
movimenti della macchina e di quelli degli attori sulla scena; e poi uso libero del montaggio,
pensato non per realizzare una simmetria matematica, ma per far corrispondere lo sviluppo della
scena alla sua intima necessità drammatica, senza necessariamente uscire dall'ambiente delle
convenzioni più consolidate. Esistono numerose scene creative e al tempo stesso corrette.
Scorsese, Toro scatenato seq. “La Motta vs Dauthuille” - CD: uno dei più alti risultati dell'arte
cinematografica di Scorsese per lo stile di ripresa e il montaggio delle sequenze. La scelta di
campo è netta: la macchina da presa è sempre alla destra di Dauthuille e alla sinistra di La
Motta in tutta la prima parte del combattimento. La macchina da presa assume movimenti non
naturali e non descrittivi, ma con valenze simboliche. Nel momento in cui il combattimento si
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fa più frenetico la confusione dei punti macchina è funzionale alla rappresentazione e al
montaggio, portando un'ulteriore accelerazione al ritmo. La macchina da presa si mantiene
sempre a filo della linea del campo e non ci troviamo mai a scavalcamenti troppo palesi.
L'audiovisivo mente, crea un'illusione di realtà: tramite la convenzione della corrispondenza si può
percepire come “reale” uno spazio ricostruito artificialmente.
Pubblicità Pils, seq. “Salto nel vuoto”: Humphrey Bogart si trova a parlare con un caratterista
che in quegli anni non era ancora nato. Non c'è nessun trucco elettronico: la direzione degli
sguardi, le angolazioni dei punti macchina la continuità del dialogo e di tutta quanta la colonna
sonora, sono gli unici elementi che creano l'illusione di realtà. È solo la potenza della
convenzione e il rispetto della regola di corrispondenza che inseriscono i due protagonisti
nello stesso spazio, nello stesso tempo e nella stessa azione.
Il montaggio, quindi, altro non è che una macchina per produrre l'illusione di realtà, il trucco è
qualcosa che troviamo ovunque: in ogni cut (che può nascondere ore, minuti, decenni), in ogni
inquadratura (dietro cui si cela sempre un fuoricampo), in ogni fotogramma (che è sempre
un'immagine fissa che, concatenata con altre, genera il movimento). La cinepresa mente 24 volte al
secondo, la telecamera 25 (30 segli USA).
Godard è l'autore che più di chiunque altro ha fatto a pugni con la convenzione del campo-
controcampo: lasciando che l'inquadratura corrispondente si “materializzasse” solo nella forma di
un fuori campo audio, sottolineando gli scavalcamenti di campo, esasperando le inquadrature fisse,
costringendo l'occhio dello spettatore alla “eresia” dello sguardo in macchina, ecc.. a quasi
quarant'anni di distanza dagli eccessi della nouvelle vague, sarebbe interessante verificare come
queste provocazioni di Godard abbiano fecondato ed arricchito il linguaggio e la convenzione
cinematografica.
L'attacco sull'asse (il “binocolo dello spettatore”), è il primo strumento di montaggio inventato:
identici asse e angolazione di ripresa nelle due inquadrature che si raccordano a discapito di una
legnosità dello stacco e della tendenza a svelare il carattere bidimensionale del quadro
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cinematografico. Per ottenere l'”illusione di realtà” la sensazione di tridimensionalità nasce
essenzialmente da tre elementi: il chiaroscuro (derivazione pittorica prima, fotografica poi), l'azione
scenica (derivazione teatrale) e la dislocazione della macchina da presa, sia come movimento di
camera che come diversificazione dei punti di ripresa e quindi di montaggio (carattere
specificatamente cinematografico). Il cinema moderno, così, ha sviluppato tutta una serie di
variazioni rispetto all'attacco sull'asse, riconducibili o alla dislocazione della macchina da presa
(punti macchina nettamente differenti) o al movimento di macchina (carrellata o zoomata anziché lo
stacco) o, ancora, legando il raccordo alla dinamica dell'azione che si svolge in scena, che viene
suddivisa tra due o più inquadrature e quindi ricomposta in fase di montaggio, creando perciò uno
sviluppo del movimento non solo “nelle” ma anche “tra” le inquadrature (suddivisione durante il
movimento su due inquadrature). L'attacco sull'asse è quindi spesso correlato all'attacco sul
movimento; non il contrario.
L'attacco sul movimento è uno degli spartiacque nell'evoluzione del cinema assieme al sonoro, al
colore e al movimento di macchina.
Le sue funzioni sono:
• alleggerire il cut, renderlo più invisibile, sfruttando la forza dinamica tridimensionale del
movimento (attacco sull'asse invece bidimensionale)
• vivacizzare il ritmo della sequenza (si evita nelle scene che devono essere statiche e pesanti)
Le condizioni perchè poter tagliare e cucire un attacco sul movimento sono:
• rispetto della regola delle corrispondenti (continuità nella direzione del movimento)
• velocità del movimento uniforme
• il movimento su cui si taglia e cuce deve essere il più importante della scena e trovarsi nella
stessa zona delle due inquadrature
Spielberg, I predatori dell'arca perduta seq. “La valigia di Indiana Jones” - CD: piano
sequenza conclusa con due rapidi attacchi sul movimento. I due cut finali hanno ragioni
stilistiche, narrative e di contenuto (montatore Michael Kahn): sequenza che conclude una
lunga fase di descrizione dei personaggi e di presentazione dell'antefatto -piano sequenza- e
apre la via verso l'azione vera e propria -i due cut veloci-. Rifiuta l'attacco sull'asse e sposta il
punto di vista quasi a diventare una soggettiva di Harrison Ford (maggiore scioltezza). Errore
mascherato dagli strumenti del montaggio (mano destra/sinistra nel cut). Una fluidità del
montaggio supera anche la palese discontinuità dell'azione.
Trovare il punto giusto dove tagliare è strettamente correlato alle due inquadrature in questione. Per
evitare che lo spettatore percepisca una sensazione di ripetizione, è necessario accorciare una
frazione del movimento (dai 2 ai 6 fotogrammi). L'attacco sul movimento contribuisce a creare il
ritmo di una sequenza. Il pubblico ha dovuto essere educato per accettare questo tipo di montaggio.
Negli anni dieci e venti per esempio Griffith e Chaplin ripetevano un'azione passando da un piano
americano ad un dettaglio, quasi mancasse la fiducia nella capacità dello spettatore di considerare il
taglio come una successione temporale perfetta. Col tempo l'attacco sul movimento si è emancipato
dall'attacco sull'asse passando dal movimento nelle inquadrature al movimento tra le inquadrature.
Se per concentrare l'attenzione si usano strumenti di montaggio come l'attacco sul movimento, per
sviare l'attenzione si usano altri due elementi stilistici come l'impallamento (in fase di ripresa) o il
piano d'ascolto (in fase di montaggio). Il principio su cui agiscono è inserire nella sequenza un
piano che escluda la visione dell'azione principale o del protagonista. La differenza è la fase in cui
vengono realizzati.
L'impallamento viene girato quando la continuità tra un'inquadratura e un'altra diventa
incontrollabile: quando cioè risulterebbe un inciampo produttivo anziché un'opportunità creativa. Il
montaggio esalterà in quello stacco la continuità della scena sonoro e lavorerà accuratamente sui
tempi per mascherare l'espediente. Es: ristorante – campo medio su due che parlano al centro della
sala – carrello dolci in primo piano – un cameriere si ferma e occupa la scena – primo piano di uno
dei due che parla. L'impallamento può essere utilizzato per asciugare l'azione, elidere i tempi morti,
tagliare interi pezzi del girato, ammorbidire l'attacco sull'asse, staccare su momenti diversi
dell'azione principale facendo diventare questo cut un leitmotiv stilistico, sfruttare la continuità di
un movimento di camera che passa periodicamente dietro ad oggetti o personaggi per usarli come
tendina a nero naturale.
V. ELLISSI TEMPORALE
L'ellissi temporale è il mezzo principale per definire lo specifico tempo cinematografico di una
sequenza e di conseguenza per costruire la dinamica dell'emozione, uno degli strumenti per far
procedere la narrazione audiovisiva. A volte sono inavvertite e nascoste, le microellissi, altre sono
esplicite e dichiarate, le ellissi di grande dimensione.
Le microellissi servono a determinare il ritmo della scena. Fondamentale è scegliere quanto e dove
tagliare, mantenere un buon equilibrio di ellissi tra i cut (non è possibile rubare solo in alcuni e non
in altri, a meno che non si voglia creare volutamente un effetto di sincope, una rottura del ritmo,
oppure sottolineare alcune parti dell'azione a scapito di altre).
Reynolds, Robin Hood principe dei ladri (1991) seq. “La lettera” - CD: montatore Boyle. Le
ellissi oltre eliminare i tempi morti e le incertezze nell'azione, asciugano la sequenza e la
trasformano in una sorte di schema in cui sono evidenziati i passaggi più importanti pur
conservando una solidissima sensazione di continuità.
Le ellissi di grandi dimensioni sono utilizzate frequentemente nella pubblicità, nella fiction
cinematografica e in tutte quelle sequenze in cui il tempo viene dichiaratamente contratto, riuscendo
a ridurre in un'unica scena una porzione di vita, ma tenendo sempre presente il principio di
continuità della stessa. La condizione essenziale per mantenere la continuità ed applicare ellissi di
grandi dimensioni è che la scena si sviluppi attorno a un nucleo tematico, che ci sia uno sviluppo
riconoscibile di un'azione oppure che si possa osservare l'evoluzione di un rapporto tra i
protagonisti. L'evidente unità tematica deve essere più forte della continuità temporale.
Fondamentale è la continuità della colonna sonora (es. nelle scene di inseguimento).
Scorsese, Lezioni di vero (1989) seq. “L'artista al lavoro” - CD: montatrice Schoonmaker.
qual'è la durata di questa sequenza? È il tempo della creazione artistica. Musica,
corrispondenze tra le inquadrature, alternanza di piani corrispondenti ecc determinano la
continuità della scena nella prima parte della sequenza. Le ellissi si fanno sempre più evidenti.
Assume quasi la sostanza di un sogno, il sogno della protagonista.
Scelte di montaggio come questa possono produrre sequenze che si svincolano nettamente dalla
dipendenza delle tre classiche unità dell'azione teatrale: spazio, tempo e azione. In queste sequenze i
tagli portano lo spettatore in tempi e spazi diversi, ma essendo dichiarata l'ellissi, egli riesce ad
interpretare correttamente i vari stacchi come sviluppo di un'unica, particolare, sequenza. Si
possono collocare così all'interno della sequenza delle scelte di transizione normalmente tipiche del
passaggio da una scena all'altra: prima fra tutte la dissolvenza incrociata.
VI. INQUADRATURE SOGGETTIVE
La soggettiva è nata per potenziare il coinvolgimento degli spettatori nell'illusione di realtà. La sua
funzione è essenzialmente narrativa:
1. consente allo spettatore di sapere che cosa vede in un preciso momento -e quindi che cosa
sa- quel certo personaggio e, in conseguenza, potenziare la forza emotiva del racconto
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4. piano d'ascolto elevato a potenza, segnalando allo spettatore l'estrema importanza del
personaggio. NB: se, dopo aver inquadrato un personaggio nell'atto di guardare qualcosa o
qualcuno, passo a un'inquadratura da un punto di vista palesemente diverso dal suo, si tratta di un
piano d'ascolto; se passo invece a un'inquadratura ripresa dal suo punto di vista, si tratta di una
soggettiva.
Se una soggettiva è fatta male, il suo effetto è apparire innaturale. In una soggettiva (soprattutto) si
deve escludere tutto ciò che non è pertinente e significativo (come fa il cervello in automatico).
Hitchcock, Psyco (1960) seq. “Marion, la busta e la valigia” - CD: principi di necessità ed
economia, perfette convenzioni del montaggio invisibile hollywoodiano. I tre protagonisti
(Marion, i soldi e la valigia) sono congiunti in un'unica inquadratura, ma vengono sempre
ripresi separati → contraddizione uguale allo stato interiore di Marion. Solo alla fine, l'ultima
inquadratura scioglie i suoi dubbi ed essi vengono rappresentati insieme. Le soggettive di
Marion sulla busta conferiscono ai soldi l'importanza principale della sequenza. Anche lo
spazio è frantumato, mai ripreso in totale, con un centro: la busta. La soggettiva non è
qualcosa di naturalistico, ma uno strumento drammaturgico: rappresenta non quello che
Marion guarda, ma ciò che Marion vede, compreso di tensione emotiva e stato d'animo.
Attacco sull'asse e soggettiva nascono prestissimo e per questo si può affermare che da essi nasce il
montaggio interno alla scena (microstruttura).
1900 → Smith, Ciò che si vede in un cannocchiale: tendina circolare
1901 → Smith, La lente della nonna: capostipite delle inquadrature corrispondenti
1901 → Zecca, Ciò che vedo dal sesto piano: tendina circolare
All'inizio del secolo, quindi, era essenziale lo strumento tecnico con cui il protagonista osserva per
far comprendere allo spettatore che quell'inquadratura rappresenta il suo punto di vista: dichiarare la
soggettiva! La differenza sta nel fatto che Smith nell'inquadratura che introduce la soggettiva
riunisce in un unico campo chi guarda e chi viene guardato e la soggettiva appare più come un
attacco sull'asse; Zecca, invece, non li rappresenta mai in un'unica inquadratura, ma riprende di tre
quarti di schiena il personaggio che guarda e utilizza il mascherino, lasciando alla logica dello
spettatore il compito di deduzione.
Nei decenni successivi verranno aboliti questi espedienti e si applicherà la regola selle
corrispondenti: colui che guarda verrà ripreso di fronte (in un piano ravvicinato), e sarà la semplice
direzione dello sguardo -non uno strumento tecnico- (sguardo leggermente sbieco rispetto alla linea
di ripresa, “a filo macchina”) a denunciare allo spettatore che la successiva inquadratura deve essere
interpretata come sua soggettiva.
Lo sguardo in macchina va sempre evitato. Anche se a volte si è ritrovato nelle soggettive, il cinema
maturo preferisce evitare questa eccessiva identificazione. Lo standard riconosciuto della risposta
ad un'inquadratura soggettiva è lo sguardo a filo macchina (appena a destra, a sinistra, in alto o in
basso dell'obiettivo), che prende anche il pessimo nome di pseudosoggettiva.
Cukor, Margherita Gauthier (1936) seq. “A teatro” - CD: utilizza il mascherino a doppio
cerchio per definire le soggettive. Questo per una questione scenografica (il binocolo da teatro
che definisce meglio il contesto storico della vicenda) ma soprattutto per comprendere meglio
l'equivoco su cui è basata l'intera sequenza. La prima soggettiva è un campo medio senza
mascherino per presentare l'ambiente interamente. Gli sguardi non sono mai in macchina, ma
Armando Duval in alto a destra a filo macchina e Greta Garbo in basso a sinistra filo
macchina. Da inquadrature soggettive la serie si trasforma in un caso particolare di
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inquadrature corrispondenti: due inquadrature simmetriche, riprese da punti macchina molto
vicini alla linea degli sguardi.
Le differenze principali tra il cinema e la televisione sono la diretta (tv) e l'approccio dello sguardo
in macchina, vietato nel cinema (fiction cinematografica e televisiva), essenziale nella televisione
(spettacolo e informazione televisiva). Ovviamente ci sono delle eccezioni, come Godard che vuole
mettere a nudo il carattere convenzionale della comunicazione e per questo utilizza lo sguardo in
macchina. La fiction cinematografica e televisiva non lo può sopportare perchè rompe il carattere di
narrazione, in cui lo spettatore è esterno e osserva, coinvolto emozionalmente, ma comunque con un
ruolo sempre passivo.
Oggi la soggettiva è a volte usata per mettere in crisi lo sguardo abituale dello spettatore.
Wenders, Paris, Texas (1984) seq. “Lo sguardo dell'aquila” - CD: si apre con uno sguardo,
oggettivo e soggettivo, che coincide con lo sguardo di Wenders, con quello della sua
macchina da presa, con quello dell'aquila e col nostro. Lo sguardo dell'unico uomo in quel
deserto verso il roccione su cui è posata l'aquila rende chiara la sua soggettiva sebbene non
guardi a filo macchina: qualsiasi elemento della scena è ritenuto utile a dichiarare la
soggettiva purchè questa dichiarazione sia evidente e indubbia. L'ultima soggettiva che guarda
il deserto infinito in realtà si trasforma in oggettiva quando l'uomo entra in campo. Lo
sguardo è uno dei temi presente in tutto il film.
Il montaggio prima di tutto deve determinare con chiarezza “chi guarda” (chi guarda ha il potere e
chi ha il potere è protagonista) e in base a questo stabilire una gerarchia interna alla scena, una
chiave di interpretazione da fornire allo spettatore; dopodichè può prendersi le sue libertà. La
soggettiva è qualsiasi immagine attribuita dallo spettatore allo sguardo del protagonista. Il
montaggio è lo strumento per governare questa dialettica, per entrare e uscire in e da un punto di
vista.
Il montaggio alternato (crosscutting) si basa sulla stretta contemporaneità delle due azioni che
vengono giustapposte. Simultaneità e consequenzialità, tutti gli elementi presenti portano l'azione a
convergere verso un punto. Il tempo può essere condensato o dilatato con molta libertà. Nel
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montaggio parallelo (parallel editing), invece, due azioni vengono presentate intercalando
momenti di una e dell'altra con lo scopo di far emergere un confronto significante, la
contemporaneità non è necessaria. Le azioni non si concatenano verso un unico punto di arrivo, ma
le due azioni procedono appunto parallelamente.
Alternate scenes: nei primi anni 10 era il termine che genericamente indicava la presenza nel film
di una qualsiasi forma di intercalazione di scene diverse. Secondo la Browser, si devono a Griffith
le prime grandi opere secondo il principio del montaggio alternato; egli ha perfezionato questo
strumento per creare suspense ed articolare la narrazione. Finale alla Griffith è il meccanismo
d'alternanza che porta al last minute rescue. Tra il 1907 e il 1914, non è un caso che si consolidano
le convenzioni narrative e nasce il montaggio alternato e parallelo (il tempo si riesce ad esprimere
mentre, intanto..).
L'ambiente sonoro è uno degli strumenti essenziali di continuità all'interno di una sequenza. È
possibile mascherare, quindi, una sensazione di discontinuità video con una forte sensazione di
continuità audio (voci umane, rumori, musiche). Il cinema è sempre stato sonoro (muto:
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accompagnamento musicale), ma quello che mancava era la sincronizzazione e il montaggio
dell'audio. Dal 6 ottobre 1927 ne “Il cantante di jazz”, l'audio è diventato essenziale per aumentare
l'impressione di verosimiglianza. Bisogna però ricordarsi:
• di non abusarne
• che l'orecchio non ha un fuori campo
• che l'orecchio ascolta sempre, ma il cervello scegli quello che si vuole porre in evidenza.
La voce, soprattutto in una ripresa dal vivo, conferisce sensazione di continuità (evitare di far
coincidere cut con fine della battuta). La voce off/narrante, invece, ha tutt'altra funzione, narrativa,
una guida attraverso le ellissi temporali, tipica della musica. Ha anche funzioni evocative ed
emozionali. Un altro elemento che ha la capacità di moltiplicare la sensazione di verosimiglianza è
il rumore, che può essere di sottofondo o irrompere.
Anche la musica è un ottimo collante narrativo, con una funzione di sottofondo, ereditata
direttamente dal cinema muto. Caratteristica del video musicale. L'accompagnamento o la musica in
sottofondo ha un ruolo di sottolineatura emotiva. All'opposto dei casi precedenti questo ruolo può
portare lo spettatore a una sorta di effetto di estraniamento. Il cinema moderno è ribelle nei
confronti dell'uso retorico del commento musicale; uno dei modi per mettere in atto questa fuga è
l'esplicita contestualizzazione della musica nella scena, intradiegetica, un tentativo di garantirsi il
sostegno emozionale della musica stessa senza rinunciare al massimo possibile di verosimiglianza.
Il fuoricampo è l'ultimo tra gli strumenti del montaggio invisibile. Il fuoricampo audio nasce col
cinema sonoro, mentre il fuoricampo video nasce con la scoperta di utilizzare lo sguardo dei
personaggi per collegare un'inquadratura alla successiva (scoperta che sta anche alla base della
regola delle corrispondenti e della soggettiva).
Il fuoricampo video. Seppur dalla nascita si è abituati ad avere un fuoricampo, nel video il
meccanismo di ricostruzione e percezione dello stesso non è automatico. Ciò che sta al di fuori del
campo visivo non è rilevante ai fini della narrazione, a meno che esso non sia designato. Il
fuoricampo può avere una funzione nascosta (introduce un personaggio in un dialogo a due) o
dichiarata (nel caso di suspense o sorpresa). In prima istanza ha però una valenza tecnica: vi si trova
tutto quello che si nasconde dietro la finzione e la produce. Il fuoricampo/suspance è uno tra i modi
in cui il cinema ha sfruttato questo strumento: basandosi sulla paura e sulla curiosità.
Il fuoriscena. Il fuoricampo è anche ciò che non si deve vedere; viene eliso l'inutile o ciò che deve
rimanere censurato a seconda del luogo geografico e del tempo in cui viene proiettato un film. Il
montaggio può elidere senza eliminare il senso ma anzi amplificando l'emozione. Ci sono due vie
seguite da registi e montatori:
• formale → più europea e d'autore; una strada che prende il via da Godard, esibisce dettagli
ordinati in inquadrature di grande rigore compositivo, ispirate spesso alla grande tradizione
figurativa di pittura e fotografia: il montaggio ha il compito di dar via ad una sequenza che rafforzi
il contenuto formale delle singole inquadrature, collocandole in una successione che ne esaltino
l'aspetto figurativo e in un ritmo che si armonizzi con il particolare clima che presiede in quel
particolare momento del film
• ellittica → Borowczyk il capostipite; nel cinema commerciale e hollywoodiano; la
frammentazione del montaggio e l'uso di tagli anche brutali sembrano voler moltiplicare
l'eccitazione simulata dagli attori sul set, un montaggio simile a quello d'azione degli anni 60-70.
Il fuoricampo audio. L'audio, come già detto, ha una funzione genericamente unificante che,
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combinata con la tonalità fotografica, definisce l'umore e l'atmosfera → audio e video in combutta.
In alcuni casi però la colonna sonora può assumere per intero la responsabilità della dimensione
narrativa. L'uso più comune del fuoricampo audio è rappresentato dalla voce off, legata al desiderio
di spiegare. Woody Allen gioca in continuo con la voce fuoricampo. Costruire un narratore ha
l'norme vantaggio di affrancare il commento fuoricampo da quell'anonimato a cui sono condannate
sempre le voci attribuite a un anonimo speaker dandogli una personalità, uno spessore e rendendolo
famigliare allo spettatore.
Analisi. Il montaggio si basa su due principi: necessità (tagliare per vedere meglio) ed economia
(vedere meglio l'elemento più rilevante per lo sviluppo della scena). A seconda della tipologia
produttiva si usano in maniera differente gli strumenti del montaggio:
• piani d'ascolto/soggettiva → fiction
• attacco sul movimento → documentario (soprattutto in queste tipologie, il montaggio gioca un
ruolo di maggior importanza per legare tutti gli elementi).
Capacità di analisi del montaggio è una delle più solide fondamenta dell'illusione di realtà.
Netta propensione a una sempre maggiore frammentazione del montaggio. I motivi che hanno
portato ad un progressivo numero di cut sono:
• reazione alla moda del piano sequenza (anni 60)
• necessità di differenziarsi dalla fiction televisiva
• estetica dell'istantaneità postmoderna
• desktop editing, taglio e giunta più rapido e preciso
Oggi epoca anti-rosselliniana: desiderio di montare l'attimo oggi fortissimo. Gli esempi storici di
questa propensione alla frenesia, alla frammentazione, sono da ritrovare nell'avanguardia surrealista
e futurista, in Vertov.
Sintesi. L'analisi è anche sintesi. L'ellissi può essere perfettamente funzionale alla chiarezza
sintetica con cui un avvenimento deve essere presentato, rende possibile la sintesi stessa, ma fa
molto di più:
• costruisce il ritmo della sequenza
• contribuisci a costruire la forma della sequenza
• raccontare, imprimere la direzione costruendone il senso
Uno spazio a quattro dimensioni si definisce tramite attacchi, l'equilibrio delle ellissi temporali e le
porzioni di azione che vengono lasciati fuoricampo.
IV. DRAMMATURGIA
C'è un legame ambiguo e contraddittorio tra attesa (variante più inquietante la suspense) e sorpresa,
c'è sempre una partita a due tra esse, giocata spesso dal montaggio. Un montaggio simmetrico tra
due azioni porterà all'attesa (o alla suspense); un'alternanza accennata inizialmente per poi essere
abbandonata porterà a un risultato sorprendente. Il montaggio parallelo può essere usato per aprire
lo spazio a un colpo di scena conclusivo. Il montaggio, quindi, lavora in diversi modi per mettere a
punto questa dialettica attesa-sorpresa, soprattutto nel cinema comico:
• Chaplin appare sorprendente
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• Keaton usa momenti tipicamente di suspense e il montaggio sottolinea le azioni che scatenano
tensione
• Laurel e Hardy meccanismi comici senza sorprese, dove tutto è rigorosamente prevedibile,
un'interrotta successione di attese e il montaggio mostra l'oggetto con largo anticipo.
In tutti questi casi l'elemento narrativo rimane sempre determinante per la definizione della
situazione di attesa e/o di sorpresa. Il montaggio asseconda questi presupposti narrativi e ne
potenzia l'effetto.
CONCLUSIONI
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