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Pseudolus

di Plauto
Tito Maccio Plauto
Nacque intorno al 250 a.C. a
Sarsina, città appartentente
all'Umbria.
I suoi nomi hanno varie origini: il
nomen Maccio deriva dalla parola
“Maccus”, una maschera utilizzata
nelle commedie atellane; il
cognomen “Plautus” ha varie forme
di significato, principalmente si
traduce con “dai piedi piatti”
oppure “dalle orecchie lunghe e
penzolanti”.
Plauto fu un commediografo e nelle sue opere risaltava spesso la
figura del servus (servo) che era il vero protagonista delle sue
scene.
Il servus era di due tipi: il servus callidus e il servus currens.
Le sue opere derivano da modelli greci, infatti egli prende spunto
e contamina le commedie greche, e il liguaggio usato in esse
utilizza molti giochi di parole, storpiamenti dei nomi e battute
volgari allo scopo di far divertire il pubblico.
Plauto, nelle sue commedie, inserisce anche elementi
di metateatro al fine di coinvolgere e divertire il pubblico. Il
metateatro, insieme alle beffe e ai giochi di parole, rappresenta
l'elemento fondamentale della scherzosità plautina.
Personaggi principali
Calidoro è il coprotagonista della commedia, nonché il soggetto su cui si basa l'intera
vicenda. È il giovane figlio di Simone, il padrone di Pseudolo e l'amante di Fenicia.
Pseudolo è il protagonista e servo fidato di Calidoro, disposto ad aiutare il giovane
padrone in qualsiasi modo, ideando brillanti imbrogli e stratagemmi. Egli è non curante
dell'autorità, sprezzante della condizione schiavile, abile persuasore e oratore.
Ballione è una sorta di antagonista della vicenda e riveste il ruolo di lenone, ossia è il
padrone di diverse cortigiane tra cui Fenicia. È caratterizzato da un atteggiamento
superbo e arrogante ed è ossessionato dal desiderio di beni materiali, tra cui denaro e
beni di lusso.
Simone è il padre di Calidoro e vecchio padrone di Pseudolo. Riveste il ruolo del
vecchio avaro e severo, tipico della commedia plautina.
Fenicia è la cortigiana amata da Calidoro, posseduta da Ballione e promessa a un
mercenario macedone. Anche se non interviene mai nella rappresentazione, riveste un
ruolo chiave nella trama della vicenda.
Personaggi secondari
Polimacheroplagide è il soldato macedone che versa un anticipo di 15 mine
d'argento per riscuotere Fenicia. Non compare mai in scena, ma viene
rappresentato da un servo.
Arpace è il servo di Polimacheroplagide e ha il compito di prendere in
consegna Fenicia. È anche questo un nome parlante, che significa “rapace”
Callifone è amico e consigliere di Simone, curioso di conoscere le qualità di
Pseudolo.
Carino è un amico fidato di Calidoro, a cui mette a disposizione un servo e
presta cinque mine d'argento.
Scimmia è il servo più fidato di Carino e riveste il compito fondamentale di
fingersi Arpace, ingannare Ballione e consegnare Fenicia all'amante Calidoro.
Trama
La commedia parla del giovane Calidoro, innamorato della cortigiana Fenicio
che sta per essere venduta in cambio di venti mine a un soldato macedone
dal lenone Ballione. Così Calidoro, interpella Pseudolo, suo fedele ed astuto
schiavo, il quale gli promette di escogitare un piano per liberare Fenicia. Il
militare ha già depositato un anticipo di quindici mine al lenone Ballione, con
la promessa che il suo servo Arpace consegnerà le cinque restanti portando
con sé un contrassegno prestabilito. Pseudolo raggira Arpace e lo convince a
consegnargli la lettera recante il contrassegno, fingendosi uno schiavo di
Ballione. Grazie all'aiuto di Carino ottiene le cinque mine restanti e con esse
uno schiavo, Scimmia. Costui, fingendosi Arpace, si reca da Ballione e ottiene
Fenicia dal lenone. Calidoro così ottiene la sua amante e Pseudolo, come
ricompensa, del vino in abbondanza.
Atto primo
Calidoro, triste e malinconico per amore, chiede a Pseudolo di aiutarlo.
I due si recano dal lenone, pregandolo di non vendere Fenicia, questo
rifjuta categoricamente dovendo però sorbire tutte le possibili ingiurie
che i due gli urlano. Pseudolo incontra Simone, il suo padrone, e
Callifone, e scommette con lui 20 mine d’argento che riuscirà a ottenere
Fenicia il giorno stesso, in caso di sconfitta, sarebbe costretto a lavorare
in un mulino per il resto della sua vita.
Nella scena iniziale possiamo notare come la convenzionale
personalità di Calidoro, innamorato, sentimentale fino
all'ecceso e inerme di fronte alle difficoltà, crea un efficace
contrasto con quella di Pseudolo, disincantata e pragmata,
sempre pronto all'ironia e alla battuta di spirito. Il contrasto è
esaltato dal linguaggio dei personaggi dove quello del giovane
è più lirico mentre quello del servus è più idealistico e corposo.
Nell’atto appare un elemento di metateatro: Pseudolo si rivolge
al pubblico con una lunga battuta, con cui coinvolge gli
spettatori ed esalta la creatività dei commediografi.
Atto secondo
Pseudolo incontra Arpace, messaggero del soldato macedone,
e, fingendosi Sirio, un servo del lenone, inganna il messo e
ottiene da lui il saldo e il contrassegno, necessari per
riscuotere la fanciulla. Il piano di Pseudolo è quello di usare un
complice che, fingendosi Arpace, ritiri l’amante del padroncino
prima che ritorni il vero messaggero.
Il lenone consueto antagonista del giovane innamorato è il personaggio
odioso per eccellenza vittima degli inganni e delle beffe. I peggiori vizi
di questo tipo sociale e caratteriale il cinismo, l’arroganza, la violenza e
l’avidità sono ben rappresentati da Ballione. La sua personalità eccesiva
e dispotica si impone all’attenzione del pubblico sin dalla prima scena,
in cui egli compare impegnato ad impartire ai suoi servi e alle sue
cortigiane una lunga sequenza di ordini perentori misti a minacce e
insulti.
Nel secondo atto Pseudolo attira l'attenzione del pubblico durante un
suo monologo e lo rende partecipe definendo il lenone un nemico
comune e promettendo la spartizione del bottino ottenuto con la
riuscita del suo piano.
Atto terzo
Ballione è di ritorno dal mercato con un cuoco, il quale è incaricato di
preparare il banchetto della sua festa di compleanno, ma quest’ultimo
è stato pagato fjn troppo da Ballione, che si lamenta. Il cuoco cerca di
giustifjcare il suo prezzo, inventando ingredienti e dimostrando al
lenone che la sua cucina è particolare e, soprattutto, originale.
Atto quarto
Pseudolo incontra Scimmia, nelle vesti di Arpace: è lui il complice di cui sopra. Il protagonista gli
mostra l’abitazione del lenone e lo manda dal lenone con 5 mine d’argento necessarie a completare
il pagamento del guerriero macedone. Scimmia mostra la lettera scritta dal soldato macedone a
Ballione e, quando riconosce il ritratto di Polimacheroplagide, gli consegna la ragazza. Pseudolo,
riflettendo tra sé, lascia scorgere le sue 3 preoccupazioni, crede infatti che:
– Scimmia, colta un'occasione favorevole, possa fuggire con la ragazza
– Simone possa tornare dal foro anticipatamente e scoprirli
– il vero Arpace si possa presentare a casa di Ballione mentre Scimmia si trova ancora con lui.
Scimmia, Pseudolo e Fenicia si dirigono verso un’osteria, dove festeggeranno la vittoria di Pseudolo.
Ballione e Simone, tornato dal foro, ridono su ciò che spetterà a Pseudolo poiché ignari dell’inganno
rifilato. È di ritorno però Arpace, vero messaggero del macedone, il quale viene scambiato da i due
con un complice di Pseudolo. Allora iniziano a sbeffeggiarlo, ma di fronte al sincero stupore del
messo si rendono conto di essere in presenza del vero servo di Polimacheroplagide.
Atto quinto
Pseudolo, sbronzo e con aria beffarda, si presenta da Simone a riscuotere la le 20
mine scommesse, però contento di aver ottenuto ciò che desiderava, lo invita a bere
con lui promettendogli di restituire una parte della somma, poiché infatti non gli
interessa il denaro in sé ma solo dimostrare la sua furbizia. Il padrone lo perdona
per la beffa e accetta l'invito allargandolo agli spettatori: il servus callidus concede a
questi di aggiungersi ai festeggiamenti solo in cambio di applausi per la commedia e
la compagnia teatrale.
In questo atto è presente, con il conclusivo scambio di battute tra Pseudolo e
Simone, un ultimo esempio di metateatro, dove Pseudolo si rivolge al pubblico

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