Sei sulla pagina 1di 5

I KUROI

- Dioscuri di Polymedes di Argo: al santuario di Apollo a Delfi, intorno al 580 a.C.


Due gemelli dotati di spalle e torace possenti, da lottatori; le gambe sono elastiche e i visi
animati. La coppia raffigurava probabilmente dioscuri figli di Zeus.
- Kouros di Milo: dal volto più morbido e dal corpo e forme più slanciate, occultando i
muscoli in modo da mostrare l’elasticità.
- Moscoforo: risale 550 a.C. Letteralmente “portatore di vitello”, egli offre alla dea Atena il
vitello che porta in spalla come ringraziamento, in aggiunta le zampe dell’animale formano
un inedito motivo a croce. Esso si differenzia dagli altri kouros per il gesto e la veste aderente
che lascia trasparire il corpo poderoso.
- Cavaliere Rampin: risalente al 550 a.C. di cui si conserva solamente la testa al Louvre.
La scultura faceva parte di un gruppo formato a due statue equestri, impiegata per celebrare
le vittorie delle gare ippiche. La scultura è caratterizzata da un sorriso arcaico
(convenzionale), il torso possente presenta pochi dettagli, come i pettorali e i muscoli
dell’addome.
- Efebo biondo: statua risalente al 490 a.C., rinvenuta sull’acropoli di Atene. La parte
meglio conservata della statua è la testa, che è leggermente rivolta a destra, indicando il
dinamismo e l’abbandono della frontalità dei “kouroi”, mostra un’espressione quasi
malinconica. Possiamo vedere l’inizio della ponderazione, ovvero la distribuzione del peso
tra le varie parti del corpo.

LE KORAI
- Era di Samo: tra il 570 il 560 a.C., nella ricca Samo, grande tempio dedicato alla dea Era.
Sopra il consueto costume ionico (chitone), indossava in segno di devozione un velo rituale
(mantello), portando la mano sinistra sul petto come offerta alla dea.
- Kore con il peplo: risalente al 540 530 a.C e situata sull’Acropoli di Atene. Indossa il
tipico costume dorico (peplo), con questo potrebbe raffigurare la dea Artemide. Il viso pieno
appare radioso, conferendole un’espressione lieta e sicura di sé. La cintura stringe il peplo,
marcando l’ampiezza del busto e mettendo in risalto il seno, marcato da lunghe trecce.

LA LAVORAZIONE DELLA CERAMICA


Il ceramista: il lavoro consisteva nella preparazione di un’argilla abbastanza pura, che poteva
essere successivamente lavorata al tornio, questo consentiva di modellare la forma del vaso in due
fasi: la bozza a mano; la rifinitura con appositi attrezzi. Dopo la rifinitura si applicavano le parti
prodotte separatamente. Il vaso veniva poi rivestito con una sostanza argillosa liquida (ingobbio), e
sottoposta una prima cottura era reso impermeabile.
Il ceramografo: essi utilizzavano la cosiddetta vernice nera, un rivestimento di argilla molto
liquida, che acquisiva il colore nero solo con la successiva cottura. Le tecniche decorative erano:
- A figure nere, dove le immagini erano dipinte integralmente con la vernice e , dopo la
cottura, risaltavano sullo sfondo rosso del vaso;
- A figure rosse, dove il procedimento fu invertito. Il vaso veniva ricoperto interamente con la
vernice nera, risparmiando le figure, che restavano rosse e risultavano meglio sullo sfondo. Il
pittore iniziava disegnando a mano libera i contorni delle figure, aggiungeva i dettagli, e solo
alla fine lo sfondo veniva dipinto con la vernice nera.
La cottura: l’operazione avveniva in fornaci costituite da camere separate mediante pareti di
argilla forata, in modo che vasi non fossero a contatto diretto con il fuoco. La cottura veniva 600° in
tre fasi:
- nella prima si faceva entrare l’aria, in questo modo il vaso acquisiva un colore rossastro con
un processo di ossidazione del ferro;
- nella seconda fase la fornace, chiusa ermeticamente, bruciava progressivamente l’ossigeno,
in questo modo il vaso diventava completamente nero;
- nell’ultima fase, si apriva lo sportello, permettendo di nuovo l’entrata dell’ossigeno, le pareti
dipinte restavano nere, quelle non dipinte assorbivano subito l’ossigeno e ritornavano rosse.

Vaso François: un monumentale cratere a volute. Risalente al 570 a.C., fabbricato dal ceramista
Ergotimo e dal ceramografo Clizia. Vi sono raffiguranti miti diversi, connessi tra loro dalla presenza
ricorrente di Achille e Teseo.
Anfora con Achille che uccide Pentesilea innamorandosene: realizzata da Exechias nel
530 a.C. Sull’anfora sono presenti delle scritte “mi fece ex Keys” e “Achille”, il collo decorato con
delle palmette ed erano presenti delle spirali.

LO STILE SEVERO
Efebo di Crizio: la statua di marmo risale al 480 a.C. La scultura erede diretta dell’Efebo biondo
e pone termine alla tradizione del kouros, grazie alla ponderazione molto più evoluta, la figura
avanza infatti la gamba destra, liberata dal peso del corpo, di conseguenza il bacino si solleva
lateralmente, mentre le spalle restano orizzontali e frontali. La parte destra del corpo risulta più
libera e dinamica, mentre la sinistra più statica. Gli occhi vennero inseriti a parte.
Auriga di Delfi: 470 a.C. La statua, che faceva parte di un gruppo comprendente una quadriglia,
è stata fusa in sei pezzi separati e poi assemblati. Il giovane impugna le redini nella mano destra e
indossa un lungo chitone. L’atteggiamento calmo e composto del soggetto indica che la corsa si è già
conclusa e che egli guida il carro in una sorta di parata finale.
Apollo Parnopio: risalente al 450 a.C. e realizzato da Fidia. Offerto in ringraziamento al Dio per
aver scongiurato un’invasione di locuste. Inizialmente fu realizzata in bronzo e successivamente fu
fatta una copia in marmo.
Il Discobolo: risale circa 450 a.C., è la copia romana di un originale in bronzo. Il corpo mostra
complesse torsioni e flessioni e i muscoli sono tesi e dettagliati. Il gesto atletico è colto nel momento
precedente all’azione, fissato in un istante sospeso. L’azione mette in moto tutti muscoli, ma questa
contrazione è in forte contrasto con il volto, che non manifesta segni di sforzo o agonia.
POLICLETO DI ARGO
Scultore bronzista, autore del trattato sulle proporzioni, il Canone. Proporzione ideale: testa 1/8 del
corpo.
Il Doriforo: risale al 450 a.C., copia di un originale in bronzo. Non è più presente una rigida
frontalità. L’atleta è colto in movimento. Ad ogni flessione di una parte del corpo, si contrappone il
rilassamento della parte opposta, creando così il ritmo chiastico.
Il Diadumeno: risalente al 430 a.C. in bronzo, mentre la copia in marmo è del II secolo. Scultura
realizzata da Policleto di Argo, rappresenta un giovane atleta mentre si stringe intorno al capo la
benda della Vittoria.
I Bronzi di Riace: risalenti al 450 a.C. e recuperati nel 1972 nel Mar Ionio, presso Riace, in
Calabria. Sicuramente di origine greca, lo possiamo notare grazie alla terra rinvenuta al suo interno
che fu stata analizzata e ricondotta all’isola di Argo. Le statue raffigurano due guerrieri stanti e
nudi. In origine erano armati di lancia, impugnata nella mano destra, e di scudo, portato sul braccio
sinistro piegato. Diversi elementi stilistici ci fanno ritenere che le due statue appartenessero a un
unico gruppo statuario (i 7 di Tebe). La spiegazione più verosimile a causa delle differenze è la
presenza di artisti diversi:
- Il guerriero A, oggi a capo scoperto, ma originariamente protetto da un elmo, sembra più
aggiornato e presenta maggiori dettagli, anche se la complessa acconciatura ricorda modelli
di stile severo. Presenta i denti in evidenza per mostrare la cruentezza. Agelata il giovane,
maestro di Policleto.
- Il guerriero B è ritratto nella stessa posa del compagno, ma il più anziano, ha una
pettinatura più semplice e un aspetto meno energico. Sopra la testa aveva una specie di
cuffia in feltro. La sua realizzazione è ricondotta a Mirone o Fidia.
Le labbra in rame, la sclera in marmo. Varie teorie: 1° due fratelli che combatterono tra di loro;
2° combattenti insieme

SCULTURA TARDO CLASSICISMO (Prassitele)


Apollo Sauroctono: risalente al 360 a.C. una copia dall’originale realizzata in bronzo.
Rappresenta Apollo fanciullo che uccide una lucertola, allontana il male. Segue uno schema a
struttura ad “S”, necessita dell’appoggio di un albero. Rivolge lo sguardo verso il rettile, rendendo lo
spettatore coinvolto nell’osservazione dell’azione. Presenta una struttura chiastica.
Afrodite Cnidia: risale al 360 a.C., una copia dall’originale in bronzo. Fu acquistata dagli abitanti
dell’isola di Cnido. Prima rappresentazione di Afrodite nuda, ma con un atteggiamento pudico (si
copre il pube con la mano). Afrodite è rappresentata, con un atteggiamento umano, prima di
lavarsi, appoggiando la veste su un’idra oppure mentre la riprende per coprirsi da uno spettatore
che l’ha sorpresa.

PARTENONE (440-432 a.C.)


La facciata è strutturata secondo il rettangolo aureo: lato minore B, è medio proporzionale tra il lato
maggiore A e A-B. Il lato minore B è la sezione aurea del lato maggiore A.
Nel Naos è presente la statua Crisoelefantina di Fidia, fatta in avorio.
La parte lunga del tempio è formato da 17 colonne la parte più corta da 8. Il frontone Occidentale
rappresenta la nascita di Atena affiancata da Zeus; il frontone Orientale rappresenta una contesa tra
Poseidone e Atena. Templio dorico, con alcune decorazioni ioniche. I fregi rappresentano:
- Ad Est la gigantomachia;
- Ad Ovest l’amazzonomachia
- A sud la centomachia;
- A nord la conquista di Troia.

Potrebbero piacerti anche