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LEZIONE 11, 01/03/2022

FREGIO PARTENONE
Dicevo ieri che nel fregio del Partenone vi è una scena che è il fulcro di tutto, non a
caso è al centro del lato est, scena ove di fronte alla presenza degli dei dell’olimpo
seduti vi è la consegna del peplo. Il lato est si può identificare come il lato degli dei,
questi ultimi sono sì presenti in tutti gli ordini (nascita di Atena sul frontone e
gigantomachia), ma non sono solo un accompagnamento in questo caso, sono
protagonisti. Ricordo che le figure sono tutte numerate, sono 63 in tutto. La scena che
ci interessa va dalla figura 31 alla 35, dove abbiamo in ordine due portatrici di sgabello,
che probabilmente è destinato ad altri due personaggi, la sacerdotessa di Atena, il
sacerdote che riceve da un giovinetto/a il peplo, e questo scambio è la scena
fondamentale.

Alla scena fulcro danno le spalle gli dei. Il numero 30 è Zeus, accanto c’è Era nell’atto
dello svelamento. Accanto l’unica figura in piedi, la personificazione giovinezza forse.
Poi altre figure identificabili dagli attributi come Hermes (24) seduto con petaso, cioè
il copricapo, e Demetra con la fiaccola. Si è molto discusso sull’aspetto
dell’umanizzazione della divinità, elemento caratterizzante del lavoro di Fidia. Queste
figure sono lontane dall’aspetto solenne che avevano in età arcaica, sono molto vicine
alla realtà degli umani. Continuando la descrizione, sono tutti seduti sullo sgabello
tranne Zeus e forse qualcun altro che siedono invece su un trono. Tutti sono
rappresentati in scala maggiore rispetto agli umani, usanza già attestata nelle steli
votive (anche nel frontone est e ovest del tempio di Olimpia Zeus e Apollo emergono
dalle figure degli umani). Dalla parte opposta della consegna del peplo vi è un’altra
sequenza di divinità, la 36 è Atena, poi vi è una figura barbata probabilmente Efesto in
trono, in quanto il mantello sembra appoggiato ad uno schienale, poi Poseidone e un
gruppo femminile: 40 Artemide 41 Afrodite (già vista nel frontone soprastante) che
indica a Eros 42 qualcosa. Si nota ancora che le divinità hanno atteggiamenti per nulla
riconducibili alla maestà divina.
Ai margini estremi troviamo una serie di personaggi (20-21-22-23-43-44-45-46-47-48)
che sono rappresentati con la tipica iconografia del cittadino ateniese, hanno infatti il
bastone e chiacchierano tranquilli. Dopo la cacciata di Ippia nel 510 ci fu una riforma
che suddivideva la popolazione attica in 10 tribù; ciascuna aveva una figura mitica
come capostipite. Si è ipotizzato che questi 10 sono quindi gli eroi mitici che dopo gli
dei assistono alla scena religiosa. Qualcuno dice che erano direttori di corteo, altra
ipotesi plausibile. In ogni caso era un modo per dire che alla consegna del peplo
partecipa tutta l’Attica. Dal numero 49 al 63 c’è serie di donne rappresentate mentre
trasportano degli attrezzi per il sacrificio come caraffe o piatti, la 57 ha una brucia
profumi. Lo stato conservazione attuale è abbastanza soddisfacente.
Nel lato lati nord e sud sono raffigurati i partecipati al sacrificio, con mucche, pecore.
Poi una serie di altri personaggi che sono portatori di vassoio 13-15, poi 16-19 uomini
con grossi contenitori d’acqua, 20-28 musicisti. Vi è una grande diversificazione degli
atteggiamenti sia negli animali che nelle persone.

Segue la scena di una grande cavalcata panatenaica con serie cavalieri: alcuni a cavallo,
altri a piedi, altri trattengono il cavallo, altri ancora si allacciano il sandalo.
Poco sappiamo sulle modalità di esecuzione di questo gigantesco complesso che
doveva avere 600 figure diverse. Sicuramente si usarono cartoni, cioè modelli grafici.
Questi sono attribuiti a due mani diverse, una più esperta, l’altra meno. Pericle e Fidia
riuscirono a coinvolgere un gran numero di maestranze per la costruzione, non sempre
qualificate, ipotesi dimostrata dalla non-unità stilistica di alcuni gruppi. Ciò non vuol
dire che siano riuso di metope precedenti, come è stato detto, poiché sono attive nello
stesso periodo maestranze con stili diversi. Il fregio e il frontone hanno un’unità
stilistica anche se effettuati da mani diverse, danno un effetto unitario. Lo stile è
indubbiamente stile classico, no manieristico. Pausania ci racconta che stupì la celerità
con cui progredivano i lavori. Si è discusso se è la processione si svolge tutta in un
unico momento o se sono scene diverse messe assieme, e se la scena est è
un’idealizzazione, una teofania collettiva, cioè la manifestazione degli dei. Il tempio è
di stile ionico, octastilo colonne ioniche nell’opistodomo, il fregio è ionico.

POLICLETO DI ARGO
Policleto di Argo (Argolide) viene da una famiglia dedita alla stessa professione.
Abbiamo pochissime testimonianze dalle fonti della sua vita, limite imposto anche
dalla presenza di molti omonimi nella stessa professione. Sappiamo sicuramente che
era prevalentemente un bronzista, allievo do Agelàdas. Il periodo di attività va dal 460
al 420 a.C. È il rappresentante della scuola peloponnesiaca, la quale ricordo si distingue
per la concezione architettonica della scultura e l’attenzione alla resa anatomica.
Doriforo, portatore di lancia.
Statua bronzo, circa 2 metri, istituisce il canone scultorio e da qui Policleto
scrive trattato sulla scultura. Ben più di 50 copie romane ne testimoniano
l’importanza. Identificata poco dopo la metà del 1800 da un archeologo
tedesco che collega le fonti con le varie copie. Non sappiamo dov’era
ubicata, forse all’interno dell’officina bronzistica stessa, né sappiamo chi
rappresentasse. L’ipotesi più accreditata è Achille, considerando anche le
testimonianze vascolari coeve (440-430 a.C.) che raffigurano Achille in
modi molto simili. Quintiliano coglie che il personaggio è adatto sia alla
palestra che alla guerra, luoghi ove Achille sicuramente passava il suo
tempo. Plinio loda Policleto per aver reso visibile un ideale artistico
un’opera concreta. Il trattato perduto era sicuramente di natura tecnica e
giustificava le varie parti e proporzioni. Il tema principale da affrontare è
la gravitazione della figura stante, già evidente nell’efebo di Kritios (490-
480 a.C.). Si accentua la postura a metà fra l’essere fermo e il mettersi in
cammino, la gamba sinistra è molto spostata indietro, con la gamba destra
portante, così i fianchi si contraggono e liea alba si inclina. Si crea quindi
una contrapposizione tra anche e spalle. Il fenomeno in generale si chiama
chiasmo: cioè braccio occupato è opposto alla gamba portante, braccia
libera opposta alla gamba libera. In base alle proporzioni anatomiche e
alla resa della muscolatura il modello era sicuramente palestrato. Vi è una
contrapposizione tra masse muscolari più sviluppate e meno. Le fonti
soprattutto romane definiscono la statua quadrata, ciò significa che
risponde a determinate simmetrie fra le varie parti.

Uffizi: torso in basalto che Napoli, erma in


enfatizza la muscolatura. bronzo firmata.
Scelta del basalto per replicare Dettagli della testa
il bronzo. molto fedeli,
creata forse da un
calco dell’originale.

Diadumeno, colui che si cinge con la benda la testa.


Potrebbe essere atleta vincitore. Molto meno testimoniato da copie
romane. Proviene da Delo (isola in cui nessuno può nascere e morire, in
epoca ellenistica venne abitata). Una delle primissime testimonianze
dell’attività copistica in Grecia. Migliore resa del tronco rispetto al
Doriforo. Forse è un’immagine di Apollo mostrato come atleta. Lo
schema del corpo è molto simile, stesso principio del chiasmo. Moto
incipiente con gamba sinistra libera. Plinio dice che è stata venduta per
grande cifra.

L’importanza di Policleto la si evince dal numero delle fonti che parlano di lui, dal
numero di allievi e dall’influsso che ebbe verso le nuove generazioni di scultori.
PERIODO TARDO CLASSICO (400-323 a.C.)
Sono presenti aspetti tipici dell’epoca precedente, procede nel solco e sperimenta
novità che anticipano l’ellenismo, per esempio il nudo femminile, la nascita del ritratto
individuale, il mondo del sentimento. A livello storico è caratterizzato dall’incertezza
politica derivante dall’indebolimento di Atene dopo la guerra contro Sparta e l’ascesa
della potenza Macedone con Filippo II. In questo lasso di tempo cambia anche il ruolo
dell’artista, il quale è ora a servizio di satrapi, non più delle polis.
Architettura: agli ordini architettonici già studiati si aggiunge l’ordine corinzio. È
simbolo di una diversa concezione, caratterizzata dalla compresenza di ordini diversi.
Gli ordini perdono ogni caratterizzazione geografica e diventano puri elementi
decorativi. Vitruvio racconta un aneddoto sulla nascita dell’ordine corinzio: una
giovanetta di Corinto muore precocemente, così la nutrice raccoglie in una cesta gli
oggetti della vita quotidiana della giovane e la pone sopra la tomba, protetta da una
tegola. Col tempo il cesto viene avvolto e coperto da una pianta di acanto. Dinnanzi
alla tomba passa Callimaco, il quale prende ispirazione e crea la colonna dorica. Il
capitello coperto di foglie sarebbe la cesta, tanto che a livello architettonico si chiama
kalathos (cesta in greco), l’abaco che fa piegare le foglie sarebbe la tegola.

Vengono rielaborati gli acroteri con struttura vegetale verticale, già presenti nel
tempio di Poseidon a Capo Suino. Il capitello corinzio si sviluppa dal capitello a
doppia voluta a S. Per arrivare allo stile canonico si combinano capitelli non canonici
con tradizioni simili.
Il primo esempio lo abbiamo nel tempio di Apollo a Bassae, in cui vi è una colonna di
stile simile alla doppia voluta, con una voluta al centro, la palmetta centrale, una fila di
foglie d’acanto sotto. Poco dopo questo modello si trasforma e diventa canonico: la
voluta al centro diventa una palmetta, c’è una doppia fila di foglie d’acanto, e si
aggiungono i cauli.
Tempio di Apollo Epikurios (corridore) a Bassae.
Nella spedizione del 1811-1812 venne spoliato e l’apparato figurativo
completo venne portato al British Museum. Si trova in Arcadia, ha una
struttura piuttosto tradizionale e quasi pesante nelle proporzioni, molto
massiccia. È un tempio dorico, periptero esastilo, l’esterno è austero. Ha
una serie di anomalie: è rivolto verso nord; il rapporto delle colonne
laterali e frontali è 6:15 (mentre precedentemente n^ fronte*2+1);
l’intercolunnio dei lati brevi è più esteso dei lati più lunghi; la cella ha
un’apertura a est. Ci sono anche delle novità: il colonnato ionico ha le basi
svasate collegate con i muri; l’interno è ionico e un’unica colonna
corinzia. Come già detto prima il capitello ha solo una fila di foglie
d’acanto, ha le volute interne, una palmetta centrale e mancano caudi. Il
fregio interno sopra l’architrave narra l’Amazzonomachia e la
Gigantomachia.

Tempio: Atena Alea, arcadia.


Pausania dice che è più grande e il più bello del Peloponneso e che
l’architetto e l’autore di due statue all’interno fu Skopas. Il tempio
precedente venne distrutto per un incendio e fu ricostruito, non sappiamo
se subito o qualche decennio dopo, in ordine dorico, periptero, esastilo. È
più slanciato del precedente, presenta anche questo un’anomalia nel
rapporto tra le colonne (6:14). La cella è tradizionale, il colonnato è unito
alle pareti, tant’è che sono semicolonne di ordine corinzio, il cui capitello
ha la struttura canonica con cauli, due file di foglie, elici. Pausania dice
che ci sono tutte e tre gli ordini, quindi forse doppio colonnato in verticale
di ordine dorico. Le fonti parlano di altare che è stato effettivamente
scavato con una rampa che interrompe il lato nord e si trova in
corrispondenza dell’apertura della cella. Questo tempio è importante per
la storia della scultura, ma ne parleremo domani.

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