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CAVALIERE RAMPIN

La testa del cavaliere fu ritrovata sull'Acropoli di Atene nel 1877, Dieci anni dopo furono
ritrovate anche le altre parti del corpo del cavallo e del cavaliere nella cosiddetta colmata
persiana, una favissa ad est dell'Eretteo scavata nel 480 a.C., quando la città di Atene fu
saccheggiata dai Persiani; L'opera fu pensata originariamente come parte di un gruppo
statuario, forse in coppia con un altro cavaliere. Jurgen Kleine ritiene si trattasse
dell'anathema che Pisistrato fece innalzare sull'Acropoli dopo la battaglia di Pallene del
546 a.C. alla quale parteciparono i suoi figli che all'epoca avevano tra i venti e i
venticinque anni.[1] Altri studiosi, tra i quali H. Payne, hanno pensato al vincitore di una
gara equestre, come farebbe pensare la corona di levistico che porta il cavaliere e che era
vinta ai giochi di Nemea e ai giochi istmici. Si è ipotizzato che potesse rappresentare uno
dei due figli di Pisistrato, celebrati dopo una vittoria agonistica.
La statua presenta tracce di vernice rossa e nera. Il cavaliere evidenzia diverse
caratteristiche tipiche del kouros attico, a partire dai kouroi del Sounion come le spalle
larghe, i fianchi dritti e rigidi, la vita alta e stretta, ma è definito entro una migliore resa
anatomica, soprattutto nel petto ampio e nella schiena resa più plasticamente, piuttosto
che basandosi su effetti lineari. Il corpo è definito semplicemente ed è in contrasto con la
decoratività della barba e dell'acconciatura. Altre particolarità asimmetriche non risultano
essere convenzionali nell'età arcaica. La vitalità del fanciullo appare nuova, con una
maggiore naturalezza data dal dorso incurvato leggermente verso il cavallo e soprattutto
dalla torsione della testa che diverrà tipica in seguito per questo tipo di statua.
MOSCHOPHOROS

La statua fu rinvenuta sull'Acropoli di Atene nel 1863[1] negli scavi a sud-est dell'Acropoli nella
cosiddetta colmata persiana, ovvero il terrapieno in cui erano stati sepolti tutti i resti dei monumenti
distrutti dai Persiani nel 480 a.C. In questa scultura viene rappresentato un uomo, probabilmente lo
stesso offerente, che porta sulle spalle un vitello, secondo uno schema noto sin dal Kriophoros cretese
del VII secolo a.C. ora a Berlino. Sul basamento della scultura si legge:
(GRC) (IT)
«(Ρ)ΟΜΒΟΣ ΑΝΕΘΕΚΕΝ ΠΑΛΟΥ «Rhombos, figlio di Palos ha
ΥΙΟΣ» dedicato»

L'occasione della dedica fatta ad Atena è incerta: potrebbe trattarsi del vincitore di una gara che aveva
come premio un vitello o di un sacrificio in onore della dea.[2]
La figura originariamente era policroma, con occhi di pasta vitrea, avorio e osso. Il viso dell'uomo
presenta il cosiddetto "sorriso arcaico" (utile per l'arrotondamento degli occhi e della bocca) e lo
sguardo diritto, opposto allo sguardo abbassato del vitello. I muscoli sono ben torniti ed hanno una
superficie fluida e levigata, collegata alle cadenze lineari del sottilissimo mantello che ricade con due
lembi decorativi sul davanti. Da notare la disposizione chiastica delle braccia del giovane e delle zampe
del vitello sulle sue spalle, che contribuisce a serrare il rapporto tra le due figure, le partiture orizzontali
dell'addome e le forme corporee (specie delle spalle) ben definite, il mantello che addolcisce le linee e
crea una continuità tra il gomito e il bacino in una morbida linea di contorno. Come osserva H. Payne,
qui, la struttura prevalentemente cubica del kouros greco sembra per la prima volta smorzarsi in una
maggiore volontà di lavorazione a tutto tondo.
La statua fu rinvenuta sull'Acropoli di Atene nel 1863[1] negli scavi a sud-est dell'Acropoli nella
cosiddetta colmata persiana, ovvero il terrapieno in cui erano stati sepolti tutti i resti dei monumenti
distrutti dai Persiani nel 480 a.C. In questa scultura viene rappresentato un uomo, probabilmente lo
stesso offerente, che porta sulle spalle un vitello, secondo uno schema noto sin dal Kriophoros cretese
del VII secolo a.C. ora a Berlino. Sul basamento della scultura si legge:
(GRC) (IT)
«(Ρ)ΟΜΒΟΣ ΑΝΕΘΕΚΕΝ ΠΑΛΟΥ «Rhombos, figlio di Palos ha
ΥΙΟΣ» dedicato»

L'occasione della dedica fatta ad Atena è incerta: potrebbe trattarsi del vincitore di una gara che aveva
come premio un vitello o di un sacrificio in onore della dea.[2]
La figura originariamente era policroma, con occhi di pasta vitrea, avorio e osso. Il viso dell'uomo
presenta il cosiddetto "sorriso arcaico" (utile per l'arrotondamento degli occhi e della bocca) e lo
sguardo diritto, opposto allo sguardo abbassato del vitello. I muscoli sono ben torniti ed hanno una
superficie fluida e levigata, collegata alle cadenze lineari del sottilissimo mantello che ricade con due
lembi decorativi sul davanti. Da notare la disposizione chiastica delle braccia del giovane e delle zampe
del vitello sulle sue spalle, che contribuisce a serrare il rapporto tra le due figure, le partiture orizzontali
dell'addome e le forme corporee (specie delle spalle) ben definite, il mantello che addolcisce le linee e
crea una continuità tra il gomito e il bacino in una morbida linea di contorno. Come osserva H. Payne,
qui, la struttura prevalentemente cubica del kouros greco sembra per la prima volta smorzarsi in una
maggiore volontà di lavorazione a tutto tondo.

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