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Prima di iniziare ….

“Exporgi meliust lumbos atque exsurgier:


Plautina longa fabula in scaenam venit”.
(Pseudolus, Prologo)
PSEUDOLUS
Una commedia di Tito Maccio Plauto
Lo Pseudolus è una delle poche
commedie di Plauto di cui
conosciamo con esattezza la data
della prima rappresentazione: il
191 a.C., in occasione dei Giochi
Megalesi (4 – 10 Aprile) e
durante la pretura urbana di
Marco Giunio.

Questa commedia è, secondo lo


stesso Plauto, una delle migliori
mai composte.

La commedia ci è arrivata quasi


completa: non ci è giunto
solamente il prologo, di cui
abbiamo solo due versi.
PSEUDOLO
Pesudolo è il protagonista della
commedia, fedele servo di Callidoro.
Il suo è un nome parlante, significa
“bugiardo”.

Pseudolo è il classico servus


callidus, dotato di grande acume e
intelligenza , nel corso della
commedia si dimostrerà anche molto
abile nel parlare e nel tessere
imbrogli per favorire l’amore tra il
suo padroncino e la bella Fenicio.

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CALLIDORO

Callidoro rappresenta la maschera


dell’ adulescens: è perdutamente
innamorato di Fenicia, la quale
corrisponde il suo amore, ma
sembra che esso non riesca a
coronarsi per la presenza del lenone
Ballione.

Callidoro è quindi distrutto da


questo amore apparentemente
impossibile e il suo atteggiamento è
sempre triste e malinconico.

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BALLIONE

Ballione è il lenone, e quindi


l’antagonista della commedia.
Padrone della bella Fenicio, deciderà
inizialmente di venderla al miles
gloriosus macedone
Polimacheroplacide, per poi essere
ingannato da Scimmia e Pseudolus.

Caratterialmente Ballione è superbo,


arrogante e soprattutto molto avaro
e legato ad ogni bene materiale.

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SIMONE
Simone rappresenta il senex, e
quindi l’altro antagonista e ostacolo
che divide Callidoro da Fenicia.
Infatti egli cercherà di aiutare
Ballione impedendo l’amore tra il
figlio e la serva.

Ovviamente, è un uomo severo e


ligio alle leggi, anch’egli come
Ballione è molto attaccato ai soldi.
Più volte Simone rimprovererà il
figlio Callidoro per il suo amore
impossibile o lo schiavo Pseudolo
per la sua sregolatezza e la sua
maleducazione.

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ALTRI PERSONAGGI
FENICIA

POLIMACHEROPLACIDE

ARPAGE

CALLIFONE

CARINO

SIMIA

CUOCO, PUER E SERVI


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TRAMA
FENICIA CARINO

POLIMACHEROPLACIDE
SIMIA

BALLIONE

ARPAGE
PSEUDOLO

PSEUDOLO CALLIDORO PSEUDOLO


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ARGUMENTUM
Un militare versa a un lenone quindici mine in contanti;
nello stesso tempo gli rilascia un contrassegno,
Praesentis numerat quindecim miles minas,
dicendogli di
Simul consignat symbolum, ut Phoenicium
dare Fenicia alla persona che gliene porterà l'eguale
Ei det leno, qui eum cum relicuo adferat.
unitamente
Venientem caculam intervortit symbolo,
al resto della somma. Quando arriva il servo del militare,
Dicens Syrum se Ballionis, Pseudolus
Pseudolo gli sottrae il contrassegno facendosi passare
Opemque erili ita tulit; nam Simmiae
per Siro, lo schiavo di Ballione; in tal modo viene in aiuto
Leno mulierem, quem is supposuit, tradidit.
al
Venit Harpax verus: res palam cognoscitur,
suo padroncino, perché il lenone consegna la fanciulla a
Senexque argentum, quod erat pactus, reddidit.
Scimmia, che Pseudolo ha fatto passare per Arpace.
Sopraggiunge il vero Arpace; si scopre tutto, e il vecchio
paga la somma che aveva scommesso

Il primo argumentum dello Pseudolus è costruito secondo il classico schema ad


acrostico, ed è stato scritto dal retore Aurelio Pompilio (vissuto un secolo dopo di
Plauto) come tutti gli altri argumenta delle commedie Plautine.

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PROLOGO
Exporgi meliust lumbos atque exsurgier: È meglio distendere i reni e alzarsi:
Plautina longa fabula in scaenam venit. viene in scena una lunga rappresentazione di Plauto.

Del prologo dello Pseudolus ci sono


arrivati solamente due versi. Alcuni
studiosi hanno addirittura messo in
discussione questa il fatto che questi due
versi fossero di Plauto, anche se questa tesi
attualmente non è ritenuta credibile.

Possiamo comunque vedere come questi


due versi siano già un esempio di
metateatro, in quanto chi parla
(probabilmente un attore) invita
sarcasticamente il pubblico a lasciare il
teatro, dato che la commedia in scena
sarebbe stata molto lunga. 11
IL DOLORE DI CALLIDORO

PS: Immo
CA: Restimenimvolo pellegam.
mihi emere.Advortito animum
CA: Non adest.
PS: Quamobrem?
PS: At
CA: Quitume
cita.
faciam pensilem. Certum est mihi ante tenebras tenebras persequi.
CA: Immo ego tacebo. Tu istinc ex cera cita; nam istic mesu animus nunc est, non in
pectore.
CA: Mi voglio comprare una corda.
PS: Per farne che?
PS:
CA: Tranquillo! Leggerò
Per impiccarmi. [la lettera
Ho deciso: di Fenicia]
prima per intero!
che scenda la notte,Tuiosta’ attento
la notte congià
l’avrò tutta
l’anima.
raggiunta.
CA: Quella non c’è più.
PS: E tu convocala qui!
Il
CA:giovane Callidoro
Io non posso stare soffre tantissimo
zitto. Sei tu che puoil’impossibilità di da
farla saltar fuori rincontrare l’amata
quella lettera: è lì
Fenicio.
che sta la Ilmiadolore
anima dell’adulescens è espresso nel dialogo d’apertura della
adesso, non nel petto.
commedia, in cui egli rivela tutte le sue pene d’amore al fido servo Pseudolo.
Come possiamo vedere dagli esempi Plauto inserisce in questo scambio di
battute un forte patetismo e continue esagerazioni .

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L’INGRESSO DI BALLIONE
BA: Exite, agite exite ignavi, male habiti et male conciliati,
Quorum numquam quicquam quoiquam venit in mentem ut recte faciant,
Quibu’, nisi ad hoc exemplum experior, non potest usura usurpari!
Neque ego homines magis asinos numquam vidi, ita plagis costae callent:
Quos quom ferias, tibi plus noceas.

BA: [agli schiavi] Uscite, avanti uscite, lazzaroni, merce inutile comprata per
mio danno! Mai nessuno a cui venga in mente di far qualcosa di buono, nessuno
da cui si possa cavare un po’ di utile, se non ricorrendo a questi mezzi! Non ho
mai visto uomini più simili ad asini, tanto hanno il groppone incallito per le
percosse: se li picchi è a te che fai più male.

Questi versi corrispondono all’ingresso in scena del lenone Ballione. Subito si


delinea il personaggio: prepotente e superbo maltratta gli schiavi, ma dimostra
anche un certo attaccamento al denaro, enfatizzando il concetto dell’acquisto
degli schiavi.

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SIMONE E CALLIFONE
SI: Si de damnoeseis aut si de SI: Se fra i debosciati e i donnaioli si
| amatoribus eleggesse ora un re in Atene, cuore
Trattando questi due personaggi
Dictator fiat nunc Athenis Atticis, Plauto tocca
dell’Aun tema
ttica, che sarà
penso invece centrale
che nessuno avrebbein
molte commediefilio,dicredo,
Nemo anteveniat Terenzio
meo: (cfr. più Adelphoe), ovvero
titoli di mio figlio. quello
Tant’è della
vero che
contrapposizione
Ita nunc per urbemtra il senex
solus classico, quindi
sermoni lui solorigido e severo
è sulla bocca di(in questo
tutti caso
in città,
Simone) e quello invece più permissivo, con
| omnibust, aperto.
la storia che vuol liberare la sua
Eum velle amicam liberare et amante e che a questo scopo cerca
| quaerere disperatamente denaro.
Argentum ad eam rem. […]
[…] KA: Che cosa c’è di eccezionale se un
KA: Quid novom, adulescens homo giovane è innamorato e vuole liberare
Si amat, si amicam liberat? la sua amante?
[...] […]
SI: Vetu’ nolo faciat. SI: Nulla, ma io non voglio che lo
KA: At enim nequiquam nevis; faccia.
Vel tu ne faceres tale in adulescentia. KA: È inutile che tu non voglia! Allora
non avresti dovuto farlo nemmeno
te in gioventù!
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DISPERAZIONE DEL PUER
PU: Nunc, nisi lenoni munus hodie misero,
Cras mihi potandus fructus est fullonius.
Eheu, quam illae rei ego etiam nunc sum parvolus!
Atque edepol ut nunc male malum metuo miser,
Si quispiam det qui manus gravior siet,
Quamquam illud aiunt magno gemitu fieri,
Comprimere dentes videor posse aliquo modo.

PU: Però se oggi non faccio un regalo al lenone, domani dovrò sorbirmi il
prodotto dei lavandai. Ohimè! Sono ancora troppo piccolo per quella cosa.
Però, per Polluce, adesso ho una tale tremenda fifa della punizione che se
qualcuno mi mettesse in mano un po’ di soldi, per quanto dicono che quella cosa
sia dolorosa, mi adatterei e stringerei i denti.

A parlare è un puer, cioè in questo caso un giovane schiavo di Ballione, che entra
in scena dicendo che il suo padrone l’ha obbligato a compragli un regalo, ma lui
non ha soldi e rischia di subire il “prodotto dei lavandai” (pena a noi
sconosciuta). L’unica possibilità di guadagnare qualche moneta è prostituirsi.
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TIMORI DI BALLIONE
BA: Per questo bel servizio oggi dovrò darti un nummo?
CU: Ammetto di essere un cuoco carissimo: ma mi adopero perché il risultato
valga il prezzo per cui vengo ingaggiato.
BA: Per rubare, vieni ingaggiato!
[…]
[a un altro schiavo] E a te, che sei di mia proprietà, raccomando di far sparire in
fretta tutte le nostre cose e di tenere sempre sotto gli occhi gli occhi di costui.
Dovunque volgerà lo sguardo, volgi anche il tuo; se andrà da qualche parte, vacci
insieme a lui; se stenderà una mano avanti, fa’ lo stesso. […] Se si muoverà,
muoviti con lui, sta’ fermo con lui se lui sta fermo; se si chinerà, chinati.

Ballione teme che un cuoco, che già a dovuto pagare (non moltissimo in verità, il
“nummo” non aveva un grandissimo valore), abbia accettato di lavorare per lui
solo per poter rubare i suoi beni. Il lenone si rivolge dunque a un suo schiavo con
molteplici raccomandazioni che sfociano nell’esagerazione. Da notare il
chiasmo

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IL SARCASMO DI SIMIA
SM: Ecquem in angiporto hoc hominem tu novisti? Te rogo.
BA: Egomet me.
SM: Pauci istuc faciunt homines quod tu praedicas
Nam in foro vix decumus quisque est qui ipsus sese noverit
PS: Salvos sum, iam philosophatur.

SM: Conosci qualcuno in questo vicolo? [a Ballione] Chiedo a te!


BA: Conosco me stesso.
SM: Sono pochi gli uomini che sanno fare ciò che tu affermi; nel foro ne puoi
trovare uno su dieci che conosca se stesso.
PS: Sono a posto! Adesso si mette a filosofare

Simia, servo di Carino (amico di Callidoro), è l’aiutante di Pseudolo nei suoi


inganni. In questo dialogo con Ballione viene utilizzata la frase “Conosco me
stesso”, ovviamente ispirata dal motto greco e socratico “Γνῶθι σεαυτόν”, tanto
che anche Pseudolus accusa l’amico di filosofare.

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ARPAGE E BALLIONE
BA: Piuttosto comunica a Pseudolo che uno che è arrivato prima, Arpage, ha già
portato via la preda.
AR: Ma, per Polluce, Arpage sono io!
BA: Vorresti esserlo. [a Simone] Invece è un imbroglione fatto e finito.
AR: Io sono quello che ti ha dato il denaro e appena arrivato ho consegnato al tuo
servo […] la lettera sigillata con il ritratto del mio padrone [Polimacheroplacide].
BA: […] Per Polluce, quella pellaccia di Pseudolo che sapiente trabocchetto che
ha preparato!
[…] E adesso [agli spettatori] non aspettatevi che torni a casa per la strada
principale. Le cose sono andate in un modo che non mi lascia scelta, me la
batterò per questi vicoli.

Il vero Arpage va da Ballione, che pensa ha già dato Fenicio a Simia, credendo
fosse quest’ultimo il vero servo di Polimacheroplacide. Nel momento in cui
scopre di essere caduto nel trabocchetto del servo di Callidoro, il lenone non può
far altro che lodare l’astuzia di Pseudolo e tornarsene a casa per una strada
secondaria, vergognandosi del suo errore.

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PLAUTO E IL SUO TEMPO
Plauto inserisce nello Pseudolus diversi
riferimenti a situazioni politiche , leggi o usanze
del suo tempo, vediamone alcuni:

•• Critica
La Lex
Stipulatio:
Plaetoria:
ai magistrati
Ai versi
Viene
romani?
113-115
citata alNel
Pseudolo
verso
parlare
303 con
da
Callidoro.
Ballione,
chiede a come
Callidoro
Tale legge,
vistodiprima,
di
porgli
cui non
Simia
la richiesta
si conosce
accenaufficiale
alla
data
motto
di prestito,
di“Conosci
emanazione
che te
entrava
stesso”,
vietava
nel
ma ai
processo
aggiunge
giovanirituale
sotto
una ifrase
25
anni
ambigua:
romano
di stipulare
della Stipulatio.
contratti ufficiali.

SI:
CA:
PS:Nel
Sono
Chiedimi
foro
perduto!
neventi
puoiMi
mine
trovare
ha rovinato
peruno
essere
suladieci
legge
certoche
che
sui
conosca
farò quelseche
venticinque stesso
anni.
ho promesso.
Tutti hannoSu,paura
chiedimele,
a far per
prestiti.
Ercole! Sono ansioso di impegnarmi con una
BA:
promessa.
Io osservo questa legge: mi guardo bene dal
far
CA:credito.
Mi darai venti mine d’argento?
PS: Te le darò.

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PLAUTO E I TEMI SERI
Come in alcune altre sue commedie, Plauto
inserisce qua e là dei temi di maggior
importanza e più seri, però solitamente
ininfluenti nello svolgimento della trama e
molte volte subito troncati.

• Come
Elogionon
delladeve
Fortuna:
essere un buon servo:
PS: La
AR: È proprio
dea Fortuna,
un servo
da sola,
cattivo,
supera
un buono
le pensate
a di
cento sapienti.
nulla, colui che Uno
non eccelle
rispettasugli
gli ordini
altri adel
seconda
di come utilizza
padrone, e non vale
la fortuna:
niente nemmeno
e tutti allora
quello che
riconosciamo
fa il suo doverelasolo
sua saggezza.
se viene richiamato
all’ordine.

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LA LINGUA GRECA
Pur non rispettando del tutto
l’ambientazione Greca e non riuscendo a
trattenersi dall’inserire riferimenti alla
cultura e all’attualità Romana, nello
Pseudolus Plauto mantiene un forte legame
con il mondo Greco.

Intanto sono tantissimi i nomi parlanti


derivati dalla lingua Greca: Pseudolo
(bugiardo), Callidoro (bel dono), Simone
(camuso), Arpage (predone), Simia
(scimmia).

Plauto inserisce anche le classiche


esclamazioni greche o tradotte in latino (Per
Polluce, Per Ercole) o lasciate in greco (Ὦ
Ζεῦ).
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ALTRE CARATTERISTICHE

METATEATRO
PS: Suspicio est mihi nunc vos suspicarier, me idcirco haec tanta facinora
promittere, quo vos oblectem, hanc fabulam dum transigam, neque sim facturus
VOLGARITÀ
quod facturum dixeram. […] Nam qui in scaenam provenit, novo modo novom
aliquid inventum adferre addecet; si id facere nequeat, det locum illi qui queat.
CA: Bustirape
BA:
PS: Certo
Ho il sospetto che ora voi sospettiate che io vi prometto simili imprese per
divertirvi, CANTO
PS: Furcifer fino a portare a termine questa commedia, e che non sia capace di fare
BA:
quelFactum
che avevo optume
promesso. […] Chidella
si presenta sullaquello
scena deve portare, in
Sappiamo che l’ultimo dialogo commedia, tra Pseudolo e ilmodo
suo
nuovo,
padrone qualche
Simone,nuova
era trovata.
in Se non
origine ne è capace,
cantato in scenalasci il posto
dagli a chi
attori. ne è capace. di
L’alternazione
CA: Svergognato!
canto e parlato è molto ricorrente in Plauto.
BA: Vero.
PS: Scellerato!
BA: Giusto.

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UN FINALE ATIPICO
PS: Vieni a bere con me.
SI: Venir con te?
PS: Fa’ quel che ti dico. Se vieni, avrai la metà o anche di più di questo denaro.
SI: Vengo, conducimi dove vuoi.
PS: E allora? Sei arrabbiato con me o con tuo figlio per questa faccenda, Simone?
SI: Per niente.
PS: Allora avviati per di qua. Io ti seguo.
SI: Perché non inviti con noi anche gli spettatori?
PS: Perché loro, per Ercole, non si sognano di invitarmi mai: quindi io non li
invito! Però, se volete applaudire e apprezzare la compagnia e la commedia, per
domani vi inviterò.

Quello dello Pseudolus è un finale molto strano. Intanto tutto l’ultimo dialogo tra
Pseudolo e Simone è cantato dagli attori, e completamente scritto mescolando
insieme diversi metri lirici greci. Atipico anche il contenuto, con il senex che
perdona il servus callidus e, indirettamente anche l’ adulescens e accetta di
andare a bere del vino con Pseudolo.

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FONTI
Plauto, Pseudolus – Trinummus, Mondadori, 2014
(a cura di Giovanna Faranda, Introduzione di Ettore Paratore)

R. Raffaelli e A. Tontini, Lo Pseudolus e la costruzione perfetta della


drammaturgia plautina, Quattroventi, 2013
(Ebook:
FINE
http://www.academia.edu/4709645/Lo_Pseudolus_e_la_costruzione_perfetta_d
ella_drammaturgia_plautina)

“Pseudolus” su Wikipedia
(Link: https://it.wikipedia.org/wiki/Pseudolus)

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