Sei sulla pagina 1di 3

SCULTURA ARCAICA

La scultura attica Greca nasce dal confluire dei due stili dorico e ionico, che dai loro
territori e da due popoli diversi che li portano in Grecia, vengono amalgamati nei secoli
dando origine ad una sola grande civiltà.
Il primo amalgama di queste civiltà lo vediamo nello stile attico, che non è altro che il
confluire dei due stili dorico e ionico. L’attica è il territorio greco che ha come capitale
Atene. La scultura attica si sviluppa a partire dal VI secolo, quando Atene acquista una
posizione predominante in Grecia.
Un esempio di scultura attica è il Moskophoros, un’opera che viene ascritta verso i primi
decenni del V secolo, tra il 570 e il 560 a.C.
Il Moskophoros fa parte di quel gruppo di opere che è stato rinvenuto in seguito agli scavi
nell’Acropoli ateniese, sono state che sono state donate all’Acropoli e vennero abbattute
durante l’invasione persiana del 480.
Le città greche (polis separate ed autonome), di fronte al pericolo persiano riescono a
superare i vecchi rancori e attraverso la lega Delia si uniscono e riescono a respingere gli
invasori con un esercito unitario.
Le statue intaccate vengono sotterrate, con un atto di pietas. Questo dà una idea del
significato che queste avevano per la sensibilità del popolo greco. Furono sotterrate
presso l’Eretteo.
Le opere pietosamente sepolte furono riportate alla luce con una campagna di scavi
intorno al 1876. I greci hanno una concezione totalmente antitetica della società rispetto ai
Persiani, i greci sono cittadini con diritti, espressi attraverso la politica. Usavano la
democrazia per primi.
Quindi l’impero persiano viene visto come una minaccia enorme, imminente e molto forte.
La civiltà greca temeva di essere inghiottita da una sorta d’ombra.

Moskophoros
Con il Moskophoros siamo in presenza di quello che Si può già considerare un gruppo
scultoreo, un uomo che tiene sulle spalle un vitello.
Moskophoros – 570-5760 a.C – marmo – Museo dell’Acropoli di Atene

Sulla base della statua c’è una iscrizione “Rombos figlio di Palo ha dedicato”. Rombos era
il vincitore di una gara che aveva per premio un vitello e ha
dedicato una statua alla dea, forse Atena.
La figura, rappresentata ad altezza naturale, in marmo
dell’Imetto e presenta tuttora tracce di policromia. Gli occhi
erano con ogni probabilità in pasta vitrea o avorio. I piedi
erano innestati su di un blocco calcareo in cui è rimasta
l’iscrizione.
La figura maschile è rappresentata barbuta, a capo
scoperto, con i capelli trattenuti da una benda. Il corpo è
rivestito solamente da un himation leggero.
Il Moskophoros viene rappresentato mentre avanza incontro
allo spettatore portando il vitello sulle spalle. Questo peso
giustifica una evidente esaltazione della massa muscolare
che è molto accentuata.
Il volto è estremamente vivido, mentre fa da contrappeso
l’assenza di espressione nel muso dell’animale e alla
verticalità della figura umana l’orizzontalità dell’elemento
dell’animale.
Osserviamo poi come una sorta di X, elemento fortemente plastico e tridimensionale
nell’incrocio delle braccia dell’uomo che regge le gambe del vitello. Il mantello raccorda i
gomiti con i fianchi e l’opera non è il solito Kouros nudo: qui la tipologia del kouros viene
unita alla statua panneggiata.
Il Cavaliere Rampin
Il cavaliere Rampin prende il nome dal collezionista che lo possedeva un tempo ed è una
statua equestre la cui testa è conservata al Louvre, mentre il resto della statua si trova ad
Atene al museo dell’Acropoli.

Cavaliere Rampin – 560-550 a.C. – Louvre, Parigi e


Museo dell’Acropoli di Atene

E’ databile attorno al 560-550 a.C. e raffigura un


cavaliere in cui il capo è coronato da quercia. L’opera
è alta circa 1 metro, anche se ha delle parti mancanti.
Lo studio dei frammenti permette di ipotizzare che i
cavalieri fossero in realtà due. Attraverso uno studio
delle fonti gli archeologi ipotizzano che si tratti dei due
figli di Pisistrato rappresentati in occasione di una
vittoria a cavallo, in quanto la corona di quercia veniva
data ai vincitori dei giochi Pitici e Nemei (2 città
greche). I vincitori venivano infatti incoronati.
la figura del cavaliere formava un tutt’uno con il
cavallo, il cavaliere Rampin è la prima statua equestre arrivataci nella storia. Il tronco è
sistemato leggermente di sbieco sul cavallo e la testa è scolpita con una cura molto
particolare. E’ rappresentato con la barba, con i riccioli che scendono lungo la fronte e le
treccine che arrivano alla base del collo.
La benda dietro agli orecchi serve come sfondo per un viso molto mobile, con grandi
arcate sopraccigliari. A mano a mano che passa il tempo le statue si fanno sempre meno
rigide e i lineamenti anche. L’espressività della statuaria greca aumenta.

Kore con peplo


Anche la Kore con peplo fa parte delle statue sepolte sull’Acropoli. E’ un’opera che viene
ascritta agli anni 540-530, periodo contrassegnato da una incredibile fioritura di opere
eccezionali, prima fra queste innovative opere questa stata, conosciuta col nome di Kore
col Peplo, in marmo cicladico, dipinta.

Kore con Peplo – 540 a.C – Museo dell’Acropoli di Atene

Rimangono tracce di policromia sulla statua. Conservata bene, la figura è impostata su


volumi estremamente espansi, con pochi motivi
decorativi e ha una espressione estremamente
vitale.
Ha gli occhi che sembra che ridano. Vi sono poi
elementi aggiunti in metallo dorato (orecchini, ecc).
Kouros di Kritios
Il Kouros di Kritios è dell’inizio del V secolo, 480 a.C. All’inizio del V secolo la scultura
attica tocca il culmine delle proprie possibilità espressive e ci offre capolavori come questo
Efebo (giovinetto sui 18 anni istruito in musica, letteratura e arti), attribuito a Kritios.

Efebo di Kritios – 480 a.C. – Museo dell’Acropoli di Atene


L’opera possiede una straordinaria monumentalità e alla
sua creazione potrebbero aver contribuito suggerimenti
iconografici e stilistici delle molte statue di bronzo
dedicate sull’Acropoli a partire dal 500 a.C.
Collegato al nome di Kritios ma non si ha sicurezza che
sia opera sua. La figura maschile stante del Kouros
originariamente concepita con una statica immobilità, si è
già trasformata in quest’opera in una visione chiaramente
dinamica.

La ponderation
Appare qui la cosiddetta ponderation, che corrisponde a
dinamicità e movimento nella statua, incentrando il peso
del corpo su una gamba, così l’anca avanza con il bacino e l’altra gamba così piega il
ginocchio.
Questa diseguaglianza di pesi si riflette anche sul dorso, sulla testa e il viso, che tende a
piegarsi di lato. E’ un modo nuovo di impostare la figura umana che sarà seguito e
approfondito nei decenni con una serie di variazioni.
Le ricerche sul movimento occuperanno gli artisti su tutti i fronti della scultura. Però oltre
all’elemento della ponderation si ha anche l’elemento dell’apparizione di un nuovo canone,
una nuova regola estetica, una nuova idea della bellezza riferita sempre alla figura
maschile.
Osserviamo le spalle larghe, un corpo estremamente raffinato, articolato, con i capelli
raccolti a corona con un’espressione estremamente pensosa sul viso.
Si unisce l’abilità atletica con quella che è una presenza intellettuale. Soprattutto dalla
parte posteriore dell’opera si osserva che non è più fatta per essere vista solo
frontalmente, ma ha un rapporto con l’ambiente circostante, esiste nello spazio.
E’ l’articolazione dei piani che permette di accertarlo. Il Kouros di Kritios fa parte delle
opere cosiddette di passaggio, in cui uno degli elementi tipici della scultura greca arcaica,
il sorriso arcaico, scompare. E’ il cosiddetto arcaismo severe.

Potrebbero piacerti anche