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si è a lungo parlato, recentemente, di 

un’antica scultura greca, oggi rinominata Koùros di


Lentini, la quale è il risultato di una eccezionale operazione di restauro che ce l’ha restituita
in una condizione di piena leggibilità. I restauratori, dopo lungo studio, hanno infatti deciso
di ricongiungere due diversi pezzi di scultura, rinvenuti in epoche diverse, ossia tra il
Settecento e i primi del Novecento, nell’attuale provincia di Siracusa, a Lentini,
l’antica Lentinoi, una delle prime colonie greche di Sicilia. Si tratta del Torso di koùros di
Lentini, già conservato a Siracusa, nel Museo Archeologico Paolo Orsi, e della
cosiddetta Testa Biscari, che si trovava a Catania, presso il Museo Civico di Castello Ursino.
Secondo gli studiosi, queste due parti appartenevano ad un’unica statua tardo arcaica
greca, databile al 530-490 a.C. Il primo a sostenere questa ipotesi fu, nel 1927, l’archeologo
siciliano Guido Libertini, all’epoca docente di Archeologia nell’Università di Catania. Più
recentemente, un team di ricercatori, dopo aver studiato sia il torso sia la testa, ha
scientificamente accertato che entrambi i pezzi furono ricavati da un unico blocco di marmo
bianco, proveniente quasi certamente dalle cave a cielo aperto di Lakkoi, nell’isola di Creta.
a quindi proceduto alla difficile operazione di ricongiungimento delle due parti, presso i
laboratori del Centro Regionale Progettazione e Restauro della Regione Siciliana. La scultura
è stata poi assicurata a un basamento in marmo grigio di Billiemi, opera (a dire il vero assai
discutibile) dello scultore Giacomo Rizzo. Secondo Lorenzo Lazzarini, docente di petrografia
applicata presso l’Università IUAV di Venezia, «a seguito delle indagini minero-petrografiche
e geochimiche del marmo del corpo e della testa del kouros, si può affermare che le due parti
anatomiche sono state probabilmente ricavate da uno stesso blocco di marmo prelevato da
un locus delle cave di Lakkoi, in assoluto le più produttive di statuaria». Il dato isotopico,
continua Lazzarini, è infatti «pressoché identico per i due campioni di marmo». E tutto
questo a confermare le palesi affinità stilistiche e di lavorazione dei due pezzi.

I kouroi arcaici
I koùroi sono tipici soggetti della scultura greca arcaica, ossia quella prodotta tra il VI e la
prima metà del V secolo a.C. in Grecia e nelle colonie greche. Si tratta di giovani uomini, di
ragazzi, in greco, appunto, koùroi (singolare koùros) sempre mostrati in posizione eretta. L’età
ideale di questi giovani era compresa tra i 17 e i 19 anni. Essi sono sempre completamente
nudi, perché si volle celebrare la loro bellezza; i loro volti sono sempre segnati da un
delicato ed enigmatico sorriso, che la critica ha battezzato come “sorriso arcaico”.
La loro rappresentazione seguiva alcune regole stilistiche abbastanza rigorose: erano rigidi,
con la testa eretta, le braccia stese lungo i fianchi con i pugni chiusi, la gamba sinistra
avanzata, come ad accennare un passo, ma con entrambi i piedi ben appoggiati al suolo. Lo
possiamo verificare nel Koùros di Anavyssos, a noi giunto in uno stato di eccezionale
conservazione.

L’identità dei kouroi
Non sappiamo esattamente quali soggetti corrispondessero ai koùroi. Alcuni erano
certamente raffigurazioni di Apollo. Difficile però ammettere che tutti i koùroi fossero
immagini apollinee: nel solo Santuario di Apollo dello Ptoion, in Beozia, ne sono stati
ritrovati circa 120. Molti erano dunque statue votive, offerte alla divinità come ringraziamento
per un favore ricevuto, e rappresentavano gli offerenti, ossia uomini mortali. Altri potrebbero
essere immagini idealizzate di defunti oppure di guerrieri o atleti. Insomma, i Greci
elaborarono un tipo scultoreo unico per rappresentare uomini, eroi e divinità.
La muscolatura delle sculture più antiche appare piuttosto stilizzata. Ma già nelle opere
prodotte nelle prime decadi del V secolo, si nota la tendenza a una resa più realistica dei
corpi, in un processo che avrebbe portato, entro il 450 a.C., al meraviglioso naturalismo
idealizzato di stampo classico. Il Kouros di Lentini, per esempio, pur appartenendo ancora al
tipo dei koùroi arcaici, di cui condivide sostanzialmente impostazione e posa, presenta
indubbiamente un modellato già sicuro nella raffigurazione di un giovane corpo nudo,
vibrante di energia, dall’anatomia consapevole, dai trapassi chiaroscurali credibili. I dettagli, a
parte qualche schematismo relativo alla capigliatura, mostrano una esplicita ricerca di
verosimiglianza. Insomma, un autentico capolavoro.

L’influenza della statuaria egizia


All’inizio del VI secolo a.C. mancavano agli scultori greci sia l’abilità tecnica sia, forse,
anche l’interesse a riprodurre fedelmente il fisico di un uomo. L’influenza della statuaria
egizia, in questo senso, era ancora molto forte e spingeva a rappresentare l’apparato
muscolare per mezzo di semplici moduli decorativi. Anche le proporzioni e la posa
dei koùroi sono tipiche delle sculture egizie. Nonostante le evidenti analogie stilistiche, però,
la grande statuaria greca si distanzia profondamente da quella egizia per almeno un paio di
aspetti.
I koùroi, prima di tutto, non sono sempre divinità né sovrani ma spesso uomini comuni.
Inoltre, gli Egizi non si facevano mai rappresentare completamente nudi: il corpo privo di
vestiti era legato all’idea di povertà e solo gli schiavi e i servi più umili venivano ritratti così.
I koùroi ostentano invece una nudità integrale che in tutto il mondo antico è sempre stata
l’eccezione, non la regola: ma l’arte greca voleva celebrare la bellezza, più che il potere:
dunque il corpo, emblema di bellezza per eccellenza, non poteva essere coperto.
I koùroi, nonostante l’evidente tipizzazione, ci appaiono comunque dotati di un corpo
pronto all’azione e ricordano gli atleti che attendono il via per iniziare una corsa, cosa che
non si riscontra mai in una qualunque delle immagini dei faraoni egizi. Non dobbiamo
dimenticare che le immagini dei koùroi venivano spesso destinate ai santuari, dove si
tenevano le grandi competizioni sportive. È quindi ovvio che tali statue sono essenzialmente
l’espressione di un ideale insieme agonistico ed estetico.
E poiché in Grecia gli atleti usavano allenarsi e gareggiare senza vestiti, gli scultori non
poterono che raffigurare i loro koùroi nudi, come i grandi campioni che erano soliti ammirare
negli stadi.

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